Your arms feels like home

di TeamFreeWill
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lui, la mia luce! ***
Capitolo 2: *** Impotente ***
Capitolo 3: *** Il destino ci mette lo zampino ***
Capitolo 4: *** La mia vita è un inferno!! ***
Capitolo 5: *** Dimmi la verità, Jared!!!!! ***
Capitolo 6: *** La verità ***
Capitolo 7: *** E' l'unico modo ***
Capitolo 8: *** L'uomo nell'ombra ***
Capitolo 9: *** Imprevisto (prima parte) ***
Capitolo 10: *** Imprevisto (seconda parte) ***
Capitolo 11: *** Scelta ***
Capitolo 12: *** Dolore ***
Capitolo 13: *** Mi manchi ***
Capitolo 14: *** Ti prego, Misha, rispondimi! ***
Capitolo 15: *** Sorpresa! ***
Capitolo 16: *** Your arms feels like home (prima parte) ***
Capitolo 17: *** Your arms feels like home (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Lui, la mia luce! ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere o dell'orientamento sessuale di queste persone, nè offenderle in alcun modo'



 

Un colpo. Basta un colpo per spezzare una vita.

Puntare. Mirare. Sparare. Ecco lì!

La sua vittima giace a terra priva di vita. Negli occhi, il vuoto.

Sei impassibile di fronte a questo. Sei abituato.

Ti chiamano “mostro senz’anima”. Tu ti chiami “mostro”.

Perché tu un’anima ce l’hai. Eccome se ce l’hai.

"E' la tua natura essere così!" ti dice Pellegrino. E questo ti convince ad andare avanti, a continuare a lavorare per lui.

Non hai altra scelta in ogni caso.

Devi essere il suo burattino. A picchiare brutalmente i suoi rivali in affari.

Poi è Mark a ucciderli mentre tu stai lì, fermo a guardare. Ignorando le suppliche di pietà di quelle persone.

Ignorando appunto. Visto? Un mostro.

Poi, un giorno, inaspettatamente, incroci i suoi occhi verdi in un bar e tutto cambia.

Si chiama Jensen.

Inizia ad amarti.

Dio, se ti ama. Ti ama con un intensità tale che il ghiaccio formatosi in te si sgretola giorno dopo giorno.

Prendi la tua decisione. Devi fare quello che va fatto.

Però, prima, confidi tutto al tuo amore ma, sorprendentemente, lui continua ad amarti.

Lo fa nonostante il tuo passato, nonostante tutto quello che gli confidi della tua vita da "mostro".

Dopo di che vai alla polizia e denunci Pellegrino.

Inizi a fare il doppio gioco lavorando sotto copertura e finalmente lo arrestano.

Sei libero, ora. Libero.

Hai una nuova vita finalmente, anche se sei solo.

Lui ti manca. Ti manca talmente tanto che impazzisci dal dolore.

Con lui riusciresti a superare tutto. Tutto!

Potresti perfino superare quel senso di colpa che ti porti nel cuore e che lo schiaccia costantemente.

Ma non puoi ormai riaverlo indietro. Non puoi.

Vivi di ricordi.

Lui era la tua luce. Lui era la tua vita. Lui era il tuo tutto.

Lui era il tuo amore.

 

 

"Ma lasciate che vi racconti questa storia dall'inizio..."






Note autrice
Grazie cin75 per avermi betato la storia. ^^
E iniziamo questa nuova "avventura". Ho adorato scrivere questa fanfction.
Dedico la storia a Biota (che mi ha pregato di farne una long ^^ e quando l'ho scritta era al settimo cielo) e al gruppo su Whatapp! Grazie del magnifico supporto che mi avete dato. ^^

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Capitolo 2
*** Impotente ***


Nelle orecchie, Jared, sentiva ancora le urla di quell'ennesimo disgraziato che aveva osato mettersi sulla strada di Mark Pellegrino. Il suo boss.

Pellegrino era uno spacciatore. Uno dei più pericolosi e Jared lavorava per lui. Picchiava per lui, brutalmente.

Ora, se ne stava seduto al bancone del bar. Lo sguardo fisso sul bicchiere di scotch, la mano destra fasciata. Nella mente, vari flash dell’aggressione.

Pugni. Calci. Sangue. Rendeva inermi le vittime finché Pellegrino non gli dava il colpo di grazia.

Un colpo solo. In testa o al cuore.

E lui, Jared, stava lì, fermo, a guardare quelle vite scivolare via.

Chiuse gli occhi al pensiero, scuotendo la testa. Si sentiva un mostro.

Avvicinò il bicchiere lentamente alle labbra e ne bevve il contenuto. Il liquido ambrato bruciava mentre scendeva lungo la gola, lentamente.

Era perso nei suoi pensieri quando un "Ciao!" inaspettato lo fece voltare.

L'uomo seduto accanto a lui era biondo, dallo sguardo gentile e fiero.

I suoi occhi di un verde intenso, lo colpirono come un fiume in piena.

"Ciao" ripeté l'uomo.

"Come? Parli con me?" chiese confuso Jared, il bicchiere stretto in mano.

"Certo...con chi altri dovrei parlare?!" fu la risposta immediata e divertita.

"Ok. Ciao...scusa...ero sovrappensiero"

"Me ne ero accorto...Sei l’unico qui che è come se non fosse qui....Comunque, io sono Jensen Ackles" e gli porse la mano con un stupendo sorriso che gli illuminò il viso.

Il moro guardò la mano di quel ragazzo davanti a sé. Sorrise d’istinto. Un sorriso che non faceva da molto tempo.

Istintivamente strinse la mano a quell'uomo gentile, quella fasciata, la destra, che l’altro strinse facendo attenzione a non fargli ulteriormente male.

“Io sono Jared Padalecky” gli venne da dire il suo nome. Non seppe perché, ma lo fece.

“Bene Jared...ora che so il tuo nome, permettimi di offrirti da bere” e così fece, senza aspettare la risposta del moro.

Qualche secondo dopo il barman portò loro due birre fresche che Jensen pagò subito.

Dopo di che i due ragazzi fecero cozzare i colli delle bottiglie e iniziarono a chiacchierare del più e del meno tranquillamente.

Jared era sempre più colpito da quel ragazzo che, cavoli!!, ci stava provando con lui? O più semplicemente stava solo chiacchierando con lui?
Lui, il mostro?

“Solo perché non ti conosce per quello che realmente sei” La voce di Pellegrino gli rimbombò nella testa, facendolo un attimo estraniare dal mondo.

“Jared tutto bene?” gli chiese il biondo posando una mano sulla spalla di Jared che, colto di sorpresa, si alzò di scatto.

“Jensen…senti, ti ringrazio per la birra e per la serata…ma io, ora, devo proprio andare” e uscì dal locale lasciando il biondo sconcertato.

Un attimo dopo, Jensen, lo rincorse fuori. Lo trovò poco distante, seduto su una stupenda moto da corsa: un Honda CBR600RR.

Jared era in procinto di andarsene, quando Jensen gli si parò davanti impedendo al moro di partire!

“Jared..,ascolta…io non ti conosco…è vero...ma se hai qualche problema…” e indicò la mano fasciata “..posso ascoltarti…non ci vuole un genio per capire che hai avuto una serata nera!” disse avvicinandosi mentre l’altro lo guardava.

“Jensen per favore…io... Non ho avuto solo una serata no!” e decise di allontanarlo definitivamente, duramente.
Non doveva corromperlo con la sua infausta presenza. “Fatti gli affari tuoi. Ok?” e, sgommando, partì lasciando il biondo lì, incredulo e sconsolato.

Jared, dallo specchietto retrovisore, vide il biondo farsi sempre più lontano e piccolo ma nonostante ciò il suo sguardo se lo sentiva addosso, avvolgerlo completamente.

Doveva dimenticare quegli occhi, doveva dimenticarli. Lui era un mostro e non meritava la felicità.

Ma così non fu. Non ci riuscì.

Passò un mese da quella serata. Da quando aveva conosciuto Jensen e lo aveva allontanato da lui in malo modo.
Quegli occhi non riusciva a scordarli. Li aveva sempre in mente anche in questo momento, in quel boschetto.

Stava picchiando un altro rivale di Pellegrino. Sentiva le ossa di quel disgraziato rompersi sotto i suoi colpi.
Sentiva il sangue caldo dell’altro sulla sua mano e sentiva le suppliche di pietà, ma nonostante ciò continuava finché qualcuno non lo fermò.

“Bravo, il mio Jared! Se continui così non dovrò più ucciderli io…lo farai direttamente tu!” sghignazzò sadico.

“Non credo…io non riuscirei mai a uccidere, Mark…” replicò atono il moro, mentre Mark scarrellava la sua pistola e la puntava al cuore della povera vittima.

“Bè…” e iniziò a fare pressione sul grilletto, “La nostra natura prende il sopravento prima o poi… e Jared? La tua natura è essere così! Come lo è la mia! Non dimenticarlo mai".
E sparò.

Il moro rimase fermo, mentre altri scagnozzi del suo boss prendevano il cadavere e lo seppellivano in quello che era diventata oramai una fossa comune.

“La mia natura” pensò, poi, allontanandosi e andando ad appoggiarsi a un albero, chiuse gli occhi e fu in quel momento che scattò qualcosa.
Rabbia.

Si voltò e con uno scatto d’ira tirò diversi pugni al tronco dell’albero. Uno. Due. Tre colpi. A ogni colpo la pelle sulle nocche si lacerava e sentiva la mano gonfiarsi.

Quando la guardò era certo di essersela rotta.
Mark, da bravo diavolo quale era, gli si avvicinò e gli sussurrò mellifluo un: “Va all'ospedale. Mi servi intero caro. Sai cosa dire!”

“Lo so...” e dicendo questo, il moro, come fosse un perfetto robot, salì in sella alla sua moto e partì alla volta dell’ospedale, ignorando il dolore che provava e sentiva.

Già. Ignorare.
La cosa che sapeva fare meglio.






Note autrice
Questa è la moto che guida Jared ^^



 
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Capitolo 3
*** Il destino ci mette lo zampino ***


Arrivò in ospedale circa 40 minuti dopo. Sapeva cosa dire. Oramai era sempre quella la balla, cioè che si era fatto male sistemando la moto.

Balla che stavolta, il medico che lo stava per ingessare, non avrebbe mandato giù. E questa proprio non ci voleva! 

“Jensen?!” disse solo Jared quando entrò nello studio. Con la mano sinistra si premeva del ghiaccio secco sulla mano rotta, per dare un po’ di sollievo al dolore pulsante che sentiva.

Il biondo, sentendosi chiamare, si voltò a guardare chi lo aveva chiamato e rimase senza parole.

“Tu?!” fece. Finalmente lo aveva rivisto!!

Poi, ricordandosi che doveva ingessare la mano del suo nuovo paziente, chiese: “Che hai fatto stavolta?”

“Sistemavo la moto e mi sono..” fu la risposta veloce che diede il moro, ma il biondo lo zittì. 

“Dimmi cosa hai fatto sul serio o dirò alla sorveglianza del pronto soccorso che hai mentito!” e stavolta era maledettamente serio.

“E va bene, cazzo!” fece sedendosi sul lettino con fare stizzito.
L’altro, sospirando, prese tutto l’occorrente per ingessarlo dal mobiletto dietro la sua scrivania. “Un’altra giornata di merda. Me la sono presa con un albero che sta ancora riprendendosi dai pugni che gli ho tirato! Ora, ingessami e me ne vado!”

Jensen lo guardò accigliato. Voleva sapere cosa avesse spinto quel ragazzo a fare una cosa del genere…ma si trattene dal fare domande.

“Ok…tranquillo. Ora t’ingesso…metti la mano in avanti su…così”. Delicatamente il biondo gliela prese e iniziò a fare tutto quello che occorreva per ingessarla.

Jared , nonostante si sforzasse di non guardare Jensen, mentre gli sistemava il polso e la mano, proprio non ci riusciva. I suoi occhi erano come costretti a fissare, di tanto in tanto, il giovane dottore che in rigoroso silenzio si prendeva cura di lui.
Coincidenza volle che durante uno di quegli sguardi rubati, Jared si ritrovò occhi negli occhi di Jensen, che lo fissava decisamente perplesso.
“Che...che c’è?!” chiese perplesso il giovane.

“Aspetta…Tu sei in moto?” chiese Jensen.

“Si! Ma me la caverò come ho sempre fatto” rispose ovvio.

“Non puoi guidare ridotto così.…Ti accompagno a casa tua” fu l’ordine che il medico impartì al suo paziente. Già, perché non valsero le proteste di Jared.
“Il medico ha sempre l’ultima parola!” se ne uscì con un gran sorriso a 32 denti, Jensen, ridendo alle imprecazioni che sentì al suo indirizzo da Jared.

Destino volle che il moro fosse il suo ultimo paziente, e così dopo un tragitto di circa 30 minuti alquanto carico di tensione dove ogni tanto si guardavano di sottecchi, il biondo si fermò davanti a quello che doveva essere il palazzo dove viveva Jared.

“Grazie” disse Jared scendendo dall’auto. Stava per entrare nell’androne dello stabile quando Jensen lo richiamò.

“Ehi!! Gli antidolorifici!!” disse mostrando il flaconcino arancione.

Jared li prese immediatamente sbuffando. Ringraziò di nuovo e finalmente entrò nel palazzo.

Salì al penultimo piano e finalmente rientrò nel suo mono locale. Si spogliò dei vestiti, rimanendo in boxer e maglietta.

Si sedette sul letto e si guardò il gesso. Al solo ricordo di chi glielo aveva fatto, sospirò. 

“Cazzo sono fottuto. Domani mando qualcuno a prendere la moto all’ospedale...non devo rivedere Jensen. Non devo rivederlo più. Non devo permettere che si avvicini a me!” e con questo pensiero si coricò.

Si addormentò quasi subito e come ogni notte gli incubi di quello che faceva lo tormentavano donandogli un sonno agitato.

Ogni mattina si svegliava di soprassalto, quando, nel sogno, era lui stesso alla fine dell’incubo, a premere il grilletto divenendo il mostro che Mark tanto decantava.

Non ce la faceva più, ma per Jeff avrebbe fatto qualsiasi cosa. Si! Lo avrebbe fatto.

Si stava passando una mano sul viso per togliere la tensione che era sicuro di avere, quando qualcuno bussò alla sua porta. 

“Ma chi è?” Sussurrò stanco.
Si alzò dal letto e aprì senza preoccuparsi di essere ancora in boxer a maglietta.

Entrambi rimasero senza parole e deglutirono alla vista uno dell’altro.

“Che visione!” pensarono entrambi.
Solo una vicina che sbatteva la porta li fece ritornare alla realtà.

“Jensen...che ci fai qui?” chiese, la voce alzata di un ottava.

“Io...niente” gli uscì, poi riconnette il cervello alla bocca, dandosi dello stupido per la figuraccia. 
“Cosa?!”replicò Jared, stranito.

“No, cioè..Si..scusami” balbettò Jensen ed entrò senza invito.

“Sono venuto ad assicurami che prendessi gli antidolorifici e a dirti che la moto l’ho portata a casa mia… Sai non si sa mai che qualcuno ti rubi un gioiellino come quello!!!” spiegò sorridendo.

Poi aggiunse puntando il dito indice verso il moro che lo guardava a bocca aperta. Non doveva andare assolutamente così. No! No!

“Ah si! Quando ti avrò tolto il gesso…Solo allora te la riporterò!. Se te la portassi ora, tu potresti guidarla e non devi assolutamente sforzare la mano!”

“Cosa? Tu me la riporti oggi! Mi serve cazzo. Devo andare al lavoro!” lo rimproverò gesticolando con la mano “sana”.

“Esistono i taxi!!” replicò il biondo ovvio.

“Senti” sospirò, “ti ringrazio...ma non capisco perché ti interessi a me in questo modo!” fece sperando di risultare antipatico.

“Mi stai simpatico...quindi che male c’è?” Disse innocente facendo spallucce. Mica poteva dirgli che lo faceva perché si preoccupava per lui! O perché gli era piaciuto dalla prima volta che lo aveva visto in quel bar. 

“Su!! fatti una doccia...io intanto ti preparo la colazione.. così puoi prendere le medicine....so che di certo ti fa la mano!” Ordinò assumendo una espressione buffa.

E come per la sera prima, per Jared, non ci fu niente da fare. Jensen la spuntò anche questa volta.

Quella sorta di rituale andò avanti per giorni

Infatti, Jensen nelle settimane successive fu davvero un tormento, un piacevole tormento per il moro..

Sebbene Jared sbuffasse ogni volta, non faceva mai niente per cacciarlo quando lo vedeva entrare in casa sua. Non ci riusciva.

E così, si arrese a quella libertà che Jensen si era preso. Il maggiore, infatti, andava a trovarlo ogni volta che poteva giustificandosi con un: "devo assicurarmi che tu prenda le medicine".

E quando finalmente a Jared gli fu tolto il gesso, il maggiore fu di parola e gli riconsegnò la sua amata moto. Ora non aveva più scuse per andare a trovarlo purtroppo.

“Mi raccomando Jared. Sta' attento” gli disse il biondo con una nota di dispiacere e preoccupazione prima d’andarsene , mentre Jared annuiva risultando convincente, ma con quello che faceva era alquanto difficile.

Rientrando in casa aveva gli occhi lucidi. Gli mancava di già…Ma era meglio così…Ora davvero non l'avrebbe più rivisto.




Qualche settimana dopo, però, il destino ci mise davvero lo zampino. Giocò al meglio le sue carte affinché i due ragazzi s’incontrassero.

Jared era in giro per uno dei suoi soliti giri in solitaria, lontano da Mark, dalla sua voce assillante. Lontano da quella vita che era costretto a fare.

Fu, mentre svoltava in un vicolo, che vide qualcuno che si esasperava decisamente contro una macchina che sembrava decisamente ...morta!

Fissò quello sconosciuto e si rese conto che sconosciuto non era.

Era Jensen! Fermo in panne in quella zona della città non proprio sicura.

“Ehi!?” lo richiamò Jared mentre Jensen sobbalzava per la sorpresa.

“Cazzo!! Jared” sbottò il medico. “Hai idea della paura che metti su quella moto in un vicolo come questo di questa zona della città?!” parve rimproverarlo un attimo dopo averlo riconosciuto e aver tirato un sonoro sospiro di sollievo.

“Esatto. Infatti mi dici tu che ci fai in un vicolo come questo di questa zona della città?!” lo parafrasò ironico.

“Dovevo visitare un paziente….insomma….uno…..”

“Lavoro fuori orario?!” gli andò incontro Jared, capendo che Jensen al di fuori dell’orario ospedaliero, aiutava chi non aveva possibilità di andare in pronto soccorso.

“Diciamo di sì!” ammise in imbarazzo e subito dopo: “Ma , ti prego, non dirlo...” e non riuscì nemmeno a finire che Jared lo rassicurò.

“Ehi!, tranquillo!! Tu tieni il mio segreto...” fece mostrando la mano ancora di nuovo fasciata, che Jensen osservò accigliato “...io tengo il tuo”.

Poi improvvisamente si spostò in avanti sul sellino della moto, facendo cenno a Jensen di salire dietro di lui..

“Ma cosa?!” chiese il biondo.

“Ascolta , la puzza di motore fuso si sente ad un chilometro. La tua macchina è andata. Sali. Ti porto a casa tua. Domani ci penserai a questa carretta. Te lo ripeto: questa è una brutta zona e non vorrei che il tuo bel culetto si trovasse in qualche guaio!” fece sorridendogli ironico.

Jensen si guardò intorno.

Già!! era davvero una brutta zona. Salì in moto, sistemandosi alle spalle dell’affascinante centauro.

“Jared?!”

“Che c’è?”

“Come fai a sapere che ho un bel culetto?!” lo provocò.

Ma Jared non si fece prendere in contro piede. “Perché me ne intendo e il tuo non passa di certo inosservato!”

Jensen, che voleva provocare, si ritrovò a corto di parole e con una certa sensazione al centro dello stomaco.
Ma non poteva sapere che era la stessa morsa che aveva provato anche Jared, non appena lui gli aveva messo le mani intorno ai fianchi per tenersi.

Ci vollero poco più di quindici minuti per arrivare a casa di Jensen. Il biondo scavallò e poi convinto a dover salutare il giovane, si sorprese quando dalla sua bocca uscì: “Sali da me per una birra? Fatti ringraziare del passaggio!!!”

Jared guardò il ragazzo, il palazzo in cui abitava.

"No! No!No! Jensen ha una vita normale, serena. Tu gli manderesti tutto a farsi fottere. È una brava persona e tu sei un mostro. Non puoi fargli questo!" si ritrovò a pensare.

“Mi farebbe piacere. Se non è un disturbo!” disse invece.

“Sali!!” ripeté sorridendo soddisfatto il giovane medico.

"È solo una sera, una sera da essere umano normale. Poi sparirò dalla sua vita." E lo seguì rivolgendogli il suo miglior sorriso.

Quando arrivarono all’appartamento di Jensen, il medico fece gli onori di casa.

“Fa come fossi a casa tua” indicando il divano e la tv.

“Senti sul serio…devo chiedertelo.” Disse all’improvviso il moro.

“Cosa?!” fece Jensen stranito da quel preambolo, alzando un sopracciglio.

“Perché sei stato così gentile con me in questo periodo... Insomma venivi a trovarmi sempre.…Per quel che ne sai potrei essere un killer!” disse mostrando un leggero sorriso imbarazzato.

“Tu? Con quegli occhi? No! Non protesti esserlo!” Se ne uscì il biondo tranquillamente, poi avvampò come un peperone lasciando Jared piacevolmente sorpreso, con il cuore riscaldato da un profondo calore.

Fu un attimo. Jared agì d’istinto.
Sentirsi dire una cosa così gli fece scordare come si sentiva.

Annullò la poca distanza che c’era tra lui e Jensen e lo baciò. 

Bacio che da delicato divenne immediatamente bagnato quando l’altro rispose con altrettanta passione. Poi...Poi fu solo estasi.

Il moro preso dalla passione spinse contro il muro il biondo, che gemette nel contraccolpo. 

“Scusami.” riuscì solo dire, staccandosi. Sul viso, un espressione addolorata.
“Forse...forse non avrei dovuto….forse...”

Jensen lo guardò solo, incatenando lo sguardo, negli occhi di Jared.

“Non scusarti..” sussurrò posando una carezza delicata sulla guancia di Jared, che chiuse gli occhi al tocco, “..ma baciami...baciami come hai fatto prima”.

Entrambi non capirono più niente. Era magico quello che stavano vivendo e provando. Mai provato niente di simile in vita loro.

Jared non riusciva a reprime quel desiderio che sentiva esplodere dentro di lui. Ci aveva provato a scordare quegli occhi verdi, quello stesso sguardo, ma non c’era riuscito. Non poteva!

Jensen, il suo viso, i suoi occhi, la sua risata, gli era entrato dentro.

Sapeva che non doveva coinvolgerlo. Lo sapeva, ma in questo momento non riusciva a fermassi, non riusciva a smettere di baciare quelle labbra, quel collo, a intrecciare la sua mano con quella di Jensen....
Semplicemente voleva lasciarsi andare. E lo fece, cavolo!, se lo fece.

“Cristo Jared...che mi hai fatto!” riuscì a dire languido il biondo, mentre sotto quei baci perdeva la testa.

“Tu che hai fatto a me” riuscì solo a rispondere mentre gli sfilava la maglia e Jensen la sfilava a lui, sensualmente.

Un attimo dopo i due amanti si stesero sul divano e si amarono come mai fecero in vita loro.

In quella ricerca di piacere reciproca fu Jensen a prendere il sopravvento, fu Jensen a conquistare il magnifico corpo dell’uomo sotto di lui, lentamente ed eroticamente.

Ogni spinta, un gemito. Ogni affondo, un grido da parte di entrambi.

“O mio Dio!! Stringimi‼” sussurrò all’orecchio del biondo quando raggiunse il piacere estremo e qualche secondo dopo lo raggiunse Jensen invadendolo con la sua umida presenza.

Il biondo, dopo essersi ripreso e aver provato a regolare di nuovo il respiro, si perse a osservare Jared e ne rimase incantato.

Non che prima non lo fosse, sia chiaro, ma in quel momento...Dio, Jared era magnifico.

Leggermente sudato, le labbra rosse e umide per il piacere appena provato...i capelli lunghi scompigliati...e poi gli occhi....Mamma mia, quegli occhi di quel colore indefinito: oro, verde, ambra. Un arcobaleno magico.

Jensen era cotto a puntino.

“Jensen ho qualcosa che non va?” chiese confuso il moro accarezzandolo.

“No...non hai niente che non va...sei perfetto!” disse sognante.

Jared arrossì. “Anche tu” rispose prima di baciarlo dolcemente.

Entrambi si addormentarono poco dopo, uno tra le braccia dell’altro.





Note autrice
Cin75 grazie per avermi aiutato con questo capitolo ^^ :)

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Capitolo 4
*** La mia vita è un inferno!! ***


Erano le 8 quando, purtroppo, il solito incubo di Jared lo svegliò di soprassalto.

Sempre lo stesso, con la variante che la povera vittima stavolta era Jensen!

"Dio, cosa ho fatto‼" mettendosi una mano sulla bocca, posando i suoi occhi sul ragazzo accanto a lui che dormiva sereno. 
Il ricordo dell’incubo più vivo che mai. Nello stesso modo in cui era vivo il ricordo della notte appena passata. Dell’amore provato!

"Perché...perché mi sono lasciato andare!" Si accusò di quella debolezza. "Scusami...ma devo uscire dalla tua vita prima che sia tardi" e pensando questo, si rialzò dal divano, si rivestì in tutta fretta e uscì di casa.

Salì in sella alla sua moto e guardò verso l'appartamento di Jensen. "Addio amore mio" disse piano, nella voce il dolore più puro. Amore mio, amore mio….come era stato facile chiamarlo così dopo così poco tempo.

Partì accelerando, lasciando dietro di sé i pezzi infranti del suo cuore. 
Ma non aveva fatto i conti con la testardaggine di Jensen.

Il biondo, svegliatosi di soprassalto sentendo il rombo della moto di Jared, si era seduto.

Era immobile, sguardo fisso, le mani appoggiate sui cuscini del divano stringevano la stoffa. Un solo pensiero in testa: andare da Jared a chiedere di spiegazioni. 

Ne aveva diritto. Glielo doveva dopo quella notte. Dopo quella magnifica notte d'amore.

Jared intanto era arrivato al suo appartamento con le lacrime agli occhi. Stava parcheggiando la moto in garage quando qualcuno lo fece voltare.

Qualcuno che odiava dal profondo del suo cuore.

"Padalecky! Piangi?!" Ridacchiò Timothy Omundson, uno scagnozzo di Mark.

"Che cazzo vuoi, eh?!!" la rabbia stava montando di nuovo. Negli occhi lo sguardo di ghiaccio.

"Calma "mostro senz'anima"! Mark ha bisogno di te, al solito posto”, disse ridendo dello sguardo d’orrore che quel nomignolo scatenava in lui.

“Ancora? Cristo!! non finirà mai questo schifo?!” esclamò esasperato mentre l’altro negava con la testa.

“No, mai...Il capo ha visto del potenziale in te...A quanto pare, hai classe! A stasera” e lo lasciò lì sconvolto, svuotato di ogni energia.

“Per Jeff!” pensò all'improvviso e solo allora si riprese. Respirò diverse volte e solo quando fu calmo, per così dire, uscì per dirigersi verso le scale che davano al penultimo piano.

Voleva rientrare in casa e non vedere nessuno. 
Doveva svuotare la mente di ogni emozione per riuscire a fare quello che doveva fare per Mark. Doveva ergere un muro tra lui e le sue emozioni.

Era una tecnica che aveva dovuto imparare dopo il primo pestaggio, altrimenti si sarebbe suicidato per il senso di colpa di quello che aveva fatto.

Quando era in quello stato era come un robot. Non provava niente. Un mostro senz'anima. 

Era a buon punto quando sentì bussare freneticamente alla porta. 

“Jared ….apri questa cazzo di porta! Subito!!!!, o la butto giù!” Gridò Jensen, che era arrivato in taxi.

"No!, che ci fa qui!" pensò nel panico più totale, mentre l'altro batteva sempre più forte. Se continuava così, rischiava di svegliare tutto il palazzo!

“Arrivo!” si arrese all'ennesimo avvertimento del più grande. 

Quando aprì la porta fu letteralmente spinto da Jensen contro la parete opposta, che richiuse con il piede la porta alle sue spalle.

A pochi centimetri dal suo viso, il biondo sibilò un infuriato: "Dimmi perché cazzo te ne sei andato in quel modo! Dimmelo brutto figlio di puttana!"

Jared, sospirando, assunse lo sguardo di ghiaccio che era il suo marchio di fabbrica quando picchiava le sue vittime.

Il biondo rimase colpito da quello sguardo così innaturale e freddo, ma comunque non si fece intimorire. Anzi…Fissò ancora di più gli occhi in quelli di Jared che deglutì a quella sorta di prova di forza mostratagli da Jensen.

"Perché.." iniziò il moro "...è stato solo sesso...del buon sesso. Ci avevo visto giusto sul tuo bel culetto!" Concluse quello che doveva essere una frase sarcastica che sentita da un altro in altre occasioni, avrebbe fatto allontanare e ferire chiunque.

Ma inaspettatamente Jensen non fece niente di tutto ciò, anzi, si avvicinò ancora di più al suo viso e sussurrò languido al suo orecchio: "Bene. Solo sesso. Allora mi sono solo immaginato te che tremavi ad ogni mio tocco!" lo provocò.

Jared ricordò quelle carezze e chiuse gli occhi. 
"Tremi anche adesso!" provocò ancora. Poi sempre più sensuale: "Per essere solo sesso, ti sei donato totalmente a me. Mi dicevi di continuare, di stringerti..."

"Jensen...smettila" e il cuore era impazzito, ma non poteva cedere. 
Non poteva!!! Lo spinse via e sul suo viso, ora, dolore. 
Jensen lo fissò, gli occhi talmente verdi che luccicavano.

"Vattene!! La mia vita è un inferno!! Non posso coinvolgerti ! Lo capisci, cazzo?!". Era esasperato.

Il biondo si avvicinò improvvisamente prendendogli il viso tra le mani.
"Amico, è troppo tardi! Sono già coinvolto" e senza lasciare tempo all'altro di replicare, lo baciò! Un bacio che tolse loro il respiro!

Solo il bisogno d'aria li fece staccare un attimo.

"Jensen...tu non...puoi..." sospirò il moro appoggiando la testa sulla fronte del biondo, chiudendo gli occhi, inspirando il suo profumo.

"Si, Jared. Posso" disse il biondo, iniziando a baciargli il collo lentamente e sensualmente. Con decisione e delicatezza lo spinse verso il letto, dove entrambi si stesero uno sopra l'altro.

Jared era completamente vinto e stordito dal piacere. Piacere che lo galvanizzò al tal punto che con un colpo di reni ribaltò la posizione.

Il movimento fu talmente erotico che entrambi gemettero di piacere quando i loro bacini si sfiorarono. Il moro immediatamente si avventò su quelle labbra, costringendo il biondo ad aprire la bocca, invito che Jensen fu ben lieto di assecondare.

In quei movimenti frenetici, i vestiti iniziarono a volare lontano. Molto lontano.

In quel turbinio di piacere, Jared assaggiava, toccava, baciava ogni centimetro di quel magnifico corpo che giaceva sotto di lui, che gemeva per lui.

Era stupendo il suono della sua voce, dei baci e dei tremori che le mani grandi e calde di Jensen provocavano anche in lui, quando era l’altro a dargli piacere.

Al colmo di una felicità pura, il ghiaccio formatosi nel suo cuore si sciolse definitivamente. 

Intrecciò le mani con le sue e sorridendo gli sussurrò un dolce “ti amo. Non so come sia possibile , ma ti amo!”. 
Sentendo quelle magnifiche semplici parole Jensen baciò Jared con un bacio bagnato e languido.

Fu in quel momento che Jared iniziò a prepararlo e con delicatezza lo fece suo.

Jared, anche se era più alto e muscoloso di Jensen, nei movimenti fu delicatissimo e dolce, estremamente erotico e lento. 

Jensen era allo stremo del piacere. Non aveva mai provato niente di simile. Andava in paradiso. Ci andava ogni volta che il minore raggiungeva il suo punto magico e lo baciava in quel modo languido e dolce.

Ma fu con l’ultima spinta che il maggiore si ritrovò a gridare il suo amore per Jared. Lo gridò mentre il suo cuore impazziva.

Jared, sentendo il corpo del maggiore tremare per l’orgasmo appena provato, si lasciò andare anche lui, sussurrandogli mille ti amo sulle labbra affannate e tremanti.

Poco dopo, il moro si distese al suo fianco, il respiro affannoso, il cuore che non la smetteva di battere velocemente. Il viso nascosto contro la spalla e il collo di Jensen.

Jensen iniziò ad accarezzagli la schiena. 
Rimasero in quella posizione per diversi minuti. Poi accadde qualcosa che il maggiore proprio non si aspettava.

Nei suoi movimenti ipnotici della mano sulla pelle della schiena ancora comunque madida di sudore del minore, si rese conto che il corpo del moro iniziò a sussultare. Un attimo dopo sentì quelle che dovevano essere calde lacrime scivolare sul suo petto.

“Ehi!, piccolo..cos'hai?” disse tirandosi su e prendendo il viso si Jared tra le mani, costringendolo a guardarlo. 
Alla vista di quello che ormai considerava il suo compagno, il cuore gli si spezzò. 
Jared era in lacrime.
Sul viso campeggiavano disperazione e colpa.

“Jensen come…come puoi esserti innamorato di un mostro come me?” chiese lasciando il biondo confuso e senza parole.

“Ma cosa stai dicendo? Tu non sei un mostro!” gli disse ovvio, accarezzando le guance delicatamente, asciugandogli le lacrime che continuavano a scendere implacabili.

“Lo sono invece…io faccio cose orribili…io sono..”

“Un ragazzo che ha solo bisogno di essere amato e aiutato” lo spiazzò il biondo, posando le labbra su quelle del moro. “Jared...” continuò il maggiore abbracciandolo stretto “...io non voglio costringerti a dire niente, ma per qualsiasi cosa io sono qui. Non dimenticarlo mai...Quindi se vuoi parlarne…” 

Stava per farlo, stava per dirgli tutto quando nelle mente esplosero vari flash su cosa poteva fargli Mark o chi per lui. 

Sapeva di cosa era capace. Per poco Jeff non…
Decise che era meglio non parlare. Ebbe paura.

“Jensen quanto sei buono con me…ma meno sai meglio è” rispose veloce, sperando di convincerlo

Jensen non si convinse per niente perché aveva notato la paura che si era formata nello sguardo del suo giovane amante, ma decise di rispettare la sua volontà. Almeno per ora!

Così, anche per distrarre il moro da eventuali pensieri che era sicuro gli si erano formati, si alzò dal letto di colpo e rivestendosi andò in cucina dove, sotto lo sguardo felicemente stupito di Jared, iniziò a preparare un ricco spuntino che portò a letto. Mangiarono tutto e fu veramente romantico.

Ma non fu l’unica dolce follia che fecero in quella mattinata!

Mentre Jensen chiamava il carro attrezzi per recuperare la sua piccola da quella zona malfamata in cui era stata costretta a stare tutta la notte, Jared avvisò il negozio dove lavorava come commesso e si diede malato.

“E così siamo malati eh?!” disse ridendo il maggiore.
“Tanto malato!" convenne Jared. Poi con la voce sensuale e roca lo attirò a sé e sussurrò languido " Visto che oggi è il suo giorno libero vorrebbe visitarmi, dottor Ackles?” provocò con lo sguardo malizioso.

Jensen deglutì d’aspettativa. Poi sorrise! Doveva adempiere al suo dovere. Lo visitò! Eccome se lo visitò!

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Capitolo 5
*** Dimmi la verità, Jared!!!!! ***


Verso sera Jensen si stava facendo una doccia, quando improvvisamente sentì il cellulare di Jared squillare. Un solo squillo. Un secondo dopo il moro stava imprecando un “Cazzo! No! Me n’ero scordato!”

Quando il biondo uscì dal bagno cercò di avvicinarsi per chiedere cosa succedesse, ma Jared lo allontanò bruscamente.

“Meglio che non sai! Per favore vai a casa…Ci vediamo domani.” Supplicò esasperato, ma Jensen non era d’accordo. Non poteva lasciare il suo amante in quelle condizioni.

“Non me ne vado!” fu il categorico ordine, ma oramai Jared aveva chiamato un taxi e non ci fu niente da fare.

Fu letteralmente fatto salire a forza sul mezzo di trasporto, prendendosi le peggiori offese che orecchio umano potesse sentire, ma a Jared non importava niente.

Jensen non doveva vederlo quando sarebbe tornato a casa. 

Quando salì sulla sua moto corse a più non posso. Voleva svuotare la mente. Doveva prepararsi al pestaggio che doveva compiere. Doveva farlo, ma non ci riuscì. 

Arrivato al boschetto era alquanto nervoso. Molto nervoso.

Non fece neanche in tempo a scendere dalla moto che Mark lo raggiunse, lo sguardo furioso.

“Sei in ritardo!” sibilò mellifluo.

“Ho avuto da fare! Ok?” sbottò.

“Hai per caso scopato alla grande con il primo miserabile trovato a un incrocio?!” se ne uscì ridendo.

Jared, a quell’uscita, lo afferrò per la collottola della camicia. La furia era dipinta nei suoi occhi. “Come ti permetti? Fatti i cazzi tuoi!” sibilò a pochi centimetri del suo viso.

“Oh come siamo suscettibili! Beh!!!,” nel viso, un sorriso diabolico “ Tu ed io…Così!” e con la mano indicò prima lui e poi Jared… “Non ti ricorda qualcosa?! A me si!”. 

Jared sbiancò ricordando. Lo lasciò immediatamente. 

“Riprenditi mostro…Hai un lavoro da fare ora” Disse Mark e con un cenno del capo indicò il ragazzo che doveva picchiare.

Il moro sospirò seguendo con lo sguardo dove Mark indicava. Chiuse gli occhi e li aprì assumendo uno sguardo gelido, ma purtroppo non ci riuscì a bloccare le sue emozioni. Non stavolta. Non ce la fece.

Ogni passo era un macigno. Ogni passo un agonia.

“No…ti prego” supplicò il disgraziato quando Jared fu vicino a lui, già comunque ferito da alcuni colpi inferti da Timothy.

Jared cercò di ignorare il senso d’orrore che provava, doveva reprimerlo in ogni caso.
“Per Jeff” e colpì.
Uno. Due. Tre volte.

“Dai mostro! Stendilo per bene. Muoviti!” gridava Mark.

“Non sei un mostro amore mio” la voce di Jensen gli riempì la testa, facendolo fermare con il pugno a mezz’aria. 

Fu in quel preciso momento che la vittima, cogliendo quell’esitazione, reagì tirando un pugno a Jared sul naso. Poi fuggì via.

Il moro cadde a terra, colto di sorpresa. Si portò una mano sul naso dove il sangue usciva copioso. Provava dolore, ma non era rotto. Ne era certo.

Si alzò da terra, il respiro affannoso. In lontananza due spari riecheggiarono nel silenzio del bosco, facendolo sussultare.

Non voleva stare un minuto di più in quel luogo orribile. In quella vita. Voleva Jensen. Voleva andare solo da Jensen.

E così fece. Corse via.



Mark nel frattempo, girando con il piede il corpo della povera vittima che era stata colpita di spalle vigliaccamente, richiamò a se Timothy.

“Pedinalo….Scopri cosa gli è successo…Se è necessario gli ricorderemo cosa ha in ballo!” fece e Timothy annuì.



Jared, in sella alla sua moto, sfrecciava incurante del traffico. Sorpassava ogni macchina che si ritrovava davanti. 
Stava sfiorando i 200 all’ora, ma voleva raggiungere Jensen. Aveva bisogno di lui. Delle sue braccia e del suo calore. Del suo amore.

Fece l’ennesima curva inclinando pericolosamente la moto, quando finalmente raggiunse il palazzo di Jensen.

Il cuore impazzito, il dolore al naso più forte che mai, il respiro affannoso.

Non poteva più sopportare quel peso. Non ce la faceva più. Doveva sfogarsi con qualcuno e poi avrebbe fatto quello che andava fatto.

Bussò forte un paio di volte prima che il biondo gli aprisse. Quando lo vide rimase sconvolto: il naso un pò gonfio, con del sangue che comunque ancora usciva macchiando la maglietta sul davanti.

“Ma che cazzo ti è successo?” fece il biondo preoccupandosi facendolo entrare immediatamente.

“Un pugno” fu la prima cosa che disse mentre il compagno lo faceva sedere sul divano e guardava se ci fosse una frattura nasale. Cosa che per fortuna non c’era.

“Ma va!? Non me n’ero accorto” ironizzò sarcastico guardandolo accigliato mentre si alzava. Andò a prendere disinfettante e ghiaccio secco e gli ordinò di posarlo sul naso.

“Ora...dimmi chi cazzo è stato a farti una cosa del genere” sbottò all’improvviso, lo sguardo furibondo.
“Chi ha osato farti del male?”
Niente!
“C’entra il messaggio di oggi e la tua reazione?”
Ancora niente!
“Cristo!! parla sto impazzendo!” Jensen era esasperato. Non capiva cosa fosse successo e lui odiava non capire le cose.

“Jensen per favore calmati...ti dirò tutto. Ti dirò ogni cosa. Questo peso che ho nel cuore...io non voglio più sentirlo...non voglio sentire più niente Jensen!” Fu il preambolo di quella confessione sconvolgente.

“Ma Jared di cosa parli? Io non capisco!” Jensen era confuso e alquanto agitato.

Il moro sospirò e poi sganciò la bomba.

“Lavoro per Mark Pellegrino...” nella stanza scese il gelo.

“Cosa? Lo spacciatore? Impossibile! Tu non sei un criminale!” Jensen era incredulo e rifiutava una cosa del genere.

Il suo Jared. Non poteva essere. 

Poi, improvvisamente, ricordò il loro primo incontro al bar, la mano fasciata, poi definitivamente rotta, quella frase che sentì da Jared al mattino sul fatto di fare cose orribili e di essere un mostro, che la sua vita era un inferno e di non volerlo coinvolgere...Quello sguardo di ghiaccio....Quello sguardo così freddo.

Guardò Jared con la consapevolezza che quello che gli stava dicendo era la verità.

Il più piccolo, i cui occhi si riempirono di lacrime vedendo quello sguardo, fece per alzarsi e andarsene, ma Jensen lo trattene per un polso e gli disse solo: “Dimmi perchè? Dimmi solo questo e poi uscirai dalla mia vita”

Jared scoppiò a piangere... Anche Jensen, ora, lo vedeva come un mostro.

“Dimmelo!” Gridò, vedendo il moro che continuava a piangere e non parlava più.

A quel grido si calmò di colpo e deglutì per cercare di calmarsi, per riuscire a parlare.

“Per...Jeff..Lo faccio per evitare che Jeff venga ucciso da Mark” sussurrò.

“Jeff? Chi è Jeff?” Chiese il biondo deglutendo.

“Mio fratello” La presa sul polso di Jared si sciolse perché Jensen dovette sedersi sul divano. Gli tremavano le gambe.

“Racconta” fece dopo un po’.

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Capitolo 6
*** La verità ***


Jared rimase in piedi, il cuore in gola. Sospirò e incominciò a raccontare. A sfogarsi.

“Jeff è mio fratello maggiore…Io e lui siamo sempre stati legati finché non conobbe una donna durante un meeting aziendale a Belleville…“ disse amaramente

“Lui si era innamorato follemente di lei…Per lei si era trasferito in quella città da Austin, si era licenziato e aveva iniziato un nuovo lavoro…Era accecato, la venerava. Spendeva vagonate di soldi per i suoi capricci” continuò. “Quando gli feci notare la cosa, un pomeriggio che andai a trovarlo, ovviamente lui negò e litigammo violentemente. Non parlammo e non ci vedemmo per anni…Capisci, mi aveva escluso dalla sua vita! ”

Gli occhi del moro divennero lucidi a quei ricordi dolorosi. Jensen li notò e gli si spezzò il cuore.

“Jared mi dispiace” disse solo.

“Anche a me” rispose sedendosi vicino al biondo. “Io nel frattempo continuai la mia vita come niente fosse e aprii un'officina. I motori sono sempre stata la mia passione, specialmente le moto...Un pomeriggio venne a trovarmi un nostro vecchio amico in comune e mi disse che Jeff era ad Austin da un pò perché aveva perso il lavoro e Alaina lo aveva lasciato, spezzandogli il cuore…Io non ne rimasi sorpreso…Mi disse che era messo male….ma non compresi a pieno…Non compresi…e lasciai che l’orgoglio prendesse possesso di me!” C’era rimorso sul suo viso, che divenne vergogna all'improvviso.

“Cristo! E’ stata colpa mia…l’ho lasciato solo nel momento del bisogno!” sbottò disperato nascondendo il viso nelle mani.

“Jared non dire così! Non è stata colpa tua!” cercò di tranquillizzarlo il maggiore, ma non ci fu niente da fare.

“Si, Jensen! Si! Me ne sono fregato!! Se fossi andato da lui ad aiutarlo, lui non avrebbe iniziato a bere e a drogarsi per la disperazione…Lui non avrebbe contratto un debito con Mark, cazzo!”

“Calmati”

“No!” si alzò e incominciò a girare per la stanza.

“Non hai idea…non hai idea di come mi sono sentito quando un tipo losco, Timothy Omundson, è venuto nella mia officina dicendomi che avevano mio fratello! Mi ordinò di stare calmo e di seguirlo e che nessuno si sarebbe fatto male” ma nel raccontare quel ricordo, dovette fermarsi perché scoppiò a piangere.

Il biondo lo abbracciò d’istinto sussurrandogli dolcemente “Tranquillo piccolo”.

Jared in quell'abbraccio inaspettato trovò la forza di continuare a parlare.

“Giunto nel luogo dell’incontro ero terrorizzato, bloccato dalla paura. Ma appena vidi com'era ridotto Jeff gli corsi incontro e lo abbracciai di slancio….fu in quel momento che apparve Mark e mi allontanò da lui buttandomi a terra in malo modo...Mi alzò per i capelli e mi disse di pagare al suo posto il debito che aveva nei suoi confronti o lui sarebbe morto. Mi dava un mese di tempo. Dopo di che fece cenno a Timothy e quello iniziò a pestarlo di nuovo.... Accettai ovviamente e ci lasciarono andare. Curai io mio fratello. Non poteva andare in ospedale.”

“Gesù! Jared non potevi denunciarli?” Chiese giustamente il biondo non avendo ancora chiaro tutto l’insieme della questione.

“No...perché mi avevano detto che se solo mi fossi avvicinato alla polizia lo avrebbero ucciso ” convenne ovvio e sconsolato. Poi riprese il racconto.

“Mio fratello aveva un enorme debito nei loro confronti...Con i soldi del mio conto non riuscivo ad arrivare nemmeno a metà della cifra...Così vendetti purtroppo l' officina e casa mia...La moto è l'ultima cosa rimasta della mia vecchia vita..Comunque andai in affitto nel mono locale che hai visto e trovai lavoro al negozio dove lavoro tutt'ora....Inutile dire che quando consegnai i soldi a Mark, lui mi prese a pugni mentre, ridendo , ordinava a Timothy d’andare a uccidere Jeff. Fu in quel momento che scattò qualcosa in me....Mi avventai su Mark...Divenni freddo, impassibile, di ghiaccio... Colpivo e colpivo finché non lo afferrai per la gola...stringevo sempre più forte...Finché lui non iniziò a rantolare...Timothy mi spinse via calciandomi un fianco....Era già sopra di me con la pistola puntata alla mia testa quando Mark lo fermò”

Il moro era sempre più agitato. Questa era la parte finale del racconto, ma anche l’inizio di quello che sarebbe stato l’inferno per lui.

“O santo cielo.....” il più grande era sconvolto.

“Non è ancora finita la storia, amico” disse amaramente con lo sguardo basso. “Mark disse che accettava quei soldi che gli avevo portato...che Jeff sarebbe stato in pace e vivo, solo se io avessi lavorato per lui perché aveva visto del potenziale in me! Io rimasi sconvolto...non volevo...ma quello che mi disse mi uccise definitivamente... mi disse queste parole “Tra mostri ci si riconosce e tu, Jared, lo sei! Amico, lo sguardo che hai fatto....la freddezza con cui mi hai colpito....Tu e io costruiremo l’inferno perfetto. Tu colpirai rendendoli inermi e io li ucciderò” Non scorderò mai quelle parole. Mai!”

“Jared per favore..Basta...” Jensen aveva gli occhi lucidi e a stento tratteneva le lacrime.

“Non ho finito” si scusò.

“La prima volta è stato orribile...resi inerme un spacciatore rivale e Mark mi costrinse a guardare mentre lo uccideva....Cristo!, stetti male sul posto e non dormii una settimana! Tentai perfino il suicido ...poi, con il pensiero di proteggere Jeff, indurii il cuore e imparai una tecnica che mi permetteva di ergere un muro che non mi facesse provare niente mentre pestavo e stavo li a guardare nel mentre Mark li uccideva...Nel giro iniziarono a chiamarmi “Mostro senz'anima”. Ma io non ho mai perso l’anima! Mai. Ho sulla coscienza quelle vittime anche se sono spacciatori. Io....Non ce la faccio più” Concluse quel triste racconto.

Jensen era in lacrime. Dio, cosa aveva passato quel ragazzo…
“Jared...hai vissuto tutto questo inferno per proteggere tuo fratello...” disse ovvio.
"Si!" Rispose il più piccolo.

Sentendolo, il biondo, si rese conto che lo avrebbe fatto anche lui per suo fratello.
Cristo!, se lo avrebbe fatto.

Lo guardò negli occhi e amò ancora di più quel ragazzo. Non poteva abbandonarlo. No. Decisamente non poteva. Prese la sua decisione.

"Andrò alla polizia e mi costituirò assicurandomi che Jeff sia al sicuro sotto la loro protezione...." Disse Jared, deciso.

"Jared..." tentò di interromperlo il compagno, ma Jared continuava a parlare.

"Da questo momento io esco dalla tua vita come mi hai ...” ma non finì la frase perché un bacio inaspettato di Jensen gli tolse il respiro, ma allo stesso tempo glielo diede...

“Jensen...ma cosa....?.” disse Jared appoggiando la fronte in quella del biondo, mentre l’altro gli spostava una ciocca di capelli e gli sfiorava le guance con le dita sorridendo dolce.

Il moro, vedendo come lo stava guardando, scoppiò a piangere. Lo stava guardando come fosse la cosa più bella della terra.

“Dimentica quello che ti ho detto prima. Tu devi far parte della mia vita.” Disse convinto più che mai della sua decisione.

“Ma Jensen....Perché? Tu sei un ragazzo normale....Se io ora esco da qui, potresti conoscere un ragazzo meno incasinato di me...che non sia un mostro come me!”

“Smettila di dire che sei un mostro! Non vorrei un altro ragazzo. Voglio te. Ti amo, piccolo. Dio!, se ti amo. E lo sai perché?” fece serio e Jared negò con la testa.

“Mi sono innamorato di te appena ti ho visto...I tuoi occhi....sono lo specchio della tua anima e sono stupendi...dolci...buoni...Tu non sei un mostro Jared! L’unico mostro è Mark. Ricordatelo!”

Il moro era felice che il suo compagno non lo vedesse come il mostro che lui si sentiva. Il suo cuore stava letteralmente impazzendo dalla gioia.
Abbracciò d’istinto Jensen. Lo amava da impazzire.

Jensen ricambiò baciandogli la testa poi lo allontanò facendosi serio. Lo guardò intensamente negli occhi. Jared lo guardò alzando un sopracciglio, confuso.

“Non devi andare alla polizia” se ne uscì.

“Cosa?...Sì, che devo! Che stai dicendo?” Il più piccolo si allontanò di colpo decisamente spiazzato e confuso.

“Lasciami finire!” Lo ammonì. “ Devi andare all’FBI...lì sapranno aiutare tuo fratello al meglio..Fidati...conosco un agente...un mio vecchio amico...L’agente Misha Collins...è uno dei migliori!”

"Ok, allora. Andrò da questo Collins" rispose il moro convinto.

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Capitolo 7
*** E' l'unico modo ***


Jensen ovviamente lo accompagnò e quando giunsero nell'ufficio di Collins, l’uomo li stava già aspettando. Era stato avvisato personalmente da Jensen che dovevano parlare con lui.

Appena vide il biondo, andò ad abbracciarlo facendo il giro della scrivania e si presentò a Jared. 

Però quando osservò con più attenzione il viso dei due ragazzi di fronte a lui, intuì che in ballo doveva esserci qualcosa di grosso. Molto grosso, ma non poteva certo immaginare cosa.

“Che succede?” chiese posando gli occhi prima su uno poi sull'altro ragazzo, facendoli accomodare sulle sedie di fronte alla sua scrivania mentre lui si sedeva al suo posto.

Jared sospirò, guardò il suo compagno, il suo sostegno. “Agente Collins sono venuto a costituirmi...”
“Come?”
“Io...io…lavoro per Mark Pellegrino” disse solo. 

Misha rimase a bocca aperta sentendo quel nome. 
Quel figlio di puttana era imprendibile. Ma forse ora avevano l’occasione di fermarlo per sempre.

“Jared raccontami ogni cosa...Tutto” disse prendendo dal cassetto alla sua destra un registratore per mettere agli atti la deposizione.

Il moro era consapevole che dopo la sua deposizione sarebbe finito in carcere immediatamente, ma a lui non importava.

Jeff sarebbe stato al sicuro finalmente e, scontata la sua pena, avrebbe avuto qualcuno che lo aspettava nonostante tutto. 

Con quella consapevolezza, il moro iniziò a raccontare.

Raccontò del ricatto e di Jeff. 

Parlando di lui, gli occhi gli divennero immediatamente lucidi e si agitò. 
Il biondo, guardandolo, con dolcezza prese la mano del moro nella sua e gliela strinse per infondergli calma.

Il moro ringraziò solo con lo sguardo il suo compagno e quando si riprese, continuò a parlare di Pellegrino.

Disse che la sua era una organizzazione a piramide, dove tutti rispondevano a Mark ovviamente, ma ognuno si gestiva le zone autonomamente. Aveva spacciatori in tutto il Texas.

Era in questo modo che se i suoi scagnozzi scoprivano qualche spacciatore emergente lo conducevano, dopo averlo messo ko con del cloroformio, al boschetto vicino alla città di Trevis. 

Solo allora, lui, Jared, veniva chiamato a compiere il suo orrendo “compito”. 

“Ho finito." concluse, "Ho detto tutto quello che so...”. Jared aveva il cuore impazzito dall'agitazione.

Fissò i suoi occhi in quelli di Misha, che ora lo guardava pensieroso e anche un po’ deluso.

“Jared è tutto qui quello che hai da dirmi?” domandò all'improvviso.

“Si!” rispose sincero il moro, mentre Jensen chiedeva arrabbiato al bruno cosa significasse quella domanda.

“Ma non l’avete capito? Quel figlio di puttana è per questo motivo che è imprendibile...Se vogliamo stanare la sua organizzazione non mi basta la confessione di un solo uomo." Sbottò alzandosi e appoggiando le mani sulla scrivania serio.

Jared era confuso: ma come non bastava una confessione dettagliata come la sua?.

Jensen a questo punto sbottò, uno strano sospetto. 
“Che vorresti fargli fare eh? So come vanno queste cose e non mi piace!” 

“E’ l’unico modo Jensen!” 

“Non capisco di cosa parlate!” s’intromise il minore. “Ti ho detto tutto quello che so...lo giuro...ora mettete al sicuro mio fratello!”

I due si voltarono a guardarlo, poi Jensen si rivolse a Misha con un supplichevole “Per favore...è pericoloso”

Misha sospirò, ma doveva fermare l’ascesa di quel demonio. 

“E’ l’unico modo” ripeté solo, poi si rivolse a Jared.

“Ragazzo, noi metteremo tuo fratello sotto protezione, ma tu....” fissando gli occhi blu in quelli chiari del più piccolo “...dovrai collaborare con noi...dovrai andare sotto copertura...Abbiamo l'occasione di fermarlo definitivamente."

"Non potreste mandare un vero agente?" suggerì Jensen speranzoso. 

"No, sarebbe troppo complicato" gli rispose il bruno. “Jared fa già parte del giro!”
Poi guardando Jared. "Lui si fida di te...Non sospetterà niente .....Se collabori, potrai avere uno sconto di pena....il procuratore ne terrà conto” convenne Misha.

Il minore ascoltava tutto. 
Assimilava tutto a occhi chiusi valutando i pro e i contro. Dopo qualche minuto prese la sua decisione. 

“Jared...” 
Ma il minore non lasciò finire Misha e sorridendo disse: “Ok...ma non m’interessa lo sconto di pena. Voglio che quel figlio di puttana marcisca definitivamente in una gabbia per sempre! Chiedo solo che Jeff sia al sicuro” fu l’unica richiesta che fece.

“Lo sarà!” rispose sicuro Misha, mentre Jensen si mise una mano sul viso per contenere la tensione.
Era alquanto preoccupato, ma se era la volontà del suo compagno, l'avrebbe accettata.
 
"Mi fido" rispose Jared. “Voglio fidarmi.” Erano l'FBI. Doveva fidarsi.

Misha annuì di nuovo, poi chiamò al telefono il suo collega Sebastian Rochè. Spiegò in breve cosa gli servisse e perché. 

Nel giro di mezz'ora nel suo ufficio, arrivò Sebastian con in mano quella che sembrava una microcamera. 

A Jared, dopo aver firmato tutto l'incartamento necessario, fu consegnata, spiegandogli che era una microcamera ad alta risoluzione, con visione anche notturna, con audio e che trasmetteva direttamente a loro, i suoni e le immagini.

Lui doveva solo indossarla e filmare ogni cosa.

"Come faccio a indossarla?!" Domandò. Se avesse avuto gli occhiali potevano metterla li.

“Vedi la forma?” disse l’agente Rochè indicandogliela, “E’ molto piccola” constatò ovvio. “La monteremo sul ciondolo che indossi al collo e il gioco è fatto”

“Ok!” rispose consegnando il piccolo monile che portava al collo all'agente che si adoperò immediatamente a installare la microcamera al centro del crocefisso nel punto esatto dove si incrociano le assi del segno religioso.

Qualche minuto dopo glielo riconsegnò spiegandogli che doveva accenderla solo quando sarebbe arrivato al boschetto o quando qualche scagnozzo lo avvicinava.

“Jared…tu ovviamente dovrai avvisarci che starai andando a Trevis, al boschetto” s’intromise Misha. “Noi organizzeremo una squadra e quando avremo abbastanza dati, interverremo, ma prima dovrai almeno colpire una volta il poveretto. La recita deve essere perfetta.” Concluse, mentre Jensen sentiva i battiti del cuore impazzire e Jared come sempre annuiva. Nonostante tutto era sicuro di farcela. 

Dopo queste premesse e aver salutato Misha e Sabastian, i due ragazzi tornarono a casa in taxi. 

Non parlarono molto, ma continuarono a stringersi la mano. Dovevano entrambi assimilare tutto quello che era successo al Bureau.

Quando giunsero finalmente al palazzo di Jensen, erano le 3 ed erano stanchissimi, ma nonostante questo, appena varcarono la porta di casa i due sentirono l’impellente desidero di baciarsi. Dimenticare per un attimo quello che era successo fino ad allora e tornare ad essere solo loro due insieme. Furono come attirati da una calamita. Fu un bacio bagnato, vivo e romantico. 

“Jared” fece il maggiore appoggiando la fronte in quella del più piccolo “Te lo devo chiedere”

“Dimmi” rispose l’altro inspirando il profumo intenso del suo compagno.

“Perché…perché hai accettato?”

Jared si staccò appena, lo guardò intensamente negli occhi e gli divennero lucidi 

“Perché forse in questo modo...” La voce si incrinò appena “potrò guardarmi allo specchio senza provare un senso di repulsione vedendo il mio riflesso...” 

Jensen capì e lo abbracciò stretto. Non c’erano bisogno di parole. Gli baciò la testa dolcemente e Jared sorrise. Cosa aveva fatto per meritarsi un angelo come Jensen? 

“Ti amo” sussurrò dolcemente.

“Ti amo, piccolo”

Rimasero fermi in quella posizione per un po’, stretti uno nelle braccia dell’altro, a godere del calore reciproco dei loro corpi finché la stanchezza non si fece sentire di nuovo.

“Andiamo a letto, amore” suggerì il biondo sentendo Jared sbadigliare. Il più piccolo annuì felice.

Si misero in boxer e maglietta e si coricarono a letto. Si strinsero immediatamente in un abbraccio dolcissimo e in quell'abbraccio i due si addormentarono cullati dal suono ipnotico dei loro cuori.

In quella pace Jared dormì serenamente. Fu la prima volta da quando era iniziato quell’incubo in cui non ebbe alcun tipo di brutto sogno.
Fu la prima notte in cui non si svegliò di soprassalto il mattino seguente.
 

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Capitolo 8
*** L'uomo nell'ombra ***


Erano le 8.50 quando si svegliò dolcemente e vide il suo compagno che dormiva sereno accanto a lui. 
Era stupendo, non aveva altro termine per descriverlo. 

Sorrise intenerito posando le labbra sottile sulla guancia del biondo che sorrise d’istinto, svegliandosi.

“Buon giorno!” fece sorridente, il moro.

“Buongiorno a te!” disse il biondo, la voce impastata dal sonno; ma bastò vedere il sorriso radioso del compagno per svegliarsi del tutto.

“Ci siamo svegliati bene stamattina piccolo!” convenne accarezzandogli la guancia, sorridendogli di rimando.

“Benissimo, non mi capitava da quando tutto è iniziato…e ora che so che sta per finire questo incubo sono certo che ci saranno ancora di questi risvegli amore!” fece sicuro e radioso il più piccolo, ma quando notò lo sguardo del compagno si stranì.

“Ehi‼ Cos'è quella faccia? Dov'è finito il tuo stupendo sorriso?” posandogli un bacio a fior di labbra.

“Jared…” sospirando e mordendosi le labbra, “…lo so perché hai accettato. Lo capisco sul serio, però non posso fare a meno di pensare che se ti succedesse qualcosa sarebbe tutta colpa mia e questo non potrei perdonarmelo. Ti ho portato io all’FBI!” disse tutto questo con il cuore che batteva forte, immagini orribili nella sua mente a convalidare quella ipotesi.

“Jensen…..stai tranquillo…so come fare…non mi succederà niente! E poi sono io che ho accettato l’accordo. Tu non centri amore mio…. ” E un attimo dopo lo baciò con amore e devozione di un bacio languido e bagnato, profondo.

“Ma… io…se… tu….” cercò di protestare Jensen, ma Jared lo zittì con un altro bacio, altrettanto appassionato e bagnato!

“Oddio! Sai come distrarre dai problemi!” I baci di Jared sempre più illegali sul collo del biondo.

“Amore, sei un diavolo tentatore! E adoro essere tentato da te‼‼” disse Jensen, prendendogli il viso tra le mani, quando il moro si era sollevato un attimo per guardarlo in viso.

“Lo so!” Disse solo il più piccolo sorridendo provocante e quel sorriso fu un invito per il maggiore. Un malizioso invito! 

Jensen non ci pensò due volte a salire a cavalcioni su di lui e a baciarlo in ogni dove, la testa del moro girata di lato per permettere al compagno di baciarlo meglio sul collo teso per lui.

Stava perdendo la testa quando, attraverso gli occhi socchiusi intravide la sveglia: Dio! Era le 9! Era tardissimo!

“O no! Dobbiamo fermarci” gemette. “Sono in ritardo e devo andare al lavoro e anche tu hai un turno” disse a fatica il moro, mordendosi il labbro per smorzare il fuoco che sentiva crescere in lui.

“Diamoci ammalati” convenne languido il maggiore.

“Non possiamo purtroppo! Almeno io non posso…visto che ho già usato questa scusa ieri” e a malincuore dovette divincolarsi dalla prese del maggiore che ora lo guardava imbroccato mentre si rivestiva.

“Non è giusto!” disse e Jared lo baciò d’istinto con un bacio languido e bagnato. 

Un secondo dopo corse via dalla casa di Jensen ridacchiando. Prima di chiudersi la porta alle spalle sentì solo il maggiore imprecare contro di lui un: “Ora dovrò farmi una doccia fredda! Ti odio, Padalecki!”

Con le farfalle nello stomaco raggiunse la sua moto e corse verso il suo appartamento, ignaro che qualcuno nell'ombra sotto casa sua lo stava osservando e mandava un sms a Mark

“Jared è appena rientrato a casa... Capo avevamo ragione! Da come sorride deve vedersi con qualcuno e non è solo sesso"


“Bene! Così, è per colpa di un bastardo che lo scopa che Jared non ha svolto il suo lavoro! Vai da lui, ma non dire che sospettiamo che si scopa qualcuno...Sai come agire!”
“Ricevuto!”



************


(Qualche ora prima...)

Timothy appena aveva ricevuto l’ordine di pedinarlo la sera prima, era salito al volo nella sua auto e lo aveva tallonato per un po’, ma poi, complice il traffico e il fatto che Jared era in moto e correva molto, l’aveva perso e così non era riuscito a scoprire cosa gli fosse successo, il perché di quella reazione durante il pestaggio.

Così, dopo una sfuriata da parte del suo boss, il bastardo aveva deciso di entrare nel suo mono locale aprendo la porta con delle forcine. 

Lo osservò attentamente e capì che il ragazzo aveva trascorso l’intera giornata con qualcuno. Ecco perché del ritardo e poi di quel tentennamento durane il pestaggio. 

Sorrise beffardo, richiuse tutto e scese decidendo di aspettarlo in auto fin quando non lo avrebbe rivisto ritornare.



************


Lo scagnozzo era nascosto alla vista e Jared non si accorse di essere osservato anche quando scese dal suo appartamento circa 10 minuti dopo.

Timothy stava per raggiungerlo e farci le sue solite quattro chiacchiere ma Jared fu più veloce.

Salì in moto e partì in direzione del lavoro.
Imprecando il bastardo ricorse alla sua auto e a debita distanza lo intravide in mezzo al traffico.

Giunto sul luogo di lavoro Jared si scusò per il ritardo. Ricevette una bella tirata d’orecchi dal suo capo, ma poi fu "lasciato in pace" e andò a sistemare le scaffalature. Era intento a fare il suo lavoro, quando, all'improvviso, sentì la presenza di qualcuno osservarlo.

Capì chi era. Poteva percepirne la presenza. 

Quei figli di puttana erano così sicuri di non essere presi…Di cavarsela sempre che agivano con sfrontatezza. Ma ora la pacchia stava per finire.

Jared deglutì rabbia e senza farsi vedere, come se si stesse solo grattando il collo, istintivamente sfiorò il ciondolo e la microtelecamera iniziò a registrare.

“Timothy!” disse solo atono.

“Jared!” lo scimmiottò divertito avvicinandosi.

Entrambi si guardarono attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno.

“Che cazzo vuoi?" domandò furioso.

“Mostro, calmati. Dovresti scopare se sei sempre così nervoso!" sorrise maligno.

"Fanculo! Ripeto, cosa vuoi?" Sibilò il moro.

"Dirti solo che se fai un altro scherzo come quello di ieri sera, il tuo amato fratello…” Fece intendere chiaramente cosa voleva fare a Jeff portandosi due dita alla gola e simulando il gesto di tagliarla.

Jared non poteva reagire, ma tremava di paura e collera. Così si limitò a minacciarlo avvicinandosi a lui, a pochi centimetri dal suo viso. Il suo tipico sguardo di ghiaccio in bella mostra.

“Fallo e io…”

“Cosa farai? Mi ucciderai? Sappiamo entrambi che non ci riuscirai mai! Che nonostante quello che fai per Pellegrino non sei capace di uccidere!” lo disse fissandolo a sua volta. 

Era vero. Jared non sarebbe mai riuscito a uccidere.
Deglutì, ma non abbassò lo sguardo.

“Cosa ci vedrà in te Mark” disse scuotendo la testa disgustato da Jared “Bèh!, ti lascio al tuo lavoro…Guadagnati la pagnotta!” e lo lasciò lì.
Lui doveva scoprire con chi si frequentava.
"Vedrai mostriciattolo che bello scherzo ti faremo" pensò divertito.

Un secondo dopo Jared, tremando di rabbia , spense la microtelecamera e avvertì Misha dell’accaduto.

L’agente lo tranquillizzò dicendo che avevano sentito e visto tutto e che sotto l’appartamento di Jeff erano già appostati due agenti in borghese che lo tenevano sotto controllo.

“Per ora tutto tranquillo…se questo Timothy si avvicina, lo arresteranno” concluse.

“Grazie!” 

“E’ il mio dovere proteggere i cittadini, ragazzo e…” la voce ora meno impostata. Divenne divertita “Ottimo lavoro prima. Se Jensen ti avesse visto ti avrebbe paragonato a uno 007”. 

La comunicazione finì così lasciando Jared con un leggero sorriso. Non era certo che il compagno lo vedesse come uno 007, forse uno 007 sexy.. Ma che pensava! Arrossì da solo.

Poi improvviso, un brivido freddo lungo la schiena. Uno strano presentimento.

“Non sanno di Jensen!” si auto convinse, ma quella morsa al cuore non lo abbandonò per tutto il giorno.

Ma perché sia Timothy che Mark fecero entrambi la battuta sullo scopare qualcuno?! Che avessero dei sospetti?! 

Scosse la testa per scacciare il pensiero orribile del suo amore catturato. Era inconcepibile una cosa così. “Non sanno di Jensen!” e lo disse stavolta a voce alta. Doveva convincersene.

Ma nei giorni successivi quell'angoscia nuova era sempre più pressante tanto che Jensen chiese cosa avesse.

Erano a letto, nell'appartamento di Jared e si stavano coccolando teneramente.

Avevano trascorso una serata tranquilla e romantica, almeno apparentemente. Ne avevamo bisogno.

Erano stati giorni intensi per entrambi dopo la visita di Timothy a Jared. Il biondo era andato su tutte le furie, ma Jared lo tranquillizzò anche facendolo chiamare da Misha.

"Piccolo, cos'hai?! Ti ha minacciato ancora quel figlio di puttana?" chiese. Solo al pensiero si arrabbiò, ma Jared negò.

“No” rispose sincero. 

“Allora cos'hai ?” era preoccupato.

“Sono preoccupato per te” sbottò.

“Per me? Perché?” chiese stranito.

“Si!" era spaventato. Era da quel giorno che si teneva dentro quella paura, ma ora non ce la faceva più "Ho paura che ti stiano seguendo!” 

“Jared, ascolta non mi segue nessuno!" Disse sicuro accarezzandolo in viso. "Me ne sarei accorto. Tranquillo” disse, la voce calma e rassicurante.

Jared annuì fidandosi...Forse esagerava. Era così, si convinse.

Tranquillizzatosi iniziò a baciare Jensen con sempre più passione e il biondo si lasciò amare e travolgere da quel uragano di energia che era il suo amante.

Ma la pace stava per finire.
Nell'ombra Timothy sorrideva guardando verso l'appartamento di Jared.
Finalmente aveva scoperto con chi si vedeva.

 

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Capitolo 9
*** Imprevisto (prima parte) ***


Quel giorno Jared non l’avrebbe mai scordato. Come avrebbe potuto? Fu il giorno dove tutto cambiò. 

Era iniziato tutto nei migliori dei modi e nulla faceva presagire quello che da li a poche ore sarebbe accaduto.

Jared quella mattina era nel suo garage intento a sistemare la moto quando, come un’ombra, il solito figlio di puttana di Timothy gli andò vicino sussurrandogli all'orecchio un mellifluo “Ciao mostro”

Il ragazzo era sovrappensiero e dallo spavento fece cadere l’attrezzo che aveva in mano.

“Siamo sovrappensiero vedo!” sghignazzò divertito.

“Fottiti!” replicò l’altro voltandosi e, come quella volta al negozio, fece finta di grattarsi il collo, sfiorò il ciondolo e azionò la microcamera.

“Che cazzo vuoi?” domandò una volta di fronte al quell'essere schifoso.

“Lo sai….Abbiamo bisogno dei tuoi servigi!” fece eccitato che quella sera ci sarebbe stato uno spargimento di sangue. 

Jared, sentendolo, assunse il suo tipo sguardo freddo. 

“Ok. Dammi il tempo di preparami” rispose solo, la voce glaciale.

“Vedo che le minacce a Jeff ti hanno rimesso in riga mostriciattolo” sorrideva maligno.

Jared abbassò lo sguardo sconfitto a quella constatazione, ma era solo una recita. Doveva essere convincente.

“Beh…a stasera!” gli disse il bastardo andando via e lasciandolo solo.

Jared a quel punto spense la microcamera e avvisò telefonicamente Misha che da lì a poche ore sarebbe partito per il boschetto.

“Ragazzo è la resa dei conti finali!!” Disse l’agente.

“Ho un po’ paura però…Se non arrivate in tempo quel poveretto sarà ucciso” si ritrovò a dire.

“Andrà tutto bene...Ti ricordi cosa ti dissi al nostro primo incontro? Nel momento in cui tu lo colpirai una prima volta noi interverremo! Senza quel primo pugno, non abbiamo niente di concreto in mano. Mark non ucciderà nessuno stavolta!” Lo incoraggiò l’agente entusiasta che finalmente il dominio di Pellegrino sarebbe giunto al capolinea.

“Ok…Mi fido di voi…Jeff è al sicuro?” chiuse preoccupato.

“Si! Non si è fatto vedere nessuno” rispose.

“Perfetto” Fece sollevato di sapere il fratello al sicuro.

Poi si congedarono e la comunicazione finì.

Jared rimase fermo con il cellulare in mano per un po’ di tempo a riordinare le idee e a calmarsi. 

Doveva ritornare il mostro perfetto che Mark voleva che lui fosse. Doveva essere di nuovo il mostro senz'anima che ignorava le grida di pietà.

La recita doveva essere perfetta, ma prima di entrare in quello stato doveva avvisare Jensen.

Con il cuore in gola salì in sella alla sua moto e andò verso il suo appartamento, sfrecciando tra il traffico.

Salito al suo piano, suonò il campanello e appena il più grande andò ad aprire la porta e se lo ritrovò davanti, non ci furono bisogno di parole tra i due.

Capì. Capì che era giunto il momento che tanto in cuor suo aveva temuto.

“Non preoccuparti” lo rassicurò il moro una volta entrato in casa e seduti sul divano, “Misha mi ha assicurato che andrà tutto bene e che interverranno in tempo. Posso farcela, solo che…” e abbassò lo sguardo vergognandosi, la voce divenne incrinata “…dovrò ergere di nuovo il muro per tenere fuori le emozioni…La recita deve essere perfetta…Sarò un mostro senz'anima di nuovo…Dovrò ignorare di nuovo le suppliche di quel poveretto…Dovrò colpire…un pugno. Serve solo un pugno!!”.

A quelle parole il biondo d’istinto baciò Jared. Lo baciò prendendo il suo viso tra le sue mani. Saggiò quelle labbra subito dolcemente, poi sempre più appositamente costringendo il moro ad aprire la bocca.

I loro sapori si mischiarono, i loro cuori batterono all'unisono.

“Non dirlo” fece Jensen appoggiando la fronte in quella del moro “mai più! Tu non sei un mostro. Sei un eroe ok? Lo sei!”

Jared lo abbracciò stretto, assaporandone il calore, il profumo. Assaporò lui.

Rimasero stretti l’uno all'altro per un po’, poi a malincuore il minore dovette staccarsi.
Era giunto il momento. 

“Devo tornare al mio mono locale ed prepararmi…E’ ora! Non posso più aspettare o non ci riuscirò a recitare la parte perfettamente”

“Va bene piccolo, ma avvisami quando parti anche se sono al lavoro….Fammi anche solo uno squillo e io capirò” chiese, il cuore in gola.

Jared annuì alzandosi dal divano

Stava per uscire dall'appartamento quando si voltò e baciò di slancio il suo amore. Quel bacio non l’avrebbe mai scordato. 

Fu delicato e languido, fu dolce e appassionato, fu romantico e bagnato. 

Fu il loro ultimo bacio.
Ma non potevano saperlo. Nessuno poteva saperlo.

“Ti amo” si dissero emozionati. Se lo sussurrano mentre Jared andava via e Jensen rimaneva a guardarlo dalla soglia di casa. 

Non c’era stato bisogno di gridarlo. Quel sussurro arrivò forte e chiaro ai loro cuori innamorati. 

Il biondo, ancora perso nei suoi pensieri, fu destato dal rombo della moto del moro che partiva sgommando.

Poco dopo, anche se era agitato e molto preoccupato, dovette anche lui prepararsi per andare all'ospedale e poi fare il suo solito giro di quei pazienti che visitava “fuori orario”.

Fu dura, ma fece il suo lavoro al meglio.

Quando verso sera finì il turno all'ospedale e stava per salire in auto, ricevette lo squillo da parte del minore. 

Il cuore gli si fermò in gola, la salivazione si azzerò e dovette appoggiarsi alla capotte dell’auto per sostenersi. Gli tremavano le gambe.

“Sta’ attento, Jared!!” alzando gli occhi al soffitto del parcheggio sotterraneo dell’ospedale..
Era ancora intento a riprendersi, quando un furgone parcheggiò vicino alla sua auto. Troppo vicino a dir la verità.

Lo guardò di sottecchi senza farsi vedere. Poi però iniziò ad agitarsi quando due tizi gli si avvinarono lentamente, mettendosi uno a destra e uno a sinistra…Il terzo tipo invece era rimasto nel furgone.

“Salve” fece il primo tipo e Jensen sussultò dallo spaventò deglutendo la poca saliva che aveva in gola.

“Che volete?” chiese spaventato. Non riusciva a capire che stesse succedendo e che volevano quei tipi da lui. Così prese il portafogli e ne tirò fuori tutte le banconote che aveva al suo interno, pensando fosse una rapina. ”Tenete!” disse, la voce spaventata. Non poteva immaginare...

“Come sei patetico!” e lanciò lontano il portafoglio e le banconote che si posarono lentamente sul pavimento di cemento. Il biondo deglutì a quel gesto e sussurrò “Ma cosa cazzo... ?” ma non finì la frase.

“Vogliamo te, caro Jensen” 

“Come? Ma come fai a ..?” poi capì. Ricordò la paura di Jared. 

Immediatamente cercò di colpirli, ma lui era uno e loro in due. Quando un pugno improvviso lo colpì al labbro, Jensen finì addosso alla macchina.

Il biondo si ritrovò a sputare sangue quando Timothy gli si avvicinò e lo alzò prendendolo dai capelli in malo modo.

Gli sussurrò all'orecchio, malignamente: “Scommetto che Jared era convinto che seguissimo te!” iniziò a raccontare ridendo “Ma tu lo avrai tranquillizzato ovviamente.” scimmiottandolo ora “Invece abbiamo seguito lui e arrivare a te è stato un gioco da ragazzi! Non ve ne siete nemmeno accorti intenti a farvi effusioni come due piccioncini! Beh! Scoprire tutto di te è stato come rubare le caramelle ad un bambino” disse orgoglioso delle sue scoperte, poi tornado serio disse: “Vedrai stasera che faccia che farà il mostro quando dovrà pestarti a morte!”

“Fanculo e non chiamarlo mostro brutto figlio di puttana” disse mentre Timothy faceva segno a Jake Abel di metterlo ko con il cloroformio.

“Oh si che lo è!!!!, ma vedrai tu stesso di cosa è capace. Basta solo toccare le corde giuste e Mark sa quali tasti premere per ricordargli di nuovo che lo è. Le tue belle parole d’amore non lo terranno lontano dalla sua vera natura”.

Oramai Jensen, sconvolto da quello che sentiva, con il fazzoletto sempre più premuto intorno a bocca e naso, era allo stremo delle forze, ma nonostante tutto disse un’ultima cosa prima di svenire.

“Vi…sbagliate…Lui…non…è ..un mostro…” poi svenne. 

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Capitolo 10
*** Imprevisto (seconda parte) ***


Quando Jensen si risvegliò non vedeva niente visto che era incappucciato. Ma era in un boschetto. Sentiva il vento tra le foglie degli alberi. Deglutì. 

Era in proprio in quel boschetto. A Trevis. 

Il labbro gli faceva male come pure la testa. La scosse per reprime il senso di nausea che lo aveva assalito. Era frastornato e confuso.

Il cuore batteva forte dalla paura e sentiva le mani sudare e tremare. Voleva calmarsi, ma non ci riusciva. 

Poi, all'improvviso, sentì due voci e si concentrò su quelle.

Una la riconobbe: era quella del suo Jared, ma era così fredda e atona che a stento la riconobbe.

“E’ già vicino alla fossa comune?” Disse a quello che doveva essere Mark. 

“Si! Oh Jared come siamo in forma oggi!” fece ovvio e divertito.

“Lo sono!” rispose secco, facendo schioccare le nocche di entrambe le mani. Doveva far capire che era pronto.

“Bravo il mio mostro! Ora va’!” ordinò.

“Gustiamoci lo spettacolo” pensò invece quel demonio, che non vedeva l’ora di vedere l’orrore sul viso del ragazzo.

Jared annuì e camminò verso il “disgraziato” che doveva pestare, stranamente con un cappuccio in testa.

La microcamera filmava tutto ovviamente dal momento che era arrivato al boschetto. Tutto come si era accordato con Misha.

La squadra inviata era già lì, nascosta e mimetizzata tra la folta vegetazione. Ovviamente altre squadre erano già pronte a intervenire e ad arrestare anche i collaboratori di Pellegrino sparsi in tutto Texas. Dovevano solo aspettare il via libera di Collins che era al Bureau e li seguiva via satellite.

Comunque Jared era sempre più vicino, i passi lenti e cadenzati. Ogni emozione sparita dal suo viso fin quando non sentì un “Jared!!”, seguito da un “Sta’ zitto bastardo” e da un pugno che mozzò il fiato all'uomo incappucciato, immediatamente.

Jared era nel panico!
Quella voce. La sua voce calda.
Il cuore perse un battito e poi accelerò tutto di colpo. La mente rifiutava un simile evento. 

“NO!” gridò riprendendosi risentendo un altro lamento. 

Si mise a correre e quando raggiunse l’uomo e gli tolse il cappuccio scoprì essere il suo Jensen.

"No! No!" sussurrò prendendogli il viso tra le mani, cercando di togliergli il sangue dal viso.

Dio stava vivendo uno dei suoi incubi! Ed era sveglio!

La microcamera immortalò il volto del biondo sporco di sangue e anche Misha, come Jared, rimase sconvolto dalla piega inaspettata che aveva preso quella missione.

Misha era sgomento! Ma non poteva cedere alle emozioni. In quel momento era un agente dell’FBI e così, respirando a fondo, chiamò il distretto della polizia di Austin e chiese di parlare con il capitano Jim Beaver. 

Grazie a lui scoprì che Jensen era stato rapito circa un’ora prima, finito il turno di lavoro all'ospedale.

Capì che era stato rapito nello stesso istante in cui Jared partiva alla volta di Trevis. 

“Cristo! Che figli di puttana! Ci hanno fregati!” sbottò lanciando in aria delle carte che aveva sul tavolo davanti al grande schermo da dove si poteva sentire Jared che con terrore continuava a chiedere perché avessero rapito Jensen!

“Perché, caro il mio mostro….” prese la parola Mark gesticolando e avvicinandosi all'orecchio di Jared con fare mellifluo, “...credevi sul serio che ti avrei lasciato vivere una relazione? Tu sei un mostro e mi appartieni! E lui ti distrae, quindi ora lo pesti per bene e poi farà la fine degli altri!” 

Fu in quel momento che quel demonio spinse lontano Jared da Jensen con un calcio al fianco. 

“Lascialo stare!” gridò Jensen cercando di divincolarsi, ma un pugno da parte di Timothy in pieno viso lo fece stare zitto e gemere di dolore.

Il moro, sentendolo, a fatica si alzò tenendosi il fianco. Provava dolore, ma niente era in confronto alla morsa micidiale che teneva stretto il suo cuore stritolandolo ad ogni battito.

Guardò il suo compagno con le lacrime agli occhi. Dio!! com'era ridotto!

Era solo colpa sua. Era davvero un mostro.

Se non avesse ceduto…se non avesse amato quel ragazzo …ora lui, Jensen, non sarebbe in quella situazione di merda e pericolosa.

“Allora che aspetti?” disse Mark prendendo in mano il cellulare, “Devo per caso dire all'uomo che sta tenendo sotto tiro Jeff che proceda ad aprigli la testa in due?”

“Cosa? NO!” gridò il moro spaventato anche da una simile prospettiva, ma poi ricordò con sollievo che era impossibile visto che Jeff era sotto protezione. 

Mark, ovviamente, non poteva sapere che il suo sicario era già stato neutralizzato appena si era avvicinato alla casa di Jeff.

Il moro, con il cuore un pò più sollevato, continuò comunque a mantenere l’espressione terrorizzata pregando di non far partire quell'ordine. 

“Allora pestalo!” lo incitò Mark “Pesta quel bel visino!”disse indicandolo divertito.

Poi, spostandosi di fianco a Jensen, lo prese da sotto il mento sollevandogli il viso. Lo strinse in malo modo facendogli anche male.

“Ora vedrai il vero uomo che scopi di cosa è capace. Vedrai il mostro che è in lui” Lo sguardo era folle, euforico, sadico. 

Il biondo, scostandosi da quella presa, guardò con odio quell'essere che giocava a torturare psicologicamente il suo amato compagno.

Mark, ritornato al fianco di Jared, prese il cellulare e fece per chiamare il suo sicario dicendo "Dì ciao al tuo caro fratellone, mostro"

Il moro, recitando, lo supplicò ancora una volta di non dare l'ordine, ma all'ennesimo pugno di Timothy contro il viso di Jensen il cuore si fermò e gli si riempirono gli occhi di lacrime .
"Fermatevi!" Supplicò impotente, ma solo lui poteva fermare tutto. Solo lui.

Se voleva davvero fermare quel mostro per sempre, doveva colpire Jensen e solo allora sarebbero intervenuti gli agenti. Era così il piano pattuito. Un pugno, solo un pugno, perché tutto avesse senso.

Ma non voleva colpirlo, non poteva colpirlo in quel modo…Come farlo? Come poteva colpire l’uomo che amava?! Solo il pensiero gli fece scivolare due lacrime lungo le guance. 

Il biondo capiva il tormento del compagno, ma c’era anche lui quando Misha gli disse che serviva quella sorta di prova fisica. Jared doveva colpirlo. Doveva assolutamente farlo solo così sarebbe finita.

Così intervenne a suo modo.

Jensen alzò gli occhi cercando quelli di Jared , sapeva che il giovane avrebbe capito quello sguardo mentre gli altri no.
“Piccolo” disse con voce flebile, spezzata dal dolore.“Va … va tutto … bene … ti amo” sussurrò fissandolo dritto negli occhi. I suoi occhi erano lucidi sia per la paura che non riusciva a nascondere, ma anche per l’amore che provava per il suo compagno.

Quel semplice “va tutto bene” unito a quel altrettanto semplice e puro "ti amo" diedero a Jared la forza di proseguire sapendo che qualunque cosa avesse fatto, quel ragazzo meraviglioso lo avrebbe amato incondizionatamente

Deglutì, poi gli rivolse un sorriso impercettibile. Un attimo dopo assunse quella che era la sua espressione tipica. Doveva recitare un’ ultima volta, per quanto difficile doveva farlo.

Gli andó vicino assumendo uno sguardo freddo e impassibile. 

“Muoviti mostro!” gridò ancora più forte Mark prendendo la sua pistola e scarrellandola, pronto a sparare.
Era davvero stanco che il moro ci mettesse tanto a iniziare il pestaggio! Non ce la faceva più!

Jared, soffrendo a quel nomignolo crudele, nel frattempo aveva preso per la collottola Jensen e con un braccio a mezz'aria si apprestava a colpirlo. Stava per sferrare un colpo allo zigomo del compagno, quando fu fermato da Timothy con un pugno al fianco, del tutto inaspettato.

Quel colpo lo fece piegare in due dal dolore e gli fece lacrimare gli occhi, mozzandogli il fiato.

“Ma….cosa…” disse solo cercando di riprendersi, ma quello che vide e sentì nel secondo successivo gli spezzò il cuore. 

Lo annientò! 

Mark era di nuovo vicino a Jensen, che era pietrificato dalla paura.

Il bastardo stava puntando la pistola al suo petto. Vicino al cuore. 

Il tempo si fermò, quando, ignorando le suppliche di Jensen, il figlio di puttana fece appena pressione nel grilletto.

Nel silenzio di quel boschetto riecheggiò uno sparo.
Un singolo sparo e un “NO‼‼!” disperato e straziato da parte di Jared.

Un attimo dopo Jensen, voltandosi verso Jared con uno sguardo sorpreso, cadde a terra portandosi una mano al petto.

Nel terreno sotto di lui immediatamente il sangue iniziò a formare una piccola pozza rosso cremisi che si allargò a vista d’occhio.

Jared nella disperazione più totale, a quella vista, con uno scatto si avventò su Mark, mentre gli agenti intervenivano per arrestare i presenti.

Negli stessi istanti Misha, dalla sua postazione di comando, sconvolto, assisteva a tutto, sentendosi impotente e anche in colpa.

Nel frattempo, Jared e Mark, a terra, stavano lottando.
Meglio dire che il moro stava massacrando di botte quel figlio di puttana che aveva ucciso Jensen.
Voleva ucciderlo. Per la prima volta in vita sua voleva uccidere!

“Ti ammazzo brutto figlio di puttana! Lui non meritava di morire!” e colpì sempre più forte per poi stringere le mani intorno alla gola di Mark, finché, ridendo, il sadico, non gli disse quella che era comunque la verità. Il suo cuore lo sapeva.

“E’ solo colpa tua. Il suo sangue sarà per sempre sulle tue mani, mostro!” disse sadico e Jared allentò la presa per un secondo, sconvolto.

Fu in quel attimo che Mark premette la sua pistola, che era riuscito a tenere saldamente in mano nonostante la furia di Jared, al fianco destro del moro sussurrando al suo orecchio un mellifluo “Ora, io andrò in galera, ma tu non vivrai per vedermi dietro alle sbarre sporco traditore” e sparò a tradimento. 

Jared,con occhi sgranati, guardò in basso verso la maglietta che lentamente si inzuppava sempre più di sangue, poi cadde addosso a Mark. Il dolore provato era troppo.

Un attimo dopo, quello stesso corpo inerme fu spinto in malo modo di lato. Mark poi si alzò e si mise in ginocchio, mani dietro alla testa.

Sul viso, un’espressione soddisfatta mentre veniva arrestato e portato via da quel luogo di morte, insieme agli altri suoi complici che avevano fatto comunque molta resistenza.

Il moro a terra provava dolore. Molto dolore. Ma non era il dolore fisico che lo stava dilaniando in quel momento. No!

Con le ultime forze rimaste, mentre in lontananza sentiva arrivare un elisoccorso dal più vicino ospedale, si trascinò da Jensen. 

“Amore...mio...mi dispiace...tanto...perdonami” sussurrò a fatica tra le lacrime, mentre allungava un braccio, prendeva una mano del biondo e la stringeva delicatamente nella sua.

L’ultima cosa che vide, prima di svenire, furono gli occhi di Jensen che comunque erano rimasti verdi e lucidi. Sembravano vivi.

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Capitolo 11
*** Scelta ***


Quando Jared si risvegliò in quella che capì essere una stanza d’ospedale, erano passati 10 giorni da quella notte infernale.

Il fisico rispondeva bene alle cure come convennero i medici dopo altri 5 giorni di visite costanti. La ferita, anche se doleva, si stava rimarginando bene.
Ma a Jared non importava. A lui, non importava più nulla.

Per lui vivere era un’agonia. Lo stesso atto di respirare era una violenza continua, implacabile. 

Quando era solo, senza familiari o medici attorno, si ritrovava a pensare che Dio gli aveva riservato un simile castigo. Perché, quello che da lì alla fine dei suoi giorni avrebbe vissuto, sarebbe stato un castigo.

Perché, pensava, non era morto insieme all'uomo che amava? Perché a lui, il mostro senz'anima, era stato concesso di vivere e a Jensen no?

“Cazzo!!! perché non hai preso me al suo posto?!” diceva un attimo prima di scoppiare a piangere disperato, nascondendosi il viso tra le mani. “Perché?” continuava a ripetere finché, stremato, non crollava in un sonno agitato che neppure i tranquillanti riuscivano a placare.

Nessuno poteva placare quella disperazione, nessuno. Finché una visita cambiò le cose, almeno un po’.

Quella mattina di metà Luglio, Jared si trovava sulla sedia a rotelle vicino alla finestra a guardare il giardino dell’ospedale dove vari pazienti accompagnati, passeggiavano.

Era assorto nei sui pensieri, con gli occhi lucidi, quando qualcuno bussò alla parta. 

Non era orario di visite e il dottore era già venuto a visitarlo comunicandogli che da li a qualche giorno sarebbe stato dimesso.

“Bene così andrò in galera!” fu il pensiero che fece quasi con una nota di sollievo, poi come sempre, si era ritrovato a pensare a Jensen e la tristezza era tornata.

Comunque appena avevo sentito bussare si era asciugato gli occhi dando libero accesso alla stanza.

Quando vide l’agente Collins entrare con delle cartelline in mano gli rivolse un sorriso amaro ed esclamò ovvio: “Hai saputo che tra qualche giorno mi dimettono vedo! Era ora che venissi ad arrestarmi!”
Misha lo guardò, sul viso un’espressione seria. Sospirò sedendosi sul letto appoggiando le cartelline accanto a sé..

“In effetti sono venuto a parlare proprio della tua situazione e a riportarti il ciondolo…. Ora è di nuovo solo un semplice crocefisso Jared” disse prendendolo dalla tasca del trench e passandoglielo.

Il moro prese il monile e se lo rimise al collo chiudendo gli occhi, sospirando. “Parla” disse atono all'agente, “Ti ascolto” Il groppo alla gola che lottava per prendere il sopravvento, ma che lui si sforzava di tenere sotto controllo.

“Ok…” iniziò l’agente ”..Allora voglio dirti che l’intera organizzazione di Pellegrino è stata smantellata completamente…Sono tutti dietro le sbarre grazie a te. Agli occhi della giustizia e del mondo sei un….” e questo lo disse sorridendo, ma Jared lo fermò bruscamente. Il cuore impazzito, gli occhi lucidi.

“Smettila e non dirlo, dannazione! Non dirlo! Anche Jensen l’ultima volta che l’ho visto me lo ha detto!!” la voce intrisa di dolore, “Se fossi stato un eroe lui non…” Dio!, non riusciva a dirlo “L’uomo della mia vita non sarebbe….Non sarebbe….” e scoppiò a piangere disperato.

Misha si alzò e si avvicinò al giovane mettendogli le mani sulle spalle costringendolo a guardarlo, ma Jared non accennava a guardarlo, anzi era sempre più disparato.

“Jared! Calmati” ordinò l’agente.

Niente. Per Jared essere paragonato ad un eroe era stato troppo.
Nella sua mente, come in un loop continuo, vide Jensen che lo chiama così e poi lui, il suo amante, ucciso da Mark a sangue freddo.

“Sono un mostro Misha. Un mostro. E’ morto per causa mia!” disse in quel suo ennesimo sfogo disperato.

“Smettila!” Poi assumendo uno sguardo confuso aggiunse “Ma che dici? Morto?” Il bruno era sconcertato, ma poi affermò. “Aspetta….tu non lo sai?…Tu non sai di Jensen?…Non hai chiesto informazione ai medici?” Possibile che non l’avesse fatto? 

“Che dovevo chiedere? Se era vivo? L’ho visto con miei occhi…Ho visto Mark sparargli al cuore…Cristo! Sento continuamente le sue grida di pietà e lo sparo!” gridò Jared fissandolo ora con gli occhi talmente lucidi e gonfi che faceva perfino fatica a tenerli aperti.

Il bruno scosse la testa. Doveva assolutamente dirglielo. Gli si strinse il cuore a vederlo ridotto così.

“Jared ascolta….” e sorrise di cuore nel dirlo. “Jensen è vivo. Vivo!” 
La voce divenne emozionata e gli occhi blu lucidi ricordando l’emozione che provò anche lui quando lo seppe.

“E’ un vero e proprio miracolo, ragazzo. Lui è vivo‼” riconfermò risaldando la presa.

Jared a queste parole smise di respirare. Il cuore si fermò. Non capì più niente. 

“Cosa?” disse, incredulo e piacevolmente sconvolto dalla notizia più bella che potesse mai sentire in vita sua.

“Si Jared…Il dottor Morgan mi ha raccontato che eravate entrambi incoscienti quando i paramedici vi hanno stabilizzato sul posto e portato qui con l’elisoccorso. Erano in volo quando Jensen è andato per due volte in arresto cardiaco, ma sono riusciti a rianimarlo tutte e due le volte. Sembrava davvero non volesse andarsene. All'arrivo in ospedale eravate entrambi in codice rosso ovviamente. Tu sei stato portato d’urgenza in una sala operatoria e lui in un’altra disponibile. E’ stato sottoposto ad una delicata operazione al cuore per estrarre il proiettile. E’ durata molte ore…ma ora sta bene anche se è in coma. Un coma indotto per la precisione…Da quello che mi ha detto il cardiochirurgo, comunque, stanno iniziando a diminuire il sedativo perché vogliono che si risvegli, visto che il corpo reagisce bene alle cure”

“O mio dio! O mio dio” disse Jared riprendendo a piangere e ringraziando mentalmente Dio per aver concesso al suo compagno di vivere. 

“Voglio assolutamente vederlo” fece qualche secondo dopo. Doveva vederlo. Voleva vederlo.
Il suo cuore glielo gridava.

E così fece. Fu accompagnato nel reparto di terapia intensiva da un’infermiera accorsa quando il ragazzo la chiamò spiegandole chi volesse vedere.

"Non più di 10 minuti." disse autoritaria l'infermiera lasciandolo solo davanti al capezzale del biondo.

Per Jared fu doloroso vederlo in quello stato, attaccato ad un respiratore, il viso martoriato dai colpi di Timothy, ancora visibili. La fasciatura sul petto nel punto esatto dove l'ogiva era entrata trapassandolo. Fu letteralmente uno shock. 

Nonostante un po’ di dolore al fianco istintivamente, il ragazzo si sporse in avanti e gli prese una mano tra le sue. Se la portò alle labbra e la baciò delicatamente.

"Oddio!" disse scoppiando a piangere. "È solo colpa mia, Jensen. Solo mia. Mi dispiace..." ripeté sconsolato anche quando la stessa infermiera lo riaccompagnò fuori dalla stanza, spingendo la sedia a rotelle.

La donna cercò di consolare il moro, perché lo vedeva molto scosso.
"Vedrai" le disse dolcemente "si rimetterà....poi ritornerete insieme".

Il ragazzo fu come colpito da un fulmine a quella affermazione.
"No...non torneremo insieme" pensò, ma con la donna si limitò ad annuire.

Ormai aveva deciso. Sarebbe andato in galera, ma non avrebbe avuto Jensen ad aspettarlo. Lo avrebbe lasciato.

Anche se dolorosa, quella era la soluzione necessaria. Chiuse gli occhi e sospirò.

Quando ritornò nella sua stanza, Misha seduto sul letto notò che era stranamente serio e calmo.

"Stai bene?" Chiese sinceramente preoccupato, andando poi a chiudere la porta della stanza.

“No! Non sto affatto bene" sbottò.

Poi passandosi una mano sul viso per sciogliere la tensione che si era formata disse: "Ora per favore dimmi perché sei qui.” Era stanco. Non ce la faceva più. 

“Va bene!” annuì, “Ma quello che sto per dirti non ti piacerà.” disse serio, mentre il moro continuava a guardarlo.

“Come?” se ne uscì.

“Jared quando uscirai da qui fra qualche giorno non andrai in prigione.” affermò e fece per dare le cartelline al moro che non le prese subito, sconvolto da una notizia del genere.

“Cosa? Che cazzo di storia è questa?” sbottò arrabbiato.

“Jared, se andrai in prigione non resisterai un giorno....Mark o chi per lui , ti ammezzerebbe! E considera che hai come nemici anche gli altri spacciatori...” convenne Misha gesticolando.

“Non mi interessa!” rispose convinto. Lui doveva pagare il suo debito con la giustizia.
E poi Jensen...oddio! come era ridotto per colpa sua.
Doveva pagare anche per quello.

“Prendi le cartelline e leggi.. Ragazzo, non hai diritto di replica” fece Misha sventolandogliele davanti agli occhi , finché il ragazzo con fare stizzito non le prese e le aprì.

Iniziò a leggere e man mano che leggeva capiva cosa avessero deciso per lui l’ FBI, il procuratore e il giudice!

“O santo cielo!!, Misha...Mi avete inserito nella protezione testimoni! Mi avete cambiato identità! Avete inserito questo Sam Winchester in ogni database del paese!” gridò.

“Si Jared....Se vuoi vivere è l’unico modo...Abbiamo creato questa nuova identità da zero. Come vedi sei nato il 2 maggio 1983 etc.etc...Abbiamo fatto tutto per bene” disse Misha, soddisfatto

“Perché?” Jared era sconvolto.

“Perché? Perché grazie a te....Si grazie a te!” fece marcando quelle ultime parole con convinzione ”...l’ascesa di Pellegrino è stata fermata e per questo la tua pena è stata annullata. Ma per il mondo Jared Tristan Padalecki è morto compiendo un gesto eroico...Tutti devono crederlo. Tutte, tranne le persone che sono scritte in quella lista...cioè i tuoi familiari e Jensen. Devi solo firmarla. Ovviamente ogni dottore e infermiere che ti ha visitato o soccorso ha firmato una accordo di segretezza per non divulgare la verità…se solo si azzardano a parlare finiscono in galera, oltre a perdere l'abilitazione medica per violazione dell'etica professionale!” finì di raccontare l’agente.

“Non ho scelta davvero” rispose Jared con un sorriso amaro.

Sospirò. “Nuova identità sia allora!”. Si fermò un attimo e fissò gli occhi chiari in quelli blu dell’agente con fermezza “Ma non firmerò questa lista. Non così com'è redatta. La firmerò solo quando toglierete il nome di Jensen. Solo allora”

“Jared??” cercò di destarlo, Misha, da quella assurda scelta “Ti rendi conto che non lo potrai più vedere?”

“Si!” Aveva le lacrime agli occhi. “Dio! l ‘ho fatto quasi ammazzare!...Non ripeterò lo stesso errore....E’ meglio così!” disse convinto della sua scelta.

“Ma ti rendi conto che lui potrebbe incolparsi della tua presunta “morte”?

Il moro non gli rispose subito, ricordando quella conversazione che aveva avuto con il suo amore qualche settimana prima.

Sospirò e disse, sicuro, “L’ho tranquillizzato su questa cosa. L’ha responsabilità è solo mia su tutto quello che è successo Misha! Quindi basta insistere!”, il petto ansante, le mani strette sulla lista.

Jared, nonostante il dolore che provava al cuore, fu irremovibile nella sua scelta dolorosa. 

Misha, a malincuore alla fine si arrese e andò dal giudice e dal procuratore oltre che all’fbi e fece togliere il nome di Jensen da quella lista.

Quando ritornò verso sera e diede la nuova lista da firmare, Jared aveva le lacrime agli occhi.

“Promettimi” fece il moro mentre la firmava tremando e piangendo “….che non gli dirai mai la verità! Mai! Promettimelo!” disse quando gli riconsegnò la lista.

“Te lo prometto, Jared....Ma sappi che lui soffrirà moltissimo!” gli venne da dire.
Conosceva Jensen, lo conosceva da molto e sapeva quello che diceva.

“All'inizio!...ma poi si rifarà una vita con qualcun altro e starà meglio” rispose Jared, chiudendo gli occhi.
Era meglio così. Si! Jensen meritava il meglio. Non un uomo che lo aveva fatto quasi ammazzare.

Misha non disse niente, si limitò solo a pensare che quella scelta drastica avrebbe ammazzato Jensen più del proiettile che si era beccato.

 

 

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Capitolo 12
*** Dolore ***


(Alcuni giorni dopo....)

“Sei pronto Jared? Il suv è già qui sotto pronto a portati all'aeroporto e se vuoi vedere Jensen devi sbrigarti prima che vengano i genitori a fargli visita” disse Misha.

Jared era stato dimesso e ora stava togliendo i suoi vestiti dall'armadio della stanza, riponendoli nel borsone che gli aveva portato Jeff circa due ore prima.

“Si, lo sono.” disse, la voce intrisa di dolore puro. Richiuse il borse e fece per uscire quando dovette fermarsi. 

Un dolore al petto indescrivibile. Insopportabile.
Si sedette un attimo sulla poltroncina accanto al letto perché gli tremavano le gambe.

Sapeva a cos'era dovuto quel dolore sordo e costante, ce lo aveva da quando aveva firmato la lista ufficiale. 

Quelli sarebbero stati gli ultimi minuti in cui avrebbe visto Jensen. Gli ultimi che avrebbe passato con lui.

“Jared! Ti serve un medico??” fece Misha avvicinandosi, credendo che fosse dovuto alla ferita al fianco.

“No...Nessun dottore può alleviare il dolore che provo” disse atono. 

“Jared...” 

Il moro si limitò solo a guardarlo in modo triste. Dopo di che fece forza con le braccia, sui braccioli della sedia e si alzò, prese il suo borsone e uscì dalla stanza seguito dall'agente che non poté far altro che seguirlo. Davvero era impotente di fronte a tanto dolore. 

Come un automa , Jared, si diresse verso il reparto di terapia intensiva e quando si fermò davanti alla porta, il suo cuore piangeva di già e quando entrò nella stanza da solo, non ci volle molto perché anche gli occhi gli si riempissero di lacrime.

Lentamente Jared si avvicinò al capezzale del biondo sussurrando un dolce “Amore mio”, seguito da una carezza al viso e da un bacio sulla fronte.

Lo sfiorò appena, ma Jensen nella sua incoscienza ,lo percepì comunque. Eccome se lo percepì, come tutte le volte che era andato a trovarlo. Ma questo, il giovane, non poteva saperlo. Nessuno poteva.

Jared continuando ad accarezzarlo gli sussurrò con dolore “Devo lasciarti..... Lo faccio per te...non posso permettere che ti capiti ancora qualcosa.... E..." mordendosi le labbra "... quando ti sveglierai, lo so...lo so che odierai tutto e tutti e che ti sentirai disperato, ma passerà , amore mio. Piano, tutto passerà e tu tornerai alla tua vita e magari anche ad amare. Non dimenticarmi, però. Io non ti dimenticherò. Mai. Ovunque sarò." e poi con un filo di voce che forse nemmeno lui percepì: "Ma questo....questo è l'unico modo per salvarti. Per tenerti al sicuro!"!!"

Sospirò e deglutì il groppo che gli si era formato in gola. Era disperato. Respirò a fondo il suo profumo per non dimenticarlo mai. Per imprimerlo nella sua mente.

"Jensen..." riprese "...ti amo e ti amerò per sempre, amore mio. Addio" e gli posò un altro bacio sulla fronte.

Poi finalmente si allontanò da lui. Doveva andare. Doveva farlo.

"Addio." ripeté mentre usciva dalla stanza e richiudeva la porta dietro di sè.

Misha, vedendolo, gli andò in contro perché Jared si era letteralmente appoggiato alla parete, stravolto da quel dolore, incapace di muoversi.

“Jared...mi dispiace” gli disse comprensivo, ma poi guardò l’orologio allarmato. “Cristo! E’ ora che tu vada via...tra un pò i genitori di Jensen saranno qui e hai un aereo per il Kansas da prendere!”

Jared si asciugò gli occhi e riprese in mano il borsone che gli stava porgendo Misha.

“Hai ragione....me ne devo andare o ritornerò nella stanza e allora si che non riuscirò più a lasciarlo andare.” disse tirando su con il naso. “Andiamo” ripeté deciso.

Misha fece strada ed entrarono di corsa nel primo ascensore disponibile che si richiuse quando l’agente premette il tasto per il piano terra.

Mentre l’ascensore faceva il suo corso piano dopo piano, nella cabina c’era un silenzio assordante. I due uomini erano persi ognuno nei loro pensieri e solo le porte che si aprirono sulla grande sala d’aspetto dell’ospedale, fece ritornare entrambi alla realtà.

“Mi raccomando...” disse Jared a Misha quando raggiunsero il suv. “...la promessa!” 

Misha, combattuto per un simile peso, annuì pensando al dolore che avrebbe causato al suo amico quando gli avrebbe comunicato quella notizia falsa.

Così il moro, convinto che Jensen sarebbe stato meglio senza di lui, abbracciò Misha di slancio. 

Immediatamente dopo si sedette nei sedile posteriori del suv che si avviò così verso l’aeroporto.

“Dio! Già mi manca da impazzire. Come sopravvivrò senza di lui?” pensò il giovane nascondendo il viso tra le mani, mentre l’ospedale si allontanava sempre più, inghiottito dall'oscurità della sera.




Coincidenza o segno del destino?
Non fu dato saperlo, fatto sta’ che Jensen negli stessi istanti, mosse gli occhi sotto le palpebre e mosse pure alcune dita dalla mano destra.

I genitori, il cui cuore si riempì di gioia vedendo quei semplici gesti, scoppiarono a piangere immediatamente e chiamarono il dottore.

Qualche secondo dopo accorse il medico che, accertatosi che il suo paziente si stava effettivamente svegliando dal coma indotto osservando i monitor attorno al letto, con delicatezza lo stubò e iniziò a chiamarlo finché il biondo, con fatica, non aprì gli occhi che gli bruciarono quando furono investiti dalla luce al neon della stanza.

Ci volle un po’ perché si abituasse, ma quando ci riuscì e fu aiutato a tirarsi su iniziò a cercare frenetico qualcuno che non c’era, qualcuno che lui aveva percepito anche poco prima.

“Jared...” disse a fatica, ma il bruciore alla gola era tanto nonostante avesse bevuto e questo gli impedì di chiedere dove fosse.

Nella stanza calò il gelo. Come potevano i genitori dare al figlio una notizia del genere? Come dire che il suo compagno era morto?

Non gli dissero niente. Si limitarono a guardarsi e poi a guardarlo, mentre il medico aggiornava la cartella clinica e usciva dalla stanza. In corridoio, poi, chiamò personalmente al telefono l’agente Collins avvisandolo dell’avvenuto risveglio di Akcles. 

Misha, che stava per salire nella sua auto perché doveva tornare all’FBI per firmare delle carte, appena ricevette la chiamata del dottore sospirò pesantemente appoggiandosi alla capotte. Doveva mentire al suo amico. Dove mantenere quella promessa assurda.
E così fece. 

Glielo disse il giorno dopo quando all'ennesima richiesta ai genitori e ai medici, non ebbe risposta alcuna.

I medici si limitavano a dire che non potevano violare l'etica professionale parlando di un altro paziente, invece i genitori non avevano il coraggio di rispondergli e sviavano sempre il discorso dicendo che non doveva agitarsi. 

Ma lui si agitava sempre più e si sentiva frustrato e quando, nel pomeriggio, entrò Misha nella stanza sbraitò contro l'amico perché almeno lui gli dicesse qualcosa.

"Va bene!" disse, la voce bassa e carica di dolore. Si sedette sulla poltroncina accanto al letto e iniziò a parlare. A raccontargli tutto fino al tragico epilogo.

"Finiscila di dire cazzate?!" Disse Jensen serio. "Non è morto. L'ho sempre percepito...ho sentito che mi baciava la fronte!" 

"Mi spiace Jensen...ma devi averlo sognato, eri incosciente e lui...Jared...è stata l’ultima persona che hai visto prima di perdere i sensi...lui è morto sull'elisoccorso" confermò Misha mentendo.
Distolse lo sguardo. Non riusciva a sostenere gli occhi verdi di Jensen.

"Mi rifiuto di crederci!" ma quegli stessi occhi gli si velarono di lacrime quando la madre, intervenendo, disse di essere andata al funerale e di aver fatto perfino le condoglianze alla famiglia.

"NO!" gridò. Il suo cuore impazzito dal dolore e anche dalla colpa per averlo portato all’FBI. Dio! Era stata colpa sua‼!

“NO‼” Rifiutava una simile fine. Rifiutava che di Jared fosse rimasta solo la sua moto in un deposito prove.

"NO!!!! AMORE MIO NO!" ripeté, agitato mentre la madre gli supplicava di calmarsi posandogli una mano sulla spalla. 

Jensen al tocco si calmò, lo sguardo impassibile, di ghiaccio ora. Vero, pensò improvvisamente, era colpa sua, ma ha proporre quella cazzo di idea era stato Misha! Respirò a fondo, le mani strette a pungo. Si voltò lentamente verso il bruno. Nel suo viso campeggiava odio verso l’amico. Odio puro.

“Vattene Misha‼!. Oltre a essere stata colpa mia…” qui l’amico strabuzzò gli occhi sentendolo, ma non ebbe modo di parlare per tranquillizzarlo “… è stata pure colpa tua che non lo hai protetto. Vattene prima che..." ma non riuscì a finire che scoppiò a piangere. Il suo Jared non c'era più. Come poteva sopravvivere senza di lui e con quel peso?!

Misha, a quella scena straziante, sussurrò comunque un sentito "Jensen non è stata colpa tua….” ma Jensen non lo ascoltava, il viso nascosto tra le mani, le lacrime che scendevano implacabili, un dolore al petto senza eguali. ”Mi….mi dispiace", poi si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza con gli occhi lucidi. 

"Jared non so se sarò in grado di mantenere a lungo la promessa" pensò mentre sconsolato ritornava alla sua auto.

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Capitolo 13
*** Mi manchi ***


Era già passato un mese da quando Jared era arrivato a Lawrence presentandosi a tutti come Sam Winchester, un meccanico che si era trasferito lì da Lebanon per cercare di fare fortuna.

La gente, ovviamente, fu da subito cordiale con lui e il ragazzo iniziò a farsi anche una certa reputazione, perché era veramente bravo nel suo lavoro. 

Concetrato dietro un motore, il ragazzo poteva relegare in un angolo del suo cuore i sensi di colpa per la sua vita precedente. Poteva ignorare pure quella vocina costante che gridava dolorosamente “Jensen come stai? Ti sei svegliato? Stai bene? Starai bene??”
Quante domande senza risposta.

Lui, in pubblico, sapeva recitare bene la parte che si era costruito addosso. Mostrava sorrisi cortesi, era gentile….insomma per la comunità era il classico bravo ragazzo perfetto che si rimboccava le maniche. 

Ma era pur sempre una recita, un’ennesima maschera. 

Una volta al sicuro nel suo appartamento, situato sopra l’officina, la maschera cadeva e i pensieri ritornavano a tormentarlo anche più forti di prima.

Non riusciva ad ignorare quel senso d’ inquietudine che lo schiacciava costantemente. Da solo era impossibile fingere di stare bene. 

Se ci fosse stato Jensen…Se!, ma non poteva riaverlo con sé. Aveva scelto di proteggerlo…di allontanarlo dalla sua vita.

Così, reprimendo le lacrime che sentiva riempirgli gli occhi, seduto sul letto freddo della sua camera da letto, prendeva il cellulare dalla tasca dei pantaloni e guardava e riguardava le foto che si erano scattati insieme, facendosi forza, per non cedere all'impulso di chiamarlo e dirgli tutta la verità.

“Mi manchi amore…Mi manchi da impazzire” diceva toccando con il dito il viso sorridente del compagno. Doveva vivere di ricordi. Doveva farseli bastare.

Ma lui non sapeva...non poteva sapere come in realtà stesse Jensen.

Jensen stava male, psicologicamente era stato ucciso nel momento esatto che Misha gli aveva detto quella sconvolgente “verità”.

I primi giorni il ragazzo se ne stava tutto il tempo chiuso in se stesso e a niente valsero i tentativi dei genitori, degli amici o dei colleghi di lavoro che andavano a trovarlo all'ospedale, di farlo uscire da quello stato di apatia in cui era sprofondato.

“Reagisci Jensen‼” gli dicevano tutti, ma lui alzava le spalle ignorandoli. Non potevano capire come stava.

Dio!, Jared gli mancava da morire, il dolore era talmente insopportabile che gli mancava perfino l’aria e a volte aveva la sensazione di annegare.

Il suo cuore era stato strappato in due e poi crudelmente era stato calpestato più e più volte senza pietà da Mark Pellegrino. Quell’essere aveva ucciso la sua anima gemella. Niente al mondo aveva più senso per lui, nemmeno vivere.

Poi però la rabbia prese il sopravvento in lui. Una rabbia cieca verso se stesso – “Idiota‼! E’ colpa tua la sua morte!”- e anche verso quello che era sempre stato il suo migliore amico.

Esplose all'improvviso appena lo vide entrare nella sua stanza. Non vedeva Misha da quando lo aveva cacciato la prima volta.

Misha, sempre più combattuto dai suoi sensi di colpa per aver mantenuto quell'assurda promessa fatta a Jared, decise di andare a trovare Jensen per cercare di chiarire con lui. Per cercare di farlo stare meglio.

Ma fu tutto inutile. Il ragazzo, appena lo vide, lo aggredì verbalmente, accusandolo di nuovo di averlo fatto uccidere e di non averlo protetto.

“Vattene!”

“Jensen per l’amore di Dio, fammi parlare...fammi spiegare!” tentò di parlare Misha, ma non ci fu niente da fare.

“Che c’è? Vuoi giustificare forse il tuo fallimento?” ironizzò il biondo sempre più agitato. L’agente rimase zitto, incapace di ribattere. Ma Jensen aveva ragione. Cazzo se ne aveva.

Mark l’aveva fregato rapendo Jensen e poi era andato tutto a rotoli....Se fosse stato più accorto nel suo lavoro avrebbe dovuto prevedere una simile mossa... 

“Mi dispiace” ammise alla fine.

“Sai il tuo dispiacere dove puoi ficcartelo vero? Senti Collins...”fece poi il biondo acido “..per come la vedo io, Mark avrà pure premuto il grilletto, ma tu ci hai...” poi si corresse ”..gli hai messo un bersaglio addosso. Maledetto me che l’ho portato all’FBI! La nostra amicizia è finita!” gridò con le lacrime agli occhi.

Dopo quelle parole, nella stanza calò il gelo e il silenzio. Solo i singhiozzi di Jensen fecero da sottofondo tra loro due mentre nella stanza accorrevano i medici che intimavano all'agente di andare per non far agitare ulteriormente il loro paziente.

“Va bene...me ne vado, ma non finisce qui. Io devo parlarti” concluse con gli occhi lucidi, guardando un’ultima volta verso il suo amico che aveva nascosto il viso tra le mani disperato.

“Dio!, com'è ridotto!” pensò sconsolato mentre si dirigeva agli ascensori. 
Doveva assolutamente dirgli la verità. Doveva farsi ascoltare.
La promessa poteva andare a farsi fottere.

Jensen, dopo quello sfogo ritornò ad essere apatico e quando fu dimesso, alcuni giorni dopo, poté tornare al suo appartamento.

Qui, appena mise piede in casa, fu investito da ulteriori ricordi. Belli, stupendi ricordi, ma che a lui facevano male. Tanto male.

Purtroppo gli era stato proibito di riprendere a lavorare per il momento all’ospedale, ma a lui sarebbe servito per distrarsi perché stare tutto il giorno in casa era dolore puro.

Stava impazzendo. Se non usciva da lì sarebbe impazzito.

Si ritrovò pure a odiare il telefono che squillava ogni mezz'ora. Lui rispondeva ai genitori, ma a Misha no. “Ancora? Che cazzo vuole?” diceva ogni volta lanciando il telefono sul divano, frustrato.

“Basta! Devo uscire” sbottò, all'ennesimo squillo. Spense tutto e uscì da quella casa che ora considerava una prigione.

Prese la macchina e fece un giro per la città.

Non aveva una meta, solo che puntualmente si ritrova nei luoghi che aveva visto con Jared. Fu un colpo alla fine ritrovarsi davanti al cimitero. Come un masochista decise di visitare la sua tomba. Forse, credeva, che salutandolo e chiedendogli perdono si sarebbe affievolito il dolore costante al centro del petto.

Non fu così.

Fu il colpo di grazia. Leggere il nome di Jared su quella fredda lapide, fu davvero troppo. Era sconvolto. Morì una seconda volta. “Dio! No! Amore mio, saresti vivo se io non ti avessi portato all’FBI‼ Ti ho ucciso amore mio! Ti ho ucciso! Potrai mai perdonarmi?” disse piangendo disperato.

Non seppe nemmeno lui come riuscì a guidare verso casa visto com'era ridotto.

Un pensiero improvviso formatosi finito di pronunciare quelle parole davanti alla foto sulla lapide: raggiungere Jared al più presto. Vivere senza lui non aveva senso. Non ce l’aveva.

“Dio! Quanto mi manchi piccolo. Non ce la faccio più senza di te” sussurrò asciugandosi gli occhi e premendo sull'acceleratore.

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Capitolo 14
*** Ti prego, Misha, rispondimi! ***


Quando rientrò in casa, come un automa, sapeva esattamente cosa fare.

Andò in bagno e aprì l’armadietto dei medicinali. Eccoli li, i tranquillanti prescritti dal dottore per cercare di farlo stare tranquillo. Uno al giorno anche se non funzionavano.

Sorrise e prese in mano il flaconcino arancione.

“Sto per raggiungerti piccolo. Ti amo" sussurrò mentre dal flaconcino prendeva una manciata di pillole. 

Sapeva quante prenderne perché l’effetto , stavolta, funzionasse. Si sarebbe addormentato e, cullato dai ricordi del suo compagno, lo avrebbe raggiunto. 

Sorrise. Stava per avvicinarle alla bocca e inghiottirle quando sentì bussare freneticamente alla porta.

"Jensen aprì questa cazzo di porta. Devo parlarti dannazione!!È importante!!" gridò Misha.
Senza saperlo, gli aveva salvato la vita.

"Ancora con questa storia!" Disse scocciato mettendo giù le pastiglie bianche e stringendo le mani al lavandino, le nocche sbiancate. 

Si fissò nello specchio. Nessun problema, tanto ci avrebbe riprovato.

"Sentiamo che cosa ha da dire" sbuffò mentre Misha bussava sempre più. 

Quando il biondo finalmente gli aprì, si trattene dall'impulso di sbattergli la porta in faccia. "Sentiamo che hai da dire, poi vattene!" e lo fece entrare.

Misha notò che era molto pallido e aveva gli occhi rossi, ma non disse niente. Non sospettava 
cosa avesse tentato di fare.

"Ti devo parlare di Jared" e mostrò le cartelline che aveva con sé. "Non posso più..." ma non finì la frase che il biondo lo interruppe bruscamente.

“Non nominarlo! Tu non devi nominarlo!" Sibilò rabbioso spingendo il bruno contro il muro, che colto di sorpresa lasciò cadere a terra le cartelline che aveva in mano, il cui contenuto si sparpagliò tutt’intorno a loro.

Il biondo, sorpreso pure lui per quel gesto, stava cercando di calmarsi. Respirava a fondo, i pugni stretti lungo i fianchi. Poi li notò, i documenti sparpagliati a terra. Vide il nome del suo compagno. Sgranò gli occhi e sentì un tuffo al cuore.

“Che...che cazzo significa?” gridò verso Misha, ma non aspettò la risposta del bruno.

Si accovacciò e raccolse quei documenti, iniziando a leggere. Il cuore impazzito, le mani tremanti.

Dovette sedersi a terra man mano che procedeva con la lettura anche degli altri documenti e quando finì di leggere il tutto, era senza parole.

Stava per commettere una cazzata per niente!
Jared, il suo Jared aveva una nuova identità ed era sotto protezione testimoni! 

Alzò, sconvolto, lo sguardo lucido verso il suo amico, chiedendo solo “Perché mi hai fatto credere che fosse morto? Perché!, Cristo!!! farmi soffrire in questo modo? Io stavo per....” la voce rotta dall’emozione.

Misha lo raggiunse e lo abbracciò di slancio sconvolto dall'ultima frase. "Mio dio! Fortuna che sono passato!!!" sussurrò, mentre il biondo annuiva. 

Il bruno non si sarebbe mai perdonato se fosse successo l’irreparabile. Scosse la testa per non pensarci.

“Ti prego” disse Jensen staccandosi, “rispondimi!”. L’agente lo fissò a sua volta e rispose, dispiaciuto.

"Jared mi aveva fatto promettere di non dirti niente... Addirittura mi aveva detto che lui ti aveva tranquillizzato sul fatto che non ti saresti sentito in colpa sulla sua presunta morte….Ti giuro che ho cercato di dissuaderlo, ma non ha voluto sentire ragioni amico!”

“O mio Dio!” sussurrò il biondo passandosi le mani sulla testa “...ma perché ha deciso una cosa così drastica! Non riesco a capire!” Jensen chiuse gli occhi e appoggiò la testa al muro dietro di lui. Troppe emozioni.

“Perché lui era convinto che stessi meglio senza di lui. Lo ha fatto per evitare che ti capitasse ancora qualcosa. Sai, è rimasto sconvolto da quello che ti è successo...si è sentito responsabile di ogni cosa che ti è capitata.” rispose l’amico, appoggiandogli una mano sulla spalla.

Il biondo si ritrovò a fissare le carte a terra. Mille emozioni. Pensava a tutto e a niente. Sospirò.

Doveva essere arrabbiato e anche…Perché no? Tradito, per quella scelta presa dall’uomo che amava, ma non lo era. Stranamente non lo era. 

Dio, il suo Jared era vivo! Poteva ancora rivederlo!!! La colpa verso se stesso scivolò via dal suo cuore a quella consapevolezza.

Scoppiò a piangere subito dopo. Un pianto liberatorio.

Misha lo osservò, stringendo appena la mano sulla spalla per infondergli conforto. 

“Jensen…” disse, ma fu in quel memento che lo vide rilassarsi.

“Sto bene amico!” fece deciso asciugandosi gli occhi “Sto bene finalmente!” ripeté guardandolo. Sul viso, un sorriso sincero.

L’agente notò con gioia una luce di nuovo viva negli occhi verdi del biondo. Una luce che non vedeva da molto tempo.

“Quindi mai più gesti avventati?” si azzardò comunque a chiedere per sicurezza, anche se vedendolo sapeva già la risposta.

“No no!” affermò sicuro. Poi aggiunse, il tono della voce dispiaciuto come pure lo sguardo “Misha sono stato un vero stronzo in questi giorni! Mi spiace” si scusò il biondo.

“Non importa” rispose prontamente il bruno, rincuorato. Davvero a Misha non importava. 
Importava solo che il suo migliore amico stesse di nuovo bene e fosse felice.
E ora lo era. Cavoli se lo era.

Rimasero a fissarsi per un po’, poi il bruno sorprese di nuovo il biondo anticipandolo su quello che stava per chiedergli.

“Ho già proceduto ad inserire te e stavolta anche i tuoi familiari nella lista già firmata da Jared….In questo momento la stanno riconvalidando il giudice e il procuratore” disse sorridendo.

“Oddio! Oddio!” Felice per quella notizia, il cuore del biondo impazzì dalla gioia. “Sai!, stavo proprio per chiedertelo io questo piacere…Beh! grazie…grazie di cuore!” disse abbracciando di slancio il suo migliore amico. 

Il momento fu spezzato dal cellulare di Misha che squillò.

“Jensen…” si riprese il bruno staccandosi e prendendo il cellulare dalla tasca del trench, “mi dispiace, ma l’FBI ha bisogno di me. Devo proprio andare ora” disse dispiaciuto. 

“Tranquillo” rispose Jensen.

Annuendo l'agente iniziò a raccogliere le carte che erano rimaste a terra per tutto il tempo rimettendole nelle cartelline. 

Jensen nel frattempo si era alzato ed era andato in cucina a bere dell’acqua. Sul viso ancora un sorriso felice. Vivo. Raggiante 

Poi un pensiero che lo fece estraniare dal mondo.

Era una follia, ma voleva farla: non poteva più aspettare oltre. Voleva vedere Jared subito. Il suo cuore gli gridava di vederlo.

"Misha!" lo richiamò ritornando dalla cucina, "fammi avere la moto di Jared!!!”

“Cosa?” chiese confuso Misha alzandosi e voltandosi, alzando un sopracciglio.

“Voglio raggiungere Jared a Lawrence! Lo lascerò senza parole quando mi vedrà…Misha, ho bisogno di vederlo! Per favore” supplicò

Il bruno ci pensò un attimo. 

Da Austin a Lawrence erano molte ore di viaggio, farle in moto poi era davvero una follia…In più Jensen era ancora in convalescenza.

“Non puoi prendere un treno?” tentò di convincerlo, lo sguardo serio e anche preoccupato.

“No!” e come per Jared non ci fu niente da fare per farlo desistere dalla sua folle scelta. Da quella follia d’amore.

Così, verso le 13.00 Jensen fu convocato al deposito prove del FBI e gli fu consegnata la moto di Jared proprio da Misha, che aveva fatto il diavolo a quattro per riuscire recuperarla dal deposito in poco tempo.

L’agente aveva ovviamente provveduto a cambiare la targa e a intestare il mezzo a Sam Winchester. Tutto doveva essere fatto bene, altrimenti la copertura di Jared sarebbe saltata se mai la stradale avessero fermato Jensen per qualche controllo di routin.

“Grazie!” disse con un gran sorriso, mentre firmava tutto il necessario e prendeva in mano le chiavi proprio dal bruno, che rispose bonariamente “Non ringraziarmi, Ackles!”

Jensen sorrise strafottente e salì immediatamente su quella stupenda moto. 

Appena l’accese e risentì il rombo agguerrito del mezzo, provò dei brividi lungo la schiena. Chiuse gli occhi e con la mente volò alla prima volta che ci salì stringendosi ai fianchi del compagno.

“Sto per raggiungerti, amore. Ti stringerò di nuovo a me” pensò sorridendo, sospirando innamorato.

Dopo di che, si abbassò la visiera del casco e fece un cenno di saluto con la mano verso Misha che rispose al gesto dicendo “Stai attento centauro!” battendogli contemporaneamente una mano sulla schiena, poi aggiunse “Salutami Jared mi raccomando”

Jensen annuì poi partì sgommando, il cuore che batteva forte alla prospettiva di stringere di nuovo a sé il suo compagno.
Poche ore e l’avrebbe raggiunto.
Poche ore, solo poche ore e si sarebbero rivisti di nuovo.

 

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Capitolo 15
*** Sorpresa! ***


Quando il biondo raggiunse Lawrence era sera. Le prime stelle stavano spuntando e la luna stava sorgendo in cielo.

“Finalmente sono arrivato, piccolo” pensò svoltando a destra e fermandosi a osservare l’officina di Jared.

Stava per partire quando decise di rifermarsi e di scendere dalla moto. Si sgranchì le gambe e convenne che era meglio fare quei pochi metri che lo separavano dal suo amante, a piedi. Avrebbe fatto credere al meccanico che era un povero motociclista in panne!.
“oh si!!…ti lascerò senza parole!” disse lasciandosi calata sul viso la visiera appena imbrunita del casco. Se se la fosse alzata, addio sorpresa!

Sorrise, il cuore impazzito all'aspettativa di quell'incontro tanto agognato. 

Prese la moto per il manubrio e iniziò a trascinarla fin quando non raggiunse l’officina, dove la mise sul cavalletto dopo aver staccato di netto il filo che permetteva l’accensione. 

Si appoggiò al mezzo, incrociò le braccia al petto e si mise ad osservare il suo compagno girato di spalle e intento a sistemare un motore di un’auto.
“Dio! È stupendo!” pensò sorridendo, sentendo dei brividi lungo la schiena.

Jared, ovviamente, era così concentrato che non si accorse di essere osservato fin quando Jensen non si schiarì la voce.

Il moro si fermò e stranamente il cuore iniziò a battere all'impazzata. Appoggiò, sospirando, l’attrezzo che aveva in mano, sul motore e si voltò.

Chiunque al suo posto si sarebbe spaventato vedendo questo sconosciuto con indosso ancora il casco. Chiunque si sarebbe allarmato pensando ad una rapina…ma stranamente a lui non successe. Ne aveva passate troppe per allarmarsi solo per quella presenza.

Inspiegabilmente, appena lo vide, sentì una morsa allo stomaco. Di lui, Jared, poteva intravvedere solo la forma sfocata degli occhi ancora nascosti dal pvc della visiera del casco. Ma erano chiari, di questo ne era certo.
Forse erano verdi. Magari di un verde intenso e abbagliante… proprio come quelli del suo Jensen!

“Dio!, …. i suoi occhi” deglutì scuotendo la testa impercettibilmente. Non poteva essere! “Smettila Jared di vedere i suoi occhi ovunque!!” si rimproverò mentalmente.

“Scusi…non l’ho sentita….Posso aiutarla?” disse riprendendosi, la voce un po’ tremante guardandolo fisso.

“Si” convenne Jensen modulando la voce, cercando di nasconderla appena. Ma non ce la faceva più. Voleva baciarlo, stringerlo, toccarlo…ma si trattene.

“Ho un problema con la moto!” spiegò assumendo un tono sconsolato. 

Il moro, il cui cuore perse diversi battiti sentendolo parlare, rispose, la voce alzata di un ottava. “Ora ci penso io e la sua moto ritornerà come nuova” 

“Me lo auguro!” rispose Jensen camuffando ancora il suo tono.

“Oddio…sembra…. la sua voce! No, no, no. Sto impazzendo è sicuro!” si ritrovò a pensare.

Deglutì e andò a prendere degli attrezzi dal suo bancone, si avvicinò al mezzo e si accovacciò per guardare il motore e la batteria. “Cazzo…sembra….sembra…la mia…moto!” pensò solo, battendo le palpebre diverse volte per cerca di scacciare l’agitazione. “Sì, sto impazzendo!!”


Il biondo nel frattempo si era spostato di lato, in trepidante attesa, sorridendo impercettibilmente.

Conosceva il suo compagno. Lo vedeva che era agitato. Poteva scorgerlo nei suoi stupendi occhi quanto si sforzasse di rimanere calmo e concentrato, ma stava fallendo miseramente.

Jensen era riuscito a sconvolgerlo!
Cavoli! Era chiaro che il suo cuore e la sua anima lo avesse già riconosciuto!

“Non capisco cosa ha! Davvero signore…mi spiace” sbottò frustato ad un certo punto il meccanico appoggiando gli attrezzi a terra. Si alzò e si voltò verso il centauro sconosciuto; le mani tremanti e sudate sempre più.
Di cercare fili staccati di proposito, non gli era passato nemmeno per la mente!!!

“Beh, non si preoccupi” convenne Jensen. Era giunto il momento di rivelarsi al suo amante. Non ce la faceva davvero più.

“Sa?!, credo di aver appena capito cosa ha.” convenne Jensen portandosi le mani ai lati del casco.
Il moro lo guardò confuso a quel gesto improvviso e deglutì. 

Silenzio per un po’, poi le parole di Jensen risuonarono nelle orecchie di Jared come un tuono.
“Alla moto manca il suo padrone!” 

Il biondo fece appena un leggero sforzo e si levò il casco. Sul viso un sorriso radioso rivolto a Jared, che era letteralmente sbiancato sgranando gli occhi. Non se lo aspettava.

Il ragazzo dovette appoggiarsi alla moto per non cadere a terra. Le gambe tremavano, la saliva era sparita, non capiva più niente, il cuore impazzito.

“O mio Dio! O mio Dio!” fece riprendendosi e portandosi infine le mani alla bocca tremando dalla testa ai piedi, gli occhi lucidi. “Che ci fai qui? Che cazzo ci fai qui?!” chiese sconvolto e sempre più agitato, gesticolando con le mani, il respiro affannoso.

“Amore, calmati!” ordinò Jensen, inutilmente.

“No! non mi calmo e rispondimi!” gridò esasperato.

E fu in quel momento che capì. “Misha ha parlato, cazzo!” sbottò.

“E ha fatto bene direi!” convenne il maggiore ripensando alla cazzata che stava per fare. 

“No! non ha fatto bene!” Disse piangendo e spaventato, “Se ti trovassero…se ti facessero ancora del male per colpa mia…io…io…Va’ via per favore e dimenticami!” insistette di nuovo.

“O no piccolo! Non me ne vado e non ti dimentico!” disse sicuro il biondo appoggiando il casco sul banco da lavoro e iniziando, poi, ad avanzare verso il più piccolo, inumidendosi le labbra con la lingua.

Si fermò davanti al suo compagno, che aveva smesso di piangere avvertendo il suo calore.

Ora li divideva solo un respiro, tanto la distanza era poca tra loro due.
I loro occhi si incatenarono immediatamente, i loro respiri si sincronizzarono come i loro cuori.

“Jared” iniziò il maggiore dolcemente “nessuno mi farà del male. Nessuno! Mai più! Nessuno mi ha riconosciuto venendo qui. Sono stato attento. Devi stare tranquillo” disse sicuro appoggiando la mano sulla guancia di Jared, che sospirò al tocco, ma poi la paura prese di nuovo il sopravvento. 

"Jensen non posso rischiare…mi dispiace. No!!!” sussurrò scostandosi spaventato, mantenendo però gli occhi chiari fissi in quelli di Jensen. 

Non voleva cedere. Voleva resistere. Voleva continuare a tenerlo lontano per proteggerlo, ma quello che disse il maggiore subito dopo lo fece arrendere definitivamente. Eccome se lo fece.

“Jared per favore! Credimi!.” supplicò il biondo convinto, “Io ti amo…non posso stare senza di te. Non posso!” 

Poi divenne incredibilmente serio e le parole gli uscirono fuori senza controllo "Cazzo!, mi hai ucciso più tu con la tua scelta di abbandonarmi che quel proiettile in pieno petto! Credevo fossi morto! Morto! Ho incolpato Misha e anche me stesso per questo! Io stavo....” ma si bloccò realizzando cosa avesse detto, portandosi le mani alla bocca, scioccato anche lui da quello che aveva appena detto. Lui, Jared, non doveva sapere.
Se lo era ripromesso durante il viaggio.

A Jared vennero gli occhi lucidi a quelle parole schioccanti. E a quelle che Jensen non era riuscito a dire. Non poteva essere...non poteva essere. Rifiutava una simile cosa.

"Cosa hai fatto?" chiese, il cuore in gola. 

"Niente." tentò di negare, abbassando lo sguardo. Provando vergogna anche.

"Dimmelo!" Gridò il moro, aggrappandosi alla maglia di Jensen e scoppiando a piangere. "Dimmelo!" iniziando a scuoterlo.
Il biondo non riuscì a parlare, ma quel silenzio, per il più piccolo fu la conferma a quel gesto che il suo compagno evidentemente aveva tentato di fare. 

"Tu stavi per...Jensen volevi..." e gli buttò le braccia al collo disperato, consapevole che quel gesto era una conseguenza estrema della sua scelta.

Pieno di colpa iniziò a sussurrare "mi dispiace...mi dispiace amore…io volevo solo proteggerti…Oddio stavi per ucciderti per colpa mia...", stringendosi sempre più al biondo che cercava in tutti i modi di calmarlo dicendogli dolcemente che per fortuna Misha inconsapevolmente lo aveva fermato quando era venuto a casa sua a dirgli la verità.

"Oddio! Oddio! Come puoi amarmi ancora dopo quello che ti ho fatto? Come?" sussurrò disperato, mentre il maggiore si allontanava e gli alzava il mento per poterlo osservare meglio.

“Non posso farne a meno, piccolo” sorrise, una luce negli occhi verdi, intensa. Brillante.

“Jensen...” le lacrime che scendevano ancora.

"Basta" gli disse asciugandogliele con i pollici , "Per favore smettila di piangere, ok? Non pensiamoci più , va bene?.. Buttiamoci tutta questa storia alle spalle, Jared. Torniamo insieme. Ti voglio con me e anche tu lo vuoi…Non è forse così?”

I due si fissarono intensamente. Non ci fu bisogno di parlare. I loro cuori risposero per loro. 

Il mondo sparì. Solo loro due e il loro amore. 

Jensen non resistette oltre e preso da un impeto di passione, portò la mano destra dietro la nuca del più piccolo e lo attirò a sè in quello che fu un bacio languido e bagnato, frenetico, disperato. Negato per troppo tempo. 

Jared rispose immediatamente a quella passionale irruenza schiudendo la bocca , stringendolo, accarezzando il suo compagno lungo i fianchi, appassionatamente.

Gemettero entrambi nel bacio, che li lasciò letteralmente senza fiato, ma che li fece anche andare in estasi e rivivere di nuovo. 

“Mi sei mancato. Mi sei mancato tanto.” riuscì a dire il maggiore appoggiando la fronte in quella di Jared e chiudendo gli occhi. Il suo profumo, lo stava facendo impazzire.

“Anche tu, amore…Dio!! se mi sei mancato…Ero arrivato ad un punto che ti vedevo ovunque!” disse sorridendo. “Ti sognavo tutte le notti.”

“Ah si? Mi sognavi tutte le notti, eh? E che sogni erano?” provocò il maggiore, il cuore impazzito sentendo quelle parole.

“Dai!” rise il minore. “Non erano quel tipo di sogni!” ma arrossì senza volerlo.

“No!!!?” e perse la testa del tutto. 

Si avventò sul collo del moro e iniziò a baciarlo sensualmente ed eroticamente, tanto che il minore iniziò a gemere sempre più; ad aggrapparsi sempre più a quel corpo che desiderava come l’aria che si respira. Ma dovette comunque trattenersi.

“Aspetta...” disse a fatica “...fammi chiudere qui.” ma il biondo non lo ascoltava, lo stava torturando per bene.

“Smettila!” ripeté Jared e si scostò andando a chiudere a chiave il portone dell’officina, mentre Jensen da dietro, lo andava ad avvolgere con le sue braccia e riprendeva a baciargli il collo.

“Gesù!” gemette abbandonandosi a quei baci.
Voltandosi, prese Jensen per la camicia e lo attirò a sé, baciandolo. I sapori si mischiarono, facendoli andare in paradiso.

Era da troppo che non si amavano, che non si fondevano in un unico corpo. Da troppo tempo.
Il desiderio era impellente e anche doloroso.

“Andiamo di sopra, amore” gemette nel bacio, il minore , allontanandolo di mala voglia. 

Jensen, perso nell'amore che provava per Jared, lo seguì oltre la porta dell’ufficio, su per delle scale interne che davano all'appartamento del suo compagno.

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Capitolo 16
*** Your arms feels like home (prima parte) ***


Ogni tanto i due si fermavano lungo le scale perché non riuscivano a stare troppo senza baciarsi appassionatamente appoggiandosi al muro e, quando finalmente raggiunsero la porta ed entrarono in casa, fu questione di attimi. 

I due volarono letteralmente uno tra le braccia dell’altro iniziando a spogliarsi freneticamente, mentre con foga andavano verso la camera da letto.

“Ti amo” sussurrò Jared tra un bacio e l’altro, tra un gemito e un brivido. 
Dio, quando gli era mancato!

“Ti amo. Ti amo anche io!!” ripeté Jensen a sua volta, spingendolo letteralmente al centro del letto e salendo a cavalcioni su di lui, sovrastandolo con il suo corpo e avventandosi un secondo dopo su quelle labbra invitanti, le braccia tese ai lati della testa del minore, gli occhi carichi di desiderio.

Il minore istintivamente incrociò le lunghe gambe intorno ai fianchi del compagno iniziando a inarcarsi e a strusciarsi contro il bacino del maggiore che gemette in estasi. 

Erano al limite entrambi, erano completamente in estasi. Erano al punto di non ritorno.

Jensen, rispondendo alla danza erotica del minore, portò una mano tra le gambe del più piccolo e con estrema cura e lentezza iniziò a prepararlo, invadendo quel piccolo fascio di muscoli segreto, con le dita.

“Oddio!” gemette il minore accarezzandolo languido lungo la schiena, sul viso il piacere più puro ed erotico.

Lo voleva. Voleva Jensen, ma comunque il compagno era in convalescenza - la benda ancora ben visibile al centro del petto di Jensen ne era la prova - e non doveva sforzarsi, così, cogliendo di sorpresa il maggiore, con un movimento di reni, ribaltò le posizioni lasciandolo sconcertato.

“Ma cosa...?” chiese, ma con un dito sulla sua bocca, Jared lo zittì subito.

Jared si chinò e gli disse languido al suo orecchio, facendolo deglutire d’aspettativa e lussuria. “Tu sei in convalescenza. Lascia che mi prenda cura di te” posando una mando al centro del petto del compagno dove il cuore martellava all'impazzata. Al di sotto della benda medica.

Con l’altra mano, prese la più che eccitata virilità del maggiore e sistemandosi meglio su di lui iniziò a farla scivolare completamente dentro di lui.

Entrambi gemettero a quel piacere intenso che provarono, ma niente era paragonabile a quando Jared iniziò a muoversi sul corpo di Jensen. Con lui. Per lui.

Le mani di entrambi, sempre più frenetiche, toccavano ogni lembo di pelle possibile. Erano insaziabili e impazienti di avere e dare piacere continuo, e loro, i due amanti, erano completamente vinti da quelle sensazioni, da quella danza erotica e sensuale che scatenò un incendio in loro impossibile da domare.

Ne erano talmente inebriati che iniziarono a gridare i loro nomi e a gemere sempre più forte fin quando il biondo non si lasciò andare al piacere più fisico, prendendo il viso del minore tra le mani in un bacio così erotico e languido che fu la scintilla definitiva che spinse il giovane a lasciarsi andare a quel piacere che tentava di prolungare ancora a lungo. 

Con il cuore che batteva forte si abbandonò completamente sul corpo del maggiore nascondendo il viso tra la spalla e il collo del suo amante che lo strinse a sé in un dolce abbraccio, i cuori impazziti, i respiri affannosi, le labbra arrossate e umide dal piacere appena provato.

In quell'abbraccio e in quella posizione così intima, Jared inspirò il profumo del suo compagno chiudendo gli occhi, dopodichè si issò sulle braccia e gli posò un dolcissimo bacio sulla fronte sudata, sorridendo.

“Wow!!!" constatò il maggiore accarezzandogli la guancia, il respiro sempre più tranquillo come quello del più piccolo.

"Piccolo...” sussurrò sorridendo “..sei stupendo!”, mentre Jared si sistemava al suo fianco e appoggiava la testa su un gomito arrossendo leggermente, gli occhi innamorati.

“Anche tu lo sei. Cavolo se lo sei!” disse mordendosi le labbra, ma poi si fece serio, gli occhi lucidi.

"Ehi, cos'hai?" si stranì il biondo per quel cambio repentino di espressione.

“Niente...solo, non so come ringraziare Misha per averti salvato la vita. Dio!! se non fosse arrivato…Tu…oddio tu ora saresti….” un groppo in gola che tentò di reprimere.

Quell'uomo era un angelo. Eccome se lo era.

“Ascoltami amore mio, calmati ok?” fece il maggiore mettendosi su un fianco per poter incatenare meglio i suoi occhi in quelli del più piccolo, dandogli un leggero bacio a fior di labbra. “A Misha interessa solo la nostra felicità e che ricambi il suo saluto! Non gli interessa altro! Ecco tutto qui, piccolo!”

"Sicuro?!" chiese perplesso il moro. Bastava così poco? 

"Più che sicuro! Lo conosco bene" rispose annuendo il maggiore. "Allora, farai come ti ho detto"?

“Oddio si! Si!!” disse sorridendo, il viso più rilassato ora.

Fu in quel momento che però una lacrima ribelle comunque riuscì a vincere sulle altre cadendo sul petto di Jensen, proprio vicino alla medicazione. 

Il minore, la guardò poi guardò la medicazione e come ipnotizzato, posò un bacio leggero al centro della benda.

“Amore..” disse “..ti fa male?! Tra il viaggio e noi....” indicando prima lui e poi il compagno, che sorrise malizioso. ”...Ti sarai stancato! Senti dolore?”

“Jared…” rispose il biondo intenerito dal dolcissimo gesto, ".. durante il viaggio, poco prima di arrivare qui, mi sono fermato in un bar, ho mangiato qualcosa e ho preso gli antidolorifici...tranquillo papà!" scherzò Jensen ma comunque rassicurandolo. Jared, sentendolo sorrise e annuì contento a quella notizia.

Rimasero a fissarsi per un po’ poi Jensen abbassò appena lo sguardo verso la cicatrice al fianco del minore e chiese a sua volta se anche lui provasse ancora dolore. 

Si mise ad accarezzargliela dolcemente, per paura di fargli male. Il minore provò subito dei brividi a quei tocchi leggeri e delicati.

“Non mi fa più male. Ho potuto smettere anche con gli antidolorifici da qualche giorno.” rispose sincero.

“Bene , piccolo!” fece felice il compagno, la mano posata delicatamente sulla piccola cicatrice.

Il minore sorrise di rimando, poi aggiunse sfiorandogli il petto con le dita. 
“Era un’altra la ferita che mi doleva costantemente e che non guariva mai…ma ora, con te qui, si è rimarginata, amore mio” 

A Jensen vennero gli occhi lucidi perché anche per lui era così e glielo disse iniziando, poi, a baciarlo appassionatamente e languidamente. I cuori impazziti suonavano all'unisono. 

Solo il bisogno di respirare li fece staccare per un attimo, ma poi si strinsero in un stretto abbraccio. Un abbraccio che li fece andare in paradiso ed estraniare dal mondo.

“Jensen?” lo richiamò il minore dopo un po’ sistemandosi meglio nell'abbraccio caldo del maggiore guardandolo adorante. 

“Dimmi, piccolo”

“Posso…posso appoggiare la testa al centro del tuo petto?” chiese avendo timore di recare un qualche dolore a causa della ferita

“Non vedevo l’ora che me lo chiedessi” e dicendo così si girò di schiena e allargò le braccia per dare possibilità al minore di appoggiare la testa li.

Il compagno sorrise e lentamente appoggiò la testa al centro del petto del compagno, dove il cuore batteva forte. Emozionato. Felice.

Al maggiore, quel dolce peso era mancato tantissimo come pure a Jared era mancata quell'abitudine che avevano ogni volta che finivano di fare l’amore o guardavano la tv.

"Ti amo " gli sussurrò Jared dolcemente posando una mano sul ventre piatto del biondo.

"Ti amo" fece eco Jensen, la mano che scorreva lenta lungo la linea della spina dorsale del minore.

Erano semplicemente stupendi.

Così, in quella posizione dolcissima e tenera, i due amanti continuarono a coccolarsi teneramente fin quando la stanchezza, dopo tutte quelle emozioni provate, non li fece addormentare.

In quell'alcova, Jared e Jensen, dormirono un sonno tranquillo e sereno e quando il mattino seguente il sole illuminò la stanza, i due ragazzi erano ancora stretti uno tra le braccia dell’altro.

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Capitolo 17
*** Your arms feels like home (seconda parte) ***


Appena, però, i raggi si posarono sui loro corpi avvinghiati, fu questione di attimi perché si svegliassero.

Il primo a farlo fu Jensen, seguito dal più piccolo. Entrambi quando si guardarono avevano un sorriso beato. 

“Piccolo, buongiorno!” disse il maggiore felice.
“Buongiorno, amore!” fece eco Jared, salendo a cavalcioni su di lui e avventandosi un secondo dopo su quelle labbra piane e invitanti. Irresistibili!

“Jared, oddio!” ansimò Jensen quando il moro prese a torturagli il lobo dell’orecchio con la lingua in maniera sensuale. Aveva fame di lui!

“Piccolo… fermati…” disse a fatica, prima di perdere il controllo del tutto.

Doveva parlagli di una cosa importante. Una cosa gli era balenata nella mente appena si era svegliato.

“Ti ho fatto male?” chiese allarmato Jared fermandosi subito.

“No! Tutt'altro, amore” rispose, sorridendo malizioso. Il moro si rincuorò subito sentendolo. “Cosa c’è allora?” Domandò confuso e sistemandosi al fianco di Jensen

“Piccolo..” fu il preambolo di quello che stava per dire “..io non posso fare per sempre il pendolare tutti i weekend per venire qui…”ma Jared lo interruppe bruscamente, non lasciandolo finire.

“Cosa? Ma come...Tu non…” non riusciva a parlare. Il respiro affannoso. Il cuore impazzito. 
Separarsi? Ancora?

"Fammi finire però!" ordinò bonariamente il biondo tranquillizzandolo subito accarezzandogli la guancia delicatamente. 

"Scusami" rispose prontamente il moro. Effettivamente era stato avventato a interromperlo! Ma solo il pensiero di non rivederlo più lo aveva fatto andare nel panico più totale.

"Allora piccolo..." riprese il biondo "...io ho deciso di trasferirmi definitivamente qui!" Era sicuro della sua scelta .Era l'unica possibile. 
Non poteva più stare separato dal suo compagno. Vederlo solo nei weekend non era contemplata come cosa!

“Dici sul serio?” fece Jared confuso, il cuore accellerò per quella decisione così inaspettata. Non che lui non ci avesse pensato prima, ma cavoli...Era una cosa troppo drastica.

“Si!” gli venne incontro il maggiore sorridendo di cuore baciandolo di slancio.

“E come farai con i tuoi familiari?” Lui non sapeva ancora che anche loro erano stati inseriti nella lista ufficiale.

“Oddio che idiota!!” battendosi una mano sulla fronte. ”... mi sono scordato di dirti che Misha ha provveduto a inserire pure loro nella lista ufficiale e oramai li avrà già avvertiti di tutta la storia della protezione testimoni ecc ecc... Quando tornerò ad Austin lunedì mattina, spiegherò loro personalmente che intendo trasferirmi qui. Tanto devo tornarci per forza visto che devo avvisare pure Misha della mia scelta. Così colgo pure l’occasione per ricambiare il tuo saluto , piccolo”

“Grazie!” Poi, realizzando cosa il suo amante avesse appena detto, esclamò “O mio Dio! O mio Dio‼” Era semplicemente sconvolto ed euforico.

Ma poi divenne serio: c’era sempre la questione di come avrebbe fatto con il lavoro all'ospedale.

Il biondo gli accarezzò la guancia teneramente dicendogli. “Per l’ospedale devo solo organizzarmi per bene” disse deciso. “Fare domanda di trasferimento sarebbe rischioso, però!”
“E allora? Come...” esitò Jared.

Si concentrò un attimo e poi, battendo il pugno sulla mano, disse. “Nome nuovo. Vita nuova. Mi licenzierò e ovviamente dirò ai miei colleghi e amici che ho bisogno d’andarmene per sempre da Austin e di tagliare i ponti con tutti…Troppi ricordi…troppo dolore per la tua morte! Capiranno e accetteranno la mia scelta” 

Sorrise vedendo Jared a bocca aperta, poi aggiunse: “Giunto qui , aprirò un ambulatorio privato” convenne ovvio. “Addio turni estenuanti e potrò curare tutti!” alludendo a quelli che lui assisteva al di fuori dell’orario di lavoro.

Jared a questo punto lo interruppe “E se qui non riuscissi ad ingranare perché non ti conoscono?” Era pure sempre un eventualità e chiuse gli occhi al pensiero.

“Il mio curriculum non cambierà e vedrai che ingranerò come hai fatto tu con la tua officina!” Era sicurissimo che sarebbe andata così.

“Oddio!” esclamò il più piccolo, la voce emozionata. “Hai davvero pensato a tutto!” convenne sorridendo, il cuore che batteva sempre più forte. 

Estasiato si strinse al biondo mentre l’altro riprendeva a parlare posandogli una mano forte e calda sulla spalla.

“Certo! E non è ancora finita!” fece. “Ho pensato pure ai miei pazienti che visito fuori orario....Ad Austin stanno per aprire finalmente un centro dove, vari medici volontari , si uniranno a turno per visitare le persone che non possono permettersi l’assicurazione medica... Li indirizzerò lì! E prima che me lo chiedi...venderò il mio appartamento e mi troverò una casa in affitto qui vicino”

Il minore alzò appena la testa e si sporse in avanti per dargli un bacio dolcissimo a fior di labbra, poi lo guardò con uno sguardo che Jensen non gli aveva mai visto!

In quel momento Jared stava mostrando uno sguardo che era sicuro il biondo non sarebbe mai riuscito a resistere: uno sguardo che in futuro avrebbe rinominato da cucciolo! Un’arma micidiale!

“Però vorrei che venissi a vivere qui con me...non voglio che tu faccia questa vita ...in affitto! Ti prego, convinci Misha e l’FBI a farti vivere qui con me, in questa casa!!”

“Piccolo...quanto ti amo!” felice all'idea di convivere con il suo amante, poi sorridendo strafottente aggiunse. “Lo sai che ottengo sempre quello che voglio....quindi stai sicuro che li convincerò!... Jared farei di tutto per stare con te. Di tutto!”

“Anche vendere l’anima al diavolo?” disse sorridendo il moro, felice anche lui all'idea di convivere finalmente.

“No! Quello no purtroppo....” lo spiazzò mettendo contemporaneamente una mano dietro la nuca del minore e attirandolo a sé, fermandosi a pochi centimetri dalla sua bocca, occhi negli occhi, cuore e respiri sincronizzati.

La voce roca e sensuale, estremamente erotica ”....la mia anima non posso venderla al diavolo perché te l’ho donata la prima volta che ti ho visto, piccolo!”

Subito dopo aver pronunciato quelle stupende parole, il biondo annullò la poca distanza che c’era tra lui e il suo compagno, baciandolo dolcemente e languidamente, tanto che il minore, vinto completamente, non fece alcuna resistenza quando lentamente Jensen lo invitò a distendersi sotto di lui cominciando ad amarlo come solo il suo amante sapeva fare.

Così, almeno per quelle prime settimane, Jensen visse come una specie di pendolare, raggiungendo Jared, dando meno nell'occhio possibile. In taxi, in autobus. A volte in treno. Sempre mezzi diversi, ma non importava , l’importante era stare insieme.

E quando finalmente tutta la burocrazia della sua nuova identità fu sistemata, e sia Misha, l’FBI, il procuratore e il giudice diedero il via libera, Jensen, che ora si chiama Dean Chambell, poté finalmente trasferirsi definitivamente a Lawrence, con Jared, nel piccolo appartamento sull'officina di quest’ultimo.

Tra tranquillità e pace, i due amanti iniziarono a vivere la vita che avevano sempre sognato.

Per Jared fu veramente un toccasana avere costantemente al suo fianco Jensen, perché con lui poteva sopportare il senso di colpa per la sua vita passata. Con lui poteva superare tutto.

Non che avesse dimenticato quel passato…non poteva certo farlo, ma Jensen era la sua forza, la sua luce, il suo tutto e questo lo aiutava a superare ed affrontare quei momenti di malinconia e colpa che a volte prendevano ancora il sopravento su di lui. Una carezza, un bacio, una battuta…o solo sentirne il suo tocco lo faceva sentire bene.

Come in quel momento. 

Il moro, seduto al tavolo della cucina, stava leggendo una rivista specializzata in moto, ma non stava proprio leggendo…meglio dire che stava sfogliando le pagine distrattamente.

Jensen, che era rientrato in cucina per prepararsi un caffè, appena lo osservò di sottecchi capì che il suo amore era perso nei sui pensieri. Così agì, sul viso un sorriso dolcissimo.

“Jared” disse abbracciandolo da dietro, avvolgendolo nel suo caldo abbraccio, “….hai aggiustato la moto?”

Il moro annuì semplicemente. Quel semplice gesto, fecero tornare il più piccolo alla realtà. 

Le sue narici furono invase dal profumo del biondo. La pelle, perfino, reagì al quel tocco.

Jared si voltò appena e richiese un dolcissimo bacio a fior di labbra al compagno. Bacio che non tardò ad arrivare.

“Perfetto allora‼!” fece poco dopo Jensen “Mi piacerebbe farci un giro come ai vecchi tempi” fu il desiderio del più grande. 

Effettivamente gli mancavano molto quei giri con il suo amante. Adorava letteralmente stringersi ai fianchi del suo compagno mentre sfrecciava tra il traffico. 

“Giro in moto sia, allora!” fece Jared, felice ora, alzandosi e baciando di slancio Jensen. 

Aveva compreso cosa avesse appena fatto per lui, Jensen. Non ci fu bisogno di parlare: lo ringraziò mentalmente solo incatenando i loro sguardi.

Il biondo, perso in quegli occhi chiari e pregni d’amore, gli baciò la fronte delicatamente, poi staccandosi, disse “Andiamo allora?”

“Andiamo” e andarono in garage, dove, ferma sul suo cavalletto c’era la moto tirata a lucido e di nuovo “funzionante”.

Si diedero un bacio leggero poi si misero i caschi. 

Salì prima Jared, poi Jensen che immediatamente si strinse al suo compagno, sorridendo innamorato.

“Ti amo” si dissero all'unisono, il cuore che batteva all'impazzata come ogni volta che se lo dicevano.

Poi non si dissero nient'altro.
Un rombo e una sgommata.
Partirono alla volta dell'orizzonte e del sole che stava tramontando di fronte a loro, più felici e innamorati che mai.

Davanti a loro, l’unica ombra che li andava incontro , era quella della notte. Ma ora, quell'ombra non avrebbe portato più angoscia e paura, ma solo la possibilità di amarsi ancora. Per sempre.




Questa vita non è la favola che entrambi pensavamo che sarebbe stata
Ma riesco a vedere il tuo viso sorridente e mi sta guardando a sua volta
So che entrambi vediamo questi cambiamenti ora
So che entrambi comprendiamo in qualche modo

C'è una vita dentro di me
Che posso sentire di nuovo
è la sola cosa che mi conduce
Dove non sono mai stato
Non mi importa se ho perso tutto ciò che ho conosciuto
Non importa dove poggerò la mia testa stanotte
Le tue braccia danno la sensazione di casa
Danno la sensazione di casa
(Aggrappati, tu per me sei casa)......"


https://www.youtube.com/watch?v=11HHEPqft2Y

 





Note autrice
La canzone è Your arms fells like home dei 3 Doors Down.
https://lyricstranslate.com/it/your-arms-feel-home-le-tue-braccia-danno-la-sensazione-di-casa.html.

Che dire....questa storia mi mancherà! E' stata la mia prima vera long! Wow!
Lilyy anche qui mi hai segnalato gli errori di tutta la storia e ...wow grazie infinite!!
Ringrazio di cuore Cin75 che me l'ha betata tutta e per avermi suggerito la canzone e poi Balto97 e Biota e ancora Cin75 che con le loro idee e spunti mi hanno aiuto (eh si certi momenti le pagine di word rimanevano bianche!!!!). Bastava un loro imput e tutto si scriveva da solo. Grazie grazie grazie.
Biota anche qui una scena in moto :D So già che riderai ^^
Grazie a chiunque ha avuto la pazienza di leggerla. Ciao a tutti.

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