The Club di Ms Mary Santiago (/viewuser.php?uid=976451)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nova Reed & Killian Nott ***
Capitolo 2: *** Kate Rosier & Ian Blackwood ***
Capitolo 3: *** Amaranthe Lundström & Lucas Crouch ***
Capitolo 4: *** Scarlett Rosier & Gavin Blackwood ***
Capitolo 5: *** Freya McDermott & Hades Burke ***
Capitolo 6: *** Elizabeth Nott & Damon Price ***
Capitolo 7: *** India Adhara Rune & Gabriel Perseus Morgan ***
Capitolo 1 *** Nova Reed & Killian Nott ***
Nova
Reed & Killian Nott
-
Sei assolutamente sicuro che sia strettamente necessario? –
Killian
sorrise al di sopra del bordo della tazza di caffè
bollente che stava sorseggiando. – Da quando in qua ti tiri
indietro davanti a
una festa? –
-
Da quando la festa l’organizza la madre del mio fidanzato.
Lo sai che a quella donna non piaccio. –
-
A mia madre non piace nessuna, perciò non
c’è nulla di
personale. –
-
Già, perché nessuna è
all’altezza del suo adorato figlio.
L’ultima volta che l’ho vista era palese che stesse
provando a uccidermi con lo
sguardo. –
Ridacchiò,
allungando una mano ad accarezzarle il braccio in
una lenta carezza rilassante.
-
Rilassati. Mia madre abbaia, ma non morde … e ho smesso di
tenere in conto il suo parere più o meno a cinque anni.
–
-
Quando ha provato a farti fidanzare con Clarisse Dumont? –
Annuì.
Durante
il primo incontro tra Nova e sua madre era stata fatta
una lunga disamina di tutti i nomi di ragazze che sua madre aveva
provato ad
appioppargli e Clarisse era stata una delle più citate.
Supponeva
che il fatto che fosse la figlia dell’ambasciatore
francese presso il Ministero inglese c’entrasse molto
nell’ottica di un
matrimonio vantaggioso che affollava la mente di sua madre.
-
Credi che se sapesse che mio padre è un Gaunt la sua
opinione su di me cambierebbe? Immagino che la bastarda di un Gaunt
conti più
di una Mezzosangue figlia di un mago chiunque – concluse
aspramente.
-
Nova … -
-
Lo so -, l’anticipò, - ma non posso fare a meno di
prenderla
sul personale. –
Killian
intrecciò le dita alle sue, fissandola dritta negli
occhi.
-
Dirò a mia madre che non possiamo andare perché
all’Accademia Auror non mi hanno concesso la licenza.
–
-
Non è necessario, è pur sempre la tua famiglia.
–
-
Se la cosa ti fa stare male è necessario eccome. E poi ho
avuto a che fare con loro per diciannove anni, una sera senza vederli
non
ucciderà nessuno. –
*
-
Quindi parti davvero? –
Elizabeth
annuì con un sorriso, mostrandogli la lettera per
l’istituto di Magiarcheologia che stringeva tra le mani.
-
Già, fratellone, sembra che tu non sia l’unico
cervellone in
famiglia. –
-
Non ho mai pensato il contrario, ma … sei sicura di
volertene andare in Egitto? –
-
Assolutamente. –
-
È parecchio lontano e le piramidi non sono certo il posto
più sicuro sulla faccia della terra. –
-
La cosa non mi spaventa. –
Picchiettò
le dita sul tavolo, meditabondo. – E Damon che ne
pensa? –
Elizabeth
ridacchiò. – Non avrei mai creduto di assistere al
giorno in cui ti saresti servito di lui per convincermi a fare
qualcosa. –
-
Diciamo che ormai ho accettato da tempo la vostra storia; lo
vedo come ti guarda e mi basta quello per sapere che sei in buone mani.
–
-
Già -, convenne, - E comunque Damon è
d’accordo. Lui partirà
per la scuola di musica e io per quella di magiarcheologia. Ci vedremo
ogni
volta che potremo e ci scriveremo tutti i giorni. Le cose
funzioneranno. –
-
Va bene, ma giurami che non scatenerai alcuna maledizione
egizia tipo Dieci Piaghe o roba simile. –
-
Farò del mio meglio. –
Freya
alzò una mano per attirare l’attenzione del
barista del
Paiolo Magico, che prontamente dirottò verso il tavolo la
loro ordinazione.
-
Il whiskey incendiario è il mio –
sentenziò Nova.
-
Qui va l’idromele – aggiunse la rossa.
-
Perciò l’acquaviola va qui – concluse il
barista, lasciando
il calice davanti a Kate.
Dopodichè
le lasciò finalmente sole e poterono ricominciare a
parlare dell’argomento del momento.
-
Quindi hai davvero intenzione di chiedere a Killian di
sposarti? –
Nova
annuì.
-
Assolutamente. –
Kate
aggrottò la fronte, perplessa. – Non è
un po’ strano che
sia la sposa a farlo? –
-
Credo che sia ora di rompere con le tradizioni. Insomma
l’importante è che ci si ami, poi chi lo chiede a
chi non conta. –
Freya
annuì convinta.
-
Giusto … perciò proporrei un brindisi: a Nova e
alla sua
missione matrimoniale! –
Quando
Killian fece ritorno all’appartamento che condividevano
ormai da sei mesi, Nova attese che si recasse in cucina e si godette
l’espressione sul suo viso.
Lo
vide osservare la tavola imbandita, la luce soffusa e le
candele a illuminare il tutto. Il suo piatto preferito, aragosta alla
catalana,
capeggiava al centro del tavolo accompagnato da mezza dozzina di
diversi
contorni e un fantastico dolce alla cannella riposava poco lontano.
-
Sono diventato la donna della coppia senza saperlo? –
Scosse
il capo davanti al tono divertito del fidanzato,
aiutandolo a togliersi il pesante cappotto e spingendolo ad accomodarsi
sulla
sedia.
-
Mangiamo prima che si freddi, poi avrai tutto il tempo di
fare battute sui ruoli invertiti. –
L’assecondò,
degustando l’aragosta con aria compiaciuta mentre
ne mandava giù un boccone dopo l’altro.
-
Hai visto le ragazze dopo il lavoro? –
-
Sì, dovevamo aggiornarci su un po’ di cose e
aspettare
venerdì sera era fuori questione. –
-
Qualcosa d’interessante? –
-
Molto. –
Killian
l’osservò con la fronte aggrottata.
-
Devo indovinare o prima o poi ti deciderai a dirmi di che si
tratta? –
-
Non ce la fai proprio ad aspettare la fine della cena? –
-
Preferirei saperlo subito … mi stai preoccupando un
po’. –
-
Va bene -, replicò alzandosi in piedi e avvicinandoglisi, -
te lo dirò subito. –
Nova
gli si fermò davanti, inginocchiandosi su una gamba ed
estraendo una scatolina dalla tasca posteriore dei pantaloni.
La
fece scattare tenendola aperta sul palmo della mano.
Un
anello in diamanti, che luccicavano sfavillanti sotto la
luce delle candele, fece capolino.
-
Killian Nott, vorresti farmi il grandissimo onore di
diventare mio marito? –
-
Assolutamente sì, ma ho una richiesta: l’anello lo
metti tu
– ironizzò, prendendola per mano e facendola
accomodare sulle sue gambe.
Nova
ridacchiò.
-
Ovviamente. Diciamo che l’ho preso perché tu
potessi darlo a
me. –
*
Caos
Nott
– 2011, Serpeverde
Kenna
Nott
– 2012, Grifondoro
Maya
Nott
– 2015, Tassorosso
Nova
osservò il figlio mentre correva da una parte
all’altra
del salone in compagnia della cuginetta e dei figli del resto dei loro
amici.
-
Sai, comincio a credere che quando Killian ha proposto il
suo nome abbia avuto una sorta di premonizione. –
Elizabeth
ridacchiò.
In
effetti Caos rendeva piena giustizia al suo nome di
battesimo.
Il
rumore di qualcosa che cadeva a terra da una considerevole
altezza e finiva in mille pezzi le raggiunse, facendo trasalire Nova
che ebbe
una sinistra quanto accurata sensazione su cosa fosse
l’oggetto danneggiato.
-
Cosa è stato? –
La
voce di Caos si levò alta nel silenzio generale,
leggermente titubante, come un’implicita ammissione di colpa.
-
Niente! –
-
Se quel “niente” è il vaso di ceramica
sul camino che si è
rotto potrai scordarti la cioccolata calda. –
Quelle
parole ebbero l’effetto di spingere il piccolo
scalmanato a fare capolino in cucina con un’espressione da
cucciolo bastonato
che avrebbe fatto intenerire chiunque avesse un carattere anche solo un
po’ più
debole del suo.
-
Il vaso si è rotto, mammina, ma non sono stato io.
–
-
E allora chi è stato? –
Sgranò
gli occhioni chiari e si strinse nelle spalle. – Non
saprei. –
-
Vediamo di risolvere questo mistero allora … Kenna, tesoro,
chi ha rotto il vaso della mamma? –
La
piccola stese le braccia in alto, esigendo a gran voce: -
Mama, braccio! –
-
Ti prenderò in braccio se mi dici chi è stato.
–
-
’Tato Cas. –
Il
fratello le rivolse un’occhiata indignata, puntandogli
contro il dito con fare accusatorio: - Spia! –
Per
tutta risposta Kenna stese nuovamente le braccine.
-
Braccio? –
-
Sì, tesoro, ti sei guadagnata lo stare in braccio per un
po’. –
Aprì
gli occhi lentamente, soffocando uno sbadiglio mentre
allungava una mano verso la metà del letto in cui avrebbe
dovuto trovarsi
Killian ma la trovò vuota e fredda.
Si
alzò in piedi, indossando la vestaglia, e vide che
all’interno del lettino non c’era nemmeno Maya.
Doveva
essersi svegliata e per evitare che il suo pianto
interrompesse il sonno Killian l’aveva portata al piano di
sotto.
Dopotutto
da quando aveva partorito per la terza volta aveva
cominciato ad accusare la stanchezza del gestire tre figli e si era
fatta
ripromettere da Killian che si sarebbero dati una calmata. Adorava
l’idea di
una famiglia numerosa, ma tre bambini scalmanati come i loro valevano
come
nove.
Scese
i gradini che conducevano al salotto e trovò Killian
addormentato sulla poltrona con Maya tra le braccia e una coperta a
coprire
entrambi.
La
piccola si era rannicchiata contro il petto del padre e
aveva afferrato il suo maglione con le manine tenendolo stretto a
sé come se
volesse essere certa che non sarebbe andato da nessuna parte.
Si
avvicinò, accarezzando la fronte di Killian e svegliandolo
delicatamente.
-
Manca poco all’inizio del tuo turno, ti faccio del
caffè? –
-
Tantissimo caffè,
ma questa volta assicurati che sia abbastanza in alto da non farlo
prendere a
Caos e Kenna. Non riuscirei a sopportare un’altra sera con
loro che saltano
come grilli in giro per casa. –
-
Pensa positivo, mancano solo un paio d’anni
all’inizio della
scuola. –
-
Faremo bene a ricordarci che sarà di vitale importanza
firmare tutti i permessi che permettono loro di passare le vacanze al
castello.
–
Nova
rise, scompigliandogli i capelli.
-
Sono sicura che quando verrà il momento non vedrai
l’ora di
vederli tornare a casa per le vacanze. –
-
Probabile -, ammise con un sorriso, - ma per nove mesi
saranno un problema della Preside. –
-
Non vedi l’ora di vederla alle prese con Caos e Kenna, vero?
–
Sorrise
come se stesse pregustando le centinaia di danni che
avrebbero fatto quei due scalmanati.
-
Ovviamente. –
*
Nova
risistemò i capelli di Caos, sorridendo quando lo vide
sbuffare e cercare di non farsi vedere dal resto dei suoi compagni di
Casa.
-
Mamma, per favore, è umiliante. I miei capelli stanno
benissimo così. –
-
Oh, mi scusi vostra grazia, non mi ero resa conto che avessi
una grande reputazione da mantenere. –
Caos
alzò gli occhi al cielo, roteandoli sotto il tono
derisorio della madre, e alzò una mano a salutare il resto
dei suoi amici che
si stava dirigendo verso l’Espresso.
-
Posso andare adesso? –
-
Solo un attimo -, intervenne Killian, - voglio essere sicuro
che tu abbia ripassato le regole. Cosa fai se qualche ragazzo si
avvicina
troppo a tua sorella? –
Kenna
fece per aprire bocca, ma il padre la tacitò con un
cenno.
-
Lo minaccio di morte e poi avviso te così puoi sottoporlo a
uno dei tuoi minacciosi interrogatori da Auror. –
-
Perfetto. –
La
secondogenita rivolse uno sguardo alla madre, supplicandola
silenziosamente di intervenire.
-
Non vi sembra di star esagerando? Kenna sa badare a se
stessa. –
-
Per niente. I maschi sanno essere tremendi. –
-
Ha undici anni, Kill. Dubito che qualsiasi ragazzino della
sua età si nasconda negli angoli bui del castello per
saltare addosso alle
ragazzine. –
-
Mai dire mai, di questi tempi i ragazzini sono sempre più
precoci. –
La
guardò con disappunto quando vide che Nova era scoppiata a
ridere e aveva le lacrime agli occhi.
-
Per favore, ragazzi, salite sul treno prima che vostro padre
venga scambiato per un Malocchio 2.0 –
|
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Capitolo 2 *** Kate Rosier & Ian Blackwood ***
Kate
Rosier & Ian Blackwood
Erano
passati sei mesi da quando aveva messo piede a New York
per la prima volta e ancora non era riuscita ad abituarsi ai ritmi
serrati
della vita degli americani; anche a Londra gli eventi viaggiavano
veloci, ma il
ritmo statunitense era a dir poco folle. Le mode duravano uno schiocco
di dita,
così come fama e popolarità, quello che era in
una settimana prima era out la
seguente. E per lei che voleva farsi un nome nel campo della magimoda
la cosa
era oltremodo stressante.
A
ciò si aggiungevano le sedute che dal suo trasferimento
aveva intrapreso con cadenza settimanale.
La
morte di Alther, unita a quel caos senza speranze che era
la sua famiglia, l’avevano lasciata a pezzi e sebbene in
presenza di Scarlett
avesse tenuto a freno lo sconforto adesso che era sola aveva deciso di
prendere
in mano la situazione.
Piangersi
addosso non sarebbe servito a nulla.
Afferrò
il suo caffè extra lungo e s’incamminò
a passi svelti
verso l’ingresso della sala incontri del suo gruppo di
sostegno.
C’erano
persone che avevano affrontato lutti di ogni tipo,
genitori che avevano perso i figli o persone ormai vedove, ma anche chi
aveva
problemi nella gestione dell’emotività o con
disturbi legati all’eccessivo
stress emotivo.
All’inizio
era stata scettica, l’idea di mettere a nudo i suoi
sentimenti davanti a un gruppo di perfetti estranei la destabilizzava,
ma con
il passare delle sedute aveva trovato delle vere amicizie tra quelle
persone.
S’intrufolò
tra una coppia che chiacchierava vicino alla porta
e individuò all’istante Crystal che le teneva il
posto accanto a lei.
Scivolò
sulla sedia e le porse il suo caffè.
-
Semplice e rigorosamente senza zucchero. –
Crystal
le rivolse un sorrisone e afferrò la bevanda,
prendendone un paio di lunghissimi sorsi.
-
Ti adoro. –
-
Lo so -, replicò sorridendole a sua volta, - è
facile
amarmi. –
Ridendo,
la bionda yankee le assestò una bottarella sul
braccio.
-
Spiritosa … piuttosto, guarda un po’ chi sta
arrivando. –
Seguì
il suo sguardo e non ebbe bisogno di domandarle chi
fosse l’uomo sui trentacinque anni che stava varcando la
soglia.
Ian
Blackwood era probabilmente lo scapolo d’oro del momento.
Fresco di divorzio, tremendamente bello e affascinante, con un
patrimonio a
nove zeri, manager di successo della squadra prima in classifica del
campionato
e a quanto pareva alle prese con gli strascichi della rottura con sua
moglie
avvenuta due mesi prima.
-
Credi che si stia riprendendo dal divorzio? –
-
Non ne ho idea … dovrebbe importarci? –
Crystal
annuì con vigore. – A me probabilmente no, ma a te
decisamente sì. Da quanto è che non esci con
qualcuno? –
Era
una domanda retorica.
Tutti
lì dentro sapevano che non aveva più nemmeno
preso un
caffè con un uomo dalla morte di Alther.
-
Non credo che il gruppo serva a questo. –
-
Forse no, ma il nostro terapeuta dice sempre che
socializzare tra di noi è importante per aprirci
… e quello è decisamente il
tipo di uomo con cui faresti molto bene ad aprirti.
–
Ignorò
il palese doppio senso e scrollò le spalle per poi
tornare a rivolgere le proprie attenzioni al suo caffè
aromatizzato alla
cannella.
Crystal
era praticamente senza speranze quando si metteva in
testa qualcosa.
Svoltò
l’angolo correndo a perdifiato e finì con
l’impattare
contro qualcosa. Un muro probabilmente, ipotizzò
all’inizio, ma quando alzò lo
sguardo sul completo d’alta sartoria blu scuro e la candida
camicia bianca con i
gemelli al polso scartò quell’ipotesi.
Ian
le rivolse un sorriso vagamente divertito.
-
In ritardo per la seduta oppure corri per essere sicura di
accaparrarti l’ultimo brownie? –
Probabilmente
avrebbe dovuto replicare con qualcosa di salace,
ma l’unica cosa che le venne in mente furono quei deliziosi
dolcetti che erano
diventati la sua personale droga da quando si era trasferita a New York.
-
Vuoi dire che hanno già fatto fuori tutti i brownies? Ma
Miranda ha detto che ne avrebbe portate due
teglie. –
-
Già, sembra che oggi il resto del gruppo sia particolarmente
affamato -, confermò per poi aggiungere davanti alla sua
espressione delusa, -
ma te ne ho tenuti da parte un paio. –
Le
mostrò l’involucro in cui li aveva riposti con
cura e le
iridi blu di Kate brillarono fameliche per un attimo.
-
Venite qui, piccole prelibatezze cioccolatose. –
Ian
gliele porse con una risata e la osservò divorarli con
gusto.
-
Grazie mille, sei stato molto gentile, se fosse stato per
Crys non ne avrei mangiato nemmeno mezzo. –
-
Diciamo che sono un bravo osservatore. Dopotutto sono mesi
che ti vedo fiondarti sui brownies ogni volta che Miranda li fa.
–
-
Non mi fiondo -, protestò, - non sono una specie di
selvaggia che non mangia da mesi. –
-
Sì invece -, replicò con un sorriso ironico, - ma
devo
ammettere che hai sempre una certa grazia nel farlo. –
-
Veramente molto gentile. –
-
Faccio del mio meglio, ma divento molto più carino e
simpatico davanti a un paio di calici di champagne. –
-
Un vero peccato che non ne servano agli incontri – lo
rimbeccò,
sorridendo ironica a sua volta.
-
Già, ma so che c’è un locale molto
carino a cinque minuti da
qui. Possiamo passarci dopo la seduta, così avresti modo di
verificare che dico
sempre la verità. –
Il
sorriso tentennò a quelle parole.
Da
una parte non poteva fare a meno di considerare Ian un uomo
attraente e in fondo aveva voglia di conoscerlo meglio, ma
dall’altra era
convinta di non essere ancora pronta.
-
Io … -
-
Se non ti va non fa nulla, dicevo così per dire. –
Le
sembrò di sentire la voce di Crystal che le dava
dell’idiota
a gran voce. Dopotutto non poteva esserci certo nulla di male o di
compromettente nel bere una cosa in compagnia. Così lo
richiamò prima che
potesse allontanarsi troppo.
-
Ian, aspetta. –
-
Sì? –
-
Mi farebbe piacere andare a bere qualcosa con te. –
Kate
alzò la mano per attirare l’attenzione di Scarlett
mentre
la sorella arrancava sotto il peso di un paio d’immense
valigie.
-
Da questa parte, Scar. –
L’accolse
con un abbraccio spaccaossa, che le mozzò il fiato,
e vide la perplessità nelle sue iridi all’istante.
-
Come mai ci sono i fotografi? –
Kate
giocherellò con una ciocca color fragola, vagamente
imbarazzata, - Ti ricordi di quando ti ho parlato della persona con cui
sto?
Diciamo che i fotografi sono qui per lui … -
-
Già, sei stata insolitamente criptica a riguardo
… quindi
lui chi è? –
Il
suo compagno si fece largo tra la folla e le tese la mano,
sorridendo amichevolmente.
-
Ian Blackwood, piacere di conoscerti, Kate non vedeva l’ora
che arrivassi. –
Scarlett
lo soppesò dall’alto in basso per qualche istante
prima di accettare la mano e stringerla con un sorriso.
-
Il piacere è mio, ma se avessi saputo che il ragazzo di mia
sorella è il manager della squadra capolista ti avrei
chiesto una
raccomandazione per un colloquio molto prima. –
-
Scar! –
Ian
scoppiò a ridere. – Mi piace, è diretta
e non ha paura di
dire come la pensa, ti assomiglia molto in questo. Vuoi fare la
Cronista, è giusto?
–
-
Esatto. –
-
Vedremo cosa posso fare, ho degli amici nell’ambiente, ma
starà a te conquistarli. –
-
Sono una Rosier, siamo nati per conquistare la gente. –
-
Già, Kate l’ha reso piuttosto evidente fin dalla
prima volta
che l’ho vista. –
*
-
Kate, tesoro, sei chiusa lì dentro da quasi
mezz’ora … tutto
bene? –
L’ex
Corvonero prese un respiro profondo, si pulì la bocca con
una salvietta e replicò: - Sì, immagino sia stato
qualcosa che ho mangiato che
mi ha fatta stare male. –
-
Vuoi che ti faccia fare una tisana? –
-
Magari … dammi un momento ed esco dal bagno. –
Si
ricompose, osservando lo sguardo sbattuto e la pelle
leggermente più pallida del solito. Aprì lo
sportello dell’armadietto e ripescò
dentifricio e spazzolino … poi lo sguardo le cadde sulla
scatola dei tamponi
ancora non utilizzati.
Fece
un rapido calcolo mentale.
Quaranta
giorni … erano passati quaranta giorni dal suo ultimo
ciclo e lei era sempre stata regolarissima.
-
Oh per Merlino e tutti i Fondatori, non può essere vero.
–
Contò
di nuovo e poi ancora una volta mentre usciva dal bagno
e si lasciava cadere sul gigantesco letto matrimoniale.
-
Kate … -
-
Ssssh, sto contando. –
Ian
corrugò la fronte, appoggiando la tazza con la tisana sul
comodino, e la osservò perplesso.
-
Stai contando? –
-
Già. –
-
Tesoro, cosa stai
contando esattamente? –
-
I giorni … Io sono ragionevolmente convinta di essere
incinta. –
Vide
le iridi grigie di Ian sgranarsi lentamente mentre
assimilava la notizia e poi sentì le sue braccia forti
chiudersi attorno a lei
e stringerla.
-
Ma questa è una notizia meravigliosa … domani per
prima cosa
andiamo a fare le analisi, dobbiamo esserne sicuri e devi adeguare il
tuo stile
di vita alla gravidanza. –
Sparava
parole a una velocità folle e Kate fece appena in
tempo a rendersi conto di quello che significava.
Ian
era
contento di quella gravidanza.
Tutta
la paura venne spazzata via da quella consapevolezza:
anche se non ne avevano mai parlato prima sembrava che ogni cosa stesse
andando
per il verso giusto.
-
Sono una balena. –
-
Non essere ridicola, tesoro, sei sempre bellissima. –
-
Sono obesa, guarda quanta ciccia. –
-
Sei incinta, non grassa, è normale. –
Kate
incrociò le braccia sotto al seno e gli rivolse
un’occhiata
a metà tra l’abbattuto e l’irritato.
-
Perché questa bambina non si sbriga a nascere? Sono stufa di
essere una mongolfiera quando tu sei sempre così perfetto.
–
Le
sedette accanto, cingendole le spalle con un braccio, e
l’attirò
a sé per baciarla agevolmente.
-
Tu sei perfetta e
sono certo che quando nostra figlia nascerà lo
sarà anche lei. –
Si
accoccolò contro la sua spalla e si rilassò in
quella
stretta che prometteva amore eterno e incondizionato.
*
Kelly
Blackwood – 2007, Serpecorno
Isabelle
Blackwood – 2011, Tuonoalato
Isla
Blackwood – 2013, Wampus
-
Mammina? –
Smise
di cucire l’abito per il matrimonio di Crystal e
posò lo
sguardo sulla sua primogenita. Sebbene avesse solo tre anni Kelly si
dimostrava
spesso e volentieri una bambina tremendamente curiosa.
-
Sì, tesoro? –
-
Posso sapeve una cosa? –
Il
fatto che ancora non riuscisse a pronunciare correttamente
la “r” le ricordava sua sorella. Anche Scarlett
aveva avuto difficoltà con
quella lettera prima del compimento dei cinque anni.
-
Certo, cosa vuoi sapere? –
-
Zia Scavett e zio Gavin litigano sempre … non si vogliono
bene? –
Kate
ridacchiò, mettendo via l’abito per un momento e
facendo
sedere la piccola sulle sue gambe.
-
Ti ricordi quando ti ho detto che certe volte i bambini
fanno i dispetti alle bambine per attirare la loro attenzione
perché in realtà
sono innamorati di loro? –
Kelly
annuì.
-
Bene, zia Scarlett e zio Gavin fanno la stessa cosa, solo
che sono troppo testardi per capire che si piacciono molto …
immagino che ci
vorrà un po’ di tempo perché
ciò avvenga. –
La
piccola sorrise, puntando un dito contro se stessa.
-
Aiuto? –
-
Sì, tesoro, tu ed io li aiuteremo a capirlo. –
-
Izzy, per favore puoi indossare quest’abito così
andremo a
trovare lo zio Gavin in ospedale? –
La
secondogenita scosse risolutamente le onde corvine, fissando
l’abito con l’espressione disgustata di chi stava
assaporando qualcosa di molto
aspro.
-
Non mi voglio mettere un vestito, voglio i pantaloni. –
-
Ma sei una signorinella ormai, dovresti vestirti come le tue
sorelle …
-
Senza i pantaloni non vengo. –
-
Ci sarà anche Scott, potrete giocare insieme nel cortile.
–
Quelle
parvero essere le parole magiche perché, se Kelly
dall’alto
dei suoi undici anni si considerava troppo grande per giocare con loro
e Isla
era ritenuta troppo piccola con i suoi cinque anni, Isabelle e suo
cugino Scott
erano a dir poco inseparabili.
-
Per giocare nel cortile avrò bisogno dei pantaloni
… se cado
con il vestito mi sbuccio le ginocchia. –
Alzò
gli occhi al cielo, divertita dal modo della figlia di
rigirare la frittata. Era una cosa che aveva ripreso dal padre,
c’era poco da
fare.
-
Va bene, basta che ci sbrighiamo … Kelly hai aiutato Isla a
vestirsi? –
La
maggiore annuì.
-
Sì, mamma, noi siamo pronte. –
-
Bene, allora vado ad avvisare tuo padre che possiamo
partire. Cercate di non discutere per tutto il tragitto, mi raccomando.
–
-
Certo. –
Fece
appena in tempo a scendere la prima rampa di scale che il
rumore del litigio appena scoppiato la raggiunse.
Ah,
crescere tre figlie era una vera impresa.
*
-
Credevo che dopo l’incidente di quattro anni fa avesse
deciso di evitare le giocate troppo azzardate. –
Scarlett
scrollò le spalle, osservando il marito che arrancava
zoppicando a qualche metro da loro mentre parlava con il fratello
maggiore.
-
Conosci Gavin, è più facile fracassargli la testa
che farci
entrare qualcosa dentro. –
Ridacchiarono.
In
effetti la sua testardaggine era stata l’origine di molti
litigi tra lui e Scarlett nel corso dei loro primi incontri.
-
E a te sta bene? –
-
Giocava già quando me lo sono scelto, perciò
sapevo a cosa
stavo andando incontro … se non altro tra un mese si
ritirerà e passerà ad
allenare. –
-
A proposito di squadre … Scott ha passato il provino?
–
-
Sì, ti lascio immaginare i sorrisi di Gavin quando ha saputo
la notizia. Izzy come è andata? –
-
Voleva provare come Cacciatrice, ma alla fine l’hanno
dirottata sul ruolo da Battitrice. –
Si
scambiarono un’occhiata complice.
Nessuna
sorpresa che un terremoto come lei facesse faville con
una mazza da Battitrice tra le mani.
-
Le partite Wampus contro Tuonoalato saranno infuocate a casa
da questo momento in poi. –
-
Sicuramente e sono dell’idea che quei due abbiano
già
iniziato a scommetterci sopra. –
|
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Capitolo 3 *** Amaranthe Lundström & Lucas Crouch ***
Amaranthe
Lundström
&
Lucas Crouch
Quando
aprì gli occhi Lucas impiegò qualche istante per
ricordarsi che non si trovava a Londra, nel comodo comfort della sua
stanza,
bensì sul divano dello spartano alloggio
dell’accademia di Pozioni svedese di
Amaranthe.
-
Ho un mal di testa incredibile. –
Amaranthe
ridacchiò, porgendogli un bicchiere con un sorriso
invitante.
-
Prova questo, dovrebbe curarti i postumi della sbronza. –
-
Pensavo di bere molto, ma la Svezia ha ufficialmente un
altro livello in quanto a tolleranza alcolica … e poi si
può sapere quanto
accidenti costano gli alcolici da queste parti? –
Si
strinse nelle spalle.
-
Sono sottoposti al monopolio statale, perciò i prezzi sono
altissimi.
–
-
Le feste da queste parti devono essere davvero tristi. –
Gli
assestò un buffetto amichevole, scompigliandogli poi i
capelli.
-
Non sono qui per far festa, Lucas, per quello mi bastano i
viaggi a Londra. –
-
Già -, convenne rigirandosi il bicchiere tra le mani con
fare assorto, - e tu sei sicura che questa brillante trovata non mi
avveleni? –
-
Ragionevolmente sicura, ma è ancora in fase di
sperimentazione. –
-
Quindi dovrei fare da
cavia?! –
La
ragazza inarcò un sopracciglio, puntando le iridi scure
nelle sue color ghiaccio, un’espressione determinata impressa
sul volto.
-
Vuoi forse insinuare che i miei rimedi sono pericolosi,
Crouch? –
-
Assolutamente no -, replicò in fretta buttando
giù il
contenuto del bicchiere, - Ecco fatto l’ho bevuto
… oh oh. –
Lucas
si chinò su se stesso, tenendosi il ventre con
un’espressione sofferente mentre emetteva gemiti sommessi.
Amaranthe
fu subito accanto a lui.
-
Ero sicura di aver azzeccato tutte le dosi, non capisco …
parlami, Lucas, cosa ti fa male? –
-
Io … non ne sono sicuro – mormorò,
gettandosi poi contro lo
schienale e chiudendo gli occhi a simulare uno svenimento.
Lo
scrollò con vigore, indecisa sul portarlo di peso in
ospedale oppure provare un antidoto, ma quando vide le labbra sottili
tremare
per lo sforzo di non scoppiare a ridere le fu chiaro tutto.
-
Sei un deficiente -, sbottò colpendolo, - ero preoccupata
sul serio. –
Il
ragazzo aprì gli occhi e scoppiò a ridere una
volta per
tutte.
-
Lo so e ne sono molto commosso, ma questo ti sarà
d’insegnamento
per la prossima volta che sfrutterai la mia sbronza per testare
qualcosa di
nuovo … vado a farmi una doccia. –
Si
diresse verso il bagno, ma la voce di Amaranthe lo richiamò
quando era sulla soglia.
-
Lucas? –
-
Sì? –
-
L’emicrania è passata? –
-
Mai stato meglio prima, quella roba è eccezionale
–
confermò.
*
-
Qualcuno va molto spesso a Stoccolma di recente. –
Il
commento di Scarlett, lasciato cadere così nel nulla
durante l’ultima cena prima della sua partenza per New York,
rischiò quasi di
far strozzare Lucas mentre addentava un boccone di succulento roast
beef.
Scrollò
le spalle, fingendosi indifferente, - Anche tu stai
per andare da Kate, e chissà quando tornerai a Londra,
perciò non ci vedo nulla
di strano … siamo amici, ci teniamo a rimanere in contatto,
tutto qui. –
Elizabeth
tossicchiò, rivolgendo un’occhiata eloquente
all’amica.
-
Ci crediamo, Scar? –
-
Non so tu, Effy, ma io per nulla … Dam? –
Damon
scosse il capo a sua volta, suscitando un rimbrotto in
Lucas.
-
Bell’amico, almeno tu dovresti difendermi
dall’assalto di
queste due. –
-
Spiacente, ma quando si tratta di Effy contraddirla diventa
pericoloso. –
Roteò
gli occhi al cielo, afferrando il boccale di birra e
mandandone giù un paio di lunghi sorsi. – Non
coglierò le vostre insinuazioni,
sappiatelo. –
-
Poco male, noi non smetteremo di farle. –
-
Ti daremo il tormento finchè non ammetterai che
c’è qualcosa
di più sotto – convenne Elizabeth, le iridi verdi
che scintillavano e il
sorriso di chi ne sapeva una più del diavolo sulle labbra
coperte di rossetto
rosso scuro.
-
Allora temo che diventerete vecchie e grigie prima che
accada. –
-
Amaranthe? –
Si
voltò verso la ragazza che le aveva rivolto la parola.
Lindsay, un’ex studentessa di Hogwarts un anno più
giovane di lei che era stata
Smistata a Grifondoro, la fissava con aria vagamente imbarazzata.
-
Sì, cosa c’è? –
-
Volevo chiederti una cosa. –
Sbuffò,
pronta a fornire per l’ennesima volta suggerimenti per
portare a termine quella parte della preparazione. Sembrava che quasi
tutti gli
studenti l’avessero presa per una fonte di conoscenze
inesauribili.
-
Il procedimento è … -
-
No -, la interruppe, - quello mi è chiaro. –
-
Allora cosa vuoi sapere? –
-
Sai quel ragazzo che ti viene spesso a trovare … Lucas?
–
Annuì
perplessa.
Cosa
c’entrava adesso Lucas?
Lindasy
arrossì, trascinando nervosamente il piede contro il
freddo e candido marmo del corridoio.
-
C’è qualcosa di sentimentale tra voi due
… nel senso siete
solo amici o cosa? –
-
È il mio migliore amico. –
-
Bene -, le sorrise speranzosa, - quindi credi che
accetterebbe di uscire con me se glielo chiedessi? –
Soppesò
la questione.
Lindasy
era molto carina, e tutto sommato piuttosto
intelligente, e aveva la testa sulle spalle. C’erano tutti i
presupposti perché
potesse piacere a un ragazzo.
-
Io non credo -, decretò lapidaria, - il tipo di Lucas, senza
offesa, è piuttosto diverso da te. –
Vide
l’entusiasmo spegnersi nei suoi occhi.
-
Ah … grazie per avermelo detto, avrei rischiato un netto
rifiuto. –
-
Figurati – replicò, abbozzando appena un sorriso
di
circostanza.
-
Sì può sapere cosa hanno da guardarmi con
quell’occhiata
omicida quelle due? –
Amaranthe
seguì lo sguardo dell’amico che osservava curioso
le
due ragazze accanto a Lindsay che lo fissavano con palese sdegno.
Evidentemente
ritenevano offensivo il fatto che lui potesse
non essere interessato alla loro amica.
-
Oh, non saprei proprio. –
-
Mah -, decretò Lucas tornando a rivolgere la sua attenzione
ai dolcetti davanti a lui, - Certe volte le ragazze sono proprie
strane. –
*
Amaranthe
sedette sul divano del piccolo loft di Lucas,
osservandolo con curiosità negli occhi castani.
-
Allora di cosa volevi parlarmi? –
-
Diciamo che è un argomento un po’ delicato
… si tratta di
una ragazza. –
Erano
anni che si conoscevano e avevano sempre parlato di
tutto, ma mai Lucas le aveva chiesto consiglio circa una delle sue
conquiste.
Una
fastidiosa morsa allo stomaco l’attanagliò mentre
cercava
le parole adatte a non far trapelare la sua gelosia.
-
Ah … e di chi si tratta? –
-
È una ragazza che conosco da un po’, una tipa
sveglia e
indipendente … a volte si chiude un po’ in se
stessa, ma mi piace il fatto che
con me si apra e che io riesca a farla sorridere anche quando
è giù di morale. –
-
Sembra una bella cosa – mormorò titubante.
-
Lo è ed è strano che mi sia accorto solo di
recente di ciò
che provo per lei. Immagino che capiti spesso quando tutto quello che
si vuole
lo si ha sempre sotto gli occhi e quasi non ci si fa caso. –
Annuì
in silenzio.
Che
Rowena e tutti i Fondatori l’aiutassero, stava
letteralmente per mettersi ad urlare.
-
Quindi vuoi che ti dia un consiglio per conquistarla? –
Lucas
scosse il capo, avvicinandosi lentamente al su volto.
-
No, voglio sapere se ricambi o meno … se anche tu ti senti
come me quando mi sei vicina – asserì, chinandosi
a depositarle un bacio a fior
di labbra.
Poi
si ritrasse, osservandola con appena una nota di
preoccupazione negli occhi.
Credeva
forse che l’avrebbe respinto?
Gli
cinse il collo con le braccia, attirandolo nuovamente a sé,
mormorando prima di baciarlo a sua volta: - Sento la stessa cosa da
anni,
Lucas. –
*
Henrik
Crouch –
2011, Corvonero.
Lucretia
Crouch –
2010, Serpeverde.
Simon
Crouch –
2008, Tassorosso.
Maja
Crouch –
2006, Corvonero.
-
Mamma! Mamma! –
Amaranthe
alzò gli occhi al cielo mentre la voce di Lucretia,
la sua secondogenita, giungeva dal piano superiore.
Rivolse
uno sguardo supplichevole al marito, ma Lucas scosse
il capo.
-
Scordatelo. Io mi occupo dei problemi di Henrik e di Simon,
tu di quelli di Lucretia e Maja, erano questi gli accordi. –
-
Già, ma i problemi delle ragazze sono più
complessi. –
Lucas
abbozzò un sorrisetto da sopra la tazza di the che stava
sorseggiando.
-
Potevi scegliere con maggior cura quali delle piccole pesti
seguire. –
Henrik
sbuffò quando, appoggiato alla balaustra del
pianterreno, sentì le sue sorelle annunciare che erano quasi pronte.
-
Finiremo con il perdere l’Espresso, me lo sento …
Papà non
puoi farle muovere? –
-
Potrei -, convenne Lucas, - ma hai una vaga idea di cosa
significhi mettersi contro tre donne che vivono nella stessa casa?
–
-
Praticamente un suicidio? – suggerì Simon, memore
della
classica battuta paterna.
-
Esattamente -, convenne scompigliandogli i capelli, - Perciò
ragazzi miei dovrete imparare quest’ardua lezione: mai
disturbare una donna che
si sta finendo di preparare. –
Henrik
gemette.
-
Non vedo l’ora di arrivare al castello, se non altro non
sarò costretto a sottostare ai loro ritmi da despote.
–
Simon
ridacchiò e fece per replicare: - Certo, dovrai
sottostare a quelli di … -
Una
gomitata tacitò il fratellino e al contempo
incuriosì il
padre.
-
A quelli di chi? –
-
Di nessuno, Simon parla come al solito senza pensare -,
replicò
in fretta venendo aiutato dalla comparsa delle sorelle e della madre, -
Sono
pronte, possiamo andare finalmente, grazie ai Fondatori! –
Poi
afferrò il suo baule e sgusciò fuori, alla
disperata fuga
dalle domande indiscrete dei suoi genitori.
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Capitolo 4 *** Scarlett Rosier & Gavin Blackwood ***
Scarlett
Rosier & Gavin
Blackwood
Ian
era riuscito a procurarle un colloquio con l’agenzia che
si occupava dell’assunzione dei cronisti in un tempo a dir
poco scandalosamente
rapido. Dopotutto quando si aveva un futuro cognato come lui le porte
tendevano
a spalancarsi nell’ambito sportivo. Nonostante ciò
non poteva non sentirsi
nervosa mentre percorreva per l’ennesima volta il corridoio
in attesa che la
segreteria le annunciasse il suo turno.
Fu
proprio durante il suo ennesimo peregrinaggio dalla porta
alla macchinetta del caffè nell’angolo opposto
della sala che finì con l’urtare
inavvertitamente con il gomito il braccio teso di un ragazzo intento a
sorseggiare la sua tazza di ristretto macchiato.
Il
calore del caffè l’assalì non appena la
bevanda, per
fortuna ormai a una temperatura non più ustionante, le
colpì il braccio destro
e schizzò in almeno una decina di macchie diverse sulla sua
camicetta fresca di
bucato e sui pantaloni bianchi che aveva scelto per
quell’occasione visto il
taglio moderatamente elegante … elegante, ma non troppo, il
giusto mix per una
persona destinata a essere sotto gli occhi degli spettatori durante le
cronache
delle partite ma al contempo non tanto eccessiva da risultare
eccessivamente
sofisticata.
-
Per le mutande consunte di quel maledetto di un Salazar
Serpeverde! –
Il
ragazzo, che aveva al contempo imprecato contro una certa
Gormlaith Gaunt, si voltò verso di lei lasciando che le
iridi azzurre vagassero
dal suo volto alla fine rovinosa che aveva fatto il caffè.
-
L’avevo appena comprato e non ero nemmeno arrivato a
metà
della tazza. –
-
Credi che questa sia la cosa peggiore appena accaduta? Per
tua informazione c’è appena stato un duplice vestiticidio … e per di
più quando sono prossima al mio turno per
il colloquio! –
-
Immagino che ognuno abbia le sue priorità -, la
rimbeccò a
tono, - e la mia era assumere la mia dose di caffè
mattutina. –
Scarlett
fece per replicare con una risposta arguta quando
vide che un giocatore appena arrivato li aveva raggiunti e si era
appoggiato
con disinvoltura alle spalle del criminale che le aveva rovinato i
vestiti.
-
Coraggio, il coach ha detto che non tollererà nessun
ritardo, neppure quello di Gavin Blackwood. –
Blackwood.
Non
poteva essere certo una coincidenza.
Quanti
altri Blackwood c’erano nel campionato americano …
e
oltretutto Kate aveva detto che il fratello minore di Ian si chiamava,
almeno
che non si stesse sbagliando di grosso, proprio Gavin.
-
Sei il fratello di Ian? –
Lo
vide scrutarla con sospetto prima di annuire. – In carne e
ossa, perché nanerottola? –
Assottigliò
lo sguardo prima di pestargli il piede con vigore.
-
Punto primo mi chiamo Scarlett, non nanerottola né altri
nomignoli odiosi … e, punto secondo, immagino che tuo
fratello sia prossimo a diventare
mio cognato. –
Vide
Gavin sbiancare mentre realizzava il significato di
quelle parole.
-
Scarlett Rosier?
La sorella di Kate? –
-
Già. –
-
Strano, non aveva accennato al fatto che sua sorella fosse
così suscettibile o una tale imbranata. –
-
Posso dire lo stesso, Ian non ha nominato le parole “odioso,
egocentrico o sbruffone” quando ha parlato di te. –
-
Immagino che Kate sia la sorella simpatica della famiglia. –
-
E che Ian sia il fratello intelligente, non che ne avessi
dubbi. –
Gavin
fece per aggiungere qualcosa, deciso in modo evidente a
non lasciarle vincere quel piccolo duello verbale, ma la voce della
segretaria
li interruppe.
-
Signorina Rosier, può entrare, il signor Barnes
l’aspetta. –
-
Non riesco a credere che tu sia finita a litigare proprio
con Gavin. New York ha decine di migliaia di abitanti con cui discutere
e tu
scegli proprio mio cognato? –
-
Diciamo che lui è indubbiamente lo yankee più
odioso che
esista – replicò, giocherellando con una ciocca
rossa.
Kate
soffocò una risata, scuotendo il capo.
-
Per certi versi vi assomigliate molto. –
Spalancò
gli occhi, fingendosi terribilmente colpita da
quell’affermazione.
– Non dire mai più una cosa simile, qualcuno
potrebbe anche pensare che sia
vero. –
-
Non ti avevo chiesto di essere gentile con Scarlett? –
Gavin
annuì alle parole del fratello senza neppure prestarvi
ascolto. Dopotutto sapeva già dove sarebbe andato a parare
Ian, fissato com’era
con la sua voglia di fare sempre bell’impressione sulla
futura moglie.
-
In mia difesa posso solo dire che non avevo idea che fosse
proprio lei. –
-
Quante altre ragazze inglesi con i capelli rossi avevano un
colloquio con Barnes per il posto da Cronista? –
Roteò
gli occhi.
Va
bene, non era un tipo che osservava granchè, ma dopotutto
da lui ci si aspettava che fosse concentrato sul campo da gioco e non
nelle
sale d’aspetto.
-
E comunque lasciati dire che anche se avessi fatto caso a
quante rosse inglesi c’erano non avrei mai immaginato che la
sorellina di Kate
fosse lei. Insomma lei è delicata, aggraziata e ben educata,
mentre sua sorella
sembra una nanerottola selvaggia che è stata allevata dai
lupi in qualche
foresta remota. –
Ian
scoppiò a ridere, ignorando lo sguardo contrariato del
fratello.
-
E dire che in lei vedo molto di te. –
-
Sono solo le tre, non è un po’ presto per
cominciare a
sparare deliri da ubriaco? –
*
Scarlett
osservò il bouquet che stringeva tra le mani,
incredula.
Si
era messa da un lato insieme alle altre ragazze nubili solo
per gioco, praticamente certa che una delle altre agguerritissime
invitate
avrebbe afferrato il mazzo di fiori lanciato da Kate, eppure le era
finito
dritto tra le braccia.
Un
trillo deliziato le raggiunse le orecchie e le annunciò che
Crystal era a dir poco esaltata dalla cosa.
-
Chissà chi sarà il fortunato, magari proprio quel
bel
ragazzo che hai portato oggi. –
Ben
Evans, il co cronista che la sostituiva durante le partite
della lega minore, praticamente l’unico disposto a scortarla
a quella serata
senza ottenere nulla in cambio. O almeno così credeva, anche
se Crystal e Kate
insistevano che il ragazzo avesse una cotta per lei e non fosse
lì solo per
spirito di cortesia e cavalleria di ex Magicospino.
-
In questo caso andrò subito a fargli le mie condoglianze e
magari a consigliargli di prendere il primo volo per il Messico e non
farsi più
vedere finchè è in tempo –
asserì la voce pacata e decisamente divertita di
Gavin.
Scarlett
arricciò il naso, cercando di pestargli il piede un
po’ come era diventata sua abitudine quando Gavin le lanciava
una frecciatina.
-
Non vedo la tua dama con te, ha realizzato quanto sia stata
masochista nel decidere di passare la serata con te e si è
dedicata ad attività
più entusiasmanti … tipo gettarsi dal tetto della
chiesa? –
-
Molto spiritosa. –
-
Lo so, ma mi spiace non poter dire altrettanto di te. –
-
Zia Scavlett, vuoi vedeve un film con io e zio Gavin? –
-
Si dice con me -,
la corresse accarezzandole i capelli, - e certo che mi va, tesoro.
–
Kelly
battè le mani deliziata e si accoccolò nello
spazio del
divano tra i suoi due zii preferiti. Mezz’ora dopo dormiva
della grossa, alla
faccia della sua voglia di vedere un film.
Scarlett
la prese in braccio con delicatezza e s’incamminò
verso la rampa di scale che conduceva alle camere da letto.
-
Vado a metterla a letto prima che la televisione la svegli
di nuovo. –
Gavin
annuì distrattamente, continuando a osservare lo schermo
mentre il poliziotto si avvicinava alle spalle dell’ignaro
criminale.
Infilò
Kelly sotto le coperte e gliele rimboccò, baciandole la
fronte prima di chiudere la porta della cameretta alle sue spalle.
Sentì
la risata calda e avvolgente di Gavin riecheggiare nel
salotto mentre scendeva gli ultimi gradini.
Un
pop corn le raggiunse il volto proprio quando ebbe rimesso
piede nel salone, colpendola sullo zigomo e rimbalzando a terra.
-
Molto maturo, Gavin. –
Si
strinse nelle spalle, un sorriso indolente sulle labbra, -
Faccio del mio meglio. –
-
Bene, allora vediamo come te la cavi con una lotta vera e
propria – asserì, afferrando una manciata di pop
corn e infilandoglieli dritti
dentro lo scollo del maglione a V.
Dimenandosi
per liberarsene, Gavin si sporse ad afferrarla per
un braccio e la tirò verso di sé per ricambiarle
il favore, ma nella
colluttazione ingaggiata finirono con il rovinare entrambi a terra e
Scarlett
si ritrovò stretta tra il tappeto e il petto muscoloso di
Gavin.
Vide
che le iridi azzurre del ragazzo si erano leggermente
incupite mentre le osservava le labbra con una certa insistenza.
Era
certa di essere arrossita sotto il peso di quello sguardo,
ma continuò a ricambiarlo.
Fu
allora che Gavin annullò la distanza che separava i loro
volti e la baciò con passione.
*
Scott
Blackwood
–
2011, Wampus.
Selina
Blackwood
–
2009, Wampus.
Grace
Blackwood
&
Garlan Blackwood –
2007, Serpecorno e Magicospino.
-
Papà non morirà vero? –
Garlan
aveva posto quella domanda con gli occhioni lucidi per
le lacrime represse a stento mentre accanto a lui sua sorella gemella,
Grace,
aveva la stessa espressione.
-
Certo che non morirà, ha solo avuto un piccolo incidente
durante gli allenamenti – li rassicurò Scarlett,
prendendo per mano i gemelli e
voltandosi a lanciare un’occhiata ai suoi figli
più grandi che li seguivano in
religioso silenzio.
Entrarono
nella stanza d’ospedale, trovando Gavin appoggiato
con la schiena contro la spalliera del letto. Aveva un braccio appeso
al collo
e il costato era interamente fasciato.
Il
loro primogenito si avvicinò al letto, osservandolo con
attenzione.
-
È stato un Bolide? – chiese Scott con assoluta
serietà.
-
Già, uno che non avevo visto. –
-
Quando andrò a Ilvermorny diventerò un Battitore,
così
caccerò via tutti i Bolidi che vedo. –
La
solennità nella voce era tale che nessuno avrebbe mai
immaginato che fossero parole pronunciate da un bambino.
-
Sono certo che lo farai, campione, e sarai bravissimo. –
-
Bambini, la zia Kate e lo zio Ian sono arrivati, perché non
uscite a giocare con le vostre cuginette? La mamma deve sgridare il
papà. –
Selina
ridacchiò sotto i baffi, afferrando i gemelli per mano
e uscendo mentre Scott li seguiva a pochi passi.
Ormai
rimasti soli Scarlett potè finalmente esplodere.
-
Gavin Blackwood NON OSARE mai più farmi prendere uno
spavento del genere! –
-
Altrimenti? –
-
Altrimenti finisco il lavoro del Bolide e ti uccido con le
mie stesse mani … e poi uccido anche quell’idiota
di Jamison che continua a non
colpirne uno nemmeno per sbaglio. –
-
Non riesco a immaginare cosa riusciranno a combinare
quest’anno
che Scott, oltre a Isabelle, potrà fare affidamento sui
figli dei miei ex
compagni di scuola … non invidio la Preside. –
-
Non riesco a immaginare Kate che faceva parte di un gruppo
tanto scatenato. –
Scarlett
rifilò una gomitata al marito.
-
Perché invece io sì? –
-
Con le tue maniere da selvaggia? Certo, dopotutto subisco
violenze coniugali in continuazione, non mi sorprenderebbe
più nulla. –
-
Sei proprio scemo – asserì.
-
Lo so -, confermò sorridendo mentre l’attirava a
sé passandole
il braccio attorno alla vita, - ed è per questo che mi ami.
–
Non
ribattè, del resto non c’era nulla da dire: amava
ogni
singola sfumatura di Gavin e così pure del suo carattere.
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Capitolo 5 *** Freya McDermott & Hades Burke ***
Freya
McDermott & Hades Burke
-
Non lo trovo, possibile che non lo riesca a trovare? –
Hades
fece capolino nella stanza, spiando la sua fidanzata
mentre girovagava senza apparente meta scandagliando ogni singolo
angolo e
buttando all’aria tutto ciò che non le serviva.
-
C’è stato un attacco di Mangiamorte redivivi e io
non ne
sono stato informato? –
-
Spiritoso … stavo cercando la camicia che ho comprato
l’altro
giorno, ma non la trovo da nessuna parte. –
-
Intendi quella verde menta con i bottoni in madreperla e le
rifiniture argentate? –
-
Esattamente. –
-
Per essere sicuri di capirci, è quella che hai stirato ieri
sera? –
Freya
si voltò verso di lui, scrutandolo con la fronte
corrugata.
-
Cosa stai cercando di dirmi e come mai ne sai tanto della
mia camicia? –
Senza
scomporsi, il biondo accennò con il mento al pomello
della finestra davanti al letto matrimoniale.
-
Perché l’hai appesa al pomello prima di andare a
dormire ed
è ancora lì. –
Si
voltò di scatto e in effetti trovò la camicia
proprio lì,
appesa alla stampella e perfettamente stirata.
-
Ci sono passata davanti almeno venti volte, come ho fatto a
non vederla? –
-
Perché sei nervosa, ti succede sempre quando lo sei
… stai
tranquilla, il colloquio andrà bene –
asserì, posandole le mani sulle spalle e
massaggiandogliele delicatamente.
Freya
si rilassò contro il suo petto e socchiuse gli occhi.
-
Tu credi? –
-
Ne sono certo. –
-
Propongo un ultimo brindisi -, decretò Gabriel alzando il
bicchiere contenente il whiskey incendiario ben in alto, - Alla
pazienza che
dovrà avere Freya nel stargli dietro per tutto il resto
della vita! –
-
Intendi la stessa che ha India con te? –
-
Esattamente -, confermò senza scomporsi, - anche se Freya fa
molta più paura di lei quando si arrabbia. –
Killian
sorrise all’indirizzo di entrambi gli amici e fece
tintinnare il bicchiere contro il loro. – Spiacente, ma credo
proprio che in
quanto a mogli pericolose io abbia battuto entrambi di parecchio.
–
Scoppiarono
a ridere all’unisono, per poi buttare giù il
liquido ambrato tutto d’un fiato.
-
Per l’addio al nubilato cosa hanno organizzato le ragazze?
–
Hades
si strinse nelle spalle.
-
Non ne ho idea, ma immagino una cosa tranquilla come la
nostra. –
-
Certo che accostare la parola tranquilli a noi fa davvero
uno strano effetto -, considerò Gabriel meditabondo, - ne
abbiamo combinate
delle belle durante la scuola. –
Killian
annuì.
-
Immagino che siamo troppo grandi per continuare a fare i
pazzi scavezzacollo, ma ho la sensazione che i nostri figli
recupereranno alla
grande con tutti i guai che non abbiamo fatto in tempo a causare.
–
*
Non
appena la figura snella di Kate ebbe messo piede all’interno
della camera in cui si stava preparando per il matrimonio Freya emise
un
urletto e corse ad abbracciarla.
-
Non ci posso credere, sei riuscita ad arrivare in tempo. –
-
Certo che ci sono riuscita -, replicò ricambiando la stretta
con un sorriso, - non potevo mica perdermi il matrimonio di una delle
mie
migliori amiche, no? –
-
E la sfilata? –
-
Se la caveranno bene anche senza di me e se proprio
dovessero fare fiasco li licenzierò tutti in tronco al mio
ritorno. –
Risero
all’unisono prima che Kate la osservasse con
attenzione.
-
Non sei ancora pronta? Di questo passo Hades penserà che
l’hai
abbandonato sull’altare e sei fuggita con un aitante
sconosciuto. Coraggio,
diamoci una mossa, io ti do una mano con l’abito mentre
Olivia pensa ai capelli
e Nova si occupa del trucco. –
-
Kate la despota è tornata, signori e signore. -
-
Ovviamente, esattamente come ai tempi della scuola. Cosa fareste senza
di me? -
-
Beh ... - cominciò Nova, ironica.
-
Era una domanda retorica, adesso forza ... scattare! Rendiamo questa
sposa la più bella che si sia mia vista! -
Loki
Burke
– 2011, Serpeverde.
Persephone
Burke
– 2018, Corvonero.
-
Mammina? –
-
Sì, tesoro? –
-
Pecché sguaddo butto? –
Freya
sospirò, chinandosi a prendere in braccio la piccola di
casa, e le rivolse un sorriso tirato.
-
La mamma non è arrabbiata con te, non preoccuparti.
–
-
Papà fatto male? –
Dall’altro
lato della cucina provenne la voce di Hades,
visibilmente incredulo. – Anche lei comincia a pensare che
sia sempre io quello
che combina guai? Non è possibile, cosa avete voi rosse, vi
siete coalizzate
contro di me? –
Freya
ridacchiò prima di rispondergli: - Evidentemente ci
sarà
un motivo valido -, poi si rivolse alla figlia, - No, tesoro, non
è colpa nemmeno
di papà … è tuo fratello che mi fa
disperare. –
Persephone
la osservò in silenzio per un po’, poi
indicò terra
con le braccine e intimò: - Giù. –
Una
volta toccato il pavimento corse sulle gambette fino al
salotto, dov’era seduto suo fratello intento a leggere, e gli
assestò un
pizzico vigoroso sul braccio.
-
Maledizione! Sei completamente impazzita piccolo mostro? –
Per
tutta risposta lei si limitò a puntargli contro il ditino
con una buffa espressione che voleva chiaramente imitare quella di
Freya quando
lo sgridava, ma che con quel visetto dalle guance paffute era molto
poco
credibile.
-
Lolli butto … butto cattivo! –
-
Papàààààà.
–
-
Non ci pensare minimamente, io non mi metto contro due
rosse, cavatela da solo – replicò Hades per tutta
risposta, afferrando il
mantello della divisa da Auror e imboccando la porta.
-
Noooo, non volio! –
Persephone
battè i piedi, gonfiando le guanciotte e afferrando
il baule ormai pronto del fratello, in attesa di uscire di casa per
dirigersi a
King’s Cross.
-
Tesoro, tuo fratello deve andare a scuola, ormai è grande.
–
-
Anche io … io conto e so affabeto. –
Loki
rise sotto i baffi. – Ma se sai contare solo fino a tre e
conosci solo le prime due lettere dell’alfabeto.
–
-
Anche io volio andare a Ouats – asserì.
-
Ci andrai quando avrai undici anni proprio come Loki, te lo
prometto … se fai la brava dopo aver accompagnato tuo
fratello ti compro un
tortino alla cannella. –
Le
iridi verdi si fecero immediatamente vispe e interessante.
-
Grande? –
-
Certo, grandissimo. –
-
Va bene -, cedette alla fine, - Lolli va. –
*
Freya
camminò sottobraccio con Nova mentre avanzavano verso la
stazione, seguendo di una manciata di metri i loro figli maggiori che
ridevano
tra loro e chiacchieravano fittamente.
-
Ti confesso che sono abbastanza preoccupata per quei due. –
Nova
annuì.
-
Già, lo stavo dicendo giusto ieri sera a Killian, spero solo
che non combinino guai a Ilvermorny e non si facciano cacciare a calci
dagli
Stati Uniti. –
-
Beh, se Isabelle e Scott non sono mai stati cacciati dubito
che ci riusciranno loro due. –
L’ex
Tassorosso inarcò un sopracciglio. – Freya, amica
mia,
certe volte sottovaluti la potenza devastante di quei due …
spero che almeno l’influenza
di Henrik li tenga un po’ sotto controllo. –
-
Già, speriamo bene … ehy, figlio degenere, non mi
saluti? –
Loki
si bloccò poco prima di raggiungere il gruppo dei suoi
amici e si voltò verso di lei alzando gli occhi al cielo e
roteandoli con uno
sbuffo.
-
Ti ho già salutata a casa, mamma, c’è
davvero bisogno di
farlo anche in pubblico? –
-
Ovviamente -, asserì Freya allargando le braccia, -
Perciò
vieni qui e abbraccia tua madre … o come ti ho fatto ti
distruggo. –
|
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Capitolo 6 *** Elizabeth Nott & Damon Price ***
Elizabeth
Nott & Damon Price
Quando
Elizabeth gli venne incontro all’uscita dell’aeroporto,
trascinandosi dietro una valigia più grande di lei, con i
capelli al vento e la
carnagione ambrata frutto di ore interminabili passate sotto al sole
cocente
dell’Egitto gli parve la visione più bella che
potesse immaginare.
L’afferrò
per i fianchi, sollevandola e facendola volteggiare
brevemente prima di baciarla con passione, incurante delle occhiate
divertite
dei presenti.
-
Sembra che sia mancata a qualcuno – gli sorrise, le iridi
verdi brillanti come non mai.
-
Puoi dirlo forte, sono state settimane interminabili. –
-
Per fortuna l’Accademia è chiusa per tutto il
resto dell’estate
e così anche la scuola di Magiarcheologia perciò
abbiamo davanti due mesi tutti
per noi. –
Si
accoccolò con la testa sulla spalla di Damon, inspirando il
profumo del suo dopobarba.
Era
bello essere a casa dopo mesi d’assenza.
-
Hai avvisato Killian del tuo arrivo? –
Scosse
il capo, lasciando ondeggiare le onde scure sulle
spalle.
-
Non ancora, gli altri sanno che sei arrivato anche tu? –
-
Solo Lucas, l’ho sentito questa mattina. –
-
Allora immagino che per tutti gli altri la sorpresa sarà
doppia. –
Il
sorriso sulle labbra di Damon tuttavia le fece intuire che
il suo fidanzato sapeva qualcosa di cui lei non era a conoscenza e che
stava
evidentemente morendo dalla voglia di riferirglielo e gongolare
perché, una
volta tanto, non era lui l’ultimo a sapere le cose.
-
Dam, avanti spara, cosa sai? –
-
Non so proprio a cosa ti riferisci … -
-
Non fare il finto tonto -, lo rimbrottò pungolandolo con
l’indice
contro il fianco, - E dimmi cosa hai scoperto che io ancora non so.
–
-
Lucas e Amaranthe si sono messi insieme. –
L’urlo
estasiato di Elizabeth fu sul punto di perforargli
entrambi i timpani e lasciarlo a terra tramortito tanto era stato
stridulo.
-
Lo sapevo, IO LO SAPEVO! –
-
E quello esattamente cosa dovrebbe essere? –
Elizabeth
inarcò un sopracciglio davanti al tono del
fidanzato, compiendo una mezza giravolta davanti a lui.
-
Il vestito per questa sera. –
Damon
aggrottò ancora di più la fronte, fissando quella
stoffa
verde smeraldo come se fosse la causa di tutti i mali del mondo.
-
Vestito? Il fazzoletto
vorrai dire. –
-
Oh, andiamo, non è poi così corto. –
-
Se fosse più corto sarebbe una cinta, Effy. –
La
ragazza sbuffò, roteando gli occhi al cielo, - Ti sei
improvvisamente trasformato in mio nonno per caso? –
-
No, è che mette in mostra fin troppa pelle e sono certo che
anche tuo fratello disapproverebbe totalmente. –
-
Sei geloso -, rise divertita e compiaciuta al contempo, -
non ci posso credere … sei davvero
geloso!
-
Non sono geloso – protestò, ma con un tono
talmente poco
convincente che sarebbe stato evidente anche a un bambino di cinque
anni che si
trattasse di una menzogna.
-
Certo, come no, gelosone mio – lo assecondò,
alzandosi in
punta di piedi a baciarlo a fior di labbra, - Sei adorabile quando fai
così. –
-
Perciò cambierai il vestito? – chiese speranzoso.
-
Assolutamente no. Datti una mossa, siamo quasi in ritardo. –
-
Quel tipo continua a piacermi sempre di meno –
sbuffò Damon
mentre, accanto a Lucas e Malcom, sorseggiavano dei flûte di
champagne.
Malcom
apparve perplesso e Lucas gli diede di gomito
accennando con il capo all’indirizzo di Elizabeth ed Edward
Zabini che
chiacchieravano placidamente a qualche metro da loro.
-
Ah … ti riferisci a lui. –
-
Ovviamente. Non mi piaceva a scuola e non sono diventato un
suo fan nemmeno dopo il diploma. –
-
Mi sembra un tipo a posto, cosa ha che non va? –
Lucas
sorrise all’ex Grifondoro. – Semplice, amico mio,
Damon
non gli perdona il fatto di essere stato una breve parentesi nella vita
sentimentale di Effy. –
-
Ah, un grande crimine. –
-
Già, uno di quelli da pagare con il sangue – rise
il
Corvonero, reggendogli lo scherzo.
Damon
bofonchiò a mezza bocca qualcosa che suonava come un
candido invito ad andare al diavolo e si diresse deciso verso la sua
fidanzata
e l’odiato Zabini.
Tossicchiò,
attirando l’attenzione su di sé e al contempo
cingendo la vita di Elizabeth con studiata naturalezza.
-
Tutto bene Edward? –
-
A meraviglia, è sempre bello rivedere gli ex membri del
Club. –
Maledizione
a lui e alla sua affabilità discreta che gli
permetteva sempre di uscire da quelle situazioni come se niente e
nessuno
sapesse coglierlo in castagna.
-
Già, è interessante.
–
-
Molto -, convenne il biondo, - ma immagino che voi piccioncini
vogliate stare un po’ da soli perciò credo che
andrò a scambiare quattro
chiacchiere con Jude quanto basta per distrarlo dai suoi propositi di
omicidio
ai danni di Gabriel … ah, quasi dimenticavo, grazie per
l’invito. –
Quando se ne fu andato
Damon si voltò verso Elizabeth, che sorrideva colpevole.
-
Dimmi che l’invito di cui parla non è quello al
nostro
matrimonio. –
-
Mi ha sentita mentre lo dicevo a Millicent -, replicò
riferendosi a una dei membri del Club uscita dalla scuola due anni dopo
di
loro, - e sarebbe stato scortese non invitarlo. –
-
Che Salazar mi aiuti, con te avrò bisogno di davvero molta
pazienza – sentenziò alla fine dopo un attimo di
silenzio.
*
Diana
Price
– 2011, Grifondoro.
Derek
Price
– 2013, Serpeverde.
-
Ma ciao, piccola Diana, come è possibile che tu sia sempre
più bella ogni volta che lo zio ti viene a trovare?
–
Elizabeth
osservò suo fratello chino sul passeggino, intento a
ricoprire la sua prima nipote con decine di complimenti mentre la
piccola per
tutta risposta gli rivolgeva una sequela infinita di sorrisoni
sdentati.
-
Lo sai che fai più complimenti a mia figlia che al tuo,
vero? –
-
Certo, questo perché lei è una bambina tranquilla
mentre Caos
piange in continuazione … credo abbia preso il suo essere
melodrammatico dalla
madrina – concluse.
Ridacchiò,
continuando a preparare il biberon per la piccola.
-
Fai che Kate non ti senta mai dirlo oppure potrebbe andarne
della tua vita. –
-
Questo è poco ma sicuro, fortuna che sia tornata in America
per questo periodo … lo zio ha bisogno di un po’
di riposo, vero Di? –
La
piccola sorrise come a voler confermare le sue parole e
tese le braccine verso di lui.
-
Tio. –
Killian
si voltò a guardare la piccola Diana che continuava a
pregarlo silenziosamente di avvicinarsi a lei.
-
Cosa hai detto, piccola? –
-
Tio … tio … tio – cantilenò
allegra, mentre Elizabeth
sbatteva il biberon sul tavolo.
Si
voltò verso il fratello maggiore, rivolgendogli
un’occhiata
assassina.
-
Sono giorni che provo a convincerla a dire “mamma”
come
prima parola e adesso arrivi tu e Diana dice “tio”?
–
-
Merito del mio consueto fascino da rubacuori, faccio
quest’effetto
a tutte le donne indipendentemente dalla loro età
anagrafica. –
-
Derek, per favore, se tua madre arriva a casa e tu non sei
ancora a letto a dormire se la prenderà con me –
sospirò Damon, cercando di
convincere il figlio a smettere di saltare in giro come un grillo
esagitato.
-
No! –
-
Diana è già andata a letto, perché non
obbedisci come tua
sorella? –
-
No! –
-
Puoi dire qualcosa di diverso da “no”? –
-
NO! –
-
Derek, ti avviso che mi sto arrabbiando e che se non vai
subito a letto ti metterò in punizione. –
Il
piccolo incrociò saldamente le braccia al petto e lo
fissò
con aria di sfida.
-
No. –
Che
Salazar gli desse la pazienza, quel piccolo sfrontato era capace
di far disperare anche un santo.
Il
rumore dei tacchi che percorrevano il brecciolino del
sentiero che conduceva a casa loro ruppe quel provvisorio silenzio e
fece
sbiancare entrambi.
Elizabeth
era di ritorno.
-
È arrivata la mamma! Via, si salvi chi può
– sentenziò Derek,
correndo lungo la rampa di scale e chiudendosi la porta della camera
alle
spalle.
Poco
dopo la porta d’ingresso si aprì e sua moglie fece
la sua
comparsa, incrociando il suo sguardo e abbozzando un sorriso divertito.
-
Fammi indovinare, Derek è appena andato in camera sua a
fingere di dormire già da un pezzo. –
-
Come sempre … un giorno mi spiegherai come fai a farti
obbedire
da lui senza storie? –
Gli
rivolse un sorriso furbo.
-
Semplice, impiego la sottile arte del terrore matriarcale. –
*
-
Se dovesse succedere qualcosa scrivici immediatamente e io
arriverò subito a ilvermorny – decretò
Damon mentre aiutavano Diana a portare
il baule al piano di sotto.
La
ragazza scosse il capo e incrociò lo sguardo della madre,
che la invitò silenziosamente a non sindacare troppo
sull’apprensività paterna.
-
Non accadrà nulla, so badare a me stessa, perciò
stai
tranquillo papà. –
-
Lo so -, riconobbe, - sei una ragazza in gamba ma ti
troverai in un altro continente e gli yankee sanno essere fin troppo espansivi. –
-
E gli piace anche sperimentare cose strane – aggiunse Derek,
beccandosi per tutta risposta un’occhiataccia da Elizabeth e
un pestone sul
piede dalla sorella.
-
Ma cosa ne vuoi sapere tu, moccioso. –
-
Io so un sacco di cose. –
-
Sì, se riguardano i mille modi in cui ti rendi
insopportabile non stento a crederlo. –
-
Ragazzi -, li interruppe Elizabeth, - almeno il primo
settembre riuscite a non saltarvi al collo? Vorrei cominciare a godermi
i nove
mesi senza di voi e le vostre litigate fin da subito. –
I
due fratelli tacquero, continuando a fissarsi in cagnesco
per qualche secondo, e poi annuirono una dopo l’altra.
-
Va bene, mamma … ma adesso sbrighiamoci, voglio salutare lo
zio Killian prima della partenza. –
-
E figurati se non lo dicevi, cocca dello zio. –
Diana
rivolse una linguaccia al fratello e poi sgattaiolò
fuori tenendo strettamente tra le mani il trasportino contente il suo
gatto.
Ilvermorny
l’aspettava e questo aveva la precedenza su tutto,
anche le litigate con suo fratello.
Ah,
nel
caso vi steste chiedendo che faccia abbia Edward Zabini, dal momento
che l’ho
nominato diverse volte anche nel corso della storia, eccolo qui:
|
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Capitolo 7 *** India Adhara Rune & Gabriel Perseus Morgan ***
India
Adhara Rune & Gabriel
Perseus Morgan
-
Non hai ancora dato la notizia alla tua famiglia, vero? –
India
annuì, girandosi tra le mani la pergamena sulla quale
lei ed Elizabeth avrebbero dovuto lavorare per il corso di Antiche Rune
della
scuola di Magiarcheologia.
-
Lo sai che stai rimandando l’inevitabile? –
Annuì
nuovamente sotto lo sguardo serio dell’amica, che
sembrava aver completamente perso di vista il motivo per cui si erano
riunite
in biblioteca quella domenica mattina e aveva dirottato il discorso
sull’argomento “proposta di matrimonio”.
-
Mi preoccupa la loro reazione – ammise sottovoce.
-
Che tradotto significa che a preoccuparti è la reazione di
tuo padre e di quell’imbecille cerebroleso che ti ritrovi
come fratello
maggiore. –
Già,
Jude era in cima alla lista dei suoi problemi da un bel
po’ di tempo.
-
Mia madre è forse l’unica persona che potrebbe
capire … ma
si schiererebbe contro mio padre e mio fratello per me? Di questo non
sono
affatto sicura. –
Elizabeth
le prese la mano, stringendola gentilmente, prima di
sorriderle: - Non dimenticarti della tua altra
famiglia. Se loro sono troppo stupidi per accettare te e la persona che
ami noi
saremo comunque pronti a sostenervi. –
Le
sorrise di rimando, incredibilmente grata per quelle
parole.
Da
quando era entrata nel Club aveva trovato ciò che per lungo
tempo aveva ritenuto le fosse negato: qualcuno che
l’accettava per quello che
era senza alcun preconcetto o condizione.
-
Glielo dirò appena torneremo a Londra per la pausa di
metà
semestre. –
-
Brava ragazza, se ti dovesse servire una mano per uccidere
Jude e occultare il suo cadavere fammi un fischio … ci
sarà pure qualche
sarcofago che beneficerebbe di un nuovo occupante in una delle piramidi
che abbiamo
esplorato. –
-
Sei sicuro che ti vada di farlo? –
Gabriel
la prese per mano, attirandola a sé e osservandola con
circospezione dall’alto in basso. – E tu sei sicura
di essere pronta ad
affrontarli? –
No,
non lo era minimamente, ma prima o poi quel confronto era
inevitabile e rimandarlo non avrebbe avuto minimamente senso.
-
Entriamo, farli aspettare troppo non aiuterà certo a
migliorare l’umore di questa cena. –
Era
stata sua madre a insistere dopo aver saputo la notizia,
decisa a far andare d’accordo entrambe le parti di quella
sconclusionata
famiglia che si prospettava all’orizzonte, e alla fine suo
padre aveva
inaspettatamente deciso di acconsentire alla cosa. Persino Jude,
visibilmente
contrariato, era stato costretto a presenziare e gli era stato intimato
di
tenere ben a freno la bocca ed evitare qualsiasi commento che rendesse
la cena
sgradevole o imbarazzante per i futuri sposi.
Trovarono
ad accoglierli proprio sua madre.
Audrey
li accolse con un sorriso smagliante, abbracciando
prima la figlia e poi riservando lo stesso trattamento al futuro genero.
-
Sono contenta che abbiate accettato l’invito, anche se
immagino che alla redazione della Gazzetta del Profeta in questo
periodo sia
complicato ritagliare un po’ di tempo con tutto quello che
sta succedendo. –
Gabriel
annuì, sorridendo grato per aver intavolato subito un
discorso in terreno neutrale.
-
Già, lavorare agli sgoccioli dell’elezione del
nuovo Primo
Ministro è estenuante, in redazione sembra che il tempo non
basti mai. –
-
Il direttore della gazzetta è sempre Carmichael? –
chiese il
signor Rune, improvvisamente interessato.
-
Sì, signore. È un ottimo direttore, anche se
confesso che
certe volte è da prendere un po’ con la dovuta
cautela. –
Alexander
rise.
-
Era così anche ai tempi della scuola, prende molto
seriamente il suo ruolo, ma lavorare al suo fianco ti
spianerà certamente la
strada ai vertici della redazione. –
-
È quello a cui punto. –
India
notò lo sguardo che passò sul volto del padre e
seppe
che con quella singola affermazione Gabriel si era appena conquistato
un
briciolo della sua stima.
Suo
padre amava la determinazione e l’ambizione sopra ogni
altra cosa.
Forse
le cose sarebbero migliorate sempre più con il passare
del tempo.
*
-
Jude è riuscito a non fare nemmeno mezzo commento per tutta
la durata della cerimonia, sono impressionata –
considerò Scarlett, prendendo
sottobraccio India e sottraendola alla presa del suo neo marito, - Non
essere
avido, Gabriel, l’avrai per te per tutta la vita …
puoi lasciarmela per un pochino
– aggiunse davanti all’occhiata dell’ex
Corvonero.
-
D’accordo, ma cerca di riportarmela in tempo per il taglio
della torta. –
-
Farò del mio meglio – asserì.
Dopodichè
fece volteggiare India e mosse i primi passi di
danza sotto gli occhi increduli dell’amica.
-
Vuoi ballare? –
-
Certo. Diamo qualcosa di cui parlare a quei vecchi
Purosangue brontoloni. –
E
di certo una coppia di donne che volteggiavano sulla pista
da ballo avrebbe attirato i loro sguardi anche se una delle due non
fosse stata
in abito da sposa, poco ma sicuro.
Gabriel
raggiunse i suoi amici nell’angolo opposto della sala,
intenti a bere e chiacchiere tra loro, e venne accolto da una serie di
sorrisi divertiti.
-
Ed ecco lo sposino, Scarlett ti ha già soffiato tua moglie?
–
Rise,
scuotendo il capo e borbottando qualcosa che suonava
molto come “imbecille” all’indirizzo di
Hades.
-
Piuttosto dove hai lasciato Freya? –
-
Oh, è con Kate e le altre a spettegolare – disse
facendo
spallucce.
Capitava
di rado che Kate e Scarlett tornassero in Gran
Bretagna e quando lo facevano tutte le ragazze si riunivano in una
sorta di
concistoro e si scambiavano informazioni che impiegavano ore e ore di
chiacchiere incessanti.
Notò
tuttavia che era presente anche Olivia tra il gruppo e
pertanto rivolse un’occhiata curiosa a Killian.
-
Come vanno le cose tra voi tre? –
Il
ragazzo si strinse nelle spalle, buttando giù lo champagne
tutto d’un fiato, - Al solito, in modo un po’
impacciato ma sta diventando meno
strano di volta in volta. –
-
Non ti invidio per nulla. –
-
Non so -, ribattè il moro, - dopotutto tu hai un cognato che
fa sembrare la mia una situazione allegra e rilassata. –
Non
ribattè.
In
effetti se non altro la situazione di Killian era
temporanea e si limitava a quando sia Nova che Olivia si trovavano
nella stessa
stanza, a lui toccavano anni alle prese con Jude.
Il
pensiero gli fece improvvisamente venire una gran voglia di
bere.
Tese
la mano con decisione.
-
Dai un bicchiere anche a me, ne ho bisogno. –
*
Anna
Victoria Morgan
– 2011, Corvonero.
Alther
Morgan
– 2012, Serpeverde.
Andrew
Morgan
– 2012, Tassorosso.
Sophia
Clarissa Morgan
– 2013, Corvonero.
William
Morgan
– 2016, Grifondoro.
-
Un’altra volta? –
Elizabeth
sgranò gli occhi, incredula, e a India non restò
altro da fare se non scoppiare a ridere davanti
all’espressione dell’amica.
-
Già, ma io e Gabriel abbiamo deciso di fermarci con lui.
–
-
E vorrei ben vedere, tra poco diventerà un asilo
… e io che
già con due mi metto le mani nei capelli, non so come tu
faccia con sei
bambini. –
-
Diciamo anche sette, Gabriel conta come uno di loro. –
La
voce del marito, messo all’erta dal sentirsi nominato,
giunse dal salotto.
-
Cos’è che ho fatto io? –
-
Nulla, perché hai la coscienza sporca? –
-
Assolutamente no, amore mio. –
Riusciva
quasi a vedere la faccia da schiaffi di Gabriel
mentre le sorrideva malandrino.
-
Scommetti che ha lasciato un caos in salotto? –
-
Non scommetto su qualcosa che so già che si
avvererà. –
-
Alther, Andrew! Insomma volete smetterla di lanciarvi palle
di neve e rientrare in casa? Finirete con il prendervi un bel malanno!
–
Scosse
il capo davanti ai gemelli che la ignoravano bellamente
e continuavano a infilarsi neve in ogni anfratto del pigiama.
-
D’accordo, l’avete voluto voi,
intercetterò le letterine di
Babbo Natale e gli dirò di non portarvi nulla
quest’anno. –
Quella
minaccia bastò a placarli lì dove ramanzine e
ipotesi
di febbri da cavallo non erano riuscite.
-
No, i regali noooo … noi siamo bravi –
protestò Andrew,
mettendo su un delizioso broncetto.
-
Se siete tanto bravi allora entrate in casa, levatevi questi
vestiti bagnati e correte a farvi un bagno caldo. –
Alther
mollò la palla di neve che aveva ancora in mano e prese
sottobraccio il gemello, per poi fermarsi sulla soglia di casa e
guardarla con
espressione seria.
-
E tu prometti di non scrivere nulla a Babbo Natale? –
-
Lo prometto. –
-
Va bene … l’ultimo che arriva in bagno
è una femminuccia! –
-
Anna hai preso tutto per lo scambio culturale? –
La
maggiore dei suoi figli annuì, mostrandole il baule
già
pronto e la gabbietta lì accanto … peccato solo
che fosse vuota.
-
Dov’è finita Molly? –
-
È nella gabbietta – replicò, alzando
appena lo sguardo dal
libro che teneva tra le mani.
-
No che non c’è, la gabbietta è vuota.
–
Anna
aggrottò la fronte, perplessa, guardandosi attorno per
cercare la sua gatta. Eppure era certa di averla chiusa al sicuro in
vista del
viaggio.
Quando
dall’interno del baule provenne un miagolio contrariato
si battè una mano sulla fronte.
-
Ma certo, l’ho chiusa per sbaglio nel baule, che testa!
–
Aprì
il baule e ne estrasse una Molly soffiante e visibilmente
oltraggiata.
-
Quella gatta verrà santificata, poco ma sicuro –
asserì Gabriel,
osservando la figlia che la chiudeva questa volta nella gabbia giusta e
usciva
di casa.
India
annuì, osservandola a sua volta con la fronte
aggrottata.
-
Credi che se la caverà a Ilvermorny? –
-
Va in America mica in guerra. –
-
Lo so, ma è … -
-
Al massimo si perderà una decina di volte prima di imparare
la strada all’interno della nuova scuola -, la
rassicurò cingendole le spalle
con un braccio, - Tu piuttosto pensa alla pace che respireremo
… potremmo
persino andarci a fare quella famosa crociera. –
Già,
quella sì che era un’ottima idea dopotutto si
erano
meritati nove mesi di assoluto relax.
Spazio
autrice:
Salve!
Siamo
giunti anche all’ultima delle OS della raccolta e con essa
alla pubblicazione
imminente (roba di qualche minuto insomma) del sequel di cui vi avevo
accennato
al termine di “Il gioco degli invisibili” che
troverete pubblicato come “The
Riot Club”. Spero di ritrovarvi anche lì e grazie
nuovamente per la vostra
partecipazione sia alla storia che alla raccolta.
A
presto
spero.
XO
XO,
Mary
|
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