A New World, A New Fate

di FireFenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


«Avada Kedavra!»
«Expelliarmus!»
Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato, segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono. Harry vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro l’alba, roteare come la testa di Nagini contro il soffitto incantato, verso il padrone che non avrebbe ucciso, che finalmente ne entrava in pieno possesso. E Harry, con l’infallibile abilità del Cercatore, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all’indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l’alto. Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio del suo nemico.
Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il tumulto esplose attorno a Harry, le urla, l’esultanza e i ruggiti dei presenti lacerarono l’aria.

(J.K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte).
Harry, finalmente libero da quell’incubo che lo aveva perseguitato per anni, si rilassò e abbassò la guardia, unendosi anche lui ai festeggiamenti; ma avrebbe dovuto capire che quella gioia non era destinata a durare a lungo.
Successe così, all’improvviso, senza che nessuno potesse accorgersi di ciò che stava per accadere. Nel bel mezzo di quel caos una bacchetta si levò inosservata e un incantesimo partì dalle mani di un nemico, un Mangiamorte, che si prese la sua ultima rivincita, ottenendo così una magra vittoria in un’assoluta sconfitta.
Harry Potter ebbe a malapena il tempo di tirare un sospiro di sollievo che una maledizione, verde come la speranza di una vita serena che andava in frantumi, si abbatteva su di lui.
Strano come alla fine eroi e assassini, una volta morti, cadano a terra con la stessa banale solennità.

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo ***



Nel momento in cui Harry aprì gli occhi si ritrovò in un luogo non meglio definito, aveva la sensazione che il suo intero corpo stesse galleggiando nel vuoto più assoluto, non riusciva a percepire nulla, nemmeno uno dei suoi sensi riusciva aiutarlo. Non vi erano né un suono, né una superficie, né un odore e nemmeno una misera luce che gli permettesse di vedere dove fosse finito. Il buio più assoluto lo circondava, tutta quella situazione gli stava mettendo a dosso un senso di panico mai provato prima, gli pareva quasi di essere stato sepolto vivo.
Proprio mentre si apprestava a urlare per vedere se ci fossero altre persone oltre a lui, dal nulla, apparve un piccolo globo di luce. Grazie a quello Harry poté effettivamente notare come le sue supposizioni fossero fondate, stava, infatti, galleggiando nel vuoto più assoluto. Tutto ciò che poteva vedere era quel globo, che pareva esser composto da una sostanza argentea, molto simile a quella dei ricordi depositati in un pensatoio, così si decise ad arrischiarsi a toccarlo.
Come lo ebbe appena sfiorato esso si animò, trasformandosi in una piccola nuvola argentea che compose due frasi una sotto all’altra.
 
31 luglio 1980
Godric’s Hollow, casa Potter.
 
Appena ebbe finito di leggere la sostanza lo avvolse e il giovane salvatore si ritrovò risucchiato in quello che pareva essere in tutto e per tutto un ricordo.
 
James Potter non riusciva a contenere il nervoso, sua moglie stava per mettere al mondo i suoi due eredi e ad assisterla c’era solo Molly Weasley che sostituiva una Madama Chips momentaneamente troppo impegnata. Le urla di Lily Evans risuonavano per tutta la casa mentre lei se ne stava sdraiata sul letto della camera padronale cercando di resistere al dolore di un parto gemellare. James non aveva dubbi che per una normale strega mettere al mondo un figlio fosse estremamente facile, bastavano poche pozioni per permettere alla donna di non sentire il dolore e di far nascere il piccolo con semplicità e, in caso di complicazioni, il marito era sempre pronto con la bacchetta per salvare la situazione. Ma quello della sua amata Lily non era un parto normale, due o più gemelli erano estremamente difficili da gestire e partorire in casa era non solo rischioso ma anche stupido e Molly Weasley non era certo una medimaga; senza contare che, nonostante avesse messo al mondo sei figli, anche lei era corsa in ospedale quando aveva dovuto far nascere i due gemelli.
James si rimproverava di essere finito in quella situazione, già da tempo lui e sua moglie avevano deciso di contravvenire agli ordini di Silente sul non presentarsi per nessuna ragione in ospedale, ma non appena a Lily si erano rotte le acque non avevano fatto tempo a prendere l’occorrente e la passaporta che dal camino del soggiorno erano usciti Silente e Molly che avevano iniziato a dettare legge in casa sua.
Ormai erano passate un paio di infernali ore, nelle quali Lily aveva sofferto le pene dell’inferno e James era sempre più nervoso, i due pargoli avevano deciso di nascere con due mesi d’anticipo, per questo all’ennesima frase acida della Weasley che rimproverava la partoriente di essere troppo esagerata l’uomo aveva deciso di agire per il bene della sua famiglia.
In quel momento la forte e tenace Lily Evans aveva voglia di piangere, tutto avrebbe immaginato nella sua vita tranne di portare avanti una gravidanza così difficile supportata da una totale incompetente. Aveva cercato in tutti i modi di sopprimere le urla, guardando ad esempio il soffitto della camera, di un dolce bianco immacolato, o mordendosi le labbra, ma a nulla erano valsi i suoi sforzi. Inoltre, ciò che le rendeva il parto un vero inferno era l’idea, forse nata per colpa degli ormoni, che Silente volesse punire lei e James per aver deciso di disubbidirgli e per quella ragione Madama Chips non sarebbe mai arrivata.
Quando un'altra ondata di dolore le fece scaturire dalle labbra un grido più forte degli altri a mala pena colse un tonfo accanto a lei, appena le sue condizioni fisiche le permisero di prestare attenzione a ciò che stava accadendo di fianco a lei a stento si trattenne dallo scoppiare a ridere.
James, il suo amato James, aveva schiantato Molly Weasley e stava velocemente preparando un’altra borsa con l’occorrente per l’ospedale, la prima era stata sequestrata da Albus appena era stata vista nelle mani del marito insieme alla passaporta, nel ripensarci come un lampo di consapevolezza le folgorò la mente.
«James» sussurrò con voce fievole «la passaporta, senza noi non…» ma il marito non le permise nemmeno di finire di parlare che la baciò a fior di labbra.
«Credevi che avessi solo un asso nella mia manica?» e mentre parlava da una sedia sollevò dell’aria, no anzi a prestarci maggiore attenzione sembrava il mantello di James appallottolato, ma era strano poiché il marito teneva quel mantello con una cura e una precisione quasi maniacale. Poi lo vide, un piccolo pupazzetto a forma di coniglio comprato per i bambini, che il marito stringeva tra le mani.
«Me ne sono fatto fare una in più» e Lily Evans nel vedere lo sguardo malandrino sul volto del marito sentì di amarlo ancora di più.
Infine James prese la signora Weasley e la legò alla sedia con un incantesimo, poi, qualche istante prima di lanciarle una fattura per svegliarla, le mise al collo un medaglione preso dal comodino. E Lily lo riconobbe, il medaglione “Ripeti all’Infinto” dei tempi di Hogwarts, invenzione made in Marauders che costringeva la vittima che lo indossava a ripetere con la stessa voce e intonazione ciò che il monile aveva registrato, ovvero, in quel caso, le urla della neo-madre.
Infine, messa a tracolla la borsa con tutto l’occorrente, l’uomo prese in braccio la moglie come se non pesasse più di una piuma e attivò la passaporta nel bel mezzo delle urla della sostituta.
Lo stratagemma ingannò Silente abbastanza da permettere a James di arrivare in ospedale e correre al servizio informazioni.
«Mia moglie deve partorire! Ha due gemelli che sono prematuri di due mesi» disse l’uomo allucinato.
«Prima che io possa procedere signore deve compilare dei moduli» e così dicendo l’addetta mostrò al mago un plico di una decina di fogli.
«Lei non capisce no…» con il tempo che stringeva e Silente che sarebbe potuto sbucare fuori a momenti l’uomo aveva iniziato a sbraitare contro la povera ragazza.
«Noi abbiamo già richiesto i moduli che sono quasi completi, mancano giusto giusto due firme, anzi ora che Remus ha fatto firmare Lily manca solo la tua Ramoso» e come una manna dal cielo Sirius Black, alias Felpato, alias il migliore amico di James Potter, fermò la crisi di nervi del neo-papà allungando un plico parzialmente completo.
E con un grazie carico di gratitudine James si mise a firmare il resto dei fogli, così nel giro di cinque minuti massimi Lily Evans si era trovata in una confortevole stanza dai toni azzurrognoli, adagiata su di un letto comodo e con quattro medimaghe capaci che, anche aiutate delle giuste pozioni e conoscenze, le limitarono di molto il dolore.
E mentre la donna partoriva in sicurezza James, Sirius e Remus sedevano in attesa di essere chiamati dentro.
«Non credo che vi ringrazierò mai abbastanza, non so come abbiate fatto a sapere come, cosa, dove e quando, ma so che senza di voi saremmo rimasti lì per anni» disse James agli amici di sempre.
«Oh, non preoccuparti Ramoso siamo stati lì tre ore per cercare di capirci qualcosa, nemmeno le lezioni della McGranitt erano così difficili! Alla fine mancavano solo le vostre firme» rispose Sirius tranquillamente.
«Oggi Felpato ha provato a mettersi in contatto con te dallo specchio e ha capito che stava succedendo, quindi ha consigliato di venire qui ad aprirti la strada convinto che avresti trovato una maniera per arrivare ed io mi sono occupato di compilare i moduli» rispose orgoglioso il Licantropo.
«Io non sarei così fiero di me Remus, non avete fatto nulla di giusto ma avete solo complicato la vita di tutti» prima che James potesse rispondere agli amici Silente aveva fatto il suo solenne ingresso, spezzando la tranquillità appena raggiunta.
«Non hai alcun diritto di rimproverarci Silente, se avessi voluto che James e Lily rimanessero a casa avresti dovuto dar loro i mezzi per mettere al mondo i loro figli in sicurezza» ovviamente Sirius non avrebbe permesso al vecchio di rovinare un tale giorno a James.
«Molly aveva tutta l’esperienza necessaria per…» ed ecco che l’uomo partiva con le sue filippiche.
«Non ha una specializzazione né un diploma e quello di Lily non è un parto normale, ora credo che James sia atteso in sala parto» e con quelle parole Remus mise fine alla discussione proprio mentre un’infermiera veniva a chiamarli.
Così James prese i suoi migliori amici ed entrò nella stanza in tempo per vedere i suoi figli nascere.
Poche ore dopo Lily stringeva i suoi amati pargoli tra le braccia, le medimaghe erano riuscite a guarire in fretta i piccoli e a permettere loro di recuperare i mesi perduti e così li avevano dati in braccio alla donna per la prima volta. In quel momento, mentre la neomamma osservava i suoi amati figli non poté impedirsi di farsi prendere dallo sconforto più totale. Ma come darle torto in fondo? Solo poche settimane prima lei, James, Frank e Alice erano stati convocati nell’ufficio del Preside per essere messi al corrente che il figlio che una delle due coppie avrebbe messo al mondo sarebbe stato il Prescelto, l’unico in grado di sconfiggere l’Oscuro. Sinceramente, nonostante Lily volesse un bene dell’anima a Frank e Alice, in cuor suo sperava che anche l’amica fosse destinata a dare alla luce il suo bambino prima del tempo, in fin dei conti erano madri e padri e ogni coppia sperava che la disgrazia ricadesse sull’altra, in fin dei conti in guerra valeva il detto Mars Tua Vita Mea.
«Bene» la voce squillante di Sirius la riscosse dai suoi pensieri «ora dopo aver passato tre ore a cercare di decifrare ciò che era scritto in quei dannati documenti, dopo aver contrariato Silente, che quello non fa mai male, essere chiamato a fare da padrino senza essere stato avvisato prima e soprattutto dopo essere rimasto traumatizzato a vita in seguito all’esperienza di veder nascere due gemelli, potremmo sapere i nomi?» e con quel monologo detto con quel suo tono irriverente il giovane riuscì a scatenare le risate generali e a scacciare, seppur per poco, lo spettro di Voldemort.
«Harry James Potter e Henry Reius Potter salutate i vostri padrini» pronunciò con son solennità il padre.
 
Finito quel ricordo e tornato nel vuoto da cui era stato risucchiato, Harry stentava a crede a ciò che aveva appena vissuto. Quelle visioni non erano state diverse da quelle in cui, entrato nella testa di Voldemort, poteva percepire il mondo attraverso lui; lo stesso era capitato con quei due James e Lily. Inoltre non riusciva a decifrare quelle immagini, i suoi genitori che erano apertamente ostili a Silente e a Molly e poi quel suo gemello mai esistito…
Purtroppo non ebbe tempo di venir a patto con le sue elucubrazioni che comparvero ancora una volta una data e un luogo.
 
31 ottobre 1981
Godric’s Hollow, casa Potter
 
Subito dopo la sostanza lo avvolse e lo trascinò nel bel mezzo di una nuova visione.
 
Dal caotico parto che i coniugi Potter avevano sostenuto era passato un anno e poco più. Lily stentava a credere che fossero riusciti a sopravvivere a trecentosessantacinque notti insonni, malattie, pappine, pannolini, scherzi ed esaurimenti. Quella che ormai Lily considerava la famiglia Potter-Lupin-Black era più unita e se non serena, considerando che la guerra era ancora in corso, per lo meno energica e vitale che mai.
Già da tempo Felpato e Lunastorta si erano trasferiti nella camera per gli ospiti di casa Potter, anche se Lily non avrebbe saputo dire quando o come fosse successo; i due padrini avevano iniziato col passare la notte nello scomodo divano per essere pronti ad accudire i due figliocci e dare ai neogenitori un po’ di respiro, poi una sera James si era unito ai due vecchi amici per bivaccare sullo scomodo divano come ai vecchi tempi e Lily aveva preparato loro il letto nella camera per gli ospiti, infine indumento dopo indumento i due padrini si erano trasferiti definitivamente in casa Potter.
Non che ai due coniugi dispiacesse, anzi l’unica nota stonata era l’assenza di Peter sempre meno presente e sempre più freddo, più e più volte il quartetto aveva cercato di convincerlo ad andare a vivere con loro ma non c’era stato verso e alla fine si erano arresi decidendo di dargli spazio.
Mentre gli anni più bui della storia magica inglese imperversavano, mentre James, Sirius, Remus e Lily convivevano con l’onere di portare avanti una guerra ad una così giovane età non mancavano mai gli attimi in cui ringraziare Merlino per la vita concessa ad ognuno di loro. I momenti di gioia erano imprevedibili, potevano verificarsi in un solo attimo, dal nulla piccoli attimi di calda luce rischiaravano le tenebre di Voldemort e portavano il sorriso sui volti della famiglia. Bastava che ogni componente della famiglia vedesse i due bambini e riusciva ad accantonare le preoccupazioni, poi a vivere con i Malandrini non ci poteva di certo aspettare che la vita familiare trascorresse nella depressione.
Lily di certo non poteva dimenticare quando era caduto il giocattolo dalla culla di Henry e il piccolo lo aveva fatto levitare fino alla sua culla e ancora rideva nel ripensare a quando James aveva insinuato che i suoi due amici sembrassero una vecchia coppia sposata e per ripicca l’uomo si era trovato con i capelli e delle orecchie da asino rosa fosforescente.
Comunque, quella sera i due coniugi erano tranquilli, i bambini erano stati messi a letto quasi due ore prima e Sirius e Remus non erano in prima linea, perciò si stavano godendo la serata in serenità nonostante le varie preoccupazioni.
E così la mezzanotte sorprese i due giovani teneramente addormentati sul divano, la televisione che ancora mandava flebili suoni e i piccoli ancora nel mondo dei sogni.
Ma nel momento in cui le barriere che proteggevano la casa caddero rivelando la presenza dell’Oscuro, i due giovani si tirarono su dallo scomodo giaciglio ancora intorpiditi dal sonno e nel momento in cui James diresse lo sguardo fuori dalla finestra del soggiorno vide due occhi orribilmente rossi lampeggiare.
«Lily corri è lui, è qui, prendi i bambini e scappa!» mentre pronunciava queste parole la porta dell’ingresso saltava e James si lanciava verso il nemico armato, verso la morte che grondava sangue e fuoco dagli occhi, verso la bacchetta puntata al suo petto, per la sua famiglia, per Lily che sentiva correre su per le scale, per i piccoli Harry ed Henry che piangevano a dirotto e per Sirius e Remus che dovevano trovare almeno loro tre vivi, almeno loro.
«Avada kedav…» James era impazzito, completamente, perché solo un folle si sarebbe lanciato verso il mago più forte degli ultimi cinquant’anni armato della propria volontà e disperazione, i pugni serrati e gli occhi spiritati, solo un pazzo avrebbe colpito sulla mascella Lord Voldemort, ma forse fu proprio quello a salvarlo, perché Voldemort ripresosi ma stordito prese male la mira e il suo anatema mancò il giovane padre per pochi millimetri. James, buttatosi di lato per evitare la maledizione, sbatté la testa sullo spigolo di un gradino, così tutto ciò che l’uomo riuscì a vedere prima di crollare a terra svenuto furono due bacchette appoggiate sul tavolino.
Lily si accorse con orrore di non aver vie di fuga nel momento in cui, con i suoi figli in braccio e il dolore di aver lasciato indietro suo marito che le bruciava il cuore, si accorse che la passaporta d’emergenza era fuori uso e lei non aveva con sé nemmeno la sua bacchetta.
Così disperata e spaventata la donna ripose i propri figli nella culla e, dopo averli baciati entrambi, si frappose fra la culla e la morte.
Non dovette aspettare poi molto mentre cercava di posizionare un comò in modo che bloccasse la porta, ben misera difesa se ne rendeva pienamente conto, la porta saltò in aria e la donna fu sbalzata via dall’onda d’urto andando a sbattere contro la parete opposta e perdendo i sensi.
Appena il Lord varcò la porta si diresse verso la culla ignorando il corpo esanime della donna e alzata la bacchetta scagliò la maledizione. Ma dal nulla l’anatema mortale si rivolse contro un orripilato Signore Oscuro che vide il suo spirito venire diviso dal proprio corpo.
Quando Sirius e Remus tornarono dalla missione di ricognizione trovarono una scena a dir poco macabra ad attenderli, il piano superiore di quella che per un anno era stata la loro casa era completamente saltato in aria e l’inquietante Marchio Nero che incombeva dall’alto della casa sventrata come un messaggero di morte.
Appena entrarono la prima cosa che ebbero modo di notare fu il corpo esanime di James riverso in una pozza di sangue.
«JAMES!» Sirius fu il primo a precipitarsi su di lui e con sollievo fu il primo a vedere che era ancora vivo «Remus è ancora vivo! Richiama l’ordine e vai a vedere se Lily e i bambini sono riusciti a fuggire»
Remus si era trovato a doversi arrampicare faticosamente su quelle scale e una volta dentro la prima cosa che vide furono i piccoli Henry ed Harry che lo guardavano stretti uno accanto all’altro e con gli occhi resi liquidi ed enormi dalle lacrime versate, i cui ultimi residui erano ancora visibili, poi il corpo di Lily.
Le corse incontro e si calmò immediatamente non appena vide che era solo svenuta.
«Sirius sono qui, sono tutti vivi» urlò all’uomo mentre sentiva che i primi membri dell’Ordine stavano già arrivando.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


Sbalzato fuori da quel ricordo Harry si ritrovò davanti un’altra data e luogo.
 
1° novembre 1981
Hogwarts, ufficio di Silente
 
Subito dopo la sostanza lo avvolse e lo trascinò nel bel mezzo di una nuova visione.
 
Albus Silente percorreva il perimetro del suo ufficio a grandi falcate, la veste di uno sgargiante colore rosso con stampati sopra grifoni dorati svolazzava ad ogni suo movimento e la sua magia vibrava tanto da far scricchiolare i vari oggetti disseminati per la stanza. Dire che fosse furioso era a dir poco un eufemismo. L’uomo non poteva credere alla stupidità di certi suoi alleati. Aveva fatto tutto il possibile per aiutare la famiglia Potter e loro, al contrario dei Paciock, avevano fatto di tutto per mandare all’aria i suoi sforzi.
E non era l’attacco di Voldemort a infastidirlo, no di certo, quello se lo aspettava, d’altronde la profezia era stata chiara, l’oscuro avrebbe dovuto scegliere il suo eguale, ciò che veramente gli faceva vedere rosso era il fatto che quei due sciocchi maghi avevano quasi fatto ammazzare il prescelto!
Appena aveva scoperto che i due maghi al momento dell’aggressione erano sprovvisti di bacchetta aveva dovuto resistere con tutto sé stesso al desiderio di schiantarli, solo il fatto che da lì in poi avrebbe dovuto trattare costantemente con i genitori del prescelto lo aveva fermato.
Se i padrini dei ragazzi non fossero arrivati in tempo magari un qualche seguace del signore oscuro o il crollo stesso della casa avrebbe ucciso la loro unica speranza di sopravvivere. Solamente perché due ragazzini volevano amoreggiare sul divano!
Ma era certo che loro non avrebbero più preso alcuna decisione significativa riguardo a loro figlio o lui non si sarebbe più chiamato Albus Percival Wulfric Brian Silente!
Certo non poteva lamentarsi, ora almeno sapeva chi fosse il prescelto. In fondo non gli ci era voluto poi molto, i due giovani avevano due identiche cicatrici ma il giovane Henry aveva reagito all’esposizione ad un artefatto di magia generando un piccolo scudo, d’altra parte Harry non aveva dato segni di avere nemmeno un briciolo di magia dentro di sé.
A strappare dalle proprie elucubrazioni il vecchio mago fu il leggero bussare alla porta da parte dei coniugi Potter.
Il preside tirò un lungo sospiro e ricontrollò ancora una volta che il thè non sembrasse in alcun modo corretto con qualsiasi altra sostanza, cosa che invece era. In fin dei conti in quel frangente era necessario che i genitori fossero completamente dalla sua parte o per tutta la fazione della luce sarebbe stato un problema.
Li fece entrare e iniziò il suo teatrino.
«Lily, James prego accomodatevi, dovete essere scossi, prendete una tazza di thè» così dicendo si accomodò dietro la scrivania e aspettò che i due coniugi avessero finito di bere prima di iniziare.
«A seguito delle attente analisi da me effettuate sono giunto alla conclusione che il giovane Henry sia colui che ci libererà dal giogo dell’oscuro» il cuore di Lily a quelle parole sprofondò e il terrore di ciò che il destino aveva riservato per uno dei suoi figli la gettarono nello sconforto più totale.
«Albus sei sicuro? In fondo sia Harry che Henry hanno una cicatrice potrebbero aver respinto entrambi il mostro e per questo essere sopravvissuti» non che James fosse messo meglio della moglie, sentiva come se sulla loro famiglia stesse per abbattersi un’enorme sciagura.
«No James, il prescelto deve essere uno secondo la profezia e, mentre Henry ha reagito all’esposizione ad un artefatto magico generando un piccolo scudo, il giovane Harry era solo incuriosito dall’oggetto e non ha rivelato di avere nemmeno un briciolo di magia dentro di sé. Per quanto riguarda le cicatrici, credo che Henry abbia passato parte del danno subito al fratello in modo da proteggersi da una ferita più grave» Silente era tremendamente sicuro delle proprie parole come del resto era certo di quale sarebbe stata la sua prossima subdola mossa.
«Albus hai esposto i miei due bambini a degli esperimenti dopo ciò che è successo?» era strano che Lily non stesse dando i numeri, ma ormai la pozione doveva aver quasi del tutto fatto il suo dovere. Nonostante ciò la donna, grazie alla sua forza d’animo, era riuscita a fare uno scatto, anche se piccolo, in direzione del preside che aveva provocato lo sbordare di una piccola goccia di thè che era caduta nella sua maglia, senza che nessuno la notasse.
«Suvvia Lily era un normalissimo test di routine che non ha nuociuto a nessuno dei due bambini» Silente dovette far leva su tutto il suo autocontrollo per non ridere davanti alla reazione della donna ormai del tutto sotto il controllo della pozione.
«Cosa faremo ora Albus? Sappiamo che Peter era il traditore e il crollo della casa non ci preoccupa, possiamo sempre trasferirci al Potter Manor, ma per i nostri figli che destino si presenta davanti?» chiese James con lo stesso tono di qualcuno che stesse discutendo del tempo.
«Io temo che dovrete fare qualcosa che vi costerà molto» iniziò il preside con voce decisa «ma è necessario se volete che il piccolo Henry sopravviva» ormai erano arrivati al nocciolo della questione completamente alla mercé della pozione.
«Cosa ci sarà mai di ancora più difficile di questo?» domandò Lily con voce piatta.
«Sappiamo tutti che Henry verrà acclamato dalla folla, verrà additato come il Bambino Sopravvissuto, non vi sarà mago in tutto il mondo magico che non conoscerà il suo nome e temo che questo possa portare il giovane Harry ad ingelosirsi del fratello» a quel punto il preside era certo che i due genitori davanti a lui avrebbero obbedito ciecamente alle sue parole, ma si sbagliava enormemente.
«Cosa vuoi dire Albus?» certo tutto si poteva dire di Lily Evans ma non che fosse sprovvista di un enorme istinto materno e, benché avesse la mente annebbiata, proprio quello le diede la forza di reagire a Silente.
«Ahimè, temo che dovremo far credere ad Harry di essere un normale ragazzo babbano e allontanarlo dalla famiglia, almeno finché non saremo sicuri del ritorno di Voldemort e allora non potrà di certo invidiare il fratello» originariamente Albus aveva pensato di chiedere alla famiglia Potter di lasciare definitivamente il figlio nel mondo babbano, ma visto che i due maghi avevano in parte già contrastato gli effetti della pozione, aveva optato per una via un po’ più conciliante.
«Avrai voglia di scherzare Albus! Harry fa parte della nostra famiglia ed è incredibilmente legato al fratello!» ora forse una cosa più lampante dell’istinto materno di Lily era il rispetto che James provava per Albus e quindi nessuno era pronto al balzo che fece l’uomo e alla botta che diede alla scrivania di Silente, la quale scricchiolò sinistramente sotto la furia del neo padre, figurarsi il vecchio mago che rimase allibito da un tale contrasto alla droga somministrata al giovane.
«James te ne prego ascoltami! Io e mio fratello Aberforth eravamo tanto legati che non passava secondo nella nostra vita che non stessimo insieme, ma poi col tempo io mi dimostrai più abile di lui ed ero invero molto più popolare e per questo divenne tremendamente geloso, solo quando vide che la gente premeva per uno scontro definitivo tra me e Grindelwald capì quanto può essere pericolosa la fama» a quel punto Silente stava iniziando a temere che i due maghi avessero ingerito un qualche intruglio curativo da lui non preso in considerazione che avesse annullato gli effetti della sua droga.
«Ma è il nostro bambino! Non possiamo abbandonarlo! E poi a chi mai potremmo affidarlo se tutti i nostri contatti fanno tutti parte del mondo magic…» Lily sgranò gli occhi e tutto d’un tratto le intenzioni del preside le apparvero quanto meno più chiare. Gli unici conoscenti che erano completamente fuori dal mondo magico erano sua dispotica sorella e la sua orribile famiglia.
La donna alzò gli occhi e se solo gli sguardi potessero incenerire il Supremo Pezzo Grosso sarebbe sicuramente diventato un misero mucchietto di polvere come nemmeno la sua dannata fenice avrebbe potuto fare.
«Mai e ripeto MAI io darò in affido uno dei miei bambini a mia sorella e al suo violento marito bigotto, hai capito Albus?! Non oso nemmeno immaginare che cosa gli farebbero quelle bestie, senza contare che parlando di invidia mia sorella ancora porta rancore a me per avere qualcosa che lei non potrà mai possedere» benché il discorso della donna fosse molto accorato il tono di voce che impiegò fu troppo colloquiale e questo diede nuova forza al vecchio.
«Lily questa sarebbe solamente una scelta provvisoria, infatti ho ragione di credere che Voldemort inizierà ad attaccare Henry fin dal suo primo anno di scuola» disse infatti più tranquillamente il preside, pregustando già la proprio definitiva vittoria.
Dopo un momento di pausa in cui finse di meditare per dare il tempo ai due giovani di cadere un po’ di più sotto l’influsso della pozione ricominciò la sua arringa.
«Ascoltate, so che per voi è dura perdere l’infanzia del vostro piccolo ma vi chiedo: preferite avere una soddisfazione personale che a lungo andare rischierà di compromettere il legame dei vostri figli o andare sul sicuro e far stare Harry per poco tempo in un luogo più isolato anche se poco piacevole, mentre io e l’Ordine aiutiamo Henry ad affrontare il suo destino?» e infine dopo una strenua resistenza la pozione e la voce suadente di Silente riuscirono a far vacillare i cuori e a mettere in discussione la presa di posizione dei due genitori.
«Ma… ma mia sorella Petunia racconterà ad Harry un mucchio di sciocchezze per farci odiare!» singhiozzò infatti Lily maledicendo ancora una volta il destino che si stava di certo divertendo un mondo a farli soffrire in quel modo.
«Diremo a Petunia che siete morti e che le affidiamo il ragazzo e quando andrete a prenderlo vi basterà essere sorpresi e inventarvi qualsiasi cosa per far passare i Dursley come dei bugiardi, magari direte al piccolo Harry che a causa di un maleficio non siete stati in grado di raggiungerlo e salvarlo dalle grinfie dei vostri parenti babbani» infine Albus Percival Wulfric Brian Silente capì di essere arrivato dove sperava e non passarono che pochi minuti prima che i due genitori si arrendessero.
«So che siete dei giovani e amorevoli genitori e proprio per questo ho bisogno che voi mi diate la certezza assoluta che non cercherete Harry fino alla ricomparsa di Voldemort e che non farete parola di dove egli sarà mandato con nessuno, nemmeno con Sirius e Remus» affermò con decisione il mago prima che i due si congedassero.
«Cosa vuoi che facciamo per darti questa certezza» chiese il giovane padre ormai completamente perso.
«Voglio che firmiate un contratto di sangue che vi vincolerà magicamente e vi impedirà di avvicinarvi a lui in ogni modo» così dicendo tirò fuori un contratto e una penna a inchiostro a sangue e con soddisfazione vide i due maghi firmare.
E così mentre quel giorno ogni mago e strega britannico festeggiava la fine della guerra con canti, balli e feste e il nome di Henry Potter veniva acclamato in ogni dove, la famiglia del prescelto piangeva tutte le sue lacrime per la perdita di un membro della loro perfetta famiglia.
Non furono le urla strazianti di Lily, malamente trattenuta da un Remus Lupin dall’aspetto stravolto, non il pianto di James nascosto sulla spalla di Sirius che sorreggeva l’amico e il piccolo Henry, che urlava tanto da dare l’impressione che dovesse scartavetrarsi le corde vocali, cercando di trattenere le lacrime che rendevano i suoi occhi lucidi, non furono le giuste reazioni di una famiglia devastata a far più male.
No, ciò che aveva davvero devastato la famiglia era stato l’urlo disumano che, pochi giorni dopo a Potter Manor, uscì dalle labbra di una Lily Evans pallida e magra come un cadavere, stremata e fiaccata dal senso di colpa che le lacerava l’animo per quel contratto firmato, a suo dire, con tanta leggerezza.
Un urlo scatenato dalla vista di una macchia indelebile, piccola quanto una goccia e di colore bluastro che puzzava come qualcosa di putrido e inacidito che una come lei, la ragazza migliore del suo corso in pozioni, riconobbe subito come l’unica pozione che permettesse di ottenere la momentanea perdita delle capacità cognitive.
«MALEDETTO» quella parola le fuoriuscì dalle labbra come la peggiore delle condanne a morte e, afferrata la bacchetta, si scagliò verso il camino con ancora la maglia stretta nelle mani e lo sguardo completamente invasato.
«Lily fermati! Basta, calmati» e fu solo l’arrivo di Sirius, provvidenziale come al solito, che impedì alla donna di commettere una pazzia.
«QUEL MALEDETTO, È LUI LA CAUSA DI TUTTO, QUELL’UOMO CI HA DROGATI» stillò la donna a pieni polmoni, gli occhi e il viso coperti di lacrime. Vedendo che Sirius non mollava vinta dal dolore e dalla disperazione si accartocciò su di lui.
«Lily, spiegaci ti prego, chi ci ha drogati?» le chiese il marito, sopraggiunto poco dopo, prendendo la moglie e, aiutato da Felpato, adagiandola tra di loro su un divanetto.
Ma la donna non rispose, porse la maglia a Lupin che, una volta individuata la macchia, non ci mise molto a capire cosa fosse.
«Somnus Intelligentiae, Lily questa pozione da dove viene?» domando orripilato il licantropo.
«Thè» queste furono le ultime parole della donna prima che si lasciasse di nuovo andare ad un pianto disperato sulla spalla del marito.
«Lunastorta cosa fa la pozione?» tra la reazione omicida della moglie, quella schifata dell’amico e la consapevolezza che il loro ultimo thè bevuto risaliva alla terribile notte, Ramoso non aveva di certo un bel presentimento.
«Inibisce le capacità mentali della vittima, come dice il nome stesso addormenta l’intelletto quanto basta per piegare chi la assume ai voleri della prima persona che vede, purché essa non sia anch’essa vittima della stessa miscela. La caratteristica di questa pozione è di essere inodore e insapore ma se entra a contatto con un qualsiasi tipo di tessuto prendere questo colore bluastro e inizia a puzzare» spiegò pazientemente il giovane.
«Silente ci ha offerto del thè» affermò l’uomo che, a discapito del tono calmo, avrebbe potuto uccidere qualcuno tanto era travolgente la sua furia.
«Questa è l’ultima goccia» esordì Sirius «sono stanco di vedere i membri della mia famiglia trattati come burattini. Ci siamo uniti a Silente per essere al sicuro e ci siamo trovati al centro del ciclone. Siamo delle pedine tranquillamente sacrificabili sotto ogni punto di vista. A questo punto io preferisco non prendere parte alla guerra e salvare la mia famiglia, so che è difficile ma io dico di trovare il modo di staccarci dal vecchio e sopravvivere per conto nostro. Nonostante ciò che crede Silente siamo dei maghi estremamente dotati e non vedo il motivo di continuare a farci calpestare!».
«Sirius ha ragione, cosa abbiamo ottenuto finora? Harry è stato bandito e mandato con persone violente solo perché è un magonò, tu Lily hai rischiato di morire di parto a causa della leggerezza del preside e pochi giorni fa sempre tu e James avete affrontato un nemico da cui sareste dovuti essere protetti e dopo questo fallimento Silente ha anche osato drogarvi. Guardiamo in faccia la realtà, se restiamo alla sua mercé moriremo sicuramente. Non dico che potremo vincere la guerra, ma potremmo fare in modo che le due fazioni si distruggano fra di loro, se troviamo il modo di allearci con qualche mangiamorte disilluso» ad appoggiare Sirius si aggiunse subito dopo anche Lunastrta.
«Ha ragione Lily, siamo i migliori elementi del gruppo di Silente e, come altri, siamo costretti a stare sotto le direttive di un uomo che non vuole trattarci come suoi pari e che ci costringe a prendere ordini da una veccia cellulitica e un pazzo» e pieno di risentimento anche James si unì all’amico.
«Sono d’accordo con voi, il problema è che faremo fatica a staccarci dal suo giogo se tiene prigioniero Harry» la donna, benché desiderosa di salvare la propria famiglia, non poteva tradire ulteriormente il proprio piccolo.
«Abbiamo tempo per organizzarci prima che il primo anno di Henry sia concluso, intanto che attendiamo il ritorno di Harry prepariamo il terreno per la libertà» la rassicurò il licantropo
 
Quando anche quella visione concluse, il giovane era sconvolto, ancora non capiva cosa stesse succedendo. Quella sostanza argentea sembrava mostrargli i ricordi di una vita non sua, di certo Harry non era un magonò e nemmeno aveva mai sentito parlare di una ribellione interna all’Ordine.
Per una terza volta venne trascinato in una visione.
 
Il silenzio regnava sovrano, solo il rumore di qualche goccia d’acqua rompeva la quiete, era snervante da sentire, lo stava facendo impazzire! Plick… plick… plick… di continuo.
A peggiorare la situazione il buio, tanto fitto da non permettere di distinguere nemmeno i contorni di qualcosa, si accompagnava al freddo più pungente e al caldo più torrido, così si distinguevano l’estate e l’inverno. D’estate faceva un caldo infernale, d’inverno il freddo gli entrava sottopelle come se fosse scisso in tanti piccoli aghi.
E poi il dolore, forte e pulsante, faceva incendiare i muscoli ad ogni movimento, stridere le ossa, troppo rotte per essere definite tali, pulsare i diversi ed estesi lividi che costellavano il corpo.
La fame e la sete che non cessavano mai rendevano il corpo estremamente magro ed esile, di certo troppo debole per sostenere le malattie che si annidavano nel corpicino di Harry Potter, di anni undici… o erano dodici?
 
Il mago rabbrividì dal terrore alla vista delle condizioni in cui versava la sua copia bambina, ma non poté farsi prendere dall’orrore che ancora una volta la sfera lo inglobò.
 
31 luglio 1991
Zona indisegnabile dell’Inghilterra, Potter Manor

Mentre Lily Potter andava e veniva per il grande giardino dove si sarebbe tenuta la festa in onore del suo piccolo Henry, che ormai compiva il suo undicesimo anno d’età, la sua furia cresceva a dismisura.
L’idea iniziale era stata quella di festeggiare da soli, come ogni anno, in rispetto del piccolo Harry, con una semplice torta abbastanza grande per soddisfare lei, il marito, il figlio e i due padrini, un intimo pranzo e come regalo per il piccolo Henry, l’unico che desiderasse, poche ore di libertà lontani dai loro carcerieri.
Infatti i Potter-Black-Lupin erano sotto strettissima sorveglianza fin dal giorno dopo l’abbandono di Harry. Non era permesso loro andare in vacanza col piccolo, uscire senza scorta, frequentare qualsiasi individuo al di fuori dalla cerchia dell'Ordine, poi da quando il bimbo aveva compiuto sei anni la situazione era davvero degenerata.
Con la scusa di dover preparare il bambino al proprio destino, Silente aveva imposto alla famiglia di lasciare che Moody allenasse e istruisse il piccolo. Costringeva così un bambino di sei anni a sopportare stancanti sessioni di studio e svilenti commenti acidi sui suoi lenti progressi, col solo scopo di renderlo una marionetta nelle sue mani. E ciò che davvero, in quel periodo, valse a Remus il titolo di padrino dell’anno fu il suo provvidenziale intervento che, in quanto tutore del piccolo, pretese di assistere agli allenamenti, onde evitare che il pazzo Auror potesse aizzare Henry contro la famiglia.
Nel ricordare i lacrimoni del bambino in seguito a quegli allenamenti sfiancanti e a quegli insulti Lily fu presa dallo sconforto più totale, come madre sentiva una fallita per la sua impossibilità di ribellarsi al giogo tirannico di Silente e di aiutare e far stare bene i suoi figli.
Ma a nessun abitante della casa era consentito essere preso dalla malinconia, quel giorno sarebbero venuti tutti i membri dell’Ordine alla casa e con loro anche tutte le loro famiglie e, per quanto non solo a Lily ma anche e soprattutto a James e Sirius la cosa facesse rivoltare le viscere, dovevano abbassare la testa e ingoiare l’amaro.
Del resto gli ordini di Albus erano stati chiari, visto a detta sua “Henry deve fare la conoscenza delle persone che lo affiancheranno”. E così due giorni prima del compleanno Lily aveva dovuto iniziare a cucinare per un esercito, James e Sirius a sistemare il giardino e a Remus era stato affidato il difficile compito di dare la deludente notizia al giovane Henry che, se inizialmente aveva dato di matto, in seguito si era stampato in faccia un dolce sorriso e aveva accettato la cosa.
E nonostante gli adulti avessero chiaramente visto la luce malandrina negli occhi del figlio, nessuno di loro aveva detto nulla, in fin dei conti il figlio era l’unico che potesse togliere loro qualche boccone amaro.
Quando Henry Potter accettava qualcosa che lo indispettiva di solito c’era sempre un secondo intento dietro la sua resa e il fatto che avesse preso con tanta filosofia la perdita delle sue agognate ore di libertà non prometteva assolutamente nulla di buono.
In fin dei conti la sola idea di vedersi circondato dai membri dell’Ordine della Fenice dava al bimbo il voltastomaco, non poteva fare a meno di odiare Silente, l’uomo che lo aveva costretto a sopportare i continui attacchi e insulti non solo di quel pazzo del suo “istruttore” ma anche di quella megera della signora Weasley, sempre pronta a rimproverare sua madre per qualsiasi cosa, auto eleggendosi miglior casalinga del mondo e non perdendo mai l’occasione di fulminare con lo sguardo suo padre per lo scherzo fantastico, ad avviso del pargolo, che le aveva giocato il giorno della nascita sua e di suo fratello.
Poi ciò che davvero disturbava Henry, oltre alla zitella rossa, era la presenza dei suoi figli minori.
Ronald era uno di quelli che meno sopportava, il suo modo di comportarsi a tavola e la sua maleducazione lo indispettivano ogni volta e guardarlo mangiare gli faceva sempre passare l’appetito e Ginerva, la piccola di casa, occupava a pari merito con il fratello il primo posto delle persone da lui odiate con la sua mania di fissarlo con occhi adoranti e la sua pretesa di fidanzarsi con lui.
La seconda cosa che forse snervava di più il giovane mago erano i restanti adulti che gli ronzavano intorno parlandogli di cose incomprensibili e incredibilmente noiose, o il dover socializzare con gli altri bimbetti petulanti che gli chiedevano in continuazione di vedere la sua cicatrice.
Nel momento in cui Henry vide i primi ospiti arrivare si affrettò a raggiungerli, stampandosi in faccia il miglior falso sorriso di sempre, pregustando il momento in cui avrebbe preso la sua vendetta.
Appena messo piede nel giardino Henry fu subito travolto dal disgustoso tifone rosso che dopo averlo a malapena abbracciato, o per meglio dire placcato, si avventò sul cibo che faceva bella mostra di sé sul tavolo.
«Oh Harry caro, perdona Ron, era così felice di vederti che ti è saltato subito a dosso non appena ti ha visto» si scusò la megera.
«Non si preoccupi signora Weasley» rispose cordialmente il ragazzo masticando gli insulti.
«Benvenuta signora Weasley, prego si accomodi, Henry tesoro potresti andare a prendere le ultime cose da disporre sul tavolo?» il sopraggiungere della madre in aiuto del figlio fu il regalo migliore che Henry potesse chiedere.
«Certo mamma, corro!» e infatti il giovane corse, come se avesse il demonio alle spalle.
«Ma come Lily? Ancora non hai finito di preparare? E non contenta mandi il festeggiato a finire di fare il tuo lavoro? Non ci siamo nemmeno quest’anno» nel vedere il giovane mago sparire in casa la signora Weasley non perse tempo a fare i suoi soliti commenti acidi.
«Se non ti piace come organizzo le cose in casa mia, puoi prendere i tuoi figli e il tanfo che si portano dietro e andartene anche ora» le intimò la donna seccata, girando i tacchi e lasciandola sulla porta.
E dopo un inizio di festa al limite della tortura finalmente il piano di Henry di far finire il più in fretta possibile la festa poté essere messo in atto durante il taglio della torta che aveva provvidenzialmente messo fine ad un pranzo caratterizzato da un’aria particolarmente pesante.
Perciò quando un grosso gufo planò accanto al ragazzo e gli consegnò con una specie di inchino la lettera di ammissione che era stato costretto a leggere davanti a tutti e da quel momento in poi il ragazzo fu libero di vendicarsi per la pessima giornata.
«Colgo l’occasione, mio caro ragazzo, per congratularmi di nuovo con te per la tua lettera e per augurarti un anno sereno ad Hogwarts, dove spero che tu possa imparare ad usare la tua magia e a farti degli alleati potenti e preziosi nella tua futura lotta contro Voldemort e non stento a credere che a Grifondoro troverai i migliori» ovviamente il preside non poteva evitare di dare al ragazzo un’ennesima imbeccata. Così, mentre tutte le persone applaudivano al discorso di Silente, Henry decise che ne aveva abbastanza di farsi condizionare la vita dal vecchio e che era giunto il momento di far sgomberare gli ospiti indesiderati.
«Scusi preside, ma cosa potrebbe succedere se io venissi smistato in una casa che non sia Grifondoro?» la domanda in sé era piuttosto normane, di norma era una domanda che tutti i bambini di buona famiglia facevano ai genitori, ma per il preside e gli astanti fu una bomba che fece cadere un silenzio di tomba tra tutti i presenti.
«Suvvia ragazzo mio, i Potter sono stati smistati nella casa di Grifondoro per secoli e non credo che tu possa rompere la tradizione. Certo, se una tale improbabile situazione dovesse verificarsi tu non ti preoccupare, se così fosse troverai alleati potenti in tutte le altre case…» dopo un attimo di silenzio Silente si era deciso a parlare ma Henry lo interruppe con una domanda che sapeva, o se lo sapeva!, avrebbe estremamente infastidito il vecchio mago.
«Anche a Serpeverde?» gli insegnamenti dei malandrini messi in atto e un finto tono innocente che doveva mascherare la sua intenzione di mettere in difficoltà riuscirono alla grande, tanto che riuscì a far sgranare l’occhio a Moody, lasciare inorridita la signora Weasley e a bocca aperta Ronald e Ginerva e, cosa più importante, seccare oltre ogni limite il vecchio preside.
«Dubito Henry che finirai nella casa da cui è uscito l’uomo che ha tentato di uccidere te, la tua famiglia e che ti ha diviso da tuo fratello Harry» nominando il figlio lontano l’uomo aveva chiuso la conversazione scatenando un’ira tanto grande in James che fu visibile a tutti.
«Ha ragione signore. A proposito, visto che ha tirato fuori la questione, saprebbe dirmi per caso quando potrò finalmente incontrare mio fratello?» il vecchio mago era chiaramente furioso e, se anche non lo mostrava apertamente, i suoi occhi li avrebbero uccisi tutti se solo avessero potuto.
«Ragazzo mio non potrai vedere tuo fratello fino alla comparsa dell’Oscuro» disse accondiscendete l’uomo riuscendo a non far trasparire la rabbia che stava provando in quel momento.
«Ah… spero che ciò avvenga il prima possibile» sinceramente ad Henry non importava poi molto di proteggere un gemello che non aveva mai avuto modo di incontrare, ma in fin dei conti la sua famiglia avrebbe sempre sofferto per quell’abbandono forzato e allora tanto valeva che soffrissero tutti; se poi quello sarebbe servito a far finire la festa il prima possibile, allora era ben felice di proteggere l’onore del magonò.
«Bene Henry, credo che la festa debba finire qui, così potrai riflettere sulle terribili parole che hai appena pronunciato» e così dicendo prima se ne andò Silente, poi tutti gli altri lo seguirono come delle pecorelle smarrite, lanciando occhiatacce a tutti.
«Come se la cosa ci potesse intristire in qualche maniera» disse il mago undicenne alla volta della porta da cui erano usciti gli ospiti.
Così liberi di stare finalmente soli i membri di quella famiglia passarono in pace il resto della giornata.
 
Appena fuori da quell’ultimo ricordo Harry Potter vide che il globo argenteo si era modellato a formare un’altra scritta:
 
Trapassi o prendi il posto di un'altra anima?
 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo ***


Harry sperimentò, per la seconda volta, un risveglio nel buio più assoluto, solo che questa volta si ritrovò il corpo, talmente magro che persino la pelle dava l’impressione di essersi ristretta a tal punto da rischiare di strapparsi al più piccolo movimento, scosso da terrificanti dolori. 
Non riusciva a compiere un singolo microscopico movimento, in un certo senso una sensazione simile l’aveva provata solo al secondo anno quando Allock aveva fatto scomparire le ossa del suo braccio, solo che in quel momento le ossa erano al loro posto, ma erano tanto messe male che dubitava che si sarebbero potute sistemare senza l’aiuto della magia.
Harry emise un basso ringhio di frustrazione, pur aspettandosi di ritrovarsi in una situazione critica, non aveva realizzato appieno cosa stava facendo nell’accettare la proposta di quel globo di prendere posto di qualcun altro e sicuramente non si spettava di finire nel corpo della sua controparte morente di quindici anni.
Certo, doveva ammettere che, grazie a quelle bestie che avevano portato a una morte, e a una vita, tanto orribile un ragazzino così indifeso, aveva ulteriormente rivalutato i suoi veri zii, che pur avendolo trattato come un essere umano di terza categoria non erano mai arrivati al punto di mettere a repentaglio la sua vita.
Il giovane mago chiuse gli occhi e decise che, per potersi smaterializzare al San Mungo senza spaccarsi nel tentativo, doveva rattoppare quel disastro di corpo che aveva ereditato. Fortunatamente ricordava ancora alcuni incantesimi di guarigione che la sua Hermione gli aveva insegnato a lanciare, anche senza bacchetta, per permettergli di far fronte a situazioni di estremo pericolo.
«Morbi cognitio» immediatamente, richiamata la propria magia e pronunciate le parole del primo incantesimo, una luce accecante squarciò il buio dell’umido scantinato di Privet Drive e, pochi istanti dopo, terribili per gli occhi non abituati a vedere la luce della sua controparte, il giovane Harry si ritrovò davanti una terrificante lista di ferite e malanni, le cui parole, tracciate e sospese in aria per mezzo dell’incantesimo, rivelavano una situazione al limite del disperato.
Giunto alla fine della lista il bambino sopravvissuto si chiedeva come avesse fatto quel corpo a raggiungere l’età di quindici anni senza morire altre cinque o sei volte nel frattempo.
«Avolsarum membrorum curatio» qualche istante dopo aver pronunciato il secondo incantesimo il bruciore che avvolgeva i suoi organi scomparve, in particolare i suoi polmoni ripresero a funzionare e lui poté respirare normalmente. 
Quello era uno degli incantesimi più difficili che venivano insegnati al corso di formazione Auror, convogliando tutta la magia che scorreva nel corpo di un mago nei pressi degli organi danneggiati, permetteva una rapida e sommaria cura che fermava eventuali emorragie e faceva riprendere momentaneamente le proprie funzioni ai tessuti danneggiati, in attesa di ricevere cure mediche appropriate.
Harry ancora ricordava i giorni che aveva impiegato a impararlo, sotto l’attenta supervisione di Tonks, e non stentava a credere che Moody fosse riuscito a sopravvivere ai giorni di prigionia e tortura passati con Barty Crouch jr solo grazie a tale incantesimo.
Nel suo caso, come poteva capire dalla progressiva scomparsa di alcune voci di quella lista, aveva agito sulla maggior parte delle sue ferite.
«Ossarum refectio» all’ennesimo incantesimo il giovane dovette fare forza su tutto se stesso per non urlare a causa dell’intenso dolore che scatenato dal riassestamento di quei reperti frantumati che erano diventate quelle ossa.
Finalmente grazie a quell’incantesimo ritenne di essere pronto a smaterializzarsi al San Mungo senza problemi, o almeno con buone probabilità di non spaccarsi nel tentativo.
Dopo il consueto risucchio dovuto alla smaterializzazione, il giovane si schiantò su di una superficie estremamente fredda, aggiungendo alla nausea anche un’ulteriore lancinante dolore che gli fece perdere i sensi.
Prima di svenire, Harry riconobbe l’odore di pozioni mediche e la freschezza che avevano sempre caratterizzato l’atrio del San Mungo.
 
Harrry, per la terza volta da quando era morto, sperimentò la sensazione di essere immerso nel buio più assoluto, contrariamente alla prima, in cui si era risvegliato mentre galleggiava nel vuoto, e alla seconda, in cui era steso su un ruvido pavimento in cemento, la seconda fu decisamente più comoda.
Percepiva, infatti, di essere disteso su di un morbido materasso, mentre tutt’intorno a lui percepiva vagamente delle persone parlare concitatamente, talvolta riusciva persino a sentire pezzi di discorsi o formule di incantesimi, una o due volte aveva persino sentito alcune pozioni scivolare lungo la sua gola, ma a questi sporadici sprazzi di vita seguivano lunghi periodi di buio e vuoto.
«Ragazzo… Ragazzo se riesci a sentirmi apri gli occhi» forse quella che aveva appena sentito era la prima frase di senso compiuto che riusciva a comprendere appieno; frase che, se non sbagliava, doveva per forza appartenere ad una giovane donna.
«Sono al San Mungo?» la risposta era evidente ma il giovane era ancora troppo stordito per capire bene cosa stesse succedendo intorno a lui.
Ciò che poté, piacevolmente, constatare appena aprì gli occhi fu il fatto che la stanzetta in cui era stato ricoverato era immersa nella penombra.
Una signorina, anche con la vista appannata Harry si rendeva perfettamente conto che la figura davanti a lui, di cui distingueva principalmente la lunga massa di capelli neri che doveva incorniciarle il viso, doveva essere per forza appartenere al genere femminile, gli porse un oggetto che riconobbe solo una volta che se lo riuscì a portare davanti agli occhi: un paio di occhiali.
Tipici occhiali da mago con la montatura tonda e le lenti spesse come fondi di bottiglia che gli permisero, una volta messi, di osservare il mondo con maggiore nitidezza.
E ovviamente il primo soggetto su cui focalizzò la propria attenzione fu la medimaga che gli stava davanti. Aveva, come già intuito precedentemente, lunghi capelli neri raccolti in una coda, ma ciò che catturò subito la sua attenzione erano i suoi occhi, enormi occhi per la precisone, azzurri e capaci di trasmettere un forte senso di pace e sicurezza, che lo fissavano con aria amorevole e con una nota di malinconia.
«Si ragazzo, ti sei smaterializzato qui mercoledì in condizioni disperate, abbiamo optato per evitare di chiamare gli Auror, sei stato coinvolto in un Loro attacco, vero?» chiese la donna sbrigativamente. 
Harry ci mise un attimo a capire che, con quel Loro, si stava riferendo ai mangiamorte e che, proprio come era successo nel suo mondo, quella ragazza faceva parte di un ristretto gruppo di medimaghi che, mettendo a repentaglio la propria vita, curavano e nascondevano le vittime degli agguati dei mangiamorte.
Harry decise di stare al gioco e annuì cercando, al contempo, di simulare un’aria sofferente e guardinga, la quale fece sospirare la donna.
«Siamo riusciti a risanare la maggior parte delle ferite nell’immediato, ma avrai bisogno di molte settimane per riprenderti del tutto. Noi non possiamo tenerti qui, arrivano pazienti come te ogni giorno e abbiamo un numero di stanze irrintracciabili limitato, perciò ti scorterò in un alloggio sicuro dove potrai soggiornare per i prossimi mesi e dove ti aiuteranno a decidere cosa fare, se tornare ad Hogwarts o andare via dal paese. Quando sei arrivato qui non avevi con te la tua bacchetta, quindi immagino sia andata distrutta, vero?».
Harry, in risposta, si limitò ad annuire in risposta alla domanda della donna.
«Non so se riusciremo a fartene avere una nuova, di questi tempi ottenere una bacchetta è più complicato che mai, soprattutto per dei minorenni» mentre parlava la donna gli porse un vassoio con  quella che doveva essere la sua colazione, la quale avrebbe potuto tranquillamente sfamare tutti i Weasley, tanto era abbondante.
«Non fare quella faccia sconvolta, eri fortemente denutrito e ti posso assicurare che avrai bisogno di pasti sostanziosi e ipercalorici per rimetterti in sesto come si deve, non mi è mai capitato un caso tanto grave da necessitare di un supporto alle pozioni» detto ciò, dopo essersi accertata che Harry iniziasse a mangiare – non che dovette aspettare a lungo considerata la fame del giovane e l’aspetto delizioso del cibo - iniziò a mettere dentro una borsa alcuni capi d’abbigliamento, qualche maglia e pantalone e un cappotto pesante, un borsellino, in cui dovevano esserci qualche galeone e un portafoglio babbano leggermente consumato, sicuramente di seconda mano.
«In questa borsa c’è il minimo indispensabile per vestirti e qualche moneta, magica e babbana, per le necessità. Mi spiace non poterti offrire di più ma siete veramente tanti e i fondi scarseggiano sempre» la voce della donna, roca e malinconica, ricordò tanto ad Harry quella della sua signora Weasley, la quale era solita usare lo stesso tono quando doveva lasciare che uno dei suoi figli partecipasse a una missione per conto dell’Ordine, ovvero una piena di dolore e rassegnazione.
«Non si preoccupi è più di quanto potessi osare sperare quando sono fuggito» si affrettò a ribattere il giovane, sperando di consolare e rasserenare la donna e ricevendo in cambio un dolce sorriso.
Nel frattempo la medimaga aveva disposto numerose fiale sull’unico tavolino presente nella stanza e, dopo un veloce movimento di bacchetta, applicò sopra ognuna di esse delle etichette.
«Qui ci sono le pozioni che devi assumere, le etichette ti specificano le dosi, i giorni e le modalità in cui devi assumerle. Segui attentamente le istruzioni e, mi raccomando, non perderle. Le fiale sono incantate in modo che non si infrangano mai e sono esattamente tante quante necessiti di assumerne, se ne dovessi smarrire una temo che faticherei a fartene avere un’altra. La maggior parte di queste pozioni risolverà i problemi di malnutrizione, aiuteranno soprattutto il tuo corpo a riprendere peso e salute, ma bada bene che senza una corretta alimentazione rischi di rendere vano il loro effetto. Altre si occuperanno di fornire alle tue ossa la forza necessaria per riprendersi dalle fratture, anche se ti consiglio di assumere molto calcio per velocizzare gli effetti. Infine, queste dai colori scuri, riequilibreranno e aumenteranno la tua magia, sconvolta a causa dell’enorme dispendio di essa dovuto al suo tentativo di salvare dalla morte il tuo corpo» detto ciò con un colpo di bacchetta mandò le fiale a disporsi ordinatamente in un cofanetto in metallo, che poi mise nel borsone.
«Ora ti lascio un po’ di privacy, di là c’è il bagno, hai tutto il tempo per farti una doccia se lo desideri, il cambio è qui sul tavolo, appena avrai finito partiremo» detto ciò uscì, non prima di avergli rivolto un sorriso gentile.
 
 
Harry colse l’occasione per farsi una doccia rilassante, cosa che non aveva avuto modo di farsi da prima della battaglia e, benché sapesse che i medimaghi prima di guarirlo lo avevano dovuto ripulire dallo sporco che incrostava il suo corpo, sentiva la mancanza della rilassante sensazione dell’acqua bollente che gli scorreva a dosso, facendogli rilassare tutti i muscoli.
Facendo il punto della situazione doveva ammettere di essere stato troppo avventato, se non avesse avuto la fortuna di essere trovato da un medimago della resistenza molto probabilmente, al suo risveglio, avrebbe incontrato, al posto della donna dai capelli neri, un arcigno Auror, che gli avrebbe posto domande a cui non avrebbe saputo rispondere.
Da quello che aveva capito, leggendo un piccolo calendario appeso a una parete, erano appena i primi di giugno e, secondo quanto appreso dalla donna, doveva necessariamente lasciare in fretta il luogo in cui sarebbe stato portato, per dare modo a persone veramente perseguitate di poter trovare un rifugio sicuro.
Doveva dunque trovare un rifugio e una storia convincente che giustificasse le sue capacità magiche.
Era ovviamente convinto di non voler lasciare l’Inghilterra, in fin dei conti quella vita era un’enorme possibilità per avere, finalmente, la famiglia che non aveva mai avuto e che aveva sempre desiderato ed era pienamente consapevole di non potersi smaterializzare, all’improvviso, a Potter Manor senza una valida scusa che giustificasse il fatto che un presunto magonò, che mai avrebbe dovuto avere contatti col mondo magico, non solo possedeva della magia che gli scorreva nelle vene ma anche che fosse in grado di usarla al livello di un mago diplomato; inoltre tale storia doveva essere talmente inattaccabile che né i suoi familiari né quel Silente manipolatore avrebbero potuto sospettare che stava mentendo.
Inizialmente, aveva pensato di dire che aveva ricevuto un invito a iscriversi a una scuola di magia straniera, ma aveva dovuto immediatamente accantonare l’idea. Prima di tutto nessun preside straniero avrebbe mai interferito negli affari di un’altra scuola rubando uno studente di un altro stato; poi, per smontare la sua storia, sarebbe bastato chiedere conferma di quanto da lui affermato al direttore dell’istituto preso in considerazione.
Uscito dalla doccia il giovane si mise davanti allo specchio e osservò la sua immagine riflessa e fu proprio grazie a quella figura, estremamente denutrita e pallida, che trovò la soluzione che gli sembrava più adeguata.
Poteva dire che, a seguito degli abusi dei suoi zii, all’età di undici anni, aveva rischiato di diventare un’obscuriale e che, grazie a uno scoppio di magia involontaria, aveva attirato l’attenzione di un mago che aveva deciso di prenderlo con sé e di istruirlo a casa.
 “Che fortuna, Potter, che un mago passasse per la stradina di una città babbana proprio mentre stavi avendo una crisi magica” la sua mente, decisamente stanca, formulò l’unica obiezione che avrebbe potuto far cadere la sua storia tramite la voce di un Severus Piton particolarmente sarcastico.
Improvvisamente ricordò una conversazione avuta con Hermione, la quale aveva affermato che molti natibabbani, dopo il diploma, decidevano di lasciare il mondo magico e ritornare a vivere in quello normale per mettere su delle attività tipicamente babbane, come officine o aziende di costruzione, gestite interamente con la magia, in modo da condurre la propria attività senza difficoltà o spese, con l’unico obbligo di obliviare o modificare i ricordi dei clienti; perciò poteva dire che il suo tutore si era trasferito a Privet Drive e che, venuto a sapere di lui e del modo in cui veniva trattato dai suoi parenti, aveva deciso di portarlo via con sé e di educarlo a casa a causa delle difficoltà economiche che gli avevano impedito di mandarlo ad Hogwarts. Infine, per ovviare a qualsiasi richiesta di conoscere tale benefattore, avrebbe potuto semplicemente dire che egli era tragicamente rimasto ucciso in seguito a un attacco operato da dei mangiamorte.
Tutto ciò che gli serviva, a quel punto, era trovare il necrologio di un natobabbano, privo di famiglia e di conoscenti che potessero smentirlo, e rendere la sua storia quanto più credibile gli fosse possibile.
Per quanto riguardava la necessità di trovare un alloggio tranquillo in cui riposare e rimettersi, Harry aveva già una vaga idea di dove si sarebbe rifugiato, almeno fino a che non fosse stato in grado di rimettersi completamente e di costruire una perfetta identità fittizia.
Avendo finito di vestirsi ed essendo uscito dal bagno, vide la stanza completamente vuota, segno che la gentile medimaga non era ancora rientrata.
Trovato nel borsone un pezzo di pergamena, scrisse un veloce biglietto di ringraziamento, nel quale assicurava la donna che non avrebbe rivelato ad anima viva del suo lavoro e che avrebbe seguito la cura da lei prescritta, prese il borsone e si smaterializzò.
 
 
Privet Drive era sempre stata la tipica cittadina dalle case allineate in fila, tutte uguali e anonime, dove il tempo pareva fermarsi.
Quando Harry si materializzò in uno dei vicoletti in penombra che circondavano la grande chiesa che torreggiava nel centro della cittadina dovette chiudere immediatamente gli occhi, feriti dalla forte luce del sole, e sostenersi al muro di una casa, fioccato dal terribile sbalzo termico causato dal repentino passaggio dal fresco della camera del San Mungo alla terribile afa di un assolato giugno.
Quando i suoi occhi si furono finalmente abituati alla luce e il corpo al caldo, rivolse tutte le sue attenzioni al campanile della chiesa, sul quale torreggiava un grande orologio che segnava le dieci e mezza.
Il giovane sorrise soddisfatto, a quell’ora Vernon si trovava a lavoro da due ore e non sarebbe rincasato tento presto e Dudley doveva essere in giro col suo gruppo di idioti, quindi era lecito pensare che al numero quattro di Privet Drive fosse rimasta solo Petunia Evans in Dursley, la sua amatissima zia.
Con un sorriso poco rassicurante Harry si diresse verso la casa in cui aveva passato la sua infanzia e, constatato che in casa vi era solo sua zia, entrò dalla porta sul retro.
Sua zia era intenta a pulire il soggiorno e non si accorse di lui, così Harry si appoggiò al piano di cottura, in attesa che la zia lo riconoscesse, godendosi nel frattempo il fresco che regnava nella casa.
Poi, una volta che ebbe finito di spolverare la televisione, gli occhi di zia Petunia incrociarono quelli del giovane. Ci mise poco meno di un attimo a capire chi avesse davanti, ma quando lo fece sobbalzò, emise un verso strozzato e indietreggiò barcollando fino alla parete.
«CHE COSA CI FAI TU QUI?» la sua voce era acuta e carica di sdegno, guardava il nipote con disgusto e furore. 
«Come osi presentarti in casa mia, piccolo essere immondo? Aspetta solo che Dudley e Vernon ti abbiano tra le mani e ti pentirai amaramente di essere fuggito e di esserti presentato in questa rispettabile dimora!» la voce della donna, per quanto intrisa di cattiveria e odio, si era ridimensionata per timore di poter attirare l’attenzione dei vicini. Sinceratasi che nessuno stesse guardando in loro direzione dalla finestra si lanciò contro Harry, il quale, benché tremendamente stanco, sollevò una mano verso la zia e, senza nemmeno pronunciare la formula, dalla sua mano fuoriuscì un lampo di luce che materializzò delle catene che andarono a bloccare i polsi, le gambe e le braccia di Petunia, facendola finire per terra.
«Vedi Petunia, non starò a spiegarti cos’è successo negli ultimi giorni e nemmeno perderò tempo a minacciarti. Tu e quei due porci di tuo marito e tuo figlio mi servite vivi, questa è l’unica ragione che mi trattiene dal farvi patire tutto ciò che avete fatto subire a questo corpo. Vedi, avrò bisogno di qualche settimana di riposo per riprendermi adeguatamente dai danni che mi avete provocato, quindi soggiornerò in questa casa nel frattempo e, conoscendovi, so che non potrei fidarmi di voi. Per tale ragione, durante questo breve periodo di tempo, faremo un cambiamento negli alloggi, così vedremo se a voi piacerà avere un forno, lurido e maleodorante, per camera è un secchio per bagno» detto ciò, sotto gli occhi terrorizzati della zia, il giovane silenziò e fece levitare la zia nel seminterrato dove gli zii lo avevano rinchiuso per anni e, lasciata la zia in quella stanzetta bollente e satura del tanfo di escrementi, ritornò in soggiorno.
Dovette accasciarsi sul divano a causa del giramento di testa scatenato dall’uso prolungato della magia.
Dopo qualche istante il giovane si rialzò e si diresse in cucina, aprì il frigorifero e bevve avidamente dalla bottiglia un lungo sorso di spremuta e divorò due fette di torta al cioccolato, senza alcun dubbio la merenda delle undici di Dudley.
Con uno sbadiglio a malapena trattenuto e dopo aver controllato l’ora, le undici meno venti, si diresse verso la seconda camera da letto del cugino intenzionato a stendersi per qualche minuto prima di dover affrontare il secondo membro della famiglia Dursley.
Quando aprì la porta, con suo enorme stupore, trovò un baule del tutto simile a quello che adoperava ad Hogwarts che torreggiava al centro della stanza; senza attendere nemmeno un istante si diresse a tutta velocità ad aprirlo. Al suo interno vi erano disposti ordinatamente tutti i suoi effetti personali - il suo mantello dell’invisibilità, la mappa del malandrino e tutti i suoi abiti e oggetti personali, insieme a una valigetta senza fondo contenente l’equivalente in denaro presente nella sua camera blindata nell’altra dimensione – tranne l’oggetto che in quel momento gli sarebbe stato più utile, la bacchetta di agrifoglio e piuma di fenice gli avrebbe permesso di lanciare incantesimi senza stancarsi come stava accadendo in quel momento. Con un sospiro sconsolato ripose la sacca datagli dalla medimaga nel baule e lo richiuse con un tonfo, prima d stendersi sul letto sfatto.
«MAMMA SONO A CASA! COSA C’E’ DA MANGIARE PER MERENDA?» al suono di quella soave voce il mago volse la testa verso la scrivania addossata alla parete, dove torreggiava una sveglia miracolosamente salvatasi dal menefreghismo e dalla vena distruttiva del cugino, la quale segnava le undici in punto. Harry sorrise con pura cattiveria, anche se aveva perdonato la versione della sua dimensione che si era redenta in maniera toccante, quella versione che ora sbraitava contro la madre meritava tutto il male che stata per fargli, in fin dei conti c’erano davvero poche cose che potevano ferire il cugino e la mancanza di cibo per un periodo troppo prolungato era una di quelle.
Harry si rimise in piedi in fretta, aprì la porta della stanza e si appoggiò al muro in attesa, non dovette attendere molto prima che il maiale con la parrucca salisse le scale in fretta e furia, senza neanche degnare di uno sguardo la porta della sua seconda camera da letto, troppo intento a cercare la madre.
E mentre l’altro si dirigeva in camera dei genitori, Harry lo colpì alle spalle con lo stesso incantesimo che aveva usato su zia Petunia, senza tuttavia aspettare che il cugino lo notasse, in quanto, se qualcosa fosse andato storto, il cugino avrebbe potuto sopraffarlo in pochissimi istanti e lui sarebbe stato nelle sue mani.
Grazie al cielo la sua magia rispose correttamente e una volta che fu imprigionato dalle catene cadde con un tonfo sordo al pavimento.
«LURIDO ABOMINIO, LIBERAMI SUBITO O GIURO CHE PER TE SARANNO GUA…» dopo che il cugino si rese conto di cosa fosse successo, il giovale dovette tappargli la bocca con un incantesimo di silenzio, onde evitare che attirasse l’attenzione dei vicini con la sua soave voce.
«Vigilanza costante Dudley, non sai che le persone a cui fai un torto possono decidere di vendicarsi colpendoti alle spalle?» ridacchiò alla vista di come il cugino si contorse furiosamente a quelle parole, nonostante le catene limitassero enormemente i suoi movimenti.
«Sai Duddy, sei davvero puntuale quando si tratta di mangiare, mi chiedo come farai a sopportare le prossime settimane senza nient’altro da mangiare che non sia pane raffermo. Ora che dici se ti porto da mammina?» e con un ultimo sorriso smaterializzò entrambi, sotto lo sguardo terrificato di Dudley.
La notte era ormai calata quando Harry sentì lo stridere delle ruote della macchina di zio Vernon nel vialetto, sorrise maleficamente e alzò il volume del televisore e attese. Appena lo zio aprì la porta non ebbe nemmeno tempo di chiedersi che di volo lo avesse colpito, in quanto nel giro di un secondo si ritrovò silenziato, intrappolato e smaterializzato nell’orribile prigione in cui egli stesso aveva rinchiuso Harry.
«Bene, ora vi dico che cosa succederà da qui in avanti per le prossime settimane. Siete stati delle bestie per anni e quindi credo che ripagarvi con la stessa medicina sia l’unico modo per punirvi nel modo più crudele possibile. Ora avrò bisogno di riprendermi dai danni fisici che mi avete inflitto e poi me ne andrò e avrò cura di modificare la vostra memoria e forse, nel processo, potrei distruggere la vostra psiche, ma immagino che nessuno di voi avrà da ridire, vero?» nel vedere gli sguardi furiosi e terrorizzati dei Dursley il mago sorrise e si smaterializzò di nuovo fuori dalla porta, che sigillò con diversi incantesimi e rune; infine si diresse al piano superiore e si tolse lo sfizio di dormire nel comodo letto dei signori Dursley.

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo ***


Note Autrice
Colgo l'occasione per scusarmi per la lunga attesa, purtroppo impegni vari hanno drasticamente ridotto il tempo che posso dedicare alla scrittura e per tale ragione gli aggiornamenti saranno molto discontinui.
In più avviso che ho riveduto e corretto lo scorso capitolo, in quanto non riuscivo a continuare la storia con le premesse fatte in precedenza, quindi considerati i cambiamenti invito a rileggere il terzo capitolo per non confondersi.
Auguro a tutti i lettori una buona lettura.



La mattina del quindici di luglio era iniziata stupendamente per Harry.
Si era alzato alle nove in punto col sorriso sulle labbra, aveva scandagliato con la magia la casa per appurare che i suoi zii e il cugino fossero ancora rinchiusi in cantina e si era diretto a farsi una lunga doccia rinfrescante.
Quando poi a colazione si era seduto a mangiare e si era accorto che le boccette col medicinale prescritto dalla medimaga erano ormai quasi giunte al termine aveva sorriso, comprendendo che si sentiva bene proprio grazie al fatto che quel disastro che era stato il suo corpo si era finalmente riassestato.
In quei giorni si era dedicato esclusivamente a riposarsi e a riflettere su quelle che dovevano essere le sue mosse successive.
Girovagando per la casa aveva trovato alcuni biglietti di auguri di Dudley dell’anno prima, nei quali i parenti e gli amici si congratulavano per i suoi quindici anni, per tale ragione aveva il forte sospetto che in quella dimensione fosse tornato ad avere sedici anni e, come conseguenza, quello che avrebbe passato ad Hogwarts sarebbe stato il suo sesto anno.
Aveva inoltre riflettuto sul problema di acquistare una bacchetta ed era arrivato alla conclusione di non potersi arrischiare ad andare a comprarla da Olivander, per non correre il rischio di non riuscire a rispondere alle domande che il fabbricante gli avrebbe posto, rischiando poi di venir scoperto dal Ministero stesso.
L’idea migliore era quindi quella di andare a Nocturn Alley e trovare un rivenditore di bacchette di seconda mano in buone condizioni, che di per sé era una sfida non poco difficile, in quanto di norma quelle bacchette di dubbia provenienza – talvolta strappate delle mani di qualche cadavere – funzionavano malissimo e tendevano a rompersi con un uso troppo prolungato.
Così in quell’assolato mattino di luglio il giovane, appena ebbe finito di fare colazione, salì al piano superiore, prese il mantello dall’invisibilità e la valigetta della Gringott e si smaterializzò a Diagon Alley.
Il ridente paesino magico era rimasto pressochè lo stesso della sua dimensione, anche se mostrava appieno gli effetti che la guerra aveva avuto su di esso.
Le strade un tempo brulicanti di vita e sature del chiacchiericcio dei passanti erano adesso molto più silenziose e vuote, solo poche persone, rigorosamente in compagnia, si arrischiavano a fermarsi davanti alle vetrine dei negozi. Per tutte le strade e le viuzze si potevano vedere sventolare i lunghi mantelli cremisi degli Auror, più numerosi delle stesse persone che si aggiravano per i negozi, intenti a pattugliare e monitorare la situazione.
Dopo un giro lungo la via principale, Harry si accorse che tutti gli accessi a Nocturn Alley erano strettamente sorvegliati, non che fosse un problema per il giovane mago che grazie al suo prezioso mantello e a un incantesimo che attuì il suono dei suoi passi riuscì a passare in mezzo a due guardie e a entrarvi.
Dopo diversi minuti di vagabondaggio, quando ormai aveva perso le speranze di riuscire a trovare una bacchetta decente in quel posto, venne inspiegabilmente attratto da una baracca squadrata di cemento, talmente lercia da poter rivaleggiare con tutte le altre nei dintorni.
Si avvicinò cautamente alla porta in metallo completamente arrugginita, si guardò in torno e, insospettito dall’insolito interesse che gli aveva scatenato a dosso, decise di allontanarsi, temendo qualche agguato da parte di trafficanti o ladri che, disarmato come era, avrebbe faticato a tenere a bada.
Non riuscì a fare che pochi passi per allontanarsi che, di nuovo, una sensazione di attrazione e bisogno di avvicinarsi e di entrare nello stabile lo investì in maniera ancora più forte.
Decise allora di avvicinarsi e vedere cosa stesse accadendo, rimanendo vigile e pronto a scattare al minimo segno di minaccia.
Aperta la porta e fatti pochi passi dentro lo stabile, il giovane rimase completamente senza parole.
Ebbe, infatti, modo di constatare che si trovava in uno dei più stravaganti negozi magici in cui fosse mai stato, batteva persino i Tiri Vispi Weasley ed era assolutamente l’opposto di come si fosse presentato all’esterno.
La stanza in cui si trovava era circolare e piuttosto ampia, le pareti erano completamente coperte da massicce scaffalature in legno della più profonda tonalità di nero che avesse mai visto, stipate di vasi e contenitori in vetro contenenti ognuno ingredienti diversi, che si interrompevano in prossimità di due porte, poste una davanti all’altra, quella da cui era entrato e un’altra che non aveva idea di dove portasse; disseminati in giro per la stanza vi erano una decina di tavoli che sorreggevano pezzi di legno e di metallo di varia natura; il pavimento era completamente ricoperto di tappeti di fattura orientale dai toni neri e bianchi; torreggiava, al cento esatto della stanza, un camino di vetro o cristallo trasparente, in cui un fuoco bianco come la neve innondava di luce l’ambiente e, in particolare, due poltrone dello stesso colore niveo, poste una davanti l’altra e divise da un tavolinetto in legno di betulla; infine, l’intera stanza era invasa da piccole sfere tutte bianche che illuminavano a giorno il locale.
Avvicinandosi il giovane si rese conto che erano piccoli globi di vetro contenenti fiammelle di quel singolare fuoco, incuriosito Harry alzo la mano per toccarne una.
«Io, fossi in te, non lo farei, sono oggetti molto fragili e letali» prima che potesse anche solo sfiorare una di quelle sferette una voce sconosciuta lo fece sobbalzare.
Spostò immediatamente lo sguardo verso la fonte del suono e, appoggiato allo stipite della porta, vide un uomo di non meno di trent’anni.
Superava Harry di quasi venti o trenta centimetri, aveva lunghi capelli ramati che gli incorniciavano il volto, tenuti da parte da quattro mollette nere, in modo che non gli finissero sugli occhi di un cupo rosso cremisi; era vestito con abiti decisamente non magici, come dimostravano la giacca nera con le maniche arrotolate, la camicia bianca sotto, la cravatta rossa e i pantaloni neri allacciati da due cinture bianche.
«Perdonami, non volevo spaventarti, ad ogni modo io sono Sebastian, mentre tu devi essere il giovane Harry Potter» l’uomo non accennava a spostarsi dalla sua postazione e guardava Harry con occhi famelici.
«Come diavolo fai a conoscere il mio nome?» chiese Harry con la voce carica di stupore e timore, quell’uomo e quel suo sguardo così malizioso lo caricavano di un inquietudine che mai aveva provato.
«Io, Giovane Salvatore, so molte cose. So che hai ottenuto la possibilità di reincarnarti nella versione morente di te stesso e di farti di nuovo carico del compito di sconfiggere quell’abominio contro natura che è diventato Voldemort. In più so che hai bisogno di aiuto per poterti inserire in questo nuovo mondo, di informazioni che sappaino guidarti nel tuo cammino. Questo è il posto che fa al caso tuo, qui al giusto prezzo puoi comprare tutto ciò che ti serve» nel mentre che parlava l’uomo si era finalmente staccato dalla porta e si era avvicinato a Harry.
«Non hai risposto alla mia domanda, tu come fai a sapere tutte queste cose sul mio conto?» il timore del Bambino Sopravvissuto si era trasformato ben presto in furia e la sua magia aveva iniziato a sfrigolare ed era pronta a scagliarsi contro l’uomo.
Nel preciso momento in cui formulò nella sua mente il pensiero di attaccare l’uomo e fuggire se si fosse ulteriormente avvicinato, le sfere presenti all’interno del negozio iniziarono a vibrare in maniera incontrollata.
«Calmati pulcino umano, un solo pensiero sbagliato e queste sfere riverseranno il loro sacro fuoco contro di te, trasformando la tua anima e il tuo corpo in cenere» la voce dell’uomo era talmente dura e cupa che il giovane non riuscì a trattenersi dall’indietreggaire. A quella reazione il viso di Sebastian si rilassò.
«Avanti, rilassati e siediti, in fin dei conti per parlare di affari bisogna essere comodi» e in meno di un istante, senza rendersi conto di come ci fosse finito, il giovane si ritrovò seduto sulla comoda poltroncina, con davanti una tazza in porcellana bianca come la neve, colma fino all’orlo di thé fumante e dal colore ambrato. Davanti a lui, sul tavolinetto, facevano mostra di sé dolcetti e biscotti di ogni tipo. 
«Come già ti ho detto prima, ogni informazione o cosa che puoi ottenere qui dentro ha un costo. Potrei anche risponderti, ma al momento non hai nulla che possa essere tanto prezioso quanto l’informazione che desideri. Perciò non sarebbe meglio concentrarci su ciò di cui hai davvero bisogno?» il sorriso incoraggiante che l’uomo gli mandò convinse Harry che l’uomo non fosse una minaccia, fintanto che teneva sotto controllo il suo temperamento, per tale ragione decise di annuire e vedere dove la conversazione lo avrebbe portato.
«So che hai bisogno di una bacchetta nuova e di un’identità che sia quantomeno perfetta. Io posso offrirti entrambe, ma il prezzo da pagare non sarà certo basso» continuò l’uomo prendendo un sorso del suo thé.
«Il denaro che ho con me dovrebbe bastare a coprire cifre discretamente elevate» rispose immediatamente il giovane, ottenendo in cambio un sorriso indulgente.
«Il denaro può comprare determinate cose, ma non nel nostro caso. Per ottenere la bacchetta e la nuova identità ti proporrò uno scambio, non potrai contrattare ciò che ti chiederò, o accetterai o potrai uscire da quella porta, con la consapevolezza che finché avrai bisogno di qualcosa potrai sempre tornare qui e le mie richieste non cambieranno» detto ciò rimase in silenzio, aspettando che il giovane facesse la sua mossa.
«Cosa vuoi in cambio per la bacchetta?» chiese il maghetto estremamente incuriosito.
«Che tu rinunci a qualsiasi diritto sulla pietra della resurrezione o sulla bacchetta di sambuco» rispose prontamente l’uomo.
«Per quale ragione dovrei scambiare due doni della morte con una normale bacchetta?» chiese stupito il giovane.
«Prima di tutto perché in questa dimensione i due doni sono destinati ad altre persone e in un modo o nell’altro troveranno i modo di sfuggire al tuo possesso, anche attraverso la tua morte, per arrivare nelle mani di chi veramente è degno di possederli. Poi per il fatto che la bacchetta che ti darei in cambio non sarebbe una “semplicissima bacchetta” ma una costruita su misura per te, che solo tu potrai usare e che troverà sempre il modo, anche a distanza di secoli, di tornare nelle tue mani» rispose prontamente l’uomo.
«Accetto lo scambio» per qualche strana ragione, guardando Sebastian negli occhi, Harry sentì di potersi fidare ciecamente del giudizio dell’uomo e per tale ragione la scelta fu infinitamente facile da prendere.
Nel momento in cui pronunciò quelle parole, tutte le sfere presenti nella stanza si illuminarono, emettendo una luce abbagliante che accecò il giovane, il quale percepì un leggero bruciore sul polso destro.
Abbassato lo sguardo trovò una runa di un brillante bianco incisa sul punto dove aveva avvertito il bruciore.
«Non ti preoccupare, il marchio indica che hai accettato lo scambio e che hai intenzione di rispettarlo, nessuno potrà vederlo all’infuori di te» tali parole ebbero il potere di calmarlo immediatamente, in fin dei conti quello non era affatto il periodo giusto per girare con dei tatuaggi sul braccio.
«Ora ascoltami bene, per forgiare la tua nuova bacchetta avrò bisogno che tu scelga di quali elementi essa dovrà essere composta. Dovrai lasciarti guidare dal tuo istinto e dovrai scegliere due ingredienti riposti nelle scaffalature, uno dei blocchi di legno di metallo che ricoprono i tavolini. Prenditi tutto il tempo che ti serve e quando hai fatto portami ciò che hai scelto» detto ciò prese in mano un pasticcino e bevve un sorso di thè, prima di alzare un sopracciglio e di guardare in maniera divertita il giovane che ancora non si era mosso dalla sedia.
Dopo pochi istanti Harry balzò in piedi e si mise a vagare per la stanza, di tanto in tanto prendendo in mano alcune boccette che attiravano la sua curiosità e che subito riponeva. Dopo diversi minuti il giovane ripose sul tavolino gli ingredienti che, più di tutti gli altri, lo avevano colpito.
«Interessante combinazione di elementi, ne verrà fuori una bacchetta dall’immenso potere, unica nel suo genere» dopo una rapida rassegna del materiale fornitogli, Sebastian allineo sul tavolinetto tutti gli ingredienti, ovvero una sorta di zanna, una boccetta contenente un liquido nero come la pece, del legno di non meglio identificata natura e una sottile lastra di metallo.
«Zanna di Ungaro Spinato, ideale per un mago irascibile e avventato, rende il nucleo abbastanza solido da sopportare la pressione magica degli incantesimi più distruttivi, senza correre il rischio che la bacchetta si sfaldi dall’interno con il tempo e l’usura; veleno di basilisco, uno dei catalizzatori magici più efficienti presenti in natura, con questo nel nucleo della tua bacchetta sarai in grado di lanciare incantesimi di una potenza inimmaginabile col minimo dispendio magico; legno di cipresso, da il suo meglio nelle mani degli audaci, in particolare di chi è pronto a sacrificarsi per le più nobili cause; argento, un tipo di metallo prezioso in grado di equilibrare la potenza distruttiva del nucleo con quella più delicata dell’involucro esterno, fra tutti i tipi di metalli è l’unico in grado di unificare e far collaborare due parti così distinte e separate, il nucleo portato alla magia nera e il rivestimento portato a quella bianca. Il veleno di basilisco renderà il cipresso estremamente flessibile e darà vita alla bacchetta più pieghevole che io abbia mai creato, talmente fedele da non essere in grado di accettare di farsi maneggiare da nessun altro padrone all’infuori di te; infine la lunghezza, devi sapere che tanto più è lunga una bacchetta tanto più lo stile di combattimento del mago che la possiede è drammatico, tanto più è corta tanto più lo stile di combattimento è raffinato. Immagino che il tuo stile di combattimento sia tutto fuorché raffinato, per tale ragione ritengo che tu debba avere una bacchetta che sia almeno più lunga di sette pollici, ma non così lunga da risultare eccessivamente drammatica, direi che undici pollici e mezzo potrebbero meglio adattarsi al tuo stie di combattimento» nel mentre che descriveva i vari ingredienti al ragazzo, Sebastian li indicava uno ad uno; infine li raccolse e li portò dietro a quella porta di cui Harry non sapeva la destinazione.
Riemerse qualche minuto dopo con un sogghigno soddisfatto e riprese immediatamente posto nella poltrona davanti a lui.
«Non pensavo ci volesse così poco per creare una bacchetta» disse sconcertato il ragazzo.
«Ovviamente non ci vuole così poco ragazzo, ho solo dovuto consegnare alla mia assistente il materiale, sarà lei a creare un capolavoro di bacchetta. Perdonami se non ti ho parlato subito di lei, ma è così introversa da non voler avere nulla a che fare con nessuno all’infuori di me, ma posso personalmente assicurare sulla qualità del suo lavoro» le ultime parole le pronunciò con una tale enfasi che, Harry ne era certo, se avesse espresso qualche dubbio sulle abilità della misteriosa assistente, l’uomo non ci avrebbe pensato poi molto a sbatterlo fuori.
Ancora una volta decise di fidarsi di lui.
«Mi fido del tuo giudizio. Ad ogni modo, intanto che attendiamo possiamo parlare della nuova identità di cui mi avevi accennato?» domandò Harry, il quale iniziava a sentirsi sempre più stanco a causa della lunga giornata, in fin dei conti dentro quella stanza priva di finestre non aveva modo di sapere che ore fossero, anche se era convinto che fosse passata da un pezzo l’ora di pranzo.
«Thomas Smith, morto all’età di quarantatré anni, era un natobabbano celibe, talmente introverso da non essersi riuscito a farsi alcun amico durante i sette anni passati ad Hogwarts, che aveva deciso di trasferirsi nel mondo babbano per sfuggire alla minaccia rappresentata dai Mangiamorte. La sua famiglia era composta dalla madre Elisabeth White, morta di vecchiaia qualche anno prima che tu e Thomas vi incontraste, e dal padre Eduard Smith, uomo violento e alcolizzato, morto in un incidente d’auto.
Thomas, subito dopo la scuola, decise di avviare una ditta di costruzioni, la quale, in uno dei suoi primissimi impieghi, fu ingaggiata per sistemare un tetto al numero sei di Privet Drive.
Subito dopo questo incarico all’anagrafe del Ministero Magico venne registrata l’accettazione di una domanda di adozione, con la quale diveniva effettivamente il padre di un bambino di circa sei anni, nato babbano e proveniente da una famiglia abusiva, che egli aveva ribattezzato Hadrian Smith.
Cinque anni dopo venne recapitata nella nuova dimora della famiglia Smith la lettera di accettazione alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts per il piccolo Hadrian, ma non potendosi permettere di comprare né il materiale scolastico, né la retta della scuola, Thomas decise di istruire il ragazzo a casa e di fargli fare gli esami da privatista. Il giovane Hadrian, con immenso orgoglio del padre, svolse i suoi Gufo ottenendo una A in erbologia, una E in difesa contro le arti oscure e una O in tutte le altre materie.
Ma la felicità non era destinata a durare in quanto l’uomo è rimasto ucciso in un raid, dopo aver messo in salvo il figlio.
Purtroppo il giovane Hadrian, adottato da Smith solo nel mondo magico, perde ogni diritto sull’attività del padre, ma diviene proprietario della sua camera blindata, nella quale vi è abbastanza denaro da fargli frequentare Hogwarts per almeno due anni» espose tranquillamente l’uomo.
«Sembra perfetta» rispose estasiato il ragazzo.
«Non sembra, è perfetta» e detto ciò, con un sorrisetto strafottente stampato in faccia, schioccò le dita, facendo comparire un plico di documenti con una chiave in cima.
«Questi sono i documenti dell’adozione, di idetità è una copia dei tuoi Gufo, mentre la chiave è quella di una camera blindata alla Gringott. Se pagherai bene i goblin farannno in modo di nascondere il fatto che sei stato tu a versare il denaro e ti reggeranno il gioco» detto ciò si concesse una seconda tazza di thè.
«Quale è il costo di un’identità tanto perfetta?» domandò guardingo il giovane.
«Duplice. Dovrai accettare di avere un pezzo dell’anima di Voldemort dentro di te ancora una volta e quindi di essere ancora un Horcux; poi dovrai accettare di proteggere, con ogni mezzo possibile l’incolumità di due persone» espose tranquillamente l’uomo.
«Chi?» chiese curiosamente il giovane.
«Lo saprai nel momento in cui dovrai agire» rispose criptico Sebastian.
Harry ci pensò a fondo, in fin dei conti gli stava chiedendo molto, non solo per il fatto che avrebbe dovuto prendersi cura di due persone di cui non conosceva l’identità, ma avrebbe dovuto di nuovo sacrificarsi per spezzare il legame che aveva con Voldemort e per sconfiggerlo definitivamente.
«Una di queste due persone è Voldemort?» chiese allora.
«No, né Voldemort né Silente» rispose l’uomo, anticipando la sua domanda successiva.
«Accetto lo scambio» disse infine Harry.
A quelle parole, come era successo per l’accordo precedente, tutte le sfere presenti nella stanza si illuminarono, accecando temporaneamente il giovane; infine, una rapida occhiata al polso, sinistro questa volta, gli mostrò un secondo sigillo dello stesso colore niveo del primo.
Qualche istante dopo Harry sentì un campanello suonare e vide Sebastian sogghignare.
«Perfetto, direi che la tua bacchetta è pronta» detto ciò si alzò e si diresse verso la stanza adiacente.
Ne riemerse pochi minuti dopo tenendo in mano un pacchetto rettangolare, che gli porse immediatamente, tornando poi a sedere.
Appena Harry vi posò gli occhi sopra rimase esterrefatto, la bacchetta si presentava come una lunga stecca di legno, priva di ogni qualsivoglia forma di imperfezione, ma ciò che lasciò basito Harry era il suo colore.
Essa, infatti, era nera come il carbone e la sua intera superficie era solcata da filamenti sottilissimi d’argento, quasi invisibili, che si diramavano come tante piccole vene, formando arabeschi che talvolta si interrompevano all’improvviso, dando l’impressione che si immergessero nel legno, per poi riaffiorare da un’altra parte.
«Ti vedo perplesso, devi sapere che il veleno di basilisco macchia di nero qualsiasi superficie, mentre la lastra d’argento che hai preso è stata intagliata fino a formare un unico filo sottilissimo che collega l’involucro di cipresso con il nucleo. La zanna è stata intagliata, mentre il veleno è stato inserito in una fessura scavata nella zanna e fatto impregnare nel legno» disse l’uomo, leggendo la perplessità sul volto del ragazzo.
Poi estrasse la bacchetta, ancora posata nel fodero, che Harry non aveva ancora osato prendere in mano e la porse al giovane, che non esitò nemmeno un secondo ad afferrarla. 
Nell’esatto momento in cui prese in mano la bacchetta non ci furono scoppi di magia, non ci furono scintille dorate ne grandi dimostrazioni di potere; anzi fu esattamente il contrario.
Sembrava che la bacchetta avesse finalmente preso il posto che le spettava di diritto, come se avesse riempito un vuoto che Harry non aveva mai nemmeno notato, ma che in quel momento si faceva sentire con una prepotenza incredibile.
Con la bacchetta in piuma di fenice aveva sentito una sensazione di gioia vibrante invadere ogni fibra del suo corpo e con la bacchetta di sambuco aveva percepito un potere ineguagliabile esplodergli nelle vene, mentre con quella sentiva una miscela densa e sconvolgente di sensazioni riempirgli il cuore: nostalgia, fiducia incrollabile e invincibilità.
Sentiva di poter compiere il più ostico e sfiancante degli incantesimi senza nemmeno affaticarsi, come se ogni cosa fosse possibile e la bacchetta non avesse il bisogno di mostrare il suo potere con esuberanza o superbia, in quanto profondamente sicura di se.
«È perfetta, sembra parte di me» il giovane era senza parole e non era in grado di levare gli occhi dalla bacchetta.
«Bene, ora che dici se mi comporto da negoziante e ti propongo un paio di affari che richiedono in cambio valuta monetaria?» domandò l’uomo con sguardo predatore.
«Ma come, ora si parla di vil denaro?» ridacchiò il giovane.
«Già, in fin dei conti le materie prime e lo stipendio per una così brava assistente non si pagano certo da soli. In più immagine che i tuoi problemi di vista siano un ostacolo insormontabile per un cercatore  è un soldato come te, mi sbaglio?» l’uomo non smetteva di sorridere in maniera predatoria.
«Esiste un modo per guarire definitivamente la vista? Mi era stato detto che nemmeno i maghi sono in grado di curare questi problemi» chiese il giovane, la cui attenzione era ormai stata catturata dall’uomo.
«Vi è una cura per ogni cosa, solo che i costi per ottenere queste cure vengono sempre considerati troppo alti in confronto al guadagno che si ottiene, poi ci si lamenta se si muore a causa di un incantesimo non visto» rispose acidamente l’uomo, alzandosi per andare a prendere una bocchetta contenente una sostanza che, a prima vista, pareva avere la stessa consistenza del vapore acqueo.
«Ecco, questa sostanza si chiama “Perpetua sanazio visionis”, una sola di queste ti rimette a posto la vista per il resto della tua vita. Accosti la boccetta agli occhi spalancati, la apri, lasci che il vapore venga assorbito dai bulbi e attendi venti minuti completamente al buio. Se non te la senti di andare a farlo a casa compi il processo qui, così per ogni problema possiamo aiutarti. E per rispondere alla tua domanda, sono diecimila galeoni» spiegò l’uomo, sventolando la boccetta davanti ai suoi occhi.
«Preferisco farlo qui» rispose il ragazzo, accettando implicitamente l’offerta.
Il giovane rimase perplesso nel notare che le sfere quella volta non si illuminarono.
«Quando si tratta di “vil denaro” – come l’hai chiamato tu – non c’è bisogno di sottoscrivere un contratto magico attraverso l’incisione di rune sacre» rispose l’uomo, lasciando Harry ancora più perplesso di prima, ma fermamente deciso a non indagare oltre, quella giornata si stava rivelando più stancante del previsto.
Dopo venti minuti e con un leggero mal di testa – normalissimo a detta di Sebastian – Harry infine uscì dal negozietto con la valigetta svuotata di diecimila galeoni in mano, gli occhiali riposti in tasca e il mantello a dosso.
Quasi inciampò sui suoi piedi quando notò il cielo stellato sopra di lui, non solo per l’emozione di poter distintamente osservare la stellata che lo sovrastava, ma anche perché non si era assolutamente accorto di quanto tempo avesse impiegato in quel negozio.
Con un sospiro stanco ripercorse la strada che aveva fatto a ritroso, passò in mezzo a due Auror differenti – a un certo punto le vecchie guardie dovevano aver finito il turno e aver lasciato il posto alle altre – uscì da Diagon Alley prima e dal Paiolo Magico e infine si smaterializzò a Privet Drive, crollando ancora vestito nel letto.

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