Little Lotus

di Saruwatari_Asuka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda - extra ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


LITTLE LOTUS
 
 
Mu era arrivato al Santuario poco dopo Gennaio, conoscendo già la lingua grazie a Shion che l'aveva preso con sé più di un anno prima, quando ne aveva appena tre. Lo Jamir, e i villaggi lì intorno, erano stati la sua casa fino a quel momento e Shion tutta la sua famiglia, nonché l'unica figura di riferimento fissa che avesse. Solo dopo aver manifestato il Cosmo per la prima volta aveva deciso di portarlo in quel posto.
Quando era arrivato era stato strano, inizialmente. Non era il primo, come aveva pensato, e neanche il più piccolo. Era stato Shion stesso a presentarlo ad Aiolia -che era nato lì- e a Milo -portato lì da un parente, di cui Shion non aveva specificato il legame di sangue, quando aveva appena due anni e mezzo-. I due l'avevano accolto con euforia, adducendo alla scusa che, avendo la stessa età, finalmente avrebbero avuto qualcun altro con cui giocare. Visto che Angelo e Elias, arrivati da quasi un anno, erano più grandi e facevano comunella fra di loro, di solito.
Mu era stato felice di avere qualcuno come lui con cui relazionarsi, e aveva accolto con entusiasmo anche l'arrivo di Thiago, dal Brasile, grande quasi il doppio di lui ma estremamente timido e buono, e Camus, dalla Francia, giunti insieme per uno strano scherzo del destino.
Erano arrivati tutti accompagnati da Saga o Aiolos, a cui venivano di norma affidati nel periodo iniziale di permanenza al Santuario, anche solo per cercare di insegnare loro la lingua, gli aveva spiegato Shion; tutto il resto sarebbe venuto dopo, ma adesso l'importante era principalmente imparare a conoscersi e convivere, poiché presto sarebbero stati tutti compagni.
Quel giorno non fu diverso. Era Giugno inoltrato, nella Decade del Cancro, e il sole cocente rendeva quell'allenamento quasi un gioco. Milo e Aiolia non si stavano impegnando più di tanto, ridevano e scherzavano, lui aveva persino usato il teletrasporto e non era ancora stato sgridato da Aiolos, che era distratto a parlottare con Shura. In un primo momento, Mu pensò che il caldo dovesse aver dato alla testa persino a lui, anche se ci era cresciuto e non avrebbe dovuto trovarlo soffocante come accadeva invece al giovane tibetano, decisamente abituato a climi più freddi.
Solo quando vide arrivare Saga capì che, se non li aveva rimessi in riga, era solo perché per quel giorno andava bene così: stava arrivando un nuovo bambino, l'ultimo, e nessuno di loro avrebbe comunque prestato la giusta attenzione.

Saga li richiamò all'ordine, facendo avvicinare tutti i candidati a diventare Saint, com'era stato anche per l'arrivo di tutti gli altri. 
L'attenzione di Mu fu subito attirata dalla figuretta ai piedi di Saga. Era un bambino biondissimo, i capelli fino alle spalle lisci quasi quanto i suoi, se non fosse stato per quell'unico ciuffo ribelle proprio sulla fronte che pareva volesse arricciarsi a tutti i costi, gli occhi chiusi, minuto e magrolino, che ancora teneva per mano Saga.
Il primo pensiero di Thiago, di fianco al tibetano, fu che doveva esserci un errore, perché era persino più piccolo di Mu, ad occhio e croce, e Mu era già il più basso di tutti -anche se forse il suo parere contava fino ad un certo punto, visto che era lui quello ad essere troppo grande-. E poi Mu, comunque, era tutt'altro che fragile, non solo negli allenamenti ma anche nell'approcciarsi agli altri -senza contare quei poteri, con cui barava sempre, facendolo ridere fino alle lacrime mentre Milo e Aiolia gli inveivano contro.
Quel bambino, però, sembrava ancora più indifeso, e Thiago provò subito un forte istinto di protezione nei suoi confronti; se non fosse stato per il colore di occhi e capelli, infatti, un po' gli ricordava il suo fratellino più piccolo, che era rimasto in Brasile.
"Lui è Shaka, ed è il pretendente a Cavaliere di Virgo, custode della Sesta Casa," lo presentò Saga con un piccolo sorriso, inginocchiandosi appena accanto a lui per essere all'altezza anche di tutti gli altri, "E' appena arrivato dall'India quindi, ragazzi, siate gentili."
Era stato Shion stesso, di persona, a disturbarsi ad andarlo a prendere, un onore che fino a quel momento era stato solo di Mu, suo allievo diretto per via delle sue origini e della capacità di sentire le armature.
Ma Shaka era speciale: per portarselo via aveva dovuto convincere i monaci ad affidarglielo, visto che lo consideravano prezioso come l'oro, essendo la reincarnazione del Buddha, e un emissario semplice non ci sarebbe riuscito. Almeno, quella era stata la spiegazione di Shion, che non si era esposto a riguardo, prima di assentarsi per due giorni e affidare tutto a lui e Aiolos.
"Sarà un Cavaliere anche lui?" squittì Milo, ma senza cattiveria nella voce. "Sembra debole!"
"Cosa ti dico tutti i giorni, Milo?" lo ammonì bonariamente Saga, guardandolo con affetto, come se avesse voluto fargli una lavata di capo. "Non bisogna sottovalutare il nemico dall'aspetto fisico."
"Però lui..."
"Vedi, Milo, non importa se sembra più mingherlino di voi. Avrà tutto il tempo di crescere. Non sottovalutarlo, d'accordo?"
"Va bene," annuì Milo, serio. Serietà che però non durò molto, visto che subito dopo fece due salti e atterrò proprio davanti a Shaka, che invece fece un passo indietro, ancora la manina in quella più grande di Saga.
"Io mi chiamo Milo! Tanto piacere! Lo capisci il greco?"
Shaka borbottò qualcosa in una strana lingua, scuotendo il capo, cercando di allontanarsi dal viso di Milo, che gli era sempre più vicino.
"Non ho capito che ha detto," brontolò Milo.
Saga rise appena, "Neanche io, Milo. Ma imparerà il greco e allora potrete diventare amici, vedrai."
"Ma perché tiene gli occhi chiusi? Non ci vede?" curiosò anche Mu, prima di avvicinarsi a sua volta a Shaka e rivolgergli un enorme sorriso, "Io mi chiamo Mu!" si presentì poi a sua volta.
Saga mise una mano sulla testa del piccolo tibetano e sorrise, "No, Mu, Shaka non è cieco. Tiene gli occhi chiusi perché non è ancora capace di controllare i suoi poteri e ha paura di farvi male."
"Male a noi? Quel moscerino?"
Elias afferrò il lobo dell'orecchio di Angelo e lo tirò, ignorando beatamente i lamenti dell'amico, "Non iniziare a fare lo sborone buzzurro come quando sono arrivato io, giudicando il suo aspetto prima ancora di averlo visto allenarsi. Non hai imparato niente? Eppure te ne ho date di lezioni!"
"Ma quando mai, tutta fortuna sfacciata!"
"Certo, troppo facile giustificarsi così," sogghignò lo svedese, prima di tornare a rivolgersi al nuovo venuto, "E anche tu, piccolo Shaka, non dovresti sottovalutarci!"
"Hai capito che non conosce il greco, probabilmente, vero Elias?" gli chiese Shura, inclinando il capo.
Elias scrollò le spalle, "Certo, ma se gli parliamo tutti i giorni imparerà la lingua in fretta. Anche Thiago e Camus sono stati velocissimi!"
"E' vero," ammise Shura. E anche Elias stesso aveva imparato in fretta. Il più lento era stato Angelo, ma solo perché non si era applicato affatto.
"Oltre ad insegnargli la lingua, comunque, dobbiamo anche cercare di fargli mettere su un po' di chili. Che Cavaliere diventerà se finirà schiacciato dalla sua stessa armatura?" proseguì Elias, estremamente serio, "E' pelle e ossa!"
"Il suo villaggio è molto povero," spiegò comprensivo Saga, "Cercate di renderlo partecipe! Sono sicuro che si riprenderà in fretta!"
"Allora andiamo subito a giocare!" esclamò Milo, "Possiamo, Saga?"
"Beh, immagino di sì. Che dici, Aiolos?"
"Non vedo il problema. Per oggi va bene così. Però domani vi voglio tutti quanti concentrati," annuì Aiolos, "E cercate di ricordare che è appena arrivato e che magari si sente un po' a disagio."
"Ci pensiamo noi, fratellone!" assicurò Aiolia.
"Mi riferivo proprio a questo, Lia. Magari pressarlo tutti insieme non è il massimo, non trovi?"
"Beh lo dite sempre voi che ci dobbiamo abituare a stare insieme! E poi così gli facciamo vedere il Santuario!"
Aiolos rispose con una risata divertita, scuotendo il capo, "E' vero che lo diciamo."
"Lasciali fare," sorrise anche Saga, ancora inginocchiato accanto a Shaka, che lo guardava -più o meno- con le sopracciglia aggrottate e l'espressione di qualcuno che voleva essere salvato. "Coraggio. Saranno i tuoi compagni, e dovrai abituarti a loro!" gli disse quindi, lasciandogli andare la mano.
Shaka inclinò il capo, senza ovviamente capire cosa avesse detto,  ma alla fine si voltò verso gli altri bambini e annuì.

Shaka era arrivato al santuario da qualche settimana, era ormai iniziato Agosto, nella Decade del Leone, e aveva già imparato a parlare molto bene la loro lingua, anche se a volte capitava che sbagliasse qualche parola o qualche pronuncia capiva abbastanza bene quando erano loro a parlare con lui. Ciononostante, non si avvicinava quasi mai. O almeno, era raro vederlo sia in mensa che in Arena, e solo quel quarto giorno di Agosto Mu riuscì a scoprire perché.
Era diretto verso il campo d'addestramento, scendendo dalla Tredicesima casa dopo aver passato tutta la mattinata insieme a Shion, dove si era allenato nella riparazione delle armature. Anche se in verità, a dover essere sincero, ancora non aveva avuto il permesso di toccare  gli attrezzi ed usarli e ancora le loro erano più che altro lezioni teoriche, o visive -ruba con gli occhi, era questo che gli diceva sempre Shion, impara a farlo e non sarai mai inferiore a nessuno-.
Mu le trovava interessanti e magnetiche, quelle lezioni.
Vedere le armature, di cui lui percepiva spesso i lamenti e la sofferenza, rinascere per mano del saggio Shion era per il giovane tibetano alla strenua di un miracolo. Eppure, era proprio Shion, un uomo, a compierlo.
E sapere, un giorno, di poter fare la stessa cosa lo rendeva colmo di orgoglio e desiderio d'apprendere. Il più possibile e il prima possibile.
Tornò alla realtà quando, arrivati alla Sesta Casa, la trovò occupata. Ed era strano, perché nessuno di loro aveva il permesso di presiedere alla Dimora della loro costellazione prima di aver vinto la Cloth, ed infatti le uniche occupate in quel momento erano la Terza e la Nona, che aveva il permesso di superare.
Tutti gli altri, di norma, dormivano nei dormitori e mangiavano in mensa, insieme anche agli aspiranti per le armature inferiori...perché era giusto così, diceva sempre Shion. Per fraternizzare, perché che fossero Gold o Silver o Bronze, erano comunque destinati ad essere compagni.
Ma Shaka era proprio lì, seduto davanti al Loto di pietra.
Si fermò sulla soglia, senza osare entrare, e gli sorrise.
"Ciao, Shaka!" salutò, "Posso passare?"
"Ciao, Mu," fece anche l'indiano, cortese, alzando appena il volto verso di lui ma senza alzarsi dalla posizione meditativa. "Certo, passa pure senza chiedere, so che sali spesso per andare dal Sommo ad allenarti. E poi, questa non è ancora la mia casa."
"Però hai avuto il permesso di stare qui, vero?" curiosò Mu, entrando nella Sesta Casa e avvicinandosi al compagno, "Nemmeno io ce l'ho, ancora! Pensavo che solo Aiolos e Saga potessero!"
Shaka sorrise, "Infatti. Io posso venirci solo a meditare, ho il permesso del Sommo," spiegò, "Anche se in effetti, medito per gran parte del giorno," ammise poi. Al monastero dov'era cresciuto, ci passava tranquillamente tutta la giornata, insieme ai monaci che lo abitavano. Dalla mattina prima dell'alba alla sera. E quindi, anche se non aveva il permesso di stare alla Sesta come se fosse già la sua Dimora...praticamente lo faceva già.
"Infatti stavo per chiederti come mai non ti si vedesse quasi mai, in arena. Meditare fa parte del tuo allenamento, vero? Come per me quello che faccio con il maestro Shion."
"Sì, è così. E' per questo che ci passo molto tempo."
Mu annuì, comprensivo. Era ovvio che se la meditazione era parte integrante del tipo di allenamento che l'avrebbe poi reso Cavaliere, Shaka ci si impegnasse tanto quanto lui si impegnava nella riparazione della armature. Eppure, lo trovava un po' triste, perché a differenza sua che si allenava con Shion sì tutti i giorni ma mai tutto il giorno, e che anzi aveva l'obbligo imposto di scendere poi ad allenarsi con tutti gli altri, Shaka finiva inevitabilmente per isolarsi.
Anche se forse, se quello che diceva Saga era vero e teneva gli occhi chiusi perché non era del tutto in grado di controllare il suo potere, a Shaka la cosa non dispiaceva neanche. E forse lo faceva addirittura di proposito.
"Senti, Shaka, visto che ci siamo incontrati, perché oggi non vieni giù insieme a me?" gli chiese quindi d'un tratto, senza neanche pensarci troppo su. In fin dei conti, meditazione o meno, anche Shaka era giusto interloquisse con loro, e aveva intenzione di pensarci lui, se necessario. Poteva sempre considerarlo parte dell'addestramento, no?
"Giù?"
"Sì! In Arena fra poco inizieranno le lezioni di Saga e Aiolos, ci stavo andando giusto adesso. Se venissi anche tu stavolta sono sicuro che farebbe piacere anche agli altri!"
Shaka piegò il capo verso il basso, indeciso. L'idea di scendere fra i futuri compagni non lo entusiasmava, faceva già fatica a dormire e mangiare con loro, quando li raggiungeva in mensa, poiché era una cosa a cui non era minimante abituato. Al Monastero era l'unico bambino, ed era venerato al pari di un Dio. Tutto quello, per lui, era nuovo e, sotto alcuni aspetti, non così entusiasmante.
Ma era anche consapevole che, forse, era necessario, e che alcuni non erano così male. Mu, ad esempio, gli piaceva. Lo trovava affine con il suo modo di vivere.
"Io dovrei meditare, a quest'ora..."
"Oh, non succede niente se tardi un po', non trovi? Te lo prometto, diventerai fortissimo lo stesso e non ti sgriderà nessuno!"
"Non dovresti promettere qualcosa che non puoi mantenere tu," gli fece notare Shaka, ma senza collera nella voce. In verità, era solo parecchio curioso dal comportamento di quel bambino.
E non capiva perché Mu ci tenesse così tanto che stesse in mezzo a loro.
"Hai ragione," notò il giovane Aries, ma alla fine scrollò le spalle, "Allora vedila così: anche questo in un certo senso fa parte dell'allenamento, perché in una guerra non ci sarai solo tu e dovrai collaborare. Dovrai conoscerci un po'!"
A quelle parole, Shaka alzò entrambe le sopracciglia. Era vero, e anche se in verità lui aveva assecondato qualche volta il chiacchiericcio di Milo e Aiolia sotto le coperte, prima di dormire -che erano fin troppo entusiasti per i suoi gusti ma di cui apprezzava il buon cuore- non poteva certo dire di conoscerli in nessun altro ambito. Non si era mai nemmeno allenato insieme a loro.
"Va bene," concesse quindi alla fine, "Oggi verrò con te, Mu."
"Bene! Coraggio, andiamo o faremo tardi!"
 
Volente o meno, Shaka seguì il coetaneo fino a raggiungere il gruppetto che si era formato tutto intorno a Saga e Aiolos, che evidentemente stavano spiegando qualcosa ai più piccoli.
Quando lo videro arrivare con Mu anche i due adolescenti fermarono il discorso che stavano facendo e lo fissarono. Lo stupore però durò solo pochi attimi, prima che si aprissero entrambi in un gran sorriso.
"Benvenuto, Shaka," lo salutò Saga, "Oggi vuoi passare un po' di tempo con noi?"
Mu stava già per rispondere al posto suo che certo, ovviamente sarebbe rimasto, ma Shaka sorprese anche lui, facendo un cenno del capo ad annuire alla domanda di Saga. S'illuminò, felice.
"Ah, quindi il santone ogni tanto scende pure fra i comuni mortali?" la voce sprezzante di Angelo echeggiò, fastidiosa, fino alle orecchie del giovane Virgo, che storse la bocca.
Sentì chiaramente lo sbuffò e il borbottio di Elias che sussurrava a Shura qualcosa su quanto fosse idiota il loro amico.
Ignorò tutto quanto, ma inconsciamente strinse la manina a pugno, forte.
Era anche per quello che non scendeva mai. Loro non potevano capire.
"Io pensavo che sapesse parlare solo col suo amico immaginario!" affermò ancora Angelo, con l'evidente e chiaro intento di irritarlo. In verità, non c'era davvero cattiveria nel suo modo di fare, chi lo conosceva lo sapeva ormai. Il punto era che Angelo si divertiva a vedere fin dove arrivava la pazienza degli altri, Elias ormai ne era certo, e le risse erano il suo passatempo preferito. Lui lo sapeva bene, questo.
"Non è il mio amico immaginario!" esclamò di rimando la voce di Shaka, contrito. Potevano prenderlo in giro, se volevano, lo capiva. Ma non dovevano insultare il Buddha.
"Ah no? Te ne stai lì, a parlare da solo...sicuro allora che non hai le trabecole?"
"Angelo, smettila!" lo sgridò Shura, schioccando la lingua. Ma come si aspettava, fu completamente ignorato.
"Non parlo da solo. Io converso con il Buddha!"
"E non sei tu la reincarnazione del Buddha, ragazzino? Quindi dov'è l'errore in quello che ho detto, eh? Sei un visionario che parla da solo!"
Mu strinse la mano del suo nuovo amico e gli tirò appena la manica "Lascialo stare, Shaka. Non vale la pena di arrabbiarsi con lui."
"No!" trillò il piccolo indiano, "Deve chiedere scusa! Subito!"
"Non ci penso neanche!" sbottò Angelo, "Scendi coi piedi per terra, moccioso! Non sei superiore a nessuno di noi, non sei un semidio come ti dicevano! Sei solo uno svitato!"
"Non è vero!" urlò Shaka, il Cosmo che, incontrollato, iniziava già a ribollire intorno a lui, "Chiudi scusa al Buddah!"
Saga si affrettò ad avvicinarsi al bambino, cercando di placare l'inevitabile, vedendolo per la prima volta così agitato.
"Adesso calmati, Shaka, ti prego."
Angelo storse il naso, prima di sogghignare, "Ma chi se ne fotte del Buddha! Con quel grassone dorato non ho niente a che fare e non..."
"Sta zitto!" la voce di Shaka vibrò, talmente forte da non sembrare neanche la sua. Gli occhi erano spalancati verso il Saint di Cancer, e Mu e Saga, accanto al bambino, poterono vederli per la prima volta.
Azzurri, erano di uno splendido, intenso azzurro.
Saga aveva ragione a pensare che dovessero essere meravigliosi.
E anche pericolosi.
Angelo fu sbalzato contro il colonnato lì dietro un istante dopo che Shaka ebbe aperto gli occhi, colpito in pieno dalla potenza del suo Cosmo, esploso come una bomba.
Shaka sentì appena le voci di Aiolos e Shura, andati a soccorrere l'italiano, che aveva perso i sensi, e si accorse solo in un secondo momento che gli altri fissavano lui con gli occhi sbarrati.
Tutti quanti. Persino Saga, che gli teneva ancora le mani sulla spalle.
Chiuse subito i suoi, sigillandoli con tutta la forza che aveva dietro le palpebre, e Saga lo sentì chiaramente tremare sotto le sue mani.
"Sta tranquillo, Shaka, sono cose che succedono..." provò a dirgli il più grande, intenerito da quella reazione. Nessuno di loro lo guardava con null'altro che semplice stupore, per quello che aveva fatto solo aprendo gli occhi. Ma Shaka, a quanto pareva, non aveva visto la stessa cosa.
"I-io..."
"Shaka, sta tranquillo!" esclamò ancora Saga, spostandosi davanti a lui e prendendogli il visino smunto fra le mani, "Non è successo niente. Angelo sta bene."
"Sì, piccolo Shaka, alla fine ci vuole ben altro per far fuori quell'idiota," sorrise di rimando Elias, che era appena tornato dal capezzale di Angelo, "L'hai solo messo un poco a nanna."
Shaka scosse la testa con forza, lasciando subito dopo la mano di Mu, che non si era neanche accorto di star ancora stringendo.
Mu, quando si sentì mancare quella stretta, fu percorso da una profonda tristezza. Non riusciva a togliere gli occhi di dosso al suo nuovo amico, che se ne stava lì, quasi fosse spaventato da sé stesso. "Shaka...?" provò di nuovo ad allungarsi per dargli conforto, ma l'indiano sfuggì alla sua presa.
"Mi...mi dispiace..."
"Non hai fatto niente, Shaka!" ribatté nuovamente Saga, "Si tratta di imparare a controllare le tue potenzialità! Coraggio, adesso andiamo, vieni con me. Andiamo a prendere qualcosa da bere," provò ancora, ma Shaka scosse di nuovo il capo.
"Mi dispiace!" ribatté, prima di correre verso le Case, probabilmente per cercare conforto nella sua.
Saga sospirò, "Vado a riprenderlo. Non muovetevi di qui, nessuno di voi!"
Lasciò ad Aiolos l'incombenza di occuparsi di Angelo e raggiunse la Sesta Casa, trovando uno Shaka che, seduto dietro il Loto di pietra, piangeva.
Gli si avvicinò cauto, più per non metterlo a disagio che per non spaventarlo realmente, poiché era certo che Shaka avesse ben intuito la sua presenza.
"Angelo sta benone, Shaka. Si stava già rialzando, quando sono venuto da te, sai?" gli disse gentilmente, spiandone la reazione con la coda dell'occhio.
Ma Shaka rimase comunque immobile, la testa incassata nelle ginocchia strette al petto. Per lo meno, le esili spalle avevano smesso di tremare, quindi non stava più piangendo.
Saga però non era intenzionato a desistere, quindi si alzò e sempre in silenzio varcò la soglia della cucina negli alloggi privati del Sesto Tempio. Ancora non c'era nessuno che se ne occupasse assiduamente, se non le ancelle che venivano a riordinare e rassettare tutte e Dodici le case, anche quelle inabitate, almeno una volta al mese, quindi la cucina stessa era vuota e non riuscì a trovare niente di commestibile da bere e mangiare. Dopotutto, Shaka aveva il permesso di stare lì solo per meditare e Saga avrebbe dovuto portarlo via di lì, ma non ne aveva davvero cuore. Se si era diretto lì e non negli alloggi era perché già si sentiva al sicuro fra quelle mura, e l'obiettivo di Gemini era calmarlo, non certo il contrario.
Rimboccandosi le maniche, scese alla sua Casa, la più vicina, e preparò del tè caldo nonostante fossero in estate. Lui non l'avrebbe mai bevuto, ma era certo che Shaka avrebbe gradito.
Glielo poggiò davanti e si sedette di nuovo accanto a lui. "Ecco a te, Shaka."
E proprio come si aspettava, il giovane indiano alzò il capo verso di lui e, senza nemmeno guardarlo, allungo le manine verso la tazza. Riusciva a malapena a tenerla per bene fra entrambe le sue.
"Grazie."
"Di nulla. Ti sei calmato, adesso? Non credo che tu debba preoccuparti di quello che è successo, Angelo sta bene e, anzi, ha delle scuse da porti."
Shaka bevve appena un paio di sorsi di tè e poi poggiò di nuovo la tazza a terra, "Ho sbagliato io. Sono io che gli devo delle scuse."
"Quello che è successo a te è stato un involontario incidente. Ad ogni modo, se scusarti può farti sentire meglio..."
L'altro annuì appena, e quando alzò davvero il volto verso Saga, era rilassato e sicuro. "Io vorrei partire, se fosse possibile," fece, calmo.
Saga aggrottò le sopracciglia, "Partire? Per dove?"
"Per il luogo dove mi dovrò allenare."
"Ma non hai ancora neanche compiuto cinque anni, Shaka! Il Sommo ha esplicitamente richiesto che fino ai sei anni voi restiate qui, ad allenarvi tutti insieme."
"Davvero? Non lo sapevo. Però io vorrei partire lo stesso..."
"Beh, non era un ordine, il suo. Ciononostante sono anche io convinto che sia meglio così. Anche Shura, Elias e Angelo hanno aspettato di compiere sette anni, e partiranno a fine mese..."
"Anche così, pensi che mi ascolterebbe, se glielo chiedessi?"
"Ti ascolterebbe sicuramente, Shaka," sorrise Saga, "Non so, però, se asseconderà il tuo desiderio."
"Io vorrei provare lo stesso."
"D'accordo, gli comunicherò che richiedi udienza da lui. Però, Shaka, non dovresti farti influenzare da quello che è successo oggi. Mi rendo conto che aver colpito Angelo involontariamente ti abbia destabilizzato, ma non c'è necessità di affrettare le cose in questo modo."
"Lo so," annuì il più piccolo, finendo di bere pian piano il tè, ora tiepido, "Però, anche così...io non sono come loro. Non riuscirei ad ottenere nulla, così. Non voglio dire che sono deboli, però io non combatto come loro, tutta la mia potenza si basa sulla meditazione, e sul Cosmo. Non sono tanto forte, fisicamente."
"Questa consapevolezza è ammirevole, e forse hai ragione, ma non dovresti paragonarti a nessuno di loro. Per essere un Saint, la forza fisica non è l'arma principale. Senza contare, poi, che da quando sei arrivato ti sei rafforzato molto, il medico ha detto che hai fatto molti progressi, anche se ti sforzi di mangiare e lo fai solo perché devi. Partendo immediatamente, ti precluderesti la possibilità di sopperire a questa piccola mancanza che hai."
Quando era arrivato, Shaka era stato uno dei pochi, come anche Elias, Angelo e Thiago che vivevano per strada ed erano malandati, ad essere sottoposti a una visita medica accurata, per un motivo o per un altro. Nel caso dell'Indiano, il problema principale riscontrato era stata la carenza alimentare, e Shaka aveva fatto davvero fatica ad abituarsi a tutto il cibo che c'era al Santuario e alla dieta ricca che gli avevano dato. La prima volta era stato malissimo per diversi giorni, poiché il suo stomaco non ci era abituato, ma poi era riuscito a ritirarsi su, anche se spesso a causa della meditazione si era dimenticato di scendere in mensa a mangiare con tutti gli altri.
Saga, però, era convinto che, continuando a regolarizzarsi sempre di più e a recuperare le carenze vitaminiche e il peso che aveva al suo arrivo, persino Shaka sarebbe stato tranquillamente in grado di competere con gli altri. Anche se sembrava fin troppo complicato convincere il diretto interessato della cosa.
"Forse. Ma penso di dover partire, è il momento."
Saga scosse il capo, divertito, "Senza nemmeno aver imparato a conoscere bene i tuoi compagni?"
"Alcuni un po' li conosco. E ci sarà tanto tempo anche dopo, no?"
"Sì, questo è vero," ammise Gemini, "Va bene, domani ti accompagnerò dal Sommo. Ma adesso su, torna nel dormitorio; non hai il permesso di star qui, lo sai!"
Shaka si alzò, annuì e ringraziò, prima di sparire di nuovo dalla sua vista, premurandosi anche di chiedergli dove potesse lasciare la tazza, visto che passava per la Terza. Saga aveva la sensazione che Shion avrebbe concesso quella partenza anticipata, visto le motivazioni e lo spirito che muovevano il bambino, e credeva proprio che sia Mu che le due pesti del Santuario ci sarebbero rimasti molto male.
 
Angolino Autrice:
Buonsalve. Spiegazione veloce di rito: Se non ho fatto male i calcoli, probabilmente sì perché è un casino, questa fic si porta fra la prima (l'arrivo di Aphrodite) e l'ultima parte (il saluto prima della partenza) di Som Du. Lì, dove a parte qualche mese non ho messo riferimenti temporali, i tre dell'ave maria arrivano al santuario che non hanno neanche 5 anni (non dicevo l'età di Elias e ho solo accennato che Angelo non aveva ancora 5 anni, quando è arrivato, un po' prima dell'altro). Dicono che Aiolia ha 2 anni, ma fra i piccoli lui è l'ultimo a compierli -non Milo, come pensavo, alla fine l'ho capito!-, quindi ci dovrei rientrare o.O nell'ultima parte, dico che è Agosto, ma ho fatto passare svariati mesi senza specificare quanti. Nella mia testa bacata, loro partivano a sei anni, ma non avendolo scritto mi rendo conto che è meglio calcolarne sette (tanto compiono tutti e tre gli anni la prima metà dell'anno). Shaka qui ha 4 anni, tre anni in meno quindi, e ne dovrebbe compiere 5 a Settembre. Quindi calcolo perfettissimo. Rientro anche in Promessa, dove dico che gli anni di allenamento sono tre e Shura ha quasi undici anni, quindi l'anno della Notte degli Inganni.
Visto che brava che sono stata??
 Mu è stato preso da Shion a 3 anni (nel mio handcanon ovviamente, come ho scritto in first meet) e portato lì più di un anno dopo. Milo è arrivato a 2 e mezzo, quindi poco dopo Aphrodite, visto che in Som Du dico che Aiolia ha appunto 2 anni, nella prima parte.
Mi rendo conto che sono molto molto piccoli per il modo in cui si pongono e parlano, ma prendetevela con Kurumada e con la Okada per questo, non sono stata io a rendere Aiolia un genietto che a 4 anni parla un sacco di lingue, figuratevi dunque gli altri! (Grazie a Anya che mi ha fatto scoprire questa cosa che non sapevo xD)
In fondo non sono bambini normali, non lo sono mai stati...Inoltre il mio Shaka bambino è ispirato, ovviamente, allo Shaka bambino dell'Hades, quello che piangeva col Buddha per i mali del mondo, quindi l'ho reso decisamente meno spocchioso e irritante di quello che conosciamo nella Sesta Casa!
Tornando alle cose serie. Ho messo la Shot In Corso perché, anche se in teoria sarebbe finita, io avrei un'altra piccola parte solo da sistemare. Era troppo lunga da mettere tutto insieme, per i miei gusti, e l'ho divisa. Non è indispensabile, quindi se non vi interessa posso benissimo tenermela per me xD
Vi dico già che varia molto sul fluff, rispetto a questa parte, che ultimamente ho voglia di carinerie, ed è collegata a Tigmo, anche. Vi potrebbe interessare?
Fatemi sapere, mi raccomando!
(E dovrei anche aprire una raccolta per tutte ste OS visto che sono tutte quante collegate, ma non ho un titolo decente xD Aiuto!!)
Un bacione, e buone vacanze a tutti!
Asu

 

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Capitolo 2
*** Parte seconda - extra ***


PARTE SECONDA - Extra

 

 

 

A fine Agosto, Mu aveva lasciato il Santuario per una settimana per dirigersi verso il Jamir e, su commissione di Shion, recuperare alcuni occorrenti per la riparazione delle armature. Era stato proprio al suo rientro che aveva scoperto che non solamente Angelo, Elias e Shura avrebbero lasciato il Santuario il giorno successivo, l'ultimo di Agosto, ma anche Shaka sarebbe partito, anticipando il suo allenamento sulle rive del Gange.

Era stato lui a dirlo agli altri, durante la pausa dall'allenamento. Non che se la fosse presa per qualcosa, ma aveva la sensazione che Shaka li stesse lasciando indietro, nonostante avessero la stessa età, e questo un po' lo faceva stare male. Non poteva fare a meno di chiedersi se, una volta tornati tutti lì investiti delle loro armature, per Shaka sarebbero stati solo esseri inferiori da guardare dall'alto al basso o se, invece, potessero riuscire ad essere amici come non avevano avuto il tempo di diventare in quel periodo.

"Però non vale!" borbottò Milo, mettendo il broncio, "Avevamo appena iniziato a fare amicizia!"

Camus inarcò un sopracciglio, con quel fare snob e irritante che innervosiva Milo più di qualunque altra cosa, "Veramente, mi pareva che la cosa fosse a senso unico. Lui vi rispondeva appena, solo per carineria!"

"Solo perché è timido," berciò Milo, "Vero, Lia? Chiacchieriamo sempre, la sera!"

Aiolia portò un dito al mento, inclinando il capo, "Lui parla poco con tutti, quindi chi lo sa!"

Milo sbarrò gli occhi, "Traditore!"

"Però anche secondo me è un poco timido," fece anche Thiago, ricevendo in cambio tutta la gratitudine di Milo, "Ma perché se ne va prima? Io pensavo che saremmo partiti tutti insieme..."

"Boh," scrollò le spalle Mu, "Forse Aiolos lo sa?"

"Sicuro!" saltò su Aiolia, "Glielo vado a chiedere!"

"Aspetta, aspetta! Io ho un'idea migliore, Lia! Andiamo direttamente da Shaka, così se domani parte anche lui possiamo salutarlo per bene!"

"Magari non gli fa piacere."

Milo sbuffò alle parole di Camus, "Ma solo perché non fa piacere a te non è che non deve far piacere agli altri. Sei tu quello antipatico! Io vado!"

"Vengo anche io!" decise Aiolia alla fine, seguendo subito l'amico verso i Dodici Tempi. Mu aveva detto che Shaka passava lì a meditare quasi tutto il tempo, e visto che era pieno pomeriggio, è lì che doveva essere.

"Secondo me si arrabbierà," sorrise Thiago, ma era già in piedi a sua volta, "Tu vieni, Mu?"

"Sì!"

Camus sbuffò, fermo al suo posto, "Se sapete che si arrabbierà, che ci andate a fare?"

"Per salutare, no? Vieni, Camus?"

"No, grazie Thiago. Io resto qui."

 

Shura, Elias e Angelo erano ancora sotto l'albero, all'ombra, con le bottigliette d'acqua che Angelo aveva reperito anche per gli altri due, quando si videro passare davanti quattro dei loro piccoli compagni. Mancavano solo Camus e Shaka, ma affacciandosi oltre il grosso tronco Elias notò subito che Camus era lì, anche se da solo e non vedeva bene cosa stesse facendo.

"Dove corrono tutti compatti? Guardali, sembrano una manica di pecorelle!" li prese in giro Angelo con un sogghigno.

"Ad occhio stanno andando verso le Dodici."

"E non è vietato?" inclinò il capo Elias, guardando lo spagnolo.

Shura scrollò le spalle, "Non so. Ma Shaka è lì, se non sbaglio."

"Ah, ho capito. Vanno a salutarlo prima della partenza. Non è più uscito da quando ha attaccato per sbaglio Angelo. E pensare che questo qui se lo meritava proprio, povero piccolo. Secondo me, si è spaventato più lui che te!" esclamò Elias, piantando il dito nel fianco dell'amico, "Ed è tutta colpa tua che sei un cafone maleducato!"

"Ahia! Bastardo, Elias, questa me la paghi! E poi non è stata colpa mia!" sbottò il diretto interessato.

"Mia no di certo!" gli fece notare Elias, "Sei stato cattivissimo."

"Ma non pensavo che quel santone si arrabbiasse davvero!"

"Nemmeno Athena in persona riuscirebbe a mantenere la calma con uno come te, Angelo," borbottò Shura, storcendo le labbra, "Sei insopportabile certe volte."

"E tu un amico di merda."

Shura scrollò le spalle, indifferente all'insulto.


"Ho deciso che lo vado a prendere," trillò Milo, già pronto a varcare la soglia della Prima Casa, incustodita, per raggiungere di corsa la Sesta, dov'era Shaka. "Così andiamo a mensa tutti insieme e lo salutiamo prima che parta!"

"Però se sta meditando forse ha ragione Camus, e non gli farà piacere..." esclamò Mu, che li aveva seguiti fiducioso fino a lì, ma adesso iniziava ad avere un po' di tentennamenti. Lui ci teneva tantissimo a salutare l'altro prima che partisse, perché anche se per troppo poco tempo avevano iniziato a fare amicizia e per Mu lo erano già, amici. Solo che credeva di aver anche un po' capito com'era, e di certo adesso voleva rimanere da solo. "Per non parlare del fatto che non dovremmo nemmeno essere qui!"

"E va bene, allora smetterà di meditare, no? E' quasi ora di pranzo, anche!" ribatté il piccolo greco, guardando l'amico del Leone in cerca di manforte. E stavolta, Aiolia glielo diede. "E' vero! Anche il fratellone dice sempre che non deve saltare i pasti! Ha detto che glielo ha detto il medico!"

"Sì, sì, l'ho sentito anche io!" annuì Milo, "Quindi lo andiamo a prendere noi, così se lo ricorda e possiamo anche salutarlo per bene come avevamo deciso. Non pensi anche tu, Mu?"

Mu sporse il labbro inferiore, spostando lo sguardo da Milo all'ingresso della Sesta, "Sì, però non voglio nemmeno che si offenda. E vi ripeto che in teoria non dovremmo essere qui!"

Thiago, vicino a Mu, inclinò un po' il capo, una mano al mento, "E' vero, non ci stavamo pensando. Non avremmo il permesso..."

"Secondo me esagerate," mise il muso anche Aiolia, "Alla fine non stiamo facendo niente di male, no? E anche Shaka non se la prenderà, in fondo stavamo facendo amicizia, no?"

"E allora perché se ne va?" domandò ancora Thiago, sinceramente curioso e per nulla intenzionato a litigare con nessuno. Alla fine, l'unica cosa che sapeva di Shaka era che la sera chiacchierava un po' con quei due, anche se più che altro rispondeva a monosillabi, e che di giorno preferiva rimanere da solo, in disparte nella sua futura Casa. Per il resto, non ci aveva mai parlato, se non il primo giorno, anche se la colpa probabilmente era sua: a differenza di Mu, Milo e Aiolia, lui non si era mai fatto avanti in prima linea con Shaka. Lo rispettava nel suo desiderio -sempre che lo fosse- di stare da solo e lo lasciava in pace.

"Secondo me se ne va per colpa di Angelo!" squittì Milo, "Quel brutto antipatico lo ha fatto proprio arrabbiare, l'altra volta, avete visto!"

"Però lì ha vinto Shaka..."

Aiolia sobbalzò come colto da un pensiero funesto, gli occhi sbarrati, "E se lo hanno mandato via perché ha fatto male ad Angelo? Il fratellone a volte lo dice, che non si litiga fra di noi o verremo puniti: perché dobbiamo essere tutti amici!"

Mu, a quelle parole, si aggrappò alla manica di Thiago, quasi spaventato, "Allora lo mandano via e non torna più? Ma il maestro me l'avrebbe detto!" Shion aveva rivelato solo che sarebbe partito in anticipo, e Mu era stato tranquillo perché era sicurissimo che comunque prima o poi l'avrebbero rivisto, anche se fra diversi anni, magari già investiti dell'armatura.

Però, se lo mandavano via perché aveva sbagliato, allora non sarebbe tornato e non si sarebbero più potuti incontrare.

"Non voglio che se ne vada per non tornare più!"

Thiago, trovandosi il piccolo tibetano praticamente addosso e sull'orlo delle lacrime, lo strinse subito in un abbraccio fraterno, "Non fare così, Mu, sono sicuro che tornerà anche lui!"

"Dovevamo chiedere al fratello, lui di certo lo sa," mormorò anche Aiolia, abbassando il capo con rammarico.

Anche lui non voleva che cacciassero Shaka. E poi, era convinto anche che Angelo un po' se lo meritasse, era lui che doveva essere mandato via.

Erano ancora tutti lì, in silenzio assoluto, gli sguardi bassi, quando Shura, Elias e Angelo li raggiunsero.

In verità, non sarebbero dovuti essere lì, né loro tre né i quattro più piccoli, ed era proprio per questo che erano andati a prenderli, prima che Saga e Aiolos li beccassero, considerando anche che la pausa data loro era quasi terminata.

Shura non era molto d'accordo nell'andarli a prendere, visto che significava raggiungere le case senza permesso, ma alla fine aveva ceduto.

"Che succede qui? Lo sapete che dovete tornare all'Arena?!" berciò Elias, guardandoli uno ad uno. Se volevano salutare Shaka, non aveva senso che restassero lì fuori, "Andate a pranzo e poi ad allenarvi, coraggio!"

Mu fu il primo ad alzare il capo, indeciso, "Però..."

"Shura!" la voce acuta di Aiolia lo anticipò, impedendogli di continuare. Il piccolo Leo corse subito verso l'amico più grande, che lo accolse gentilmente quando gli si gettò addosso e gli mise una mano sulla testa.

"Che succede?"

"Shura, senti, è vero che mandano via Shaka? Per punizione per aver fatto male ad Angelo? E non torna più? Tu lo sai, Shura?"

Shura aggrottò le sopracciglia, piegandosi un po' per essere all'altezza dell'altro, "Chi ve lo ha detto, questo?"

"Beh, ecco, veramente..."

"Ve lo siete inventati?" li prese in giro Angelo, il sogghigno divertito sul volto, "Ma che avete in testa voi microbi? Certo che ne avete di fantasia!"

"Non è fantasia, è stata colpa tua!" ululò Milo, "E' Aiolos che lo dice sempre, che non si deve litigare!"

"E' vero, ma non ti buttano mica fuori per una cosa simile," rise anche Elias, divertito e intenerito al tempo stesso, soprattutto quando i grandi occhioni verdi di Mu incontrarono i suoi azzurri, inchiodandolo sul posto, lucidi e spalancati com'erano.

"Sei sicuro?"

Elias sorrise, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno all'indice, "Abbastanza, considerando che io e Angelo siamo ancora qui e non siamo stati mandati da nessuna parte."

"E' vero, Shura?" chiese di rimando anche Aiolia, guardando lo spagnolo dritto negli occhi. Così, giusto per essere davvero certi, perché anche se Elias era più simpatico di Angelo, non era quel genere di ragazzo con cui Aiolia stava volentieri, ed infatti parlavano appena.

"Verissimo, Aiolia. Shaka andrà solo ad allenarsi, e poi tornerà qui. Proprio come succederà a voi fra un po' di tempo."

A quelle parole, Mu sospirò di sollievo, "Meno male!"

Elias a quel punto alzò gli occhi al cielo, in un misto fra il divertito e l'esasperato, "Bene, risolto questo, che intendete fare?" chiese loro, incrociando le braccia al petto.

"Andarlo a prendere per salutarlo, come avevamo deciso!" esclamò Milo.

"Ma non si può superare le Case senza permesso," gli ricordò Angelo con scherno, "E tu non ce l'hai il permesso, mostriciattolo!"

"Però Mu sì!" rincarò Milo, tirando fuori la lingua all'indirizzo di Angelo, che alzò a sua volta gli occhi al cielo.

Mu arricciò il naso, a quella constatazione, "Non voglio far arrabbiare il maestro Shion," fece.

Milo strabuzzò gli occhi, davanti a quell'abbandono improvviso, "Ma non avevi detto anche tu che volevi venire a salutarlo?!"

"Beh, sì," ammise Mu, "Però magari si può aspettare che scenda no? Insomma, così siamo contenti tutti quanti..."

"Ma..."

"Ma dovresti proprio dargli retta, Milo!" tuonò la voce dura di Aiolos, insolitamente alterata. Se ne stava lì, vicino alla colonna più lontana, non l'avevano neanche sentito arrivare. O forse era lì dall'inizio e non se ne erano accorti?

In entrambi i casi, era più crucciato che mai, le braccia incrociate al petto, e non certo per trasmettere impazienza, com'era stato con Elias poco prima. No, Aiolos era decisamente arrabbiato. Milo non lo aveva mai visto così, anche se Aiolia diceva spesso che Aiolos, quando si arrabbiata, sapeva essere davvero spaventoso. E che fosse un maestro severo ormai lo avevano capito tutti quanti.

Chinò subito il capo, vedendolo venire verso di loro, e  una piccola parte di lui era già convinta che fosse stato Camus a fare la spia.

Ma Aiolos lo smentì subito.

"Sono tutti in mensa tranne voi sette, che cosa state facendo, qui? Lo dovreste sapere che non avete il permesso di starvene alle Dodici Case, vi ho detto un sacco di volte che potrete entrarci solo dopo aver ottenuto la Gold Cloth! Addirittura venite qui a bighellonare, invece di riposarvi e rifocillarvi per l'allenamento del pomeriggio!"

"Ma noi..."

"Nessun ma! Aiolia, sono molto deluso da te, eppure pensavo di essere stato chiaro. Quante volte devo dirtelo? Devi imparare a crescere! Va bene giocare e scherzare, ma infrangere le regole no!"

Aiolia alzò la testa di scatto, punto sul vivo, "Io non ho fatto niente, fratellone!"

"Ah no? E allora che cosa fai qui? Shaka scenderà a cena come ogni giorno, dovevate solo aspettare, per poterlo salutare. Non c'era alcuna ragione di venire fino a qui. Ancor più l'idea di andarlo a prendere con la forza è ridicola, Milo, non avete imparato niente fino ad oggi?"

Milo incassò il capo nelle spalle ancora di più, mentre Aiolia tornava ad abbassare gli occhi, "Ma non ho fatto niente davvero. Non è stata una mia idea, Los, è stato..."

Aiolos lo bloccò con un cenno della mano, fulmineo, "Non voglio sentire altro! Prenditi le tue responsabilità, invece di addossarla sugli altri. Nessuno ti ha trascinato qui con la forza!"

"Allora vale per tutti! Perché te la prendi solo con me?!"

"Non lo sto facendo,"  chiarì il più grande, "Siete tutti quanti in punizione. Mu, di te si occuperà Shion."

Mu spalancò gli occhi a quelle parole inaspettate. "Va bene la punizione Aiolos però...il maestro Shion è già molto impegnato!"

"Quanto la fai tragica per una cosa del genere!" berciò Angelo, giusto un attimo prima che Elias gli conficcasse un gomito nel fianco, piegandolo a metà per tappargli la bocca.

"Ignoralo!"

"Ahia..."

Aiolos incenerì tutti e due con un'occhiata torva. Shura rabbrividì, vedendolo, perché di solito anche lui avrebbe riso, o sorriso, dei battibecchi fra quei due. Avrebbe fatto meglio a rimanersene a leggere, come voleva fare prima di essere trascinato lì dagli altri. Per quanto gli dispiacesse vedere Aiolia così amareggiato si pentiva molto di più di essere parte della causa dell'ira di Aiolos.

"Anche se il Sommo Shion è impegnato, sei il suo allievo. Gli riferirò l'accaduto. E adesso andate in Arena, forza."

Shura lasciò passare avanti gli altri, inizialmente, puntando sul più grande uno sguardo rammaricato, e aveva già aperto bocca per parlare, quando Aiolos alzò di nuovo la mano, piccato. "Anche tu, Shura. E sono altrettanto deluso: non me lo aspettavo, da te!"

"Mi dispiace, Aiolos...Eravamo solo venuti a riprendere i più piccoli. Ma non è neanche colpa loro, Aiolia aveva buona intenzioni," mormorò, cercando di capire se quel movimento delle sopracciglia che aveva colto in Aiolos potesse significare qualcosa.

Sagitter, alla fine, sospirò, senza più riuscire a mantenere la sua espressione arcigna, "Ne terrò conto. Per oggi siete comunque in punizione," fece, le braccia incrociate. In fondo, lo sapeva che avevano buone intenzioni, l'unico di cui poteva dubitare un po' era Angelo, visto il suo carattere. Ma restava il fatto che avessero sbagliato.

Shura annuì, abbozzando un sorriso, prima di seguire gli altri. Affiancò Angelo e lo superò, ma rimase a portata d'orecchi il necessario per sentire che ancora si stava lamentando.

"Gli verrà il sangue acido se se la prende in questo modo per ogni stronzata! Che tipo noioso!"

"Ma la voi piantare?  Se ti sente e raddoppia la punizione, io non ne voglio sapere niente! Proprio l'ultimo giorno al Santuario, dico io! Ma non potevamo farci i fatti nostri?"

"Guarda che l'idea è stata tua, principessina!"

"Se sento ancora la tua voce ti tiro la lingua, Angelo!"

Shura sospirò, spazientito. Non era Aiolos ad aver esagerato, perché per quanto solo temporanea per loro -sempre se fossero riusciti a vincere le Armature- quella era pur sempre una richiesta diretta del Gran Sacerdote. Praticamente una legge invalicabile. E loro erano andati a tanto così dall'infrangerla.

 

Quando l'allenamento finì, Mu era già proiettato alla ramanzina che Shion gli avrebbe sicuramente fatto, se non quella sera stessa il giorno successivo, visto che doveva andare da lui di prima mattina. Ma era così stanco, in quel momento, che non aveva nemmeno la forza di alzarsi.

Aiolos li aveva fatti penare, tutti quanti, dando a loro sette il doppio degli esercizi. Ad un certo punto Elias aveva anche provato a chiedere a Saga di farlo ragionare, ma quello aveva scosso il capo, serio.

"Se Aiolos ha deciso di punirvi, evidentemente ve lo meritate," l'aveva liquidato, le mani sui fianchi. Elias aveva borbottato qualche imprecazione in lingua madre, alzando gli occhi al cielo, poi era tornato dagli altri, già stanco e con lo stomaco che brontolava per la fame.

L'unico che se l'era cavata con niente era stato Camus, per il dispiacere di Milo, perché non essendo con loro in quel momento non era stato punito. Eppure, nonostante questo, era rimasto ad aspettarli seduto sugli spalti dell'arena. Era stato lui che, non appena Aiolos li aveva lasciati andare, dicendo che avrebbero ripreso il giorno successivo -per chi restava- e che non l'avevano ancora scontata tutta, aveva portato a tutti una bottiglia d'acqua fresca, tenendole a malapena tutte quante fra le braccia.

Senza riuscire a vedere dove metteva i piedi per via dell'ingombro delle bottiglie, appena li raggiunse finì per inciampare ai piedi di Milo, impedendosi per puro spirito di sopravvivenza di cadere ma senza riuscire a prendere due delle boccette che, invece, finirono dritto contro Milo.

"Tu!"

"Prima che tu lo dica, non l'ho fatto apposta!" esclamò subito il francese, "Sono inciampato. Dovresti ringraziare per l'acqua: tieni, questa è per te."

Milo mise subito il broncio, sporgendo il labbro inferiore, ma accettò la bottiglia e dovette persino ammettere che, in fin dei conti, quel francesino con la puzza sotto al naso era stato gentile. "Grazie," brontolò controvoglia.

Aiolia non si fece pregare, aprì la bottiglia dopo aver appena ringraziato il coetaneo e la bevve tutta d'un sorso, poi guardò il cielo. La luna e le stelle erano già sorte. Avevano saltato la cena e a lui brontolava lo stomaco. Anche quello doveva far parte della punizione. Aiolos li aveva fatti allenare ben oltre l'orario e ormai in mensa non doveva essere rimasto più nulla.  "Muoio di fame..." brontolò.

"Io invece sono arrabbiato, ecco!" esclamò Milo, mordicchiando il tappo della bottiglietta. Si passò una mano fra i capelli, ma poi rinunciò: erano ormai una zazzera incontrollabile a causa del sudore, era impossibile dargli un ordine. A suo confronto, quelli di Aiolia erano perfetti.

"Perché?" chiese anche Thiago, ancora sdraiato di schiena e a pancia in su, a guardare il cielo stellato. Lo faceva anche quando era in Brasile, e lo amava. Adesso, poi, che pian piano stava imparando almeno le costellazioni principali -ma un giorno sarebbe stato in grado di riconoscerle tutte, gli avevano assicurato- passare le serate col naso all'insù era il suo hobby preferito.

"Perché ci aveva detto che avremmo potuto salutare Shaka a cena, e invece ci ha tenuti qui!"

"Tecnicamente non partiamo domani all'alba, Milo," fece notare con un sospiro esasperato Elias, "E poi dormite nello stesso dormitorio. Vi potete vedere anche lì."
"Ma non è la stessa cosa!" brontolò il più piccolo, "Io volevo fare una cosa carina, visto che partite anche voi tre, ma voi mica dormite nella stessa ala nostra visto che siete grandi e domani partite e allora non vi possiamo più salutare e dovremmo anche salutare Shaka di corsa prima che le tutrici ci mettano a letto e..."

"Buono, buono, buono!" sbottò Angelo, tirandogli la bottiglietta in fronte, "Respira quando parli, che non si capisce un cazzo!"

"Ahia! Ho solo detto che..."

"Ho capito che hai detto, ma riprendi fiato qualche volta o morirai asfissiato!"

Milo spalancò la bocca, "Si può morire parlando troppo veloce?!"

"Davvero?" domandò anche Aiolia, girandosi a pancia in giù, "Allora Milo dovrebbe essere morto da un pezzo, parla sempre così!"

Angelo, per tutta risposta, spalancò gli occhi e si portò una mano sulla fronte, scoppiando a ridere in modo quasi convulso.

Camus scosse il capo, "Vi sta prendendo in giro."

"Ah sì?"

"Lo sapevo," fece subito Milo, impettito, "E comunque io dicevo sul serio! Non sul morire. Prima. Sul saluto."

"Non ti metterai il cuore in pace, vero?" chiese quindi Elias, fissando il bambino con la coda dell'occhio. Era fastidioso, irritante, invadente...ma anche un poco tenero, tutto sommato. E voleva solo salutarli per bene.

Si poteva provare a fare qualcosa. Aiolos permettendo.

Anche perché poi non si sarebbero rivisti davvero per molti, molti anni.

"Mai! Me ne pentirò per il resto della mia vita!"

"Ho capito," sospirò, e volente o meno si alzò, per quanto tutte le ossa del suo corpo gli dicessero di dormire fino alla partenza, se possibile, "Non muovetevi da qui, piccole pesti, dico a tutti quanti. Torno subito!" esclamò, sparendo poi alla velocità della luce.

Li raggiunse di nuovo qualche minuto dopo, un grosso cartoncino bianco e una manciata di pennarelli in mano. Lo divise in quattro e diede ad ognuno un cartoncino e un pennarello.

"Ma noi siamo cinque," notò Camus, rimasto a mani vuote. 
"A partire siamo in quattro. Passatevelo" berciò Elias, "Scrivete il vostro saluto! Breve, veloce e duraturo. E poi a letto!"

"Un bigliettino?" domandò Mu, mentre invece Milo si era subito fiondato sul foglio, iniziando a scarabocchiare dall'angolo più in alto a sinistra.

Elias gli sorrise e annuì, "Certo, anche questo è carino, no? Direi che Milo è soddisfatto," spiegò, "Inoltre, chi vorrà potrà portarselo sempre dietro, e non potrà dimenticarlo come si perderebbero le vostre parole."

"Ma sanno scrivere, già?" curiosò Shura, affacciandosi dalla spalla di Aiolia, che si era posizionato accanto a Milo e aveva già fatto diversi scarabocchi poco definiti con il suo pennarello rosso. Milo disegnava scorpioni ovunque -più o meno, almeno credeva fossero scorpioni-. Camus borbottava in francese, come se fosse contrariato, ma si impegnò a disegnare due bellissimi fiocchi di neve col pennarello blu. Mu aveva un pennarello arancione e stava disegnando tutto concentrato un gigantesco sole. Aldebaran si era unito ad Aiolia per aiutarlo nel suo disegno che forse -forse- doveva raffigurare tutti loro. Forse. Più o meno.

Shura non ne era del tutto sicuro. Aveva un po' di dubbi.

Elias gli rispose con una risata divertita, "Non importa. Quando hanno finito, per Shaka scriveremo noi qualche saluto comprensibile, e lo firmeremo per tutti. Per quel che mi riguarda invece penso che tutti questi disegnini valgano più di un semplice ciao." decretò. Ed era sincero.

Shaka avrebbe riconosciuto i suoi amici dai loro disegni, sarebbero stati più che sufficienti, e riguardandoli, da grande, avrebbe ricordato che gli volevano bene. Lui aveva fatto contento Milo e gli aveva impedito una nottata insonne e poi, beh...non si poteva fare come voleva Milo, perché era troppo tardi per una festicciola.

Shura scrollò le spalle, ma non fece obiezioni, a differenza di Angelo.

"Mi sembra strano che tu gliene abbia dati anche per noi..." notò invece.

Elias sorrise appena, tornando a giocare con la solita ciocca bionda sfuggita alla cosa, "Avevo pensato di no, ma Milo non l'avrebbe mai finita e poi...e poi sai, mi fa piacere l'idea di portarmi qualcosa da qui. Visto che non sappiamo se torneremo."

Shura schioccò la lingua, "Pensavo volessi far vedere ad Angelo che cosa sai fare."

"Lo farò," ghignò lo svedese, "Ma non so se tornerete voi."

"Ma sentilo, questo qua!" sbuffò Angelo, per nulla concorde, "Al massimo sarai tu a rimanerci secco!" ma era una paura che davvero non aveva, perché dopo la promessa che si erano fatti, a modo loro, sotto l'albero che li aveva visti avvicinarsi e diventare amici, era certo che sarebbero tornati tutti e tre. A qualsiasi costo.

Quando i cinque bambini ebbero finito, Aiolia corse subito a dare il suo cartoncino a Shura, che lo accolse con un sorriso e una carezza fra i capelli. Mu, che teneva ancora in mano quello che avevano fatto lui e Thiago, alzò su Angelo due occhi spalancati, "Tornerete, vero?"

Angelo sbuffò un sogghigno, "Preoccupati per te, bamboccio. E adesso su, che vi accompagniamo nella vostra ala!"

"Okay. Questo è per voi!" fece anche Thiago, porgendo i cartoncini colorati e lui e Elias. Lo presero entrambi, nonostante tutti i brontolii dell'italiano.

 

Arrivati al dormitorio, le tutrici erano già lì ad aspettarli. Erano quelle povere donne che si occupavano dei più piccoli, senza di loro Aiolos non avrebbe saputo come fare, per crescere il fratellino dopo la morte di entrambi i genitori. Sempre loro si erano occupate di Shura, quando era arrivato, e l'avevano praticamente tirato su come delle mamme.

Come ogni giorno, erano già pronte a rimboccarsi le maniche per convincere Milo e Aiolia a dormire, o quantomeno a lasciare in pace gli altri che volevano farlo, quando proprio Aiolia si avvicinò loro.

"Abbiamo fame! Non è avanzato niente, dalla mensa?" lamentò, lasciando che Kyriake lo prendesse per mano.

"Controlleremo," disse la donna con un sorriso, "Di sicuro qualcosa c'è!"

A Mu venne subito in mente una cosa che nascondeva sotto il letto, perché in teoria non avrebbe dovuto tenerla. Ma l'anziana del villaggio vicino al promontorio dove sorgeva la pagoda in cui era cresciuto con Shion gli aveva regalato un sacchetto pieno di Tingmo e lui se l'era tenuto, dimenticando poi anche di cederlo alle tutrici.

Lo aveva ancora nello zaino sotto il letto.

Forse, invece di darlo alle tutrici potevano mangiarlo, tutto sommato.

Salutarono l'anziana donna che, dopo averli messi a letto, diede un bacio sulla fronte a ognuno di loro e rimboccò ad loro le coperte.

"Non fate confusione," raccomandò, carezzando i capelli perennemente scombinati di Milo, "Non disturbate Shaka. Tornerò a controllare, Milo. Non urlare, non correre e dormi."

"Sì, Kyriake!" sorrise Milo, del suo sorriso furbo che non presagiva nulla di buono.

"Torno a controllare!" minacciò di nuovo la donna, bonariamente. E sarebbe tornata, Milo lo sapeva bene.

Avevano mezz'ora, poi si sarebbero beccati anche la sua ramanzina. E dopo Aiolos, non ne aveva davvero voglia.

Aiolia aspettò appena che Kyriake uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, poi si alzò e si sporse verso Shaka, che aveva il letto accanto al suo.

"Già dormi? Shaka?"

Shaka di solito andava a letto prestissimo perché si svegliava prestissimo, la mattina, e visto che teneva già le coperte fin sopra la testa non si sarebbe sorpreso di trovarlo a ronfare.

Ma per fortuna, non era così. Appena sentì la voce del vicino di letto, e futuro vicino di Casa, Shaka scostò le lenzuola e si alzò a sedere.

"Sono sveglio," fece, "Voi siete in ritardo. Avete saltato la cena. E' successo qualcosa?"

"Eravamo in punizione," annunciò Milo tutto orgoglioso, dondolando la testa a destra e a sinistra, come una molla.

"In punizione? Per che cosa?"

"Per venire a salutare te!" sorrise apertamente Thiago, a cui pareva sempre non pesare nulla. Thiago trovava sempre il buono e il bello in tutto, anche quella sera, nella punizione.

In fondo, per una volta avevano potuto vedere nascere le stelle senza starsene chiusi in mensa. Era perché in Brasile la sua vita era davvero dura, da solo con tanti fratelli e senza più i genitori, mentre lì aveva trovato una famiglia accogliente che gli aveva garantito anche la sicurezza dei pochi familiari che gli erano rimasti. Così aveva detto a Mu quando glielo aveva chiesto.

"Salutarmi?"

"Sì, perché poi parti e starai via tanto!" spiegò meglio Milo.

"Spero che tu non parta perché ti senti in colpa per Angelo. Stavamo appena diventando amici!"

Shaka chiuse la bocca, ingoiando qualsiasi cosa stesse per dire, l'irrefrenabile voglia di schiudere gli occhi e studiare i visi di ognuno di loro. Solo un po'. Per imprimerseli in mente e ricordarseli per sempre.

Fino a che non fosse tornato, almeno.

Ma non poteva.

"Non è solo per quello," fece, e non era pentito di aver chiesto a Shion di partire, però una piccola parte di lui si dispiacque lo stesso.

"Ti abbiamo fatto questo!" Mu gli porse il cartoncino, che Shaka prese senza pensarci troppo.

La vivacità dei colori, i disegni, quelle scritte in greco che non era ancora in grado di tradurre, perché per imparare velocemente la lingua aveva tralasciato lo scritto...non riusciva a goderle appieno, non era ancora abbastanza forte da vedere bene nonostante gli occhi chiusi.

Ma li percepiva lo stesso.

Percepiva il calore di quei bambini.

Bambini che nonostante la sua stranezza, perché lo sapeva che lo pensavano, non si erano arresi e avevano fino all'ultimo tentato un approccio.

Shaka lo apprezzò. Immensamente.

"Grazie," mormorò, senza però sapere che altro dire.

Fu Mu a toglierlo dall'impiccio, per sua fortuna. Forse perché aveva compreso, o forse solo per coincidenza.

Ad ogni modo, tirò fuori il sacchetto con i Tingmo e ne porse anche agli altri, "Ne volete? Sono buonissimi, vengono dal Tibet. Prendine uno anche tu, Shaka! Sono buoni e leggeri! Anche tu, Camus!"

Shaka scosse il capo, "Io ho già mangiato, voi no. Prendetene voi."

Aiolia mise il broncio, prese il Tingmo e glielo piazzò, quasi a forza, in mano, "E' un'offerta, non si rifiuta un'offerta! Mangiamo tutti quanti insieme!"

"Ma io..."

"Dai!"

Shaka guardò il panino e poi Aiolia e gli altri. Persino Camus ne aveva preso uno, visto che nell'aspettare gli altri, alla fine, aveva a sua volta saltato il pasto.

Così annuì, "Va bene," accettò.

Mangiò in silenzio, mentre invece gli altri chiacchieravano, sussurravano, ben attenti a non farsi sentire dalle tutrici, che altrimenti sarebbero subito corse a rimetterli a letto.

"Ti piacciono?" indagò Mu quando notò che aveva la mano vuota.

Shaka allungò il braccio d'istinto e ne prese un altro, "Sì," ammise. Erano gustosi, leggeri. Gli altri li divoravano uno dopo l'altro, ma lui aveva già lo stomaco pieno, e non riuscì a fare di più.

Ma ci teneva che Mu capisse che gli erano piaciuti, perché era davvero così.

"Allora alla fine perché te ne vai?" gli chiese dopo un po' Camus, curioso. Prima aveva risposto a metà, ma Mu aveva deviato il discorso sul cibo ed era passato in secondo piano. Solo che lui era curioso.

Shaka ci pensò un po' prima di rispondere, poi decise che, a quel punto, non c'era niente di male, "Perché ho capito che qui non farò progressi," spiegò.

"Ma sei appena arrivato, come fai a saperlo?"

"Lo so e basta."

"Non è una risposta!" obiettò Milo.

"Lo so perché me l'ha detto il Buddha. Ha fatto in modo che lo capissi. Non sono riuscito a controllarmi minimamente, con Angelo, e invece avrei dovuto."

Aiolia inclinò il capo, "Ma è stato lui! E poi che ne sa, il Buddha, di come ci si allena e si combatte?"

"E' stato il Buddha a dirmi che dovevo chiudere gli occhi, e vedere il mondo in un altro modo, se quello che vedevo con gli occhi non mi piaceva." sospirò Shaka, chiedendosi appena per un secondo se fosse il caso di tacere o no. "Il mio paese in India è molto povero, e tante persone muoiono di fame ogni giorno. Così l'ho fatto, e ho iniziato a meditare...per poter cercare qualcosa. Perché non avevo potere per fare altro. I monaci che mi hanno cresciuto hanno sempre detto che è importante, meditare ed estraniarsi. Meditavano tutto il giorno, e io con loro."

Ricordava come si togliessero il cibo di bocca, per darlo a lui che era il Buddha, a lui che doveva essere il più sano possibile. Però, lo istruivano anche al digiuno, quando era necessario, indispensabile per raggiungere l'illuminazione. Lui era l'illuminato, dicevano. Shaka non lo sapeva, ma aveva fame e allo stesso tempo era dispiaciuto per quelle persone, per questo mangiava quel poco che gli davano e seguiva le regole del posto. Teneva gli occhi chiusi, ciechi davanti ad un mondo che non aveva niente di bello da mostrargli, e meditava. Tutto il giorno. Era stato così che aveva manifestato per la prima volta il Cosmo, durante la meditazione. E avevano gridato al miracolo, quando la luce dorata l'aveva avvolto. Non c'era umano più prezioso di lui, né in cielo né in terra, così avevano detto.

Ma l'unica cosa che Shaka sentiva di aver capito era quanto importante fosse, per lui, quello stile di vita, e aveva continuato incessantemente.

Quando erano venuti a prenderlo, Shaka lo sapeva già. Aveva guardato Shion con le palpebre chiuse e poi il Monaco che gli aveva fatto, in un certo senso, da padre, e si era inchinato a lui, chiedendogli di lasciarlo andare. Il Buddha stesso, credeva, gli aveva rivelato che quella era la sua strada.

"Ma da solo non va bene. Ho bisogno di un maestro che mi guidi..."

"Qui non va bene? Non puoi proprio?"

Camus storse le labbra, "Con voi che non sapete mantenere la concentrazione neanche dieci minuti?"

"Non è vero!" squittì Milo, finendo steso a terra quando Aiolia si saltò sopra per chiudergli la bocca.

"Shh!" intimò.

Shaka sorrise, "Qui non va bene," riprese, "Perché non c'è un maestro della meditazione, qui."

Aiolia inclinò il capo, "Ma non sei tu Buddha?"

"Eh," fece eco Milo, "Infatti."

Mu ridacchiò, "Non lo è ancora, no? Non si nasce già maestri."

"Vero," ammise Milo.

"Allora parti," concluse il discorso Aiolia, tacendo subito dopo. Non era più una domanda, solo un'affermazione. Sarebbe partito, aveva scelto. Era giusto così, anche se a lui sembrava ancora presto. E in fondo prima o poi sarebbero partiti tutti quanti, quindi andava bene anche così.

Riordinarono la stanza e gettarono nella pattumiera il sacchetto ora vuoto, prima di infilarsi tutti quanti sotto le coperte. Appena in tempo perché Kyriake venisse a controllare e non trovasse nulla fuori posto.

Anche se nessuno stava ancora dormendo.

"Anche se ti allenerai quasi tutto il tempo seduto cerca di tornare tutto intero," disse Aiolia di punto in bianco, gli occhi verdi a fissarsi in un punto indefinito nel buio totale della stanza.

Milo affondò la faccia nel cuscino per non scoppiare a ridere, mentre Mu scuoteva il capo divertito e Thiago si lasciava andare ad una risata il più muta possibile.

Shaka sorrise a sua volta, la mano sul cartoncino che aveva messo sotto il cuscino. Non disse che non era proprio corretto, il fatto che si sarebbe allenato seduto. Non era importante.

"Tornerò per primo e vi aspetterò qui. Va bene?"

"Bravo," annuì Milo, "E Mu ci porterà un sacco di altri Tingmo, vero?"

"Verissimo," garantì il diretto interessato.

"E li mangeremo di nuovo tutti insieme," affermò anche Thiago, chiudendo per primo gli occhi, "Magari non di nascosto, questa volta, che ne dite?"

"Mi sembra una grande idea!" fece Aiolia.

Shaka si girò verso il muro, dando la schiena a tutti gli altri e portandosi di nuovo la coperta fin sopra la testa. Dormiva sempre così, anche se era Agosto e faceva caldo. Ma scoperto non riusciva proprio a prendere sonno. Anche se era solo il lenzuolo, doveva portarselo fin sopra il naso.

Aiolia gli aveva detto che era strano, la prima volta, perché lui invece dormiva in boxer e sentiva caldo lo stesso. Ma non l'aveva preso in giro, per questo, era solo curioso.

Nessuno di loro lo aveva mai preso in giro, a parte Angelo, anche se faceva cose che per loro erano bizzarre. A volte glielo facevano notare, che era buffo, che era strano che non avesse voglia di aprire gli occhi e ammirare i colori e i panorami di quel mondo che era diverso dall'India, e che non conosceva, ma poi tornavano a fare quello che stavano facendo.

"Non ti manca mai guardarti intorno?" Gli aveva chiesto un pomeriggio Mu, che ormai si fermava sempre alla Sesta Casa, dov'era lui, quando scendeva dall'allenamento con Shion, "Conosci l'India ma la Grecia è molto diversa."

"E' vero," aveva ammesso l'altro, "Ma va bene così. Io vedo in un altro modo, non mi perdo niente."

"Davvero? Allora okay," lo aveva liquidato così, quella volta. Perché non era importante, gli aveva detto ancora. Sicuramente, se a lui andava bene non c'erano problemi, no?

Tutto sommato, Shaka si disse che quei bambini gli sarebbero un po' mancati, la notte, quando il chiacchiericcio sommesso del dormitorio avrebbe lasciato spazio al silenzio assoluto, sul Gange.

 

 

Angolino Autrice:

Okay ammetto che forse, forse, mi sono lasciata prendere la mano. Ci ho preso gusto. Ho dato ai pargoli il giusto spazio, che all'inizio voleva essere una cosa leggeva e fluffosa senza impegno e poi invece si è conclusa con...beh la storia di Shaka che non avevo messo nel capitolo principale perché non sapevo come inserirla.
Ammetto che mi sono divertita a rendere, per una volta, i bambini dei veri bambini. Non solo soldati.
Ho buttato lì anche la rivalità fra Milo e Camus, perché in verità vorrei scrivere anche di loro, se ci riesco. Chi lo sa!
Spero piaccia anche a voi, perdonate eventuali incongruenze e altro e gli errori che ci saranno, perché in questi giorni sono stanca morta e mi si incrociano gli occhi, oltre al fatto che sono mezza scassata xD
Un bacio,

Asu

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