Of Monsters and Men

di _thantophobia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’Ultimo Miglio ***
Capitolo 2: *** I suoi castelli di carta ***
Capitolo 3: *** La verità dell’Idiota ***
Capitolo 4: *** Chi resta e chi se ne va ***
Capitolo 5: *** Fili di piombo ***
Capitolo 6: *** Quel maldestro tentativo di farsi capire ***
Capitolo 7: *** Nutrirsi di caos ***
Capitolo 8: *** Dimostrazione di libertà ***
Capitolo 9: *** Prigioniero del Sistema ***
Capitolo 10: *** Radice Quadrata ***
Capitolo 11: *** Finale Alternativo: Acido Lisergico ***
Capitolo 12: *** Dimmi che posso entrare ***



Capitolo 1
*** L’Ultimo Miglio ***


Non c’è molto da dire, come intro. È un mezzo sclero causato dalla mia passione per i polizieschi e da un'idea che avevo beccato in giro circa un mesetto fa - ma purtroppo non mi ricordo dove l'ho scovata. Se dovessi ricordarmelo o dovesse ricapitarmi sotto gli occhi, metterò un riferimento qui.
Ah, se l'html dovesse fare il cavolo che gli pare, date la colpa a EFP, io le ho provate tutte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

I: L’Ultimo Miglio

 

 

 

 

 

Il tempo qui è come un acido leggero che prima
ti cancella la memoria e poi il desiderio di continuare a vivere.
Stephen King, “Il Miglio Verde”

 

Another head hangs lowly,
child is slowly taken.
And the violence caused such silence.
Who are we mistaking?
Cranberries, “Zombie”

 

 


 

 

Da quando era ancora una bambina delle elementari, Izumi ha sempre avuto le idee molto chiare sul suo futuro. Ogni volta che gli adulti, con il solito tono melenso che si usa con i bambini, le ponevano la fatidica domanda – “E tu, Izumi, cosa vuoi fare da grande?” – lei rispondeva semplicemente e con una scrollata di spalle: -Qualsiasi cosa per cambiare quello che non mi piace.-
A una risposta così generica, gli adulti si limitavano a ridacchiare e a pensare che in fondo era solo una bambina e che avrebbe cambiato idea. Perché, secondo gli adulti, gli unici che avrebbero potuto cambiare le cose erano gli Eroi – e lei, povera bimba, è nata Quirkless.
Peccato che Izumi non si sia fatta fermare da niente e sia rimasta fedele alla sua idea anche a distanza di anni, diventando una dei giovani avvocati in uno studio legale molto rinomato di Tokyo. In tutta sincerità, non le piaceva per niente il sistema a cui aveva giurato fedeltà, ma proprio per questo l’aveva scelto: per cambiare le cose. E il modo migliore per cambiare le cose, secondo lei, è farlo dall’interno – e aveva già avuto i primi risultati: in pochi mesi di lavoro, Izumi era riuscita a salvare dall’ergastolo e dalla pena di morte diverse persone, dimostrando la loro innocenza anche quando sembrava impossibile.
È sempre stata convinta che non esista una distinzione netta tra buono e cattivo – anzi, pensa che questo modo di vedere il mondo sia parecchio riduttivo, perché esiste un’immensa scala di grigi tra i due opposti - e che anche chi ha sbagliato abbia il diritto di parlare e spiegare: aveva fatto di questo pensiero la sua personale crociata, diventando l’incubo dei giudici che spesso e volentieri diventavano loro stessi colpevoli e finivano messi in croce al posto degli imputati.
Per questo il suo capo, forse per farle calare la cresta o per metterla ancora di più alla prova, le ha affidato quel caso. Praticamente un caso impossibile, a detta sua, anche per “l’Avvocato delle Cause Perse”.
-Nessuno degli avvocati contattati dal carcere ha voluto prendere il suo caso.- spiega il suo capo, sbuffando una nuvola di fumo verso il soffitto. –Hanno tutti rinunciato dopo il primo incontro.-
Nel fascicolo che tiene tra le mani non c’è nessuna foto dell’imputato, solo un numero identificativo. -Come mai?-
L’uomo spegne il sigaro nel posacenere, appoggiando poi i gomiti sulla scrivania. –Perché si dichiara colpevole di un crimine commesso quando aveva diciassette anni. Ora ne ha diciannove. È un caso perso, io te lo dico.- accende un altro sigaro. –Rassegnati.-
Izumi raddrizza la schiena mettendo sotto braccio il fascicolo. –Non esistono casi persi, signore… E dovrebbe smetterla di fumare così tanto.-
L’uomo le fa un gesto nervoso con la mano invitandola a uscire e Izumi ridacchia: per quanto possa sembrare burbero e sgarbato, il suo capo in fondo ha un cuore d’oro.
Si ferma sulla soglia. -Signore, qual è l’accusa dell’imputato?-
Il fumo del sigaro sale sempre verso il soffitto, seguito dallo sguardo dell’uomo. –…associazione a delinquere, tentato omicidio e ancora qualcosa che è scritto lì. Però fidati se ti dito che è indifendibile.-
Izumi trattiene il respiro. A soli diciassette anni ha commesso tutti questi crimini? Ma lei non si arrende. –Questo non lo dirò fino a quando non l’avrò incontrato. Dove l’hanno rinchiuso?-

 

Izumi non era mai stata, nei suoi pochi mesi di attività, in quella prigione. Non aveva mai avuto un Villain come cliente, e in un certo senso questo la galvanizza un po’.
La prigione è un luogo freddo e umido, senza colori se non si contano le tute arancioni dei carcerati e le divise blu delle guardie – curioso come le ricordino un poco le carceri dei film americani, pensa mentre si guarda intorno in quella sala spoglia e grigia in cui una guardia l’ha lasciata ad aspettare il Detenuto 52368. Non hanno neanche usato il suo nome, Izumi sente la pelle delle braccia accapponarsi per la disumanità di quel posto – e crede di essere quasi saltata in piedi dal suo sgabello appena sente la porta aprirsi e richiudersi, annunciando l’arrivo del ragazzo.
Spende qualche secondo per studiarlo, osservando i capelli biondo oro tenuti legati in un codino disordinato sulla nuca, è troppo magro per la sua altezza – fermo sulla soglia, mentre aspetta che la guardia richiuda la porta, le dà la schiena e Izumi può notare benissimo come le scapole sembrino spuntoni affilati sotto la pelle troppo pallida e come la tuta arancione sia troppo abbondante per la sua corporatura. Quando si siede di fronte a lei, dall’altro lato del tavolo, può notare un viso stanco e affilato, su cui spiccano due occhi dorati che le ricordano quelli di un gatto ma che sono vuoti e senza luce.
Izumi si era immaginata molteplici facce, mentre percorreva in macchina i chilometri che separano casa sua dalla prigione - si era immaginata un ragazzone tutto muscoli come Bane oppure un anonimo ragazzino insospettabile ma pericoloso e mortale come John Doe, di certo non un ragazzo che, prima di finire lì, doveva essere davvero solare e pieno di vita.
Davvero non capisce come ci sia arrivato.
-Ciao.- sussurra, sorridendogli. –Mi chiamo Izumi, puoi darmi del tu se vuoi…-
Il ragazzo non risponde, fissandola senza davvero vederla.
-M… mi dici il tuo nome?- balbetta agitandosi. Si sente scrutata fin nel profondo, studiata, da quegli occhi. –Non mi piace chiamarti con quel numero.-
Lui continua a osservarla, prima di parlare: la voce raschia contro la gola, lenta e strascicata, esausta. -…ci sono stati dieci avvocati, prima di te. Tu sei la prima che mi chiede come mi chiamo.-
A Izumi viene da piangere, a immaginare la sofferenza che ha provato questo ragazzo. Si costringe a restare impassibile, tornando a parlare del caso.
-Ti hanno detto qual è la tua condanna, immagino… - tentenna, fissando i fogli che riempiono il fascicolo pur di non guardare i suoi occhi.
-…mi aspetta un cappio da un momento all’altro, lo so.- il tono è rassegnato, come quello di qualcuno che non ha più nulla a cui aggrapparsi per restare in vita. –Per questo non capisco perché sei qui. Potrebbero uccidermi anche domani.-
-Ho ancora un po’ di tempo.- nemmeno lei sa quanto, ma sa che ha ancora tempo. –E sono qui perché voglio aiutarti a uscire da questo posto e tornare a vivere.-
Il Detenuto 52368 sgrana gli occhi, come se all’improvviso le fosse spuntata una seconda testa. –Ma cosa…?-
-Tu non sei colpevole.- sentenzia lei, alzandosi e chiudendo il fascicolo. –Tu ti stai incolpando di qualcosa che non hai fatto. E ho tutta l’intenzione di dimostrarlo.-
Lui scuote la testa. –No, sono stato io. È solo colpa mia.-
-Questo lascialo decidere a me.- Izumi gli sorride. –Ci vediamo dopodomani, così mi parli bene di cosa è successo. Qual è il tuo dolce preferito? Se riesco te lo porto, ti va?-
Il detenuto non le risponde, così Izumi si volta e si avvia verso la porta per farsi aprire.
-…chiffon cake.-
Izumi si ferma, la porta già socchiusa e l’espressione sorpresa – espressione sorpresa che velocemente muta in un ghigno vittorioso. –Va bene, ti porto una chiffon cake.-
Lo vede annuire e alzarsi a sua volta, prima di fermarsi e guardarla negli occhi. -…dopodomani? Tornerai dopodomani?-
Annuisce. –Certo. Sono qui in veste di tuo avvocato, devo tornare.-
Izumi potrebbe mettersi a saltare di gioia, quando lo vede sorridere. -…Denki. Kaminari Denki.-
Quando la porta si richiude alle sue spalle, Izumi lancia uno strillo di gioia: ha già cominciato a fare progressi.

 

-…sei proprio l’Avvocato delle Cause Perse, Izumi.- borbotta Hiroshi, quando le porge il plico di fogli ancora caldi appena usciti dalla stampante. –Interessarsi a un caso così… Ci vuole del coraggio.-
-Qualcuno deve pur farlo.- sentenzia lei, iniziando a svogliare quelle pagine: sono tutti articoli di giornale e bollettini della polizia riguardanti l’attacco dei Villains al Liceo UA di due anni prima, in cui rimasero feriti diversi studenti e dei Pro Heroes. –Ho la sensazione che non me la racconti giusta.-
Hiroshi si appoggia alla scrivania della collega, curioso. –In che senso?-
-Non lo so… Che stia mentendo.- mormora, raddrizzando la schiena. –È una sensazione di pancia, Hiroshi. È difficile da spiegare.-
-Però… - ribatte il ragazzo, indicando i documenti tra le mani della ragazza. –Tutte le prove sono contro di lui. E in più è l’unico a non essere stato attaccato dai Villains nonché uno degli amici più stretti dell’unica persona scomparsa.-
-…scomparsa?- Izumi è confusa. –Nessuno ha mai parlato di dispersi.-
Hiroshi le porge un bollettino della polizia. –Una sola, una sua compagna di classe. È sparita nel nulla e lui dichiara di averla uccisa. Allora, quando il caso era ancora gestito dalla polizia, aveva indicato un luogo in cui diceva di aver nascosto il corpo, ma non hanno trovato nulla.-
E quindi è stato archiviato come sparizione, conclude Izumi. –Erano amici?-
Hiroshi scrolla le spalle. –È sempre stato molto vago, quando gli chiedevano di lei. Come se non volesse parlarne.-
Izumi annuisce, leggendo il bollettino della polizia. Ora sa da dove iniziare a fare sul serio.

 

Due giorni dopo, quando si presenta di nuovo in prigione, Denki è già nella sala predisposta per gli incontri e giocherella distrattamente con l’elastico per capelli che tiene tra le dita. Come la vede, il viso si illumina.
-Sei riuscita a portare la chiffon cake?- le domanda, sorridendole. Lei gli mostra la scatola della pasticceria vicina a casa sua e lui pare un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, da come si allunga sul tavolo per raggiungerla.
Ma lei la allontana, serissima. –Parlami di Jirou Kyouka.-

 

 

 

 

 

 

D.P.P.: Deliri Post Partum
UN PARTO PLURIGEMELLARE. PODALICO. CON TUTTE LE COMPLICAZIONI IMMAGINABILI.
Questa cosa mi ha letteralmente sfiancata. E non l’ho ancora finita.
Però ne sono piuttosto fiera. 
Per tutto il resto, spero mi scusiate: sono drogata di mokaccino in questo periodo e sto ascoltando a loop canzoni deprimenti come se non ci fosse domani.
Un grazie speciale va alla Conviventeh, che si è sorbita i miei scleri e dei post da più di duemila parole per volta senza volermi pestare a sangue (te se ama, Flo, anche se non mi fermi quando te lo chiedo e mi fai scrivere queste cose) e a Rod e Lia, che mi hanno fatta sentire in colpa per non averle rese partecipi della Schifezza Di Cui Sopra. E adesso ve la beccate tutta. Mi dispiace, Fra, il titolo è di quattro parole.

Se vi ha trasmetto qualcosa, lasciatemi un commentino! Mi interessano le vostre opinioni.
Non odiatemi troppo e CRESCETE E MOLTIPLICATEVI! *saluto vulcaniano*
Maki

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** I suoi castelli di carta ***


Questa storia Questo capitolo partecipa al Writober2018 con la lista di prompt di Fanwriter.it

Parole: 2216

Prompt/Traccia: Segreti

Brevi Deliri Pre Partum: Un prompt per il Writober un po’ anormale, ma necessitavo di aggiornare questa storia. Che poi ci sta, visto che è una storia che parla di segreti da svelare.

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

II: I suoi castelli di carta

 

 

 

 

 

 

La gente ha sempre dei segreti. Si tratta solo di scoprire quali.

Stieg Larsson, “Uomini che odiano le Donne”

 

 

You were a comet, and I lost it.

Watching for comets, will I see you again?

Skillet, “Watching for comets

 

 

 

 

 

 

 

–Parlami di Jirou Kyouka.-

Quelle poche parole procurano in Denki una mare di emozioni contrastanti: Izumi lo vede irrigidirsi, sgranare gli occhi, diventare rosso sugli zigomi affilati e poi sbiancare fino a sembrare uno spettro, ritirandosi verso la sua sedia come per difendersi.

-Cosa vuoi sapere?- sibila, il tono gelido e diffidente, che ha perso tutta la gioia di pochi secondi prima.

Izumi si siede, mettendo la scatola della torta al centro del tavolo. –Tutto quello che vorrai dirmi su di lei, Denki.-

-Eravamo compagni di classe.- risponde semplicemente, rigido sulla sedia.

-Eravate in confidenza? Eravate amici?- Izumi apre la scatola della torta, come se non stesse prestando molta attenzione ai suoi cambiamenti: Denki rimane rigido e segue ogni suo movimento con uno sguardo indagatore.

–Avevamo amici in comune.- mormora.

Izumi crede che stia sminuendo il loro rapporto, per questo continua a incalzarlo: -Dimmi la verità, Denki.-

-Te la sto dicendo.- ma lei non gli crede: lo guarda con un sopracciglio inarcato, e Denki cede. -Eravamo amici, sì.- esala.

Izumi annuisce, soddisfatta. –Cosa le è successo?-

-Mi stai chiedendo perché l’ho uccisa?- Denki appoggia i gomiti sul tavolo. Sembra più tranquillo. –Sapeva qualcosa che non doveva sapere.-

-…ti aveva scoperto.- non è una domanda, ma Denki annuisce comunque. –E quindi l’hai zittita prima che potesse dirlo a qualcuno.-

-Esatto.- …perché continua a pensare che le stia nascondendo qualcosa? –Non è stato difficile, c’è voluto veramente poco. Le ho posato le mani sulla testa e ho attivato il mio Quirk.-

Piccole scariche elettriche si formano sul palmo sinistro di Denki. Anche se indebolito dalle manette riesce ad attivarlo, Izumi è veramente sorpresa.

-Quando è successo?-

-Ventotto novembre. Era un mercoledì.- intanto, si è preso una fetta di chiffon cake e ha iniziato a gustarla con calma.

Anche lei prende una fetta di torta. -Cos’è successo esattamente, quel giorno?-

-Eravamo in classe.- Denki ingoia un boccone. –I Villains sono entrati senza che nessuno se ne accorgesse, come se qualcuno avesse aperto loro la porta.-

-…tu?- Denki annuisce vigorosamente con la testa. –Ma se eri in classe… -

Lo vede sghignazzare. –Si chiamano pause bagno, mia cara.-

Mangiucchia un pezzetto di torta. –Ed è stato in quel momento che Kyouka ti ha visto.-

Denki annuisce di nuovo, finendo la sua fetta di torta. Izumi si alza.

-Ma come, vai di già?-

-Devo.- gli sorride. –Finisci pure la torta, in fondo l’ho presa per te.-

 

 

In rete e negli archivi che il suo studio ha a disposizione, Izumi trova assolutamente niente riguardante questa ragazza. Sembra sparita davvero nel nulla, Jirou Kyouka, scomparsa dal mondo come la polvere – ma più riguarda la sua foto sul bollettino della polizia, più si convince che non sia morta.

O forse è solo il proprio subconscio che non riesce ad accettare che qualcuno possa aver spento un sorriso così timido eppure così bello?

 

 

Due giorni dopo, il copione si ripete: Denki è di nuovo seduto alla sua solita sedia ad attenderla, questa volta canticchiando una canzone.

- Don't lift me up to turn me down. I just want a lover. Baby stay with me on the floor1 Oh, ciao!- la saluta, sorridendole. –Oggi niente torta, vedo. Peccato.-

Izumi annuisce. –Ma ho portato le carte. Sai giocare a poker?-

Denki gonfia il petto. –Stai parlando con il miglior giocatore do poker della 2-A, signorina.- allunga una mano, chiedendole di dargli le carte e inizia a mischiarle mentre lei posa la borsa e si siede. –Allora, cosa vuoi chiedermi, oggi?-

-I tuoi compagni di classe.- risponde lei, fissandolo sorpresa mentre mischia le carte. –Parlami di loro. Raccontami com’era stare in classe con loro.-

-Erano tutti fantastici.- risponde il ragazzo, posando sul tavolo le carte. –Andavamo tutti d’accordo, eravamo una classe unita… Sì, anche se Bakugou avrebbe da obiettare su questa affermazione, eravamo una grande squadra.-

-C’era qualcuno con cui eri più legato?- le sue carte, nota con piacere non sono male.

Denki ride. -L’autoproclamata Squadra Bakugou! Nata per puro caso al Festival Sportivo del primo anno. Eravamo noi cinque: Sero, Kirishima, Mina, Bakugou e io. A volte Kyouka veniva con noi, ma solo nell’ultimo periodo.-

 

-Festeggiamo l’inizio della vita in dormitorio!-

-Se intendi farlo dando una festa, sappi che Aizawa ci prenderà tutti quanti a calci in culo.-

-Concordo.-

-Oh, siete dei guastafeste! Kaminari, Kirishima, voi ci state?-

-Veramente… -

-Non ci tengo a vedere Aizawa incazzato, Mina.-

-…siete i peggiori. Davvero, i peggiori.-

 

-Come mai aveva iniziato a stare con voi?-

-Era amica di Mina, ogni tanto la costringeva a uscire dalla sua stanza.- Denki scrolla le spalle. –Di solito quando organizzavamo una serata di film in camera mia. La prima è stata Star Wars.-

 

-Non credevo ti piacessero i film di questo genere.-

-…ci sono un sacco di cose che non sai di me, Pikachu.-

 

Izumi lo guarda di sottecchi, da sopra le carte, senza farsi vedere: tutte le volte che Denki accenna a Kyouka, prima di quel fatidico ventotto novembre, i suoi occhi brillano come piccole schegge dorate e il viso si illumina.

No, non può essere stato lui. -...non so te, ma io credo di avere una buona mano.-

--Lo sospettavo... - wow, che intuito. Izumi non può fare altro che osservarlo sorpresa, mentre Denki lo osserva sbirciare le proprie carte con un cipiglio quasi affranto.

-Ehy, ti arrendi così? ride lei, ricevendo in risposta un gesto da parte di Denki, che la invita a scoprire le carte. Non se lo fa ripetere due volte, sorridendo compiaciuta delle quattro carte che ha in mano. Per essere un ragazzo all'apparenza così sicuro di sèDenki si è arreso stranamente in fretta… Poi, un pensiero le passa come una folgore nella testa: e se fosse stata proprio questo, a portarlo qui dentro?

Ma Denki, fin dal primo incontro, le è sembrato tranquillo – rassegnato, provato e stanco, ma tranquillo. Ed è tranquillo anche adesso, mentre attende con pazienza che Izumi mostri le sue carte.

-Ti stai arrendendo, signor “Miglior Giocatore di poker della 2-A?- lo prende in giro, ricevendo in cambio un sorriso rilassato.

-Permettere all'avversario di mostrare le carte non significa aver per forza perso.- ribatte Denki. –Forza.-

Izumi è così sicura di sé, che mostra orgogliosa la sua bella doppia coppia, rimanendo di sasso quando Denki rivela le proprie. Una coppia di regine e un'altra coppia di regine, un full.

Non può fare altro che fissare quelle quattro carte a bocca aperta. –Mi hai fregata.-

-Su, non te la prendere.- le sorride. –Rivincita?-

Lo guarda fintamente offesa. –Puoi scommettere! Non me ne vado di qui finché non riesco a batterti!-

Denki ride, ride di gusto, mischiando di nuovo le carte. E Izumi torna seria.

-…mi sembra strano che qualcuno come te possa fare una cosa del genere.- mormora a mezza voce.

-Eppure l’ho fatto.- Denki non la guarda, continuando a mischiare le carte.

-Già, l’hai uccisa.-

-Omicidio preterintenzionale.-

-Eppure non capisco perché perdere tempo nel seppellirla.- lo incalza. –Avresti potuto lasciarla lì e scappare, come hanno fatto gli altri. Invece no: ti sei preso la briga di seppellirla.-

-Potrà sembrare strano,- mormora posando di nuovo le carte sul tavolo. –ma ho rispetto per i morti. Non avrei potuto lasciarla lì.-

-Ma nel posto che hai indicato alla polizia, nessuno ha trovato niente.-

Solleva le spalle. –Sarà tornata un tutt’uno con la terra.-

“Un cadavere non marcisce così in fretta… ” vorrebbe rispondergli, mentre pesca la prima carta. Ma decide che è meglio tenere per sé quel pensiero.

-Posso farti io una domanda?- Izumi annuisce. –Perché ti sei messa in testa di aiutarmi? Non ho mai chiesto un avvocato, ho confessato e ora sto per pagare la mia pena. Perché sei venuta qui?-

Sui due cala il silenzio. Denki ha ragione: in una situazione normale, con un qualsiasi altro avvocato, non sarebbe arrivato proprio nessuno ad aiutarlo. Aveva confessato, era stato condannato, punto e fine. Eppure… Eppure, da quando l’aveva incontrato e l’aveva conosciuto meglio, Izumi poteva dire con certezza che le stesse nascondendo qualcosa, qualche dettaglio, e lei sta facendo di tutto per farlo venire a galla.

Tanti piccoli dettagli l’hanno spinta a prendere a cuore questo caso, e forse si sta facendo condizionare troppo.

-Risponderò a questa domanda la prossima volta, se non ti dispiace.-

Denki non parla, annuisce in totale silenzio, forse sorpreso che qualcuno voglia crederlo innocente nonostante i suoi crimini.

-Ora, se ti chiedo di nuovo di Kyouka… - lo guarda negli occhi, le carte dimenticate sul tavolo. –Mi dirai tutta la verità?-

-La verità su cosa?-

-Eravate amici?-

Denki tentenna un attimo, poi annuisce. –Era un rapporto… strano, direi. Mi sfotteva di continuo, ma non con cattiveria. Era parecchio sarcastica, lo faceva un po’ con tutti.-

-Specifica il tipo di rapporto.-

Il ragazzo raddrizza la schiena, guardandola con un sorriso ammiccante. –Mi stai chiedendo se fossimo mai andati a letto insieme?-

Izumi annuisce, neppure tanto sorpresa. –Anche.-

Denki piega la testa all’indietro. -…la prima volta è stata il ventinove giugno di quell’anno. Era il mio compleanno.-

…prima volta? –Vuoi dire che è successo altre volte?-

-Sei luglio. Primo agosto. Ventidue agosto. Tredici settembre. Trentuno ottobre. Ventiquattro novembre.-

-Stavate insieme?-

Nega con la testa. –Qualche volta capitava e basta. Ma mi piace pensare che ci stessimo lavorando.-

-Stando a quello che mi hai appena detto, da giugno a quando l’hai uccisa siete stati insieme sette volte. Tra cui quattro giorni prima di ucciderla.- lo incalza. -E hai appena detto che ti piacerebbe pensare che steste lavorando al vostro rapporto.-

-Cos’è, non mi credi?- ribatte lui. –Vuoi sapere i particolari?-

-Risparmiameli, per favore.- sospira. –Mi sembra strano che qualcuno possa uccidere a sangue freddo la ragazza con cui va a letto da mesi e con cui sperava di iniziare una relazione. Che c’è, eri anche geloso, oltre che un traditore?-

Denki si sporge verso di lei, assottigliando gli occhi e fissandola. La voce diventa un sussurro. –Secondo te?-

Izumi si sporge a sua volta: adesso, più che avvocato e cliente, sembrano due leoni pronti a sbranarsi da un momento all’altro.

-Non mi freghi, ragazzino.- sibila. –Facciamo che io creda a quello che mi hai detto. A maggior ragione, non credo che tu l’abbia uccisa. E i Villains? Non è che stai proteggendo qualcuno addossandoti tutte le colpe?-

-Non correre. Mi hanno sottoposto alla macchina della verità.-

Izumi scrolla le spalle. –È fin troppo facile ingannare quell’arnese, se si riesce a mantenere sempre la calma. E tu ne sembri più che capace.-

-Ma tu sei il mio avvocato. Dovresti credermi, almeno tu. Insomma, chiunque, nel sentire che facevo sesso con la ragazza che ho ucciso avrebbe trovato un modo per alleggerire la pena facendomi passare come incapace di intendere e di volere.-

-Io invece scommetto che se dovessi portare Kyouka in tribunale per testimoniare ti faccio direttamente uscire da qui.-

Denki si accascia sulla sedia. –I morti non parlano, Izumi.-

-Finché non vedrò il suo cadavere non crederò che sia davvero morta.- sospira. –E su una cosa hai ragione. Io sono il tuo avvocato. Almeno io devo credere in te. Ma non si sa mai fino a che punto credere a un criminale, e questo vale anche per gli avvocati. Io voglio seriamente farti uscire di prigione, perché più parlo con te, meno credo che tu abbia tradito qualcuno.- punta l’indice sul tavolo, come a sottolineare il suo pensiero. -Più parlo con te e meno credo che Kyouka sia morta. Tu sorridi e mi racconti tutto ciò che ti chiedo con gentilezza... ma scommetto che se ti porto Jirou Kyouka qui, crollerai e mi dirai tutto.-

Denki la fissa stupito, forse chiedendosi se quella che ha davanti è davvero un avvocato. -…sembra quasi che tu la veda come una sfida.-

-Diciamo che l’ho presa come tale.-

-Allora hai scelto il mio caso perché ti piacciono le sfide?-

-Non lo nego: mi piacciono le sfide e mi piace cercare di capire cosa passa nella testa di chi ho davanti. Per questo non riesco a smettere di fare questo lavoro. Mi piace pensare che tu sia innocente, mi piace pensare di avere ragione. Mi piace scegliere chi difendere, e tu sei il primo per cui non ho avuto dubbi. Sono stata io a scegliere te, non il contrario. E dal momento che ti ho scelto, tornerò qui finché non avrò dimostrato a tutti che sei innocente.-

Denki sorride. –A costo di risvegliare i morti?-

-A costo di risvegliare un morto che non credo sia morto, esatto.- non si fermerà davanti a niente. Se dovessero esserci dei muri, sul suo cammino, li butterà giù come un ariete.

E, nonostante ostenti sempre indifferenza, Izumi aveva notato un leggero e quasi impercettibile segno di insicurezza e stupore quando gli aveva detto che non credeva che Kyouka fosse davvero morta – che abbia fatto centro?

-Ora è meglio che vada.- si alza e raccoglie la borsa da terra. –Pensa a quello che ti ho detto. La prossima volta porto di nuovo le carte.-

-Va bene. E se riesci anche un hamburger o qualcosa da mangiare. La mensa qui fa veramente schifo.-

Izumi annuisce. –Farò del mio meglio.-

 

-Ehy, che c’è?-

-…-

-Va tutto bene?-

-Freddo. Ho freddo.-

-…ah.-

-Perché la tua camera è così fredda?-

-…-

-…Pikachu?-

-Vieni qui… Va un po’ meglio?-

-Ho ancora freddo… Ma tu sei caldo.-

-…-

-…non lasciarmi mai, Denki.-

-Mai. Te l’ho promesso, no?-

 

 

 

 

 

 

 

1.       Lenny Kravitz, Low, che tra l’altro è la stessa canzone che canticchia Kyouka in questa shot scritta due giorni fa (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3797054&i=1). Ed ecco spiegato il riferimento. Voi non avete assolutamente idea delle cose che mi fa la voce di quest’uomo.

 

 

 

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Capitolo 3
*** La verità dell’Idiota ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

III: La verità dell’Idiota

 

 

 

 

 

 

Sebbene nulla potesse ormai meravigliare,

 la realtà evidente ha sempre in sé qualcosa che scuote.

Fëdor Dostoevskij, “I Demoni”

 

 

Pazzi, forti eroi.

Tutto era sbagliato, vi è mancato il tempo

di riprendere fiato.

Il sangue alla testa si fermò

e scelse anche per voi.

La Locanda delle Fate, “Forse le lucciole non si amano più”

 

 

 

 

Il suo capo non è certo quel genere di persona che si lascia trascinare da ansie, angosce o paranoie. Per questo Izumi è parecchio sorpresa di sentirsi dire di rinunciare al caso volente o nolente.

-Ti farai solo male, ragazza mia.- borbotta l’uomo. –Ho sbagliato a parlarti di questo caso, ma speravo avessi un minimo di buon senso e lasciassi perdere.-

-Perché devo lasciar perdere ora che posso provare che è innocente, signore?- Izumi sorride, per niente spaventata. –Tutti meritano una possibilità, e io la to creando per Denki.-

Il suo capo scuote la testa sconsolato, accendendosi un sigaro. –Dammi retta e abbandona il caso, prima che la tua vita diventi un inferno. Non potrò proteggerti, dopo questa.-

Lei scrolla le spalle. –Può anche iniziare l’Apocalisse, per quanto mi riguarda, non mi fermerò di certo.-

 

 

In cima alla lista delle persone da ritracciare per avere qualche informazione in più su Denki e il suo rapporto con Kyouka, oltre i genitori di lei, ci sono i compagni di classe. E visto che Denki le ha detto che erano tutti una grande squadra, per qualche ragione decide di procedere in ordine alfabetico. Così non darà più importanza a nessuno rispetto a un altro.

-Bakugou Katsuki?- domanda, avvicinandosi al ragazzo. Lui solleva appena la testa, folgorandola con i suoi occhi rossi. –Grazie per aver accettato di incontrarmi, mi aiuterà molto con il mio caso.-

-Hai già parlato con qualcuno?- il tono è basso e neutro, in netto contrasto con quello a cui tutti sono abituati, mentre la segue verso la sua scrivania.

-Tolto Denki, no. Non ho parlato con nessun altro.- si siede, invitando il giovane Eroe a sedersi di fronte a lei. –Quindi, qualsiasi informazione sarà più che utile.-

Bakugou appoggia i gomiti sulla scrivania, sporgendosi in avanti. –Kaminari è innocente.-

Annuisce. –Questo lo so anche io. Ma non so come dimostrarlo.-

-Tutto è contro di lui, lo so. Era così anche due anni fa.-

Izumi inarca un sopracciglio. –In che senso?-

-Ci abbiamo provato, okay?- sbotta l’Eroe. –Ci abbiamo provato, a tirarlo fuori da lì. Ma il coglione continuava a dichiararsi colpevole e tutte le prove che avevamo erano contro di lui.-

-…ci abbiamo provato? Eravate più persone?-

Bakugou annuisce. –Io, Ashido, Sero, Kirishima e qualcun altro. Mezzo e Mezzo ci ha aiutati usando alcuni contatti di suoi padre, ma è stato inutile.-

-Quindi tu sei certo della sua innocenza.- mormora Izumi.

-Kaminari non è capace di fare del male a una mosca.- risponde l’Eroe, incrociando le braccia al petto. –Figuriamoci uccidere lei.-

Nota con piacere che sono sulla stessa lunghezza d’onda. –Cosa mi sai dire di Jirou Kyouka?-

Bakugou si rilassa contro la sedia. –Jirou era un po’ stronza, quando voleva, ma in fondo era una brava ragazza. Kaminari si divertiva a imbarazzarla e farla incazzare, a volte senza nemmeno rendersene conto, e lei minacciava di cavargli un occhio con i suoi spinotti… Ma erano più simili di quanto volessero far credere.-

-E il loro rapporto?- chiede ancora, appuntandosi quelle poche informazioni su un foglio.

-…se è un modo gentile per chiedermi se sapevo che scopavano, la risposta è sì.- perché nessuno a questo mondo apprezza più la delicatezza per certi argomenti? Uffa. –Tutti lo sapevano.-

-Davvero?-

-Oltre a diventare un coglione quando utilizza troppo il suo Quirk, Kaminari ha la straordinaria capacità di far saltare la corrente a un intero quartiere quando è troppo… “concentrato”.- fa il segno delle virgolette con le dita. Izumi impiega qualche secondo per capire.

Poi l’illuminazione. -…oh.-

-Già.-

-Wow.-

-Mi sono perso il finale di stagione di Stranger Things, per colpa sua.- Bakugou sorride in modo maligno.

-Credo di capire.- più o meno deve essersi sentito come lei quando ha rischiato di dover ricominciare la tesi di laurea da capo.

 

-…-

-…-

-Ma stiamo scherzando.-

-Credo di no, Katsuki.-

-…-

-…-

-Io lo ammazzo.-

-Katsuki. No, aspet… L’omicidio non è una soluz… KATSUKI ASPETTA.-

 

–Cosa è successo, esattamente, il ventotto novembre di due anni fa?-

-Penso che Kaminari te lo abbia già detto.- sbuffa Bakugou. –Eravamo in classe. Sarà stata… la terza ora, credo, quando abbiamo sentito il rumore di un esplosione provenire da fuori. Ci hanno fatti immediatamente uscire dalle porte sul retro, ma i Villains erano già nei corridoi ad aspettarci. Ce n’erano una marea, in ogni piano.-

-Eravate tutti in classe?-

Bakugou non capisce la domanda. –Sì, perché?-

Izumi scuote la testa. –Avevo bisogno di una conferma.- Denki le ha mentito. –Chi potrebbe essere stato a far entrare i Villains e, nel caso fosse successo davvero, a uccidere Jirou Kyouka?-

Bakugou scuote la testa. –Non ne ho la più pallida idea. Ma sono certo che non è Kaminari.-

Quando lo accompagna alla porta, ringraziandolo per il suo aiuto, Bakugou le fa una richiesta.

-Non mi interessa trovare chi ha fatto entrare i Villains, voglio solo che Kaminari esca da lì.-

-Certo.-

-Ma se dovessi riuscire a trovarlo, spedisci quel fottuto traditore dritto all’inferno.-

Izumi sorride. –Farò del mio meglio.-

 

Incontra Sero Hanta e Ashido Mina per puro caso – una coincidenza che, se avessero provato a programmarla, non sarebbe riuscita così bene – mentre sta uscendo dal penitenziario in cui è rinchiuso Denki dopo l’ennesimo incontro.

-Lei è il suo avvocato, vero?- mormora Mina, torturandosi le mani. –Riuscirà a provare che è innocente?-

Le sorride per rassicurarla. –Ho già iniziato a cercare qualche testimonianza.-

-…ha parlato con Bakugou, vero?- le chiede Sero, Izumi non può fare altro che annuire. –Se possiamo aiutare, in qualsiasi modo… -

-Rispondete semplicemente a questa domanda.- i due ragazzi annuiscono. –Quando è avvenuto l’attacco, Denki era in classe?-

Mina annuisce. –Aizawa faceva uscire solo nei cambi d’ora, quando c’è stata l’esplosione era passata più o meno mezz’ora dall’inizio della lezione.-

-Nessuno sarebbe potuto uscire.- aggiunge Sero. –Perché?-

 

L’Eroina Uravity – al secolo conosciuta come Uraraka Ochaco – la accoglie nel suo appartamento con un sorriso radioso, un bel vestito lilla e il bollitore del tè già sui fornelli.

-Spero le piaccia il tè al limone… Purtroppo ho finito quello alla menta… - ridacchia, posando sul piano del tavolino davanti al divano un vassoio con due tazze e dei pasticcini.

-Quello al limone va bene, grazie.- le sorride, prendendo una delle due tazze e portandosela alle labbra per assaggiarlo dopo aver messo un po’ di miele. Delizioso. –Vorrei che mi parlassi di Kyouka. So che eravate amiche.-

Ochaco annuisce. –Eravamo amiche, certo. Lo eravamo tutte, noi ragazze. Ci siamo aiutate molto durante gli anni alla UA.-

-Me la descriveresti?- le domanda, prendendo un pasticcino dal vassoio.

-Forse non sono io la persona più adatta per questo, Momo ne saprebbe sicuramente più di me… - la ragazza posa la tazza del tè sul vassoio. –Kyouka era… molto chiusa, all’inizio. Era molto timida, si relazionava con gli altri attraverso il sarcasmo, ma piano piano aveva iniziato ad aprirsi. Anche grazie a Kaminari.-

Izumi sgrana leggermente gli occhi, osservandola da sopra il bordo di porcellana della tazza. –Davvero?-

-Sì, le faceva spesso degli scherzi e cercava sempre di farla ridere.- ridacchia. –A volte finendo per mettersi in ridicolo, come quando esagerava a usare il suo Quirk e andava in corto circuito: Kyouka non riusciva più a smettere di ridere, quando succedeva.-

Anche Izumi si ritrova a ridacchiare: riesce quasi a immaginarsi la scena, con Denki che tenta di tutto per far ridere Kyouka senza curarsi di fare la figura dello scemo.

-Stavano insieme, secondo te?-

Ochaco solleva le spalle. –Non credo, non ancora almeno. Ma so per certo che i sentimenti di Kaminari erano più che ricambiati.-

 

-…devo ancora capire come facciano a piacervi questi film.-

-Dai, Kyouka! In fondo tutti sogniamo una storia d’amore come quelle dei film!-

-Bah.-

-Io credo che, sotto sotto, anche Kyouka spera di avere un amore così!-

-…-

-Ah, Kyouka, sei arrossita!-

-Eh?! Non… Non è vero!-

-Oh, sì, invece! Guardala, è tutta rossa come un bel pomodoro!-

-Mina, smettila!-

-Che sia amore?-

-Tooru, pure tu?!-

-Chi è? Dai, chi è?-

-Nes… -

Kaminari, vero?-

-…-

-Ah, sei diventata ancora più rossa!-

-Smettetela!-

 

 

Izumi crede di aver fatto la più grande cazzata di sempre, andando dai genitori di Kyouka.

La madre, Mika, le sorride quando le apre la porta e la invita a entrare, ma Izumi può notare gli occhi stanchi dietro le spesse lenti degli occhiali.

I mobili del soggiorno e le pareti sono pieni di fotografie di Kyouka a ogni età, Izumi sente il pianto fermarsi come un nodo in gola che si costringe a buttare giù.

-Kyoutoku?- la voce di Mika è bassa. –Kyoutoku, c’è una persona che vorrebbe parlare con noi… -

-Se è l’avvocato di quel bastardo che ha ucciso mia figlia può anche andare all’inferno insieme a lui!- Izumi si aspettava una reazione simile, non è sorpresa. A sorprenderla è la reazione della moglie.

-Non dire che Kyouka è morta!- la sua voce si alza e si spezza, e Izumi si volta e si avvicina nuovamente alla porta.

-Avrei dovuto immaginare una reazione simile.- mormora. –Non sarei dovuta venire qui, chiedo scusa… -

-No, no… Non devi scusarti.- sussurra Mika, trattenendola. –Sono io che dovrei scusarmi. Tu stai facendo così tanto, per lui… Non abbiamo alcun diritto per avercela con te.-

Alla fine, Izumi ritorna in quel soggiorno pieno di fotografie di Kyouka ad attendere Mika e il caffè che le ha offerto – e la sua attenzione cade su una foto in particolare: c’è Kyouka, al centro, circondata da altri ragazzi. Riconosce Bakugou e Denki, rispettivamente alla destra e alla sinistra della ragazza, insieme a una ragazza dai capelli neri e un ragazzo con la testa di corvo che riconosce come gli Eroi Creati e Tsukuyomi. Di fianco a quella, appoggiata sul mobile, un’altra fotografia che non è stata nemmeno incorniciata: sembra scattata di nascosto, perché gli occhi di Kyouka non guardano l’obbiettivo ma la chitarra che sta suonando mentre è seduta a gambe incrociate su quello che le sembra un letto con una coperta leopardata gialla e nera.

Kyouka sembra così serena, in quello scatto…

-Quella è l’ultima foto che hanno scattato a mia figlia.- la voce di Mika la fa sobbalzare. Le porge una delle due tazze di caffè. –Le altre, invece, ce le hanno riportate insieme alle sue cose.-

Ormai, le domande che pone a tutti quelli che incontra sono sempre le stesse: descriverle Kyouka, il suo rapporto con i compagni di classe… Questa volta chiede alla donna anche di Denki, e la risposta la sorprende.

-L’ho incontrato una volta sola, quando mi ha dato questa foto.- prende la foto tra le dita e la guarda come se fosse la prima volta che la vede. La carta è rovinata sui bordi, nota Izumi, ed è stata piegata in metà come se qualcuno avesse voluto nasconderla. –Ero andata in prigione ed ero arrabbiatissima, mi aveva portato via la mia bambina… Ma quando mi ha visto è scoppiato a piangere. Mi ha lasciato questa foto, mi ha chiesto scusa… - gli occhi diventano lucidi, dietro gli occhiali. –Non sono più riuscita a restare: sono scappata via. Mi chiedeva di perdonarlo e io non ho fatto niente per aiutarlo. Io… - Jirou Mika si porta una mano alle labbra per trattenere i singhiozzi mentre le lacrime le rigano il viso.

Sì, è stata davvero la più grande cazzata che potesse fare, andare da loro.

-Ho letto molto, su di te.- la voce di Kyoutoku le arriva alle spalle. Quando si volta, Izumi si trova a fronteggiarlo. –Ho letto che hai fatto assolvere tutti i clienti che ti hanno affidato, anche quelli che sembravano indifendibili.-

così.- annuisce. –Quando sono convinta dell’innocenza del mio cliente, lo dimostrerò davanti a tutti.-

Jirou Kyoutoku assottiglia lo sguardo. –E sei convinta che lui sia innocente?-

Annuisce di nuovo. –E ve lo dimostrerò.- torna a portare la sua attenzione alla donna. –Potrei avere quella foto?-

Forse non è stata la più grande cazzata di sempre, andare dai genitori di Kyouka.

 

-Kaminari! Ma che cosa… -

-Non ho tempo per spiegare! Portala via da qui!-

-Sei coperto di sangue! Sei ferito?!-

-Non… Non è mio! È… -

-Che cosa è successo?!-

-Sono stato io… È tutta colpa mia!-

 

 

Tornata in ufficio, Izumi si fa aiutare da un volenteroso ragazzo delle consegne a spostare una delle lavagne dalla sala riunioni al suo studio, poi si arma di post-it, pennarelli colorati e puntine magnetiche.

Al centro della lavagna, a distanza di non più di cinque centimetri una dall'altra, mette la foto segnaletica di Denki e la foto di Kyouka, collegandole poi con un sottile tratto di pennarello blu.

"Ci stavamo lavorando." Definirà così la loro relazione, almeno fino a quando non avrà ulteriori riscontri.
Sotto la foto di Kyouka, su un post-it, Izumi aggiunge le sue riflessioni su quello che le può essere successo - "Morta?", "Scomparsa?", "Qualcuno la nasconde?", "È stato Denki?" - per poi fare la stessa cosa con il ragazzo: "Colpevole?”, “Innocente?", "È il traditore?", "Ha ucciso Kyouka?".

A sinistra, nella parte di lavagna ancora vuota, l'avvocato attacca gli articoli correlati al caso, tutti quelli in cui viene citato Denki e il suo coinvolgimento - alcuni titoli le mettono i brividi, come "CONDANNATO A MORTE." Perché tutto maiuscolo? Perché si deve esultare per la condanna di un ragazzo così giovane? - e scrive un breve elenco con i quattro altri nomi che componevano la "Squadra Bakugou", collegati alla foto di Denki con un altri tratto di pennarello, questa volta nero. Si ferma un attimo, aggiungendo tra parentesi un "(possibili testimoni chiave)".

Meglio essere preparati in vista del processo.

A destra, invece, scribacchia il nome di Uravity e quello di Yaoyorozu Momo - a quest'ultima scrive, di nuovo tra parentesi, "(migliore amica, contattare il prima possibile)" - collegandoli entrambi alla foto di Kyouka. Altri nomi e altre foto si aggiungono alla lavagna, altri collegamenti che ancora aspettano una risposta... Izumi non si ferma che ore dopo, quando può ritenersi soddisfatta del suo lavoro. Solo allora prende il pennarello rosso, quello che non aveva ancora usato, e scrive tre parole proprio in alto sulla lavagna, come un titolo.

-...curioso come questo caso mi ricordi vagamente uno avvenuto una decina di anni fa a Sandhamn, nell'arcipelago di Stoccolma.1- mormora Hiroshi, affiancandola a fissando la lavagna. 

Izumi si ricorda di quel caso, era ancora una studentessa della facoltà di Legge e l'aveva seguito con molta attenzione, incuriosita da alcuni dettagli della vicenda.

Un ragazzo venne accusato di aver ucciso e fatto a pezzi la propria fidanzata a colpi di ascia, e di averne poi disperso i resti per tutta l'isola. Era stato condannato al massimo della pena e qualche anno dopo si era scoperto che era davvero innocente, perché la morte della ragazza era legata a una lunga serie di omicidi che durava da anni e che coinvolgeva un’intera famiglia – una sorta di rito, se non ricorda male. La sfortuna del ragazzo fu non riuscire a fornire un alibi abbastanza solido da scagionarlo, cosa che invece il padre del vero assassino era riuscito a fare.

Izumi rimane in silenzio, soppesando il paragone del collega. Poi prende un profondo respiro: -In situazioni come questa la società ha bisogno di un capro espiatorio, Hiroshi. Questa volta lo hanno trovato in Denki.-

Poi si allontana, lasciandolo a fissare quelle tre parole scritte in rosso.

 

CHI STA MENTENDO?

 

Hiroshi si volta lentamente per prendere il pennarello rosso abbandonato sulla scrivania.

Traccia una linea sulla domanda scritta dalla collega e la riscrive.

 

CHI STA MENTENDO?

CHI NON STA MENTENDO?

 

 

 

 

 

 

 

 

1.       Viveca Sten, “Nel nome di mio padre”. I dettagli del caso descritto da Izumi sono diversi da quelli del libro, quindi tranquilli che non vi ho fatto spoiler.

 

 

 

 

 

 

 

D.D.M.: Deliri Della Malata

LE GASP. CHE SSSSSSUSPENCE.

*colpi di tosse*

*soffoca*

*muore*

Okay, ehm, che dire? Perdonate Izumi, si è trasformata in un’aspirante detective, ma abbiate fede che sa quello che fa circa, più o meno, forse, boh e arriverà a una conclusione. Come accennavo a qualcuno, vedremo un po’ meno Denki per almeno qualche capitolo per concentrarci su altri punti di vista. Chissà se aiuteranno Izumi a ricostruire cosa successe quel giorno.

Detto questo, un grazie enorme a tutte le anime belle che hanno letto e recensito la mia storia! Vi mando un enorme abbraccio e aspetto i vostri commenti anche per questo capitolo!

 

Hasta luego

Maki

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Capitolo 4
*** Chi resta e chi se ne va ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

IV: Chi resta e chi se ne va

 

 

 

 

 

 

Il nostro mondo era così, pieno di parole che ammazzavano.

Elena Ferrante, “L’amica geniale”

 

 

Forse alla fine di questa triste storia, 
qualcuno troverà il coraggio 
per affrontare i sensi di colpa 
e cancellarli da questo viaggio. 

Vasco Rossi, “Sally”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella speranza di ricostruire gli eventi del 28 novembre di due anni prima, Izumi decide di andare alla UA a chiedere dei documenti dai loro archivi. È riuscita a farsi fare una fotocopia della planimetria dell’intero complesso di edifici, dalle aule ai cortili alle aree d’allenamento esterne ed interne, con la scontata promessa di non divulgarle – ovviamente, per chi l’hanno presa!?

Ha dovuto farsi portare altre due lavagne, per farle stare tutte.

-Bene.- Izumi emette un sospiro, armandosi di pennarello blu. Fa un cerchio intorno a un’aula. –Questa era l’aula della 2-A di allora. Siamo al terzo piano.-

-Il rapporto dei professori dice che intorno alle dieci e mezza del mattino una forte esplosione ha colpito l’edificio in cui sono presenti i laboratori della sezione supporto.- Hiroshi prende un pennarello arancione, scarabocchiando un’esplosione stilizzata con tanto di “KAPOW!” vicino. –Più o meno qui, a metà del secondo piano.-

-…vista la posizione dell’esplosione e dell’aula, dalle finestre della 2-A ci doveva essere una visuale non delle migliori.- il fumo si deve essere di sicuro espanso verso l’alto, impedendo la visuale in tutto il cortile. –Magari Aizawa è riuscito a scorgere appena qualcosa, ma ha subito pensato a un attacco… -

-Beh, la vista sul cancello è ottima.- puntualizza ancora Hiroshi, indicando il punto d’ingresso principale. –Anche con il fumo, la visuale rimane perfetta.-

-Che abbia visto i Villains entrare?-

Hiroshi scrolla le spalle. –Non è da escludere.-

Izumi annuisce. Dovrà parlare con Aizawa. –E quindi ha dato l’allarme e tutti gli studenti si sono precipitati in corridoio.- traccia una linea che dall’aula della 2-A porta lungo il corridoio verso le scale alla destra della porta, poi si ferma e prende il pennarello nero per tracciare una X. -Peccato che i Villains fossero già all’interno dell’edificio.-

-Quello che non capisco è come mai Denki sia sceso al piano di sotto senza che nessuno lo abbia notato.- mormora il suo collega, segnando con un cerchio azzurro il punto in cui Denki è stato catturato.

-Forse è sceso dall’altra rampa di scale, quella a sinistra.- suppone Izumi, pensierosa, indicando le altre scale sulla planimetria.

–Okay, ma perché è tornato indietro? Perché non è stato con gli altri?-

Izumi si appunta queste domande, la prossima volta che andrà da Denki glielo chiederà. –Forse, se quello che dice è vero, cercava di nascondere il corpo di Kyouka. Qui è dove i Pro Heroes hanno trovato tracce inequivocabili di uno scontro, anche molto violento.-

Sulla stessa fotocopia su cui Hiroshi ha tracciato il cerchio azzurro, Izumi traccia una X rossa, poco distante, a indicare lo scontro.

-Sì, ma parlavano di sangue in abbondanza, come se qualcuno fosse stato sventrato.- ribatte Hiroshi. –Denki ha detto di aver ucciso Kyouka folgorandola, non può aver causato tutto quel macello... Anche se, a ben pensarci, quando lo hanno trovato era coperto di sangue e poco distante da lui c’era un cadavere chiaramente folgorato… -

-E che aveva una divisa simile a quelle degli addetti alla sicurezza.- Izumi sbuffa. Non capisce più cosa sia vero e cosa no. –Perché tutti mentono?-

-A volte si è costretti a mentire, senza che lo si voglia davvero.- risponde il collega, fissando le mappe. –Mi ricordo di un caso, uno dei primi che mi hanno affidato, in cui un testimone era stato costretto a mentire durante la conferma dell’alibi del mio cliente. È vero, il mio cliente era davvero in quel posto e a quell’ora, quindi non era colpevole, ma lui doveva comunque mentire.-

-E perché?-

-Perché quella sera il testimone era a casa dell’amante, non passava di lì mentre tornava dal lavoro e per caso si sono incontrati.- Hiroshi scoppia a ridere, a Izumi cascano le braccia.

-Non ci posso credere… -

-Izumi, che tu lo voglia o no alla fine tutti mentono. È nella natura intrinseca dell’uomo creare la propria verità basandosi su delle bugie.-

Izumi lo sa, purtroppo Hiroshi ha ragione, di nuovo. –E allora cosa si fa? Noi, in quanto avvocati, cosa dobbiamo fare?-

Hiroshi sorride mestamente. –Cercare di capire, in mezzo alla verità, dove si nascondono le bugie. Trovare le fondamenta marce sotto il palazzo perfetto.-

-E dopo?- se dovesse scoprire che Denki è davvero colpevole, lei cosa dovrebbe fare?

-Iniziamo a mentire anche noi.- come se fosse una risposta ovvia, scontata, un dato di fatto.

-Ma non ha senso… -

–Faresti un disastro, se ti dovessero affidare un cliente veramente colpevole.- Hiroshi le posa una mano sulla testa, lo sguardo triste. –Perché tu non sei capace, non sapresti mentire.-

-Perché non voglio mentire.- non difenderebbe mai un criminale, nemmeno se la pagassero a peso d’oro.

-Dovrai imparare, prima o poi.- Hiroshi sospira e si allontana, lasciando i pennarelli sulla sua scrivania. –Tutti lo abbiamo fatto.-

Izumi si rende conto che ha ancora tanto da imparare da lui, nonostante i pochi anni di differenza.

 

 

I giornali hanno cominciato a bersagliarla senza alcuna pietà da quando è riuscita a parlare con un discreto numero di persone – persone che deve assolutamente rintracciare prima di poter finalmente affrontare Denki.

E dopo aver depennato dalla sua lista la quasi totalità della classe, restano in sospeso ancora tre grandi nomi: Midoriya Izuku, Yaoyorozu Momo e Todoroki Shouto.

Purtroppo, l’erede di All Might non ha saputo darle informazioni rilevanti oltre a quello che già sa, ma le ha assicurato tutto l’appoggio che riuscirà ad ottenere quando deciderà di aprire il processo. E, siccome nessuno sembra sapere dove sia l’Eroina Creati da sei mesi a questa parte, l’unico ancora in lista rimane il bimbo prodigio di Endeavor.

-…ugh, questo posto mette i brividi.- mormora, osservando l’immenso cancello della villa della famiglia Todoroki. Avrebbe voluto farsi accompagnare da Hiroshi, come supporto morale, ma lui l’ha letteralmente abbandonata alla fermata della metro, sparendo nel nulla.

Oh, ma si vendicherà, pensa mentre preme l’indice sul bottone del citofono forse con troppo decisione.

Si era preparata una bella presentazione, cortese ed educata, come ci si aspetterebbe da un avvocato, ma quando il citofono gracchia e una voce maschile risponde Izumi va nel panico.

-Oh, ehm… - wow, perfetto. –Sono l’avvocato Kobayashi Izumi, parlo con Todoroki Shouto?-

-Cosa desidera da mio fratello?- il tono diventa quasi difensivo.

-Si tratta di una questione delicata… - non ha il tempo di finire di spiegare che il cancello si socchiude con un lieve cigolio metallico e una giovane donna si affaccia. Izumi torna a respirare.

-Perdoni le maniere da barbaro di mio fratello, signorina. –le sorride, aprendo di più il cancello. –Prego, da questa parte.-

Izumi la segue in silenzio fin dentro la villa – ed è sempre più convinta che quel posto le metta i brividi. Come facciano a vivere lì dentro, davvero non lo capisce.

-Shouto?- la donna bussa a una porta e si affaccia. –C’è una persona che chiede di te.-

Todoroki Shouto esce da quello che crede sia un ufficio e senza battere ciglio mormora: -…quindi adesso tocca a me.-

Izumi sente improvvisamente la tensione sciogliersi e ridacchia. –Le notizie corrono, a quanto pare.-

Gli scappa un sorriso, mentre la invita a entrare. –Non credo che le sarò molto utile, non ero in confidenza con Kaminari e nemmeno con Jirou. Era Momo, la sua migliore amica.-

Già, Momo. Perché tutto sembra portare a lei? –Qualsiasi informazione può essere utile, davvero. Prima di tutto, Kaminari è colpevole secondo te?-

Shouto scuote la testa. –Amava Jirou, non le avrebbe torto nemmeno un capello.-

–E per quanto riguarda i Villains?-

-Intende dire che potrebbe essere lui il traditore?- Izumi annuisce. –Non penso proprio. Non è il tipo, non so se capisce cosa intendo.-

Izumi lo capisce benissimo, perché è quello che pensa anche lei. –Prima di venire qui ho parlato con altri ragazzi della 2-A di allora e tutti hanno confermato che i Villains vi hanno attaccati mentre stavate evacuando dalle porte sul retro… -

-Sì, è vero.- conferma il ragazzo. –Ci hanno sbarrato la strada e ci hanno divisi.-

-…divisi?- questo nessuno gliel’aveva detto.

Shouto annuisce. –Probabilmente chi era davanti non se n’è accorto, ma un Villain ha diviso la coda del gruppo e alcuni sono stati costretti a tornare indietro. Forse pensavano che in piccoli gruppi saremmo stati più facili da eliminare.-

-Tu eri in quel gruppo?-

-No, io sono riuscito a restare con gli altri.- si ferma un attimo, forse per ricordarsi i volti di chi era rimasto indietro. –Kaminari, Jirou e Momo sono rimasti indietro. E qualcuno della 2-B, ma non mi ricordo chi.-

-Quindi solo Momo sa che cosa è davvero successo a Kyouka… - suppone Izumi, ma Shouto è costretto a contraddirla.

-Nemmeno lei lo sa di preciso. Ha detto che all’improvviso li ha persi di vista ed è dovuta uscire dalla scuola da sola. Non erano con lei quando è tornata verso il punto di raccolta. Stavamo per tornare indietro a cercare Kaminari e Jirou quando i Villains hanno iniziato a scappare perché erano arrivati i Pro Heroes.-

 

-Momo!-

-Sto bene, tranquillo. Non mi è successo niente.-

-Questo è sangue.-

-No, non è… -

-Sei ferita?-

-…-

-…Momo?-

-È… è di un Villain che mi ha attaccata. Stai tranquillo, sto bene.-

 

-Ed è stato in quel momento che hanno catturato Denki.-

Shouto non può fare altro che annuire. –Non riuscivamo a crederci che potesse esserci stato lui dietro tutto quello. Abbiamo cercato di aiutarlo… ma non riuscivamo a dimostrare la sua innocenza.-

-E il fatto che Kyouka fosse sparita non aiutava di certo.-

-Esatto.-

Izumi sbuffa, scoraggiata. L’unica soluzione, se vuole avere delle risposte, è riuscire a trovare Momo. –Dov’è Momo, adesso?-

-È andata in Hokkaido.- spiega Shouto. –Un parente malato che aveva bisogno di cure o qualcosa del genere… -

-…non ci credi nemmeno tu.-

-Non è che non ci credo.- puntualizza. –Ma Momo si comporta in modo strano, da dopo l’attacco e la sparizione di Jirou. È diventata più evasiva, più diffidente… Non lo so, distante? Credo non abbia mai davvero superato quello che è successo… E comunque non mi stupisce: erano molto legate, lei e Jirou.-

-Beh, credo sia normale. Ognuno reagisce a un evento traumatico in modo diverso: c’è chi si arrabbia, chi nega che sia davvero successo, chi si isola… Magari Momo ha preferito allontanarsi da quei luoghi che le ricordavano Kyouka.- Izumi annuisce. –Per caso hai l’indirizzo della sua attuale residenza?-

Quando Shouto le risponde di sì, Izumi sente una piccola sé stessa nella propria testa stappare una bottiglia di champagne e ballare la capoeira. –È una delle ville della sua famiglia, da quanto ho capito. D’inverno è praticamente isolata per la neve, ma adesso dovreste riuscire a raggiungerla in macchina.-

Uscire da quel posto da incubo con un biglietto in tasca e un indirizzo, per Izumi, rende quella la più bella giornata nelle ultime settimane.

 

Appena raggiunge il suo studio, la ragazza recupera i pennarelli e aggiunge le informazioni avute da Todoroki a quelle già in suo possesso: aggiunge una X nera poco distante dall’altra, a indicare il Villain che ha separato la coda del gruppo, poi prende un pennarello giallo e traccia una freccia nella direzione opposta che vira verso le scale e indica il piano inferiore, nominandola Denki, Kyouka, Momo + 2-B”.

Poi si blocca.

Se sono scesi al secondo piano, perché Denki era rimasto solo? Cosa è successo in quelle due rampe di scale?

Dov’erano gli altri? Possibile che non abbiano visto niente?

Dov’era Kyouka? Cosa le era successo? Osserva la foto del corridoio con il pavimento sporco di sangue, trovata tra le carte fornitele dalla polizia e che ogni volta le mette i brividi, chiedendosi se in qualche modo sia tutto collegato.

Izumi stringe il foglietto che ha nella tasca dei pantaloni. Deve trovare Momo.

 

 

-Hiiiroooshiii… -

-Non se ne parla.-

Izumi si immobilizza, il mento appoggiato sulla scrivania del collega. –Ma non ti ho neanche detto cosa vog… -

-Rimane un no.-

-Ma per… -

-Perché se ti dico di sì tu mi farai finire in un mare di guai che vorrei evitare, grazie.- sbuffa il ragazzo. –La stampa sta stressando, Izumi. Evitiamo di farla parlare ancora di più.-

La ragazza si tira su, improvvisamente seria. –Cosa dicono?-

-Le solite cose. Chiedono se riusciremo a provare che è innocente… Se è davvero innocente… - lo sguardo del suo collega vaga sulla lavagna che scorge dalla sua scrivania: nell’ultimo periodo si è riempita di altri appunti e altri collegamenti, alcuni sono stati modificati e altri sono stati aggiunti, ma quel “CHI NON STA MENTENDO?” rimane l’unica costante del quadro che Izumi ha creato intorno a Denki e Kyouka.

-Lo è.- ribatte lei, sicura.

-Questo lo sappiamo io, te e… basta?- Hiroshi si appoggia con la schiena alla sua poltrona. –Nemmeno lui dice di essere innocente.-

-La sua classe non gli ha mai creduto.- Izumi si siede sulla poltrona dall’altro lato della scrivania. –E ho le prove che mi ha sempre mentito. Mi manca un ultimo pezzo e farò crollare ogni sua resistenza.-

Hiroshi sospira. –Izumi, davvero, è nobile quello che stai facendo… ma dovresti ammettere una sconfitta quando la vedi.-

La ragazza scuote la testa. –Non sarà una sconfitta. Posso provare che è innocente.-

-Okay, e come?-

-Devo trovare questo posto.- sbatte sul tavolo il biglietto su cui Todoroki ha scritto l’indirizzo. –So che è in Hokkaido e che è una delle ville della famiglia Yaoyorozu.-

-E cosa speri di trovarci, lì?- le chiede lui.

-Beh, almeno Yaoyorozu Momo, tanto per cominciare.- accavalla le gambe, convinta di quello che sta dicendo. –E magari anche qualche informazione su Kyouka.-

 

-Pikachu… -

-No, no. Non parlare, non muoverti… Oddio.-

-Fa ma… male… Ho freddo… -

-Non muoverti, scema! E non parlare, adesso… Adesso ti porto via da qui… -

-…stai piangendo.-

-Ti ho detto di smetterla!-

-Scusa… -

-Smettila!-

-Scusami… Denki… -

 

 

-Oh, direi che è quella.-

-Ma dai, chissà cosa te lo fa dire? Forse le dimensioni faraoniche per una villa di campagna?-

-Ah ah ah. Sei sempre molto spiritoso.- ribatte Izumi. –Il freddo ti rende permaloso, Hiroshi?-

Lui la ignora accendendosi una sigaretta. -…ripetimi ancora perché stiamo facendo la brutta copia di due spie del KGB in mezzo al fottutissimo niente?-

-Perché in fondo mi vuoi bene e io so essere molto convincente.- risponde Izumi, sorridendo da un orecchio all’altro.

Hiroshi non può fare altro che sbuffare un’altra volta, ingranare la marcia della sua macchina e proseguire. –Speriamo almeno che tu abbia ragione… -

Lei sorride, o meglio ghigna, affondando il viso nel collo del giubbotto che indossa – perché per essere solo ottobre fa già un freddo barbino, lassù a nord.

 

 

 

 

 

 

 

 

D.P.P.: Deliri Post Partum

No, non sono scomparsa.

Mi sto imponendo di pubblicare almeno un capitolo al mese, almeno finché non avrò deciso che fine dare a questa storia, e nel frattempo sto lavorando a un’altra long che mi sta togliendo tutte le energie e che potrebbe vedere la luce a breve. Dovrei postare il primo capitolo/prologo nella prossima settimana, appena avrò finito di dare un senso al secondo capitolo e deciso una scaletta dei prossimi aggiornamenti.

Per quanto riguarda questo, di capitolo, non c’è molto da dire: Izumi continua a brancolare nel buio, sperando che Momo le sappia dare qualche risposta, mentre di Denki non vediamo nemmeno l’ombra. Spero davvero che vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate! Lo sapete che vivo dei vostri feedback.

 

So long, farewell!

Maki

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Capitolo 5
*** Fili di piombo ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

V: Fili di piombo

 

 

 

 

 

 

Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare.

Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale.

A quel punto le soluzioni sono due:

o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti.

Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia,

e tu hai solo la possibilità di decidere se in bene o in male.

Giorgio Faletti, “Io uccido”

 

 

How long can you stand the pain?

How long will you hide your face?

How long will you be afraid? Are you afraid?

How long will you play this game?

Will you fight or will you walk away?

Red, “Let it burn

 

 

 

 

Per tutto il tragitto che dall’aeroporto li avrebbe portati alla villa di Yaoyorozu Momo, Izumi non ha detto una sola parola – ed è strano, perché di solito non sta mai zitta, e Hiroshi ha quasi paura di lei in questo momento.

Ma ha anche fede in lei, sa che se si è lanciata in un caso che chiunque avrebbe definito da suicidi è perché crede davvero che quel ragazzo sia innocente. Mi manca un ultimo pezzo e farò crollare ogni sua resistenza.”, aveva detto, e lui ci crede.

 

-Ehy, sei sicura che vada tutto bene?-

-Sì, sì! Va tutto a meraviglia!-

-…sei più agitata del solito, Momo.-

-Sono preoccupata per quel parente in Hokkaido… Le sue condizioni sono peggiorate e… -

-Non mi devi spiegazioni, lo sai.-

-…-

-Cerca solo di non strafare, okay?-

-Va bene. E scusami se non posso restare a Tokyo, Shouto… -

-Non è un problema, quando potrai tornerai qui. Ho già parlato con il vecchio: un posto in agenzia per te ci sarà sempre.-

 

-E se nemmeno Yaoyorozu fosse in grado di darti delle risposte?- chiede Hiroshi, seguendola lungo il vialetto che porta alla casa. –Se Kyouka fosse davvero morta?-

-L’hai mai vista cadavere?-

-No, ma… -

-Quindi, ricapitolando.- Izumi si ferma, affrontandolo. –I Villains attaccano la UA, Kyouka scompare, Denki viene incriminato e incarcerato, Momo inizia a comportarsi in modo strano subito dopo l’attacco e sei mesi fa prende armi e bagagli e si trasferisce qui in mezzo al niente per curare un lontano parente lasciando indietro la carriera da Eroina e un ragazzo fantastico che è da sposare.-

Hiroshi ignora il commento su Todoroki, perché davvero non vuole sapere. -Non capisco dove vuoi… -

-Solo a me tutto questo sembra strano, Hiroshi?- Izumi ha un sopracciglio inarcato. –Secondo me c’è qualcos’altro, oltre il parente malato. E non credo sia solo un modo per scappare dalla sofferenza per la perdita della migliore amica.-

No, anche lui pensa che sia strano, ma non ha il tempo di risponderle perché Izumi ha già suonato al campanello. I secondi che seguono sono i più lunghi e snervanti delle loro vite – perché, se Izumi si fosse sbagliata, non solo avrebbero fatto una delle peggiori figuracce della storia, ma avrebbero anche condannato Denki a morte.

Però deve ammettere che Izumi ha ragione: gli spostamenti di Yaoyorozu così improvvisi nonostante la volontà di diventare un’Eroina sono sospetti, come lo è la scomparsa di Kyouka. Per non parlare di tutte le persone che hanno conosciuto Denki e che nonostante tutto continuano a dichiararlo innocente: se anche loro la pensano come lei, vuol dire che forse non è del tutto pazza come Hiroshi aveva pensato quando gli aveva detto di aver preso il caso.

Finalmente la porta si apre, rivelando ben poco dell’ingresso se non una donna anziana e minuta che li scruta tutti e due con sguardo indagatore.

-Sì?-

-Per caso Yaoyorozu Momo è in casa?- domanda Izumi, regolando il tono di voce in modo affabile e amabile.

-Al momento è impegnata.- risponde la donna, assottigliando gli occhi. –Con chi parlo?-

-Sono l’avvocato Kobayashi Izumi.- Hiroshi credeva che non si sarebbe rivelata così in fretta. –E lui è Hiroshi. Lei è Recovery Girl, vero?-

-Sì, sono io.- conferma la donna. -E cosa vuole un avvocato da Momo?-

-Soltanto farle un paio di domande su Kaminari Denki.- Izumi sorride, nonostante la scontrosità della donna. –Forse lo avete saputo che il suo caso è ancora aperto… -

Recovery Girl li prega di aspettare nell’ingresso, giusto il tempo di andare a chiamare la proprietaria di casa. –Non so se Momo se la sentirà di parlare di quel giorno… -

Izumi sorride. –Nel caso, lei sarebbe disposta a rispondere a qualche domanda?-

-No, lo farò.- Yaoyorozu Momo, in carne e ossa, appare dalla rampa di scale con il suo portamento da ragazza di buona famiglia, stretta in uno scialle color panna che fa risaltare ancora di più i suoi capelli neri. –Risponderò alle vostre domande.-

-Momo, sei sicura?- domanda dolcemente l’anziana donna, ma la ragazza annuisce. È pallida e sembra stanca, ma tenta comunque di sorridere.

-Da questa parte.- Creati fa un gesto verso la sua sinistra. –Spero di potervi essere utile.-

…quando Izumi gli aveva riferito dei dubbi di Todoroki sui comportamenti strani di Yaoyorozu, Hiroshi credeva scherzasse o esagerasse, ma adesso comprende che ha sottovalutato la preoccupazione del ragazzo.

Izumi si siede sul divano, accanto a lui, attendendo che Momo si accomodi sulla poltrona di fronte a loro. –Parlando con alcuni dei tuoi compagni di classe mi è stato detto che se avessi voluto più informazioni su Kyouka e sul suo rapporto con Denki avrei dovuto chiedere a te.-

Momo annuisce, un po’ a disagio. –Beh, sì, eravamo molto amiche. Ci confidavamo spesso… -

 

-È solo una cotta, mi passerà.-

-Secondo me stai esagerando, Kyouka. Prova almeno a parlargli… -

-Non sto affatto esagerando. E tu sei l’ultima che può dirmi qualcosa sul parlare.-

-…che intendi dire?-

-Todoroki.-

-Kyouka, ti giuro che non è come sembra.-

-Ne riparleremo tra qualche anno, Yaomomo.-

 

-Kaminari non ha ucciso Kyouka.- esclama la ragazza, più convinta che mai. –Non avrebbe mai potuto farle del male.-

Hiroshi si chiede se Izumi, dopo tante settimane, non si sia anche stufata di sentirsi dire sempre la stessa frase.

A quanto pare no.

-Denki è innocente?-

Momo tentenna un secondo, prima di annuire. –Sì, io credo che sia innocente.-

Izumi assottiglia lo sguardo. –Come fai a esserne così sicura?-

-…non lo credo capace di fare qualcosa del genere. Nemmeno essere il traditore.- la luce negli occhi scuri di Momo è decisa e risoluta, crede davvero in quello che dice.

Recovery Girl, in piedi accanto alla poltrona, le posa dolcemente una mano sul braccio, Hiroshi può solo annuire.

-Lo so che ti costerà molto dolore quello che ti sto per chiedere, Momo… - mormora Izumi, allungandosi in avanti verso la ragazza. –Ma ho bisogno di sapere cosa è successo dopo che il Villain ha diviso la coda del gruppo.-

Momo si irrigidisce e diventa ancora più pallida, poi prende un profondo respiro. –Sono viva grazie a Kaminari. Se non fosse stato per lui, quel Villain mi avrebbe uccisa. E avrebbe ucciso anche KyoukaKaminari se n’è accorto e ha evitato che ci colpisse.-

 

-Kaminari!-

-Raggiungi gli altri, noi usciremo da un’altra parte!-

-…-

–Staremo bene, vai!-

 

-Per questo sono convinta che non sia lui il colpevole.-

Izumi annuisce, ancora, mentre Hiroshi appunta velocemente quelle informazioni su un foglietto. –E poi? Cosa è successo dopo?-

-Kaminari ha sconfitto il Villain e abbiamo iniziato a correre verso l’altra rampa di scale… - mormora la ragazza, sospirando. –Ma lui e Kyouka non hanno fatto che pochi metri.-

I due colleghi si scambiano un’occhiata sorpresa e incuriosita. –In che senso?-

-Non me ne sono accorta subito, ma un altro Villain ha tentato di separarci. Vedete, per ogni piano ci sono quattro rampe di scale: quella che hanno usato per far uscire tutti quanti, una esattamente dall’altro lato del piano e due a metà. Io stavo andando verso quella dall’altro lato del piano, quando mi sono accorta che loro non c’erano.-

-Sono scesi dalla scala a metà… - mormora Hiroshi. –Questo spiega perché nessuno li abbia visti.-

-Me ne sono accorta tardi.- Momo inizia a tremare, gli occhi che si riempiono di lacrime. –Se fossi restata con loro, se ne fossi tornata indietro, forse Kyouka… Scusate, io… -

Recovery Girl, la posa una mano sulla schiena, consolandola e ripetendo che non è stata colpa sua, che non poteva prevederlo, che ha fatto quello che ha potuto.

Hiroshi occhieggia distrattamente verso la collega, rimasta impassibile. -È davvero altruista da parte tua rinunciare alla carriera per prenderti cura di una persona malata.- commenta allora, sollevando lo sguardo verso il soffitto.

Momo annuisce, asciugandosi le lacrime e stringendo le braccia intorno al corpo. –Beh, è una delle persone più care e a cui tengo di più, non potevo fare altrimenti.-

–È grave?-

La ragazza annuisce, intristita. –Per questo ho chiesto a Recovery di venire qui. Il suo Quirk allevia almeno un po’ le sue sofferenze… -

Hiroshi socchiude gli occhi, pensoso. –Anche questo definisce gli Eroi, credo. Lo spirito di sacrificio.-

-Nella vita tutti siamo costretti a sacrificare qualcosa, signore.- risponde lei. Izumi non le toglie gli occhi dosso.

-Già. La vita è sacrificio.- commenta a mezza bocca.

Quando Momo li accompagna di nuovo alla porta alla fine delle domande, Hiroshi ha come una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

Izumi non parla per tutto il tragitto dalla porta alla macchina, persa in chissà quali pensieri. Parla solo quando Hiroshi ha già ingranato la retromarcia e si sta allontanando dalla villa.

-Tu che ne pensi?- mormora, continuando a guardare la casa.

-Non lo so… Forse Todoroki non esagerava a preoccuparsi, sembra veramente a pezzi.- risponde lui. –Tu? Cosa ne pensi?-

Gli occhi di Izumi sono illeggibili, in quel momento. Hiroshi non l’ha mai vista così.

-Penso che sia ora di parlare con Denki.- sentenzia, prendendo il cellulare e componendo velocemente un numero.

 

 

Quando riceve quella telefonata, nella mente di Aizawa Shouta si formano due pensieri contrastanti e distinti: “dimmi che non mi stai chiamando per dirmi che l’hanno ucciso, ti prego.” e immediatamente dopo “io lì dentro non ci torno.”

Alla fine, decide di dare voce al secondo pensiero, perché davvero: lì dentro non ci vuole tornare.

 

-I ragazzi hanno ricevuto la loro licenza da Eroi, oggi.-

-Wow, tutti? Anche Bakugou?-

-Tutti.- “Anche Kyouka. Hanno deciso di darne una anche a lei, nonostante non sia qui.”

-Oddio, ragazzi: state attenti là fuori, ora che Bakugou è libero di agire!-

-…lo sai che a te non posso darla.-

-Lo so.-

-E che dovrò anche toglierti la licenza provvisoria.-

-…lo so. L’ho sempre saputo, fin da quando mi hanno preso.-

 

Ma Kobayashi Izumi non gli lascia altra scelta e ora si trova nell’ultimo posto in cui vorrebbe essere, davanti a Denki e in quella prigione.

Dio, perché non può girare i tacchi e andarsene?

Probabilmente Kobayashi percepisce il suo nervosismo e gli sorride, cercando di rassicurarlo con un “andrà tutto bene, lasci fare a me.” che non lo tranquillizza affatto.

Kaminari sembra sereno, quando li vede entrare nella stanza, tranquillo e rilassato come se ormai appartenesse davvero a quel posto – Shouta deve reprimere il fortissimo desiderio di prenderlo a schiaffi fino a tirargli fuori tutta la verità e poi trascinarlo fuori da lì per un orecchio.

-Ciao, Denki.- lo saluta l’avvocato, sedendosi di fronte a lui. –È un po’ che non ci vediamo. Come stai?-

Kaminari scrolla le spalle, disinteressato, ma il suo sguardo continua a vagare da Aizawa all’altro uomo alle spalle del suo avvocato. Sembra guardingo. –Non mi lamento. La mensa fa sempre un po’ schifo, ma ormai mi sono abituato.-

Lei annuisce, sorridendo appena. Poi qualcosa, forse il cambiamento nella postura della donna e la rigidità improvvisa di Denki, fa comprendere a Shouta che sta per assistere a quello che si prospetta uno scontro.

-Mi hai mentito, Denki.- il tono di Kobayashi è incolore e freddo. Aizawa vede con la coda dell’occhio l’uomo accanto a sé irrigidirsi e mormorare un “ha iniziato… ” a denti stretti. Shouta non capisce cosa sia iniziato, lo capisce dopo pochi minuti.

-Non ti ho mentito.- risponde Denki, sempre rigido sulla sua sedia.

-Allora i tuoi compagni di classe hanno avuto un’allucinazione collettiva?- lo istiga lei. –Ora basta, davvero. La mia pazienza ha un limite, ragazzino, e tu l’hai superato da un bel po’.-

-Non capisco di cosa tu stia parlando.- Denki non pare per niente intimorito dal cambiamento dell’avvocato. –Allucinazione collettiva?-

-Li ho ascoltati tutti. Tutti i tuoi compagni di classe, uno per uno.- Shouta, da sopra le spalle di Kobayashi, vede Kaminari diventare cianotico. –E tutti, e sottolineo tutti, mi hanno confermato che al momento dell’attacco tu eri in classe. Chiederei al signor Aizawa qui presente di aggiungere la sua conferma alle altre.-

Colto impreparato dalla richiesta, Shouta non risponde subito, ma si limita ad annuire appena con la testa nonostante lei non possa vederlo. Poi prendere un profondo respiro e conferma: -Sì, era in classe.-

-Quindi.- riprende lei, senza distogliere lo sguardo da Denki. –O erano tutti fatti di LSD o qualche altra droga allucinogena, oppure mi hai mentito.-

-Questo non… -

-Questo dimostra che non sei tu il traditore.- lo interrompe. –Davvero, Denki: ora basta mentire. Sono stanca, e gradirei un aiuto da parte tua per scagionarti e farti uscire di prigione.-

-Io non ho mai chiesto l’aiuto di nessuno.- obietta il ragazzo. –Sei tu che ti sei impuntata col volermi aiutare, io non volevo nessun aiuto. Sono stato io.-

-Non è quello che mi hanno detto i tuoi compagni.-

Kaminari si mordicchia le labbra, nervoso, e non risponde.  E Aizawa pensa che quello non è uno scontro, è un vero e proprio assedio.

-Allora, vogliamo collaborare o no?- lo incalza ancora lei, insofferente.

-Collaborare?-

-Tu non sei il traditore che ha fatto entrare i Villains alla UA.- ribatte ancora la donna. –E non hai nemmeno ucciso Kyouka.-

-Ti sbagli.-

-O forse non è nemmeno morta.-

-Stai correndo troppo.-

Denki credeva, forse, di riuscire a nascondere le emozioni dietro una facciata insofferente o un ghigno insolente, ma Aizawa lo conosce abbastanza bene da notare il lieve digrignare dei denti dietro le labbra serrate e l’assottigliamento degli occhi – no, non è arrabbiato, questo va ben oltre il semplice arrabbiarsi. Per un attimo, Shouta pensa che possa riuscire a liberarsi delle manette e scaraventarsi contro Kobayashi per fulminarla all’istante, senza dare il tempo a lui o a nessun altro di intervenire. Per sicurezza, si tiene pronto a utilizzare Erasure.

Ma Kaminari non si muove, e questo è un buon segno – o almeno lo è per Kobayashi, che continua a stuzzicarlo.

-Sai, mi sta sorgendo il dubbio che sia lei, il traditore.- Denki sgrana gli occhi. –E che tu la stia proteggendo.-

-Kyouka non c’entra niente.-

-Ne sei così sicuro?- Kaminari non le risponde, i pugni così stretti da far male. –Allora vedi che il dubbio ce l’hai anche tu… -

-Kyouka non è il traditore.-

-Questo lo dici tu. E sai, dopo tutte le stronzate che mi hai detto comincio a non crederti.-

-Stai zitta… -

Kyouka, che ha aperto le porte ai Villains, vero? È lei che li ha fatti entrare.-

-Stai zitta.-

-E tu, da bravo coglione innamorato che sei, ti sei fatto catturare per permetterle di fuggire.-

-Stai. Zitta.-

-Magari ti aveva anche promesso che ti avrebbe fatto evadere… E invece se l’è data a gambe e ti ha lasciato qui.-

-STAI ZITTA.- Kaminari scatta in piedi così velocemente che Shouta non riesce a trattenere il singulto sorpreso che gli sale in gola. –Tu non sai niente! Non è andata così! Kyouka è innocente! Sono stato io!-

Il suono acuto e deciso di uno schiaffo riecheggia nella stanza, in cui nessuno osa più muoversi.

Anche Izumi si è alzata e ha ancora la mano sinistra sollevata in alto. La abbassa lentamente, come se stesse controllando la rabbia. –Guardami, Denki.-

Il tono è così gelido che Kaminari inizia a tremare, la guancia arrossata e gli occhi lucidi.

-Guardami, ho detto.- il tono di Kobayashi è severo e forse arrabbiato. –Kyouka, Denki, è la ragazza che ami. Nessuno dei tuoi compagni di classe crede che sia stato tu a ucciderla. E nemmeno sua madre, ha cambiato idea dopo che le hai dato quella foto. E scommetto che, se chiedessi ai tuoi professori, nemmeno loro crederebbero che sei colpevole. Come non ci credo io. Perché qualcuno che si incazza quando si accusa la sua ragazza di essere una criminale non può averla uccisa.-

-Sei un’illusa, Izumi.- mormora il ragazzo. –Si può uccidere per molto meno.-

-Ma tu non sei quel genere di persona, quindi smettila, per una buona volta. O giuro che ti prendo di nuovo a schiaffi.-

Denki distoglie lo sguardo, ma Izumi gli tuffa una mano trai capelli e lo costringe a guardala. –Ascoltami bene, ragazzino. Kyouka forse non c’è più, e tu sei qui dentro per cosa? Stai scappando dalle tue responsabilità? Credi di meritartelo? Beh, notizia dell’ultima ora: Kyouka non vorrebbe vederti qui! Se tu invece esci da qui e dici la verità, le darai la giustizia che sta cercando da due anni. Quindi, ora smettila con questa farsa!-

La vista di Denki è annebbiata dalle lacrime, mentre continua a fissare gli occhi del suo avvocato senza davvero vederli. Inconsciamente, Shouta tira un sospiro di sollievo mentre osserva Kaminari accasciarsi su sé stesso e piangere come un bambino.

L’assedio è finito. Kobayashi è riuscita a far crollare i suoi castelli di carta.

 

 

 

 

 

 

 

 

D.P.P.: Deliri Post Partum

IS THIS THE REAL LIFE?
IS
THIS JUST FANTASY?

No, okay, Queen a parte [da quando sono andata a vedere Bohemian Rapsody al cinema sto ascoltando tutta la loro discografia a loop, f e r m a t e m i] finalmente questo capitolo vede la luce. È stato un parto, perché continuavo a cancellare e riscrivere tutto dall’inizio, e detto onestamente non mi convince granché.

Spero piaccia più a voi che a me.

E finalmente vediamo un po’ di movimento! Il prossimo capitolo è già impostato e so cosa succederà, quindi probabilmente potrebbe arrivare intorno alla befana insieme al capitolo 3 di “Hopeless Wanderers” – sempre se i miei occhi mi aiutano, ormai lo sapete. Domani o al massimo nella prossima settimana andrò dall’oculista, speriamo bene.

 

Come sempre, grazie per essere arrivati alla fine di queste duemila e qualcosa parole! Se vorrete lasciatemi un commentino, lo sapete quanto mi interessano le vostre opinioni, discutiamone insieme.

Credo che non ci rivedremo davvero più fino all’anno nuovo, salvo veramente l’ispirazione che arriva a caso, quindi buon Natale e felice 2019 anche da questo Grinch!

Maki

 

 

 

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Capitolo 6
*** Quel maldestro tentativo di farsi capire ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

VI: Quel maldestro tentativo di farsi capire

 

 

 

 

 

 

Nessuno è mai stato libero dalla necessità di essere capito.

Riccardo Dal Ferro, “Elogio dell’idiozia”

 

 

You think I’m crazy, that I lost my senses.

The world will finally learn the truth.

The Rasmus, “Wonderman

 

 

 

 

-Non potevo fare altro… - Denki singhiozza. –Non potevo fare altro.-

-Hai fatto anche troppo.- mormora Izumi, il tono più dolce e per niente aggressivo. –Non potevi farcela da solo.-

-Tanto adesso cosa cambierà?- alza la testa, asciugando le lacrime sulle maniche della tuta. –Nessuno mi crederà.-

-Beh, io ti credo.- poi fa un gesto con la testa, indicando Shouta e l’uomo dietro di lei. –Noi ti crediamo.-

Kaminari non sembra troppo convinto, ma annuisce in ogni caso.

-Adesso lasciami fare il mio lavoro, okay?- Izumi sorride. –Fidati di me e andrà tutto bene.-

Sa di non avere molto tempo, ormai. E deve agire in fretta.

 

 

Può sembrare assurdo, ma per i motivi più disparati non riuscivano a incontrarsi da mesi – da quando avevano ricevuto la loro licenza da Eroi e ognuno era andato per la propria strada.

Per questo, ora che sono lì, in quella sala del tribunale in cui il collega di Kobayashi li ha accompagnati per aspettarla, l’aria è diventata pesante e la tensione si può tagliare con un coltello.

Izumi li ha chiamati tutti, passando un’intera giornata al telefono per rintracciare anche chi si trova più lontano, pur di averli lì. Ed è quasi riuscita nel suo intento, perché sono veramente pochi gli assenti.

Izuku pensa che, se non fosse stato per l’ostinazione di quella donna, forse non si sarebbero mai incontrati di nuovo al di fuori del lavoro. Ochaco, seduta accanto a lui, gli stringe piano la mano e lui cerca di sorriderle – sa che ha paura, tutti ne hanno, perché Kaminari potrebbe essere condannato comunque, ma lui ha fiducia in Izumi.

L’atmosfera che Izuku respira in quelle quattro mura gli ricorda tantissimo il giorno della consegna delle licenze, e teme che possa scoppiare una litigata come quella volta.

 

L’aula è silenziosa, mentre tutti fissano attoniti le licenze da Eroi che stringono tra le mani. Ancora non ci credono, sembra quasi impossibile, ma ce l’hanno fatta.

È un ringhio soffocato, a rompere quel silenzio così surreale. –Non doveva andare così.-

L’attenzione di tutti viene calamitata verso Bakugou, immobile in mezzo alla classe e con la licenza accartocciata nel pugno. Le spalle tremano, forse per lo sforzo di non far esplodere l’edificio. –Non doveva andare così. Non è così che immaginavamo questo giorno.-

-Katsuki… - Kirishima gli si avvicina e gli posa una mano sulla spalla per calmarlo, ma gli occhi di Red Riot sono gonfi e stanchi. Sembra sul punto di scoppiare a piangere.

-Non possiamo farci niente.- mormora Todorki. Shouji accanto a lui si limita ad annuire sconsolato. –Non potevamo prevederlo. Ormai è successo, non possiamo farci niente.-

-Brutto stronzo, ma io ti spacco la faccia!- Bakugou marcia verso di lui ringhiando come una cane rabbioso. Kirishima e Sero riescono a malapena a fermarlo. –Come puoi restare indifferente?!-

-Ragazzi… - la voce di Ochaco è bassa e appena udibile, come se avesse perso ogni desiderio di farsi ascoltare.

-Per favore calmati, Bakugou.- ribatte Iida. –Arrabbiarsi non serve a niente… -

Ma Katsuki nemmeno lo ascolta, continuando a inveire contro Todoroki. –Non hai un fottuto briciolo di rimorso, bastardo?! Jirou e Kaminari non sono qui e tu dici che non possiamo farci niente?!-

-Pensi che mi stia bene questa situazione?!- sbotta allora Shuto. –Pensi che anche io non abbia pensato che le cose sarebbero potute essere diverse?!-

-Adesso basta, cra… - mormora Tsuyu, ma anche lei viene ignorata.

-Eppure non hai fatto niente per cambiarle!-

-Ci ho provato, invece! Come ci abbiamo provato tutti!-

-Smettetela.- interviene Tokoyami. –È inutile mettersi a litigare.-

 -Beh, potevi metterci un po’ più di impegno, coglione!-

-Perché tu ti sei impegnato tanto, vero?-

-ADESSO SMETTETELA!- il grido di Mina si rompe in singhiozzi disperati, mentre stringe l’orlo della gonna nei pugni. –Siete tutti uguali, voi! State soltanto pensando ad accusarvi a vicenda senza ricordarvi cosa è davvero successo! Kyouka è morta! E Kaminari è in carcere! Non è così che doveva andare, è vero, ed è anche vero che non possiamo farci niente perché ormai non possiamo cambiare il passato, ma abbiamo il dovere di continuare anche per loro! Quindi… -

I singhiozzi diventano ancora più forti e Mina cade in ginocchio, piangendo senza freni. Aoyama si inginocchia accanto a lei, mormorando: -…adesso basta. Davvero.-

Nessuno osa più dire una parola, dopo quello sfogo. Alla spalle di Todoroki, Yaoyorozu non ha aperto bocca, mentre continua a fissare la licenza da Eroe di Earphone Jack che i professori hanno lasciato sulla cattedra.

 

-Scusate l’attesa.- esordisce Izumi, entrando nella sala con un bel sorriso. Bel sorriso che muore appena fa correre lo sguardo per la stanza. -…dov’è Momo?-

Inconsciamente, tutti gli sguardi corrono verso Todoroki, appoggiato contro lo schienale del divano a braccia conserte, che si limita a sbuffare.

-Ha detto che non sarebbe venuta.- mormora, e Izumi trattiene a stento un’imprecazione prima di rivolgersi a lui.

-Tormentala finché non ti risponde al telefono. E dille che se non si presenta qui entro due ore vado in Hokkaido e la trascino per le orecchie.- Todoroki si limita ad annuire e comporre il numero di Momo sul cellulare. –Intanto, passiamo a voi.-

Tutti si concentrano su di lei, tesissimi.

-Non sarà facile, ve lo dico da subito.- ammette. –La prima udienza, nel settanta per cento dei casi, si rivela essere un disastro inconcludente, ma almeno ci farà guadagnare un po’ di tempo. Non potrò chiamarvi tutti a testimoniare, perché alcune deposizioni non hanno dettagli rilevanti al fine del processo, quindi dovrò scegliere solo qualcuno tra di voi. Se c’è qualcuno che vuole tirarsi indietro, questo è il momento giusto.-

-Ci stai prendendo per il culo, vero?- sibila Bakugou, subito ripreso da Kirishima e Sero. –Pensi che qualcuno qui si tirerà indietro? Sappiamo già chi l’ha fatto.-

Chiaramente si sta riferendo a Yaoyorozu, e lo sguardo di Todoroki non fa che avvalorare il pensiero di tutti. –Non risponde. Il telefono è spento.-

Kobayashi sbuffa infastidita. –Chiamala ancora, lasciale dei messaggi, intasale la segreteria, non lo so. Continua a chiamarla finché non ti risponde. Dicevo, le testimonianze di cui ho bisogno sono sicuramente quelle delle persone più vicine a Denki e Kyouka. Quindi voi.- e indica Bakugou, Ashido, Kirishima e Sero. –Denki mi ha detto che eravate una specie di squadra. Conto su di voi.-

Mina annuisce vigorosamente, seguita dai tre ragazzi.

-Avrò bisogno anche di te, Todoroki.- Shouto la guarda con uno sguardo interrogativo. –Sei l’unico che mi ha detto del Villain che ha separato il gruppo, mi potrebbe fare comodo. Poi… -

Un leggero bussare alla porta la costringe a fermarsi. È il suo collega. –Ho i profili della giuria.-

-Sei un angelo, Hiroshi.- sospira sollevata, prendendo il plico di fogli dalle mani del collega. –Per il momento questi non mi servono, ma fa sempre comodo averli con un po’ d’anticipo.-

Hiroshi annuisce, tornando sui propri passi. –Vado a prendere Denki. Manda qualcuno ad aspettarci fuori dal tribunale, così cerchiamo di evitare i giornalisti.-

Lei annuisce, decisa, e Izuku è felicemente colpito dalla convinzione negli occhi della donna: è lei, l’eroina di questo momento, lei che si sta preparando a combattere una battaglia che nessuno di loro potrebbe nemmeno sperare di vincere. Izuku la ammira davvero tanto, perché non si è fatta fermare da niente ed è decisa a superare qualsiasi ostacolo.

-Poi, sperando che Todoroki riesca a rintracciarla, avrò bisogno anche di Momo.- sospira sconsolata, ma torna immediatamente seria. –Ripeto, non sarà facile: l’accusa cercherà di buttarvi giù con tutto quello che ha, sbattendovi in faccia ogni prova contro Denki. Voi ripetete quello che avete detto a me e restate calmi, non fatevi prendere dal panico e cercate di non rispondere alle provocazioni. Per il resto, fidatevi di me. Siamo pronti?-

Tutti i presenti non possono fare altro che annuire, seri e preparati alla battaglia come se fossero soldati davanti al loro generale.

-E allora andiamo.-

 

 

Il giorno del processo, per Denki, si rivela essere il più lungo e snervante della sua giovane vita ed è solo quando vede il volto amico di Hiroshi che si rilassa un poco.

-Sei pronto?- gli chiede il collega di Izumi, accompagnandolo alla macchina. Lui annuisce e Hiroshi gli sorride. –Vedrai, andrà tutto per il meglio.-

-Lo spero… -

-Fidati di Izumi, sa quello che fa.-

Il viaggio in macchina dal penitenziario al tribunale lo passano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri – Denki si risveglia dallo stato di immobilità in cui era caduto solo quando Hiroshi parcheggia davanti al tribunale assediato dai giornalisti. Deglutisce a vuoto, impallidendo.

-Ehy, guardami.- Hiroshi lo costringe a voltarsi. –Niente panico, okay? Ignorali, tieni la testa dritta e cammina. Non fermarti. Sono stato chiaro?-

Denki può solo annuire, perché l’uomo è già sceso dall’auto e sta iniziando ad allontanarsi: lo raggiunge subito, rimanendo tuttavia accecato dai flash delle macchine fotografiche e assordato dalle voci dei giornalisti.

-Una parola, per favore!-

-Denki, riusciranno a provare la tua innocenza?-

-Cosa è davvero successo quel giorno?-

-Perché mentire per due anni?-

-Ah… - non riesce a muoversi, i giornalisti gli si parano davanti e lo accerchiano, ma Aizawa si fa strada tra microfoni e telecamere e gli posa una mano sul retro del collo, spingendolo su per le scale.

-Non una parola, Kaminari, fila dentro.- mormora, sibilando poi un “razza di avvoltoi.” trai denti stretti.

Non può descrivere quanto sia grato al suo professore, in questo momento, mentre lo tiene accanto a sé per tutto il tragitto e lungo i corridoi del tribunale. Quando scorge Izumi, poi, le sue spalle si rilassano un poco di più.

-…woah.- mormora, osservandola camminare verso di loro in quel completo antracite e con il suono limpido dei tacchi in sottofondo.

-Grazie mille per l’aiuto, signor Aizawa.- Izumi sorride. –Non so cosa sarebbe potuto succedere, se… Che c’è?- chiede lei, confusa. Poi forse capisce e si indica. –Ah, intendi questo? Beh, ogni eroe ha una tenuta da battaglia, no?-

Denki annuisce, senza parole.

-Questa è la mia.- gli sorride e gli fa cenno di seguirlo. –Andiamo, c’è qualcuno che ti sta aspettando.-

Tenta di fermarla, ma lei gli stringe dolcemente un polso e lo tira verso di sé, tornando indietro. –Aspe… -

-Kaminari!-

Avviene tutto in pochi secondi: Denki viene investito da qualcosa – qualcuno – per poi essere sollevato da terra come se non pesasse nulla e stretto così forte da sentire le ossa scricchiolare pericolosamente. Impiega qualche secondo a riconoscere i capelli rossissimi di Kirishima, e gli salgono le lacrime agli occhi.

-Kirishima.- mormora, sollevando poi lo sguardo e notando tutti gli altri. –Ragazzi. Che ci fate qui?-

-Secondo te chi testimonierebbe a tuo favore se non noi?- esclama Sero, battendogli la mano sulla spalla quando Kirishima lo rimette giù. –E quando uscirai di qui, ti porteremo a mangiare da qualche parte. Sul serio, amico: sei pelle e ossa! Ma cosa danno da mangiare ai detenuti?-

-Che pretendi, non è stato in villeggiatura con un fottuto ristorante a cinque stelle.- sbuffa Bakugou, ma Denki può vedere che anche lui è felice di vederlo. A modo suo.

-Davvero, è bello vedervi qui.- gli viene da piangere. –Non siete cambiati di una virgola... Kirishima, amico mio, si vede la ricrescita.-

Eijirou diventa di tutti i colori, quando gli viene fatto notare quel piccolo dettaglio dei suoi capelli. –Lo so! Me l’ha fatto notare Katsuki stamattina, ma non ho avuto il tempo di rifarla! Non infierire!-

Denki scoppia a ridere, mentre le lacrime premono agli angoli degli occhi, e tutto sembra fermarsi. Nessuno riesce a capire se stia ridendo o piangendo, nemmeno lui. Diventa un pianto disperato quando sente le braccia di Mina intorno al busto e il suo viso schiacciato contro il petto.

Sta piangendo anche lei.

-Perché hai mentito?- sussurra. –Perché ti sei fatto questo?-

-Perché non ho avuto scelta.- la abbraccia a sua volta, più forte che riesce ma senza farle male. –Perché non ho avuto il tempo di trovare un’alternativa.-

-Dio, quanto vorrei prenderti a calci.-

Già, anche lui vorrebbe farlo. In fondo, se lo merita. Aizawa gli posa una mano sulla spalla, senza dire una parola.

 

 

Izumi e Hiroshi rimangono fuori dalla stanza, ad aspettare. Hanno ancora un po’ di tempo, prima dell’inizio, ed entrambi hanno pensato che avrebbe fatto bene al morale di tutti permettere a Denki di incontrare i suoi amici.

-Ormai ci siamo, eh?- sussurra Hiroshi.

-Già, ormai non si torna indietro… - risponde lei, sfogliando il fascicolo con i profili dei membri della giuria. Si prospetta un processo difficile, ormai ne è certa.

Fuori con loro, al telefono e visibilmente nervoso, Todoroki continua a comporre il numero di Yoayorozu e a lasciarle mille messaggi in segreteria.

-Momo, per favore, richiamami. Si tratta di Kaminari, non di uno sconosciuto qualsiasi.- rimane in silenzio qualche secondo, prima di sospirare. –…comincio a pensare che, in fondo, non te ne sia mai importato niente.-

Izumi comincia a pensare, invece, che dovrà anche evitare una crisi di coppia, se mai Momo dovesse presentarsi.

Hiroshi sbuffa spazientito. –Ho bisogno di una sigaretta. Questa attesa mi sta facendo impazzire.-

Lei non fa in tempo a rispondergli, perché una forse fin troppo zelante assistente del giudice si avvicina e li invita ad accomodarsi in sala. Hiroshi corre a chiamare Denki e i ragazzi, mentre Izumi segue la donna.

 

 

Dire che Denki, seduto accanto a lei, è agitato è dire poco – sta letteralmente saltando sulla sedia, mentre l’avvocato dell’accusa bersaglia di domande il primo testimone come nemmeno fosse una mitragliatrice automatica.

Izumi si ritrova a digrignare i denti: gli sta a malapena lasciando il tempo di rispondere.

-Se mi lascia il tempo di spiegare… - il tono di Sero è calmo e rilassato, ma la ruga in mezzo alla fronte e le sopracciglia aggrottate tradiscono un certo nervosismo.

-Se siete davvero convinti che sia innocente… - esclama ancora l’avvocato, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri. –Come spiega la scomparsa di Jirou Kyouka? Era la sua ragazza, no?-

Izumi sapeva che sarebbe andato a toccare subito Kyouka, in fondo è la prova più schiacciante che hanno contro di lui.

-Kaminari e Jirou non stavano insieme.- risponde Sero. –E non capisco cosa c’entri con questo.-

L’avvocato ignora la sua osservazione. –Eravate amici, no?-

Adesso, Izumi non ce la fa proprio più: scatta in piedi, riuscendo a malapena a non sbattere i pugni sul tavolo. –Obiezione!-

Il giudice le lancia uno sguardo quasi riconoscente. –Accolta. Si limiti a porre domande sul caso.-

L’accusa sbuffa infastidito, sibilando un “non ho altre domande.” prima di tornare al suo posto. Ma a Hiroshi, e men che meno a Izumi, sfugge lo sguardo vittorioso dell’uomo: è riuscito a metterli in difficoltà, e se Izumi non pensa a qualcosa in fretta sono spacciati.

E il processo è appena iniziato.

Si volta in dietro, cercando con lo sguardo Todoroki – ma lui scuote la testa, segno che non ha ancora nessuna notizia da Momo.

Nessuno degli altri testimoni migliora la situazione di Kaminari, e il nervosismo di Izumi comincia a essere più palese quando anche Ashido – la migliore amica di Denki e la sua terzultima testimone – viene messa alle strette dall’accusa. Mosso forse a compassione, il giudice dichiara conclusa la prima udienza, lasciando a Izumi un po’ di tempo per sfogarsi e riordinare le idee.

 

 

 

 

 

 

B.D.P.P.: Breve Delirio Post Partum

Piccolo capitoletto di passaggio che in origine doveva essere unito al capitolo successivo, ma sarebbe venuto troppo lungo e ho preferito spezzarlo. Non c’è molto da aggiungere, stiamo arrivando verso la fine, il prossimo capitolo segnerà il primo vero bivio tra il finale felice e il finale angstBandersnatch mi sta condizionando troppo, perdonatemi. Come sempre, grazie per essere passati di qui! Ci rivediamo nelle recensioni, se vorrete farmi sapere cosa ne pensate.

Maki

 

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Capitolo 7
*** Nutrirsi di caos ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

VII: Nutrirsi di caos

 

 

 

 

 

 

Niente cambia,

tutto resta,

si mangia la tua forza

e alimenta la vergogna.

Kate Tempest, “Let them eat Chaos”

 

 

In other faces the eyes twitch and switch back and forth.

King falls, queen falls, silence shouts.

[…]

…the light is leaving us all.

Current 93, “Bright Dead Star”

 

 

 

I giornalisti, fuori dal tribunale, la assalgono come un branco di lupi su una carcassa, sperando forse in qualche ritrattazione. Ma Izumi non cede e non arretra di un solo passo, continuando a scendere le scale velocemente ma senza troppo fretta, cercando di non dare a vedere il suo tormento interiore.

-Il mio assistito è innocente, e farò di tutto per evitare che lo condannino a morte.- sentenzia. –Per il resto non ho altro da aggiungere.-

-Come pensa di rispondere all’avvocato dell’accusa?- chiede un giornalista, quasi conficcandole il microfono in un occhio. Poco distante, l’avvocato in questione è a sua volta circondato dai giornalisti, e ha un atteggiamento spavaldo e sicuro. E come dargli torto?

-Ho ancora qualche testimone da chiamare a deporre, non mi do per vinta.-

Ecco. L’ha appena fatto. Ha imparato a mentire.

Non si sfoga fino a quando non rimane da sola con Hiroshi: scaglia la propria borsa contro la libreria del soggiorno, iniziando poi a camminare avanti e indietro.

-Se ti agiti è ancora peggio.- sbotta Hiroshi, osservandola fare avanti e indietro per la stanza. –Cerca di calmarti… -

-Calmarmi?!- strilla lei. –Non so se te ne sei accorto, ma la situazione è precipitata! Se non trovo una soluzione in fretta il processo si chiuderà qui!-

-Abbiamo ancora la testimonianza di Todoroki e Bakugou… - cerca di farla ragionare, ma Izumi scuote la testa: non basterà la loro testimonianza a salvare Denki, serve un vero e proprio miracolo a questo punto.

-Non bastano. Mi serve una testimonianza più solida e più… più attendibile... – inizia a vedere tutto sfocato e le manca improvvisamente il fiato.

-Oddio, no.- Hiroshi la abbraccia forte, cullandola, mentre lei inizia a piangere. –Lo sapevo che sarebbe finita così… -

Lo sapeva che sarebbe crollata, prima o poi. Lui le aveva detto di lasciar perdere e di accettare la sconfitta, ma ovviamente non gli ha dato retta.

-Io… - singhiozza disperata. –Io non so più che cosa fare… -

-Troveremo una soluzione, vedrai.- cerca di consolarla, ma lei scuote la testa: non hanno più tempo, ormai potrebbero condannarlo da un momento all’altro e lei non potrebbe fare altro che stare lì a guardare.

 

-Cosa ti piacerebbe fare, una volta uscito da qui?- gli chiede, mentre poggia le carte sul tavolo di fianco al sacchetto con l’hamburger.

Denki solleva le spalle e inizia a mangiare. –Non lo so… Di sicuro riuscire a trovare un lavoro.-

-Potresti iniziare la carriera da Eroe, no?-

Lui la guarda come se le fosse spuntata una seconda testa. –Izumi, anche se dovessi riuscire a dimostrare che sono innocente sono pur sempre un criminale. Nessuno mi vorrebbe. Per di più non ho neanche finito gli studi.-

-Ti scoraggi molto in fretta, giovanotto.- scuote la testa.

-Non tutti sono testardi come te, lo sai?- sbuffa Denki, finendo il panino. –Ora vuoi rispondere a quella domanda?-

-Quale domanda?-

-Perché ti sei intestardita così tanto con me?- domanda il ragazzo. –Perché hai voluto aiutarmi anche quando continuavo a dirti che non volevo l’aiuto di nessuno? Ero colpevole, agli occhi della gente lo sono ancora… Quindi perché?-

Izumi resta in silenzio qualche secondo, prima di prendere un profondo respiro. –Il mio ex era un psichiatra. Lavorava per la polizia, era specializzato nei profili psicologici di tipo maniacale e nel trattamento del delirio di onnipotenza.-

-E questo che c’entra?-

-Adesso ci arrivo.- Izumi incrocia le braccia al petto. –È successo… tre anni fa, più o meno. Era stato arrestato il figlio quarantenne di un vecchio ingegnere in pensione con l’accusa di aver rapito e ucciso quattro ragazze in dodici anni. Il mio ex mi ha praticamente pregata di farmi affidare il caso, perché lui era sicuro dell’innocenza di quell’uomo. Almeno, per quanto riguardava tre delle quattro poverine.-

-Non capisco… -

-Mi spiego meglio.- Izumi appoggia i gomiti sul tavolo. –Il mio ex ripeteva sempre che, in media, un assassino commette venti errori durante l’esecuzione di un omicidio. Di questi venti, diciannove sono errori di cui nemmeno lui si accorge. Sono errori dettati… dalla fretta, dall’inesperienza, dall’ansia. Ma ce n’è uno, uno solo, che è volontario.-

-Come puoi commettere volontariamente un errore?- Denki ridacchia. –Cioè, è da idioti.-

-Vero, ma è qualcosa che anche inconsciamente l’assassino fa. Lascia una firma, come un pittore alla fine del quadro, come per dire: “Guardatemi, ehy, sono stato io!”. Non ti puoi vantare con nessuno di aver ucciso una persona, così lasci un piccolo indizio di te sulla scena del crimine.-

-La vanità è il peccato del diavolo… - mormora il ragazzo.

-Il mio ex era arrivato alla conclusione che le firme tra i primi tre omicidi e il quarto erano diverse e quindi non poteva essere lui.- Izumi annuisce. –Tutto questo discorso per dirti che mi sono così tanto intestardita con te perché mi sono accorta che da tutti i reperti che ho avuto dalla polizia non riuscivo a ricavare una firma. Un qualcosa che mi facesse pensare: “Sì, è vero, è stato Denki.”-

-Per questo non mi hai mai creduto.-

Izumi sorride. –Per questo non ti ho mai creduto.-

 

 

Ritornato in cella, Denki fissa il muro di fronte a sé senza davvero vederlo. In fondo ci aveva davvero creduto, alle promesse del suo avvocato, ma non aveva messo in conto della realtà dei fatti – nessuno gli crede, nessuno gli crederà mai, perché hanno tutti bisogno di un capro espiatorio da sacrificare per avere la coscienza pulita. È triste, ma purtroppo è così.

Si tira lentamente in piedi, avvicinandosi alle sbarre per attirare l’attenzione del secondino di guardia. –Senti, posso fare una telefonata?-

Questi lo scruta, avvicinandosi di un passo. –Non puoi chiamare il tuo avvocato, lo sai.-

-Non voglio chiamare lei.- scuote la testa. –Volevo chiamare un’altra persona… -

La guardia soppesa per qualche istante la richiesta, prima di sbuffare e cercare tra le chiavi quella che apre la sua cella. –Va bene, hai cinque minuti. Non di più.-

Denki sorride. Saranno sufficienti.

Viene scortato in silenzio fino al telefono più vicino. Il secondino si ferma qualche passo più indietro, abbastanza vicino da impedire qualsiasi tentativo di fuga ma abbastanza lontano da lasciargli un po’ di privacy. Compone lentamente quel numero che conosce a memoria e lascia che suoni a vuoto, paziente.

«Ciao, al momento non posso rispondere. Lascia un messaggio e vedrò di richiamarti al più presto e poi il segnale acustico e a Denki si bloccano le parole in gola. Prende un profondo respiro.

-Ciao, sono io.- esordisce, e non riesce a non sorridere nell’immaginarsi la sua espressione. –Sai, è un po’ strano chiamarti così, in questo momento… Forse sto diventando ancora più stupido di quanto non fossi prima.-

Ridacchia, e quasi riesce a immaginarsi la sua voce che gli risponde. Sente le lacrime salirgli agli occhi. –In fondo ci ho creduto, sai, che Izumi sarebbe riuscita a dimostrare che sono innocente. E invece eccomi qui, a sbattere di faccia con la realtà dei fatti… E fa male. Fa davvero, davvero male.-

È costretto ad appoggiarsi al muro perché sente le gambe cedere, e mentre si passa la manica della tuta sugli occhi la guardia alza tre dita: sono già passati tre minuti? Sono passati così in fretta? –Non ho molto tempo, tra poco devo tornare indietro, ma volevo che sapessi che non mi pento di quello che ho fatto. Lo rifarei ancora, altre mille volte, se necessario… E mi dispiace che sia finita così… Avrei voluto almeno dirti che ti amo, Kyouka.-

Le lacrime gli rigano il viso e non prova nemmeno a contrastarle o ad asciugarle, lasciandole scorrere lente fino al mento. –Ti amo, Kyouka. Volevo solo che lo sapessi.-

-Tempo scaduto.- il tono della guardia è distaccato ma nasconde una certa sofferenza, forse anche lui ha una ragazza che ama.

Denki annuisce, riagganciando la cornetta. –Ho finito. Tanto non avrebbe potuto rispondermi.-

 

-C’è qualcosa che devi dirmi, Pikachu?-

-Mh? No, perché?-

-…sei distratto. E pensieroso.-

-Ah, no, tranquilla! Sono solo un po’ stanco.- “Sto pensando che ho appena sprecato un’altra occasione per dirti che ti amo, come sono idiota.”

-…mh, okay. Buonanotte, Pikachu.-

-‘Notte... -

 

 

Di solito odia lasciarsi prendere dalle emozioni e agire senza pensare, ma in questo caso Shouto non si pente di essere salito sul primo volo per Sapporo per andare da lei – e ora sta procedendo a passo di marcia, dopo tutti i chilometri in macchina dall’aeroporto a lì, lungo il vialetto della villa. Non si scomoda nemmeno di usare il citofono, preferendo prendere a pugni il legno blindato del portone.

-Ma che modi sono, insomma!- bercia una voce che non è quella di Momo, mentre la porta viene aperta e accostata. Non dà nemmeno il tempo a Recovery Girl di chiedergli chi sia: spalanca la porta e si precipita all’interno, lanciando le scarpe da qualche parte nell’ingresso. –Ma insomma! Almeno chiedere permesso!-

Ma Shouto nemmeno la ascolta, camminando a passo di carica verso il salone. C’è una luce accesa, magari Momo è ancora alzata a leggere con la sua amata tazza di tè alla lavanda. –Sappi che non me ne vado finché non mi dai una spiegazio… -

Non è Momo, la persona seduta su quella poltrona, e Shouto passa in breve tempo dalla rabbia allo stupore alla preoccupazione e poi di nuovo alla rabbia: stringe così forte i pugni e i denti che si fa male da solo, imponendosi di stare calmo e non sfogarsi con la persona sbagliata.

-…ehm. Ciao?-

-Recovery! Che succede?- Momo si precipita giù dalle scale in vestaglia e pantofole, forse stava andando a dormire, e con la coda dell’occhio Shouto la vede sbiancare e iniziare ad agitarsi. –Aspetta, aspetta. Lasciami spiegare… -

Shouto non dice una sola parola, limitandosi a osservarla con uno sguardo affilato - Momo può contare sulle punte delle dita di una mano sola, la volte in cui l’ha visto davvero arrabbiato.

Questa è una di quelle.

 

 

La mattina dopo, quando la guardia gli annuncia di avere una visita, di certo non si aspetta loro.

È quasi tentato di chiedere al secondino di riportarlo in cella, perché non crede di essere pronto abbastanza per affrontare i genitori di Kyouka. Aizawa lo guarda dall’altro lato della stanza, in silenzio, e gli mette i brividi.

-Io… - balbetta, pensando a cosa può dire, ma Jirou Kyoutoku lo ferma immediatamente.

-Non serve che tu dica niente, sono qui perché ti devo delle scuse.- sentenzia. –Mi dispiace averti accusato di qualcosa che non hai fatto, non solo della morte di Kyouka.-

Denki è senza parole. Boccheggia, il cervello chiuso in una bolla d’aria rarefatta che non riesce a formulare un pensiero coerente, mentre fissa la coppia con gli occhi sgranati. –Voi… -

-Ti crediamo, Denki.- mormora Mika, togliendosi gli occhiali per asciugarsi le lacrime. –Non avresti mai fatto del male a nostra figlia. Se sei stato disposto ad accusarti ingiustamente, non puoi averla uccisa.-

-Ma non capisco perché mentire.- si intromette il professore. –Perché farti questo, Kaminari?-

-Perché non mi è venuto in mente nient’altro.- riesce a rispondere. –E perché non avevo più niente da perdere.-

Kyoutoku fa un passo verso di lui, posandogli le mani sulle spalle. –Avevi la tua vita. Perché hai rinunciato a tutto per Kyouka?-

-…lei non avrebbe fatto lo stesso per proteggere sua moglie?-

Quella risposta lascia i tre adulti senza parole. A rompere il silenzio è Mika. –Proteggerla da cosa?-

Denki apre la bocca per rispondere, ma viene interrotto dall’ingresso di un gruppo di secondini.

-Scusami, ragazzo.- è lo stesso della sera prima, che lo costringe ad allontanarsi da Kyoutoku con una spinta leggera alla spalla. –Dobbiamo andare.-

-Ma cosa..?- riesce a mormorare, spaventato. –Che sta succedendo?-

L’uomo punta gli occhi nei suoi, sorprendendolo con uno sguardo triste e rassegnato. –Dobbiamo eseguire la condanna.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.P.L.: Deliri Pre Linciaggio

Okay, me lo merito, anche solo per il fatto che vi farò aspettare un mese per il prossimo capitolo e per non aver mantenuto la parola e non aver postato ieri sera.

È tutta colpa di Kingdom Hearts e di Sora, lo giuro, quel tappetto molto cheeky e sassy mi era mancato da morire.

Detto questo *indossa elmetto* Procedete pure. Solo, se potete, evitate di bruciarmi/affogarmi viva, mi sanno di morte molto dolorosa. Per il resto, bazooka, bombe a mano, veleni, padelle, keybladebring it on.

Maki

 

 

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Capitolo 8
*** Dimostrazione di libertà ***


Okay, okay, fermi. Ci tenevo a dirvi una cosa importante, che riguarderà la pubblicazione degli aggiornamenti.

Sì, sono tornata dalla mia settimana full immersion e sono stata assunta come animatrice in un villaggio turistico per la stagione che va da aprile fino a inizio/metà ottobre, indi per cui sarò veramente impegnata e non so quanto tempo riuscirò a dedicare alla scrittura. Prometto, come impegno nei confronti di voi lettori che mi seguite sempre e comunque, di postare almeno un aggiornamento al mese, ma non credo di riuscire a rispondere alle vostre recensioni in tempi molto brevi. E questo vale anche per le recensioni alle storie che seguo, ovviamente.

…a meno che io non mi riduca alle tre del mattino e potrebbe essere un problema, soprattutto per voi. La me delle tre del mattino è un pericolo pubblico.

Detto questo, se volete sapere se sono viva o morta o semplicemente sapere cosa sto facendo potete seguirmi su twitter o instagram – che penso saranno i due social che userò di più. Trovate i link nella pagina autore.

Questo messaggio verrà copia-incollato anche su Hopeless Wanderers, quindi se lo avrete già letto qui potrete tranquillamente saltare la intro.

 

 

 

Ah, un’altra cosa. Se questo capitolo è qui, oggi ventuno di marzo, dovete soltanto ringraziare le soundtracks di Final Fintasy XV. Sono state davvero di grande aiuto, oltre che un’ottima fonte d’ispirazione. Senza di loro sarei ancora in alto mare.

Spero di non aver toppato la traduzione dal latino di Somnus, welp, sono anni non faccio una versione e ho tradotto piuttosto a braccio. In caso, se tra di voi qualche latinista ha delle correzioni da farmi notare o una traduzione migliore/più precisa non esiti a dirlo!

 

 

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

VIII: Dimostrazione di libertà

 

 

 

 

 

 

Fu una grande idea quella di assumersi spontaneamente

anche il castigo per un delitto inevitabile, per dimostrare così,

attraverso la perdita della propria libertà, questa libertà stessa.

Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, “Lettere filosofiche

su dogmatismo e criticismo”

 

 

Et nocte perpetua, in desperatione,

auroram videre potest

mane tempus expergiscendi.

[E in questa notte infinita, nella disperazione,

egli potrà vedere l’aurora

che lo sveglierà il prossimo mattino.]

Yoko Shimomura, “Somnus”

 

 

 

 

Gli è improvvisamente crollato tutto il mondo addosso, con la stessa potenza di uno Smash di All Might nei suoi tempi d’oro.

-Dobbiamo eseguire la condanna.-

Che significa che devono eseguire la condanna? C’è un processo in corso! Non possono farlo!

…vero?

-Aspettate un attimo, deve esserci un malinteso!- aveva esclamato Mika, cercando di fermarli. Ma l’uomo aveva scosso la testa.

-Mi dispiace, signora. Nessun malinteso.- e con quelle parole lo avevano portato via, nemmeno lui sa dove – non vede niente perché i suoi occhi si sono riempiti di lacrime anche se non riesce a piangere e le sue orecchie sono piene di quel fischio assordante tipico di quando si trovava vicino allo scoppio di un’esplosione di Bakugou. Si lascia trascinare come una bambola, reagendo solo quando sente qualcuno pronunciare il suo nome.

-Detenuto 52368, Kaminari Denki.- sentenzia questa persona, mentre qualcuno lo spinge verso il cappio. –Con l’accusa di associazione a delinquere, tentato omicidio plurimo, omicidio preterintenzionale e occultamento di cadavere aggravato da futili motivi, è condannato a morte.-

Sente la corda premere contro la gola, già stretta abbastanza, e chiude gli occhi.

Nella mano stringe la foto di Kyouka.

 

 

 

 

 

 

 

 

Inizia tutto con un rumore. Un rumore assordante che fa sobbalzare tutti quanti sulle proprie sedie.

-…qualcuno della sezione supporto ha fatto esplodere qualcosa?- mormora Hagakure, agitandosi sulla propria sedia mentre Aizawa si sporge verso la finestra per accertarsene.

Quando lo vedono impallidire e sgranare gli occhi capiscono che no, non è la sezione supporto che ha fatto esplodere qualcosa. –Ragazzi, tutti fuori.-

-Eh?-

-Cosa?-

-Che sta succedendo?-

-Ho detto tutti fuori!- grida allora Eraser Head. –Siamo sotto attacco! Tutti fuori!-

Non se lo fanno ripetere due volte: si precipitano in corridoio e giù dalle scale, Aizawa davanti a loro a guidarli in quel marasma di studenti urlanti e terrorizzati.

Sono quasi arrivati nel cortile, quando alle urla di paura si uniscono risate gracchianti e grida di dolore.

-Villains!- urla Shoji, per farsi sentire oltre le grida. –Sono i Villains!-

-Siamo in trappola!- Ochaco inizia a tremare. Bloccati in quello stretto corridoio, ammassati uno sull’altro, gli studenti sono prede fin troppo facili in quel momento, anche per i Villains più deboli e prevedibili.

Per questo Aizawa e Vlad King hanno urlato il loro consenso e dato la possibilità a chi poteva di difendersi: a forza, a suon di esplosioni, calci e pugni, il corso Eroi riesce ad aprire la strada agli altri, sbaragliando i Villains come se fossero birilli.

-Attente!- l’urlo di Kaminari costringe Shouto, rimasto indietro rispetto agli altri, a paralizzarsi sul posto, lasciandolo a osservare il Villain piombare tra lui e la coda del gruppo. Kaminari è riuscito a far arretrare Jirou e Momo quel tanto che basta perché non venissero ferite e ora si frappone tra questi e le ragazze.

-Kaminari!- urla attirando la sua attenzione, ma il biondo scuote la testa.

-Raggiungi gli altri, noi usciremo da un’altra parte!- Momo stringe forte l’orlo della sua giacca, mentre Jirou è quasi totalmente nascosta dietro la sua schiena. –Staremo bene, vai!-

Dopo un attimo di indecisione, Shouto torna sui propri passi e inizia a correre verso l’esterno e Kaminari sfrutta la momentanea distrazione del Villain per allontanarsi.

-Di qua!- esclama Denki, afferrando Kyouka per un polso e facendo cenno a Momo e agli altri studenti della 2-B di seguirlo. –Prendiamo le altre scale. Proviamo a uscire da lì.-

-Dove credete di andare?!- il Villain li insegue fino a quando Denki spinge Kyouka in avanti e si ferma in mezzo al corridoio, scaricando sul nemico una quantità di Volt sufficiente a stordirlo senza subire lui stesso i danni del colpo.

Ma lui e Kyouka non fanno che pochi passi, quando un altro Villain si staglia davanti a loro, sbarrando loro la strada e separandoli dagli altri.

-Merda!- sibila Denki, stringendo la mano di Kyouka e attirandola verso di sé per proteggerla.

-Di qua, Pikachu!- Kyouka lo strascina verso le scale giusto un attimo prima che il Villain si avventi su di loro, poi conficca gli spinotti nel soffitto sopra la testa del Villain e lo fa crollare, imprigionandolo nelle macerie. –Andiamo!-

Scendono le scale inciampando nei loro stessi piedi, Denki non lascia andare la sua mano nemmeno un secondo. Arrivati al piano di sotto, entrambi senza fiato, si sporgono verso le finestre che danno sul cortile.

-Merda, siamo circondati!- esclama Kyouka. –Come hanno fatto a entrare in così tanti senza che ce ne accorgessimo?!-

-Non lo so.- ammette il ragazzo, sobbalzando quando un gruppo di Villains si avvicina a loro da sinistra. Iniziano a correre nella direzione opposta, Kyouka una manciata di metri di fronte a lui. Lui che rimane indietro per stordire e rallentare i Villains e non si accorge che la ragazza ha già svoltato l’angolo e ha continuato a correre.

Si accorge che qualcosa non va solo quando la sente urlare di dolore.

 

 

Kyouka comincia a pensare che forse non ce la faranno a uscirne vivi, non in queste condizioni. Sono in troppi e sono forti, mentre loro sono soli e, anche se le duole ammetterlo, ancora troppo inesperti per cavarsela in situazioni come questa.

Ed è con questo pensiero in testa che svolta l’angolo a velocità folle e senza voltarsi indietro, pestando qualcosa con il piede e rischiando di cadere.

A primo acchito sembra fango, o creta, ma Kyouka non ha il tempo di capirlo con certezza: di fronte a lei, con la divisa femminile della UA perfettamente in ordine, si staglia Toga Himiko con il suo solito sorriso inquietante.

-Oh, questa non ci voleva… - sussurra la Villain, scrollandosi di dosso gli ultimi rimasugli di quella sostanza. –Mi hai vista. Così non si fa.-

Poi recupera un’altra fiala dalla tasca della giacca, la stappa e inizia a berla.

Kyouka si volta proprio in quell’istante, quel soprannome stupido che lei stessa aveva affibbiato a Kaminari sulla punta della lingua. -Pik…!-

…ma è un urlo di dolore, quello che esce dalle labbra, quando qualcosa di affilato, simile a mille coltelli, affonda nel suo stomaco e la lancia lontano: Kyouka cade di schiena sul linoleum del corridoio con quello che pare un enorme lupo che stringe senza pietà le fauci intorno al suo busto.

È ormai inerme e poco cosciente, quando Denki piomba sulla schiena dell’animale e lo allontana. Lo blocca a terra, le mani strette intorno al collo e la paura impressa a chiare lettere negli occhi dorati.

-Non osare avvicinarti di nuovo a lei, brutto stronzo!- lo sente urlare, mentre delle potenti scariche elettriche si concentrano sulla testa del Villain, che urla di dolore e si accascia a terra con viso bruciato. Poi si precipita da lei, spingendola delicatamente distesa sulla schiena e impallidendo quando vede la ferita.

-Pikachu… - mormora appena, forse per rassicurarlo. Perché sarebbe andato tutto bene.

Ma Denki è nel panico e non sa cosa fare. -No, no. Non parlare, non muoverti… Oddio.-

-Fa ma… male… Ho freddo… - cerca di sollevarsi, forse per avvicinarsi di più a lui e cercare un po’ di calore.

-Non muoverti, scema!- la ferma spingendola di nuovo per terra. Poi sembra ripensarci e la solleva tra le braccia. -E non parlare, adesso… Adesso ti porto via da qui… -

-…stai piangendo.-

-Ti ho detto di smetterla!- la sgrida lui, stringendola a sé incurante del sangue. Inizia a correre, più veloce che può.

-Scusa… -

-Smettila!-

-Scusami… Denki… -

E tutto diventa nero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli ultimi giorni Izuku è veramente, veramente troppo stanco, così stanco che sarebbe in grado di dormire un giorno intero. Eppure quella mattina è già in piedi prestissimo, quando Inko scende in cucina per prepararsi un caffè prima di uscire a fare la spesa.

-Izuku? Va tutto bene, tesoro?- domanda preoccupata, attirando la sua attenzione. Izuku solleva il viso e le sorride.

-Sto bene, mamma. Non preoccuparti..- ha una gamba piegata verso il petto e il mento appoggiato sul ginocchio ed è esausto, Inko può dirlo con assoluta certezza. –Non riesco a dormire… -

-È successo qualcosa durante il pattugliamento?- chiede ancora, avvicinandosi ai fornelli per preparare la caffettiera. Prende anche il bollitore e una tisana.

-No, è stata una notte piuttosto tranquilla… - sospira. –Sono preoccupato per Kaminari.-

Inko mette una tazza di tisana alla valeriana sul tavolo e gli posa una mano sulla schiena. –Vedrai che andrà tutto bene, Izuku. La signorina Kobayashi sembra in gamba e molto competente, riuscirà ad aiutarlo.-

E Izuku non riesce a non sorridere, perché anche lui crede che Kobayashi ce la farà. Ma la preoccupazione non lo abbandona, nemmeno quando cerca di dormire un paio d’ore – e viene anche disturbato dalla vibrazione del telefono, ancora abbandonato in una delle tasche del suo costume da eroe.

-…Todoroki?-

-Tu hai il numero dell’avvocato di Kaminari, vero?- la voce di Shouto è agitata e… controllata, come se stesse cercando di trattenersi dal fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi.

-Ehm, sì… Dovrei cercarlo… - balbetta. –Perché?-

–Se mi mettessi a spiegarti cosa è successo impiegherei troppo tempo. Mi serve quel numero, Midoriya. Ora.-

 

 

Eijirou è esausto.

Anzi, esausto sembra quasi riduttivo: è letteralmente a pezzi. Crede di aver male anche a muscoli che non sapeva di avere.

Perché si lascia sempre fregare a fare gli straordinari? Forse Katsuki ha ragione: è troppo imbecille per capire che lo stanno prendendo in giro.

Sta ancora cercando le chiavi di casa in una delle tasche del borsone quando si accorge che la luce della cucina è accesa – strano, di solito nessuno è sveglio così presto, in casa sua. Lui è sempre il primo a saltare giù dal letto…

Sua madre, affacciatasi dalla finestra, lo vede avvicinarsi e si volta di nuovo, annunciando il suo arrivo a chiunque sia con lei in cucina. La porta d’ingresso si spalanca e Katsuki esce a passo di carica, seguito da Mina e Sero. Quest’ultimo gli sorride, come per scusarsi, e gli porge un bicchiere da asporto con del caffè.

-Ehy.- li saluta, sollevando una mano. –Che ci fate qui?-

Katsuki nemmeno si ferma, continuando a camminare spedito come un treno. –Dobbiamo andare.-

-Non possiamo rimandare?- sbuffa, pregandoli con gli occhi. –Sono esausto, ragazzi, e non vedo il mio letto da quasi ventiquattro ore. Sapete, sono sicuro che gli manco tanto.-

-Potrai dormire in aula, tesoro.- risponde Mina, battendogli una mano sulla spalla. -…o forse è meglio di no, visto che potresti russare. Che tu sappia, Kirishima russa, stellina?-

-Un’ora fa mi ha chiamato l’avvocato di Kaminari.- sbuffa il biondo, ignorando la domanda della ragazza. –Sta facendo il giro di telefonate per rintracciare tutti quanti.-

Quando sente nominare Denki, Eijirou si allarma immediatamente. -Che è successo?-

Katsuki sussurra qualcosa a mezza bocca ed lui crede di aver capito male. Per questo gli chiede di ripetere.

No, il sonno non gli ha giocato brutti scherzi: aveva capito benissimo.

-…stai dicendo sul serio?- sussurra, sconvolto.

-Ti sembra che possiamo scherzare su qualcosa del genere?- domanda Hanta ed Eijirou pensa che no, li conosce abbastanza da esserne praticamente certo.

-…porca miseria.- mormora, ma i tre riprendono a camminare, ignorandolo, ed Eijirou non può fare altro che seguirli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.P.P.: brevi Deliri Post Partum

Ci tenevo soltanto a dirvi che i prossimi capitoli sono quasi pronti, sono solo da montare come i Lego. Per decidere come montarli, e quindi scegliere il finale felice o il finale angst, lancerò la monetina neanche fossi Due Facce. Quindi tutto quello che sarà scritto nei prossimi aggiornamenti sarà deciso dalla sorte, io non avrò alcun tipo di potere.

Maki

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Capitolo 9
*** Prigioniero del Sistema ***


ATTENZIONE, ATTENZIONE. MESSAGGIO CHE È STATO COPIA-INCOLLATO DA HOPELESS WANDERERS.

Aggiornamento lampo per dire che, ahimè, il mio portatile non è stato riparato in tempo e quindi non so se riuscirò ad aggiornare nei sei mesi che starò via. Proverò a fare qualcosa dal tablet, magari senza html, ma comunque andrò avanti a scrivere. Questo è poco ma sicuro.

[spero che il mio coinquilino sia così gentile da prestarmi il suo pc per qualche ora al mese, in quel caso gli dedicherò una statua]

 

 

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

IX: Prigioniero del Sistema

 

 

 

 

Vorrei che potessimo ricominciare. 

Fingere che non sia successo niente. 

Jo Nesbø, “L’Uomo di Neve”

 

 

I've got nothing left to live for, got no reason yet to die.

But when I'm standing in the gallows I'll be staring at the sky.

 Hurts, “Somebody to die for”

 

 

 

Sembra che il tempo si sia fermato, cristallizzato in un attimo – in punta d’alluci esattamente sull’orlo del burrone, in equilibrio tra la vita e la morte. La corda intorno al collo preme sulla gola e le gambe tremano, ma gli pare che tutto il mondo abbiamo smesso di muoversi.

Tiene gli occhi chiusi, in attesa, aspettando – ed è un’attesa snervante, vorrebbe che finisse in fretta, in un attimo, perché non ce la fa davvero più.

-Sospendete la condanna.- apre di scatto gli occhi quando sente un paio di mani fredde sul collo che lentamente sfilano il cappio. Quando piega la testa, la prima cosa che vede è il viso severo di un uomo anziano, che tiene le mani sulle sue spalle per allontanarlo da lì.

-Ma… Direttore…!-

-Ordinanza del giudice.- ribatte questi. –Il suo avvocato ha portato una prova per la sua innocenza. Il processo dovrà andare avanti, e quindi la condanna è sospesa fino a nuovo ordine.-

Denki impiega qualche secondo a comprendere quelle parole. Forse nemmeno le comprende appieno.

-Non ho capito che cosa sia appena successo, ragazzo.- mormora uno dei secondini, riaccompagnandolo verso la stanza dei colloqui. –Ma devi davvero ringraziare la tua buona stella.-

È solo quando la porta della sala colloqui si riapre, che Denki riesce di nuovo a respirare.

La prima a notarlo è Mika, che immediatamente scatta in piedi; Kyoutoku, invece, si accascia sulla sediolina emettendo un sospiro di sollievo.

-Credo di essere appena invecchiato di quarant’anni.- sussurra, gli occhi socchiusi che fissano il soffitto senza davvero vederlo. Aizawa si limita ad annuire, anche lui visibilmente più pallido e teso.

Izumi, che ancora indossa il completo antracite dell’udienza e pare più stanca di tutti gli altri, smette improvvisamente di camminare in cerchio e corre verso di lui. Deve aver pianto, perché ha gli occhi rossi e il trucco rovinato ed è pallida, Denki crede di non aver mai visto nessuno così.

-Denki!- Izumi gli lancia le braccia al collo, scoppiando di nuovo a piangere. –Grazie al cielo, ho fatto in tempo! Mi dispiace tanto!-

Gli tremano le mani, quando ricambia impacciato l’abbraccio del suo avvocato, mentre lei continua a piangere contro la sua spalla – poi realizza cosa è appena successo e gli cedono le ginocchia: crolla a terra, trascinando Izumi con sé. Si aggrappa alla giacca di Izumi come per cercare una prova che non sia tutto un sogno, piegando la testa verso la sua spalla, e sente la sua mano che gli sfiora piano i capelli. Poi Izumi smette di piangere, si asciuga le lacrime a si alza in piedi, respirando profondamente un paio di volte.

-Ma non è ancora finita.- esclama. -Dobbiamo ancora portare le loro testimonianze in tribunale e io devo pensare a un’arringa abbastanza convincente… -

Quelle parole riportano Denki con i piedi per terra. Alza gli occhi su di lei, ancora seduto sul pavimento. –Come hai fatto a fermare la condanna?-

Izumi gli sorride, raggiante nonostante sia stremata. –Beh, ho semplicemente dimostrato che avevo ragione.-

Hiroshi apre la porta proprio in quel momento. –Il capo non è ancora in ufficio, appena sa qualcosa di più preciso ci farà sapere.-

Izumi annuisce, mentre Aizawa inarca un sopracciglio. –Vi dirà qualcosa su cosa?-

-Come risolvere il pasticcio che è stato creato.- risponde ancora Hiroshi. –Un pasticcio che salverà la situazione, però.-

Denki sente chiaramente Todoroki e Yaomomo litigare in corridoio – in tutti gli anni che lo conosce, crede di non aver mai sentito Shouto alzare così tanto la voce. Ora sembra veramente furioso, per questo sussurra: -Che cosa sta succedendo?-

-Succede che sono la migliore nello sfasciare matrimoni, ancora prima che questi avvengano.-

Denki sgrana gli occhi, perché quella voce l’ha sentita per due anni solo nei suoi sogni – e ha paura a sollevare la testa, perché pensa che sia una sua immaginazione, che non sia lì, poi sente Kyoutoku e Mika gridare il suo nome e ci crede un poco di più.

-Kyouka!-

-La mia bambina!-

Alza gli occhi lentamente, a rallentatore, pregando che non sia davvero tutto frutto della sua immaginazione. Ma Kyouka è davvero lì, stretta tra le braccia dei suoi genitori – non la sta sognando, ne ha la conferma quando lei fa un paio di passi avanti e si inginocchia di fronte a lui che non si è mosso di un solo millimetro da quando l’ha vista.

-Sei un idiota, Pikachu.- sussurra, sorridendo.

-…sei davvero qui.- biascica, gli occhi che improvvisamente si fanno lucidi. –Sei qui.-

Kyouka annuisce e le lacrime cominciano a rigare il viso stanco e pallido di Denki, che però si apre anche in un sorriso.

–Stai bene. Sei qui.-

–E un po’ sono anche arrabbiata con te.- mugugna, ma non si ritrae quando Denki l’abbraccia così forte da farle male, scoppiando a piangere.

È un pianto liberatorio, fatto di singhiozzi e frasi sconnesse, in cui Denki riversa tutte le emozioni delle ultime ore – dal senso di sconfitta alla disperazione alla paura di morire fino alla consapevolezza di avercela fatta, di essere riuscito a superare tutto quanto, di essere ancora vivo, di avere di nuovo Kyouka vicino.

Izumi gli posa una mano trai capelli in un’imitazione di una carezza, mormorando che gliel’aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per tirarlo fuori da lì.

 

–A costo di risvegliare i morti?-

-A costo di risvegliare un morto che non credo sia morto, esatto.-

 

Izumi non può lontanamente immaginare quanto le sia grato, in questo momento.

Momo rimane ferma sulla soglia, lo sguardo basso e il labbro inferiore trai denti, come se cercasse di non scoppiare a piangere.

-Perché, Yaoyorozu?- chiede Aizawa, studiandola. –Perché hai nascosto Jirou a casa tua?-

-Io… Io non... - mormora Yaoyorozu. –Non ho pensato alle conseguenze di quello che stavo facendo… -

-Yaomomo, se non fosse stato per te probabilmente sarei morta.- ribatte Kyouka, staccandosi dall’abbraccio di Denki. –Hai fatto quello che ritenevi giusto… -

-E guarda a cosa ha portato.- Momo singhiozza. Nessuno sa come risponderle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando non li ha visti da nessuna parte, una volta scesa anche lei di un piano, Momo inizia ad andare nel panico.

-Kaminari!- strilla, vedendo tutto quel sangue sul linoleum del corridoio e temendo il peggio. –Kyouka! Kaminari! Per favore, rispondetemi!-

-Yaomomo.- la voce stremata di Kaminari le giunge alle spalle, e quando si volta sbianca per l’orrore: Kyouka è tra le sua braccia, la testa reclinata contro la sua spalla, coperta di sangue da capo a piedi.

-Kaminari! Ma che cosa… - mormora, sconvolta, ma lui non le lascia il tempo di formulare la domanda: spinge Kyouka, ormai priva di sensi e pallida come un lenzuolo, verso di lei e Momo non può fare altro che stringerla a sé.

-Non ho tempo per spiegare! Portala via da qui!-

-Sei coperto di sangue! Sei ferito?!-

-Non… Non è mio! È… - deglutisce a vuoto, le mani che tremano.

Momo non sta capendo niente. -Che cosa è successo?!-

-Sono stato io… È tutta colpa mia!- Kaminari è completamente nel panico, ma si impone di stare calmo. –Vai, cerca Recovery, portala da lei!-

Ma Momo si impunta. –E tu?-

-Io…- digrigna i denti. –Io devo trovare quella bastarda, ora vai, portala via da qui!-

E Momo inizia a correre, lasciandolo indietro.

 

 

Denki osserva Yaomomo allontanarsi di corsa con Kyouka tra le braccia. Non sa se riuscirà ad arrivare in tempo da Recovery per salvarla, ma almeno sa che è al sicuro. Per questo prende un profondo e torna sui propri passi – e la trova poco dopo, mentre tanta di scappare.

Toga Himiko avrà anche cambiato forma, ma Denki riconoscerebbe quella luce malsana negli occhi ovunque, così le balza addosso come un leone sulla preda colpendola con una ginocchiata allo stomaco. Poi solleva una mano, posandogliela con rabbia sul viso e stringendo.

Himiko, nonostante la netta inferiorità, ridacchia. –Sei davvero disposto a uccidere, Eroe?-

Il viso di Denki è una maschera impassibile sotto cui si celano odio e rabbia. –Tanto, ormai non ho nient’altro da perdere.-

“Hai cercato di uccidere Kyouka, meriti soltanto di marcire all’inferno.”

Le scariche elettriche avevano già cominciato a colpirla con gli stessi effetti di un micidiale elettroshock, ma si sente improvvisamente trascinare lontano dalla Villain: sono fili sottili e indistruttibili, a immobilizzarlo, mentre da lontano la voce di Best Jeanist gli fa comprendere cosa sia successo. Toga ride, alzandosi da terra e sistemandosi meglio la gonna.

–Sappi, Eroe, che non è finita qui. Troveremo la tua cara amica prima che possa parlare, e tu non potrai fare altro che guardare.-

Poi, veloce come era arrivata, sparisce nel nulla.

-L’abbiamo preso.- sussurra Best Jeanist. –Abbiamo il traditore.-

 

 

-Recovery!- Momo continua a urlare disperata, cercando l’infermiera ovunque. Kyouka, tra le sue braccia, è sempre più pallida e fredda.

-Smettila di gridare, ragazza, ti sen… oh santo cielo.- la vecchia infermiera sbianca e sgrana gli occhi, vedendo Kyouka. –Cosa le è successo?-

-Non lo so, un Villain deve averla attaccata.- spiega Momo, continuando a stringere Kyouka a sé. Respira ancora.

Recovery Girl utilizza subito il suo Quirk su di lei, stabilizzandola senza però riuscire a guarirla del tutto. –È troppo debole e ha perso molto sangue. Più di così non posso fare… Bisogna portarla all’ospedale più vicino.-

Ma Momo scuote la testa. –Non credo riusciremmo ad andarcene da qui, siamo praticamente circondati.-

L’infermiera stringe le labbra, pensando a una soluzione, prima di allungare le braccia e prendere Kyouka con sé. –Tu raggiungi i tuoi compagni, io la porto via da qui. Ho qualche conoscenza che può aiutarmi a farla uscire senza farci notare.-

La ragazza annuisce, tentennando un attimo prima di correre di nuovo lungo i corridoi. Inciampa più volte nei suoi stessi piedi, ma è fuori dall’edificio pochi istanti dopo, pallida come uno spettro mentre osserva con gli occhi lucidi il sangue sulle proprie mani.

-Momo!- Shouto corre verso di lei e crede di riuscire a respirare con un po’ più di facilità: stanno bene, loro stanno bene. Andrà tutto per il meglio.

-Sto bene, tranquillo.- lo rassicura, sforzandosi di sorridere. -Non mi è successo niente.-

-Questo è sangue.- mormora lui, stringendo le sue mani nelle proprie. Cielo, la sua mano destra sembra un blocco di ghiaccio mentre la sinistra un carbone ardente. Forse ha esagerato a usare il suo Quirk.

-No, non è… - balbetta, non sapendo come rispondere.

-Sei ferita?- le solleva il viso, cercando qualsiasi segno di ferita.

Ma la sua attenzione è poi calamitata verso l’ingresso dell’edificio: Best Jeanist e Gunhead escono fianco a fianco, scortando qualcuno. Momo crede di aver sentito il sangue gelarle nelle vene, quando riconosce Kaminari. Sta per correre verso di lui per liberarlo e spiegare che è tutto un equivoco, ma Denki sillaba qualcosa e desiste.

“Se sanno di lei verranno a cercarla.”

-…Momo?-

-È… è di un Villain che mi ha attaccata. Stai tranquillo, sto bene.-

 

Recovery le si avvicina qualche minuto dopo, quando finalmente Shouto la lascia sola. –È al sicuro, ma ha bisogno di cure.-

-Hanno preso Kaminari.- sussurra, tremando come una foglia. L’anziana infermiera può solo annuire. –Ha detto che se dovessero scoprire che è viva verranno a cercarla.-

-E cosa pensi di fare?-

Momo ci pensa qualche secondo, creando poi un foglietto e una penna con il suo Quirk e scribacchiando qualcosa. –Vada a questo indirizzo. È una casa di proprietà della mia famiglia che usavamo per le vacanze invernali quando era ancora viva la nonna, lì nessuno andrà a cercarla. E mi prenderò la responsabilità di tutto.-

Recovery tentenna dubbiosa prima di sbuffare, prendere il biglietto e leggere l’indirizzo. -Hokkaido, eh? Dovrò comprarmi un cappotto bello pesante.-

Shouto torna poco dopo con una tazza di tè caldo e una coperta – le mani di Momo tremano così tanto che quasi rovescia il contenuto della tazza, mentre finalmente si lascia andare e piange. Shouto la stringe piano tra le braccia, cullandola e cercando di calmarla.

…che cosa ha appena fatto?

 

 

 

 

 

 

Lo squillo del telefono di Hiroshi interrompe il silenzio surreale in cui erano caduti tutti. –Oh, buongiorno, signore… Sì… Sì, certo… Aspetti, la metto in vivavoce... Prego, parli pure.-

-Allora.- il capo di Hiroshi e Izumi si schiarisce la voce. –Innanzitutto, mi dispiace di aver dubitato di te, Kobayashi. Hai davvero superato tutte le mie aspettative.-

Izumi sorride. –Grazie mille, signore.-

-Poi, per quanto riguarda la ragazza scomparsa… - l’uomo si zittisce un secondo, riflettendo. –C’è un articolo che consente ai Pro Heroes di prendere decisioni riguardanti i testimoni di un attacco di Villains. Dovrai tirarlo un po’, ma puoi sempre sfruttarlo.-

-Cosa intende?- mormora il padre di Kyouka.

-Intendo dire che, visto che la persona che ha avuto in custodia la ragazza per due anni è un’Eroina, potremmo far passare quello che comunemente sarebbe un sequestro di persona come un sistema di protezione… Una sorta di protezione testimoni, ecco.-

-Ed è possibile?- domanda Izumi, appuntandosi tutto su un foglietto scovato in una tasca.

-Beh, lì sta tutto nelle tue abilità, Kobayashi.- sbuffa l’uomo. –Ma non ho mai dubitato della tua parlantina. Se sei riuscita a convincere il ragazzino a ritrattare la sua versione, puoi fare anche questo.-

La ragazza ridacchia. –La ringrazio per l’aiuto, signore. Scusi se l’abbiamo disturbata a un orario improponibile.-

-Sì, sì.- Izumi può quasi vedere il suo capo agitare svogliatamente una mano, come per scacciare una mosca. –Ora datti da fare, Kobayashi.-

Quando la chiamata è terminata, Izumi sembra essere tornata quella del giorno prima. –Dovremo fare un paio di telefonate.-

 

 

-…e ho concluso.- il vocione profondo dell’avvocato dell’accusa distoglie Izumi dai suoi pensieri. Sospira, imponendosi di stare calma, aspettando pazientemente che il giudice le conceda di alzarsi.

È il momento della sua arringa, si giocherà il tutto per tutto.

Denki, accanto a lei, trema come una foglia e la guarda con lo stesso sguardo di un cucciolo spaurito – lei si sforza di sorridergli, di mostrarsi sicura di sé, spera di riuscirci. Il giudice fa un piccolo gesto con il capo, permettendole di alzarsi e lasciandole la parola: Izumi si ferma a qualche passo dal banco dei giurati, fissando insistentemente le punte delle sue décolleté blu. Poi prende un profondo respiro.

-Chi è la persona più importante nella vostra vita?- domanda, a nessuno in particolare, continuando a fissare le punte delle scarpe. –Immagino che adesso che vi ho posto questa domanda, nella mente di ognuno di voi si sarà fatto strada il nome di una persona in particolare. Un figlio, un fratello, vostro padre, vostra madre, la persona che amate.-

Nella sala dell’udienza cala un silenzio teso d’attesa, rotto solo dal suono limpido dei tacchi quando Izumi si avvicina al banco dei giurati – qualcuno, tra di loro, trattiene il respiro e si muove sulla sedia agitato, impressionato dalla tenacia che legge negli occhi di Izumi.

-Ora vi chiedo: cosa sareste disposti a fare, fin dove sareste disposti a spingervi, pur di sapere quella persona al sicuro?-

Di nuovo, il silenzio regna sovrano nell’aula – Denki continua a tremare e a guardarla come un cucciolo spaurito, l’avvocato dell’accusa si sta chiedendo dove voglia andare a parare quella mocciosetta insolente e il giudice attende con pazienza di ascoltare il resto – mentre Izumi continua a parlare, con un tono di voce calmo e pacato ma deciso, come quello di un’insegnante che sta cercando di spiegare qualcosa di fondamentale alla sua classe.

-A questo stava pensando Denki due anni fa, quando i Villains hanno attaccato la UA e Kyouka era stata ferita. Non sapeva se era viva, se ce l’aveva fatta, o se invece era morta dopo averla affidata a chi sperava avrebbe saputo prendersi cura di lei. Si è soltanto chiesto: “Come posso assicurarmi che lei sia al sicuro, se fosse ancora viva? Come posso assicurarmi che non andranno a cercarla, che non le faranno del male?” E così si è preso tutta la colpa, pur essendo innocente, per proteggerla.-

Una donna, in seconda fila, ha gli occhi lucidi e i lineamenti tirati, mentre evita di incrociare lo sguardo con quello di Izumi, mentre un ragazzo in prima fila tiene la testa bassa e i pugni serrati.

-Era disposto ad accettare le conseguenze di un crimine che non ha commesso, pur di sapere che la ragazza che ama sarebbe stata al sicuro. Lo avete sentito, signori della giuria, cosa ha detto quanto il collega dell’accusa lo ha chiamato a testimoniare. “Non avevo più niente da perdere.”. Ora vi chiedo, signori, di guardarlo negli occhi e dirmi se secondo voi Denki potrebbe davvero essere colpevole. Perché io, quando lo guardo, vedo solo un ragazzo… No, vedo un Eroe che in una situazione di crisi ha pensato a proteggere chi era più in difficoltà. Ha scelto di farsi carico di un peso che non spettava a lui, perché sappiamo tutti quanti, tutti noi che siamo presenti in quest’aula, quanto sia ingiusto che a pagare per le colpe altrui siano gli innocenti.-

Izumi si ferma, sospirando e abbassando la testa mentre si appoggia con le mani al banco dei giurati. Resta immobile per qualche manciata di secondi, prima di rialzare la testa e osservare ogni singolo giurato negli occhi – qualcuno sussulta, altri ricambiano lo sguardo, altri ancora evitano di guardarla.

-Adesso che andrete nella vostra saletta per decidere il verdetto di questo processo, vorrei che ricordaste una cosa. Ricordatevi di tutte le volte in cui un tribunale come questo ha condannato un innocente. Ricordatevi di tutte le volte in cui qualcuno ha perso un figlio, un fratello, un padre, un marito, che pur essendo innocente è stato dichiarato colpevole da un tribunale come questo. Quando avrete pensato a tutte quelle volte, solo quando lo avrete fatto, fate la scelta più giusta: ridate la vita a un ragazzo innocente. Signori, ho concluso.-

Quando torna accanto a lui, Denki non ha ancora smesso di tremare.

 

I giurati sono usciti dall’aula da quasi due ore e Hiroshi è andato a prendere un caffè per Izumi e Denki, dichiarando che ne hanno davvero bisogno viste le facce pallide e stanche, lasciandoli da soli.

Quell’attesa è snervante, Izumi non ne può più, spera facciano in fretta…

-Izumi?- Denki la chiama, titubante, torturandosi il labbro inferiore trai denti.

Izumi gli sorride incoraggiante. –Dimmi.-

Denki le porge la mano, sforzandosi di non tremare. –Comunque vada… Comunque vada, volevo ringraziarti, per tutto quello che hai fatto per me.-

Izumi ricambia la stretta. Ha le mani fredde. –Comunque vada, sono io che devo ringraziare te, per aver creduto in me. E scusami, se non avrò fatto abbastanza per salvarti.-

Denki sta per ribattere quando il giudice e i giurati rientrano in aula – sia lui che l’avvocato scattano in piedi, in attesa del verdetto.

Per tutto il tempo, Izumi non lascia andare la sua mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.D.S.P.P.: Deliri Della Stressata Post Partum

TREMILA E SPINGI PAROLE DI ANGST VERAMENTE MAL RIUSCITO, CASINI VARI E IO CHE CERCO DI FARE LA FILOSOFA MA FALLISCO MISERAMENTE.

WO OOOOH

*la sedano*

Perdonatemi, sono veramente stanca. Devo essere in aeroporto domani mattina entro le quattro e dovrò andarmene di casa prima delle due, quindi non dormirò un accidente – per di più mi sta salendo la classica ansia pre-partenza(?) – e sto andando avanti a caffè.

Se non riuscissi a farmi sentire fino a ottobre, sappiate che vi voglio tanto bene e mi sento molto stronza a lasciarvi con questo cliffhanger.

 

Non lo faccio con cattiveria, non fatemi troppo male.

Maki

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Capitolo 10
*** Radice Quadrata ***


Ah, chi coglie la (velatissima?) citazione a Profondo Rosso avrà un biscotto. Chi invece non conosce il film, metta in pausa la lettura e vada a vederlo. Mi ringrazierete.

…oppure mi odierete per avervi rovinato il sonno per i prossimi mesi, ma sappiate che non mi pento di nulla.

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

X: Radice Quadrata

 

 

 

 

Questa è la fine della storia.

La storia dell’anonima fine di Radice Quadrata.

Perché lo giuro dal cuore,

se riattraversi quella dannata porta, ti chiamerò per nome.

Alessandro Mari, “L’anonima fine di Radice Quadrata”

 

 

I'll be there for you when the rain starts to pour.

 I'll be there for you like I've been there before.

I'll be there for you 'cuz you're there for me too...

The Rembrandts, “I’ll be there for you

 

 

 

 

 

 

TERMINATO IL PROCESSO SULL’ATTENTATO ALLA UA: L’UNICO IMPUTATO DICHIARATO NON COLPEVOLE.

L’unico indiziato per l’attacco al Liceo UA del 28 Novembre di due anni fa è stato assolto con formula piena da ogni reato.

A scagionarlo è proprio la ragazza scomparsa durante l’attacco e creduta morta, che in tribunale ha raccontato la verità: a causare l’attacco e a permettere ai Villains di entrare nella scuola è stata una Villain infiltratasi tra gli studenti. La Villain, già nota alle forze dell’ordine, ha la capacità di assumere le sembianze di chiunque ingerendone il sangue, ed è stato un alleato dei quest’ultima a ferire quasi mortalmente la studentessa che è rimasta in custodia per due anni presso una conoscente in uno stato di coma farmacologico, per permetterle di guarire. Tuttavia, nemmeno lei ha saputo dare un volto e un nome alla copertura della Villain, che rimane tutt’ora a piede libero insieme ad altri membri della Lega.

“È sempre stata davanti ai nostri occhi senza che ce ne accorgessimo.- ha dichiarato la ragazza durante la deposizione. -Probabilmente l’abbiamo anche guardata in faccia senza sapere che era lei.”

Il preside del Liceo UA, Nezu, ha deciso che nonostante gli anni persi i due studenti riceveranno comunque le loro licenze e saranno ufficialmente Eroi come i loro compagni di classe.[Continua a leggere]

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Un anno dopo.

Erano state due parole, a decretare la fine della loro Odissea: non colpevole.

All’unanimità, la giuria aveva deciso che Denki era innocente – una vittima degli eventi, come lo aveva definito Izumi davanti ai giornalisti, un ragazzo che è stato disposto a sacrificare tutto pur di salvare la ragazza che ama.

Certo, molti sono ancora dubbiosi della sua innocenza, ma lui è pronto ad affrontare le conseguenze del suo gesto, gesto che rifarebbe altre mille volte se questo gli assicurerebbe che Kyouka è al sicuro. E Kyouka è davvero al sicuro, ancora di più ora, pensa mentre infila nella toppa la chiave di quello che sarà il loro appartamento.

Casa loro, con le loro cose mischiate insieme – i suoi videogiochi e i vinili di Kyouka sullo stesso tavolino, così come le tazze nella credenza e un account Netflix pensato ad hoc per entrambi – e in cui, col tempo, decideranno come rimettere insieme i pezzi della loro vita, cucire una toppa su quel vuoto di due anni e ricominciare da zero.

Ancora non ci crede, per questo si guarda intorno spaesato e quasi intimorito: lo sguardo vaga sull’ampio soggiorno ancora vuoto e da arredare, il pavimento di legno un po’ rovinato e l’enorme porta-finestra che dà sul piccolo terrazzo… E la cucina, che è piccola e si farà un po’ fatica a muoversi in due, ma questo non le impedirà di riempirsi delle risate di tutti quanti – perché Denki ha intenzione di continuare la tradizione delle serate di film, non lo fermerà nessuno.

Kyouka gli si para davanti, mettendogli tra le mani una scopa e una paletta. –Muoviti, Pikachu. Tu inizi dalla camera da letto.-

-Cominci già a dettare legge?- ridacchia. –Non abbiamo neanche incominciato a convivere.-

Kyouka scrolla le spalle. –Prima o poi bisogna iniziare, quindi meglio togliersi subito il dente. Ora muoviti, non ti pago per battere la fiacca.-

Denki scuote la testa e ride ancora, ricordandole che non lo paga affatto, ma quando solleva gli occhi il sangue gli si gela nelle vene: Kyouka, in punta di piedi, cerca di appendere uno dei suoi poster alla parete del soggiorno, e la maglietta che indossa lascia scoperta una porzione di pelle abbastanza evidente da far intravedere le cicatrici che tempestano l’addome della ragazza come tanti piccoli e mortali tocchi di rosa pallido sulla pelle chiarissima. I denti di quel Villain, in un unico morso, le hanno perforato lo stomaco, il pancreas, un rene e il fegato, oltre ad averle causato danni all’intestino che era stato attraversato in più punti. È stata fortunata, però, perché sembra che nessun osso o vertebra sia stato coinvolto, altrimenti sarebbe stata spacciata.

-Ehy, Pikachu.- Denki abbassa lo sguardo, incontrando gli occhi viola di Kyouka. Quando si è avvicinata? –Smettila, non è colpa tua.-

-Ma… -

-Ho detto di smetterla, Denki.- lo interrompe, serissima. –Ti sei già fatto del male per due anni, direi che puoi smetterla di incolparti.-

-Non è così facile… - mormora. Ed è vero, perché nonostante sia passato del tempo continua a vivere nel terrore che sia tutto un sogno da cui verrà svegliato a breve. Le sue notti sono tormentate da incubi che lo costringono a dormire poco e male e qualsiasi cosa, anche la più insignificante come perdere di vista Kyouka per solo un secondo, gli provoca attacchi di panico e di ansia – e in quei momenti è lei, l’unica in grado di calmarlo: deve udire la sua voce, vederla o sentire la sua mano che stringe le proprie per tranquillizzarsi.

Kyouka gli sfiora il viso, le dita sottili che toccano appena lo zigomo pronunciato. –Sono qui, okay? Sono qui, non vado da nessuna parte.-

Denki annuisce, deglutendo a vuoto e scacciando il pianto dagli occhi. –Okay… -

-Ci vorrà del tempo, ma la supereremo, Denki.- lentamente, la ragazza gli prende il viso tra le mani e si solleva sulle punte dei piedi. Denki è costretto a piegarsi in avanti, per far combaciare le loro fronti: è cresciuto tanto in questi ultimi tre anni, mentre Kyouka è rimasta piccolina come se la ricordava, ed è un dettaglio che adora, perché così può abbracciarla e nasconderla dal mondo intero per proteggerla. – Ce la faremo, insieme.-

Denki annuisce ancora e chiude gli occhi. Ce la faranno, ci vorrà tempo – tanto tempo, forse – ma non gli importa. -Insieme.-

 

 

-Woah, com’è bello qui dentro!- è il primo commento estasiato di Kirishima. –Ragazzi, avete fatto un lavorone!-

-Avete dipinto il soggiorno come la sala dorata de “Un ponte per Terabithia.- considera invece Bakugou, superando Eijirou ed entrando nell’appartamento. –Mi piace.-

Denki esulta di gioia. –A Bakugou piace casa nostra, Kyouka!-

-Beh, e sarebbe anche meglio. Perché non ho proprio voglia di mettermi a ritinteggiare tutto perché a lui non piace.- sbuffa lei, porgendo poi le mani verso Kirishima per prendere i cartoni delle pizze. –Dai, vieni, le pizze puoi lasciarle sul tavolo della cucina.-

E così Denki rimane solo con Katsuki, che continua a far vagare lo sguardo per il soggiorno.

-Sono ancora incazzato con te, coglione.- borbotta dopo qualche secondo di silenzio, fulminandolo con uno sguardo. A Denki vengono i brividi: nonostante siano passati anni, gli occhi rossi di Bakugou gli mettono ancora un po’ di soggezione. –Sono ancora incazzato con te perché non hai voluto farti aiutare, due anni fa.-

Denki si intristisce. –Scusami, davvero… Ma non… -

-Non eri riuscito a pensare a niente di meglio, lo so.- sibila, fronteggiandolo. –Potevi parlare, Kaminari. Ti avremmo aiutato.-

Il suono di una chiamata in arrivo interrompe quel breve confronto, portando di nuovo un po’ di allegria quando giunge alle loro orecchie la voce squillante di Mina.

-Vado loro in contro, così non rischiano di sbagliare strada.- esclama Kyouka, camminando a passo spedito verso l’ingresso. Kirishima si ferma sulla soglia del soggiorno, appoggiato allo stipite.

Denki si trova a ridacchiare. –Vuoi farmi la ramanzina anche tu?-

Eijirou non si muove. –Lo sai che Katsuki ha ragione. Ti avremmo ascoltato, Kaminari, e in un modo o nell’altro ti avremmo aiutato.-

-E invece avete preferito fare tutto da soli.- aggiunge Katsuki, schioccando la lingua. –E guarda a cosa ha portato: a te che quasi ci lasci le penne, se Mezzo e Mezzo non fosse andato da Yaoyorozu incazzato come una iena e avesse visto Jirou su una delle poltrone del suo salotto.-

-Se volete farmi sentire in colpa ci state riuscendo, sapete?- sbuffa. –Sentite, mi dispiace, anche che Yaomomo e Todoroki abbiano rotto, ma non sapevo più cosa fare.-

-Non hanno rotto.- Eijirou sospira, sollevandosi dallo stipite. –A quanto pare, dopo la sfuriata della sala d’attesa si sono chiariti. Almeno credo.-

-E dammi del cinico e del bastardo, perché lo sono e ne vado fiero, ma se lo sarebbe meritato.- sussurra Bakugou trai denti.

 

-Un parente, Momo? Davvero?- non alza la voce, ma Momo sa che è arrabbiato. E ha tutto il diritto di esserlo, lo sa, ma anche lei ha avuto le sue ragioni per tenerlo all’oscuro. –Una scusa migliore non potevi inventartela?-

-Se mi dai un attimo ti spiego la situazione.- sbotta lei. Poi sembra ripensarci. –Anzi, no: tu. Come hai anche solo potuto pensare che non mi importasse?-

-Ah, allora li hai ascoltati, i messaggi in segreteria.-

-Certo che li ho ascoltati, cosa credi?-

La ignora. –Sai cosa è buffo? Che in fondo l’ho sempre saputo che qualcosa non andava, ho fatto finta di non vedere l’evidenza perché speravo che un giorno saresti venuta da me e me l’avresti detto.-

Momo sospira rassegnata. –Ti saresti soltanto arrabbiato, come ti stai arrabbiando adesso.-

-Certo che sono arrabbiato! E ho una buona ragione per esserlo!- Momo sobbalza, spaventata dall’improvviso cambio di tono nella sua voce. –C’è mancato veramente poco che Kaminari venisse impiccato, perché tu tenevi Jirou nascosta in casa tua!-

-Perché volevo proteggerla!- ribatte lei -A te sembra così facile perché non l’hai vista! Non hai visto come era ridotta!-

-Non si tratta di cosa è o non è facile, Momo! Si tratta di buon senso!- sbotta ancora. –E credevo ti fidassi di me!-

-E lo sai che mi fido ciecamente… -

-E allora perché non me l’hai detto?!- Momo non sa come rispondergli, e Shouto scuote la testa rassegnato. –Tanto ormai è inutile.-

Si allontana velocemente, superando il collega di Kobayashi e rivolgendogli un veloce saluto. Non si ferma nemmeno quando Momo gli chiede di farlo.

-…mi dispiace.- sussurra ancora.

Shouto si ferma, folgorandola con un’occhiata. –Dovevi pensarci due anni fa.-

 

-Tesorino mio!- strilla Mina, appena mette piede nel loro appartamento e saltando in braccio a Denki. –Come sono felice di vederti!-

-Mina, piano…!- nonostante sia passato del tempo, il suo fisico non si è ancora completamente ripreso, e tutta l’energia della ragazza li fa quasi cascare tutti e due a terra.

-Sei ancora così magro, Kaminari.- brontola ancora Mina, pizzicandogli gli zigomi pronunciati. –Non riesco a tirarti le guance.-

–Beh, ci vorrà un po’ per riaverlo come nuovo.- Denki sorride, sentendo la mano di Sero posarsi sulla spalla. –Diamogli tempo.-

Non è sicuro di riuscire a tornare come nuovo, come se niente fosse successo, ma sapere che non sarà da solo gli dà un briciolo di speranza di più.

-E mentre Kyouka torna in cucina a prendere le pizze, scegliamo cosa guardare?- chiede Hanta, sedendosi sul divano. –Siamo qui per una maratona? E allora facciamola!-

Katsuki apre la bocca per dire qualcosa, ma viene prontamente zittito da Denki. –No, niente horror.-

-Ma… -

-Bakugou, zitto.-

-E che cazzo.- brontola il biondo. –Hill House non è così spaventoso!-

-Per il tuoi standard, forse, stellina.- ribatte Mina, sedendosi accanto a Denki. –Noi vogliamo dormire per le prossime notti, grazie.-

-Siete delle mezze seghe, tutti quanti.- borbotta.

-Ma ci vuoi bene comunque.- Kirishima ridacchia, facendogli spazio sulla poltrona. –Dai, la guardiamo io e te un’altra volta. Non prendertela.-

-Quindi, cosa guardiano?- domanda Kyouka, porgendo a Kirishima il cartone di pizza metà piccante e metà con la salsiccia.

-Sabrina!- esclama Mina, quasi rovesciando il cartone di pizza al salame. Meno male che Sero ha degli ottimi riflessi, o Denki avrebbe dovuto dire addio al tappeto.

-Hai detto di no a Hill House e vuoi guardare la versione horror di Sabrina vita da strega?!- protesta Bakugou. –Certo che sei proprio stronza!-

-Stellina, non c’è paragone. Hai visto il trai… -

-E se guardassimo Friends?- si intromette Sero, placando immediatamente gli animi: nessuno tra loro saprebbe dire di no a una maratona di Friends. –È anche passato un po’ di tempo dall’ultima volta che l’abbiamo vista.-

Kirishima annuisce, costringendo Bakugou a sedersi e tenendolo fermo. –Più di tre anni.-

Sia Kyouka che Denki sgranano gli occhi.

-State dicendo che… - boccheggia Kyouka, esterrefatta.

Bakugou sbuffa. –L’ultima volta che abbiamo guardato Friends c’eravate anche voi, sì.-

-Ma… Ragazzi… - sussurra Denki, facendo saettare gli occhi da Bakugou e Kirishima a Sero e poi a Mina.

-Che senso aveva guardarla quando mancavate voi?- esclama allegra Mina, sorridendo. Kyouka ha le lacrime agli occhi e Denki sente un nodo di pianto formarsi in gola: credeva sarebbero andati avanti senza di lui, senza Kyouka, e invece li hanno aspettati. Come se avessero sempre saputo che, prima o poi, sarebbero tornati.

Denki afferra il telecomando e fa scorrere il menù di Netflix fino a trovare la sitcom in questione. –E Friends sia!-

-La prossima volta guardiamo Black Mirror? Sembra interessante.-

-Kyouka, ti ci metti anche tu con le serie tv ansiogene? Ci basta Bakugou.-

-Senti, stronza… !-

-Katsuki, fai il bravo.-

-C’è di peggio, ragazzi. Sul serio.-

-Non mi interessa, io voglio dormire di notte!-

-Sì, sì. Ora tutti zitti, sta iniziando.-

Denki ridacchia, stringendo la mano di Kyouka nella sua. Ragazzi, quanto gli erano mancati.

 

 

 

 

 

 

D.C.D.R.P.P.: Deliri Conclusivi Della Rediviva Post Partum

Non ascoltate Mina e guardate Hill House, che merita tantissimo. Io e Bakugou vi osserviamo nell’ombra è.é

Ed ecco il biscotto a voi che avete colto la citazione a Profondo Rosso.

Oh.

Oh, ma.

È finita.

. . .

È FINITA.

Wow. Non ci credo nemmeno io. Penso sia stata una delle ff più massacranti ed estenuanti che abbia mai scritto, sia a livello mentale che a livello fisico – anche se parte della sofferenza fisica credo sia dovuta al lavoro, mh *mumble mumble*

Come potete notare, la storia è conclusa ma non è completa: come avevo accennato a qualcuno rispondendo a una recensione, mi sono accorta di aver lasciato in sospeso alcuni dettagli che tratterò in one-shot a parte adesso che ho finito la storia. Credo però di non riuscire a postarle prima di qualche settimana, visto che sono tornata a casa da poco e devo ancora ben capire da che parte sono girata. Ho già iniziato a lavorarci sopra già mentre ero via, ma sono certa che abbiano bisogno di una rilettura e qualche correzione. Saranno due, forse tre, non di più. Almeno spero, non voglio ammorbarvi più del dovuto.

Well, cosa posso ancora dire? Grazie, grazie di cuore a tutti voi che mi avete seguito fino a qui e non mi avete uccisa prima.

Grazie a tutti voi che avete messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate, siete tantissimi mamma mia.

Grazie a tutti voi che avete recensito, siete stati il mio carburante per arrivare fino alla fine.

Grazie a tutti voi che avete dato una possibilità a Izumi e Hiroshi e a questa storia che non stava né in cielo e né in terra.

Un grazie speciale a BluAvis, per aver citato Izumi e Hiroshi nella sua fic Cancer Strike – che se non avete ancora letto rimediate immediatamente – e a cabin13, che sta addirittura traducendo in inglese questa fic. Ragazzi, sono davvero onorata.

Grazie, davvero, a tutti quanti. Non saprò mai dimostrare quanto io sia immensamente grata a ognuno di voi.

E non ho più niente da aggiungere, perché finirei per ripetermi all’infinito.

Of Monsters and Men termina qui, come è giusto che sia, e tutto è bene quel che finisce bene.

 

So long, farewell.

Maki

 

 

 

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Capitolo 11
*** Finale Alternativo: Acido Lisergico ***


Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

Finale Alternativo: Acido Lisergico

 

 

 

 

Morte, trattieni i tuoi fantasmi!

Allen Ginsberg, “Kaddish”

 


How many days have passed like this?

This city, the crowd is fading, moving on.

 I sometimes have wondered where you've gone.

Story carries on, lonely, lost inside.

Donna Burke, “Glassy Sky

 

 

 

 

 

 

[Ora Zero]

Izumi crolla ginocchioni sul linoleum freddo della stanza, gli occhi sgranati che iniziano a offuscarsi per le lacrime. Cadendo ha bucato i collant, ma in questo momento non sente nemmeno il bruciore delle ginocchia sbucciate.

Non… non ha fatto in tempo.

Prova a parlare, a dire anche solo una parola, ma la gola sembra stretta in una morsa che impedisce a qualsiasi suono di uscire dalle sue labbra – solo un rantolo, breve e stridulo, e un singhiozzo sommesso.

Kyouka scioglie l’abbraccio in cui i suoi genitori l’hanno rinchiusa e le si avvicina: si inginocchia di fianco a lei e mormora un grazie, perché ci ha provato, perché ha creduto in lui quando nessuno lo aveva fatto, perché ha voluto dargli un’altra possibilità.

-Denki lo sapeva.- sussurra. –Ha fatto del tuo meglio e di questo la ringrazio.-

Ai lati opposti della porta, Todoroki stringe i pugni così forte da farsi male e Momo alterna singhiozzi a scuse e frasi sconclusionate, mentre continua a scuotere la testa e a stropicciare l’orlo della gonna tra le dita – Shouto neanche la guarda, troppo concentrato nel non perdere il controllo del Quirk e carbonizzarli o congelarli tutti quanti.

Fuori dalla stanzetta un pugno si abbatte con forza contro il muro e delle urla rimbombano per il corridoio.

-Ma mi state prendendo per il culo?!- Bakugou irrompe nella sala come un tornado, seguito a ruota da Kirishima e Sero che cercano di fermarlo prima che si avventi su uno dei poliziotti tornati indietro per annunciare l’esecuzione della condanna. –Muovete subito i vostri culi da secondini e portate il Parafulmini qui! Cazzo, non potete averlo fatto davvero!-

-Katsuki ti prego!-

-Kacchan, lascialo andare!- urla invece Midoriya dalla soglia, pronto a intervenire in caso il biondo dovesse diventare ancora più aggressivo.

-Non potete davvero averlo ucciso! Non avevate una sola fottutissima prova, stronzi!-

Il povero ufficiale è attonito e non osa muoversi, mentre Bakugou continua a incombere su di lui come una belva, livido di rabbia. A fatica Kirishima e Sero riescono a separarli e a trascinare Bakugou lontano dall’uomo. Ashido e Uraraka rimangono ferme dietro Midoriya, come per nascondersi – Izumi sente solamente dei singhiozzi e Uravity che sussurra qualcosa.

Nemmeno si ricorda come è uscita da lì.

 

 

Dopo: tre settimane dall’Ora Zero

Sono passate appena tre settimane da quella mattina e il mondo, per Izumi, pare abbia perso tutti i suoi colori – tutto è diventato un’infinita scala di grigi nell’esatto momento in cui tutti i suoi sforzi e quella piccola speranza che ancora la spingeva ad andare avanti si sono rivelati vani, perché non ha fatto in tempo.

Ha fallito. Su ogni fronte.

Non è riuscita a salvarlo.

Osserva le lavagne bianche ancora nel suo studio, lasciate lì a ingombrare e a ricordarle di come la sua presunzione le sia costata cara, senza davvero vederle: la polvere inizia a fermarsi sul bordo superiore e su alcuni post-it che hanno cominciato a staccarsi, e quell’implacabile “CHI NON STA MENTENDO?” sembra la stia accusando di essere l’unica colpevole. Perché lei ha mentito per prima.

Tre settimane che Izumi ha passato in un mutismo quasi assoluto, aggirandosi per lo studio legale come uno spettro – stropicciata, esausta, sconfitta – buttandosi a testa bassa nel lavoro pur di non pensare a Denki, a Kyouka e al futuro che non è riuscita a dare a nessuno dei due.

Denki nel frattempo è stato comunque assolto, perché in fondo Izumi aveva ragione a dire che era innocente, o forse solamente per dargli un po’ di pace adesso che è morto – o forse, come ha detto Hiroshi senza nascondere il veleno nella voce, per lavare le coscienze di chi l’ha fatto fuori. Hiroshi, in queste tre settimane, è diventato ancora di più una costante presenza nella sua vita, come se avesse paura che possa fare qualche sciocchezza – “L’unica sciocchezza che posso fare,- gli ha detto una mattina. –è dimenticarmi di impostare la lavatrice sul lavaggio dei delicati e rovinare le mie camicie.”. Lui sembra averle creduto, in un certo senso, e ha smesso di chiederle come sta ogni due minuti.

E oggi, come ieri e come tutti i giorni per tre settimane, Izumi ha preso tutto il coraggio che possiede ed è arrivata davanti al complesso residenziale dove abita la mamma di Denki, perché almeno a lei deve delle scuse. Prende un paio di respiri profondi, ferma davanti ai citofoni, solleva la mano e…

-No, non ce la faccio. Non ce la faccio.- balbetta, arretrando come scottata e quasi scappando via, gli occhi che le si riempiono di lacrime e il fiato corto come se avesse corso una maratona. Ha le mani che tremano, quando fruga nella borsa per prendere il telefono e rispondere alla chiamata in arrivo.

-Lo so, sono in ritardo.- esclama prontamente, cercando di non far sentire il nodo di pianto che le stringe la gola. –Sto arrivando. È che… -

-…sei di nuovo andata da lei.- “Non è una domanda, Hiroshi. È un’affermazione.” –Sei riuscita a… ?-

-No.- lo interrompe. Ha ricominciato a piangere.

-Va bene, non importa. Andrà meglio la prossima volta.- mormora lui. –Dammi cinque minuti e vengo a prenderti. Okay?-

-Okay.- e cinque minuti dopo è seduta al passeggero della macchina di Hiroshi, mentre tornano verso il suo appartamento: un cliente ha chiesto specificatamente di lei, e Izumi mica può presentarsi così. Di certo il capo capirebbe, perché lui capisce sempre, ma non è sicura che questa gliela lasci passare senza dire nulla.

Davanti allo specchio del bagno nel suo bilocale in affitto, Izumi quasi non si riconosce mentre raccoglie i capelli in una coda di cavallo e prende un batuffolo di cotone e lo struccante per tentare di salvare il salvabile del suo trucco: non può rimanerci così male ogni volta, cazzo, o davvero non arriverà alla pensione.

-…forse fare l’avvocato non è stata l’idea migliore.- sussurra, osservando le profonde occhiaie come se questo bastasse a farle sparire, mentre ci applica sopra forse un po’ troppo correttore e fondotinta.

Quando raggiungono lo studio legale e vengono accolti dalla segretaria del capo che la sta pregando con gli occhi di non dare di matto, Izumi capisce che avrebbe fatto meglio a darsi per malata – e la conferma arriva quando mette piede nel suo ufficio, trovandosi davanti la copia carbone di Al Pacino quando interpretava Corleone, solo molto più giovane, con un’aria viscida che le fa venire il voltastomaco anche solo guardandolo.

Hiroshi le posa una mano sulla spalla, come per rassicurarla, prima di defilarsi verso la sua scrivania.

–Scusi il ritardo.- Izumi prende un profondo respiro, si impone di stare calma e non lasciarsi condizionare dalle apparenze e sorride all’uomo. Abbandona la borsa sul davanzale della finestra e si siede dietro la scrivania. –Cosa posso fare per lei, signor… ?-

-Kaneda Hideyoshi.- si presenta la copia carbone di Al Pacino. Izumi continuerà a chiamarlo così. –Immagino che il nome le dica qualcosa, signorina Kobayashi.-

Veramente no, ma per il quieto vivere annuisce e mormora un “certamente” – per fortuna che Hiroshi, che è un angelo disceso dal cielo per essere la sua salvezza oltre che il suo sostegno morale, ha l’ufficio esattamente di fronte al suo e con le porte aperte riesce a sentire cosa ha detto Al Pacino e allora le manda un link a un articolo di giornale:

 

 

CEO DELLA KANEDA INTERPRISES ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE

Dopo l’allontanamento della moglie e la richiesta di divorzio, 15 denunce per il magnate dell’industria siderurgica

 

Hiroshi > Non ringraziarmi.

 

Sgrana gli occhi, capendo perché Al Pacino si trova lì.

-Credo che lei sia a conoscenza delle terribili calunnie e le insensate ingiurie che mi sono state rivolte, signorina Kobayashi.- continua l’uomo, stravaccandosi sulla sedia di fronte alla sua scrivania come se fosse una sorta di padrone del mondo. Come fa a trattenere la voglia matta di spaccargli la faccia, Izumi non lo sa. Annuisce, invitandolo a proseguire, sperando che faccia in fretta ad arrivare al punto. –Per questo sono qui. Vorrei che fosse lei, a rappresentarmi nel processo per diffamazione. È la migliore, e la rispetto moltissimo, signorina. Sarebbe un onore, per me.-

-Purtroppo in queste ultime settimana sono stata… molto impegnata, quindi non ho seguito attentamente la vicenda.- si forza di restare il più rilassata possibile, quando in realtà vorrebbe spedirlo fuori dal suo ufficio a calci. –Se vuole darmi qualche informazione in più… -

Sembra lo abbia appena invitato a nozze, dalla luce che Izumi vede nei suoi occhi, mentre si raddrizza sulla poltrona. –Quella put… Quell’ingrata di mia moglie, ecco cosa è successo! Mi ha denunciato per violenza! Dopo tutto quello che ha fatto per lei! E quelle altre in azienda hanno approfittato del momento e le sono andate dietro. Ma si rende conto, signorina Kobayashi? Dopo tutto quello che una persona fa per loro!-

La reazione di Al Pacino la lascia sbigottita e senza parole, per tutta la veemenza usata soprattutto per ribadire quanto in realtà sia un benefattore caritatevole, un santo insomma, ingiustamente accusato da un’orda di streghe senza scrupoli che meritano soltanto il rogo.

 

Hiroshi > Ricordati che l’omicidio è un reato, ma se vuoi sappi che so come e dove sbarazzarmi di un cadavere.

 

Hiroshi, qualcuno lo benedica.

-Continuo a non capire perché lei sia qui, signor Kaneda.- “Perché questo tizio non è ancora dietro le sbarre? Qualcuno me lo può spiegare, per cortesia?”

-Gliel’ho detto, signorina Kobayashi.- ugh, il tono melenso lo rende ancora più viscido. –Perché lei è la migliore. Non mi fiderei di nessun altro.-

-E sono onorata di sentirlo, ma non credo di essere la persona giusta per difenderla.- ribatte lei, pregando che qualcuno venga a salvarla prima che usi il tagliacarte in modo improprio. –Credo ci siano altri miei colleghi molto più preparati di me e… -

-Ma nessuno di loro, signorina Kobayashi, è riuscito a far scagionare il traditore della UA.-

Oh no, questo non doveva dirlo.

-Perché Kaminari Denki era innocente.- sibila, guardandolo compiaciuta mentre lo vede ritirarsi sulla sua poltrona per l’improvviso cambio di tono nella sua voce. –E se lei ha qualcosa in contrario su quella sentenza, le ricordo che la porta è alle sue spalle.-

Al Pacino alza le mani. –Credo che avremo due idee discordanti su quel caso, signorina Kobayashi, e rispetto la sua posizione... -

-E allora se la rispetta le chiedo di tacere, prima che la accompagni alla porta non molto gentilmente.-

-…tornando a noi.- come sviare un discorso, di certo lui lo sa fare molto bene. –Quant’è la sua parcella, signorina Kobayashi?-

-Co… come, scusi?- balbetta, allibita, mentre lo osserva tirare fuori dal portafogli un libretto di assegni.

-Le ho chiesto quant’è la sua parcella, signorina. Le offro il doppio, il triplo, quello che vuole, se lei mi assicura che mi farà uscire pulito da questa storia.-

 

Hiroshi > Stai calma

Hiroshi > Non fare scemenze.

Hiroshi > Ho chiamato il capo, stiamo arrivando.

 

-…quindi mi sta implicitamente dicendo che le denunce sono fondate.- sibila, i pugni così stretti da conficcarsi le unghie nei palmi.

-Non lo negherò, in fondo è giusto che almeno il mio avvocato sappia la veri… -

-Fuori.-

-Come?-

-Ho detto fuori.- lentamente si alza in piedi e allunga un braccio, indicando la porta. –Se la vedo ancora una volta qui, dovrà anche fare i conti con una denuncia per corruzione.-

-Ma come si permette?!-

-La pregherei di andarsene, signor Kaneda, o la denuncia per corruzione sarà l’ultimo dei suoi problemi.- la voce baritonale del capo fa sobbalzare Al Pacino, che immediatamente inizia a sciorinare una sequela incomprensibile di improperi e minacce, rivolte a chi Izumi non lo vuole sapere. Si lascia ricadere esausta sulla sua poltrona, appoggiando la testa sul piano della scrivania.

-Le ho portato una tisana, signorina.- bisbiglia la segretaria del capo, posando la tazza accanto a lei. –Al mirtillo e bella calda, come piace a lei.-

-Grazie, signora Yamada.- mugola, sollevando la testa e iniziando a sorseggiare la bevanda. –Signore, mi spiace per… -

Il capo la zittisce con un cenno del capo. –Non devi preoccuparti, Kobayashi. Io nemmeno volevo che lo incontrassi, ma non sono riuscito a fermarlo.-

-Si è piantato nel suo ufficio e ha detto che non se ne sarebbe andato senza averla vista, signorina.- il tono della signora Yamada è a metà tra il preoccupato e l’esasperato. –Sul serio, certi credono che avere una barca di soldi li permetta di fare quello che vogliono.-

Izumi può solo annuire, bevendo l’ultimo sorso della sua tisana. –Cosa sappiamo della moglie e delle altre donne che hanno denunciato?-

Il suo capo la guarda come se le fosse spuntata una seconda testa. –Ne… Ne sei davvero sicura? Insomma, dopo quello che ha… -

-Certo che sono sicura. Se pensa che mi faccia intimorire per così poco si sbaglia di grosso.-

-Stanno ancora cercando qualcuno con abbastanza palle da tenere testa a te, probabilmente.- ridacchia invece Hiroshi, rimasto in silenzio fino a quel momento. Il capo e la signora Yamada lo guardano confusi. –Che c’è? Sapevo l’avrebbe chiesto, così mi sono portato avanti con il lavoro.-

Izumi sta ghignando. –Sai già cosa devi fare, soldato.-

-Ti giro tutto quanto, compreso il numero della signora.- che bello sapere che qualcuno è sulla sua stessa lunghezza d’onda.

-Voi due sarete la mia rovina.- brontola invece il capo, massaggiandosi le tempie.

–Ma in fondo come farebbe senza di noi, capo?- Izumi ridacchia. –La manteniamo giovane.-

 

 

Inoue Maya, l’ancora si spera per poco signora Kaneda, la accoglie nel suo appartamento all’ultimo piano di un palazzo nella periferia di Tokyo come se fosse una salvatrice, una dea della guerra e della vendetta giunta da lei per eliminare il mostro-Hideyoshi-Al-Pacino.

Ha le lacrime agli occhi quando la accoglie davanti alla porta d’ingresso. –Posso abbracciarla, Izumi? E posso chiamarla Izumi?-

-O… okay… - e in un attimo è stretta tra le braccia magre della donna, che comincia a singhiozzare migliaia di grazie contro la sua spalla.

-Signora, non deve ringraziarmi, davvero… - ricambia l’abbraccio, nonostante l’imbarazzo, cercando di capire il perché di questa reazione.

-Invece sì, Izumi.- mormora la donna, staccandosi e asciugandosi gli occhi prima di invitarla a entrare. –Nessuno avrebbe mai accettato di difendere me e le altre, non contro Hideyoshi e il suo avvocato. E, per favore, mi chiami Maya.-

–Sì, immagino che essere Kaneda Hideyoshi abbia questa influenza sulla gente… Permesso.-

-Non può immaginare quanto, mia cara.- la accompagna nel piccolo salotto, dove del caffè e una cheesecake le attendono sul tavolino basso davanti a due poltrone. –Quando me ne sono andata di casa sono riuscita a tenermi questo appartamento solamente perché intestato a mio padre, o davvero non avrei saputo dove andare. Ma per quanto riguarda i diritti d’autore dei miei lavori… -

-Diritti d’autore?- Izumi si sente molto stupida per non sapere chi sia Maya, ma lei sembra prenderla nonostante tutto abbastanza bene, indicandole i quadri alle pareti mentre prende un vecchio album da disegno dalla libreria di legno chiaro accostata alla parete per porgerglielo.

-Sono un’illustratrice, principalmente di libri per bambini e ragazzi. Questi disegni li ho fatti per un’edizione illustrata delle fiabe dei fratelli Grimm, qualche anno fa.-

-Sono… - Izumi sfoglia l’album a bocca aperta, sbalordita dalla bellezza dei disegni. –Sono stupendi, Maya. Anche i quadri, sono meravigliosi. Quella è una veduta di New York?-

Maya annuisce, occhieggiando verso il disegno appeso alla parete. –Una vista dalla nostra stanza d’albergo, durante un breve soggiorno in America da fidanzati.-

-E lui vuole portarle via tutto questo.- mormora Izumi. –Perché?-

-Per tanti motivi, a dire la verità.- risponde Maya, ingollando un boccone di cheesecake. –Ma principalmente perché ero stufa di essere soltanto la moglie che fa la bella statuina e fa finta di niente, chiudendo gli occhi anche davanti all’evidenza.-

-La tradiva.- non glielo sta davvero chiedendo, ma aspetta comunque che Maya faccia un cenno affermativo con la testa.

-All’inizio non era così, davvero… -

-Maya, non deve difenderlo.- la interrompe, capendo che la donna si sta accusando di essere lei, la causa dei tradimenti del marito.

-Ma è colpa mia.- ribadisce lei. –Quattro gravidanze e quattro aborti spontanei, neppure l’inseminazione in vitro ha funzionato.-

-Questo non gli dà nessun diritto.- Izumi si allunga verso di lei sfiorandole la mano con la punta delle dita. –Mi racconti tutto dall’inizio, Maya. Iniziamo dal principio.-

-È una storia un po’ lunga… -

Izumi le sorride. Si alza e le si siede accanto, stringendole le mani fra le sue. –Abbiamo tutto il tempo.-

 

 

Dopo: venticinque giorni dall’Ora Zero

Ce l’ha fatta, quella mattina ce l’ha fatta a citofonare al campanello – ma appena una voce femminile ha risposto oltre lo stridio metallico dell’apparecchio, Izumi è scappata via, di nuovo. Non ce l’ha fatta ma ha fatto un passo avanti, la rassicura Hiroshi, appena sale in macchina per accompagnarla a casa a sistemarsi prima di tornare da Maya.

-Un passo alla volta, dai.- mormora. –Sono sicuro che Denki non vorrebbe vederti così, vorrebbe anzi che ti concentrassi sul come aiutare Maya a uscire da questa situazione prima che sia troppo tardi.-

-Ci sto provando.- sussurra. –Maya è sicura che ci siano altre dipendenti, in azienda, che potrebbero essere state vittime di violenza, ma hanno troppa paura di parlare.-

Hiroshi annuisce. –Certo, immagino non sia facile per nessuna di loro. Kaneda le tiene in scacco, potrebbe licenziarle tutte da un momento all’altro e rischiare il posto di lavoro con la situazione attuale… -

-Infatti.- Izumi annuisce. –Molte, soprattutto quelle che lavorano negli uffici, sono neo-laureate o comunque molto giovani, vivono da sole e alcune sono anche molto lontane da casa. E di sicuro sono anche molto spaventate.-

-La storia di Maya ti può essere utile per incastrarlo, in qualche modo?- domanda ancora, ingranando la retro e parcheggiando la macchina.

-Beh, sicuramente per il divorzio è utile.- sbuffa, slacciando la cintura. –Insomma, Maya è stata costretta a rinunciare alla sua carriera per essere la moglie di un magnate fedifrago, perché suddetto magnate fedifrago voleva il controllo su tutta la sua vita. Le ha perfino impedito di andare al matrimonio del fratello e di vedere i nipoti, ci rendiamo conto? Per non parlare del fatto che ci guadagna lui dalla vendita delle sue illustrazioni.-

-E dopo che lei ha visto le foto del viaggio di lavoro a Berlino e ha fatto armi e bagagli e se n’è andata, lui le ha bloccato tutte le carte di credito e l’ha lasciata senza un soldo.- Hiroshi sospira, mentre attendono che l’ascensore raggiunga il quarto piano, dove si trova lo studio legale. –Cazzo, mi sto vergognando di essere uomo.-

-Tu non sei un uomo, Hiroshi, sei un angelo.- ribatte lei, uscendo dall’ascensore appena si aprono le porte. –Non paragonarti ai comuni mortali.-

-Signorina!- la signora Yamada corre verso di lei agitando il cordless, dribblando all’ultimo istante il corriere e la sua pila di pacchi. –Signorina Izumi!-

-Signora Yamada, che succede?- Izumi lascia cadere la borsa per sorreggere la donna quando le cade praticamente addosso. –Come mai tutta questa fretta?-

-Una… Una chiamata dall’ospedale… -  ansima la donna, porgendole il cordless. –La… La signora Kaneda… -

 

 

[Prima: tredici minuti all’Ora Zero]

Izumi crede di non aver mai corso così velocemente in vita sua. Non in gonna aderente e tacco dodici, almeno.

Davanti a lei, Hiroshi e Todoroki salgono le rampe di scale quasi volando, mentre alle sue spalle le due ragazze arrancano su per gli scalini – ogni secondo che passa potrebbe costare caro, anche quelli che hanno perso perché imbottigliati nel traffico fuori dall’aeroporto, dopo che Todoroki l’aveva fatta saltare sulla poltrona con la sua telefonata semplice e coincisa.

Sente le gambe che le fanno male ma si sforza di continuare a salire gli scalini due per volta, perché Denki ha bisogno di lei.

Ora più che mai.

 

 

Il corridoio del reparto di lungo degenza è stranamente silenzioso, rotto soltanto dal lieve ticchettio dei suoi tacchi sul linoleum – le hanno detto che sta bene, che poteva andarle molto peggio, ma preferisce vederla di persona prima di decidere come agire. Quando la fanno entrare, i capelli scuri di Maya risaltano in modo maledettamente magnifico in tutto quel bianco asettico e malato.

-Buongiorno, Izumi.- sussurra la donna, cercando di sorriderle.

Izumi si siede sullo sgabello accanto al letto e le sfiora il braccio, a qualche centimetro dalla flebo. -Che cosa è successo, Maya?-

-Ero… - Maya si lecca le labbra secche e prende un profondo respiro. –Mi ha chiamata, ieri sera. Hideyoshi, dico. Mi ha chiamata e mi ha detto che voleva vedermi per discutere di alcune cose.-

-Maya, non mi dica che è andata da lui sola.-

-Non credevo volesse farmi del male.- ribatte lei. –E in effetti all’inizio siamo riusciti a parlare come due adulti, sa, senza alzare la voce e urlare… Poi… -

-Poi è scattato qualcosa.- Maya può solo annuire. –Cosa? Cosa è scattato, Maya?-

-Io… Io non lo so. È successo tutto così in fretta… -

-Faccia uno sforzo, per favore.-

-Stavamo parlando dei diritti dei miei lavori e… Gli ho detto che li rivolevo, volevo essere io a gestire quegli ingressi… E lui ha iniziato a sbraitare, a dire che senza di lui io non saprei gestire nemmeno i soldi per la spesa.- Maya si ferma qualche istante, cercando di riordinare le idee. –Io gli ho detto che non è vero, visto che se l’azienda è prossima alla bancarotta è per colpa sua e… -

-L’azienda è prossima alla bancarotta?- perché nessuno l’ha detto? –Okay, questo al momento non è importante. Continui, Maya.-

-Non lo so… Ha detto che devo vergognarmi, che devo ritirare la richiesta di divorzio e far ritirare le denunce, o… Non lo so, ci ha minacciate, mi ha minacciata.-

-Maya… -

-Gli ho detto che non ho paura di lui, che riuscirò ad avere il divorzio e fargliela pagare per tutto quello che ha fatto, perché adesso ho lei dalla mia parte. Poi non mi ricordo più niente.-

Izumi è costretta a chiudere gli occhi una manciata di secondi per riprendere il controllo di sé, prima di parlare. –Non so di preciso come sia andata, Maya, ma dal bollettino medico sono sicura che l’abbia picchiata.-

Maya annuisce. –Quanto sono messa male? Nessuno ha voluto dirmelo… -

-Tutto sommato non ci vorrà molto per guarire, ma ho paura di quello che potrà lasciare nella sua mente.-

-Niente, credo.- ribatte la donna, socchiudendo gli occhi. –Forse questo ha cancellato anche gli unici ricordi belli che avevo di noi.-

Izumi le stringe la mano, più forte che può ma senza farle male. –Glielo prometto, Maya, gli faremo vedere che non abbiamo paura di lui.-

 

 

[Prima: due giorni all’Ora Zero]

-Hai mai avuto paura di non farcela, Izumi?- domanda Denki, mescolando il mazzo di carte.

-Oh, ho passato la vita ad avere paura di non farcela.- ribatte lei. –Sai, quando sei una Quirkless che vorrebbe cambiare il mondo, hai praticamente gli sguardi pietosi di tutti addosso. Senti una pressione che… Nemmeno saprei quantificarla.-

Denki annuisce, distribuendo le carte. –Ho paura di non farcela, Izumi.-

-In che senso?-

-Ho paura che, anche una volta uscito da qui, non smetterò mai di essere il traditore.- gli occhi gialli di Denki sono opachi, senza luce. La spaventano. –Ho paura che in qualche modo cercherei la fine, anche una volta risolto tutto.-

 

 

Dopo: un mese dall’Ora Zero

Alla fine, dopo un mese di tentativi fallimentari e ripensamenti dell’ultimo minuto, l’incontro con la mamma di Denki questa volta non può evitarlo: è la donna ad andare da lei e Izumi vorrebbe nascondersi nel ripostiglio delle scope per non farsi trovare - ma lo sguardo accigliato di Hiroshi le mette più paura del parlare con lei e allora prende un bel respiro, raccoglie quel poco di coraggio che ancora le rimane e la raggiunge al tavolino del bar al primo piano dell’edificio.

Kaminari Naomi è una donna bellissima e Denki le assomigliava tantissimo: il colore dei capelli e il taglio degli occhi è lo stesso, esattamente lo stesso, e per un attimo Izumi ha creduto ci fosse Denki seduto a quel tavolino. Perfetto, vorrebbe piangere e non si è nemmeno avvicinata, fantastico.

La donna la nota e si volta, sorridendole senza il minimo segno di rancore, invitandola ad accomodarsi. Izumi tentenna un attimo, prima di sedersi sull’altra sedia.

-Salve… - mormora, senza nemmeno riuscire a guardarla. –Io… Signora Kaminari, io non so nemmeno come scusarmi per non essere riuscita a fare niente per suo figlio… !-

-Io la perdono.- la voce della signora Kaminari, per quanto diversa possa essere, ha la stessa cadenza di quella di suo figlio e cristo, fa ancora più male. –Signorina Kobayashi, io non potrei mai essere arrabbiata con lei.-

Izumi si azzarda ad alzare lo sguardo dal tavolino: sul viso della donna non vede altro che un sorriso sereno. –Perché?-

-Perché so che ha fatto tutto quello che era in suo potere per aiutarlo, anche dopo che l’hanno giustiziato.- la signora Kaminari chiude gli occhi, giungendo le mani davanti a sé. –Se devo davvero essere arrabbiata con qualcuno, lo sarei con una giustizia che non ha voluto ascoltarla, signorina, di certo non con lei.-

E Izumi questa volta non riesce a trattenersi, scoppia a piangere, ancora, ma questa volta di sollievo, sentendosi finalmente un poco più leggera, senza quel macigno che le schiacciava il petto e le toglieva il fiato e il sonno la notte.

 

Quando ritorna nel suo ufficio, Hiroshi ha un ghigno da un orecchio all’altro.

-Ben tornata in carreggiata, tigre.- esclama, porgendole il palmo. –Ora stendiamo quello stronzo.-

Izumi batte con forza il palmo contro quello del collega. –Facciamogli vedere di cosa siamo capaci.-

 

 

Dopo: cinquantatré giorni dall’Ora Zero

A darle il benvenuto nel locale sono luci soffuse e musica jazz, che rendono tutto un perfetto mix di classicità ed eleganza. Alle pareti le nuove illustrazioni di Maya, pieni di colori e di vivacità, si mescolano con quelli più datati, dai toni più scuri e cupi ma pieni di speranza.

E Maya, oddio. Maya è più bella di una stella con quel vestito bordeaux, circondata da decine di persone meravigliate dal suo lavoro. Izumi non può che essere fiera di lei, del suo percorso e della sua nuova vita, finalmente libera dall’ombra scura dell’ex marito.

-Izumi!- esclama quando la nota, sorridendo. –Signori, vorrei presentarvi la persona che ha reso possibile tutto questo… Izumi, venga qui.-

-Io non ho reso possibile proprio niente, Maya.- ribatte, avvicinandosi comunque e salutando gli ospiti. –Ho fatto solo il mio lavoro, il resto è soltanto merito suo.-

-Così è lei la famosa avvocatessa di cui Maya non smette di parlare.- ridacchia un uomo con una ridicolissima cravatta a pois arancioni, porgendole la mano in segno di saluto. –Grazie per averla aiutata, signorina. Senza di lei non avremmo mai scoperto il talento di questa fantastica artista.-

-Ripeto, io ho fatto solo il mio lavoro.- si sente arrossire, mentre Maya la trascina via prima che diventi insostenibile.

-Sono contenta di vederla, Izumi.- esclama Maya, prendendola sottobraccio. –Mi fa piacere che sia riuscita a passare.-

-Non potevo mancare, Maya, non alla sua prima mostra.- la donna le stringe una mano nella sua, sorridendo emozionata. –Sono contenta di vedere che stia meglio, comunque. Sembra rinata.-

-Mi sento rinata, da quando ho avuto il divorzio e Hideyoshi è stato arrestato.- Maya annuisce ed Izumi non può non sentirsi un poco orgogliosa di essere stata parte integrante di questa rinascita. Non soltanto per Maya, ma anche per tutte le altre donne coinvolte nella vicenda, che finalmente hanno avuto la loro giustizia – certo, questo non farà dimenticare a nessuna il dolore che hanno passato, ma Izumi spera che le aiuti ad andare avanti, più forti di prima e più unite. Sa che alcune di loro si sono licenziate e adesso lavorano insieme a Maya in un progetto di moda e desing di cui Izumi non vede l’ora di vedere i primi frutti, mentre altre hanno deciso di restare in azienda.

L’azienda che alla fine è arrivata prossima al fallimento, lasciando Al Pacino sul lastrico e con beghe legali fino alla fine dei suoi giorni, ma grazie all’intervento del figlio di un ex manager licenziato dal padre di Al Pacino sembra che si stia risollevando. Ma quello adesso non è più un suo problema: se ne occuperanno altri avvocati e altri studi legali, adesso Izumi può permettersi di prendersi una pausa e pensare un po’ a se stessa.

Il pomeriggio prosegue tranquillo e le dispiace davvero un sacco dover salutare Maya e lasciarla con la promessa di rivedersi presto nel nuovo appartamento di lei, con una bella cheesecake che ormai è diventato il loro rituale, ma deve proprio andare.

 

 

[Prima: dodici giorni all’Ora Zero]

-Eeee ho vinto di nuovo.- sentenzia Denki, prendendo le carte per mescolarle di nuovo. –A quanto siamo? Tredici vittorie per me?-

-Stai barando.-

-Assolutamente no, Izumi.- Denki alza le mani. –Non oserei mai.-

-Ugh, non è possibile… - l’avvocato abbandona la testa sul tavolo, sconfortata, e Denki scoppia a ridere. -Riuscirò a batterti, Kaminari Denki! Arriverà il giorno in cui sarò io a vincere!-

Denki ha un sorriso strano, Izumi non riesce a decifrarlo. -Oh, non ne dubito.-

 

 

Vicino al locale che Maya ha affittato per la mostra c’è una pasticceria artigianale che fa una millefoglie da sogno - o almeno così ha detto la signora Yamada, ma Izumi si fida dei consigli della segretaria del capo e allora parte alla ricerca di suddetta pasticceria, trovandola piuttosto facilmente.

Un’insegna al neon di un cupcake gigante di certo non passa inosservata.

Il locale è piccolino, con muri dai toni pastello pieni di foto di una signora con una lunga treccia di capelli scuri che decora torta e dolci e un ragazzo con il viso sporco di glassa e zucchero a velo che costruisce una statua di cioccolato.

Nell’espositore ci sono dolci di ogni tipo, dai classici muffin alle ciambelle a torte elaborate e decorate, ma Izumi ha una missione.

-Una fetta di chiffon cake, per favore. Da portare via.- il ragazzino dall’altro lato dell’espositore le sorride, prendendo una scatola di carta e la torta. –E sa per caso indicarmi se c’è un fioraio, qui vicino?-

E così, con la fetta di torta dentro la sua scatola in una mano e un mazzetto di fiori nell’altra, Izumi raggiunge il cimitero che ormai sta iniziando a tramontare. Sa dove si trova la tomba di Denki perché gliel’ha detto sua madre, ma i suoi sensi di colpa le hanno sempre impedito di avvicinarsi o anche solo saperne la collocazione nonostante vada a visitare la nonna almeno una volta al mese.

-Ciao, Denki.- posa il mazzetto di fiori accanto alla lapide, poi si siede sull’erba fresca. –Ci sono un po’ di cose che volevo dirti… Non sono qui solo per scusarmi, in fondo sono una codarda con la coda di paglia e non sono mai venuta a trovarti.-

–Ho parlato con tua mamma, un po’ di tempo fa.- apre la scatola e prende la fetta di chiffon cake, tagliandole un pezzetto. –Era da un po’ che ci provavo, ma non ne ho mai avuto il coraggio… Alla fine è stata lei a venire da me, e non sai quanto avessi bisogno che qualcuno mi dicesse che quello che ti è successo non è stata tutta colpa mia.-

La torta è veramente buonissima, nonostante Izumi non sia un’amante di quel genere di dolci, le piacerebbe davvero che Denki potesse assaggiarla.

-Avrei voluto fare molto di più per te, Denki, darti il futuro che meritavi.- posa il piattino di carta ormai vuoto sulle gambe e solleva gli occhi sulla lapide, focalizzandosi sulle lettere. –Mi dispiace tanto, spero tu possa perdonarmi… -

-Sono sicura che l’abbia già fatto.- Izumi sobbalza, voltandosi di scatto: Kyouka è proprio dietro di lei, le mani affondate nelle tasche del giubbotto di jeans, e le sta sorridendo. –Lei ha fatto tutto il possibile, Izumi. Denki non potrebbe mai incolparla.-

Izumi fa una smorfia, a metà tra un sorriso e un movimento stizzito delle labbra. –Non lo so… Insomma, ho davvero fatto tutto quello che potevo?-

-Io sono convinta di sì. E la ringrazio per non essersi arresa.- Kyouka le porge la mano, aiutandola ad alzarsi.

Izumi afferra quella mano e si tira su, guardando ancora la lapide; Kyouka non smette di sorriderle e quel sorriso la contagia in qualche modo. Si sente meglio, almeno un poco. –Ti va un caffè? Facciamo due chiacchiere e mi racconti come sta andando. Ho saputo che stai aiutando i tuoi genitori con la casa discografica.-

Kyouka annuisce, affiancandola. –C’è un bar non molto lontano da qui, è il mio posto preferito. Hanno anche le carte, potremmo fare una partita.-

Izumi ride. –Questo mi ricorda che riuscita a battere Denki solo una volta… –

-Oh, io nemmeno una.-

-Davvero?!-

-Davvero!- insiste Kyouka, ridendo. –Era il migliore, dopotutto!-

 

 

[Prima: tre giorni all’Ora Zero]

Izumi non ci crede. Non può davvero crederci.

-Ho una Scala Reale. HO UNA SCALA REALE!- strilla, sbattendo le carte sul tavolo.

-E io ho solo un Full.- Denki si arrende, mostrando le carte. –Visto? Sei riuscita a battermi.-

-Segnate questo giorno sui calendari! Dichiaratelo festa nazionale!- Denki scoppia a ridere per il suo entusiasmo. –Ho battuto Denki!-

-E se sei riuscita a battere me, niente e nessuno ti potrà fermare davvero.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.D.P.: Deliri Da Pianto

Ho sistemato questo capitolo ascoltando un sacco di canzoni tristi, se volete farvi del male vi lascio qui la playlist con quelle che ho ascoltato più spesso: https://www.youtube.com/playlist?list=PLEkggEAfY4rye4Eylk3otI7cOW8jyxjcj

[vorrei fare un playlist su spotify ma gh, idk]

 

Detto questo, evviva, finalmente il primo di questa serie di dlc (cit.) vede la luce dopo… troppo, decisamente troppo tempo.

Sono imperdonabile, dovrei essere bruciata in pubblica piazza.

Ma, sapete, tutte le volte che provavo a scrivere due righe mi vedevo Ryu con i suoi occhioni pieni di lacrime che piagnucolava che mi stavo scordando di lui.

Ora Ryu ha concluso la sua storia e io sono potuta tornare da Izumi, che tanto è abbastanza grande per cavarsela da sola.

Questo capitolo è stato un parto, come tutta la long in effetti, ma sono tutto sommato soddisfatta di come è uscito.

Sono contenta del… 60% di questo capitolo, per svariati motivi. Uno fra tutti è che ho avuto la possibilità di ficcarci in mezzo la mamma di Kaminari – che si chiama Naomi perché a) è il nome della nipote della mia vicina di casa, una bimbetta adorabile e b) perché è il nome copertura della protagonista di Gemini Radio di BluAvis, storia che ho amato come tutte le altre e per cui sto preparando una recensione. Perché se la merita.

 

E come sempre grazie per essere passati e aver dedicato un po’ di tempo a questo mezzo schifo! Se vi va lasciatemi un commentino, mi interessano sempre un sacco le vostre opinioni.

Noi ci rivediamo alla prossima!

Maki

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Dimmi che posso entrare ***


…questo capitolo sembra scritto da quattro persone diverse, come minimo. Qualche spiegazione in più al fondo.

 

 

 

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

X (+1): Dimmi che posso entrare

 

 

 

 

Eli si rilassò. I pugni chiusi si aprirono. La smorfia di dolore sulla sua bocca svanì.

Per un attimo, Oskar pensò che anche il sangue sarebbe sparito, che non appena avrebbe formulato l’invito, tutto sarebbe stato come se niente fosse successo.

John Ajvide Lindqvist, “Lasciami entrare”

 


What's left behind in the storms that we've braved?

The troubles we found and the chances we waived.

Poets of the Fall, “Dancing on broken glass

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Momo non vuole entrare in quell’aula.

È appoggiata al muro si fronte all’entrata, immobile come una statua, con le mani nascoste dietro la schiena che tremano visibilmente; a qualche passo da lei c’è il collega della signorina Kobayashi con tre caffè in mano, e Momo si sente un poco sollevata a non essere sola in questo momento.

-Lei non ha paura del verdetto?- sussurra, fissando le punte delle proprie scarpe.

-Chiamami ingenuo, signorina, ma mi fido di Izumi.- ribatte lui, aprendo la porta con il gomito. –Se è così convinta di riuscire ad aiutare Denki, non la fermerà nessu… Okay, niente caffè. Ora del verdetto.-

Improvvisamente l’aria nel corridoio diventa pesante come un macigno, mentre Momo osserva i suoi ex compagni di classe rientrare nell’aula in piccoli gruppi – Ochaco e Mina le sorridono, Tsuyu e Tooru si tengono per mano come per farsi forza a vicenda, Sero vedendola così tesa le sussurra che andrà tutto bene, che ce la faranno. Shouto la ignora, semplicemente, entrando nell’aula senza una parola e con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.

-Allora, hai messo le radici lì?- sibila Bakugou, fermo a una spanna da lei. La sta guardando veramente male. –Muoviti.-

-Katsuki, un po’ di gentilezza?- lo rimprovera Kirishima, visibilmente stufo dei modi barbari del biondo.

-Che vada a farsi fottere, la gentilezza.- stranamente Bakugou non alza la voce, dirigendosi a testa bassa verso la porta. –Se dovessero condannare il Parafulmini voglio avere qualcuno da incolpare, e non posso scaricare la colpa sull’avvocato. Lei ha fatto del suo meglio, a differenza di qualcuno.-

Quelle parole sono come una secchiata d’acqua gelida dritta in testa, per Momo, che si stringe nelle spalle e si morde un labbro con forza. Le viene da piangere.

-Non ascoltarlo, Yaomomo.- Kyouka che porge la mano. –Anche tu hai fatto del tuo meglio.-

Momo si sforza di sorridere, mentre stringe la mano di Kyouka. Attraversano la soglia insieme.

 

-Non colpevole.- sentenzia il presidente di giuria, ripiegando il foglio che aveva tra le mani e posandolo sul piano di legno di fronte a sé.

-No… Non… - balbetta Kaminari, cercando gli occhi del suo avvocato. Nel frattempo il volto della signorina Kobayashi si è aperto in un sorriso raggiante.

-Hanno detto non colpevole, Denki.- l’avvocato non smette di sorridere. –Hanno detto non colpevole.-

Kaminari abbraccia la signorina Kobayashi e scoppia a piangere di sollievo, mentre intorno a loro si scioglie la tensione accumulata: Momo vede Midoriya accanto a lei accasciarsi sulla sedia mormorando che finalmente è finita, mentre Mina corre verso Kaminari appena lui e l’avvocato si allontanano dal banco, seguita da Sero e Bakugou e Kirishima.

-Tesorino mio!- Mina lancia le braccia al collo di Kaminari e lo butta quasi per terra.

Kyouka, sempre stretta ai genitori come se volessero proteggerla, si avvicina all’avvocato. Ha gli occhi lucidi. –È finita, vero? Adesso è davvero finita?-

La signorina Kobayashi le sorride. –Sì, Kyouka. Adesso è davvero finita.-

Kyouka si rilassa visibilmente e si apre in un sorriso sincero, prima di fare qualche passo incerto verso Kaminari. Il signor Jirou porge la mano alla signorina Kobayashi.

-Grazie.- mormora, mentre lei ricambia la stretta. –Per tutto quello che hai fatto.-

-Io ho fatto il mio lavoro, il resto lo hanno fatto loro.- con un cenno del capo indica Kaminari e Kyouka, stretti in un abbraccio che pare infinito. –Da soli.-

-E adesso bisogna festeggiare!- esclama il signor Hiroshi, prendendo sotto braccio la collega e uscendo dall’aula. –Direi che ce lo siamo meritati.-

-Ma se tutto il lavoro l’ho fatto io!- ribatte lei, sfidandolo con lo sguardo. –Tu nemmeno volevi aiutarmi!-

-Beh, perché… -

-Signorina Kobayashi?- Momo si intromette, interrompendo quel battibecco nemmeno troppo convinto.

L’avvocato ha uno sguardo strano, enigmatico quasi, mentre la osserva. –Dimmi, Momo. Se posso aiutarti… -

-Io… - Momo tortura l’orlo della gonna, stringendolo tra le dita. –Secondo lei, ho fatto la cosa giusta, signorina Kobayashi?-

La signorina sospira, stringendo le labbra in un sorrisetto amaro e dispiaciuto. –Non sono io a doverti dare questa risposta, Momo. Dovrai capirlo da sola.-

Momo piega la testa, ostinandosi a guardare le punte delle proprie scarpe. –Certo, io… Lo capisco… -

-Ma se sentirai la necessità di parlare con qualcuno, così, in via del tutto confidenziale o anche solo per avere compagnia mentre prepari il tè… - le porge un cartoncino color panna bordato di nero. –Qui ci sono i miei contatti. Chiamami senza farti problemi.-

Momo la guarda andare via, sempre battibeccando con il signor Hiroshi, stringendo tra le dita quel cartoncino color panna bordato di nero.

 

 

 

-Non si tratta di cosa è o non è facile, Momo! Si tratta di buon senso! E credevo ti fidassi di me!-

-E lo sai che mi fido ciecamente… -

-E allora perché non me l’hai detto?!-

-…-

–Tanto ormai è inutile.-

-…mi dispiace.-

–Dovevi pensarci due anni fa.-

 

 

 

Todoroki Rei la accoglie nella sua stanza con un enorme sorriso, sinceramente felice di vederla. –Ah, Momo! Come sono contenta di vederti, è passato così tanto tempo… Vieni, siediti.-

-Buongiorno, signora.- Momo entra nella stanza quasi in punta di piedi, come se avesse paura di disturbare. –Mi spiace non essere potuta venire più spesso, ma… ecco… -

Rei annuisce, comprensiva, sedendosi sul bordo del materasso. –Capisco, cara, non devi scusarti. Essere un’Eroina non è facile.-

Le mani di Momo hanno uno spasmo involontario, mentre realizza che a quanto pare Rei non sa nulla – forse sa di Kaminari, anzi è molto probabile che lo sappia, ma non sa del dopo, non sa quello che ha fatto, non sa il vero motivo per cui non è più andata a farle visita dopo la fine degli studi alla UA.

Shouto non gliel’ha detto e Momo si sente uno schifo, seduta su quella seggiola davanti alla madre del ragazzo che diceva di amare e a cui avrebbe affidato la propria vita, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi e dirle la verità.

-Momo?- Rei le sfiora una mano con la punta delle dita. Sono così fredde… -Qualcosa non va, cara? Sei improvvisamente impallidita.-

Momo si sforza di non sottrarsi da quel tocco e di sorridere come se nulla fosse, dicendo che è solo molto stanca; Rei sembra crederle e iniziano a parlare della sua riabilitazione che a quanto pare molto presto continuerà fuori dall’ospedale, in un posto sicuro dove potrà sentirsi protetta.

Rei non lascia mai andare la sua mano, e Momo appura che sì, le sue dita sono davvero fredde.

-Come sarò nella casa nuova te lo farò sapere.- esclama Rei, battendo le mani mentre la accompagna verso la porta. –Ti aspetto per un tè, cara, e non accetto un no.-

Momo si ritrova a ridacchiare per l’entusiasmo che quella donna sprigiona, felice per lei di vederla piano piano tornare a vivere. –Ovviamente. Porterò dei pasticcini, o magari qualche miscela di tè particolare… -

-Porta te stessa, Momo, a me basta e avanza.- è una frase così semplice e detta con così tanta sincerità che la lascia di stucco e la fa sorridere senza un apparente motivo, mentre Rei accosta la porta e Momo si incammina lungo il corridoio…

…e sente che qualcosa non va.

Improvvisamente inizia a sudare, brividi freddi le corrono lungo la schiena, mentre all’ultimo svolta verso destra e preferisce le scale all’ascensore e con passi lunghi e grandi falcate cammina verso l’uscita dell’ospedale rivolgendo un cenno di saluto alle infermiere che incontra. Ma la sensazione la segue anche fuori, sul marciapiede in mezzo a chissà quante altre persone, fino alla fermata del bus – per fortuna un bus era già alla fermata e sarebbe partito in meno di un minuto e Momo si lancia dentro senza nemmeno guardare dove conduce.

Solo in quel momento la sensazione di pericolo di cheta, lasciandola abbandonata su un sedile ansimante e sudata e con le mani che tremano. Senza pensarci due volte, tuffa la mano destra all’interno della borsetta, alla ricerca di quel biglietto e del telefono.

Uno squillo. Due. Due e mezzo. Tr-

-Kobayashi, con chi parlo?-

-Signorina Kobayashi, sono Yaoyorozu.- non si è nemmeno accorta di aver iniziato a balbettare.

-Momo?- la voce dell’avvocato cambia drasticamente. –Cosa succede?-

-Io… Credo di essere nei guai.-

 

-Ti hanno seguita?- domanda la signorina Kobayashi, porgendole una tisana in un bicchiere di cartone. –Scusa, non sarà buona come quelle a cui sei abituata, ma… -

-Andrà benissimo, signorina, davvero.- Momo le sorride, sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania dell’avvocato. –Sì, mi hanno seguita fino alla fermata del bus.-

-Hai per caso idea di cosa potessero volere da te?- domanda. –Non lo so, stai lavorando a qualche rastrellamento o roba simile?-

-Pensi che Villains abbiano cercato di spaventarla?- chiede il signor Hiroshi, appoggiato con un fianco alla scrivania della collega.

La signorina Kobayashi scrolla le spalle. -Non è da escludere… -

 –Dovremmo dirlo alla polizia.-

Lei annuisce. –Sì, sono d’accordo. Avvisi tu la centrale?-

-Ci penso io.- e con quelle parole, il signor Hiroshi lascia l’ufficio della collega.

-Bene, ora partiamo dal principio.- la signorina Kobayashi appoggia la schiena contro la poltrona. –Cosa è successo, Momo?-

-Ero andata a fare visita alla mamma di Shouto.- comincia lei, rigirandosi il bicchiere vuoto tra le mani. –E fin lì tutto bene, ma quando sono uscita dalla sua stanza… Ho cominciato a sentirmi osservata, e poi come se qualcuno mi stesse seguendo.-

-Hai visto qualcuno?-

Momo scuote la testa. –Nessuno.-

-Quanto ci scommettiamo che è qualche chikan1 che ha preferito altri posti alla metro?- borbotta trai denti l’avvocato, lasciando cadere la testa in avanti. –Purtroppo più di così non saprei come aiutarti, Momo. Possiamo fare una segnalazione alla polizia, ma nulla di più.-

-Certo, lo so.- la ragazza annuisce. –Grazie per avermi ascoltata, signorina.-

Lei le sorride dolcemente, sembra quasi una sorella maggiore. –Ti avevo detto che potevi chiamarmi senza problemi, anche solo per parlare. Tu hai chiamato e io ti ho ascoltata.-

Momo sorride, giusto un attimo, prima di rabbuiarsi. -…non l’ho ancora trovata, signorina. La risposta a quella domanda.-

La signorina Kobayashi rimane in silenzio per una manciata di secondi, prima di sciogliersi in un sorriso quasi materno. –Dai tempo al tempo, Momo, e vedrai che sarà lei a venire da te.-

Quando esce dallo studio legale, Momo si sente un po’ meglio.

 

 

 

-Ci vorrà del tempo, ma sono quasi sicura che si riprenderà.-

-Meno male… -

-…e tu sei sicura di quello che stai facendo, Yaoyorozu?-

-Ormai non si può tornare indietro, Recovery.-

-Spero solo che tu sia pronta ad affrontarne le conseguenze.-

 

 

 

-Io mica ero pronta a tutta questa fama.-

Esordisce così, Kyouka, alla fine del suo primo turno di pattuglia da apprendista Pro Hero.

A Momo viene da ridere. -Ci farai l’abitudine, Kyouka, ne sono sicura.-

-Ma mi guardano tutti come se fossi una sorta di morta vivente!- sbotta allora lei, lanciando forse con troppa foga il contenitore vuoto del suo pranzo nel cestino dell’immondizia. –Ah, non so cosa fare! Ovunque vada mi fanno tutti un sacco e più di domande su quel giorno e… -

Kyouka si zittisce, stringendo i pugni. Momo non sa cosa dire.

-…è stata davvero la scelta migliore, Yaomomo?- la sente sussurrare, mentre guarda un punto imprecisato di fronte a sé. –Come sarebbero andate le cose, se non l’avessi fatto?-

-Non lo so, Kyouka.- mormora. –Anche io sto cercando una risposta a questa domanda.-

Preferisce omettere quell’ancora che ha pensato: lo lascia lì, non detto, a pesarle sulla punta della lingua e sulla coscienza.

E preferisce anche non dirle dello spavento di qualche giorno prima, perché Kyouka inizia a parlare di Kaminari e di come piano piano stiano cercando di rimettere insieme i pezzi di quello che avevano lasciato indietro per riprendersi le loro vite e i loro sogni.

“Un passo alla volta, non c’è fretta.”, sorride.

Kyouka sorride sempre, quando parla del futuro e di Kaminari.

 

 

 

-Woah!-

-Mi dispiace tanto, Kaminari! Quello che è successo è stata solo colpa mia!-

-Ehy, ehy, frena! Non è stata colpa tua!-

-Sì invece! Se io non avessi nascosto Kyouka, tu… !-

-Yaomomo, sono stato io a chiederti di proteggerla. Sapevo a cosa stavo andando incontro.-

-…-

-Anzi, devo ringraziarti. Senza di te, chissà cosa le sarebbe successo.-

-Kaminari… Tu… Non sei arrabbiato con me?-

-Come potrei? Hai fatto tutto quello che potevi per proteggere Kyouka, non potrei mai essere arrabbiato con te.-

-…-

-Andrà tutto bene, Yaomomo. Vedrai che anche Todoroki lo capirà.-

 

 

 

Non è mai stata una grande amante dello shopping, se deve proprio essere onesta, ma quel pomeriggio aveva deciso di andare a curiosare tra le vetrine di Shibuya, anche solo per passare il tempo e non pensare sempre e unicamente a quel chiodo fisso che le toglie il sonno la notte – ed è capitato di nuovo. Come ha messo un piede fuori dalla metropolitana, Momo ha cominciato a sentirsi di nuovo osservata, studiata, sviscerata… le vengono i brividi e ha paura, mentre cerca di mescolarsi tra la folla accalcata davanti a una vetrina poco lontana.

Ma questo non sembra funzionare, perché chiunque la stia seguendo la raggiunge – e finalmente Momo riesce a dare un volto alla sua ombra misteriosa: è un uomo di mezza età, non molto alto, con il fisico asciutto, capelli e pizzetto brizzolati, vestito in modo semplice ma curato.

-Buongiorno, signorina Yaoyorozu.- ha un tono gentile, un forte accento del Kyushu, e un sorriso affabile. –Mi scusi se l’ho spaventata, qualche giorno fa e anche prima… Vorrei scambiare due parole con lei, se possibile. Mi basteranno cinque minuti.-

-Lei chi è?- domanda, scettica, pronta a utilizzare il proprio Quirk per immobilizzarlo se alla fine si rivelasse essere un Villain. Continua a mantenere una certa distanza.

-Oh, che maleducato che sono.- le porge un cartoncino grigio chiaro con un piccolo inchino. –Mi chiamo Suzuki Takeshi, signorina. Sono un giornalista e reporter freelance, gestisco un piccolo giornale online.-

Momo studia attentamente il cartoncino, rigirandoselo tra le dita: è molto diverso da quello della signorina Kobayashi, e lo stesso signor Suzuki è radicalmente agli antipodi rispetto all’avvocato di Kaminari. Se la signorina Kobayashi anche solo presentandosi riesce a farti sentire a tuo agio, quest’uomo le sta incutendo terrore allo stato puro.

-Le posso offrire qualcosa da bere, signorina?- fa un gesto con il braccio, indicando un locale poco distante. –Un tè, un caffè?-

-Di cosa vorrebbe parlare?- se c’è una cosa che si ricorda degli insegnamenti della sua cara e amatissima nonna, è di non accettare mai nulla dagli sconosciuti. –Se le bastano cinque minuti me lo può anche dire qui.-

-Vorrei parlare del processo di… Kaminari Denki, giusto? Mi perdoni, ho una memoria pessima per i nomi.- ridacchia. –Vorrei parlare con lei di un paio di questioni che secondo me sono state lasciate in sospeso, durante il processo.-

-Non dovrebbe parlare con me di queste cose, ma con l’avvocato di Kaminari.- perché continua a sentirsi minacciata? –Sono sicura che la signorina Kobayashi saprà rispondere alle sue domande in modo decisamente più esaustivo di me.-

Il signor Suzuki fa una smorfia… strana, quando Momo pronuncia il nome dell’avvocato di Kaminari. –Conosco la signorina Kobayashi. Abbiamo avuto… delle divergenze, in passato. E ora lei non mi vede i buon occhio.-

-…capisco.- quindi visto che non può avere le risposte che vuole da lei, sta cercando di ottenerle da vie traverse? Geniale. –Cosa vorrebbe sapere?-

-La verità, signorina Yaoyorozu.-

Momo non capisce. –Credo che la verità sia stata chiarita durante il processo, signor Suzuki. Non vedo cosa si possa ancora aggiungere.-

-Questo è quello che vogliono farci credere, signorina.- l’uomo fa un passo avanti, Momo ne fa due indietro. –E io ho tutte le intenzioni di smascherarli.-

-Non saprei come aiutarla, signor Suzuki.- approfittando di un gruppo di scolarette che sta passando proprio in quell’istante, Momo si dilegua con il cuore che batte nella cassa toracica come dopo un allenamento intensivo del professor Aizawa.

Da Shibuya, raggiungere lo studio legale della signorina Kobayashi è un attimo: Momo si rende conto di essere diventata forse un po’ troppo dipendente dagli altri, ma in questo istante l’avvocato e il suo collega le sembrano le uniche persone in grado di ascoltarla e aiutarla.

Per fortuna è da poco passata la pausa pranzo, non dovrebbe essere difficile trovare l’ufficio…

Come scorge il signor Hiroshi corre verso di lui e si ferma a pochi passi, quasi inchiodando la sua corsa sul posto: il signor Hiroshi ha un sobbalzo, fermandosi nel bel mezzo del corridoio con un plico di cartelline sottobraccio e il tazzone di caffè a pochi millimetri dalle labbra, mentre il sopracciglio destro lentamente si inarca verso l’alto quasi raggiungendo l’attaccatura dei capelli. –Buon… pomeriggio, Yaoyorozu… -

-Di nuovo.- ansima Momo, piegandosi sulle ginocchia per riprendere a respirare. –Mi hanno seguita di nuovo.-

-…oh?-

-E questa volta so chi è.-

-Oh.- in una frazione di secondo ha svuotato il tazzone di caffè e posato su un ripiano la tazza vuota. –In una scala da uno a dieci, quante probabilità ci sono che questo impedisca la digestione a Izumi del suo tramezzino al tonno e formaggio spalmabile e un mal di testa da Guinnes dei Primati a me che dovrò sopportarla per le successive cinque o sei ore?-

Momo ci pensa un attimo. -…nove e mezzo, se vogliamo essere positivi?-

-Lo immaginavo. E allora andiamo.- chiama l’ascensore, premendo poi il pulsante con il numero otto. –E che Dio o chi per lui ce la mandi buona.-

È l’allegro ping! dell’ascensore che ha raggiunto il piano e quel Izumi!” urlato come un grido da battaglia vichingo dal signor Hiroshi ad annunciare alla signorina Kobayashi la loro sventurata venuta: la trovano nel suo studio, piegata in avanti sulla scrivania, a tossire perfino l’anima con quello che resta di un tramezzino scartato sul piano ingombro di fogli e cartelline e biro.

-Hiroshi, ti venisse… !- tossicchia ancora, poi sembra notare che non sono soli. –Ah, Momo. Buongiorno.-

-Mi scusi per non aver avvisato, signorina, ma… - il signor Hiroshi la interrompe.

-La cara Yaoyorozu qui presente sa chi l’ha seguita l’altro giorno.- la signorina Kobayashi inarca le sopracciglia, bevendo qualche sorso d’acqua da una borraccia apparsa magicamente da sotto la scrivania. –L’ha seguita di nuovo, oggi.-

-Esatto.- Momo annuisce, spostando ripetutamente lo sguardo dalla signorina Kobayashi al signor Hiroshi. –Dice di essere un giornalista.-

-Un paparazzo?- Momo nega con la testa, sedendosi di fronte alla scrivania. –Un giornalista di qualche testata?-

-Un giornale online, ha detto.- spiega, posando la borsetta sulle gambe. –Ha detto di chiamarsi Suzuki Takeshi.-

…come sentono quel nome, i due avvocati si irrigidiscono: il signor Hiroshi sussurra un impropero, mentre la signorina Kobayashi diventa cianotica, guarda il suo tramezzino mangiucchiato e lo mette da parte come se le fosse improvvisamente mancato l’appetito.

-Oddio, è di nuovo lui… - geme, abbandonando la testa sulla scrivania e affondando le mani trai capelli.

-Lo conoscete?-

-Purtroppo sì, abbiamo avuto il disonore di avere a che fare con lui.- sbuffa il signor Hiroshi. –Quel tipo non è un giornalista: è un cazzaro maschilista e complottista della prima linea, di quelli convinti fino alla morte che ci siano dei Poteri Forti a controllarci e che lui è l’unico a sapere la verità e… E Izumi sta avendo i flashback del Vietnam.-

-Flashback del Vietnam? Flashback del Vietnam?!- strilla la donna, battendo i palmi sulla scrivania. –L’intera director’s cut di Apocalypse Now, sto avendo!-

-Mi piace l’odore del Napalm al mattino!- la signorina Kobayashi gli tira una cartellina. Il signor Hiroshi la evita con una facilità disarmante.

-Ma non l’avevano denunciato?- chiede la donna, appoggiandosi stancamente allo schienale della poltrona. Il signor Hiroshi solleva le spalle. –Non ci posso credere.-

-Sai com’è il detto, Izumi. L’erba cattiva non muore mai.-

-Già.- la signorina Kobayashi solleva gli occhi al soffitto. –E quella buona finisce subito.-

-Ehm… Scusate?- gli occhi dei due avvocati sono improvvisamente su di lei. –E cosa vuole un individuo del genere da me?-

-Dipende che cosa ti ha chiesto, Yaoyorozu.- il signor Hiroshi incrocia le braccia.

La signorina Kobayashi si massaggia le tempie. –Fammi indovinare, voleva sapere qualcosa sul caso di Denki. Mi gioco metà stipendio.-

-Voleva sapere la verità, quella che a tutti i costi doveva essere tenuta nascosta.- Momo annuisce. La signorina Kobayashi schiocca le dita. –Io… Io non capisco, cosa intende dire?-

-Non so cosa dirti, Momo.- la donna sembra improvvisamente più vecchia e più stanca. –Ci sono molti, là fuori, che credono che Denki sia colpevole o che sia stata accusata la Villain latitante Toga Himiko per nascondere il vero colpevole, ma lui… Boh.-

-Lui è convinto che questo fantomatico “Potere Forte” - il signor Hiroshi fa le virgolette con le dita. -…che ci controlla tutti abbia deciso che Denki doveva essere scagionato in questo modo in questo momento perché sì. E che solo tu, Izumi e pochi altri sapete la vera verità.-

Momo è sempre più confusa. –Quindi? Cosa facciamo? Cosa faccio?-

-L’unica cosa che posso dirti, Momo, è che è meglio ignorarlo.- sbuffa la signorina Kobayashi. –Ci pensa già il Web a smontare le sue teorie strampalate. E tanto, finché non diventa un pericolo per qualcuno in modo concreto, tutto quello che posso fare è aspettare che scriva o dica qualcosa e tenere pronta una denuncia per diffamazione.-

Il signor Hiroshi annuisce, abbattuto. –Sarebbe stato più facile, se fosse stato solo un chikan… -

-Oh, decisamente.-

 

 

 

-…-

-Che significa?-

-…-

-Ti prego, di’ qualcosa.-

-Quello che ti ho detto, mamma. È finita.-

-Perché?-

-Perché… Perché tutte le cose prima o poi finiscono, mamma.-

-Non è vero. Non è finita finché ci credi ancora. E, sinceramente, ci state ancora credendo entrambi.-

 

 

 

La nuova casa di Rei è una villetta su due piani un po’ in periferia con un piccolo giardino e una mansarda che subito è stata adibita a piccolo angolo di lettura – “Leggere mi è sempre piaciuto. E da qui posso anche osservare il cielo. È una delle poche cose che restano quasi immutate, il cielo… ”, aveva sussurrato la prima volta che Momo era stata lì e Rei le aveva fatto fare un tour della villetta, invitandola a restare anche per cenare con lei e Fuyumi, per questo motivo questa volta prima di arrivare a casa di Rei si ferma in una libreria e sceglie tre titoli che spera le possano piacere.

Soddisfatta, esce dalla libreria con la sua borsa di carta marrone e…

-Ciao, Momo.-

Shouto è appoggiato a una piglia, esattamente di fronte all’entrata della libreria, e ha le mani affondate nelle tasche dei jeans. Sembra teso, forse più di lei.

-Ciao… -

-Sei di fretta?- indica la borsa di carta, senza muoversi da lì.

Momo guarda l’orologio al polso. –No… Ho ancora un paio d’ore… Perché?-

-Ti va se parliamo un po’?-

Momo capisce che, effettivamente, non aspettava altro che questo. –Va bene.-

La camminata verso la villetta di Rei è piacevole, sotto il sole di metà pomeriggio – presto sarà primavera, pensa Momo, e fioriranno di nuovo i ciliegi e la vita andrà avanti… Forse dovrebbe farlo anche lei.

-Immagino che io ti debba delle scuse.- mormora Shouto, senza guardarla. –Ho esagerato, quel giorno. Sia a casa tua che dopo.-

Momo scuote la testa. –Assolutamente no, avevi tutte le buone ragioni per reagire così… Ero io quella nel torto.-

-Non capisco perché non volevi venire all’udienza.-

-Kyouka non era nelle condizioni di viaggiare, l’hai vista anche tu.- le scendono dei brividi gelati lungo la schiena, al ricordo delle bende insanguinate e i punti che la sua amica ha portato sulla pelle per tanto, troppo tempo, e che ha avuto il coraggio di mostrare in aula. Perché quelli non erano i segni di un’elettrificazione, perché non poteva essere stato Kaminari a farle questo. –Abbiamo rischiato tanto, quella notte… -

-Ma almeno abbiamo salvato Kaminari.-

Momo abbassa lo sguardo. -…ma almeno abbiamo salvato Kaminari.-

-Credo che non ti avrei mai davvero perdonata, se non avessimo fatto in tempo o se lo avessero condannato lo stesso.- ammette, occhieggiando verso di lei. Momo non può che annuire, perché in fondo se lo sarebbe solo meritato.

Passano interi minuti di silenzio teso come una corda di violino pronta a spezzarsi, in cui nessuno dei ha davvero il coraggio di dire quello che davvero pensa – “Scusami, mi dispiace, avrei dovuto fidarmi di te, non avrei dovuto reagire così, per favore dammi un’altra possibilità.”

Sente Shouto prendere un profondo respiro. –Io davvero non capisco perché ti sei comportata così.-

-Non lo so neanche io… - è dura, ma era arrivato il momento di ammettere le proprie colpe.

Shouto si ferma, Momo si volta a guardarlo titubante. -Avrei soltanto voluto mi dicessi la verità.-

-La verità.- ripete lei. –La verità è che sono sempre stata convinta di avere ogni risposta in tasca, di trovare sempre la soluzione giusta al momento giusto, per qualsiasi problema, di essere sempre la perfetta studentessa prima della sua classe. La verità è che non è vero, e forse l’ho capito troppo tardi.-

Shouto sembra non capire. –Non ti ho mai chiesto di essere perfetta, Momo. Nessuno te l’ha mai chiesto.-

-Ma è quello che tutti si aspettano da persone come me, dai bimbi prodigio.- ribatte lei, lisciando le inesistenti pieghe della gonna. –Ammettilo, Shouto: la senti pure tu la pressione di essere il figlio di Endeavor, di essere sempre paragonato a lui.-

–Più che altro mi sale l’incazzatura, quando mi paragonano allo stronzo, ma di questo parleremo in un altro momento.- Shouto fa una smorfia, per poi sospirare. –Ho capito cosa intendi, Momo, davvero. So cosa vuol dire essere i… raccomandati, ci sono finito in mezzo mio malgrado. Quello che non capisco è perché non ti sei fidata di me.-

Momo rimane in silenzio, osservando le proprie mani, poi prende un bel respiro. –Ho avuto paura. Ero terrorizzata, non chiedermi da cosa ma ero spaventata a morte.-

-Jirou era in pericolo di vita e i Villains la stavano cercando.- Shouto annuisce. –Sì, è più che normale che tu fossi terrorizzata… -

-Non sapevo cosa fare.- ammette. –Ho… agito d’istinto, ecco tutto, senza pensare alle conseguenze.-

-Beh, direi che non sono stato da meno.- Shouto dà un calcio a una pietrina, facendola rotolare oltre il bordo del marciapiede e giù, sulla spiaggia sottostante. –Ho reagito nel peggiore dei modi possibile. Avrei dovuto ascoltarti, non soltanto sentire quello che dicevi.-

Adesso è lei che non capisce. –Che intendi… ?-

-Eri strana, Momo, subito dopo l’attacco. Agitata.- spiega. –Pensavo fosse per colpa della sparizione di Jirou e per lo shock di aver perso la tua migliore amica, invece la stavi proteggendo. Forse è per questo che non ti sei voluta fidare di me, perché non ti ho mai ascoltata e ho ignorato i segnali… -

-Ma io avrei dovuto fidarmi comunque di te.- Momo stringe i pugni e forza un sorriso. –Siamo davvero i peggiori, non trovi?-

-Già, davvero i peggiori.- anche Shouto sorride. –Ma in fondo sbagliare è umano.-

-Ed è andato tutto bene, per fortuna.- non riesce a smettere di sorridere. –Potremmo usarla come esperienza di crescita.-

-Decisamente.- annuisce, quasi con fare saccente. A Momo viene da ridere. –Quindi… Ci riproviamo?-

Ora le sente premere agli angoli degli occhi, quelle lacrime di sollievo che stava cercando di trattenere. –Riproviamoci, sì.-

Riprendono a camminare sotto il sole che tramonta, parlando di libri e di Rei che ora sta bene e di Natsuo che finalmente si è deciso a presentare la sua ragazza alla madre, di Fuyumi che non ha mai davvero smesso di cercare Touya ed è l’unica che ancora parla con il padre e del giornalista complottista che ha seguito Momo e scoppiano entrambi a ridere quando leggono uno degli articoli che questo ha scritto sul suo giornale.

E Momo si era dimenticata quanto fosse piacevole e la facesse sentire bene, passare del tempo così.

Forse non troverà mai una risposta quella sua domanda, perché una risposta giusta non esiste, e in fondo va anche bene così.

Non deve per forza essere sempre la prima della classe.

 

 

 

-Senti, Mezzo e Mezzo, non ti sopporto più.-

-Beh, direi che il sentimento è reciproco, Bakugou.-

-Ecco che ci risiamo… Io vi voglio bene, ragazzi, ma i pattugliamenti con voi sono una vera tortura. -

-Taci, Nerd. Sto dicendo sul serio, coglione, sei insopportabile. Se vuoi davvero risolvere questa situazione di merda in cui ti sei cacciato da solo devi mettere da parte la tua facciata da perfettino offeso di ‘sto cazzo, andare da lei e risolvere la questione.-

-…quello che Kacchan sta cercando di dire, e su cui io concordo appieno, è che l’unico modo per risolvere questa situazione è parlare con Yaoyorozu.-

-Veramente io intendevo scop… -

-Prova a finire quella frase e ti arriva uno Smash dritto sulle gengive, Kacchan. Lo sai che ne sono capace e non ho paura di farlo.-

-Che palle di te, Nerd. Non è solo parlando che si risolvono le questioni di coppia.-

-Perché, tu come le risolvi?-

-Il più delle volte con qualche pugno.-

-…-

-…-

-Che c’è?-

-Q… Questa è violenza domestica, Kacchan.-

-Povero Kirishima… -

-Ma che avete capito, bastardi?! Ho un sacco da boxe a casa! E poi perché avete tirato in ballo Eijirou?! Ehy! Non ignoratemi, stronzi! Tornate qui!-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.      Il chikan è il tipico molestatore giapponese che principalmente incontri in metro. Di per sé non è violento, in quanto il suo molestare si “limita” a palpeggiamenti, frottage o foto sotto le gonne delle studentesse, ma è una vera e propria piaga in Giappone.

Per arginare questi fenomeni, le compagnie ferroviarie hanno destinato un numero di vagoni dei loro treni esclusivamente alle donne e tappezzato le fermate con manifesti colorati che a un turista parrebbero innocui che invitano le ragazze a denunciare questo fenomeno, mentre da parte delle autorità c’è stato inoltre un inasprimento dei controlli e delle pene.

Tuttavia questo non sembra aver spaventato i chikan, che continuano a essere motivo di imbarazzo per il Giappone, complice anche la mentalità estremamente maschilista dei nipponici.

 

 

 

 

 

 

 

 

N.T.D.M.P.S.P.P.: Non Tanto Deliri Ma Pur Sempre Post Partum perché la Maki ogni tanto sente il bisogno di parlare a ruota libera

…forse durante questa quarantena ho guardato troppi video di Barbascura che smonta i complottisti, mh *mumble mumble*

Comunque, questo capitolo fa schifo. Per diversi motivi, ma principalmente due.

Uno, è che io non so scrivere questo genere di storie. Gn, ma chi me l’ha fatto fare, perché mi sforzo di scrivere cose che non sono capace? Emigro in Tibet a fare l’eremita, appena me ne daranno la possibilità.

Due, è che come dicevo prima sembra scritto da quattro persone diverse. Andiamo, quanto sembro schizofrenica durante questo capitolo?! Sono la peggiore.

Il punto è che, come avevo accennato a qualcuno non solo qui su EFP, durante questo periodo sono ritornati a galla problemi che credevo di aver risolto o come minimo avere sotto controllo – e come penso sappiate, quando la mente non è nel suo stato migliore sono le parti più deboli del fisico a mostrare questo malessere. E quindi ecco che la mia vista va di nuovo a farsi benedire e ritornano i problemi che mi avevano costretta a rientrare dall’Egitto un anno fa esatto. Oltre al fatto che sono tornati pure gli attacchi di panico e l’ansia generale, soprattutto nell’ambito lavorativo.

Comunque ci tengo a dire che tutto sommato sto bene, anche se magari a voi non frega nulla, ma mi piace credere che a qualcuno interessi.

Anche perché so che trai lettori c’è la mia migliore amica, che abita in America e che per millemila motivi non riesco a sentire spesso come vorrei – e vista la situazione in quel d’America un po’ d’ansietta per lei e la sua compagna ce l’ho.

Vi voglio bene, ragazze, mandatemi anche solo un messaggio e io son contenta.

 

In sostanza, spero che questo capitolo sia piaciuto più a voi di quanto non piaccia a me. Fatemelo sapere con un commento, magari non vi risponderò immediatamente ma abbiate fede che prima o poi arriverò.

Non so quando o come ci rivedremo, come vedete manca ancora uno speciale a questa storia e ci sarà un altro capitoletto anche per Hopeless Wanderers a cui inizierò a lavorare finita questa trilogia di capitoli extra – e per chi se lo stesse chiedendo, sì, c’è qualcosa di nuovo che bolle in pentola, molto lentamente, ma sta prendendo forma – e ovviamente mi vedrete bazzicare in altri fandom o nello spazio recensioni, ma per adesso credo mi prenderò una “pausa”.

Apparirò a caso, ogni tanto, tipo funghetto, ma per il resto credo che passerò un po’ di tempo a cercare di rimettere insieme quel che si può salvare – magari meditando, ascoltando un po’ di musica e cercando di finire la pila dei libri da leggere.

Per il resto, non posso che augurarvi un buon qualcosa e sperare di rivedervi presto.

Come dice sempre il mio capo, pace e bene.

Maki

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