Natblida

di bicorn
(/viewuser.php?uid=650973)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo. ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo. ***


Voglio dedicare questa fan fiction alla mia più grande fan:
la mia persona, compagna e amore di una vita.

 


 

Primo capitolo.
 

Pioveva.

Gli occhioni stanchi di Clarke seguivano la corsa disperata delle goccioline sulla finestra, immaginando di correre allo stesso modo per fuggire da lì.

Non ci voleva stare in quel posto.

Aveva solo otto anni. Otto anni quando i suoi genitori, leader della ouskejon kru, il clan della scogliera, l’avevano spedita a TondDC senza troppe cerimonie.

Aveva pianto, gridato, li aveva implorati: perché dei genitori avrebbero dovuto spedire la loro unica bambina in una città che non conosceva, da sola, accudita da completi sconosciuti?

Tu sei speciale, piccola mia. Conosco persone che ucciderebbero per avere il tuo sangue nelle loro vene.”

Ora aveva tredici anni, e aveva capito.

Lei era una natblida, una sangue nero, e come tale aveva diritto al trono. Questo non prima però di aver ucciso dodici suoi coetanei nel giorno del conclave.

Perché a questo la stavano preparando: ad uccidere; a governare, con l’aiuto dei precedenti comandanti, un popolo di uomini e donne pronti ad eseguire ogni suo comando.

Comprendeva l’importanza della sua missione, ma non riusciva ad accettarla.

Da quando era lì, da quando erano iniziati gli allenamenti pochi mesi prima, si era chiesta se fosse effettivamente pronta per guidare il suo popolo.

Forte era la nostalgia di casa, dei suoi genitori, del suo clan. Ma ancora più forte era la nostalgia del mare: immersa com’era nelle foreste, nella selvaggina, non vedeva il mare di casa sua da anni ormai. E questo era il suo più grande rimpianto.

A questo si aggiungeva il fatto che non aveva nemmeno un amico lì.

Le uniche persone con cui aveva a che fare erano le sue sguattere, i suoi allenatori e gli altri sangue nero. E una delle prime regole dell’ascensione, era quella di non familiarizzare con chi un giorno avresti dovuto uccidere.


 

Si era recata all’allenamento pomeridiano, nonostante la pioggia scrosciante; osservava la ferocia e la freddezza dei suoi compagni di allenamento e non vi si riconosceva.

Clarke Griffin aveva l’animo più nobile, buono e puro sulla faccia della terra. Come avrebbe mai potuto uccidere qualcuno un giorno?

Klark”, la voce ferma della sua heda, Anya, arrivò alle sue spalle, seguita subito dopo da una lama puntata a pochi centimetri dal suo naso.

“Ti voglio più attenta, principessa”, pronunciò Anya scherzosa, facendola sorridere.

La tanto temuta comandante. Il loro allenatore più importante, probabilmente la sua unica vera amica.

Anya si era presa cura dell’animo sensibile di Clarke fin da subito. L’aveva presa sotto la sua ala protettrice, difendendola dalle angherie del mondo e dei suoi compagni di allenamento. Sapeva quanto certi guerrieri potessero essere spietati sin da piccoli.

Clarke alzò improvvisamente la spada e disarmò Anya, facendola barcollare e quasi cadere a terra.

La comandante la guardò sbalordita. Per quanto potesse essere tenera d’animo, era forte. Molto forte. Forse le teneva testa solo la temibile Luna.

Clarke allungò una mano per farla rialzare, quando i suoi occhioni blu furono attirati dalla testa pelata di Titus: una serie di risolini e commenti sulla testa lucente del protettore della fiamma si diffusero attorno a lei, facendola sorridere.

Solo dopo che Anya gli si era avvicinata, notò una piccola figura alla sinistra di Titus: una ragazzina.

Tutti i natblida si avvicinarono incuriositi, compresa Clarke: non doveva essere più piccola di lei; con la testa china e i capelli intrappolati in una treccia, non proferì parola.

Anya l’attirò a se con un braccio “Goufa, ragazzi miei, è con grande onore che vi presento Lexa kom trikru, l’ultimo dei tredici sangue nero: è un guerriero molto valoroso.”

Lexa alzò lo sguardo sentendo il suo nome, e immediatamente incontrò un paio di occhi blu che la scrutavano curiosi. Clarke e Lexa si osservarono per un tempo indefinito, fino a quando la ragazzina mora non abbassò di nuovo il capo sotto il peso degli sguardi inquisitori e diffidenti dei suoi nuovi compagni.


 

Poche ore dopo, erano tutti riuniti nella mensa comune della torre di comando. Clarke sedeva sola come al solito, gustando il suo cibo in silenzio e bramando il suo letto come se fosse la cosa più importante del mondo. Gli allenamenti di oggi l’avevano distrutta, e come se non bastasse, Luna non le aveva dato tregua; non capiva perché ce l’avesse così tanto con lei, cosa aveva fatto di male per essere tormentata così tanto? Luna era forte, popolare, acclamata da tutti gli allenatori, cosa diavolo voleva da lei?

Un rumore tonfo catturò la sua attenzione: la ragazzina nuova era a terra, il cibo completamente rovesciato sul pavimento, mentre due ragazzini ridevano sguaiatamente alle sue spalle.

Non avrebbero dato tregua nemmeno a lei.

Lexa si limitò ad alzarsi, gettò quel che rimaneva della sua cena nell’immondizia e non degnò i suoi compagni di uno sguardo.

Poi, sorprendendo Clarke, si sedette nel suo stesso tavolo, di fronte a lei. Tenne la testa bassa, mentre mangiava compostamente quel poco che era riuscita a salvare della sua cena.

Clarke, sentendosi stranamente in dovere di aiutare la nuova arrivata, divise a metà il suo panino e la sua banana e glieli allungò sul vassoio.

Lexa alzò lo sguardo, sorpresa “perché sei gentile con me?”

Clarke alzò le spalle “quando sono arrivata qui, ero spaventata esattamente come te. Avrei tanto voluto un’amica all’epoca, quindi..ecco.”

“Io non sono spaventata”, rispose immediatamente Lexa indurendo lo sguardo.

Si rese conto di essere stata troppo dura con lei, così addolcì la voce “ma grazie.”

Clarke le sorrise teneramente, il primo vero contatto umano dopo anni, e insieme finirono la propria cena in un piacevole silenzio.


 

Quella stessa notte, i maledetti incubi che tormentavano Clarke tutte le notti, vennero interrotti da una voce che chiamava il suo nome.

Sbarrò gli occhi e si alzò, immersa in un bagno di sudore “cosa succede?” Domandò ancora mezza addormentata. Solo dopo notò Lexa che la stava fissando con un sorriso mal celato sulle labbra.

“Perché stai ridendo?” Chiese Clarke, alzando un sopracciglio.

“Perché sei buffa con i capelli arruffati. Vieni, voglio farti vedere una cosa.”

Clarke si alzò dal letto e la seguì incuriosita. Uscirono sul terrazzo del proprio dormitorio e la ragazza nuova alzò il viso puntando il naso all’insù.

“Cosa ci facciamo qui?”

“Guarda”, rispose Lexa indicando un punto indefinito nel cielo.

Clarke alzò anche lei lo sguardo e le vide: una miriade di stelle cadenti stavano attraversando il cielo, illuminando il buio di TondDC.

Clarke spalancò la bocca e Lexa la guardò sorridendo “ma è bellissimo!”

“Lo so”, disse Lexa riportando il naso all’insù “ogni volta che c’erano le stelle cadenti, ero solita a guardarle con mio padre”, continuò sommessamente.

La piccola Griffin notò la tristezza nella sua voce e la guardò, dimenticandosi completamente dello spettacolo in cielo; le strinse la mano per mostrarle il suo supporto e appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Perché mi hai portata qui?” Chiese genuinamente interessata. Lo sguardo incollato sul suo profilo.

Lexa fece spallucce “avevi ragione. Ho bisogno di un’amica anche io.”

Clarke sorrise. Non le era sfuggito il leggero rossore sulle sue guance.



 



*Angolino di bicorn*
 
Beh? Indovinate chi è tornata con i suoi deliri sulle clexa?

Alloraaaaa, dopo un anno di silenzio non credo ci sia molto da dire. Chi mi ha seguito con la precedente raccolta (e chi non lo ha fatto, gli consiglio di leggerla subito) sa quanto ci ero affezionata. Ma nel momento in cui non ho avuto più idee e ispirazione, nel momento in cui non mi piaceva più quello che scrivevo, mi sono trovata costretta a chiuderla.

Quindi è stata una piacevolissima sorpresa, si anche per me, tornare a scrivere dopo tutto questo tempo..le idee non mancano, è il tempo che non c'è. Però sono riuscita a ritagliarmi un angolino per mettere giù questa piccola idea che mi frullava nella testa da un po', quindi eccola qui.
Non conto di farla uscire lunghissima, almeno 3 o 4 capitoli, ma sono quasi sicura di riuscire a portarla a termine questa volta. L'intenzione c'è.

Quindi niente, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se vi fa schifo e non volete che continui, sono aperta ad ogni tipo di critica e consiglio! 

Un'altra cosa: il fandom clexa non molla. Mai. Nemmeno a distanza di anni.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo capitolo. ***


Secondo capitolo.
 

Lexa Woods aveva l'impressione di conoscere Clarke Griffin da una vita. Come se si fossero già incontrate, in qualche epoca lontana o mondo perduto. Come se fossero destinate ad incontrarsi (e ad appartenersi ancora.)

Nel giro di poche settimane, aveva imparato tanto sulla sua nuova migliore amica: amava il mare, il suo clan era stanziato da anni su una lingua di terra in cui alte scogliere si alternavano a spiagge silenziose;

era un'ottima disegnatrice, con stupore lo aveva scoperto dopo aver trovato il suo blocco di disegni, tutti raffiguranti una sola cosa..un paio di occhi verdi;

ma più di ogni altra cosa, Clarke amava immensamente i suoi genitori, due membri importanti non solo della ouskejon kru, ma dell'intera coalizione.

Dal primo giorno in cui si erano rivolte parole a mensa, erano diventate praticamente insperabili: dove c'era una, c'era anche l'altra. Agli allenamenti non si staccavano gli occhi di dosso, e quando arrivavano le tenebre e gli incubi della notte, si tenevano compagnia a vicenda dormendo insieme nella foresta.

“Mi mancano tantissimo”, le aveva confessato Clarke in un momento di intimità, rigirandosi fra le dita il bracciale di cuoio che le aveva regalato il padre “so quanto è importante la mia presenza qui per il popolo, ma a volte vorrei solo tornare a casa e rifugiarmi tra le loro braccia.”

Clarke amava la forza di volontà della sua nuova amica; il modo in cui manteneva ferma la voce e ricacciava indietro le lacrime ogni volta che le parlava della morte dei suoi genitori, assassinati ingiustamente dalle guardie reali solo per aver protetto la loro unica bambina.

Clarke amava anche la sua sconfinata intelligenza. L'aveva sorpresa quando Lexa le aveva confidato della sua passione per la letteratura, e della piccola biblioteca che aveva messo su in casa sua, raccogliendo resti di antichi libri di poesie appartenenti ad un mondo che ormai non esisteva più.

Era assurdo, quasi anomalo che quelle due ragazzine fossero riuscite a trovarsi, a trovare un amico in un contesto del genere. Proprio nel momento in cui avevano perso ogni speranza.

Quel pomeriggio faceva eccessivamente caldo per essere ottobre, ormai l'autunno avrebbe dovuto essere alle porte. Le pesanti armature dei natblida scottavano sulla pelle dei giovani combattenti, il trucco da guerra tipico della loro cultura si stava ormai sciogliendo al sole.

Un pesante silenzio era calato tra i ragazzini che si stavano scontrando in un corpo a corpo, interrotto solo da lamenti e gemiti di dolore.

Clarke e Lexa si stavano battendo, serie in volto, e nessuna delle due riusciva a prevalere sull'altra; Anya le guardava a distanza, incuriosita dalla nuova arrivata e dalla strabiliante forza di cui aveva dato prova in quelle settimane..in quel momento, meditò il mentore, era la natblida più valida.

Un tonfo sordo, seguito da una fragorosa risata, ruppero la tensione e il silenzio che si erano venuti a creare; tutti i natblida si girarono e con una punta di fastidio videro Lexa che con il suo peso schiacciava il corpo di Clarke, la quale giaceva a terra percossa dalle risate.

Nonostante la serietà che avevano mantenuto fino a quel momento, Clarke aveva fatto una faccia buffa, distraendo Lexa e facendola inciampare sui piedi dell'amica.

In quel momento, però, Lexa non rideva più: guardava il sorriso di Clarke e i suoi occhi blu ridotti a due fessure in uno stato di contemplazione e piacevole confusione.

“Ehm ehm, interrompo qualcosa?” la voce di Anya interruppe quel momento magico, riportandole bruscamente alla realtà.

“No, Heda”, risposero entrambe all'unisono scattando in piedi come delle molle.

La donna le osservò a lungo, provocando a Clarke un brivido di terrore: provava un misto di ammirazione e paura quando guardava il suo comandante.

Al contrario Lexa sostenne il suo sguardo, come a volerla sfidare.

“Voglio più serietà durante gli allenamenti, ragazze.”

Poi aggiunse “sono stata chiara?”

Le due natbida annuirono, abbassando la testa in segno di riverenza.

“E adesso cambiamo le coppie. Clarke con Luna, Lexa con Kahlan.”

“Ma..” Clarke iniziò a protestare, ma ogni protesta le morì in gola quando vide la faccia di Anya non ammettere repliche.

Non appena lo sguardo minaccioso di Luna incrociò gli occhi di Clarke, le tremarono le gambe.

 

Qualche ora dopo Lexa era spalmata sul pavimento, gli occhi chiusi per la stanchezza e la bocca piegata in una smorfia di dolore.

“Li odio. Tutti quanti. Perché sono così cattivi con me?” Si lamentò Lexa.

Clarke la guardò con dispiacere. Con una mano reggeva il ghiaccio che le stava poggiando sopra la testa, con l'altra le accarezzava i capelli “perché sono degli stronzi.”

Lexa alzò lo sguardo e sorrise “un giorno faremo il culo a tutti questi stronzi, soprattutto a Luna.”

Clarke la guardò con occhi tristi. Non ci voleva nemmeno pensare..combattere contro tutti, significava combattere contro di lei e ucciderla.

Se solo avesse potuto, avrebbe governato con Lexa al suo fianco. Per sempre.

Con lei non aveva paura di niente. Con lei avrebbe sconfitto tutti gli maunon, gli uomini della montagna.

Non temeva la morte perché con Lexa si sentiva invincibile.

Guardando l'espressione dolorante dell'amica e la miriade di lividi che ricoprivano il suo corpo esile, Clarke decise di darle in anticipo la sua sorpresa.

“Vieni”, si alzò e aiutò Lexa a fare lo stesso, poi la prese per mano non dandole nemmeno il tempo di rispondere e la trascinò con se.

Attraversarono un bel po' di corridoi, scesero qualche rampa di scale e si ritrovarono davanti ad una porta di legno fatiscente.

Clarke ci aveva messo un po' per trovare quel posto, ma appena lo aveva scovato, aveva subito pensato alla sua natblida preferita.

Spronata dallo sguardo interrogativo dell'altra, Clarke spalancò la porta e subito un odore di chiuso e di muffa invase le loro narici.

Lexa non poté fare a meno di aprire la bocca per la sorpresa: c'erano libri ovunque.

Era una stanza immensa piena di scaffali, librerie decadenti e scatoloni impilati l'uno sopra l'altro. Libri dalla diversa copertina, colore, abbandonati all'oblio e alla polvere.

Lexa gettò le braccia al collo dell'amica e le lasciò un rapido bacio all'angolo della bocca, facendola arrossire violentemente. Poi corse nella biblioteca e iniziò a vagare nel grande stanzone lasciando scorrere le sue dita sottili sui libri impolverati.

Mentre i suoi occhi vagavano da un titolo all'altro, il suo sguardo si illuminò improvvisamente “Clarke! Corri subito qui!”

La biondina spuntò alle sue spalle e poggiò il mento sulla sua spalla, un sorriso compiaciuto si disegnò sulle labbra quando lesse il nome del libro: Alcyone – Gabriele D'annunzio.

Un uomo senza capelli e dai folti baffi si stagliava fiero sulla copertina, Clarke non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia di fronte a quello strano ed eccentrico poeta.

Scivolò sul pavimento affianco a Lexa, osservandola con ammirazione mentre era immersa nel suo mondo e sfogliava le pagine della raccolta come se fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.

Si sentiva rapita..no, forse l'aggettivo migliore era attratta. Si, Clarke si sentiva completamente attratta da quella ragazzina, ancor di più dalla sua grande intelligenza.

Così forte, ferma, impavida..avrebbe dato di tutto per essere come lei. Pensò amaramente che un giorno sarebbe stata una grandissima comandante, forse anche più forte di Anya.

“Eccola!” Esclamò vittoriosa, voltandosi poi verso Clarke con un bellissimo sorriso stampato in volto.

Si stese con la testa sulle sue gambe, nella stessa posizione di prima, ed iniziò a leggere ad alta voce.

Clarke trattenne il respiro e si ritrovò come catapultata in un'altra dimensione: gli occhi verdi di Lexa, illuminati di una luce nuova che non le aveva mai visto, scorrevano sulle pagine mentre le dita stringevano possessivamente il libro; il suo profumo di muschio e di pioggia la inebriavano completamente, stordendola; e la sua voce, dio la sua voce..così calda, leggera, leggeva la poesia pronunciando ogni parola con la stessa delicatezza con cui l'aveva stretta la prima volta e..

Cosa erano tutte quelle sensazioni che stava provando Clarke in quel momento? Cos'era quel calore che scoppiava nel petto e si diffondeva in tutto il resto del corpo? Era così potente il bene che provava per la sua amica? Era così forte il legame che avevano?

“..Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

Clarke boccheggiò, ricominciando di nuovo a respirare..da quanto tempo stava trattenendo il respiro?

Ora gli occhi di Lexa, bellissimi e verdissimi, erano puntati su di lei, domandandole in silenzio se aveva apprezzato la poesia che le aveva segretamente dedicato.

“E'..bellissima”, ma non le parve abbastanza “tu sei bellissima.”

Lexa arrossì, ma non riuscì a distogliere gli occhi dai suoi. Un fiume di parole non dette in quel momento cominciò a scorrere tra i loro sguardi, e Clarke si impose mentalmente di continuare a respirare per non rischiare di morire soffocata da quel carico di emozioni improvvise.

“Ti piace?”

“Tantissimo. Non pensavo le poesie potessero emozionare così, è..destabilizzante”, sussurrò Clarke ancora in uno stato di catalessi.

“D'Annunzio paragona la donna che si cela dietro il nome di Ermione ad una ninfa dei boschi..non so perché, ma la prima volta che ti ho vista, ho pensato che fossi la cosa più simile ad una creatura così bella e magica.”

Ora fu il turno di Clarke di arrossire; un sorriso timido si aprì sulle sue labbra, mentre si scostava nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

La punta del naso di Lexa era arrossata, le labbra schiuse e uno sguardo nuovo (che l'amica non seppe proprio riconoscerle) si puntò negli occhi della bionda.

“Grazie per avermi portata qui..” sussurrò, stringendo il libro al petto.

“Grazie a te per aver condiviso questa bellissima poesia con me.”

Fuori iniziò un temporale. Gli allenamenti del pomeriggio furono rimandati, e Clarke e Lexa passarono il resto della giornata in quella biblioteca dimenticata dagli dei, leggendo poesie e nascondendo dietro di esse confessioni segrete e sentimenti che non erano ancora pronte a rivelare..

 


*Angolino di bicorn*
 
Salve cari lettori. Non ho molto da dire su questo capitolo, potrei quasi definirlo un capitolo di..transizione? Certo, è buffo che mi prenda la briga di inserire noiosi capitoli di transizione, quando la storia è già breve di per se. Ma comunque, lo trovavo necessario per far vedere il modo in cui è nato il rapporto speciale tra Clarke e Lexa..d'altronde in questo momento sono ancora ragazzine.
Comunque sono contenta e anche sorpresa di aver trovato persone che hanno apprezzato questa piccola pazzaria. :) Spero di non deludervi!
 
Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate, ogni parere sarà sempre ben accetto!

 

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo capitolo. ***


Terzo capitolo.
 

Il corpo di Lexa era cambiato. Non aveva nulla a che vedere con il fisico esile e mingherlino della ragazzina che Clarke aveva conosciuto tre anni fa.

Ora era muscoloso, tonico. I suoi addominali sembravano scolpiti dagli dei in persona.

Ma non era solo questo. Le sue forme erano cambiate: più femminili, più tonde, più morbide..

Le era cresciuto il seno. Certo, non era prosperoso come quello di Clarke, ma questo non significava nulla.

Le era cresciuto il seno, e Clarke se n'era resa conto solo qualche giorno fa, quando avevano fatto il bagno nude nel lago; Lexa l'aveva abbracciata da dietro, facendo aderire i loro corpi come due pezzi di un puzzle. I seni minuti schiacciati contro la sua schiena. Si era sentita accendere e avvampare, sia fuori che dentro, e aveva sperato ardentemente che l'acqua del lago placasse tutto prima di dare vita ad un incendio.

Lexa era diventata una donna bellissima e Clarke non riusciva a fare a meno di guardarla.

Si erano viste nude tante volte, ma solo adesso Clarke era arrivata ad una consapevolezza diversa.

Era diventato strano dormire insieme, ma non spiacevole. Ogni mattina, si svegliava con una gamba dell'amica infilata fra le sue, e le mutande completamente bagnate.

Si vergognava da morire. Non perché fosse una donna, anzi, nella sua cultura erano più frequenti le relazioni omosessuali che quelle eterosessuali.

Si vergognava da morire perché quella era la sua migliore amica, e sentendo tutte quelle cose si sentiva come se l'avesse tradita.

Aveva cercato di giustificarsi, dicendosi che era normale a 16 anni provare tutte quelle sensazioni e avere ogni cellula del proprio corpo in costante fibrillazione.

Aveva provato a sfogare tutta questa sua frustrazione in altri modi.

Una sera Jorum, uno dei tredici natblida, aveva tentato di baciarla e lei non aveva opposto resistenza. Muoveva le labbra passivamente, non sentendo assolutamente nulla. Solo conati di vomito salirle in gola.

Quando lo aveva raccontato a Lexa, aveva visto il suo sguardo trasformarsi e assumere una sfumatura che non aveva mai visto.

Non le aveva rivolto parola per giorni. Clarke non capiva, ovviamente non capiva. Come avrebbe dovuto? Era così presa dai suoi arrovellamenti mentali, che non aveva fatto caso nemmeno una volta al modo in cui Lexa la guardava; al modo in cui cercasse contatto con ogni minima scusa; alla venerazione e eccitazione che trapelavano dai suoi occhi ogni qual vola la bionda si mostrava nuda in sua presenza.

Non aveva notato tutte quelle cose e non lo avrebbe sicuramente fatto in quel momento.

Da quando quei bastardi degli uomini della montagna avevano rapito Anya per continuare i loro sporchi esperimenti, il loro fleim keepa aveva dato inizio ai preparativi per il giorno del conclave.

Come se non bastasse, un altro fatto anomalo aveva gettato Polis e l'intera coalizione in uno stato di spaventosa anarchia: erano atterrati gli alieni.

O meglio, avevano visto una navicella schiantarsi sulla terra, e da questa uscire un centinaio di essere simili in tutto e per tutto a loro.

Li avevano osservati a lungo. Vestivano in maniera diversa, e quasi sicuramente anche la loro cultura era diversa..senza ombra di dubbio erano tecnologicamente più avanzati di loro, come se venissero dal futuro.

Nonostante non sapessero ancora le loro intenzioni, di una cosa erano certi: erano convinti che la terra fosse disabitata.

Avevano dato per scontato che non ci fosse nessuno sul pianeta, e questo aveva dato tempo alla coalizione per prepararsi ad un futuro attacco.

La concorrenza tra i natblida era diventata spietata: sembravano in costante lotta tra di loro non solo sul campo di allenamento, ma anche al di fuori. Tutti non vedevano l'ora di combattere al conclave e di governare il loro popolo, tutti tranne due persone.

Clarke e Lexa non erano spaventate, erano letteralmente terrorizzate. Non perché temessero la morte, o di non riuscire a battere gli altri pretendenti al trono; ma perché non sapevano davvero cosa sarebbe successo quando si sarebbero trovate faccia a faccia sul campo di battaglia, come uniche sopravvissute.

Lexa era diventata spietata, una vera macchina da guerra. Non c'era un guerriero che sapesse tenerle testa. O almeno questo era quello che credevano i mentori.

L'unica sua debolezza era Clarke Griffin. E Titus, dal primo giorno in cui aveva iniziato ad educarli, aveva detto loro che l'amore era una debolezza e che come tale andava messo da parte per un bene più grande.


 

Era l'alba. Il freddo pungente di Gennaio si faceva sentire anche sotto le spesse pelli delle due combattenti.

La lama affilata di Lexa si serrò sulla gola di Clarke, costringendola a rimpicciolirsi contro il tronco di un albero. Il corpo della mora si schiacciò contro quello dell'amica, blu nel verde, i respiri così vicini da mescolarsi.

“Mi sembri un po' troppo disattenta oggi, Griff” soffiò Lexa direttamente sulle sue labbra.

Clarke reagì spingendola e impugnando nuovamente la spada per sferrarle un attacco, ma la mora fu più veloce e le fece uno sgambetto facendola inciampare e cadere per terra.

Una smorfia di dolore si aprì sul viso di Clarke “sei terribile.”

“E tu troppo lenta. Cosa ti prende oggi?” Domandò Lexa aiutandola a rialzarsi, per poi allontanarsi bruscamente subito dopo.

Clarke la osservò silenziosa mentre la ragazza di fronte a lei prese ad asciugarsi i capelli impregnati di sudore con una piccola asciugamano. Le goccioline di sudore bagnavano la sua fronte e il suo petto, scivolando un po' troppo lentamente nelle fasce che coprivano i seni dell'amica. Il pantalone aderente fasciava le sue forme perfette, e mentre lo sguardo di Clarke percorse avidamente quel corpo tonico, non poté fare a meno di mordersi un labbro.

“Terra chiama Clarke. Ci sei?” Domandò Lexa divertita.

“Scusa. Sei bellissima”, si lasciò sfuggire, vergognandosi subito dopo della sua sfacciataggine.

Lexa sospirò “perché fai così?”

“Così come?”

“Come se fosse sempre tutto normale.”

“Non capisco di cosa tu stia parlando”, rispose Clarke confusa.

Era da un po' di tempo che Lexa era cambiata. Certo, Clarke non poteva negare di non essere più la stessa persona da quando aveva iniziato a maturare dei sentimenti ai quali non riusciva (o forse non voleva) dare un nome. Si sentiva in preda ad una tempesta di sensazioni che non era pronta ad affrontare, e il suo porto sicuro questa volta non sarebbe accorso a darle una mano.

Ma Lexa? Qual'era la ragione che l'aveva spinta a cambiare atteggiamento con lei? Era diventata così fredda..la riempiva ancora di attenzioni e di sguardi speciali che solo a lei riservava, ma la vedeva diversa..come se dovesse frenarsi ogni volta che erano insieme.

Lexa le si avvicinò di nuovo, costringendo Clarke ad indietreggiare “sei..destabilizzante. Prima mi avvicini e poi mi distruggi. Mi sento come una stupida falena attratta dal fuoco, e ho così paura di scottarmi.”

Si era avvicinata così tanto che ora i loro respiri si mischiavano di nuovo; Clarke in un primo momento non seppe cosa dire, poi si permise di lasciar scivolare lo sguardo sulle sue labbra, non nascondendo questa volta il desiderio che sgorgava dai suoi occhi.

Solo dopo pochi e interminabili secondi si rese conto che Lexa stava facendo la stessa cosa.

Che Lexa fosse..

“Lo vedi?” Esclamò Lexa, in preda alla frustrazione e allontanandosi bruscamente “lo vedi come fai? Mi porterai ad impazzire..”

Clarke la prese per un braccio e l'avvicinò a se, facendo scontrare i loro corpi e provocando una scarica di brividi sul corpo di entrambe “non è come credi..io..non so come affrontare tutto questo. Io sento qualcosa Lexa, qualcosa che..”

“Cosa?” Lexa tornò a guardarla, una luce speranzosa nei suoi occhi. Automaticamente la mano destra cercò la sua, mentre la sinistra si posò sui fianchi di Clarke.

“Io non lo so”, ammise Clarke “so solo che i tuoi occhi, lo stesso sguardo che mi stai rivolgendo in questo momento, mi accendono ogni volta. Qui..” portò la mano di Lexa sul suo petto, all'altezza del cuore “e qui” concluse, spostando la mano sul suo basso ventre.

Le labbra di Lexa si schiusero e una consapevolezza nuova la colpì in pieno stomaco: Clarke provava le sue stesse cose. Qualunque cosa fosse, Clarke si sentiva esattamente al suo stesso modo e per tutto quel tempo aveva creduto di essere l'unica stolta a provare dei sentimenti così forti per la sua migliore amica.

Voleva baciarla. Dio, se voleva baciarla. D'altronde, chi glielo stava impedendo?

Gli occhi verdi di Lexa si puntarono in quelli blu della sua migliore amica, scendendo poi in una corsa disperata verso il neo che ornava le sue labbra..lo aveva sempre trovato così eccitante. Poi si pose sulle sue labbra carnose, desiderosa di assaggiarle ormai da mesi.

Ma nel momento esatto in cui le labbra iniziarono ad accarezzarsi un rumore assordante che conoscevano fin troppo bene distrusse quella piccola bolla che si erano create.

Clarke e Lexa alzarono gli occhi verso la torre di Polis, poi tornarono a guardarsi.

Quel suono voleva dire solo due cose: o era stata convocata una riunione straordinaria, o era morto il comandante, e di conseguenza..

“Dobbiamo andare.”


 

La sala riunioni della torre era gremita di persone. I mentori, gli anziani, gli ambasciatori dei clan della coalizione e tutti i natblida era al cospetto del grande trono, ormai vacante.

La figura di Titus, il fleim keepa, si stagliava severa nel centro della stanza quando richiamò tutti al silenzio.

“Un nostro caro membro della coalizione, Lincoln del clan della foresta, è stato catturato e torturato dagli skaikru, il popolo del cielo.”

Un brusio esplose nuovamente nella sala del trono, e Titus fece fatica per riportare di nuovo l'attenzione su di se.

“Uccidiamoli!” Una voce indistinta si alzò dalla folla, seguita da molte altre “hanno dato inizio ad una guerra che non possono finire”, “sterminiamoli tutti!”

“Silenzio” Gridò Titus, per riportare l'attenzione su di se “fino a quando non avremo un nuovo comandante, non potremo prendere nessuna decisione. Urge iniziare le preparazioni per il conclave.”

La folla esplose in un nuovo boato, questa volta di eccitazione, e gli occhi spaventati di Clarke trovarono immediatamente quelli di Lexa in mezzo a tutta quella confusione.

 

 

“Dobbiamo scappare” la mano di Clarke strinse quella di Lexa abbandonata sull'erba “non possiamo restare qui, non possiamo combattere al conclave.”

“E dove andremo? Metterebbero a ferro e fuoco tutta la terra conosciuta pur di trovare i due natblida sfuggiti al conclave..”

Gli occhi di Clarke si posarono sul volto dell'amica, gli occhi chiusi e un'espressione stranamente rilassata le ornava il viso “non voglio ucciderti Lexa, io..”

“Shh” sussurrò Lexa in risposta, stringendole la mano “ascolta.”

Una piacevole e misteriosa melodia echeggiava fra gli alberi della foresta; Clarke rimase in ascolto cercando di scovarne la fonte, ma dopo poco si arrese e si rilassò anche lei sulle note della musica, godendosi uno dei loro rari momenti di tranquillità.

“Non dovrai essere tu ad uccidermi”, Lexa riprese a parlare, questa volta la stava guardando “ucciderò tutti i natblida e poi mi darò la morte da sola, così che tu possa vincere il conclave.”

Clarke spalancò gli occhi “starai scherzando spero.”

“Naturalmente no. Il nostro popolo ha bisogno di un comandante, di una persona saggia e di un vero leader. Chi dovrebbe essere se non tu?”

“Lexa..” Clarke addolcì la voce di fronte a quelle parole, così vere e così sentite. Si sporse e appoggiò un gomito contro il terreno, fronteggiandola e guardandola negli occhi “sei tu tutte queste cose che hai appena descritto, tu. E poi non voglio immaginare un mondo senza di te, ci siamo fatte delle promesse e-”

“Eravamo delle ragazzine, Clarke. Ora bisogna fare una scelta, e io ho fatto la mia” Lexa la interruppe, distogliendo lo sguardo.

“Non puoi. Non puoi fare sempre così, decidere per me ogni volta. Non ho intenzione di combattere contro di te, anzi non ho proprio intenzione di combattere questo conclave. Domani andrò via e tu verrai con me, anche se sarò costretta a trascinarti con la forza.”

Così dicendo, Clarke tornò a stendersi mettendo tutta la distanza possibile tra lei e Lexa.

Era una maledetta testarda, quando si metteva in testa una cosa non c'era verso di farle cambiare idea. Ma non gliela avrebbe data vinta. Non questa volta.

Nonostante fosse arrabbiata, si sorprese quando un corpo caldo scivolò su di lei, una chioma castana a solleticarle le labbra e un profumo di muschio ad invaderle le narici.

Automaticamente la mano di Clarke trovò la schiena di Lexa e iniziò a carezzarla delicatamente.

“Scusa”, sussurrò Lexa sul suo petto “è che ho paura possa succederti qualcosa.”

Erano rari i momenti in cui Lexa mostrava tutta la sua vulnerabilità; persino a lei che era la sua più cara amica, la persona a cui più teneva al mondo.

“Ho paura di perderti” si lasciò ancora sfuggire Lexa, mentre con una mano disegnava cerchi immaginari sulla pancia di Clarke,

“Non mi perderai” rispose immediatamente Clarke “te l'ho detto, scapperemo. Insieme. Non dobbiamo per forza combattere questo conclave.”

Lexa sospirò. Portare avanti quella discussione era inutile.

In altre situazioni, avrebbe amato e ammirato la positività di Clarke; tra le due era sempre lei e a vedere del buono in ogni situazione.

Clarke aveva sempre definito Lexa una persona pessimista, ma in quel momento non era così: si trattava di essere realisti e basta.

Per questo motivo Lexa decise di portare avanti la sua decisione, nonostante questo significasse guadagnarsi il risentimento della sua migliore amica per sempre.

E per questo, aveva deciso di mostrarle la sorpresa che ormai stava preparando da tempo. Per lei. Solo per lei.

Si alzò, guadagnandosi uno sguardo interrogativo da parte dell'amica.

“Andiamo. Si sta facendo tardi.”

Clarke aggrottò le sopracciglia “tardi per cosa?”

“E' tardi! Muoviti!” Disse Lexa ridendo, sentendosi piena di una felicità che non avrebbe dovuto appartenerle.

La tirò verso di se con le braccia, abbracciandola per pochi secondi e godendosi il suo piacevole profumo, poi la trascinò verso il centro della città.

Clarke la seguì incuriosita, sentendosi trascinata da quell'improvviso lampo di felicità che aveva coinvolto l'amica; non poté fare a meno di iniziare a ridere stupidamente anche lei, attirando sguardi sconcertanti da parte dei passanti.

La città a quell'ora era splendida. Illuminata dalla luce naturale della luna, le persone erano riunite attorno al fuoco, tutte in festa e in trepidante attesa per il grande evento del giorno seguente.

Le due fecero slalom tra la folla, fino a quando Lexa non si fermò improvvisamente. Afferrò un pezzo di stoffa e lo legò sugli occhi dell'amica.

“Lexa cosa sta succedendo?” Chiese Clarke titubante.

“Clarke” sussurrò Lexa al suo orecchio, accentuando l'accento sulla k in un modo che a Clarke aveva sempre fatto impazzire “ti fidi di me?”

Un brivido selvaggio percorse la schiena di Clarke, la quale si trovò costretta a boccheggiare alla ricerca di aria: era rimasta senza fiato.

“Ti darei la mia vita, se tu me lo chiedessi.”

Nonostante avesse gli occhi coperti, poteva chiaramente percepire il sorriso bellissimo che si aprì sul volto di Lexa.

Con una mano la aiutò gentilmente a salire su quello che all'apparenza doveva essere un carro, dopodiché la seguì e si sedettero vicine.

Il ragliare di due asini confermò la sua ipotesi, e nonostante non sapesse cosa avesse in mente l'amica, poggiò il capo sulla sua spalla rilassandosi completamente contro di lei.

Dopo quelle che erano sembrate ore, Clarke si svegliò. Il carro era fermo e i suoi occhi ancora bendati.

Sentiva la voce di Lexa discutere fittamente con quella di un uomo “questo è quanto avevamo concordato.”

“Avete poche ore. Il tempo che sbrigo la mia trattativa qui nelle vicinanze, poi verrò a riprendervi.”

Dopo qualche secondo Lexa si rivolse a lei, addolcendo il tono della voce “Clarke, siamo arrivate. Ecco la tua sorpresa.”

La aiutò di nuovo a scendere, e con una mano poggiata sulla sua schiena la fece avanzare di qualche passo.

Un odore familiare invase le sue narici, risvegliando dentro di lei sensazioni che sembravano ormai essersi addormentate.

Prima ancora che il suo cervello riuscisse a collegare, i piedi nudi di Clarke toccarono qualcosa di freddo. Granelli.

Granelli freddi di sabbia la fecero affondare in ricordi piacevoli e nostalgici, mentre sul suo viso si apriva un'espressione di completo stupore “Lexa..”

Lexa le sciolse la benda e un mare blu si stagliò imponente contro i suoi occhi. Immenso, rumoroso, profumato.

Come i sentimenti che stava provando in quel momento.

Clarke non poté fare a meno di chiudere gli occhi, di fronte a quel turbinio di sensazioni. Immediatamente immagini di se stessa bambina invasero la sua mente, i suoi genitori sorridenti che l'accompagnavano al mare; le domeniche passate a pescare con il padre..

Una lacrima silenziosa scese sulla sua guancia quando finalmente anche il rumore delle onde arrivò alle sue orecchie.

“Clarke? Va tutto-”

Clarke si gettò tra le braccia della sua amica e la baciò. La baciò perché non c'era niente di più giusto da fare in quel momento, di fronte a quello spettacolo.

La baciò a stampo, rapidamente, ma fu un bacio così sentito e intenso che tolse ad entrambe il fiato; come se fossero state colpite da un pugno nello stomaco.

Si staccò, non rendendosi conto di cosa era appena successo, e iniziò a correre verso il mare, denudandosi di tutti i vestiti che ormai erano diventati superflui.

Lexa rimase immobile, ancora con gli occhi chiusi e le labbra aperte, incapace di metabolizzare quel bacio che aveva atteso per tanto tempo.

Quando vide il corpo nudo di Clarke gettarsi in mare, non poté fare a meno di seguirla.

“Grazie” sussurrò Clarke, direttamente sulle sue labbra preferite e facendo scontrare i loro corpi nudi in un abbraccio caloroso “grazie, grazie, grazie. E' il miglior regalo che tu potessi farmi.”

Lexa strofinò dolcemente il naso con il suo “non c'è di che. Non ho fatto niente.”

“Hai fatto tanto” sussurrò Clarke, afferrandole il viso con le mani “hai sempre fatto tanto per me. Sei la persona che mi ha cambiato la vita, in tutti i sensi. Dalla prima volta che ti ho vista tre anni fa, sapevo già che mi avresti stravolta..in tutti modi in cui può essere stravolta una persona.”

Si fermò solo per riprendere fiato da quel fiume in piena che era diventata, gli occhi puntati in quelli verdi della sua persona preferita al mondo “sei la mia migliore amica, la mia compagna di avventure, sei tutto quello che ho sempre desiderato. E io, io-”

“Non devi dirlo Non abbiamo bisogno di parlare”, e detto questo, Lexa la baciò nuovamente.

Un bacio diverso dal primo. Più passionale, più infuocato, più profondo. Le loro lingue danzarono a lungo, le mani esperte esploratici di quei corpi che le due avevano imparato a conoscere solo con gli occhi, i corpi disperatamente aggrovigliati.

Le braccia di Clarke avvolsero le spalle di Lexa, mentre le sue gambe si intrecciarono dietro la sua schiena. Le mani di Lexa corsero su e giù lungo il corpo che avevano bramato a lungo, per poi fermarsi sulle sue natiche afferrandole saldamente.

Mentre continuavano a baciarsi, Lexa la sollevò con una facilità sorprendente, e la trascinò sul bagnasciuga, facendola distendere delicatamente.

Clarke la tirò a se, facendo aderire nuovamente i loro corpi, e le loro labbra. Le mani adesso si muovevano incerte, non sapendo esattamente cosa fare, come darsi piacere, e come placare il lago bollente che era esploso nel mezzo delle loro gambe.

Mentre la sabbia iniziò a penetrare in ogni dove, la mano di Lexa afferrò istintivamente il seno di Clarke, strappandole un gridolino sorpreso e di piacere; iniziò a massaggiarlo, baciarlo e leccarlo, beandosi del suono della voce di Clarke che si faceva sempre più roca.

“Lexa- ancora” riuscì a dire Clarke in preda al piacere.

Lexa la guardò negli occhi e iniziò a disseminare una scia di baci che partivano dalla valle dei seni e arrivarono fino al basso ventre. Le allargò delicatamente le gambe, e tornò a cercare il suo sguardo insicura.

Gli occhi di Clarke, ora scuri per la lussuria, e il labbro inferiore stretto fra i denti furono una conferma più che sufficiente.

Iniziò a baciarla lentamente, partendo dall'interno coscia e distribuendo baci e morsi attorno alla sua apertura. Un odore acre invase le sue narici, scatenando una nuova esplosione di piacere tra le sue gambe.

I gemiti di Clarke iniziarono a compire il rumore del mare, nel momento in cui la lingua di Lexa si fiondò nella sua apertura: iniziò a muoverla attorno al fascio di nervi che aveva individuato come la fonte del suo piacere, poi spinse la lingua dentro a fuori di lei aumentando man mano di intensità.

Clarke venne, per la prima volta in vita sua, il nome della sua amata che serpeggiava ancora sulle sue labbra schiuse.

Lexa risalì sul suo corpo e la guardò a lungo: i capelli scomposti, le guance rosse e ricoperte di granelli di sabbia, gli occhi che la fissavano come fosse la cosa più bella del mondo.

“Sei uno spettacolo” disse Lexa, baciandola teneramente “il mio spettacolo.”

Clarke l'abbracciò, beandosi di quelle coccole per pochi secondi, per poi ribaltare le posizioni e salire a cavalcioni sopra di lei.

“Non ho mica finito con te” miagolò Clarke direttamente sulle sue labbra, iniziando a muoversi sensualmente su di lei.

Lexa le afferrò le natiche aiutandola nei movimenti, chiuse gli occhi e cercò in tutti i modi di trovare la frizione giusta per placare il mare di piacere che sgorgava dalle sue gambe.

“Dio, mi stai facendo soffri-” non ebbe il tempo di finire la frase che un dito di Clarke entrò dentro di lei.

Le diede il tempo di abituarsi a quel nuovo corpo estraneo, godendosi l'espressione di piacere, sorpresa e dolore che si aprì sul suo bellissimo viso.

Iniziò a muoverlo lentamente, scivolando aiutato dai suoi umori, e ne infilò un altro.

Il bacino di Lexa assecondò le sue spinte, aumentando pian piano di intensità.

Le mani corsero ad afferrare il seno prosperoso della donna sopra di se, cercando un appiglio alla realtà per non cadere nell'oblio di piacere che la stava inghiottendo.

Suoni erotici sfuggirono dalle sue labbra, facendo eccitare Clarke nuovamente; iniziò a muoversi sopra di lei, strofinando la sua apertura sulla sua pancia, mentre le dita uscivano ed entravano dentro di lei.

Riuscirono subito a trovare il ritmo giusto e a legarsi in una splendida danza sensuale, quando entrambe vennero gridando l'una il nome dell'altra.

Clarke cadde al suo fianco, baciandole la spalla ancora scossa dai tremiti dell'orgasmo appena avuto.

“E' stato..wow” disse Lexa, fissando le stelle sopra di loro che avevano fatto da spettatrici al loro amore.

“Lo so” soffiò Clarke direttamente dalla sua spalla.

Lexa si girò e i loro sguardi si incatenarono nuovamente. Parole non dette passarono tra i loro occhi, parole troppo forti per due ragazzine di sedici anni, alle quali non era stato insegnato altro se non essere spietate e fredde macchine da guerra prive di ogni tipo di sentimento.

Ma il rapporto di Clarke e Lexa era sempre stato così: non avevano mai avuto bisogno di parlare; si dicevano tutto quello che avevano da dirsi, semplicemente guardandosi negli occhi.

“In questo momento” iniziò Clarke “potrei davvero morire felice. Ho tutto quello di cui ho bisogno, non desidero altro. Potrei morire e non mi importerebbe perché ho appena fatto l'amore con te.”

Lexa le sorrise, sopraffatta da tutte quelle emozioni. Sopraffatta da lei. “Anche io.”

Fecero l'amore ancora e ancora quella notte. Si amarono, dimenticandosi del destino che stava bussando insistentemente alla loro porta, dimenticandosi di tutti i doveri che avevano nei confronti della loro gente solo a causa del sangue che scorreva loro nelle vene.

Si amarono come se, ormai, fossero destinate a farlo per sempre.

 



*Angolino di bicorn*

Beh, che dire? Questo per me è stato IL capitolo. Mi è piaciuto tantissimo scriverlo, e per la prima volta dopo tanto tempo mi ritengo soddisfatta di un mio scritto. Credo sia quello più intenso della ff, succedono taaaante cose, cose importanti..voi che dite?

Non sono ancora sicura se oltre al prossimo capitolo ce ne sarà un altro, magari un epilogo, ma ciò che è sicuro è che non vi lascerò mai col fiato sospeso.

Allora che pensate? Vi aspettavate che Clarke e Lexa si dichiarassero la notte prima del conclave? 
E cosa accadrà secondo voi il grande giorno? Scapperanno davvero?
Sarete costretti a leggere il prossimo aggiornamento per scoprirlo. :P

Ovviamente un grazie speciale a chi legge, recensisce e aggiunge la storia fra le seguite/preferite.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarto capitolo. ***


Quarto capitolo.

Lexa osservava distrattamente le gocce d'acqua che cadevano dalle sue gambe giungendo all'interno della vasca, mentre un'addetta si prendeva cura di lei lavandola e preparandola al conclave che si sarebbe svolto quella mattina.

Gli occhi di Lexa erano persi nel vuoto da ore, mentre con la mente ripercorreva gli eventi della notte precedente, chiedendosi se nelle sue future vite sarebbe mai stata capace di amara qualcuno con la stessa intensità con cui amava Clarke. Perché lei l'amava, e Clarke amava lei, e dopo la notte trascorsa in spiaggia non aveva più dubbi su nulla.

Se fino a quel momento aveva solo fantasticato sui sentimenti della sua migliore amica, ora aveva tutte le risposte alle sue domande. E avrebbe fatto qualunque cosa per renderla felice.

Ma quel loro amore, maledetto nel momento stesso in cui era nato quando i loro occhi si erano incrociati nella sala da pranzo tre anni fa, non era destinato ad essere. Almeno, non in quella vita.

Nonostante Clarke avesse tentato ancora e più e più volte di convincerla a fuggire, Lexa era stata irremovibile. Sapeva che, scappando insieme, avrebbe messo in pericolo la vita di entrambe, e non poteva permettersi di perderla; non se lo sarebbe mai perdonato.

Era riuscita dopo ore di pianti e di preghiere a dissuaderla; ma nonostante questo, Clarke non era intenzionata a seguirla nel suo folle piano. Avrebbe combattuto al suo fianco e solo alla fine dei giochi il destino, crudele e spietato come era sempre stato con loro, avrebbe deciso chi fra le due sarebbe sopravvissuta e avrebbe comandato per gli anni a venire.

Come un'automa Lexa si lasciò spazzolare i capelli, per poi farli imprigionarli in un'accurata acconciatura fatta di trecce e forcine; si fece vestire di una pesante armatura che, sicuramente, pensò Lexa l'avrebbe solo ulteriormente rallentata durante i combattimenti.

Un trucco da guerra ornò i suoi occhi verdi, mettendoli in risalto, e il suono macabro del corno risuonò in tutta la città avvisandola che il conclave stava iniziando.

Quando entrò nella grande sala del trono, Titus, Indra e tutti gli anziani erano già riuniti e attendevano i natblida con un'aria di severità che a chiunque avrebbe fatto accapponare la pelle.

Contro ogni sua previsione, Lexa non si sentì affatto spaventata; nemmeno quando i suoi occhi incrociarono quelli famelici dei suoi prossimi assassini.

Ma una voragine squarciò il suo petto quando vide la chioma bionda di Clarke fare il suo ingresso in sala.

Lexa non poté fare a meno di mordersi le labbra pensando a quanto fosse bella: anche i suoi capelli erano raccolti in tante piccole trecce, e il trucco da guerra, lo stesso di Lexa, rendeva i suoi occhi ancora più blu del solito.

Gli stessi occhi cercarono e trovarono subito quelli della sua migliore amica, cercando di comunicargli più di quanto Clarke stessa avrebbe fatto a voce. In quel momento non avevano bisogno di dirsi niente, i loro sguardi avevano sempre parlato per loro.

Quando tutti e 13 i natblida si misero in cerchio, Lexa li osservò uno ad uno, studiandoli e chiedendosi chi avrebbe colpito per primo. Si chiese anche cosa sarebbe successo quando sarebbero rimaste solo lei e Clarke sul campo di battaglia, se Clarke le avrebbe lasciato la possibilità di salvarla, di salvare entrambe.

Nel momento in cui i suoi occhi scivolarono sulla figura di Titus ferma ai piedi del trono, il rumore acuto del corno annunciò l'inizio del conclave.

Lexa si avventò con un grido di battaglia su Luna, la più forte e valorosa dei natblida, cercando di colpirla al petto; ma questa fu più scaltra di lei e si scansò in tempo, puntando la lancia contro il petto della sua più temibile avversaria.

Le due iniziarono uno scontro diretto, battendosi alla pari, mentre Lexa non perdeva mai di vista Clarke: con la coda dell'occhio la vide trafiggere uno dei due ragazzi che si erano scagliati su di lei.

A causa di quel piccolo momento di distrazione, Luna riuscì a ferire Lexa ad una spalla: il dolore si fece subito sentire, mentre i suoi occhi incontrarono quelli fiammeggianti d'ira di Titus che non si era perso lo scambio di sguardi tra Clarke e Lexa sul campo di battaglia.

Nel momento in cui Lexa impugnò la spada per contrattaccare, un'altra spada trafisse Luna da una parte all'altra: dalla bocca della ragazza fuoriuscì del sangue nero, mentre questa si inginocchiava inerme mostrando alle sue spalle il suo aguzzino. Clarke guardò impassibile il corpo della sua avversaria cadere a terra, poi spostò gli occhi su di Lexa e si avvicinò a lei.

“Ti copro le spalle” sussurrò, mettendosi dietro di lei in posizione di difesa. Lexa fece lo stesso, pronta a combattere con le unghie e con i denti il trono, capendo finalmente quali fossero le reali intenzioni di Clarke.

Due energumeni si fiondarono sulle due ragazzine, le quali non ci misero molto a liberarsi di loro.

“Cosa diavolo stanno facendo?” Si chiese Indra sospettosa mentre osservava le due donne combattere l'una di fianco all'altra.

“Non ne ho idea, ma sicuramente questo va contro le regole del conclave” sibilò Titus.

Intanto sul campo di battaglia erano rimasti in quattro: Clarke iniziò a combattere contro l'ultima ragazzina sopravvissuta, mentre Lexa si batteva in un corpo a corpo con Roan, essendo rimasti entrambi privi della loro arma.

Roan era forte e possente, ma Lexa era scaltra: riusciva a sfuggire ad ogni suo colpo, muovendosi abilmente da una parte all'altra.

Il ragazzo riuscì improvvisamente a recuperare una spada; la sua figura si avvicinò a quella esile di Lexa, incombendo su di lei.

Riuscì a scansare ogni colpo, fino a quando non si trovò costretta a fermare la lama affilata con le sue stesse mani, rischiando di rimanere trafitta..gocce di sangue nero iniziarono a macchiare il pavimento, gli sguardi dei due guerrieri che si sfidavano, quando Lexa riuscì a liberarsi dalla morsa mortale e a far cadere Roan a terra con un colpo alle gambe.

Ma nuovamente il ragazzo fu più veloce, si scostò in fretta evitando di essere trafitto, e si alzò impugnando la spada fronteggiandola nuovamente.

“Il trono è mio Lexa, una volta che avrò ucciso te e la tua ragazza potrò finalmente riunire tutti i clan sotto il controllo della nazione del ghiaccio, e voi non potrete farci assolutamente nulla!”

Lexa sentì la rabbia salire di fronte a quella parole, impugnò una lancia a sua volta e più agguerrita che mai riuscì a disarmare il ragazzo, colpendo e lanciando la sua arma dall'altra parte della sala.

Roan la guardò con sfida e si avventò su di lei, afferrando la lancia e cercando di sottrargliela.

Titus osservava la scena, rendendosi conto che Lexa e Roan se la battevano alla pari: erano entrambi valorosi, ma in quel momento sperò con tutto il cuore che Roan ne uscisse vincitore, avendo ormai compreso quale fosse il progetto di Clarke e Lexa.

Un tonfo sordo attirò la sua attenzione, i suoi occhi guardarono il corpo inerme dell'avversaria di Clarke abbandonato a terra.

La ragazza tentò disperatamente di afferrare il pugnale che sostava a pochi centimetri dalla sua faccia, ma quando il piede di Clarke si poggiò sul suo capo, tentando di frantumarlo, non poté fare altro che arrendersi al suo destino.

Nello stesso momento, a pochi metri di distanza, anche Lexa era a terra: ferita alla spalla e all'addome, era ormai spacciata. Roan l'avrebbe trafitta, avrebbe ucciso sia lei che Clarke e avrebbe vinto il conclave.

No. Non poteva permetterlo.

Nel giro di pochi secondi, ribaltò la situazione, facendo cadere Roan e rialzandosi in piedi, impugnando ora la stessa arma che rischiava di ucciderla pochi secondi fa.

Lexa esitò un attimo, i suoi occhi passarono freneticamente dalla figura di Clarke che ora la stava guardando col fiato sospeso, a quella di Roan che la guardava minaccioso.

“Fallo Lexa. Mostrami di cosa sei davvero capace.”

Lexa chiuse gli occhi quando sferrò il colpo finale sull'ultimo natblida sopravvissuto. Un rantolo di dolore scivolò dalle labbra del guerriero, costringendo Lexa a voltarsi verso Titus.

Gettò l'arma a terra, chiedendosi cosa avrebbe fatto. Chiedendosi se Clarke avesse davvero intenzione di combattere contro di lei, e di ucciderla.

Aveva temuto questo momento per anni, e ora non sapeva cosa fare.

Dio, quanto avrebbe voluto tornare indietro nel tempo a poche ora fa, quando era la persona più felice della terra, tra le braccia di Clarke che le sussurrava promesse d'amore.

Invece era lì, disarmata e fragile come non mai, in balia delle decisioni di persone che non avevano fatto altro che controllare la sua vita dal momento in cui era nata.

Il rumore della spada che cadeva a terra fece ammutolire tutta la sala. E tutti i pensieri di Lexa.

Aprì gli occhi, e immediatamente questi si scontrarono con quelli amorevoli di Clarke che ora si stava avvicinando a lei.

Quando la sua figura fu al suo fianco, la prese per mano, facendole capire che qualunque cosa sarebbe successa, l'avrebbero affrontata insieme.

“Cosa credete di fare?” La voce irata di Titus non ci mise molto a raggiungere le loro orecchie e ad interrompere quel momento di pura magia che si era creato tra di loro.

“Noi non abbiamo intenzione di combattere” sentenziò Clarke, mettendo in chiaro quelli che erano stati i sospetti di Titus dal momento in cui era iniziato il conclave.

“Ma il conclave prevede che ci sia un solo vincitore, un solo comandante. Come avete intenzione risolvere la situazione?” Intervenne Indra, incuriosita più che arrabbiata dall'intera situazione.

“Sono disposta a rinunciare al ruolo di comandante; lascerò Clarke comandare, mi allontanerò anche da Polis se necessario..”

“Lexa, no-” iniziò Clarke

“Non è assolutamente possibile. Devono essere eliminati tutti i sangue nero, sicché il nuovo comandante possa comandare.”

Lexa serrò la mascella, capendo che Titus non avrebbe affatto reso le cose semplici.

“E come avete intenzione di comandare in due?” La voce di un anziano si aggiunse a quella discussione.

“Non posso credere che ne stiamo davvero discutendo?!” Gridò Titus, sovrastando la voce di tutti gli altri.

Vedere gli anziani confabulare tra di loro, fu per il fleim kepa la goccia che fece traboccare il vaso.

Si girò, afferrando le armi impugnate dalle guardie alle sue spalle, e si avvicinò minacciosamente alle due ragazze che si tenevano ancora per meno.

“Adesso voi” iniziò Titus, porgendo loro le mani “combatterete e ci sarà un unico vincitore, e nessuno uscirà da questa stanza fino a quando non avremo eletto il nuovo comandante!”

Lexa e Clarke sostennero il suo sguardo, non spostandosi di un millimetro dalle loro posizioni.

“Titus” la voce ferma di Indra intervenne nuovamente “Clarke e Lexa sono entrambe due guerriere molto valide; e molto sagge, credo che governerebbero il popolo in maniera adeguata. Se lo spirito dei comandanti vuole questo..”

“Non osare nominare lo spirito dei comandanti in questa discussione!”

La mano di Clarke strinse quella di Lexa, mentre le due assistevano inermi alla decisione delle loro sorti. Una cosa era certa, che l'una non avrebbe lasciato l'altra da sola. Mai.

Titus sospirò, chiudendo gli occhi. Il silenzio calò nella sala del trono, mentre tutti osservavano le tre figure in attesa.

I cadaveri dei natblida giacevano inermi sul pavimento come silenziosi spettatori di una situazione che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere.

“Molto bene. Se non avete intenzione di uccidervi tra di voi..lo farò da solo!” Sentenziò severo Titus, impugnando la spada contro di loro.

I corpi di Clarke e Lexa reagirono immediatamente: Lexa si mise davanti Clarke cercando di proteggerla e di parare ogni possibile colpo, mentre Clarke si piegò ad afferrare il pugnale abbandonato dietro i piedi di Lexa.

La spada fu a pochi centimetri dal naso di Lexa, questa chiuse gli occhi e trattenne il respiro preparandosi all'impatto, quando la voce di quella che avrebbe ricordato per sempre come la sua salvatrice proruppe nella sala “fermati immediatamente!”

Titus fermò la spada a mezz'aria, la bocca aperta e uno sguardo incredulo rivolto alla fonte di quella voce “heda..”

Lexa e Clarke non potevano credere ai loro occhi. Nessuno poteva.

Anya era ricoperta di sangue e di fango, i capelli arruffati mentre con passo incerto arrancava verso il centro della sala dove stava per consumarsi il terribile omicidio.

Alcune guardie cercarono di avvicinarsi a lei per darle una mano ma le fermò “non toccatemi!”

Era stata denudata di tutti i suoi vestiti, una canottiera lercia e un paio di mutandine coprivano le sue forme; Clarke provò una profonda pena per la donna che era stata come un genitore, oltre che il suo mentore, per tutti quegli anni.

“Anya..” sussurrò Lexa sorpresa, mentre tutti gli anziani, Indra compresa, si erano già inchinati al suo cospetto.

Anya si frappose fra Titus e le due ragazzine, sbarrando le braccia come a volerle proteggere “cosa pensavi di fare? Uccidere le tue future comandanti?”

“Heda, io..credevo che..pensavo fossi morta-”

“Gli uomini della montagna mi hanno rapita, brutalmente torturata e quasi uccisa. Se non fosse stato per un membro della skaikru, non sarei mai riuscita a scappare.”

“Ora che sei qui non ci sarà nemmeno bisogno di portare a termine il conclave” iniziò Titus gettando a terra la spada, sporgendosi di poco nel tentativo di abbracciarla.

“Sto morendo, Titus.”

Quelle parole, quella sentenza di morte fece calare un gelo terribile all'interno della stanza. Clarke e Lexa si guardarono negli occhi, consapevoli di quello che era stata Anya per loro in quei tre anni.

“Sto morendo, Titus, e tu per me sei sempre stato come un padre. Non era sicuramente questo che mi sarei augurata di vedere nei miei ultimi giorni di vita” concluse Anya, gettando uno sguardo rapido alle sue pupille.

“Ma Heda” tentò di giustificarsi Titus “le regole vogliono che sia solo un comandante a governare. E' sempre stato così, le cose non vanno cambiate altrimenti-”

“Non ci sono mai state delle regole. Se lo spirito dei comandanti ha deciso così, così sia.”

Titus si arrese di fronte a alle parole autoritarie del suo comandante, piegando il capo in segno di resa.

Quando Anya si voltò verso di loro, mutò completamente lo sguardo: era ammirazione quello che le due ragazze leggevano nei suoi occhi ora, ammirazione e un profondo affetto.

“Ragazze mie..” sussurrò Anya, abbracciandole.

“Anya, se solo noi provassimo a curare quelle ferite..” tentò Clarke, ma Anya la zittì immediatamente.

“Sono sicura di star lasciando il mio regno in buone mani. Sarete le comandanti più cazzute della storia. E non pensate che mi siano sfuggiti tutti quegli sguardi e quei sorrisi che vi siete scambiate sul campo di allenamento durante tutto questo tempo.”

Lexa arrossì di fronte a quelle parole mentre Clarke scoppiò a ridere.

“Non sarà facile, ragazze, ma sono sicura che ce la farete. Insieme.”

La mano di Clarke cercò quella di Lexa in quell'abbraccio, calde lacrime non poterono fare a meno di scendere silenziose sulle guance della biondina.

“E ora” riprese Anya “inchinatevi tutti di fronte alle vostre due nuove comandanti.”Lexa non dimenticherà mai la sensazione provata la prima volta in cui vide il suo popolo inchinarsi al suo cospetto, la mano stretta in quella della sua amata pronta a governare al suo fianco.
 


Epilogo: dieci anni dopo.


Lexa schivò un colpo. Poi ancora un altro, e un altro ancora. Un sorrisetto divertito si affacciò sulle sue labbra quando il suo avversario la fece capitolare a terra, la lama della spada puntata a pochi centimetri dal suo naso come 10 anni prima.

“Per quanto ancora avete intenzione di andare avanti?”

Il sorriso non poté fare a meno di allargarsi ancora di più quando la voce di sua moglie arrivò alle sue orecchie.

Si, perché Clarke Griffin-Woods era diventata sua moglie nel momento esatto in cui erano diventate entrambe comandanti.

“Mamma!” Gridò Aden divertito, guardando Clarke dal basso verso l'alto dalla sua posizione in fondo alla collina “hai visto quanto sono diventato bravo? Sono riuscito a disarmare la mamma subito!”

Gli occhi di Clarke, questa volta divertiti e carichi di amore, incontrarono quelli di Lexa che ora si stava rialzando per pulirsi i pantaloni “credo che questo piccoletto diventerà un grande comandante un giorno.”

Aden abbracciò Lexa sentendosi gonfiare il petto di orgoglio.

“Sei bravissimo, amore, ma ora cosa ne dici di andare a darti una ripulita? Sembri un vero guerriero con tutto con quel terreno in faccia, ma Madi sta aspettando te per cenare.”

Aden raccolse la sua spada e la infoderò “corro!”

Dopo essersi dileguato in una nuvola di polvere e di capelli biondi, gli stessi di Clarke, quest'ultima si avvicinò a quella che un tempo era la sua migliore amica e le arruffò i capelli “anche tu sembri una vera guerriera, sai?”

“Ciao” soffiò Lexa tirandola in un abbraccio e baciandola con passione.

Clarke si lasciò scappare un gridolino di sorpresa e ricambiò subito il bacio, cingendole il collo con le braccia.

Nonostante fossero passati così tanti anni, nonostante condividessero il trono oltre che il letto della loro stanza, la passione che scorreva tra le due non era mai diminuita. Anzi, si può dire che fosse aumentata insieme al loro amore, con il passare degli anni.

E si era tutto trasformato in qualcosa di estremamente profondo quando le due avevano deciso di adottare Aden cinque anni prima, e Madi quell'anno stesso, entrambi rimasti orfani dei loro genitori.

Nel giro di pochi anni, Clarke e Lexa erano riuscite a guadagnarsi la stima e l'affetto di tutto il loro popolo, ed erano riuscite a riunire tutti i clan sotto un'unica, grande e potente coalizione.

Era anche stato stipulato un trattato di pace con il popolo del cielo che, a quanto pare, non era così malvagio come avevano immaginato.

Dopo quella che parve una vita, Clarke si staccò dalle labbra della moglie per riprendere fiato “ora che ne dici di andare? Hai promesso di portarci al mare più tardi.”

“Questo ed altro” sussurrò dolcemente Lexa sulle labbra della sua amata “questo ed altro per la mia famiglia.”
 


*Angolino di bicorn*
 
Non so se questo era il finale che vi aspettavate, ma era sicuramente quello che avevo in mente io dal momento in cui ho iniziato a scrivere la fanfiction.

Lo so, lo so, fa molto Katniss Everdeen e Peeta Mellark alla fine del primo libro degli hunger games, ma sinceramente non avrei potuto pensare a finale migliore per questa fanficiton..già la serie tv ci ha dato tanta sofferenza, lasciamo questo sporco lavoro a quell'idiota di Jason.
Spero vi sia piaciuto, anzi, spero vi sia piaciuta l'intera ff come è piaciuto a me scriverla..dispiace solo che sia venuta così breve, ma per consolarvi vi dico che ho tante idee in cantiere e spero tanto di metterle su carta. :)

Fatemi sapere cosa ne pensate, leggete e recensite, io corro a rispondere alle recensioni del capitolo precedente. Un abbraccio a tutti! <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3792049