The Silence Of The Glances

di ArwenDurin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
"Sometimes you find your best self in the silence. When there’s nothing to listen to except the sound of your heartbeat , something happens.
You find the rthymn of your own thoughts and you stop being so afraid of where those thoughts go.
You learn what keeps your hands busy and your mind engaged.
We live in a world that insists that you are incomplete in some fundamental way if you aren’t constantly surrounded by other people. And if you only ever allow yourself to be alone when you feel lonely, you might start believing the lie. But if you let go of all your expectations for a happy life and simply live, I think you’ll find that being alone isn’t scary or sad at all.
There is clarity in the silence. There is hope there too"
-L.A.L.

Piccole note:
-Will è un po' diverso perché primo è giovane e poi per via che se fosse stato più schivo, Hannibal 18enne non so se si sarebbe interessato ma piuttosto dopo un po' avrebbe lasciato perdere, visto che ha in mente la vendetta e altro (se avete letto il libro Hannibal Rising capirete :P sennò vedrete più avanti)
-Hannibal stesso è un po' diverso perché appunto è giovane, e mi sono ispirata più libro e film, anche se ci sono tracce del Hannibal del telefilm.
-Non dico che è una AU di Hannibal Rising ma semi AU, perché tutto il racconto di Will è inventato da me e anche la maggioranza delle scene, soltanto alcune battute sono prese dal libro e ovviamente il passato di Hannibal viene dalla penna di Harris, a questo proposito è meglio se conoscete il passato di Hannibal e se avete letto o visto il film Hannibal Rising tanto meglio. Cercherò di raccontare anche per chi non sa ma non posso tutto e alcune cose potrebbero essere non troppo chiare se non conoscete il passato di Hannibal, quindi è consigliato. Anche solo sapere cosa gli è successo a Hannino non per forza che abbiate letto il libro o visto il film (che comunque consiglio! Con una scorta di fazzoletti per la prima parte XD)


 
Il silenzio del luogo era assordante; eppure Will poteva sentire rimembranze di litanie, pronunciate nel passato, riecheggiare dalle mura mentre passeggiava sotto quei vasti archi. Si teneva ad una certa distanza dal suo obiettivo che con un quaderno sotto braccio, camminava in cerca d'ispirazione, aspettando che le mura gli dessero l'atmosfera e le parole che cercava. Di tanto in tanto si osserva intorno, perché a lui piacevano luoghi del genere.
Ill ragazzo davanti a lui si fermò di colpo. Era distante, eppure sentiva che poteva avvertirlo, di profilo ora in evidenza, annusava l'aria.
«Che cosa ci fai qui, Will Miller?» a quel punto Will si paralizzò, e si chiese come fosse possibile che l'avesse percepito senza vederlo. Un'ombra di inquietudine lo avvolse, ma di certo non glielo avrebbe chiesto.
Lo sorprese comunque che si ricordasse di lui, visto che non avevano mai parlato. Lo studente più giovane ed anche più in gamba, della facoltà di medicina, si ricordava di lui, e gli pareva incredibile.
Hannibal si voltò e incontrò di nuovo quello sguardo capace di leggergli l'animo, come la prima volta che l'aveva visto, e come era successo nelle pause tra le lezioni nel cortile. I suoi occhi ambrati l'avevano colpito, come se avessero scavato nel profondo del suo animo, e l'avessero visto per davvero. E in quel momento, all’interno della chiesa, capitò di nuovo.
Qualcosa si mosse nel suo stomaco improvvisamente, e si sentì a disagio.
Che cosa ci faccio qui? Non ne ho idea.
Era per restare da solo certo: questo si disse per convincersi. In realtà aveva semplicemente seguito quel ragazzo, che più di altri attirava la sua attenzione. E pensare che il primo giorno alla facoltà, nemmeno l'aveva notato, se non al termine della lezione di anatomia: lì i loro sguardi si erano incontrati e fissati per qualche secondo. Fu solo dopo qualche settimana però, che Will non riuscì più a farne a meno.
All'inizio aveva evitato di cedere; ma poteva sentire i suoi occhi chiari muoversi, come se avessero vita propria,  alla ricerca di Hannibal, in quanto lui era come una chiazza di colore sgargiante, in mezzo ad una tavolozza piatta e uniforme.
Will sfiorò una colonna della chiesa, portando lo sguardo sulla suddetta e poi sul soffitto decorato, immergendo lì la sua attenzione prima di rispondere. Non gli piaceva parlare con le persone, ma non poteva certo evitarlo in quel momento.
«Mi piace il silenzio che c'è tra queste mura...»
«Dove non si viene disturbati da inutili chiacchiere.»
Will lo guardò, annuendo a quell'interruzione. Sapeva che molti dei suoi coetanei sarebbero scoppiati a ridere, dandogli dello sfigato per questo, ma non Hannibal: lui ci veniva spontaneamente nelle chiese.
«Buone riflessioni, allora.» glielo disse nel tono garbato che lo caratterizzava, prima di fargli un cenno di saluto per avviarsi verso l'uscita della chiesa. Will però non voleva che se ne andasse...
«No.»
Quando l'altro si voltò, gli si strinse un nodo alla gola nella consapevolezza che aveva espresso davvero il suo pensiero e arrossì copiosamente, sentendo le sue guance bruciare.
Cercò di rimediare.
«Intendo, non è giusto... perché tu sei arrivato qui prima di me e poi sei abbastanza silenzioso da non disturbarmi.»
Gli occhi ambrati di Hannibal si accesero e fu splendido specchiarsi in quei “gioielli d’ambra” che lo fissavano. Aveva un'espressione indecifrabile disegnata sul volto, e per un istante fu totalmente immobile, come una statua di carne e fascino da cui non si potevano staccare gli occhi.
Improvvisamente esso prese vita, e si mosse con una tale grazia che non sembrava “umana”, sedendosi poco distante da lui. Riprese poi a contemplare attorno a lui e finalmente trovò qualcosa che lo attirò, poiché con il quadernetto nelle sue gambe, prese a disegnare. Will rimase lì in piedi a pochi passi da lui e,di tanto in tanto, faceva cadere i suoi grandi occhi chiari sulla sua figura.


Angolo autrice: 
Ciao a tutti ^_^ ebbene, spero che vi sia piaciuto questo prologo, e mi è venuto spontaneo intenso come ambientazione XD e l'ho scritto anche per darvi un'idea del rapporto tra Will e Hannibal e i loro rispettivi caratteri.
Will ha il cognome diverso già già ma è sempre lui :P scoprirete il motivo più avanti, stay tuned

Una cosetta, questo racconto è piuttosto cupo e filosofico quindi se cercate un racconto leggero e divertente non è questo XD e mi pareva giusto avvisare.
 
Io personalmente sono molto affezionata a sto racconto dunque sarei felice che piaccia tanto quanto io sto adorando a scriverlo ^_^
Grazie a chiunque lo leggerà e/o commenterà
Il capitolo uno arriverà a breve
Vi adoro Fannibal :*




 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Se non lo avete fatto vi consiglio di leggere le note prima del prologo ^_^


“Your taunted charm and your broken smile
Touched me unexpectedly
So long, so long you’ve waited in line
Desire is a gift in life" 'IAMX- Kingdom of Welcome Addiction'
 
«È vero quello che si dice sulla tua famiglia, Lecter? Ha origini nobili solo perché se le sono prese con il sangue? Come per il conte Dracula cazzo, serviranno dei paletti...»
Era l'ennesimo insulto e presa in giro sulla sua famiglia che quell'idiota di Bill Pratt gli rivolgeva; ma era anche l'ennesimo al quale Hannibal non rispondeva. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal suo libro di studio, per un essere tanto insignificante.
Aveva senz'altro visto di peggio e reagito a bulletti più spaventosi di lui in passato. Soprattutto in quel collegio, o per meglio dire nella suo castello, che fu requisito alla sua famiglia dopo la guerra. Ci era  cresciuto, e gran parte della violenza l'aveva sfogata lì, prima che lo zio Robert e Lady Murasaki, lo salvassero da ciò che avrebbe potuto davvero fare là dentro.
Si era limitato e chiuso nel suo silenzio e nel collegio ciò era aumentato; ed era grazie alla zia se aveva ripreso a parlare, motivo per cui non aveva reagito a Bill. Non voleva deluderla, e spaccare la testa a quell'idiota gli avrebbe fatto passare dei guai.
Hannibal non voleva questo.
L'aveva fatto in passato; era stato decisamente più impulsivo ed aveva reagito, mettendo una piacevole paura nei suoi confronti da parte dei bulli che l'avevano infastidito. Lì non poteva permetterselo, e oltretutto immaginarlo al posto delle figure vivisezionate nel libro era più divertente.
Era cresciuto oramai, e doveva comportarsi  con giudizio, poiché era il miglior studente di medicina, nonché il preferito dei professori per il suo essere mite e di gran intelletto. La cosa aveva però attirato invidie, tra cui un gruppetto di bulli di cui il capo era appunto Bill. Ma questo era solo un lato della medaglia.
Hannibal sapeva il vero motivo per cui Bill ce l'aveva con lui, tanto che persino oggi, quand'era tranquillo nel parco dell'università a leggersi un libro, l'aveva raggiunto da solo. La ragazza che gli piaceva non guardava un ragazzo sciocco, pieno di brufoli e rozzo come lui.
Clarice, così si chiamava, aveva un’evidente, per quanto non ricambiata, cotta per Lecter, e questo infastidiva Bill più di ogni altra cosa. Motivo per cui l'aveva punzecchiato spesso, ma non ancora in modo tale da procurargli fastidi; e per questo lo aveva ignorato, anche e soprattutto per la reputazione. In ogni caso lo avrebbe potuto punire in seguito se avesse continuato; magari in un luogo isolato, tanto da fargli rimpiangere tutte le prese in giro che erano uscite dalla sua bocca volgare.
«Dovrei avvisare Clarice, non voglio si ritrovi con dei fottuti buchi sulla gola eh orfanello?»
A quel punto Hannibal si alzò, decisamente stanco di quell'idiota e i suoi complessi di inferiorità e senza degnarlo di una risposta, e di uno sguardo, si incamminò per ritornare all'università.
Bill si irritò, e lui lo sentì nella forza della sua presa quando gli afferrò il braccio, e quando scontrò i suoi occhi con quelli acquosi dell'altro, che contrasse la mascella. Quel tocco lo infastidì ulteriormente.
«Ma tu non ci esci con lei, vero? Lo so che in realtà sei interessato alla tua zietta, è un bel bocconcino devo ammetterlo, quando te la sei fatta eh?»
«Lasciami il braccio, Pratt.» poche parole scandite e calme, come un ultimo avvertimento.
Quell'idiota rise «O forse sei direttamente un cul...» le sue parole vennero spezzate da un colpo, e Bill cadde a faccia un giù come una “patata lessa”.
Una macchia rossa ricopriva ora il suo capo, colpito in un punto strategico che lo fece solo svenire. Dietro di lui apparve qualcuno che Hannibal di certo non si aspettava di vedere: Will Miller, lo studente arrivato da qualche mese, era lì con un sasso in mano ed un'espressione vuota sul volto.
«Mi aveva stancato.» si giustificò, lasciando cadere il masso a terra e guardandolo negli occhi. Hannibal non sapeva come l'altro potesse aver capito che un gesto del genere non l'avrebbe sconvolto, ma piuttosto sarebbe stato gradito, attirando la sua curiosità sulla sua persona. Forse non lo sapeva e aveva agito d'istinto, come già l'aveva visto fare, molto diverso dal ragazzo timido che sembrava.
Ricordava il giorno che era entrato all'università. Imbarazzato e silenzioso aveva evitato lo sguardo di chiunque, così come il dialogo (anche con lui); però ogni tanto i loro sguardi si incontravano. Hannibal poteva capirlo e probabilmente l'altro lo sentiva; sta di fatto che quando i loro occhi si incontravano accadeva qualcosa intorno a loro. Era inspiegabile anche se durava poco, visto che Will toglieva quasi subito il contatto visivo; eppure non gli aveva rivolto parola, né era incline a farsi avvicinare.  Hannibal non aveva di certo insistito su questo: attese sino a quando il ragazzo stesso non gli parlò di sua volontà, chiedendogli delle ripetizioni, e sforzandosi più che mai in ciò.
Ricordava ancora la sua espressione imbarazzata nel farlo, e come i suoi occhi avessero vagato per la stanza evitando ogni contatto visivo. Era suo supplente da qualche settimana, e di certo Will era per lo meno migliorato. Infatti non era più successo che durante l'esame di un corpo, uscisse dall'aula in preda all’ansia. Il professore diceva che avesse troppa empatia per essere un medico, e probabilmente aveva ragione: ma Hannibal non si era rifiutato di aiutarlo.
Era appunto migliorato, anche se ancora di poco per i suoi standard; ma la vittoria fu che in quell’occasione avevano condiviso qualche parola, non andando però oltre lo studio, e qualche altro argomento più banale, perché Will aveva costruito una fortezza intorno a sé ed era difficile scavalcarla. Ma Hannibal aveva pazienza, e aspettava che fosse Will a volersi avvicinare tanto da  parlare per davvero e instaurare chissà un amicizia.
E aveva di certo capito infatti, quanto Miller fosse introverso.
Il ragazzo stava spesso per conto suo e sembrava non importagli di socializzare. La maggior parte del tempo libero lo passava appoggiato ad un muro lontano dalla folla, con il walkman come unico compagno.
Questo ovviamente aveva attirato l'attenzione delle ragazze che lo consideravano misterioso, oltre che molto carino. Aveva infatti un viso pressoché perfetto dai lineamenti delicati; i riccioli castani erano definiti, ed alcuni che accarezzavano la sua fronte lo rendevano etereo. Molte ragazze gli passavano di fronte ridacchiando per attirare la sua attenzione, ma lui le ignorava; e questo lo portò ad essere considerato uno snob e a essere preso anche di mira da Bill e la sua combriccola.
Ben presto però avevano perso interesse per lui, anche perché spaventanti da come un giorno aveva reagito prendendo Bill per il colletto, dandogli una bella lezione con pugni e tanta rabbia, come fosse un'animale. Era qui che l'attenzione di Hannibal per lui era aumentata: aveva assistito insieme ad altri studenti alla scena, e venne intrigato dalla bestia che aveva visto in lui.
Per questo fu rimproverato severamente del preside, che gli comminò anche una sospensione di qualche giorno. Il ragazzo, ma non ne fu turbato più di tanto, anche al suo ritorno in facoltà, le persone gli stavano più lontano, tranne Hannibal, naturalmente. 
Da quel momento quando lo sorprendeva appoggiato al muro ad osservare la folla, lo guardava intensamente, notando come in realtà Will osservasse le persone in modo analitico e attento. Come se stessero recitando uno spettacolo davanti ai suoi occhi chiari, coperti di maschere e menzogne. E lui capiva quella visione.
Ed in mezzo a quelle “gelatine” grigie insignificanti, il suo sguardo azzurro che spuntava sotto i suoi riccioli, era ricco di segreti e di una rabbia che Hannibal voleva assolutamente capire. Quegli occhi grandi e feriti da una sofferenza che scalfiva il suo essere, l'avevano inaspettatamente toccato. Sentiva la voce del ragazzo nel suo silenzio, ed era così simile alla sua... Lui lo avvertiva tutto questo, e ne era più che incuriosito.
In quei momenti capitava che i loro occhi si incrociassero e Will, di solito restio a non tenere un contatto visivo troppo a lungo, cominciò a farlo. Era come se In quei momenti si scambiassero informazioni, parlandosi con il silenzio degli sguardi.
E accadde ancora in quel frangente, mentre Hannibal, come fosse il gesto più naturale del mondo, prendeva il fazzoletto dal suo taschino per eliminare le impronte dal masso.
Will lo guardò ma la sua mente era altrove.
«Vieni con me.» tant'è che quando disse ciò, l'altro ragazzo sussultò ma lo seguì come imposto dalla lezione che lo aspettava.
 
Non parlarono dell'accaduto, né dopo la lezione e neppure nei giorni successivi; ma questo fatto li avvicinò, poiché oltre le ripetizioni, dopo i corsi si vedevano fuori nel cortile dell'università. Era stato Will, come l'altro aveva previsto, ad instaurare un vero contatto, sedendogli a fianco un giorno, mentre stava leggendo un libro sotto un albero.
Non aveva detto una parola, ma semplicemente l'aveva guardato e poi ascoltato, quando Hannibal aveva iniziato a leggere ad alta voce...e da quel momento, molti altri libri furono letti.
Bill e la sua combriccola li evitarono dal giorno di quel colpo alla nuca, perché il capobanda, non essendosi accorto di Will alle sue spalle, aveva pensato che fosse stata un'azione di Hannibal, una qualche sorta di magia nera.
Unì l'esotico di Hannibal e la sua stupidità, ma fu di certo meglio per i ragazzi. Oltretutto Lecter si divertiva vederlo assumere un’espressione di terrore quando lo guardava.
Hannibal cominciò a parlargli dei libri che leggevano, di Platone o Socrate...o qualche altro filosofo; gli piaceva discutere di questioni sociali o filosofiche con chi ne capiva, anche se Will esprimeva un timido parere, si vedeva comprendeva e appezzava come l'altro ascoltava. Sembrava che quel ragazzo fosse stato sigillato con della forte colla, ma non avevano fermato Hannibal anzi, poteva vedere nei suoi occhi l'interesse per un dato argomento, o anche l’eventuale opinione. Era bravo a capire le persone; e in più, nei confronti di Will aveva una curiosità sincera, che fu "un accelerante" per studiarlo durante i suoi silenzi e le sue espressioni.
Altre volte godevano in silenzio l'uno della compagnia dell'altro, ritrovandosi negli sguardi e nei respiri.
Una volta, soltanto per fargli sapere che lo accettava e lo capiva nel suo silenzio, Hannibal gli aveva detto "So che sei propenso al silenzio e se non vuoi parlare va bene; ma voglio che tu sappia che io ti ascolterò. Mi interesserà quello che vorrai dire."
Will l'aveva guardato e aveva annuito, ma sapeva che prima o poi avrebbe parlato: era soltanto una questione di tempo e di pazienza.





Angolo autrice:
Ciao a tutti ^_^ come avrete capito questo è più che altro un capitolo introduttivo ma necessario, volevo mettere il POV di Hannibal sul perché fosse interessato a Will. Come si approcciano ripetizioni a parte, è strano lo so XD però mi sono vista proprio la scena così.
La gif è mia ^_^
Comunque la domanda è, perché Will è così silenzioso?
La citazione che vedete di IAMX, fa parte
dell'album che ha ispirato questo racconto, se volete ascoltarlo ve lo consiglio e linko! Un unione di musica eccezionale e testi profondi, come potete vedere, penso che citerò altri suoi brani dell'album in altri capitoli (dovev essere solo quell'album ma la cosa mi sta sfuggendo di mano XD)
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà e ringrazio le recensioni nell'altro capitolo, siete state adorabili**

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"I am terrified
I think too much
I buy every cry, because
I don’t trust I am terrified
But the gravity between us will keep us safe"
-'IAMX I Am Terrified'
 
«Mi sembra sia giunto il momento che tu risponda a questa domanda: che cosa hai provato quando l'hai colpito?»
Will sapeva benissimo a cosa l'altro si stesse riferendo, e poggiò la penna con la quale stava trascrivendo un appunto, spiegato proprio da Hannibal, sospirando.
Si sentì improvvisamente spoglio e vulnerabile di fronte a lui per quella curiosità, e non gli piaceva quella sensazione.
«Sono stato piuttosto impulsivo...perché per caso ti è piaciuto?»
«Perché ci conosciamo da un po' oramai, sono passate settimane dall'accaduto e adesso potresti rispondermi. Comunque no Will: in realtà hai usato in modo corretto e bilanciato la tua forza. Ma vorrei sapere le tue sensazioni, oltre al fatto evidente che a te sia piaciuto.»
Hannibal sfondò il muro che aveva innalzato. Di solito le persone lasciavano perdere dopo le sue risposte schive, ma non lui...piuttosto lo affrontava e gli teneva testa.
Will si alzò volgendo lo sguardo alla piccola finestra presente nella camera dell'altro, unica fonte di luce in quel dormitorio, e si scosse dal disagio perché Hannibal aveva ragione. Colpire Bill era stato esaltante, anche se non paragonabile a quando prese a pugni la sua faccia grassoccia, dopo le solite e noiose prese in giro: in quel caso era stato sensazionale ed interessante. Gli piaceva studiare un controllo parziale sull'altro, che diventava totale se veniva battuto; come se in quei momenti fosse davvero a contatto con una parte di sé che era abituato a zittire e imprigionare in un muro di silenzio.
Hannibal aveva visto ciò dallo squarcio che Will aveva aperto, ed era sia eccitante che spaventoso.
«Non parlo di certe cose, solitamente.»
Gli rivolse appena uno sguardo: era attratto dal vedere la sua prossima mossa, come una partita a scacchi decisiva per la conoscenza reciproca.
«Di solito non parli affatto.»
Tutto il disagio si spense, perché Will scoppiò a ridere e lanciò un'occhiata  all'altro che sorrideva con lui; una visione rara di entrambi, nonché il loro primo momento del genere condiviso.
E quando si guardarono di nuovo, il ragazzo sentì una crepa nel suo muro e un'atmosfera diversa li abbracciò, avvicinandoli l'uno all'altro, come l'inizio di un qualcosa che non potevano controllare.
E Will improvvisamente sentì la voglia di parlare con lui. Lo aveva ascoltato con piacere per così tante settimane, annuendo e rispondendogli a monosillabi; ma improvvisamente era pronto ad aprirsi con lui.
Voleva provare a dargli ciò che desiderava; aveva il sentore che sarebbe stato capito, forse per la prima volta nella sua vita, quindi perché non rischiare? Aveva visto il suo sguardo quando l'aveva difeso da Bill, e sapeva che le sue ombre non lo avrebbero spaventato, perché anche Hannibal le aveva, pur non sapendone la provenienza.
Si appoggiò con le spalle al muro, senza togliere il contatto visivo da quelle ambre, che calme e attente lo osservavano.
«C'è una parte di me che ruggisce e acclama di prendere il controllo; quando succede, è come se fossi in una macchina con un autista spericolato alla guida. Non sono io in quei momenti, ma lui è me. Penso di aver soddisfatto la tua curiosità, ora.»
Hannibal rifletté per qualche secondo, e della gratitudine si disegnò nei suoi occhi, poiché aveva capito quanto fosse difficile per Will aprirsi, e soprattutto parlare di chi fosse davvero. Confermò di non essersi sbagliato sull'altro ragazzo.
«Will, non immagini quanto... e la curiosità domini entrambi.» gli disse con un sorriso, e Will capì quanto si somigliavano. L'aveva sentito da subito, ma in quel momento fu confermato anche dalle sue successive parole.
«E capisco che cosa intendi; ma può essere anche qualcosa di piacevole, non è vero? Quando nulla è prevedibile, e puoi sfogare chi sei davvero.»
Sorrise amaramente Will, e deviò lo sguardo.
«Essere un mostro.» lo affermò con tono sussurrato. Sapeva che per la società lo sarebbe stato, se avessero visto che cosa navigava nella sua mente...e per la sua famiglia lo era già.
Aveva paura di pensare troppo e infatti alcune notti quando gli incubi si facevano sentire, le passava sveglio e sudato a fissare il soffitto.
«Questa è la concezione della società: ma tu non sei loro Will! Penso che sia solamente la tua parte oscura, che chiede di essere accettata e non respinta.»
Hannibal lo scosse dalla sua riflessione, e il suo sguardo per qualche secondo si posò sui suoi disegni appesi al muro, ritraenti volti oscuri e inquietanti. Will seguì il suo sguardo e si avvinò a quei disegni.
«Io sono un nessuno, sei un nessuno anche tu?» sussurrò quei versi della poesia di Emily Dickinson, sfiorando i contorni di uno di quei volti contorti, e sentendo quasi l'angoscia e la rabbia nelle linee dure di quel disegno.
Sentì la presenza di Hannibal di fianco a sé, e il suo sguardo scorrere lungo la sua figura. Tutto questo gli scosse lo stomaco, provocando una sensazione di accartocciamento e calore.
«Allora siamo in due! Non dirlo: potrebbero spargere la voce.»
Continuò i versi della poesia e gli angoli delle labbra perfette di Will si alzarono verso l’alto; a quel punto staccò la mano dal disegno e lo guardò. Erano a qualche pollice di distanza e gli piacque quell'insolita vicinanza, cogliendolo di sorpresa...non era da lui apprezzare questo genere di cose. Odiava persino essere toccato dalle persone, perché sentiva come se il suo spazio personale, che con tanta fatica aveva costruito, potesse essere spazzato via. Eppure non provò fastidio in quel momento, se non del sincero smarrimento per quella sua reazione. Fu così che si distanziò e si guardò attorno.
La stanza asettica dai muri bianchi, lo osservava come fossero occhi vuoti. Si accorse che stava pensando a come lui avesse cercato di rendere il più accogliente possibile la sua camera, mentre notava quella di Hannibal quanto fosse scura e priva di qualsiasi poster. Era piuttosto punteggiata dai suoi disegni: alcuni di volti inquietanti, e composti dalla stessa energia che poteva darti nel guardare il fondo di un abisso. Parevano finestre della sua mente ed anche un suo pensiero fisso... Will spesso si era chiesto cosa rappresentassero quegli squarci.
«Chi sono i soggetti che disegni?»
Un'ombra passò sul volto di Hannibal. Fu veloce come una leggera folata di vento in un giorno secco, ma Will poté vederlo prima che si celasse dietro la sua maschera d'impassibilità.
«Demoni che devo distruggere.» fu criptica la sua risposta e null'altro aggiunse. Si distanziò piuttosto da lui, tornando al tavolo rettangolare all'angolo della stanza.
Erano davvero in due a desiderare la distruzione di qualcuno...
«Vieni, dobbiamo finire prima di sera.»
Hannibal lo richiamò all'ordine con lo sguardo concentrato nei quaderni, e Will sospirò ma lo raggiunse. Sapeva quanto fosse diligente nello studio: non a caso era il migliore studente della facoltà ed anche il più giovane che ne fosse entrato. Per questo l'aveva scelto; o almeno...anche per questo.
 
 
Stare sott'acqua può essere una bella sensazione, quando i rumori del mondo si attenuano in una bolla di suoni ovattati e distanti, e quando non controlli il tuo corpo, ma puoi contare i "battiti" del tuo respiro. Verificare quanto puoi resistere prima di risalire a galla, diverso e pronto per il mondo, spettando a te decidere se riemergere dal fondo marino. Ed è bello il momento in cui decidi di farlo: risalire al suono e alla vita.
Ma quando non puoi farlo? Quando le acque di te stesso sono così profonde che puoi solo affogarci?
Will aveva provato spesso quella sensazione e altrettanto frequentemente, si era svegliato fradicio, come fosse stato davvero sott'acqua senza riuscire però a riemergere.
Troppi incubi, troppe ombre.
Quella notte nuovamente aprì gli occhi e respirò forte per riprendere fiato, per non annegare, e rimase con lo sguardo incollato al soffitto per essere sicuro di essere davvero lì e di non essere precipitato in un nuovo sogno. Ascoltò la sensazione opprimente al petto attenuarsi e fece respiri profondi per calmarsi, per poi alzarsi e decidere di buttarsi sotto la doccia.
Non aveva idea di che ora fosse, e sinceramente non gli importava se avrebbe fatto più rumore del necessario con l'acqua che scorreva. Ci mise comunque meno del dovuto, poiché pensieri oscuri dominavano la sua mente: non aveva il controllo al momento.
Si cambiò il pigiama e uscì dalla stanza scalzo e con i capelli ancora bagnati, non sapeva dove stesse andando, fin quando non si trovò davanti alla porta della camera di Hannibal. Avevano le stanze una di fronte all'altra, e dunque non fece tanta strada: eppure così gli parve perso nella paura dei suoi pensieri. Bussò cautamente e attese qualche secondo prima di accasciarsi.
Non si aspettava una risposta, e probabilmente Hannibal dormiva; ma non voleva distanziarsi dalla sua porta. Premette il capo su di essa chiudendo gli occhi e sospirando: era l'unico conforto nel caos della sua mente.
Eppure non passò che qualche minuto, prima che la porta si aprisse ed Hannibal chiamasse il suo nome due volte, anche se a Will parve un'eco lontano, tanto da non riuscire a rispondergli. Era così inerme, che si fece sollevare dal pavimento e condurre nella sua stanza, in silenzio. Solo quando fu seduto sul suo letto, con l’abat-jour accesa, che Will si rese conto di dove fosse e lo guardò.
La sua figura nel pigiama scuro di seta pregiato, lo calmò come se l'avesse abbracciato e gli donò anche altri pensieri, perché non poté deviare l'attenzione a come quella stoffa aderisse a meraviglia e risaltasse sul suo bel corpo. Dovette deviare lo sguardo deglutendo, per distrarre la reazione che ebbe, e meravigliandosi di pensare a lui in quel modo...non gli era mai successo.
«Ti ho svegliato.»
Si rese conto di non provare imbarazzo nel trovarsi lì, ma solamente un po' turbato dal fatto di avere forse disturbato il suo sonno.
«In verità stavo leggendo.»
Solo in quel momento Will notò un libro appoggiato sul comodino.
«Perché eri sveglio?»
Hannibal si distanziò un istante e poco dopo, Will si trovò con una calda coperta sulle spalle, alzò lo sguardo su di lui e notò quanto fossero incandescenti e sorprendentemente ipnotici i suoi occhi alla luce della abat-jour.
«Penso che tu possa intuirlo, Will.»
Annuì.
Oh sì.
Lo vedeva il suo tormento, anche se non ne conosceva l'origine: lo sentiva e lo avvertiva sulla sua pelle. Erano creature strane, loro due che si incontravano di notte, con i loro pensieri che volavano e si intrecciavano alla luce di una lampada.
Ma Hannibal nascondeva meglio alla luce ciò che era.
A quel punto si sedette di fianco a lui.
«Il tuo inconscio ti tormenta, ti chiede qualcosa forse.»
Non ebbe nemmeno bisogno di spiegare che si trovava lì per un incubo: era sorprendente quanto fosse bravo a capire gli altri, e soprattutto lui. Will era sempre stato empatico: ma contro la sua volontà, poiché alle volte lo sentiva più come un peso che altro, e non sapeva cosa farsene, o come utilizzarla. Ma Hannibal riusciva a gestire la sua empatia e leggere dentro di lui come fosse un libro aperto.
«E cosa vuole da me?» rise nervosamente e cominciò di nuovo a tremare.
I loro sguardi si incontrarono e gli sorrise. Il tutto apparve inquietante, visto che la sua ombra dominava sulla lampada.
«Questo puoi saperlo soltanto tu.»
Lo coprì meglio a quel punto, un tocco di gentilezza che non sfuggì a Will e nemmeno alle sue guance che divennero rosse, anche se l'altro non l'aveva sfiorato.
Sospirò, non voleva pensare al suo incubo e al desiderio di infilzare, accoltellare, o peggio, l'uomo che più odiava sulla terra. Non voleva parlarne o rifletterci... era così stanco.
Hannibal si alzò all'improvviso camminando su e giù per la stanza, immerso in qualche riflessione, prima di rivolgersi di nuovo a Will.
 «C'è un posto in cui desidero portarti, adesso. Potrà distrarti se lo vorrai.» il suo tono era basso e persuasivo e per quanto glielo stesse chiedendo gentilmente, dal suo sguardo era altrettanto chiaro che non si sarebbe aspettato un rifiuto.
Rimase basito il ragazzo per qualche istante: uscire sarebbe stata la soluzione.
«Va bene!» gli sorrise accettando subito, e con perfino troppo entusiasmo.
 
La notte si affacciò ai loro sguardi desiderosi di osservarla. Percorsero alcuni kilometri sulla moto di Hannibal, mentre l'aria della sera batteva fredda sul volto di Will. Si trovarono in un luogo famoso della Francia, ovvero nel quartiere di Montmartre alla basilica del Sacre Coeur. Da lì si poteva ammirare Parigi in tutta la sua bellezza notturna; era un luogo abitualmente molto visitato, ma a quell'ora della notte (era mezza notte o forse l'una, Will non ne aveva idea) era praticamente deserto e fu spettacolare.
Le sensazioni di vedere la città illuminata dalle luci della notte e della luna, con il cielo scuro che toccava i palazzi più chiari in contrasto con gli astri, era quasi ultraterrena: luce e oscurità che si mischiavano.
Ed era tutt'altra cosa essere lì con Hannibal, piuttosto che osservarla di giorno con qualche turista qualsiasi.
Il ragazzo in questione si sedette sulla ringhiera a gambe penzoloni nel vuoto e poi si voltò a mezzo verso Will, invitando con un cenno del capo a fare lo stesso. In quel momento un disagio lo avvolse, e i suoi occhi si fissarono su un palazzo illuminato che sprizzava luce come un faro. Si chiese se lui fosse il primo che portasse lì; era un pensiero assurdo, perché probabilmente non lo era, e forse aveva portato in quel luogo persino una ragazza, per quanto non lo avesse mai visto con una donna. Si chiese se fosse per altri suoi gusti, ma non l'aveva nemmeno visto con un ragazzo... forse semplicemente, il suo cuore era già impegnato e questo gli provocò una strana sensazione.
Scosse la testa e i riccioli castani catturarono qualche raggio di luna, mentre Will cercava di liberarsi di quei pensieri ridicoli, che non sapeva come mai avessero invaso la sua mente, e soprattutto anche perché si era paragonato a qualche partner romantico, e si sedette di fianco ad Hannibal.
«Sei la prima persona che porto qui: è surreale, non è vero? Un immenso mondo fatto di costruzioni e persone, ma immobile e così distante da qui. È come se fossimo in un altro mondo, come essere Dio che osserva la sua creazione.»
Will lo guardò stupito nuovamente per avere risposto alla sua domanda silenziosa, e poi portò lo sguardo alla città di fronte a loro.
«Così infinito e silenzioso! La notte stessa conduce in un altro mondo, e da qui possiamo osservare senza per forza farne parte.»
Si sentì più rilassato, e i pensieri dell'incubo cominciarono a sbiadire dalla sua mente assorbita dal momento e dal quadro vivente che avevano davanti: la città divorata dal cielo.
«Osservare è nella nostra natura Will, tu e io non faremo mai davvero parte di questo mondo o delle sue regole.»
A quel punto i loro sguardi si incontrarono; ferme e irremovibili erano le sue iridi scure, e Will annuì.
«Io e te siamo condannati ad un'esistenza di silenzio in un mondo che urla.» fu cupo il suo tono mentre sospirò spostando lo sguardo al cielo scuro.
Si rese conto che si stava aprendo, e che stava parlando di nuovo e per davvero con qualcuno. Era strano quel desiderio di voler dar voce ai pensieri nella sua testa: da tempo non lo provava, e in realtà non ricordava l'ultima volta in cui aveva parlato così...
«La gente non sa cosa significa quando hai paura di te stesso, di quello che pensi o che potresti fare e diventare. Evitano le loro ombre e chiudono la loro oscurità in un recondito angolo della loro mente, circondandosi di impegni e di persone incontrate a caso, solo per riempire dei vuoti di loro stessi, e per non sentire quella voce nella testa. Durante la notte l'avvertono, sentendone solo l'eco e un leggero vibro nel petto; ma solo per qualche ora, perché poi cadono in un sonno profondo.
Io non ci riesco, non ci sono mai riuscito...la mia oscurità è con me e mi sussurra sempre i suoi pensieri e i suoi desideri. Io la sento, e ne ho paura a volte.»
Si arrestò, rendendosi conto di quante parole avesse detto. Gli parve strano sentirle uscire dalla sua bocca, proprio a lui a cui era sempre stato detto di tacere così tante volte, che ne aveva contagiato il suo modo d'essere. A lui che nemmeno ricordava il suono della sua voce .
Sentì una leggera stretta sulla sua spalla, e quando si voltò a guardarlo lesse comprensione nei suoi occhi ambrati. Era quello che aveva sempre voluto e mai trovato: essere capito davvero.
«L'unica voce che mi ha sempre capito per davvero, è nella mia mente. Alle volte prende forma e la vedo comparire nell'ombra nella sua essenza nera, un'ombra dalle corna di cervo.»
Will assorbì quelle parole con avidità, poiché si stava aprendo con lui non più con gli sguardi o gesti, ma dal profondo del suo animo.
Per un attimo la figura da Lecter descritta e Hannibal, si fusero nella mente di Will, scacciò quel pensiero e ascoltò l'altro parlare.
«La paura è un’emozione che ti è stata impressa per bloccare il tuo potenziale: è’ naturale che succeda, lo so bene. Ma questo timore radicato in te, ti opprime e ti blocca, e tu non devi permetterglierlo. Hai vissuto nell'ombra nascondendo quello che sei e la voce che senti è soltanto quello che devi diventare Will, e in questo non sei solo. Devi solo smettere di avere paura.»
Sorrise amaramente Will, incredulo.
«Facile a dirsi.» sussurrò.
Era difficile per uno come lui, cresciuto con la paura di essere troppo o troppo poco per questo mondo, anche solo per esprimersi con le parole, poter pensare di superarlo. Ma sapeva anche che l'altro non aveva torto.
Hannibal in ogni caso non gli rispose e Will non aggiunse altro, perché aveva calmato le onde imponenti dei suoi ingombranti pensieri. Si voltò ad osservarlo in silenzio, scorrendo lo sguardo sul suo volto, mentre la notte inghiottiva anche loro nel silenzio e nella riflessione sul dialogo più vero che mai avesse avuto.
Era stato ascoltato come gli era stato promesso, e non si sarebbe più bloccato con lui. Lo sapeva: la diga era stata aperta.


Angolo autrice: 
Ciao a tutti ^_^ in questo capitolo hanno un vero e proprio dialogo, sti due si parlano con le poesie pure *_*
lo so che l'ho scritto io ma comunque si sa che sono i pg a dirti come scriverli, quindi mi esalto lo stesso XD
qui inizierà l'evoluzione di Will e ci sono indizi sulle sue ombre.
Il brano di IAXM che ho citato vi consiglio di sentirlo solo se siete in mood e non giù di morale, perché è molto cupo, quindi non lo linko su per questo.
 
PS: per il dialogo del oscuro autista ho preso spunto dall'oscuro passeggero che nomina Dexter (per chi conosce la serie XD) e mi ha così presa quel discorso che fece nella s3 che ho voluto citarlo
&n

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"The world is collapsing 
The world is indifferent 
Can you feel it 
The communication Inside this room? We are infinite"- IAMX: Exit
In questo il caso il brano di IAXM ve lo linko perché è uno delle soundtrackt del racconto, come sound e come ritornello che ho qui messo all'inizio del capitolo. È STUPENDO!! E ve lo consiglio ^_^



Hannibal era di certo bravo a sentire se qualcun'altro fosse nella stanza con lui, e capire chi fosse attraverso l'olfatto- Era un dono che coltivava sin da ragazzino: riconoscere dall'odore la persona, anche se non era di certo in grado di farlo in stato incosciente. Così fu colto di sorpresa quando, aprendo gli occhi, trovò Will di fronte a lui.
Lo stava scuotendo, chiamando il suo nome ed Hannibal sbatté le palpebre qualche volta prima di vederlo chiaramente.
«Che diavolo hai combinato??»
 Lo sgridò guardandosi intorno, mentre lui si metteva a sedere sul letto, ancora confuso e annebbiato dalla "visione" che si era procurato.
«Will...sto bene»
«Balle! Piuttosto, che cos'è questa roba?» si avvicinò a lui con in mano un tubetto contenente un liquido chiaro,  ciò che si era iniettato nelle vene poco prima.
Hannibal si massaggiò le tempie chiudendo un istante gli occhi prima di rispondere.
«Sono dei barbiturici, ma non è quello che stai pensando.»
«Cazzo...sei impazzito!» Will sospirò quasi con sollievo, ma era ancora arrabbiato. Lo si poteva capire dalle sopracciglia incurvate e dalle labbra imbronciate.
Hannibal era sicuro di essere solo e di non aver fatto rumore, ma dato la presenza dell'altro ragazzo dagli occhi chiari sgranati e preoccupati che lo fissava aspettando una spiegazione, doveva essere successo il contrario.
Abbassò lo sguardo: non aveva voglia di una predica e sapeva come calmarlo.
«È stata una follia ma era necessaria.»
Le mezze verità erano spesso la sua salvezza, e con il suo tono basso riuscì nell’intento di calmare Will, che sospirò e chiuse gli occhi un istante, poggiando la boccetta sul comodino per sedersi accanto a lui.
Si inumidì le labbra e portò lo sguardo altrove, segnale che doveva chiedere qualcosa di scomodo, cosicché Hannibal si preparò.
«Chi è Mischa?»
Annibal...
La vasca di rame. Il fuoco. Occhi folli.
Scosse quelle immagine dalla sua mente e rimase calmo. Ma quando guardò Will, si accorse che l'altro aveva colto qualche suo segnale di sofferenza, visto che la sua espressione era cambiata. Era attento, e con i suoi grandi occhi azzurri che spuntavano da sotto la sua frangia castana e spettinata, lo osservava in silenzio.
«Ti ho sentito spesso nella notte chiamare il suo nome, e pochi minuti fa l'hai fatto ancora.  Mi son sempre chiesto chi fosse, ma sapevo che non era il momento di chiedertelo.»
Will e la sua empatia! Gli dava sempre modo di vedere le finestre dell'animo altrui ed aveva ragione: Hannibal non era pronto a parlarne.
Era la sua sofferenza e la sua vendetta.
Un argomento del quale non parlava con nessuno; una zona buia del suo palazzo della memoria che, sino a quella sera, era persino bloccata, poiché ricoperta da troppo dolore e oscurità per girarvisi. Certamente aveva bisogno di più candele dei ricordi per poter illuminare tale zona.
Il suo palazzo era ricco di musica, ma quella stanza era silenziosa e scricchiolante; e lui mai ci entrava, se non quella sera per una necessità, e con la guida di una candela che rappresentava un ricordo... inspirò chiudendo gli occhi. Sapeva cosa Will stesse cercando di fare, e l'uso del tatto era appropriato: probabilmente avrebbe portato chiunque ad aprirsi ma non lui.
Eppure quando incontrò i suoi occhi qualcosa vacillò. Forse per il modo attento e paziente con cui lo guardava; oppure per la comprensione e l’interesse vero che aveva disegnati in volto.
Apprezzava la sua compagnia, come quella di altri pochi esseri umani al mondo. Loro due riuscivano ad ascoltarsi anche nei silenzi, a causa della loro affinità d'animo: ma poteva davvero parlare con lui?
Era cresciuto accompagnato dalla diffidenza, motivo per cui non poté evitare la risposta che gli diede.
«Se posso fidarmi di te.»
«Ti ho mai dato motivo di dubitare di me?»
Will lo guardò con le sopracciglia alzate: sembrava toccato dal suo commento. Ma non era una questione personale; semplicemente aveva imparato a non fidarsi di nessuno, preferendo isolarsi con i suoi più profondi pensieri. Era simile a Will su questo; eppure il suo sguardo lo fece riflettere, poiché era toccato come lo sarebbe stato quello di un amico. 
Lecter non aveva mai avuto amici, e da poco Will aveva cominciato a parlare e ad aprirsi con lui, anche se si conoscevano appena da un mese: e questo era un amico? Aveva poca esperienza in quel campo... ma sapeva cosa desiderava da un'amicizia; o almeno, Will glielo aveva fatto capire.
E fu quella consapevolezza di aver trovato un amico e non solo qualcuno di piacevole con cui parlare. Fu quell'appoggio e quell’affinità che con lui sentiva, ed il fatto di essere capito per davvero, come nessuno aveva mai fatto, che Hannibal si decise a provare qualcosa di nuovo. Fiducia in un'altra persona che non appartenesse alla sua famiglia, ma in un amico, il suo unico amico.
 
Portò lo sguardo fuori dalla finestra dove la notte brillava di stelle, e cominciò a raccontargli tutto a voce atona e distante, per non far trasparire quanto il solo parlare, per lui avesse lo stesso effetto di una lama tagliente.
Gli disse come quelli sciacalli li tennero prigionieri nella tenuta dei Lecter dove erano fuggiti per scappare dalla guerra, di come dopo giorni senza mangiare come belve affamate, si erano avvicinati a loro con occhi feroci e avevano tastato le braccia di entrambi, prendendo sua sorella.
Come gli avevano strappato Mischa per sempre dalle sue braccia, e come inutilmente aveva lottato per salvarla.
Rivide gli occhi sgranati e scuri della sorellina, mentre lottava con le poche forze che rimanevano, per non farsi portare via.
Annibal, Annibal!!
La disperazione e il dolore di chi, anche se inconsciamente dato che era una bambina, sapeva che stava per succedere qualcosa di brutto.
Non si fece atterrire da quelle immagine, da quei ricordi taglienti che ferivano la sua pelle: cercò di scacciarle, di zittirle e di non ascoltare l'urlo di suo sorella...l'ultimo urlo.
Continuò a sguardo basso, e col groppo in gola, a raccontargli di quando provò a difenderla, del colpo in testa che ricevette, e di quando aprendo gli occhi non la trovò più, perché quegli esseri si cibarono di lei...
Non aveva guardato Will mentre parlava, rivolgendogli di tanto in tanto qualche occhiata, e fu lieto di vedere dispiacere ma non pietà disegnata sul suo volto:  piuttosto, sgomento e rabbia.
«Mi sono iniettato del sodio thiopental e altri due barbiturici che aiutano a ricordare: li ho presi in carcere. Oggi ci sono stato, ricordi? Il professore ha incaricato me di prendere il corpo di Louis, quel criminale di guerra, dopo la ghigliottina. 
Mentre lo stavano interrogando, ho visto il siero. Ho saputo il suo utilizzo e ho dovuto farlo, me ne sono fatto prestare una boccetta. Lo devo a Mischa e devo bloccare quegli incubi che anche tu hai sentito. Grazie al siero ho rivisto il modo per trovarli, ora so come fare e dargli quello che meritano.» la sua voce assunse un tono pericoloso e intriso di soddisfazione, poiché dopo anni finalmente la sua memoria si era sbloccata. Sapeva come trovare i nomi di ognuno di quei volti spaventosi e oscuri, che occupavano la sua mente e i suoi disegni. Ognuno di loro portava delle piastrine al collo quel giorno terribile, ed esse erano rimaste nella cascina...e lui ricordava dove, non ci sarebbe voluto nulla a trovarle e quindi vendicarsi.
Will annuì, sospirando comprensivo, e fece un gesto d'improvviso affetto, poiché portò una mano a circondargli le spalle, avvicinandosi dunque a lui. Hannibal si stupì non tanto del gesto del ragazzo, ma quanto della sua stessa reazione, poiché un brivido percorse il suo corpo appena Will lo strinse.
Si sentì confortato e supportato: non era la prima volta che qualcuno cercava di farlo. Sua zia Lady Murasaki l'aveva fatto spesso; ma con lei era stato diverso, perchè nel gesto della donna c'era compassione e pietà, cosa che Will aveva sostituito con comprensione e supporto.
«E come ti vendicherai?» chiese d'improvviso, non interrompendo quella vicinanza. Percepì una nota d'imbarazzo in lui, per il suo stesso gesto così inconsueto e, probabilmente, anche per il suo comportamento.
I loro occhi si incontrarono e in tacito silenzio Hannibal gli rispose. Si capirono all'istante e non ci furono giudizi nello sguardo dell'altro che al contrario mantenne una certa calma, pur sapendo le sue vere intenzioni.
Nuovamente Hannibal fu sorpreso di questo, ed anche incuriosito sul come mai potesse capire una vendetta così feroce. Lo guardò con attenzione, percorrendo il suo volto con rinnovata ammirazione.
«Perché tu capisci la vendetta così bene?»
Will sospirò e lo guardò dubbioso. Solo a quel punto lo lasciò, distanziandosi di qualche centimetro. Hannibal però non si sarebbe fermato: non ora che aveva aperto una finestra nell'animo così misterioso dell'altro.
«So cosa vuol dire voler ricambiare lo stesso dolore che qualcuno ti ha inferto.»
Hannibal lo guardò con più interesse e si fece più vicino a lui, mentre le sue pupille si dilatarono a dismisura.
«Raccontami.» sussurrò.
Sapeva che Will non si sarebbe rifiutato, visto che lui stesso si era confidato, e ne approfittò portando la situazione a suo favore: era una questione di fiducia adesso. L'altro strinse le mani al tessuto dei suoi pantaloni e sospirò: aveva toccato un tasto importante a quanto pare.
Bastò però un altro sguardo tra i due, per far sì che Will iniziasse a parlare.
«Mio padre non l'ho mai conosciuto: fuggì appena scoprì che mia madre era incinta e lei beh...è sempre stata una donna di spirito debole. Ti ho fatto questa premessa perché fu proprio questo a farle incontrare Simon.
Hai presente quando un’ombra cala? Ero ancora un bambino, ma potei percepirlo. La sua figura alta e slanciata troneggiava su mia madre, e così fu per sempre. Era un uomo ricco e affabile il mio patrigno: un dirigente di banca. Ci mise poco a conquistarla e far sì che si sposassero, da New Oreland dove vivevao, finimmo poi a New York. Mia madre voleva che avessi un padre, tant'è che le concesse di adottarmi, ma si sbagliò.
All'inizio fu tutto rose e fiori, ma poi il vero scopo di Simon venne a galla: mia madre cominciò a incupirsi, calcolando che già soffriva di depressione quando mio padre la lasciò, peggiorò a dismisura. Provò ad andare da un terapeuta, ma non la aiutò. Ricordo che spesso le notti si addormentava piangendo, e Simon se ne approfittava, assumendo il controllo di tutto e di tutti.
Aveva il vizio del gioco e del bere: non una buona combinazione. Infatti tornava spesso a casa ubriaco, sbraitando contro mia madre. Questo era il suo fine: avere una donna che rammendasse per lui, e che potesse usare come sfogo. Ricordo che lei piangeva, ma lo perdonava sempre, urlo dopo urlo, schiaffo dopo schiaffo; ero un bambino allora e non potei mai intervenire.
Una volta la spinse persino giù dalle scale, fratturandole una gamba; ma mia madre era troppo succube per ribellarsi. Non che io la biasimi: come ho detto era depressa.»
Tirò un grosso sospiro prima di continuare e si attorcigliò le mani. Doveva raccontare una parte piuttosto pesante per lui, era evidente, motivo che indusse Hannibal ad agire per farlo continuare.
«Will, fa con comodo.»
Il ragazzo gli rivolse un'occhiata e attese qualche secondo, ma vide dalla sua espressione che non si sarebbe fermato.
«Un giorno mia madre non ce la fece più e la trovammo impiccata alle travi del soffitto nella camera. Avevo 11 anni all'epoca e stupidamente la incolpai, non capendo perché mi avesse abbandonato. Come puoi immaginare fui mandato da vari terapeuti, ma non facevano per me perché mi chiusi in un silenzio ostinato; mi divertivo quasi a vederli svenarsi per farmi parlare.»
Un sorrisetto triste “prese” le sue labbra. Stava usando un tono atono e distante come se non fosse lui a raccontarlo, ed Hannibal lo ascoltava attentamente capendo perfettamente il suo stato. Anche lui si era chiuso nel silenzio dopo il trauma, come spesso accade: un silenzio colmo di parole che nessuno poteva sentire.
Comprendeva Will, e avvertiva le sue emozioni, come se lui stesso le stesse provando. Tutto questo era nuovo e strano per lui, ed era incuriosito e affascinato da quel legame che nemmeno con Lady Murasaki aveva sentito.
«Tutt'ora mi è difficile parlare perché mi chiedo, cosa serve cominciare una conversazione se tanto dall'altra parte so già che non mi capiscono? Perché socializzare, se non ho voglia di farlo? Così preferisco evitare.
Comunque Simon decise di trasferirsi in Francia e io lo seguì, visto che ero sotto la sua tutela non avevo nemmeno scelta. All'apparenza mi dava tutti i confort possibili a livello materiale, ma continuò nei suoi vizi.  E più vivevo e crescevo a contatto con lui, più capivo mia madre.»
In un riflesso involontario abbassò ulòteriormenter le maniche, che già coprivano i suoi polsi, ed a Hannibal fu chiaro cosa Will avesse tentato di fare e cosa quell'uomo gli avesse fatto passare.
Lividi e ferite, cicatrici nell'animo.
«Ti ha picchiato, vero?»
I loro sguardi si incontrarono e quello del ragazzo era assente.
«Qualche volta, ma nulla di serio. Vedendo che aveva l'effetto opposto su di me, perché piuttosto che controllarmi come desiderava provocava ancor più le mie reazioni di ribellione, smise presto.
Trovò però un altro modo. Mi diceva sempre che era meglio che non parlassi più, che le mie parole non avevano mai avuto senso, scelse lui i miei studi e io...ho fatto come voleva. Volevo soltanto allontanarmi da lui.»
Hannibal non disse una parola, ma bastò uno sguardo come sempre tra loro.Gli dispiaceva ed era anche indignato per cosa quell'uomo aveva fatto al suo amico; era qualcosa di inconsueto per lui provare emozioni e dispiacere per qualcun altro, perché aveva chiuso quella porta tempo fa. 
Continuò a osservarlo, mentre Will si disperdeva con lo sguardo nel vuoto e in silenzio, annebbiato da ricordi e immagini. Poi quando i suoi occhi chiari si puntarono di nuovo su Hannibal, brillarono di una luce diversa, attiva e violenta che fece scorrere un brivido d'eccitazione nell'altro.
«Molte volte ho pensato di vendicarmi su di lui, e desidero tutt'ora farlo...ecco perché ti capisco, Hannibal.»
Era vero: lui poteva capirlo e quella sera, in quella stanza, sentì di potersi fidare di qualcun altro che non fosse sua zia. Avvertì di poter essere compreso a fondo, senza che dovesse fingere emozioni, o mascherare il suo vero essere, perché realmente ne provava .
«Come ti vendicheresti?» gli rigirò la domanda e il volto di Will si fece fermo, imperscrutabile.
«Vorrei fargli passare quello che mia madre ed io stesso abbiamo passato. Vorrei che lo sentisse sulla sua pelle.»
Hannibal lo guardò sempre più attento e attratto da quel ragazzo così simile a lui. Voleva assolutamente vederlo in azione, e chissà che non lo avrebbe visto...
In quella camera silenziosa e colorata dai rumori della notte, nelle parole segrete e nei sussurri di vendetta, si ritrovarono: loro due in quella stanza erano infinito.

Angolo autrice:
Ciao a tutti ^_^ qui vediamo un Hannibal aprirsi del che è un grande passo per lui, nel libro e film è molto silenzioso a parte con Lady Murasaki ma comunque preferisce esprimersi con i pensieri, invece qui si fida di Will 
Spero che la storia per chi non ha letto o visto il film sia chiara, ho fatto del mio meglio cercando di riassumere un po' cosa successe ad Hannibal e alla sorellina (che se ci penso piango T.T)
vorrei far notare che anche Will si sta aprendo parecchio e anche lui come vedete, ha delle ragioni per il suo silenzio.
Riguardo alla madre di Will dovete calcolare l'epoca che era e soprattutto che fosse depressa, ed è spiegato il suo carattere.
Tra Will e Hannibal spero che si veda ancora di più come il loro legame stia crescendo ^_^
 
 
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"You sing for me my friend
Brave and confident
And when the touching becomes regret
Becomes my mercy chair"
IAXM-Running (vi linko il brano se volete, è un Masterpiece quindi ve lo consiglio)
 


Will sospirò mentre osservava il paesaggio di Parigi svanire sempre di più dal finestrino del treno, e si sentì un po' smarrito quando la campagna cominciò poco dopo a intravvedersi al posto dei soliti palazzi a lui familiari. Aveva visitato solo la grande città, e di certo non si era mai avventurato nelle campagne francesi dove ora era diretto. Con la coda dell'occhio guardò Hannibal, l'autore di tutto questo, che con tranquillità leggeva di fianco a lui.
Era felice di quel viaggio, ed anche un po' ansioso, perché non era abituato a esser invitato a casa di un amico per la festa di compleanno di un parente: in questo caso la famosa zia di Hannibal, ovvero Lady Murasaki.
"È una donna di classe e non ci sarà bisogno che parli molto, vedrai che ti piacerà." così gli aveva detto per convincerlo ulteriormente a venire.
Da quella notte dettata da confidenze e vendette sussurrate al chiaro di una lampada, il loro rapporto era cambiato e si era evoluto ulteriormente: si sentivano senz'altro più legati, da un mese a questa parte. Hannibal e Will cominciarono a girare insieme, e approfittavano di ogni minuto libero per passarlo in compagnia, e non solo per leggersi qualche libro in un parco, o incontrarsi dopo qualche incubo inquieto: c'era qualcosa di più.
Cominciarono a conoscersi sempre meglio: i loro gusti, interessi e passioni, la loro sintonia era aumentata, tanto che persino Will ora poteva percepire i pensieri dell'altro, e alle volte anticiparli.
Eppure il silenzio era sempre una fonte di benessere per loro, poiché capitava che non parlassero affatto, come agli inizi ma semplicemente condividessero l'uno la compagnia dell'altro.
 Will non si era più sentito a disagio con lui, non più.
Circolavano persino delle voci, alla facoltà di medicina, sulla natura della loro relazione, con esclamazioni di stupore miste ad insulti: oppure sguardi silenziosi in coloro che lo ritenevano impossibile e disgustoso. La società vedeva un rapporto tra due persone dello stesso sesso, come un abominio o come un motivo di presa in giro: ma loro due erano al di fuori del pensiero comune.
Ad Hannibal sembrava non importare, mentre per Will beh... non erano del tutto infondate, visto che era ben conscio oramai che a lui piacesse l'altro ragazzo. L'aveva ammesso a se stesso, collegando le sue reazioni, i suoi pensieri e i suoi sguardi troppo assorti su ciò che era. Gli interessava sempre di più, e non era un problema a dispetto dell'epoca; non lo era mai stato, visto che gli era già piaciuto un ragazzo durante la sua adolescenza, il suo interesse in direzione “maschile”anche se poi aveva avuto una ragazza, che gli piaceva. Ciò che lo preoccupava, e che riteneva fosse irraggiungibile, è che Hannibal potesse non ricambiare, anche se aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Sembrava più rilassato, forse perché più prossimo al raggiungimento della sua vendetta (lo leggeva nei suoi occhi ambrati),  ed era anche più affettuoso, se così si può dire. Gli stava spesso vicino e cercava un contatto con lui, come ad esempio uno sfiorarsi involontario delle spalle, quando i due camminavano fianco a fianco di notte, osservando le stelle. Oppure osservando i suoi sguardi, ancora più penetranti del solito.
Una volta prima di entrare alla lezione, gli aveva fatto l’occhiolino e Will era arrossito dalla testa ai piedi, ripensando a quel gesto per tutto il giorno.*
Questi gesti gli davano speranze, anche dove sembrava non ci fossero e gli facevano intravedere qualcosa. Probabilmente erano solo amichevoli, ma in ogni caso gli piacevano.
Questo viaggio in sé era stato inaspettato ma anche molto intrigante, visto che avrebbe passato quattro giorni con lui, e Will poteva sentire l'eccitazione correre nel suo corpo al solo pensiero.
Il treno si stava avvicinando alla loro fermata: Will lo intuì dal rumore del libro di Hannibal che si chiudeva.  Poco dopo infatti dovettero scendere.
Presero un pullman dalla stazione che li avrebbe condotti nella Valle della Loira e presto, un castello imponente, si fece strada nel verde della campagna: era cupo ma luminoso nel sole di mezzodì.
Bussarono, e poco dopo una bellissima donna giapponese dai tratti delicati aprì la porta con mani piccole e aggraziate, salutò entrambi con garbo, ma quando vide Hannibal, il suo volto si illuminò, mentre il ragazzo la guardava con altrettanta felicità. Nei loro visi c'era scritto una lunga dose di comprensione e profonda conoscenza, e quando si abbracciarono Will percepì la seta dell'abito lillà che lei indossava, frusciare sui vestiti di Hannibal.
«Accomodatevi.» fece cenno, per condurli in un ampio salone lucente. Delle scale sia a destra che a sinistra, si incontravano per condurre al piano di sopra, dove si trovavano le stanze da letto che Lady Murasaki indicò loro.
Hannibal lo condusse a quella che sarebbe stata la sua stanza, percorrendo un corridoio ben illuminato da ampie finestre e piccoli pendagli di perle, tondeggianti e di altre forme, che risuonavano con il vento.
«Qui ci dormiva Chiyo, la figlia di Lady Murasaki. Adesso è in Giappone: si è sposata.» disse tranquillo mentre apriva la porta della camera.
La stanza si presentò diversa da come Will pensava. Visto che apparteneva ad una ragazza giovane, immaginava di trovare dei poster o qualche oggetto che personalizzasse la camera: in realtà era molto asettica. I muri erano azzurrini pallidi e nulla c'era che potesse indicare che fosse passata una presenza femminile. Una finestra che dava sul giardino, incorniciava la camera e illuminava il letto matrimoniale, basso e tipico dello stile giapponese.
«Arrivo subito» Hannibal, che era rimasto dietro di lui, si scusò così e andò al piano di sotto, mentre Will sospirò poggiando la valigia e sedendosi sul letto. Si guardò attorno e improvvisamente si rese conto di dove fosse e di cosa avesse fatto. Una cosa del genere non era da lui; probabilmente il fatto di restare giorni con Hannibal aveva annebbiato la sua ragione. E nemmeno aveva avvisato Simon...ma di questo poco gli importava: il punto era che non erano soli, e questo lo realizzò solo in quel momento. Gli toccava quindi socializzare...anche se la donna che li aveva accolti sembrava una persona mite, l'ansia sociale non diminuì.
Ripensò allo sguardo tra lei e Hannibal e alla storia che entrambi condividevano. C'era stata molta intensità ed emozione quando si erano visti, e c'era qualcosa tra loro che Will non riusciva a vedere, ma poteva percepire.
Si alzò ignorando quei pensieri e aprì la porta della stanza, di fianco alla sua c'era quella di Hannibal e ne fu richiamato come da un canto di sirena. Aprì dapprima delicatamente la porta scura, sbirciando dalla fessura dove intravide da essa la luce della finestra grande della camera, e probabilmente un balcone. Poi con uno scatto a quel punto spalancò la porta ed entrò, trovandosi finalmente in una stanza a contatto con Hannibal, perché raccontava di lui: disegni di paesaggi, e volti (tra cui Lady Murasaki) appesi nelle pareti di un rosso vivo; quadri qua e là e tantissimi libri. Poteva “sentire” che fosse la stanza di Hannibal, a differenza di quella dell'università, e si avvicinò all’elegante letto a baldacchino con lenzuola pregiate, che Will non si trattenne dal toccare. Voleva sentirlo, creare una connessione ancora più profonda con lui di quella che già avevano, e la sua stanza era un buon punto di partenza.
Pensò alla sua pelle su quel tessuto, a come sarebbe stata sinuosa la stoffa poggiata sul suo corpo e per un momento, l'immagine di Hannibal con null'altro addosso che quel lenzuolo, apparve prepotentemente nella sua mente.
Non tolse subito quella visione, era da solo e poi...era piacevole, molto piacevole ma prima che le sue guance si infiammassero di rinnovato calore,  decise che era abbastanza. Sbatté le palpebre e l'immagine svanì; deglutì passandosi i palmi sudati sui pantaloni e cerco di calmare il respiro.
Doveva distrarsi.
Fu in quel momento che i suoi occhi ricaddero sulla libreria in legno alla sinistra del letto, si avvicinò e della polvere sottile si alzò in piccole forme alla luce che illuminava tutta la stanza dalla finestra del balcone alla sua destra, ornata di tende bianche. Will sfiorò la libreria in legno e tra vari volumi di letteratura e romanzi, il suo sguardo fu attratto e incuriosito dall'oggetto che vide lì poggiato.
Era un carillon dalla forma semplice tondeggiante e minuta: lo prese in mano e lo aprì. Una musica malinconica, e originaria di un luogo per lui così lontano, riempì le sue orecchie,  immergendolo in quella melodia, e facendogli perdere per un attimo il contatto con la realtà.
 
Pom pom. Era un suono insistente e invasivo, non riusciva a pensare ne a continuare il disegno a cui stava lavorando.
«Sam, apri sta maledetta porta! Ti ho detto di aprirla.»
L'orco era tornato, così Will nella sua mente lo chiamava; eppure la curiosità classica che lo caratterizzava, lo spinsero fuori dalla stanza. Con i piedini scalzi percorse il corridoio che lo divideva dalla stanza della madre.
«Stai calmo! Adesso apro.»
Il volto della donna comparve dalla porta. Il trucco sciolto dal suo viso, gli occhi blu scuri cerchiati e i capelli unti e lisci che ricadevano sulle quelle spalle senza vita. Era il fantasma di se stessa.
Guardò Simon di fronte a sé.
«Era ora, donna!» Simon le prese violentemente il braccio e con irruenza, la fece uscire totalmente dalla stanza per condurla in salotto.
«Dove cazzo è la mia cena, eh? Ti avevo detto di prepararla.»
Will poteva vederli da dietro la parete alla quale era affacciato, e si sentì terrorizzato nel vedere la madre strattonata in quel modo; avrebbe voluto intervenire, ma la sola volta che l'aveva fatto era stato spinto a terra dall'orco. La mamma, il mattino dopo, era coperta di lividi e piangeva; gli aveva detto che non doveva farlo più e Will non lo avrebbe più fatto.
Non voleva fare del male alla mamma.
«Non sapevo a che ora saresti tornato, adesso ti preparo qualcosa, va bene? Ma abbassa la voce...non vorrai che Will ci senta.»
«Quel moccioso piagnucolone, che se ne stia in camera sua!»
Samantha accese la radio, un brano di  musica allegro, avulso dall'atmosfera violenta e cupa di quel momento, si sparse per la casa. I piccoli piedini di Will tornarono nella sua stanza: l'orco stava per guardare nella sua direzione e non poteva farsi vedere, non doveva.
La musica rimbombava nelle sue orecchie, qualche urla e poi di nuovo si sentì soltanto la radio e Simon che borbottava.
 
Si scosse e ritornò al presente. Le mani gli tremavano leggermente e il suono di quel carillion lo turbava ora, perché sapeva che proveniva dal castello Lecter, ed era un dei pochi oggetti che gli erano rimasti della sua famiglia, a quanto pareva. Si voltò verso la porta con circospezione, aspettandosi che Hannibal fosse lì ad osservarlo, ma così non era e poggiò l'oggetto nella libreria con delicatezza, con varie domande nella sua mente.
«È maleducato entrare nella stanza di qualcuno senza permesso.»
Sussultò a sentire la sua voce pochi istanti dopo e si voltò verso Hannibal che, appoggiato allo stipite della porta, lo guardava con un divertimento tale, che si poteva vedere brillare nei suoi occhi ambrati.
Will sogghignò e nel vedere il suo amico, si dimentico di quel flashback che l'aveva scosso poco prima.
«Lo è anche fissare qualcuno.»
A quel punto anche Hannibal sogghignò di rimando; poi una nube di malinconia si impadronì del suo volto mentre diceva:
«Era di mia madre, il carillon.»
Will si sentì arrossire fino alle orecchie per essere stato colto con le mani sulle sue cose, o meglio in quelle di sua madre alla quale teneva particolarmente; ma prima che potesse dire altro, quella bolla di calma tra i due venne interrotta da una voce maschile sconosciuta. Hannibal si fece serio e senza dire una parola, scese a piano terra. Will fu incuriosito da quell'atteggiamento e lo seguì prontamente.
Si fermò a metà scale, osservando l'uomo in questione elegantemente vestito, e con un mazzo di fiori in mano chiaramente destinato a Lady Murasaki, attendere al fondo di esse.
Aveva l'aria autoritaria e dei baffi grandi sul volto austero, con lo sguardo duro di un uomo che ne aveva viste tante nella vita, e che si accese quando lo rivolse ad Hannibal. Fu chiaro che nascondesse dell'altro, una velata minaccia, oppure un conto in sospeso.
«Ispettore Poppil, buongiorno! Il caso vuole che lei visiti casa di Lady Murasaki lo stesso giorno del mio arrivo.»
«Non so di cosa tu stia parlando: è una coincidenza in effetti. Sono qui perché invitato da tua zia a pranzo, ti fermerai con noi?»
La risposta dell'uomo fu secca ma tinta di leggera ironia, che sicuramente irritò il suo amico. Will decise di scendere ed avvicinarsi ai due, che sembravano in procinto di una lotta verbale, mentre si chiedeva che diavolo ci facesse lì l'ispettore di polizia.
Gli occhi azzurri dell'uomo furono sbalorditi nel vederlo scendere le scale, ma poi si impegnò in un sorriso falso.
«Oh, ma vedo che sei in compagnia...immagino che tu e il tuo amico allora uscirete,» si rivolse a Will con sguardo attento e accigliato «Beh un consiglio: immagino tu non conosca il posto, e dovresti fare attenzione a certi pericoli in giro...»
Il suo tono non gli piacque per niente e guardò Hannibal che perfettamente immobile, guardava Poppil. L'ispettore, sentendosi osservato, lo guardò di rimando. Un segreto che entrambi conoscevano gravava su di loro, e Will si chiese quale fosse. Nel frattempo spuntò Lady Murasaki, che salutò l'ispettore piuttosto freddamente, come se anch'ella fosse a disagio che si trovasse lì.
«Perché non si accomoda, signor Poppil? I ragazzi devono uscire.»
E dopo uno sguardo d'intesa con Hannibal, riuscì a togliere l'attenzione dell'uomo da entrambi.
Uscirono insieme, ma per qualche secondo Will, mentre camminavano per la meravigliosa campagna francese, notò come l'altro fosse avvolto da una nube di pensieri.
Pareva quasi geloso del rapporto tra quell'uomo e sua zia; Will stesso ci rimuginò fino a sera, e i due stettero infatti insieme tutto il giorno, dedicando il loro tempo a parlare di tutto e niente o semplicemente godendosi in silenzio il luogo e la compagnia reciproca. Non si azzardò a chiedergli dell'ispettore e della frase enigmatica che aveva detto; ma non per pudore, ma semplicemente perché la sua dote empatica gli fece capire che in quel momento Hannibal avrebbe evitato l'argomento. Così aspettò e non disse nulla godendosi il tour.
 
Will si buttò quasi subito sul letto quando tornarono a casa. Cenò velocemente e poi si fiondò di nuovo in camera, appisolandosi persino per qualche ora. Quando aprì gli occhi, si accorse che era sera inoltrata, così si alzò e si diresse verso il soggiorno. Mentre si incamminava nell'ampio salone illuminato da qualche luce, vide Hannibal seduto per terra sul balcone.
La luce delle lampade e della notte, illuminavano il suo volto mentre era concentrato a disegnare qualcosa sul suo quadernetto, che teneva sulle ginocchia unite. Il rumore della matita era l'unico suono udibile.
Alcune domande risuonarono nella sua mente, e l'uscita del pomeriggio tornò prorompente nella sua testa: Che cosa nascondeva davvero? Quell'ispettore perché sembrava essere così in conflitto con lui? Perché l'aveva aspettato? Poiché fu chiaro che l'uomo, come anche Hannibal sarcasticamente aveva sottolineato, fosse giunto lì perché sapeva ci sarebbe stato il suo amico.
Glielo avrebbe chiesto il giorno dopo, ed era determinato su questo, perché quelle domande lo stavano soffocando. Ma in quel momento, guardarlo intento a disegnare osservando i lineamenti del suo viso, gli faceva avere pensieri di altra natura.
Dio sapeva quanto lo trovava bello! Era innegabile la sensazione allo stomaco che sentiva ogni qual volta lo vedesse, e la calma e il senso di completezza che provava quando era al suo fianco. Sapeva di esser in balia di un'infatuazione, accettando oramai la situazione, e conoscendo perfettamente l'effetto che questa aveva sul suo corpo. Ma in quel momento, il pensiero fu più forte e invasivo del solito.
Il desiderio palpabile di girare il suo volto e baciarlo, di toccarlo e sentirlo; di baciare e amare ogni parte del suo corpo mentre Hannibal disegnava. Fu un'immagine talmente reale nella sua mente, già così brava a produrne, che fu scosso da un sussulto. Stava per avvicinarsi a lui soltanto per sedersi vicino, ma un pensiero lo bloccò: non erano soli e per quanto Hannibal fosse bello e desiderabile, c'era qualcun altro con le stesse caratteristiche di bellezza in quella casa.
Sbatté le palpebre, si bloccò sul posto e retrocesse di qualche passo, ritornando al pensiero che aveva avuto quando erano usciti insieme.
Hannibal era orfano e solo. Lei e lo zio furono gli unici ad accoglierlo, dopo la tragica morte dei suoi genitori e di sua sorella. Essendo una donna bella, intelligente ed elegante, era possibile che la gelosia che aveva visto oggi in lui per Poppil, fosse per il fatto che provasse qualcosa per lei? Ricordò le parole di Bill Pratt, le allusioni che lui e la zia avessero qualcosa...
Tornò nella sua stanza e chiuse la porta sospirando, cominciando a camminare avanti e indietro.
Ma è sua zia!  Pensò la parte razionale del suo cervello. Eppure il dubbio rimaneva e lo rodeva dall'interno. D'altro canto però, Will sentiva che c’era qualcosa tra lui e Hannibal: un legame forte, che al momento nascondeva quell'idea alla sua vista.
Assurdo.
Si sdraiò sul letto cercando di dormire. Si sentiva ancora molto stanco; e poi era anche il caso, visto che Hannibal gli aveva preannunciato che la mattina dopo aveva una sorpresa per lui.
 
Il sole brillava alto e da poco era sorto anche sul verde prato dove Hannibal lo portò: erano ai bordi della Loira, che costeggiava sulla destra e luccicava sotto i suoi raggi. Il tempo era mite, e solo qualche alito di vento aleggiava su di loro. Era davvero presto, le 6:00 del mattino, e Will si chiese lo scopo di tutto questo.
Il suo sguardo ricadde su Hannibal che, vestito di una felpa rossa, più casual di come lo vedeva di solito, lo guardò subito di rimando.
«Visto l'educazione che hai mostrato non chiedendomi nulla ieri, te ne parlerò volentieri oggi. Lo so che tu non l'hai fatto per questo Will, ma apprezzo la cortesia.»
Guardò il terreno e ci girò in torno in cerchio, in un punto preciso in mezzo all'erba.
«L'ispettore Poppil come molti altri del suo dipartimento, ha un caso irrisolto: accadde anni fa, ma lui ne è ancora ossessionato. Un macellaio, che trovarono esattamente qui, decapitato. Fece notizia naturalmente, ma nessuno si meravigliò visto che era l'essere più vile e sgarbato di questo posto.»
Will rimase in silenzio ad ascoltarlo ma quando l'altro si stoppò, non poté evitare le domande.
«E l'ispettore ti incluse tra i sospettati...perché?»
«Il giorno prima mentre facevo compere con Lady Murasaki, lo incontrai e avemmo una rissa perché lui la insultò.»
«Com'è morto?» chiese con un sussurro, mentre i suoi occhi in quell’istante erano puntati sul terreno.
«Un taglio trasversale sul torace...dissanguato.»
Will osservò il terreno che presto si fece più scuro, e poté vederlo il corpo dell'uomo, robusto e piegato su se stesso...mentre del rosso dipingeva i fili d'erba.
«Quale insulto disse a tua zia?»
Non lo guardò, ancora concentrato in quella "visione" e preso dall’indagine; ma poté percepirlo sorridere.
«Disse che le giapponesi avevano la fica di traverso.»
Gli rispose in tono basso; un'ottava in meno d'oscurità, che risuonò limpida di chiarezza sulla scena del crimine, e fece capire il perché Popill l'avesse sospettato. Will deglutì con un improvviso senso di disagio, e si scosse, mentre l'immagine del macellaio morto svaniva alla sua vista.
Si chiese perché Hannibal gli dicesse tutto questo, visto che non faceva nulla senza uno scopo. Dunque...perché? Stava provando se davvero poteva fidarsi di lui, come quando glielo chiese nella sua stanza, al momento di raccontargli del suo passato? Oppure c'era dell'altro?
Si chiedeva se tutto questo fosse stato possibile, se l'ossessione dell'ispettore non fosse tale ma fondata.
«Ad ogni modo non trovarono mai il colpevole, ed ecco spiegata l'ossessione di Popill.» la sua voce era lontana, un'eco nei suoi pensieri, mentre Will divenne ancora più ricco di domande di prima.
Cosicché lo guardò, e si accorse che Hannibal lo stava osservando attentamente, alla ricerca di qualcosa nel suo volto e nelle sue emozioni. Il ragazzo si sentì scavato e privato di esse, a causa dei suoi occhi d'oro che reclamavano e allo stesso tempo distraevano il suo essere.
Will pensò che anche se fosse stato colpevole, lo avrebbe capito perché vedeva i suoi motivi: l'essere scortese del macellaio, il proteggere sua zia sopra ogni costo come fosse la sua donna...di nuovo quel dubbio punzecchiò la sua mente, e si incupì.
 
«Ma non ti ho portato qui per questo, vieni.»
Lo richiamò alla realtà e Will non poté fare a meno di sorridere, quando gli mostrò due canne da pesca vicino al fiume.
«Non pensavo che sapessi pescare.» esclamò incredulo prendendo una canna.
«Posso ancora sorprenderti, Will.» disse facendogli un sorriso, mentre si metteva vicino a lui. In quegli istanti, il silenzio era sovrano.
Will rimuginava ancora sulle parole di poco prima del ragazzo; sui sospetti dell'ispettore e sul fatto che, anche se velatamente, Hannibal avesse ammesso di aver ucciso quel macellaio.
Quando aveva rivelato le sue intenzioni riguardo agli sciacalli che in passato gli avevano procurato tanto dolore, Will non aveva battuto ciglio, perché lo comprendeva; per cui nemmeno in questo frangente si sentì così sconvolto. Sapere che degli essere cattivi avrebbero fatto quella fine, non lo spaventava né scuoteva la sua morale: piuttosto lo eccitava, o almeno il suo oscuro autista del suo essere lo era, alimentato da un senso di giustizia che non sapeva spiegare.
Una persona normale ne sarebbe rimasta terrorizzata; ma lui non era normale, e per la prima volta accettò la sua mente che così diversamente pensava dalle altre. In quel momento, lui era lì con il suo amico a pescare, e gli andava bene così, con nient'altro che rassegnazione come emozione dominante.
Guardò il suo profilo illuminato dal sole, e come le sue labbra carnose ne raccogliessero i raggi. Si rese conto che non poteva fare a meno di lui, e per nulla al mondo avrebbe rinunciato ad Hannibal, che oramai era parte fondamentale della sua vita.
Improvvisamente quando i loro occhi si incontrarono, tutta l'atmosfera oscura di poco prima cominciò a dileguarsi, come una nebbia che svanisce pian piano.
Vide un riflesso di fierezza negli occhi ambrati dell'altro, e Will sentì l'orgoglio di Hannibal per lui.
Tutto si placò, e incominciarono a parlare saltuariamente di argomenti ben diversi, e piacevoli. Ridevano e scherzavano come se fossero stati dei ragazzi normali e nulla di più. La nebbia aveva lasciato il posto alle loro parole e alla loro energia, più potente della tenebra, perché essa stessa era formata dall’oscurità.
Improvvisamente la canna che Hannibal aveva appoggiato al suolo si mosse. Era il segnale che qualche pesce avesse abboccato, ed entrambi scattarono per prenderla, sfiorandosi le mani involontariamente. Fu un tocco leggero e inaspettato, ma che accese il cuore di Will e che aumentò i suoi battiti, capendo in quel momento quanto davvero gli piacesse quel ragazzo.
Nessuno dei due ritrasse la mano per un qualche secondo, poi Will si distanziò ed Hannibal prese il pesce all'amo. Restarono ancora un po' a pescare, giusto per prendere un altro pesce; i loro occhi in seguito si incontrarono per vari istanti, ma nessuno dei due parlò più e alla fine ritornarono a casa entrambi, persi nelle loro riflessioni.
 
Will era nervoso. Si era curato al meglio, e in modo quasi impeccabile come di solito non faceva, scegliendo un abito elegante, pettinandosi i ricci ribelli e controllando la sua figura più volte allo specchio.**
Si sentiva ridicolo, ma voleva a tutti i costi attirare lo sguardo di Hannibal dopo quella giornata di pesca, che non aveva fatto altro che accendere la sua speranza che tra loro ci fosse qualcosa. Lui pensava di essere l'unico a provare quel sentimento e quell'attrazione, ma non era più così. Hannibal non aveva ritratto la mano; non lo aveva guardato né stupito né con disgusto, come ci si sarebbe aspettato in quell'epoca, anche se loro erano fuori da quell'era. Quello sguardo e quell’intimità createsi tra loro due, diedero la spinta necessaria a Will di provarci. Non era molto bravo in questo, ma poteva partire con l'attirare il suo sguardo nel giorno del compleanno di sua zia, ad esempio.
Sospirò e uscì dalla stanza. Non voleva certo fare tardi e trovò Hannibal in salotto in un completo molto elegante, un frac per la precisione. Non che fosse una novità nel suo caso, ma quello in questione gli dava un'aria da adulto, come se fosse l'uomo di casa.
Will improvvisamente si sentì ridicolo. Dietro di lui la tavola era già imbandita con molte pietanze, ricche e spettacolari, e anche il pesce che avevano pescato insieme, aveva l'aspetto di un'opera d'arte. Hannibal, insieme allo chef, aveva partecipato alla preparazione di quei piatti: il ragazzo era avido di conoscenza, nonché molto dotato.
Will volle tornare improvvisamente in camera, sentendosi ancora più insignificante ed a disagio, ma non poté farlo perché Hannibal lo vide. Lo guardò per qualche secondo, ma Will non riuscì a decifrare cosa stesse pensando, perché sembrava che quella sera avesse messo una maschera per celare le sue emozioni.
«Will, dovresti vestirti più spesso in questo modo...ti dona molto.» gli sorrise leggermente.
«Questo è più il tuo campo, sembro un campagnolo in abito da sera.»
Ci scherzò, cercando di alleviare le forti sensazioni che sentiva nel petto. Hannibal stava per rispondergli, con uno sguardo di rimprovero già pronto sul volto, quando si bloccò. Will voltandosi, vide che i suoi occhi erano orientati verso Lady Murasaki che era entrata nella stanza. Era bellissima, avvolta in un vestito rosa pallido di seta e coi capelli neri raccolti con grazia in uno chignon. Si avvicinò al tavolo, e per un istante parve una visione di bellezza e non una persona reale. Hannibal l'accolse prontamente come un gentiluomo, facendole il baciamano e accostandole la sedia quando si sedette. Will provò il riverbero della gelosia per quella scena, anche se si sentiva ridicolo nel provarla: ma non poteva farci nulla.
Parlarono poco e sommessamente, e Will come sua consuetudine, fu più concentrato ad osservare e ascoltare che a proferire parola; per quanto ringraziò il fatto che sia Lady Murasaki che Hannibal fossero persone più riflessive che chiacchierone. E se parlavano, lo facevano di argomenti tutt'altro che banali, a parte le informazioni riguardo lo studio, che ovviamente una zia doveva chiedere per prassi.
Ma la gelosia non svanì un secondo dal suo corpo e dal suo stomaco, che si contorceva per gli sguardi che si lanciavano. Nei confronti poi dell'intesa che si assaporava tra i due, si sentì nuovamente a disagio ed escluso, anche se Hannibal non lo stava di certo ignorando. Ma la sensazione di essere l'unico ragazzino al tavolo con una coppia di adulti ad accudirlo, lo infastidiva e gli sembrava l'unica realtà, visto che loro due parevano in una dimensione a parte.
Sapeva del passato della donna, legato alla tragedia di Hiroshima. Poteva capire come mai lei e Hannibal si fossero legati in quel modo e di come anche che lui si sentisse bene in sua presenza: ma Will non immaginava in quel modo.
Si sentiva esasperato e sempre più impaziente di finire quella cena. Strinse forte i pugni, poiché l'impulso di alzarsi da quella farsa era irrefrenabile; ma resistette, concentrandosi sul pesce nel suo piatto.
«La prima volta che Hannibal pescò da quando lo conosco, mi portò come souvenir le guance del pesce. Gli chef la considerano la parte più prelibata da servire a una signora.»
Quando Lady Murasaki interruppe quel disagio che languido stava fluendo nel suo stomaco, e puntò gli occhi profondi ma accoglienti su di lui, sentì che c'era qualcos'altro in quella affermazione...
«Avevo fatto una pesca piuttosto fruttuosa, quella mattina.»
E quando si voltò verso il tono ironico di Hannibal, ne ebbe la conferma dal luccichio nei suoi occhi, ma non poté capire altro, poiché erano concentrati l'uno sull'altra. C'era un nuovo segreto scritto nei loro sguardi; un altro momento che soltanto loro due potevano capire. E se questo fece innervosire Will, il fatto che lei toccasse il suo braccio anche solo per un secondo, lo infuriò ancora di più.
Improvvisamente il respiro cominciò a mancargli e la testa gli doleva. Così si alzò da tavolo borbottando qualcosa, non facendo attenzione né alle buone maniere né a cosa disse.
Doveva uscire da quella stanza, immediatamente.
Raggiunse il balcone della sala, aprendo anche l'altra anta della finestra come se potesse entrare in un'altra dimensione, lontano da tutti e tutto. E solo allora riuscì a respirare.
Chiuse gli occhi e l'aria della sera con un buon profumo di fiori e lavanda, riempì le sue narici.
Si prese qualche secondo con se stesso, cercando di capire che gioco stesse facendo Lady Murasaki, perché era abbastanza chiaro che volesse fargli capire che aveva un'esclusiva su Hannibal, e che i due avessero un passato di cui lui non faceva parte.
Ma Will non sapeva se fosse soltanto la gelosia a parlare, perché la sua parte razionale era confusa. Oppure, se fosse stato un avvertimento chiaro da parte della donna, perché lui non aveva dubbio alcuno che lei avesse capito bene il loro rapporto, e soprattutto i suoi sentimenti per Hannibal.
Sospirò rimanendo ancora qualche istante su un balcone, con una domanda in mente: che cosa avevano condiviso davvero Hannibal e Lady Murasaki?
Quando fu pronto e più tranquillo, almeno in apparenza, tornò nella sala da pranzo e ringraziò che Lady Murasaki gli chiedesse solo se si sentisse, bene senza insistere o indagare oltre. Nel momento in cui i suoi occhi incontrarono Hannibal, non ebbe una parola dal suddetto o un'occhiata particolare, immaginando che il motivo fosse perché aveva considerato poco cortese il suo gesto. Ad ogni modo Will gli sorrise quasi sfrontato, cercando di far "scattare" qualcosa nell'altro; ma non riuscì e continuarono la cena tranquillamente.


* LA GIF   ahah (è una mia creazione)
**se vi interessa Will è vestito così  



Angolo autrice: ​Ciao a tutti ^_^ ebbene se pensate che Hannibal quando porta Will al lago lo stia mettendo alla prova, pensate giusto :P ma non voglio dire troppo è giusto che ognuno di voi interpreti a modo suo.
Questo capitolo è un po' più lunghetto degli altri e pieno di cose, quindi spero che vi piaccia ^_^
Will ha ammesso la sua cotta (chiamiamola così perché è molto di più XD)
ed è arrivata Lady Murasaki! E non dico altro ahah.
RAGA LA SCENA DELL'OCCHIOLINO VI DICO SOLO CHE L'HO MESSA PER ABBINARCI LA GIF CHE AVEVO CREATO PRIMA DI SAPERE LA SCENA AHAH e spero che vi piaccia anche la gif abbinata :P
Comunque, qui c'è una delle mie scene preferite che è la pesca assieme,il fatto che vanno così presto perché mi sembra che si usi così (?) per trovare meno gente. Volevo un momento che fossero insieme carini e coccolosi come meritano e spero vi abbia donato un sorriso anche a voi.
Anche qui c'è un'altro personaggio del libro l'ispettore Poppil e spero che sia chiaro a chi non ha letto libro o visto il film, sto facendo del mio meglio per abbinare tutto senza ripetere Harris XD
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La vestaglia bianca frusciava sotto i suoi passi leggeri, mentre il suono al clavicembalo si faceva sempre più vicino. Lady Murasaki si fermò a pochi passi dalla sala della musica dove Hannibal come sua abitudine si stava esibendo in una melodia di Bach*, mettendoci tutta la sua più cocente passione. Sorrise la donna nel vedere la presenza di chi si aspettava a guardarlo appoggiato alla porta.
Gli sfiorò una spalla e Will sussultò leggermente.
«Non gli piace essere disturbato quando suona.»
E dicendo questo, si incamminò nell’attiguo salotto dalle mura beige, munito di due accoglienti piccole poltrone e una libreria. Non ci volle molto che Will la raggiungesse, con una leggera irritazione facilmente visibile sul suo viso.
Lei si voltò e lo fronteggiò impassibile, anche se dentro di sé sentiva ben altro. Doveva ammettere che quel legame che vedeva tra lui e Hannibal, parzialmente la infastidiva, anche se non era sua intenzione di certo opporsi.
Voleva in realtà che Hannibal trovasse un altro interesse romantico all'infuori di lei; ma sapeva bene cosa lei stessa provasse per lui, e che questo stava guidando le sue mosse più di quanto si sarebbe aspettata.
Lady Murasaki non era una persona egoista, né malvagia, ed era in effetti preoccupata per quel ragazzo dal viso innocente e dagli occhi accesi d'ira, che le stava davanti.
«Penso che sia la prima volta che Hannibal possa dire di aver trovato un amico. Un bel legame scorre tra voi due, anche se siete come due fiumi con una corrente diversa: scorrono paralleli, ma sono pur sempre due fiumi diversi.»
Will la guardò con attenzione, ponderando le sue parole, e lei sapeva che non doveva aggiungere altro per farsi capire.
«I fiumi sono fatti tutti d'acqua.»
Lady Murasaki sorrise.
«È vero, ma le vostre sorgenti non sono le stesse e sotto un letto di un fiume, si può nascondere dell'oscurità...sei ancora in tempo per salvarti.»
Voleva metterlo in guarda, manipolando la situazione. Will era ancora innocente, e le era chiaro che non avesse compiuto ancora azioni deplorevoli: lo sentiva.
«Forse sì o forse no, ma non ha importanza.»
Il tono del ragazzo era più pacato, anche se della confusione dominava sul suo volto. Lady Musaraki sospirò, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra all'erba mossa dal vento.
Forse voleva anche spingerlo da Hannibal, visto la risposta del ragazzo; ma continuò ad insistere, perché questo le sussurrava la sua coscienza.
«Sei annebbiato da ciò che provi per lui...oh no, non negarlo. E’ abbastanza evidente e comprensibile ai miei occhi: ma io ti sto avvisando. Se unirai il tuo fiume con il suo, non potrai tornare indietro.» a quel punto si voltò a guardarlo, e si stupì di vedere una scintilla di curiosità negli occhi chiari del ragazzo, e non di paura come invece avrebbe dovuto mostrare.
«Conosco Hannibal da più tempo di te, e posso dirti che c'è una parte di lui che non ho mai visto a fondo...ma forse tu vuoi farlo.»
Il ragazzo non rispose, ma era chiaro il fatto che avesse già scelto la sua strada. Nel suo cuore Lady Musaraki sentì un moto di dispiacere per lui, ma anche un senso di tranquillità nel sapere che qualcun altro amava Hannibal più di lei, e profondamente come lei non avrebbe mai potuto fare. Will era più simile ad Hannibal di quanto avesse pensato.
«Lo deciderò a tempo debito, ma nemmeno lei conosce Hannibal così a fondo, come ha detto. La ringrazio dell'interesse.» disse a denti stretti, prima di congedarsi da lei.
Lady Murasaki si appoggiò alla porta e spiò i suoi passi che incerti che stavano salendo le scale per dirigersi in camera. Improvvisamente però Will fece dietro-front, raggiungendo invece la sala della musica e addentrandosi nella stanza. La donna sorrise leggermente, chiuse la porta e si isolò nella sala.
 
 
"But where will you go
With no one left to save you from yourself
You can't escape-


You belong to me"
-Where Will You Go"- Evanescence
 
I tasti vibravano e si adattavano alle dita che li stavano pigiando. Quando Will entrò nella stanza, si scambiarono un sorriso leggero, e gli bastò un istante per capire che qualcosa non andava. Lo osservò per come attraversò la stanza qualche secondo prima di sedersi nel divano di fronte a lui, e per come il suo sguardo fosse pensieroso. Era turbato da qualcosa o qualcuno, e si chiese cosa Lady Murasaki gli avesse detto, poiché con la coda dell'occhio li aveva visti insieme, benché fosse certo che Will non glielo avrebbe detto. Si concentrò dunque nel ristabilire il suo umore, e così ricominciò da capo il brano di Bach: non sapeva perché volesse confortarlo, ma soltanto che voleva farlo.
«Bach compose questa melodia per insegnare il contrappunto ai suoi figli.»
«È bellissimo.» commentò con tono più calmo e quando Hannibal gli rivolse un'occhiata, l'altro aveva mascherato il suo turbamento dietro una maschera di tranquillità tale, che dentro di sé gli fece dei complimenti.
Sta diventando bravo.
Era pericoloso che Will riuscisse a imparare questa tattica, perché presto sarebbe riuscito a nascondere sul nascere le sue emozioni; ma allo stesso tempo era anche intrigante. Hannibal sapeva comunque che con lui non avrebbe mai potuto fingere, almeno non completamente.
«Mi rilassa sempre suonare il clavicembalo. Le mie dita sono leggere sui tasti perché è il suono ad accompagnarle.»
Quando si voltò a guardarlo, il ragazzo lo osservava con una così evidente devozione e con un chiaro desiderio impresso nelle sue pupille, che se ne sentì invaso. I suoi occhi chiari scorrevano sulle sue mani e sul suo viso, come se volesse assetarsi di lui, ed Hannibal oltre che lusingato sentì "qualcosa" muoversi nel suo stomaco.
Sapeva che Will provava un sentimento per lui e la conferma finale l'aveva avuta quando a pesca, le loro mani si erano sfiorate. Ma la cosa che lo aveva sorpreso fu il fatto che anche lui aveva provato qualcosa di rimando.
Aveva capito di essere attratto oltremodo da quel ragazzo; Will era uguale a lui, e quando guardava i suoi occhi chiari poteva vedere se stesso, come fossero l'uno lo specchio dell'altro. Con nessun altro gli era capitato: nemmeno con Lady Murasaki, che lo aveva aiutato e con la quale condivideva una forte affinità. Avrebbe voluto restarle fedele, ma non riusciva a sottrarsi ai sentimenti e agli sguardi lusinghieri che vedeva in Will.
Questo gli instillava dei dubbi, e lo faceva sentire in bilico con se stesso. Qualcosa che non aveva mai provato; lui che era sempre stato sicuro e metodico su quello che faceva o pensava, questa volta non poteva dominarsi. Eppure la situazione lo incuriosiva, e voleva vedere dove queste sensazioni lo avrebbero portato.
Chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dal suono e liberando la mente. Quando si voltò verso Will, notò che il ragazzo aveva perso lo sguardo di prima, ed ora stava con il capo reclinato sulla testata del divano.
Era spossato, ma allo stesso tempo più rilassato; Hannibal fu contento di essere riuscito a trasportarlo nel mondo dei sogni con la sua melodia, poiché quando concluse, Will si era addormentato. Era sul bracciolo del divano, dove dalla testa riccioluta spuntava qualche boccolo.
Si sgranchì le dita e rimase qualche secondo a fissarlo, prima di alzarsi più tranquillo. Anche lui era stanco, visto l'orario in cui si erano svegliati la mattina, e si avvicinò al ragazzo.
Il suo volto era leggermente corrucciato, segno che qualche incubo aveva preso a tormentarlo, ed Hannibal sfiorò la sua fronte appianando la sua espressione che subito si fece tranquilla. In quel momento si chiese se Will avesse potuto dormire nel suo letto: gli incubi sarebbero scomparsi. Subito scacciò l'idea dalla sua mente, il ragazzo si sarebbe svegliato confuso e imbarazzato, e non era di certo questo che Hannibal voleva.
Passò qualche minuto, durante i quali Hannibal non si mosse. Rimase a fissarlo, facendo scorrere gli occhi ambrati, come fossero carezze preziose d'oro per lui soltanto per lui e ne fu talmente rapito, che si inginocchiò di fronte a lui. Era invaso da un’attrazione prorompente, e non riusciva a staccare lo sguardo da lui, dal suo respiro. Immaginava la morbidezza della sua pelle sotto le sue mani, e nell'estasi di quel momento persino un forte desiderio di ritrarlo crebbe dentro di lui. Così si mise ad osservarlo con attenzione, memorizzando ogni dettaglio di quell'immagine di bellezza davanti a lui, per immagazzinarlo nel suo palazzo della memoria e poterlo disegnare in seguito.
Un'opera d'arte.
Guardò come i suoi boccoli raccoglievano la luce del lampadario, producendo mille bagliori tra i suoi capelli castani, e quanto fossero lunghe le ciglia che carezzavano l'inizio delle sue guance. Poi quelle labbra dalla forma perfetta e così rosee, che contenevano quasi un richiamo segreto, producendo una melodia d'attrazione irresistibile per Hannibal. Il pensiero che seguì successivamente, gli diede una piacevole sensazione di calore.
Poi rimuginò qualche secondo su dove portalo, ed alla fine lo prese in braccio con la maggiore delicatezza possibile. Non voleva di certo svegliarlo, ora che dormiva così serenamente, e lo portò nella stanza occupata da Will, e cioè quella degli ospiti.
Lo coprì con premura, prendendosi qualche secondo per guardarlo ancora, e si avventurò in un gesto puramente irrazionale, ma dal gusto troppo succulento per non farlo, chinandosi verso do lui e avvicinandosi al suo volto.
Attese qualche secondo, e poi posò un leggerissimo bacio all'angolo delle sue labbra, saggiando il gusto di quella pelle di cui tanto gli piaceva l'odore. Will per fortuna non si svegliò da quanto era stremato, e si mosse solo leggermente.
Hannibal a quel punto piuttosto soddisfatto, uscì dalla stanza e si diresse verso la sua, con l'immagine della sua opera d'arte personale al quale presto, avrebbe dedicato un ritratto.
E mentre chiudeva gli occhi nel suo letto, le frasi del poeta Keats rimbombarono nella sua mente:
"Stanotte, riesco ad immaginarti...
So che indosserai la tua bellezza,
un 
sorriso di tale gioia,
così 
brillante e luminoso,
come quando con 
occhi rapiti e doloranti,
perso in una dolce 
meraviglia,
io ti guardai, io ti guardai!” 

 
Hannibal rimase appoggiato alla porta, sorpreso nuovamente dall'enigma che era Will, il quale davanti alla sua valigia poggiata sul letto, stava per compiere il suo tradimento. Dopo due giorni di velata tranquillità, qualcosa era cambiato, ed Hannibal aveva un'ipotesi, che non era una certezza, sul momento nel quale fosse avvenuto quel "qualcosa"  che lo portava ad agire così.
«Dove vorresti andare?» soppesò bene come porgli quella domanda che pizzicava la sua mente. Quando Will lo guardò, notò che qualcosa si era rotto tra di loro, come una tazzina che, cadendo con un rumore sordo, si spezzava in piccoli pezzi in maniera definitiva.
I suoi occhi chiari avevano un'espressione vuota e ferita.
«C'è un treno che parte fra un'ora e ho deciso di prenderlo, torno alla facoltà.»
Tornò con lo sguardo sulla valigia, riponendo le ultime cose, mentre in Hannibal il dubbio del perché volesse andarsene un giorno prima della loro partenza definitiva, diventava sempre più chiaro.
Gli si avvicinò e lo fissò aspettando che continuasse, non dicendo una parola. Una manipolazione sottile che ebbe il suo successo, visto che Will di tutta risposta sospirò, e si fermò.
«Sono stufo di questo gioco, e non voglio reggere oltre... perché ora ho capito.»
Non era chiaro quando, ma lo era il fatto che si riferisse a lui e Lady Murasaki, per quanto non gli sembrava di aver fatto nulla per portare Will a quell'esasperazione.
«Tu pensi di aver capito, ma il tuo giudizio potrebbe essere annebbiato non credi?»
La manipolazione faceva parte di lui, come anche di Will, ma non aveva mai giocato con i suoi sentimenti, non come credeva l'altro al momento almeno, ma piuttosto con la sua mente.
Will continuò con la sua valigia, scuotendo la testa con vigore e con un sorriso tirato sul volto. Non gli diede risposta, e osservando il profilo del suo volto, Hannibal ripensò alla sera prima in cui c'era ben altra atmosfera tra loro.
 
Delle risate riempivano la sala da musica, piccoli suoni che si univano ad altri stonati, provenienti da alcuni tasti pigiati.
«Non ce la farò mai, ascoltami: sono negato!» così Will si era lamentato ma ridendo allo stesso tempo, poiché si stava comunque divertendo, dell'ennesimo errore che aveva compiuto in quell'improvvisato insegnamento di come suonare il clavicembalo. Era stato un tacito accordo improvvisato, non previsto né progettato da nessuno dei due. Quando Hannibal si era seduto pronto a suonare, Will gli si era semplicemente affiancato, e lì era iniziato. Era appena scesa la sera e un leggero vento piacevole entrava dal balcone aperto alla loro destra, soffiando sui due e facendo muovere le tende bianche in sinuose danze.
«Devi soltanto concentrarti, Will. Fidati di me.»
Hannibal stava provando a fargli suonare qualcosa di Bach, le Variazioni Goldberg per essere precisi, ma l'altro aveva preso il tutto in maniera più giocosa. Non si lamentava di questo, visto che il suono della sua risata era altrettanto piacevole, così come le sue mani fini e insicure che pigiavano i tasti del clavicembalo. Vederlo toccare qualcosa che di solito lui stesso toccava...era splendido.
Spesso si era bloccato a osservarlo nel mentre di quella lezione improvvisata, scoprendo un'adorazione per il suo profilo, ed in generale per il suo volto, che provocava pensieri di natura piuttosto dolce nella sua mente. La vista di quel ragazzo, dall'essenza simile a quella di un giovane ragazzo visto qualche tempo prima in un quadro del Botticelli***, che si muoveva e suonava lì con lui era estasiante.
A come quei ricci si scuotessero quando rideva, e i suoi occhi luminosi scorressero dallo spartito al clavicembalo con insicurezza, ma pur sempre pronto a provare.
La mia fonte d'ispirazione, la bellezza in terra.
Riuscì a azzeccare qualche nota in più, ma sbuffò quando ne sbagliò altre due, e lo guardò sorridendo.
«Naah, forse dovrei rinunciarci.»
Hannibal a quel punto gli rivolse uno sguardo determinato.
«È la prima volta dopo anni che suoni uno strumento: sei troppo severo con te stesso e stai andando meglio di un'ora fa. Devi sentire il suono Will, esprimerlo, e non concentrarti più di tanto su come ti applichi.»
Poggiò una mano nella parte sinistra superiore del suo torace, e il tessuto della sua camicia scura accarezzò il suo palmo.
«Devi sentire il suono, qui.»
Lo sguardo di Will mutò a quel punto e trattenne il respiro, Hannibal lo percepì insieme il suo cuore che batteva forte sotto il palmo della sua mano.
Tolse la mano solo dopo qualche secondo, assaporando però quel momento e le emozioni che d'improvviso lo avevano colto. Gli piaceva tra le altre cose, passare del tempo con Will anche per ciò che gli faceva provare: sensazioni e emozioni conosciute ma più intense, o alle volte del tutto nuove e inaspettate. Con lui era tutto una sorpresa, ed era bello aver trovato qualcuno non banale in un mondo di automi.
Will a quel punto chiuse gli occhi, serio e con grazia poggiò le mani sui tasti, cominciando a suonare. Ciò che produsse fu come fuoriuscito da un sogno; calmo, soave e senza nemmeno un errore, come se avesse evoluto il suo modo di suonare da quel momento, attraverso le parole di Hannibal.
Dal canto suo non si perse un sospiro, né i leggeri movimenti delle ciglia del ragazzo.  Ascoltò ogni nota che produsse, e fu perfetto.
Quando Will aprì gli occhi e lo guardò, assunse un'espressione confusa. Hannibal non stava mascherando le sue emozioni in quel momento, e gli sorrise mentre sentiva i suoi occhi luccicare.
«Vedi? Sei stato perfetto.» sussurrò, e vedendo Will con il capo di lato che lo stava osservando, il desiderio di toccarlo lo pervase, come volesse essere certo che quella visione di perfezione davanti a lui fosse reale.
L'atmosfera era più densa e persino il vento pareva un eco lontano. I loro respiri riempivano l'aria, e quando Hannibal allungò una mano sotto il suo volto, sfiorandogli il collo, sapeva che non si sarebbe più fermato.
Non c'era più il concetto di fedeltà, in quel momento c'era soltanto lui, e non voleva né poteva trattenersi con Will che, socchiudendo gli occhi, si avvicinava sempre di più. Non riusciva a frenarsi a causa del suo sguardo luminoso, acceso dal desiderio più forte che avesse mai visto, e intenso come il fuoco più ardente.
Quando la sua mano sfiorò il mento, le labbra e la guancia di Will, sapeva che cosa sarebbe successo, era tutto racchiuso in quel momento: emozioni che si mischiavano, cuori che battevano e desideri che si univano.
Gli prese il suo viso tra le mani e Will poggiò le dita sopra le sue, e quel desiderio possente lo invase totalmente.  Sfiorò il naso con il suo, in un bisogno prorompente che nasceva dentro il suo stomaco, donando dei brividi in tutto il suo corpo.
L'avrebbe baciato, lo desiderava ardentemente….
 
«Ragazzi, dove siete? È pronta la cena.»
La voce di Lady Murasaki lungo il corridoio interruppe quel momento. I due si staccarono e Hannibal rimase qualche secondo assorto, consapevole che stava per tradire la donna che amava, nel desiderio di baciare un’altra persona. Si chiese perché e cosa provasse davvero per Will a quel punto, e quando alzò lo sguardo verso il suo, che lo guardava con imbarazzo e con dolcezza, ebbe soltanto una conferma: non c'era niente di più bello al mondo.
 
«È davvero questo che vuoi, Will?»
Scosse quel ricordo dalla sua mente e insistette con la domanda, assottigliando lo sguardo per studiarlo: doveva rispondergli! Chiamò il suo nome con calma, cercando di tenere il controllo della situazione; ma lo sguardo di Will ferito, risentito e arrabbiato lo colpì più di quanto avrebbe immaginato.
«Smettila! Non si tratta di quello che voglio ma di quello che è giusto. Adesso ti vedo davvero, e non funziona più Hannibal...non più.»
Hannibal non lo bloccò quando uscì dalla stanza, e rimase a fissarlo sulla soglia immobile; né lo seguì o lo chiamò quando lo vide uscire dalla casa.
Tremendamente scortese mio caro Will, davvero tanto.
Poche volte aveva provato rabbia e risentimento, e quello fu uno dei momenti.
 
Tornò alla facoltà il giorno seguente come da programma, era passata una settimana durante la quale Will non gli parlò. Di tanto in tanto si incontravano nei corridoi dell'università, ma si scambiarono solo qualche sguardo veloce, senza alcun dialogo.
Un giorno soltanto il suo sguardo si era adagiato più a lungo su di lui. Will era in compagnia di un uomo corpulento e calvo, che gli parlava con severità, e il ragazzo sembrava assente e a disagio davanti a quella figura.
Quando l'uomo lo prese per il braccio con forza, Hannibal fu tentato di intervenire, perché nessuno poteva trattare il suo Will in quel modo. Alla fine preferì non farlo, poiché il ragazzo in quel momento, alzando gli occhi e incontrando i suoi, gli fece capire di non agire. Quello sguardo, come conseguenza, ebbe il potere di fare svanire per un istante tutto quanto.
La figura dell'uomo, gli studenti che camminavano per dirigersi a lezione...uno sguardo che aveva risucchiato tutto, come succedeva all'inizio della loro conoscenza.
Durò qualche secondo e fu spezzato da quell'uomo che si voltò verso di lui. Solo allora Hannibal abbassò lo sguardo ma restando con l'attenzione su quell’individuo, e tenendolo d’occhio fino a che questi non se ne era andato con la sua Maserati.
Gli studenti dell'università intanto cominciarono a bisbigliare su quell'inusuale silenzio tra Will e Hannibal, curiosi di cosa fosse successo tra i due per amor di pettegolezzo: non si capacitavano di come il loro legame così forte pareva essersi spezzato.
Ma una crepa si può sempre riparare, e dalle venature d'oro al posto delle spaccature, può nascere un legame nuovo e più unito.
"La tazza si poteva ricomporre", era questo il pensiero di Hannibal, che lasciò a Will lo spazio di cui necessitava. Era infatti inutile fare pressione per ottenere di nuovo la sua amicizia: a breve lo avrebbe condotto di nuovo a sé, e su questo era determinato, anche se non rimanevano molti giorni. Infatti la “scadenza” del loro silenzio, sarebbe dovuta cadere da lì a qualche giorno, visto che si era già organizzato con l'università per il suo viaggio in Lituania. Doveva andare laggiù per trovare quello che il sodio thiopental e altri due barbiturici, gli avevano fatto scoprire, ovvero le piastrine. Si era ripromesso di voler aspettare il compleanno di Lady Murasaki prima di partire. La vendetta era ancora più vicina, così come il rendere onore alla promessa che aveva fatto a Mischa.
Questi erano i suoi piani; e in quel viaggio Will sarebbe andato con lui, e avrebbe partecipato alla sua vendetta.
Era tutto programmato ed Hannibal aveva la pazienza necessaria per attendere e ponderare, anche se non aveva fatto conto con la devastante sensazione di mancanza che lo avvolse in quei giorni. Erano nello stesso luogo e lo vedeva; ma non poter parlare con lui, o condividere quegli sguardi dove era contenuto il loro mondo, lo feriva più di quanto avesse immaginato.
Will lo rendeva irrazionale e follemente sentimentale. Non era nuovo a questa situazione, visto cosa provava per Lady Murasaki; ma anche se con lei il sentimento pareva univoco, non ci soffriva ed era un legame che gli piaceva. Con Will invece, sentiva di avere bisogno di più contatto. Era da tempo che non provava un'intensità del genere, anche perché nessun altro lo aveva mai guardato nel modo in cui lo guardava Will, o si era interessato a lui. Lady Murasaki provava dell'affetto nei suoi confronti, e il loro legame era costruito su sofferenze comuni; ma non vedeva la sua presenza nell'ombra, mentre di Will lo faceva in tutto ciò che era, provando lo stesso del sentimento nei suoi riguardi. Fu per questo e per la solitudine, che lo avvolgeva come una nebbia tetra che lo soffocava, che Hannibal capì di aver sottovalutato quello che davvero provava per Will di rimando.
Si ritrovava quella notte catturato nel letto da una morsa fastidiosa e opprimente, con  gli occhi fissi al soffitto, incapace di dormire, e ripensò in quel momento alle parole veritiere di Lady Musaraki.
 
Ogni singola sensazione e ogni sospiro d'attimo, da quando Will uscì dalla porta, furono tramutati in note, che Hannibal produsse al suo clavicembalo, con tutta la passione, la delusione, e le emozioni pressanti che aveva in corpo. Era strano provare della frustrazione, proprio lui che era abituato a tenere un certo ordine e controllo della sua vita: ma non con Will veniva smosso come fosse un uragano.
Non a caso aveva scelto un brano Fugue di Bach**, dal suono veloce e impetuoso, per descrivere quel momento e più nello specifico ciò che l'amico aveva fatto, lui stesso aveva deciso di creare una crepa nel loro legame e questo lo turbava in un qualche modo.
Will era fuggito da sé stesso e da quello che era sicuro di aver visto, senza lasciarlo controbattere. Ma nonostante ciò l'avesse infastidito, non l'avrebbe lasciato mai andare: non poteva scappare da lui.
 
Sentendosi osservato, alzò lo sguardo trovando, al posto degli occhi chiari di Will in adorazione, quelli scuri e profondi di Lady Murasaki in fase di studio. Con eleganza gli si avvicinò, poggiando le mani sul clavicembalo, e accarezzandolo come fosse vivo. Hannibal non poté fare a meno di seguire quel movimento.
Non poteva di certo cancellare cosa rappresentasse quella donna per lui.
«Dovresti comporre, trasformare la delusione in qualcosa di produttivo e positivo: è rigenerante.» si limitò a dire questo, prima di avvicinarsi alla finestra che dava sul paesaggio francese. Hannibal decise di seguire il suo consiglio per qualche momento, ma per poco tempo: la composizione non doveva venire di certo forzata. E così la raggiunse.
«Dunque se n’é andato:  il vostro rapporto cambierà, è già cambiato. Mi chiedo se tu sia davvero pronto ad affrontare l'evoluzione.»
Hannibal la guardò, nascondendo la risposta alla donna. L'errore di Will stava nel pensare che potesse recidere quel legame alla radice.
«Non è stato molto cortese.»
«Non ha retto oltre a ciò che aveva visto tra lui e te; e penso che si sia accorto di cosa tu provi per me.»
Era la stessa cosa a cui lui stesso aveva pensato, anche se non sapeva il momento esatto in cui Will l'avesse capito.
«Non poteva avere nessuna imposizione da fare, non gli ho promesso niente.»
E questo era vero, anche se non poteva di certo negare che tra lui e Will ci fosse qualcosa: lo sapeva e sentiva. Hannibal aveva iniziato l'amicizia con quel ragazzo per curiosità; l'aveva spronato a rivelare il suo vero essere per lo stesso motivo, ma non aveva programmato di poter sentire qualcosa per lui.
Sapeva però cosa Will credeva: che avesse giocato con lui, con i suoi sentimenti e con il loro legame. In realtà non l'aveva mai fatto o almeno, non con i suoi sentimenti. Non aveva intenzione di ferirlo e infatti non aveva mai flirtato con lui; non troppo almeno, ma non l'aveva nemmeno respinto perché non si sentiva di farlo.
«Ti vendicherai, non è vero?»
«Lo ripagherò con la sua stessa moneta, presumo.»
Lady Murasaki lo guardò con stupore ma durò un battito di ciglia, poiché dopo sparì dietro la sua maschera di bellezza delicata, rimanendo qualche istante in silenzio prima di parlare di nuovo, con tono sommesso.
«Invece piuttosto noto che quello c'è tra voi è forte persino più di quello che crede lui e che pensi tu. Adesso è cristallino e visibile anche in te, come se fossi trasparente. Questo sentimento irruente e innarestabile tra voi può darti forza ma anche distruggerti; quindi devi giocare le tue carte con cautela...perché tu non lo lascerai.»
Non si sorprese che la donna lo capisse, in parte l'aveva sempre fatto, e si voltò a guardarla sorridendole leggermente e sfiorandole la mano. Lei sospirò e strinse la sua mano in risposta per qualche secondo, poi si distanziò.
«Voglio che non mi pensi più con quel tipo di sentimento Hannibal. Io e te condividiamo il dolore della perdita e questo ci ha uniti; ma il nostro rapporto non si potrà evolvere più di così. Voglio che tu lo sappia, perché questo cambierà le cose tra di noi.»
Hannibal rimase immobile, e per quanto la delusione del rifiuto fu percepibile, non ci soffrì quanto aveva pensato. Sapeva che Lady Murasaki non ricambiava la sua passione, almeno non quanto lui desiderasse, e si era rassegnato all'idea già da qualche tempo.
«Mi chiedi qualcosa di difficile.»
«Tu dici di amarmi ma io non sono lui...e tu hai già scelto! C'è un lato di te che io ho solo intravisto, e che invece Will vede del tutto. Lui ti vede e non ha paura.»
I loro occhi si incontrarono e vide del luccichio in quelli scuri di lei.
«Tu avresti paura?»
Lei non rispose; ma Hannibal sapeva che c'era del dubbio, e che avrebbe potuto provarne se avesse visto la creatura dentro di lui.
Lei aveva cresciuto la bestia, ma non l'aveva mai davvero vista.
«Ma lui non sarà mai te.»
«Ogni sentimento è unico, come le persone e sarò lieta se prosegui la tua strada con Will, perché nemmeno lui ti lascerà: non può più farlo. Ti chiedo solo di essere prudente.»
Si avvicinò di nuovo ad Hannibal, guardandolo negli occhi con profondità: c'era del sentimento nelle sue parole e nel suo sguardo.
«Io non ti ho mai mentito sui miei sentimenti per te, vorrei che mi dicessi perché mi chiedi di allontanarmi da te? Tu cosa provi?»
Lei gli carezzò il viso e lui poggiò la mano sulla sua.
«Perché ci tengo a te.» e detto questo, gli diede un leggero bacio sulle labbra. Un addio a quei gesti e quegli sguardi ambigui tra i due, perché d'ora in poi anche il loro rapporto sarebbe cambiato, ed anche limitato all'affetto.
 
Aveva avuto ragione su Will, su di loro e su cosa lui provasse. Era intelligente e perspicace, e lui l'amava anche per questo; oppure credeva di amare, perché di questo non ne era più sicuro. Senz'altro provava qualcosa di forte per lei, e c'erano ancora dei rimasugli di sentimento: ma era diverso ora. Lady Murasaki era presente: non si sarebbero mai abbandonati, e il loro rapporto sarebbe continuato. Con Will invece, era indecifrabile cosa sarebbe successo da quel momento. Lui lo voleva con sé, ma non sapeva se l'altro sarebbe davvero tornato al suo fianco. Questo dubbio lo tormentava e rodeva dall'interno.
Sospirò pensando che d'altronde il loro stesso rapporto era come un uragano, carico di emozioni, imprevedibile e inarrestabile.
La ragione del suo turbamento e il reale motivo delle sue notti insonni al momento erano chiari: Will


Note: *Brano Bach
**Brano Bach
*** Ditemi se Will (Hugh) non assomiglia a ragazzo ritratto  da Boticelli :P ho trovato l'immagine sul web. Hannibal ha visto questo quadro


Angolo Autrice:
Ciao a tutti ^_^ cosa sarà successo nello specifico per far fuggire Will, vi starete chiedendo, e avrete la risposta a breve :P intanto elaborate teorie che sono curiosa ahah
Comunque riguardo a Lady Murasaki spero di averla resa bene ho tentato di renderla ambigua, enigmatica ma che tiene a ama quello che vede in Hannibal come nel libro, e spero di esserci riuscita.
 
Parlando di Hannibal, è interessante vedere come Will lo confonde, lo scuote, gli fa provare dei sentimenti inarrestabili come nel telefilm. Il fatto della fedeltà a Lady Murasaki è perché nel libro più volte rifiuta inviti da belle ragazza, perché pensa solo a lei, quindi ho pensato che fosse fedele all'amore che prova. E questo doveva essere il capitolo dove si intuiva che provava qualcosa per lui, doveva solo guardarlo eh invece la scena è stata tipo:
Io: "Ok in questa scena devo far vedere che Hannibal prova qualcosa per lui"
*Hannibal lo guarda come fosse un'opera d'arte*
Io: "Ok, ma senza esagerare"
*Hannibal bacia l'angolo della sua bocca*
Inserite emoticon di no words XD
 
AHAH lo so che lo scritto io ma sono i personaggi a scegliere XD
 
 C'è tanto Bach in questo capitolo e mi ha ispirato parecchio, soprattutto la scena dove Hannibal e Will suonano il clavicembalo assieme <3 <3
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


"But your silver skin soothes my aching curses and
Reminds me
That you’re worth it
Won’t distract me
From the deathwish
Are we pretending? ’cause I like pretending"
-IAMX:Pretending
 
Gli alberi del parco di Tuileries vicino Parigi, ondeggiavano al vento con movenze sinuose e delicate, i suoi passi scorrevano lenti in quel parco; e lo sguardo colorato d'azzurro come il cielo, era disperso davanti a sé.
La ruota panoramica sbucava sopra le teste di verdi abeti e pini, e lo osservava mentre i suoi piedi, percorrevano il sentiero fatto da foglie volanti e passanti distratti dalle loro vite. Improvvisamente nei tipici rumori della natura, sentì un suono, un brano... le variazioni di Goldberg intorno a lui, lo stesso che nel giradischi Will aveva ascoltando poche ore prima. Era l'unico suono che potesse accompagnare i suoi pensieri tormentati e afflitti e di nuovo si presentò, accompagnandolo e guidando i suoi passi.
Avrebbe voluto poter controllare le sue emozioni, incanalare quella rabbia che sentiva in indifferenza ma anche dopo una settimana, gli era impossibile farlo. Hannibal non gli aveva parlato e nemmeno aveva tentato di avvicinarsi a lui, e il loro sguardo si era incontrato soffermandosi l'uno sull'altro, soltanto quando Simon era venuto all'università, per sgridarlo di essere andato "in vacanza" senza avvertirlo.
A Will non importò quella sfuriata, l'aveva prevista ed a parte il solito disagio che sentiva alla presenza del patrigno, non provò null'altro finché non vide Hannibal; sapeva che aveva sentito il suo disagio e che sarebbe intervenuto. Se non fosse che quella discussione durò poco, e Will gli diede anche ragione piuttosto di non farlo voltare verso Hannibal, ma poi il nulla... e odiava sentire quella sensazione di vuoto dentro di lui.
Era come se fosse una statua senza più il suo solido piedistallo: perso, in bilico e pronto a frantumarsi, e tutto per una scena, un attimo che aveva spezzato ogni cosa.
Era difficile non visualizzarsi ciò che nelle notti, incombeva quell'immagine su di lui come un quadro intriso di rabbia e incredulità, perché nonostante tutto Will era ancora esterrefatto da che cosa aveva visto. Aveva sospettato dei sentimenti tra Hannibal e Lady Murasaki, ma vederli realizzarsi era stato troppo; non resse nemmeno tutta la scena, e non seppe come andò a finire tra i due ma gli bastò ciò che vide.
 
Si era svegliato in un ennesimo sogno dalle tinte calde, con protagonisti lui e Hannibal:  vedeva e sentiva i suoi occhi, quelle mani che lo creavano e toccavano come faceva con qualche suo disegno, e quelle labbra morbide e perfette che sfioravano le sue. Madido di sudore e con i boxer un po' troppo stretti, aveva deciso di alzarsi e camminare un po' distraendosi da quei pensieri, che lussuriosi accompagnavano qualche sua notte.
Era buio e i passi di Will erano cauti, soltanto la luce della luna illuminava il pavimento in riflessi d'argento, e li seguì come fossero i suoi fari nella notte; ma fu lì che improvvisamente una luce di una lampada aveva attirato la sua attenzione. In punta di piedi e respirando piano, si era così avvicinato alla fonte di luce che lo condusse in sala. Fuori nel grande balcone due figure vicine una in vestaglia chiara e l'altra scura, davano le spalle all'ingresso voltati verso il cielo, parlavano fittamente e Will sentì nuovamente quel pizzico fastidioso allo stomaco, nel vedere Hannibal e Lady Murasaki così vicini. I suoi occhi chiari ricaddero con il fuoco della gelosia, sulla mano delicata della donna sopra quella di Hannibal e se ciò non fu abbastanza, qualcos'altro spezzò le sue speranze di desideri e sentimenti nel riguardi dell'altro ragazzo.
Come i loro sguardi si incontrarono e si avvicinarono contemporaneamente, e come le loro fronti successivamente si toccarono, lei aveva lo sguardo reticente ancora in dubbio, ma lui aveva le mani a circondarle il volto. Quello fu il colpo più duro che Hannibal potesse dargli: la menzogna fu rivelata, e il legame tra loro due fu spaccato in quell'istante.
Will non aspettò oltre, non rimase a guardare quel bacio che non accadde e quel momento che un'altro significato aveva di ciò che lui pensò, semplicemente si voltò e si distanziò il più velocemente possibile da quella scena. Mentre camminava di nuovo verso la sua stanza, il pavimento fu freddo sotto i suoi piedi e i suoi occhi luccicarono al buio.
 
Delusione cocente e rabbia lo dominarono quel giorno, ma di quella scena ciò che lo ferì di più, fu il fatto che sapeva che c'era qualcosa tra lui e Hannibal! Anche se sembrava dimenticato... l'aveva sentito!
Quando le loro mani si erano toccate mentre pescavano, che Hannibal non si fosse sottratto subito da quel tocco, oppure i loro sguardi con cui potevano comunicarsi tutto senza dirsi una parola. E il fatto che quando si era addormentato sul divano ascoltandolo suonare proprio una melodia di Bach, aveva sentito Hannibal osservarlo; e la mattina si era ritrovato nel suo letto, conscio di non esserci giunto da solo.
Eppure sembrava una misera seconda scelta, alla donna che davvero Hannibal voleva e che non poteva avere...avrebbe voluto odiarlo, invece di sentirsi così inerme e solo. Voleva che quella rabbia fosse la conducente alla futura indifferenza, ma sapeva che nient'altro era che risentimento e gelosia, mischiati in lui in colori tetri e nebbiosi.
Hannibal sembrava aver giocato con lui, e si chiese se il loro legame non fosse nient'altro che questo: un esperimento, un teatrino allestito per essere guardato da lui e nulla di più...ma perché?  Chi aveva visto e conosciuto davvero? Il vero Hannibal, o soltanto dei lati di lui?
Troppe domande aleggiavano nella sua mente, ed a nessuna di loro riusciva a trovare una risposta soddisfacente, e solo un fatto fu chiaro per Will, che Hannibal avesse giocato... e questo lo faceva infuriare.
La pioggia cominciò a ticchettare e alcune gocce bagnarono il volto del ragazzo che preso com'era dai pensieri, nemmeno se ne accorse e continuò a camminare rimuginando. Era talmente "fumante" di rabbia che lui stesso avrebbe potuto produrre una tempesta: con fulmini, saette, e lacrime amare, dal frastuono che sentiva dentro il suo petto.
Da un lato però sapeva che il legame che c'era tra loro era autentico, e che si era creato a discapito di come fosse partito, e dal vero scopo da parte di Hannibal...era reale.
All'improvviso gli parve di fluttuare su quel terreno dal sentiero fattosi più scuro, il mondo attorno a sé correva, le persone evitavano l'acqua saltellando per il sentiero alla ricerca di qualche riparo, a differenza sua che tutta la prendeva.  Sfiorò le onde dei suoi pensieri con i suoi passi e lo sguardo vacuo, disperso in sé stesso e nelle gocce di pioggia che sostituivano le lacrime che altrimenti dalla rabbia, avrebbe potuto versare.
Percorse altri chilometri fermandosi solo quando vide l'ingresso dell'università, la musica di Bach non si tolse come se avesse un apparecchio per sentirla. Non si guardò intorno, tutto era sfocato nella sua mente, ed entrò nella facoltà dirigendosi alla sua stanza. Non si accorse di nulla finché alzando lo sguardo, incontrò degli occhi ambrati fissarlo, del ragazzo appoggiato alla porta della sua camera.
Quindi è questo il momento in cui parleremo di nuovo.
Will avrebbe dovuto respingerlo, forse ignorarlo, ed entrare nella sua camera non accettando quella evidente proposta di conversazione dell'altro; ma non fece nulla di tutto ciò. Poteva sentire il suo cuore pompare forte, ma non diede segno di provare emozioni.
«Ciao Will, posso entrare?»
Invidiò la sua compostezza eppure, vide un riflesso d'emozione nei suoi occhi e deglutii maledicendo il suo tremore soltanto nel vederlo. Annuì distrattamente facendo sì che Hannibal lo seguisse in camera sua, e fu stupito Will di vedere l'altro dirigersi in bagno, prendere un asciugamano bianco e passarglierlo. Decise di accontentarlo asciugandosi un po' i capelli, anche perché solo lì si rese conto di essere totalmente bagnato, per poi gettarlo da qualche parte a terra.
Si appoggiò alla parete e lo osservò attese qualche secondo e poi iniziò lui il dialogo, non sarebbe stato zitto, non avrebbe contato su parole silenziose; questa volta avrebbe dato voce alla sua rabbia, perché era diverso dal Will di qualche mese fa.
«Non dirmi che non hai ancora capito perché me ne sono andato.»
Non poté far a meno di stuzzicarlo mentre l'altro girava la stava, decidendo di fermarsi davanti a lui solo dopo qualche secondo.
«L'ho fatto, ma non ho capito in che momento sia successo.»
«Bastava vedervi insieme, Hannibal.» non poté evitare il tono di stizza nella sua risposta, e di certo non gli avrebbe dato la soddisfazione di ricordargli quell'orrenda scena sul balcone; la rabbia avvolse di nuovo il suo corpo.
Hannibal lo guardò e si sentì risucchiato da quegli occhi indagatori e belli, gli provocarono una forte emozione tanto che dovette abbassare lo sguardo.
«Tra me e Lady Murasaki non c'è stato nulla se non qualcosa di platonico, se qualcosa si può definire. Quella porta è chiusa.»
Will incrociò le braccia sul petto e si morse le labbra.
«Non mi interessa, non mi può importare più nulla.» alzò gli occhi solo in quell'istante nei suoi, e si stupì di vedere della tristezza in quelli di Hannibal; e non stava fingendo per manipolarlo, anche se il pensiero attraversò la sua mente.
«Che cosa vuoi?»
Freddo. Distaccato. Era così che voleva essere.
«Noi, di nuovo.»
Ma la barriera che si era creato, cominciò a tremare a poche semplici parole di Hannibal, poiché il suo cuore sussultò al tono pieno con cui gli rispose.
Non gli stava parlando d'amico...tutto quel dialogo non era tra due amici che avevano litigato, oh no.
«Non c'è mai stato nessun noi.»
Hannibal a quel punto si avvicinò a lui senza togliere lo sguardo dal suo, e l'aria diventò improvvisamente più calda e densa.
«Capisco la tua rabbia, ma negare l'evidenza è mentire, e non è cortese.»
Will sorrise irritato.
«È curioso che sia proprio tu a dirlo, non pensi? Sei stato tu a manovrare, e spostare le persone a tuoi piacimento. A mettere il tuo spettacolino in mostra per vedere che cosa sarebbe successo.»
A quel punto Hannibal gli si avvicinò ancora di più, e Will si trovò ad appiattirsi contro il muro, avrebbe potuto comunque distanziarsi poiché l'altro gli aveva lasciato un respiro di spazio personale.
«Tu sei come me Will, e ti ho trovato interessante sin da subito.»
Gli sussurrò praticamente la frase sul viso e Will, concentrò il suo sguardo un po' troppo nelle labbra perfette dell'altro, riflettendo sulle sue parole.
Gli stava dicendo che non era come gli altri, persone inermi e imprigionate dai fili del destino da loro scelti, ma come poteva credere che non avesse giocato con lui?
La manipolazione regnava sovrana in Hannibal, probabilmente la stava attuando ancora eppure...Will non sentiva solo questo, bravo anche lui oramai nella persuasione. Oltretutto poteva lui come Icaro, resistere al sole? Non riusciva a distogliere lo sguardo nemmeno dalla sue labbra carnose, né ad ignorare ciò che il sentimento gli faceva sentire: ne era abbagliato contro la ragione e la rabbia.
«Io non so più chi sei davvero, ho visto di te solo ciò che tu volevi che vedessi Hannibal, nient'altro.»
Cercò di mantenerlo distante, tenendo un tono composto mentre l'altro fece scorrere lo sguardo come fosse oro incandescente, sul suo volto e ad ogni angolo che toccava, Will sentiva il suo viso sempre più caldo.
«Eppure tu sei l'unico a vedere davvero chi sono, siamo uguali e siamo legati Will, oltre ogni ragione. Tu hai visto quasi ogni sfumatura di me, più di chiunque altro.»
Will lo guardò negli occhi e decise che quell'intimità e vicinanza erano durati abbastanza, cosicché si allontanò.
«Non ti credo, non posso avere ancora fiducia in te.»
«Lo farai, sono qui anche per questo...per rimediare.»
Will si sedette sul letto e si passò una mano sul volto, stanco e confuso per poi guardarlo e attendere che continuasse.
«Ti voglio al mio fianco nel compimento della mia vendetta, tu che la comprendi così bene. Vorrei che venissi con me in Lituania, domani c'è un treno che parte alle 10 del mattino, insieme prenderemo quello che ho visto grazie al siero, e potrò riconoscerli: le piastrine con i loro nomi. Vorrei che tu venissi con me, vuoi?»
«Perché non lo chiedi a Lady Musaraki?»
«Lo sto chiedendo a te.»
Will socchiuse le labbra ma nessun suono fuoriuscì, poiché rimase sorpreso dalla sincerità che vide in quella risposta, e soprattutto dal dubbio che vide nel suo volto.
Non è sicuro.
Will sentì improvvisamente di avere influenza sull'altro, come Hannibal l'aveva su di lui: entrambi si divoravano l'un l'altro, ma non potevano resistere distanti.
Non lo aveva mai visto rodersi nel dubbio e nell'incertezza, e per qualche secondo rimase semplicemente ad osservarlo con sguardo curioso per poi riflettere su cosa gli disse. Non stava mentendo sul loro legame e nemmeno sull'importanza che aveva per lui, e non si stava nascondendo; non lo stava trattando come la ruota di scorta, perché non l'avevo chiesto prima a lei. Hannibal voleva che vedesse anche il lato probabilmente più pericoloso del suo essere e lo desiderava al suo fianco, che fossero insieme. Eppure tutto ciò aveva un sapore strano, amaro come dell'acciaio in bocca, poiché pensieri di sfiducia si mischiavano con quelli di onore di essere stato scelto.
«Cosa ti fa credere che se condivideremo qualcosa del genere, il nostro rapporto migliorerà? E perché dovrei venire con te, dopo tutto questo?»
Hannibal abbassò lo sguardo e quando lo rialzò, c'era della determinazione nelle sue pupille, non la mascherò come non fece con la tristezza poco prima.
«Confido nella tua empatia Will, e so che capirai non ho mai voluto ferirti ma piuttosto, volevo vederti evolvere: così è successo e sta succedendo.»
«Mi stai dicendo che non hai mai giocato con me, davvero?»
«Non su quello che pensi, ero curioso di ciò che saresti diventato se ti fossi accettato, e tu stai cambiando... sei già cambiato, come lo sono anche io.»
Will non poté trattenere una risatina nevosa.
«Lo sono, e immagino che dovrei ringraziarti.»
«Se davvero vuoi ripagarmi vieni con me, condividi e senti quest'esperienza insieme a me.»
«Ci penserò.»
Avrebbe voluto risultare sicuro ma tremò la sua voce, così Will sospirò portando lo sguardo alla finestra puntellata di gocce di pioggia. Il paesaggio era sfocato distante, e confuso come si sentiva lui.
Non sapeva più quello che davvero voleva.
«Non possiamo più tornare come prima.» lo sussurrò in tono cupo, cacciando indietro delle lacrime che pizzicarono i suoi occhi. Sentì d'improvviso una mano poggiarsi sulla sua spalla.
«Si dice che un vaso rotto se viene riparato con l'oro, può assumere nuova bellezza perché saldato con venature forti e splendide. Tu e io possiamo completare questo cambiamento ed evoluzione, insieme.»
Will non lo guardò né rispose e socchiuse gli occhi a quel tocco, rimasero un po' così in silenzio con il ticchettio della pioggia come sfondo al posto delle parole, prima che Hannibal togliesse la mano dalla sua spalla.
«Aspetterò la tua risposta domattina, sappi che ho già organizzato anche per te con l'università.» e dicendo questo uscì dalla stanza, lasciando Will divagare nei pensieri.
 
Aveva ipotizzato che Hannibal l'avrebbe avuta vinta, ma la conferma arrivò quando si trovò in un treno sporco e angusto, ad osservare tini e pini ai lati del binario presenti in Lituania. Si rese conto che non avrebbe potuto perdonare se stesso se Hannibal fosse andato da solo a rivivere un trauma del suo passato, poiché il luogo in cui erano diretti, la cascina dei Lecter in mezzo al bosco, fu dov'era avvenuto lo sterminio della sua famiglia.
Sostarono per un po' sino alla fermata del pullman in silenzio, Will lo guardò di tanto in tanto per scorgere qualche emozione in lui, ma si era nascosto in quel momento.
Ci vollero tre ore prima che potessero raggiungere il posto, e qualche altro minuto di camminata tra le erbacce, prima di poter vedere il casino da caccia. Era circondato dal bosco e alberi folti, isolato e dall'aria caduta, era a pezzi  e abbandonato, e Will sentì un senso di malessere avvolgerlo. Hannibal si fermò a fissare l'edificio vicino a lui in procinto di un ricordo, non mostrò nulla ma Will poté sentire sulla sua pelle che qualcosa lo toccò.
«Incombe proprio come nei miei sogni.» disse soltanto prima di avvicinarsi al casino mezzo bruciato. Alcune parti di muro più spesse ancora reggevano, ma l'entrata come da programma, era chiusa da varie macerie.
Davanti ad esso c'era uno Stuka che Will riconobbe dal racconto di Hannibal, come quello piombato sul casino fiammeggiando l'edificio e uccidendo i Lecter e il loro inserviente all'interno; dovette strizzare gli occhi per togliersi l'immagine delle grida che sentì distintamente riempire l'aria.
Guardò Hannibal ma lui era lontano con il voltò all'insù a guardare il sole che ora, faceva capolino sul terreno...poi improvvisamente si mosse, e prese la fune dallo zaino che si era portato per avvolgerla intorno alle macerie, Will lo raggiunse all'istante aiutandolo.
Ci volle qualche minuto e sforzo prima che l'ingresso fu liberato, e quando avvenne ci fu un grande tonfo dall'interno e della fuliggine nera uscì dalle finestre bucate. Entrambi presero a tossire ma non si fermarono, Hannibal con la torcia in mano fece strada nella stanza mezza carbonizzata , c'erano delle scritte in russo sui muri ed un silenzio inquietante. Alcuni animaletti passarono squittendo e strisciando, dando l'idea dell'abbandono totale di quel posto.
Will guardò ancora Hannibal ma non vide nessuna particolare emozione nel suo volto, lo seguì in silenzio mentre l'altro girava la stanza finché non raggiunse una botola. A quel punto si fermò a pochi metri da essa e l'aprì senza grande sforzo, la botola cigolò producendo l'unico rumore nel silenzio, e Hannibal cominciò ad estrarre vari materiali. Alcuni di mobilio rotti, cuscini bruciati e aggeggi culinari distrutti, e Will gli dava una mano poggiando a terra ciò che gli passava, tirò d'improvviso fuori una testa di cinghiale e si fermò, la scosse e del tintinnio venne dall'interno.
«Che cos'è?»
Hannibal non rispose ma piuttosto tirò la testa del cinghiale facendo scattare un meccanismo, per poi abbassare il naso da dove uscirono dei gioielli femminili.
«Mia madre me li fece nascondere qui.» glieli passò senza troppo peso e ricominciò a scavare; Will invece si disperse in quelle perle che formavano bracciali, spille, e collane luccicanti, riflettendo la delicatezza della madre di Hannibal. C'era anche un segno della sua stirpe, poiché un piccolo stemma spuntava in mezzo ai gioielli con l'incisione dei Lecter, Will alzò lo sguardo per chiedergli di quello stemma ma non riuscì. Hannibal si alzò di scatto, talmente scosso che dovette poggiare la fronte ad un angolo di un muro ancora in piedi, e Will sbatté le palpebre alla sua reazione poi guardò in basso con apprensione nel petto, vide una vasca di rame piena di viti, c'era qualcosa all'interno. Ricordò che lì era dove Mischa era stata cucinata, e deglutii togliendo lo sguardo come se quella vasca bruciasse ancora sul fuoco, sentì dell'orrore avvolgerlo in brividi freddi e gli girò la testa. Non si voltò verso Hannibal, non disse nulla, cercando di riprendersi e lasciando tempo all'altro di fare lo stesso; poiché qualche parola avrebbe potuto mai confortarlo?  Volse lo sguardo altrove in profondo silenzio.
Quando improvvisamente un rumore gli fece rizzare le orecchie, lo sentì distintamente nel silenzio come se qualcosa si fosse mosso al di fuori, così subito si alzò e si avvicinò alla finestra. Diede un'occhiata fuori ma non vide nulla se non alberi e silenzio, si voltò verso Hannibal ma sembrava che non avesse udito nulla, per precauzione però decise di andare a controllare. Così dopo aver poggiato una mano sulla spalla di Hannibal, prese una tegola per difendersi in caso fosse servito, e uscì fuori quatto e silenzioso.
Prima che si inoltrasse nel bosco, sentì Hannibal che riprese a scavare e di nuovo il rumore attirò la sua attenzione, sta volta fu perfettamente riconoscibile come qualcuno che si stava muovendo nel bosco.
Sentì un nitrito e vide più lontano un cavallo, e più avanti un uomo: grosso e con sguardo dalle malevoli intenzioni, con in mano un manganello pronto per Hannibal. Ogni tanto si guardava attorno probabilmente alla sua ricerca, ma Will fu rapito e si celò bene tra il fogliame del bosco; lo seguì finché non fu abbastanza vicino al ragazzo. Hannibal dalla sua ricerca, aveva trovato uno scheletro con in mano una borsa da cui aveva estratto le famose piastrine per le quali erano venuti, e si accorse dell'uomo. Non fece in tempo a fare altro, che Will lo colpì in un punto strategico alla spina dorsale, e l'uomo cadde con un mugugno a terra, dove rimase immobile.
Hannibal  guardò Will non dicendo nulla, ma fu chiaro il riflesso di ringraziamento nei suoi occhi.
 
Will aveva portato il cavallo vicino a loro, in caso sarebbe stato utile, e legato l'uomo ad un albero, visto che Hannibal era rientrato nel casino e poco dopo ne uscito con la vasca di rame. Aveva tolto qualche vite e poi chiudendo gli occhi, volse lo sguardo altrove, il suo dolore era come qualcosa che trapassava la pelle di Will, che si era ritrovato con le lacrime agli occhi anch'esso e non aveva osato dire una parola. Era piuttosto rimasto vicino all'uomo che dalla carta di identità estratta dal portafoglio, si chiamava Dortlich. Di tanto in tanto osservava Hannibal mentre l'altro passò minuti interi, nei quali cercava di respirare per sopportare le lame che attraversavano il suo corpo con dolore e ricordi, ed era straziante vederlo in quello stato.
Più di una volta Will avrebbe voluto raggiungerlo e abbracciarlo, ma sentiva che non era quello che Hannibal voleva al momento.
Improvvisamente prese a scavare una fosse su una piccola collinetta a Est, una tomba per Mischa. Prese una spilla dai gioielli di sua madre e la mise come dono a lei, poi coprì il tutto. Will non si avvicinò finché lo vide sussurrarle qualcosa, rispettò il suo cordoglio e solo quando gli occhi di Hannibal lucidi si posarono nei suoi, ebbe il coraggio di farlo.
C'era una piccola croce che spiccava sul terreno e Will rimase con lo sguardo vacuo, in riflessione per qualche minuto, allungò poi una mano verso quella croce in legno e la toccò.
«Ciao Mischa.»
Sentì lo sguardo di Hannibal su di sé ma non ebbe il coraggio di incontrare i suoi occhi, così dopo qualche minuto di silenzio, si avvicinarono all'uomo. Ma prima che fossero da lui, il volto di Hannibal si illuminò alla vista del cavallo al quale si avvicinò con affetto. L'animale sbuffò alle braccia del ragazzo intorno al suo collo, mostrando di riconoscerlo.
«Questo è Cesar! Era il cavallo della mia famiglia, vedi la macchia bianca qui sul capo? La riconoscerei tra mille, e poi soltanto uno di loro poteva averlo preso.» glielo disse in tono solenne e Will sorrise, avvicinandosi d'impatto all'animale e carezzandogli il muso.
Hannibal intanto si distanziò e lo osservò a come il suo sguardo mutò, prendendo tinte pericolose e nella vendicative, prima di inginocchiarsi verso Dortlich però si avvicinò allo zaino dell'uomo poggiato a pochi metri da lui. Lo esplorò trovando le chiavi dell'auto, una mela e un panino oleoso, il suo interesse però fu catturato dalla carta di identità a terra, e un sorrisetto colorò le sue labbra.
«Guarda un po'.» gli disse mentre Will si stava avvicinando, sollevando le piastrine in alto dove c'erano vari nomi: Zigmas Milko, Bronys Grentz, Petras Kolnas, Vladis Grutas ma lui poté ben notarne uno: Petras Dortlich.
L'uomo a quel punto si svegliò e con occhi sgranati, guardò entrambi.
Will rimase immobile e fu Hannibal a farsi più vicino: era la sua esibizione e lui voleva essere lo spettatore.
«Herr Dortlich, a nome mio personale e della mia ex famiglia, voglio ringraziarti per essere venuto fin qui oggi. Per noi e per me in particolare, la tua presenza significa molto.»
Hannibal si inginocchio avvicinando il volto minaccioso al suo.
«Sono felice di aver questa opportunità, di parlare seriamente con te del fatto che vi siete mangiati mia sorella.» il suo tono si fece pericoloso e basso, e l'uomo cominciò a tremare.
«Stai sbagliando, io sono della polizia.»
«Non è vero! Ho visto il tuo volto nei suoi disegni.» Will non poté trattenersi e l'uomo sbatté gli occhi, sempre più impaurito.
«Io...»
«E io mi ricordo la tua mano su di noi con quelle dita palmate, mentre ci tastavi per sentire chi era più grasso, te lo ricordi?»
«No!»
«Dimmi, avevi intenzione di mangiarci, oggi?»
Estrasse il contenuto del sandwich e il suo viso si disegnò di sdegno.
«Quanta maionese, Herr Dorlicht.»
Un piccolo sorriso colorò le labbra di Will, che lesse perfettamente il vero significato di quelle parole.
Lecter palpò le guance e le braccia dell'uomo mentre Will distante di qualche metro, osservava la scena come fosse un'opera macabra: Hannibal era freddo e determinato, con il riflesso del sole che tingeva i suoi occhi di un riflesso rosso, mentre la vittima sotto di lui si squagliava nella paura.
Adesso sai come ci si sente ad esserne inermi, sai come si è sentita quella bambina?
Provò piacere nel vedere quell'uomo così grosso diventare patetico, e con soddisfazione e ammirazione guardava il suo giustiziere dalla nera armatura.
«Sei in contatto con gli altri?»
«Morti. Sono tutti morti in guerra.»
Hannibal sorrise e Will conosceva la vera sostanza di quel sorriso, ma non provò un briciolo di pietà per il destino che Dortlich avrebbe dovuto affrontare.
Lo seguì con lo sguardo avvicinarsi a Cesar, il cavallo aveva un rotolo di corda sulla groppa, la stessa che avevano usato prima per spostare le macerie, e il ragazzo attaccò il capo libero ai rimandi della bardatura. Poi srotolò la corda e portò l'altro capo legato a formare un cappio, verso Dortlich, più si avvicinava, più l'uomo tremava e si dimenava.
Rivolse gli occhi sgranati verso Will.
«Ascoltami, a te non ho fatto nulla...liberami, sono un agente, per Dio!»
Il ragazzo gli rivolse appena l'attenzione, piuttosto concentrato a guardare Hannibal cospargere di maionese la corda.
«Tu che diavolo ci fai qui?» urlò continuando a fissare Will, quest'ultimo alzò le spalle.
«Io sono uno spettatore.»
«Che diami...» l'uomo si bloccò poiché Hannibal gli aveva messo il cappio intorno al collo, e con un ghigno cosparse anch'egli con della maionese.
Dorlich cercò di divincolarsi e urlò.
«Uno è rimasto vivo! In Canada...Greentz...Guarda la piastrina, potrei testimoniare.»
«Su cosa, Herr Dortlich?»
«Su quello che hai detto, non è vero ma giurerò che l'ho visto.»
Hannibal lo ignorò piuttosto avvicinandosi al cavallo.
«Adesso canta. Canteremo per Mischa, Herr Dortlich. Tu conosci questa canzone, a Mischa piaceva.»
Fece voltare Cesar in modo che desse la groppa a Dortlich e gli sussurrò qualcosa, Will osservò il paradosso della tenerezza che mostrava verso l'animale, e la bestia che stava vedendo all'opera contro quello sciacallo.
Un altro essere umano sarebbe stato spaventato a quel punto vedendo le sue chiare intenzioni ,che non erano più idee da sussurrate in buie camere da letto, un'altra persona sarebbe scappata. Ma Will non era comune e forse nemmeno umano visto che provò ben altre sensazioni, cominciò a sentirsi impaziente di vedere quell'uomo annegare nelle sue colpe e affondare come un masso nel mare.
Non si spaventò nemmeno di ciò che sentiva, semplicemente assorbì tutto.
In quel momento incontrò gli occhi di Hannibal, non provava del piacere in quello che stava facendo, ma Will sentì chiaramente la soddisfazione, e avvertì le fiamme della vendetta divampare nei suoi occhi; un fuoco che infiammò il suo stomaco, facendolo contorcere.
Hannibal cominciò a cantare in tedesco una canzone per bambini, e l'uomo lo seguì stonato, ma quando la corda si alzò dal terreno, urlò un'altro nome.
«Porvick! Il suo nome è Porvik! Lo chiamavano il Guardiapentola, perché era il cuoco. È rimasto ucciso nel casino di caccia, dove hai trovato le piastrine.»
Hannibal tornò indentro e controllò le piastrine.
«Milko?»
«Non lo so. Non lo so, lo giuro.»
«E adesso veniamo a Grutas.»
Will rabbrividì a sentire quel nome, non seppe perché ma fu una sensazione spiacevole che lo avvolse: vari volti dei disegni di Hannibal scorrevano davanti ai suoi occhi, e gli parve di vedere il proprietario di quel nome guardarlo con severi occhi dal colore dell'abisso.
«Non lo so. Lasciatemi andare e testimonierò contro Grentz. È in Canada.»
Guardò di nuovo Will in una vana speranza che l'altro lo stesse ascoltando, visto che Hannibal prese di nuovo a cantare.
«Un'altro brano, Herr Dortlich.»
Condusse avanti il cavallo, la corda quasi tesa, e Will osservò la scena come in una specie di estasi nel vederlo compiere la sua vendetta: la calma assorbita nell'orrore di ciò che stava facendo...e si rese conto di trovarlo persino eccitante.
Sentì il sangue pulsargli forte nelle vene, e dovette sospirare per tenere a bada tutte le sensazioni che lo stavano avvolgendo: più guardava Hannibal e il suo volto nella vera essenza della sua natura, e ascoltava la sua voce produrre un canto, più desiderava non staccare mai più gli occhi da quella visione. E vedere quella figura insulsa venire soffocata, gli faceva sentire il potere, poteva percepire come l'altro si sentisse un Dio nel compiere la sua impresa, e lui ne assorbì il riflesso.
Un giovane Dio nero di qualche antico rituale pagano, che compiva la sua vendetta. Vide perfino la sua forma cambiare, mutare, e divenire una specie di creatura simile ad un cervo, ma più sinistra: aveva le corna lunghe e nere e il corpo esile ed alto, la stessa creatura che Hannibal gli aveva descritto nella sua stanza quando si confidò con lui, era lui stesso nell'ombra.
Arrivò il grido strozzato di Dorlitch.
«Kolnas! Kolnas è in contatto con lui.»
Hannibal fermò il cavallo e si avvicinò.
«Dov'è Kolnas?»
«A Fontainebleau, vicino a Fontainebleau, in Francia. Ha un bar. Gli lascio lì dei messaggi, è l'unico modo per contattarlo.»
Dortlich era privo di speranze e con gli occhi rossi per lo sforzo, lo guardò in un'ultima supplica disperata.
«Giuro su Dio che era morta. Era morta in ogni caso, lo giuro.»
Will inspirò mentre sentì la rabbia salirgli in corpo, Hannibal invece lo guadava fermo e pronto a dirigersi al cavallo, ma fu Will a precederlo avvicinandosi a Cesar e tirandolo in avanti; Hannibal lo lasciò fare, rivolgendogli un veloce sorriso. La corda si tese sempre di più, Dortlich dietro di lui produceva dei versi incoerenti e sentì Hannibal continuare la canzone, mentre un ultimo grido si spezzava nella sua gola.
«Das da steht im Walde allein,
Mit dem purporroten Mantelein.»
Will si voltò e uno schizzo d'arteria finì dritto in faccia di Hannibal, mentre la testa di Dortlich rotolava per circa sei metri e li giacque.
Ci fu del silenzio e per qualche momento nessuno si mosse, immobili nel delitto, poi gli occhi di Will si posarono sullo schizzo della vendetta di Hannibal che come una linea rossa, solcava il suo viso gocciolando nel colletto della sua camicia. Rimase ipnotizzato seguendo quelle gocce, e immaginò il ticchettio se fossero cadute in delle piastrelle bianche, macchiandole e riempiendole della sua essenza, pensò a come sarebbero state vive nel palmo della sua mano.
Si era contaminato ad aver partecipato a quell'omicidio, provandone tutt'altro che rimorso o disgusto, ma piuttosto un senso di soddisfazione e si sentì vivo per davvero dopo tanto tempo. Prendere la vita di quell'essere disgustoso, che ne aveva stroncato un'altra innocente e rovinato anche un'altro bambino per sempre, gli aveva trasmesso potere: un immensa sensazione di poter fare quello che voleva.
La bestia era sveglia, l'oscuro autista del suo essere sussurrava nella sua mente.
E nessun senso di colpa lo scalfì, poiché era già disperso nelle pupille ambrate di Hannibal che lo osservavano: attente e accese dai raggi del sole che le rendevano rosse e pericolose. Non disse una parola ma era chiaro che cosa volesse dirgli "mi sto mostrando a te, e tu puoi vedermi. Non mi sto nascondendo."
Will sentì chiaramente quelle parole nella sua mente, e non riusciva a spostare lo sguardo dalla figura più attraente che avesse mai visto, una creatura che tesseva i fili di morte o vita di ogni individuo.
E desiderò esserne imprigionato, stretto sino a non potersi mai più muovere, soffocare soltanto per poter respirare con lui...la sua volontà si arrese in piccoli pezzetti di sé e di ciò che era stato, non poteva più fuggire né rinnegare quello che provava in sua presenza.
La rabbia, la delusione e i rimasugli di essa, svanivano nei passi lenti che Hannibal stava facendo verso di lui, non avevano tolto per un secondo il contatto visivo e il ragazzo non sentì più niente; persino il suo respiro pareva catturato da quel momento.
Deglutì quando Hannibal si fermò a pochi centimetri da lui, lo guardava con il volto leggermente inclinato di lato, e Will socchiuse le labbra rendendosi conto di aver il respiro pesante.
Desideri parlavano nella sua pelle sotto forma di brividi, e allungò una mano mossa da volontà autonoma verso il suo viso, voleva sentire e assorbire appieno quel momento e quel sangue dal colore più vivo che avesse mai visto.
Ma Hannibal fermò la sua mano, la osservò e decise di donare dei piccoli baci sulle sue nocche, gli occhi di Will s inumidirono istantaneamente. Poi quando lo lasciò pulì da sé le gocce di sangue continuando a guardarlo, e donandogli dei piacevoli sussulti nell'essere; per poi portare le dita macchiate di vendetta sulla sua guancia in un tocco leggero, una carezza di sangue.
Will sospirò di un piacere sconosciuto, un desiderio tanto vivido vibrare nel suo corpo: voleva leccare quel sangue, assaporare la creatura davanti a lui, e assorbire quell'istante... pensieri di passione cocente, erano contornati da brividi di quella vendetta che aveva così apprezzato.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa Hannibal desiderasse in quel momento, ne era conscio, come lo era del fatto che se l'altro non avesse fatto nulla, gli sarebbe saltato addosso. Avrebbe strappando dai loro vestiti e animi, ogni concetto di moralità o raziocino, il sangue pulsava forte e la testa gli girava, lo sguardo di Hannibal era su di lui, in ogni centimetro del suo volto, ascoltando ogni battito dei suoi respiri.
Improvvisamente le sue dita insanguinate si poggiarono sulle labbra di Will soffermandosi su quello inferiore, lo carezzo e macchiò di sangue che inebriò il ragazzo, e una luce di malizia si accese nei suoi occhi ambrati.
Fece esattamente cosa l'altro voleva, aprì la bocca e presto il gusto metallico del sangue raggiunse il suo palato, succhiò senza togliere gli occhi dai suoi mentre Hannibal intrecciava le dita dell'altra mano nei suoi ricci. Ad un certo punto Will, spinto dall'impulso di quel contatto così intimo e così caldo, morse le sue dita ed Hannibal strinse i suoi capelli con un certo impeto.
E continuò quel momento di inebriante intimità dal gusto del sangue e del desiderio per vari minuti finché Hannibal tolse le dita dalla sua bocca, e qui le portò alla sua assaggiandone il gusto. Will lo guardò con gli occhi luccicanti d'eccitazione, estasi e desiderio, seguì la curva della sua bocca e il suo movimento, mordendosi le labbra e sospirando.
«Hannibal.» non ebbe controllo del suo tono, che uscì con il più ardito dei desideri.
«Will.» ebbe un suono diverso il suo nome sulle sue labbra, ipnotico e suadente.
C'era dell'appartenenza: a come pronunciarono i loro nomi, e come si guardarono l'un l'altro, e nessun rumore più si udì se non il respiro di Hannibal, quello di Will e il gusto del sangue che appagava entrambi.
 
 
Quando ebbero ripreso controllo dei sensi, si avvicinarono agli effetti personali di Dortlich, ed Hannibal accese il fuoco per eliminare ogni prova, bruciò tutto tranne la mela che tenne sul terreno, e insieme condivisero anche quel momento, nelle fiamme Will poté vedere la loro evoluzione.
Nel mentre che i loro occhi si incontrarono, non vi fu scritto imbarazzo né ripensamento, accettavano tutto quello che avevano condiviso. Will disperso nell'oro dei suoi occhi dove brillavano le fiamme ardenti del fuoco, pensò che nessuna esperienza sessuale da lui vissuta, poteva essere paragonabile a ciò che provò in quel momento; all'intimità che condivisero insieme, senza nemmeno toccarsi.
Finito con Dortlich, Hannibal si dedicò al suo cavallo e prese la mela da terra che diede a Cesar, gli tolse i filamenti e lo condusse in un sentiero; lo  abbracciò per collo e gli diede una pacca sulla groppa.
«Vai a casa Cesar, a casa.»
Poi guardò Will e gli sorrise.
«Quel sentiero conduce al castello Lecter.»
 
Il paesaggio dal treno veniva visto a sprazzi dal suo sguardo stanco, la spossatezza aveva preso possesso di Will nel viaggio di ritorno, ed a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti. Hannibal di fianco a lui era rilassato, e con gli occhi socchiusi era disperso in qualche pensiero.
Will poggiò la testa sul sedile del treno e lo guardò, e solo quando l'altro gli restituì lo sguardo, parlò.
«Partecipare a ciò che hai fatto, mi ha fatto capire qualcosa di me...»
«Uccidere le persone cattive, ti fa sentire bene.» Hannibal lo interrupe con la giusta intuizione, e Will si ritrovò ad annuire socchiudendo gli occhi.
Poco dopo fu tutto buio, avvolto dal caldo abbraccio del sonno, e forse il suo capo ricadde sulla spalla di Hannibal, ma lui non se ne accorse. Continuò a dormire abbracciato dalla stessa tranquillità che toccava Hannibal, e gli parve perfino di sentire delle calde labbra sfiorare la sua fronte in un piccolo e dolce bacio.

Angolo Autrice: 
Ciao a tutti ^_^
Penso che il perché Will sia fuggito, è comprensibile vero :p? Forse è stato un po' impulsivo ma ho pensato alla giovane età e al carattere di Will, e così ecco qua anche se come ho scritto, Lady Murasaki e Hannibal non si sono baciati lì.
Rabbia a parte il sentimento che Will prova per Hannibal è più forte di tutto*.*
 
Qui abbiamo un pezzo di Murder Boyfriend eheh
Il pezzo del dialogo con Dortlich è preso quasi totalmente da Harris, ho dovuto per forza sennò non si capiva XD ma ho aggiunto parecchie cose mie.
La scena di intimità con il sangue ehm ehm, di solito non scrivo cose del genere XD ma ho pensato a Bryan e alle scene ambigue ma eleganti o ambigue e oscure, che ha messo nel telefilm, così ho voluto ricreare qualcosa di simile ^_^
A chi mi conosce non sconvolgetevi ahah
 
Mi scuso se è stato pubblicato prima ma ho spiegato i motivi, chiedo venia anche per eventuali errori in più essendo che è stato corretto più velocemente del solito.
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


"I'll introduce you to my demons
by their first names
so you can know them
as well as i do"
 --KC

Hannibal fissò il liquido riflettere l'ambiente circostante, e cambiarlo nella cascata del vino rosso che ruotava nella sua mano: il tappeto con ricami dorati che da rettangolare, prendeva una forma sinuosa e mobile, i muri bianchi e ampi che ballavano nel cremisi.
Gli piaceva vedere come l'ambiente mutasse soltanto perché lui guardava attraverso un bicchiere, mentre al di fuori le cicale producevano il loro suono.
Hannibal guardò la figura distorta dell'uomo che a pochi metri da lui, respirava piano, e attese nel totale silenzio dopo tutto il baccano della giornata.
Era stato piuttosto impegnato con Kolnas quella mattina (grazie all'informazione ricevuta nel precedente omicidio di Doltrich) e lo attese nel suo ristorante. Quando giunse dovette osservarlo mentre lui ipocritamente, entrava tutto "liccato" e vestito impeccabilmente per la chiesa, come fosse privo di peccati; con la sua famigliola perfetta riunita intorno a lui tra cui la sua bambina.  Hannibal l'aveva attirata al tavolo offrendole una ciliegina, e lì notò un bracciale a lui familiare, d'argento con incisioni delicate ricamate sopra; lo avrebbe riconosciuto sopra mille, era lo stesso appartenuto alla madre. Bracciale che era passato a Mischa poiché le piaceva tenerlo in mano e rotearlo, e vedere il fratello farle le bolle da esso quando faceva il bagno.
Se mai avesse avuto il dubbio (e non lo aveva) che l'uomo in questione fosse quello giusto, in quel momento sarebbe svanito.
Ebbe l'istinto di compiere tutto subito, ma non rispecchiava il suo piano e trattenne l'ira che lo prese nel vedere quel bracciale...così lo guardò andare via, e poco dopo lo seguì fino alla sua abitazione.
Era andato da solo perché Will aveva un esame, che lui aveva già fatto parecchie settimane fa, che lo tenne impegnato tutto il giorno, ma ci fu un'altra ragione per la quale non lo portò. Il piano che aveva attuato e che stava prendendo sempre più forma da quando aveva visto Kolnas, non gli sarebbe piaciuto; lo sapeva ma non voleva cedere a nessun compromesso nella sua vendetta.
E poi Will aveva partecipato già ad un'altro omicidio, anche se stavolta davvero soltanto come spettatore, quello di Milko. Lo stolto come Doltrich, era entrato nel laboratorio per beccare Hannibal che essendo il più in gamba studente di medicina, aveva l'accesso esclusivo. Di notte infatti, poteva studiare i corpi, la decomposizione, prepararne alcuni e così via, era lì che l'uomo l'aveva raggiunto ma con uno stratagemma ingegnoso, era stato Lecter a catturarlo.
Hannibal aveva avuto la conferma che gli sciacalli lo stavano cercando ma al contrario d'esser spaventato, ne fu oltremodo divertito, era incuriosito di cos'altro avrebbero fatto; oltretutto gli stavano rendendo il lavoro più semplice.
Si ricordava che mentre l'altro annegava nella tinozza piena di cadaveri, cercando inutilmente di fingere che fosse lì per offrirgli del denaro, far tacere tutta la faccenda e non piuttosto per ucciderlo senza nessun testimone, Will era entrato con affanno nel laboratorio; si era vestito di tutta fretta e aveva le scarpe ancora slacciate.
"L'ispettore Popil ti sta cercando, è venuto al dormitorio. Ora verrà qui."
Sebbene Hannibal apprezzò quell'atto di protezione del ragazzo, fu ancora più fiero quando vedendo il suo operato, lui si limitò a chinare la testa di lato e osservò Milko senza battere ciglio.
"Uno di loro, suppongo." disse soltanto.
"Quello che rimane del signor Milko, voleva corrompermi" osservò come guardasse quel cadavere galleggiare, e seguì i suoi occhi danzare con l'acqua verdognola dentro la cisterna.
"È annegato nelle sue menzogne."
Era lì che Hannibal aveva nuovamente confermato quanto il ragazzo fosse pronto al suo divenire, ad accettare finalmente ciò che realmente era e che cosa poteva fare.
Quando raggiunse Popil, scoprì che l'aveva convocato per fargli raccontare cosa successe nella cascina, aveva cercato di farlo parlare mostrando empatia, ma non aveva ovviamente funzionato. Hannibal aveva capito che il suo intento era di avere informazione sugli sciacalli, ma lui non li avrebbe mai consegnato a qualche insulso processo dall'esito incerto; era la sua vendetta e l'avrebbe compiuta lui stesso.
Popil poi ci aveva poi rinunciato, il suo sguardo si era fatto imperscrutabile, ma Hannibal sapeva anche che non l'aveva portato in commissariato per sentire la sua storia, c'era dell'altro.
La porta della casa si aprì improvvisamente e il bicchiere rifletté il sorriso che colorò le sue labbra, mentre percorse il grande salotto, per raggiungere Will poco più in là.
«Hannibal! Stai via tutto il giorno e tornando nella mia stanza dopo l'esame, trovo un tuo biglietto con su scritto di vederci a casa di Simon, assurdo! Finché non ti ho visto pensavo fosse addirittura uno scherzo.»
Will lo guardò in tutto il suo stupore, con le sopracciglia alzate quando qualcosa non gli era chiaro, ed Hannibal non poté fare a meno di sorridere.
«Ho un dono per te, vieni.»
Lo incitò galantemente a farlo passare ma il ragazzo si bloccò, stupefatto.
«Stai bevendo del vino? Questo è ancora più assurdo, Simon non offre mai del vino.»
«Diciamo che non ha avuto modo di rifiutare.»
A quel punto l'espressione di Will si fece seria, ma si incamminò senza porre ulteriori questioni.
Quando il suo sguardo si scontrò con la sedia bianca posta al centro del salotto, si bloccò alla vista dell'uomo che era a capo penzoloni apparentemente sedato, legato con le mani dietro la schiena e i piedi alla sedia.
«Hannibal...» sussurrò senza compiere più nessun'altro movimento.
Lecter gli fu di fronte in poco tempo e lo guardò con intensità, aveva aspettato questo momento da tanto, immaginandolo e gustandolo nella sua mente.
Pensò con cura alle parole da dirgli prima di parlare.
«Troppo a lungo hai tenuto l'immaginazione sotto scacco, hai temuto chi eri e hai ignorato i tuoi incubi e il tuo vero potenziale, ora potrai essere libero se lo vorrai,» si fece più vicino mentre lo sguardo di Will era a terra, i suoi occhi si muovevano velocemente.
«Simon ha rinchiuso chi eri, ti ha tolto tua madre e ti ha impedito di essere, persino di parlare...ora potrai vendicarti, se è quello che vuoi.»
«Perché continui a dire se è quello che vorrei fare, quando hai legato il mio patrigno a una sedia, sedandolo con del cloroformio? È chiaro quello che tu vuoi che io faccia.»
La sua voce fu bassa, una nota proveniente dagli abissi dell'animo che fece sospirare Hannibal, bevve un sorso di vino e si distanziò da Will, per raggiungere il lungo tavolo di vetro a qualche piede da Simon.
Esso era addobbato da ogni genere di coltello lungo o largo e strumenti acuminati, ne aveva scelti un paio, come cacciaviti o forbici e una siringa con del liquido chiaro; in mezzo al centro, spiccava rossa ed elegante anche una bottiglia di Barolo. Poggiò il bicchiere vuoto, e afferrò la siringa ruotandola tra le mani, sentiva lo sguardo di Will scrutarlo ora, anche se non lo stava guardando di rimando.
«Qui ci sono dei barbiturici tra cui cinidina e fenitoina che faranno dimenticare al signor Miller ogni cosa, l'ultima scelta spetta a te.»
Si voltò verso di lui e abbozzò un sorriso, lo sguardo del ragazzo era scuro e con le braccia lungo i fianchi, lo guardava senza muovere un muscolo.
Non era impressionato né spaventato da ciò che gli stava dicendo, e inevitabilmente lo sguardo di Hannibal si addolcì per questo.
Il mio Will.
Prese il secondo bicchiere di cristallo sul tavolo, lo riempì fino a metà e poi si avvicinò a lui con passo lento, senza togliere il contatto visivo che tra loro si era formato: risposte nei silenzi.
Will prese il bicchiere che gli venne offerto e bevve.
«Qualsiasi sarà la tua scelta io ti supporterò, come tu hai fatto con me. Ci evolveremo, insieme...sta già succedendo.»
«Il nostro personale divenire.» l'altro gli rispose con un sospiro, una gocciolina di vino percorse l'angolo della sua bocca, ed Hannibal la prese con il dito per assaggiarla, annuendo.
Will abbassò lo sguardo e si distanziò andando verso il tavolo, poggiò il bicchiere e tamburellò le dita, poi si girò verso Simon appoggiandosi al tavolo e lo guardò.
«Non l'ho mai visto così fermo, così muto...è strano ma pacifico.» Will era così assorto che quel pensiero lo espresse nei più bassi dei sussurri verso se stesso, ed Hannibal non gli disse nulla; semplicemente si sedette sulla sedia che aveva posto di lato per assistere allo spettacolo, e attese.
«Tu rimani qui, vero?» dopo qualche secondo chiese ciò con un tremolio della voce, mentre come fosse un movimento autonomo e non comandato da lui, prendeva un coltello largo in mano.
«Sono e sarò qui al tuo fianco.»
Will inspirò e si avvicinò al patrigno, gli diede qualche schiaffo facendo sì che l'altro lentamente aprisse gli occhi, e Simon li sbatté per qualche minuto prima di mettere a fuoco la pericolosa figura del suo figliastro davanti a sé.
«William..ch-che diamine sta succedendo?»
Provò a muoversi senza successo e i suoi occhi grigi si sgranarono.
«Che stai combinando? È uno scherzo di pessimo gusto! Liberami subito.»
Hannibal sorrise a sentire una nota di paura, in quell'uomo che per così tanti anni aveva intimorito Will, e distrutto tutto quello che aveva toccato...peccato per lui che Will stava rinascendo.
«Come ci si sente ad essere inermi e spaventati? Dimmelo.» Parole cupe, e sguardo iniettato d'odio erano dominanti in Will, Simon rimase senza parole, e portò lo sguardo ora preoccupato sul coltello.
«Tu stupido ragazzo, che gioco è questo? Sei solo un moccioso con in mano un coltello, pensi di farmi paura?»
Lui vacillò un istante e la mano con in mano il coltello tremò, ma fu solo momentaneo, mentre Hannibal era fermo e immobile ad osservarlo; facendo scorrere gli occhi dalla sua figura a quel coltello, ed infine alla vittima che presto Simon sarebbe stata.
«Stai zitto! Era così bello quando eri muto poco fa...»
«Come te? Oh certo, gran bella cosa esserlo e...» lo interruppe ma si stoppò di colpo, vedendo solo ora Hannibal di fianco a loro.
«E tu chi diavolo sei? Che ci fai in casa mia?» sgranò gli occhi e contrasse lo sopracciglia cercando di intimorirlo forse, ma Hannibal non fu toccato minimamente e piuttosto gli sorrise sorseggiando il vino.
«Potrebbe moderare il linguaggio? Pare che l'unica cosa buona che tiene in casa sia il vino, davvero pregiato.»
«Tu! Come osi picc...»
A quel punto Will lo interruppe, portando il coltello alla gola di Simon, che parve sorpreso dalla reazione del ragazzo.
«Non devi guardarlo! Non osare farlo, nessuno deve guardarlo!»
Fu così perentorio e deciso che Hannibal ebbe i brividi: appartenenza e folle gelosia che trovò intriganti.
«William, questa non può essere una tua idea, ascolta stai impazzendo è chiaro. Slegami e dimenticherò tutto, non ti punirò ma devi farlo, ora!» l'uomo pareva ora rendersi conto che il ragazzo non stava scherzando, e per quanto usò un tono di comando la voce gli tremò ugualmente.
«No! Mi sono stancato di darti ascolto, troppi anni sprecati per colpa tua! Non comanderai più ora, non sporcherai più l'animo di nessuno.» a quel punto lo colpì in pieno volto con il pugno libero e il patrigno sputò sangue, ma poi scoppiò a ridere.
«Lurido verme! È per tua madre questo? Sei tale e quale a lei, senza spina dorsale un povero rammollito senza palle.»
Will scosse la testa sorridendo nervoso e strinse con tanta forza il coltello, che Hannibal vide la sua mano diventare bianca.
Si stava stressando e questo non andava bene.
«La tua cara mammina si è piegata davanti alle mie gambe, si è prostrata in tutti i modi possibili e io le ho dato ciò che voleva, soldi e sicurezza.»
«Tu l'hai resa una schiava! L'hai uccisa!»
«Lei si è uccisa scegliendo di abbandonarti, non è colpa mia se era una tale stupida.»
Will si prese il volto tra le mani, delle lacrime di rabbia e odio graffiano le sue guancie e un forte tremolio aveva preso il suo corpo.
Simon cominciò a ridere: combinazione di paura e follia, di credere che lo avesse in pugno.
«E guardati, il povero ragazzino traumatizzato, ma non farmi ridere! Sei così debole che hai avuto bisogno di un'altro per farmi questo. Uccidere un uomo legato, sei un vigliacco...un cagasotto, un...»
«TI HO DETTO DI STARE ZITTO! SMETTILA, SMETTILA!» Will lo interruppe colpendo la sua gamba sinistra con il coltello ma lo ferì superficialmente, troppo scosso al momento.
Hannibal osservò la scena indispettito da quell'uomo e dalle cose che stava dicendo all'altro, il suo legame con Will faceva in modo che le sentisse scorrere nella sua pelle; poteva avvertire anche le fredde lacrime del ragazzo, toccare le sue guance.
E poi l'arroganza che aveva nel rovinargli il divertimento, nonché vendetta di Will?
Era decisamente troppo.
Finì il vino, poggiò il bicchiere a terra e si alzò, andando verso l'uomo con passo sicuro e questo in mezzo ad insulti a Will e la madre, si bloccò appena lo vide.
Un brivido lo percorse, Hannibal lo vide chiaramente e il ragazzo ne approfittò, si chinò prese il suo piede destro e levò la sua scarpa, prendendo il calzino scuro.
«Che diavol...» ma non riuscì a dire altro, poiché Hannibal glielo ficcò in bocca.
«Le avevo chiesto di moderare il linguaggio signor Miller, ma a quanto pare l'educazione non fa parte del su Dna. Non tollero che lei parli in quel modo né madre di Will, né di Will stesso.»
A quel punto si allontanò da Simon che cominciò a dimenarsi ulteriormente, mentre dei rivoli di sudore cominciarono a colare dalla sua fronte, Hannibal si voltò verso Will dandogli uno sguardo d'intensa e poggiando una mano nella sua spalla.
Il ragazzo sospirò, chiuse gli occhi per qualche secondo e solo quando si calmò, Hannibal tornò nella sua sedia.
«Adesso basta, hai scelto il tuo fato, Simon.»
Il ragazzo  tagliò le corde che legavano le gambe del patrigno, e un lieve sorriso attraversò le labbra di quest'ultimo; aveva ancora le mani legate e provò a dargli una testata, ma Will lo schivò con un sorriso scuotendo la testa.
«Bel tentativo, Simon.» lo tirò su, guardandolo negli occhi con tanto odio che i suoi cambiarono tonalità, Hannibal rimase affascinato dalla sfumatura blu notte che stavano assumendo.
Will lo spinse a terra e Simon avendo le mani legate, sbatté la testa sul pavimento.
Sorrise e qualcosa di oscuro attraversò quel sorriso, mentre il patrigno strisciava per la stanza, con un rivolo di sangue che gli scendeva dalla tempia; si chinò su di lui e gli liberò la bocca.
«Prima non hai risposto alla mia domanda, allora Simon, come ci si sente a essere inermi?» l'altro boccheggiò ancora intontito dal colpo in testa, e il ragazzo non gli diede tempo di rispondere, perché si avvicinò al tavolo e prese la bottiglia di vino.
«Voglio farti provare l'ebbrezza di essere vittima del tuo alcolismo, lurido pezzo di merda.» e gli versò il vino in testa, poi chinandosi nuovamente sulla figura dell'uomo accartocciata e agogniate, gli tenne ferma la testa di lato facendogliene inghiottire a forza.
Simon provò a ribellarsi ma trovò una resistenza troppo forte, e stava annegando nei suoi peccati del rosso cremisi, mentre Hannibal lo paragonò ad un'insignificante formica contro la potenza della bestia che lo stava strozzando di vino.
Osservò Will in tutta la sua magnificenza, vide la sua rabbia sfociare nella sua vera e oscura natura, guardò i suoi ricci muoversi ai suoi movimenti e i suoi occhi chiari e perforanti, guardare il suo operato con estasi.
Hannibal ne fu talmente rapito che sentì il suo cuore aumentare i battiti, gli omicidi non lo emozionavano, non provava né l'esigenza né l'eccitazione nel compierli se non un senso di soddisfazione, ma con Will...era un miscuglio di emozioni.
Era come se potesse avvertire il cuore dell'altro battere al posto del suo, condividendo non solo quel crimine uno come spettatore e l'altro mietitore, ma piuttosto come fossero una persona sola.
 
Simon tossì violentemente.
«Tu, impazzito essere, io...» chiuse gli occhi, la confusione aveva preso quell'uomo.
Will gli tirò indietro la sua testa e l'altro produsse un verso di dolore.
«Lo senti? La confusione, lo smarrimento...sai quante volte mia madre l'ha provato? Ora puoi saperlo.» sbatté la sua testa sul pavimento più volte, ed Hannibal nei suoi ricci danzare vide formarsi alte e imponenti delle di cervo  corna dal colore dell'ombra: la sua essenza di bestia nella dimostrazione di potenza.
«Come ci si sente a strisciare come hai fatto con mia madre, Simon?»
L'atro biascicò frasi di senso incompiuto, mentre strisciava alla ricerca di una qualche salvezza, l'ultimo appiglio di sopravvivenza di un cadavere che camminava.
«Guardati...non riesci nemmeno più a formulare una frase di senso compiuto, questa è la mia vendetta: per mia madre, per me e per tutto quello che hai fatto.»
«Ti prego.» l'uomo riuscì a girarsi a pancia in su ed anche a parlare, della lacrime ora scendevano nelle sue guance.
«William, tua made, tua madre non vorrebbe questo.»
Will lo guardò dall'alto come un cacciatore con la sua preda agonizzante, e non c'era pietà nel suo sguardo, gli occhi di Hannibal brillarono.
«TU non hai mai capito cosa volesse mia madre, non ti è mai interessato nulla se non di te stesso.»
Simon sospirò pesantemente.
«Senza di me sarai perduto, mi hai sentito? Non hai nulla.»
«Tu sei un ombra Simon, ma sei piccola rispetto alla mia oscurità e non mi fai più paura, non più. Sarò libero.» detto questo alzò il coltello in aria e si voltò verso Hannibal, uno sguardo, un sospiro e un lieve tremore nella mano di Will, ma poi l'atto. Con sicurezza fece piombare la mano con l'arma al centro del cuore dell'uomo, e fu di nuovo il silenzio; uno schizzo di sangue dell'arteria schizzò sui riccioli e sul il viso di Will, ma non se ne preoccupò.
Rimase fermo a guardare Simon immobile di fronte a sé, mentre Hannibal lo osserva in silenzio e contemplava la figura della bestia davanti alla sua vittima ed il suo divenire iniziato. Sentì persino una melodia: sconosciuta, cupa e di liberazione suonare intorno a loro, e pensò che l'avrebbe composta in suo onore mentre con lentezza, si avvicinava al ragazzo.
Will tremava ma non per qualche senso di colpa o per paura, semplicemente per l'adrenalina e il sapore novizio del sangue, che giungeva per la prima volta per via delle sue mani. Quando giunse vicino a lui annusò i suoi capelli, l'odore acre del sangue e il suo profumo gli diedero estasi, con dolcezza gli carezzò la nuca, e l'altro dopo un po' tirò un sospiro; come se fosse uscito solo ora dal suo stato di trance.
Si voltò verso di lui, gli occhi dalle pupille dilatate e le labbra socchiuse dal respiro pesante, alcune macchie di sangue gli coprivano il volto ed Hannibal sospirò alla sua bellezza. Era così fiero di lui che dentro di sé, applaudì alla sua bestiolina.
Eppure Will tremava ancora e ciò scuoteva ancora il suo corpo, un piccolo essere che per la prima volta toccava la sua stessa grandezza, ed Hannibal abbracciò mentre l'altro osservò le sue mani con il mano il coltello; non c'era senso di colpa scritto nei suoi occhi e lo fece cadere a terra. Lo strinse così con forza, come se fosse la sua roccia nella tempesta, poggiò il viso nell'incavo del suo collo, e lo annusò nel tremore del suo respiro. Hannibal accarezzò i suoi ricci piano, cullandolo a sé finché l'altro non smise di tremare.
Improvvisamente Will alzò il capo per guardarlo, nei suoi occhi dominava il sentimento per lui, che donò sussulti al cuore di Hannibal.
«Non sono solo in questa oscurità.»
Gli sorrise in risposta e vedendo ancora delle goccioline coprire la parte inferiore del suo volto, non poté trattenersi dal baciare e lavarle via dal suo volto; Will socchiuse gli occhi a quei piccoli baci sospirati.
«Sì Will, sono qui al tuo fianco.» sussurrò poi sul suo viso, e si guardarono negli occhi per infiniti istanti. Non importava più nulla né del cadavere di fianco a loro, né del coltello a terra macchiato di una vendetta feroce, era tutto risucchiato nelle loro pupille.
Poi Will si scosse e si guardò.
«Mi serve una doccia.»
 
 
Quando uscì dal bagno, fu come se il nuovo Will Miller fosse di fronte a sé, non più l'immagine spaccata e silenziosa di un ragazzo con un trauma da sconfiggere, ma piuttosto di qualcuno sicuro di sé: una nuova creatura nata nel sangue.
I suoi capelli pettinati all'indietro, rivelarono che si era persino tagliato la frangia esponendo il suo bellissimo viso alla luce. Lo guardò splendere nel suo divenire mentre Will lo raggiunse nel salotto illuminato dalle prime luci dell'alba, dalla grande terrazza dietro di esso.
«Pensavo di bruciare tutto, eliminare ogni prova. Terrò per me poche cose, qualche fotografia di mia madre probabilmente, e una bottiglia del suo ottimo whiskey, non voglio nient'altro da lui.» un sussurro cupo dagli abissi dell'essere, un ragazzo che oramai prendeva le sue decisioni come fosse un uomo.
Hannibal lo osservò, incantato e affascinato, e si prese qualche minuto per guardarlo prima di rispondergli.
«Che il fuoco cancelli tutto.»
 
Le fiamme si alzavano alte in cielo, ghermendolo e unendosi con esso mentre Hannibal e Will a distanza, le osservavano; alcune voci cominciarono a parlottare, e chiamare le forze dell'ordine, ma loro erano lontani dal baccano.
Hannibal lo osservava di tanto in tanto, scorrendo lo sguardo sui suoi riccioli bui e sugli occhi impregnati dalle fiamme, mentre Will era concentrato appieno nel suo divenire.

«Il fuoco si leva in forme gioiose dalla culla oscura, in cui dormiva, e la sua fiamma si innalza e ricade e nuovamente erompe e si avvolge festosa, finché la sua materia è consunta, e allora fuma e lotta e si spegne: ciò che rimane è cenere.» improvvisamente parlò citando le frasi del poeta Friedrich Hölderlin.

«E dalle ceneri tu e io rinasceremo, nel nostro divenire, insieme.» Hannibal aggiunse poche sue righe alle frasi del poeta, e con delicata lentezza prese la sua mano. Will non obiettò e gli lanciò un'occhiata intimidita ma contornata di dolcezza , e la strinse di rimando.
E così le loro mani nel cielo plumbeo e nella passione delle fiamme, si unirono: le loro dita si intrecciarono nei riflessi dell'alba e del fuoco.
 
"Your warmth is in my bed
Your voice above the stairs"
Running-IAMX (
di nuovo questo brano sì :P)
 
Con gli occhi luminosi, aveva lo sguardo disperso in carezze di pensieri dalla sostanza di occhi chiari e grandi che componevano un mondo, di riccioli castani di viso scolpito come da un'artista.
Hannibal era sdraiato nel letto insonne, ma con la tranquillità a cullare le sue membra, e due pensieri fissi...il primo che la sua vendetta era quasi completa, gliene mancavano solo tre: Kolnas dal piano già pronto e dove sarebbe andato da solo per non rischiare la morale di Will, poiché sapeva che il suo piano di rapire la famiglia dell'uomo facendogli provare soltanto in parte ciò che lui aveva provato;  non gli sarebbe piaciuto...ma non si era potuto trattenere. Aveva visto il bracciale di sua sorella attorno al polso di sua figlia, come fosse un trofeo della macabra cosa che aveva fatto, e doveva pagare per questo.
Dopodiché ci sarebbe stato Grutas e infine Gretz; quest'ultimo era in Canada e sarebbe stato oltremodo divertente poiché pensò, di restarvi qualche giorno in più con Will.
Perché Will Miller ora era libero.
Ecco il secondo nonché più dominante pensiero, fisso nella sua mente! Era questo il motivo per il quale con il volto rivolto al soffitto, si ritrovava ad ascoltare con i palmi appoggiati al suo petto, i battiti del suo cuore nel perfetto silenzio della notte inoltrata.
Lo rivide lì bellissimo, avvolto dal sangue in tutto il suo splendore oscuro, lì a guardarlo con famelico piacere: gli occhi accesi di un predatore, che finalmente aveva annientato il suo tormento.
Ripensò alla sua evoluzione che sussurrava in cambiamenti del suo essere, a quando Popil il giorno successivo, venne all'università per informarlo dell'incendio doloso a casa del suo patrigno. Li aveva osservati da lontano ma notò l'atteggiamento dell'ispettore di polizia, passare da comprensivo a sospettoso per la calma che Will rivelò.
Si era poi avvicinato per assistere al dialogo, e godersi il momento mentre i due seduti l'uno di fronte all'altro in un aula vuota, discutevano.
"Non ti sembra strano che improvvisamente, la casa del tuo patrigno sia stata attaccata in questo modo? Pare una ragione davvero personale, e so quello che ti ha fatto ed a tua madre..."
"Era un direttore di banca, io guarderei tra clienti insoddisfatti, ispettore"
Godette alla sua faccia impotente, di fronte all'evoluzione del suo Will che gli teneva testa, negli occhi chiari di Popil c'erano domande ma non aveva risposte ulteriori. Non aveva prove dopotutto e nessuno lo aveva visto uscire.
Hannibal guardò al suo Will con rinnovata meraviglia, il cuore un tumulto di melodie soltanto per lui, e prima che Popil riprendesse a parlare, decise di intervenire. Voleva stare con Will.
"Penso che lei l'abbia torturato abbastanza, non è così ispettore? Will ha bisogno di elaborare questo lutto."
Era infine intervenuto così, poggiando una mano sulla spalla di Will che accennò un sorriso e Popil fu disarmato, congedandosi da lui.
 
Tum. Tum. Tum.
Accelerava il suo cuore come fosse una gran cassa che batteva nel suo torace, a pensarlo, immaginarlo...gustare nella sua mente ogni sua espressione, e ogni sfumatura che i suoi occhi dal colore del cielo, potessero assumere. Il suo cuore era in tumulto, come fosse in una discesa ripida e senza scampo nel centro dei suoi sentimenti: emozioni forti, imprevedibili, ed eccitanti.
Si rese conto di desiderarlo lì con lui, poteva sentire quasi il calore del suo corpo nell'altro lato del letto, poteva avvertirlo sussurrare il suo nome e Hannibal voleva vedere la sua pelle luccicare ai raggi della luna: sentirla, assaporarla, toccarla.
Tum, tum.
Era esaltante quella melodia formata dai battiti, un suono che riempiva tutto il suo petto e il palmo delle sue mani colmandole di brividi e sensazioni.
Improvvisamente sentì un rumore di passi e una risata ma non di allegria, piuttosto formata da confusione e isteria, di qualcuno davvero alticcio passare davanti alla porta della sua stanza. Hannibal però conosceva quella risata, motivo per cui si alzò dal letto e andò ad aprire.
Will lo guardò confuso, sbattendo le palpebre.
«Hannibal.» esclamò il suo nome con una tale dolcezza che se Lecter non era sicuro che l'altro fosse brillo, ne ebbe in quel momento la conferma, oltre che dal fatto evidente della bottiglia di whiskey nella sua mano.
Era già metà consumata e il liquido brillava con arroganza sotto le luci del corridoio della facoltà, Hannibal sapeva da dove proveniva quella bottiglia e poteva intuire perché l'altro bevesse. Erano dei passi indietro nella sua evoluzione, oltre che a quanto pare Will reggesse poco l'alcool, così decise di prendergli la bottiglia dalle mani.
«Ehy!» protestò ma con poca convinzione l'altro, ridendo da solo.
«Non devi annebbiare la tua mente in questo modo.» gli rispose semplicemente, entrando nella sua stanza per nascondere la bottiglia, e l'altro lo seguì con passo barcollante.
Si sedette nel suo letto e tirò un grosso sospiro, ma rinunciò a riprendersi l'alcool piuttosto cominciando a sorridere, distratto da qualcos'altro.
«Vorrei dormire con te stanotte, comincio a pensare troppo da solo.»
«La tua coscienza si fa sentire è normale, ma hai fatto ciò che era giusto compiere, la tua vendetta è completa.» si sedette vicino a lui rispondendogli in tono rassicurante, e Will annuì guardandosi attorno.
«Lo so, dovevo annegare nell'oscurità di me stesso per trovarmi. Non ho rimpianti, ma la testa...mi gira.»
«Chissà perché.» lo canzonò e Will lo guardò leggermente piccato.
«Mi gira ma so pensare, e non voglio solo dormire con te Hannibal, voglio stare con te.»
Il ragazzo sentì un tonfo al cuore a quell'affermazione, sapeva dei suoi sentimenti ma si chiedeva se era quello che voleva e l'alcool aveva sciolto i freni inibitori, oppure se era soltanto l'effetto di esso: fin quanto era conscio di ciò che diceva?
«Questo è l'alcool a parlare.»
A quel punto gli occhi chiari di Will Miller si puntarono su di lui, offeso con le sopracciglia aggrondate, e un leggero e adorabile broncio sulle labbra.
«No questo sono io, non sono ubriaco Hannibal Lecter, ho bevuto soltanto un po' per non rimanere da solo, il mio oscuro autista è così zitto ora.»
Sorrise e il suo sguardo si addolcì.
«Perché hai espresso i suoi reconditi desideri Will, ora lui è te.»
Will produsse un assenso con la bocca e poi la sua attenzione deviò ancora, aveva la soglia molto bassa sotto l'effetto dell'alcool e l'umore era piuttosto alternato; guardò sotto al suo letto, e poco dopo si rialzò con il quaderno dei ritratti e disegni di Hannibal in mano.
Lo sfogliò con cura, ulteriore segnale che era vero che non fosse ubriaco, ma soltanto più libero di agire con il fuoco dell'alcool dentro di lui. Quelle fiamme che Hannibal sentiva nel guardarlo, nell'osservare i suoi occhi chiari e attenti, scrutare i suoi lavori con ammirazione e attenzione; pensò a quanto fossero morbidi i suoi ricci che incorniciavano il suo volto e che voleva toccarli.
Improvvisamente l'espressione del ragazzo si fece confusa, e sbatté le palpebre più volte osservando il ritratto di sé stesso addormentato sul divano, mancava ancora qualche ritocco ma all'occhio di chi non disegnava, non era visibile.
Will rimase a bocca socchiusa per qualche istante, come se alcune parole si fossero bloccate infondo alla sua gola, poi deglutì respirando piano e accarezzò con delicatezza i contorni del suo ritratto.
«Questo sono io quando mi sono addormentato ascoltandoti suonare così bene Bach, ricordo quel momento...ma non rammento la tua ammirazione. È così dunque che mi vedi? E non bellissimo solo nella mia forma oscura?»
Tenne gli occhi incollati sul disegno come se avesse timore che esso potesse scomparire, ed Hannibal accarezzò i contorni di quel ritratto a sua volta, scontrando le sue dita con quelle di Will rimaste immobili nel suo viso disegnato.
«Questo sei tu Will, in tutta la tua essenza. Tu sei così, perfetto.»
Spostò le dita dal viso immobile su carta, a quello di Will che a quel tocco si animò di nuovo e sospirò di piacere, lentamente si voltò verso di lui con gli occhi così lucidi che era come se mille lucciole vi brillassero dentro.
Hannibal sentiva quel luccichio persino nei suoi, e quando Will portò la mano ad accarezzare il suo viso di rimando, con morbidi polpastrelli a sfiorare la sua guancia, ogni cosa si disperse.
Il quadernetto che ricadde sul letto fu un suono distante, com'anche qualsiasi rumore della notte, poiché loro due erano sempre più vicini.
In sincronia le loro dita si muovevano uno nel viso dell'altro, dalle guancie, alle palpebre, alla fronte e infine alle labbra.
I loro occhi incollati nella loro dimensione, in respiri ricchi di sentimento.
Fu bellissimo quando le loro labbra si toccarono, in un misto di suoni, sentimenti e desideri così a lungo trattenuti ma condivisi che si univano e lì trovavano la loro dimora.
Era un emozione prorompente per Hannibal, e lui ne aveva provate di forti, ma nemmeno lontanamente immaginabile a quel momento: il cuore era in fermento, ogni brivido finiva nel suo stomaco in sussulti caldi e piacevoli.
Will d'improvviso con un gemito seducente e roco, gli salì a cavalcioni e poté sentirlo eccitato, fremere esattamente quanto lui. Hannibal lo avvolse in un abbraccio senza scampo, perché non voleva lasciarlo andare, mai più.
Pensò di sentire Will gemere nuovamente, ma si accorse che fu lui a farlo.
Si staccarono per riprendere aria ma non persero il contatto fisico e nemmeno i loro occhi che non si scollarono gli uni dagli altri, Will appoggiò la fronte sulla sua.
«Hannibal.» sospirò il suo nome con sollievo.
Hannibal di tutta risposta, gli carezzò la schiena con affetto, desideroso di togliere quello strato di stoffa che lo divideva dalla sua pelle.
«Will.» lo pronunciò come fosse la cosa più bella e dolce sulla terra, e l'altro sorrise mentre riportava le labbra sulle sue con più passione, un cocente fuoco d'impeto.
Hannibal ricambiò con la stessa brama, stringendolo forte a sé e graffiando la stoffa del suo pigiama, e Will con fremiti d'estasi, prese a slacciargli i bottoni del pigiama o almeno tentò; visto che tremava talmente tanto d'impazienza che riuscì a malapena.
Di tutta risposta fece un verso contrariato e si staccò dalle sue labbra, sospirò e in quel momento riprese a slacciargli i bottoni, Hannibal lo lasciò fare non mancando di carezzare la base del suo collo e i suoi riccioli.
Quando però i loro occhi si incontrarono qualcosa si bloccò, un improvvisa barriera invisibile prese posto tra loro, e Will si distanziò non smettendo di guardarlo.
«A chi stai pensando davvero? »
Hannibal sbatté le palpebre per ben due volte, ma capì all'istante: Lady Murasaki ancora.
«Will, qui siamo soltanto io e te.»
«Ma tu la pensi ancora, la vuoi ancora...Dio,- si passò una mano sui ricci sconvolto, negato ripetutamente- che cosa provi per me? La stessa intensità che io provo per te? E per lei, tu provi ancora qualcosa non è così?»
Hannibal voleva rispondergli ma non ci riuscì perché non lo sapeva, non aveva la risposta a queste domande. Si bloccò confuso con se stesso più che mai, e abbassò lo sguardo in imbarazzante silenzio, per se stesso e per Will.
«Io sarò sempre secondo per te, e ti detesto!» urlò queste parole con rabbia, ed Hannibal alzò lo sguardo appena in tempo per vedere delle lacrime pizzicare i suoi occhi, prima che uscisse dalla sua stanza sbattendo la porta.

Angolo Autrice: 
Ciao a tutti ^_^
Eccoci qui con la vendetta di Will! Lo vedete quanto sta cambiando ed evolvendo insieme ad Hannibal? E quando anche Hannibal stesso lo stia facendo, sempre più preso da Will?
Sono stupendi *_* scusate, ma ci fanseggio anche io ahah
 
La scena del kiss, ebbene ammetto che mi sono incavolata io stessa con il finale tipo "MA PERCHÈ?!" l'ho scritto io, ma non volevo che finisse così XD ma si sa che sono i personaggi a scegliere ahah
Will è comunque brillo, più acceso dall'ira dell'alcool e con un dubbio a punzecchiare la sua testa, quindi ho pensato fosse plausibile la cosa.
 
Il brano masterpiece di IAMX l'ho rimesso perché proprio il suo sound, ha ispirato quel pezzo dove Hannibal ascolta i battiti del suo sentimento per Will e mi piaceva troppo l'idea, quindi l'ho messo ^_^
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


"Survival was his only hope,
success his only revenge. "
-Patricia Cornwell
 
« Will! Vieni, vieni qui!» una voce candida lo stava chiamando e il piccolo Will correva nell'erba baciata dal sole, era una giornata d'estate e faceva caldo, eppure lui voleva correre e correre.
«Adesso ti prendo!» la mamma ridendo, gli stava dietro e dopo qualche risata e sgusci incredibili per sfuggirle, riuscì ad afferrarlo e si gettarono a terra ridendo.
«Il mio piccolo Will.» lo riempì di baci, tant'è che il bambino dopo un po' si stufò e distanziò il viso, mettendo un piccolo broncio contrariato.
La madre rise, ed era bello vederla ridere così lo fece anche lui.
«D'accordo, d'accordo. Che ne dici di continuare la pesca?» 
Gli occhi di Will si illuminarono, mentre sussurrò un assenso entusiasta, e Samantha dagli occhi luminosi e chiari come il cielo sopra la loro testa, gli sorrise. L'ombra del cappello grande che portava in testa, accentuò quel sorriso nel viso delicato e lo prese per mano; Will sentì la morbidezza e affetto nella sua stretta, e lo condusse alle loro canne da pesca, appoggiate alla riva di un fiume di New Orleans.
 
Aprì gli occhi sbattendoli con confusione, con il sapore agrodolce di quel ricordo narrato nel sogno e un sorriso malinconico sulle labbra...un raro momento in cui sua madre era felice, in fase alterna della depressione poiché aveva i suoi sbalzi. Quando era più in "sé" diventava una persona allegra e gioiosa, dagli occhi accesi di vita...ed era ciò che mancava di più a Will. Eppure fu più una dolce malinconia, perché quel sogno dal sapore del ricordo, aveva staccato la sua mente dalla confusione e rabbia che provava per la sera prima. Aveva usato parole forti l'altra notte bagnate dall'alcol e dalla passione, eppure da un lato era contento di averle dette, persino soddisfatto di vedere Hannibal confuso! Era la prima volta lo vedeva così e probabilmente ne era stupito persino il suddetto.
Ma dall'altro lato era arrabbiato per questo, il dubbio di essere la ruota di scorta non lo abbandonava, e il fatto che Hannibal non avesse risposto alla domanda, non faceva che peggiorare la situazione! 
In una piccola parte di sé sì pentì per essere fuggito, per non essersi goduto quel momento che tanto agognava, voleva ancora sentire le sue braccia stringerlo come non ci fosse nient'altro al mondo, voleva ancora sentirlo con lui. Desiderava di nuovo vedere il suo sguardo trovarlo stupendo in tutta la sua essenza, e non solo nella sua parte oscura come gli sussurrò con impeto, la sera dell'omicidio di Simon.
 
Il suo riflesso davanti allo specchio gli sorrise sinistro, mentre passò pulito davanti a esso pronto per uscire dal bagno, ma si ritrovò bloccato a fissarsi in un viso nuovo e diverso. La frangia era sparita dalla sua fronte, la sua protezione contro gli occhi di altre persone, perché non ne aveva più bisogno; non c'era più motivo di nascondersi. Si prese qualche attimo nell'osservarsi nel nuovo Will che vedeva, e per un istante i suoi capelli si mossero, si contorsero finché tra di essi si alzarono due fili neri. Essi divennero sempre più spessi e alti, fino a formare delle corna di cervo che sbucavano dalla sua testa. Will sentì un urlo strozzarsi in gola ma non di paura, ma bensì uno di nascita e nuova venuta al mondo, toccò lo specchio e si congiunse a ciò che era e che stava diventando; dopodiché uscì dal bagno e raggiungere Hannibal in terrazzo.
Il cielo era nuvoloso e le prime luci dell'alba battevano sui palazzi, illuminandoli di oro e ambra lo stesso colore che dominava gli occhi di Hannibal che lo osservava; sentiva dell'ammirazione e della tenerezza giungere da quello sguardo...ma Will era troppo disperso in sé stesso per provare qualcosa. Non sentiva nulla, la casa del suo patrigno silenziosa dopo tutte le grida assorbite, con le mura che se avessero potuto parlare avrebbe sputato ogni cosa... ma erano immobili e muti. Nessun sussurro del suo autista oscuro, che non condivideva nessun pensiero con lui, e nemmeno la rabbia sempre pronta e dominante faceva eco nel suo corpo.
C'era soltanto silenzio ma dentro il suo essere e nel profondo di sé, era in sintonia con il suo divenire compiuto, e si sentiva libero per la prima volta.
«Una volta mi dicesti che noi non siamo uguali a loro, che non avremmo mai fatto parte di questo mondo e delle sue regole, immagino dunque che ciò che ho fatto per la nostra legge personale sia giusto.»
In realtà sapeva che era quello da fare, e non sentiva nessun senso di colpa tormentare la sua coscienza né le sue viscere, ma ebbe necessità comunque di dire quelle frasi, forse per sentirsi più umano di ciò che realmente era. Guardò Hannibal e seppe che l'aveva capito, non c'era bisogno di altro che dei loro sguardi che si incontravano.
«Io e te siamo condannati ad un'esistenza in un mondo che urla, così mi rispondesti quel giorno, ma il nostro mondo è l'unico luogo dove possiamo essere ciò che siamo davvero, tu ed io. Non c'è vergogna in ciò che sei, Will.»
Fece una pausa, guardandolo con dolcezza, i suoi occhi erano due ambre lucenti.
«Dovresti essere fiero di aver vendicato te stesso e tua madre, io lo sono.» gli accennò un sorriso, e Will ne abbozzò uno di rimando.
«Dovevo essere risucchiato dalla mia oscurità, per completare ciò che sono.»
Hannibal gli rispose in un piccolo assenso e Will pensò che probabilmente era un mostro ma non gli importava, non se Hannibal lo guardava così. In una parte di sé sapeva che la sua elevata empatia, l'avrebbe sempre messo in condizione di porsi domande; di chiedersi le ragioni di ciò che faceva, e diventava. Ma se significava aver di fianco Hannibal che era l'unico ad averlo capito al mondo, tanto valeva farlo.
Lui era l'unica realtà.
«Mi sono sentito bene mentre uccidevo, Simon.» ammetterlo a sé stesso fu come se un peso avesse lasciato il suo corpo, con la coda dell'occhio vide Hannibal sorridere di fianco a sé perché lo sapeva...e poco dopo, la sua mano era tra i suo ricci.
Will socchiuse gli occhi a quel tocco, perso in quel momento e in quelle sensazioni, non pensando perché stesse succedendo, ma semplicemente godendosi l'istante.
«Eri così bello nella tua gloria, nel tuo divenire. Tu sei bellissimo, Will.» 
Sentì un tonfo al cuore al tono pieno del ragazzo, e quando si voltò verso i suoi occhi così ricchi di ammirazione per lui, sentì le sue viscere sciogliersi e un brivido scorrergli fino alle ossa.
Hannibal aveva la capacità di entrare dentro di lui: nella sua mente, nel suo corpo e nell'anima. Si fece poi silenzio nella compagnia di sussurri contenuti in essi, mentre ora osservarono il sole che si faceva alto in cielo in un nuovo giorno.
 
Ricordava quello sguardo ed era così simile alla sera prima, che ci credette...e si rese conto Will, che voleva essere bello per Hannibal, insostituibile com'era in quel ritratto: immobile e sempre al suo fianco. 
Ma non aveva certezze, e sapeva che nonostante l'alcol aveva fatto la scelta più logica, poiché se si sarebbe svegliato di fianco ad Hannibal con quel dubbio, sarebbe stato peggio.
Si scosse e si alzò deciso ad ignorare Hannibal e quello che era successo la notte scorsa, tanto che passò davanti alla porta della sua stanza velocemente, temendo che uscisse da un momento all'altro; ma da un lato di sé persino sperando che lo facesse, ma la porta rimase immobile e chiusa.

Se non trovarlo a lezione fu strano, lo fu ancora di più non vederlo nemmeno nei giardini dell'università, sembrava volatilizzato nel nulla e dell'ansia si aggiunse alla rabbia che provava , ma che cercava di respingere a tutti i costi.
Probabilmente aveva qualcosa da fare, e visto cos'era accaduto tra noi non mi ha coinvolto, pensò.
Ed era il pensiero più razionale, eppure un lato di sé impazziva a non esserne con lui, né sapere dove fosse; Hannibal l'aveva sempre avvisato perché era cortese certo, ma se ci sono delle emozioni che non si riesce a controllare, si può anche uscire dall'usuale comportamento.
«Will Miller!» una voce interruppe i suoi pensieri, e vide correre fuori dalla facoltà la segretaria con in mano un telegramma.
L'esile donna si avvicinò a Will che si era fermato, e gli sorrise con affanno.
«Oggi Hannibal Lecter sembra introvabile, e questo è urgente... visto che lei sembra andarci così d'accordo, magari lo vede prima e mi chiedevo se...» gli porse il telegramma accuratamente piegato e Will annuì
«Nessun problema.»
La donna parve risollevata e con un sospiro, si sistemò gli occhiali sul naso.
«La ringrazio, buona giornata!»
«A lei.»
La segretaria corse di nuovo all'interno della facoltà, mentre Will con le sopracciglia alzate osservava il foglio da parte a parte.
Si sedette sotto l'albero dove spesso avevano letto dei libri e sospirò, poggiando il foglio di fianco a se; cercò di non guardarlo come se quello fosse vivo e lo persuadesse con occhi formati di parole e sussurri, ad essere letto .
Will sapeva che non aveva alcun diritto eppure da un lato, sentiva di doverlo fare per il legame che lo univa a Hannibal e per una sensazione dentro di sé; qualsiasi cosa tra loro fosse successa, sarebbero sempre appartenuti l'uno all'altro, questo lo sapeva.
Con curiosità afferrò così il foglio e lo lesse, sbiancò gradualmente e la sua bocca si aprì. Istintivamente alzò lo sguardo, e vedendo Hannibal finalmente arrivare e camminare nella sua direzione, gli corse in contro con urgenza.
L'altro appena lo vide si fermò e lo scrutò.
«Cosa succede?» era freddo, controllato per quanto un velo di rabbia era percepibile in lui, e per un instante Will non seppe cosa dire; le parole del biglietto gli apparvero davanti minacciose e gravose, tanto che le sentì fare pressione nel suo petto
 
Hannibal Lecter, la mia pazienza ha un limite. Hai ucciso i miei uomini e ora la pagherai, abbiamo preso la tua zietta...è davvero un bel bocconcino, ti avverto che con me non si scherza. Alle 18:00 riceverai una chiamata alla cabina fuori dall'università, vedi di rispondere o riceverai le guance della tua cara Lady Murasaki per posta.
Grutas.
 
Sbatté le palpebre e decise di passargli il telegramma, poi tirò un sospiro prima di dire.
«Hanno preso Lady Murasaki, Grutas ha firmato il biglietto e...»
«Lo so.»  lo interruppe senza guardarlo, attento a leggersi il telegramma.
Prese poi a camminare velocemente e Will lo seguì, sapendo esattamente dove l'altro si sarebbe diretto. Se Hannibal ne era a conoscenza, questo significava soltanto una cosa.
«Sei stato da qualcuno di loro, non è vero? Hai ottenuto informazioni.»
Hannibal annuì raggiungendo la cabina che distava pochi metri dalla facoltà, erano le 17:55 e mancava poco, motivo per cui non c'era tempo da perdere.
«Ero da Kolnas, avevo attuato un piano per fargliela pagare di questo- estrasse dalla sua giacca un piccolo bracciale in argento, e non ci fu bisogno di sapere a chi apparteneva, Will sentì un groppo in gola- l'aveva dato a sua figlia...e dovevo punirlo per questo dettaglio in più.» rimise il bracciale in tasca, dandogli uno sguardo veloce.
«Kolnas volendo ferirmi e mi disse di Lady Murasaki prima del tempo, che l'avevano rapita e che l'avrei pagata...ingenuamente collaborò ulteriormente nel mio piano, aggiungendo un dettaglio per farlo funzionare più egregiamente. Grutas e gli scagnozzi che gli sono rimasti però, non devono sospettare nulla.» 
Non lo stava guardando, la sua attenzione era tutta sul telefono che da lì a breve avrebbe squillato e Will non gli fece altre domande, anche perché non ne aveva...disegnò un quadro della situazione nella sua mente. Conosceva quel nome, ricordò che Dortlicht l'aveva pronunciato e che quell'uomo si trovasse in Francia, aveva un ristorante. Hannibal aveva compiuto tale vendetta da solo attuando un piano diverso e più cupo a quanto pareva, che aveva provocato e stritolato l'uomo a sputare la verità.  Kolnas se l'era senz'altro meritato e pensare che aveva persino tenuto il bracciale di Mischa, gli fece provare un senso di disgusto.
Pensò quale fosse il piano di cui Hannibal parlò e perché l'avesse fatto per conto suo, ma non gli chiese nulla perché sapeva che non gli avrebbe detto niente.
Mentre l'ansia dell'attesa si percepiva nel suo respiro, Will nel guardarlo si chiese se Hannibal avesse già deciso di non includerlo in quella parte della sua vendetta, o se l'avesse deciso per via del bacio della sera prima; sentendosi per un secondo escluso da tutto.
Il trillo del telefono lo fece sussultare, e Hannibal rispose con nessuna agitazione presente nel suo corpo.
«Dov'è lei?» poche parole scandite e null'altro disse, lo sguardo era fermo puntato davanti a sé mentre il cuore di Will galoppava. Si era avvicinato ma non troppo così non poteva sentire tutta la conversazione, perché era chiaro che Hannibal volesse fare quella chiamata per conto suo.
Riuscì però a sentire una risata maschile e poco dopo, una voce di donna parlare.
«Mio caro, non...»
Poche parole, ma che lo fecero sospirare di sollievo, Lady Murasaki era ancora integra.
La voce cambiò e tornò quella di un uomo, Grutas presumibilmente, che dettava accordi per dove vedersi e che cosa volesse in cambio; Will provò un moto di disgusto per quell'essere.
Non vedo l'ora che la creatura qui davanti a me, ti prenda.
Lo guardò e per quanto sembrasse calmo, vedeva e percepiva la luce di vendetta accesa nei suoi occhi dal colore più scuro e più pericoloso; sentiva i suoi pensieri e quello che gli avrebbe fatto.
La pagherai per questo e ti ricorderai di Mischa, ricorderai ogni cosa sulla tue pelle.
Will rabbrividì nel pensare come lui, nel sentire come lui...eppure impaziente di vedere quello sciacallo fare la fine che meritava.
L'ansia cominciò a placarsi, sempre più vicino ad Hannibal nelle emozioni finché non fu in totale sintonia con lui, e si sentì più calmo e pronto ad agire.
 
«Una vita per una vita.» Hannibal poggiò la cornetta e la chiamata si concluse con quelle sue parole, rimase per qualche secondo fermo immobile e concentrato.
«Vorrebbe che ci incontrassimo al chilometro 36 sulla strada per Tribardou, dove c'è una cabina all'alba. E vorrebbe salvarsi la vita così ma... non è lì che devo andare.»
Disse quelle frasi in tono distaccato, come fossero parte del telegramma di poco fa o che parlasse con per se stesso, Will si allontanò di qualche passo ma non lo lasciò; non l'avrebbe mai fatto. E quando finalmente si voltò a guardarlo, lesse la domanda che voleva fargli e ne fu sollevato, così lo anticipò.
«Sì, verrò con te. Dove dobbiamo andare?»
Il volto di Hannibal perse quella maschera di freddezza che stava portando, e si abbassò per mostrare della dolcezza rivolta al sottoscritto, Will fu costretto a togliere il contatto visivo.
«Sul canale di Loing, a sud di Nemours. Grutas ha una casa galleggiante lì, Christabel. Kolnas è stato piuttosto preciso, devo dire.»
Will annuì e si incamminò fuori dalla facoltà, avrebbero svolto la missione di notte e dovevano partire subito!
Quando furono vicini alla moto di Hannibal, solo allora i loro occhi si incontrarono.
«Grazie, Will.» oltre le parole, poté percepire il suo sguardo sussurrarlo ai raggi della luna e sotto un cielo puntellato di stelle, tant'è che Will deglutì e annuì posizionandosi sulla moto in silenzio. 
Presto il punto luminoso della moto nei campi dell'Ille-de-France e fuori dall'abitato di Nemours, sfrecciava a tutta velocità per raggiungere la meta, in sentieri coperti di vegetazione da entrambi i lati. Erano in aperta campagna e faceva freddo, improvvisamente Hannibal rallentò e Will sentì il motore vibrare sotto di lui, entrambi puntarono lo sguardo lontano di fronte a loro.
«Guarda!» esclamò Will, puntando il dito verso delle piccole cose luminose attraverso la praterie, presumibilmente sopra il fiume.
«Sono le cabine di una casa galleggiante, perfetto.» e così ripresero il loro percorso verso le rive del canale Loing.
Fermarono poco dopo la moto, distante di qualche metro, e mentre camminavano riuscirono a vedere del movimento fuori dalla barca ancora distante. Due figure nere, gli scagnozzi di guardia, stavano uno da un lato uno dall'altro nel ponte dell'imbarcazione.
Proseguirono a piedi nel buio, e si acquattarono a riva vicino a delle barche a remi capovolte. Christabel stava arrivando, e loro attesero come predatori acquattati tra il verde di una foresta; era molto buio eppure Will riconobbe la canna di una pistola risplendere sotto la poca luce lunare, mentre Hannibal la metteva nella tasca della giacca che indossava.
«E quella? Non ricordo che avessi una pistola.»
Poté vedere il sorriso sinistro di Hannibal comparire nell'oscurità.
«Un dono di Kolnas, il suo ultimo contributo all'umanità.» a quel punto estrasse da dietro il colletto un pugnale, che gli passò.
«Questo tienilo tu, appartiene agli antenati di Lady Murasaki.»
Era un'arma importante e la stava affidando a lui, Will si chiese il perché non gli avesse dato la pistola, e il suo cuore si riscaldò in quella fredda vendetta che stava per attuarsi.
La mise nello stesso punto di Hannibal, dunque dietro la sua schiena.
Le luci della barca si facevano più vicino e Will sarebbe stato nervoso a quel punto, ma la calma di Hannibal avvolgeva il suo corpo, e il suo animo e poteva giurare di sentire i loro cuori pulsare allo stesso ritmo, nella stessa melodia.
«Pensavo fra qualche giorno, di andare a pranzo al Champ-de-Mars tu, io e Lady Murasaki.»
Will trattenne un sospiro d'esasperazione, voleva salvarla certo! Ma condividere altri pasti con loro non era nel suo interesse.
«E per cena invece vorrei andarci con te, soltanto tu e io. Voglio farti assaggiare l'ottima lepre al salmì che fanno in quel ristorante. C'è una bella vista e quando fa sera nei tavoli per due, accendono delle candele.»
Will sentì le sue guance imporporarsi e ringraziò il buio, poiché almeno non lo vide così imbarazzato. Usò dell'ironia come suo solito, per rispondere a qualcosa a cui non sapeva come reagire.
«Beh, finita questa missione altamente pericolosa, si potrà vedere.»
In quel momento la barca arrivò, passando sotto il ponte di pietra sul Loing, lentamente come se si cullasse sull'acqua; ed Hannibal saltò sul ponte con agilità con Will che lo seguiva prontamente. Abbassarono lo sguardo sulla casa galleggiante e poterono vedere per un attimo, Lady Murasaki legata ad una sedia; Will ebbe un sussulto di sollievo e guardò Hannibal che gli restituì lo sguardo. I due uomini che prima avevano visto da lontano, erano alla guardia dell'imbarcazione, e il capitano era nella cabina concentrato alla guida.
Guardò di nuovo Hannibal e nessuno dei due ebbe bisogno di indicazioni, entrambi guardandosi negli occhi estrassero la loro arma, e Will silenziosamente si sporse dal parapetto. Saltò addosso all'uomo sulla sinistra colpendolo alla giugulare con il pugnale, e buttandolo poi in acqua, l'altro uomo sentendo il rumore si allarmò e andò nella direzione di Will. A quel punto Hannibal gli piombò dietro, colpendolo con il calcio della pistola alla nuca, ma per quanto furono silenziosi quando l'uomo cadde a terra, attirò l'attenzione del capitano che udì il tonfo del corpo; si affacciò dalla timoniera, chiamando il nome dell'uomo. Hannibal e Will veloci e silenziosi come due ombre, proseguivano il cammino, distanziando il capitano e raggiungendo la porta della scala di boccaporto;  era aperta ed Hannibal ci passò con dietro Will chiudendo poi la porta alle sue spalle.
Si affrettarono giù e cercarono nelle cabine, le prime due erano vuote e una attrezzata soltanto di corde e catene, ma la terza fu la volta buona.
Videro Lady Murasaki legata e sola nella stanza e Hannibal si precipitò verso di lei, Will invece rimase all'erta all'entrata poiché era chiaro che fosse una trappola, difatti vide un uomo spuntare da dietro la porta. Ebbe un fremito poiché era inquietante come i moltissimi volti disegnati da Hannibal, un viso magro, un sorriso maligno e occhi melmosi e scuri. Lui era presente in quasi tutti i suoi disegni: Grutas.
Un sorrisetto vittorioso gli colorava le labbra sottili, mentre con la pistola in mano era pronto a colpire Hannibal, ma Will con agilità si abbassò anticipando l'attacco; poco dopo l'altro con un verso di dolore e con i tendini delle caviglie tagliate, l'uomo cadde a terra. Lady Musaraki ora libera, sferrò un calcio in testa a Grutas disorientandolo sul suo intento di prendere la sua pistola da terra.
«Chi cazzo sei tu?» farfugliò quando vide Will, spuntare con la lama insanguinata tra le mani.
Non gli rispose ma piuttosto con un sorrisetto dipinto in volto e con il capo di lato, lo guardava strusciare per raggiungere la pistola; e quando fu vicino, la spinse ai piedi di Hannibal.
Grutas si fermò alle ginocchia di Lecter, tremando con occhi pallidi scuri fissi su di lui mentre Hannibal lo guardava dall'alto, nella sua forma di creatura oscura che vedeva strisciare un essere insignificante.
È glorioso. 
Will lo osservò con una certa fierezza verso di lui, per la calma che stava mostrando nonché grazia rispetto al vile sciacallo ai suoi piedi, ed era orgoglio di partecipare a quel salvataggio e vendetta.
«Hai dei servi fedeli, pronti tutti ad appoggiarti nella tua stupida vendetta.» tossì ridendo tra sé.
«Avere scagnozzi che ti leccano i piedi è la tua specialità, non la mia.»
Grutas scosse la testa con un sorrisetto irritante sulle labbra e Will si innervosì, guardò Hannibal che calmo lo osservava e assaporava in quale modo ucciderlo, lo  poteva leggere nei suoi occhi accesi di trionfo.
«Hannibal, non farlo.» Improvvisamente la voce di Lady Murasaki spuntò, bassa ma determinata, dall'angolo della stanza ma lui la guardò appena, mentre Will scuoteva la testa incredulo alla richiesta della donna.
«Ha mangiato mia sorella.» disse dopo un po' e Grutas fece ciò che c'era più di sbagliato in quel momento, rise.
«È questo il problema? L'hai fatto anche tu, perché non uccidi anche te stesso allora?»
Will sentì un tonfo nel suo stomaco, profondo e sgradevole. Cominciò tutto a vorticare accecato dalle sue emozioni e da quelle di Hannibal,  il mondo sembrava andare a rallentatore in quella rivelazione d'orrore; guardo Hannibal con un groppo in gola e lo vide scuotere la testa con vigore e sgomento.
«Non dargli ascolto, è una bugia.» intervenne così Lady Murasaki staccandosi dal muro, e facendo qualche passo verso il ragazzo, che cominciò a tremare da capo a piedi.
«Guardiapentola te ne preparò una ciotola e te la mischiò nel brodo, e come succhiavi con quella boccuccia avida.»
«NOOO!» Urlò di risposta Hannibal, prendendosi la testa tra le mani mentre lacrime veloci rigavano il suo volto, Will sentì il suo cuore frantumarsi  e la rabbia assalirlo verso quell'essere indegno che continuava a parlare.
Intanto Lady Murasaki si era avvicinata e aveva abbracciato Hannibal, cercando anche di allontanarlo da Grutas, e Will provò un misto di conforto e gelosia di vederli di nuovo uniti.
Strinse forte il pugnale che Hannibal gli aveva dato.
«Pensi che debba pentirmi? Ho salvato la mia vita perché io mi amo, tu non mi avresti forse dato in pasto a lei perché l'amavi? Era sopravvivenza e dovevo nutrirmi.»
A quel punto Will non resistette più, si precipitò sull'uomo con sguardo di fuoco.
«Smettila di dire cazzate, maledetto bastardo!» 
Grutas sbatté gli occhi, pallidi e lucidi di un malsano divertimento mentre guardava la lama luccicare.
«Non lo userai ragazzino, e sei persino troppo carino per trovarti in questa situazione...» Will non gli fece terminare la frase che gli infilzò la gamba destra con prepotenza all'altezza della coscia, e l'uomo urlò.
«Will, fermati!» Sentì la voce di Lady Murasaki ammonirlo ma non si volto.
«Non che sei il mio genere, mocciosetto, ma conosco clienti che ti apprezzerebbero.» l'altro continuò riferendosi al suo orrendo traffico di esseri umani di cui era capo, ed a quel punto un colpo di pistola ferì Grutas nell'altra gamba, e urlò nuovamente.
Will si fermò perché sapeva chi aveva sparato e preferì rimanere a guardare Grutas, provando soddisfazione di vedere un essere così rivoltante, urlare per le sue stesse menzogne e per la sua malvagità.
Poco dopo sentì una presenza di fianco a sé, alzò lo sguardo trovandosi Hannibal dagli occhi feroci guardare Grutas come fosse in procinto di azzannarlo.
Will ebbe un brivido ad essere così vicino alla creatura dall'essenza oscura, e quando i loro occhi si incontrarono, gli passò il pugnale. Hannibal lo strinse con forza, concentrando di nuovo l'attenzione sull'essere spregevole e strisciante sotto di lui.
Improvvisamente un rumore di passi veloci si udì giungere nella stanza, ma prima che Will o Hannibal potessero fare qualcosa, Lady Murasaki disarmò il capitano che infervorato era sceso di sotto, puntando un'arma sui due ragazzi. Preso così dalla rabbia e convinzione di averli in pugno, non si accorse della presenza della donna nell'angolo che lo disarmò e gli sparò con la sua stessa pistola.
In quell'istante Will provò del rispetto per lei, ed Hannibal la ringraziò con un cenno del capo
«Stai bene?»
Quando lei annuì, tornò a Grutas determinato e furioso
«Hannibal ti prego, fermati! Non farlo, resta con me e con Will, non farlo.» 
Lady Murasaki con tono tinto di disperazione tornò a supplicarlo, e per un attimo Will pensò che si sarebbe davvero fermato, ma Hannibal si limitò a guardarla per poi dirigere i suoi occhi su Will.
Era come se stesse aspettando un suo giudizio, un suo ultimo parere prima che potesse agire, e ciò lo fece sentire importante dando dei battiti di vita al suo cuore già ricco d'adrenalina e di rabbia.
Annuì leggermente con il capo, e Hannibal si inginocchiò su Grutas.
Lady Murasaki intanto si avvicinò a Will, i loro occhi si incontrarono e nelle sue lacrime lesse della paura e tremore.
«Ti sei macchiato di sangue, prima di questo...tu sei come lui, e hai unito il tuo fiume al suo- guardò Hannibal che a quel punto, la stava guardando con gli occhi che luccicavo- i vostri fiumi scorrono nel sangue, e vi meritate a vicenda.» c'era del disprezzo nell'ultima frase, dicendo questo uscì dalla stanza, e poco dopo la sentirono tuffarsi giù dalla barca.
 
Will rimase immobile ad assistere ad un'altra vendetta, della sua creatura dalle lunga e nere corna di un cervo di altre dimensioni, e dagli occhi così lucenti che presero il colore del nulla.
Hannibal con il pugnale, prese a disegnare sul volto di Grutas che urlava sempre più forte, poi gli strappò la camicia e incise ancora.
«M, per Mischa!!» 
Una lettera di dolore, ricordi e giustizia; Will sbatté le palpebre e sentì che stava piangendo, versando lacrime per quella bambina, per il piccolo Hannibal che aveva perso la sua innocenza, e per l'emozione di una vendetta completa.
Un essere rivoltante era stato distrutto.
A quel punto Hannibal si abbassò verso di lui e la sua forma umana scomparve totalmente quando affondò i denti nelle sue guance, come fosse un'animale con la sua preda. Will rimase scioccato ma non riuscì a muoversi, o fermarlo...sapeva perché lo stava facendo, come il fatto che non si sarebbe mosso. Non provò ribrezzo per la creatura nera e alta che azzannava la sua vittima, e lì capì che non sarebbe mai scappato da lui: era condannato ad accettarlo qualunque cosa l'altro avesse fatto.
Hannibal si alzò da lui e pulì il pugnale con la giacca di Grutas, riponendolo dietro la sua schiena, poi con la manica della sua giacca si tolse il sangue che era riverso nelle sue labbra, era stato così ordinato da averne davvero poco. 
Solo allora Will poté vederlo di nuovo nelle sue vesti umane e sospirò pesantemente rimanendo ancora fermo, Hannibal intanto era vibrante di emozioni, troppe per trattenerle e graffiano per uscire, infatti cominciò a tremare. A quel punto Will si avvicinò, non potendo negargli ciò di cui aveva bisogno nonostante ciò che era, lui non poteva rinnegarlo e lo avvolse tra le sue braccia. Lo strinse più forte che poteva, ricambiando cosa Hannibal aveva fatto con lui; e non poté negare di sentirsi completo così l'uno tra le braccia dell'altro.
Hannibal esitò qualche secondo prima di ricambiare l'abbraccio, come se fosse sorpreso che Will fosse rimasto, e che non avesse paura di lui. Poggiò poi la testa nell'incavo del suo collo, facendo scorrere alcune lacrime di quelle emozioni sulla sua pelle.
Will sospirò e calmò il suo respiro per donare all'altro tranquillità e infatti lentamente, Hannibal smise di tremare.
«Tu e io nell'oscurità ci ritroveremo sempre.» così aveva sussurrato nel suo collo, con la voce leggermente rotta, e Will annuì poggiando la testa sulla sua.
«Noi siamo legati nell'oscurità.»
 
 
La falce di luna spuntava da alcune nubi scure nel cielo, e il riflesso tinto di rosso dalle fiamme della barca che si innalzavano indomabili, colpivano i volti di Hannibal e Will nei campi più distanti. Erano in silenzio osservando il loro operato venir avvolto nuovamente dal fuoco; le foglie degli alberi nel bosco che costeggiava il lago poco più in là, vicino al ponte di pietra, si muovevano nel leggero venticello che si era alzato.
Improvvisamente le sirene della polizia e dei vigili del fuoco, fecero eco nel silenzio delle fiamme, Will lo guardò e non notò sorpresa negli occhi dell'altro, per il poco tempo in cui avevano raggiunto la zona.
«Tu lo sapevi.» commentò con una punta d'acido, per non essere stato avvisato.
«Quando Popil mi portò al commissariato non lo fece solo per farsi raccontare del mio passato, ma incaricò dei suoi agenti di seguirmi. Li avevo seminati, ma immagino che l'incendio della barca abbia attirato la loro attenzione.»
Will sospirò guardandosi attorno apprensivo, e puntò i suoi occhi nella direzione del bosco che distava qualche metro dai campi dov'erano, e nel quali si erano riparati dall'esplosione.
«Possiamo scappare attraverso i boschi, è abbastanza buio non ci vedranno e...» si stoppò quando incontrò ancora lo sguardo di Hannibal, e cominciò a vedere il suo disegno: il perché avesse bruciato la barca, e fosse così immobile e calmo.
Voleva farsi prendere.
Rimase stordito per qualche istante non dicendo più nulla, e quando fu pronto per cominciare a parlare di nuovo, Hannibal lo interruppe sul tempo.
«Se fuggiamo insieme c'è la probabilità che ci prendano ed anche se riuscissimo a farlo, ma poi? Dovremmo vivere come fuggiaschi per tutta la vita? Non è questo che voglio per me, né tantomeno per te.»
Will si portò una mano sulla fronte sospirando forte, il cuore che gli batteva nelle onde dell'ansia e della rabbia che cominciò a montare.
«Non ci posso credere! Tu vuoi che ci catturino, davvero? Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto?»
Hannibal tentò di toccarlo, afferrarlo per le spalle per calmarlo probabilmente, ma Will non glielo permise. Si distanziò incredulo e sempre più nervoso, perché vide qualcos'altro nell'ambra dei suoi occhi più scuri nella notte.
La sua empatia gli trasmise la risposta limpida e sconvolgente, che lo lasciò senza parole per qualche istante.
No, non io.
Cominciò a ridere nervosamente.
«Io non scapperò Hannibal, non ti azzardare nemmeno a pensare qualcosa del genere.»
«Will...»
«No! È una stronzata, la cosa più stupida che potessi pensare! E non mi guardare così! Non accetterò un piano del genere.»
Era furioso! E cominciò a girare in tondo nel terreno guardando con preoccupazione le luci rosse e blu, sempre più vicine. In quell'attimo di distrazione, Hannibal lo fermò per le spalle ma Will però non lo guardò, e chiuse i pugni forte dalla rabbia che bruciava nel suo corpo. Si sorprese a maledirsi per avergli dato il pugnale ed essere disarmato! Perché l'avrebbe costretto a restare, non l'avrebbe lasciato andare, e non poteva sopportare d'essere di nuovo in bilico nel sentiero che senza di Hannibal, si spaccava sotto i suoi piedi. Lo vide perfino in quel momento: sotto i campi si aprì una voragine, e dovette scuotere l'immagine lontana dalla sua mente per non caderci totalmente.
Pensare ad Hannibal imprigionato mentre lui era libero era davvero troppo, e sarebbe stata una menzogna, non poteva tollerare tutto questo.
«Will, guardarmi per favore.»
Di nuovo non lo fece, puntando lo sguardo a terra e sentendo delle ridicole lacrime pizzicarli gli occhi, spinte anche dal tono dolce dell'altro.
«Tu pensi che io sia un codardo? Eh?» 
«No, certo che no.» a quel punto lo guardò e nei suoi occhi ambrati c'era un emozione troppo forte per far sì che lui la reggesse, la sentì scorrere nel suo corpo e desiderò abbandonarsi tra le sue braccia.
Lo odiò per scuoterlo in quel mondo, renderlo rabbioso e arrendevole come se fosse su un'altalena spinta da Hannibal, nella creatura manipolativa che era.
«Lo sai anche tu che è la scelta più logica, io voglio solo il meglio per noi.»
Era altamente persuasivo il suo tono mentre le sue mani gli accarezzavano le braccia, e il suo sguardo così calmo come il lago di fianco a loro lo cullava, e Will avrebbe voluto navigarci tranquillo in quelle acque... ma non poteva perché erano oscure e manipolatrici. Conosceva tutte le sfumature dei suoi occhi e sapeva che cosa stava facendo per quanto in quel momento, ne lesse una nuova: non glielo stava chiedendo. 
Sentì che se non avesse accettato, Hannibal avrebbe usato un'altra tecnica per costringerlo a rimanere, il pugnale probabilmente...entrambi erano disposti a ferirsi nella carne, obbligarsi con la violenza, per far seguire all'altro quello che credevano fosse il bene di tutte e due. Will rimase sconvolto da quella sfumatura del loro rapporto, e si dovette scuotere per potergli rispondere adeguatamente.
«Balle! È stato ingegnoso incendiare la barca per nascondere le prove e per essere visibile, ma perché diamine devi scegliere tu? Chi ti da il diritto di farlo entrambi? Dici vuoi il meglio, ma per chi? Con te in prigione ed io libero? È ridicolo, non voglio nemmeno pensare a qualcosa del genere, non ha senso ed è una cavo...» 
Improvvisamente si trovò le labbra di Hannibal sulle sue, all'inizio si ribellò con il cuore acceso di rabbia, ma quando sentì con quanta brama e bisogno lo baciava non poté più farlo. Si ritrovò a ricambiare quella passione e ardore, ad accarezzare il suo viso e il suo collo con pressante desiderio di appartenenza.
Hannibal lo stringeva così forte che sembrava fosse una necessità, un motivo per lui di vivere, e Will sentì il suo cuore gonfiarsi a quell'atteggiamento, poiché per lui era lo stesso. Persino con il respiro che gli mancava non si sarebbe mai e poi mai staccato da lui, finché l'altro non l'avesse fatto.
E nemmeno quando si staccarono sospirando entrambi, interruppero quell'abbraccio appassionato che si era creato, Hannibal prese a baciargli il collo, la mascella ed il viso; risalì fino alla fronte dove dopo averci posato un bacio leggero, poggiò la sua.
Will chiuse gli occhi non potendo rifiutare quelle attenzioni, sapeva che c'era della manipolazione scritta nella sostanza di quei baci, ma c'era anche del sentimento lo avvertì nella sua pelle ad ogni tocco delle sue labbra.
Aprì gli occhi trovando Hannibal a fissarlo con un tale sentimento all'interno di quegli suoi ambrati e toccati dalla falce lunare, che ebbe un sussulto nell'animo.
«Voglio tu sappia che non sei mai stato secondo per me, mai.»
Will tentò di rispondergli ma aveva la gola secca, il cuore che batteva così forte con delle parole che si formarono chiare in esso: il significato di quel momento, di quelli passati e di ciò che aveva condiviso con lui.
«Ed io non ti detesto, beh non tutto il tempo... diciamo che non ti detesto totalmente. » suonò strana la sua voce alle sue stesse orecchie, imbarazzata e ottenebrata dal frastuono del suo cuore che pompava sentimento. Ma quella frase che gli aveva urlato mascherando la delusione dopo il loro primo bacio, non era totalmente la verità, questo voleva ricordargli. 
Non era solo odio quello che sentiva per lui.
Lo faceva bruciare, spazientire e innervosire, ma riusciva anche a calmarlo e farlo sorridere, dando un senso in più alla sua esistenza...perché Hannibal l'aveva salvato, l'aveva visto e rivelato la sua vera natura. 
Ed era necessario che lo sapesse, per quanto non era soltanto questo che voleva dirgli.
Quando Hannibal abbozzò una risata lo trovò meraviglioso, come se un'improvvisa carezza avesse toccato il suo animo, dandogli una visone di pace lontano dal pericolo e da quella divisione che stava per accadere.
Strofinò il naso con il suo in modo affettuoso, prima di parlare.
«Pensami e non preoccuparti per me.» quando si staccò da lui Will si sentì spaccato dall'interno, distrutto dalla scelta che Hannibal stava compiendo, e dalla conseguenza che ne sarebbe sorta.
Avrebbe voluto rincorrerlo mentre si dirigeva sul ponte incontro alla polizia, avrebbe voluto fermarlo ma non sarebbe servito, rimase immobile in ciò che non voleva ma che era necessario. Represse l'istinto giovanile ascoltando piuttosto la parte più logica e adulta, rimase così fermo a braccia conserte osservandolo allontanarsi sempre di più da lui. Rimase immobile con la parola che voleva dirgli muta sulle labbra, bloccata nella sua gola e sussurrata nel suo cuore: il nome del sentimento che non pronunciò.
 
Angolo Autrice: Ciao a tutti ^_^ questo capitolo è stato piuttosto impegnativo lo ammetto :P ma è stato soddisfacente scriverlo.
Anche qui ho dovuto usare più parti del solito di Harris, perché sennò non si capiva e riguardo il fatto che Hannibal si faccia catturare (nel libro succede mentre nel film no) mi sono chiesta nel libro perché lo facesse, poteva davvero fuggire ma non l'ha fatto. Allora ho pensato che avesse calcolato che non sarebbe rimasto tanto in galera/non voleva essere un fuggiasco poi qui ho aggiunto Will ovvio ^_^ la ragione principale per cui si fa catturare.
 
Adoro il sentimento, tra Hannibal e Will** il pezzo dove Hannibal lo bacia è uscito naturalmente e si è evoluto in qualcosa di passionale e mi sciolgooo ahah
 
 
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


"I hold no grudges,
it’s my destiny I got so used to winning
And now I do my best baby
To take it on the chin I’ve made mistakes
But I’m not haunted
Because your love gives me the strength"

IAMX- Scars
 
L'orologio del carcere ticchettava nei minuti che passavano, mentre Hannibal nella sua cella rigirava per l'ennesima volta una lettera tra le mani. Non che avesse timore di aprirla: semplicemente si stava godendo il momento in un riflessivo silenzio.
Poteva sentire le parole scritte all'interno, e comprenderle. Così come era tangibile che dal quadernetto, contenente i suoi disegni e ritratti che gli era stato consegnato assieme alla lettera, ne mancasse una pagina; e non aveva certo bisogno di controllare quale fosse, per capire il motivo della sua assenza.
Era tutto più chiaro ora, senza la nebbia della vendetta ad ottenebrarlo. Anche dormire era più semplice: se prima era piuttosto bravo a capire le persone, ed osservare i loro atteggiamenti, ora poteva perfino percepirle.
La conferma la ebbe con il comportamento di Lady Murasaki, quando la incontrò dopo una settimana, qualche ora prima. Era stata lei a portargli quella lettera ed a passargli i suoi disegni, nell'unico momento in cui l'aveva guardato.
E nonostante l'affetto fosse ancora presente in lei, c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo impaurito e immobile come il gelo dell'inverno, ma lui non si scosse e non sentì nulla.
Era un addio che Hannibal accettava, perché era tutto più calmo ora.
Abbassò lo sguardo sulla lettera e con delicatezza l'aprì. Un piccolo sorriso dalle note malinconiche colorò le sue labbra, nel vedere la calligrafia di Will cosparsa sopra quel foglio, rapita e passionale come d’altronde era lui.

Caro Hannibal,
Con questa lettera riceverai  il quadernetto con i tuoi disegni, che ho preso dalla tua stanza. Immagino che ti farà piacere averli, e... voglio dirti qualcosa.
Da settimane c'è una protesta dei comunisti del Quai Des Orfevres e del Pont- Neuf, a tuo favore fuori dalla prigione. Ci sono persino dei cartelli con scritto "Hannibal libero", mentre con schiamazzi, verbalmente chiedono il tuo rilascio. Ho collaborato all'articolo sulla tua infanzia, inviando informazioni in via anonima all'Humanitè, ma immagino che tu questo lo sappia già: hai calcolato tutto perfettamente, non è così?
Popil è nervoso, e mi muove a provare della compassione per lui, per quanto poco mi importi. Comunque non ci sono prove contro di te, e probabilmente questo lo irriterà. Confido che uscirai presto... ma ti scrivo per dirti che non mi troverai.
Sto facendo come tu mi hai chiesto, e non mi sto preoccupando per te.
Ho lasciato l'Università di Medicina, perché non faceva per me, e sto partendo. Lascerò anche la Francia e comincerò una nuova vita, cambiando persino il cognome, visto che prenderò quello di mia madre... E’ quello che fa per me, per quanto preferirei essere lì con te. Lo sai questo e lo so anche io; ma tu hai scelto tutto ciò, e le scelte hanno le loro conseguenze.
Lo so che lo hai fatto per proteggermi: ne sono conscio! Dall'altra parte però ci sono mille diramazioni e possibilità che non voglio più analizzare, né capire o soppesare.
Ti chiederai se ho scelto di staccarmi da te per questo o per qualcos'altro, come se potessi davvero farlo... diciamo che allontanarsi quanto più mi è possibile, è la definizione più corretta che può spiegare ciò che sto facendo.
Ti ho visto assaggiare la tua vendetta, e se in parte questo mi ha scosso, so perfettamente perché lo hai fatto. D’altra parte , so che non abbiamo lo stesso appetito, ma ho intuito cosa potremmo essere insieme, e quello che potremmo diventare. Ho analizzato ogni possibile crimine futuro e ogni sfumatura di ciò che saremo, e non voglio proseguire.
Potrei dirti che sono semplicemente stanco di non trovare una soluzione alle tue azioni, insieme alle ragioni che ti ho elencato sopra. Oppure accusarti del fatto che nuovamente hai scelto per entrambi, senza interpellarmi...ma in realtà non lo so. E’ questo il punto Hannibal: ci sono troppe cose che non so con te.
Ho provato ad adattarmi, aspettando un chiarimento da parte tua: forse sarebbe stato diverso, chi può dirlo?
Ma ci sono soltanto domande senza risposta.
Tu risucchi chi sono! Mi hai trovato nell'oscurità e mi hai salvato: e io ti ringrazio di questo, ma allo stesso tempo mi hai anche condannato a essere me stesso, liberando la bestia. Ora io voglio trovare altri lati in me, e devo farlo da solo. Probabilmente è la parte ragionevole della mia mente a sussurrarmi di fuggire, e di allontanarmi da ciò che provo per te.
Tu lo sai quello che provo, e credo di aver visto il riflesso medesimo nei tuoi occhi quando mi donasti l'ultimo bacio; ma non è una certezza, come sempre con te...e non farebbe differenza in ogni caso, oramai la linea è tratta...ma voglio dirti il nome del sentimento che mi distrugge e annienta, e di cui non posso farne a meno. A Baltimora sarà vivo così come lo è qui in Francia, dove ti sto scrivendo questa lettera.
Dannazione... è ridicolo che io debba esprimerlo qui, ma è giusto che tu lo sappia. Ebbene si, sono innamorato di te, nonostante quello che sei, che mi fai, e che ci procuriamo a vicenda. Nonostante la distruttività che portiamo quando siamo assieme, e che produci in me, non posso negare che ci apparteniamo, come tu mi dicesti, contro ogni volontà e ragione. Le nostre anime si parlano ovunque e sono affini: anche adesso ti sento mentre ti sussurro che ti amo.
È sbagliato, da ogni punto di vista; ma sono condannato a bruciare nella passione a quanto pare. Non lo nego, né lo terrò più nascosto.
Volevo che lo sapessi e quella cena...mi sarebbe piaciuto parteciparvi: gustala anche per me la lepre, quando uscirai.
Ti saluto, conscio del fatto che nel nostro mondo sempre ci ritroveremo.
Will Graham.
 
P.s. ho tenuto il tuo disegno del mio ritratto, spero che non ti dispiacerà.
 

Ecco l'unico essere umano presente sulla terra che riusciva a scuoterlo. Poggiò la lettera sulle ginocchia, percependo un’oppressione nel petto: il laccio che lo stringeva dall'interno, e che lo legava a Will in maniera indissolubile.
Per quanto comprendesse la sua scelta, non poteva negare la sofferenza che lo aveva avvolto; e capì chi fosse veramente Will Graham per lui. Le frasi del principe Genji apparvero nella sua mente:
Non ti turba stranamente il canto dell'uccello d'amore, in questa notte in cui, come la neve che il venti sospinge, i ricordi si accumulano su ricordi?*

Era lì fermo, intrappolato nella dichiarazione d'amore che indelebile scorreva davanti ai suoi occhi, e nell'inchiostro tremante con cui Will aveva scritto quella parte. Poteva quasi vederlo, chinato su una scrivania immobile e determinato, ma con gli occhi lucidi, mentre scriveva quelle parole. Persino i suoi occhi brillavano, mentre le parole scorrevano nella sua mente...e gli mancava terribilmente.
Aveva intuito, e anche visto il sentimento di cui lui gli parlava in lettera; ma leggerne il nome, sentirlo pronunciare dalla sua voce nella sua mente, era diverso. Hannibal non glielo aveva mai dato a quel sentimento che vedeva in lui; ma i suoi sguardi ed il suo comportamento, non avevano fatto altro che confermarlo, sotto il sole e la luna di ogni nuovo giorno.
Hannibal dal canto suo l'aveva realizzato in quella barca, leggendolo nei suoi occhi preoccupati, quando gli aveva comunicato il suo piano. Lo sentì  anche nel bacio che dovette dargli, spinto sì dalla manipolazione, ma soprattutto dal sentimento. Un impetuoso e dominante sentimento, racchiuso in un bacio dal gusto della persuasione e del desiderio. Il fatto che avesse messo Will prima della sua stessa libertà, gli aveva fatto capire quanto il sentimento avesse preso il sopravvento su ogni canone da lui conosciuto, o stabilito, rendendolo insignificante.
Quando i loro occhi si erano incontrati, e aveva visto i suoi brillare, sapeva che cosa provava per Will; ma non gli aveva dato né voce né nome, essendo ancora incredulo che era successo per qualcuno che non fosse Lady Murasaki.
"Tu l'hai già scelto" sentì le parole di Lady Musaraki nella sua mente, e nuovamente le diede ragione.
Passò le dita sulle parole d'amore di Will e le sentì scorrere nei suoi polpastrelli, come avessero vita propria,  fino a giungere nel suo cuore, che prese a battere forte mentre ammetteva ciò che provava.
Chiuse gli occhi, visualizzandosi Will dinnanzi a sé, e sussurrò piano la sua risposta.
«Anche io sono innamorato di te, Will.»
Pensava che avrebbe amato soltanto Lady Murasaki, ma si sbagliava. Per lei era stato un amore più simile alla sostanza di un sogno: idilliaco e intoccabile, che si era spento nell'impossibilità di realizzarsi.
Lady Musaraki era e sempre sarebbe stata, la persona per cui aveva provato un sentimento vero e forte: ma non era quello che voleva, non più.
Realizzò che per Will era un sentimento denso e vitale come il sangue, che pulsava sotto la sua pelle e all'interno del suo essere, ritmando il suo cuore: era indispensabile, irresistibile e più forte di qualsiasi cosa. Will poteva leggergli dentro come nessuno mai; e sapeva di aver trovato la persona giusta.
Capì di amarlo sopra ogni altra cosa al mondo.
Chiuse la lettera, con la consapevolezza che quello di Will non era un vero addio ma piuttosto un arrivederci, poiché gli aveva dato ogni informazione possibile per farsi trovare nella sua duplice natura: diviso tra moralità di fuggire e ciò che era davvero.
Ogni cosa era presente in quella lettera, e Hannibal sussurrò a se stesso la promessa che l'avrebbe trovato.
 

 *Frase presa direttamente da Harris

Angolo Autrice: Ciao a tutti ^_^
Questo capitolo è più corto perché è il penultimo, e perché metterò l'epilogo attaccato in pratica, mi tocca XD le ragioni le sapete^^
 
In sto capitolo diciamo pure che Will distante da Hannibal, ha un attimo di lucidità? Sì diciamo così XD e quindi sceglie la strada più logica, e poi calcolate che è risentito/arrabbiato per via che Hannibal abbia scelto per entrambi nell'altro capitolo, eppure che è confuso...
ce lo vedo più plausibile un Will così :P che fugge ma comunque non gli dice addio, dando le informazioni per farsi trovare, per avere le sue attenzioni comunque.
Hannibal è un cucciolo ed aveva già calcolato questa mossa da parte sua, o almeno era una delle possibilità.
Il brano di IAMX è bellissimo, quindi ve l'ho linkato in caso vi interessi
 
 Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà ^_^


 
 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


"What will you choose
When there's nothing left to lose?
And time stands still

Stay with me
When there's nothing left to own
Breathe with me
Be with me"

Stay With Me- Asrai
 
6 anni dopo
 
«Lui è unico, mi capisce? Non posso di certo sostituirlo, la sua immaginazione è unica ed è il migliore agente che ho sul campo. È ineguagliabile.»
L'agente capo Jack Crawford si sistemò la cravatta, improvvisamente troppo stretta per il suo largo collo, e si appoggiò allo schienale della sua poltrona di pelle nera; l'ufficio era silenzioso per quanto alcuni rumori di passi, voci, e battiti sulle macchine da scrivere si udivano in lontananza.
Hannibal guardò l'uomo con pacatezza nel suo completo blu appariscente che aveva scelto apposta per quel giorno, la sua nuova occasione.
«Ne sono consapevole, ho studiato il suo fascicolo e so come funziona la sua mente. La sua empatia, gli permette di assumere il punto di vista di chiunque:  il mio, il suo, e di qualcuno che potrebbe sconvolgerlo.»
L'omone di fronte a sé tirò un grosso sospiro, incrociando le mani sulla scrivania.
«Sia cauto nel dirglielo, non apprezza molto l'approccio diretto...e le faccio questa premessa perché ha già respinto due psichiatri di alto profilo, uscendo direttamente dalla porta. L'ultimo criminale, il cannibale a cui stiamo dando la caccia, ci sta entrando troppo in contatto e mi è stato consigliato di non farlo avvicinare.»
Lo fissò, ed Hannibal poté percepire la diffidenza tipica di un uomo che aveva visto troppi crimini, sangue, e violenza per fidarsi del prossimo.
«Mi  hanno consigliato te perché avete la stessa età e questo può mettervi sulla stessa lunghezza d'onda, e siete entrambi dei giovani prodigi. Tu sei a Baltimora stabilmente da qualche mese, vero? Bene, bene- si stoppò e scosse il capo- scusami, mi viene naturale darti del tu per via che sei così giovane, ti dispiace?»
«Faccia pure.»
Hannibal non lo avrebbe di certo fatto.
«Dicono che in Canada hai fatto meraviglie, con due pazienti molto giovani e particolari, giusto? Non ha caso all'FBI hanno prontamente consigliato la tua presenza, dicono che sei adatto per capirlo affondo.»
Lecter accavallò le gambe, non lasciando il contatto visivo dell'uomo che lo stava chiaramente esaminando, come se volesse accertarsi delle sue capacità: un'ultima prova da parte sua.
«Non si angosci agente Crawford, ho studiato il suo comportamento a tal punto che mi sembra di conoscerlo. Di solito cerco di entrare a contatto con le loro menti...come i due pazienti in Canada, che lei ha nominato.»
E se li ricordava eccome, non perché fossero eccezionali, ma poiché erano stati i primi pazienti che l'avevano fatto davvero risaltare come voleva, soprattutto uno.
Quando era giunto in Canada nel Quèbec, il suo primo interesse fu di fermarsi da Grentz l'ultimo sciacallo nella lista, e ordinare la testa che gli spettava... la sua, non programmò un piano eclatante, lo eliminò e basta. Poi si fermò alcuni giorni in ed in sella alla sua moto, girò fin quando arrivò a Vancouver, osservò l'università di Montrèal dalla struttura imponente. Ne era attratto soprattutto da uno studio lì presente, e poi lo stavano aspettando, visto che avendo compilato un test ed era stato ammesso senza problemi.
Quasi nessuno conosceva la sua storia, e i pochi che ne avevano sentito parlare erano soltanto in sussurri eroici di un giustiziere, che aveva eliminato alcuni sciacalli uniti ai nazisti, ma niente di più...non sapevano il suo nome.
Dalla prigione avevano preferito celare la faccenda piuttosto che pubblicizzarla, e ci mise più tempo ad uscirne rispetto a quanto Hannibal calcolò, poiché con di mezzo la burocrazia, gli ci volle un mese. Fu paziente però, inviò persino un'istanza al tribunale che ottenne, per continuare i suoi studi di medicina e occupare il tempo. Non era angosciato per il suo futuro...non che fosse mai stato ansioso, ma senz'altro era diventato ancora più calmo e metodico stando da solo con i suoi pensieri.
Quando uscì la prima cosa che fece, fu di dirigersi a casa di Lady Murasaki, per scrupolo più che altro poiché ben sapeva che non l'avrebbe trovata lì, se non la boccetta del suo profumo che lei vi lasciò; l'annusò e percepì la scia del suo ricordo.
E la sera prese un tavolo al ristorante Champ-de-Mars, dove mangiò la lepre al salmì come aveva programmato di fare, non si sentì solo per quanto la mancanza di Will si fece sentire pressante in quel momento; ma lui lo vedeva lì di fronte a sé, con sguardo dolce e i riccioli spettinati a cenare con lui.
Non era da solo.
Ci fu una persona che lo attendeva in realtà, l'unica a quanto pare che trovò per lui: la dottoressa Claire DeVrie. Era capo del neonato laboratorio di polizia forense, e lo assunse dapprima per uno studio sull'analisi quantitativa e tossicologica con i minimo di reagenti e di attrezzature , e poi lo fece lavorare con lei nel suo laboratorio. Lì ci passò qualche anno, e si trovò adeguatamente bene per quanto sapeva non era di certo il posto dove sarebbe rimasto, e quando lesse il depliant dell'università di Montréal e dello studio di psicologia, tutto cambiò.
La donna affezionata a lui tentò di dissuaderlo, era attraente e brillante e dunque probabilmente seppe che era inutile, ma ci tentò ugualmente con poche parole perché Hannibal aveva già scelto. L'attrazione prorompente di voler conoscere la mente oltre che il corpo aveva preso il sopravvento, e oltretutto non era poi così lontano da Will.
Si iscrisse così all'università, ottenendo quasi subito dei buoni risultati, e diventando uno dei migliori alunni; passarono altri due anni mentre si faceva strada nel campo della psichiatria, ed in cui non andrò a cercare Will. Voleva vendicarsi di quella lettera e preferì farlo attendere, poiché che corresse tra le sue braccia e gli desse la sua attenzione, era quello che Graham voleva.
Così si laureò ed aprì un piccolo studiolo in Canada, solo allora cominciò ad andare in America, a Baltimora per essere precisi, per tenere o seguire conferenze di psicologia; soltanto lì approfittò anche per cercare Will, e non gli fu difficile trovarlo. Di tanto in tanto lo osservava da lontano, dirigersi al suo lavoro sul quale stava avendo ottimi risultati, ma non gli parò né si avvicinò a lui, continuando parallelamente la sua vita.
Portò avanti il suo piccolo studio dove per l'appunto, furono due casi a dargli la fama che voleva, soprattutto un ragazzo dalla natura animalesca, che Hannibal aveva fatto aprire facendo un commento sui suoi denti. Lui era stato il primo psichiatra a riuscirci, perché con nessun'altro aveva aperto bocca, o l'aveva compreso come gli disse poi il ragazzo.
E presto scrivendo anche per riviste psichiatre alcuni articoli, ebbe la notorietà nel campo psichiatrico, e fu il suo lavoro a premiarlo, poiché veniva spesso invitato a varie feste specialmente in America. Lì conosceva molti colleghi, la maggioranza più grandi di lui con le facce americane, aperte ma non innocenti e piacevoli da leggersi*; e si divertiva a "impegnarli" in discorsi morali in cui vacillavano.
Non ci volle molte e si trasferì negli Stati Uniti, lo affascinava quella città dal riscaldamento e la luce in abbondanza...con il risultato che aprì un vero e proprio studio a Baltimora, nei mesi che seguirono. Lì cominciò a pensare a come avrebbe potuto parlare di nuovo a Will Graham, ma fu tutto l'impegno messo che lo ripagò. Tra le sue conoscenze c'era una donna trentenne, con cui spesso aveva tenuto delle conversazioni, e che aveva visto a vari convegni: Alana Bloom. Aveva una certa stima di lui, e gli diceva spesso che aveva un sesto senso nel capire le persone, e che aveva un'empatia elevata, ma che almeno lui riusciva a controllare. Non parlavano dei loro pazienti ma fu proprio lì che il discorso iniziò Alana lavorava per l'FBI, e seppe così di un'agente speciale decisamente particolare; lei gli diede l'occasione per rivederlo ancora con anche una "scusa" plausibile. Hannibal non trovò difficoltà nel persuaderla, per far sì che gli chiedesse ciò che voleva, e facendo in modo che fosse lui a occuparsi di questo agente.

«So che il mio nuovo paziente ha una capacità di percezione elevata, e può essere un'arma doppio taglio. È come la lama di un coltello, dipende da che parte lo tieni, e bisogna solo mostrargli la direzione giusta.»
Jack si rilassò sullo schienale della poltrona, aveva passato "l'esame" a quanto pare visto che gli sorrise.
«Comincio a capire perché la dottoressa Bloom mi hanno consigliato te, e perché hanno insistito tanto qui all'FBI.»
Hannibal gli sorrise cordialmente di rimando, quand'ecco che alla porta ci furono due battiti, insieme a due colpetti nervosi del piede di chi bussava.
Jack Crawford tirò un sospiro, alzandosi dalla sedia.
«Will, entra pure!»
Hannibal si alzò di rimando, avvolto da sensazioni che da tempo non avvertiva più in presenza di nessuno, non sentiva più emozioni in generale, preferendo chiuderle dentro di sé piuttosto dopo la rivelazione di Grutas...ma con Will, non riuscì.
E appena l'uomo varcò la soglia, lo riconobbe come il suo Will Graham: schivo nella sua fortezza dell'essere, già innalzata a distanziare chiunque, era lì immobile ancora attaccato alla porta con lo sguardo vagante per la stanza.
Era vestito con una camicia chiara a righe, un po' troppo larga forse, ma che risaltava il suo collo scoperto. I ricci erano più corti, e pettinati selvaggiamente sul viso da uomo dalla barba incolta che si era fatto crescere.
E quegli occhi...Hannibal ebbe un fremito nel vederli: splendidi, luminosi e che contenevano i colori del cielo e del mare, baciati dal sole d'estate.
Jack si avvicinò a Will sicuro per imporgli la sua scelta, ma anche con titubanza a dominare i suoi occhi scuri; lo stava trattando con la stessa delicatezza che si poteva usare con una tazzina di porcellana che aveva paura di rompere, e fece sorridere Hannibal. Lui conosceva bene la vera natura di Will, e poco centrava con la visione di Crawford.
Gli toccò leggermente le spalle, sapendo che l'altro poco era incline al contatto fisico.
«Will, lascia che ti presenti il dottor Hannibal Lecter, come vedi è ben diverso dai precedenti psichiatri con cui hai avuto a che fare. Ha la tua stessa età, e potreste avere più sintonia, quindi comportati bene.» lo ammonì leggermente dandogli un'occhiata piena di parole, anche se Will evitò più che poteva il contatto visivo con lui, ma piuttosto i suoi occhi si imputarono su Hannibal, con nessuna difficoltà.
Un cipiglio di stupore prese il suo volto ma fugace, tant'è che solo Lecter poté vederlo;  il suo viso poi, si distese dal fastidio che pensava di provare, e si celò non mostrando più alcuna emozione. Ma Hannibal lo conosceva e i suoi occhi brillavano ora, mentre sulle labbra un piccolo sorriso le adornava...c'era dell'ammirazione scritta nel suo viso, e quel luccichio nello sguardo che solo al sottoscritto aveva donato.
Emozioni passate si mischiarono a quelle presenti.
«Agente speciale Will Graham, è un piacere fare la tua conoscenza.» allungò una mano verso di lui ma non si mosse; e poté sentire l'ansia di Jack che li guardava posizionato di fianco a loro, pronto all'evenienza che il suo agente speciale sarebbe scappato dalla porta.
Ma lui non sapeva.
Will si staccò dalla porta e quei pochi passi che li divisero, furono un'eternità scandita dai battiti del suo cuore, e dall'impeto di emozioni che lo scuotevano. Quando fu vicino a lui lo fissò per qualche istante prima di compiere una mossa, studiandolo come un predatore studiava il territorio, e aveva un dopobarba sgradevole, ma il suo odore...superava tutto il resto.
Dopodiché con dell'ironia scritta negli occhi di entrambi, afferrò la sua mano e quando si toccarono, una scossa familiare toccò Hannibal e sapeva che per l'altro era lo stesso; era scritto nel suo sguardo e non poteva mentirgli.
«Dottor Lecter.»
Nei loro occhi il tempo si fermò in ricordi, sensazioni, e sentimenti che nessun'altro poteva vedere; la luce che entrava dalla finestra, dietro la scrivania di Crawford dove spostava la polvere, si fermò sulle loro mani per un breve istante.
Quando si staccarono, il loro contatto visivo non si interruppe subito ma Jack non lo notò, piuttosto rallegrato dal fatto che Will avesse accettato il suo nuovo psichiatra.
Si accomodarono tutti nelle poltrone scure.
«Il cannibale su cui state lavorando, penso di poter aiutarti a vedere il suo volto, Will.»
Spostò lo sguardo dalla lavagna pieni di appunti sul killer e le vittime, e lo passò a Will, l'altro abbozzò un sorriso, un luccichio familiare nei suoi occhi che fece vibrare il suo essere.
«Sono curioso di vederti all'opera, Hannibal.»
Conosceva quel tono velato d'ilarità, ed era inebriante sentire di nuovo quella sensazione di calore in sua presenza, e avvertire l'ombra di un sorriso colorargli le labbra toccate nella consapevolezza.
 
Si misero a parlare del serial killer e degli omicidi di giovani ragazze che aveva già commesso, con orrore ma senza mancanza di rispetto; sul perché fossero state scelte proprio loro, e su come prenderlo...i discorsi erano del tutto incentrati sul crimine.
Ma gli sguardi di Hannibal e Will, spesso si erano incontrati perdendosi nei riflessi di loro stessi, con i loro animi affini che si sussurravano emozioni passate e presenti, nelle pause dei discorsi. Loro si toccavano nel loro mondo, percependosi senza nessuna barriera e senza bisogno di dirsi altro.

 
*pezzo di Harris


Angolo Autrice:  Ciao a tutti ^_^
E siamo giunti al capitolo 10 nonché all'epilogo, vi dirò provo una certa emozione ad averlo finito T.T è stato un viaggio emozionante che iniziò un anno fa, ed ascoltando un album di IAMX ha cominciato ad evolversi fino a che non ho iniziato a scriverlo, ed è durato tutto 6 mesi.
Ho empatizzato moltissimo con i personaggi, non che sia una novità ma alcune volte è stato prorompente, tanto che ho dovuto interrompere la scrittura per qualche giorno di un determinato pezzo, prima di poterlo  riprendere.
 
Vi avviso che in sto capitolo ho fatto del lavoro di "fantasia", perché so che la psicologia in quegli anni era ancora agli inizi ed era poco considerata, ma ho voluto riprendere l'inizio del telefilm Hannibal e quindi mi sono un po' "inventata" alcune cose, spero che vi piacerà cmq.
 
Partiamo con  i ringraziamenti XD
Ai  miei recensori:
Leonessa885: la mia recensitrice per eccellenza qui :P sei stata così attiva e coinvolta nel racconto, che più volte mi hai fatto sorridere ed emozionare quindi ti ringrazio infinitamente per essere giunta fino a qui!!
Hope_mybrandnewname: per il supporto incondizionato che mi hai donato, ti ringrazio davvero!!
loliraffy94:  perché spesso mi ha detto che le piace :P
e ringrazio chiunque lo ha letto GRAZIE DAVVERO *_* mi avete spronato a continuarlo e pubblicarlo ancora.
 
Grazie ovviamente anche a Thomas Harris per aver creato questo personaggio, tra i migliori riusciti nella storia, e per Hannibal Rising libro che mi ha colpito moltissimo ed a cui ho voluto rendere omaggio.
Grazie a Bryan Fuller che moltissimo ha influito e mi ha ispirato, nella creazione di questo racconto, e lo ringrazio per aver creato la migliore rappresentazione di Hannibal, nonché migliore telefilm esistente.
 
 
Riguardo alla musica ringrazio IAMX e l'album Kingdom Of Welcome Addiction, da cui ho citato i testi all'inizio di quasi tutti i capitoli, perché sono stati la mia ispirazione, quell'album lo è stato, ed anche altri brani suoi.
Running che due volte ho citato, mi ha anche emozionato per l'idea che mi ha donato, nell'inizio del brano si sentono i battiti, e ho collegato ciò alla scena dove Hannibal sente i battiti d'amore del suo cuore per Will, quando dico che la musica ti fa crea cose meravigliose.
IAMX è stato la soundtrack dominante e senza di Chris avrei fatto metà del lavoro, quindi grazie <3 <3
e Bach, alcune scene sono state emozionantissime da scrivere, poetiche e sentimentali e lui mi ha certamente ispirata.
È bellissimo quando una determinata arte ne ispira un'altra e dunque ne sono grata!!
 

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