Capitolo 1: Quello di cui avrei davvero bisogno.

di methamorphose
(/viewuser.php?uid=1081972)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Quello di cui avrei davvero bisogno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: I miei desideri ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Nuovi incontri ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Quello di cui avrei davvero bisogno. ***


Fumo la mia Winston  Blu facendo finta che quello che mi è successo sia niente. Sto fumando troppo, lo so, ma è un vizio che non riesco a smettere. E’ come una dipendenza di cui non riuscirò mai a fare a meno.
Vivo a Roma già da due settimane ed inizierò a breve il primo anno di Medicina. Ho perso da poco i contatti con un “amico” che viveva nel mio paesello. Non abbiamo litigato; semplicemente continuava a telefonarmi a casa e a parlare di persone con cui, al momento, non avevo più legami sia perché, a volte, nei rapporti relazionali sono una testa di cazzo sia perché mi riportavano alla mente cose di cui non volevo parlare e così ho perso i contatti. Sono sempre stato, fin dalle medie, una persona abbastanza solitaria, appassionata di serie tv, a cui non interessava molto coltivare amicizie ma che di spirito era davvero tenero,buono e generoso.
“Gianlu!” mi chiama David, uno dei coinquilini con cui divido la stanza. Capelli neri corvini, naso aquilino, occhi azzurri è sempre il solito tipo socievole e gioviale che prende l’iniziativa quando c’è da discutere. Siamo in quattro in questa casa e, nonostante tutto, sono riuscito ad integrarmi bene con loro.
David arriva vicino alla finestra della nostra camera e mi porge le bollette del mese da pagare. “Guarda che sono arrivate queste e dobbiamo dividerci le spese del mese! Inoltre ti spetta anche la pulizia dei sanitari questa settimana”. Lo guardo sottecchi, come se fossi infastidito da ciò che mi sta dicendo. “Si, aspetta che ho i soldi della mia parte nel portafogli.” Mi avvicino alla scrivania e, sotto la montagna di vestiti che ho abbandonato, lo cerco, lo prendo e gli porgo i soldi. “Sono novanta euro, giusto?” gli chiedo. “Si, per ciascuno”, mi risponde prendendo il denaro senza fare tanti complimenti.
Squilla il cellulare. Guardo lo smartphone per vedere chi è. E’di nuovo Lei. Mi chiama insistentemente da un po’ di giorni per capire come voglio proseguire la nostra relazione. Rispondo.
“Pronto, Gianluca? Sono io.”
“Ciao,si. Come stai?”
“Bene, grazie. Vogliamo vederci per parlare?”
“Ehm..si,ecco. Ero un po’ impegnato. Facciamo stasera al solito pub?” Socchiudo gli occhi un po’ scocciato. Li riapro e alzo gli occhi al cielo.
“D’accordo. Alle ventidue, ti va bene?” La sua voce così dolce ma anche impaziente mi fa sobbalzare il cuore.
“Ok. Ci vediamo lì”. Termino la chiamata, non sapendo cos’altro dire. Ero sempre impacciato per certe cose e, si sa, certe cose a volte non cambiano mai.
Giro intorno alla stanza e David era già sparito. Mi dirigo in cucina e trovo un biglietto.
Sono uscito con Mohamed. Torno tardi. Togliete le chiavi dietro la serratura.
Attacco con la punes il bigliettino per avvisare gli altri due.
Vado nella mia camera e cerco una camicia decente e dei pantaloncini jeans per prepararmi per la serata. Prendo il bagnoschiuma,lo shampoo per i capelli,il gel e l’accappatoio e corro a farmi una doccia.
Chiudo la porta del bagno a chiave per non essere disturbato. L’acqua fredda scorre che è una bellezza e prendo la spugnetta su cui versare il bagnoschiuma. Mi perdo nei miei pensieri.
 
Ricordo il giorno in cui l’avevo conosciuta. Ero con David, Michele e Rodolfo, i tre coinquilini della casa che avevo conosciuto il giorno che mi ero trasferito. Ero arrivato da appena un giorno a Roma e non conoscevo nessuno, a parte loro tre. Siamo entrati in una discoteca del posto e avevo preso da bere una vodka.
Rodolfo mi stava raccontando che l’anno prima aveva fatto uno scambio interculturale a Londra e si era trovato benissimo. D’altronde aveva fatto già la triennale in Fisioterapia e mi diceva che era facile stabilirsi lì. Aveva conosciuto Adriane, una bellissima ragazza spagnola che gli aveva fatto perdere la testa e di cui si era innamorato, con cui a letto scopava davvero bene. Si sentivano ancora, ma a quanto pare lei era una ragazza da relazione aperta quindi aveva rapporti con molti uomini e, a quanto pare, sapeva farci davvero bene.
Michele aveva già approcciato una ragazza che gli aveva chiesto informazioni riguardo la città e con cui si era fermato volentieri a chiacchierare. David era sparito e non lo vedevo più, in mezzo a tutta quella gente intenta a ballare All that she wants degli Ace of Base a tutto volume. Il locale era bello ampio con luci psichedeliche ai quattro angoli del seminterrato. Luci rosse, blu, rosa, fucsia, verdi. C’erano dei piccoli palchetti da lap dance dove alcune ragazze  praticavano la lap dance. Era davvero carino, anche se il barista quella sera mi raccontò che era uno spazio che veniva utilizzato da una rock band in passato, i Driveshaft.
Mi soffermo a guardare le ragazze sui palchetti da lap dance nel centro della stanza. Una ragazza bruna, solo in reggiseno e perizoma, sembrava perdersi nella musica, giocando col palo come le pareva e godendosi la vista di tanta gente che ballava sotto di lei.
L’altra, castana, sembrava lo facesse di lavoro ed era anche un po’ brilla. Indossa pantaloncini corti e una maglietta bianca con lo stemma del locale. Mentre balla, muove quelle anche sinuose come se fosse posseduta da qualche spirito facendomi incantare per qualche secondo. Qualcuno le infila nei pantaloncini dei soldi e sembra anche piacerle, perché sorride maliziosa. Ha un viso carino con delle labbra di rosso dipinto e gli occhi gelidi come quelli di un cane polare. Un signore biondo sulla quarantina sale sul palchetto rotondo e iniziano a baciarsi appassionatamente mentre lui le infila le mani sui seni e poi scendendo giù con la mano destra, iniziando a sfilarle i pantaloncini, lasciandola solo con le mutandine. Lei lascia cadere i soldi ricevuti dal pubblico in basso, allontanandoli con il piede sinistro verso il palo, in modo da tenere al sicuro la refurtiva. Poi inizia a toccare l’uomo, a togliergli la maglietta, gli prende la mano e se la infila nelle mutandine. Distolgo lo sguardo, per non vedere oltre, mentre le persone sotto al palco iniziano ad urlare e ad incitarli. Sembra un video delle Tatu, penso tra me e me. Lyudi Invalidy?
Rodolfo mi fa segno che ha bisogno della toilette e si allontana. Io saluto il barista ed entro in pista, in mezzo alla folla scatenata. La musica cambia, ed ecco una canzone russa, quasi mi avessero letto nel pensiero. ‘Le Serebro!’, penso tra me e me. ‘В космосе? Ma la conosco! E’ la mia preferita!’ Mi avvicino all’ultima ragazza che balla sull’ultimo palo da lap dance rimasto, mentre ballo anche io questa canzone. Lei si muove con leggiadria sul palo e sembra davvero infastidita da tutto il frastuono che la sua compagna sta facendo sul palo di poco distante da lei. Mentre il biondino, dopo aver massaggiato la parte intima della ragazza, avvicina le dita al naso e poi le avvicina alle labbra, infilando poi la sua lingua in bocca alla tipa, lei ha un momento mentre balla in cui sembra abbia un conato di vomito, ma nessuno ci fa caso. Continua a fare il suo dovere nonostante quello che sta succedendo, anche se sembra che il suo volto abbia cambiato colore, ma con le luci che si accendono e spengono a tratti non ne sono sicuro e nemmeno ci metto le mani sul fuoco. Mentre ballo, nel contempo la guardo ammirato e affascinato e anche lei sembra fissarmi, sentendosi osservata da cento e più occhi ipnotizzati dai suoi movimenti. E’ come una fiammella che volteggia senza mai spegnersi facendo rimanere tutti attoniti su quel palo che sembra fatto su misura per lei. Indossa solo una maglietta verde fosforescente con lo stemma del locale. Ha gli occhi neri, un mascara molto marcato, ma un volto davvero bellissimo ed è bionda di capelli, quel genere di capelli che volteggiano mentre si muove. Sembra una ballerina dalla magrezza del suo fisico e dai lineamenti, da quel che posso immaginare di lei.
Ad un certo punto, la musica finisce all’improvviso e cambia il pezzo in consolle. Lei, quasi impreparata da questo momento, scivola e cade sulla folla circostante.
“Aaahh”, inizia ad urlare senza che nessuno riesca a sentirla, a causa della musica assordante a palla.
Di colpo, inizio a vedere tutto nero. Sento come un forte dolore alla testa e il buio mi inghiotte, senza che possa far nulla per fermarlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: I miei desideri ***


Ero a casa di mio nonno. Gli volevo molto bene, ricordo solo questo. Era morto quando avevo quasi quindici anni e mezzo e dalla sua perdita non mi ero mai ripreso. Era la colonna portante della nostra famiglia e ogni estate quando ero piccolo la passavo con lui e la nonna. Non gli ho mai detto quanto gliene volessi, a dire il vero.
“Gianluca, che fai? Guardi la tv?”Mi fissa con il suo solito sorriso amorevole di sempre; da piccolo lo associavo a Paperon de’ Paperoni per il suo modo composto di essere. “Vieni a cenare! Su, è pronto!” La nonna aveva già messo il brodino in tavola, ne sentivo l’odore. Aveva perso suo figlio primogenito e da quel dolore non si era mai ripresa, ma i miei occhi di bambino di questo non se n’erano mai resi conto. Lui, a quarant’anni, li aveva lasciati senza che io ne sapessi quasi nulla di lui. Lei è morta una decina di anni dopo di Alzheimer.
Vado a tavola, mentre anche la nonna ha un sorriso da parte a parte, quasi con la voglia di mandarmi a fanculo. Con il suo solito modo di fare burbero, Rosa non si lasciava andare a tanti sentimentalismi.
Mi risveglio sul pavimento freddo con su un sorriso felice e sornione, mentre vedo un sacco di gente intorno a me, tra cui anche David. Mi fa male la testa e sento un peso sulle gambe. Non riesco a muovermi. Su di esse, la ragazza bionda con la maglia fosforescente che mi guarda con un fare tra il dispiaciuto e il preoccupata.
“Ehi, ci sei? Mi senti? Stai bene? Ehm..scusa se ti sono caduta addosso” mi dice.
Guardo lei e poi intorno a me un po’ confuso, come se non capissi cosa sta succedendo. Sento male un po’ dappertutto, dalle costole in giù fino alle caviglie.
“Ehm..non preoccuparti”, le rispondo, mentre tento di capire cosa stia accadendo e se mi fossi rotto qualcosa. “Sto bene,” le dico, mentre tento di ritrarre le gambe sotto di lei e di ricompormi. Prima stavo ballando fissandola ed ero tranquillo, poi lei è caduta dal palo di lap dance e..non ho visto che mi è caduta addosso da quanto stavo imbambolato! Mi alzo e le porgo la mano per aiutarla ad alzarsi. La sua chioma di capelli lunghi biondi è meravigliosa mentre, con fare deciso, accetta di buon grado e si rimette in piedi. “Tu, piuttosto..tutto bene?Sei scivolata dal palchetto..”
“Si”, mi risponde lei, in modo gentile. “Non è la prima volta, ma non dico di esserci abituata.”
“Ileana!Ileana!”, sento una voce gridare mentre vedo la ragazza castana accorrere ed avvicinarsi a noi. “Tutto a posto? Hai fatto un volo che mi ha spaventata!”.
“Sisi. Per fortuna non mi sono fatta niente, Katerina. Tu, piuttosto, ti sei fatta mettere ancora le mani addosso da quel porco di Sergei! Ma non era finita? Ti sentivo ansimare davanti a tutti!”
Il cambio di discorso sorprende Katerina al punto da farla diventare tutta rossa e farle abbassare gli occhi. “Beh, sai com’è..Ci amiamo,avevo voglia di lui e l’ho lasciato fare” dice, mentre sorride ancora sotto gli effetti dell’alcool. “Andiamo in camerino, e porta anche il ragazzo con te. Abbiamo il kit di pronto soccorso e potete rinfrescarvi un’attimo”. Io e Ileana ci guardiamo un secondo e non so cosa rispondere. Mi si avvicina David facendomi l’occhiolino, mentre la folla si dirada e il barista rimette la musica invitando le persone a riprendere a ballare con l’unica tipa che balla sul palchetto. Vedo l’uomo biondo in lontananza mentre si aggiusta la patta dei pantaloni. Sicuramente gli era diventato duro e sembrava disturbato da quello che era successo dopo che non gli aveva permesso di finire. Avevo come l’impressione che Katerina gli stesse facendo un pompino sul palchetto di lap dance, poco prima che Ileana mi cadesse addosso, a giudicare dallo sguardo furente di quest’ultima e dagli atteggiamenti di Sergei.

“Vuoi venire anche tu?”, mi chiede Ileana. Al che faccio segno di sì con la testa, scuotendola, e la seguo senza fare domande.

 

 

Sono le 21.50 ed esco di casa, dirigendomi al pub dove ho l’appuntamento con Ileana, tenendo in mente quello che avevo da dirle. Sono un po’ nervoso, a dire il vero, ma questo non mi ferma dal dover mettere in chiaro le cose con lei.

L’ultima volta c’eravamo lasciati litigando, lasciando intendere che ero arrivato da poco in città sapendo che il primo anno in Medicina sarebbe stato abbastanza impegnativo da non lasciarmi quasi tempo per altro; d’altronde, era quello che avevo deciso di fare all’ultimo ed ora non c’era scampo. Non potevo tornare indietro a questa decisione e dovevo farlo capire anche a lei. Nonostante la conoscessi da poco, sapevo già quali erano i suoi fiori preferiti, il suo colore preferito e che preferiva il the al caffè, anche se non lo disdegnava. Aveva comunque cinque anni più di me, ventiquattro. Ma la cosa non mi importava perché mi piaceva. Sicuramente era in un periodo diverso dal mio che era più sognante che mai. Lei aveva altre ambizioni. Voleva andare a Parigi a studiare alla Sorbona e stava mettendo i soldi da parte. Studiava architettura e si manteneva con dei lavoretti.

Arrivo al pub e ordino una tequila, mentre la stazione radio dà Inevitable di Dulce Maria. ‘Canzone vecchia’, penso, ‘ma sempre attuale’. Lei arriva con un vestitino bianco davvero adorabile, le sue cosce in bella vista. E’ davvero stupenda. E’ bella truccata e sta davvero benissimo. E’ uno schianto. Il suo profumo mi inebria già dall’entrata. Degli altri che sono nel pub non mi importa. Solo di lei.

“Andiamo a sederci ad un tavolino più appartato?”, le dico.

“No, va bene qui. Devo restare pochi minuti. Devo uscire con delle amiche dopo”, mi risponde un po’ dura ma sempre con quella dolcezza d’animo che mi ha colpito praticamente da quando le ho parlato la prima volta.

“Arriviamo subito al punto”, inizio con fare fermo e determinato a chiudere subito la cosa.

“Come vuoi”, dice. “Una vodka liscia, grazie”, indicando con le sue dita magre il barista. Dopo essere stata servita, riprendo il discorso:

“Non credo che per il momento posso impegnarmi troppo in una relazione. Non sarei quasi per niente presente, vista la mole di cose da studiare e devo concentrarmi sul mio futuro per il momento. E’ questa la mia priorità. Non so tu, ma io voglio una persona che comprenda questo ed accetti che per adesso essere una coppia non mi sembra la cosa giusta da fare. Ti amo e per me sei la miglior persona che abbia mai incontrato nella mia vita, insostituibile.”

“Ti capisco ed è per questo che ti lascio andare. Fra un anno anche io ho intenzione di partire alla volta dei miei sogni, lo sai..”, mi dice, con uno sguardo un po’ contrito verso il bicchierino di vodka. Poi beve. “Io volevo comunque dirti grazie per i bei momenti che abbiamo vissuto insieme, ma so che ora non puoi darmi quello che voglio. Chissà..magari un giorno qualcun altro ci darà quello che abbiamo sempre desiderato e che abbiamo avuto l’uno dall’altro. Sono felice di averti incontrato. Sei una bellissima persona. Non cambiare mai.”

“Grazie. Anche io ti ho adorato tantissimo. Sei una di quelle persone che si incontrano una sola volta nella vita e non ti ringrazierò mai abbastanza del tempo che abbiamo passato insieme. Sei unica e speciale. Mi hai dato quello che nessuno prima è mai riuscito a darmi.”

Squilla lo smartphone. E’ il suo. Lo tira fuori dal seno prosperoso e risponde:”Si, Katerina. Si,si. Ci vediamo lì.”

Chiude la telefonata, si gira verso di me. “Allora..è tutto.” “Si, è tutto.”, le dico di rimando. Mi si avvicina e mi dà uno dei suoi baci con la lingua lingua, che ricambio. Poi mi sussurra:”Dasvidanija”. Deve avere imparato un po’ di russo da Katerina. Rimango confuso e le dico:”Arrivederci”.

Riprende lo smartphone e va via, lasciando la sua scia di profumo tutto intorno a me. Giurai di vedere una lacrima scenderle dal viso, ma non ne ero sicuro al cento per cento.

[Non lo sapevo allora, ma non l’avrei rivista per tantissimo tempo, portando i momenti che avevamo condiviso per molto tempo dentro di me.]

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: Nuovi incontri ***


Entro nel camerino di Ileana e di Katerina. Sembra una sala trucco per le star hollywoodiane. Ci sono tre postazioni con uno specchio davanti che fa tanto anni ’50. Mi ricordano un po’ Marylin Monroe, con vari trucchi sparsi e anche parrucche.
Mi siedo su una sedia che trovo lì accanto, mentre Katerina mi porta un bicchiere d’acqua. “Ecco,” mi dice a perdifiato, porgendomelo.”Il tuo nome?”
“Gianluca”, le rispondo, mentre mi scruta con un po’ di curiosità.
“Piacere, Katerina. 26 anni. Vengo dalla Bielorussia. E tu?” mi dice fissandomi mentre ingurgito un po’ d’acqua.
Un po’ intimorito, rispondo alla domanda. “Gianluca, sono di Trieste, piacere mio, 19 anni.”
Rimane sbalordita dalla mia età e la vedo davvero stupita. “Mi avete fatto venire un bello spavento, tutti e due.”
Si è infilata una camicia bianca. Credo che sia del suo ragazzo..Rimango a fissarla, un po’ in soggezione e pensieroso.
“Mi dispiace del disturbo che ti ho arrecato”, le dico, un po’ imbarazzato per fissarla troppo.
“Ma quando mai! E’ a me che dispiace di questa situazione”.
Entra Ileana da una porta adiacente alla sala trucco e mi guarda con occhi stupiti, come se si fosse dimenticata che fossi lì.
“Scusate, sono andata un attimo in bagno a risistemarmi un po’”, dice, per poi avvicinarsi a me, “Mi dispiace molto di esserti venuta addosso, davvero..Spero non ti sia fatto niente”.
“Ma non preoccuparti, smettila”, le dico, deciso. Nei suoi occhi leggo lo spavento che si è presa per la caduta, nonostante siano passati pochi minuti dal fatto.
“Ho visto che non rinvenivi ed ero spaventata a morte. Pensavo non ti riprendessi più.”, riprende con un filo di voce. “Comunque piacere. Mi chiamo Ileana e faccio la ballerina di lap dance in questo locale. E tu?”
“Io mi chiamo Gianluca, piacere di conoscerti”, rispondo, come fulminato da tanta bellezza. Rimango col bicchiere in mano, al che, accortasi che era vuoto, Katerina si affrettò a togliermelo di mano, notando il modo in cui ci studiavamo a vicenda. “Ho diciannove anni e sono venuto a Roma per studiare Medicina all’Università La Sapienza”.
Il proprietario del locale entra nel camerino sbuffando e adirato: “Quando riprenderete a ballare? Vi pago anche troppo! Andate ad intrattenere le persone”, fulminandomi con lo sguardo.
“Andiamo subito, signor Capaldi. Ci eravamo solo prese un attimo per riprenderci dalla caduta di prima.”, risponde prontamente Katerina.
Il proprietario esce con passo pesante, mentre ci guardiamo tutti e tre senza dire una parola per qualche secondo. Fu Ileana a chiudere quel silenzio, dicendo: “Scusaci, ma dobbiamo andare”. Le faccio segno con la testa che non c’è problema e torno al bancone dove ritrovo Rodolfo e David che mi guardano come se avessero visto un fantasma.
“E’ stata una  brutta caduta, l’ho vista!” dice Rodolfo, ammiccando a David come qualcuno che sa quel che dice. “Sicuro sia tutto a posto, Gianluca?” “Si, grazie al cielo non mi sono fatto niente e nemmeno Ile..la ragazza”. Mi guardano entrambi sorridendo.
“Già ti ha detto il suo nome? E bravo Gian! Hai messo gli occhi su due donne da schianto”, mi dice David. Ridiamo tutti e tre insieme come degli idioti. Non dico nulla, impegnato com’ero a riflettere su quello che era accaduto poco prima.
Rodolfo mi guarda seriamente, come se fosse preoccupato che fosse successo altro che mi impensierisse. “E’ successo qualcosa?”
“No”, rispondo. “Ma mi sono sentito strano. Certo vedere la ragazza castana mentre si faceva masturbare dall’uomo biondo così in pubblico non mi era mai capitato, come anche che una ragazza mi cadesse addosso letteralmente.”
Chiamo il barista e ordino tre bicchierini di assenzio. “Non pensiamoci più e festeggiamo”, dico ad entrambi, mentre anche Michele si avvicina e beve il mio bicchierino. Sorrido e basta. Sono felice di essere con loro lì in quel locale a festeggiare.
 
Mi risveglio tutto assonnato. E’ l’ora della prima lezione di anatomia di quest’anno e mi sono addormentato sul bancone. Ieri sera sono andato a dormire tardi. Ho pensato tutto il tempo a come mi sono lasciato con Ileana. Mi guardo intorno per controllare che nessuno si sia accorto del mio pisolino e noto che la lezione è finita e il professore ci sta accomiatando. Mi sento fissato:  una ragazza dai capelli rossi corti mi lancia uno sguardo torvo dalla parte destra della stanza. Ha gli occhi verdognoli dello stesso colore di una biglia; di quelle che da piccolo usavo per giocare in assolate giornate estive con i miei amici delle elementari e medie. Indossa una maglietta dei Guns N’ Roses nera e dei pantaloncini arancioni.
Dev’essersi accorta che sono crollato nel bel mezzo della lezione. Inizio a raccogliere le mie cose per andare via; noto che ho scritto qualche appunto di quello che diceva il prof. Malerba ma sono comunque rammaricato per non aver seguito la lezione come si deve. Mentre sto per andarmene, la ragazza dai capelli rossi mi si avvicina e mi tira per il colletto della camicia.
“Ehi, Gianluca! Dove credi di andare?” Resto lì confuso a guardarla. “Non mi riconosci? Sono Vanessa. Andavamo in classe insieme alle medie.” Riguardandola meglio noto una certa somiglianza; la Vanessa che conoscevo io era una tipa molto ingenua come se fosse spesso tra le nuvole e poi era un po’ robusta di costituzione, grassoccia. Veniva costantemente presa di mira dai tre bulletti di classe Alexander, Roberto e Francesco.
“Sei davvero tu? Ma..è impossibile! Sei cambiata completamente!”, le dico, preso proprio di sorpresa che una ragazza così carina fosse di fronte a me.
“Eh..si”, dice, toccandosi la frangetta, un po’ intimidita dalla mia risposta. “Le persone cambiano,sai? Sono passati secoli dall’ultima volta che ci siamo visti! Come te la passi?”, continua, poi, cercando di cancellare l’imbarazzo. “Non mi lamento..ma anche tu qui a Roma?”, ribatto io, guardandola come se avessi visto un alieno.
“Ehm..si, ho preso anche io Medicina.”, mi risponde caldamente. “Ti va di andare a prendere un caffè al bar?”, mi chiede. “Ma certo. Ci aggiorniamo un po’..”, le dico con piacere. Ci dirigiamo verso la porta principale della classe e prendiamo la strada più breve per uscire dall’edificio.
Ad un certo punto, non la trovo più di fianco a me e mi giro intorno per capire se è in mezzo alla gente. Mi trovo al parcheggio e la mia attenzione si sposta su una moto rossa fiammante che si sta avvicinando nella mia direzione. Rimango sbalordito dal vederla a cavallo della motocicletta con un casco blu in testa.
Si ferma a due passi da me. Mette il cavalletto al mostro e scende. Mi si avvicina, toglie il casco e mi dà un bacio appassionato sulle labbra all’improvviso . Sento le sue unghie di nero dipinto che mi stringono la nuca e che mi tirano leggermente i capelli. Mi morde le labbra ed infila la sua lingua in bocca con una passione tale che non posso fare altro che rimanere lì immobile e ricambiare tale mossa audace. Non è più la persona che conoscevo.
Ad un certo punto le sue labbra si staccano dalle mie e mi chiede: “Allora andiamo?”, facendomi un occhiolino.
“Ehm..Ok..”, lasciandomi con un’espressione da idiota da rimanermi a bocca aperta.
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3788332