Charmed: Legacy - The Forbidden Spell

di marwari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riunione di Famiglia ***
Capitolo 2: *** Angelo Custode ***
Capitolo 3: *** Spirito Familiare ***
Capitolo 4: *** La Notte delle Streghe I ***
Capitolo 5: *** La Notte delle Streghe II ***
Capitolo 6: *** Quattro Elementi ***
Capitolo 7: *** L'incantesimo Proibito ***



Capitolo 1
*** Riunione di Famiglia ***


NdA: Ebbene sì, sono passati due anni, ma sono tornata. Ho deciso di riprendere da dove avevo lasciato e proseguire con l'avventura che avevo ideato il primo giorno.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti i lettori silenziosi, ma soprattutto quelli che mi hanno sostenuto durante il periodo di stesura e che spero di ritrovare ancora, nonostante il tempo passato: Emmax5, Tequila_Ev e Son of Jericho.
A tutti i nuovi (e vecchi) lettori auguro una buona lettura!


Charmed: Legacy (Vol. I)
Beyond the Pale {riassunto}: E' il 1992 quando Paige sta partecipando, di controvoglia, ad una gita al museo locale organizzata dalla scuola. Gli studenti hanno la possibilità di entrare nei laboratori in onore dell'ultima mostra allestita, riguardante Salem e la storia del 1600 legata all'occulto. Lì incontra Prue Halliwell che lavora nel museo. Succede qualcosa di incredibile. Assistono all'accadimento di eventi speciali, che solo in seguito, scopriranno essere sovrannaturali. Entrambe le ragazze sembrano, inoltre, legate ad un nome: Melinda Warren. Vari accadimenti le spingeranno a ritrovarsi e ad indagare, insieme alle sorelle di Prue, per cercare di svelare l'arcano mistero che aleggia sulle loro vite.
[Per leggere "Beyond the Pale", clicca qui.]


Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 1. Riunione di Famiglia
POV: Paige Matthews

THE FORBIDDEN SPELL

 

 

Capitolo 1 - Riunione di Famiglia

Paige era rimasta poco più indietro, in disparte, osservando la scena come se non si trovasse veramente lì.

Si chiedeva da quanto, effettivamente, quella sensazione di star vivendo in un sogno l'avesse posseduta. Non che non fosse una sensazione familiare, anzi, era uno stato mentale che quasi le apparteneva come gli anfibi dalla suola alta o l'apparecchio ai denti. Spesso, quando i suoi genitori la mettevano in punizione o la sgridavano, o succedeva qualcosa di veramente eclatante a scuola e lei era costretta ad azioni ribelli, si vantava di avere l'abilità di astrarsi dal proprio corpo: essere lì e non esserci allo stesso tempo, come se stesse osservando sé stessa dall'esterno, con controllo ridotto sulle proprie azioni.

Eppure.. quella sensazione di stare fluttuando era sempre stata associata ad eventi negativi o di particolare tensione. In quel momento, non ne conosceva la fonte.

Dopotutto Prue era dalla sua parte, l'aveva accolta come nessuno aveva fatto mai e le sue sorelle, seppur diffidenti, le piacevano. Certo, a detta loro stavano per essere linciate tutte da questa fantomatica nonna – la cui immagine, nella mente di Paige, stava mutando da tenera vecchina a orco assassino – ma erano loro ad essere nei guai e non lei, per quanto incredibile potesse sembrare.

In genere, quelle situazioni le scivolavano addosso, anzi, il più delle volte si limitava a godersi lo spettacolo, tuttavia, forse per la prima volta, si sentiva responsabile, coinvolta, ed era una sensazione a cui non era per niente abituata.

Paige non aveva ancora deciso se fosse positivo o meno.

La ragazza sospirò, pensando che avrebbe potuto contribuire almeno un po', mentre le tre sorelle cercavano in tutti i modi di sbloccare la porta della soffitta, e di rimettere al suo posto quel polveroso librone.

Non fiatò, piegandosi sul tavolo basso al centro della stanza, poi allungò le mani per richiuderlo, ma i suoi occhi si spostarono dalle pagine ingiallite al tremolio delle quattro candele. Non c'era vento, nessuna finestra era aperta e lei, per sincerarsi di quello strano avvenimento, trattenne il fiato.

Deglutì, gli occhi fissi su quelle fiamme, indecisa se chiamare le altre e condividere quella sua folle visione o farsi risvegliare da essa. Due delle candele tremarono visibilmente e, dopo qualche istante, si spensero.
Paige trasalì quando, all'avanzare dell'oscurità, le pagine del libro si mossero sotto le sue dita: presero a sfogliarsi da sole, come mosse da un soffio di vento o una mano invisibile e quando la ragazza si sollevò in piedi, un po' per allontanarsi e avvicinarsi alle altre, un po' per cercare di camuffare il fatto che la sua voce stava venendo meno per chiamarle, quello strano fenomeno cessò.

La ragazza si avvicinò titubante, sbattendo più volte le palpebre nel leggere proprio quelle parole in un momento simile.

«Prue, devi venire a vedere.» mormorò interdetta, la gola secca e gli occhi incapaci di staccarsi da quella pagina.

«Dobbiamo uscire di qui.» ribattè Piper irremovibile, facendo ben intuire che nulla doveva essere fatto se non per contribuire alla fuga da quella soffitta. «Deve essere stato il terremoto, avrà spostato delle assi.» continuò, leggermente disperata.

«Prue,» la più piccola del gruppo alzò di poco la voce «guarda, ti prego.» quasi la supplicò.

La mora sospirò appena e, lasciato il pomello della porta, si voltò verso Paige, seguendo la direzione dei suoi occhi.
Non capì, in un primo momento, ma quando assottigliò lo sguardo e lesse, una profonda consapevolezza, mista a sconcerto, la pervase. Faceva paura, tutto quello, eppure stava accadendo veramente e se si trattavano solo di coincidenze, allora il cosmo stava facendo un lavoro sublime, troppo, per essere casuale.

«Se da qualche parte non puoi passare,» mormorò lei, lasciando la frase a metà

«dovrai semplicemente bussare.» proseguì Paige, trattenendo il respiro quando, all'improvviso, i colori di quella pagina scomparvero, come assorbiti dalla carta stessa. «Ditemi che l'avete visto anche voi.» mormorò allarmata.

Quando Prue annuì, lo sguardo sconvolto, fu Piper a prendere la parola ed era chiara la sua esasperazione.

«Smettetela voi due, vi prego.» si lamentò

«Piper, hai visto anche tu che la pagina è diventata bianca!» esclamò la maggiore, allargando il braccio.

«Non essere ridicola, è sempre stata bianca!» replicò l'altra, cercando sostegno in Phoebe con lo sguardo. Quest'ultima mosse piano la testa, confermando di non avere visto niente.

Prue e Paige si scambiarono uno sguardo confuso e nel silenzio della stanza, solo il campanello della grande casa risuonò tra le pareti.

«È tornata la nonna, maledizione!» Piper gridò terrorizzata, lanciando uno sguardo di fuoco alla maggiore. Erano tutte pietrificate all'idea di affrontare la nonna e Paige, non conoscendo le esatte dinamiche della casa, si limitava a temere l'ira di una sconosciuta, oltre alla trasformazione in una furia da parte di una ragazza così tranquilla, come le era sembrata Piper. Di certo era considerata la più pacata delle sorelle e rovinarsi quella reputazione agli occhi della nonna non doveva certo essere tra le sue aspirazioni

«Piper, senza offesa, ma sarà la nonna a doverci dare delle spiegazioni.» tentò Prue, anche se il suo viso tradiva lo stesso terrore che si era impadronito delle sue sorelle.

«Non essere ridicola, tutto questo non sarebbe mai dovuto accadere e guai a te se ne fai parola con la nonna, hai capito?» Piper le puntò il dito contro. «Deve essere un nostro segreto.» disse con più calma, anche se il suo tono era severo ed autoritario. Piper guardò le ragazze in quella stanza una ad una. «Giuratelo.»

«Giuro.» mormorò Phoebe e così le fecero da eco anche le altre due.
Il campanello trillò nuovamente e questa volta dichiarava in modo netto l'impazienza della donna che lo stava suonando

«Dobbiamo uscire di qui,» mugugnò Piper con un lungo lamento «Dannata porta!» esclamò poi e, in un impeto di rabbia e frustrazione, batté due volte i pugni sul legno.

Con enorme sorpresa di tutte, la porta della soffitta si aprì cigolando.

 

«Non una parola.» Piper sollevò l'indice della mano destra, chiudendo appena gli occhi quando capì che la sorella maggiore stava per dirle qualcosa. «Vado ad aprire alla nonna e mi inventerò qualche scusa, voi cercate di comportarvi in maniera più normale possibile, ve ne prego.»
Nessuna delle tre fiatò – o provò a fiatare – quando la più pratica di loro decise il piano che le avrebbe salvate, almeno in parte.

«Vado in camera mia.» Phoebe mormorò, ancora lievemente sconvolta, dirigendosi verso la sua porta, su cui il cartello “keep out” troneggiava fiero.

Trascorsero pochi secondi, che parvero un'eternità, in cui il silenzio fu l'unica cosa palpabile, fin quando Prue non si decise a voltarsi verso la più giovane e cercando di far appello al poco rimasuglio di sanità e praticità che l'aveva sempre contraddistinta – fino a quel momento.

«Cosa facciamo?» Paige chiese timidamente, mordendosi il labbro inferiore con insistenza. Era chiara la natura della sua domanda, eppure Prue, forse come poche volte nella sua vita, non sapeva come risponderle.

«Niente, per ora.» Prue sospirò, lisciandosi la camicia e portandosi le ciocche di capelli scuri, tagliati a caschetto, dietro le orecchie. «È evidente che dovremo cavarcela da sole, di qualunque cosa si tratti.»

Paige annuì distrattamente, gli occhi fissi sulla rampa di scale che le avrebbe portate, di lì a poco, al piano di sotto.

«Sicura che vada tutto bene?» domandò Paige titubante. Incontrare gli adulti non le era mai piaciuto, come non le erano mai piaciute le cene di famiglia e men che meno le persone adulte che già la giudicavano dalla sua apparenza; lo facevano i suoi parenti, come non poteva farlo la nonna iperprotettiva delle ragazze che aveva appena conosciuto?

«Non va assolutamente bene, Paige.» la più grande scosse la testa «Ma dobbiamo far finta del contrario e forse… riusciremo a comprendere tutto.» Prue le rivolse un caloroso sorriso che, anche se piccolo ed appena accennato, infuse alla ragazza un enorme coraggio, un barlume di speranza e tranquillità che non sapeva di poter provare. «Andrà bene, te lo prometto.» proseguì e Paige non era più certa che la sua nuova amica stesse parlando più a lei o a sé stessa.

«Mi fido di te.» annuì la più piccola.

Anche se l'altra non poteva saperlo, Paige non aveva mai detto quelle parole a nessuno.

⁓✧⁓

Penny Halliwell doveva certamente essere una donna forte, una di quelle matriarche severe e sagge che si vedono così spesso nei film. Paige la squadrava in disparte, in attesa di essere notata, cercando di conciliare il pensiero che si era fatta di quella donna – seguendo le parole delle nipoti – con il suo aspetto.
Le tre sorelle erano intimorite da lei, forse temendo di deluderla, eppure fare arrabbiare quella donna, per qualsiasi ragione, non era tra i loro desideri – eccetto per Phoebe, visto che sembrava il suo doppio e lei, di certo, non era un tipo facile da gestire, lo sapeva benissimo.

Le piaceva quell'abito scuro che indossava, forse di velluto, con dei ricami floreali, i gioielli grandi e vistosi dello stesso colore dei suoi capelli rossicci, corti e riccioluti che ballonzolavano elastici ad ogni suo passo.

Abbracciò con entusiasmo Piper, chiedendole come fosse andata la sua giornata, per poi passare alla più piccola delle nipoti, che abbracciò rigidamente, con uno sguardo severo, che l'altra ricambiò con un sospiro seccato.

Prue fu l'ultima a salutare la donna e Paige, rimasta sola, leggermente indietro rispetto alle quattro, si abbracciò i gomiti, attendendo si essere interpellata o presentata.
Era in ansia, anche se non conosceva bene il motivo per il quale esserlo, temeva un suo giudizio o, peggio, di essere sbattuta fuori di casa e rimandata dai suoi genitori, cosa che la spaventava più di tutto: in fondo era letteralmente fuggita nel bel mezzo della lezione e di sicuro la preside aveva chiamato sua madre. Fortuna che i suoi genitori non le avevano voluto comperare un cellulare, al tempo! Finché si trovava in quella casa, era irrintracciabile e salva, per così dire.

«Questa è un'altra delle tue amiche, Phoebe?»

Paige schiuse le labbra sorpresa, anche se dalla sua bocca non uscì un suono.
Di colpo la nonna espansiva e gioviale che era entrata si era trasformata nella signora circospetta e austera che le era stata descritta.

Prima che potesse anche sospirare, capì che si trovava davanti l'ennesima persona che la stava giudicando: tutto di quella donna glielo stava facendo capire, dalla postura, con il pugno destro appoggiato al fianco, ai suoi occhi che la osservavano dalla testa ai piedi. Analisi che si concluse con un'eloquente smorfia di disappunto sulle labbra sottili e colorate da un rossetto scuro. Non che passare per l'amica di Phoebe, obiettivamente la più simile a lei, le dispiacesse, anzi... però le sarebbe piaciuto avere anche l'opportunità di presentarsi in maniera diversa.

«Veramente questa l'ha raccattata Prue.» Phoebe rispose svogliatamente, incrociando le braccia al petto.

«Oh.» esclamò sorpresa Penny.

Era chiaro che Paige non fosse una persona con la quale associare la nipote più grande.

«Non l'ho raccattata, Phoebe.» la mora sottolineò, imitando il gesto della sorella. «È un'amica.»

Paige non era per niente abituata ad essere difesa, perciò si limitò ad osservare le dinamiche in silenzio.

«E questa amica ha un nome?» Penny intervenne nuovamente, alzando un sopracciglio nella sua direzione.

«Mi chiamo Paige.» balbettò la ragazza, allungando la mano destra e sfoggiando il suoi denti bianchi corredati da apparecchio. «Piacere di conoscerla, Signora Halliwell.»

Paige rimase più del dovuto lì immobile, con la mano protesa verso la donna, la quale non sembrava avere nessuna intenzione di stringergliela. La stava osservando in modo strano, sorpreso e quasi intimorito, tanto che la sua espressione diffidente si era tramutata in una maschera di preoccupazione.

«Da dove vieni?» chiese titubante, con appena un filo di voce.

Paige si guardò attorno stranita, cercando un qualsiasi tipo di rassicurazione da parte di Prue o dalle sue sorelle, eppure loro sembravano confuse quanto lo era lei. Era lampante che il comportamento della nonna era fuori dal comune.

«Ho incontrato Prue al museo,» cominciò a spiegare la ragazza in modo vago, per non tradire la versione dell'altra « perché dovevo fare una ricerca per una tesina e lei si è offerta di-»

«No,» Penny la fermò con un gesto della mano, gli occhi appena socchiusi e subito riaperti «intendo dove vivi.»

«Vivo a..» Paige si interruppe per un momento, il suo cervello che formulava risposte di ogni tipo. Forse era meglio dire la verità e giustificare la vicinanza con il posto di lavoro di Prue, oppure puntare sul caso, evitando qualsiasi connessione con gli avvenimenti inspiegabili che erano successi? «Richmond.»

«Richmond?» Penny domandò ancora ed anche se il suo tono non era rigido, Paige sapeva di dover dare delle risposte. Ora forse, comprendeva perché quelle ragazze si sentivano tanto assoggettate da quella donna.

«Sì, da sempre.» aggiunse con un cenno del capo.

La donna parve sospirare e rilassarsi. Forse scegliere un quartiere relativamente lontano dal luogo del museo e dalla sua stessa scuola – nonché dalla sua vera casa – non era stata una mossa poi tanto sbagliata.

«Bene e.. come avevi detto che vi siete conosciute?» la donna proseguì con il suo interrogatorio, solamente che questa volta Paige si sentiva più a suo agio: quello sembrava davvero un inquisitorio da nonna protettiva che vuole analizzare le compagnie delle nipoti. Era normale e a Paige stava relativamente bene.

«La mia scuola ha organizzato una gita e io devo fare una tesina su Salem.» disse Paige con più sicurezza, nominando le uniche cose che conosceva e tralasciando naturalmente i nomi legati agli eventi recenti. «Prue si è offerta di darmi una mano.» sorrise Paige, rivolgendo alla mora uno sguardo riconoscente.

«Conoscete bene le regole sul portare amici a casa.» mormorò Penny, appendendo il soprabiti ai ganci di legno accanto al portone colorato.

«Sì nonna, ma si era fatto tardi e non volevo farla tornare a casa da sola.» Prue piegò la testa di lato, i suoi occhi blu grandi e supplichevoli. «E poi non vuoi che prenda la macchina quando fa buio.»

«È tardi, è vero.» considerò la nonna. «Quanti anni hai detto che hai?»

«Quindici.» Paige deglutì: era chiaramente la più piccola lì dentro e non si sentiva per niente a suo agio.

Penny stava guardando la nipote maggiore come se avesse compiuto un crimine. Certo, lei era minorenne e sola e poteva essere quasi dichiarata come “fuggita di casa”, ma erano dettagli che non le interessavano, almeno per il momento. Stava succedendo qualcosa di ben più grosso, dopotutto!

«Hai intenzione di farla dormire qui?» chiese Penny, in un tono che Paige non seppe definire.

«Se non hai nulla in contrario.» Prue parlò vagamente, anche se si trattava di qualcosa che aveva chiaramente già stabilito.

«No. Ma la ragazza deve avvisare a casa.» intimò la donna, alzando il dito contro la maggiore anche se la velata minaccia era rivolta a Paige. La nonna aveva semplicemente deciso ed informato che Prue era responsabile per tutto ciò che avrebbe fatto o che le sarebbe accaduto.

«Il telefono è vicino alle scale.» Prue le indicò l'apparecchio con la mano.

Paige sospiro, osservando il telefono come se fosse il suo peggior nemico o, semplicemente, come un mostro pronta a divorarla – certo, il mostro in questione si trovava dall'altro lato della cornetta, sua madre o suo padre se avesse effettivamente chiamato casa e qualcuno avesse risposto ma, di nuovo, questo era solamente un dettaglio.

L'unica cosa che sapeva, tuttavia, era che lei era minorenne e sotto la responsabilità di quelle persone che non voleva metterle nei guai, soprattutto non Prue. Doveva chiamare.

«Se vuoi ci parlo io con tua madre.» la voce di Penny, proveniente dall'altra stanza, arrivò sferzante come un colpo di frusta.

«No!» esclamò Paige allarmata, guadagnandosi un'occhiata sorpresa da parte di Prue, la quale, in procinto di andarsene in cucina e seguire il resto della famiglia, si fermò per tornare a guardare quella ragazza. «Non ce n'è bisogno, grazie. Mia madre è molto comprensiva,» mentì spudoratamente, sfoggiando un altro dei suoi sorrisi «non credo faccia storie.»

«D'accordo.» Prue annuì, continuando ad osservarla «Ma se vuoi tornare a casa, non c'è problema. Dovranno solo venirti a prendere perché la nonna non vuole che esca di notte da sola e, beh, non sarei tranquilla a saperti in giro per conto tuo.»

Paige la guardò a lungo, scuotendo leggermente la testa. Nessuno, oltre i suoi genitori, si era mai preoccupato in quel modo per lei, e loro lo facevano sembrare una galera, una scocciatura. Prue invece… lei si stava preoccupando per la sua incolumità come una vera amica. Neppure Michelle lo aveva mai fatto, tutto l'opposto. Non che da quella ragazza – o da sé stessa – ci si potesse aspettare nulla di diverso.

Forse per una volta i suoi avevano avuto ragione e lei aveva veramente sempre scelto le compagnie sbagliate. Prue non lo era, e nemmeno lo erano le sue sorelle; non sapeva come potesse fidarsi di loro ciecamente, ma lo faceva.

«Sono in cucina se hai bisogno.» disse Prue «Raggiungici quando hai finito, credo che la nonna voglia chiacchierare mentre cucina. È a destra superato il tavolo da pranzo.» aggiunse.

«Va bene.» la ragazza annuì, osservando la mora mentre si allontanava.

Paige sospirò, la cornetta stretta tra le pallide dita della mano destra. L'ultima volta che si era seduta ad un tavolo della cucina per parlare, mentre sua madre cucinava, era ai tempi delle medie, quando ancora lei non era un problema e faceva i compiti sul ripiano di marmo, circondata da verdure e profumi, osservando assiduamente l'orologio in attesa che suo padre tornasse. Le mancavano quei momenti, ma non poteva desiderare che tornassero: sembrava tutto un'enorme bugia, ora.

Compose il numero, sperando con tutta sé stessa che nessuno fosse in casa, allo stesso modo in cui sperava che la loro assenza non volesse dire automaticamente che stavano parlando con la preside o, data l'ora, non stessero denunciando la sua scomparsa alla polizia.

Quando scattò la segreteria telefonica, tirò un sospiro di sollievo.

⁓✧⁓

Casa Matthews, ore 18:37

Segreteria telefonica: “Ciao, sono io. Sono da un'amica – sto bene. Mi dispiace essermene andata da scuola e non essere tornata a casa ma… torno domani, mattina, credo. Ho bisogno di parlarvi e chiarire, giuro che non lo farò più. Avevo bisogno di stare da sola. A presto.”

⁓✧⁓

Paige sapeva di aver detto delle bugie in quel messaggio e anche se non lo fossero state, i suoi genitori non le avrebbero mai creduto. Chiarire e parlare e definire i suoi comportamenti era qualcosa di impossibile perché il più delle volte, le spiegazioni, non sapeva darle nemmeno a sé stessa.

«Ti dovrebbe andare.» La voce di Prue la fece sobbalzare. Stava attraversando la soglia di camera sua, dove l'avrebbe ospitata per la notte, e in mano aveva un pigiama ripiegato. «Sei più alta di tutte, quindi la nonna ne ha preso uno dei suoi. Credo sia vecchio perché non gliel'ho mai visto addosso.» commentò con un sorriso divertito.

«Non sembra vecchio.» commentò Paige, corrugando la fronte e testando con le dita la stoffa azzurrina. «Grazie.» aggiunse poi. Nessuno era mai stato così gentile con lei, nessuno che avesse appena incontrato. Sembrava quasi impossibile che esistessero famiglie così, che andassero d'accordo nonostante le evidenti diversità di carattere e di età.

Si rifugiò nel bagno per prepararsi e quando ne uscì, trovò il letto matrimoniale di Prue pronto per accoglierle entrambe. Non aveva visto letti aggiuntivi, nessuno l'aveva informata di una stanza degli ospiti e in un certo senso si aspettava di dover dormire nello stesso letto di Prue, ma ora che stava vedendo e sapeva che di lì a poco sarebbe accaduto, sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Era felice.

«Ti sta bene.»

Paige si voltò verso l'amica per ringraziarla, ma si accorse che quelle parole non erano giunte dalle sue labbra. Si girò allora verso la soglia, dove la nonna – che aveva avuto il permesso di chiamare semplicemente Penny – la stava osservando con occhi colmi di malinconia.

«Grazie.» ripeté la ragazza, incerta su come proseguire.

«Ho solo camicie da notte nel mio guardaroba e le ragazze le detestano, quindi ho pensato di darti un pigiama di mia figlia. Ho un certo occhio per queste cose e ho notato che avete le stesse identiche misure.» disse la donna con un tono di mal celata modestia. «Bene, buonanotte ragazze. Prudence, la riaccompagni tu a casa domattina?»

«Sì, ci penso io, nonna.»

Penny augurò ancora una volta buonanotte prima di chiudersi la porta alle spalle e ovattare, d'un tratto, le grida e i rumori provenienti dal corridoio a cui si aggiunsero i suoi comandi, mentre ordinava – con apparenti scarsi risultati – alle altre due di andare a dormire.

 

«È fuori per lavoro?» domandò Paige, sedendosi a gambe incrociate sul grande letto.

«Chi?» chiese Pue distrattamente, seduta alla toeletta, mentre si pettinava i capelli color della pece.

«Tua madre. Questo pigiama è morbidissimo, sicura che non le dispiaccia?»

«Non credo proprio e anche se fosse, non potrebbe protestare perché lei è morta.» Prue commentò con voce atona, lo sguardo fisso sull'altra.

La più giovane si sentì sprofondare per aver chiesto una cosa così delicata in modo tanto superficiale. Allora ecco perché vivevano con la nonna. Forse un incidente. Avrebbe spiegato anche perché non c'era nemmeno nessun padre in vista.

«Mi dispiace, io-»

«Non è colpa tua.» Prue scosse la testa, sedendosi a sua volta nel letto, sotto le coperte.

Sembrava risentita per qualcosa, ma Paige non voleva osare troppo e chiederglielo così direttamente, forse un giorno lo avrebbe fatto, ma per quella sera le sembrava di aver interferito già abbastanza.

«Non ti da fastidio, vero?» chiese titubante Paige. Non lo poteva sapere naturalmente, ma era possibile che potesse risentirsi del fatto che un'estranea, perché lei era questo, indossasse un pigiama di sua madre. In ogni caso, era meglio sincerarsi che fosse tutto a posto.

«Se va bene alla nonna.» cominciò, per poi sospirare e rivolgerle un sorriso «No, non mi da fastidio. E ti sta perfetto.»

Paige, in qualche modo, sentiva che le parole dell'altra erano sincere.

Non aggiunse nulla.

 

Passata una buona ora dopo il coprifuoco della nonna - che nessuno si era premurato di rispettare - le luci si spensero e la stanza cadde nel buio totale.
Il silenzio si propagò dalla strada fin dentro le mura rosse, avvolgendo i suoi abitanti in un mondo a parte.
Nessuna delle due ragazze poteva sapere che, poco più in alto, in soffitta, una bagliore di luci arancioni volteggiava sopra le loro teste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

  • L'incantesimo per creare una porta si vede per la prima volta nel secondo episodio della seconda stagione “Mortality Bites”, e recita “When you find your path is Blocked, all you have to do is Knock.”
    Qui dopo l'utilizzo scompare, come avviene per alcuni incantesimi. Non è tuttavia il motivo per cui, agli occhi di Piper e Phoebe, la pagina risulti bianca.

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Capitolo 2
*** Angelo Custode ***


Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 2. Angelo Custode
POV: Prue Halliwell

 

 

Capitolo 2 – Angelo Custode

L’aria frizzante della città l’aveva definitivamente svegliata. Era sempre stata una persona mattiniera, fin dai tempi della scuola, quando era lei la prima ad alzarsi dal letto per svegliare le sorelle ed intimare loro di vestirsi ed evitare di fare tardi. Questo suo lato le era stato utile nell’ultimo periodo, dal momento che tutta la sua vita veniva districata tra lavoro al museo ed ultimo anno di college, ma se l’era sempre cavata, fino a quel giorno.

Inspiegabilmente, si sentiva stanca, nonostante le ore di sonno, quasi letargica, come se si fosse agitata per tutta la notte. Paige glielo avrebbe detto, giusto? E proprio non riusciva a ricordarsi cosa avesse sognato.

Guidava con cautela, come al solito, eppure sentiva come se non si potesse concentrare pienamente sulla guida. Era quasi intimorita da ciò che poteva trovare una volta arrivata a casa di Paige, dove si stavano recando: doveva forse aspettarsi una casa come la loro, con i suoi genitori in preda alla preoccupazione come lo era sempre la nonna quando Phoebe spariva, oppure doveva prepararsi a vedere una casa mezza diroccata, abitata da persone poco raccomandabili? L’unica cosa che sapeva era che non si stavano dirigendo a Richmond.
Piuttsto doveva essere sincera se stessa e guardare in faccià la realtà... la verità era una sola: non aveva il coraggio di chiedere nulla alla persona che le stava seduta a fianco, soprattutto per non essere maleducata - anche perchè dare implicitamente delle cattive persone ai genitori di lei non era un gran bel modo di presentarsi.

Sospirò impercettibilmente, sorridendo quando, con la coda dell’occhio, notò che Paige stava cercando, con ben pochi risultati, di soffocare un profondo sbadiglio. Sembrava stanca anche lei, nonostante Prue avesse ancora qualche difficoltà a riconoscere i lineamenti di quella pallida ragazza, i cui occhi le erano sembrati perennemente cerchiati. Non si ricordava di averla sentita muoversi nel letto e di essersi allarmata, nemmeno di averla sentita lamentarsi per qualcosa e lo avrebbe fatto, anche per il minimo mugolio, perché Prue aveva sempre avuto il sonno leggerissimo.

«Hai dormito male?» chiese Prue titubante; ora il dubbio di non averle offerto un letto comodo che si insinuava prepotente nei suoi pensieri.

«No, affatto.» rispose l’altra, scuotendo appena il capo e strabuzzando gli occhi. «Ma è come se non avessi dormito per niente.» proseguì, stropicciandosi distrattamente gli occhi.

«Credi sia successo qualcosa?» domandò la mora allarmata, mentre quel pensiero si trasformava lentamente in una sorta di consapevolezza.

Il semaforo davanti a loro diventò giallo all’improvviso e Prue frenò, forse quasi troppo bruscamente, facendo fischiare le ruote sull’asfalto.
Prima che si potesse scusare, un’auto sfrecciò loro davanti in una curva strettissima. Pochi centimetri più avanti e le avrebbe colpite in pieno. Prue incollò il palmo della mano al clacson per alcuni secondi.

«Ci è mancato davvero poco.» Paige deglutì, ora decisamente sveglia e all’erta, mentre girava il collo fino al possibile per poter scrutare quella macchina allontanarsi zigzagando tra il traffico.

«Già.» sospirò la più grande «Scusa. Stai bene?» chiese leggermente preoccupata, approfittando del semaforo rosso per scrutare l’amica.

«Si, bene.» confermò «Ma non riesco a ricordare cos’ho sognato. E sono certa di aver sognato.. qualcosa.» borbottò Paige, lo sguardo basso sui suoi anfibi.

«Credo di aver sognato anche io, ma non ricordo.» Prue sollevò lo sguardo sullo specchietto retrovisore, la casa rossa ormai fuori portata.

Aveva preso la direzione sbagliata, per poter ingannare – o provare ad ingannare – la nonna, facendo finta di dirigersi a Richmond, ma ora era il momento giusto per cambiare rotta ed evitare di infilarsi in quell’intricato labirinto di strade enormi che le avrebbe tenute impegnate per ore tra uscite, svicoli e ponti.

«Puoi anche lasciarmi al museo, da lì so ritornare a casa.» tentò distrattamente la più piccola, eppure Prue non era estranea ai velati tentativi di nascondere qualcosa con una finta indifferenza e spontaneità. Phoebe era diventata un asso in quell’arte e certe volte riusciva ancora ad ingannare la nonna e Piper, ma non lei, non più spesso come una volta, almeno.

«Sono solo pochi isolati, non preoccuparti. È ancora presto per qualsiasi lavoro.» sorrise «E poi voglio spiegare la situazione ai tuoi.»

Prue si voltò di nuovo per poterla osservare. Non sembrava per niente entusiasta all’idea di ritrovarsi entrambi i suoi genitori ad attenderla. Comprensibile, visto che qualunque genitore avrebbe riservato una ramanzina ad una figlia che scompare per un giorno intero per andare a casa di una sconosciuta incontrata da poco, eppure se Prue si fosse trovata nella sua situazione, avrebbe pregato chiunque di accompagnarla e salvarla da un linciaggio gratuito (o forse non troppo gratuito). Stava sicuramente nascondendole qualcosa.

«Non voglio che se la prendano con te. Sono inclini alle sgridate, non sarà molto piacevole.» Paige si volse verso di lei, mordendosi il labbro fino a farlo arrossare.

Prue scrutò gli occhi scuri dell’altra. Quella, almeno, sembrava una motivazione sincera, eppure sentiva e sapeva di dover andare fino infondo.

«La nonna mi ha preparato a tutto.» le rivolse un sorriso complice, assicurandosi che l’altra non potesse ribattere ulteriormente: voleva riaccompagnarla a casa a tutti i costi ed assicurarsi che sarebbe stata bene e al sicuro fino al loro prossimo incontro.

⁓✧⁓

La casa di Paige non era poi tanto diversa dalla sua a Prescott Street e nemmeno tanto distante. Durante il tragitto, anzi, aveva avuto la sensazione che la ragazza al suo fianco le avesse fatto fare molti più giri del dovuto, ma non poteva esserne certa.

Poteva illudersi che stesse ritardando il momento di separarsi, tuttavia sapeva che, molto più probabilmente, stava cercando di rinviare, per quanto possibile, solamente la ramanzina da parte dei suoi.

Prue decelerò gradualmente fino al lungo vialetto indicatole. Era una villetta di legno bianco con un porticato e una panchina sommersa di cuscini, il giardino era un trionfo di erba verde e meticolosamente tagliata che faceva da cornice ad un sottile vialetto di lastre di pietra chiare ed era lungo, molto più di quanto lo era il suo, senza scale, che quasi lasciava il giardino inghiottire la casetta.

«Dici che me lo fanno usare il bagno?» chiese Prue con indifferenza, girando la chiave verso di sé e spegnendo la macchina. Non era preparata allo sguardo di terrore che, per un istante, balenò nello sguardo dell’altra.

«Certo.» balbettò atona, aprendo lo sportello e scendendo a piè pari sul vialetto.

La mora sistemò la macchina, assicurandosi di non essere in pericolo multe e affiancò Paige, la quale, con sguardo perso, raccoglieva la posta ed abbassava la bandierina rossa.

Non sapeva se nella sua mente si stavano formulando scuse o stesse recuperando coraggio, ad ogni modo, preferì non domandarle nulla finché non si trovarono sotto al porticato, a pochi centimetri dalla porta di legno, la mano di Paige protesa, pronta a suonare il campanello.

Prue non fu costretta ad incitarla, poiché prima che potesse aprire bocca, un armonico e potente suono si diffuse al di là delle pareti.

Rimase in ascolto, tentando di interpretare il contenuto di quei discorsi concitati che, lentamente, si stavano avvicinando.

Prue si spostò di lato, lasciando che la ragazza si trovasse da sola di fronte alla porta e quando questa si aprì, non seppe dire se fosse sorpresa di ritrovarsi due persone perfettamente normali ad accogliere Paige.

Tentò con un timido cenno della mano, ma venne palesemente ignorata: tutta l’attenzione – negativa, non poteva negarlo – era rivolta all’amica e Prue, per un momento, ebbe la netta sensazione di averla condotta direttamente al patibolo. Come quella Melinda, anche se senza torce e senza folla in delirio.

«Hai una vaga idea di quello che ci hai fatto passare?» la madre le stava gridando in faccia, ma Paige sembrava essere totalmente impassibile. Solo la sua espressione era leggermente colpevole e i suoi occhi appena socchiusi. La donna le stava afferrando il polso, scuotendolo per enfatizzare le sue parole e Prue ebbe la netta sensazione che quello sarebbe stata la cosa più simile ad un abbraccio che avrebbe ricevuto.

«Non cambierai mai, Paige!» si intromise il padre «Devi solo ringraziare questa ragazza se non ti è capitato nulla di male! Cosa che accadrà, prima o poi, stanne certa e forse.. forse allora ci darai retta!»

Prue si sentì presa in causa all’improvviso e sentì le sue guance infiammarsi.

«È stata colpa mia,» provò, con un filo di voce «l’ho invitata a casa e ho perso la cognizione del tempo e.. non volevo farla uscire di notte.» rispose, il più esaustiva possibile, evitando di raccontare delle regole della nonna, irrilevanti, in quel momento.

«Sei gentile a coprirla e non sembri nemmeno una delle solite amiche di Paige, ma non farti coinvolgere nelle sue bugie.» la voce di suo padre arrivò chiara ed irremovibile. Avevano entrambi un’immagine di Paige ben diversa da quella che si era fatta lei.

«È la verità.» insistette Prue, ma i suoi occhi si spostarono dall’uomo a Paige, che si era girata, lanciandole un’occhiata rassegnata.

«Lascia stare.» disse semplicemente.

«Direte la stessa cosa alla direttrice, Paige?» la madre della ragazza sospirò seccata, incrociando le braccia «Perchè ha deciso di sospenderti. E alla prossima nota disciplinare ti espellerà e poi? Che farai, Paige?» scosse la testa «Come ti è saltato in testa di uscire da scuola nel bel mezzo della lezione? Un’altra volta?»

Prue aveva notato che ora, la donna, aveva gli occhi lucidi.

Non poteva fare a meno di vedere quella ragazza sotto una luce completamente diversa: era una ribelle, forse molto peggio di Phoebe: era fuggita da scuola, si era fatta sospendere più di una volta ed era addirittura a rischio espulsione ed era incredibilmente persa. E se il motivo di quella confusione fosse proprio quello che stava capitando? Doveva aiutarla, in qualche modo. Se non poteva spiegarle il perché stesse succedendo proprio a loro, poteva almeno aiutarla a rimanere sulla strada giusta in campo scolastico, magari allontanarla dalle cattive amicizie.. qualcosa, qualsiasi cosa.

«Non lo farò più, lo giuro.» supplicò Paige, eppure né suo padre, né sua madre sembravano troppo inclini a crederle. Forse aveva usato quella frase già troppe volte.

«La direttrice mi ha assegnato alla tutela di Paige, la aiuterò io.» esclamò Prue con voce sicura. Forse i suoi avevano ragione e quella ragazza l’aveva veramente contagiata: non aveva mai detto una bugia di quella portata. Nemmeno sapeva se fosse una cosa fattibile.

«La direttrice Harris?» domandò la donna. Sembrava scettica, eppure sembrava molto più calma.

«Sì, mi chiamo Prudence Halliwell.» aggiunse con un sorriso, porgendole la mano e tentando, in tutti i modi, di risultare il più professionale possibile. «Lavoro al museo e aiuterò Paige con.. la scuola, se vorrete.»

«Sei una professoressa? Così giovane?» la madre di Paige la guardava sempre più perplessa e Prue temeva, da un momento all’altro, di compiere un passo falso. Doveva a tutti i costi rendere credibile la storia.

«No, sono all’ultimo anno di college è più.. volontariato.» annuì lentamente «Mi piace aiutare gli studenti in difficoltà.»

«Capisco.» la donna imitò il suo gesto, le sopracciglia ancora leggermente aggrottate e lo sguardo che faceva spola tra sua figlia e la nuova arrivata. «E ieri è venuta a rifugiarsi a casa tua?»

«Desidero essere più un’amica che un tutore, credo che si ottengano risultati migliori..» Prue parlò lentamente, osservando Paige di tanto in tanto, cercando di puntare sulle carte giuste da giocarsi «in tutti i campi. Penso che Paige sia solo molto confusa e stia tentando di trovare la sua strada.» disse convinta.

La donna non disse niente, il che rincuorò, non poco, Prue. Forse aveva veramente detto quello che la madre di Paige voleva sentirsi dire: per quanto indisciplinata e ribelle sua figlia potesse sembrare, era chiaro che aveva solamente bisogno di una guida e lei era disposta a dargliela, si sentiva in dovere di farlo.

«Mi farò aiutare, lo giuro. Datemi un’ultima possibilità.» implorò Paige, guardando entrambi i suoi genitori «Righerò dritto.» promise.

«È l’ultima spiaggia, Paige.» sospirò l’uomo, osservandola severamente.

«Lo so.» annuì la ragazza.

Prue assistette felice al frettoloso abbraccio che si scambiarono subito dopo. Erano ancora profondamente arrabbiati, ma era evidente che fossero molto più sollevati del fatto che Paige stesse bene. E forse le sue parole li aveva rincuorati circa il futuro di quella che doveva essere la loro unica figlia.

⁓✧⁓

Aveva auto il permesso di chiamare i genitori di Paige con i loro nomi, in cambio dello stesso trattamento per se stessa. Tralasciando il fatto che non si sentiva abbastanza grande per essere chiamata “Miss Halliwell” si sentiva più un'impostora di quello che era, dal momento che non era né una vera tutrice, né una vera volontaria come aveva dichiarato. “Prue” sarebbe andato più che bene: le avrebbe dato l’impressione di essere considerata solamente l’amica quale era.

Si guardava attorno con curiosità e circospezione, quasi temesse che uno di quegli orripilanti peluche potesse saltarle addosso. Quasi si sentiva più a casa, nella stanza di Paige, come se si trovasse in quella di Phoebe o meglio, nella camera che Phoebe avrebbe voluto ed avuto se la nonna non avesse proibito qualunque oggetto che rovinasse l’atmosfera vintage della casa.

Così come sua sorella aveva dovuto rinunciare ai poster delle sue band preferite per non deturpare la carta da parati, lei aveva dovuto rinunciare ad appendere gli ingrandimenti delle fotografie che aveva fatto alla sua amata città. In un certo senso erano pari.

E doveva dedurre che essere figli unici e vivere in una casa più moderna – o semplicemente senza Penny Halliwell – aveva i suoi vantaggi.

Sospirò silenziosamente, girando con passi lenti e leggeri nella piccola stanza, fino ad incontrare il letto. Sarebbe stata una bella sfida per lei, una sfida che sarebbe stata felice di intraprendere, anche se in passato non lo avrebbe mai preso in considerazione. Era sempre stata conosciuta, in famiglia, per negare aiuti scolastici alle sorelle ed ora si metteva in testa di mettere in riga un'estranea incontrata da poco. La nonna avrebbe stentato a crederlo e Phoebe si sarebbe fatta una grassa risata (a ragion veduta) ma Piper? Piper se la sarebbe presa, ci sarebbe rimasta male. Non voleva di certo farla soffrire; eppure aiutare Paige era una cosa che sentiva di dover fare.

«Perchè sei fuggita da scuola?» chiese Prue all’improvviso, interrompendo il silenzio. Paige, fino a quel momento abbandonata sul letto a fissare il soffitto, sollevò il capo per guardarla

«Probabilmente l’idea che ti sei fatta di me è giusta, ma questa volta avevo una ragione valida per farlo.» rispose l’altra con tono convincente.

«E che idea mi sarei fatta di te?» domandò l’altra, incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio.

«Che sono una specie di delinquente?» disse la più piccola retoricamente, guadagnandosi solo una scrollata di capo.

«Sei la copia di Phoebe e non penso che nessuna delle due sia una delinquente.» Prue parlò con calma «Solo un po’ perse, tutto qui.» aggiunse con semplicità, scrollando le spalle. «Comunque non mi hai ancora risposto.»

«La mia penna, ricordi?» Paige sospirò rumorosamente, mettendosi seduta sul materasso. «Si era illuminata e mi sono spaventata e poi.. come facevo a spiegarlo?»

«La penna.» ripeté meccanicamente la mora, mordendosi l’interno della guancia mentre rifletteva. Certo, non avrebbe potuto dirlo a nessuno, c’era stato un patto e, per quanto assurdo, dovevano mantenerlo tutte. «Immagino che debba ringraziare la penna se sei venuta da me.» concluse con un sorriso. Doveva essere acqua passata. Quello doveva essere il nuovo punto zero per tutte.

«Anche se mi trovo nei guai.» rispose Paige con una finta risata.

«Ne usciremo, te lo prometto.» disse Prue «Ti aiuterò io.»

⁓✧⁓

Era quasi il tramonto quando Prue tornò a casa e la nonna stava ad aspettarla sul vialetto con entrambi i pugni sui fianchi, il che non era di certo un buon segno.

Aveva chiamato più volte, dalla casa di Paige, avvisando che avrebbe fatto tardi, ma poteva già intuire che la nonna era contrariata dal fatto che lei, implicitamente, aveva sprecato una giornata in famiglia… o almeno, così credeva lei.

Mentre sistemava la macchina davanti al garage, però, notò che l’espressione della donna non era arrabbiata, quanto più impensierita.

«Ciao nonna.» la salutò Prue di fretta, cercando di far finta di niente «Scusa se ho fatto tardi, ma ho dovuto aiutare Paige con qualche ricerca. I suoi mi hanno chiesto di darle una mano e credo lo farò.» comunicò poi, senza pause, con lo sguardo basso. Il silenzio che stava ricevendo come risposta le piaceva ben poco «Non credo mi porterà via troppo tempo, mi fermerò a casa sua sulla strada di ritorno dal museo, ma rientrerò sempre prima che faccia buio.»

«Tienila d’occhio, Prudence.» fu la risposta che ottenne, dopo una breve pausa di totale silenzio.

La ragazza sollevò lo sguardo per scrutare l’espressione della nonna. Tra tutte le risposte che si sarebbe aspettata, quella non era nemmeno contemplata.
Non sapeva bene come rispondere e si limitò a guardarla con un’espressione interdetta. Non si era mai preoccupata per le sue amiche – o per quelle delle sue sorelle – e di sicuro mai per un’estranea che, obiettivamente, all’apparenza, non sapeva di nulla di buono. Questo lato della nonna le era completamente sconosciuto.

«Io ci provo, nonna.» tentò Prue con voce titubante.

«Se riuscirai a riportarla sulla via giusta magari anche Phoebe si metterà la testa a posto.» disse distrattamente, scrollando le spalle ed evitando il suo sguardo.

Prue sapeva benissimo che quella non era la vera motivazione per quelle parole, ma non glielo fece notare. Per il momento, era contenta di avere ottenuto il permesso e, probabilmente, anche molto di più.
La ragazza si incamminò verso la porta di ingresso quando sentì la nonna sospirare e, lentamente, girarsi verso la linea dei grattacieli della città che si stavano colorando con la luce del tramonto.

Prue avrebbe potuto giurare di aver visto anche un minuscolo sorriso piegarle le labbra.

 

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Capitolo 3
*** Spirito Familiare ***


Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 3. Spirito Familiare
POV: Paige Matthews

 

 

Capitolo 3 – Spirito Familiare

Era passata più di una settimana da quando Prue si era dichiarata sua tutrice e lei si era fortemente impegnata per non deluderla o, peggio, per far saltare la sua copertura.
In pochi giorni si era messa a studiare, studiare veramente, come non aveva mai fatto, da quando si trovava al liceo.

I suoi genitori non avevano più fatto domande da quando, un giovedì sera, aveva annunciato loro di aver preso addirittura una B in un compito di storia.Si stava seriamente impegnando, spinta da quella strana sensazione che le pervadeva il corpo e la accompagnava durante tutta la sua giornata, da mattina fino a sera, come se qualcuno di invisibile la stesse guidando o proteggendo.

A volte si domandava persino se non avesse veramente trovato un angelo custode in quella ragazza del museo. Le dava un senso di tranquillità che non aveva mai provato con nessuno dei suoi amici e che i suoi genitori non erano più in grado di darle, eppure.. lei sì, Prue.

Pensare a lei e alle sue sorelle – seppure lo facesse molto più raramente – le dava sicurezza, le toglieva quel senso di angoscia con il quale aveva imparato a convivere negli ultimi anni, non si sentiva persa, come se si trovasse veramente a casa.

Anche quella notte, non aveva avuto sogni tranquilli e, di nuovo, non riusciva proprio a ricordare nulla. Stava capitando sempre più spesso, ultimamente, e non solo a lei, dal momento che durante una delle sue ultime telefonate serali con Prue, quest’ultima, le aveva confessato i medesimi dubbi.

La conclusione di entrambe fu che era tutta colpa degli ultimi avvenimenti.
In fondo, dopo il giorno del loro primo incontro, erano apparsi strani sogni rivelatori ad entrambe, con strane figure e situazioni terrificanti, come se ora, i loro sogni, fossero stati adibiti solamente alla comunicazione di messaggi rivelatori, conoscitori di un passato temibile che, probabilmente, le rendeva simili.
Non che avessero niente in comune, però, probabilmente, si erano entrambe trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato e il mistero legato a Salem ne aveva approfittato infettando le uniche due persone presenti in quel momento.

Certamente, quelle erano tutte teorie, ma non potevano esserci altre spiegazioni: Paige era lì perché la scuola l’aveva costretta e Prue lavorava per riportare alla vita quegli antichi artefatti.
Forse perché entrambe stavano cercando delle risposte, Salem, Melinda e quel segreto arcano avevano scelto proprio loro due.

O forse no, perché quel libro nella soffitta di Penny Halliwell, era forse il mistero più grande, un genere di mistero che nessuna delle due era ancora in grado di spiegarsi.

 

Infilò la giacca di pelle nera e fece scivolare lo zaino borchiato sulla spalla destra.
Si era presa la briga di pettinarsi, quella mattina, e doveva ammettere che i suoi capelli, nonostante ne continuasse ad odiare colore e forma, avevano assunto una pallida ombra di decenza.

Sospirò, sorpresa di sé stessa, mentre tirava una croce storta sopra il calendario, perché prima del fatidico incontro con le sorelle Halliwell, mai e poi mai si sarebbe alzata così presto di domenica per adempiere ad uno dei suoi doveri scolastici. Era cambiata, in meglio avrebbe potuto dire qualcuno, ma Paige si limitava a stupirsi di sé stessa senza porsi poi troppe domande.

Scese le scale di fretta, assaporando quella nuova energia che le pulsava nelle vene. Forse un’energia comune in tutte le persone che dormivano, di notte, invece che sgattaiolare fuori dalla finestra o semplicemente invece di perdere tempo.

«Paige, sei tu?» la voce di sua madre giunse squillante alle sue orecchie.
Anche lei sembrava stupefatta all’idea di vedere la figlia sveglia di domenica mattina, tanto da spegnere il rubinetto per avvicinarsi al corridoio ed assistere all’evento in prima persona.

«Buongiorno.» disse la ragazza con voce cantilenante, cercando di rimanere indifferente al sorriso incredulo che le aveva rivolto sua madre. Erano tutte piccole ed innocue vittorie che intendeva godersi, prima fra tutte stupire e sorprendere – in positivo – i suoi.

«Buongiorno anche a te.» la donna la seguì in cucina, osservandola attentamente mentre infilava la testa nel frigorifero, riemergendo poco dopo con il cartone del latte in mano. «Cos’hai da fare, oggi? Ti vedo particolarmente attiva.» chiese con genuino interesse, tornando ai fornelli per controllare una pentola borbottante.

«Devo incontrare Prue al museo. Ha detto che aveva una cosa da farmi vedere.» rispose con sincerità la ragazza. Non aveva motivo per mentire, ma aveva il dovere di omettere qualche dettaglio circa gli ultimi manufatti che aveva restaurato; non tanto l’origine, ma il loro significato, strettamente legato a quello che stava succedendo. Prue aveva addirittura parlato di una vera triquetra…

«Paige? Mi ascolti?» la donna si avvicinò alla figlia, sventolandole la mano davanti al viso «Pronto?»

«Dicevi?» Paige scosse la testa, trangugiando quasi metà bicchiere in una volta sola. Poteva sentire il profumo di rosmarino che impregnava le dita di sua madre.

«Tornerai per pranzo?» domandò, sospirando appena. Evidentemente glielo aveva chiesto poco prima senza ottenere risposta.

«Non lo so.» rispose la ragazza confusa. In realtà non aveva chiesto nulla a Prue, le aveva semplicemente detto di sì quando quest’ultima le aveva chiesto di trovarsi al museo.

«Dobbiamo andare dai tuoi zii questo pomeriggio.» le ricordò «Almeno fai in modo di tornare a casa per le cinque, va bene?»

«Promesso.» Paige annuì. Normalmente non avrebbe creduto al suo giuramento, perché sicuramente lei avrebbe fatto tardi, eppure, nell’ultimo periodo, ogni volta che prometteva qualcosa, faceva di tutto per mantenere la parola e i suoi avevano cominciato a far maggiore affidamento su di lei. Era un gran cambiamento.

Si accorse di essersi estraniata per la seconda volta solamente quando il campanello suonò due volte. Suo padre aveva un modo inconfondibile per farsi riconoscere.
Infatti, dopo pochi istanti, sentì la porta d’ingresso aprirsi, suo padre salutare ed emergere sulla soglia della cucina dopo pochi minuti.

«Buongiorno.» lo salutò calorosamente Paige, andandogli incontro.

«Ferma! L’ho appena lavata quella maglia.» la riprese sua madre, poco prima che potesse abbracciare l’uomo.

Paige squadrò la giacca da lavoro del padre e dovette ammettere che fosse più sporca del solito. Aveva cenere anche sulla faccia.

«Hai spento un incendio stanotte?» gli chiese la moglie preoccupata.

«Solo uno? Purtroppo sembra esserci un pazzo piromane che appicca fuochi al Golden Gate Park e a Twin Peaks. Lo diranno al notiziario.»

«E l’avete preso?» chiese ancora

«Purtroppo no. I fuochi compaiono all’improvviso, ma nessuno avvista mai la persona che li appicca.» sospirò pesantemente l’uomo. «Stasera non sono di turno, quindi spero che i miei colleghi lo trovino, anche se sembra sparire nel nulla ogni volta.»

«Mh.» mugugnò la madre, scrollando appena le spalle. «Vai a riposare, ti chiamo quando è pronto il pranzo.»

«Non posso, devo tornare in caserma.» disse risoluto, soffocando a stento uno sbadiglio.

«E perché sei tornato a casa?»

L’uomo si limitò a sorridere, eludendo la domanda e rivolgendosi direttamente a Paige.

«Vieni qui.» la esortò.

Paige si mosse circospetta verso suo padre e, solo allora, si accorse che teneva un braccio sotto alla pesante giacca impolverata. Si era forse fatto male?
Seguì con attenzione ogni suo movimento e, quando scostò la pesante stoffa, tutto poteva aspettarsi, tranne vedere il muso di un gatto. Un gattino, per la precisione.

«Questa bestiolina stava per essere travolta da un albero in fiamme. Il mio capo non la vuole in caserma e quindi te l’ho portata.» disse soddisfatto.

Paige si affrettò a prendere il gatto tra le mani, un sorriso felice che le illuminava il volto.

«Posiamo tenerla, vero? Possiamo?» si rendeva conto di stare supplicando sua madre come avrebbe fatto davanti ad un negozio di dolci all’età di quattro anni, ma non le importava. Sapeva della regola che vietava animali domestici in casa, ma davvero non si poteva dire di no ad una creaturina del genere: piccola, bianca e marrone, con due occhi azzurri che sembravano.. quelli di Prue.
Paige allargò il suo sorriso per lo strambo paragone che le era venuto in mente.

«Immagino che non abbia altra scelta.» sospirò sua madre in tono arrendevole. «Ma lo faremo visitare e te ne occuperai tu.» puntò il dito contro Paige con fare autoritario, anche se in quel momento, la ragazza avrebbe comunque detto di sì a tutto, pur di tenersi quel gatto.

«Credo sia una femmina, la porterò dal veterinario domani mattina.» assicurò l’uomo, dandosi una breve sistemata ai capelli con le dita, mentre si guardava allo specchio del corridoio. «Sembra in ottima salute, comunque.»

Paige salutò distrattamente suo padre mentre usciva, troppo presa dalla nuova arrivata che non faceva altro che seguirla per casa.

«Tornerò il prima possibile dal museo e-»

«Non vorrai mica lasciarla da sola a casa, vero?» sua madre fece capolino dalla veranda, una manica della giacca infilata e l’altra a penzoloni lungo il fianco.

Si era dimenticata che stava per uscire, come ogni domenica mattina.

«Prue mi ucciderà.» mormorò tra sé e sé, mentre esortava la gatta ad infilarsi nel suo zaino, cosa che, con grande sorpresa di Paige, fece ben volentieri.

⁓✧⁓

Prima di incontrare Prue, i musei non erano mai stata la sua passione. Non che fosse cambiato molto, eppure il dover incontrare quella ragazza nel suo posto di lavoro, di certo glieli faceva apparire dei luoghi leggermente più piacevoli.

Entrò dall’entrata del personale, quella che le aveva mostrato Prue pochi giorni prima, ed attese che l’amica le aprisse la porta di metallo tramite il maniglione anti-panico interno.

«Devo mostrarti una cosa.» le disse Prue con entusiasmo, non appena la vide.

Non si era nemmeno presa la briga di salutarla, visibilmente impaziente di esibire la sua ultima scoperta. Le aveva raccontato spesso, durante una delle più recenti telefonate serali, di come avesse riportato allo splendore alcuni piccoli manufatti di Salem appartenenti al diciassettesimo secolo e anche di un taccuino, che riportava qualche simbolo strano sulla copertina.

Paige stava bene quando era in sua compagnia. Poteva dimenticarsi tutto. Riusciva addirittura a mettere da parte il suo spirito indisponente che si sarebbe subito lamentato per non essere stata accolta a dovere. Si sentiva diversa, con Prue.

Le piaceva avere qualcosa da fare e da condividere con qualcun altro. Qualcosa di talmente segreto che avevano giurato di non rivelare a nessuno e che le poche persone a conoscenza temevano e preferivano ignorare. Era elettrizzante, unico e poteva sentirne gli effetti sulla propria pelle.

«Ti ricordi ancora quello che ti ho detto riguardo la procedura?» Prue la destò dai suoi pensieri e, quasi con sorpresa, Paige si accorse di trovarsi già nel laboratorio.

«Pennello e molta pazienza?» chiese in una piccola cantilena, sottolineando l’aspetto noioso del rimuovere l’involucro di terra fossilizzata attorno ai preziosi oggetti da esporre.

«Dopo quello.» la mora scosse lievemente la testa, afferrandole il polso per portarla più vicina alla sua postazione «Ricordi che mi fanno trattare solo gli oggetti di poco valore, secondo loro?»

«Sì, anche se non ne vedo il motivo.» rispose l'altra seccata. Proprio non capiva perché i suoi capi – o responsabili, come li chiamava lei – si ostinassero a rifilarle mansioni di poco conto, quando era evidente che Prue potesse occuparsi di ben altro.

«A me sta bene finché trovo cose del genere.» tagliò corto la più grande, mostrandole un volume di pelle appena rovinato.

«È il taccuino di cui mi hai parlato?» chiese Paige interessata.

«In realtà è un diario.» la corresse l’altra.

Paige la guardò stranita: non erano forse gli oggetti che quelle menti consideravano più preziose? Non era forse un documento autentico che avrebbe potuto dare informazioni circa quel periodo storico, in Massachusetts? Non riusciva a capire.

«L’hai aperto?» chiese Paige, ora decisamente incuriosita.
Come poteva destare tanto interesse da parte sua e così poco da parte dei suoi superiori? Prue doveva per forza aver scoperto qualcosa.

«Non ci riesco.» confessò con un sospiro «È stato rinvenuto con altri strani oggetti in un sito che credono essere una sorta di tumulo. Perciò quelli del museo non lo vogliono.»

«Come non lo vogliono?» Paige stava decisamente incominciando a non capirci niente: aveva sempre pensato che diari e lettere fossero i ritrovamenti più importanti per un ricercatore, eppure i suoi responsabili non sembravano interessati. Forse non era autentico? Prue se ne sarebbe accorta.

«Matthew Tate.» la più grande disse con voce impostata, mentre sfogliava in quaderno scritto fittamente, forse i suoi appunti. «Ti dice qualcosa?» la guardò sottecchi, i suoi occhiali da lettura appoggiati sulla punta del naso.

Paige le restituì lo sguardo, scrollando le spalle.
Sinceramente, oltre la somiglianza con il cognome di suo padre, non notava niente di familiare.

«Non credo di averlo mai sentito.» ammise infine. «Credi che abbia a che fare con noi?»

«Non lo so.» mugugnò l’altra, superandola con sguardo confuso e prendendo a girarle attorno «Devo averlo intravisto in quel libro in soffitta, vicino al nome di Melinda – sai che il tuo zaino si muove?»

Paige fece una smorfia colpevole prima di liberare la gatta nel laboratorio, sotto lo sguardo pietrificato di Prue.

«Non potevo lasciarla a casa.» si giustificò brevemente la ragazza.

«Devi essere impazzita!» Prue lanciò un gridolino di terrore mentre osservava il felino balzare da una scrivania all’altra, sfiorando microscopi e antichi manufatti, senza fortunatamente far cadere niente. «Se il mio responsabile lo scopre..»

«Non hai detto che sarebbe andato a New York per tutta la settimana?» domandò Paige con superoriorità.

«L’ho detto.» dovette ammettere l’altra.

Paige sapeva che non aveva tanti argomenti validi: era domenica, al laboratorio del museo non c’era nessuno e nessuna delle due avrebbe mai avuto la stramba idea di confessare la presenza di un gatto ai suoi capi.

«Mio padre l’ha trovata stanotte. Sono scoppiati altri incendi.» spiegò, lasciandosi cadere su di uno sgabello e prendendo in mano uno dei tanti ciondoli che Prue aveva fatto tornare all’antico splendore. Erano tutti simili tra loro, "trisceli" le aveva chiamate lei, di ferro, di rame e solamente una d’argento che era stata prontamente sequestrata per essere esposta nel museo.

«Ho sentito al notiziario stamattina.» disse concisa Prue «Stavo dicendo,» prese un profondo respiro «che dopo aver ripulito l’oggetto, di solito si fa un calco per poterlo studiare al meglio. E ho scoperto una cosa.»

Paige ripose il simbolo che stringeva tra le mani sul supporto di velluto e si affrettò a seguire l’amica. Era affascinante sentirla raccontare delle sue scoperte, soprattutto da quando aveva scoperto che quell’argomento ammaliava anche lei: streghe, Salem, magia.. era tutto incredibilmente curioso, a maggior ragione dopo aver visto con i propri occhi che il mistero faceva veramente parte del loro mondo ed era incredibilmente reale.

Prue le mostrò il calco che aveva fatto al taccuino. Sembrava un normalissimo corpo cavo, l’esatta copia in negativo di quel piccolo diario.. eppure c’era qualcosa di diverso. Qualcosa in più.

«Vedi?» Prue le afferrò il polso con decisione e, senza farle male, le strinse l’indice della mano destra «Tocca qui, in rilievo.» la istruì.

«Cos’è?» domandò Paige alquanto sorpresa. Non ricordava di aver visto niente sulla copertina del diario, niente che non fosse la pelle liscia del piatto anteriore, eppure sul calco c’era qualcosa.
Era quello che pensava che fosse?

«Credo proprio di sì.» annunciò appena elettrizzata la mora, mettendo da parte il calco e trascinando la più piccola dall’altra parte del laboratorio.

Paige non sapeva se essere più frastornata dal mistero che aleggiava attorno a quel diario, oppure dal fatto che Prue le avesse praticamente letto nel pensiero, rispondendo ad una domanda che non le aveva posto.

 

«Sicura di poterlo fare?» domandò Paige titubante, con voce bassa anche se non c’era nessuno che potesse udirle.

Prue non rispose, confermando, in parte, le sue paure. Non era certo qualcosa che potevano fare, eppure.. non sembrava nemmeno così sbagliato.
La più grande aprì la teca degli artefatti ultimati e, con un gesto veloce e morbido, afferrò l’unica triquetra d’argento. La più grande e la più luminosa di tutte.

Quando infine si trovarono di fronte al diario, era chiaro che, da quel momento, tutto sarebbe cambiato. Avevano la sensazione di star partecipando ad un gioco più grande di loro, temibile ed al contempo inevitabile.

Prue posò il ciondolo sulla copertina del libro, con mani tremanti. Sembrava una copia simile al libro che le aveva attirate a sé, tutte e quattro, quella sera in soffitta.

Non ci furono luccichii sospetti, strani turbinii di luci. Niente, tranne un lieve scatto.

Paige osservava imbambolata le mani di Prue che, febbrili, rimuovevano il ciondolo argenteo per poter aprire, finalmente, quel diario.. chiuso probabilmente da secoli.

A mia figlia Prudence,
che tu possa rimanere fedele al tuo destino.

Paige osservava stranita mentre la voce sottile dell’amica giungeva alle sue orecchie. In quel libro c’era veramente scritto il suo nome? Che cosa aveva a che fare con Matthew Tate e con un diario di quattrocento anni prima? Dopo tutto quello che avevano visto, non poteva essere solamente una coincidenza.

Quando leggerai queste pagine, probabilmente non ci sarò più. Questo libro è il mio lascito, da tramandare alle future generazioni di streghe.
Se il Libro delle Ombre dovesse mai cadere nelle mani sbagliate, qui troverai le risposte che cerchi. Non avere paura ed insegna alle future streghe l’arte della magia.
Il potere della stirpe delle Warren crescerà sempre più forte fin quando un giorno, il mio potere si dividerà in tre sorelle.
Insieme, proteggeranno innocenti ed estingueranno il male. Saranno conosciute come le prescelte.
Insegui il cerchio dell'unità, perduto da secoli, dove il nostro potere si è fuso con quello più puro ed esse diventeranno invincibili.

Abbi fede, figlia mia, il sacrificio che ognuna di noi dovrà compiere non sarà vano.
Che tu possa essere benedetta.

Melinda Warren 


«Hai detto Melinda?» domandò Paige sconvolta, avvicinandosi a grandi passi verso l’altra e chinandosi sul diario. Doveva vedere con i propri occhi.

«Perchè mai l’aveva Matthew Tate?» Prue corrugò la fronte.

«Chiediti piuttosto come mai questo strano diario apparteneva a Melinda Warren e cita addirittura il libro che tua nonna custodisce in soffitta.»

I grandi occhi azzurri di Prue si fissarono nei suoi. Paige non capiva perché volesse eludere quell’argomento. Era la risposta che cercavano, forse. Non potevano essere tutte coincidenze, Prue doveva rendersene conto per forza.

«Parla di stregoneria.» La più grande mormorò incredula.

«Ed è scritto da Melinda Warren.» Paige deglutì, sospirando appena, la gola terribilmente secca. Un conto era immaginare, come se fosse un gioco, di essere in possesso di super-poteri, credere alla magia e cercare di svelare qualche mistero inspiegabile.. ma ora che era scritto nero su bianco, era diverso. Cambiava tutto.

«Non può essere.» Prue scosse la testa, come per voler negare l'evidenza.
Ma era tardi, per quello, ormai.

«E parla di voi,» La più piccola sospirò amaramente «tre sorelle. Lo dice qui.» batte un paio di volte l'indice sulla carta, nel punto in cui l'inchiostro formava la parola. Non poteva nascondere la sua delusione: aveva condiviso così tanto, con Prue, aveva visto così tante cose strane, aveva avuto paura, terribilmente paura, solo per scoprire che tutta quella faccenda non la riguardava nemmeno. Era solamente servita da tramite.

Era stata esclusa ancora una volta.

«Aspetta.» Prue respirava piano, la mente chiaramente in subbuglio.

«Cosa?» Paige rispose con tono seccato.

«La profezia,» riprese l'altra, portando una mano sulla fronte «parla di quattro sorelle, non tre.»

«E dovrebbe farmi stare meglio?» sbottò Paige.

«Non per forza devi interpretarlo nel senso letterale, Paige.» tentò la più grande, sfogliando il suo quaderno degli appunti «Guarda. Molte donne – streghe,» si corresse «di Salem si riferivano ad altre compagne chiamandole "sorelle". Ciò che le accomunava era la magia, non il sangue.»

Paige rilassò il volto, ma il suo cuore prese a battere più velocemente.
«E parla di noi..?» chiese con voce flebile.

«Pensaci.» intimò Prue con tranquillità «Questo laboratorio è il punto zero, ma quando sei venuta a casa mia ed hai incontrato Piper e Phoebe.. è arrivato il grosso.» fece una pausa, un sorriso eccitato che le illuminava il volto «La soffitta, gli incantesimi, il libro. È lo stesso di cui parla Melinda. È il suo lascito.»

«Dobbiamo parlare con le tue sorelle.» Paige mormorò, lei stessa incerta delle sue parole.

«Non capirebbero, non ora.» la mora sospirò gravemente.

«Ma dobbiamo tornare a casa tua e trovare qualcosa riguardo la profezia. Se hai ragione tu, c'è qualcosa che non vogliono che sappiamo.» concluse la più piccola.
Paige osservò attentamente l'amica annuire, assorta, mentre raccoglieva le sue poche cose e buttava tutto nel suo zaino di pelle blu. «Dobbiamo prendere il diario.»

Prue le lanciò uno sguardo gelido. «È proprietà del museo, Paige. È come rubare.» sibilò.

«Lo è anche questa.» disse l'altra, imitando il suo tono mentre le mostrava la triquetra d'argento, stretta tra le sue dita. «Ma ci servono entrambi, non possiamo fare altrimenti.»

«Finiremo nei guai, per colpa tua.» Riboccò la mora, serrando la mascella.

«Io terrò la triquetra e tu porta il diario a casa. Tanto non lo vogliono, giusto? Puoi sempre dire che era per ragioni..» si fermò per pensare ad una parola adatta, piegando le labbra e dondolando la testa mentre soppesava tutti i termini che le venivano in mente «educative?»

«Rischi grosso con quella.» Prue indicò il manufatto d'argento con un cenno del mento.

«Ci penseremo.» Paige scrollò le spalle, mentre pensava a tutte le possibili conseguenze: non era la prima volta che veniva beccata per furto. Certo, in passato se l'era scampata perché aveva rubato cose di poco conto, solo per divertirsi, e forse anche perché suo padre era un vigile del fuoco. Quella era una faccenda più grande: stava letteralmente sottraendo un pezzo dal museo locale, di chissà quale valore storico. Poteva finire al riformatorio.

«Paige?»

«Ci sono.» rabbrividì appena, scacciando quei pensieri dalla testa. «Ci vediamo domani sera?»

«Meglio di no, per ora. Verrò io a casa tua tra qualche giorno.» asserì Prue con un sorriso.
Era decisamente meglio stare lontane per almeno una giornata intera.

Paige sorrise appena mentre faceva scivolare la triquetra su di un pezzo di spago, che poi legò attorno al collo della gatta.



 

Note:

  • I personaggi di Mathew Tate e Prudence sono entrambi legati alla storia di Melinda Warren. Matthew in veste di traditore e Prudence di primogenita di Melinda. Il ruolo di questi personaggi è stato raccontato e specificato all'interno di Beyond the Pale.

  • La profezia alla quale si fa riferimento, non è la stessa del telefilm. Nello specifico, mi riferisco alla profezia riportata da Melinda stessa in Beyond the Pale, capitolo quarto.

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Capitolo 4
*** La Notte delle Streghe I ***


NdR: All'interno del capitolo sono presenti degli Easter Eggs.


Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 4. La Notte delle Streghe, parte 1
POV: Prue Halliwell

 

 

Capitolo 4 – La Notte delle Streghe I

Prue sospirò pesantemente mentre sfogliava le pagine del piccolo libro che aveva tra le mani. Lanciò un'occhiataccia alla gatta che, come se niente fosse, stava sul letto di Paige intenta a lavarsi.

La sua espressione doveva essere stato qualcosa di ridicolo, perché la ragazzina che le stava a fianco si mise a ridere.

Prue sentì le guance diventare calde. Senza che lei si pronunciasse, Paige si morse il labbro e tornò con la testa china sulla scrivania, scribacchiando qualcosa con la sua matita su di un quaderno.

Era stata un'ottima idea legare la chiave del diario di Melinda al collare della gatta, perché per quanto odiasse ammetterlo, era una perfetta guardiana di un oggetto così prezioso, anche troppo, per i suoi gusti. Il dorso della sua mano, adornato da quattro graffi rossi di eguali dimensioni, ne era la testimonianza.

Prue aveva letto e riletto la prima pagina del diario, e più osservava il proprio nome scritto con eleganza con un inchiostro nero, più si convinceva di dover indagare. Forse era solamente necessario presentarsi all'anagrafe e pronunciare qualche nome per avviare una ricerca, eppure quell'idea non sembrava particolarmente allettante, né funzionale: se tutta quella faccenda era avvolta dal mistero e dalla magia – era ormai inutile chiamarla con un altro nome – di certo non poteva essere così semplice trovare degli indizi e raggiungere la verità.

«Prue?»

La mora sollevò lo sguardo verso Paige, che l'aveva interpellata senza distogliere la sua attenzione dal libro di testo che le stava accanto.

«Dimmi.» La incitò Prue.

«Hai trovato qualcosa di interessante?» Domandò con semplicità, mordicchiando la sua matita prima di tornare a scrivere.

«Nulla di che e nulla che dovrebbe interessarti, in questo momento.» La riprese con indulgenza. «Tu piuttosto, hai trovato qualcosa di interessate?» Chiese Prue, lasciando il libro aperto sulla sedia a dondolo per avvicinarsi all'amica.

«Sto studiando, ergo non credo di trovare qualcosa di lontanamente interessante.» Sbuffò la più giovane, appoggiando la schiena al cuscino. Alzò lo sguardo per incontrare quello di Prue, in piedi alle sue spalle, che la osservava con divertimento, scuotendo leggermente la testa «No, sul serio. Come fanno a piacerti queste cose?» Lanciò la matita sul quaderno, che atterrò con un leggero rimbalzo sul foglio.

«Se ci fossero dei quadri incantati scommetto che desterebbero d'un tratto il tuo interesse.» Scherzò Prue, riprendendo la matita e rimettendogliela in mano senza troppi convenevoli.

«Esistono, secondo te?» Paige spalancò gli occhi, una breve scintilla ad attraversarle le pupille.

«Chi lo sa.» Prue fece spallucce «Intanto credo sia abbastanza magico il fatto che certi autori dipingessero in modo così vivido e reale.» La più grande aggrottò la fronte, pensando per un momento a qualche sorta di incantesimo che permetteva di immortalare delle persone vere e trasformarle in quadri, oppure persone intrappolate dentro i quadri.
Follia, pensò.

«Sarà.» Mugugnò scettica Paige, tornado alla sua lezione. «Lo sai, credo che alla fine i miei abbiano capito che non ti ha mandato la Harris.»

Prue sollevò lo sguardo d'un colpo, si sentiva andare in fiamme e quasi le prese il panico. Come avevano fatto a scoprirlo? Certo, sarebbe bastata una parola fuori posto al cospetto di qualche insegnante, ma che lei sapesse, se Paige stava lontana dai guai, i contatti tra i suoi genitori e la scuola erano ridotti al minimo.

«Come fai a saperlo?» Chiese Prue accigliata. Non che temesse qualche divieto, in fondo non stavano facendo nulla di male e non ci sarebbe stato nessun motivo per non vedersi più, ma l'idea di essere stata scoperta e smascherata come una specie di bugiarda o imbrogliona la mandava fuori di testa.

«Non chiedi soldi, non ti hanno mai vista a scuola e la Harris non li ha nemmeno avvisati prima di affidarmi a te,» Paige fece una smorfia e scrollò le spalle «non credo ci voglia molto, dovevamo studiarcela meglio.»

«Beh, e ora che facciamo?» Chiese Prue. In effetti, non aveva tutti i torti: la sua copertura faceva acqua da tutte le parti.

«Nulla.» Rispose la più giovane con semplicità «Non credo importi molto ai miei dal momento che rigo dritto e prendo voti decenti a scuola. L'altro giorno sono pure stata nominata la migliore della classe,» si bloccò, corrugando la fronte ed arricciando il labbro «anche se non sono sicura che sia un pregio visto gli elementi con cui condivido quella stanza.»

«Lo è di sicuro se ti distingui da loro, Paige.» La più grande le rivolse un ampio sorriso. «Sicura che a loro vada bene?»

«Positivo.» Paige annuì «Sei la prima amica che porto a casa e che loro invitano a restare.»

«Credi dovrei dire loro la verità?» Domandò Prue, ricadendo a peso morto sulla sedia dopo aver recuperato il diario. Odiava rimanere nell'ombra e nel torto, soprattutto ora che era allo scoperto.
Sua nonna le aveva sempre raccomandato di rivelare i suoi segreti.. ma in famiglia. Gli altri potevano anche ricevere bugie gratuite.

Anche se non le era mai sembrato un ragionamento pienamente corretto, non aveva mai avuto difficoltà a tener fede a quelle parole. Con Paige e la sua famiglia era diverso. Tutto era diverso, con lei.

«A loro sta bene, Prue. Solo se te lo chiedono.» Paige riprese a scrivere «Non c'è motivo di tirare fuori questa storia.. non stiamo facendo nulla di male, in fondo.»

«Forse hai ragione.» Mugugnò l'altra, tornando con il naso tra le pagine del taccuino.

Lesse per altri minuti, completamente immersa in quel diario che raccontava di creature spaventose e spietate, fiamme perpetue che si scagliavano contro i cuori malvagi e poi lesse degli uomini, ancora più violenti e crudeli di quelle demoniache creature, che condannavano ciò che non conoscevano in nome di qualcosa più grande. Erano riportati tanti nomi, tanti incantesimi, alcuni innocui altri più spaventosi, alcuni per allontanare gli spiriti maligni, altre per attirarli a sé, creazioni di porte per mondi infernali, paralleli, misteriosi e addirittura per evocare altre sorelle streghe. Parlava di patti di sangue, cosa che le risultava folle dopo quella volta a Campo Skylark – quando lei e le sue sorelle si promisero di rimanere amiche per sempre e si bucarono il dito con uno spillo, il che causò un'infezione a Piper – eppure non sembrava poi tanto una cattiva idea fare qualcosa di simile per unire, almeno in modo metaforico, le sue sorelle e Paige.
P
erchè anche se non ne conosceva il vero motivo, desiderava essere legata a quella ragazza, lo voleva disperatamente.

«Prue?»

La mora sobbalzò quando sentì bussare alla porta della camera ed essere chiamata subito dopo.
Cercò di sorridere alla madre di Paige, la quale timidamente faceva capolino da dietro la porta socchiusa, ma il suo cuore era paragonabile ad un cavallo al galoppo.

«Si sta facendo tardi, cara.»

«Grazie, Judith.» Prue si alzò lentamente dalla sedia, prendendo a recuperare tutte le sue cose, tra cui il diario, che fece scivolare nella borsa senza (si augurava) destare troppi sospetti. «Ah, prima di andarmene, volevo chiedervi una cosa.» esclamò Prue d'un tratto, infilando la giacca di pelle e facendo scivolare lo zaino sulla spalla.

«Di che si tratta?» domandò la donna incuriosita.

Prue attese di avere anche l'attenzione di Paige prima di parlare.

«Volevo invitare Paige a cena, domani sera,» rivolse un sorriso caloroso ad entrambe, che poi subito si spense «a casa mia.» Si corresse. Madre e figlia si scambiarono un'occhiata: Paige la stava già praticamente supplicando di darle il permesso, mentre l'altra era ancora impassibile «E a dormire da noi, se è possibile.» Aggiunse e poi piegò il viso di lato, accompagnandosi alla silenziosa e malcelata preghiera «Per il mio compleanno.»

«Perchè non mi hai detto che compi gli anni domani?» Paige spalancò gli occhi e la più grande si limitò a ridacchiare.

«Non voglio che spenda soldi per il regalo, so che lo avresti fatto.» Si fermò un momento, solo per ammirare la faccia imbronciata che le stava rivolgendo l'altra. A volte assomigliava a Phoebe, anche troppo. «E poi non sarà niente di speciale, solo la nonna, le mie sorelle ed io. E Paige, naturalmente, se potrà venire.»

«Sicura che non dispiaccia a nessuno?» Domandò Judith.

Prue scosse appena la testa, mantenendo il suo sorriso entusiasta. In effetti, la madre di Paige aveva ragione ad avere qualche dubbio: le cene per il compleanno di qualcuno erano sempre prese molto sul serio da sua nonna e aveva fatto pochissime volte delle eccezioni e in quelle rare occasioni non aveva certo accettato ospiti al di fuori della famiglia di buon grado. Quando aveva proposto Paige, invece, Penny Halliwell non aveva sbattuto ciglio, anzi, aveva persino chiesto se fosse a conoscenza del suo piatto preferito.
L'unica che la preoccupava, francamente, era Piper.
Sua sorella era sempre stata molto gelosa del tempo in famiglia e Prue era sicura che non avrebbe poi tanto gradito la presenza di Paige.
Molte volte si era sentita in colpa quando aveva invitato fidanzati o amiche, anche al solo pensiero di ferire Piper. Con Paige no.

Prue voleva che quella ragazza fosse partecipe di tutto quello che avveniva in casa sua, coinvolgerla il più possibile.. stare più vicina a lei.

«Ti prego, ti prego.» Paige aveva giunto le mani sotto il mento e continuava a ripetere quelle due parole sottovoce con una faccia quasi ridicola.

Prue sorrise nel vedere l'apparecchio argenteo spuntare ad intervalli regolare sui suoi denti.

«Immagino che ti sia meritato un premio per i tuoi voti, Paige.» Concluse infine Judith, sorridendo apertamente.

Prue rimase in disparte a guardare mentre le due si abbracciavano contente. Sua madre doveva essere incredibilmente sollevata nel poter dare alla figlia un riconoscimento per il rendimento scolastico. Da quanto ne sapeva Prue, non avveniva da anni.

La ragazza sorrise, già pensando alla cena futura e di quando, a notte fonda, si sarebbero riunite tutte e quattro nella sua stanza per parlare e cambiare regole ai giochi di società fino al mattino. Non aveva mai fatto, né pensato di fare quelle cose con nessuno al di fuori delle sue sorelle, eppure con Paige… era diverso. E Prue si sentiva felice.

⁓✧⁓

Non era sorpresa per niente, in realtà, eppure non si aspettava di subire così tanto la chiara avversione di Piper circa la sua scelta. Avrebbe voluto tanto fare la dura e mostrarsi impassibile, ma la verità – che lo volesse ammettere o meno – era una sola: il parere di sua sorella era fondamentale per lei.

Di solito non le sarebbe importato poi tanto, o almeno, non riguardante le amiche che frequentava, ma ormai aveva capito che per lei, Paige, era una caso a parte su tutti i fronti. Certe volte si sentiva al settimo cielo al solo pensiero che sua nonna, una donna tanto severa e antipaticamente selettiva, avesse accettato ed approvato una ragazza come Paige e si mostrasse felice ogni volta che le proponeva di invitarla a casa.

Prue desiderava che Piper facesse lo stesso. Con la sorella più piccola era stato facile, poiché Paige era uno spirito talmente simile al suo che sarebbe stato strano il contrario; Piper era tutta un’altra storia e Prue proprio non capiva perché dovesse causarle tanti problemi, soprattutto il giorno del suo compleanno.

«Prue?» La ragazza di voltò di scatto nel sentire la voce sottile di sua sorella minore provenire da dietro lo spiraglio della porta socchiusa.

«Che c’è?» Domandò con tono distaccato, forse anche più acido di quello che avrebbe voluto.
Senza troppi convenevoli e senza dare il permesso a Piper di entrare, ributtò la testa nell’armadio.

«Devo parlarti.» Riprovò timidamente Piper, infilando la mano nello fessura per poter spingere la porta e sgusciare all’interno della camera. «Mi dispiace per prima.» Mugugnò colpevole.

«Sì?» Rispose secca l’altra, ricadendo all’indietro sui propri talloni mentre era in ginocchio davanti ad uno dei tanti cassetti.

«Senti, non voglio litigare il giorno del tuo compleanno, ma-»

«Allora perché non smetti di fare la perfida strega dell’ovest?» Prue inarcò un sopracciglio, rimanendo per un lungo minuto a guardarla in silenzio.

Piper la fissò con la bocca spalancata, per poi ricadere sul suo letto a peso morto. Il materasso la fece rimbalzare per qualche istante. Non era abituata ad appellativi del genere e Prue lo sapeva, probabilmente aveva sconvolto il mondo a sua sorella, sempre pronta ad aiutare e mostrarsi buona e gentile… ma in quel momento non le importava.

«Io non- guarda che- io non ho-» Piper cominciò a balbettare.

«Tu hai eccome!» Prue esclamò, sollevandosi in piedi e poggiando i pugni sui fianchi. Odiava assomigliare a sua nonna, in certe situazioni, eppure si era accorta che funzionava terribilmente bene, almeno con le sue sorelle. «Perchè odi tanto quella povera ragazza?» Chiese poi, finalmente dando voce alla paura che, ormai, la attanagliava da giorni.

«Io non odio Paige!» Rispose Piper immediatamente, facendo una smorfia.

Prue si accorse subito che sua sorella le stava dicendo la verità: era risaputo che Piper era fisicamente impossibilitata ad odiare una persona, o qualsiasi creatura, per la precisione.
«Perchè te ne sei andata quando ho detto alla nonna che l’avevo invitata stasera, allora?» Domandò la più grande, scrutando il viso di Piper mentre apriva ritmicamente le labbra, senza che nessun suono ne uscisse.

«Perchè- perchè- è una cena di famiglia.» Piper parlò velocemente e Prue vide le sue guance diventare appena rosse.

«Tu sei gelosa di Paige!» Le labbra di Prue si estesero in un largo sorriso vittorioso mentre le puntava il dito contro e le guance della sorella diventarono ancora più accese.

«Non sono affatto gelosa di quella ragazzina.» Borbottò infastidita l’altra, scacciando in malo modo il dito inquisitore della sorella.

«Andiamo, Piper! Di cos’hai paura?» Domandò Prue, questa volta visibilmente più seria. Non aveva nessun motivo per essere gelosa di Paige. Oppure sì? Perché obiettivamente la stava coinvolgendo nella sua vita più di quanto avesse mai fatto con una qualsiasi altra amica. Eppure non poteva farne a meno.

«Sembri piuttosto coinvolta, Prue.» Piper alzò leggermente il mento, guardandola sottecchi e con le braccia conserte «I pomeriggi da lei, i compiti insieme, le gite al museo, le cene di famiglia...» lasciò la frase in sospeso, sospirando appena «È come se ci stesse rubando il tempo con te.» Prue osservò la sorella minore mentre le rivolgeva uno sguardo triste e rassegnato.

Era vero: trascorrevano molto meno tempo insieme, ma non perché ora c’era Paige. Avevano tutte e tre le loro faccende da sbrigare, l’unica differenza era forse che, ora, quella ragazzina stava con lei quando Piper non poteva. Era forse quello a darle tanto fastidio?

«Piper, hai visto anche tu che c’è qualcosa di speciale in lei.» Prue le impose una mano sulla bocca quando notò che stava per protestare, sorridendole scherzosamente. Anche se non poteva vedere il sorriso di sua sorella, poteva sentire le sue labbra muoversi sotto il palmo ed osservare i suoi occhi scuri mentre diventavano più luminosi «Non provarci nemmeno, so che lo hai percepito anche tu. Negalo se hai il coraggio.» Piper scosse la testa e quando la più grande la liberò, non potè fare altro che ammettere la propria sconfitta.

«Non è che Paige non mi piaccia.» Piper bofonchiò, scrollando appena le spalle «È solo che, non lo so, è tutto così veloce..» Disse, gesticolando in maniera esagerata.

«Sei solo preoccupata che veda il tuo pigiama dei Looney Toones.» Prue assottigliò lo sguardo in maniera allusiva.

«Spiritosa.» Piper le mostrò la lingua, per poi voltarsi dall’altra parte.

«Paige non ha delle sorelle, Piper.» Riprese l’altra, ora in tono più serio per ottenere nuovamente l’attenzione della sorella «E francamente, mi sento legata a lei, in qualche modo.»

«Questo l’avevamo capito.» Borbottò la minore abbassando lo sguardo.

«Voglio renderla più partecipe.» Comunicò Prue in modo deciso «Dopo la soffitta e il libro e tutte quelle cose strane che sono successe-»

«Prue, smettila con queste sciocchezze!» Piper la interruppe subito. Prue sapeva che ogni volta che solamente sfiorava l’argomento, la sorella lo troncava sul nascere. Ma non questa volta.

«No, devi smetterla tu.» Rimboccò aspramente, corrugando le sopracciglia «Non puoi negare che siamo legate, tutte e quattro. È scritto nel Libro delle Ombre e se ti fossi degnata di ascoltarmi mentre tentavo di spiegarti una delle nostre teorie, forse capiresti meglio!» Prue aveva parlato tutto d’un fiato per evitare che la sorella potesse interrompere il suo discorso, ma forse non sarebbe stato necessario: Piper era in silenzio ad ascoltarla, forse con lo sguardo perplesso, però la stava ascoltando, finalmente.

«Davvero ci credi?» Mormorò la ragazza incredula.

«Se per una buona volta ti decidessi di fermarti e pensare e credere-» Prue si interruppe, posando le mani sulle spalle sottili della sorella «solo per un minuto, Piper, credere a Paige e a me,» sorrise, quasi impaurita, prima di concludere «e alla magia, forse tutto ti sarà più chiaro.»

«È uno di quei nuovi giochi di società? Perché sono molto aggiornata.» Domandò con una smorfia.

«Piper!» Prue urlò esasperata, raddrizzando la schiena e passandosi le mani tra i capelli scuri. «Perchè non vuoi capire?»

«Stavo solo chiedendo!» Si difese l’altra, alzando gli occhi al cielo.

«Ti prego,» Prue tornò a guardarla, inginocchiandosi davanti a lei così da poterla guardare direttamente negli occhi «non è un gioco, Piper. C’è in ballo qualcosa di grosso. Ti lamenti sempre che non passiamo più tempo insieme, bene, questa potrebbe essere un’occasione per farlo.» Deglutì a fatica, ma era sicura che questa volta sua sorella la stesse ascoltando per davvero. «Potremmo non avere scelta, Piper.»

«In che senso?» Piper corrugò le sopracciglia, chinandosi appena nella sua direzione per dimostrarle che, effettivamente, l’attenzione era rivolta a lei.

«Nel senso che se abbiamo ragione, noi quattro siamo state scelte da-» serrò gli occhi per pensare ad una parola che potesse andare bene, ma nessuna sembrava fare al caso suo «da- poteri superiori molto, molto tempo fa. È il nostro destino, Piper.»

«Il nostro destino?» La ragazza le rivolse un sorriso tirato «Mi stai facendo venire un’emicrania.» Mugolò con voce strozzata.

«Lo so che sembro pazza, Piper.» Prue sorrise quando la sorella cominciò ad annuire in modo convulso «Ma ti ricordi il patto al lago? Insieme per sempre? Sapevi anche allora che eravamo legate da qualcosa di più dal fatto di essere sorelle.»

«Eravamo delle bambine, Prue, era diverso.» Sussurrò l’altra.

«Invece si tratta proprio della stessa cosa.» Prue le sorrise tranquillamente «Ci avevi creduto allora, Piper, con tutto il cuore. Ti sto chiedendo di crederci un’altra volta.»

«È davvero così importante per te?» Piper le chiese con un filo di voce, osservandola con un sorriso storto.

«Lo diventerà anche per te, un giorno, te lo prometto.» La maggiore sospirò sollevata, racchiudendo la sorella in un abbraccio, che venne prontamente ricambiato.

«E Paige?» Piper domandò scettica, anche se la mora sapeva benissimo che stava cercando di celare i suoi veri sentimenti. Non capiva perché volesse farle credere di non fidarsi di Paige, ma era anche vero che a Piper serviva molto più tempo a sciogliersi, rispetto a tutte le persone che conosceva.

«Anche Paige.» La più grande arricciò il naso sorridendole «Fidati, imparerai ad amarla anche tu.»

«Amarla?» Piper le rise praticamente in faccia «Non credi di correre un po’ troppo?»

«Sì- insomma, a volerle bene.» Si corresse Prue di fretta. Sentiva le guance letteralmente in fiamme e il cervello del tutto assente. Come le era venuto di dire una cosa del genere? Forse si stava preoccupando troppo e forse, molto più probabilmente, sua sorella aveva ragione e stava solo diventando pazza.

«Va bene, smettila di farneticare adesso.» Piper si sollevò di scatto dal materasso, le sue labbra ancora piegate in un largo sorriso divertito mentre spingeva Prue verso l’armadio «Muoviti a scegliere un vestito, non stai mica per incontrare Tom Cruise!»
 

⁓✧⁓

La cena si svolse in armonia.

Piper e la nonna facevano spola tra la sala da pranzo e la cucina, portando pietanze su pietanze, una più buona dell’altra. Parlarono di tutto, con Prue che conduceva abilmente la conversazione cercando di coinvolgere tutte quante e Phoebe ovviamente non si trattenne dal raccontare vari aneddoti che la riguardavano, solo per fare ridere Paige e morire di imbarazzo la sorella maggiore; era un rito di passaggio durante ogni compleanno e la nonna non fece niente per evitarlo, anzi, si prolungò lei stessa ad aggiungere i particolari più succulenti.

Prue si sentiva estremamente felice nel vedere la sua giovane ospite illuminarsi quando le sue sorelle la rendevano partecipe delle tradizioni della famiglia, come il taglio della torta, le canzoncine storpiate (che Phoebe si era premurata di insegnarle prima cosicché fosse pronta anche lei al momento giusto), la ritirata strategica in camera di Prue per la notte (l’unica ad avere la tv in camera) senza supervisione di Penny, i popcorn sostituiti dai froot loops durante il film post-cena: Kill It Before It Dies, una pellicola che – ne erano certe – sarebbe diventato un classico ricorrente per ogni compleanno delle sorelle Halliwell.

Prue aveva regalato il VHS alla sorella minore un giorno di Settembre, dopo averlo avvistato in una vetrina di un blockbuster mentre tornava a casa dal museo. Non avevano ancora avuto l’occasione per provare a vederlo senza che Penny potesse venire a conoscenza della pellicola horror, vietata, in casa sua. Per il compleanno di Prue si era presentata l’occasione perfetta, poiché, di solito, la nonna le lasciava un po’ da sole, prima della mezzanotte, finché non decideva di dare l’ordine di spegnere le luci.

Ogni volta facevano finta di darle retta, per poi ritrovarsi a morire di sonno il giorno seguente.

Nessuna di loro si aspettava un epilogo differente per il compleanno di Prue.

«Non fa paura.» Commentò scettica Paige, aggrottando le sopracciglia mentre osservava con attenzione le immagini in bianco e nero che scorrevano sul piccolo schermo. «Voglio dire, a questo punto non era meglio guardare Nosferatu o Frankenstein di James Whale?» bofonchiò, immergendo la mano nella ciotola dei cerali e portandosene alcuni alla bocca.

«A qualcuno piacciono i film vecchi?» Chiese Prue con tono canzonatorio.

«Vintage.» La corresse la più piccola con una smorfia.

«Anche a Piper, solo un po’ più romantici, vero?» Prue infilò il gomito tra le costole della sorella, la quale già abbastanza tesa per il film, saltò sul posto come colpita da una scossa d’elettricità.

«Ehi!» Protestò, dando una spinta alla sorella.

«Shh!» Le zittì Phoebe, a pancia in giù verso i piedi del letto, le ginocchia piegate e i piedi all’aria. «Adesso arriva Billy.» Disse stralunata.

Passarono pochi minuti prima che il film terminasse, ma a quel punto, nessuna delle quattro era abbastanza stanca per andare a dormire. E poi ancora non era mezzanotte.
Si guardarono per alcuni minuti in silenzio prima di rifiutare, con voci accorate, la proposta di Phoebe di riguardare da capo la sua videocassetta.

«Ma io non voglio andare a dormire.» Mormorò con una faccia esageratamente triste.

«Nemmeno io.» Convenne Prue e dallo sguardo di Paige e di sua sorella poteva benissimo capire che anche loro condividevano il medesimo pensiero. «Potremmo-»

«Ragazze?» Puntuale come un orologio svizzero, pochi istanti prima dei rintocchi della mezzanotte, Penny Halliwell bussò alla porta della nipote più grande. Il cigolio si unì ad un coro di mugolii contrariati. «È ora di andare a dormire, avanti, domani avete tutte quante scuola.» fece notare la donna con tono autoritario, eppure sempre mantenendo un sorriso sul volto.

«Ancora un po’, nonna, non siamo stanche.» Protestò Prue. Non era un tipo da ribellarsi, lo sapeva bene, infatti sua nonna non ci pensò due volte prima di entrare in camera sua e poggiare il pugno destro al fianco.

«E cosa vorresti fare, Prudence?» Le domandò con voce impostata.

In un lampo, il suo cervello aveva elaborato una strategia vincente che potesse mettere d’accordo tutti e dimostrare a Piper che le sue intenzioni riguardo la magia erano buone. Doveva solo riuscire nel suo intento.
«Non lo so.» Mormorò l’altra, scrollando appena le spalle «Potremmo fare vedere a Paige le nostre vecchie foto o i nostri vecchi giochi,» cominciò con tono elusivo «è ancora tutto in soffitta, vero?»

Quando sentirono nominare la soffitta, tutte le donne presenti si irrigidirono e tutte per motivi differenti. Prue fu sorpresa di sentir parlare sua sorella minore per prima, quella che più era estranea a tutta la faccenda.

«Forse c’è qualche vecchio film che possiamo prestare a Paige.» Propose con entusiasmo, mettendosi in ginocchio sul letto.

«E qualche libro di cucina.» Pigolò Piper, guardando la sorella maggiore con la coda dell’occhio.

Prue non poteva esserne certa, ma sperava tanto che sua sorella stesse provando a crederle e quindi a reggerle il gioco.

«E ci sono degli album che non vedo da anni.» Si intromise poi prontamente, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi.

«Mi piacerebbe molto!» Intervenne infine Paige, ma venne zittita dal profondo sospiro della nonna.

«Ma che cosa siete, le P4?» Sospirò profondamente la nonna, portandosi una mano alla fronte. «Il nuovo club delle teenagers contro Penny? State cercando di farmi impazzire? Lo sapete che è pericoloso andare in soffitta e poi è decisamente troppo tardi.» Esclamò concitata, le mani che si agitavano dappertutto. «Ve ne prego, dormite.» Le osservò ad una ad una e dopo un buon minuto di silenzio, diede loro la buonanotte e si richiuse la porta alle spalle.

Prue corrugò la fronte, le parole della nonna che le ronzavano in testa: per quanto fosse assurdo, non aveva mai pensato che tutti i loro nomi cominciassero per P. Anche quella era una coincidenza? Troppi indizi portavano verso la sorellanza delle streghe che aveva letto più e più volte nei libri e soprattutto nel diario di Melinda.

Le sorelle si guardarono per un lungo momento, poi Prue sorrise.
«Vi voglio pronte tra un'ora.» Disse con un sorriso sghembo.

Piper e Phoebe non parlarono, si limitarono ad annuire con degli sguardi seri. Poi si alzarono e andarono rispettivamente nelle loro stanze.

Quando la stanza piombò nel silenzio più totale, Prue stava osservando con divertimento la faccia perplessa di Paige. La poverina doveva sentirsi frastornata dagli ultimi avvenimenti, ma non poteva darle torto.

«Andiamo in soffitta?» Chiese titubante, inarcando il sopracciglio.

«No.» Prue scosse la testa e recuperò una torcia dal cassetto del comodino. La colpì un paio di volte con il palmo della mano per accertarsi che funzionasse. Poi la spense e la rimise a testa in giù sulla scrivania.

«E allora di che stavate parlando?» Domandò la più piccola, sempre più impaziente ed incuriosita dall’alone di mistero che stava pian piano calando sulla faccenda.

Le piaceva. Le piaceva da morire stare con Prue e lei poteva percepirlo.
«Lo vedrai.» L’altra le fece l’occhiolino «Le Halliwell si arrangiano sempre.»

 

 

 

Note:

  • I nomi di Mr. e Mrs. Matthews dovrebbero essere Mark ed Helen. Dal momento che non vengono mai nominati nel telefilm e questi nomi sono supposizioni (non ufficiali), ho deciso di cambiare il nome della madre di Paige in Judith in onore di una delle mie attrici inglesi preferite: Judi Dench.

  • Camp Skylark. Patty e Sam sono entrambi stati uccisi sul molo del campo estivo, frequentato dalle sorelle durante l’estate. Appare solamente in un episodio della seconda stagione [S02E08].

  • Il patto di sangue (Blood Oath). [S01E09] Phoebe ricorda il patto che fecero da bambine di essere amiche oltre che sorelle. A seguito di ciò, a Piper venne un’infezione al dito. Dal momento che si fa riferimento ad un lago come luogo dell’accaduto, è molto probabile che si tratti proprio del laghetto di Camp Skylark.

  • Il capitolo è stato diviso in due parti a causa della lunghezza. Questa prima parte è di circa 4k800 parole, il prossimo capitolo ne conterà più o meno 5k500.
     

Easter Eggs:

- La perfida Strega dell’Ovest, da "The Wizard of Oz". Si fanno molti riferimenti a questo film durante tutta la serie: Piper si traveste da Glinda per halloween [S03E04], le scarpette rosse (nel romanzo originale di color argento) vengono utilizzate sempre da Piper nella quinta stagione [S05E03] ed infine Henry afferma che ogni volta che Paige guarda questo film, piange [S08E15].

- Kill It Before It Dies (dal telefilm), pellicola inventata. È il film preferito di Phoebe, più volte citato durante la serie [S02E18, S03E13, S05E20].

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Capitolo 5
*** La Notte delle Streghe II ***


NdR: All'interno del capitolo sono presenti degli Easter Eggs.

Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 5. La Notte delle Streghe, parte 2
POV: Paige Matthews

 

 

Capitolo 5 – La Notte delle Streghe II

«Ascoltali, i figli della notte. Che musica che fanno!»

Paige sbatté più volte le ciglia, guardandosi attorno con occhi assonnati.

Poco prima si era imposta di non cedere alla stanchezza, poi si era concessa di chiudere gli occhi per cinque minuti e alla fine, evidentemente, si era addormentata.
Lei che aveva trascorso notti in bianco in giro per la città innumerevoli volte, lei che si fregiava di essere un gufo delle tenebre, incapace di addormentarsi prima delle due di mattina, lei, quella stessa ragazza, si era addormentata su una sedia alla scrivania della sua finta tutrice, il giorno del compleanno della stessa.

La sua reputazione era definitivamente rovinata.

Paige si stropicciò gli occhi, ancora non del tutto ricettiva e a stento riuscì a sopprimere uno sbadiglio. La stanza era in penombra, la cui unica fonte di luce era la piccola lampada da lettura, a pochi centimetri dal suo volto.
Dall’altra parte, Prue la osservava divertita, in volto un barlume di speranza che la più piccola non seppe immediatamente interpretare; poi ricordò con quale frase aveva deciso di svegliarla.

«Dracula, 1931. Tod Browning.» Mugugnò, sbadigliando di nuovo. «È ora?»

«Indovinato!» Prue rispose trionfante, agguantando la torcia dal comodino ed infilandosela nell’elastico dei pantaloni del pigiama.

«La citazione o il fatto che sia ora di aggirare tua nonna?» Paige domandò, alzandosi barcollante dalla sedia.
Non si era mai sentita così spaesata dopo un risveglio improvviso.
Non si trattava forse di una delle innumerevoli volte in cui qualcuno la svegliava per fare qualcosa di divertente nel cuore della notte? Oramai avrebbe dovuto esserci abituata.
Eppure ora si sentiva solo stanca e la testa pesante, come se stesse smaltendo i postumi di una sbronza.

«Entrambe le cose.» Sorrise Prue, facendole cenno con il braccio di seguirla. «Avanti, non abbiamo mica tutta la notte!» Disse sottovoce, muovendosi in modo teatrale.

«Questa rientra nelle cose più pericolose che tu abbia mai fatto, non è vero?» La schernì la più giovane, dandosi una sistemata ai capelli con le dita.

«Non dimenticarti il furto al museo.» Le ricordò Prue ed un velo di malinconia le offuscò il sorriso.

«Prestito.» La corresse Paige, alzando il dito nel tentativo di farla sentire meglio.
Sapeva benissimo che Prue era una di quelle ragazze che rigano dritto e una sola cosa fuori posto la facevano sentire una delinquente.

Lei stessa aveva sensi di colpa per molte delle cose che faceva, poteva solo immaginare quelli che stavano perseguitando Prue in quel momento.

«È esattamente quello che direbbe un ladro.» La più grande storse il naso, però le sue labbra erano piegate in una piccola smorfia.

«Lo so, ma è una buona scusante.» Paige scrollò le spalle, imitando l'espressione dell'amica.
Solo lei sapeva quante giustificazioni aveva rifilato ai suoi genitori, diventando quasi un’esperta, eppure ripensando al ciondolo, non provava alcun senso di colpa. Era la prima volta.

 

Paige osservò circospetta mentre Prue sgusciava silenziosamente fuori dalla propria porta. Sentì il legno scricchiolare sotto i suoi piedi nudi e si irrigidì. Poi le fece cenno di avvicinarsi e Paige la seguì in punta di piedi, attenta a calpestare gli stessi punti su cui camminava l’altra: di sicuro era una casa antica e le assi del pavimento avrebbero scricchiolato senza pietà sotto il suo passo inesperto.

Rimase in perfetto silenzio mentre Prue si avvicinava alla porta della camera di Phoebe, spingendo delicatamente sul legno per farla aprire.

«Ce ne avete messo di tempo!» Phoebe sibilò, scivolando nel corridoio e tirandosi la porta dietro per farla socchiudere. Aveva in mano un’altra torcia, ma più piccola di quella di Prue.

«Paige si era addormentata.» Prue ridacchiò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della più piccola. «Aspettate in cima alle scale, vado da Piper e vi raggiungo.»

Paige seguì Phoebe fino al primo gradino, senza però iniziare la discesa. I suoi occhi erano fissi sui movimenti lenti e calcolati di Prue mentre si avvicinava all’ultima porta.
Spinse la mano sopra il legno come aveva fatto con Phoebe, con l’unica differenza che Piper non sgusciò fuori dalla porta come aveva fatto sua sorella.

Prue fu costretta a spalancare la porta ed entrare lei stessa.

Paige si sentiva sollevata nel vedere che non era stata l’unica ad addormentarsi, anche se, dall’altro lato, si sentiva incredibilmente nervosa: e se per quel motivo Penny le avesse beccate? Non avevano ancora fatto nulla di male, ma la strigliata della nonna era una delle cose che avrebbe evitato più che volentieri.

«Sempre la solita.» Phoebe mugugnò seccata mentre scuoteva la testa.

Paige si limitò ad osservare la ragazza mentre criticava la sorella maggiore. Che stavano perdendo tempo era vero, ma non trovava giusto quell’appunto. In fondo Piper le stava simpatica. Probabilmente stava solo cercando qualcosa di utile per la loro esplorazione.

«Non potevi farne a meno, eh?» Prue sibilò stizzita e Paige si voltò verso le due. La più grande stava letteralmente trascinando Piper per il gomito mentre quest’ultima, saltellando, stava cercando di infilarsi un calzino.

«Lo sai quante schifezze ci saranno là sotto? Non verrà pulita da anni!» Bofonchiò Piper, stando bene attenta a fare meno rumore possibile. «Dovresti ringraziarmi.» Aggiunse con un lieve strattone per liberarsi dalla morsa della sorella più grande.

Piper sorrise innocentemente quando si trovò davanti alle altre due, il gruppo finalmente riunito, e presentò alle restanti tre gomitoli colorati. Calze per tutte.

Si affrettarono ad indossarle e Paige si concesse qualche istante per domandarsi dove, esattamente, stavano andando per costringere le sorelle ad armarsi di torce e calze per proteggersi i piedi.
Casa Halliwell era grande, certo, ma non così grande. Se la soffitta era fuori discussione, dove stavano andando? Fuori, in giardino? Nel garage? Cosa mai poteva trovarsi di così tanto interessante nel garage? Senza contare che faceva abbastanza freddo per uscire di casa con solamente addosso dei pigiami.
Decise di rimanere in silenzio per godersi appieno la sorpresa. Dopotutto erano tutte insieme, era impossibile affrontare qualcosa di troppo spiacevole.

Paige osservò mentre la più grande istruiva le sorelle – e lei – su come muoversi, raccomandandosi sempre di non fare rumore. Prue chiuse la fila, subito dopo Paige, gli occhi fissi sulla camera della nonna, per assicurarsi di non percepire nessun movimento o nessun bagliore provenire da sotto la porta. Continuò a fissare lo stesso punto finché le fu possibile, poi si affrettò a seguire le altre giù per le scale, divorando un gradino dopo l’altro, attraversare la sala da pranzo e recarsi in cucina, dove lasciò che la porta a spinta di chiudesse dietro di lei.

Paige osservò le tre sorelle con un leggero fiatone. Sembravano tutte soddisfatte, coinvolte, come poche volte le aveva viste essere per un’attività svolta tutte insieme. Forse organizzare bravate del genere era una cosa che, più o meno segretamente, eccitava tutte quante allo steso modo. Non poteva ignorare quella strana sensazione frizzante che le stava piacevolmente solleticando lo stomaco. La stessa che aveva provato la prima volta che era scesa lungo la pianta rampicante a casa sua per uscire con gli amici, o la prima volta che aveva saltato la scuola per farsi un giro per conto suo, o la prima volta che suo padre l’aveva portata al lavoro con sé e le aveva permesso di partecipare ad un’esercitazione, lasciandola persino arrampicarsi sul punto più alto della scala dell’autopompa.

Fare parte di quel gruppetto la faceva sentire immensamente felice.

«Fai tu gli onori di casa?» Prue disse con tono divertito, aprendo il braccio e rivolgendosi a Piper che, prontamente, annuì con un largo sorriso. Ficcò la mano della tasca dei pantaloni e ne tirò fuori una piccola chiave d’argento. La infilò nella toppa della porta accanto ai fornelli.

Era color crema con l’angolo in alto a sinistra smussato e Paige si stupì di non aver mai fatto caso a quella porta, nemmeno una volta da quando frequentava quella casa. Chissà quante altre porte potevano esserci che lei non aveva notato. Quella era la casa dei misteri, decisamente.

Allungò il collo quando Piper spalancò la porta cigolante, rivelando una scala di legno che portava in un piano sotterraneo, molto probabilmente la cantina. Là sotto regnava il buio più totale.

«Vai tu.» Piper intimò e la più grande non se lo fece ripetere due volte prima di sfoderare la propria torcia e, con quella, illuminare i gradini, sparendo poco dopo seguita dalla mezzana.

«Phoebe, Paige, non rimanete indietro!» Prue sibilò dal basso.

Le due si scambiarono un’occhiata perplessa: avevano sentito solo la sua voce perché il suo corpo – come quello di Piper, del resto – era stato completamente inghiottito dalle tenebre.

Paige non potè fare a meno di notare che la sorella più giovane stava tremando come una foglia e quasi poteva sentirla forzare la saliva giù per la gola mentre deglutiva ad occhi spalancati. Doveva aver avuto qualche brutto ricordo da bambina, non c’era dubbio; dopotutto, non era lei la prima ad avere il terrore della propria da quando aveva notato la caldaia, una mattina durante le vacanze di Natale, illuminarsi di un arancione acceso come una creatura infernale?

Le appoggiò una mano sulla spalla e, dopo un piccolo scatto da parte di Phoebe, quest’ultima ricambiò il sorriso.

«Okay, con calma adesso.» Istruì Phoebe, battendo più volte sula sua torcia perché prendesse ad emanare luce. «Non ci vuole niente ad inciampare e non voglio averti sulla coscienza.» Scherzò, ma la sua voce giunse tesa alle orecchie della più giovane. In effetti, quella situazione stava cominciando a darle i brividi.

Paige non poteva negare che il contatto fisico con la ragazza, seppur minimo, le dava un po’ di conforto ed era sicura che Phoebe stesse pensando la stessa cosa.

«È buio pesto.» Mugugnò, serrando le dita sulla spalla dell’altra.

Phoebe prese un lungo respiro e, facendosi coraggio, si avvicinò alle scale.

Paige la seguì con piccoli passi, gli occhi fissi sulla fioca luce della torcia che teneva in mano. Quel tenue fascio di luce tremolante illuminava i gradini davanti a loro. Se non avesse saputo di trovarsi a casa Halliwell, avrebbe sicuramente pensato di essere stata catapultata in quella terrificante villa di legno marcio nella stessa strada.

«Attaccati e stai attenta.» Si raccomandò Phoebe e Paige, come fosse una bambina piccola in attesa di istruzioni da parte dei genitori, si premurò di seguire i movimenti della mano dell’altra mentre si avvicinava sempre di più alla sottile trave che costituiva il corrimano. Aggrottò appena le sopracciglia quando vide Phoebe fermarsi un’ultima volta prima di intraprendere la discesa e, appena prima di immergersi in quell’oscurità, la osservò appoggiarsi alla parete, sfiorando una foto incorniciata, di lei e le sue sorelle da piccole, appesa al muro...
 

Paige sbattè più volte le palpebre, respirando affannosamente mentre una morsa le stringeva il torace. Era incredibilmente spaventata e non solo perché non sapeva dove fosse.

Si guardò attorno, strizzando gli occhi quando notò che, tutto intorno a lei, sembrava essere in bianco e nero, come in un sogno dove il tempo pareva scorrere a rallentatore. Come se non bastasse, si sentiva molto più bassa del solito.

Si trovava sempre nello stesso posto: nella cucina di casa Halliwell, la porta della cantina socchiusa e un bagliore che proveniva dalla fessura; eppure Phoebe non era lì con lei. Provò a chiamare Prue e Piper ma nessun suono uscì dalla sua bocca, anzi, disse qualcosa, ma non con la sua voce.

Riprovò di nuovo e solo un debole “nonna” scivolò fuori dalle sue labbra.

Scosse la testa. Forse stava solo impazzendo.

Sollevò le sue stesse mani, che erano piccole e paffute.

Era come se fosse tornata bambina.

Forse era stato tutto un sogno. Forse era ancora addormentata nella camera di Prue e la spedizione esplorativa non era nemmeno ancora cominciata.

Molto probabilmente non si ricordava di quella porta per la cantina perché non era mai esistita.

Poi sentì un rumore di vetri rotti, seguito da un ronzio costante e da una voce cavernosa. Non riusciva a capire molto delle parole che venivano pronunciate, sapeva solo che stava capitando qualcosa di veramente brutto e pericoloso.

«Nonna?» Disse ancora, ma questa volta non aveva nemmeno provato ad articolare un suono. Paige si sentì portare avanti, i suoi piccoli piedi scalzi che avanzavano inesorabili verso la porta socchiusa, come se non avesse alcun controllo del proprio corpo. Chiunque fosse stato il proprietario di quel corpo da infante, doveva essere proprio stupido.

Trattenne il respiro quando la sua mano destra tirò il pomello della porta, spalancandola per rivelare uno spettacolo a dir poco agghiacciante: Penny Halliwell che sembrava stare contrastando una creatura da incubo. La donna indossava una lunga vestaglia da camera adornata di fiori, un’elegante chioma scura, le mani protese come per respingere quell’orribile essere informe davanti a lei. Era un’entità evanescente, fatta di un denso fumo nero, senza volto, senza arti, eppure incredibilmente potente.

Paige portò le mani alle orecchie quanto quella cosa lanciò una risata gutturale, che le fece pulsare le orecchie.

«Phoebe, torna a letto! Avanti!» Penny si girò verso di lei, lo sguardo preoccupato.

Paige non si mosse. L’aveva davvero chiamata Phoebe? Stava veramente sognando di essere nel corpo di Phoebe bambina? Nulla di tutto quello aveva senso.

«Nonna!» Strillò con voce acuta.

La nuvola nera si bloccò un istante per poi cercare in tutti i modi di oltrepassare la donna e dirigersi verso di lei, sopra le scale.

«La filastrocca, Phoebe, veloce!» Penny gridò, salendo i gradini al contrario, uno per volta. Le mani cominciavano a tremarle. «Io sono la luce...»

«Io sono la luce...» Paige disse lentamente. Non conosceva nessuna filastrocca e, sinceramente, che stesse provando le proprie emozioni o quelle di una Phoebe bambina, certamente più influenzabile, non aveva davvero importanza: era terrorizzata e voleva andarsene di lì.

«Io sono la luce!» Insistette Penny, ma la creatura si lanciò verso di lei con una specie di ruggito.


«Paige!»

Quando aprì gli occhi, Prue la stava scuotendo violentemente per le spalle. Trasalì, prendendo un respiro strozzato e guardandosi attorno. Era ancora in cima alle scale, era tutto a colori ed era alta come al solito. La sua mano era ancora stretta sulla spalla di Phoebe, le dita serrate, gli occhi di quest’ultima ricchi di preoccupazione fissi nei suoi.

«Cos’è successo?» Domandò Paige con voce affannata.

«Lo stavamo per chiedere noi a te.» Piper mormorò.

«Te ne stavi lì immobile, rigida come una statua e gli occhi chiusi.» Phoebe aggiunse, rabbrividendo appena.

«Non hai visto niente?» Paige chiese.

«Visto cosa?» La più giovane delle sorelle aggrottò la fronte.

Probabilmente stava parlando come una persona in preda al delirio: le avevano appena riferito di essere stata ferma con gli occhi chiusi e aveva chiesto a Phoebe della sua – come poteva chiamarla – visione? Se non stava sognando, cosa che cominciava a domandarsi seriamente, allora sì, doveva essere stata una visione.

«Niente.» Paige sospirò, cercando di sorridere a tutte e tre. «Un capogiro.» Si affrettò a giustificarsi. Le sorelle si scambiarono un’occhiata scettica – chiaramente non si fidavano della sua risposta – ma scelsero di non dire nulla.

«Vogliamo tornare nelle nostre camere?» Prue domandò, seriamente in pensiero. Gli occhi blu della più grande parlavano a Paige molto meglio di quanto le parole avrebbero mai potuto fare e non poteva negare di condividere ciò che stava pensando: era legato alla magia? Ormai tutto nelle loro vita pareva esserlo, eppure mai come quella volta si era manifestato. Aveva visto oggetti volare, penne brillare, ma una visione di strane entità con il corpo fatto di fumo, questo mai. Quale poteva essere il suo significato? Aveva visto il passato, oppure le fantasie di una bambina? Perché era particolarmente sicura che i mostri non esistessero, almeno, da quando era cresciuta.

«No, sto bene.» Paige la rassicurò. Le rivolse un sorriso convinto mentre la paura scivolava via dal suo corpo, presto rimpiazzata da un piacevole impeto di coraggio e curiosità.
Sapeva che insieme avrebbero potuto sconfiggere tutto, a maggior ragione gli incubi dei bambini per i mostri e per il buio.

 

Era eternamente grata a Piper, in quel momento, per i calzini che le aveva fornito. Poteva essere una stupidaggine, ma la faceva sentire parte del gruppo: a detta di Phoebe, la mezzana era quella che faceva da mamma alle altre due, ma fino ad allora Paige non aveva mai vissuto quel lato di Piper sulla propria pelle. Si era presa sempre molta cura delle sue sorelle e il fatto che si fosse premurata anche per lei, la faceva sentire bene, come a casa.

La più piccola si schiarì la voce mentre, vicino a lei, Prue cercava di sopprimere alcuni colpi di tosse. Quella cantina era a dir poco polverosa, con cumuli di scatoloni e roba vecchia accatastata alla rinfusa qua e là.

«Guarda, la mia seggiola preferita!» Squittì Phoebe dal nulla, facendo trasalire tutte quante. La sua torcia ad intermittenza illuminò una sedia per bambini in plastica colorata, con un clown disegnato sullo schienale, che la ragazza si affrettò subito a recuperare.

«La piscina per l’estate! Me la ricordavo molto più grande.» Piper storse il naso mentre si avvicinava ad un catino di legno appoggiato alla parete. Sembrava una di quelle vasche vecchio stile, forse una specie di cimelio di famiglia, che loro, da piccole, avevano sicuramente trasformato in un’ideale piscinetta per bambini.

«Eccola qui.» Prue mugugnò poco distante, assorta.

Paige allungò il collo il più possibile, ma non riuscì a vedere cosa stesse stringendo tra le mani.

«Che hai trovato?» Phoebe domandò incuriosita, intenta a spolverare la sua piccola sedia «La tua Raggedy Ann?»

Prue non rispose alla domanda. Si voltò solamente, stringendo quello che sembrava un pezzo di legno dai contorni irregolari, un largo sorriso che le piegava le labbra.

«Piper, ce la fai a portare la piscina qui al centro? Ci serve un appoggio.» Prue istruì, mordendosi appena il labbro mentre si voltava verso la sorella minore «Phoebe, puoi cercare altre tre sedie per noi?»

«Ti aiuto io.» Balbettò Paige seguendo la più piccola delle sorelle, vogliosa di darsi da fare. Recuperarono con un po’ di fatica una valigia piena zeppa di altre borse, che avrebbe sicuramente funzionato a mo’ di puff, un vecchio cavallo a dondolo senza più un orecchio e un peluche di un coniglio enorme avvolto in più strati di plastica per evitare che si rovinasse.

Le due più grandi fecero rotolare, con qualche difficoltà, il catino fino al centro della stanza, per poi accompagnare la sua caduta finché non giacque a terra, il fondo rivolto verso il soffitto, cosicché si venisse a creare un tavolo di fortuna.

Paige si era appena seduta sul cavallo a dondolo, tentando di muovere i piedi pianissimo per testare la solidità di quel vecchio giocattolo. Nonostante avesse decadi sulle spalle e non fosse certo costruito per sorreggere il peso di un’adolescente, il cavallo di legno sembrava sopportarla bene, senza nemmeno scricchiolare. Stava per chiedere a Phoebe – la quale si era accomodata con un’aria soddisfatta sulla sua seggiola – a chi fosse appartenuto, quando Prue, prima di lasciarsi cadere sul borsone, poggiò al centro della piscinetta rovesciata un pezzo di legno.

Ma non un pezzo di legno qualsiasi.

Aveva un bordo frastagliato, di forma irregolare e sulla superficie lucida erano incise lettere e numeri romani. Al centro, una triscele, anch’essa intagliata.

«Il quadrante degli spiriti!» Phoebe esclamò entusiasta, subito zittita dalle sue sorelle perché aveva alzato troppo la voce. «Il quadrante degli spiriti!» Ripeté con lo stesso grande sorriso, ma questa volta, utilizzando un tono di voce decisamente sommesso.

«Credevo di averla vista qualche giorno fa, quando sono scesa per far tornare la corrente.» Spiegò Prue «Ma non ero riuscita ad indagare perché la nonna mi ha richiamata in cucina.»

«Cosa dovremo farci? Non si scherza con queste cose.» Mugugnò Piper, gli occhi fissi sulla tavola.

«Che noiosa!» Phobe sbuffò.

«Solo per divertirci, Piper.» Prue fece spallucce «Guarda, non è nemmeno una tavola ouija vera. È incompleta.» Il dito della maggiore scivolò sulla superficie liscia «Non ci sono né yesno, non c’è hellogoodbye. Queste tavole sono create per comunicare con gli spiriti, porgere domande specifiche a cui loro possono rispondere facilmente. Inoltre bisognerebbe essere almeno in grado di aprire e chiudere il collegamento quando è necessario.»

«Hai di meglio da fare?» Phoebe chiese incuriosita, prendendo a giocare distrattamente con l’oggetto che Prue aveva depositato sopra la tavola momenti prima.

«Phoebe, smettila. Se rompi la planchette sarà veramente difficile giocarci anche se volessimo.» La riprese Prue severamente, sebbene un piccolo sorriso fosse presente sulle sue labbra.

«La che?» Domandò la sorella più piccola con una smorfia teatrale.

«Il puntatore.» Prue sospirò con tono drammatico «Pagana.» La prese in giro, prima di posizionare il piccolo oggetto – anch’esso di legno, a forma di cuore con un buco circolare e una triscele intagliata come sulla tavola – al suo posto ed appoggiare l’indice della mano sulla parte più larga dell’indicatore.

Paige era rimasta in silenzio per tutto il tempo. Aveva sentito parlare di quelle tavole e come dimenticare tutti i film horror che aveva segretamente visto, in cui quegli strani strumenti per contattare i morti facevano la loro apparizione? Eppure Prue aveva ragione: quella era diversa. Forse solamente un giocattolo od una cattiva imitazione, ma in fondo erano lì, sedute su cimeli di famiglia attorno ad una tavola di fortuna ricavata da una piscina di legno rovesciata, in procinto di soffocare per tutta la polvere insediata nei loro polmoni, tanto valeva fermarsi là sotto e intrattenersi con quello strano aggeggio.

Fu l’ultima a poggiare il dito sul puntatore – si era già scordata come Prue lo avesse chiamato – e prese un sottile respiro, gli occhi che si posavano sui volti delle altre tre.

«Non chiedete nulla di inquietante.» Piper fu la prima a parlare, visibilmente tesa. Se avesse potuto leggere nella sua mente, Paige era quasi certa che stesse ripetendo in un loop infinito qualcosa come “io non lo volevo fare”.

Prue sollevò gli occhi al cielo. Anche se si trattava solamente di un gioco, Paige poteva benissimo vedere che stava prendendo la faccenda seriamente.

«Possiamo chiedere di Roger.» Phoebe esclamò con voce cantilenante, stuzzicando il fianco della sorella maggiore con il gomito.

Paige avrebbe potuto giurare che ci fosse della malizia in quella frase e il fatto che, nonostante il buio, avesse potuto notare che gli zigomi di Prue si fossero tinti di un rosso appena più acceso, la fece infastidire.

«Chi è Roger?» Chiese indispettita.

«Il mio capo.» Disse Prue, tagliando corto.

«Il suo ragazzo.» Corresse la sorella minore con lo stesso tono.

Paige non si preoccupò di lanciare un’occhiata glaciale alla più grande. Le aveva sempre parlato di come il suo capo non le desse abbassando fiducia, di come la comandasse sempre a bacchetta e di come lei si stufasse spesso del suo comportamento. Aveva sempre pensato che fosse una persona abbietta e non si era mai premurata di nasconderglielo; Prue non aveva mai replicato. E ora Phoebe aveva svelato che fossero addirittura.. fidanzati? Il fatto che la mora non smentisse con ardore – non smentisse affatto, per essere corretti – confermarono che quelle non erano solo le parole di una sorella dispettosa, ma la verità dei fatti.

A Paige non stava bene. Non solo perché quel Roger fosse una persona orribile che, di certo, non si meritava una come Prue, ma soprattutto il fatto di non essere stata messa al corrente della situazione.

«Prue e Roger si sposeranno?» Domandò Phoebe divertita, gli occhi chiusi e i viso appena rivolto verso l’alto.

«Phoebe, finiscila!» La riprese Prue. «E smettila di spingere.»

Paige strabuzzò gli occhi quando non solo sentì, ma vide il puntatore muoversi lentamente sulla tavola.

«Non sto spingendo.» Borbottò l’altra.

«Hai sempre giocato sporco, lo sanno tutti!» Rimbeccò Prue. «È nella tua natura.»

«E questo cosa vorrebbe dire?» Phoebe spalancò le labbra indignata.

Paige non era certa di aver colto la vera sfumatura di quel dialogo: stavano ancora parlando del gioco o di qualche amore rubato in passato.. o di Roger?

«W.» Piper le zittì, leggendo a voce alta la lettera che il cerchio dell’indicatore aveva evidenziato.

«Oh, non può essere così criptica.» Phoebe si lamentò, strizzando gli occhi quando le loro dita vennero spostate a sinistra con un movimento lineare e preciso.

«O.» Lesse ancora Piper. Le loro dita vennero trascinate verso la triscele, solo per essere scagliate con forza all’indietro «Okay, calma, chi è stato?»

«Un’altra O.» Mormorò Prue.

«Woo è positivo, no?» Phoebe si dipinse un sorriso beffardo sul volto.

«Allora sei stata tu!» La più grande esclamò.

«Non ho fatto niente, Prue!» La più piccola ansimò, un lungo respiro strozzato che le fuoriuscì dalle labbra. «Lo stavo a malapena sfiorando.»

A riprova di questo, Paige osservò mentre le loro dita venivano trascinate ancora, verso destra questa volta, fermandosi sulla lettera successiva.

«G.» Disse Piper, la voce in sospeso pronta a leggere nuovamente.

Eppure, quando il puntatore si spostò ancora, proseguendo la propria corsa verso destra, fu Phoebe a parlare.

«Y.» Sibilò, la voce che le morì in gola.

Prima che qualcuna potesse dire anche solo una parola, Phoebe scattò in piedi; la seggiolina sulla quale era seduta cadde con un tonfo secco dietro di lei.

Le loro mani si separarono all’istante.

«Phoebe, cosa fai?» Domandò Prue, gli occhi fissi sulla sorella con uno sguardo preoccupato.

Paige fece lo stesso e notò che Phoebe era a dir poco terrorizzata.
Ripetè nella sua mente le lettere che l’indicatore aveva individuato poco prima, ma nemmeno in quel modo comprese la reazione della ragazza.

«Woogy?» Mormorò confusa, guardando le altre due in attesa di spiegazioni. Quella parola non aveva significato, vero?

«Non è divertente.» Phoebe sibilò, gli occhi lucidi alla luce della torcia più grande.

«Non eri tu a muovere il puntatore?» Prue domandò con un filo di voce.

«Non credi che mi sarei inventata qualcosa per far spaventare voi, piuttosto che me stessa?» Replicò la più giovane delle sorelle. «Io me ne torno a letto.»

D’un tratto, mentre Phoebe stava imboccando le scale, un lontano rumore solleticò le loro orecchie.
Assomigliava all’ululato del vento, un suono distante però, proveniente da un punto remoto che nessuna di loro era in grado di identificare. Entrambe le torce cominciarono ad emanare una luce fioca e, a volte, si spegnevano per una frazione di secondo.

Paige avrebbe voluto gridare, chiudere gli occhi e ritrovarsi di sopra, nella stanza con Prue, al sicuro nel letto e avvolta da calde coperte. Quella situazione non le piaceva per niente, anzi, le metteva i brividi, come se fosse veramente in un film dell’orrore.
Avrebbe voluto tanto chiedere spiegazioni, eppure sapeva benissimo che, anche se lo avesse fatto, non avrebbe ricevuto risposte: nessuna di loro aveva espressioni diverse da quella pietrificata di Phoebe, la quale, indietreggiando, cercava di risalire le scale della cantina poco distante da lei.

Quando Paige tornò ad osservare Prue, cercando di ricevere un qualsiasi indizio sul da farsi, i suoi occhi si depositarono per un attimo sulla tavola. Tremava, come scossa da un leggero terremoto.

Anche il terreno sotto ai loro piedi prese a vibrare.

Un’oscillazione lieve ma costante, capace di confonderla ancora di più e poi riuscì a scorgerla, nei pochi attimi di luce che fornivano le torce, la sottile linea di fumo nero, denso, che si stava propagando per la cantina.

Paige dischiuse le labbra per parlare, almeno per suggerire a tutte di andarsene da lì, ma prima che potesse farlo, il boato a seguito di un’esplosione la scagliò a terra.

⁓✧⁓

Quando riaprì gli occhi, la scena che le si parava davanti era molto più simile ad un campo di battaglia piuttosto che alla disordinata cantina in cui era scesa diversi minuti prima.
Le pareva di aver perso conoscenza per ore, invece era solo rimasta stordita a causa dell’inaspettato scoppio.

Polvere e detriti stavano volteggiando nell’aria, resa più densa non solamente dalle piccole particelle galleggianti, ma soprattutto da quel fumo scuro che, pian piano, stava invadendo completamente il piccolo spazio.

La piscina di legno era stata rovesciata, le loro quattro postazioni di fortuna scagliate ai quattro muri della cantina e la tavola degli spiriti non si vedeva da nessuna parte.

Nel pavimento, dove poco prima si erano sistemate, si era creata una crepa irregolare, dalla quale sembrava fuoriuscire sempre più fumo.

«Piper!»

Paige voltò a fatica il viso verso le due sorelle più grandi, anche loro stese a terra vicino alla parete opposta alla sua.
Sgranò gli occhi quando vide che le gambe di Piper erano in preda a delle convulsioni.

Aveva forse battuto la testa? Non ricordava di aver mai sentito le sue sorelle o Penny accennare a qualche malattia.

Prue stava cercando di farla svegliare, la scuoteva per le spalle con vigore continuando a chiamare il suo nome.
Fu in quel momento che Paige notò che quella nebbia nera si stava insinuando dentro le narici e le labbra socchiuse della ragazza.

In un lampo, ciò che aveva visto in quella visione in bianco e nero, ritornò prepotente nei suoi pensieri.

Quando cercò di mettersi in piedi per aiutare le sorelle più grandi, notò che il fumo si stava ora dirigendo verso Prue.
Era sola e doveva fare qualcosa.
Per la prima volta, doveva prendere una decisione su qualcosa riguardate quegli strani avvenimenti.. riguardante la magia. 
Anche se nulla, prima di allora, era mai stati tanto terrificante o pericoloso. Quella strana creatura di fumo nero poteva veramente ucciderle?

Phoebe. Phoebe era l’unica che poteva ancora aiutarla.

Tentò di avvicinarla, i piedi che non riuscivano a fare presa per lo strato di polvere già accumulato sul pavimento. Paige si coprì le orecchie con i palmi quando udì quella voce gutturale rivolgersi a Phoebe, come in quella visione, e poi ridere delle sue paure, del futuro senza speranza che avrebbe atteso tutte loro di lì a poco, della corruzione che avrebbe infettato tutte e quattro le loro anime.

Lanciò un’ultima occhiata verso Piper e Prue, immobili, mentre le ultime lingue di fumo avvelenavano le loro menti, colorando i loro occhi di un nero intenso.

Ansimò, per un momento perdendo ogni speranza, rimpiangendo tutto, dalla prima volta in cui avevano indagato su Melinda e Salem fino alla decisione di continuare la loro esplorazione in cantina.

Avevano voluto giocare con il fuoco e quella era la loro punizione.

Solo che quello non era un film, né una storia, né un videogioco di paura. Quella era la vita reale e non avrebbe avuto un’altra chance.

Gattonò verso Phoebe, la creatura incorporea che si avvicinava con una risata trionfante verso la più piccola delle Halliwell.

In quel momento Paige scorse la tavola degli spiriti, completamente ricoperta di polvere, che giaceva rovesciata sopra una pila di libri anch’essi colpiti dall’esplosione.
Le occorse un momento per leggere l’iscrizione riportata che prima, forse per l’eccitazione del momento o semplicemente perché non l’avevano notata, nessuna di loro si era premurata di leggere: Alle mie bellissime figlie, che questo vi possa dare la luce per trovare le ombre. Il potere della triscele vi renderà libere. Con amore, Mamma.

Non ci impiegò molto per trarre le sue conclusioni da quelle parole, tanto inaspettate quanto adeguate alla loro situazione e forse, anche quell’enigmatica visione stava prendendo significato: serviva la luce e non una luce qualsiasi. Una luce figurata, che avrebbe sconfitto quella cosa.

Non era fumo, era semplicemente un’ombra.

Non lei, non Prue, non Piper, nessuna di loro tre aveva ciò che serviva per sconfiggerla. Phoebe era la chiave.

«La luce, Phoebe!» Gridò, ritrovando la voce. La ragazza si voltò per un attimo verso di lei, ma nulla riuscì a distoglierla da quella creatura che le stava andando contro. Paige non poteva biasimarla se era pietrificata «La filastrocca!» Provò ancora e con suo grande stupore vide le labbra di Phoebe dischiudersi appena, come se fosse stata perfettamente a conoscenza di tutto.

«Non puoi resistermi, Phoebe.» La voce di quell’entità somigliava ad un gorgoglio oscuro, ma Paige fece di tutto per ignorarla e sperava con tutto il cuore che Phoebe riuscisse a fare altrettanto. Se lei avesse ceduto, era sicura, sarebbero state tutte perdute.

«Io sono la luce!» La incoraggiò per l’ultima volta e rimase in attesa, per quelle che parvero ore, quando la ragazza ripetè le sue parole.

«Io sono la luce,» Phoebe prese un breve respiro e, senza battere ciglio, proseguì a recitare «e del bene sono la gioia che riluce

Paige assistette attonita mentre dei lievi luccichii, simili a scariche elettriche, cominciarono a correre sulla superficie dell’ombra. Decise che, forse, se avesse ripetuto ciò che Phoebe stava dicendo, quel mostro se ne sarebbe andato più in fretta, lasciando in pace anche Prue e Piper, ma quando tentò, la gola cominciò a dolerle. «Continua!» La esortò con voce strozzata.

Tentò di respirare, ma era tutto inutile: quel fumo stava prendendo anche lei e non poteva parlare, respirare, né pensare lucidamente. Poteva solamente stare lì, immobile, a guardare impotente mentre la più piccola delle sorelle Halliwell combatteva i suoi mostri del passato, divenuti ora più che mai anche del presente.

«Ritorna nelle tenebre, è lì il tuo posto.» Phoebe proseguì, l’ombra sempre più vicino con le sue dita di fumo che cercavano di raggiungere anche lei «Noi ti sconfiggeremo ad ogni costo.» Disse ancora, imperterrita «Adesso vattene e scompari dalla realtà,» la creatura cominciò a lamentarsi con versi gutturali, spaventosi, eppure Phoebe non si fermò «torna negli inferi, tu appartieni all’aldilà

Paige inspirò a fatica, come se fosse appena uscita dall’acqua.
I suoi occhi si posarono sulla creatura, il suo corpo informe che veniva risucchiato velocemente dalla fenditura nel pavimento. Velocemente, lasciò i loro corpi completamente, liberandole e anche la crepa nel cemento si richiuse.

C’era il silenzio più totale, come se non fosse mai successo niente.

 

 

Note:

  • L’episodio di riferimento è “Is there a Woogy in the house?” [S01E15], in lingua originale l’uomo nero viene chiamato Boogeyman (Woogyman da Phoebe), ecco perché sulla tavola compare tale nome - Woogy, abbreviato. La formula per sconfiggerlo è la versione ridotta italiana. Qui la versione originale.

  • Le premonizioni di Phoebe sono mostrate in bianco e nero, ma non si è sicuri che Phoebe le veda effettivamente in questo modo. Qui ho preferito descriverle come visioni in b/n per accentuare il riferimento alle dinamiche del telefilm.

  • Roger è il capo di Prue che compare nel primo episodio della serie. Si fa cenno a lui anche come una delle cause dell'allontanamento tra Prue e Phoebe (sempre nel telefilm).

  • L’iscrizione del quadrante degli spiriti è stata modificata dall’originale (qui) ai fini di adattarla alla storia.

 

Easter Eggs

Oltre a Dracula del 1931 ed al celebre quadrante, che compare più volte nel telefilm stesso, sono presenti altri tre Easter Eggs:

- La famosa caldaia indemoniata di Kevin. "Mamma ho perso l'aereo" era (ed è) un mio must delle vacanze di Natale. Non potevo omettere questo piccolo richiamo.

 

- Gamill’s House (dal telefilm). Paige ne fa menzione in modo blando prima della premonizione.

- Raggedy Ann. È una bambola di pezza, un giocattolo tradizionale americano. La sua popolarità ai giorni nostri è data soprattutto dal caso di Annabelle, una delle bambole possedute da spiriti demoniaci (malvagi) più famose della storia.

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Capitolo 6
*** Quattro Elementi ***


NdR: All'interno del capitolo sono presenti degli Easter Eggs.

Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 6. Quattro Elementi
POV: Prue Halliwell

 

 

Capitolo 6 – Quattro Elementi

Prue salì di corsa le scale del vialetto. Aveva appena accompagnato Paige a casa, come promesso a sua madre Judith, la quale, sorda alle preghiere della figlia per farla rimanere a casa, la fece subito preparare per la scuola.

La ragazza non poteva certo raccontare quello che era successo durante la notte o delle scarsissime ore di sonno che si erano potute concedere. Così come non poteva fare cenno né al mostro che le aveva attaccate, né alla botta che si erano prese tutte quante, in cantina, perché altrimenti i genitori di Paige non le avrebbero mai più permesso di rimanere a casa Halliwell un’altra volta.

Se la povera Paige, dopo una nottata come quella, si sarebbe dovuta sorbire una giornata di scuola, le sorelle non furono altrettanto sfortunate: quando Penny, svegliata dal frastuono, si era precipitata in cucina e le aveva trovate atterrite e provate che uscivano, quasi a gattoni, dallo scantinato, si era subito allarmata. Aveva fatto tante domande e loro avevano semplicemente detto di aver perso qualcosa là sotto mentre erano scese per recuperare dell’acqua. Si erano giustificate grossolanamente dicendo che il prosciutto arrosto della sera precedente era stato particolarmente salato, il che le aveva costrette a scendere in massa in cucina; per quanto riguardava la stranezza della porta della cantina rimasta aperta, avevano semplicemente riferito di averla trovata così.
Nulla di tutto quello aveva senso dal momento che la cantina era sempre chiusa e che, come sempre, avevano seguito una ricetta della nonna per il prosciutto – senza contare che era lei, in gran parte, l’artefice della pietanza in questione.

Tutte loro sapevano che Penny Halliwell non si lasciava prendere in giro tanto facilmente, eppure lasciò cadere l’argomento con sorprendente velocità, una volta essersi sincerata che in cantina fosse tutto a posto e che le sue nipoti e Paige ne fossero uscite incolumi.

Era stata clemente come poche volte, quando le aveva esortate a rimanere a casa, quel giorno, in vista di una chiacchierata importante che si sarebbe tenuta nel pomeriggio.

Tutte e tre le sorelle erano già pronte per sentire una delle ramanzine della nonna, eppure le dinamiche di quell’avvenimento a dir poco eccezionale, le rendeva anche oltremodo curiose. Che la nonna avesse segreti, ormai era ovvio. Forse era lei che possedeva le risposte che cercavano?

Prue sperava con tutto il cuore che confermasse le sue teorie, che raccontasse loro di Melinda, della magia, del loro legame. Non poteva nemmeno immaginare la delusione nel sapere che non si trattava di altro che fantasie e dunque niente di più che miracolose coincidenze.

«Prudence, hai riaccompagnato Paige a casa?» Penny la bloccò sul vialetto, le mani che trafficavano con il mazzo di chiavi per trovare quelle della macchina.

«Sì, è tutto a posto.» La ragazza annuì. «Vado da lei nel pomeriggio.» Le comunicò in fretta «Dopo la chiacchierata.» Specificò, cercando di evitare un’ulteriore sgridata da parte della nonna.

«Credo sarà meglio portare lei da noi.» Disse la donna «Puoi passarla a prendere fuori da scuola?»

«Certo.» Prue annuì lentamente, questa volta. Strano che la nonna la volesse a casa dopo la scuola: non era forse troppo presto? I tempi, di certo, non coincidevano, a meno che...

«Non avevo detto di voler parlare con tutte voi?» Penny la osservò a lungo, una piccola smorfia sul volto. «Vi avrei parlato stamattina, ma mi servite tutte e quattro.»

«Non pensavo intendessi anche Paige.» Prue ricambiò il suo sguardo. Ora la faccenda si stava facendo interessante: di solito, le chiacchierate della nonna erano rivolte ad un gruppo molto ristretto e mai avevano coinvolto qualcuno al di fuori della famiglia. Il pensiero che la nonna volesse coinvolgere Paige non l’aveva lontanamente sfiorata.

«Allora, puoi passare a prenderla?» Domandò nuovamente Penny, con impazienza.

«Sì, ma dovremmo avvisare i suoi. Oggi credo sia la serata della cena settimanale con i parenti.» La ragazza si avvicinò ancora di più alla porta di ingresso.

«Ci penso io.» La assicurò Penny. «Sarete tutte libere di tornare alle vostre vite entro un’ora.»

Prue fissò gli occhi in quelli della nonna: era uno sguardo enigmatico, il suo. Che avesse in mente qualcosa, era palese, ma cosa? Quale chiacchierata della nonna durava meno di un’ora, soprattutto coinvolgendo una persona estranea alle dinamiche della casa? E poi, perché quella sua frase finale sapeva tanto di fatale? Quanti misteri.. troppi, per i suoi gusti.

«Dove vai?» Prue infilò la propria chiave nella toppa, poi si voltò sui tacchi, osservando Penny mentre scivolava nella macchina dalla portiera aperta.

«A controllare le nostre azioni IBM.» Rispose, leggermente elusiva.

«Ci sei andata ieri.» Le fece notare la nipote, corrugando la fronte.

«Prue, entra in casa.» Penny serrò le dita attorno al volante, gli occhi fissi sul cruscotto. «Vi spiegherò tutto più tardi.» Aggiunse. «Devi fidarti di me, d’accordo?» Le rivolse un piccolo sorriso tirato prima di trascinare la portiera dell’auto verso di sé, chiudendola con una botta.

Prue annuì con aria confusa, soprattutto per il fatto che la nonna l’avesse chiamata in quel modo: non l’aveva fatto da anni.

⁓✧⁓

Quando sgusciò nell’atrio, tirandosi dietro la porta con un rumoroso cigolio, quasi le sembrò di essere entrata in un’altra casa. Le immagini della notte precedente tornarono prepotenti davanti ai suoi occhi, la paura e quella creatura mostruosa e le urla che aveva sentito che si mescolavano con le parole enigmatiche della nonna in una litania ossessiva e martellante.

Voleva e doveva trovare le giuste risposte, anche se non le sarebbero piaciute.. e doveva farlo con l’aiuto delle sue sorelle. Quella mattina, a colazione, erano rimaste tutte in silenzio – cosa abbastanza strana – e nessuna di loro aveva toccato cibo, nemmeno Phoebe – cosa ancora più strana. E se quel mostro fosse tornato? E se ci fossero altri, in agguato, pronti a prenderle di sorpresa? Dovevano essere pronte. Piper e Phoebe dovevano sapere, tutto. Adesso non si poteva più rimandare.

«Dobbiamo parlare.» Prue poggiò entrambe le mani sul piano del tavolo della sala da pranzo, ancora apparecchiata con la colazione.

Piper stava girando la sua tazza di the non più fumante da quando era uscita, lo sguardo basso e i suoi biscotti intatti. Se ne stava in silenzio con lo sguardo fisso sul suo cucchiaino.

Phoebe invece stava seduta con un ginocchio al petto. La mano che stancamente sollevava la forchetta dal suo piatto di pancakes per far colare lo sciroppo d’acero lungo i denti argentei.

Erano la pallida ombra delle sue sorelle. Intimorite e confuse, ignare di quello che era accaduto solo perché lei non aveva insistito, o non aveva voluto insistere, per renderle partecipe di una cosa tanto speciale. Forse avere dei segreti per conto suo, da condividere con Paige, la faceva sentire un po’ più ribelle di quello che era. La sua vita, d’un tratto, era diventata dinamica, misteriosa… magica. Forse ne era stata solo un pochino troppo gelosa.

Eppure, come poteva non sentirsi in colpa? Era terribile pensare a cosa sarebbe potuto succedere se Paige non avesse avuto quell’aiuto, giunto da chissà dove.

Aveva intuito fin da subito, fin dal primo giorno, che tutta quella faccenda era pericolosa, esattamente come sapeva di aver coinvolto, seppure involontariamente, anche le sue sorelle. Dopo la scorsa notte, non poteva far finta di niente.

«Parlare di cosa?» Domandò Piper con voce piatta.

«Di questa notte.» Disse Prue senza troppi convenevoli. «Piper, te ne avevo parlato ieri sera prima che arrivasse Paige, adesso voglio spiegarvi tutto. Anche a te, Phoebe.» Sorrise quando si accorse di aver attirato l’attenzione della sorella più piccola.

«Non voglio sentire altre sciocchezze riguardanti la tua stupida magia.» Rispose Piper duramente, senza sollevare gli occhi dalla sua tazza.

«Io sì.» Intervenne Phoebe con voce sottile. Erano le prime parole che la ragazza pronunciava dal momento in cui era uscita dalla cantina, quasi undici ore prima.

Prue fu piacevolmente sorpresa da quelle due semplici parole: Phoebe non l’aveva mai sentita farneticare sulla magia, né su Paige e le loro scoperte, come invece aveva fatto Piper, eppure sua sorella era più che disposta ad ascoltarla. Un’occasione che Piper le aveva sempre negato con il suo cinismo e scarsa vena di immaginazione. Non le erano mai piaciute le stravaganze e si era sempre tenuta bene alla larga da tutto ciò che non era nell’ordinario.

Phoebe, d’altro canto, non aveva battuto ciglio né quando lei aveva confessato di avere risposte ad un evento a dir poco inspiegabile, né quando Piper aveva parlato di magia. Era sempre stata quella con la mente più aperta di tutte ed ora più che mai era disposta ad ascoltare qualsiasi spiegazione plausibile rispetto agli eventi recenti.

«Phoebe, non essere ridicola!» Piper lasciò di colpo il cucchiaio per battere il palmo sul tavolo, facendo tintinnare piatti e bicchieri. La più piccola, già tesa di per sé, sobbalzò come una qualsiasi stoviglia sulla sua sedia. «La magia non esiste.» Piper si era voltata verso Prue prima di pronunciare quelle parole, anche se era un’affermazione indirizzata ad entrambe.

«Allora come te lo spieghi, quello?» Sorprendentemente, fu Phoebe a rivolgere quella domanda, come se fosse stata lei quella in dovere di difendere quella posizione a favore della magia. Prue rimase a fissare sua sorella con le labbra dischiuse. «Woogy esiste, ve l’ho sempre detto.»

«Avevi cinque anni!» Tentò ancora Piper.

«Come ti spieghi la filastrocca?» Phoebe continuò «C’eri anche tu. Hai visto che l’ha scacciato!»

A quelle parole, Piper non potè replicare.

Prue la osservò, cercando di celare la contentezza di avere trovato un’inaspettata alleata così presto, soprattutto per non far sentire sola Piper, il che l’avrebbe indispettita oltre ogni modo, rendendola così sorda ad ogni suo futuro tentativo di persuasione. Inoltre, non poteva negarlo, Phoebe aveva trovato subito le parole giuste per far ragionare la sorella di mezzo.

«La nonna ti ha insegnato quella stupida filastrocca per farti dormire.» Piper riprese inesorabile, la voce sempre più bassa ed indifferente.

«Era un incantesimo, Piper.» Prue la corresse, cercando con tutta sé stessa di non lasciarsi infastidire dai sospiri esasperati della sorella. «E questo dimostra che la nonna sa molto di più di quello che vuole farci credere.» La ragazza si mise a trafficare nella sua borsa. Non appena sfiorò il taccuino di pelle di Melinda, si bloccò.

«La nonna non sa un bel niente!» La sorella ribatté severa «È una faccenda assurda e se non ti conoscessi bene, direi che stai perdendo la testa.»

«Qui dentro ci sono le prove che sto dicendo la verità.» Prue estrasse il diario rilegato in pelle e lo fece scorrere sul tavolo, fino a farlo arrivare accanto al succo di frutta, in un punto quasi equidistante da tutte e tre. «Paige ha la chiave per aprirlo. Anche la serratura funziona in modo misterioso e non siamo ancora riuscite a capire come funzioni.» Quando sollevò la mano dalla copertina, la triquetra disegnata sulla copertina, stava brillando lievemente.

«È il simbolo del quadrante degli spiriti.» Notò Phoebe con voce sorpresa, chinandosi verso il taccuino con curiosità e rinnovato interesse. «E del Libro delle Ombre, quello che abbiamo trovato in soffitta.»

«Esatto.» Confermò Prue. Aveva sempre considerato la sorella più piccola come una scansafatiche ribelle e priva di mordente. Doveva decisamente ricredersi. Stava dimostrando una fiducia unica nei suoi confronti, senza parlare del coraggio che aveva esternato in cantina e lo spirito di osservazione. La sua curiosità si sarebbe rivelata utile, Prue lo sapeva molto bene. «Questo vi dimostra che è tutto collegato.»

«E “questo” cosa sarebbe?» Domandò Piper.

La più grande non sapeva se interpretare quella domanda come un barlume di interesse o semplice voglia di dimostrare, ancora una volta, che si stava fissando con delle idee a dir poco assurde. Troppe volte, nel corso degli anni, l’aveva accusata di essere ossessiva per cose irrilevanti od insensate… quella volta non l’avrebbe avuta vinta.

«Questo diario è stato trovato in uno scavo in Massachusetts. Lo sapete, no, che sto lavorando a quel progetto del museo per il trecentesimo anniversario dei processi alle streghe di Salem.» Cominciò a spiegare Prue, prendendo finalmente posto a capotavola, in modo da poter osservare entrambe le sue sorelle con facilità. «Ho scoperto che apparteneva ad una certa Melinda Warren e parla di cose.. sorprendenti. Poteri magici, creature mostruose, bene e male e paladini di queste forze che sono in costante lotta da secoli. Paige ed io crediamo che parli anche di tutte noi.»

«Paige.» Piper sollevò gli occhi al cielo «Ci risiamo.» Borbottò da dietro i suoi palmi, ben fermi a coprirle il volto.

«Forse è meglio se comincio dall’inizio.» Prue tentò nuovamente di ignorare quel commento.

Dopo un lungo respiro, Prue prese a raccontare del primo incontro con Paige al museo. Riportò tutto quello che si ricordava – e lo faceva, come fosse successo pochi istanti prima – nei minimi dettagli, per quanto possibile; parlò di quello strano bagliore blu la prima volta che si erano sfiorate e degli oggetti del piccolo laboratorio che avevano preso a vorticare nell’aria, senza controllo, come spinti da un tornado invisibile. Raccontò di come quella baraonda si fosse completamente dissolto nel nulla e tutti gli oggetti, avvolti da un luccichio argenteo, avessero ritrovato il loro posto originale senza lo sforzo di nessuno, come se nulla fosse mai successo.
Disse loro che da quel momento, avvenimenti inspiegabili erano accadute ad entrambe: Paige aveva scoperto di comprendere lingue che non aveva mai studiato in vita sua, di essere in grado, a volte, di far illuminare oggetti.
Poi c’erano stati i sogni in comune e il nome ricorrente di Melinda Warren.

«Vuoi dirmi che ti è apparsa in sogno?» Domandò Piper.

Il tono che aveva usato, non piacque per niente a Prue.

«Mi ha parlato di noi.» Disse lentamente. «C’è una dedica in questo diario, dove parla di sua figlia, Prudence, e di come lei tramanderà il lascito di sua madre ad intere generazioni di altre streghe.»

«Stai decisamente dando i numeri.» Piper sospirò pesantemente «Perchè allora non apri questo dannato libricino?»

«Te l’ho detto: Paige ha la chiave.» La sorella maggiore ripeté, mal celando la propria esasperazione. «Comunque, non è questo il punto, perché sei vuoi sapere cosa c’è scritto qui dentro, ti basta dare un’occhiata al Libro delle Ombre.» Prue poggiò il palmo sul diario «Questo è una specie di piano B nel caso l’originale venga perduto. È un riassunto, il punto zero per noi.»

«Prue, questa cosa ti appassiona, lo so,» Piper parlò più pacatamente questa volta, eppure quell’aura di freddezza che aveva eretto attorno a sé era quasi palpabile «ma non puoi pretendere che facciamo il tuo stupido gioco anche noi.» Si voltò fiduciosa verso Phoebe, sperando ancora di avere un’alleata. Il silenzio della più piccola la scoraggiò ancora di più e Piper si lasciò cadere sullo schienale della sedia.

Prue ringraziò solamente qualunque forza non l’avesse fatta alzare ed andarsene. Forse una piccola parte di Piper voleva ancora stare ad ascoltare i suoi deliri.

«Piper, mi dispiace avervi tenute all’oscuro fino a poco tempo fa, ma non è una cosa che ho deciso io. Siamo coinvolte tutte quante.» Spiegò Prue. Stava tentando con tutta sé stessa di non usare un tono supplichevole, ma si stava rivelando più arduo del previsto: perché era così complicato ottenere la fiducia di Piper? Non lo era mai stato, prima. Forse mantenendo un segreto del genere, aveva rovinato tutto. «Come ti spieghi che la prima volta in cui ci siamo ritrovate tutte sotto lo stesso tetto, la porta della soffitta si sia aperta?» Domandò la maggiore.

«Ci sono così tante coincidenze in questo mondo, Prue.» Ribattè Piper, eppure questa volta, la sua voce suonava quasi rassegnata.

«È vero.» Confermò Prue, annuendo appena «E dopo aver letto la prima pagina del Libro delle Ombre, lo credevo ancora. Ma qui ci sono scritte delle cose, Piper, cose che non possono essere spiegate altrimenti.»

«Parla di Woogy?» Chiese Phoebe con un filo di voce. Nonostante fosse un mostro della sua infanzia, nonostante lo avessero sconfitto (almeno così sembrava), il solo pensiero di quell’essere la terrorizzava. Mentirle non avrebbe giovato a nessuno.

«Sì.» Ammise Prue «E anche di molto di più. Ci sono così tanti esseri malvagi in questo mondo che qui dentro non ci stavano tutti.» Strinse il diario tra le dita e lo sollevò appena «Per questo è stato creato il Libro delle Ombre, che è come un'enciclopedia dei demoni. Sono stati entrambi scritti per mano di Melinda, ma fino a poco tempo fa, questo diario era andato perduto… era il pezzo mancante.»

«Il pezzo mancante per cosa?» Domandò ancora Piper.

Poteva sbagliarsi, ma questa volta, vide sua sorella interessata.

«Per riunirci tutte e quattro. Melinda parla di tre sorelle, chiamate come prescelte, che saranno le più potenti della stirpe, ereditando ciascuna i poteri originali: i suoi.»

«E tu pensi si tratti veramente di noi?» Piper la stava fissando incredula, con le labbra dischiuse e le sopracciglia alzate oltre ogni misura. Ancora pochi millimetri e avrebbero sfiorato l’attaccatura della sua frangetta.

«Tuttavia, in sogno, aveva parlato di quattro sorelle.» Prue enfatizzò quelle ultime parole e attese con pazienza che il messaggio si insediasse nelle menti delle sorelle.

«Paige non è nostra sorella.» Mormorò Piper, ritornando a rivolgerle lo sguardo di prima. Prue sapeva che le stava dando della pazza ancora una volta e, forse, questa volta, dal suo punto di vista, non aveva tutti i torti.

«Non si parla di sorelle di sangue, Piper, te l’ho già spiegato.» Sospirò lentamente la mora «È un legame molto più profondo. Solo insieme possiamo attingere alla totale pienezza dei nostri poteri.»

«Noi non abbiamo poteri, Prue.» La sorella di mezzo la stava fissando con insistenza.

«Ce li abbiamo.» Prue accennò un sorriso. Si allargò appena quando vide che la sorella minore aveva alzato lo sguardo e la stava osservando con interesse. Per quanto potesse essere spiazzante, non era per niente sorpresa che Phoebe fosse felice per quella notizia.

«Non ho visto nessuna di noi trasformare qualcuno in rospo.» Piper esclamò «Hai visto qualcuna di noi usare i suoi poteri di recente?» La ragazza alzò le mani in aria, cercando di rimarcare le sue parole.

«Phoebe lo ha fatto.» Disse Prue trionfante, rivolgendosi alla diretta interessata.

«Io?» Phoebe spalancò le labbra stupefatta.

«Se ti dicessi che qui dentro parla di Woogy ma non c’è scritto come sconfiggerlo?» Prue sventolò il diario per qualche istante, prima di porgerlo alla sorella minore.

«Pensavo che Paige avesse letto la filastrocca lì dentro, a questo punto.» Mormorò Phoebe, rigirando più volte il taccuino tra le mani.

«No. È stata la nonna ad inventarla, come ha detto Piper.»

«E Paige come faceva a conoscerla?» Phoebe domandò, corrugando la fronte.

«Lo ha visto nella sua testa, come un’immagine del passato.» Spiegò Prue con lentezza, in modo che le sorelle seguissero il suo discorso «Si chiamano visioni ed è il potere della terza sorella, secondo le parole di Melinda.»

«Quindi è stata Paige ad utilizzare il suo potere, non io.» Esclamò Phoebe. La sorella maggiore notò la delusione nei suoi occhi.

«Ne abbiamo parlato tutta la notte, Paige ed io.» Prese a guardarsi attorno con frenesia, poi agguantò un tovagliolo e lo lisciò con le dita «Piper, passami qualcosa per scrivere, per favore.»

«Tieni.» Disse, lievemente scontrosa, quando porse la matita alla sorella.

«Grazie.» Rispose Prue con un mezzo sorriso. «Se ricordi bene, Paige aveva afferrato la tua spalla.» Phoebe annuì «Bene. Pensiamo che abbia incanalato la tua visione perché ancora non eri pienamente consapevole della magia.. fino a ieri notte.»

«Ho dei poteri?» Mormorò Phoebe con voce stralunata. Non sembrava una vera e propria domanda, quanto più una frase per se stessa, come se dirlo lo rendesse più vero, in qualche modo.

«Siamo partite da qui per decifrare la triquetra.» Mormorò Prue, concentrata mentre tracciava un tremolante semicerchio sul tovagliolo «La prima sorella ha il potere della telecinesi, ossia di spostare gli oggetti con il pensiero.» Poi ne tracciò un altro, creando una punta verso il lato superiore «La seconda sorella possiede il potere di immobilizzazione: può bloccare il tempo.» Proseguì con il suo schizzo e, partendo da un’estremità di un dei due semicerchi ne tracciò un terzo, collegando le linee di modo che si creassero tre punte di pressoché eguali dimensioni. Non era perfetta come quella incisa sul quadrante o sul libro, ma era una rappresentazione decente. «La terza sorella quello di poter vedere passato, presente e futuro.»

«E Paige come rientra in tutto questo?» Phoebe si era allungata sul tavolo, il mento appoggiato al palmo e gli occhi fissi sul tovagliolo. Si mostrava oltremodo interessata e quasi sembrava dispiacerle che Paige non facesse parte, fino a quel momento, di quella triscele che aveva accomunato, in modo così inaspettato, lei e le sue sorelle.

«Tre sorelle, quattro elementi.» Proseguì Prue, tracciando un cerchio che toccava tutte e tre le punte, creando piccole forme triangolari con esse. «Siamo quattro sorelle per quanto riguarda la magia e Paige è l’elemento mancante: la sorella perduta. Perciò i nostri poteri non si sono rivelati prima.»

«E Paige che poteri ha?» Domandò ancora la più piccola, impaziente e vivacemente curiosa. Prue era felice, almeno per questo: Phoebe stava compensando la totale mancanza di entusiasmo della sorella di mezzo.

«In realtà è ancora un mistero.» Prue sospirò appena «Melinda non ne ha parlato e nemmeno qui nel suo diario ne fa cenno. Dice solo che è l’elemento perduto, quello che ci dà equilibrio e che risana.»

«Risana?» Piper sollevò un sopracciglio.

«Credo intenda metaforicamente.» Prue fece spallucce «Dal momento che ritrovando lei, abbiamo scoperto di avere poteri ed un destino, penso intenda risanare il potere della Triscele, che siamo tutte e quattro noi.»

«Va bene.» Piper sospirò pesantemente, massaggiandosi la fronte con le dita. Rimase in silenzio qualche istante prima di parlare «Ammettiamo per un istante che tu abbia ragione,» Sollevò piano lo sguardo. Prue incontrò gli occhi di sua sorella «Perchè questa Melinda avrebbe scelto proprio noi?»

«Ho tutte le ragioni di pensare che siamo sue lontane, lontanissime discendenti.» Disse Prue. Non c’era motivo per fare giri di parole. «Il Libro delle Ombre, il quadrante, per non parlare di questo diario, sono cose che si tramandano da generazione in generazione e che restano in famiglia. Ci sono troppi misteri che la nonna non ha mai voluto svelare.»

«Pensi che anche la nonna sia..?» Phoebe spalancò gli occhi, turbata. «E la mamma?»

«Perchè no?» Prue scrollò appena le spalle. Se doveva aprire una parentesi sulla morte di sua madre, in circostanze a dir poco misteriose, allora non ci sarebbe stato alcun dubbio che le mani di qualche demone grondavano del suo sangue.

«Aspetta un momento,» Piper sollevò le mani in segno di resa, chiamando il silenzio per parlare in tranquillità e guadagnandosi la totale attenzione di entrambe le sue sorelle «e se noi non volessimo diventare streghe?»

«Non abbiamo scelta, Piper. Lo siamo dalla nascita, se ho ragione io.» Rispose Prue con sicurezza. Non era una persona abituata ad essere smentita.

«Dobbiamo chiederlo alla nonna non appena torna.» Asserì la mezzana, con voce leggermente intimorita.

«No.» La interruppe Prue. «La nonna probabilmente sa benissimo che abbiamo intuito qualcosa. Dobbiamo confidare nel fatto che sia ancora all’oscuro della quantità di informazioni che siamo riuscite a racimolare.» Fece una piccola pausa, cercando il consenso delle sorelle. Se con Phoebe era facile, con Piper era un’altra storia: sapeva che era una cosa spiazzante per lei. Il fatto di essere streghe e venire a sapere che tutta la sua famiglia era a conoscenza della magia era una notizia che avrebbe cambiato le loro vite per sempre. Avere conferme dalla nonna era una cosa naturale da fare, eppure Prue non riusciva a fidarsi, non quella volta.

«Pensi che la nonna abbia in mente qualcosa?» Domandò Phoebe con voce sottile.

«C’era lei la prima volta che Woogy ti ha attaccata, Phoebe. La magia c’era e poi è scomparsa dalle nostre vite. Probabilmente avrà intenzione di fare un altro abracadabra e farci dimenticare tutto, come ha fatto quando eravamo piccole.»

«E quale sarebbe il problema?» Domandò Piper con naturalezza.

«Piper, è il nostro destino!» Ribattè Phoebe con fervore.

«Senza contare che è molto probabile che ci allontani definitivamente da Paige e non sarebbe giusto, per nessuna di noi.» Aggiunse Prue. Anche se poteva essere irrilevante per la famiglia, perdere una ragazza che aveva fatto breccia da poco nella vita di tutte, per lei rappresentava una perdita consistente. Le sarebbe dispiaciuto enormemente dimenticarsi di lei, se il piano della nonna fosse stato quello di farle tornare nella loro ignoranza, anche solo per proteggerle ed allontanarle da quel mondo pericoloso; molto probabilmente era stato il motivo per cui lo aveva fatto la prima volta, cancellando la magia da ogni loro ricordo e dalle loro vite, quando loro erano solo delle bambine.

«La nonna non ci tradirebbe mai, Prue, lo sai.» La sorella più piccola stava fissando lei, ora. «Forse vuole solo parlarci della magia e dei nostri poteri e spiegarci tutto, ora che sappiamo qualcosa anche noi.»

«È quello che spero anche io.» Ammise Prue, scuotendo impercettibilmente la testa, gli occhi bassi e fissi sulla triquetra che aveva disegnato «Ma non possiamo lasciarci prendere alla sprovvista, giusto per sicurezza.» Prese un profondo respiro e sollevò gli occhi sull’orologio che ticchettava imperterrito sulla credenza «Devo andare a prendere Paige. Voi andate in soffitta e cercate più informazioni possibili: leggete il Libro delle Ombre e cercate l’albero genealogico della famiglia.» Forse doveva ringraziare la sua passione per le ricerche di qualsiasi genere, ma in quel momento non era importante. Ciò che contava era avere sia Phoebe che Piper dalla sua parte, disposte a credere alle sue parole.

«E sei la porta è chiusa?» Domandò Piper. Aveva ancora qualche residuo di scetticismo nella sua voce, eppure era disponibile ad assecondarla, almeno all’apparenza.

«Bussate.» Suggerì Prue, facendo riferimento al loro primo incantesimo, se così si poteva definire; ecco il perfetto esempio di come avevano fatto uso dei loro poteri in momenti di necessità.
Piper parve ricordare e capire, perché prima di seguire Phoebe e salire le scale, si voltò verso Prue e le rivolse un timido sorriso.

⁓✧⁓

Prue decise di andare a piedi fino al liceo. C’era ancora parecchio tempo prima che la ragazza terminasse l’orario di lezione, ma con un po’ di fortuna sarebbe arrivata giusto in tempo per raggiungerla all’uscita della scuola per riaccompagnarla a casa da sua madre. Quello che aveva deciso di seguire non era un percorso troppo lungo, eppure i numerosi saliscendi di San Francisco lo rendevano un tragitto abbastanza faticoso, soprattutto sotto il sole autunnale, ancora caldo nonostante la stagione.

Paige aveva fatto la medesima strada la prima volta che aveva bussato alla porta di casa Halliwell, spaventata e confusa da ciò che le stava accadendo.
Quella ragazza le aveva chiesto aiuto, si era rifugiata da lei e l’aveva presa come punto di riferimento. Non poteva deluderla e non poteva di certo abbandonarla: ormai Paige faceva parte della famiglia e come sorella acquisita, per via della magia, aveva il diritto e il dovere di lottare al suo fianco e a quello delle sue sorelle per proteggere il loro destino comune.

Penny Halliwell aveva sempre giocato ad armi impari su questo argomento. In quanto loro tutrice e in veste di nonna, aveva certamente scelto di tenere la parte della loro vita, quella collegata alla magia, segreta. Ecco perché la soffitta era sempre rimasta chiusa ed ecco perché lei ci passava spesso ore intere, mentre a loro era permesso entrarci molto di rado e sempre sotto la sua supervisione.
Probabilmente aveva preso quella decisione dopo la scomparsa di Patty, sua madre. Crescere tre bambine da sola, per di più streghe, non sarebbe stato facile per nessuno, nemmeno per una strega che era tale da una vita intera. Forse se sua madre fosse stata ancora in vita, avrebbero combattuto il male insieme, o forse Paige non sarebbe mai entrata nelle loro vite.
Sarebbe stato tutto diverso.

Forse Penny stava solo aspettando il momento giusto, il giorno del diciottesimo compleanno di Phoebe, per esempio, per parlare di magia e provare ad adempiere alla profezia e cercare Paige, la loro quarta sorella perduta; tuttavia loro – o il destino – avevano accelerato inconsapevolmente i tempi, scombinando i piani della donna.

Prue non poteva sapere come la nonna avesse intenzione di risolvere quel problema, ma sapeva di non potere lasciare nulla al caso.
Nell’ipotesi che la nonna avesse voluto rimandare la piena acquisizione dei loro poteri e la nuova carriera da streghe per qualche altro anno, dovevano essere in grado di potersi difendere ed opporsi.

Dovevano aver voce in capitolo e decidere loro del proprio futuro.
Chi meglio della nonna, una strega da più di mezzo secolo, poteva fare loro da guida ed insegnare a tutte e quattro loro tutto ciò che bisognava sapere sulla magia?

Non avevano altra scelta che far fronte comune, loro quattro, e porre alla nonna tutte le domande del caso: dovevano conoscere la verità a tutti i costi.

 

Parecchie decine di minuti più tardi, Prue stava seduta sul muretto del parco di fronte alla scuola, i piedi a penzoloni e lo sguardo fisso sui cancelli arrugginiti.
Gruppetti di giovani scapestrati venivano gettati fuori ad intervalli regolari e man mano che il tempo passava, la strada si faceva sempre più rumorosa tra schiamazzi, canzoni stonate urlate a squarciagola e scooter che facevano slalom tra le macchine in transito. Non le mancavano per niente i tempi del liceo.

Passarono diversi minuti prima che i suoi occhi scorgessero Paige che si trascinava sul vialetto, diretta a passo stanco verso la fermata dell’autobus.
Prue allungò le braccia per attirare la sua attenzione, ma la ragazza era troppo impegnata a sbadigliare per accorgersi di lei.

Sorrise, scuotendo appena la testa, e decise di raggiungerla una volta per tutte.
Le sfiorò la spalla e Paige trasalì, completamente presa alla sprovvista.

«Prue?!» Annaspò, cercando di stabilizzare il proprio respiro.

La mora la stava osservando divertita, incapace di sopprimere una risata nel vedere la ragazza che cercava di riprendersi dallo spavento che le aveva procurato. Quasi poteva sentire le domande che si stavano formando nel suo cervello sul perché della sua presenza all’uscita da scuola.

«Sono successe delle cose, Paige.» Prue si sforzò non poco per cercare di sembrare tranquilla e non allarmarla più del dovuto «Ti accompagno a casa, ne parliamo strada facendo.»

«Che genere di cose?» Domandò la più piccola; la confusione era ancora presente sul suo volto.

«Ho parlato con Piper e Phoebe.» Trattenne il respiro «Ho raccontato tutto quello che abbiamo scoperto.» Prue temeva che si arrabbiasse. In fondo, avevano discusso poche volte sul dire alle sue sorelle della magia e di tutte le loro ricerche e teorie. Era un loro segreto, e anche se era inevitabile che prima o poi ne sarebbero venute a conoscenza, Prue aveva pensato che la rivelazione si sarebbe svolta in modo del tutto diverso e che avrebbero lanciato la bomba alle sue sorelle insieme. Le circostanze erano cambiate.

«E come l’hanno presa?» Chiese Paige.

Prue la osservò di sbieco, mentre camminavano.
Non si era arrabbiata, il che la confortava… quella ragazza si stava dimostrando molto più matura di quello che pensasse. Eppure, se non era arrabbiata, la sua voce di certo non sprizzava gioia; era forse preoccupazione quel velo che le stava adombrando il volto?

«Phoebe l’ha presa benissimo.» Prue sorrise.

Senza sollevare lo sguardo, anche l'altra ragazza piegò le labbra in un’espressione divertita, come se se lo aspettasse: aveva imparato a conoscerle bene nonostante il poco tempo passato insieme alle sue sorelle.

«E Piper?» Domandò con una smorfia.

«È stata più ostica.» Rispose Prue «Ma pare si sia convinta a collaborare. Sono in soffitta a cercare informazioni su Melinda nel Libro delle Ombre, in questo momento. Così vedranno con i loro occhi che non sono tutte fantasie.»

«Perfetto. Non è quello che avevi sempre voluto, Prue?» Paige la stava osservando, la fronte appena corrugata.

«Certo. Ma è sorto un problema, come ti dicevo.» Sospirò la mora.

«Che problema? Woogy è tornato?» Domandò preoccupata.

«No, ma è probabile che non sia l’unico mostro che tenterà di attaccarci, ora.»

«Non lo sarà di sicuro.» Confermò la ragazza.

«Ebbene, dobbiamo essere pronte e per farlo dobbiamo prendere possesso del Libro e piena consapevolezza dei nostri poteri.» Disse con decisione «Questo significa anche accogliere il nostro destino e se lo facciamo, sarà per sempre. Non avremo più scelta.»

«Perchè, ora ne abbiamo?» Chiese retoricamente Paige con un mezzo sorriso «E poi, non ho ancora capito quale sia il problema.»

«La nonna.» Disse Prue senza pensarci due volte. «Credo abbia in mente qualcosa e se le nostre teorie sono giuste e lei è sempre stata una strega, abbiamo tutte le ragioni per temere una sua prossima mossa.»

«Vuoi giocare d’anticipo? Organizzarci prima di lei?» Paige si era bloccata in mezzo al marciapiede. L’orda di ragazzi passava accanto a loro, spostandosi come un fiume attorno ad una roccia.

«Questo sarebbe il piano.» Mormorò Prue, ora non tanto più convinta: era un’idea folle «Senti, potrebbe solo volerci tutte e quattro lì per parlarci e spiegarci tutto. Ma non possiamo esserne sicure.» Prese un profondo respiro e serrò la mano sulla spalla esile della ragazza «Ha agito alle nostre spalle già in passato e se ha in mente qualcosa per farci dimenticare tutto, allora voglio almeno avere una possibilità di decidere da sola, questa volta. Ormai siamo tutte grandi abbastanza per decidere del nostro futuro.»

«Immagino di sì.» Annuì Paige.

 

«Quindi sei convinta che tua nonna vi abbia fatto dimenticare della magia?» Domandò Paige, lasciando cadere il suo zaino ai piedi della scrivania.

«Ovviamente è una teoria, ma è la sola che abbia senso.» Confermò Prue, sdraiandosi sul letto della ragazza. La gatta le soffiò contro prima di sgusciare via in corridoio.

Quanto odiava quell’animale: ogni volta che le si avvicinava, trovava ogni scusa per poterla mordere, graffiare, oppure farla spaventare a morte; l’unica che tollerava di buon grado era Paige. Quel felino era una buona guardiana, anche troppo per i suoi gusti.

«E come pensi abbia fatto?» Chiese Paige, sembrava curiosa.

«Lei è strega da molto più tempo di noi, ha avuto accesso al Libro da chissà quanto tempo ed è evidente che combatte questi mostri da anni. Probabilmente lo fa ogni volta che dice di andare a controllare le sue azioni IBM.» Prue sospirò pesantemente. Era davvero difficile rendersi conto che la loro amata nonna avesse preso in giro lei e le sue sorelle da tempo immemore. Poteva capire le sue ragioni, ma non poteva perdonarla, non ancora.

«Quanto tempo abbiamo ancora prima di dover andare a casa tua?» Paige stava svuotando il suo zaino con sguardo perso. Aveva la stessa espressione di Piper quando stava architettando qualcosa e cercava di farlo in gran segreto.

«Un’ora, credo.» Prue mormorò «La nonna avrà telefonato a tua madre per avvisarla. Ha detto che ce la sbrigheremo in poco tempo in modo che tu possa andare alla cena con la tua famiglia.» Aggiunse, riflessiva «Questo mi rende sospettosa: la nonna non se la sbriga mai in poco tempo, a meno che non ci butti addosso qualche polvere magica, o che so io, per farci fare quello che vuole lei.»

«Tipo controllo mentale?»
Paige le rivolse una smorfia teatrale che non potè fare a meno di ignorare.

«Tipo.» Sorrise Prue.

«Bene,» Esclamò Paige con un sospiro rassegnato «allora prima che succeda qualcosa che va al di là delle nostre facoltà, devo darti una cosa.»

Prue la osservò incuriosita e perplessa mentre rovistava tra i cassetti in subbuglio della sua scrivania. Vedeva matite mezze mordicchiate, penne senza tappo, fogli stropicciati e foglietti che volavano ovunque, mentre le sue dita continuavano l’affannata ricerca.
Doveva ammetterlo: per quanto misteriosa e spaventosa fosse quella situazione, l’animo di Paige non si lasciava abbattere. Forse lo doveva alla sua natura ribelle, eppure l’idea di poter dimenticare tutto, abbandonare quel mondo ancora prima di averne fatto parte, non la spaventava minimamente. Forse la sua unica paura era perdere proprio lei e le sue sorelle, la stessa che aveva Prue all’idea di dimenticarsi di quella stramba ragazzina che le aveva cambiato la vita.

«Cos’è?» Domandò ancora più perplessa, quando Paige le offrì una scatola di velluto rossa, di forma rettangolare.

«Se tua nonna vuole davvero farci dimenticare tutto, non possiamo essere sicure che tolga solo la magia dai nostri ricordi. Potrebbe rimuovere anche il nostro incontro.» Mormorò la ragazza, gli occhi appena lucidi. Quella frase sapeva così tanto di addio, che per poco Prue stessa non si commosse. Era tutto così ingiusto. «Non voglio che ti scordi di me. Sei stata la prima persona che mi abbia veramente aiutata.»

Quando Prue prese in mano la scatola e premette il bottoncino per farla aprire, vide un ciondolo dorato adagiato su di un cuscinetto bianco. Era una scritta con il suo nome.

«Non ti avevo detto di non spendere soldi per il mio compleanno?» Prue non riusciva a smettere di sorridere: nessuno le aveva mai regalato niente del genere e nessuno le aveva mai rivolto quelle parole. Certo, era importante per le sue sorelle, per sua nonna, eppure non era mai stata così indispensabile per qualcuno.

«In realtà mia madre voleva dartelo per Natale. Se supero questo primo trimestre senza debiti è solo grazie a te.» Confessò Paige con un sorriso colpevole «Ma visti gli ultimi avvenimenti, voglio che tu lo abbia adesso.»

«Grazie.» Disse Prue, annuendo appena. Per quanto poteva essere triste dover prendere consapevolezza che di lì a poco, probabilmente, si sarebbero dimenticate l’una dell’altra, avere quel ciondolo la rendeva più tranquilla. Era sicura che in un modo o nell’altro avrebbe trovato il modo per ricordarsi di lei, indagare e cercarla; quella collana le sarebbe stata incredibilmente di aiuto. «Troveremo un modo per contrastare qualsiasi eventuale attacco.» Si sforzò di sorridere, anche se quelle suonavano tanto come le parole disilluse di ragazze inesperte.

Prue rimase in silenzio mentre la ragazza riponeva i propri libri di scuola e, senza pensarci due volte, recuperò la collana dalla scatolina e la indossò, nascondendola sotto la maglia a collo alto. Di certo la nonna avrebbe fatto domande, per non parlare di Piper che sicuramente si sarebbe di nuovo fatta sopraffare dalla gelosia, e in quel momento era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

«Credi si possano inventare incantesimi per tutto?» Paige si voltò verso di lei, sollevando il sopracciglio in uno sguardo indagatore.

«Penso proprio di sì.» Annuì lentamente la mora. Con quella semplice domanda, Paige le aveva aperto un mondo: se la nonna poteva fare incantesimi, allora, forse, potevano farli anche loro. Potevano inventarne uno che le rendesse immuni da ogni altro incantesimo. Era possibile?

«Melinda avrà pur scritto qualcosa a riguardo.» Paige si avvicinò a lei, facendo subito cadere lo sguardo sulla sua borsa. La mora capì subito che si stava riferendo al diario.

«Parla solo di talismani ed amuleti, purtroppo.» Sospirò Prue, cercando di ricordare qualsiasi cosa riguardante la protezione. Aveva studiato quelle pagine a lungo ed approfonditamente che quasi le conosceva a memoria. «La sua magia era alquanto primitiva. E non riusciremo mai a trovare dei talismani autentici entro un’ora.» Quasi la divertiva l’idea di entrare in un negozio d’antiquariato a fare domande su amuleti contro la stregoneria; ma non era il momento.

«Avremmo bisogno dell’aiuto di qualcuno.» Paige accennò una risata ironica, passandosi le dita sulla fronte.

Aveva ragione: avevano bisogno qualcuno che ne sapeva molto più di loro, in fretta. Eppure le streghe non si trovavano di certo per strada, senza tener conto del fatto che le avrebbero sicuramente prese per pazze. Avevano bisogno di qualcuno, esperto, ma anche di estremamente fidato.

«Potremmo chiedere a tua mamma.» Propose Prue. Il so sguardo speranzoso, però, si spense quasi all’istante.

«Mia madre? Sei pazza?» Sbottò Paige, gli occhi spalancati «Ci spedirebbe entrambe in chiesa a farci benedire o chiamerebbe un’esorcista. Cosa ne dovrebbe sapere lei di magia?»

Prue aggrottò la fronte, appena perplessa. Forse sua madre Judith aveva gestito molto meglio la situazione di sua nonna e non aveva né stanze segrete nella soffitta o in cantina, né aveva mai fatto qualcosa di strano che avrebbe potuto far sorgere il minimo sospetto a Paige, eppure.. eppure, ci doveva essere qualcuno che poteva dar loro delle risposte!

«Credevo avessimo stabilito che fosse un’eredità che si tramandi per genetica.» Mormorò titubante. Forse voleva tenere sua madre fuori da quella storia? Era ammirevole, tuttavia c’era in gioco qualcosa di troppo grosso per farsi venire degli scrupoli di alcun genere; e poi, sua madre era una donna adulta e molto più esperta di loro, potenzialmente, quindi si sarebbe saputa difendere. «Sarà felice di insegnarci qualcosa di così speciale che si tramanda di madre in figlia, non credi?»

«Appunto!» Esclamò Paige, il respiro appena accorciato «Io sono stata adottata.» Disse subito, per poi bloccarsi. La sua espressione indignata si trasformò in una smorfia sorpresa quando Prue rimase a fissarla, immobile, come folgorata «Non te l’avevo detto?»

«Non credo proprio.» Prue scosse la testa lentamente, cercando di processare le ultime informazioni. La sua mente si stava riempiendo delle domande più disparate e dalle teorie più impensabili. Possibile che quella fosse un’altra coincidenza? Possibile che le loro vite si potessero incastrare come le tessere di un puzzle? Possibile che Melinda non avesse mai parlato per metafore e che loro quattro non fossero sorelle per magia, ma sorelle e basta?
Eppure, come poteva essere in quel modo? Non aveva senso; era un segreto troppo grande, forse anche più grande della magia stessa.
No, stava viaggiando troppo con il pensiero.

«A cosa pensi?» Domandò con un filo di voce la ragazza, quasi potesse percepire su cosa stesse rimuginando.

Prue provò a parlare, ma un leggero bussare sulla porta interruppe il suo flusso di folli idee a ruota libera.

«Eccovi qui.» Judith, la madre di Paige, si affacciò con un grande sorriso per entrambe. Celando i loro piani, le due ragazze ricambiarono prontamente. «Ho appena parlato con tua nonna. Purtroppo non posso far venire Paige da voi, perché dobbiamo allungare il tragitto, stasera.» Riferì con tono dispiaciuto «Ci siamo già messe d’accordo per farvi incontrare domattina, comunque, ti accompagno io alle dieci e potrete rimanere insieme tutto il giorno. Contente?»

«Fantastico!» Rispose Paige di getto.

L’idea di trascorrere l’intera giornata insieme rallegrava anche lei e di sicuro faceva promettere bene sul fatto che la nonna progettasse di far dimenticare loro del loro primo incontro o della reciproca amicizia. Almeno una cosa era salva, in teoria.

«Se sei pronta partiamo subito, allora.» Disse Judith. Paige annuì. «Prue, se vuoi, possiamo darti un passaggio,» aggiunse «casa tua è di strada.»

Per quanto avrebbe preferito tornare a casa a piedi per poter pensare in pace, non poteva certo rifiutare un’offerta tanto gentile.

«Grazie mille, Judith.» Sorrise Prue, seguendo diligentemente le due donne fino al piano di sotto.

 

Adorava quei giorni tranquilli d’autunno, non solo per il fatto che la temperatura permetteva di godersi quei colorati tramonti senza soffrire eccessivamente il freddo, ma anche perché nessuno sembrava accusare la pesantezza delle responsabilità nel nuovo anno, anzi, tutti si sentivano sollevati in vista delle prossime vacanze natalizie. Era un periodo piacevole per tutti, lo si percepiva nell’aria.

Era quasi surreale pensare a quello, quando sapeva benissimo, adesso, che potevano esserci mostri in agguato ovunque, tutti che volevano uccidere lei, le sue sorelle e Paige. Ciò nonostante, c’era qualcosa di elettrizzante anche in quello: se fossero effettivamente riuscite a convincere la nonna a lasciarle almeno tentare di diventare streghe, avrebbero cambiato in meglio le loro vite.

«Una serata di queste dovremmo organizzare qualcosa tutti insieme.» Prue sollevò lo sguardo verso la madre di Paige, la quale, voltata verso i sedili posteriori dal suo posto di copilota, le stava rivolgendo un sorriso incoraggiante «Una festicciola in vista del Natale con tua nonna e le tue sorelle. Mi piacerebbe conoscervi tutte.»

«Ci piacerebbe.» Corresse con un sorriso il marito, scrutandola con la stessa espressione entusiasta dallo specchietto retrovisore.

«Sarebbe fantastico. Sono sicura che la nonna vorrà ospitarvi ad ogni costo.» Scherzò Prue, già immaginando la nonna – almeno quella che conosceva – che impartiva ordini a destra e a manca per fare in modo di avere tutto pronto e perfetto per i loro ospiti.

«Glielo proporrò domattina.» Pensò la donna a voce alta, sorridendo quando Prue annuì per dare un suo tacito parere positivo alla sua proposta.

Prue sentiva il cuore batterle appena più forte nel petto. Se era stata una sensazione strana trovare una ragazzina come Paige con la quale, nonostante gli anni di differenza, si era trovata così bene, sentire che anche le loro famiglie si piacevano reciprocamente lo era ancora di più e le faceva immensamente piacere. Sarebbe stato bello ritrovarsi per le feste, organizzare gite e vacanze insieme, riunirsi quando qualcuna di loro raggiungeva un obiettivo a scuola o al di fuori di essa, come il saggio di karate di Phoebe del prossimo mese o la sua presentazione al museo che doveva preparare per il nuovo anno.
Sarebbe stato emozionante condividere le loro vite.

Prue stava sorridendo, il cuore appena più leggero, quando si voltò verso il finestrino e vide il muso di un camion all’incrocio, vicino. Troppo vicino.

Sentì il suono assordante del clacson e lo stomaco contorcersi nella pancia.

In un lampo, capì che li avrebbe travolti e non c’era niente che loro potessero fare per evitarlo.

Con la mente sgombra, si girò dall’altra parte per abbracciare Paige.
Voleva proteggerla, per quanto possibile, dall’impatto.

Forse lei si sarebbe salvata.

In fondo, il camion avrebbe sfondato la sua portiera e non quella di Paige.
Forse con il suo corpo che le faceva da scudo, avrebbe avuto qualche possibilità di salvarsi.

Prue non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi già tra le braccia di Paige.

Poggiò il mento sulla sua spalla, serrando gli occhi con forza e cercando di concentrarsi sulla stretta ferrea della ragazze che, con tutta se stessa, cercava di ricambiare.

Non si rese conto di niente, solo di una singolare sensazione, come se fosse stata scomposta in tante piccole particelle fluttuanti.

Il fragore assordante dell’impatto invase le sue orecchie, sostituito quasi immediatamente da un sibilo fastidioso e costante.

Colpì violentemente l’asfalto con la spalla e si accorse dolorosamente di stare rotolando. Non stava più abbracciando Paige.

Quando la testa smise di girare, sollevò a fatica il capo.
In bocca aveva il sapore ferroso del sangue, le sue orecchie fischiavano e urla spaventate provenivano da tutte le parti.
C’era il fumo che la faceva tossire e vedeva delle fiamme scure ed arrabbiate che si diramavano sulle carcasse dei veicoli, in lontananza.

I suoi occhi si posarono per un attimo sula figura esanime di Paige, diversi metri più in là, prima di chiudersi definitivamente.

Poi, il buio l’avvolse.

 


 

Note:

  • L’incidente a cui si fa riferimento in questo capitolo è quello in cui i genitori di Paige persero la vita, come si vede nel decimo episodio della quarta stagione “A Paige from the Past” [S04E10]. La storia è ambientata nel 1992, mentre l’episodio è ambientato nel 1994. Ho deciso di anticipare i tempi solo per trattare una Paige più giovane (in piena adolescenza) e quindi presumibilmente nella prima fase di ribellione. L’età (15 anni invece che 17) inoltre sarà un particolare importante che verrà utilizzato successivamente.

 

Easter Egg:

- La triquetra disegnata sul tovagliolo è un rimando allo schizzo che fa Paige nel primo episodio in cui compare il suo personaggio [S04E01]. Paige traccia questo simbolo su un tovagliolo del P3 prima dell’attacco di Shax sul tetto, previsto da Phoebe.

- Memory Dust: Prue nomina involontariamente una certa polvere che modificherebbe il pensiero delle persone. In realtà gli Angeli Bianchi ne sono in possesso. Sam ne fa uso nella seconda stagione sulle sorelle.

- Dominazione mentale o controllo mentale (Force fear), un’abilità del lato oscuro dall'universo di Star Wars che permette di controllare la volontà di qualcuno.

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Capitolo 7
*** L'incantesimo Proibito ***


NdR: All'interno del capitolo sono presenti degli Easter Eggs.

Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 7. L'incantesimo Proibito
POV: Vari

 

 

Capitolo 7 – L’Incantesimo Proibito

Il dito di Phoebe scorse lungo il proprio nome, accanto a quello delle sue sorelle, tracciato con inchiostro nero sulla pergamena dalla mano elegante della mamma. Le loro tre diramazioni partivano dal suo nome, Patricia, che a sua volta era direttamente collegato al nome del nonno Jack e di nonna Penelope e così via, in una lunga stirpe di “P” e di cognomi diversi, fino a quello di “Warren”.

La ragazza corrugò la fronte, passando il polpastrello sui primi nomi che avevano generato la loro lunga dinastia: Charlotte Warren, la figlia Melinda e la nipote Prudence.

«L’ho trovato.» Annunciò trionfante, sventolando la pergamena ingiallita per farla vedere alla sorella.

«Stai attenta!» La avvertì Piper, china sul Libro delle Ombre, che sfogliava con attenzione quasi maniacale per paura di rovinarlo in qualsiasi modo.

«Guarda, siamo le ultime e qui c’è il nome di Melinda.» Phoebe si lasciò cadere sul divano della soffitta, facendo notare tutti i nomi che potevano avvalorare la tesi di Prue. Secondo quella mappa, Melinda Warren era veramente una loro antenata. Se era tutto vero, loro tre erano dirette discendenti di una strega di Salem. «E non dire che potrebbe essere un’omonima, perchè a questo punto è impossibile.»

«Io ho trovato una pagina su di lei.» Confessò Piper quasi rassegnata all’evidenza, sollevando uno dei segnalibri di stoffa che si era premurata di inserire tra le pagine che avevano stuzzicato il suo interesse. «A quanto pare è stata la prima della stirpe di streghe e bruciata al rogo durante i processi di Salem. Ha scritto lei quel diario che ha Prue e ha iniziato il Libro delle Ombre. Da quel che ho capito, ogni strega della famiglia ha contribuito a farlo crescere, come una specie di eredità.»

«Credi che la nonna ci abbia scritto qualcosa?» Phoebe allungò il collo incuriosita, sopprimendo a stento la curiosità di volerlo sfogliare lei stessa e vedere quanti mostri le sue antenate avevano catalogato lì dentro. «E la mamma?»

«Non lo so, ma ho trovato questa.» Sospirò Piper, sollevando un altro segnalibro di stoffa rossa. C’era una foto di Patty, di profilo e sorridente, tra le pagine.

«Il demone Krychek?» Phoebe assottigliò ed indurì lo sguardo.

«O il demone dell’acqua.» Aggiunse Piper con un profondo sospiro.

«Pensi che-?»

Phoebe e Piper si lanciarono un’occhiata terrorizzata quando sentirono l’auto della nonna salire sul vialetto. Il motore era ormai datato ed era impossibile confonderlo per qualsiasi altro; era stata la macchina di Patty – che aveva scelto in uno di quei saloni per auto usate ad un prezzo stracciato – e Penny, soprattutto dopo la morte della figlia, non aveva mai voluto sostituirla con un’altra auto.

«Indagheremo.» Esclamò Piper con voce allarmata, chiudendo con un veloce gesto il librone. «Rimetti tutto come hai trovato, svelta!» Intimò mentre si affrettava a rinchiudere il cimelio di famiglia nel baule e chiuderlo a chiave.

Non appena anche Phoebe ebbe rimesso tutto al suo posto, le due si chiusero la porta della soffitta alle spalle, per poi correre nel piccolo corridoio e precipitarsi giù per le scale. La porta d'ingresso si aprì in quell'esatto istante con un lento cigolio.

«Ragazze, non correte in quel modo.» Le sgridò blandamente Penny «Aiutatemi con queste buste.»

Le due sorelle si stamparono un innocente sorriso sulle labbra e raggiunsero la nonna, prendendo due buste a testa dalle sue braccia. Probabilmente avevano un'aria colpevole e Piper era di sicuro quella che riusciva a nasconderlo peggio, non essendo abituata né a mentire, né a fare cose di nascosto, soprattutto alle spalle della nonna.

«Quanta roba hai comprato?» Domandò Phoebe con voce acuta, cercando di cambiare discorso prima che quel silenzio tombale e il sorriso tirato della sorella le tradisse.

«Ho invitato Paige a pranzo, domani.» Annunciò Penny con un'espressione incoraggiante. Piper e Phoebe si scambiarono un'occhiata frettolosa, domandandosi a vicenda se fosse da interpretare come una notizia positiva o negativa.

«Quindi non viene oggi?» Chiese Piper, precedendo le altre due donne in cucina.

«Ho chiamato sua madre e non poteva.» Ansimò Penny, poggiando la busta più pesante sul tavolo «Dov'è Prue?»

«Era andata a prendere Paige fuori da scuola.» Mormorò Phoebe. «Credo sia andata a piedi, perciò ci mette tanto.»

«Di che ci volevi parlare, comunque?» Chiese Piper con finta tranquillità, mettendo a posto i numerosi alimenti tra scaffali e frigorifero.

«Ve ne parlerò domani.» Tagliò corto la nonna.

Dovevano entrambe ammettere che Penny si stava dimostrando molto calma a riguardo, il che prometteva bene… o era solamente brava a nascondere qualcosa. Dopotutto, chi è abituato a tenere nascosta la magia alle proprie nipoti per anni ed anni, deve essere bravo a tenere qualunque tipo di segreto.

«Nonna, a che ti serve la radice di cicuta?» Piper arricciò il naso, portandosi lo scontrino davanti agli occhi. Stava per buttarlo nel cestino con quello del supermercato quando aveva notato un indirizzo di Chinatown su un pezzetto di carta molto più piccolo. “Emporio di Mòshù” diceva ed era riportato un solo acquisto: cicuta, appunto. «Non è una pianta velenosa?»

«Infatti. Ma non l'ho acquistata io.» Rispose Penny con naturalezza «Dev'essere lo scontrino di qualcun altro.» Le parole della nonna erano talmente pacate e sicure che chiunque le avrebbe creduto. Come spiegazione poteva anche essere passabile, eppure dopo tutto quello di cui erano a conoscenza ora, non riuscivano a fidarsi completamente. «Come lo sai?» Domandò poi, voltandosi verso la nipote.

«L'ho letto da qualche parte.» Mormorò, appena elusiva. I palmi cominciarono a sudarle. Piper sostenne a stento lo sguardo inquisitorio della nonna: quando socchiudeva le palpebre in quel modo e portava un pugno sul fianco, non era mai un buon segno, perchè voleva dire che qualcuna di loro era nei guai. La nonna pareva saper fiutare i loro inganni da miglia di distanza.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo quando sentì il telefono di casa trillare dall'androne.

Penny non staccò lo sguardo dalla nipote mentre si incamminava fuori dalla cucina, sparendo pochi istanti dopo dietro la porta color crema; il rumore ritmico dei suoi tacchi si allontanò sempre di più.

«L'hai letto nel Libro, non è vero?» Domandò Phoebe con un lieve sospiro, come se la nonna avesse ancora potuto udirle.

«Sì.» Annuì sicura Piper, mostrando alla sorella lo scontrino che, sicuramente, avrebbe conservato; lo avrebbe fatto vedere a Prue e confrontato con le pagine di quel suo diario. Se si ricordava bene e quel taccuino era la copia del Libro delle Ombre, sicuramente avrebbero avuto le prove che la nonna stava cospirando contro di loro per tenerle all'oscuro del loro destino. «Era uno degli ingredienti principali di un incantesimo.»

«Quale incantesimo?» Domandò curiosa la sorella più piccola, segretamente invidiando Piper. Non riusciva proprio a capire come potesse riuscire a memorizzare qualsiasi nozione dopo una sola lettura, quando a lei ci volevano dei secoli. E poi si chiedeva ancora perché Piper prendesse sempre i voti più alti!

«Qualcosa per togliere i poteri o rubarli, non ricordo bene.» Borbottò la ragazza.

«La nonna vuole rubarci i poteri?» Phoebe spalancò gli occhi incredula.

«Non credo proprio, ma dobbiamo esserne certe. Appena torna Prue controlleremo nel diario e-» Piper intimò a Phoebe di fare silenzio con un rapido gesto: la nonna stava tornando e, stranamente, stava correndo.

Le sorelle non ebbero nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni prima che la porta si spalancasse, rivelando il viso di Penny, la sua espressione preoccupata e le mani tremanti.

«Hanno chiamato dal Memorial.» Ansimò «Prue ha avuto un incidente.»

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Prue svoltò l’ennesimo corridoio, facendo una smorfia quando, intenta a leggere le indicazioni sui cartelli bluastri, non si rammentò di fare attenzione alla sua caviglia offesa.

Zoppicò ancora per diversi metri e sorrise quando i colori vivaci del corridoio l’accolsero nella nuova ala dell’ospedale. Domandò di Paige Matthews a numerose infermiere, che le diedero le informazioni solamente perché erano state coinvolte nello stesso scontro, non essendo lei una sua parente.

Entrò di soppiatto della stanza singola, sorridendo quando notò le figure cartoonizzate di animali che adornavano le pareti; poteva solo immaginare le critiche che avrebbe mosso la ragazza una volta sveglia.

Già, Paige. I suoi occhi si depositarono sulla sua figura addormentata nel letto di ospedale, il suo torace che si alzava ed abbassava lentamente e il lento e costante bip delle macchine a cui era attaccata. Non sembrava essere messa troppo male, a parte i tubicini nel naso che la aiutavano a respirare e l’indice della mano destra collegato al macchinario per controllare i suoi segni vitali, eppure la vedeva tanto piccola.

Anche se le sue potevano solamente essere fantasie, era come vedere una delle sue sorelle, lì davanti ai suoi occhi, il che la faceva sentire estremamente impotente.

Sospirò adagio, avvicinandosi al letto e sedendosi sulla sponda con estrema cautela. Nonostante avesse provocato un lievissimo movimento, fu sufficiente perché le palpebre di Paige si sollevassero velocemente e più volte, come un battito d’ali.

«Buongiorno.» Sussurrò con tono canzonatorio, sorridendo quando il viso di Paige si contorse in una smorfia.

«Dove diavolo sono?» Mormorò Paige con voce schifata. Non vedeva perfettamente, eppure poteva distinguere i colori sgargianti che la circondavano.

«Reparto di traumatologia infantile.» Esclamò Prue con voce allegra, visibilmente sollevata di sentire l’amica come sempre, nonostante tutto. «I vantaggi di non essere maggiorenne.»

«Davvero fantastico.» Borbottò rassegnata.

«Come ti senti?» Domandò l’altra con un mezzo sorriso.

«Uno straccio.» Sospirò Paige. Poi, indicò i piedi del letto con un cenno del capo, senza preoccuparsi del collare che le impediva troppi movimenti. «Avanti, dottoressa Halliwell, mi dica.» Fece una pausa e socchiuse gli occhi, schiarendosi la voce per preparare la sua miglior voce da attrice «Sono forte, può dirmi tutto.»

«D’accordo.» Prue scosse la testa divertita e si piegò appena per prendere la cartellina attaccata al letto della ragazza, ignorando con non poca difficoltà il dolore al fianco, conseguenza della sua lunga e violenta rotolata sull’asfalto «Costole incrinate, molte contusioni,» cominciò ad elencare «e un trauma cranico. Non sono un’esperta ma ti terranno qui per un po’. Senza contare che ti hanno dato una decina di punti al sopracciglio, come a me, e la tua bellissima pelle di porcellana si tingerà di vari colori nei prossimi giorni.»

«Wow.» Ridacchiò Paige, bloccandosi quando la sua risata si tramutò in lievi colpi di tosse. «Perchè tu non sei messa così male?» Le domandò, unendo le sopracciglia una smorfia melodrammatica.

«Non è colpa mia se sei l’unica ridotta così.» Scherzò Prue, rendendosi subito conto di aver ribattuto senza pensare, perché sicuramente si sarebbe creato uno spiacevole equivoco, anzi, un equivoco atroce.

«Meno male.» Sorrise Paige «Almeno state tutti bene.» A quelle parole, Prue si morse dolorosamente l’interno della guancia «Anche se non lo trovo giusto.» Continuò, scherzando nuovamente.

«Sarei ridotta molto peggio di te, se non mi avessi salvato la vita.» Disse Prue con voce seria. Le sarebbe stata eternamente grata, per quello; e come poteva fare altrimenti? «Quel camion ha distrutto completamente la fiancata.» Mormorò. Non era nemmeno lontanamente un indizio, lo sapeva, ma era un modo per prepararsi il terreno. Eppure, quale poteva essere il momento giusto o il modo giusto? Esisteva?

«Io? Io ti ho salvato la vita?» Domandò allarmata Paige, spalancando gli occhi.

«Non te lo ricordi?» Chiese la più grande, corrugando appena la fronte quando la ragazza scosse piano la testa «Mi hai abbracciata e poi, non so come, ci hai portato fuori dalla macchina, come una specie di teletrasporto.»

«Davvero?» La faccia di Paige era il ritratto dello stupore. In qualsiasi altro momento, la mora non avrebbe pensato ad altro che a farle una foto.

«Sai che Melinda aveva parlato dei nostri poteri, ma mai del tuo. Potrebbe essere questo, non credi?»

«Sarebbe fantastico.» Annuì lentamente la ragazza, impressionata di se stessa se quella teoria si fosse rivelata quella giusta. «Anche se credo sia molto più probabile che ci abbia spostato tu fuori dall'auto grazie al tuo potere di telecinesi.»

«Non credo.» L'altra scosse la testa. «Sei stata tu a fare qualcosa... e mi hai salvato la vita.» Ripetè, facendo colorare le guance di Paige.

La ragazza, tuttavia, dovette rimandare la contentezza, quando sentirono un lieve bussare alla porta ed un’infermiera fare capolino da essa.
«Come andiamo, Paige?» Chiese con voce melensa.

«Bene.» Rispose la ragazza sbrigativa. Era sveglia da pochi istanti e già odiava quel posto.

«Torno tra poco con gli antidolorifici.» Assicurò, prima di voltarsi con un ampio sorriso verso Prue «Halliwell?» Aspettò che la ragazza annuisse, prima di continuare «Tua nonna è arrivata.»

«E quando potrò andarmene pure io?» Domandò Paige con voce seccata.

«Tra un paio di giorni, cara.» Entrambe notarono che l’irritante sorriso dell’infermiera si era tramutato in un sorriso molto più tirato e malinconico. Se era come pensava Prue, quella donna era una frana nel nascondere le brutte notizie.

«Cosa succede?» Domandò infatti Paige, lo sguardo inquisitore.

«Faccio io.» Si affrettò a dire Prue «Arrivo tra dieci minuti.» Sorrise velocemente, ringraziando il cielo quando l’infermiera sparì dietro la porta, com’era venuta. Forse il suo approccio andava bene con i bambini, ma Paige non era più una bambina e meritava qualcosa di meglio mentre riceveva una notizia devastante come quella.

«Prue?» La incalzò, sollevando un sopracciglio.

«Paige,» Sospirò, cercando di farsi coraggio e avvicinandosi ancora di più alla ragazza sul letto «vorrei che ci fosse un altro modo per dirtelo, anzi, vorrei non dovertelo dire per niente, ma.. se non ci avessi tirati fuori da quell’auto, saremmo morte.» I suoi occhi si fissarono in quelli marroni della ragazza, sempre più umidi ad ogni secondo che passava. Ora poteva vedere Phoebe o Piper, diversi anni prima, quando la nonna le aveva informate della scomparsa della mamma. Non soppresse l’impeto di stringerla e consolarla, trovando un po’ di conforto lei stessa quando Paige si accomodò tra le sue braccia. Aveva capito, doveva solamente trovare il coraggio di dirlo e renderlo un po’ più reale. Avrebbe tanto voluto proteggerla, ma non avrebbe potuto, non da quello. Poggiò le labbra sulla fronte di Paige prima di sussurrare quelle terribili parole «Paige, i tuoi non ce l’hanno fatta.»

⁓✧⁓

Penny Halliwell era in ginocchio davanti al tavolino basso della soffitta, gli occhi chini sul Libro delle Ombre e le mani sospese appena sopra il calderone fumante. Aveva letto e riletto quella formula centinaia di volte, anche se la conosceva già a memoria, indecisa se portare a termine il suo piano o elaborarne uno diverso. Eppure, come poteva aspettare ancora? Doveva agire, in fretta.

Il silenzio della notte la faceva sentire più tranquilla, in qualche modo, come se si fosse trovata in un mondo a parte, dove poteva agire come le suggeriva l’istinto, senza che la coscienza le provocasse alcun rimorso. Prese un respiro profondo e si bucò l’indice con uno spillo, lasciando che una goccia di sangue cadesse all’interno del recipiente di rame. Con estrema agilità e padronanza, afferrò un barattolo chiuso, estraendo il suo contenuto senza nemmeno leggerne l’etichetta.

Un istante prima di aggiungere il successivo ingrediente, qualcosa di inaspettato la fece sobbalzare.

«Mamma, cosa stai facendo?»

«Patty?» La donna più anziana si voltò incredula, gli occhi puntati su di un luccichio delicato, che si stava facendo sempre più intenso di secondo in secondo. Le piccole luci cominciarono a vorticare, veloci, fino a comporre la figura trasparente di una donna dai lunghi capelli castani, appena mossi verso le estremità. Indossava una blusa di un tessuto morbido e leggero che si muoveva come fosse stato scosso dal vento. Nonostante apparisse come una visione angelica, il suo sguardo era severo.

«Sangue di strega, radice di mandragola e,» Patty sospirò, sollevando gli occhi al cielo «immagino che quella sia cicuta.» Incrociò le braccia e corrugò la fronte, pestando appena il piede per terra. Non provocò alcun rumore, accentuando la frustrazione della donna «Mamma, cosa stai facendo?» Ripetè, questa volta con un tono che non avrebbe accettato nient’altro che l’esatta risposta.

«Patty?» Mormorò ancora Penny, gli occhi lucidi per la commozione «Come hai fatto? Non ti è ancora permesso venire qua, è troppo presto! Se le ragazze-»

«Infatti loro non sanno che sono qui.» Tagliò corto la donna, agitando le mani con un lungo sospiro «Dovevo venire: la situazione ti sta sfuggendo di mano.»

Punta sull’orgoglio di nonna e strega, ben sapendo a cosa la figlia si stesse riferendo, la donna più anziana bofonchiò qualcosa di incomprensibile.

«È tutto sotto controllo.» Assicurò poi Penny, distogliendo lo sguardo dalla figlia e continuando ad aggiungere ingredienti al paiolo, mostrandosi infastidita dalla sua interruzione.

«Mamma, questa non è la soluzione e tu lo sai.» Esclamò Patty con voce decisa. «Mi hai sempre detto tu che tutto accade per un motivo.» Mormorò con voce più calma, avvicinandosi lentamente. «Loro si sono trovare in questo momento. Vuol dire che sono pronte.»

«No che non lo sono.» Ribattè prontamente la donna. «Sono ancora delle bambine, perciò avevamo deciso di spezzare l’incantesimo di vincolo dei poteri quando sarebbero state grandi abbastanza.»

«Ma loro sono pronte ora.» Fece notare Patty. «Hanno solo bisogno di una guida.»

«No, Patty.» Esclamò l’altra con tono severo, battendo la mano sulla pagina aperta del Libro. «Non hai mai sentito il detto “la curiosità uccise il gatto”? Sono quasi morte, tutte e quattro, solo perché sono scese in cantina e si sono messe a giocare con il quadrante. Se scoprono di essere effettivamente streghe, saranno esposte, saranno in pericolo.»

«Solamente se non ci sarà nessuno a guidarle.» Ribattè Patty con voce tranquilla.

«Non è definitivo,» Proseguì imperterrita Penny, incapace di accettare quella terribile realtà; forse erano pronte loro, ma di sicuro non era pronta lei a vedere quattro ragazze affrontare pericoli fatali ogni giorno «ho già imbottigliato i loro poteri, li devo solo vincolare a me e restituirli quando saranno più grandi.»

«Hanno già letto la prima pagina del Libro, mamma. Hanno già chiamato la magia ed essa sta giungendo a loro, come è giusto che sia.»

«Non tutto è perduto. Se questa formula avrà successo, sarà stato solo un sogno, per loro.» Proseguì Penny, aggiungendo gli ultimi ingredienti.

«Paige avrà ancora i suoi poteri.» Disse la donna con calma, nonostante quella frase giunse alle orecchie di Penny come una stilettata. «Non puoi rubarle i poteri, perché fanno parte di lei, di quello che è… e vale anche per le ragazze.»

«Allora non c’è via d’uscita, è questo che stai dicendo?» La donna si voltò con lentezza verso la figlia e questa volta i suoi occhi non erano solo lucidi, ma lacrimavano. «Sono destinata a vederle morire, come ho visto morire te?»

«Mamma...» Patty sospirò. «È il loro destino, glielo devi dire. Soprattutto a Prue e a Paige.»

«Loro hanno già capito tutto.» Penny agitò la mano con un’espressione infastidita.

«Non hanno capito niente, invece.» La donna rimbeccò. «Non sanno nulla, ma sentono di avere un legame, se ti ostini a non voler rivelare niente del nostro mondo o… del nostro segreto, si avvicineranno nel modo sbagliato.»

«Patricia Halliwell, cosa stai insinuando?» Penny si alzò lentamente dalla sua postazione, poggiando entrambi i pugni sui fianchi. Da piccola, sua figlia si intimoriva sempre, ma quella volta Patty sostenne il suo sguardo. «Ho cresciuto le ragazze molto meglio di così.»

«Oh avanti, mamma, non fare la melodrammatica. Eri una hippie.» Esclamò Patty con voce canzonatoria, ma pur sempre quella di una che sapeva di aver ragione.

«E va bene.» Mormorò Penny, mal celando la sua piccola sconfitta.

«Ho vegliato su Paige dal giorno in cui è nata e sulle altre mie tre figlie da quando sono morta. Le conosco molto meglio di te, mamma. Sono pronte. E ne hanno bisogno.» Disse Patty con un lieve sorriso. Sperava di poter trasmettere il suo orgoglio di madre e di strega alla nonna delle prescelte. «Glielo devi dire. Sono loro quattro.» Aggiunse, con un’espressione allusiva. «Hanno il potere della Triscele con loro.»

Come se quella frase, apparentemente semplice, avesse rinchiuso un significato nascosto, il viso di Penny si illuminò.
«Loro quattro sono le prescelte?» Domandò incredula. «Sono le mitiche streghe?»

Patty annuì lentamente, lasciando che sua madre assorbisse appieno quella notizia.

«Ma non è questo il punto, mamma.» Mormorò la donna d’un tratto. «Ora più che mai, Paige ha bisogno di una famiglia, della sua famiglia. È rimasta sola e la magia è l’unica cosa che la lega a qualcuno.»

Penny rimase in silenzio, cercando con tutta se stessa di mettere da parte le proprie paure. Proteggere le ragazze significava anche non farle soffrire, dopotutto.

«Dobbiamo dir loro di Paige.» Mormorò a bassa voce, senza guardare la figlia negli occhi. Non era forse quello il vero spirito della magia? Di essere streghe e di avere sorelle, di sangue o di magia? Essere lontane ma sempre unite, potersi sentire libere, senza essere mai sole. Le ragazze avevano bisogno di Paige tanto quanto lei aveva bisogno di loro.

«È stata lontana da casa troppo a lungo, è tempo che torni dalla sua famiglia.» Aggiunse Patty con un sorriso.

Penny annuì, una rassegnazione pacifica in volto che, lentamente, si stava tramutando in serenità: se il destino aveva deciso in quel modo, allora, doveva essere la cosa giusta. Forse era la prima ad aver avuto bisogno di una guida per agire in modo corretto.

Si avvicinò con calma alla figlia, incerta se avrebbe potuto abbracciarla o se, tristemente, le sue braccia le fossero tornate al petto, ritrovandosi a stringere nient’altro che aria. Patty la osservava con aria dispiaciuta, parendo farsi le stesse domande. 
Allungarono una mano entrambe e sospirarono quando le loro dita si sfiorarono, ma quelle in carne ed ossa di Penny passarono attraverso quelle incorporee di Patty.

Nessuna delle due, persa l’una nello sguardo dell’altra, si accorse della porta della soffitta lasciata aperta che, cautamente, si stava socchiudendo.

«Mamma…?» Balbettò Prue, con una voce appena udibile.
I suoi occhi blu erano spalancati, le labbra socchiuse e il suo passo, ancora zoppicante, incerto e cauto. Fissava quello spirito domandandosi se stesse sognando o se veramente, la magia, fosse in grado di fare anche quello.
E poi c’era la nonna, tranquilla e commossa, come se fosse avvezza a quel genere di cose; poteva significare solo una cosa: sua nonna era una strega, oramai ogni dubbio era dissipato, e lo erano anche loro.

Attaccate alle sue braccia, Piper e Phoebe osservavano la scena impietrite, senza nemmeno sbattere le ciglia.

Patty provò un senso di orgoglio ancora più grande verso la figlia maggiore, per il modo in cui le sue sorelle si affidavano a lei e si rifugiavano dietro la sua schiena in cerca di protezione. Oltre alla nonna, Prue aveva preso il suo posto e non poteva esserne più felice.

«Non dovete avere paura.» Patty mormorò, allungando le mani davanti a sé come per farle avvicinare.

«Non abbaiamo paura.» Rispose Prue con voce sicura, muovendo un passo verso quella visione.
Non vedeva sua madre da quattordici anni. Era un miracolo, soprattutto perché Patty era morta, non se ne era semplicement andata come suo padre.

«Da quanto siete qui?» Domandò Penny con un mezzo sorriso. Avrebbe voluto lasciare loro qualche polvere magica per farle addormentare o dimenticare, ma come poteva togliere loro una gioia simile? Ora che si era convinta a rivelare tutto, avrebbe preferito farlo in un altro modo, eppure, forse Patty aveva ragione: tutto accade per un motivo.

«Abbastanza.» Mormorò Prue velocemente. Voleva chiedere se il loro segreto riguardava Paige, avere le conferme che quella sua assurda teoria fosse la verità, voleva chiedere del motivo per cui sua madre si trovava lì e perché non era venuta prima, in visita da loro. Perchè non sapevano di essere streghe e il motivo per cui erano all’oscuro di non essere semplici ragazze di San Francisco, ma creature speciali.

«Ormai è inutile girarci attorno.» Sospirò Penny, scrollando appena le spalle «Voi siete streghe, ragazze. Come lo era vostra madre prima di voi, come lo sono io e come lo erano tutte le vostre antenate.» Spiegò «Siamo una stirpe di streghe buone e il vostro compito sarà quello di sconfiggere il male.»

«Perchè volevi toglierci i poteri, allora?» Mormorò Piper, gli occhi ostinatamente rivolti verso la nonna, piuttosto che verso Patty. Non voleva guardarla, non ancora. Aveva fissato a lungo l’entità incorporea che era adesso, ma come se fosse stato un fantasma qualsiasi, non come sua madre.

«Da quanto tempo bazzicate quassù in soffitta a mia insaputa?» Domandò Penny con aria leggermente canzonatoria.

«Mamma, non è la risposta alla loro domanda.» La riprese Patty.

Penny prese un lungo respiro, tornando subito seria.
«È una vita pericolosa, non voglio che vi accada niente di male.» Disse la donna con un lieve sorriso. «Ora mi sono resa conto che non mi posso opporre al vostro destino. La magia può fare tante, magnifiche cose.» Fece una breve paura, guardando con la coda dell’occhio la figlia.

«Lo so che è un boccone amaro da mandare giù, ma potrete fare tante cose buone.» Patty mormorò, muovendosi verso di loro con un passo leggerissimo. Nessuna delle tre si allontanò.

«È stata Paige a dare il via a tutto, non è vero?» Domandò Prue con voce piatta.

«Sì,» annuì Penny «avevamo intenzione di dirvelo più in là, quando foste state grandi abbastanza, ma il destino ha deciso diversamente. Quando vi siete riunite, avete risvegliato un antico potere che risiede in voi dalla nascita.»

«Insieme, siete più forti, perché siete unite dal potere della Triscele.» Aggiunse Patty.

«Perchè Paige?» Chiese Piper con voce timorosa. Aveva intuito per metà, ma aveva la sensazione che la risposta sarebbe stata destabilizzante tanto quanto quella di essere veramente delle streghe. Forse non voleva nemmeno saperlo.

«Vi diremo tutto.» Assicurò Penny.

«E potremo vederti di nuovo? Verrai a trovarci?» Domandò speranzosa Phoebe. Lei era quella che aveva goduto meno della presenza della madre quando era in vita e se la magia poteva restituirle qualche momento ora, ne sarebbe stata più che contenta.

«Siamo streghe, care, possiamo fare tutto.» Sorrise la nonna.

Non sapeva, però, se poteva permettersi di fare loro una promessa: Patty aveva infranto delle regole per giungere da loro e molto probabilmente quel gesto non sarebbe rimasto impunito. Vero era che avrebbero potuto concedere qualcosa in più, alla madre delle prescelte. Era tutto affidato al destino, ancora una volta.

Piper era la più restia ad accettare la cosa. Anche se incredibilmente bella, sembrava anche una situazione estremamente innaturale: parlare con i morti, sconfiggere i cattivi, salvare persone, eppure.. eppure poteva di nuovo parlare con la mamma, poteva dare un po’ di conforto a quella ragazza rimasta sola a causa di un banale incidente stradale. Forse temeva più che altro il pericolo che avrebbe comportato il diventare strega a tutti gli effetti, ma quello che era successo a Paige le ricordò che la morte era sempre dietro l’angolo; era meglio provare a fare un po’ di bene, nella vita.

Si avvicinò per ultima alle sue sorelle, strette nell’abbraccio di Penny. Si intrufolò tra Prue e Phoebe, socchiudendo appena gli occhi.

Anche se era uno spirito, le parve di sentire la carezza della madre sul viso.

«Non dovete mai temere la magia, ma solo pensare alle persone che potete salvare con il vostro dono.» Sussurrò Patty, facendole sorridere serenamente.

«Come fai a sapere che saremo in grado di farlo?» Mormorò Prue con aria appena sperduta.

«Perchè siete delle Halliwell.» Rispose Penny con orgoglio «Dopo la vostra prima missione, dopo che avrete salvato il vostro primo innocente, saprete di stare facendo la cosa giusta.»

«E come facciamo a sapere chi sarà il nostro primo innocente?» Domandò Prue, aggrottando appena le sopracciglia.

«Paige.» Sorrise Patty. «È lei che dovete salvare.»

«Paige?» Domandarono le tre ragazze in coro, tutte con toni differenti: Phoebe sorpresa, Piper appena contrariata e Prue estremamente speranzosa. Lei aveva visto quella ragazza crollare, trovarsi da sola da un momento all'altro, proprio quando la sua vita sembrava aver imboccato la strada giusta. Se aveva la possibilità di salvarla, ora che era così vulnerabile e influenzabili dalle sue cattive compagnie, allora avrebbe fatto di tutto.

«Riportatela a casa.» Mormorò Patty con un filo di voce.

⁓✧⁓

Phoebe odiava gli addii. Odiava anche le giornata uggiose e cupe, ma quando le due cose si mischiavano, si sarebbe chiusa in camera sua in attesa che tutto fosse passato.

Però non poteva, non in quel momento, quando si trovava schierata accanto a Piper, all’estremità di quel mesto corteo, in cui le Halliwell si erano allineate sul marciapiede per osservare la Lexus bianca che veniva riempita di scatoloni e valige di Paige.

I suoi zii da parte di padre, Dave e Julie, erano venuti a recuperarla in quanto unici parenti legali della ragazza e loro non potevano fare nulla per impedirlo.

Patty aveva chiesto loro di riportarla a casa e approfittando del fatto che la ragazza fosse ancora relegata in ospedale, avevano aspettato qualche giorno per non sovraccaricare Paige di troppe informazioni. Dovevano pure per fare in modo che elaborasse, per quanto possibile, quel lutto improvviso che aveva subito: ricevere la notizia della morte dei propri genitori era già difficile di per sé, senza venire a conoscenza di avere una nonna, delle sorelle e una madre che un giorno avrebbe potuto conoscere, forse, in forma di spirito. Dovevano anche aggiungere che la sua discendenza era composta da streghe buone con poteri e che la sua vita sarebbe stata dedicata a salvare vite e sconfiggere mostri e altre creature demoniache. Avevano atteso pochi giorni, durante i quali avevano studiato e deciso il modo giusto in cui dirglielo, se mai fosse esistito.

Avevano atteso il giusto, secondo loro, ma era troppo tardi.

La mattina stessa in cui avrebbero dovuto dimettere Paige, il telefono aveva squillato e nel rispondere, Penny, aveva appreso che la ragazza, la sua quarta nipote, quella perduta, non sarebbe tornata a casa dall’ospedale. Lei non si sarebbe potuta offrire come tutrice della ragazza, come aveva deciso di fare, poiché i suoi parenti più prossimi erano venuti a recuperarla per portarla nella sua nuova casa a Long Island, sulla costa orientale.

Phoebe sospirò pesantemente, cercando di fare più rumore possibile per essere notata, ma ciò non avvenne. Tutti sembravano troppo immersi nei propri pensieri: sua sorella Piper, accanto a lei, si stava mangiando il labbro, segno che si sentiva a disagio e che ogni possibilità di allontanarsi da quella situazione le era stata preclusa; sapeva benissimo che la sorella di mezzo non aveva mai visto di buon occhi Paige, eppure come spesso accadeva, si era affezionata a quella ragazza.. anche se non lo avrebbe mai ammesso. D’altro canto, Prue stava assistendo a quella scena senza nascondere il suo disappunto: fissava gli zii di Paige come fossero i peggiori demoni in circolazione e pur sapendo che la colpa non era di certo loro, era palese il suo odio verso quelle persone che la stavano privando di quella ragazza.
E poi c’era la nonna, che aveva aperto le labbra innumerevoli volte, senza che nessuna parola venisse effettivamente pronunciata. Lei era una donna potente e di norma otteneva sempre quello che voleva, ma in quel caso, come poteva mettersi contro la legge? Come poteva mettersi tra una ragazza rimasta orfana e gli unici parenti che le erano rimasti? Come poteva, infine, scombussolarle la vita più di quanto non lo fosse già?

Paige era entrata nelle loro vite come un fulmine a ciel sereno ed ora il futuro di tutte loro era legato indissolubilmente. Chi avrebbe potuto mai dire che una ragazza scapestrata, così simile a lei, venuta da chissà dove, all’improvviso, avrebbe potuto ribaltare il loro mondo?

Anzi, era il caso di iniziare a chiamarla sorella.

Phoebe prese un profondo respiro. Incredibile come quell’idea l’avesse colpita solo in quell’istante.

Forse tutto quello che era capitato loro in quegli anni, forse avvenimenti successi molto prima delle loro nascite, le avesse portate là, in quell'esatto istante, riunite tutte e quattro… solo per essere separate di nuovo di lì a poco.

Ci poteva, anzi, doveva, essere qualcosa che poteva impedirlo. Non era forse il loro futuro, quello di stare sempre unite, combattere il male fianco a fianco e salvare vite umane, come aveva detto la mamma?

Phoebe si voltò speranzosa verso la nonna, cercando di capire se avesse in mente qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse convincere gli zii di Paige a lasciarla lì con loro. O forse era solo un suo capriccio? Si stava comportando da egoista? Solo perché ora aveva qualcuno di ribelle e dissoluta con cui parlare? Solo perché ora aveva una sorella così simile a lei, che la faceva sentire parte di quella famiglia?

«Phoebe?»

La ragazza sollevò lo sguardo, rendendosi conto di aver fissato il vuoto, immersa nei suoi pensieri deliranti, per qualche minuto.

Paige la stava fissando con un sorriso stanco che le curvava le labbra.

I segni di quell’incidente erano ben visibili sul suo volto e sulle sue braccia, per non parlare della sua camminata incerta, eppure, Phoebe poteva quasi percepire il vuoto che aveva dentro: essendo ancora all’oscuro di tutto, si doveva sentire particolarmente sola ed abbandonata da tutti. Avrebbe voluto urlarle la verità, in quell’istante, per cercare di alleggerire il suo fardello e farla di nuovo felice.. ma no, non poteva.

«Scusa.» Balbettò in fretta.

«Allora, posso lasciarteli?» Phoebe abbassò lo sguardo sull’oggetto che Paige le stava porgendo e i suoi occhi si illuminarono. Se quello non era amore fraterno! Eppure Prue e Piper non le regalavano mai indumenti di loro iniziativa.

«I tuoi Dr. Martens borchiati con la punta in ferro?» Mormorò la ragazza, gli occhi già lucidi. Anche se non era l’occasione più adatta, fu contenta di aver provocato quel risolino che fuoriuscì dalle labbra di Paige.

«Sapevo che ti sarebbero piaciuti.» Disse la ragazza, non mollando la presa prima che Phoebe non le avesse accettate. «Questo è il libro di ricette di mia mamma.» Aggiunse poi, sfilando un quaderno dal suo zainetto rattoppato, porgendolo a Piper. Lei rimase in silenzio, ma non riuscì a trattenere le lacrime. «Tu invece devi prenderti cura di Kitty.»

«Kitty?» Prue la guardò stranita prima di realizzare che la gabbietta che le stava porgendo, custodiva la gattina a cui avevano affidato la chiave del taccuino di Melinda.

«Sì, l'ho chiamata così per Catherine Bennet, ma risponde solo se la chiami semplicemente Kit.» Spiegò velocemente la ragazza, voltandosi verso Piper quando la sorella maggiore prese a fissarla con aria interrogativa.

«Orgoglio e pregiudizio, Prue.» Biascicò Piper con voce seccata, tirando su con il naso «Era il libro preferito della mamma.»

«Certo.» Si lasciò sfuggire Prue, sperando che quel sorriso nostalgico passasse inosservato. Incredibile come Paige possedesse un piccolo pezzetto di tutte loro senza nemmeno saperlo.
 

«Come farai con la scuola?» Chiese Penny quando venne il suo turno di fare i saluti. Si era rivolta direttamente agli zii di Paige, cercando di trovare un qualsiasi appiglio per esaudire i desideri di sua figlia. Mai e poi mai avrebbe pensato che fosse così difficile celare i sui sentimenti, soprattutto quel senso di impotenza davanti ad una nipote che rischia di allontanarsi per sempre, ignara del suo futuro e della sua famiglia.
Sembrava così vicina, Paige, eppure era così lontana...

«La iscriveremo ad una scuola vicino a casa non appena possibile, certo sarebbe stato meglio lasciarla terminare l’anno scolastico qui, ma Dave non può lasciare il suo lavoro.» Spiegò Julie con un sospiro. «Ora è meglio partire: ci vorranno due giorni di macchina per arrivare a casa.»

Era quasi incredibile come sette persone fossero state catapultate in una realtà diversa da un giorno all’altro. Tutti stavano dando il meglio di sé e di sicuro Dave e Julie stavano facendo tutto quello che era in loro potere per assicurare il meglio a Paige.. ma lei, lei lo stava veramente facendo? Stava dando il tutto per tutto?

«Perchè non la lasciate a casa nostra fino alla fine dell’anno?»

Fu come se Penny Halliwell avesse sganciato una bomba: nessuno respirava e gli occhi di tutti viaggiavano silenziosi da un volto ad un altro.

«Lei è molto gentile, ma-» Intervenne Dave, subito sovrastato dalla voce di Penny che, autoritaria e squillante, anche se il tono era il più naturale possibile, riuscì tranquillamente a riportare l’attenzione su di sé.

«La ragazza ha appena subito un lutto oneroso, un lutto che purtroppo conosciamo bene anche noi.. vogliamo davvero lasciare che perda anche le sue amicizie, sballottarla per 48 ore in una macchina e farla trasferire letteralmente dall’altra parte del paese per farla quasi sicuramente ripetere l’anno scolastico? È un trauma non indifferente.» Penny sembrava pensare da sola a voce alta, eppure sapeva benissimo di stare toccando tutti i punti che dovevano essere toccati. E se lo stava facendo anche solo per far stare meglio le sue nipoti, tutte e quattro, allora non aveva niente da rimproverarsi. In fondo, Dave e Julie Matthews potevano ancora essere i tutori legali di Paige continuando a vivere in un altro stato. Ci doveva pur essere un modo per sistemare la cosa anche legalmente, senza considerare che erano loro, biologicamente, la sua famiglia. Doveva pur contare qualcosa. «Abbiamo una casa grande, Prue lavora vicino alla scuola di Paige e lì ha tutti i suoi amici, i suoi insegnanti. E poi ci siamo noi: le ragazze hanno legato molto in queste settimane.» Sottolineò «Insomma, qui c’è la sua vita, non possiamo toglierle anche questo.»

Dave e Julie si guardarono a lungo.

Le sorelle Halliwell speravano con tutto il cuore che decidessero di lasciare la nipote con loro e in tal modo, ricostituire il loro magico quartetto.

Era strano rendersi conto di come erano sempre state incomplete, fino a quel momento, senza Paige.

⁓✧⁓

Avevano discusso a lungo, litigato persino, per chi avrebbe dovuto condividere la propria stanza con Paige, almeno fino alla fine dell’anno scolastico.

Anche Piper, con grande sorpresa della ragazza, si era battuta come una belva per ospitarla nel suo letto e condividere parte del suo armadio che, essendo l’unica ad avercelo in una stanzetta adiacente alla propria camera, era il più adatto ad essere condiviso.

Paige assisteva a quel tafferuglio dalla cima delle scale con la valigia ancora in mano e lo zaino di scuola che le penzolava da una spalla. Era quasi commossa da tutto quello e si stava chiedendo se era quello che le ragazze provavano ogni giorno, ad avere sorelle. Per quanto ne sapeva lei, avere fratelli non era mai un vantaggio: si partiva dalle differenze caratteriali per terminare con inutili litigate, oggetti rubati, vestiti scambiati, scherzi infiniti.. eppure non poteva desiderare altro, lei che si era sentita sola per tanti anni.

Quando aveva trovato Prue e si erano messe a giocare a fare le streghe, più di tutto le era piaciuto il fatto di avere trovato sorelle, anche se non di sangue, ma di magia, come aveva detto lei. Anche se avevano vissuto una serie di coincidenze straordinarie ed erano state vittime di allucinazioni di massa, era comunque contenta di avere le Halliwell nella sua vita. Soprattutto in quel momento.

Forse la ragazza sognatrice e fantasiosa che credeva nella magia era stata di nuovo sostituita dalla cinica Paige che i suoi tanto odiavano, ma per ora non le importava, finché stava con loro e con Penny. La facevano sentire più in famiglia loro di quanto i suoi parenti non lo avessero mai fatto in quindici anni di vita.

«Dal momento che non riuscite a mettervi d’accordo, deciderò io per voi.» La nonna sospirò pesantemente, la mano destra premuta sulla fronte e un’aria seccata che le segnava il volto. «Per stanotte dormirai nella stanza di Prue,» le due sorelle più piccole si lamentarono con teatrali mugolii di dissenso, mentre la più grande le osservava con aria divertita e soddisfatta «da domani libereremo lo stanzino accanto alla camera e nei prossimi giorni vedrò di chiamare un carpentiere per abbattere il muro di mezzo, così tutti avranno la loro privacy.»

«Cosa?» Balbettò Paige con gli occhi sgranati «Non c’è bisogno che-»

«Non essere ridicola, quella stanzetta non è vivibile così com’è.» Tagliò corto Penny.

Paige rimase senza parole: non solo l’avevano accolta in casa senza la minima esitazione, non solo avevano convinto i suoi zii a farla rimanere almeno fino alla fine dell’anno scolastico, non solo si erano offerte di provvedere a lei in tutto e per tutto, ma erano anche disposte a modificare la struttura della casa solo per farla stare comoda e a suo agio.

«Sai, il solo pensiero di dividere la stanza con una di loro due senza nemmeno una porta a separare gli spazi, mi fa venire voglia di fuggire di casa.» Scherzò Prue, ottenendo delle pronte linguacce da parte di Phoebe e Piper «Ma dividerla con te mi rende felice. Sarà una bella avventura.»

«Rende felice anche me.» Sorrise Paige timidamente.

«E poi, siamo realistici:» Esclamò Penny d’un tratto «Phoebe e Paige sono troppo simili e mi avrebbero trasformato quella stanza nel regno del gotico, senza parlare delle fughe notturne e delle ore piccole, tutte le sere.»

«Su questo, potevate metterci la mano sul fuoco.» Mugugnò Phoebe con il broncio, le sue idee e progetti che svanivano nel nulla.

«E Piper è troppo diversa.» Proseguì Penny «Paige che vuole ascoltare i suoi CD e che prova le sue nuove mosse moshing mentre Piper cerca di studiare per-»

«Sai cos’è il moshpit?» Domandò Paige completamente stupefatta.

«Sono stata giovane prima di voi, ragazze.»

Paige fu sollevata di non essere l’unica a sfoggiare un’espressione inebetita, in quel momento.

~ ⁓✧⁓ ~

Era notte fonda quando Paige e Prue sentirono bussare alla porta.

D'istinto, si bloccarono entrambe con il cuore in gola, già immaginando che la nonna avesse marciato verso la loro stanza sul piede di guerra, nel sentirle ridere e chiacchierare, nonostante l'ora tarda. Avrebbero voluto entrambe conoscere un incantesimo che le rendesse invisibili, ma per il momento si accontentarono di far finta di non esistere.

Pochi istanti più tardi, il musetto di Kit fece capolino da una piccola fessura della porta, che era stata socchiusa. La gattina miagolò e sgusciò sotto al letto.

«Date una festa notturna e non mi invitate?» Disse con voce lamentosa Phoebe.

Le due scorsero solo la mano di Piper che, lesta, colpiva la nuca della sorella.

«Fa' silenzio, per la miseria!» La sgridò, spingendola dentro e seguendola prontamente, per poi richiudersi la porta alle spalle. «Muovetevi voi due, pantofole e vestaglie.» Le spronò con voce decisa. «Abbiamo una sorpresa per Paige.»

La ragazza più piccola sentì una scarica di energia attraversarle le vene e, senza fare troppe domande, si chinò dall'altra parte del letto per recuperare le sue babbucce.

«No.» Prue esclamò, scendendo dal letto a piè pari e puntando il dito contro le facce furbe e al contempo soddisfatte delle sorelle. «So cosa avete in mente.»

«Bene, allora aiutaci.» Ribattè Phoebe.

«La nonna ha detto che era proibito farlo.» Mugugnò Prue indispettita.

«Se non vuoi aiutarci, allora resta qui.» Ribattè Piper, allungando la mano verso Paige «Dai, muoviamoci.»

La più piccola guardò a lungo le due contendenti, poi afferrò la mano di Piper.

«Perfetto, incominciamo già da subito con l'insubordinazione.» Sospirò teatralmente Prue, infilandosi a sua volta le pantofole. «E va bene.» Si arrese, strappando di mano la torcia a Phoebe.

Durante il breve tragitto verso la soffitta, Paige non potè fare a meno di chiedersi come mai si stessero dirigendo proprio lì.

Si mise in disparte mentre le tre sorelle correvano indaffarate di qua e di là per la stanza semibuia, consultando il Libro delle Ombre senza toglierlo dal suo leggio, recuperando candele, fiammiferi, mugugnando parole senza senso come in preda ad un'euforia che lei non riusciva a comprendere.

«E se la mettiamo nei guai?» Mormorò Prue con in mano una candela. Avevano formato una sorta di cerchio con quattro candele e quella di Prue doveva essere la quinta, ma era esitante a poggiarla sul pavimento.

«Non la metteremo nei guai, se non vogliono che venga a trovarci, semplicemente non la faranno apparire.» Spiegò Piper.

«Di che state parlando?» Domandò esitante Paige.

«Dobbiamo dire l'incantesimo prima o dopo aver acceso le candele?» Chiese Phoebe con aria perplessa, completamente ignorando la più piccola nella stanza.

«Durante?» Provò Piper facendo spallucce.

«E se non funzionasse?» Mugugnò Prue poggiando la candela. Ora sembrava aver paura di rimanere delusa.

«Ce lo devono.» Concluse Piper risoluta. «Lo devono a lei.» Sorrise, rivolgendo lo sguardo verso Paige.

Phoebe prese la mano della ragazza e, con sguardo incoraggiante, la fece avvicinare a loro. Paige notò che si erano scambiate uno sguardo complice prima di prendere un lungo respiro e, mentre Piper accendeva un fiammifero, le orecchie di tutte loro si colmarono di quella litania.

«Ascolta le parole della mia invocazione, spirito dell'altra dimensione. Vieni a me in comunione, attraversala grande divisione.»

Scintille di luci cominciarono a fluttuare quasi subito attorno a loro e Paige non poté fare altro che sopprimere un gemito sorpreso e spaventato al tempo stesso.

Fino ad allora non aveva mai visto la magia sapendo di cosa si trattasse. Era tutto vero, dunque? Loro, l'incontro, i poteri, le visioni, i demoni? Era veramente una strega e lo erano anche le Halliwell?

Ancora intontita da quella cascata di pensieri che l'aveva investita, non si rese subito conto che quelle luci avevano preso una forma, una figura di donna, alta e bella, con i capelli morbidi e bruni che venivano scossi da un vento leggero, così come i suoi abiti. Il suo corpo, però, era impalpabile.

Paige sapeva di conoscere quella donna dal viso gentile che aveva preso a sorriderle. Non riusciva quasi a capire cosa fosse, poi, la realizzazione la colpì: gli occhi scuri di Phoebe, il viso squadrato di Prue, il sorriso di Piper. Quella donna aveva un po' di tutte loro… e anche di lei: sembrava di guardarsi allo specchio se si soffermava sulla sua fronte alta, la vertigine a lato della testa, nello stesso identico punto.

«Non devi avere paura, Paige.» La donna disse. La sua voce arrivava melodiosa eppure forte alle sue orecchie, come accompagnata da un'eco distante.

Lei non aveva paura, ne era più sorpresa e il suo cervello atrofizzato: come se avesse capito tutto e non volesse crederci, come se avesse finalmente trovato il suo posto, ma senza aver compreso tutto fino in fondo.

Avrebbe voluto rispondere, ma le parole le morirono in gola.
Riuscì solo a comandare al suo corpo di respirare mentre, con la coda dell'occhio, notò che le tre sorelle si stavano abbracciando con aria commossa. E la stavano fissando.

«Non ti preoccupare, non succederà nulla.» La rassicurò Prue con aria incoraggiante.

«Tutto accade per un motivo,» disse lo spirito rivolgendosi a tutte e quattro «la magia è una cosa meravigliosa, vi guiderà sempre. Fidatevi di essa.»

«È stata la magia?» Balbettò Paige. Non sapeva esattamente come continuare quella frase, non sapeva se fosse stato opportuno chiedere a quello spirito il perché si trovasse in quel luogo, se fosse stato ucciso per colpa della magia o se fosse stato semplicemente trasformato in spirito dalla stessa. Certo era che le tre sorelle sembravano essere la sua copia sputata… la madre che Prue aveva detto di aver perduto.

«A volte la magia ti toglie una famiglia,» Disse lo spirito malinconicamente «altre invece, te la restituisce.» Sorrise. Anche se non faceva parte di quella famiglia nello specifico, faceva parte della loro famiglia di streghe, legata attraverso la magia e, per ora, era abbastanza, per lei.

Paige osservò attonita mentre la donna mosse un passo verso di lei, avvicinandosi a quel cerchio di candele sempre di più, sempre di più, finché uno dei suoi piedi non lo attraversò.

Ci fu un sussulto generale mentre lo spirito camminava oltre quel mero confine, acquisendo un corpo materiale in tutto e per tutto. I suoi capelli e il suo vestito azzurro smisero di muoversi, come se l'alito di vento che li aveva toccati fino a quel momento avesse smesso di soffiare. Ora poteva vedere meglio il colore dei suoi capelli, quello dei suoi occhi, delle sue labbra scure, simili a quelle di Penny, la lieve abbronzatura della sua pelle.

Paige non si mosse quando la donna la avvolse in un caldo abbraccio che, adagio, ricambiò con mani tremanti. Da oltre la spalla calda della donna, poteva vedere le tre sorelle piangere silenziosamente con dei sorrisi stampati sulle labbra.

«Bentornata a casa.» Sussurrò la donna.

Paige socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma non ci riuscì.
Sentiva però che quella donna aveva ragione: stretta in quell'abbraccio, guardando le tre sorelle che le sorridevano, si sentiva veramente a casa.

 

FINE SECONDA STAGIONE

 

 


Note:
- I demoni Krychek sono demoni di basso livello, vivono in clan e servono un capo degli Inferi. Sono facilmente identificabili per via dei loro tatuaggi sul collo.
- Il Demone dell'Acqua è un demone potente che sfrutta l'acqua per uccidere le sue vittime, che affoga; il Libro lo descrive come scaltro e misterioso. Esso è il responsabile della morte di Patty e, anni più tardi, anche l'uccisore di Sam. 

- Emporio "Mòshù", in cinese, letteralmente "magia".

- L'incantesimo di privazione dei poteri (To Separate a Witch from her Powers) fa la comparsa più volte durante il telefilm. Perchè questo incantesimo abbia effetto, è prima  necessario preparare una pozione.
Differisce da quello di vincolo dei poteri (To Bind) che non richiede nessuna pozione da assumere.

- Il “loro” a cui si fa riferimento nel terzo paragrafo sono gli Anziani.

- Le camere di Piper e Prue sono già “scambiate”; la disposizione segue, dunque, quella della stagione tre (episodi successivi al matrimonio tra Piper e Leo) e seguenti.

- Non si è mai spiegato da dove provenga il nome “Kit” (traducibile anche semplicemente con “gatto”), qui ho semplicemente trovato occasione per legarla un po' di più alle Halliwell, ipotizzando che sia il libro preferito di Patty che quello di Paige sia "Orgoglio e Pregiudizio".

- Il “danza” moshpit. Una particolare stile di “danza” dove ci si spintona a vicenda, tipicamente accompagnata da musica aggressiva.

- L'incantesimo pronunciato per evocare lo spirito di Patty è quello della versione ridotta italiana. Tradotto (e modificato) dalla versione originale "To Summon the Dead".



Easter Egg(s):

- "Essere lontane ma sempre unite, potersi sentire libere, senza essere mai sole." è ispirata al rito del battesimo magico (Wiccaning, in originale) che recita "Apart but never separate, free but never alone." durante la benendizione del bambino. Nel libro delle ombre, il rituale si trova sotto la voce "To Call the Halliwell Matriarchs".

- La frase “Voi siete streghe, ragazze.”  è ispirata alla ormai iconica "Tu sei un mago, Harry.", dal film "Harry Potter e la pietra filosofale", 2001.

- La frase "Siamo streghe, care, possiamo fare tutto." è presa in prestito dall'episodio S01E17, pronunciata dalla stessa Penny.

- Le scarpe “Dr Martens” borchiate sono quelle che regala Paige a Phoebe nell'episodio S05E15, insieme alla canotta di catene e alle manette. Dallo script originale Chain mail top from my club days. Steel toed boots from my mosh pit days. Handcuffs, from last Friday.”
 

NdA
Eccoci giunti, nuovamente, ai ringraziamenti. A voi, cari lettori silenziosi, che senza sapere contibuite a mantenere in vita questo fandom; a Son of Jericho, fedele ed appassionato lettore che mi accompagna in questa avventura, con occhio attento e diligente, fin dal principio. Spero che lo scambio di idee rimanga divertente, costruttivo e prospero come lo è adesso; e infine alla mia gf, senza la quale non sarei qui. Grazie per l'ispirazione ed il sostegno che mi regali ogni giorno.

Con la consapevolezza che questo non sia un addio, farewell.
A presto! Tornerò prima che qualcuno possa dire... "Charmed".

syriana94

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