The Sunrise of Dragons

di Solas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01.Addio ***
Capitolo 2: *** 02.Cocci sul sentiero ***
Capitolo 3: *** 03.Il Rogo ***



Capitolo 1
*** 01.Addio ***


01.ADDIO


Il sole stava calando lentamente dietro le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi, ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi, facendo sembrare la foresta in fiamme. Era uno spettacolo unico in tutto il regno di Mellt, reso possibile grazie alle foglie che crescevano sugli alberi del cielo, in grado di riflettere il colore della volta celeste dall'alba fino al tramonto. Solitamente, amava ammirare quel momento fugace dal tetto della sua piccola casa, dove viveva con la madre, ma quel giorno, purtroppo, avrebbe dovuto fare a meno di quel magico spettacolo. Infatti, le era stata lasciata in custodia la bottega, se così poteva essere definito il minuscolo negozio situato sotto la loro camera da letto e dove ora si trovava in compagnia di un ragazzo nervoso.

Era da diversi minuti che era entrato nella minuscola stanza, ma non aveva ancora proferito parola. Si limitava a dondolare sul posto, spostando nervosamente il peso del corpo da un piede all'altro, facendo vagare lo sguardo ovunque, tranne che su di lei.

Erano anni che Eileen assisteva a quel tipo di comportamento, ma non riusciva proprio a farci l'abitudine. Non aveva mai visto il ragazzo al villaggio, doveva essere arrivato da poco e a giudicare dalle macchie di fuliggine e dalle bruciature della sua camicia, si trattava del nuovo apprendista del fabbro, Radt. Cercando di scaricare la tensione, la giovane prese a tamburellare le dita affusolate sul minuscolo bancone in legno, ma questo, se possibile, parve peggiorare la situazione.

Con un gemito strozzato il ragazzo fece un balzo indietro, cercando di mettere più distanza possibile tra loro. A quel punto Eileen emise uno sbuffo irritato, la sua pazienza era definitivamente terminata. -Sei venuto per una ragione, o ti piace perdere tempo nelle botteghe altrui?- domandò in tono caustico.

Finalmente il giovane osò alzare lo sguardo su di lei ed emise uno squittio terrorizzato. Eileen si morse le labbra sottili, cercando di dominare l'irritazione. -Ti manda Mastro Radt?- chiese allora cercando di prendere in mano le redini di quella triste conversazione. Il suo interlocutore annuì lentamente, mentre la pelle del volto iniziava ad assumere un colore grigiastro. Ora che aveva puntato gli occhi su di lei non riusciva più a distoglierli. Era sempre così.

La ragazza sistemò una ciocca ribelle dei suoi capelli rosso fuoco dietro le orecchie, per lo meno ora sapeva cosa fare e, soprattutto, come liberarsi di quella sgradita presenza. Senza aggiungere altro si volse, cercando di ignorare quello sguardo invadente che le perforava la schiena, e prese a frugare tra gli affollati scaffali alle sue spalle. Non le ci volle molto a trovare quello che cercava e dopo pochi attimi depositò sul bancone un piccolo vaso in terracotta sul piano del bancone.

-Sono tre monete di rame e ricorda a Mastro Radt che una volta terminato l'unguento dovrà restituirci il contenitore- disse Eileen in tono piatto.

A quel punto il giovane parve riscuotersi improvvisamente dal torpore. -Tre monete?- esclamò esterrefatto fissando incredulo il vasetto sigillato. La ragazza strinse le labbra in una linea severa. -Esatto, questo è il nostro prezzo. Sono sicura che Mastro Radt ti abbia dato esattamente quello che ho chiesto- replicò lasciando trapelare senza troppi riguardi la propria seccatura. Con le mani tremanti il ragazzo frugò all’interno delle tasche delle sue brache recuperando un piccolo sacchetto di pelle consunta. Un tintinnio metallico accompagnò gli spostamenti del giovane, che si allungò in modo ridicolo per depositare quanto chiesto sul bancone, tentando allo stesso tempo di restarle il più distante possibile.

Questo portò la camicia malconcia che indossava a scoprirgli parte del petto e della spalla destra, mostrando una serie di macchie rosso fuoco che Eileen squadrò con aria critica. Il mutamento della sua espressione non dovette passare inosservato, perché l'apprendista si ritirò così velocemente da rischiare di perdere l’equilibrio, sbattendo rumorosamente la schiena contro l’uscio della bottega. Roteando gli occhi esasperata Eileen decise di non commentare l’assurdo comportamento e si affrettò ad esaminare il contenuto del sacchetto constatando soddisfatta che conteneva esattamente quello che aveva richiesto. D’altronde Radt era loro cliente da prima che lei nascesse e anche un caro amico. Fatto non indifferente, dato che il resto del villaggio, se poteva, evitava lei e sua madre come la peste. Non a caso, la loro minuscola casupola si trovava ai margini della foresta, su un tratto di terreno sopraelevato, lontano da qualsiasi altra abitazione. L’unico motivo per cui non le avevano ancora scacciate e parte della loro rovina, era l’incredibile abilità di sua madre. Deana era la guaritrice più brava di tutta la Fàinne, la dorsale di montagne al centro del quale sorgeva la collina su cui era nato Nead, il loro villaggio. Sotto la sua protezione avevano evitato numerose malattie e pestilenze. Tuttavia, tale bravura, era spesso accompagnata da paura, diffidenza e, talvolta, invidia. Parecchi guaritori avevano iniziato a spargere malelingue sul suo conto, che nel corso del tempo, si erano rafforzate, fino a cerare attorno alla sua figura un'aura pericolosa e sinistra. Perciò, ora sua madre era conosciuta da tutti come la Strega.

-Molto bene, prendi pure l'unguento e ricorda a Mastro Radt di restituirci il vaso. Ha ancora quello del mese scorso e qui non ne abbiamo una scorta infinita- esclamò Eileen cercando di essere cordiale e facendo scivolare la giara verso il ragazzo. Prima si sarebbe levato dai piedi, prima avrebbe potuto cominciare a preparare la cena.

Senza farselo ripetere il giovane si protese verso di lei e afferrò il vaso, rivelando nuovamente la pelle martoriata sotto la camicia.

-Dovresti evitare di gironzolare attorno alla dimora del Sorvegliante Attis- si lasciò sfuggire la rossa. L'apprendista per poco non si fece scivolare dalle mani il prezioso carico ed Eileen si pentì subito di non aver semplicemente tenuto la bocca chiusa. -Co-come?- balbettò il ragazzo.

-Ho detto, che sarebbe meglio se ti tenessi alla larga dall'abitazione del Sorvegliante. Non gli piace vedere uomini troppo vicini al suo giardino. Soprattutto se appena arrivati- ripeté in tono seccato.

-Non mi sono mai avvicinato alla sua casa- grugnì il giovane innervosito.

Eileen inarcò un sopracciglio scettica, odiava i bugiardi. -Oh sì invece, hai la colpa stampata addosso- ribadì aprendo uno sportello scricchiolante sotto il bancone ed afferrando una fiala contenente un liquido rosso cupo.

-Stai vaneggiando, non ho alcun motivo per stare vicino a quel posto- si difese l'apprendista

Sul viso di Eileen si disegnò un ghigno felino, -Certo, è quello che dicono sempre tutti. Conosco un sacco di persone che sono finite al fresco per il tuo stesso motivo- ridacchiò facendo saltare il tappo di cera a versando il contenuto della fiala in una ciotola. Inavvertitamente parte del liquido schizzò sul bancone disegnando un frastagliato spruzzo cremisi.

-Ma quello è sangue!- urlò il ragazzo arretrando fino a sbattere contro la porta.

La rossa sbuffò. -No, è infuso che ti farà stare meglio- precisò spolverando una manciata di polvere bianca sul liquido prima di tendergli la ciotola -Si tratta di... -.

In preda al panico il giovane prese a scuotere con foga il paletto che teneva chiuso l'uscio. -Non ti avvicinare!- strillò in tono isterico.

-Se non ti lasci curare la situazione peggiorerà. Tranquillo, non ti chiederò di pagarmi- replicò Eileen senza badare troppo al suo comportamento, mentre aggirava il minuscolo bancone per raggiungerlo. Più che altro ora temeva che avrebbe scardinato le povere vecchie assi di legno in preda ad un attacco di panico.

Nello stesso momento il ragazzo riuscì in qualche modo ad aprire la porta e con poca grazia barcollò fuori dall'uscio. -Non berrò mai quella roba! Sta lontano da me, brutta arpia! Mostro!- urlò urtando inavvertitamente la rastrelliera in legno dove Eileen e sua madre mettevano le erbe ad essiccare. L'intelaiatura si staccò dalla parete della casa e cadde rumorosamente, sollevando una nuvola di polvere e spargendo ovunque mazzetti di rosmarino, belladonna e agrimonia.

La rossa trasalì. -Attento a dove metti i piedi, quelle dobbiamo metterle da parte per l'inverno!- esclamò, ma il ragazzo se n'era già andato, correndo in direzione del villaggio come se avesse il demonio alle calcagna.

Sbuffando inferocita, Eileen attraversò il piccolo spazio a grandi falcate per porre rimedio al disastro, ma prima che potesse oltrepassare l’uscio le giunse alle orecchie una fragorosa e famigliare risata.

Questo le fece perdere ancora di più le staffe. -Avresti potuto aiutarmi, invece che restare fuori dalla porta ad origliare come una vecchia comare!- esclamò Eileen posando gli occhi sulla figura di un giovane piegato in due dalle risa.

-E perdermi lo spettacolo? Non se ne parla- sghignazzò il ragazzo alzando la testa per incrociare il suo sguardo. Le sue intense iridi verdi erano velate dalle lacrime, mentre i capelli castani, lunghi fin sopra le spalle, erano completamente arruffati, probabilmente perché aveva corso per arrivare alla loro casa.

Eileen scosse il capo sconsolata, -Non cambi mai Kaleb- borbottò chinandosi per controllare il telaio in legno. Per fortuna la caduta non sembrava averlo danneggiato. Un altro paio di mani si accostarono alle sue ed insieme rimisero a posto l'esile struttura.

Conosceva Kaleb da quando aveva memoria ed era l'unica persona del villaggio che frequentasse volontariamente lei e sua madre, oltre a Radt. I suoi genitori erano morti molti anni prima, quando lei contava solo cinque primavere, e da allora la sua famiglia si prendeva cura di lui, come se fosse sangue del loro sangue, onorando lo stretto legame di amicizia che aveva unito i loro padri. Lei e Kaleb erano stati fin da subito inseparabili. Quando Eileen doveva andare a raccogliere le erbe officinali sulle montagne, lui la accompagnava portandosi dietro arco e frecce per cacciare lepri o anatre selvatiche e spesso la ragazza si era ritrovata a fargli da opponente durante gli allenamenti di scherma, anche se era totalmente negata nell’arte della guerra. Insieme, si erano pure ubriacati per la prima volta, quando a dodici anni avevano rubato le ciliege sotto spirito di suo padre, Aren, che teneva nascoste sotto le assi del pavimento di casa sua.

-È incredibile come tu riesca a complicare le situazioni più semplici- disse il ragazzo senza smettere di ridacchiare.

-O forse vivo circondata da sciocchi. Volevo semplicemente aiutarlo, se solo mi avesse dato la possibilità di spiegare le mie intenzioni- sbuffò Eileen iniziando a raccogliere le erbe aromatiche sparse sul terreno.

-Cosa vuoi dire?- domandò Kaleb aiutandola a sua volta a raccogliere gli steli secchi.

-Aveva un enorme eritema sotto quella sudicia camicia. Merito di un contatto diretto con i frutti di scotano e l'unico posto in cui cresce quella maledetta pianta è il giardino del Sorvegliante Attis- sbottò la rossa sistemando con cura le erbe al loro posto.

-Questo spiega molte cose, povero ragazzo, mi fa quasi pena- ridacchiò il moro passandole gli ultimi mazzi di rosmarino. Lo sguardo di fuoco della compagna non fece che allargare il suo sorriso.

-Se passare la notte tra le braccia della moglie del Sorvegliante, riesce a farti scordare la settimana che trascorreresti nella fetida cella della caserma, significa che quel dannato tugurio è più pulito e spazioso di quanto facciano credere- sbuffò Eileen riferendosi alla cella del piccolo presidio armato che proteggeva il loro villaggio. Uno dei tanti sparsi sul territorio.

Il regno di Mellt si era formato all'incirca trecento anni prima, in seguito a una guerra terribile e sanguinosa, che aveva visto prevalere sopra ogni fazione l'esercito di Re Rasmus, antenato del loro attuale sovrano. In seguito alla sua vittoria, aveva unificato tutte le terre, dalle isole di ghiaccio dell'arcipelago Nix, ai Colli Dorati a sud, includendo anche la Fàinne, l'estesa catena di montagne tra cui si trovava il loro villaggio. In seguito, al centro di tutte le terre, poco lontano dalla costa, aveva fatto sorgere la loro splendida capitale, Sidus, importante snodo per le attività commerciali e anche luogo ideale per spostarsi velocemente in ogni angolo del regno. I menestrelli ancora narravano le gesta del Re, dipingendolo come un uomo forte e giusto, che aveva portato la pace dopo secoli di atrocità. Con il passare del tempo però, Re Rasmus, aveva percepito la necessità di suddividere il proprio territorio in parti più piccole, per poterlo governare con più facilità. Era in questo modo che erano nati i Sorveglianti. Ad ognuno di essi era affidata una parte del regno, che dovevano proteggere e sorvegliare, con l'aiuto di un contingente di soldati. Il Sorvegliante Attis, che aveva tra le mani la giurisdizione di Nead, aveva il compito di badare a quel piccolo angolo di montagne, l'ultimo baluardo abitato all'estremo Est dell'impero. Compito che svolgeva con placida serenità.

Attis era un uomo onesto, appartenente a una piccola famiglia di nobili, amante della tranquillità e del silenzio, per cui, la vita del villaggio era sempre proseguita pacifica e senza turbamenti. Era da sua moglie, tuttavia, che bisognava tenersi alla larga.

Nani, la donna più bella di tutta la Fàinne, a sentire quello che gli uomini dicevano. Per quanto fosse affascinante e delicata d'aspetto, era d'animo crudele, ingannevole e capriccioso. Molti abitanti di Nead ne erano venuti a conoscenza a loro spese. Le sue trame sembravano estendersi ovunque e nessuno voleva trovarsela come nemica, se aveva cara la propria incolumità. Nel corso degli anni si era assicurata la fedeltà delle persone più influenti del villaggio, tra cui Finn, il capitano delle loro guardie. Tutto questo, in modo tutt'altro che rispettabile, cosa che sua madre non mancava mai di sottolineare. Ormai, Nead era in tutto e per tutto il suo piccolo regno personale, dove lei era la regina incontrastata.

-Personalmente spero si trattasse della figlia, dalle voci che mi giungono anche lei sta cercando di inserirsi in quel giro di affari- ridacchiò il ragazzo scuotendo la testa incredulo.

Eileen sentì il proprio viso contrarsi in una smorfia di disgusto.

-Allora avrà non poche difficoltà, per quanto sembri incredibile, già mezzo villaggio passa tra le lenzuola di sua madre- sbottò invitando Kaleb all'interno della bottega, in modo da poter serrare la porta. Dopo aver riposizionato il paletto fece passare un robusto asse di legno su due sostegni in ferro battuto, poi coprì l'unica minuscola finestra con un pannello, sigillando il locale. Ormai non sarebbe venuto più nessuno per quel giorno.

-Come fai ad esserne sicura?- domandò Kaleb seguendola oltre il bancone, verso il retro del locale. -Essere la figlia della guaritrice, ti da l'accesso a un'incredibile varietà di informazioni riservate- sospirò la rossa scostando una pesante tenda di lana, rivelando la piccola scala di legno che conduceva al piano superiore.

-Per esempio, ti ricordi Euco, il figlio del fornaio?- chiese salendo i piccoli gradini scricchiolanti.

-Certo, tutti conoscono la loro famiglia. Sfornano il pane per l'intero villaggio- rispose Kaleb mentre sbucavano nella stanza sovrastante.

-A quanto pare non è loro figlio, o meglio, il povero Niklaas non è il suo vero padre, dato che ha la stessa voglia a forma di luna di Fug, il cantastorie- rivelò Eileen accarezzando con lo sguardo il piccolo locale, non era una reggia, ma la faceva sentire a casa e al sicuro. Al riparo dalle occhiate indiscrete della gente.

Dal soffitto in legno pendevano altri mazzi di erbe lasciate ad essiccare, che davano al luogo un odore fresco e gradevole. Al centro si trovava un piccolo focolare di pietra, sul quale era posizionata una capiente pentola usurata. Lungo due delle pareti erano disposti dei tavoli alti e stretti, coperti di mortai, ampolle ed alambicchi, mentre al di sopra, erano state inchiodate delle mensole in legno, ricoperte oltre misura da vasi di ogni foggia, materiale e dimensione, tanto che Eileen non si sarebbe stupita se un giorno il legno avesse ceduto spargendo ovunque il loro contenuto. Era in quei contenitori che lei e sua madre riponevano i preparati e gli unguenti che servivano per i suoi rimedi. Nell'angolo alla sua destra, invece, erano addossati degli scaffali che arrivano a sfiorare il soffitto. I ripiani in legno custodivano file ordinate di libri rilegati in pelle, alcuni anche molto vecchi, ma tutti in ottime condizioni. Ogni tanto, fra i tomi comparivano meravigliosi oggetti, come un pugnale d'argento con l'elsa incrostata di opali, sassi spaccati al centro che rivelavano un cuore di pietra luccicante e piccole sculture di giada. Accanto ad essi era accostata una sedia con la seduta imbottita ricoperta di velluto rosso. Sul morbido tessuto era deposto un libro, tenuto aperto da una lunga pipa di legno intarsiato. L'angolo di suo padre. Così meticolosamente ordinato da sembrare parte di un'altra abitazione. Da quando era morto, due anni prima, sua madre non aveva toccato nulla, nemmeno il libro che stava leggendo prima di uscire. Come se si aspettasse che un giorno, tornando a casa, l'avrebbe trovalo lì sulla sedia, con il tomo stretto tra le dita intento a sbuffare anelli di fumo dalla lunga pipa. Sull'ultima parete invece si apriva una finestra che dava sulla minuscola veranda della casa. Da lì era possibile vedere l'intero villaggio e godere del panorama magnifico delle loro montagne. Un lungo fischio la fece riemergere improvvisamente dai suoi foschi pensieri.

-Dici sul serio? Euco non è figlio di Niklaas?- domandò Kaleb sbalordito lasciandosi cadere su uno spesso materasso abbandonato accanto alla finestra. Quello su cui lei e sua madre dormivano.

Eileen storse il naso, -Certo, io non dico bugie. Ora però vieni a sederti qui, non voglio che mi sgualcisci le lenzuola. È una cosa che detesto- rispose facendo scivolare uno sgabello di legno verso di lui, prima di volgersi verso l'armadietto che fungeva da dispensa. Il povero mobile se ne stava incastrato sotto uno dei tavoli da lavoro di sua madre ed ora conteneva lo stretto indispensabile per nutrire loro due, ma prima dell'inverno si sarebbe riempito di conserve, verdure sotto sale, radici e un po' di frutta secca.

Il cibo non era mai mancato nella loro casa, ma da quando suo padre era morto erano divenute molto più caute. Dato che quella mattina sua madre era uscita all'alba per andare a raccogliere alcune erbe sulle montagne, toccava a lei preparare la cena, cosa che non passò inosservata.

Con uno sbuffo Kaleb si spostò sullo sgabello. -Speravo che questa sera cucinasse tua madre. I suoi piatti sono decisamente migliori dei tuoi. Desideravo tanto gustare uno dei suoi manicaretti per l'ultima volta- si lamentò.

-Scusa tanto se non sono all'altezza dei tuoi canoni, principino- sbuffò Eileen cercando di ignorare ciò che quella frase implicava. La sua partenza imminente.

-Forse se riuscissi a mitigare il tuo caratteraccio gli abitanti del villaggio sarebbero molto più gentili nei tuoi confronti- azzardò il giovane cercando di rubare il pezzo di una carota dal tagliere.

Eileen iniziò a ridere sguaiatamente -Certo, come ho fatto a non pensarci? Il problema è proprio il carattere, non il mio aspetto spaventoso- esclamò accanendosi con rabbia sugli ortaggi che stava affettando. -Io non ti trovo spaventosa- ribatté Kaleb guardandola di sottecchi.

-Tu non fai testo. Passami i pinoli- borbottò la rossa cercando di dare un taglio a quell'inutile conversazione. Era passato il tempo in cui avrebbe fatto di tutto pur di compiacere i propri compaesani. Con gli anni aveva capito che qualunque cosa avesse fatto, non avrebbero cambiato atteggiamento nei suoi confronti, e dopo un primo momento di smarrimento se n'era fatta una ragione. Non erano solo le dicerie su sua madre a spaventare le persone, ma il suo stesso aspetto, così simile eppure tanto diverso dagli altri.

Aveva una corporatura esile ed ossuta, un po' troppo mingherlina per una ragazza che aveva appena compiuto quindici primavere. La carnagione pallida e smunta le dava un'aria perennemente cagionevole, anche se passava molto tempo all'aperto, sotto il sole. Le dita delle mani lunghe ed affusolate, si muovevano sempre agili e veloci, sia che maneggiasse un coltello, che stesse intrecciando un cestino di vimini. Il viso dagli zigomi pronunciati era incorniciato da una cascata di capelli rosso fuoco che le arrivava a metà schiena, trattenuti da una sottile striscia di cuoio, e le punte delle orecchie terminavano leggermente a punta. Ma erano gli occhi che più turbavano le persone. Avevano una forma leggermente allungata e le sue iridi, invece di essere di un comune castano o azzurro, avevano i colori del tramonto. Un tripudio di gialli e aranci che partivano dalla pupilla e sfumavano verso il rosso cremisi, formando un’aureola violacea lungo i bordi. Era il motivo per cui nessuno la guardava mai negli occhi, pensavano che fosse maledetta e portasse il malocchio. Se sua madre era la Strega, lei era conosciuta come il Mostro.

Gli adulti non sopportavano la sua presenza e tenevano i loro figli alla larga da lei, riempiendo la loro testa di ogni genere di bugie, per questo non aveva alcun amico all'infuori di Keleb. In quel quadro orribile, solo il suo naso pareva avere una parvenza di normalità, dritto e proporzionato in mezzo al viso, ben magra consolazione.

La zuppa era ormai pronta quando un trambusto proveniente dalla veranda annunciò l’arrivo di sua madre. I suoi soffici capelli color miele fecero la loro comparsa seguiti dal resto del corpo, mentre finiva di arrampicarsi sulla ripida scala a pioli.

-Kaleb caro, potresti dare una mano a questa povera vecchia?- si lamentò la donna allungando una mano speranzosa. Eileen sbuffò accanto alla pentola che sobbolliva, ma il ragazzo schizzò in piedi senza perdere tempo.

-Certo, è sempre un piacere Deana- disse aiutandola a salire gli ultimi pioli e facendosi carico dell’ingombrante cestino di vimini che stringeva tra le mani. Depositati sopra gli steli intrecciati facevano bella mostra di sé fasci di erbe dalle foglie multicolori e molti funghi dall’aria appetitosa.

-Bravo ragazzo- sospirò esausta. -Per cortesia posa il cestino in quell’angolo. Fortunatamente avete già acceso il fuoco, nonostante il caldo della giornata, si prospetta una notte rigida-.

Una volta che tutti e tre ebbero preso posto attorno al fuoco Eileen distribuì ad ognuno la propria ciotola di zuppa ed insieme iniziarono a consumare il pasto caldo.

-È stata una buona giornata?- domandò Deana alla figlia ingoiando un boccone di verdure. La rossa borbottò qualcosa sottovoce senza alzare gli occhi dalla ciotola e l’espressione della donna si fece accigliata.

-Penso sia andata a meraviglia fino a quando non è entrato Gery, il nuovo apprendista del fabbro. Un po’ troppo sensibile il giovanotto- si intromise Kaleb con un sorriso sornione stampato in faccia. Eileen gli scoccò un’occhiata assassina e il ragazzo fu costretto a scansarsi in fretta per evitare un calcio dritto sugli stinchi. Anche le labbra della donna si piegarono in un sorriso. -Non mi dire, è fuggito a gambe levate?-.

-Puoi scommetterci, sembrava che avesse la morte alle calcagna- ghignò il moro, che questa volta non fece in tempo a scansarsi e ricevette un colpo secco poco sotto il ginocchio. Nonostante il dolore il ragazzo continuò a ridere. -E' già il secondo questa settimana-.

-Spero che almeno abbia pagato il giusto compenso- si informò Deana allungandosi per prendere una fetta di pane.

Eileen sbuffò indispettita. -Certo che ha pagato, o ora sarei sulla soglia di casa di Radt a protestare-.

-Non ne dubito. Sei inarrestabile, proprio come tuo padre- disse la donna con un luccichio nostalgico negli occhi. Per un attimo calò il silenzio, era insolito sentire sua madre parlare di lui. La sua morte le aveva lacerato l’anima e tutti evitavano di toccare l’argomento in sua presenza. Deana parve accorgersi solo in quel momento delle sue parole e dell’effetto che esse avevano sortito sui due giovani. Schiarendosi nervosamente la voce prese la ciotola dalle mani di Kaleb la riempì di nuovo di zuppa fino all’orlo. -Parlando d’altro, mi pare che qualcuno qui si stia preparando a partire- esclamò riconsegnando la pietanza.

-Già, ci metteremo in cammino domani all'alba. Vogliono trovarsi ad Iris prima del tramonto. Non vedo l'ora di iniziare l'addestramento- esclamò Kaleb con un sorriso radioso.

-Domani?- sbottò Eileen rischiando di rovesciarsi addosso la zuppa. -Avevi detto che sareste partiti tra due giorni!-.

Il giovane si strinse nelle spalle. -A quanto pare il Comandante ha finito di discutere con il Sorvegliante Attis questo pomeriggio, quindi ha anticipato la partenza-.

Come poco prima, la rossa sentì qualcosa accartocciarsi dentro di lei. Non si era ancora abituata all'idea che Kaleb se ne sarebbe andato per seguire l'addestramento militare ed entrare a far parte dell'esercito imperiale. Fin da bambino Kaleb non aveva nascosto il desiderio di seguire le orme del defunto padre, diventando un soldato. Ma non aveva mai pensato che un giorno potesse veramente lasciare il villaggio, fino a quando non aveva annunciato che avrebbe partecipato alle selezioni per diventare un cadetto. Questa possibilità era aperta a tutti i figli maschi del regno di Mellt una volta raggiunte le diciassette primavere, cioè nel momento in cui si entrava a pieno titolo nell'età adulta, e il ragazzo non aveva perso tempo. Nonostante le difficoltà, aveva superato tutte le prove con successo ed ora si preparava a partire. Eileen sapeva che avrebbe dovuto essere felice per lui, e lo era sinceramente, ma una parte di sé non riusciva ad accettare quel cambiamento, che avrebbe segnato anche la sua vita in modo irreversibile.

-Questo significa che dovrò darti il nostro regalo questa sera- trillò Deana elettrizzata schizzando in piedi e andando a frugare tra una pila di coperte piegate oltre il materasso.

Il moro inarcò le sopracciglia perplesso. -Un regalo?-.

-Certo! Pensavi che ti mandassimo allo sbaraglio in questo mondo pazzo?- ribatte la donna riemergendo tenendo tra le mani una bisaccia di cuoio consunto. -Non sottovalutare il regno di Mellt, è più insidioso di quanto tu possa pensare ed è meglio essere preparati-.

Ancora sorpreso il ragazzo allungò le mani e prese l'inaspettato dono fra le braccia, accorgendosi che il bagaglio era stato riempito con qualcosa. Subito prese a sciogliere le fibbie di metallo che la chiudevano rivelandone il prezioso contenuto, rimanendone strabiliato.

-Davvero volete darmi tutta questa roba?- domandò incredulo facendo scivolare lo sguardo sulle diverse boccette, ampolle e sacchetti.

Eileen drizzò la schiena impettita. -Non chiamarla roba. Io e mia madre ci abbiamo messo settimane per mettere insieme questo equipaggiamento di emergenza- lo rimbrottò senza riuscire a nascondere una punta di orgoglio. Non era stato per niente facile selezionare le erbe e gli unguenti adatti al viaggio e che Kaleb avrebbe potuto portare con sé senza correre il rischio di avvelenarsi o farne cattivo uso.

-Eileen ha anche intrecciato per te una linea del wyrd- disse Deana dolcemente recuperando da una delle tasche una lunga striscia colorata. Il ragazzo trattenne il fiato. -Non ne avevo mai vista una così lunga- sussurrò ammirato -Ci avrai messo una vita ad intrecciarla-.

La rossa scrollò le spalle -Non è così difficile come lo fanno sembrare e poi stavo raccogliendo le foglie già da un pezzo- rispose prendendo dalle sue mani l’inatteso dono. Si trattava di un bracciale fatto intrecciando le foglie degli alberi del cielo, raccolte mentre riflettevano i colori delle notti fiammeggianti. Credevano che in quelle sere invernali gli spiriti dei loro antenati si manifestassero sotto forma di lingue di luce, portando messaggi ai loro cari ancora in vita. In quelle notti il cielo era solcato da sfumature che andavano dal verde al rosa sgargiante, fugaci ed evanescenti come lingue di fuoco. Un dono del genere era raro e carico di significato per la loro gente, un simbolo di protezione e buon auspicio, dato solo a coloro che stavano per intraprendere un nuovo cammino nel mondo.

-In questo modo i tuoi antenati veglieranno su di te e ti terranno fuori dai guai- disse la giovane avvolgendo la fascia intrecciata tre volte attorno il suo polso prima di fissarlo. -E conoscendoti non sarà affatto un compito facile-.

Kaleb osservò affascinato il bracciale che gli avvolgeva il polso ammirandone le numerose sfumature verdi e azzurre che si rincorrevano man mano che l’intreccio procedeva. Deana interruppe con delicatezza la sua contemplazione prendendogli la mano fra le sue, aveva gli occhi lucidi. -Da quando i tuoi genitori se ne sono andati e ti abbiamo accolto nella nostra famiglia, sei diventato come un figlio per me. Vederti andare via mi spezza il cuore, ma so che è tuo desiderio seguire le orme di tuo padre e diventare un soldato per servire e difendere i più deboli- confessò accarezzandogli il viso. -Questo mi rende molto orgogliosa e sono sicura che anche Aren e i tuoi genitori direbbero lo stesso, se fosse ancora qui con noi. So che non sarà la stessa cosa, ma se lo desideri ti darò la mia benedizione-.

-Sarebbe un onore- rispose Kaleb con la voce resa roca dall’emozione. Deana sposto le mani sul suo capo e lo fissò intensamente negli occhi. -Ricorda bene quello che sto per dirti Kaleb Davenson e fanne tesoro per gli anni a venire. Vivi la tua vita senza rimpianti, proteggi le persone che ami e non avere paura di aprire il tuo cuore a chi ti sta accanto. Sii umile e ubbidisci, ma senza perdere di vista la tua coscienza, ricorda, tu sei il solo e unico padrone dei tuoi pensieri. Non considerarti mai migliore degli altri e continua ad imparare dal mondo che ti circonda come un bambino curioso e libero da pregiudizi. Sii forte e lotta per i tuoi ideali, e più di ogni altra cosa, bambino mio, non dimenticare chi sei. Che la luce illumini sempre il tuo cammino e gli antenati guidino i tuoi passi- disse la donna, poi si allungò e depose un bacio leggero sulla sua fronte.

Eileen si accorse di stare trattenendo il respiro solo in quel momento. Una benedizione non era qualcosa che si elargiva a cuor leggero. Era percepito come la trasmissione dei valori più importanti da seguire nel corso della vita. Questo significava che sua madre non si aspettava di vedere tornare Kaleb alla fine del suo addestramento. Il senso di desolazione le trafisse il cuore come una pugnalata.

-Ti ringrazio Deana, questo significa molto per me- disse il giovane strappando Eileen dalle sue elucubrazioni. -Vi ringrazio per i vostri doni, li conserverò con cura. Però ora perdonatemi, penso che tornerò a casa, sarete stanche tanto quanto me e ci sono ancora alcune cose che vorrei preparare prima di coricarmi- continuò il moro alzandosi dal basso sgabello di legno. Mentre sua madre lo accompagnava oltre la veranda Eileen si trattenne nella stanza iniziando a ripulire le stoviglie strofinandole con la sabbia. Il lavoro manuale aveva sempre avuto il potere di calmarla e affidandosi a quei movimenti meccanici smise di pensare.

-Non devi essere triste bambina mia, finito il suo addestramento Kaleb tornarà qui a Nead. Non si tratta di un addio- disse Deana alla figlia quando si furono finalmente coricate. Eileen annui meccanicamente, pur sapendo che non c’era verità in quelle parole.

Quella notte faticò ad addormentarsi e quando finalmente riuscì a prendere sonno il suo riposo fu tormentato da ombre e sussurri.

Poco prima dell'alba la rossa rinunciò definitivamente a quel riposo forzato e scivolò fuori dalle coperte senza svegliare la madre. Cercando di non fare rumore, si infilò le braghe di lana sopra una camicia di tela grezza, recuperò un secchio da sopra uno scaffale e si mise i logori stivali di pelle ai piedi. Prima di uscire sulla veranda recuperò il suo mantello da uno dei ganci di ferro battuto inchiodati ai lati della finestra e vi si avvolse strettamente calando il largo cappuccio sul viso, poi uscì.

L'aria frizzante del mattino le fece pizzicare le guance, mentre il cielo cominciava a schiarirsi e gli alberi della vallata mutavano colore iniziando a striarsi di rosa e oro. Senza perdere tempo Eileen si immerse fra le case, attraversando le vie deserte diretta al centro del villaggio. Oltre le tende chiuse delle abitazioni si cominciavano a sentire i primi movimenti dei compaesani appena destati. Lo scricchiolio delle assi di legno, il frusciare dei vestiti o il cozzare della ceramica, segno che di lì a poco le strade non sarebbero state più vuote. Dunque la ragazza aumentò il passo e in breve giunse alla sua destinazione. Facendo attenzione a rimanere all'ombra delle case prese ad osservare la situazione davanti a lei con un cipiglio severo. Circondata giardino rigoglioso e protetta da un muro di pietra che le arriva al petto, si erigeva la dimora del Sorvegliante Attis. La struttura era la più grande e sfarzosa di tutta Nead e anche l'unica ad essere costruita interamente in pietra. Mentre le altre case del villaggio erano per lo più costituite da legno e paglia, il grande edificio era stato costruito con grandi blocchi di pietra bianca, sviluppandosi su due piani. Porte e finestre erano decorati da bassorilievi dai motivi floreali, dai quali, di tanto in tanto, si vedeva sbucare il volto di una volpe. Il simbolo della casata del reggente, visibile anche sullo stendardo viola e rosso affisso sopra la porta principale.

Davanti all'edificio una dozzina di guardie attendevano in formazione, lo stemma reale ricamato con fili d’argento e oro spiccava sulle divise color della notte luccicando ad ogni movimento. I loro corpi erano protetti da una solida armatura d’acciaio e al fianco ognuno di essi portava una lunga spada. Poco distante alcuni ragazzi del villaggio scherzavano tra di loro, o davano un ultimo saluto alle loro famiglie. Dei trenta giovani che si erano presentati, solo sei avevano superato le prove che il comandante Jokull aveva preparato per loro. Con stupore notò che l’unico cadetto che cercava non era ancora arrivato.

Fu in quel momento, mentre setacciava ogni angolo della piazza, che si accorse dello strano capannello di persone rintanate sotto l'ombra della vecchia quercia del villaggio. Dovevano senza dubbio essere stranieri, a giudicare dai lunghi mantelli da viaggio che li rivestivano fino all'orlo degli stivali e dagli strani fagotti allungati che tenevano legati alla schiena. Si trattava di un fatto insolito. Nessuno passava da quelle parti in quel periodo, dato che la festa della mietitura era passata da un pezzo, ed erano troppo numerosi per essere un gruppo di cacciatori. L'ultima visita che si aspettavano al villaggio prima dell'inverno era quella dei nomadi. In quel momento l'attenzione di uno dei forestieri si spostò su di lei, inchiodandola sul posto. Nonostante il pesante cappuccio che gli copriva il capo, Eileen giurò di aver visto lo scintillio di due occhi chiarissimi e in qualche modo familiari.

-Sapevo che saresti venuta- esclamò improvvisamente una voce alle sue spalle. Per lo spavento Eileen quasi perse la presa sul manico del secchio. Con un movimento fluido si volse, trovando il sorriso sornione di Kaleb a pochi pollici dalla sua faccia.

-Sei in ritardo- sbottò corrucciata cercando di nascondere il proprio imbarazzo, non era da lei farsi cogliere alla sprovvista in quel modo e in un attimo si dimenticò degli occhi scintillanti dello sconosciuto. Il giovane corrugò la fronte dando un rapido sguardo alle sue spalle.

-Non credo proprio, stanno ancora aspettando l’arrivo del comandante Jokull-.

-Spero partiate prima dell’alba, altrimenti quei poveretti cuoceranno dentro l’armatura- disse Eileen accennando ai soldati. Il giovane scrollò le spalle. -Non preoccuparti per loro, procederemo a cavallo, ne hanno portati addirittura per noi, anche se la maggior parte degli altri ragazzi non sa cavalcare- rispose mentre il suo sorriso si affievoliva. -Cosa succede? Non vedi l’ora che io me ne vada?-.

Eileen spostò nervosamente il peso del corpo da una gamba all’altra. -Certo. Non è forse ciò che più desideri? È fin da quando hai imparato a parlare che aspetti questo giorno- sbuffò cercando di ignorare il grumo di amarezza che le si era incastrato in gola, doveva essere felice per lui. Aveva lavorato sodo per arrivare a quel punto. Eppure, non riusciva a scacciare quel maledetto senso di tristezza che l’accompagnava da giorni.

-Hai ragione, aspetto questo momento da una vita, ma pensavo fossi venuta a salutarmi- sussurrò con un filo di voce.

La rossa deglutì a vuoto. -In realtà mi stavo recando al torrente a prendere dell’acqua, vedi?- replicò facendo dondolare il secchio che stringeva nella mano destra. Le tremava la voce, aveva paura di apparire ridicola.

Gli occhi di Kaleb si velarono di malinconia. Fece per dirle qualcosa, ma fu interrotto da due braccia sottili e abbronzate che gli circondarono il busto, iniziando a spingerlo verso la casa del Sorvegliante.

-Ecco il nostro ultimo candidato!- trillo una voce argentina che Eileen riconobbe subito. Sigrid, la figlia di Attis. La giovane aveva in fisico snello e formoso, che quel giorno era fasciato da un lungo vestito color crema, che metteva in risalto la sua carnagione ambrata. I lunghi capelli neri erano trattenuti sulla nuca da un elegante pettine d’avorio lavorato, in modo che non ricadessero sull’ovale perfetto del suo viso. Gli occhi azzurro ghiaccio erano circondati da folte ciglia nere, mentre le labbra piene e rosee erano piegate in un sorriso luminoso, che rivelava i denti bianchi e regolari.

-Presto, manchi solo tu. Non vorrai far aspettare il comandante- continuò la giovane sospingendolo verso gli altri, ignorando la rossa avvolta nel mantello.

Eileen si morse l’interno della guancia così forte da sentire il sapore dolciastro del sangue. Sigrid la detestava fin da quando erano bambine, il suo odio senza fondamento era alimentato dalla madre, che in passato, neanche a dirlo, aveva avuto un brutto scontro con Deana.

Da giovane, la moglie di Attis si era follemente innamorata di suo padre, ma non riuscendo a suscitare in lui alcun tipo di attenzione, aveva cercato di allontanare Deana, l’ostacolo che, a suo parere, si anteponeva tra loro. All’inizio si trattava semplicemente di piccoli sgarbi, scaramucce da poco conto, poi erano iniziate le minacce ed, infine, aveva cercato di attentare alla sua vita. Sua madre era scampata per miracolo all’incendio che distrusse la sua vecchia bottega e sapendo che dietro a tutto c’era la mano di quella viscida codarda, non aveva esitato a denunciare tutto al Sorvegliante. Purtroppo, non aveva abbastanza prove per incriminarla e Attis amava troppo la moglie per prendere dei veri provvedimenti. Così la faccenda era stata messa da parte, ma da quel momento le due donne erano diventate nemiche. Nel corso degli anni Nani si era accanita in tutti i modi nei confronti della loro famiglia, e da quando suo padre era morto, le cose non avevano fatto altro che peggiorare. Aveva addirittura trasmesso il proprio odio a Sigrid, che da figlia esemplare, si era premurata affinché nessuno degli altri ragazzi del villaggio le si avvicinasse, o tentasse anche solo di fare amicizia con lei. Nessuno voleva avere contro la famiglia del Sorvegliante, soprattutto se per coltivare un rapporto con una Strega e il suo piccolo Mostro. Le sole eccezioni erano Mastro Radt e Kaleb, ma anche lui ora se ne stava andando. Cosa che rendeva Sigrid radiosa.

-Aspetta, stavo finendo di salutare- protestò il ragazzo, ma la giovane non si fermò continuando a spingerlo verso gli altri compagni in attesa.

-È ora di lasciarsi alle spalle il passato. Pensa a quanti nuovi posti visiterai e alle centinaia di persone che incroceranno il tuo cammino. Per certi versi ti invidio, quanto vorrei avere la possibilità di visitare il resto del regno- tubò facendo aderire le forme del suo corpo alla schiena del giovane, impedendogli di girarsi.

-Veramente non si tratterà di un’allegra scampagnata. Sto andando ad addestrarmi per diventare un soldato- rispose Kaleb torcendo il collo nel tentativo di guardarsi alle spalle, ma Sigrid posò una delle morbide mani sulla sua guancia costringendolo a tenere dritto il capo.

-La fai sembrare più terribile di quanto sarà- disse prima di iniziare a ridere ad alta voce attirando l’attenzione. Gli occhi di tutti si puntarono su di loro, strappando anche quell’ultimo residuo di riservatezza rimasto. -Prendila come un’avventura. Finalmente potrai farti dei veri amici, delle persone per bene, che potranno aiutarti nel momento del bisogno e rallegrare le tue giornate-.

A quel punto Kaleb puntò a terra i talloni fermando la sua avanzata. Con un sorriso freddo prese gentilmente Sigrid per i polsi e la scostò da sé.

-Ti ringrazio per l’incoraggiamento e la premura. Capisco che possa essere un momento che ti riempie di entusiasmo, ma non ho bisogno di essere accompagnato- le disse prima di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di Eileen, ma la ragazza se n’era già andata.

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Capitolo 2
*** 02.Cocci sul sentiero ***


02. COCCI SUL SENTIERO


Eileen serrò la mascella fino a sentire i denti scricchiolare. Nonostante non avessero minimamente bisogno d’acqua, stava percorrendo a grandi falcate il sentiero che portava al torrente Uèir Airgid, uno degli affluenti del fiume Thorn, il corso d’acqua più vicino a Nead. Era stata una sciocca, non sapeva nemmeno lei cosa si aspettava di ottenere presentandosi a quell’ora davanti alla casa del Sorvegliante. Non era arrabbiata per quello che aveva sentito dire da Sigrid, aveva sopportato cattiverie peggiori nel corso degli anni. Le insinuazioni di quella vipera ormai le scivolavano addosso come acqua. Era con sé stessa che era infuriata, si stava comportando come una bambina piagnucolosa. La stessa con cui pensava di aver chiuso i conti dopo la morte di suo padre. Con rabbia deviò dal per corso tracciato, scalciando nell’erba alta e lasciandosi scivolare il cappuccio del mantello sulle spalle. Dopo pochi minuti di cammino arrivò vicino a un’alta parete rocciosa coperta d’edera e senza indugio prese a trafficare con alcuni tralci pieni di foglie grandi quanto la sua mano aperta. Dietro il rampicante apparve un pertugio grande appena per far passare una persona e senza indugi Eileen vi si infilò. Facendo attenzione a tenere la testa china per non urtare contro il soffitto irregolare, percorse poche iarde e sbucò in prossimità di una pozza d’acqua poco profonda circondata da enormi massi di ardesia. Si trattava di una conca naturale che lei è Kaleb avevano trovato quando erano ancora bambini, impossibile da raggiungere dall’esterno, se non attraverso l’apertura che aveva appena attraversato, in quanto i massi erano troppo ripidi e friabili per arrampicarsi. Doveva essersi formata in seguito ad una frana molti anni prima che nascessero ed era diventata immediatamente il loro posto preferito, il rifugio perfetto per pensare o per sfuggire ai problemi quotidiani.

Eileen lasciò cadere il secchio sopra la ghiaia scura e si levò mantello e stivali, arrotolando le braghe fin sopra il ginocchio. Senza esitare entrò nell'acqua sentendo i piedi perdere sensibilità a causa del freddo. Nonostante il gelo che le entrava nelle ossa, la sua rabbia non accennava a diminuire, perciò prese una manciata di ciottoli dal fondo e iniziò a lanciarli sul pelo dell’acqua. I sassi avevano a malapena lo spazio per rimbalzare un paio di volte prima di finire contro la pietra della riva opposta, ma non le importava. In quel momento voleva solo dimenticare ciò che era successo. Rimpiangeva il modo in cui si era comportata, era il giorno più felice della vita di Kaleb, eppure aveva rovinato tutto. Il loro ultimo ricordo insieme sarebbe stata quella patetica conversazione, in cui l’aveva trattato con freddezza, alla strega di un estraneo.

Non si accorse subito delle lacrime che le rigavano il viso e non se ne curò, continuando a scagliare le pietre con rabbia.

Sua madre aveva ragione, Kaleb non avrebbe più fatto ritorno. Cosa ci avrebbe guadagnato a vivere in quel minuscolo villaggio disperso tra le montagne, quando poteva essere in una delle meravigliose città che si affacciavano sull’oceano, o ancora meglio, nella capitale?

Il loro era un regno pacifico e diventare soldato gli avrebbe consentito di vivere una vita dignitosa, facendo ciò che più amava, aiutare le persone.

Tuttavia, il dolore di quella perdita era insopportabile. Ora che suo padre non c’era più, Kaleb e sua madre erano le uniche persone che per lei contavano in quel mondo ostile e aveva il terrore di rimanere sola.

Una volta che ebbe esaurito le lacrime, si strofinò con forza il viso con l’acqua gelida fino a far arrossare le guance per il freddo, poi fece un respiro profondo. Nonostante tutto, sfogarsi le aveva fatto bene, odiava sentirsi vulnerabile e quel pianto l'aveva aiutata ad arginare il dolore in un angolo della sua mente, dove non avrebbe potuto più farle male. Quando fu pronta, riempì il secchio d'acqua e si rimise in cammino per tornare a Nead.

Quando sbucò fuori dal bosco, si accorse che il sole era ormai alto nel cielo, torrido come i giorni precedenti, e il villaggio brulicava di attività. Automaticamente i suoi piedi si mossero in direzione della fucina, l’unico posto in cui era ben accetta fra quelle case.

Il rumore del ferro che veniva battuto la raggiunse ancora prima che la struttura comparisse davanti ai suoi occhi. Come ogni giorno il fuoco ardeva ferocemente nella grande fornace, alimentato da due grossi mantici. I bagliori rossastri si riflettevano sulle pareti mobili alte sette piedi che Mastro Radt aveva fatto costruire pochi anni prima, per tenere gli occhi di spie e ficcanaso lontani dal suo lavoro, le aveva confidato l'uomo. Senza esitazione superò lo sbarramento e fu investita da una vampata di calore che le fece ondeggiare i capelli. Intorno a una grande fornace piena di lingue di fuoco e tizzoni ardenti, si affaccendavano tre figure lucide di sudore. Una era quella di Mastro Radt, il vecchio fabbro, nonostante l'età aveva un corpo asciutto e muscoloso, temprato dagli anni passati a lavorare nella fucina. In quel momento reggeva un grosso martello dal manico in legno, battendo con forza un lungo e sottile pezzo di metallo incandescente, facendo sprizzare scintille ovunque. I colpi erano talmente forti che ad Eileen pareva di sentire le vibrazioni scuotere il terreno. La barba bianca ben curata, nascondeva gran parte del volto e i capelli candidi erano trattenuti da un fazzoletto logoro annodato sulla fronte, tuttavia la ragazza riusciva comunque a vedere la fronte e le sopracciglia aggrottate per lo sforzo. Accanto si stagliava l'enorme figura di Haward, l'apprendista più anziano, che con un paio di grosse pinze manteneva fermo sopra un'incudine l'acciaio che il fabbro stava lavorando. Era un tipo schivo e di poche parole, alto all'incirca sei piedi emmezzo e con mani enormi. Era incredibile come con esse fosse in grado di creare incredibili opere d'arte. A Eileen piaceva quel ragazzo e lui non sembrava avere paura del suo insolito aspetto, forse perché frequentava spesso la fucina per incontrare Mastro Radt. Probabilmente, se Sigrid non avesse minacciato tutti i ragazzi del villaggio, sarebbero anche potuti diventare buoni amici. Infine, dietro l'ingombrante struttura di mattoni scorse Gery. In quel momento si stava occupando di tenere il fuoco vivo mettendo in azione i grossi mantici. Prima che arrivasse il suo posto era occupato da Kaleb.

A causa della vicinanza con la sua famiglia, nessuno lo aveva voluto come apprendista, a parte Mastro Radt. Il fabbro era stato l'unico disposto a dargli un lavoro quando aveva compiuto dodici primavere. A nulla erano valse le buone parole e le lusinghe di suo padre, che se voleva, poteva essere molto persuasivo. Gli abitanti del villaggio erano troppo spaventati da lei e sua madre, per non parlare di Nani.

All'inizio era stato difficile, la fucina non era un luogo adatto ad un ragazzino, ma Radt era stato paziente. All'inizio aveva affidato a Kaleb solo compiti semplici: assicurarsi che ci fosse sempre legna e carbone, tenere la fucina pulita e riordinare gli strumenti. Poi, con il passare del tempo, aveva iniziato ad apprendere il mestiere, assistendo Radt e Haward nei processi di lavorazione del metallo, fino ad acquistare abbastanza autonomia. A Kaleb piaceva lavorare nella fucina, se non avesse superato la selezione per diventare un soldato, probabilmente avrebbe continuato la sua formazione lì. Gli anni passati a lavorare il metallo gli avevano donato un fisico forte, oltre che resistente, che si era rivelato molto utile per superare alcune delle prove architettate dal comandante Jokull. Ma più di ogni altra cosa, quel lavoro gli aveva permesso di entrare in contatto con il modo delle armi. Non che Mastro Radt ne fabbricasse molte, il loro era un piccolo villaggio circondato dalle montagne, gli unici che ne facevano richiesta erano i soldati del loro piccolo contingente, o i cacciatori che passavano vicino a Nead per seguire le piste degli animali. Per quanto potesse sembrare strano, Kaleb aveva un vero e proprio dono nell'utilizzo di ogni tipo di arma. Spade e alabarde sembravano naturali prolungamenti del suo corpo e quando imbracciava l'arco aveva una mira infallibile.

Eileen si crogiolò in quei pensieri attendendo con pazienza che gli uomini finissero il loro lavoro. Quando l'acciaio fa battuto per l'ultima volta Mastro Radt fece un cenno impercettibile ad Haward che con un movimento fluido fece scivolare il pezzo di metallo nel badile pieno di acqua salata alle sue spalle, sollevando una densa nube di vapore. Fu in quel momento che il fabbro la vide e il suo viso solcato dalle rughe si spiegò in un sorriso reso luccicante dai diversi denti di metallo che intervallavano quelli ancora sani.

-Eileen, scricciolo mio. Cosa ci fai da queste parti?- esclamò con voce roca avvicinandosi a lei con un'andatura zoppicante, colpa di un brutto incidente di appena un paio d'anni prima. Alle sue spalle Haward accennò un sorriso, mentre il volto di Gery divenne terreo, nonostante l'inferno di fiamme che gli bruciava accanto.

-Sono venuta a riprendere i vasi di unguento che ti ostini a conservare come cimeli- rispose Eileen senza riuscire a non rispondere al suo sorriso. -Dato che l'ultima volta non sei venuto personalmente al negozio, volevo essere certa che il messaggio fosse arrivato a destinazione-.

A quelle parole Gery divenne paonazzo e con fare impettito riprese a far funzionare il grosso mantice in cuoio. Nonostante il rumore infernale la risata di Radt raggiunse chiaramente le sue orecchie. -Nervosetto il nostro Gery, hai notato? Non preoccuparti, è un bravo ragazzo, solo un po' troppo influenzabile- spiegò il fabbro pescando un brandello di stoffa dall'ampio grembiule di cuoio per asciugarsi il sudore dalla fronte. Dammi solo qualche mese e lo renderò un apprendista accettabile. Anche se Kaleb mi mancherà-

Eileen sorrise condiscendente. -Lo immaginavo. In ogni caso, chi aveva bisogno dell'unguento?-.

-Haward, quello sciocco ha di nuovo messo le mani dove non doveva- sbottò Mastro Radt scuotendo la testa irritato, ma la giovane sapeva che era tutt'altro che adirato con il suo apprendista. Il fabbro era un uomo molto severo, soprattutto con se stesso, per questo ogni volta che uno dei suoi protetti si feriva accidentalmente, se ne sentiva in qualche modo responsabile, dato che lavoravano sotto la sua supervisione.

-Posso controllare la ferita?- domandò cautamente.

-Certo- acconsentì il ragazzo posando gli attrezzi ed iniziando a togliersi i lunghi guanti di cuoio. Senza farselo ripetere Eileen posò il secchio pieno d'acqua e scivolò verso di lui, iniziando a svolgere la benda che gli avvolgeva l'avambraccio, proprio sotto il gomito.

Per diversi attimi osservò la pelle del giovane, controllando con cura anche i bordi della ferita.

-Cambi la medicazione ogni giorno?- chiese analizzando lo strato di unguento gelatinoso che ricopriva l'ustione.

-Tutte le sere e ci applico il vostro unguento. Non è così brutta come sembra, sono riuscito a immergere il braccio nell'acqua quasi immediatamente- rispose Haward mentre lei risistemava con cura la fasciatura. -Dovresti comunque rimanere a riposo per un paio di giorni, per facilitare la guarigione-.

Il ragazzo scrollò le spalle -Non è necessario, davvero, si tratta di una bruciatura leggera e per ora non sto facendo sforzi eccessivi-.

-Come preferisci, ma stai attento alla fuliggine, non vorrei si infettasse-.

In quel momento Mastro Radt comparve al suo fianco tenendo tra le mani tre vasi grandi all'incirca quanto un bicchiere. -L'importante è che ti serva da lezione e sia entrato bene nella tua testaccia che nessuna parte del tuo corpo deve stare vicino ai bordi della forgia. I mattoni accanto al fuoco diventano terribilmente caldi, come avrai ben notato- ringhiò in direzione dell'apprendista, che rimpicciolì sotto il suo sguardo.

-Credo che abbia capito- si intromise Eileen con delicatezza cercando di spostare l'attenzione del fabbro dal povero ragazzo. -Quelli sono nostri?-.

Mastro Radt sbuffò. -Sì, abbiamo ancora un vaso mezzo pieno e, ovviamente, quello che abbiamo appena preso. Preferisco averne una buona scorta, in caso di necessità- disse riprendendo il fazzoletto nascosto sotto il grembiule ed asciugandosi di nuovo la fronte. -Quest'estate è davvero terribile, non faccio altro che sudare da mattina a sera, tu non hai caldo?-.

Solo in quel momento Eileen si accorse che, a differenza degli altri, se ne stava tranquillamente avvolta nel mantello, nonostante il calore. -No, sto bene. Mi piace l'estate e anche stare sotto il sole-.

-Buon per te- osservò il fabbro con un sospiro.

-Così sembra, ora però devo andare. Mia madre mi sta aspettando- disse la rossa scoccando un'occhiata al sole che correva rapido nel cielo, era stata fin troppo lontana da casa.

-Portale i miei saluti. Una sera di queste dovremmo proprio organizzare una bella cena insieme, mi mancano i manicaretti di tua madre-.

-Sarebbe fantastico, mamma da sempre il meglio di sé quando ci sono ospiti- rispose Eileen con un sorriso, allungando il braccio libero verso di lui per recuperare i vasi vuoti, ma Mastro Radt scosse la testa.

-Gery! Aiuta Eileen e vedi di non fare la figura del fesso come l'ultima volta!- esclamò richiamando il secondo apprendista.

-Devi scusarlo, gli abitanti del villaggio devono avergli riempito la testa di frottole. Sai come sono fatti quei codardi, hanno paura della propria ombra. Ci penserò io a raddrizzarlo come si deve- le sussurrò strizzando un occhio.

Il ragazzo si avvicinò a loro con circospezione e, stando ben attento di tenersi alla larga, prese tra le mani i vasetti dell'unguento.

-Dimentichi niente?- chiese il fabbro indicandola con un cenno della testa. Eileen, in un primo momento, non capì a cosa alludesse, poi con sommo stupore vide l'apprendista tendere una mano tremante verso il secchio ancora a terra al suo fianco.

Fece per opporsi, ma Radt annuì compiaciuto dandole una poderosa pacca sulla schiena che le tolse il fiato. -Bene, ora sparite, e tu cerca di non perderti lungo la strada. Abbiamo un mucchio di lavoro da fare-.

A quel punto Eileen capì che era inutile opporsi ed aspettò con pazienza che Gery si sistemasse.

Così combinati, i due ragazzi si misero sulla via di casa. La giovane procedeva a passo spedito, felice, in cuor suo, di ricevere quell'aiuto inaspettato, anche se non proprio volontario. Alle sue spalle sentiva il respiro pesante dell'altro ragazzo, che con fatica la seguiva lungo le strade. La ragazza vide alcuni dei loro compaesani squadrarli di sottecchi, ma non ci badò.

Giunsero fuori dal villaggio in un batter d'occhio ed Eileen inspirò a pieni polmoni l’aria profumata dai fiori che punteggiavano l’erba ai lati del sentiero. Felice, constatò che entro pochi minuti sarebbe finalmente tornata a casa. Tuttavia, appena furono dietro una folta macchia di arbusti, Eileen sentì qualcosa di duro sbatterle contro la spalla strappandole un grido di dolore. Con la coda dell'occhio vide un oggetto più grande del suo pugno rimbalzare a terra poco distante, producendo un forte rumore di cocci rotti.

Sorpresa, si volse per capire cosa fosse stato, facendo scivolare una mano sopra la spalla dolorante. Immediatamente riconobbe i frammenti di quello che era stato uno dei vasi che utilizzavano per gli unguenti e, sgomentata, si volse verso Gery in cerca di spiegazioni.

Il volto del giovane era livido. -Quindi vi piace anche avere un stuolo di schiavetti al vostro servizio- sibilò nella sua direzione.

Eileen boccheggiò incredula, con la spalla che le pulsava di dolore, poi si scostò di scatto per evitare il secondo vaso che l'apprendista le lanciò contro. Di nuovo udì il suono della terracotta che andava in mille pezzi e questo parve farla tornare in sé.

-Che diavolo stai farneticando! Sei impazzito?-.

Questa volta Gery le lanciò contro il secchio e lei si scansò, ma non fece in tempo ad evitare uno spruzzo d'acqua che le inzuppò il mantello ed i vestiti.

-È inutile che fai l'innocente, tutto il villaggio sa cosa fate tu e tua madre. Ora che Kaleb se n'è andato, è solo questione di tempo prima che vi caccino via- ringhiò con rabbia. Eileen fece prudentemente qualche passo indietro, per mettere più distanza possibile tra loro due. Sembrava una persona totalmente diversa da quella che era entrata il giorno precedente nella loro bottega.

-Già, noi curiamo le persone, proprio qualcosa di imperdonabile-.

Il viso di Gery si fece paonazzo, -Curare? Voi stregate la gente, la rendete vostra schiava fino a portarla alla follia. Ecco cosa fate!-

A quel punto Eileen si bloccò, iniziava ad arrabbiarsi anche lei. -È questo che Sigrid ti ha raccontato mentre eravate assieme?- esclamò contraendo la mascella. -L'unico schiavo che vedo qui sei tu, scodinzoli dietro alla tua padrona come un cane-.

Gery emise un agghiacciante lamento animalesco e le scagliò contro l'ultimo vaso che aveva tra le mani. -Non prendermi in giro!- urlò schizzando saliva ovunque. -Sigrid è una brava persona e si preoccupa per la sicurezza del villaggio-.

Questa volta Eileen non riuscì ad evitare il colpo e una nuova ondata di dolore esplose proprio sopra il ginocchio sinistro, mentre l'oggetto si distruggeva da qualche parte a lato del sentiero.

Con un lamento sofferente ondeggiò all'indietro, rischiando di inciampare nel bordo del mantello. Aveva gli occhi velati di lacrime, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere.

-Ieri ho cercato persino di aiutarti, sai meglio di me che l'eritema che hai sotto la camicia sta continuando a peggiorare, eppure mi stai ferendo con tutto quello che ti capita a tiro. Come puoi giustificarti?- ringhiò spostando tutto il peso sul ginocchio ancora sano.

Il giovane non parve nemmeno sentirla e con fervore prese a raccogliere dei sassi dal sentiero polveroso. A Eileen si ghiacciò il sangue nelle vene, quella situazione le stava decisamente sfuggendo di mano. Doveva tentare di farlo ragionare, prima che diventasse troppo pericoloso.

-Se non la smetti immediatamente, riferirò ogni cosa al capitano Finn e allora scoprirai quanto può essere accogliente la cella di Nead- lo minacciò zoppicando pietosamente. Se fosse riuscita a uscire dalla macchia di arbusti, sarebbero stati di nuovo visibili dal villaggio e forse sarebbe riuscita ad attirare l'attenzione.

-E a chi pensi che crederà. La tua parola non vale niente in questo posto, non l'hai ancora capito?- le domandò il giovane in tono di scherno, facendosi rimbalzare sul palmo una frastagliata pietra grigia.

-Si può sapere perché fai tutto questo?-.

Gery smise di giocherellare e si mise a fissarla intensamente facendola sentire ancor più a disagio.

-Per evitare che facciate ancora male a qualcuno. La gente ha paura di voi, ma io no. Non più. È giunto il momento di porre fine a questa storia- spiegò in tono sorprendentemente calmo.

Eileen sentiva la gola tremendamente secca, -Posso capire che il mio aspetto sia diverso e che la bravura di mia madre, molte volte, vada ben oltre le aspettative. Conosco le stupide dicerie che girano sul nostro conto- mormorò continuando a scivolare in modo sgraziato sul terreno. -Tuttavia, puoi anche chiedere a qualsiasi persona del villaggio, a nessuno è mai stato fatto del male. Mai-.

-E che mi dici dei bambini dietro la vostra casa?- domandò in tono accusatorio a voce talmente bassa che Eileen temette di non aver sentito bene.

-Di cosa stai parlando?- borbottò completamente spiazzata. Di tutte le risposte che si aspettava quella era la più improbabile, oltre che senza senso. Non c'erano bambini dietro la loro casa. Era la più lontana dal villaggio e nessuno degli abitanti avrebbe lasciato allontanare tanto i propri figli. Soprattutto in prossimità della loro bottega, senza una valida ragione. Di solito era sua madre che si recava a casa degli ammalati in caso di bisogno e non la lasciavano mai sola.

Con un sorriso folle ad incurvargli le labbra, l'apprendista prese a scuotere la testa mestamente, quasi deluso dal quel suo comportamento poco collaborativo. Del ragazzo terrorizzato del giorno precedente non rimaneva neppure l'ombra. Era questo che Sigrid e sua madre erano in grado di fare pur di ottenere i loro scopi. Distorcevano la realtà a tal punto che era impossibile non credergli.

-Dopo che ti avrò sistemata, butterò il tuo corpo in un crepaccio. Dove non verrà a cercarti anima viva- disse ricominciando a giocherellare con la stessa pietra di prima. -In fondo, a nessuno interessa del piccolo Mostro- concluse prima di sollevare il braccio, pronto a colpirla.

Eileen guardò disperatamente il bordo della macchia di cespugli, ma era ancora troppo lontana. Con amarezza si irrigidì e serrò gli occhi con forza. Forse se fosse riuscita a resistere abbastanza, avrebbe potuto farcela. Spinta da quell'unico pensiero trattene il fiato, pronta a un dolore che però non arrivò mai.

-Cosa succede qui?-.

Ad Eileen quasi scoppiò il cuore nel petto per il sollievo.

Come se fosse stata una marionetta a cui venivano tagliati i fili, Gery fece ricadere le braccia lungo i fianchi, facendo scivolare a terra tutti i sassi che aveva raccolto.

Due figure avvolte in lunghi mantelli scuri avanzavano verso di loro, in modo tanto fluido e aggraziato che ad Eileen parvero danzare sull'erba. Li riconobbe immediatamente, facevano parte del gruppo di sconosciuti che aveva scorto quella mattina al villaggio vicino alla dimora del Sorvegliante.

-N-niente- balbettò Gery mentre il suo colorito passava dal rosso paonazzo al grigio. -Me ne stavo andando, aveva solo bisogno di una mano- aggiunse facendo qualche passo all'indietro verso il villaggio. Probabilmente si stava chiedendo quanto quei due avessero visto, o sentito, della loro conversazione. Nei suoi lineamenti era chiaramente visibile il terrore e, a poco a poco, il ragazzo del giorno prima riemerse dal macabro pozzo di follia in cui era stato gettato.

-Ne ero certo- rispose il forestiero con voce melodiosa, fermandosi a pochi passi da loro. Il compagno silente fece altrettanto, arrestando la sua avanzata un passo dietro di lui.

Senza perdere altro tempo e proferire parola, Gery diede loro le spalle e come un automa percorse a ritroso il sentiero che avevano percorso poco prima, sparendo dietro la macchia di arbusti, come se nulla fosse successo.

Eileen lo seguì con lo sguardo durante tutto il tragitto, incapace di muoversi. Non poteva ancora credere a quanto era accaduto. Non credeva che Gery si sarebbe spinto tanto in là da ucciderla, ma quella non era una questione a cui sarebbe potuta passare sopra facilmente. Sigrid avrebbe pagato quell’affronto.

-Ti senti bene?-.

La voce armoniosa dello sconosciuto ruppe nuovamente il silenzio, strappandola dai suoi cupi pensieri. Nonostante il tono carezzevole, non poté fare a meno di notarne lo strano accento. Forse si trattava di un gruppo di viaggiatori provenienti da Teine Tìr, il regno che confinava con Mellt a sud, in prossimità dei Colli Dorati.

-Credo di sì- rispose in tono roco, in confronto a quella del forestiero, la sua voce sembrava stridente come metallo sulla roccia. Aveva la gola talmente secca che la lingua pareva attaccarsi al palato.

Non dovette essere molto convincente, perché l’altro si avvicinò apprensivo. -Sei ferita?- insistette avvicinandosi fino a posarle una mano sulla spalla. Eileen fece a malapena caso alle dita bianche e stranamente lunghe che le scivolarono sul mantello, perché in quel momento si rese conto dei brividi violenti che le attraversavano il corpo. Istintivamente si strofinò le braccia trovandole coperte di pelle d'oca, ma non aveva freddo.

-Sto bene- replicò scostandosi di scatto per sottrarsi al suo tocco, pentendosene all'istante. Forse era una sua impressione, ma il punto dove lo straniero l'aveva toccata sembrava più caldo, nonostante il mantello. -Grazie- si affrettò ad aggiungere. Non era abituata al contatto con le altre persone, dato che a Nead tutti la evitavano, ma quei due l'avevano appena salvata da una pessima situazione. Il minimo che potesse fare era mostrare la sua gratitudine.

Questo la spinse a sollevare lo sguardo da terra per studiarli meglio. Ora lo sconosciuto era talmente vicino che riusciva a scorgere vagamente il suo viso al di sotto dell'ombra del cappuccio.

Quello che vide la paralizzò sul posto.

Era un giovane ragazzo, lo stesso che l'aveva osservata quella mattina da sotto la grande quercia del villaggio, avrebbe riconosciuto ovunque quello sguardo chiaro e luccicante. Le formidabili iridi azzurre che la stavano osservando, erano venate da una sfumatura argentea che li faceva risplendere, ma non era stato quello a scuoterla fin dentro le ossa. I lineamenti del viso dell’altro erano delicati e armoniosi, proprio come la sua voce, eppure oltre di essi Eileen fu certa di vedere lo spettro del suo volto.

Avevano gli stessi zigomi pronunciati, il taglio dell'occhio insolitamente allungato, sormontato da sottili sopracciglia arcuate e la carnagione pallida come la luna. In tutta la sua breve esistenza non aveva mai incontrato un'altra persona che le somigliasse tanto.

Il forestiero inclinò leggermente il capo preoccupato. -Forse è meglio se ti lasci accompagnare. Non sembri avere un bell'aspetto-. Al suo fianco il suo misterioso compagno fremette, non capì se per rabbia o incredulità. In quel momento pensare le risultava incredibilmente difficile.

-No, davvero, non è necessario- riuscì ad articolare la rossa in tono strozzato. La sua mente era totalmente vuota, annientata da quella visione sconvolgente.

-Come preferisci- si arrese l'altro senza mostrare alcun turbamento. Seppure la stesse fissando con una strana intensità, Eileen non si sentì a disagio, tutto di lui emanava pace e calore. Le pareva di essere un piccolo germoglio esposto per la prima volta alla luce del sole, in qualche modo bisognosa di quel quieto tepore.

-Potrei sapere tuo nome?- chiese sempre in tono gentile il forestiero riscuotendola dal torpore del suo sguardo.

-Eileen, Eileen Arenson- sussurrò con voce roca, vergognandosi nuovamente per quanto sgraziata sembrasse in confronto a lui.

Il viso dello sconosciuto si aprì in un dolce sorriso. -Un nome meraviglioso, in qualche modo ti appartiene- disse, mentre un lampo divertito gli passava nelle iridi argentate alla vista del suo sguardo confuso.

In quel momento la figura alle sue spalle emise un mormorio impercettibile e il suo interlocutore volse leggermente il capo, come in ascolto. Rispose nello stesso tono gentile che aveva riservato a lei, ma utilizzò una lingua diversa, più dolce e musicale. Eileen non aveva mai udito nulla del genere, di sicuro non era quella utilizzata a Teine Tìr, dato che si trattava di una serie di suoni gutturali e sgraziati. Ma che non fossero originari di quel regno lo aveva già intuito. La pelle dello sconosciuto era troppo chiara perché provenissero da quelle terre.

-Per noi è tempo di andare. Spero che i nostri destini si incrocino di nuovo Eileen Arenson, non sono molte le luci che brillano come la tua- le disse mentre si chinava a raccogliere un oggetto dal terreno per porgerglielo.

Sbalordita la rossa lo prese tra le mani constatando che si trattava di un piccolo vaso di terracotta, ma non uno qualsiasi. Riconosceva i decori stilizzati che ne ornavano il bordo superiore, erano gli stessi che si ripetevano sulla maggior parte delle loro ceramiche.

Alzò di scatto il capo incredula, ma le parole le morirono sulla punta della lingua quando vide che i due si erano già voltati e si stavano allontanando a passo sostenuto.


Continua...



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Capitolo 3
*** 03.Il Rogo ***


03.IL ROGO


Eileen restò a guardare gli estranei che si allontanavano. Aveva i piedi incollati al terreno, come se avessero deciso di mettere radici. Ancora senza parole, fissò il vaso che teneva tra le mani.

Si trattava senza ombra di dubbio di una delle loro ceramiche, non poteva sbagliarsi. Stentava a crederci, dato che li aveva sentiti distintamente cadere a terra e frantumarsi sul terreno, mentre Gery glieli scagliava contro, eppure era solido e reale, stretto tra le sue dita esangui. Se non avesse visto con i propri occhi l’estraneo che lo raccoglieva dal terreno ai suoi piedi, non ci avrebbe creduto.

Alzò ancora lo sguardo per osservare gli stranieri, ma questi si erano già dileguati, inghiottiti dai boschi che circondavano il villaggio. Solo in quell’istante notò che la direzione che avevano preso non corrispondeva ad alcuno dei sentieri che portavano a Nead, o fuori dalle montagne. Un fatto senza dubbio insolito.

Sovrappensiero, spostò il peso del corpo sul piede destro e una dolorosa, quanto improvvisa, fitta al ginocchio la riportò alla realtà. Lo stupore di poco prima le aveva fatto completamente dimenticare l’aggressione di Gery e le ferite che aveva riportato. Maledicendosi per la sua ottusità, diede di nuovo le spalle a Nead ed iniziò a zoppicare verso la sua casa. Ogni pochi passi si guardava freneticamente attorno, con la paura che Gery, o qualche altro membro della cricca di Sigrid, sbucasse fiori dal nulla per ricominciare a tormentarla.

Dopo quella che le parve un’eternità, finalmente scorse il tetto della sua abitazione, familiare e rassicurante. Dal comignolo usciva un sottile filo di fumo, segno che sua madre si trovava all’interno. Con un ultimo sforzo si trascinò fino all’usco di casa spalancando la porta con tanta irruenza, da farla sbattere contro il muro della bottega. Il forte rumore allertò l’altra occupante della piccola abitazione che si mosse al piano superiore.

-Eileen? Sei tu?-.

La voce di sua madre risuonò fino a lei e sentì il pavimento di legno scricchiolare sotto il suo peso mentre scendeva le scale che portavano alla bottega.

-Sì, sono io- esclamò la giovane in tono innaturalmente acuto serrandosi la porta alle spalle. Aveva bisogno di chiudere fuori tutto quello che era successo da quando Kaleb era partito.

Gli stranieri sotto la quercia del villaggio, lo scherno di Sigrid, l’apprendista impazzito ed, infine, il giovane con i suoi stessi lineamenti. Era troppo per lei, si sentiva la testa che scoppiava.

-Pensavo non saresti più tornata- ridacchiò la donna scostando la tenda che copriva l’apertura dietro il bancone. Per poco ad Eileen sfuggì un gemito pieno di ironia, sua madre non sapeva quanto si fosse avvicinata alla verità, purtroppo. Il sorriso che le illuminava il volto si spense in un istante, quando vide in che condizioni si trovava. -Che diavolo hai combinato? Perché sei fradicia?-.

Eileen sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi, ma le ricacciò indietro. Non era il momento di lasciarsi andare.

-Sono scivolata mentre andavo a prendere l’acqua al fiume- mentì zoppicando fino al bancone. Non poteva dire la verità a sua madre. Sarebbe sicuramente andata fuori dai gangheri e l’ultima cosa che voleva era essere trascinata al cospetto del Sorvegliante Attis. Per quanto le costasse ammetterlo, Gery aveva ragione, nessuno avrebbe creduto alla sua versione dei fatti.

Deana strabuzzò gli occhi. -Sei ferita!- esclamò con voce intrisa di agitazione, aggirando di corsa l’ingombrante mobile di legno che le divideva.

-Mi dispiace, non ho prestato attenzione. I sassi sulla riva erano scivolosi e sono caduta in acqua. Ho anche perso il secchio- soffiò la rossa cercando di essere convincente, mentre sua madre l’aiutava a sfilarsi lo stivale e ad arrotolare le braghe fino a metà coscia. Sulla sua pelle candida stava già lentamente apparendo un bozzo violaceo delle dimensioni di una mela.

Deana studiò la ferita con lentezza e la ragazza capì subito di essere perduta.

-Ti hanno fatto del male?- sussurrò la donna incredula.

Per alcuni attimi regnò un silenzio pesante, carico di tensione. Eileen si morse le labbra con amarezza, la sua bugia non aveva retto neppure un minuto. Dopotutto, gli occhi della guaritrice più celebre di tutta la Fàinne non potevano essere ingannati con così poco.

Sentì le mani di sua madre tremare al di sopra della sua pelle tumefatta.

-Nessuno mi ha fatto male. Ti ho detto che sono caduta-. Ma le sue parole vennero totalmente ignorate.

-Chi è stato?- le domandò Deana con veemenza. La ragazza si sentì gelare la bocca dello stomaco. Non aveva mai sentito Deana parlarle in tono così duro.

La sorpresa la rese muta. Sua madre era una donna gentile e molto tollerante, ma l’amore che nutriva nei suoi confronti e per suo padre, la rendeva un avversario temibile per chiunque li minacciasse. Non si sarebbe fermata fino a quando non avrebbe ottenuto giustizia e questo la preoccupava immensamente.

-Eileen- la richiamò con durezza la donna. -Devo sapere chi è stato-.

La rossa si lecco le labbra secche, prima di rispondere. Ormai il danno era fatto e non poteva più tirarsi indietro, avrebbe cercato di arginare la sua rabbia.

-Questa mattina sono andata a prendere l’acqua al fiume e sulla via del ritorno mi sono fermata da Mastro Radt per farmi restituire i vasi degli unguenti che aveva ancora con sé- iniziò a raccontare con voce rauca.

-Continua- la incitò Deana allontanandosi da lei ed iniziando a rimbalzare dentro la stanza come una trottola impazzita. Le sue mani si muovevano senza indugi tra ampolle e giare alla ricerca degli ingredienti che le servivano.

-Abbiamo chiacchierato un po’, poi Mastro Radt ha chiesto a Gery di aiutarmi a tornare a casa, dato che avevo molte cose da portare con me. Così il nuovo apprendista ha preso il secchio pieno d’acqua e i vasi al posto mio e ci siamo allontanati insieme. Ma una volta giunti fuori dal villaggio, non appena siamo stati nascosti da una macchia di arbusti, ha iniziato a dar fuori di matto. Mi ha lanciato addosso tutto quello che aveva tra le mani e poi ha iniziato a raccogliere delle pietre dal terreno… se non fosse stato per i forestieri che ho visto questa mattina, non so che fine avrei fatto. È per questo che ho questi lividi-.

-Ce ne sono altri?- domandò sua madre allarmata dalle sue parole.

Eileen sospirò. -Sì, solo uno. Sulla spalla sinistra- ammise posando il vaso che stringeva fra le dita e iniziando a sbottonarsi la camicia.

Alla vista del secondo ematoma che stava sbocciando sulla sua pelle come un fiore violaceo Deana rabbrividì. Il suo sguardo si offuscò, appannato da paura e, soprattutto, dall’ira.

-Dobbiamo andare subito a parlare con il Sorvegliante Attis. Questo Gery si pentirà amaramente per le sue azioni- esclamò applicando uno spesso strato di arnica sul livido. Nonostante la forte rabbia le sue mani erano ferme. Era incredibile come riuscisse ad escludere la negatività, in modo che non influisse sul proprio lavoro.

-No, mamma- soffiò Eileen abbassando lo sguardo.

Deana la fissò incredula. -Come? Sei per caso impazzita?- urlò mentre copriva le sue ferite con delle bende pulite. -Quel ragazzo poteva farti molto più male di così. Sei stata fortunata, se ti avesse colpito alla testa, o sul torace, non te la saresti cavata così a buon mercato-.

La rossa fece una smorfia. -Il problema non è lui-. Le costava moltissimo ammetterlo, aveva sempre cercato di tenere Deana lontana dai suoi problemi. Per di più, quella era la sua guerra, e voleva vincerla da sola. Sua madre aveva già abbastanza grattacapi, a causa di Nani, senza mettersi a combattere anche le sue battaglie.

-Non dirmi che Nani si è spinta a tanto- sbottò la guaritrice travisando le sue parole.

La giovane scosse il capo con veemenza, -Non è colpa sua- sbuffò, esasperata da tanta insistenza. Si sentiva sotto torchio, come una criminale.

-E allora chi?- esclamò Deana, mentre le guance le si imporporavano per la rabbia e la frustrazione. -Eileen, devo sapere!- insistette prendendo il viso della figlia tra le mani per costringerla a guardarla negli occhi.

La giovane ricambiò il suo sguardo addolorato. Non avrebbe mai voluto parlarne con lei, ma non aveva più scelta. Sapeva che non le avrebbe dato pace fino a quando non le avrebbe detto tutta la verità. Sua madre era fatta così.

-La mia è solo un’ipotesi- sospirò affranta staccando le iridi color del tramonto da quelle castane di lei. Doveva scegliere le parole con cura, se non voleva vedere sua madre uscire di casa come una furia, magari armata di un cucchiaio di legno. Non si trovava nelle condizioni di poterla inseguire e farla ragionare.

-Parla, per amore degli Avi!- la incalzò di nuovo la donna, senza darle tregua.

-Sigrid- borbottò infine, non trovando un modo migliore per iniziare. -All’inizio pensavo che fosse solo paranoia. Gli abitanti di Nead non hanno mai amato la nostra famiglia, ma da quando è morto papà, ho notato un certo accanimento nei miei confronti. Spesso mi accadono incidenti improbabili, o vengo ferita accidentalmente, mentre gli altri ragazzi svolgono le loro mansioni quotidiane.

-Non ho mai trovato un nesso a tutto quanto, fino a quando Kaleb non ha sventato l’ennesimo scherzo di cattivo gusto architettato nei miei confronti. Ha tormentato così tanto i due malcapitati che mi avevano preso di mira, che alla fine hanno deciso di vuotare il sacco. Sigrid ha convinto tutti i ragazzi del villaggio che se ne avessi avuto abbastanza, probabilmente sarei riuscita a convincerti a lasciare Nead. Mi odia tanto quanto Sigrid odia te, credo, anche se non ne conosco il motivo-.

La notizia colpì sua madre più duramente di quanto credette. La vide arretrare di qualche passo, con le braccia inerti lungo i fianchi e le labbra socchiuse per lo sgomento. La rabbia era scomparsa dal suo volto, diventato inespressivo. Non sembrava credere a quello che aveva appena udito.

-Perché non mi hai mai detto niente?- chiese turbata.

-Mamma, tu hai già abbastanza problemi con Nani senza aggiungere altre sciocchezze. Questa faccenda posso benissimo gestirla da sola. Sono solo degli stupidi scherzi- sospirò Eileen cercando di alleggerire la tensione. In fondo era la verità, se si escludeva l’esplosione di rabbia di Gery, non le era mai capitato niente di eclatante. Nulla che andasse oltre il secchio di pomodori marci che il figlio del mugnaio era riuscito a svuotargli in testa la primavera precedente. Affronto che, al malfattore, era costato un paio di giorni a stretto contatto con la latrina. Da allora il poveraccio si guardava bene dal trovarsi anche solo nel suo campo visivo.

Le sue parole non dovettero essere abbastanza convincenti, perché la rabbia tornò ad incendiare il viso della guaritrice, che la trafisse con uno sguardo di fuoco. -Certo, come no. Forse non te ne sei resa conto, ma ti reggi a malapena in piedi. Questo mi sembra andare ben oltre una semplice bravata- sibilò Deana scuotendo la testa con disappunto. -Appena ti sentirai un po’ meglio, andremo a chiedere udienza al Sorvegliante Attis, che ti piaccia o meno-.

Eileen digrignò i denti irritata. Era proprio quello che voleva evitare. Le parole di Gery le risuonavano ancora nelle orecchie come un monito. -Non è mai capitato che le cose prendessero questa piega. Sono stata presa alla sprovvista, lo ammetto, ma se fino ad ora non hai mai sospettato nulla, significa che so cavarmela da sola. Quindi non andiamo da nessuna parte- replicò risentita.

Le due si scrutarono in cagnesco. Nessuna aveva intenzione di cedere e il silenzio si protrasse per minuti interi.

Infine, Deana distolse lo sguardo e sospirò spazientita. -Vado a prenderti qualcosa da mangiare. Starai morendo di fame. Non osare muoverti da lì- borbottò aggirando nuovamente il bancone per poi sparire al piano superiore.

Eileen continuò a fissare l’uscio con espressione arcigna anche dopo che sua madre fu sparita. Non le piaceva discutere con lei, ma non era più una bambina e non necessitava della sua protezione. Avrebbe risolto da sola i propri problemi. Il motivo per cui non aveva ancora denunciato quella seccante situazione al Sorvegliante Attis, era perché non era in possesso di prove schiaccianti che inchiodassero Sigrid. Inoltre, il fatto che si trattasse della sua stessa figlia, rendeva il tutto ancora più complicato. Senza considerare il pessimo rapporto che c’era fra le loro madri. Tutti al villaggio ne erano a conoscenza, quindi bastava un solo passo falso affinché passasse lei dalla parte del torto al posto di quelle due megere. Digrignando i denti per il dolore scivolò sull’alto sgabello nascosto dietro al bancone ed aspettò.

Prima di quanto pensasse, sua madre ricomparve al suo fianco porgendole una ciotola colma di verdure crude, un tozzo di pane e una caraffa d’acqua.

In quel momento il suo stomaco protestò rumorosamente, facendola sobbalzare ed interrompendo il filo dei suoi foschi pensieri. Non si era resa conto di essere tanto affamata. Senza pensarci troppo si gettò sul cibo, in fondo era dalla sera prima che non metteva nulla sotto i denti.

-Grazie- mugugnò senza alzare la testa dal piatto.

Deana non disse nulla, limitandosi a fissarla con pazienza mentre divorava il pranzo. Con le dita tamburellava distrattamente sul piano in legno del bancone, riproducendo una melodia ipnotica e piacevole. Notando il suo comportamento Eileen si lasciò quasi sfuggire un sorriso. Conosceva sua madre fin troppo bene, quello era il chiaro segno che stava architettando qualcosa per farle cambiare idea e costringerla capitolare. Fece appena in tempo a formulare quei pensieri, prima che Deana iniziasse a parlarle in tono conciliante.

-So che ormai hai quindici primavere e ti consideri praticamente un’adulta, ma non c’è niente di male a chiedere aiuto quando se ne ha bisogno- disse, osservandola mentre trangugiava le verdure.

-Sono sicura che riuscirai a cavartela da sola con Sigrid, sei una ragazza intelligente e troverai di certo il modo per liberarti da questo tormento. Tuttavia, non posso fare a meno di ribadire il mio consiglio, dovresti denunciare Gery al Sorvegliante Attis. I lividi sono una prova lampante di quanto è accaduto e Mastro Radt di certo testimonierà a tuo favore-.

La rossa la squadrò con sospetto, era difficile credere che sua madre si sarebbe limitata a quello, una volta che fossero state al cospetto del Sorvegliante. La sua espressione dovette essere abbastanza eloquente, dato che Deana si affrettò subito a rassicurarla. -Ti prometto che non interferirò in alcun modo e lascerò che sia tu a spiegare ciò che è accaduto. Sai che non mi rimangerei mai la parola- aggiunse lisciandole delle pieghe invisibili sulla sua camicia sbottonata.

A quelle parole Eileen si rilassò un poco, effettivamente sua madre non infrangeva mai le proprie promesse. Quindi poteva fidarsi se affermava che non avrebbe cercato di sviare il discorso per costringerla a vuotare il sacco sull’intera faccenda. Tuttavia, era sicura che ci fosse un piano ben preciso dietro alla sua richiesta. Qualcosa che ancora le sfuggiva.

Eileen fece per risponderle, ma fu interrotta da una serie di colpi secchi che si abbatterono sulla porta della bottega. Deana si volse a fissare l’uscio perplessa, più che bussare sembrava che il nuovo venuto volesse sfondare l’entrata a calci.

-Deana Alvitson, aprite le porte della vostra dimora- esclamò una possente voce maschile da dietro le assi di legno scuro. La guaritrice fissò l’uscio stralunata, era da anni che nessuno le si rivolgeva utilizzando il suo nome da ragazza.

Non ricevendo alcuna risposta il nuovo venuto riprese a percuotere l’uscio. -Siamo venuti per ordine del Sorvegliante Attis! Aprite immediatamente!- tuonò.

-Per l’amor del cielo, Elof. Così distruggerai la porta!- rispose Deana riconoscendo l’uomo ed avvicinandosi a grandi falcate per aprire.

Sulla soglia apparve un soldato corpulento rivestito d’armatura, con una lunga lancia tra le mani e l’espressione di chi sta facendo qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Sporgendosi per quanto poteva dalla sua posizione, Eileen squadrò l’uomo con espressione arcigna. Non poté fare a meno di notare la differenza con manipolo di uomini che questa mattina avevano lasciato il villaggio con i cadetti. La tunica blu notte del soldato era lisa in più punti, tesa sul ventre prominente, le stelle argentee quasi del tutto scomparse. Anche l’armatura aveva visto giorni migliori e gli pendeva addosso opaca e incompleta, lasciando scoperta la maggior parte del corpo pingue.

-Cos’è accaduto? Qualcuno ha bisogno delle mie cure?- si allarmò Deana, impressionata da tale formalità da parte di quella vecchia guardia, che, solitamente, si limitava a passeggiare pigramente lungo i confini di Nead. In una pallida imitazione di una ronda di ricognizione.

Il soldato scattò sull’attenti. -Nulla del genere, siamo venuti a conferire con voi riguardo a un reato compiuto dalla vostra famiglia nei confronti del regno di Mellt- recitò in tono monocorde, con lo sguardo perso in un punto imprecisato sopra la sua spalla.

-Non capisco, che genere di reato?- domandò la guaritrice inarcando le sopracciglia sconcertata. Con i rapporti limitati che avevano con il resto del villaggio, era assai improbabile per loro compiere un’effrazione di qualsiasi genere.

Elof schiarì nervosamente la voce, -Siete accusati di furto e frode ai danni della famiglia reale- chiarì, mentre i suoi occhi scivolavano all’interno della bottega per poi soffermarsi su Eileen.

Per un attimo la rossa rimase interdetta. Era strano per lei essere oggetto di tanta curiosità. Poi si rese conto che il soldato non la stava fissando in viso, ma era più interessato al suo petto. Istantaneamente si sentì il volto avvampare e con dita impacciate si affrettò a chiudere i bottoni della camicia rimasti aperti. Ancora una volta si maledì per la propria goffaggine.

-Ritengo assai improbabile di essere responsabile di tale crimine. In ogni caso, chi avanzerebbe queste accuse?- sospirò Deana in tono rassegnato. Situazioni come quella erano ormai all’ordine del giorno.

-La nobile Nani Conceit, consorte del Sorvegliante Attis, la cui devozione va alla grande casata Rasmus- rispose Elof, come se stesse recitando un copione imparato a memoria. Senza parole, Deana si sporse appena oltre la grande figura del soldato, e alle sue spalle, a un centinaio di piedi di distanza, vide l’intero corpo dei soldati di Nead, bardati e armati di tutto punto, come non li si vedeva da anni. Al centro, vestita interamente di bianco, capeggiava una compiaciuta Nani, fortemente avvinghiata al braccio robusto del comandante Finn. Per un attimo la guaritrice ebbe compassione per quell’uomo.

Da dove si trovava Eileen non riusciva a vedere il viso di sua madre, ma dal tono di voce poté immaginare l’espressione tirata che le segnava i lineamenti.

-Forse la nostra cara nobile deve aver preso l’ennesimo abbaglio- ribatté in tono ironico. -Né io né mia figlia abbiamo rubato alcunché, mi dispiace che l’intero corpo di guardia sia stato distolto dalle proprie mansioni per un tale malinteso-. La ragazza trattenne a stento le risa, sembrava che Elof avesse ingoiato un limone.

-Non siete stata voi a commettere il reato- borbottò l’uomo cercando di conservare un minimo di dignità.

A quel punto, il tono della guaritrice si fece sfacciatamente beffardo, -Dunque cosa ci fate sulla soglia della mia casa, per di più armati? Qui abitano due donne, non un clan di banditi di montagna- fece notare, senza riuscire a trattenere una risata.

Il soldato arrossì furiosamente, colpito nell’orgoglio. -Il furto è stato commesso dal deceduto Aren Bragison- sbottò.

Improvvisamente un sudario gelido scese su di loro, cristallizzando il tempo e i loro pensieri. Eileen sentì l’allegria evaporare come neve al sole. Il suo stomaco si strinse in una morsa dolorosa, al ricordo sempre troppo amaro del padre. Davanti a lei, sentì sua madre inspirare pesantemente, il corpo scosso dai tremiti. Non era un buon segno. Preoccupata, scivolò sgraziatamente giù dallo sgabello e si affrettò a raggiungere la donna.

-Mio marito è morto tre anni fa in un tragico incidente, come osate presentarvi ora davanti a me infangando la sua memoria ed il suo onore!- ruggì sua madre con una tale furia che Elof fece un passo indietro spaventato.

-Mamma, per favore, calmati. Ci sarà sicuramente un errore- sussurrò Eileen posandole una mano sul braccio munito per cercare di tranquillizzarla. La donna aveva la mascella contratta e le mani serrate a pugno, gli occhi scuri mandavano lampi.

-Suvvia Deana, non è educato da parte di una signora alzare il tono in questo modo- gorgheggiò una voce femminile proveniente da dietro la figura imponente di Elof. Nani aveva finalmente deciso di avvicinarsi per prendere parte alla commedia da lei orchestrata. Era ancora avvinghiata al muscoloso braccio del comandante Finn, che la fissava con un misto di adorazione e assoluta dedizione che Eileen trovò intollerabile, oltre che ridicolo. Non c’era da stupirsi se l’intero corpo di guarnigione fosse schierato davanti a loro. Sembrava che l’uomo fosse disposto a concederle qualsiasi cosa desiderasse.

-Tutto questo oltrepassa ogni limite della decenza. Aren era un uomo onesto e generoso, il suo tempo su questa terra è ormai passato. Non intendo permettere che la sua memoria sia deturpata con false calunnie. Esigo che le guardie siano allontanate immediatamente dalla mia casa e le accuse ritirate- pretese Deana erigendosi in tutta la sua minuscola figura. Il suo sguardo bruciava con un’intensità tale, che Eileen vide la volontà dei due uomini vacillare. Tuttavia, questo non bastò a frenare la moglie del Sorvegliante.

-Non credo sia possibile, la nostra fonte è stata piuttosto precisa in merito-.

-E chi sarebbe?- sbottò Deana senza più nemmeno cercare di nascondere l’irritazione.

La domanda disegnò sul viso di Nani un sorriso trionfale che fece accapponare la pelle a Eileen. -Lo stimato principe Myr, discendente della dinastia Rasmus, terzo erede al trono del regno di Mellt-

Per un breve momento ci fu solo silenzio, mentre le parole della donna cercavano di essere interpretate dalle loro menti attonite.

-Non ti aspetterai che creda ad una sciocchezza simile- disse piano la guaritrice, che finalmente pareva aver ripreso il controllo di sé. Sollevata, Eileen allentò la stretta sul suo braccio, mantenendo tuttavia il contatto.

-Attenta a quel che dici donna, sono pur sempre la moglie del Sorvegliante di queste terre e un’offesa alla mia persona sarebbe uno scotto caro da pagare- le minacciò Nani con un’occhiata furibonda, che fu completamente ignorata dalle altre due. Erano anni che si sentivano minacciate in quel modo e sapevano perfettamente che il Sorvegliante Attis non avrebbe permesso che fosse loro torto un capello a causa di un piccolo bisticcio. Era forse l’unico uomo del villaggio in grado di negare qualcosa a quella donna.

-Non ci sono menzogne nelle mie parole, questa mattina il Principe Myr si è presentato presso la nostra dimora per conferire con mio marito. A quanto pare era molto interessato ad un manufatto conservato da Attis nel suo studio- rivelò Nani soppesando con cura le proprie parole.

-Splendido, sarà stato un momento memorabile, ma ciò in che modo coinvolge la mia famiglia?- chiese Deana spazientita, spingendola ad arrivare al punto della questione.

Le labbra di Nani si piegarono in un ghigno malevolo, a quanto pare aveva intenzione di giocare quella partita secondo le sue regole. -Si trattava di un regalo fatto da Aren a mio marito molti anni fa, di ritorno da uno dei suoi viaggi per il regno-.

Deana inarcò un sopracciglio, scettica. -Sono molti gli oggetti che mio marito ha raccolto nel corso degli anni e sicuramente il Sorvegliante Attis ne conserva più di uno nella sua dimora. Se ben ricorderai, erano in ottimi rapporti, ed è capitato in più di un’occasione che gli affidasse delle commissioni-.

Nani si concesse una breve risata, -Certo, non scorderemo mai i servigi resi alla nostra famiglia. Aren era il migliore nel sua professione, si può dire che possedesse un istinto unico. Tuttavia, forse di questo manufatto in particolare conserverai qualche memoria. Si tratta di una sfera di pietra, marmo forse, lunga pressapoco sei pollici. Leggera come una piuma e di un colore bianchissimo, con delle venature dorate sulla superficie-.

Eileen vide sua madre impallidire, mentre sul suo volto si disegnava un’espressione di assoluto stupore, oltre che di orrore. Per quanto si sforzasse la ragazza non riusciva proprio a ricordare di che genere di oggetto stessero parlando. Eppure doveva trattarsi di qualcosa di davvero eccezionale, per destare un tale scalpore.

-Vedo che ricordi- gorgheggiò Nani con evidente piacere. -D’altra parte si tratta di un oggetto meraviglioso. Un dono inaspettato, è incredibile che Aren si sia voluto separare da una cosa di tale valore. Se la memoria non mi inganna, è stato nello stesso periodo in cui è venuta alla luce la nostra piccola Eileen-.

La rossa fece una smorfia, sentire il suo nome pronunciato un tono tanto zuccherino da quella donna le faceva venire il voltastomaco. Tuttavia questo spiegava perché non conservasse alcuna memoria dell’accaduto.

-Te ne ricordi incredibilmente bene, pur essendo un fatto avvenuto ormai quindici anni fa- fece notare Deana in tono circospetto. Nani fece un gesto noncurante con la mano, -Non sono poi così tanti anni e quella sfera è veramente un manufatto senza pari. Chiunque se ne ricorderebbe-.

-In ogni caso, Aren non era un ladro, su questo potrei scommettere la mia vita- disse Deana ritornando al nocciolo della questione, sollevando il mento in segno di orgoglio e di sfida. Non avrebbe lasciato che il ricordo del marito fosse offuscato dalla cattiveria di quella donna.

Il viso di Nani si contrasse in un cipiglio visibilmente falso. -Vorresti dire che il nostro venerabile principe testimonia il falso? È un'accusa piuttosto ardita, per un piccola donna delle montagne- sospirò con finta apprensione portandosi una mano delicata alla gola.

-Non metto in dubbio la testimonianza del principe, tuttavia potrebbe essere semplicemente esserci stato un malinteso- rispose la guaritrice trattenendosi a stento dall'alzare gli occhi al cielo. Ne aveva fin piene le tasche di quella pagliacciata. Ma il modo in cui Nani si stava comportando la faceva preoccupare, per non parlare della presenza dei soldati. Non si sarebbe esposta in modo tanto sconsiderato, se non fosse stata certa di avere la vittoria in pugno. Questo era l'unico motivo per cui non aveva ancora chiuso la porta in faccia a quella mal assortita platea.

-Ne dubito fortemente. Sua altezza è stato molto preciso in merito- ribatté la moglie del Sorvegliante, deliziata dallo svolgersi degli eventi.

-Resta comunque il fatto che mio marito ormai non è più con noi. Quindi non vedo in che modo vorreste prendere provvedimenti, quando il presunto colpevole non può nemmeno assistere al proprio processo- sibilò Deana incrociando le braccia al petto.

-Certo, me ne rendo conto, per questo siamo qui per un altro motivo- rispose Nani indicando con un cenno della testa il capitano Finn, che le sorrise adorante di rimando.

-Sarebbe?- ringhiò la guaritrice, lieta che fossero finalmente giunti alle battute finali di quel copione ormai sgualcito.

-In via del tutto precauzionale e per liberarvi dalle accuse, perquisiremo la vostra casa alla ricerca di altri oggetti sospetti- spiegò Nani con semplicità. -Non dubitiamo della vostra buona fede, ma vogliamo essere certi che non ci siano altre brutte sorprese in futuro. Dopotutto, è in gioco anche l’onore e la credibilità di Nead, non vogliamo che la corona possa dubitare della nostra lealtà-.

I pensieri di Eileen corsero subito alle cose di suo padre e al piccolo santuario che sua madre conservava con amore al piano superiore. I soldati, guidati da Nani, avrebbero distrutto tutto, come dei profanatori. Sarebbero stati barbari usurpatori in un luogo sacro. La moglie del Sorvegliante non si sarebbe fermata di fronte a nulla, non avrebbe provato un briciolo di pietà per il loro dolore. Avrebbe calpestato, frantumato e sbriciolato tutto quello che era loro rimasto.

-Non se ne parla- esclamò la guaritrice in tono fermo, senza inflessioni, ma nei suoi occhi aveva ripreso ad ardere il fuoco furioso di poco prima.

Nani sospirò platealmente, -Mi dispiace Deana, non era una richiesta, ma un ordine. Passeremo a setaccio l’abitazione in cerca di eventuale materiale sospetto, per il bene di tutti gli abitanti di Nead-.

-Mi oppongo, è assurdo! Non avete il diritto di violare la mia proprietà- insistette la donna spostandosi davanti all’uscio della bottega per sbarrare loro la strada. Gesto del tutto inutile, dato che ogni soldato lì presente avrebbe potuto spazzarla via, come un gigante avrebbe fatto con una formica.

-Temo che tu ti stia sbagliando. Stiamo solo eseguendo gli ordini, al fine di preservare la sicurezza del villaggio- replicò Nani senza riuscire a nascondere l’ombra di un sorriso. Credeva di avere la situazione in pugno, già pregustava con gioia la distruzione che avrebbe scatenato. Si poteva notare dalle mani inquiete, che avevano preso ad accarezzare il grosso braccio del capitano Finn sempre più intensamente e dagli occhi carichi di eccitazione, simili a quelli di un bambino con un nuovo giocattolo tra le mani.

-Ordini di chi? Del Sorvegliante Attis? Per la cronaca, è a conoscenza di ciò siete venuti a fare?- ringhiò Deana squadrando i presenti uno ad uno. A differenza di Nani, gli uomini distolsero lo sguardo per nascondersi all’indagine delle sue iridi infuocate, rendendo la risposta alla sua domanda inequivocabile.

-Lo immaginavo- sibilò la guaritrice riportando la propria attenzione sulla donna bellissima di fronte a sé. -Questa storia deve finire Nani, prima che ci sfugga definitivamente di mano. Stai lontano dalla mia famiglia, o ci saranno delle conseguenze- disse in tono duro richiamando la figlia al suo fianco con un leggero gesto della mano. Eileen non si fece attendere e zoppicando si portò al fianco della madre.

-Mi stai forse minacciando?- esclamò Nani irata scoccando uno sguardo contrariato al capitano Finn, che, prontamente, fece schierare i soldati intorno a loro con un ordine secco.

-Sto solo dicendo che la verità, presto o tardi viene a galla, e se ne paga le conseguenze- rispose Deana per nulla intimorita dall’eccessivo schieramento di forze.

-Non capisco di cosa stai parlando, ma di questo passo saremmo costretti ad intervenire con fermezza per svolgere il nostro dovere-.

La guaritrice sbuffò sprezzante, -Sono anni che ci stai con il fiato sul collo. Lo sanno tutti gli abitanti del villaggio, anche tuo marito. Per cui ci rifletterei bene, prima di fare qualche mossa azzardata- mormorò riferendosi allusivamente agli uomini armati attorno a loro.

-Sei folle, è incredibile quanto la paranoia possa corrompere l'animo di una persona. Non so come e quando ti sia venuta in mente questa folle idea, nessuno crederebbe ad una storia simile- ribatté Nani sollevando il mento in segno di sfida. Eileen strinse i denti, era stanca di sentire quelle parole, e detestava ancora di più il fondo di verità che, purtroppo, vi trovava.

-Davvero? Questo come lo spieghi?- ringhiò Deana afferrando la figlia per un gomito e scostandole la camicia con un gesto brusco. Il grosso ematoma violaceo spiccava sulla sua pelle candida, come una nuvola solitaria nel cielo.

-Proprio una brutta ferita. Dovresti stare più attenta a dove metti i piedi Eileen- commentò semplicemente Nani distogliendo subito lo sguardo. La rossa tentò di divincolarsi per coprire alla svelta il segno bluastro, ma Deana la teneva troppo saldamente.

-Non è caduta, è stata malmenata da uno dei ragazzi del villaggio-.

-Capisco, se ci sono delle prove, farò in modo che venga punito secondo le nostre leggi- disse Nani in tono monocorde, senza crederci veramente. Considerava quel contrattempo una semplice scocciatura che stava ritardando il realizzarsi dei suoi desideri.

-Ciò include anche tua figlia?- calcò la guaritrice catturando finalmente la sua attenzione.

-Sigrid?- domandò perplessa, mentre nei suoi occhi si accendeva una scintilla di comprensione, che subito si affrettò a scacciare. -Non credo che la mia bambina sia in grado di fare una cosa del genere- si affrettò ad aggiungere.

-Non direttamente, ha agito attraverso qualcun altro. Ti ricorda forse qualcuno?- sputò Deana fra i denti abbandonando ogni riserbo.

Nani trasalì oltraggiata. -Questo è troppo, capitano Finn arrestate questa donna!- esclamò lanciando uno sguardo significativo all’uomo. -Le accuse di cui dovrà rispondere sono di calunnia e resistenza a fronte di un’indagine sulla sicurezza del regno-.

-Non mi toccare!- urlò Deana mentre il capitano la afferrava per un braccio con una delle sue mani enormi. -Finn, non ti è rimasto un minimo di dignità? Da quando schieri i tuoi uomini per i capricci di una donna?- sbraitò lasciando finalmente la presa su Eileen per tempestare l’uomo di pugni.

Per nulla impressionato il capitano Finn la bloccò per il polsi senza il minimo sforzo. -Gli ordini sono ordini. Ti prego di non fare resistenza- ringhiò stringendo la presa. Deana mugolò per il dolore, senza riuscire a fare nulla per contrastare la forza bruta dell’altro.

A quel punto Eileen non riuscì più a trattenersi e si avvicinò con fare battagliero per aiutare la madre. -Il Sorvegliante Attis non sa nulla di tutti questo e la legge non vi impone di eseguire gli ordini di Nani- esclamò con fervore cercando di liberare Deana da quella stretta ferrea.

-Stanne fuori ragazzina- disse seccato il capitano Finn, allontanandola con una leggera pressione del braccio. L'uomo non aveva intenzione di farle del male, né aveva messo molta forza nel colpo, tuttavia la gamba malconcia della ragazza non resse a quell'ulteriore sforzo e la giovane si ritrovò a terra in mezzo alla polvere, circondata dai soldati in armatura. Gridando per il dolore si portò una mano alla spalla ferita, mentre una lacrima le rigava la guancia. Era rimasta schiacciata durante la caduta ed ora pulsava selvaggiamente sotto le sue dita.

-Eileen!- strillò Deana impallidendo per la paura e quando vide che i soldati si stavano chinando su di lei con le armi ancora in pugno si accese d'ira. Scalciando selvaggiamente si liberò dalla presa del capitano Finn e si lanciò sugli uomini in armatura.

-State lontani da mia figlia!- gridava ferendo con le unghie curate chiunque le capitasse a tiro.

Sorpresi, gli uomini indietreggiarono di qualche passo, incerti su come intervenire. Fu il capitano Finn a riprendere in mano le redini della situazione, afferrando di nuovo Deana per i polsi ed alzandola da terra come se fosse una bambola di pezza.

-Bloccatela e legate entrambe- sbottò gettando la donna tra le braccia del sottoposto più vicino. Senza riflettere quest'ultimo imprigionò in una stretta inespugnabile, rendendola inoffensiva.

-Una volta finita la perquisizione le porteremo in prigione, in attesa che vengano processate- li istruì ancora alzando la voce per coprire gli strepiti della guaritrice, che, nonostante tutto, continuava a dimenarsi.

-No! Non potete, non ne avete il diritto!- urlò la donna fuori di sé, mentre i soldati si chinavano per immobilizzare anche Eileen. La giovane cercò di ritrarsi, ma nelle condizioni in cui si trovava, riuscì a malapena strisciare di un paio di piedi prima che le fossero addosso.

-Certo che ne abbiamo- rise Nani osservando la scena compiaciuta. Aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni e la sua attenzione era di nuovo totalmente rivolta a ciò che era venuta a fare. -In quanto moglie del Sorvegliante è mio dovere assistere Attis ed intervenire in caso di necessità, o pericolo. Voi potreste custodire altri manufatti illeciti e, forse, pericolosi. È nostro dovere proteggere gli abitanti di Nead accertandoci che non sia così- disse melliflua mentre procedeva a passo sinuoso verso l'uscio della bottega.

Deana fece per rispondere a tono alle sue bugie, ma uno dei soldati le infilò rudemente uno straccio in bocca, soffocando le sue parole. Paralizzata dal dolore e dalla paura, Eileen non poté fare a meno di osservare da terra la figura di Nani protendersi verso la robusta maniglia in ferro battuto. I suoi occhi splendevano bellissimi e radiosi, terribili nella cattiveria che irradiavano.

Tuttavia, non fece mai in tempo a posare le dita delicate sull'ambita meta, perché una terribile esplosione li investì.

Eileen sentì il terreno vibrare sotto di sé, mentre un boato terribile scuoteva la torrida aria estiva.

Sconvolta, si voltò verso l’origine di quel fragore e ciò che vide la raggelò. Al centro esatto di Nead si alzava una densa colonna di fumo nero, nel mezzo della quale divampavano violente lingue di fuoco color smeraldo. Erano sotto attacco.


Continua...

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