The Club

di Ms Mary Santiago
(/viewuser.php?uid=976451)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nova Reed & Killian Nott ***
Capitolo 2: *** Kate Rosier & Ian Blackwood ***
Capitolo 3: *** Amaranthe Lundström & Lucas Crouch ***
Capitolo 4: *** Scarlett Rosier & Gavin Blackwood ***
Capitolo 5: *** Freya McDermott & Hades Burke ***
Capitolo 6: *** Elizabeth Nott & Damon Price ***
Capitolo 7: *** India Adhara Rune & Gabriel Perseus Morgan ***



Capitolo 1
*** Nova Reed & Killian Nott ***


Nova Reed & Killian Nott


 

 

 

 

 

- Sei assolutamente sicuro che sia strettamente necessario? –

Killian sorrise al di sopra del bordo della tazza di caffè bollente che stava sorseggiando. – Da quando in qua ti tiri indietro davanti a una festa? –

- Da quando la festa l’organizza la madre del mio fidanzato. Lo sai che a quella donna non piaccio. –

- A mia madre non piace nessuna, perciò non c’è nulla di personale. –

- Già, perché nessuna è all’altezza del suo adorato figlio. L’ultima volta che l’ho vista era palese che stesse provando a uccidermi con lo sguardo. –

Ridacchiò, allungando una mano ad accarezzarle il braccio in una lenta carezza rilassante.

- Rilassati. Mia madre abbaia, ma non morde … e ho smesso di tenere in conto il suo parere più o meno a cinque anni. –

- Quando ha provato a farti fidanzare con Clarisse Dumont? –

Annuì.

Durante il primo incontro tra Nova e sua madre era stata fatta una lunga disamina di tutti i nomi di ragazze che sua madre aveva provato ad appioppargli e Clarisse era stata una delle più citate.

Supponeva che il fatto che fosse la figlia dell’ambasciatore francese presso il Ministero inglese c’entrasse molto nell’ottica di un matrimonio vantaggioso che affollava la mente di sua madre.

- Credi che se sapesse che mio padre è un Gaunt la sua opinione su di me cambierebbe? Immagino che la bastarda di un Gaunt conti più di una Mezzosangue figlia di un mago chiunque – concluse aspramente.

- Nova … -

- Lo so -, l’anticipò, - ma non posso fare a meno di prenderla sul personale. –

Killian intrecciò le dita alle sue, fissandola dritta negli occhi.

- Dirò a mia madre che non possiamo andare perché all’Accademia Auror non mi hanno concesso la licenza. –

- Non è necessario, è pur sempre la tua famiglia. –

- Se la cosa ti fa stare male è necessario eccome. E poi ho avuto a che fare con loro per diciannove anni, una sera senza vederli non ucciderà nessuno. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Quindi parti davvero? –

Elizabeth annuì con un sorriso, mostrandogli la lettera per l’istituto di Magiarcheologia che stringeva tra le mani.

- Già, fratellone, sembra che tu non sia l’unico cervellone in famiglia. –

- Non ho mai pensato il contrario, ma … sei sicura di volertene andare in Egitto? –

- Assolutamente. –

- È parecchio lontano e le piramidi non sono certo il posto più sicuro sulla faccia della terra. –

- La cosa non mi spaventa. –

Picchiettò le dita sul tavolo, meditabondo. – E Damon che ne pensa? –

Elizabeth ridacchiò. – Non avrei mai creduto di assistere al giorno in cui ti saresti servito di lui per convincermi a fare qualcosa. –

- Diciamo che ormai ho accettato da tempo la vostra storia; lo vedo come ti guarda e mi basta quello per sapere che sei in buone mani. –

- Già -, convenne, - E comunque Damon è d’accordo. Lui partirà per la scuola di musica e io per quella di magiarcheologia. Ci vedremo ogni volta che potremo e ci scriveremo tutti i giorni. Le cose funzioneranno. –

- Va bene, ma giurami che non scatenerai alcuna maledizione egizia tipo Dieci Piaghe o roba simile. –

- Farò del mio meglio. –

 

 

 

 

 

Freya alzò una mano per attirare l’attenzione del barista del Paiolo Magico, che prontamente dirottò verso il tavolo la loro ordinazione.

- Il whiskey incendiario è il mio – sentenziò Nova.

- Qui va l’idromele – aggiunse la rossa.

- Perciò l’acquaviola va qui – concluse il barista, lasciando il calice davanti a Kate.

Dopodichè le lasciò finalmente sole e poterono ricominciare a parlare dell’argomento del momento.

- Quindi hai davvero intenzione di chiedere a Killian di sposarti? –

Nova annuì.

- Assolutamente. –

Kate aggrottò la fronte, perplessa. – Non è un po’ strano che sia la sposa a farlo? –

- Credo che sia ora di rompere con le tradizioni. Insomma l’importante è che ci si ami, poi chi lo chiede a chi non conta. –

Freya annuì convinta.

- Giusto … perciò proporrei un brindisi: a Nova e alla sua missione matrimoniale! –

 

 

 

 

 

Quando Killian fece ritorno all’appartamento che condividevano ormai da sei mesi, Nova attese che si recasse in cucina e si godette l’espressione sul suo viso.

Lo vide osservare la tavola imbandita, la luce soffusa e le candele a illuminare il tutto. Il suo piatto preferito, aragosta alla catalana, capeggiava al centro del tavolo accompagnato da mezza dozzina di diversi contorni e un fantastico dolce alla cannella riposava poco lontano. 

- Sono diventato la donna della coppia senza saperlo? –

Scosse il capo davanti al tono divertito del fidanzato, aiutandolo a togliersi il pesante cappotto e spingendolo ad accomodarsi sulla sedia.

- Mangiamo prima che si freddi, poi avrai tutto il tempo di fare battute sui ruoli invertiti. –

L’assecondò, degustando l’aragosta con aria compiaciuta mentre ne mandava giù un boccone dopo l’altro.

- Hai visto le ragazze dopo il lavoro? –

- Sì, dovevamo aggiornarci su un po’ di cose e aspettare venerdì sera era fuori questione. –

- Qualcosa d’interessante? –

- Molto. –

Killian l’osservò con la fronte aggrottata.

- Devo indovinare o prima o poi ti deciderai a dirmi di che si tratta? –

- Non ce la fai proprio ad aspettare la fine della cena? –

- Preferirei saperlo subito … mi stai preoccupando un po’. –

- Va bene -, replicò alzandosi in piedi e avvicinandoglisi, - te lo dirò subito. –

Nova gli si fermò davanti, inginocchiandosi su una gamba ed estraendo una scatolina dalla tasca posteriore dei pantaloni.

La fece scattare tenendola aperta sul palmo della mano.

Un anello in diamanti, che luccicavano sfavillanti sotto la luce delle candele, fece capolino.

- Killian Nott, vorresti farmi il grandissimo onore di diventare mio marito? –

- Assolutamente sì, ma ho una richiesta: l’anello lo metti tu – ironizzò, prendendola per mano e facendola accomodare sulle sue gambe.

Nova ridacchiò.

- Ovviamente. Diciamo che l’ho preso perché tu potessi darlo a me. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Caos Nott – 2011, Serpeverde


Kenna Nott – 2012, Grifondoro

Maya Nott – 2015, Tassorosso


 

 

 

 

 

Nova osservò il figlio mentre correva da una parte all’altra del salone in compagnia della cuginetta e dei figli del resto dei loro amici.

- Sai, comincio a credere che quando Killian ha proposto il suo nome abbia avuto una sorta di premonizione. –

Elizabeth ridacchiò.

In effetti Caos rendeva piena giustizia al suo nome di battesimo.

Il rumore di qualcosa che cadeva a terra da una considerevole altezza e finiva in mille pezzi le raggiunse, facendo trasalire Nova che ebbe una sinistra quanto accurata sensazione su cosa fosse l’oggetto danneggiato.

- Cosa è stato? –

La voce di Caos si levò alta nel silenzio generale, leggermente titubante, come un’implicita ammissione di colpa.

- Niente! –

- Se quel “niente” è il vaso di ceramica sul camino che si è rotto potrai scordarti la cioccolata calda. –

Quelle parole ebbero l’effetto di spingere il piccolo scalmanato a fare capolino in cucina con un’espressione da cucciolo bastonato che avrebbe fatto intenerire chiunque avesse un carattere anche solo un po’ più debole del suo.

- Il vaso si è rotto, mammina, ma non sono stato io. –

- E allora chi è stato? –

Sgranò gli occhioni chiari e si strinse nelle spalle. – Non saprei. –

- Vediamo di risolvere questo mistero allora … Kenna, tesoro, chi ha rotto il vaso della mamma? –

La piccola stese le braccia in alto, esigendo a gran voce: - Mama, braccio! –

- Ti prenderò in braccio se mi dici chi è stato. –

- ’Tato Cas. –

Il fratello le rivolse un’occhiata indignata, puntandogli contro il dito con fare accusatorio: - Spia! –

Per tutta risposta Kenna stese nuovamente le braccine.

- Braccio? –

- Sì, tesoro, ti sei guadagnata lo stare in braccio per un po’. –

 

 

 

 

 

Aprì gli occhi lentamente, soffocando uno sbadiglio mentre allungava una mano verso la metà del letto in cui avrebbe dovuto trovarsi Killian ma la trovò vuota e fredda.

Si alzò in piedi, indossando la vestaglia, e vide che all’interno del lettino non c’era nemmeno Maya.

Doveva essersi svegliata e per evitare che il suo pianto interrompesse il sonno Killian l’aveva portata al piano di sotto.

Dopotutto da quando aveva partorito per la terza volta aveva cominciato ad accusare la stanchezza del gestire tre figli e si era fatta ripromettere da Killian che si sarebbero dati una calmata. Adorava l’idea di una famiglia numerosa, ma tre bambini scalmanati come i loro valevano come nove.

Scese i gradini che conducevano al salotto e trovò Killian addormentato sulla poltrona con Maya tra le braccia e una coperta a coprire entrambi.

La piccola si era rannicchiata contro il petto del padre e aveva afferrato il suo maglione con le manine tenendolo stretto a sé come se volesse essere certa che non sarebbe andato da nessuna parte.

Si avvicinò, accarezzando la fronte di Killian e svegliandolo delicatamente.

- Manca poco all’inizio del tuo turno, ti faccio del caffè? –

- Tantissimo caffè, ma questa volta assicurati che sia abbastanza in alto da non farlo prendere a Caos e Kenna. Non riuscirei a sopportare un’altra sera con loro che saltano come grilli in giro per casa. –

- Pensa positivo, mancano solo un paio d’anni all’inizio della scuola. –

- Faremo bene a ricordarci che sarà di vitale importanza firmare tutti i permessi che permettono loro di passare le vacanze al castello. –

Nova rise, scompigliandogli i capelli.

- Sono sicura che quando verrà il momento non vedrai l’ora di vederli tornare a casa per le vacanze. –

- Probabile -, ammise con un sorriso, - ma per nove mesi saranno un problema della Preside. –

- Non vedi l’ora di vederla alle prese con Caos e Kenna, vero? –

Sorrise come se stesse pregustando le centinaia di danni che avrebbero fatto quei due scalmanati.

- Ovviamente. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Nova risistemò i capelli di Caos, sorridendo quando lo vide sbuffare e cercare di non farsi vedere dal resto dei suoi compagni di Casa.

- Mamma, per favore, è umiliante. I miei capelli stanno benissimo così. –

- Oh, mi scusi vostra grazia, non mi ero resa conto che avessi una grande reputazione da mantenere. –

Caos alzò gli occhi al cielo, roteandoli sotto il tono derisorio della madre, e alzò una mano a salutare il resto dei suoi amici che si stava dirigendo verso l’Espresso.

- Posso andare adesso? –

- Solo un attimo -, intervenne Killian, - voglio essere sicuro che tu abbia ripassato le regole. Cosa fai se qualche ragazzo si avvicina troppo a tua sorella? –

Kenna fece per aprire bocca, ma il padre la tacitò con un cenno.

- Lo minaccio di morte e poi avviso te così puoi sottoporlo a uno dei tuoi minacciosi interrogatori da Auror. –

- Perfetto. –

La secondogenita rivolse uno sguardo alla madre, supplicandola silenziosamente di intervenire.

- Non vi sembra di star esagerando? Kenna sa badare a se stessa. –

- Per niente. I maschi sanno essere tremendi. –

- Ha undici anni, Kill. Dubito che qualsiasi ragazzino della sua età si nasconda negli angoli bui del castello per saltare addosso alle ragazzine. –

- Mai dire mai, di questi tempi i ragazzini sono sempre più precoci. –

La guardò con disappunto quando vide che Nova era scoppiata a ridere e aveva le lacrime agli occhi.

- Per favore, ragazzi, salite sul treno prima che vostro padre venga scambiato per un Malocchio 2.0 –

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Kate Rosier & Ian Blackwood ***


Kate Rosier & Ian Blackwood

 

 

 

 

 

Erano passati sei mesi da quando aveva messo piede a New York per la prima volta e ancora non era riuscita ad abituarsi ai ritmi serrati della vita degli americani; anche a Londra gli eventi viaggiavano veloci, ma il ritmo statunitense era a dir poco folle. Le mode duravano uno schiocco di dita, così come fama e popolarità, quello che era in una settimana prima era out la seguente. E per lei che voleva farsi un nome nel campo della magimoda la cosa era oltremodo stressante.

A ciò si aggiungevano le sedute che dal suo trasferimento aveva intrapreso con cadenza settimanale.

La morte di Alther, unita a quel caos senza speranze che era la sua famiglia, l’avevano lasciata a pezzi e sebbene in presenza di Scarlett avesse tenuto a freno lo sconforto adesso che era sola aveva deciso di prendere in mano la situazione.

Piangersi addosso non sarebbe servito a nulla.

Afferrò il suo caffè extra lungo e s’incamminò a passi svelti verso l’ingresso della sala incontri del suo gruppo di sostegno.

C’erano persone che avevano affrontato lutti di ogni tipo, genitori che avevano perso i figli o persone ormai vedove, ma anche chi aveva problemi nella gestione dell’emotività o con disturbi legati all’eccessivo stress emotivo.

All’inizio era stata scettica, l’idea di mettere a nudo i suoi sentimenti davanti a un gruppo di perfetti estranei la destabilizzava, ma con il passare delle sedute aveva trovato delle vere amicizie tra quelle persone.

S’intrufolò tra una coppia che chiacchierava vicino alla porta e individuò all’istante Crystal che le teneva il posto accanto a lei.

Scivolò sulla sedia e le porse il suo caffè.

- Semplice e rigorosamente senza zucchero. –

Crystal le rivolse un sorrisone e afferrò la bevanda, prendendone un paio di lunghissimi sorsi.

- Ti adoro. –

- Lo so -, replicò sorridendole a sua volta, - è facile amarmi. –

Ridendo, la bionda yankee le assestò una bottarella sul braccio.

- Spiritosa … piuttosto, guarda un po’ chi sta arrivando. –

Seguì il suo sguardo e non ebbe bisogno di domandarle chi fosse l’uomo sui trentacinque anni che stava varcando la soglia.

Ian Blackwood era probabilmente lo scapolo d’oro del momento. Fresco di divorzio, tremendamente bello e affascinante, con un patrimonio a nove zeri, manager di successo della squadra prima in classifica del campionato e a quanto pareva alle prese con gli strascichi della rottura con sua moglie avvenuta due mesi prima.

- Credi che si stia riprendendo dal divorzio? –

- Non ne ho idea … dovrebbe importarci? –

Crystal annuì con vigore. – A me probabilmente no, ma a te decisamente sì. Da quanto è che non esci con qualcuno? –

Era una domanda retorica.

Tutti lì dentro sapevano che non aveva più nemmeno preso un caffè con un uomo dalla morte di Alther.

- Non credo che il gruppo serva a questo. –

- Forse no, ma il nostro terapeuta dice sempre che socializzare tra di noi è importante per aprirci … e quello è decisamente il tipo di uomo con cui faresti molto bene ad aprirti. –

Ignorò il palese doppio senso e scrollò le spalle per poi tornare a rivolgere le proprie attenzioni al suo caffè aromatizzato alla cannella.

Crystal era praticamente senza speranze quando si metteva in testa qualcosa.

 

 

 

 

 

Svoltò l’angolo correndo a perdifiato e finì con l’impattare contro qualcosa. Un muro probabilmente, ipotizzò all’inizio, ma quando alzò lo sguardo sul completo d’alta sartoria blu scuro e la candida camicia bianca con i gemelli al polso scartò quell’ipotesi.

Ian le rivolse un sorriso vagamente divertito.

- In ritardo per la seduta oppure corri per essere sicura di accaparrarti l’ultimo brownie? –

Probabilmente avrebbe dovuto replicare con qualcosa di salace, ma l’unica cosa che le venne in mente furono quei deliziosi dolcetti che erano diventati la sua personale droga da quando si era trasferita a New York.

- Vuoi dire che hanno già fatto fuori tutti i brownies? Ma Miranda ha detto che ne avrebbe portate due teglie. –

- Già, sembra che oggi il resto del gruppo sia particolarmente affamato -, confermò per poi aggiungere davanti alla sua espressione delusa, - ma te ne ho tenuti da parte un paio. –

Le mostrò l’involucro in cui li aveva riposti con cura e le iridi blu di Kate brillarono fameliche per un attimo.

- Venite qui, piccole prelibatezze cioccolatose. –

Ian gliele porse con una risata e la osservò divorarli con gusto.

- Grazie mille, sei stato molto gentile, se fosse stato per Crys non ne avrei mangiato nemmeno mezzo. –

- Diciamo che sono un bravo osservatore. Dopotutto sono mesi che ti vedo fiondarti sui brownies ogni volta che Miranda li fa. –

- Non mi fiondo -, protestò, - non sono una specie di selvaggia che non mangia da mesi. –

- Sì invece -, replicò con un sorriso ironico, - ma devo ammettere che hai sempre una certa grazia nel farlo. –

- Veramente molto gentile. –

- Faccio del mio meglio, ma divento molto più carino e simpatico davanti a un paio di calici di champagne. –

- Un vero peccato che non ne servano agli incontri – lo rimbeccò, sorridendo ironica a sua volta.

- Già, ma so che c’è un locale molto carino a cinque minuti da qui. Possiamo passarci dopo la seduta, così avresti modo di verificare che dico sempre la verità. –

Il sorriso tentennò a quelle parole.

Da una parte non poteva fare a meno di considerare Ian un uomo attraente e in fondo aveva voglia di conoscerlo meglio, ma dall’altra era convinta di non essere ancora pronta.

- Io … -

- Se non ti va non fa nulla, dicevo così per dire. –

Le sembrò di sentire la voce di Crystal che le dava dell’idiota a gran voce. Dopotutto non poteva esserci certo nulla di male o di compromettente nel bere una cosa in compagnia. Così lo richiamò prima che potesse allontanarsi troppo.

- Ian, aspetta. –

- Sì? –

- Mi farebbe piacere andare a bere qualcosa con te. –

 

 

 

 

 

Kate alzò la mano per attirare l’attenzione di Scarlett mentre la sorella arrancava sotto il peso di un paio d’immense valigie.

- Da questa parte, Scar. –

L’accolse con un abbraccio spaccaossa, che le mozzò il fiato, e vide la perplessità nelle sue iridi all’istante.

- Come mai ci sono i fotografi? –

Kate giocherellò con una ciocca color fragola, vagamente imbarazzata, - Ti ricordi di quando ti ho parlato della persona con cui sto? Diciamo che i fotografi sono qui per lui … -

- Già, sei stata insolitamente criptica a riguardo … quindi lui chi è? –

Il suo compagno si fece largo tra la folla e le tese la mano, sorridendo amichevolmente.

- Ian Blackwood, piacere di conoscerti, Kate non vedeva l’ora che arrivassi. –

Scarlett lo soppesò dall’alto in basso per qualche istante prima di accettare la mano e stringerla con un sorriso.

- Il piacere è mio, ma se avessi saputo che il ragazzo di mia sorella è il manager della squadra capolista ti avrei chiesto una raccomandazione per un colloquio molto prima. –

- Scar! –

Ian scoppiò a ridere. – Mi piace, è diretta e non ha paura di dire come la pensa, ti assomiglia molto in questo. Vuoi fare la Cronista, è giusto? –

- Esatto. –

- Vedremo cosa posso fare, ho degli amici nell’ambiente, ma starà a te conquistarli. –

- Sono una Rosier, siamo nati per conquistare la gente. –

- Già, Kate l’ha reso piuttosto evidente fin dalla prima volta che l’ho vista. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Kate, tesoro, sei chiusa lì dentro da quasi mezz’ora … tutto bene? –

L’ex Corvonero prese un respiro profondo, si pulì la bocca con una salvietta e replicò: - Sì, immagino sia stato qualcosa che ho mangiato che mi ha fatta stare male. –

- Vuoi che ti faccia fare una tisana? –

- Magari … dammi un momento ed esco dal bagno. –

Si ricompose, osservando lo sguardo sbattuto e la pelle leggermente più pallida del solito. Aprì lo sportello dell’armadietto e ripescò dentifricio e spazzolino … poi lo sguardo le cadde sulla scatola dei tamponi ancora non utilizzati.

Fece un rapido calcolo mentale.

Quaranta giorni … erano passati quaranta giorni dal suo ultimo ciclo e lei era sempre stata regolarissima.

- Oh per Merlino e tutti i Fondatori, non può essere vero. –

Contò di nuovo e poi ancora una volta mentre usciva dal bagno e si lasciava cadere sul gigantesco letto matrimoniale.

- Kate … -

- Ssssh, sto contando. –

Ian corrugò la fronte, appoggiando la tazza con la tisana sul comodino, e la osservò perplesso.

- Stai contando? –

- Già. –

- Tesoro, cosa stai contando esattamente? –

- I giorni … Io sono ragionevolmente convinta di essere incinta. –

Vide le iridi grigie di Ian sgranarsi lentamente mentre assimilava la notizia e poi sentì le sue braccia forti chiudersi attorno a lei e stringerla.

- Ma questa è una notizia meravigliosa … domani per prima cosa andiamo a fare le analisi, dobbiamo esserne sicuri e devi adeguare il tuo stile di vita alla gravidanza. –

Sparava parole a una velocità folle e Kate fece appena in tempo a rendersi conto di quello che significava.

Ian era contento di quella gravidanza.

Tutta la paura venne spazzata via da quella consapevolezza: anche se non ne avevano mai parlato prima sembrava che ogni cosa stesse andando per il verso giusto.

 

 

 

 

 

- Sono una balena. –

- Non essere ridicola, tesoro, sei sempre bellissima. –

- Sono obesa, guarda quanta ciccia. –

- Sei incinta, non grassa, è normale. –

Kate incrociò le braccia sotto al seno e gli rivolse un’occhiata a metà tra l’abbattuto e l’irritato.

- Perché questa bambina non si sbriga a nascere? Sono stufa di essere una mongolfiera quando tu sei sempre così perfetto. –

Le sedette accanto, cingendole le spalle con un braccio, e l’attirò a sé per baciarla agevolmente.

- Tu sei perfetta e sono certo che quando nostra figlia nascerà lo sarà anche lei. –

Si accoccolò contro la sua spalla e si rilassò in quella stretta che prometteva amore eterno e incondizionato.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Kelly Blackwood – 2007, Serpecorno

 

Isabelle Blackwood – 2011, Tuonoalato



 

Isla Blackwood – 2013, Wampus

 

 

 

 

 

- Mammina? –

Smise di cucire l’abito per il matrimonio di Crystal e posò lo sguardo sulla sua primogenita. Sebbene avesse solo tre anni Kelly si dimostrava spesso e volentieri una bambina tremendamente curiosa.

- Sì, tesoro? –

- Posso sapeve una cosa? –

Il fatto che ancora non riuscisse a pronunciare correttamente la “r” le ricordava sua sorella. Anche Scarlett aveva avuto difficoltà con quella lettera prima del compimento dei cinque anni.

- Certo, cosa vuoi sapere? –

- Zia Scavett e zio Gavin litigano sempre … non si vogliono bene? –

Kate ridacchiò, mettendo via l’abito per un momento e facendo sedere la piccola sulle sue gambe.

- Ti ricordi quando ti ho detto che certe volte i bambini fanno i dispetti alle bambine per attirare la loro attenzione perché in realtà sono innamorati di loro? –

Kelly annuì.

- Bene, zia Scarlett e zio Gavin fanno la stessa cosa, solo che sono troppo testardi per capire che si piacciono molto … immagino che ci vorrà un po’ di tempo perché ciò avvenga. –

La piccola sorrise, puntando un dito contro se stessa.

- Aiuto? –

- Sì, tesoro, tu ed io li aiuteremo a capirlo. –

 

 

 

 

 

- Izzy, per favore puoi indossare quest’abito così andremo a trovare lo zio Gavin in ospedale? –

La secondogenita scosse risolutamente le onde corvine, fissando l’abito con l’espressione disgustata di chi stava assaporando qualcosa di molto aspro.

- Non mi voglio mettere un vestito, voglio i pantaloni. –

- Ma sei una signorinella ormai, dovresti vestirti come le tue sorelle …

- Senza i pantaloni non vengo. –

- Ci sarà anche Scott, potrete giocare insieme nel cortile. –

Quelle parvero essere le parole magiche perché, se Kelly dall’alto dei suoi undici anni si considerava troppo grande per giocare con loro e Isla era ritenuta troppo piccola con i suoi cinque anni, Isabelle e suo cugino Scott erano a dir poco inseparabili.

- Per giocare nel cortile avrò bisogno dei pantaloni … se cado con il vestito mi sbuccio le ginocchia. –

Alzò gli occhi al cielo, divertita dal modo della figlia di rigirare la frittata. Era una cosa che aveva ripreso dal padre, c’era poco da fare.

- Va bene, basta che ci sbrighiamo … Kelly hai aiutato Isla a vestirsi? –

La maggiore annuì.

- Sì, mamma, noi siamo pronte. –

- Bene, allora vado ad avvisare tuo padre che possiamo partire. Cercate di non discutere per tutto il tragitto, mi raccomando. –

- Certo. –

Fece appena in tempo a scendere la prima rampa di scale che il rumore del litigio appena scoppiato la raggiunse.

Ah, crescere tre figlie era una vera impresa.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Credevo che dopo l’incidente di quattro anni fa avesse deciso di evitare le giocate troppo azzardate. –

Scarlett scrollò le spalle, osservando il marito che arrancava zoppicando a qualche metro da loro mentre parlava con il fratello maggiore.

- Conosci Gavin, è più facile fracassargli la testa che farci entrare qualcosa dentro. –

Ridacchiarono.

In effetti la sua testardaggine era stata l’origine di molti litigi tra lui e Scarlett nel corso dei loro primi incontri.

- E a te sta bene? –

- Giocava già quando me lo sono scelto, perciò sapevo a cosa stavo andando incontro … se non altro tra un mese si ritirerà e passerà ad allenare. –

- A proposito di squadre … Scott ha passato il provino? –

- Sì, ti lascio immaginare i sorrisi di Gavin quando ha saputo la notizia. Izzy come è andata? –

- Voleva provare come Cacciatrice, ma alla fine l’hanno dirottata sul ruolo da Battitrice. –

Si scambiarono un’occhiata complice.

Nessuna sorpresa che un terremoto come lei facesse faville con una mazza da Battitrice tra le mani.

- Le partite Wampus contro Tuonoalato saranno infuocate a casa da questo momento in poi. –

- Sicuramente e sono dell’idea che quei due abbiano già iniziato a scommetterci sopra. –

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Amaranthe Lundström & Lucas Crouch ***


Amaranthe Lundström & Lucas Crouch


 

 

 

 

 

Quando aprì gli occhi Lucas impiegò qualche istante per ricordarsi che non si trovava a Londra, nel comodo comfort della sua stanza, bensì sul divano dello spartano alloggio dell’accademia di Pozioni svedese di Amaranthe.

- Ho un mal di testa incredibile. –

Amaranthe ridacchiò, porgendogli un bicchiere con un sorriso invitante.

- Prova questo, dovrebbe curarti i postumi della sbronza. –

- Pensavo di bere molto, ma la Svezia ha ufficialmente un altro livello in quanto a tolleranza alcolica … e poi si può sapere quanto accidenti costano gli alcolici da queste parti? –

Si strinse nelle spalle.

- Sono sottoposti al monopolio statale, perciò i prezzi sono altissimi. –

- Le feste da queste parti devono essere davvero tristi. –

Gli assestò un buffetto amichevole, scompigliandogli poi i capelli.

- Non sono qui per far festa, Lucas, per quello mi bastano i viaggi a Londra. –

- Già -, convenne rigirandosi il bicchiere tra le mani con fare assorto, - e tu sei sicura che questa brillante trovata non mi avveleni? –

- Ragionevolmente sicura, ma è ancora in fase di sperimentazione. –

- Quindi dovrei fare da cavia?! –

La ragazza inarcò un sopracciglio, puntando le iridi scure nelle sue color ghiaccio, un’espressione determinata impressa sul volto.

- Vuoi forse insinuare che i miei rimedi sono pericolosi, Crouch? –

- Assolutamente no -, replicò in fretta buttando giù il contenuto del bicchiere, - Ecco fatto l’ho bevuto … oh oh. –

Lucas si chinò su se stesso, tenendosi il ventre con un’espressione sofferente mentre emetteva gemiti sommessi.

Amaranthe fu subito accanto a lui.

- Ero sicura di aver azzeccato tutte le dosi, non capisco … parlami, Lucas, cosa ti fa male? –

- Io … non ne sono sicuro – mormorò, gettandosi poi contro lo schienale e chiudendo gli occhi a simulare uno svenimento.

Lo scrollò con vigore, indecisa sul portarlo di peso in ospedale oppure provare un antidoto, ma quando vide le labbra sottili tremare per lo sforzo di non scoppiare a ridere le fu chiaro tutto.

- Sei un deficiente -, sbottò colpendolo, - ero preoccupata sul serio. –

Il ragazzo aprì gli occhi e scoppiò a ridere una volta per tutte.

- Lo so e ne sono molto commosso, ma questo ti sarà d’insegnamento per la prossima volta che sfrutterai la mia sbronza per testare qualcosa di nuovo … vado a farmi una doccia. –

Si diresse verso il bagno, ma la voce di Amaranthe lo richiamò quando era sulla soglia.

- Lucas? –

- Sì? –

- L’emicrania è passata? –

- Mai stato meglio prima, quella roba è eccezionale – confermò.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Qualcuno va molto spesso a Stoccolma di recente. –

Il commento di Scarlett, lasciato cadere così nel nulla durante l’ultima cena prima della sua partenza per New York, rischiò quasi di far strozzare Lucas mentre addentava un boccone di succulento roast beef.

Scrollò le spalle, fingendosi indifferente, - Anche tu stai per andare da Kate, e chissà quando tornerai a Londra, perciò non ci vedo nulla di strano … siamo amici, ci teniamo a rimanere in contatto, tutto qui. –

Elizabeth tossicchiò, rivolgendo un’occhiata eloquente all’amica.

- Ci crediamo, Scar? –

- Non so tu, Effy, ma io per nulla … Dam? –

Damon scosse il capo a sua volta, suscitando un rimbrotto in Lucas.

- Bell’amico, almeno tu dovresti difendermi dall’assalto di queste due. –

- Spiacente, ma quando si tratta di Effy contraddirla diventa pericoloso. –

Roteò gli occhi al cielo, afferrando il boccale di birra e mandandone giù un paio di lunghi sorsi. – Non coglierò le vostre insinuazioni, sappiatelo. –

- Poco male, noi non smetteremo di farle. –

- Ti daremo il tormento finchè non ammetterai che c’è qualcosa di più sotto – convenne Elizabeth, le iridi verdi che scintillavano e il sorriso di chi ne sapeva una più del diavolo sulle labbra coperte di rossetto rosso scuro.

- Allora temo che diventerete vecchie e grigie prima che accada. –

 

 

 

 

 

- Amaranthe? –

Si voltò verso la ragazza che le aveva rivolto la parola. Lindsay, un’ex studentessa di Hogwarts un anno più giovane di lei che era stata Smistata a Grifondoro, la fissava con aria vagamente imbarazzata.

- Sì, cosa c’è? –

- Volevo chiederti una cosa. –

Sbuffò, pronta a fornire per l’ennesima volta suggerimenti per portare a termine quella parte della preparazione. Sembrava che quasi tutti gli studenti l’avessero presa per una fonte di conoscenze inesauribili.

- Il procedimento è … -

- No -, la interruppe, - quello mi è chiaro. –

- Allora cosa vuoi sapere? –

- Sai quel ragazzo che ti viene spesso a trovare … Lucas? –

Annuì perplessa.

Cosa c’entrava adesso Lucas?

Lindasy arrossì, trascinando nervosamente il piede contro il freddo e candido marmo del corridoio.

- C’è qualcosa di sentimentale tra voi due … nel senso siete solo amici o cosa? –

- È il mio migliore amico. –

- Bene -, le sorrise speranzosa, - quindi credi che accetterebbe di uscire con me se glielo chiedessi? –

Soppesò la questione.

Lindasy era molto carina, e tutto sommato piuttosto intelligente, e aveva la testa sulle spalle. C’erano tutti i presupposti perché potesse piacere a un ragazzo.

- Io non credo -, decretò lapidaria, - il tipo di Lucas, senza offesa, è piuttosto diverso da te. –

Vide l’entusiasmo spegnersi nei suoi occhi.

- Ah … grazie per avermelo detto, avrei rischiato un netto rifiuto. –

- Figurati – replicò, abbozzando appena un sorriso di circostanza.

 

 

 

 

 

- Sì può sapere cosa hanno da guardarmi con quell’occhiata omicida quelle due? –

Amaranthe seguì lo sguardo dell’amico che osservava curioso le due ragazze accanto a Lindsay che lo fissavano con palese sdegno.

Evidentemente ritenevano offensivo il fatto che lui potesse non essere interessato alla loro amica.

- Oh, non saprei proprio. –

- Mah -, decretò Lucas tornando a rivolgere la sua attenzione ai dolcetti davanti a lui, - Certe volte le ragazze sono proprie strane. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Amaranthe sedette sul divano del piccolo loft di Lucas, osservandolo con curiosità negli occhi castani.

- Allora di cosa volevi parlarmi? –

- Diciamo che è un argomento un po’ delicato … si tratta di una ragazza. –

Erano anni che si conoscevano e avevano sempre parlato di tutto, ma mai Lucas le aveva chiesto consiglio circa una delle sue conquiste.

Una fastidiosa morsa allo stomaco l’attanagliò mentre cercava le parole adatte a non far trapelare la sua gelosia.

- Ah … e di chi si tratta? –

- È una ragazza che conosco da un po’, una tipa sveglia e indipendente … a volte si chiude un po’ in se stessa, ma mi piace il fatto che con me si apra e che io riesca a farla sorridere anche quando è giù di morale. –

- Sembra una bella cosa – mormorò titubante.

- Lo è ed è strano che mi sia accorto solo di recente di ciò che provo per lei. Immagino che capiti spesso quando tutto quello che si vuole lo si ha sempre sotto gli occhi e quasi non ci si fa caso. –

Annuì in silenzio.

Che Rowena e tutti i Fondatori l’aiutassero, stava letteralmente per mettersi ad urlare.

- Quindi vuoi che ti dia un consiglio per conquistarla? –

Lucas scosse il capo, avvicinandosi lentamente al su volto.

- No, voglio sapere se ricambi o meno … se anche tu ti senti come me quando mi sei vicina – asserì, chinandosi a depositarle un bacio a fior di labbra.

Poi si ritrasse, osservandola con appena una nota di preoccupazione negli occhi.

Credeva forse che l’avrebbe respinto?

Gli cinse il collo con le braccia, attirandolo nuovamente a sé, mormorando prima di baciarlo a sua volta: - Sento la stessa cosa da anni, Lucas. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Henrik Crouch – 2011, Corvonero.

 

Lucretia Crouch – 2010, Serpeverde.



Simon Crouch – 2008, Tassorosso. 



Maja Crouch – 2006, Corvonero.

 

 

 

 

 

- Mamma! Mamma! –

Amaranthe alzò gli occhi al cielo mentre la voce di Lucretia, la sua secondogenita, giungeva dal piano superiore.

Rivolse uno sguardo supplichevole al marito, ma Lucas scosse il capo.

- Scordatelo. Io mi occupo dei problemi di Henrik e di Simon, tu di quelli di Lucretia e Maja, erano questi gli accordi. –

- Già, ma i problemi delle ragazze sono più complessi. –

Lucas abbozzò un sorrisetto da sopra la tazza di the che stava sorseggiando.

- Potevi scegliere con maggior cura quali delle piccole pesti seguire. –

 

 

 

 

 

Henrik sbuffò quando, appoggiato alla balaustra del pianterreno, sentì le sue sorelle annunciare che erano quasi pronte.

- Finiremo con il perdere l’Espresso, me lo sento … Papà non puoi farle muovere? –

- Potrei -, convenne Lucas, - ma hai una vaga idea di cosa significhi mettersi contro tre donne che vivono nella stessa casa? –

- Praticamente un suicidio? – suggerì Simon, memore della classica battuta paterna.

- Esattamente -, convenne scompigliandogli i capelli, - Perciò ragazzi miei dovrete imparare quest’ardua lezione: mai disturbare una donna che si sta finendo di preparare. –

Henrik gemette.

- Non vedo l’ora di arrivare al castello, se non altro non sarò costretto a sottostare ai loro ritmi da despote. –

Simon ridacchiò e fece per replicare: - Certo, dovrai sottostare a quelli di … -

Una gomitata tacitò il fratellino e al contempo incuriosì il padre.

- A quelli di chi? –

- Di nessuno, Simon parla come al solito senza pensare -, replicò in fretta venendo aiutato dalla comparsa delle sorelle e della madre, - Sono pronte, possiamo andare finalmente, grazie ai Fondatori! –

Poi afferrò il suo baule e sgusciò fuori, alla disperata fuga dalle domande indiscrete dei suoi genitori.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Scarlett Rosier & Gavin Blackwood ***


Scarlett Rosier & Gavin Blackwood


 

 

 

 

 

Ian era riuscito a procurarle un colloquio con l’agenzia che si occupava dell’assunzione dei cronisti in un tempo a dir poco scandalosamente rapido. Dopotutto quando si aveva un futuro cognato come lui le porte tendevano a spalancarsi nell’ambito sportivo. Nonostante ciò non poteva non sentirsi nervosa mentre percorreva per l’ennesima volta il corridoio in attesa che la segreteria le annunciasse il suo turno.

Fu proprio durante il suo ennesimo peregrinaggio dalla porta alla macchinetta del caffè nell’angolo opposto della sala che finì con l’urtare inavvertitamente con il gomito il braccio teso di un ragazzo intento a sorseggiare la sua tazza di ristretto macchiato.

Il calore del caffè l’assalì non appena la bevanda, per fortuna ormai a una temperatura non più ustionante, le colpì il braccio destro e schizzò in almeno una decina di macchie diverse sulla sua camicetta fresca di bucato e sui pantaloni bianchi che aveva scelto per quell’occasione visto il taglio moderatamente elegante … elegante, ma non troppo, il giusto mix per una persona destinata a essere sotto gli occhi degli spettatori durante le cronache delle partite ma al contempo non tanto eccessiva da risultare eccessivamente sofisticata.

- Per le mutande consunte di quel maledetto di un Salazar Serpeverde! –

Il ragazzo, che aveva al contempo imprecato contro una certa Gormlaith Gaunt, si voltò verso di lei lasciando che le iridi azzurre vagassero dal suo volto alla fine rovinosa che aveva fatto il caffè.

- L’avevo appena comprato e non ero nemmeno arrivato a metà della tazza. –

- Credi che questa sia la cosa peggiore appena accaduta? Per tua informazione c’è appena stato un duplice vestiticidio … e per di più quando sono prossima al mio turno per il colloquio! –

- Immagino che ognuno abbia le sue priorità -, la rimbeccò a tono, - e la mia era assumere la mia dose di caffè mattutina. –

Scarlett fece per replicare con una risposta arguta quando vide che un giocatore appena arrivato li aveva raggiunti e si era appoggiato con disinvoltura alle spalle del criminale che le aveva rovinato i vestiti.

- Coraggio, il coach ha detto che non tollererà nessun ritardo, neppure quello di Gavin Blackwood. –

Blackwood.

Non poteva essere certo una coincidenza.

Quanti altri Blackwood c’erano nel campionato americano … e oltretutto Kate aveva detto che il fratello minore di Ian si chiamava, almeno che non si stesse sbagliando di grosso, proprio Gavin.

- Sei il fratello di Ian? –

Lo vide scrutarla con sospetto prima di annuire. – In carne e ossa, perché nanerottola? –

Assottigliò lo sguardo prima di pestargli il piede con vigore.

- Punto primo mi chiamo Scarlett, non nanerottola né altri nomignoli odiosi … e, punto secondo, immagino che tuo fratello sia prossimo a diventare mio cognato. –

Vide Gavin sbiancare mentre realizzava il significato di quelle parole.

- Scarlett Rosier? La sorella di Kate? –

- Già. –

- Strano, non aveva accennato al fatto che sua sorella fosse così suscettibile o una tale imbranata. –

- Posso dire lo stesso, Ian non ha nominato le parole “odioso, egocentrico o sbruffone” quando ha parlato di te. –

- Immagino che Kate sia la sorella simpatica della famiglia. –

- E che Ian sia il fratello intelligente, non che ne avessi dubbi. –

Gavin fece per aggiungere qualcosa, deciso in modo evidente a non lasciarle vincere quel piccolo duello verbale, ma la voce della segretaria li interruppe.

- Signorina Rosier, può entrare, il signor Barnes l’aspetta. –

 

 

 

 

 

- Non riesco a credere che tu sia finita a litigare proprio con Gavin. New York ha decine di migliaia di abitanti con cui discutere e tu scegli proprio mio cognato? –

- Diciamo che lui è indubbiamente lo yankee più odioso che esista – replicò, giocherellando con una ciocca rossa.

Kate soffocò una risata, scuotendo il capo.

- Per certi versi vi assomigliate molto. –

Spalancò gli occhi, fingendosi terribilmente colpita da quell’affermazione. – Non dire mai più una cosa simile, qualcuno potrebbe anche pensare che sia vero. –

 

 

 

 

 

- Non ti avevo chiesto di essere gentile con Scarlett? –

Gavin annuì alle parole del fratello senza neppure prestarvi ascolto. Dopotutto sapeva già dove sarebbe andato a parare Ian, fissato com’era con la sua voglia di fare sempre bell’impressione sulla futura moglie.

- In mia difesa posso solo dire che non avevo idea che fosse proprio lei. –

- Quante altre ragazze inglesi con i capelli rossi avevano un colloquio con Barnes per il posto da Cronista? –

Roteò gli occhi.

Va bene, non era un tipo che osservava granchè, ma dopotutto da lui ci si aspettava che fosse concentrato sul campo da gioco e non nelle sale d’aspetto.

- E comunque lasciati dire che anche se avessi fatto caso a quante rosse inglesi c’erano non avrei mai immaginato che la sorellina di Kate fosse lei. Insomma lei è delicata, aggraziata e ben educata, mentre sua sorella sembra una nanerottola selvaggia che è stata allevata dai lupi in qualche foresta remota. –

Ian scoppiò a ridere, ignorando lo sguardo contrariato del fratello.

- E dire che in lei vedo molto di te. –

- Sono solo le tre, non è un po’ presto per cominciare a sparare deliri da ubriaco? –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Scarlett osservò il bouquet che stringeva tra le mani, incredula.

Si era messa da un lato insieme alle altre ragazze nubili solo per gioco, praticamente certa che una delle altre agguerritissime invitate avrebbe afferrato il mazzo di fiori lanciato da Kate, eppure le era finito dritto tra le braccia.

Un trillo deliziato le raggiunse le orecchie e le annunciò che Crystal era a dir poco esaltata dalla cosa.

- Chissà chi sarà il fortunato, magari proprio quel bel ragazzo che hai portato oggi. –

Ben Evans, il co cronista che la sostituiva durante le partite della lega minore, praticamente l’unico disposto a scortarla a quella serata senza ottenere nulla in cambio. O almeno così credeva, anche se Crystal e Kate insistevano che il ragazzo avesse una cotta per lei e non fosse lì solo per spirito di cortesia e cavalleria di ex Magicospino.

- In questo caso andrò subito a fargli le mie condoglianze e magari a consigliargli di prendere il primo volo per il Messico e non farsi più vedere finchè è in tempo – asserì la voce pacata e decisamente divertita di Gavin.

Scarlett arricciò il naso, cercando di pestargli il piede un po’ come era diventata sua abitudine quando Gavin le lanciava una frecciatina.

- Non vedo la tua dama con te, ha realizzato quanto sia stata masochista nel decidere di passare la serata con te e si è dedicata ad attività più entusiasmanti … tipo gettarsi dal tetto della chiesa? –

- Molto spiritosa. –

- Lo so, ma mi spiace non poter dire altrettanto di te. –

 

 

 

 

 

- Zia Scavlett, vuoi vedeve un film con io e zio Gavin? –

- Si dice con me -, la corresse accarezzandole i capelli, - e certo che mi va, tesoro. –

Kelly battè le mani deliziata e si accoccolò nello spazio del divano tra i suoi due zii preferiti. Mezz’ora dopo dormiva della grossa, alla faccia della sua voglia di vedere un film.

Scarlett la prese in braccio con delicatezza e s’incamminò verso la rampa di scale che conduceva alle camere da letto.

- Vado a metterla a letto prima che la televisione la svegli di nuovo. –

Gavin annuì distrattamente, continuando a osservare lo schermo mentre il poliziotto si avvicinava alle spalle dell’ignaro criminale.

Infilò Kelly sotto le coperte e gliele rimboccò, baciandole la fronte prima di chiudere la porta della cameretta alle sue spalle.

Sentì la risata calda e avvolgente di Gavin riecheggiare nel salotto mentre scendeva gli ultimi gradini.

Un pop corn le raggiunse il volto proprio quando ebbe rimesso piede nel salone, colpendola sullo zigomo e rimbalzando a terra.

- Molto maturo, Gavin. –

Si strinse nelle spalle, un sorriso indolente sulle labbra, - Faccio del mio meglio. –

- Bene, allora vediamo come te la cavi con una lotta vera e propria – asserì, afferrando una manciata di pop corn e infilandoglieli dritti dentro lo scollo del maglione a V.

Dimenandosi per liberarsene, Gavin si sporse ad afferrarla per un braccio e la tirò verso di sé per ricambiarle il favore, ma nella colluttazione ingaggiata finirono con il rovinare entrambi a terra e Scarlett si ritrovò stretta tra il tappeto e il petto muscoloso di Gavin.

Vide che le iridi azzurre del ragazzo si erano leggermente incupite mentre le osservava le labbra con una certa insistenza.

Era certa di essere arrossita sotto il peso di quello sguardo, ma continuò a ricambiarlo.

Fu allora che Gavin annullò la distanza che separava i loro volti e la baciò con passione.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Scott Blackwood – 2011, Wampus.



Selina Blackwood – 2009, Wampus.

 

Grace Blackwood & Garlan Blackwood – 2007, Serpecorno e Magicospino.

 

 

 

 

 

- Papà non morirà vero? –

Garlan aveva posto quella domanda con gli occhioni lucidi per le lacrime represse a stento mentre accanto a lui sua sorella gemella, Grace, aveva la stessa espressione.

- Certo che non morirà, ha solo avuto un piccolo incidente durante gli allenamenti – li rassicurò Scarlett, prendendo per mano i gemelli e voltandosi a lanciare un’occhiata ai suoi figli più grandi che li seguivano in religioso silenzio.

Entrarono nella stanza d’ospedale, trovando Gavin appoggiato con la schiena contro la spalliera del letto. Aveva un braccio appeso al collo e il costato era interamente fasciato.

Il loro primogenito si avvicinò al letto, osservandolo con attenzione.

- È stato un Bolide? – chiese Scott con assoluta serietà.

- Già, uno che non avevo visto. –

- Quando andrò a Ilvermorny diventerò un Battitore, così caccerò via tutti i Bolidi che vedo. –

La solennità nella voce era tale che nessuno avrebbe mai immaginato che fossero parole pronunciate da un bambino.

- Sono certo che lo farai, campione, e sarai bravissimo. –

- Bambini, la zia Kate e lo zio Ian sono arrivati, perché non uscite a giocare con le vostre cuginette? La mamma deve sgridare il papà. –

Selina ridacchiò sotto i baffi, afferrando i gemelli per mano e uscendo mentre Scott li seguiva a pochi passi.

Ormai rimasti soli Scarlett potè finalmente esplodere.

- Gavin Blackwood NON OSARE mai più farmi prendere uno spavento del genere! –

- Altrimenti? –

- Altrimenti finisco il lavoro del Bolide e ti uccido con le mie stesse mani … e poi uccido anche quell’idiota di Jamison che continua a non colpirne uno nemmeno per sbaglio. –

 

 

 

 

 

- Non riesco a immaginare cosa riusciranno a combinare quest’anno che Scott, oltre a Isabelle, potrà fare affidamento sui figli dei miei ex compagni di scuola … non invidio la Preside. –

- Non riesco a immaginare Kate che faceva parte di un gruppo tanto scatenato. –

Scarlett rifilò una gomitata al marito.

- Perché invece io sì? –

- Con le tue maniere da selvaggia? Certo, dopotutto subisco violenze coniugali in continuazione, non mi sorprenderebbe più nulla. –

- Sei proprio scemo – asserì.

- Lo so -, confermò sorridendo mentre l’attirava a sé passandole il braccio attorno alla vita, - ed è per questo che mi ami. –

Non ribattè, del resto non c’era nulla da dire: amava ogni singola sfumatura di Gavin e così pure del suo carattere.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Freya McDermott & Hades Burke ***


Freya McDermott & Hades Burke

 

 

 

 

 

- Non lo trovo, possibile che non lo riesca a trovare? –

Hades fece capolino nella stanza, spiando la sua fidanzata mentre girovagava senza apparente meta scandagliando ogni singolo angolo e buttando all’aria tutto ciò che non le serviva.

- C’è stato un attacco di Mangiamorte redivivi e io non ne sono stato informato? –

- Spiritoso … stavo cercando la camicia che ho comprato l’altro giorno, ma non la trovo da nessuna parte. –

- Intendi quella verde menta con i bottoni in madreperla e le rifiniture argentate? –

- Esattamente. –

- Per essere sicuri di capirci, è quella che hai stirato ieri sera? –

Freya si voltò verso di lui, scrutandolo con la fronte corrugata.

- Cosa stai cercando di dirmi e come mai ne sai tanto della mia camicia? –

Senza scomporsi, il biondo accennò con il mento al pomello della finestra davanti al letto matrimoniale.

- Perché l’hai appesa al pomello prima di andare a dormire ed è ancora lì. –

Si voltò di scatto e in effetti trovò la camicia proprio lì, appesa alla stampella e perfettamente stirata.

- Ci sono passata davanti almeno venti volte, come ho fatto a non vederla? –

- Perché sei nervosa, ti succede sempre quando lo sei … stai tranquilla, il colloquio andrà bene – asserì, posandole le mani sulle spalle e massaggiandogliele delicatamente.

Freya si rilassò contro il suo petto e socchiuse gli occhi.

- Tu credi? –

- Ne sono certo. –

 

 

 

 

 

- Propongo un ultimo brindisi -, decretò Gabriel alzando il bicchiere contenente il whiskey incendiario ben in alto, - Alla pazienza che dovrà avere Freya nel stargli dietro per tutto il resto della vita! –

- Intendi la stessa che ha India con te? –

- Esattamente -, confermò senza scomporsi, - anche se Freya fa molta più paura di lei quando si arrabbia. –

Killian sorrise all’indirizzo di entrambi gli amici e fece tintinnare il bicchiere contro il loro. – Spiacente, ma credo proprio che in quanto a mogli pericolose io abbia battuto entrambi di parecchio. –

Scoppiarono a ridere all’unisono, per poi buttare giù il liquido ambrato tutto d’un fiato.

- Per l’addio al nubilato cosa hanno organizzato le ragazze? –

Hades si strinse nelle spalle.

- Non ne ho idea, ma immagino una cosa tranquilla come la nostra. –

- Certo che accostare la parola tranquilli a noi fa davvero uno strano effetto -, considerò Gabriel meditabondo, - ne abbiamo combinate delle belle durante la scuola. –

Killian annuì.

- Immagino che siamo troppo grandi per continuare a fare i pazzi scavezzacollo, ma ho la sensazione che i nostri figli recupereranno alla grande con tutti i guai che non abbiamo fatto in tempo a causare. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Non appena la figura snella di Kate ebbe messo piede all’interno della camera in cui si stava preparando per il matrimonio Freya emise un urletto e corse ad abbracciarla.

- Non ci posso credere, sei riuscita ad arrivare in tempo. –

- Certo che ci sono riuscita -, replicò ricambiando la stretta con un sorriso, - non potevo mica perdermi il matrimonio di una delle mie migliori amiche, no? –

- E la sfilata? –

- Se la caveranno bene anche senza di me e se proprio dovessero fare fiasco li licenzierò tutti in tronco al mio ritorno. –

Risero all’unisono prima che Kate la osservasse con attenzione.

- Non sei ancora pronta? Di questo passo Hades penserà che l’hai abbandonato sull’altare e sei fuggita con un aitante sconosciuto. Coraggio, diamoci una mossa, io ti do una mano con l’abito mentre Olivia pensa ai capelli e Nova si occupa del trucco. – 

- Kate la despota è tornata, signori e signore. -

- Ovviamente, esattamente come ai tempi della scuola. Cosa fareste senza di me? -

- Beh ... - cominciò Nova, ironica.

- Era una domanda retorica, adesso forza ... scattare! Rendiamo questa sposa la più bella che si sia mia vista! -

 

 

 

 

Loki Burke – 2011, Serpeverde.

 

Persephone Burke – 2018, Corvonero.


 

 

 

 

- Mammina? –

- Sì, tesoro? –

- Pecché sguaddo butto? –

Freya sospirò, chinandosi a prendere in braccio la piccola di casa, e le rivolse un sorriso tirato.

- La mamma non è arrabbiata con te, non preoccuparti. –

- Papà fatto male? –

Dall’altro lato della cucina provenne la voce di Hades, visibilmente incredulo. – Anche lei comincia a pensare che sia sempre io quello che combina guai? Non è possibile, cosa avete voi rosse, vi siete coalizzate contro di me? –

Freya ridacchiò prima di rispondergli: - Evidentemente ci sarà un motivo valido -, poi si rivolse alla figlia, - No, tesoro, non è colpa nemmeno di papà … è tuo fratello che mi fa disperare. –

Persephone la osservò in silenzio per un po’, poi indicò terra con le braccine e intimò: - Giù. –

Una volta toccato il pavimento corse sulle gambette fino al salotto, dov’era seduto suo fratello intento a leggere, e gli assestò un pizzico vigoroso sul braccio.

- Maledizione! Sei completamente impazzita piccolo mostro? –

Per tutta risposta lei si limitò a puntargli contro il ditino con una buffa espressione che voleva chiaramente imitare quella di Freya quando lo sgridava, ma che con quel visetto dalle guance paffute era molto poco credibile.

- Lolli butto … butto cattivo! –

- Papàààààà. –

- Non ci pensare minimamente, io non mi metto contro due rosse, cavatela da solo – replicò Hades per tutta risposta, afferrando il mantello della divisa da Auror e imboccando la porta.

 

 

 

 

 

- Noooo, non volio! –

Persephone battè i piedi, gonfiando le guanciotte e afferrando il baule ormai pronto del fratello, in attesa di uscire di casa per dirigersi a King’s Cross.

- Tesoro, tuo fratello deve andare a scuola, ormai è grande. –

- Anche io … io conto e so affabeto. –

Loki rise sotto i baffi. – Ma se sai contare solo fino a tre e conosci solo le prime due lettere dell’alfabeto. –

- Anche io volio andare a Ouats – asserì.

- Ci andrai quando avrai undici anni proprio come Loki, te lo prometto … se fai la brava dopo aver accompagnato tuo fratello ti compro un tortino alla cannella. –

Le iridi verdi si fecero immediatamente vispe e interessante.

- Grande? –

- Certo, grandissimo. –

- Va bene -, cedette alla fine, - Lolli va. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Freya camminò sottobraccio con Nova mentre avanzavano verso la stazione, seguendo di una manciata di metri i loro figli maggiori che ridevano tra loro e chiacchieravano fittamente.

- Ti confesso che sono abbastanza preoccupata per quei due. –

Nova annuì.

- Già, lo stavo dicendo giusto ieri sera a Killian, spero solo che non combinino guai a Ilvermorny e non si facciano cacciare a calci dagli Stati Uniti. –

- Beh, se Isabelle e Scott non sono mai stati cacciati dubito che ci riusciranno loro due. –

L’ex Tassorosso inarcò un sopracciglio. – Freya, amica mia, certe volte sottovaluti la potenza devastante di quei due … spero che almeno l’influenza di Henrik li tenga un po’ sotto controllo. –

- Già, speriamo bene … ehy, figlio degenere, non mi saluti? –

Loki si bloccò poco prima di raggiungere il gruppo dei suoi amici e si voltò verso di lei alzando gli occhi al cielo e roteandoli con uno sbuffo.

- Ti ho già salutata a casa, mamma, c’è davvero bisogno di farlo anche in pubblico? –

- Ovviamente -, asserì Freya allargando le braccia, - Perciò vieni qui e abbraccia tua madre … o come ti ho fatto ti distruggo. –

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Elizabeth Nott & Damon Price ***


Elizabeth Nott & Damon Price


 

 

 

 

Quando Elizabeth gli venne incontro all’uscita dell’aeroporto, trascinandosi dietro una valigia più grande di lei, con i capelli al vento e la carnagione ambrata frutto di ore interminabili passate sotto al sole cocente dell’Egitto gli parve la visione più bella che potesse immaginare.

L’afferrò per i fianchi, sollevandola e facendola volteggiare brevemente prima di baciarla con passione, incurante delle occhiate divertite dei presenti.

- Sembra che sia mancata a qualcuno – gli sorrise, le iridi verdi brillanti come non mai.

- Puoi dirlo forte, sono state settimane interminabili. –

- Per fortuna l’Accademia è chiusa per tutto il resto dell’estate e così anche la scuola di Magiarcheologia perciò abbiamo davanti due mesi tutti per noi. –

Si accoccolò con la testa sulla spalla di Damon, inspirando il profumo del suo dopobarba.

Era bello essere a casa dopo mesi d’assenza.

- Hai avvisato Killian del tuo arrivo? –

Scosse il capo, lasciando ondeggiare le onde scure sulle spalle.

- Non ancora, gli altri sanno che sei arrivato anche tu? –

- Solo Lucas, l’ho sentito questa mattina. –

- Allora immagino che per tutti gli altri la sorpresa sarà doppia. –

Il sorriso sulle labbra di Damon tuttavia le fece intuire che il suo fidanzato sapeva qualcosa di cui lei non era a conoscenza e che stava evidentemente morendo dalla voglia di riferirglielo e gongolare perché, una volta tanto, non era lui l’ultimo a sapere le cose.

- Dam, avanti spara, cosa sai? –

- Non so proprio a cosa ti riferisci … -

- Non fare il finto tonto -, lo rimbrottò pungolandolo con l’indice contro il fianco, - E dimmi cosa hai scoperto che io ancora non so. –

- Lucas e Amaranthe si sono messi insieme. –

L’urlo estasiato di Elizabeth fu sul punto di perforargli entrambi i timpani e lasciarlo a terra tramortito tanto era stato stridulo.

- Lo sapevo, IO LO SAPEVO! –

 

 

 

 

 

- E quello esattamente cosa dovrebbe essere? –

Elizabeth inarcò un sopracciglio davanti al tono del fidanzato, compiendo una mezza giravolta davanti a lui.

- Il vestito per questa sera. –

Damon aggrottò ancora di più la fronte, fissando quella stoffa verde smeraldo come se fosse la causa di tutti i mali del mondo.

- Vestito? Il fazzoletto vorrai dire. –

- Oh, andiamo, non è poi così corto. –

- Se fosse più corto sarebbe una cinta, Effy. –

La ragazza sbuffò, roteando gli occhi al cielo, - Ti sei improvvisamente trasformato in mio nonno per caso? –

- No, è che mette in mostra fin troppa pelle e sono certo che anche tuo fratello disapproverebbe totalmente. –

- Sei geloso -, rise divertita e compiaciuta al contempo, - non ci posso credere … sei davvero geloso!

- Non sono geloso – protestò, ma con un tono talmente poco convincente che sarebbe stato evidente anche a un bambino di cinque anni che si trattasse di una menzogna.

- Certo, come no, gelosone mio – lo assecondò, alzandosi in punta di piedi a baciarlo a fior di labbra, - Sei adorabile quando fai così. –

- Perciò cambierai il vestito? – chiese speranzoso.

- Assolutamente no. Datti una mossa, siamo quasi in ritardo. –

 

 

 

 

 

- Quel tipo continua a piacermi sempre di meno – sbuffò Damon mentre, accanto a Lucas e Malcom, sorseggiavano dei flûte di champagne.

Malcom apparve perplesso e Lucas gli diede di gomito accennando con il capo all’indirizzo di Elizabeth ed Edward Zabini che chiacchieravano placidamente a qualche metro da loro.

- Ah … ti riferisci a lui. –

- Ovviamente. Non mi piaceva a scuola e non sono diventato un suo fan nemmeno dopo il diploma. –

- Mi sembra un tipo a posto, cosa ha che non va? –

Lucas sorrise all’ex Grifondoro. – Semplice, amico mio, Damon non gli perdona il fatto di essere stato una breve parentesi nella vita sentimentale di Effy. –

- Ah, un grande crimine. –

- Già, uno di quelli da pagare con il sangue – rise il Corvonero, reggendogli lo scherzo.

Damon bofonchiò a mezza bocca qualcosa che suonava come un candido invito ad andare al diavolo e si diresse deciso verso la sua fidanzata e l’odiato Zabini.

Tossicchiò, attirando l’attenzione su di sé e al contempo cingendo la vita di Elizabeth con studiata naturalezza.

- Tutto bene Edward? –

- A meraviglia, è sempre bello rivedere gli ex membri del Club. –

Maledizione a lui e alla sua affabilità discreta che gli permetteva sempre di uscire da quelle situazioni come se niente e nessuno sapesse coglierlo in castagna.

- Già, è interessante. –

- Molto -, convenne il biondo, - ma immagino che voi piccioncini vogliate stare un po’ da soli perciò credo che andrò a scambiare quattro chiacchiere con Jude quanto basta per distrarlo dai suoi propositi di omicidio ai danni di Gabriel … ah, quasi dimenticavo, grazie per l’invito. –

 Quando se ne fu andato Damon si voltò verso Elizabeth, che sorrideva colpevole.

- Dimmi che l’invito di cui parla non è quello al nostro matrimonio. –

- Mi ha sentita mentre lo dicevo a Millicent -, replicò riferendosi a una dei membri del Club uscita dalla scuola due anni dopo di loro, - e sarebbe stato scortese non invitarlo. –

- Che Salazar mi aiuti, con te avrò bisogno di davvero molta pazienza – sentenziò alla fine dopo un attimo di silenzio.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Diana Price – 2011, Grifondoro.


 

Derek Price – 2013, Serpeverde.


 

 

 

 

- Ma ciao, piccola Diana, come è possibile che tu sia sempre più bella ogni volta che lo zio ti viene a trovare? –

Elizabeth osservò suo fratello chino sul passeggino, intento a ricoprire la sua prima nipote con decine di complimenti mentre la piccola per tutta risposta gli rivolgeva una sequela infinita di sorrisoni sdentati.

- Lo sai che fai più complimenti a mia figlia che al tuo, vero? –

- Certo, questo perché lei è una bambina tranquilla mentre Caos piange in continuazione … credo abbia preso il suo essere melodrammatico dalla madrina – concluse.

Ridacchiò, continuando a preparare il biberon per la piccola.

- Fai che Kate non ti senta mai dirlo oppure potrebbe andarne della tua vita. –

- Questo è poco ma sicuro, fortuna che sia tornata in America per questo periodo … lo zio ha bisogno di un po’ di riposo, vero Di? –

La piccola sorrise come a voler confermare le sue parole e tese le braccine verso di lui.

- Tio. –

Killian si voltò a guardare la piccola Diana che continuava a pregarlo silenziosamente di avvicinarsi a lei.

- Cosa hai detto, piccola? –

- Tio … tio … tio – cantilenò allegra, mentre Elizabeth sbatteva il biberon sul tavolo.

Si voltò verso il fratello maggiore, rivolgendogli un’occhiata assassina.

- Sono giorni che provo a convincerla a dire “mamma” come prima parola e adesso arrivi tu e Diana dice “tio”? –

- Merito del mio consueto fascino da rubacuori, faccio quest’effetto a tutte le donne indipendentemente dalla loro età anagrafica. –

 

 

 

 

 

- Derek, per favore, se tua madre arriva a casa e tu non sei ancora a letto a dormire se la prenderà con me – sospirò Damon, cercando di convincere il figlio a smettere di saltare in giro come un grillo esagitato.

- No! –

- Diana è già andata a letto, perché non obbedisci come tua sorella? –

- No! –

- Puoi dire qualcosa di diverso da “no”? –

- NO! –

- Derek, ti avviso che mi sto arrabbiando e che se non vai subito a letto ti metterò in punizione. –

Il piccolo incrociò saldamente le braccia al petto e lo fissò con aria di sfida.

- No. –

Che Salazar gli desse la pazienza, quel piccolo sfrontato era capace di far disperare anche un santo.

Il rumore dei tacchi che percorrevano il brecciolino del sentiero che conduceva a casa loro ruppe quel provvisorio silenzio e fece sbiancare entrambi.

Elizabeth era di ritorno.

- È arrivata la mamma! Via, si salvi chi può – sentenziò Derek, correndo lungo la rampa di scale e chiudendosi la porta della camera alle spalle.

Poco dopo la porta d’ingresso si aprì e sua moglie fece la sua comparsa, incrociando il suo sguardo e abbozzando un sorriso divertito.

- Fammi indovinare, Derek è appena andato in camera sua a fingere di dormire già da un pezzo. –

- Come sempre … un giorno mi spiegherai come fai a farti obbedire da lui senza storie? –

Gli rivolse un sorriso furbo.

- Semplice, impiego la sottile arte del terrore matriarcale. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Se dovesse succedere qualcosa scrivici immediatamente e io arriverò subito a ilvermorny – decretò Damon mentre aiutavano Diana a portare il baule al piano di sotto.

La ragazza scosse il capo e incrociò lo sguardo della madre, che la invitò silenziosamente a non sindacare troppo sull’apprensività paterna.

- Non accadrà nulla, so badare a me stessa, perciò stai tranquillo papà. –

- Lo so -, riconobbe, - sei una ragazza in gamba ma ti troverai in un altro continente e gli yankee sanno essere fin troppo espansivi. –

- E gli piace anche sperimentare cose strane – aggiunse Derek, beccandosi per tutta risposta un’occhiataccia da Elizabeth e un pestone sul piede dalla sorella.

- Ma cosa ne vuoi sapere tu, moccioso. –

- Io so un sacco di cose. –

- Sì, se riguardano i mille modi in cui ti rendi insopportabile non stento a crederlo. –

- Ragazzi -, li interruppe Elizabeth, - almeno il primo settembre riuscite a non saltarvi al collo? Vorrei cominciare a godermi i nove mesi senza di voi e le vostre litigate fin da subito. –

I due fratelli tacquero, continuando a fissarsi in cagnesco per qualche secondo, e poi annuirono una dopo l’altra.

- Va bene, mamma … ma adesso sbrighiamoci, voglio salutare lo zio Killian prima della partenza. –

- E figurati se non lo dicevi, cocca dello zio. –

Diana rivolse una linguaccia al fratello e poi sgattaiolò fuori tenendo strettamente tra le mani il trasportino contente il suo gatto.

Ilvermorny l’aspettava e questo aveva la precedenza su tutto, anche le litigate con suo fratello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ah, nel caso vi steste chiedendo che faccia abbia Edward Zabini, dal momento che l’ho nominato diverse volte anche nel corso della storia, eccolo qui:

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** India Adhara Rune & Gabriel Perseus Morgan ***


India Adhara Rune & Gabriel Perseus Morgan



 

 

 

 

 

- Non hai ancora dato la notizia alla tua famiglia, vero? –

India annuì, girandosi tra le mani la pergamena sulla quale lei ed Elizabeth avrebbero dovuto lavorare per il corso di Antiche Rune della scuola di Magiarcheologia.

- Lo sai che stai rimandando l’inevitabile? –

Annuì nuovamente sotto lo sguardo serio dell’amica, che sembrava aver completamente perso di vista il motivo per cui si erano riunite in biblioteca quella domenica mattina e aveva dirottato il discorso sull’argomento “proposta di matrimonio”.

- Mi preoccupa la loro reazione – ammise sottovoce.

- Che tradotto significa che a preoccuparti è la reazione di tuo padre e di quell’imbecille cerebroleso che ti ritrovi come fratello maggiore. –

Già, Jude era in cima alla lista dei suoi problemi da un bel po’ di tempo.

- Mia madre è forse l’unica persona che potrebbe capire … ma si schiererebbe contro mio padre e mio fratello per me? Di questo non sono affatto sicura. –

Elizabeth le prese la mano, stringendola gentilmente, prima di sorriderle: - Non dimenticarti della tua altra famiglia. Se loro sono troppo stupidi per accettare te e la persona che ami noi saremo comunque pronti a sostenervi. –

Le sorrise di rimando, incredibilmente grata per quelle parole.

Da quando era entrata nel Club aveva trovato ciò che per lungo tempo aveva ritenuto le fosse negato: qualcuno che l’accettava per quello che era senza alcun preconcetto o condizione.

- Glielo dirò appena torneremo a Londra per la pausa di metà semestre. –

- Brava ragazza, se ti dovesse servire una mano per uccidere Jude e occultare il suo cadavere fammi un fischio … ci sarà pure qualche sarcofago che beneficerebbe di un nuovo occupante in una delle piramidi che abbiamo esplorato. –

 

 

 

 

 

- Sei sicuro che ti vada di farlo? –

Gabriel la prese per mano, attirandola a sé e osservandola con circospezione dall’alto in basso. – E tu sei sicura di essere pronta ad affrontarli? –

No, non lo era minimamente, ma prima o poi quel confronto era inevitabile e rimandarlo non avrebbe avuto minimamente senso.

- Entriamo, farli aspettare troppo non aiuterà certo a migliorare l’umore di questa cena. –

Era stata sua madre a insistere dopo aver saputo la notizia, decisa a far andare d’accordo entrambe le parti di quella sconclusionata famiglia che si prospettava all’orizzonte, e alla fine suo padre aveva inaspettatamente deciso di acconsentire alla cosa. Persino Jude, visibilmente contrariato, era stato costretto a presenziare e gli era stato intimato di tenere ben a freno la bocca ed evitare qualsiasi commento che rendesse la cena sgradevole o imbarazzante per i futuri sposi.

Trovarono ad accoglierli proprio sua madre.

Audrey li accolse con un sorriso smagliante, abbracciando prima la figlia e poi riservando lo stesso trattamento al futuro genero.

- Sono contenta che abbiate accettato l’invito, anche se immagino che alla redazione della Gazzetta del Profeta in questo periodo sia complicato ritagliare un po’ di tempo con tutto quello che sta succedendo. –

Gabriel annuì, sorridendo grato per aver intavolato subito un discorso in terreno neutrale.

- Già, lavorare agli sgoccioli dell’elezione del nuovo Primo Ministro è estenuante, in redazione sembra che il tempo non basti mai. –

- Il direttore della gazzetta è sempre Carmichael? – chiese il signor Rune, improvvisamente interessato.

- Sì, signore. È un ottimo direttore, anche se confesso che certe volte è da prendere un po’ con la dovuta cautela. –

Alexander rise.

- Era così anche ai tempi della scuola, prende molto seriamente il suo ruolo, ma lavorare al suo fianco ti spianerà certamente la strada ai vertici della redazione. –

- È quello a cui punto. –

India notò lo sguardo che passò sul volto del padre e seppe che con quella singola affermazione Gabriel si era appena conquistato un briciolo della sua stima.

Suo padre amava la determinazione e l’ambizione sopra ogni altra cosa.

Forse le cose sarebbero migliorate sempre più con il passare del tempo.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Jude è riuscito a non fare nemmeno mezzo commento per tutta la durata della cerimonia, sono impressionata – considerò Scarlett, prendendo sottobraccio India e sottraendola alla presa del suo neo marito, - Non essere avido, Gabriel, l’avrai per te per tutta la vita … puoi lasciarmela per un pochino – aggiunse davanti all’occhiata dell’ex Corvonero.

- D’accordo, ma cerca di riportarmela in tempo per il taglio della torta. –

- Farò del mio meglio – asserì.

Dopodichè fece volteggiare India e mosse i primi passi di danza sotto gli occhi increduli dell’amica.

- Vuoi ballare? –

- Certo. Diamo qualcosa di cui parlare a quei vecchi Purosangue brontoloni. –

E di certo una coppia di donne che volteggiavano sulla pista da ballo avrebbe attirato i loro sguardi anche se una delle due non fosse stata in abito da sposa, poco ma sicuro.

 

 

 

 

 

Gabriel raggiunse i suoi amici nell’angolo opposto della sala, intenti a bere e chiacchiere tra loro, e venne accolto da una serie di sorrisi divertiti.

- Ed ecco lo sposino, Scarlett ti ha già soffiato tua moglie? –

Rise, scuotendo il capo e borbottando qualcosa che suonava molto come “imbecille” all’indirizzo di Hades.

- Piuttosto dove hai lasciato Freya? –

- Oh, è con Kate e le altre a spettegolare – disse facendo spallucce.

Capitava di rado che Kate e Scarlett tornassero in Gran Bretagna e quando lo facevano tutte le ragazze si riunivano in una sorta di concistoro e si scambiavano informazioni che impiegavano ore e ore di chiacchiere incessanti.

Notò tuttavia che era presente anche Olivia tra il gruppo e pertanto rivolse un’occhiata curiosa a Killian.

- Come vanno le cose tra voi tre? –

Il ragazzo si strinse nelle spalle, buttando giù lo champagne tutto d’un fiato, - Al solito, in modo un po’ impacciato ma sta diventando meno strano di volta in volta. –

- Non ti invidio per nulla. –

- Non so -, ribattè il moro, - dopotutto tu hai un cognato che fa sembrare la mia una situazione allegra e rilassata. –

Non ribattè.

In effetti se non altro la situazione di Killian era temporanea e si limitava a quando sia Nova che Olivia si trovavano nella stessa stanza, a lui toccavano anni alle prese con Jude.

Il pensiero gli fece improvvisamente venire una gran voglia di bere.

Tese la mano con decisione.

- Dai un bicchiere anche a me, ne ho bisogno. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Anna Victoria Morgan – 2011, Corvonero.

 

Alther Morgan – 2012, Serpeverde.

Andrew Morgan – 2012, Tassorosso.

 

Sophia Clarissa Morgan – 2013, Corvonero.


 

William Morgan – 2016, Grifondoro.

 

 

 

 

 

- Un’altra volta? –

Elizabeth sgranò gli occhi, incredula, e a India non restò altro da fare se non scoppiare a ridere davanti all’espressione dell’amica.

- Già, ma io e Gabriel abbiamo deciso di fermarci con lui. –

- E vorrei ben vedere, tra poco diventerà un asilo … e io che già con due mi metto le mani nei capelli, non so come tu faccia con sei bambini. –

- Diciamo anche sette, Gabriel conta come uno di loro. –

La voce del marito, messo all’erta dal sentirsi nominato, giunse dal salotto.

- Cos’è che ho fatto io? –

- Nulla, perché hai la coscienza sporca? –

- Assolutamente no, amore mio. –

Riusciva quasi a vedere la faccia da schiaffi di Gabriel mentre le sorrideva malandrino.

- Scommetti che ha lasciato un caos in salotto? –

- Non scommetto su qualcosa che so già che si avvererà. –

 

 

 

 

 

- Alther, Andrew! Insomma volete smetterla di lanciarvi palle di neve e rientrare in casa? Finirete con il prendervi un bel malanno! –

Scosse il capo davanti ai gemelli che la ignoravano bellamente e continuavano a infilarsi neve in ogni anfratto del pigiama.

- D’accordo, l’avete voluto voi, intercetterò le letterine di Babbo Natale e gli dirò di non portarvi nulla quest’anno. –

Quella minaccia bastò a placarli lì dove ramanzine e ipotesi di febbri da cavallo non erano riuscite.

- No, i regali noooo … noi siamo bravi – protestò Andrew, mettendo su un delizioso broncetto.

- Se siete tanto bravi allora entrate in casa, levatevi questi vestiti bagnati e correte a farvi un bagno caldo. –

Alther mollò la palla di neve che aveva ancora in mano e prese sottobraccio il gemello, per poi fermarsi sulla soglia di casa e guardarla con espressione seria.

- E tu prometti di non scrivere nulla a Babbo Natale? –

- Lo prometto. –

- Va bene … l’ultimo che arriva in bagno è una femminuccia! –

 

 

 

 

 

- Anna hai preso tutto per lo scambio culturale? –

La maggiore dei suoi figli annuì, mostrandole il baule già pronto e la gabbietta lì accanto … peccato solo che fosse vuota.

- Dov’è finita Molly? –

- È nella gabbietta – replicò, alzando appena lo sguardo dal libro che teneva tra le mani.

- No che non c’è, la gabbietta è vuota. –

Anna aggrottò la fronte, perplessa, guardandosi attorno per cercare la sua gatta. Eppure era certa di averla chiusa al sicuro in vista del viaggio.

Quando dall’interno del baule provenne un miagolio contrariato si battè una mano sulla fronte.

- Ma certo, l’ho chiusa per sbaglio nel baule, che testa! –

Aprì il baule e ne estrasse una Molly soffiante e visibilmente oltraggiata.

- Quella gatta verrà santificata, poco ma sicuro – asserì Gabriel, osservando la figlia che la chiudeva questa volta nella gabbia giusta e usciva di casa.

India annuì, osservandola a sua volta con la fronte aggrottata.

- Credi che se la caverà a Ilvermorny? –

- Va in America mica in guerra. –

- Lo so, ma è … -

- Al massimo si perderà una decina di volte prima di imparare la strada all’interno della nuova scuola -, la rassicurò cingendole le spalle con un braccio, - Tu piuttosto pensa alla pace che respireremo … potremmo persino andarci a fare quella famosa crociera. –

Già, quella sì che era un’ottima idea dopotutto si erano meritati nove mesi di assoluto relax.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Siamo giunti anche all’ultima delle OS della raccolta e con essa alla pubblicazione imminente (roba di qualche minuto insomma) del sequel di cui vi avevo accennato al termine di “Il gioco degli invisibili” che troverete pubblicato come “The Riot Club”. Spero di ritrovarvi anche lì e grazie nuovamente per la vostra partecipazione sia alla storia che alla raccolta.

A presto spero.

XO XO,

Mary

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3791923