No match

di alessoninromantics_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Liebe Struck ***
Capitolo 2: *** La scommessa ***
Capitolo 3: *** Bäckerei ***



Capitolo 1
*** Liebe Struck ***


copertina

Credere nell'amore, e che esista quello vero, al giorno d'oggi è a metà tra l'azzardo e l'utopia. Non per lei, però. 
La matching & dating agency "Liebe Struck" è stata ideata, progettata e adesso gestita da persone che vivono e si occupano di diffondere questo valore che non hanno cuore di ammettere si sia un po' perduto. È infatti un piacere lavorarci, trattandosi di un ambiente così positivo, tra colleghi e clienti.


 Si tratta di un'attività piccola, indipendente e, per il buon animo di tutti quelli che ci lavorano, anche abbastanza economico. Sarebbe dovuto essere quasi no profit, ma si sa, aprire un'attività e gestirla comporta grosse spese. È per questo che Edith si è dovuta trovare un ulteriore impiego in una pasticceria durante la sera, non che le sarebbe pesato poi tanto se non fosse per i commenti di scherno - e non solo- dei suoi colleghi per quanto riguarda il suo talento culinario. La sua mansione, infatti, dopo numerosi disastri è stata resa più semplice possibile ma anche più noiosa: lavare teglie, preparare gli ingredienti, ordinare ciò che era stato messo in giro dagli altri e confezionare i dolci. Proprio per questo, però, le era permesso perdersi nei suoi pensieri.


 Le piace fantasticare su come un appuntamento tra i suoi clienti possa essere andato, se ci fosse qualche speranza di rivedersi, se si siano innamorati a prima vista e tanti altri. Nel corso della sua carriera ha incontrato tanti tipi di persone diverse, tutti accomunati dalla voglia genuina di amare e di farsi amare, e il successo di un'unione non poteva che portarle immensa gioia e soddisfazione; tant'è che, quando questi la contattavano per aggiornarla sugli eventi accaduti, le storie che più l'avevano fatta sognare le annotava su un blog, romanzando il tutto come solo lei sapeva fare. 

Si dà il caso che, in una piccola sezione di questo, racconta le sue storie da single incallita, dei suoi multeplici primi appuntamenti andati male per un motivo o per l'altro. Si diverte insomma a recitare la parte di Carrie Bradshaw, una versione squattrinata, senza borse e scarpe firmate e in una Stoccarda che decisamente non poteva essere simile a Manhattan ma che, per Edith, non le era di meno di certo. 


Le categorie di clienti più assidui dell'agenzia si aggirano sicuramente tra i teenagers e i signori dai quaranta anni in poi, per chi cerca l'amore ingenuo e chi invece una rivincita, un nuovo tentativo dopo un divorzio o una morte, a volte. Tutti trovano infatti tenero e divertente come le fasi dell'amore, delle cotte, delle infatuazioni cambiassero negli anni e con l'età, e ancora più sorprendente come questo invece, in altri casi, sembra non cambiasse mai. 
Edith sa che non dovrebbe aver fretta, che per un amore del genere vale la pena aspettare, ciononostante è impaziente di trovare qualcuno di cui innamorarsi. E funziona sempre così, sebbene abbia avuto più volte il cuore spezzato. Qualche ferita richiedeva più tempo per iniziare a rimarginarsi, ma alla fine di ognuna, ha sempre trovato il coraggio di ributtarsi in quel campo di battaglia che sono i sentimenti contorti dell'animo umano; un particolare di cui andava particolarmente fiera, sapendo comunque si trattasse allo stesso tempo di un bene e di un male. 
Ciò che ricercava è la sensazione che si prova, quella leggerezza che ti fa essere entusiasta delle piccole cose, che ti fa sentire sazia e appagata. Per quanto sia una romantica persa, è impressionante il cambiamento a cui va incontro durante una relazione: sì, romantica, ma piuttosto razionale, che sia stato per le delusioni subite o per la maturità ricavata da queste finora. 


Edith è piuttosto contenta della sua tranquilla ma movimentata vita, ed un giorno come un altro si siede dietro la sua scrivania alla Liebe Struck. Risponde a qualche mail in cui le chiedono informazioni su incontri, persone che vogliono modificare i propri interessi sul sito. 


La porta si apre e il campanello legato al di sopra di questa inizia a tintillare. Entra un ragazzo giovane, dalla pelle olivastra e moro. Saluta. 
"Buongiorno," risponde lei, "prego, si accomodi. Come posso aiutarla?" gli sorride incoraggiante aspettando che prenda posto. Lui annuisce e chiude la porta, e nel fare questo alza lo sguardo verso altri due uomini che stanno per strada: i suoi amici. Edith non può vederli ora. 
Si siede appoggiandosi allo schienale, le gambe aperte, con un'espressione quasi di sufficienza e allo stesso tempo un po' imbarazzata. È normale, pensa lei, molti lo sono quando entrano nell'agenzia per la prima volta, per cui continua a sorridergli "mi chiamo Edith, piacere di conoscerla." si presenta. "E lei è..." lascia la frase in sospeso cosicché lui la completasse, "Christian. Christian...Mann" dice, prima esitante e poi deciso, come se stesse cercando di ricordarselo.
 "Bene, Sig.Mann, presumo sia qui per trovare un partner!" ridacchia cordiale, essendo quella la cosa ovvia. "Eh sì" risponde, annuendo a labbra strette. Le era sembrata una risposta un po' sarcastica, ma non ci diede peso. Apre il modulo d'iscrizione sul sito "mi parli un po' di lei, età, professione, hobby...è di queste parti?" gli chiede, muovendo il mouse sui vari campi da compilare. Il ragazzo rimane in silenzio, quindi si volta verso di lui per prestargli attenzione. 
"Sono di queste parti. Sono di origine turca, se era quello che intendeva scoprire" dice, e le lancia uno sguardo giudicante. 
Edith viene presa un po' alla sprovvista, capendo solo qualche momento dopo quello che stava insinuando "oh, no, no. Si figuri, volevo solo indicare una posizione sul suo profilo" si giustifica. Lui sorride di sbieco "ho ventotto anni" le dice. Lei inserisce man mano i dati, ma capisce che questo impiegherà tempo.
 Solitamente, alla domanda "mi parli di lei", i clienti partono da soli e sono cooperativi. Sembrava invece che dovesse strappare le informazioni da Christian.
 "Oh, quindi siamo quasi coetanei. Posso darle del tu?" gli sorride. 

"Nah, no. Non credo ce ne sia bisogno" fa spallucce.
 Lei annuisce e si siede più composta, schiarendosi poi la voce "professione, hobby? orientamento sessuale?" riprova a chiedere. 
Christian prende una penna dal portamatite sulla scrivania e inizia a giocare passandosela tra le dita, distogliendo quindi lo sguardo da lei. "Credo tu voglia sapere troppo, Ethel. Qual è il prossimo passo? il mio conto bancario?"
 Ora, per sua fortuna, Edith è una persona composta e professionale. Non le piace che qualcosa sia fuori posto o che vada in un modo che non ha programmato in precedenza. Allo stesso tempo vede o meglio vuole vedere sempre il meglio negli altri, per cui ha pensato si trattasse della stessa paura che hanno spesso i clienti anziani. 
Ignora il nome sbagliato e gli passa il contratto, accurandosi di mostrargli le pagine interessate "qui trova i termini e le condizioni di privacy, si prenda del tempo per leggerli se vuole". Lui guarda i fogli un po' perplesso, non si aspettava lo prendesse sul serio. 
 Li prende e inizia a sfogliare il contratto, "non dovrebbe chiedermi che tipo di persona mi piace?" la ragazza recupera la speranza: vuol dire che vuole collaborare, quindi.
 "Certo, ci saremmo arrivati! Qual è il suo partner ideale?" chiede pimpante, con le dita sulla tastiera pronte a scrivere. Christian la guarda prima nei suoi occhi azzurri, poi la squadra dalla testa ai piedi, pensieroso. O dalla testa al busto, interrotta dalla scrivania. Ad essere sincera, si sentiva un po' a disagio. 
"Probabilmente il tuo opposto" decide infine. Lei poggia i gomiti sulla scrivania, avvicinandosi "le more, quindi? o gli uomini? ...oppure gli uomini mori?" chiede. 
Le era capitato certamente qualche cliente confuso o senza preferenze particolari, ma così le sembrava di vagare nel buio. 
Lui non risponde e prende il blocco di fogli, alzandosi. Si dirige verso la porta e si ferma con la mano sulla maniglia, dandole la schiena ma girandosi poi con la testa per guardarla "hai detto che posso pensarci su, giusto?" fa, alzando il braccio col quale manteneva il contratto tra la mano e l'incavo dell'ascella. 
Lei apre la bocca e la richiude, sorpresa dalla velocità con cui era andato questo incontro nemmeno prenotato, tra l'altro. 
"Beh, sì-"
 "Perfetto," la interrompe "allora ci si vede, Ethel" spinge la maniglia ed esce. Resta però dietro la porta, che riapre in uno scatto. 
Edith non ha avuto neanche il tempo di distogliere lo sguardo.
 "Comunque," la informa "a me piacciono le ragazze." 
Lei lo annota subito su un post-it, ma non dice niente. 
"Anche se," inizia Christian, e lei si gira di nuovo a guardarlo  "devo dire che mi dispiace per i ragazzi" inclina la testa, confusa. 
"per quello che si perdono. Insomma, sono una gran cosa," provvede a chiarire 
"non credi?" fa, in tono scherzoso. Lei ride, non sa se perché effettivamente divertita o per le tendenze narcisistiche di questo Christian. A lui non sembra importare, ghigna infatti soddisfatto ed esce. Incontra poi i suoi amici mentre Edith raggruppa su di un foglio le poche informazioni che le aveva lasciato ed eliminando il modulo online.
 Probabilmente era troppo nervoso, pensa, voleva prima vedere come funzionava il tutto oppure non faceva sul serio ed era venuto a prendere qualcuno in giro e gli era capitato proprio Edith. 
Era un'opzione a cui non le piaceva pensare o una a cui non avrebbe dato importanza, perché aveva comunque altre commissioni da svolgere ed altri clienti. Alza lo sguardo verso una sua collega più distante, occupata alla scrivania con una signora dagli abiti un po' kitsch. Sembra che avesse assistito alla scena, perché si distrae dalla signora abbastanza per guardarla e fare riferimento alla porta, alzando un sopracciglio e alzando il braccio a ruotare l'indice attorno la tempia destra, mimando con la bocca "è pazzo!" Edith ridacchia e rilegge il foglio con gli appunti. 


Christian Mann, tedesco ma origini turche, 28 anni, etero. Lo piega e lo mette in un cassetto, abbastanza sicura quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe visto. 


Nessuno dei due era conscio che non erano questi i piani che aveva in mente qualcun'altro.

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Capitolo 2
*** La scommessa ***


Markus guarda l'altro divertito mentre tiene poggiata la testa sul palmo di una mano e lo sguardo perso a pensare chissà cosa. Dà al moro una gomitata per cercare di attirare la sua attenzione e, una volta avuta, gli indica con un cenno il loro compagno. Sorride anche lui. 


La verità è che sapevano fin troppo bene a cosa stesse pensando: 

"oggi ho visto..." 

"Sonja" dicono gli altri due all'unisono.

 Oliver rimane un po' stranito "come fate a- ah!" si interrompe da solo, sorridendo imbarazzato. Dopo tutte le volte che ne ha parlato ai suoi migliori amici, era logico che sapessero di chi parla. 

La prima volta che ha visto la ragazza è stato durante un mercatino di Natale, lavorava in uno stand che vendeva brezel e Oliver, a parole sue, pare avesse il destino e la fortuna dalla sua parte. Gli è sempre piaciuta da allora, sia perché è indubbiamente una bella ragazza, sia per la gentilezza che ha mostrato nei suoi confronti. I suoi amici lo prendono ancora in giro per questo.

È accaduto in questo modo, in una notte di dicembre di un anno fa, il colpo di fulmine e l'incantesimo che gli ha lanciato Sonja:

in una Stoccarda innevata, l'aria natalizia non faceva fatica a farsi sentire. Era infatti palpabile ad ogni luce accesa, ai canti tradizionali che i bambini cantavano per strada, all'odore dei dolci caldi. A Oliver mancavano i regali da fare ai suoi genitori e, come suo solito, aspettava l'ultimo momento, ce la faceva sempre per un pelo in ogni contesto ed occasione. Se qualcuno gli avesse chiesto perché, lui avrebbe risposto che il brivido di non potercela fare gli dava adrenalina e che la soddisfazione per avercela fatta sarebbe stata di più. I suoi amici e parenti, invece, avrebbero detto senza mezzi termini che fosse perché è un coglione. Nonostante questo, per le persone a cui tiene tenta di dare e fare del suo meglio, perciò passò circa un quarto d'ora a contrattare per il prezzo di una vecchia chitarra per suo padre che alla fine riuscì ad accaparrare e si affrettò a tornare al suo stand, affidato al suo amico mezzo turco. Affrettò per due ragioni: una perché, per l'aria altezzosa di quest'ultimo, non sarebbe riuscito a vendere neanche una sua creazione. Si immaginò che rispondesse male ad ogni persona: "Il prezzo? Non vede che c'è già scritto? non mi faccia perder tempo" avrebbe detto, rivolgendo di nuovo lo sguardo verso un giornale. La seconda ragione era finire al più presto il carillon da regalare a sua madre. D'impegno ce ne aveva messo tanto da iniziarlo settimane prima, solo che il lavoro si era accumulato. Tornò quindi alla sua postazione e iniziò ad intagliare man mano la ballerina che avrebbe dovuto incollare al suo interno, aveva già inserito il meccanismo nella scatolina e gli rimaneva da fare la ballerina e dipingere il tutto. Non si accorse quanto tempo era passato o che fosse diventata notte finché un vigile non gli si avvicinò per avvisarlo dell'orario di chiusura.

Una volta aver messo via quello che non è riuscito a vendere, camminò in cerca di qualcosa da mangiare, già sapendo si trattasse di una cosa poco possibile siccome a quell'ora era tutto chiuso. Nel mercatino vide ancora, però, una luce accesa. Uno stand di brezel. Sorrise speranzoso e iniziò ad avvicinarsi verso questo, e nel mentre una ragazza iniziava a spegnere i macchinari e a mettere a posto le cose. 

"Aspetta!" urlò, ora correndo. La ragazza saltò sorpresa e si girò cercando di capire chi fosse a parlare.

Oliver le si avvicinò "sto davvero morendo di fame, puoi fare questa eccezione? ti prego!" disse, giungendo anche le mani per una preghiera. 

"mi dispiace, sto chiudendo..." alzò le spalle e le chiavi al suo viso, facendole tintillare affinché le notasse. Lui sospirò. 
"Ucciderei per un brezel" la guardò negli occhi, sperando di convincerla "so che hai lavorato finora e che sarai stanca, ti chiedo scusa"


"allora non avresti nemmeno dovuto insistere, non credi?" disse sottovoce. Lui ci restò un po' male e si allontanò dallo stand, una scusa si fece spazio ancora una volta fuori dalla sua bocca che si aprì ma da cui ogni suono venne interrotto da lei che annuì a sé stessa e preparò di nuovo tutto "ti verrà a costare di più, perché non ne avevo voglia e perché sono costretta a fartelo dall'inizio..." disse, posando con forza un pacco di farina sul bancone.

"Te ne sono molto riconoscente" Oliver sorrise. La guardò lavorare per un po' in silenzio, a studiare le forme del suo viso inizialmente per noia. Era una ragazza minuta, il cui piccolo viso si nascondeva nel grande maglione verde bosco che indossava. Tra il cappello e la sciarpa di lana si intravedeva un caschetto nero, probabilmente tinto ipotizzò guardando i suoi occhi azzurri. 
"Io sono Oliver" si presentò, senza pensarci troppo. La ragazza sembrò non aspettarsi che le si rivolgesse la parola.

 "Oliver" ripeté ad alta voce, più a sé stessa. "anche tu stai lavorando qui in questi giorni?" chiese, guardando la grande borsa che porta lui.

"Sì," annuì "forse anche un po' troppo" ridacchiò, facendole vedere le mani sporche. Lei, senza preavviso, ne prese una tra le sue e le guardò, piene di piccoli tagli, macchie di pittura e calli. "Sei un'artista" disse con un tono di affermazione. 

Lui alzò le spalle e lei riprese a lavorare, lasciandogli la mano. Sentì un po' più freddo. "Non saprei se definirmi così, forse lo sono" disse, e tirò fuori dalla borsa il carillon al quale stava lavorando "questo è il motivo per cui sono qui così tardi" lo poggiò sul bancone e con un gesto del capo la invitò ad aprire la scatolina.
 Lei stette per aprirla e poi si bloccò "non è uno scherzo, vero? non c'è qualche mostro che spunta fuori? ti avverto così non ci rimani male se non mi spavento" fece, permalosa.

 Lui allora le sorrise con aria di sfida "allora perché me lo chiedi prima di aprirla?" la ragazza ricambiò il sorriso e lui girò l'ingranaggio dietro, per poi invitarla a riprovarci. Aprì la scatola e una dolce melodia iniziò a suonare nel silenzio della notte, così come la ballerina girava. 
La ragazza non parlò, allora "mi sembrava poco natalizia, così ci ho aggiunto qualche schiaccianoci e ho dipinto il tutù come se fosse un abete" ridacchiò imbarazzato, cercando di spezzare il silenzio. 
Lei sorrise a pieno, alzando gli occhi per guardarlo nei suoi. Si sentì come folgorato. "È bellissimo. Sei molto bravo" sembrò addolcirsi un po' anche lei.
 "Grazie, anche se non è ancora finito. Devo perfezionarlo" disse, rimettendolo a posto. Nel frattempo lei lavorava l'impasto e passarono almeno un'ora e mezza a chiacchierare, durante la quale assicurarono al vigile di stare per chiudere, e scoprì il suo nome. Sonja. Gli porse il suo brezel e iniziò a mettere a posto tutto mentre lui lo addentava. Fece dei versi di apprezzamento "anche tu sei un'artista!" lei rise guardandolo divorare affamato il brezel. 
Cacciò dal portafoglio quello che le doveva e qualcosa in più "va bene?" le chiese, cercando altre banconote. 
Lei le prese "va bene." distolsero entrambi lo sguardo e "allora..." dissero insieme. "Oliver," lo chiamò, "buonanotte. E buon Natale" gli porse la mano. 
"E buon anno nuovo" aggiunse lui, stringendola. Poi la guardò andar via.

Da qualche parte ha ancora conservato il tovagliolino da cui ha mangiato e si dannerà per non averle chiesto il numero, perché da allora non ha saputo più niente di lei.

Fino a poco fa.

Quando lui, Markus e Christian si lanciarono quella sfida, nessuno di loro avrebbe immaginato avrebbe portato a quello che più desiderava da un anno a questa parte. 
Era iniziata come una cosa stupida, partita per Oliver. I suoi amici erano stanchi di sentirlo fantasticare sempre su Sonja, su come la sua forma degli occhi fosse incantevole e come avesse provato tutte le bakery della città per trovare un brezel buono come quello di un anno fa per cui, lo scopo era quello di trovargli una nuova ragazza, una che si sarebbe ricordata di lui e che non gli avrebbe permesso di andarsene senza un contatto. 

Ovviamente, al biondo non andava molto a genio la cosa, così hanno pensato di trasformarla in una scommessa, coinvolgendo anche le loro vite: chi fosse riuscito ad accaparrarsi almeno tre numeri di telefono entro una settimana si sarebbe salvato, chi invece meno di tre o zero avrebbe perso e si sarebbe dovuto iscrivere alla dating agency più vicina. Questa cosa sarebbe potuta funzionare solo per l'animo romantico di Oliver, naturalmente, per cui non l'hanno del tutto esclusa o derisa. 

Ora, Markus riuscì a ricevere cinque numeri di telefono e qualche bacio. Il suo punto forte era l'umorismo, e non doveva sforzarsi più di tanto per attirare l'attenzione su di sé, essendo anche un bel ragazzo di colore, alto e sicuramente molto più in forma dei suoi due compagni. È stato un gioco da ragazzi. 

La volontà di Oliver di non impegnarsi con nessuna è stata tale da armarsi di coraggio e chiedere a qualsiasi persona gli capitasse davanti il suo numero, tutto per la fretta di finire questa cosa. Era arrivato a due numeri.

 Christian sapeva che, per far sì che il piano andasse a gonfie vele, si sarebbe dovuto impegnare. Tuttavia, è stato sommerso dal lavoro e dalla sua svogliatezza, e da qui si conosce il risultato. 

Piano fallito, scommessa persa e adesso toccava a lui mettersi in gioco; una cosa che, tra l'altro, non gli interessava minimamente. 


Uscito dall'agenzia la prima volta, raccontò ai due com'era andata. Ad Oliver faceva comodo, Markus aveva preso la situazione come nuova fonte di intrattenimento proprio perché conosceva il carattere del moro. 
"Christian? E da dove ti è venuto fuori?" chiese Olli.
"Il marito di Doris, quello svizzero" alzò le spalle. Markus scosse la testa, disapprovando ma divertito. "Non riesco ad immaginartici, troppo da bravo ragazzo" 
"è un bravo ragazzo" lo contraddice l'artista.
"Sai che devi tornarci, vero?" lo guarda Markus. Il moro sembra pensarci su. Non avevano accordato un numero di volte né un risultato, perché non era inteso per loro due. 
"Quanto?" allora chiede. Entrambi mimano una risata dei cattivi dei film, malvagia, e ignorano la sua domanda. 


Così è lì, per la seconda volta. Sbuffa e apre la porta, pronto ad annoiarsi nuovamente. 

Ha firmato il contratto e compilato frettolosamente il profilo online così da non farsi chiedere nient'altro. Compilato a modo suo, certamente. Non ci si può aspettare molto dalla sua serietà. 

Si siede davanti alla stessa scrivania dell'ultima volta, con la stessa operatrice che lo accoglie sorridente "Sig. Mann! Ben ritrovato" non si aspettava di rivederlo. Ricambia il saluto con un gesto della mano e apre la borsa per estrarvi il contratto che poi poggia sulla scrivania "ecco a lei". 

Ad Edith non è molto chiaro il modo di parlare del Sig.Mann, non sembrava restasse coerente con la sua scelta di darle o meno del Lei. 
Prende il contratto e ne sfoglia le pagine, poi, soddisfatta, lo mette da parte.

 "Allora, oggi è pronto a dirmi di più su di lei?" chiede e riapre il modulo per compilare il suo profilo.
"Non serve. Ho già creato il mio profilo online, speravo mi indicasse qualche ragazza da conoscere" dice ancora una volta con aria di sufficenza. 
"Non le sembra un po' presto?" chiede, ma nel frattempo apre il database delle clienti femminili nella sua fascia d'età. Lui non risponde. Cerca il suo nome sul programma, ma i risultati non indicano lui. 


"è proprio sicuro di averlo compilato, Sig.Mann? Non riesco a trovarla nel nostro sistema" dice, scrollando col mouse freneticamente "Se non riesce, possiamo indicarle una guida, posso linkarle il procedimento tramite mail e-" il ragazzo ridacchia e la interrompe "ma per chi mi hai preso? So come usare un sito così semplice e banale come il vostro" la sfida, alzando un sopracciglio. 

"Mmh," pensa ad alta voce lei "ora ricontrollo, chiedo scusa" ma ancora nulla. 


Lui prende iniziativa "non c'è un modo per incontrare più ragazze in una volta? Non vorrei intraprendere qualcosa con qualcuna senza aver conosciuto magari l'altra che è...quella giusta" dice con ironia, era evidente il suo scetticismo per quanto riguarda il loro programma.

 Edith non riusciva a capire allora perché si fosse iscritto. "Il prossimo venerdì la pasticceria qui vicino ospita un evento di speed dating e noi siamo ospiti" lo informa, aprendo qualche cassetto e trovando finalmente ciò che cercava: un volantino promozionale che gli offre. 

"È per i clienti più giovani e per chi vuole guardarsi un po' intorno prima di affidarsi ai nostri consigli, vale a dire gli incontri pianificati in base a personalità, interessi" gli spiega, pacata come sempre.


"In effetti va un po' contro i vostri principi" si avvicina con la sedia, questa volta genuinamente interessato ad intavolare una discussione. 

"Dipende dai punti di vista," ragiona Edith "alla fine che cos'è una dating agency se non un mezzo per far incontrare persone?" 

"Ma così potrebbe capitarmi di essere attratto da una persona che si svelerebbe essere una da cui stare lontani" replica.

"Beh," intavola lei intrigata "ancora, dipende. Per quanto anche il nostro programma di match making sia studiato, non è detto che due persone siano fatte per stare insieme soltanto perché hanno cose in comune, non crede?" 

lui sorride. Sembrava avesse ottenuto una buona risposta. "Sono d'accordo. È per questo che non capisco a cosa serva tutto questo, e te lo dico senza volervi offendere. Non si può controllare un sentimento, se questo possa nascere o meno e indirizzarlo ad una persona specifica solo perché si tratta di una brava persona. Non funziona così. Come rispondi a questo?" dice tutto d'un fiato.

Edith si sentiva piacevolmente stuzzicata. Non le capitava spesso trovare qualcuno che voglia avere una sana discussione, scambiare idee, qualcuno che sia disposto ad aprire i propri e i suoi orizzonti in modo pacato.

"Ha ragione," ammette "la Liebe Struck, infatti, non promette ai propri clienti che troveranno l'amore della loro vita, un matrimonio duraturo e quant'altro. Esistiamo per proporre dei prototipi di partner ideali in base alle vostre richieste" spiega, e continua a farlo quando vede che il ragazzo sta per controbattere "ci sono persone che vogliono esattamente la loro copia, non sono disposti a fare dei compromessi"

"più che un'agenzia del genere avrebbero bisogno di un teurapeuta" scherza lui "a volte vedo per strada coppie che sembrano fratelli, fa ribrezzo" dice fingendo di rabbrividire.

La bionda ride. "È vero, purtroppo è così. E poi ci sono persone che non sanno quello che vogliono" lo guarda facendogli capire che anche lui era tra queste. D'altronde le aveva dato pochissime informazioni.

"E allora come procedete?" chiede curioso.

"Allora studiamo le loro personalità. Come ha detto lei, al cuor non si comanda, per cui la gente crede di sapere quello che vuole" 

"E invece?"

"Invece scopre che nella realtà le cose sono diverse. Ora, i miei colleghi non osano perché avrebbero paura di avere richiami, io invece combino appuntamenti tra persone che sono quasi completamente diverse" gli dice. Non sa perché sta confidando questi segreti del mestiere con uno sconosciuto ma questo non le impedisce di continuare a farlo. 

"Devo dar ragione ai suoi colleghi. Che senso ha? Io da cliente rimarrei stufato." afferma, corrugando la fronte. 

"L'amore sboccia con persone di cui hai bisogno, che meriti, non chi vuoi. Non si riconosce spesso la grande differenza tra le due cose." gli dice convinta.

Lui sembra un po' perso. 

"Ad esempio, magari potrebbe stare con..." guarda in alto alla ricerca di un nome "che so, Megan Fox" lui ride.

"fervida immaginazione" commenta.

"Ora, lei è molto attratto da Megan, e per qualche assurdo motivo lo è anche lei" scherza. Il ragazzo alza le sopracciglia, fingendosi offeso. "però sa che non è giusta per lei. è bellissima, forse anche simpatica o intelligente, ma il suo posto non è accanto a lei"

"Inizio a capire che intendi" Annuisce. Ha lo sguardo vuoto di chi si ferma a ricordare. 

"Invece," continua "incontra una persona che non rispecchia i suoi canoni di gusto, eppure scatta qualcosa. Il cuore vuole quel che vuole" 

"È come se mi stessi cantando la sigla di Tarzan e analizzandola come un'opera letteraria" 

"può darsi" regge il gioco. 



A spezzare il silenzio imbarazzante che ne seguiva, "a che ora c'è lo speed dating di venerdì?" chiede.

"Alle sette di sera, trovi tutto sul volantino." fa, indicandogli nuovamente quello passatogli poco fa. 

"Parteciperanno tante persone, non solo nostri membri! dovrebbe venire" lo incoraggia.

"Solo se mi prometti che ne vale la pena" dice, guardandola languido.

"Posso assicurarla che ci sono belle ragazze e alcune molto interessanti" accompagna le parole col suo vivace modo di fare. 

"Di nuovo, non come lei, quindi" la prende in giro. 

Lei resta un attimo interdetta, dopodiché alza gli occhi al cielo "non è qui per conoscere me e le assicuro che ad ogni modo non mi interesserebbe proprio per nulla. È salvo" gli risponde sulla difensiva. 

Quindi c'è una persona oltre il muro di stucchevole cortesia, pensa lui. Annuisce.

"Mi fa piacere," inizia "perché non ho voglia di spezzare altri cuori..." si vanta scherzosamente. Forse neanche troppo, pensa Edith. 

"Sa che non mi ha ancora detto quasi nulla di lei, vero? E che non trovo il suo profilo? Mi sta prendendo in giro?" chiede spazientita "eppure ha firmato, quindi dev'essere serio"

"Non sono qui per corteggiare te, giusto, Ethel? Lascia che mi racconti venerdì prossimo." si schiarisce la voce. 

Lei sbuffa, un po' già stufa della situazione. "Vuole parlare con un altro collega?" gli chiede.

Sembra pensarci su, ma è durato poco. "Poi non mi divertirei" confessa, facendole l'occhiolino. 

Edith sapeva che la sua espressione faceva intendere tutto ciò che provava in quel momento, e così sembra averlo capito anche lui. 

Si alza quindi e "provi con Henning Öztürk" le confessa, poi se ne va. 

"Henning Öztürk?" ripete confusa a sé stessa prima di cercare: era effettivamente lui. Si chiede perché avrebbe dovuto mentire mentre legge le sue informazioni. Sospira, avvertendo la sensazione che questo sarebbe stato soltanto l'inizio.

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Capitolo 3
*** Bäckerei ***


Bäckerei, dice l'insegna. Un'unica parola a rendere un posto come quello abbastanza anonimo. All'interno, però, si svela essere tutta un'altra storia. 

Henning si chiedeva come fosse possibile organizzare un evento di speed dating in una pasticceria, non che avesse mai partecipato a qualcosa di simile ma non gli sembrava comunque il posto adatto. 
Entra nel locale, affiancato dai suoi immancabili amici. Deve ammettere che vi è una buona atmosfera, le luci tenue, una piacevole melodia di sottofondo, l'odore di torta di mele e cioccolato al liquore nella stanza. Si scambia uno sguardo veloce coi suoi compagni, quasi come ad infondegli coraggio. 

Coraggio perché Oliver, stranamente, è venuto di sua spontanea volontà. Sia lui che Markus in realtà volevano solo assistere a qualche appuntamento del loro amico, il fine, come loro solito, era quello di prenderlo in giro. Ad Henning fa piacere però, perché questo vuol dire che non è solo e che quindi non può annoiarsi. Si sono infatti concordati per trovare una scusa buona nel caso volessero andarsene. 

C'è già parecchia gente, loro tre si avvicinano al bancone. Lì trovano un uomo sulla quarantina, col viso sudaticcio contornato da una barba ispida, porta occhiali dalla montatura nera e capelli che sembrano avere la stessa consistenza della paglia.
È curioso come ognuno si sia fatto un'opinione diversa: Markus non l'ha nemmeno notato, Henning ha pensato si trattasse di qualche romanticone destinato ad essere single e a vivere per sempre a casa di sua madre. Oliver pensa sia un brav'uomo. Per la facilità con cui si fida delle persone, i suoi amici cercano di proteggerlo quanto più riescono. È facile prendersi gioco del dolce, ingenuo Olli. 

Accanto all'uomo siede una donna dall'aria indiana, con una lunga treccia nera, così come le ciglia che sbatte languida appena vede Henning. 
Markus ride. "Lascia perdere questo qui, non vedi che io sono migliore?" si vanta, prendendo l'amico più basso e mettendogli un braccio attorno alle spalle. Il turco ride sotto i baffi per il solito atteggiamento schietto del ragazzo. 
La donna abbassa gli occhi, un po' imbarazzata. L'uomo, invece, chiede a loro di prendere posto dopo aver preso i loro nomi e la mora gli passa dei numeri da attaccare sulle maglie. 
Loro ringraziano e si avvicinano ai tavoli. 

La bionda era lì, nota Henning, con un microfono in mano cercando di attirare l'attenzione di tutti. "Prendete posto," fa segno agli ultimi entrati "quando tutti i tavoli si saranno riempiti, inizieremo il gioco!" esclama entusiasta. 
Markus e Olli si girano verso di lui e alzano i pugni al viso e li agitano, con un'espressione finta divertita. Era evidentemente la prova che sarebbero stati tutta la sera a ridere delle sue interazioni. 

Edith dà ulteriori istruzioni poi, ossia che per ora uomini e donne si sarebbero seduti in tavoli diversi in modo da non regalare altro tempo alle persone che volevano conoscersi. Non funziona così uno speed date, d'altronde. 
"Sul vostro tavolino trovate un mini menù pensato proprio per questa serata! Potete anche iniziare ad ordinare," spiega mentre mostra il foglio, quasi come se fosse un'assistente di volo, "Inoltre ringraziamo tutti la Stuttgart Bäckerei per averci ospitati!" applaude, e i partecipanti la seguono a ruota. 

Si avvicina a tutti per dargli il benvenuto, e, arrivata a lui, si presenta ad Oliver e Markus. 
"Ma come siamo eleganti" li lusinga. Oliver le sorride cortese, Markus fa finta di leccarsi le dita per lisciarsi le sopracciglia, apprezzando sicuramente il complimento. 
Henning guarda per la prima volta com'è vestita lei: un semplicissimo abito rosso stretto in vita e scarpe basse. La sua coda immancabile. 

"Tu non partecipi?" le chiede. 

Lei scuote la testa "sono qui per fare il mio lavoro, vedervi divertire" dice, stringendo al petto cartelline piene di scartoffie. 

"Oh, fidati, lo faremo" sghignazza Markus. 

Dopo essere arrivati tutti, si posizionano di fronte all'altro ancora in silenzio, aspettando il via. 

Una volta iniziato, ognuno cerca di parlare velocemente con l'altra persona in modo da cercare di avere più informazioni possibili e di formare un'impressione di loro.

Ad Henning capita una donna poco più grande di lui, sembra essere parecchio nervosa. 

"So che è difficile essere composti quando si ha di fronte uno come me, ma giuro che non ti mangio! Che fai nella vita?" dice scherzando, in modo da tranquillizzarla. Lei sembra averla presa in un altro modo, e infatti "che buffone!" dice, poggiando la schiena sulla sedia e mangiando il dolce che le era stato portato. Sembrava si fosse già arresa. Il moro incrocia lo sguardo di Olli, seduto a qualche tavolo di distanza. Alza le spalle, entrambi con un'espressione confusa. 

"Next!" urla Edith. 

La prossima è una ragazza con le braccia adornate da tatuaggi, una frangetta che si fermava a meno di metà della fronte. Dal modo in cui lo guarda, è evidente le piaccia. Un po' troppo quando prova a trovare sempre il contatto fisico, d'altronde Henning trovava il suo viso un po'...equino. 

"Next!" urla lui questa volta.

Di fronte a Markus invece era seduta una ragazzina timida che sembrava lo ascoltasse volentieri, il problema stava nel fatto che lei, invece, non diceva nulla.

Il prossimo è un uomo di all'incirca sei anni più grande di lui che, dopo aver appreso facesse il meteorologo, gli chiede "e cosa dicono le stelle di noi?" 
Il ragazzo usa tutto il suo autocontrollo per non colpirsi la fronte col palmo della mano. Lo stesso che non riesce a trattenere "certo che sei stupido. Le stelle dicono che sei stupido; o meglio, potrebbero dirlo. Cosa potrei saperne io..." sospira. 

Dietro tutte le scene fatte soltanto per accompagnare il suo amico, un po' di speranze le aveva riposte in questa serata, per cui a parte annoiarsi più di quanto credesse, si ritrova anche abbastanza deluso. 


Oliver invece si diverte: parla in modo animato e cortese con ogni ragazza che gli si siede di fronte, forse perché proprio non intenzionato a far scattare qualcosa con nessuno. È il tipo di persona che riesce a trovare in tutti qualcosa di buono, qualcosa di interessante. Grazie a lui ogni ragazza si alzava a cambiare tavolo col sorriso e con l'autostima un po' più alta. Dev'essere per questo che specialmente Henning ha preso più di quanto avrebbe dovuto dal biondo. 

Tra un disastro e una piacevole conversazione, la serata passa lentamente. Ad un certo punto il turco, arrendendosi, sembrava avesse intrapreso multeplici appuntamenti soltanto con le leccornie portategli dai camerieri. 
Sbuffa e poggia il viso sulla mano, guardandosi attorno mentre la nuova partner di 5 minuti continuava a parlargli dei suoi ex fidanzati.  

Sembra posarlo sulla match maker, Edith. Se ne sta seduta a chiacchierare con qualche suo collega, compreso l'uomo sudaticcio. 
Senza dar conto a ciò che la ragazza di cui non ricordava nemmeno il nome potesse pensare, si alza e si incammina verso di lei. In piedi davanti al tavolo attira attenzione, così Edith alza lo sguardo e gli chiede come può essergli d'aiuto. 

Lui le fa segno di alzarsi, e di seguirlo. La fa sedere poi al suo tavolo, approfittando del fatto che si era liberato. A quanto pare la ragazza aveva capito di dover cambiare aria. 
"Che succede?" gli chiede, "devo farle vedere qualcosa? Devo annotare qualcosa? C'è qualcuno che le piace?" chiede freneticamente, nervosa mentre guarda dov'era seduta prima dove ha lasciato tutti i diversi documenti. 
"Stai calma," cerca di tranquillizzarla Henning, "volevo solo dare un senso a questa serata" le dice. 
Lei lo guarda confusa, aspettando che in qualche modo si spiegasse. 

"Mi sto annoiando," inizia a spiegare "e la nostra conversazione dell'altro giorno mi ha fatto pensare che c'è del potenziale per poter salvare in qualche modo quello che si sta rivelando...questo" gesticola verso gli altri tavoli. 
Edith ha un'espressione dispiaciuta, con le sopracciglia volte all'ingiù. "Mi dispiace non le sia piaciuto..." dice, "però mi faccia sapere come posso rimediare!" subito di mette in riga, professionale e vivace come sempre. 
Henning ci pensa per un attimo, cercando con gli occhi qualcosa che lo attirasse. "Potresti offrirmi un altro dolce" le dice.
Lei sorride e guarda il bancone, pronta ad alzarsi per soddisfarlo. "Quale?" chiede.
"Mi è piaciuto tanto quello a limone! Dimmi che ce n'è ancora un pezzo" la supplica speranzoso. 
La ragazza annuisce, ancora sorridente, e ritorna poco dopo con il dolce tra le mani. "Ecco a lei, Sig. Mann" glielo porge. 
Lui sembra quasi non ricordarsene, corruga la fronte in attesa di farlo, e poi la guarda quando gli viene in mente. "Öztürk" le precisa. 
"Ethel", fa lei, compiaciuta. 
Henning ride. "Touché" le dà ragione. 

Lei lo guarda mentre mangia deliziato la crostata a limone, "questa l'ho fatta io" lo informa. 
"Sì?" le chiede dopo aver ingoiato frettolosamente. 
Edith annuisce. "Le è piaciuta, quindi?" gli chiede contenta. 
"Mh, beh," inizia a dire, interrompendosi per mangiare tutto in un boccone quello che gli era rimasto "ora che so che l'hai fatta tu, probabilmente non posso confermare." la prende in giro.
Lei tiene il broncio. "Sa, proprio non la capisco. Prima implica che ho un brutto aspetto, poi mi dà un nome falso, poi ancora mi porta qui. Che vuol dire?" gli chiede, elencando le cose che ha fatto sulle dita. 

"Chiedo scusa," dice Henning "in realtà non so perché l'ho fatto o perché lo stia facendo tuttora" gesticola verso lei. "Volevo divertirmi un po' " ammette le sue colpe. "Voglio divertirmi un po' " si corregge, guardandola negli occhi. 
La bionda alza le spalle, non sapendo come rispondere. 
"Non penso davvero che tu abbia un brutto aspetto" ammette "sicuramente meriti di stare con qualcuno che sembra non ricami maglioni coi peli dei suoi gatti..." dice, facendo riferimento alle persone incrociate nel locale. Lei ringrazia in modo sarcastico. 
"Ancora non mi hai detto cosa posso fare per sollevare la serata" gli ricorda. 
Lui annuisce e glielo rivela: "parla con me."  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'evento stava per terminare, ognuno era tornato al bancone iniziale per confidare ai match makers le loro preferenze. Non è una sorpresa che molti fossero attratti da Markus, o che molte hanno lasciato come messaggio per Henning il proprio numero. 

Il problema di Henning, o meglio una sua dote direbbe lui, è che sa di piacere, sa come farsi piacere quando vuole e sa come non farlo. Quella sera ha fatto esattamente quello, tant'è che per quanto molte l'abbiano trovato un bel ragazzo, non si può dire anche simpatico. 

Per il moro questo è un vantaggio, perché solo le persone a cui tiene riescono a godere della sua vera persona. È un atto di fiducia che sceglie di avere, ciononostante non crede sia un buon metodo per proteggersi. È un pensiero ricorrente, la sua debolezza, una cosa a cui cerca di rimediare dopo l'ultima grande delusione della sua vita. Ringrazia il cielo per i suoi due compagni di vita per essersi rimesso in piedi così come lo è ora. Non è da fraintendere: Henning non è una persona debole, ed è proprio per questo che non ha paura di mostrare cosa lo ferisce. Si è sempre rimboccato le maniche, che si trattasse di lavoro, di studio o in questo caso di rassettare la propria vita. 

Per quanto gli altri possano pensare che per questo muro che ha alzato lui sia cinico, non è affatto così. Lui non è contento di questo, vorrebbe vivere spensierato come Oliver o ancora meglio come Markus, che sembra abbia sempre un senso di misura per quanto riguarda i suoi sentimenti. 

Non è fiero di risultare antipatico, o di allontanare persone che non fa in tempo a conoscere. Non aspetta qualcuno che butti il muro giù: sa salvarsi da solo; ma qualcuno con cui tenersi per mano non gli dispiacerebbe. 

 

 

 

A quanto pare, Henning ed Edith devono rimandare la loro conversazione ad un altro giorno. Il locale sta chiudendo, e si trovano in pochi fuori ad aspettare qualcuno con cui si erano trovati bene per andare a bere qualcosa. Tra questi si fermano anche loro tre perché, grazie al carisma esercitato da Markus, Oliver ha apparentemente dei nuovi clienti che vogliono commissionargli qualche creazione in legno per il loro giardino. Si ferma lì a parlare con loro, gli lascia il suo numero di telefono e l'indirizzo del negozio. 

Dalla porta sul retro, vestita da cuoca in una giacca a doppio petto bianca, esce una ragazza.

Una ragazza bassina, con un caschetto nero, gli occhi azzurri. 

Oliver resta a bocca aperta. "Sonja?" prova a chiamarla incredulo. 

Lei si stava incamminando verso la bionda che era ancora voltata. Quando sente il suo nome, si gira a guardare chi l'aveva pronunciato. Guarda Oliver con un'espressione persa. 

Edith sente il nome e si volta per salutare l'amica.

"Finiti tutti i cornetti per domani?" le chiede. 

La ragazza col caschetto annuisce, sporgendosi per abbracciarla. "Sì, ma domani devi prepararla tu la crema pasticcera e ricordati che ci servono i muffin per la festa degli Schimmer!" le dice, puntandole contro un dito.

"Lavori qui?" chiede Henning ad Edith, confuso. Lei conferma.

Sonja riporta poi lo sguardo verso il ragazzo dai lunghi capelli biondi. 

"Ciao?" dice, con un tono di domanda. 

Non l'ha riconosciuto. 

Markus ed Henning guardano entrambi la scena sorpresi. Dopo tutte le volte che Olli gli aveva parlato di lei, era davvero lì. Finalmente riesce a vederla e sa anche dove lavora. Ci speravano ogni volta che gli diceva di averla vista e per ognuna si trattava soltanto di un miraggio. 

Non questa.

Oliver ci è rimasto un po' male, d'altronde però è passato un anno ed è facile dimenticarsi di un volto visto soltanto una volta. Non è stato il caso di Sonja per lui.

Quindi ci prova "Ciao, sono Oliver. Ho mangiato un Brezel che mi hai preparato al mercatino di Natale dell'anno scorso!" dice sorridente.

Sorride anche lei. "doveva essere proprio buono affinché ti ricordassi di me." 

Non ne hai nemmeno idea pensa Henning, felice per il suo amico. 

"Lo era." conferma il biondo.

Lei si ferma a guardarlo un po'. "In effetti qualcosa mi ricordo" dice, strizzando gli occhi per osservarlo meglio. 

"E se ti dicessi 'carillon'?" prova a chiederle. 

Le si illumina il volto. "Ma certo! La ballerina col tutù di natale!" dice, ricordandosi entusiasta.

Edith li guarda e si chiede cosa si sia persa, dato che invece tutti gli altri partecipanti sorridevano come ebeti. Oliver più di tutti: è speranzoso. 

"Sonja?" si sente chiamare dal retro del locale. "Amore, dove sei?" la cerca la voce. 

Lei si gira e un uomo le viene incontro, scompigliandole poi i capelli "pensavo fossi ancora dentro." 

I tre amici si scambiano uno sguardo preoccupato.

"Oh." esala Oliver, così silenziosamente da avere un impatto forte sui suoi amici, perché sentivano cosa significasse. 

Quasi speravano non si incontrassero mai, piuttosto che vederlo così. 

Henning prende in mano la situazione allora. Markus prende Olli sotto la sua stretta protettiva e lo allontana, mentre il turco li saluta tutti frettolosamente, augurandogli una buona serata. 

 

Le due ragazze sono confuse. Ricambiano l'augurio, guardandoli andare via.









Author's corner :

Ciao a tutti! Eccomi per la prima volta a scrivere qualcosa su questa storia. È da qualche anno che non scrivo, e mi mancava un sacco per cui eccoci qui! Cosa ne pensate della storia? Cosa credete succederà, chi è il vostro personaggio preferito finora? Inizialmente era nato soltanto per Henning ed Edith, scrivendo però mi sono attaccata un sacco ai personaggi di Oliver e Markus, per cui la storia sarà dedicata a tutti e tre i personaggi, ovviamente senza togliere spazio a nessuno. Ho intenzione di svolgere tre storie intrecciate. Vi fa piacere l'idea? Fatemi sapere cosa ne pensate, anche un piccolo commento, mi farebbe molto piacere! 

alessoninromantics_

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