Blue light in a dark mind

di winterlover97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9- ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** AVVISO ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** 26 ***
Capitolo 28: *** capitolo 27 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Capitolo posto a revisione nel settembre 2016

 

La primavera era ormai arrivata anche a New York City e aveva portato nuovi colori nei parchi cittadini, così come nuovi profumi. Mi sveglio, probabilmente a causa del rumore delle macchine che percorrono le strade davanti al mio appartamento, mi volto scalcio le coperte verso il fondo del letto e guardo il mio inseparabile orologio: le 7. Ed è già ora di alzarsi, quindi, anche se di malavoglia mi tiro su a sedere, passo una mano tra i capelli neri e corti e scendo dal letto. Rabbrividisco al contatto del pavimento e apro la finestra per far entrare un po' di aria. Apro l'armadio e cerco di trovare qualcosa da mettermi, tutto accompagnato da un po' di musica. Trovati i vestiti, stacco il cellulare dal caricabatterie e mi fiondo nella doccia, rischiando di assiderarmi per l'acqua troppo fredda. Una buona doccia è l'ideale per iniziare la giornata, poi, dopo essermi asciugata, vestita e aver preso la borsa e i libri necessari per l'università esco di casa e mi immergo nel caos Newyorkese.

Mi sono trasferita quando avevo 10 anni con i miei genitori, che ora vivono in Ontario, Canada a godersi la pensione. Mi aveva conquistato il turbinio di emozioni, luce, suoni, culture della megalopoli. Mi fermo sul marciapiede e rovisto nella borsa alla ricerca del l'orario dell'università, sarei dovuta entrare alle 11.

Almeno ho due ore buone per dedicarmi al laboratorio. Attraverso la città, e, dopo essermi comprata un buon Caf Pow, vado al laboratorio.

Quando il mio proprietario si è visto una ragazza di 18 anni che chiedeva il suo vecchio magazzino in affitto si è quasi preso un colpo, e titubante mi ha lasciato le chiavi. Dopotutto a chi verrebbe in mente di usare un vecchio magazzino risalente alla seconda guerra mondiale per svago? Alla sottoscritta dato che lo reputava ottimo per allenarsi.
Essere mutanti l giorno d'oggi è difficile, nonostante ormai siamo perfettamente integrati nella società, il difficile viene quando si deve trovare un luogo per allenarsi, soprattutto se si ha un potere a dir poco distruttivo a volte. 
Normalmente amo esercitarmi semplicemente facendo implodere o esplodere vecchi elenchi telefonici, oppure bobine di acqua, nulla di troppo dispendioso.
Comunque come al solito cerco di concentrarmi per far esplodere il terzo di una lunga fila di elenchi, che bussano alla porta, mi distraggo un attimo e l'elenco, ormai sotto pressione da troppo tempo scoppia, sferzandomi la faccia con pezzi di carta. 

 

"Arrivo, un attimo!

Passo davanti allo specchio e ringrazio mentalmente il potere rigenerativo, poi vado ad aprire la porta. Guardando attraverso lo spioncino vedo chi non mi sarei mai aspettata di vedere. Phil Coulson. 

Apro la porta ancora incredula e contato che non è un illusione.

"Ciao Eve Chang.

"Che diavolo ci fai qui?

Prima si fa credere morto, poi si presenta all'improvviso?

 

Sbuffo e mi sposto facendolo passare.

"Semplicemente devo chiederti un piccolo favore

 

"Punto primo, ti fingi morto per tre anni, punto secondo un favore? Lo SHIELD vuole un favore? Non voleva arrestarmi barra analizzarmi?

"Non esiste lo SHIELD, sono gli Avengers che te lo chiedono, e Fury ovviamente.

Fece con fare ovvio. Mi volto e lo guardo stranita.

"Scusa, gli eroi più potenti della terra, coloro che hanno fatto fuori un'orda di Chitauri impazziti vogliono me?

"Dovresti entrare nella squadra. 

Lo guardo e mentre prendo la borsa, mi verso un bicchiere di acqua, poi affermo

"Solo con dei compromessi

 

Non penseranno che possano imbrigliarmi in modo così semplice? 

"Me lo aspettavo. Fury voleva mandare May oppure la Hill a contrattare, però, ricordando che la volta precedente le hai praticamente quasi fatte fuori, mi sono offerto io. Comunque sia, che cosa pretendi?

 

Ridacchiai in modo quasi sguaiato.

"Non avevate detto che sono una persona impreveibile, che è difficile da imbrigliare? per tornare alla questione compromessi, spazio libero per allenarmi e nessun disturbo quando studio

Sapevo di essere abbastanza irritante o viziata con il mio atteggiamento ma, detto schiettamente, adoro irritare le persone.

"Si può fare

 

Da quando è che Coulson si è fatto così docile?

"Allora andiamo?

 

"Ma e qui? Non devi pulire, sistemare...

"A bhè, lascia, sto già facendo.

Porto una mano all'altezza della spalla e la stanza si comincia a pulire, sotto gli occhi semi esterrefatti di Phil, (altra cosa che adoro fare è lasciare senza parole una persona, specialmente se più vecchia di me e con più potere), risi sottotono e chiudendoci la porta alle spalle, ce ne andammo.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

 

Lo SHIELD non era cambiato affatto. Avete presente quella sensazione di de-javù? Ecco ero così ora, sorpresa, come la prima volta che avevo solcato la porta della sede dello SHIELD, che, come una fenice, era risorta dalle ceneri.

L'altra sensazione che la faceva da padrone nel mio animo era anche inquietudine. Da una parte perché credevo che Coulson fosse morto durante lo scontro con i Chitauri, dall'altra perché avevo paura. Ero ben consapevole di avere un potere molto potente, anche distruttivo, ma ero altresì consapevole di essere ormai in grado di controllarlo e solo in casi eccezionali non ci riuscivo. La mia più grande paura era quella di perdere il controllo e di fare del male alle persone che amo e a cui voglio bene, non me lo perdonerei mai.

 

Detti un'occhiata agli scatoloni che erano sul retro della macchina di Phil, poi cominciai a torturare il manico dello zaino con una mano, mentre con l'altra accennavo a suonare un pianoforte immaginario sulla portiera tamburellando le dita per scaricare la tensione. 
Ci eravamo ormai allontanati dalla sede dello SHIELD e capii ben presto la nuova destinazione: la torre degli Avengers.

Si stagliava su tutta la città, illuminata dal sole cocente di una giornata primaverile, aveva una grande A sulla parte sommitale. All'ingresso due guardie, una per parte, stavano immobili, quasi senza sentire stanchezza. Erano agenti dello SHIELD. Probabilmente conoscevano Phil, e, dopo aver passato una vetrata, io caracollante sotto il peso dello zaino e del borsone, Phil sotto quello dei due scatoloni, entrammo nell'edificio, e ci dirigemmo verso l'ascensore, poi percorrendo i 97 piani della torre, arrivammo all'attico, dove le porte si aprirono e noi potremmo uscire dall'angusto e super tecnologico ascensore, rigorosamente in vetro e super tecnologico, come quello della fabbrica di Willy Wonka, sotto la guida della voce di JARVIS.

Percepii il mio cuore battere più furiosamente, quasi dopo una lunga corsa, inspirai e buttai fuori l'aria, tranquillizzandomi per quanto possibile, poi entrammo nella stanza. 
Ciò che mi colpii subito fu sia il soffitto molto alto dell'attico, che sembrava sfidare il cielo, sia l'accoglienza che riservarono a Phil. 

Nove persone erano sedute su delle poltroncine di pelle bianca, le guardai una a una, il dottor Banner, esperto in fisica nucleare e occasionalmente Hulk e supereroe, Tony Stark e consorte, non che genio per lui e amministratrice delegata e moglie per lei, Capitano Steven Rogers, noto anche come Capitan America, o ossessione di Phil Coulson (si potrebbe definire una fangirl sotto certi aspetti), o leggenda vivente, Thor figlio di Odino, ovvero dio di Asgard, Natasha Romanoff e Clint Barton, assassini provetti e coppia consolidata nel lavoro, Wanda Maximoff, mutante con poteri telecinetici e mentali e Pietro Maximoff, mutante con super velocità, super metabolismo, processo di guarigione accelerato e dai capelli quasi bianchi. 
Mi guardavano quasi incuriositi e amichevoli, mentre parlavano con Phil. Al costo di apparire maleducata, non volevo sentire i loro discorsi, volevo estraniarmi dal mondo, odiavo sentirmi al centro degli sguardi e dell'attenzione di tutti. Avanzai verso la grande vetrata e guardai il panorama: vita, centinaia di persone, che dall'alto sembravano formiche, brulicavano ed erano indaffarati nella vita di ogni giorno, tra lavoro, tempo libero e famiglia, in alto i grattacieli più alti e maestosi si sfidavano per toccare il cielo.

"Eve?"

L'incanto si spezzò. La mia mente cominciò a lavorare, a ritmo vertiginoso, come quando sto scrivendo una risposta per un esame di università, per poter tirare le somme di un discorso mai ascoltato e per accennare una qualsiasi risposta.

"Si?

Dubitavo. Mi girai sui talloni, mentre con ancora in mano il blocco da disegno tirato fuori in un momento di pura spensieratezza e ora cosparso di disegni molto disordinati. 

"Salve comunque

Agitai la mano, quasi a voler simulare un saluto e sbattei le palpebre, sollevando lo sguardo che si era chinato sulle punte delle scarpe.

"Non è molto estroversa, con il tempo lo diventa di solito, oppure quando deve parlare di qualcosa che la interessa in particolare. Potreste spaventarvi.

"Tranquillo, secondo me è normale che sia spaesata, insomma lo sarebbe chiunque al suo posto.

Una voce che mi era sconosciuta pronunciò quelle parole, sembrava irreale, mi voltai e feci saettare lo sguardo verso tutti.
La voce misteriosa era appartenuta al quel ragazzo dalla supervelocità, Pietro Maximoff.

"Sono felice di conoscervi 
Accennai ad un timido sorriso prima di ritornare nei miei pensieri, vidi una sedia, la avvicinai e mi sedetti, poi, cercando di essere il più naturale possibile, presi una pallina anti stress e il blocco da disegno e ricominciai a rioccupare la mente, così da non pensare troppo.
Come si dice? 
Pensare troppo fa male, preferisco agire. 

Passò un po' di tempo, dieci, quindici minuti massimo, che mi mostrarono la camera, lussuosa, ordinata, con il soffitto scuro, come piaceva a me, il modo in cui l'avevano scoperto era un mistero, il letto era sul lato destro, sembrava comodo, a due piazze, poi corsi verso la vetrata, ampia e luminosa, un po' di spazio libero sul balcone, era perfetto per piante, sdraio, sedie e relax.

"Spero ti piaccia

Tony Stark, o meglio, Tony, a quanto aveva insistito, mi guardava appoggiato ad uno stipite.

"Certo

"Allora se ti va ti faccio vedere la sala test, nonché tuo laboratorio.

Spalancai gli occhi, elettrizzata e pensai

'Finalmente ci si diverte.

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Capitolo 3
*** 3 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

I corridoi degli ultimi piani della torre sono labirintici e le porte sono tutte uguali, se non fosse per le targhe sulle porte. La sala test è immensa, complessi macchinari sono affiancati a lettini e kit medici, oltre che a computer. Ciò che mi sorprende di più è la presenza di una sala circolare e molto alta, coperta solo da pannelli in vetro.

"Li è dove farai i test principali e sotto sforzo

Mi avvicinai, sotto lo sguardo degli altri Avengers e sfiorai la superficie del vetro. È fredda, asettica, impersonale.

"Quando vorresti cominciare a fare i primi test? Tieni solo conto che sono piuttosto impegnativi dal punto di vista fisico e psichico. 

Avvertì Bruce subito

"Si può iniziare già ora?

Fremevo. Volevo mettermi alla prova.
Mi guardano sorpresi, cerco il cellulare in tasca e controllo l'agenda. Oggi sarebbe perfetto, ho una pausa anche domani, avendo dato l'esame la scorsa settimana.

"Certo... Contenta te... Prima dobbiamo prepararti, tieni, è una tuta che registra ogni minimo sbalzo e azione del tuo sistema fisico e del tuo corpo, lì c'è una stanza dove puoi cambiarti.

 

Lo spogliatoio non è scarno, diciamo che non è stato arredato dai migliori interior designer del mondo. Indosso la tuta, grigia con dei sensori circolari, lasciando che i miei vestiti si pieghino, quindi esco, passando davanti lo specchio. Non mi sono mai sentita così un tutt'uno con qualcosa, e questo mi dà lievemente fastidio dato che, purtroppo, sia i pantaloni che la t-shirt fasciano il mio corpo come una seconda pelle. 
Quando esco noto che hanno preparato i macchinari e alcuni elenchi e scatoloni e vecchi blocchi di carta compattata, Phil deve averli già informati. Entro e mi arresto non appena la porta dietro di me si chiude. Poi la voce di Bruce mi avvisa che posso iniziare quando voglio.

Respiro. Devo solo calmarmi e distruggere le cose che ho davanti. Sento le mani formicolare, il battito cardiaco accelera, ora siamo solo io e gli oggetti da frantumare. È come se fosse tutto in stand-by. Una sensazione di pace si fa largo in me, poi comincio, nello stesso momento in cui si solleva il primo elenco, a cantare, a voce talmente bassa che nessuno dovrebbe sentirmi. Mi rilasso e mi concentro immensamente, sento la materia, fin nei suoi più profondi atomi che si anima sotto il mio controllo, mi concentro maggiormente e faccio esplodere il primo elenco telefonico. Per me questo è solo il riscaldamento. Proseguo con gli altri, facendoli implodere, provocando più energia, quindi sento gli atomi che si fanno con burro fuso, provocando un'altra implosione ed esplosione. Viene il turno dei blocchi di carta compatti, sono più pesanti e le molecole sono molto più vicine tra loro, a stretto contatto. 
Mi risulta più difficile mantenere la concentrazione. 
Percepisco un rivolo di sudore sulla tempia, proteggo le mai in avanti per aiutarmi, i miei muscoli sono in tensione, poi scoppia. 
Tutti i milioni di pezzi di carta sono sparsi per la sala, li fermo a mezz'aria e li faccio cadere, come fiocchi di neve o coriandoli a carnevale.

Sospiro pesantemente e passo la mano tra i capelli per scostarli dalla vista, uno dei blocchi più pesanti si alza. Mi concentro facendomi forza e motivandomi, nonostante le forze siano ormai quasi venute meno. Il blocco si sgretola, quasi come se l'acqua lo abbia eroso pian piano, e una polverina sottile in parte si deposita sul pavimento, in parte è sospesa in aria; tossisco e protendo una delle mani per supportarmi. 
Bruce e Tony mi avvisano che non sono costretta ad andare avanti, se non ce la faccio posso fermarmi. Ignoro il loro consiglio tranquillizzandoli, e mi concentro maggiormente.
So quali sono i miei limiti e so quando sono vicina al limite, come lo sono ora. Tuttavia non mi fermo e continuo a emettere energia. Il cuore accelera, il sudore ormai mi cola a rivoli sulle tempie, sento anche i muscoli del corpo che sono quasi al limite, tanto che bruciano. 
Poi scoppia.
Implode.
Insomma avete capito, no?
È come se una mini-bomba al C4, con una minima percentuale di quest'ultimo , sia scoppiata. 
Detriti e polvere sfrecciano ad alta velocità, colpiscono i vetri, mentre li devio, almeno i pezzi più grossi, tintinnano rimbalzando per la stanza. Sono consapevole che dall'esterno  non si veda nulla e si saranno preoccupati. Tossisco a causa della polvere e sento la voce di Bruce o di Tony chiamarmi.

"Eve!

"Ci sei?

La polvere è sul vetro e non si vede nulla, quindi apro la porta a tenuta stagna digitando il codice.
Non oso immaginare in che stato io possa essere, avrò bisogno di una doccia di certo.
Comunque esco e tutti si voltano.
L'ho già detto e specificato che odio avere gli sguardi di tutti addosso?

"Tutto a posto, capita a volte

Affermo nervosamente. Tirano un sospiro di sollievo tutti, poi Steve dice

"Avresti potuto rischiare!

Seguito a ruota da Pietro

"Non sai i tuoi limiti

"Punto primo amo il rischio, una vita senza rischio cosa sarebbe? E poi punto secondo i miei limiti li conosco, sono andata oltre a questo punto, mi è capitato di peggio, ergo amo anche superarli. 

Sono piuttosto scocciata. Chi sono per avvertirmi su cosa devo fare? I miei genitori forse?
Le mie balie?
Non vale la pena arrabbiarsi.

"Eve

"Si?

"Dovremmo farti dei prelievi

"O si certo scusatemi...

Dico sorridendo.

Mi siedo su una poltrona e mi prelevano un paio di fiale di sangue per i vari esami.
Lo stomaco mi brontola.
Non ci voleva.

"Bene ora sarà meglio che ci prendiamo una pausa, ci vediamo di sopra tra... Mezz'ora? 

"Anche prima, visto che la nostra Atomista sembra aver fame

Fulmino Stark con lo sguardo. Odio i soprannomi tra le altre cose. 

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

 

Mi trascino fino alla camera e, una volta entrata, mi butto sul letto. Era stato un allenamento estenuante e faticoso quello di poco prima, sotto ogni punto di vista, sarà a causa dei materiali diversi da quelli che usavo solitamente, o che ero abbastanza stanca. Mi alzo e vado verso il bagno cercando di non cadere o inciampare.

Il bagno, devo ammetterlo è mastodontico, sulle tinte dell'azzurro e del bianco. La maggior parte della stanza è occupata dalla vasca, ideale se ci si vuole rilassare. Abbandono i vestiti sul lavello mi immergono nella vasca ormai piena. L'aroma del gelsomino e del sandalo si uniscono, profumando l'aria, mentre invece le bolle fanno apparire la vasca più piena. 
Sin da piccola amavo l'acqua, sia in piscina che al mare, sotto la doccia o immersa nella vasca. Per me era parte del mio io, quello che non si può cancellare. 

 

Bussano alla porta dopo un po', urlo di aspettare, e mentre la vasca si svuota, mi vesto con una canotta e dei pantaloncini corti. 

"Chi è?", domando mentre friziono i capelli scuri e cerco di dare loro volume

"Wanda" 

La sorella di Pietro Maximoff.

Provo a ricordare ciò che ho letto sul loro conto quindi apro la porta e noto che lei si è appoggiata allo stipite e sta giocando con una palla da tennis, facendola volare. 

"Scusa se non ho aperto subito, entra pure"

"Naaa, tranquilla, ero venuta ad avvisarti che tra un paio di ore si mangia."

Annuisco e lei torna in camera, quella antistante alla mia. 

 

 

Mi sdraio sul letto e accendo il portatile per vedere se ho qualcosa da fare, mentre la camera si riordina. Diciamo che non sono mai stata una persona molto ordinata, sono sempre stata brava a trovare le cose che mi servivano anche nel disordine, ma da quando i miei poteri si sono manifestati per la prima volta, all'incirca quattro anni fa, tutto è cambiato. Ricordo ancora la prima volta che si sono manifestati, il caos da parte dei miei vecchi compagni di scuola delle medie, la contentezza mista a preoccupazione dei miei genitori che, essendo anche loro mutanti, avevano sempre creduto in me perché a loro dire ero 'speciale'. A questo pensiero sfioro e tengo in mano il ciondolo appeso ad una catena che ho sin da piccola, all'apparenza sembra una banale collana, invece per me, ha un enorme valore affettivo; faccio ruotare tra le mani la pietra con sfumature bluastre e azzurre, che è racchiusa in una rete a maglie sottili d'argento. Alzo lo sguardo passando una mano tra i capelli e mi soffermo sulla foto di famiglia che ho sulla scrivania. Penso agli anni passati nel dolore di non avere amici e persone estranee alla famiglia a farmi di supporto, agli anni di bullismo psicologico e ai pomeriggi passati rinchiusa in camera. Ero diversa per loro, un mostro, un abominio al quale nessuno si voleva avvicinare. La vista si appanna a causa delle lacrime che minacciano di uscire e rigarmi le guance. Corro in bagno e mi lavo il viso, ho gli occhi arrossati. Prendo il cellulare ed esco dalla camera chiudendomi la porta alle spalle.

 

Passo per i corridoi e mi dirigo in cucina seguendo le direzioni di JARVIS per evitare di perdermi. In cucina c'è solo una persona, per l'esattezza un ragazzo, capelli biondi, quasi bianchi, alto, ed è vestito con una tuta nera, è voltato di spalle. Non ho voglia di vedere, tanto meno parlare con qualcuno, quindi cerco di uscire dalla stanza il più velocemente possibile evitando di far rumore. Purtroppo i miei tentativi sono vani quando sento una voce chiamarmi. Improvvisamente una miriade di informazioni mi bombarda il cervello facendomi ricordare chi possa essere il ragazzo quindi giungo alla conclusione che è Pietro, fratello gemello di Wanda.

 

 "Eve..."

"Si?" Dico voltandomi. 

Fa per dire qualcosa, poi si blocca e si avvicina." Tutto a posto?".

 Deve aver notato gli occhi ancora arrossati. Alzo la testa e sollevo il ciuffo di capelli e rispondo

"si, perché?" 

"Insomma, occhi arrossati, tonalità di voce differente da prima e stavi cercando di uscire dalla stanza, quindi non credo sia tutto ok"

 Ci vuole osservazione per capire e notare queste cose, e lui ne ha molta.

 "È solo allergia, comunque grazie per l'interessamento." Mento, nel migliore dei modi trovando una scusa talmente stupida che anche il peggiore dei bugiardi mi urlerebbe della stupida rincoglionita. 

Poi lo sposto leggermente con una mano sul braccio. Ma che diavolo di muscoli ha? Il pensiero scompare così come era venuto e faccio in tempo a sentire, prima di allontanarmi troppo Pietro che dice 

"certe cose non si riescono a nascondere come si vorrebbe."

Rimango impassibile e cerco qualcosa in frigo, trovandomi Pietro-ho capito cos'hai-Maximoff aiutarmi.

 

Ma questo ragazzo non ha nulla da fare? 
Una parte della mia mente si domanda, mentre l'altra, diametralmente opposta sta facendo salti mortali all'indietro solo perché Pietro mi sta cercando di aiutare. 
Sto diventando pazza?


 

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Capitolo 5
*** 5 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

 

Il frigo era pressappoco vuoto e difficilmente si può cucinare qualcosa di buono, infatti, tolti gli alimenti andati a male, rimaneva commestibile solo l'acqua e la pasta, che non bastava per tutti.

'Sarà meglio andare a fare la spesa' pensai. Intanto gettai un occhio a Pietro che stava tirando fuori le cose principali e stava pulendo il lavandino. 

 

"Io andrei a fare la spesa" dissi a mezza voce

 

"vengo anche io" alzai lo sguardo e mi fermai in mezzo alla stanza, mi voltai e dissi 

"non c'è bisogno, vado io" 

"invece insisto" alzai gli occhi e feci un cenno come a dire che andava bene comunque, quindi andai a cambiarmi e prendere il portafoglio e la borsa. 

Mi chiusi la porta alle spalle e presi una maglia leggera e dei jeans, quindi presa la borsa uscii subito. Un lampo azzurro mi passò vicino e alzò una folata d'aria, lo identificai meglio con Pietro, che si fermò in fondo al corridoio appoggiandosi al muro; addosso aveva una felpa nera con righe bianche, pantaloni della tuta e scarpe da ginnastica. 'Non è male' scacciai quel pensiero dalla mia mente, ma sotto sotto rimase lì, in superficie pronto a spuntare, avete presente le marmotte in estate dopo la pioggia che spuntano e aspettano il momento opportuno? Ecco il pensiero era lì, pronto in agguato a occupare gran parte del cervello. Sbuffai e cercai di distogliere lo sguardo, senza successo dato che era attirato dai capelli biondi quasi bianchi.

Passai una mano in faccia e ripresi il controllo dei miei pensieri, pronta a passare qualche ora a comprare e fare da mangiare.

 

Il supermercato non era molto distante dalla Stark Tower quindi decidemmo di andare a piedi e fuori faceva caldo, troppo caldo per essere in autunno. Passammo per il parco cittadino, poi finalmente entrammo nel supermercato. 

Io e Pietro non ci eravamo affatto parlati, non so se perché non avevamo argomenti su cui parlare, cosa impossibile, o per qualche altro motivo, quello che sapevo è che odiavo trovarmi in silenzio con qualcuno, troppo imbarazzante, almeno questo di solito. 

Ero ancora assorta nei miei pensieri tanto che Pietro mi ha dovuto chiedere due volte "Cosa volevi cucinare stasera?", mi svegliai da quello stato di torpore innaturale e sollevai la testa, incrociando i suoi occhi fin troppo azzurri 

 

"probabilmente qualcosa che piaccia a tutti, ma non so i gusti degli altri..." 

"Bhè, Thor Wanda e Natasha amano i cibi speziato e piccanti, Steve, Bruce e Clint preferiscono i sapori più delicati e Tony preferisce qualsiasi cosa, nè troppo piccante, nè insipido.." 

Annuii, era peggio di essere in un ristorante, poi chiesi 

"e tu?" 

Lui mi guardò dicendo "a me non cambia molto, li tollero entrambi, sia piccante e speziato che insipido e delicato" annuii e mi guardai intorno, alla ricerca dei beni di prima necessità mentre Pietro cercava un sacchetto per la verdura.

Era surreale: la nostra prima conversazione è stata su cosa fare per cena, persino meno socievoli avrebbero avuto una conversazione più vivace. 
Fatto sta che finimmo, pagammo e tornammo indietro, diretti alla Stark Tower. 
Ad un certo punto, nel mezzo del vialetto Pietro si fermò senza una apparente motivazione e disse improvvisamente "ne ho abbastanza" lo guardai interrogativa, come a dire 'E io ora che ti prende?' 

 

 

Poi mi guardò e sussurrò "allora non possiamo andare avanti così, ovvero parlare in modo apatico e che tu mi odi senza un motivo reale, quindi... che ne dici se ricominciamo da capo?".

Ero sorpresa, molto sorpresa.

 

"Certo" dissi con un filo di voce. 

"Bene" disse guardandomi. Poi sorrise genuinamente. 

Distolsi lo sguardo in fretta per evitare altri pensieri tipo sui suoi muscoli o sui suoi occhi, ecco come si può vedere ho miseramente fallito.

Ritornati nella torre ci mettemmo al lavoro, ovvero cucinare. Con l'aiuto dei miei poteri potrei preparare cena in mezz'ora, un'ora massimo, ma, deciso di lasciare tutto sul ripiano della cucina,  scendo in palestra ad allenarmi. Non mi definisco una maniaca della forma fisica, come dimostrano i miei fianchi che non sono proprio filiformi, così come le mie gambe, preferisco dedicarmi agli allenamenti poco più di un'ora per due volte a settimana. Scendo in palestra e vedo che non c'è nessuno, quindi mi ritenni fortunata, dato che non amo troppo allenarmi con qualcuno. Pietro nel frattempo, dopo che eravamo tornati ha deciso anche a lui di dedicarsi alla forma fisica, solo con il tapis-roulant, in un altra stanza, per fortuna mia. 
Entro nello spogliatoio e mi cambio, mettendomi una canotta e dei pantaloncini corti molto comodi, poi mi fascio le mani per evitare l'uso dei guantoni ed esco. 
Posiziono il sacco sul gancio in titanio e lo lascio oscillare fino a che non si ferma, poi colpisco. Destro, sinistro, destro, sinistro. I primi colpi sono di riscaldamento. Molleggio le gambe e ricomincio a colpire. Destro, sinistro, gancio, destro, sinistro, gancio. Percepisco l'energia che fluisce alle mani man mano che i colpi diventano più forti. Penso agli anni precedenti, a quegli anni infernali che ho passato al liceo e prima alle medie. Penso all'isolamento a cui ero costretta, soprattutto dopo la comparsa dei miei poteri. Agli insulti, alle prese in giro. Alle persone che, nonostante io le abbia aiutate, nel caso in cui avessi bisogno mi avevano deliberatamente ignorato. Al ballo di fine anno, al quale io non avevo ricevuto nemmeno l'invito, quando anche Emely Sittix, la secchiona e perfettina, nonché cocca della prof, era stata invitata. La rabbia fluisce nelle vene. Le lacrime sgorgano dagli occhi. I colpi che il sacco subisce sono sempre più forti. Un aurea bluastra mi circonda le mani e le braccia, segno che sto arrivando ad un livello di uso di energie elevato. Me ne frego altamente e continuo a colpire. I capelli mi scendono sugli occhi, coprendomi parzialmente la vista. Le gambe fanno male, così come le braccia e le mani, da tanta energia che sta fluendo. Il gancio del sacco si sta per rompere, almeno credo, ma continuo imperterrita. Ho bisogno di sfogarmi, di lasciare fluire tutta la rabbia repressa fuori dal mio corpo. Le lacrime ora scorrono copiose lungo le guance. Le gambe si fanno pesanti, così come le braccia. Percepisco gli atomi del sacco da boxe e dell'imbottitura muoversi sotto le mie dita e i miei colpi. Il gancio salta e il sacco sbalza a terra, finendo contro il muro. Cado come un peso morto. Cado come le foglie in autunno e la neve in inverno. Atterro sul sacco, ormai ridotto in uno stato pietoso, come se fosse un cuscino. Sento che qualcuno ha aperto la porta della palestra e con la coda dell'occhio noto che è Pietro. Deve aver sentito il caos che avevano provocato i miei colpi. Vorrei urlagli dì andarsene, di lasciarmi in pace, ma non ne ho la forza. Respiro, solo questo faccio, respiro. Sento la sua voce ovattata che man mano si avvicina e mi rassicura. Fa per prendermi in braccio e mi scanso mugugnando un "non voglio". 

 

 

"Lasciati aiutare"

Due semplici parole capaci di sconvolgere chiunque. 
Nessuno, nemmeno i miei genitori, a cui ero brava nascondere tutto, me le aveva mai dette. 
Uno spiraglio di speranza si apre, nello stesso momento in cui lui mi solleva in braccio ed io mi aggrappo, quasi come un naufrago al pezzo di legno di cui è fatta la nave, alla sua spalla, poi chiudo gli occhi e mi lascio andare, nell'oblio.



 

 

POV PIETRO

Decido di andare ad allenarmi, nulla di troppo complicato, una semplice corsa può andarmi bene, mentre Eve si dirige in palestra. Mi cambio e metto una maglia maniche corte e i pantaloni della tuta, ai piedi le scarpe da ginnastica, salgo sul tapis-roulant e comincio a correre. Non passano neppure cinque minuti che sento del rumore proveniente dalla palestra, quindi vado a vedere cosa succede. 

Lo spettacolo che mi si presenta davanti è agghiacciante: Eve sta prendendo a pugni uno dei sacchi da boxe, è fasciata in una canotta piuttosto aderente e in un paio di pantaloncini corti. Le sue mani e i suoi piedi sono circondati da un aire a bluastra. I colpi arrivano a scuotere il sacco pericolosamente, fino a quando cade il sacco e lei si lascia andare sopra di esso. I capelli neri come la pece, tagliati corti sono in disordine, le mani sul pavimento abbandonate e le gambe sono in modo scomposto. La chiamo. Non reagisce e cammino, quasi corro verso di lei. La chiamo nuovamente e la volto su schiena. Ha gli occhi rossi, i capelli le coprono il viso in modo parziale, li tolgo e la guardo. Ha il fiatone. La mia piccola dolce Eve. Faccio per prenderla in braccio, lei mugugna un "non voglio" strascicato. La ignoro e le dico banalmente "Lasciati aiutare". 

 

Da dove è venuta fuori questa frase? Lei si zittisce e ne approfitto per prenderla in braccio. È così leggera, sembra un angelo, di quelli che si racconta nei libri. La sento rilassarsi una volta in braccio e si rifugia contro il mio petto. Respira. Si è tranquillizzata. La porto in camera sua, passando per i corridoi. Passo anche davanti al laboratorio dove gli altri lavorano, si voltano e mi guardano. Continuo a camminare, incrocio anche Wanda, che avendo letto nella mia mente, mi guarda e mi lascia passare.

Apro la porta della sua camera e la poso  sul letto. Ora è rilassata, e respira tranquillamente. Le tolgo le fascine dalle mani e le poso sul comodino. Guardo la sua camera, è bella, ordinata, le foto sono solo sue da sola o con i familiari. Decido di andare a prendere la sua sacca in palestra e ripenso alla prima volta che l'ho incontrata. Era imbronciata, persa nei suoi pensieri. Si era mostrata sveglia è dura, quando sotto sotto era logorata. Le lascio un bacio sulla fronte, poi esco, direzione palestra.



 

 

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Capitolo 6
*** 6 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

 

 

'Troia'

'Giapponese cicciona'
'Sporca mutante'
Le parole risuonavano nella testa, così come le immagini dei visi di chi le aveva dette.

 

 

Oltre agli insulti, gli spintoni e gli sherzi, dal pranzo buttato nel cestino, fino alle docce con acqua gelida o bollente, passando per i  biglietti con scritte intimidatorie e ingiustificate.

Si susseguivano a velocità vorticosa e incessante, fino a quando due parole del tutto nuove in quel genere di scenario facevo la loro comparsa.
'Lasciati aiutare'
Mi aggrappai a quelle parole, gentili, dolci e protettive e...

 

Mi svegliai affannata, sembrava avessi corso i cento metri piani. Ansimai. La testa pulsava, come ogni volta che mi sfinivo negli allenamenti o avevo incubi di questo genere. Ero sdraiata e sbattei le palpebre prima di realizzare di essere in camera mia. L'ultima cosa che io ricordo è di essere andata in palestra, di essermi allenata e di essere svenuta. 

 

Quindi chi mi aveva portato in camera? 

Riflettei e le due parole che avevo udito nell'incubo fecero di nuovo capolino nella mia mente: Lasciati aiutare. Ripensai a chi me le avesse potute dire e mi venne in mente. Pietro. Era la testardaggine fatta a persona, non c'è che dire. La domanda che mi sorge spontanea è: Perché? Perché me le ha dette? E io perché mi sono lasciata andare? Non lo so, la risposta a queste domande non la so proprio, pensai.

A fatica mi alzai e mi sedetti sul letto, scesi, barcollai per via di un giramento di testa, finii contro il mobile e dopo un paio di minuti mi misi in piedi. 
Sono davvero esausta, nonostante abbia dormito...lancio un'occhiata all'orologio. Le otto e trenta. Se ad allenamento sono andata per le sette, devo aver dormito per un'ora circa. A darmi conferma della mia stanchezza e dell'ora che si era fatta si mise lo stomaco, che cominciò a brontolare, avevo anche fame quindi.

 

Fatto sta che presi dei vestiti puliti, andai in bagno, mi sciacquai il viso con l'acqua gelida, giusto per togliermi la stanchezza, togliere il poco trucco che avevo messo stamattina e per schiarirmi le idee, poi mi cambiai. Addosso avevo ancora il top e i pantaloncini corti che avevo messo a palestra. 
Uscita dal bagno controllai le mail sul portatile e ne notai una particolarmente strana. Proveniva da Tinsley Kinn, reginetta del liceo per cinque anni consecutivi e persona particolarmente cattiva con chi riteneva inferiore a lei, come ad esempio io. La lessi. Era assurdo, un invito per una rimpatriata tra ex compagni di classe classe 1997, ballo e apericena. Lasciai la mail aperta e dopo essermi messa un paio di jeans e una t-shirt, presi il telefono dal borsone e uscii dalla mia camera. Il corridoio era vuoto, nessuno nei paraggi, nemmeno un'anima, peggio dei cimiteri di notte, che trovo terribilmente belli e inquietanti. 

"Ha bisogno di qualcosa?". Sobbalzai, JARVIS aveva parlato. 

"No, anzi, mi chiedevo dove siano gli altri...". 

"Hanno già cenato e la maggior parte di loro si trova in soggiorno, coordinata C12 della piantina della casa". 

"Ok, quando saprò anche le coordinate delle case ti farò presente" dissi sorridendo. 

"Lungo questo corridoio a destra in fondo". 

"Bene grazie". 

'Devo fare presente a Tony di regolare JARVIS in modo che sia più colloquiale e alla mano, non così impostato, peggio di un maggiordomo... Forse è così perché è un maggiordomo... lasciamo perdere ". 

Percorsi il corridoio osservando vari quadri anche di valore poi aprii la porta della cucina, decisa ad evitare qualunque persona.

'Anche Pietro'.

 

Ignorai bellamente la mia coscienza che si era posta quella domanda, ma seriamente, anche Pietro? 

'Vedi che anche tu ci pensi?' Zitta coscienza! Nessuno ti ha chiesto nulla. Ero veramente stanca per pensare questo genere di cose, fatto sta che notai la presenza di indovinate chi? Pietro. 

JARVIS aveva omesso questo minuscolo particolare. 

"Ehi". Sollevai la testa e lo guardai. 

"Va meglio?". 

"Si certo, certo...". Andai verso il frigo a prendere qualcosa e notai con sommo piacere che la roba comprata prima era al suo posto. 

"Bhè se tu stai bene, allora io sono lento come una lumaca". Sorrisi e al contempo il cuore fece un balzo, ero davvero così trasparente che non appena ho qualcosa che non va si nota subito? Per lui evidentemente si. Mi fissava ancora, sentivo il suo sguardo entrarmi dentro. La situazione era inconcepibile. 

"Più o meno..." .

"Vedi, certe cose non si possono tenere nascoste...". Alzai lo sguardo mentre mangiavo una pesca. 

"Allora mi dici cosa c'è che non va?" .

 "Diciamo che i miei vecchi compagni di classe mi hanno invitato ad una rimpatriata..." .

 "Bhè sembra carino". 

"Tutt'altro" dissi lugubre e contrariata 

Mi guardò sorpreso e interrogativo. " Non avevo un rapporto molto buono con i miei ex compagni di classe. " . 

"Quindi non ci andrai? Ma solo per curiosità quando sarebbe? " . 

"venerdì". 

"Ti accompagnerei io...ma non ci vuoi andare..." . 

Rimasi sorpresa, in modo piacevole e stranita ovviamente. 

"Non c'è bisogno..." . 

"Segui il ragionamento, se tu non ci andassi faresti il loro gioco, se invece ci andassi, sarebbe completamente differente...". Il ragionamento non faceva grinze ed io ero titubante, moltissimo. 

"Bhè, se è così..." Titubai. Alzai lo sguardo e lo feci incontrare con il suo. 

Nero in azzurro ghiaccio. Erano penetranti quegli occhi. Troppo. E molto convincenti. 

"Bene, allora è d'accordo, no?" 

Era entusiasta e lo lasciava a vedere. Presi la bottiglia dell'acqua ne versai un po' nel bicchiere e bevvi. Mi guardava ancora. Arrossii.

 "Quindi quello che è successo in palestra prima era dovuto a questo?". 

Lo sapevo che l'avrebbe chiesto. E ora?

 "No." 

"Ok, se non ne vuoi parlare, lo capisco, insomma..." Disse in modo veloce, quasi incomprensibile, come se fosse imbarazzato o nervoso. 

"È che non mi va di parlarne molto...". 

"Ok, però, promettimi questo, che ti lascerai aiutare, ok?" Di nuovo quelle parole. Io non avevo bisogno, ma la mia lingua, che non aveva un collegamento con il cervello nell'area del linguaggio. 

"Ok" Maledetta me e la mia lingua. Miseriaccia. Ormai ero coinvolta.

Mi alzai e portai il piatto nel lavandino, poi sentii qualcuno dietro di me. 

 

 

"Ricorda che non tutto si nasconde".

La voce di Pietro era calda e si sentiva il suo accento europeo. Rabbrividii e prima che potessi voltarmi lui se n'era già andato, lasciandomi una strana sensazione allo stomaco.

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

Il cielo è plumbeo ed ha iniziato a piovere poco fa. Sono le sei del mattino e sono sveglia da un'ora buona. Ieri sera sono andata a dormire verso mezzanotte, dopo aver chiamato i miei in Canada via Skype: erano preoccupati, Fury li aveva avvertiti che stavo per diventare parte integrante della squadra dei Vendicatori, mi hanno fatto molte domande, come loro solito fare.

 

 Guardo l'orologio, sono le sei e trenta. Mi alzo e cammino a piedi scalzi fino al bagno e mi butto sotto la doccia. L'acqua fredda mi lava il corpo lentamente e mi dona energia. Prendi l'intimo e i vestiti, li indosso, poi, dopo aver preso i libri, il portatile e il necessario per oggi, esco. Non un'anima viva per i corridoi. Entro in cucina giusto il tempo di appiccicare un post-it giallo sul bancone sul marmo italiano su cui scrivo di non aspettarmi e che sono alla facoltà.

Fatto questo entro in ascensore, il tempo di mettere le cuffie nelle orecchie ad un volume per molti esagerato, ed esco dalla Torre.

 

La pioggia non diminuisce, alzo il cappuccio della felpa, apro l'ombrello malandato bordeaux e comincio a dirigermi verso l'università.

Annuso l'aria e alle cellule del naso arriva l'odore, o meglio il profumo, dell'asfalto bagnato, mi rilassa istantaneamente. Sull'asfalto si formano piccole pozzanghere, mentre in lontananza noto un gruppo di persone che ci saltano dentro, io le evito, calpestando dove l'acqua è più bassa. 
 

 

Arrivo nel giro di poco più di dieci minuti, nessuno è ancora arrivato, o almeno i fumatori abituali non lo sono, comunque entro sbattendo i piedi sul tappeto e vado subito in laboratorio a preparare il necessario che mi servirà a lezione. Oggi avrei continuato l'assemblaggio dei robot della scuola. Arrivo alla mia postazione e dopo essermi messa il camice e tirati fuori i gli attrezzi, comincio a smacchinare con dei fili e dei collegamenti. Il tempo passa velocemente e ben presto arrivano anche gli altri compagni di corso. Inizia la lezione e il prof ci lascia assemblare in tutta tranquillità mentre passa tra i banchi.

La tranquillità non dura molto dato che il prof sta correggendo, o meglio urlando, contro un povero compagno di corso in seconda fila, per aver sbagliato qualche collegamento. Non ci pongo minimamente attenzione e continuo ad assemblare.
 

 

 

"E lei signorina Chang? Come ha assemblato il suo robot? Non sembra avere prestato la minima attenzione ai rimproveri che ho fatto al suo compagno di corso, vero?".

 Alzo gli occhi e lo fisso negli occhi neri come la pece mentre si sta spostando i capelli unti, peggio di quelli di Piton, dopodiché posò il robot assemblato e pulito di fronte al prof che mi guarda sospettoso e lancia occhiate a me e al macchinario.

'Di certo è sorpreso...' Pensai 'ha rimproverato qualcosa a tutti, quindi ora troverà da dire anche qualcosa a me, ovviamente...'.
 

 

 

"Ci potrebbe far vedere il funzionamento?". Senza rispondere prendo la consolle e la accendo, per poi smanettare con qualche pulsante. Infine parte e le piccole eliche del drone, se così si può chiamare, cominciano a ruotare e a far decollare il veivolo di piccole dimensioni. Il prof osserva e non dice nulla, per poi chiedermi infine 

"il suo libretto per gli esami?". 

A fine lezione mi ritrovo con un 30 di robotica e troppe occhiate da parte dei compagni di corso che sinora avevano ignorato la mia esistenza.

Esco sospirando dal laboratorio e vado al bar dell'università a prendermi un buon caffè.

 

Fuori piove ancora, anche se ha diminuito. È mezzogiorno e non ho lezione fino a domani, decido quindi di tornare alla Stark Tower. Dato che ho ancora tempo decido di prendere il percorso più lungo, passando per il parco, che è deserto. Non c'è nessuno nemmeno per le strade, tutti sono o nei ristoranti, o al lavoro, come si dice? La calma prima della tempesta, o prima dell'ora di punta. Mentre i miei pensieri continuano a fluire, arrivo finalmente alla Torre, o è meglio che cominci a chiamarla casa. In lontananza una macchina scura è parcheggiata, non posso immaginarmi che mi creerà solo problemi.

Dopo aver preso l'ascensore, arrivo all'attico, dove solo Natasha e Wanda stanno mangiando qualcosa. 

 

"Ehilà!".

"ciao ragazze".

 "Allora come è andata?". 

"Nella norma, qui invece?". 

"Anche qui" risponde Wanda. 

"Oggi ti allenerai con noi, ok?".

Vediamo come andrà a finire.

 

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016


 

Non mi allenavo mai con qualcuno, diciamo che per me era difficile collaborare con le persone, entrare a fare parte di una squadra. È difficile anche ora, un conto era far vedere ciò che sono capace di fare, un altra cosa è collaborare ed allenarsi insieme. Ero tentata dal dire di no prima, ma mi ero semplicemente limitata ad annuire con la testa. Le ragazze sono già in palestra, stanno parlando tra loro. Quando era l'ultima volta che ho fatto qualcosa in compagnia? Molto tempo fa mi sembra. 

 

"Stai meglio a proposito?" La voce di Natasha giunge alle mie orecchie mentre sono soprappensiero. 

"Si certo, perché?" Rispondo girandomi verso di loro. 

"Bhè, ieri Mio fratello ci ha detto cos'era successo in palestra..." Dovevo aspettarmelo, ora tutti mi chiederanno il perché mi alleno fino allo sfinimento, il perché non collaboro in squadra e via dicendo.

"Sto meglio comunque, grazie..." 

"Abbiamo letto il tuo fascicolo." Mi paralizzo mentre sto legando i lacci delle scarpe. Lì c'è scritto ogni cosa, è quasi la mia biografia. Insomma, è naturale che loro debbano leggerlo, però speravo che avessero lasciato perdere la parte riguardante la mia vita. 

"Ci spiace, insomma... Nessuno si meriterebbe di essere trattato così " 

"Non preoccupatevi- dico cercando di cambiare argomento e sorridendo appena- che ne dite se ora ci andassimo ad allenare?" . Loro annuirono poco convinte. Ero consapevole che loro erano a conoscenza di tutto e che volevano aiutarmi, dovevo cambiare qualcosa. Così facendo spreco l'opportunità che mi è stata data dallo SHIELD, mandando ogni cosa a rotoli. Ciò che stavo facendo non ero io, quello non era il mio carattere, come potevano fidarsi di me se non gliene davo prova? Come potevo far parte di una squadra se non ero me stessa?

"Eccoti! Allora oggi facciamo combattimento corpo a corpo, quindi nessun potere, voglio vedere come ve la cavate senza usare le vostre mutazioni." Si voltò e guardò Steve che stava parlando fuori dalla stanza.

 

"nel frattempo riscaldatevi". 

Natasha uscì dalla palestra lasciando me e Wanda da sole. D'un tratto Wanda disse "Senti... Se vuoi parlare di qualunque cosa, puoi benissimo venire da me a sfogarti...". Mi sembrò sincera, potevo fidarmi di lei realmente, senza problemi, dissi "Certo, grazie...". 

Non so se ero abbastanza convinta, ma in fondo cosa ne avevo da perdere? 

" a proposito, ogni pomeriggio andiamo a fare shopping per venerdì, Pietro mi ha detto tutto, non accetto no come risposta". 

Tempo pochi secondi e Wanda si stava riscaldando correndo intorno al campo. Avevo i muscoli freddi, decisi di fare stretching. Ad ogni movimento le mie giunture scrocchiarono, come se non mi muovessi da decenni. I muscoli si allungarono e provai sollievo una volta riuscita a rilassarmi completamente. Ero ancora flessibile, nonostante da più di un anno avessi abbandonato la danza.incurvai la schiena mentre ero ancora in ginocchio, ogni mia singola vertebra si mosse e scrocchiò, mi rialzai e provai a fare una piroetta. I muscoli erano caldi ormai, continuai a girare per poi fermarmi.

Natasha entrò in tempo per vedermi scrocchiare nuovamente le articolazioni intervertebrali, con al seguito Steve, Sam e Pietro. Li osservai e cercai di non incrociare lo sguardo, soprattutto quello di Pietro. Erano vestiti simili, maglia maniche corte, pantaloncini corti, nel caso di Pietro, troppo aderente però.

"Oggi ci alleneremo anche con loro, quindi le coppie saranno prima Wanda e Eve e Pietro e Sam, mentre dopo Pietro e Wanda e Sam e Eve. Prima però faremo qualcosa al sacco, quindi i colpi basilari e quelli più complessi" disse Steve. 

Dal giorno in cui ero entrata nella squadra non avevo ancora parlato con Sam, il ragazzo di colore che ribadiva molte volte di non essere un semplice pilota. La prima ora passò in fretta tra i colpi al sacco e il combattimento con Wanda. Facemmo una pausa, poi iniziammo la seconda parte dell'allenamento. Dovevo solo mettere in pratica le cose che finora Nat e Steve ci avevamo mostrato. Eravamo l'uno di fronte all'altro, Sam iniziò per primo e cercò di colpirmi con un a serie di pugni, la schivai, a destra e sinistra, poi ne tirsi un paio io, lo colpii alla spalla sinistra, intensificammo il ritmo, provai a ricordare quel poco fatto a Taekwondo anni prima, per evitare un gancio mi sbilanciai all'indietro, Feci perno con la mano sinistra e mi tenni in piedi, azzardai un calcio che lo colpì al fianco, mentre io ne presi uno alla gamba sinistra. Il ginocchi cedette e per tenermi mi girai bruscamente e tirai un calcio che andò a conficcarsi nel costato. Sam non era ancora stanco, ancora per poco era destinata a durare questa situazione, il meccanismo rigenerativo continuò e in nel giro di poco ero di nuovo in piedi, parai uno dei calci con le braccia e azzardai un pugno, che mi rese senza guardia, Sam ne approfittò e mi trovai un braccio dietro la schiena bloccato, pestai il suo piede e mi liberai, per poi benir bloccati da Steve.

Avevo il fiatone, ero stanca, mentre bevevo l'acqua Sam si avvicinò e disse "Complimenti, devo ammetterlo, mossa astuta quella di pestarmi il piede per liberarmi..." 

"Riflesso incondizionato, complimenti anche a te, per essere un Soldato in 'pensione'" ridemmo e continuai a bere.

"Devo ammetterlo che è andata bene, domani ci alleneremo di nuovo, stesso gruppo, ma cambieremo le coppie, per oggi potete comunque andare"

Mi ero divertita, pensai, per una volta ero rilassata.

"Pietro continuava a fissarvi mentre combattevate tu e Sam, sai?" Arrossii violentemente, e per poco mi andò di traverso la mia stessa saliva 

"di solito è così con le persone a cui tiene particolarmente..." Proseguì Wanda.

 Non seppi cosa rispondere, ero paralizzata, completamente e sussurrai "in che senso a cui tiene particolarmente?" 

"È lo stesso atteggiamento che aveva verso di me e che ha ancora adesso quando esco con Visione, è iperprotettivo, succede solo con poche persone che lo colpiscono molto. Sei una tra quelle..." 

Cambiai argomento, ritrovandomi senza una risposta e chiedi "dove ci troviamo dopo?" "Per lo shopping? Bhè, facciamo in cucina, Pietro si deve prendere anche lui qualcosa, quindi verrà con noi, verrà anche Visione a proposito, almeno siamo in quattro e mio fratello non si trova in minoranza..." Disse ridendo. Risi anche io, poi andammo nelle camere per prendere il necessario per dopo.

POV PIETRO
Oggi Eve è uscita presto, ha lasciato un biglietto in cucina su cui scritto che era in facoltà, decisi di mangiare qualcosa, poi andai in palestra a correre. Ero incapace di restare fermo. Poco dopo Steve e Sam entrarono e mi dissero che oggi pomeriggio ci saremmo allenati tutti assieme, ovvero noi e le ragazze. Steve parlava con Natasha. Mentre noi ci cambiavamo nello spogliatoio, poi uscimmo, Wanda stava correndo intorno al campo, mentre Eve stava facendo stretching. Sentii il rumore degli scricchiolii delle sue ossa distintamente, rabbrividii.
Stage sta parlando, dovrò fare coppia prima con Sam, poi con la mia sorellina. Nat ci fermò e ci disse che potevamo andare a fare una pausa, mentre Sam e Eve stavano combattendo. Lei si muoveva veloce, precisa, leggera nello spazio. Una delle sue gambe cedette e lei si ritrovò appoggiata alle braccia solo, poi tirò un calcio, passarono pochi minuti che si ritrovò intrappolata. Il braccio destro dietro la schiena, involontariamente contrassi il muscolo del braccio destro, poi lei sì liberò pestando il piede a Sam. Ahia, pensai. Non riuscivo a smettere di guardarla, era così fragile e forte al contempo. Ora ride, piano. Devo trovare un metodo per farla ridere di più, fa bene alla salute e poi lei è bella, più bella di quanto già è. Devo dirglielo. 
Poi andai a cambiarmi, dopo devo andare con Wanda, Eve e Visione a cercare qualcosa da mettere venerdì sera alla rimpatriata dei vecchi compagni di classe di Eve.
Mi buttai nella doccia, una volta arrivato in camera, l'acqua calda scioglieva i muscoli del mio corpo, ero rilassato. Appoggiai la testa al muro, i punti in cui ero stato colpito due mesi prima a volte facevano male. Uscii dalla doccia oh l'asciugamano in vita, cercai qualcosa da mettere nell'armadio, optai per una maglia maniche corte e un paio di Jeans, ai piedi ovviamente scarpe da ginnastica. Andai in bagno e frizionai i capelli con l'asciugamano, i ciuffi biondi e quelli scuri di mischiarono, asciugandosi e lasciando che l'acqua ristagnasse nell'asciugamano ormai fradicio, poi uscii chiudendo la porta dietro di me.








 

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Capitolo 9
*** 9- ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

L'acqua mi stava ristorando. Una doccia era proprio quello che ci voleva. Uscii dalla doccia in fretta e misi un asciugamano intorno al corpo ed uno in testa per asciugare i capelli. L'umidità aveva depositato un leggero velo di vapore sullo specchio, aprii la finestra e in poco tempo si spannò lo specchio. Intravidi la mia figura, i miei occhi verdi, ereditati da mio padre, i capelli neri come la pece, ereditati invece da mia madre. Avevo la carnagione pallida, non mi abbronzavo quasi mai, che lasciava intravedere le vene, sottili e bluastre, mentre sull'addome una cicatrice. Sembra paradossale, io, che ho tra le altre mutazioni, la guarigione accelerate, così come il metabolismo, ho una cicatrice. Svettava sulla pelle, era lucida, partiva dalle costole in basso nella parte destra, fino all'ilio. Ricordo ancora quel giorno come se fossi ieri, le strisce pedonali, io che attraversavo la strada, una macchina pirata, l'impatto violento, il vetro del parabrezza che penetra nella carne, il sangue, il suo sapore mischiato alle lacrime, l'odore che penetrava nelle narici, la polvere, il sole che mi sferzava il viso con il vento, le urla, l'uomo alla guida che era orribilmente schiacciato nelle lamiere, solo il braccio destro fuori, lo schianto contro un palo, io che rotolo sull'asfalto, i vetri ancora conficcati nella carne, le abrasioni sulle braccia, usate per coprire la testa e la faccia. Poi l'ambulanza, l'odore dell'anestetico, l'odore di ospedale, il nero, il bianco, il grigio, poi il risveglio, i miei genitori al mio capezzale, i mesi successivi, tra riabilitazione e il programma scolastico da recuperare. Smetto di pensarci, poi mi friziono i capelli ancora umidi, prendo il phon e li asciugo completamente, poi prendo la biancheria intima, la indosso, un paio di jeans, una t-shirt blu scura, una felpa e la borsa, poi esco dalla camera. 

 

 

Wanda, Visione e Pietro mi stanno aspettando in cucina e stanno bevendo. 

 

"Scusate se vi ho fatto aspettare" 

"no, guarda, tranquilla, siamo appena arrivati anche noi" dice Wanda subito.

 "Andiamo?" Mi volto verso Pietro, che ha parlato, poi, prese le chiavi della macchina, saliamo e andiamo.

Io sono dietro, vicino a Pietro, mentre Wanda sta guidando, Visione invece sul sedile anteriore. La musica risuona nell'aria, mi ritrovo a canticchiare sottovoce senza accorgermene, percepisco lo sguardo di qualcuno su di me, arrossisco violentemente e smetto immediatamente. 

"No, non smettere..." Sussurra Pietro. Arrossisco ancora più violentemente, "hai una bella voce..." Sussurro un grazie poi la macchina si ferma, siamo arrivati, scendo, poi Wanda prende la parola. 

"Allora, dato che avete entrambi bisogno di qualcosa di elegante, io vado con Eve, Visione invece con Pietro, poi ci troviamo qui, ok?" 

Ringrazio mentalmente Wanda, non avrei retto altro tempo con Pietro, senza offesa... Lui è gentile, l'unico problema è che mi imbarazza, e non poco.

"Allora, da dove cominciamo?" Chiedo subito, speranzosa di fare in fretta. 

 

"Proviamo ad andare là- dice indicando un negozio a pochi metri da noi- potrebbe esserci qualcosa..." 

"Perfetto..." 

"Come vanno le cose...intendo, come sta andando con mio fratello, so che può essere tremendamente iperprotettivo a volte." La guardo e mi fermo, consapevole che quella domanda sarebbe arrivata prima o poi. 

"Bhè...insomma, ci vado d'accordo..." 

"...e ti piace a quanto pare..." Dice maliziosa 

"no, no, no, lo conosco da quanto, tre giorni? Come può piacermi, insomma...-Dico paonazza in volto- ...al diavolo, non so proprio..." 

Sono nel panico, ottimo, perfetto, e mi innervosisce non poco questa situazione, comincio a mordermi il labbro nervosamente, mentre mi volto a cercare qualche abito. 

"Bhè, secondo me sareste una bella coppia, non ho mai visto mio fratello così preoccupato per qualcuno che non fossi io, pensa, quando due giorni fa, quando eri svenuta, che eri in camera, lui era in fibrillazione, persino i suoi pensieri erano difficili da leggere, si muoveva continuamente, per un momento ho pensato di prendere qualche sedativo e metterglielo nel cibo! Non riuscivo nemmeno a calmarlo, era agitato e preoccupato." 

Mi bloccai, passai una mano sul viso e una era ancora tra i vestiti appesi. Come poteva preoccuparsi per me? Insomma, perché, ecco la domanda principale, perché! 

"Lui si preoccupava per te, insomma, pensa che era persino nervoso prima di fare allenamento con noi!" Ero incapace di pensare.

 "Perché? Perché sta facendo tutto questo?" 

"Tiene a te, o forse qualcosa di più".

Stetti zitta, poi Wanda, vedendomi a disagio, mi propose un vestito, il primo di una lunga serie. 

 

Nel giro di mezz'ora avrò provato una ventina di vestiti, e nessuno è adatto ad una rimpatriata, o troppo corto o troppo lungo.

 "Ci sei quasi?" Wanda mi urlò da fuori del camerino.

 "Quasi, sto cercando di metterlo a posto tenendo conto del dritto e del rovescio." Dissi ridendo. Poi uscii. La sua faccia era impagabile, mi prese di peso e mi portò a forza davanti ad uno specchio. La guardai interrogativa, poi seguii lo sguardo fino allo specchio. Era perfetto, blu notte, senza spalline, con dei ricami in filo argentato, lungo fino al ginocchio, all'inizio aderente per via del corpetto, poi morbido, nella schiena invece era di pizzo. Mi risaltava sulla pelle, aveva un contrasto fortissimo. "È questo" sussurrai.

POV PIETRO
Non riesco a trovare un completo adatto per venerdì, o meglio, io avevo in mente di mettere una camicia e un paio di jeans con le mie amatissime Nike, ma no, Wanda, persuasiva come al solito, mi ha convinta a cercare un completo elegante. Premetto che non ne ho mai messo uno e non avrei mai pensato di metterne uno in vita mia, insomma, non è nemmeno comodo! Lasciamo perdere... 
Visione, invece, si dimostra disponibilissimo ad aiutarmi, nonostante sia un androide, al contrario delle commesse, che si avvicinano e provano ad aiutarmi, con il solo scopo di rimorchiarmi. 

 

"Ragazzi, trovato qualcosa?" Wanda ed Eve hanno già finito. Incredibile. Se penso che le donne, in generale, sono molto lente nel fare shopping, devo ricredermi. Noto che hanno in mano delle borse, una di un negozio di abbigliamento, uno di cosmetici, ed uno di lingerie. Prendo uno smoking e mi fiondo nel camerino, nello stesso momento in cui io mugugno un no, ed una commessa, un po' troppo oca, si offre per aiutare.

Dopo due minuti esco, con solo la cravatta da allacciare, e Daisy, la commessa oca, si offre subito per allacciarla, nel farlo, esibisce un sorriso falso, peggio di una banconota da tre dollari, e seno, oserei dire rifatto. Mi volto verso Eve, Wanda e Visione, poi Eve mugugna un "non un nodo alla Windsor" a voce abbastanza alta. 

 

"Come scusa?" La commessa, Daisy, Sally, non ricordo il nome, dice con voce stridula. 

"Intendo dire che il nodo alla Windsor non si usa più da almeno quattro anni, oltretutto è fatto in modo assolutamente sbagliato". Non capisco cosa ci sia di sbagliato nel nodo alla cravatta, che Eve, armata di pazienza è leggermente rossa in volto, si avvicina, la sfila e la riannoda in pochi secondi, sotto lo sguardo esterrefatto della commessa. Resto fermo più che posso, e avverto un profumo che sa di mughetto o gelsomino. 

Poi Eve si stacca da me e si allontana. Un senso di vuoto pervade lo stomaco, poi torno nel camerino e affermo "va bene questo".

POV EVE
Decidiamo di andare a cercare Pietro e Visione, dopo essere andate da Victoria secret (su insistenza di Wanda) e a prendere dei cosmetici. Pietro si sta spazientendo, a quanto vedo, dato che sta cercando degli smoking. Non è proprio il tipo più paziente di questo universo, oserei dire. Nel frattempo che risponde a Wanda, prende uno smoking, ed una commessa, con il seno rifatto è un po' troppo trucco addosso, si avvicina a chiedere se abbiamo bisogno. Pochi minuti dopo Pietro esce dal camerino con solo la cravatta da sistemare. Il completo lo fascia perfettamente, esalta i suoi muscoli e crea contrasto con i capelli. 

 

La commessa si avvicina e sistema la cravatta in un nodo alla Windsor. Si atteggia in modo fin troppo provocante, tentando di strusciarsi contro il fianco di Pietro, visibilmente imbarazzato. Mi lascio sfuggire un commento, mentre sento un groppo in gola, che scende fino allo stomaco. La commessa mi guarda indignata e rispondo per le rime, diventando rossa in volto, poi mi avvicino a Pietro, senza guardarlo negli occhi gli slaccio la cravatta, la rilego in pochi secondi, avverto di essere troppo vicina al suo petto, avverto il suo profumo, dopobarba, avverto il suo fiato sul collo, poi mi stacco, mi soffermo a guardarlo negli occhi e mi allontano. Il cuore batte incessantemente nel petto, al ritmo forsennato, divento ancora più rossa mentre la commessa mi guarda come se fossi un fenomeno da baraccone, poi Pietro dice "va bene questo", e rilascio un sospiro di sollievo, mentre sento ancora il groppo alla bocca dello stomaco, come se fosse un boccone amaro da digerire. Questa non è gelosia, ripeto a me stessa tentando di auto convincermi, non può esserlo. 'O si che lo è'. Perfetto, anche la mia coscienza si mette a dare le lezioni di sopravvivenza al mio cervello, 'no, che non lo è', e la discussione interiore finisce come era cominciata, anche se avverto ancora il sapore del boccone amaro.




 

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

 

POV EVE

Venerdì.

Mi sveglio che fuori è ancora buio, saranno le 6 al massimo, in senso di nausea e malessere mi sale, barcollando e caracollando prendo una bottiglietta di acqua e ingerisco il lansoprazolo per evitare di stare male tutto il giorno. Prendo una canotta, in reggiseno e un paio di pantaloni della tuta, li metto e dopo essermi lavata e pettinata, per quanto possibile dati i molteplici nodi ai capelli, vado in cucina con le cuffiette, il telefono ed un libro. Tiro fuori un elastico dalla tasca e lego i capelli in una crocchia malferma, constatando che sono cresciuti di una decina di centimetri dall'ultima volta che li avevo tagliati. 
In cucina non c'è nessuno fortunatamente, metto l'acqua a bollire, prendo una mug dalla dispensa poi l'occorrente per farmi un tè. La musica risuona nelle orecchie ad alto volume con una canzone degli Arctic Monkeys. Metto in infusione il filtro di metallo con le foglie di tè triturate e aspetto leggendo Tolkien. 
Sono seduta a gambe incrociate su una delle sedie intorno all'isola della cucina, affossata nello schienale. Il sole sta sorgendo dipingendo nel cielo il rossore tipico dell'alba newyorkese, le luce si infrange sulle punte e sulle vetrate dei grattacieli. Tiro via il filtro, butto il contenuto nel compost, poi torno a bere la mia amata tazza di tè. È come un rito, può sembrare mistico, l'aroma del bergamotto penetra nelle narici, mentre il sapore fruttato e aspro scorre nella gola. La nausea sembra essere passata, il mal di testa al contrario persiste. È normale, dico a me stessa, sarò tesa per stasera o per l'allenamento, può capitare a chiunque.
Per un minuto rimpiango di aver accettato di andare a quella festa o rimpatriata, insomma tanto per essere sinceri, cosa andrei a fare in un posto in cui nulla mi fa sentire a mio agio, non come un pesce fuor d'acqua, o come un analfabeta in libreria o un astemio in una birreria, in un posto dove l'alcool regna sovrano e la droga manca poco che ci sia, dove la musica perfora i timpani e non è nemmeno ballabile. Cosa ci farei lì? Forse perché Pietro ha insistito e ti ha convinto? Perfetto, ora anche la mia coscienza cerca di convincermi di essere innamorata o infatuata di lui. Lo ammetto, non è brutto, tutt'altro, scommetto che molte ragazze della mia età in sua presenza si vestirebbero come delle troie o peggio solo per poterci parlare. Sembra uno dei classici tipi tutti muscoli e nulla cervello in apparenza, a cui importa solo una cosa. A quanto dice Wanda lui tiene a me. Potrebbe essere semplice cortesia, essere la nuova arrivata, quella nerd che non ha uno straccio di amico. Vorresti che fosse qualcosa di più, vero? Ignoro deliberatamentla mia coscienza e decido di tornare a leggere il mio Tolkien. Torturo la pelle che sporge da sotto il tessuto della tuta, strappata in alcuni punti, facendola arrossare. Le mie unghie laccate di blu, appena dalla sera prima, passano poi a torturare il filo delle cuffiette, ancora infilate nelle orecchie.

Non so quanto sia passato. Mezz'ora, un'ora, non ne ho la più pallida idea. Sollevo lo sguardo e noto che nessuno è ancora arrivato, quindi decido di andarmene in palestra con un filo di anticipo. Non incontro un'anima, dato che, a quanto aveva detto Natasha, avremmo dovuto allenarci come la volta precedente, prendo un paio di pantaloncini corti neri e un top bordeaux. Poso tutto nello spogliatoio ed esco mentre infilo nelle orecchie le cuffie. Mi rilassa la musica molte volte, anzi, sempre, così come la danza. Percorro il parquet con i piedi nudi, le articolazioni delle falangi di questi ultimi scrocchiano. Riscaldi i muscoli quanto basta, poi senza alcun preavviso comincio a girare, inizialmente su due piedi, poi su un piede. Mi fermo per pochi secondi, lancio un paio di calci molto in alto, mentre ruoto il busto. Appoggio le mani al pavimento, comincio a ruotare il bacino, mentre sono in equilibrio sulle mani. Mi sento libera. Sono libera. La musica martella sui miei timpani eppure continuo a ballare.

POV PIETRO  

Mi sveglio in tutta tranquillità, le coperte sono per terra, la faccia infossata nel cuscino. Prendo il telefono dal comodino e guardo l'ora. Le 7. Oggi ho allenamento con Wanda, Sam, Steve, Natasha ed Eve. Ricordo le parole di Steve all'ultimo allenamento, avrei dovuto combattere con Eve. Lo stomaco si rovescia e fa un salto. Dovrò essere a contatto con lei e questo mi crea una strana sensazione alla bocca dello stomaco, sono ansioso, insomma, cosa succederebbe se commetto una delle mie solite cazzate? Se le facessi male? Se mi comportassi come un cretino? Quante paranoie Maximoff, hai avuto abbastanza ragazze da poter essere disinvolto, non dovresti avere questo  tipo di problemi... dico a me stesso cercando di farmi coraggio. L'unico problema è che le altre ragazze con cui ho avuto a che fare precedentemente erano molto disinibite e in un certo senso anche un po' oche; lei invece è diversa, non serve far vedere i muscoli e fare qualche sorriso, con lei... oddio non so nemmeno io cosa serve per poterla conquistare. Cerco nell'armadio qualcosa di decente, ovvero una maglia nera e un paio di pantaloni della tuta del medesimo colore, le Adidas grigie e vado in cucina per fare colazione. Bevo in fretta il mo caffè e mangio la mia ciambella, poi vado in palestra. Per strada trovo Sam  e Steve, non so di cosa stiano parlando, ma immagino che abbia a che fare dell'allenamento. "tutto ok?" si voltano a guardarmi, per poi dire "certo, stavamo dicendo per il programma dell'allenamento, pensavamo di fare come la volta precedente, solo con le coppie scambiate, tu che ne pensi?" chiede Steve. Faccio le spallucce, dicendo che per me è lo stesso, cercando di essere il più naturale possibile, quando dentro di me urlo di voler essere in coppia con Eve. "ok, quindi tu sarai con Eve... perfetto!" "a proposito qualcuno l'ha vista a colazione?" chiede Sam. Solo allora mi chiedo dove possa essere, dato che a quanto pare nessuno l'ha vista. "non so, ieri dopo cena so di averla vista andare in camera, ma ora non so dove sia" dice Sam. "ora è meglio è andare in palestra, magari lei è già lì" dice Steve. 

POV EVE  

Bevo avidamente. Le cuffie continuano a riprodurre musica a tutto volume nelle mie orecchie, avverto un tocco leggero alla spalla e mi volto sobbalzando. 

"tranquilla, sono io..." Natasha e Wanda. 

"oddio, non vi avevo sentite!" 

"ci credo, hai la musica a tutto volume nelle orecchie." dicono ridendo.

 Iniziamo l'allenamento in tutta tranquillità, ci riscaldiamo poi arrivano anche i ragazzi. Cerco di non soffermarmi con lo sguardo su di loro, specialmente su Pietro, che ha addosso una maglietta fin troppo attillata. Poi Nat e Steve ci dicono di allenarci a coppie: sono con Pietro. Deglutisco, poi, dopo aver messo a posto i capelli, cominciamo a combattere. Inizialmente ci studiamo a vicenda, quasi a voler capire chi attaccherà per primo. I suoi occhi azzurri mi studiano con insistenza, sembra vogliano svuotarmi l'anima, entrare e capire la vera me. Lo guardo con i miei occhi verdi, sembra teso, ogni suo muscolo è teso e pronto a scattare. Poi iniziamo, tutto sembra andare al rallentatore mentre schivo un suo pugno, ben consapevole che sta usando i suoi poteri. Scaglio una raffica di pugni, molti dei quali cadono a vuoto. Schiviamo e ci attacchiamo a vicenda, siamo vicini, troppo, sento l'odore del suo dopobarba, o forse del suo deodorante. Cado a terra e lui cade sopra di me. I suoi capelli sono spettinati, i suoi occhi sembrano grigi. Le mie mani sono bloccate, una dietro la schiena, contro il pavimento, mentre l'altra è stretta nella sua morsa, decisa e al contempo docile. I nostri corpi sono vicini, ribalto la situazione, che cambia in modo repentino e lui mi blocca una mano dietro la schiena. Gli altri hanno già finito di allenarsi, si stanno ristorando. Avverto il suo respiro sul collo, rabbrividisco e mi libero. Cosa mi sta succedendo? Perchè mi sento così quando sono vicino a lui? Siamo ancora vicini, a poche decine di centimetri. Non so cosa dire o fare, sono come paralizzata. Pietro mi guarda, poi mi volto e vado a prendere la bottiglietta dell'acqua e bevo. 

 

POV EVE 

Mi guardo allo specchio. Wanda e Natasha si sono offerte di aiutarmi per trucco e parrucco. I capelli sono stati arricciati, le imperfezioni sono state coperte e gli occhi sono contornati di matita nera, di eye liner e mascara. Non sembro nemmeno io a dire la verità, sembro diversa. "allora?" mi dicono Wanda e Natasha. 

"io...io...non so che dire, grazie, davvero" 

"farai girare molti occhi, soprattutto qualcuno di nostra conoscenza" ammiccano. Arrossisco inevitabilmente.

 "secondo me sareste perfetti insieme..." 

"chi?!?" esclamo, quasi urlando. 

"Pietro ti piace vero?" la mia faccia diventa ancora più rossa. 

"bhè... insomma..." balbetto 

"secondo me gli piaci molto, non l'ho mai visto così preso per qualcuno". 

Bussano alla porta. Metto le scarpe prendo la borsa e apro la porta. Pietro è appoggiato alla porta, fasciato perfettamente nel completo scuro che aveva comprato pochi giorni fa. 

"ciao" 

"ciao.." 

"sei...bellissima, davvero..." 

"grazie" dico arrossendo. 

"andiamo?" 

"certo".

Tony ci ha prestato la Lamborghini, Pietro è alla guida, faccio per alzare il volume della radio e le nostre dita si sfiorano, avverto un brivido lungo la schiena e la scosto subito. Nel giro di una decina di minuti siamo arrivati: il parcheggio della scuola non è cambiato per nulla. Scendiamo e ci avviamo all'ingresso, la musica trapana l'aria, le luci illuminano l'interno del salone, una ragazza si avvicina, la riconosco istantaneamente, Tinsley Kinn, reginetta del ballo scolastico e finta bionda ventiquattr'ore su ventiquattro.

 "O mio dio! Eve Chang, sei venuta anche te, non me lo sarei mai aspettato, insomma non sei mai venuta ai balli della scuola" dice con voce stridula, poi prosegue "un attimo, lui non sarà mica uno degli Avengers?" 

"bhè, si, insomma..." 

"si ci frequentiamo da un paio di settimane" dice Pietro posando la mano sul mio fianco e avvicinandomi a lui. 

"wow, davvero... non so che dire, va bhè, è meglio che ora vada, ci vediamo dopo" 

"certo, certo". 

Arrossisco violentemente mentre se ne va, tolgo il cappotto e lo poso nel guardaroba e torniamo nel salone. 

"vuoi concedermi un ballo?" 

Pietro mi porge la mano, sono titubante, poi mormoro un certo a malapena udibile, poi Pietro mi stringe la mano e andiamo verso il centro della pista. La sua mano è alla base della mia schiena, mentre l'altra tiene la mia mano. La musica aleggia nell'aria, mentre continuiamo a ballare. La sensazione alla bocca dello stomaco persiste e una certezza aleggia nella mia mentre, credo di essere innamorata cotta. 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


capitolo sottoposto a revisione nel settembre 2016

L'aria della sera soffiava e faceva sollevare le foglie che erano a terra, facendole ricadere silenziosamente. Avevamo ballato. Splendidamente devo ammettere, era come se la stanza non esistesse, solo la musica e noi. Gli Arctic Monkeys risuonavano nell'abitacolo della lussuosa berlina nera che Pietro stava guidando. Sorrisi inconsciamente, sentii il suo sguardo che si soffermava su di me, nonostante stesse guidando rilassato. Mi infossai nel sedile di pelle, spostai gli occhi sulla figura seduta al mio fianco, aveva slacciato la cravatta blu di seta e ora giaceva abbandonata sul collo, i capelli biondi erano spettinati, la barba perfettamente curata, l'espressione era rilassata, gli occhi ora fissi sulla strada. 

Mi ero ripromessa di non innamorarmi di nessuno, ho avuto solo cotte o infatuazioni non ricambiate, solo che questa volta sentivo qualcosa di diverso. Dicevano che quando il silenzio non è imbarazzante tra due persone, avevi trovato la persona giusta. Dicevano anche che se passi del tempo con qualcuno e che se in quell'intervallo di tempo non avevi mai guardato il telefono, avevi trovato la persona giusta. Ecco era questo, non mi sentivo fuori posto, ovvero come un astemio in una fabbrica di whisky o come un analfabeta in una libreria, stavolta mi sentivo con se fossi al posto giusto, al momento giusto, come se quell'astemio avesse finalmente assaporato il miglior whisky sul mercato e che ora ne stesse assaporando il quinto bicchiere, come se quello stesso analfabeta avesse imparato a leggere e ora stesse leggendo ogni singolo volume della biblioteca cittadina. 

Fuori le stelle brillavano alte nel cielo e osservavano tutto quanto accadeva in terra. La macchina rallentò ed entrammo in garage, Pietro la parcheggiò e poi scese dall'auto, mi aprì la porta e salimmo in ascensore. Arrivammo davanti alla porta della mia camera, incapaci di spiccicare una singola parola, non so dove trovai il coraggio fatto sta che gli gettai le braccia al collo, nascosi il viso nell'incavo del collo, annusai il profumo che emanava e mormorai "grazie". Sentii le sue braccia circondarmi e stringermi forte, riconobbi la stretta che mi aveva portato incosciente fino alla mia camera pochi giorni prima, mi sollevai sulle punte per approfondire l'abbraccio non volendo che finisse mai. "di nulla, per te questo e altro" mormorò. 

Ero felice, come non lo fossi mai stata, una lacrima uscì e finì sulla camicia, a questa ne seguirono altre. Pietro si allontanò da me, tenendo ancora le mani sui miei fianchi e chiese "perché piangi, c'è qualcosa che non va?" 

sorrisi, poi risposi "no, è tutto a posto, sono solo felice, per la prima volta dopo un sacco di tempo" poi lo abbracciai nuovamente, mi depositò un bacio leggero sulla testa, poi entrammo in camera, mi diressi in bagno, abbandonando la borsa e le scarpe sul pavimento e su una sedia. Sciacquai il viso, mi struccai e misi l'intimo pulito, una t shirt e un paio di pantaloncini corti per dormire.

Pietro era seduto sul letto, la giacca dello smoking sulla sedia, la cravatta pure. Notai che la radio stava riproducendo gli Arctic Monkeys, mi sedetti su letto accanto a lui, mi attrasse a se e ci coricammo sul letto, non so se arrossii. 

"perché?" chiesi all'improvviso e lui parve stupito e mi guardò interrogativo, ripetei più chiaramente "perché fai questo?" 

parve capire e un leggero rossore gli pervase le guance, poi disse a bassa voce "non so, seriamente, solo... probabilmente... perché tengo molto a te, anche se ci conosciamo da quanto, una settimana, sento di doverti proteggere e di avere una sorta di legame che adesso non saprei definire con te..." arrossii, sentivo il sangue che fluiva fino alla superficie del mio viso e stetti zitta, incapace di proferir parola. 

Quando era l'ultima volta che qualcuno mi diceva qualcosa del genere, capace di zittirmi? Non so, forse è la prima volta, primissima volta. La radio stava trasmettendo "R u mine?". Aprii la bocca, volevo dire qualcosa che non fosse una delle solite cazzate, e al momento la mia carissima coscienza si era presa una ferie. 

"lo sento anche io, quel legame che hai detto prima, nemmeno io so definirlo, insomma..." 

"Proviamo" sollevai lo sguardo e incontrai i suoi occhi, verde in blu "proviamo a capirlo, a definirlo, come si fa con i termini che ci sono sconosciuti, solo che questo non è una parola, un termine, è qualcosa di forte, di diverso, che sento il bisogno di definire" disse tutto d'un fiato, senza nemmeno prendere fiato, avevo ancora gli occhi suoi fissi nei miei, sbattei le palpebre e dissi "Proviamo". 

Ci coricammo di nuovo, l'uno accanto all'altra, Pietro sparì per qualche istante e ricomparve con una maglia e un paio di pantaloni della tuta addosso, si coricò al mio fianco, mi attirò a se, avevo la testa al livello del suo petto, mi ci tuffai e rifugiai, e mi addormentai mentre lui mi lasciava un bacio sulla fronte mentre alla radio gli Arctic Monkeys suonavano "I wanna be yours". 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** 12- ***


POV PIETRO.

Le parole mi echeggiavano ancora nelle orecchie, come se potessi risentirle. Quel Proviamo ha reso perfetto tutto quanto.

Eve si è addormentata nemmeno due minuti dopo che si è coricata accanto a me. La stringo a me, sembra una bambola di porcellana, è forte e incredibilmente fragile al contempo. Il suo corpo si alza e si abbassa, lentamente, le sposto i capelli dal viso e noto che è rilassata. I suoi occhi si muovono al di sotto delle palpebre, starà sognando. Non posso fare a meno di pensare che è completamente differente dalle ragazze che frequentavo prima, così vuote, che pensavano solo a come vestirsi per una festa, lei è lei, non saprei definirla, non pensa a vestiti, non pensa a feste. Prima era stupenda, anzi qualcosa di più, eterea, forse le s'addice meglio. 

Guardo la sua stanza è ordinata e a tratti disordinata, i libri sono impilati nell'armadio, ha molte foto, tutte o da sola o con i suoi genitori, sono molto legati da quello che vedo. Dal padre ha ereditato gli occhi, dalla madre i capelli, è il perfetto miscuglio e connubio tra i due. La stanza profuma di libri, di carta stampata. sul comodino alla mia destra un libro dall'aspetto antico, vicino alla portafinestra invece una rosa rosso cupo, è quasi fiorita, alcuni dei boccioli sono ancora chiusi. 

Sento muoversi, lei è sopra di me, parzialmente, tra le mani stringe la mia maglietta. Dalla maglia, leggermente sollevata vedo dei segni sulla pelle, cicatrici ad una prima occhiata. Mi ricordo improvvisamente di quanto scritto sul fascicolo. La bacio sulla fronte, poi guardo l'orologio e noto che sono le due, sarà meglio che mi addormenti, altrimenti domani chi li sente Steve e Natasha ad allenamento. 

 

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POV EVE

Il sole filtra dalle fessure delle persiane, sono comoda, per la prima volta ho dormito benissimo e perfettamente, sollevo lo sguardo e noto il viso di Pietro rilassato, il suo battito mi rimbomba nelle orecchie, le sue mani sono sui fianchi, e le braccia mi stringono in una morsa dolce. Profuma di muschio e menta, mi accoccolo sul suo petto sempre di più, dato che sono solo le sei e trenta.

 E' la prima volta che dormo con qualcuno, un raggio di sole lo colpisce su viso, proprio sugli occhi, mugugna. Faccio finta di dormire magari non si accorge che mi sono svegliata. Fallisco miseramente e riapro gli occhi e lo guardo. E' adorabile da mezzo addormentato, gli occhi chiari sono socchiusi e mi guardano. "Buongiorno..." "Giorno a te dormito bene?" "ma si, da quanto sei sveglia?" "da pochi minuti" mi tuffo di nuovo nel suo abbraccio e lui mi sussurra all'orecchio "sai di essere adorabile quando fai così?" 

Ridacchio, prima di soffermarmi di nuovo a guardarlo, sul suo viso si materializza una smorfia strana, tipica di quando pensa. "A che stai pensando?" "nulla, solo... devo trovare un metodo per farti ridere..." "oook...". Improvvisamente  la sua espressione muta e diventa maladrina, poi in pochissimi millisecondi comincia a farmi il solletico sullo stomaco. Rido di gran gusto, poi ricambio in poco tempo passando al contro attacco, rotoliamo sul letto l'uno sull'altra per poi finire seduti scoppiando entrambi a ridere. Riprendiamo fiato ansanti per rituffarci sul letto nuovamente abbracciati.

 

-LOCALITA' SCONOSCIUTA-

Il freddo emanato dalla neve che copre le strade si infiltra sotto gli infissi di legno della fabbrica abbandonata, gelando il pavimento vicino alle aperture. L'ambiente è illuminato da delle lampade ad incandescenza attorno alle quali si aggirano delle mosche attirate più dal forte odore acre che dalla luce. Numerosi macchinari sono abbandonati, solo alcuni sono in uso, perfettamente puliti e lucidi, numerosi uomini in camice bianco si aggirano attorno a delle calotte piene di liquido verde fosforescente. 

Si sentono delle voci in lontananza, sono parecchio concitate. Alcuni degli uomini in camice sono vicino ad una calotta e ad un uomo in cappotto nero con la pelliccia. "come è stato possibile, avevate assicurato che sarebbe andato tutto secondo i piani!" L'uomo è adirato, uno degli scienziati si fa avanti titubante dicendo "è solo questione di tempo, nulla è perduto, solo un po' di ritardo nel progetto finale". L'uomo estrae un arma dalla tasca della giacca, poi spara un colpo a pochi millimetri delle scarpe dello scienziato che aveva appena parlato, facendolo saltare. "sarà meglio per voi, altrimenti la mia mira sarà migliore". 

Solleva lo sguardo alla calotta davanti a sè, un ragazzo senza capelli, pieno di tatuaggi, galleggia, con alcuni elettrodi collegai alla testa e al petto. "tranquillo, con questo gli Avengers saranno battuti e l'HYDRA avrà finalmente ciò che gli spetta.". Una risata lugubre si leva dal gruppetto, mentre stanno passando in un corridoio buio illuminato solo dalle lampade al neon.  

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE...

Ciao, ecco un nuovo capitolo, piuttosto corto e mi scuso di questo, ho veramente pochissimo tempo tra tutti gli impagni che ho. Come avete notato ho inserito qualcosa di differente dal solito. a Prestto.

R&R

a dimenticavo, grazie a tutti coloro che hanno recensito e commentato e votato!

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Quel giorno in facoltà non c'era molto da fare, insomma, ero più che rilassata, avevo bisogno di un paio di libri e di un paio di fascicoli, poi potevo tornarmene alla Avengers tower senza problemi. Infilai i libri che avevo preso in prestito nello zaino e lo issai nuovamente in spalla, ripensando agli avvenimenti della sera precedente e di quel mattino. Mi trovavo bene con Pietro, era divertente e a volte, questo devo ammetterlo, leggermente iperattivo. Sorrisi tra me e me, guardando il cielo azzurro terso: nonostante fosse autunno, si stava bene e non faceva troppo freddo a causa dell'aria che tirava. Passai per il parco, poi per i vari negozi della Avenue, e mi fermai al semaforo. Controllai il cellulare, poi vedendo che era verde, avanzai sulla strada, riponendo il telefono in tasca. Sentii un rumore proveniente dalla mia destra, poi fui letteralmente travolta da un furgone nero. Scagliata a terra, con qualcosa di rotto, probabilmente il braccio e la gamba, a giudicare dal dolore che provavo, ansimai. La vista si appannò e mossi la testa fino a vedere il furgone dai vetri oscurati che mi aveva investito andarsene in lontananza. La via non era trafficata, era pressoché deserta a quell'ora del pomeriggio. Mi rialzai a bocconi sulla gamba sana, sputando al pavimento e tenendomi il fianco, poi mi accasciai nuovamente a terra, Con tutta probabilità anche la costola non era in buone condizioni. Tastai per appurare che non fosse rotta, poi tossii nuovamente a causa della polvere sull'asfalto. Attirai lo zaino fino a me, e la medesima cosa feci con il telefono. Controllai lo schermo, pressoché in frantumi, poi chiamai la Torre al numero di emergenza fornitomi da Tony. Non ricordo di aver mai provato un dolore tanto grande in vita mia. Controllai la schermata del cellulare e notai che qualcuno aveva risposto, però non sentivo, o meglio, sentivo tutto ovattato, anche la vista era ovattata, la lingua impastata e la gola ardeva di sete. Cercai di parlare, però mimai un "rintraccia la posizione e venite a prendermi " a malapena, passai una mano sul viso, giusto per levare la polvere e il sangue che colava dalla tempia, poi la appoggiai sul fianco e abbandonai il telefono sull'asfalto. Ero stanca, troppo. Avete presente quando nel mezzo della notte vi svegliate e avete talmente sonno da voler dormire? Ecco. Le palpebre stavano pressoché chiuse, respiravo lentamente dalla bocca e cercavo di rimanere cosciente il più possibile. Avevo la nausea dal dolore, volevo solo dormire e basta, null'altro. Poi sentii una macchina avvicinarsi, e fermarsi. A giudicare dal rumore era una sportiva o una berlina di lusso. Voltai la testa e notai due persone che su due piedi non riconobbi. Appena si avvicinarono, li identificai come Natasha e Clint. Corsero fino al mio fianco, poi parlarono. Non sentivo le loro parole, potevo solo vedere le loro labbra muoversi, venni sollevata e nel momento esatto in cui la mia testa toccò il sedile dell'auto, chiusi gli occhi perdendo conoscenza. 



POV Pietro
Eve aveva deciso di passare in facoltà per prendere dei libri, e, alla mia richiesta di accompagnarla, mi aveva risposto che dovevo allenarmi e di aspettarla, ci avrebbe messo poco. Correvo sul tapis roulant ad alta velocità con la musica nelle orecchie, le mie scarpe invece minacciavano di cedere. Bruce aveva detto che di questo passo avrei consumato un paio di scarpe alla settimana, ma non ci potevo fare nulla se correvo e si consumavano in fretta. Scesi e presi la bottiglietta dell'acqua, la aprii, e mi tolsi la t-shirt per farmi la doccia, che detto schiettamente è perfetta. 
Mentre l'acqua scendeva sul corpo, pensai a Eve, alla sua apparente forza e alla fragilità. Pensavo a lei e basta. Finii di sciacquarmi, mi asciugai, vestii e andai in cucina. 
La mia sorellina stava guardando la TV, mi sedetti accanto a lei senza dire nulla, poi prima che io aprissi bocca, dalla porta entro Tony trafelato. Lo guardammo in prerogative, fino a quando disse: "Eve ha avuto un incidente."
E il mondo crollò addosso come un castello di carte. Vidi ogni mia speranza andare in frantumi. Calde lacrime a forgiavano dai miei occhi, corsi in camera a prendere la giacca e poi chiese "Dov'è?. "Clint e Natasha sono andati a prenderla, è meglio se aspetti qui, non sappiamo nulla, sta tranquillo" "mi dici come cazzo faccio a stare tranquillo se la persona che AMO è stata coinvolta in un incidente?" Gli occhi dei presenti si sbarrarono, feci per uscire, poi la mia vista fu offuscata di rosso e mi voltai sedendo,i sul divano. Wanda mi aveva giovato un brutto scherzo, ma efficace. "Mi spiace fratellino, è meglio se stai qui." Disse poi.






Angolo autrice
Lo so, sono in ritardo e chiedo venia in maniera tremenda. 
Mi spiace di non aver aggiornato prima, ma ero a corto di idee, poi, bam, ispirazione!
Comunque, spero che questo capitolino vi piaccia e a sentirci nelle recensioni!

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Capitolo 14
*** 14 ***


Capitolo 14

Pov Bruce.
La dottoressa Cho era arrivata da pochi minuti, quando Eve era stata portata da Natasha e Clint. A occhio la situazione era apparsa grave. Dopo averla spostata sul lettino, la dottoressa Cho le aveva tolto la felpa, si poteva notare l'ematoma che aveva un colore violaceo, sintomo della guarigione, sul fianco destro, il braccio era gonfio e turgido, così come la gamba all'altezza della tibia. Tony si era rifugiato in laboratorio per cercare ogni possibile traccia dell'incidente. Probabilmente, se Eve non avesse avuto la mutazione che le accelerava la guarigione, non ce l'avrebbe fatta, o comunque, se c'è l'avesse fatta, ci avrebbe messo un paio di mesi. I tagli e le escoriazioni erano ormai rimarginate, così come le fratture in modo parziale, l'unica cosa che dava preoccupazione era il livido che aveva al fianco e la frattura scomposta al braccio e alla spalla. Aiutai la dottoressa Cho a metterla nella culla rigenerativa, appositamente ricostruita dopo la nascita di Visione, poi tolsi il camice e uscii dalla stanza, lasciando che Pietro entrasse.

Pov Eve.
Fluttuavo, o meglio galleggiavo. Avete presente quando siete sott'acqua e state nuotando? Ecco, era come se nuotassi, con solo la differenza del dolore. Ce n'era tanto, anzi troppo. Di certo non ero morta, anche perché altrimenti non proverei tutto questo dolore, o meglio, mi correggo, lo proverei solo se fossi all'inferno.
Spalancai gli occhi a fatica, inspirando. Fuori era buio, sul comodino a fianco del lette c'era una lampada accesa. Mossi il braccio destro e tastai il costato ricoperto dalle bende, poi passai all'altro braccio, fasciato e rigido. Le gambe non facevano male, solo giusto un formicolio alla sinistra. Mi sollevai a fatica e posai i piedi sul pavimento. Gli unici indumenti addosso erano un paio di pantaloni della tuta e una t-shirt oversize. In testa pareva ci fosse un martello pneumatico che percuoteva oppure un complesso musicale in pieno accordo. Bevvi dal bicchiere che era sul comodino, poi camminai appoggiandomi dove possibile fino alla porta, fino a prendere una stampella.
Non avevo idea di dove fossero gli altri, soprattutto Pietro.
Vagai per il piano, poi si indicazione di Friday, entrai in ascensore e andai al piano dove c'era la cucina e il soggiorno. I corridoi erano deserti anche su questo piano, con la sola differenza di alcune voci concitate dietro alla porta socchiusa. Camminai cercando di non fare perno sulla gamba sinistra, poi spalancai la porta. Tutti erano lì. Dal primo all'ultimo. Si voltarono e Pietro, senza dire una parola corse e mi abbracciò. A fatica risposi all'abbraccio, con il braccio sano, nascondendo il viso nell'incavo del collo. Pietro non si azzardava a stringermi, quasi fossi di carta pesta. Gli altri ci guardavano con tenerezza e sollievo. Mi strinsi maggiormente a Pietro e qualche lacrima minacciava di uscire dagli occhi. "Credevo di averti perso..." Pietro sussurrò contro i miei capelli, depositando teneri baci. "Beh, ce ne vuole per mettermi fuori gioco" dissi ridendo.
"So che l'atmosfera è idilliaca e mi duole interrompervi, ma non abbiamo trovato nulla sul furgone che ti ha investito" disse Tony. "HYDRA" risposi semplicemente. Lo sguardo di tutti si rabbuiò. "È, ad essere sincera, non possiamo stare qui più a lungo, rischierei di mettere in pericolo voi e le creazioni di Tony e Bruce." "Su questo siamo d'accordo, ma dove dovremmo andare?" Guardai Phil che era seduto sui divanetti bianchi e annuì, poi chiesi "È disponibile un aereo con buona autonomia?"







Angolo autrice
Lo ammetto, volevo aggiornare. E come si può vedere l'azione è arrivata. Così come la tenerezza.
Nel prossimo capitolo... New entry!
Quindi Preparatevi all'inizio del vivo della storia

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

L'atmosfera sul Quinjet era tesa, tanto che si potrebbe tagliare con il coltello. Dalla posizione estremamente comoda per me, ma l'esatto opposto per Pietro, dato che lo sto usando come cuscino, riesco a scorgere le facce scure dei nostri compagni di squadra. Dal momento in cui ho fatto il nome dell'HYDRA poche ore fa si sono rabbuiati. Non so che ore possano essere sinceramente e non so nemmeno tra quanto dovremmo atterrare, del resto Vancouver non era proprio dietro l'angolo, saranno dieci, dodici ore in volo di linea, otto, nove al massimo in Quinjet.
Mi alzai dal petto di Pietro, cercando di non svegliarlo, non appena ebbi la conferma che tutti stessero dormendo tranne Phil che stava pilotando. Trattenni un gemito al movimento del braccio, che era ancora steccato, e del busto. Effettivamente non ci avrei messo poco a rimettermi in carreggiata e a rimettermi in sesto. 
"I tuoi sono preoccupati" 
"Quando li hai avvertiti?"
Phil guardò l'orologio sul quadrante del veivolo, poi rispose "all'incirca otto ore fa"
"Otto ore? Questo significa che manca quanto?"
"Fai un'ora, massimo una e mezza, non di più" 
Sospirai, era da Natale che non vedevo i miei, tra un impegno e l'altro avevo dovuto tornare a New York per prepararmi gli esami e il lavoro part time mi reclamava, nonostante fosse fine dicembre, in più ad essere sincera, sono preoccupata, terribilmente preoccupata e in ansia. Da un certo punto di vista volevo rivederli, rivedere anche May, la mia sorellina adottiva, dall'altro ero terribilmente in ansia per la loro reazione, sono stati sempre dei genitori molto apprensivi e preoccupati. Stessi in silenzio poi sussurrai.
"Cosa ti hanno detto, e soprattutto, cosa gli hai detto?"
"Nulla che non fosse vero... Mi sono sembrati preoccupati, ho cercato di tranquillizzarli riuscendoci un poco."
"Hai accennato degli altri?" Dissi indicando i ragazzi dietro di me.
"Tua madre ha già preparato delle camere in più, non preoccuparti"
"Bene..."
Sollevai la testa e guardai il cielo sopra di noi e il paesaggio sotto di noi, era limpido, sotto potevo vedere montagne e foreste che coprivano gran parte del terreno, in lontananza una città. Vancouver. 
"Meglio se svegli gli altri, siamo pressoché arrivati" Dissi. 
La voce di Phil risuonò amplificata nel veivolo facendo sobbalzare e svegliare tutti, nel frattempo io andai a prendere le mie borse e misi la giacca a vento. 
"Si potrebbe sapere dove diavolo siamo?" Chiese Tony
"Linguaggio, Stark!" 
Risi al teatrino che da quel che capivo facevano spesso, poi risposi "Casa, non credo serva sapere di più, preferirei parlarne dopo, in un posto più al sicuro" 
Non ne volevo parlare, lo ammetto, non volevo nemmeno mettere in mezzo la mia famiglia, non avevo nemmeno programmato di tornare a Vancouver prima della fine del semestre, però, anche se di mala voglia ero stata costretta. Non saprei proprio come reagirei se succedesse qualcosa ai miei genitori, o a May, con tutta probabilità non riuscirei a mantenere il pizzico di autocontrollo che mi resta. 

Il vento soffiava forte dal mare, la salsedine mi penetrava letteralmente nelle narici, facendomi sospirare. Per quanto mi costi ammetterlo, mi manca avere il mare vicino alla finestra, così come mi costa ammettere che questi quattro mesi avevano accresciuto la mia voglia di mollare tutto e tornare ad una vita semplice, come quella prima di New York. I grattacieli si stagliavano in lontananza mentre dalla parte opposta potevo notare il mare livido, nonostante fossero le cinque del pomeriggio e ci fosse ancora il sole. Notai con piacere la piccola utilitaria grigia vicino al cancelletto e nel garage si poteva intravedere la Camaro mai ultimata che era di mio nonno. Finché c'ero io qui mi rinchiudevo a trovare un modo per farla partire e a montare i pezzi di ricambio, mio padre però, nonostante la pensione non ne aveva il tempo materiale: dopo il trasloco pochi mesi fa aveva deciso di dedicarsi al viaggio e infine alla casa.
Varcando il cancello mi tornarono alla mente i ricordi dell'infanzia, i lavoretti che portavo a casa da scuola e le ginocchia sbucciate. Dopo che ci eravamo trasferiti a New York per il lasso di tempo delle scuole medie non ero più riuscita a tornare a casa, qui a Vancouver, e non ne avevo avuto l'opportunità di assaporare il sapore che aveva, che sembrava più dolce soprattutto dopo aver rischiato la vita.
Qualcosa mi urtò un piede, qualcosa che riconobbi come Poncio, un gattone dal pelo grigio dal peso di tre chili circa, che ora si stava facendo le unghie sui pantaloni tirando i fili. Lo presi in braccio, le lo accarezzai, beandomi delle fusa che faceva. Gli altri intanto si stavano guardando attorno, Pietro invece si avvicinò e mi passò il braccio sulle spalle, abbracciandomi. 
Non appena aprii la porta, un tornado di capelli neri si schiantò letteralmente sulle mie gambe. L'unica cosa che fece fu sussurrare il mio nome di battesimo
"Evangeline. Sei tornata, mamma dicevi che ti era successo qualcosa di brutto è che stavi male"
"Tranquilla, sono qui, vedi? Tutta intera, o quasi..." Ridacchiai.
"Loro sono i tuoi amici?" Disse da sopra la mia spalla, poi guardando Pietro mi chiese all'orecchio "e lui il tuo fidanzato?"
Arrossii violentemente e tossii, poi lasciandola scendere la guardai negli occhi (uno verde e uno marrone) e le dissi "vai a chiamare mamma e papà, ok?"
"Ma non mi hai risposto!"
Passai una mano sulla faccia, come a coprire il rossore. 
"Sorella?" 
"Si, ha dieci anni... "
"Evangeline!"
Mia madre a mio padre fecero la loro comparsa in cucina, lei con la giacca del kimono finemente ricamata, lui con una semplice camicia. 
Non dissi nulla e li abbracciai. 
Non credo di aver bisogno di dare spiegazione, dato che sapevano già tutto grazie a Phil.
Quando mi staccai, mia madre si rivolse agli altri.
"voi dovete essere i suoi amici, vi conosciamo tutti, ciao Phil a proposito... Vi ho già preparato le camere, potremo parlare in salotto dopo, sarete stanchi. 
Li guardai e notai che erano visibilmente imbarazzati, specialmente Thor che era sotto lo sguardo attento di May. 
"Mi racconti com'è Asgard?" Tipico di May.


Camera mia non era cambiata. I muri erano ancora del solito azzurro, le lenzuola del letto e il piumino erano in perfetto ordine, i libri in ordine di autore come al solito. La vista dalla finestra invece era cambiata: prima avevo un albero che aveva i rami che entravano in camera, ora invece ha lasciato il posto al mare. Una mano mi si appoggiò sulla schiena. Mi voltai e incontrai gli occhi azzurro ghiaccio di Pietro fissarmi nei miei verdi. Non pronunciammo nulla, ci abbracciammo e continuammo a guardare fuori. Il silenzio non era imbarazzante in sua presenza. 
"La tua camera ti rispecchia, è spaziosa, ordinata... E tua sorella invece è il tuo esatto opposto..." Disse ridacchiando.
Sorrisi solamente.
"Si, è il mio esatto opposto, sempre spigliata, mai timida, vivace e sempre in movimento. Non so come faccia ad adorarmi, siamo come il fuoco e il ghiaccio...."
"È tua sorella minore, ti adora, non importa per quale motivo. Lei si sente al sicuro con te."
"Non ho mai detto a Nessuno che i miei genitori vivono qui. Volevo proteggerli, insomma, dopo le vicende di Washington, non siamo più sicuri di nulla"
Lui si limitò ad annuire, poi sussurrò "stai pure sicura che ci sarò sempre, come sempre ci sarà la tua famiglia al tuo fianco."
Il senso di magone si fece presente alla mia gola, poi mi tuffai letteralmente in un suo abbraccio, cadendo l'una sopra l'altro sul letto. 
Le sue mani mi strinsero alla base della schiena, con delicatezza, mentre le mie andavano al suo collo. Quando sollevai la testa eravamo vicinissimi, ci sfioravamo quasi i nasi. Potevo sentire l'acqua di Colonia o il dopobarba che si mischiavano all menta del dentifricio. 
Poi accadde in un attimo: le sue labbra sulle mie e miliardi di farfalle presero possesso del mio stomaco. 







Angolo autrice....
Allora, spero vi piaccia il capitolo, se vi va recensite, ci tengo molto alla vostra opinione!
(Lo so sono malvagia a lasciarvi sulla spine in questo modo)

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Capitolo 16
*** 16 ***


Angolo autrice...
Ok, piccoli avvertimenti.
Questo capita lo è fortemente emotivo e ricco di feels, ed è un capitolo cruciale nella storia. 
Premetto anche che è stato piuttosto difficile scriverlo in quanto non ho nessuna, e garantisco nessuna esperienza in questo genere di scene. Spero vi piaccia. I sentiamo in fondo!




POV EVE
Io e Pietro ci stiamo baciando.
Il mio primo bacio sta accadendo con Pietro.
Ok devo metabolizzare. E devo farlo in fretta. 
Le sue labbra sono sulle mie, incerte e delicate, si sfiorano appena. So di essere rigida come un baccalà, sento le sue mani sui miei fianchi, leggere e ferme. Si allontana leggermente, poi, in un attimo di impulso e di coraggio, mi sporgo e lo bacio. Le nostre labbra sembra si vogliano assaggiare, adagio adagio. 
Le farfalle nello stomaco non si sono ancora calmate, stanno ancora roteando come se fossero impazzite. Continuiamo a baciarci mentre Pietro si mette seduto, tenendomi e facendo attenzione a non farmi male al braccio ancora fasciato. La sua barba mi fa il solletico sul mento, porto la mano destra alla sua guancia e, mentre continuiamo a baciarci, sento la sua sulla mia schiena. 
È questo che si prova quando ci si innamora? 
È questo che si prova al primo bacio?
Non lo so. So solo di non voler altro che stare qui, e che questo momento non finisse mai. 

Le mie dita avvertono dell'umido, del bagnato. Pietro sta piangendo. Pietro, colui che è morto e poi risorto, colui che fa tanto il duro e lo sbruffone a volte, sta piangendo. 
Ci stacchiamo, anche se di poco, e siamo fronte contro fronte, poi mi allontano leggermente e lo osservo. I capelli in disordine, le labbra dischiuse e rosse, quasi cremisi, e gli occhi lucidi e spalancati. Una lacrima pende dalle ciglia e scivola sulla sua pelle. Mi mordo il labbro e passo i polpastrelli sulla sua guancia, asciugandola. Non voglio che pianga, non voglio che i suoi occhi versino lacrime. Non voglio e basta. 

Siamo in silenzio. Un silenzio che paradossalmente fa rumore e ci fa sentire ciò che accade intorno, i nostri battiti cardiaci, ancora accelerati, gli uccellini che fischiano fuori dalla finestra, il ventre tra gli alberi e le foglie, il mare che si infrange sugli scogli. 
"Ho temuto di perderti."
Sono le prime quattro parole che Pietro ha pronunciato da quando ci siamo staccati. 
"Temevo di non rivederti più, di non sentirti più ridere, piangere e parlare. Temevo di non poterti più abbracciare, di non poterti più consolarti e di non poter più stringerti." 
Fa una breve pausa poi ricomincia. 
"Quando sono entrati a dirci che tu avevi avuto un'incidente, ho sentito qualcosa dentro di me spezzarsi, andare in frantumi e far crollare tutto come un castello di carte. Non volevo accettarlo.  Volevo che tornassi ed entrassi dalla porta scorrevole, così come eri uscita. Volevo che rientrassi con lo zaino pieno di libri e li poggiassi sul tavolo perché non riuscivi a portarli. Volevo quello nel momento in cui mi hanno detto quanto era successo. Volevo anche correre da te e tenerti stretta. Non volevo perdere la persona che mi sono reso conto di amare. Non volevo perderti. Poi, sei entrata, ore dopo che Wanda mi aveva addormentato e quel qualcosa che si era spezzato, si era come risaldato, più bello di prima. Come quei vasi della leggenda cinese che una volta rotti, non si buttano, ma si sigillano con una pasta d'oro."
Il mio battito cardiaco sta accelerando.
Pietro mi ama. 
Ama me!
Mi vengono le lacrime agli occhi. Mi si secca la gola, e poi piango in silenzio. 
Dicono che i "Ti amo" non bisogni ripeterli spesso, ma bisogni dimostrarli. 
Credevo fosse solo una stupida cotta, una stupida e infantile cotta. 
Il silenzio è martellante, poi gli butto le braccia al collo, incurante della fasciatura e sussurro qualcosa che non avrei mi immaginato di dire.
"Credo di amarti anche io"
Poi ci ribaciamo, tra le lacrime, stretti in un abbraccio delicato e protettivo, di quelli che tutti vorrebbero. 



POV PIETRO 
Mi ama. 
Evangeline mi ama. 
Mio dio. Non ci credo ancora. 
Prima di lei avevo avuto solo ragazze che si interessavano al mio fisico e alla mia aria da sbruffone e da stronzo, non andando oltre l'apparenza. 
Lei invece, non so. Sa spiazzare. È dolce e fragile, ma incredibilmente forte. Non vuole avere la compassione e la pietà altrui e ad un primo attito sembra nichilista e con un profondo odio verso gli altri, poi, se scavi a fondo trovi la vera lei, quella che è capace di aiutarti nel bisogno con un carattere fin troppo deciso a volte. 
È una contraddizione vivente a volte. 
Ma è questo ciò che amo di lei, il suo essere anticonformista, il suo essere tremendamente dolce, fragile, gelosa e forte allo stesso tempo. 
Amo i suoi peggiori difetti, o meglio, quelli che lei reputa difetti, ma che io considero incredibilmente teneri. 
La amo e in questo momento conta solo lei, io, e basta, nulla di più né di meno. 








Angolo autrice pt. 2
Il capitolo è corto, ma ho preferito scrivere e pubblicarlo come a se, non come una parte di un altro, volevo degli dell'enfasi
Detto questo. Come vi è sembrato? Fatemelo sapere!
El frattempo ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono, votano e hanno messo il seguite e preferite.
L'azione arriverà, ancora non so quando, ma arriverà! A presto uovetti di Pasqua!

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Capitolo 17
*** 17 ***


Capitolo 17

Pov esterno
Località sconosciuta
Il furgone nero rientrò alla base a tarda sera sotto una pioggerella a fine e sottile.
Uno dei medici prese la cartellina posata sul tavolo, vi annotò qualcosa poi, dopo essersi arricciato i baffi, prese una delle siringhe che era sul tavolo e spinse leggermente lo stantuffo.
"Tentativo 248, progetto 'Red soldier', soggetto D2356, Stan Hastings"
Guardò contro luce il liquido rossastro, agitò la siringa per far sparire le bolle e la conficcò con forza nel braccio del ragazzo, poi si allontanò.
Il ragazzo, apparentemente senza vita, ebbe un sussulto sbattendo, dimenandosi e cercando si tirare le cinghie di sicurezza. Un verso poco umano, quasi animalesco, uscì dalle sue labbra, livide e rossastre, le vene sulla tempia si gonfiarono. Gli agenti dell'HYDRA accorsero e puntarono le armi indifesa mentre un uomo, est europeo probabilmente, sorrise leggermente, stringendo il pomello del bastone facendo sbiancare le nocche, poi avanzò lentamente verso l'uomo, che nel frattempo, sudato e ansante, si dimenava tirando le catene allo stremo. 
"Impressionante, persino meglio del Soldato d'Inverno...-si girò- l'avete ringraziato?"
Un uomo, o meglio, un ragazzo gracile e di bassa statura avanzò leggermente "non ancora, lo stiamo rintracciando, però non può andare lontano con il braccio danneggiato"
Respiró profondamente e ai voltò sussurrando 
"voglio aggiornamenti ogni ora. Nel frattempo slegate il soggetto e fatelo combattere"

Vancouver 
L'uomo si svegliò a causa del rumore delle auto. Vancouver era una città mattiniera che amava mettersi al lavoro con molta tranquillità. Si potevano vedere i granelli di polvere sospesi nell'aria che compivano ampie volute, si sciacquò il viso per svegliarsi e cercando di non tagliarsi si rasò la barba. 
Aveva incominciato a ricordare dopo Washington, dopo che aveva tirato su quel ragazzo che diceva di essere suo amico e che lo chiamava Bucky. Effettivamente grazie al wi-fi del piano di sotto aveva potuto collegarsi con un vecchio portatile che aveva trovato nella spazzatura, che nonostante lo schermo rotto, funzionava alla perfezione. 
Prese una polo maniche lunghe e la felpa, il giubbotto e mise un coltello a serramanico nella scarpa, invece la pistola nella parte posteriore dei pantaloni, mise il berretto e uscì.
Da quello che aveva visto, ora Steve e i suoi amici erano fuori città, presso una coppia di signori di origine nipponica. 
Si fermò al mercato e comprò della frutta e della verdura poi, sistemato il tutto nello zaino e pagato se ne andò a nord. 
Doveva percorrere una decina di chilometri, a occhio e croce ci avrebbe potuto mettere 20 minuti in metro e 30 in bus. Troppo affollati per i suoi gusti. Gli era sempre piaciuto camminare, anche se un tempo lo doveva fare con il peso caracollando dell'amico, che assomigliava più ad un sacco da boxe messo male.
Finí la mela e buttó i semi a lato della strada, poi, cercando di dare poco nell'occhio, corse fino al confine cittadino. 
Ciò che aveva apprezzato maggiormente di quella città erano gli spazi verdi che la circondavano, poteva nascondersi e, grazie alla sua agilità poteva percorrerli in breve tempo.

Avvistó una casa, piuttosto grande, sulla riva della scogliera, tolse il cappello e si accovacció. Dalla casa uscì un uomo dai capelli chiari, seguito da una ragazza dai capelli rossi. Un flash gli annebbió la mente. La ragazza ora era più giovane, i capelli erano raccolti in una coda, e lo aveva quasi atterrato con un pugno sullo zigomo.
"Natalia" sussurró.
Non appena queste due figure uscirono dal campo visivo una ragazza giovane dai capelli neri, che indossava una felpa e degli shorts uscì, seguita da uno con i capelli quasi bianchi. Non li conosceva, o meglio, il ragazzo gli ricordava un viso, visto probabilmente in un fascicolo dell'HYDRA.
Un'aurea bluastra pervade il cespuglio dietro cui si nascondeva facendolo sobbalzare, corse.
"Aspetta"
La voce era maschile
Non si fermò. Qualcuno stava iniziando a rincorrerlo. 
Poi una spinta, una forza venuta chissà dove lo prese e lo sbatté contro un tronco vicino. 
Di fronte a lui apparvero due figure.
"Buck?"
Di nuovo quel ragazzo di prima.
E di nuovo quel soprannome.
Provó a muoversi, però l'aura precedente lo stava trattenendo.
"Eve"
La ragazza dai capelli neri si avvicinò, con un braccio proteso.
"Rilascialo"
Quella strana forza lo liberò.
Tornò a respirare.
"A quanto pare Wanda aveva ragione ieri sera."
"Steve..."
Pronunciò. 
Nel frattempo altre persone arrivarono.
Crollò sulle ginocchia, tenendo la schiena appoggiata al tronco dell'albero. 
"Mi dispiace. Sono un mostro"
"Non eri in te, tranquillo"
Venne scosso da un singulto e scoppiò in lacrime, poi una mano lo sfiorò.

Pov Eve
Wanda aveva ragione. L'amico di Steve, James Barnes era tornato, e ora era qui fuori.
Ieri sera Wanda aveva cominciato ad avere delle visioni, era pallida, sudava, Visione aveva cercato di aiutare in ogni modo, anche preparando un piatto turco che lei adorava, però non accennava a stare meglio.
Diceva di ricordare quel viso nella base dell'HYDRA in cui erano lei e Pietro. 
Steve per poco non aveva avuto un crollo e Tony, avendo scoperto che James, o Buck, non so ancora come chiamarlo, aveva causato la morte dei genitori, era furibondo. Avevamo seriamente paura che potesse scoppiare. Fortuna che Steve, non so in che modo, era riuscito a calmarlo. Certe volte mi chiedo se loro due siano fidanzati.
Dopo aver abbassato la mano e che l'uomo si era rilassato, guardai Wanda. Era strana, sembrava che lo guardasse affascinata e sembrava lo capisse. Sembrava che volesse calmarlo e togliergli il dolore da dentro e dagli occhi azzurro ghiaccio che ora piangevano lacrime.
Pietro mi circondò le spalle mentre il corpo dell' ex soldato d'Inverno piangeva e tornammo in casa.








Angolo mio....
Ok sono in ritardo!
 Ma con la matura sono indaffarata, che ci volete fare...
Cosa ne dite del capitolo? 
Come si può notare non seguo nè Civil War, nè le coppie canoniche in alcuni casi.
Come sempre se vi va lasciate un voto o un commentino o una recensione

presto

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Capitolo 18
*** 18 ***


"Come hai fatto a trovarci?" 
Questa fu la prima domanda di Steve rivolta a Bucky. Il Soldato d'inverno si guardò intorno, osservandoci tutti da cima a fondo con discrezione, nel frattempo bevve dalla tazza il latte con miele che mamma gli aveva preparato. Indossava una t-shirt nera che lo fasciava e lasciava in vista il braccio metallico. A detta di Tony era gravemente danneggiato, probabilmente i nervi erano compromessi e questo creava dei violenti spasmi con scintille se sottoposto a sforzi. Posò la tazza sul tavolo e si spostò dal viso i capelli castano chiaro e guardò insistentemente Steve seduto si fronte a lui. 
"Non ho seguito te, bensì lei" e mi indicò. Sbiancai. "L'HYDRA -proseguí- aveva un fascicolo su delle persone che avevano attirato la loro attenzione e per questo andavano sorvegliate. A quanto avevano scritto e a quanto dicevano ai piani alti, avevano grandi progetti, qualcosa tipo clonare il suo DNA, i suoi geni, in particolare quelli che regolano l'espressione della mutazione, in modo da poter creare altri super soldati, o meglio macchine per uccidere. È per questo che ti hanno investito, volevano il tuo DNA, e a quanto pare ci sono riusciti: i rimasugli di sangue sul parafango del furgone hanno permesso tramite un meccanismo, non ricordo quale, qualcosa con la P-" 
"PCR?" 
"Si quello mi pare, ehm, come ha detto di chiamarsi?" 
"Bruce Banner"
"Ok,ehm dicevo... Sono pronti a clonare il tuoi geni per mettere a punto un vero e proprio esercito" 
Nella stanza calò il silenzio. Buck posò la tazza sul lavandino. 
Mio padre prese la parola improvvisamente, fino a quel punto era rimasto in silenzio, in disparte seduto sul divano, intento ad ascoltare. 
"Anche se non faccio parte della squadra, potrei provare a chiamare un contatto che ci potrebbe aiutare e che ha a che fare con la spinosa questione dei mutanti ogni giorno."
Sapevo di chi stesse parlando, era piuttosto ovvio anzi. Charles Francis Xavier, nel mondo dei mutanti è un nome e una garanzia, allo stesso modo per Erik Lehnsherr. Certamente loro avrebbero potuto aiutare, avevano supporto logistico  e tecnologico a costo pressoché zero, inoltre avrebbero potuto fornirci una sistemazione ideale per esercitarci. 
Poco dopo rientrò in salotto, addosso aveva la maschera tipica di chi è vittorioso e ha ottenuto ciò che vuole. Una maschera che mi è fin troppo famigliare. 

Uscii dalla cucina di corsa e corsi verso la scogliera. Il rumore del mare prossimo alla tempesta mi rilassava, era come qualcosa di purificatore. Mi avvicinai alla sporgenza, più sotto solo vuoto e poi acqua e scogli. Allargai le braccia lasciando che il vento mi sferzasse il viso e il petto. Respirai a pieni polmoni, un tuono squarciò l'aria, un fulmine si stagliò all'orizzonte. Delle goccioline d'acqua invece mi arrivarono fino al viso. Avvertii una presenza alle mie spalle, non mi voltai nemmeno per capire chi fosse, semplicemente continuai a guardare di fronte a me. 
"Così è qui che vieni quando sei stressata e sotto pressione"
"È solo uno dei tanti posti Pietro. Per chi è cittadino di mondo non esiste un punto fisso, ma molteplici, non esiste un'unica casa"
"Di casa a dire il vero c'è solo quella che c'è dov'è il cuore"
"Molto poetico Maximoff" 
Riposi ridacchiando in modo ironico.
""Si sono piuttosto ispirato Chang"
Risi a pieni polmoni poi lo guardai, spettinato come sempre, infagottato in una felpa grigia, mani nelle tasche che fa solo quando è teso e tremendamente in imbarazzo, occhi che mi fissano. 
Dio. Ma che diavolo di occhi ha? 


POV Pietro
Stava flirtando spudoratamente con me. La mia Evangeline stava flirtando e mettendo i in imbarazzo. Tutto questo nonostante fossimo una coppia ormai quasi collaudata da quanto tre giorni? 
La guardai, i capelli neri, così cresciuti rispetto al taglio da vero ma schiaccio che sfoggiava quando venne alla torre, ricci e mossi, senza una forma apparente, gli occhi nero-verde che sono impossibili da poter fissare senza perderci, i denti che si mordicchiano il labbro inferiore, la felpa che mi ha rubato, letteralmente, e che le sta di tre taglia più grandi, i leggins neri con uno squarcio su ambo le ginocchia. 
Un tuono squarciò l'aria. 
E lei sorrise.
Un lampo.
E lei rise guardando l'orizzonte.

Pov Eve 
Qualcuno uscì dalla porta d'ingresso.
'Non pensare Eve, agisci e basta'
Mi dissi mentalmente. 
Mossi un piede di fronte all'altro e, alzandomi sulle punte posai le mie labbra, fredde e arrossate dal vento su quelle di Pietro, calde e umide nonostante il vento gelido.  E ci baciammo.il nostro secondo bacio da "insieme". Inizialmente mosse le labbra sulle mie quasi per assaggiarle, poi la sua lingua incontrò la mia e, cazzo, vidi davvero le stelle. Gli accarezzai la guancia sulla quale svettava un po' di barba ispida, poi gli misi la mano nei capelli, sempre scompigliati. Lui invece mi abbracciò con delicatezza e approfondimmo il bacio. 
Non so quanto tempo stemmo lì a baciarci al freddo e al gelo canadese. Quando ci staccammo eravamo entrambi ansanti come dopo una lunga corsa. 
Risi, di gran gusto, e in quel momento capii per prima volta di potermi fidare dì qualcuno oltre a me stessa e e alla mia famiglia. 
Volevo e potevo.
Volevo cambiare la mia fottuta condizione e volevo farmi vedere senza maschere. 
Anche a costo di sembrare pazza, fuori di testa e psicopatica, insomma si parlava della mia vita, di me, non di qualcun'altro.












Angolino autrice stressata 
Ook.  Ecco  il capito e mi scuso immensamente per il ritardo, ma tra maturità e tutto il resto in avevo tempo di aggiornare. 
Che dire?  Fatemi sapere i vostri feedback e recensioni, non fanno mai male, anzi sono  terapeutiche :D
Winter Lover 97

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Capitolo 19
*** 19 ***


Scuola per giovani dotati - tarda sera

Pioveva su tutta l'East coast da giorni ormai, inoltre non accennava a diminuire di intensità. La maggior parte degli alunni del Professor Xavier ne era esausto, odiava non uscire a correre, scorrazzare liberi e divertirsi tra loro all'aria aperta. Un tuono squarció il cielo e fece tremare i vetri, provocando le urla di alcuni dei più piccoli, ad esso fece seguito un lampo che si infranse sul terreno antistante la villa, illuminando come se fosse pieno giorno l'ambiente.

"Certo che non finisce più di piovere Hank" 

Il professore si avvicinò alla finestra del suo studio manovrando la sedia a rotelle nuova di zecca. 
L'essere dal pelo blu e con gli occhiali da intellettuale sbuffó.

"Effettivamente è una vera e propria rottura, risulta impossibile far divertire ed esercitare i ragazzi"

Il professore annuì. 

"È questo il nostro ruolo Hank però, per quanto difficile possa essere, è questo..."

Hank non disse nulla. 

Il professore aveva ragione, pienamente ragione e lo ammirava appieno, si dal primo momento in cui l'aveva conosciuto e reclutato per combattere Shaw.

Erik entrò nella stanza, senza bussare ovviamente, e si sedette su una delle poltrone color cuoio. 
Voleva fare la sua partita serale di scacchi. Medesima partita che si sarebbe conclusa con un pari merito e con una piacevole sessione di ginnastica in camera con il professore. Sorrise al solo pensiero di averlo tra le braccia, torturarlo, letteralmente, con mani, lingua e corpo, e venerarlo come un dio greco. Sorrise nuovamente e una scintilla di desiderio passò per i suoi occhi.

l'idillio si spezzò, interrotto dal trillare del telefono che era sulla scrivania. Charles guardò l'ora, era insolito che qualcuno chiamasse la villa, inoltre a un'ora del genere. Sollevò la cornetta.

"Pronto?"

Dall'altro capo del telefono il signor Chang. Era da tempo che non lo sentiva Charles. Era da tempo che non aveva notizie della sua famiglia. 

"Amico mio, come state? Evangeline? May? Tua moglie?"

dopo appena una quarantina di secondi, il sorriso si spense così come era venuto. 
Deglutí rumorosamente, poi, dopo aver salutato e rassicurato il padre di Eve, posò la cornetta del telefono, rendendo la linea nuovamente disponibile ad eventuali chiamate.                                                 Erik si accorse  dell'espressione che aveva assunto il compagno. poche volte aveva visto quella faccia, e quelle poche volte, non aveva portato nulla di buono, tuttavia stavolta sperò di sbagliarsi. 

"Charles... tutto ok?"  Si voltò, muovendosi sulla sedia a rotelle, poi con voce tremolante parlò

"Siamo nei guai" Erik corrucciò le sopracciglia come era solito fare quando era dubbioso e smarrito, cosa che, tra l'altro odiava a morte.

"Come sarebbe a dire siamo nei guai? Non abbiamo violato leggi o norme noiose..."

"Non siamo nei guai noi tuttora, ma potremmo esserlo, presto temo. Chiama gli altri, dobbiamo andare a Vancouver in fretta."

"Vancouver? Non è dove abita la famiglia Chang? La coppia di dominatori di acqua e fuoco? Con le due figlie entrambe mutanti?"

Nonostante non fosse un frequentatore assiduo della Scuola, sapeva chi fossero e sapeva quale fosse il potenziale delle ragazzine. La più grande aveva un controllo a livello molecolare, ben più potente del suo e di quello di Charles stesso, sembrava una discendente diretta da Apocalisse, la seconda invece, la minore, poteva controllare gli elementi naturali e le piante. 

"Proprio loro, e sono nei guai, o meglio, sono invischiati in qualcosa di più grande di loro, che potrebbe portare conseguenze catastrofiche."

"Chi centra questa volta? Il governo? Non mi stupirebbe dopo quanto fatto da Stricker"

"Collaborano con gli Avengers e lo Shield, questo ha attirato gli sguardi dell'Hydra"

"Hydra? Non è quella sottospecie di organizzazione filo-nazista che ha causato il putiferio di Washington e che faceva esperimenti sui mutanti?"

Erik si stava alterando. E non poco. Tra le numerose cose che non gradiva, o meglio odiava, vi erano i nazisti, le organizzazioni in generale e le organizzazioni filo-naziste, oltre agli umani che facevano esperimenti su mutanti, o comunque che torcevano anche solo un capello ai mutanti. 

"Si, e questo mi preoccupa, e non poco."

 

 

Vancouver - il giorno successivo

Era passato un solo giorno da quando era arrivato Bucky a casa Chang e si stava ambientando in modo ottimale, pressoché perfetto, soprattutto grazie all'aiuto di Wanda e ai suoi 'giochetti mentali'. Thor invece sembrava adorare, anzi adorava, mia sorella che lo tartassava letteralmente con domande su Asgard, Joutenheim e gli altri regni. 

Mi ero svegliata prestissimo quel giorno per i miei standard. Quella notte avevo dormito con Pietro, come ormai facevamo da giorni. Mi faceva sentire al sicuro, mi faceva sentire amata e in pace con me stessa e con il mondo. Presi il costume, una felpa e un asciugamano e uscii senza far rumore, dopo ave passato una mano tra i capelli del mio fidanzato. Mio fidanzato? Un attimo, Pietro mi considera come la sua fidanzata o no? Insomma non saprei come definirlo in altro modo. 

Nessuno si era ancora svegliato fortunatamente, scesi le scale cerando di non scivolare o di non far cigolare alcun gradino, poi, una volta uscita, mi chiusi la porta alle spalle e corsi in garage, presi la moto, il casco e partii. Intorno a me solo il verde. Tra le poche cose che amavo del Canada e in particolare di Vancouver, sono da citare le foreste di conifere e abeti e il mare. Riuscivano a calmarmi in modo particolare, era come se ci fosse un legame particolare, diverso da quello di mia sorella, sia chiaro. 

Abbandonai i vestiti sulla spiaggia, vicino alla moto, restai in costume, che era  blu notte rigorosamente e fasciava il mio seno sostenendolo in modo ottimale, senza farlo sembrare cascante. Passo dopo passo entrai in acqua. Era ancora fredda, non troppo, ma rabbrividii. Poi di colpo mi lasciai andare e cominciai a nuotare. 

L'acqua era preziosa. Non solo nel senso di quelle pubblicità sensibilizzanti, ma era come ho già detto prima, con lei avevo un legame, che secondo me derivava da mia mamma, che la riusciva a controllare. Sin da quando ho ricordo, ho sempre amato l'acqua, ma anche il fuoco, probabilmente come eredità di mio padre. Sembra assurdo, amo l'acqua, ma anche il fuoco. Due opposti in uno, proprio come me, amavo le cose contrastanti, ma anche quelle armoniche, il caos, ma anche l'ordine. Riemersi ansante e gocciolante con i capelli attaccati al collo e che galleggiavano intorno a me. 

Quanto tempo ero rimasta là sotto? 

Secondi? 

Minuti?

Guardai il cronografo al polso. Era tardissimo e come minimo si saranno tutti svegliati e si staranno chiedendo dove sono finita. Nuotai fino a riva e corsi a vestirmi, saltai in sella e partii a gran velocità. 

 

POV Pietro

Un raggio di sole mi fece mugugnare, mi voltai, sperando di trovare Eve addormentata al mio fianco. Sentii il letto freddo al mio fianco e mi rizzai in piedi in fretta e furia, misi la prima maglia che mi capitò a tiro, il primo paio di pantaloni. Corsi in bagno, Eve non c'era. Scesi in cucina e poi in salotto, Eve non c'era, in compenso c'era sua mamma, avvolta in un kimono rosso.

"Oh, ehm, Salve signora Chang."

"Buongiorno Pietro, caffè, thè, latte?"

Cercai di calmarmi. 

"No grazie, magari più tardi... piuttosto ha visto sua figlia per caso?"

La signora Chang posò la caffettiera sul fuoco, la riempì con acqua aiutandosi con i poteri. 

"Sarà in spiaggia, tornerà tra poco, è tipico di lei sparire al mattino senza nemmeno fare colazione."

Non dissi nulla, passai una mano tra i capelli e mi sedetti su una delle sedie in cucina. 

"Lei ti ama, e anche tanto, lo dimostra a modo suo. E' una parte del suo carattere, schiva e riservata, poi logorroica come poche."

Ridacchiai.

"Su quello ha ragione, nei primi giorni mia quasi, anzi, tolga il quasi, mi ha mandato al diavolo nel vero e proprio senso della parola. Era molto scostante, non lasciava nessuno avvicinarsi."

Bevvi un po' di thè dalla tazza che era sul tavolo.

"Tipico. Vuole allontanare le persone a cui tiene o a cui teme di affezionarsi, o, nel tuo caso di innamorarsi. - spalancai gli occhi e mi mostrai subito attento - Lei ti ama, l'ho notato subito, quando è entrata da quella porta -disse indicando alle sue spalle- avevo subito notato che qualcosa era cambiato, in bene per una volta. Ho visto come vi guardate, anche ieri a cena o quando eravate tornati dalla scogliera, siete innamorati, quasi che nessuno vi possa dividere. E per la prima volta ho visto qualcosa di nuovo negli occhi di mia figlia, le brillavano. Non come quando usa troppo i poteri o altro, ma di felicità, sembra che abbia bevuto e fatto indigestione o si sia ubriacata di Felix Felicis, grazie davvero. Oh, sta arrivando, vedo la moto in lontananza, va da lei, però è meglio che ti raddrizzi la maglietta, è al contrario."

Arrossii violentemente e lei ridacchiò. La mia fidanzata, perchè è questo che è, la mia fidanzata, scese dalla moto, si tolse il casco, non le lasciai nemmeno il tempo di salutarmi che la baciai e la abbracciai.

"Non ti azzardare a sparire più."

Lei rise.

"Ero solo andata in spiaggia a farmi una nuotata."

"Si scusa, solo che, mi sono preoccupato da morire. Immagina svegliarsi senza avere la propria fidanzata a fianco così come ci si era addormentati."

Mi si tuffò al collo, letteralmente, più simile ad un koala, attaccandosi a me, la strinsi a me con delicatezza, fregandomene dei vestiti pressoché bagnati che le fasciavano il corpo in modo perfetto. 

 

Udimmo un borbottio dall'ingresso del garage. Mia sorella, la sorella di Eve e Visione.

"Mi spiace interrompervi, ma sono arrivati Zio Charles e Zio Erik"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE 

buonasera mini torte sacher!

ok, ecco il capitolo, dovevo recuperare dal tempo passato in studio e ho fatto che sfornare un nuovo capitolino. che ne dite? cosa avvadrà con gli x-men? chi ci sarà oltre a Charles, Erik e Hank? E l'Hydra? 

alla prossima!

 

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Capitolo 20
*** 20 ***


 

20

 

"Quindi cosa avete in mente?"

Gli X-Men al completo erano arrivati da un'ora scarsa ed ora stavamo discutendo in soggiorno sul da farsi. Dopo aver spiegato la ben tragica situazione, a parlare fu Steve, probabilmente una delle persone più scosse di quanto accaduto nelle ultime settimane, dopo la sottoscritta, Pietro, Tony, i miei genitori e a ruota gli altri. ero seduta sul divano in soggiorno avvolta nella felpa blu scura con tra le mani una tazza piena di thé earl grey zuccherato. Pietro mi era a fianco e mi teneva con fare protettivo stretta in un abbraccio e il mento appoggiato alla mia testa. 

"Non sappiamo molto, non sappiamo nemmeno dove sia la loro base. Eravamo pienamente convinti che dopo quella di Sokovia, fossero finite."

Wanda e Pietro si rabbuiarono, come se di colpo la luce che avevano negli occhi si fosse prosciugata. Strinsi ad entrambi le mani, come a far notare che io ero lì e che se avessero avuto bisogno di qualsiasi cosa li avrei aiutati. Non posso immaginare il dolore che avevano provato: perdere le persone che li avevano creati, nutriti e cresciuti deve essere stato indescrivibile. Wanda mi guardò e mimò un grazie con le labbra, poi tornammo ad ascoltare il discorso.                

"Però, in questo ambito, dato che è più abile di me, ritengo che Steve debba dare un'infarinatura del possibile piano..." proseguì Tony guardando Steve come se cercasse di comunicargli qualcosa con il solo sguardo.

"Propongo di andare con ordine: non avendo idea di cosa stiano progettando, dobbiamo essere pronti a tutti, quindi dovremmo sviluppare le capacità appieno, soprattutto loro -disse indicandoci- inoltre, dovremmo ideare qualcosa in modo da poter anticipare le loro mosse ed essere avvantaggiati in qualche modo."

Charles, dalla sua sedia a rotelle prese la parola. A guardarlo bene non era cambiato molto in questi anni, un po' di rughe gli avevano contornato gli occhi, medesima cosa per Erik. 

"Su questo siamo d'accordo, e propongo di trasferirci al più presto alla Scuola, abbiamo le attrezzature più adatte e, inoltre, saremo in un punto strategico. Per quanto riguarda la protezione delle famiglie, proporrei di trovare un rifugio sicuro in modo da poter portare tutti coloro che devono essere protetti."

"io avrei una proposta. -disse mio padre- Possediamo una casa nel -Nord del Canada, in un piccolo villaggio. Potremmo trasferirci tutti lì, sia noi tre, che la tua famiglia Clint. Come mezzo di trasporto potremmo invece usare uno di quei velivoli che non sono rintracciabili."

La totalità delle persone nella stanza annuì, poi Clint si alzò e disse solamente.

"Devo avvertire Sara con i ragazzi per prepararsi."

"Bene ragazzi, sarà meglio andare a preparare i bagagli, ci vediamo tra un'ora in giardino."

Ci avviammo nelle stanze e una volta arrivata lì mi buttai subito a preparare la valigia. normalmente le valigie sono una cosa che amo preparare, data la mia passione per i viaggi. Questa volta, nel mio profondo del mio cuore ero tesa, inquieta. 

Deglutii rumorosamente poi Pietro, vedendomi pensierosa, mi abbracciò. Mi abbandonai letteralmente nel suo petto con la convinzione che tutto questo è solo frutto della mia immaginazione, purtroppo non è così. 

"Tranquilla, tranquilla. Sono qui."

Annuii, poi, prese le valigie, scendemmo giù. Gli altri ci stavano già aspettando. Mamma, Papà e May. Quest'ultima aveva le lacrime agli occhi. Le passai il polpastrello del pollice sulle guarcie e la abbracciai forte. 

"Stai tranquilla. Non piangere e fai la brava a casa, ok? Tornerò presto."

"Lo prometti? e Porterai anche Pietro vero? Con lui sei felice..."

Abbassai o sguardo. 

Come dovrei rispondere?

"Lo prometto."

Avevo un motivo in più per tornare a casa intera ora. 

Pietro si avvicinò ai miei e li salutò con una stretta di mano. Udii chiaramente un "tienila d'occhio" da parte di mio padre, Poi si chinò allo stesso livello di May. 

"Sai, la proteggerò io la tua sorellona poi torneremo a casa."

"Perchè dovete per forza andare?"

Le sue parole mi ghiacciarono il sangue, poi Pietro le sussurrò.

"Per proteggere le persone che si amano e cui si tiene. E' lo stesso momento per cui lei va e per cui vado, non voglio che le accada nulla..."

"Quindi la ami?"

Pietro la fissò negli occhi, li osservai.

"Con tutto me stesso."

"Allora tornate a casa, tutti quanti, altrimenti cn chi mi sfogo? E a chi chiederei il regno di Asgard?"

Le sorrisi dapprima, poi scoppiai a ridere:  inutile, lei non sarebbe mai cambiata.

 

 

 

 

LOCALITA' SCONOSCIUTA - tarda sera


"Come stanno procedendo gli allenamenti?"

L'uomo dal forte accento russo si sporse in avanti verso la vetrata dove il ragazzo, o meglio, l'arma stava combattendo. 

"Perfettamente. Sono in pieno svolgimento come vede... inoltre devo ammettere che il DNA non ha dato segni di rigetto, l'unica cosa che però mi pare, se mi consente, peggiore, è le possibilità che l'individuo sta avendo. Nonostante i geni siano entrati nel suo corpo, 

non riesco a farli esprimere appieno, non riesce ad essere nel pieno delle potenzialità, non ha sviluppato il potere al medesimo livello della ragazza. Posso però dire che ha sviluppato appieno il corpo a corpo, riesce a padroneggiarlo con destrezza."

Il russo storse il naso. Brutto segno.

"Ce lo faremo bastare. Però, dato che tu sei stato un'incapace, subirai le dovute conseguenze.."

La sua bocca si piegò in un ghigno sadico, poi, estratta una pistola dalla tasca della giacca, la puntò alla tempia dello scienziato e fece fuoco, causando schizzi di sangue da alta velocità sul vetro. 

"неспособный*. Vorrà dire che mi arrangerò io."

E scoppiò a ridere in modo sadico, per poi fissare il ragazzo privo di capelli nella stanza. Si avviò verso di lui, dopo essere entrato e abbandonata la giacca ad un agente, gli sfrerrò un pugno sulla mandibola. Venne sbalzato dopo il colpo verso la parete e gli occhi del ragazzo si accesero di rosso, poi dopo aver fatto un urlo disumano, lo sollevò per la camicia. Anche se arrabbiato, riconosce il suo padrone e creatore, come il mostro di Frankestein. 

"io e te, Demetri, faremo grandi cosa insieme. Grandissime."

 

 

 

 

* dal russo, incapace (fonte: google traduttore)

 

ANGOLO AUTRICE...

ok, buonasera, eccomi con il capitolo venti, che dire, si sta movimentando la situazione, e non in bene per i nostri eroi...

se vi va lasciate un voto, un commentino, una recensione ;)

alla prossima!

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Capitolo 21
*** 21 ***


21


Non so con esattezza quanto tempo durò il volo da casa dei miei, voglia che sia per via del fatto che è stato estremamente lungo, voglia invece che sia perché ho praticamente dormito tutto il tempo addosso a Pietro. Avevo rischiato di crollare una volta salita sul jet, mi sentivo oppressa e in affanno. Credevo di crollare letteralmente.
Ero impallidita e mancava poco che cadessi come un sacco di patate. 
Gli attacchi di panico, detto molto francamente, sono una merda. Solo che non mi ricordavo che fossero così... merdosi ecco. Mi aveva lasciato senza un briciolo di forze, debole e fiacca. Pietro mi guardava con fare preoccupato, Charles e Wanda invece mi hanno cercato di calmare. Cosa assai dura a quanto hanno potuto considerare dato che, anche se in due, hanno fatto fatica. 

La Xavier's Maison è immensa, da quell'aria di antico e di nobile ed è verde. Credo che la presenza del verde intorno a essa piacerebbe a mia sorella. Non è molto differente da come l'avevo lasciata anni prima, per la precisione una decina, si era solo ammodernata ma per il resto aveva conservato la sua anima old-fashioned. 

Posai la valigia e le borse nella camera che Hank mi aveva assegnato, o meglio, che aveva assegnato a me e Pietro. Era calorosa, faceva sentire a casa anche se era lontano chilometri da te: le coperte sui toni del rosso e arancio, le lenzuola bianche, i mobili in legno scuro (mogano con tutta probabilmente), una scrivania molto spaziosa sul lato opposto, la finestra che dava sul giardino e infine il bagno privato, candido. 

Ero letteralmente esausta, o almeno questo era il mio aspetto riflesso nello specchio: occhiaie che circondavano gli occhi, pelle pallida e smunta, poco curata, capelli in disordine, anche se non mi importava di questi ultimi francamente. 
Pietro non aveva un aspetto migliore del mio, adesso si sta aggiustando la barba di fronte allo specchio, i capelli perennemente in disordine. 
Tolsi la maglia che avevo addosso, i pantaloni e misi un paio di short e una della t-shirt di Pietro che mi stava abbondante di taglia. Camminano scalza fino al letto e mi abbandonai letteralmente. 

"Stai meglio?" Chiese continuando a regolarsi la barba.

"Abbastanza" mugugnai senza alzare la testa dal cuscino.

"Hai fatto spaventare tutti prima..." esitó un momento poi fece diretto "era un attacco di panico?" 

Mi girai sul letto e presi il cuscino stringendolo a me.

"Purtroppo si." 

In cuor suo Pietro sentiva qualcosa di strano, ma questo non potevo saperlo, lo potei solo capire dalla domanda che mi fece.

"Ti è capitato altre volte?"

Annuii.

"Era da un po' che non capitava, mi erano finiti dopo la fine del liceo, stavo bene, avevo la mia vita è se sentivo che stava per arrivare, mi distraevo."

Non parlò nulla, mi tolse il ci sono dalle mani e si sedette a fianco a me, circondandomi con le braccia e lasciando un tiepido bacio sulla mia bocca. 

"Qualunque cosa, qualunque, anche la più piccola, che non va, dimmela. Non voglio perderti per qualcosa che non conosco."

Annuii e mi strinse maggiormente a lui, poi, vista l'ora decidemmo di scendere di sotto a parlare con il resto della squadra. 

"Ora che siamo qui propongo di programmare i prossimi giorni. Abbiamo abbastanza sale da permettere a tutti di allenarsi in totale tranquillità. Per Pietro abbiamo un percorso esterno alla villa e dei tapis roulant in modo da accelerare la velocità, Eve e Wanda dato che avete poteri pressoché simili, potrete aiutarvi a vicenda in una sala apposta, per tutti gli altri avremo dei simulatori e laboratori in modo tale da lavorare sia sul lavoro di squadra che su quello individuale. Infine mi pare che sia utile la presenza anche di noi X-Men, in modo da portare nuovi stimoli e da prepararci al futuro."

Charles era sempre stato una persona pratica e diplomatica, anche nelle situazioni peggiori, ed ora non era stato da meno. Lo conosco da un sacco di tempo e non è cambiato di una virgola. 

Feci per andarmene ma Charles mi chiamò.

"Eve, potresti aspettare un attimo devo parlarti di alcune cose..."

Annuii e mi andai a sedere su una delle sedie più vicine alla scrivania. 

"Come stai?"

Domanda diretta. Questo non va per nulla bene, tanto meno se è così personale. Volevo mentire, cercare di mascherare ciò che provavo, la paura e il terrore per il futuro ancora incerto.

"Insomma."

Optai per una mezza verità.

"Pensavo che i tuoi attacchi di panico fossero finiti..." 

Ecco dove voleva andare a parare. 

Abbassato il capo, esitai, non volevo dire nulla, volevo cavarmela da sola. Tuttavia sapevo che quello non potevo rifiutarsi di dirgli tutto: Charles, durante i miei anni qui è stato come un padre, ha saputo aiutarmi e portarmi ad avere buoni risultati, inoltre non gli si può nascondere nulla.

"È stato l'unico episodio dopo la fine del liceo. E, se devo essere sincera, è stato tremendo, più forte dei precedenti."

Lo sguardo di Charles si rabbuió.

"Senti, a quanto ho potuto notare, l'intensità pare aumentare al crescere dei tuoi poteri. Per alleviarli l'unico metodo è e rifugiarti in un piccolo angolo felice della tua mente. So che può essere difficile."

Rifugiarsi in un angolo felice.

La fa semplice lui.

"Permetti?" 
Disse agitando l'indice e il medio. 

Annuii. 

Poi venni risucchiata nel passato.

Rivivetti alcuni dei momenti con Pietro. Non erano lontani nel tempo, però, in questo periodo mi era profondamente difficile portarli alla mente a causa delle preoccupazioni. 

Il mio imbarazzo.

Il ballo-rimpatriata.

Il bacio.

I suoi sguardi.

Le risate che facevo.

Una lacrima sfuggì al mio occhio. 

Possibile che fossero stati così intenso che non me fossi più resa conto?

Possibile che fossi così felice da non rendermi conto di quanto stesse accadendo?

"Grazie"

Poi uscii dalla stanza e corsi via. 
Volevo solo respirare aria pura, fredda, che mi ghiacciasse la trachea, l'epiglottide,  i polmoni, i bronchi. Che mi glaciasse dentro e mi svegliasse.
Un tocco sulla spalla mi fece trasalire.

Mi girai di scatto in maniera istintiva.
Era solo Pietro. 

'Perché? Cosa ci può essere che la turba così profondamente da non avermi sentito?'

Avevo sentito bene?
Aveva parlato senza muovere la labbra? 

"Cosa hai detto?" Feci

"Nulla?"

Ero stupita così come lo era lui.

"Come nulla? Ho senti chiaramente che dicevi 'Perché? Cosa ci può essere che la turba così profondamente da non avermi sentito?'"

"Eve, ti ripeto che non ho detto nulla, io... l'ho solo pensato, ecco."
Ero confusa.

Tremendamente confusa.
E avevo paura.
Tanta. 

Poi alcune voci si sovrapposero. Sentii Tony, Bruce, Steve, Nat, Wanda, Visione, Bucky, Clint, Hank. 

Come diamine è possibile che io possa sentirli?

La testa di lì a poco parve scoppiarmi, letteralmente. Troppo tutto assieme. Troppo.
Mi cedettero le ginocchia, mi sedetti a terra. 

"Eve? Piccola?"

Non sapevo cosa stesse succedendo.

"Eve ascoltami. Ascoltami. Adesso andiamo dentro da Charles, dagli altri. Mi senti Eve?"

Annuii frettolosamente. Feci per alzarmi ma le ginocchia parvero di gelatina. 

"Ascolta la mia voce, solo quella."

Mi prese in braccio. 
La sua voce sembrava sul momento del crack, del pianto. 
Non dovrebbe piangere.
Non dovrebbe farlo.
Per nulla al mondo.
I suoni si ovattarono pian piano tutti. Sentivo chiara la voce di Pietro, mi aggrappai a lui. 
Poi nel mio campo visivo, in parte occupato da lacrime e dal petto di Pietro, così sia Hank, poi Charles, e gli altri. 
Le sue espressioni erano confuse e preoccupate.

'Eve mi senti? -ero guardinga, la voce di Charles era nella mia testa- Ascoltami chiaramente: sentivi tutte le voci in sovrapposizione? La testa scoppiare? -Annuii- "Diamine" senti, a volte può capitare che in situazione di estremo stress i poteri subiscano dei crolli e dei picchi. Essi a volte durano, a volte no. In questo caso però è completamente diverso, è come se avessi acquisito un nuovo dono, quello della telepatia a quanto sembrano i sintomi. Potresti sembrare confusa, però devi star tranquilla. Tranquilla."

Poi la sua voce è quella di a Pietro si fecero più fioche e svenni. 







 

Angolo autrice in pseudo vacanza...

Hola! 
OOk so di essere orribile, a far soffrire tutti i miei personaggi ma è funzionale alla storia.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo molto introspettivo e fondamentale.
Alla prossima!

 

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Capitolo 22
*** 22 ***


Ok, due capitoli in due giorni, giusto perché avevo un po' di tempo...
Ringrazio chi legge, vota, recensisce e che legge silenziosamente!
Ci vediamo in fondo!


Aprii gli occhi e realizzai di essere in camera da letto. La testa aveva smesso di pulsare e i ricordi di quanto accaduto prima mi apparvero vividissimi. Io una telepate? Sono letteralmente senza parole, in famiglia non c'è praticamente nessuno con questo dono, a quanto ne so io. 
Tolsi il lenzuolo che mi copriva e decisi di alzarmi per andare in cucina a mangiare un boccone, sentendo il mio stomaco reclamare. 
I corridoi erano deserti nonostante fossero solo le sei del pomeriggio. Arrivata in cucina constatai che almeno non mancava il cibo e optai per un panino con crema al cioccolato fondente e dell'acqua. 
Mangiato avidamente mi diressi verso il salotto dove trovai tuta la squadra al completo, gli X-Men e una persona che non conoscevo affatto. Era un uomo alto, probabilmente quasi due metri, capelli corvini lunghi fino alle spalle, occhi verde chiaro che saettavano per la stanza, snello e vestito con un completo di alta sartoria total black. Al suo fianco vi era Thor che, vestito in borghese, stava discorrendo animatamente fino a quando non ero entrata io. 
Mi avvicinai a Pietro, seduto su uno dei divanetti, e mi misi al suo fianco. 
"Stai meglio?"
Annuii. 
"Sono riuscita a mangiare qualcosa persino. Se ti va dopo cuciniamo..."
Sorrise, poi fece "Vedo che non perdi tempo, svenuta, rimessa in sesto e già vuoi cucinare. Mi stupisci Evangeline."
''Ci sono molte cose su di me che potrebbero stupirti."
"Come stavo dicendo prima che Lady Eve tornasse, ho deciso di chiedere un aiuto in più per la gloriosa battaglia che dovremo affrontare. Lui è mio fratello Loki."
"Non. Sono. Tuo. Fratello. Cerca di ricordartelo." Fece l'uomo. 
Thor non disse nulla e scosse la testa borbottando un 'Tipico' molto convinto.
Sembrava che i rapporti tra i due non fossero idilliaci, Loki rappresenta il tipico fratello adottato che, nonostante le cure amorevoli dei genitori, prova rancore e invidia nei confronti del fratello. 
Dopo aver scambiato i convenevoli decidemmo di andare ad allenarci. 
Mi venne fornita una tuta in tessuto tecnico al posto degli shorts e della maglietta che mi fasciava il corpo, lasciandomi troppo esposta e tremendamente a disagio.
Io e Wanda fummo condotte in un'ampia sala, soffitto alto e ben illuminata dalla luce esterna. Dopo un breve riscaldamento decidemmo di incrementare lo sviluppo di scudi protettivi e offensivi: a turno ognuna di noi tirava una sfera di energia, rossa nel caso di Wanda e blu nel mio, contro l'altra. 
I primi attimi fu semplice, tenendo conto che eravamo a freddo e che stavamo usando ben poca energia. Dopo un po' aumentammo gradualmente l'ammontare dell'energia usata e il livello si alzò notevolmente.
Lampi rossi e blu volavano letteralmente da una parte all'altra della stanza illuminando l'ambiente e facendo tremare i vetri che, teoricamente, dovrebbero essere antiproiettile. 
Un colpo più forte del previsto ci fece sbalzare ai lati opposti della stanza contro i muri e distruggendo alcune panche e porte sollevando polvere. 
"Direi che per oggi basta!" Mi urlò Wanda ridacchiando.
"Direi! Non vorrei fare altri danni." Dissi di rimando.
Ci alzammo e, una volta sistemato e aggiustato il riparabile, andammo a farci una doccia. 




POV PIETRO
Gli allenamenti sono cominciati e ho tentato di dissuadere Eve dal farli, almeno per oggi. Lei no, con quella testa dura che si ritrova non mi ha ascoltato. 
Una volta messa una felpa e un paio di scarpe nuove andai fino in palestra da Steve e Sam per allenarci con il corpo a corpo, o meglio, sui riflessi.
Iniziammo con i colpi sul sacco da boxe, per poi passare a fare delle piccole sequenze  di movimenti utili. 
Pensandoci su direi che fino a un paio di mesi fa non sarei stato in grado di aspettare e seguire con pazienza tutto quello che mi dicevano. Sin da piccolo ero un bambino molto irrequieto, iperattivo, che considerava le regole un optional noioso. Adesso invece so che sono cambiato, rifletto maggiormente e mi assaporo ogni singolo momento che ho. Soprattutto con Eve che, essendo una persona paziente e quieta, mi ha saputo dare una regolata inconsapevolmente portandomi ad allungare ogni singola azione per passare più tempo con lei. 
Passò un oretta e, ritirato tutto quello che ci era servito, andai a farmi una doccia per togliere la stanchezza da addosso. 
Passando posai lo sguardo sul calendario e notai che tra tutto il caos capitato in questi giorni, tra una settimana sarebbe stato il compleanno di Eve.
Vorrei farle una sorpresa, nonostante siamo sotto attacco, sotto stress, vorrei rendere quel giorno speciale, vorrei viverlo al massimo e farla divertire, che ne ha bisogno. 
L'unica cosa è organizzarlo, non sarà difficile, potrei chiedere, per quanto mi dia fastidio, a Tony Stark di aiutarmi nei preparativi.
Poi dovrei trovare un regalo perfetto per lei e tutto.
Qualcosa mi dice che dovrò chiedere aiuto a mia sorella di distrarla per un giorno in modo tale da organizzare tutto.









Angolo autrice...
Ok, sto scrivendo il capitolo da in auto, quindi potrebbe sembrare con qualche errore di battitura, mi scuso in anticipo. 
Comunque, che ve ne pare? 
Ammetto che i capitoli sono molto lenti e descrittivi, inoltre sono con pochissima azione, però spero di rifarmi con i prossimi, che, stando a quanto ho in mente saranno esplosivi.
Ultima cosa, ho deciso di dare un volto alla nostra Eve... Penso che quello della modella Edie Campbell sia perfetto. Se avete altre idee fate sapere ;)

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Capitolo 23
*** AVVISO ***


Buona sera a tutti.

Dato che questa storia sta procedendo a un buon ritmo e per me significa molto, ho deciso di sottoporla a revisione, quindi, se non avete ancora ntato nulla, ho corretto, per quanto possibile i capitoli iniziali.

Poi vorei ringraioare tutti coloro che seguono la mia storia e che l'hanno recensita.

1 - AlessiaOUAT96 [Contatta]
2 - cookiechan [Contatta]
3 - Darky_eyes [Contatta]
4 - Edward4ever96 [Contatta]
5 - Ella Rogers [Contatta]
6 - Hi_chan97 [Contatta]
7 - HORANge_carrot [Contatta]
8 - Madame_Bovary [Contatta]
9 - michela30 [Contatta]
10 - Portuguese D Rogue [Contatta]
11 - Pouring_Rain11 [Contatta]
12 - Toothiana [Contatta]
13 - xKittyx [Contatta]
14 - _Alessia_C95 [Contatta]

e

 
infine
1 - AllisonHermioneEverdeen [Contatta]
2 - Sofy_Candy [Contatta]
3 - Zakurio [Contatta]
4 - _Crys_ [Contatta]



nel particolare, uno speciale grazie va a 
Pouring_Rain11 che, anche se da poco, mi sta sopportando e mi sta supportando con le sue recensioni un po' strane ma bellissime
_Alessia_C95 che, con la sua ultima recensione, mi ha spinto a fare questa revisione e moddifica per i prossimi capitoli
xKittyx che, nonostante non sia stata presente con la sua storia su Pietro, ha continuato a seguire la mia.
Ella Rogers che appena ha tempo mi lascia recensioni lunghe quanto un papiro ma graditissime.




ok, ringrazio tutti e ci sentiamo al prossimo capitolo, non so quando, dato che è in scrittura e vorrei strutturarlo diversamente, inserendo parti in più nella storia, per vostra gioia :)



Alla prossima e grazie 

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Capitolo 24
*** 23 ***


23

POV WANDA
Eravamo arrivati alla Scuola per mutanti di Charles Xavier dopo un lungo viaggio. Dopo  aver scoperto che Eve, a tutti i poteri che già possedeva, si era aggiunta anche la telepatia, Steve e Tony ci hanno mandato in camera a riposare per un'oretta per poi iniziare gli allenamenti. Non oso immaginare cosa stia passando Eve, e come si sia sentita nel momento in cui le centinaia di voci si erano sovrapposte nella sua testa. Essendoci passata anche io, anche se anni fa, posso capire quanto sia stato doloroso, ma per tutti è diverso, ognuno ha una reazione diversa. Ricordo benissimo il momento in cui è successo a me; faceva caldo quel giorno e solo un filo d'aria passava dalle grate nella mia cella. Inizialmente era comparso un ronzio, via via più fastidioso, poi le centinaia di voci delle persone che vivevano nella fortezza dell'HYDRA e che vi lavoravano, affollarono la mia mente. Fastidio, dolore e fu come uno scoppio assordante. Il tutto durò un paio di minuti, nulla in confronto all'attacco subito da Eve, che, essendo di panico, aveva come preannunciato il casino successivo, a cui abbiamo dovuto fronteggiare. 
Mi cambiai i vestiti mettendo una maglietta rossa e dei jeans neri poi, sentendo lo stomaco brontolare e lo stimolo di fame ero andata in cucina. 
Non mi aspettai trovare qualcuno, invece James, il migliore amico di Steve stava bevendo del latte appoggiato al bancone. 
"Ho visto." Sussurrai al ragazzo di fronte a me.
Lui non disse assolutamente nulla, sollevò solo la testa e si passò la lingua sulle labbra.
"Mi spiace per quello che l'HYDRA ti ha fatto."
"Non pensi sia ipocrita da dire, non puoi sapere cosa ho provato, non puoi capire i ricordi che ho perso. Mi chiedo come abbiate potuto arruolarvi." Disse con tono strascicato e basso.
"Eravamo arrabbiati. Con Stark, con la vita, con il mondo. L'HYDRA ci dava una possibilità in più per sbollire la rabbia e vendicare in nostri genitori." Sussurrai 
"Se vuoi posso aiutarti." Finii.
Sperai che accettasse. 
Volevo che quella rabbia, quella frustrazione si levasse dalla sua mente e iniziasse a vivere.
"E  come pensi di fare? Darmi i ricordi?" Fece schiettamente.
"Certo. Potrei riuscirci. Con l'aiuto del Professore, certo." Titubai.
Non sapevo la sua possibile reazione e  in volevo entrargli nella mente. 
"Ne sei sicura?" Disse quasi balbettando.
Annuii muovendo la testa e sorseggiai del succo di frutta che precedentemente avevo tirato fuori dal frigo. 
"Ne dovremo parlare con il Professore allora." Sospirò "se riuscirai, non sai quanto ne sarei felice."
Non dissi nulla, posai il bicchiere nella lavastoviglie e andai in palestra, dove dovevo trovarmi con Eve per allenarmi.


POV TONY
Guardai di fronte a me il tavolo con sopra una delle mie armature da rimettere in sesto. La Mark LV era messa bene, mancava ancora da sistemare il propulsore del guanto destro e quello del petto poi, dopo una piccola riverniciatina sarebbe stata perfetta. Steve varcò la porta del laboratorio e stette fermo a guardarmi. Alzai lo sguardo cercando di non sollevare la testa e guardai la maglietta che indossava, o meglio, quello che copriva a mala pena, dato che era con troppo aderente persino per Mr Ghiacciolo.
"Capitan Ghiacciolo, qual buon vento?" 
Sospirò leggermente infastidito. 
Adoravo infastidirlo a dire il vero.
"Stark."
Non disse nulla.
"Senti Iceberg, non vorrei chiedertelo, ma devo farlo. Cosa sai della morte dei miei genitori?" Buttai la bimba subito senza un preliminare.
Steve non disse assolutamente nulla, si passò la mano tra i capelli molto corti e capii che mi stava nascondendo qualcosa.
"Steven."
"Si. Non saprei come dirtelo. Ho la paura fottuta di dirtelo e di perdere la tua amicizia. La nostra."
"Dimmelo."
"L'HYDRA, nel particolare il Soldato d'inverno li ha uccisi. Mi spiace Tony."
Posai la chiave inglese sul piano da lavoro e passai la mano sporca di grasso sulla nuca. 
"Mi spiace, davvero, ma sai benissimo che Bucky non era in sé quando era il Soldato."
Ero incredulo. Cazzo, a distanza di quanto, venti anni, scopro la causa della morte dei miei genitori.
"Questo lo capisco, ne sono cosciente. E, onestamente, non lo odio, e sono sollevato. Voglio dire, per venti anni mi sono detto che era un fottuto incidente e ora scopro che quei luridi bastardi dell'HYDRA hanno ordinato di ammazzarli." Feci una breve pausa. "Ora come ora, non potrei ne odiare lui, nemmeno te. Diamine Steve, ti dovrai far perdonare, ma lo farei a tempo debito, inoltre dobbiamo smantellare un'organizzazione filo nazista."
"Sei sicuro?"
Annuii poi ripresi a lavorare, con un peso in meno sul cuore.




POV EVE
Quel pomeriggio gli allenamenti si erano conclusi bene, a parte l'aver distrutto e risistemato la palestra, potrei dire davvero che sono stati fruttuosi. Wanda si è offerta di aiutarmi a sviluppare, conoscere ed allenare il mio potere, o meglio dire dono. 
Inizialmente avevo fatto una fatica tremenda ad adattarmi in modo ottimale al fatto di avere le voci nella testa e anche a sentire i pensieri degli altri anche se in modo involontario. E c'è da dire che più cercavo di limitare, più era peggio. Più cercavo di ignorarle essere si facevano più forti e fastidiose.
Adesso, ad un paio di ore dalla loro comparsa, sono riuscita a gestirle e non le sento di continuo, o meglio, sembrano solo un brusio di sottofondo. Per la mente mi è persino passata l'idea di creare uno scudo che riesca a attutire o almeno a limitare le voci, però, dovendo imparare a controllare il potere, e non farmi controllare da lui, ed essere succube, devo sopportare tutto quanto.

Sopportare, che parola da schifo. 

Come se tu debba essere succube di qualcosa e non poterti liberare da esso per paura di come possa essere il futuro senza. Come se si debba persino evitare di avere una vita decente, non dico ottimale, ma decente, per paura.
Inizialmente, quando le cose andavano male, mi dicevo, e dicevo in giro, 'Sopporto', 'Mi sono abituata' , quando in realtà dentro di me, nel profondo, volevo con tutta me stessa liberarmi da quel peso e dare una svolta. 
A mie spese ho imparato che sopportare ti fa solo del male, ti rende impreparato, incerto, odioso, invidioso, tutte cose che nessuno vorrebbe.

Quindi direi di no, non devo sopportare, ma devo fare qualcosa che mi aiuti a controllare quanto ha il controllo su di me. 
Potrebbe essere un fottuto di controsenso, ma assicuro che non lo è, si tratta di una sottile differenza tra tollerare, per poco tempo, e sopportare, per troppo tempo.
Una differenza che ho imparato a capire.

Sento due mani sugli occhi che mi coprono la visuale. Sono calde, lisce, pallide, profumate e famigliari. Che ti fanno sentire a casa.
"Pietro" pigolai ridendo.
"Non ti si può nascondere nulla, nemmeno fare una sorpresa." Mi abbracciò da dietro, con solamente la canotta e la tuta addosso, e mi trascinò fino a giù sul letto contro il suo petto. 
"Come sono andati gli allenamenti?"
"A parte aver fatto fuori una parte di palestra e aver imparato in qualche modo a controllare quello che ho qui dentro 'dissi picchiettando la testa'  bene direi"
Sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi contro la mia schiena, il suo respiro sui capelli e pochi istanti dopo la sua bocca depositarsi alla base del mio collo, su una delle vertebre che sporgevano. Questo mi fece venire i brividi. Pietro continuò a stare lì un altro po' poi baciò la curva del muscolo, seguendo la linea del collo a partire dalla spalla, arrivando sul mio collo, dove la carotide pulsava e si poteva capire che il mio cuore stava battendo all'impazzata. Spostai la testa indietro, contro la sua spalla destra come per lasciargli maggior accesso alle sue labbra. Il suo respiro e il suo profumo mi davano alla testa, come la migliore droga per un drogato. Tenni la mano sinistra stretta alla sua destra, mentre l'altra stava sul mio fianco al di sotto del seno. Le sue labbra continuarono a baciarmi ininterrottamente poi, staccatesi dal mio collo, feci in tempo a girarmi verso di lui e le pose sulle mie. I suoi baci erano sempre stati leggeri e calmi, tuttavia questi erano leggermente più profondi e intimi. Erano caldi e calmi, i suoi denti e la sua lingua stuzzicavano le mie labbra e la mia lingua mentre le sue mani stavano sulla mia schiena tenendomi stretta a se. Posai una mia mano sulla sua guancia e mi avvicinai maggiormente a lui attirandomi con una gamba posta a lato delle sue, a mo' di gancio, aumentando il contatto tra i nostri corpi. 
Bussarono alla porta ma noi non sentimmo inizialmente, continuavamo a baciarci e a stare lì, tranquilli e in pace con noi.
Poi la porta si spalancò e prima la testa di Steve, poi quella di Tony, poi Clint e infine Wanda fece capolino. 
Ci staccammo imbarazzati. Tremendamente imbarazzati.
Avevamo le guance e le labbra arrossate dai troppi baci, i miei fianchi potevano ancora sentire il tocco gentile delle mani di Pietro.
"Scusate se abbiamo interrotto, ma,volevamo avvertirvi della cena, ecco, della cena"
Balbettò imbarazzato Steve.
Wanda e Clint avevano un sorrisetto malizioso sulle labbra, mentre Tony, come suo solito fece "Mi raccomando, usate le protezioni ragazzi!"
Divenni per quanto possibile più rossa, poi sentii la voce nella mia testa di Wanda 'Poi mi racconti."
A quanto notai sulla faccia di Pietro, aveva detto la medesima cosa anche a lui.
Poi chiusero la porta alle spalle.
Rimanemmo in silenzio per un po' poi mi alzai decidendo di andarmi a fare una doccia. Ero esausta.
"Ehi, tutto ok?"
"Si tranquillo... Tutto ok." Mi alzai sulle punte e lo baciai sulle labbra delicatamente. 
Lui colse subito l'attenzione di portarmi di peso in bagno continuandomi a baciarmi.
Eravamo fronte contro fronte, fiato contro fiato.
Scesi e mi tolsi la maglietta rimanendo in reggiseno.
"Se ti va puoi restare a fare un bagno, nessuno te lo vieta" feci a Pietro con un coraggio che non ricordavo di avere.
Una decina di minuti dopo eravamo dentro la vasca, piena di schiuma e bolle, a rilassarci.
Non prima di aver avvertito, telepaticamente, di non aspettarci a cena.
Stemmo lì per un po', io tra le sue braccia, entrambi con i capelli fradici come pulcini e la schiuma a coprirci tutto il corpo.
E in quel momento non desiderai di essere una persona normale, ma ringraziai di essere una ragazza mutante, con degli amici stupendi e un fidanzato stupendo.










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Capitolo 25
*** 24 ***


Quel mattino mi svegliai di buon umore, complice il fatto che quello fosse in mio ventunesimo compleanno. Nonostante la sera prima fossimo stati svegli fino a tardi per vedere la serie di Sherlock in dvd, mi sentivo riposata e fresca come una rosa, letteralmente. Mi stiracchiai al di sotto del piumone in modo limitato e diedi uno sguardo a Pietro, placidamente addormentato a pancia sotto nella parte di letto libera, che mi teneva con un braccio la vita. Lentamente glielo alzai facendo in modo tale da non svegliarlo, andai fino in bagno per darmi una lavata al viso come al solito. Tolsi l'asciugamano dalla faccia e mi guardai allo specchio. Rimasi completamente shockata: al posto dei miei capelli neri come l'ebano, le punte erano chiarissime, di un bianco candido, quasi innaturale. Li toccai in incredula. Riflettei un poco poi guardai Pietro che dormiva, gli osservai i capelli ed ebbi la consapevolezza di quanto successo.

In seguito a sforzi con i propri poteri era comprensibile che la melatonina presente nei capelli subisse una mutazione e così di conseguenza il colore che avevano, come spiegazione è plausibile dato che anche a Rogue è capitato. Mi guardai nuovamente allo specchio osservandoli meglio, sembrava che il colore sfumasse in un grigio-argenteo, gli passai una mano come per ravvivarli, passando per gli innumerevoli nodi che avevo. Un paio di mani mi abbracciò da dietro.

"Buon giorno e buon compleanno Eve." la voce di Piero mi fece rabbrividire e mi voltai e lo baciai lievemente sulle labbra, non curandomi del fatto che fossi in intimo solamente. Come ci pensai arrossii violentemente e mormorai un grazie.

"I tuoi capelli sono... diversi..." la sua voce parve sconcertata e interrogativa. Gli occhi invece saettavano sul mio corpo, mentre una man stava alla base della schiena, l'altra mi accarezzava in testa.

"Credo sia dovuto al continuo allenamento che stiamo facendo, è successo anche a te e ad una ragazza dell'istituto. Comunque grazie mille degli auguri."

Ci baciammo nuovamente, questa volta con più passione, ma, purtroppo, è veramente il caso di dirlo, fummo interrotti dal bussare alla porta.

Ci ricomponemmo dopo aver fatto una sonora risata, presi una maglia abbandonata da Pietro la sera prima, che mi stava larghissima e arrivava fino a poco sotto il fondoschiena. Camminai rabbrividendo al contatto con il pavimento mentre nel bagno Pietro si stava regolando la barba. 
Aprii la porta facendo sporgere solamente la testa e mi trovai la faccia di Tony tutt'altro che affaticata e ammiccante. 

"Spero di non avervi interrotto in qualsiasi cosa steste facendo, ma sono venuto solamente ad avvertirvi che è pronta la colazione. E auguri!"

Dopo averlo ringraziato chiusi la porta dietro di me e mi appoggiai ad essa. Piccolo appunto mentale: chiedere a Tony quanto caffè si fa per essere così sveglio.

"Cosa voleva Stark?"

Pietro uscì dal bagno con solamente i boxer addosso passando si una mano sul viso chiaramente stanco. 
"Ci ha avvertito che la colazione è pronta e mi ha fatto li auguri. Oltre che alle solite battutine"  gli risposi.

"Qualcosa mi dice che voleva interromperci inconsciamente." Disse di rimando maliziosamente.
Risi arrossendo. 

"Può darsi, può darsi. Non mi stupirebbe-" 

Non riuscii a finire la frase che Pietro premette le sue labbra sulle mie zittendomi. "Stai parlando troppo." Sorrisi contro la sua bocca e tornai a baciarlo. Indietreggiammo fino alla porta dove il mio corpo fu letteralmente intrappolato dal suo. I baci, che prima erano lievi e tiepidi, ora diventarono più passionali: le nostre labbra giocavano, i suoi e i miei denti ogni tanto mordevano il labbro inferiore dell'altro. Le mie mani avevano raggiunto il suo collo e il suo viso, giocai con i capelli della nuca sentendoli morbidi al tatto mentre le sue labbra avevano lasciato le mie per proseguire al di sotto del mio orecchio sinistro, esalando brevi sospiri.
Mi prese in braccio, facendomi ancorare le gambe al suo bacino favorendo un contatto più diretto. Ci adagiammo sul letto, lui sopra di me, le mie gambe ancora ancorate saldamente al suo busto, e tornammo a baciarci. 
L'atmosfera si stava scaldando, lo sentivo chiaramente, fu come se si fosse accesa una lampadina a incandescenza nel mio corpo. 
La sua bocca proseguì fino alla clavicola, dove dapprima succhiò leggermente, poi morse e baciò a bocca lievemente aperta. La mia mano destra intanto era sulla nuca e la sinistra sul suo fianco destro. 
L'incanto si spezzò quando, mentre stavamo tornando a baciarci, bussarono alla porta. 
Emisi un mugugno infastidito mentre Pietro imprecò ad alta voce.
Andai nuovamente ad aprire la porta per vedere chi fosse. 
Le facce di Nat e Wanda fecero capolino nel mio campo visivo.
Giuro che le ho odiate.

"Scusate se abbiamo interrotto qualcosa, ma -dissero entrando e lanciando occhiate maliziose- dobbiamo rubarti Eve per una questione molto importante."

"Lasciatevelo dire, avete un pessimo tempismo." Disse lui di rimando.

"E, a proposito, Tony ti vuole parlare con anche Bruce e Steve riguardo la nuova uniforme, quindi ora vai." Fece la sorella agitando la mano.

Roteò gli occhi poi alzò le mani in segno di resa.

"Ci vediamo dopo piccola Evangeline, ancora auguri. Ti amo."

Mi alzai sulle punte per baciarlo e abbracciarlo.
"A dopo, 私はあなたを愛して (Watashi wa anata o aishite)"

Omisi la traduzione volontariamente. Lui prima mi guardò interrogativo, poi, dopo l'ennesimo bacio a stampo sulle mie labbra uscì dalla stanza facendomi rimanere sola con Nat e Wanda.

"Cosa avete di così tanto importante da piombare qui a nemmeno le nove del mattino?"
Si guardarono complici poi senza nemmeno rispondermi si fiondarono nell'armadio e gettarono sul letto tutti i miei vestiti.

"Vi sarei grata se mi rispondeste."

"Ok ok, preparati per una giornata di shopping sfrenato, Tony ci ha dato la sua carta di credito quindi potremo andare nei negozi migliori." 

"Eve, ma sbaglio o questo è il completino intimo che hai comprato prima della rimpatriata?" 
La scatola rosa shocking ancora originale e impacchettata dal negozio mi venne sventolata sotto il naso.

"Ok, questo lo teniamo da parte, ma non ha nemmeno un qualcosa di elegante." Le venne dietro Nat.

"Allora, direi che ti devi vestire poi armati di pazienza, oggi non farai allenamento come hai ben capito."

Con poca voglia, tirai fuori un paio di jeans scuri dal fondo dell'armadio abbastanza sdruciti. Infilati quelli presi le scarpe e la borsa con il necessario.
"Contente ora?"dissi una volta finito.
Annuirono e mi trascinarono letteralmente via dalla mia stanza.


 

Ho già detto quanto amo le auto? E le moto?
Normalmente preferisco queste ultime, sono più maneggevoli e hanno una migliore accelerazione, anche se, come in questo caso non disprezzo una buona auto come una Jaguar. L'auto bianca sfrecciava sotto la luce del sole diretta verso la città lasciandoci alle spalle le auto più lente. La capote era stata abbassata e sia io che Wanda stavamo con le bracia alzate al cielo mentre Nat guidava. 

Quando arrivammo al Centro, come l'avevano chiamato loro,  ed aver parcheggiato la macchina sotto gli occhi indiscreti di un paio di passanti, scendemmo dalla macchina. Faceva caldo, anche con la misera canotta che avevo addosso. 

"Ora mi sono segnata dove andare: dobbiamo comprare scarpe, vestito e lingerie." iniziò Nat.

Avevo piani ben diversi dai loro, non volevo un vestito, nè tanto meno un paio di scarpe adatte, non ne capisco l'utilità e non capisco pure quando dovrei mettermi in ghingheri, tuttavia, per evitare di sembrare la guasta feste di turno, mi limitai a seguirle, sperando di fermarci o in una libreria o nella concessionaria a piano terra. 

 

 

 

 

SCUOLA PER GIOVANI MUTANTI DI CHARLES XAVIER    

I preparativi fremevano, letteralmente. Gli alunni erano stati mandati a casa per le vacanze e nella villa erano presenti solo gli Avengers e gli X-Men. Nonostante mancassero gli alunni non si poteva dire che l'ambiente fosse silenzioso: un Cd degli AC-DC andava in loop nel laboratorio, chiacchiericci a tratti sommessi a tratti più elevati occupavano l'ambiente centrale.

Pietro, vestito in una morbida tuta stava guardando preoccupato il giardino. Voleva che tutto fosse perfetto, voleva che fosse incredibile e indimenticabile. 

"Preoccupato ragazzino?" 

Stark avanzò fino al suo fianco e si sedette mettendosi le mani in tasca. 

"Un po'..." disse debolmente il biondo.

"Solo un po'? Sembra che tu stia per esplodere, letteralmente. Se accetti un consiglio, non preoccuparti così tanto. Non fraintendermi, però penso che lei ti ami, nonostante tutto. Quello sguardo, è lo stesso che vedevo tra i miei genitori, in un certo qual modo me li ricordate, con meno poteri naturalmente, però, seriamente, non fasciarti la testa, lei ti ama, tanto, incommensurabilmente, e non smetterà di amarti."

Pietro sbuffò lievemente. 

"Sinceramente, e tu me lo avessi detto un anno fa, ti avrei riso in faccia. Tuttavia, in questo momento, trovo difficile farlo, la amo troppo, trovo che sia una ragazza diversa dalle altre, in ogni cosa. E ho paura di perderla, tremendamente paura di perderla."

Tony gli diede una pacca sulla schiena con uno strano fare paterno. 

"Vai a prepararti, sta per arrivare, non vorrai arrivare in ritardo?"

 

 

 

 

POV EVE

Ero tesa. Non so per che cosa, ma lo ero. Restai nella vasca da bagno mentre l'aroma di cannella pervadeva la stanza e mi guardai le unghie. Questo pomeriggio, sia Nat che Wanda avevano insistito nel portarmi dall'estetista, uscendone due ore dopo con unghie perfette, viso più luminoso e altro che non ricordo. Guardai i capelli che nel corso del giorno si erano decolorati totalmente. Nat e Wanda mi avevano chiesto immediatamente cosa stesse succedendo una volta entrati nei camerini, poi la russa si era allontanata per fare una telefonata, con molta probabilità a Tony o a Steve. Mi immersi con la testa e tornai in superficie grondante d'acqua, poi uscii dalla vasca e mi avvolsi nell'accappatoio vaporoso celeste. 

Guardai il completo blu notte in pizzo che mi avevano costretto ad indossare. Per evitare che mi mettessi qualcos'altro mi avevano persino requisito tutto il mio guardaroba. una volta indossato mi guardai allo specchio constatando, per la prima volta quanto mi stesse bene. SE devo essere sincera, mi sentivo attraente e mi sentivo sexy per la prima volta nella mia vita, mi sentivo pronta e diversa e tutto questo non a causa del completino di Victoria Secrets, ma anche per quanto successo in quei dieci mesi che avevano visto la mia vita cambiare. Una volta asciugati i capelli infilai il vestito comprato poche ore prima. Quando l'avevo visto mi ero sentita a disagio a provarlo, così come la scarpe, un paio nere con il tacco in metallo. Non lo sentivo adatto a me e impossibile da mettere, poi, dopo averlo provato era cambiato. Sembrava cucito addosso ad ogni mia curva e conca e non mi faceva sembrare un salume pronto ad essere affumicato. Era in due colori, la parte superiore bianca in pizzo, quella inferiore blu notte leggera come la seta. 

Non mi accorsi che Pietro fosse entrato fino a quando non lo vidi riflesso nello specchio. Era elegante anche lui per usare un eufemismo: la cravatta, non legata alla Windsor, era bianca, il completo nero e lo fasciava fin troppo bene, anche nel fondo schiena a quanto vidi. Arrossii lievemente a quel pensiero cercando di non sorridere, ma, al pensiero di essere vestita in modo così diverso dal solito, mi fece venire in mente pensieri poco casti. Deglutii. 

"Ehi."

Avanzai verso di li baciandolo con slancio, senza aver nemmeno il bisogno di alzarmi sulle punte. "Mi sei mancata."

"Anche tu."

"Toglimi una curiosità, quello che hai detto stamattina prima che io me ne andassi, cosa significava? Per quel poco che so di giapponese, potresti aver detto un insulto."

"Ti amo. significava questo quello che ti ho detto." 

Rimase senza parole per un millisecondo poi mi fece girare verso la porta.

"Mi spiace molto ma devo coprirti gli occhi, non preoccuparti se non vedi, ti tengo io e ti guido io."

Annuii imbarazzata e interrogativa poi, dopo essere usciti nel corridoio ci immergemmo in un silenzio surreale. 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** 25 ***


capitolo 24

 

 

 

Fuori c'era aria, ero a mala pena riuscita a vedere le fronde degli alberi prima che la mia vista venisse oscurata da una benda in velluto leggero da parte di Pietro.

In un'altra situazione e con un'altra persona a fianco mi sarebbe presa l'ansia e non sarei stata in grado di stare in piedi, tanto meno camminare. Mi sarei sentita come estraniata dal mondo e come se tutto fosse fuori dalla mia portata, sensazioni che odiavo profondamente. Tuttavia questa volta è completamente diverso, complice sia Pietro che mi guidava con le mani sui miei fianchi, sia il mio sesto senso che non era sospettoso come al solito. Dopo essere scesi al pian terreno, facilitata da Pietro che, per evitare che io cadessi, mi aveva letteralmente preso in braccio, ci fermammo di fronte alla porta dal salone.

Sfiorai debolmente il legno intarsiato fino a che trovai la maniglia in metallo e la abbassai. Abbassai le mie difese mentali, consapevole dello shock che mi avrebbe causato. Avvertii solamente un brusio indistinto che fu subito sovrapposto da un vociare più rumoroso e indistinto. Alzai di nuovo la barriera poi, di colpo e velocemente, la benda mi venne tolta dagli occhi. Le luci soffuse delle candele sospese nei candelabri rendevano delicata e tenue l'atmosfera, i ragazzi ci guardavano poi scoppiarono con 'Sorpresa' in coro.

Portai le mani alle bocca e mi voltai verso Pietro che mi stava guardando in attesa.

'Centri anche tu?' chiesi mentalmente.

Annuì. "Ti piace?"

Ero letteralmente senza parole, ogni singola cosa era perfetta e come se fosse stato disegnato a mia figura, dalle candele profumate alla musica soffusa proveniente da uno stereo, dai colori, al cibo. Ogni. Singola. Fottuta. Cosa.

Gli gettai le braccia al collo stampandogli un bacio sulle labbra. Asciugai una lacrima che mi era fuoriuscita dall'occhio e che aveva percorso la mia guancia e una parte di quella di Pietro.

"Perchè stai piangendo?" fece prendendomi per le guance con le mani a coppa.

"E' che sono felice, davvero felice. Nessuno aveva mai fatto una cosa simile per me. E questo mi ha fatto piangere e venire il magone per la felicità. So che è stupido... grazie davvero ragazzi, non avrei potuto chiedere di meglio. Per la prima volta mi sento al posto giusto al momento giusto e vorrei essere."

Pietro mi abbracciò di lato e mi baciò sul capo.

La festa iniziò pochi secondi dopo non appena la musica fu alzata.

"Non sai quanto ti amo."

"Non saprei immaginarmelo, seriamente piccola Evangeline."

"Non usare l mio nome per intero, te ne prego..." dissi ridendo.

"A sproposito, hai notato Wanda?"

La sua faccia si corrucciò. "Sembra che vada d'accordo con James, non hai notato?"

l suo sguardo saettò fino a dove vi erano Wanda e James che ridevano e bevevano un bicchiere di spumante della miglio marca.

"ho notato..."

Lo guardai in faccia poi risi. "Non mi dire che sei geloso o preoccupato!"

"No, è solo che è mia sorella ed è l'unica famiglia che ho dopo di te. Sono preoccupato."

"E' naturale essere preoccupati, però, fidati, James è un bravo ragazzo, si sta impegnando a riprendere in mano la sua vita con l'aiuto di tutti."

Si voltò verso di me. "Forse hai ragione, però questo non lo esonera dal discorsetto..."

"Se sei così con tua sorella, cosa farai se un giorno avrai una famiglia?" dissi ridendo.

"Avremo vorrai dire."

La frase mi ghiacciò il sangue nelle vene. Deglutii rumorosamente.

"Avremo, ho capito bene?" sussurrai incredula.

"Si avremo." sussurrò a sua volta. "Non dirmi che hai pensato diversamente..."

"E' che ho una tremenda paura di perderti e che tutto questo finisca..."

"Ascoltami. Io. Non. Ti. Lascerò. Mai. Capito? Anche se è meno di un anno che siamo una coppia, voglio passare il resto della mia vita con te, voglio avere una famiglia, grande e numerosa, di quelle incasinate ma unite, al tuo fianco Evangeline Chang, spero Evangeline Maximoff presto." disse nervoso.

"Mi hai appena chiesto di sposarti Pietro Maximoff?" sussurrai incredula il triplo.

"Beh, ehm, penso di si, anche se nulla è andata come volevo, volevo farti una proposta con in fiocchi e-"

Lo zittii con un bacio sulla bocca. Certe volte è peggio di me, devo ammetterlo.

Quando ci staccammo mi guardò, poi prese dal completo di alta sartoria una scatolina in velluto blu scura e la aprì davanti al naso. L'anello svettava al suo interno, semplice e delicato, con incastonati un diamante di piccolo taglio e dei zaffiri o dei lapislazzuli ai suoi lati.

"E' un sì, quindi?"

"Direi di si."

Mi mise l'anello al dito calzando perfettamente mentre intorno a noi gli altri continuavano a chiacchierare come se non li avesse toccati minimamente quanto appena accaduto.

Ballammo nel centro della stanza scambiandoci baci di tanto in tanto ed estraniandoci dall'ambiente tanto che ci bastavamo.

 

 

La torta venne portata un po' di tempo loro mentre stavo parlando con Wanda riguardo il suo Love Affaire facendola diventare più rossa dei capelli di Natasha. Di contro mi interrogarono riguardo l'anello e il dopo festa. Guardai la torta, in pan di spagna, cioccolato e pistacchi, con venti candeline  il cognome di Pietro accanto al mio nome.

"Curiosità. Chi si è occupato della torta?"

Le mani si indirizzarono verso Tony, Steve e Pietro che rispettivamente mi guardavano compiaciuti.

"Contavi che ti avrei detto di sì?" feci a Pietro a due centimetri dalla sua bocca.

"Sai che sei illegale quando mi parli a questa distanza... comunque si, è un male?"

"Tutt'altro. Ti amo. E ora tagliamo la torta, non ne ho più dalla fame."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

angolo autrice.

mi scuso per il ritardo consistente, sono ultra incasinata tra università che finisco alle sei, croce rossa e tutto il resto.

spero che il capitolo vi piaccia

 

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Capitolo 27
*** 26 ***


 

 

 

 

Capitolo 26

 

Rido fino a che mi lacrimano gli occhi: il dj che hanno invitato i ragazzi per animare la serata sta continuando a storpiare i nostri nomi, alcuni anche in modo piuttosto divertente come nel caso di Tony, che per stasera, è diventato contro la sua volontà l'illustre miliardario filantropo Tony Stank. 

Pietro mi prende per le mani e mi fa volteggiare per la stanza con leggerezza, come se non pesassi assolutamente nulla. Nel frattempo Tony, tremendamente ubriaco, sta flirtando con Steve rosso di vergogna e dal caldo della sala, Wanda e James si sono appartati e stanno parlando sommessamente tra loro. Non lo nego: sarei enormemente felice se si fidanzassero. Non mi serve la telepatia per vedere che si attirano a vicenda, si nota dai loro sguardi e dall'atteggiamento che hanno quando sono insieme. 

Pietro ed io ci baciamo per l'ennesima volta nella serata, non sarei mai stanca delle sue labbra e ciò mi fa sorridere. 

E' davvero questo l'Amore, quello con la A maiuscola? 

Esser capaci di sorridere senza rendersene conto.

Il fatto di avere qualcuno che ti capisca senza nemmeno una parola.

Avere, non possedere, nemmeno creder di possedere, qualcuno che anche nel momento del bisogno ti è vicino, indipendentemente dal carattere di merda che ti ritrovi. 

Indipendentemente da tutto, persino della paura del dolore.

Dicono che l'amore sia sia l'antidoto sia il veleno: è capace di ucciderti, di logorarti e di farti restare vivo dentro. 

In questi venti anni della mia vita mi rendo conto di non aver mai provato quel sano masochismo che mi ha portato ad innamorarmi. Prima erano sempre cotte, infatuazioni, che erano univoche. 

Con Pietro, per quanto sia banale dirlo, è completamente diverso. Voglio farmi del male, voglio innamorarmi, voglio andare avanti, voglio fregarmene della razionalità, voglio essere felice, logorata dall'amore, passare notti insonni, ridere fino ad avere i crampi allo stomaco e le lacrime agli occhi, baciarmi fino a che le labbra siano umide, rosse, consumate. 

Voglio tutto questo.

Vengo presa in braccio, in stile sposa. 

"Lo sai che non siamo ancora sposati?" gli dico ridendo facendo risuonare la voce nell'antro delle scale.

"Non me ne frega assolutamente nulla, sai che sono estremamente contro le tradizioni, e questo lo dimostra. E poi, se non ricordo male, ti ho già portata così..." 

"Peccato che io non ricordi nulla, genio" dico con un sussurro contro le sue labbra.

Nella penombra ci baciamo nuovamente, illuminati solo dalla luce della luna, con la mia schiena completamente aderente al muro antistante la nostra stanza  le mani di Pietro appoggiate alla parete per tenersi. 

Le nostre lingue danzano leggere accarezzandosi e lambendosi, le labbra invece chiedono pietà a causa del leggero mordere dei nostri denti. Vengo presa nuovamente in braccio petto conto petto, le mie gambe intorno al suo busto e le sue mani, una sotto il mio fondo schiena e l'altra apre la porta. 

Ci stendiamo sul letto posto al centro della stanza dopo aver scalciato le scarpe a caso. Allento il papillon nero lucido slacciandolo completamente, sbottono i primi bottoni della camicia mentre le sue mani mi slacciano il vestito e me lo sfila, con troppa difficoltà, lasciandomi in biancheria intima. Lo aiuto a togliersi la camicia impacciata e on le mani tremanti. Non c'è un filo d'aria, nemmeno un rumore. Ancora più imbarazzata lo aiuto a togliere i pantaloni dello smoking, ormai tesi sul davanti. 

Sono certa di essere più rossa di un peperone.

Mi alzo leggermente sulle ginocchia fino a baciarlo. Le sue mani invece cercano di slacciarmi il reggiseno fallendo nell'intendo. 

"Ti rendono talmente bella, più di quanto tu lo sia già, ma sono tremendi da slacciare." sussurra sulle mie labbra.

"Non mi dire, il famoso Quicksilver fermato da un reggiseno?" commento ridacchiando.

Rotea gli occhi verso l'alto. "Sappi che ti farò pregare.

Ridacchio mentre la prima parte della mia lingerie raggiunge il resto dei miei vestiti da qualche parte della stanza. Mentre ci stendiamo noto che non mi bacia nemmeno, anzi le sue labbra stanno percorrendo il mio collo e proseguendo verso il mio seno. Mugugno. 

Con la mia schiena appoggiata alla testiera del letto anche i nostri indumenti cessano di fare il loro uso. Ci baciamo con inaspettata lentezza mentre le sue mani continuano a scorrere sul mio corpo fino nelle sue parti più recondite facendomi ansimare. Pietro ha detto che lui mi avrebbe fatto pregare, e mantenendo la sua promessa. Dopo essere entrato in me ha iniziato a muoversi con lentezza esasperante. Mi ha venerato con ogni suo gesto, facendomi penare le pene dell'inferno e coprendomi di appellativi in russo. Innocentemente ho deciso di abbattere il muro psichico che avevo eretto, facendo connettere le nostre menti. E' stato come vivere tutto in modo amplificato, ogni sensazione, movimento, spinta, sentimento, carezza, ogni singola cosa è stata amplificata per entrambi, rendendoci più uniti di quanto non fossimo già, facendo battere assieme i nostri cuori.

 

 

 

 

 

La mattina dopo siamo intorpiditi e assonnati ma, nonostante questo, la luce del sole che filtra tra le tende mi fa svegliare. Mi alzo a sedere e prendo la camicia di Pietro che era sopra il comodino e la infilo per andare in bagno. Quando torno sta ancora dormendo come un ghiro e russa leggermente, ne approfitto per coricarmi nuovamente addosso a lui. Fisso un punto indefinito del suo petto e ripenso a quanto accaduto la notte scorsa. Abbiamo fatto sesso, o meglio, l'amore. Arrossisco e sorrido poi mi alzo nuovamente non riuscendo ad addormentarmi.

"Buongiorno amore." la sua voce lievemente roca e il suo aspetto post coito, è davvero il caso di dirlo, lo rende più sexy. 

"Buongiorno anche a te.- mi siedo e lo bacio, ritrovandomi completamente addosso a lui - Ti amo." 

"Anche io. Toglimi una curiosità, stanotte hai connesso le nostre menti o qualcosa del genere?" 

"Ho incoscientemente provato..." sussurro.

"E' stata l'esperienza più completa e inebriante che abbia mai fatto. Seriamente, è stato come oltre ai nostri corpi, stessero facendo l'amore anche le nostri menti." 

"Era quello il mio intento..." rispondo vaga

"Hai un tono strano, tutto ok?"

"Certo, solo che..."

"No, non dire nulla, conosco quello sguardo. Non pensare di non essere stata all'altezza o queste cazzate assurde. Non pensarlo minimamente."

E' stato come se mi avesse letto nel pensiero.

"Seriamente?"

"Leggimi nella mente, lo giuro."

Deglutisco.

"Non lo farò, so che non mi mentiresti mai e mi spiace di aver dubitato."

"E' perfettamente lecito, considerati anche i tuoi trascorsi passati, non sono ferito o altro, mi fa stare male che tu sia così a causa del tuo passato."

"Il passato è passato, guardiamo al futuro, non abbiamo un matrimonio da pianificare?"

"Si ma prima vieni qui." 

E mi attira nuovamente a se, come la notte prima.

 

 

 

 

 

 

LOCALITA' SCONOSCIUTA,  CON PROBABILITA' VICINO A SAN PIETROBURGO.

Dei colpi si susseguono nel silenzio dei corridoi ammuffiti. Ad essi proseguono delle urla chiaramente disumane. Il Conte continua a pungolare il ragazzo e ride. Senza la pelliccia è ancora più raccapricciante, cosparso di tatuaggi fino all'attacco della protesi in titanio che brilla sotto la luce dei neon. I colpi dati al sacco appeso al soffitto lo fanno traballare e a terra vi sono delle chiazze nerastre.

Un fascicolo beige è apparentemente abbandonato sulla scrivania. Recita: "Progetto Red Soldier, soggetto Stan Hastings: risponde bene alle sollecitazioni. Tempo alla missione: quindici giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Hola buon non compleanno!

scusate per l'abnorme ritardo ma l'università con il tirocinio in ospedale e le attività esterne mi fanno passare poco o nulla tempo al computer. 

ad ogni modo spero vi piaccia il capitolo.

a presto e buon Natale!

 

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Capitolo 28
*** capitolo 27 ***



Capitolo 27
 

 
Dodici.
Sono passati esattamente dodici giorni da quella sera. Dodici giorni in cui mi sono allenata con il Professor X e Wanda. Dodici giorni in cui arrivo a sera ormai stanca morta. Dodici giorni in cui Pietro mi sta aiutando e supportando. Dodici giorni dalla sua proposta di matrimonio e del mio Sì.
Solo adesso sono tranquilla, stesa sul letto ella mia stanza, nella penombra e con solo un asciugamano addosso e uno in testa avvolto a turbante. Faccio ruotare l’anello che è al mio anulare sinistro e lo osservo: è semplice e lineare con un piccolo zaffiro incastonato sulla sommità e mi calza a pennello.
Troppo pigra per alzarmi, attiro i vestiti che sono nell’armadio e mi vesto svogliatamente, infine lascio i capelli bianchi asciugare all’aria. Un paio di mani mi coprono gli occhi e so benissimo a chi appartengono.
‘’Sei bellissima’’.
Mi volto e bacio Pietro sulle labbra, poi lo attiro a me e lui mi cade addosso.
‘’Mi sei mancato oggi.’’
‘’Mia sorella ha detto che oggi pomeriggio andrete per compere… anche se deduco che tu abbia non tanta voglia’’.
‘’A dire il vero ho voglia solamente di stare qui e farci le coccole’’.
‘’Sapevo avresti detto così. Quindi stasera ho organizzato una sorpresa…’’
Spalanco gli occhi e lo fisso: sa benissimo come farmi restare senza parole e questa è una delle poche volte.
‘’… però saprai tutto stasera, ok?’’
Mugugno ‘’Un indizio, daiii… uno solo. Non costringermi a passare alle maniere forti’’
‘’Non useresti i tuoi poteri, ti conosco.’’
‘’E chi parla di poteri qui?’’ chiedo maliziosamente.
Il suo sguardo diventa come liquido e mi bacia. Le sue mani vagano sulla schiena e poi mi prende una gamba e mi continua ad accarezzare dal fondoschiena alla coscia. Avvolgo la sua vita con le mie gambe e continuiamo a baciarci. Detto sinceramente potremmo stare per ore così, finendo poi per fare l’amore in tutta calma. Faccio in tempo a togliergli la maglia che bussano alla porta. Di impulso chiudo a chiave ma continuano a bussare imperterriti.
‘’Ragazzi, è urgente. Non mi importa se state copulando, in tal caso meglio per voi, ma dovete venire. Un attacco-‘’
Ci stoppiamo nell’immediato e Pietro si riveste al volo. Trafelati ci alziamo e usciamo.
 
 
Alla Tv in salotto vengono mostrati dei fotogrammi in diretta di una città, presumibilmente Boston o Philadelphia, con numerosi palazzi crollati. Nello scenario post apocalittico, sono numerosi i cadaveri: smembrati e con le interiora riverse sul manto stradale.
La telecamera inquadra una persona, stazza robusta, pelle pallida e contornata da tatuaggi, priva i capelli e con solamente pantaloni in tessuto tecnico e maglietta maniche corte nera. Nella mano destra tiene salda la testa di un agente di polizia con l sguardo terrorizzato. poi un lampo colorato di verde e rimane solamente il corpo privo di testa che è scoppiata. Il sangue scorre sulle sue mani e le pulisce sulla divisa del malcapitato, poi volge lo sguardo alla telecamera e, dopo qualche urla di pietà, il segnale viene perso e sostituito da un’interferenza.


 
Angolino autrice
(schiva pomodori e inulti)
Sono tornata! A distanza di molto tempo sono viva. Mi scuso per l’attesa ma ho avuto problemi e sono stata ultra impegnata.
Spero che, nonostante la crudezza delle immagini finali vi sia piaciuto… lasciate un voto o una recensione!
 

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