Radiotaxi di Tetide (/viewuser.php?uid=68483)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
RADIOTAXI - capitolo 1
RADIOTAXI
Disclaimer: I personaggi
presenti in questa storia non mi appartengono, ma sono di
proprietà dell’autrice Riyoko Ikeda, della casa editrice
Shueisha e della Tokio Movie Shinsha. Questa storia non è stata
scritta a fini di lucro, ma con intento esclusivamente amatoriale.
Capitolo 1
E’ un’altra notte di schifo, qui a Parigi.
O meglio sono io che faccio una vita di schifo.
Mi chiamo Alain Soissons, e faccio il tassista notturno. Un mestiere che ti fa vedere e sentire di tutto.
Sì, avete capito bene: di tutto. Perché di notte, per le
vie di una città deserta, ci si sente tutti più soli; ed
allora, anche un perfetto estraneo diventa il miglior confidente ed
amico del mondo, specie se hai bevuto od hai tirato della roba.
E’ questo, in fondo, ciò che sono quelli come me: dei
confessori improvvisati, buoni per uno sfogo lungo il tempo di una
corsa; poi, amici come prima.
Di, notte, questa città così bella mostra il peggio di
sé stessa, come tutte le città, del resto. Gente che si
buca sul lungosenna, passeggiatrici e gigolò da quattro soldi a
Pigalle, gente in cerca di emozioni spicciole, ladruncoli e venditori
degli intrugli più strani sono quello che potete vedere facendo
un giro notturno con uno come me.
E di storie e confidenze, ne ho raccolte sin troppe, da gente che
sembra quasi ipnotizzata da quelle luci giallastre, quando è
seduta su quel sedile là dietro, gente che di giorno non mi
degnerebbe mai nemmeno di uno sguardo distratto, e si limiterebbe ad
allungarmi un paio di bigliettoni dicendomi, schifata “Tenga il
resto”.
Proprio così: il giorno e la notte sono due mondi separati, per
chi è sempre sulla strada come me; voglio dire che di giorno ti
capita il manager che va di fretta all’aeroporto, la famigliola
di turisti in gita che ha perso il pullmann, la coppia in luna di miele
che per tutto il tempo sta a baciarsi sul sedile, infischiandosene
della Tour Eiffel e del Palais Royale; ma di notte, invece, conosci
un’altra umanità, un’umanità tormentata,
sofferente, che spesso non sa nemmeno cosa vuole e dove vuole andare, e
mi chiede soltanto “Facciamo un giro, voglio prendere aria per
non pensare”! E sono questi che si sbottonano con le loro
confidenze: a volte, si tratta di vere telenovele, credetemi. E’
da tanto che faccio questo lavoro, e di storie strane ho avuto modo di
sentirne; ma una storia come quella di quei due, non l’ho mai
più sentita.
Fa caldo, stanotte; dopotutto, è più che normale, siamo ai primi di Luglio.
“Attenzione: Rue de Saint
Germain, 20. Rue de Saint Germain prima, Rue de Saint Germain seconda,
Rue de Saint Germain…”.
C’è una chiamata per me. O meglio, non è detto che sia per me, ma mi trovo in zona, quindi ci vado io.
Le strade sono popolate dalla solita
gente della notte, una massa di derelitti vaganti senza méta,
che stasera è resa ancor più svagata del solito
dall’avvicinarsi del 14 Luglio: guarda quei tizi con la bottiglia
in mano! Sembrano un club, di quanti sono! E guarda quello stalloncello
con la canottiera strappata: non l’ho mai visto qui, deve essere
nuovo della zona; beh, allora domattina si ritroverà al pronto
soccorso di un qualche ospedale di zona! Lascia che lo becchino gli
abitueés del quartiere a fregar loro le clienti…
Arrivo davanti all’indirizzo
indicato; c’è già qualcuno ad attendermi: è
una donna, che non appena mi vede alza la mano. Io mi fermo e la faccio
salire; è bionda, alta, magra e molto bella: in una parola,
è il mio tipo. “Dove andiamo?” le chiedo;
“Dove vuoi” risponde lei.
Riparto e guardo nello specchietto posteriore: vedo che sta piangendo, la faccia a malapena nascosta tra le mani.
“Ehi, signora… non si
sente bene?”, le domando. Quella alza a malapena la testa e mi
guarda, con gli occhi pieni di lacrime.
Io continuo “Non l’avranno buttata fuori di casa, spero!”. Lei ride per un attimo.
“No, certo che no. Nessuno mi ha buttata fuori di casa. Ma credo di essermi appena buttata fuori dalla mia vita!”.
Strane parole, ancor più strane per una donna tanto bella.
A volte la mia curiosità si fa
davvero molesta, ma provate voi a fare la vita di merda che faccio io,
ogni notte solo in questo strazio di macchina e sempre in giro a vedere
merda, e poi vediamo se la signora curiosità non è
diventata la vostra ospite fissa!
“Che è successo? Ha scaricato il suo fidanzato?”.
Lei si asciuga gli occhi e mi guarda, attraverso lo specchietto.
“Ecco,… lui non è
proprio… “il mio fidanzato”. A dirla tutta, non lo
so che cosa è; e la cosa assurda è che non lo sa neppure
lui!”.
Che ca… una roba così non l’avevo mai sentita!
“Scusa, posso chiederti come ti chiami, bella signora?”,
“Oscar. Oscar Françoise”,
“Che?!? Hai… un nome da
maschio? Scusa, non sarai mica un trans?... No, intendiamoci, io non
sono razzista, chiunque sale su questa macchina per me è ben
accetto, tanto siamo tutti sulla stessa barca, in questo mondo di
merda…”,
“No che non lo sono; mio padre
voleva avere un figlio maschio, così quando sono nata mi ha dato
due nomi, uno da donna ed uno da uomo”,
“Ma tu sei donna…”,
“Già. Così pare”. Ha lo sguardo perso nel vuoto.
“E dimmi, Oscar… il tuo uomo non ti vede donna, o che altro?”,
“No, te l’ho già detto, lui non è il mio uomo, signor… signor?”,
“Mi puoi chiamare Alain”,
“Bene, Alain. André non è il mio uomo; non ufficialmente, almeno”,
“Ma tu vorresti che lo fosse, giusto?”, mi giro un attimo verso il sedile posteriore.
“Io… non lo so!”
sta guardando fuori dal finestrino, c’è una rissa tra
ubriachi. Mi fa pena, con quel viso tanto bello e sconsolato; quasi
quasi la porto dallo stalloncello che ho visto prima, così si
fanno un favore a vicenda: lei se la spassa un po’ e non pensa al
suo… come lo ha chiamato? Ah, sì, André, e quello
evita il pronto soccorso!
“Senti, Alain, posso chiederti una cosa?”,
“Certo, dimmi pure!” adoro quando la gente mi fa le confidenze!
“Ti sei mai innamorato della fidanzata del tuo migliore amico?”,
“No. Mia moglie Diane non ha
mai avuto occhi che per me”. Già, peccato che lei lavori
di giorno, ed io di notte: in pratica, quando rientra lei, esco io!
“A me è successo,
invece. Ho perso la testa per Hans Fersen, il ragazzo della mia
migliore amica, Marie Antoinette!”,
“Come hai detto che si chiama, Fersen? Da dove viene, dall’America?”,
“No, è uno Svedese.
Lavora in uno studio medico qui a Parigi, lo stesso studio dove la mia
amica è cliente: è così che si sono
conosciuti”,
“Capisco”.
Lei sospira, poi riprende.
“Ed un giorno lo presenta a me
“Questo è il mio fidanzato, Hans”!, mi dice; ed io,
invece di essere contenta per lei, provo subito una fitta di invidia
perché lei è riuscita a trovare un uomo tanto bello ed
attraente, mentre io, con questo nome da uomo che mi ritrovo, non ho
mai nemmeno preso in considerazione l’idea di fidanzarmi, e credo
che anche gli uomini la pensino altrettanto nei miei confronti.
Così, poco a poco, ci perdo la testa, per quello, ed una sera,
in discoteca, finalmente mi vesto da donna e vado ad abbordarlo, dato
che lei non c’è, è via per lavoro. E sai cosa ha
fatto quello? Nemmeno mi ha riconosciuta! Mi ha detto solo che gli
ricordavo una persona della quale è molto amico, e nulla
più! Io ci sono rimasta di schifo, mi sono sentita male, ed
è stato allora che lui mi ha riconosciuta. Ma io non gli ho dato
il tempo di parlare: me ne sono andata di corsa!”,
“E André che c’entra in tutto questo?”; lei sospira di nuovo.
“André è
l’unica persona che mi conosce davvero: siamo cresciuti insieme,
dato che lui era il figlio dei miei vicini quando abitavo ad
Arras; abbiamo fatto sempre tutto assieme: non eravamo due persone
diverse, ma un’anima sola. Ci leggiamo nel pensiero, da sempre,
ognuno interpretando i pensieri dell’altro: André è
l’altra parte di me stessa… o forse dovrei dire
“era”!”.
Adesso appoggia la testa sul braccio
appoggiato al sedile anteriore e piange di nuovo; io infilo la mano nel
box dal lato del passeggero, tiro fuori un fazzoletto e glielo porgo.
Stiamo attraversando Pigalle,
c’è la solita folla in giro: signore e signori, ecco a voi
il popolo della notte di Parigi! Ecco là i miei colleghi Gerard
Lassalle e Isabelle Du Barry: il primo sta aprendo l’ennesima
stecca di sigarette, per comprare la quale si sarà venduto la
casa, sicuro! Già una volta, ha venduto l’orologio, regalo
di fidanzamento della sua ragazza, per comprarsene uno.
Quanto a lei, invece, le cose stanno
diversamente: Isabelle è molto raffinata per essere una tassista
notturna, forse troppo raffinata: gira sempre in pantaloni di raso blu
e camicia di seta: noi la chiamiamo “la contessa”,
poiché sembra tanto diversa da noialtri! Però non
è scema: dato che
è una donna e che alcuni clienti ubriachi ci hanno provato
più di una volta, tiene una pistola nel box, dove io ci tengo i
fazzoletti. Chiamala ingenua, la ragazza!
E là c’è il Pure
Plaisire, il locale dove lavora Saint-Just; ecco un altro dei miei
amici che stanno sempre “sul confine”: fa lo
spogliarellista in quel posto per sole donne arrapate; e
all’occorrenza, arrotonda lo stipendio facendo anche
dell’altro in camerino. Dice che le clienti sono sempre state
molto soddisfatte e tornano tutte; chissà se è vero o se
esagera un po’… da quello che mi ha raccontato, quelle
posizioni sono degne d’un contorsionista Cinese! Magari gli
lascio Oscar per un po’, così me la tira su…
Intanto, lei ha finito di piangere e di soffiarsi il naso. “Va meglio?” le chiedo.
Lei annuisce. “Scusa, sai, ma se non mi sfogo un poco, scoppio”,
“Figurati! Sfogarsi con un
perfetto estraneo è la cosa migliore che ci sia! I tassisti di
notte siamo fatti apposta per questo!”.
Lei ride, e rido anch’io. Quantomeno, sono riuscito a sollevarla un po’.
“André ed io non ci
siamo mai lasciati: abbiamo condiviso tutto. Ci siamo anche iscritti
all’Accademia di Polizia assieme. Così, quando mi è
successa questa brutta cosa, lui è stato il primo a
saperlo”,
“E come l’ha presa?”,
“Malissimo: voleva andare a
rompergli il naso, a quello! “Ma come si fa a non accorgersi che
tu sei una donna?” ha gridato “Io lo vedo sempre, anche
quando sei in divisa, anzi forse è allora che lo vedo di
più. Sei una donna come si deve, con carattere e carisma, non
una di quelle stupide bamboline da discoteca in minigonna che si fanno
sbattere da quello che ha il portafogli più pieno! Quelle sono
dei manichini!” Non lo avevo mai visto tanto arrabbiato in vita
mia”.
“E lo ha fatto?” chiedo io,
“No, ma poco ci è
mancato: un giorno, Hans è venuto in caserma, e mi ha detto che
non si era mai accorto di “che donna meravigliosa io
fossi”, ma mi ha chiesto scusa perché lui era molto
innamorato di Antoinette, e non ci pensava nemmeno a farsi una sveltina
in sua assenza, nemmeno con la sua migliore amica. A me sono salite le
lacrime agli occhi: “Ah, è così che mi vedi? Come
un tipo da sveltina?” Non avrebbe mai potuto amarmi, e questo mi
ha riempito il cuore di amarezza: l’unica volta che avevo voluto
combinarmi da donna per qualcuno, proprio come donna, quel qualcuno mi
mortifica! Sono scappata via per non farmi vedere piangere, ma
André ha visto tutto e stava per spaccargli la faccia; solo io
l’ho fermato, certe scenate non si addicono a dei poliziotti!”.
“Scusa se ti interrompo, Oscar,
sai, ma il tassametro ha già superato i cento euro… mi
vuoi affittare come autista personale, per caso?”,
“Cosa??? Oh, accidenti, ho solo
cinquanta euro in portafogli!! Vabbé, dài, siamo quasi
vicino a casa di mia sorella Rosalie, lasciami pure là, è
la prossima a destra. Intanto, eccoti i cinquanta; il resto te lo
darò la prossima volta, se mi lasci il tuo numero”,
“Lascia stare, va bene
così. Comunque, eccoti il mio numero, per ogni evenienza: sai,
caso mai ti venisse una crisi depressiva notturna… puoi sempre
chiamare lo zio Alain per una seduta psicanalitica on the road!”.
Lei ride di nuovo, prende il
biglietto che le porgo, poi scende e mi saluta. Io la guardo
allontanarsi: accidenti, che donna notevole! Spero che mi richiami,
voglio proprio sapere come va avanti ‘sta storia!
**********
Questa sera non ho ancora accompagnato nessuno; strano, eppure è Sabato!
Quasi quasi mollo tutto e vado a farmi una birra con Gerard Lassalle…
Un momento… la radio sta
ronzando… c’è un messaggio per me! Qual è
l’indirizzo? Rue de Saint Germain, 20? Ma… è
l’indirizzo dell’altra volta! E’ lei! Oscar
Françoise!
Salto in macchina e vado di corsa: non vedo l’ora di conoscere gli ultimi sviluppi di quella storia così strana!
Arrivo all’appuntamento, ma stavolta le donne sono tre: la “mia” Oscar ed altre due.
“Ciao Alain”, dice lei salendo in macchina “Ti presento mia sorella Rosalie e Jeanne, un’amica”,
“Buonasera a tutte! Dove vi porto?”,
“Loro due alle Folies Bergeres: oggi è il compleanno di Rosalie, sai, e vorrebbero festeggiare!”,
“E tu?”,
“Resto con te e facciamo un giro”,
“O.K.”. Riparto.
Le due ragazze non sono male, la
bionda è abbastanza carina, anche se ha un’aria un
po’ smarrita; la bruna, invece, è molto bella; si accende
quello che ha tutta l’aria di essere uno spinello.
“No, ragazze, chiariamo una cosa: niente fumo qua dentro! Chiaro?”,
“E dài, bel
giovanottone! Una sola canna, piccola piccola! Cosa vuoi che
sia?”; è piuttosto intraprendente, la mora! Mi sta
accarezzando sul collo!
“Mollalo, Jeanne, dài!
Sei completamente strafatta, stasera!”, meno male che
c’è Oscar a difendermi!
“E lasciami in pace! Avrò pure il diritto di divertirmi un po’ anch’io, oppure no? Non voglio dover sempre pensare a quello stronzo di Nicholas!”.
La mia solita curiosità fa capolino “E chi sarebbe questo Nicholas, se è lecito?”,
“Il suo ragazzo: la tradisce,
ed hanno litigato. Mia sorella Oscar le ha detto di lasciarlo, ma lei
non ne vuole sentire!”,
“E già! Sei fatta pure di lui, Jeanne!”: la saggezza spiccia di Oscar mi piace davvero.
Arriviamo alle Folies Bergeres e
faccio scendere le due; “Ciao, e divertitevi!”, dice Oscar.
Chiude la portiera e ripartiamo.
Io non perdo tempo “Allora? Come va con André e lo Svedese?”,
“Ehi, piano, piano! Cosa ti dice che voglia parlartene?”, si è appoggiata allo schienale del mio sedile.
“Beh, hai detto che venivi con me… seduta on the road, ricordi?”,
“Hai ragione! Ho proprio bisogno di parlarne con qualcuno! Innanzitutto, André non è il mio uomo”,
“Questo lo sapevo già!” rido io,
“Però si è
comportato come se lo fosse: quel giorno, dopo che il suo turno era
finito, è andato sotto casa di Hans, lo ha aspettato e gli ha
gridato in faccia di avermi ferito ed umiliato con le sue parole”,
“E tu come lo sai?”,
“Me lo ha raccontato lui”,
“Scusa, ma allora perché l’altra sera stavi piangendo?”,
“E’ questo il punto:
vedi, Hans mi ha fatto male, molto male, dopo che mi ero combinata da
donna per lui, e non lo avevo mai fatto prima per nessuno, e dopo
quella sera in discoteca avevo deciso di non farlo mai più per
nessuno. Ma quando André è venuto da me, dopo avere affrontato
Hans, mi ha detto che stavo facendo un errore a mortificare me stessa e
la mia femminilità per uno che non mi meritava. Mi ha detto:
“Una rosa sarà sempre una rosa. Non potrà mai
essere un lillà!”. Ed io ci sono rimasta di merda!”,
“Belle parole, ma… che vogliono dire?”,
“Che sarò sempre una
donna, anche se a causa di Hans volevo smettere di esserlo. Ed allora
sono andata completamente nel pallone, non ho capito più niente
della mia vita e sono scappata via da André”,
“E’ stato quella sera?”,
“Sì, esattamente”.
La guardo. “Ma mi sembra che tu oggi stia meglio! O sei solo fatta come la tua amica?”.
Lei ride in quel modo cristallino che
mi piace “No, non ti sbagli! Ma dall’altra sera sono
successe molte cose”,
“Quali cose?”,
“Ehi, pensa a guidare, O.K.?”,
“D’accordo, io guido. Tu però parla! Altrimenti, che seduta è?” scherzo io.
Lei si passa una mano tra i capelli “E’ che non ci sto capendo più niente!”,
“Di André?”,
“No, di me. Lui mi ha detto di
vedermi come una donna, e questo mi ha fatto piacere, ma perché?
Lui è il mio amico, il mio fratello, la mia ombra! Perché
pensare che lui mi vede come donna mi fa stare tanto bene?”.
Sta riprendendo fiato “Forse mi sto facendo troppi film!”,
“O forse ne sei innamorata inconsapevolmente!”.
__________________________________________________
E finalmente, eccola qua, la mia prima fic su Lady Oscar!
Ninfea 306: che te ne
pare? Lo so che non è bella come le tue, ma abbi un po’ di
comprensione per una principiante… Quanto alla one-shot…
spiacente, ma non ce l’ho fatta a condensare tutta la storia in
un capitolo soltanto! Però prometto di non farla troppo lunga,
almeno questa prima!
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
RADIOTAXI- CAPITOLO 2
CAPITOLO 2
… E vai, e vai, e vai!!! Questo 14 Luglio sarà da ricordare: mitico!!
Innanzitutto, mi sono preso la serata libera, mentre Flannery mi
sostituiva: tanto lui è Irlandese, e dell’anniversario
della presa della Bastiglia non gliene può fregare di meno!
Quindi, ho preso mia moglie Diane (che per l’occasione era anche
lei in libertà) e ce ne siamo andati a far casino in Place de la
Bastille. Capirai che pensata originale: c’era tutta la
città!
Certo però che un casino come questo non l’ho mai visto,
nemmeno gli anni scorsi: gli ubriachi fradici erano una marea, per non
parlare degli strafatti!!!
In mezzo a quella bolgia infernale, però, ho avuto modo anche di
fare un incontro gradito: c’era lei, Oscar Françoise,
assieme alla sorella e ad altre tre persone.
Una era una ragazza bionda, vestita con abiti firmati ed una vistosa
collana al collo; era accompagnata da un tizio coi capelli castano
chiaro e gli occhi azzurri di gran bell’aspetto, che aveva tutta
l’aria di essere straniero; infine, un altro ragazzo di
bell’aspetto, moro, alto e con gli occhi verdi: mi sa che
quest’ultimo doveva essere il suo André, dato il modo in
cui lo abbracciava!
Una cosa è sicura: non l’avevo mai vista vestita a quel
modo, prima. Mai! Portava un top azzurro molto scollato, una gonna a
balze all’altezza del ginocchio ed i capelli sollevati con un
diadema: ammazza, che femmina!!! Avrei tanto voluto essere al posto del
figaccione moro!
Quanto a lei, sembrava assai più rilassata rispetto alle ultime
volte, rideva ed abbracciava sia il moro che la sua amica; anche verso
l’altro tizio, quello castano, sembrava molto bendisposta: mah,
sarà l’aria dell’estate…
Intanto, io e Diane ci siamo divertiti un casino: abbiamo incontrato
anche Lassalle e la Du Barry, che pare che ora si sia messa insieme ad
un professore di liceo, un certo Bernard… Chatelet, credo!
Abbiamo bevuto birra e cantato la Marsigliese, poi, a mezzanotte,
abbiamo visto i fuochi d’artificio sulla Tour Eiffel, anzi siamo
saliti sulla torre per vederli meglio; poi ce ne siamo andati in un
bistrò a mangiare qualcosa; morale della storia: siamo rientrati
a casa alle sette della mattina!
Il mattino dopo, sia io che lei avevamo un mal di testa da competizione: menomale che ci eravamo presi la giornata libera!
**********
E rieccomi qui, un’altra notte d’estate a Parigi!
Certo che questi turisti Giapponesi cercano le cose più strane:
ne ho dovuti accompagnare quattro a Saint-Antoine, una delle periferie
più malfamate della città! Spero solo che fra
un’ora siano ancora interi. Comunque, una sorpresa piacevole
laggiù l’ho avuta.
Dopo avere lasciato i Giapponesi, giusto mentre stavo per andarmene, sento una voce che grida: “Ehi, ferma!”.
Così pesto il piede sul freno ed immediatamente sento aprirsi la
portiera. Ed indovinate un po’ chi vedo salire dallo specchietto
retrovisore? Il tizio castano dell’altra sera con Oscar!
Non ci posso credere: lei mi riconosce subito e mi dice “Alain? Ma che ci fai da queste parti?”;
allora l’altro dice “Lo conosci?”, e lei “Sì, è un vecchio… amico!”;
a quel punto io chiedo dove vogliono andare e loro indicano il pronto
soccorso dell’ospedale di zona; io mi metto subito
sull’attenti, chiedendomi cosa accidenti sta succedendo, e mentre
guido, cerco di capir qualcosa dai loro discorsi, ma tutto quello
che riesco a capire è che Oscar piange e dice “Il
mio André… il mio André…”, mentre
quello la abbraccia e le dice “Dài, piccola! Vedrai che se
la cava!”. Per il resto, buio totale.
Dunque, arriviamo all’ospedale, e loro scendono; ma non mi va
proprio di lasciare andare via Oscar in quello stato, in fondo sono
diventato un po’ suo amico, no? Così posteggio la macchina
e li seguo dentro al pronto soccorso.
E là dentro li vedo, loro due che parlano con un dottore e
sedute in un angolo la sorella e la ragazza dell’altra sera; il
medico dice alcune parole ad Oscar, e subito lei si calma, allora il
tizio belloccio la accompagna a sedere accanto alle altre due e mi
avvicino anch’io.
“Ehi, Oscar! C’è qui anche lo zio Alain! Si
può sapere a che accidenti di giochetto state giocando
stasera?”.
Lei alza gli occhi e mi guarda “Scusa, non avevo visto che fossi
entrato anche tu. Siediti!” e si sposta per farmi posto.
“Allora? Sto aspettando!” le dico io,
“Stasera è successo di tutto! Qualche giorno fa,
André aveva sentito da alcuni nostri colleghi che a
Saint-Antoine si era aperto un posto nuovo niente male, così
stasera decidiamo di andarci tutti e cinque, io, lui , mia sorella,
Hans e Marie Antoinette. A proposito, questa è Marie Antoinette,
la mia migliore amica”, e mi indica la ragazza bionda e ben
vestita seduta accanto a lei.
“Ciao, piacere!”, dico io,
“Piacere mio!” risponde lei; poi Oscar riprende a parlare.
“Solo che, una volta arrivati lì, non abbiamo trovato il
posto, ma abbiamo trovato due tizi armati di coltello che hanno
cominciato a seguirci e non volevano proprio lasciarci in pace;
così, abbiamo mandato avanti Hans e Marie Antoinette con
Rosalie, ed io ed André siamo rimasti un po’ indietro a
vedercela con loro. Ma quei due bastardi, non appena ci hanno visto da
soli, hanno cominciato a mettermi le mani addosso e a chiedere
insistentemente ad André il portafogli; allora, noi ci siamo
difesi come meglio potevamo, ma André si è beccato una
coltellata nel fianco, e se non fosse tornato indietro Hans a rompergli
la testa a tutti e due insieme a me, non so come sarebbe andata a
finire”,
“Così io e Rosalie abbiamo preso André nella mia
macchina e lo abbiamo portato qui steso sul sedile posteriore”,
aggiunge la bionda elegante accendendosi una sigaretta, “Dato che
non c’era posto per loro…”,
“Io ed Hans siamo saliti sul tuo taxi. E questo è quanto!” conclude Oscar.
“Il dottore che ha detto?” chiedo io,
“Che la coltellata non ha colpito nessun organo e che
André se la caverà con qualche giorno di riposo
qui”.
Io mi sento subito più sollevato e glielo dico “Sono
contento”; vedo che lei mi sta guardando fisso “Posso
parlarti… in privato?”,
“Certo! Andiamo a fumare una sigaretta laggiù”.
Arriviamo in fondo al corridoio e lei si accende una sigaretta.
“Certo che è uno schifo” mi dice “proprio
adesso che avevamo messo fine a tutti quei casini, ci mancava il
delinquente notturno!”,
“Vi siete messi insieme?”,
“Sì, più o meno” risponde lei soffiando fuori
una nuvoletta di fumo; poi si gira di nuovo verso di me “Ho
capito che lo amo, il mio André!”,
“E lo hai capito adesso?”.
Lei tira un’altra boccata, poi dice “L’avevo capito
già da quella sera, quando mi ha fatto capire d’esser
donna; da allora, io ho smesso di farmi tante se… mentali, ed ho
cominciato ad accettarmi per quella che sono, vedendo tra l’altro
che non ci ho perso assolutamente in niente, né sul lavoro,
né nel privato. Poi, ho cominciato a guardare con occhi diversi
colui che aveva aperto i miei, di occhi”,
“E stasera, quando lo hai visto ferito, hai capito che lo ami”,
“Sì, proprio così!”.
**********
Ieri sera ho proprio toccato il fondo!
Nella mia carriera di tassista mi è capitato di tutto, ma mai
che mi venisse requisito il veicolo per guida pericolosa! Quel
Bouillé della polizia stradale è veramente un pezzo di
acciaio!
Eppure, era iniziata come tante altre sere di lavoro: stessa routine, stesso schifo.
Avevo accompagnato un paio di coppie all’aeroporto, anzi era
già la seconda volta che tornavo dall’aeroporto;
quand’ecco che, ad un incrocio, un gran deficiente mi taglia la
strada; io freno di botto e… pam! Quell’altro cretino
dietro di me mi viene addosso! E vuoi che non ci fosse la volante di
turno della stradale, pronta a prendere una solenne multa
all’automobilista sbagliato? Infatti…
Duecentocinquanta euro di multa ed il ritiro immediato del veicolo! Roba da non credere! Ma si può?
Fortuna che in quel mentre è arrivata un’altra macchina
della polizia; e indovinate chi c’era dentro? Oscar ed
André, proprio loro! Erano assieme ad un altro tizio, uno alto
con una lunga coda di capelli biondi e gli occhi verdi, che lei
chiamava “sergente Girodel”; e menomale che sono arrivati
loro, sennò, oltre alla multa, la macchina me la requisivano
davvero! Coraggio, dopotutto non è andata poi così male,
me la sono cavata, per così dire, con “soli”
duecentocinquanta euro…
Così, stamattina vado alla centrale per ringraziarli, e,
naturalmente, Oscar mi prende in disparte per chiedermi un consiglio:
come si farebbe, in questa città, senza lo zio Alain?
“Senti, mi devi aiutare! Lo vedi quello seduto là dentro?”, mi dice,
“Quel bellone che vi accompagnava ieri? Sì che lo vedo”,
“E’ nuovo, arrivato da poco. E già ci prova con me.
André l’ha presa malissimo, non dice niente, ma si vede
che sta male. Io gli ho detto che non c’è niente da fare,
ma quello continua a provarci! E André si incazza sempre
più! Cosa faccio?”,
“Faccenda seria, Oscar. Lasciamici pensare un po’ su”.
Così, ora, mi ritrovo una bella gatta da pelare: ma non si possono abbandonare gli amici, giusto?
Così, ci penso su tutta la notte, mentre accompagno ricconi
ubriachi in giro per locali a luci rosse a Pigalle. Finalmente, alla
fine del turno, vale a dire alle prime luci dell’alba, mi viene
un’idea.
Appena stacco, la vado a dire ad Oscar.
**********
“Roba da non credere! Ed ha funzionato?”,
“Alla grande! Sei impagabile, Alain!”.
Già, chi lo avrebbe mai detto che sarei diventato consulente
matrimoniale? No, qui c’è poco da scherzarci, potrei
benissimo aprire un’agenzia, e lasciare questa vitaccia di merda!
Eh sì, mi sono detto, dato che questo Girodel è il
classico bellone dongiovanni che ci prova con tutte, perché non
fargli conoscere una libera, e che oltretutto avrebbe un gran bisogno
di un uomo? Così propongo ad Oscar di presentargli sua sorella
Rosalie. E indovinate un po’? Colpo di fulmine, da entrambe le
parti! Ora vogliono andare a convivere!
“E a voi due come va?”,
“Benissimo! Abbiamo deciso di pigliarci due settimane di ferie, e di andarcene ad Arras!”,
“Ottima idea! Magari vi accompagno alla stazione”.
E qui finisce la storia. Quei due si sono
decisi, alla fine, a mettersi assieme, con gran gaudio di tutti gli
amici e parenti (me compreso!), ed hanno posto la parola
“fine” alle loro se… mentali; quanto a me, continuo
a fare l’autotrasportatore di derelitti notturno: dopo tutto,
l’idea dell’agenzia matrimoniale non era un granché,
avrei avuto troppa concorrenza! Meglio, molto meglio, continuare a fare
il confidente di una corsa sola!
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