Paure immortali

di DarkSoul001
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Spin-Off ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La notte era calata da un pezzo ormai, il freddo pungente e l'umidità cominciavano a farsi sentire.
Dean stava camminando in mezzo a rovi e cespugli, non sapeva dove si trovasse, tutto ciò che riusciva a vedere erano alberi e oscurità. In ogni caso riusciva a intuire dei segnali di civiltà, intuendo di trovarsi vicino ad un luogo abitato. Presto sarebbe arrivato a casa, presto avrebbe rivisto quella strana famiglia che si era ricostruito negli ultimi anni. Un demone, un angelo, suo fratello Sam e, perché no, una strega approfittatrice. Non vedeva l'ora di poterli riabbracciare, non vedeva l'ora di potergli dire che era tutto finito e che lui era miracolosamente vivo. Amara, la sorella di Chuck, o meglio Dio, se n'era andata. Il mondo era salvo. Esatto il mondo, le persone erano ignare di ciò che era appena successo e nessuno conoscerà mai il nome dei Winchester, nonostante ciò quei due fratelli dagli amici improbabili avevano salvato il mondo dalla distruzione. Un'altra volta.
Un sorriso involontario fece capolino dalle sue labbra. Ora era veramente finita. Niente avrebbe potuto spaventarli ormai.
I pensieri di Dean vennero improvvisamente interrotti da una voce in lontananza. Una voce familiare.
No non era possibile...
Mi hai dato quello di cui avevo più bisogno... voglio fare lo stesso per te.
Le parole di Amara lo fecero bloccare sul posto, riempiendo il suo cuore di speranza.
Non ci credo...
Cominciò a correre nella direzione da cui proveniva quella voce, cercando di costringersi a non illudersi, una piccola parte della sua mente gli diceva che era solo un'illusione, ma Dean non riusciva a darle ascolto.
Arrivò finalmente alla fine di quella distesa di vegetazione e si trovò davanti la persona da cui proveniva quella voce.
Un uomo, dai vestiti logori, uno sguardo smarrito e accigliato che lo stava squadrando da sotto un vecchio cappello blu, che aveva decisamente visto giorni migliori, andò verso di lui con un passo pesante e deciso.
“Dean! Dove diavolo sono? Che diavolo avete fatto voi due idioti questa volta?”
Il sorriso di Dean si allargò a dismisura, e un silenzioso respiro di incredulità, gratitudine e felicità uscì dalle sue labbra. Gettò le braccia in torno al collo dell'uomo, stringendolo a sé, sotto agli occhi confusi dell'altro che però ricambiò l'abbraccio. Una risata di pura gioia gli uscì dal cuore mentre pronunciava il suo nome.
“Bobby!”

 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

 
La macchina stava sfrecciando sotto il sole caldo del pomeriggio. La strada era completamente libera, interrotta da qualche accenno di vegetazione qua e là. La cartina era abbandonata sul sedile del passeggero, insieme ad alcuni resti di cibo d'asporto che giacevano a terra e sul cruscotto. Aleggiava un'aria chiusa e stagnante, testimone del lungo viaggio che stava facendo. Bobby non ci faceva caso, ormai abituato a quella sensazione di chiuso. Era tornato in vita da un mese ormai, ma ancora non si era abituato alla “vita” vera e propria.
Era troppo bello per essere vero, di nuovo sulla terra, di nuovo con i suoi ragazzi, aveva paura che tutto questo potesse finire da un momento all'altro e, anche se non l'avrebbe mai ammesso, la cosa lo terrorizzava.
Aveva bisogno di rendersi conto che era tutto reale, aveva bisogno di tornare ad una vita normale, all'unica vita che conosceva. Aveva bisogno di andare a caccia.
Si sentiva in colpa ad aver abbandonato Sam e Dean, ma in fondo sarebbe stato solo per qualche giorno. Nonostante il tempo passato con loro c'erano momenti in cui credeva ancora che fosse tutto un sogno. Aveva bisogno di un po' di tempo da solo per schiarirsi le idee e convincersi finalmente che fosse tutto reale.
Assorto nei sui pensieri quasi non vide il cartello che indicava la sua uscita. Finalmente era arrivato: Beacon Hills 5km.
La cittadina sembrava abbastanza tranquilla, c'erano molti giovani, le case erano le classiche villette di provincia, ben decorate, con un grande giardino molto curato e almeno due piani. Sembrava tutto perfetto. Poco lontano dal centro della città si poteva vedere un fitto bosco.
Bobby, dopo aver preso una camera in un motel a basso prezzo, si mise uno stretto e scomodo completo provvisto di distintivo del' FBI, e si diresse verso la stazione di polizia del posto.
Aveva visto sui giornali molte leggende su questa città, molte storie. E molte morti. Non sapeva perché nessuno fosse ancora andato a verificare, ma era molto felice della cosa, in quanto gli aveva procurato un caso.
Forse la causa erano quei cacciatori di cui si sentiva parlare, gli Argent. Si diceva fossero specializzati in lupi mannari e avessero scoperto nuovi modi per ucciderli.
Perché complicarsi la vita? Un proiettile d'argento e hai fatto. Idioti sbruffoni.
Appena arrivato alla stazione chiese di poter parlare con lo sceriffo, gli indicarono il suo ufficio, nel quale, però, stava discutendo con un ragazzino, che a quanto pare non si faceva troppi problemi a parlare animatamente con lui. Lo sceriffo Stilinski, così avevano detto si chiamasse, non sembrava rimproverarlo come un'agente di polizia farebbe con un delinquente, ma più come un padre esasperato farebbe col foglio.
L'agente con cui Bobby aveva parlato bussò per avvisarlo del suo arrivo. Il cacciatore sotto copertura osservò attentamente le reazioni dei due, che si guardarono dubbiosi e, non poté esserne sicuro, ma gli sembrò di scorgere della paura nei loro occhi. Si girarono verso di lui e lo squadrarono attentamente, mentre lo sceriffo aveva uno sguardo autoritario e sicuro di sé, anche se un po' preoccupato, il ragazzo aveva il terrore che gli si leggeva in faccia, e distolse velocemente lo sguardo dicendo qualcosa al capo della polizia. Quest'ultimo gli intimò di uscire e fece ceno a Bobby di entrare. Lui si avvicinò alla porta potendo sentire le ultime parole che, ormai ne era sicuro, il padre del ragazzo gli disse prima che se ne andasse definitivamente.
“Vai Stiles e lasciami fare il mio lavoro!”
Il ragazzo uscì. Aveva uno sguardo indagatore, ma di certo non si poteva essere intimiditi da lui. I capelli erano corti e castani, come gli occhi, fisico non molto atletico, quasi mingherlino. Era un ragazzo che ispirava simpatia al primo sguardo, non sembrava essere una minaccia, e sicuramente nulla di soprannaturale, Bobby lo fissò attentamente prima accomodarsi sulla sedia di fronte alla scrivania.
“Prego si sieda, cosa posso fare per lei?” lo sceriffo si dipinse un sorriso di circostanza sulle labbra, ma il cacciatore riusciva ancora a intuire un accenno di sospetto. I suoi occhi, più chiari di quelli del ragazzo, tendenti al verde, non smettevano un secondo di studiarlo.
“Vorrei farle alcune domande sugli eventi accaduti recentemente”
“Sì, è stato un periodo movimentato, ma ce la stiamo cavando piuttosto bene al momento” La voce dello sceriffo era tranquilla e controllata, ma si poteva cogliere una nota di sconforto, come se non vedesse l'ora che quell'uomo burbero e invadente se ne andasse dal suo ufficio.
“Quindi ci sono state diverse morti nella sua città e non avete trovato il colpevole, ma la cosa non la preoccupa?”
“Non c'era alcun colpevole da identificare, quelle morti possono essere state causa solo di un animale, nessun essere umano avrebbe potuto fare una cosa del genere” una risata forzata gli uscì dalle labbra, mentre lo sceriffo si chiedeva se non avesse esagerato.
Bobby alzò un sopracciglio sospettoso “E che tipo di animale ne sarebbe capace, invece?”
Il sorriso dell'altro si abbassò lentamente, mentre pensava ad una buona risposta da dare a quel federale, che aveva più un aspetto da cacciatore di taglie.
“Non saprei, di questo se ne occupa la protezione animali...” sul suo volto era sparito ogni segno di disponibilità, si era fatto più serio.
“Capisco... avrò bisogno dei file di tutti gli omicidi”
Dopo un attimo di tensione Stilinski sembrò rilassarsi.
“Certo nessun problema, PARRISH!”
Un uomo giovane, con un volto che sembrava non aver ancora abbandonato del tutto quell'aria infantile, ma dallo sguardo deciso e sicuro di sé, entrò nella stanza, guardando il suo capo con aria preoccupata.
“L'agente... scusi agente?”
“Smith” rispose velocemente Bobby, con fare superficiale.
“L'agente Smith ha bisogno dei fascicoli sui casi... della Bestia” il ragazzo alzò le sopracciglia, aprendo la bocca per ribattere, ma lo sceriffo lo fermò, con un semplice sguardo. Doveva avere un grande rispetto dai suoi sottoposti.
“La Bestia?” chiese Bobby quando l'agente se ne fu andato.
“Sì l'abbiamo soprannominato così, non c'era altro modo per descrivere un essere capace di tali crimini”
Bobby uscì dalla centrale con tutto il materiale di cui aveva bisogno, ma molte più domande che risposte.
Perché lo sceriffo era stato così evasivo? Era coinvolto in qualche modo? E quel ragazzo, Stiles, certo non sembrava brillare di intelligenza, che fosse a causa sua? Magari era entrato in possesso di qualche oggetto maledetto, o scatenato qualche creatura.
Stupidi ragazzini.
In ogni caso, come poté constatare poco dopo lui stesso dai verbali, le morti erano definitivamente cessate da un momento all'altro. Che ci fosse stato un altro cacciatore nei paraggi? No, l'avrebbe saputo, conosceva quasi tutti i cacciatori in attività. Certo essere morto per qualche anno forse gli aveva fatto perdere un po' di contatti, ma riteneva improbabile che un altro cacciatore fosse intervenuto, non aveva prove concrete, ma il loro passaggio in una cittadina del genere non poteva essere stato ignorato. Anche se si fosse trattato degli Argent.
Ma allora perché quegli omicidi si erano interrotti così all'improvviso?
Dopo qualche ora passata al computer e in biblioteca Bobby decise di recarsi, in veste di agente, alla scuola della città, dove sembravano originarsi tutti quegli eventi inspiegabili.
Parlò con alcuni studenti per sapere se avessero visto qualcosa di strano o inspiegabile, ma tutti negarono con decisione. La velocità con cui lo liquidavano però era esagerata e inquietante, in quanto, non appena Bobby cominciava a chiedere cose che accennassero solamente al soprannaturale, tutti si chiudevano in sé stessi, non guardandolo più negli occhi, e cercando di sviare la conversazione o di evitarla completamente. Certo un uomo grosso e minaccioso come lui di sicuro li intimoriva, ma non a tal punto.
“Cos'hai fatto alla mano?”
“Oh... niente mi sono tagliato...”
era una domanda di routine ormai, quasi tutti i ragazzi della scuola avevano una fasciatura alla mano, alcuni addirittura ricoperta di sangue, che si preoccupavano bene di coprire il più possibile.
In quel posto stava succedendo qualcosa di strano.
Dopo molte ricerche a vuoto riuscì finalmente a trovare qualcuno che non sembrava aver paura della propria ombra. Un ragazzo, sicuro di sé e che tutti guardavano impauriti, cercando di non avvicinarcisi troppo, riuscì a dargli qualche risposta soddisfacente.
“C'è qualcosa di strano in questa città. Eventi inspiegabili, omicidi irrisolti, esseri che si aggirano fra di noi come se fossero esseri umani, ma che in realtà nascondono un mostro dentro di loro”
“Di cosa stai parlando? Come se fossero posseduti?”
“No come se fossero... anzi sono... dei lupi mannari”
Bobby aggrottò le sopracciglia e, per una volta, si trovò in difficoltà a credere alle dicerie cittadine.
“So che sembra assurdo” disse il ragazzo, vedendo la sua espressione “Ma lei deve credermi! Ci sono dei mostri in questa città! Scott McCall è il loro capo, Liam, Kira, Lydia, fanno tutti parte della stessa specie”
Bobby si segnò i nomi che disse il ragazzo, ma senza troppe speranze, così tanti lupi mannari avrebbero già ucciso mezza città.
“Va bene... ti ringrazio, continuerò ad indagare”
“Faccia pure le sue ricerche, vedrà che arriverà alla nostra stessa conclusione”
“Nostra?” Bobby non fece in tempo ad avere una risposta che il ragazzo si era già defilato.
Lupi mannari? E come era possibile? Gli omicidi erano avvenuti anche nelle notti in cui non c'era la luna piena, e nessun cuore era stato strappato alle vittime. Che fossero vampiri? No anche questo era impossibile, c'era ancora sangue nei loro corpi. Allora che creatura poteva essere?
Trovandosi senza altre piste, il cacciatore andò a cercare questo “capo” di cui aveva parlato il ragazzo. Lo trovò facilmente, e si avviò verso casa sua.
Era una normalissima casa come se ne vedevano tante in città, ma ormai la cosa non faceva più dubitare Bobby, che per troppi anni aveva visto normalissime famiglie venire uccise da demoni e mostri.
Suonò al campanello e un ragazzo giovane e di bell'aspetto, dai capelli folti e scuri e gli occhi taglienti gli aprì la porta. Non troppo, solo di uno spiraglio.
“Salve sono l'agente Smith...” tirò fuori il distintivo distrattamente, ormai era diventata un'abitudine.
“Vorrei parlare con Scott McCall” il ragazzo alzò le sopracciglia e, dopo un attimo di esitazione, fece entrare lo sconosciuto, che cominciò subito a studiare l'ambiente.
Come si aspettava la casa non aveva segni particolari: un ampio salotto, una cucina di cui non aveva la piena visuale, e una scala che portava al piano di sopra, dove probabilmente si trovavano le camere da letto. Il ragazzo sembrava un po’ nervoso, ma non esageratamente. Come lo sarebbe stata una persona normale ritrovandosi un federale in casa insomma.
“Sono io Scott, cosa posso fare per lei?”
“Reggi questo un attimo ragazzo” gli porse un normale cucchiaio. Lo sapeva non era la cosa più professionale al mondo, ma la scelta era fra quello e una pallottola d'argento, quindi dovette accontentarsi. La mano di Bobby era già pronta ad estrarre la pistola, ma tutto quello che ottenne fu uno sguardo confuso e sempre più sospettoso, ma decisamente meno preoccupato.
Quindi non era un lupo mannaro. Ah lo sapevo. Che palle.
Il cacciatore riprese il cucchiaio, cercando di sorridere, in un modo che risultò troppo forzato anche per i suoi standard.
“Allora... vivi da molto qui?”
“Da sempre, ci sono nato e cresciuto”
“E hai mai notato niente di strano?”
Il ragazzo sembrò pensarci per qualche istante prima di rispondere.
“E' sempre stata una città strana, dovrebbe essere più specifico” Un sorriso innocente si formò sulle sue labbra, ma lo sguardo restò concentrato.
“Omicidi Scott, parlo di omicidi. Hai notato niente di sospetto?”
Alla schiettezza di Bobby il ragazzo rimase leggermente sconcertato ma si riprese velocemente.
“Non saprei... sì sono state cose orribili, ma io non centro, non capisco perché sia venuto da me a fare queste domande”
Si stava mettendo un po' troppo sulla difensiva? I suoi occhi si erano fatti decisamente più seri.
“Vedi Scott...” Bobby venne improvvisamente interrotto da un rumore proveniente dalla cucina. Il ragazzo sospirò, quasi se l'aspettasse, mentre l'altro rimise velocemente la mano alla pistola, ma prima che potesse agire, una voce conosciuta dichiarò la sua presenza.
“Scusate, colpa mia” Il figlio dello sceriffo fece capolino nella stanza, con le mani alzate, in una delle quali si trovava una pentola, la probabile origine del rumore.
“Non volevo interrompere, continuate pure”
A quel punto anche a Bobby sfuggì un sospiro esasperato.
“Perché non ti unisci a noi... Stiles giusto?”
Il ragazzo fece per dire qualcosa e, dopo aver gesticolato qualcosa di incomprensibile, si avvicinò a testa bassa.
“Sì signore”
Si vedeva che era familiare con l'idea di autorità.
Per scrupolo Bobby fece il test anti-lupo mannaro anche a lui, ovviamente senza successo.
“Sapete qualcosa sugli omicidi?”
“No”
“Avete visto qualcosa?”
“No”
“Avete qualche sospetto?”
“No”
Bobby a un certo punto si spazientì, aveva fatto buon viso a cattivo gioco anche troppo a lungo.
“Ok, se non sapete niente allora come mai nella vostra scuola tutti i ragazzi hanno un taglio su una mano, e sembrano dei coniglietti impauriti, mentre i pochi con un po’ di spina dorsale vi accusano di essere lupi mannari?”
I due ragazzi sbiancarono, si scambiarono uno sguardo preoccupato. Il primo a parlare fu Stiles
“Be sa come sono i ragazzi di adesso, si inventano storie sempre più assurde e… per non parlare del bullismo! Una volta ci si limitava a rubarsi i soldi della merenda, se lo ricorda? Oddio non so in quale epoca lei sia andato a scuola, ma a me i ragazzi più grandi facevano così, insomma ovviamente ero uno di quelli preso di mira, probabilmente perché non ero molto bravo negli sport, ora faccio lacrosse, sa è…”
“Stiles!” Scott lo interruppe bruscamente, l'altro rimase qualche secondo con la bocca aperta, guardando prima il suo amico, poi l'agente, per poi richiuderla, mimando la chiusura di una zip su di essa, che però si aprì poco dopo per dare voce ad un flebile “Scusi”
Bobby rimase perplesso per qualche secondo, la quantità di parole che uscivano dalla bocca di quel ragazzo senza che avesse la necessita di recuperare ossigeno l'aveva sconvolto.
Odio i ragazzini
Aveva bisogno di una pausa da tutto questo, il prima possibile.
“Bene... cercherò di... raccogliere altri dati e mi terrò in contatto, buona giornata”
Il cacciatore evase da quella casa per rifugiarsi nel bar più vicino e sfogare tutta la sua frustrazione in una birra.

 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ 

 
“Allora Bobby, come procede da quelle parti?”
La voce dei suoi ragazzi al telefono era rassicurante, e sfogarsi con loro della pessima giornata lo aiutò.
“Un vicolo ceco, non capisco con cosa ho a che fare e tutti sembrano non saperne niente, anche se c'è di sicuro qualcosa di strano”
“Vuoi che veniamo a darti una mano?” era la voce di Sam che parlava, e Bobby riusciva già ad immaginarsi lo sguardo rimproverante di Dean.
Non è un bambino, sa cavarsela da solo!
Un sorriso spuntò sul volto burbero del cacciatore, ma la sua risposta uscì ugualmente scontrosa come al solito
“Per un lupo mannaro? No mamma non serve che vieni fin qui”
“Dove sei esattamente? Quando sei partito non ci hai dato molte informazioni”
“Il posto si chiama Beacon Hills, sembra una città normale, ma tutt'altro che tranquilla. Ci sono stati molti omicidi e penso che anche lo sceriffo sia coinvolto” il suo pensiero tornò a quello strano ragazzo che aveva conosciuto poco prima, Stiles, se il padre fosse stato coinvolto sicuramente anche lui doveva centrare qualcosa
“...ma forse mi sbaglio, voi avete trovato qualcosa da fare?”
“No nulla” la voce di Dean era particolarmente seccata e annoiata
“Be godetevi questo momento di pausa, di solito le nostre vacanze non durano molto”
“Parlò l’uomo che ha passato gli ultimi mesi a bere whisky in paradiso”
“Idiota”
la telefonata si chiuse lì. Il cacciatore finì la sua birra e uscì dal locale.
L'aria frizzante della sera gli punzecchiava il volto, la luna era composta solo da un piccolo spicchio che, nonostante la luce dei lampioni, era incorniciata da una miriade di stelle.
Be, se si tratta di lupi mannari questa sera non si faranno vedere.
Cominciò a camminare per la città. La sua meta era il motel, ma senza volerlo si ritrovò a girovagare in mezzo ai negozi e alle casette a schiera.
Pensò al caso, ai diversi tasselli che non volevano unirsi in un unico puzzle sensato. In realtà nemmeno ne aveva di pezzi, l'unica cosa di cui era certo era la presenza di cadaveri squarciati e ridotti a brandelli. Poteva essere qualsiasi creatura, e nessuno sapeva dargli informazioni utili. Forse aveva semplicemente sbagliato pista. Doveva tornare al punto di partenza, parlare con le famiglie delle vittime e...
“Kira no!”
Una voce forte, quasi come un ruggito, attirò la sua attenzione. Andò nel vicolo da cui sembravano provenire le urla e si trovò di fronte la più strana e inquietante scena che avesse mai visto. Una ragazza giovane, probabilmente cinese o giapponese, stava letteralmente andando a fuoco, e si stagliava sopra a tre ragazzi impauriti, il più grande dei quali teneva un misero coltellino in mano, che al confronto con la katana che impugnava lei sembrava quasi ridicolo.
Insieme a lei c'erano il ragazzo con cui aveva parlato quel pomeriggio, Scott, e un altro tipo, capelli lunghi, anche se con un'elegante piega che li teneva indietro, e chiari, quasi ramati. La corporatura era abbastanza possente per la sua età ma il suo viso aveva ancora un'aria infantile.
Bobby stava per intervenire, la pistola già alla mano, quando Scott si frappose fra la ragazza, Kira probabilmente, e i tre idioti che dovevano aver cominciato quel... aggressione? Inutile prova di coraggio che si sarebbe trasformata in morte certa? Non sapeva come definirli se non idioti. Ma il suo sguardo non era concentrato su di loro, bensì sul ragazzo che con un ruggito profondo si era fatto spuntare due canini enormi e i suoi occhi erano diventati rossi e inquietanti. La ragazza si calmò improvvisamente e sembrò rendersi conto solo in quel momento di quello che stava accadendo. I tre idioti corsero via più veloci del vento e Scott si girò preoccupato verso di loro. Fu a quel punto che, con la coda dell'occhio vide il cacciatore, la pistola puntata su di loro, e lo sguardo più confuso e irritato di cui fosse capace. Si avvicinò a loro, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa i tre avevano già cominciato a correre in tre direzioni diverse, nemmeno si fossero messi d'accordo.
Bobby guardò le tre direzioni sconsolato, avendoli già perso di vista e si ritrovò di nuovo da solo, sotto le stelle, con sempre più domande e nessuna risposta.
“Che palle!”
 

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

 
Erano passate alcune ore, ovviamente le ricerche per la città e a casa del ragazzo erano state vane, e Bobby se ne stava tornando abbattuto al motel. Non riusciva a capire cosa fossero quegli esseri. Non potevano essere lupi mannari. Forse degli dei? No anche quello era impossibile. Delle strane creature di cui lui non aveva mai sentito parlare? Ormai erano poche quelle che non conosceva.
Non potevano essere lupi mannari. Non potevano...
Bobby scosse la testa che quasi gli faceva male, fece per mettere la chiave nella serratura, quando sentì uno strano rumore provenire dall'interno della stanza. Non era un suono forte, ma il cacciatore esperto riuscì comunque a coglierlo. C'era qualcuno in casa.
Aprì rumorosamente la porta, tenendo la pistola con l'altra mano. Entrò apparentemente tranquillo, facendo credere all'intruso di essere ignaro della sua presenza. Accese la luce e si aspettava di trovare la camera sottosopra, invece era ben ordinata, niente sembrava essere stato toccato.
Figlio di puttana sei bravo.
A quel punto Bobby alzò la pistola e controllò tutti gli angoli della stanza con cautela. Prima di riuscire ad arrivare al bagno una voce calma e matura uscì proprio da quella stanza.
“Proiettili d'argento? Sei rimasto un po' indietro con i tempi”
Il cacciatore aggrottò le sopracciglia.
“Chi sei?”
Dal bagno uscì una figura alta, sicura di sé, gli occhi azzurri trasmettevano uno sguardo criptico, da persona che avrebbe potuto facilmente ucciderti o salvarti la vita. Impugnava una pistola che teneva puntata sul cacciatore.
“Chris Argent” rispose pacatamente l'uomo “E tu saresti?”

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


“Sei un cacciatore”
la voce di Bobby era secca e con un tono di rabbia che non sfuggì all'altro.
“Non hai risposto alla mia domanda” rispose Argent sorridendo, ma non c'era niente di allegro nel suo sguardo. Entrambi gli uomini avevano ancora le armi puntate l'uno sull'altro, nessuno dei due accennava a dare un briciolo di fiducia o a fare la prima mossa per dimostrare le sue buone intenzioni.
“Agente Smith”
Rispose Bobby dopo qualche minuto
“Certo... be Agente mi potrebbe spiegare perché ha pallottole d'argento, un machete, sale e si può sapere a che diavolo ti servono le bombolette spray?”
L'altro continuava a fissarlo, incerto sul da farsi.
“Come uccidi un vampiro? Argento o paletto nel cuore?”
L'uomo lo guardò incuriosito, ma senza perdere il suo sguardo tagliente
“Non ne ho mai ucciso uno ma ho sentito dire che gli si taglia la testa”
I due rimasero in silenzio per un po'. La situazione stava diventando ridicola. Continuavano a fissarsi, a studiarsi, ma nessuno dei due accennava ad un minimo di buon senso.
Che palle
Bobby abbassò la pistola, quasi troppo velocemente infatti la reazione di Argent fu quella di alzare la propria.
“Senti se vuoi spararmi fai pure, sono già morto un paio di volte, basta che prima mi dici che diavolo sta succedendo in questa diavolo di città”
L'altro rimase quasi sconcertato da questa reazione, ma il cacciatore non gli aveva dato altra scelta. Anche lui abbassò l'arma e fece un sospiro per scaricare la tensione.
“Vuoi una birra?”
I due si ritrovarono sul tavolino di quel lurido motel, a sorseggiare una birra troppo calda e decisamente di bassa qualità ma l'unica a portata di mano. Nessuno dei due aveva completamente abbassato la guardia, testimone il fatto che le pistole si trovavano entrambe ancora a portata di mano, ma almeno la conversazione aveva una parvenza di normalità. Anche se l'argomento di cui stavano discutendo era tutto tranne che normale.
“Una nuova specie di lupi mannari?”
Argent si era aspettato una reazione più di sorpresa e di sgomento, invece dal tono di voce dell'altro sembrava solo che la cosa gli desse fastidio, come l'ennesima rogna che veniva a bussare alla sua porta.
“Sì, non so perché si siano evoluti in questo modo, né come ma da qualche decennio a questa parte popolano alcune zone. Sono sparse in tutto il mondo ormai, ma sono piccoli gruppi, per questo la maggior parte dei cacciatori non ne è al corrente. In più molti sono pacifici, riescono a controllarsi molto più facilmente. Questo l'ho scoperto a mie spese” Lo sguardo dell'uomo si staccò da quello dell'altro. Fino a quel momento entrambi avevano continuato ad osservare ogni movimento, ogni battito di ciglia, ma per un secondo, Argent diventò vulnerabile. Forse nemmeno se ne accorse ma Bobby sì, e si chiese automaticamente quale persona cara avesse perso. Il secondo passò e il cacciatore tornò a puntare gli occhi su quello che per lui era ancora l'agente Smith.
“A differenza della prima generazione di lupi questi si possono trasformare a loro piacimento, con la luna piena diventano meno consci della loro... umanità direi, ma crescendo riescono a controllarsi. Possono anche cambiare di grado...”
Questo attirò finalmente l'attenzione di Bobby che per la prima volta da quando era iniziata la conversazione sembrava genuinamente sorpreso.
“Hanno una loro piccola cerchia di Alfa e Beta. Per diventare un Alfa devi uccidere un altro Alfa, e per diventare un Beta devi farti mordere da un Alfa”
“Frena, frena, mi stai dicendo che esistono più Alfa? Come è possibile? Ogni creatura possiede un solo Alfa”
Questa volta era Argent ad essere confuso. Bobby roteò gli occhi.
Dopo sono io quello antiquato.
“Vampiri, lupi mannari, muta-forma, ognuno ha un Alfa, un'originale possiamo dire, sono stati creati da quella che chiamano La Madre, era rinchiusa nel purgatorio, poi è stata liberata… è una lunga storia”
“...Purgatorio? Stai scherzando vero?”
“Dove pensavi finissero quegli esseri una volta uccisi? L'inferno è riservato a noi umani”
“...Inferno?”
Bobby rimase a bocca aperta. Certo avrebbe dovuto aspettarselo da uno che si stupiva della presenza di una bomboletta fra gli oggetti presenti nel “Kit del perfetto cacciatore”
“Hai vissuto fra le nuvole fino ad ora principessina. Inferno purgatorio e paradiso. Pacchetto completo insomma, e da ognuno di essi escono dei figli di puttana che uccidono e torturano le persone”
“Anche dal paradiso?”
“Oh quelli sono i peggiori”
Lo sguardo di Argent era sempre più confuso, si vedeva che avrebbe voluto chiedere altre informazioni, ma cambiò idea, o forse non ne ebbe il coraggio.
“Allora i tuoi Alfa... quando muoiono non può essere che qualcun altro ne prenda il posto?”
“Impossibile. Ne ho visto morire uno, i suoi figli l'hanno semplicemente pianto, nessuno ha preso il suo posto”
“Come lo sai?”
“Ho i miei informatori”
“... chi sei tu?”
Bobby rimase un attimo interdetto prima di ricordarsi di non avergli ancore detto il suo nome
“Bobby Singer”
Argent lo osservò per qualche secondo, quasi aspettandosi che l’altro continuasse.
“Sei un cacciatore esperto?”
“Fra i migliori sulla piazza” commentò, bevendosi l’ultimo sorso di birra, finalmente un po’ più tranquillo.
“Allora passiamo alle cose importanti, con cosa li uccido?”
Argent tornò immediatamente sulla difensiva, automaticamente mise la mano sulla pistola, e vedendolo Bobby dovette trattenersi per non emettere un forte respiro di frustrazione
Non si può mai stare tranquilli
Mise anche lui la mano sulla pistola, pronto ad ogni evenienza.
“Quei ragazzi sono sotto la mia protezione, ti impedisco di fargli del male”
la voce era tornata fredda e tagliente, la voce di un assassino.
“Molte persone sono morte, meritano di avere giustizia”
“Non sono stati loro, anzi è proprio grazie a loro se non ne sono morte altre”
Il cacciatore alzò un sopracciglio, mantenendo però la mano sull'arma.
“C'era questa creatura, la bestia, è stata colpa sua, e in ogni caso ora è morta. Non c'è bisogno di altri cacciatori qui”
“Che mi dici dei ragazzi a scuola? Della gente che dice di aver visto delle creature non umane?”
La mandibola di Argent si indurì, e una velocissima ondata di paura attraversò il suo sguardo
“Esattamente quello che ho detto: di cacciatori ce ne sono anche troppi”
 
 
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Il sole stava cominciando a salire nel cielo, la rugiada copriva ancora l'erba dei giardini e le foglie degli alberi.
Bobby era già in piedi, si stava preparando per l'appuntamento che si erano dati lui e Argent la sera prima.
Lui gli aveva raccontato tutto: di come questa sensazione di paura si stava diffondendo nella città, di suo padre che aveva iniziato questa lotta insensata contro tutti i lupi mannari, pericolosi e non, e di come la gente lo aveva seguito facilmente e senza fare troppe domande, persino i ragazzini. Soprattutto i ragazzini. Gli raccontò anche di questo loro alleato, uno studioso, che ora lavorava come veterinario. Era stato in viaggio per qualche settimana ma ora era tornato con delle novità. Bobby era lusingato che il cacciatore avesse voluto condividerle con lui, ma non troppo. Alla fine non gli aveva detto come uccidere questi lupi mannari 2.0. Ovviamente Bobby ci aveva impiegato pochi minuti a scoprirlo da solo, e quella mattina stessa aveva trovato il modo di procurarsi dello strozza-lupo, ne aveva ordinato una pianta da un economico sito che sembrava abbastanza affidabile. Non che volesse fare del male ai ragazzi, ma essere preparati era sempre la cosa migliore.
Arrivò davanti alla clinica veterinaria. Finalmente era libero di vestirsi comodamente, con una vecchia maglietta, una camicia a quadri, rigorosamente di flanella, e una giacchetta verde scuro. E ovviamente il suo inconfondibile cappello.
Argent era già lì davanti, e non dovettero aspettare molto l'arrivo del dottore.
Era un uomo alto, con un viso decisamente più simpatico e piacevole di quanto si aspettasse, gli occhi e la pelle scura. Si avvicinò al negozio, con passo sicuro e gli passò accanto quasi senza notarlo.
“Tu devi essere Bobby”
Con lui c'erano due volti familiari: Stiles e Scott.
“Hey, ci si rivede” era il figlio dello sceriffo a parlare. Aveva un'aria molto più tranquilla, ma bastò che Bobby si accigliasse appena per farlo tornare il ragazzino impaurito che aveva conosciuto.
Entrarono tutti nella clinica. Alan Deaton, così aveva detto di chiamarsi il veterinario, estrasse una tavoletta dalla vecchia borsa logora che doveva aver attraversato il mondo intero col suo proprietario. Su di essa era inciso un disegno incomprensibile. Era una semplice linea incisa, che formava diverse curve conche e convesse. La tavoletta sembrava spezzata, e la rottura tagliava quelle linee apparentemente senza senso. Forse con l'altra metà si sarebbe potuto intuire il disegno finale.
“Questo è tutto quello che hai trovato?” la voce di Scott era quasi delusa. Erano al punto di partenza.
“E' già un miracolo che sia riuscito a recuperare questa, non sai cosa ho dovuto affrontare” un tono di rimprovero involontario sfuggì al veterinario, che però non sembrava arrabbiato col ragazzo. Aveva un comportamento quasi paterno con lui.
Stiles si trovava sul lato opposto rispetto al resto del gruppo e continuava a studiare quegli strani segni, osservandoli da diverse angolazioni.
“Guardate, da qui sembra avere una forma più definita... sembrerebbe quasi un volto”
gli altri voltarono la testa simultaneamente, osservandolo dalla stessa angolazione del ragazzo e, anche se con un po' di difficoltà riuscirono a intuire il profilo di un volto umano.
“Bene, e questo come ci aiuta?” la voce di Bobby era scontrosa come al solito. Guardò i volti degli altri presenti, ma si bloccò quando vide quello di Deaton. Gli occhi spalancati, la bocca socchiusa, quasi terrorizzato, fissava la tavoletta e quando anche gli altri si accorsero del suo sguardo calò un silenzio gelido nella stanza. Deaton si accorse degli sguardi puntati su di sé e, senza togliere il proprio dalla tavoletta sussurrò
“Anuk-ite”
Quel nome non aiutò gli altri a distogliere la nebbia che avevano davanti. Nemmeno Bobby sapeva cosa fosse.
“E' una creatura...” rispose il veterinario alla muta domanda degli altri
“... divisa in due. Si impossessa degli esseri umani, o meglio gli uccide e indossa i loro corpi, letteralmente, ed essendo da sempre separata dalla sua altra metà, la cerca senza sosta. Che io sappia le due metà non si sono mai incontrate, quindi se dovesse succedere... penso che su tutta la terra non esista una sola arma o creatura in grado di fermarlo”
Scott serrò la mascella, spostando lo sguardo dal suo interlocutore alla tavoletta, Argent aggrottò la fronte, ancora insicuro sull'affidabilità di quelle affermazioni, o almeno con la speranza che non fossero vere. Stiles per poco non svenne, ma la determinazione nel suo sguardo faceva intuire che non avrebbe mai rinunciato ad uccidere quel mostro.
“Be, tutto qui? Avanti principessine è un mostro, e come tutti i mostri può essere ucciso”
Tutti si girarono verso Bobby, che sembrava tutto tranne che sconvolto o spaventato.
“Sì forse riusciremo a trovare un modo... ma devi capire che quest'essere è inavvicinabile. La sua arma è la paura, scopre la cosa che temi di più al mondo e la usa contro di te”
“E' vero” era Argent che aveva interrotto il veterinario “Ho visto di cosa è capace. E' praticamente impossibile avvicinarglisi”
“Nessuno ha detto che sarebbe stato facile ma, e lasciatevelo dire da chi si è ritrovato faccia a faccia col diavolo, non sarà di certo impossibile”
“Il diavolo?” la voce acuta di Stiles attirò l'attenzione di tutti “Tipo... il diavolo quello vero? Con corna e forcone?”
“No quello di Disneyland, con lecca-lecca e gelato”
Il ragazzo fece per ribattere, ma si fermò vedendo lo sguardo severo del cacciatore. Dio, quel tipo gli metteva una paura assurda. Ormai credeva di essersi abituato ai cacciatori e al loro modo di fare, ma Bobby era su tutto un altro livello.
“Allora, come procediamo?” Scott si dimostrò subito un vero e proprio Alfa. Cercò di prendere in mano la situazione e pensare ad un piano d'attacco, sotto gli occhi incuriositi di Bobby, che non avrebbe scommesso un penny su quel ragazzo. Invece si rivelò autoritario e sicuro di sé.
Lentamente si sarebbe reso conto che aveva giudicato male tutte le persone con cui era entrato in contatto fino a quel momento.
“Prima di tutto dobbiamo trovare un modo per uccidere questa cosa, Deaton ci puoi pensare tu?”
“Certo”
“Anche io vedrò di riuscire a trovare qualcosa” si mise in mezzo il vecchio cacciatore, sotto lo sguardo leggermente offeso dell'altro
“Bene, Argent ho bisogno che tu faccia un'altra cosa per me” lo sguardo dell'uomo divenne improvvisamente serio “Avremo bisogno di alleati... avremo bisogno di altri lupi”
L'uomo alzò un sopracciglio, chiedendosi di chi stesse parlando.
“Ti riferisci a Derek?”
Stiles alzò improvvisamente lo sguardo a quel nome, e un misto di felicità e terrore si materializzò sul suo volto, dando vita ad un'espressione a dir poco bizzarra.
“Sì...” rispose lentamente Scott “Ma non basterà”
Gli occhi di Argent si spalancarono immediatamente
“No!”
“Ma potrebbero aiutarci”
“Ho detto di no... aspetta potrebbero? A chi altro pensavi oltre che Peter?”
il ragazzo esitò, aspettandosi un'altra reazione esagerata. Fu Stiles che capì per primo a chi l'amico si riferisse.
“Deucalion”
Argent ebbe esattamente la reazione che il ragazzo si aspettava
“No no no, mi rifiuto di supplicare quei due esseri di aiutarci!”
“Non dovrai supplicarli, Deucalion sarà di sicuro disponibile ad aiutarci, mentre Peter...” sembrò pensarci per qualche secondo, forse più che trovare una soluzione adeguata stava pensando alle parole da usare
“Per lui c'è Malia”
Stiles alzò un sopracciglio
“Vuoi ricattarlo? Peter? Ti azzannerebbe alla gola ancora prima che tu riesca a dire il suo nome”
“Non voglio ricattarlo, voglio che lei lo convinca”
il ragazzo sembrava ancora dubbioso, lanciò un'occhiata ad Argent che ricambiava i suoi dubbi.
Bobby li osservava, sentendosi sempre più estraniato dalla conversazione, Deaton lo notò e si avvicinò a lui, parlando piano per non interrompere la discussione in atto.
“Derek e Peter sono lupi mannari, della famiglia Hale. Sono gli unici rimasti, il primo abbastanza controllabile, mentre il secondo... imprevedibile e violento, ma è il padre di Malia, ragazza altrettanto imprevedibile ma decisamente dalla nostra parte”
“E del terzo che mi dici?” Rispose Bobby grato all'uomo di avergli dato qualche dettaglio in più
“Deucalion...” Un sospiro uscì dalle sue labbra e al cacciatore non piacque per nulla “E' complicato... aveva questa malsana idea di creare un branco formato da soli Alfa e per raggiungere questo scopo uccise molte persone, e molti branchi”
“Persone amichevoli insomma”
il veterinario gli sorrise debolmente, e ancora una volta si stupì della mancanza di reazioni esagerate sul volto corrucciato dell'altro. Certo non poteva sapere che per lui lavorare con le creature peggiori sulla faccia della terra era diventato pane quotidiano.
“E va bene!” era la voce di Argent che mise fine alla discussione.
“Andrò a cercarli, ma non ho intenzione di chiedere il loro aiuto più di una volta”
Scott annuì, grato all'amico sapendo quanto gli costasse chiedere aiuto, e soprattutto chiederlo a loro.
“Bene, se voi ragazzine avete finito di bisticciare, possiamo procedere?”
 
 
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Trovare Peter non fu così difficile come si aspettava. Del resto non si stava esattamente nascondendo. Si era comprato un'enorme villa nella periferia di Beacon Hills con tanto di piscina e, a quanto poteva intuire da quel poco che riusciva a scorgere dal vialetto, una nuova e probabilmente ridicolmente costosa auto.
Argent pensò per qualche secondo di scavalcare quell'enorme cancello ed entrare con la forza, ma una casa del genere non poteva non essere provvista di un degno allarme. Combattendo contro il suo orgoglio decise infine di suonare il campanello. Una voce profonda e minacciosa rispose al citofono e, nonostante fossero le quattro passate, aveva ancora un'aria assonnata.
“Che vuoi?”
il cacciatore si avvicinò maggiormente alla videocamera che aveva notato solo in quel momento.
“Solo parlare”
“... non sono in casa” Peter stava già per allontanarsi dalla cornetta, quando quattro semplici parole riuscirono ad attirare la sua attenzione
“Si tratta di Malia”
Argent rimase in attesa per qualche secondo, poi il cancello si aprì.
L'interno della villa era esattamente come se l’era aspettato vedendo l'esterno: stanze enormi, tappeti decorati, probabilmente indiani, divani e mobili d'epoca. Solo la televisione a schermo piatto di 88 pollici stonava con il resto dell'arredamento. L'uomo che gli si presentò di fronte invece era perfettamente in tema. Una barba appena accennata, capelli folti e scuri, occhi di un colore indefinito, ma in quel momento, con la luce calda del pomeriggio che entrava dalla finestra, tendevano quasi all'azzurro. Portava una vecchia vestaglia scura e, Argent non poté giurarlo, ma probabilmente era l'unica cosa che stava indossando. In mano aveva una tazza, straripante di caffè, e dallo sguardo assente si poteva intuire che doveva berne ancora il primo sorso.
Argent lo fissava, sempre all'erta attendendo che fosse lui a fare la prima mossa. Il lupo mannaro però restituiva semplicemente il suo sguardo, annoiato e sul procinto di addormentarsi in piedi. L'unica cosa che gli impediva di sbatterlo fuori era il timore che fosse successo qualcosa a sua figlia.
“Bè? So di essere affascinante ma cerca di ricomporti e dimmi il motivo per cui sei venuto”
Il cacciatore aggrottò le sopracciglia, ma un sorriso quasi divertito gli spuntò sulle labbra. Si era dimenticato di quanto fosse irritante quell'uomo.
“C'è un problema a Beacon Hills. Non so se hai mai sentito parlare di questa creatura l' An...”
“Sì sì, la tua piccola città cade in rovina, questo cosa centra con me?”
L'altro sorrise, questa volta fu un sorriso di comprensione.
“Malia sta bene”
“Non ti ho chiesto questo” ma il suo viso era decisamente più rilassato
“Sono venuto da te per evitare che le succeda qualcosa, i ragazzi sono in pericolo”
Peter era sospettoso, ma fece segno al cacciatore di continuare mentre si avviava verse l'enorme divano.
“Anuk-ite, una creatura che induce paura alle persone, è... diviso a metà diciamo e se le due parti dovessero ricongiungersi... niente lo potrebbe fermare”
l'altro nel frattempo si era comodamente seduto sul divano che fronteggiava la televisione e minacciava di volerla accendere. Argent sospirò. Sapeva che sarebbe stata dura.
“I cacciatori, e anche normali civili, nella città hanno cominciato a voler dare la caccia ai lupi mannari, Gerard ha procurato loro le armi e sta formando un esercito”
Un brivido silenzioso corse lungo la schiena di Peter. Gerard Argent, il peggior cacciatore con cui si fosse mai scontrato. Sapeva di cosa fosse capace quell'uomo, solo la morte sarebbe stata in grado di fermarlo. Ma ovviamente quello stupido ragazzino non sarebbe mai stato in grado di farlo fuori.
“Ok tornerò a Beacon Hills”
L'altro sollevò le sopracciglia, per poco non rimase a bocca aperta. Il lupo mannaro roteò gli occhi.
“Non farti strane idee, porterò Malia al sicuro, non ho intenzione di unirmi alla vostra piccola lotta al potere”
“Come puoi abbandonare la tua città, il tuo branco”
“Branco? Quello non è il mio branco, io non ho un branco. La mia famiglia è completamente bruciata, e l'unico sopravvissuto ha cercato di uccidermi. E ci è riuscito! Il branco di Scott mi odia, ti ha mandato a cercarmi solo perché avete bisogno di un paio di zanne in più, ma io non ho intenzione di mettermi in mezzo ai vostri affari” Peter si alzò improvvisamente, aprendo platealmente le braccia facendo vedere la sua dimora ad Argent, che aveva già messo la mano sulla pistola vedendo quel movimento improvviso.
“Guarda qui cosa mi sono costruito, perché mai dovrei rinunciarci? Vivo in una reggia, ho quante ragazze io voglia, i soldi sembrano non finire mai. Nel vialetto ho due Shelby 900 cavalli Cobra, ne esistono cento modelli in tutto il mondo e io ne ho due… due! Non ho intenzione di rischiare la vita per dei poppanti che non riescono a far passare un mese senza scatenare qualcosa di pericoloso e indistruttibile
“Ma la rischieresti per tua figlia”
Una scintilla piena di odio attraversò gli occhi del lupo, ma il cacciatore riuscì facilmente a sostenere il suo sguardo.
“No, non rischierei la mia vita per lei, ma cercherei di salvare la sua”
Argent sospirò, come aveva già detto a Scott non aveva intenzione di mettersi a supplicare
“Va bene, vuoi un passaggio?”
Peter lo guardò, genuinamente sorpreso e scioccato dalla domanda
Due Shelby Cobra”
l'altro scosse la testa. Già non lo sopportava più.
Era notte quando arrivarono a Beacon Hills. Ognuno con la propria macchina ovviamente. Si fermarono davanti alla casa di Scott, come si erano accordati con gli altri, ma non si accorsero subito di quello che era successo. Dovettero avvicinarsi e anche così solo Peter, con la sua vista sviluppata, vide i vetri infranti e i buchi di proiettile. In realtà ce n'erano così tanti che potevano benissimo essere buchi fatti da mattoni lanciati contro il vetro, ma i colpi che avevano mancato le vetrate e si erano andati a conficcare nel muro non lasciavano dubbi.
Argent seguì lo sguardo dell'altro, ma quando se ne rese conto la porta era già stata sfondata dal lupo, i cui occhi erano diventati azzurro ghiaccio e emettevano una scintilla di rabbia, ma fu quando vide il sangue a terra che si infuriò veramente. Cominciò a ruggire e le zanne cominciarono a farsi vedere.
“PETER!”
il lupo si girò, ma non accennava a calmarsi
“Hai detto che dovevano essere qui! Allora? DOVE SONO?”
la collera con cui aveva gridato quelle ultime parole fece fare un passo indietro all'esperto cacciatore dal sangue freddo che, nonostante il suo istinto, come arma di difesa estrasse il cellulare. Provò a chiamare Scott ma non rispose nessuno. Ricompose subito il numero sotto lo sguardo assassino di Peter.
Ancora niente.
Optò allora per Stiles, che miracolosamente rispose.
“Stiles, che diavolo è successo? Sono a casa di Scott, è pieno di sangue”
il ragazzo sembrò cercare le parole giuste da usare per qualche secondo
“C'è stata una sparatoria, o meglio dei cacciatori ci hanno sparato addosso senza che noi potessimo fare nulla”
“Scott sta bene?” non servì che Argent alzasse lo sguardo per sapere che due furiosi occhi azzurri lo stavano fissando “State tutti bene?”
“Sì... bè quasi tutti...”
Lo sguardo del cacciatore si fece improvvisamente serio, quasi trattenne il respiro, ma aspettò che la voce dall'altra parte del telefono finisse di parlare
“La madre di Scott, Melissa... è stata colpita... ora siamo in ospedale, lei è in sala operatoria...” la voce continuò, ma Argent aveva smesso di ascoltare dopo aver sentito pronunciare il suo nome.
Lasciò cadere il telefono, Sentendo vagamente la voce di Stiles che chiamava il suo nome. Peter lo guardava preoccupato e impaziente.
Melissa... non avevano avuto una lunga e romantica relazione, ma quel poco che c'era stato fra loro era stato speciale. O almeno così la pensava il cacciatore in quel momento, sentendo un improvviso peso sul cuore e una paura irrazionale che gli annebbiava la mente. Forse era amore, o forse aveva perso così tante persone nella sua vita che non sarebbe riuscito a sopportare anche questa.
“Allora?” era la voce di Peter che aveva interrotto quel silenzio, il panico era quasi palpabile nelle sue parole
“Il sangue è di Melissa” la voce era robotica, assente
“Melissa McCall?”
Argent alzò lo sguardo sugli occhi tornati alla normalità del lupo, lo sguardo preoccupato.
“Sì”
“Ah... bè meno male...”
il lupo si bloccò non appena vide lo scatto che l'altro stava per fare, saltandogli direttamente al collo.
“Scusa, scusa mi dispiace” un sorriso forzato spuntò dalle sue labbra ma Argent decise di ignorarlo, fiondandosi fuori dalla casa e precipitandosi in ospedale.
 
 
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I corridoi erano bianchi e asettici, i medici parlavano fra loro in quel linguaggio incomprensibile che rendeva impossibile decifrarli. Argent stava correndo, decise di prendere le scale, anche l'ascensore gli sembrava troppo lento per i suoi gusti. Arrivò alla sala d'attesa col fiatone e il cuore che batteva a mille.
“Come sta?”
Tutti si girarono verso di lui. Scott aveva il terrore negli occhi, la mascella era serrata, la mano stretta in quella di Kira, che cercava di dargli tutto il conforto di cui era capace. Dall'altro lato c'era Stiles, che guardò l'uomo quasi con sollievo, avendolo sentito l'ultima volta per telefono con una brusca interruzione della chiamata, ma scosse leggermente la testa, facendogli capire che ancora non avevano notizie.
Nella stanza c'erano altri volti a lui familiari ma che non si sarebbe aspettato di vedere. Malia era appoggiata al muro, e a parte aver alzato la testa alla sua domanda, teneva lo sguardo fisso a terra. I capelli castani le cadevano sul volto, lasciando appena intravederne le forme.
Persino Bobby era lì con loro, le braccia incrociate, lo sguardo burbero che però aveva una nota apprensiva e forse anche preoccupata.
Argent fece un respiro profondo, poi si sedette, lontano dagli altri, lo sguardo puntato su un punto indefinito del corridoio di fronte a lui.
Passò un'ora, poi due e ancora niente.
Tutti i presenti alzarono la testa speranzosi quando sentirono rumori di passi avvicinarsi, e i due ragazzi quasi si sentirono in colpa vedendo la delusione nei loro occhi rendendosi conto che non si trattava del medico.
L'unico che tenne gli occhi fissi su di loro fu Bobby. Uno dei due ragazzi aveva un viso familiare. L'aveva visto quella sera, quando scoprì l'esistenza di quei nuovi lupi mannari, era insieme a Scott e Kira. Liam se non ricordava male. I capelli, a differenza dell'altra volta, erano scompigliati e gli cadevano sulla fronte. Aveva uno sguardo smarrito, vide Scott seduto, ma il ragazzo non lo stava degnando di uno sguardo. Il senso di colpa si fece largo in quegli occhi azzurri, anche se il cacciatore non seppe decifrarne il motivo. Ma il suo amico sembrava sapere cosa stesse succedendo, gli mise una mano sulla spalla e gli fece segno di sedersi. Aveva i capelli leggermente più scuri dell'altro e più corti. I suoi occhi verdi non lo lasciavano un secondo, apprensivi e preoccupati. Gli sussurrò qualcosa ma l'altro sembrò non dargli ascolto.
“Si chiama Theo” era la voce di Malia che stava rispondendo alle sue mute domande.
“Non mi fiderei troppo di lui se fossi in te” Bobby si girò per vedere se la ragazza parlava seriamente. Quel ragazzo non sembrava pericoloso.
“A me sembra stia aiutando il vostro amico”
“Sì è così che fa, cominci a fidarti di lui e poi ti pugnala alle spalle” Nelle sue parole c'era odio puro. Chissà cosa doveva aver fatto per scatenare tale ira.
 
 
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“Se la caverà”
le parole tanto attese erano finalmente state pronunciate da un anonimo dottore in camice bianco. I ragazzi si abbracciarono sollevati e Bobby non poté far altro che sorridere.
Scott ed Argent si precipitarono nella sua stanza, mentre agli altri non restava che tornarsene a casa. Peccato che il luogo che tutti avevano ormai cominciato a considerare come un quartier generale era ormai stato distrutto.
“Potreste venire a casa mia” propose Stiles “Non c'è molto posto ma ci possiamo stare”
“Non ce n'è bisogno” la voce di Bobby fece voltare tutti nella sua direzione “Andare a casa di uno di voi metterebbe in pericolo sia voi che le vostre famiglie, dobbiamo nasconderci. Io ho dei bunker che utilizzo in caso di emergenza, uno è da queste parti, potremmo rifugiarci lì”
Gli altri si guardarono dubbiosi.
“Sì chiamatemi pure paranoico, ma al momento con cacciatori armati in tutta la città il posto migliore dove stare è un nascondiglio di cui nessuno sa nulla”
Ci fu qualche secondo di silenzio, interrotto improvvisamente da Liam.
“Scusate... ma questo chi diavolo è?”
 
 
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Quando Bobby aveva pronunciato la parola bunker l'immagine che a tutti era balenata in testa era quella di una specie di buco sotterraneo, con qualche provvista, molti topi e ragnatele, ed un odore di muffa e di chiuso che aleggiava nell'aria. Per questo le loro bocche si spalancarono aprendo la porta blindata e trovandosi di fronte quello che avrebbero tranquillamente potuto definire come una reggia in quel momento.
Stiles, Malia, Theo e Liam si fecero strada all'interno guardandosi intorno. Ovviamente le finestre erano completamente assenti ma era l'unico particolare che avevano indovinato.
Una piccola anticamera anticipava un'enorme stanza riccamente arredata con brandine e vecchi divani, alle pareti erano appoggiate cinque librerie straripanti di libri. Andando avanti videro un piccolo bagno sulla destra con tanto di doccia, anche se un po' improvvisata con un logoro tubo dell'acqua, a sinistra invece c'era una dispensa che poteva facilmente essere scambiata per una vera e propria cucina grazie all'ordine con cui era stata sistemata e a dei fornelli da campeggio. In fianco ad essa c'era un'altra stanza con un lettino da ospedale e alcuni mobili. Ai ragazzi bastò curiosare dentro di essi per scoprire che si trattava di un'infermeria.
“Wow, mi aspettavo una specie di caverna piena di insetti e…” Stiles si bloccò vedendo lo sguardo quasi offeso di Bobby. Con un'altra persona probabilmente non ci avrebbe fatto caso ma quelle sopracciglia corrugate lo terrorizzavano, sembrava capace di saltarti addosso da un momento all'altro.
“Cioè... non proprio una caverna... più un nascondiglio... un rifugio per gli animali... Comunque è bellissimo, possiamo stare tutti qui?” Dicendo l'ultima frase si gettò comodamente su uno dei divani, facendolo cigolare e facendo sollevare una nuvola di polvere considerevole.
“Bisognerà dargli una ripulita ma... sì direi di considerarlo il nostro quartier generale”
“Grandioso! Io voglio la brandina vicino alla cucina” Forse l'esaltazione di Stiles era fuori luogo essendo che erano appena tornati da una sparatoria, vivi per miracolo, ma quel rifugio inaspettatamente confortevole era la prima, seppur piccola, vittoria che avevano ottenuto. E il suo buon umore era contagioso. Lui e Malia si misero a litigare per il letto, mentre Liam sembrava più sereno, aiutato anche dal conforto di Theo che non l'aveva perso d'occhio un secondo. Il ragazzo continuava a dirgli di andarsene, che stava bene e che non aveva bisogno di lui, ma era dannatamente felice che non lo avesse fatto. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce ma la sua presenza lo faceva sentire meglio. Quando erano allo zoo, ad attirare l'attenzione dei cacciatori, lui aveva perso il controllo. Era stato un episodio peggiore del solito, non riusciva a fermarsi, la rabbia lo pervadeva e il desiderio di uccidere quello stupido ragazzino stava guidando i suoi artigli senza che la sua mente riuscisse a fare nulla per fermarlo. E non si sarebbe fermato, se non fosse stato per Theo. Continuava a ripetersi che era per questa “paura”, per questa strana creatura, che continuava a sentire questo istinto animalesco, ma cominciava a temere di essere lui il problema. Del resto nessun altro aveva avuto questi scatti d'ira. Aveva paura che la prossima volta, o magari quella dopo, non sarebbe riuscito a fermarsi in tempo. Non avrebbe potuto sopportarlo.
Non aveva condiviso con nessuno le sue preoccupazioni, eppure Theo l'aveva capito. Forse aveva provato anche lui le stesse sensazioni, o forse i comportamenti di Liam non erano così celati come lui pensava, in ogni caso lui aveva capito perfettamente cosa gli passava per la testa e, senza parole di conforto o stupide esternazioni, era riuscito a farlo sentire meglio. Semplicemente rimanendo con lui. Facendogli capire che non era solo, e che lui sarebbe sempre stato lì per fermarlo e farlo ritornare in sé, se fosse stato necessario.
E Liam gliene era grato.
“Ok ragazzini, se avete finito di fare gli idioti vi dico un paio di regole: primo i libri non si toccano a meno che non sia strettamente necessario, sono molto antichi e molto preziosi. Secondo nessuno deve sapere che siete o che siete mai stati qui, si chiama bunker segreto per un motivo, e terzo...” Bobby si avvicinò alla parete destra della stanza principale, spostò una delle librerie che vi erano appoggiate tirandola verso di sé e scoprendo così l'entrata per un'ulteriore stanza, poco illuminata ma in cui si potevano intravedere delle sbarre.
“Questa è la camera degli ospiti” Bobby vi entrò facendo segno agli altri di seguirlo
“Trappola del diavolo sul soffitto, pareti rinforzate con ferro e sale, la gabbia invece ha le sbarre d'argento, cosa abbastanza inutile in questo caso ma possiamo renderla a prova di qualsiasi essere che potrebbe dimostrarsi utile e quindi degno di essere tenuto in vita, tutto chiaro?”
I ragazzi si guardarono per qualche secondo, come sempre fu Stiles a dare vita alle mute domande di tutti.
“Non proprio a dire il vero... A cosa servono il sale e il ferro? Cos'è una trappola del diavolo? Quale tipo di creatura dovremmo catturare e trascinare fin qui? E con “degno di essere tenuto in vita” intendi dire che dovremmo uccidere tutto quello che ci troviamo davanti? E con cosa poi? Ancora non sappiamo come uccidere quell'Anuk-come diavolo si chiama, cosa ti fa pensare che riusciremo a catturare qualcosa o qualcuno che abbia a che fare con lui?”
Bobby restò con la bocca aperta per qualche secondo, tentando di trovare un filo logico che rispondesse a tutte quelle domande, per poi richiuderla e roteare gli occhi
“Che palle” uscì dalla stanza combattendo contro la tentazione di chiudere dentro quel ragazzino logorroico.
“Hey non hai risposto alle mie domande!”
Era passata qualche ora, Scott, Kira e Argent avevano raggiunto gli altri nel loro nuovo quartier generale. Melissa sarebbe dovuta rimanere ancore in ospedale per qualche giorno ma era fuori pericolo. La reazione vedendo l'interno del bunker fu la stessa che ebbero gli altri. Persino Argent rimase a bocca aperta. Bobby continuava a stupirlo, nonostante all'apparenza sembrasse una versione cattiva del nonno di Heidi, si era rivelato uno dei migliori cacciatori che avesse mai conosciuto, incluso Gerard.
Non passò molto tempo che il gruppetto sentì bussare alla porta, con tanta violenza che sembrava stesse per essere buttata giù. I due cacciatori misero istintivamente le mani sulle pistole, puntandole all’altezza della testa dell'ipotetico intruso.
“Fermi” fu Malia a parlare “E' Peter” si avvicinò alla porta con fare quasi annoiato, Bobby diede una veloce occhiata agli altri per cercare spiegazioni, Argent si toccò il naso rispondendo alla sua muta domanda
Giusto l'olfatto super sviluppato. Ecco come ha capito che era lui
Quando il portone si spalancò il lupo mannaro entrò infuriato, senza degnare di uno sguardo sua figlia e cominciando a gridare.
“Quei pezzi di merda! Io li faccio fuori!”
In mano aveva due grosse borse che vennero abbandonate violentemente a terra provocando un suono metallico.
Bobby lanciò uno sguardo ad Argent, tenendo già la mano sulla pistola, ma l'altro gli fece segno di non preoccuparsi. Anche se lui stesso non perdeva d’occhio il lupo mannaro.
“Cos’è successo?” era stato Scott a parlare, dando voce alla muta domanda che aleggiava nella stanza.
“Sono tornato a casa, un’enorme e favolosa villa se qualcuno se lo stesse chiedendo”
“Nessuno se lo stava chiedendo, vai avanti” Peter fulminò con lo sguardo sua figlia, che però non batté ciglio e sostenne tranquillamente quei sottili occhi taglienti
“Ero andato a recuperare delle armi, immaginando che voi piccoli marmocchi non vi sareste preoccupati di procurarvele…”
“Hai pensato male” lo interruppe Bobby estraendo due pistole dalle tasche e facendo cenno col capo ad un fucile appoggiato al muro
“Farai ben poco con quel piccolo arsenale…” improvvisamente corrugò lo sguardo, squadrando il cacciatore dalla testa ai piedi “Aspetta ma tu chi saresti?”
Argent roteò gli occhi, si era stancato di dare sempre la stessa spiegazione
“Te lo spiego dopo, ti prego finisci di raccontarci la tua illuminante storia così potremo tornare tutti al nostro lavoro”
Peter ringhiò leggermente e per poco non rischiò di lasciare intravedere i canini aguzzi.
“Quei cacciatori che si aggirano per la città mi hanno seguito”
Gli occhi dei presenti si spalancarono
“Come facevano a sapere chi fossi?”
“Non lo so, probabilmente dovremmo ringraziare il tuo caro paparino per questo”
Il cacciatore indurì la mascella, riducendo le labbra a due linee sottili.
“Comunque non è questo il punto, mi hanno seguito scoprendo dove abito, e non si sono nemmeno limitati ad uccidermi, anzi nemmeno ci hanno provato. Se la sono presa con la mia bambina!”
Gli occhi di tutti si spostarono automaticamente su Malia prima che Peter continuasse.
“La mia bellissima Shelby Cobra, le hanno dato fuoco”
Argent roteò gli occhi, e tutta la tensione nella stanza sfociò in un sospiro di esasperazione. Bobby non poté far altro che sorridere, pensando a Dean e a come reagirebbe lui se dessero fuoco alla sua macchina.
“Ma non ne avevi due di auto?”
Peter non rispose, si limitò ad aprire una delle borse e a tirarne fuori un volante, o quello che ne era rimasto, con il logo ormai irriconoscibile e la pelle con cui era ricoperto completamente carbonizzata.
“Questo significa che ci aiuterai? Che combatterai con noi?” Malia cercò di sembrare indifferente, ma non riuscì a nascondere una nota di speranza nella sua voce
“No” rispose il lupo con sguardo deciso
“No non vi aiuterò, ormai è diventata una faccenda personale. Io ucciderò quei figli di puttana”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“No no è di antiquariato-” la ciotola di ceramica si infranse diventando irrecuperabile
Ethan aveva le mani legate, guardava la scena con disappunto, in direzione del suo fidanzato e della donna che lo stava aggredendo. Un rivolo di sangue gli colava dal labbro e un dardo riempito con dello strozzalupo era ancora conficcato nel suo petto. Un altro uomo era steso a terra, privo di sensi.
Si trovavano in un bell’appartamento, meticolosamente arredato, una grande finestra si affacciava sul Tamigi, lasciando intravedere il palazzo di Westminster. Nella stanza c’era una scrivania, la cui sedia dava le spalle alla vetrata, una libreria e di fronte a questa un divano in pelle, contro il quale stava per essere lanciata la donna che aveva aggredito i due lupi mannari
“La lampada!”
Jackson spinse la sua aggreditrice, facendola rotolare a terra, ma lei con i piedi colpì la lampada che si trovava sul tavolino subito accanto al divano, facendola cadere. Ethan roteò gli occhi.
La donna tornò all’attacco, circondando il collo del lupo mannaro con le proprie gambe. L’altro la sollevò, facendola sbattere contro una parete che, sfortunatamente, aveva alcune mensole appese
“No le foto!”
La donna sbatté contro di essa, facendo rovinosamente cadere a terra gli scaffali e le cornici che vi erano appoggiate sopra.
“Perfetto” sospirò Ethan
L’aggreditrice era finalmente stesa a terra, priva di sensi, Jackson la fissò per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo alle foto e successivamente al suo fidanzato, ancora legato, a terra. Si avvicinò a lui, inginocchiandosi per poterlo guardare negli occhi.
“Le avevo fatte incorniciare da poco” quasi lo sgridò il lupo mannaro
“Credevi veramente che avrei dimenticato il nostro anniversario?” i due si sorrisero, appena prima che Jackson estraesse il dardo dal petto dell’altro senza troppa gentilezza
“Ah!” Ethan non fece in tempo a lamentarsi per il dolore che le labbra del fidanzato erano già sulle sue. Il lupo mannaro rispose immediatamente al bacio, cercando le labbra dell’altro e immergendosi della sensazione di calore che emanavano.
“Forza, alzati sfaticato” gli intimò Jackson porgendogli una mano per aiutarlo
“E ora che ne facciamo di loro?”
“Dobbiamo capire cosa vogliono e da dove vengono, prendi delle corde per legarli”
Ethan fece come gli era stato detto, cominciando a legare la donna, e lanciandone un paio al fidanzato perché si occupasse dell’altro uomo.
“Bè, non era esattamente così che volevo trascorrere il nostro anniversario” commento Ethan ancora offeso, l’altro lo guardò sbigottito
“Mi stai ancora dando la colpa per essere arrivato tardi? Mi avevano rapito”
“Avevo quei biglietti da un anno!”
Jackson roteò gli occhi, ma i due aggressori si svegliarono prima che potesse rispondere
“Chi siete? Che cosa volete da noi?” la voce di Jackson era ferma e decisa
I due non risposero, fissandoli con tutto l’odio di cui erano capaci
“Siete cacciatori addestrati, perché siete venuti a cercarci?” continuò l’altro imperterrito. Ancora nessuna risposta
“Lavorate con gli Argent?”
“Non vi diremo niente” disse la donna con voce ferma
“Oh, ma l’avete già fatto. Io parlo, lui ascolta” spiegò il lupo mannaro facendo un gesto del capo verso il fidanzato “Siamo diventati piuttosto bravi”
Ethan era ancora concentrato sul battito cardiaco della ragazza, che stava aumentando a dismisura, lanciò uno sguardo all’altro, annuendo. Non servì altro per fargli capire che aveva colpito nel segno.
“Dove si nascondono?” chiese ancora Jackson
“Lo sai dove” commentò questa volta la donna
I due lupi mannari si scambiarono un’occhiata. Sì, sapevano benissimo dove.
Beacon Hills.
 
 
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“Quindi nemmeno tu hai sue notizie?” passò qualche secondo prima che il ragazzo rispondesse “Ok, grazie lo stesso”
“La smetti di chiamare cacciatori in giro per il mondo? Stiamo andando a controllare di persona, come volevi, non serve far preoccupare mezzo mondo, è adulto e sa badare a sé stesso”
“Dean, sono due settimane che non abbiamo sue notizie”
La mascella del cacciatore si indurì. Due settimane, risentire quel lasso di tempo pronunciato ad alta voce gli faceva correre un piccolo brivido lungo la schiena. Sì, anche lui era preoccupato, ma non voleva fare la mamma apprensiva. Bobby non era un cacciatore qualsiasi, se l’era vista brutta più di una volta e non aveva battuto ciglio. Un paio di lupi mannari non potevano essere un problema…
“Avrà trovato un caso più difficile di quanto avesse immaginato, o magari ne ha trovati altri nelle vicinanze”
“E allora perché non risponde al telefono?”
Dean sentiva gli occhi del fratello su di sé, ma non osò voltarsi, aveva paura che potesse leggere la sua preoccupazione. Era strano. Bobby rispondeva sempre al cellulare. Cosa poteva essergli successo?
Gli occhi marroni di Sam continuarono a fissarlo, ma non ottennero una risposta verbale, se non il piede che cominciò a schiacciare con più forza sul pedale dell’acceleratore e l’Impala che sfrecciava sempre più veloce sulla strada deserta.
Ai due fratelli bastò superare il cartello di benvenuto nella cittadina per rendersi conto che qualcosa non andava. Le strade erano completamente deserte, molti negozi erano chiusi e le poche persone che si vedevano camminare per strada sembravano schive e sospettose. Non appena sentivano il rumore della macchina che si avvicinava alzavano subito lo sguardo, preoccupate, e rendendosi conto di non riconoscere il guidatore, quasi scappavano rifugiandosi in piccole vie pedonali o in stretti vicoli. Ma non erano loro il vero problema. Quelli che più sconvolsero i due cacciatori erano i gruppi di ragazzi che si guardavano intorno con aria sicura di loro, quasi aggressiva, come se stessero andando a caccia, infatti gli occhi attenti dei fratelli riuscirono benissimo a cogliere il rigonfiamento che avevano nei pantaloni. Erano armati.
Dean non aveva più paura di far vedere la sua preoccupazione, in quella città stava succedendo qualcosa di strano.
Arrivarono alla stazione di polizia verso il primo pomeriggio, gli sembrava la tappa più logica dove andare, un’agente dell’FBI scomparso non passa facilmente inosservato, ma all’esterno videro molte più macchine civili che volanti della polizia. La cosa non li insospettì troppo, o per lo meno non lo fece fino al momento in cui entrarono nella centrale.
Nessuno indossava una divisa della polizia, nessuno era seduto alla scrivania a lavorare e l’ufficio dello sceriffo sembrava un bar affollato, pieno di gente che rideva e beveva. In ogni angolo erano presenti fucili d’assalto, fucili da cecchino e persino mitragliatrici. I due si guardarono sconcertati, già con le mani alle pistole, quando uno dei ragazzi, perché agenti non potevano essere, si avvicinò a loro.
“Avete bisogno di aiuto?”
“Agenti Taylor e Jones, FBI, un nostro agente è venuto in questa città per alcune indagini, non abbiamo più sue notizie da due settimane, per caso è stato qui?” Dean aveva parlato con voce tranquilla ma decisa, era molto più alto di quel giovane in maglietta e felpa, ma il ragazzino non sembrò essere minimamente intimidito da lui.
“Mmm… no non abbiamo avuto visite, forse avete sbagliato posto, che ne dite di andarvene prima di creare altri problemi?” aveva fatto diversi passi avanti dicendo questa frase ma il cacciatore non si era mosso di un millimetro, la presa salda sulla pistola.
“Noi non andiamo proprio da nessuna parte, ti conviene dirci subito cosa avete fatto al nostro amico se non vuoi che cominciamo veramente a crearti dei problemi” questa volta lo sguardo severo di Dean e la sua voce minacciosa riuscì a far indietreggiare l’altro che in pochi secondi si trasformò da duro e sicuro di sé a cucciolo impaurito.
Il cacciatore si stava avvicinando sempre di più a lui, facendolo andare a sbattere contro una delle scrivanie, quando la voce di suo fratello lo bloccò
“Dean, forse è meglio se andiamo…” l’altro si girò e solo in quel momento si rese conto dell’esagerato numero di persone che si trovavano in quella stanza, tutte armate fino ai denti. I due si guardarono, erano praticamente circondati, l’unica strada percorribile era quella che li avrebbe portati furi dalla centrale.
“Se preferite rimanere abbiamo una cella tutta per voi” era stata una donna a parlare. La pelle scura, capelli corti e ricci, occhi neri e decisi, impugnava un fucile che non avrebbe avuto problemi ad usare.
Dean alzò istintivamente le mani e, sempre istintivamente, si mise sulla traiettoria del fucile, davanti a Sam.
“Ok ok, ce ne andiamo, ma sappiate che state minacciando due agenti dell’FBI…”
“Che paura, aspetteremo i vostri rinforzi, ma sappiate che una volta scoperto cosa stiamo facendo ci ringrazierete”
Il cacciatore rimase offeso da come la sconosciuta lo aveva interrotto e non aveva battuto ciglio di fronte al loro falso grado di potere. Stava per rispondere quando sentì la mano del fratello prenderlo per il braccio e trascinarlo fuori.
“Quella stronza, NON FINISCE QUI!”
“Dean! Abbassa la voce”
Il cacciatore sbatté con forza la portiera, per poi mettere in moto e allontanarsi velocemente dalla stazione di polizia.
“Ma che diavolo sta succedendo in questa città?”
“Non ne ho idea, ma qualunque cosa sia Bobby ci si è trovato in mezzo, forse anche lui si è dovuto nascondere o…”
“No il Bobby che conosco io non si sarebbe mai nascosto” Dean si morse il labbro inferiore. Quella frase lasciava poche alternative. Scosse velocemente il capo.
No non può essere. E’ appena tornato da noi non possono portarcelo via di nuovo.
Nonostante cercasse di convincersi, una piccola voce dentro di lui, quella che cercava di ignorare da due settimane, gli stava suggerendo gli scenari più orribili che potesse immaginare. Per questo fu molto grato al fratello quando interruppe il suo ciclo di pensieri.
“Ora cosa facciamo?”
“C’è un solo motel in zona, partiremo da quello”
 
 
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Il posto era esattamente come se l’erano immaginato, spoglio, economico e con qualche accenno di muffa qua e là. La reception era piccola e angusta, quasi inquietante.
La proprietaria arrivò dopo qualche minuto, era un’anziana signora apparentemente tranquilla e decisamente non minacciosa, ma i due cacciatori ormai avevano imparato a non giudicare mai dalle apparenze.
“Salve, agenti Taylor e Jones, volevamo farle qualche domanda”
La signora rimase spiazzata per qualche secondo, probabilmente aspettandosi una semplice richiesta di una stanza, ma si riprese velocemente
“Certo, ditemi pure”
“Circa due settimane fa dovrebbe aver alloggiato qui quest’uomo, lo riconosce?”
Sam fece vedere alla donna una foto di Bobby, scattata per uno dei loro documenti falsi.
“Sì certo, è rimasto per un paio di notti”
“Un paio di notti? Ne è certa?” fu Dean ad intervenire, l’altra annuì con sicurezza
“Sì, ha pagato e se n’è andato. Non era un gran chiacchierone, sembrava sempre arrabbiato…”
“Capisco” il maggiore dei Winchester si girò verso il fratello, forse con più preoccupazione di quanto volesse far vedere, l’altro però ricambiò il suo stesso sguardo.
“Non sa dirci nient’altro? Non ha notato niente di strano?”
La donna sembrò pensarci per qualche secondo
“Be… una notte è venuto un uomo… è entrato nella sua stanza da solo, ho pensato fosse un suo amico, ma sono rimasta sveglia comunque per essere sicura che non ci fossero problemi”
“Poi cos’è successo” la spronò Sam
“Il vostro amico è tornato, e la luce è rimasta accesa per parecchie ore. Il giorno dopo l’ho visto uscire dalla stanza molto presto, era vestito quasi come un barbone, molto meno elegante di quando aveva prenotato la stanza la prima volta”
Dean fece per rispondere a quest’ultima affermazione in difesa delle camicie di flanella, ma Sam lo precedette
“Saprebbe descriverci quest’uomo?”
“Ora che ci penso… quando il vostro amico ha pagato la stanza era con lui, aveva i capelli corti e chiari, era alto e aveva un bel fisico nonostante penso fosse sui 45 anni. Mi è parso di sentire che si chiamasse Argent”
Sam si annotò il nome mentre Dean ringraziava la signora e si avviava verso l’uscita.
 
 
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“Chris Argent”
Sam e Dean erano seduti in una tavola calda, il primo con il computer acceso e alcune schede su vari Argent trovati su internet alla ricerca di quello che stavano cercando, il secondo con un hamburger esageratamente grande fra i denti e una bottiglia di birra a portata di mano
“Penso sia lui”
“Da cosa lo capisci?” chiese il cacciatore con una pronuncia quasi incomprensibile dovuta ad una bocca troppo piena che suscitò uno sguardo di disapprovazione dell’altro
“Vive a Beacon Hills tanto per cominciare, ha l’età giusta e… diciamo che non ha avuto una vita molto facile” il ragazzo fece una breve pausa trovandosi di fronte allo sguardo impassibile dell’altro che gli chiedeva silenziosamente spiegazioni ma, ovviamente, senza aprire la bocca piena. Sam roteò gli occhi.
“Sua moglie si è suicidata qualche anno fa, sua sorella è stata uccisa, gola squarciata a quanto pare”
Dean aggrottò la fronte “Vampiri?”
“No, sembra fosse stata azzannata da un lupo”
L’altro alzò le sopracciglia, bevendo un sorso di birra poco convinto. Il fratello continuò
“Aveva una figlia, anche lei è stata uccisa non molto tempo fa”
“Come è morta?”
“Non c’è scritto molto, sembra sia stata pugnalata”
“Wow che famiglia felice, e io che pensavo che la nostra fosse presa male”
Sam guardò storto il fratello, che era tornato ad addentare l’enorme panino
“Non ci sono molte altre informazioni, non c’è nemmeno un indirizzo o un posto di lavoro dove cercarlo”
“Controlla la figlia, sarà dovuta andare a scuola”
“Mmm… sì eccolo, è andata al liceo della città, Beacon Hills High School”
“Perfetto, sarà la nostra prossima tappa”
“Vuoi andare a chiedere ai ragazzini del liceo della loro compagna di classe morta?”
“Hai visto quanti anni avevano i ragazzi alla centrale di polizia? Se non vanno ancora al liceo ne sono appena usciti”
Sam annuì appena, e aggrotto le sopracciglia vedendo la velocità con cui il fratello finì la metà del panino che gli era rimasta, mandandolo giù con il restante della birra. L’altro si pulì velocemente le mani e si alzò lasciando qualche dollaro sul tavolo.
“Be? Andiamo?”
L’altro scosse la testa chiudendo il computer e alzandosi a sua volta
“Quella roba ti ucciderà”
Dean si girò confuso e divertito
“Sul serio? Questa roba mi ucciderà? Con tutto quello che affrontiamo ogni giorno pensi sarà questo ad uccidermi?”
“A volte sono le cose più semplici e insignificanti a fregarti” rispose il fratello minore, che per un secondo ebbe la nitida immagine di un Dean spensierato che mangiava un taco andato a male. Un brivido corse lungo la sua schiena mentre cercava di scacciare quel ricordo, e sorprendendosi di averlo ancora così vivido nella sua mente.
La scuola era molto diversa da come se l’erano aspettata. La tensione era palpabile, e non era una tensione da compito in classe o da ritardo nel consegnare un lavoro. Era vero e proprio terrore. Anche i professori sembravano subirne gli effetti.
I corridoi sembravano una veglia funebre e nelle classi non volava una mosca. I due fratelli si guardarono sconcertati, in parte per la situazione e in parte perché sembrava anche a loro di subire gli effetti di questa nebbia di paura. Sam si guardava intorno cogliendo ogni più piccolo movimento, Dean invece cercò di scrollarsi quella sensazione e si avventò sul primo ragazzo che vide. Il povero malcapitato si ritrovò quasi schiacciato dall’imponente figura del cacciatore, imprigionato contro la parete dell’edificio.
“Salve, agente Taylor, vorrei farti qualche domanda se non ti dispiace”
Il ragazzo annuì debolmente, incapace di proferire parola. Sam che aveva già intuito come sarebbe andata a finire, spostò delicatamente il fratello, cercando di farlo allontanare e permettendo al giovane di prendere una boccata d’aria e rilassarsi.
“Ciao, mi chiamo Sam, per caso conoscevi una certa Allison Argent?”
Nonostante la statura che superava di qualche centimetro quella del fratello, il suo sguardo rassicurante e comprensivo tranquillizzò lo studente che rispose alla domanda, anche se con un po’ di esitazione
“Sì, veniva in questa scuola qualche anno fa, non so nient’altro”
“Non ricordi proprio niente? Dove abitava ad esempio”
Il ragazzo ci pensò su per qualche secondo
“Non so dove abitasse, in realtà non ci parlavo quasi per niente, stava sempre appiccicata al suo fidanzato”
“Come si chiama?” intervenne Dean tagliando corto
“Scott… Scott McCall”
“Sai dirci dove abita?”
“So dove abitava, ma la sua casa… ha avuto… dei problemi” il panico tornò a dilagarsi negli occhi del povero studente, e si fece ancora più grande quando il maggiore dei due fratelli sembrò fortemente infastidito da questa risposta. Sam intervenne ancora una volta
“Sai dirci dove possiamo trovarlo?”
“L’ho visto spesso con il suo amico, Stiles, ma ultimamente non si vede più in giro, non so cosa stia facendo”
“Va bene, sai dirci dove abita questo… Stiles?”
Il ragazzo annuì e, una volta date le informazioni di cui i due agenti avevano bisogno, fu molto felice di vederli allontanarsi senza voltarsi indietro.
Nessuno dei tre aveva notato che, nell’aula affianco, dove un gruppo di studenti annoiati stavano facendo una lezione di biologia, uno di questi ascoltava ogni parola, senza il bisogno di avvicinarsi o di tendere l’orecchio. Sentì benissimo le loro voci, e sentì distintamente pronunciare il nome del suo capobranco e del suo migliore amico.
 
 
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“Come sarebbe a dire che stanno venendo qui?” La voce di Stiles era più acuta del voluto, ma esprimeva perfettamente il suo stato d’animo
“Quel tipo gli ha detto il tuo indirizzo, non so nemmeno come facesse a conoscerlo” la voce di Liam era nervosa e preoccupata, ma comunque bassa in modo che orecchie indiscrete non potessero ascoltare
“Tutti sanno quello che sta succedendo ormai, siamo considerati una minaccia e per combatterci devono sapere dove trovarci” Scott, che ascoltava la conversazione dal vivavoce del telefono, parlò con voce risoluta, le sopracciglia corrugate intento a pensare ad un piano
“Secondo voi sono veramente agenti? Insomma se ci stanno cercando potrebbero essere cacciatori…”
“No” l’Alfa interruppe bruscamente Stiles “Hanno chiesto di Allison prima che di chiunque altro, non stanno cercando noi, penso siano dei veri agenti”
“Il loro battito cardiaco era leggermente accelerato, ma poteva essere l’influenza dell’Anuk-ite, i battiti di chiunque sono accelerati a causa della paura che trasmette”
“Tu hai scoperto qualcosa su Mrs. Finch?”
Liam rimase in silenzio per qualche secondo. Era così preso da questo nuovo problema che si era dimenticato la sua missione iniziale: scoprire se la sua professoressa fosse una delle due metà di quella creatura.
“Ho provato ad avvicinarle dello strozzalupo ma non ha avuto reazioni”
“Non mi sembra il momento giusto per parlarne, ci sono due incazzatissimi agenti dell’FBI che stanno venendo a casa mia, faranno un sacco di domande, cosa pensavi di dirgli? Hey, prego accomodatevi, vi presento il mio amico un lupo mannaro, ma aspettate che vi parli della sua fidanzata! Una kitsune con problemi a gestire la rabbia, ma non è finita qui! Nel nostro branco abbiamo anche una banshee, un coyote mannaro e un fantastico altro lupo che udite, udite ha anche lui problemi a gestire la rabbia, per non parlare di Theo…”
“Ok grazie Stiles, hai reso l’idea” lo interruppe ancora una volta Scott esasperato “Liam continua ad indagare, qui ci pensiamo noi” il lupo mannaro chiuse la chiamata, sotto gli occhi increduli e terrorizzati dell’amico
Ci pensiamo noi? Vedo che l’idea non l’ho resa proprio benissimo”
“Non preoccuparti, ci inventeremo qualcosa”
Ci… ok senti forse non hai capito, io ci sono stato all’FBI, so come lavorano, quelli non scherzano, continuano a farti domande finché non crolli e spiattelli tutto”
“Appunto, tu ci sei stato lì, saprai cavartela”
Stiles guardò l’amico per qualche secondo prima di mettersi a gesticolare in modo incomprensibile, senza riuscire a trovare le parole per esprimere la sua frustrazione. Scott lo fermò, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo negli occhi.
“Ce la puoi fare”
L’altro fece per ribattere ma fu interrotto dal suono deciso del campanello.
 
 
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“Non sono stato intimidatorio”
“Dean, quel ragazzino stava per mettersi a piangere”
“Siamo agenti, dobbiamo essere decisi e sicuri con le domande”
“Decisi, non incutere terrore”
Il fratello roteò gli occhi, suonando al campanello della casa dove quel ragazzino dallo svenimento facile li aveva mandati. Sam guardandolo non poté far altro che sorridere. Era da tempo che non vedeva suo fratello così spensierato e… felice. Escludendo la scomparsa di Bobby, quello era stato un periodo decisamente tranquillo per loro. Casi semplici, quasi banali, ma ne avevano bisogno entrambi. Dopo l’apocalisse, i leviatani, il marchio di Caino, Amara. Finalmente avevano avuto un po’ di pace, anzi avevano avuto anche di più. Un membro della loro famiglia era tornato dalla morte. In quel momento il cacciatore si sentì particolarmente positivo sulla riuscita della loro missione. Sapeva che sarebbe andata a buon fine, ne era sicuro. Dean aveva ragione, Bobby sapeva badare a sé stesso, non gli sarebbe successo niente. L’avrebbero ritrovato e sarebbero tornati a casa, tutti insieme, di nuovo.
Il rumore della porta che veniva aperta distolse il ragazzo dai suoi pensieri. Un cespuglio di capelli neri e spettinati e un paio di occhi scuri e accigliati fecero capolino dallo spioncino. I due cacciatori lo guardarono incuriositi.
“Salve, siamo gli agenti Taylor e Jones, possiamo entrare?”
Il ragazzo annuì, aprendo lentamente la porta. Quando i due si avvicinarono gli occhi di Stiles si spalancarono, sovrastati dalla grandezza di quei due armadi che si trovò di fronte. Deglutì violentemente prima di riuscire a trovare il coraggio di chiedere di poter vedere i distintivi.
Gli agenti li tirarono fuori quasi meccanicamente, mentre Dean stava già cominciando a fare le prime domande.
“Stiamo cercando un certo Scott McCall, lo conosci?”
Il cacciatore non ottenne una risposta, ma un’improvvisa sicurezza invase gli occhi del ragazzo, che si dipinse un sorriso di sfida sulle labbra.
“Voi non siete agenti” Sam e Dean si guardarono, non sapendo se essere più sconcertati dal fatto che li avesse smascherati o dall’improvviso cambio nel suo comportamento.
“I vostri distintivi non sono aggiornati, quel modello è di almeno tre anni fa” il sorriso sul volto del ragazzo si faceva sempre più sicuro di sé vedendo la difficoltà nei volti dei finti agenti. Alla fine fu Dean a parlare.
“E va bene, non siamo proprio agenti. Siamo qui per cercare un nostro amico, crediamo che abbia parlato con il padre dell’ex fidanzata del tuo amico…” il cacciatore si bloccò un secondo aggrottando la fronte “Detta ad alta voce sembra abbastanza stupida la cosa” lanciò un’occhiata veloce a Sam che prese la parola
“E’ l’unica pista che abbiamo trovato, forse è venuto a parlarvi, si sarà presentato anche lui come un’agente” il ragazzo estrasse la foto di Bobby, ma Stiles non ebbe nemmeno bisogno di guardarla
“Siete amici di Bobby?” i due fratelli spalancarono gli occhi e si scambiarono uno sguardo sorpreso prima di rispondere all’unisono
“Sì!”
“Lo conosci?” continuò Sam
“Certo, è stata la nostra salvezza” poi si girò gridando in direzione del corridoio
“Puoi uscire, sono amici di Bobby!” da una delle stanze uscì Scott, non del tutto convinto di potersi fidare di loro
“Voi sapete dove si trova?” la speranza negli occhi di Sam fece dissipare tutti i dubbi dell’Alfa, che però si sentì immediatamente in colpa, e cercò conforto nello sguardo di Stiles, il quale rifletteva il suo stesso disagio.
“Mi dispiace…”
Due parole. Bastarono due semplici parole per far diventare il cuore dei due fratelli di pietra. Dean senza nemmeno accorgersene cominciò a trattenere il fiato, mentre Sam dischiuse appena le labbra, quasi volesse far uscire delle parole che nemmeno lui aveva ancora formulato. Forse era un semplice no, non può essere che però rimase impronunciato.
Scott si era fermato vedendo i volti preoccupati e quasi svuotati dei finti agenti. Fu Stiles a continuare e, forse, a rimediare alla situazione
“Non sappiamo cosa gli sia successo, una notte non è più tornato al bunker. Stava facendo delle ricerche, ha lasciato un messaggio dicendo che aveva trovato qualcosa ma non è mai tornato”
Dopo questi dettagli il volto di Sam si rilassò leggermente. Non era finita, non era morto. Lo sapeva. O forse lo sperava, ma per lui questo era abbastanza.
Dean invece si irrigidì. Non sapere cosa gli fosse successo forse era anche peggio, o almeno così aveva sempre pensato, ma vedendo con la coda dell’occhio la speranza che si era fatta strada negli occhi di Sam riuscì a rimanere positivo. Almeno per i suoi standard.
“Ok, allora vi aiuteremo a cercarlo, a che punto siete arrivati?”
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo indecifrabile, per poi puntare gli occhi sui due fratelli
“La situazione è leggermente più complicata di così…”
 
 
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La ragazza stava correndo, il freddo pungente le faceva venire la pelle d’oca sotto il tessuto leggero del pigiama, i piedi scalzi le dolevano contro l’asfalto rovinato della strada. Era buio, innaturalmente buio. Non si distinguevano case ne alberi, nemmeno la linea dell’orizzonte. L’unica cosa che riusciva a vedere erano le linee tratteggiate sulle quali stava correndo e qualche cartello stradale, che sbucava dall’oscurità per pochi secondi, prima di sparire nuovamente, giusto il tempo per farle capire dove si trovasse. Cominciava a mancarle il fiato, che usciva dalle sue labbra come nuvolette di fumo, i capelli lunghi e ramati erano sciolti e ondeggiavano sulle sue spalle. Lentamente, di fronte a lei, cominciò a delinearsi un edificio. Era grande e spoglio, privo di segni distintivi, come una vecchia fabbrica. Quando la ragazza ne ebbe la piena visuale si ritrovò immediatamente al suo interno, il freddo che provava sparì di colpo, sostituito da un piacevole tepore. I lunghi corridoi di fronte a lei sembravano sformati, come se si allungassero all’infinito. Da uno di questi sentì provenire delle grida di dolore. Il suono di quella voce le fece balzare alla mente un volto familiare, che però non vedeva da tempo.
Jackson
Cominciò immediatamente a correre, ma le gambe erano diventate lente e pesanti, sentiva la sua mente andare a velocità normale ma il suo corpo si muoveva a rallentatore. Vedeva il corridoio di fronte a sé che continuava ad allungarsi in un tunnel infinito. La ragazza gridò di frustrazione quando, improvvisamente, sentì una scarica di elettricità colpirla al petto e diffondersi lungo tutto il corpo.
Lydia si svegliò di soprassalto, nel suo letto, la fronte imperlata di sudore, i capelli bagnati e il fiato corto. Sentiva ancora le gambe stanche per la corsa e la sensazione di aver appena subito una rianimazione. Fece qualche respiro profondo, prima di lanciare le lenzuola, prendere i primi vestiti che le capitarono in mano e correre fuori dalla stanza.
 
 
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“Anuk-che?” Dean era sempre più confuso ad ogni nuova informazione che assimilava. Sam invece era affascinato da ogni più piccolo dettaglio
“Anuk-ite, una creatura divisa a metà, se dovessero trovarsi le due parti quella cosa sarebbe indistruttibile. Sono settimane che cerchiamo un modo per ucciderla”
“E Bobby ci era riuscito, be non mi sorprende” l’angolo della bocca del cacciatore si alzò leggermente. Dio quanto era felice di riavere quel vecchio burbero nella sua vita. Non voleva perderlo di nuovo, non l’avrebbe permesso. Il bunker era esattamente come se l’aspettava, super organizzato e protetto da ogni creatura soprannaturale, di cui all’epoca conosceva l’esistenza ovviamente, le persone che ci trovò all’interno però non lo convincevano ancora del tutto.
“E tu invece cosa sei?”
 La diretta interessata alzò lo sguardo accigliato, sentendosi particolarmente offesa dalla domanda
“Lei si chiama Malia” intervenne Stiles prontamente “E’ un coyote mannaro… non la farei arrabbiare se fossi in te”
La ragazza mostro i denti e Dean aggrottò le sopracciglia, quasi schifato.
“Be è incredibile, siete riusciti a cavarvela bene fin ora” Sam era sinceramente sorpreso, ma in modo positivo. Quasi fosse stato un padre fiero del proprio figlio.
I ragazzi erano un po' sospettosi inizialmente, dopo tutto quello che avevano passato veder arrivare due sconosciuti dal nulla che pretendevano di aiutarli li aveva spiazzati, ma bastarono pochi minuti per farli rendere conto che erano brave persone. E poi il loro legame con Bobby aveva facilitato di molto il compito.
Liam e Scott erano in disparte a parlare di Mrs. Finch, la professoressa che il lupo aveva passato la giornata ad esaminare. Qualcosa di sospetto c’era, i due decisero quindi di approfondire la faccenda, avrebbero provato a parlarle il prima possibile.
Kira ascoltava la conversazione distrattamente, coglieva qualche parola per poi distrarsi e lasciarsi trasportare dai propri pensieri. Erano mesi ormai che non riusciva più a controllare la kitsune, e più il tempo passava più la situazione peggiorava. La sua paura più grande era quella di fare del male a qualcuno o di essere la causa del fallimento delle loro missioni. Fino a quel momento si era sentita inutile, inadeguata. Tutti avevano contribuito in qualche modo per fermare questa creatura, lei invece non aveva fatto nulla, anzi aveva rallentato gli altri che erano costretti a badare a lei, ed erano costantemente preoccupati per i suoi sbalzi d’umore.
Assorta nei suoi pensieri quasi non si rese conto della mano di Scott che le accarezzava dolcemente il braccio.
“Tutto bene?”
“Sì… sì sto bene”
“No, non è vero”
La ragazza si girò per guardare l’Alfa negli occhi, improvvisamente il suo sguardo si fece serio
“Forse sarei dovuta andare con loro…”
Scott la guardò confuso
“Con le Skinwalkers, qui sono solo un peso”
Il lupo mannaro la avvicinò a sé
“Per me non sei un peso, non lo sei mai stata, e mai lo sarai”
Kira sorrise abbassando lo sguardo, sentì le dita di Scott che le sollevarono il mento e le labbra del ragazzo posarsi dolcemente sulle sue.
“Potreste evitare? Ho appena mangiato” La voce di Theo era più fastidiosa del solito. Era da troppo rinchiuso in quel bunker, aveva perso la cognizione del tempo, non sapeva nemmeno più che momento della giornata fosse. O forse soffriva semplicemente di solitudine, ma questo non l’avrebbe mai ammesso, né agli altri né tanto meno a sé stesso. Si sedette vicino a Liam, che si era messo ad ascoltare avidamente i racconti dei Winchester, interrotti regolarmente dai commenti di Stiles.
Dean si interruppe improvvisamente quando sentì dei rumori provenire dall’esterno. Qualcuno stava aprendo la porta del bunker. I due cacciatori misero automaticamente le mani sulle pistole, già puntate verso l’entrata. Il figlio dello sceriffo, sentendosi quasi in dovere, prese in mano la mazza da baseball, tenendola pronta di fronte a sé.
Gli altri presenti nella stanza fermarono subito il trio privo di olfatto sovrasviluppato.
“E’ Lydia” Spiegò Malia, pochi secondi dopo la porta blindata si aprì e una ragazza dai capelli lunghi, visibilmente spettinati, tendenti al rosso, labbra rosse e carnose, e due occhi verdi e preoccupati, fece un plateale ingresso nella stanza
“Ragazzi abbiamo un problema” si bloccò improvvisamente alla vista dei Winchester. Due paia di occhi verdi e marroni la fissavano incuriositi, e nonostante tutto il contegno di cui fosse capace, non poté evitare di farsi scappare una risata nervosa e non poté impedire al suo cuore di accelerare per qualche secondo alla visione di quei due fratelli decisamente affascinanti.
Ovviamente le bastarono un paio di secondi per riprendersi e tornare la ragazza sicura di sé che poco prima era entrata dalla porta.
“E voi sareste?”

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


“Preparati è… è messa male”
“Avanti aprilo e smettila di fare storie”
“No voglio dire… veramente male, sul serio non penso tu sia preparato…”
“Stiles, falla finita e apri il cofano”
I due ragazzi erano nel parcheggio appena fuori dal bunker, il sole caldo del pomeriggio incombeva su di loro, ma non era fastidioso, anzi era quasi piacevole.
Lydia aveva raccontato agli altri della sua visione, il ragazzo di cui aveva parlato, Jackson, sembrava aver bisogno del loro aiuto il prima possibile, ma andare al rifugio dei cacciatori in pieno giorno era praticamente un suicidio.
Nell’attesa il cacciatore si era offerto di dare una mano al ragazzo con il motore della sua macchina, ma niente avrebbe mai potuto prepararlo allo spettacolo che si era trovato davanti.
Ogni singolo pezzo del motore era ricoperto di nastro isolante, il liquido dei freni era diventato quasi nero, la batteria sembrava essere stata messa dentro un microonde, e non c’era un solo cavo ancora funzionante.
Nonostante le avvertenze dell’altro, Dean dovette concentrarsi profondamente per non avere un attacco di panico. Fece un paio di respiri profondi prima di parlare. La mascella era rigida, gli occhi fissi su quello che sarebbe l’inferno di ogni meccanico.
“Hai detto che hai dei pezzi di ricambio, giusto?” la voce era robotica e Stiles cominciava ad essere seriamente preoccupato
“Sì, sono dietro, li vado a prendere” stava cominciando ad allontanarsi quando vide l’esperto cacciatore cominciare a perdere l’equilibrio, sentendo mancare la forza nelle gambe.
“Hey hey piano…” il ragazzo corse a sorreggerlo, nonostante il peso dell’altro probabilmente avrebbe reso l’impresa impossibile, ma fu solo un falso allarme perché le gambe ricominciarono subito a rispondere ai comandi
“Sto bene, sto bene… vai a prendere i pezzi”
Anche se un po’ riluttante Stiles si avviò, osservando da lontano Dean che, con aria quasi disperata, stava accarezzando dolcemente quel poco che era rimasto del motore della Jeep.
Il sole cominciava a tramontare all’orizzonte, dipingendo il cielo di un arancione caldo e rassicurante, che avvolgeva le poche nuvole rosate che ondeggiavano tranquille nell’azzurro del cielo.
Dean e Stiles si stavano godendo quel magico spettacolo, ancora sporchi di olio e con le mani stanche. Avevano fatto il meglio che potevano per sistemare quello che ora forse poteva essere definito il motore della jeep, il cacciatore non era pienamente soddisfatto mentre il ragazzo non poteva essere più felice del risultato. Ora le strisce di scotch erano sparite quasi del tutto e molti pezzi erano stati sostituiti.
I due stavano bevendo una birra, seduti sul cofano dell’auto, Dean la assaporava con gusto mentre Stiles l’aveva accettata quasi per dovere, ne aveva bevuti appena due sorsi. Il sapore amaro che lasciava in bocca era insopportabile.
“Grazie dell’aiuto”
“Non c’è di che. Vedi di prendertene cura d’ora in poi”
“Lo farò” Dean gli infondeva ancora un po’ di soggezione, con quel fare sicuro di sé e quella stazza imponente, ma ormai aveva capito che infondo era una persona gentile e disponibile.
“Posso farti una domanda?”
Stiles annuì, preso alla sprovvista dal cacciatore
“Come conosci così bene i distintivi dell’FBI?”
Il ragazzo si rilassò visibilmente, aspettandosi chissà che cosa.
“Oh, be è quello che voglio fare, entrare nell’FBI. Finita la scuola avevo cominciato un tirocinio come apprendista, ero anche molto portato, mi hanno fatto molti complimenti… si insomma avevo bei voti, non che stessi molto simpatico ai miei professori… soprattutto al coroner, diciamo che non reggo molto la vista del sangue. L’infermiera però è molto simpatica, sai con gli svenimenti sono finito più volte in infermeria…”
“Perché sei tornato?”
L’altro si bloccò improvvisamente, genuinamente sorpreso dalla domanda
“Hai presente quella cosa che vuole ucciderci? Penso sia abbastanza ovvio”
“Potevi continuare gli studi, qui mi sembra già abbastanza pieno di lupi mannari che riescono a gestire la situazione”
“Non avrei mai potuto abbandonarli, e non avrei mai potuto lasciare Scott da solo. Lui è come un fratello per me”
Dean si voltò verso il ragazzo e lo vide. Vide lo sguardo che vedeva negli occhi di Sam e che probabilmente si rifletteva anche nei suoi. Vide lo sguardo di una persona pronta a tutto, nonostante le sue limitazioni rispetto al resto del gruppo. No, non avrebbe mai abbandonato Scott, a costo della vita. Riconobbe quello sguardo e ne ebbe paura, perché sapeva benissimo di cosa era capace una persona che lo possedeva.
“Hai mai usato una pistola?”
Il repentino cambio di argomento lasciò Stiles ancora una volta interdetto e, anche se solo per qualche secondo, senza parole.
“No, avrei dovuto cominciare questo mese a maneggiare le armi”
Il cacciatore annuì, finì la sua birra e scese dal cofano.
“Vieni con me”
 
 
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“No metti questa mano qui… sì così, resta morbido… perfetto, tieni entrambi gli occhi aperti… ok ora devi solo mirare e premere il grilletto”
Gli occhi di Stiles erano puntati sulla bottiglia vuota di birra, appoggiata su di un albero che era stato amputato. L’eccitazione di tenere per la prima volta un’arma in mano gli faceva tremare leggermente le mani.
“Respira profondamente e poi spara”
Il cacciatore mollò la presa sulle mani dell’altro per lasciarlo provare, aspettò qualche secondo ma non sentì il familiare rumore dello sparo.
“Stiles?”
“Sì sì ci sono…” il ragazzo fece un respiro profondo, puntò la pistola e premette il grilletto. Il suono rimbombò vigoroso nell’aria, il rinculo della pistola aveva fatto fare un passo indietro al tiratore, che stava gridando in segno di trionfo, nonostante la bottiglia fosse ancora in piedi, ignara del proiettile che stava per colpirla.
“WOW! O mio dio ho sparato! Ho sparato veramente! Wow!” L’euforia del ragazzo era contagiosa, tanto che il cacciatore non poté trattenere un sorriso, ma allo stesso tempo si chiese se non avesse fatto male a fargli scoprire questo nuovo giocattolo.
“Avanti riprova”
Stiles non se lo fece ripetere due volte. Questa volta senza nessuna esitazione cominciò a sparare a raffica in direzione della bottiglia. Dopo poco si era già abituato al rinculo e al rumore assordante, ma il bersaglio rimaneva ancora in piedi. Il caricatore si svuotò, ma il ragazzo non era ancora riuscito nel suo intento. Nonostante ciò l’esaltazione era rimasta la stessa del primo tentativo, si girò verso Dean sorridente, quasi grato che gli avesse concesso così tanta fiducia da consegnargli un’arma in mano.
“Hey! Ma che diavolo state facendo?” una voce severa fece girare i due, che si trovarono di fronte un Peter decisamente infuriato.
“Perché quel ragazzino ha una pistola in mano?”
Il diretto interessato si sentì improvvisamente in colpa e un po’ a disagio, restituì l’arma a Dean che però gli fece segno di tenerla
“Dovrà sapersi difendere, è l’unico qui che non ha zanne e artigli”
“Sì ma… è Stiles” Peter agitò le braccia indicando il ragazzo, quasi bastasse guardarlo per capire che non era in grado di tenere fra le mani un’arma. Dean si girò e vide l’altro che stava cercando di infilare la pistola nei pantaloni, senza grandi risultati e senza la sicura inserita. Se fosse stata carica probabilmente si sarebbe sparato su un piede. Non poteva dare tutti i torti al lupo mannaro.
“Ci penserò io a insegnargli”
L’altro alzò le mani in segno di resa. O forse per far capire che lui non se ne sarebbe occupato e che da ora sarebbe stato un problema di Dean
“Basta che io non mi trovi nella traiettoria di quel proiettile. Comunque gli altri mi hanno mandato a chiamarvi, è arrivato il momento”
Le preoccupazioni di Dean e l’entusiasmo di Stiles passarono in secondo piano ed entrambi tornarono concentrati, prima di avviarsi in direzione del bunker.
 
 
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“Siete tutti d’accordo?” Scott parlava con voce risoluta, gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
“Io e Liam andremo a scuola, abbiamo dei sospetti su una delle professoresse, cercheremo di scoprire qualcosa in più, mentre Kira, Malia e Theo andranno alla base dei cacciatori”
I due fratelli si guardarono, il minore annuì e fu il maggiore a parlare
“Andremo anche noi”
“Io verrò a scuola con voi, una banshee può sempre tornare utile”
Dean mimò la parola “banshee?” a Sam confuso e impaurito al ricordo di quella che si erano trovati ad affrontare qualche tempo prima. L’altro alzò le spalle, anche lui incapace di immaginare quella ragazza trasformarsi in un mostro urlante dai capelli neri e dagli occhi luminosi.
Stiles, vedendoli confusi, cercò di fargli un veloce riassunto
“Riesce a predire la morte delle persone, ha delle visioni e delle sensazioni che a volte ci aiutano… e a volte ci mandano verso morte certa”
“Noi… conoscevamo un altro tipo di banshee” Spiegò Sam un po’ riluttante. Il ragazzo si accigliò per un secondo, poi si ricordò delle ricerche che aveva fatto al riguardo e delle informazioni che aveva avuto dal bestiario.
“Ah no, non è una vera e propria banshee, insomma non è uno spirito, ma questi spiriti già dall’antichità si legavano ad alcune famiglie, di solito irlandesi, quella di Lydia deve essere una di queste”
Gli altri due annuirono, Sam interessato e appuntandosi mentalmente di andare ad informarsi di più su queste leggende, Dean semplicemente felice di non avere un altro mostro a cui pensare
“Ah e riesce a spostare le persone con le grida. Per il resto è normale”
“Avete finito di parlare di me?” la ragazza li guardava con occhi taglienti e tutti e tre si immobilizzarono, i due fratelli ancora sconvolti dall’ultima informazione di cui erano venuti a conoscenza.
“Ok siamo tutti pronti?”
Il gruppo annuì al capobranco quando un rumore di patatine sgranocchiate attirò l’attenzione di tutti all’angolo della stanza che confinava con la cucina.
Peter stava mangiando tranquillamente ascoltando la conversazione con fare annoiato.
“Hai intenzione di venire con noi?” era la figlia che aveva parlato, l’altro sembrò pensarci un secondo prima di rispondere
“Mmm… no”
“Non volevi vendicarti, farli fuori tutti, eccetera eccetera?” Stiles si pentì subito di aver aperto bocca vedendo lo sguardo di Peter puntato su di sé. Gli occhi taglienti e la statura imponente lo facevano sembrare minaccioso e costantemente arrabbiato.
“Qui non si parla di vendetta, qui si parla di salvare uno stupido ragazzino o di andare a fare una riunione genitori insegnanti fuori orario. Grazie ma io passo”
“Fa come ti pare”
“No!” era stato Scott a intervenire “Ogni aiuto può essere indispensabile, noi abbiamo bisogno di te”
Il lupo mannaro lo guardava impassibile, prendendo un’altra manciata di patatine e portandola alla bocca. L’Alfa roteò gli occhi esasperato.
“Se andrai al covo dei cacciatori potresti trovare i responsabili che hanno distrutto la tua auto”
Le mie auto” ci tenne a precisare l’altro
“Le tue auto, ogni occasione può essere buona per vendicarti”
“Aspettate fermatevi un secondo” Dean si era alzato in piedi “L’unico motivo per cui lui è qui è perché quei cacciatori hanno distrutto le sue macchine?”
Gli altri si scambiarono una veloce occhiata prima di rispondere all’unisono
“Sì”
Il cacciatore non sapeva se essere disgustato dalla superficialità dell’altro o sinceramente dispiaciuto e comprensivo nei suoi confronti. Vedendolo in difficoltà Sam gli mise una mano sulla spalla facendogli segno di sedersi. Peter lo guardò interdetto, non capendo cosa fosse esattamente successo.
“Allora? Verrai con noi? O te ne starai qui da solo a mangiare patatine?”
L’altro sospirò pesantemente prima di rispondere
“E va bene verrò anch’io, ma sappiate che non me ne tornerò a casa senza aver fatto fuori almeno uno di quei figli di puttana”
“Nessuno cercherà di fermarti” commentò Malia
“Ricordatevi che i ragazzi non agiscono di loro spontanea volontà. Sono influenzati dalla paura che trasmette l’Anuk-ite” volle precisare Scott
“Paura o no hanno ucciso lupi mannari innocenti, vanno fermati a qualunque costo”
“Anche a quello di abbassarsi al loro stesso livello?”
“Sì se necessario” Malia e Scott si stavano guardando in cagnesco, fu Kira a intervenire
“Litigare fra noi non ha senso, in più ormai è calata la notte, dobbiamo andare” I due decisero di rimandare le discussioni a dopo e concentrarsi sull’obbiettivo: salvare Jackson.
 
 
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L’impala e la vecchia jeep si fermarono a qualche metro di distanza dall’entrata, il gruppetto proseguì a piedi, silenziosamente sotto la luce della luna. Sam e Dean avevano già le pistole in mano, mentre Stiles per questa prima missione aveva preferito evitare, concordando con gli altri. Impugnava comunque la mazza da baseball di ferro, che sapeva gli sarebbe tornata utile. Kira aveva già sfoderato la katana, mentre Malia, Peter e Theo procedevano a mani nude.
“Ci sono due guardie all’entrata, il resto sembra libero” Dean osservava i due cacciatori che si stavano tranquillamente fumando una sigaretta, non sarebbero stati difficili da aggirare.
“Do un’occhiata al perimetro” rispose Sam avvicinandosi lentamente
“Sento molti battiti cardiaci all’interno, non capisco quale sia Jackson” intervenne Malia.
I due fratelli si scambiarono una veloce occhiata, ancora non erano abituati a questo nuovo tipo di lupi mannari. Sam alzò leggermente le spalle, quasi come a dire “cosa possiamo farci? Ci abitueremo” e proseguì. Gli altri attesero per qualche minuto il suo ritorno, impazienti di entrare in azione. Malia si girò verso Kira, parlandole a bassa voce in modo che nessun’altro ascoltasse.
“Riuscirai a controllarlo?”
L’altra annuì, ma le si leggeva negli occhi che quella missione la spaventava a morte. Se non fosse riuscita a controllare lo spirito della volpe avrebbe potuto essere la causa del suo fallimento, o peggio. Stavano per addentrarsi in un territorio sconosciuto, qualsiasi cosa sarebbe potuta andare storta. Aveva mentito. No, non riusciva a controllarlo e non aveva idea di cosa lo scatenasse.
La cosa che la preoccupava di più non era la sua sicurezza, ma quella dei suoi compagni. E se per causa sua qualcuno si ferisse? O addirittura ci lasciasse la pelle? Non voleva nemmeno pensarci, il senso di colpa l’avrebbe uccisa.
Fece un respiro profondo ma la paura non accennava ad andarsene. Malia le si avvicinò, toccandole delicatamente il braccio
“Andrà tutto bene, resterò con te tutto il tempo” l’altra annuì nuovamente, confortata dall’amica e grata del suo aiuto. Fece un altro respiro profondo, che questa volta, anche grazie agli occhi preoccupati e comprensivi dell’altra che la fissavano, riuscì a calmarla almeno un po’.
Sam tornò da loro, riferendo che non c’erano altre guardie, almeno all’esterno. Il gruppetto allora si avviò silenziosamente. Una volta all’entrata Theo e Peter si avvicinarono di soppiatto alle guardie, tappandogli la bocca e facendogli perdere i sensi. Peter si girò verso Malia, quasi ad aspettare un segno di approvazione per non aver ancora ucciso nessuno, ma la figlia lo ignorò, entrando nell’edificio.
La stanza che si trovarono di fronte era grande e particolarmente spoglia. C’erano alcuni quadri alle pareti e dei libri sparsi un po’ovunque, ma niente che facesse pensare alla presenza di un’orda di cacciatori. Stiles cominciò a curiosare in giro, subito ripreso da Malia che quasi lo dovette trascinare via. I ragazzi entrarono nell’unica porta presente nella stanza, ritrovandosi in un piccolo corridoio che portava in tre stanze diverse. Dean stava già andando in esplorazione verso sinistra, ma Theo e Malia lo fermarono contemporaneamente, facendogli segno di entrare nella porta di destra. Kira entrò per prima, seguita da Peter e Sam, silenziosamente sorpassarono alcuni scaffali ricolmi di armi e strani oggetti, scatole, fogli arrotolati e gettati alla rinfusa, piante e coltelli dalle forme più varie. I tre si distrassero curiosandoci in mezzo, e fu a quel punto che sbucarono i due cacciatori che erano di guardia.
Uno si avventò su Sam, mentre l’altro prese di mira Peter. I compagni accorsero velocemente, mentre Kira stava già aiutando Peter, procurando un vistoso taglio sul fianco dell’aggressore. Quello si ritrasse e il lupo mannaro gli diede il colpo di grazia.
Sam intanto stava cercando di divincolarsi, ma l’altro l’aveva preso alla gola, rendendogli difficile respirare. Dean aveva già la pistola puntata su di lui, ma Theo gli fece segno di non sparare o ne sarebbero arrivati altri.
Sotto gli occhi stupiti di tutti fu Stiles a intervenire, colpendo il cacciatore alla testa con la mazza da baseball. L’altro cadde a terra tramortito, mentre Sam cominciò a tossire, immettendo nuovamente aria nei polmoni. Dean lo raggiunse, verificando che il fratello stesse bene, e lui gli fece segno di non preoccuparsi.
Stiles nel frattempo si era stampato un ridicolo sorriso in faccia, finalmente felice che la sua arma di difesa fosse servita effettivamente a qualcosa. Ma quando si voltò il suo sorriso scomparve improvvisamente. C’era un’enorme grata, collegata ad una specie di console e ad un generatore elettrico. Lì, appeso per i polsi, c’era un ragazzo dai capelli scuri e corti, il volto squadrato solcato da rivoli di sangue, la maglietta aveva molte bruciature dovute alle scariche elettriche, la testa era penzoloni sul petto, gli occhi erano chiusi.
Stiles si avvicinò a lui, provandolo a chiamare, dandogli qualche colpetto in faccia, non troppo forte avendo paura, per quanto poco, di fargli ancora più male di quanto non ne avesse dovuto sopportare fino a quel momento. Cominciò a slegargli i polsi, vedendo le mani forti di Dean e Peter aiutarlo a sostenere il peso del corpo.
“Jackson! JACKSON!” lo appoggiarono a terra dolcemente, il ragazzo rimase vicino a lui. Lui stesso si sorprese della paura e dell’affetto che sentiva per lui in quel momento. Non erano mai andati d’accordo, anzi si odiavano, ma vederlo in quello stato gli aveva fatto scattare un senso di compassione che non sapeva di possedere. Ma non si curò troppo della cosa, concentrandosi di più sul corpo inanimato di fronte a lui.
“JACKSON!”
“Non urlare! Potrebbero sentirci” era stato Sam a intervenire, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo.
“Intanto dobbiamo portarlo fuori di qui, poi penseremo a curarlo, lo porteremo da Deaton” Gli altri annuirono alle parole di Kira, ma in quello il lupo si riprese, aprendo leggermente gli occhi e riconoscendo Stiles, poi si guardò intorno confuso, dicendo parole incomprensibili.
“Hey, tranquillo, ti portiamo via di qui”
“E…tha…”
Stiles avvicinò l’orecchio per sentire meglio
“E…than… dobbiamo trovare… Ethan”
Stiles si allontanò confuso, riferendo agli altri quello che aveva detto, e cercando spiegazioni negli sguardi di Malia e Kira, che sapevano di chi stesse parlando.
Le due si guardarono confuse, poi riportarono gli occhi sul ragazzo.
“Forse sta delirando…”
“E perché direbbe il nome di Ethan se stesse delirando?”
“Aspettate, sta dicendo qualcos’altro” Stiles si avvicinò nuovamente a lui, e dopo pochi secondi gli si allontanò, con gli occhi spalancati, e la bocca aperta, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse le parole. Gli altri incuriositi gli chiesero spiegazioni. Il ragazzo si girò, ancora con occhi e bocca spalancati.
“E’ il suo fidanzato… stanno insieme”
A quel punto sui volti di tutti si dipinse lo stesso sguardo che poco prima era sul volto di Stiles. Le due ragazze sorrisero, insieme a Sam che lanciò una furtiva occhiata a Dean, il quale però rifletteva uno sguardo confuso, come del resto facevano Peter e Theo. Seguirono alcuni secondi di silenzio che servirono al gruppo per metabolizzare la notizia. Poi tutti tirarono fuori nuovamente le armi, pronti per affrontare gli altri cacciatori. Tutti tranne Peter.
“Cosa? State seriamente pensando di andare a recuperare il suo amichetto? Oh no, io me ne vado, avete sentito quanti diavolo di cacciatori ci sono nelle altre stanze?”
“Non possiamo lasciarlo qui” Padre e figlia si misero nuovamente a litigare ma Theo, stanco di questa storia, si mise in mezzo
“Ok ora fatela finita! Qualcuno dovrà portare Jackson all’auto, gli altri recupereranno Ethan, Peter se tu non vuoi far parte dell’operazione puoi andartene. Stiles, tu occupati di lui”
Stiles fece per ribattere ma gli altri gli dettero ragione quindi decise di non discutere. Si mise un braccio del lupo intorno al collo e lo portò fuori, con le proteste di quest’ultimo che non voleva andarsene senza il suo fidanzato. Il ragazzo cercò di spiegargli la situazione col fiato corto per lo sforzo, cominciando ad uscire dalla stanza.
“Malia, Kira voi controllate da quella parte, noi guarderemo di qua” concluse Theo, rivolgendosi ai Winchester, che annuirono. I ragazzi si divisero e Peter, vedendoli allontanarsi, sospirò seguendo il gruppo delle ragazze.
 
 
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La scuola era avvolta dalle tenebre, i corridoi erano ancora più angusti del solito.
Scott, Liam e Lydia erano ormai abituati a quella sensazione di inquietudine e forse anche paura. Non era la prima volta che si ritrovavano in quella scuola dopo che il sole era calato da un pezzo, ormai era diventata la scenografia fissa delle loro avventure notturne contro creature di ogni tipo.
I due ragazzi stavano andando alla ricerca della professoressa, ma non riuscivano a percepirne l’odore, si rivolsero quindi a Lydia ma nemmeno lei fu di grande aiuto. Decisero quindi di dividersi, anche se il loro istinto gli suggeriva caldamente il contrario. Quella sensazione di paura non era dovuta solo all’atmosfera notturna. L’Anuk-ite era nei paraggi.
Scott andò ad esaminare le aule, mentre Liam si diresse verso gli spogliatoi. Lydia invece controllò la segreteria e le aule dei professori.
Un’aria fredda soffiava nell’edificio, trasportando una sensazione di puro terrore. Il capobranco cercò di mantenere la calma, non facendosi prendere dal panico e proseguì con passo sicuro ma non troppo spedito.
Alla fine la vide. Una luce bianca usciva da una delle aule e si rifletteva sugli armadietti. La porta era socchiusa, lasciando intravedere la lavagna e una parte della cattedra. Scott si avvicinò lentamente, facendo brillare i propri occhi di rosso. Si accostò alla porta, fece un respiro profondo per poi spalancarla di colpo e prepararsi a rispondere a qualsiasi essere avesse provato ad attaccarlo. Purtroppo, o forse per fortuna, l’unica cosa che si avventò contro di lui furono le grida della professoressa di biologia seduta alla cattedra, intenta a correggere alcune verifiche. Si era portata una mano alla bocca terrorizzata.
“Oh mio dio, e tu chi diavolo sei?” solo dopo aver detto questa frase guardò con attenzione il ragazzo, e solo in quel momento si rese conto dei suoi occhi. Scott li fece sparire velocemente, e cercò di abbozzare delle scuse, ma tenendo sempre d’occhio ogni minimo movimento della donna.
“Mi dispiace” portò innocentemente una mano alla testa, sfregandosi i capelli “vede io sono un vecchio studente di questa scuola ed ero venuto per… perché passando qui davanti ho visto la luce accesa e…”
“Smettila, so chi sei” Il ragazzo spalancò gli occhi, improvvisamente allerta “Tutti parlano di te. Tu sei Scott McCall…”
“E… cosa dicono esattamente di me?”
Mrs. Finch, che fino a quel momento aveva tenuto un volto serio e concentrato, improvvisamente alzò le labbra in un sorriso.
“Niente di che, solo che sei un ottimo studente. Ora se non ti dispiace dovrei finire di correggere questi compiti” e, sempre con il sorriso sulle labbra, abbassò la testa concentrandosi sui fogli che aveva di fronte.
Scott corrugò la fronte confuso dal repentino cambio di comportamento.
“Scusi se glielo chiedo ma, cosa fa qui a quest’ora?”
La donna alzò nuovamente lo sguardo. I suoi occhi stavano gridando al ragazzo di andarsene e lasciarla in pace ma lui fece finta di non notarlo.
“Qui sono più tranquilla, a casa ho sempre rumore intorno. Mi piace la pace di questo posto”
E la spettralità pensò Scott fra sé.
“E lei cosa insegna?”
A questo punto la donna era visibilmente spazientita
“Senti ragazzino, ho delle cose da fare quindi sarebbe molto gentile da parte tua se mi lasciassi in pace”
Il tono di voce dell’insegnante e la severità con cui disse quelle parole fece venire al ragazzo l’istinto di andarsene, e, contro la sua volontà, si stava già avviando verso la porta. Ma si bloccò sull’uscio, rendendosi conto di quello che stava succedendo e della sua improvvisa sottomissione agli ordini dell’insegnante. Non ne era certo ma, a quel punto, tanto valeva rischiare.
“Lei è un Alfa”
 
 
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Nonostante non ci fosse nessuno ormai da ore, gli spogliatoi maschili emanavano sempre lo stesso odore, che per un lupo mannaro era amplificato al massimo. Gli asciugamani sporchi erano abbandonati un po’ ovunque insieme ad alcune paia di scarpe e molte magliette. Il sudore era quasi palpabile nella stanza, e il naso di Liam implorava pietà, ma il suo proprietario continuava imperterrito alla ricerca di un odore che non fosse quello disgustoso dei suoi compagni di scuola. Percepiva la presenza di qualcosa, ma non riusciva ad identificarlo.
Improvvisamente un brivido gli corse lungo la schiena, il battito cominciò ad accelerare, tutto il suo corpo gli gridava di correre il più lontano possibile da quel posto che gli era sempre sembrato così familiare e così sicuro.
Il ragazzo si fermò, fece un respiro profondo e combatté contro i suoi istinti. Era nel posto giusto.
Cercò di muoversi il più silenziosamente possibile, mentre si camminava fra gli armadietti e le panchine. Alla fine la vide.
Non era un mostro o un lupo mannaro, non era spaventosa o terrificante. Era una semplice ragazza. Aveva i capelli lunghi e scuri, come gli occhi, labbra carnose, un viso innocente, quasi anonimo. Eppure Liam ne era terrorizzato.
Era seduta in un angolo, nelle docce dei maschi, rannicchiata su sé stessa. Sentendolo arrivare aveva alzato la testa, lo guardava negli occhi, uno sguardo dolce e confuso.
“Hey… io sono Liam, tu come ti chiami?” la voce gli tremava leggermente, ma cercò di mascherarlo.
“…Quinn”
“Piacere di conoscerti… cosa ci fai qui?” la ragazza sembrò confusa dalla domanda. Ci pensò su per un paio di secondi, poi scosse leggermente la testa.
“Non lo so, io… io stavo cercando qualcosa… non ricordo”
“Magari posso aiutarti a cercarlo, che ne dici?”
Quinn annuì, alzandosi lentamente in piedi, ma senza avvicinarsi troppo all’altro. Liam non voleva darle le spalle, quindi si spostò leggermente per farla passare, ma la ragazza non si mosse. A malincuore il ragazzo si girò, mantenendo tutti i suoi sensi all’erta. Ogni fibra del suo corpo gli stava dicendo di non fidarsi di lei, che era quella che stavano cercando, ma guardandola sembrava una ragazza così normale e dolce che non poteva credere fosse un’assassina.
Uscirono dallo spogliatoio, Liam diede una veloce occhiata alle sue spalle per controllare che l’altra lo stesse seguendo, ma con la coda dell’occhio gli sembrò di vedere un ghigno sul suo volto, che stonava su quel viso così innocente. A quel punto si girò completamente, i muscoli tesi, pronti ad attaccare, ma la ragazza era tornata normale, leggermente spaventata dallo scatto dell’altro. Il lupo mannaro si passò una mano fra i capelli, tentando di mascherare i suoi sospetti.
“A che anno sei?” fece, con tutta l’indifferenza di cui era capace
“Al terzo” lei esitò qualche secondo prima di rispondere, ma mantenne il contatto visivo per tutto il tempo.
Intanto i due si stavano avviando verso il corridoio, ancora buio, la luna che filtrava attraverso le finestre e dalle aule aperte, dipingendo ombre che si trasformavano in strani movimenti sugli armadietti, rendevano l’atmosfera ancora più inquietante. Liam era terrorizzato da quello spettacolo, nonostante poco prima non gli facesse quasi nessun effetto.
“Io sono al quinto. E’ abbastanza difficile ma per il momento me la cavo” sorprendendo anche se stesso, il ragazzo riuscì a dipingersi un falsissimo sorriso sulle labbra, che però accostato al terrore, mascherato da inespressività, degli occhi lo rendeva privo di qualsiasi ilarità o conforto.
La ragazza non ci fece caso. Sembrava distratta da qualcosa. Cominciò ad acuire l’olfatto in modo quasi impercettibile. Solo l’occhio esperto del lupo mannaro sarebbe riuscito a notarlo. A quel punto l’innocenza e la dolcezza di quel volto sparirono in modo così repentino che Liam dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto che fosse veramente successo. I suoi occhi si illuminarono di un azzurro elettrico, quasi viola, e cominciarono ad emanare una luce abbagliante.
Il ragazzo si ritrasse, ebbe l’istinto di correre verso l’uscita, ma ancora una volta il suo senso del dovere lo fece rimanere fermo dov’era.
“Avete portato l’Alfa” la voce era irriconoscibile, profonda e minacciosa. Il ghigno sulle labbra ormai era evidente e perfettamente intonato con gli occhi luminosi.
Il lupo mannaro si avvicinò a lei, le zanne ben visibili e gli occhi ambrati. Un fragoroso ringhio uscì dalle sue labbra prima che si avventasse sulla ragazza.
 
 
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“Lei è un Alfa”
L’insegnante si irrigidì improvvisamente, gli occhi spalancati ad osservare quel ragazzo così sicuro di sé, con un mezzo sorriso di sfida sul volto.
La risata più forzata del mondo uscì dalle sue labbra prima che riuscisse a trovare la forza di parlare.
“Di cosa stai parlando?” dicendo questa frase i suoi occhi vagarono ovunque per la stanza pur di non incrociare quelli di Scott.
Il ragazzo fece per ribattere ma in quello un ruggito rimbombò attraverso i corridoi vuoti. Lo riconobbe immediatamente. Ignorando lo sguardo spaventato e in cerca di risposte dell'insegnante corse subito verso il luogo da cui proveniva quel rumore. Corse dal suo Beta.
Arrivò in tempo per vedere Liam sbattuto contro una parete. Il muro si crepò leggermente e il ragazzo cominciò a tossire, cercando faticosamente di alzarsi, mentre la ragazza si stava avvicinando a lui per finirlo. La mano si strinse attorno al collo del ragazzo, sollevandolo da terra, l'altro cercò di liberarsi ma senza riuscirci. Faceva fatica a respirare e, nonostante la sua resistenza, il dolore alla schiena l'aveva indebolito.
Improvvisamente, quando le sue forze stavano per abbandonarlo del tutto, la ragazza lasciò la presa, con un grido di dolore. Scott le era arrivato alle spalle, lasciandole un profondo graffio sulla schiena. Liam si lasciò cadere a terra, mentre quella che, ormai ne era sicuro, era una delle due metà dell'Anuk-ite, si allontanava da lui per fiondarsi contro l’Alfa. Quest'ultimo si stava già preparando a ricevere l'attacco, ruggendole di rimando, ma appena prima che i due cominciassero a combattere una voce gli gridò di fermarsi, con tanta potenza e sicurezza da far bloccare entrambi. Si voltarono, per trovarsi di fronte Mrs. Finch, disperata, quasi sull'orlo delle lacrime, che teneva gli occhi fissi sulla ragazza. Lentamente un sorriso si fece largo sulle sue labbra, mentre le si avvicinava. Scott le fissò confuso, lanciando uno sguardo a Liam, ancora a terra, che ricambiò gli stessi dubbi che trasmettevano gli occhi dell’altro.
“Quinn, tesoro che stai facendo?” una lacrima era scappata al controllo dell'insegnante, bagnandole la guancia. La ragazza la guardò impassibile, mentre l'altra continuava ad avvicinarsi lentamente.
“No, si fermi!” era stato Scott a parlare ma la donna non accennò ad ascoltarlo, solo tre parole uscirono dalle sue labbra, quasi un sussurro che solo le orecchie di un lupo mannaro sarebbero state in grado di udire.
“E' mia figlia” la sua mano si alzò, probabilmente per accarezzarle la guancia, ma la creatura la interpretò diversamente, allontanandosi per evitarla, e contrattaccando procurando alla donna un profondo taglio sul petto. I suoi occhi si spalancarono di sorpresa, prima che si accasciasse a terra sanguinante.
“No!” Scott attaccò nuovamente la ragazza che però riuscì ad allontanarlo con un calcio.
Liam le arrivò da dietro, graffiandole il braccio e venendo colpito allo stomaco da un pugno di una forza sovrumana. L'Anuk-ite non accennò a fermarsi, riusciva a mettere a terra i due ragazzi con una facilità sconcertante, come se fossero bambole di pezza.
“Fermati...” era stata l'insegnante a parlare, alzandosi faticosamente da terra. La ragazza la guardò incuriosita, avvicinandosi a sua volta per finirla.
“Ho detto fermati!” la donna alzò lo sguardo, mostrando due feroci occhi illuminati di rosso. Si avventò sulla figlia, facendola cadere a terra. La ragazza però era riuscita a precedere la madre, sguainando gli artigli e facendoli penetrare nuovamente nella sua carne. La donna tossì sangue e si portò una mano all'addome. Il sangue caldo le colò sulle mani, un dolore pungente la pervase, mentre alzava lo sguardo per vedere per l'ultima volta gli occhi, ormai irriconoscibili della figlia, prima di chiudere i propri per sempre.
La ragazza le si allontanò, spostando il suo corpo da sopra di lei. Non la degnò nemmeno di uno sguardo e si avvicinò a Liam, ancora con gli artigli  ricoperti di sangue. Il ragazzo fece per combattere ma non ebbe il tempo di mettersi in piedi che una voce, o meglio un grido, squarciò il corridoio, scaraventando quell'essere che ormai non poteva più essere definito umano, contro gli armadietti dietro di lei, facendole perdere i sensi.
Scott e Liam alzarono lo sguardo verso Lydia, ancora con le mani alzate e lo sguardo preoccupato.
I due si alzarono faticosamente e subito si avvicinarono alla professoressa, ancora stesa a terra. La pozza di sangue stava aumentando a vista d'occhio.
Lydia si portò una mano alla bocca, per poi avvicinarsi al corpo. Posò due dita sul collo della donna sperando di riuscire a sentirne il battito, ma il cuore ormai aveva smesso di battere.
“Era un’Alfa” le spiegò Scott “E la madre della ragazza... non saprà mai cosa le è successo veramente” i ragazzi rimasero in silenzio per qualche secondo, fu la ragazza a interromperlo.
“Non è stata colpa tua Scott. Non puoi salvare tutti”
“Lo so...” il ragazzo distolse lo sguardo, la sua voce nascondeva un dolore e un senso di colpa che nemmeno lui avrebbe potuto descrivere. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo “Lo so”
 
 
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“Sam attento!” il ragazzo si voltò appena in tempo per vedere il cacciatore, armato di coltello, che lo stava per colpire. Alzò la pistola e gli sparò alla gamba facendolo cadere a terra con un grido di dolore.
Dean, una volta assicuratosi che il fratello fosse fuori pericolo, tornò all'attacco, contro altri due ragazzi che stavano andando verso di lui. Colpì il primo alla testa facendolo svenire, ma il secondo fu troppo veloce e gli procurò un graffio sul braccio. Il ragazzo cercò di colpire anche lui, ma senza successo. Si ritrovò a terra, il coltello che puntava dritto alla sua gola. Si stupì di come un ragazzo così giovane riuscisse a togliere una vita così facilmente, senza rimorsi o ripensamenti. Una cosa erano quei mostri che ormai si era abituato a combattere e a uccidere, ma questo era solo uno studente a cui avevano fatto il lavaggio del cervello.
La paura poteva fare cose spaventose.
Riuscì a fermare il braccio del suo assalitore, ma non riuscì a toglierselo di dosso. Fu in quel momento che intervenne Theo, trascinandolo via e graffiandogli una spalla. Il ragazzo gridò di rabbia avventandosi sul lupo mannaro, che però riuscì a schivarlo e a farlo sbattere contro una delle mensole presenti sulla stanza.
I tre si nascosero dietro ad uno dei mobili, ricaricando le armi e prendendosi un attimo di respiro.
“Ma quanti sono?” il maggiore dei Winchester si stava controllando la ferita, assicurandosi che non fosse troppo profonda.
“Non lo so, sembrano non finire più” Sam lo guardò preoccupato, ma si rese subito conto che non era niente di grave
“Me no male che non dovevamo farci notare” disse Dean dipingendosi quel suo solito sorrisetto spavaldo sulle labbra, e rimettendo il caricatore nella pistola
“Non possiamo continuare così, dobbiamo ucciderli” i due fratelli si voltarono verso Theo, ancora una volta sgomenti di fronte alla facilità con cui i ragazzi di questa città prendessero in considerazione l'omicidio, anche se in questo caso tecnicamente si parlava di legittima difesa.
“Sentite non piace nemmeno a me quest'idea, ma qui si tratta di noi o loro”
“Nessuno uccide nessuno, a meno che non sia strettamente necessario”
Nel frattempo colpi di pistola continuavano a rimbombare nella stanza, e sembravano avvicinarsi sempre di più.
“Mi sembra alquanto necessario” rispose l'altro, con un tono di urgenza nella voce
Dean si girò in direzione di Sam, che restituì lo stesso sguardo preoccupato.
“In ogni caso Ethan non è qui, direi di allontanarci e sperare che gli altri abbiano avuto più fortuna”
“Non possiamo abbandonarlo” la voce di Dean era diventata improvvisamente più autoritaria e determinata.
“Non possiamo nemmeno farci uccidere per trovarlo” seguì qualche secondo di silenzio, interrotto dai colpi di pistola che si facevano sempre più vicini.
Il cacciatore sospirò, e diede una pistola al lupo mannaro
“Sai come si usa?” l'altro rispose con un semplice sguardo di sufficienza
“Ok, ok, prendila, i tuoi artigli non serviranno a molto in questo caso. Cerchiamo di crearci un varco verso l'uscita” gli altri due annuirono, si alzarono contemporaneamente ad armi spianate, cercando di raggiungere la porta.
 
 
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“Shh, non fare rumore!” era stata Malia a parlare, cercando di tranquillizzare Kira che, non appena aveva cominciato a sentire i colpi di arma da fuoco il suo istinto le diceva di correre in quella direzione
“Ma dobbiamo andare ad aiutarli!”
“Sono grandi e grossi... e fottutamente alti” le rispose Peter “Se la caveranno”
“State giù!” una manciata di cacciatori corse fuori da una stanza per raggiungere i loro compagni nella direzione da cui provenivano gli spari. I tre si nascosero appena in tempo, finendo dentro una camera decisamente inquietante. Era piena di armi, appena illuminata da una lampadina che pendeva dal soffitto.
“Mio dio, questo posto è un vero e proprio arsenale” Peter cominciò a curiosare in giro, prendendo in prestito un paio di pistole. Lo sguardo minaccioso della figlia lo fece immobilizzare.
“Che c'è? Possono sempre tornarci utili”
“Ragazzi” era stata Kira a interromperli. Teneva lo sguardo fisso su un angolo della stanza, lì, rannicchiato su sé stesso, con le mani e i piedi legati, c'era un ragazzo dalla mascella pronunciata, le labbra carnose e le sopracciglia folte. Il volto era sfigurato, pieno di tagli e di sangue e sicuramente, sotto la giacca scura, doveva essere preso allo stesso modo se non peggio. Ma quello che aveva bloccato Kira era stato un altro dettaglio. Ethan non si muoveva. Sembrava essere stato buttato lì come un sacco della spazzatura, ormai inutile e pronto alla rimozione. Nemmeno Malia ebbe il coraggio di avvicinarsi, per confermare quello che tutti stavano sospettando. Peter, vedendo le due ragazze in difficoltà, si avvicinò al corpo, con discrezione, per poi poggiare due dita sul suo collo.
Trattenne il respiro per qualche secondo, per poi sentire un flebile battito sotto i suoi polpastrelli.
“E' vivo” le ragazze trassero un respiro di sollievo, e si scambiarono un sorriso. Il volto di Malia, però, tornò immediatamente serio, mentre spingeva l'amica lontana dal cacciatore alle sue spalle. Kira cadde a terra, mentre l'altra faceva uscire le zanne e gli artigli, e i suoi occhi si illuminavano di azzurro. Si scagliò contro il suo avversario, procurandogli una grossa ferita sul petto, ma non prima che lui riuscisse a dare l'allarme ai suoi compagni.
“Dobbiamo andarcene!” gridò Peter, prendendo il ragazzo di peso, appoggiandolo sulla sua spalla. Kira sguainò la spada, indietreggiando col gruppo, ma già tutti e tre potevano sentire una decina di uomini avvicinarsi velocemente.
“Andate, vi copro io”
“Non se ne parla” il coyote mannaro si affiancò alla ragazza ringhiando contro i cacciatori che erano già entrati nella stanza. Le due ragazze si fiondarono su di loro, seguite da Peter, che aveva abbandonato Ethan a terra.
“Cosa fai? Devi portarlo fuori di qui”
“Non lascio due ragazzine a combattere da sole” con queste parole il lupo mannaro corse verso i loro aggressori, ruggendo e graffiandoli senza preoccuparsi troppo del fatto che fossero ragazzini.
Malia lo imitò, mentre Kira usava abilmente la spada per difendersi.
All'inizio cercò di trattenersi, di non dare tutta sé stessa per evitare che lo spirito della volpe prendesse il sopravvento su di lei, ma dopo appena qualche minuto già sentiva che tutta quella rabbia che aveva dentro lottava per uscire. Stava combattendo per evitarlo, ma più attaccava, più sentiva questa forza incontrollabile prendere il controllo. Il suo corpo cominciò a ribollire e l'aura intorno a lei cominciava ad essere visibile anche ad occhi nudo. Malia se ne accorse e cercò di avvicinarsi a lei, per dirle di calmarsi anche se, doveva ammetterlo, quella forza distruttiva tornava decisamente utile in quel momento
“Kira!” l'altra sembrò non sentirla, gli occhi fiammeggianti e gridi di battaglia giapponesi che uscivano dalle sue labbra. L'amica allora si avvicinò ancora, nascondendosi dai colpi di pistola che avevano cominciato ad essere sparati
“Kira fer...” non riuscì a finire la frase che la spada della ragazza la colpì al braccio, ma la forza che ne scaturì fu tale da farla finire a terra. Solo in quel momento quest'ultima sembrò svegliarsi dalla sua furia e rendersi conto di ciò che aveva fatto. Guardò Malia per qualche secondo, e i suoi poteri sembrarono tornare sotto controllo.
Fu allora che lo vide.
Uno dei cacciatori, alla loro sinistra, la pistola puntata sulla ragazza a terra, il dito sul grilletto. Malia si voltò, ma non abbastanza velocemente. Sentì il rumore dello sparo, sentì suo padre gridare il suo nome. Chiuse gli occhi aspettando il dolore lancinante che ne sarebbe seguito, ma non accadde nulla.
Forse sono già morta pensò distrattamente, prima di riaprire gli occhi e trovarsi di fronte dei lisci e fluenti capelli neri. La ragazza era in ginocchio di fronte a lei, la spada abbandonata a terra e le mani premute sul petto sanguinante. Malia non riuscì subito a realizzare quello che stava succedendo, oppure semplicemente non voleva crederci. Rimase immobile per qualche secondo, vide l'uomo che aveva premuto il grilletto puntare nuovamente la pistola su di lei, ma una figura gli si buttò contro facendolo finire a terra.
Malia non si chiese chi fosse, e non sentì nemmeno le urla dell'altro. Si era completamente bloccata, incapace di fare qualsiasi azione.
Solo quando Kira cominciò a cadere all'indietro trovò la forza di muoversi verso di lei e di tenerla fra le sue braccia.
“Kira...” gli occhi della ragazza cominciarono a pungerle, il calore del sangue le scaldò le mani, premute sulla ferita, mentre il corpo stava diventando sempre più freddo. Kira non riusciva a parlare, il sangue cominciò ad uscirle dalla bocca, accompagnato da rantolii sommessi.
“Kira...” Malia non riusciva a dire altro, non sapeva cos'altro dire. Il cuore le sembrava essere diventato di piombo, mentre ogni altra cosa intorno a lei stava svanendo lentamente.
Le aveva promesso che l'avrebbe protetta, che si sarebbe presa cura di lei, e invece ora, l'unica cosa che poteva fare era tenere premuta la ferita che aveva al petto, cercando di ritardare il più possibile l'inevitabile.
Non se la sentì di dirle che sarebbe andato tutto bene, non voleva che l'ultima cosa che le avrebbe detto fosse una bugia. Si limitò a guardarla, continuando a chiamare il suo nome, le lacrime che combattevano per uscire.
La ragazza le sorrise, era come se riuscisse a sentire i suoi pensieri. Il dolore al petto era insopportabile, ma già lo sentiva sparire. Le forze la stavano abbandonando lentamente e, anche volendo, non sarebbe riuscita a dire niente a Malia per farla sentire meglio. Avrebbe voluto dirle che andava bene, che non doveva preoccuparsi per lei e che se avesse potuto tornare indietro avrebbe rifatto quello che aveva fatto altre cento volte, ma non ci riuscì.
Si limitò ad alzare lentamente una mano per accarezzarle il viso, per riuscire a rassicurarla almeno con quello, ma i suoi occhi persero vita prima che potesse raggiungerlo.
Malia la guardò per qualche secondo, agitandola leggermente e continuando a chiamare il suo nome. Sempre più forte, sempre più forte finché non finì per gridarlo, e i suoi occhi si accesero di azzurro. Improvvisamente gli oggetti intorno a lei si materializzarono di nuovo, suo padre le era a fianco, dicendole che dovevano andarsene. La ragazza non lo ascoltò, appoggio delicatamente la ragazza a terra. Ormai tutti i cacciatori che gli avevano attaccati erano morti o privi di sensi, ma lei sapeva che ce n'erano altri nell'edificio. Sentiva già i loro passi avvicinarsi, e i loro cuori battere velocemente. Si alzò, le zanne scoperte, gli artigli sguainati, e un ruggito che avrebbe fatto accapponare la pelle al più coraggioso degli uomini. Cominciò ad andare verso di loro, quando sentì una forte mano prenderla dalla vita e trascinarla fuori, mentre lei continuava a gridare e ruggire.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


“Ma come diavolo avete fatto a portarla fino a qui?”
“Lydia è riuscita a farle perdere i sensi, l'abbiamo semplicemente caricata in macchina”
“E se si fosse svegliata?”
Scott e Liam si fissarono per qualche secondo, prima che il primo prendesse la parola
“Be non è successo”
“Voi siete pazzi”
I ragazzi stavano fissando quella che una volta era stata la loro compagna di scuola Quinn, e che ora era un mostro che ancora non sapevano come eliminare, rinchiusa nella cella del bunker. Per sicurezza avevano circondato la stanza di strozza-lupo e avevano deciso di comune accordo che qualcuno sarebbe sempre rimasto di guardia. Era già un rischio averla portata all'interno del loro nascondiglio.
I due lupi mannari stavano decidendo con Stiles i turni di guardia, mentre Lydia si stava prendendo cura di Jackson. Le ferite erano gravi e, nonostante la rigenerazione da lupo mannaro, ancora aperte. La ragazza le stava fasciando, Scott aveva già fatto tutto il possibile per non fargli provare dolore, infatti il ragazzo stava già riprendendo un po' di colore, ma la sua mente era fissa ad un unico pensiero.
“Ethan...” nonostante i miglioramenti la sua voce era ancora roca e debole.
“Te l'ho già detto, se ne stanno occupando, non preoccuparti lo riporteranno sano e salvo” la voce della ragazza era dolce e confortante, le mani delicate sulle ferite dell'altro
“Stiles mi ha detto che state insieme” il lupo mannaro annuì, facendo spuntare un sorriso sulle sue labbra, probabilmente se non fosse preso così male si sarebbe dovuto subire una sfuriata della sua ex fidanzata
“Ah, pensavo non lo avresti mai capito...” gli occhi di lui si spalancarono, alzò la testa verso di lei con una velocità esagerata che gli fece correre un brivido di dolore lungo la schiena.
Lydia non riuscì a trattenere una risata “Che c'è? Noi donne certe cose le capiamo”
Ancora col sorriso sulle labbra, finì di fissare l'ultima fasciatura e lo aiutò a stendersi su uno dei divani.
“Ora riposati, prometto che appena arriverà Ethan ti sveglierò”
L'altro tentò di resistere, ma sentiva le forze che lo stavano già abbandonando. Nonostante la scomodità del divano, in quel momento gli sembrava il letto più comodo su cui fosse mai stato.
La ragazza si stava allontanando, quando un'improvvisa fitta al cuore l'attanagliò, e le fece portare la mano al petto. Immagini confuse le apparirono davanti agli occhi, vide dei cacciatori armati, proiettili che vagavano veloci attraverso la stanza. Uno in particolare. Le sembrò di vedere la scena al rallentatore, mentre il dolore al petto aumentava. Le gambe cominciarono a non reggerla più, facendola cadere sulle ginocchia.
Scott e Stiles la raggiunsero, cercando di capire cosa stesse succedendo.
E poi la vide. Il proiettile aveva colpito il suo obbiettivo, il sangue sgorgava dalla ferita, mentre la ragazza cadeva lentamente a terra.
Vide Malia che la sorreggeva e vide Kira esalare il suo ultimo respiro. Il dolore al petto si fece ancora più forte, avrebbe voluto urlare ma qualcosa glielo impedì. Vide Malia alzarsi e andare a combattere contro quell'esercito di cacciatori. Poi, improvvisamente, il buio.
Lydia si svegliò di soprassalto, come da un brutto sogno, i due ragazzi erano intorno a lei. Il terrore glielo si leggeva in faccia.
“Hai avuto una visione?” gli occhi della ragazza si puntarono su quelli di Scott, che poté leggerne la tristezza e il senso di colpa per ciò che avrebbe dovuto dirgli.
Ma non era ancora detta l'ultima parola, quella poteva essere una visione del futuro, forse avrebbe potuto salvarla.
“Datemi un telefono”
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
“Credi che sia una buona idea?”
“Senti, se gli altri vengono attaccati anche solo dalla metà dei cacciatori che stavano attaccando noi, penso che trovare un passaggio di fronte all'uscita sarà di grande sollievo”
Dean accese il motore, uscì dal nascondiglio dove avevano parcheggiato la macchina, e si diresse a tutta velocità verso l'entrata della base dei cacciatori tenendosi un po' a distanza per non attirare troppo l'attenzione. I tre fecero quasi un infarto quando il cellulare del ragazzo cominciò a suonare.
“Stiles, che c'è?”
“Lydia ha avuto una visione”
“Una visione? Cosa...”
“Kira morirà”
Il cacciatore si zittì improvvisamente. Non chiuse nemmeno la chiamata, lasciò cadere il cellulare e si fiondò fuori dall'auto, in direzione degli spari che già sentiva in lontananza.
Sentì la voce di suo fratello che lo chiamava, ma non aveva tempo per spiegargli.
“Resta pronto per portarci via di qui!” gli gridò di rimando, sperando che l'altro l'avesse sentito.
Estrasse la pistola e, senza esitare nemmeno un secondo, entrò dall'entrata principale. Trovò un solo cacciatore ad aspettarlo, e non seppe dire se fosse stato messo lì di guardia o se si fosse nascosto per la paura. Tremava come una foglia, alzò il fucile verso di lui, ma Dean sapeva che non avrebbe mai premuto il grilletto. Lo ignorò ed entrò seguendo il rumore dei colpi di arma da fuoco.
Quando entrò nella stanza era troppo tardi.
Il sangue sgorgava dal petto della ragazza, le sue mani tentavano di fare pressione sulla ferita, ma senza successo. L'uomo, o meglio il ragazzo, che le aveva sparato si stava già preparando a colpire Malia, dietro di lei.
“Figlio di puttana” Dean gli si scaraventò contro, non sapendo quale parte di lui gli impedì di sparargli direttamente. L'uomo cadde a terra, il cacciatore lo colpì ripetutamente, finché non perse i sensi.
Vide la ragazza tenere Kira fra le braccia, e un'inevitabile senso di colpa si fece strada dentro di lui. Forse se fosse arrivato qualche secondo prima, o se lui, suo fratello e Theo non se la fosse svignata con la coda fra le gambe, forse avrebbero potuto salvarla. Forse...
Peter si avvicinò alla figlia, dicendole che avrebbero dovuto andarsene, ma lei sembrava non sentirlo. Il cacciatore mandò giù a fatica il nodo che gli si era formato in gola, sapeva che di lì a poco si sarebbero ritrovati di nuovo sotto attacco, dovevano andarsene in fretta.
Si avvicinò a Malia, non sapendo bene cosa dire, niente avrebbe potuto convincerla ad andarsene. Gli era bastata una sola occhiata per capirla. Era una ragazza testarda e sicuramente vendicativa, ma non fece in tempo a raggiungerla che gli occhi di lei si erano già illuminati di azzurro, un bellissimo azzurro dovette ammettere Dean, che vietò categoricamente alla sua mente di distrarsi pensando ad un altro paio di occhi azzurri che non vedeva da troppo tempo. Vide le zanne che uscivano dai loro nascondigli e la rabbia le si sprigionò fuori sotto forma di un ruggito terrificante.
“Peter! Portala via!” il lupo mannaro non se lo fece ripetere, circondò sua figlia con le sue forti braccia e la trascinò fuori, mentre lei scalciava e si dimenava per liberarsi.
“Prendi il ragazzo” il lupo mannaro fece un cenno con la testa verso un angolo della stanza dove un giovane ricoperto di ferite e di sangue era stato abbandonato. Dean restò immobile qualche secondo non riuscendo a vedere il respiro di quest'ultimo, ma non aveva tempo per farsi domande. Si caricò il ragazzo sulla spalla e uscì velocemente, cominciando già a sparare verso i primi assalitori.
Grazie a Dio Sam aveva sentito le parole che il fratello gli aveva gridato poco prima ed era al volante dell'impala, già di fronte all'uscita. Peter e Dean fecero entrare i due ragazzi, con decisamente poca delicatezza, Theo si era spostato sul sedile davanti, e non appena le portelle furono chiuse il motore cominciò a rombare, allontanandosi dal rumore degli spari, lasciandosi una scia di terra alle spalle.
 
 
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“Scott calmati”
“Come diavolo faccio a calmarmi!?” il lupo mannaro stava continuando a camminare avanti e indietro per la stanza, le mani che continuavano a passare fra i capelli, gli istinti animaleschi che rischiavano di prendere il sopravvento.
“Vedrai che andrà tutto bene, abbiamo chiamato Dean...”
“Come fai a sapere che andrà tutto bene? E se fosse...” le parole gli si bloccarono in gola, il cuore cominciò a battere più velocemente e la paura cominciò e impossessarsi di lui
“Non succederà. Quei due sono grandi cacciatori, insomma potrebbero fare il culo a Gerard senza problemi, vedrai che andrà tutto bene” Stiles cercava di confortare l'amico come meglio poteva, ma nemmeno lui era sicuro della buona riuscita della missione. Di solito le visioni di Lydia apparivano in largo anticipo, ma questa volta era avvenuta quasi in contemporanea all'evento. Non sapeva se il cacciatore avesse fatto in tempo. Una volta che gli aveva detto quello che stava per succedere non aveva avuto nessuna risposta, aveva sentito solo la voce di Sam che lo chiamava. Non sapeva cosa fosse successo e ora non potevano far altro che aspettare.
Lydia era seduta su uno dei divani, lo sguardo perso nel vuoto, le gambe rannicchiate, appoggiate sul petto, circondate dalle sue braccia. Stava cercando di resistere, ma sentiva le lacrime che combattevano per uscire. Non voleva dirlo agli altri ma la sensazione che provava in quel momento non era la solita stanchezza che le veniva dopo una visione. Era una sensazione di vuoto e di mancanza, come se le avessero tolto un pezzo di lei. Era orribile, avrebbe voluto gridare finché quel vuoto non fosse scomparso, ma si tratteneva perché non voleva farlo sapere agli altri. Non voleva fargli sapere che provava le stesse cose che aveva provato quando morì Allison.
“Non posso restare qui ad aspettare” Scott stava già andando verso la porta del bunker, quando sentì la mano di Stiles prenderlo per il braccio
“Tu non vai da nessuna parte, non saresti di alcun aiuto, e poi probabilmente staranno già per tornare”
Scott fece per ribattere ma in quel momento i due si voltarono verso la porta del bunker che si stava aprendo. Entrarono Sam e Dean, che stavano aiutando Ethan, tenendolo da sotto le braccia, il primo fece segno all'altro con la testa, indicandogli una delle brandine sulla sinistra, il secondo incrociò prima lo sguardo di Stiles, poi quello di Scott, entrambi speranzosi e pieni di domande, ma il ragazzo non poté trattenersi dal distogliere il proprio. Non aveva la forza di deludere quei due ragazzi che gli avevano già dato tanta fiducia e che erano stati aiutati da Bobby. Scott spostò velocemente lo sguardo, cercando risposte, o meglio cercando Kira, mentre Stiles tenne i propri puntati su Dean. Aveva capito, non sapeva nemmeno lui come, ma aveva capito.
Entrarono Peter e Theo, ricoperti di sangue e con lo sguardo puntato a terra. Infine entrò Malia. Anche lei era ricoperta di sangue, molto di più degli altri. Le sue mani e la sua maglia ne erano completamente ricoperti. Camminava lentamente, come se avesse un'enorme peso da portare che le rendeva difficile mettere un piede di fronte all'altro. Scott tenne gli occhi fissi su di lei. Il panico gli si dilagava in maniera sempre maggiore, cercava di ignorare quella voce dentro di lui che continuava a ripetergli due semplici parole che lui non sarebbe stato in grado di accettare.
Con la voce tremante ed un nodo in gola che non faceva che crescere e combattere per uscire sotto forma di lacrime, l’Alfa pronunciò quella domanda, quasi futile, ma pur sempre piena di speranza, che lo stava opprimendo
“Dov'è Kira?”
non ricevette alcuna risposta. Nessuno aveva il coraggio di parlare. Persino Peter provò pietà per il ragazzo. Lo sguardo compassionevole di Theo gli fece salire ancora di più il terrore.
Dean si limitò a fissarlo, non trovando nemmeno le parole per dirglielo, Malia invece teneva lo sguardo fisso a terra, non perché non avesse il coraggio di affrontare gli occhi del capo branco, ma perché non voleva far vedere le lacrime che avevano cominciato a bagnarle il viso.
Con la sorpresa di tutti fu Sam a parlare
“Mi dispiace... non ce l'ha fatta”
Lydia nascose il volto dietro alle ginocchia ancora ancorate al petto, mentre Stiles si avvicinò all'amico, mettendogli una mano sulla spalla, cercando di capire cosa potesse fare per farlo sentire meglio, ma già sapeva che il dolore che stava provando era incolmabile.
“No… no non può essere...” Scott rimase dov'era per qualche secondo, la testa che vagava cercando una spiegazione, un rimedio forse, ma ogni sua parte razionale venne travolta da un'ondata di emozioni sconnesse. Voleva piangere, voleva gridare, voleva radere al suolo la città, e allo stesso tempo abbandonarla per non tornare mai più. Le parole che aveva cercato di evitare fino a quel momento si materializzarono nella sua mente, anche se una parte di lui ancora non riusciva a crederci.
E' morta.
Si rese conto solo in quel momento della mano dell'amico sulla spalla, si girò verso di lui, cercando un qualsiasi tipo di aiuto, ma quello che stava cercando nessuno avrebbe potuto darglielo. Stiles lo guardò a sua volta, cercando di trasmettere tutto il suo supporto attraverso quegli occhi castani, ma non disse una parola. Non c'era nulla che avrebbe potuto dire, lo sapeva. E sapeva anche quale sarebbe stata la reazione dell'altro, una volta metabolizzata la notizia. Per questo si limitò a guardarlo e a fargli sapere che, qualsiasi cosa sarebbe successa, lui ci sarebbe sempre stato per lui.
“E' stata colpa mia” lo sguardo della ragazza era ancora fisso a terra, forse dopotutto aveva paura di scontarsi con la disperazione che sapeva avrebbe letto negli occhi di Scott
“Lei è…” ci provò, ma non riuscì a pronunciare quelle parole “E' successo per colpa mia, se non avessi interferito, se fossi stata più attenta...”
“Non è stata colpa tua” la voce di Peter non era mai stata così dolce e affettuosa “Non avresti potuto fare niente per impedirlo”
“Ha ragione” Dean aveva finalmente ripreso un po' di coraggio “Non devi colpevolizzarti”
“Voi non avete visto com'è andata” gli occhi infuriati della ragazza saettavano da uno all'altro “Non potete sapere...”
“Io sì” quelle parole uscirono ovattate, ancora nascoste dalle ginocchia della ragazza, Lydia alzò il volto rigato di lacrime per farsi sentire meglio
“Io ho visto cos'è successo. Non è stata colpa tua” non voleva aggiungere dettagli su come era successo, non di fronte a Scott. Malia però non sembrava aver cambiato idea. Il senso di colpa glielo si poteva leggere in faccia. Stava per risponderle, quando le parole del capobranco fecero raggelare la stanza.
“Dov'è il corpo?”
I ragazzi si guardarono, ritrovandosi spiazzati da quella domanda
“Non siamo riusciti a prenderlo... c'erano troppi cacciatori...”
la voce di Peter si interruppe bruscamente quando il pugno del lupo sbatté contro una parete provocando un rimbombo per tutta la stanza. Tutti lo guardarono stupiti, tranne Stiles. Lui sapeva perfettamente cosa gli stesse succedendo.
Scott, senza dire una parola, si avviò verso l'uscita del bunker.
“Dove stai andando?”
“Da nessuna parte”
“No Scott, fermati!” Malia lo prese per il braccio, ma il ragazzo si girò, gli occhi rosso fuoco
“Lasciami” la ragazza mollò immediatamente la presa, influenzata dal potere dell’Alfa. Lui si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle. Ci volle qualche secondo a Malia per riprendersi, ma non appena lo fece si avviò verso la porta per inseguirlo. Questa volta fu lei quella presa da un braccio per essere fermata.
“No, adesso ha bisogno di stare da solo. Non preoccuparti, non andrà a riprendere il corpo, non è così stupido” Stiles cercò di non essere troppo autoritario, ma la gentilezza non sortì l'effetto sperato
“Non lascerò che qualcun altro muoia a causa mia” dicendo questo si divincolò dalla sua presa e corse all'esterno, Stiles la seguì, solo per rendersi conto che la ragazza era già sparita.
“Stupida super velocità da lupo mannaro” tornando dentro si ritrovò investito dallo sguardo indagatore di Dean
“Sei sicuro che non farà qualche cazzata?”
“Sì, ha reagito in quel modo solo per trovare una scusa per arrabbiarsi, sapeva dall'inizio che sarebbe stato impossibile recuperare il corpo, è il suo modo di elaborare il dolore”
“Quindi non sei preoccupato?”
“Oh al contrario, ma al momento non c'è nulla che possiamo fare” l'altro annuì, sorprendendosi della maturità di quel ragazzino, apparentemente così infantile.
“Ragazzi” Sam, che si stava occupando delle ferite di Ethan, distrasse i due dalla discussione
“Si sta svegliando”
 
 
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“Shh, hey non muoverti”
“Jackson? Sei tu?”
“Sì, non preoccuparti, siamo liberi”
il ragazzo si guardò intorno con aria confusa, ogni sua parte del corpo gli stava gridando di non muoversi, ma tentò comunque di mettersi seduto, facendo una smorfia di dolore
“Hey, ti ho detto di non muoverti” il fidanzato stava sorridendo, ma nei suoi occhi si poteva leggere la sua preoccupazione
“Tu stai bene?” la voce di Ethan era ancora roca e debole
“Alla grande, non puoi liberarti di me tanto facilmente” un sorriso apparve sulle labbra di entrambi, finalmente erano di nuovo insieme, dopo quelli che erano sembrati secoli. Jackson accarezzò il volto dell'altro, appoggiando la propria fronte alla sua “Mi sei mancato, idiota”
Ethan chiuse gli occhi, godendosi quel caldo contatto che, doveva ammetterlo, credeva non avrebbe più risentito. Cercò nuovamente di alzarsi, ma l'altro lo spinse delicatamente indietro.
“Non mi ascolti mai, he?”
“No” rispose lui con un sorriso. I loro occhi si incrociarono, e le loro labbra non riuscirono più a stare distanti. Si cercarono nello stesso momento, Jackson prese il volto dell'altro fra le mani, mentre gli si avvicinava, per evitare che lui si sforzasse troppo. La sua lingua si insinuò nella bocca dell'altro, che non poté trattenere un sorriso quando sentì la sua mano che dal viso si abbassava lentamente accarezzandogli il petto.
“Wow! Ok...” Dean, che fino a quel momento era stato testimone della scena, si alzò per spostarsi in cucina, sotto lo sguardo divertito di Sam.
Theo e Lydia stavano riposando, distrutti dalla giornata e dalla notizia di Kira, mentre Liam stava facendo la guardia alla metà del due facce che avevano catturato. Stiles provava a dormire ma la preoccupazione per Scott lo teneva sveglio. Non riusciva a non pensarci e, nonostante la certezza che non fosse andato da solo nella base dei cacciatori, non riusciva a smettere di chiedersi dove fosse e se stesse bene. In parte era felice che Malia l'avesse seguito, anche se aveva una brutta sensazione al riguardo.
“Possibile che non ci sia neanche una birra?” Dean stava tornando nella stanza a mani vuote, e un'irrefrenabile voglia di alcolici
“Dovrebbe essercene ancora qualche bottiglia in macchina” lo informò Sam lanciandogli le chiavi.
Dean le prese al volo e si avviò all'uscita, prima di essere fermato dalla voce di Peter
“Ti dispiace se ti faccio compagnia?”
“No, vieni pure”
I due uscirono, l'aria frizzante della sera li colse impreparati, ma una volta abituati fu quasi piacevole.
Dean aprì il portabagagli, trovandoci un freezer con ancora tre bottiglie. Ne lanciò una al lupo e ne stappò una per sé. Entrambi buttarono giù il primo sorso contemporaneamente, sentendosi già rinfrescati e, anche se di poco, più leggeri.
Il lupo si appoggiò ad una moto alle sue spalle, che Dean riconobbe come una Ducati Monster.
“E' tua?”
“Sì, dopo che quei bastardi hanno distrutto le mie macchine...” Peter si fermò un secondo prima di continuare, ricordando lo spettacolo che si era trovato davanti. Una smorfia di dolore passò sul suo volto mentre faceva un respiro profondo. Il cacciatore osservava la scena offrendogli tutta la sua comprensione.
“... per tornare qui ho dovuto prendere questa bellezza” mentre lo diceva si girò ad accarezzarla, con molto più affetto di quanto Dean avesse creduto che fosse capace di dimostrare. Il ragazzo annuì, alzando un angolo della bocca, e prendendo un altro sorso di birra.
Seguì qualche secondo di silenzio, prima che Peter riuscisse a dire quella semplice parola che gli si era bloccata in gola.
“Grazie...” pronunciò quelle lettere come se fossero le più difficili che fossero mai uscite dalla sua bocca, sotto lo sguardo confuso di Dean
“Sai... prima dai cacciatori... hai salvato Malia e… bè grazie” la seconda volta fu quasi più dura della prima. Buttò giù un generoso sorso di birra, e distolse velocemente lo sguardo. Il cacciatore sorrise nel vedere la difficoltà dell'altro, e si dovette ricredere. Quel lupo mannaro non provava affetto solo per la sua moto. Non poté evitare alla sua mente di ripensare alla scena, e alla ragazza che non era riuscito a salvare.
“Non devi ringraziarmi, è il mio lavoro” questa volta toccò all'altro sorridere
“Giusto, tu e tuo fratello andate in giro a salvare le persone e uccidere i mostri” l'altro annuì, ancora un po' sovrappensiero “Ma come fate? Insomma rischiare la vostra vita per degli sconosciuti”
“Che ci vuoi fare, è una cosa di famiglia” il solito sorrisetto spavaldo tornò a farsi largo sul volto di Dean.  “Siamo stati cresciuti così, e non riuscirei ad immaginare una vita diversa”
“Non vorresti una famiglia?”
“No” la facilità e la rapidità con cui rispose il cacciatore sorpresero persino lui. C'era stato un momento in cui avrebbe voluto una famiglia, una vita tranquilla e senza la preoccupazione di dover salvare il mondo, ma ora non più. Qualcosa era cambiato. Non sapeva esattamente cosa, forse era il fatto che finalmente, dopo Amara, erano riusciti ad avere un po' di pace, o forse era qualcos'altro. Qualcosa dentro di lui, che ancora non era riuscito ad identificare.
Sbatté velocemente le palpebre, cercando di distrarsi da quei pensieri.
“E tu? Hai già una figlia, perché non vive con te?”
Il lupo sospirò profondamente, ripensando a quale fu esattamente il momento che causò l'istintiva risata che quella domanda aveva suscitato, ma che era riuscito a trattenere.
“E' complicato... ho scoperto di essere suo padre... bè non molto tempo fa, e poi lei ha il suo branco qui, io non ci tengo a stare in mezzo ai ragazzini” disse questa frase quasi con disgusto, ma si vedeva che non voleva essere un commento cattivo.
Dean sorrise, intuendo che probabilmente quell'uomo avrebbe dato la sua vita per quei ragazzi, nonostante le sue parole
“Non hai altri familiari?”
“Ho un nipote... un amico di Scott. Un cacciatore lo sta cercando per chiedere una mano anche a lui con questa storia del due facce”
Dean aspettò per qualche secondo che l'altro continuasse, prima di realizzare che la sua lista di familiari ancora in vita era finita.
“Oh... siete legati?”
“Mmm... da quando mi ha ucciso non siamo più uniti come una volta”
Il cacciatore per poco non si soffocò con la birra
“Ti ha ucciso?”
“Sì, ma è stato molto tempo fa”
“E come hai fatto a tornare? Voglio dire, io sono stato nel purgatorio e sono riuscito ad andarmene solo perché sono un essere umano...”
Questa volta toccò a Peter rimanere sconvolto, e anche un po' deluso da come l'altro aveva appena rovinato una delle storie di cui andava più fiero.
“Be ho manipolato Lydia affinché mi risvegliasse... è una lunga storia, tu piuttosto come hai fatto a finire in purgatorio?”
“Ho ucciso il capo dei Leviatani, quello è esploso e…” lo sguardo del lupo mannaro, sempre più confuso e scettico, fermò il racconto di Dean
“E' una lunga storia”
“Be, mi hai battuto. Di solito sono io quello con le storie più assurde”
Il cacciatore non poté trattenere una fragorosa e sincera risata
“Mi dispiace ma in quanto a storie assurde credo di essere imbattibile”
 
 
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“Scott! SCOTT!”
Malia si era persa. Aveva seguito l'odore dell'Alfa fino alla foresta, ma lì lo perse definitivamente. Stava vagando senza meta e senza una pista da seguire. L'unica cosa che la consolava era che la direzione che aveva preso, o che almeno le sembrava avesse preso, era in tutt'altra direzione rispetto alla base dei cacciatori.
La luna era ormai alta, ma non bastava ad illuminare quel sentiero ombreggiato dai folti rami degli alberi. Gli occhi della ragazza erano illuminati di azzurro, per aiutarla a vedere meglio in quella notte che, le sembrava, essere diventata più scura di quanto non fosse prima.
Per quanto ci provasse, non poteva evitare che il suo pensiero tornasse a Kira. Il suo corpo fra le sue braccia, il sangue caldo che le colava addosso, e quegli occhi scuri che perdevano lentamente la loro luce. Malia, senza rendersene conto, aveva permesso ai suoi artigli di uscire e, presa da uno scatto d'ira, cominciò ad attaccare uno degli alberi che si trovava di fronte a lei. Continuò a graffiare, gridando di rabbia, finché le braccia non cominciarono a farle male e le gambe cedettero facendola cadere a terra. Se non l'avesse chiamata, se non si fosse avvicinata a lei, se fosse stata abbastanza veloce da schivare il colpo, se...
Malia ruggì nuovamente, fu un ruggito di frustrazione. Un ruggito con cui, come con tutti gli altri, sperava di riempire quel vuoto che le era rimasto dentro. Alzò lo sguardo al cielo, gli occhi ancora illuminati di azzurro, e una lacrima solitaria che le scivolò sulla guancia. Fece un respiro profondo, per cercare di calmarsi, si rialzò in piedi e acuì l'udito e l'olfatto per percepire un qualsiasi segnale della presenza di Scott.  E qualcosa sentì. Ma non era Scott. Era un rumore di passi che si avvicinava sempre di più. La ragazza si voltò, appena in tempo per vedere la cacciatrice che alzava il fucile verso di lei.
 
 
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Le fronde le graffiavano il viso mentre, con una mano sul fianco sanguinante, Malia correva più veloce che poteva verso il bunker. Ma il veleno dello strozza lupo, contenuto in quel proiettile, le impediva di poter sfruttare tutta la sua soprannaturale velocità.
La cacciatrice era dietro di lei. Non era riuscita ad identificarla, tutto ciò che era riuscita a vedere prima di cominciare a correre erano dei lunghi capelli biondi e una logora giacca verde. Sentì il rumore di un altro sparo che per poco non la colpì. Il suo orecchio destro cominciò a fischiare, ma sul suo volto si formò un sorriso. Oltre alla ragazza era riuscita a vedere anche l'arma e sapeva che poteva sparare solo due colpi.
Prima che la cacciatrice avesse il tempo di ricaricarla, Malia si girò e, facendo spuntare le pericolose zanne, si avventò su di lei. La ragazza cadde a terra, perse di mano il fucile e i proiettili che stava già per ricaricare. Malia la teneva a terra, infilandole gli artigli nella carne e sentendo le sue urla di dolore. Stava per colpirla, nemmeno lei sapeva se sarebbe stata capace di ucciderla, ma il suo istinto stava prendendo il sopravento. Prima di poter scoprire cosa le avrebbe fatto, però si fermò per un secondo, un solo secondo, in cui, così da vicino, riuscì a vedere meglio i lineamenti morbidi del viso, e gli occhi che, alla luce della luna, sembravano molto scuri ma comunque luminosi. Era una ragazza giovane, poteva avere la sua età, ed era spaventata da lei. O almeno così le sembrò. Perché bastò quel singolo secondo di distrazione perché l'altra cogliesse l'occasione per premere con forza sulla ferita di Malia, facendola ruggire di dolore, con una forza che fece echeggiare il suono per tutta la foresta. La cacciatrice riuscì velocemente a ribaltare la situazione, facendo rotolare l'altra in modo da essere lei a tenerla a terra. Il sangue usciva dalle ferite che le aveva procurato, e un dolore acuto le fece stringere i denti.
Malia per qualche secondo vide tutto nero, prima l'adrenalina aveva evitato che la ferita le apparisse grave quanto fosse in realtà. Ora invece tutto il dolore e tutto il sangue che aveva perso correndo cominciavano a farsi sentire. Cercò di divincolarsi dalla presa dell'altra, ma senza successo. La cacciatrice cominciò a colpirla ripetutamente, cercando di farle perdere i sensi ma Malia, nonostante si sentisse sempre più debole, restava cosciente. La ragazza però vide la sua debolezza, e decise di rischiare ad alzarsi, per recuperare il fucile e i proiettili. Il coyote mannaro, non appena non sentì più il peso dell'altra su di sé, tentò di alzarsi a sua volta, ma i suoi muscoli sembravano non rispondere ai comandi.
“Wow, non pensavo che questa roba avrebbe funzionato”
la cacciatrice cominciò a muoversi più lentamente, vedendo che la sua preda era ormai finita. L'altra rinunciò ad alzarsi da terra, ma tentò ugualmente di strisciare più lontano che poteva. In cuor suo sapeva che non avrebbe fatto la differenza, ma non si sarebbe mai arresa così facilmente.
“Hey, dove credi di andare?”
Malia sentì prima la voce della sua assalitrice, poi il peso del suo piede sulla sua schiena. Sentì il fucile che veniva caricato, provò a divincolarsi, ma riuscì solo a girarsi verso la ragazza, ritrovandosi la canna del fucile di fronte agli occhi. Ebbe paura. Ebbe paura come mai nella sua vita. Non era terrore, il suo cuore non aveva cominciato a battere più velocemente, anzi si era quasi fermato. Era la paura di chi non ha più speranza e sa che quella sarà l'ultima cosa che vedrà nella sua vita.
Ma Malia non cedette. Non si mise a piangere, né a supplicare. Invece mostrò i suoi feroci canini e ruggì in direzione dell'altra, prima di sentire il rumore dello sparo.
 
 
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“No”
“Sì”
“No non ci credo, mi stai prendendo per il culo”
“E' la pura verità amico”
“Ma come...”
“E' complicato, non sto a spiegarti i dettagli”
“Quindi tu...”
“Sì”
“... hai ucciso Hitler?”
La fierezza sul volto di Dean era evidente, la testa alta e un sorriso che si aspettava un'ondata di complimenti si fece largo sul suo viso, mentre quello di Peter era ancora disorientato e incredulo.
Il cacciatore ci rimase quasi male quando l'altro cominciò a ridere.
“Che c'è, non mi credi?”
“Oh sì, sì, certo che ti credo” ancora un sorriso di derisione sulle sue labbra “Ma allora spiegami, come mai la seconda guerra mondiale c'è stata ugualmente?”
Dean si trovò un attimo in difficoltà nello spiegare come fosse andata. Pensò qualche secondo a come cominciare la storia, facendo schioccare le labbra.
“Be vedi... non ho ucciso quel Hitler ma... una sua reincarnazione nel corpo di uno dei suoi seguaci” Il ragazzo corrugò la fronte preoccupato, sapendo che quella storia sarebbe sembrata assurda a chiunque, ma sfoderando comunque un sorriso sicuro di sé sulle labbra.
Peter però sembrava ancora più confuso di prima. Fece per rispondere ma, improvvisamente, si bloccò, tendendo le orecchie e sul suo volto si dipinse uno sguardo di puro terrore.
Questa volta fu Dean ad essere confuso, ma non fece in tempo ad aprire bocca che il lupo era già sparito a tutta velocità verso la foresta, la birra lasciata cadere a terra.
“Hey, aspetta!” Peter era già quasi sparito all'orizzonte e sembrò non ascoltarlo nemmeno
“Figlio di puttana” stava per salire nell'impala quando si rese conto che l'altro si stava addentrando nella foresta. Restò fermo per qualche secondo, guardando quella figura che si allontanava sempre di più ad una velocità sovrumana, quando l'occhio gli cadde su quella bellissima Ducati.  Dean la guardò, quasi sentendosi in colpa per quello che stava pensando. Tuttavia non gli ci volle molto per alzare le spalle, recuperare un coltello dalla macchina per aprire la centralina dei cavi.
“Mi ucciderà per questo”
Smontò lo spinotto e salì in sella facendo partire il motore e cercando di recuperare terreno nella direzione in cui era andato il lupo.
Peter stava correndo più veloce che poteva, senza nemmeno pensare di informare il cacciatore di quello che stava succedendo. Appena aveva sentito quell'urlo ogni suo pensiero si era spento improvvisamente, lasciando spazio ad una sola parola che aveva preso il controllo della sua mente.
Malia.
I suoi occhi erano già illuminati di azzurro, le zanne erano già uscite allo scoperto, pronte ad attaccare qualsiasi cosa avesse fatto gridare sua figlia in quel modo.
Finalmente vide una figura, in lontananza, ma non era sua figlia. Era una ragazza della sua stessa età, bionda, vestita con una giacca logora, e con un fucile in mano. Lo stava puntando a terra dove, solo quando si fu avvicinato, riuscì a vedere Malia, distesa e sanguinante, che cercava inutilmente di allontanarsi dalla cacciatrice. Peter, per quanto fosse possibile, corse ancora più velocemente, per poi fiondarsi sulla ragazza, appena in tempo per sentire il ruggito di sua figlia, e il rumore dello sparo. Si ritrovò a terra, sopra alla ragazza, che però non degnò di uno sguardo. Cercò Malia in mezzo all'erba, e vide i suoi occhi azzurri che lo guardavano, pieni di sorpresa e, anche se non poté esserne sicuro, di gratitudine. Un respiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra, seguito da un fortissimo dolore alla testa. La cacciatrice l'aveva colpito con il calcio del fucile, facendolo ritrarre abbastanza per potersi divincolare dalla sua presa.
Si alzò, puntando l'arma su di lui, che però non sembrò minimamente indebolito dal colpo. Ruggì in direzione della ragazza, spostando il fucile con una velocità tale da impedirle qualsiasi azione. Il lupo la attaccò ma lei riuscì a ripararsi dietro al tronco di un albero, evitando almeno in parte il colpo dell’altro. Estrasse un coltello, riuscendo a colpirlo al petto, ma lui sembrò non accorgersene nemmeno, tornando all’attacco e questa volta riuscendo a graffiare il braccio della ragazza.
La furia di Peter era tale da non sentire nemmeno il familiare rumore del motore della sua moto che si avvicinava sempre di più. La rabbia aveva preso il sopravvento, i suoi occhi brillavano di una ferocia implacabile.
Tanto meno sentì la voce di Dean che lo chiamava, e quasi lo graffiò quando l'altro gli si avvicinò, prendendolo per un braccio.
Vedendolo riuscì a riacquistare un po' di lucidità, ma senza abbandonare la rabbia che ancora lo pervadeva.
“Wow, a cuccia bello!” Il cacciatore si pentì subito di quelle parole, non appena vide la cattiveria che emanavano quegli occhi, ma l'altro sembrò non dare troppo peso alle sue parole.
“E' una cacciatrice, stava per uccidere Malia!” con queste parole il lupo mannaro si stava già girando verso la ragazza per finirla, ma lei sembrò distratta, non stava più guardando il suo assalitore, e un misto di stupore e accusa si dipinsero sul suo volto.
Dean fermò l'altro appena in tempo, prima che azzannasse la ragazza alla gola.
“Hey fermo ho detto!” ora nella sua voce c'era un tono di urgenza, quasi di preoccupazione.
Il lupo lo guardò confuso, mentre l'altro si frapponeva fra i due. Fissò la ragazza per qualche secondo prima di parlare di nuovo.
“Claire?”

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La stanza era buia e fredda. Dall'odore di muffa e di chiuso si poteva dedurre che si trattava di una casa abbandonata da tempo, e dalle piccole finestre poste sulla parte alta delle pareti, si poteva facilmente intuire che si trattava di un sotterraneo.
Grazie alla poca luce che filtrava dalle assi di legno, che chiudevo ogni contatto con il mondo esterno, si vedeva che nella stanza non c'erano troppi oggetti. Un paio di mensole impolverate, un vecchio freezer sicuramente non funzionante, e una scrivania, ribaltata ed appoggiata alla parete.
Sulla destra c'erano delle scale che portavano al piano di sopra e una porta, sicuramente chiusa a chiave.
L'uomo si svegliò, con un forte mal di testa, e un dolore ai polsi e alle braccia insopportabile.
Provò a muoversi e si rese conto di essere legato al soffitto da una catena decisamente resistente.
Tossì un paio di volte, la gola era arida, come se non bevesse da giorni che, per quanto ne sapeva, poteva essere anche vero. La fame passava in secondo piano, mentre l'uomo cercava di mordersi la punta della lingua per far aumentare la presenza di saliva nella bocca.
Cercò di tirare quelle catene che lo costringevano a tenere le braccia sopra la testa. Fu una pessima idea perché subito le sue spalle cominciarono a gridare di dolore, mentre un verso di sofferenza usciva dalle sue labbra.
Si guardò intorno, cercando un oggetto da usare o qualsiasi cosa che lo potesse aiutare, ma già sapeva che da quella posizione c'era ben poco che potesse fare.
Cercò di spostarsi, almeno quel poco che poteva, ma in ogni caso non riusciva a raggiungere niente che lo aiutasse a liberarsi.
Fece un respiro profondo, prima di arrendersi all'evidenza e guardarsi intorno sconsolato.
“Che palle”
 
 
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“Claire?”
La ragazza lo guardò, all'inizio semplicemente sorpresa, poi quasi disgustata.
“Dean... che diavolo stai facendo con dei lupi mannari?”
disse quelle due parole con un tale disprezzo che perfino il cacciatore si sentì offeso, e riusciva quasi a percepire gli artigli di Peter, dietro di lui, che si preparavano ad attaccarla nuovamente.
Anche la ragazza li notò, e si teneva già pronta portandosi il coltello di fronte al petto
“No aspetta! Loro non sono come gli altri lupi mannari, sono diversi”
“Sì, lo so. Sono più pericolosi”
“No, non lo sono...” Dean si bloccò un secondo, realizzando quello che aveva detto lei “Aspetta lo sai? Come?”
“Un cacciatore di qui ha chiesto aiuto, ci ha raccontato di come questa nuova razza di lupi si possa trasformare anche senza la luna piena, e di come siano indifferenti all'argento”
A questo punto il cacciatore aveva più domande che risposte. Cominciò da quella che lo preoccupava di più “Hai detto ci ha raccontato...quanti altri cacciatori ci sono?”
prima che la ragazza potesse rispondere, vennero tutti interrotti dal lamento di Malia, ancora stesa a terra e più pallida che mai. Dean, che la vedeva per la prima volta, si pietrificò per un attimo, capendo solo adesso l'ira di Peter e temendo che, qualsiasi cosa gli avesse detto, non sarebbe stato in grado di dissuaderlo dall'uccidere Claire. Il lupo mannaro corse da lei, prendendola in braccio e dicendole che sarebbe andato tutto bene, ma non poté evitare di far passare un lampo di terrore nei suoi occhi constatando la gravità della ferita. Guardò Dean, probabilmente in un'altra occasione sarebbe saltato addosso anche a lui, ma in quel momento il suo sguardo trasmetteva solo una muta richiesta di aiuto. Il cacciatore annuì e guardò Claire, non sapendo se sgridarla per ciò che aveva fatto, o capirla perché, al suo posto, probabilmente lui avrebbe fatto lo stesso.
“Torniamo al bunker, lì la cureremo” disse infine, rivolgendosi a Peter che cominciò immediatamente a correre in quella direzione. Gli altri due montarono sulla moto e lo seguirono a tutta velocità.
 
 
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“Vuoi il cambio?” Liam era sulla porta della stanza dove si trovava la cella, appoggiato allo stipite, le braccia incrociate
“Non eri sempre tu di guardia, il turno prima di me?” Theo era seduto a terra, vicino alla gabbia, ma fuori dal cerchio di strozza-lupo
“Sì ma non sono stanco, se vuoi dormire un po'”
“No, grazie, nemmeno io sono stanco”
Theo corrugò la fronte, visibilmente confuso dalla delusione che lesse nel volto dell'altro
“Oh... ok” Liam fece per andarsene, ma venne rapidamente fermato
“Hey aspetta” il lupo si fermò, girandosi in direzione dell'altro “Un po' di compagnia non mi dispiacerebbe”
Liam si sedette in fianco a lui, sinceramente grato dell'offerta, ma ovviamente senza darlo a vedere.
Theo lo studiò attentamente. Vedeva che c'era qualcosa che non andava, ma non riusciva a intuire cosa. Per qualche minuto rimase in silenzio, cercando un modo non troppo diretto per chiedergli cosa avesse, ma, non trovandone uno, decise di lasciar andare quella maschera di indifferenza e di menefreghismo che indossava costantemente, perché quegli occhi verdi, pieni di tristezza, lo stavano uccidendo.
“Cosa c'è che non va?”
Liam si girò di scatto, come se la domanda lo avesse risvegliato da un sogno ad occhi aperti
“Che ti importa?” non voleva sembrare scontroso, ma lo fu. Si pentì subito di come quella frase uscì dalle sue labbra, ma il suo orgoglio gli impedì di scusarsi. Era nervoso, era arrabbiato, si sentiva inutile e incapace di combattere. Erano giorni che si sentiva così, da quella volta allo zoo, in cui aveva perso il controllo. Poi la madre di Scott era stata ferita, e ora Mrs Finch. In cuor suo sapeva che non era sua la responsabilità, almeno non del tutto, ma non poteva fare a meno di chiedersi se non avessi questi problemi di rabbia, se riuscissi a controllarmi, avrei potuto fare di più?
Cercò di evitare lo sguardo di Theo, non voleva vedere la reazione che le sue parole gli avrebbero procurato. Nonostante tutto quello che aveva fatto, in questo momento era l'unico che riusciva a capirlo, e che gli era stato sempre accanto.  Odiava l'idea di ferirlo, anche se ancora non lo voleva ammettere, nemmeno con sé stesso.
“Smettila” quella parola, però, ebbe il potere di fargli alzare lo sguardo, ed incontrare quei temuti occhi verdi, che sembravano tutto tranne che feriti o arrabbiati.
“Smettila di prenderti la responsabilità di tutto quello che succede, non sei l'unico ad andare a combattere, non sei l'unico che può salvare la situazione. Sei parte di un branco, se la missione fallisce falliscono tutti”
Ma come faceva? Sapeva sempre a cosa stesse pensando, e aveva la capacità di trovare le parole perfette per farlo sentire meglio. Liam si rilassò visibilmente, ma il suo sguardo rimase corrugato.
“Perché lo fai?” questa volta fu Theo ad essere confuso “Perché mi aiuti? Perché ti preoccupi per me?”
L'altro sorrise. Un sorriso triste che rivolse al pavimento. Fece un respiro profondo prima di rialzare la testa e rispondere alla domanda
“E tu perché sei venuto da me per cercare aiuto?”
Il lupo si trovò in difficoltà, non sapeva cosa rispondere perché non aveva idea di cosa l'avesse spinto ad andare da lui. Gli sembrava una cosa naturale, una cosa ovvia. Socchiuse la bocca, ma senza pronunciare una parola. Il sorriso di Theo si allargò, mostrando i denti, ma i suoi occhi non trasmettevano allegria. Liam si morse il labbro, a disagio ma i due vennero interrotti dall'ormai familiare rumore della porta blindata che veniva aperta. Ne entrarono Dean e Peter, che portava una Malia sanguinante fra le braccia, ed una ragazza giovane, bionda, con i vestiti sporchi di sangue.
I due si guardarono confusi per poi raggiungere il gruppo.
Fu Liam a parlare
“Ma che diavolo è successo?”
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
“Allora? Come sta?”
“Se vuoi delle risposte devi lasciarmi lavorare” la voce di Deaton era calma e pacata, come sempre. Forse solo Scott sarebbe stato in grado di accorgersi che era anche troppo tranquilla. Il veterinario stava facendo tutto ciò che era in suo potere, ma la cacciatrice aveva usato dello strozza-lupo giallo, molto difficile da eliminare. In più si era già esteso a gran parte del corpo, e aveva perso molto del sangue ancora pulito a causa della ferita. Malia aveva i sudori freddi, la pelle cadaverica, e una perenne smorfia di dolore dipinta sul volto. Lydia, Liam e Peter stavano assistendo Deaton e aiutandolo come meglio potevano. Il padre però, non riusciva a vedere la figlia in quello stato, e fece l'unica cosa che sapeva fare: trasformò la sua preoccupazione in rabbia e si avventò contro la responsabile
“Si può sapere chi diavolo sei? Da dove sei sbucata? Cosa vuoi da noi?” ad ogni domanda la sua voce si alzava di volume, e la ragazza, nonostante cercasse di apparire sicura di sé, indietreggiava leggermente, facendosi sempre più piccola.
Dean si frappose tra i due, cercando di calmare il lupo mannaro
“Wow, cerchiamo di calmarci! Lei è una cacciatrice, la conosco. Non avrebbe mai fatto del male a Malia se avesse saputo che non è un lupo mannaro come gli altri”
Una mano del cacciatore era rivolta verso Claire, e la spingeva lentamente sempre più indietro, mentre l'altra era di fronte a lui, nella direzione di Peter, che non accennava a calmarsi
“E perché è qui?” la frase uscì dai suoi denti quasi sotto forma di ringhio, e Dean, nonostante stesse cercando di tenere la situazione sotto controllo, non era in grado di rispondere a questa domanda. Fu dunque costretto a voltarsi verso la ragazza che, incoraggiata dalla presenza dell'altro, riprese la sua solita spavalderia e il suo solito volto impassibile, quasi imbronciato.
“Te l'ho detto: hanno chiesto aiuto ad alcuni cacciatori, Jody lo è venuta a sapere e di conseguenza anch'io...”
“Ferma tutto un secondo, Jody sa che sei qui?”
“Certo”
L'altro la guardò, inclinando leggermente la testa di lato e alzando un sopracciglio
“Dean, non faccio lo stesso errore due volte” il cacciatore sembrò abbastanza soddisfatto della risposta, cambiò quindi argomento
“Chi è questo cacciatore che ha chiesto il vostro aiuto?” la domanda era quasi superflua, ciò nonostante aveva bisogno di sentirlo dire da lei
“Gerard, è uno di qui, ci ha raccontato diverse cose su questi nuovi lupi mannari, ci ha procurato le armi e domani sera ci ha detto di andare a questo indirizzo per organizzarci”
dicendo questo la ragazza tirò fuori un foglietto sul quale c'era scritto l'indirizzo della base che avevano appena attaccato per salvare Jackson ed Ethan. Dean lo prese e lo mostrò a Peter, ancora ribollente di rabbia.
“Quanti ce n'erano? Di cacciatori intendo”
“Una trentina, come minimo”
L'altro chiuse gli occhi un secondo, dovendo trattenersi dall'imprecare, cosa che invece non fece Peter
“Figli di puttana, gli staccherò la pelle a morsi a quei bastardi”
“Hey, ok calmati un attimo, avremo bisogno di un buon piano prima, e poi il nostro obbiettivo non è quello di ucciderli, ma quello di trovare la cosa che sta causando tutto questo” gli sfuggì un'occhiata nella direzione della cella e alzò le sopracciglia anche lui dubbioso della frase che stava per uscire dalle sue stesse labbra
“Be, l'altra metà di quella cosa”
Peter sospirò di esasperazione e frustrazione, l'altro aveva ragione, non c'era niente che potessero fare in quel momento, se non aspettare che Malia si riprendesse. Si girò verso di lei, trovandola nelle stesse condizioni di poco prima, il veterinario ancora chino su di lei, con i suoi due assistenti che continuavano a bagnare un asciugamano da metterle sulla fronte. Un'involontaria fitta al cuore lo sorprese all'improvviso.
“Scusate” era stata Claire ad attirare l'attenzione dei due “Ma di quale cosa o metà della cosa state parlando?”
I due si guardarono, quasi rassegnati all'idea che avrebbero dovuto raccontare la stessa storia per l'ennesima volta.
“Ah, è la tua cacciatrice, ci pensi tu”
 
 
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“Dove stai andando?” Sam si avvicinò quasi di soppiatto a Stiles, che sobbalzò leggermente
“Devo andare a cercare Scott” l'altro sembrò genuinamente confuso da quell'affermazione
“Avevi detto che ha bisogno di stare da solo, e che sa badare a sé stesso”
“Sì, be dopo aver visto quello che è successo a Malia...” un sospiro di preoccupazione gli sfuggì dalle labbra “Devo controllare che stia bene”
Sam annuì, vedendo il ragazzo che metteva alcune cose dentro lo zaino. Gli ci volle un secondo per rendersi conto che stava portando via solo del cibo e una torcia
“Hey senti... secondo me hai fatto bene a lasciarlo andare, deve metabolizzare quello che gli è successo. Vedrai che quando sarà pronto tornerà da solo”
“Non posso abbandonarlo”
“Non lo stai abbandonando, gli stai lasciando un po' di spazio”
Stiles sembrò pensarci per qualche secondo, poi lanciò uno sguardo nella direzione di Malia, che ancora non accennava a migliorare.
“E se un cacciatore lo trovasse? Da solo non avrebbe speranza”
“Lui è forte, è un Alfa” Sam cercò di attirare la sua attenzione, sfoderando uno dei sorrisi più dolci e comprensivi che conoscesse
“Se la caverà”
Stiles non sembrò ancora del tutto convinto, non riusciva a smettere di immaginarsi il suo migliore amico in fin di vita, disperso nella foresta che chiedeva aiuto, senza che nessuno riuscisse a sentirlo. Dovette chiudere gli occhi un secondo e scuotere la testa per togliersi quell'immagine dalla mente. Sam lo vide chiudere lo zaino e metterselo in spalla, fu quindi costretto a fargli notare l'evidenza.
“Stiles... anche se trovassi Scott che sta combattendo contro un cacciatore, tu cosa potresti fare?”
Il ragazzo si ritrovò spiazzato dalla domanda. Era così preoccupato di raggiungerlo che non aveva pensato a questo aspetto, e doveva ammettere che una mazza da baseball non avrebbe fatto molto contro un fucile.
“Dammi una pistola”
Sam per un secondo stava per mettersi a ridere. Fortunatamente si bloccò in tempo, notando la determinazione negli occhi dell'altro
“No, non ti darò una pistola”
“Dean mi ha insegnato a sparare”
“Sì, e mi ha detto che hai una pessima mira”
Il ragazzo fece per rispondere, aprendo la bocca, dalla quale però non uscirono parole.
“Senti” continuò l'altro, rimettendo in atto il suo sguardo più convincente “Scott se la caverà, non è via da molto, ti prometto che se entro domani non sarà tornato andremo a cercarlo insieme, che ne dici?”
Stiles ci pensò per qualche secondo, ma doveva ammettere che da solo non sarebbe stato di nessun aiuto all'amico, un gigante come lui gli sarebbe tornato utile.  Sorrise tristemente, e annuì posando lo zaino a terra. Il cacciatore fece un respiro di sollievo e, anche se si allontanò da lui per andare dal fratello, lo tenne costantemente sott'occhio.
Dean stava parlando con Claire, probabilmente raccontandole quello che era successo, ma quando i loro sguardi si incrociarono venne subito verso di lui, capendo da una semplice occhiata che aveva bisogno di parlargli.
“Come sta la ragazza?”
“Non bene, sembra che Claire abbia usato uno strozza-lupo giallo. Qualsiasi cosa sia, è potente, stanno facendo il possibile ma non sembra riprendersi”
Sam annuì, notando lo sguardo che Peter continuava a lanciare sulla cacciatrice, la quale si teneva a debita distanza
“Credi che se non ce la facesse...” il minore fece un segno con la testa in direzione del lupo “Potrebbe farle del male?”
Dean sospirò profondamente. Ormai si fidava di lui, ma sapeva di cosa era capace quando si parlava di sua figlia.
“Non lo so, di sicuro la nostra squadra ammazza due facce non sarebbe più così unita, e già prima non lo era particolarmente”
Sam annuì di nuovo, lo sguardo pensieroso. Si guardò intorno, figurandosi velocemente la reazione di tutti, e solo dopo condivise i suoi pensieri con il fratello
“Forse potremmo chiamare Castiel”
L'altro fu preso completamente alla sprovvista, spalancò gli occhi e si assicurò che il fratello fosse serio prima di rispondere
“Cosa? No, non possiamo chiamarlo ogni volta che qualcosa non va” la sua voce era nervosa, e i suoi occhi non incrociavano mai quelli del fratello. Nemmeno lui sapeva perché la cosa lo facesse stare in quel modo, Cas era di famiglia ormai, ne avevano passate tante insieme, perché chiamarlo lo faceva sentire così?
Qualcosa era cambiato, non sapeva nemmeno lui cosa di preciso. Forse non era nemmeno un cambiamento, ma qualcosa che c'era sempre stato, solo che non era ancora venuto a galla. Quel periodo di stallo, senza la fine del mondo che incombeva su di loro, aveva permesso a Dean di pensare. Lo aveva obbligato a pensare. Ovviamente non era neanche lontanamente vicino ad una conclusione logica, ma la difficoltà nel chiedere aiuto al suo migliore amico rimaneva, e lui non sapeva come farla sparire. Si accorse solo in quel momento che suo fratello stava spudoratamente ridendo del suo problema. Dean fece per dirgli qualcosa, ma si bloccò, non trovando le parole, come del resto non le aveva trovate in quelle ultime settimane, per descrivere quello a cui stava pensando.
“Senti, siamo cacciatori, non possiamo chiamare Cas ogni volta che abbiamo un problema”
nel momento stesso in cui pronunciò il suo nome, gli occhi del fratello si spostarono dai suoi ad un punto indefinito alle sue spalle. Il ragazzo corrugò la fronte, voltandosi e trovandosi due profondi occhi azzurri che lo fissavano a pochi centimetri di distanza. Sobbalzò nel vederlo, non era più abituato a vederselo comparire davanti all'improvviso, o dietro in questo caso.
Chuck, guarendo Lucifero, gli aveva restituito le ali. Non sapeva se l'avesse fatto di proposito o se fosse stato un caso, ad ogni modo ora Castiel era tornato un angelo a tutti gli effetti.
“Dannazione, Cas!”
l'altro lo guardò confuso, come se l'aver pronunciato il suo nome avesse come ovvia conseguenza il suo arrivo immediato. E in effetti era così
“Ciao Dean”
 
 
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“E quello da dove diavolo è sbucato?” Peter riuscì per un secondo a distrarsi dalla preoccupazione per la figlia, vedendo un uomo dai capelli scuri e un logoro trench addosso che era sbucato dal nulla alle spalle del cacciatore.
Tutti si girarono verso di lui, gli occhi spalancati e tutti i muscoli in tensione, pronti ad attaccare. Stiles recuperò la sua mazza, Liam si mise di fronte a Malia e al veterinario per proteggerli, Theo, ancora nell'altra stanza, restò davanti alla porta per difendere la prigioniera, Jackson e Ethan, che erano riusciti a riprendere un po' le forze, si alzarono pronti ad attaccare.
Castiel sembrò non accorgersene nemmeno. Aveva gli occhi fissi su quelli di Dean, che rispondevano al suo sguardo, ma in maniera diversa dal solito. Erano settimane che non si vedevano, dopo la storia con Amara, e l'angelo riusciva a percepire che qualcosa era cambiato. Un senso di frustrazione e dispiacere lo invase improvvisamente. Credeva di sapere perché il cacciatore si stesse comportando così, e la cosa creò un improvviso peso sul suo cuore.
Aveva detto di sì a Lucifero. Si era fatto possedere e, nonostante l'altro sembrava averlo perdonato, doveva essere ancora arrabbiato con lui.  I suoi occhi si rabbuiarono, ma prima che Dean, dimenticandosi completamente della sua insicurezza nel parlare con lui, potesse chiedergli qualcosa, entrambi vennero distratti da Sam, che si stava rivolgendo alle altre persone presenti nel bunker, delle quali i due sembravano non essere a conoscenza fino a quel momento.
“Fermi, fermi! E' un amico, non vi farà del male”
Il diretto interessato si guardò velocemente intorno, vedendo un branco di lupi mannari che era pronto ad attaccarlo. Notò Claire, che gli fece un veloce segno col capo, e notò la ragazza, stesa su una brandina, ormai quasi in fin di vita. L'uomo che la stava curando aveva interrotto il suo lavoro, anche lui distratto da quell'uomo che si era improvvisamente materializzato nella stanza.
“Cosa sei tu?” Deaton non disse queste parole con cattiveria, anzi era quasi affascinato da quella nuova creatura che si trovava davanti.
Dean notò che, nonostante l'ammirazione del veterinario, nessuno aveva ancora accennato a ritirarsi dall'attaccare, decise quindi di prendere la parola, frapponendosi fra l'amico e i suoi assalitori.
“Fermi! Lui è Castiel, è un angelo-”
“Si ok, siete una coppia fantastica, ora dicci che cos'è”
Dean fissò Peter, rimanendo bloccato per qualche secondo da una stranissima sensazione di imbarazzo che lo pervase e che nemmeno lui riuscì a riconoscere come sua.
“Te l'ho appena detto, idiota. E' un angelo” disse questa frase con molta più rabbia di quanto avesse intenzione di usare, quasi la urlò. Ma questo sfogo involontario riuscì ad evitare alle sue guance di arrossire per l'imbarazzo.
“Lo abbiamo chiamato per aiutare tua figlia” Dean dicendo queste ultime parole, si era voltato verso Castiel, ritrovandosi davanti quel suo solito sguardo confuso, con la bocca socchiusa e gli occhi che si riducevano a due fessure. Al cacciatore sfuggì un sorriso, veloce, che coinvolgeva solo un lato della bocca, ma non riuscì a evitarlo. Non lo vedeva da troppo tempo, e si era reso conto che ogni più piccola cosa gli era mancata, compresa quell'aria da idiota.
“Quella cosa non si avvicinerà a Malia”
“Hey, datti una calmata, stiamo cercando di aiutarla” di nuovo la rabbia di Dean gli fece alzare la voce, ma questa volta era pienamente consapevole del suo impatto.
Peter fece per rispondere, ma i suoi occhi cominciarono a vagare preoccupati per la stanza, fino a fermarsi vicino alla brandina di sua figlia, dove Castiel si era appena teletrasportato. Il lupo mannaro non fece in tempo nemmeno a far uscire i canini che l'angelo aveva già posato due dita sulla sua fronte. La ragazza si riprese improvvisamente, non sudava più, aveva ripreso colore e la sua ferita era completamente sparita.
Il gruppo si ammutolì all'istante. Gli occhi di tutti saettavano da quella strana figura in trench, ai due fratelli, non sapendo da dove cominciare a fare le domande. I Winchester si guardarono, anche loro senza parole, Sam con uno sguardo quasi di scuse, immaginando che prima avrebbero preparato tutti alla cosa e solo dopo avrebbero chiamato l'angelo, mentre sul volto di Dean si dipinse un disagio divertito.
“Hey papi” era stata Claire a parlare, facendo un veloce cenno con la mano in direzione di Castiel, che ricambiò, ancora più confuso di prima. A quel punto le domande non rimasero più bloccate sulle labbra di tutti ma uscirono, facendosi strada nel silenzio della stanza.
“Cosa? Papi?”
“Ma che cazzo?”
“Come fate a conoscere un angelo?”
“Allora esiste anche Dio? Anche lui è fatto come noi?”
“Perché diavolo non l'avete chiamato subito?”
I due fratelli si trovarono sommersi e quasi placcati dalla curiosità del branco, mentre Claire se ne stava in un angolo a ridere a crepapelle, mimando alcune parole in direzione dello sguardo assassino di Dean
Non ho saputo resistere
 
 
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“E il paradiso com'è?”
“Ognuno vede cose diverse lì, c'è una stanza per ogni persona e…”
“Perché non hai le ali?”
“Le ho, solo che voi umani non riuscite a vederle...”
“Quindi tutti gli angeli sono come noi? Cioè con un aspetto umano?”
“No, questo è solo un tramite, la mia vera forma è…”
“E Dio dove si trova adesso?”
Castiel lanciò uno sguardo disperato verso Dean, che stava tranquillamente sorseggiando la sua ultima birra appoggiato alla parete della stanza. Alzò la bottiglia in direzione dell'angelo, che trasformo il suo sguardo da una richiesta di aiuto ad una minaccia non verbale. Il cacciatore sorrise, troppo divertito dalla scena per interferire.
Sembrava un cantastorie, circondato da insopportabili bambini. Erano disposti tutti in semicerchio, seduti a terra, mentre Cas stava sul divano, le mani appoggiate sulle ginocchia, completamente circondato da ragazzini che volevano più informazioni possibili. Perfino Peter, anche se apparentemente disinteressato, si teneva a portata d'orecchio ascoltando le risposte alle domande che gli altri, principalmente Stiles, non smettevano più di porgli.
“Ti stai divertendo?” il minore dei due fratelli si avvicinò all'altro, con un tono di rimprovero nella voce, ma non riuscendo a nascondere un sorriso divertito sulle labbra
“Sai, è stata un'ottima idea chiamarlo” rispose il maggiore, bevendo tranquillamente un altro sorso di birra.
Ethan e Jackson erano stati guariti subito dopo Malia, Theo aveva lasciato la sua postazione di guardia alla prigione, e non sapeva se essere più felice della presenza dell'angelo o del fatto che era stato in grado di far dimenticare completamente ogni problema a Liam, che ascoltava la conversazione con una nuova luce negli occhi, una luce di speranza. Theo non poteva far altro che sorridere a quella visione. Anche Lydia ascoltava rapita, intervenendo di quando in quando con alcune domande. Deaton era più affascinato che mai, ne aveva viste di cose nella sua vita, ma un angelo? Non riusciva nemmeno a immaginarlo. Ogni parola che usciva dalla sua bocca, per lui, era come una nuova rivelazione, si sentiva come un bambino il giorno di natale, che continuava ad aprire pacchetti pieno di eccitazione, senza riuscire minimamente ad immaginare cosa ci potesse essere all'interno. Infine c'era Stiles. Era seduto di fianco a Castiel, e gli si avvicinava sempre di più, mentre l'altro cercava di allontanarsi il più possibile, e capendo finalmente cosa intendesse Dean con spazio personale. Non la smetteva più di fare domande, e non faceva in tempo a sentire la fine della risposta che già procedeva con la prossima. I suoi occhi brillavano e l'esaltazione che provava era frenata solo dal rispetto che portava per quell'entità così superiore.
“Non ti unisci ai tuoi amici?” Claire si avvicinò a Malia, che si era allontanata dal gruppo, mettendosi di guardia alla prigioniera
“Qualcuno deve controllare il mostro che abbiamo qui dentro” la sua voce era piatta, il suo sguardo era rivolto all'angelo, ma non c'era curiosità o ammirazione. Era come se stesse fissando il vuoto. Claire lo notò e si incuriosì
“Perché non vai? Ci penso io qui” il suo tono di voce era gentile, ma nel suo sguardo si leggeva un tono di sfida
L'altra si girò verso di lei, cercando di capire a che gioco stesse giocando. Notò che i suoi occhi erano molto più chiari di quanto credesse. Alla luce della luna sembravano quasi neri, mentre ora erano di un colore indefinito, fra l'azzurro e il grigio, ma quando la luce delle lampade la colpiva direttamente si potevano notare delle sfumature verde scuro. La matita nera che li contornava li rendeva ancora più indecifrabili.
“Come se potessi fidarmi di te, dopo che mi hai sparato” quegli occhi, qualche secondo prima così sicuri di sé, persero tutta la loro astuzia e, solo per un attimo, diventarono tristi. No, non tristi, dispiaciuti. Si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, Malia riusciva a vederlo. Ma il sorriso spavaldo non si smosse di un millimetro, e il tono di voce restò fermo e quasi derisorio
“Sono una cacciatrice, è normale che vedendo un lupo mannaro cominci a sparare”
Malia corrugò la fronte, riducendo gli occhi a due fessure e incrociando le braccia
“Forse la prossima volta dovresti assicurarti di non sparare a uno dei buoni”
“Di solito i buoni non hanno zanne e artigli”
“Da queste parti sì”
le due si stavano guardando in cagnesco, ad ogni frase facevano un passo in direzione dell'altra, con fare minaccioso e autoritario. Chiunque vedendole avrebbe potuto scommettere che sarebbero finite per azzuffarsi, ma sui loro volti si andava formando un sorriso involontario.
“Be la prossima volta vedi di essere meno minacciosa”
“Penso sarà impossibile”
rimasero ad osservarsi per qualche secondo prima che Claire si allontanasse, roteando gli occhi, ma con un mezzo sorriso ancora stampato in faccia.
 
 
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“Domani sarà un nuovo giorno, una nuova battaglia, e questa volta non dovremo farci abbattere così facilmente”
Gli uomini annuirono, qualcuno intonò gridi di approvazione, altri alzarono i fucili esultando.
“Questi mostri hanno avuto il controllo per troppo tempo. Hanno ucciso i nostri amici, i nostri familiari”
Altre grida si innalzarono, diventando sempre più forti.
“Non gli permetteremo di vincere questa guerra, se dovremo abbassarci al loro livello e seguire la legge del più forte, faremo in modo di essere noi i più forti!”
Un grande sì, si levò dalla massa di uomini. Erano tanti, stavano a malapena nella stanza, alcuni erano stati costretti ad ascoltare il discorso dal corridoio. Cacciatori di ogni città, di ogni età erano arrivati correndo alla richiesta di aiuto del famoso Gerard Argent, uno dei migliori cacciatori mai esistiti. A tutti bastò mettere piede nella città per rendersi conto che qualcosa non andava e che quel qualcosa doveva essere ucciso senza pietà.
“Ora andate, vi chiameremo quando avremo altre notizie. Ricordate: qualsiasi cosa abbia delle zanne o occhi che brillano voi sparate”
Il vecchio cacciatore emanava puro odio, ma gli altri non ne ebbero paura. Alzarono nuovamente i fucili e fecero sentire il loro grido di battaglia fino a fuori le mura della loro nuova base operativa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Il sole stava sbucando all'orizzonte, mentre la luce filtrava dalla veneziana. Attraverso quei raggi si potevano vedere i granelli di polvere che volavano nella stanza, non abitata da troppo tempo. Ma non era in disordine. Ogni libro, ogni vestito, tutto era al suo posto, ma la sensazione di abbandono si percepiva ugualmente. A partite dalla polvere, che ricopriva ogni superficie.
Scott era ancora a letto. Nel suo letto. Erano settimane che non ci dormiva, ma in quel momento aveva bisogno di un posto familiare, caldo e confortevole. Per quanto quel bunker fosse ben organizzato non riusciva a sentirsi a suo agio come a casa sua. Ma la cosa più importante era che la sua casa era completamente deserta. Questo era il vero motivo per cui ci era andato.
Si girò in direzione opposta rispetto alla finestra, ma già sapeva che non avrebbe più chiuso occhio. Già era un miracolo che fosse riuscito a dormire quelle due ore scarse.
Il volto di Kira gli tornò improvvisamente davanti, come un fulmine a ciel sereno. Spalancò gli occhi, producendo un involontario ruggito sommesso. Non aveva pianto, non ci era riuscito, aveva gridato, aveva corso, si era sfogato in ogni modo possibile, ma le lacrime non accennavano ad arrivare. Si sentiva quasi in colpa a non averlo fatto, ma non poteva farci niente.
Si alzò velocemente dal letto, lanciando le coperte con violenza nella direzione opposta e andando in contro a brividi di freddo che lo svegliarono definitivamente. Aveva dormito vestito, ma indossava solo la maglietta. Recuperò la felpa, si mise le scarpe che aveva abbandonato in fianco al letto, non pensò nemmeno a mangiare ed uscì dalla casa. Si stava avviando al bunker. Gli altri si saranno preoccupati, pensò. Ma le sue gambe non collaboravano. Lo stavano portando nuovamente nel cuore della foresta, il più lontano possibile da tutti. La sua testa continuava a ripetergli di tornare indietro, che avevano del lavoro da fare. Dovevano trovare Bobby, dovevano uccidere l'Anuk-ite, e distruggere quel ridicolo club di cacciatori, ma ogni suo muscolo continuava imperterrito a trascinarlo lontano da tutto quello. Non era ancora pronto ad affrontare le sue responsabilità di capobranco, ad affrontare tutto quello che lo stava aspettando.
Stava camminando, cercando di distrarsi da quei pensieri, quando un rumore di passi lo fece per lui.
Si girò di scatto, tutti i sensi all'erta, mentre sentiva quella camminata tranquilla farsi sempre più vicina. No, non era tranquilla, era strascicata. I piedi si alzavano appena dal terreno, portando con loro foglie secche e ramoscelli. Scott si nascose, aspettando che l'uomo si avvicinasse. Rimase molto sorpreso quando vide avvicinarsi un ragazzo della sua scuola. Lo aveva visto in giro qualche volta, gli sembrava si chiamasse Aaron. Aveva la pelle scura, i capelli corti e corvini, il viso un po' paffuto. Generalmente il suo sguardo era simpatico e amichevole, in quel momento però sembrava glaciale. Ma non era quella la cosa che aveva sconvolto il lupo mannaro. Più il ragazzo si avvicinava, più una sensazione di puro terrore cresceva in lui. Si faceva sempre più piccolo, dietro alla roccia che usava come scudo per quella creatura. Tutti i suoi muscoli erano in tensione, il cuore aveva cominciato a battergli sempre più forte, tanto che il ragazzo aveva paura che l'altro potesse sentirlo.  Cercò di calmarsi, facendo respiri profondi, e sperando con tutto sé stesso che l'altro si allontanasse. Si rese conto però che quella poteva essere la sua unica occasione per catturarlo.  Mentre una piccola parte della sua mente stava pensando di attaccarlo alle spalle, tutto il resto di essa gli gridava a gran voce di scappare senza voltarsi indietro. Dovette recuperare tutta la forza di volontà che aveva in corpo per ignorare quel grido e uscire dal suo nascondiglio con le zanne ben visibili e gli occhi rossi fiammeggianti. Corse in direzione di quello che, ne era sicuro, era l'Anuk-ite, e gli si gettò addosso, conficcando gli artigli nella sua schiena, ruggendo ferocemente, più per far coraggio a sé stesso che per incutere timore. Il ragazzo emise un lamento soffocato, mentre si girava, cercando di colpire Scott, ma l'altro schivò il colpo, calciandolo allo stomaco e facendolo sbattere contro uno degli alberi dietro di lui.
Vedendolo a terra, si illuse che fosse finita, ma le palpitazioni del suo cuore gli impedivano di rilassarsi. Gli si avvicinò lentamente, pensando a come avrebbe fatto a portarlo al bunker, e solo quando gli fu abbastanza vicino da toccarlo, l'altro si sveglio improvvisamente, prendendolo alla caviglia e facendolo cadere a terra. I suoi occhi si erano illuminati di un colore indefinito fra l'azzurro e il viola, mentre si era buttato sul lupo mannaro, tenendolo a terra con la facilità con cui avrebbe tenuto un bambino.
Scott provò a divincolarsi dalla presa, ma il ragazzo gli si sedette sopra con tutto il suo peso, rendendo l'operazione impossibile.
“Dov'è?” la voce era roca e particolarmente bassa. La rabbia che trasmetteva era quasi palpabile.
Scott, per quanto cercasse di non darlo a vedere, era terrorizzato. Il cuore gli batteva a mille, la testa era invasa da troppi pensieri per fare un ragionamento logico
“DOV'E'?” quel mostro con le sembianze di Aaron portò una mano al collo dell'Alfa, cominciando a stringere con forza, mentre l'altro si dimenava in cerca di aria.
A quel punto l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio su Scott, che allungò la mano cercando di raggiungere un qualsiasi oggetto che gli permettesse di salvarsi la vita. I polmoni cominciavano a bruciargli, mentre il mondo diventava sempre più nero, quando infine riuscì ad afferrare qualcosa. Non sapeva cosa avesse fra le mani, ma la scagliò ugualmente alla testa dell'altro con tutta la forza che gli era rimasta. Quest'ultimo mollò la presa e il lupo mannaro sentì nuovamente l'ossigeno che entrava in circolo, fra un colpo di tosse e l'altro. Non perse nemmeno un secondo, si alzò e morse il ragazzo al collo, ancora con la vista appannata e coperta in parte da puntini neri. Sentì il sangue inondargli la bocca e colargli sul mento, per poi scendere fino al collo. Si allontanò da quella cosa, sentendosi svenire e cercando di far arrivare più aria possibile ai polmoni.
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo che il suo assalitore era già di nuovo su di lui, il sangue che continuava ad uscire copioso dalla ferita. Lo colpì in faccia, era un semplice pugno ma la forza che quella cosa era in grado di sprigionare lo fece andare a tappeto. Cercò velocemente di alzarsi ma un calcio lo colpì allo stomaco, con ancora più forza di prima, tanto da fargli mancare il respiro per un secondo. L'Anuk-ite non si fermò, continuò a colpirlo ripetutamente. Sembrava aver abbandonato l'idea di interrogarlo su dove fosse la sua altra metà, cercando semplicemente di ucciderlo.
Scott sentiva i colpi dell'altro arrivare, senza perdere mai la loro potenza. Cercò di alzarsi più volte, ma inutilmente. L'ultima cosa che riuscì a sentire furono altri passi che si avvicinavano velocemente, prima di venire colpito nuovamente alla testa e perdere i sensi.
 
 
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“Aspetta... quindi Dio avrebbe una sorella?”
“Sì” la parola uscì accompagnata da un sospiro di esasperazione
“Ma... com'è possibile? Insomma se sono fratello e sorella significa che qualcuno deve aver creato anche loro, quindi Dio ha un padre?”
L'angelo appoggiò la testa alle mani, a loro volta appoggiate sulle ginocchia, ed emise un altro sospiro. Il gruppo che lo circondava e che restava affascinato dalle sue storie si era dileguato da ore ormai. Tutti tranne Stiles. Quel ragazzino era rimasto tanto esaltato quanto lo era al suo arrivo, e non accennava a calmarsi. I suoi occhi non lo avevano lasciato nemmeno per un secondo e, per quanto continuassero a parlare, non restava mai senza domande. Castiel lo aveva trovato interessante all'inizio, forse un po' invadente, ma pur sempre simpatico. Ora avrebbe voluto solo cucirgli la bocca.
“Non lo so, io sono stato creato dopo, come voi non posso sapere cosa ci fosse prima di me” disse queste parole con il volto ancora nascosto dalle sue mani, e una sensazione di spossatezza che aveva conosciuto solo quando aveva perso la sua grazia. Se ne fosse stato in grado si sarebbe messo a dormire.
Stiles continuava ad osservarlo e, nonostante lo stesse facendo da ore, solo in quel momento si rese conto dell'esaurimento che stava per avere l'altro.
Bene... sono riuscito a mettere k.o. un angelo solo con le parole. Potrei meritare un qualche tipo di medaglia per questo.
“Castiel...” chiamarlo per nome lo faceva sentire ancora un po' a disagio
“Sì?” l'altro alzò la testa, tenendo però lo sguardo fisso di fronte a sé
“Giuro che questa è l'ultima domanda...” questo avrebbe potuto farlo sentire meglio, se quella non fosse stata la milionesima volta che sentiva quella frase. Ma il tono di voce del ragazzo era molto più serio di prima, quasi malinconico, tanto che gli fece alzare gli occhi azzurri su di lui, notando che non lo stava più fissando in modo ossessivo, ma aveva spostato lo sguardo sul pavimento, le mani che si stavano torturando l'un l'altra
“Per caso hai visto mia madre lassù? Si chiama Claudia Stilinski...” il ragazzo non alzò lo sguardo, aspettò pazientemente una risposta.
Castiel si addolcì immediatamente, osservandolo quasi stupito dalla velocità con cui era passato ad un argomento così delicato. Forse tutte quelle domande e quello sproloquio erano servite solo a fargli trovare il coraggio di chiedergli questo.
“Claudia... sì me la ricordo. Penso che il suo paradiso fosse una casa, la vostra casa, con la sua famiglia”
Stiles alzò lo sguardo, trovandosi davanti quei due oceani azzurri che non lo avevano lasciato per un secondo. Sentiva gli occhi che stavano diventando lucidi e un nodo in gola che rischiava di tradirlo se avesse detto qualcosa. Si limitò ad annuire, sbattendo più volte le palpebre per far andare via quelle lacrime indesiderate, mentre l'altro gli metteva una mano sulla spalla, cercando di confortarlo come meglio poteva.
Vide il ragazzo passarsi velocemente il palmo delle mani sugli occhi, alzarsi di scatto, per poi guardarsi intorno confuso.
Tutti gli altri stavano già dormendo, da ore ormai, ma lui sembrò accorgersene solo in quel momento
“Che ore sono?”
“Penso le sei”
Stiles spalancò gli occhi, sentendosi improvvisamente in colpa ma l'angelo sorrideva.
Giusto, gli angeli non dormono.
“Be ormai è tardi per dormire, penso mi farò un caffè” dicendo questo si alzò, dirigendosi verso la cucina. Gli sembrava di essere più leggero, come se si fosse tolto un peso dal petto che non sapeva nemmeno di avere.
Castiel lo osservò, felice di essere riuscito a resistere. Alla fine è valsa la pena di sopportarlo. Portò involontariamente, o forse per abitudine, lo sguardo in direzione di Dean. Stava dormendo su una delle brandine, un braccio penzolante che poggiava sul pavimento, l’altro sotto al cuscino, che stava probabilmente impugnava la pistola. La coperta, se si poteva chiamare tale, non gli copriva nemmeno le spalle, e i piedi sbordavano all'esterno della brandina. Il viso era rilassato e sereno.
Cas non poté trattenere un sorriso. Era questo il vero motivo per cui lo guardava dormire. Era l'unico momento in cui sembrasse in pace. Gli piaceva vederlo così, lo faceva stare bene, perché sapeva che lui stava bene.
“Ne vuoi un po'?” la voce di Stiles, decisamente troppo alta per passare attraverso una stanza piena di persone addormentate, distrasse l'angelo dai suoi pensieri, riportandolo sulla terra ferma.
“Sì, grazie” si allontanò dalla sala principale, ma non prima di aver lanciato un'ultima occhiata al cacciatore.
 
 
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La sensazione di freddo lo colpì all'improvviso, come uno schiaffo. Sentì l'impatto, poi l'acqua che colava lentamente sul collo bagnandogli la maglietta. Sentì il familiare sapore metallico del sangue in bocca, e non poté evitare di sputarne una copiosa quantità
“Scott!”
Il lupo mannaro aprì lentamente gli occhi, ancora una volta accecato dalla luce del sole, molto più forte di quanto se la ricordasse. Dovette sbattere più volte le palpebre prima di riuscire a mettere a fuoco la figura di fronte a sé.
Si ritrovò con due occhi preoccupati che lo fissavano, erano verde scuro, tendenti al marrone, e due folte sopracciglia nere, accompagnate da una barba e capelli ordinati. La bocca era leggermente socchiusa, e una mano era sul suo braccio, mentre le vene diventavano sempre più scure e sempre più visibili, e il dolore che Scott provava in tutto il corpo cominciava ad affievolirsi.
“Derek?” la voce gli uscì molto più roca di quanto si aspettasse, solo dopo, toccandosi il collo, capì dal dolore che ne derivò che doveva essere ancora ferito, nonostante la sua guarigione soprannaturale.
“Ti ha conciato per le feste, he?” l'altro cominciò a sorridere, non appena vide che l'Alfa era sveglio e cosciente.
“Come sei arrivato?” parlare era particolarmente difficile, non riuscì a trattenere diversi colpi di tosse dicendo quella semplice frase. Fu estremamente grato all'altro quando gli diede una borraccia da cui bere.
“Mi hai mandato a chiamare tu, ricordi? Argent mi ha dato le coordinate per il bunker, mentre lui è andato a cercare Deucalion. Andando in quella direzione ho sentito il tuo ruggito, e a quanto pare sono arrivato appena in tempo” di nuovo quel sorriso spavaldo si fece largo sul suo volto, mentre Scott cercava inutilmente di alzarsi.
“Hey, piano tigre, ti ci vorrà ancora un po' per riprenderti”
“Perché non guarisco?”
“Perché sei stato picchiato da una creatura di cui nessuno di noi aveva ancora sentito parlare e che non sappiamo come uccidere?”
“Sì ma... mi ha praticamente solo preso a pugni...”
“Ripeto: è una creatura di cui non sappiamo nulla, sei fortunato ad essere vivo”
Scott alzò lo sguardo sull'altro, che gli stava nuovamente passando la borraccia
“Grazie”
“Figurati”
bevve un generoso sorso d'acqua, e questa volta, anche se con qualche sforzo, riuscì a mettersi seduto
“Cerca di rimetterti in fretta, dobbiamo raggiungere gli altri”
L'Alfa si bloccò improvvisamente. Se già prima voleva evitare qualsiasi contatto con il suo branco, ora la situazione era ancora peggio. Non solo avrebbe dovuto sopportare tutti i come stai? E i mi dispiace ma ci sarebbe stata anche la compassione e la preoccupazione per il suo stato fisico.
“No, io non andrò al bunker”
Derek abbassò lo sguardo verso di lui, la fronte corrugata, gli angoli della bocca che tendevano verso il basso.
“E dove vorresti andare?” nel dire questa frase una delle sopracciglia si alzò, quasi in senso di sfida.
Scott rimase spiazzato dalla domanda. Non gli aveva chiesto perché, non si era preoccupato, aveva semplicemente fatto notare l'ovvio. Cosa poteva fare se non tornarci?
Apprezzò questo lato del lupo, in quel momento era esattamente quello di cui aveva bisogno, ma la cosa non cambiava. Non aveva intenzione di tornare lì, o almeno non ancora.
“Non lo so, al momento me ne starò qui”
“Nella foresta? Con quel mostro che potrebbe tornare da un momento all'altro, o dei cacciatori che potrebbero ucciderti?”
quel sopracciglio era ancora alzato, e sulle labbra era tornato il suo sorriso derisorio.
“Non devi farmi da balia”
“Ti faccio notare che se non lo facessi saresti già morto”
Scott fece per rispondere, ma non seppe nemmeno lui cosa dire. Aveva ragione, se non fosse intervenuto probabilmente sarebbe morto.
“Intanto pensa a guarire, poi vedremo cosa fare”
 
 
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Sam si stava rigirando per l'ennesima volta. Aveva dormito pochissimo quella notte, anzi non era nemmeno sicuro di esserci riuscito completamente. Maledì mentalmente Bobby per aver preso delle brandine così piccole. Non aveva idea di quando avesse costruito quel posto, né se gli fosse mai tornato utile prima di allora, ma la sua stazza necessitava di un letto più grande, e la persona che considerava come un secondo padre avrebbe dovuto esserne al corrente.
Si mise seduto, sconsolato, e ormai senza speranze sentendo gli altri che si stavano lentamente svegliando e stavano cominciando a preparare la colazione. Si strofinò gli occhi, per poi passarsi una mano fra i lunghi capelli. Stava per alzarsi quando si vide arrivare una tazza di caffè fumante di fronte agli occhi. Alzò lo sguardo per incontrare il volto gentile del Dr. Deaton. Il cacciatore la prese, ringraziando il veterinario, che gli si sedette di fronte, con un cenno del capo. Il suo sguardo era ancora sognante, la rivelazione dell'esistenza degli angeli e del paradiso lo aveva fatto tornare speranzoso, e una gioia incontrollabile si era impossessata di lui. La sua curiosità scientifica era la sola cosa che lo teneva ancora con i piedi per terra.
Sam lo notò, ricordando il suo primo incontro con Castiel. Era così emozionato, così grato, così felice che tutte le sue preghiere fossero state effettivamente ascoltate da qualcuno. Solo per sentirsi dire che era il ragazzo col sangue di demone e che sarebbe stato destinato ad essere il tramite di Lucifero. Un brivido gli corse lungo la schiena a quel ricordo. Aveva imparato che non tutti gli angeli sono gentili e disponibili. Diavolo, la maggior parte sono dei coglioni, ma aveva anche imparato a conoscerne alcuni di buoni. Alcuni che provavano a fare la cosa giusta. Uno di questi era Castiel. Gli aveva salvati più di una volta e il cacciatore gliene sarebbe stato per sempre grato. Vedeva quanto ci tenesse a loro. E vedeva quanto ci tenesse a suo fratello. Un sorriso gli scappò dalle labbra, mentre beveva un sorso dell'amara bevanda scura, per poi rivolgersi a Deaton.
“Allora? Com'è stato conoscere un angelo?”
L'altro lo fissò come se la risposta fosse ovvia, la luce che illuminava quegli occhi scuri
“Io ne ho viste di cose nella vita, ma un angelo? Non avevo mai nemmeno osato sperarlo. Questo... ti fa vedere tutto sotto una nuova prospettiva...” la luce si spense improvvisamente, e il sorriso diventò quasi amareggiato. Sam corrugò la fronte.
“E ti fa chiedere se veramente esiste un Dio allora perché non ci ha mai mostrato alcun interesse?
La compassione si fece strada negli occhi del cacciatore, si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, quasi a disagio dalla domanda. Chi era lui per parlare a nome di Dio? Certo lo aveva conosciuto ma non sapeva veramente perché avesse abbandonato gli esseri umani a sé stessi. Come del resto aveva fatto con gli angeli e con la sua stessa sorella. Certo qualcosa avrebbe potuto dirgli, ma la cosa lo metteva comunque a disagio
“Be... da quello che so era stanco di vederci fallire, e pensava che fosse arrivato il momento per noi di cavarcela da soli... Non so molto di più, mi dispiace...”
L'altro sorrise, sinceramente divertito
“Non mi aspettavo nemmeno di avere un'effettiva risposta a questa domanda” una piccola risata gli sfuggì dalle labbra “Wow, quindi anche tu hai parlato con...” fece una pausa, non poteva credere che una frase del genere stesse uscendo dalle sue labbra “...Dio?”
Sam sorrise a sua volta, visibilmente più rilassato
“Sì, ci ha dato una mano nel momento del bisogno” non volle aggiungere altro, non sapeva se Castiel avesse parlato loro anche di Amara, ma nel caso non lo avesse fatto riteneva fosse troppo rivelare una cosa del genere così alla leggera.
“E com'è?”
“Bé...” Sam non seppe bene da dove cominciare, tutto ciò che sapeva di Dio era che gli piaceva il bacon, il cibo cinese e che come padre non era stato proprio il massimo
“E'... molto più alla mano di quanto si immagini... preferiva che lo chiamassimo semplicemente Chuck, e ha vissuto fra gli esseri umani per molto tempo”
Deaton spalancò gli occhi, cercando di ricordare ogni persona con cui avesse mai avuto un'interazione e immaginandosi che avrebbe potuto essere Dio in persona
“Ora posso dire di averle sentite tutte” rispose, con un sorriso “E di te cosa mi dici? Il vostro amico è ancora disperso...”
Sam si rabbuiò, per poi far emergere un sorriso amareggiato
“Bobby se la sa cavare... lo troveremo, e prenderemo a calci chiunque abbia provato a fargli del male” lo sguardo sicuro e minaccioso fece quasi rabbrividire il veterinario
“Sei molto fiducioso”
“Ne abbiamo passate tante insieme, ho visto quell'uomo sopravvivere a molto peggio che a una manciata di cacciatori incazzati” Sam sorrise, perché a quelle parole ci credeva veramente. Nonostante avessero già setacciato la base di Gerard, sapeva che il vecchio cacciatore era tenuto da qualche parte, doveva essere così.
Deaton lo osservò attentamente, e la speranza e la sicurezza che gli lesse negli occhi gli fece spuntare un timido sorriso sulle labbra. Sapeva che avrebbe dovuto prepararlo al peggio, che Bobby probabilmente era già morto, ma non ce la fece. Non riuscì a spegnere quella luce che vedeva negli occhi dell'altro. Non voleva farlo.
Bevve un altro sorso di caffè, per poi portare la conversazione ad argomenti più leggeri.
 
 
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“Allora? Hai deciso cosa vuoi fare?” Derek e Scott stavano camminando in direzione del bunker. L'Alfa stava lentamente recuperando le forze, per lo meno tanto da riuscire a rimanere in piedi. Stavano comunque camminando lentamente anche per degli standard umani, ma la cosa non era dovuta unicamente al suo stato fisico
“E' la decima volta che me lo chiedi, la risposta è sempre la stessa”
“Nonostante questo, mi stai ancora seguendo” Derek sorrise, lanciando uno sguardo furtivo all'altro, che fece roteare gli occhi.
“Sei tu che stai seguendo me, volendo saresti già arrivato”
“Lo stesso vale per te”
Era vero. Non stava così male come voleva far credere, anche a sé stesso. Stava prendendo tempo. Una parte di lui avrebbe voluto tornare a casa, stare da solo e magari spaccare qualcosa. Un'altra parte, quella più responsabile, sapeva che doveva tornare dagli altri e aiutarli a risolvere la situazione. Avevano una squadra di cacciatori ben addestrata alle costole, una creatura molto più potente di qualsiasi cosa avessero mai affrontato che ancora non sapevano come eliminare, e un amico disperso, che nel migliore dei casi era stato fatto prigioniero. Non poteva abbandonarli, non poteva abbandonare il suo branco, eppure ogni fibra del suo corpo avrebbe voluto farlo. Stava cercando di convincersi, stava cercando di superare la perdita di Kira e andare avanti. Ma qualcosa glielo impediva.
“Io sono ferito, ricordi?”
“Puoi prendere in giro te stesso, Scott, ma non me”
Si sbagliava. Non riusciva a prendere in giro nemmeno sé stesso
“Senti, posso capire come ti senti, ma ora ci sono cose più importanti in ballo. Argent mi ha detto tutto riguardo all'Anuk-ite, tu devi-”
“Pensi che non lo sappia?!” sbottò l'altro improvvisamente, fermandosi per poter guardare l'altro negli occhi “So quello che dovrei fare. Loro sono il mio branco, spetta a me prendermi cura di loro! E' solo che...” la verità lo colpì come una doccia di acqua fredda. Non voleva stare lontano dagli altri, voleva che gli altri stessero lontani da lui.
Derek aspettò pazientemente che continuasse a parlare, lo sguardo serio e quasi preoccupato.
“Non sono riuscito a proteggerla...” le parole gli uscirono quasi come un sussurro, sentì una tenaglia stringergli il cuore e gli occhi che cominciavano a pungergli a causa delle lacrime che finalmente avevano avuto il coraggio di uscire allo scoperto.
“Io... non ero nemmeno con lei... avrei dovuto tenerla al sicuro... avrei dovuto...” il nodo che gli si formò in gola gli impedì di continuare. Abbassò lo sguardo sentendo di non riuscire più a trattenere le lacrime
“Non sono riuscito a salvarla, come non sono riuscito a salvare Allison... non sono un Alfa, sono solo uno stupido ragazzino con troppa gente che crede in lui” si sedette a terra, le lacrime che ormai uscivano copiose dagli occhi. Si portò le mani al volto, cercando di nasconderlo, o per lo meno di darsi un contegno. Odiava essere visto in questo stato, soprattutto da Derek, ma non riuscì ad evitarlo. A stento nascose i singhiozzi. All'improvviso sentì una mano poggiarglisi sulla spalla, alzò lo sguardo, il volto rigato di lacrime, incontrando gli occhi rassicuranti dell'altro.
“Non è stata colpa tua. Scott tu sei un Alfa. Non solo, tu sei il vero Alfa. Nessuno può essere più degno di te per guidare un branco”
“E se fallissi di nuovo?” la voce gli uscì quasi come un lamento, tanto che nemmeno lui la riconobbe come sua. Si schiarì la voce, cercando di darsi un contegno, e asciugandosi le lacrime dagli occhi “Se facessi morire qualcun altro?” nonostante la sua voce fosse tornata quella di prima, il suo sguardo era ancora in cerca di aiuto, di una risposta, della certezza che nessun altro dei suoi amici sarebbe morto.
Derek sospirò prima di parlare
“Essere il capo non è facile, lo so. Tutta la responsabilità grava su di te, ma rispondi a questa domanda: se tu ora li abbandonassi, ci abbandonassi, e uno di noi dovesse morire, la colpa non sarebbe ugualmente tua?”
Scott spalancò gli occhi a quella frase. Non ebbe il coraggio di rispondere. Abbassò lo sguardo, sentendosi pugnalare al cuore da quelle parole. Fece un respiro profondo, prima di alzarsi nuovamente in piedi.
“Allora? Che cosa stiamo aspettando? Il branco ha bisogno di noi” le guance erano ancora bagnate dalle lacrime, ma il suo solito mezzo sorriso era tornato sulle sue labbra. Derek sorrise a sua volta, alzandosi da terra e seguendo il suo capobranco.
 
 
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“Allora, ti sei divertito ad essere la diva del momento” si formò un sorriso divertito sul volto del cacciatore, mentre teneva una tazza fumante di caffè in mano, appoggiato al tavolo della cucina. Ne bevve un sorso, senza distogliere lo sguardo dall'angelo, i cui occhi si erano ridotti a due fessure minacciose
“Avresti potuto anche aiutarmi”
“E perché mai? Te la cavavi così bene” diede una pacca sulla spalla all'amico, facendo allargare sempre di più il sorriso sulle labbra.
Castiel, suo malgrado, sorrise. Non vedeva Dean così sereno da tempo, nonostante ci fosse comunque qualcosa, lo vedeva attraverso quei luminosi occhi verdi, che ormai conosceva anche troppo bene. Avrebbe voluto chiedergli scusa, ma quello che aveva fatto non si poteva risolvere così facilmente. Aveva permesso che il diavolo si impossessasse di lui, e lo aveva liberato nuovamente dalla gabbia. Pensava fosse la cosa migliore, pensava che fosse l'unico modo per uccidere Amara, ma sapeva che c'era un motivo più profondo. Non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso, ma sapeva bene il vero motivo per cui l'aveva fatto.
Continuava a fallire, ogni cosa facesse, ogni decisione che prendeva, lo portava solo a creare problemi o, peggio, a far del male agli unici due esseri umani ai quali avesse mai tenuto veramente. Si sentiva inutile, si sentiva indegno di essere chiamato angelo del Signore.
Aveva detto di sì a Lucifero perché pensava di essere sacrificabile e che, qualsiasi cosa sarebbe successa, avrebbe contribuito almeno in questo modo.
Ma aveva fallito di nuovo. Aveva deluso tutti. Aveva deluso Dean.
Il cacciatore lo stava ancora fissando, e Castiel aveva sostenuto il suo sguardo costantemente. Era bravo a nascondere ciò che pensava. O almeno così credeva
“Tutto bene?” il volto dell'altro si era fatto improvvisamente serio, quasi preoccupato. L'angelo non era l'unico in grado di leggere attraverso i suoi occhi.
“Dean... io...” non ci riusciva. Gli sembrava così ridicolo, così riduttivo chiedere semplicemente scusa per una cosa del genere. A quel punto fu quasi costretto a distogliere lo sguardo dall'altro. Avanzò lentamente, lasciandosi il cacciatore alle spalle, in cerca di quelle parole che fossero state in grado di esprimere quello che provava. Metatron aveva copiato nella sua memoria ogni libro e ogni film esistente sulla terra, ma in nessuno di essi l'angelo trovò qualcosa che lo aiutasse nell'impresa.
Dean nel frattempo stava per dare i numeri. Il cuore gli batteva all'impazzata, faceva quasi fatica a respirare, mentre la sua mascella diventava sempre più rigida. Rieccolo, il nervosismo che aveva provato prima di chiamare Castiel, ma in forma amplificata. Cosa doveva dirgli di così importante? Di così difficile da esprimere a parole?
L'attesa gli sembrava stesse durando ore, ma non voleva intervenire. Non avrebbe nemmeno saputo come farlo. Cercò di controllarsi, fece alcuni respiri profondi, senza dare troppo nell'occhio, continuando a fissare quei capelli corvini. Fece quasi un infarto quando l'altro finalmente parlò
“So perché non volevi chiamarmi” le parole uscirono quasi come un sospiro. Dean rimase sorpreso e sinceramente curioso, essendo che nemmeno lui aveva capito il perché, tuttavia il suo cuore cominciò a battere ancora più velocemente. Sembrava non averne più il controllarlo e la cosa cominciò quasi a spaventarlo. Non voleva parlare, aveva paura di come sarebbe uscita la sua voce, quindi si limitò ad aspettare che l'altro continuasse.
“Vi ho delusi. Vi ho delusi così tante volte che ormai non ne tengo più il conto. Ma questa è stata la cosa peggiore che potessi fare. Non ti biasimo se non vuoi nemmeno starmi vicino...” le parole uscivano dalle labbra di Castiel accompagnate da un senso di colpa tale da farle diventare pesanti come massi. Dean spalancò gli occhi, incredulo. Tutte le sue sensazioni incomprensibili passarono in secondo piano di fronte alla vulnerabilità e alla tristezza che percepiva nella voce dell'angelo.
L'altro non si girò, non voleva vedere il suo volto, sapeva che non sarebbe stato in grado di continuare.
“Volevo... Avevo bisogno di farvi avere una vittoria, ma quello che ho fatto... è imperdonabile, e per di più è stato tutto inutile. Io...” chiuse gli occhi per qualche secondo, facendo un respiro profondo prima di dire quelle due parole che, nonostante tutto, era inevitabile pronunciare
“Mi dispiace”
Ancora non riusciva a voltarsi. Il silenzio stava riempiendo la stanza e Castiel ebbe l'orribile tentazione di sparire, pur di evitare di vedere lo sguardo di delusione negli occhi di Dean.
Fu il cacciatore a doversi avvicinare. Aveva posato la tazza di caffè e si era messo di fronte all'angelo, una mano sulla sua spalla.
“Pensi davvero che possa incolparti per questo?” gli occhi blu dell'altro si spalancarono, sinceramente sorpresi dalla sua reazione
“Cas, tu hai fatto quello che hai fatto perché pensavi fosse l'unico modo, ed effettivamente non avevamo molte altre alternative”
“Ho rischiato di uccidervi”
“No, lui ha provato ad ucciderci, tu...” un sorriso si fece strada attraverso il volto preoccupato di Dean  “Tu sei stato il più coraggioso di tutti”
Castiel corrugò la fronte, schiudendo leggermente le labbra
“Quindi non sei... arrabbiato?”
“No” disse questa parola con il sorriso sulle labbra. Era un sorriso comprensivo, un sorriso che esprimeva più di mille parole. Un sorriso che contagiò anche l'altro, che non sembrò sollevato, piuttosto sembrò grato. Grato che Dean non fosse arrabbiato con lui, che non lo ritenesse un essere debole e inutile, come lui stesso pensava di sé.
“Grazie, Dean”
Quegli occhi azzurri, così penetranti, così pieni di potenza, in quel momento al cacciatore sembrarono quelli di un cucciolo a cui era stato concesso un premio.
Ormai conosceva Castiel. Sapeva che non era solo un soldato, non era solo un angelo del Signore, c'era molto di più in lui, ma in quel momento vide un suo lato che ancora non aveva conosciuto. Non avrebbe saputo dargli un nome, se non gratitudine. Ma non era solo questo, c'era qualcos'altro. Qualcosa che Dean non riusciva ad identificare. La cosa lo faceva impazzire, ma quello sguardo svanì, prima che riuscisse a decodificarlo. Le sopracciglia si corrugarono, e gli occhi si fecero più piccoli. Dean quasi si spaventò di quel cambiamento così repentino.
“Ma se non sei arrabbiato, allora perché non volevi che venissi?”
Eccola. La domanda che temeva sarebbe uscita dalle sue labbra. La domanda a cui nemmeno lui sapeva trovare una risposta. La domanda che fece ricominciare il suo cuore a battere a mille, e fece diventare la sua gola il deserto del Sahara.
Il cacciatore aprì e richiuse la bocca un paio di volte, per poi far passare la lingua sulle labbra, facendole poi sporgere leggermente, formando quelle due adorabili fossette ai lati della bocca.
Castiel continuava a fissarlo, facendo un passo verso di lui, e piegando leggermente la testa di lato.  Il cuore di Dean cominciò a battere ancora più velocemente, potendo quasi immaginare il contatto con il corpo dell'altro.
Quel pensiero gli fece fare un passo indietro, e un sorriso di puro nervosismo gli sputò sulle labbra.
A cosa diavolo stava pensando? Perché l'idea dell'altro così vicino a lui lo faceva andare in quello stato?
Cas rimase sorpreso, quasi ferito, dal suo allontanamento. Cosa c'era che lo turbava tanto da farlo indietreggiare? Avevano parlato più volte dello spazio personale, ma Dean non si era mai effettivamente allontanato da lui. Cosa era cambiato?
L'angelo aprì la bocca per chiederglielo, ma si distrasse improvvisamente. Il suo sguardo si staccò dagli occhi dell'altro, andando verso la direzione della porta del bunker, nonostante ci fosse un muro che ne impediva la visuale. Dean seguì il suo sguardo, confuso, per poi riportare gli occhi su quelli dell'angelo. Stava per chiedergli cosa stesse succedendo, ma l'altro lo precedette.
“Qualcuno si sta avvicinando al rifugio” con queste parole, ed un leggero battito d’ali, l'angelo scomparve, sotto gli occhi increduli e confusi del cacciatore.
Dean dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto di cosa fosse successo e fiondarsi nell'altra stanza, dove tutti erano ancora tranquilli e mezzi addormentati
“C'è qualcuno qui fuori” comunicò il cacciatore, a voce non troppo alta per non farsi sentire dagli eventuali aggressori.
Recuperò una pistola, imitato da suo fratello e da Theo, che ci aveva preso gusto con le armi da fuoco. Stiles afferrò la sua mazza, mentre il restante del branco fece uscire zanne e artigli, pronti ad attaccare.
Dean si stava avviando alla porta, quando Castiel si ripresentò, al centro della stanza, con ai suoi piedi due corpi svenuti, un ragazzo dai capelli corvini, e un uomo dalla barba folta e il volto quasi imbronciato.
Gli occhi di tutti si spalancarono, riconoscendo Scott e Derek.
“Devo ucciderli?”

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Il pavimento era sorprendentemente caldo. Non che emanasse effettivamente calore, ma rispetto al metallo freddo che gli stringeva i polsi, il legno vecchio e umido non era così spiacevole. L'uomo si alzò da terra, mettendosi seduto, le manette ora erano inchiodate a terra, e le sue spalle, quasi lussate, tiravano finalmente un sospiro di sollievo.
Quanto era passato? Giorni? Settimane? A giudicare dalla sua fame, e dal fatto che fosse ancora vivo nonostante gli fosse stato concesso solo qualche sorso di acqua, doveva essere passata circa una settimana.
Alzò lo sguardo, vedendo il gancio al quale era stato attaccato, e capendo che quella poteva essere la sua unica possibilità di liberarsi.
Si guardò in torno, vedendo cosa poteva raggiungere da quella posizione, ma i suoi occhi vennero catturati da un vassoio, di fianco a lui, che sorreggeva una bottiglia d'acqua e un invitantissimo hamburger. Il suo stomaco cominciò a brontolare, facendogli quasi male, mentre gli faceva notare la spossatezza che aveva in tutto il corpo, si sentiva quasi svenire.
Prima di rendersene conto, la sua mano stava già procedendo in quella direzione, prendendo prima la bottiglia, dalla quale bevve un generoso sorso d'acqua, per poi fiondarsi sul cibo, cercando di trattenersi dal mangiarlo troppo velocemente. Nonostante questo lo finì in pochi minuti, godendosi finalmente uno stomaco relativamente pieno. Aspettò qualche secondo, avendo paura che nel panino ci fosse del sonnifero, o che qualcuno lo stesse controllando. Non successe nulla. Si concentrò allora su un chiodo che aveva adocchiato poco prima, era ben incastrato, ma l'uomo cominciò comunque a tentare di farlo uscire, non avendo altra scelta. Non riusciva a prenderlo direttamente, dovette quindi mettersi a scavare il legno che lo imprigionava con le poche unghie che aveva. Un sospiro di esasperazione gli sfuggì dalle labbra
“Ci metterò un'eternità”
 
 
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“Devo ucciderli?”
Cas non disse queste parole con particolare odio, anzi quasi con sufficienza. I due Winchester si guardarono, indecisi sul da farsi riguardo al secondo uomo.
Tutti gli altri rimasero in silenzio. La cosa era successa così velocemente che avevano bisogno di qualche secondo prima che il loro cervello collegasse i pezzi e fosse in grado di esprimere una frase di senso compiuto. Tutti tranne Stiles
“No! Fermo, sono amici!” il ragazzo corse verso l'angelo, lasciando cadere la mazza a terra, e controllando che i due respirassero ancora.
Castiel corrugò la fronte, lanciando un'occhiata a Dean. Il cacciatore annuì, abbassando la pistola e mettendosela nei pantaloni, imitato da Sam e Theo, che invece la posò su una delle librerie.
“Stanno bene?” la voce di Malia si fece largo nel silenzio generale. Stiles si limitò ad annuire, lasciando a Castiel il compito di darle una spiegazione più completa.
“Sì, li ho semplicemente fatti addormentare” un respiro di sollievo inondò tutta la stanza, fatta eccezione per Peter
“Amico, devi assolutamente insegnarmelo” gli si formò un sorriso divertito in faccia, mentre l'altro lo guardava confuso, riducendo gli occhi a due fessure.  Il lupo mannaro non perse il suo sorriso, lanciando un'occhiata al nipote e al capobranco, stesi a terra e soccorsi da Stiles.
“Lui è Scott, un lupo mannaro” intervenne Dean “L'altro...” si guardò in torno, in cerca anche lui di una risposta.
“E' Derek” continuò per lui Lydia “Anche lui un lupo mannaro, è venuto per aiutarci... spero”
“Oh...” Castiel guardò i due corpi ai suoi piedi, sentendosi improvvisamente in colpa
“Mi dispiace”
“Non preoccuparti, sopravvivranno” lo rassicurò Peter, lo sguardo ancora divertito.
Passò qualche minuto prima che riprendessero i sensi, i ragazzi nel frattempo li avevano messi su due brandine, Stiles non li aveva persi d'occhio un secondo.
“Ma che diavolo...” Derek si teneva la testa mentre tentava di mettersi seduto
“Hey, fai piano! Come ti senti?” Stiles gli aveva messo una mano sulla spalla dicendo questa frase, il lupo la guardò con la coda dell'occhio, per poi portare lo sguardo al ragazzo. Quello sguardo intimidatorio gli fece subito spostare la mano, e un sorriso imbarazzato, ma anche sollevato, gli si dipinse sul volto
“Bè, abbastanza bene direi” si guardarono negli occhi per qualche secondo, Stiles sorridente, Derek serio e accigliato. Il silenzio divenne assordante
“Ok, me ne vado” disse il ragazzo alzandosi, e trovandosi in difficoltà nel trovare un'effettiva meta. Si ritrovò a guardarsi intorno indeciso, prima di dirigersi verso la cucina, grattandosi la testa distrattamente.
Il lupo mannaro, suo malgrado, sorrise. Fu solo per un secondo, nemmeno lui se ne accorse, ma non poté farne a meno.
“Ah... ma che diavolo è successo?” la voce di Scott lo distrasse, facendogli spostare lo sguardo che stava ancora seguendo Stiles.
“Non ne ho idea” Derek portò lo sguardo automaticamente su Peter, il quale però alzò le mani in segno di innocenza, per poi indicare uno strano uomo dai capelli scuri, e un trench addosso.
“E tu chi saresti?” alzò la voce per farsi sentire dal diretto interessato, ma finì per attirare l'attenzione di tutti. Anche lui si guardò intorno, sorpreso dalla quantità di gente che c'era nel bunker, e facendoci caso solo in quel momento.
“Castiel, sono un angelo. Vi ho sentiti arrivare e pensavo foste una minaccia. Mi dispiace” dicendo quelle ultime due parole il suo sguardo si addolcì improvvisamente.
“Un... angelo?”
“Sì, assurdo vero?” la voce di Stiles sbucò dalla cucina, insieme alla sua faccia che fece capolino dalla porta. Derek lo guardò, forse per la prima volta nella sua vita, a bocca aperta. Spostò lo sguardo su Scott, anche lui senza parole. Gli ci volle qualche altro minuto per metabolizzare la cosa, per poi ricominciare con le stesse domande a cui Cas stava rispondendo fino a qualche ora prima.
 
 
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“Aaron? Il tipo di lacrosse?” Liam stava quasi gridando, non poteva credere alle sue orecchie
“Sì, era sicuramente lui” Scott aveva ancora i brividi ripensando a quell'esperienza. Sapeva che era il potere dell'Anuk-ite a scatenare quella reazione, ma si sentiva comunque debole ad ammetterlo.
“Dobbiamo trovarlo”
“E come? Potrebbe essere ovunque!”
“Liam, calmati” la voce di Lydia voleva essere rassicurante, ma non riuscì a nascondere un tremore che non le apparteneva. Aveva paura. Aveva troppa paura.
“Dove l'hai visto l'ultima volta?” chiese Dean, con determinazione
“Eravamo nella foresta... non so dirti dove di preciso”
“Io sì” intervenne Derek
“Bene, cosa stiamo aspettando?” il cacciatore aveva già la pistola alla mano, quando sentì la presa sicura di suo fratello sul braccio
“Aspetta, dobbiamo pensare ad un piano prima, ancora non sappiamo come ucciderlo, e non possiamo portarlo qui dove c'è la sua altra metà” Sam fece un cenno con la testa in direzione della prigione, dove si trovava ancora Quinn, o almeno la cosa che ne aveva preso le sembianze.
Dean annuì, guardando in quella direzione
“Bene, allora vediamo cosa può ucciderlo” caricò la pistola, facendosi strada a grandi passi, lo sguardo serio e determinato, gli occhi ridotti a due fessure
“Dean!” la voce di Castiel lo fece esitare per qualche secondo, ma dentro di lui qualcosa di più forte lo spinse ad andare avanti. Non c'era nessuno di guardia alla cella, dopo l'arrivo di Derek e Scott tutti si erano precipitati nella sala principale ed erano rimasti per sentire il racconto del capobranco.
Dean puntò l'arma in direzione della ragazza, che si trovava in piedi, attaccata alle sbarre. Sorrideva con un'aria di sfida sul volto. Tirò indietro il calcio, senza staccarle gli occhi di dosso, e quasi aspettandosi che qualcuno lo fermasse. La sua mano cominciò a tremare leggermente, il suo sguardo allora si fece ancora più serio, la mascella si serrò, prima che il dito premesse sul grilletto.
La ragazza spalancò gli occhi, sinceramente sorpresa, ma allo stesso tempo incuriosita. Presto riprese il suo sorriso, quasi più inquietante di prima, ovviamente il proiettile non le aveva fatto nulla.
Dean abbassò la pistola, cercando di non far trasparire la sua preoccupazione. No, non era preoccupazione, era paura. Indietreggiò lentamente, senza perdere di vista la ragazza nemmeno un secondo. Lanciò una veloce occhiata al gruppo, tenendola sempre nel suo campo visivo.
Sam era immobile, quasi pietrificato, come del resto Deaton, Jackson, Ethan, Liam e Lydia.
Malia si teneva in disparte, quasi volesse nascondersi, e si stava lentamente avvicinando a Peter, probabilmente senza nemmeno accorgersene, il quale però sembrava voler scappare a gambe levate.
Anche Derek si stava inconsciamente avvicinando alla porta, l’occhio però gli cadde su Stiles, che stava letteralmente tremando. Una strana sensazione lo invase e, solo per un momento, riuscì a distrarsi, avrebbe voluto avvicinarsi a lui, per proteggerlo, per farlo sentire al sicuro. Scosse leggermente la testa, non riconoscendo questo pensiero come suo.
Claire portò la mano tremante alla pistola, ma senza riuscire ad estrarla, mentre Theo faceva spuntare gli artigli dalla punta delle dita, il battito accelerato e il respiro affannoso.
Scott ebbe l’istinto di nascondersi, esattamente come poco prima nella foresta, non voleva più sentire gli occhi di quella cosa su di lui.
Cas fu l’unico che, a stento, trovò la forza di muoversi in direzione del cacciatore. Fece un respiro profondo, e gli posò una mano sulla spalla. Dean trasalì, stava per girarsi e puntare la pistola sull’angelo prima di rendersi conto che fosse lui.
“Dean, mettila via, non può farti nulla da lì”
L’altro irrigidì la mascella. Sapeva che aveva ragione, sapeva di essere al sicuro, il fatto era che non si sentiva minimamente al sicuro. Una paura che non aveva mai provato nella sua vita gli attanagliava il petto, rendendolo quasi incapace di respirare, l’unica sua sicurezza era in quella pistola, che stringeva con tutta la sua forza. La sua arma di difesa era sempre stata l’attacco, e ora si sentiva impotente e vulnerabile come mai prima di allora. Avrebbe voluto farsi piccolo, nascondersi, diventare il bambino che non aveva mai avuto l’occasione di essere.
Non avrebbe mai potuto mettere questi sentimenti sotto forma di parole, e anche se ci fosse riuscito non avrebbe avuto il coraggio di esternarli, ma sapeva che con Castiel non ce n’era bisogno. Quegli occhi blu riuscivano a leggergli dentro come nessun’altro. Per questo non disse nulla, si limitò a guardarlo, gli occhi leggermente più aperti del dovuto, il respiro rumoroso che usciva dalle sue labbra. Cas lo guardava di rimando, capendo perfettamente il bisogno di Dean di difendersi, di sapersi al sicuro e di sapere che tutti coloro che amava fossero al sicuro, ma quell’aura di terrore, che in pochi secondi si era diffusa in tutto il bunker, avrebbe potuto causare feriti inutili, e probabilmente questo era proprio quello che voleva l’Anuk-ite. Per questo, tenendo una mano sulla spalla del cacciatore, portò l’altra verso la pistola, e gliela tolse delicatamente dalle mani.
“E’ lui a farci questo” intervenne Lydia, ritrovando la forza di parlare “Deve aver sentito Scott che parlava della sua altra metà e sta cercando di scappare per raggiungerla”
“E ora che diavolo dovremmo fare? Non sappiamo come ucciderlo, non possiamo stare qui con lui… o lei o qualsiasi cosa sia, se non vogliamo finire a spararci a vicenda per sbaglio, e certamente non possiamo portarlo fuori a fare una passeggiata per rilassarsi, il suo amichetto è lì chissà dove, potrebbe anche aver seguito Scott, potrebbe sapere dove ci troviamo, potrebbe attaccarci da un momento all’altro, magari è già qui fuori che-”
“Stiles!” il coro delle voci all’unisono lo fecero zittire, e prendere fiato dopo aver parlato senza nemmeno una pausa
“…Scusate” disse timidamente
“Ha ragione” intervenne Deaton “Non possiamo stargli vicino, ma non possiamo nemmeno liberarlo” lo sguardo gli cadde in direzione della gabbia, e un brivido gli corse lungo la schiena vedendo quegli occhi senz’anima che lo fissavano divertiti
“Il rifugio sotto la scuola” la voce di Scott tremava ancora leggermente “Potremmo nasconderlo lì”
“Stiamo parlando di un trasferimento? E come diavolo dovremmo fare?” Peter sembrava ancora più arrabbiato del solito, ma i suoi occhi tradivano la paura che ancora lo pervadeva
“Non sarà facile… dovremmo trovare un modo per tramortirlo”
“Ci penso io” Castiel, con la pistola di Dean ancora in mano, si avvicinò alla prigione, il passo era sicuro ma il cuore gli batteva a mille, mentre sentiva ogni fibra del suo corpo che gli diceva di andare nella direzione opposta. Dean fece appena in tempo a chiamarlo, ma l’angelo era già di fronte alle sbarre, allungò una mano, le due dita alzate per toccargli la fronte e farlo addormentare. Gli occhi della ragazza lo fissavano con sguardo di sfida, la mano dell’altro si bloccò, a pochi centimetri dalle sbarre, lo sguardo terrorizzato, il respiro mozzato. L’Anuk-ite gli si avvicinò lentamente, e lui dovette fare affidamento a tutta la sua forza di volontà per non indietreggiare. Il ghigno sul suo viso si faceva sempre più largo, mentre Castiel tentava di convincere la sua mano a spostarsi ancora di qualche centimetro. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, gli sembrava quasi di sentirlo. Fu per questo che non si rese conto del rumore della gabbia che veniva aperta e di Dean che vi entrava, fino a quando non vide la ragazza cadere a terra e il cacciatore dietro di lei, col fiato corto, gli occhi spalancati e la mazza di Stiles fra le mani.
Cas lo guardò, finalmente di nuovo in grado di respirare e di muoversi normalmente, con uno sguardo di rimprovero e di preoccupazione. L’altro si limito a sorridere e ad alzare le spalle, visibilmente più leggero
“Ci stavi mettendo un’eternità”
 
 
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Il motore rombava potente, la macchina sfrecciava lungo la strada deserta, i finestrini aperti, e i capelli di Sam che ondeggiavano al vento. Nonostante il corpo svenuto sul sedile posteriore, legato e ammanettato il più possibile, la sensazione era piacevole e la luce del sole, che ormai vedeva di rado stando gran parte del tempo nel bunker, gli scaldava il viso. Ormai dovrebbe esserci abituato, lui e suo fratello vivono in quello degli uomini di lettere ormai da qualche anno, ma quella sensazione gli era sempre mancata. Non era ancora del tutto a proprio agio a vivere in una casa senza finestre, senza luce naturale, senza la brezza mattutina che lo svegli. Certo, era sicuramente meglio di un motel in cui l’unica brezza che ti inonda le narici è quella della muffa stantia, ma a volte sentiva la mancanza di una vera e propria casa.
Si girò in direzione del guidatore, quasi aspettandosi di vedere suo fratello, prima di rendersi conto di trovarsi nella macchina di Deaton. Il veterinario aveva già deciso che sarebbe stato lui a spostare la prigioniera, e il cacciatore si era subito offerto di accompagnarlo e, dopo una veloce e ormai scontata lite con Dean, erano partiti. Anche se doveva ammettere che la presenza di quella cosa, che poco prima era riuscita a far impazzire tutti, lo rendeva abbastanza nervoso.
“Come stai Sam?” il veterinario parlò mentre l’altro aveva ancora gli occhi puntati su di lui. Sam se ne rese conto solo in quel momento, e distolse velocemente lo sguardo
“Em… bene, non appena Dean ha colpito l’Anuk-ite alla testa ho sentito tutta la paura svanire”
“Sì anche io, penso che da incosciente non possa fare molto” un sorriso spuntò sul suo volto, mentre si girava in direzione dell’altro che rispose al sorriso. Deaton gli piaceva, era una persona colta, ma anche pronta all’azione, che aveva viaggiato molto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per Scott e i suoi amici.
Sarebbe un fantastico uomo di lettere
Quel pensiero lo prese alla sprovvista, nemmeno lui seppe perché ci avesse pensato, ma immaginandolo all’interno del loro bunker, circondato da libri di qualsiasi creatura esistente, si rese conto che non era un pensiero così sbagliato. Ripensando a quelle enormi librerie e alla quantità di informazioni che vi erano all’interno di quei libri l’idea che l’arma che potesse uccidere il due facce fosse lì gli sembrò quasi scontata e si sentì infinitamente stupido a non averlo pensato prima.
“Sai, io e Dean viviamo in un vecchio bunker degli uomini di lettere, ne hai mai sentito parlare?”
Deaton aggrottò la fronte, per poi farsi sfuggire un sorriso, ancora una volta sorpreso della quantità di segreti di cui era ancora all’oscuro
“No, non li ho mai sentiti”
“Sono, o meglio erano, una specie di organizzazione di cacciatori. Avevano a disposizione una raccolta immensa di libri e avevano molte conoscenze sul mondo soprannaturale. Abbiamo imparato molto da loro, forse se tornassimo lì potremmo trovare un modo per uccidere questa cosa” fece un cenno con la testa in direzione della loro prigioniera e Deaton si girò automaticamente per controllare che fosse ancora svenuta.
“Sì, potrebbe essere una buona-”
La macchina inchiodò improvvisamente non appena il veterinario ebbe di nuovo gli occhi sulla strada di fronte a lui.
Sam sbatté contro il cruscotto, un forte dolore alla testa gli impedì di pensare per qualche secondo, ma appena tornò lucido lo sentì. Era puro terrore, molto più forte di quello che aveva provato nel bunker, e molto più vivido, quasi palpabile. Alzò la testa, la vista ancora leggermente offuscata. Di fronte a lui vide un ragazzo di colore, abbastanza minuto, con i capelli corti, che si trovava in mezzo alla strada. Gli occhi brillavano di un blu violaceo intenso, sul suo volto un sorriso raccapricciante e vittorioso.
Sam si girò in direzione di Deaton, i suoi occhi erano spalancati, le mani tenevano il volante tanto forte da far sbiancare le nocche. Il piede era ancora schiacciato sul freno e non accennava a muoversi.
“Deaton? Deaton!” il cacciatore lo chiamò, una forte urgenza nella voce che si alzava sempre di più. L’altro non rispondeva, era completamente immobilizzato. Sam allora tentò di bloccare le porte dell’auto, ma quando era solo a pochi centimetri dal pulsante, la sua mano si pietrificò. Sentiva il cuore battergli a mille, ed il corpo completamente irrigidito, che non rispondeva più ai comandi. Lentamente, riuscì ad alzare la testa, girandosi verso i sedili posteriori, e vide il volto di Quinn a pochi centimetri dal suo, sempre lo stesso ghigno stampato sulle labbra. Era completamente libera dalle manette e dalle corde, alzò un dito di fronte a lui, per poi agitarlo a destra e sinistra un paio di volte. Sam deglutì, serrando poi la mascella e non riuscendo ad emettere nemmeno un suono. La ragazza perse subito l’interesse su di lui per concentrarsi sul ragazzo di fronte alla macchina. Scese dall’auto, per poi camminare lentamente verso di lui. Sam la seguì con lo sguardo, non riuscendo a muovere nessun’altra parte del corpo, letteralmente paralizzato dalla paura. Deaton era nella sua stessa situazione.
I due ragazzi si stavano fissando intensamente, le due parti dell’Anuk-ite si stavano chiamando a vicenda da così tanto tempo che trovarsi finalmente uno di fronte all’altro li fece sentire un’ondata di potere indescrivibile. Si avvicinavano sempre di più, la luce del tramonto dietro di loro rendeva la scena quasi romantica. Si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro, lui con una mano sul volto di lei, i loro respiri si fondevano in uno solo. Sentivano la forza che gli cresceva dentro e il desiderio di averne sempre di più. Le loro labbra si unirono quasi con voracità, cercandosi e avvicinandosi sempre di più. Ma non bastava, avevano bisogno di più forza, di più potere. Entrambi si distaccarono l’uno dall’altro, lo sguardo desideroso ancora negli occhi. Una nuvola di polvere grigia con riflessi violacei li avvolse entrambi, coprendoli alla vista di Sam e Deaton, ancora immobilizzati all’interno della macchina. Lo spettacolo a cui stavano assistendo li stava stranamente rilassando. Forse il potere dell’Anuk-ite era troppo concentrato nell’unirsi con la sua altra metà in quel momento, piuttosto che nel controllarli. I due riuscirono finalmente a distogliere lo sguardo, per poi fissarsi a vicenda e, con un muto accordo, estrassero le poche armi che avevano per poi fiondarsi fuori dall’auto.
 
 
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Il familiare odore di hamburger e patatine fritte riuscì in pochi secondi ad inondare la stanza principale del bunker, accompagnato dall’ormai familiare rumore della porta blindata che veniva aperta. Peter si era offerto di fare rifornimento, anche se alcuni dei ragazzi avevano preferito andare a mangiare per conto loro. Avevano bisogno di una pausa, soprattutto Scott, e avevano deciso di allontanarsi da tutta quella situazione, almeno per qualche ora.
Dean era sempre più preoccupato per suo fratello, non che non si fidasse di lui, o non lo ritenesse capace di trasportare una creatura, per di più priva di sensi, ma era nella sua natura. Era il suo compito di fratello maggiore. O almeno così continuava a ripetersi. Cercava di pensare ad altro, di distrarsi, ma quella sensazione di pericolo non lo abbandonava nemmeno per un secondo. Sorrise al lupo mannaro quando gli porse il suo panino, ma riusciva a sentire gli occhi di Castiel che lo studiavano da quando Sam se n’era andato, e sapeva che non sarebbe mai riuscito a nascondergli i suoi pensieri.
“E la crostata?”
“Oh giusto, eccola” Peter tirò fuori un altro contenitore dal grande sacchetto bianco e lo porse al cacciatore, visibilmente colpito
“Wow, dovrei assumere te come fattorino”
“Solo se la mancia è adeguata”
Si spostò in direzione dell’angelo, che lo guardò confuso
“So che hai detto di non volere niente, ma sei la nostra arma più potente, devi rimanere in forze” gli porse un contenitore, che Castiel prese, un po’ a disagio. Non sapeva bene cosa fare e il suo sguardo di aiuto si rivolse a Dean, che però stava già addentando il succulento panino
“Em… grazie” il lupo gli sorrise e si allontanò. Cas abbassò lo sguardo su quella che sarebbe dovuta essere la sua cena, chiedendosi se avrebbe dovuto mangiarla o se sarebbe riuscito a darla a Dean senza dare troppo nell’occhio.
“Tieni” Malia alzò lo sguardo verso suo padre, prendendo il contenitore e sussurrando un grazie poco convinto
“Si può sapere perché non sei andata con gli altri se stare qui ti mette così a disagio?”
La ragazza non rispose, si limitò a voltare lo sguardo e ad addentare il suo panino. Non voleva dirgli il motivo. Non voleva che sapesse che stare vicino a Scott la faceva sentire molto più a disagio che non stare lì con loro, in un angolo, senza parlare con nessuno. Non voleva che sapesse che si sentiva in colpa per la morte di Kira. Non voleva che sapesse quanto le mancava.
Cominciava a sentire di nuovo quel peso sul cuore, quella morsa che le chiudeva lo stomaco, e l’appetito le passò completamente, quando una presenza vicino a lei la fece evadere dai suoi pensieri.
Claire le si era seduta in fianco, a terra vicino al divano, mangiando le sue patatine, e senza rivolgerle nemmeno un’occhiata.
Malia la fissò per qualche secondo, senza dire una parola, prima che l’altra si voltasse
“Cosa? E’ un luogo pubblico no?”
“Che vuoi?”
“Niente” un sorriso le spuntò sul volto, mentre prendeva un’altra patatina e se la infilava in bocca
“Be vorrei stare sola, se non ti dispiace”
“No, non mi dispiace”
“Allora puoi andartene?”
“Ma mi sono appena seduta, vattene tu”
“C’ero prima io qui”
Una risata sfuggì dalle labbra dell’altra, gli occhi che sembravano sempre più azzurri ogni secondo che passava
“Cos’è siamo tornate all’asilo?”
Malia si rese conto dell’infantilità con cui gli era uscita quella frase, e cercò di distogliere lo sguardo, offesa, ma con un lato della bocca che si spostò inevitabilmente verso l’alto.
“Be sei tu quella che si deve spostare”
“Sei tu quella che vuole restare da sola”
Malia sbuffò, esasperata, ma con ancora un piccolo sorriso sulle labbra e, senza nemmeno rendersene conto, addentò nuovamente il panino con gusto.
Peter stava continuando il suo giro per il bunker, ovviamente nessuno si era degnato di alzarsi per prendere ciò che aveva ordinato, dopo che lui era andato a prendere da mangiare per tutti. Quasi lanciò gli ultimi hamburger in direzione di Ethan e Jackson, per poi sedersi sul divano in fianco a Lydia e darle il suo e, finalmente, gustarsi il proprio.
“E tu invece? Perché non sei andata con i tuoi amichetti?” le chiese prima di addentare la sua meritata cena “Posso capire la coppietta la infondo” continuò, ancora con la bocca piena, indicando i due lupi mannari con un cenno del capo, seduti uno in fianco all’altro, che continuavano a parlare da ore ormai, senza mai distogliere lo sguardo l’uno dall’altro.
“Ma tu? Che ci fai qui?”
Lydia sospirò, aprì controvoglia la sua confezione d’insalata, quasi sentendosi a disagio essendo l’unica ad aver preso qualcosa di relativamente sano.
“Non me la sentivo di stare con loro… l’ultima visione che ho avuto…” l’immagine di Kira le tornò alla mente, la gola le si bloccò e il suo cuore perse un battito “… mi ha un po’ indebolita” sorrise tristemente, lanciando uno sguardo furtivo al lupo mannaro e giocando con il cibo che aveva di fronte.
Peter annuì, addentando nuovamente il panino, e maledicendosi mentalmente per essersi interessato a queste cose. Non ne sapeva niente di sentimenti, tanto meno di ragazzini. Rimase in silenzio, cercando di non fare troppo caso al disagio che si era creato fra i due.
Era già a metà del panino, quando finalmente il rumore della porta che veniva aperta interruppe quel silenzio imbarazzante.
Dean si alzò automaticamente in piedi, già pronto a tirare un respiro di sollievo vedendo suo fratello e far finalmente zittire quella vocina che continuava a ricordargli gli scenari peggiori che potesse immaginare. Avrebbe fatto qualche battuta sul fatto che ci avesse messo così tanto, o sul suo stato, dicendogli che aveva fatto bene a preoccuparsi vedendo come era conciato, ma non riuscì a fare niente di tutto ciò. Non appena la porta si aprì e il primo dei due uomini la varcò, il cacciatore aveva già la pistola alla mano e la stava puntando in direzione dello sconosciuto.
 Lui fece lo stesso e si tenne vicino alla porta per garantirsi una via di fuga. Castiel si mise in fianco al cacciatore pronto, se necessario, anche a fargli da scudo. Il secondo uomo varcò la porta, guardandosi intorno con tranquillità. Aveva grandi occhi scuri, i vestiti quasi troppo eleganti, e il volto molto espressivo. Si percepiva che fosse un uomo sopravvissuto a più di una guerra.  Entrò nel bunker e squadrò i due che gli stavano di fronte, per poi dare un’occhiata al resto della stanza, sembrò non accorgersi nemmeno della pistola.
“Fermo!” la voce di Dean era ferma e decisa “Chi siete? Come ci avete trovati?”
L’uomo armato lo guardò confuso, per qualche secondo, per poi rivolgere lo sguardo al suo compagno e, solo successivamente, osservò il resto della stanza, vedendo alcuni volti conosciuti. Malia se ne stava ancora in disparte, indifferente alla scena, o forse aspettando che qualcun altro risolvesse la situazione, Peter gli fece un cenno di saluto con la mano, continuando tranquillamente a mangiare, mentre Lydia, incredula del fatto che nessuno fosse intervenuto, si stava precipitando verso Dean, dicendogli di fermarsi.
“Lui è uno dei nostri, è un cacciatore”
Il maggiore dei Winchester abbassò lentamente l’arma, ma senza perderlo di vista per un solo istante, e tenendo ogni suo muscolo pronto all’azione. L’uomo lo stava ancora fissando, voltandosi poi con sguardo interrogativo verso la ragazza
“Sono amici di Bobby” spiegò semplicemente lei. L’altro sembrò rilassarsi visibilmente
“Potevate dirlo subito! Piacere, sono Chris Argent”
 
 
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La polvere si stava diradando lentamente, mentre da dietro di essa si cominciavano a intuire i contorni di un’unica persona, molto più alta dei due ragazzi che fino a poco prima vi erano spariti all’interno.
Sam e Deaton si stavano avvicinando con circospezione, le armi puntate su quella cosa, che si stava trasformando e ingrandendo sotto i loro occhi. Erano decisi, non sentivano più il freno della paura. O almeno non come lo sentivano prima. Ora era più come una sensazione, distante, inafferrabile. Sam cercava con tutte le sue forze di mantenere la pistola in asse e di non farla trema, ma quella sensazione lo stava invadendo lentamente, più la nebbia si diradava, più diventava reale. Quando se ne fu andata del tutto l’uomo era di spalle. No, non era un uomo, il corpo aveva un aspetto umano, ma niente in lui faceva pensare all’umanità. Indossava una felpa che impediva di vederne il corpo, ma il cranio era scoperto. Completamente scoperto. Non aveva capelli, non aveva pelle, tutto ciò che si vedeva erano le fasce muscolari che lo ricoprivano.
La cosa si raddrizzò lentamente, e fu allora che Sam la sentì. Quella voce familiare, che ormai credeva di aver dimenticato, ma che aveva riempito i suoi incubi per mesi.
“Ciao Sammy, ne è passato di tempo”
Si girò lentamente, sperando di sbagliarsi, sapendo che non poteva essere reale, ma con il terrore nel cuore e il sangue che aveva cominciato a scorrere dieci volte più veloce del dovuto. Serrò la mascella e, seppur con un sussurro, riuscì a trovare la forza di dire quell’unica parola che gli si era bloccata in gola
“Lucifero”
Sul volto dell’altro si formò un sorriso malizioso, mentre cominciava ad avvicinarsi al cacciatore, il quale aveva già alzato la pistola nella sua direzione, sapendo che sarebbe stata inutile ma sentendosi ugualmente più protetto. La mano gli tremava visibilmente e la sua mente cominciò ad annebbiarsi, continuando a ripetergli la stessa frase
Non è reale. Non è reale. Non è reale
L’altro nel frattempo continuava ad avvicinarsi, gli occhi azzurri e divertiti, i capelli chiari e scompigliati, la solita maglia beige coperta da una camicia più scura, tendente al verde. Inclinò leggermente la testa di lato, ingrandendo ancora di più il suo sorriso mentre con la mano indicava distrattamente l’arma che si vedeva puntare contro
“Pensi veramente che quella possa farmi qualcosa?”
Improvvisamente, nel tempo di un battito di ciglia, il suo volto cambiò completamente, il suo sorriso si trasformò in un’espressione seria e minacciosa, la testa si raddrizzò, fiera e sicura di sé, mentre gli occhi si illuminavano di rosso. Sam fece inevitabilmente un passo indietro, dimenticandosi completamente della creatura alle sue spalle, e riuscendo a stento a dare voce ai suoi pensieri
“Tu non sei reale”
Nonostante gli occhi fossero rimasti rosso acceso, il sorriso tornò a sollevare le labbra di Lucifero
“Ci siamo già passati Sam, ricordi? Tu che dicevi che io non ero reale, io che ti faccio impazzire” l’espressione cambiò nuovamente, indirizzando i lati della bocca verso il basso e facendo uscire leggermente il labbro inferiore, gli occhi erano tornati normali. “Mi manca quell’intimità”
Sam faceva sempre più fatica a parlare, e continuava ad indietreggiare
“No… tu non sei qui, questo non è reale…”
“Avanti, stai diventando monotono, mi piacevano le nostre chiacchierate, vuoi che ti canti qualcosa? Ammettilo, ti è mancata la mia voce”
Sam non ebbe più il controllo sulle sue azioni e, senza nemmeno rendersene conto, premette il dito sul grilletto, facendo partire un colpo in direzione dell’altro. Il proiettile non gli fece niente ovviamente, ma nemmeno lo colpì. Gli passò attraverso, come se stesse attraversando una nuvola di fumo.
In un piccolo e fugace momento di lucidità il cacciatore riuscì a distogliere lo sguardo da quella che, ormai lo sapeva, era solo una visione, e anche alquanto scadente, di Lucifero, e si voltò in direzione di Deaton.
Quel momento di lucidità, però, arrivò troppo tardi.
Nel momento esatto in cui si voltò vide il veterinario che, alzando lo sguardo nella direzione dove, ora ricordava, si trovava l’Anuk-ite, lentamente si trasformava in pietra. Dai piedi cominciò ad espandersi come un virus, fino a prendere tutto il corpo ed a immobilizzarlo, uno sguardo di terrore stampato sul volto.
Sam ebbe l’istinto di volarsi, ma riuscì a fermarsi in tempo, immaginando che fosse proprio il contatto visivo ad aver creato quella reazione. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, avrebbe voluto prenderlo e portarlo via, magari Castiel avrebbe potuto curarlo. Gli sarebbe bastato anche solo avvicinarsi per verificare che fosse ancora vivo, ma se non voleva fare la sua stessa fine avrebbe dovuto abbandonarlo e correre via il più lontano possibile.
Tornò a guardare in direzione di Lucifero, che stava ancora sorridendo di fronte a lui, e cominciò a corrergli incontro riuscendo, come aveva sperato, a oltrepassarlo esattamente come aveva fatto il proiettile. Cominciò a correre senza voltarsi indietro mentre il senso di colpa per averlo abbandonato cresceva sempre di più.
 
 
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“E il tuo amico sarebbe?” nonostante le rassicurazioni di Lydia, il cacciatore non aveva ancora messo via la pistola ed era pronto all’azione in ogni momento
“Oh, non fate caso a me, continuate a risolvere i vostri conflitti di potere” l’uomo si girò per sorridergli, ma questo non rese Dean tranquillo nemmeno per un secondo
“Lui è Deucalion, un lupo mannaro che si è gentilmente offerto di aiutarci” Argent, dicendo questo, si era girato verso di lui, con un sorriso di sufficienza, ma il diretto interessato non lo stava degnando di uno sguardo.
“Sono qui soltanto perché senza di me non otterrete altro che farvi ammazzare” Stava girando indisturbato per il bunker, leggendo attentamente i titoli dei libri posti sulle librerie.
Dean non poté far altro che farsi sfuggire una risata
“Senti Deu-coso, abbiamo sconfitto cose molto più pericolose e potenti di questa, possiamo cavarcela benissimo da soli”
Il lupo mannaro finalmente si girò. Non sembrava arrabbiato, piuttosto divertito dalla sfacciataggine del cacciatore. Un sorriso gli sfuggì dalle labbra, prima che tornasse ad esaminare le librerie
“Se non avete bisogno di me come mai Scott mi ha mandato a chiamare?”
“Perché ancora non conosceva noi”
Deucalion si voltò nuovamente, esaminando più attentamente di prima lo sguardo minaccioso di Dean, la bocca serrata, gli occhi verdi paragonabili a due rasoi taglienti, la pistola ancora saldamente impugnata.
Gli altri stavano osservando la scena, quasi trattenendo il respiro, non potevano schierarsi apertamente dalla parte del lupo mannaro, sapevano cosa aveva fatto e non se la sentivano di difenderlo. Del resto gli serviva per sconfiggere l’Anuk-ite, e quelle liti all’interno del gruppo non erano d’aiuto.
Il lupo mannaro abbandonò definitivamente la cultura letteraria per avvicinarsi al cacciatore, aveva ancora un mezzo sorriso sulle labbra, il passo era sicuro ma non minaccioso. Tuttavia Castiel era avanzato, mettendosi a fianco all’amico. Nonostante fosse stato consapevole del contributo che l’altro avrebbe potuto dare al branco dal primo momento che lo aveva visto, non ci avrebbe pensato due volte a farlo fuori se avesse solo osato toccare Dean.
“Dì alla tua guardia del corpo di fare il bravo, non voglio farti del male”
Deucalion era a pochi centimetri da lui, e lo stava studiando fino ai più piccoli dettagli. Sotto quell’apparente strato di aggressività e sicurezza riusciva a leggere la paura, e forse anche la tenerezza, che emanava.
“Cas, me la cavo da solo” le parole uscirono fredde e minacciose.
Finalmente, vedendo l’andamento che stava prendendo la situazione, Argent si decise ad intervenire
“Wow, nessuno deve cavarsela con niente, Deucalion è qui per darci una mano, puoi fidarti di lui. E, per la cronaca, per quanto ne so io anche tu potresti essere dalla parte di Gerard”
Dean distolse finalmente lo sguardo dal lupo mannaro, per puntarlo sul cacciatore
“Be nemmeno io ti conosco, chi mi dice che posso fidarmi?”
A questo punto fu Lydia a prendere in mano la situazione
“Ok, siamo partiti col piede sbagliato, vediamo di calmarci, siamo tutti amici qui, ok?” dicendo questo si era frapposta in mezzo al trio, riuscendo a farli allontanare l’uno dall’altro. Non ottenendo alcuna risposta la ragazza alzò il tono di voce
“Avete capito?” il tono severo fece cadere gli occhi di tutti su di lei. I tre annuirono, andando a sedersi in tre angoli diversi della stanza.
Lydia tornò a sedersi in fianco a Peter, che la stava fissando, gli occhi spalancati. Lei, sentendosi osservata, lo guardò a sua volta
“Che c’è?”
“Sei riuscita a domare un Alfa e due cacciatori esperti… sono colpito” un sorriso di ammirazione gli si formò inevitabilmente sulle labbra, mentre la ragazza distoglieva lo sguardo da lui, e lanciò con grazia i capelli dietro la spalla
“E’ un talento naturale”
Il lupo si pentì subito di averle fatto quel complimento, addentando un altro pezzo del suo panino
“Allora” era stato Argent a interrompere il silenzio “Posso sapere gli ultimi aggiornamenti?”
 
 
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“Be non è stato così terribile come mi aspettavo”
“Sul serio?” Stiles non riusciva ad evitare di sorridere all’affermazione di Liam
“Il cibo era orribile”
“A me è piaciuto”
“Liam, faceva schifo” Scott si era intromesso nella conversazione, anche lui stava sorridendo, era un sorriso un po’ forzato, con una leggera nota di malinconia, ma pur sempre un sorriso. Se qualcuno li avesse visti in quel momento avrebbe quasi potuto dire che erano dei ragazzi normali, appena usciti da un fast-food con cibo di dubbia provenienza, e stavano tornando a casa a piedi, godendosi la brezza primaverile, dopo una piacevole serata.
Derek era l’unica nota stonata di quella apparente normalità. Aveva deciso di andare con loro, in parte perché quel bunker era soffocante, in parte perché non voleva perdere d’occhio Scott. Durante la loro conversazione nella foresta aveva voluto sembrare risoluto e sicuro di sé, e soprattutto sicuro di lui, ma doveva ammettere che il suo comportamento lo aveva preoccupato. Certo, aveva perso una persona a cui teneva, ma la sua convinzione di allontanarsi dal suo stesso branco lo aveva preoccupato. Non voleva dire che non si fidasse di lui, semplicemente non voleva perderlo d’occhio. In più quella serata era stata abbastanza piacevole anche per lui. Se qualcuno dei ragazzi gliel’avesse chiesto avrebbe sicuramente negato, tuttavia doveva ammettere di essersi divertito. Ad ogni battuta lui aveva roteato gli occhi e mantenuto quel suo sguardo burbero, ma era stato difficile impedirsi di sorridere di tanto in tanto.
Assorto nei suoi pensieri, solo in quel momento si accorse di avere gli occhi di Stiles puntati addosso. Corrugò la fronte, guardandolo a sua volta.
“Cosa c’è?”
“Stavi sorridendo” sul volto del ragazzo si dipinse quasi uno sguardo di sfida, mentre Derek, con lo sguardo perennemente imbronciato, stava in realtà pensando velocemente ad una scusa plausibile
“Non penso di averti mai visto sorridere, dovresti farlo più spesso, hai un bel sorriso” Stiles ci mise qualche secondo prima di capire che lo sguardo di sgomento negli occhi dell’altro era dovuto alle sue parole
“Cosa? No, non intendevo… quello che volevo dire è che…” gesticolò con le mani per un po’, diventando sempre più rosso in viso, tutta la sicurezza del suo sguardo si perse in un oceano di imbarazzo
“Lascia perdere” velocizzò il passo, lo sguardo fisso a terra, le mani in tasca, ogni fibra del suo corpo che gli dava dell’idiota.
Derek, suo malgrado, lo seguì con lo sguardo e, quando l’incredulità svanì, lasciò il posto ad un sorriso divertito e confuso allo stesso tempo. Scosse leggermente la testa, tenendo gli occhi puntati su Stiles e, senza accorgersene, mordendosi leggermente il labbro inferiore.
Non ci misero molto ad arrivare al bunker nonostante fossero a piedi. Fu Liam ad aprire la porta, ancora discutendo con Scott sulla qualità del cibo, e trovando come compromesso che le patatine non erano poi così male. Bastò sorpassare l’uscio per respirare l’aria di tensione che c’era nella stanza.
Si erano uniti due volti nuovi alla squadra, ma se ne stavano in disparte, controllati senza tregua da Dean, che non osava togliergli gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Il cacciatore stava ancora mangiando, nonostante tutti gli altri avessero finito, e nonostante avesse già un contenitore vuoto ai suoi piedi.
Argent per di più lo ignorava, mentre Deucalion ricambiava lo sguardo divertito. Nemmeno il rumore della porta che veniva aperta riuscì a distrarre i due. Non subito almeno. Dopo qualche secondo il cacciatore sembrò dimenticarsi completamente dell’altro, girandosi verso i ragazzi, con gli occhi pieni di speranza, ancora nell’attesa di veder tornare suo fratello. Quella luce si spense velocemente e le due saette verde smeraldo tornarono sul lupo mannaro, il quale sembrò affascinato da tutta la scena.
“Che diavolo sta succedendo qui?” il capobranco ottenne velocemente l’attenzione di tutti, che erano sul ponto di dare dieci risposte diverse all’unisono, ma Lydia li precedette
“Niente di che, problemi di fiducia” la ragazza sorrise, sicura di sé, e nessuno ebbe il coraggio di contraddirla
“Bene, ora che sei qui possiamo parlare del perché non siete ancora riusciti a concludere niente?”
Alle parole di Deucalion Dean si era già alzato in piedi, e probabilmente sarebbe andato a tirargli un pugno se Castiel non lo avesse fermato
“Ok, vediamo di calmarci, Deucalion di cosa diavolo stai parlando?” il lupo mannaro sorrise a Scott e lanciò un’occhiata di sfida a Dean prima di continuare.
“Tanto per cominciare la vostra idea di catturare la seconda metà del due facce”
“Cosa dovremmo fare, lasciarlo libero e dargli da mangiare quando si fa vivo?” la voce del cacciatore voleva essere derisoria, ma risultò solo minacciosa
“E dove pensavate di tenerlo”
“Abbiamo una prigione, esattamente dietro di te se non te ne fossi accorto”
Deucalion, invece di arrabbiarsi, guardò il cacciatore con sufficienza
“A sì? Ma non mi dire, e esattamente perché quella prigione è vuota al momento?”
Dean fece per rispondere, ma si rese immediatamente conto di dove il lupo mannaro voleva andare a parare. L’altro sorrise soddisfatto, e anche alquanto colpito, perché nonostante l’apparente ingenuità dell’altro, era stato l’unico nella stanza a intuire di cosa stesse parlando
“La metà che avevate già catturato aveva cominciato a usare il suo potere su di voi, cosa impedirà al nuovo prigioniero di fare lo stesso?”
Un lampo di consapevolezza colpì improvvisamente il resto del branco, e i ragazzi cominciarono a guardarsi preoccupati, e anche sentendosi stupidi per non averci pensato loro stessi.
“Cosa suggerisci di fare?” era stato Scott a prendere la parola, vedendo che queste argomentazioni avevano completamente zittito il cacciatore, che però aveva rialzato lo sguardo, curioso della risposta a questa domanda
“Dobbiamo portarlo in un’altra prigione, l’unica altra prigione della città: alla stazione di polizia”
“Non possiamo” questa volta fu Stiles a prendere la parola “E’ stata presa dai cacciatori, ce ne saranno almeno una trentina lì dentro”
“E questo porta alla prima fase di quello che sarà il nostro piano: riprendercela” Deucalion parlò come un vero leader, perfino Dean ne fu colpito, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
“Ovviamente, nel frattempo, dovremo trovare un modo per uccidere questa creatura una volta per tutte”
Calò nuovamente il silenzio nella stanza, interrotto dalla timida voce di Stiles, che, mentre parlava, continuava a lanciare occhiate a Dean
“Bobby, un cacciatore che ci stava aiutando, è scomparso da un po’ ormai, e l’ultima cosa che ci aveva detto era stata di avercela fatta”
Avercela fatta a fare cosa?”
“Non lo sappiamo, forse a trovare un modo per uccidere l’Anuk-ite”
“E nessuno di voi ha pensato di cercarlo? Begli amici che si ritrova”
Questa volta nemmeno Castiel fu in grado di fermare Dean che, con lunghi passi veloci, raggiunse il lupo mannaro in pochi secondi, prendendolo per il colletto e sbattendolo contro una delle librerie, tanto forte da far cadere alcuni libri.
“Non parlare di cose che non conosci. Pensi che non l’abbiamo cercato? Pensi che non siamo preoccupati per lui?” il suo respiro si faceva sempre più pesante mentre sbatteva il lupo nuovamente contro gli scaffali. Deucalion sarebbe stato in grado di liberarsi in pochi secondi, ma ancora una volta era affascinato da questa strana personalità che si trovava di fronte.
“Se non pensi che farei qualsiasi cosa per salvarlo, ti sbagli di grosso”
Nonostante lo sguardo dell’altro diventasse sempre più minaccioso, il lupo mannaro non perse il suo sorriso nemmeno per un secondo
“Dean, basta! Lascialo!” era la voce di Scott che lo chiamava, il cacciatore sembrò pensarci per qualche secondo prima di mollare la presa e allontanarsi lentamente, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo assassino all’altro, che ricambiò col suo perenne sorriso di sfida
“Mi piace lui” disse infine, rivolto a Scott, che non sapeva bene come rispondere a quest’affermazione inaspettata.
“Quello che stai proponendo” intervenne Peter “E’ di tornare alla base dei cacciatori per cercare… Bobby?” sperò con tutto sé stesso di non aver sbagliato il nome, per non scatenare nuovamente l’ira di Dean, che però sembrava essersene tornato tranquillo sul divano, gli occhi fissi su Deucalion in attesa di una risposta
“Sì, sempre che non ci siano altre basi operative, o che non sia proprio nella stazione di polizia” dicendo questa frase il suo sguardo si spostò dal lupo mannaro al cacciatore “Avrebbe senso, lì ci sono delle gabbie già pronte”
Dean corrugò la fronte, a disagio con l’improvvisa gentilezza dell’altro che, sapendo che la base principale era già stata controllata, voleva infondergli un po’ di speranza. Ma si convinse che era solo una sua supposizione infondata e decise di ignorare la cosa
“Bene, possiamo partire anche stanotte” Scott cercò con lo sguardo la conferma dal resto del suo branco, che annuì all’unisono.
“Ok, è arrivato il momento di fare le squadre”
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
“Trovato niente?” Theo si era avvicinato a Liam quasi di soppiatto, infatti quest’ultimo sussultò nel sentire la sua voce così vicina. Era assorto nel leggere uno dei libri di Bobby, che sembrava una specie di enciclopedia per le creature soprannaturali, ma non ci trovò nulla sul due facce.
“No, niente” dicendo queste parole chiuse violentemente il libro, per un secondo ebbe la tentazione di lanciarlo a terra, ma per fortuna una piccola vocina gli ricordò le minacce del vecchio cacciatore, e sapendo che lo avrebbe ucciso quando fosse tornato, decise di appoggiarlo in fianco a lui sul divano.
Se tornerà
Liam cercò di scacciare quel pensiero indesiderato. Non aveva avuto l’occasione di conoscerlo bene, ma quel poco che aveva visto gli era bastato. Sì, era un uomo burbero e scontroso, ma solo in apparenza. In realtà era una delle persone più generose che avesse mai incontrato. Non poteva accettare l’idea che gli fosse successo qualcosa.
Il ragazzo si guardò sconsolato intorno. Tutti stavano facendo il meglio che potevano per trovarlo, ma ancora sembrava non bastare, anche se l’arrivo di Deucalion li aveva finalmente indirizzati nella giusta strada.
Lydia, Ethan, Jackson, Dean e Castiel erano andati alla stazione di polizia, avevano chiamato anche il padre di Stiles, lo sceriffo, e Parrish, il vice, nonché un mastino infernale. Liam non poté far altro che sorridere nel pensare a quella strana accozzaglia di elementi, ma secondo il lupo mannaro, che si comportava un po’ troppo da capo branco per i suoi gusti, era la squadra perfetta, e sarebbe stata in grado di completare la missione senza problemi. Dean non ne era convinto, e Stiles insisteva per far parte della squadra, ma Deucalion era irremovibile, e Scott si fidava di lui. Almeno per il momento. Tutti gli altri erano rimasti lì a fare ricerche, e si stavano preparando per attaccare la base dei cacciatori per la seconda volta. Era nervoso, l’ultima volta Kira era stata uccisa nella sparatoria. Sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa.
Sentì la mano di Theo sulla spalla, si voltò, lui stava sorridendo, cercando di infondergli un po’ di coraggio, nemmeno gli avesse letto nel pensiero.
“Andrà tutto bene”
Liam sorrise a sua volta, annuendo, ma senza troppa convinzione.
Nel frattempo Scott stava parlando con Deucalion. I due Alfa progettavano come attaccare l’edificio in modo da essere il più efficaci possibili, ma il ragazzo venne improvvisamente distratto da una mano che gli toccò timidamente il braccio. Si girò trovandosi di fronte due grandi occhi marroni che lo fissavano.
Malia distolse velocemente lo sguardo e, quasi con un sussurro, gli chiese se potevano parlare. Scott annuì, e la seguì in quella che tutti ormai consideravano come una vera e propria cucina. La ragazza gli stava facendo strada e, prima di entrare, l’occhio le cadde su Claire, che la stava guardando sospettosa e confusa, ma le sorrise ugualmente, strizzando distrattamente un occhio e allontanandosi. Malia, confusa, la fissò, distraendosi per qualche secondo da quello che doveva fare, e ritrovandosi quasi spiazzata nel girarsi e ritrovarsi Scott di fronte. Sbatté un paio di volte le palpebre prima di riprendersi e cercare di ricordare il discorso che si era preparata.
Scott la fissava, ancora confuso, lei allora fece un respiro profondo e cominciò
“Mi dispiace” le parole uscirono veloci, quasi violente, lei alzò lo sguardo su di lui, che sembrava ancora più confuso di prima
“Per Kira…” dire il suo nome le aveva fatto più male di quanto avesse immaginato
“Io… è stata colpa mia, so che lo sai, io…” un altro respiro profondo, gli occhi chiusi per evitare che si bagnassero di lacrime al ricordo
“E’ stata tutta colpa mia, so che delle scuse non sono abbastanza, ma è tutto quello che posso darti” riaprì gli occhi, per poi puntarli nuovamente su Scott, il quale era rimasto tanto confuso quanto lo era prima
“Malia… non è stata colpa tua” disse quella frase come se fosse una cosa scontata “Io… non so cosa sia successo esattamente, ma sono sicuro che qualsiasi cosa sia successa le uniche persone da incolpare sono quei cacciatori”
Ora era la ragazza quella confusa. No, non confusa, incredula. Da quando era successo era convinta che Scott le stesse dando la colpa, ma l’unica persona che lo stava facendo era lei stessa
“E’ per questo che mi stavi evitando?”
La ragazza cercò di sorridere con sufficienza
“No…” bastò il semplice sguardo di Scott per farle dire la verità “Sì… mi dispiace io…” distolse lo sguardo, facendolo vagare per la stanza
“E’ che mi manca così tanto” chiuse nuovamente gli occhi, questa volta incapace di trattenere una lacrima che scese solitaria sulla sua guancia.
Scott le mise una mano sul braccio, accarezzandolo dolcemente
“Anche a me”
I due si sorrisero, un po’ timidamente, ma comprensivi l’uno con l’altro. Fu allora che vennero bruscamente interrotti dal rumore della porta. Tutti si girarono all’unisono, Argent con la pistola già alla mano, ma venne velocemente fermato da Stiles, che però concentrò subito la sua attenzione sul nuovo arrivato.
I lunghi capelli gli coprivano la faccia, ma il lungo rivolo di sangue era comunque ben visibile. Il cacciatore si trascinò fino ad uno dei divani, prima di crollarci sopra, stremato, il respiro che non accennava a rallentare e le mani che ancora tremavano. Puntò lo sguardo fisso sul soffitto, mentre sentiva alcune voci chiamare il suo nome in lontananza.
“SAM!”

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Avanti brutto figlio di puttana
Ce l’aveva quasi fatta, la mano gli sanguinava dallo sforzo, e sentiva la presenza di una miriade di schegge sulle dita, ma c’era quasi. Riusciva a vedere quello stupido, piccolo chiodo, in tutta la sua lunghezza, bastava veramente pochissimo per estrarlo del tutto.
Fu allora che sentì la porta aprirsi.
Il cacciatore si bloccò improvvisamente, mentre la chiave stava girando nella serratura cercò di nascondere la chiave per la sua libertà il meglio possibile, e nascose la mano sanguinante dietro la schiena.
Dalla porta entrò una donna. Scese le scale lentamente, dopo aver posato un vassoio a terra, probabilmente con la sua cena, il ticchettio leggero dei tacchi rimbombava nella stanza vuota.
Era alta, i capelli lunghi e scuri le cadevano sulle spalle, incorniciandole il viso. Gli occhi scuri e penetranti lo fissavano, quasi divertiti nel constatare la sua perplessità e l’odio che trasmetteva. Indossava un vestito sobrio, ma allo stesso tempo elegante, che le arrivava appena sotto il ginocchio, e che stonava con la trascuratezza e la vecchiaia della cantina che la circondava. Sulle labbra sottili si era formato un sorriso e, con le braccia incrociate e il peso poggiato su una sola gamba, cominciò a squadrare il prigioniero. Bobby era a terra, un piatto vuoto ed una bottiglietta di acqua abbandonati vicino a lui. I vestiti ormai erano logori e l’odore che emanava era diventato insopportabile. Nonostante ciò il suo sguardo era sicuro e ancora pieno di forza di volontà e di rabbia.
“Fai una foto, dura di più” la voce burbera gli uscì dalle labbra severa e tagliente, ma la gola roca e arida tradivano la stanchezza che provava in realtà.
La donna non parlò, si limitò ad ampliare il sorriso, che si stava trasformando lentamente in una vera e propria risata
“Senti dolcezza, so di essere affascinante, ma la sindrome di Stoccolma non fa per me, grazie”
Il silenzio continuò a propagarsi per la stanza, mentre il cacciatore pregava che l’altra se ne andasse per finire finalmente il suo lavoro ed essere libero di darle un bel pugno in faccia.
“Siete tutti uguali” finalmente la donna parlò. La voce era calma e tranquilla, non c’era nemmeno una nota di accusa in quella frase
“Ah, quindi parli, buono a sapersi” gli occhi di Bobby si facevano sempre più piccoli e minacciosi.
Una leggera risata uscì dalle labbra di lei
“Vi credete così forti e coraggiosi, ma la verità è che siete spaventati a morte da noi. Da tutti noi” ancora una volta la voce non era accusatoria o derisoria, sembrava constatare un dato di fatto, senza pregiudizi.
“Non potremo mai convivere” un leggero sospiro, quasi di delusione, mentre cominciava a camminare per la stanza, distogliendo lo sguardo dal cacciatore, le braccia sempre incrociate sul petto “Ormai questo mi è chiaro”
Bobby perse quasi completamente la rabbia che aveva trasmesso fino a quel momento, finendo in una nebbia di confusione
“Si può sapere di che diavolo stai parlando?”
La donna si voltò nuovamente verso di lui, questa volta il suo sorriso era triste e malinconico
“Di voi cacciatori”
L’altro spalancò gli occhi
“Tu non sei una cacciatrice?”
L’altra, per tutta risposta, fece illuminare gli occhi di un rosso acceso, per poi farli velocemente tornare al loro colore originario. Bobby si ritrovò a bocca aperta e completamente senza parole. Milioni di insulti gli salirono alla mente ma, essendo ancora incatenato, cercò di trattenersi il più possibile
“Idiota! Io non sono uno dei cacciatori che sta cercando di uccidervi, io vi stavo aiutando! Di tutti quelli che potevi catturare hai preso l’unico che stava cercando di far finire questa fottuta guerra. Vedi di liberarmi e di non tenermi imprigionato qui un secondo di più!” non aveva intenzione di urlare, ma lo fece ugualmente, stava già per spostarsi, in modo da porgerle le catene per farsele togliere, ma il sorriso sul volto di lei lo fermò. La donna tornò verso le scale, recuperò il vassoio che aveva posato poco prima per poi lasciarlo vicino al cacciatore e prendere quello vuoto. Prima di andarsene gli lanciò un’ultima occhiata, quasi di scuse, e sorrise nuovamente, non per derisione o per sfida, un sincero sorriso di comprensione.
“So che tu sei uno dei buoni, non preoccuparti, andrà tutto bene” con queste ultime parole se ne andò dalla stanza, chiudendo la porta a chiave dietro di lei.
Bobby tornò ad essere confuso, se possibile anche più di prima. Abbassò lo sguardo sul panino che l’altra gli aveva lasciato, il suo stomaco brontolò di piacere a quella vista. Lo prese e ne addentò un bel pezzo, mentre con l’altra mano tornò a cercare di estrarre quel maledetto chiodo.
Figlia di puttana.
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
L’impala sfrecciava veloce nella notte, il motore rombava nella strada deserta. Dean guidava con sicurezza, gli occhi fissi sulla strada e mille pensieri per la testa. Suo fratello ancora non si era fatto vivo e, per quanto cercasse di non preoccuparsi per lui, la sua mente non faceva altro che ricadere in quel circolo di pensieri che gli ricordavano ogni cosa che sarebbe potuta andare storta. Castiel era accanto a lui, e spesso si girava nella sua direzione fissandolo per qualche minuto, per poi distogliere lo sguardo. Vedeva la sua preoccupazione, e la capiva, ma la frustrazione di non poter fare niente per aiutarlo lo faceva sentire inutile. Lui cercava di aiutare, come sempre, ma sembrava sortire l’effetto opposto. Anche poco prima si era offerto di portarli direttamente sul posto grazie alle sue ali nuovamente funzionanti ma tutti si erano opposti, Dean con la determinazione negli occhi, Lydia Ethan e Jackson con puro terrore. Non gli dispiaceva viaggiare in auto, da quando si era abituato a farlo ci aveva preso gusto, lo rilassava, lo faceva sentire più umano, era una bella sensazione. Non era quello il punto, ma il fatto di poter aiutare in qualche modo. Non era riuscito nemmeno a far addormentare l’Anuk-ite, era dovuto intervenire Dean per riuscirci. Si sentiva debole, e non gli piaceva essere debole. Sapeva di poter fare di più, di poter dare di più, solo che non ci riusciva, per quanto si sforzasse, e anche se aveva le migliori intenzioni, finiva sempre per fallire.
Distolse lo sguardo da Dean, sul quale era tornato involontariamente per la decima volta, e cominciò ad osservare il paesaggio, che scorreva veloce di fronte a quei due oceani blu.
Ethan e Jackson stavano guardando la scena, notando come l’angelo si preoccupasse per il cacciatore, e si scambiarono un veloce sguardo di intesa, osservati, a loro volta da Lydia, che non riusciva ad evitare di sorridere vedendoli insieme.
Il gruppo tornò al mondo reale solo quando la macchina cominciò a rallentare, per poi fermarsi completamente a qualche metro dalla stazione di polizia, parcheggiata in un piccolo vicolo.
I cinque scesero dall’auto, la ragazza già col cellulare all’orecchio per chiamare Parrish e lo sceriffo Stilinski.
Dean si allontanò dagli altri, anche lui con il cellulare in mano. Lo sbloccò, lo fissò per qualche secondo, quasi aspettandosi di veder comparire il segnale di chiamata da suo fratello. Non volva essere lui a comporre il numero, per non dover sentire il telefono squillare a vuoto, ascoltando quel beep monotono e regolare, che avrebbe fatto aumentare il panico fino all’arrivo della segreteria telefonica.
Nonostante questi pensieri, senza rendersene conto era già finito nella rubrica, sulla lettera S, quando sentì il familiare tocco dell’angelo sulla sua spalla. Si girò, quasi grato che lo avesse fermato appena in tempo.
 “Lo sceriffo e il vice stanno per arrivare, dobbiamo rimanere concentrati” la voce era sicura, quasi autoritaria, ma gli occhi erano comprensivi. L’altro annuì, mettendo il cellulare in tasca. Rialzò lo sguardo sull’altro, che lo stava ancora fissando a sua volta. Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto rimasero così per almeno un minuto, nessuna parola, non ce n’era bisogno. Un improvviso brivido corse lungo la schiena del cacciatore. Di nuovo quella sensazione, quel disagio… no, non era disagio. Imbarazzo? E perché avrebbe dovuto provarlo? Per loro erano normali quei momenti di silenzio fatti solo di sguardi. Cosa gli stava succedendo?
Decise di fare quello che sapeva fare meglio: ignorare il problema e nasconderlo sotto un sorriso spavaldo e pronto all’azione. Si allontanò da Castiel, dirigendosi verso il resto del gruppo che nel frattempo stava fissando la strada in attesa dell’auto con i due poliziotti.
“Allora, qual è il piano? Entriamo ad armi spianate?”
“No, sono in troppi, non riusciremo a sopraffarli” rispose Lydia “Uno di noi dovrà distrarli, mentre gli altri entreranno dal retro mettendone KO il più possibile senza farsi notare”
“Mi sembra un buon piano” Dean stava cercando di concentrarsi, ma sentiva la presenza dell’angelo alle sue spalle che non faceva andare via quella strana sensazione.
“Eccoli, sono loro” per fortuna la voce della ragazza riuscì a distrarlo, almeno in parte.
Nel vicolo entrò un’altra auto che parcheggiò subito dietro all’impala, ma non era un’auto della polizia. Effettivamente, realizzò il cacciatore solo in quel momento, avrebbe dato troppo nell’occhio.
Dall’auto uscirono due uomini, uno dall’aria molto giovanile e quasi ingenua, ma dallo sguardo sicuro di sé, l’altro più anziano, il volto segnato e autoritario. Dean e Castiel, sapendo che si trattava del padre di Stiles, rimasero sorpresi nel trovarsi di fronte una figura autoritaria e quasi severa.
Lydia quasi corse nella loro direzione, un po’ per il nervosismo che le stava crescendo dentro all’idea di affrontare un covo di cacciatori, un po’ perché era tanto, troppo tempo che non li vedeva. Inizialmente le fece quasi strano vedere lo sceriffo in abiti civili, con dei semplici jeans ed una maglietta, ma tornò a sembrare quello di sempre non appena impugnò la sua pistola. Lo salutò velocemente, per poi andare in direzione dell’altro.
“Hey”
Parrish le sorrise, anche a lui era mancata
“Hey”
Si trovarono entrambi un po’ in imbarazzo, nessuno dei due sapeva bene cosa dire, o forse c’erano così tante cose che sarebbe stato difficile decidere da dove cominciare
“Stai bene?”
Lydia rimase un secondo spiazzata, non per la domanda in sé ma per il tono con cui era stata pronunciata. Quasi preoccupato… no, non preoccupato, come se la risposta gli importasse veramente. Per questo, per un secondo, si sentì quasi libera di dire la verità, ma non era il momento di mettersi a piagnucolare
“Sì, come sempre, vediamo di riprenderci la nostra città” lo sguardo era forte e determinato, le labbra carnose si sollevarono in un sorriso, rendendo visibili le fossette ai lati della bocca.
L’altro sorrise a sua volta. Riusciva a percepire che qualcosa non andata, ma decise di lasciar perdere, vedendo gli altri che si avvicinavano a loro.
“Loro due sono i cacciatori che dovrebbero aiutarci?” chiese lo sceriffo, Lydia gli aveva parlato velocemente di loro, senza dare troppi dettagli e l’uomo era ancora sospettoso
“Dean Winchester” si presentò l’altro, tendendo la mano verso l’uomo, che la strinse ma senza distogliere lo sguardo da lui
“Sceriffo Noah Stilinski, lui è il mio vice Jordan Parrish” disse, facendo un cenno col capo in direzione dell’altro, che si rimise subito sull’attenti. Al contrario del suo superiore non riteneva i due una minaccia, ma non si azzardò a contraddire il suo capo, mettendosi velocemente al suo fianco.
“E lui sarebbe?”
“Castiel” intervenne l’angelo
Lo sceriffo lo fissò, aspettando che continuasse
“…Solo Castiel?”
L’altro fece per rispondere, ma Dean lo precedette
“Winchester” Cas si girò verso di lui, gli occhi spalancati, più per la sorpresa che per il fatto che lo avesse interrotto, ma il volto che si trovò di fronte era sorpreso quanto il suo. Il cacciatore non sapeva perché avesse usato il suo cognome, avrebbe potuto inventarsene uno o usare quello del suo tramite, Novak, o quello di Bobby, o quello di chiunque, invece il primo che gli venne in mente fu proprio Winchester. Sembrava quasi ovvia come cosa
“Castiel Winchester” ripeté, più per sé stesso che per lo sceriffo. Gli bastò dirlo una volta perché sembrasse normale alle sue orecchie. Così ovvio, così… giusto.
Dean sorrise, spostando lo sguardo sull’angelo, che sembrava ancora sbigottito.
“E’ uno di famiglia” a questo punto l’incredulità sul volto di Castiel lasciò il posto a quella che sembrava quasi commozione.
Lo sceriffo era sempre più confuso, e cercò risposte nei volti degli altri, trovandoci però solo dei sorrisi maliziosi.
“Allora” cercò di proseguire Dean, ma restando catturato dall’intensità di quei due occhi blu “Chi sarà il fortunato che farà da esca?”
 
 
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“SAM!”
Il cacciatore non riusciva a parlare, si sentiva particolarmente stanco, quasi stremato, l’immagine di Lucifero tornava a tormentarlo ogni volta che chiudeva gli occhi.
A un certo punto sentì un improvviso dolore acuto alla guancia, dovette sbattere più volte le palpebre prima di rendersi conto che Stiles, sotto gli occhi sgomenti di tutti, gli aveva tirato uno schiaffo con tutta la forza che aveva. Il cacciatore a quel punto sembrò tornare alla realtà, portandosi una mano alla guancia, e cercando un po’ goffamente di mettersi seduto. Si guardò intorno ritrovandosi una sfilza di occhi preoccupati che lo fissavano, pieni di domande non espresse a parole. Il cacciatore sospirò, cercando di calmarsi e di rendersi conto di trovarsi al sicuro. Riordinò lentamente i pensieri, per riuscire a formulare una frase di senso compiuto
“L’Anuk-ite… si è unito alla sua altra metà” lo sguardo era rivolto a terra, il ricordo di quell’essere gli tornò alla mente, il cranio privo di pelle e le fasce muscolari di un rosso vivo. Non riuscì ad evitare di rabbrividire, ma questa volta fu solo un secondo. Lentamente quella sensazione di puro terrore si stava allontanando da lui, ma il ricordo di essa sarebbe rimasto per sempre
“E’ più forte… ora la paura non è più solo una sensazione… è reale” nonostante cominciasse a sentirsi meglio, dovette fare nuovamente una pausa prima di continuare
“Riesci a vedere la tua più grande paura” solo in quel momento riuscì ad alzare gli occhi dal pavimento, ritrovandosi gli stessi occhi che poco prima lo stavano fissando, solo più impauriti, ma anche confusi
“Era lì, davanti a me” cercò di spiegare, non sapendo bene come chiamarlo. Una visione? Un’allucinazione? No, era più reale di così. Era come un ricordo, direttamente estratto dalla tua memoria e messo di fronte a te in carne e ossa
“Cosa hai visto?” trovò il coraggio di chiedere Claire. Non aveva mai visto Sam così spaventato, anzi credeva di non averlo mai visto spaventato in generale.
Gli occhi scuri dell’altro, attraversati da striature verdi, si alzarono su di lei, il volto serio, la bocca leggermente socchiusa.
“Lucifero”
La ragazza non poté fare a meno di rabbrividire, non aveva mai avuto l’onore di incontrare il diavolo di persona, né i Winchester avevano avuto l’occasione, e tanto meno il desiderio, di parlargliene, ma il terrore che leggeva nello sguardo dell’altro e il modo in cui pronunciò il suo nome, come fosse la creatura più spaventosa che avesse mai incontrato, la fecero essere grata di non sapere esattamente cosa si celasse dietro di essa.
Spostò lo sguardo sul resto del gruppo, mentre quello del cacciatore era tornato a fissare il pavimento, e tutti sembravano aver provato le sue stesse sensazioni.
“Dov’è Deaton?” ebbe il coraggio di chiedere infine Liam
Sam risollevò lo sguardo, che era improvvisamente passato dalla paura alla tristezza, la fronte corrugata, la mascella rigida. Non c’era bisogno che rispondesse, tutti avevano capito, ma solo in quel momento un piccolo barlume di lucidità gli diede la forza di spiegare esattamente cosa fosse successo, e forse di farlo sperare che quello che ha visto sarebbe potuto essere reversibile, del resto lui e suo fratello erano tornati dalla morte più di una volta, perché con lui sarebbe dovuto essere diverso?
Fece un respiro profondo, e cominciò
“L’Anuk-ite… penso avesse sotto controllo anche lui e… quando Deaton si era girato verso quel mostro, nell’istante in cui incrociò il suo sguardo, l’ho visto trasformarsi in pietra”
La reazione di tutti fu un misto di shock e confusione
“Cosa intendi? Cioè è diventato una specie di statua umana?” chiese Stiles incredulo.
“Sì…” rispose il cacciatore, rivivendo quel momento nella sua mente “Non appena i loro sguardi si sono incrociati… ho visto i piedi di Deaton cominciare a diventare di pietra, poi lentamente tutto il suo corpo si è trasformato in una… be una statua” concluse, usando le stesse parole del ragazzo. Più parlava più riusciva a tranquillizzarsi, era come raccontare un brutto sogno ad alta voce, lentamente il ricordo diventava un po' più lontano e con esso anche la paura.
Nella stanza però era calato un silenzio agghiacciante, mille pensieri vagavano nella mente del gruppo. Come faremo a sconfiggerlo ora che le due metà si sono riunite? E soprattutto come potremo farlo senza guardarlo negli occhi e trasformarci in pietra anche noi?
“Be, direi che è stato pietrificato dalla paura” gli occhi di tutti si voltarono verso Peter, che si ritrovò trafitto da una decina di sguardi taglienti che dicevano tutti la stessa cosa: Peter, sta zitto.
L’altro alzò le mani in segno di resa “Ok ok, scusate, era per sdrammatizzare”
Sam roteò gli occhi, come circa tutto il resto del gruppo, quando il suo sguardo si posò su due volti a lui non familiari. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte, fin troppo sorpreso di non averli notati prima, sì era circondato da persone, ma il suo istinto di cacciatore avrebbe dovuto fargli suonare almeno un campanello di allarme alla vista di due sconosciuti nella loro base operativa. Si stupì di come la paura, tanto rinomata per far aumentare i sensi e tenerti sempre all’erta, quando si trasforma in puro terrore ti renda incapace anche di renderti conto delle persone che ti sono accanto.
 Loro, accorgendosene, lo fissarono a loro volta, Argent comprensivo e disponibile, Deucalion sorridente ed incuriosito dallo sguardo particolarmente confuso dell’altro.
“E voi chi siete?”
 
 
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“…sì… sì ho capito… ma tu sei sicuro di stare bene?” la voce di Dean era tanto sollevata quanto preoccupata. Dall’altro capo del telefono suo fratello gli stava spiegando velocemente quello che era successo, sapeva che Dean era in procinto di attaccare un’altra base dei cacciatori, ma sapeva anche che sarebbe stato preoccupato per lui, nonostante cercasse di evitarlo, e voleva fargli sapere di stare bene. Sam non poteva nemmeno immaginare quanto la sua chiamata avesse migliorato l’umore del cacciatore
“Ok, appena finiamo di fare il culo a questi figli di puttana vi raggiungiamo e pensiamo ad un piano”
“In realtà ci stiamo già pensando noi, c’è un altro lupo mannaro qui, Deucalion, potrebbe tornarci veramente utile”
La mascella di Dean si irrigidì, non sopportava quel lupo mannaro, e l’idea che stesse cominciando a comandarli tutti a bacchetta non gli piaceva per niente.
“Sì, ho già avuto l’onore di conoscerlo” dal suo tono di voce trasudava puro odio “Senti Sammy, tienilo d’occhio, non mi fido di lui”
Sam sorrise, erano poche le persone autoritarie a cui Dean dava ascolto, e spesso l’unico motivo per cui lo faceva era perché le riteneva di famiglia, veder arrivare dal nulla un lupo mannaro che si autoproclamava capo del gruppo e li informava che tutto quello che avevano fatto fino a quel momento fosse sbagliato, poteva immaginare che una personalità dal genere lo avrebbe fatto infuriare.
“D’accordo, ci penso io, tu fa’ attenzione”
“Come sempre” il cacciatore riagganciò il telefono, visibilmente più rilassato, certo gli dispiaceva per Deaton, ma sentire Sam gli aveva dato una preoccupazione in meno a cui pensare. Tornò dal resto del gruppo, che si trovava davanti all’entrata posteriore della centrale di polizia. Jackson, Ethan e Castiel si girarono verso di lui, ma Dean puntò gli occhi sull’angelo, sorridendo e annuendo leggermente col capo.
Sta bene
Cas sorrise a sua volta, finalmente il cacciatore era completamente concentrato, e questo rendeva anche lui più tranquillo. Si sentiva di nuovo utile alla squadra, grazie a lui avrebbero potuto addormentare i cacciatori con un semplice tocco, senza bisogno di ucciderli, certo se dovessero cominciare a sparare la cosa sarebbe inevitabile, ma almeno una parte sarebbero stati in grado di salvarla. Del resto erano solo dei ragazzini.
Dalla parte opposta dell’edificio Parrish, Lydia e lo sceriffo si stavano preparando ad attaccare. Stilinski avrebbe fatto da esca, si era categoricamente rifiutato di far andare uno dei ragazzi, e riteneva che gli elementi più forti del gruppo, come il suo vice, avrebbero dovuto rendersi utili nel caso di un attacco inaspettato. Così i due ragazzi gli avrebbero coperto le spalle se si fosse presentata quell’eventualità. Si erano avvicinati il più possibile all’ingresso, prima che lo sceriffo gli facesse segno di cominciare
“Siamo pronti” disse Lydia a voce non troppo alta, sapendo che l’orecchio dei due lupi mannari era sintonizzato su di lei. Dopo quelle parole lo sceriffo uscì allo scoperto, le mani in alto, nessuna arma addosso.
“HEY VOI! Tranquilli vengo in pace”
Immediatamente la porta della centrale si aprì, lasciando intravedere solo due fucili che spuntavano da essa.
“Sono disarmato, voglio solo parlare con il vostro capo”
Lydia era visibilmente nervosa, non aveva avuto visioni o sensazioni particolari sull’esito della missione, ma la paura di perdere un altro amico le stava facendo perdere la concentrazione. Una mano si posò sulla sua spalla e due rassicuranti occhi verdi, che apparivano più scuri alla flebile luce della luna, catturarono i suoi.
“Andrà tutto bene”
Sembrava averle letto nel pensiero. La ragazza sorrise, non voleva sembrare debole ai suoi occhi, non voleva sembrarlo agli occhi di nessuno, ma in particolare ai suoi
“Grazie Jordan” era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva pronunciato quel nome, le scivolò delicato sulle labbra, mentre la sua mano si posò su quella di lui. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, prima che il loro senso del dovere prendesse il sopravvento e li facesse concentrare nuovamente sulla missione.
Le loro mani, però, non si staccarono l’una dall’altra.
 
 
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Sam riagganciò il telefono, il fratello gli era sembrato tranquillo e sicuro di sé, e la cosa lo aveva tranquillizzato. In più al suo fianco c’era Castiel, e il minore dei Winchester sapeva bene che l’angelo avrebbe fatto di tutto per proteggerlo. Un sorriso involontario fece capolino sulle sue labbra prima che potesse fermarlo.
Raggiunse il resto del gruppo, che stava discutendo su come procedere. Non sapevano se fosse per l’adrenalina o per il fatto che ormai il loro corpo si era abituato a dormire poche ore per notte, ma nessuno di loro sentiva la stanchezza ed erano pronti all’azione nonostante fosse notte inoltrata.
“Deucalion, tu puoi insegnarci” la voce di Scott era risoluta e non incline ad ottenere un no come risposta, anche se quella fu esattamente la risposta che ricevette
“Anche volendo non riuscirei mai a insegnarvi quello che io ho imparato in anni in una notte, non sarete mai pronti per combattere quell’essere” il lupo mannaro sembrava irremovibile, sostenendo facilmente lo sguardo accusatorio dell’Alfa
Sam guardò la scena, trovandosi in difficoltà a capire cosa stesse succedendo, fu Stiles, vedendolo confuso, ad aggiornarlo.
“Deucalion era ceco una volta, e nonostante questo riusciva a combattere meglio di qualsiasi lupo mannaro abbia mai conosciuto, quindi se riuscisse ad insegnarlo a noi-”
“Potremmo essere in grado di combattere l’Anuk-ite senza guardarlo negli occhi” finì il cacciatore per lui “Geniale” commentò annuendo, e tornando ad ascoltare la conversazione fra i due Alfa
“Almeno un po’ di addestramento è meglio di niente”
“E’ solo una perdita di tempo, dovremmo concentrarci sul trovare l’arma che può ucciderlo”
“Possiamo fare entrambe le cose” intervenne Claire attirando velocemente l’attenzione di tutti “A quanto ho capito questo modo di combattere è possibile solo ai lupi mannari perché sono gli unici dotati di super udito e super olfatto, quindi voi andrete ad allenarvi, facendo il meglio che potete, mentre noi cacciatori resteremo qui a fare ricerche”
Deucalion la fissò per qualche secondo prima di roteare gli occhi e sbuffare pesantemente. Non aveva nessuna voglia di fare da insegnante a dei ragazzini, ma non avrebbe saputo come ribattere alle argomentazioni della cacciatrice
“D’accordo, ma quello non lo voglio con me” disse indicando Liam “Sento la sua rabbia a chilometri di distanza, non ho intenzione di farmi azzannare perché non sa accettare una critica o una sconfitta”
Liam fece per controbattere, ma la consapevolezza della verità di quelle parole lo colpì nel suo punto più debole. Era vero, non sapeva che cosa sarebbe stato in grado di fare se il tono dell’Alfa non gli fosse piaciuto, o se lo avesse ferito durante l’allenamento.
Scott gli lanciò un’occhiata, solo per accorgersi che il suo Beta aveva lo sguardo fisso a terra, mentre annuiva, comprendendo la situazione.
“Bene, allora possiamo trovare un posto abbastanza isolato per allenarvi” disse Deucalion con un po’ più di entusiasmo
“Io non verrò” era la voce di Theo che si era fatta sentire al di sopra del brusio che si stava lentamente formando “Non ho voglia di allenamenti, e soprattutto non ne ho bisogno” disse con un sorriso spavaldo in volto “Ci ho preso gusto con le armi da fuoco” lanciò un’occhiata in direzione di Liam, che però aveva ancora lo sguardo puntato a terra. Non lo avrebbe lasciato da solo, anche se si trattava di rimanere nel bunker a fare ricerche. Non sapeva perché ma aveva una brutta sensazione.
“Fa come vuoi” Deucalion alzò le spalle, un moccioso in meno non gli cambiava nulla “Peter, Derek, anche voi dovete venire” si preoccupò però di precisare
“Mi unisco anche io a voi” commentò Stiles tranquillamente, prima di vedere i volti increduli e confusi degli altri “Sì insomma… visto che qui rimarranno due menti in più io posso approfittarne per allenarmi… Dean mi ha già insegnato a sparare!” aggiunse sperando che la cosa lo facesse sembrare più in grado di gestire la situazione, ma questa nuova informazione non fece che aumentare la preoccupazione negli occhi degli altri. Scott però sorrise, capendo il desiderio dell’amico di essere in grado di difendersi da solo
“Certo, vieni anche tu”
“Aspetta” intervenne Sam, aveva notato come suo fratello si fosse affezionato al ragazzo, e pensò che durante la sua assenza avrebbe dovuto farne le veci “Prendi questa, così puoi allenarti un po’ con la mira” disse porgendogli una pistola “Fa attenzione” aggiunse però dopo vedendo l’entusiasmo del ragazzo e la preoccupazione negli occhi di tutti gli altri.
“Sei impazzito?” gli chiese Argent una volta che gli altri furono usciti “Finirà per spararsi da solo”
“Se mio fratello si è fidato a dargli un’arma significa che è in grado di usarla” rispose Sam cercando di sembrare più sicuro di quanto non fosse in realtà, ma in fin dei conti Stiles era solo un essere umano senza un particolare addestramento come il resto dei cacciatori, doveva imparare a difendersi in qualche modo.
 
 
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Nella stazione di polizia era calato il silenzio, si sentiva solo un’unica voce, potente e autoritaria, che rispondeva probabilmente alle cavolate che stava dicendo lo sceriffo, sull’entrata frontale che però era ancora all’esterno con le mani alzate. Ogni tanto il gruppo di ragazzini rideva ai commenti del loro capo. Si stavano divertendo e stavano facendo valere la loro da poco acquistata autorità, godendosela al massimo. Nel frattempo un cacciatore, un angelo, e due lupi mannari si stavano facendo strada dal retro, stordendo ogni cacciatore si trovassero di fronte. Cas era in prima linea, si avvicinava silenziosamente da dietro, toccando delicatamente con due dita la testa dei loro nemici, e facendoli crollare in un sonno profondo. Una volta addormentati li accompagnava nella caduta, in modo che il tonfo non attirasse gli altri cacciatori.
Dean, Ethan e Jackson non facevano quasi nulla, c’erano state un paio di guardie che erano sbucate all’improvviso, ma grazie all’udito dei due lupi mannari, erano riusciti subito ad identificarli e a fargli perdere i sensi, con un metodo un po’ meno delicato. Erano praticamente arrivati all’entrata, dove la maggior parte dei cacciatori stavano appostati, vicino alla porta, per sentire meglio la conversazione, quando uno di loro, inaspettatamente, si girò, solo per un secondo, vedendo gli intrusi e dando subito l’allarme.
Immediatamente tutti gli altri estrassero le armi, imitati da Dean. I due lupi mannari cominciarono a ringhiare e si buttarono sui primi cacciatori che i trovarono di fronte. Gli altri cominciarono a sparare a raffica, mentre il maggiore dei Winchester trovava riparo dietro ad una parete, trascinando l’angelo con sé per una manica.
“Dean, che stai facendo?”
L’altro rispose senza guardarlo, troppo occupato a rispondere al fuoco, tentando di uscire il meno possibile dal suo nascondiglio “Che vuoi dire?”
“Non possono uccidermi”
Dean si fermò qualche secondo, voltandosi verso l’amico. Era vero, dei semplici proiettili, anche se riempiti di strozzalupo, non potevano fargli nulla. Perché l’aveva protetto? Aveva agito d’istinto? Sentiva che dentro di sé c’era qualcos’altro, ma sicuramente quello non era il momento né il luogo per pensarci
“Hai ragione, scusa non ci ho pensato” commentò sbrigatamente prima di tornare a sparare oltre l’angolo della parete.
L’altro lo fissò confuso per qualche secondo, prima di uscire allo scoperto senza farsi troppi problemi. Il cacciatore dovette attingere a tutta la sua forza di volontà per non fermarlo e tenerlo al sicuro. Scosse la testa cercando di non pensarci, ma quando uscì nuovamente dal suo riparo per sparare ai cacciatori vedere Castiel che veniva ripetutamente colpito da quei proiettili gli fece perdere un battito. Sapeva che quegli stupidi e piccoli oggetti di metallo non gli avrebbero fatto nulla, sapeva che lui non stava soffrendo e che di sicuro non l’avrebbero mai ucciso, anche svuotandogli un intero caricatore addosso, ma non riusciva a scacciare quell’idea, quella sensazione. Sapeva bene cosa si provava ad essere colpiti da un proiettile e nonostante la sua parte razionale gli ripetesse che per lui non era la stessa cosa, quella irrazionale gli faceva sentire il dolore di ogni singolo proiettile che colpiva l’amico.
Espirò profondamente, accorgendosi solo in quel momento di stare trattenendo il fiato, per poi ripararsi nuovamente dietro la parete. Chiuse gli occhi, fece un paio di respiri profondi, per poi tornare all’attacco, cercando con tutto sé stesso di evitare di posare il suo sguardo su quel trench ricoperto di fori di proiettile.
Dall’altra parte del gruppo lo sceriffo si era velocemente riparato dietro ad una parete, appena prima che i due fucili, ancora puntati verso di lui, cominciassero a sparare. Parrish e Lydia uscirono dal loro nascondiglio, il primo con la pistola puntata verso i loro nemici, che cominciò a sparare proiettili a raffica, la seconda restando al riparo, ma non appena il vice le dava il segnale, usciva e gridava con tutta la sua potenza in direzione dei cacciatori che schizzavano all’indietro sbattendo contro la parete dalla parte opposta della stanza perdendo i sensi. I due riuscirono ad entrare nell’edificio, trovando riparo dietro ad una delle scrivanie, Parrish ricaricò la pistola, mentre Lydia tentava di riprendere fiato. Quando il poliziotto ebbe finito i due si guardarono, Lydia non era più spaventata, non sapeva se fosse per l’adrenalina o per la presenza dell’altro che le infondeva sicurezza, ma si sentiva pronta ad affrontare quella mandria di cacciatori senza problemi. Si sorrisero a vicenda e, senza dire una parola, uscirono contemporaneamente dal loro riparo per tornare all’attacco. Nel frattempo si era unito anche lo sceriffo, recuperando un paio di armi da uno dei corpi stesi a terra e cominciando a sparare a raffica, anche lui al riparo dietro ad una scrivania.
Erano tutti troppo occupati per fare caso all’angelo che si aggirava tranquillamente attraverso la sparatoria, avvicinandosi ad ogni cacciatore e, sotto gli occhi sconvolti di quello, posargli due dita sulla fronte facendolo addormentare, e non curandosi più di attutire la sua caduta.
I due lupi mannari erano ormai stretti all’angolo, continuavano a difendersi con le unghie e con i denti, ma non c’era molto che potessero fare contro delle armi da fuoco.
Nonostante questo il gruppo sembrava avere la situazione in mano, i cacciatori erano diventati da una ventina quali erano a sei impauriti superstiti, che però non accennavano ad arrendersi. Fu per questa convinzione di avere la vittoria in pugno che Lydia decise di mettere fine velocemente alla questione, uscendo dal suo nascondiglio, sotto gli occhi preoccupati di Parrish, che le gridava di non farlo, si alzò in piedi, e gridò con tutta la forza che aveva, aprendo le mani di fronte a sé e scaraventando all’indietro i pochi cacciatori rimasti e, involontariamente, anche Castiel che si trovava in mezzo a loro.
La ragazza non si accorse subito del dolore, era concentrata nella sua operazione, e tutta la sua attenzione era posta nelle corde vocali che emettevano un suono tagliente ma deciso. Fu solo quando sia quel suono che quello dei proiettili si fermarono, e la stanza calò in un innaturale silenzio che lei si rese conto del sangue che zampillava copioso dal suo fianco sinistro. Si voltò verso Parrish, che la fissava terrorizzato, incapace di muoversi, ma quando la ragazza cominciò a cadere, perdendo forza nelle gambe, il suo corpo reagì d’istinto sorreggendola e accompagnandola nella caduta, tenendola stretta fra le braccia. Con una mano le tamponava la ferita, troppo vicina allo stomaco per non averlo colpito, e con l’altra le sorreggeva la testa, accarezzandole dolcemente la guancia col pollice. Si girò in direzione dello sceriffo gridandogli di chiamare un’ambulanza. Non aveva mai usato quel tono autoritario con il suo stesso capo ma in quel momento non poteva importargliene di meno. Tornò a guardare la ragazza, che lo fissava a sua volta, sorridendogli debolmente e alzando una mano per accarezzargli il volto. Nessuno dei due disse una parola, non avrebbero nemmeno saputo da dove cominciare, si limitavano a guardarsi, trasmettendo i loro pensieri attraverso quegli occhi che si stavano lentamente ricoprendo di lacrime. Erano persi l’uno nell’altra, incapaci di sentire o vedere chiunque li circondasse. Il dolore che provava Lydia diventava sempre più forte, sentiva il suo corpo diventare sempre più debole, la sua mano infatti non riuscì più ad accarezzare il volto di Parrish, e cadde inerme al suo fianco. Sapeva che l’ambulanza non sarebbe arrivata in tempo, ma sorrideva, cercando di infondere un po’ di sicurezza all’altro. Stava per dirgli che non era colpa sua, che aveva fatto una stupidaggine ma che almeno il loro sforzo era servito a qualcosa, ma le labbra di Parrish si appoggiarono sulle sue prima che lei fosse in grado di parlare. Erano calde e delicate, leggermente salate a causa delle lacrime che avevano cominciato a scendere incontrollate dagli occhi del ragazzo. Lei rimase qualche secondo con gli occhi aperti, incredula, per poi abbandonarsi a quella sensazione e lasciando che fosse l’ultima sensazione avrebbe mai provato.
Quando il ragazzo si allontanò da lei, spostandole dolcemente una ciocca di capelli dietro l’orecchio e incapace di fermare le lacrime che gli annebbiavano la vista, notò una figura in piedi, vicino a loro. Il trench logoro e ricoperto di fori di proiettile, come anche la camicia sotto di esso, ma senza una sola goccia di sangue. L’angelo si mise in ginocchio al suo fianco e, con un piccolo sorriso sulle labbra, mise la mano sulla sua ferita, dalla quale si irradiò una luce bianca. La sensazione fu forte e immediata. Improvvisamente il dolore era sparito, quella sensazione di oblio che sentiva avvicinarsi sempre di più e farla sua svanì, come il calore del sangue che sentiva espandersi a lato dell’addome.
La ragazza lo fissò, ricordando improvvisamente quando l’angelo, con un semplice tocco, era riuscito a far guarire Malia in pochi secondi. In quel momento non si era chiesta come doveva essere stato per la ragazza sentire tutte le sofferenze sparire improvvisamente, ma ora era estasiata dalla potenza che quella creatura era in grado di emanare. Riuscì a sussurrare un flebile grazie prima che Castiel, sorridendo si rialzasse in piedi, trovandosi un paio di occhi spalancati ed esterrefatti che lo fissavano. Fu lo sceriffo il primo a trovare la forza di parlare, anche se con una voce quasi strozzata, che non gli si addiceva per niente
“Cosa sei tu?”
 
 
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Il rumore sordo del libro che veniva gettato a terra con violenza fece sobbalzare tutto il gruppo. Era stato Argent che, dopo ore di ricerche e aver quasi svuotato completamente le librerie del bunker, aveva lanciato l’ennesima enciclopedia inutile sulle creature più strane e bizzarre mai esistite ma, ovviamente, senza una sola parola sull’Anuk-ite. Senza curarsi degli occhi stanchi e presi alla sprovvista degli altri che lo stavano fissando, si alzò rumorosamente dalla sedia per avviarsi verso la cucina. Solo dopo essersi versato la sua tazza di caffè si rese conto di essere stato seguito. Non era abituato ad essere preso alla sprovvista, e soprattutto non da un gigante di due metri che sembrava tutto tranne che silenzioso. Per l’umore che aveva in quel momento avrebbe voluto cominciare a gridargli contro, ma lo sguardo dolce e comprensivo di Sam lo fermò.
“Non ti arrendere, vedrai che troveremo qualcosa” sulle sue labbra si formò un sorriso di incoraggiamento, che ebbe come risposta un mezzo sorriso di derisione
“Senti sono giorni che cerchiamo, ancora prima che tu e i tuoi amici arrivaste abbiamo sfogliato ogni singolo libro di quelle librerie, e non abbiamo trovato niente, né indizi su dove questi bastardi possano aver portato Bobby, né su come uccidere quella cosa, quindi scusa se la mia speranza di trovare le risposte ora non è al massimo”
Sam rimase sorpreso della reazione dell’altro, doveva essere distrutto dopo tutti i viaggi che aveva affrontato per trovare altri membri della squadra e le ricerche, ma una piccola parte di lui non poteva che essere felice nel vedere come l’uomo di preoccupasse per Bobby.
“Forse allora stiamo cercando nel posto sbagliato” cercò di ragionare il cacciatore “Dov’era Bobby quando è stato rapito?”
“Non lo sappiamo di preciso” rispose l’altro strofinandosi gli occhi “Era per strada, dal messaggio della segreteria non si sentiva molto, si capiva solo che era all’aperto, diceva di avercela fatta e che sarebbe tornato presto al bunker”
Sam sembrò ragionarci su, dove aveva potuto trovare quelle informazioni? Le biblioteche del posto si erano già rivelate inutili a seguito delle ricerche del cacciatore stesso, e all’interno del bunker sembrava non esserci niente di utile.
“E se non avesse trovato le risposte nei libri?” chiese, involontariamente ad alta voce il cacciatore. L’altro lo fissò interdetto, aspettando che continuasse.
“Bobby è la persona con più contatti che conosca. Ha il numero di praticamente tutti i cacciatori americani, forse ha chiesto aiuto a loro, e qualcuno deve aver trovato informazioni sull’Anuk-ite”
Certo, di solito è Bobby quello che trova le informazioni e che le condivide con gli altri ragionò Sam fra sé e sé ma in casi estremi sarebbe potuto accadere anche il contrario giusto?
“Stai dicendo che l’informazione che stiamo cercando potrebbe averla uno qualsiasi dei cacciatori attualmente attivi in tutta America?” chiese Argent alzando un sopracciglio, per poi scuotere la testa alla vista degli occhi dispiaciuti dell’altro “Ah direi che questo ci facilita enormemente il lavoro” commentò con fare ironico ed esasperato.
Sam dovette ammettere che non era esattamente una buona notizia. Con tutti i contatti di Bobby sarebbe stato impossibile trovare la persona giusta, e a peggiorare la situazione c’era il fatto che non avevano il suo telefono, quindi non conoscevano nemmeno tutti i numeri che aveva.
“Non abbiamo altra scelta” commentò Argent, notando la consapevolezza che si faceva strada nello sguardo del cacciatore
“Dobbiamo trovare Bobby” finì il Winchester per lui.
 
 
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“Prima regola del Fight Club…” Peter sorrideva mentre gli altri, posti a semicerchio davanti a Deucalion, lo fissavano con uno sguardo accusatorio. Il lupo mannaro sospirò, perdendo tutto il suo entusiasmo
Pubblico difficile
“Allora” cercò di attirare l’attenzione l’insegnante “La prima cosa che dovrete imparare sarà non aprire gli occhi” sul suo volto si formò un sorriso divertito mentre i lupi mannari di fronte a lui lo guardavano interdetti
“Avete mai provato a tenere gli occhi chiusi? Quanto riuscite a resistere prima di avere la tentazione di aprirli?”
“In realtà-”
“Che vuoi dire? E’ ovvio che riusciamo a tenerli chiusi non siamo così stupidi” Malia aveva interrotto Stiles, che dal tono di sfida della ragazza aveva deciso di lasciarla parlare
“A sì? E se sentissi un rumore improvviso?”
“Non li aprirei comunque”
“Ragazzi…” Stiles a questo punto cercò di riprendere la parola ma i due sembravano ignorarlo
“Va bene, fammi vedere quello che sai fare, chiudi gli occhi” Deucalion stava camminando all’indietro per allontanarsi un po’ dalla ragazza e, non appena lei li chiuse, raccolse un sasso da terra
“Ragazzi…” tentò di intervenire nuovamente Stiles, tentando di far notare l’inutilità di tutta questa scenata, ma Deucalion stava già lanciando il sasso a qualche centimetro di distanza dalla ragazza, colpendo una lamina di metallo alle sue spalle, che produsse un forte rimbombo. Malia, ovviamente, aprì immediatamente gli occhi, voltandosi, per poi tornare a fissare il lupo mannaro con occhi taglienti
“RAGAZZI!” finalmente tutti si girarono in direzione dell’unico essere umano del gruppo che, anche se con un po’ di difficoltà, sostenne i loro sguardi
“Non basta mettersi delle bende sugli occhi per risolvere questo problema?”
Il gruppo sembrò pensarci per qualche secondo, per poi puntare gli occhi sull’Alfa, anche lui rimase un attimo interdetto, chiedendosi perché non ci avesse pensato prima lui.
“Sì… buona idea” cercò di sembrare tranquillo, anche se in quel momento sentiva la sua autorità che era appena stata minata “Hai qualcosa che potremmo-”
“Vado a vedere nella jeep” il ragazzo corse in direzione della sua macchina, trovandoci dello scotch isolante, che forse non sarebbe stato il massimo da mettere sugli occhi, e una sua vecchia maglietta. Optò per quest’ultima, cominciando a strapparla con qualche difficoltà, per poi lanciare i pezzi di stoffa al branco.
“Bene” commentò Deucalion, ancora un po’ ferito nell’orgoglio “Ora possiamo cominciare a fare sul serio”
 
 
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Argent stava guidando, lo sguardo puntato sulla strada, ormai ci aveva preso l’abitudine, per trovare i lupi mannari più anziani del gruppo aveva dovuto guidare per giorni interi, concedendosi solo brevi pause. Guidare gli piaceva, lo rilassava, riusciva a concentrarsi sulla strada senza pensare a tutto il resto, ma allo stesso tempo senza sentire di sprecare del tempo prezioso. Si sentiva bene, nonostante il suo volto sembrasse quasi imbronciato. Sam lo osservava dal lato del passeggero. Aveva visto tutta la stanchezza dell’altro svanire in pochi secondi, non appena avevano informato il resto del gruppo della situazione e tutti si erano trovati d’accordo nel tornare alla base dei cacciatori. Claire aveva però dovuto fargli notare che il numero di questi ultimi si era probabilmente triplicato. Sì era un rischio tornare lì ma non avevano altra scelta. Dovevano trovare il modo per uccidere quella cosa e, soprattutto, dovevano trovare Bobby.
La macchina si fermò a qualche metro di distanza dall’edificio, gli occhi di tutti si voltarono in direzione dei due lupi mannari. Fu Theo a parlare
“Ce ne sono tanti… saranno almeno una ventina” fissò i volti dei suoi compagni, che non accennavano a volersi tirare indietro.
Estrassero le armi, portandosene il più possibile e uscendo dalla macchina. Non avevano un vero e proprio piano, avevano intenzione di farsi notare il meno possibile ed esplorare tutta la base operativa. Secondo Theo il piano terra era già stato completamente controllato ma doveva essercene anche uno inferiore.
Tutti scesero dalla macchina tranne i due lupi mannari. Liam aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, preoccupato. L’altro gli mise una mano sulla spalla prima di parlare
“Hey, andrà tutto bene” i suoi occhi lo studiavano attentamente, cercando di infondergli un po’ di sicurezza, l’altro si voltò verso di lui, la bocca leggermente socchiusa, i capelli, che ormai non conoscevano più una vera e propria piega, gli cadevano sul volto lunghi e disordinati
“Devi promettermi una cosa” disse diventando improvvisamente serio “Se dovessi perdere il controllo e cominciare ad attaccare uno di voi, tu dovrai fermarmi”
Theo spalancò gli occhi, incredulo. Non poteva chiedergli una cosa del genere, non sarebbe mai riuscito a fargli del male. Non a lui
“Vedrai che non succederà” cercò di dire, più a sé stesso che all’amico, ma l’altro era irremovibile
“Promettimelo” gli occhi fermi, decisi. Theo dovette faticare per sostenere quello sguardo. Irrigidì la mascella e un senso di puro terrore che non conosceva più da tanto tempo gli attanagliò il cuore, ma non avrebbe deluso il suo amico.
“Te lo prometto”
I due uscirono dall’auto, Liam un po’ meno preoccupato di prima, Theo con un peso enorme sul cuore. Si avviarono verso la base dei cacciatori, nascondendosi a qualche metro di distanza. All’entrata c’erano molte più guardie della volta precedente e sembravano molto meglio addestrate.
“Sembra che dopotutto avremo bisogno di un piano” commentò Argent
“Andrò io” intervenne Claire sotto gli occhi increduli di tutti, e particolarmente preoccupati di Sam “Gerard mi conosce, voleva il mio aiuto, mi basterà andare lì e scusarmi per il ritardo”
“E cosa gli dirai quando ti chiederanno perché sei arrivata solo ora?” chiese il minore dei Winchester. La ragazza ci pensò per qualche secondo per poi voltarsi in direzione di Theo
“Graffiami” l’altro sembrò confuso per qualche secondo, ma quando la ragazza gli porse il braccio stava già tirando fuori gli artigli
“Aspetta!” intervenne nuovamente Sam “Non la trasformerai in questo modo?”
“No, solo gli Alfa possono farlo” rispose lui “E poi funziona solo se vai abbastanza in profondità”
“Be dovrà essere profondo per essere credibile” fece notare la ragazza
“Ma non troppo, o sembrerà troppo fresco” disse lui, appena prima di far entrare le unghie nella sua carne. Claire si ritirò istintivamente, impreparata al dolore, e dovette combattere con tutta sé stessa per impedirsi di urlare
“Ecco, così è abbastanza realistico” si compiacque lui, sorridendo alla vista di quel graffio così ben riuscito
“Grazie” rispose lei, con un tono ironico. Fece per alzarsi, non appena la ferita smise di sanguinare, quando Sam la prese per un braccio
“Potrei venire con te, anche io sono un cacciatore, se tu garantissi per me…”
“E’ troppo rischioso, già il fatto che io compaia solo ora è sospetto, se in più mi faccio vedere con qualcuno che loro non conoscono potrebbero non farci nemmeno entrare” la maturità della sua voce colpì il cacciatore che, nonostante tutto, la vedeva ancora come una bambina “Andrà tutto bene, non ti preoccupare” lo rassicurò lei “Una volta dentro cercherò una porta o una finestra da aprire perché voi possiate entrare” gli altri annuirono prima di vederla sgusciare fuori dal loro nascondiglio
“Fa attenzione” le sussurrò Sam, prima che fosse troppo lontana.
La ragazza si avvicinò all’entrata con camminata sicura, ma un po’ zoppicante, per rendere la sua storia più credibile, ma non appena le quattro guardie la videro avvicinarsi puntarono i loro fucili su di lei, intimandole di fermarsi. Claire alzò le mani in segno di resa.
“Hey, calma, sono qui per Gerard” disse con un sorriso sulle labbra
“Sei una cacciatrice?” chiese uno degli uomini
“Sì, scusate il ritardo ma uno di quei figli di puttana ha provato a farmi fuori” disse mostrando il taglio sul braccio. Le armi cominciarono ad abbassarsi, ma i cacciatori rimasero comunque all’erta. Claire si avvicinò, abbassando lentamente le braccia. Uno degli uomini fece cenno ad un altro di accompagnarla dentro, lei gli sorrise con fare malizioso mentre lui, visibilmente a disagio, le faceva cenno di stargli davanti.
Claire sparì dalla vista dei suoi compagni, che fissarono la scena con le armi in mano, pronti ad intervenire. Liam la stava seguendo con l’udito per capire da che parte dell’edificio la stessero portando e dove loro avrebbero avuto la possibilità di trovare un punto di entrata. La ragazza si stava portando sulla destra, continuando a parlare con la guardia che la stava scortano, cercando di carpire più informazioni possibili. C’era molto brusio nella struttura, le voci dei cacciatori al suo interno che ridevano e parlavano delle loro esperienze stavano distraendo il lupo mannaro, che faceva fatica a sentire ciò che diceva la ragazza. Si trovava quasi dalla parte opposta della struttura quando le sentì chiedere se poteva usare il bagno. Doveva essere una scusa per allontanarsi da lui e aprire un passaggio per loro.
“Ci siamo” disse agli altri e tutti e quattro si mossero il più silenziosamente possibile in direzione della voca della ragazza. Sul lato della struttura trovarono diverse porte blindate, tutte chiuse dall’interno, l’unico modo per entrare era una piccola finestra, stretta e lunga, attraverso la quale sarebbe stato in grado di passare solo il più relativamente piccolo del gruppo: Theo.
Gli altri gli fecero da scaletta in modo che potesse raggiungerla, in questo modo lui fu costretto ad entrare di testa, strisciando all’interno e ritrovandosi ad atterrare in maniera decisamente poco elegante. Fu grato che nessuno lo avesse visto. Si guardò intorno velocemente, sorprendendosi per la pulizia maniacale del bagno dove era atterrato. Grazie a questo gli fu molto semplice trovare una piccola freccia incisa sulla parete di sinistra che gli indicava di uscire e girare a sinistra dove si ricordava di aver visto una delle porte blindate. Fece come la ragazza gli aveva indicato e aprì la porta ai suoi compagni che finalmente poterono entrare. Avevano tutti una pistola in mano, tranne Liam che preferiva non rischiare non avendone mai usata una. Dopo essere scesi al piano inferiore decisero di dividersi per perlustrare il posto il più velocemente possibile e filarsela prima che qualcuno si accorgesse di loro.
I due lupi mannari si diressero verso destra mentre i due cacciatori andarono dalla parte opposta.
“Sicuro di non volere qualcosa con cui difenderti?” chiese Theo quasi in un sussurro, sapendo che l’altro non avrebbe avuto problemi a sentirlo
“Sì, rischierei soltanto di sparare a te”
sul volto dell’altro si formò un sorriso divertito “Oh quindi ti importa di me almeno un po’”
Liam sorrise a sua volta “No, è che mi seccherebbe combattere un branco di cacciatori da solo” con questa frase si avvicinò all’altro per poterlo guardare negli occhi “Non farti illusioni” la voce era quasi minacciosa ma sul suo volto si era formato un sorriso di sfida
“Sta’ dietro di me idiota, sono io quello armato” il ragazzo fece come gli era stato detto, mantenendo ogni suo senso pronto a percepire il più flebile suono. Sentì diversi cuori battere dall’interno di una delle stanze alla loro destra
“Cacciatori”
“Sì, li sento”
Stavano parlando delle loro esperienze e, dall’odore, stavano bevendo diverse birre. I ragazzi decisero di passargli accanto, Bobby non poteva essere lì dentro. Fortunatamente la porta era chiusa e i due non ebbero problemi ad oltrepassarla per andare avanti con le loro ricerche. Fu in quel momento però che sentirono altri due uomini venire nella loro direzione, provenienti dal buio corridoio di fronte a loro. Cercarono velocemente un posto dove potersi nascondere ma l’unica stanza nelle loro vicinanze era quella che avevano appena passato e le pareti erano lisce, prive di insenature. Decisero di tornare indietro, cercando di correre il più silenziosamente possibile, e di risalire le scale. A quel punto rimasero nel corridoio del piano superiore in attesa che i due se ne andassero o, se proprio fosse stato necessario, di attaccarli se avessero deciso di salire. Si trovavano alle parti opposte della scalinata, la schiena appoggiata al muro, Theo con l’arma poggiata al petto, pronta a sparare, Liam con gli occhi illuminati di una luce ambrati. Sentirono i due uomini fermarsi e continuare a discutere per qualche minuto.
I lupi mannari sentivano i cuori l’uno dell’altro andare a mille, il respiro che si faceva sempre più affannoso. Si scambiarono un’occhiata di rassicurazione, prima di tornare a concentrarsi sui due cacciatori. Alla fine si erano separati, uno aveva continuato lungo il corridoio mentre l’altro stava salendo le scale.
Uno dovremmo riuscire a gestirlo Pensò semplicemente Theo che, non appena lo vide sbucare di fronte a sé, lo colpì alla testa con il calcio della pistola. Entrambi tirarono un respiro di sollievo non appena videro l’uomo crollare a terra privo di sensi. Lo stavano prendendo per le braccia per trascinarlo all’interno del bagno quando dei passi veloci e una voce profonda attirò la loro attenzione
“Hey, hai dimenticato…” il secondo uomo si bloccò sull’ultimo scalino vedendo i due ragazzi che stavano trascinando il corpo del suo amico.
“Merda” ebbe appena il tempo di dire Theo prima che l’uomo desse l’allarme e estraesse la pistola.
 
 
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“Dovete rimanere concentrati” il lupo mannaro si aggirava intorno ai componenti del branco, avevano tutti un pezzo della maglietta di Stiles sugli occhi e tentavano di colpire il loro compagno, Derek combatteva contro Peter mentre Scott se la vedeva con Malia. Vederli dall’esterno era quasi imbarazzante. Si trovavano l’uno a metri di distanza dall’altro, graffiando l’aria e andando ripetutamente a sbattere contro gli oggetti che li circondavano. Deucalion e Stiles tentavano di dare loro delle dritte, il primo buttandosi in mezzo alla mischia, il secondo a debita distanza, ma gli altri sembravano non riuscire minimamente a seguire le loro istruzioni.
“Ah basta, mi arrendo” ringhiò Peter al decimo colpo a vuoto, strappandosi la benda che aveva sugli occhi e gettandola a terra “E’ impossibile, avevi ragione, fine della storia. Se mai mi troverò faccia a faccia con quel mostro scapperò a gambe levate” fece per andarsene quando la voce di Scott tentò di fermarlo
“Aspetta! Non arrenderti abbiamo solo bisogno di pratica” a turno tutti si erano tolti le bende, guardandosi intorno confusi per qualche secondo, non rendendosi immediatamente conto di dove si trovassero.
“No, io ho chiuso! Cavatevela da soli” il lupo mannaro salì sulla sua moto, con la quale era arrivato sul posto, e tornò sfrecciando verso il rifugio. Deucalion sospirò pesantemente
“Qualcun altro vuole dare forfè?”
“No!” Scott fu l’unico a rispondere mentre il resto del gruppo si stava guardando dubbioso, e desideroso di andare al bunker a riposare. Il capobranco cercò di prendere la situazione in mano
“Avanti, non possiamo arrenderci! Serve solo un po’ di pazienza, ce la possiamo fare” dicendo quest’ultima frase si riportò la benda agli occhi, voltandosi in direzione di Malia. La ragazza sospirò imitando l’Alfa e tornando all’attacco.
“Stiles” chiamò improvvisamente Deucalion “Sostituisci Peter”
Il ragazzo spalancò gli occhi, portandoli da un lupo mannaro all’altro “Io… contro di lui? No, non se ne parla, mi farebbe a pezzi”
Derek sorrise, uno sguardo di sfida negli occhi
“Tu non sarai bendato, come hai potuto vedere non è difficile schivarlo” commentò l’altro, sotto lo sguardo improvvisamente furioso di Derek. Questa volta toccò a Stiles sorridere
“Sì, hai ragione, penso di potercela fare” commentò avvicinandosi al suo sfidante che per tutta risposta fece uscire i pericolosi canini, mentre rimetteva la benda su due occhi azzurro ghiaccio. Nonostante la sua apparente sicurezza il ragazzo deglutì la poca saliva che aveva in bocca, lo sguardo nuovamente terrorizzato.
“Ascoltatemi!” li interruppe però Deucalion “Non dovete combattere come avete sempre fatto fin ora. Non dovete usare esclusivamente la forza. Usate tutti i vostri sensi, avete un grande vantaggio grazie a loro. Rimanete sempre concentrati e lasciate che sia il vostro avversario ad attaccare per primo. Dovete riuscire a percepirlo, a capire esattamente dove si trovi” il lupo mannaro osservò quelli che ormai riteneva i suoi allievi, vedendoli ancora tesi e pronti a scattare all’attacco. “Dovete rilassarvi. Fate un respiro profondo e rendetevi conto dell’ambiente che vi circonda”
I lupi mannari fecero come gli era stato detto, usarono l’olfatto e l’udito per determinare dove si trovassero nello spazio e dove si trovasse il loro aggressore. Riuscivano a distinguerlo con un po’ di difficolta, ma almeno sapevano dove si trovava. Deucalion, per un breve momento, fu fiero di loro
“Bene, ora combattete”
Scott e Malia scattarono l’uno verso l’altro, combattendo corpo a corpo, e segnando molti colpi a vuoto, ma riuscivano a identificare dove si trovasse l’altro senza troppe difficoltà, e anche a colpirlo un paio di volte.
Derek invece si stava avvicinando lentamente a Stiles. Quest’ultimo spalancò gli occhi vedendo che il suo avversario si muoveva insieme a lui, riuscendo a percepire dove si stesse spostando. Sembrava quasi stessero danzando, anche se a qualche metro di distanza
“Tranquillo, ci andrò piano con te” disse il lupo mannaro attraverso un sorriso che non prometteva nulla di buono
Il ragazzo serrò la mascella, prima di ricordarsi che al tirocinio aveva fatto qualche lezione di lotta corpo a corpo. Certo, non era il migliore della classe, ma qualche mossa l’aveva imparata
“Questo lo vedremo” commentò, cercando di sembrare più sicuro di quanto non fosse in realtà
Il lupo mannaro fece un improvviso balzo in avanti, tentando di atterrare su di lui per buttarlo a terra, ma Stiles riuscì a schivare l’attacco, ritrovandosi a fianco dell’altro cogliendo l’occasione per tirargli un pugno in faccia. Derek si girò verso di lui sorpreso, ma senza un minimo segno di dolore. La mano del ragazzo, invece, faceva un male insopportabile. Quest’ultimo si allontanò dall’avversario, controllando di non essersi rotto qualche osso, ma non fece in tempo a distrarsi un secondo che Derek era di nuovo su di lui. Questa volta riuscì a buttarlo a terra, mettendosi sopra di lui per tenerlo fermo, ma non trovando le sue mani per bloccargliele. Stiles fece fronte a tutta la sua forza per far rotolare il lupo mannaro, prendendolo per le spalle e ribaltando la situazione, ritrovandosi lui sopra a Derek. L’altro però si alzò senza troppi sforzi, spingendo il ragazzo lontano da lui, il quale riuscì a non perdere l’equilibrio. I due si ritrovarono di nuovo in piedi, uno di fronte all’altro. Stiles tirò un secondo pugno verso l’avversario, questa volta mirando al naso, ma Derek riuscì perfettamente a percepire il movimento, bloccandogli il braccio e facendolo voltare, il braccio bloccato contro la sua schiena, ancora ben stretto nella mano del lupo, che con l’altra mano aveva fatto fuoriuscire gli artigli che aveva poi puntato alla gola di Stiles. I due avevano il fiato corto, il ragazzo riusciva a sentire il respiro pesante di Derek sul suo collo. La sensazione gli fece correre un brivido lungo la schiena. Si girò verso di lui, aspettando di trovarsi di fronte due agghiaccianti occhi azzurri, dimenticandosi che erano ancora coperti da un lembo della sua stessa maglietta. Stiles lo fissò comunque, ora i loro respiri si scontravano uno sull’altro, gli artigli del lupo si stavano lentamente abbassando e la presa sul suo polso si stava facendo meno forte, permettendogli di girarsi più facilmente. Con la mano libera Stiles tolse la benda dagli occhi dell’altro, ritrovandosi di fronte, con sua grande sorpresa, due grandi occhi verdi, resi più scuri dall’assenza di luce.
“Bè, stai migliorando” commentò il ragazzo, continuando a fissare l’altro e senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione
“O tu sei particolarmente scarso” commentò Derek con un sorriso sulle labbra, anche lui non voleva allontanarsi.
Continuarono a fissarsi per qualche secondo, i loro respiri che piano piano diventavano più regolari. E sempre più vicini.
La voce di Deucalion li fece voltare entrambi, improvvisamente allerta.
“E’ qui!”
Scott e Malia si tolsero velocemente la benda dagli occhi, sentando lentamente una sensazione di ansia e terrore che cominciava a pervaderli, e fissando il lupo mannaro in attesa di istruzioni. Quando quest’ultimo si girò non poté fare a meno di dargli degli idioti
“Vi ho detto che è qui! Rimettetevi le bende e andate verso la macchina!”
I ragazzi fecero come gli era stato detto, correndo verso la jeep di Stiles. Quest’ultimo rimase bloccato per qualche secondo, vedendo che Deucalion, con gli occhi ben serrati, non accennava ad andarsene.
“Stiles, chiudi gli occhi” gli intimò Derek al suo fianco, ma il ragazzo lo ignorò
“Non puoi affrontarlo da solo, vieni dobbiamo andarcene!”
“Non faremmo in tempo, ci raggiungerebbe. Serve un diversivo” il lupo mannaro sorrise “Vedete di trovare un modo per uccidere questa cosa” prese dalla tasca il suo vecchio bastone per ciechi e lo fece scattare rendendolo rigido e pronto per essere usato come arma
“ANDATE!” gridò infine, prima di correre attraverso i rottami, verso un viale buio e dal quale proveniva una strana sensazione che faceva desiderare Stiles di correre nella direzione opposta
“Andiamo!” gli intimò nuovamente Derek, mettendogli la propria benda sugli occhi e prendendolo per un braccio, guidandolo in direzione dell’auto.
 
 
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“Un… angelo?” il tono dello sceriffo non era sconvolto né sorpreso. Non credeva ad una sola parola di quello che gli era stato detto e, se non fosse per il fatto che Lydia era in piedi, viva e senza un graffio, avrebbe cominciato a ridere in faccia al cacciatore.
“Non può… non è possibile…” non trovando le parole si voltò verso il suo vice, ancora aggrappato alla ragazza, tenendole un braccio in torno alla vita, quasi avesse paura che tutto potesse finire da un momento all’altro e lei cadesse a terra ferita dal proiettile. Parrish guardò di rimando il suo capo, senza però sapere cosa dire. Si voltò verso Castiel, guardandolo da sopra la spalla di Dean che si era frapposto a loro, a causa del suo solito istinto protettivo che, una parte di lui lo sapeva, era inutile nei confronti di un angelo.
“Grazie” riuscì a sussurrare il ragazzo, sotto gli occhi dolci e il volto sorridente di Lydia. Castiel si limitò a sorridere, piegando leggermente la testa in avanti.
“Mi dispiace interrompere” intervenne Ethan cercando di attirare l’attenzione di tutti “Ma abbiamo una ventina di cacciatori che potrebbero svegliarsi da un momento all’altro, che ne dite di metterli nelle celle prima che sia troppo tardi?”
Gli altri annuirono, cominciando subito a spostare i corpi dei loro assalitori, Stilinski ancora leggermente sotto shock, Lydia e Parrish che non si perdevano di vista nemmeno per un secondo.
“Dean” la voce di Castiel lo fece sobbalzare, non se lo aspettava così vicino al suo orecchio. Si girò per poterlo guardare negli occhi e si accorse che tutti i fori di proiettile sui suoi vestiti erano già spariti
“Sei ferito” il cacciatore seguì gli occhi dell’angelo e si accorse solo in quel momento di avere un taglio sul braccio sinistro, probabilmente un proiettile che lo aveva preso di striscio
“Ah, sì hai ragione, non me n’ero nemmeno-” non riuscì a finire la frase che la mano dell’altro era già sulla sua ferita, la luce bianca si irradiò da essa dandogli una sensazione di calore improvvisa. Una volta guarito, la mano di Castiel rimase lì, per qualche secondo, gli occhi blu puntati su quelli verdi del cacciatore. La bocca di quest’ultimo si inaridì improvvisamente, e sentì il suo cuore cominciare a battere ad un ritmo veloce e irregolare.
“Qualcosa non va?” chiese l’amico, accigliandosi
“No” riuscì a sussurrare Dean, con una voce talmente tremante da non riconoscere nemmeno come sua. Si schiarì la voce prima di parlare di nuovo “No, niente, ti ringrazio” si allontanò da lui, tornando a spostare i corpi ai suoi piedi, ma sentendo gli occhi dell’altro che restavano fissi su di lui.
Nella sua testa non riusciva a produrre dei pensieri sensati, il cuore gli batteva ancora troppo velocemente nel petto, quando un’unica frase di senso compiuto riuscì a farsi strada nella sua mente.
Ma che cazzo?
Il cacciatore cercò di concentrarsi nel suo lavoro, evitando di alzare lo sguardo per non incrociare quei due occhi indagatori. Cosa gli stava succedendo?
Una piccola parte di lui lo sapeva, e nemmeno tanto piccola. Era semplicemente stata spinta in un angolo del suo cervello dove nessuno la potesse sentire. Anche se lei gridava a gran voce ciò che Dean tentava di reprimere a tutti i costi.
Non sono gay! Gli gridò di rimando un’altra parte di lui, involontariamente. Quella frase cominciò a ripetersi nella sua mente come un mantra prima che il cacciatore potesse fermarla. Si ritrovò a lavorare a ritmo di quelle parole, che non accennavano a spegnersi.
“Bene, abbiamo finito, gli altri sono morti” informò Jackson “Che ne facciamo di loro?”
I corpi erano sette, due ragazzini più giovani e cinque cacciatori, sicuramente esperti. Sicuramente delle brave persone.
Le voci nella testa di Dean si fermarono a quella vista
“Meritano un degno funerale, stavano agendo sotto le direttive di un pazzo, ma credevano di essere nel giusto…” fece una pausa, forse per prepararsi ad affrontare di nuovo quei due oceani azzurri “Cas, potresti portare i più giovani all’obitorio? I genitori vorranno vederli” l’angelo annuì, toccò i due ragazzi e sparì, per poi rifarsi vivo qualche minuto più tardi. Nel frattempo Dean aveva istruito gli altri su come preparare il falò per i restanti cinque corpi. Mentre questi erano andati in cerca di legna o di qualcosa con cui coprirli, lui si era inginocchiato a fianco di uno di loro, chiudendogli gli occhi ormai privi di vita.
“Stai bene?” la voce profonda dell’angelo lo riportò alla realtà
“Sì” rispose lui, non convincendo nemmeno sé stesso
“Abbiamo fatto tutto il possibile” tentò di confortarlo Castiel
Dean si alzò in piedi, voltandosi verso di lui e, nonostante tutto, non riuscendo a trattenere un sorriso di fronte a quello sguardo così dolce e così preoccupato.
“Sì, hai ragione. Dobbiamo mettere fine a questa storia prima che ci siano altre vittime”
Cas annuì, aiutandolo a trasportare i corpi dei cacciatori all’esterno dove i due lupi mannari stavano preparando il falò.
 
 
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“Allora, quanti di voi bei maschioni sono arrivati in questi giorni?” Claire camminava tranquillamente, continuando a voltarsi in direzione dell’uomo dietro di lei. Il cacciatore che le stava facendo da scorta, o meglio da guardia, continuava a fissarla quasi ipnotizzato, la sua arma, che poco prima puntava dritta contro la schiena della ragazza, ora era praticamente indirizzata verso terra. Rispondeva ad ogni suo sorriso e spesso si passava una mano fra i capelli.
“Emm, non saprei, qui ormai saranno venti, venticinque, e altrettanti sono alla centrale di polizia”
La ragazza dovette impegnarsi per non far vedere la preoccupazione che provava dentro
Castiel è con loro, alla fine sono dei semplici umani, se la caveranno
“E ci sarà una di quelle belle armi anche per me?” tornò a chiedere invece indicando quella che sembrava un fucile d’assalto, con il tono di voce più dolce che conoscesse e un sorriso smagliante sulle labbra.
L’altro le sorrise a sua volta, con uno sguardo quasi inebetito, ma prima che avesse il tempo di rispondere entrambi vennero distratti da dei colpi di pistola, provenienti dal corridoio che avevano appena percorso
Merda
Claire prese l’arma che aveva in mano il cacciatore, usandola per colpirlo in testa e fargli perdere i sensi. Controllò se fosse carica e se l’altro avesse altri proiettili, trovandoli e mettendoseli in tasca, prima di andare nella direzione da cui provenivano gli spari.
“Bè direi che il nostro piano è fallito” commentò Argent, che si stava nascondendo con Sam dietro ad un armadio di metallo che avevano spinto a terra. I due erano praticamente stesi par far sì che quell’affare riuscisse a proteggerli dai proiettili che arrivavano a raffica verso di loro. Una volta sentiti i primi colpi cinque cacciatori erano usciti da una delle stanze del corridoio sotterraneo e avevano immediatamente identificato i due intrusi.
“Come ce ne andiamo da qui?” chiese quasi gridando il cacciatore per sovrastare il rumore dei proiettili, mentre si girava cercando di rispondere al fuoco.
“Non possiamo andarcene prima di aver trovato Bobby” Argent fissò Sam incredulo
“Sei impazzito? Ci faremo uccidere!”
“Tu porta fuori i ragazzi, io controllerò le due stanze in fondo al corridoio, lui dev’essere lì” la determinazione negli occhi del ragazzo non accettava un no come risposta, Argent continuò a fissarlo per qualche secondo, prima di imprecare a denti stretti
“Tu va, ti copro io, e vedi di tornare in fretta o me ne vado sul serio!”
Sam non fece in tempo a replicare che l’altro era già uscito dal loro riparo per concentrare il fuoco su di sé. Riuscì ad abbattere un paio di cacciatori prima di vedere con la coda dell’occhio il suo compagno che correva a sinistra, dove proseguivano i sotterranei, e tornare a nascondersi dietro all’armadio. Fece per ricaricare la pistola solo per rendersi conto di avere in mano l’ultimo caricatore a sua disposizione.
Merda.
Claire nel frattempo aveva raggiunto i due lupi mannari, che si stavano riparando dietro ad una delle pareti. Prese velocemente una pistola da uno dei due corpi che si trovavano a terra, continuando a sparare in direzione dei cacciatori, per poi raggiungere i suoi compagni
“Tieni” disse porgendo la pistola a Liam. L’altro fissò l’arma prima di portare lo sguardo preoccupato alla ragazza, e successivamente di nuovo all’arma
“Avanti, peggio di così non può andare”
Il ragazzo lanciò uno sguardo a Theo, il quale annuì, per poi prendere la pistola e farsi spiegare velocemente come funzionasse. I tre continuarono a sparare, cercando di avvicinarsi il più possibile alla porta blindata dalla quale erano entrati.
“Non possiamo abbandonare Sam e Argent” commentò Liam quando riuscirono finalmente a raggiungerla
“Non possiamo nemmeno farci uccidere” rispose Theo “Loro sono ancora al piano inferiore, raggiungerli sarebbe un suicidio” si interruppe per sparare qualche colpo in direzione dei loro assalitori “E poi forse sono riusciti a non farsi notare, magari nemmeno sanno che sono qui”
Liam e Claire si guardarono, abbastanza convinti delle parole dell’altro, ed essendo ormai accerchiati, non avevano comunque molta scelta. Corsero all’esterno, cercando di nascondersi nella boscaglia che circondava l’edificio, ma i cacciatori non si arresero, continuando ad inseguirli.
“Resta qui” intimò Theo a Claire trovandole un buon nascondiglio nell’insenatura che si formava tra due alberi “Loro cercano i lupi mannari, li attireremo noi”
La ragazza annuì, sapendo che i suoi compagni erano molto più veloci di lei e sarebbero riusciti facilmente a seminarli “Fate attenzione” riuscì a dirgli prima che i due cominciassero ad ululare e correre nella direzione opposta rispetto a dove si trovava lei.
Rimase lì, immobile per qualche secondo, prima che il rumore dei passi dei cacciatori scomparisse completamente. A quel punto sarebbe dovuto calare il silenzio, ma così non fu. C’erano ancora dei suoni che provenivano dalla base dei cacciatori. Dei rumori di spari. Non era finita, i cacciatori avevano trovato anche gli altri due componenti del branco.
Sam
Riuscì a pensare la ragazza prima che i suoi piedi si muovessero automaticamente verso la struttura.
Nel frattempo Sam stava correndo lungo il corridoio, gridando il nome di Bobby, ormai non avendo più paura di essere sentito dai cacciatori. Stava controllando ogni stanza, trovandoci dei letti e delle bottiglie di birra abbandonate o delle armi accatastate alla rinfusa in vari scaffali. Una volta controllate tutte le stanze dovette arrendersi alla cruda verità
Bobby non è qui
Per un secondo sentì il suo mondo crollare, le poche certezze che aveva, tutto quello che avevano rischiato per recuperarlo. Tutto inutile. Per un secondo ebbe voglia di gridare per la frustrazione, o di radere al suolo l’intero edificio minacciando i cacciatori uno per uno, per farsi dire dove lo avessero nascosto. Ma il secondo passò e il pensiero di Argent contro un gruppo di cacciatori ben armati lo fece tornare indietro di corsa, non prima però di essersi fermato in una di quelle armerie a recuperare un paio di pistole e più proiettili che poteva.
Quando lo raggiunse l’uomo era a terra, la spalla sinistra che sanguinava copiosamente e la pistola abbandonata a terra, ormai senza colpi in canna. Il Winchester lo raggiunse, porgendogli la nuova arma
“Tieni, ce ne andiamo da qui”
L’altro lo fissò sbigottito “Dov’è Bobby?”
Sam scosse la testa, portando per qualche secondo lo sguardo a terra
“Non c’era. O lo tengono nascosto da qualche altra parte o…” non voleva nemmeno pronunciare quella parola. Indurì la mascella e distolse lo sguardo. L’altro gli mise una mano sulla spalla
“Non ti preoccupare, lo troveremo” entrambi sapevano che erano parole vane, non avrebbero saputo nemmeno da dove iniziare a cercare, ma quello non era il momento per autocommiserarsi. Misero il colpo in canna e si alzarono dal loro riparo, solo per vedere i due uomini rimasti cadere a terra senza che loro avessero il tempo di sparare un singolo colpo. Dietro di loro si stagliava la figura di una ragazza dai lunghi capelli biondi, con un’arma decisamente troppo grande per lei fra le mani
“Allora? Vi muovete o volete restare lì tutto il giorno?”
I due uscirono, sorridendo alla sfrontatezza di Claire
“Ti ricordo che è ancora notte” le fece notare Sam
“Non per molto, c’è una bellissima alba qui fuori, volete darle un’occhiata?” chiese facendogli strada. Avevano appena finito di fare le scale, quando si trovarono davanti un’intera schiera di cacciatori, le armi puntate su di loro. In mezzo a quegli uomini ce n’era uno più anziano, capelli bianchi solo sul retro del capo, occhi scuri e minacciosi
“Andate da qualche parte?” un sorriso inquietante si stava formando sulle labbra di Gerard, che però si rabbuiò leggermente alla vista della ragazza
“Claire… mi hai molto deluso ragazza. Eri promettente”
Lei non rispose, si limitò a fissarlo con puro odio negli occhi. Tutti e tre avevano ancora le armi alzate, ma non osavano muovere un muscolo.
“Lasciali andare” la voce di Argent interruppe quello scambio di sguardi “Sono solo dei semplici cacciatori, non sono una minaccia. Io lo sono, e fidati non avrò pace finché non ti vedrò morto” l’ultima frase uscì dalle sue labbra con un tono tagliente e minaccioso. Sul volto dell’altro, però, tornò a formarsi un sorriso.
“Figliolo… davvero mi uccideresti? Sto solo cercando di fare di questo mondo un posto migliore”
“Davvero? Allora dimostralo. Prendi me e lascia andare loro”
“Chris” la voce di Sam lo fece voltare, ma non gli fece cambiare idea
Fidati di me
Il Winchester lesse il suo labiale e, anche se non del tutto convinto, annuì. Argent tornò a fissare suo padre. Quest’ultimo stava ancora sorridendo ma l’occhio allenato dell’altro notò che l’aveva messo in difficoltà. Era circondato dai suoi uomini, non poteva uccidere altri cacciatori di fronte a loro, specialmente non una ragazzina.
“Va bene, accetto il tuo accordo” disse infine
Sam e Claire si guardarono, nessuno dei due voleva abbandonare lì il loro compagno, ma non avevano altra scelta. Il gruppo di cacciatori si aprì, permettendogli di uscire dalla porta principale. Sam lanciò un’ultima occhiata ad Argent, il quale gli sorrise, sicuro di sé. Il cacciatore si voltò, uscendo dalla struttura insieme alla ragazza.
Argent tornò a puntare gli occhi verso suo padre, appoggiando la pistola a terra e alzando successivamente le mani.
L’altro sospirò “Bè figliolo… fra tutte le delusioni che ho dovuto affrontare nella mia vita, tu sei di sicuro la più grande” gli occhi neri saettarono verso di lui, appena in tempo per vedere la consapevolezza che si faceva strada nel volto del figlio, il quale stava sbarrando gli occhi terrorizzato, gridandogli di fermarsi.
“Fuoco!”
 
 
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Claire e Sam avevano fatto qualche metro quando, improvvisamente, sentirono i colpi di pistola che cominciarono a venire sparati a raffica. Entrambi si bloccarono, girandosi verso l’edificio, entrambi ebbero la tentazione di correre in soccorso dell’amico, ma entrambi sapevano che era già troppo tardi.
Claire cominciò a gridare, correndo ugualmente nella direzione degli spari, ma Sam la fermò, trascinandola fino alla macchina, dove trovò gli occhi preoccupati di Theo e Liam, in cerca del loro terzo compagno, di fronte ai quali non ebbe il coraggio di parlare e, infondo, non c’era nemmeno bisogno di parole.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Nel bunker c’era un silenzio tombale. Nessuno osava parlare, nessuno sapeva cosa dire. Il dolore era palpabile, nessuno osava disturbarlo con stupidi “Mi dispiace” o ancora più stupidi “Almeno il loro sacrificio è servito a qualcosa”
Ognuno si era appropriato di un divano o di una brandina, fatta eccezione per Ethan e Jackson, che stendevano abbracciati su una di esse, e Lydia e Parrish, che erano seduti su un divano, il ragazzo la circondava con un braccio mentre lei aveva lo sguardo fisso a terra. Lo sceriffo era rimasto alla stazione di polizia, per controllare i prigionieri, chiamando alcuni dei suoi uomini che gli erano rimasti fedeli per aiutarlo. Alcuni dei ragazzi si erano addormentati, ormai sfiniti, altri stavano per crollare. Avevano bisogno di riposo, e di riprendersi dalle perdite che avevano appena subito. Lentamente tutti si addormentarono, tutti tranne Castiel ovviamente. Stava camminando in mezzo a quello che aveva cominciato a considerare anche come il suo branco, osservando i volti rilassati dei ragazzi, e appoggiando delicatamente due dita sulla fronte di quelli che sembravano turbati, a causa di un brutto sogno, e rendendolo subito più piacevole. Non trovando più posti liberi, recuperò una sedia dalla cucina, sedendosi automaticamente vicino a Dean, ma osservando un punto indefinito di fronte a sé avendo un unico pensiero che continuava ripetersi nella sua mente
Sono l’unico che può fare qualcosa
 
 
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“NO! Assolutamente no!”
Le grida di Dean rimbombavano all’interno del bunker, infastidendo il resto del gruppo che si stava ancora rendendo conto di essersi svegliato, ma al cacciatore non poteva importare di meno
“Dean, non abbiamo altra scelta”
“E per questo tu devi intraprendere una missione suicida?”
L’angelo sospirò, distogliendo per qualche secondo lo sguardo dal cacciatore
“Quindi cosa proponi? Rimaniamo qui a non fare niente?”
“Troveremo un modo”
“Ce l’abbiamo già un modo”
“Questo non è un modo, è giocare alla roulette russa!”
“Dean, sono un angelo, le probabilità che i suoi poteri non funzionino su di me sono molto alte”
“Ma quando una delle sue metà ha cominciato a usarli hanno colpito anche te, come lo spieghi?”
I due si fissarono in silenzio per qualche secondo, mentre l’angelo pensava ad una spiegazione da dare
“La paura è un sentimento che si può indurre facilmente, è più probabile che siate stati voi a influenzarmi più che l’Anuk-ite”
Dean fece uscire una risata esasperata dalle labbra, cominciando a camminare nella direzione opposta dell’angelo “Cas, ti stai arrampicando sugli specchi” si prese il volto fra le mani, riportando poi lo sguardo preoccupato sull’angelo “Non sei indistruttibile” non lo disse con cattiveria, lo disse perché voleva che l’altro se ne rendesse conto, perché non voleva che affrontasse quella cosa da solo.
Castiel, però, interpretò male le parole del cacciatore, sentendosi ferito nel suo punto debole. Serrò le labbra, assottigliando lo sguardo
“Non puoi fermarmi Dean”
“Non ti azzardare-” non fece in tempo a finire la frase che l’amico era già sparito, seguito da quel familiare rumore di battito d’ali.
Il cacciatore cominciò a gridare, cercando di sfogare la sua frustrazione. Calciò una delle brandine, facendola rovesciare e producendo un forte rumore metallico.
“Odio quelle stupide ali”
“Dean…” suo fratello gli si era avvicinato, cercando di farlo calmare. Gli mise una mano sulla spalla, ma il secondo gliela spinse via. Prese una delle sue borse, mettendoci dentro diverse armi e munizioni
“Dove stai andando?”
“A cercare quell’idiota” rispose lui, mettendosi la borsa in spalla
“Aspetta, vengo con te-” il fratello stava già prendendo la sua borsa quando la voce dell’altro lo fermò
“No, Sam” era decisa e autoritaria, tanto che, per un secondo, ricordò a Sam quella di loro padre “Tu non ti muovi da qui, chiaro?”
Erano anni che suo fratello non gli parlava con quel tono, e la cosa lo sorprese tanto da impedirgli di rispondere. Si limitò ad annuire e seguire suo fratello con lo sguardo quando uscì dal bunker. Fu solo col suono familiare del motore dell’impala che il cacciatore tornò in sé, rendendosi conto che non era più un bambino, ma ormai era troppo tardi. Si voltò verso il resto del branco, trovando sguardi di comprensione ad accoglierlo, e un paio di facce ancora assonnate che gli strapparono un sorriso.
“Vedrai che tornerà” cercò di confortarlo Stiles “Anzi che torneranno” si corresse con un sorriso
“Grazie” rispose il cacciatore, spostandosi in cucina per prendere un caffè
Stiles si sedette sul divano pesantemente, rendendosi conto solo dopo del lupo mannaro alla sua sinistra. Si sarebbe aspettato di incrociare il solito sguardo imbronciato, invece sul volto dell’altro c’era un mezzo sorriso. Stiles lo guardò incuriosito
“Stai sorridendo?”
Derek, quasi automaticamente, riabbassò i lati della bocca, rendendosi subito conto di quanto dovesse risultare ridicola la scena vista da fuori.
Stiles, infatti, cominciò immediatamente a ridere “Lo sai, non è che la tua aria da macho perde punti se ti concedi un sorriso di tanto in tanto”
Derek, per tutta risposta, corrugò la fronte, riducendo gli occhi a due fessure
“Ok ok, scusa” disse l’altro, alzandosi dal suo posto e allontanandosi, ma non prima di aver lanciato un’ultima occhiata furtiva al lupo mannaro, e sorprendendolo nuovamente a sorridere, il volto rivolto verso il basso e le braccia incrociate sul petto.
 
 
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“Allora?” Theo si era appena seduto sul divano, a pochi centimetri da Liam, quest’ultimo lo stava fissando confuso
“Allora cosa?”
“Hai smesso di preoccuparti?”
L’altro continuava a non seguirlo, anche se una piccola parte di lui sapeva dove voleva andare a parare
“Con le tue crisi di rabbia” si decise a spiegare Theo “Ti sei reso conto di stare bene?”
Liam sorrise, ma non era un sorriso allegro, era triste, malinconico
“Il fatto che non siano venute questa volta non vuol dire che siano scomparse”
L’altro sospirò, esasperato “Quando la smetterai di preoccuparti di fare del male alle persone e di sentirti in colpa?”
Liam non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo puntandolo verso il terreno e serrando le labbra. I capelli, ormai completamente privi di una piega uniforme, gli cadevano sul viso, rendendolo per gran parte coperto.
Theo non riuscì a trattenersi. Passò una mano sul volto dell’altro, spostandogli una ciocca dietro l’orecchio. Liam lo fissò, senza parole, mentre il sorriso dolce dell’altro si trasformava lentamente in puro terrore
“Io… emm… stavo…” Theo tolse velocemente la mano, passandosela fra i propri capelli
“Forse è meglio che io…” Liam indicò un punto indefinito del bunker mentre i alzava dal divano
“Sì be a dopo…” Theo fece per salutarlo con la mano, mentre l’altro si allontanava gesticolando goffamente, per poi mettersi quella stessa mano sul volto, coprendosi gli occhi. Avrebbe voluto scomparire, uscire da quel posto e correre il più lontano possibile. Si voltò nuovamente verso Liam e lo scoprì nel fissarlo attentamente per poi, non appena incrociò il suo sguardo, correre in cucina senza voltarsi indietro. Theo portò lo sguardo a terra, passandosi le mani fra i capelli, ma non riuscendo a impedirsi di sorridere.
 
 
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“Come stai?” la voce di Malia era particolarmente dolce, e riuscì a strappare un triste sorriso alla diretta interessata
“Dovrei chiederlo io a te, Argent era un tuo amico” Claire sentì l’altra sedersi al suo fianco ma non alzò lo sguardo
“Non eravamo proprio amici” commentò, tenendo gli occhi fissi su di lei, i capelli ricci e lasciati sciolti che le impedivano di vederle il viso “Non avresti potuto fare nulla”
Questa frase fece finalmente alzare il volto all’altra “Lo so” rispose, quasi offesa “Non sono come quegli idioti pieni di sensi di colpa, io sono andata in mezzo alla sparatoria, li ho salvati, anche tornando indietro non potrei evitarlo”
Davanti a questa reazione Malia non poté evitare di sorridere “Fai bene, avere rimpianti è…” un sospiro le sfuggì dalle labbra “Così inutile” questa volta fu lei a distogliere lo sguardo, fissandolo sulla parete di fronte a sé, la mascella rigida. Senza nemmeno accorgersene stava conficcando le unghie sul divano dove era seduta, formando dieci piccoli fori sul tessuto. Improvvisamente sentì il calore della mano dell’altra sulla propria, si voltò verso la ragazza, e le due si sorrisero a vicenda, mentre il lupo mannaro ritirava gli artigli, in modo da essere in grado di stringere a sua volta la mano dell’altra.
 
 
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“Ti dispiace versarlo anche a me?”
Sam si voltò ritrovandosi due occhi grigi puntati contro. Peter sorrise, cercando di apparire il più cordiale possibile
“Um, certo” il cacciatore versò il caffè anche nella tazza del lupo mannaro, prima di dare il primo sorso al proprio. Si era appoggiato tranquillamente ad una delle pareti, prima di rendersi conto che l’altro lo stava seguendo a ruota, uno sguardo malizioso negli occhi
“Allora…” cominciò a chiedere, il volto coperto dalla tazza che si stava lentamente portando alle labbra “Tuo fratello e quell’angioletto… cosa c’è fra loro?”
Sam lo guardò interdetto per qualche secondo, si vedeva che l’altro si stava divertendo, e la cosa strappò un sorriso anche al cacciatore
“Ah, non lo so nemmeno io, qualunque cosa sia dev’essere un legame molto profondo” entrambi si misero a sogghignare come fossero due liceali che spettegolavano degli ultimi gossip. Sam sentì il peso che la partenza di suo fratello e del suo migliore amico avevano lasciato farsi più leggero. Aveva bisogno di distrarsi un po’, erano giorni che non facevano che combattere o fare ricerche, e ora anche la morte di Argent. Sam si sentiva terribilmente in colpa per averlo abbandonato, ma la parte razionale di lui gli diceva che non aveva avuto altra scelta. Il cacciatore stesso gli aveva detto di andarsene, sicuro che Gerard non lo avrebbe ucciso. Sicuro che suo padre non l’avrebbe ucciso. Solo il pensiero gli faceva ribollire il sangue, voleva ritrovare quel figlio di puttana e farlo fuori senza pietà come aveva fatto lui col suo stesso figlio.
“A che pensi?” si informò il lupo mannaro, sorseggiando tranquillamente il suo caffè
“A niente” rispose freddamente il cacciatore
“Ah, conosco quello sguardo. E’ uno sguardo di vendetta”
Sam si girò, stupito che l’altro fosse stato in grado di leggerlo così facilmente. Stava per rispondergli quando i due vennero interrotti da un Liam sconvolto che entrava nella stanza con fare nervoso e, apparentemente senza neanche vederli, si sedette al tavolo, mettendosi le mani fra i lunghi capelli. I due lo osservarono per qualche secondo prima che Peter continuasse, senza curarsi troppo della cosa.
“Nono ti preoccupare, faremo fuori quei figli di puttana. E ritroveremo il vostro amico cacciatore” aggiunse poi, quasi ricordandoselo solo in quel momento “Sai mi stava simpatico, anche se era un po’ fuori di testa. Una volta mi ha parlato di una pistola speciale capace di uccidere quasi ogni creatura e che sarebbe stata perfetta per noi. Peccato che non sapesse dove fosse finita, comodo vero?”
“La Colt!” si illuminò improvvisamente Sam “Ma certo! Perché non ci ho pensato prima?” il cacciatore corse nell’altra stanza, abbandonando il suo caffè sul tavolo
“Aspetta, vuoi dirmi che esiste sul serio?”
Peter lo seguì, ovviamente con molta calma, e senza smettere di sorseggiare la sua bevanda. Sam trovò quello che stava cercando e tutti, incuriositi dallo scatto improvviso del cacciatore, rimasero quasi delusi nel constatare che il bottino che stava cercando fosse semplicemente il suo cellulare. Tutti tranne Claire
“Hai scoperto chi aveva chiamato Bobby?”
“No, ho di meglio” rispose, cominciando a digitare il numero “Ho l’arma per uccidere l’Anuk-ite” gli occhi di tutti si spalancarono increduli, mentre il telefono cominciava a squillare. Sul display si potevano leggere solo tre numeri.
666.
 
 
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Nonostante fuori il sole fosse ancora alto, all’interno della scuola c’erano già lunghe ombre che ricoprivano i corridoi, rendendoli infinitamente lunghi e inquietanti. A Castiel bastarono pochi secondi per capire di trovarsi nel posto giusto. Si era teletrasportato in diverse zone della città, all’inizio cercando un po’ ovunque, poi rendendosi conto che bastava seguire la sensazione di paura che si faceva strada in quel luogo. Finalmente aveva trovato la sua fonte: il liceo di Beacon Hills.
L’angelo si stava aggirando furtivo per i corridoi, la lama angelica già alla mano. Il cuore batteva velocemente in petto, le mani cominciarono a sudargli, e sentiva la lama tremante fra ti esse. No, non erano stati gli altri a trasmettergli quella sensazione di paura, era stata quella creatura. Del resto Castiel ne era già consapevole, stava semplicemente tentando di convincere Dean. Sentì il cuore chiudersi in una morsa, il pensiero di aver abbandonato il cacciatore in quel modo, offendendosi per delle parole che ora sembravano così stupide, consapevole del fatto che quella sarebbe potuta essere l’ultima volta in cui lo avrebbe visto. Un respiro tremante gli sfuggì dalle labbra
Mi dispiace, Dean
Fu in quel momento che cominciò a sentire dei passi avvicinarsi a lui. Erano pesanti e regolari, accompagnati da versi inquietanti. L’angelo si ritrovò improvvisamente a tremare di paura. Non riusciva a muoversi, il terrore lo stava letteralmente bloccando.
E andrà anche peggio se non ti decidi a muoverti
Con tutta la forza di volontà di cui era capace Castiel si mosse, correndo verso una delle porte aperte che aveva superato poco prima. Era in una delle tante aule, appoggiato con la schiena alla parete, sul lato sinistro della porta. Cercò di regolare il respiro, portandosi l’arma al petto, pronto ad entrare in azione. Fu in quel momento che lo vide materializzarsi di fronte a sé.
Lentamente, dal nulla, stava prendendo forma una figura, come un fantasma del passato, che prendeva lentamente vita. Una parte dell’angelo gli diceva di chiudere gli occhi, ma un’altra parte gli diceva di guardare, curiosa di cosa sarebbe venuto fuori, di quale sarebbe stata la sua più grande paura, e quando finalmente ebbe finito di comporsi, Cas non riusciva a credere ai suoi occhi.
Era Dean. Di fronte a lui si era materializzato Dean Winchester. L’angelo lo fissò, confuso, e quasi sollevato.
Allora veramente non funziona con gli angeli
Un piccolo e silenzioso antro della sua mente ponderò l’ipotesi che con gli angeli l’effetto fosse l’opposto. Invece di mostrare la cosa che più ti spaventa l’Anuk-ite mostrasse la cosa che ti faceva sentire più al sicuro, che ti facesse sentire più felice.
Un piccolo sorriso si formò sulle labbra di Castiel, appena prima che il suo braccio si alzasse, contro la sua volontà, e colpisse Dean in pieno viso.
 
 
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“Alce! Da quanto tempo, a cosa devo l’onore?”
Sam si maledisse per aver chiamato il demone con il vivavoce e rispose tentando di ignorare i volti confusi ma divertiti degli altri.
“Crowley, abbiamo bisogno del tuo aiuto… stiamo seguendo un caso e c’è questa creatura che non sappiamo come uccidere. Ci farebbe molto comodo la Colt”
Ci fu una pausa, dall’altro capo del telefono non si sentì più nulla
“Crowley?”
“Non è possibile” si decise finalmente a rispondere l’altro “Al momento è in possesso di un… demone molto potente”
Quella pausa non piacque per niente al cacciatore che, distratto dalla conversazione, non si rese conto degli sguardi sconvolti del resto del branco alla parola demone.
“Ma tu sei il re dell’inferno, i demoni non dovrebbero rispondere a te?”
“Non proprio il legittimo re… è una lunga storia e non voglio farti perdere tempo quindi, sono molto spiacente ma non posso aiutarvi, vi auguro buona fortuna ragazzi”
“Aspetta!” lo bloccò appena in tempo il cacciatore “Non abbiamo alternative, niente può uccidere questa cosa”
Crowley sospirò “Dovrete trovare un modo, non è un problema mio-”
“Dean e Castiel sono in pericolo, Bobby è scomparso, non so come aiutarli” Sam dovette concentrarsi per far uscire queste parole dalla sua bocca “Per favore, abbiamo bisogno del tuo aiuto”
Il demone sospirò di nuovo “Che palle. Vedrò cosa posso fare” un’altra pausa “Voi tre idioti mi dovete un’enorme favore”
La chiamata terminò e Sam alzò un viso soddisfatto e fiero di sé, solo per trovarsi di fronte una decina di volti sconvolti e preoccupati.
Ovviamente fu Stiles il primo a parlare
“Un demone!? Hai chiesto aiuto a un demone!? Anzi non un demone qualunque, il re dell’inferno! Stiamo… stiamo parlando di Lucifero? Non era la tua più grande paura?!”
“No…” Sam si ritrovò improvvisamente a disagio, ufficialmente pentito di aver tenuto la chiamata in vivavoce “No, non si tratta di Lucifero, questo demone si chiama Crowley-”
“Giusto, Crowley! Come ho potuto sbagliarmi! Allora dev’essere un demone molto più affidabile, insomma non è la caratteristica di ogni demone!?”
Sam si guardò intorno, in cerca di aiuto, ma nessuno accennava a supportarlo o a voler fermare il ragazzo.
Ok, forse non erano pronti per questo
“Stiles, calmati, Crowley ha aiutato me e Dean più di una volta, non posso dire che sia affidabile, ma…” Sam si trovò in difficoltà a trovare un aggettivo positivo per descriverlo, quando un leggero colpo di tosse alle sue spalle lo salvò dal dover terminare la frase.
Un uomo con un completo scuro, una barba ordinata e capelli neri, si era appena materializzato alle sue spalle
“Davvero? Non riesci a trovare qualcosa di carino da dire su di me? Che ne dici di…” cominciò, camminando per la stanza “Elegante, intelligente, sempre disponibile a risolvere i vostri casini”
Sam lo guardò in modo quasi offeso, mentre l’altro gli donava uno dei suoi sorrisi più smaglianti
“Hai fatto presto” commentò il cacciatore “Non è stato così complicato dopotutto”
“E tu non mi avevi detto di avere un piccolo esercito dalla tua parte, siamo pari” commentò l’altro spostando lo sguardo sulle facce terrorizzate degli altri “E’ in prestito, quindi vedi di restituirla” estrasse la pistola dall’interno del completo e nel momento stesso in cui lo fece tutti i componenti del branco fecero un passo indietro, il demone li fissò quasi confuso. Stiles si azzardò a mettere sue dita di fronte a sé poste come una croce
“N-non ti avvicinare” disse con la voce meno minacciosa mai sentita.
Crowley alzò gli occhi al cielo per poi puntarli verso Sam “Fa sul serio?”
“Grazie dell’aiuto” il cacciatore si spostò in direzione del demone per recuperare la pistola, e fu in quel momento che quest’ultimo puntò gli occhi su Parrish. Il suo sguardo si illuminò improvvisamente e sul suo volto comparve un sorriso
“Romeo!” esclamò sorpreso. Tutti si girarono verso il vice sceriffo, il quale però sembrava più confuso di chiunque altro. Gli occhi tornarono sul demone
“Oh ovviamente non ti ricordi di me, ma tu eri uno dei miei cuccioli, certo prima che lo spilungone qui ti uccidesse per quello stupido rituale”
“…Cosa?” fu Sam a parlare che, per un secondo, si dimenticò completamente della Colt, ancora in mano al demone
“Il vostro amico qui è un mastino infernale, o meglio lo era prima che tu lo uccidessi” rispose lui, dicendo l’ultima frase fissando Sam dritto negli occhi, il cacciatore però si era già voltato in direzione di Parrish, il quale sembrava ancora confuso
“Vuoi dire che dopo che l’ho ucciso lui si è… reincarnato in un essere umano?”
“Se la vuoi mettere così, sì” commento Crowley, senza togliere gli occhi dal suo ex cagnolino da compagnia
“No, non è possibile…” riuscì finalmente a dire il diretto interessato. A questo punto il demone gli si avvicinò lentamente, la pistola ancora alla mano. L’intero gruppo indietreggiò immediatamente, non fidandosi ancora del nuovo arrivato, ma lui sembrò non curarsene in quanto era concentrato solo sul vice sceriffo.
“Non ti avvicinare” provò ad intimargli Lydia, con una voce che non avrebbe spaventato nemmeno un coniglio
“Tranquilla tesoro, voglio solamente dare un’occhiata” il demone si avvicinò a lui, studiandolo attentamente, sembrava quasi avesse la tentazione di accarezzarlo. A questo punto Peter non riuscì più a trattenere le risate, tutti si voltarono verso di lui
“Oddio scusa, hahaha” tentò di dire con le lacrime agli occhi “E’ solo che… haha tu saresti il re dell’inferno e ti addolcisci vedendo il tuo animaletto infernale” un’altra grassa risata gli uscì dalle labbra “Scusa ma proprio non riesco ad aver paura di te”
Crowley fissò il lupo mannaro con sguardo tagliente, per poi alzare un paio di dita e sbatterlo contro la parete opposta.
Il lupo venne preso completamente alla sprovvista, rimanendo sospeso a mezz’aria e trasmettendo l’esatto sguardo di terrore che il demone voleva vedere. Tutti si allontanarono, prendendo le prime armi che trovavano a tiro, o facendo fuoriuscire i canini appuntiti. Parrish non fu da meno, illuminando i suoi occhi di rosso con sfumature arancioni. Il demone gli sorrise, improvvisamente euforico
“Ah, mi sbagliavo, sei ancora un mastino infernale”
 Alle sue spalle Sam tentava di far calmare il gruppo.
“Ok, adesso basta, Crowley dammi la pistola e vattene da qui”
“Perché non fai come questi ragazzi, alce, loro mostrano rispetto per il re dell’inferno” Crowley sorrise nuovamente al suo animaletto, prima di consegnare la pistola al minore dei Winchester “E’ un prestito, non un regalo, tornerò a riprendermela” una volta che l’altro ebbe la Colt fra le sue mani il demone svanì nel nulla, e Peter precipitò rovinosamente a terra.
Una serie di sguardi accusatori si puntarono sul cacciatore, per poi spostarsi sul mastino, diventando qualcosa di indecifrabile, fra il dubbio, lo spaventato e l’incredulo.
“Ok, lo ammetto” ruppe il silenzio Peter “Questa volta avrei potuto tenere la bocca chiusa”
 
 
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“Ti prego… Basta!”
La voce dell’angelo era straziante, non aveva più il controllo del suo corpo, che continuava a colpire quello di Dean, inesorabilmente. Il suo volto era quasi irriconoscibile, completamente ricoperto di sangue e di tumefazioni. Il cacciatore non reagiva, tentava a stento di proteggersi ma senza contrattaccare. Quando quegli occhi blu incontravano il suo sguardo vi leggevano puro odio, ma nonostante questo l’altro non faceva nulla pur di evitare di fargli del male.
Castiel continuava a gridare di fermarsi a quella cosa, gridava a Dean di andarsene, gridava al suo corpo di smettere di ferirlo. Non riusciva a pensare, non riusciva ad agire. Non realizzava che quella era solo un’immagine nella sua testa, non realizzava che continuando ad urlare in quel modo avrebbe attirato quella creatura dritta verso di lui, e nemmeno gli importava. Voleva soltanto che tutto questo finisse il prima possibile.
C’era solo una piccola parte di lui, l’unica rimasta razionale, che gli faceva porre una sola domanda: perché?
Si sarebbe potuto aspettare qualsiasi cosa da quella creatura ma non questo. Cosa gli faceva credere che questa fosse la sua più grande paura? Perché in effetti non lo era. Quello che sentiva non era esattamente paura, era qualcosa di più, era dolore
Forse per gli angeli è diverso, ma non come pensavi tu
Gli ricordò quella vocina
Forse agli angeli non fa l’effetto contrario, lo amplifica
Dean nel frattempo si era accasciato a terra e i piedi dell’angelo avevano cominciato a prenderlo a calci, quasi riuscendo a percepire le costole che si rompevano
“Ti prego… ti prego, fermati!”
Ma c’è qualcosa che non va
Di nuovo quella vocina, di nuovo quella stupida vocina
Sam ha detto che quando ha incontrato Lucifero lui era come una nuvola di fumo. Non si poteva toccare. Tu invece lo stai toccando eccome.
Forse
La parte razionale, o forse quella meno razionale, di lui tentava di zittire quella vocina, che però non accennava a fermarsi
Forse questo non è l’Anuk-ite
Castiel la pregò di fermarsi, di non finire quella frase ma, come se non avesse più il controllo non solo del suo corpo ma anche della sua stessa mente, questa continuò
Forse questo è reale
E fu quello il suo punto di rottura. Cominciò a gridare, incontrollabilmente, di dolore, di paura, di frustrazione, per poi riuscire miracolosamente a fermarsi. Il suo corpo rispondeva di nuovo ai comandi, quella fastidiosa vocina era sparita, e il corpo di Dean giaceva inerme ai suoi piedi, senza vita.
Sul volto di Castiel si dipinse puro dolore, fece per avvicinarsi al cacciatore, ma aveva paura che il suo corpo ricominciasse a colpirlo. Nonostante quello fosse ormai un corpo senza vita, Castiel non voleva rischiare, non voleva fargli ancora del male o forse, egoisticamente, farsi ancora del male. Le sue mani cominciarono a tremare, la lama angelica era stata abbandonata a terra molto tempo prima, non sapeva nemmeno lui precisamente quando. Indietreggiò lentamente, avendo difficoltà a reggersi sulle sue stesse gambe, sentì il cuore battergli velocemente, il senso di colpa e l’odio per sé stesso che crescevano a dismisura. Gli occhi blu erano fissi sul corpo steso a terra, incapaci di guardare altrove, ma la vista cominciò improvvisamente ad annebbiarsi.
Castiel non aveva mai pianto, non sapeva cosa si provasse, non sapeva nemmeno se fosse possibile per un angelo. A quanto pare lo era, ed era anche la cosa più dolorosa che avesse mai provato. Sentì le calde lacrime scorrergli lungo le guance, al petto sentiva un dolore fisico che gli attanagliava il cuore, rendendogli persino difficile respirare. Continuò a indietreggiare, tanto da uscire dall’aula dove si era nascosto per poi ritrovarsi in corridoio, gli occhi ormai quasi incapaci di vedere a causa delle lacrime, ancora fissi al suo interno, sul corpo del cacciatore. Del suo cacciatore. Sul corpo del suo Dean
“Cas!” l’inconfondibile voce roca e profonda proveniva dalla sua sinistra, l’angelo si girò immediatamente, pieno di speranza, pieno di sollievo… e pieno di puro terrore per quello che avrebbe potuto fargli.
 
 
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Il sole stava tramontando all’orizzonte, la luce arancione stava dipingendo la distesa di alberi a lato della strada, colpendo poi il finestrino dell’impala, e gli occhi del guidatore al suo interno. Dean imprecò a denti stretti mentre vagava per le strade in cerca di un trench logoro e folti capelli neri. Erano solo trenta minuti che stava cercando ma gli sembravano ore. Ad ogni minuto la sua preoccupazione aumentava, e da quando suo fratello aveva cominciato a chiamarlo, anche la sua rabbia. Alla quinta chiamata di seguito si decise finalmente a rispondere, dando sfogo a tutta la sua frustrazione sul povero Sam
“Non tornerò indietro finché non l’avrò trovato, e ora smettila di chiamare!”
“Dean, aspetta! Sappiamo come ucciderlo”
Il ragazzo si illuminò improvvisamente, dimenticando tutta la sua rabbia
“Come?”
“La Colt” si limitò a rispondere Sam
“Non abbiamo idea di dove sia”
“Ce l’aveva Crowley, l’ha già portata qui e-”
“Sto arrivando” il cacciatore fece un testa coda degno dei migliori automobilisti al mondo, per poi sfrecciare in direzione del bunker.
Quando arrivò la stanza si ammutolì. C’era palesemente una discussione in atto ma a quanto pareva ai suoi compagni bastò vedere lo sguardo di urgenza di Dean per ammutolirsi e rimandare ad un altro momento.
“Dammela” intimò il cacciatore al fratello che, questa volta, non si fece trovare impreparato
“Dean, abbiamo bisogno di un piano, anche se abbiamo un’arma quella cosa-”
“HO DETTO DAMMELA!” ringhiò l’altro
Sam si ritrovò a fissarlo, senza parole, non aveva mai visto Dean in quello stato. Il ragazzo si rese conto di stare esagerando, lesse lo sguardo quasi spaventato di suo fratello e improvvisamente si vergognò di sé stesso
“Scusa io…” nonostante si fosse reso conto del suo errore non voleva perdere tempo “Mi dispiace, ma non abbiamo tempo, dobbiamo trovare Cas prima che-”
“Esatto, dobbiamo trovarlo. Insieme. Da solo non arriverai mai in tempo”
Dean annuì, respirando profondamente per calmarsi “D’accordo, dividiamoci allora”
Stavano per decidere le squadre quando, improvvisamente, Lydia cadde a terra, incapace di reggersi sulle sue stesse gambe. Parrish fu subito accanto a lei, portandole un braccio intorno alle spalle e chiamandola più volte. La ragazza non rispondeva e sembrò cominciare ad avere delle convulsioni. Solo che non erano convulsioni. Erano tremori. Era spaventata a morte.
Nella sua testa cominciò a sentire delle grida, grida di dolore, che pregavano di fermarsi. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre un dolore che mai avrebbe creduto possibile provare le attanagliava il cuore. Le lacrime cominciarono a scendere sempre più copiose, trasformandosi in singhiozzi convulsi, mentre dalle sue labbra uscì una sola parola, come un sussurro, che non fu nemmeno sicura di pronunciare veramente.
“Dean”
Tutto il branco si voltò verso il cacciatore, mentre quest’ultimo aveva gli occhi spalancati, continuando a fissare Lydia. Improvvisamente si ricordò le parole di Stiles
Lei riesce a predire la morte delle persone
Gli occhi verdi del ragazzo diventarono freddi e risoluti quando la ragazza alzò i propri. In essi lesse la sofferenza che le aveva visto provare e, mantenendo la calma più completa, le chiese cosa avesse visto. Lei esitò per qualche secondo, prima di riuscire a parlare
“Castiel è nella scuola”
A quelle parole tutta la sicurezza del cacciatore svanì in un istante, i suoi occhi diventarono vuoti, quasi assenti, mentre nella sua mente un connubio di voci confuse gli rendevano impossibile pensare. Si dovette appoggiare alla testiera di uno dei divani per evitare di cadere, e metabolizzare la cosa.
Tutta quella sofferenza, tutto quel dolore lo stava provando Castiel in quel momento, e l’unica parola che Lydia era riuscita a dire in mezzo a tutto questo era stato il suo nome.
La lucidità tornò immediatamente al cacciatore non appena punto gli occhi sul calcio della pistola infilata nei pantaloni di suo fratello. Con un’agilità che avrebbe superato qualsiasi lupo mannaro la prese, sfilandola con una grazia tale che Sam quasi non se ne accorse, per poi fiondarsi alla porta del bunker, ignorando le voci dietro di lui che gli gridavano di fermarsi. Corse alla macchina, la mise in moto e partì a tutta velocità in direzione della scuola. Aveva sentito delle voci indistinte del resto del branco e forse ancora più confuse quelle nella sua testa, solo una frase prevaleva sulle altre guidando ogni sua azione.
Castiel ha bisogno di me.
 
 
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Sam rincorse la macchina per qualche metro prima di rendersi conto che era inutile. Gridava il nome di suo fratello e gli intimava di fermarsi, ma era troppo tardi. L’impala era già lontana, perdendosi nella penombra serale, che presto avrebbe detto addio anche ai suoi ultimi sprazzi di luce.
Sam rimase lì per qualche secondo, prima di correre all’interno del bunker e recuperare le chiavi della macchina di Argent
“Io vado alla scuola, nessuno è obbligato a seguirmi ma-”
“Vengo con te”
“Anche io”
“Anch’io”
Sam non poté evitare di sorridere nel vedere tutto il branco che si alzava, proponendosi volontario. Compreso Peter che, senza dire una parola, si era alzato in piedi, tenendo lo sguardo rivolto verso il terreno. Ma Deucalion aveva insegnato qualcosa al cacciatore che, nonostante ritenesse che quella sera sarebbe finito tutto, non voleva rischiare vite inutilmente
“Vi ringrazio, davvero, ma non porterò tutti con me” cominciò a studiare i suoi compagni “Scott chi di voi si è allenato meglio con Deucalion?”
“Io e Derek” rispose prontamente lui, capendo cosa il cacciatore volesse fare, anche se non fu l’unico. Stiles lanciò uno sguardo a entrambi. Scott aveva ancora gli occhi fissi su Sam, mentre Derek rispose al suo sguardo leggendovi la preoccupazione che provava. Il lupo mannaro sorrise, assicurandogli che sarebbe andato tutto bene. Il ragazzo non si era affatto tranquillizzato, ma non c’era molto che potesse fare. Sorrise a sua volta, meglio che poté, e cercò di trasmettere le parole attraverso i suoi occhi
Fate attenzione
“Bene, voi due venite con me” stava continuando nel frattempo il cacciatore “Parrish, un mastino infernale nella squadra mi farebbe comodo”
Il ragazzo guardò Lydia, ancora indebolita dalla visione che aveva appena avuto “Vai, non ti preoccupare, io me la cavo da sola” la ragazza sorrise, cercando di farsi vedere forte, anche se quell’esperienza l’aveva completamente prosciugata di ogni energia, lasciandole un vuoto incolmabile dentro
L’altro annuì, vedendo benissimo che lei non si sentisse bene, ma sapendo che non sarebbe stata da sola
“Vengo anche io” si intromise Theo “Sarò la ruota di scorta nel caso qualcosa vada storto” dicendo questo caricò la pistola che si era tenuto dallo scontro con i cacciatori, dimostrando di essere pronto per la missione
“D’accordo” acconsentì Sam
“Aspetta!” lo blocco Liam, non sapendo bene nemmeno lui cosa dire, ma non volendo lasciare l’amico andare da solo. Theo lo fissò, incredulo, e un sorriso scappò al suo controllo
“Verrò anche io… due ruote di scorta sono meglio di una” provò a convincerlo il ragazzo
“In realtà-” provò a dire Sam senza ferire i suoi sentimenti
“Garantisco io per lui” intervenne Theo “Se la saprà cavare” gli lanciò un’occhiata fiera e rassicurante. Liam gli sorrise, felice che l’altro si fidasse di lui, e di scoprire che fra loro era tutto normale nonostante quello che era successo qualche ora prima.
“Bene, allora possiamo andare”
 
 
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Dean era arrivato alla scuola in meno di dieci minuti. Non sapeva quanto veloce avesse guidato, e nemmeno gli interessava. Aveva abbandonato la macchina di fronte all’entrata, precipitandosi all’interno dell’edificio.
“Cas! CAS!” non si era preoccupato del due facce, non si era preoccupato di chi l’avesse potuto sentire, non si era preoccupato di niente. In quel momento la sua preoccupazione era solo una: Castiel.
Si aggirò per i corridoi ormai quasi completamente bui, continuando a chiamare l’angelo a gran voce.
Improvvisamente però una sensazione di puro terrore lo fece smettere. Il suo cuore cominciò a battere più velocemente del dovuto, rendendogli quasi impossibile camminare. Avanzava lentamente con gambe tremanti, sobbalzando ad ogni più flebile suono. Girò un paio di corridoi, senza trovare nulla e poi, senza nessun preavviso, al terzo corridoio che stava attraversando lo vide.
Abbassò completamente la guardia, lasciando penzolare la mano con la quale impugnava la pistola. I suoi occhi si spalancarono, dimenticando quasi completamente la sensazione di terrore che fino a poco prima gli aveva impedito di gridare il nome dell’angelo. Si avvicinò lentamente, quasi non volendo credere che quello che stava vedendo fosse reale. Solo quando si trovò a pochi centimetri da lui dovette ammettere a sé stesso che sì, era reale.
Di fronte a lui si stagliava una statua di pietra, con capelli spettinati, un volto ricoperto da puro terrore, rigato di lacrime, che indossava camicia e cravatta, nascosti per la maggior parte da un vecchio trench.
Dean lo fissò, incapace di parlare, di muoversi o anche di respirare. Di quest’ultimo dettagli se ne accorse solo quando i suoi polmoni cominciarono a fargli male, chiedendogli ossigeno. Il cacciatore allora prese un profondo respiro tremante. Allungò una mano in direzione dell’angelo, accarezzandogli una guancia ormai trasformata in pietra, quasi provando ad asciugargli le lacrime.
Sono arrivato troppo tardi
Maledì sé stesso per questo, maledì quell’essere che l’aveva trasformato in questo, maledì suo fratello che aveva voluto pensare ad un piano invece di partire senza farsi troppe domande. Maledì Castiel stesso che aveva deciso di andarsene e combattere l’Anuk-ite da solo.
Il cacciatore venne distratto da dei passi che si avvicinavano alle sue spalle, inspirò involontariamente dal naso, rendendosi conto solo in quel momento di aver cominciato a piangere. Si asciugò velocemente gli occhi, per poi voltarsi di scatto con la pistola puntata alla testa del suo assalitore.
Sfortunatamente il suo assalitore era Sam, che si affrettò ad alzare le mani per dirgli di fermarsi. Dean sospirò abbassando l’arma e analizzando il gruppetto che suo fratello aveva portato con sé. Si trattava di Theo, Liam e Derek
“Ti sei portato proprio i migliori he?” il suo tono voleva essere scherzoso ma non c’era niente di allegro nella sua voce. I suoi occhi erano spenti e tutta la sua vitalità sembrava sparita
“Gli altri sono in giro a cercarti” spiegò Sam, prima di accorgersi dello stato del fratello “Dean, mi dispiace” fece una pausa ma l’altro non disse una parola “Stai bene?”
A queste parole il maggiore dei Winchester alzò lo sguardo su di lui, emanava puro odio e un carnale desiderio di vendetta “Starò bene quando quel figlio di puttana sarà morto”
Sam annuì vedendo la determinazione del fratello, ma non gli sfuggì un leggero tremore alle mani
“Dean… forse è meglio che dai a me la pistola”
Il cacciatore lo guardò con scherno, ma Sam si limitò a indicargli le mani con un cenno del capo. Dean le sollevo di fronte a sé. Stavano visibilmente tremando. Non avrebbe saputo dire se fosse per lo shock, per la rabbia o per il dolore che stava provando in quel momento, e che si rifiutava categoricamente di esprimere
Non è il momento di piangersi addosso gli intimò una voce autoritaria dentro di sé è il momento di agire
“Ce la faccio” rispose lui, spostando il fratello per farsi strada lungo il corridoio, gli altri si fecero velocemente da parte, per la prima volta avendo sinceramente paura del cacciatore, ma quando Sam cominciò a corrergli dietro loro lo imitarono anche se a debita distanza dall’uomo armato.
Dean non aveva una meta, sapeva solo che doveva trovare quella creatura e ucciderla il prima possibile. Una piccola parte di lui gli suggeriva che, con la sua morte, Castiel sarebbe potuto tornare indietro, tornare da lui, ma scacciò velocemente quel pensiero. Non voleva farsi illusioni e non voleva che queste lo distraessero. Impose alla sua testa di non girarsi e ai suoi occhi di non cercare l’angelo alle sue spalle, per vederlo un’ultima volta. Continuò a camminare, la mano che si strinse attorno alla Colt e i suoi occhi che saettavano veloci in cerca dell’Anuk-ite.
Improvvisamente i suoi piedi si bloccarono sul posto, si fermò così bruscamente che Sam rischiò di andargli addosso ma, subito dopo, anche lui sentì quella stessa sensazione. Era la stessa che aveva provato su quella strada, insieme a Deaton, quella sensazione di puro terrore, di angoscia, accompagnate da quel desiderio di scappare il più lontano possibile, se solo i suoi piedi si fossero decisi a collaborare. Il ragazzo si voltò, vedendo i volti dei suoi compagni che dovevano essere molto simili al suo. Occhi spalancati, mascella rigida e lebbra ridotte ad una bianca linea sottile.
“Chiudete gli occhi” disse Derek, portandosi la benda creata con la maglietta di Stiles sugli occhi e cercando di affinare tutti i suoi sensi, pronto a percepire il più lieve spostamento d’aria. Gli altri si guardarono, un po’ incerti. Non avevano voluto portare le bende, ritenevano più utile poter aprire gli occhi non essendo allenati a combattere al buio, ma in quel momento il pensiero di non sapere cosa stesse succedendo intorno a loro li terrorizzava a morte. Theo e Liam si guardarono, annuendo, cercando di infondersi almeno un po’ di sicurezza a vicenda, e chiusero gli occhi. Sam si voltò in direzione del fratello. Sul suo volto era dipinta un’espressione che il minore dei Winchester non avrebbe mai ritenuto possibile leggere negli occhi dell’altro. Il respiro tremante, gli occhi sbarrati, pieni di terrore, ma allo steso tempo di rabbia e di frustrazione per non essere in grado di combattere quell’essere, e soprattutto quelle sensazioni. Sam, per una volta, si sentì in dovere di prendere in mano la situazione e di guidare il fratello più grande
“Chiudi gli occhi, andrà tutto bene”
L’altro annuì, incapace di ragionare e seguendo le istruzioni dell’altro.
Si ritrovarono tutti e cinque lì, fermi, nel mezzo del corridoio, con gli occhi chiusi, il corpo tremante ed ogni loro senso all’erta per percepire ogni più piccolo suono. Fu allora che cominciarono le visioni.
Fu Theo il primo a sentirle. La voce di Tara, sua sorella, cominciò a cantilenargli nella testa. No, non era nella sua testa, era reale. Sentiva il suo respiro contro il proprio collo, mentre le dita, fredde e bagnate dell’altra, gli accarezzavano il braccio. Il lupo mannaro dovette far fronte a tutta la sua forza di volontà per non aprire gli occhi. Nella sua mente tornarono tutti i ricordi dell’inferno che aveva vissuto, all’interno di quell’obitorio, giorno dopo giorno, ora dopo ora, a scappare da quel fantasma, incapace di trovare un posto dove nascondersi. Fece dei respiri profondi, cercando di calmarsi
“Tu non sei reale” riuscì a sussurrare con voce tremante
Liam aggrottò la fronte, avendo l’istinto di aprire gli occhi, ma riuscendo a reprimerlo
“Theo, cosa succede?”
L’altro non rispose, troppo distratto dalla voce della sorella nelle sue orecchie
“Perché mi hai fatto questo?”
Il respiro dell’altro si faceva sempre più veloce e irregolare “Mi dispiace” sussurrò, non riuscendo ad allontanarsi da quel tocco inquietante.
“Dean! DEAN!” la voce preoccupata del fratello non riuscì a impedire al cacciatore di aprire gli occhi, il quale non dovette cercare troppo a lungo per vedere Sam che, lentamente, si trasformava in pietra
“SAM!” gridò il ragazzo, correndo nella sua direzione. Si trovava a qualche metro di distanza da lui, e lo guardava con occhi disperati, chiedendogli aiuto attraverso di essi. Ma il suo corpo si stava trasformando, inesorabilmente, e lentamente anche il suo volto divenne una fredda e disperata maschera di pietra
“SAM! SAMMY!” Dean lo sfiorò appena, quasi avendo paura di romperlo. Solo in quel momento si rese conto di aver lasciato cadere la pistola a terra nel correre verso di lui, ma non gli importava. Sentiva delle voci confuse dietro di sé che lo chiamavano, ma il cacciatore non voleva ascoltarle.
No, non anche lui, ti prego
I suoi occhi si dipinsero di puro terrore quando sentì dentro di lui una voce che non riconobbe come sua
E ora che farai? Non hai più nessuno. Bobby è morto, lo sai anche tu, e lo stesso vale per il tuo fratellino e il tuo prezioso angelo
Dean scosse la testa, calde lacrime gli rigavano il volto, mentre il suo cuore sembrava chiuso in una morsa, nonostante battesse all’impazzata
Sei solo, sei completamente solo
“Dean!” la voce di Sam, finalmente giunta alle sue orecchie, lo risvegliò improvvisamente. Sbatté le palpebre più volte prima che l’immagine pietrificata del fratello scomparisse completamente e venisse sostituita da quei due occhi marroni che lo fissavano preoccupati “Dean, non è reale, io sono qui!”
L’altro lo fissò per qualche secondo, prima di prenderlo fra le sue braccia, stringendolo con tutta la forza che aveva.
Solo quando si staccò dall’abbraccio e si voltò si rese conto che, del loro gruppo, era rimasto solo Derek, ancora immobile con gli occhi chiusi, ma visibilmente più tranquillo. L’effetto stava svanendo e i tre, nonostante sentissero ancora la paura dentro di loro, riuscivano tranquillamente a muoversi e ad evitare che la loro voce tremasse. Dean abbassò lo sguardo dove era convinto di aver fatto cadere la pistola.
“La Colt” informò il fratello “E’ sparita”
 
 
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“Theo fermati!” Liam stava inseguendo il lupo mannaro, il quale era schizzato via all’improvviso, ruggendo ferocemente, correndo verso il luogo dove pensava di aver visto quella creatura muoversi, e recuperando la Colt da terra. Liam non era più riuscito a trattenersi, aveva spalancato gli occhi, seguendo l’amico.
“Vattene Liam! Vado a uccidere quel bastardo”
“No, non ti lascio da solo”
Quelle parole lo colpirono profondamente. Nonostante l’adrenalina e il terrore che scorreva ancora nelle sue vene, quella frase gli fece sorgere un sorriso sulle labbra. Non osò rispondere, e non osò insistere perché lo lasciasse andare da solo, sapeva che sarebbe stato inutile. Corsero insieme fino a trovarsi costretti a bloccarsi nuovamente. La paura prese di nuovo possesso di loro, rendendogli impossibile muoversi.
“E’ qui dentro” sussurrò Theo indicando con un cenno del capo la biblioteca alla loro destra. Non sapeva perché ma l’effetto della paura stava diminuendo. Non sapeva se fosse perché aveva già affrontato la paura della sorella in quel loop infinito e ora era riuscito quasi a scacciarla del tutto, o perché l’Anuk-ite aveva visto la Colt e ne aveva timore, in ogni caso i suoi piedi rispondevano ai comandi e le sue mani non tremavano più di tanto. Si avvicinò all’entrata, cautamente, tenendo lo sguardo verso il terreno. Liam era dietro di lui, pronto ad attaccare la creatura a mani nude se fosse stato necessario.
Theo entrò nella stanza, lo sguardo basso, in modo da evitare di guardarlo negli occhi. Gli bastò fare qualche passo prima di individuare i piedi dell’essere. Era girato di spalle. Non esitò un secondo, non si soffermò ad osservare la sua forma inquietante a l’assenza di pelle che lasciava vedere le fasce muscolari, non si chiese perché non facesse minimamente caso a loro. Theo alzò la pistola, mirando al cuore, e sparo alla schiena dell’Anuk-ite.
Dal foro di proiettile uscì qualche scintilla, l’essere si accasciò a terra, tenendosi il petto nel punto dal quale probabilmente era uscito il proiettile, si piegò in due ringhiando furioso.
Theo si girò, trovandosi di fronte due sorridenti occhi verdi. Il lupo mannaro sorrise a sua volta, avendo la tentazione di abbracciare l’amico, ma non ebbe il tempo di farlo. Sul volto dell’altro si formò un’espressione di puro terrore, appena prima che, lentamente, i suoi piedi si trasformassero in pietra, per poi passare alle gambe e al busto. Theo lo fissò, impotente, incapace di fare qualsiasi cosa per aiutarlo. Gli occhi dell’altro si spostarono su di lui e dalle sue labbra le parole uscirono come un sussurro
“Scappa”
Theo lo prese per le spalle, ma era troppo tardi, l’altro si era trasformato completamente in pietra, la bocca ancora semi aperta per aver finito di dire la sua ultima parola appena in tempo.
Theo ruggì, gli occhi si fecero ambrati e i canini uscirono allo scoperto. Sapeva che avrebbe dovuto dargli ascolto, la sua testa gli gridava di fuggire, di correre il più lontano possibile senza guardarsi indietro, ma la rabbia che provava in quel momento gli impedì di farlo. Si voltò verso quell’essere, fissandolo dritto negli occhi, senza paura, senza più niente da perdere. Questi emanavano una luce azzurro-viola, come quelli di Quinn, ma molto più intensa. Theo gridò, cominciando a sparare a raffica e svuotando l’intero caricatore su quell’essere, prima di sentire i piedi diventare improvvisamente pesanti, il suo corpo bloccarsi sul posto, incapace di muoversi, e la sua mente che, piano piano, diventava vuota e assente.
 
 
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“Fermo!” sussurrò Scott al mastino infernale, l’inconfondibile sensazione di terrore e il desiderio di scappare da quella stanza lo stavano attanagliando.
“E’ qui dentro”
Parrish guardò l’Alfa per poi cercare di guardare attraverso il vetro opaco della porta
“No, non guardare! Se lo guardi negli occhi ti trasformerai in pietra” Scott era sorpreso dalla noncuranza con cui l’altro sembrava agire. Lui si scusò, ma continuò a rimanere di fronte alla porta, senza nascondersi. Il lupo mannaro non capiva cosa gli stesse succedendo. Forse la paura su di lui aveva questo effetto?
Non si soffermò a ragionarci troppo, non ne aveva il tempo né la concentrazione per poterlo fare, sapeva solo che non gli avrebbe fatto affrontare l’Anuk-ite in quelle condizioni
“Vai a cercare gli altri, digli che lo abbiamo trovato”
“No, non ti lascio qui da solo”
“Non ti preoccupare, lo terrò semplicemente d’occhio, tu va”
L’altro, anche se un po’ titubante, si allontanò, lasciando solo Scott. Una volta che Parrish scomparve dalla sua vista il panico aumentò improvvisamente. Sentì il cuore battere all’impazzata, le gambe tremare, un ronzio di voci nella testa che gli rendevano impossibile pensare. Istintivamente cominciò a indietreggiare, andando a sbattere contro il carrello delle pulizie. Non fece un rumore forte, si sentì il manico della scopa in legno sbattere contro la parete, e le ruote cigolare leggermente, ma questo fu abbastanza. L’essere all’interno della stanza si mosse, voltandosi verso la porta posteriore, dove si trovava Scott. Il ragazzo riuscì ad intravedere la luce che quegli occhi emanavano, attraverso il vetro semiopaco della porta d’ingresso. Istintivamente si mise la benda sugli occhi, non muovendosi dal posto dove si trovava, che non era esattamente un nascondiglio. Sentiva il sangue pulsargli nelle tempie e sudore freddo che scendeva dalla fronte. Sapeva che il due facce si stava avvicinando, nonostante la paura riusciva a sentire i suoi passi andare verso di lui.
Poi sentì lo sparo.
La biblioteca aveva due entrate, si ricordò improvvisamente, gli altri dovevano essere arrivati dalla parte opposta e aver sparato.
Era finita, la Colt lo aveva ucciso.
Allora perché non riesco ancora a muovermi?
La tentazione di togliere la benda era forte, ma Scott riuscì a resistere. Rimase immobile, finché non sentì gli altri spari.
Poi, improvvisamente, silenzio. Il panico che continuava a dilagare nella mente del lupo mannaro.
Non è morto
La sua mente, per fortuna, non fu in grado di pensare alle possibili implicazioni che avrebbe potuto avere. Pensò al suo branco, ai suoi amici, dalla parte opposta della biblioteca, che ormai saranno diventati delle statue di pietra, se non morti.
Improvvisamente tutti gli insegnamenti di Deucalion gli tornarono alla mente. Fece un respiro profondo, concentrandosi sull’ambiente che lo circondava e cercò di acuire tutti i suoi sensi. Percepì l’Anuk-ite che si stava di nuovo avvicinando a lui, con passo lento, quasi delicato. Scott avanzò a sua volta. Entrò nella stanza, la benda ancora sugli occhi, si aspettava di sentire un verso indistinto, un ruggito o qualcosa di simile, invece quello che sentì fu la voce del suo migliore amico. Fu la voce di Stiles
“Hey Scott”
Il lupo mannaro fece fatica a riconoscerla, era profonda, roca e minacciosa. Sentì l’amico avvicinarsi a lui lentamente, quasi trascinando i piedi
“Ti sono mancato?”
Un improvviso flash tornò alla mente del ragazzo. Gli occhi arrossati, contornati da profonde occhiaie, i capelli spettinati e uno sguardo tagliente e inquietante
“Sei il Nogitsune…” riuscì a dire in un sussurro
“No Scott, sono il tuo amico, o almeno lo sono ora” la voce dell’altro si avvicinava sempre di più, il lupo mannaro riusciva a percepirlo di fronte a lui
“Non puoi uccidermi Scott, o uccideresti anche lui”
“Tu non sei reale”
“Ah sì?” senza alcun preavviso l’essere con le sembianze di Stiles si lanciò verso di lui, tirandogli un potente pugno allo stomaco. Scott fu costretto a piegarsi in due dal dolore, rischiando di cadere a terra. Il racconto di Sam gli tornò alla mente
Lui gli era corso attraverso, perché Stiles è riuscito a colpirmi?
“Sono io Scott, sono tornato” dal tono della voce il ragazzo riuscì a intuire che sulle sue labbra si era formato un sorriso. Non aveva tempo per farsi troppe domande, doveva attaccare. Si fiondò su di lui, facendo uscire un ruggito dalle labbra e estraendo gli artigli, ma il Nogitsune schivò l’attacco, con una facilità sconcertante, e riuscì a prendere la benda che l’altro portava sugli occhi, sfilandogliela delicatamente. Scott serrò immediatamente le palpebre, rimanendo immobile per la sorpresa, quando sentì il calcio dell’altro colpirlo alla schiena e mandarlo a tappeto
“Apri gli occhi Scott” gli sussurrò all’orecchio
Il lupo mannaro strizzò le palpebre, cercando di alzarsi ma un calcio allo stomaco lo rimandò a tappeto. I suoi occhi si aprirono automaticamente, non riuscì a impedirlo, all’inizio nemmeno se n’era accorto. Fissò il pavimento per qualche secondo prima di chiuderli nuovamente.
In questo modo non ce la farò mai
Riprovò ad alzarsi, questa volta con successo, tenendosi ancora lo stomaco per il dolore. Il respiro leggero del Nogitsune gli colpì il collo all’improvviso, facendogli scendere un brivido lungo la schiena
“Avanti Scott, non hai speranze di vincere se non apri gli occhi” la voce sembrava il sibilo di un serpente. Il terrore prese possesso di lui, impedendogli di pensare, di muoversi, di respirare. Sentiva un bisogno viscerale di aprire gli occhi, di vedere ciò che lo circondava, di sapere dove fosse il pericolo. La sua mente gli gridava di scappare ma i suoi muscoli non rispondevano ai comandi, solo le braccia si decisero a collaborare. Dalle dita uscirono gli artigli affilati mentre Scott se le portava al viso. Non riusciva a pensare a quello che stava facendo, non sapeva se fosse una buona idea, non riusciva a ragionarci razionalmente, sapeva solo che era l’unica cosa che fosse in grado di fare in quel momento.
Non ho altra scelta
Si disse, sentendo tremare persino la voce dentro la sua testa. Portò le mani all’altezza degli occhi, fece un respiro profondo, e il tempo sembrò andare al rallentatore. Sentì la voce di Stiles che gli diceva di non farlo, sentì l’Anuk-ite ruggire, un ruggito acuto, disperato, e sentì il dolore. Le sue unghie squarciarono le pupille conficcandosi nell’orbita degli occhi. Scott gridò, con tutta la forza che aveva in corpo, ma sentiva la sua voce lontana, come se appartenesse a qualcun altro. Mentre le sue mani scavavano e si coprivano di sangue caldo e il dolore diventava sempre più insopportabile, più acuto, sentì qualcosa spingerlo da dietro, facendolo cadere a terra. Il dolore dell’urto fu quasi impercettibile in quel momento.
IDIOTA!”
La voce di Stiles era diventata irriconoscibile, quasi come un grido e, nonostante la sofferenza che il lupo mannaro ancora provava, non poté evitare di far sorgere un sorriso sulle sue labbra. Si alzò in piedi, sentiva il sangue scorrergli sulle guance come lacrime calde e dense, le mani erano lungo i suoi fianchi, anch’esse completamente rosse e gocciolanti. Scott ruggì e si fiondò contro la figura che percepiva di fronte a lui, ma questa svanì nel nulla non appena lui le fu addosso. Senza farsi troppe domande Scott acuì tutti i suoi sensi in cerca del due facce, ma una voce sconvolta e terrorizzata lo distrasse
“…Scott…”
 
 
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Parrish correva lungo i corridoi della scuola, il sole era ormai calato e la scuola, già precedentemente avvolta dalle tenebre, ora risultava ancora più buia e inquietante. Il vice sceriffo non si azzardò a chiamare i suoi compagni, nonostante sapesse che la creatura era alle sue spalle. Ripensando a quel momento si sentì stupido per essere stato così poco attento, senza prendere alcuna precauzione, ma il suo istinto gli aveva detto che non c’era pericolo. Ripensandoci la cosa aveva ancora meno senso.
Non c’era pericolo? Quella creatura dovrebbe fartelo percepire anche se non ci fosse, perché con me è stato diverso?
Forse quella sensazione si sarebbe trasformata in paura se fosse rimasto lì? O forse…
I suoi pensieri si interruppero bruscamente quando, girando un angolo, si ritrovò faccia a faccia con due occhi verdi preoccupati.
“Dean” disse sorpreso
“Parrish! Che ci fai qui? Dov’è Scott?”
Sam e Derek erano subito dietro di lui, anche sui loro volti si poteva leggere la paura e la preoccupazione.
“E’ davanti alla biblioteca, lo abbiamo trovato”
“E tu lo hai lasciato lì da solo?!” la voce del cacciatore era più aggressiva di quanto la ricordasse, il suo sguardo più minaccioso. Parrish aggrottò la fronte, guardandolo con un’aria confusa, chiedendosi ancora una volta perché a lui l’Anuk-ite non facesse lo stesso effetto che faceva agli altri.
Dean distese il viso, serrando la mascella. Quello sguardo confuso e indagatore gli ricordò improvvisamente Castiel. La sua mente finì per pensare a quei due occhi azzurri prima che potesse impedirglielo e un dolore improvviso gli attanagliò il cuore, come se fosse stato pugnalato. Il cacciatore scosse la testa, spostando violentemente la persona di fronte a sé e tirando indietro il carrello della pistola
“Dov’è la biblioteca?” la voce era tagliente, decisa e minacciosa. Quel tono fece correre un brivido lungo la schiena di Sam, che sapeva benissimo cosa passasse per la mente del fratello in quel momento
Ucciderò quel figlio di puttana, anche a costo di rimetterci la vita
Sam avrebbe voluto parlargli, avrebbe voluto sedersi con lui da qualche parte e dirgli che reprimere i sentimenti e trasformarli in rabbia non sarebbe servito a niente, e tanto meno farsi uccidere per vendicare l’amico. Ma non poté farlo. Non ne aveva il tempo e in più sapeva perfettamente che sarebbe stato inutile.
Parrish superò il cacciatore ritrovandosi in testa al gruppo, e cercando di ignorare il suo comportamento e di non pensare alla sua completa assenza di paura. Guidò gli altri in direzione della biblioteca ma prima che potessero raggiungerla un grido agghiacciante li fece fermare sul posto.
Era la voce di Scott.
Gli altri si guardarono per circa un secondo, prima di cominciare a correre nella direzione da cui proveniva. Parrish spalancò le porte della stanza e subito gli altri fecero irruzione, con le pistole alzate mentre Derek faceva uscire i canini e gli artigli affilati, e i suoi occhi si illuminavano di azzurro. La scena che si trovarono di fronte però li bloccò immediatamente. Scott era in piedi, in mezzo alla stanza, dalle sue mani gocciolavano fiotti di sangue mentre i suoi occhi erano diventati due orbite scure, anch’essi ricoperti di sangue
“…Scott…” riuscì a sussurrare Derek, fissando il capobranco con sincera preoccupazione negli occhi. Scott si girò nella loro direzione. Ci mise qualche secondo a percepirli tutti, ma aveva riconosciuto la voce di Derek
“Chiudete gli occhi! E’ ancora qui!” gridò immediatamente
Gli altri fecero come gli era stato detto, sentendo un improvviso brivido di puro terrore corrergli lungo la schiena e renderli nuovamente incapaci di muoversi. Tutti tranne Parrish.
Inizialmente, quasi per istinto, anche lui aveva serrato le palpebre, ma quando cominciò a sentire i passi della creatura che venivano lentamente verso di loro li riaprì, senza pensarci, senza rifletterci.
Sanza paura.
Riuscì a vedere quella creatura in faccia, gli occhi che emanavano una luce azzurro-viola privi di iridi o di pupille, solo due fari luminosi, i muscoli che si distinguevano facilmente sul suo viso, le guance scavate e il mento pronunciato. E un’espressione sinceramente confusa. Parrish lo fissò incuriosito per qualche secondo prima di cominciare a sparargli. I proiettili lo colpirono in pieno petto, ma l’essere non versò una sola goccia di sangue, tuttavia l’assenza di reazioni da parte di Parrish e, soprattutto, l’incapacità di trovare una paura per farlo fuggire riuscirono a spaventare l’Anuk-ite stesso. Questo cominciò a indietreggiare e ruggire di frustrazione prima di voltarsi e correre fuori dalla stanza.
Parrish lo fissò ancora per qualche secondo prima di abbassare l’arma e avvisare gli altri che se n’era andato. Questi aprirono lentamente gli occhi, guardandosi intorno confusi, notando solo in quel momento che Theo e Liam, vicino all’altra entrata della biblioteca, erano stati trasformati in pietra. La Colt era ancora nelle mani del primo, anch’essa pietrificata. Successivamente puntarono i loro sguardi sul vice sceriffo. Lui li guardò di rimando, incapace di dare una spiegazione a quello che era appena successo.
Sicuro che non ci fosse più pericolo Derek corse in direzione di Scott, prendendogli un braccio e trasferendo il dolore dell’altro su sé stesso
“Scott, riesci a guarirti?” la voce del lupo mannaro era preoccupata, e si allarmò ancora di più vedendo le ferite che l’altro si era autoinflitto da vicino. Dove prima c’erano due vivaci occhi scuri ora erano rimaste due cavità semi vuote, dalle quali sgorgava ancora del sangue e i bulbi oculari erano stati martoriati. Scott aveva cominciato a tremare
“I-io… non ci riesco”
“Avanti, concentrati” provò a rassicurarlo l’altro, ma aveva la terribile sensazione che fosse troppo tardi
Scott cercò di recuperare tutte le sue forze. Nonostante l’aiuto dell’altro il dolore era ancora forte, sentiva la testa pulsargli e le tempie che scoppiavano dal dolore. Un ruggito di frustrazione uscì dalle sue labbra mentre crollava a terra, in ginocchio, sorprendendosi di riuscire ancora a piangere.
“E’ tutto ok, tranquillo” cercò di confortarlo Derek, inginocchiandosi in fianco a lui e mettendogli una mano sulla spalla “Andrà tutto bene”
Il lupo mannaro lanciò un’occhiata agli altri che si erano avvicinati a lui, scuotendo la testa. Ormai era troppo tardi, non avrebbero potuto fare niente per salvarlo. Dean imprecò a denti stretti
“IDIOTA!” gridò improvvisamente a Parrish “Come hai potuto lasciarlo da solo?! Che diavolo ti è venuto in mente!” il cacciatore sembrava rabbioso, persino Sam ebbe quasi paura di lui. Il vice sceriffo lo fissò, senza parole, senza trovare scuse, senza una spiegazione. Semplicemente non aveva provato minimamente paura.
“Io… mi dispiace” rivolse quelle scuse a Scott più che al cacciatore, ma questi sembrò non sentirlo nemmeno. Sam mise una mano sulla spalla del fratello, ancora furioso, cercando di calmarlo. Non disse nulla, sapeva che ogni parola che avrebbe potuto pronunciare avrebbe solo peggiorato la situazione, si limitò a fissarlo, trasmettendogli tutto il suo supporto. L’altro sembrò calmarsi, almeno in parte, per poi scrollars la mano del fratello di dosso.
Parrish, intanto, si era avvicinato a Scott, aiutandolo ad alzarsi mentre Derek, dal lato opposto, faceva lo stesso
Uscirono dall’edificio, facendo salire l’Alfa nella macchina che era appartenuta ad Argent. Lo fecero stendere e chiusero lo sportello, Sam diede le chiavi a Parrish prima di avviarsi in direzione dell’impala con Dean. Tutti stavano agendo in automatico, senza dire una parola. I Winchester salirono nell’auto, chiudendo le portiere e rimanendo immobili per qualche secondo, lo sguardo fisso di fronte a loro. Nessuno proferì parola, non ce n’era bisogno, perché entrambi stavano pensando la stessa identica cosa.
E adesso?
 
 
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Nel bunker c’era silenzio assoluto, agli altri era bastato uno sguardo per capire che la missione non era andata come previsto. I primi che entrarono furono i due cacciatori, gli sguardi erano spenti, tristi, rassegnati.
Poi fu il turno di Parrish. Lydia gli corse in contro, abbracciandolo e passandogli una mano fra i capelli. L’altro la abbracciò a sua volta, stringendola forte a sé.
Dietro di loro entrò Scott aiutato da Derek. Gli occhi di tutti si spalancarono, sconvolti. Il sangue stava cominciando a seccarsi ma il volto ne era ricoperto. Stiles corse da lui, prendendogli il volto fra le mani, con un tocco delicato, avendo paura di fargli del male. Il ragazzo guardò il suo amico, gli occhi scuri preoccupati e lucidi, poi si girò in direzione di Derek.
“Perché non guarisce” la voce era preoccupata ma allo stesso tempo quasi minacciosa
“La ferita era grave” cercò di spiegare l’altro “Ha aspettato troppo tempo…”
“Vuoi dire che è… permanente?” la sofferenza nella sua voce era palpabile, a Derek si spezzò il cuore
“Sì… mi dispiace Stiles”
“No… no” il ragazzo stava quasi piangendo, sentì la propria voce rotta e gli occhi che pungevano a causa delle lacrime
Scott non riusciva a parlare, si sentiva debole, la testa gli faceva un male insopportabile, se non fosse stato per Derek al suo fianco sarebbe crollato a terra, incapace di reggersi in piedi. Derek sentì il corpo dell’altro farsi più pesante e lo fece sedere sul divano più vicino. Stiles lo lasciò fare, tenendo gli occhi fissi dove fino a qualche ora prima c’erano quelli del suo amico. Erano ancora visibili i segni delle sue unghie, ma il sangue impediva di vedere chiaramente se fosse rimasto qualcosa all’interno delle orbite. Un improvviso conato di vomito fece sobbalzare Stiles che, nonostante volesse rendersi utile per il suo amico, non riuscì a evitare di distogliere lo sguardo. Una mano sicura si posò sulla sua spalla facendolo voltare, incontrando due grandi occhi verde scuro
“Tranquillo, si riprenderà”
“No, non è vero!” Stiles cominciò a urlare senza nemmeno rendersene conto, mentre Derek fece istintivamente un passo indietro “Non si riprenderà, non guarirà lui…” le parole gli morirono in gola, mentre distoglieva gli occhi da quelli preoccupati dell’altro. Si voltò in direzione del suo migliore amico, seduto sul divano. Sembrava non averlo nemmeno sentito, Stiles non avrebbe saputo dire se fosse ancora cosciente. Il ragazzo fece un respiro profondo, cercando di calmarsi e evitando di far scendere quelle scomode lacrime. Senza dire una parola si avviò verso il bagno per recuperare degli asciugamani e dell’acqua. Derek lo seguì con lo sguardo, sentendosi impotente come mai prima di allora.
Gli occhi di tutti si erano puntati su Stiles quando aveva iniziato a urlare, preoccupati e comprensivi. Condividevano il suo dolore e la sua rabbia. Dean ebbe l’istinto di andare da lui per confortarlo, ma non avrebbe saputo cosa dire. Era finita, la loro ultima speranza era svanita. Non avevano trovato un modo per uccidere l’Anuk-ite, e avevano perso Theo e Liam nel provare a fermarlo. Avevano perso Cas.
Il pensiero fece serrare la mascella al cacciatore, facendogli provare di nuovo quella pugnalata al cuore
Cas…
Sentì quel nome pronunciarsi automaticamente nella sua mente, quasi come un sussurro, una preghiera
Non può finire in questo modo
Aveva bisogno di bere, di ubriacarsi, e di dimenticare tutto almeno per qualche ora. Distratto dai suoi pensieri notò solo in quel momento che Stiles e Derek si stavano occupando di Scott, pulendo il sangue e bendandogli gli occhi. Stiles aveva ancora gli occhi lucidi.
Il cacciatore sospirò, alzandosi dal divano dove si era seduto e dirigendosi verso la porta del bunker
“Dove vai?” la preoccupazione nella voce di Sam era esagerata, tanto da far sollevare un angolo della bocca del cacciatore, in un sorriso derisorio ma privo di allegria. Sapeva cosa passava per la testa di suo fratello, aveva paura che andasse a cercare l’Anuk-ite da solo, e probabilmente lo avrebbe anche fatto se solo avesse saputo come ucciderlo.
“Tranquillo, non sono così stupido” lo rassicurò
Ho solo bisogno di whisky. Molto whisky.
Aveva fatto appena qualche passo quando la porta del bunker cominciò ad aprirsi. Dean estrasse immediatamente la pistola, ma fu l’unico ad avere il tempo di farlo. Tutti gli altri rimasero immobili, con la bocca spalancata. L’uomo che era entrato nel loro rifugio li osservò, il volto imbronciato e scarno sotto la folta barba, profonde occhiaie e vestiti logori, che emanavano un odore insopportabile. Alzò un sopracciglio prima di parlare.
“Perché quelle facce da idioti? Sembra abbiate appena visto un fantasma”
Erano troppo sconvolti per parlare, troppo provati da tutto quello che era successo per realizzare che la persona di fronte a loro fosse reale. Dean stava abbassando lentamente la pistola, sulle sue labbra si formò un sorriso di sollievo e di gioia, mentre dovette combattere duramente per evitare che i suoi occhi diventassero lucidi dicendo quel nome
“Bobby”

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


“Dio, non posso lasciarvi soli un secondo!” la voce di Bobby era stanca, provata dal lungo periodo passato imprigionato nel seminterrato di una casa abbandonata, ma riusciva comunque a trasmettere quell’autorevolezza e quel modo burbero che lo caratterizzavano. Lydia aveva recuperato degli avanzi di cibo che erano stati messi in frigo, si era offerta di riscaldarglieli ma il cacciatore era troppo affamato per aspettare, aveva trangugiato velocemente il mezzo panino e finito due porzioni di patatine fritte, intento ad ascoltare il resto del branco che gli aveva fatto un veloce riassunto su ciò che era successo. Per lo più era stato Sam a parlare, interrotto ogni tanto dalle puntualizzazioni di Lydia. Alla fine del racconto Bobby era furioso.
“Avete lasciato che quei figli di puttana uccidessero Argent? E l’Anuk-ite non solo ha trovato la sua altra metà ma è in grado di trasformare chiunque lo guardi in pietra? Bè direi che avete fatto proprio un ottimo lavoro!” il cacciatore aveva parlato senza pensare, infatti non appena ebbe finito di sfogarsi se ne pentì immediatamente. Era stanco, ogni movimento gli procurava dolore e nonostante avesse appena mangiato il suo stomaco brontolava ancora. Guardò i suoi compagni, uno per uno, capendo che le parole che aveva appena pronunciato avevano colpito anche troppo nel segno.
“Scusate, non volevo prendermela con voi, sono sicuro che avete fatto tutto il possibile-”
“No” era stato Dean a interromperlo “Hai ragione, siamo riusciti solo a peggiorare la situazione, non abbiamo fermato i cacciatori e non siamo riusciti ad uccidere il due facce” il suo sguardo era fisso a terra, spento ma con una furia omicida che gli dava un aspetto quasi inquietante “Dicci che hai trovato il modo per ucciderlo, e quel figlio di puttana non arriverà a domattina” dicendo quest’ultima frase aveva alzato gli occhi verdi sull’altro, riducendoli a due fessure impenetrabili.
Bobby restituì lo sguardo, ora visibilmente preoccupato “Bè, ho trovato qualcosa, o meglio un vecchio cacciatore che mi doveva un favore ha trovato qualcosa, ma-”
“Di che si tratta Bobby” Dean era deciso, non avrebbe ammesso un no come risposta. Suo fratello gli lanciò un’occhiata preoccupata prima di riportare lo sguardo su Bobby, anche lui in pensiero per il Winchester
“Per uccidere l’Anuk-ite bisogna pugnalarlo con la radice di un Nemeton, ma questa deve essere impugnata da un mastino infernale”
La stanza calò nel silenzio, Bobby aveva gli occhi puntati su Dean, il quale sembrava in dubbio se abbandonarsi alla disperazione o lanciare una delle brandine dalla parte opposta del bunker
“Che diavolo significa?! Un cane invisibile è la nostra unica speranza di uccidere quella cosa?!” il cacciatore si era alzato in piedi di scatto, stava urlando, passandosi le mani fra i capelli, sentendosi improvvisamente impotente. Avrebbe potuto accettare di fare qualsiasi cosa pur di uccidere l’Anuk-ite, ed ora aveva la sensazione che il mondo gli stesse crollando sulle spalle senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.
La mano di Sam sulla sua spalla lo distrasse da quei pensieri, e i suoi occhi sicuri gli diedero un po’ di speranza, ancora prima che il cacciatore avesse il tempo di parlare “Noi un mastino ce l’abbiamo” sul suo volto si disegnò un sorriso sicuro di sé mentre si voltava in direzione di Parrish.
Dean passò lo sguardo da uno all’altro prima di puntarlo su Bobby per chiedergli spiegazioni, ma lo trovò altrettanto confuso. Fu Parrish stesso a spiegare la situazione, raccontando anche dello strano incontro con il re dell’inferno.
“Quindi Sam non ha ucciso quel mostro, ma gli ha solo permesso di reincarnarsi in un essere umano?”
Parrish annuì, anche se si era sentito un po’ offeso dalle parole di Dean
“Perfetto, e per quanto riguarda questo Memeton?”
“Nemeton” lo corresse prontamente Lydia “E’ un albero, o meglio ciò che ne rimane, si tratta di-”
“Sì, sì sono sicuro che avrà una storia interessante, dove si trova?” Dean stava già infilando la pistola nei pantaloni e recuperando un machete dal borsone, quando la mano di Bobby sulla sua spalla lo fermò
“Dean, fermati, hai bisogno di riposare, come tutti noi, affrontare l’Anuk-ite senza forze servirà solo a farti ammazzare”
“E che diavolo dovrei fare?” la voce del cacciatore voleva sembrare minacciosa, ma non riusciva a nascondere la disperazione e la tristezza che stava provando “Starmene qui con le mani in mano, finché quel mostro se ne va in giro per la città a trasformare persone in pietra?”
Bobby non poté far altro che fissarlo con tutta la sua comprensione. Prima Sam gli aveva parlato anche di Castiel, e gli era bastato lanciare uno sguardo furtivo a Dean per capire quanto la cosa lo avesse fatto soffrire. Riusciva quasi a sentire il peso sul cuore dell’altro, e il desiderio di vendetta nei suoi occhi, che nascondeva abilmente le lacrime che avrebbero voluto scendere liberamente.
“Senti, riposati per qualche ora, cerca di dormire, poi andremo a far fuori quel figlio di puttana”
Il cacciatore alzò gli occhi al cielo, facendo spuntare sulle labbra un sorriso quasi malinconico “Come se fossi in grado di dormire” il ragazzo si scostò dalla mano dell’altro, ancora sulla sua spalla, per sorpassarlo e andare in direzione di Lydia “Allora, dove si trova?”
Lei lanciò uno sguardo agli altri due cacciatori, in cerca di istruzioni. I due annuirono, consapevoli del fatto che sarebbe stato impossibile trattenere l’altro nel bunker, a costo di setacciare l’intera città lui sarebbe andato alla ricerca di quell’arma e poi dell’essere che aveva osato fare del male al suo angelo. Sam, nonostante la preoccupazione per il fratello, non poté fare a meno di farsi spuntare un sorriso sulle labbra a quel pensiero.
La ragazza prese un foglio di carta e una penna, disegnando una mappa approssimativa che poi consegnò al cacciatore, questo la prese dandogli un’occhiata veloce per poi dirigersi all’uscita del bunker, era così concentrato sulla sua missione che solo quando fu all’esterno si rese conto di essere stato seguito
“E tu che diavolo pensi di fare?”
“Credevi davvero che ti avrei lasciato andare da solo?” il minore dei Winchester era al suo fianco, sicuro e apparentemente nel pieno delle sue forze “Con quell’essere in giro e la tua sete di vendetta mi vedevo già a cercare il tuo cadavere nella foresta” Sam si sarebbe aspettato una risposta tagliente dall’altro, ma il fratello continuò a camminare, senza dire una parola
“Starà bene, non ti preoccupare, vedrai che-”
“Che cosa?” finalmente quei due occhi verdi erano puntati su di lui, ma la tristezza che vi lesse dentro era tutto tranne che rassicurante “Che come per magia Cas tornerà normale? Che l’incantesimo svanirà quando la strega sarà morta?” dai suoi occhi non scesero lacrime, ma la sua voce si alzava sempre di più, e la maschera di rabbia che stava indossando si sgretolò rivelando tutto il dolore che il cacciatore stava provando “Cresci un po’ Sam” l’ultima frase gli uscì quasi come un sussurro, strozzato dal nodo che aveva in gola. Il cacciatore si voltò e continuò a camminare in direzione del bosco, l’altro sospirò, rendendosi conto che nulla che potesse dire avrebbe aiutato il fratello. Dean era fatto così, cercava di trasformare il suo dolore in rabbia, finché anche lui non ce l’avrebbe più fatta e sarebbe finalmente scoppiato, e quando quel momento sarebbe arrivato Sam sarebbe stato al suo fianco.
Si incamminò, tenendosi a debita distanza, fingendo di non notare la lacrima solitaria che era scesa sulla sua guancia.
 
 
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“Ah, migliore amico un cazzo”
La porta del bunker si era chiusa alle spalle di Sam e gli occhi di tutti si erano puntati su Peter, incapace di trattenersi ma abbastanza intelligente da aspettare che il maggiore dei Winchester fosse uscito dalla stanza prima di parlare. Malia alzò gli occhi al cielo prima di appropriarsi di una delle brandine e stendendocisi pesantemente sopra, cercando di dormire nonostante l’adrenalina le corresse ancora nelle vene. Si girò, gli occhi, rimasti aperti, incontrarono quelli di Claire, seduta su un divano al suo fianco. Stava sorridendo
“Che vuoi?”
“Quando dormi sembri un angioletto” scherzò lei. Il coyote mannaro le mostrò il dito medio prima di girarsi dalla parte opposta, sentendo la piccola risata dell’altra e non riuscendo a impedire di farsi spuntare un sorriso sulle labbra.
“Come sta?” Derek si era seduto a fianco di Stiles, gli stava porgendo una tazza di caffè che l’altro prese d’istinto ma senza alcun desiderio di berlo
“Sembra stia dormendo” commentò lui, lo sguardo fisso su Scott, steso sulla brandina di fronte a loro “O ha perso i sensi più probabilmente” la sua voce era spenta, quasi robotica, continuava a fissare quelle bende sugli occhi dell’amico, sapendo che sotto di esse si trovavano due orbite vuote. Sentiva il cuore pesante, come se fosse colpa sua. La sua parte razionale cercava di convincerlo che non fosse così, che non avrebbe potuto fare nulla per aiutarlo, ma non riusciva a smettere di fissarlo e di provare quel dolore al petto.
“Mi dispiace” commentò mestamente il lupo mannaro, sapendo che quelle parole non sarebbero servite a nulla ma non sapendo come altro riuscire a confortarlo. Stiles distolse finalmente lo sguardo dall’amico per puntarlo su Derek.
“Dov’eri tu quando è successo?”
Il lupo mannaro si bloccò improvvisamente. Gli occhi scuri e taglienti dell’altro trasmettevano una rabbia indecifrabile. No non era rabbia, era delusione, era tristezza. Derek non riuscì nemmeno a parlare, non lo aveva mai visto in quello stato, non era il solito Stiles, simpatico e impacciato, era una persona diversa, una persona che stava soffrendo profondamente, e questo gli fece provare sensazioni di cui non si riteneva nemmeno capace. Avrebbe voluto rimediare, avrebbe voluto tornare indietro e impedirlo, anche prendere il suo posto pur di non vederlo in quello stato.
“Mi dispiace” ripeté, incapace di trovare altre parole, incapace di risolvere la situazione, incapace di fermare le lacrime che vedeva formarsi negli occhi dell’altro. Stiles distolse lo sguardo da lui, puntandolo di nuovo su Scott e lasciando che le sue guance cominciassero a bagnarsi.
Derek sentì l’impulso di abbracciarlo, di stringerlo come per cercare di tenere uniti i pezzi di lui che vedeva sgretolarsi di fronte ai suoi occhi. Ma dimostrare affetto non era il suo forte, decise quindi di prendergli la mano, la strinse, mentre quello sguardo devastato tornava su di lui, incredulo di fronte all’azione dell’altro.
Poi Stiles si sentì improvvisamente più leggero, il peso sul suo petto non era sparito del tutto, ma era decisamente diminuito, le lacrime avevano smesso di scendere e la sua preoccupazione sembrava quasi un ricordo. Abbassò lo sguardo sulla sua mano stretta a quella del lupo mannaro, vedendo le vene nere che gli ricoprivano il braccio. Tornò a guardarlo negli occhi, la bocca leggermente socchiusa, il viso visibilmente più rilassato, tanto che fu in grado di formare un piccolo sorriso di gratitudine sulle labbra.
Derek sorrise a sua volta, anche lui più sereno riuscendo a scorgere di nuovo quella scintilla nei suoi occhi.
 
 
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“Si può sapere come diavolo hai fatto a scappare?” la voce di Peter distrasse Bobby dalla sua ricerca. Stava esaminando ogni ripiano della dispensa cercando qualcosa da mettere sotto i denti
“Si può sapere perché nessuno di voi ha fatto la spesa?” commentò chiudendo le ultima due ante rimaste, senza aver trovato nulla
“E dove ti tenevano rinchiuso poi?” continuò il lupo mannaro incurante “Ti abbiamo cercato ovunque”
“Ero in una casa” rispose infine il cacciatore, cominciando ad aprire tutti i cassetti “Ma non sono stati i cacciatori a rapirmi- Ah!” commentò vittorioso estraendo una barretta energetica e aprendola immeditatamente
“Che vuoi dire?” chiese confuso l’altro
“Il mio rapitore, o meglio la mia rapitrice era un lupo mannaro”
Peter non riuscì a trattenere una risata “Ti sei fatto imprigionare da una donna?
Bobby lo fissò minaccioso “Non credere che le donne siano meno pericolose degli uomini” commentò facendosi venire alla mente diverse cacciatrici molto più capaci e spietate di quanto lui avrebbe mai ammesso in loro presenza “E poi era un Alfa”
A quel punto Peter smise di sorridere “Un Alfa? Qui? E noi non ne sapevamo niente? Com’è possibile?”
“Non ne ho idea” commentò sinceramente il cacciatore
“L’hai vista in faccia? Com’era di aspetto?”
“Aveva lunghi capelli neri, occhi scuri, era stranamente elegante, indossava un vestito che le arrivava poco sotto il ginocchio”
Peter si bloccò, un pensiero irrazionale si faceva strada nella sua mente “L’hai vista trasformarsi?”
“No, ho solo visto i suoi occhi che si illuminavano di rosso” rispose il cacciatore, notando la perplessità negli occhi dell’altro “Per caso la conosci?”
Peter, che aveva cominciato a fissare un punto indefinito del muro, tornò a guardare il cacciatore “No… cioè conoscevo una persona ma… non può essere lei…”
“E’ morta?”
“Sì, anni fa e-”
“Può essere lei”
Peter corrugò la fronte
“Figliolo, conosco più gente morta e risorta ti quanta ne conosca morta e ancora seppellita, fidati può essere lei”
Peter esitò qualche secondo prima di parlare “E’ mia sorella”
 
 
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La quiete notturna accompagnava i due fratelli nel bosco, nonostante l’atmosfera fosse quasi inquietante. Nessuno dei due ci faceva caso, forse perché erano abituati a cose ben più spaventose, o forse perché entrambi erano troppo assorti nei loro pensieri per accorgersene. Sam continuava a lanciare occhiate furtive al fratello maggiore, quasi volesse controllare il suo stato d’animo a vista, e la cosa più assurda era che ci riusciva. La mascella rigida, la bocca serrata, gli occhi puntati di fronte a sé, incapaci di guardarsi intorno, anche solo per cogliere eventuali pericoli. Era concentrato sulla loro missione, non si lasciava distrarre da nient’altro, perché se lo avesse fatto non sarebbe più stato in grado di negarlo. Non sarebbe più stato in grado di nascondere il dolore che stava provando.
“Dean…” cercò di cominciare l’altro, non sapendo nemmeno lui esattamente cosa dire “Io-”
“No, Sam” la voce era tagliente e decisa “Non devi dire nulla, chiaro?”
Per un momento l’altro obbedì. Non sapeva come prenderlo in questi momenti, non voleva insistere troppo altrimenti si sarebbe chiuso ancora di più, ma non poteva nemmeno lasciar perdere, sapeva come la perdita di Castiel lo stava logorando, non era la prima volta che succedeva, e ogni volta era la stessa storia. Lo vedeva soffrire, senza poter far nulla per aiutarlo, e lo vedeva tenersi tutto dentro. Finché Cas non tornava. Lui tornava sempre, in un modo o nell’altro, non avrebbe mai abbandonato Dean, nemmeno la morte era stata in grado di separarli, di sicuro non lo avrebbe fatto una delle tante creature soprannaturali che avrebbero potuto sconfiggere ad occhi chiusi. Bè che avrebbero dovuto sconfiggere ad occhi chiusi.
Sam stava per rendere partecipe l’altro dei suoi pensieri, ma Dean lo precedette
“Eccolo, dev’essere questo”
Di fronte a loro, in un luogo dove gli alberi si diradavano, c’era un tronco enorme, circondato da spesse radici che facevano capolino dal terreno, contornandosi in labirintici intrecci. Dean vi si avvicinò, alzò il machete che era rimasto nella sua mano per tutto il tempo, e lo scagliò a terra facendolo conficcare in una di esse
“E’ più resistente di quanto sembri” il cacciatore estrasse la sua arma dal taglio che aveva fatto, per poi colpire di nuovo il legno. Non aveva colpito esattamente lo stesso punto, ma ci era andato vicino, allargando la fessura che aveva creato. Alzò nuovamente il machete e colpì di nuovo. E ancora, e ancora, e ancora, sempre con più violenza, sempre più velocemente. Anche quando la radice si era ormai tagliata, lui continuò a colpire, prima il terreno, poi quello che restava del tronco dell’albero, cominciando a gridare. Era arrabbiato, frustrato, incapace di accettare quello che era successo, e cercò di far sparire quella sensazione nell’unico modo che conosceva. Gridò e cercò di far fluire tutte le sue emozioni attraverso quei movimenti, colpendo con tutta la forza di cui era capace.
A un certo punto non ce la fece più, le braccia gli dolevano, e il fiato era finito, trasformandosi in singhiozzi soffocati. Sentiva il petto stringersi, comprimersi, come stretto da una morsa invisibile. Lasciò cadere l’arma a terra, per poi seguirla, ritrovandosi in ginocchio di fronte a quel che restava del grande albero. Le lacrime scesero libere, mentre lui alzò la testa al cielo, chiedendosi se qualcuno avrebbe più ascoltato le sue preghiere.
La mano del fratello si appoggio sulla sua spalla mentre si inginocchiava al suo fianco. Dean lo guardò, cercando una risposta, cercando un modo per far sparire quel dolore, sentendosi inutile e incapace di fare qualsiasi cosa per salvarlo. Era come se avessero strappato un pezzo della sua stessa anima, e ora lui non fosse più in grado di andare avanti.
Il fratello non disse nulla, ma sorrise dolcemente, un sorriso che diceva che sarebbe andato tutto bene, che nulla avrebbe potuto separare Castiel da Dean Winchester. Un’altra lacrima scese sul volto di Dean mentre Sam lo abbracciava, stringendolo forte a sé.
 
 
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Derek era ancora seduto a fianco di Stiles, e senza che nessuno dei due ci avesse fatto caso, le loro dita erano ancora intrecciate, quando Peter corse nella sua direzione con aria preoccupata
“Devi venire con me”
Il lupo mannaro lo prese per un braccio, facendolo alzare di peso e trascinandolo in cucina. Stiles rimase interdetto per qualche secondo prima di alzarsi a sua volta e seguirli.
“Mia madre?” la sua voce trasmetteva incredulità ma allo stesso tempo derisione “No, non può essere, è bruciata insieme alla casa anni fa” il suo tono non tradì una sola nota di tristezza, ma il ricordo che gli tornò alla mente gli procurava ancora dolore.
“Lui l’ha vista, potrebbe essere proprio Talia”
“Talia Hale?” intervenne Stiles, che aveva origliato la conversazione “Potrebbe essere ancora viva?”
“Vattene moccioso, gli adulti stanno parlando” cercò di liquidarlo Peter, ma il ragazzo insistette
“Hai parlato di una casa abbandonata nel bosco” continuò rivolgendosi a Bobby “Forse so dove si trova”
“Hey, chi ha detto che ci addentreremo nel bosco?” lo interruppe di nuovo Peter
“Be come altro possiamo sapere se si tratta di lei?” lo sfidò il ragazzo, sotto gli occhi increduli del lupo mannaro
“E se non si trattasse di lei? Se fosse solo un altro Alfa pronto ad ucciderci?” Derek fece per zittirlo, ma Stiles lo precedette, ancora una volta stupendo sia i due lupi mannari che il cacciatore
“Non pensavo fossi così fifone” nei suoi occhi si rifletteva una sicurezza nuova che, come constatò Derek inconsciamente, gli si addiceva anche troppo bene
Peter fece per rispondere, ma le parole gli morirono in gola, guardò il nipote, il quale stava sorridendo quasi con fierezza, divertito dalla svolta che stava prendendo la conversazione. L’altro sospirò rendendosi conto di essere da solo
“Non si tratta di essere fifoni, si tratta di non lanciarsi in missioni inutili e pericolose”
“Non sarebbe inutile, se si trattasse veramente di Talia potrebbe aiutarci a combattere l’Anuk-ite e i cacciatori” rispose prontamente Stiles
“Forse ti stai dimenticando che ha rapito e tenuto prigioniero uno dei nostri”
Il diretto interessato non poté che essere d’accordo con il lupo mannaro, ricordando la breve conversazione che aveva fatto con la sua rapitrice. Sembrava tutto tranne che disponibile o amichevole
“Magari vedere suo fratello e suo figlio le farà cambiare idea”
“Che sta succedendo qui?” Malia, incapace di dormire, era entrata nella stanza per prendere qualcosa da bere, rimanendo affascinata dallo scontro tra Stiles e suo padre
“Niente, questo idiota vuole andare a farsi ammazzare”
“O a trovare un nuovo alleato” Stiles aveva una tale sicurezza negli occhi che la ragazza ne restò quasi ipnotizzata.
“E chi sarebbe?”
“Talia Hale” spiegò Derek “Tua zia”
“Non era morta?” chiese lei distrattamente, aprendo il rubinetto per versarsi l’acqua nel bicchiere
“Esatto, quindi è molto poco probabile che sia lei, andare nella tana del lupo mi sembra una mossa stupida e inutile”
“Secondo me dovremmo andarci”
Peter guardò sua figlia con un insieme di furia omicida ed esasperazione
“Cosa abbiamo da perdere?”
“Em, la vita ad esempio?”
La ragazza non poté fare a meno di sbuffare una risata “Tre lupi mannari contro uno? Non mi sembra uno scontro perso in partenza”
“Verrò anche io con voi”
Malia lo fissò con apprensione “Tre lupi mannari e Stiles” commentò infine “Cosa potrebbe andare storto?”
Peter lanciò uno sguardo a tutti i presenti, compreso Bobby che se n’era stato in disparte ad osservare la scena divertito, prima di trarre un estenuato sospiro “E va bene, partiamo per questa nuova avventura”
Uscirono dalla cucina, cominciando a prepararsi, il resto del branco stava dormendo, Jackson abbracciato ad Ethan, Lydia abbracciata a Parrish, Stiles cominciò a frugare nel borsone di Dean in cerca della pistola con cui si era allenato. Improvvisamente sentì una presenza alle sue spalle ed ebbe l’istinto di allontanarsi e scusarsi, prima di ricordare che il cacciatore era uscito e trovarsi di fronte lo sguardo preoccupato di Derek. Il ragazzo roteò gli occhi prima di rimettersi a cercare
“Mi hai fatto prendere un colpo”
“Sei sicuro di voler venire con noi?” chiese il lupo mannaro ignorando il suo commento. L’altro lo fissò, quasi risentito
“Pensi che non sia in grado?”
“Penso che tu lo stia facendo per dimostrare di sapertela cavare, e per non farti trovare impreparato la prossima volta” dicendo quest’ultima frase aveva fatto un cenno col capo in direzione di Scott, ancora addormentato sulla brandina.
Stiles socchiuse leggermente le labbra, fissandolo senza parole. Aveva centrato perfettamente nel segno, l’assenza del suo migliore amico, dell’Alfa del gruppo, l’aveva fatto sentire responsabile, come se fosse scontato che lui avrebbe dovuto prendere il suo posto. Lo sapeva, sapeva che faceva tutto questo solo per lui, ma la cosa non lo fermava, la determinazione che sentiva dentro era reale e anche la sicurezza che fosse la cosa giusta da fare
“Sì” disse infine, prima di rimettersi a guardare nel borsone e uscirne vittorioso
Derek lo fissò confuso, mentre l’altro si voltava, mettendo i proiettili nel caricatore, il caricatore nella pistola e tirando il carrello per mettere il primo proiettile in canna “Sono sicuro di venire con voi” disse infine, un sorriso sicuro e malizioso sulle labbra
Derek non poté evitare a un brivido di corrergli lungo la schiena, serrò la mascella e annuì in segno di approvazione prima che l’altro si facesse strada verso la porta del bunker. Solo quando fu a qualche metro da lui si rese conto di aver trattenuto il respiro.
“Dove state andando?” chiese Claire vedendoli prepararsi, anche lei aveva difficoltà a dormire
“Alla ricerca di mia zia” rispose Malia, che si trovava a pochi passi da lei “Forse è stata lei a rapire Bobby” spiegò velocemente mentre infilava la giacca
La ragazza annuì, prima di alzarsi e prendere la pistola ed il coltello
“Che stai facendo?”
“Qui mi annoio, una cacciatrice in più può solo aiutare”
Malia sospirò, consapevole di non poterle far cambiare idea, e segretamente felice della sua presenza
“Muoviti riccioli d’oro”
 
 
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Sam si fermò di colpo, erano a pochi metri dal bunker, l’arma per uccidere l’Anuk-ite alla mano, già affilata, in lontananza si poteva vedere il sole sorgere dietro i tetti delle case. Dean si accorse dell’assenza del fratello al suo fianco e si voltò, inizialmente confuso, poi solo incazzato
“No”
“Ma non ho detto-”
“No, non parleremo di quello che è successo”
“Dean…”
“Sam, smettila!”
“Quello che provi-”
“HO DETTO SMETTILA!”
Sam sorrise, un’inconfondibile malizia nello sguardo “Ok, ok, solo… quando tornerà vedi di non perdere altre occasioni” il Winchester sorpassò il fratello andando ad aprire la porta del bunker, lasciandolo lì, impietrito da quelle parole, dai suoi stessi sentimenti, e dalla paura incontrollata che gli scorreva nelle vene.
Scosse la testa, vietando al suo cervello di pensare a possibili scenari futuri e al suo cuore di illudersi che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Entrò anche lui nel bunker, trovando quasi tutti i componenti del branco addormentati su brandine o divani ma rendendosi conto che alcuni mancavano all’appello. Seguì Sam in cucina, il quale gli mostrò un biglietto che qualcuno aveva lasciato per loro
I lupi mannari e i ragazzini sono andati a cercare un parente morto. Voi due idioti non provate a cercarli e non pensate di svegliarmi per chiedermi altre informazioni
Nessuna firma, non ce n’era bisogno. Dean lanciò un’occhiata a Bobby, beatamente addormentato su uno dei divani, il berretto rigorosamente in testa, piegato sugli occhi per evitare che i raggi del sole lo disturbassero. Doveva trattarsi di un’abitudine in quanto nel bunker non c’erano finestre.
Il cacciatore spostò lo sguardo su Parrish, anche lui addormentato, che teneva fra le braccia Lydia. Ogni fibra del suo corpo gli diceva di svegliarlo e andare a cercare l’Anuk-ite immediatamente, o di prendere l’arma e andarci da solo sperando per il meglio, ma si impose di controllarsi. In più suo fratello avrebbe cercato in tutti i modi di impedirglielo, o sarebbe venuto con lui rischiando di trasformarsi in pietra senza riuscire a concludere nulla.
“Be, vado a farmi una doccia” disse infine, appoggiando le armi sul tavolo, tornando nella stanza principale per recuperare dei jeans e una camicia, e dirigersi verso il bagno. Cominciò a spogliarsi, consapevole dell’assenza dell’acqua calda e aspettandosi una veloce doccia gelata. Tolse la camicia e la maglietta, poi l’occhio gli cadde sul vecchio specchio sopra al lavandino. Per un secondo stentò a riconoscersi. Aveva due profonde occhiaie sotto due occhi rossi e stanchi. La barba era più lunga del solito, come lo erano anche i capelli, visibilmente sporchi. Dean sospirò, si appoggiò al lavandino, fissando un punto indefinito alle sue spalle. La sua mente vagò prima che lui avesse il tempo di fermarla.
L’immagine di Castiel che compariva improvvisamente dietro di lui, lo salutava con la sua voce profonda e gli si avvicinava. Lui che si girava di scatto, informandolo che il bagno era un luogo privato e che non avrebbe dovuto sbucare così all’improvviso, che probabilmente se fosse entrato qualche secondo più tardi lo avrebbe trovato completamente nudo. L’angelo, imbarazzato, che chiedeva scusa, ma che rimaneva qualche secondo di troppo a fissare il suo petto nudo.
“Hey, i miei occhi sono quassù”
Castiel lo guardava confuso
“Sì Dean, lo so dove si trovano”
Dean gli sorrideva, per poi fiondarsi su di lui, stringerlo a sé e posare le proprie labbra sulle sue. Passare una mano fra i capelli corvini dell’altro mentre l’altra scendeva a cingergli la vita. Castiel che lo stringeva a sua volta, accarezzando i muscoli della schiena e facendo insinuare la sua lingua nella bocca del cacciatore.
Dean scosse improvvisamente la testa obbligandosi a tornare alla realtà. Fissava la sua immagine allo specchio, gli occhi sgranati, la bocca leggermente socchiusa, quasi volesse dare una giustificazione a sé stesso per ciò a cui stava pensando.
No, non era niente, solo…
Solo amore finì una seconda voce nella sua testa per lui.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente, le mani cominciarono a sudargli. Anche solo pensare quella parola lo rendeva nervoso e a disagio. Quello che era appena successo nella sua testa sembrava allo stesso tempo così sbagliato e così perfetto. Era come se due parti di lui combattessero per avere la meglio, e quella che aveva avuto il controllo fino a quel momento stava perdendo miseramente.
Poi arrivò la consapevolezza che tutto questo ormai poteva succedere solo nella sua mente. Castiel se n’era andato, e lui era arrivato tardi. Non era riuscito a salvarlo.
Non era riuscito dirgli quello che provava.
Dean sentì le lacrime farsi nuovamente vive nei suoi occhi, ma decise di reprimerle. Aveva già dato sfogo alle sue emozioni, e anche troppo liberamente per i suoi gusti. Finì di spogliarsi, aprì l’acqua e lasciò che il suo gelo lavasse via tutta la sua sofferenza, o almeno era quello che avrebbe voluto, quando l’inaspettata voce di Sam si fece strada nella sua mente
Quando tornerà vedi di non perdere altre occasioni
Un brivido gli corse lungo la schiena, mentre l’acqua non gli sembrava più poi così fredda.
 
 
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La luce dell’alba cominciava a fare capolino, attraverso il bosco fitto, ma era ancora troppo buio per riuscire a distinguere bene la vegetazione, o quello che vi si nascondeva.
Stiles si maledisse per non aver portato con sé una torcia, lanciando un’occhiata a Claire che era nella sua stessa situazione. Entrambi si stavano affidando ai tre lupi mannari che gli facevano strada, sperando di non incontrare pericoli fin quando la luce non fosse stata sufficiente per poterli quantomeno vedere.
“Sei sicuro di conoscere la strada?” la voce di Peter lo distolse dalle sue preoccupazioni
“Sì certo, è solo che con questo buio è facile confondersi” si giustificò nel caso di lì a poco si fosse accorto di stare andando dalla parte opposta. Il lupo mannaro sbuffò pesantemente
“Sapete che sarà tutto inutile vero?”
“Sì, lo avrai detto almeno un milione di volte” gli rispose Malia, esausta delle sue lamentele
Stiles provò per l’ennesima volta a convincerlo “Insomma, sempre di un Alfa si tratta, provare a chiederle aiuto non mi sembra un’idea sb-”
Una mano gli coprì improvvisamente la bocca, mentre con l’altra lo prendeva alla vita trascinandolo dietro ad uno degli alberi. Derek lo stringeva a sé, intimandogli di fare silenzio, il ragazzo quasi non ci fece caso distratto dal suo corpo caldo e dalla stretta potente. Pochi secondi dopo cominciò a sentire delle voci, e dei passi che venivano verso di loro. Il ragazzo controllò velocemente se anche gli altri fossero al sicuro, prima di tornare perfettamente immobile sotto la stretta sicura del lupo mannaro.
“Forza! Muovetevi! Dobbiamo arrivare alla scuola il prima possibile!” l’inconfondibile voce di Gerard si era levata sopra quelle degli altri, i passi si erano velocizzati, diventando quasi una corsa.
Il gruppo restò immobile, aspettando che i cacciatori se ne fossero andati, rendendosi conto solo in quel momento di stare trattenendo il respiro. Quando non furono più a portata d’orecchio la mano di Derek lasciò la presa sulla bocca di Stiles, ma quella alla sua vita rimase dov’era per qualche minuto in più del necessario. La verità era che scampato il pericolo, si era ritrovato a sorprendersi della forma fisica del ragazzo, molto meno mingherlino di quanto sembrasse a prima vista. Vedendo gli altri avvicinarsi lasciò subito la presa.
“Perché stavano andando alla scuola?” provò a chiedere Claire, ricevendo come risposta un silenzio confuso
“Forse dovremmo seguirli” propose Malia
“No, perché? Stiamo già andando verso una missione suicida dopotutto” commentò prontamente Peter. Gli altri alzarono gli occhi al cielo, chiedendosi perché lo avessero portato con loro.
Decisero comunque di dargli ascolto e proseguire, si sarebbero occupati dei cacciatori in un altro momento, e poi uccidere l’Anuk-ite significava mettere fine a tutta quella paura che li spingeva ad uccidere e quindi mettere fine all’esercito di cacciatori.
Ci vollero altri trenta minuti per arrivare alla casa di cui parlava Stiles, e dove speravano fosse stato rinchiuso Bobby. Era la classica baita abbandonata da tempo, il legno era scuro, ora ben visibile sotto la luce del sole, il tetto pendeva verso destra le scale che portavano alla veranda sembravano poter crollare da un momento all’altro.
“Come diavolo fai a conoscere questo posto?” Peter guardò Stiles come se lo vedesse per la prima volta. Lui stesso aveva esplorato molto quei boschi e non si era mai imbattuto in quella catapecchia. Il ragazzo si limitò ad alzare le spalle
“Andando in esplorazione suppongo”
“Quindi ora che facciamo? Bussiamo alla porta?”
Nonostante quella di Claire fosse più una battuta che una proposta Malia si avvicinò lentamente alla casa, mantenendo tutti i suoi sensi all’erta, Peter era subito dietro di lei, seguito da Claire, poi Derek e infine Stiles. Quest’ultimo stava estraendo la pistola, vedendo la cacciatrice di fronte a lui fare lo stesso, ma Derek li fermò entrambi
“Se il nostro scopo è solo quello di parlare tirare fuori le armi non è un buon inizio”
I due si guardarono per qualche secondo prima che Claire annuisse in segno di consenso. Malia continuava a camminare, salendo lentamente un gradino alla volta e provocando un leggero cigolio ad ogni passo. Arrivò alla veranda, che sembrava tutto tranne che stabile, l’attraversò ritrovandosi di fronte alla vecchia porta in legno. Ancora non percepiva nulla se non l’odore di muffa e di stantio proveniente dall’interno. Alzò la mano ma quando stava per sfiorare la porta una voce alle loro spalle li fece sobbalzare improvvisamente.
“Cercate qualcuno?”
Si girarono tutti di scatto e di fronte a loro si ritrovarono la donna descritta da Bobby, alta, elegante e con una fierezza unica nello sguardo. Peter e Derek si scambiarono un’occhiata prima di tornare a fissarla a bocca aperta. Entrambi erano incapaci di parlare, troppo scioccati dalla figura che si erano trovati di fronte, non riuscivano a credere ai loro occhi. Fu Peter l’unico in grado di far uscire una sola parola dalle sue labbra, quasi come un sussurro di incredulità
“Talia…”
 
 
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“Avanti, Scott, apri gli occhi”
Gli occhi del lupo mannaro rimanevano serrati, mentre l’inquietante voce del suo amico si diffondeva, non solo nella stanza ma anche nella sua testa.
“Non puoi combattere ciò che non vedi”
I suoi sensi da lupo erano come atrofizzati, e anche quelli da essere umano sembravano praticamente assenti. Non percepiva nessun odore, nessun suono al di fuori de quella voce. Improvvisamente sentì le mani dell’altro accarezzargli il collo e fermarsi sul suo volto, coprendogli gli occhi da dietro
“Anche volendo non potresti farlo, non è vero?”
Scott, senza pensarci, aprì improvvisamente gli occhi, ma il mondo rimase nero, sentiva il sangue caldo colargli sulle guance e raggiungere il collo. Una risata inquietante sembrò avvicinarsi alle sue spalle prima di pugnalarlo.
Scott si svegliò di soprassalto, urlando, e cercando di strapparsi le bende dagli occhi. Dean, l’unico rimasto sveglio, arrivò per primo cercando di fermarlo e dicendogli di stare calmo, che era al sicuro, ma il lupo mannaro non voleva calmarsi, continuando a fendere l’aria con gli artigli, e riuscendo anche a colpire il cacciatore sulla spalla. Ethan e Jackson accorsero bloccandogli un braccio per uno, mentre l’Alfa continuava a dimenarsi e a gridare
“Scott!” la voce penetrante di Lydia riuscì finalmente a zittirlo attirando la sua attenzione “Scott, fermati, sei al sicuro”
Il ragazzo si calmò, riconoscendo l’odore del suo branco, e sentendo anche l’odore del sangue di Dean
“Mi dispiace” cercò di scusarsi, girando la testa nella direzione del cacciatore. L’altro esaminò velocemente la ferita
“Tranquillo, basta che non mi ritrovi anche io con zanne e artigli” voleva essere uno scherzo ma Ethan si avvicinò per verificare che la ferita non fosse troppo profonda
“No, dovresti essere a posto”
Dean sgranò gli occhi, lanciando uno sguardo preoccupato a Sam, il quale svegliato da poco, non riuscì immediatamente a capire di cosa fosse preoccupato l’altro.
I due lupi mannari aiutarono Scott a mettersi seduto sul divano, mentre Lydia andava a prendere delle bende di ricambio e dell’acqua.
Anche Parrish si era svegliato, andando verso la cucina per prendere qualcosa da mangiare, Dean vedendolo dovette combattere con tutto sé stesso per evitarsi di trascinarlo fuori e cercare immediatamente il due facce. Distogliendo lo sguardo dal vice sceriffo incrociò gli occhi di Sam che sembravano supplicarlo di aspettare. Il cacciatore irrigidì la mascella, ma annuì, per poi prendere bende e disinfettante per pulirsi la ferita.
Scott aveva il fiato corto, la voce del Noghizune ancora nella sua testa, e il fatto che il mondo per lui rimanesse buio non lo aiutava a dimenticare. Gli occhi gli facevano ancora male, ma almeno ora era più sopportabile. Improvvisamente gli venne in mente sua madre, a come avrebbe reagito vedendolo in quello stato, a quanto si sarebbe preoccupata. Non sarebbe stato in grado di gestirla, non in quel momento. Non aveva bisogno di lei.
“Stiles?” chiese automaticamente, rendendosi conto che lui non si trovava nella stanza. Ethan e Jackson si guardarono intorno, accorgendosi solo in quel momento della sua assenza.
“E’ andato a cercare il lupo mannaro che mi aveva rapito” intervenne Bobby, mentre si stiracchiava, sentendo la sua schiena soffrire per la posizione in cui aveva dormito “Peter e Derek pensano si tratti di Talia Hale”
Tutti si voltarono verso di lui, al cacciatore bastò vedere i loro volti per interpretare le loro domande. Raccontò nuovamente quello che gli era successo, e della donna che lo aveva tenuto prigioniero e, interpretando i volti di Dean e Scott, spiegò che Stiles conosceva una casa abbandonata nel bosco e che quindi avrebbe fatto da guida agli altri
“E smettetela di trattarlo come un bambino, se la sa cavare!” dicendo quest’ultima frase si era alzato dal divano, dirigendosi verso la cucina a prendersi un caffè.
Gli altri si fissarono per qualche momento sentendosi un po’ imbarazzati e colpevoli. Volevano bene a Stiles ma non si fidavano troppo delle sue competenze in battaglia. Forse, constatarono, si preoccupavano anche troppo per lui.
“Allora l’avete preso?” cercò di cambiare discorso Lydia, seduta ancora al fianco di Scott, che si voltò verso di lei confuso
“Sì” rispose Dean felice che lei avesse tirato fuori il discorso “Possiamo andare appena il tuo fidanzato è pronto” commentò poi, lanciando uno sguardo di urgenza a Parrish. Lui reagì come un soldato che si mette sull’attenti
“Certo, anche subito” dovette trattenersi dall’aggiungere “Signore”, da quando Castiel era stato trasformato in pietra il cacciatore riusciva a fargli quasi paura, non osava immaginare cosa gli avrebbe fatto se avesse chiesto qualche ora in più di riposo
“Bene” rispose lui, gli occhi sembravano aver ritrovato parte della loro vitalità “Allora possiamo andare a cercare quel figlio di puttana”
 
 
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L’impala correva veloce sotto il sole mattutino, Dean guidava con sicurezza, quasi troppa a giudicare dai suoi passeggeri che si tenevano ad ogni appiglio disponibile e venivano spinti di lato ogni volta che il cacciatore faceva una curva
“Dean rallenta!” l’aveva pregato il fratello
“Dobbiamo cercare per tutta la città dove si trova quel mostro Sam, non abbiamo tempo da perdere”
“Ma non stiamo controllando nessun edificio, ci stiamo solo passando davanti”
“Fidati, questo mi basta”
Il Winchester continuava a guidare senza rallentare, convinto che non appena si fosse avvicinato alla presenza dell’Anuk-ite tutta la sua rabbia e la sua sete di vendetta si sarebbero trasformate in puro terrore. Sui sedili posteriori Ethan, Jackson e Parrish non osavano disturbarlo, sapendo che anche se ci avessero provato non sarebbe servito a nulla. Lydia era rimasta al bunker ad occuparsi di Scott, mentre Bobby era stato fatto rimanere lì con la forza dai Winchester, che lo vedevano ancora troppo debole e provato dal rapimento per scendere in campo. In ogni caso i lupi mannari e il mastino infernale continuavano a perlustrare con l’udito e con l’olfatto più edifici possibili, dubbiosi della tecnica del cacciatore. O almeno lo erano stati finché Dean non si fermò di colpo, facendoli quasi finire fuori dal cruscotto anteriore.
Nessuno osò protestare, nessuno osò lamentarsi perché tutti lo avevano sentito. Il sangue li si era gelato nelle vene ed il cuore aveva iniziato a battere troppo velocemente rendendo il respiro corto. Tutti si voltarono alla loro destra, avendo quasi paura di ciò che avrebbero visto, ma quello che si trovarono di fronte fu solo un normale edificio, con una grande scritta di fronte.
Beacon Hills High School
“Ma perché diavolo finiamo sempre qui? Cos’ha questa scuola che non va?” aveva commentato Ethan, cercando di smorzare un po’ la tensione, ma la cosa non funzionò molto visto che le parole gli uscivano tremanti dalla bocca.
“Che c’è, vuoi tirarti indietro?” Jackson si era voltato verso di lui, un sorriso sicuro di sé sulle labbra. Ethan notò che stava nascondendo anche lui il terrore che stava provando, ma decise di assecondarlo
“Ti piacerebbe” il lupo mannaro scese dall’auto, seguito dagli altri due. Sam lo imitò e, sotto gli occhi sgomenti di tutti, Dean rimase in macchina. I quattro si guardarono interdetti, ma Sam fece loro segno di aspettare. Tornò nell’auto, trovando suo fratello pietrificato, le mani che stringevano tanto forte il volante da far diventare le nocche bianche, gli occhi sbarrati, le labbra ridotte a due sottili strisce bianche.
“Dean?”
L’altro si girò di scatto, ricominciando a respirare solo in quel momento. Fissò Sam, pensò a lui, lì dentro con quell’essere, da solo, pensò a suo fratello pietrificato. Pensò a Castiel.
Annuì, facendogli sapere di essere pronto, per poi caricare la pistola e scendere dall’auto. Il terrore gli scorreva ancora nelle vene, ma la paura di lasciare suo fratello da solo e di non avere la forza di vendicare il suo amico erano più forti.
Sam aprì il bagagliaio, recuperando la radice del Nemeton e consegnandola a Parrish, il quale sembrava anche troppo tranquillo.
“Pugnalalo al cuore” la voce di Dean alle sue spalle, piatta ma minacciosa, gli fece finalmente scorrere quel brivido di terrore lungo la schiena. Il vice sceriffo annuì, prima di incamminarsi insieme agli altri verso l’entrata della scuola.
“Fermi!” Ethan e Jackson parlarono all’unisono, bloccando il resto del gruppo appena prima che varcassero la soglia
“Non siamo soli” finì Jackson. All’interno dell’edificio avevano percepito una ventina di cacciatori, che si aggiravano circospetti, i loro battiti erano fortemente accelerati
“Gerard” spiegò Ethan, facendo finalmente capire anche agli altri cosa stesse succedendo
“Merda” imprecò Dean a denti stretti “Che diavolo ci fanno qui?”
“Credo lo stesso che facciamo noi” commentò Parrish
“Forse dovremmo chiedere rinforzi” fece notare Sam, ma il fratello lo fulminò con lo sguardo
“No, una volta ucciso l’Anuk-ite la paura svanirà e loro non saranno più una minaccia”
“Non puoi esserne certo, cosa gli impedirebbe di ucciderci?”
“Ci ucciderebbero dopo che gli abbiamo salvato la vita?”
“Gerard è stato capace di uccidere il suo stesso figlio, non si farebbe problemi a uccidere noi”
“Vuol dire che lo uccideremo prima che ne abbia la possibilità”
“Dean, è una pazzia”
“Bene, allora tu aspetta i rinforzi qui fuori, io entro” dicendo queste parole il Winchester varcò la soglia, sentendo il fratello chiamarlo dall’esterno. Oltrepassando quella porta si sentì immediatamente investito da una forza che gli fece bloccare le gambe e trattenere involontariamente il respiro. Qualsiasi cosa su cui puntava lo sguardo gli faceva scorrere un brivido di terrore, ogni angolo era innaturalmente buio, gli armadietti avevano assunto un aspetto inquietante, persino i suoni sommessi delle voci dei cacciatori e i loro passi furtivi riuscivano a spaventarlo. Quasi urlò quando sentì la porta riaprirsi dietro di lui, prima di girarsi e constatare che si trattava dei suoi compagni.
“Sei impazzito?!” sussurrò Sam, anche lui provava lo stesso terrore del fratello, svelato dalla voce tremante. Dean lo ignorò, puntando lo sguardo su Parrish che sembrava tutto tranne che terrorizzato. Gli fece segno di seguirlo prima di avviarsi per il corridoio, sforzandosi di seguire la direzione dalla quale la sua mente impaurita avrebbe voluto fuggire a gambe levate. Si voltò, per verificare che gli altri lo stessero seguendo, e quando tornò a guardare di fronte a sé balzò all’indietro per lo spavento.
Un uomo, probabilmente uno dei cacciatori, si trovava di fronte a lui, la pistola alzata nella sua direzione, ed il corpo completamente pietrificato. Dean trasse un respiro di sollievo, prima di continuare imperterrito. Sam lo raggiunse mettendosi al suo fianco
“Dean, è un suicidio, chiamiamo gli altri perché vengano ad aiutarci” l’altro scosse la testa
“No, non sappiamo dove siano, potrebbero metterci ore ad arrivare” ho già aspettato abbastanza “E poi magari l’Anuk-ite ha già fatto fuori tutti i nostri nemici”
Sam alzò gli occhi al cielo, indietreggiando per poter mandare un messaggio a Stiles senza essere visto. Pregò che il ragazzo non fosse andato troppo lontano, prima di riprendere in mano la pistola e dedicare tutta la sua concentrazione a prevenire le mosse dei cacciatori che si aggiravano nell’edificio.
Non passò molto prima che i due lupi mannari li bloccassero nuovamente. Si trovavano ad un bivio, il corridoio che avevano percorso era finito, e due strade si diramavano alla loro destra e alla loro sinistra. Ethan indicò la prima, facendo capire agli altri che c’erano degli uomini di Gerard, ancora in carne e ossa, armati fino ai denti. Dean si azzardò a sbirciare nella loro direzione. Erano in tre, stavano avanzando verso di loro con le armi pronte a sparare
“Ci pensiamo noi” li informò Jackson lanciando uno sguardo al fidanzato che annuì prontamente. Entrambi fecero uscire gli artigli e illuminando gli occhi. Appena i cacciatori furono abbastanza vicini li attaccarono, disarmandoli anche troppo velocemente, mentre il resto del gruppo sgusciò fuori dal nascondiglio, correndo dalla parte opposta. Ethan morse uno dei cacciatori al collo, mentre Jackson disarmava il secondo, usando il suo corpo per ripararsi dai proiettili che sparava il terzo. Ethan lo attacco subito dopo, facendogli perdere i sensi con un colpo alla testa.
“Troppo facile” commentò l’altro mentre lasciava cadere il corpo dell’uomo che aveva usato come scudo a terra. Ethan stava per rispondergli quando i suoi occhi si spalancarono improvvisamente. Jackson non fece nemmeno in tempo a chiedergli cosa stesse succedendo che l’altro lo spinse a terra, coprendolo col proprio corpo. Un secondo prima che cominciasse a sentire gli spari.
 
 
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“Aspettate!” era stato Dean a parlare, fermando Parrish improvvisamente, ma Sam era già bloccato sul posto. Il cacciatore cercò di regolare il respiro prima di continuare “E’ qui”
Poco più avanti sulla sinistra una delle aule aveva la porta socchiusa, dalla quale usciva un sottile raggio di sole. I due Winchester erano completamente paralizzati, il respiro corto, il cuore che batteva veloce nel petto. Dean impugnò la pistola tanto forte da rischiare di sparare inavvertitamente un colpo, mentre Sam faceva di tutto per impedirsi di scappare a nascondersi. Fu Parrish a prendere in mano la situazione
“Voi aspettate qui, ci penso io”
“No” intervenne subito il maggiore “Veniamo con te”
“Dean, non possiamo fare nulla per aiutarlo” la voce tremante poteva far pensare che l’unico motivo che gli facesse dire quelle parole fosse il terrore di varcare quella soglia “Gli saremmo solo d’intralcio”
Dean stava per rispondere al fratello ma il mastino infernale, stanco della preoccupazione di Sam e della sete di vendetta di Dean, fece illuminare gli occhi di un arancione scuro, tagliato da sfumature più rossastre, per poi ricoprire il suo corpo di fiamme dello stesso colore. I due fratelli rimasero a bocca aperta
“Ho detto che ci penso io” con queste parole si voltò, dirigendosi senza paura all’interno dell’aula. L’Anuk-ite era lì, sembrava divertirsi nel far impazzire i cacciatori arrivati nella scuola per braccarlo, ma non appena sentì la presenza di Parrish alle sue spalle si voltò improvvisamente, quasi impaurito, ma questa volta non si fece trovare impreparato. Notò il pezzo di legno appuntito nella sua mano, e il suo sguardo deciso negli occhi. Dalle sue labbra uscì un ruggito spaventoso, che rimbombò nell’intero edificio, ma il mastino non si fece intimidire. Andò verso di lui, brandendo l’arma e cercando di colpirlo, ma l’altro fu più veloce e riuscì a lanciarlo contro una delle pareti con un solo colpo, facendogli cadere l’arma di mano. Parrish si alzò immediatamente, non aspettandosi tutta quella potenza, e tornò all’attacco, questa volta colpendolo al viso con un pugno infuocato, che riuscì a distrarlo il tempo necessario perché fosse in grado di recuperare il Nemeton. Il due facce però lo vide e gli sferzò un calcio allo stomaco. Parrish lo pugnalò al polpaccio. La creatura gridò di dolore, dalla ferita usciva un sangue denso e stranamente scuro, accompagnato dalla stessa luce che caratterizzava i suoi occhi. Nonostante il dolore colpì nuovamente Parrish, questa volta al viso, facendolo voltare completamente. L’Anuk-ite lo aveva messo momentaneamente fuori gioco e sapendo che il suo potere non aveva effetto su di lui, uscì dalla porta, trascinando la gamba ferita. I due Winchester che si trovavano ancora all’esterno, vedendolo uscire chiusero immediatamente gli occhi, appena prima di riuscire a incrociare quelli della creatura, e cominciarono a sparare alla cieca. Fu Sam il primo a sentire una risata familiare nelle orecchie
“Sul serio? Credi che questo riesca a fermarmi? Andiamo Sam, credevo sapessi fare di meglio”
La voce di Lucifero era come entrata nella sua testa, e i ricordi del tempo passato all’inferno riaffiorarono senza preavviso, facendogli provare dolore fisico. Cominciò a gridare e, senza rendersene nemmeno conto, aprì gli occhi.
Di fronte a lui però non si ritrovò il sorriso divertito e i due inquietanti occhi rossi che si sarebbe aspettato, ma il volto senza pelle e i due fari violacei dell’Anuk-ite. Sentì suo fratello che lo chiamava, mentre il terrore si dilagava in tutto il suo corpo e le sue gambe diventavano letteralmente di pietra. Sapeva quello che stava succedendo, sapeva di dover distogliere lo sguardo, ma si sentiva come ipnotizzato da quella creatura, avvinghiato a quegli occhi, bloccato dal terrore.
Lentamente la pietra continuava bloccarlo, salendo fino alla vita, impedendogli qualsiasi azione, nemmeno si rese conto della luce troppo forte proveniente dall’aula, delle fiamme che facevano capolino, e dell’arma che spuntò sul petto dell’Anuk-ite, all’altezza del cuore. Questo gridò, cercando di voltarsi per difendersi, ma dal suo petto uscì una luce potente che mise fine alle sue urla e lo fece accasciare a terra, senza vita.
Dean aprì gli occhi, appena in tempo per vedere quelli della creatura che si chiudevano, il volto fiero di Parrish, le cui fiamme si stavano estinguendo, e suo fratello, al suo fianco, le cui gambe stavano lentamente tornando alla normalità, e la pietra sgretolarsi ai suoi piedi. Alzò lo sguardo, guardandolo negli occhi, ma senza vederlo veramente. Sam se ne accorse e non poté far altro che sorridere nel vedere la luce di speranza che vi si era accesa. Stava per comunicargli di aver avuto ragione fin dall’inizio, che dovrebbe dargli ascolto una volta ogni tanto, ma Dean si era già voltato, correndo lungo il corridoio.
Il fratello scosse la testa, continuando a sorridere, e voltandosi in direzione di Parrish, che fissava confuso il cacciatore appena sparito. Le fiamme si erano completamente estinte, e con esse anche i suoi vestiti
“Woh, hey, amico…” Sam si stava coprendo gli occhi, visibilmente a disagio “Potresti…”
Parrish si coprì immediatamente con le mani, non essendosi reso conto di essere tornato umano
“Sì… direi che dobbiamo trovarti dei vestiti”
 
 
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“ETHAN!” il ragazzo lo trasportò dietro ad una parete, aiutandolo ad appoggiarsi a terra. Gli spari continuavano imperterriti, mentre gli occhi di Jackson si illuminavano e lui andava all’attacco. Placcò il cacciatore, facendolo finire a terra e facendogli sfuggire l’arma dalle mani, per poi piantare gli artigli sul suo petto, sempre più in profondità finché non sentì il cuore smettere di battere. Tornò immediatamente dal fidanzato, ancora a terra, e almeno cinque proiettili nella schiena. Jackson prese il suo volto fra le mani, la testa gli ronzava piena di pensieri a cui non voleva dare ascolto.
“Hey, resta con me”
Il lupo mannaro lo fissava, faceva fatica a respirare e sentì il sapore del sangue arrivargli alla bocca
“Troppo facile, he?” aveva commentato con voce roca e pericolosamente debole
“Sta zitto idiota” Jackson si sforzò di sorridere ma la preoccupazione gli si leggeva negli occhi. Prese la mano dell’altro, trasferendo il dolore su sé stesso “Ora devi guarirti, hai capito?” la sua voce era strozzata dal nodo che sentiva formarsi in gola. Ethan si limitò a fissarlo, un sorriso amorevole sulle labbra. Jackson restituì lo sguardo, gli occhi che cominciavano a bagnarsi di lacrime
“No, no tu non mi lasci così, ti proibisco di farlo, mi ha sentito?” la voce voleva essere autoritaria, ma lo sforzo di trattenere le lacrime la smorzò. Ethan prese il volto dell’altro con una mano, avvicinandolo a sé, portando le proprie labbra sulle sue. L’altro rispose al bacio, sentendo il sapore del sangue e passando la mano fra i capelli dell’altro. Le lacrime cominciarono a scendere inesorabili sul suo volto, insieme alla consapevolezza che quello sarebbe potuto essere l’ultimo. Lo strinse a sé, facendo attenzione a non fargli del male, e socchiuse le labbra, prendendo tutto ciò che poteva da lui, cercando di colmare quel vuoto indescrivibile che sentiva formarsi nel suo petto. Ethan lo strinse con le poche forze che aveva, cercando di trasmettergli quello che provava per lui, cercando di dirgli che sarebbe andato tutto bene, e che se fosse potuto tornare indietro avrebbe rifatto tutto allo stesso modo se significava salvargli la vita. Jackson si allontanò da lui, guardandolo negli occhi, le lacrime ancora gli bagnavano il volto.
“Ti prego…” sussurrò, sapendo che non sarebbe servito a niente, sapendo che nessuno dei due avrebbe potuto fare nulla, ma incapace di accettarlo. Voleva rimanere lì, con lui, stringerlo, baciarlo, abbracciarlo, anche per sempre. Sentiva che il suo mondo non sarebbe stato più lo stesso, che una parte di sé sarebbe morta con lui. Ethan sorrise nuovamente, ma solo con le labbra, i suoi occhi erano pieni di apprensione. Alzò una mano per asciugare le lacrime dell’altro, dovendo fare uno sforzo immane e sentendo le ferite alla schiena che gridavano di non farlo, quando improvvisamente dei passi distrassero entrambi
“Vattene” sussurrò prontamente Ethan, mentre lo sguardo tagliente di Jackson gli diceva che non sarebbe andato da nessuna parte. Il ragazzo si voltò, pronto ad attaccare chiunque avesse osato avvicinarsi a loro, e si fermò appena in tempo accorgendosi che si trattava di Sam e Parrish. Trasse un respiro di sollievo e notò distrattamente che il mastino stava indossando un camice da laboratorio della vecchia aula di chimica prima di tornare dal suo fidanzato
“Cos’è successo?” chiese subito preoccupato Sam
“Gli hanno sparato” riferì Jackson con voce piatta
I due rimasero in silenzio, consapevoli che con lo strozza lupo giallo utilizzato dai cacciatori non c’era praticamente niente che potessero fare.
“Di qua!” una voce in lontananza li fece sobbalzare di nuovo, accompagnata rumori di passi, almeno sette persone
“Qui siamo troppo esposti, dobbiamo nasconderci” fece notare Parrish, mentre si abbassava per aiutare Ethan ad alzarsi, imitato da Jackson dalla parte opposta. Sam fece strada, controllando che la via fosse libera. La prima porta che trovarono fu quella della biblioteca, il cacciatore entrò per primo, ispezionando l’area, per poi far entrare gli altri. Controllò dietro ad ogni scaffale se si nascondesse qualcuno. Il suo istinto vide giusto perché, dopo la terza fila, sentì dei rumori sommessi, e un colpo che veniva messo in canna. Uscì improvvisamente dal suo nascondiglio con la pistola alzata, per trovarsi la Colt puntata addosso, impugnata dalle mani tremanti di Theo. Entrambi trassero un sospiro di sollievo, imitati da Liam, alle spalle del lupo mannaro. Entrambi sembravano ancora provati dall’esperienza con l’Anuk-ite, ma erano vivi e apparentemente incolumi. Sam li fissò, per poi lanciare un’occhiata al lupo ferito, che sembrava pericolosamente vicino al perdere i sensi. Il cacciatore corse immediatamente da loro
“Ethan, devi tenere duro ok? Resisti finché non torno”
“Dove stai andando?” chiese Jackson con una nota di speranza nella voce
“A cercare Castiel”
 
 
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La mente di Dean era incapace di pensare, i suoi piedi si muovevano senza che lui dovesse comandarli, le gambe andavano veloci, più di quanto lui stesso non le ritenesse capaci. Non pensò al fatto che non fosse finita, non pensò che nell’edificio si aggiravano ancora i cacciatori di Gerard, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il suo angelo.
Il cuore batteva ancora più velocemente del dovuto, ma non si trattava più di paura, era gioia, era speranza, era amore.
Finalmente, dopo quelle che gli sembrarono ore, arrivò nel luogo dove aveva trovato Castiel pietrificato. Il suo cuore saltò un battito nel constatare che, al suo posto, era rimasto solo un cumulo di pietre a terra. Per un secondo ebbe l’orribile presentimento che lui si fosse sgretolato con loro ma cercò di scacciarlo velocemente dalla testa. Senza pensarci due volte cominciò a chiamarlo a gran voce, esaminando stanza per stanza, ad ogni passo il suo cuore si faceva più pesante, e il panico tornava ad occupargli la mente, quando infine, in una delle tante aule, lo vide. Dalle sue labbra uscì un respiro di sollievo, ma il peso che aveva nel petto restò dove si trovava. L’angelo era rannicchiato su sé stesso, in un angolo della stanza, le mani fra i capelli, il corpo, che a Dean in quel momento sembrò così gracile, stava tremando violentemente.
“Cas…” la voce del cacciatore era dolce e preoccupata, si avvicinò a lui, sforzandosi di non correre ad abbracciarlo “Cas, va tutto bene”
L’altro non si mosse, teneva lo sguardo fisso a terra, chiudendosi sempre di più in sé stesso
“Cas…” la voce di Dean era rotta, vederlo in quello stato gli procurava un dolore indescrivibile. Gli si avvicinò e solo quando gli appoggiò una mano sulla spalla l’altro alzò finalmente lo sguardo. Gli occhi azzurri erano spalancati e pieni di terrore, per Dean fu come essere pugnalato al cuore.
“Cas, sono io, è finita” per un secondo desiderò che quell’essere fosse ancora vivo per poterlo uccidere con le sue mani. Lentamente e dolorosamente. “Cas, è tutto-”
“VATTENE!” le parole gli uscirono con un’urgenza ed un terrore che non gli appartenevano
“Cas, sono io-”
“DEAN VATTENE!”
Per un secondo fu come se il mondo si fermasse. Il cacciatore fissò l’angelo, provando un dolore che mai avrebbe immaginato. Quegli occhi azzurri erano puntati su di lui, terrorizzati sì, ma lucidi, sapeva perfettamente chi fosse e non voleva che gli stesse vicino. Dean tolse la mano dalla sua spalla, sentendosi improvvisamente impotente, inutile, e avendo quasi paura di sé stesso. Cosa diavolo gli aveva fatto vedere il due facce? Perché doveva aver paura di lui?
“Cas…” riprovò a dire, non sapendo cosa fare, non sapendo come comportarsi, sentendo una voragine che gli si apriva nel petto
“Vattene, non voglio farti del male…”
Quelle parole fecero accendere la consapevolezza in lui. Un respiro tremante gli uscì dalle labbra, mentre gli occhi gli diventavano lucidi. Era questa la sua paura più grande? Fare del male a lui? Castiel aveva vissuto per secoli, aveva visto cose inimmaginabili, era stato in purgatorio e all’inferno, ma la cosa che più lo spaventava era far del male a lui?
La mente del cacciatore si spense improvvisamente, mentre il cuore prendeva il controllo del suo corpo. Prese delicatamente il volto ancora terrorizzato dell’altro fra le mani, avvicinandolo al suo e lasciando che le loro labbra si incontrassero. All’inizio Castiel si immobilizzò, in parte per la paura ed in parte per la sorpresa, ma quando le calde labbra di Dean cominciarono a baciarlo si lasciò andare, chiudendo gli occhi e stringendo il cacciatore fra le braccia. Tutte le sue paure, tutti i ricordi di quello che l’Anuk-ite gli aveva fatto vedere erano svaniti in un istante. Improvvisamente c’erano solo lui e Dean, insieme. I loro respiri si fondevano, le loro bocche si cercavano avidamente, le mani dell’angelo esploravano il corpo del cacciatore, sentendo i suoi muscoli tendersi sotto di esse.
Dean gli accarezzò il viso, facendo passare una mano fra i capelli corvini, e abbassando l’altra lentamente, accarezzandogli il collo, per poi arrivare fino al petto. Ebbe la tentazione di slacciare i primi bottoni della camicia, ma cercò di trattenersi. La sua lingua si fece strada nella bocca dell’altro, che la accetto con piacere, mentre il corpo dell’altro si avvinghiava sempre di più al suo. Entrambi ora erano in ginocchio, la mano sul petto di Castiel si spostò sulla sua schiena per poterlo stringere contro il proprio corpo. Dean si aggrappo ai suoi vestiti sentendo il desiderio crescergli dentro. L’altro lo lasciò fare godendosi la sensazione delle sue labbra sulle proprie, calde e sensuali, mise una mano sul suo volto, accarezzandogli la guancia col pollice, sentendo la mascella ben scolpita e la barba troppo cresciuta. Lo senti sorridere sotto le sue labbra e questo lo fece desiderare ancora di più.
Le loro labbra non si staccarono finché entrambi non furono a corto di ossigeno, ritrovandosi col fiato corto, ma nessuno dei due si allontanò di un solo centimetro, i loro respiri si scontravano mentre Dean appoggiava la fronte su quella dell’altro. Riusciva a sentire i battiti del suo cuore, veloci e irregolari, contro il proprio petto e non riuscì a fare a meno di sorridere. Era reale, non stava accadendo solo nella sua mente, Castiel era lì, vivo, fra le sue braccia. Dean si allontanò leggermente per poterlo guardare negli occhi, continuando ad intrecciare le dita nei suoi capelli. L’angelo lo fissò a sua volta, ritrovandosi ad ammirare quel verde smeraldo, ancora più luminoso del solito, perdendosi ad osservare ogni dettaglio del suo viso, il sorriso imbarazzato ma felice che gli si era formato sulle labbra, le piccole rughe all’altezza degli occhi, lo spruzzo di lentiggini che gli ricoprivano il naso. Non poteva credere che fosse successo veramente, non poteva credere di trovarsi finalmente fra le braccia dell’uomo che amava.
“Ma che bella coppietta” la voce proveniente dalla porta li fece voltare entrambi, avevano ancora le guance arrossate e l’ardore negli occhi. L’uomo di fronte a loro sorrideva, i capelli bianchi, gli occhi scuri e minacciosi. Vedendo l’arma che puntava contro di loro Castiel si spostò velocemente in avanti, proteggendo Dean dietro di sé.
“Gerard Argent suppongo” commentò il cacciatore
“Indovinato, in carne e ossa” il sorriso sul suo volto si faceva sempre più minaccioso “Vi conviene non muovervi”
A Castiel scappò un sorriso, accompagnato da uno sguardo di sufficienza. Si alzò in piedi, facendo uscire la lama angelica dalla manica del trench.
“Ho detto fermo!” gridò l’uomo, pochi secondi prima di sparare. Il proiettile colpì l’angelo, lui si fermò, guardò il buco sul suo petto, per poi riportare lo sguardo sul cacciatore, un lato della bocca sollevato, lo sguardo divertito. Gerard cominciò ad indietreggiare, quegli occhi sicuri di sé lasciarono il posto a confusione e paura.
“Co-cosa sei…?”
“Sono un angelo, coglione” con queste parole la lama lo trafisse allo stomaco, facendolo accasciare a terra, fra versi di dolore e uno sguardo di incredulità negli occhi. Gerard cercò di dire qualcosa, ma dalle sue labbra uscirono solo versi sommessi e un rivolo di sangue, prima che i suoi occhi diventassero vuoti e privi di vita.
I due si erano ritrovati nel corridoio e quando Castiel si voltò trovò Dean appoggiato all’anta della porta, con un sorriso fiero e divertito sulle labbra
“Questo è il mio angelo”
Castiel sorrise a sua volta sentendo l’improvviso impulso di fiondarsi di nuovo su quelle labbra.
“Cas!”
Stava andando verso di lui quando la voce di Sam lo fece distrarre. Anche Dean appena lo notò fece sparire quel sorriso e quello sguardo colmo di desiderio dal volto.
“Stai bene?” Sam li esaminò attentamente entrambi, notando i capelli scombinati dell’angelo e le guance arrossate del fratello
“Sì” rispose lui lanciando uno sguardo a Dean “Bene” aggiunse sorridendo. Dean distolse immediatamente lo sguardo, ma fu impossibile trattenere il sorriso che gli spuntò sulle labbra. Sentiva ancora il cuore battergli all’impazzata nel petto, una gioia indescrivibile gli rendeva quasi impossibile tornare ad un’espressione seria. Si morse il labbro inferiore, cercando di far sparire quel sorriso prima di tornare a guardare il fratello. Sam si concesse un veloce sguardo malizioso prima di parlare
“Venite, presto, si tratta di Ethan”
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
Ethan vide distrattamente Sam correre fuori dalla biblioteca, non aveva capito cosa avesse detto, il mondo intorno a lui diventava sempre più buio e confuso, sentiva che respirare gli risultava sempre più difficile e il dolore alla schiena stava diminuendo lentamente. Quasi non percepì la mano di Jackson sulla sua spalla, e poi sul suo volto. Lo cercò con lo sguardo, sentendo che anche solo tenere le palpebre aperte gli costava uno sforzo enorme. Finalmente riuscì a individuare gli occhi verdi e preoccupati dell’altro, riuscendo a malapena a far spuntare un sorriso sulle sue labbra. Prese un respiro profondo, sentendo i muscoli dolergli per lo sforzo, ma riuscendo comunque a dire quelle due parole che non voleva tenere per sé
“Ti amo” la voce era debole e roca, ma Jackson capì ugualmente. Si avvicinò a lui, posandogli un bacio sulle labbra. Quando si allontanò per poterlo guardare negli occhi li trovò chiusi.
Cominciò a urlare il suo nome, scuotendolo, prendendolo fra le braccia, stringendolo forte a sé, non volendo ammettere che il suo udito da lupo non percepiva più alcun battito cardiaco.
Passò almeno un minuto prima che nella stanza si materializzassero i due Winchester, portati nella biblioteca da Castiel. Parrish, Theo e Liam alzarono lo sguardo su di loro, facendogli capire che era troppo tardi, mentre Jackson continuava a cullare il corpo di Ethan, incapace di lasciarlo andare, incapace di accettare quello che era successo. Era come se il suo cuore fosse stato strappato dal petto, le lacrime scendevano copiose dagli occhi, mentre dalle sue labbra usciva ancora il nome dell’altro, come un sussurro, una preghiera.
Nessuno parlò, nessuno si mosse, rimasero lì, a osservare i due ragazzi, sentendo un indescrivibile peso sul cuore.
Dean, senza nemmeno rendersene conto, allungò la mano per raggiungere quella dell’angelo, lui alzò lo sguardo sul cacciatore, che però continuava a fissare i due lupi mannari ancora abbracciati. Castiel socchiuse leggermente le labbra, facendo sorgere uno sguardo dolce e comprensivo, per poi intrecciare le dita con quelle dell’altro.
 
 
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“Talia…”
Derek era ancora incapace di parlare mentre Peter, avendo ritrovato almeno in parte il modo di riordinare i pensieri, si fece strada per scendere le scale e avvicinarsi all’Alfa. Lei stava sorridendo dolcemente.
“Come…”
“E’ complicato” rispose lei, non avendo bisogno che l’altro finisse la domanda “Ma voi ora dovete fidarvi di me” disse, quasi come se stesse parlando ad un bambino, prima di superare il lupo mannaro e, in un secondo, attaccare Stiles, bloccandolo a terra. Gli artigli sfoderati e gli occhi illuminati di rosso.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


“Come ti senti?”
Nel bunker c’era un’atmosfera tranquilla, Scott stava ancora dormendo su una delle brandine, rannicchiato su sé stesso, la bocca leggermente socchiusa. I suoi sogni erano agitati, il ronzio alla testa non lo abbandonava mai. Vicino a lui, su uno dei divani era seduto Bobby, una birra in mano e lo sguardo rivolto alla ragazza che gli aveva posto la domanda
“Ancora un po’ ammaccato, ma decisamente meglio”
Lydia sorrise, era un po’ che continuava a camminare avanti e indietro per la stanza. Pensava ai suoi amici, alla ricerca dell’Anuk-ite, pensava a Parrish che avrebbe dovuto affrontarlo da solo, faccia a faccia, avrebbe voluto correre da loro, avrebbe voluto fare qualcosa, ma in cuor suo sapeva che il suo modo di aiutarli era rimanere alla base e prendersi cura di Scott. Qualcuno doveva farlo, e se le cose fossero andate male, e i cacciatori avessero scoperto dove si nascondevano avrebbe dovuto difendere sia il loro Alfa che Bobby, il quale, nonostante le sue parole, sembrava ancora provato dalla prigionia, e non era al massimo delle sue forze. Questo però non le impediva di preoccuparsi. Aveva bisogno di distrarsi, aveva bisogno di fare conversazione, anche solo del tempo se necessario.
“A vederti non si direbbe” commentò, era ancora in piedi, le braccia incrociate, il peso su una sola gamba, e un’apparente sguardo di sufficienza negli occhi, che voleva nascondere la preoccupazione di quello che sarebbe potuto succedere agli altri.
“Bè, grazie per la sincerità” Bobby aveva intuito che anche la ragazza, come lui, avrebbe voluto rendersi più utile di quanto non lo fosse ora, ma decise di non tirare fuori l’argomento, sapeva che parlarne avrebbe solo reso entrambi più nervosi.
Lei sorrise, ricominciando a camminare, la sua mente che vagava libera, immaginando i peggiori scenari. Scosse leggermente la testa, prima di sedersi a fianco del cacciatore, combattendo contro l’istinto di prendere anche lei una birra dal frigo.
“Ti ho mai raccontato di quando abbiamo fermato l’apocalisse?”
Lydia si voltò di scatto, fissandolo incredula
“E’ solo un modo di dire, giusto?”
Bobby scosse la testa, un sorriso divertito sulle labbra. Cominciò a raccontare, dal suo primo incontro con Castiel, a Lucifero che, nel corpo di Sam, veniva rispedito della gabbia, cercando di ricordare ogni dettaglio. La ragazza era affascinata dal racconto, ogni tanto lo interrompeva con qualche domanda, e i suoi occhi erano costantemente spalancati. Sapeva quello che l’altro stava facendo, e la cosa assurda era che, nonostante lei ne fosse consapevole, stava funzionando alla perfezione. Quella storia era talmente incredibile che era stata in grado di distrarre Lydia dalle sue preoccupazioni.
Rimasero lì per almeno un’ora, prima che Castiel comparisse nel bel mezzo della stanza facendoli sobbalzare. I due fissarono l’angelo per poi spostare lo sguardo sulle persone che aveva trasportato. Jackson era ancora in ginocchio, nemmeno si era reso conto di ritrovarsi nuovamente nel bunker, fra le sue braccia c’era il corpo di Ethan, la schiena completamente sporca di sangue, che cominciava lentamente a seccarsi.
Lydia si coprì la bocca con le mani, gli occhi spalancati, prima di trovare la forza di avvicinarsi a loro. Si inginocchiò a fianco di Jackson, posandogli delicatamente una mano sulla spalla. Lui si voltò, gli occhi arrossati, le guance bagnate di lacrime. La ragazza gli portò immediatamente le braccia al collo, stringendolo forte a sé. Lui si abbandonò al suo abbraccio, ma senza lasciare il corpo del fidanzato nemmeno per un secondo.
Castiel fece un passo indietro, cercando di lasciare ai due un po’ di privacy, facendo cadere lo sguardo su Bobby. Il cacciatore si alzò, appoggiando a terra la terza bottiglia ormai vuota
“Sono felice di vederti” commentò, dandogli un paio di pacche sulla schiena
“Sì, anche io”
“Non puoi fare niente per lui?” provò a chiedere, anche se temeva di conoscere già la risposta
“No… sono arrivato tardi” il senso di colpa nel tono di voce dell’altro era palpabile
“Hai fatto il meglio che hai potuto”
L’angelo sorrise, non troppo convinto di quelle parole
“Gli altri stanno bene?” chiese Bobby preoccupato
“Sì, Dean li sta riportando qui con la macchina” spiegò l’angelo
Il cacciatore annuì, cercando di ignorare il leggero sorriso che si era formato sulle labbra dell’altro pronunciando il nome del Winchester. Castiel, osservandolo meglio, corrugò leggermente la fronte, come se lo stesse analizzando, il cacciatore alzò un sopracciglio, fissando le dita dell’altro che si appoggiavano alla sua fronte. Improvvisamente il suo corpo tornò completamente in forze, le spalle e la schiena, che non avevano mai smesso di dolergli, erano guarite
“Grazie, Cas” commentò l’uomo “Ma credo che lui ne abbia più bisogno di me” aggiunse poi, indicando Scott. L’angelo lo fissò per circa un secondo, prima di avvicinarsi a lui e ripetere la stessa operazione. Il lupo mannaro si svegliò immediatamente, perfettamente riposato e privo di quell’ormai familiare ronzio e dolore alla testa. Gli ci volle qualche secondo per realizzare cosa stesse succedendo, ma anche così la sua mente non gli permetteva ancora di crederci. Cominciò a togliere le bende dagli occhi, rimanendo inizialmente accecato dalla luce della stanza. Riuscendo a vedere la luce della stanza. Un enorme sorriso si formò sulle sue labbra, accompagnato da un sospiro di puro sollievo. Ringraziò l’angelo, sentendosi infinitamente grato di quello che aveva fatto, nonostante a lui non fosse costato alcuno sforzo.
Poi vide Ethan. Lydia e Jackson lo stavano stendendo su una delle brandine, per poi cominciare a pulire almeno in parte il sangue che aveva sul volto. Scott si voltò nuovamente verso l’angelo, che però gli restituì uno sguardo dispiaciuto e rassegnato
“E’ troppo tardi…” disse semplicemente, sentendo il suo cuore diventare sempre più pesante. Scott si alzò per aiutarli, e cercare di confortare Jackson, sapendo che sarebbe stato inutile, ma voleva fargli sapere che se avesse avuto bisogno, lui ci sarebbe stato.
Passarono almeno venti minuti prima che la porta del bunker si riaprisse, e il resto del gruppo tornasse alla base. I primi a entrare furono i due Winchester, seguiti da Theo e Liam, il primo teneva ancora la Colt infilata nei pantaloni. Infine arrivò Parrish, indossava ancora il vecchio camice da laboratorio, e la cosa sarebbe stata quasi ridicola se la taglia troppo piccola non avesse messo in risalto la sua corporatura muscolosa. Lydia gli lanciò uno sguardo, traendo un respiro di sollievo, e sfoggiando un dolce sorriso, ma restando a fianco di Jackson, il quale sembrava completamente svuotato, lo sguardo fisso sul volto di Ethan, spento e inespressivo.
Castiel puntò gli occhi su Dean, aspettandosi che il cacciatore sarebbe andato da lui, ma l’altro non lo degnò di uno sguardo, dirigendosi in cucina a recuperare una birra. L’angelo per un secondo si sentì confuso. Arrivò addirittura a pensare di essersi immaginato tutto, o che Dean si fosse reso conto di aver sbagliato e che in realtà non provava niente per lui. Quest’ultimo pensiero gli fece più male di quanto volesse ammettere. Erano anni che sapeva cosa provasse per lui, all’inizio era confuso, provare sentimenti era una cosa strana e nuova, non era riuscito a decifrarli, ma perdendo la sua grazia e diventando umano, aveva cominciato a comprenderli, aveva cominciato a sentirli con più intensità e ad accettarli. Fu in quel momento che se ne rese veramente conto, ma decise di non dire nulla. Insieme a quei sentimenti in lui avevano cominciato a svilupparsi anche il dubbio, la paura di essere rifiutato, e il dolore di non poterlo avere. Anche riacquistando la sua grazia quelle sensazioni non erano svanite, ma aveva imparato a conviverci. Almeno fino a quel momento. La gioia era stata indescrivibile, assaporare finalmente quelle labbra, sentire il suo corpo contro il proprio, le sue mani fra i suoi capelli.
Il solo pensiero gli fece correre un brivido lungo la schiena, e sentire il cuore venire chiuso in una morsa. E se non avesse più potuto averne? E se quella fosse stata la prima e ultima volta che sarebbero stati insieme in quel modo?
Un senso di vuoto si fece largo nel suo petto, accompagnato da quello che sembrava quasi terrore.
Il rumore della porta del bunker che veniva aperta lo distrasse dai suoi pensieri, tutti si voltarono in quella direzione appena in tempo per vedere due uomini, stanchi e ancora traumatizzati, varcarne la soglia.
Sui volti del branco spuntarono degli enormi sorrisi.
Deaton li salutò amorevolmente, abbracciando prima Scott, poi Sam, sinceramente felice di rivederlo, mentre Deucalion si limitò ad un semplice cenno del capo, per poi lasciarsi cadere su uno dei divani, chiedendosi perché diavolo si fosse lasciato convincere ad aiutarli.
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
“STILES!”
Il grido di Derek fu preoccupato e feroce allo stesso tempo, senza pensarci si fiondò sull’Alfa. La spinse lontana dal ragazzo, mettendosi davanti a lui per proteggerlo, gli occhi si erano illuminati di azzurro. Claire si era avvicinata a lui, estraendo la pistola, Malia era al suo fianco, anche i suoi occhi si erano illuminati. Talia stava sorridendo
Derek azzardò uno sguardo alle sue spalle, verificando che Stiles stesse bene. Trasse un sospiro di sollievo vedendolo muoversi, anche se un po’ dolorante.
“Ti sei affezionato al ragazzo, he?” commentò lei, notando la preoccupazione negli occhi del figlio. Lui tornò a fissarla, lo sguardo minaccioso ma confuso, desideroso di una spiegazione.
“Perché l’hai fatto? Perché hai rapito Bobby? Loro sono dalla nostra parte!” attraverso la sua voce però trasmise tutta la sua rabbia
“Non si è mai troppo prudenti con i cacciatori” commentò lei “Per quanto riguarda l’altro non volevo fargli del male, ma aveva scoperto troppo sull’Anuk-ite, non potevo permettere che lo uccidesse” trasse un respiro profondo, cominciando ad avanzare in direzione del lupo “Avrei dovuto trasformarlo quando ne avevo l’occasione”
Derek rimase immobile, gli occhi sgranati, la confusione che aleggiava nella sua mente. Talia si ritrovò a pochi centimetri da lui, alzando delicatamente una mano per accarezzargli il volto.
“Perché diavolo vuoi che quella cosa rimanga in vita?” era stato Peter a parlare, anche lui si stava avvicinando, intuendo che, nonostante la rabbia trasmessa dalla sua voce, Derek non sarebbe riuscito a farle del male. Lei però non si mosse, nemmeno si voltò per guardarlo.
“Grazie a questa creatura finalmente i cacciatori avevano mostrato la loro vera natura. Sono dei barbari, capaci solo di uccidere” dicendo quest’ultima frase lanciò uno sguardo a Claire, la quale teneva ancora la pistola puntata su di lei
“Non hai tutti i torti” commentò la ragazza appena prima di premere il grilletto.
La colpì al fianco, sotto gli occhi sconvolti degli altri, ma Talia non si smosse di un millimetro, nemmeno il suo sorriso si incrinò. Si allontanò da Derek, puntando alla ragazza, Malia le sbarrò la strada, cercando di colpirla, gli artigli sguainati, ma l’Alfa la schivò facilmente, mandandola a tappeto con un solo colpo. Claire sparò nuovamente, non sapendo in che altro modo difendersi, i proiettili andarono tutti a segno, ma senza sortire alcun risultato. Quando fu abbastanza vicina Talia le tolse l’arma dalle mani, facendola indietreggiare fino agli scalini dai quali era scesa, ma la ragazza inciampò all’indietro, dando il tempo al lupo di procurarle un profondo graffio sul braccio col quale lei si stava riparando. Claire gridò di dolore, scorgendo un sorriso soddisfatto negli occhi dell’altra. Improvvisamente però quel sorriso sparì, sostituito da una smorfia di dolore. Peter era dietro di lei e l’aveva presa per le spalle, scavandole la carne con gli artigli, tirandola verso di sé per poi spingerla a terra.
Il lupo mannaro la guardò, quasi disgustato “Che cosa diavolo sei?”
Talia sorrise “Non sono tua sorella, sono tua madre” disse infine, alzandosi da terra sotto gli occhi sgomenti dell’altro “Sono la madre di tutti voi, io sono l’Alfa dei lupi mannari” dicendo quest’ultima frase si voltò velocemente, puntando nuovamente in direzione di Stiles e, questa volta, riuscendo a mordere la base del suo collo. Derek era a pochi passi da lui, ancora pietrificato, solo quando sentì le urla del ragazzo la sua mente si riattivò e il lupo mannaro corse in direzione di Talia, graffiandola al fianco. Lei si allontanò, barcollando leggermente. Aveva voluto far credere di essere indistruttibile ma quelle ferite e lo strozza lupo giallo, che aveva iniziato ad andarle in circolo, l’avevano indebolita. Sorrise al figlio prima di sparire nella foresta.
 
 
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“Hey” lo sguardo di Liam era fisso a terra, le mani nelle tasche dei pantaloni, si trovava a qualche centimetro dalla brandina dove era steso Theo, il quale fissava il soffitto, quasi ipnotizzato, le mani dietro la testa.
“Hey” rispose con un sorriso sulle labbra. Ci fu qualche secondo di silenzio prima che Liam fosse in grado di guardarlo negli occhi. Aprì la bocca per parlare, per poi richiuderla velocemente, prendere un respiro profondo e infine sputare fuori quelle parole una dietro l’altra, tanto veloce da renderle quasi incomprensibili
“Perché non te ne sei andato?”
Theo lo guardò, fingendo di non aver capito, tentando con tutte le sue forze di nascondere quel sorrisetto che gli stava spuntando sulle labbra
“Come scusa?”
Liam sospirò, si passò una mano fra i capelli prima di sedersi al suo fianco, facendolo spostare leggermente “Perché non te ne sei andato?” chiese nuovamente, con più calma. Theo sorrise apertamente, riportando lo sguardo sul soffitto
“Non lo so, forse il mio desiderio di vendetta era più forte”
“Ma sapevi di non poterlo uccidere”
“Già” gli occhi verdi si spostarono nuovamente su quelli di Liam “Ma qualcosa dovevo pur fare” il lupo mannaro cercava di sembrare sicuro di sé, reprimendo il ricordo di quello che aveva provato vedendo l’altro trasformarsi in pietra sotto ai suoi occhi. La paura, la tristezza, la rabbia. Nascose tutto questo dietro ad un lungo sospiro, distogliendo nuovamente lo sguardo.
“Be sei stato un idiota”
Il commento dell’altro lo offese, il lupo mannaro si mise seduto, potendo guardare l’altro dritto in faccia, la bocca aperta, la fronte corrugata
“E’ così che mi ringrazi?”
“Di cosa ti devo ringraziare? Di esserti fatto pietrificare con me?”
“Di non averti abbandonato, testa di cazzo”
“E’ stata una mossa stupida”
“Concordo”
“E allora perché diavolo l’hai fatto?”
“Perché…” le parole gli morirono in gola, mentre si perdeva nell’azzurro degli occhi dell’altro. Lo fissò, uno sguardo omicida, la bocca ancora socchiusa in cerca di quelle parole che non poteva pronunciare.
Fanculo
Pensò prima di posare le sue labbra su quelle dell’altro. Liam rimase immobile, gli occhi spalancati, il cuore che batteva all’impazzata. Theo si staccò quasi subito, mordendosi il labbro inferiore e fissando lo sguardo sconvolto dell’altro.
“Ecco perché” commentò, appena prima di alzarsi e uscire dalla porta del bunker, lasciando l’altro lì, ancora impietrito, ancora con il sapore di quelle labbra sulle sue.
Nessuno sembrava aver fatto caso alla scena, erano tutti troppo stanchi o distratti. Tutti tranne Dean. Era seduto su uno dei divani, le braccia appoggiate sulle gambe, la schiena piegata in avanti, le mani che si torturavano a vicenda. Si morse il labbro ripensando a quello che era successo nella scuola con Castiel, e a quanto avesse desiderato di nuovo quelle labbra sulle sue. Cosa diavolo gli stava succedendo? Da quando si sentiva così attratto da lui? Così attratto da un uomo?
Da sempre idiota
Il cacciatore cercò di scacciare quella scomoda voce dalla sua testa, mentre, inconsciamente, cominciò a cercare l’angelo con lo sguardo, e lo trovò, appoggiato ad una parete, che lo fissava. Incrociare il suo sguardo lo fece sentire subito in imbarazzo, si passò una mano fra i capelli, prima di alzarsi e sparire in cucina, evitando di guardare nuovamente quei due occhi indagatori. L’angelo però continuò a fissarlo, finché la parete dell’altra stanza non glielo impedì. Il suo cuore si faceva sempre più pesante, ma la sua mente cominciò a lavorare senza sosta. Il ricordo di quel bacio, che poco prima era così vivido, stava diventando sempre più indecifrabile. Non era più nemmeno sicuro che fosse stato Dean a prendere l’iniziativa, magari lo aveva costretto lui, senza nemmeno rendersene conto.
No, non era possibile. Quel bacio c’era stato, ed era stato intenso, passionale e dolce allo stesso tempo. Non poteva averlo immaginato, e non poteva aver interpretato male ciò che l’altro provava per lui. Ciò che l’altro prova per lui.
Castiel stava ancora fissando quella cucina, sentendo il cuore battergli sempre più velocemente, non sapendo cosa fare, se dar sfogo alle sue emozioni, o tenerle per sé, come del resto aveva fatto fino a quel momento.
E com’è andata fin ora?
L’angelo serrò la mascella, incapace di fermare i suoi piedi, che si stavano dirigendo lentamente verso quella stanza.
Ancora una volta il rumore della porta del bunker che si spalancava lo fermò. Castiel ebbe il tempo di maledirla e ringraziarla allo stesso tempo, prima di vedere il resto del branco varcarne la soglia, gli sguardi preoccupati, e Derek che si faceva strada fra di loro, quasi correndo, tenendo Stiles fra le braccia.
Tutti corsero verso di loro, chiedendo cosa fosse successo, e bloccandosi vedendo la quantità di sangue che sporcava la maglietta del ragazzo, e la ferita che non voleva rimarginarsi. Derek li ignorò, puntando gli occhi sull’angelo, e supplicandolo con lo sguardo di aiutarlo. Castiel non perse nemmeno un secondo, andò verso di lui, appoggiando la mano sulla ferita, la quale irradiò una forte luce bianca. Il sangue smise di uscire, sparendo anche dai vestiti, e il respiro di Stiles tornò regolare.
Nonostante gli occhi del ragazzo fossero ancora chiusi, il lupo mannaro trasse un sospiro di sollievo sentendo il suo battito cardiaco stabilizzarsi. Lo fece stendere delicatamente su una delle brandine, continuando ad osservarlo, nemmeno sentiva le domande del resto del branco, o anche solo la loro presenza intorno a lui, tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era Stiles. Quel momento continuava a ripetersi nella sua mente, ininterrottamente, Talia che, con la velocità della luce, si lanciava verso di lui, gli occhi illuminati di rosso, le zanne ben visibili, e lui che fissava la scena, immobile, incapace di qualsiasi azione, incapace di farle del male. Aveva visto la scena come a rallentatore, il sangue che cominciava ad uscire dalla ferita, un sorriso che si formava sulle labbra del lupo mannaro, e le grida. Un brivido corse lungo la sua schiena a quel ricordo, la sua mente si era improvvisamente riattivata, ma era troppo tardi. Sapeva cosa sarebbe successo, sapeva cosa Stiles sarebbe diventato. Ed era tutta colpa sua.
Castiel nel frattempo aveva notato anche la ferita sul braccio di Claire, la ragazza si teneva in disparte, aspettando che uno di loro si prendesse la responsabilità di raccontare ciò che era successo, quando vide l’angelo avvicinarsi a lei.
“Sto bene” disse automaticamente, tirando indietro il braccio. Non voleva farsi vedere debole, non voleva che gli altri sapessero che, in quel momento, con la sua unica arma rivelatasi completamente inutile, aveva avuto paura. Quell’Alfa, sopra di lei, quegli occhi rossi e minacciosi, il dolore di quegli artigli che le scavavano la carne.
A Castiel, però, bastò uno sguardo di sufficienza per farla avvicinare. Non aveva senso non sfruttare le sue capacità di guarigione, e lei lo sapeva. Gli consegnò il braccio, distogliendo lo sguardo, mentre sul volto dell’altro si formava un piccolo sorriso, mentre lo prendeva delicatamente, ma la sua fronte si corrugò appena notò che, sotto al sangue e alla camicia strappata, non c’era alcuna ferita.
La voce di Peter interruppe le domande del resto del branco
“Io ve l’avevo detto che era una pessima idea”
 
 
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“Quindi Talia Hale è viva?” la voce di Scott era sorpresa, ma risoluta allo stesso tempo
“Sì, ci ha attaccati ancora prima che avessimo il tempo di parlarle” Malia era appoggiata ad una delle pareti, le braccia incrociate, gli occhi che continuavano a spostarsi su Claire, seduta sul divano alla sua destra, apparentemente tranquilla.
“Siete sicuri che fosse lei?” Deucalion gli stava dando le spalle, fingendo di interessarsi ai libri sulla grande libreria, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi sui titoli che leggeva distrattamente, era troppo impegnata a vagliare ogni possibilità, ogni modo in cui il lupo mannaro avrebbe potuto sopravvivere
“Oh, giusto, hai ragione, ci siamo sbagliata, era solo un’Alfa che passava da queste parti, sorprendentemente somigliante” la voce di Peter era rabbiosa, sarebbe stato capace di prendere a pugni chiunque gli fosse passato troppo vicino
Deucalion si voltò verso di lui “Scusa se ho insultato il tuo ego, ma sai non succede tutti i giorni di vedere un lupo mannaro tornare dalla morte”
“Sai che stai parlando con uno che l’ha fatto, vero?”
“Smettetela, litigare fra di noi non porta a niente” intervenne Scott, cercando di far calmare i due lupi mannari “Dobbiamo capire cosa voglia, perché ha trasformato Stiles e Claire, e perché non voleva che uccidessimo l’Anuk-ite”
“Perché è impazzita, non c’è altra spiegazione”
“No” era stata la voce di Derek a interromperli, si trovava ancora a fianco di Stiles, il quale non accennava a svegliarsi, gli occhi verdi del lupo non lo lasciavano un solo secondo “Non era pazza, sembrava sapere esattamente cosa stava facendo, deve avere un piano”
“Quale? Far ammazzare tutti i lupi mannari della città da quei cacciatori?” chiese Peter spazientito
“O far uccidere tutti quei cacciatori dai lupi mannari” lo interruppe Claire “Ci ha dato dei barbari, degli assassini, forse era questo il suo piano fin dall’inizio”
“Per questo mi ha rapito…” si intromise Bobby “Perché rivelando il modo per uccidere l’Anuk-ite l’effetto di paura sarebbe svanito e i cacciatori non ci avrebbero più attaccati” la consapevolezza si faceva largo nel suo sguardo, accompagnata da un odio viscerale
“Ma l’Anuk-ite ormai è morto, il suo piano è fallito, è finita” disse Malia
“Non è finita” le rispose Deucalion “Se il suo piano era uccidere più cacciatori possibili non ha bisogno dell’Anuk-ite per farlo” portò il suo sguardo da Claire a Stiles prima di continuare “Ha bisogno di un esercito”
Nel bunker calò il silenzio, mentre tutti si scambiavano sguardi preoccupati
“Dobbiamo fermarla” la voce di Dean era decisa, ma lanciò comunque uno sguardo agli Hale presenti nella stanza che avrebbero potuto essere contrari a questa decisione. Malia e Peter annuirono, comprendendo la situazione, mentre Derek finse di non sentirlo nemmeno, gli occhi costantemente puntati su Stiles, il quale aveva cominciato ad agitarsi nel sonno, come se stesse avendo degli incubi.
“E come?” intervenne Claire “Lo strozza lupo giallo non le ha fatto battere ciglio”
“Cosa?” Deucalion risultò più preoccupato di quanto non volesse apparire “E’ immune allo strozza lupo? Com’è possibile?”
“Non ne abbiamo idea” gli rispose Malia “La sua unica spiegazione è stata sono l’Alfa dei lupi mannari
“Che cosa vorrebbe dire? Anche gli Alfa subiscono gli effetti dello strozza lupo” fece notare Lydia
Gli altri alzarono le spalle, confusi quanto lei, mentre Sam, Dean e Bobby si lanciavano sguardi di consapevolezza. Tutti e tre avevano avuto la stessa intuizione
“Ha detto di essere l’Alfa dei lupi mannari” prese la parola Sam “Potrebbe aver detto la verità”
Vedendo i volti ancora confusi che lo circondavano si vide costretto a spiegare tutto dall’inizio
“Ogni creatura soprannaturale ha un Alfa, un’originale, dal quale hanno avuto origine i primi… esemplari di ogni specie” il cacciatore dovette formulare le parole con attenzione per evitare di offendere la maggior parte dei componenti del branco “Talia deve essere stata il primo lupo mannaro mai esistito”
La stanza calò nel silenzio, sui volti di tutti si dipinsero dubbio e confusione. I componenti del branco non sapevano come interpretare quelle parole, così Sam si vide costretto a raccontargli tutto sul purgatorio, sulla Madre, ma cercando di sorvolare sulla loro avventura con i leviatani, il cui ricordo fece scorrere un brivido lungo la schiena di Bobby, e sul piano di Castiel di diventare il “Nuovo Dio”. L’angelo non poté che abbassare lo sguardo, vergognandosi delle sue azioni, e inconsapevole di ricevere uno sguardo di pura compassione da parte del maggiore dei Winchester. Alla fine del racconto gli sguardi che si ritrovò di fronte erano ancora più confusi di prima e ora anche particolarmente preoccupati
“Stai dicendo che… quando moriremo finiremo in purgatorio?” sbottò Malia all’improvviso
Sam si morse la lingua, cercando aiuto nello sguardo del fratello
“Tranquilla, non è così male” provò a rassicurarla lui, un sorriso imbarazzato sulle labbra
“Non è questo il punto” li interruppe Scott, concentrato sulla missione “Se veramente si tratta di un Alfa come lo uccidiamo?”
Derek, che stava ancora dando le spalle al gruppo, indurì la mascella, tendendo tutti i muscoli del corpo a quelle parole, ma non disse nulla
“Questa è la parte facile” commentò Dean “Basterà usare la Colt”
“Sì, perché ha funzionato tanto bene con l’Anuk-ite” fece notare Peter amareggiato
“Con loro funziona, ne abbiamo già fatto fuori uno” ribatté il cacciatore sicuro di sé
“E perché dovremmo farlo?” Jackson, che fino a quel momento se n’era stato in disparte, lo sguardo puntato sul pavimento, accanto al corpo senza vita del fidanzato, parlò con voce profonda, quasi minacciosa. Aveva ascoltato distrattamente la conversazione, cogliendo solo qualche parola, quando realizzò in un momento di lucidità cosa il resto del gruppo aveva deciso di fare “Perché dovremmo ucciderla?”
“Per fermarla, lei-”
“Perché dovremmo fermarla?”
Lydia, che aveva parlato con voce dolce e comprensiva, si irrigidì improvvisamente, combattendo contro l’istinto di fare un passo indietro vedendo lo sguardo del lupo mannaro. Era freddo, distaccato, ma pieno di rabbia, di desiderio di vendetta. Erano occhi imprevedibili, capaci di qualsiasi cosa.
“Jackson” Scott riuscì ad attirare la sua attenzione, facendogli puntare quegli occhi verso di sé “So come ti senti…”
“No, non lo sai! Non lo puoi sapere! Quei figli di puttana l’hanno ucciso!” il lupo mannaro si bloccò. Si era alzato in piedi gridando quelle parole, ma ammettere ad alta voce che Ethan era morto gli fece molto più male di quanto potesse immaginare
“Jackson…” riprovò Scott con voce comprensiva, facendo un passo verso di lui
“No, vaffanculo!” gli occhi del lupo mannaro si stavano riempiendo di lacrime, una morsa gli stava attanagliando il cuore rendendogli quasi difficile respirare “Vaffanculo, loro non hanno mostrato nessuna pietà, e io non la mostrerò con loro! Tu non puoi capire-”
“IO NON POSSO CAPIRE?!” sotto gli occhi sgomenti di tutti il capobranco cominciò a gridare incontrollabilmente “Quei bastardi hanno ucciso Kira! Io sono l’unico in questa stanza che può capire!”
Jackson si ammutolì. La mascella serrata, gli occhi ancora lucidi, le unghie che scavavano nel palmo delle mani. Scott fece un paio di respiri tremanti prima di continuare
“So che stai soffrendo, e so che brami la vendetta più di ogni altra cosa, ma quei cacciatori non agivano per loro scelta. Sono stati influenzati dalla paura dell’Anuk-ite, e guidati dalle parole di Gerard” il lupo mannaro aveva distolto lo sguardo dicendo queste parole, avendo paura che le lacrime che sentiva pungere negli occhi lo tradissero. Ora però lo fissava, sicuro di sé nonostante esse avessero cominciato a scendere “Sono solo dei ragazzini che hanno preso la strada sbagliata, non meritano la morte per questo”
L’altro era senza parole. Sapeva che l’Alfa aveva ragione, sapeva che quelle sottospecie di cacciatori non avevano colpa per ciò che era successo, ma il suo cuore gli diceva, gli gridava di non accettare la cosa, che la morte di Ethan non poteva essere ignorata in questo modo.
“Se devi indirizzare la tua rabbia contro qualcuno” si intromise Bobby, catturando il suo sguardo “Puntala verso quell’Alfa. Se lei non mi avesse rapito avremmo avuto l’arma in pugno molto prima, e saremmo stati in grado di salvare più di una vita”
Jackson sembrò pensarci, la sua parte razionale continuava a dare ragione alle parole che gli venivano dette, mentre il suo cuore, sopraffatto dalla tristezza non poteva far altro che trasformarla in rabbia per evitare di rompersi in mille pezzi. Il lupo mannaro si limitò ad annuire, lo sguardo fisso a terra mentre tornava a sedersi a fianco di Ethan.
Scott dovette aspettare qualche secondo prima di calmarsi e riprendere il suo sguardo risoluto “Allora, dov’è la Colt?”
I due Winchester si guardarono, ognuno convinto che fosse in possesso dell’altro. Il panico si dilagò improvvisamente nei loro occhi realizzando che non l’aveva nessuno dei due
“…Theo…” la timida voce di Liam si fece sentire a malapena. Il ragazzo si schiarì velocemente la voce, facendo fatica a reggere gli sguardi degli altri “Ce l’ha Theo, siamo stati noi a sparare all’Anuk-ite prima di trasformarci in-”
“E dove diavolo è Theo?” la voce tagliente di Malia lo interruppe. Ancora non si fidava di quel lupo mannaro, nonostante fino a quel momento si fosse rivelato un degno alleato, e non li avesse mai traditi. Liam si trovò visibilmente in difficoltà a spiegare la situazione, facendo nascere sguardi incuriositi sui volti degli altri
“E’ uscito” intervenne Dean in suo soccorso “Sarà andato a fare due passi”
“E dov’è andato?” la domanda della ragazza era nuovamente rivolta a Liam, ma lui non seppe rispondere, limitandosi ad alzare le spalle. La ragazza alzò gli occhi al cielo “Sapevo che non dovevamo fidarci, ora chissà dove sarà sparito, avrà voluto filarsela prima che lo rispedissimo in quell’inferno da cui lo abbiamo salvato”
“No” Liam fece nuovamente cadere gli occhi su di sé “Non è scappato, lui…” ancora una volta si sentì le mute domande degli altri addosso, incapace di trovare le parole e riuscendo a percepire le sue guance che si coloravano di rosso “Andrò a cercarlo” disse infine, dirigendosi verso la porta del bunker con lo sguardo fisso a terra.
Tutti si scambiarono guardi confusi, tranne Dean che si ritrovò a sorridere divertito, appena prima di ricordarsi che si trovava nella stessa situazione dei due ragazzi. Stava già per cercare automaticamente quei due familiari occhi blu quando Stiles, con la fronte imperlata di sudore e il volto particolarmente pallido, cominciò a gridare di dolore.
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
Idiota. Idiota. Idiota.
Il lupo mannaro camminava sotto il sole alto del pomeriggio, ripetendosi quella parola nella mente, come un mantra. Come aveva potuto lasciare che accadesse? Come aveva potuto permettere a sé stesso di lasciarselo fare? Ora non avrebbe più potuto mettere piede in quel bunker, non avrebbe più potuto avvicinarsi a loro. Non avrebbe più potuto avvicinarsi a Liam.
Con un grido di rabbia tirò un pugno ad uno degli alberi che lo circondavano. Sentì le guance avvampare e lo stomaco contorcersi su sé stesso. Si era ripromesso di non farlo, si era ripromesso di non dare sfogo ai suoi sentimenti, perché sapeva che avrebbe rovinato tutto, avrebbe rovinato la loro amicizia, e Theo ci teneva, più di ogni altra cosa. Da quando quell’idiota dai capelli troppo lunghi e ordinati lo aveva salvato da sua sorella qualcosa era cambiato. All’inizio pensava si trattasse solo di gratitudine, non era mai stato molto bravo con i sentimenti, ma anche allora riusciva a percepire che ci fosse qualcosa di più. Non ne era del tutto consapevole, ma bastò stare al suo fianco per un po’ per capirlo. Provava qualcosa per lui, qualcosa di forte, qualcosa di più dell’amicizia. Forse era troppo presto per chiamarlo amore, o Theo era troppo distante da quella parola per ammetterlo, ma sicuramente qualcosa c’era.
Assorto dai suoi pensieri e dalla parola che continuava costantemente a ripetersi nella sua mente, quasi non si accorse dei passi che andavano proprio nella sua direzione. Erano tanti, almeno trenta persone, che correvano a velocità sovrumana.
No, non sono persone si corresse Theo nascondendosi nell’insenatura fra delle rocce sono lupi mannari
Il gruppo si fermò improvvisamente, il ragazzo non poteva vederlo ma era abbastanza vicino da sentire cosa stessero dicendo. La voce era di una donna, autoritaria, sicura di sé, e fortemente soddisfatta
“Voi siete stati scelti per essere elevati a qualcosa di più grande, di più forte, di più nobile”
Theo trattenne inconsciamente il fiato, sentendo i battiti dei lupi aumentare, alcuni stavano persino ululando
“Siete il mio nuovo branco, e come tale mi seguirete, diventando il mio esercito. Questi barbari esseri umani vogliono solo la nostra morte, perché si sentono minacciati dal nostro potere” il lupo mannaro poté quasi percepire il sorriso sulle sue labbra “Be, allora diamogli un vero motivo per temerci!”
Si alzarono ululati e acclamazioni dalla folla, che si trasformarono presto in ruggiti, Theo rimase nascosto, guardandosi bene dal fare rumore. Che diavolo stava succedendo? Stavano formando un esercito di lupi? Forse per combattere i cacciatori? Una parte di lui gli suggerì di andare verso di loro, di dirgli che il pericolo era finito, che non c’era più bisogno di combattere, ma un istinto che nemmeno sapeva di possedere gli diceva di rimanere nascosto, effettivamente il discorso che aveva appena ascoltato non gli aveva trasmesso molta fiducia in loro.
I suoi pensieri si fermarono improvvisamente quando calò un innaturale silenzio, acuì nuovamente l’udito, sentendo ancora i battiti cardiaci nello stesso punto, ma nessuna voce, nessun ruggito
“Non siamo soli” la voce femminile sembrò divertita, ma spaventosamente minacciosa. Theo ricominciò a trattenere il respiro, chiedendosi come avevano fatto a trovarlo. Aspettò qualche secondo, troppo concentrato su di loro per accorgersi della voce in lontananza
“Theo!”
Un brivido di terrore corse lungo la sua schiena quando la riconobbe
Liam!
Senza pensarci due volte il ragazzo uscì dal suo nascondiglio, andando verso quella voce e gridandogli mentalmente di chiudere la bocca. Nel frattempo aveva udito quella voce femminile dare l’ordine a un paio di lupi di trovarlo e di portarlo da lei “possibilmente vivo”. Theo accelerò, correndo con tutta la velocità di cui era capace, finché non lo vide. Stava ancora chiamando il suo nome, cercandolo in mezzo agli alberi, ma appena incrociò il suo sguardo le sue guance si dipinsero di rosso, e la sua mascella si serrò. Il lupo mannaro cercò di ignorarlo, continuando a correre e, senza fermarsi nemmeno un secondo, gli prese la mano, gridando di seguirlo e trascinandolo lontano dai suoi assalitori
“Ma che diavolo stai facendo?”
“Sta’ zitto e corri, idiota”
Liam fece per ribattere, ma in quel momento sentì degli ululati alle loro spalle. Cercò di scacciare l’imbarazzo nell’essere ancora mano nella mano con l’altro e cominciò a correre più veloce.
 
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Una sensazione di calore cominciò ad irradiarsi in lui, all’altezza dello stomaco, ma nonostante questo sentiva ogni muscolo che gli doleva, qualsiasi movimento gli costava uno sforzo immane, e nel punto dove il collo si incontrava con la spalla, sentiva un bruciore continuo e acuto
“Si sta svegliando”
Stiles aprì lentamente gli occhi, rimanendo quasi abbagliato dalla luce, la quale però venne immediatamente coperta da due volti che si chinarono su di lui. Quello di Deaton, del quale aveva riconosciuto la voce, e quello di Castiel, che teneva ancora la mano sul suo petto, anche se la luce bianca che emanava stava lentamente scomparendo. Il ragazzo si guadò intorno confuso, la testa gli faceva male, sentiva come un ronzio nelle orecchie, notò quasi tutto il branco che lo stava accerchiando e quasi gli venne un attacco di claustrofobia. Fece per alzarsi ma Deaton lo bloccò immediatamente
“Hey, fermo, devi riposare”
Stiles lasciò che l’altro lo spingesse nuovamente sulla brandina, mentre cercava delle risposte negli sguardi degli altri. Quello del veterinario sembrava rassicurante e comprensivo, ma quando vide gli occhi azzurri dell’angelo riuscì a leggerci tutta la sua preoccupazione
“Che è successo?” la sua voce era più roca di quanto si aspettasse, si schiarì la gola prima di cercare qualcuno che avesse il coraggio di rispondergli
“Sei stato morso” era stato Scott a parlare, facendolo voltare verso di sé. Stiles lo guardò confuso per qualche secondo, mentre i ricordi gli tornavano alla mente, prima di realizzare che il suo migliore amico lo stava effettivamente guardando
“Scott! I tuoi occhi!”
Questa volta nemmeno Deaton riuscì a impedirgli di alzarsi, Stiles si mise seduto, vedendo per qualche secondo delle macchie nere di fronte agli occhi, ma non gli importava. L’Alfa si avvicinò a lui sorridendo
“Sì be, avere un angelo dalla tua parte aiuta in questi casi”
Stiles sorrise, voltandosi in direzione di Castiel e ringraziandolo. L’altro cercò di sorridergli di rimando, ma ancora una volta non riuscì a nascondere la preoccupazione. La sua pelle era diventata improvvisamente pallida, gli occhi erano contornati da profonde occhiaie rosse, ma non era solo il suo aspetto a preoccuparlo. Cercando di guarirlo aveva sentito qualcosa, come una presenza dentro di lui. Per un secondo ebbe il terrore che si trattasse di un demone, invece era qualcosa di diverso. Era qualcosa di molto più pericoloso.
“E Talia?” chiese improvvisamente il ragazzo, cercando con lo sguardo gli altri che l’avevano affrontata con lui. Claire e Malia se ne stavano un po’ in disparte, parlando fra di loro, Peter era seduto su uno dei divani, bevendo una birra. Per un secondo un brivido di terrore corse lungo la schiena di Stiles prima che, finalmente, fosse in grado di individuare Derek. Era come sbucato dal nulla, al suo fianco, gli occhi preoccupati, le braccia incrociate sul petto, ma non aveva il suo solito atteggiamento da superiore, anzi, era più una posa di protezione. Voleva nascondersi, perché? Si vergognava di qualcosa? Stiles lo guardò confuso per qualche secondo prima di sentire le forze che cominciavano ad abbandonarlo e si fece aiutare a tornare disteso
“Non preoccuparti di lei adesso, devi solo pensare a rimetterti” la voce di Deaton continuava a voler essere rassicurante ma al ragazzo cominciava solo a dare fastidio
“Cosa mi è successo? Mi sono… trasformato?” la paura che mise in quelle parole non fu voluta. Non aveva nulla contro i lupi mannari, cavolo praticamente tutte le persone che conosceva lo erano, ma qualcosa dentro di lui rifiutava l’idea che lui stesso potesse trasformarsi. Non sapeva perché, ma quella sensazione non voleva che lui diventasse come loro, ed ebbe il presentimento che nemmeno il suo corpo lo volesse
“Non proprio… vedi Stiles, sei stato morso dall’Alfa ma…” il veterinario si bloccò, la verità era che non aveva mai visto un effetto del genere dopo una trasformazione e non aveva idea di cosa stesse succedendo
“C’è qualcosa dentro di te che contrasta con la trasformazione” lo aiutò Castiel “E’ come una presenza, o un virus, non saprei nemmeno io come chiamarlo”
“Cosa?! E che sarebbe? Sono allergico al potere di lupo mannaro?”
“No, almeno non credo…”
“Aspetta” lo interruppe Deaton, al quale era balenata in mente un’idea, dalla quale però non si sentiva per niente rassicurato “Hai detto che dentro di lui c’è una specie di presenza, come uno spirito che si è impossessato di lui?”
“Sì, una specie…”
Gli occhi di tutti si puntarono sull’unica persona della stanza che sembrava aver capito cosa non andasse nella trasformazione
“Il nogitsune” disse semplicemente.
L’intero branco si ritrovò a trattenere il respiro
“Può essere che una parte di quell’essere sia ancora dentro di lui, è quella che percepiva Castiel, e che stia combattendo contro il lupo, come se fosse un virus”
“Quindi? Cosa dobbiamo fare?” era stato Derek a parlare, sotto gli occhi sorpresi di tutti che avevano sentito benissimo la preoccupazione nella sua voce
Deaton trasse un lungo sospiro dispiaciuto prima di parlare “Niente”
“Come niente?” il lupo mannaro stava quasi ruggendo “Ci sarà pur qualcosa che-”
“Mi dispiace” disse più rivolto al ragazzo che al resto del branco “Le due entità dentro al suo corpo continueranno a combattere per avere la meglio, finché…”
Nessuno parlò, il silenzio era calato all’interno del bunker, alcuni cominciarono persino a trattenere il respiro
“Finché il corpo stesso non sarà più in grado di reggere lo scontro”
Lydia si portò le mani al volto, scuotendo la testa, Scott guardò l’amico, che restituiva uno sguardo preoccupato quanto il suo, i due Winchester si scambiarono un’occhiata, sentendosi improvvisamente impotenti, anche Malia si era avvicinata, sorprendendosi del suo stesso istinto di abbracciarlo, al quale però riuscì a resistere. Derek invece si fiondò sul veterinario prendendolo per il collo della camicia e sbattendolo contro una delle pareti
“No, questo non succederà, tu adesso troverai una soluzione, o giuro su Dio ti squarto a mani nude”
“Derek!”
Era stata la voce di Stiles a farlo voltare, l’unica voce che in quel momento sarebbe stata in grado di fermarlo
“Lascialo, lui non può fare niente” voleva essere forte, voleva essere risoluto, ma non riuscì ad evitare che la sua voce si incrinasse “Nessuno può fare niente”
A quelle parole il lupo si allontanò da Deaton, lasciando la presa. L’altro non sembrò minimamente arrabbiato con lui, solo dispiaciuto. Si avvicinò a Stiles, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, per poi sedersi sul divano dove era stato da quando lo avevano riportato al bunker.
Il silenzio era diventato opprimente, nessuno aveva trovato il coraggio o la forza di piangere, non ancora almeno. Sentivano il cuore pesante, come se una parte importante della loro vita stesse per essere strappata via, senza che loro potessero fare nulla per impedirlo.
Stiles teneva lo sguardo puntato sul soffitto, cercava di lamentarsi il meno possibile nonostante i dolori che provava in tutto il corpo, ancora non riusciva a realizzare che tutto questo stesse accadendo veramente. Doveva essere uno scherzo per forza, un sogno o qualcosa del genere. No, non stava accadendo veramente. Non poteva…
Fu allora che la prima lacrima scese sul suo volto, sentì le mani forti e protettive di Derek stringergli la sua, cercando il più possibile di alleviare il suo dolore.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Il bunker era innaturalmente vuoto, i componenti del branco erano usciti, Jackson trasportando il corpo di Ethan fra le braccia, avvolto in un lenzuolo, gli occhi rossi che ancora non avevano finito di piangere le loro lacrime. Sam e Dean si erano offerti di preparare un funerale da cacciatore, ma il fuoco avrebbe attirato troppo l’attenzione sulla loro base segreta, quindi decisero di optare per una classica tomba. Avevano tutti guardato Jackson per prendere questa decisione, ma lui sembrava perso nei suoi pensieri, incapace di ragionare, annuì debolmente, dando il permesso agli altri di attrezzarsi per scavare, e organizzare una veglia quantomeno decorosa. Stiles, però, nonostante avesse voluto accompagnarli, si sentiva troppo debole per stare in piedi, e decise, o meglio fu costretto, ad aspettarli lì, facendo le sue condoglianze a Jackson, non sicuro che l’altro le avesse sentite. Era rimasto solo da appena qualche minuto quando sentì la porta aprirsi nuovamente. Alzò leggermente la testa, facendo uno sforzo immane anche per quel piccolo movimento, e fu colto dalla sorpresa vedendo entrare un Derek cupo, le mani nascoste dentro le tasche dei pantaloni
“Cosa ci fai qui?” chiese, posando nuovamente la testa sul cuscino, incapace di tenerla ancora sollevata
“Qualcuno dovrà pur tenerti d’occhio moccioso” il tono voleva essere quello di sempre, un po’ strafottente, sicuro di sé ma il lupo mannaro non fu in grado di nascondere un’incrinatura alla voce
“Non ho bisogno di un’infermiera” commentò l’altro, anche lui cercava di essere il solito Stiles spensierato e divertente, ma la voce roca e affannata lo tradiva. Derek si sedette al suo fianco, puntando lo sguardo su di lui. La pelle era sempre più bianca, le occhiaie sempre più profonde, l’occhio esperto del lupo riuscì a cogliere anche un accenno di barba che cominciava a crescere sul volto solitamente liscio
“Mi dispiace” disse senza quasi rendersene conto
“Non è colpa tua” rispose l’altro in automatico. Molte persone erano andate da lui, a parlargli, a rassicurarlo e a dispiacersi, come se avessero qualcosa a che fare con tutto questo
“Invece sì” il lupo mannaro aveva distolto lo sguardo, mentre quello confuso del ragazzo rimaneva puntato su di lui “Avrei potuto fermarla, avrei dovuto ucciderla immediatamente”
“Ma non sapevi cosa avrebbe fatto-”
“Avrei dovuto immaginarlo!” stava quasi ringhiando, il corpo completamente in tensione “E’ solo colpa mia” non riusciva a guardarlo, non poteva vederlo in quello stato, il suo cuore si faceva sempre più pesante, un nodo gli si era bloccato in gola. Improvvisamente sentì la mano dell’altro sulla sua, era fredda e delicata. A quel contatto non poté fare a meno di voltarsi incontrando il suo sorriso comprensivo
“Non potevi immaginarlo, e anche se avessi potuto, non sapevi che il nogitsune avrebbe fatto questo” la mano di Stiles era ancora sopra alla sua, il ragazzo era sorpreso che l’altro non l’avesse ritirata immediatamente, anzi la mosse per poterla tenere nella propria
“Io…”
Stiles spalancò gli occhi, non aveva mai visto Derek in quello stato, così vulnerabile, così triste. La voce gli tremava, probabilmente nemmeno lui sapeva cosa volesse dire. Avrebbe voluto rimediare, avrebbe voluto trovare una soluzione, avrebbe voluto salvarlo, ma non poteva. Niente avrebbe potuto farlo. Si sentiva perso, impotente, e Stiles lo percepì. Strinse forte la sua mano, riuscendo a far tornare quegli occhi verdi su di sé, e non poté evitare di far sorgere un triste sorriso sulle labbra rendendosi conto che stavano diventando lucidi
“Non è stata colpa tua” ripeté, cercando di trasmettergli tutta la sua sicurezza. L’altro si limitò ad annuire, incapace di parlare, serrando la mascella e stringendo la mano di Stiles nella sua.
Improvvisamente il volto di Stiles si trasformò in una smorfia di dolore, mentre si rannicchiava su sé stesso, Derek si inginocchiò subito al suo fianco, continuando a stringergli la mano, e trasferendo il dolore su sé stesso, chiamando il suo nome. Con l’altra mano gli accarezzava il volto, cercando in ogni modo di farlo stare meglio, ma il ragazzo continuava a contorcersi per il dolore, incapace di smettere di gridare. Era come se il suo stesso corpo si stesse ribellando, facendolo sentire un’ospite sgradito, sentiva a malapena la presenza del lupo mannaro accanto a lui. Una parte di lui avrebbe voluto gridargli di farlo smettere, di ucciderlo se necessario. Si trattenne dal dire quelle parole ad alta voce, o almeno pensò di farlo, quando in realtà le stava gridando con tutta la forza dei suoi polmoni. Derek era impietrito, continuava a prendere il suo dolore, più che poteva, e a passare la mano fra i suoi capelli, pregando che tutto questo finisse velocemente. Le parole di Stiles erano come tanti pugnali nel suo cuore, non poteva fermare il dolore, non poteva aiutarlo, non poteva fare niente. Si limitò a stargli vicino, stringendolo a sé, cercando di far sparire più dolore possibile, fino a che, da un momento all’altro, tutto finì, esattamente come era cominciato. Derek trasse un respiro di sollievo, asciugandosi velocemente le lacrime che, si accorse solo in quel momento, gli stavano bagnando le guance. Aspettò che il ragazzo si voltasse verso di lui, ma quando lo fece un brivido di terrore gli corse lungo la schiena. Gli occhi erano circondati di rosso, lo sguardo tagliente e divertito, un sorriso beffardo sulle labbra
“Ti sono mancato?”
Derek non seppe cosa fare. Il suo primo istinto era stato quello di attaccare, ma quella creatura si trovava nel corpo di Stiles, non poteva fargli del male
Tanto morirà ugualmente
Cercò di scacciare quell’orribile voce dalla sua mente, alzandosi velocemente in piedi e illuminando gli occhi di azzurro
“Lascialo andare” cercò la sua voce più minacciosa, ma con scarsi risultati. Il ragazzo si alzò dal letto senza la minima difficoltà, piegando leggermente la testa di lato e assottigliando gli occhi
“E perché dovrei? Si sta così bene in questo corpo”
Derek avrebbe voluto azzannare quell’essere, strappargli il cuore con le sue stesse mani, ma finché si trovava nel corpo di Stiles era impotente. Cominciò a indietreggiare, mostrando i canini, cercando di spaventarlo, ma l’altro continuava ad avanzare, e quando fu finalmente abbastanza vicino, con la forza di un solo braccio lo fece volare attraverso la stanza, facendolo sbattere contro una parete.
Al lupo mannaro mancò il respiro per qualche secondo, cercò velocemente di rialzarsi ma il dolore acuto alla schiena era insopportabile. Alzò lo sguardo, per controllare dove fosse andato il nogitsune, e lo trovò, a qualche metro da lui, accasciato a terra
“Stiles!”
Derek si trascinò fino a raggiungerlo, mettendogli una mano sulla spalla, tirando un sospiro di sollievo vedendolo respirare.
“Stiles…” vide il suo corpo tremare, incapace di muoversi, che si chiudeva sempre più su sé stesso. Derek lo fece voltare, portandogli una mano al volto e facendo comparire ancora una volta quelle vene nere lungo il suo braccio. L’altro sembrò tranquillizzarsi, riprendendo lentamente un respiro regolare, e riuscendo finalmente ad aprire gli occhi.
Derek si immobilizzò, la bocca leggermente socchiusa, che si alzava involontariamente in un mezzo sorriso. Quei due occhi marroni si erano illuminati di un azzurro ghiaccio, fissandosi su quelli verdi dell’altro. Lo guardavano confusi vedendo l’espressione sul suo volto
“Cosa c’è?”
“Niente” rispose velocemente lui, quasi imbarazzato rendendosi conto di quanto quello sguardo fosse riuscito a distrarlo “Solo… i tuoi occhi” disse semplicemente
Il ragazzo si bloccò, indurendo improvvisamente la mascella “Sono azzurri, vero?”
Derek si morse il labbro inferiore. Era stato così distratto dalla loro bellezza che non aveva pensato a cosa quel colore comportasse
“Sì”
Stiles distolse lo sguardo, cercando di alzarsi per tornare alla brandina, ma il suo corpo lo tradì, facendolo cadere dopo appena qualche passo, il lupo mannaro lo raggiunse velocemente, aiutandolo a sorreggersi
“Hey, piano”
“Lasciami” Stiles si scostò da lui bruscamente, ma fortunatamente l’altro rimase al suo fianco perché qualche secondo dopo stava già per cadere nuovamente a terra. Questa volta il ragazzo non protestò, lasciandosi aiutare fino a sedersi nuovamente sulla brandina, Derek era al suo fianco, un braccio intorno alle sue spalle, in parte per la paura che non potesse reggersi con le sue forze in parte perché, doveva ammetterlo, il corpo dell’altro a contatto col suo gli trasmetteva un calore a lui sconosciuto. Aveva lo sguardo fisso a terra ma il lupo mannaro riusciva ugualmente a vedere gli occhi, ancora illuminati di azzurro.
“Sono un mostro” la voce era quasi un sussurro, l’odio che provava per sé stesso era palpabile
“No, non lo sei, quella cosa è un mostro” lo rassicurò l’altro
Stiles alzò appena lo sguardo, sorridendo nella sua direzione, il cuore di Derek saltò un battito a quella visione, quegli occhi gli stavano facendo uno strano effetto. Si schiarì la gola, aiutando l’altro a stendersi e sedendosi sul divano accanto a lui, gli occhi azzurri ora erano rivolti al soffitto
“Almeno sono belli?” scherzò il ragazzo, ma la domanda fece sgranare gli occhi all’altro, sentì le guance andargli a fuoco, e per un momento ebbe il serio dubbio che Stiles fosse in grado di percepire i suoi pensieri
“Sì” sussurrò appena. Il ragazzo si voltò verso di lui, non aspettandosi una risposta del genere, anzi non aspettandosi proprio alcuna risposta, se non un grugnito indefinito
“Sul serio?”
L’altro lo squadrò, le guance erano diventate scarlatte “Chiudi la bocca” commentò semplicemente distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia sul petto. Stiles sorrise, sinceramente sorpreso da quella reazione, e notando con piacere che, nonostante l’imbarazzo, l’altro era rimasto al suo fianco, a pochi centimetri da lui.
 
 
~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
 
 
La porta del bunker si era appena richiusa alle spalle di Parrish, stava portando sei cartoni di pizza fra le mani, due sacchetti pendevano dai suoi polsi dentro ai quali si trovava da bere. Nessuno avrebbe saputo dire da quanto tempo non facevano un pasto vero e proprio, e nessuno sembrava troppo entusiasta all’idea, ma le forze cominciavano a venire meno e il mastino infernale si era offerto di andare a prendere da mangiare per tutti. C’era molto silenzio, le parole venivano quasi sussurrate, come se il parlare troppo forte avesse reso tutto più reale, quando in realtà era quella quiete opprimente a rendere l’atmosfera così pesante.
Lydia si era alzata per aiutare quello che ormai poteva quasi considerare come un vero e proprio fidanzato, ma non si sentiva in vena di smancerie. Appoggiarono i cartoni su una delle brandine non utilizzate, aprendone solo uno per il momento, e lasciando che chi volesse si prendesse una fetta. I due si sedettero su uno dei divani, tenendosi abbracciati e, nonostante tutto, entrambi con una fetta fra le mani.
I membri del branco cominciarono ad alzarsi, prendendo anche loro qualcosa da mangiare, alcuni felici di avere finalmente un momento di pausa da tutto quello che stava succedendo, altri che si sforzavano di far passare il cibo attraverso il nodo che avevano alla bocca dello stomaco.
Castiel aspettò che tutti tornassero a sedersi prima di avvicinarsi a Parrish, quasi imbarazzato
“L’hai presa?”
Il mastino infernale alzò lo sguardo, inizialmente confuso, prima di capire di cosa l’altro stesse parlando
“Oh, sì, eccola” disse velocemente aprendo uno dei sacchetti dove aveva messo le birre. Porse la crostata all’angelo, che lo ringraziò prima di voltarsi e puntare lo sguardo sul cacciatore. Come sperava si trovava in disparte, anche lui con una fetta di pizza fra le mani. Castiel fece un respiro profondo, raccogliendo tutto il suo coraggio prima di andare nella sua direzione.
“Ho pensato ne avessi voglia” disse sedendosi al suo fianco e porgendogli il contenitore trasparente. L’altro alzò lo sguardo, un po’ imbarazzato, ma grato del pensiero
“Grazie” rispose semplicemente, prendendo la generosa offerta dell’angelo e appoggiandola sul posto vuoto alla sua destra
Fra i due calò il silenzio, il cacciatore continuò a mangiare velocemente, mentre l’altro si guardava nervosamente intorno, torturandosi le mani. La mascella era rigida, il cuore nel petto batteva all’impazzata. Dean finì di mangiare, prendendo un sorso di birra per rinfrescarsi la bocca, e sperando che anche quella poca quantità di alcool fosse in grado di dargli il coraggio che in quel momento sentiva venire meno. Anche la bottiglia si svuotò, ma i due rimasero imbambolati, le mani che quasi tremavano per il nervoso, le parole bloccate in gola, incapaci di uscire. Fu Castiel, alla fine, a rompere il silenzio
“Come ti senti?” si morse immediatamente la lingua, che diavolo di domanda era?
“Bene, Cas, tu? Senti ancora gli effetti dell’Anuk-ite?” le sue guance arrossirono improvvisamente, quando il ricordo di ciò che era successo tornò alla sua mente incredibilmente limpido. Le sue mani sul corpo dell’altro, quelle labbra calde sulle proprie
“No, ora sto bene”
I due riuscirono finalmente a guardarsi negli occhi, entrambi insicuri sulla prossima mossa, avevano il cuore che batteva tanto velocemente da poterlo quasi sentire.
“Bene” rispose Dean, deglutendo visibilmente “Così non dovrò baciarti di nuovo” sulle sue labbra si formò un sorriso, mentre inconsciamente avrebbe voluto tirarsi un pugno in faccia. Riuscì a percepire la gioia e la speranza nel cuore dell’altro andarsene improvvisamente. I suoi occhi si spensero, distogliendo lo sguardo da quelli verdi dell’altro, mentre ogni muscolo del suo corpo diventava di pietra
“Già” commentò flebilmente prima di andarsene
Dean avrebbe voluto sotterrarsi sotto kilometri di terra. La sua mente gli gridava di fermarlo, di rimangiarsi quello che aveva detto, ma le sue gambe erano incapaci di muoversi e la sua gola diventò improvvisamente arida. Che diavolo gli era venuto in mente?
Non dovrò più baciarti? Sul serio? Ma se non aspetti altro, idiota
Si prese la testa fra le mani, desiderando dare un calcio a qualcosa, o ancora meglio, prendersi a calci da solo. Rialzò lo sguardo, cercando quel familiare trench in giro per la stanza, ma non lo trovò. Non aveva nemmeno visto dove fosse andato.
Coglione
Commentò la sua mente per lui, che non poteva che essere d’accordo. Fece cadere lo sguardo sulla crostata, ancora al suo fianco, che gli fece provare una fitta al cuore. Scosse la testa, nascondendola nuovamente fra le mani, desiderando ardentemente poter tornare indietro nel tempo, e lasciando che la sua mente lo insultasse in ogni modo possibile.
Castiel, in realtà, non aveva mai distolto lo sguardo da lui. Quelle parole erano state come uno schiaffo in faccia, per un secondo aveva quasi fatto fatica a respirare. La delusione che aveva provato era indescrivibile, si sentì improvvisamente stupido per aver sperato che fra loro fosse potuto nascere qualcosa, che Dean avrebbe potuto provare dei veri sentimenti per lui. Si era messo in disparte, sicuro che nessuno potesse vederlo, prima di rendersi invisibile agli occhi degli umani. Aveva letteralmente bisogno di scomparire. Pensò di farlo veramente, con le sue ali, ma la reazione del cacciatore alle sue stesse parole lo aveva fatto bloccare. Vederlo così in difficoltà, così dispiaciuto, lo aveva messo ancora più in confusione. Cosa voleva Dean da lui? Cosa diavolo avrebbe dovuto fare? Stava sbagliando comportamento?
Fece un profondo sospiro di frustrazione, continuando ad osservarlo, piegato su sé stesso, le mani fra i capelli. Voleva veramente dire quelle parole? Se ne stava pentendo? O cercava solo il modo giusto di dirgli che non era interessato a lui in quel modo? Ma allora perché lo aveva baciato?
Distratto dai suoi pensieri quasi non si accorse di Malia che gli stava per andare addosso, ricordandogli solo in quel momento di essere ancora invisibile, la ragazza teneva in mano due fette di pizza, dirigendosi verso Claire, seduta sul divano, anche lei assorta nei suoi pensieri. Aveva visto la ferita sul suo braccio scomparire, sapeva cosa l’aspettava, sapeva cosa stava diventando. Cosa ormai era già diventata.
Non si accorse del coyote mannaro finché non si ritrovò la pizza fumante sotto al naso, accompagnata da uno sguardo severo, che però nascondeva qualcos’altro, forse preoccupazione
“Devi mangiare” la spronò vedendo che la ragazza non accennava a muoversi
“Cos’è, sei la mia badante adesso?” commentò lei mentre prendeva il cibo che le veniva offerto, un sorriso sicuro di sé sulle labbra
“Scusa, la prossima volta ti lascerò morire di fame” il tono era sprezzante, ma si sedette comunque al suo fianco, lasciandosi cadere pesantemente sul divano, addentando la sua fetta di pizza
Claire fece altrettanto, mentre un’inevitabile sorriso le spuntava sulle labbra
“Sai, non è così male” continuò Malia, con la bocca ancora piena “Essere un lupo mannaro intendo. Sei più forte, più veloce-”
“Ma io sono una cacciatrice” la interruppe l’altra “Io uccido questi mostri…” si interruppe bruscamente, voltandosi verso la ragazza, ma lei non sembrò minimamente offesa
“Sì, be ora potrai farlo meglio” rispose con un sorriso, osservandola attentamente. La matita nera intorno agli occhi era completamente sparita, i capelli erano sciolti e spettinati. Questo rendeva il suo sguardo di superiorità molto meno credibile
“Che diranno gli altri cacciatori di me?”
Malia sgranò gli occhi, visibilmente sorpresa “Che diavolo te ne frega di cosa diranno di te?”
“Se decideranno che sono troppo pericolosa per essere lasciata in vita, qualcosa dovrebbe fregarmene”
Un brivido corse lungo la schiena della ragazza “Be se pensano questo sono degli idioti” commentò, cercando di nascondere l’inaspettata preoccupazione che la stava divorando. Claire rise appena, ma non riuscendo a impedirsi di pensare al loro primo incontro, a come lei stessa era stata quel tipo di cacciatrice che ora temeva di incontrare
“Mi dispiace” fu solo un sussurro, talmente flebile che pensò l’altra non lo avesse nemmeno sentito, ma vedendo la confusione nei suoi occhi capì che non era così “Per averti quasi uccisa, la prima volta che ti ho vista”
L’altra irrigidì appena la mascella, prima di alzare le spalle addentando un altro morso “Acqua passata” commentò semplicemente
“Sai, non ero abituata a questo tipo di lupi mannari” continuò Claire, visibilmente più leggera “Quelli che conoscevo io sono molto peggio, e trasformarti in uno di loro non è piacevole”
Malia corrugò la fronte, guardandola dubbiosa “Come lo sai?”
“Sono stata morsa” rispose lei sotto lo sguardo incredulo dell’altra “Ero andata a caccia da sola, stupido lo so, ma ero convinta di esserne in grado. Ovviamente non era così” lo ammise con facilità, anche se dentro di lei sentiva il suo orgoglio che ne soffriva “Ero ancora giovane” aggiunse, più per sé stessa che per l’importanza della storia “Fortunatamente Sam e Dean stavano dando la caccia allo stesso branco, e hanno trovato una cura per-” la ragazza si bloccò, fissando l’altra mentre la consapevolezza si faceva strada nei suoi occhi
“Farti tornare umana” finì Malia per lei, intuendo immediatamente a cosa l’altra stesse pensando.
“Stiles!” esclamarono in coro, prima di alzarsi velocemente dal divano.
 
 
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“Che diavolo ci fai qui?” Theo aveva parlato senza pensare, o forse nemmeno gli balenava per la mente l’idea che l’altro fosse andato a cercarlo per parlare di ciò che era successo
“La Colt” spiegò Liam “Sono venuto a cercarti per quella, ci serve” spiegò infatti lui
“Oh…” fece l’altro, toccandosi istintivamente il retro dei pantaloni, dove la pistola era rimasta fino a quel momento. La delusione si fece largo nel suo cuore, forse dopotutto sperava che l’altro fosse venuto per lui.
I due erano riusciti ad allontanarsi dalla foresta, avvicinandosi di più alla città, ma nonostante questo erano ancora molto distanti dal bunker. Si nascondevano per vie secondarie o vicoli bui, cercando di non farsi notare. Non avevano visto i loro assalitori in faccia quindi chiunque poteva essere una minaccia per loro
“Pensavano che fossi scappato con l’arma?” chiese Theo, cercando di sembrare divertito e supponente
“Be… qualcuno sì” la voce che usciva dalle labbra di Liam era irriconoscibile, sottile, timida, imbarazzata “Ho detto loro che non era così, e che ti avrei riportato indietro”
“Almeno qualcuno ha ancora un po’ di fiducia in me” Theo era davanti e continuava a camminare, guardandosi bene intorno, cercava di non fare troppo caso alla difficoltà dell’altro di mettere una parola di fronte all’altra
“Senti…” cominciò Liam, non sapendo bene nemmeno lui da dove cominciare “Riguardo… quello che è successo…”
Theo aveva tutti i muscoli in tensione, continuava ad avanzare, aspettando che fosse l’altro a dire qualcosa, o meglio a informarlo che non avrebbe più voluto rivederlo, quasi non si rese conto della presenza che si stava avvicinando dietro di loro. Si voltò immediatamente, ritrovandosi due occhi imbarazzati che lo fissavano, ma non ebbe il tempo di farci caso. Fece spostare il ragazzo, facendo uscire gli artigli e mordendo il loro assalitore al collo, questo gridò graffiandolo al fianco, facendolo scostare da sopra di lui e buttandolo a terra. Theo sentì Liam chiamare il suo nome, più preoccupato di quanto si aspettasse, ma gli bastò dare un’occhiata alla ferita per capire il motivo di quella preoccupazione. Era profonda, e la quantità di sangue che sporcava la maglietta aumentava a vista d’occhio. Il lupo mannaro stava già per fiondarsi nuovamente su di lui quando Liam lo precedette, facendolo cadere a terra e perforando il suo petto con gli artigli. L’altro gridò di dolore, facendo fatica a respirare, Liam lo tenne fermo, ringhiando e facendo penetrare gli artigli ancora più in profondità. Una parte di lui sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, che, in quel momento, era la sua rabbia cieca a guidarlo, e che probabilmente in un secondo momento si sarebbe pentito di quello che aveva fatto, ma non gli importava. Continuò a stargli sopra finché le grida del lupo non terminarono e il suo orecchio non fu più in grado di percepire il suo battito cardiaco.
Liam non si preoccupò minimamente di lui, abbandonando quel corpo ormai senza vita e andando in direzione di Theo, ancora steso a terra, la mano premuta sulla ferita, il volto contratto in una smorfia di dolore.
“Theo…” il ragazzo non poté evitare di sussurrare il suo nome prima di inginocchiarsi al suo fianco, prendendogli la mano per trasferire il dolore su sé stesso
“Ricordami di non interromperti mai” rise l’altro, facendo fatica a pronunciare anche quelle poche parole
“Sta zitto idiota, e vedi di guarirti”
“Cosa credi che stia facendo?” commentò lui, cercando di non far vedere quanto la ferita fosse dolorosa, e pericolosamente vicina al polmone “Questi… non sono lupi mannari normali… sono più forti” ad ogni parola respirare diventava sempre più difficile
“Ti ho detto di chiudere la bocca!” Liam non poté evitare di far tremare la voce, continuava ad assorbire il suo dolore, portando lo sguardo dalla ferita che non accennava a guarire, agli occhi dell’altro, sempre così sicuri e vivaci, nonostante la situazione
“Ce n’è un altro… erano in due che ti stavano cercando… devi-”
Le labbra di Liam si posarono sulle sue, delicate, amorevoli, ma sicure allo stesso tempo. Theo spalancò gli occhi, dimenticandosi di tutto il resto, persino del dolore che stava provando, prima di abbandonarsi a quel bacio così caldo e inaspettato. Portò una mano sul collo di Liam, facendo intrecciare le dita con i capelli dell’altro, prima che la sua lingua si facesse strada nella sua bocca. Fece per tirarsi su, volendo stare più vicino al corpo dell’altro, ma Liam glielo impedì, portandosi lui alla sua altezza, quasi sdraiandosi a terra, ma stando attento a non mettere il peso sulla ferita, prendendo il suo volto fra le mani. Quando si staccò sentiva ancora il cuore battere a mille, il fiato corto, e un sorriso che non voleva andarsene dalle sue labbra
“Devi smetterla di parlare” commentò guardandolo negli occhi, i capelli scompigliati che gli cadevano sulla fronte, la mano dell’altro ancora sul suo volto. Theo sorrise, ma era un sorriso nuovo, che Liam ancora non conosceva. Non c’era solo quella sicurezza e quella spavalderia a lui ormai familiari, ma qualcosa in più, forse incredulità, o più semplicemente pura e semplice felicità e desiderio
“Ok” disse semplicemente, non riuscendo a staccare gli occhi da lui, vide Liam mordersi il labbro inferiore, con ancora quel pizzico di imbarazzo che gli colorava le guance di rosso, e il suo cuore sentì una gioia che non credeva fosse in grado di provare sprigionarsi in tutto il corpo. Rimasero così per qualche minuto, in parte per aspettare che la ferita di Theo migliorasse, in parte perché nessuno dei due aveva intenzione di allontanarsi dall’altro, furono i rumori di passi che sentirono avvicinarsi a loro che li fecero finalmente muovere. Liam si alzò, aiutando l’altro a fare lo stesso e mettendo il suo braccio attorno al proprio collo, sorreggendolo per la vita
“Dobbiamo muoverci, ce la fai ad andare più veloce?” chiese Liam dopo qualche passo, Theo lo fissò con un sopracciglio alzato
“Certo, ora mi metto a fare la maratona se vuoi”
L’altro roteò gli occhi “Idiota” commentò, rendendo la presa più salda sul corpo dell’altro, non riuscendo a impedirsi di sorridere.
 
 
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“Quindi potrebbe sopravvivere?” la voce di Derek era piena di speranza, nonostante lo sguardo dubbioso di Deaton e le proteste dei Winchester
“Forse, eliminando la parte del lupo mannaro, il nogitsune tornerà latente come lo è stato in tutto questo tempo, ma-”
“Si può fare o no?” insistette il lupo mannaro
Deaton sospirò prima di rispondere, lanciando un’occhiata anche a Scott, che sembrava preoccupato quanto l’altro “Si può provare” disse infine
Sul volto di Derek si formò un sincero sorriso di sollievo, sì non era sicuro che funzionasse, ma almeno c’era una speranza, c’era qualcosa che poteva fare per rimediare, per salvare Stiles
“Fermi, fermi” intervenne Dean facendo voltare tutti nella sua direzione “Questa cura non è sicura, potrebbe non sopravvivere”
“Be, sto morendo ugualmente no?” intervenne il ragazzo, la voce sempre più roca e stanca “Cos’ho da perdere?”
“Soffriresti inutilmente” rispose prontamente il Winchester, lanciandogli uno sguardo comprensivo. Non era molto il tempo che aveva passato con quel ragazzo, ma si sentiva stranamente protettivo nei suoi confronti. Non voleva vederlo morire, ma ancora meno voleva vederlo provare più dolore del necessario
“Credo sia un po’ tardi per quello” rispose lui. Di dolore ne aveva già più che abbastanza, anche respirare stava diventando faticoso
“Ne sei sicuro, ragazzo?” intervenne Bobby, lui annuì, gli occhi stanchi e provati erano determinati e sicuri “E va bene, cosa ci serve?” chiese il cacciatore rivolto a Claire, ma fu Sam a rispondere
“Il sangue del lupo mannaro che l’ha morso” disse osservando attentamente le reazioni di tutti “Sangue fresco, il lupo deve essere ancora vivo”
Il cacciatore fu sorpreso di non leggere il minimo accenno di paura negli occhi degli altri, solo determinazione. Del resto loro erano in sedici, per quanto Talia fosse l’Alfa dei lupi mannari, non avrebbe potuto fare molto contro il loro intero branco. Si fece spuntare un sorriso fiero sulle labbra prima di essere distratto dalla porta del bunker che veniva aperta
“Castiel!”
I ragazzi sentirono la voce ancora prima di vedere i due lupi mannari che varcavano la soglia, Liam stava trasportando il corpo di Theo, la sua maglietta era ricoperta di sangue, i piedi si trascinavano a terra, quasi incapaci di camminare. L’angelo corse immediatamente verso di loro, toccando appena la fronte del ragazzo e facendolo guarire completamente in pochi secondi. Non appena fu in grado di reggersi nuovamente con le sue gambe, Liam si piegò su sé stesso, appoggiando le mani sulle ginocchia piegate
“Dio se sei pesante” commentò, alzando lo sguardo sull’altro, un sorriso di sfida sulle labbra. Theo sorrise, consapevole di quanto in realtà l’amico si fosse preoccupato per tutto il tragitto
Amico? Puoi chiamarlo ancora così?
Un sorriso spuntò sulle sue labbra prima di rispondere “Vedi di allenarti un po’ di più, avrei fatto prima trascinandomi fin qui da solo”
“Che diavolo è successo?” intervenne Lydia prima che Liam potesse rispondere
“A quanto pare un’Alfa non è al corrente della morte dell’Anuk-ite, si è fatta il suo esercito privato per sconfiggere i cacciatori”
Nella stanza calò improvvisamente il silenzio, mentre tutti si scambiavano sguardi preoccupati. Theo li guardò confuso prima di chiedere spiegazioni. Fu Lydia ad aggiornarlo sulla situazione, mentre il lupo mannaro consegnava la pistola al maggiore dei Winchester
“Quanti sono?” chiese Scott alla fine
“Una trentina circa” rispose lui, lo sguardo ora consapevole, era diventato preoccupato, mentre continuava a lanciare occhiate a Stiles
L’Alfa serrò la mascella, distogliendo lo sguardo dall’altro e passandosi una mano fra i capelli
“Un momento, stiamo veramente considerando l’idea di lasciar perdere?” ringhiò Derek, scrutando tutti i componenti del branco “Volete veramente lasciarlo morire?”
“No, ma gradirei vivere ancora qualche anno” rispose Peter, andando verso il nipote
“Tu non parlare nemmeno, pensi solo a salvarti la pelle”
“Sì” ammise tranquillamente lui “Ed è quello che dovreste fare anche voi, invece di lanciarvi in una missione suicida, che probabilmente si rivelerà inutile anche se avrete successo, solo perché questo idiota non è nemmeno in grado di fare una trasformazione completa in lupo mannaro”
A quelle parole Derek si fiondò su di lui, prendendolo per il collo e sbattendolo contro una delle pareti. Gli occhi erano diventati azzurri, i canini erano ben visibili, a pochi centimetri dal volto dell’altro. Sentì indistintamente delle voci che gli dicevano di fermarsi ma il lupo non voleva dargli ascolto, solo una fu in grado di farlo voltare, debole, roca e risoluta
“Ha ragione”
Il lupo mannaro mollò la presa sul collo dell’altro, il quale cadde a terra, riuscendo nuovamente a far entrare l’aria nei polmoni
“Non potete rischiare la vita per me, per una cura che non sappiamo nemmeno se funzionerà” gli occhi del ragazzo erano puntati su quelli di Derek, tornati nuovamente verdi e preoccupati
“Ma non possiamo nemmeno lasciarti morire senza fare niente” era stato Scott a parlare, guadagnandosi l’attenzione del ragazzo “Dobbiamo almeno tentare”
“Così sarò io a dover veder morire voi?” lo sguardo di Stiles era risoluto, ma preoccupato allo stesso tempo. Sapeva che non sarebbe stato in grado di fermarli se avessero deciso di andare, l’unico modo che aveva per farlo era convincerli “Non ha senso perdere più di una vita”
“E’ vero” intervenne Dean sotto gli occhi sgomenti di tutti, in particolare quelli di Derek che sembravano pronti per saltargli alla gola “Ma qui non si tratta solo di te. Talia va fermata, prima che uccida persone innocenti, quindi noi la fermeremo, in un modo o nell’altro” sulle sue labbra sbucò un sorriso dolce “E se ci capita ti salveremo anche la vita” finì, facendo spuntare un sorriso anche sulle labbra dell’altro.
Stiles aprì la bocca per rispondere, ma nemmeno lui trovava le parole. Il cacciatore aveva ragione, non potevano lasciare un’Alfa così forte a piede libero e con un esercito ai suoi ordini, il ragazzo non sarebbe mai riuscito a dissuaderli dall’attaccarla. Richiuse la bocca, lanciando uno sguardo rassegnato all’altro, quando la voce di Lydia che gridava il nome di Malia fece voltare tutti nella sua direzione.
La ragazza era in piedi, le mani chiuse a pugno, le unghie che andavano a conficcarsi nei palmi, gli occhi erano vuoti e terrorizzati allo stesso tempo, come se stessero vedendo qualcosa di terribile, ma che stava avvenendo in un altro mondo, o meglio in un altro tempo. Parrish si mise subito di fronte a lei, prendendola per le spalle e cercando di farla tornare alla realtà. Vide quegli occhi verde scuro riempirsi di lacrime, ancora persi nel vuoto, appena prima che la ragazza cominciasse sbatterli ripetutamente e ad incontrarli con i suoi.
Si guardò rapidamente in torno, notando gli sguardi preoccupati del resto del branco, prima di fissare il proprio sul coyote mannaro. La ragazza non sembrava preoccupata né sconvolta, si limitava a fissarla di rimando, le braccia incrociate sul petto
“Cos’hai visto?” chiese con voce piatta e sicura. Lydia deglutì, allontanandosi leggermente da Parrish, il quale era ancora di fronte a lei, lo sguardo preoccupato
“So dove Talia si sta nascondendo” cominciò, senza staccare gli occhi dall’altra “Ho visto il suo branco… ci sarà una battaglia… e tu…” non voleva dirlo, avevano già perso troppe persone, troppi amici, non voleva accettare il fatto di perderne un’altra
“Mi hai vista morire” continuò Malia per lei, la voce era ancora tranquilla, quasi priva di emozioni. Lydia si irrigidì, annuendo leggermente. Nel bunker calò il silenzio, gli sguardi di tutti saettavano da una ragazza all’altra, a Stiles, ancora steso sulla brandina, il viso sempre più pallido
“Ok” intervenne improvvisamente Sam “Abbiamo bisogno di un piano”
 
 
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“No”
“Malia-”
“Ho detto di no!” la ragazza fissava il padre con sicurezza, lo sguardo ostinato e irremovibile “Non me ne starò qui finché voi rischiate la vita, abbiamo bisogno di più persone possibili”
“Quindi preferisci morire piuttosto che lasciar fare a noi?” Peter era furibondo, la voce usciva sotto forma di ringhio
“E se qualcuno morisse per colpa mia? Perché non ero la?”
“E se tu morissi per colpa tua?”
“Non succederà”
“La visione di Lydia dice il contrario”
“Vuol dire che starò attenta”
Peter sospirò di frustrazione, era impossibile parlare con lei
“Malia, Peter ha ragione” era stata Claire a intromettersi “Non ha senso rischiare la vita in questo modo”
“Non ho intenzione di lasciarvi andare da soli” fece lei, sostenendo lo sguardo preoccupato dell’altra.
“Hey, come ti senti?”
Lydia si girò, quasi di soprassalto, troppo concentrata nell’ascoltare il litigio fra i lupi mannari, prima di riconoscere la voce di Parrish. Si tranquillizzò immediatamente vedendolo, e sfoggiò il suo solito sorriso sicuro di sé, facendogli posto sul divano
“Bene, era solo una delle tante visioni” rispose tranquillamente. Parrish la guardò sospettoso, capendo immediatamente che stava mentendo. Aveva avuto molte visioni ultimamente, aveva visto morire Kira, aveva provato una sofferenza disumana sentendo Castiel che veniva pietrificato, aveva tenuto fra le braccia il corpo senza vita di Ethan, e ora anche Malia. Sentiva come un peso sul cuore, che nemmeno lei sapeva come decifrare. Era come se non fosse in grado di dare voce a tutta quella sofferenza che la stava attanagliando, stava diventando troppo da sopportare.
“Sai, penso che il tuo sia un grande potere, grazie a te salveremo la vita a Malia” Parrish stava cercando di confortarla, ma riuscì solo ad ottenere un preoccupato sguardo di sufficienza
“Le mie precedenti visioni non sono servite a molto” commentò lei
“Perché sono arrivate troppo tardi, ma ora siamo in tempo per rimediare”
“Già” fece lei, fissando il coyote mannaro che, nonostante i rimproveri di Peter e Claire, si stava preparando per combattere con loro “Non so quanto utile sarà”
“Hey” Parrish le prese dolcemente il mento facendola voltare verso di sé “Qualsiasi cosa succeda ricordati che tu hai fatto tutto il possibile”
Lydia sorrise, evidenziando le due fossette ai lati della bocca, prima di avvicinarsi all’altro posando le proprie labbra sulle sue. Intrecciò le dita ai capelli corvini, sentendo le mani di lui accarezzarle la schiena e portarla più vicina a sé.
“Grazie” sussurrò lei sulle sue labbra, l’altro sorrise, continuando a baciarla e stringendola forte fra le sue braccia
“Forza, sbrigatevi!”
I due si staccarono improvvisamente sentendo la voce decisa di Deucalion
“Ricordate: la nostra prima mossa sarà totalmente pacifica, solo dopo sfrutteremo il nostro asso nella manica” dicendo queste ultime parole si voltò verso Castiel, il quale annuì, sicuro di sé “Sarà una passeggiata” finì il lupo mannaro, anche troppo entusiasta di avere un angelo dalla loro parte. Erano tutti in piedi, pronti ad uscire, quando le grida di Stiles li bloccarono all’istante. Derek fu subito al suo fianco, seguito immediatamente da Deaton.
“Che sta succedendo?!” chiese il lupo con tono rabbioso, sentendo il panico dilagarsi in lui vedendo il ragazzo che continuava a contorcersi dal dolore, nonostante lo stesse già trasferendo su di sé
“Sta peggiorando” disse semplicemente il veterinario, incapace di nascondere la sua preoccupazione, fece per voltarsi a chiamare l’angelo ma questi era già al suo fianco, la mano poggiata sul petto del ragazzo, la quale emanava una leggera luce bianca. Gli occhi azzurri di Castiel si spostarono da uno all’altro, pieni di tristezza
“Non sta solo peggiorando, sta morendo”
Derek cominciò a trattenere il respiro, senza neanche rendersene conto, combattendo contro il nodo che gli si era formato in gola
“Allora dobbiamo sbrigarci” commentò prontamente Scott, già procedendo verso l’uscita
“No” lo fermò Castiel, puntando lo sguardo dispiaciuto su di lui “Non posso allontanarmi da lui, è troppo debole, se smetto di curarlo…”
“Morirà” finì per lui Deucalion, più frustrato che dispiaciuto “Fantastico, non abbiamo più un piano, e nemmeno il tempo per penare a qualcosa che ci dia una minima possibilità di sopravvivere” diede un calcio ad uno dei divani, per poi sedersi sopra di esso
“No, no, può ancora funzionare” cercò di dire Scott, evitando di portare lo sguardo sull’amico, il quale aveva ormai smesso di urlare, perdendo i sensi “Abbiamo solo un uomo in meno”
“Un angelo in meno” fece notare Peter, che non era mai stato d’accordo con la missione
“Ce la possiamo fare” continuò il capobranco, cercando l’approvazione negli sguardi degli altri
“Sì” lo supportò Dean “Ce la faremo”
Tutti annuirono, sicuri, anche Deucalion si alzò pronto all’azione, mentre Peter sbuffava sonoramente, lanciando uno sguardo preoccupato in direzione di Malia.
 
 
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“Siete tutti pronti?”
Il branco annuì, i cacciatori estrassero le armi, compresa Claire che ancora non voleva arrischiarsi a trasformarsi in un vero e proprio lupo mannaro. Era sera, il sole era appena visibile dietro agli alberi che delimitavano il nascondiglio dove il gruppo aveva deciso di nascondere le macchine con cui erano arrivati. La base dei lupi mannari era poco più avanti, a detta di Lydia che aveva potuto individuarla grazie alla visione di Malia, e l’udito degli altri lo confermava, riuscendo a percepire almeno trenta battiti cardiaci differenti.
“Ok andiamo” continuò Scott, deciso più che mai, tutti cominciarono a muoversi, Derek lanciò un’occhiata all’impala, dentro alla quale si trovava Stiles insieme a Castiel. Erano stati costretti a portarlo con loro, non sapendo quanto tempo gli fosse rimasto ogni minuto in più avrebbe potuto salvargli la vita. La portiera era aperta, e il lupo mannaro riuscì a vedere il corpo del ragazzo, stava tremando, la fronte era imperlata di sudore, sembrava addirittura dimagrito, i vestiti sembravano essergli diventati improvvisamente troppo grandi. Fece un respiro tremante, toccandosi la tasca della giacca dove aveva messo la siringa con la quale avrebbe dovuto prendere il sangue di Talia. Quando era stato il momento di decidere chi avrebbe dovuto occuparsi di lei, lui si era subito offerto volontario, anche se gli altri inizialmente non erano d’accordo, ma Derek non volle sentire ragioni. Sapeva di aver sbagliato, sapeva che tutto questo, almeno in parte, are colpa sua. Non avrebbe fatto lo stesso errore due volte, questa volta non avrebbe fallito.
Era troppo concentrato nei suoi pensieri per notare lo sguardo preoccupato di Castiel, puntato su Dean, il quale gli dava le spalle, ma sembrava particolarmente teso. L’angelo era concentrato sul suo compito, la mano perennemente sul petto del ragazzo, che lavorava senza sosta per continuare a far battere quel cuore, ma non poteva fare a meno di pensare a tutti gli altri, sul campo di battaglia, a rischiare la vita, quando lui avrebbe potuto battere quel branco di lupi mannari ad occhi chiusi. Non poteva far a meno di pensare al suo cacciatore, al fatto che sarebbe potuto morire, senza che lui avesse avuto il coraggio di dirgli apertamente cosa provasse per lui.
Improvvisamente quei due occhi verdi si puntarono su di lui, e Castiel poté avere la conferma di quanto l’altro fosse nervoso. Corrugò la fronte, non aspettandosi una reazione del genere da lui
“Dean…” gli occhi dell’altro si aprirono leggermente di più, come se lo stesse guardando in modo diverso, come se si stesse aspettando qualcosa. Il cuore di Castiel cominciò a battere più velocemente del dovuto, la sua bocca si rifiutava di dire quelle parole che sentiva bloccate all’interno di esso
“Fate attenzione”
Si maledì per l’ennesima volta. Perché era così difficile? Perché la sua mente gli impediva di dar voce a quelle due semplici parole? Il ricordo della conversazione che avevano avuto poco prima nel bunker rispose timidamente a quelle domande, prima che il sorriso del cacciatore gli facesse dimenticare immediatamente a cosa stesse pensando
“Come sempre” c’era qualcosa di strano nella sua voce, ma Castiel non riuscì a capire cosa fosse. Annuì, riportando tutta la sua attenzione sul ragazzo, e riuscendo a cogliere con la coda dell’occhio il gruppo che si allontanava
Sono solo lupi mannari
Cercò di pensare
Sam e Dean hanno affrontato creature ben peggiori, andrà tutto bene
Respirò profondamente, e fece una cosa che non faceva da tanto tempo. Cominciò a pregare. Pregò suo padre, ovunque fosse, chiedendogli che tutto andasse bene, che gli altri fossero in grado di salvare Stiles, e che Dean tornasse da lui sano e salvo, perché ancora non aveva trovato il coraggio di dirgli…
Una mano si posò sulla sua spalla, l’angelo fece appena in tempo a voltarsi, riconoscendo quei due occhi verdi e quel volto ricoperto di lentiggini, prima che le labbra di Dean si posassero sulle sue. Fu un bacio delicato, amorevole, pieno di promesse e di parole non dette. Il cacciatore si allontanò da lui quasi subito, voltandosi immediatamente e mettendosi a correre per raggiungere il resto del branco. Castiel continuò a fissarlo, anche quando venne nascosto alla sua vista dalla folta vegetazione, il cuore che batteva all’impazzata, il fiato corto. Era lì, tutto quello che avrebbe voluto dirgli, tutto quello che avrebbe voluto sapere, tutti i sentimenti che fino a quel momento gli erano sembrati indecifrabili, erano lì, in quel piccolo eppure enorme gesto.
Castiel sorrise, abbassando lo sguardo, sentendo il petto esplodergli per l’emozione
 
 
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“Fate silenzio!” la voce autoritaria di Talia si era alzata al di sopra del brusio che il suo nuovo branco stava facendo, sulle sue labbra spuntò un sorriso “Abbiamo ospiti”
Si alzò, dirigendosi verso l’uscita del loro nascondiglio, si trattava di un piccolo magazzino abbandonato, ai confini della città, decisamente poco accogliente ma svolgeva il suo compito: tenerli lontani dai cacciatori finché non fossero stati pronti per attaccarli. L’Alfa uscì, circondata dalla luce calda del tramonto, seguita da tre dei suoi, sorridendo sicura al gruppetto che si trovò di fronte. Scott era al centro, lo sguardo deciso, alla sua sinistra si trovavano Malia, Claire e Peter, mentre alla sua destra c’erano Bobby e Derek.
“Scott McCall, era da tanto che volevo incontrarti” il lupo mannaro avanzava lentamente, sempre seguita dalla sua scorta “E tu” fece poi rivolta a Claire “Sono felice di rivederti, come ti senti?”
La ragazza non rispose, si limitò a fissarla con lo sguardo più minaccioso di cui fosse capace e, senza nemmeno rendersene conto, i suoi occhi si illuminarono di un giallo ambrato
“Wow, ho fatto proprio un bel lavoro”
Gli altri si voltarono nella sua direzione, mentre Claire sembrava solo confusa
“E il ragazzino? Dov’è?”
Gli occhi di tutti tornarono sull’Alfa, Derek dovette combattere contro l’istinto di saltarle addosso
“Sta male” rispose Scott “Il nogitsune dentro di lui gli impedisce di trasformarsi…” fece una pausa, faticando a far uscire le parole senza far tremare la propria voce “Sta morendo”
Talia si fermò, come se stesse elaborando l’informazione, prima di fare un altro passo in avanti, ritrovandosi ad un paio di metri da lui “Affascinante”
Derek strinse le mani a pugno, facendo inconsciamente fuoriuscire i canini
“Abbiamo bisogno del tuo sangue per salvarlo” continuò il ragazzo, cercando di ignorare quel commento
“Certamente” gli occhi di tutti si riempirono di speranza prima che l’altra avesse il tempo di continuare “In cambio però voglio che vi uniate a me” sulle sue labbra spuntò un sorriso quasi amorevole, per poi puntare gli occhi su Bobby “E tu ovviamente dovrai farti trasformare”
“Col cavolo” commentò istintivamente il cacciatore prima che Scott potesse fermarlo
“Non possiamo lasciartelo fare” prese la parola lui “Non puoi uccidere dei cacciatori innocenti-”
“Innocenti?!” sbottò improvvisamente lei “Sai cosa ci hanno fatto? Rapiti, torturati, uccisi a sangue freddo”
“Non tutti sono così, ne hai la conferma qui” fece Scott indicando Bobby “Tu stessa non lo hai ucciso perché sapevi che è una brava persona”
“Sì, è vero” confermò lei “E non ripeterò più questo errore” un altro passo in avanti, i due erano a pochi centimetri di distanza “A causa sua l’Anuk-ite è morto, e ora non riuscirò più a distinguere quali cacciatori meritano di vivere e quali di morire, l’unico modo per evitare il nostro sterminio è ucciderli tutti” spostò nuovamente lo sguardo su Bobby “O trasformarli se preferiscono”
Il cacciatore mise istintivamente la mano sulla pistola, ma Scott gli fece cenno di fermarsi
“Noi non ti aiuteremo a sterminare i cacciatori, facendolo non saremmo meglio di loro”
“Ah, questa è una storiella che si raccontano le persone deboli per non prendersi la responsabilità delle loro azioni. Facendolo ci abbasseremmo al loro stesso livello, stronzate, uccidendoli tutti dimostreremmo soltanto di essere i più forti, e soprattutto saremo in grado di sopravvivere” fece un’impercettibile segno col capo, e immediatamente altri dieci lupi mannari uscirono dal magazzino, raggiungendo i tre che stavano alle spalle dell’Alfa “Allora, cosa volete fare? Unirvi a me e salvare il vostro amico, o morire per i vostri ideali?”
Tutti si voltarono verso Scott, lo sguardo preoccupato, il lupo mannaro li guardò uno ad uno negli occhi, finché non arrivò a Peter, il quale appena incontrò il suo sguardo fece un rapido movimento in direzione di Claire, prendendola per la vita e facendo uscire gli artigli all’altezza della sua gola
“Oh no, col cavolo che mi faccio ammazzare da questi idioti invasati”
Tutti si voltarono verso di lui, Malia fece illuminare gli occhi di azzurro, Bobby estrasse prontamente la pistola
“Peter, che diavolo fai?!” era stato Scott a parlare, l’odio era palpabile nella sua voce
“Ci salvo la vita” disse, cominciando ad avvicinarsi a Talia “Non vi muovete o le squarcio la gola” ringhiò quando vide sua figlia che si preparava ad attaccare
“Sei uno stronzo traditore”
“Vado dove mi porta il vento, tesoro” fece lui
“Dopo tutto quello che abbiamo passato per causa sua avresti il coraggio di allearti con loro?” era intervenuto Scott
“Meglio che finire ammazzati, non ti pare?”
 Peter indietreggiò, mettendosi tra i due branchi, per poi rivolgersi a Talia “La vuoi giusto? L’hai trasformata perché facesse parte del tuo branco”
“E in cambio vuoi che lasci andare te?” chiese lei sprezzante
Il lupo mannaro esitò, lanciando un’occhiata veloce alle spalle della donna, prima di parlare “No” disse, illuminando i propri occhi di azzurro “Volevo solo prendere tempo”
In quell’esatto momento, alle spalle del branco di Talia, Sam e Dean avevano cominciato a sparare a raffica sui lupi mannari, mentre Jackson e Deucalion attaccavano dai lati. Talia ebbe appena il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che Peter aveva già lasciato andare la ragazza, la quale estrasse a sua volta la pistola, sparando ai due lupi che stavano avanzando per difendere il loro Alfa, imitata da Bobby, mentre Scott, Malia e Derek facevano uscire le unghie e gli artigli cominciando ad attaccare. Il resto del branco di Talia, che era rimasto all’interno, non appena sentì gli spari, uscì di corsa, ma si trovò la strada sbarrata da Theo, Liam, Lydia e Parrish, il quale vedendoli cominciò a far divampare le fiamme dal suo corpo. I lupi mannari si fermarono, inizialmente impauriti, quasi volessero scappare a gambe levate
“Uccideteli tutti!” la voce di Talia arrivò come un grido di battaglia, che gli fece automaticamente illuminare gli occhi e far spuntare i canini affilati
“Si comincia” commentò Theo, uno sguardo spavaldo negli occhi, i quali sbirciarono nella direzione di Liam che gli sorrise, sicuro di sé, prima che i quattro partissero all’attacco.
I due Winchester si erano voltati nella loro direzione, aiutandoli sparando ai lupi che li stavano attaccando e attirando la loro attenzione in modo che non si concentrassero solo sui loro quattro compagni
“Allora… tu e Castiel?” chiese il minore, un sorriso malizioso sulle labbra, mentre colpiva un lupo mannaro che si era avvicinato a loro. Il fratello lo guardò con un misto di imbarazzo e incredulità
“Di che diavolo stai parlando?” cercò di sembrare sicuro di sé, il che gli venne sorprendentemente facile visto che era troppo concentrato sull’uccidere i loro nemici piuttosto che preoccuparsi su cosa pensasse l’altro
“Andiamo, ho visto come vi guardate, in modo più… esplicito del solito” i proiettili erano finiti, quindi fu costretto a usare il calcio della pistola per stordire il suo assalitore “E più imbarazzato direi” continuò tranquillamente
“Ti sembra questo il momento per discuterne?” chiese il maggiore infuriato, estraendo la lama angelica che aveva allacciato ai pantaloni pugnalando un lupo in pieno petto
“State insieme?” chiese l’altro, riuscendo finalmente a guardarlo in faccia e notando solo in quel momento il rossore sulle sue guance. Dean alzò la pistola, sparando ad un altro lupo che stava per attaccare Sam alle spalle
“Chiudi la bocca e vedi di concentrarti, puttana”
Sam sorrise, mettendo un nuovo caricatore nella pistola “Cretino” rispose automaticamente, prima di tornare a sparare.
 
 
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“Tutto ok?”
Malia aveva raggiunto Claire, la quale aveva trovato riparo dietro ad un vecchio edificio abbandonato, dal petto le usciva una grande quantità di sangue
“Sto bene” mentì, cercando di fermare l’emorragia, Malia la ignorò, prendendole la mano, e trasferendo il dolore dell’altra su sé stessa
“Sei un lupo mannaro ora” le ricordò, la voce più calma di quanto non fosse lei stessa “Puoi guarirti”
Claire la guardava negli occhi, sentendo il bruciore della ferita diminuire gradualmente “Come?” chiese quasi in un sussurro, il cuore aveva improvvisamente cominciato a batterle più velocemente, Malia la fissò a sua volta, ipnotizzata da quegli occhi dal colore indecifrabile, che ora col buio sembravano quasi neri
“Devi concentrarti” portò la mano libera sul suo petto, appoggiandola sulla ferita “Concentrati su questo punto” il coyote mannaro si avvicinò a lei, riuscendo quasi a percepire il suo respiro sulle proprie labbra
“Non… non ci riesco” Claire non sapeva cosa avrebbe fatto finché le sue labbra non colmarono quella piccola distanza che era rimasta per raggiungere quelle di Malia. La baciò delicatamente, appoggiando la mano sul suo volto, e accarezzando i capelli morbidi. Malia si lasciò andare completamente, quasi buttandosi su di lei, cingendo il suo corpo con le braccia, stringendola forte a sé. Le due si staccarono impacciatamente, entrambe incredule di quello che era appena successo.
Malia tentò di far sparire velocemente il sorriso che aveva sulle labbra, con scarsi risultati, facendo ingrandire quello dell’altra. Il coyote mannaro abbassò lo sguardo, notando però che la ferita era completamente guarita
“Ce l’hai fatta” disse senza nemmeno pensarci, Claire guardò nello stesso punto dove erano puntati gli occhi dell’altra, più sorpresa di quanto pensasse
“Wow, è guarita veramente”
“Visto? Essere un lupo mannaro non è così male” lo sguardo era sicuro, ma dalle guance arrossate si poteva leggere il suo imbarazzo
“Forse hai ragione” commentò Claire divertita, prima di darle un veloce bacio a stampo sulle labbra e tornare nella mischia. Malia rimase immobile per qualche secondo, come se stesse elaborando ciò che era appena successo, prima di seguirla, un’inevitabile sorriso stampato sulle labbra.
 
 
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“Figli di puttana, sembrano non finire mai!” commentò Bobby, a nessuno in particolare, continuando a sparare contro i suoi assalitori
“Già, e sembrano anche più resistenti del normale” commentò Deucalion, che stava combattendo al suo fianco. Il cacciatore rimase ipnotizzato per qualche secondo dal suo stile di combattimento. Era incredibilmente agile, sembrava prevedere le mosse dei suoi avversari alla perfezione e, almeno per il momento, non aveva nemmeno un graffio
“Sì, be” cercò di rispondere l’altro “Già con voi ha creato una nuova specie di lupi a quanto pare, quindi niente le avrà impedito di migliorarli ulteriormente”
“Dici che è una cosa possibile? Gli Alfa possono fare una cosa del genere?”
“Credo di sì” Bobby era riuscito ad avere un attimo di respiro, grazie al lupo mannaro che lo stava proteggendo, per poter ricaricare le pistole “Almeno, l’ho visto fare ad un mutaforma, suppongo sia possibile anche per lei” il cacciatore tornò immediatamente a sparare, colpendo i due assalitori con cui Deucalion stava combattendo
“Affascinante” commentò lui, apparentemente distratto dalla conversazione, ma perfettamente in grado di percepire un altro lupo mannaro che gli si stava avvicinando da dietro, ma Theo lo precedette, azzannandolo al collo, convinto che l’altro non l’avesse visto
“Avete finito di spettegolare voi due? Se non l’aveste notato siamo nel mezzo di una battaglia” gli occhi, costantemente ambrati, saettavano feroci da una parte all’altra, cercando di individuare il loro prossimo bersaglio
“Come sei plateale, rilassati stiamo facendo la nostra parte” rispose Deucalion tranquillamente
“Gradirei comunque più attenzione dai due membri più anziani della squadra”
“Hey, ragazzino” intervenne a quel punto Bobby “Uccidevo demoni quando tu dovevi ancora imparare a camminare, quindi vedi di non fare tanto il superiore con me”
Theo fece per rispondere, ma in quel momento uno dei lupi mannari si fiondò su di lui, facendolo rotolare a terra. Il ragazzo cominciò a graffiarlo, cercando di levarselo di dosso, ruggendo con tutta la forza che aveva
“Idiota” commentò il cacciatore, prima di ricominciare a sparare.
In suo soccorso arrivò prontamente Liam, che si fiondò sul lupo mannaro, mandandolo velocemente a tappeto
“Non mi serviva il tuo aiuto” fece Theo, appena si fu rimesso in piedi
“Ovviamente” rispose l’altro, un sorriso ironico sulle labbra, Theo sorrise a sua volta, travolto dal desiderio di posare nuovamente le sue labbra su quelle dell’altro. Stava quasi per dare ascolto al suo istinto quando, con la coda dell’occhio, vide un paio di lupi che si stavano fiondando su di loro, entrambi si voltarono immediatamente, i canini ben visibili, gli artigli pronti
“Vedi di non farti ammazzare” commentò Liam, guardandolo di sottecchi
“Non ci penso proprio” rispose Theo sorridendo, per poi ringhiare in direzione dei loro assalitori
 
 
 
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“Credi di potermi battere?” Talia stava camminando quasi troppo tranquillamente, disegnando un cerchio a terra, ignorando completamente il suo nuovo branco che, non addestrato e trasformato in lupo mannaro da poco, stava avendo la peggio “Ma per favore, l’ultima volta non hai avuto il coraggio di farmi nemmeno un graffio”
Derek serrò la mascella, aveva sperato che l’altra non se ne fosse accorta, anche lui camminava in cerchio, cercando di tenere l’Alfa di fronte a sé, mantenendosi a debita distanza, almeno per il momento
“Sì, be ero abbastanza sorpreso di vederti ancora in vita” disse, cercando di sembrare più sicuro di quanto non fosse in realtà. Fino a pochi minuti prima non avrebbe esitato un solo secondo ad ucciderla ma ora, ritrovandosi faccia a faccia con lei, sentì un’esitazione che non riconosceva nemmeno come sua
“Quindi ora non hai problemi ad attaccare, giusto figliolo?” commentò lei, un sorriso divertito sulle labbra e gli occhi che diventavano rosso sangue
Il lupo mannaro deglutì visibilmente, sentendo tendersi ogni muscolo del suo corpo. Sentiva una parte di lui dirgli di non farlo, che era sbagliato, che quella era sua madre, la conosceva, non poteva essere una brutale assassina. Stava quasi per darle retta, abbassando la guardia, quando col braccio sfiorò la tasca dove teneva la siringa, con la quale avrebbe dovuto prelevarle il sangue. Fu come se il suo cervello si riattivasse all’improvviso, vide nella sua mente Stiles, ricoperto di sangue appena la donna lo aveva morso, sentì le sue grida di dolore, la sensazione della sua mano, debole e fredda, nella sua, quegli occhi, di solito così vivaci, spenti e circondati da profonde occhiaie.
Derek strinse le mani a pugno, chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo, quando li riaprì essi erano illuminati di azzurro, i canini erano ben visibili. Cominciò a ringhiare, sotto gli occhi stupiti di Talia, e si fiondò su di lei. La donna si scostò appena, riuscendo a schivarlo senza il minimo sforzo, e facendolo cadere a terra
“Questo non me lo aspettavo” commentò, sinceramente sorpresa “Sono fiera di te figliolo”
L’altro non la stava nemmeno ascoltando, tornò immediatamente all’attacco, tentando di graffiarla, ma l’altra lo evitò nuovamente, procurandogli un profondo taglio sul fianco. Derek ringhiò di dolore, ma tornò subito su di lei, senza perdere nemmeno un secondo. Continuava ad attaccarla, a cercare di indebolirla abbastanza da riuscire a prelevarle il sangue, ma lei sembrava non accorgersi neanche di lui. Non aveva nemmeno un graffio, non sembrava affaticata, mentre Derek sentiva ogni parte del corpo che gli doleva, per tutte le volte che la donna lo aveva sbattuto a terra, o contro le pareti egli edifici abbandonati che li circondavano. Il fianco continuava a sanguinare, mentre nuove ferite si aprivano su tutto il resto del corpo. Ad ogni attacco schivato la donna era stata in grado di colpirlo, ma, notò Derek, non di ucciderlo. Le sarebbe stato fin troppo facile, eppure non si decideva a finirlo
“Sai, sono abbastanza affezionata alla tua generazione di lupi” commentò lei, quasi gli avesse letto nel pensiero “Ci ho messo molta fatica per rendervi immuni all’argento, mi dispiacerebbe distruggere il mio lavoro”
Derek era a terra, gli occhi ancora illuminati di azzurro, ma sentiva le forze che lo stavano abbandonando, la copiosa perdita di sangue e i colpi che aveva subito gli impedivano di muoversi. Si rimise faticosamente in piedi, non aveva la forza di ringhiare o di risponderle, quindi si limitò ad attaccarla di nuovo, i riflessi erano diventati troppo lenti e Talia si limitò a spostarsi di appena un passo per evitare l’attacco, mentre l’altro cadeva a terra. Le braccia gli tremavano, cominciava a sentire la testa pesante, riusciva a sopportare il dolore delle ferite solo grazie all’adrenalina che gli circolava in corpo.
“Sai, ammiro la tua perseveranza” la voce di lei era tranquilla, mentre camminava verso di lui “Saresti un ottimo elemento per il mio branco” si inginocchio, alzando il mento del lupo con le dita per poterlo guardare negli occhi “Se accetti la mia offerta, prometto di aiutare il ragazzo”
Queste parole gli fecero tornare improvvisamente la lucidità. I suoi occhi erano tornati verdi, stanchi, ma illuminati da una tenue speranza. Non sarebbe mai riuscito a batterla, e la vita di Stiles era appesa ad un filo
Per quanto ne sai potrebbe essere già morto
Il lupo cercò di scacciare quel pensiero dalla sua mente prima di parlare “Come posso fidarmi di te?”
“Tesoro” fece lei con un sorriso “Sono tua madre, non ti mentirei mai”
A Derek scappò uno sbuffo di sufficienza, ma non poté evitare di notare la sincerità nel suo sguardo. Una smorfia di dolore si dipinse sul suo viso mentre cercava di sollevarsi, toccò appena la tasca dove teneva la siringa, per tutto il tempo aveva fatto in modo di proteggerla, evitando che si rompesse, e fortunatamente era ancora lì, intatta. Tornò a guardare Talia, sentiva il suo cuore stringersi in una morsa, un milione di pensieri che si affollavano nella sua mente, ma uno in particolare gli diede la forza di pronunciare quelle parole
“Mi dai la tua parola… che lo salverai?” sentiva gli occhi diventare lucidi, mentre chiedeva mentalmente perdono al suo branco per quello che stava per fare.
La donna sorrise, ma prima che fosse in grado di rispondere una figura si buttò su di lei, facendola cadere a terra, e gridare di dolore quando sentì gli artigli conficcarsi nella sua carne. Tuttavia non le ci volle molto per spingere via la ragazza che l’aveva attaccata e tornare velocemente in piedi, gli occhi illuminati di rosso
“Guarda guarda, sei proprio una Hale”
Malia si alzò immediatamente da terra, ringhiando e facendo illuminare gli occhi a sua volta di un azzurro glaciale
“Non devi fidarti di lei!” gridò la ragazza rivolta al lupo mannaro, ancora a terra, che la fissava attonito, ancora non sapendo se esserle grato o maledirla per averlo fermato
Talia ringhiò, attirando la sua attenzione, appena in tempo perché il coyote mannaro la vedesse correre verso di lei ad una velocità sovrumana, anche per un lupo mannaro. Non ebbe nemmeno il tempo di ripararsi che l’altra era già ad un passo da lei, quando la ragazza sentì qualcuno spingerla via, lontana da quegli artigli che puntavano direttamente all’altezza del suo cuore.
Si voltò appena in tempo per vedere l’Alfa, impietrita, gli occhi che stavano perdendo quel rosso sangue e stavano diventando lentamente marroni, e lì, di fronte a lei, con i suoi stessi artigli che gli bucavano il petto, c’era Peter.
Il lupo mannaro non la stava degnando di uno sguardo, aveva gli occhi puntati su sua figlia, la quale lo stava fissando a sua volta, il volto dipinto di incredulità a terrore. Peter quasi non sentiva il dolore, l’unica cosa che provava era sollievo nel vederla viva, sana e salva
“Ti avevo detto di non venire” commentò, la voce roca, un rivolo di sangue che usciva dal lato della bocca. Faticava a respirare, sentiva le gambe cedergli lentamente, mentre il mondo in torno a lui diventava nero e silenzioso
Fu come se il tempo si fosse fermato. Malia osservava il corpo del padre accasciarsi a terra, mentre l’Alfa estraeva gli artigli da lui, fissandolo, gli occhi sgranati, dai quali uscì una lacrima solitaria che le bagnò la guancia. Si lasciò cadere in ginocchio, portando le mani ricoperte di sangue di fronte a sé, non riuscendo a capacitarsi di ciò che aveva fatto.
Un dolore improvviso al collo la fece ruggire potentemente, ma la donna non ebbe il tempo nemmeno di voltarsi, mentre Derek, con le poche forze che gli erano rimaste, le aveva bucato il collo con la siringa, prelevandole il sangue. Appena ebbe finito si allontanò velocemente da lei, appena prima che lei si voltasse per aggredirlo. Il lupo vedendola quasi si pietrificò, il suo sguardo era diventato feroce, gli occhi rossi saettavano alla velocità della luce, mentre faceva uscire i canini e dalle sue labbra usciva un ruggito che gli fece gelare il sangue. Le forme sinuose della donna stavano mutando sotto i suoi occhi, cambiando completamente fisionomia. Il volto si allungava, le gambe e le braccia si piegavano su loro stesse, mentre tutto il suo corpo si ricopriva di una folta pelliccia nera. La donna, o meglio il lupo, cominciò ad ululare, sfogando tutto il suo dolore, e trasformandolo in furia omicida. Stava per fiondarsi su Derek quando due colpi di pistola la colpirono al fianco, facendola ruggire, e rivolgere la sua attenzione sulla cacciatrice che le aveva sparato
“Vai!” gridò Claire, continuando a sparare
Derek non se lo fece ripetere due volte, cercò di ignorare il dolore e la spossatezza che sentiva nel corpo, facendo illuminare gli occhi di azzurro e correndo più veloce che poteva, sparendo tra gli alberi.
Claire finì velocemente i proiettili, troppo velocemente. Il lupo stava correndo verso di lei, raggiungendola in pochi secondi, quando Malia l’attaccò da dietro, mordendole il collo. Talia se la tolse velocemente di dosso, facendola rotolare a terra. Claire stava ancora ricaricando la pistola, quando vide il lupo correre verso la ragazza, la bocca già aperta per azzannarla. La cacciatrice non pensò, non sapeva nemmeno cosa stava facendo, il suo corpo si mosse da solo facendo illuminare gli occhi di un giallo ambrato, e facendo fuoriuscire zanne e artigli, mentre si fiondava sul lupo. Talia però fu più veloce, le graffiò il viso con una zampa e la spinse a terra, lontana da lei. Nonostante questo però sentì un dolore lancinante al fianco quando gli artigli di Scott le perforarono la carne
“Arrenditi, ormai è finita”
Talia non si fermò ad ascoltare quelle parole, allontanandosi velocemente dall’altro Alfa per poi mordergli un polpaccio. Il ragazzo ruggì di dolore, ma quando tornò a fissarla sulle sue labbra si formò un sorriso vittorioso. Fu solo in quel momento che la donna cominciò a guardarsi in torno. Del suo branco non era rimasto più nulla, i pochi superstiti erano stati neutralizzati dal branco di Scott. Talia si allontanò lentamente dal ragazzo, mentre il suo corpo da lupo tornava lentamente alla forma umana. Si avvicinò al vestito che aveva lasciato a terra, rimettendoselo velocemente addosso, e lanciando un’occhiata al copro senza vita di Peter. Una morsa di dolore le attanagliò il cuore, facendole chiudere gli occhi per qualche secondo e prendere un respiro profondo.
“Sarete fieri del vostro lavoro” commentò, la voce di solito così sicura di sé era diventata spenta, quasi malinconica “Ora sarete tutti preda dei cacciatori, la vostra vita sarà in costante pericolo, costretti a scappare, a nascondervi” la donna si voltò, una lacrima le rigava il viso “Non capite che tutto quello che ho fatto l’ho fatto solo per voi? Per i miei figli?”
“Quello che hai fatto è il motivo per cui i cacciatori ci danno la caccia” le rispose Scott risoluto “La risposta non è agire prima di loro, ma vivere in modo pacifico, così non avranno ragione di farci del male”
La donna abbassò lo sguardo, i capelli le coprivano il volto, quando una risata malinconica le uscì dalle labbra “Non smetteranno mai di darci la caccia” commentò, tornando a guardare l’Alfa negli occhi “E io non smetterò mai di dare la caccia a loro”
“Vorrà dire che saremo noi a fermarti” la voce di Malia era colma di rabbia e risentimento, mentre i suoi occhi si illuminavano di azzurro. Dalle labbra della donna uscì un’altra risata
“Non potete fermarmi” fece lei, gli occhi che diventavano rosso fuoco “Non potete uccidermi”
“Come vale per tutto quello che hai detto fino ad ora” intervenne Dean avvicinandosi a lei “Anche su questo, hai torto”
La donna fece appena in tempo a riconoscere la colt che l’altro le stava puntando contro prima di sentire il boato dello sparo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Derek stava correndo, le gambe che faticavano a reggere quella velocità, la testa che pulsava, il profondo taglio sul fianco continuava a sanguinare, facendogli provare un dolore acuto, ma non gli importava, nulla era importante in quel momento, solo un pensiero nella sua mente gli permetteva di continuare, ignorando quelle sensazioni.
Stiles
Quando arrivò alla macchina lo travolse un’ondata di sollievo nel vedere Castiel con la mano ancora su di lui, e il petto del ragazzo alzarsi ed abbassarsi. Non si fermò a riprendere fiato, non degnò l’angelo nemmeno di uno sguardo, si limitò a chinarsi su di lui, lasciandosi cadere in ginocchio di fronte alla portiera ancora aperta dell’auto, e inserire delicatamente la siringa nel collo del ragazzo. Spinse dentro il liquido, il quale fece dipingere una smorfia di dolore sul suo volto, Derek si affrettò ad estrarla appena ebbe finito, e a passare una mano fra i suoi capelli corvini. Il cuore gli batteva all’impazzata, faceva quasi fatica a respirare a causa del nodo che gli si era formato in gola. Notò la luce bianca che si emanava dalla mano dell’angelo spegnersi improvvisamente, mentre questi scendeva dall’auto
“Cosa stai facendo?” chiese Derek preoccupato, l’angelo addolcì lo sguardo prima di rispondere
“Io non posso fare più nulla, possiamo solo sperare che l’antidoto funzioni”
Il lupo mannaro irrigidì la mascella, annuendo distrattamente e riportando la sua attenzione sul ragazzo, il quale teneva ancora gli occhi chiusi ma aveva cominciato ad agitarsi e a lamentarsi per il dolore, Derek gli prese immediatamente la mano, trasferendolo su sé stesso, continuando ad accarezzargli i capelli
“Hey” nemmeno lui sapeva cosa dire, non riusciva nemmeno a capire se l’altro lo stesse ascoltando, ma vederlo in quello stato gli stava procurando un dolore fisico, doveva fare qualcosa, doveva fare tutto il possibile “Sono qui, devi resistere ok?” la voce di Derek era particolarmente dolce, quasi irriconoscibile, e spezzata dal nodo che aveva in gola, e che diventava sempre più difficile da nascondere ad ogni grido che usciva dalla bocca del ragazzo “Ce la farai, lo so, sei più forte di quanto credi-”
Il lupo mannaro si interruppe non appena gli occhi illuminati di azzurro di Stiles si aprirono improvvisamente, mentre dalle sue labbra usciva un ruggito straziante. Cercò Derek con lo sguardo, quasi supplicandolo di far smettere tutto questo, mentre gli occhi verdi di lui si riempivano di lacrime. Le vene nere sul suo braccio erano ben visibili, cercava di rimediare meglio che poteva, cercava di aiutarlo ma sembrava non bastare. Fissò quegli occhi azzurri, che fino a qualche ora prima trovava così belli, maledicendosi per aver fatto quel pensiero. Ora avrebbe solo voluto che sparissero, e di poter rivedere quel marrone scuro, pieno di vita, quasi costantemente accompagnato da un sorriso spensierato
“Resisti Stiles, ti prego, devi resistere, fallo per me” le lacrime avevano cominciato a scendere sul suo volto, ma a lui non poteva importare di meno. In quel momento fu come se tutto il resto del mondo avesse smesso di esistere, tutto ciò di cui gli importava era quello stupido ragazzino logorroico che, non sapeva come, era stato in grado di far risvegliare in lui dei sentimenti che non sapeva nemmeno di possedere. I due continuarono a guardarsi, Stiles faceva fatica a tenere gli occhi aperti, ogni parte del suo corpo gridava di dolore, sentiva le forze venire meno, ma cercava di rimanere cosciente, cercava di tenere lo sguardo su quei due occhi verdi ricoperti di lacrime, perché Derek gli aveva chiesto di farlo, quindi ci avrebbe provato, con tutte le sue forze.
Una fitta improvvisa però lo attanagliò al petto, costringendolo a gridare e a non tenere fede alla promessa che si era fatto, costringendolo a serrare gli occhi. I muscoli non rispondevano più ai comandi, sentì il suo corpo abbandonarsi, incapace di reagire, incapace di qualsiasi azione.
Il cuore di Derek cominciò a battere all’impazzata, il terrore aveva preso possesso di lui. Cominciò a chiamarlo, a gridare il suo nome, prendendo il suo volto fra le mani. Lo accarezzò, lo pregò di svegliarsi, di tornare da lui, e poi, senza nemmeno rendersene conto, posò le proprie labbra sulle sue. Sentiva le lacrime scendere copiose, sentiva la sensazione delle labbra fredde dell’altro, e il suo cuore sprofondare in un baratro. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che l’altro stava rispondendo al bacio. Sentì quelle labbra avvinghiarsi alle sue, mentre una mano del ragazzo si intrecciava ai suoi capelli, Derek si abbandonò a quella sensazione di completezza che credeva di non aver mai provato prima, mentre sulle sue labbra si formava un sorriso di puro sollievo. Stiles intanto lo attirava a sé, voleva sentirlo più vicino, voleva sentire il calore del suo corpo sul proprio.
I due si staccarono solo quando rimasero senza fiato, Derek appoggiò la fronte su quella dell’altro, un perenne sorriso sulle labbra
“Ce l’hai fatta” sussurrò, la voce ancora rotta dalle lacrime
“Ce l’abbiamo fatta” lo corresse il ragazzo, staccandosi lentamente da lui per poterlo guardare negli occhi, e mettersi finalmente seduto. Solo in quel momento si rese conto della quantità di gente che li circondava.
Stiles abbassò lo sguardo, imbarazzato, lanciando un’occhiata furtiva al lupo mannaro, il quale lo fissò confuso prima di guardarsi intorno a sua volta. Si asciugò velocemente le lacrime, alzandosi in piedi e allontanandosi dal ragazzo.
Fra il resto del branco ci fu uno scambio di occhiate furtive, accompagnate da sorrisi divertiti nel vedere il rossore sulle guance dei due.
“Sei ferito” intervenne Castiel, posando due dita sulla fronte del lupo mannaro e guarendolo immediatamente, per poi occuparsi di tutti gli altri componenti del branco
“Grazie, Cas” lo sguardo di Dean era puntato a terra, non aveva il coraggio di incrociare quegli oceani blu, ma l’angelo sorrise. Il gesto di poco prima gli aveva detto tutto quello che aveva bisogno di sapere. Si limitò a posare una mano sulla sua spalla, sorridendo a quella timidezza che gli si addiceva così poco. Quando voltò lo sguardo, però, il suo sorriso scomparve immediatamente. Il corpo di Peter era a terra, Malia, Claire e Deucalion lo avevano trasportato fino a lì, sapendo che sarebbe stato troppo tardi comunque, ma la figlia provò ugualmente a fare quella timida domanda
“Puoi fare qualcosa?” la mascella indurita, gli occhi scuri che cercavano di nascondere la sofferenza che stava provando.
L’angelo si limitò a scuotere la testa “Mi dispiace”
La ragazza annuì, portando lo sguardo a terra. Sentì una mano accarezzarle la schiena e, senza pensarci due volte, si voltò verso quella che sapeva essere Claire, abbandonandosi al suo abbraccio. Non pianse, non voleva farsi vedere in quello stato, trattenne quel dolore dentro di sé, lasciandosi confortare dalla ragazza, che aveva cominciato ad accarezzarle dolcemente la testa.
 
 
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Il sole stava sorgendo lentamente all’orizzonte, tutto il branco era radunato attorno ai grandi tronchi di legno che ardevano, riscaldando l’aria e completando quelle sfumature rosse e arancioni che coloravano il cielo, il quale andava a schiarirsi verso un azzurro più leggero e sereno del buio che li aveva circondati fino a quel momento.
Il corpo di Peter bruciava fra le fiamme, mentre tutti assistevano in silenzio. Nonostante il suo modo di fare apparentemente menefreghista ed egoistico aveva finito per dare la vita salvando quella della figlia. Nessuno si sarebbe aspettato un’azione del genere da lui, e tutti si vergognavano ad ammetterlo. Quello che sapevano era che, nonostante il suo carattere difficile e a volte insopportabile, sentivano il cuore pesante, e un grande vuoto al pensiero di averlo perso per sempre.
Malia appoggiò la testa sulla spalla di Claire, quasi senza rendersene conto, mentre lei la stringeva alla vita, cercando di darle tutto il conforto di cui era capace. Il coyote mannaro inspirò profondamente, ma l’altra la precedette prima che potesse dar voce ai suoi pensieri
“Smettila”
Malia aggrottò la fronte, spostandosi per poter guardare l’altra negli occhi
“Non è stata colpa tua”
La ragazza sbatté più volte le palpebre, col serio dubbio che la cacciatrice fosse in grado di leggerle nel pensiero. Sbuffò, appoggiandosi nuovamente sulla sua spalla
“Se non fossi venuta con voi-”
“Non puoi sapere cosa sarebbe successo” la precedette l’altra “Magari senza saperlo hai salvato più vite di quanto immagini”
Uno sbuffo divertito uscì dalle labbra dell’altra “Ne dubito” commentò amaramente
“Non eri d’accordo con il fatto che fosse inutile colpevolizzarsi?”
“Sì…” la voce aveva cominciato a tremarle “Questo non vuol dire che sia in grado di evitarlo” Malia si allontanò dall’altra, asciugandosi velocemente le lacrime che avevano iniziato silenziosamente a scendere. Claire la fissò, sapeva che all’altra non piaceva essere vista in quello stato, per un secondo pensò di non fare nulla, di lasciare che sfogasse la sofferenza a modo suo, ma il suo corpo si mosse prima che la ragazza potesse fermarlo
“Vieni qui” disse semplicemente, prendendola fra le braccia e stringendola forte a sé. All’inizio Malia rimase rigida, si era già lasciata andare anche troppo per i suoi gusti, ma in quell’abbraccio così caldo, così rassicurante, non riuscì ad impedire alla sua maschera di sicurezza e superiorità di distruggersi, lasciando scendere liberamente quelle lacrime che poco prima aveva preferito fermare.
 
 
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Dopo un tempo che a tutti era sembrato infinito, nel bunker si respirava finalmente un’aria serena, l’aroma di caffè appena fatto aleggiava nella stanza, tutti chiacchieravano tranquillamente, Sam e Deaton erano finalmente liberi di parlare degli uomini di lettere, il cacciatore esageratamente alto gli stava condividendo la quantità di libri presenti nel loro bunker, ed il veterinario non poteva nascondere di esserne affascinato.
Malia e Claire si tenevano un po’ in disparte, se ne stavano sedute una accanto all’altra, in silenzio, del resto non servivano parole, solo la presenza dell’altra al proprio fianco. Le loro mani si sfiorarono per un po’ prima che la cacciatrice trovasse il coraggio di intrecciare le dita con quelle dell’altra, che la strinse a sua volta.
Anche Jackson non si sentiva in vena di festeggiare, non riusciva a evitare che il suo cuore venisse chiuso in una morsa ogni volta che la sua mente lo obbligava a pensare ad Ethan. Continuava a ripercorrere quegli eventi, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per salvarlo, chiedendosi se le cose sarebbero potute andare diversamente, chiedendosi cosa avrebbe fatto ora senza di lui…
Era talmente assorto nei suoi pensieri che quasi non si accorse dell’Alfa al suo fianco, il quale gli stava offrendo una fumante tazza di caffè. Il lupo mannaro allungò la mano, quasi senza rendersene conto, mormorando un’incomprensibile “Grazie” Scott annuì leggermente, distogliendo lo sguardo, indurendo la mascella
“Lo supererai” disse semplicemente, riportando lo sguardo sul lupo mannaro, il quale non poté evitare di far formare un triste sorriso sulle sue labbra
“Come?” chiese, la voce spezzata dal nodo che gli si era fermato in gola
“Col tempo” rispose l’altro, poggiandogli una mano sulla spalla “Fa male, lo so” disse, con più difficoltà di quanto pensasse “Ma passerà” finì, un sorriso rassicurante sulle labbra. Jackson annuì, lo sguardo, che fino a quel momento era rimasto fisso a terra, si spostò sull’altro, gli occhi lucidi che cercavano di trattenere le lacrime, un mezzo sorriso sulle labbra
“Grazie” disse semplicemente, prendendo un sorso della bevanda amara, cercando di evitare che le lacrime scendessero sul suo volto.
 
 
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“Hey, idiota” Theo si sedette pesantemente in fianco a Liam, facendolo rimbalzare attraverso il divano
“Hey” fece l’altro. Fra i due cadde improvvisamente il silenzio. Era come se tutto l’imbarazzo della situazione fosse stato nascosto, e rimandato fino a questo momento. Ci fu uno scambio di sguardi insicuri, sorrisi tirati, e schiarimenti di gola seguiti da altri silenzi. Theo cominciò ad avere dei dubbi sui sentimenti dell’altro. Forse era stata l’adrenalina a farlo agire in quel modo, ora che era tutto finito si era reso conto di non provare niente per lui, o magari-
“Allora, cosa hai intenzione di fare ora?” Liam parlò tutto d’un fiato, lo sguardo fisso di fronte a sé
“Cosa intendi?” chiese l’altro, ogni muscolo del suo corpo era teso, la mascella indurita. Liam passò la lingua sulle labbra prima di parlare
“Vuoi… rimanere? O… o te ne andrai?” la tristezza di quelle parole era palpabile, Theo riuscì quasi a sentire il suo cuore spezzarsi, nonostante lo sguardo apparentemente sicuro di sé e finalmente puntato su di lui
“Dipende” commentò, un sorriso nuovamente tranquillo sulle labbra “Tu cosa hai intenzione di fare?”
L’altro lo guardò confuso “Che vuoi dire? Io ho la scuola, ho la mia famiglia, non posso andarmene”
“Bene” Theo si avvicinò a lui, appoggiando il braccio sullo schienale del divano, circondando anche le spalle dell’altro “Vorrà dire che rimarrò anch’io”
Liam lo fissò, un mezzo sorriso sulle labbra, rimanendo per qualche secondo ipnotizzato da quegli occhi verdi così divertiti, e così pieni di desiderio. Il biondo si avvicinò a lui, appoggiando le labbra sulle sue, chiudendo gli occhi e godendosi quel contatto così delicato, così dolce, che faceva battere il suo cuore a mille. Nonostante questo il ragazzo si staccò quasi subito, preso dai dubbi, e dall’improvvisa consapevolezza di essere circondato dal resto del branco. Non fece nemmeno in tempo a guardarsi in torno, per verificare chi avesse assistito alla scena, che sentì la mano dell’altro prendergli il mento, voltandolo nella sua direzione, e avvicinandolo nuovamente a lui, assaporando quelle labbra e facendo penetrare la lingua fra di esse. Liam si dimenticò improvvisamente delle sue preoccupazioni, abbandonandosi a lui, prendendo il volto di Theo fra le mani, attirandolo a sé, sentendo le sue mani su tutto il corpo, che lo accarezzavano, tenendo i loro corpi a contatto, sempre più vicini.
Nessuno dei due si stava preoccupando minimamente di essere visto dagli altri, e in effetti nessuno stava facendo caso a loro, o meglio quasi nessuno. Dean stava sorseggiando distrattamente il suo caffè, assistendo alla scena. Non ne poteva più di vedere ragazzini baciarsi così liberamente, come se non si facessero nessun problema, così tranquillamente, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Indurì la mascella, andando automaticamente con lo sguardo a cercare Castiel. Quasi si impanicò non vedendolo, appena prima di sentire una mano posarsi sulla sua spalla
“Ciao, Dean”
Il cacciatore sussultò appena, prima di voltarsi “Hey, Cas” un sorriso forzato si fece largo sulle sue labbra, prima che si perdesse in quei due occhi azzurri e indagatori. Sentì il cuore battergli velocemente nel petto, mentre l’angelo aggrottava leggermente le sopracciglia, piegando appena la testa di lato. Dio, adorava quando faceva così. Dean cercò di combattere l’istinto di fiondarsi su quelle labbra carnose, deglutì faticosamente, prima di socchiudere leggermente le labbra, non sapendo nemmeno lui cosa dire. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, il cacciatore cercava di dire quelle parole che gli si erano fermate in gola, incapace di tramutarle in una frase di senso compiuto, mentre Castiel aspettava. Aspettava che l’altro trovasse il coraggio, o la forza, di esprimere quello che, ormai ne era certo, provava per lui. Ma l’attesa si rivelò ancora una volta inutile, se non per vedere Dean che, con qualche scusa biascicata, se ne scappava in cucina lontano da quegli occhi indagatori. Castiel sospirò, frustrato e deluso. Possibile che fosse così difficile? Cosa lo spaventava tanto? Quanto avrebbe dovuto aspettare ancora prima che l’altro si decidesse a fare qualcosa? Altri 7 anni?
Rimase immobile, a fissare la porta dietro la quale l’altro si era nascosto. Nemmeno si rese conto di aver preso quella decisione finché i suoi piedi non cominciarono a muoversi automaticamente. Era stanco di aspettare, era stanco di sperare.
Si mise quasi a correre verso la cucina, trovando Dean appoggiato alla credenza, Parrish e Lydia stavano parlando, seduti al tavolo. Questa volta vedendo il disagio negli occhi del cacciatore sentì solo divertimento, e forse anche un pizzico di rabbia. Lo prese per il colletto con una mano, trasportandolo improvvisamente all’esterno, sul retro del bunker. Ormai era mattino inoltrato, il sole splendeva nel cielo, la luce illuminava gli occhi azzurri dell’angelo. Dean lo fissò, lo sguardo quasi preoccupato, la bocca socchiusa, dalla quale uscivano respiri veloci e tremanti. Castiel spostò la mano che stringeva ancora la camicia dell’altro dietro alla nuca, poggiando le sue labbra su quelle del cacciatore. Questa volta fu lui a prendere l’iniziativa, assaporandolo avidamente, e godendosi la lingua dell’altro che si univa alla propria, e le mani di Dean che andavano sotto la sua giacca, accarezzandolo attraverso il sottile tessuto della camicia. Dean era appoggiato alla parete dell’edificio, mentre sentiva il corpo dell’angelo sul suo, la mano che si spostava sulla schiena, avvinghiandolo con forza, la lingua che si muoveva esperta nella sua bocca, finché tutto non finì, improvvisamente. Castiel si staccò da lui, guardandolo negli occhi, il cacciatore non riuscì ad evitare che un verso di delusione uscisse dalle sue labbra. L’altro sorrise.
“Allora?” chiese, con il fiato corto
“Allora cosa?” Dean era confuso e non riusciva a pensare a niente se non al corpo caldo dell’angelo ancora contro il proprio
“Siamo una coppia o no?”
Dean si blocco, fissando quegli specchi azzurri, sicuri di sé, che lo guardavano intensamente, pieni di speranza e di affetto. Il suo cuore batteva all’impazzata, mentre nella sua mente una miriade di pensieri si affollavano uno sull’altro, sentiva le guance andargli a fuoco per l’imbarazzo e la paura di ciò che quella risposta avrebbe comportato. Ma poi arrivarono i ricordi. Tutte le volte in cui aveva visto Castiel morire davanti ai suoi occhi, tutte le volte in cui lo aveva perso, tutte le volte in cui aveva sentito il suo cuore sprofondare in un baratro, cercando di negare ciò che provasse veramente.
Le parole del fratello si ripeterono ancora una volta nella sua testa
Quando tornerà vedi di non perdere altre occasioni
Il cacciatore lasciò la presa sulla schiena dell’altro, ma solo per prendere il suo volto fra le mani.
“Certo che lo siamo” rispose, prima di fiondarsi di nuovo sulle sue labbra, sentendo sorgere un sorriso su di esse
“Be, era ora direi”
I due si voltarono di scatto sentendo quella voce profonda e familiare. Crowley li stava fissando, un sorriso divertito sul volto.
“Anche se devo ammettere di sentirmi un po’ tradito, pensavo che tra noi ci fosse qualcosa di speciale” aggiunse poi rivolto al cacciatore.
I due si staccarono, fulminandolo con lo sguardo “Che diavolo vuoi, Crowley?” chiese il Winchester, reprimendo l’imbarazzo che sentiva crescere dentro.
“Tranquilli, non vogli disturbarvi, sono solo venuto a riprendere la mia pistola”
“La tua pistola?”
Crowley roteò gli occhi “Tecnicamente la pistola di un principe infernale che non sarebbe troppo felice di non vederla tornare in suo possesso”
Dean corrugò la fronte, lanciando uno sguardo a Castiel, trovandolo altrettanto confuso “Come fa un principe infernale ad avere la Colt?”
“Come fa un principe infernale ad essere vivo?” si intromise l’angelo
“Stessa risposta ad entrambe le domande: non sono affari vostri, ora se non vi dispiace vado a parlare con lo spilungone con cui avevo fatto l’accordo” disse prima di sparire. Dean si voltò in direzione di Castiel con un misto di preoccupazione, confusione e imbarazzo nello sguardo
Beccati dal re dell’inferno
Commentò la sua mente inopportuna appena prima che l’angelo mettese la mano sulla sua spalla riportandolo all’interno del bunker.
Non fecero nemmeno in tempo ad arrivare che tutti si erano subito allarmati vedendo il demone, e Sam dovette spiegare velocemente la situazione
“Avevi intenzione di ridare la Colt a lui?” chiese Dean quando il fratello ebbe finito
“Ci serviva per uccidere il due facce, non sono rimasto a negoziare” commentò il minore dei Winchester
“Che c’è, non vi fidate di me?”
“No” risposero all’unisono i due fratelli, accompagnati da Castiel e Bobby
“Ingrati” commentò il demone “Un accordo è un accordo, non ho intenzione di venire ridotto in cenere per voi, quindi vedete di darmi velocemente quello che mi dovete, o-”
“O cosa?” lo interruppe Castiel, facendo qualche passo avanti
“Avanti Castiel, sai che il tuo fidanzatino è troppo affezionato a me per uccidermi”
Ci fu qualche mormorio nel bunker, e diversi sguardi di intesa, mentre Dean avrebbe voluto scavarsi una fossa con le sue stesse mani. Incrociò lo sguardo divertito del fratello, intimandogli di chiudere la bocca, ma la sua attenzione si spostò immediatamente sull’angelo, il quale si stava apprestando a rispondere a tono al demone, e il cacciatore aveva paura di cosa sarebbe stato in grado di dire
“Ok, ok” lo interruppe, mettendosi fra i due “Crowley, non ti daremo la Colt, soprattutto se hai intenzione di darla ad un re infernale”
“Principe” lo corressero sia il demone che l’angelo alle sue spalle
“Principe infernale?” vollero subito sapere Sam e Bobby
Il demone roteò gli occhi “Siete veramente insopportabili” commentò, andando alla ricerca di qualcosa da bere, e facendo allontanare ogni altro componente del branco col suo solo passaggio “Vedete?” fece notare lui rivolto ai Winchester “Rispetto” sparì in cucina per qualche secondo, mentre gli altri si scambiavano occhiate consapevoli
“Non possiamo lasciare la colt in mano ad un principe infernale” fece notare subito Sam
“Non possiamo lasciare un principe infernale in vita” lo corresse Castiel “Credevo fossero stati tutti uccisi ormai”
“Non proprio tutti” si intromise il demone “Possibile che non trovi mai del Whisky decente?” aggiunse poi, uscendo dalla cucina a mani vuote
“Quindi, che facciamo?” chiese Sam, nonostante sapesse già la risposta
“Andiamo a fargli il culo” rispose Dean sorridendo
“Bene, sembra che abbiamo un nuovo caso” commentò Bobby, sospirando “Mai un momento di pace, he?”
 
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“Sicuri che ve la caverete da soli” Stiles sembrava più deluso che preoccupato, ma dallo sguardo risoluto di Dean capì di non avere speranze
“Non preoccuparti, abbiamo affrontato di peggio, e poi questi non sono lavori per ragazzini che hanno appena imparato ad usare una pistola” il cacciatore sorrise, scombinando i capelli dell’altro, il quale si sentì quasi offeso dal modo infantile in cui lo trattava
“Ormai sono praticamente un cacciatore” ribatté lui
“Certo” concordo il Winchester “Infatti dovrai tenere d’occhio il tuo branco” sul suo volto si formò un sorriso ammiccante
L’altro sospirò, voltandosi in direzione degli altri e notando Derek che aveva lo sguardo fisso su di lui, appena prima che lo distogliesse tornando ad avere la sua solita espressione dura e severa “Hai ragione, qualcuno dovrà pure controllarli” si voltò nuovamente verso il cacciatore e, senza alcun preavviso, gli portò le braccia alla vita, stringendolo in un abbraccio. Dean rimase inizialmente spiazzato, prima di ricambiare, un sorriso quasi paterno sulle labbra
“Grazie” fece Stiles, allontanandosi
“E’ il nostro lavoro” minimizzò il cacciatore, continuando a sorridere. Andò a salutare anche il resto del branco, sopportando a stento le frecciatine di Lydia
“Finalmente ti sei fatto avanti” stava dicendo lei, dopo essersi allontanata dall’abbraccio
“Non so di cosa parli” le guance del cacciatore erano scarlatte, mentre il sorriso di lei si faceva sempre più malizioso
“State bene insieme” continuò imperterrita “Non fartelo scappare” se ne andò lanciandogli un’ultima occhiata, strizzando un occhio, e quasi correndo fra le braccia di Parrish. Dean si era completamente irrigidito, dandosi per l’ennesima volta dell’idiota per provare tanto imbarazzo per quella situazione. Cercò di ignorare la ragazza, puntando gli occhi su Claire e cercando di attirare la sua attenzione
“Vuoi un passaggio da qualche parte?” le chiese, cercando di sembrare il più naturale possibile. La cacciatrice lanciò uno sguardo a Malia prima di rispondere
“No” disse infine “Penso resterò qui ancora un po’” si voltò nuovamente verso l’altro, notando il suo sguardo indagatore “Sai, nel caso ci siano ancora dei cacciatori pazzi nella zona” si affrettò ad aggiungere, riprendendo immediatamente il suo sguardo sicuro di sé. Dean annuì distrattamente, aprendo di nuovo la bocca per parlare, ma l’altra lo precedette
“Ho già parlato con Jody, è tutto a posto, basta che la tenga aggiornata e che mi faccia viva di tanto in tanto”
Dean serrò nuovamente le labbra. Claire era cresciuta ormai, era ancora una ragazzina ma sapeva badare a sé stessa, e in più non sarebbe stata da sola, il che non poteva farle che bene
“Fa attenzione” si limitò a dire il cacciatore
Sam, Dean e Castiel si avviarono verso l’impala, mentre Bobby tornava alla sua auto, gli altri rimasero di fronte al bunker, salutandoli e augurandogli buona fortuna.
Stiles si ritrovò ad essere più triste di quanto si aspettasse vedendo quello strano quartetto andarsene, forse per sempre. Non fece in tempo a perdersi nei ricordi che sentì la presenza di Derek al suo fianco, serio come sempre, ma qualcosa era decisamente cambiato in lui. Il ragazzo sorrise, avvicinandosi a lui
“E tu che farai?” chiese, il lupo mannaro lo guardò, non riuscendo ad evitare alle sue guance di arrossire
“Qualcuno dovrà badare a voi mocciosi, no?” rispose, cercando di rimanere imperscrutabile, ma a Stiles non sfuggì quel mezzo sorriso sulle sue labbra
“Bene” commentò divertito “Significa che… insomma noi due… cioè sai…” tutta la sua sicurezza svanì improvvisamente quando si trovò in difficoltà nel pronunciare quelle parole che gli si erano bloccate in gola
“Sì” lo interruppe l’altro “Immagino… di sì” gli occhi verdi erano puntati sulle macchine che vedeva scomparire all’orizzonte, la mascella rigida. Stiles sorrise, avvicinandosi a lui, e azzardandosi a sfiorare la sua mano con la propria. Il lupo mannaro la strinse senza pensarci due volte, intrecciando le dita con quelle dell’altro.
 
 
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L’impala sfrecciava sulla strada deserta, Dean era al volante, suo fratello accanto a lui era perso nei suoi pensieri, guardando il paesaggio dal finestrino che passava veloce davanti ai suoi occhi. Il maggiore dei Winchester era particolarmente nervoso, le mani che stringevano il volante tanto da far sbiancare le nocche, lo sguardo che passava dal fissare preoccupato la strada, a suo fratello, allo specchietto centrale, dal quale osservava furtivamente Castiel, anche lui con lo sguardo perso all’esterno. Dopo diversi tentativi falliti sul nascere si decise finalmente a parlare
“Hey Sammy” cominciò, la gola più secca di quanto si aspettasse, sentì gli occhi dell’altro improvvisamente su di lui, dovette tenere la concentrazione sulla strada per riuscire a continuare “Sai… io e Cas… ecco…”
“Lo so” lo interruppe l’altro, uno sguardo malizioso sul volto, mentre lanciava uno sguardo d’intesa in direzione dell’angelo
“Era anche ora direi”
Dean annuì appena, ogni muscolo del suo corpo era completamente teso. Lanciò un’altra occhiata allo specchietto, e la vista del sorriso di Castiel lo ripagò di tutto l’imbarazzo che stava provando in quel momento
“Sì” rispose, visibilmente più sereno “Sono d’accordo”

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Capitolo 15
*** Spin-Off ***


“Cazzo!”
La lama saettò in direzione del suo assalitore, mancandolo per un soffio. Peter indietreggiò, quasi disgustato dalla vista della seconda fila di denti che uscivano dal sorriso divertito dell’altro
“Si può sapere che problema hanno tutti? Siamo già morti, che gusto c’è ad uccidersi a vicenda?”
“Bè” commentò il vampiro “Sai com’è, qui non c’è molto altro da fare” lo attaccò nuovamente, uno sguardo più divertito che minaccioso, Peter lo schivò nuovamente, puntando la lama verso di lui
“Sul serio? Combattere è l’unico hobby che avete trovato? Che ne dici se ci mettiamo a pescare, o a intagliare il legno?”
L’altro si mise a ridere, cominciando a studiare l’uomo che aveva di fronte
“Sei nuovo, vero?”
“Sì, deceduto da appena qualche giorno” rispose, abbassando l’arma e appoggiandosi alla corteccia di un albero “Non che riesca a tenerne il conto, qui sembra che il tempo non passi mai”
“Benvenuto in purgatorio” commentò l’altro, mettendosi seduto “Come sei finito qui?”
Peter lo fissò per qualche secondo, prima di sedersi al suo fianco “Un cazzo di Alfa, ecco come” rispose, volendo tralasciare i dettagli della sua morte. Ogni volta che chiudeva gli occhi riusciva a vedere gli occhi illuminati di azzurro di sua figlia, sorpresi e preoccupati allo stesso tempo, forse anche dispiaciuti. Ancora non aveva deciso se la cosa gli facesse piacere o lo turbasse
“Tu invece?”
“La prima o la seconda volta?” chiese lui con un sorriso. Il lupo mannaro spalancò gli occhi
“Sei riuscito ad andartene? E sei stato tanto stupido da farti uccidere di nuovo?” si morse la lingua appena sentì le sue stesse parole uscirgli dalle labbra, non aveva nessuna voglia di rimettersi a combattere, ma si rilassò immediatamente quando vide l’altro sorridere amaramente
“Sì, be… a un amico serviva il mio aiuto perciò…” un sospiro gli uscì dalle labbra “E comunque non pensare di potertene andare di qui senza un essere umano, loro sono gli unici che possono farlo”
Per Peter fu come se gli si accendesse una lampadina, quando il ricordo delle sue conversazioni con Dean gli tornò alla mente “Non dirmi che sei il vampiro del Winchester?”
L’altro aggrottò la fronte a quelle parole, visibilmente stupito, e anche un po’ infastidito “Io non sono il vampiro di nessuno” ci tenne a precisare “Quindi anche tu conosci i Winchester?”
“Sì, direi di sì” rispose lui, tendendo la mano verso l’altro “Peter” si presentò. Il vampiro la strinse vigorosamente
“Benny” rispose “Dunque Dean ti ha parlato di me?”
“Sì, mi ha raccontato molte cose, non sapevo quali fossero vere e quali avesse inventato al momento”
“Per esperienza se una storia è troppo assurda per poterci credere, di solito è vera, nessuno inventerebbe qualcosa di sana pianta per poi essere deriso”
“Mi ha detto di aver ucciso Hitler”
Benny si voltò verso di lui, gli occhi spalancati, la bocca socchiusa “Ok, forse qualcosa l’ha inventato” commentò, sorridendo divertito.
I due tornarono a fissare l’infinita distesa di alberi di fronte a loro, l’atmosfera era stranamente tranquilla, si potevano udire solo alcune grida in lontananza
“Allora, Benny, che ti va di fare per il resto dell’eternità?”

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