Sintesi

di Linxale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sacrificio, Soluzione ***
Capitolo 2: *** Armistizio ***
Capitolo 3: *** Tornare a Casa? ***
Capitolo 4: *** Memo. ***
Capitolo 5: *** Tissue and texture, fluid and liquid ***
Capitolo 6: *** Nuova umanità, niente di nuovo ***
Capitolo 7: *** Scaramouche ***
Capitolo 8: *** Averti qui con me, potessi ***
Capitolo 9: *** Resta ancora un po',... ***
Capitolo 10: *** Burning no time ***
Capitolo 11: *** Rapsodia breve ***
Capitolo 12: *** Emergere ***
Capitolo 13: *** Chi. O che Cosa. ***
Capitolo 14: *** Rivela ***
Capitolo 15: *** Vela ***



Capitolo 1
*** Sacrificio, Soluzione ***


Mi svegliai tutto indolenzito, la testa dolorante, disteso sul pavimento di un locale enorme e di forma grossomodo cilindrica. Ero talmente frastornato che mi sembrava che tutto fosse avvolto da una nebbia ovattata. I miei ultimi ricordi mi dicevano che mi trovavo alla base della Torre del Presidium, in compagnia di Shepard e di Legion, mentre cercavamo di difendere Anderson da quel folle Mr. Illusive. Ma mi sentivo talmente stordito che avrei potuto essere stato trasportato ovunque. Dopo pochi secondi mi resi conto che stavo ascoltando un dialogo, una delle due voci era quella di Sebastian, l’altra invece aveva un timbro infantile. Riuscii a mettermi seduto e poi a rialzarmi, e lentamente mi avvicinai; vidi che il Comandante stava parlando con un’IA, a cui avevano dato le fattezze di un Bambino, e lo chiamava “Catalizzatore”. Legion era lì accanto.
 
-Ma esiste un’altra soluzione. Sintesi.-
-Sarebbe a dire?-
-Unisci la tua energia a quella del crucibolo: la tua essenza verrà assorbita e sprigionata. La conseguente reazione a catena formerà una nuova struttura condivisa da tutti gli organici e sintetici della galassia. Un nuovo DNA!-
Pur confuso e dolorante capii che la frase “la tua essenza verrà assorbita e sprigionata” non prometteva nulla di buono…
 
-Io… non saprei!-
-Perché? Ormai i sintetici fanno parte di te. Riusciresti a vivere senza di loro?-
-E… ci sarà la pace?-
 
Conoscevo Sebastian anche troppo per capire il significato di quella domanda. In cuor suo aveva deciso. Quel maledetto bastardo aveva deciso di fare l’eroe. Sapevo che non sarei mai riuscito a fargli cambiare idea, ma volli tentare comunque e mi intromisi nella conversazione:
-Comandante!-
I tre si voltarono verso di me, e lui mi parlò:
-Kaidan. Siamo arrivati a un punto di svolta, forse la fine della guerra.-
-E questo ci permetterà di tornare tutti a casa sani e salvi?-
-Più o meno- mi rispose, sorridendomi in modo un po’ strano. Intuiva i miei pensieri. -Mi resta una cosa da fare.-
-Che cosa? Sacrificarti per fornire un nuovo DNA e accomunare con quello organici e sintetici?- la mia voce strideva, ed era debole. Sorrise tristemente, si avvicinò a me e poi disse:
-Quali alternative abbiamo? Se provoco la distruzione dei Razziatori, quanto esiste di sintetico verrà disattivato, perciò morirò. Se provo e riesco a controllarli, diventerò come loro e perderò la mia umanità. Se mi rifiuto di decidere sarà anche peggio perché moriremo tutti. È una scelta semplice.-
-Ma non è detto che si debba trattare per forza di te!- risposi esasperato e angosciato insieme.
-Tu sei un biotico e non siamo sicuri che gli effetti finali siano gli stessi. Non possiamo rischiare-.
-Te lo impedirò! Userò i miei poteri per blo…- non potei finire la frase, una massa premeva contro il mio inguine e mi toglieva l’aria dai polmoni. Con il ginocchio sinistro mi aveva colpito al basso ventre e con la mano destra mi teneva saldamente dietro la nuca, come un abbraccio. Poi mise le labbra vicine al mio orecchio, come in un bacio, e mi sussurrò:
-Voglio che tu sopravviva.-
e gentilmente mi adagiò per terra, mentre stavo boccheggiando e cominciavo a realizzare cos’era accaduto. E cosa stava per accadere.
 
Lo udii tornare dal Bambino e chiedergli ancora:
-Ci sarà la pace?-
-Il ciclo terminerà. La sintesi è l’evoluzione finale della vita, ma servirà il contributo di entrambe le parti. Sei ben consapevole dei rischi? Le strade sono aperte, e la scelta spetta a te!-
 
Appoggiandomi su un gomito potei vederlo allontanarsi dal Bambino e dirigersi sul percorso centrale, diretto verso un fascio di luce bianca che sembrava sgorgare dal pavimento. Gridai il suo nome ma le parole mi uscivano ridicolmente afone.
Inorridito lo vidi lasciar cadere la pistola, accelerare l’andatura, prendere la rincorsa.
Spiccò un salto.
Entrò nella luce.
 
Per 3 o 4 eterni secondi non accadde nulla, poi mi sembrò che un ombrello di luce verde emergesse dalla colonna di luce bianca, aprendosi sempre di più e sempre più velocemente. Un violento spostamento d’aria investì me e Legion. Di quel giorno non ricordo quasi nient’altro.
 

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Capitolo 2
*** Armistizio ***


Lampi verdi. I miei genitori. Un mare verde. Shepard. Onde che mi travolgono. Fotogrammi impazziti sulla mia retina. Misero fantoccio, non posso fare niente, non sono niente. Una barca di legno nell’uragano. La luce di un faro puntata verso di me. Mamma. Papà. Sebastian. Sento ripetere il mio nome. Un salvagente accanto a me nella tempesta. Mi ci aggrappo con tutte le mie forze. Il mio cervello ripete “Mi è stato detto di sopravvivere” come in un mantra. Vengo portato al sicuro su una spiaggia. Il faro mi circonda di una luce candida.

Una sala rotonda. Una sedia. Me stesso legato a quella sedia. C’è dell’acqua verde sul pavimento. Comincia a salire. Provo a strattonare braccia e gambe. Niente. L’acqua sale. Provo a usare i miei poteri biotici, non rispondono. L’acqua sale sempre più in fretta. Arriva al petto. Arriva al mento. Prendo un respiro il più profondo possibile mentre penso -Assurdo-. Mi sommerge. Apnea.

10 secondi.

20.

30.

Sento delle bollicine d’aria sulle labbra.

35.

Non resisterò a lungo.

40.

Non ce la faccio più.

45.

I miei Cari, tutte le persone con cui ho scambiato amore in questa vita. Tra qualche istante sarò lì.

Comincio ad aprire la bocca.

Non soffrirò più.

L’aria imprigionata nei polmoni esce di getto.

La mia Guerra finisce adesso.

Respiro.

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Capitolo 3
*** Tornare a Casa? ***


Bianco lo è… e silenzioso… e anche luminoso. Però il paradiso me lo immaginavo un po’ diverso. Questo assomiglia più a un ospedale… sarò mica finito all’inferno?  

-…dan.-

-…dan.-

E questo cos’è? Il suono delle campane del mio funerale?

-Kaidan.-

E le campane come fanno a conoscere il mio nome?

-Kaidan.-

No, aspetta, questa voce la conosco… metallica e gentile.

Riapro gli occhi lentamente, quasi a fatica, mentre con la bocca impastata biascico uno stentato:

-T … Tali?-

-Oh Quilah! Ti ringrazio!-

Volto lo sguardo di lato e vedo la mia amica sporgersi verso di me, unica macchia di colore in mezzo a tutto quel bianco.

-… Tali… sei morta anche tu?-

-Ahah! Ma no, non sono morta! E nemmeno tu-, mi dice dolcemente. -Sei solo un po’ ammaccato, ma nulla di serio, ti riprenderai.-

Ruoto la testa, guardo in alto e in basso, vago un po’ con lo sguardo. Mi accorgo che respiro con difficoltà dal naso perché ho un respiratore collegato a una bombola che mi entra dalle narici. E una flebo collegata a ogni polso. E una specie di cerchietto metallico alla fronte che manda dei -bip- ogni tanto. Accanto a me Tali, seduta al mio capezzale. Dall’altra parte un ripiano mobile portaoggetti con varie boccette sopra. Un tavolino poco distante. Un paio di schermi alle pareti con delle linee che si muovono, forse le mie funzioni vitali. Un’immancabile lampada al neon e una finestra da cui filtra un po’ di luce in un tardo pomeriggio, o almeno sembra. Sì, è proprio una candida camera di ospedale. 

-Dove siamo? Sempre sulla Cittadella?-

-Sì Kaidan, ti trovi all’Huerta Hospital sulla Cittadella.-

-E la Guerra?- sento la tachicardia che mi mozza un po’ il respiro, -Chi ha vinto? Abbiamo vinto noi, vero? Cioè, voglio dire, sono vivo. E quindi se sono vivo abbiamo vinto, vero?-

-Io lo definirei più un pareggio.- mi dice in tono molto cauto.

-In che senso ‘un pareggio’?-

-Nel senso che i conflitti sono cessati, ma nessuna delle due parti ha dovuto soccombere all’altra. In un certo senso è svanita la causa della Guerra, le differenze si sono appianate e ora non abbiamo più motivo di combattere contro Razziatori e Mutati. Anzi abbiamo iniziato a collaborare con loro, in virtù delle somiglianze che ci uniscono.-

L’hanno indottrinata! E io sono qui alla sua mercé e ammaccato. In ospedale. In mezzo ad altre persone indottrinate… e ora che faccio? Scappare? Ucciderli tutti?

-Ma no Kaidan! Non mi hanno indottrinata! E non devi nè scappare né uccidere nessuno! Ahah…!-

Resto di stucco.

-Non c’è motivo per restare di stucco. Da quando la Guerra è svanita sono cambiate un po’ di cose, siamo cambiati noi… e anzi, non esiste nemmeno più un ‘noi’ e un ‘loro’, ora esiste un ‘Tutti noi’. I ‘Sintorganici’. Questo ci ha portati a una condivisione di conoscenze basata sulla somiglianza genetica…-

…il nuovo DNA!...

-… che sta già creando potenzialità cognitive impensabili in precedenza. E tutto questo in soli due mesi. Ma ci pensi? Chissà quali potrebbero essere i possibili sviluppi futuri? È emozionante!-

-Io però non mi sento molto diverso da prima.-

-Su questo ti sbagli mio caro, ma facciamo un passetto per volta. Vediamo, ...non mi ricordo più la radice quadrata di 4556,25. Me la puoi dire tu per favore?-

-67,5 perché me lo chiedi? … No lascia stare, ho capito il punto. Hanno messo una calcolatrice dentro il mio cervello.-

-Più o meno, ma in realtà si tratta del nucleo di ogni tua singola cellula, le nostre singole cellule. Comunque sono un po’ sorpresa che tu fatichi così tanto a ricordare. In fondo, era come se tu fossi seduto in prima fila, ...ma forse dipende proprio da quello.- 

Già. La conversazione con il Bambino. La scelta di Sebastian. Il suo sacrificio e la Sintesi. La luce verde. L’onda d’urto. E poi che altro? Non saprei.

Continuo a guardami intorno.

-Chi mi ha portato qui? O come ci sono arrivato?-

-Non so rispondere a questa domanda, mi dispiace. Posso solo dirti che quando ho saputo che ti avevano trovato e portato qui, ho iniziato a venire a trovarti regolarmente, e altre persone come me! Alla fine era una specie di processione quotidiana a qualche santuario di Quilah, al punto che hanno dovuto limitare gli ingressi per non disturbare gli altri degenti.-

-Addirittura?!-

-Sai, ormai sei un eroe di guerra, e anche uno dei pochi che abbia mai messo piede dentro le fondamenta del Presidium. Quando starai meglio e avrai recuperato le forze, probabilmente avrai la tua versione dei fatti da dare ai tuoi superiori.-

-Capisco.- 

-Già… Tra poco devo salutarti Kaidan, ma prima vorrei fare una cosa che credo possa aiutarti a vedere le cose dalla nuova prospettiva. Posso farti una foto con l’Omnitool?-

-Cos’è, un gioco di parole?-

-Tutt’altro!-

-No Tali, onestamente non ne ho voglia, e non penso nemmeno di avere un aspetto talmente florido da poter essere fotografato.-

-È proprio il tuo aspetto che vorrei tu vedessi, non giudicare se sia bello o brutto! Non parlo dei tuoi canoni estetici, ma proprio del tuo volto!-

-E perché? Cos’ha il mio volto che non va?-

-Oh, insomma! Ti stai comportando da boshteth! Lascia fare a me!- 

E la vedo alzarsi dalla sedia, armeggiare col suo Factotum e senza troppi complimenti mi scatta una foto. La invia sull’oloproiettore del suo Omni e il risultato mi lascia senza parole. Ho gli occhi verde luminescenti! E dei circuiti in bella vista all’altezza di tempie, zigomi e mascella!

Sono scioccato. E atterrito. E impietrito.

Mi tocco il viso.

-Sono mutato!-

-No, ti sei evoluto tramite la Sintesi. Sei un Sintorganico, ora. Come tutti noi, come tutti gli esseri viventi e senzienti presenti nella Via Lattea. Del resto l’alternativa era di restare Umano, un umano morto, intendo dire. La preferivi?-

Non ho risposta da dare a questa domanda, e lei lo sa.

-Kaidan, se ti ho mostrato il tuo aspetto è stato per proteggerti da un trauma ancora più forte: come ti saresti sentito vedendoti circondato da dottori e infermieri umani così diversi da prima? Tu sei restato in coma per 2 mesi, e durante questo tempo sono successe molte cose: la Sintesi e la Ricostruzione stanno procedendo di pari passo e lo stanno facendo rapidamente.-

-Mi sento un po’ frastornato da tutte le informazioni che mi stai dando. E ti confesso, anche un po’ spaventato da tutti questi cambiamenti. Ho chiuso gli occhi che ero in un modo e mi risveglio in un altro.- 

E il resto del corpo?

Con un balzo che spaventa un po’ Tali e fa ballare le flebo mi metto seduto, e strattono via la coperta.

Ciò che vedo mi blocca di colpo.

La metà sinistra del torace è tutta un pezzo di metallo e circuiti. E il costato. Mi tasto. Le gambe sembrano essere normali.

Mi volto verso Tali. In questo momento vorrei che non avesse né maschera né tuta per vedere se anche a lei è toccato lo stesso trattamento.

Lascia passare alcuni secondi, durante i quali mi scruta attentamente, e sono convinto con tristezza. Poi si alza lentamente, mi si avvicina e con un gesto gentile mi aiuta a rimettermi sdraiato. Mi rimbocca le coperte e mi fa una carezza.

-Sì Kaidan. Anche a me, e ad ogni Quarian, e ogni altro soldato di ogni razza presente sui campi di battaglia è toccata la stessa sorte. In misura minore anche a tutti gli esseri viventi e senzienti della Via Lattea. È il prezzo che abbiamo tutti dovuto pagare affinché la Guerra svanisse sotto i nostri occhi e non fosse versato altro sangue, neanche il tuo e il mio. Tutto sommato è uno scambio abbastanza equo, non credi?-

Resto un po’ in silenzio.

-Forse hai ragione… E scusa per lo scatto di prima, non volevo spaventarti. Volevo solo sapere la verità sulla mia situazione, sono stato molto brusco… Adesso mi sento ancora più frastornato.-

-Ne sono sicura-, addolcendo il tono di voce -ed è proprio per questo che la dottoressa Chaqwas mi ha scelta: il rivestimento della mia tuta nasconde l’evoluzione che riguarda me come te, ti ha dato un’immagine familiare e ti ha permesso di accettare la mia presenza senza alcuno sforzo. Eravamo preoccupati per te e cercavamo un modo per rendere il tuo adattamento il più graduale possibile.-

Le sorrido stancamente: -Grazie. E ringrazia tutti da parte mia. Ma… ma la Chaqwas è in questo ospedale?-

-Non ci lavora, ma da quando ha saputo che sei ricoverato qui si è offerta volontaria per dare una mano, e l’hanno subito accolta. Di questi tempi c’è molto da riparare, comprese braccia e gambe!-

-Me lo posso immaginare. E spero di rivederla presto!-

-Ha detto che verrà a trovarti domani.-

-Capisco.-

Mi si chiudono gli occhi dal sonno. Distolgo lo sguardo, spero che capisca che non ne ho più voglia, e che desidero essere lasciato un po’ in pace. Non mi sembra di chiedere molto, ora che la Guerra è finita…

-Sì Kaidan, hai ragione e mi scuso. Ma se mi sono attardata è stato per dirti più cose possibili sul mondo che ti troverai davanti ora che gli scontri sono finiti e tutto è cambiato.-

-No hai ragione tu, scusa la mia intolleranza. Sono spossato.-

Si alza dalla sedia, mi fa una carezza e: -Allora dormi amico mio, ci rivedremo tra un po’.-

Le sorrido e con uno sbadiglio le auguro la buonanotte, per scherzare. Mi sento scivolare, finalmente, nel torpore, dove mi accompagnano le ultime domande. Perché si danno così tanta pena per me? E Tali, che mi stava chiamando: come faceva a sapere che in quel momento mi sarei risvegliato dal coma?

Prima ancora che esca dalla stanza scivolo in un sonno leggero e pieno di sogni, che dura per quasi 15 ore.

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Capitolo 4
*** Memo. ***


Il sole di un tardo pomeriggio di ottobre declina sulla English Bay, sulla città che vi si affaccia e nel quadrato della finestra di camera mia, rivolta a ovest. Una luce dorata e morbida la riempie. Illumina il lampadario giallo a forma di stella che manda riflessi ovunque sul soffitto. Illumina il pavimento color pesca, lucido e pulito, che sembra scintillare. Illumina le mensole su cui ho poggiato i modellini di astronavi, costruiti e dipinti da me (e papà) facendone risaltare i colori.

Certe volte la mia cameretta mi sembra il posto più bello del mondo.

Il letto affiancato da una libreria lunga e bassa, zeppa di libri da tenere a portata di mano, soprattutto fantascienza. L’armadio color crema con i miei vestiti dentro e non solo, c’è anche qualche lavoro a maglia di mia madre, iniziato e mai portato a termine. Al contrario, i quadri in cui mio padre la ritraeva sono tutti completi e ricchi di dettagli. L’ampia scrivania dello stesso colore dell’armadio, su cui faccio i compiti, disegno, gioco, una sera mi è anche capitato di addormentarmici sopra e poi mi miei mi hanno messo a letto sollevandomi come un sacco di patate; colpa di un libro che era troppo bello per essere rimandato alla mattina seguente.

Quando gli amici di mamma e papà vengono a trovarli portano anche il loro figlio, Sebastian, che è il mio migliore amico. Saluto i suoi genitori e poi in genere andiamo in camera mia a giocare. Di solito lui fa il generale e io il suo vice, anche se ha due anni meno di me. Però devo dire che è più coraggioso, una volta nel parco ha toccato un bruco nero e peloso, che schifo!

 

_Hai già finito i compiti?_

-Io sì e tu?-

_Il solito precisino. Io no, li finisco dopo._

-Dopo? Dopo quando?-

_Dopocena._

-Dopoceeenaaa?!? I tuoi ti fanno finire i compiti così tardi?-

_Certo, li ho convinti._

Lo guardo allibito. -E come hai fatto?-

_Beh. Con i grandi è semplice, basta parlargli ‘da grande’._

-E come si fa?-

_Allora, per prima cosa ti devi preparare il discorso per bene. Sai, loro hanno la mania di farti sempre 100 domande per capire perché dici una cosa anziché un’altra. Sono strani._

-Sì hai ragione, poi?-

_Poi devi cercare di parlare come loro. Per esempio io ho detto ai miei: “Ascoltate, io nella vita ho un sacco di interessi, e potrebbe capitare che per seguirli e farmi una cultura fuori dai libri, poi ho bisogno di una mezz’oretta dopo cena per finire i compiti. Del resto non posso andare al museo o in biblioteca, o all’osservatorio, o parlare con i bambini più grandi di me dopo cena, perché è già buio e voi non mi permetterete di uscire, vero? Avete qualcosa da dire in proposito?”_

-E loro?-

_Si son messi a ridere come dei matti. Poi però mi hanno dato il permesso._

-Sono proprio strani.-

_Stranissimi. E ricorda che se vuoi usare questa tecnica devi fare anche la faccia da duro!_

-Cioè?-

_Guarda si fa così!_ E mi guarda con gli occhi fissi e serissimo, non muove un muscolo del viso. Infatti poi devo guardare da qualche altra parte perché mi mette un po’ in imbarazzo. Allora lui si sposta nel punto preciso dove stavo guardando e ricomincia a fissarmi.

-Va bene! Ho capito! Ora basta però!-

_Hai visto che ha funzionato?! Con i grandi però è più difficile, è meglio se ti eserciti allo specchio prima di farlo._ E intanto si sposta verso le mensole per controllare se ho modellini nuovi. Lo seguo con lo sguardo colmo d’ammirazione. Penso che Sebastian Shepard sia il bambino più magico dell’universo!

_A proposito Danny, ti viene ancora il mal di testa?_

-Sì me ne viene qualcuno ogni tanto, ma non forte-forte.-

_Ho capito, mi dispiace. Ma poi stai male o ti succede qualcosa di particolare?_

-Tipo?-

_Boh che ne so, magari perdi la memoria._

-Io non perdo la memoria!-

_Meglio così allora, anche perché ti volevo dire una cosa._

-E cosa?-

_È una cosa importante: “Ricorda di ricordare”!_

-E cosa mi devo ricordare?-

_Non ti devi ricordare ‘qualcosa’. Devi ricordarti e basta, tutto qui._

-Non capisco.-

_Che se in futuro avessi l’impressione di perdere dei pezzi di storia della tua vita, non ti preoccupare. È tutto già calcolato e non sarai da solo ad affrontare quella situazione. Usa le parti “più reali” della storia per dare un senso a tutto il resto. Non dubitare e non temere. Hai capito?_

-Veramente no. Ma perché parli così strano?-

_Fa lo stesso. Al momento opportuno capirai. Devi solo ricordarti di quello che ti ho detto._

 

Di colpo diventa tutto buio, ma dura solo un attimo. Subito la luce torna. Sono sulla spiaggia di English Bay Beach con i miei amici. C’è anche Rahna. Siamo sulla Terra, quindi dovremmo avere 15-16 anni, non di più.

Ha un bikini rosa e giallo. Scorro lo sguardo sul vitino di vespa, il sedere, il seno che sta prendendo forma, i capelli color miele, la bocca sorridente e gli occhi neri e vivaci.

Accanto a lei c’è Sebastian, con un paio di calzoncini azzurri come i suoi occhi, un’abbronzatura decisa e la palestra che sta dando i primi risultati. Il carattere sembrerebbe quello esuberante di sempre. Viene a sedersi sulla spiaggia, sul telo vicino al mio.

_Bro._

-Ohi.-

_Usciamo stasera?_

-Non so, forse vado a prendere un gelato con Rany.-

Mi lancia un’occhiata che non capisco. È già da un po’ di tempo che glie le vedo fare, è uno sguardo strano che mi lascia un po’ turbato, sembra infastidito.

_Ok ma non distrarti troppo, intesi?_ e mi strizza l’occhio con fare sornione.

-Cioè?-

_Cioè che in futuro ci saranno un sacco di stimoli e di distrazioni, forse anche impegni per te che hai potenzialità biotiche. Rischi di dimenticare una cosa._

-Che cosa?-

_Ricorda di ricordare._

-E cosa dovrei ricordare?-

_Non è un ‘cosa’, ma un ‘come’. Hai capito?_

-Meno di prima, grazie alla tua spiegazione.-

_Che stress… Allora. Se ti avessi detto di ricordarti poi ti avrei detto anche di cosa. Mi segui?_

-Sono la tua ombra. Continua.-

_Me ne rallegro. Però non ti ho detto di ricordarti di una cosa, ma che devi ricordarti di ricordare, cioè di usare la memoria. Adesso ci sei?_

-Certo, i discorsi assurdi sono i miei preferiti!-

_Perché ti sembra assurdo?_

-Perché non c’è bisogno di dirmi che devo usare la memoria! Il mio cervello lo fa già in automatico!-

_Adesso è così, o meglio ti sembra che sia così. Ma in futuro potrebbe andare diversamente, e allora devi essere pronto ad affrontare la situazione!_

È evidente che sta scherzando e lo sta facendo in modo assurdo. Decido di stare al gioco:

-Cosa c’è nel mio futuro?-

_E io che ne so? Ti dico solo che “Se” tu dovessi avere dei vuoti di memoria, non ti spaventare e non smettere di usarla. E affidati alle persone che ti vogliono aiutare. Saranno lì per quello. E confida che alla fine ce la farai e troverai il senso._

-Grazie Merlino, le tue parole mi hanno veramente ispirato! Adesso però non posso pagarti, ho solo pochi spiccioli con me!-

_Kaidan vaffanculo!_

-Ahahaha!! Finalmente! Ti ho portato fuori dall’assurdo!-

Lo provoco per tagliare quel discorso che ormai stava diventando pesante e la butto sullo scherzo. Ma mi sembra che reagisca seriamente, non è arrabbiato, sembra più… triste o preoccupato.

Ha un'espressione scura in viso, è accigliato. E come lui anche il resto dell'ambiente si sta scurendo. Dal mare arriva una nebbia che avvolge ogni cosa, e mi sento di colpo circondato da un tepore confortevole e messo in posizione sdraiata.

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Capitolo 5
*** Tissue and texture, fluid and liquid ***


Riemergo dolcemente dal sonno. Apro gli occhi, sgranchisco le dita delle mani e muovo un po’ le braccia. Non ho più le flebo, devono avermele tolte mentre stavo dormendo. Meno male, era una gran seccatura, ora posso muovermi più liberamente. Guardo i buchi lasciati sulla mia pelle e i lividi, e altri segni. Cicatrici.

Guardo le mie mani. Mi piacciono le mie mani. Passavo giornate intere a disegnare, quand’ero più giovane; il mio soggetto preferito erano proprio le mani, e gli occhi, soprattutto gli occhi maschili. Lo sguardo, il mondo di messaggi che contengono.

Poi mi porto le mani al viso. Naso, occhi, bocca. E qualcosa di più duro della carne ai lati della faccia. È una strana sensazione, c’è qualcosa di nuovo ma non estraneo in me. Mi tocco le tempie (tolto anche il ‘cerchietto metallico dei bip’), gli zigomi, la mascella, il torace: sembrano parti metalliche ma non sono fredde, anzi emettono un piacevole tepore. Anche queste sono “me”.

Vago con lo sguardo per la camera. Sempre monocromatica, un bianco insistente, che però nella luce del mattino è un po’ più sopportabile.

Gli schermi alle pareti trasmettono ancora linee in movimento, ma oggi sembrano essere un po’ più vivaci di ieri.

Lo stomaco gorgoglia. Ho appetito, in effetti sono 2 mesi che non mangio, forse sarò dimagrito. Mi piacerebbe bere birra e mangiare una bistecca…

Mi perdo in questi pensieri terra-terra quando un interfono accanto al mio letto comincia a gracchiare all’improvviso, e mi manda una voce che riconosco:

 

-Maggiore Alenko, buongiorno! Sono la dottoressa Chaqwas. I sensori rilevano che sei sveglio e vigile. Ti comunico che tra breve verrò a trovarti!-

-Karin, che piacere! … cioè, volevo dire… Dottoressa Chaqwas, la risento volentieri.-

Mi arriva una risata sommessa, è gradevole: -Va bene anche Karin, non ti preoccupare! Piuttosto, ieri hai parlato abbastanza a lungo con Tali: penso che ti abbia anticipato un po’ di cose.-

-Sì è proprio così. E stento a credere alla piega che hanno preso gli eventi!-

-Eppure è cosi figliolo. Ora comunque ci interessa che tu ti ristabilisca appieno, il resto per te verrà dopo, e la Galassia al momento continuerà a girare anche senza altri eroi, no?-

-Poco ma sicuro, dottoressa.-

-Ottimo, tra qualche minuto ti raggiungo.-

-Non mi muovo di qui.-

 

Passano pochi minuti e la porta della mia camera si apre facendo entrare Karin. La squadro velocemente e a prima vista non noto ‘segni sintetici’ sul suo volto né sulle sue mani… ma perché porta degli occhiali da sole quando potrebbe attivare una semplice visiera olocristallina?

Mi saluta calorosamente e mi stringe le mani, poi si siede accanto al letto e mi fa compagnia per alcuni minuti, durante i quali ci intratteniamo in convenevoli abbastanza futili. Penso che stia facendo qualche check, basato sulla mia capacità di rispondere prontamente e a tono, per assicurarsi che ‘qui dentro’ sia tutto a posto. Devo aver passato l’esame perché a un certo punto si alza e usa il suo Omnitool medico per scansionarmi rapidamente: lo fa scorrere più o meno per tutta la lunghezza del corpo, soffermandosi un po’ più a lungo all’altezza della testa. Sembra abbastanza soddisfatta, dopo poco infatti mi sorride e torna a sedersi dove prima. Conclude con un semplice:

-Tutto a posto. Ritornerai come nuovo, in tutti i sensi!-

Le restituisco il sorriso aggiungendo

-Allora devo ringraziare la bacchetta magica contenuta nel tuo Omni!-

-No ragazzo mio, non ho fatto nessun tipo di intervento su di te, mi sono limitata a dare un’occhiata. E comunque ho usato l’Omni solo per memorizzare i dati che gli ho trasmesso, la scansione l’ho fatta usando l’occhio.-

-Come? Quale occhio?-

Mi guardo intorno per cercare qualche macchinario di rilevazione, ma non mi pare di notare nulla di diverso nella mia stanza…

-No mi riferisco a questo, guarda…-

E così facendo si toglie gli occhiali e si scosta la vaporosa frangetta che le copre parte del viso. Resto di sasso.

Non ha più l’occhio sinistro. Parte della guancia, lo zigomo e il sopracciglio sono sostituiti da circuiti e componenti metallici. L’orbita oculare poi è completamente inesistente: l’occhio infatti è sostituito da qualcosa che sembra una telecamera! Mi sembra quasi che l’obiettivo sia la pupilla, mentre l’iride verde pare funzionare come una specie di otturatore elettronico… cibernetico… non so neanch’io come spiegarlo mentre lo guardo!

Sono esterrefatto.

-Non ti meravigliare: è più che comprensibile che tu sia esterrefatto.-

…diamine! Ma perché hanno tutti la telepatia tranne me?

-Ahahahah!! Non abbiamo tutti la telepatia, non ti preoccupare! … e comunque non è sempre un bene conoscere ciò che gli altri pensano, fidati!-

-Sei saggia come sempre Karin, e grazie per essere qui vicino a me.-

-Dovere figliolo, dovere!-

A questo punto la guardo un po’ in tralice: vorrei farle delle domande, che però non so se posso fare senza urtare la sua sensibilità; ma del resto è telepatica e io l’ho già pensate. Quindi tanto vale farle, no?

-Sì, credo anch’io. Procedi.-

-Difatti… Ascolta: alla mia uscita dal coma Tali mi stava chiamando, e in un modo convinto e insistente: come se avesse saputo che stavo per risvegliarmi. Com’è possibile questo? E tu come puoi leggere nel pensiero? Sei sempre stata telepatica? E perché hai quella telecamera al posto dell’occhio? Perché io non ce l’ho? E perché ho questa placca di metallo e circuiti sul torace?

Mi guarda in modo strano. Ho l’impressione che dirà meno di quanto sappia, e che lo farà per aiutarmi e proteggermi. Mi sorride, poi comincia a parlare.

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Capitolo 6
*** Nuova umanità, niente di nuovo ***


-Cominciamo dalla quarta. Questa non è una telecamera, ma proprio il mio occhio! È parte integrante di me, non può essere asportato e sostituito. L’integrazione che fa di noi i Sintorganici è su due livelli contemporaneamente: micro e macro, cioè in ogni singola cellula e nei tessuti e organi. Infatti abbiamo coniato il termine ‘Sarcometallo’ per indicare la nostra struttura robo-fisiologica. Siamo fatti di carne e ossa, sangue e muscoli come prima, ma adesso vi è anche metallo e plastiche, resine espandibili o a memoria di forma, componenti solide che si comportano come liquide e viceversa. Pensa che abbiamo anche due tipi di sangue! Quello primitivo, che serve la componente organica: sono i vecchi globuli rossi contenenti l’emoglobina; e quello sintetico che scorre negli spazi lasciati liberi da metalli e resine, e che li rifornisce di un liquido ricco di elemento zero. L’abbiamo chiamato ‘Etere’ per il colore traslucido e la tendenza a evaporare molto velocemente fuori dai circuiti. Questa era la premessa per rispondere alla tua seconda domanda, e per accennarti a come siamo fatti tutti noi, adesso. Ma… non vorrei avere esagerato con tutte queste informazioni! Ti senti affaticato?-

-Non particolarmente. Vai pure avanti.-

-D’accordo. Quello che ti ho raccontato, e che è ancora oggetto di studio, riguarda il ‘come’. Sul ‘perché’, e ‘perché siamo tutti diversi’, credo ci sarà da lavorare ancora parecchio. La mia ipotesi è che la Sintesi abbia cominciato a integrare sin dal momento in cui è stata avviata, e che lo abbia fatto con il materiale che si trovava a disposizione, con lo scopo di creare degli individui sani e completi.- 

-Sani e completi?-

-Così sembra. Prendi me per esempio. Al momento dell’esplosione, o ‘Onda del Nuovo Inizio’ come è stato chiamato dai media un po’ dovunque nella Galassia, mi trovavo in un ospedale da campo a Londra in pessime condizioni. Ero convinta che sarei morta e invece fui incredibilmente fortunata. Devi sapere che poco prima stavo prestando servizio nelle retrovie come ufficiale medico volontario. A un certo punto la nostra divisione, già povera di forze per difenderci, venne sorpresa da un attacco-suicida dei Mutati. Certi di non poter resistere, scappammo tutti. Poi non so bene cosa accadde: sentii uno spaventoso spostamento d’aria che mi fece volare per metri, e quando rinvenni e riuscii ad alzarmi, un dolore lancinante all’occhio e alla guancia. Stavo per svenire e credo che mi sarei lasciata andare, quando un paio di braccia mi raccolsero e mi sollevarono. Vidi Steve Cortez lì davanti a me. Tamponò alla bell’e meglio l’occhio e mi portò sulle sue spalle per varie miglia, essendo lui stesso ferito. La fortuna continuò ad assisterci e trovammo un secondo ospedale da campo, dove ci accolsero dandoci quelle poche cure salva-vita che ancora conservavano; ma io sapevo che c’era poco da fare, non puoi ingannare facilmente un medico. Ormai solo un miracolo poteva fare qualcosa per me… ed accadde… Chi mi stava assistendo vide il mio viso rigenerarsi letteralmente, non appena fummo coinvolti dall’onda O.N.I. … chissà cosa devono aver visto…! Probabilmente un’intelaiatura di plastiche e metalli formarsi in tempo reale, e fare da supporto a resine e materiale espanso che li ricopriva, un po’ come avviene con l’ontogenesi, forse. Ad ogni modo, le mie cellule evolute hanno cominciato a “sintetizzare metallo” che è andato a riprendere il posto dei tessuti persi a tempo di record. E adesso sono un’arzilla vecchietta con il suo occhio nuovo di zecca!-

 

E mentre lo dice mi guarda, e fa fare un movimento a scatto all’iride che si chiude e si riapre, proprio come l’otturatore di un'antica macchina fotografica, una di quelle che si tengono in bella mostra nei musei di tecnologia antica. Emette anche un rumore, una specie di clic. Sconcertante.

-No, tranquillo, questo l’ho fatto apposta-, mi sorride.

Umorismo robotico, hm? Che spasso…

-Ahah! Beh posso dire che l’umorismo non l’hai perso ragazzo!-

-Grazie a Quilah.-

-Eheh, per così dire.-

-Comunque mi dispiace che tu abbia sofferto così tanto Karin… e che c’hai rimesso anche un occhio.-

-Oh, non ci pensiamo Kaidan! Tutto è bene quel che finisce bene, e poi questo è nuovo, non può invecchiare e funziona anche meglio di quello primitivo, quindi alla fine c’ho guadagnato. E se poi si potessero installare delle applicazioni extra? Un vero affare!-

Mi strappa una risata… umorismo umano, mi ci trovo più a mio agio.

-Già, può darsi. Altre domande?-

-Direi di sì. Perché la Sintesi procede con l’integrazione sarco…-

-Sarcometallica.-

-… con l’integrazione sarcometallica in modo diverso nelle diverse persone? Se ho capito bene quel che mi dici, io e te abbiamo componenti metalliche integrate in modo diverso nei nostri organismi, e questo vale anche per chiunque altro.-

-In realtà le differenze sono piuttosto superficiali. A livello genetico condividiamo molto più di quanto non si veda, i nuclei delle nostre cellule contengono tutti nDNA o new-DNA. Le variabilità che si vedono dall’esterno, secondo me, sono dovute solo da un fatto: cioè la situazione di partenza che l’ONI ha trovato al momento del suo impatto. Io per esempio avevo perduto un occhio ed è da lì che l’Integrazione è ripartita per fare di me un individuo sano e completo, come ti dicevo. Ma è passato troppo poco tempo per azzardare ipotesi e non disponiamo di una letteratura sufficiente: ci sarà da lavorarci sopra!-

-Ti seguo. Quindi io ho il mio sarcometallo disposto diversamente da te perché ero ferito in modo diverso da te al momento dell’impatto dell’ONI?-

-Il mio intuito direbbe di sì.-

-E se uno non presentava ferite? Non avrebbe sarcometallo nel suo organismo?-

-Apparentemente no, ma le cose stanno diversamente. Hai presente il nostro valido ‘Joker’? Se ti ricordi, era obbligato a passare gran parte del suo tempo seduto o sdraiato. La sindrome di Vrolik di cui era affetto gli causava una preoccupante fragilità alle ossa delle gambe. Ora gioca a basket…-

Sgrano gli occhi.

-Da non credere… è cambiato così tanto?-

-L’evoluzione sintetica ci ha resi più forti e più capaci di adattarci all’ambiente. Nel caso di Jeff direi che l’Integrazione è partita non da una ferita, ma da una generica condizione di fragilità. Ora le sue ossa sono più forti, resistenti ed elastiche di quelle di qualsiasi sportivo.-

-Affascinante. Sempre opera del sarcometallo?-

-Nel suo caso specifico dei sarcopolimeri. Come anche nel mio, e questo ti spiega qualcosa sulla mia presunta telepatia, come chiedevi poco fa.-

-Non sono sicuro di aver capito.-

-Beh, facciamola semplice: nel mio, nel nostro cervello, adesso sono presenti degli elementi che prima non c’erano e che potenziano enormemente la trasmissione sinaptica. Questo ci rende capaci di processare le informazioni molto più velocemente e soprattutto molto più efficacemente. Alcuni di noi, ad esempio, quando vedono degli aspetti del linguaggio non verbale, adesso li processano molto meglio, diciamo che siamo quasi infallibili nel farlo: se prima avevamo bisogno di una spiegazione esplicita o di conoscere approfonditamente una persona per interpretare un suo sguardo…

 

Shepard.

 

…adesso non è più necessario. Ovvero: l’intuito sta diventando così potente che rende le persone quasi trasparenti agli occhi di alcuni altri! Ci sarebbe da chiedersi se questo avrà delle conseguenze sul nostro modo di comunicare, se potremo estenderlo anche ad altre specie viventi… le potenzialità di questa ricerca sembrano illimitate!-

-Perché io non ho questo intuito quasi telepatico?-

-La scansione che ti ho fatto prima mi ha mostrato che il tuo cervello si è evoluto, esattamente come il mio. Entrambi abbiamo questi sarcopolimeri, come chiunque altro, eppure non tutti stanno sviluppando la ‘quasi-telepatia’, come la chiami tu. La spiegazione di questo al momento non è chiara, forse non per tutti è possibile, o forse lo è ma con tempi differenti… bisognerebbe investigare il ‘come’ questi neuropolimeri agiscono in specifiche aree del cervello. Di conseguenza deriverebbero diverse linee d’evoluzione psichica. Ma non è da escludere che su di te, che sei un biotico, l’ONI stia integrando a livello cerebrale in modo diverso da me, che non lo sono. O forse dipende dal fatto che eri vicinissimo alla sorgente dell’onda al momento dell’esposizione. Non saprei, ci sono molte variabili da considerare…-

-Ieri Tali mi ha detto qualcosa di simile. E mi ha chiesto la radice quadrata di 4556,25.-

Mi squadra per qualche secondo e poi:

-E tu le hai detto 67,5 giusto?-

-Hai anche la potenza di calcolo?-

-No, ti ho ‘letto’.-

-…così mi stai spaventando!…-

-Eheh… I trucchi del mestiere! Ma a parte questo... Direi che la cosa della radice quadrata impossibile sostiene la mia ipotesi: non tutti ci sviluppiamo sulla stessa linea, e questo è un bene!-

 

Sebastian.

 

-Già… adesso mi resterebbe ancora un paio di domande. Quando mi sono risvegliato dal coma Tali era lì, e mi chiamava con convinzione, come se sapesse che le avrei risposto da un momento all’altro. Com’e possibile?-

-Questo è coperto da segreto militare. Te lo spiegherà Hackett.-

Bene. Ora non c’è bisogno del super-intuito per leggermi la sorpresa in faccia…

-No Kaidan, decisamente non serve. E scusami se tronco qui l’argomento, ma ho ricevuto degli ordini. Avrai spiegazioni presto, ma non da me.-

-Nessun problema. Resta un’ultima cosa: tu mi hai detto che la Sintesi ha iniziato a funzionare partendo da tessuti e organi danneggiati, con lo scopo di ripararli, giusto? Allora perché tutto quel sarcometallo sul mio torace? Sono stato ferito senza essermene reso conto?-

-Segreto militare anche su questa informazione, scusami Kaidan. Te lo dirà Hackett tra un paio di giorni. Forse prima.-

Ancora? Ma che diamine sta succedendo?

 

-Capisco… e Karin, ascolta…-

-Dimmi.-

-Vorrei dirti una cosa. Soprattutto ora che mi leggi come un libro…-

 

Seb.

 

-Puoi scegliere se vuoi.-

-Ehh?! Come dici?-

-Che se mi vuoi parlare fallo, naturalmente. Ma non sentirti costretto a farlo solo perché pensi che restare in silenzio sia diventato di colpo assurdo. Non devi farlo per forza se non vuoi. O non ancora… se per esempio in futuro dovessi sentire il desiderio di parlarmi di qualcosa di tuo, di intimo, ecco io mi sentirei onorata della tua fiducia. E ti ascolterei con tutto il rispetto possibile. Capisci? Puoi aspettare, se vuoi.-

 

Sentii il bisogno di distogliere lo sguardo, come se molte cose fossero diventate un po’ inutili. Sia il parlare che il tacere, sia l’esporsi che il cambiare argomento. Avrei semplicemente voluto che lei uscisse dalla stanza, anche perché cominciavo a sentire le palpebre pesanti, stanchezza e un mal di testa in arrivo.

Karin si alzò dalla sedia. Si avvicinò al letto e mi prese delicatamente una mano, sorridendomi.

-Sì mi sono trattenuta anche troppo, hai ragione tu, scusami. Ma ci sono molte cose che devi sapere e tutti noi vogliamo aiutarti.-

-Lo capisco e ringrazio tutti voi. È solo che in questi giorni mi stanco facilmente… e, uhm, ascolta, avrei una domanda ancora…-

-Dimmi.-

-Voi dal super-intuito siete molto numerosi?-

Mi guardò intensamente per qualche secondo. Poi rispose, parlando lentamente e pesando ogni parola:

-Non so quanto siano numerosi i super-intuitivi, come li chiami tu. Ma se tutti sono come me so per certo che non possiamo prevedere il futuro né conoscere il passato delle persone. Con l’osservazione possiamo risalire a varie informazioni, è vero, ma finisce tutto lì… Se perciò tu ritenessi di trovarti davanti a qualcuno con le mie stesse capacità, e volessi preservare la tua privacy, sarebbe sufficiente comportarsi con il massimo della naturalezza. Anche pensare ad altro aiuterebbe!-,

e concluse facendomi l’occhiolino con un’espressione buffissima, che mi strappò una risata di cuore.

-Adesso ti saluto per davvero Kaidan. Oggi ti ho sommerso con un mare di informazioni. Dovrai sentirti molto stanco e assonnato. Riposa quanto vuoi. Uscendo manderò qualcuno a metterti delle flebo per alimentarti e idratarti.-

-Oh Quilah! No ti prego!-

Sbuffò un divertito -Non discutere con me, ragazzo!- puntandomi il dito.

E io le brontolai un -Va bene, mammina…-

Mi diede un maternissimo bacio in fronte, mi salutò ed uscì.

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Capitolo 7
*** Scaramouche ***


Mi stavo già godendo un torpore beato quando sento un -Toc toc!- arrivare dal centro della mia stanza, seguito da un

-Buongiorno eroe di guerra! Come andiamo?-

La sorpresa mi riporta saldamente allo stato di veglia. Un personaggio familiare, carnagione olivastra e belloccio, è lì nella mia stanza d’ospedale con una divisa da infermiere.

-Un po’… un po’ ammaccato, ma poteva andar peggio, m’han detto… che ci fai qui Cortez? Ti immaginavo a miglia di distanza!!-

-Sto dando una mano, come Karin che hai incontrato poco fa… poco fa per modo di dire, eh?-

-Beh è stata molto esauriente!-

-Ti ha spiegato tutto, e adesso ti ha tolto il gusto di scoprire le cose da solo in questa nuova realtà!-

-Mah! Proprio tutto no. Per esempio non mi ha detto che fai l’infermiere.-

Mi sembra che si senta preso in contropiede, e che stia arrossendo, ma si riprende subito.

-Mi hanno messo a riposo forzato… inabile alla guida…- e così dicendo mi mostra la mano destra. Completamente sarcometallica. Sorpreso di nuovo in pochi minuti. Ma presto mi ci sarei abituato…

-… allora mi è stato proposto un lavoro da scrivania che ho rifiutato. Sono tornato a fare ciò che facevo prima di arruolarmi, cioè l’infermiere. In uno degli ultimi giorni della Guerra ho incontrato Karin e siamo rimasti in contatto anche dopo la fine, e quando mi ha detto che faceva del volontariato in un ospedale della Cittadella l’ho raggiunta. Così eccomi qui, a sfoggiare la mia robo-mano in mezzo a robo-malati!-

-Vedo… anche a me è toccata un po’ di robo-materia, o sarcometallo-, indicandomi il viso e il torace.

-Difatti. ‘Nuova realtà’ si riferiva proprio a quello. E al fatto che non esiste nessuno che non abbia un po’ di sarco-roba in corpo.-

-Immagino.-

-Immagini bene. Ora se mi permetti. Estendi il gomito… così, bravo. Devo infilare un coso dentro un pertugio- e collega la cannula delle flebo alle valvole.

-Basta che non mi fai male!-

-Tranquillo, io sono il migliore in circolazione!-

-Boh, non credo che farsi i complimenti da soli valga…-

-Ti sbagli eroe,… è a detta di tutti.-

-Niente po’ po’ di meno! Comunque ‘eroe’ non mi piace, ad essere sinceri…-

-No problem. Preferisci ‘ragazzone’?-

-‘Eroe’ va benissimo. Ma cosa c’è in quei fiaschi che hai messo a testa in giù?-

-In pratica ti sto offrendo da mangiare e da bere.-

-Preferivo birra e bistecca.-

-Conosco un posticino.-

-Ah. Ah. Ah. È così che ottieni i complimenti altrui? Corrompendo?-

-Per esempio-, e intanto guarda con (finta) attenzione le flebo, sorridendo. -Allora senti, eroe. Qui c’è il pappagallo, e lo usi da te e mi chiami dopo che. Qui c’è la padella e mi chiami prima che. Qui c’è il campanello e lo pigi se hai bisogno. TV non ce l’abbiamo. Fiori e cioccolatini devi aspettare le ammiratrici domattina. Non ti alzare per nessun motivo perché se cadi e ti fai male andiamo tutti in galera come minimo.-

-Ma se non ci lavori nemmeno, in questo posto!-

-Giusto. Allora alzati in piedi e sfracellati.-

-Seguirò il tuo consiglio, magari non subito.-

-Come preferisci. Io torno tra un paio d’ore per togliere i fiaschi.-

-Se dormo non mi svegliare.-

-Tranquillo, certe volte il mio tocco è più delicato di una piuma.-

-E le altre volte?-

-In realtà non lo vuoi sapere.-

-Ahah.-

E gira sui tacchi per tornare alla sua postazione.

-Ehi Steve.-

-Che c’è?-

-Come va? Dico in generale.-

Fa spallucce, con un’espressione mezza imbronciata e mezza divertita:

-Siamo sopravvissuti. E a te in generale come va Kaidan?-

-Siamo sopravvissuti.-

-A dopo.-

-A dopo.-

 

Mi sforzo di restare sveglio il più possibile perché mi farebbe piacere scambiarci ancora qualche parola, ma sono stanco morto. Mi lascio andare e scivolo di nuovo in un sonno leggero e pieno di sogni. Ma non sono più sicuro che fosse sonno, né che quelli siano stati sogni.

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Capitolo 8
*** Averti qui con me, potessi ***


C’è una forza che mi solleva dal letto, mi sembra quasi di galleggiare nell’aria… ed è bellissimo.

Le coperte scivolano da un lato.

Gentilmente vengo messo in posizione eretta.

_Svegliati._

Apro gli occhi. L’aria buia e tiepida mi circonda. Sono ancora nella mia camera all’Huerta.

_Vieni. Seguimi. Raggiungimi._

Inizio a camminare e passo dal buio della stanza alla penombra del corridoio.

Non sto camminando, muovo le gambe ma forse è la realtà che si sposta intorno a me, fermo.

Una realtà dai contorni sfocati e tremolanti, come se la guardassi attraverso l’aria calda. Colori diversi dal solito.

Incontro Cortez che passeggia lentamente. -Ehi Steve…-

Non mi risponde, forse è molto assorto.

Cammino e incrocio altri infermieri. -Buonanotte!-

Nessuna risposta. Sto sognando forse?

_Qualcosa di simile_ dice la stessa voce calda e piacevole che mi ha svegliato e parlato poco fa.

Esco dal reparto, chiuso a quell’ora della notte. Raggiungo un ascensore e mi fermo a osservarlo.

_Adesso scendi. Ricordi la strada? Sei venuto da me già altre volte…_

Chiamo l’ascensore, che si apre subito. Dentro lampeggiano due frecce sulla parete, indicano due direzioni opposte. Scendo.

Avverto il movimento verso il basso dell’ascensore. Dove sto andando?

_Non ti preoccupare, ti guiderò se non ricorderai._

Si ferma, la porta scorre di lato ed esco. Imbocco un corridoio verso destra, poi sinistra e scendo delle scale. Apro una porta e mi trovo in un locale molto vasto e immerso nella penombra. Per l’attrezzatura e i macchinari sembra un laboratorio, ma non mi è chiaro di che tipo. L’unica cosa che si distingue chiaramente è un vano ricavato nello spazio del locale per mezzo di una parete trasparente, sembra vetro. L’interno del vano è fortemente illuminato e scorgo dei cavi che staccano dalle pareti, soffitto e pavimento. Convergono su una figura rivestita di elmo e corazza, al centro dello spazio illuminato, trattenendola, legandola, ancorandola.

Quella figura è Shepard.

Mi avvicino. La superficie liscia del vetro riflette la mia nudità, eppure non sento freddo né vergogna.

So chi è che mi sta guardando dall’altra parte del vetro, lo conosco bene. Posso quasi dire di vederlo, anche se ora è nascosto da corazza e casco integrale.

_Kaidan. Hai ritrovato la strada._

-Sì Sebastian, l’ho ritrovata, sono qua. Ed è una pena vederti legato a quel modo!-

_Beh, allora mi slego. Non voglio che tu stia in pena per me._

E così si scioglie dall’abbraccio invadente dei cavi, che penzolano o giacciono inerti.

Ci osserviamo. Mi fa cenno con un dito come per invitarmi ad avvicinarmi e nel frattempo la consistenza del vetro si annulla, e io lo attraverso. Lo raggiungo. Si avvicina a me, un po’ esitante.

_Hey._

-Hey.-

_Come va?_

-Hm, insomma. Forse potrebbe andare meglio.-

_A cosa ti riferisci?_

-Sai, finora non è che la frequenza delle nostre uscite insieme sia stata molto regolare. Prima sparisci tu per due anni e poi ti ripresenti su Horizon come nulla fosse. Poi sparisci di nuovo per sei mesi e ti rivedo sulla Cittadella, ma giusto perché ci sono i cattivi che vogliono sterminarci tutti. Poi sparisco io per due mesi, in coma, e ci rivediamo in questo posto, con me nudo e te in uno scafandro. È tutto surreale, dai…-

_Ahahah! Non posso darti torto in effetti!_

-E non agevola il rapporto, che potrebbe andare meglio.-

_Tu ed io abbiamo un rapporto?_

-Almeno per me sì. È dai tempi di quella penosa confessione all’Apollo’s Bar che ci provo!-

_Forse mi sono espresso male. Volevo chiederti se mi ami ancora._

-Questa domanda mi ferisce, e non poco.-

_Mi scuso, sinceramente. Però rispondi per favore._

-Certo che ti amo ancora!-

_Non c’è niente che si sta insinuando nei tuoi pensieri per me?_

-Con tutta la fatica che ho fatto per attirare la tua attenzione? Assolutamente no!-

_Dritto al punto. È questo che mi piace di te. E coraggioso._

-Non capisco.-

_Intendo dire che ciò che mi ha colpito di te non è la tanto la bellezza, che può piacere o no perché i gusti sono soggettivi. O la forza e il valore. O l’abilità negli scontri e i tuoi poteri biotici. Mi ha conquistato il coraggio che usi nell’essere una persona autentica. E il fatto che provi sempre e non ti dai mai per vinto, perciò non sprechi il tuo tempo a girare intorno alle cose ma vai diritto, perché sai che se va male poi tornerai a riprovarci. Sono queste cose che mi hanno fatto innamorare di te._

-Mi confondi e mi fai arrossire. E ti stritolerei di abbracci se tu non fossi così corazzato.-

_Guarda che sei tu che mi vedi così. Io non ho nessuna corazza._

-Cioè?-

_Vedi una corazza perché sei tu che ora mi immagini con una corazza._

-Il linguaggio dei sogni? Proiezioni? Desideri paure e roba varia?-

_Hm-mh. Diciamo che ti ci sei molto avvicinato. Questa è come una ‘estensione’ della realtà, ma spesso ci si presenta come un sogno._

-Mi pareva un po’ troppo razionale in effetti. Ma cos’è di preciso?-

_Si chiama ‘Livello Extra-Soma’._

-E non è reale, giusto?-

_Al contrario, è più reale del reale!_

-E tu come fai a sapere queste cose?-

_Diciamo che ci sono dentro più di te, tutto qua… Adesso avresti voglia di fare una specie di viaggio insieme a me?_ E nel frattempo mi prende delicatamente per mano e mi porta verso un’apertura rettangolare e luminosa che si è aperta sulla parete alle nostre spalle.

-Dove mi stai portando?- chiedo un po’ dubbioso.

_Questo dipende da te, libera la fantasia!_

 

Ed entriamo nel varco.

Un lampo accecante e siamo a destinazione.

 

Sono al mare, sdraiato sulla battigia. L’acqua mi massaggia le gambe, il ventre, le mani. Il sole pomeridiano illumina deciso ogni cosa. Davanti a me solo mare. Ai lati solo spiaggia bianca e battigia, estese all’indefinito. Dietro di me montagne poco lontane. Mi godo il calore, la luce, il vento e il canto del mare.

Poi vedo qualcosa sorgere dalle onde. Sembrano fili, stecchi. O forse e il dorso di un pesce? No sembra più… ha forma arcuata e sporge da qualcosa. Sotto comincia a comparire una superficie convessa e metallica, sembra… un elmo? …È così, è proprio un elmo con celata e cimiero, indossato da qualcuno; cosa ci fa qui un soldato greco? Sta uscendo dall’acqua? E dove mi trovo?

Il soldato continua a camminare verso di me e avvicinandosi emerge sempre di più dall’acqua, ma non lo vedo bene perché sono in controluce, posso solo indovinare il suo profilo, tutto il resto è nell’ombra. Ne ammiro per quanto riesco il fisico statuario e le gocce asciugate dal vento tiepido che accarezza il suo corpo e sposta lentamente i crini del cimiero. Giunto a pochi passi da me si ferma e mi guarda in silenzio. Il suo volto è proprio in direzione del sole, e anche se mi schermo gli occhi con la mano, i riflessi sull’acqua, sul metallo, e la luce diretta mi impediscono di vedere; sono quasi abbacinato.

_Mi vedi come un condottiero?_, mi chiede sorridendo, credo.

-Chi sei?-

_Sono colui che tu ami._

Non gli rispondo. Resto in silenzio e per un po’ continuo a guardarlo, godendomi la sua vicinanza. Poi allungo un braccio verso di lui e gli faccio un gesto con la mano, come per chiedergli che mi dia la sua. Si avvicina, si china, la prende.

Si avvicina ancora di più, poi si siede accosciato di fronte a me, come uno scoglio che mi protegge dalle correnti.

Sembra quasi che il sole si sposti con lui, perché ora è calato un po’, ed è il momento del tramonto. Ancora una volta il suo viso resta nell’ombra eppure circondato da una luce che mi impedisce di coglierne i lineamenti. Mi sembra quasi assurdo desiderare così fortemente qualcuno che conosco già… lo conosco eppure vorrei poterlo vedere ancora in pieno, ancora una volta, e tutte le volte. Sembra quasi che mi legga nel pensiero, e si sporge verso di me appoggiando le mani sulle mie gambe, lambendo il mio viso con i guanciali della celata, sfiorando i miei capelli con i crini del cimiero e nel farlo mi sussurra

_Kaidan ti amo fortissimamente._

-Sebastian se ci sei tu io non desidero nient’altro…-

Mi spinge delicatamente indietro e verso il basso e si sdraia su di me, con l’acqua tiepida e arrossata dal sole che come un lenzuolo copre ed avvolge i nostri corpi, e il nostro abbraccio.

Poi con un movimento rotondo e improvviso, e ridendo, si sposta di lato e tira me sopra di lui. Penso che il quel modo finalmente lo potrò vedere, ma ancora il mio desiderio resta frustrato, perché adesso è una notte stellata ma senza luna e il buio ci rivela e ci nasconde… cerco di scavare con lo sguardo verso i suoi occhi ma ottengo solo i contorni del suo elmo: dentro è il mistero.

_Anche tu sei un mistero per me. E spero di non risolverti mai del tutto._

Accarezzo il metallo, e le spalle, la gola e il torace.

-Se non ci fosse questo coso di mezzo ti potrei baciare come si deve.-

_Fallo lo stesso, ti prego._

-Hmm, non saprei…-

_Devo fare qualcosa per convincerti?_ chiede in tono malizioso.

Questa me la voglio giocare.

-Fammi pensarci un po’ e… etciù!!!-

_L’acqua sta diventando troppo fredda. Vieni, andiamo a riscaldarci al fuoco._

Tiro su col naso. –Di quale fuoco parli?-

_Di quello acceso sulla spiaggia._

Mi giro. –Ah, c’è un fuoco.-

Usciamo dall’acqua che canta sommessamente intorno a noi, le dita delle mani intrecciate. Ci sediamo su stuoie attorno al fuoco, ci asciughiamo con teli frizionandoli sul corpo. Il contatto fisico con Sebastian mi manda sempre alle stelle…

_Sì, è così anche per me, Kaidan._

Osservo la sua ampia schiena, rivolta verso il fuoco. La accarezzo e la bacio.

Mi siedo dietro di lui, lo abbraccio.

Capisce la tenerezza innocente del gesto.

-Perché non posso vederti in viso Sebastian?-

_Credo che se non sta succedendo, in realtà è perché tu non vuoi._

-Cosa? No è impossibile! Io lo desidero così tanto!-

_Al momento non vedo altre spiegazioni. Forse hai qualche paura, inibizione… sei mai stato con un uomo?_

Credo che il buio stia nascondendo il mio rossore… -Ecco… veramente no.-

_Magari dipende da quello._

-E tu? Che mi dici di te?-

_Idem._

-Siamo due pivelli!-

Mi mette le mani dietro la nuca, mi accarezza i capelli, e poi in tono molto suadente:

_Beh allora diamoci da fare._

-Ahah. Così però mi spaventi!-

_Vedi che avevo ragione? Grande grosso e fifone!_

-Giovanotto, porta rispetto a chi è più anziano di te. Intesi?- gli ridacchio.

_Il rispetto va guadagnato, nonno._

E mentre lo dice si divincola dalla mia presa e imita qualche mossa di lotta grecoromana. Un po’ per la sorpresa e un po’ per gioco oppongo scarsa resistenza, e mi lascio atterrare in poche mosse con la schiena sulla sabbia.

_Kaidan a questo sport sei una schiappa!_

-Tu dici?- e lo abbraccio saldamente, attirando il suo petto contro il mio e allacciando le gambe intorno alle sue. Io sono immobilizzato, ma anche lui ora è fermo. Ridacchio un po’:

-Adesso, lottatore? Non puoi fare altro!-

_Questo non è vero…_

Con un braccio rimasto libero mi accarezza i capelli, la guancia. Poi scende sull’incavo del collo e sul costato. Ha il respiro un po’ accelerato e pronuncia il mio nome piano, una vibrazione nella voce. Ho caldo e freddo nello stesso tempo, e mi gira un po’ la testa, credo che siamo entrambi eccitati…

Si scioglie delicatamente dal mio abbraccio e dalla morsa delle gambe. Si mette in piedi scrollandosi via la sabbia dal corpo. Lo guardo incuriosito e anche dispiaciuto.

-Tutto bene Seb? Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?-

_Eh? No, affatto Danny! È che abbiamo poco tempo, sta per sorgere il sole. E vorrei fare una cosa ancora._

Non capisco ma… in effetti non avevo notato che il cielo si fosse rischiarato così velocemente. L’azzurro sbiadito sta già lasciando il posto a striature vagamente rosate. Il vento ha ripreso vigore e la voce del mare torna a farsi sentire. S’indovina il punto tra le montagne in cui sta per sorgere il sole, è questione di attimi. Raggiungo Sebastian, ci prendiamo per mano godendoci il panorama. Sono felice come non mai.

In un certo momento lo scorgo fare un movimento fulmineo con l’altra mano mentre si gira e ruota su se stesso. Resto di sasso per la sorpresa, non capisco!

Ancora una volta è tra me e il sole, e guardandolo lo vedo in controluce, ormai ci sto facendo l’abitudine…

Senza lasciare la mia mano allunga verso di me l’altra, chiusa a pugno. C’è qualcosa dentro?

_È il mio regalo per te._

Apre il palmo e vedo che contiene qualcosa, assomiglia a un minuscolo granello di sabbia, ma questo pulsa di luce verde.

Lo guardo ancora, l’elmo soffuso di luce.

_Hai mai sentito parlare del raggio verde? Sai cos’è?_

-Sì ma credevo che fosse una leggenda, non reale!-

_Alcune leggende parlano di cose più reali del reale_ dice in tono sibillino.

-E… e tu hai afferrato un raggio di luce verde?-

_Merito dei miei superpoteri…! No, scherzo, non ho alcun superpotere, è che qui le cose funzionano diversamente dal mondo dove stai tu…_

Questo mi ricorda di una domanda che gli volevo fare già da un po’.

-Tu sei morto, vero?-

Resta paralizzato per qualche secondo, forse non se l’aspettava.

_Accidenti che domandona impegnativa, Danny! Ma dovendo rispondere ti direi sì e no… più no che sì, però._

-Sebastian Shepard! Perché non puoi avere un rapporto normale con l’esistenza, come tutti noi?!-

_Aahahah!!! … Se potessi ce l’avrei, fidati! Ma non mi viene mai data la possibilità! È… è come con l’amore. Non sei tu che scegli, quando arriva ti innamori e te lo vivi così com’è, no?_

-Sì, credo che sia proprio così.-

Mi apre la mano che mi teneva, ne accarezza il palmo con il pollice, e vi posa sopra il granello di raggio verde. Questo resta un po’ lì, sospeso, poi sembra che penetri nella mia pelle; un grumo di luce che pulsa nel sottocute e lentamente svanisce.

Non so che dire per ringraziarlo. Ci abbracciamo, e lui mi dice _Comunque la tua confessione all’Apollo’s non era poi così male…_

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Capitolo 9
*** Resta ancora un po',... ***


Vorrei rispondere a questa affermazione ma non faccio in tempo. Mi ritrovo nella mia stanza buia, sdraiato nel mio letto ad abbracciare l’aria buia, come un cretino nel buio. Beh, almeno non mi vede nessuno.

 

Possibile che sia stato proprio tutto un sogno?! Eppure… eppure… il suono della sua voce, il suo modo di parlare, il suo umorismo, il suo amore per i misteri. Addirittura il suo modo di camminare e di gesticolare. No, non posso essermi inventato tutto! È impossibile che questi siano solo ricordi attorcigliati sul mio desiderio di rivederlo! Come potrei ricordarmi dettagli così minimi?

Certo, non l’ho visto in faccia… oddio, starò mica dimenticando il suo viso?!? No, questo è ancora più assurdo. Chiunque conosce Shepard, e di tutti quanti figuriamoci se proprio io me ne dimenticherei! È impossibile, e sono convinto che mi basterebbe accendere la televisione o sfogliare un olo-giornale per rivederne i lineamenti… quanto mi manca… com’è che aveva detto? “Più reale del reale”. Cosa può significare?

 

Mi aggrappo al triangolo che penzola sulla mia testa e mi tiro un po’ più su, mettendomi seduto. Ho dormito poche ore, l’orologio degli schermi davanti a me segna un’ora nel cuore della notte. Per qualche minuto mi godo lo spettacolo del cielo stellato chiuso nel rettangolo della finestra. Poi, siccome le stelle non fanno nulla di più che splendere, le lascio al loro percorso disegnato da sempre e accendo il neon sopra di me. Ma anche la camera, bianca e monotona, offre ben pochi stimoli.

Per fortuna si avvicina qualcuno, è…

-Ehi, tutto ok?-, mi fa Cortez che si sporge dalla porta. -Questa è la prima volta che vedo una luce arrivare dalla tua stanza e mi ha incuriosito… ah, vedo che ti sei messo seduto, ottimo!-

A dir la verità non capisco cosa ci sia di fenomenale nel mettersi seduti. Non sono un gambo di sedano, che si spezza se si piega…

-Ehi Cortez.-

-Ehi eroe. Non dormi? Vuoi un sonnifero? Una ninnananna? Latte e biscotti? Un massaggino?-

-Non ancora. No. No. E non ancora. Esattamente in quest’ordine. Te lo devo scrivere?-

-No tranquillo, con 5 iniziano i problemi, ma fino a 4 cose me le ricordo.-

-Grandioso. Ascolta: sai cosa mi aiuterebbe a dormire?-

-Se mi beccano a passarti un porno ci faccio una figura di mierda, amigo!-

-Non essere decerebrato. Parlavo di altro. Potresti procurarmi un Olo-Pad per favore?-

-Un Olo-Pad? E che te ne fai?-

-Sai com’è, disegnare mi aiuta a rilassarmi, forse perché mi riesce facile e sento di fare qualcosa di bello. Ma devo star qui a raccontarti tutta la mia vita?-

-Meglio di no. Se mi beccano a dormire sul posto mi potrebbero fare una ramanzina. Vedo se trovo un O-Pad.-

-A quest’ora dovevi già essere di ritorno.-

-Sì padrone.- E se ne va.

Dopo poco torna con un O-Pad nuovo fiammante in mano e me lo consegna.

-E questo gioiellino da dove salta fuori?- gli chiedo.

-Ho cercato in giro ma niente, così ti sto prestando il mio perciò occhio. Quel che tu fai a lui io lo rifaccio a te.-

-Devo prenderlo come un invito o che altro?-

-Come ti pare. Ma trattalo bene. Capito?-

-Ok, ok, non c’è bisogno di scaldarsi! E comunque grazie Carontez.-

Stranito.

Ahah. Beccato.

-Carontez?-

-Sai quel tizio degli antichi greci che traghettava le anime dei morti agli inferi? Se vogliamo, sarebbe una specie di pilota. E quindi Carontez.-

-Non so se ti considero più gentile più educato o più simpatico.-

-Mentre ci pensi ti spiace lasciarmi solo? Così tu continui a lavorare o a perdere tempo risolvendo enigmi, come ti pare. E io mi rilasso e forse prendo sonno. Arrivederci.-

-Più educato. Assolutamente più educato, senza dubbio. Prego. A dopo. -

-A dopo.-

 

Me lo rigiro tra le mani. Carino il trabiccolo. Veramente un bell’aggeggio, gli sarà costato una mesata, magari ha fatto un mutuo.

Vado nelle impostazioni e faccio un giro per verificare che ci sia l’applicazione disegno. Quando poi la trovo continuo un po’ a farmi gli affari del povero Cortez.

Fotografie. Vediamo… tramonti. Gattini buffi. Cagnolini che sembrano finti. Panorami terrestri. Galassie varie. Astronavi e vari Mako e Hammerhead, ovvio. Football e giocatori in azione. Varren… varren?! Chi terrebbe foto del genere su un pad? Bah… la gente è strana! … articoli e articoli su Shepard, comprensibile… Ok, ora basta farsi gli affari di Steve, mettiamoci all’opera.

 

Apro il Pad e seleziono l’app del disegno in olo-2D, ingrandimento 2x, non voglio rimetterci la vista. Scelgo tra i vari stili, sfondi, e strumenti a disposizione. Quando sono pronto per iniziare mi paralizzo: cosa voglio disegnare di preciso? Soggetti, nella stanza, non ce ne sono; a meno che uno non voglia ritrarre uno schermo di computer con quattro righe ballerine sopra… oppure oltre la finestra c’è l’altra ala dell’Huerta. Anche no. Poi ci penso.

Lui.

Il guerriero uscito dal mare. Ciò che la mia fantasia ha creato per dare una forma a Shepard.

Comincio a lavorarci sopra. Le mie mani danzano nel buio, le mie dita tracciano linee immaginarie, usano strumenti grafici virtuali, spostano o modificano superfici impalpabili, nel tentativo di dare un'illusione di concretezza a un sogno recente. È il mio pensiero che chiede di manifestare in una forma qualsiasi quel desiderio. Tu. Ci sei. Ancora.

 

Imposto uno scheletro stilizzato per le proporzioni. Aggiungo uno schizzo di muscolatura. Cancello lo scheletro e aggiungo dettagli. Aggiungo linee per imprimere movimento. Definisco e ammorbidisco la muscolatura e aggiungo le ombre. Sfumo le ombre e aggiungo lo sfondo. È passata un’ora. Cancello parte dello sfondo e aggiungo il cimiero. Al posto degli occhi quel mistero un po' attraente e un po' pauroso... Cancello i piedi e parte dei polpacci e aggiungo acqua. Modifico posizione e gesto delle braccia per aggiungere una lancia nella destra e uno scudo nella sinistra. Cancello parte delle ombre per aggiungere giochi di luce e riflessi sull’acqua. Ultimi dettagli. Finito. È un antico soldato greco che, elmo in testa e scudo imbracciato, esce dal mare appoggiandosi alla lancia. L’acqua ne segue il movimento e le ombre ne disegnano la muscolatura che imprime quel movimento. Il vento sposta i crini e asciuga l’acqua che segue le linee del corpo. Ho messo molta luce, di conseguenza molte ombre. Ha una sua solennità, a metà strada tra un Adamo e un Marte. Guardo il quadrante, sono passate due ore. Le palpebre cominciano a pesare. Non so se dormirò (anche perché penso di averlo già fatto abbastanza, ultimamente), ma di sicuro mi sento rilassato. Molto. Molto rilassato. Relax al max...

Strani scherzi fanno la stanchezza e un letto d'ospedale: mi sembra di avere una ridicola allucinazione, né sveglio né addormentato, in cui vedo me stesso tra le braccia di un amorevole Stregatto, come quello di Alice in Wonderland. Però umanizzato. I suoi occhi verdi luminescenti e il sorriso brillante mi si avvicinano nella penombra, due braccia forti mi distendono sul letto e mi mettono sdraiato come fossi un bimbo capriccioso che si ostina a voler restare sveglio. Poi lo Stregatto umano prende una specie di libro e apre le pagine nel mezzo; ne esce una luce debole e dei disegni salgono nell'aria. Mi guarda e mi sorride, ma il suo sorriso è molto meno inquietante di quanto credessi. Mi augura la buonanotte e poi svanisce lentamente nell'aria.

Che strano Stregatto.

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Capitolo 10
*** Burning no time ***


_Kaidan... Kaidan svegliati... riesci a sentirmi?_

_Kaidan mi senti?_

Sento la voce di Sebastian che dolcemente mi riporta alla veglia. Sono un po' intorpidito dal sonno e faccio fatica a raggiungerlo, ma lentamente ci arrivo. Le mie gambe e una mano in grembo, mentre l'altra giace tra le mani di qualcun altro, che con presa salda ma amorevole me la sta riscaldando.

Mi sento un po' ingobbito dal torpore, mi rimetto dritto mentre la schiena mi avverte che mi sono addormentato in una posizione scomoda.

Sento le doghe di una panchina di legno sotto e dietro di me.

Profumo di mele caramellate e odore di frittura di pesce nell'aria. Che è buia ma tiepida.

Alberi in fiore e lanterne di carta colorata che li illuminano.

Il vociare di bambini che corrono tra le persone e le bancarelle.

Accanto a me, immancabile e rassicurante, Seb. Con l'immancabile impossibilità di vederlo in viso, perché al momento sta indossando una maschera. Poi, guardandomi intorno mi accorgo che anche tutti gli altri ce l'hanno. E ce n'è una anche vicino a me sulla panchina, è simile alla sua. La indosso.

Si alza in piedi e mi invita a seguirlo con un gesto della mano. Cominciamo a camminare lentamente tra la folla, nell'aria della sera, assaporando il clima di festa con i suoi suoni e profumi. Tenendoci per mano. Per un po' non facciamo che camminare e guardarci intorno. Il percorso tra alberi e bancarelle ci porta fino a un belvedere ricavato da un promontorio. Sotto di noi il mare, con il suo canto sommesso e senza fine. In esso i riflessi delle stelle, che però, stranamente, non sono presenti in cielo.

-Dove sono le stelle?-

_Sotto di noi e tutt'intorno a noi_ mi dice, mentre indica i riflessi e le lanterne multicolore che ci circondano.

-Non capisco.-

_È normale. Anche a me c'è voluto un po' quando sono arrivato qui._

-Qui? Perché, dove siamo? Dove mi hai portato?-

_In realtà non ti sei mosso di un metro e non ti ho portato da nessuna parte, perché questo non è un posto. Semplicemente è la Verità. Stai vedendo le cose per come sono realmente. Ti ricordi che la scorsa volta in cui ci siamo visti ti ho parlato del LES? Il livello extra-soma?_

-Certo.-

_Ecco: quello che stai vedendo ora è il LES della Cittadella nella sua globalità._

Mi guardo ancora intorno. -La Cittadella è come un villaggio in festa?-

_No sei tu che la vedi così, e io condivido questa tua rappresentazione perché mi stai permettendo di partecipare... ma è difficile da spiegare a parole, bisognerebbe che tu vivessi qua, nel Les, per un certo tempo per capire di cosa si tratta. E questo non è possibile, almeno per ora._

-Peccato.-

_Già. Peccato..._ E mi stringe la mano.

-Quindi?-

_Quindi cercherò di crearti dei canali d'ingresso tutte le volte che potrò, ma la durata e la frequenza dipendono da te, perché se ti svegli la comunicazione si interrompe._

-Questo l'avevo intuito. Ma perché lo fai?-

_Per poterti vedere. E per aiutarti, o meglio per metterti nelle condizioni di poter aiutare gli altri._

-Continuo a non capire. Come dovrei aiutarli?-

_Proteggendoli._

-Proteggendoli? E da cosa?-

Mi indica il cielo buio, nero come se fosse chiuso e poi mi dice: _Guarda!_

Inizialmente non vedo nulla, poi scorgo un puntino luminoso in tutta quella oscurità, di un giallo ambra, molto brillante. A quello ne segue un altro e poi se ne accende ancora un altro, e un altro ancora. In breve diventano una miriade e sembrano mettersi in movimento. Convergendo verso di noi, facendosi sempre più grandi, vicini e luminosi, sembrano meteore intenzionate a distruggerci! In quello stesso momento emergono dalle acque nere delle forme verticali, sembrano colonne, no assomigliano più a tentacoli... di esseri viventi dalle dimensioni inimmaginabili che stanno emergendo e silenziosamente continuano a salire nell'aria! È difficile descrivere con precisione ciò che sta accadendo vista la scarsità di luce, ma sembrerebbe che i “viventi” stiano creando una specie di rete di protezione tra noi e gli asteroidi, che improvvisamente arrestano la caduta e si fermano nel punto in cui si trovano, così, a mezz'aria. È assurdo, e strano da dire, ma sembra che i “Viventi” abbiano reagito a una palese minaccia. E siano riusciti nel loro intento. Cerco lo sguardo di Sebastian. O meglio la sua maschera.

-Chi sono? E perché ci stanno proteggendo?-

_Chi può dirlo... ma in realtà li conosci già, si tratta solo di ricordarsene. Poi sul perché vogliano aiutarci, beh: direi che alcune cose sono cambiate così tanto che sarebbe strano se non lo facessero. Comunque non possiamo contare solo sul loro aiuto, è importante attivarsi in prima persona per affrontare la tempesta che sta arrivando._

-Seb, come fai a sapere tutte queste cose? Conosci il futuro?-

_Non conosco il futuro, che tra l'altro non so nemmeno se esiste al di là delle immediate conseguenze delle nostre scelte. Ciò che conosco lo devo al LES e al fatto che è esteso in tutto l'Universo. Non c'è punto che non abbia la sua controparte a livello extra-soma, perciò mi basta spostarmi in un punto a mio piacimento per vedere cosa sta accadendo lì. E poi osservando lo sviluppo degli eventi a livello extra posso risalire, con un accettabile margine di errore, a ciò che gli corrisponde a livello-massa. Dopo aver messo insieme tante di queste osservazioni, alla fine, posso farmi un'idea di cosa ha causato gli effetti a cui ho assistito. Sia a livello-massa che a livello extra. E considera che posso scegliere in che modo osservare ciò che voglio conoscere, per esempio una singola persona oppure un gruppo, o anche una nazione intera. O un pianeta, o un sistema. A seconda che mi interessi un dettaglio preciso o il quadro d'insieme._

 

Resto disarmato dalla semplicità impressionante di un concetto che credevo difficilissimo da cogliere. Ma c'è anche qualcos'altro che mi meraviglia.

_Non vorrei averti complicato le idee più del necessario. È la prima volta che ti misuri con dei concetti come questo, lo so. Se hai qualcosa da chiedere fallo, almeno finché dura la comunicazione!_

-In effetti non avevo capito una cosa.-

_Che cosa?_

-Non sapevo che tu fossi così intelligente. Cioè... detta così sembra un insulto,... volevo dire che sapevo già che sei intelligente, ma non sapevo quanto. Adesso sto vedendo un lato di te che non conoscevo, mi pare quasi nuovo, è come se ci fosse qualcosa in più rispetto a prima e ne sono affascinato. Vorrei conoscerlo meglio.-

Forse ho esagerato con i complimenti, non vorrei averlo messo in imbarazzo... e in effetti resta in silenzio per un po', mi pare che si allontani impercettibilmente; lascia anche la presa, non mi tiene più la mano tra le sue. Le appoggia sul parapetto di pietra. Sospira mentre inclina il volto.

_Sì, la situazione è un po' cambiata. Forse c'è qualcosa che devo dirti. Vieni, troviamoci un posto tranquillo._

 

A dire il vero non vedo la necessità di spostarsi, qui è già vuotissimo, e a parte noi due non c'è nessuno per decine di metri. Boh. Lo seguo senza fare storie anche perché pare che mi debba dire qualcosa di importante, quindi preferisco dargli il massimo di ascolto per metterlo a suo agio.

Così ci incamminiamo lungo un sentiero tra gli alberi in fiore da una parte e il parapetto dall'altra, mentre il suono delle onde e i colori delle lampade di carta continuano a raggiungerci.

E mentre i “Viventi” ci sovrastano, impedendo che un cielo ormai pericolosamente luminoso possa rovinare su di noi, cancellando le nostre esistenze. E la guerra, che credevo finita, continua ancora.

_Sì Danny, hai ragione, purtroppo. Continua. E io che credevo di aver trovato una soluzione con la sintesi! In realtà ho solo spostato il motivo del combattere. Non ho risolto nulla..._

Lo prendo per un polso. Lo blocco. Mi metto davanti a lui. Lo abbraccio stretto. Gli parlo.

-Non dire così, Seb. Hai provato. E il tuo tentativo è ugualmente degno di rispetto. Di un immenso rispetto. Hai mostrato un coraggio e una generosità che hanno fatto di te un vero eroe. Tutti lo riconoscono.-

_Magra consolazione!_

-È comunque qualcosa che non può più essere cancellato. E che ci potrebbe servire come punto di inizio per affrontare le sfide future. Per raccogliere le specie che vogliono la libertà attorno a un centro di aggregazione, un simbolo. Attorno a te Sebastian.- Gli sorrido. -Sei ancora un simbolo, … anzi ora lo sei più che mai.-

Abbassa lo sguardo e sospira un'altra volta. _Non per tutti, direi._

-Che intendi dire?-

_In certi punti della Galassia sono considerato un criminale di guerra. Alcuni mi vorrebbero morto._

-Alludi ai Batarian?-

_Precisamente._

-Lasciali perdere. Quelli hanno i buchi in testa.-

_Temo che non sia così semplice._

-Non ho detto che lo è. Anzi. Proprio perché una guerra fa perdere la capacità di distinguere il giusto dallo sbagliato, e li mescola,... e tu lo sai meglio di chiunque altro... ecco proprio per questo, credo che dovresti sgombrare la mente da certi ricordi e da un senso di responsabilità che non è giusto portare da solo.-

_Danny. Qui non si tratta di responsabilità. Qui sono proprio io che ho colpa di qualcosa._

Mi siedo su una panchina a ridosso del parapetto, lo afferro per un braccio e lo obbligo a sedersi accanto a me. -Spiega.- Gli intimo.

_Questo_ e indica il cielo con il dito _è colpa mia. È una conseguenza che deriva direttamente dalle mie scelte e dalle mie mancanze. E anche noi due_ e indica me e lui _e quest'altro_ e indica le nostre maschere _dipende da una scelta fatta da me. Io ti devo dire... no, io ti devo confessare che nel..._ e si blocca. Lo sguardo fisso davanti a sé. Non capisco immediatamente. Allora guardo nella stessa direzione in cui sono diretti gli occhi della sua maschera. E vedo la scena.

 

Dall'altro lato della strada. Al margine del boschetto degli alberi in fiore, vicino ad alcune lanterne di carta colorata. Un fruscio di vento tra le foglie. Un profumo di fiori nell'aria. Una voce conosciuta. Me stesso da bambino. Un'altalena che penzola, i capi legati ai rami di due alberi che sembra si abbraccino. Mi vedo salire sull'altalena e cominciare a imprimerle movimento. Sempre più veloce, sempre più in alto, con archi sempre più ampi. Sembra che mi stia divertendo. Mi concedo un sorriso, che però dura poco... Mi vedo fermarmi di colpo, scendere e scappare nel folto del bosco. Improvvisamente i due alberi prendono fuoco dalle radici, dai rami, dalle foglie. In modo tanto veloce quanto silenzioso bruciano completamente, insieme all'altalena, lasciando un vuoto di cenere e puzza di bruciato nel manto vegetale. Resto muto davanti alla scena. Io non so cosa significhi quello che ho visto. Non so nemmeno cosa sia quello che sto provando in quel momento; né perché; so solo che è orribile. È la cosa più brutta che abbia mai visto, è l'angoscia più stritolante che abbia mai provato.

Mi giro verso Sebastian, come in cerca di rifugio, di una risposta, non so nemmeno io di cosa. Nell'atto di girarmi sento la maschera scivolarmi dal viso e cadere a terra. È rotta in due metà. Mi rendo conto che un fiume di lacrime mi solca le guance. Lacrime. Tante. Calde. Disperate. Non so, non capisco. Che cosa? Perché?

-Seb...-

Mi prende le mani veloce come un fulmine e parla concitato:

_Aspetta Kaidan, cerca di resistere! Ti devo parlare!_

-Sebastian! Non capisco, non ci riesco!-

Vorrei chiedergli spiegazioni, non capisco cosa sta dicendo, quando mi sento scivolare verso l'alto, verso un punto a metà strada tra i Viventi e gli asteroidi infuocati ed immobili. Perdo contatto con quella realtà, tutto è sfocato, incolore, ovattato.

Ritorno. Apro gli occhi.

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Capitolo 11
*** Rapsodia breve ***


Una luce smorta mi da' il bentornato nella mia stanza monocromo. È quasi buio. Sto uno straccio. Mal di testa, dolori alle articolazioni, un saporaccio schifoso in bocca..., neanche mi fossi bevuto il Tamigi... Sarò mica stato drogato? Ma da chi? E perché?...

 

No frena Kaidan, sei in un ospedale, sotto la supervisione di gente che ti considera un eroe, e per giunta sulla Cittadella, in un momento in cui i servizi di sicurezza sono ancora allertati per una guerra che è finita l'altro ieri, in pratica. Solo un pazzo potrebbe tentare di ucciderti in una situazione del genere.

 

Un pazzo o forse uno che sa come si fa...

 

Ora dacci un taglio, stai diventando paranoico. E se ragioni così, adesso che sei in un ambiente protetto, che farai quando ti dimetteranno? Piuttosto, cerca di ricordare quelle volte in cui sfruttavi i tuoi poteri biotici per scoprire ciò che ti serviva, o per conoscere le cose meglio, in profondità. Ricordi come facevi? Ti rilassavi e poi cercavi di concentrarti e focalizzarti sulla sensazione dominante, quella che per prima veniva a galla dopo il rilassamento. Quella è la tua strada per conoscere la Verità.

 

Guardo nel buio, gli occhi bene aperti. Non so che fare, dubbi e timori si accavallano nella mia mente. Non è la prima volta che uso la tecnica “Sonda”, quasi sempre ha funzionato ma altrettante volte mi ha lasciato in uno stato ancora più pietoso di adesso, e mostrandomi le cose con una chiarezza di cui dopo avrei fatto volentieri a meno... Eppure non posso restare in questo limbo. Ho una smania addosso che non mi so spiegare, ma so che è qualcosa di brutto. E il non conoscerlo rende i suoi contorni più indefiniti e quindi lo fa più spaventoso. Sì, tanto vale sondarlo, qualunque cosa sarà meglio di come mi sento adesso. Anche scoprire di cosa si tratta. Bene, mi decido.

Socchiudo lentamente gli occhi. Inizio a lasciarmi andare. Rilassamento muscolare. Reso ancora più facile dal fatto che sono già in una posizione distesa.

Le piante del piede. Pesanti, adagiate sul letto. I polpacci pesanti, immobili. Le cosce, ferme. I glutei rilassati e immobili. Gli addominali, che si muovono solo per seguire il diaframma nel suo movimento continuo. I pettorali immobili. Le dita della mano, che giacciono ferme sulle lenzuola. Gli avambracci immobili. I bicipiti. I deltoidi e i muscoli della spalla e del collo. Anche quelli sono come inerti. Il viso, i muscoli orbicolari della bocca e degli occhi. Sono distesi. La mia fronte è distesa. Questa serenità è un'illusione passeggera.

Rilassamento articolare. Giaccio immobile sul mio letto. Nessun movimento sta turbando la mia immobilità. Le caviglie, le ginocchia, l'articolazione tra femore e bacino. Le falangi, i polsi, i gomiti, le spalle. La sequenza delle vertebre che forma la mia colonna vertebrale fino all'atlante. È tutto immobile, giace quieto e inerte.

Rilassamento sensoriale. Provo a chiudere le porte che permettono al mondo reale di entrare nella mia psiche. Chiudo gli occhi, non vedo. Sfrutto questi momenti di silenzio, non odo. Non annuso. Non assaporo. L'immobilità delle mani, non percepisco.

Rilassamento profondo. Lasciamo che le cose vadano da sé, immagini, ricordi, suoni, idee e suggestioni, qualunque cosa... Il ricordo più antico: io da bambino che bevo da un bicchiere mentre un raggio di sole lo attraversa, la sorpresa di vedere un arcobaleno sott'acqua. L'amore per il disegno. La bellezza del corpo umano immortalata nell'arte. La prima volta che ho posato l'occhio sull'oculare di un cannocchiale, e sentirsi proiettato sulla Luna. Un'attrazione viscerale per il cielo e le stelle. Diceva un professore che “desiderio” deriva da “de-siderum” che in latino significa “dal cielo”. La mia prima volta con una donna e l'attrazione per un uomo. Chiarezza e confusione, premio e catena mescolati insieme. So solo ciò che non sono, eppure io sono io. L'amore per l'ordine e le regole come stile che semplifica la vita. “No man is an island” e voler fare qualcosa di buono per gli altri, dato che siamo tutti collegati. Il gusto dell'avventura e il fascino dell'ignoto: cosa c'è al di là?

 

Sta funzionando, eccomi di nuovo lì, come immerso in un'acqua che si può anche respirare, e una luce tutt'intorno a me. Ed eccola, la manta. Lenta e solenne nuota (o forse vola?) nell'elemento che le appartiene. Bianca e nera, luminosa ed oscura, ampia ed affusolata, due corna sulla testa e una coda arpionata. Delle linee così essenziali e pure, e così misteriosa nelle sue contraddizioni. Mi vola (o forse nuota?) attorno, “seguimi” sembra volermi dire. E io la seguo nell'azzurro, una luce gioca da qualche parte sopra di noi per scemare al di sotto, sbiadendo in un blu oltremare. Conducimi tu amica mia, so e temo che mi porterai alla verità. Seguo il tuo corso.

 

Eccomi arrivato. È una stanza familiare, quadrata, soffitto e muri bianchi, pavimento chiaro, una porta in legno scuro di fronte a me. La apro.

Dentro ci siamo me da bambino e i miei genitori, camminiamo per le strade del centro città mentre le luci del Natale la illuminano di magia. Ha smesso di piovere da poco, strada bagnata e un'atmosfera gioiosa, ogni pozzanghera che incontriamo mamma e papà mi prendono per le mani e mi sollevano aiutandomi a fare un lunghissimo salto, e in un attimo supero la pozzanghera, pronto a sfidare quella seguente. Mi sento invincibile! Ma è troppo presto per dirlo.

Calabroni, vespe, api e altri insetti calano su di noi. Tutta la città ne è invasa. Alcuni soccombono immediatamente, altri scappano, altri cercano di difendersi e aiutano altre persone nel farlo. Uccidiamo molti insetti ma ancora di più sono quelli che arrivano. Stiamo per soccombere tutti, quando un uomo piazza e innesca una bomba che lascia noi illesi ma stermina gli insetti. Ci crediamo salvi, ma subito ne arrivano degli altri a minacciarci: sono tafani, grosse mosche e zanzare, libellule giganti. Dalla strada, al posto degli insetti morti, si sollevano grandi farfalle che spostano verso l'alto la nuova ondata di insetti invasori, sempre più in alto, finché non scompaiono alla nostra vista. Il cielo si oscura all'improvviso e una coltre di nuvole chiude la nostra visuale. Cambia anche l'ambiente, non mi trovo più in città, ma sembra trattarsi di una brughiera, insieme a molte altre persone. Mancano i miei genitori, però. I miei genitori!?!

L'angoscia mi catapulta fuori dalla “Sonda”. Ho disperatamente capito. È la cosa peggiore che un figlio...

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Capitolo 12
*** Emergere ***


Attirato da rumori provenienti dalla camera di Kaidan, Cortez va a controllare e lo trova in piedi, accanto al letto, mentre scariche elettrostatiche circondano la sua figura e una luce biancoverdastra sembra uscirgli dagli occhi e dalla bocca. Spaventato, l'infermiere corre ad avvisare i medici di turno e trova la Chaqwas, con cui ritorna alla stanza per mostrarle ciò che sta accadendo. La scena è incredibile ed inquietante: ora Kaidan, in lacrime, galleggia a mezz'aria ed emette ancora brevi scariche elettriche che illuminano di una luce chiarissima la sua stanza. “I miei genitori sono morti” ripete, come in un mantra, e come fuori di sé. La dottoressa prova a chiamarlo, ma lui sembra non sentirla. Col passare dei minuti la situazione peggiora ulteriormente, ora il biotico sta deformando la gravità della stanza e gli oggetti cominciano ad orbitargli attorno, mentre anche l'aria si sposta intorno a lui come in un vortice. Nell'intero ospedale le luci vanno e vengono e i sistemi di emergenza si inseriscono di continuo. Spaventata, Karin si precipita e spinge Cortez fuori dalla camera; inoltre riesce ad attivare un meccanismo di saracinesche e serrature che isola completamente, ma temporaneamente, la stanza di Kaidan, impedendo a chiunque sia di entrare che uscire. Subito dopo contatta Hackett e gli spiega velocemente cosa sta accadendo; lui la tranquillizza ed invia una squadra “speciale” per arginare e risolvere la situazione. Nei minuti seguenti confusione ed agitazione si impadroniscono dell'ospedale, con personale e degenti che iniziano a spostarsi tra i piani, per capire cosa sta accadendo o per scappare. La stessa Chaqwas si allontana e fa in modo che anche i presenti la seguano, ma la situazione precipita ulteriormente: usando alcune doghe metalliche del letto come lance, dall'interno il biotico riesce a perforare la porta in vari punti, e strattonandole violentemente la divelge. Seguono istanti di buio e silenzio, poi un lieve chiarore sorge dalla camera e ne esce: si tratta di Kaidan, che, ancora luminescente e come fuori di sé, levita e si sposta verso lo sparuto gruppo di persone, intrappolate tra il corridoio da cui sta lentamente uscendo, e un ascensore bloccato per il calo di tensione. Con voce quasi irriconoscibile il biotico continua a pronunciare il suo mantra: “I miei genitori sono morti. Portatemi dai miei genitori”. Poi compie improvvisamente un gesto di stizza e fastidio: si estrae dalla schiena un oggetto e lo contempla incuriosito: è il bossolo di un proiettile al sonnifero, parzialmente vuoto. Alle sue spalle si ode una voce che gli risponde “Prima ti portiamo al manicomio criminale!”. È la voce di Vega, che capeggia la squadra inviata da Hackett. Kaidan si gira e scaglia 4-5 sedie contro di lui e la sua squadra, ma queste si infrangono contro la barriera biotica creata da Jackie, membro della stessa squadra, che gli intima “Non così in fretta, stronzo!”.

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Capitolo 13
*** Chi. O che Cosa. ***


A quel punto il biotico, sull'identità del quale Karin comincia ad avere qualche dubbio, esclama: “Non vogliamo farvi alcun male, umani. Portateci dai nostri genitori!”, e, nel deviare un attacco armato della squadra di Vega, scaglia inavvertitamente un bidone-selfservice d'acqua contro Jackie, che per difendersi lo fa esplodere, e allo stesso tempo si inonda da testa a piedi. La poveretta, vedendo macchie nere, rosse e di vari altri colori sul pavimento e sui vestiti, realizza immediatamente cos'è successo e subito gli grida contro “Il trucco! E la messa in piega! E il vestito! ... Sei morto, mostriciattolo!!” e, tanto imbruttita quanto inferocita, si scaglia contro di lui. Il gruppetto di militari e quello formato da personale e degenti guardano attoniti la scena: la biotica, che sta assomigliando più a una furia infernale che a un essere umano, procede con movimenti sempre più veloci e precisi ad infilzare manualmente Kaidan di siringhe contenenti il sonnifero, e più continua e più i movimenti dell'altro si fanno goffi e lenti, finché non comincia a sbandare, incespica e cade in ginocchio. Anche le scariche elettriche sono scomparse, come la luminescenza e la deformazione gravitazionale che gli faceva turbinare oggetti attorno. Alla fine gli dà una ditata sulla fronte e quello stramazza al suolo, respirando a fatica, mentre lei si allontana: i compagni di squadra, impauriti, fanno ala al passaggio di quella grottesca furia-samurai, ferita nell'orgoglio e nella sua sensibilità di donna... Karin, più compassionevole e pragmatica, si precipita da Kaidan e inizia ad estrargli velocemente le siringe da tutto il corpo (che lo fanno assomigliare a un puntaspilli), nel timore che una dose eccessiva di tranquillanti possa essergli letale. In pochi istanti ritorna la luce in tutto l'ospedale e gli impianti di emergenza si spengono; la dottoressa reagisce prontamente alla situazione, e vedendo ristabilita la normalità richiama a sé alcuni colleghi e dice loro di contattare al più presto la farmacia ospedaliera, il centro dialisi e il reparto di endocrinologia: c'è un potenziale intossicato da salvare. Mentre il biotico viene portato in barella al pronto soccorso, Vega contatta Hackett e gli narra velocemente l'accaduto. L'ammiraglio reagisce in modo molto preoccupato e si lascia sfuggire un “Di già?”, che insospettisce non poco il luogotenente. Poi Hackett chiude la comunicazione richiamando lui e Jackie a rapporto per il giorno successivo.

Contemporaneamente, in rianimazione, l'equipe coordinata dalla dottoressa Chaqwas riesce ad evitare a Kaidan il rischio di un arresto cardiocircolatorio, dovuto alle varie dosi da cavallo di tranquillante che la premurosa Jackie gli ha “somministrato”. Al termine di un procedimento sperimentale, o meglio di emergenza disperata, Karin può affermare rilassata che il paziente è fuori pericolo. Alcune cose, tuttavia non le sono chiare: i valori ematici del biotico, troppo vicini alla norma per aver ricevuto tutti quegli ipnoinducenti in corpo; e uno appena uscito dal coma può già rimettersi in piedi in quel modo; e con un tale incremento di attività biotica; e perché ha usato il pronome “noi”; e chi, o cosa è veramente Kaidan?

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Capitolo 14
*** Rivela ***


 Il turno di Karin sta per terminare, e la dottoressa si sta pregustando il meritato riposo davanti alla macchinetta del caffè della sua corsia: tornare a casa, togliersi le scarpe, alzare un po' gli avvolgibili delle finestre e godersi quelle piccole quotidiane ''normalità'', ora che la guerra è finita... ma un brusio in sottofondo, che poi diventa un frastuono, la riporta alla realtà, che è quella del reparto di Sub-intensiva dove un soporoso Kaidan è stato trasportato nottetempo. La scena che le si presenta la meraviglia e preoccupa: il direttore sanitario dell'Huerta cerca di sbarrare il passo proprio ad Hackett, che alla testa di una piccola pattuglia si sta avvicinando velocemente. Il direttore gli grida che non ci si può comportare così in un ospedale e che è scandaloso che un soldato non abbia rispetto per la sofferenza altrui. L'ammiraglio gli grida a volume ancora più alto che lui si trova lì su ordine del Consiglio e del Ministro di Salute e Igiene interspecie, quindi che vada a rompere i “piedi” da qualche altra parte. Nell'avvicinarsi, Karin nota che sta dando ordini al telefono auricolare e lo sente pronunciare “...sui lati, sopra, sotto, tutti gli accessi, finestre, solai, bocche di areazione, anche i tombini e le fogne!”, il che le fa un gran brutto effetto. Arrivato in prossimità le dà una stretta di mano frettolosa ma sincera, poi le chiede di condurlo alla stanza di Kaidan, “di quello che pensiamo sia Kaidan”. Porta lui e la sua scorta in una stanza singola, piuttosto grande, dove Kaidan sta dormendo profondamente, circondato da macchinari e ancora più intubato di prima. Nel frattempo viene richiamato anche Cortez e ricompaiono Vega e Jackie. Infine entrano Kelly Chambers a Samantha Treynor, più un medico salarian, mai visto prima. La Chaqwas chiede all'ammiraglio cosa sta accadendo e se stanno militarizzando l'ospedale, lui le passa un O-pad dicendole di controllare lei stessa, mentre si sofferma a contemplare dubbioso il viso del maggiore, parlottando con Kelly e il medico salarian. Karin, nel mentre, guarda un video già presente sul display, scaricato da ExtraTube, in cui si vede una sequenza di scene che conosce già: un essere luminescente che galleggia a mezz'aria, illuminando il buio e spostando oggetti senza toccarli. E purtroppo il viso di Kaidan è facilmente riconoscibile. La conclusione è istantanea: qualcuno deve aver ripreso le scene della sera precedente e le ha stupidamente caricate in rete, senza pensare alle conseguenze. E adesso i giornalisti ci stanno gozzovigliando e costruendo montagne di teorie, tanto per lavorare. La dottoressa alza lo sguardo costernato verso Hackett, che le chiede se possono parlare a quattr'occhi, in privato. Dopo aver trovato un angolo relativamente tranquillo, si fa raccontare da lei, per l'ennesima volta, gli eventi della sera prima; e quando la donna gli ripete la frase pronunciata da “quel Kaidan” lui commenta dicendole: “Karin, guarda che i genitori di Kaidan sono morti per davvero”. 

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Capitolo 15
*** Vela ***


La dottoressa Chaqwas restò in silenzio qualche secondo. Chiese ad Hackett di ripeterle la frase, ma lui le diede una spiegazione più esauriente: il padre di Kaidan era scomparso in battaglia durante un conflitto, poco fuori Vancouver, durante gli ultimi assalti dei Razziatori (prima che Shepard desse il via al processo di Sintesi). La morte non era mai stata ufficializzata fino al ritrovamento del cadavere, avvenuto un mese addietro; comunicato poi alla moglie come secondo prassi. Sembrava quasi che la poveretta avesse retto il colpo in modo relativamente buono, ma nella settimana precedente era stata colta da un arresto cardiaco nel cuore della notte, durante il sonno. Queste erano le notizie che gli erano state riportate recentemente, e che lui aveva fatto in modo di filtrare e non fare arrivare al malato, anche grazie alla rete di protezione che circondava la sua stanza d'ospedale.

Durante il racconto Karin si sentiva cadere dalle nuvole, poi prendere dallo sconforto, poi invadere dalla tristezza e infine si sciolse in lacrime mormorando ogni tanto “Quel povero ragazzo!”. Steven, basandosi su queste reazioni, escluse immediatamente un suo possibile coinvolgimento, cosa che del resto riteneva poco probabile a priori. Fece quindi chiamare Cortez, l'altro contatto, insieme a Tali, che il biotico avesse avuto recentemente. Ordinò anche che lo mettessero in comunicazione con l'ammiraglio Quarian.

Steve, assieme alla Traynor, raggiunse i due poco dopo e si prestò all'interrogatorio senza opporre resistenza né lamentarsi, nonostante la contrarietà di Karin, che ricordava la recente appartenenza a una squadra di difesa e resistenza; ma nessuno dei due uomini sembrò curarsi troppo di lei. Innervosita (e stanca) ritornò alla camera di Kaidan. C'era ancora quel dottorino Salarian che lo stava tenendo d'occhio. Il suo intuito femminile la portò a sbuffare e sorridere tra sé e sé, mentre gli dava mentalmente del principiante... Si avvicinò alla finestra e guardò giù: la luce esterna illuminava l'ambiente circostante, compresa una piccola folla di giornalisti e curiosi che si stava assiepando attorno ai cancelli, stranamente chiusi, dell'ospedale. Sentì una presa gentile ma decisa sulla spalla che la stava portando indietro: era Vega, che le diceva “Signora, per favore, si allontani dalla finestra”; un'espressione dura e formale negli occhi. Non mi piace, pensò lei; comunque obbedì cercando di non tradire la sorpresa.

Dopo poco fecero ritorno Hackett, Cortez e Samantha, parevano tutti e tre piuttosto rilassati. Buone notizie, pensò Karin. Nei minuti seguenti la dottoressa cercò una scusa per appartarsi ancora con l'ammiraglio: voleva usare il suo “super intuito” (come lo aveva chiamato Kaidan) per provare a ''leggerlo'' e avere conferma di ciò che stava pensando. La fortuna le prestò aiuto, infatti un ragazzo del reparto di Steven venne ad informarlo che l'ammiraglio Vas Normandy stava atterrando in quel momento sul tetto attrezzato dell'ospedale, e lei colse l'occasione: si offrì di accompagnarlo, e lui accettò. Nell'uscire si volse verso Cortez, lo guardò intensamente e poi pensò: “Steve, ascoltami. So che puoi farlo...”

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