The Sunrise of Dragons di Solas (/viewuser.php?uid=1082724)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01.Addio ***
Capitolo 2: *** 02.Cocci sul sentiero ***
Capitolo 3: *** 03.Il Rogo ***
Capitolo 1 *** 01.Addio ***
01.ADDIO
Il sole stava calando lentamente dietro
le montagne, tingendo la vallata di migliaia di sfumature cremisi,
ponendo fine a quella torrida giornata estiva. Quello era il momento
della giornata che Eileen preferiva, quando le foglie degli alberi
riflettevano i colori del tramonto, gli stessi dei suoi occhi,
facendo sembrare la foresta in fiamme. Era uno spettacolo unico in
tutto il regno di Mellt, reso possibile grazie alle foglie che
crescevano sugli alberi del cielo, in grado di riflettere il colore
della volta celeste dall'alba fino al tramonto. Solitamente, amava
ammirare quel momento fugace dal tetto della sua piccola casa, dove
viveva con la madre, ma quel giorno, purtroppo, avrebbe dovuto fare a
meno di quel magico spettacolo. Infatti, le era stata lasciata in
custodia la bottega, se così poteva essere definito il
minuscolo negozio situato sotto la loro camera da letto e dove ora si
trovava in compagnia di un ragazzo nervoso.
Era da diversi minuti che era entrato
nella minuscola stanza, ma non aveva ancora proferito parola. Si
limitava a dondolare sul posto, spostando nervosamente il peso del
corpo da un piede all'altro, facendo vagare lo sguardo ovunque,
tranne che su di lei.
Erano anni che Eileen assisteva a quel
tipo di comportamento, ma non riusciva proprio a farci l'abitudine.
Non aveva mai visto il ragazzo al villaggio, doveva essere arrivato
da poco e a giudicare dalle macchie di fuliggine e dalle bruciature
della sua camicia, si trattava del nuovo apprendista del fabbro,
Radt. Cercando di scaricare la tensione, la giovane prese a
tamburellare le dita affusolate sul minuscolo bancone in legno, ma
questo, se possibile, parve peggiorare la situazione.
Con un gemito strozzato il ragazzo fece
un balzo indietro, cercando di mettere più distanza possibile
tra loro. A quel punto Eileen emise uno sbuffo irritato, la sua
pazienza era definitivamente terminata. -Sei venuto per una ragione,
o ti piace perdere tempo nelle botteghe altrui?- domandò in
tono caustico.
Finalmente il giovane osò alzare
lo sguardo su di lei ed emise uno squittio terrorizzato. Eileen si
morse le labbra sottili, cercando di dominare l'irritazione. -Ti
manda Mastro Radt?- chiese allora cercando di prendere in mano le
redini di quella triste conversazione. Il suo interlocutore annuì
lentamente, mentre la pelle del volto iniziava ad assumere un colore
grigiastro. Ora che aveva puntato gli occhi su di lei non riusciva
più a distoglierli. Era sempre così.
La ragazza sistemò una ciocca
ribelle dei suoi capelli rosso fuoco dietro le orecchie, per lo meno
ora sapeva cosa fare e, soprattutto, come liberarsi di quella
sgradita presenza. Senza aggiungere altro si volse, cercando di
ignorare quello sguardo invadente che le perforava la schiena, e
prese a frugare tra gli affollati scaffali alle sue spalle. Non le ci
volle molto a trovare quello che cercava e dopo pochi attimi depositò
sul bancone un piccolo vaso in terracotta sul piano del bancone.
-Sono tre monete di rame e ricorda a
Mastro Radt che una volta terminato l'unguento dovrà
restituirci il contenitore- disse Eileen in tono piatto.
A quel punto il giovane parve
riscuotersi improvvisamente dal torpore. -Tre monete?- esclamò
esterrefatto fissando incredulo il vasetto sigillato. La ragazza
strinse le labbra in una linea severa. -Esatto, questo è il
nostro prezzo. Sono sicura che Mastro Radt ti abbia dato esattamente
quello che ho chiesto- replicò lasciando trapelare senza
troppi riguardi la propria seccatura. Con le mani tremanti il ragazzo
frugò all’interno delle tasche delle sue brache
recuperando un piccolo sacchetto di pelle consunta. Un tintinnio
metallico accompagnò gli spostamenti del giovane, che si
allungò in modo ridicolo per depositare quanto chiesto sul
bancone, tentando allo stesso tempo di restarle il più
distante possibile.
Questo portò la camicia
malconcia che indossava a scoprirgli parte del petto e della spalla
destra, mostrando una serie di macchie rosso fuoco che Eileen squadrò
con aria critica. Il mutamento della sua espressione non dovette
passare inosservato, perché l'apprendista si ritirò
così velocemente da rischiare di perdere l’equilibrio,
sbattendo rumorosamente la schiena contro l’uscio della
bottega. Roteando gli occhi esasperata Eileen decise di non
commentare l’assurdo comportamento e si affrettò ad
esaminare il contenuto del sacchetto constatando soddisfatta che
conteneva esattamente quello che aveva richiesto. D’altronde
Radt era loro cliente da prima che lei nascesse e anche un caro
amico. Fatto non indifferente, dato che il resto del villaggio, se
poteva, evitava lei e sua madre come la peste. Non a caso, la loro
minuscola casupola si trovava ai margini della foresta, su un tratto
di terreno sopraelevato, lontano da qualsiasi altra abitazione.
L’unico motivo per cui non le avevano ancora scacciate e parte
della loro rovina, era l’incredibile abilità di sua
madre. Deana era la guaritrice più brava di tutta la Fàinne,
la dorsale di montagne al centro del quale sorgeva la collina su cui
era nato Nead, il loro villaggio. Sotto la sua protezione avevano
evitato numerose malattie e pestilenze. Tuttavia, tale bravura, era
spesso accompagnata da paura, diffidenza e, talvolta, invidia.
Parecchi guaritori avevano iniziato a spargere malelingue sul suo
conto, che nel corso del tempo, si erano rafforzate, fino a cerare
attorno alla sua figura un'aura pericolosa e sinistra. Perciò,
ora sua madre era conosciuta da tutti come la Strega.
-Molto bene, prendi pure l'unguento e
ricorda a Mastro Radt di restituirci il vaso. Ha ancora quello del
mese scorso e qui non ne abbiamo una scorta infinita- esclamò
Eileen cercando di essere cordiale e facendo scivolare la giara verso
il ragazzo. Prima si sarebbe levato dai piedi, prima avrebbe potuto
cominciare a preparare la cena.
Senza farselo ripetere il giovane si
protese verso di lei e afferrò il vaso, rivelando nuovamente
la pelle martoriata sotto la camicia.
-Dovresti evitare di gironzolare
attorno alla dimora del Sorvegliante Attis- si lasciò sfuggire
la rossa. L'apprendista per poco non si fece scivolare dalle mani il
prezioso carico ed Eileen si pentì subito di non aver
semplicemente tenuto la bocca chiusa. -Co-come?- balbettò il
ragazzo.
-Ho detto, che sarebbe meglio se ti
tenessi alla larga dall'abitazione del Sorvegliante. Non gli piace
vedere uomini troppo vicini al suo giardino. Soprattutto se appena
arrivati- ripeté in tono seccato.
-Non mi sono mai avvicinato alla sua
casa- grugnì il giovane innervosito.
Eileen inarcò un sopracciglio
scettica, odiava i bugiardi. -Oh sì invece, hai la colpa
stampata addosso- ribadì aprendo uno sportello scricchiolante
sotto il bancone ed afferrando una fiala contenente un liquido rosso
cupo.
-Stai vaneggiando, non ho alcun motivo
per stare vicino a quel posto- si difese l'apprendista
Sul viso di Eileen si disegnò un
ghigno felino, -Certo, è quello che dicono sempre tutti.
Conosco un sacco di persone che sono finite al fresco per il tuo
stesso motivo- ridacchiò facendo saltare il tappo di cera a
versando il contenuto della fiala in una ciotola. Inavvertitamente
parte del liquido schizzò sul bancone disegnando un
frastagliato spruzzo cremisi.
-Ma quello è sangue!- urlò
il ragazzo arretrando fino a sbattere contro la porta.
La rossa sbuffò. -No, è
infuso che ti farà stare meglio- precisò spolverando
una manciata di polvere bianca sul liquido prima di tendergli la
ciotola -Si tratta di... -.
In preda al panico il giovane prese a
scuotere con foga il paletto che teneva chiuso l'uscio. -Non ti
avvicinare!- strillò in tono isterico.
-Se non ti lasci curare la situazione
peggiorerà. Tranquillo, non ti chiederò di pagarmi-
replicò Eileen senza badare troppo al suo comportamento,
mentre aggirava il minuscolo bancone per raggiungerlo. Più che
altro ora temeva che avrebbe scardinato le povere vecchie assi di
legno in preda ad un attacco di panico.
Nello stesso momento il ragazzo riuscì
in qualche modo ad aprire la porta e con poca grazia barcollò
fuori dall'uscio. -Non berrò mai quella roba! Sta lontano da
me, brutta arpia! Mostro!- urlò urtando inavvertitamente la
rastrelliera in legno dove Eileen e sua madre mettevano le erbe ad
essiccare. L'intelaiatura si staccò dalla parete della casa e
cadde rumorosamente, sollevando una nuvola di polvere e spargendo
ovunque mazzetti di rosmarino, belladonna e agrimonia.
La rossa trasalì. -Attento a
dove metti i piedi, quelle dobbiamo metterle da parte per l'inverno!-
esclamò, ma il ragazzo se n'era già andato, correndo in
direzione del villaggio come se avesse il demonio alle calcagna.
Sbuffando inferocita, Eileen attraversò
il piccolo spazio a grandi falcate per porre rimedio al disastro, ma
prima che potesse oltrepassare l’uscio le giunse alle orecchie
una fragorosa e famigliare risata.
Questo le fece perdere ancora di più
le staffe. -Avresti potuto aiutarmi, invece che restare fuori dalla
porta ad origliare come una vecchia comare!- esclamò Eileen
posando gli occhi sulla figura di un giovane piegato in due dalle
risa.
-E perdermi lo spettacolo? Non se ne
parla- sghignazzò il ragazzo alzando la testa per incrociare
il suo sguardo. Le sue intense iridi verdi erano velate dalle
lacrime, mentre i capelli castani, lunghi fin sopra le spalle, erano
completamente arruffati, probabilmente perché aveva corso per
arrivare alla loro casa.
Eileen scosse il capo sconsolata, -Non
cambi mai Kaleb- borbottò chinandosi per controllare il telaio
in legno. Per fortuna la caduta non sembrava averlo danneggiato. Un
altro paio di mani si accostarono alle sue ed insieme rimisero a
posto l'esile struttura.
Conosceva Kaleb da quando aveva memoria
ed era l'unica persona del villaggio che frequentasse volontariamente
lei e sua madre, oltre a Radt. I suoi genitori erano morti molti anni
prima, quando lei contava solo cinque primavere, e da allora la sua
famiglia si prendeva cura di lui, come se fosse sangue del loro
sangue, onorando lo stretto legame di amicizia che aveva unito i loro
padri. Lei e Kaleb erano stati fin da subito inseparabili. Quando
Eileen doveva andare a raccogliere le erbe officinali sulle montagne,
lui la accompagnava portandosi dietro arco e frecce per cacciare
lepri o anatre selvatiche e spesso la ragazza si era ritrovata a
fargli da opponente durante gli allenamenti di scherma, anche se era
totalmente negata nell’arte della guerra. Insieme, si erano
pure ubriacati per la prima volta, quando a dodici anni avevano
rubato le ciliege sotto spirito di suo padre, Aren, che teneva
nascoste sotto le assi del pavimento di casa sua.
-È incredibile come tu riesca a
complicare le situazioni più semplici- disse il ragazzo senza
smettere di ridacchiare.
-O forse vivo circondata da sciocchi.
Volevo semplicemente aiutarlo, se solo mi avesse dato la possibilità
di spiegare le mie intenzioni- sbuffò Eileen iniziando a
raccogliere le erbe aromatiche sparse sul terreno.
-Cosa vuoi dire?- domandò Kaleb
aiutandola a sua volta a raccogliere gli steli secchi.
-Aveva un enorme eritema sotto quella
sudicia camicia. Merito di un contatto diretto con i frutti di
scotano e l'unico posto in cui cresce quella maledetta pianta è
il giardino del Sorvegliante Attis- sbottò la rossa sistemando
con cura le erbe al loro posto.
-Questo spiega molte cose, povero
ragazzo, mi fa quasi pena- ridacchiò il moro passandole gli
ultimi mazzi di rosmarino. Lo sguardo di fuoco della compagna non
fece che allargare il suo sorriso.
-Se passare la notte tra le braccia
della moglie del Sorvegliante, riesce a farti scordare la settimana
che trascorreresti nella fetida cella della caserma, significa che
quel dannato tugurio è più pulito e spazioso di quanto
facciano credere- sbuffò Eileen riferendosi alla cella del
piccolo presidio armato che proteggeva il loro villaggio. Uno dei
tanti sparsi sul territorio.
Il regno di Mellt si era formato
all'incirca trecento anni prima, in seguito a una guerra terribile e
sanguinosa, che aveva visto prevalere sopra ogni fazione l'esercito
di Re Rasmus, antenato del loro attuale sovrano. In seguito alla sua
vittoria, aveva unificato tutte le terre, dalle isole di ghiaccio
dell'arcipelago Nix, ai Colli Dorati a sud, includendo anche la
Fàinne, l'estesa catena di montagne tra cui si trovava il loro
villaggio. In seguito, al centro di tutte le terre, poco lontano
dalla costa, aveva fatto sorgere la loro splendida capitale, Sidus,
importante snodo per le attività commerciali e anche luogo
ideale per spostarsi velocemente in ogni angolo del regno. I
menestrelli ancora narravano le gesta del Re, dipingendolo come un
uomo forte e giusto, che aveva portato la pace dopo secoli di
atrocità. Con il passare del tempo però, Re Rasmus,
aveva percepito la necessità di suddividere il proprio
territorio in parti più piccole, per poterlo governare con più
facilità. Era in questo modo che erano nati i Sorveglianti. Ad
ognuno di essi era affidata una parte del regno, che dovevano
proteggere e sorvegliare, con l'aiuto di un contingente di soldati.
Il Sorvegliante Attis, che aveva tra le mani la giurisdizione di
Nead, aveva il compito di badare a quel piccolo angolo di montagne,
l'ultimo baluardo abitato all'estremo Est dell'impero. Compito che
svolgeva con placida serenità.
Attis era un uomo onesto, appartenente
a una piccola famiglia di nobili, amante della tranquillità e
del silenzio, per cui, la vita del villaggio era sempre proseguita
pacifica e senza turbamenti. Era da sua moglie, tuttavia, che
bisognava tenersi alla larga.
Nani, la donna più bella di
tutta la Fàinne, a sentire quello che gli uomini dicevano. Per
quanto fosse affascinante e delicata d'aspetto, era d'animo crudele,
ingannevole e capriccioso. Molti abitanti di Nead ne erano venuti a
conoscenza a loro spese. Le sue trame sembravano estendersi ovunque e
nessuno voleva trovarsela come nemica, se aveva cara la propria
incolumità. Nel corso degli anni si era assicurata la fedeltà
delle persone più influenti del villaggio, tra cui Finn, il
capitano delle loro guardie. Tutto questo, in modo tutt'altro che
rispettabile, cosa che sua madre non mancava mai di sottolineare.
Ormai, Nead era in tutto e per tutto il suo piccolo regno personale,
dove lei era la regina incontrastata.
-Personalmente spero si trattasse della
figlia, dalle voci che mi giungono anche lei sta cercando di
inserirsi in quel giro di affari- ridacchiò il ragazzo
scuotendo la testa incredulo.
Eileen sentì il proprio viso
contrarsi in una smorfia di disgusto.
-Allora avrà non poche
difficoltà, per quanto sembri incredibile, già mezzo
villaggio passa tra le lenzuola di sua madre- sbottò invitando
Kaleb all'interno della bottega, in modo da poter serrare la porta.
Dopo aver riposizionato il paletto fece passare un robusto asse di
legno su due sostegni in ferro battuto, poi coprì l'unica
minuscola finestra con un pannello, sigillando il locale. Ormai non
sarebbe venuto più nessuno per quel giorno.
-Come fai ad esserne sicura?- domandò
Kaleb seguendola oltre il bancone, verso il retro del locale. -Essere
la figlia della guaritrice, ti da l'accesso a un'incredibile varietà
di informazioni riservate- sospirò la rossa scostando una
pesante tenda di lana, rivelando la piccola scala di legno che
conduceva al piano superiore.
-Per esempio, ti ricordi Euco, il
figlio del fornaio?- chiese salendo i piccoli gradini scricchiolanti.
-Certo, tutti conoscono la loro
famiglia. Sfornano il pane per l'intero villaggio- rispose Kaleb
mentre sbucavano nella stanza sovrastante.
-A quanto pare non è loro
figlio, o meglio, il povero Niklaas non è il suo vero padre,
dato che ha la stessa voglia a forma di luna di Fug, il cantastorie-
rivelò Eileen accarezzando con lo sguardo il piccolo locale,
non era una reggia, ma la faceva sentire a casa e al sicuro. Al
riparo dalle occhiate indiscrete della gente.
Dal soffitto in legno pendevano altri
mazzi di erbe lasciate ad essiccare, che davano al luogo un odore
fresco e gradevole. Al centro si trovava un piccolo focolare di
pietra, sul quale era posizionata una capiente pentola usurata. Lungo
due delle pareti erano disposti dei tavoli alti e stretti, coperti di
mortai, ampolle ed alambicchi, mentre al di sopra, erano state
inchiodate delle mensole in legno, ricoperte oltre misura da vasi di
ogni foggia, materiale e dimensione, tanto che Eileen non si sarebbe
stupita se un giorno il legno avesse ceduto spargendo ovunque il loro
contenuto. Era in quei contenitori che lei e sua madre riponevano i
preparati e gli unguenti che servivano per i suoi rimedi. Nell'angolo
alla sua destra, invece, erano addossati degli scaffali che arrivano
a sfiorare il soffitto. I ripiani in legno custodivano file ordinate
di libri rilegati in pelle, alcuni anche molto vecchi, ma tutti in
ottime condizioni. Ogni tanto, fra i tomi comparivano meravigliosi
oggetti, come un pugnale d'argento con l'elsa incrostata di opali,
sassi spaccati al centro che rivelavano un cuore di pietra luccicante
e piccole sculture di giada. Accanto ad essi era accostata una sedia
con la seduta imbottita ricoperta di velluto rosso. Sul morbido
tessuto era deposto un libro, tenuto aperto da una lunga pipa di
legno intarsiato. L'angolo di suo padre. Così meticolosamente
ordinato da sembrare parte di un'altra abitazione. Da quando era
morto, due anni prima, sua madre non aveva toccato nulla, nemmeno il
libro che stava leggendo prima di uscire. Come se si aspettasse che
un giorno, tornando a casa, l'avrebbe trovalo lì sulla sedia,
con il tomo stretto tra le dita intento a sbuffare anelli di fumo
dalla lunga pipa. Sull'ultima parete invece si apriva una finestra
che dava sulla minuscola veranda della casa. Da lì era
possibile vedere l'intero villaggio e godere del panorama magnifico
delle loro montagne. Un lungo fischio la fece riemergere
improvvisamente dai suoi foschi pensieri.
-Dici sul serio? Euco non è
figlio di Niklaas?- domandò Kaleb sbalordito lasciandosi
cadere su uno spesso materasso abbandonato accanto alla finestra.
Quello su cui lei e sua madre dormivano.
Eileen storse il naso, -Certo, io non
dico bugie. Ora però vieni a sederti qui, non voglio che mi
sgualcisci le lenzuola. È una cosa che detesto- rispose
facendo scivolare uno sgabello di legno verso di lui, prima di
volgersi verso l'armadietto che fungeva da dispensa. Il povero mobile
se ne stava incastrato sotto uno dei tavoli da lavoro di sua madre ed
ora conteneva lo stretto indispensabile per nutrire loro due, ma
prima dell'inverno si sarebbe riempito di conserve, verdure sotto
sale, radici e un po' di frutta secca.
Il cibo non era mai mancato nella loro
casa, ma da quando suo padre era morto erano divenute molto più
caute. Dato che quella mattina sua madre era uscita all'alba per
andare a raccogliere alcune erbe sulle montagne, toccava a lei
preparare la cena, cosa che non passò inosservata.
Con uno sbuffo Kaleb si spostò
sullo sgabello. -Speravo che questa sera cucinasse tua madre. I suoi
piatti sono decisamente migliori dei tuoi. Desideravo tanto gustare
uno dei suoi manicaretti per l'ultima volta- si lamentò.
-Scusa tanto se non sono all'altezza
dei tuoi canoni, principino- sbuffò Eileen cercando di
ignorare ciò che quella frase implicava. La sua partenza
imminente.
-Forse se riuscissi a mitigare il tuo
caratteraccio gli abitanti del villaggio sarebbero molto più
gentili nei tuoi confronti- azzardò il giovane cercando di
rubare il pezzo di una carota dal tagliere.
Eileen iniziò a ridere
sguaiatamente -Certo, come ho fatto a non pensarci? Il problema è
proprio il carattere, non il mio aspetto spaventoso- esclamò
accanendosi con rabbia sugli ortaggi che stava affettando. -Io non ti
trovo spaventosa- ribatté Kaleb guardandola di sottecchi.
-Tu non fai testo. Passami i pinoli-
borbottò la rossa cercando di dare un taglio a quell'inutile
conversazione. Era passato il tempo in cui avrebbe fatto di tutto pur
di compiacere i propri compaesani. Con gli anni aveva capito che
qualunque cosa avesse fatto, non avrebbero cambiato atteggiamento nei
suoi confronti, e dopo un primo momento di smarrimento se n'era fatta
una ragione. Non erano solo le dicerie su sua madre a spaventare le
persone, ma il suo stesso aspetto, così simile eppure tanto
diverso dagli altri.
Aveva una corporatura esile ed ossuta,
un po' troppo mingherlina per una ragazza che aveva appena compiuto
quindici primavere. La carnagione pallida e smunta le dava un'aria
perennemente cagionevole, anche se passava molto tempo all'aperto,
sotto il sole. Le dita delle mani lunghe ed affusolate, si muovevano
sempre agili e veloci, sia che maneggiasse un coltello, che stesse
intrecciando un cestino di vimini. Il viso dagli zigomi pronunciati
era incorniciato da una cascata di capelli rosso fuoco che le
arrivava a metà schiena, trattenuti da una sottile striscia di
cuoio, e le punte delle orecchie terminavano leggermente a punta. Ma
erano gli occhi che più turbavano le persone. Avevano una
forma leggermente allungata e le sue iridi, invece di essere di un
comune castano o azzurro, avevano i colori del tramonto. Un tripudio
di gialli e aranci che partivano dalla pupilla e sfumavano verso il
rosso cremisi, formando un’aureola violacea lungo i bordi. Era
il motivo per cui nessuno la guardava mai negli occhi, pensavano che
fosse maledetta e portasse il malocchio. Se sua madre era la Strega,
lei era conosciuta come il Mostro.
Gli adulti non sopportavano la sua
presenza e tenevano i loro figli alla larga da lei, riempiendo la
loro testa di ogni genere di bugie, per questo non aveva alcun amico
all'infuori di Keleb. In quel quadro orribile, solo il suo naso
pareva avere una parvenza di normalità, dritto e proporzionato
in mezzo al viso, ben magra consolazione.
La zuppa era ormai pronta quando un
trambusto proveniente dalla veranda annunciò l’arrivo di
sua madre. I suoi soffici capelli color miele fecero la loro comparsa
seguiti dal resto del corpo, mentre finiva di arrampicarsi sulla
ripida scala a pioli.
-Kaleb caro, potresti dare una mano a
questa povera vecchia?- si lamentò la donna allungando una
mano speranzosa. Eileen sbuffò accanto alla pentola che
sobbolliva, ma il ragazzo schizzò in piedi senza perdere
tempo.
-Certo, è sempre un piacere
Deana- disse aiutandola a salire gli ultimi pioli e facendosi carico
dell’ingombrante cestino di vimini che stringeva tra le mani.
Depositati sopra gli steli intrecciati facevano bella mostra di sé
fasci di erbe dalle foglie multicolori e molti funghi dall’aria
appetitosa.
-Bravo ragazzo- sospirò esausta.
-Per cortesia posa il cestino in quell’angolo. Fortunatamente
avete già acceso il fuoco, nonostante il caldo della giornata,
si prospetta una notte rigida-.
Una volta che tutti e tre ebbero preso
posto attorno al fuoco Eileen distribuì ad ognuno la propria
ciotola di zuppa ed insieme iniziarono a consumare il pasto caldo.
-È stata una buona giornata?-
domandò Deana alla figlia ingoiando un boccone di verdure. La
rossa borbottò qualcosa sottovoce senza alzare gli occhi dalla
ciotola e l’espressione della donna si fece accigliata.
-Penso sia andata a meraviglia fino a
quando non è entrato Gery, il nuovo apprendista del fabbro. Un
po’ troppo sensibile il giovanotto- si intromise Kaleb con un
sorriso sornione stampato in faccia. Eileen gli scoccò
un’occhiata assassina e il ragazzo fu costretto a scansarsi in
fretta per evitare un calcio dritto sugli stinchi. Anche le labbra
della donna si piegarono in un sorriso. -Non mi dire, è
fuggito a gambe levate?-.
-Puoi scommetterci, sembrava che avesse
la morte alle calcagna- ghignò il moro, che questa volta non
fece in tempo a scansarsi e ricevette un colpo secco poco sotto il
ginocchio. Nonostante il dolore il ragazzo continuò a ridere.
-E' già il secondo questa settimana-.
-Spero che almeno abbia pagato il
giusto compenso- si informò Deana allungandosi per prendere
una fetta di pane.
Eileen sbuffò indispettita.
-Certo che ha pagato, o ora sarei sulla soglia di casa di Radt a
protestare-.
-Non ne dubito. Sei inarrestabile,
proprio come tuo padre- disse la donna con un luccichio nostalgico
negli occhi. Per un attimo calò il silenzio, era insolito
sentire sua madre parlare di lui. La sua morte le aveva lacerato
l’anima e tutti evitavano di toccare l’argomento in sua
presenza. Deana parve accorgersi solo in quel momento delle sue
parole e dell’effetto che esse avevano sortito sui due giovani.
Schiarendosi nervosamente la voce prese la ciotola dalle mani di
Kaleb la riempì di nuovo di zuppa fino all’orlo.
-Parlando d’altro, mi pare che qualcuno qui si stia preparando
a partire- esclamò riconsegnando la pietanza.
-Già, ci metteremo in cammino
domani all'alba. Vogliono trovarsi ad Iris prima del tramonto. Non
vedo l'ora di iniziare l'addestramento- esclamò Kaleb con un
sorriso radioso.
-Domani?- sbottò Eileen
rischiando di rovesciarsi addosso la zuppa. -Avevi detto che sareste
partiti tra due giorni!-.
Il giovane si strinse nelle spalle. -A
quanto pare il Comandante ha finito di discutere con il Sorvegliante
Attis questo pomeriggio, quindi ha anticipato la partenza-.
Come poco prima, la rossa sentì
qualcosa accartocciarsi dentro di lei. Non si era ancora abituata
all'idea che Kaleb se ne sarebbe andato per seguire l'addestramento
militare ed entrare a far parte dell'esercito imperiale. Fin da
bambino Kaleb non aveva nascosto il desiderio di seguire le orme del
defunto padre, diventando un soldato. Ma non aveva mai pensato che un
giorno potesse veramente lasciare il villaggio, fino a quando non
aveva annunciato che avrebbe partecipato alle selezioni per diventare
un cadetto. Questa possibilità era aperta a tutti i figli
maschi del regno di Mellt una volta raggiunte le diciassette
primavere, cioè nel momento in cui si entrava a pieno titolo
nell'età adulta, e il ragazzo non aveva perso tempo.
Nonostante le difficoltà, aveva superato tutte le prove con
successo ed ora si preparava a partire. Eileen sapeva che avrebbe
dovuto essere felice per lui, e lo era sinceramente, ma una parte di
sé non riusciva ad accettare quel cambiamento, che avrebbe
segnato anche la sua vita in modo irreversibile.
-Questo significa che dovrò
darti il nostro regalo questa sera- trillò Deana elettrizzata
schizzando in piedi e andando a frugare tra una pila di coperte
piegate oltre il materasso.
Il moro inarcò le sopracciglia
perplesso. -Un regalo?-.
-Certo! Pensavi che ti mandassimo allo
sbaraglio in questo mondo pazzo?- ribatte la donna riemergendo
tenendo tra le mani una bisaccia di cuoio consunto. -Non
sottovalutare il regno di Mellt, è più insidioso di
quanto tu possa pensare ed è meglio essere preparati-.
Ancora sorpreso il ragazzo allungò
le mani e prese l'inaspettato dono fra le braccia, accorgendosi che
il bagaglio era stato riempito con qualcosa. Subito prese a
sciogliere le fibbie di metallo che la chiudevano rivelandone il
prezioso contenuto, rimanendone strabiliato.
-Davvero volete darmi tutta questa
roba?- domandò incredulo facendo scivolare lo sguardo sulle
diverse boccette, ampolle e sacchetti.
Eileen drizzò la schiena
impettita. -Non chiamarla roba. Io e mia madre ci abbiamo
messo settimane per mettere insieme questo equipaggiamento di
emergenza- lo rimbrottò senza riuscire a nascondere una punta
di orgoglio. Non era stato per niente facile selezionare le erbe e
gli unguenti adatti al viaggio e che Kaleb avrebbe potuto portare con
sé senza correre il rischio di avvelenarsi o farne cattivo
uso.
-Eileen ha anche intrecciato per te una
linea del wyrd- disse Deana dolcemente recuperando da una delle
tasche una lunga striscia colorata. Il ragazzo trattenne il fiato.
-Non ne avevo mai vista una così lunga- sussurrò
ammirato -Ci avrai messo una vita ad intrecciarla-.
La rossa scrollò le spalle -Non
è così difficile come lo fanno sembrare e poi stavo
raccogliendo le foglie già da un pezzo- rispose prendendo
dalle sue mani l’inatteso dono. Si trattava di un bracciale
fatto intrecciando le foglie degli alberi del cielo, raccolte mentre
riflettevano i colori delle notti fiammeggianti. Credevano che in
quelle sere invernali gli spiriti dei loro antenati si manifestassero
sotto forma di lingue di luce, portando messaggi ai loro cari ancora
in vita. In quelle notti il cielo era solcato da sfumature che
andavano dal verde al rosa sgargiante, fugaci ed evanescenti come
lingue di fuoco. Un dono del genere era raro e carico di significato
per la loro gente, un simbolo di protezione e buon auspicio, dato
solo a coloro che stavano per intraprendere un nuovo cammino nel
mondo.
-In questo modo i tuoi antenati
veglieranno su di te e ti terranno fuori dai guai- disse la giovane
avvolgendo la fascia intrecciata tre volte attorno il suo polso prima
di fissarlo. -E conoscendoti non sarà affatto un compito
facile-.
Kaleb osservò affascinato il
bracciale che gli avvolgeva il polso ammirandone le numerose
sfumature verdi e azzurre che si rincorrevano man mano che
l’intreccio procedeva. Deana interruppe con delicatezza la sua
contemplazione prendendogli la mano fra le sue, aveva gli occhi
lucidi. -Da quando i tuoi genitori se ne sono andati e ti abbiamo
accolto nella nostra famiglia, sei diventato come un figlio per me.
Vederti andare via mi spezza il cuore, ma so che è tuo
desiderio seguire le orme di tuo padre e diventare un soldato per
servire e difendere i più deboli- confessò
accarezzandogli il viso. -Questo mi rende molto orgogliosa e sono
sicura che anche Aren e i tuoi genitori direbbero lo stesso, se fosse
ancora qui con noi. So che non sarà la stessa cosa, ma se lo
desideri ti darò la mia benedizione-.
-Sarebbe un onore- rispose Kaleb con la
voce resa roca dall’emozione. Deana sposto le mani sul suo capo
e lo fissò intensamente negli occhi. -Ricorda bene quello che
sto per dirti Kaleb Davenson e fanne tesoro per gli anni a venire.
Vivi la tua vita senza rimpianti, proteggi le persone che ami e non
avere paura di aprire il tuo cuore a chi ti sta accanto. Sii umile e
ubbidisci, ma senza perdere di vista la tua coscienza, ricorda, tu
sei il solo e unico padrone dei tuoi pensieri. Non considerarti mai
migliore degli altri e continua ad imparare dal mondo che ti circonda
come un bambino curioso e libero da pregiudizi. Sii forte e lotta per
i tuoi ideali, e più di ogni altra cosa, bambino mio, non
dimenticare chi sei. Che la luce illumini sempre il tuo cammino e gli
antenati guidino i tuoi passi- disse la donna, poi si allungò
e depose un bacio leggero sulla sua fronte.
Eileen si accorse di stare trattenendo
il respiro solo in quel momento. Una benedizione non era qualcosa che
si elargiva a cuor leggero. Era percepito come la trasmissione dei
valori più importanti da seguire nel corso della vita. Questo
significava che sua madre non si aspettava di vedere tornare Kaleb
alla fine del suo addestramento. Il senso di desolazione le trafisse
il cuore come una pugnalata.
-Ti ringrazio Deana, questo significa
molto per me- disse il giovane strappando Eileen dalle sue
elucubrazioni. -Vi ringrazio per i vostri doni, li conserverò
con cura. Però ora perdonatemi, penso che tornerò a
casa, sarete stanche tanto quanto me e ci sono ancora alcune cose che
vorrei preparare prima di coricarmi- continuò il moro
alzandosi dal basso sgabello di legno. Mentre sua madre lo
accompagnava oltre la veranda Eileen si trattenne nella stanza
iniziando a ripulire le stoviglie strofinandole con la sabbia. Il
lavoro manuale aveva sempre avuto il potere di calmarla e affidandosi
a quei movimenti meccanici smise di pensare.
-Non devi essere triste bambina mia,
finito il suo addestramento Kaleb tornarà qui a Nead. Non si
tratta di un addio- disse Deana alla figlia quando si furono
finalmente coricate. Eileen annui meccanicamente, pur sapendo che non
c’era verità in quelle parole.
Quella notte faticò ad
addormentarsi e quando finalmente riuscì a prendere sonno il
suo riposo fu tormentato da ombre e sussurri.
Poco prima dell'alba la rossa rinunciò
definitivamente a quel riposo forzato e scivolò fuori dalle
coperte senza svegliare la madre. Cercando di non fare rumore, si
infilò le braghe di lana sopra una camicia di tela grezza,
recuperò un secchio da sopra uno scaffale e si mise i logori
stivali di pelle ai piedi. Prima di uscire sulla veranda recuperò
il suo mantello da uno dei ganci di ferro battuto inchiodati ai lati
della finestra e vi si avvolse strettamente calando il largo
cappuccio sul viso, poi uscì.
L'aria frizzante del mattino le fece
pizzicare le guance, mentre il cielo cominciava a schiarirsi e gli
alberi della vallata mutavano colore iniziando a striarsi di rosa e
oro. Senza perdere tempo Eileen si immerse fra le case, attraversando
le vie deserte diretta al centro del villaggio. Oltre le tende chiuse
delle abitazioni si cominciavano a sentire i primi movimenti dei
compaesani appena destati. Lo scricchiolio delle assi di legno, il
frusciare dei vestiti o il cozzare della ceramica, segno che di lì
a poco le strade non sarebbero state più vuote. Dunque la
ragazza aumentò il passo e in breve giunse alla sua
destinazione. Facendo attenzione a rimanere all'ombra delle case
prese ad osservare la situazione davanti a lei con un cipiglio
severo. Circondata giardino rigoglioso e protetta da un muro di
pietra che le arriva al petto, si erigeva la dimora del Sorvegliante
Attis. La struttura era la più grande e sfarzosa di tutta Nead
e anche l'unica ad essere costruita interamente in pietra. Mentre le
altre case del villaggio erano per lo più costituite da legno
e paglia, il grande edificio era stato costruito con grandi blocchi
di pietra bianca, sviluppandosi su due piani. Porte e finestre erano
decorati da bassorilievi dai motivi floreali, dai quali, di tanto in
tanto, si vedeva sbucare il volto di una volpe. Il simbolo della
casata del reggente, visibile anche sullo stendardo viola e rosso
affisso sopra la porta principale.
Davanti all'edificio una dozzina di
guardie attendevano in formazione, lo stemma reale ricamato con fili
d’argento e oro spiccava sulle divise color della notte
luccicando ad ogni movimento. I loro corpi erano protetti da una
solida armatura d’acciaio e al fianco ognuno di essi portava
una lunga spada. Poco distante alcuni ragazzi del villaggio
scherzavano tra di loro, o davano un ultimo saluto alle loro
famiglie. Dei trenta giovani che si erano presentati, solo sei
avevano superato le prove che il comandante Jokull aveva preparato
per loro. Con stupore notò che l’unico cadetto che
cercava non era ancora arrivato.
Fu in quel momento, mentre setacciava
ogni angolo della piazza, che si accorse dello strano capannello di
persone rintanate sotto l'ombra della vecchia quercia del villaggio.
Dovevano senza dubbio essere stranieri, a giudicare dai lunghi
mantelli da viaggio che li rivestivano fino all'orlo degli stivali e
dagli strani fagotti allungati che tenevano legati alla schiena. Si
trattava di un fatto insolito. Nessuno passava da quelle parti in
quel periodo, dato che la festa della mietitura era passata da un
pezzo, ed erano troppo numerosi per essere un gruppo di cacciatori.
L'ultima visita che si aspettavano al villaggio prima dell'inverno
era quella dei nomadi. In quel momento l'attenzione di uno dei
forestieri si spostò su di lei, inchiodandola sul posto.
Nonostante il pesante cappuccio che gli copriva il capo, Eileen giurò
di aver visto lo scintillio di due occhi chiarissimi e in qualche
modo familiari.
-Sapevo che saresti venuta- esclamò
improvvisamente una voce alle sue spalle. Per lo spavento Eileen
quasi perse la presa sul manico del secchio. Con un movimento fluido
si volse, trovando il sorriso sornione di Kaleb a pochi pollici dalla
sua faccia.
-Sei in ritardo- sbottò
corrucciata cercando di nascondere il proprio imbarazzo, non era da
lei farsi cogliere alla sprovvista in quel modo e in un attimo si
dimenticò degli occhi scintillanti dello sconosciuto. Il
giovane corrugò la fronte dando un rapido sguardo alle sue
spalle.
-Non credo proprio, stanno ancora
aspettando l’arrivo del comandante Jokull-.
-Spero partiate prima dell’alba,
altrimenti quei poveretti cuoceranno dentro l’armatura- disse
Eileen accennando ai soldati. Il giovane scrollò le spalle.
-Non preoccuparti per loro, procederemo a cavallo, ne hanno portati
addirittura per noi, anche se la maggior parte degli altri ragazzi
non sa cavalcare- rispose mentre il suo sorriso si affievoliva. -Cosa
succede? Non vedi l’ora che io me ne vada?-.
Eileen spostò nervosamente il
peso del corpo da una gamba all’altra. -Certo. Non è
forse ciò che più desideri? È fin da quando hai
imparato a parlare che aspetti questo giorno- sbuffò cercando
di ignorare il grumo di amarezza che le si era incastrato in gola,
doveva essere felice per lui. Aveva lavorato sodo per arrivare a quel
punto. Eppure, non riusciva a scacciare quel maledetto senso di
tristezza che l’accompagnava da giorni.
-Hai ragione, aspetto questo momento da
una vita, ma pensavo fossi venuta a salutarmi- sussurrò con un
filo di voce.
La rossa deglutì a vuoto. -In
realtà mi stavo recando al torrente a prendere dell’acqua,
vedi?- replicò facendo dondolare il secchio che stringeva
nella mano destra. Le tremava la voce, aveva paura di apparire
ridicola.
Gli occhi di Kaleb si velarono di
malinconia. Fece per dirle qualcosa, ma fu interrotto da due braccia
sottili e abbronzate che gli circondarono il busto, iniziando a
spingerlo verso la casa del Sorvegliante.
-Ecco il nostro ultimo candidato!-
trillo una voce argentina che Eileen riconobbe subito. Sigrid, la
figlia di Attis. La giovane aveva in fisico snello e formoso, che
quel giorno era fasciato da un lungo vestito color crema, che metteva
in risalto la sua carnagione ambrata. I lunghi capelli neri erano
trattenuti sulla nuca da un elegante pettine d’avorio lavorato,
in modo che non ricadessero sull’ovale perfetto del suo viso.
Gli occhi azzurro ghiaccio erano circondati da folte ciglia nere,
mentre le labbra piene e rosee erano piegate in un sorriso luminoso,
che rivelava i denti bianchi e regolari.
-Presto, manchi solo tu. Non vorrai far
aspettare il comandante- continuò la giovane sospingendolo
verso gli altri, ignorando la rossa avvolta nel mantello.
Eileen si morse l’interno della
guancia così forte da sentire il sapore dolciastro del sangue.
Sigrid la detestava fin da quando erano bambine, il suo odio senza
fondamento era alimentato dalla madre, che in passato, neanche a
dirlo, aveva avuto un brutto scontro con Deana.
Da giovane, la moglie di Attis si era
follemente innamorata di suo padre, ma non riuscendo a suscitare in
lui alcun tipo di attenzione, aveva cercato di allontanare Deana,
l’ostacolo che, a suo parere, si anteponeva tra loro.
All’inizio si trattava semplicemente di piccoli sgarbi,
scaramucce da poco conto, poi erano iniziate le minacce ed, infine,
aveva cercato di attentare alla sua vita. Sua madre era scampata per
miracolo all’incendio che distrusse la sua vecchia bottega e
sapendo che dietro a tutto c’era la mano di quella viscida
codarda, non aveva esitato a denunciare tutto al Sorvegliante.
Purtroppo, non aveva abbastanza prove per incriminarla e Attis amava
troppo la moglie per prendere dei veri provvedimenti. Così la
faccenda era stata messa da parte, ma da quel momento le due donne
erano diventate nemiche. Nel corso degli anni Nani si era accanita in
tutti i modi nei confronti della loro famiglia, e da quando suo padre
era morto, le cose non avevano fatto altro che peggiorare. Aveva
addirittura trasmesso il proprio odio a Sigrid, che da figlia
esemplare, si era premurata affinché nessuno degli altri
ragazzi del villaggio le si avvicinasse, o tentasse anche solo di
fare amicizia con lei. Nessuno voleva avere contro la famiglia del
Sorvegliante, soprattutto se per coltivare un rapporto con una Strega
e il suo piccolo Mostro. Le sole eccezioni erano Mastro Radt e Kaleb,
ma anche lui ora se ne stava andando. Cosa che rendeva Sigrid
radiosa.
-Aspetta, stavo finendo di salutare-
protestò il ragazzo, ma la giovane non si fermò
continuando a spingerlo verso gli altri compagni in attesa.
-È ora di lasciarsi alle spalle
il passato. Pensa a quanti nuovi posti visiterai e alle centinaia di
persone che incroceranno il tuo cammino. Per certi versi ti invidio,
quanto vorrei avere la possibilità di visitare il resto del
regno- tubò facendo aderire le forme del suo corpo alla
schiena del giovane, impedendogli di girarsi.
-Veramente non si tratterà di
un’allegra scampagnata. Sto andando ad addestrarmi per
diventare un soldato- rispose Kaleb torcendo il collo nel tentativo
di guardarsi alle spalle, ma Sigrid posò una delle morbide
mani sulla sua guancia costringendolo a tenere dritto il capo.
-La fai sembrare più terribile
di quanto sarà- disse prima di iniziare a ridere ad alta voce
attirando l’attenzione. Gli occhi di tutti si puntarono su di
loro, strappando anche quell’ultimo residuo di riservatezza
rimasto. -Prendila come un’avventura. Finalmente potrai farti
dei veri amici, delle persone per bene, che potranno aiutarti
nel momento del bisogno e rallegrare le tue giornate-.
A quel punto Kaleb puntò a terra
i talloni fermando la sua avanzata. Con un sorriso freddo prese
gentilmente Sigrid per i polsi e la scostò da sé.
-Ti ringrazio per l’incoraggiamento
e la premura. Capisco che possa essere un momento che ti riempie di
entusiasmo, ma non ho bisogno di essere accompagnato- le disse prima
di alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di Eileen, ma la
ragazza se n’era già andata.
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Capitolo 2 *** 02.Cocci sul sentiero ***
02.
COCCI SUL SENTIERO
Eileen
serrò la mascella fino a sentire i denti scricchiolare.
Nonostante non avessero minimamente bisogno d’acqua, stava
percorrendo a grandi falcate il sentiero che portava al torrente Uèir
Airgid, uno degli affluenti del fiume Thorn, il corso d’acqua
più vicino a Nead. Era stata una sciocca, non sapeva nemmeno
lei cosa si aspettava di ottenere presentandosi a quell’ora
davanti alla casa del Sorvegliante. Non era arrabbiata per quello che
aveva sentito dire da Sigrid, aveva sopportato cattiverie peggiori
nel corso degli anni. Le insinuazioni di quella vipera ormai le
scivolavano addosso come acqua. Era con sé stessa che era
infuriata, si stava comportando come una bambina piagnucolosa. La
stessa con cui pensava di aver chiuso i conti dopo la morte di suo
padre. Con rabbia deviò dal per corso tracciato, scalciando
nell’erba alta e lasciandosi scivolare il cappuccio del
mantello sulle spalle. Dopo pochi minuti di cammino arrivò
vicino a un’alta parete rocciosa coperta d’edera e senza
indugio prese a trafficare con alcuni tralci pieni di foglie grandi
quanto la sua mano aperta. Dietro il rampicante apparve un pertugio
grande appena per far passare una persona e senza indugi Eileen vi si
infilò. Facendo attenzione a tenere la testa china per non
urtare contro il soffitto irregolare, percorse poche iarde e sbucò
in prossimità di una pozza d’acqua poco profonda
circondata da enormi massi di ardesia. Si trattava di una conca
naturale che lei è Kaleb avevano trovato quando erano ancora
bambini, impossibile da raggiungere dall’esterno, se non
attraverso l’apertura che aveva appena attraversato, in quanto
i massi erano troppo ripidi e friabili per arrampicarsi. Doveva
essersi formata in seguito ad una frana molti anni prima che
nascessero ed era diventata immediatamente il loro posto preferito,
il rifugio perfetto per pensare o per sfuggire ai problemi
quotidiani.
Eileen
lasciò cadere il secchio sopra la ghiaia scura e si levò
mantello e stivali, arrotolando le braghe fin sopra il ginocchio.
Senza esitare entrò nell'acqua sentendo i piedi perdere
sensibilità a causa del freddo. Nonostante il gelo che le
entrava nelle ossa, la sua rabbia non accennava a diminuire, perciò
prese una manciata di ciottoli dal fondo e iniziò a lanciarli
sul pelo dell’acqua. I sassi avevano a malapena lo spazio per
rimbalzare un paio di volte prima di finire contro la pietra della
riva opposta, ma non le importava. In quel momento voleva solo
dimenticare ciò che era successo. Rimpiangeva il modo in cui
si era comportata, era il giorno più felice della vita di
Kaleb, eppure aveva rovinato tutto. Il loro ultimo ricordo insieme
sarebbe stata quella patetica conversazione, in cui l’aveva
trattato con freddezza, alla strega di un estraneo.
Non
si accorse subito delle lacrime che le rigavano il viso e non se ne
curò, continuando a scagliare le pietre con rabbia.
Sua
madre aveva ragione, Kaleb non avrebbe più fatto ritorno. Cosa
ci avrebbe guadagnato a vivere in quel minuscolo villaggio disperso
tra le montagne, quando poteva essere in una delle meravigliose città
che si affacciavano sull’oceano, o ancora meglio, nella
capitale?
Il
loro era un regno pacifico e diventare soldato gli avrebbe consentito
di vivere una vita dignitosa, facendo ciò che più
amava, aiutare le persone.
Tuttavia,
il dolore di quella perdita era insopportabile. Ora che suo padre non
c’era più, Kaleb e sua madre erano le uniche persone che
per lei contavano in quel mondo ostile e aveva il terrore di rimanere
sola.
Una
volta che ebbe esaurito le lacrime, si strofinò con forza il
viso con l’acqua gelida fino a far arrossare le guance per il
freddo, poi fece un respiro profondo. Nonostante tutto, sfogarsi le
aveva fatto bene, odiava sentirsi vulnerabile e quel pianto l'aveva
aiutata ad arginare il dolore in un angolo della sua mente, dove non
avrebbe potuto più farle male. Quando fu pronta, riempì
il secchio d'acqua e si rimise in cammino per tornare a Nead.
Quando
sbucò fuori dal bosco, si accorse che il sole era ormai alto
nel cielo, torrido come i giorni precedenti, e il villaggio brulicava
di attività. Automaticamente i suoi piedi si mossero in
direzione della fucina, l’unico posto in cui era ben accetta
fra quelle case.
Il
rumore del ferro che veniva battuto la raggiunse ancora prima che la
struttura comparisse davanti ai suoi occhi. Come ogni giorno il fuoco
ardeva ferocemente nella grande fornace, alimentato da due grossi
mantici. I bagliori rossastri si riflettevano sulle pareti mobili
alte sette piedi che Mastro Radt aveva fatto costruire pochi anni
prima, per tenere gli occhi di spie e ficcanaso lontani dal suo
lavoro, le aveva confidato l'uomo. Senza esitazione superò lo
sbarramento e fu investita da una vampata di calore che le fece
ondeggiare i capelli. Intorno a una grande fornace piena di lingue di
fuoco e tizzoni ardenti, si affaccendavano tre figure lucide di
sudore. Una era quella di Mastro Radt, il vecchio fabbro, nonostante
l'età aveva un corpo asciutto e muscoloso, temprato dagli anni
passati a lavorare nella fucina. In quel momento reggeva un grosso
martello dal manico in legno, battendo con forza un lungo e sottile
pezzo di metallo incandescente, facendo sprizzare scintille ovunque.
I colpi erano talmente forti che ad Eileen pareva di sentire le
vibrazioni scuotere il terreno. La barba bianca ben curata,
nascondeva gran parte del volto e i capelli candidi erano trattenuti
da un fazzoletto logoro annodato sulla fronte, tuttavia la ragazza
riusciva comunque a vedere la fronte e le sopracciglia aggrottate per
lo sforzo. Accanto si stagliava l'enorme figura di Haward,
l'apprendista più anziano, che con un paio di grosse pinze
manteneva fermo sopra un'incudine l'acciaio che il fabbro stava
lavorando. Era un tipo schivo e di poche parole, alto all'incirca sei
piedi emmezzo e con mani enormi. Era incredibile come con esse fosse
in grado di creare incredibili opere d'arte. A Eileen piaceva quel
ragazzo e lui non sembrava avere paura del suo insolito aspetto,
forse perché frequentava spesso la fucina per incontrare
Mastro Radt. Probabilmente, se Sigrid non avesse minacciato tutti i
ragazzi del villaggio, sarebbero anche potuti diventare buoni amici.
Infine, dietro l'ingombrante struttura di mattoni scorse Gery. In
quel momento si stava occupando di tenere il fuoco vivo mettendo in
azione i grossi mantici. Prima che arrivasse il suo posto era
occupato da Kaleb.
A
causa della vicinanza con la sua famiglia, nessuno lo aveva voluto
come apprendista, a parte Mastro Radt. Il fabbro era stato l'unico
disposto a dargli un lavoro quando aveva compiuto dodici primavere. A
nulla erano valse le buone parole e le lusinghe di suo padre, che se
voleva, poteva essere molto persuasivo. Gli abitanti del villaggio
erano troppo spaventati da lei e sua madre, per non parlare di Nani.
All'inizio
era stato difficile, la fucina non era un luogo adatto ad un
ragazzino, ma Radt era stato paziente. All'inizio aveva affidato a
Kaleb solo compiti semplici: assicurarsi che ci fosse sempre legna e
carbone, tenere la fucina pulita e riordinare gli strumenti. Poi, con
il passare del tempo, aveva iniziato ad apprendere il mestiere,
assistendo Radt e Haward nei processi di lavorazione del metallo,
fino ad acquistare abbastanza autonomia. A Kaleb piaceva lavorare
nella fucina, se non avesse superato la selezione per diventare un
soldato, probabilmente avrebbe continuato la sua formazione lì.
Gli anni passati a lavorare il metallo gli avevano donato un fisico
forte, oltre che resistente, che si era rivelato molto utile per
superare alcune delle prove architettate dal comandante Jokull. Ma
più di ogni altra cosa, quel lavoro gli aveva permesso di
entrare in contatto con il modo delle armi. Non che Mastro Radt ne
fabbricasse molte, il loro era un piccolo villaggio circondato dalle
montagne, gli unici che ne facevano richiesta erano i soldati del
loro piccolo contingente, o i cacciatori che passavano vicino a Nead
per seguire le piste degli animali. Per quanto potesse sembrare
strano, Kaleb aveva un vero e proprio dono nell'utilizzo di ogni tipo
di arma. Spade e alabarde sembravano naturali prolungamenti del suo
corpo e quando imbracciava l'arco aveva una mira infallibile.
Eileen
si crogiolò in quei pensieri attendendo con pazienza che gli
uomini finissero il loro lavoro. Quando l'acciaio fa battuto per
l'ultima volta Mastro Radt fece un cenno impercettibile ad Haward che
con un movimento fluido fece scivolare il pezzo di metallo nel badile
pieno di acqua salata alle sue spalle, sollevando una densa nube di
vapore. Fu in quel momento che il fabbro la vide e il suo viso
solcato dalle rughe si spiegò in un sorriso reso luccicante
dai diversi denti di metallo che intervallavano quelli ancora sani.
-Eileen,
scricciolo mio. Cosa ci fai da queste parti?- esclamò con voce
roca avvicinandosi a lei con un'andatura zoppicante, colpa di un
brutto incidente di appena un paio d'anni prima. Alle sue spalle
Haward accennò un sorriso, mentre il volto di Gery divenne
terreo, nonostante l'inferno di fiamme che gli bruciava accanto.
-Sono
venuta a riprendere i vasi di unguento che ti ostini a conservare
come cimeli- rispose Eileen senza riuscire a non rispondere al suo
sorriso. -Dato che l'ultima volta non sei venuto personalmente al
negozio, volevo essere certa che il messaggio fosse arrivato a
destinazione-.
A
quelle parole Gery divenne paonazzo e con fare impettito riprese a
far funzionare il grosso mantice in cuoio. Nonostante il rumore
infernale la risata di Radt raggiunse chiaramente le sue orecchie.
-Nervosetto il nostro Gery, hai notato? Non preoccuparti, è un
bravo ragazzo, solo un po' troppo influenzabile- spiegò il
fabbro pescando un brandello di stoffa dall'ampio grembiule di cuoio
per asciugarsi il sudore dalla fronte.
Dammi solo qualche mese e lo renderò un apprendista
accettabile. Anche se Kaleb mi mancherà-
Eileen
sorrise condiscendente. -Lo immaginavo. In ogni caso, chi aveva
bisogno dell'unguento?-.
-Haward,
quello sciocco ha di nuovo messo le mani dove non doveva- sbottò
Mastro Radt scuotendo la testa irritato, ma la giovane sapeva che era
tutt'altro che adirato con il suo apprendista. Il fabbro era un uomo
molto severo, soprattutto con se stesso, per questo ogni volta che
uno dei suoi protetti si feriva accidentalmente, se ne sentiva in
qualche modo responsabile, dato che lavoravano sotto la sua
supervisione.
-Posso
controllare la ferita?- domandò cautamente.
-Certo-
acconsentì il ragazzo posando gli attrezzi ed iniziando a
togliersi i lunghi guanti di cuoio. Senza farselo ripetere Eileen
posò il secchio pieno d'acqua e scivolò verso di lui,
iniziando a svolgere la benda che gli avvolgeva l'avambraccio,
proprio sotto il gomito.
Per
diversi attimi osservò la pelle del giovane, controllando con
cura anche i bordi della ferita.
-Cambi
la medicazione ogni giorno?- chiese analizzando lo strato di unguento
gelatinoso che ricopriva l'ustione.
-Tutte
le sere e ci applico il vostro unguento. Non è così
brutta come sembra, sono riuscito a immergere il braccio nell'acqua
quasi immediatamente- rispose Haward mentre lei risistemava con cura
la fasciatura. -Dovresti comunque rimanere a riposo per un paio di
giorni, per facilitare la guarigione-.
Il
ragazzo scrollò le spalle -Non è necessario, davvero,
si tratta di una bruciatura leggera e per ora non sto facendo sforzi
eccessivi-.
-Come
preferisci, ma stai attento alla fuliggine, non vorrei si
infettasse-.
In
quel momento Mastro Radt comparve al suo fianco tenendo tra le mani
tre vasi grandi all'incirca quanto un bicchiere. -L'importante è
che ti serva da lezione e sia entrato bene nella tua testaccia che
nessuna parte del tuo corpo deve stare vicino ai bordi della forgia.
I mattoni accanto al fuoco diventano terribilmente caldi, come avrai
ben notato- ringhiò in direzione dell'apprendista, che
rimpicciolì sotto il suo sguardo.
-Credo
che abbia capito- si intromise Eileen con delicatezza cercando di
spostare l'attenzione del fabbro dal povero ragazzo. -Quelli sono
nostri?-.
Mastro
Radt sbuffò. -Sì, abbiamo ancora un vaso mezzo pieno e,
ovviamente, quello che abbiamo appena preso. Preferisco averne una
buona scorta, in caso di necessità- disse riprendendo il
fazzoletto nascosto sotto il grembiule ed asciugandosi di nuovo la
fronte. -Quest'estate è davvero terribile, non faccio altro
che sudare da mattina a sera, tu non hai caldo?-.
Solo
in quel momento Eileen si accorse che, a differenza degli altri, se
ne stava tranquillamente avvolta nel mantello, nonostante il calore.
-No, sto bene. Mi piace l'estate e anche stare sotto il sole-.
-Buon
per te- osservò il fabbro con un sospiro.
-Così
sembra, ora però devo andare. Mia madre mi sta aspettando-
disse la rossa scoccando un'occhiata al sole che correva rapido nel
cielo, era stata fin troppo lontana da casa.
-Portale
i miei saluti. Una sera di queste dovremmo proprio organizzare una
bella cena insieme, mi mancano i manicaretti di tua madre-.
-Sarebbe
fantastico, mamma da sempre il meglio di sé quando ci sono
ospiti- rispose Eileen con un sorriso, allungando il braccio libero
verso di lui per recuperare i vasi vuoti, ma Mastro Radt scosse la
testa.
-Gery!
Aiuta Eileen e vedi di non fare la figura del fesso come l'ultima
volta!- esclamò richiamando il secondo apprendista.
-Devi
scusarlo, gli abitanti del villaggio devono avergli riempito la testa
di frottole. Sai come sono fatti quei codardi, hanno paura della
propria ombra. Ci penserò io a raddrizzarlo come si deve- le
sussurrò strizzando un occhio.
Il
ragazzo si avvicinò a loro con circospezione e, stando ben
attento di tenersi alla larga, prese tra le mani i vasetti
dell'unguento.
-Dimentichi
niente?- chiese il fabbro indicandola con un cenno della testa.
Eileen, in un primo momento, non capì a cosa alludesse, poi
con sommo stupore vide l'apprendista tendere una mano tremante verso
il secchio ancora a terra al suo fianco.
Fece
per opporsi, ma Radt annuì compiaciuto dandole una poderosa
pacca sulla schiena che le tolse il fiato. -Bene, ora sparite, e tu
cerca di non perderti lungo la strada. Abbiamo un mucchio di lavoro
da fare-.
A
quel punto Eileen capì che era inutile opporsi ed aspettò
con pazienza che Gery si sistemasse.
Così
combinati, i due ragazzi si misero sulla via di casa. La giovane
procedeva a passo spedito, felice, in cuor suo, di ricevere
quell'aiuto inaspettato, anche se non proprio volontario. Alle sue
spalle sentiva il respiro pesante dell'altro ragazzo, che con fatica
la seguiva lungo le strade. La ragazza vide alcuni dei loro
compaesani squadrarli di sottecchi, ma non ci badò.
Giunsero
fuori dal villaggio in un batter d'occhio ed Eileen inspirò a
pieni polmoni l’aria profumata dai fiori che punteggiavano
l’erba ai lati del sentiero. Felice, constatò che entro
pochi minuti sarebbe finalmente tornata a casa. Tuttavia, appena
furono dietro una folta macchia di arbusti, Eileen sentì
qualcosa di duro sbatterle contro la spalla strappandole un grido di
dolore. Con la coda dell'occhio vide un oggetto più grande del
suo pugno rimbalzare a terra poco distante, producendo un forte
rumore di cocci rotti.
Sorpresa,
si volse per capire cosa fosse stato, facendo scivolare una mano
sopra la spalla dolorante. Immediatamente riconobbe i frammenti di
quello che era stato uno dei vasi che utilizzavano per gli unguenti
e, sgomentata, si volse verso Gery in cerca di spiegazioni.
Il
volto del giovane era livido. -Quindi vi piace anche avere un stuolo
di schiavetti al vostro servizio- sibilò nella sua direzione.
Eileen
boccheggiò incredula, con la spalla che le pulsava di dolore,
poi si scostò di scatto per evitare il secondo vaso che
l'apprendista le lanciò contro. Di nuovo udì il suono
della terracotta che andava in mille pezzi e questo parve farla
tornare in sé.
-Che
diavolo stai farneticando! Sei impazzito?-.
Questa
volta Gery le lanciò contro il secchio e lei si scansò,
ma non fece in tempo ad evitare uno spruzzo d'acqua che le inzuppò
il mantello ed i vestiti.
-È
inutile che fai l'innocente, tutto il villaggio sa cosa fate tu e tua
madre. Ora che Kaleb se n'è andato, è solo questione di
tempo prima che vi caccino via- ringhiò con rabbia. Eileen
fece prudentemente qualche passo indietro, per mettere più
distanza possibile tra loro due. Sembrava una persona totalmente
diversa da quella che era entrata il giorno precedente nella loro
bottega.
-Già,
noi curiamo le persone, proprio qualcosa di imperdonabile-.
Il
viso di Gery si fece paonazzo, -Curare? Voi stregate la gente, la
rendete vostra schiava fino a portarla alla follia. Ecco cosa fate!-
A
quel punto Eileen si bloccò, iniziava ad arrabbiarsi anche
lei. -È questo che Sigrid ti ha raccontato mentre eravate
assieme?- esclamò contraendo la mascella. -L'unico schiavo che
vedo qui sei tu, scodinzoli dietro alla tua padrona come un cane-.
Gery
emise un agghiacciante lamento animalesco e le scagliò contro
l'ultimo vaso che aveva tra le mani. -Non prendermi in giro!- urlò
schizzando saliva ovunque. -Sigrid è una brava persona e si
preoccupa per la sicurezza del villaggio-.
Questa
volta Eileen non riuscì ad evitare il colpo e una nuova ondata
di dolore esplose proprio sopra il ginocchio sinistro, mentre
l'oggetto si distruggeva da qualche parte a lato del sentiero.
Con
un lamento sofferente ondeggiò all'indietro, rischiando di
inciampare nel bordo del mantello. Aveva gli occhi velati di lacrime,
ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere.
-Ieri
ho cercato persino di aiutarti, sai meglio di me che l'eritema che
hai sotto la camicia sta continuando a peggiorare, eppure mi stai
ferendo con tutto quello che ti capita a tiro. Come puoi
giustificarti?- ringhiò spostando tutto il peso sul ginocchio
ancora sano.
Il
giovane non parve nemmeno sentirla e con fervore prese a raccogliere
dei sassi dal sentiero polveroso. A Eileen si ghiacciò il
sangue nelle vene, quella situazione le stava decisamente sfuggendo
di mano. Doveva tentare di farlo ragionare, prima che diventasse
troppo pericoloso.
-Se
non la smetti immediatamente, riferirò ogni cosa al capitano
Finn e allora scoprirai quanto può essere accogliente la cella
di Nead- lo minacciò zoppicando pietosamente. Se fosse
riuscita a uscire dalla macchia di arbusti, sarebbero stati di nuovo
visibili dal villaggio e forse sarebbe riuscita ad attirare
l'attenzione.
-E
a chi pensi che crederà. La tua parola non vale niente in
questo posto, non l'hai ancora capito?- le domandò il giovane
in tono di scherno, facendosi rimbalzare sul palmo una frastagliata
pietra grigia.
-Si
può sapere perché fai tutto questo?-.
Gery
smise di giocherellare e si mise a fissarla intensamente facendola
sentire ancor più a disagio.
-Per
evitare che facciate ancora male a qualcuno. La gente ha paura di
voi, ma io no. Non più. È giunto il momento di porre
fine a questa storia- spiegò in tono sorprendentemente calmo.
Eileen
sentiva la gola tremendamente secca, -Posso capire che il mio aspetto
sia diverso e che la bravura di mia madre, molte volte, vada ben
oltre le aspettative. Conosco le stupide dicerie che girano sul
nostro conto- mormorò continuando a scivolare in modo
sgraziato sul terreno. -Tuttavia, puoi anche chiedere a qualsiasi
persona del villaggio, a nessuno è mai stato fatto del male.
Mai-.
-E
che mi dici dei bambini dietro la vostra casa?- domandò in
tono accusatorio a voce talmente bassa che Eileen temette di non aver
sentito bene.
-Di
cosa stai parlando?- borbottò completamente spiazzata. Di
tutte le risposte che si aspettava quella era la più
improbabile, oltre che senza senso. Non c'erano bambini dietro la
loro casa. Era la più lontana dal villaggio e nessuno degli
abitanti avrebbe lasciato allontanare tanto i propri figli.
Soprattutto in prossimità della loro bottega, senza una valida
ragione. Di solito era sua madre che si recava a casa degli ammalati
in caso di bisogno e non la lasciavano mai sola.
Con
un sorriso folle ad incurvargli le labbra, l'apprendista prese a
scuotere la testa mestamente, quasi deluso dal quel suo comportamento
poco collaborativo. Del ragazzo terrorizzato del giorno precedente
non rimaneva neppure l'ombra. Era questo che Sigrid e sua madre erano
in grado di fare pur di ottenere i loro scopi. Distorcevano la realtà
a tal punto che era impossibile non credergli.
-Dopo
che ti avrò sistemata, butterò il tuo corpo in un
crepaccio. Dove non verrà a cercarti anima viva- disse
ricominciando a giocherellare con la stessa pietra di prima. -In
fondo, a nessuno interessa del piccolo Mostro- concluse prima di
sollevare il braccio, pronto a colpirla.
Eileen
guardò disperatamente il bordo della macchia di cespugli, ma
era ancora troppo lontana. Con amarezza si irrigidì e serrò
gli occhi con forza. Forse se fosse riuscita a resistere abbastanza,
avrebbe potuto farcela. Spinta da quell'unico pensiero trattene il
fiato, pronta a un dolore che però non arrivò mai.
-Cosa
succede qui?-.
Ad
Eileen quasi scoppiò il cuore nel petto per il sollievo.
Come
se fosse stata una marionetta a cui venivano tagliati i fili, Gery
fece ricadere le braccia lungo i fianchi, facendo scivolare a terra
tutti i sassi che aveva raccolto.
Due
figure avvolte in lunghi mantelli scuri avanzavano verso di loro, in
modo tanto fluido e aggraziato che ad Eileen parvero danzare
sull'erba. Li riconobbe immediatamente, facevano parte del gruppo di
sconosciuti che aveva scorto quella mattina al villaggio vicino alla
dimora del Sorvegliante.
-N-niente-
balbettò Gery mentre il suo colorito passava dal rosso
paonazzo al grigio. -Me ne stavo andando, aveva solo bisogno di una
mano- aggiunse facendo qualche passo all'indietro verso il villaggio.
Probabilmente si stava chiedendo quanto quei due avessero visto, o
sentito, della loro conversazione. Nei suoi lineamenti era
chiaramente visibile il terrore e, a poco a poco, il ragazzo del
giorno prima riemerse dal macabro pozzo di follia in cui era stato
gettato.
-Ne
ero certo- rispose il forestiero con voce melodiosa, fermandosi a
pochi passi da loro. Il compagno silente fece altrettanto, arrestando
la sua avanzata un passo dietro di lui.
Senza
perdere altro tempo e proferire parola, Gery diede loro le spalle e
come un automa percorse a ritroso il sentiero che avevano percorso
poco prima, sparendo dietro la macchia di arbusti, come se nulla
fosse successo.
Eileen
lo seguì con lo sguardo durante tutto il tragitto, incapace di
muoversi. Non poteva ancora credere a quanto era accaduto. Non
credeva che Gery si sarebbe spinto tanto in là da ucciderla,
ma quella non era una questione a cui sarebbe potuta passare sopra
facilmente. Sigrid avrebbe pagato quell’affronto.
-Ti
senti bene?-.
La
voce armoniosa dello sconosciuto ruppe nuovamente il silenzio,
strappandola dai suoi cupi pensieri. Nonostante il tono carezzevole,
non poté fare a meno di notarne lo strano accento. Forse si
trattava di un gruppo di viaggiatori provenienti da Teine Tìr,
il regno che confinava con Mellt a sud, in prossimità dei
Colli Dorati.
-Credo
di sì- rispose in tono roco, in confronto a quella del
forestiero, la sua voce sembrava stridente come metallo sulla roccia.
Aveva la gola talmente secca che la lingua pareva attaccarsi al
palato.
Non
dovette essere molto convincente, perché l’altro si
avvicinò apprensivo. -Sei ferita?- insistette avvicinandosi
fino a posarle una mano sulla spalla. Eileen fece a malapena caso
alle dita bianche e stranamente lunghe che le scivolarono sul
mantello, perché in quel momento si rese conto dei brividi
violenti che le attraversavano il corpo. Istintivamente si strofinò
le braccia trovandole coperte di pelle d'oca, ma non aveva freddo.
-Sto
bene- replicò scostandosi di scatto per sottrarsi al suo
tocco, pentendosene all'istante. Forse era una sua impressione, ma il
punto dove lo straniero l'aveva toccata sembrava più caldo,
nonostante il mantello. -Grazie- si affrettò ad aggiungere.
Non era abituata al contatto con le altre persone, dato che a Nead
tutti la evitavano, ma quei due l'avevano appena salvata da una
pessima situazione. Il minimo che potesse fare era mostrare la sua
gratitudine.
Questo
la spinse a sollevare lo sguardo da terra per studiarli meglio. Ora
lo sconosciuto era talmente vicino che riusciva a scorgere vagamente
il suo viso al di sotto dell'ombra del cappuccio.
Quello
che vide la paralizzò sul posto.
Era
un giovane ragazzo, lo stesso che l'aveva osservata quella mattina da sotto
la grande quercia del villaggio, avrebbe riconosciuto ovunque quello
sguardo chiaro e luccicante. Le formidabili iridi azzurre che la
stavano osservando, erano venate da una sfumatura argentea che li
faceva risplendere, ma non era stato quello a scuoterla fin dentro le
ossa. I lineamenti del viso dell’altro erano delicati e
armoniosi, proprio come la sua voce, eppure oltre di essi Eileen fu
certa di vedere lo spettro del suo volto.
Avevano
gli stessi zigomi pronunciati, il taglio dell'occhio insolitamente
allungato, sormontato da sottili sopracciglia arcuate e la carnagione
pallida come la luna. In tutta la sua breve esistenza non aveva mai
incontrato un'altra persona che le somigliasse tanto.
Il
forestiero inclinò leggermente il capo preoccupato. -Forse è
meglio se ti lasci accompagnare. Non sembri avere un bell'aspetto-.
Al suo fianco il suo misterioso compagno fremette, non capì se
per rabbia o incredulità. In quel momento pensare le risultava
incredibilmente difficile.
-No,
davvero, non è necessario- riuscì ad articolare la
rossa in tono strozzato. La sua mente era totalmente vuota,
annientata da quella visione sconvolgente.
-Come
preferisci- si arrese l'altro senza mostrare alcun turbamento.
Seppure la stesse fissando con una strana intensità, Eileen
non si sentì a disagio, tutto di lui emanava pace e calore. Le
pareva di essere un piccolo germoglio esposto per la prima volta alla
luce del sole, in qualche modo bisognosa di quel quieto tepore.
-Potrei
sapere tuo nome?- chiese sempre in tono gentile il forestiero
riscuotendola dal torpore del suo sguardo.
-Eileen,
Eileen Arenson- sussurrò con voce roca, vergognandosi
nuovamente per quanto sgraziata sembrasse in confronto a lui.
Il
viso dello sconosciuto si aprì in un dolce sorriso. -Un nome
meraviglioso, in qualche modo ti appartiene- disse, mentre un lampo
divertito gli passava nelle iridi argentate alla vista del suo
sguardo confuso.
In
quel momento la figura alle sue spalle emise un mormorio
impercettibile e il suo interlocutore volse leggermente il capo, come
in ascolto. Rispose nello stesso tono gentile che aveva riservato a
lei, ma utilizzò una lingua diversa, più dolce e
musicale. Eileen non aveva mai udito nulla del genere, di sicuro non
era quella utilizzata a Teine Tìr, dato che si trattava di una
serie di suoni gutturali e sgraziati. Ma che non fossero originari di
quel regno lo aveva già intuito. La pelle dello sconosciuto
era troppo chiara perché provenissero da quelle terre.
-Per
noi è tempo di andare. Spero che i nostri destini si incrocino
di nuovo Eileen Arenson, non sono molte le luci che brillano come la
tua- le disse mentre si chinava a raccogliere un oggetto dal terreno
per porgerglielo.
Sbalordita
la rossa lo prese tra le mani constatando che si trattava di un
piccolo vaso di terracotta, ma non uno qualsiasi. Riconosceva i
decori stilizzati che ne ornavano il bordo superiore, erano gli
stessi che si ripetevano sulla maggior parte delle loro ceramiche.
Alzò
di scatto il capo incredula, ma le parole le morirono sulla punta
della lingua quando vide che i due si erano già voltati e si
stavano allontanando a passo sostenuto.
Continua...
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Capitolo 3 *** 03.Il Rogo ***
03.IL
ROGO
Eileen
restò a guardare gli estranei che si allontanavano. Aveva i
piedi incollati al terreno, come se avessero deciso di mettere
radici. Ancora senza parole, fissò il vaso che teneva tra le
mani.
Si
trattava senza ombra di dubbio di una delle loro ceramiche, non
poteva sbagliarsi. Stentava a crederci, dato che li aveva sentiti
distintamente cadere a terra e frantumarsi sul terreno, mentre Gery
glieli scagliava contro, eppure era solido e reale, stretto tra le
sue dita esangui. Se non avesse visto con i propri occhi l’estraneo
che lo raccoglieva dal terreno ai suoi piedi, non ci avrebbe creduto.
Alzò
ancora lo sguardo per osservare gli stranieri, ma questi si erano già
dileguati, inghiottiti dai boschi che circondavano il villaggio. Solo
in quell’istante notò che la direzione che avevano preso
non corrispondeva ad alcuno dei sentieri che portavano a Nead, o
fuori dalle montagne. Un fatto senza dubbio insolito.
Sovrappensiero,
spostò il peso del corpo sul piede destro e una dolorosa,
quanto improvvisa, fitta al ginocchio la riportò alla realtà.
Lo stupore di poco prima le aveva fatto completamente dimenticare
l’aggressione di Gery e le ferite che aveva riportato.
Maledicendosi per la sua ottusità, diede di nuovo le spalle a
Nead ed iniziò a zoppicare verso la sua casa. Ogni pochi passi
si guardava freneticamente attorno, con la paura che Gery, o qualche
altro membro della cricca di Sigrid, sbucasse fiori dal nulla per
ricominciare a tormentarla.
Dopo
quella che le parve un’eternità, finalmente scorse il
tetto della sua abitazione, familiare e rassicurante. Dal comignolo
usciva un sottile filo di fumo, segno che sua madre si trovava
all’interno. Con un ultimo sforzo si trascinò fino
all’usco di casa spalancando la porta con tanta irruenza, da
farla sbattere contro il muro della bottega. Il forte rumore allertò
l’altra occupante della piccola abitazione che si mosse al
piano superiore.
-Eileen?
Sei tu?-.
La
voce di sua madre risuonò fino a lei e sentì il
pavimento di legno scricchiolare sotto il suo peso mentre scendeva le
scale che portavano alla bottega.
-Sì,
sono io- esclamò la giovane in tono innaturalmente acuto
serrandosi la porta alle spalle. Aveva bisogno di chiudere fuori
tutto quello che era successo da quando Kaleb era partito.
Gli
stranieri sotto la quercia del villaggio, lo scherno di Sigrid,
l’apprendista impazzito ed, infine, il giovane con i suoi
stessi lineamenti. Era troppo per lei, si sentiva la testa che
scoppiava.
-Pensavo
non saresti più tornata- ridacchiò la donna scostando
la tenda che copriva l’apertura dietro il bancone. Per poco ad
Eileen sfuggì un gemito pieno di ironia, sua madre non sapeva
quanto si fosse avvicinata alla verità, purtroppo. Il sorriso
che le illuminava il volto si spense in un istante, quando vide in
che condizioni si trovava. -Che diavolo hai combinato? Perché
sei fradicia?-.
Eileen
sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi, ma le ricacciò
indietro. Non era il momento di lasciarsi andare.
-Sono
scivolata mentre andavo a prendere l’acqua al fiume- mentì
zoppicando fino al bancone. Non poteva dire la verità a sua
madre. Sarebbe sicuramente andata fuori dai gangheri e l’ultima
cosa che voleva era essere trascinata al cospetto del Sorvegliante
Attis. Per quanto le costasse ammetterlo, Gery aveva ragione, nessuno
avrebbe creduto alla sua versione dei fatti.
Deana
strabuzzò gli occhi. -Sei ferita!- esclamò con voce
intrisa di agitazione, aggirando di corsa l’ingombrante mobile
di legno che le divideva.
-Mi
dispiace, non ho prestato attenzione. I sassi sulla riva erano
scivolosi e sono caduta in acqua. Ho anche perso il secchio- soffiò
la rossa cercando di essere convincente, mentre sua madre l’aiutava
a sfilarsi lo stivale e ad arrotolare le braghe fino a metà
coscia. Sulla sua pelle candida stava già lentamente apparendo
un bozzo violaceo delle dimensioni di una mela.
Deana
studiò la ferita con lentezza e la ragazza capì subito
di essere perduta.
-Ti
hanno fatto del male?- sussurrò la donna incredula.
Per
alcuni attimi regnò un silenzio pesante, carico di tensione.
Eileen si morse le labbra con amarezza, la sua bugia non aveva retto
neppure un minuto. Dopotutto, gli occhi della guaritrice più
celebre di tutta la Fàinne non potevano essere ingannati con
così poco.
Sentì
le mani di sua madre tremare al di sopra della sua pelle tumefatta.
-Nessuno
mi ha fatto male. Ti ho detto che sono caduta-. Ma le sue parole
vennero totalmente ignorate.
-Chi
è stato?- le domandò Deana con veemenza. La ragazza si
sentì gelare la bocca dello stomaco. Non aveva mai sentito
Deana parlarle in tono così duro.
La
sorpresa la rese muta. Sua madre era una donna gentile e molto
tollerante, ma l’amore che nutriva nei suoi confronti e per suo
padre, la rendeva un avversario temibile per chiunque li minacciasse.
Non si sarebbe fermata fino a quando non avrebbe ottenuto giustizia e
questo la preoccupava immensamente.
-Eileen-
la richiamò con durezza la donna. -Devo sapere chi è
stato-.
La
rossa si lecco le labbra secche, prima di rispondere. Ormai il danno
era fatto e non poteva più tirarsi indietro, avrebbe cercato
di arginare la sua rabbia.
-Questa
mattina sono andata a prendere l’acqua al fiume e sulla via del
ritorno mi sono fermata da Mastro Radt per farmi restituire i vasi
degli unguenti che aveva ancora con sé- iniziò a
raccontare con voce rauca.
-Continua-
la incitò Deana allontanandosi da lei ed iniziando a
rimbalzare dentro la stanza come una trottola impazzita. Le sue mani
si muovevano senza indugi tra ampolle e giare alla ricerca degli
ingredienti che le servivano.
-Abbiamo
chiacchierato un po’, poi Mastro Radt ha chiesto a Gery di
aiutarmi a tornare a casa, dato che avevo molte cose da portare con
me. Così il nuovo apprendista ha preso il secchio pieno
d’acqua e i vasi al posto mio e ci siamo allontanati insieme.
Ma una volta giunti fuori dal villaggio, non appena siamo stati
nascosti da una macchia di arbusti, ha iniziato a dar fuori di matto.
Mi ha lanciato addosso tutto quello che aveva tra le mani e poi ha
iniziato a raccogliere delle pietre dal terreno… se non fosse
stato per i forestieri che ho visto questa mattina, non so che fine
avrei fatto. È per questo che ho questi lividi-.
-Ce
ne sono altri?- domandò sua madre allarmata dalle sue parole.
Eileen
sospirò. -Sì, solo uno. Sulla spalla sinistra- ammise
posando il vaso che stringeva fra le dita e iniziando a sbottonarsi
la camicia.
Alla
vista del secondo ematoma che stava sbocciando sulla sua pelle come
un fiore violaceo Deana rabbrividì. Il suo sguardo si offuscò,
appannato da paura e, soprattutto, dall’ira.
-Dobbiamo
andare subito a parlare con il Sorvegliante Attis. Questo Gery si
pentirà amaramente per le sue azioni- esclamò
applicando uno spesso strato di arnica sul livido. Nonostante la
forte rabbia le sue mani erano ferme. Era incredibile come riuscisse
ad escludere la negatività, in modo che non influisse sul
proprio lavoro.
-No,
mamma- soffiò Eileen abbassando lo sguardo.
Deana
la fissò incredula. -Come? Sei per caso impazzita?- urlò
mentre copriva le sue ferite con delle bende pulite. -Quel ragazzo
poteva farti molto più male di così. Sei stata
fortunata, se ti avesse colpito alla testa, o sul torace, non te la
saresti cavata così a buon mercato-.
La
rossa fece una smorfia. -Il problema non è lui-. Le costava
moltissimo ammetterlo, aveva sempre cercato di tenere Deana lontana
dai suoi problemi. Per di più, quella era la sua guerra, e
voleva vincerla da sola. Sua madre aveva già abbastanza
grattacapi, a causa di Nani, senza mettersi a combattere anche le sue
battaglie.
-Non
dirmi che Nani si è spinta a tanto- sbottò la
guaritrice travisando le sue parole.
La
giovane scosse il capo con veemenza, -Non è colpa sua- sbuffò,
esasperata da tanta insistenza. Si sentiva sotto torchio, come una
criminale.
-E
allora chi?- esclamò Deana, mentre le guance le si
imporporavano per la rabbia e la frustrazione. -Eileen, devo sapere!-
insistette prendendo il viso della figlia tra le mani per
costringerla a guardarla negli occhi.
La
giovane ricambiò il suo sguardo addolorato. Non avrebbe mai
voluto parlarne con lei, ma non aveva più scelta. Sapeva che
non le avrebbe dato pace fino a quando non le avrebbe detto tutta la
verità. Sua madre era fatta così.
-La
mia è solo un’ipotesi- sospirò affranta staccando
le iridi color del tramonto da quelle castane di lei. Doveva
scegliere le parole con cura, se non voleva vedere sua madre uscire
di casa come una furia, magari armata di un cucchiaio di legno. Non
si trovava nelle condizioni di poterla inseguire e farla ragionare.
-Parla,
per amore degli Avi!- la incalzò di nuovo la donna, senza
darle tregua.
-Sigrid-
borbottò infine, non trovando un modo migliore per iniziare.
-All’inizio pensavo che fosse solo paranoia. Gli abitanti di
Nead non hanno mai amato la nostra famiglia, ma da quando è
morto papà, ho notato un certo accanimento nei miei confronti.
Spesso mi accadono incidenti improbabili, o vengo ferita
accidentalmente, mentre gli altri ragazzi svolgono le loro mansioni
quotidiane.
-Non
ho mai trovato un nesso a tutto quanto, fino a quando Kaleb non ha
sventato l’ennesimo scherzo di cattivo gusto architettato nei
miei confronti. Ha tormentato così tanto i due malcapitati che
mi avevano preso di mira, che alla fine hanno deciso di vuotare il
sacco. Sigrid ha convinto tutti i ragazzi del villaggio che se ne
avessi avuto abbastanza, probabilmente sarei riuscita a convincerti a
lasciare Nead. Mi odia tanto quanto Sigrid odia te, credo, anche se
non ne conosco il motivo-.
La
notizia colpì sua madre più duramente di quanto
credette. La vide arretrare di qualche passo, con le braccia inerti
lungo i fianchi e le labbra socchiuse per lo sgomento. La rabbia era
scomparsa dal suo volto, diventato inespressivo. Non sembrava credere
a quello che aveva appena udito.
-Perché
non mi hai mai detto niente?- chiese turbata.
-Mamma,
tu hai già abbastanza problemi con Nani senza aggiungere altre
sciocchezze. Questa faccenda posso benissimo gestirla da sola. Sono
solo degli stupidi scherzi- sospirò Eileen cercando di
alleggerire la tensione. In fondo era la verità, se si
escludeva l’esplosione di rabbia di Gery, non le era mai
capitato niente di eclatante. Nulla che andasse oltre il secchio di
pomodori marci che il figlio del mugnaio era riuscito a svuotargli in
testa la primavera precedente. Affronto che, al malfattore, era
costato un paio di giorni a stretto contatto con la latrina. Da
allora il poveraccio si guardava bene dal trovarsi anche solo nel suo
campo visivo.
Le
sue parole non dovettero essere abbastanza convincenti, perché
la rabbia tornò ad incendiare il viso della guaritrice, che la
trafisse con uno sguardo di fuoco. -Certo, come no. Forse non te ne
sei resa conto, ma ti reggi a malapena in piedi. Questo mi sembra
andare ben oltre una semplice bravata- sibilò Deana scuotendo
la testa con disappunto. -Appena ti sentirai un po’ meglio,
andremo a chiedere udienza al Sorvegliante Attis, che ti piaccia o
meno-.
Eileen
digrignò i denti irritata. Era proprio quello che voleva
evitare. Le parole di Gery le risuonavano ancora nelle orecchie come
un monito. -Non è mai capitato che le cose prendessero questa
piega. Sono stata presa alla sprovvista, lo ammetto, ma se fino ad
ora non hai mai sospettato nulla, significa che so cavarmela da sola.
Quindi non andiamo da nessuna parte- replicò risentita.
Le
due si scrutarono in cagnesco. Nessuna aveva intenzione di cedere e
il silenzio si protrasse per minuti interi.
Infine,
Deana distolse lo sguardo e sospirò spazientita. -Vado a
prenderti qualcosa da mangiare. Starai morendo di fame. Non osare
muoverti da lì- borbottò aggirando nuovamente il
bancone per poi sparire al piano superiore.
Eileen
continuò a fissare l’uscio con espressione arcigna anche
dopo che sua madre fu sparita. Non le piaceva discutere con lei, ma
non era più una bambina e non necessitava della sua
protezione. Avrebbe risolto da sola i propri problemi. Il motivo per
cui non aveva ancora denunciato quella seccante situazione al
Sorvegliante Attis, era perché non era in possesso di prove
schiaccianti che inchiodassero Sigrid. Inoltre, il fatto che si
trattasse della sua stessa figlia, rendeva il tutto ancora più
complicato. Senza considerare il pessimo rapporto che c’era fra
le loro madri. Tutti al villaggio ne erano a conoscenza, quindi
bastava un solo passo falso affinché passasse lei dalla parte
del torto al posto di quelle due megere. Digrignando i denti per il
dolore scivolò sull’alto sgabello nascosto dietro al
bancone ed aspettò.
Prima
di quanto pensasse, sua madre ricomparve al suo fianco porgendole una
ciotola colma di verdure crude, un tozzo di pane e una caraffa
d’acqua.
In
quel momento il suo stomaco protestò rumorosamente, facendola
sobbalzare ed interrompendo il filo dei suoi foschi pensieri. Non si
era resa conto di essere tanto affamata. Senza pensarci troppo si
gettò sul cibo, in fondo era dalla sera prima che non metteva
nulla sotto i denti.
-Grazie-
mugugnò senza alzare la testa dal piatto.
Deana
non disse nulla, limitandosi a fissarla con pazienza mentre divorava
il pranzo. Con le dita tamburellava distrattamente sul piano in legno
del bancone, riproducendo una melodia ipnotica e piacevole. Notando
il suo comportamento Eileen si lasciò quasi sfuggire un
sorriso. Conosceva sua madre fin troppo bene, quello era il chiaro
segno che stava architettando qualcosa per farle cambiare idea e
costringerla capitolare. Fece appena in tempo a formulare quei
pensieri, prima che Deana iniziasse a parlarle in tono conciliante.
-So
che ormai hai quindici primavere e ti consideri praticamente
un’adulta, ma non c’è niente di male a chiedere
aiuto quando se ne ha bisogno- disse, osservandola mentre trangugiava
le verdure.
-Sono
sicura che riuscirai a cavartela da sola con Sigrid, sei una ragazza
intelligente e troverai di certo il modo per liberarti da questo
tormento. Tuttavia, non posso fare a meno di ribadire il mio
consiglio, dovresti denunciare Gery al Sorvegliante Attis. I lividi
sono una prova lampante di quanto è accaduto e Mastro Radt di
certo testimonierà a tuo favore-.
La
rossa la squadrò con sospetto, era difficile credere che sua
madre si sarebbe limitata a quello, una volta che fossero state al
cospetto del Sorvegliante. La sua espressione dovette essere
abbastanza eloquente, dato che Deana si affrettò subito a
rassicurarla. -Ti prometto che non interferirò in alcun modo e
lascerò che sia tu a spiegare ciò che è
accaduto. Sai che non mi rimangerei mai la parola- aggiunse
lisciandole delle pieghe invisibili sulla sua camicia sbottonata.
A
quelle parole Eileen si rilassò un poco, effettivamente sua
madre non infrangeva mai le proprie promesse. Quindi poteva fidarsi
se affermava che non avrebbe cercato di sviare il discorso per
costringerla a vuotare il sacco sull’intera faccenda. Tuttavia,
era sicura che ci fosse un piano ben preciso dietro alla sua
richiesta. Qualcosa che ancora le sfuggiva.
Eileen
fece per risponderle, ma fu interrotta da una serie di colpi secchi
che si abbatterono sulla porta della bottega. Deana si volse a
fissare l’uscio perplessa, più che bussare sembrava che
il nuovo venuto volesse sfondare l’entrata a calci.
-Deana
Alvitson, aprite le porte della vostra dimora- esclamò una
possente voce maschile da dietro le assi di legno scuro. La
guaritrice fissò l’uscio stralunata, era da anni che
nessuno le si rivolgeva utilizzando il suo nome da ragazza.
Non
ricevendo alcuna risposta il nuovo venuto riprese a percuotere
l’uscio. -Siamo venuti per ordine del Sorvegliante Attis!
Aprite immediatamente!- tuonò.
-Per
l’amor del cielo, Elof. Così distruggerai la porta!-
rispose Deana riconoscendo l’uomo ed avvicinandosi a grandi
falcate per aprire.
Sulla
soglia apparve un soldato corpulento rivestito d’armatura, con
una lunga lancia tra le mani e l’espressione di chi sta facendo
qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Sporgendosi per
quanto poteva dalla sua posizione, Eileen squadrò l’uomo
con espressione arcigna. Non poté fare a meno di notare la
differenza con manipolo di uomini che questa mattina avevano lasciato
il villaggio con i cadetti. La tunica blu notte del soldato era lisa
in più punti, tesa sul ventre prominente, le stelle argentee
quasi del tutto scomparse. Anche l’armatura aveva visto giorni
migliori e gli pendeva addosso opaca e incompleta, lasciando scoperta
la maggior parte del corpo pingue.
-Cos’è
accaduto? Qualcuno ha bisogno delle mie cure?- si allarmò
Deana, impressionata da tale formalità da parte di quella
vecchia guardia, che, solitamente, si limitava a passeggiare
pigramente lungo i confini di Nead. In una pallida imitazione di una
ronda di ricognizione.
Il
soldato scattò sull’attenti. -Nulla del genere, siamo
venuti a conferire con voi riguardo a un reato compiuto dalla vostra
famiglia nei confronti del regno di Mellt- recitò in tono
monocorde, con lo sguardo perso in un punto imprecisato sopra la sua
spalla.
-Non
capisco, che genere di reato?- domandò la guaritrice inarcando
le sopracciglia sconcertata. Con i rapporti limitati che avevano con
il resto del villaggio, era assai improbabile per loro compiere
un’effrazione di qualsiasi genere.
Elof
schiarì nervosamente la voce, -Siete accusati di furto e frode
ai danni della famiglia reale- chiarì, mentre i suoi occhi
scivolavano all’interno della bottega per poi soffermarsi su
Eileen.
Per
un attimo la rossa rimase interdetta. Era strano per lei essere
oggetto di tanta curiosità. Poi si rese conto che il soldato
non la stava fissando in viso, ma era più interessato al suo
petto. Istantaneamente si sentì il volto avvampare e con dita
impacciate si affrettò a chiudere i bottoni della camicia
rimasti aperti. Ancora una volta si maledì per la propria
goffaggine.
-Ritengo
assai improbabile di essere responsabile di tale crimine. In ogni
caso, chi avanzerebbe queste accuse?- sospirò Deana in tono
rassegnato. Situazioni come quella erano ormai all’ordine del
giorno.
-La
nobile Nani Conceit, consorte del Sorvegliante Attis, la cui
devozione va alla grande casata Rasmus- rispose Elof, come se stesse
recitando un copione imparato a memoria. Senza parole, Deana si
sporse appena oltre la grande figura del soldato, e alle sue spalle,
a un centinaio di piedi di distanza, vide l’intero corpo dei
soldati di Nead, bardati e armati di tutto punto, come non li si
vedeva da anni. Al centro, vestita interamente di bianco, capeggiava
una compiaciuta Nani, fortemente avvinghiata al braccio robusto del
comandante Finn. Per un attimo la guaritrice ebbe compassione per
quell’uomo.
Da
dove si trovava Eileen non riusciva a vedere il viso di sua madre, ma
dal tono di voce poté immaginare l’espressione tirata
che le segnava i lineamenti.
-Forse
la nostra cara nobile deve aver preso l’ennesimo abbaglio-
ribatté in tono ironico. -Né io né mia figlia
abbiamo rubato alcunché, mi dispiace che l’intero corpo
di guardia sia stato distolto dalle proprie mansioni per un tale
malinteso-. La ragazza trattenne a stento le risa, sembrava che Elof
avesse ingoiato un limone.
-Non
siete stata voi a commettere il reato- borbottò l’uomo
cercando di conservare un minimo di dignità.
A
quel punto, il tono della guaritrice si fece sfacciatamente beffardo,
-Dunque cosa ci fate sulla soglia della mia casa, per di più
armati? Qui abitano due donne, non un clan di banditi di montagna-
fece notare, senza riuscire a trattenere una risata.
Il
soldato arrossì furiosamente, colpito nell’orgoglio. -Il
furto è stato commesso dal deceduto Aren Bragison- sbottò.
Improvvisamente
un sudario gelido scese su di loro, cristallizzando il tempo e i loro
pensieri. Eileen sentì l’allegria evaporare come neve al
sole. Il suo stomaco si strinse in una morsa dolorosa, al ricordo
sempre troppo amaro del padre. Davanti a lei, sentì sua madre
inspirare pesantemente, il corpo scosso dai tremiti. Non era un buon
segno. Preoccupata, scivolò sgraziatamente giù dallo
sgabello e si affrettò a raggiungere la donna.
-Mio
marito è morto tre anni fa in un tragico incidente, come osate
presentarvi ora davanti a me infangando la sua memoria ed il suo
onore!- ruggì sua madre con una tale furia che Elof fece un
passo indietro spaventato.
-Mamma,
per favore, calmati. Ci sarà sicuramente un errore- sussurrò
Eileen posandole una mano sul braccio munito per cercare di
tranquillizzarla. La donna aveva la mascella contratta e le mani
serrate a pugno, gli occhi scuri mandavano lampi.
-Suvvia
Deana, non è educato da parte di una signora alzare il tono in
questo modo- gorgheggiò una voce femminile proveniente da
dietro la figura imponente di Elof. Nani aveva finalmente deciso di
avvicinarsi per prendere parte alla commedia da lei orchestrata. Era
ancora avvinghiata al muscoloso braccio del comandante Finn, che la
fissava con un misto di adorazione e assoluta dedizione che Eileen
trovò intollerabile, oltre che ridicolo. Non c’era da
stupirsi se l’intero corpo di guarnigione fosse schierato
davanti a loro. Sembrava che l’uomo fosse disposto a concederle
qualsiasi cosa desiderasse.
-Tutto
questo oltrepassa ogni limite della decenza. Aren era un uomo onesto
e generoso, il suo tempo su questa terra è ormai passato. Non
intendo permettere che la sua memoria sia deturpata con false
calunnie. Esigo che le guardie siano allontanate immediatamente dalla
mia casa e le accuse ritirate- pretese Deana erigendosi in tutta la
sua minuscola figura. Il suo sguardo bruciava con un’intensità
tale, che Eileen vide la volontà dei due uomini vacillare.
Tuttavia, questo non bastò a frenare la moglie del
Sorvegliante.
-Non
credo sia possibile, la nostra fonte è stata piuttosto precisa
in merito-.
-E
chi sarebbe?- sbottò Deana senza più nemmeno cercare di
nascondere l’irritazione.
La
domanda disegnò sul viso di Nani un sorriso trionfale che fece
accapponare la pelle a Eileen. -Lo stimato principe Myr, discendente
della dinastia Rasmus, terzo erede al trono del regno di Mellt-
Per
un breve momento ci fu solo silenzio, mentre le parole della donna
cercavano di essere interpretate dalle loro menti attonite.
-Non
ti aspetterai che creda ad una sciocchezza simile- disse piano la
guaritrice, che finalmente pareva aver ripreso il controllo di sé.
Sollevata, Eileen allentò la stretta sul suo braccio,
mantenendo tuttavia il contatto.
-Attenta
a quel che dici donna, sono pur sempre la moglie del Sorvegliante di
queste terre e un’offesa alla mia persona sarebbe uno scotto
caro da pagare- le minacciò Nani con un’occhiata
furibonda, che fu completamente ignorata dalle altre due. Erano anni
che si sentivano minacciate in quel modo e sapevano perfettamente che
il Sorvegliante Attis non avrebbe permesso che fosse loro torto un
capello a causa di un piccolo bisticcio. Era forse l’unico uomo
del villaggio in grado di negare qualcosa a quella donna.
-Non
ci sono menzogne nelle mie parole, questa mattina il Principe Myr si
è presentato presso la nostra dimora per conferire con mio
marito. A quanto pare era molto interessato ad un manufatto
conservato da Attis nel suo studio- rivelò Nani soppesando con
cura le proprie parole.
-Splendido,
sarà stato un momento memorabile, ma ciò in che modo
coinvolge la mia famiglia?- chiese Deana spazientita, spingendola ad
arrivare al punto della questione.
Le
labbra di Nani si piegarono in un ghigno malevolo, a quanto pare
aveva intenzione di giocare quella partita secondo le sue regole. -Si
trattava di un regalo fatto da Aren a mio marito molti anni fa, di
ritorno da uno dei suoi viaggi per il regno-.
Deana
inarcò un sopracciglio, scettica. -Sono molti gli oggetti che
mio marito ha raccolto nel corso degli anni e sicuramente il
Sorvegliante Attis ne conserva più di uno nella sua dimora. Se
ben ricorderai, erano in ottimi rapporti, ed è capitato in più
di un’occasione che gli affidasse delle commissioni-.
Nani
si concesse una breve risata, -Certo, non scorderemo mai i servigi
resi alla nostra famiglia. Aren era il migliore nel sua professione,
si può dire che possedesse un istinto unico. Tuttavia, forse
di questo manufatto in particolare conserverai qualche memoria. Si
tratta di una sfera di pietra, marmo forse, lunga pressapoco sei
pollici. Leggera come una piuma e di un colore bianchissimo, con
delle venature dorate sulla superficie-.
Eileen
vide sua madre impallidire, mentre sul suo volto si disegnava
un’espressione di assoluto stupore, oltre che di orrore. Per
quanto si sforzasse la ragazza non riusciva proprio a ricordare di
che genere di oggetto stessero parlando. Eppure doveva trattarsi di
qualcosa di davvero eccezionale, per destare un tale scalpore.
-Vedo
che ricordi- gorgheggiò Nani con evidente piacere. -D’altra
parte si tratta di un oggetto meraviglioso. Un dono inaspettato, è
incredibile che Aren si sia voluto separare da una cosa di tale
valore. Se la memoria non mi inganna, è stato nello stesso
periodo in cui è venuta alla luce la nostra piccola Eileen-.
La
rossa fece una smorfia, sentire il suo nome pronunciato un tono tanto
zuccherino da quella donna le faceva venire il voltastomaco. Tuttavia
questo spiegava perché non conservasse alcuna memoria
dell’accaduto.
-Te
ne ricordi incredibilmente bene, pur essendo un fatto avvenuto ormai
quindici anni fa- fece notare Deana in tono circospetto. Nani fece un
gesto noncurante con la mano, -Non sono poi così tanti anni e
quella sfera è veramente un manufatto senza pari. Chiunque se
ne ricorderebbe-.
-In
ogni caso, Aren non era un ladro, su questo potrei scommettere la mia
vita- disse Deana ritornando al nocciolo della questione, sollevando
il mento in segno di orgoglio e di sfida. Non avrebbe lasciato che il
ricordo del marito fosse offuscato dalla cattiveria di quella donna.
Il
viso di Nani si contrasse in un cipiglio visibilmente falso.
-Vorresti dire che il nostro venerabile principe testimonia il falso?
È un'accusa piuttosto ardita, per un piccola donna delle
montagne- sospirò con finta apprensione portandosi una mano
delicata alla gola.
-Non
metto in dubbio la testimonianza del principe, tuttavia potrebbe
essere semplicemente esserci stato un malinteso- rispose la
guaritrice trattenendosi a stento dall'alzare gli occhi al cielo. Ne
aveva fin piene le tasche di quella pagliacciata. Ma il modo in cui
Nani si stava comportando la faceva preoccupare, per non parlare
della presenza dei soldati. Non si sarebbe esposta in modo tanto
sconsiderato, se non fosse stata certa di avere la vittoria in pugno.
Questo era l'unico motivo per cui non aveva ancora chiuso la porta in
faccia a quella mal assortita platea.
-Ne
dubito fortemente. Sua altezza è stato molto preciso in
merito- ribatté la moglie del Sorvegliante, deliziata dallo
svolgersi degli eventi.
-Resta
comunque il fatto che mio marito ormai non è più con
noi. Quindi non vedo in che modo vorreste prendere provvedimenti,
quando il presunto colpevole non può nemmeno assistere al
proprio processo- sibilò Deana incrociando le braccia al
petto.
-Certo,
me ne rendo conto, per questo siamo qui per un altro motivo- rispose
Nani indicando con un cenno della testa il capitano Finn, che le
sorrise adorante di rimando.
-Sarebbe?-
ringhiò la guaritrice, lieta che fossero finalmente giunti
alle battute finali di quel copione ormai sgualcito.
-In
via del tutto precauzionale e per liberarvi dalle accuse,
perquisiremo la vostra casa alla ricerca di altri oggetti sospetti-
spiegò Nani con semplicità. -Non dubitiamo della vostra
buona fede, ma vogliamo essere certi che non ci siano altre brutte
sorprese in futuro. Dopotutto, è in gioco anche l’onore
e la credibilità di Nead, non vogliamo che la corona possa
dubitare della nostra lealtà-.
I
pensieri di Eileen corsero subito alle cose di suo padre e al piccolo
santuario che sua madre conservava con amore al piano superiore. I
soldati, guidati da Nani, avrebbero distrutto tutto, come dei
profanatori. Sarebbero stati barbari usurpatori in un luogo sacro. La
moglie del Sorvegliante non si sarebbe fermata di fronte a nulla, non
avrebbe provato un briciolo di pietà per il loro dolore.
Avrebbe calpestato, frantumato e sbriciolato tutto quello che era
loro rimasto.
-Non
se ne parla- esclamò la guaritrice in tono fermo, senza
inflessioni, ma nei suoi occhi aveva ripreso ad ardere il fuoco
furioso di poco prima.
Nani
sospirò platealmente, -Mi dispiace Deana, non era una
richiesta, ma un ordine. Passeremo a setaccio l’abitazione in
cerca di eventuale materiale sospetto, per il bene di tutti gli
abitanti di Nead-.
-Mi
oppongo, è assurdo! Non avete il diritto di violare la mia
proprietà- insistette la donna spostandosi davanti all’uscio
della bottega per sbarrare loro la strada. Gesto del tutto inutile,
dato che ogni soldato lì presente avrebbe potuto spazzarla
via, come un gigante avrebbe fatto con una formica.
-Temo
che tu ti stia sbagliando. Stiamo solo eseguendo gli ordini, al fine
di preservare la sicurezza del villaggio- replicò Nani senza
riuscire a nascondere l’ombra di un sorriso. Credeva di avere
la situazione in pugno, già pregustava con gioia la
distruzione che avrebbe scatenato. Si poteva notare dalle mani
inquiete, che avevano preso ad accarezzare il grosso braccio del
capitano Finn sempre più intensamente e dagli occhi carichi di
eccitazione, simili a quelli di un bambino con un nuovo giocattolo
tra le mani.
-Ordini
di chi? Del Sorvegliante Attis? Per la cronaca, è a conoscenza
di ciò siete venuti a fare?- ringhiò Deana squadrando i
presenti uno ad uno. A differenza di Nani, gli uomini distolsero lo
sguardo per nascondersi all’indagine delle sue iridi infuocate,
rendendo la risposta alla sua domanda inequivocabile.
-Lo
immaginavo- sibilò la guaritrice riportando la propria
attenzione sulla donna bellissima di fronte a sé. -Questa
storia deve finire Nani, prima che ci sfugga definitivamente di mano.
Stai lontano dalla mia famiglia, o ci saranno delle conseguenze-
disse in tono duro richiamando la figlia al suo fianco con un leggero
gesto della mano. Eileen non si fece attendere e zoppicando si portò
al fianco della madre.
-Mi
stai forse minacciando?- esclamò Nani irata scoccando uno
sguardo contrariato al capitano Finn, che, prontamente, fece
schierare i soldati intorno a loro con un ordine secco.
-Sto
solo dicendo che la verità, presto o tardi viene a galla, e
se ne paga le conseguenze- rispose Deana per nulla intimorita
dall’eccessivo schieramento di forze.
-Non
capisco di cosa stai parlando, ma di questo passo saremmo costretti
ad intervenire con fermezza per svolgere il nostro dovere-.
La
guaritrice sbuffò sprezzante, -Sono anni che ci stai con il
fiato sul collo. Lo sanno tutti gli abitanti del villaggio, anche tuo
marito. Per cui ci rifletterei bene, prima di fare qualche mossa
azzardata- mormorò riferendosi allusivamente agli uomini
armati attorno a loro.
-Sei
folle, è incredibile quanto la paranoia possa corrompere
l'animo di una persona. Non so come e quando ti sia venuta in mente
questa folle idea, nessuno crederebbe ad una storia simile- ribatté
Nani sollevando il mento in segno di sfida. Eileen strinse i denti,
era stanca di sentire quelle parole, e detestava ancora di più
il fondo di verità che, purtroppo, vi trovava.
-Davvero?
Questo come lo spieghi?- ringhiò Deana afferrando la figlia
per un gomito e scostandole la camicia con un gesto brusco. Il grosso
ematoma violaceo spiccava sulla sua pelle candida, come una nuvola
solitaria nel cielo.
-Proprio
una brutta ferita. Dovresti stare più attenta a dove metti i
piedi Eileen- commentò semplicemente Nani distogliendo subito
lo sguardo. La rossa tentò di divincolarsi per coprire alla
svelta il segno bluastro, ma Deana la teneva troppo saldamente.
-Non
è caduta, è stata malmenata da uno dei ragazzi del
villaggio-.
-Capisco,
se ci sono delle prove, farò in modo che venga punito secondo
le nostre leggi- disse Nani in tono monocorde, senza crederci
veramente. Considerava quel contrattempo una semplice scocciatura che
stava ritardando il realizzarsi dei suoi desideri.
-Ciò
include anche tua figlia?- calcò la guaritrice catturando
finalmente la sua attenzione.
-Sigrid?-
domandò perplessa, mentre nei suoi occhi si accendeva una
scintilla di comprensione, che subito si affrettò a scacciare.
-Non credo che la mia bambina sia in grado di fare una cosa del
genere- si affrettò ad aggiungere.
-Non
direttamente, ha agito attraverso qualcun altro. Ti ricorda forse
qualcuno?- sputò Deana fra i denti abbandonando ogni riserbo.
Nani
trasalì oltraggiata. -Questo è troppo, capitano Finn
arrestate questa donna!- esclamò lanciando uno sguardo
significativo all’uomo. -Le accuse di cui dovrà
rispondere sono di calunnia e resistenza a fronte di un’indagine
sulla sicurezza del regno-.
-Non
mi toccare!- urlò Deana mentre il capitano la afferrava per un
braccio con una delle sue mani enormi. -Finn, non ti è rimasto
un minimo di dignità? Da quando schieri i tuoi uomini per i
capricci di una donna?- sbraitò lasciando finalmente la presa
su Eileen per tempestare l’uomo di pugni.
Per
nulla impressionato il capitano Finn la bloccò per il polsi
senza il minimo sforzo. -Gli ordini sono ordini. Ti prego di non fare
resistenza- ringhiò stringendo la presa. Deana mugolò
per il dolore, senza riuscire a fare nulla per contrastare la forza
bruta dell’altro.
A
quel punto Eileen non riuscì più a trattenersi e si
avvicinò con fare battagliero per aiutare la madre. -Il
Sorvegliante Attis non sa nulla di tutti questo e la legge non vi
impone di eseguire gli ordini di Nani- esclamò con fervore
cercando di liberare Deana da quella stretta ferrea.
-Stanne
fuori ragazzina- disse seccato il capitano Finn, allontanandola con
una leggera pressione del braccio. L'uomo non aveva intenzione di
farle del male, né aveva messo molta forza nel colpo, tuttavia
la gamba malconcia della ragazza non resse a quell'ulteriore sforzo e
la giovane si ritrovò a terra in mezzo alla polvere,
circondata dai soldati in armatura. Gridando per il dolore si portò
una mano alla spalla ferita, mentre una lacrima le rigava la guancia.
Era rimasta schiacciata durante la caduta ed ora pulsava
selvaggiamente sotto le sue dita.
-Eileen!-
strillò Deana impallidendo per la paura e quando vide che i
soldati si stavano chinando su di lei con le armi ancora in pugno si
accese d'ira. Scalciando selvaggiamente si liberò dalla presa
del capitano Finn e si lanciò sugli uomini in armatura.
-State
lontani da mia figlia!- gridava ferendo con le unghie curate chiunque
le capitasse a tiro.
Sorpresi,
gli uomini indietreggiarono di qualche passo, incerti su come
intervenire. Fu il capitano Finn a riprendere in mano le redini della
situazione, afferrando di nuovo Deana per i polsi ed alzandola da
terra come se fosse una bambola di pezza.
-Bloccatela
e legate entrambe- sbottò gettando la donna tra le braccia del
sottoposto più vicino. Senza riflettere quest'ultimo
imprigionò in una stretta inespugnabile, rendendola
inoffensiva.
-Una
volta finita la perquisizione le porteremo in prigione, in attesa che
vengano processate- li istruì ancora alzando la voce per
coprire gli strepiti della guaritrice, che, nonostante tutto,
continuava a dimenarsi.
-No!
Non potete, non ne avete il diritto!- urlò la donna fuori di
sé, mentre i soldati si chinavano per immobilizzare anche
Eileen. La giovane cercò di ritrarsi, ma nelle condizioni in
cui si trovava, riuscì a malapena strisciare di un paio di
piedi prima che le fossero addosso.
-Certo
che ne abbiamo- rise Nani osservando la scena compiaciuta. Aveva
ripreso il controllo delle proprie emozioni e la sua attenzione era
di nuovo totalmente rivolta a ciò che era venuta a fare. -In
quanto moglie del Sorvegliante è mio dovere assistere Attis ed
intervenire in caso di necessità, o pericolo. Voi potreste
custodire altri manufatti illeciti e, forse, pericolosi. È
nostro dovere proteggere gli abitanti di Nead accertandoci che non
sia così- disse melliflua mentre procedeva a passo sinuoso
verso l'uscio della bottega.
Deana
fece per rispondere a tono alle sue bugie, ma uno dei soldati le
infilò rudemente uno straccio in bocca, soffocando le sue
parole. Paralizzata dal dolore e dalla paura, Eileen non poté
fare a meno di osservare da terra la figura di Nani protendersi verso
la robusta maniglia in ferro battuto. I suoi occhi splendevano
bellissimi e radiosi, terribili nella cattiveria che irradiavano.
Tuttavia,
non fece mai in tempo a posare le dita delicate sull'ambita meta,
perché una terribile esplosione li investì.
Eileen
sentì il terreno vibrare sotto di sé, mentre un boato
terribile scuoteva la torrida aria estiva.
Sconvolta,
si voltò verso l’origine di quel fragore e ciò
che vide la raggelò. Al centro esatto di Nead si alzava una
densa colonna di fumo nero, nel mezzo della quale divampavano
violente lingue di fuoco color smeraldo. Erano sotto attacco.
Continua...
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