Salvate il ciclope Tyson

di Demigod97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 (di 2) ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 (di 2) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La temperatura dell’acqua era quanto più perfetta si potesse desiderare. Percy non considerava mai questo dettaglio, in quanto era in grado di controllare le correnti a piacere e quindi avere quelle calde sempre nelle vicinanze, ma in questo caso ciò non si rese necessario. Era anche limpida, tanto da riuscire a vedere il fondo qualche metro sotto. Forse non era al mare, forse era in paradiso. O in un sogno. Era andato a dormire? Il semidio non riusciva proprio a ricordarselo.
Una miriade di pesciolini gli nuotavano attorno, seguendo traiettorie a forma di cerchio di diverse dimensioni. La cosa lo fece pensare al sole, con i pianeti che ruotavano attorno, però era comunque molto strana.
Percy si immerse, portando anche la testa in acqua, ma così facendo disperse le creature vicine. Un’altra invece, più grossa delle altre, si avvicinò. Non aveva idea di che pesce fosse, e si vergognò un po’. Per fortuna che suo padre era Poseidone.
“Percy.”
A proposito di suo padre, questa era proprio la sua voce e proveniva dal pesce che si ritrovava davanti. Quindi, a meno che non aveva assunto per errore qualche sostanza particolare che provocava allucinazioni, Poseidone voleva parlare con lui. Non era un bel segno, questo era certo.
“Padre” rispose educatamente, “siamo in un sogno?”
“Beh si, come credevi di essere arrivato qui? Siamo nel bel mezzo del nulla!”
Il ragazzo guardò dietro di sé, dove aveva dato per scontato ci fossero le capanne del Campo Mezzosangue, ma invece non c’era nulla, e lo stesso poteva dirsi per ogni altra direzione. Quel pesce era davvero convincente.
Si fece serio. “Papà, che sta succedendo?”
Sapeva bene che un dio non si scomodava per chiedere come stesse andando il week-end, nemmeno al figlio.
“Tyson… è scomparso.”
“Scomparso?” proruppe Percy. “Come scomparso?!”
“Era andato in missione. Un’esplorazione. Ha insistito perché mandassi lui…” spiegò il dio.
“E tu l’hai lasciato andare da solo?” gridò.
“Calmati, figlio mio” si difese Poseidone. “Non doveva essere pericoloso, il suo compito era cercare una miniera di bronzo celeste. Sai, con la guerra che incombe ne serve sempre di più. Se la missione fosse andata male non l’avrebbe trovata, nulla di più. Non so nemmeno cosa sia successo, per questo devi andare a cercarlo, Perseus. C’è qualcosa che non va. Trova tuo fratello!”
Già alle ultime parole, la voce aveva iniziato ad allontanarsi, dopodiché la corrente iniziò a spingerlo rapidamente indietro, sempre più veloce.
Percy aprì gli occhi e si ritrovò seduto sul suo letto. Impiegò un attimo a connettere e realizzare ciò che era appena successo.
“Tyson” sussurrò, poi si gettò di corsa fuori dalla stanza.
 
Percy sfrecciava sul prato del Campo, ancora vuoto, veloce come poche volte in vita sua. Andava talmente veloce che faticava a stare in equilibro, mentre con la mente pensava già alle parole da rivolgere a Chirone per convincerlo a farlo partire nel minor tempo possibile. Non sapeva in che condizioni fosse il ciclope, la tempestività sarebbe potuta risultare decisiva.
Bussò alla porta e dopo qualche secondo apparve Chirone, troppo rapidamente perché stesse dormendo, e a giudicare dalla stanchezza che traspariva dal suo volto, quella non era l’unica notte insonne che aveva passato. Inoltre Percy sospettava che nei giorni a venire ne avrebbe avute altre, almeno finché la guerra di Crono non fosse giunta al termine.
“Percy, non dovresti essere sveglio a quest’ora.”
“Signore, ho sognato mio padre stanotte, e…”, ma il centauro non lo fece finire.
“Va bene, accomodati.” Chirone, grazie alla sua esperienza millenaria, aveva già capito la gravità della situazione.
Una volta dentro, Percy non perse tempo a sedersi, ma iniziò a parlare subito: “Tyson è in pericolo, signore. Non so cosa sia successo ma… ha bisogno di me ora. Ho bisogno che lei mi lasci andare.”
“Andare dove, esattamente?” domandò il centauro, poi proseguì: “Ho bisogno dei dettagli, ragazzo.”
Il semidio provò quindi a calmarsi, prima di raccontare tutta la storia.
“Come ti ho già detto, stanotte ho sognato Poseidone. Non mi ha detto molto, solo che Tyson è andato alla ricerca di una miniera di bronzo celeste, ma non è più tornato, ne ha contattato nessuno. Mio padre dice che non doveva essere pericoloso, e ciò lo preoccupa.”
“Di questi tempi tutto è pericoloso. Avrei preferito averti qui per affidarti alcuni compiti, ma non fa nulla, incaricherò altri. Tu vai pure, capisco che per te la cosa sia importante. Se ti mandassi da qualche altra parte probabilmente saresti distratto e finiresti per farti ammazzare. Oppure andresti comunque da Tyson.”
 
Il Mare era completamente immobile, nessun segno di movimento. Percy aveva sulle spalle uno zainetto, contenete solo del cibo. Aveva pensato rapidamente a cosa potesse servirgli, e l’unica cosa di qualsiasi utilità che gli era venuta in mente era stata solo quella. Ovviamente avendo Vortice in tasca non aveva bisogno di nessun’altra arma, mentre i soldi gli sembravano parecchio inutili sotto l’oceano. L’unica altra cosa di cui aveva bisogno era il trasporto e di quello se ne sarebbe dovuto occupare suo padre, ma per ora non era ancora arrivato. Il semidio sperava che suo padre gli avesse mandato degli ippocampi com’era solito fare, anche se qualche volta aveva mandato altro, come uno squalo, ad esempio. Non che Percy ne avesse paura, sapeva che nessuna creatura avrebbe osato fargli del male, ma onestamente trovava gli ippocampi molto più simpatici. Almeno non pensavano continuamente al sangue. Sorrise, quasi per sollievo, quando ne vide arrivare due.
Un momento, perché erano venuti in due?
Forse suo padre non sapeva se fosse da solo o no, magari pensava che Annabeth lo avrebbe accompagnato, e se avesse avuto più tempo le avrebbe chiesto sicuramente aiuto, ma nella fretta non aveva avuto il tempo di fare nemmeno quello. E suo padre era un dio, sicuramente sapeva tutte queste cose. Probabilmente il secondo ippocampo era per Tyson, andava pur portato via da dove si trovava dopotutto, qualsiasi posto fosse.
Era già in sella e pronto ad immergersi nel viaggio, ma l’altra creatura era rimasta immobile.
“Coraggio bello, dobbiamo andare!” la spronò Percy.
Quello rimase immobile.
“Credo stia aspettando me, sai noi donne ci facciamo sempre attendere.”
Si girò di scatto e come aveva intuito dalla voce, si trovò davanti Annabeth. La ragazza indossava i classici vestiti del Campo, aveva raccolto i capelli biondi in una coda e portava uno zaino molto simile a quello di Percy. Insomma, era pronta per partire.
“Che ci fai tu qui?” chiese il semidio, con il sorriso che iniziava già ad allargarsi sul suo viso, sospettando la risposta. Non era sveglio quanto la ragazza, ma non bisognava essere figli di Atena per capire perché lei fosse lì.
“Secondo te, Testa d’Alghe?” chiese Annabeth, mentre si avvicinava all’ ippocampo. “Dopo che sei stato da Chirone, è venuto ad avvisarmi. Sa benissimo che non sopravvivresti dieci minuti senza di me.”
“Non sono d’accordo con questo, me la caverei benissimo. Visto che è tutto pronto, si parte!”
Sperando che non fosse già troppo tardi.



Angolo Autore
Eccomi qui, con la mia seconda storia su EFP, a ben quattro anni dalla prima. Spero di aver fatto un buon lavoro.
Prossimo capitolo: Giovedi 13 Settembre. Arrivederci, se vorrete continuare la lettura.
-Matteo

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 (di 2) ***


Cavolo, gli ippocampi erano davvero veloci. Qualche volta, a Percy sarebbe piaciuto sfidarli in una gara. In altri tempi, magari.
Annabeth era al suo fianco, silenziosa. Le aveva raccontato cosa stava succedendo, visto che Chirone aveva avuto giusto il tempo di dirle le cose essenziali, e da allora non aveva più detto nulla, immersa nei suoi pensieri.
“A che pensi?” le chiese Percy.
“Come?” fece la ragazza, visibilmente nel suo mondo. “No, a nulla.”
A Quella affermazione, Percy non rispose. Inarcò semplicemente le sopracciglia.
“No, davvero. Cioè, stavo riflettendo su cosa stesse succedendo, ma onestamente non ho nessuna idea. Non so chi ci sia dietro, né il suo piano, nulla” rispose Annabeth, seccata.
Percy la capiva. Assieme, erano stati fuori dal Campo, nel mondo reale, a compiere imprese innumerevoli volte, e la figlia di Atena aveva sempre qualche idea sulla situazione. A volte ci azzeccava fin dall’inizio, altre la sua idea si evolveva durante il corso degli avvenimenti, ma non era mai troppo lontana dalla verità. Questo spaventava Percy, e non poco.
O la situazione era davvero complicata, il che non era un bene, oppure Annabeth non voleva spaventarlo e considerando le pessime notizie che gli aveva dato nel corso degli anni, era anche peggio.
“Pensi che io c’entri qualcosa, con tutto ciò?” disse Percy, pensieroso. Poi aggiunse: “insomma non voglio darmi più importanza di quanta ne abbia, ma ho parecchi nemici in giro.”
“Credi che il fatto che sia stato rapito proprio Tyson non sia una coincidenza?” domandò Annabeth, curiosa.
“Credo che se qualcuno volesse attirarmi in questo modo, funzionerebbe” disse Percy, serio.
La serietà però, non venne mantenuta dalla ragazza, che sorrise.
“Cosa c’è?”
“Oh, Testa d’Alghe, hai tanti pregi, ma non puoi negare di essere terribilmente ingenuo. Se volessero attirarti potrebbero farlo senza che tu te ne accorga.”
A quella frase, anche se detta quasi in modo dolce, il ragazzo sbuffò e guardò dall’altra parte, quasi offeso, ma non disse nulla. In fondo sapeva che era vero.
Visto che non arrivò nessuna risposta, Annabeth continuò con il suo discorso: “ma ciò non significa che tu possa stare tranquillo. Se sapevano che Tyson seguiva gli ordini di Poseidone, il che è pressoché scontato, visto che si tratta di un ciclope in mare, e gli hanno fatto qualcosa, forse sono in conflitto con Poseidone, e tu come figlio rientri nella categoria degli obiettivi ideali.”
“E credi che sia possibile che mio padre abbia dei nemici nell’oceano?” Percy era stupito.
“Si, credo che ne abbia anche molti. Ma se consideriamo quelli così audaci da affrontarlo apertamente, il campo si restringe moltissimo.”
“Quindi finiremo in trappola anche se non è una trappola. Fantastico, un altro dei miei sogni che si realizza” rispose il figlio di Poseidone, altamente sarcastico.
I due avevano parlato per tutto il tragitto, ma ora erano arrivati a destinazione e le loro cavalcature si erano fermate. Non alla miniera ovviamente, quella non sapevano dove si trovasse, ma quello era il punto che Poseidone aveva consigliato a Tyson come luogo di partenza, e avevano pensato che la cosa più sensata fosse partire da lì.
Gli ippocampi si allontanarono, visto che la situazione poteva diventare pericolosa da un momento all’altro e a Percy non sembrava il caso che loro corressero rischi inutili. Lui e Annabeth invece proseguirono, camminando sul fondo dell’oceano, come se fosse normale. Per lui in effetti lo era, lo aveva già fatto talmente tante volte da non farci nemmeno più caso, ma anche con un’occhiata distratta poteva accorgersi che la ragazza era parecchio stranita dalla cosa.
“Tutto bene?” le chiese.
“Si, solo che è parecchio strano” rispose, quasi meravigliata. Percy immaginava che non molti non figli di Poseidone potessero parlare e camminare in fondo al mare. Per la prima faccenda ci aveva pensato lui, creando una bolla intorno alla figlia di Atena, ma il resto era opera di suo padre in persona. Voleva davvero che il suo fratellastro venisse ritrovato. O forse voleva il bronzo celeste, ma poco importava, le due cose erano collegate.
Anche la visibilità era buona, visto che la profondità non era eccessiva ed era giorno. Una miniera non poteva essere così difficile da trovare.
“Tu che sai tutto, come si trova una miniera?” scherzò Percy.
“Semplice, si sale sul punto più alto” spiegò Annabeth, indicando una sorta di collinetta nelle vicinanze, “e poi ci si guarda in giro.”
“Guarda che era per dire, non volevo una risposta seria” replicò il ragazzo, muovendosi però nella direzione puntata dal dito dell’amica.
Impiegò meno di un minuto per raggiungere la cima, poi si rivolse ad Annabeth, subito dietro di lui: ”la cosa non mi piace per nulla”.
Annabeth annullò la breve distanza che li separava e guardò oltre Percy, capendo ciò a cui si riferiva il ragazzo: la miniera era proprio oltre la collina, in bella vista. Troppo facile da trovare perché Tyson non ci fosse riuscito. Era sicuramente successo qualcosa.
“No, nemmeno a me.”
Ancor prima che finì di parlare, Percy era già partito, di corsa, giù dalla discesa verso la miniera.
“Dove vai idiota?” gridò la figlia di Atena, correndo a sua volta, dietro al ragazzo. “Dobbiamo valutare la situazione e capire se c’è qualcuno all’interno, non possiamo andare così. Fermati!” lo implorò. Percy sapeva che aveva ragione, ma la ignorò completamente, sapendo che forse ogni secondo era decisivo per Tyson. Sguainò Vortice ed entrò, pronto a combattere, pronto a tutto pur di salvare la vita del fratello. Solo che non c’era nessuno da combattere, almeno non in quella parte della struttura.
“Incredibile, ti è andata bene anche questa volta!” esclamò Annabeth scioccata alle sue spalle, avendolo raggiunto.
“Già. Mi aspettavo un bel comitato di benvenuto, ma invece è una bella delusione. Dove pensi che siano tutti?”
“Se non sono nascosti significa che se ne sono già andati. Diamo un’occhiata in giro, ma veloci” ordinò Annabeth, iniziando già a muoversi.
“Ma se loro se ne sono andati come faremo a ritrovarli?” chiese Percy, terrorizzato.
“Una cosa alla volta. Intanto cerchiamo.”
La risposta non lo tranquillizzò per nulla, ma si diede comunque da fare. Salirono e scesero scale per visitare più piani, cercarono in tutte le stanze che trovarono, anche sfondando porte, cercarono anche passaggi fra le rocce, ma nulla. Tyson non era lì, ma non c’era nemmeno nessun’altro.
Aiuto
Percy sbatté le palpebre, ma aveva chiaramente avvertito una voce. Qualche creatura marina, solo loro potevano comunicare con lui in quel modo.
“Di qua” fece ad Annabeth, prima di dirigersi verso la provenienza della voce. Arrivava da un insieme di rocce, che in ombra erano sembrate un pezzo unico e che quindi avevano ignorato, ma che in realtà si rivelarono delle macerie. Percy iniziò a sollevarne una, da solo, credendo, essendo in acqua, di riuscire a spostarla senza problemi, ma quella era più pesante di quanto sembrava e se Annabeth non gli avesse dato una mano avrebbe rischiato una figuraccia.
La creatura sotto le macerie era così libera e Percy poté notare che si trattava di un polipo.
“Che ti è successo? Come sei finito lì sotto? Hai visto un ciclope?” lo incalzò Percy.
Ero semplicemente qui, a farmi gli affari miei, quando un ciclope, uno giovane, ha iniziato a fare a botte con due ragazze. Mentre passavo hanno fatto crollare delle rocce, e ci sono finito sotto. Credo che siano riuscite a portarlo via. Grazie per l’aiuto, comunque, mio signore.
Poi se ne andò.  
“Ha detto qualcosa?” chiese Annabeth.
Percy la prese per mano e iniziò a correre, mentre le ripeteva le parole del polpo. Evidentemente Poseidone non le aveva concesso anche questo dono. Si diressero verso l’uscita ma prima di raggiungere l’altra parte risuonò un boato, seguito immediatamente da un crollo che ostruì la via di uscita. Erano bloccati.
“Che diavolo succede?” esclamò Annabeth.
“Succede che siete in trappola, piccoli semidei. Gli dei non avranno mai il metallo di questa miniera, e il loro esercito combatterà senza armi!”
Entrambi si voltarono all’unisono, per ritrovarsi davanti due ragazze.
“Dov’è mio fratello?” si rivolse loro Percy, minaccioso.
“E io come potrei saperlo?” fu la risposta di una delle due.
“Non saprei, quanti ciclopi rapite al giorno?”
“Ah, il ciclope! Potevi dirlo subito. Non è con noi, le nostre sorelle lo stanno portando via” gongolò l’altra, concludendo il tutto con una inquietante risata malvagia. “Così non andrà in giro a dire dove si trova la miniera.”
Se era vero, allora non erano loro le nemiche che Percy doveva e voleva affrontare. L’ideale era evitare di combatterle, sarebbe stata solo una perdita di tempo.
“Hai qualche idea per andarcene da qui?” sussurrò alla figlia di Atena, attento a non farsi sentire dalle due nemiche.
“Ho intravisto una fessura prima, nella seconda stanza a sinistra di questo livello, ma era in alto e bisogna arrampicarsi per raggiungerla. Non è difficile, ma è del tutto infattibile con queste due pazze alle costole” propose la bionda, con lo stesso tono di voce.
“Bisogna guadagnare tempo, ricevuto” concluse il discorso, lasciando intendere di aver capito. Poi manovrò la corrente verso la ragazza più vicina, sbalzandola all’indietro. Fece lo stesso anche con l’altra, ma il movimento della corrente si arrestò a metà.
“Cavolo Ianira, prova a rimanere concentrata per una volta!” fece quella che era rimasta in piedi.
“Prendi tutto troppo sul serio Admeta. Divertiti un po’ qualche volta” rispose l’altra, che evidentemente si chiamava Ianira. Quest’ultima si mosse verso Percy, che era impegnato nella prova di forza con Admeta, ognuno impegnato nel tentare di direzionare la corrente verso l’altro.
Annabeth affiancò Percy e con il pugnale intercettò Ianira, che altrimenti non avrebbe trovato nessun ostacolo nell’ infilzare Percy.
“Testa d’Alghe, direi che hai appena fatto evaporare il nostro piano di fuga rapida”.
“Pensavo di coglierle di sorpresa, e per metà ha funzionato, quindi niente commenti sarcastici. Stai attenta piuttosto.”
Ma era chiaro che non era questione di attenzione. Dei quattro, l’unica a non avere affinità con l’acqua era proprio la figlia di Atena, che non riusciva a muoversi con la fluidità e l’efficacia degli altri e rischiava seriamente di avere la peggio. Percy rotolò di fianco e tentò di affondare Vortice, ma Ianira si spostò di qualche centimetro, abbastanza da far si che la lama procedette senza ferirla. Poi, con una rapidità impressionante mosse la mano verso i due semidei. Al gesto seguì uno spostamento delle correnti, che sbalzò i due indietro.
“Chi la fa l’aspetti” fu l’esultanza che seguì.
“Voi due potete controllare le correnti! Siete delle Nereidi”. Percy aveva parlato ancor prima di essersi rialzato.
“Cosa? Nereidi? Ti sembra che passiamo il tempo a sbavare ai piedi di tuo padre?!” gridò Admeta, in un misto di rabbia e sdegno.
Guidata da quelle emozioni provò un nuovo attacco e Percy si preparò nuovamente a controllare l’acqua. Aspettò che la distanza fosse davvero minima per non darle il tempo di reagire e poi diede l’ordine, ma stavolta nel senso opposto, quindi aumentò la velocità della ragazza che non riuscì a rallentare e si ritrovò contro la parete. L’impatto sarà pur stato in acqua, ma fu di una violenza tale da farla cadere svenuta.
Ora rimaneva Ianira. Si mosse per affrontarla, ma Annabeth lo fermò.
“Possiamo riuscirci” lo incoraggiò, portandolo nella direzione della fuga. In effetti avevano parecchi metri di vantaggio, che forse potevano risultare pure sufficienti. Solo che quando qualcuno è in grado di controllare le correnti, può farti tornare indietro di parecchi metri. Così si ritrovarono a venir risucchiati verso Ianira, che si stava già preparando a colpirli. Poco prima che ciò avvenisse, però, Annabeth sfruttando la spinta, le sferrò un calcio sul viso on una rapidità per lei impensabile fino a poco prima. Percy, che anche si era preparato a colpire, le sferrò un colpo sul capo con l’elsa di vortice, facendola svenire. La figlia di Atena si piegò sulle ginocchia, per riprendere fiato.
“Coraggio, dobbiamo muoverci” la spronò Percy. “Non resteranno svenute a lungo.”
La fessura era dove si ricordava Annabeth, che la raggiunse con l’aiuto di Percy e poi a sua volta aiutò il ragazzo a issarsi e uscire.
 
Lo squalo mako sfrecciava nell’oceano, senza badare a Percy e Annabeth sulla sua schiena. A Percy continuavano a non piacere gli squali, ma quando Annabeth gli aveva spiegato che quella specie era una delle più veloci dei mari, aveva acconsentito a usarlo come passaggio. Sperava solo fosse abbastanza veloce da raggiungere Tyson in tempo.
“Ma chi erano quelle due pazze?” domandò Percy. La domanda gli frullava in testa da un po', ma all’inizio era talmente stanco da non avere fiato. Era la prima volta che si sentiva stanco nell’acqua del mare.
“Non hai riconosciuto i nomi?” fece Annabeth, con la solita aria da sapientona. “Ianira e Admeta sono due delle Oceanine.”
“Avrei potuto arrivarci anche da solo, a pensarci. Due ragazze che vivono nell’ oceano, come altro potevano chiamarsi?”
“No, Testa d’Alghe. Si chiamano così non perché vivono nell’oceano, ma perché sono figlie di Oceano.”
 

 

Angolo Autore: Eccoci qui, con il primo capitolo vero e proprio, la prima parte della storia. Ho quasi temuto di non riuscire a rispettare la scadenza che mi ero imposto, ma invece ho fatto in tempo. Ho dovuto accelerare ma credo che il capitolo sia pronto. Ci leggiamo nelle recensioni (se vorrete). Buona lettura
Ci rivediamo il 20/09/18, per la conclusione!
-Matteo

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 (di 2) ***


Dell’inseguimento si stava occupando tutto lo squalo. I due ragazzi non erano certamente in grado di rintracciare dei fuggitivi, ma la creatura marina si, o così sembrava. Percy non sapeva se tramite l’odore o altri metodi, ma sapeva dove andare. Il problema era che un po’ la cosa lo spaventava. La rivelazione di Annabeth aveva avuto un certo effetto su di lui, e sperava con tutto sé stesso di non dover affrontare il Titano. Le sue figlie poteva gestirle, ma lui no. Se tutto fosse andato secondo i piani avrebbero raggiunto le Oceanine, recuperato Tyson e poi sarebbero filati al palazzo di suo padre. Ma era proprio questo che lo preoccupava: nulla andava mai secondo i piani.
“Tu lo sapevi?” chiese alla figlia di Atena.
“Che cosa?”
“Di Oceano. Che ci fosse lui dietro.”
Annabeth sospirò prima di rispondere. “Non ne ero certa, ma lo sospettavo. Come ti avevo detto tuo padre ha ben pochi nemici pronti ad affrontarlo in mare.”
Percy sorrise. Aveva avuto ragione ad essere spaventato dal silenzio di Annabeth, anche se in realtà dubitava che Oceano si sarebbe mosso in prima persona per una faccenda del genere.
“Quindi quale sarebbe il piano di Oceano? Mandare queste Oceanine a evitare a Tyson di trovare la miniera per rallentare la produzione di armi?” immaginò Percy.
“Direi di sì, da quello che hanno detto. Dopo che avremo salvato Tyson avviseremo tuo padre, altre miniere potrebbero essere in pericolo.”
Dopo questo accenno di conversazione entrambi si zittirono, concentrati a trovare tracce del ciclope.
“Laggiù c’è qualcosa” indicò Annabeth, dopo un po’.
Percy segui con lo sguardo la traiettoria del dito, arrivando ad un puntino nel mare, effettivamente diverso dagli altri pesci.
“Potrebbero essere loro, oppure una creatura parecchio strana” concordò Percy.
Lo squalo, mantenendo costante la velocità si era avvicinato ancora di più ed ora era chiaro che avevano trovato Tyson. Era svenuto e veniva trasportato da due ragazze, che il semidio immaginava fossero altre due Oceanine. Era davvero sollevato per ciò che vedevano i suoi occhi. Il ciclope non era ancora salvo, ma averlo rintracciato era sicuramente un buon inizio.
“Bella vista!”
“Grazie” fece Annabeth, per dimostrare di aver gradito il complimento, “fortunatamente non ne vedo altre in giro, dovrebbero essere solo loro due.”
“Altre? Ma quante sono queste Oceanine?” si esasperò Percy.
“Non ne ho idea sinceramente, ma sono qualcosa come un centinaio.”
“Ah” si stupì il figlio di Poseidone, “allora speriamo che qui ci siano solo queste.”
“Già speriamo” confermò lei. Poi però sul suo volto si disegnò una strana espressione, come se avesse notato qualcosa di strano.
Percy si rabbuiò all’istante. “Che hai?”
“Lo squalo. Stiamo rallentando, spero non si sia stancato troppo.”
“Non credo si stanchi così alla svelta, gli squali sono molto resistenti” rispose Percy.
“Sono d’accordo” replicò Annabeth, “ma di norma non se ne vanno in giro trasportando due ragazzi.”
“Anche questo è vero” asserì il ragazzo. “Aspetta, provo a parlarci” continuò. Dopodiché si chino vicino allo squalo, ma ancora prima che potesse porgli la domanda, quello gli rispose.
Non sono stanco, ma preferisco riprendere un po’ di fiato. La nostra velocità è comunque tale da continuare ad avvicinarci e fra poco ci noteranno e aumenteranno la velocità anche loro. A quel punto inizierà il vero inseguimento a tutta birra.
“Quando saremo più vicini aumenterà la velocità” spiegò poi alla figlia di Atena.
“Buona strategia” approvò, “quando saremo vicini dobbiamo agire il più velocemente possibile. Noi abbiamo già combattuto, loro no e potremmo pagare la stanchezza. Meglio agire rapidamente”
Percy sorrise nel vedere Annabeth tirar fuori la sua abilità strategia. “Io non sono così stanco, ma gradirei comunque evitare uno scontro diretto” rispose Percy, che in mare aveva una salute migliore rispetto alla terraferma.
 
Appena l’equilibrio si rivelò sufficiente, Percy balzò dallo squalo per atterrare su una delle due Oceanine che colta di sorpresa lasciò la presa su Tyson. Anche il mako partecipò all’attacco, aggredendo l’altra dea, in modo che Annabeth poté recuperare il prigioniero senza problemi.
“Ce l’ho!” gridò, per far sapere a Percy che quella parte del piano era conclusa. Percy colpì l’Oceanina intenta a rialzarsi, per poi manovrare la corrente per allontanarla il più possibile e risalire sullo squalo.
“Parti, parti!” ordinò allo squalo che prontamente diede il via alla fuga.
Il suo cuore impiegò qualche minuto prima di tornare a ritmo normale e smaltire tutta l’adrenalina.
“Bel piano Annabeth” si congratulò Percy per l’ennesima volta.
“Nulla di che” rispose lei, umile come sempre, “un semplice attacco lampo.”
Lo squalo rallentò. Percy, tranquillo, si voltò convinto di non vedere nulla ma si ritrovò le due Oceanine più vicine che mai.
“Hey Squalo, come mai rallentiamo? Ci stanno recuperando.”
Mi dispiace Signore, ma sono ferito. Non credo di poter continuare.
“Cosa?”
Percy rafforzò la presa sulle gambe e si abbassò per osservare la parte inferiore della creatura. La ferita si rivelò essere un enorme squarcio.
“Percy, ma che succede?” chiese Annabeth, che non potendo comunicare con lo squalo non stava capendo nulla.
Il ragazzo però la ignorò, continuando a parlare con la loro cavalcatura. “Ma sei pazzo? Devi fermarti o rischi sul serio!” rispose Percy, allarmato.
“Mi fermerò a breve. Poco più avanti c’è un enorme ammasso di scogli, perfetti per nascondersi. Da lì potrete fuggire. Vedrete che starò bene” 
Solo che crollò a terra esamine prima di arrivarci, anche se vi si era avvicinato considerevolmente.
“Percy?” disse la figlia di Atena, ora quasi spaventata, guardando dietro di sé.
Percy la spinse verso gli scogli, incoraggiandola a correre, poi si caricò Tyson sulle spalle. Cavolo se pesava. Annabeth si mosse per aiutarlo, ma pur apprezzando la fermò subito.
“No, no, ce la faccio! Tu vai!”
Lei ovviamente lo ignorò completamente e lo affiancò.
“Non mi sembra il momento adatto per dimostrare quanto tu sia virile” scherzò Annabeth.
“Ma ti sembrava quello giusto per dimostrare quanto tu sia testarda?” ribatté Percy, sullo stesso tono.
Appoggiarono Tyson dietro alla prima roccia grande che trovarono. Più avanti ve n’era una ancora più grande e più adatta a nascondersi, ma con il tempo che avrebbero impiegato per raggiungerla sarebbero stati notati.
“Svegliamolo” propose Annabeth.
“Tyson!” provò a chiamarlo Percy, scuotendolo e schiaffeggiandolo. Un po’ gli dispiaceva, così inizialmente tentò senza troppa forza, ma dovette aumentarla per ottenere il risultato voluto.
Il ciclope si agitò, ma quando riconobbe le facce amiche si calmò all’istante.
“Percy, Annabeth, voi avete salvato Tyson!” esultò, tutto felice.
“Mi sembra il minimo, campione” rispose Percy. “Ma dimmi, come stai?”
“Bene” replicò, “l’acqua salata vuole bene a Tyson!”
Il semidio si tranquillizzò. Se l’acqua del mare faceva bene a lui, perché non doveva fare lo stesso anche con il suo fratellastro?
“Ragazzi non fraintendetemi” si intromise Annabeth, quasi timida, “sono felicissima di aver ritrovato Tyson e del fatto che stia bene. Ma dobbiamo trovare un modo per andarcene, o quelle due ci troveranno.”
“Cosa? Due delle ragazze cattive sono qui?” chiese il ciclope, con il panico negli occhi.
Quasi faceva ridere, un ciclope grande e grosso -seppur ancora piccolo per essere un ciclope- spaventato da due ragazze. Certo, il primo era la persona più buona del mondo e le altre erano due dee, ma a primo impatto era una cosa quasi simpatica.
“Tranquillo, ci siamo noi. Non faranno più nulla di male ora” lo incoraggiò Annabeth.
“Si, ma stanno arrivando” si intromise Percy, con urgenza. “Dobbiamo andarcene da qui.”
“Si, hai ragione. Continueremo a muoverci sfruttando queste rocce per non farci vedere. Dobbiamo fare meno rumore possibile.”
Così iniziarono a muoversi, correndo da un masso all’altro, attenti a non farsi vedere. Non era facile perché avevano perso di vista le Oceanine. Ogni volta che avanzavano si guardavano intorno, ma non vedevano mai nulla e Percy stava iniziando a pensare che fossero davvero riusciti a scappare, ma non fece in tempo ad aprir bocca per condividere il suo ottimismo che Tyson, terrorizzato, si mise ad indicare alla sua sinistra.
Ecco che ne appariva una, proprio ora che erano così vicini. Percy non si capacitava di quanto fossero sfortunati, anche se ormai avrebbe dovuto essersi abituato.
Gesticolò con urgenza, facendo capire agli altri di aggirare la roccia, e nascondersi dietro, in silenzio.
“E adesso che facciamo?” sussurrò Annabeth, con la voce a malapena udibile, sbirciando oltre lo scoglio. “Siamo bloccati qui! Quella ci blocca la via!”
“Non lo so, sei tu quella intelligente” le rispose Percy.
“Si, ma potresti darmi una mano qualche volta!”
“Ma se ho fatto tutto il lavoro alla miniera…”
“Non litigate!” si intromise Tyson, “o quelle ci uccidono.”
“Si hai ragione. Scusa Percy, è che mi stanno facendo innervosire.”
“Già, anche a me. Ma abbiamo un altro problema.” Percy indicò, come aveva fatto il fratellastro poco prima, ma nella direzione opposta. L’altra oceanina.
“Dannazione!” imprecò Annabeth. “Siamo fregati.”
Nessuna delle due li aveva ancora notati, ma loro stavano esattamente nel mezzo, e presto una o l’altra si sarebbe avvicinata a sufficienza per vederli. Ad un tratto a Percy venne un’idea, ma dubitava di avere abbastanza tempo per attuarla. Dubitava pure della riuscita del piano, quindi forse non era proprio un colpo di genio, ma era il meglio che avevano.
Toc.
Toc.
Toc.
Inizialmente il figlio di Poseidone non vi fece caso, ma il rumore divenne sempre più insistente. Percy guardò Annabeth, incerto, ma lei ricambiò lo sguardo aggrottando le sopracciglia, confusa quanto lui.
Un’Oceanina udì anch’essa il rumore, ed inizio a muoversi in quella direzione.
“Acaste, ho sentito qualcosa dietro quella pietra. Forse gli abbiamo trovati.”
“Ben fatto. Tu vai a destra, io a sinistra. Li circonderemo!”
Annabeth aspettò qualche istante, necessario a farle allontanare ancora di qualche metro prima di sussurrare: ”Perfetto, filiamocela!”
“Non ancora!” rispose Percy. Ora che le due dee si erano riavvicinate, poteva attuare il suo piano. Uscì allo scoperto e si concentrò al massimo per manovrare le correnti. Le direzionò tutte contro le rocce.
“Eccolo, è lì!” lo individuò Acaste.
Alcune rocce iniziarono a muoversi, ma erano poche. Percy aveva immaginato che quelle più grosse non si sarebbero spostate perché troppo pesanti e che alcune erano inamovibili in quanto avevano una parte nascosta sotto la superficie, ma aveva sperato di spostarne molte di più, creando dei proiettili di rocce giganti.
“Ti prego padre, aiutami!” pregò.
Altre rocce iniziarono a muoversi, sempre più veloci verso le due Oceanine, che dovettero nascondersi dietro ad una delle rocce che non si era mossa. Percy gridò, cercando di raccogliere tutte le sue energie.
Una roccia vicina a lui prese il volo, e si stupì. Era enorme, non credeva che sarebbe riuscito a spostarla, ma lo stesso accadde con altre rocce. Ora il suo attacco era davvero minaccioso e riuscì a spaccare in due il riparo di Acaste e compagna. La successiva pioggia di massi che seguì fu immediata e tale da seppellire gli obiettivi.
“Ora è il momento di filarsela!” suggerì Percy, ripetendo la proposta precedente di Annabeth.
E cosi fecero. Mentre si allontanarono Percy vide un pesce sfrecciare accanto a loro che fece l’occhiolino. Penso di esserselo immaginato, ma poi la sua voce risuonò nella sua testa.
Mi ringrazierete la prossima volta, Figlio di Poseidone.
 
Percy, stremato, si lasciò cadere sulla spiaggia del Campo. Avendo abbandonato il mare la stanchezza era arrivata tutta d’un colpo, e ciò era davvero pesante fisicamente. Annabeth si sedette accanto, esausta quanto lui.
“Alla fine è andata bene, no?” gli chiese.
“Oh, sì” confermò Percy, “finalmente posso rilassarmi. Ero davvero preoccupato.”
“Posso immaginare. Ma Tyson è davvero fortunato ad averti come fratello.”
“Già, e anche tu sei fortunata ad avermi come amico!”
Si preparò all’impatto, che puntuale arrivò sul suo coppino.
“Sei un idiota, Testa d’Alghe!” fece Annabeth, seria per un attimo prima di scoppiare a ridere, insieme a Percy.
Il ragazzo fu il primo a tornare serio. “Grazie per avermi aiutato, comunque. Non so se sarei mai riuscito a riportare Tyson al palazzo di papà senza di te.”
“Figurati, con tutte le cose che tu hai fatto per me.”
Percy si avvicinò lentamente al viso della ragazza con il suo, ma prima che poté avvicinarsi di più lei si alzò di scatto.
“Devo andare ad avvisare Chirone. Sarà preoccupato, merita di sapere che siamo tornati sani e salvi e che pure Tyson sta bene.”
“Si giusto. Io vado alla capanna a dormire, ne ho proprio bisogno. Ci vediamo domani.”
Non sapeva dire chi dei due fosse più imbarazzato, ma di certo Annabeth sembrava intenzionata a ignorare completamente quanto successo al Monte Sant’Elena. A Percy ciò non piaceva, ma capiva che forse era meglio lasciare la cosa alla fine della guerra, poi ne avrebbero parlato.
Aprì la porta della capanna, pronto a buttarsi sul letto, ma proprio in quel momento ricevette un messaggio iride. Mai una volta che si può dormire in pace, fra messaggi e incubi.
“Fratello!” esordì Tyson, raggiante come il solito, urlando per coprire il forte rumore che proveniva dalle sue spalle.
“Tyson? Che succede?” chiese Percy, quasi preoccupato, prima di rendersi conto che il tono del ciclope escludeva qualsiasi notizia negativa.
“Nulla di che. Volevo ringraziarti ancora per avermi salvato e dirti che mi è dispiaciuto che oggi non hai potuto parlare con papà, ma era un po' preso.”
“Ma figurati, non è che abbia fatto qualcosa di eclatante. Ed era evidente che il palazzo era in subbuglio, e continua ad esserlo a quanto pare. Così è questo rumore?”
“Oh, non badarci” rispose Tyson guardandosi alle spalle, “sono solo i soldati.”
Stavolta il semidio si preoccupò per davvero. “Soldati? Il palazzo è sotto attacco?!”
“No, no” lo tranquillizzò subito Tyson, “tornano dalle miniere. Per fortuna che ho detto subito a Poseidone quello che abbiamo scoperto. Cioè, quello che avete scoperto tu ed Annabeth. Io non ho fatto nulla. Comunque, appena saputo tutto, ha subito inviato i soldati. Per noi quelle risorse sono importanti, per questo Oceano ha mandato il suo esercito in molte miniere. Siamo riusciti a respingerli ovunque, ma gli scontri sono stati molto duri, e la situazione peggiora man mano che ci si allontana dal palazzo. La miniera dove sono stato rapito invece era stata occupata, visto che era vuota, ma era abbastanza vicina al palazzo di papà e lì Oceano non era ancora potentissimo, perciò hanno trovato poca resistenza e adesso è nostra.
Secondo papà il titano diventa sempre più forte, quindi non so quanto questa situazione possa durare. Crede che fra al massimo uno o due mesi sarà pronto ad attaccare il palazzo.”
“Cavolo” borbottò il semidio, che non si aspettava che Oceano fosse già così potente, “in quel caso avvisami, che ti raggiungo.”
“Certo, Tyson sarà il tuo informatore!” accettò quello.
“Perfetto. Buonanotte fratello.”
“Buonanotte Percy” lo salutò il ciclope, scomparendo dopo aver chiuso la chiamata.
E finalmente si buttò sul letto, esausto.
 



Angolo Autore: E così siamo giunti alla conclusione, anche se in ritardio. Il capitolo è più lungo del precedente, ma non abbastanza dal doverlo spezzare in due, come avevo invece anticipato nelle risposte alle recensioni. 
Volevo ringraziare tutti coloro hanno letto questa storia, dandomi fiducia, spero davvero che la conclusione non vi deluda, né i lettori silenziosi né Fenris e Lady White Witch. Grazie delle recensioni, sono sempre preziose per uno scrittore.
Buone letture a tutti.
-Matteo

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