Tenerezze inattese

di Reginafenice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Il pianto di Isabella Rose costrinse Demelza ad alzarsi dal letto per controllare se fosse dovuto al fatto che la piccola avesse fame, dal momento che erano trascorse già diverse ore dall’ultima volta in cui l’aveva allattata e molto probabilmente l’origine della sua agitazione notturna risiedeva proprio lì. Nemmeno Ross riuscì ad ignorare quei vagiti così intensi da impedire a chiunque di continuare a dormire in santa pace, perciò osservò sua moglie prendere la bambina dalla culla e predisporsi a compiere il suo dovere di madre nella maniera più silenziosa possibile per evitare di svegliarlo, dirigendosi cautamente verso la sua parte di letto nell’oscurità parziale di una notte di fine estate illuminata dalla luna.

Una volta sedutasi sul soffice materasso, Demelza cercò di slacciarsi la camicia da notte e mettere fine all’agonia di sua figlia dandole tanto latte quanto poteva, ma sentì una mano accarezzarle gentilmente la schiena e allora capì che la sua missione era fallita.

Ross si avvicinò tanto da potersi sporgere oltre la spalla di sua moglie. Baciò la sua pelle nuda in una maniera che difficilmente lasciava spazio all’immaginazione e poi si fermò, “Bella non è mai sazia, vero?”

“No, ma questa volta ha ragione. Tesoro della mamma...” Demelza, ancora non del tutto ripresa da quella scossa di elettricità prodotta sul suo corpo dalle effusioni più che sensuali di Ross, posò un bacio sulla testolina già ricoperta da una rada peluria e, prima che potesse attaccarla al seno, suo marito la bloccò un istante per tentare un esperimento: mise un mignolo nella sua bocca, permettendole di ciucciarlo per calmarsi.

Isabella Rose smise improvvisamente di piangere e mise la sua manina sul dito di Ross, talmente soddisfatta da sembrare persino sul punto di addormentarsi di nuovo. Demelza inclinò la testa e sfregò la fronte contro il collo di Ross, finendo per approssimarsi pericolosamente alle sue labbra, “Per quanto piacevole possa essere, non credo che questo le basterà. Ho capito che stai cercando di conquistare la sua preferenza in questo modo!”

“Sei gelosa, per caso? Non credevo che potessi arrivare a questo punto…”

“Quanto sei stupido!” Demelza lo spinse scherzosamente lontano da lei, trattenendosi dal ridere per evitare di dargliela vinta, ma la bambina, privata del suo conforto, riprese a piangere disperatamente e agitò le braccia in cerca della mano del suo papà.

“Hai tutto il diritto ad essere arrabbiata con chi ti disturba, amore mio.” Ross tornò al suo posto, mentre Demelza finalmente fu libera di esporre a Isabella Rose una tentazione ancora più allettante di quella offertale da Ross.

“Lo credo bene, Ross! Adesso chi si riaddormenta più?” Si girò per vedere la sua reazione, con un sorriso birichino sulle labbra che tradiva il tono fintamente contrariato della sua voce.

“Non mi riferivo a te, lo sai…”

Demelza indugiò con lo sguardo sul suo petto nudo, auspicandosi che Ross avesse altri programmi per trascorrere le ultime ore di notte che erano rimaste. Anche lui si accorse dell’alta tensione sessuale che vibrava nell’aria ma, pur avendo le stesse intenzioni di Demelza, sentì di dover risparmiare le energie per affrontare al meglio gli impegni che lo attendevano l’indomani, relativi all’organizzazione di una festa a sorpresa in occasione del compleanno di sua moglie. Aveva prenotato una bellissima camicia da notte di seta pura ed una vestaglia coordinata ispirata all’intimo indossato dai reali della corte inglese. In questo aveva cercato e trovato senza difficoltà il parere di un’esperta di moda che, anche se viveva ormai da anni in Cornovaglia, ancora non mancava di far notare quanto buon gusto il Padre eterno le avesse regalato.

Bella non si accontentò facilmente, quindi Demelza dovette aspettare ancora un bel po’ prima di poterla rimettere nella sua culletta e tornare a letto da Ross, fornendogli in questo modo una scusa più che eccellente per frenare le sue voglie. Lo trovò, infatti, con gli occhi chiusi in procinto di girarsi su un fianco per riposare in tutta comodità.

Si infilò sotto le lenzuola per ripararsi dalla corrente di aria fresca che passava attraverso la finestra aperta, “Allora, sei ancora sveglio?” Chiese con misera speranza mentre lo abbracciava da dietro la schiena, ma la quiete che derivò da quel contatto fu sufficiente a convincerla ad abbandonare qualsiasi illusione.

Il risveglio di Ross avvenne in simultanea con quello di Isabella Rose, quando i primi raggi di sole riempirono di luce la stanza. Demelza, esausta dalla nottata trascorsa ad allattare la bambina, si era concessa qualche minuto in più di sonno e questo a Ross non poteva che fare piacere, visto che avrebbe potuto istruire per bene i suoi figli su come procedere per mantenere il segreto e far finta di aver dimenticato il compleanno della loro mamma. Certo, l’apparente trascuratezza di un evento così importante da parte della sua famiglia avrebbe deluso Demelza, ma la sorpresa che l’attendeva l’avrebbe ripagata sicuramente.

Si cambiò in fretta e scese in cucina con in braccio la piccolina, tutta sorridente nel vedere le facce buffe che il suo papà le rivolgeva per farla ridere ancora di più, grattandole il pancino. Lì, seduti ad aspettare la colazione che Prudie aveva preparato loro, stavano Jeremy e Clawance, ancora assonnati e in veste da notte.

“Papà, ieri Bella non ci ha fatto chiudere occhio! Mi sai dire perché piange sempre?” Clawance lo guardò con impazienza in attesa di una spiegazione esauriente, mentre Prudie serviva a lei e a suo fratello una ciotola piena di porridge. Ross le pizzicò una guancia e poi consegnò Isabella Rose alla sua domestica, sicuro che avesse bisogno di essere cambiata, “Prudie, dopo averla ripulita per bene portala da Demelza e dille che io e i bambini abbiamo approfittato del bel tempo per fare una passeggiata. Se dovesse farti delle domande specifiche, tu cerca di cambiare argomento.”

Prudie prese la neonata e la portò di sopra, lamentandosi dei reumatismi alle gambe che ancora l’affliggevano. Jeremy scambiò una rapida occhiata d’intesa con sua sorella aspettando che Ross parlasse per avere la conferma di ciò che aveva intuito.

“Lo sapete, vero, che oggi è il compleanno di vostra madre?” Jeremy fu il primo ad annuire e a fare domande su quale regalo avesse scelto per lei. In realtà, di regali ne aveva preparati di troppo piccanti per essere descritti a suo figlio.

“Beh, avevo intenzione di coinvolgere anche voi, se ve la sentite. Tu, Clawance, potresti darmi una mano a raccogliere i fiori lungo il tragitto, così da preparare un bellissimo bouquet da consegnare alla mamma una volta svelata la sorpresa. Jeremy, invece, mi può aiutare a…”

I passi di Demelza annunciarono che stava per entrare in cucina. Ross si interruppe immediatamente e fece cenno ai bimbi di rimanere in silenzio, continuando a fare colazione come se fosse un giorno qualunque. Ross addentò una fetta di pane tostato e osservò sua moglie e la piccolina avvicinarsi graziosamente verso di lui per salutarlo con un sorriso luminoso sulle labbra.

Si fece passare la marmellata da Jeremy proprio quando Demelza sembrava volerlo baciare e sussurrargli qualcosa all’orecchio. I due bambini seguirono con lo sguardo i movimenti di Prudie e, nel momento in cui lei diede loro il segnale, si alzarono da tavola per andare a cambiarsi, ma presto furono costretti a bloccarsi vicino alla porta e voltarsi verso la loro mamma.

“Sembrate due gattini colpevoli questa mattina, mhmm…che cosa avete combinato?”

“Niente!” Clowance guardò Ross in cerca di appoggio.

“Prudie mi ha avvisata che avrei potuto non trovarvi, dove dovevate andare?”

Ross ingoiò il suo ultimo boccone di toast, “Pensavamo di approfittare del bel tempo per fare una passeggiata. Magari porto i bambini a vedere la miniera. Tu resti a casa con Bella, non è vero?”

Demelza rimase con la bocca aperta in preda allo stupore, cosa di cui Ross fece finta di non accorgersi. Quando lui si comportava così generalmente nascondeva qualcosa che non le avrebbe fatto piacere sapere oppure non gradiva che lei indagasse con domande insistenti la causa del suo atteggiamento sbrigativo. Si sedette di fronte a lui con la neonata in grembo, “Scusa tanto, Ross, ma perché mi hai esclusa dai tuoi programmi proprio oggi? Non capisco.”

“Innanzitutto devi ancora riprenderti dal parto...”

Demelza scoppiò in una risata del tutto sincera, “Stai scherzando? Prima di Bella ho partorito tre bambini, Ross! E’ passato più di un mese, dunque questa scusa per me non è valida.”

I bambini lasciarono a loro padre tutta la responsabilità di affrontare Demelza, anche perché era stato lui ad orchestrare tutto e allora a lui toccava sistemare le cose. Ross scattò in piedi e prese in consegna Isabella Rose per soppesarla davanti agli occhi di sua moglie, “Come hai fatto a mettere al mondo una bambina così pesante? Non ricordo che gli altri parti fossero paragonabili al suo. Ti prego, non essere sprovveduta e prova ad ascoltami per una volta.”

Demelza sbuffò, ancora convinta che la stesse prendendo in giro. Tuttavia, senza i bambini tra i piedi, avrebbe potuto trascorrere la mattinata a cucinare una torta deliziosa per festeggiare insieme a tutti loro il suo compleanno, appena fossero tornati dalla passeggiata, e a rilassarsi con un bel bagno rinfrescante per ingannare l’attesa.

“Mi raccomando, non tornate tardi. Questo è un giorno speciale per me, ricordi?” Fece per accostarsi a lui per poterlo stringere forte contro il suo petto.

“Ah, giusto! Dimenticavo che ho pensato sarebbe meglio rimanere in miniera fino a questa sera. Ho degli affari importanti da sbrigare e poi i bambini potranno divertirsi con i figli degli altri minatori. La signora Martin provvederà a noi per il cibo.”

Dopo averle riconsegnato sua figlia, Ross se ne andò senza neanche salutarla.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


cap 2

Appena uscita di casa, e ancora per oltre una decina di metri, Clowance saltellò allegramente sopra i sassolini della strada con la sua manina ancorata in quella di Ross.

“Credi che la mamma se la sia presa troppo, Jeremy?” Il rammarico per averla trattata così freddamente non tardò ad arrivare. Ross si fermò in mezzo alla strada, costringendo sua figlia a fare altrettanto.

“Un pochino, forse…” Jeremy cercò di addolcire quell’amara verità che tuttavia Ross conosceva già.

“Non dobbiamo andare più alla miniera?” Chiese Clowance delusa, avendo percepito la volontà di suo padre di fare dietro front e annullare la passeggiata che le aveva promesso. Perlomeno era riuscita a raccogliere in un baleno un bellissimo esemplare di fiore selvatico con cui omaggiare la sua mamma e conquistare la sua assoluta riconoscenza una volta rientrati a casa, visto che sicuramente Jeremy e Ross non sarebbero riusciti a fare di meglio.

“Finiremo la passeggiata arrivando a Killewarren.” Per la prima volta, Clowance preferì staccarsi dalla presa del suo beniamino e correre verso un prato fiorito. Così, tutta accaldata per la corsa, si accostò ad una candida corolla solitaria per tentare di afferrare una farfalla che volteggiava lì intorno.

“Papà! Vieni, presto!”

Ross la raggiunse con un sorriso sulle labbra, ”Credo di aver intuito cosa vuoi che faccia…”

“Alla mamma piacerebbe tanto, me lo sento. Lei ama tutti gli animali e questa piccolina è perfetta per lei.”

“Tesoro, non possiamo portarla con noi. Riflettici, dove la metteremmo?”

Jeremy guardò la farfalla con occhi pieni di solidarietà e compassione, poi si rivolse a sua sorella e le riservò uno sguardo carico di rimprovero , “Se stai pensando alla scatola con i biscotti che ci ha dato Prudie, ti stai sbagliando. Senz’aria morirebbe.”

“Anche Clawance ha a cuore gli animali. Non essere crudele con lei, Jeremy! Sicuramente stava riflettendo sulle alternative…” Ross si avvicinò alla bambina e la prese di nuovo per mano, poi si inginocchio per poter essere alla sua altezza e le infilò un fiorellino tra i capelli, “La mamma preferirebbe che la lasciassimo volare nel cielo, te lo posso garantire.”

“Ma io non volevo farle del male!”

“E’ l’ultima cosa che avrei potuto pensare!”

Ross e i suoi figli si incamminarono verso la loro meta, questi ultimi sicuri che una volta arrivati avrebbero avuto di che divertirsi grazie ai giocattoli che Dwight e Caroline tenevano conservati soltanto per loro. Ross, dal canto suo, fu molto impegnato a riflettere su come avrebbe giustificato a Demelza il suo ritorno a casa senza i bambini.  

Tutto ciò che desiderava era passare l’intera giornata con lei e recuperare quei momenti di intimità che la nascita di Bella e il bisogno di prendersi cura di Jeremy e Clowance, aggiunti agli affari londinesi e al lavoro in miniera, avevano fatto diventare piuttosto scarsi. La visita a Killewarren si poneva come più che necessaria dal momento che Caroline aveva ritirato la preziosa scatola dalla sartoria al suo posto, conservandola nel suo armadio, lontano dalla curiosità di Demelza. Ross, nel tentativo di far spazientire sua moglie lasciandole credere che si fosse dimenticato del suo compleanno, aveva complottato insieme a Caroline di fermarsi a cena da lei e rimanere in sua compagnia almeno fino a quando non sarebbe arrivato il momento di tornare. Tuttavia, in cuor suo sentiva di dover cambiare programma.

Dwight si trovava a Bodmin da due settimane, dove era riuscito ad ammirare per la prima volta i risultati delle generose donazioni di Caroline nella totale ristrutturazione dell’ospedale della città, della cui scelta per la direzione dei reparti era stato incaricato lui stesso.

Per Caroline quel giorno sarebbe stato utile per uscire dalla sua tenuta e chiacchierare con Demelza riguardo alle novità riportatele da Dwight nelle lettere che giungevano regolarmente ogni tre giorni, ma la scelta di Ross le impediva di farlo e pertanto decise di aspettare l’arrivo dei suoi ospiti sorseggiando un tè nel giardino.

“Il tradimento è un peccato, o almeno così mi è sembrato di sentir dire in chiesa…” Si alzò per accogliere Ross.

“Anche quando è innocuo e messo in atto per un buon fine?” Le chiese, baciandole una guancia leggermente arrossata per via del calore emanato dalla bevanda bollente.

“Perché devi vedere sempre della malizia dietro le mie parole, Ross?”

“Dammi una buona ragione per non farlo…”

“Beh, io…” si indirizzò versò il lettino di vimini che custodiva il suo bene più caro, protetto da un leggero strato di tulle.

“Io non alludevo a nulla di indecente che potrebbe succedere tra di noi, ma solo…”

“Al fatto che Demelza pensi che io mi trovi altrove, suppongo.”

Caroline sorrise, mentre Ross si accinse ad aggiungere, “Rimedierò subito. Ho intenzione di far sì che il piacere di Demelza non debba aspettare il tramonto, credo tu non ti dispiaccia se ti chiedo di ospitare loro per questa notte.” Indicò Jeremy e Clawance, troppo distratti dalle focaccine alla panna per prestare ascolto allo scambio di battute tra i due adulti.

“Non provi alcuna pietà per una povera donna che si vede costretta ad accettare la responsabilità di badare ai figli dei suoi amici, quando non è capace neanche di badare alla propria? Per giunta senza Dwight a darle una mano!”

Ross si alzò con la scatola tra le mani, ma presto si accorse che le dimensioni decisamente ingombranti del regalo di Demelza non gli avrebbero permesso di portarselo via con nonchalance. Si prese quindi qualche secondo per ammirare la piccola Sophie e per perdere tempo, “No, Caroline. Vedo con i miei occhi che questa creatura cresce perfettamente grazie alle tue cure amorevoli, anche senza l’aiuto di suo padre.”

“Non sono d’accordo.”

Caroline si accorse immediatamente di quella strana riluttanza da parte di Ross a voler andare via, in quanto prima era stato piuttosto chiaro nell’esprimere la fretta che aveva di realizzare i suoi propositi di festeggiamento con Demelza, “ Caro Ross, un momento fa sembravi così impaziente di liberarti dei tuoi figli ed ora non posso fare a meno di notare quanto ti costi lasciarli. Ancora qualche dubbio sulle mie capacità genitoriali?”

Ross abbassò il tono della voce, “Non so che scusa inventare per questo…” indicò il pacco ben confezionato che gli era stato consegnato precedentemente dalle mani di un valletto, del tutto ignaro del suo contenuto.

“Penserò io a loro. Tu approfittane per defilarti, adesso che sono lontani.”

“Ricordami di dire a Dwight quanto sia fortunato ad avere una moglie così generosa con i suoi amici.” Baciò Sophie sul nasino e, prima di allontanarsi, rivolse lo sguardo ai suoi bambini.

“Quanta nostalgia nei tuoi occhi! Ma non preoccuparti, sono sicura che presto sarai troppo impegnato per concederti il tempo di rimuginare sul senso di colpa.”

Caroline aveva ragione. I suoi pensieri avevano già cambiato rotta, “Sai, a volte le tue premonizioni mi spaventano. Riesci sempre ad indovinare. Potrebbe essere perché ragioniamo allo stesso modo?”

Si incamminò verso Nampara. Caroline lo osservava da lontano con l'espressione di chi la sapeva lunga.

“Può darsi, ma fidati che in questo caso è stata l’esperienza a suggerirmelo…” Sussurrò tra sé e sé, prendendo tra le dita il manico della sua tazza da te.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


In casa regnava la calma assoluta. Ross entrò dalla porta evitando per un soffio di inciampare in una delle tante bambole di stoffa di Isabella Rose, sparpagliate come tante macchie colorate sul pavimento per dare il benvenuto a chiunque avesse avuto la fortuna di mettere piede in quella stanza piena di vita e di amore.

“La padrona è di sopra a fare un bagno. Vi serve altro? ” Prudie si materializzò improvvisamente alle sue spalle, rivolgendosi a lui in un tono di voce brusco e risentito. ‘Naturalmente’ , pensò Ross, ‘deve aver raccolto le confidenze di Demelza, altrimenti non si spiegherebbe questo cambiamento così repentino del suo umore verso di me.’

“Posso sapere a cosa è dovuta la tua luna storta, Prudie? Credevo che avessi capito qual era la mia intenzione.”

La domestica gli si avvicinò inferocita, guardandolo dal basso della sua statura con una certa supponenza, “Capire è un conto, approvare è un altro. La piccolina dormiva quando ho sentito il singhiozzo soffocato della padrona arrivarmi dritto al cuore, mentre preparava la torta per il suo compleanno, tutta sola e convinta che voi lo aveste dimenticato. Che razza di marito è uno che si comporta così, eh?”

Come darle torto!

Ross abbassò la testa, in una delle pochissime occasioni in cui succedeva che Prudie avesse ragione. Ma, prima di salire per affrontare Demelza, Ross vide sua figlia sorridergli dalla culla vicino alle panche del soggiorno, un regalo con cui Drake l’aveva omaggiata per consentire anche a lei di godere della vivacità del focolare domestico e non farla sentire troppo sola. No, non riusciva a resistere al sorriso di Bella e a quelle espressioni così simili alle sue da renderla una neonata birichina e adorabile al tempo stesso.

Prudie, invece, lo guardò in cagnesco, domandandosi se mai avesse afferrato il senso delle sue parole intanto che lui posava sul tavolo la scatola destinata a Demelza e si dirigeva verso la cucina dove si trovava Bella, completamente sveglia e in vena di divertimento.

“Vieni da papà?” La tolse dalla coperta in cui era avvolta e la cullò tra le sue braccia, “Mi servirebbe la casa libera per stasera.”

“E quindi? Cosa dovrei fare io?”

“Possibilmente andare via, se capisci cosa intendo. O preferisci restare? Per me non fa alcuna differenza…”

Prudie diede una rapida occhiata alla confezione sul tavolo, poi ricollegò tutto e lasciò che un fischio allusivo uscisse dalla sua bocca, “Oh, ora capisco… E la bambina? Dove posso portarla questa povera creatura?”

Ross baciò Bella e la mise in braccio a Prudie, “Ho avvisato i Martin che avrebbero potuto avere delle visite questa sera. Zachy vi darà un passaggio per il ritorno, quando lo deciderai tu. Su, non fare storie! E’ solo per un paio di ore, poi tornerai nel tuo lettuccio a lamentarti come di consueto.”

“Certo, come se mi piacesse lamentarmi! Accetto, ma ad una condizione.” I due si studiarono per qualche secondo, mentre la bambina stringeva tra le mani i riccioli di Prudie, divertendosi ad aggrovigliare ancora di più quei capelli che non vedevano un pettine da mesi.

“Sarebbe?” Ross incrociò le braccia al petto portando il peso del suo corpo su una gamba sola, con la testa inclinata come se si aspettasse di sentire qualcosa di impossibile da accontentare e capricci a più non posso.

“Che al mio ritorno possa trovare sul comodino un bel bicchiere di quel Whiskey irlandese che avete sotto chiave. Sapete, sarebbe molto utile per i crampi che affliggono le mie povere gambe…”

“Andata! Mi raccomando però, non vorrei che l’emozione ti facesse dimenticare di badare a Bella.”

“Padrone, come potete pensare una cosa simile! Io e la bambina siamo indivisibili.” Prudie strinse contro il suo seno abbondante il corpicino della creatura e le accarezzò la testolina con una premura tale da far quasi vergognare Ross per aver dubitato delle abilità della donna che aveva accudito come se fossero suoi figli anche Julia, Jeremy e Clowance.

Sistemata la questione “ Prudie”, Ross non perse tempo. Si mise sotto il braccio il regalo e salì tutto d’un fiato le scale che portavano alla camera patronale. Spiò attraverso la fessura della porta che Demelza aveva lasciato semiaperta e indugiò un attimo prima di entrare, con il cuore che palpitava velocemente per l’emozione.

“Prudie, mi porti Bella? Sono sicura che ha fame, anche se stranamente non la sento piangere.”

La sua figura traspariva dalla vecchia sottoveste che aveva addosso, così perfetta in quel taglio di luce polveroso che avvolgeva nell’oro tutto il suo corpo da farla sembrare quasi irraggiungibile. Non si accorse di Ross fino a quando la sua mano calda non si posò sul suo collo per spostare i capelli ancora umidi che le ricadevano sulle spalle e approfittarne per imprimere le labbra sulla sua pelle profumata.

“Immagino che mi sia sbagliata sul conto di mio marito. Forse non è poi così egoista come credevo…”

Per qualche minuto, i sospiri di Demelza furono l’unico rumore percepibile nella stanza. Ross rimase in silenzio, lasciando che le sue dita parlassero al posto suo e ricoprendo il collo di Demelza di baci dolci e misurati con lo scopo di convincerla a riscuoterne ancora di più, consapevole di eccitare in questo modo quella zona del suo corpo che da sempre lo attirava come una calamita.

Finalmente Demelza si voltò indietro, trovando Ross inginocchiato sul materasso con accanto una scatola su cui teneva posata la mano disimpegnata. Il desiderio di baciarlo superava persino la curiosità di sapere cosa ci fosse lì dentro, “Non ti chiederò perché stamattina ti sei comportato…” la bocca di Ross, premuta con vigore contro la sua, le impediva di parlare scorrevolmente, “…così ingiustamente nei miei confronti.”

“Anche adesso la pensi allo stesso modo?” Ross la fece sdraiare sul letto, continuando a baciarla appassionatamente.

Demelza, dal canto suo, esplose in un grido di gioia ma accidentalmente i suoi piedi colpirono la scatola rovesciando tutto il contenuto sul pavimento e rallentando il movimento intrepido del corpo di Ross, il quale dovette spostarsi su di un fianco per lasciare che la festeggiata potesse ammirare più comodamente il suo dono.

“Cos’è?” Lo guardò con un crescente interesse, cominciando a diffondere nell’aria una quantità di buon umore sufficiente a cacciare via dalla mente di Ross l’idea che niente sarebbe stato in grado di rimediare al danno che le aveva fatto fingendo di poter fare a meno di lei, anche solo per un giorno.

Demelza si mise in piedi e sollevò con estrema delicatezza la camicia da notte ricamata come se stesse contemplando una reliquia dal valore inestimabile, il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di Ross.

“Beh, non dici niente?”

“Sono senza parole, Ross. Non ho mai visto niente di simile!”

“Anche se questo non basterà a farmi perdonare, ho pensato che fosse il modo più diretto per dimostrarti la mia devozione come marito, come padre dei tuoi figli e soprattutto come uomo. Un uomo che non riesce proprio a stancarsi di apprezzare la bellezza di sua moglie nelle varie sfaccettature in cui essa si rivela quotidianamente ai suoi occhi e al suo cuore. Mi dispiace soltanto di non essere arrivato in tempo per potertela vedere addosso…”

Gli tese la mano, invitandola a raggiungerlo di nuovo a letto.

“No, hai ragione. Però potresti aiutarmi a togliere questa…” Demelza arrivò da lui, tutta rossa in viso ma anche innegabilmente ansiosa di perdersi di nuovo in lui, di sfiorare la sua pelle con il suo corpo spoglio di qualsiasi cosa tranne che di desiderio, di raggiungere l’estasi attraverso la fusione delle loro due anime nell’unità di un sentimento che non si sarebbe mai consumato col tempo.

Non ci volle molto affinché Ross eseguisse il piacevolissimo compito di spogliare sua moglie, rivelando la magnificenza della sua linea leggermente più morbida del solito ma non per questo meno attraente. Le sue mani vagavano lungo i fianchi nudi che spingevano verso il suo torace come le mani di un esploratore che conosceva perfettamente i confini della terra su cui era approdato.

Presto anche i vestiti di Ross finirono insieme alla vecchia camicia da notte di Demelza. Ross, tenendo saldamente la presa sulla sua vita, si sollevò quel tanto che bastava per consentirgli di girarsi verso il fianco del letto con Demelza comodamente seduta sulle sue ginocchia.

“Perché hai detto che avresti voluto vedermela addosso, quando è chiaro che desideravi tutt’altro che vedermi vestita?”

“Vuoi mettere il piacere di godere di quell’espressione meravigliata e anche leggermente imbarazzata che avevi quando hai capito di cosa si trattava? Per me quell’espressione vale più di qualsiasi oggetto materiale. E’ l’unica risposta che mi interessava ricevere, la prova che non è cambiato nulla tra di noi.”

“Credevi che mi fossi stufata di te?”

“Ne avevi tutto il diritto…” Ross la guardò con gli occhi lucidi.

“Non riesco a smettere di amarti nemmeno quando ti odio, Ross. I due sentimenti si confondono spesso, questo è innegabile, ma anche l’odio ha la sua funzione. Chiama l’amore che percepisce dentro di te e lo invita a non nascondersi dietro la corazza della spavalderia per mostrarsi nella sua bellissima fragilità.”

“Sono davvero così complicato da capire?”

Demelza accarezzò con garbo i suoi capelli scuri, “Non per quanto mi riguarda…”

Ripresero a baciarsi in una maniera estremamente travolgente.

Il tempo delle parole era finito. Non era più necessario integrare gli sguardi con discorsi di cui potevano fare a meno in quel momento, giacché i loro copri fremevano di dialogare attraverso la passione di un vecchio fuoco che aveva incominciato ad ardere proprio in quella stanza, custode di carezze e di baci nati dall’inesprimibile bisogno di inebriarsi di quella verità che riusciva a rivelarsi soltanto lì dentro.

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