21 Guns

di Angel TR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A - Americanata ***
Capitolo 2: *** B - Bersaglio ***
Capitolo 3: *** C - Café-society ***
Capitolo 4: *** D - Delirio ***
Capitolo 5: *** E - Elettroshock ***
Capitolo 6: *** F - Fratello ***
Capitolo 7: *** G - Ghiaccio ***
Capitolo 8: *** H - Heckler&Koch ***
Capitolo 9: *** I - Inferiorità ***
Capitolo 10: *** L - Lupi ***
Capitolo 11: *** M - Maschera ***
Capitolo 12: *** N - Necessità ***
Capitolo 13: *** O - Onore ***
Capitolo 14: *** P - Partenza ***
Capitolo 15: *** Q - Qualificazione ***
Capitolo 16: *** R - Ribelle ***
Capitolo 17: *** S - Sogni ***
Capitolo 18: *** T - Tormento ***
Capitolo 19: *** U - Utopia ***
Capitolo 20: *** Z - Zelo ***



Capitolo 1
*** A - Americanata ***


21 GUNS


You think I can't see
What’s happening
You want me like ABC
Why you creep like TLC
I’ll give you til 1-2-3 til I up and leave
Amara La Negra - Insecure




{Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP}
Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Law, Paul Phoenix
Rating: Verde
25. "Non indovinerai mai cosa mi è successo!"
Ship: no


A - Americanata


Law inarcò un sopracciglio e si pulì le mani con lo straccio bruciacchiato dall'ennesimo "flambé" andato a male.
Gettò uno sguardo sarcastico all'ordinazione infinita del suo amico Paul Phoenix e poi riportò gli occhi sui festoni che il cosiddetto "amico" portava ciondolanti da un braccio possente. Stava sbraitando al telefono.

«Certo che posso permettermi un prestito, Mr Smooth! Sa chi sono io? Il più grande lottatore del fottuto universo!» Scosse la testa e staccò il telefono dall'orecchio per osservarlo costernato. «Ma questo stronzo mi ha staccato!»

Dall'aggeggio più rotto che buono provenne una voce formale che annunciò in inglese britannico: «No, Mr Phoenix, non ho staccato.»

Law allargò le braccia, indeciso tra riderci su o piangere per la figuraccia.

«Mr Smooth, la ringrazio, non se ne pentirà! Quando vincerò il Torneo, farò montare una statua tale e quale a lei in piena Manhattan! Eh, proprio in piena Manhattan!» assicurò dopo una decina di minuti Paul, alzando una mano come per indicare l'immensità della statua. Aveva avuto successo. «Ah, c'è già? Vabbeh, ci mettiamo la sua vicino, fate amicizia, da buoni americani. Ah, lei è inglese? Vabbeh, è un americano che non si è imbarcato, che vuole che sia!»

Le rughe agli angoli degli occhi di Paul si appronfondirono quando sorrise gaio, nemmeno stesse parlando con il suo miglior amico. Continuò a sorridere raggiante mentre staccava la chiamata.

«Non indovinerai mai cosa mi è successo!» esclamò, allargando le braccia verso l'amico.
«Ma non mi dire...» mormorò Law, fintamente stupito. «Prestito ottenuto!» annunciò Paul di rimando, sbattendo le mani. «È ora di ricordare a questi marmocchi chi è Paul Phoenix!»

Law si passò una mano tra i capelli neri. «Paul, amico... sei proprio sicuro di chiedere un prestito per fare una "grandiosa"» mimò le virgolette con le dita «festa in onore del più grande combattente al mondo, ovvero tu, con tutti i partecipanti del Torneo per celebrare la vittoria del suddetto Torneo ancora prima che inizi? Dico, sei proprio sicuro

Paul si voltò di scatto. «Il migliore nell'universo, prego» corresse. Prese un pezzetto di frittata dalla padella posata sul fornello e se lo infilò in bocca. «E bisogna festeggiarmi. Quindi, assolutamente sì.»
Passeggiò per il monolocale, schivando i calzini e le mutande che aveva lasciato per terra. Law aveva cucinato per cui reputò giusto piazzare un calcio nel sedere dell'americano che lo ignorò: sapeva troppo bene cosa significassero quei colpi.

«Senti qui, Law! Voglio prenotare quel locale giù Times Square, quello all'ultimo piano di quel grattacielo in vetro, riempirlo di festoni, preparare un buffet esagerato, tutto ovviamente offerto dal sottoscritto! Siccome resteranno tutti sconvolti dalla spettacolarità del party e vorranno conoscere meglio l'incredibile Paul, tu, caro Law, avrai il fondamentale compito di presentarmi!» fece una pausa ad effetto, fermandosi al centro della stanza e con la mano tracciò un'immaginaria insegna, i grandi occhi azzurri accesi dall'emozione, i denti bianchi — nonostante le pinte di birra — scintillanti nella barba bionda. «The Great Phoenix» esclamò con tono sognante e deciso allo stesso tempo, come uno speaker introduce James Lebron all'inizio di una partita di NBA.

Lanciò un'occhiata per controllare per quale assurdo motivo il suo amico non esultasse e applaudisse per lui. «Ehm... Law?» chiese. «Di' qualcosa!» suggerì a bassa voce.

Law scrollò le spalle e gettò un calzino dritto sulla cresta fitta fitta dell'uomo. «A me pare un'americanata!» commentò.

L'effetto fu, ovviamente, contrario a quello voluto: Paul parve entusiasmarsi tutto. «Allora sarà fantastico! God bless America!»

«E tutti i pazzi che l'abitano...» aggiunse Law in un borbottio, arrendendosi suo malgrado e chinandosi per raccogliere mutande e calzini sporchi.

Era un duro lavoro essere amico di Paul Phoenix ma qualcuno doveva pur farlo.


N/D: Salve, gentaglia! Infesto il fandom con un'altra raccolta partecipante a questa interessantissima Challenge! Che cosa ne uscirà? XD ogni lettera dell'alfabeto dev'essere l'iniziale della parola che costituirà il tema centrale della storia. Fantasia a gogo. Ho scelto "Americanata" poiché ultimamente leggo troppe cose strane scritte da ccciovani americani o.o Un bacio *_*
Angel

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Capitolo 2
*** B - Bersaglio ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Nina Williams, Steve Fox
Rating: giallo
Ship: no


B - Bersaglio


Il ragazzo sorrideva, mostrando una chiostra di denti bianchissimi, da divo del cinema.
Di tanto in tanto, si passava una mano tra i capelli biondissimi – dello stesso colore di quelli di sua madre – quasi si sentisse a disagio davanti a quella moltitudine di microfoni che i giornalisti affamati gli spingevano vicino alle labbra.
La pelle bianca delle guance arrossiva e lui si tirava indietro, imbarazzato, si sfregava un braccio muscoloso.

Persino da lassù, dalla finestra dove Nina mirava con il suo fucile da cecchino, era possibile sentire il vociare eccitato della folla.
Steve Fox era una celebrità, un pugile adorato sia dagli spettatori che dai giornalisti. Non dava scandali ed era sempre impeccabile sul ring.

Uguale alla madre.

Nina Williams poggiò l'indice sul grilletto, sfiorandolo. L'avrebbe colpito? L'avrebbe ucciso?
Lei non mancava mai il bersaglio e il suo bersaglio da mesi era Steve Fox, suo figlio.

Il lavoro è lavoro, pensò Nina e premette il grilletto.

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Capitolo 3
*** C - Café-society ***


Autrice: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Lili Rochefort
Ship: accenno di Shoujo-ai
Rating: verde-giallo

C - Café-society


Café-society: il bel mondo, persone che frequentano i luoghi alla moda. (Zingarelli Minore)

Lili Rochefort sollevò il bicchiere di prosecco e accavallò le gambe, accomodandosi meglio sulla sedia di vimini imbottita. I suoi occhi azzurri, graziosamente contornati dalla matita rosa, vagarono lungo l'acqua cristallina che riempiva la piscina olimpionica dell'hotel dove soggiornava.
Un po' di relax era proprio ciò di cui aveva bisogno dopo aver passato il turno. La qualificazione al Torneo era sempre più vicina.

Il Torneo.

Lili affilò lo sguardo, riducendo gli occhi a due fessure. Nonostante il piacevole panorama e la brezza gentile del pomeriggio primaverile, una strana tensione pervase il corpo della ragazza. Asuka Kazama, ci rivedremo presto. Spedire il suo bel sedere a terra era l'obiettivo principale di Lili.

Per il momento, si sarebbe limitata a godersi il tempo che le restava prima del prossimo incontro nel modo che preferiva: afferrò l'Iphone e cominciò a cercare le recensioni dei vari ristoranti e locali all'ultima moda.

Niente "10 cose da visitare assolutamente a Kyoto", Lili non era una turista qualunque.
Potrei comprarlo quello stadio dove ho combattuto!, pensò, con una punta d'indignazione mista ad alterigia. Insomma, aveva appena riservato un tavolo privato nel famoso ristorante "Misoguigawa" per la sera stessa! La receptionist le aveva cortesemente ricordato che bisognava prenotare con almeno cinque giorni d'anticipo ma, povera ingenua, non aveva minimamente idea di chi si trovava dall'altro lato della cornetta...

Sorseggiò soddisfatta il calice di prosecco, beandosi all'idea della serata che l'aspettava mentre, sicuramente, Asuka Kazama al massimo sarebbe andata a prendersi un economicissimo caffè da poveraccia qual era. Purtroppo il caffè si beve in compagnia e il pensiero di Asuka Kazama in compagnia di qualcuno... Lili strinse le dita con forza attorno calice, l'unghia fresca della "Iced Manicure" ticchettò nervosamente sul vetro.

Il pensiero di Asuka Kazama insieme a qualcun altro l'agitava, le faceva stringere lo stomaco in una morsa dolorosa, simile a quella che aveva provato quando il suo avversario le aveva vibrato un potente calcio, piazzandole la suola della scarpa nel basso ventre con estrema precisione.
A Lili era parso che lo stomaco si stracciasse.

Ingollò quel che restava del prosecco e si alzò con stizza dalla sedia. Doveva liberare la mente dall'immagine di Asuka Kazama per cui si diresse verso il casinò. In fondo, lei era monegasca – non francese come dice quella brunetta antipatica! – e avrebbe potuto gestirlo un casinò.

Dalla tasca degli eleganti jeans bianchi estrasse il portafoglio. La cifra sulla carta di credito doveva ammontare più o meno a un numero con quattro zeri: per un pomeriggio di gioco, poteva bastare.

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Capitolo 4
*** D - Delirio ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Jinpachi Mishima
Missing Moment
Ship: no
Rating: giallo


D - Delirio


Enclosed in a shrine
locked away inside my mind
I walk in the darkness and neon lights
delirium will take me away
Lacuna Coil - Delirium


Catene arrugginite.

Nessuna finestra.

Polvere ovunque, persino sulla sua pelle.

Sbarre consumate dal tempo e dalle intemperie davanti agli occhi pieni di cataratta e velati dalla vecchiaia di Jinpachi Mishima.

E poi c'era il buio, dove ogni tanto una voce rideva, una risata leggera e trionfante, sensuale e seducente, un rollio potente e mellifluo.
Jinpachi le urlava di andare via, di lasciarlo in pace che aveva già sofferto abbastanza, ma era inutile.

Non poteva cacciare via l'intoccabile.

Ogni sera Jinpachi pregava di morire perché non sopportava più quella voce. Nemmeno gli pesava la prigionia, sebbene il pensiero di essere stato gettato lì da suo figlio come un sacco di immondizia lo uccideva; era la voce che lo terrorizzava, era la voce che faceva rotolare sulle sue guance rugose lacrime grosse quanto gocce, era la voce che lo faceva urlare come un bambino in preda agli incubi.

Jinpachi Mishima sapeva che il destino che gli si spianava davanti era ben peggiore della morte perché con essa tutto finisce.

Con quella voce, invece, nulla sarebbe mai finito.


N/D: Jinpachi mi fa tanta pena :( è uno dei motivi per cui non mi sta tanto a genio quella svolta da eroe che danno a Heihachi nel 7. Insomma, rinchiudere il padre in una prigione sottoterra non è proprio da buoni. Ho immaginato questo momento che nel 5 viene solo accennato... anche se ora c'è un'altra ff che l'ha descritto ;) (pubblicità subliminale)
Mi dispiace vedere che l'unico Mishima veramente decente non sia minimamente considerato :(
Baci, Angel.
P.s. ascoltate la meravigliosa canzone deo nostrani Lacuna Coil <3

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Capitolo 5
*** E - Elettroshock ***


Nome: Angel Texas Ranger
Personaggi: Hwoarang, Devil Jin
Rating: giallo-verde
Ship: lol
Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP con il prompt 16. "Smettila di andare avanti e indietro, mi fai venire il mal di mare!"
Fandom: Tekken



E - Elettroshock


Repeat the words until they're true
Cover my eyes electric blue
Arcade Fire - Electric Blue


Uno spettacolo della natura.

L'elettricità riempì l'aria.
Scariche bluastre illuminavano il cielo ricoperto di minacciose nuvole cariche di pioggia, il sibilo della scossa ancora echeggiava con il boato di un tuono.

Hwoarang indietreggiò, sbalordito, le braccia ancora sollevate a parare l'energia scatenata dall'uppercut che fortunatamente aveva schivato, il corpo al tempo stesso intorpidito ed eccitato da quell'elettroshock.
Il sangue sembrava scorrergli più velocemente nelle vene, il cuore battergli al ritmo dei tuoni nel petto.
Il suo sguardo seguì la traccia che le scariche avevano lasciato dove poco prima il possente braccio del suo avversario aveva eseguito la meravigliosa mossa; il tempo stesso era cambiato, reagendo alla potenza dei fulmini. L'umidità era alle stelle.

Quando si dice "elettrizzante", riuscì a pensare Hwoarang con una punta d'ironia, prima che i suoi occhi scuri incontrassero quelli bianchi cerchiati di nero del demone. Illuminati dal bagliore dei lampi, questi scintillavano come fari nel buio della notte.

Iniziò a piovere più forte. Gocce d'acqua rotolarono lungo il corpo scolpito del mostro, accarezzandolo. Sulle sue labbra piene aleggiò un sorriso talmente sensuale che l'aria parve surriscaldarsi — o forse è solo l'effetto dell'elettricità, si convinse Hwoarang.
L'essere doveva aver percepito l'effetto che aveva fatto su di lui perché ghignò con arroganza e la sua voce tonante fece vibrare Hwoarang.

Un altro rombo scosse la terra.

Il demone sollevò la testa per annusare l'aria e un'espressione soddisfatta gli illuminò il viso. «Lo senti, umano?» chiese in un sussurro, mentre osservava lo spettro di alcuni fulmini che annunciavano lo scatenarsi di un violento temporale. Nei suoi occhi balenavano i mille riflessi violacei e azzurri delle saette. Pareva comunicasse con esse o forse era tutto il contrario.

Folgorato, Hwoarang avrebbe voluto risponde che sì, lo sentiva, e invece sbottò «Che cazzo dovrei sentire?». Tanto per darsi coraggio, rincarò la dose. «La pioggia? I tuoni? Non c'è bisogno di essere Thor per sentirli, coglione»

Il sopracciglio scuro e folto del suo avversario s'inarcò. «Insolente. So che menti» affermò. Allargò un braccio, gettando leggermente la testa all'indietro quando delle volute di elettricità lo avvolsero. Fissò lo sguardo iridescente su Hwoarang e, scoprendo i canini affilati in un sorriso vanaglorioso, sferrò un nuovo montante.

Cazzo, è asfissiante. «La smetti di giocare al dio dei fulmini ? Me lo ricordavo biondo e figo, non moro e stronzo!» ululò Hwoarang per sovrastare lo scrosciare della pioggia e lo schianto dei tuoni.

Il demone scoppiò a ridere, in uno scintillare di denti bianchissimi da vampiro. «Dio dei fulmini ? Questa mi piace.»

Hwoarang sollevò gli occhi al cielo. «Cretino, hai almeno visto un film della Marvel?» commentò. «Sei solo un piccione radioattivo che ha preso la scossa!»

Dalla gola del mostro sgorgò un ringhio che fece indietreggiare Hwoarang; poi, stranamente, rise di nuovo. «Sei divertente, umano. Continua» disse.
La sua voce era profonda e inconfondibilmente maschile ma il suo giapponese suonava strano alle orecchie di Hwoarang: era venato da un accento che non aveva mai sentito. Calata tipica della città di Girone degli Stronzi, in provincia di Inferno dei Cornuti Volanti.

I vestiti si erano completamente inzuppati e ciuffi di capelli rossi gocciolanti si erano attaccati alla fronte. Hwoarang tossì; era cosciente del fatto che avrebbe pagato caro il balletto in mezzo a quella tempesta.
Anche il mostro era stato investito dall'acqua ma gli donava un aspetto glorioso.

«Ti risparmierò se mi prometti che anche la prossima volta mi distrarrai un po'» propose il demone. L'elettricità aveva finalmente smesso di scaturire dal suo corpo e ora appariva rilassato. Mi ha scambiato per il giullare di corte? Scusa ma l'animazione non ha mai fatto per me. I suoi occhi bianchi continuavano a seguirlo come un predatore ma almeno l'aveva piantata con quell'insopportabile montante.

«Io ti risparmierò se porti via il tuo culo pennuto, Kazama horror di serie B. E piantala di andare avanti e indietro con questi pugni, mi fai venire il mal di mare!» ribatté Hwoarang, piazzandosi i pugni sui fianchi muscolosi.

Ebbe la soddisfazione di veder balenare un lampo di confusione negli occhi del demone, seppur per un breve istante perché la camuffò grossolanamente con un ghigno.
«Sì, sei decisamente un ottimo intrattenimento» affermò gioviale, prima di spiccare il volo verso il cielo nero.

«Il solito fuggitivo!» gli urlò dietro il coreano, lanciando un pugno nell'aria.
Starnutì più volte. «E vaffanculo» borbottò tra sé e sé.
Mentre imprecava vari epiteti di cattivo gusto, il temporale andò scemando fino a quando un arcobaleno si fece strada nel cielo tornato di un celeste sfumato di grigio.
«Addirittura! Qualcuno lassù ha deciso di prendermi per il culo! Questo Torneo mi farà impazzire...» brontolò Hwoarang, voltando le spalle allo spettacolo perché, in fondo, gli veniva molto più facile scappare che restare a guardare.



N/D: come al solito le cose mi sono sfuggite di mano xD. Volevo che questa /oneshot fosse una drabble, un "omaggio" a quella simpaticissima mossa chiamata EWGF che, negli anni in cui gareggiavo ai tornei, diventò la mia croce e la mia delizia. E invece, ovviamente, questa ff si è trasformata in un vaneggio su Devil Jin e sulla volgarità del nostro amatissimo Hwoarang che in realtà ha un cuoricino d'oro. Un applauso a me =_= xD p.s. perdonate lela mie scarse conoscenze di meteorologia xD mi sono informata al massimo xD

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Capitolo 6
*** F - Fratello ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Miguel Caballero Rojo
Ship: No
Rating: giallo


F - Fratello


Un fratello è una spalla su cui piangere, una schiena dietro la quale nascondersi.
Un fratello è una mano che si offre, è la luce del faro in mezzo alla burrasca.
Un fratello è un pugno quando si è troppo deboli per reagire, è un sorriso quando si hanno solo lacrime da versare.
Un fratello è più di un amico.
Un fratello è una protezione.
Un fratello è uno scudo e una spada allo stesso tempo.
Eppure ho fallito miseramente, pensò Miguel tra le lacrime, stringendo forte il cadavere della sorella tra le braccia. II vestito bianco di taffetà era macchiato di sangue e fuliggine: il suo giorno più bello si era trasformato nella sua tomba.


N/D: Miguel è un altro che la Namco ha messo tanto per. Un bel discorsetto con Jin glielo facciamo fare, eh? Chissà, in Tekken 100? =_=

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Capitolo 7
*** G - Ghiaccio ***


Nome: Angel Texas Ranger
Personaggi: Sergej Dragunov, Jin Kazama
Rating: Arancione
Avvertimenti: Violenza
Ship: no
Fandom: Tekken


G - Ghiaccio


Le urla del ragazzo lo lasciarono indifferente.

Il fiotto di sangue che schizzò dalla sua pancia bagnò la divisa di Dragunov.
Avrebbe dovuto lavarla di nuovo.

Il suo sottoposto urlò un'altra volta, la fronte madida di sudore e gli occhi fuori dalle orbite. «Sei tu, ammettilo!»
Dragunov lo ritenne poco professionale. Sapeva che la persona che gli stava davanti era il suo obiettivo. Sapeva anche che, purtroppo, portarlo così ai suoi capi non avrebbe messo la parola "compiuta" sulla sua missione: era ancora in forma umana.

Fece cenno al sottoposto di prestargli l'accetta. Gli occhi del suo obiettivo si spalancarono. Dragunov sapeva che era doppiamente stanco poiché stava combattendo su due fronti: resisteva al Gene Devil e resisteva ai due sergenti della SPETSNAZ.
Prima o poi, sarebbe crollato.

Iniziò a tagliare una vena sul braccio del suo bersaglio. Ancora urla. Dragunov continuò a incidere. Immaginò che avrebbe dovuto non solo sfinirlo ma anche umiliarlo in modo tale da scatenare l'entità che albergava in lui.
Spostò lo sguardo sul marchio del Gene Devil. Ancora, fece cenno al suo sottoposto di porgergli un'altra arma da taglio dentellata. Egli obbedì prontamente. Dragunov la posò piano sul marchio e spinse attentamente affinché ogni dente affilato penetrasse in profondità nella carne.

Qualcosa iniziò a cambiare. Rivoli di energia demoniaca si riversarono dallo squarcio.

Dragunov capì che si stava incamminando nella giusta direzione.

«Perché non smette di urlare?» sbottò il sergente, scosso. Gli tremavano le mani. Dragunov non gli rispose: era concentrato e le urla di dolore non lo avevano mai disturbato.

Rivolse la sua attenzione alle gambe. Gli sfilò i pantaloni e la biancheria. La pelle lievemente abbronzata dagli allenamenti al sole del suo obiettivo si rifletté sul metallo dell'accetta.
«Ti prego» sussurrò questi con la voce arrochita.

Credono sempre che le suppliche scioglieranno Dragunov. Credono sempre e poi non credono più.


N/D: Dragunov è spaventoso. Non sono mai riuscita a guardare fino in fondo il suo ending del 5 con il volume alto.

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Capitolo 8
*** H - Heckler&Koch ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Bruce Irvin
Rating: Arancione-giallo
Ship: no


H - Heckler&Koch


Sfondarono la porta ed entrarono, interrompendo la loro tranquilla e silenziosa cena. La TV era spenta perché non avevano i soldi per pagare le bollette: la mamma diceva che i libri per la scuola erano più importanti.
Il papà si alzò di scatto dalla sedia e si parò davanti alla mamma. Lei però era già corsa a prendere il figlio tra le sue braccia.
Sono ubriachi, disse lei in un sussurro.
La semiautomatica Heckler&Koch VP9 sparò due colpi ben precisi: uno al petto della mamma e uno alla testa del papà.


«Ehi, certo che il vecchiaccio si è impegnato, guarda che roba!». La voce roca dell'americano bianco suona divertita alle sue orecchie.
Bruce solleva gli occhi sull'edificio e non può che essere d'accordo: l'hotel è di gran lusso. Posti come quelli Bruce li aveva solo potuti ammirare da lontano, versando lacrime amare per tutte le stanze di tutti gli hotel che non avrebbe mai potuto visitare.
Ma oggi sono qui. Vincerò questo fottuto torneo perché mi merito il montepremi. Me lo merito, cazzo.
«Dove alloggi, amico?» chiede il bianco, un sorriso sulle labbra rosate. Porta i capelli sistemati in una ridicola cresta bionda e indossa un giubbino di pelle da motociclista. Tipico. Crede di essere uno tosto ma non ha idea di cosa sia una vita dura.
Per altro, solo uno sciocco chiama "amico" qualcuno che ha appena conosciuto e che probabilmente finirà per diventare un avversario.
«Non lo so» risponde laconicamente Bruce. E anche se l'avesse saputo, non gliel'avrebbe detto. Si avvia verso l'ingresso senza salutare.

La canna della pistola danzò davanti agli occhi del bambino.
«A questo sporco stronzetto lo facciamo fuori? Eh?» lo derise il criminale. Il bambino cercò di smettere di piangere ma la pozza di sangue in cui erano immersi la mamma e il papà era così grande, troppo grande...
Cercò di chiamarli; dalla gola uscirono soltanto mormorii rochi.
I cattivi gli fecero il verso. Il piccolo sapeva bene che facevano parte di una gang, tutti in quel quartiere facevano parte di una gang. I ricchi dicevano che era una zona malfamata e avevano ragione.
Gli altri imitarono li capo, un branco di sciacalli.
«Andiamo, sarà più divertente buttarlo in mezzo alla strada. Mangerà la spazzatura» propose uno di loro.
Il cattivo con la pistola sembrò accettare la proposta. Si chinò e gli prese il mento tra indice e pollice. «Crescerai, bimbo» Gli puntò di nuovo contro la H&K poi gliela gettò addosso, spavaldo, sicuro che non gli avrebbe mai sparato.

Avevi ragione, sono cresciuto, pezzo di merda.

Bruce rigira tra le mani la pistola semiautomatica marca Heckler&Koch modello VP9.
Dopo l'assassinio dei suoi genitori, Bruce era cambiato completamente. Gli anni passati in mezzo alla strada lo avevano indurito: non era più un bambino, era un adolescente alto un metro e novanta incazzato con il mondo e con una sete di vendetta vecchia di secoli. Ha soddisfatto la sua voglia di massacrare quegli stronzi? Oh, sì. Può ancora gustare le loro urla, la loro paura, il loro pentimento.
Li ha spediti all'inferno mentre lui è vivo e vegeto, seduto su un letto king size con lenzuola di seta e in più può fare il bagno nella vasca idromassaggio.
Ora è un adulto. Nonostante siano passati quelli che sembrano secoli, se chiude gli occhi, Bruce riesce ancora a sentire il lercio di pipì sul marciapiede dove dormiva da bambino. Riesce ancora a sentirsi piccolo e indifeso ed è proprio per questo che conserva la semiautomatica: per ricordarsi da dov'è venuto e per cosa sta combattendo.


N/D: ho fatto una ricerca e ho visto che NESSUNA storia vede Bruce come protagonista. Considerando che è presente dall'inizio... (o almeno dal 2)... beh... sono andata a ripassarmi la sua storia e, nonostante la trovi un po' stereotipata, è ricca di spunti interessanti.

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Capitolo 9
*** I - Inferiorità ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Anna Williams
Rating: giallo
Ship: no


I - Inferiorità


Inutile che fai tanto la superiore, puttanella. Cosa credi? Che, solo perché papà ti ha piazzato una pistola in mano prima di me, sei più in gamba di me? Quanto ti sbagli!

Io sono una sopravvissuta.

Tu non hai mai vissuto.

Oggi mi sento poetica, vedi?

Sono io la Williams con una fila di ragazzi appresso. Sai come ti chiamano a te? Acida. Asessuata.
Sono io la Williams con i vestiti più belli addosso. Tu ti vesti solo di nero, sembri sempre a lutto!
Sono io la Williams con i voti più alti. Sono io la cocca dei professori.
Sono io la più bella, la più intelligente, la più simpatica tra le due Williams!

Solo che gli altri non lo capiscono.

Io ho la fila perché sono una facile. Tu hai un sacco di ammiratori segreti che però sanno bene di non essere alla tua altezza.
Io mi preparo e mi trucco perché altrimenti non reggo il confronto con te.
Io butto il sangue sui libri e devo lusingare i professori per strappare quel voto che tu ti prendi con facilità.

Questo dicono.

Il problema è che non capiscono un cazzo, Nina. Dimostrerò di essere su un altro pianeta.

E anche tu dovrai accettare che la migliore delle Williams sono io.


N/D: ho immaginato una giovanissima Anna in preda al senso d'inferiorità che cerca di imporsi sulla sorella sforzandosi al massimo. Povera. :( vorrei sapere che morte ha fatto nel 6 visto che nel 7 non c'è.
Besos, Angel

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Capitolo 10
*** L - Lupi ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Unknown, Jin Kazama
Ship: no
Rating: giallo


L - Lupi


Aveva degli occhi grandi così, gialli e assatanati come quelli di un lupo affamato, e un manto bruno, lungo e ispido da randagio. Era di grossa taglia ma dal corpo agile e scattante.
Lei restò immobile, lo sguardo fisso su un punto qualunque che non fossero i grandi occhi selvaggi della bestia. Sapeva cos'era: un inugami, uno spirito dall'aspetto lupesco generato con scopi di vendetta. Doveva essere sfuggito al controllo del proprio padrone se ora si trovava lì. Sembrava già assaporarla con quelle fauci rosse spalancate che rivelavano i canini aguzzi.
Aveva sentito dire dalle vecchie del villaggio che il modo migliore per sfuggire a un inugami era ignorarlo oppure offrirgli del cibo.
Così, sempre avendo cura di tenere gli occhi bassi, diede le spalle alla bestia e si voltò, avviandosi verso l'uscio della porta.
Un ringhio l'avvisò che aveva compiuto un passo falso e si girò d'istinto per frenare l'attacco del lupo; ma era già troppo tardi. Fili di bava colarono sui suoi capelli lisci prima che le fauci della bestia divorassero il mondo.

Diversi anni dopo, durante la finale di un Torneo.

Aveva degli occhi grandi così, gialli e assatanati come quelli di una lupa affamata, e dei capelli bruni, lunghi e ispidi da randagia. Lo spirito lupo che l'accompagnava la faceva apparire più alta di quello che era in realtà. Aveva un corpo agile e scattante. Le labbra rosse erano appena dischiuse a rivelare dei canini aguzzi, piccoli e bianchi come perle.
Jin restò immobile, lo sguardo fisso sul marchio del braccio della giovane donna – o quello che restava di lei. Era identico al suo eppure non sembrava essere posseduta dal gene Devil, piuttosto da un inugami o qualsiasi spirito simile.
La lupa mosse un passo incerto e gli scoccò un'occhiata sospettosa, come se gli stesse prendendo le misure. Evidentemente lo stava analizzando per scovare i suoi punti deboli, pensò Jin.
Era pallida, grigiastra, sembrava malata e debole, con quel viso piccolo, vagamente familiare, su cui spiccavano gli occhi grandi e tondi. Jin sapeva bene che non doveva lasciarsi ingannare dalle apparenze: la "cosa" poteva dare l'impressione di non essere alla sua altezza ma era controllata da uno spirito lupo e il ragazzo era fin troppo consapevole dei brutti tiri che giocava una possessione demoniaca.
Sarebbe stato un incontro tosto.
Il lupo annusò l'aria e lei lo imitò. Era la sua marionetta, realizzò Jin con una punta di dolore e di compassione. La capiva, eccome se la capiva.
«Possiamo evitarlo. Non è necessario combattere» tentò di farla ragionare sebbene fosse probabilmente inutile.
La lupa ritrasse le labbra rosse sui denti, irrigidendo le braccia e inarcando la schiena. Lo spirito dietro di lei risultava molto più minaccioso mentre la manovrava, eseguendo le stesse movenze.
«Puoi controllarlo, puoi sfuggirgli!» la incoraggiò Jin.
Lei ringhiò e scosse la testa, ciocche scure e scompigliate le schiaffeggiarono le guance pallide. Gli occhi gialli roteavano come impazziti e le mani munite di artigli corti e neri graffiavano le braccia magre. Crollò sulle ginocchia.
La possibilità che riuscisse a liberarsi fece aumentare i battiti del cuore di Jin: avrebbe significato che esisteva una speranza, per quanto piccola, anche per lui.
«Forza» ripeté ma la lupa alzò le sue iridi gialle piene di disperazione su di lui e Jin seppe che era finita. Quello era lo sguardo di chi si rende conto che non c'è più niente da fare e non può far altro che annegare nel terrore.
Jin avrebbe voluto urlare per la frustrazione quando notò che anche lo spirito era vittima dell'effetto specchio. Trattenne il fiato. Premette due dita sulla fronte come per obbligarsi a riunire i pezzi di quel puzzle confuso. Se la giovane controllava l'inugami, allora perché non rompeva quel legame malsano? Anche il demone che era in lui reagiva così? I mostri diventavano anch'essi prede delle loro stesse prede?
Poi il tormento della lupa finì.
Smise di ansimare, teneva la testa bruna china e si reggeva carponi.
«Va tutto bene?» chiese lui, tendendo una mano. Nella sua mente suonò un campanello d'allarme che ignorò bellamente. Ora che si trovava dall'altra parte, capiva perché i suoi amici si ostinassero tanto ad aiutarlo: essere aggrediti era meglio che sentirsi impotenti e scappare.
Jin riuscì ad avvicinarsi all'essere, ancora immobile e carponi, abbastanza da sfiorarle le ciocche ispide con la punta delle dita tese.
Improvvisamente, lei gettò la testa all'indietro per emettere un ululato lancinante, scoprendo la gola pallida.
Jin fece un salto indietro, maledicendosi.
La donna – ammesso e non concesso che fosse rimasto un briciolo di umanità in lei – si alzò in piedi, allargando le gambe per mantenere l'equilibrio, e scoprì i denti.
L'incontro era appena cominciato.


N/D: un misto di "La Lupa" di Verga, mitologia giapponese e leggende italiane sui licantropi xD adoro l'esoterismo, gente! Ho omesso l'identità della ragazza perché, nonostante nel TTT2 sia stato reso chiaro che Unknown è in realtà Jun, nel TTT era soltanto una supposizione. Inoltre non volevo che Jun "rubasse" la scena a Unknown e al lupo.
Un bacio, Angel.

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Capitolo 11
*** M - Maschera ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Kunimitsu, Yoshimitsu
Rating: giallo
Ship: no


M - Maschera


Dev'essere una seccatura avere come faccia una maschera.

Le lanci un'occhiata e vedi le sue labbra rosse e piene serrarsi in una linea stretta. Sai che Kunimitsu sopporta tante cose ma la pietà proprio non le va a genio.

È un'ottima ninja tuttavia le ladre non sono ben accette nel clan Manji. Così, decidi di darle una lezione. O, piuttosto, una benedizione. Ti sta simpatica, la Senza Faccia. Quei capelli fulvi combaciano alla perfezione con il suo carattere fiero.
Vuoi la Spada?, le chiedi, agitandogliela davanti. La vedi tendersi, irrigidirsi, pronta a scattare. E allora prenditela.

Con un movimento deciso del polso, fai calare la Spada sulla sua preziosa maschera di volpe.
La spacchi in due metà nette.
La ladra lancia un urlo atterrito, indignato, orripilato e si copre il viso con le mani

Chi porta una maschera tutta la vita finisce per ripudiare la propria faccia.


N/D: tre storie con Kunimitsu. Ecco perché l'hanno cancellata dal Tekken. Peccato perché secondo me era molto interessante. :(
Già alla M! Voglio vedere con la P, la Q, che metto ahahah
Baci, Angel

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Capitolo 12
*** N - Necessità ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Josie Rizal
Rating: verde
Ship: no


N - Necessità


La mamma la stava ancora osservando con aria preoccupata. Il papà scosse la testa e disse: «Non ci siamo proprio. Io a questa la spedisco immediatamente in palestra!»

Fu più forte di lei: il suo labbro inferiore sporse e i suoi occhi scuri iniziarono a riempirsi di lacrime. Odiava quella parte di sé eppure davvero non riusciva a controllarla.
Ecco, che se ne facessero una ragione.

«Credi davvero che praticare le arti marziali la indurirà? In fondo è ancora una bambina... magari ha solo bisogno di maturare» ragionò la mamma.

Le lacrime rigarono le guance di Josie, lasciando una traccia bollente al loro passaggio. Il papà se ne accorse e sbuffò spazientito.

«Smettila, Josie! Sei una piagnucolona! Imparerai a combattere e, magari, ti dimostrerai all'altezza dell'eredità familiare così potrai anche lavorare come professionista» minacciò il padre.

La mamma roteò gli occhi.

Josie ruppe in singhiozzi. Non le piaceva proprio la lotta, non voleva far parte della famiglia se questo significava andare in palestra!

«Ma è proprio necessario?» sussurrò la mamma all'orecchio del papà.

«Sì, è necessario» affermò irremovibile il papà.


Dieci anni dopo.


L'Elite Model Management ora aveva sede anche a Manila, non troppo lontano da dove abitava Josie, oltre che a Milano, Londra, New York, posti che le sembravano lontani galassie.
Aveva preso il bus per arrivare lì invece di andare a piedi perché avrebbe sudato, i capelli avrebbero perso la piega, sulla maglietta bianca sarebbero apparsi degli orribili aloni gialli e dopo... beh, il suo aspetto non sarebbe stato dei migliori.
La sua lunga gamba scura iniziò a tremare e il piede infilato nella scarpetta di tela batté di risposta sul pavimento immacolato della sala d'attesa. Le altre ragazze non le prestarono attenzione: erano anche loro troppo nervose per accorgersi dell'imminente scoppio di pianto.

Ci risiamo, pensò Josie in preda al panico.

Le sue mani slanciate tremavano e il portfolio che stringevano minacciava di stropicciarsi. Le foto che conteneva erano fondamentali per ottenere quel lavoro quindi Josie s'impose di calmarsi.
Inutile. Alcune lacrime caddero sul portfolio, bagnandolo.
È che quel posto era troppo importante.
Dovevano assumerla.
Gli anni si erano permessi di bussare alla porta del papà a chiedergli il tornaconto e la mamma doveva già pensare alla casa e ai figli. Josie era la maggiore: era necessario che portasse la pagnotta a casa.

Alla fine, si era rivelata all'altezza delle aspettative e, contro ogni previsione, le arti marziali erano diventate una passione. Ogni tanto si tenevano dei tornei nazionali e Josie era sempre riuscita a strappare dei buoni risultati oltre che qualche soldino. Quando le chiedevano cosa facesse nella vita, lei rispondeva che era una lottatrice professionista.

Ma non era sufficiente.

Aveva osservato con crescente orrore il papà invecchiare e tremare davanti alle bollette da pagare, con la mamma che gli posava una mano sulla spalla per tranquillizzarlo.
Si era promessa che, appena finita la scuola, sarebbe stata lei a mandare avanti la famiglia.

Trasse un profondo respiro per calmarsi. «Ce la posso fare» disse tra sé e sé.

Improvvisamente, le ragazze s'irrigidirono e drizzarono la schiena.
Dall'altro lato della sala tutto taceva.
E anche quel provino era finito: la ragazza uscì di corsa, sul bel viso un'espressione dubbiosa. Le altre si scambiarono delle occhiate preoccupate: era stata presa o no? Cosa le avevano fatto fare?
I casting stavano finendo, erano agli sgoccioli. Josie fece un rapido calcolo. Il suo cuore mancò un battito quando si rese conto di essere tra le prossime.
Una donna fasciata in un elegante tubino fece capolino dalla porta e diede una rapida occhiata alla cartellina prima di chiamare: «Josie Rizal».

Un tremolio scosse le gambe di Josie. Scattò in piedi rovesciando la sedia: sentì il viso andare in fiamme e sapeva che quello era il preludio di una crisi isterica.

Si schiarì la gola. «Eccomi» esclamò.

Appena la donna le diede le spalle, Josie si asciugò rapidamente le lacrime con il dorso della mano.

Ricordò le parole del papà quando era solo una bambina frignona -beh, lagnarsi era ancora la sua specialità: certe cose non cambiano.

Aveva detto alla mamma che era necessario mandarla ad allenarsi.

Josie drizzò la schiena e seguì la hostess. Ora era necessario che convincesse l'agenzia ad assumerla e il primo passo era proprio smettere di piangere.


N/D: ho scritto che non comprendo l'utilità di Josie nel roster però la tizia ci dà dentro! Insomma, fa due lavori ben prestigiosi (ok, non è detto che lo siano, però...). Qua con la crisi che c'è... xD vabbeh. Non sono molto convinta di questa ff infatti avevo pensato di inserirla nella P (come Piagnucolona) poi ho pensato che nessuno parla del fatto che Josie manda una famiglia avanti da sola.
Mmh.
Kisses, Angel.

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Capitolo 13
*** O - Onore ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Kazumi Hachijo
Ship: accenni di het
Rating: giallo


O - Onore


Kazumi.

Riversa sul letto, Kazumi aprì gli occhi di scatto, atterrita. No, non adesso, dammi ancora un altro po' di tempo, pensò, portandosi una mano al cuore.

No. È giunto il momento. Onora il nome della famiglia Hachijo. Onora il Gene, insistette la voce nella sua testa.

Cercando di controllare il turbinio delle proprie emozioni, Kazumi si accomodò davanti alla toeletta, avendo cura di tenere il mento sollevato, e afferrò i bordi del mobile di legno pregiato così forte che le nocche sbiancarono. Lo specchio le restituì l'immagine di una giovane donna dagli occhi color del sangue.
Nonostante il colore naturale delle sue iridi fosse nocciola, Kazumi non si sorprese: la sua famiglia le aveva spiegato tempo addietro cosa significasse essere scelti per ereditare il Gene del Diavolo, l'onore, i poteri, i sacrifici e i doveri che esso comportava.

Ti prego, implorò Kazumi, consentimi solo qualche altro giorno.

La voce suonò come triplicata nella sua testa, imperiosa e autoritaria. Adesso, Kazumi. Sposarlo era solo il mezzo per conquistare la sua fiducia. Lo sapevi.

Un tremito la scosse e lei rimpicciolì.

Permettimi di... forse ci sbagliavamo sul suo conto, suggerì debolmente Kazumi, mordendosi il labbro inferiore.

Non disonorare il tuo sangue, giovane Hachijo. La voce non sembrava adirata eppure fu automatico per Kazumi ingobbire la schiena per il peso e la vergogna del rimprovero. Le sue mani eleganti abbandonarono il mobile e si posarono composte sul grembo.
Doveva portare a termine il suo compito, non esistevano alternative.

E poi, l'ordine arrivò.

Uccidi Heihachi Mishima.

In cenno di assenso, Kazumi chinò il capo.


N/D: ho cercato di elevare i toni data l'importanza del momento xD ho trovato molto interessante la storia della famiglia Hachijo, per non parlare del gene Devil che viene reputato... mmmh... un onore, ecco, un "giustiziere", qualcosa di positivo, insomma. Credo che in Kazumi non fosse molto sviluppato visto che Heihachi è riuscito ad ucciderla. Oppure è diventato così potente proprio perché si è mischiato con il sangue di Heihachi? Mmmh. Teorie astruse da Mendel.

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Capitolo 14
*** P - Partenza ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Christie Monteiro, Eddy Gordo
Rating: giallo
Ship: accenni di het


P - Partenza


Christie sfoggiava la sua vecchia camicetta hawaiana rossa e gialla – quella che esaltava tanto la sua pelle olivastra – e gli shorts bianchi di cotone: li indossava come gesto di addio.
L'aeroporto pullulava di vita: chi andava, chi veniva, chi piangeva, chi rideva, chi si abbracciava per salutarsi, chi per dare il bentornato, chi girava per i negozi in attesa della partenza.
Christie si guardò rapidamente attorno. Strinse più forte la tracolla della borsetta per il nervosismo e finalmente si decise ad alzare gli occhi sul tabellone che segnalava gli orari dei voli.
Quello di Eddy sarebbe partito a breve. Eppure lui non l'aveva aspettata, non l'aveva salutata; a dir il vero, non l'aveva neppure avvisata. Christie l'aveva scoperto grazie a un messaggio di un loro amico in comune.
Perché Eddy era così sfuggente?
Perché la trattava così?
Negli ultimi due anni, si era preso cura di lei mentre il nonno era in prigione, allenandola, cucinandole, facendole trovare sempre tutto ciò di cui aveva bisogno. Eddy era diventato un pezzo della sua anima ma, evidentemente, non valeva lo stesso per lui.
Andiamo, dove sei?, si chiese Christie, girozolando per il gate. La hostess dietro al bancond la squadrò da capo a piede e lei s'impressionò: la guardava perché le faceva pena? Perché era vestita come una scappata di casa? Perché era sospetta?
Dalle sue labbra carnose uscì uno sbuffo tremolante denso dell'ansia repressa.
Finalmente la sala iniziò a riempirsi. Christie sobbalzava a ogni ragazzo alto e imponente con i dread che scorgeva per poi scoraggiarsi quando vedeva il viso e scopriva che non era quello tanto familiare di Eddy.
Le persone iniziarono a mettersi in fila per il check-in.
Chissà cosa andavano a fare a Tokyo, si chiese Christie. Lei cos'avrebbe fatto lì? Avrebbe visitato i ciliegi in fiore a Kyoto, il famoso e colorato quartiere Harajuku, avrebbe mangiato il sushi. Sarebbe stata una bell'avventura ma non ci sarebbe stato un minuto in cui il sangue non le sarebbe ribollito di nostalgia per la sua terra. Bahia era casa sua e lei davvero non vedeva il motivo per cui avrebbe dovuto partire per sempre.
Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse della mano che si posò sulla sua spalla. «Christie?» la chiamò una voce.
Lei istintivamente sobbalzò e si girò di scatto. Le sue labbra si schiusero quando si rese conto di avere di fronte i lineamenti scolpiti di Eddy. Gli sollevò gli occhiali da sole per scoprire che espressione avevano i suoi occhi.
La sua bocca si piegò in una smorfia di delusione: Eddy non sembrava per nulla sorpreso o esultante.
«Come mai sei qui?» chiese lui, sistemandosi gli occhiali da sole.
Ma perché indossarli in un posto chiuso?, si domandò Christie perplessa. «E come mai tu non mi hai detto che partivi?» ribatté lei, piazzandosi le mani sui fianchi.
Eddy strinse le labbra in una linea severa. «Non rispondere alle mie domande con altre domande, Christie. Non dovevi saperlo, tutto qui. È una questione che devo risolvere per il maestro» la rimproverò.
Christie avrebbe potuto sputare fuoco tanto si stava innervosendo. «Non farmi la paternale! Si dà il caso che il maestro sia mio nonno quindi mi riguarda» sbottò, alzando la voce di un'ottava. Con la coda dell'occhio scorse l'hostess che nascondeva un risolino. Si rese conto di star dando spettacolo ma poco le importava: avrebbe affrontato le conseguenze di quella sfuriata dopo.
«Calmati. Ti stanno guardando tutti. Devi ancora lavorare su quest'aspetto della tua psicologia, Christie. Un avversario potrebbe...»
«Me ne sbatto della psicologia, Eddy! Questo non è un incontro di lotta!» lo interruppe lei, urlando e gesticolando. Sbatté un piede a terra per scaricare la tensione.
Ora tutti i passeggeri dell'aereo avevano palesemente girato la testa verso di lei per osservare la discussione, qualcuno si scambiava sguardi d'intesa; l'hostess ridacchiava sonoramente. Christie poteva quasi leggere i loro pensieri. Non sono una povera sciocca, ribatté mentalmente.
Eddy le posò le mani sulle spalle. «Ora devo andare» tagliò corto semplicemente.
Si diresse verso la fila e, sarà stata la falcata decisa, saranno stati gli occhiali da sole, sarà stato il suo fisico imponente, tutti ripresero a consegnare valigie e documenti e a farsi i fatti loro; l'hostess si diede un contegno.
Christie decise di non avere nessun'intenzione di essere lo zimbello di tutti e stare lì a guardare mentre Eddy saliva su un aereo per Tokyo. Lei aveva fatto tutto quello che era nelle sue possibilità.
«Vaffanculo, Eddy» mormorò tra i denti e gli voltò le spalle, convincendosi di essere stata lei ad aver chiuso la conversazione.


N/D: Prima mi piaceva la EddyxChristie ma ora mmmh mi sono resa conto che è quasi alla stregua di XiaoxJin. Mah. Namco, vogliamo più coppie come Lars e Alisa e meno coppie come questi qua! Su!

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Capitolo 15
*** Q - Qualificazione ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Un po' tutti
Rating: verde


Q - Qualificazione


Julia vuole qualificarsi per proteggere la sua riserva, quella che ha chiamato casa per ben ventidue anni.

Ling Xiaoyu vuole qualificarsi per ritrovare Jin e costruire il Luna Park.

Asuka vuole qualificarsi per vendicare suo padre.

Bob vuole qualificarsi perché ne va della sua vita.

Hwoarang vuole qualificarsi per mostrarsi degno allievo del suo maestro.

Law vuole qualificarsi perché senza quei soldi non può riaprire la sua attività.

Paul vuole qualificarsi per aiutare il suo amico... e per dimostrare di essere il miglior lottatore dell'universo.

Jin vuole qualificarsi per liberarsi del Gene Devil.

Kazuya vuole qualificarsi per spazzare via la sua discendenza.

Heihachi vuole qualificarsi per riprendersi la Mishima Zaibatsu.

Lili vuole qualificarsi per suo padre... e un po' per rivedere Asuka.

Miguel vuole qualificarsi per far soffrire Jin tanto quanto lui lo ha fatto soffrire.

Master Raven vuole qualificarsi perché i suoi sottoposti devono ancora imparare molto da lei.

Nina vuole qualificarsi per portare a termine l'incarico più importante della sua vita.

Anna vuole qualificarsi per dimostrare alla sorella di essere migliore di lei.

E tu, per cosa vuoi qualificarti?


N/D: baaanaaaale ma con la q? Quadro? Qua qua qua? XD

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Capitolo 16
*** R - Ribelle ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Ship: het
Personaggi: Lars Alexandersson, Alisa Bosconovitch
Rating: giallo


R - Ribelle


Il giardino in stile giapponese era splendido, illuminato appena dai raggi del sole invernale. L'aria frizzantina solleticava le guance dell'uomo, ricordandogli che era vivo, nonostante tutto era ancora vivo.

«Nelle tue vene scorre il sangue dei Mishima, Lars-san. E non c'è niente di sbagliato.» cercò di farlo ragionare Alisa, parandosi davanti a Heihachi Mishima. «Non sparare a tuo padre.»

Lars strinse la pistola più forte, facendo cenno all'androide di spostarsi. «Alisa, ti prego. Questo non ti riguarda. Quello non è mio padre, è solo un miserabile tiranno. Il sangue non è che acqua. Trent'anni di vita me l'hanno dimostrato» spiegò, sentendo la vena del collo pulsare. Nonostante tutto, nonostante gli anni di analisi su se stesso, era arrabbiato; con Mishima, con il mondo per quello che stava succedendo. Solo Alisa si salvava in mezzo a quella melma, Alisa che era così buona e innocente eppure così saggia.
La piega che aveva preso la sua vita davvero non gli andava a genio per questo ora si ritrovava a puntare una pistola contro lo sconosciuto che avrebbe potuto chiamare "padre". Lars non era uno che restava a guardare, aspettando che qualche manna scendesse dal cielo: Lars prendeva in mano la sua vita e aveva deciso di essere l'eroe che avrebbe voluto vedere in azione.

Il lavoro come generale della Tekken Force era diventato così il trampolino di lancio per organizzare la ribellione contro la Mishima Zaibatsu. I suoi soldati gli erano fedeli, così fedeli che rischiavano ogni secondo la loro vita per lui.

Loro erano la sua famiglia, non quell'orribile vecchio sghignazzante che gli stava di fronte e non aveva problemi a farsi scudo con una ragazzina.

«Potrai ribellarti alla dittatura della Mishima Zaibatsu ma mai al tuo sangue, giovanotto. Sei un Mishima, per quanto annacquato. Ti dirò di più! Se sei arrivato fin qui, è proprio grazie alla tua eredità» rise Heihachi, guardandolo fisso con quegli occhi neri come la rabbia che inghiottiva Lars, beandosi del suo rifiuto, godendo della confusione che gli poteva leggere in faccia. «Negarlo ti condurrà sullo stesso cammino di quello scapestrato di mio nipote Jin» gli suggerì.

«Taci!» gl'intimò Lars, facendo un passo in avanti.

«Lars-san, aspetta! La tua famiglia non determina chi sei. Sparargli non cambierà che biologicamente è tuo padre. Non sparargli dimostrerà che sei meglio di tutto questo» sussurrò Alisa in un filo di voce, dolcissima, un sorriso gentile e comprensivo a incresparle la boccuccia a cuore.
Gli parlò come si parla agli animali infuriati e spaventati.
Lars scosse la testa ma abbassò la pistola.

Non avrebbe mai voluto deludere Alisa.
Avrebbe ucciso Heihachi Mishima a mani nude.


N/D: mamma mia, che famiglia disagiata. Lars è l'unico che si salva. LarsxAlisa, un unico grande amore. Mi sento Cupido. Svolazzo gioiosa

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Capitolo 17
*** S - Sogni ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggio: Ling Xiaoyu
Rating: giallo
Avvertimenti: Adult!AU
Ship: no


S - Sogni


A sedici anni tutto sembra possibile, tutto sembra alla tua portata.

Non che sognassi molto: un Luna Park e stare con Jin. Né l'uno né l'altra sono diventati realtà.

A sedici anni sognare, più che un diritto, è un dovere: verrà il tempo per aprire gli occhi e sbattere il muso contro il muro che la realtà, ridacchiando maligna, ha eretto di nascosto.

Miharu mi diceva che avrei conquistato Jin prima o poi e, insieme, avremmo diretto il parco giochi più figo del Giappone. Perché, voglio dire, quale sarebbe stato il motivo per cui questo non sarebbe dovuto succedere?

Ma ora di anni ne hai trenta e del tuo Luna Park nemmeno un bullone, nemmeno un cavalluccio bianco e ridente. Di Jin, invece, non ti è rimasta che una foto di gruppo del liceo in cui lui guarda serio l'obiettivo mentre tu cerchi inutilmente di abbracciarlo.

Senza riuscirci, è chiaro.

È troppo distante, esattamente come il Luna Park dei tuoi sogni.


N/D: povera Xiao, campa di sogni, un po' come tutti. Ma lei, come Skipper dei Pinguini di Madagascar, rinnega la Natura e se ne infischia! Seguiamo il suo esempio u.u però, vi raccomando, non stalkerate ragazzi/e misteriosi/e che si trasformano in pennuti

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Capitolo 18
*** T - Tormento ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Fandom
Rating: Giallo
Personaggio: Zafina
Ship: no


T - Tormento


I've been on a bender back to that prophetic esplanade
Where I ponder all the questions
But just manage to miss the mark


Vivere a guardia del maggior pericolo dell'umanità non è esattamente una passeggiata. Zafina osserva il tempio e sbuffa. Perché chiaramente padre e figlio non potevano starsene buoni buoni per i fatti loro, no, per carità.
Traccia con l'unghia smaltata di nero – giusto per rallegrare il mio umore – cerchi sulla sabbia senza senso per ingannare il tempo. «Che facciamo, Azazel? Vuoi che ti legga cos'hanno in serbo le carte per te per tipo... la centesima volta?» chiede sarcastica, sapendo che il mostro non può sentirla. Probabilmente, però, può entrarle nella testa e fregarsi tutti i suoi pensieri. «Che c'è, ti sto tormentando? Sapessi tu... per colpa tua, la mia famiglia si è addossata la tua vigilanza. Quindi ho il diritto di non farti riposare in grazia degli dei» aggiunse, un ghigno di chi già pregustava la marachella.
«Allora...» annuncia, mischiando un mazzo di carte. Inarca un sopracciglio, come in attesa di una risposa da parte del mostro. Nei suoi occhi scuri contornati dal kajal danza una luce dolceamara. Continuiamo a ballare. «Oh oh! Arcano 27. La cosa inaspettata. Rappresenta tutto quello che ancora senza essere notato si fa evidente. Simbolizza lo sviluppo della vita interna che determinerà lo sviluppo della vita esterna. Durante la strada sorgeranno moltissime sorprese, per questo sarà necessario essere molto vigili e svegli, saremo esposti a cospirazioni e tradimenti da parte di persone delle quali non si sarebbe mai sospettato» Zafina ride amaramente. «Indovina chi potrebbe tradirti! Dái, non ti offendere. Ora te ne leggo un'altra...»

Fino alla sera. E poi fino alla mattina successiva. Zafina guardiana, tormentatrice provetta.


Do you celebrate your dark side
Then wish you'd never left the house?
Have you ever spent a generation
Trying to figure that one out?
Arctic Monkeys - Tranquility Base Hotel & Casino


N/D: Io, a confronto a Zafina, sono Lady Gaga

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Capitolo 19
*** U - Utopia ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Rating: Giallo
Personaggio: Geppetto Boskonovitch
Ship: no


U - Utopia


La cosa bella di essere un immigrato è che puoi insultare il tuo boss senza essere compreso.
Ora, però, Geppetto non è più uno straniero e non può più assestare fendenti velenosi in russo, sghignazzando perché i tagli che lasciavano non erano visibili agli occhi dei giapponesi.
Ora Geppetto è tornato a casa, al punto di partenza e, per di più, sa che manca poco alla fine. Alla fine della mia vita o della sua? Si ferma nel bel mezzo del suo bunker di ferro allestito a laboratorio e sospira, desolato. Dai gradi che il tabellino attaccato al muro segnala capisce che è scesa la notte in Siberia. È passato un altro giorno, pensa distrattamente.
A dodici anni gli appiopparono il titolo di "Scienziato del Futuro" e la Mishima Zaibatsu fece di tutto per accaparrarselo. Nel corso degli anni spesi a lavorare per quei pazzi, Geppetto aveva costruito animali cyborg, bracci meccanici e visto esseri umani trasformarsi in demoni.

E ora lascerò mia figlia – o ciò che ne resta – nelle mani dell'erede del sangue maledetto.

Fa scorrere la mano lungo la capsula che contiene il corpo robotico della figlia.
«Mi odierai» sussurra. «Ma forse non a lungo. Forse, nella più perfetta delle probabilità, troverai un modo per non seguire le orme di tuo padre. Forse, se questo Dio in cui non credo decide di ascoltare per una sola volta nella vita l'unica speranza che ho, non sarai un robot obbediente e senz'anima. Forse forse, ti ricorderai la mia voce e saprai che non sei sola, che non sei stata creata con dei bulloni ma con un grande amore. Hai resistito a una malattia devastante...» gli si spezza la voce. Cercando di controllare i singhiozzi, continua «... resisterai anche ai Mishima e ai loro piani perché tu possiedi qualcosa che loro non hanno: l'amore per la vita».

Sua figlia giace immobile. Sembra dormire. Geppetto sa che le possibilità che lei abbia memorizzato le sue parole sono scarsissime. Sospira e si allontana dalla capsula, il passo incerto a tenergli presente l'età che avanza, una macchia sugli occhiali doppi come fondi di bottiglia.
Si accascia sulla sedia di plastica e seppellisce il volto nelle mani nodose perché sa anche che quello che vede lui non lo vede il resto del mondo. Chi mai vedrà in quell'androide una figlia da accudire, un'amica da ascoltare, una ragazza da amare?
Geppetto scuote la testa. Mantenere viva la fiamma della speranza, per quanto fiacca e fredda, è sempre meglio di soffiarci sopra.

In un mondo perfetto, lui avrebbe visto sua figlia crescere, trovare un lavoro all'altezza del suo cervello, magari sposarsi e dargli dei nipoti.

In un mondo perfetto, Alisa non si sarebbe ammalata, non si sarebbe ridotta a un guscio vuoto di microchip e fili, non sarebbe stata costretta a eseguire gli ordini dei Mishima.

Ma il mondo dove Geppetto Boskonovitch aveva buttato sua figlia era tutt'altro che perfetto; era meschino e approfittatore e spolpava vive quelle come Alisa.

«Mi dispiace, figlia mia» è tutto quello che può aggiungere Geppetto.


N/D: secondo me, quando Geppetto progettava Alisa, ha avuto le migliori crisi di coscienza. Me lo immagino isolato dal mondo, in un bunker in Siberia, nel suo camice bianco e gli occhiali a fondo di bottiglia. Menomale che arriva Lars u.u

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Capitolo 20
*** Z - Zelo ***


Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Julia Chang
Rating: verde
Ship: no


Z - Zelo


L’orologio segna le 23 e 58 minuti.

Julia Chang solleva lo sguardo dallo schermo per incontrare il proprio riflesso allo specchio, illuminato dalla luce bluastra del pc. Che aspetto da schifo. I migliori anni della vita, eh?, pensa, sardonica.
Grazie alle nottate passate al computer o ingobbita sui libri, la sua pelle ha acquistato una strana sfumatura verdastra e le sono spuntate delle belle occhiaie violacee che circondano gli occhi nocciola appannati dalle lenti da vista.

La mia vita è un pendolo che oscilla costantemente tra una ricerca e un fallimento, constata, lievemente amareggiata.

Eppure non ha smesso di insistere, non ha messo di studiare e di lottare con le unghie e con i denti – letteralmente – per far sì che il luogo dov’è cresciuta non deperisca.

Io ho un obiettivo e lo porterò a termine, dovesse costarmi tutti gli anni della gioventù, amicizie false, ragazzi stupidi e lavoretti sottopagati presso aziende che non rispettano l’Agenda 2030. Quella riflessione così determinata le strappa un sorriso. Scuotendo la testa, distoglie lo sguardo dallo specchio e riprende a lavorare.

L’orologio batte mezzanotte precisa.


Angolo Autrice: e con questa flashfic si conclude la raccolta (e la sfida). In realtà non so se la Challenge sia ancora attiva...
Chi non comprende Julia? È proprio una che non si arrende. Ci piace. Spero che la Namco le restituisca il giusto ruolo e il giusto spazio che si merita.

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