Ring of fire

di TeamFreeWill
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Finalmente si va in vacanza ***
Capitolo 2: *** Carpe diem ***
Capitolo 3: *** Durante il concerto ***
Capitolo 4: *** Un dolce imprevisto ***
Capitolo 5: *** Lezioni di chitarra e magia ***
Capitolo 6: *** Dall'amore al dolore ***
Capitolo 7: *** Litigio e disperazione ***
Capitolo 8: *** Sconvolto e senza parole ***
Capitolo 9: *** Folle ***
Capitolo 10: *** Senso di colpa ***
Capitolo 11: *** Ti prego, non lasciarmi ***
Capitolo 12: *** Jensen è.... ***
Capitolo 13: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 14: *** Fuga di notizie ***
Capitolo 15: *** Sciacalli mediataci e panico ***
Capitolo 16: *** Jensen ha bisogno di pace e tranquillità ***
Capitolo 17: *** Una romantica serata ***
Capitolo 18: *** Una cosa sola ***
Capitolo 19: *** (Everything i do) I do it for you ***



Capitolo 1
*** Finalmente si va in vacanza ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere o dell'orientamento sessuale di queste persone, nè offenderle in alcun modo'

 

 

Jensen Ross Ackles era un cantate. Un cantante country per la precisione. 

La sua voce graffiante ed estremamente sexy, la sua bellezza unita ad un talento straordinario facevano di lui la star del momento e quindi molto richiesto nei locali della sua città, Dallas, e di tutto il Texas.

Bella vita, soldi, notorietà, belle auto, lusso. Tutto bello, tutto fantastico.
Tutto quello che un personaggio del suo calibro poteva desiderare lui le aveva e all'inizio della sua carriera era davvero al settimo cielo per questo, ma poi iniziò a subentrare la noia...la routine...la stanchezza…
Il business invece che la musica. Gli affari invece che il divertimento che suonare gli infondeva.

Concerti su concerti. Le luci dei riflettori sempre puntate addosso, mai un attimo di pace, sempre sballottato da un posto all'altro.

L’ultimo tour che aveva fatto, poi, era stato massacrante, sempre sold out. Aveva superato il limite.

Jensen non ce la faceva più. 

Voleva la normalità. Voleva riassaporare la vita di prima. Voleva tornare a godersi la sua vita e la sua musica.

Il biondo seduto sui sedili posteriori della sua auto era esausto dopo l’ennesimo concerto. Occhi chiusi, la testa buttata all'indietro.

“Dio Ty...portami a casa più in fretta possibile...ho la testa che mi scoppia...”

“Certo Jensen!!” e premette sull'acceleratore.

Il biondo, una volta salito in stanza si buttò sul letto, letteralmente. Non si spogliò nemmeno tanto era stanco, però dal grande stress che aveva accumulato, riposò male e il mattino seguente era più stanco di prima.

“Oddio!” passandosi una mano sui capelli arruffati e poi sul viso. Sotto gli occhi verdi, enormi borse scure.

Si alzò lentamente dal letto e andò verso il bagno. Forse una doccia lo avrebbe svegliato, ma così non fu.
Anzi fu peggio, ma doveva andare alle prove dell’ennesimo concerto.
Doveva farlo per i fan. Così strinse i denti e anche quella settimana passò tra prove, concerti e autografi.

Almeno quella era l’ultima data. Ora, consolato da questo, poteva godersi una meritata vacanza.

“Jensen, cos'hai da sorridere?” chiese Ty al biondo. Ty Olsson era la sua guardia del corpo, ma era prima di tutto un suo amico.

“Niente. Solo che finalmente posso concedermi quella piccola vacanza lontano da tutti e tutto!” rispose sorridendo.

“Mai stai scherzando?” Ty lo guardò alzando un sopracciglio. “Con quel pazzo in giro che ti manda le lettere anonime? Dovresti tornate a casa dai tuoi familiari...insomma è più sicuro!” Era veramente preoccupato per il suo protetto. 

“Chi ? quello? Non mi fa paura!” rispose prontamente il biondo. “Non mi faccio certo influenzare da un pazzo!” 

“Jensen...io mi preoccupo solo per te” disse guardandolo dallo specchietto retrovisore, stringendo appena le mani sul volante.

“Lo so amico...” fece Jensen sorridendogli grato, ”...ma davvero non ce n’è bisogno... Quel tizio si limita a mandarmi solo lettere...certo inquietanti, ma sono solo lettere. Non ha mai superato il limite, quindi....” e lasciò il discorso in sospeso.

“Quindi non lo reputeresti capace di agire?” chiese la guardia del corpo, mordendosi le labbra.

“No...si nasconde dietro a delle lettere anonime....E’ un codardo! O è solo un fan che non ha capito dove finisce il cantante e dove inizia Jensen.”

Ty deglutì a quelle parole e, fermi allo stop, si voltò appena verso Jensen. Era serio. 

“Non lo so amico...la mente umana è strana....e io starei comunque attento” replicò Ty.

“Ah...ti preoccupi troppo amico....Tranquillo, dove voglio andare non mi succederà niente.” disse il biondo, l’auto che si fermava davanti al vialetto di casa in quegli istanti.

“Sei troppo testardo...troppo!” Ty scosse la testa. 

“Sono un texano...hai mai visto un texano che non sia testardo?” ironizzò il maggiore scendendo dall'auto.

“No, decisamente no” rise Ty all'espressione convinta di Jensen. “Va bene cowboy....mi hai convinto! Fatti questa meritata vacanza da solo, ma sta attento. Io intanto farò altre ricerche per scovare questo bastardo che ti tormenta!”

“Così mi piaci!” fece Jensen, una pacca fraterna sulla spalla mentre apriva la porta di casa. Ty che sorrideva a quel gesto anche se, però, dentro di lui era turbato. “Mi raccomando quando parti e arrivi avvisami” 

“Si, papino!” fu la risposta scherzosa di Jensen; dopo di che i due si salutarono e Ty se ne andò.

Jensen, una volta a letto, si addormentò subito. Il mattino seguente sarebbe partito finalmente, riappropriandosi della normalità che tanto agognava. 

Nel luogo dove aveva intenzione di andare nessuno lo avrebbe riconosciuto. La sua fama , di certo, lì, non lo avrebbe preceduto.
Era la meta perfetta. Sarebbe stato solo un ragazzo in vacanza.

E così fece, dopo aver avvisato Ty il mattino seguente, chiamò un taxi, valige in mano e si diresse all'aeroporto.
Destinazione: Vancouver.
Il freddo Canada e il caldo Country Texano, avevano davvero ben poco in comune.

 


 



Note autrice 
Biota questa storia è scritta tutta per te e per le spnfamily ^^ Ne abbiamo parlato ed infine eccola qui! Chuck! Si può dire che questa storia è stata scritta a 8 mani :D 
Vi voglio bene ragazze!!! :)

 

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Capitolo 2
*** Carpe diem ***


Dopo quattro ore di volo, il ragazzo giunse finalmente al suo hotel. Un hotel non di lusso, ma che aveva tutti i comfort necessari. 

Non disfò nemmeno le valige quando entrò nella sua stanza tanta era la voglia di fare un giro per la città. 

Si fece una doccia veloce e poi via… iniziò a girare per la bellissima Vancouver.

Era arrivato da appena un giorno e già si sentiva bene. Anzi, stava alla grande. 

Camminava per le vie della città tranquillamente, e sorrideva come uno stupido perché si stava perfino godendo delle semplici vetrine senza che nessuno lo fermasse per chiedergli il solito autografo o la foto o qualsiasi altra cosa. 

Era un ragazzo semplice, che si stava godendo la vita.

Si sentiva come quando aveva appena iniziato la sua carriera e quella normalità gli fece venire in mente proprio il suo passato , il suo inizio. Quando suonava solo per il gusto di suonare.
Dio!! come gli mancava quella sensazione di libertà.

Nessuno che gli dicesse quanto avrebbe incassato, o quanto sarebbe costato fare un certo tipo di arrangiamento. 
Solo lui e la sua chitarra.

Si ritrovò così in una via più o meno trafficata e guardandosi intorno vide un annuncio affisso alla vetrina di un locale. “Cercasi cantante solista”

Jensen restò a fissare quell’annuncio per un po’ ripetendosi che era una follia fare ciò che stava pensando di fare. Ma la voglia di gustarsi di nuovo la pace della sua musica era troppo e troppo forte, così si fece coraggio ed entrò.

Al bancone del bar del locale c’era un ragazzo. Alto, i capelli quasi alla spalla, castani. Stava scrivendo qualcosa su alcuni registri.

“Scusami….” disse avvicinandosi.

“Siamo chiusi. Apriamo stasera alle 19!” disse l’altro senza scomporsi più di tanto.

“Sono qui per quell’annuncio alla vetrina!” insistette Jensen. Ed era stranamente euforico perché stava rivivendo la sua vita.

Solo allora il ragazzo si voltò a guardarlo. Lo scrutò quasi come lo stesse ispezionando da capo a piedi, puntando poi i suoi occhi dalle mille sfumature in quelli verde del biondo. Che sguardo!

“E sei venuto fin qui dal Texas per cantare?!” lo spiazzò il barista.
“Ma come….” forse lo aveva riconosciuto.
“Tranquillo!! Sono solo bravo con gli accenti!” e si sorprese quando notò che quel provetto cantante si rilassò. “Sono Jared Padalecki. Il locale è mio.”

“E’ un bel locale. Complimenti!” lo adulò Jensen decisamente più tranquillo.

“Come ti chiami?!”

Il biondo tentennò appena e, ricordando che Ty gli aveva raccomandato di stare attento, disse il primo nome che gli venne in mente. “Tristan….Tristan Ackles!”

“Ackles!?” ripeté Jared. “Sicuro di essere del Texas?!”

“Così mi dicono i miei genitori!!” rispose ironico.
“Non sono un esperto e ho poco tempo per stare dietro ai nuovi divi, ma ho sentito qualche ragazza, al bar, tempo fa , morire dietro ad un certo…..Ackles...Jansen...Jenson….o qualcosa del genere. Parente?”
“In Texas ne siamo tanti. Non saprei!! Alle nostre riunioni di famiglia, comunque, non è mai venuto!!” scherzò, anche se , in verità, si sentiva abbastanza nervoso per quella bugia innocente.

“Ok! Senti...io oggi sono abbastanza impegnato, ma se ti accontenti di suonarmi qualcosa al volo ….a proposito, cosa suoni?” chiese curioso.

“La chitarra. Io suono la chitarra classica!!”

“Perfetto. Ne ho una nello studio. Era la vecchia chitarra di mio cugino Jeff, che lui l’ha sostituita…” tenne a precisare “ Comunque se ti accontenti di quella, dato che non ne hai una con te, possiamo vedere se la cosa va’ in porto.” suggerì Jared.

“Per me va più che bene!” accettò Jensen, avvicinandosi ad uno sgabello del bancone. 

Qualche minuto dopo, Jared, gli porse la chitarra e dopo essersi guardato un attimo intorno, Jensen, iniziò a suonare. 

Le sua dita accarezzavano gentili le corde dello strumento, la sua voce a volte triste a volte graffiata , a volte dolce e a volte forte, divennero un tutt’uno con la semplice melodia e Jared, beh!, Jared anche se non lo diede a vedere ne rimase davvero molto colpito. 

Come rimase colpito del fatto che quel ragazzo aveva appena suonato uno dei suoi pezzi preferiti.

“Ok Tristan!….Senti, per me va bene e se vuoi puoi iniziare stasera.”

“Sul serio?!” 

“C’è qualche problema per te!?” chiese.

“No, no, no...è perfetto!!” Cavolo se lo era! 

“Ok! Alle 18 devi essere qui. Io ho già tante cose da fare e quindi dovrai occuparti tu di sistemare l’acustica e le luci. Domani con calma mettiamo tutto su carta e decidiamo come preferisci essere pagato. A serata, a settimana o...”

“Ok! Ok!...domani...domani decidiamo.” lo fermò Jensen, che comunque non era davvero interessato alla paga. Lo avrebbe fatto anche gratis.

“Come vuoi. Io adesso ho un appuntamento con dei fornitori, ci vediamo stasera, d’accordo?!”
“Perfetto…..a stasera e grazie!”
“Grazie a te!” fece stringendogli la mano che Jensen/Tristan gli stava porgendo con entusiasmo, facendo provare nel moro un leggero brivido che comunque riuscì nascondere richiamandolo.

“Ah Tristan !! Toglimi una curiosità” disse infatti.
“Sì?” fece Jensen, prima di andare via.

“Come mai hai suonato Halleluia di Choen?!” Era davvero curioso di quella coincidenza.

Jensen sorrise beffardo e azzardò: “Sentivo che ti sarebbe piaciuta!” e andò via. 

Jared sorrise anche lui e quando si girò per tornare al lavoro , il suo sguardo si posò sulla mensola appena vicino al palchetto per la musica. 

La sua intera discografia di Choen. “Che bastardo!!”

Però doveva ammettere che comunque aveva cantato quella canzone in modo splendido.

E poi i suoi occhi....di un verde così inteso...la sua voce...calda...Il cuore iniziò a battere fortissimo. Doveva calmarsi...Scosse la testa e riprese a fare quello che stava facendo, ma fu difficile concentrarsi anche dai fornitori. Il pensiero finiva sempre su quel “Tristan!”
Possibile che qualcuno potesse colpirlo in quel modo e in così poco tempo?!

Jensen, intanto, si sentiva al settimo cielo! Era letteralmente eccitato per quello che stava per fare quella sera e che avrebbe fatto in quelle successive.

Era una follia. Ma quando si sarebbe ripresentata un’ occasione così? Aveva fatto più che bene a coglierla al volo e dare il nome falso.



Note autrice
Cin75 se non mi avessi aiutato con il primo incontro.... Ero in modalità blocco della scrittrice!  *_* Thank you!!!! :)

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Capitolo 3
*** Durante il concerto ***


In trepidante attesa per quel concerto improvvisato, corse al suo hotel, mangiò qualcosa, si fece una doccia veloce e poi via di nuovo al locale di Jared per sistemare il palco e provare quelle che sarebbero state le canzoni da suonare, mentre il moro sistemava il locale prima dell’apertura.

“Sei agitato?!” fece a un certo punto Jared avvicinandosi a Jensen, seduto sullo sgabello al centro del palco, chitarra poggiata sulle gambe.

“No!” ma poi si corresse, ”....cioè si...ma....come si dice....chi non risica non rosica!” fu la risposta del biondo.

“Giusto Tristan!” convenne Jared, “Ma devi stare tranquillo. I miei clienti non ti tireranno addosso i pomodori....Sei davvero bravo a…” ma non finì la frase che il cellulare squillò. 

"Scusami...." disse verso Jensen poi si allontanò per rispondere.

Circa dieci minuti dopo, quando ritornò, Jensen notò che il ragazzo era alquanto nervoso e turbato. Stringeva il telefono e respirava affannosamente.

"Hey!" Disse andandogli incontro, la chitarra appoggiata a terra sul palco, "Tutto bene?" 

Jared, perso nei suoi pensieri non si accorse di essere chiamato. Si sedette su una sedia, i gomiti sul ginocchio, la testa tra le mani.

"Jared?" fece il biondo posandogli una mano sulla spalla e solo in quel momento il moro lo sentì.

Jared alzò la testa e puntò lo sguardo negli occhi di Jensen.

Non che il biondo non avesse notato gli stupendi occhi di Jared...ma in quel momento erano un qualcosa d'indescrivibile. Troppo intensi...troppo vivi...

"Cosa?!" 
Jensen deglutì e allontanandosi appena, distolse lo sguardo.

“Ti ho chiesto se va tutto bene.” fece, la voce un po’ più alta del solito, il cuore impazzito.

“No…Cazzo no! Il mio ex …E’ un osso duro...non accetta che l’abbia lasciato e….Ma cos'hai?”

Jensen era senza parole e a bocca aperta. Quel stupendo ragazzo era gay? Come lui? 

“Io…non pensavo fossi….cioè…Non è come pensi!” balbettò in fretta capendo dall'espressione di Jared che forse era stato frainteso.

“A no?” fece infatti, stringendo gli occhi.

“No, assolutamente no….Visto che siamo sulla stessa lunghezza d’onda in fatto di gusti!” disse tranquillamente facendo l’occhiolino all'espressione assunta da Jared e ritornando, poi a provare, le canzoni. 

Non poteva sapere che il cuore di Jared, proprio come il suo, era esploso dalla felicità a quella notizia e con quei pensieri, Jared, andò ad aprire il locale ai clienti con un sorriso stupendo.

Persi in quello che stavano facendo entrambi però, senza farsi vedere uno dall'altro, ogni tanto si guardavano di sottecchi. Sguardi sfuggevoli , brevi ma intensi.

Ma fu solo con l’inizio del concerto, durante l’esecuzione di una magnifica ballata, che i due ragazzi incrociarono gli occhi. 

Complice la luce, la canzone, l’atmosfera soffusa del locale per un secondo il mondo sparì, il cuore batté forte, lo stomaco si contorse e i due ragazzi non poterono far altro che sorridersi dolcemente. 

Gli occhi di Jensen più verdi che mai, gli occhi di Jared luminosi. I cuori di entrambi che battevano forte. 

Entrambi stavano provando qualcosa che mai avevano provato prima in vita loro. Forte. Intenso. Puro. Magnifico. Viscerale. Vivo. Perfetto. 

Nella stanza, in quel momento, c’erano solo loro due, avvolti dalle note di quella ballata dolcissima e da quella magia, magia che fu interrotta bruscamente da qualcuno che lanciò a terra una bottiglia di scotch presa a un supermercato e da un’imprecazione poco carina rivolta al padrone del locale.

L’uomo, visibilmente ubriaco o peggio, stava al centro del locale.

La musica cessò di colpo e tutti si voltarono prima sulla fonte del rumore e poi verso Jared che, colto di sorpresa, gridò: “Ma cosa?! Oddio Matt! Ma come ti permetti? Fuori di qui ” ed era furioso.

“NO!” e barcollò avanzando verso il bancone del bar. 

“Stai dando spettacolo! Fuori!” ripeté il moro, l’indice che puntava verso l’uscita, il respiro affannoso.

Jensen, già in piedi pronto a intervenire, continuava a posare gli occhi prima su uno e poi sull'altro. Quel tizio era fuori di sé e molto pericoloso.

“Io…sto….dando spettacolo? IO?” ignorandolo completamente. “Tu... semmai!” 

“Ma cosa stai dicendo?!” arrossendo leggermente a quell'accusa, gli occhi che vagarono istintivamente su Jensen.

Quel gesto non sfuggì all'ex fidanzato che, se possibile divenne ancora più furioso e offensivo. Pazzo di gelosia. Evidentemente aveva assistito al gioco di sguardi durante l’esibizione e questo lo aveva fatto infuriare. 

“Avete capito il caro e buon Jared Padalecki?!” biascicò rivolgendosi alla clientela con fare plateale, che imbarazzati, non lo guardavano anzi... “…mi lascia perché dice che sono troppo geloso e poi fa il cascamorto con il musicista davanti a voi tutti‼ Jared ho sempre pensato fossi una …” rivolgendosi al moro “...puttana con quei sorrisi e quegli sguardi”

Jensen non ce la fece più! Posò un ultimo sguardo al moro, che dalla rabbia e anche dalla vergogna, sembrava essersi paralizzato sul posto, e si parò davanti a Matt. 

Sguardo duro. Una rabbia dentro mai provata. “Scusati immediatamente!” sibilò.

“No!” l’alito che puzzava di scotch.

“Scusati!” ripeté Jensen, i pugni stretti lungo i fianchi. La gente che tratteneva il fiato come Jared, che sentendolo, aveva alzato lo sguardo. 

“Che c’è? difendi la tua puttana?” sghignazzò malefico, Matt.

“Stai superando il segno! Non costringermi a buttarti fuori a calci in culo!” sibilò il biondo, avanzando verso di lui con fare deciso.

“Fallo…cowboy!!” 

Qualcosa scattò in Jensen a quel nomignolo. Il temperamento texano che c’era in lui prese il sopravvento.

“Come vuoi, brutto figlio di puttana!” 

Lo prese per un braccio e cominciò a trascinarlo per il locale e ci riuscì abbastanza facilmente , dato che Matt era ubriaco e quindi con poca stabilità fisica.

Per Jensen, una soddisfazione enorme. Per Matt un’umiliazione mai provata! 

Dio! La gente che mormorava alle sue spalle! No! Era troppo!. 

“Lasciami, bastardo!” disse mentre, puntando i piedi, si fermava di colpo. “Me ne vado.... da solo!”

“Bravo! Vattene e non farti più vedere” disse il biondo lasciando la presa. Ma fu un errore.

Fu un attimo. Jensen non se ne rese nemmeno conto, come non se ne rese nemmeno conto Jared.

Matt, prima di uscire dal locale , come il vigliacco che era, scattò in avanti e colpì al viso il biondo che barcollò, tanto fu colto di sorpresa. Il pugno di Matt , lo raggiunse in pieno, con una forza che solo la mancanza di inibizione dell’alcool poteva concedere. 
E dopo aver colpito, Matt, scappò fuori dal locale, sparendo velocemente in qualche vicolo.

“Oddio!‼!” gridò Jared andando da Jensen, che per un attimo rimase piegato in due, dato che il dolore per il pugno ricevuto gli era esploso fragorosamente nel cervello. Lo afferrò per le spalle, aiutandolo a mettersi dritto e poi gli prese il viso tra le mani, ispezionando il segno rosso che indicava il punto dove le nocche avevano colpito con violenza .

I clienti, spaventati pure loro, accorsero intorno ai due per vedere come stesse Tristan, ma il biondo, dopo essersi inebriato del profumo di Jared e del tocco delle sue dita sul punto ferito, disse che stava bene.

“Bene?” ironizzò il moro, “Lo zigomo ti sta diventando come una mongolfiera! Va di là...nel mio studio. Ti raggiungo e vediamo di sistemare questo Picasso!” cercò di scherzare , alludendo al lineamento del viso appena distorto dal gonfiore.

“Ma...no…. Io...” 

“Va!” ordinò e Jensen eseguì. Meglio non contraddirlo!

Mentre lo aspettava appoggiato alla scrivania senti dire da Jared che per stasera, visto quello che era successo era meglio chiudere prima il locale e ovviamente i clienti furono più che d’accordo.

“Ma perché?! Volevo suonare ancora!” disse infatti imbronciato Jensen quando il moro lo raggiunse e si diresse verso la cassetta del pronto soccorso.

“E’ fuori discussione, Tristan...domani sera suonerai. Ti sei beccato un pugno per causa mia!” !” e si avvicinò. Una mano a sollevargli il mento e l’altra a premere il ghiaccio secco sullo zigomo..

Jensen si zittì immediatamente. Poteva perdersi nello sguardo di Jared. 
Il folle desidero di baciare quelle labbra così sottili, il suo profumo che lo stava stordendo.
Possibile che qualcuno potesse colpirlo in quel modo e in così poco tempo?!

“Jared....” fece Jensen, il respiro ora affannoso come pure quello di Jared, ”... è valsa la pena prendersi un pugno per te” 

“Davvero?” la distanza che si accorciava.

“Si” solo un respiro li divideva, “...e lo rifarei se quel tizio ti...”

Ma non finì la frase. Il mondo sparì e il tempo si congelò.

Jared appoggiò le labbra su quelle piene del biondo, le saggiò, le mordicchiò. Le fece sue. 

Costrinse, dolcemente, il biondo a dischiudere la bocca, il corpo che aderiva perfettamente con quello di Jensen, le mani di Jensen sui fianchi del moro.

Le teste inclinate a trovare la giusta angolazione affinché il bacio divenisse più intimo e bagnato, le lingue che danzavano perfettamente mandando stilettate di piacere continuo. 

Un’emozione mai provata. Pura. Viscerale. Magica.

Solo il bisogno d’aria li fece staccare e appoggiare fronte contro.

“Jared....” fece Jensen sospirando cercando di baciare di nuovo le labbra sottili e invitanti del moro.

”Tristan...”fece Jared andando incontro al biondo, che sentendo quel nome, per la prima volta, si pentì di averlo dato. 

Strinse gli occhi e cacciò in un angolo del suo cervello quel senso di colpa. Non voleva pensarci. Perché rovinare quel momento stupendo? Aveva tempo per dirgli la verità. La vacanza era ancora lunga...avrebbe trovato il modo di spiegargli ogni cosa e del perché avesse mentito.

Fuori dal locale, intanto, sotto un lampione, qualcuno stava osservando la scena dei due ragazzi che si baciavano appassionatamente. 

Le labbra strette, sguardo di fuoco puntato verso la finestra, i pugni stretti talmente tanto da segnare la pelle del palmo.

 

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Capitolo 4
*** Un dolce imprevisto ***


Dopo quei baci, che li avevano mandati in paradiso, i due iniziarono ad approfondire la loro conoscenza.

Fu così che Jensen si propose anche di aiutare il moro nel locale oltre che cantare per lui. 

Era uno spettacolo per gli occhi vederlo servire ai tavoli. Jared addirittura gli aveva insegnato a preparare dei cocktail o a servire la birra alla spina!

E quando avevano del tempo libero? Beh, si godevano quella che era l’inizio della loro relazione.

I due giravano per le vie del centro o, come in quel momento, erano sulla Gastown -la famosa torre panoramica - dove guardavano l’intera città di Vancouver.

“Bellissimo!” fece Jensen osservando meravigliato il panorama sotto di loro.

“Si, Tristan.... lo è!” rispose il moro osservando, invece, lo stupendo profilo di “Tristan”.

Dio, si stava innamorando di lui...se lo sentiva...Certo era irrazionale visto che comunque sapeva poco di lui e lo conosceva da pochi giorni, ma l’amore se fosse razionale non sarebbe amore.

Sorrise, arrossendo e riprese a guardare il panorama. 

Non poteva certo immaginare che Jensen, quello sguardo, se lo era sentito addosso fin dentro l’anima facendogli battere il cuore fortissimo. 

Perché anche il biondo si stava innamorando di Jared. 

Si stava innamorando della sua risata, del suo modo di fare, della sua voce.
Dei suoi occhi, però, era già follemente perso.

Era per questo che non riusciva a dirgli la verità su chi egli fosse in realtà. Ogni volta che si decideva si bloccava e la paura di non essere più guardato da Jared prendeva il sopravvento.

Scosse la testa, ma il moro lo sentì irrigidirsi nello stesso istante.

“Cos’hai?” chiese infatti allontanandosi appena , per guardarlo in viso intensamente.

“Io? Niente...ho...solo fame”

Effettivamente era passato da tempo mezzogiorno. Non aveva mentito, si convinse, visto che in quel momento gli brontolò lo stomaco. 

“Anch’io” convenne. “Bene , scendiamo...ti porto al parco! Il mio migliore amico, Misha, ha un banchetto da strada....Fa’ di quegli hamburger!!!!..ti piaceranno” 

“Li adoro!” fece Jensen seguendolo, con l’acquolina.

Circa trenta minuti dopo Jensen, dopo essere stato presentato da Jared a quello che considerava come un fratello, stava mangiando un hamburger che era una bomba di calorie. 

Misha lo aveva chiamato simpaticamente “Elvis”!

“Tristan....” disse ad un certo punto il moro, occhi sgranati, “…ma come fai a mangiarlo?” 

Jensen, voltandosi appena, sorriso beffardo stava per ribattere “E tu come fai a mangiare quel cibo per conigli?”, quando Misha se ne uscì: “Semplice! Lo mangia con la bocca!” 

Per un secondo i ragazzi lo guardarono stralunati, ma poi scoppiarono a ridere di cuore appoggiandosi uno all’altro istintivamente.

“Ehi?! Che ho detto?” fece il bruno innocentemente inclinando la testa per poi girarsi verso il frigo incurante che i due continuassero a ridere.

“Ah….Siete fatti proprio l’uno per l’altro!” e sporgendosi passò ai due una lattina di birra ciascuno.

I due arrossirono a quella uscita e si guardarono complici, sguardo incatenato all’altro.

Misha osservò quel gesto e impercettibilmente sorrise, felice per il suo migliore amico.

Dopo di che i tre si misero a parlare del più e del meno tanto che non si accorsero che il cielo si stava annuvolando. Solo un tuono fece loro capire che si stava avvicinando un temporale. E meno male che le previsioni davano bel tempo!

“Meglio andare...” convenne il moro osservando il cielo grigio. “Ehi Misha…” disse prima di allontanarsi con Jensen, “Ti aspettiamo stasera al concerto”

“Sarò in prima fila!” rispose il bruno.

“Bene! A stasera” fece Jensen e d’istinto portò un braccio attorno alle spalle larghe di Jared, il cuore che accelerò immediatamente, il profumo che lo inebriava. 

I tre si salutarono e con passo accelerato, i due ragazzi, di diressero verso l’uscita del parco.

Erano quasi arrivati, quando le prime gocce iniziarono a scendere dal cielo e un leggero vento si levò facendo cadere le prime foglie gialle.

“Cazzo!” disse Jared, la pioggia sempre più forte.“Dai vieni…..quello è un bar…. è aperto. Potremo ripararci” 

Dicendo così, prese la mano di Jensen e fece per trascinarlo verso quel bar, ma Jensen non si mosse.

Rimase incantato a osservare il moro, i capelli bagnati, le goccioline di acqua sul viso. Dio! Era...impossibile da descrivere. 

“Tristan…muoviti! Che fai? Vuoi prenderti un accidente? Dai!!!!!” ma poi non capì più niente.

Jensen lo trascinò a sé, le mani attorno al viso e lo baciò. Lì, sotto alla pioggia mentre gli altri, intorno a loro, correvano per ripararsi.

Le lingue che s’intrecciarono, le teste che si muovevano, le labbra mordicchiate, i cuori che stavano scoppiando.

“Sei…magnifico” fece Jensen accarezzando le guance accaldate di Jared, sospirando.

“Anche tu” sorrise timidamente Jared, “E’ stato il più bel bacio della mia vita”. 

“Anche per me”, rispose il biondo riappropriandosi di quelle labbra un attimo dopo, la pioggia che iniziava a scemare...Le nuvole che come erano apparse si diradarono facendo fare al sole capolino tra esse.

Inutile dire che erano zuppi ma chi se ne importava! Era stata la cosa più folle e magica che avessero mai fatto!

Erano talmente presi che non si accorsero di essere osservati da dietro un albero.

Sguardo furioso, cappuccio tirato sulla testa, le mani in tasca strette su un piccolo coltello a serramanica.

Nel viso l’odio più puro verso uno dei ragazzi.
Come si permetteva quel figlio di puttana di rubargli l’uomo che era suo? Si morse le labbra fino a farle sbiancare, sentendo i due che iniziavano a ridere di cuore e vedendoli uscire dal parco. 

Stando a debita distanza li seguì finché non entrarono nell’appartamento del moro, situato sopra il locale dove Jared prestò una sua tuta a Jensen mentre nell’asciugatrice mise i vestiti del compagno.

Il moro, una volta ritornato in salone indossando dei vestiti asciutti, andò in cucina dove prese dal frigo due bottiglie d’acqua.

Si era appena voltato quando Jensen, che lo aveva seguito estasiato dalla visione di Jared vestito con Jeans e maglietta nera, lo spinse contro il frigo per baciarlo appassionatamente, tanto che il moro gemette nel bacio.

Le mani ad accarezzare i capelli di Jared, le braccia di Jared portate dietro il collo di Jensen.

Quel bacio, bagnato e languido, era diverso dagli altri che si erano scambiati fino ad ora. Era più profondo. Marcato. Passionale.

Stavano perdendo la testa, storditi da quello che provavano. 

Iniziarono a sentire un certo calore al basso ventre, le gambe tremare, la testa leggera e annebbiata.

Ma avevano un concerto e Jared doveva aprire il locale! Dovevano fermarsi.

“Tristan....” Appoggiando la fronte su quella del biondo, che al nome sentì un dolore al cuore profondo - iniziava a non sopportarlo più! -, ”...è meglio che ci fermiamo”

“Si..meglio!” ma Jensen riprese a baciare Jared più languidamente di prima! Labbra, mandibola e poi labbra di nuovo. Jared non si sottrasse anzi! Ricambiò voracemente quel bacio!

Solo il suono dell'asciugatrice li fece ritornare alla realtà e fermare.

Entrambi erano con il fiatone, il cuore impazzito e negli occhi una luce mai vista.

“E’ meglio....” fece deglutendo il moro cercando di darsi un contegno ”....che ci prepariamo...Io vado a prenderti i vestiti asciutti....”

“Si...la tuta mi sta stretta!” e sorrise malizioso.

Jared ammiccò e andò a prendergli i vestiti asciutti, dopo di che, scese al locale per sistemarlo prima dell’apertura.

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Capitolo 5
*** Lezioni di chitarra e magia ***


Circa quindici minuti dopo scese anche il biondo e si mise, come da consuetudine, a sistemare l’acustica e le luci. 

Ora doveva solo provare le canzoni, così si diresse nell'ufficio del moro dove sapeva esserci la chitarra.

F Stava per entrare quando si fermò sulla soglia, il braccio sinistro appoggiato sullo stipite, un dolce sorriso sul viso osservando il moro.

Jared stava provando a suonare la chitarra seduto sulla sua sedia, i capelli che ricadevano in avanti, ma il suono che ne usciva era stonato.

“Se vuoi ti insegno” fece Jensen decidendo di entrare.
“Cosa?” rispose l’altro alzandosi di scatto e passando lo strumento a corde a Tristan, rosso in viso.

“E’ tutta questione di come metti le dita sullo strumento!”

“Tristan....non so...se sia il caso”

“Scherzi vero?! Anch'io non sapevo fare il barista eppure mi hai insegnato....Quindi...dopo..io e te...lezioni di chitarra!” e detto ciò uscì dall'ufficio lasciando il moro senza parole.

Dio! Quel Tristan era davvero un adorabile testardo. 

Scosse la testa sorridendo e andò, poi, ad aprire ai clienti che erano in trepidante attesa per il concerto che da li a mezzora sarebbe iniziato.

Ovviamente fu l’ennesimo successo tanto che Misha, in prima fila, chiese il bis di “Simple Man”!



**********************


A fine serata, quando anche l’ultimo cliente se ne fu andato, i ragazzi iniziarono a sistemare il locale.

Tavoli, il palco, il bancone, il bagno.

“Wow! Sistemato anche stasera il tuo regno Jared!” Disse Jensen osservando come tutto fosse in ordine.

“Già!!!” convenne Jared.

“Tristan... ehi!” fece quando Jensen prese la chitarra e se la mise sulle spalle “Non vedi l’ora di farmi da maestro, vedo”

Il più grande annuì con entusiasmo, ma non era solo per quello però: finalmente sarebbe stato da solo con lui.

Per tutta la sera lo aveva solo potuto guardare e mangiare con gli occhi, il ricordo del bacio in cucina - e che bacio!- mai scemato. Le sensazioni provate più vive che mai.

“Sali...io butto questi sacchi dell’immondizia e ti raggiungo” 

“Ok!” Jensen si sporse e diede un tenero bacio a stampo sulle labbra invitanti del moro, dopo di che salì le scale che davano al suo appartamento.

Jared sorrise, il cuore che batteva forte. Anche lui, a dir la verità, non vedeva l’ora di star solo con Jensen visto che, come il biondo , pure in lui le sensazioni del bacio che si erano scambiati in cucina erano ancora vive e tangibili. 

Con questi pensieri e un sorriso estasiato uscì con i sacchi dall'uscita sul retro, ma non appena mise piede fuori dal locale beh, sentì un brivido attraversarlo. Istintivamente si guardò attorno, si sentiva osservato.

No! Impossibile. Sicuramente era la sua immaginazione. Si , lo era per forza.

Così, deglutendo, si decise ad attraversare la strada per raggiungere il cassonetto.

Mentre percorreva il marciapiede però si fermò, il cuore in gola, il respiro accelerato. Quella sensazione sempre più opprimente. Tangibile.
“Chi...chi c’è?” disse, la voce tremante.

Nessuna risposta. 

“Dio! Calmati Padalecki!” si costrinse a pensare e negli stessi istanti a riprendere a camminare, il passo un po’ più veloce.

Voleva ritornare da Tristan il più in fretta possibile così lanciò i sacchi nel bidone per poi voltarsi indietro e ripercorrere il percorso a ritroso.

Ma fu in quel momento che accadde. Un rumore alla sua destra. Jared sussultò bloccandosi sul posto.

“Chi cazzo c’è?!” gridò stavolta al vuoto attorno a lui, il cuore accelerato.

Poi di nuovo quel rumore e…
”Oddio! Merda!” gridò Jared mentre negli stessi instanti un cane randagio usciva da dietro un secondo cassonetto con un cosciotto di pollo mezzo mangiucchiato.

Il moro, mani alle ginocchia, stava letteralmente prendendo ossigeno, ma poi sorrise e scosse la testa più tranquillo e ridendo di quella paura immotivata, ritornò al locale dove poco dopo le luci si spensero.

Meglio non farne parola con Tristan, pensò: lui, un omone di un metro e 94 che si spaventa per un cane? Il biondo lo avrebbe preso in giro a vita!

Però, in quegli istanti effettivamente qualcuno uscì dall'ombra e guardò verso l’alto, il profilo di Jared che s’intravedeva attraverso la finestra del soggiorno.

“Sono tornato!” disse il moro andando a baciare Tristan di slancio appena lo vide rientrare dalla cucina con una sedia che serviva per le prove. 

Jensen rimase senza fiato per un secondo poi, costringendosi a riprendere il controllo, fece cenno al minore di prendere la chitarra che era appoggiata sul divano e di sedersi sulla sedia.

“Ecco maestro! Sono tutto suo!” scherzò, ma era un po’ agitato. Sapeva che avrebbe fatto una figuraccia.

“Bene...Allora…” fece Jensen avvicinandosi appena, “..prima di tutto devi sistemare meglio la chitarra sulle gambe. Ecco così...” e annuì quando Jared lo fece, “..ora inclinala verso l’alto leggermente dalla parte della tastiera ”

“Così”?

“No...Troppo in alto…” e Jensen istintivamente si sporse per abbassare un po’ lo strumento. Nel farlo le mani dei due si sfiorarono e mille brividi attraversarono i due ragazzi, gli occhi incatenati subito dopo.

“Be..bene…Ora…” riprese il biondo mordendosi il labbro e allontanandosi appena, ma comunque non abbastanza da non sentire più il calore del corpo di Jared, “…con pollice, indice, medio e anulare della mano destra inizia a pizzicare le corde sulla tavola armonica e contemporaneamente con l’indice, il medio, l'anulare e il mignolo della mano sinistra stringi le corde contro il manico...In questo modo ottieni tutte le altezze nell'estensione della corda. Prova dai!!!” lo sguardo sorridente.

Jared eseguì: per un secondo riuscì a intonare un SI, un Mi e un SOL, ma poi stonò, il cuore che batteva forte percependo costantemente il calore del corpo di Tristan accanto al suo, le mani che tremavano.

“Tristan.. mi spiace!” disse alzando lo sguardo sul più grande, per poi distoglierlo. Dio! Il biondo lo stava guardando in un modo….

“Hey Jared, non dirlo nemmeno per scherzo! Ti rendi conto che hai intonato tre note?!” ed era davvero orgoglioso.

“Cosa?” fece sinceramente sorpreso Jared, per poi riprovare a pizzicare le corde quando Jensen gli fece cenno di continuare a provare.

Però stavolta il ragazzo non beccò nessuna nota! Eccola la tanto temuta figuraccia.

“Visto?” e stava per alzarsi, “Prima è stata solo la fortuna del…” ma non finì perché Jensen, vedendolo, gli si posizionò dietro e portò le sue mani sulle mani del moro, il viso appoggiato alla sua spalla, la pelle che si sfiorava impercettibilmente.

Subito il cuore di entrambi iniziò a battere all’impazzata, la mente che si annebbiava per quella vicinanza così intima.

“Non vai da nessuna parte.” Sussurrò Jensen, la cui voce uscì incredibilmente bassa.

Jared annuì, stordito da quel suono. 

“Ora…rilassati…e lascia che la musica scorra a te attraverso me…muovi le mani con me..”

E Jared lo fece, chiudendo pure gli occhi, il cuore impazzito sempre più come quello di Jensen.

Il mondo sparì, mentre le mani del biondo indirizzavano le dita di Jared a suonare quella che era comunque una dolce melodia, melodia che li stava avvolgendo delicatamente in un dolce abbraccio fin quando il suono non si fermò. 

Impossibile continuare. Non con quello che stavano provando.

“Hai...” fece Jensen inspirando il profumo di Jared ”....suonato, visto?” Le dita del biondo iniziarono a sfiorare le mani di Jared, in modo ipnotico, per poi intrecciassi perfettamente con le dita del compagno.

“Si...ho suonato...” rispose in estasi Jared, la voce roca, la testa buttata all'indietro appoggiata alla spalla del biondo, mentre una scia di baci infuocati gli stava infiammando il collo. Il respiro affannoso, un braccio portato dietro sulla nuca del biondo, la chitarra tenuta con l’altro affinché non cadesse.

“Oddio….” gemette di pura passione voltandosi appena per andare incontro a quei baci che erano sempre più passionali, sempre più proibiti.

Le lingue s’intrecciarono immediatamente in un intreccio perfetto fatto di sapori mischiati, gemiti e respiri soffocati.

Solo il bisogno d’aria li fece staccare e appoggiare fronte contro fronte, il petto ansante, le labbra umide, negli occhi il desiderio più puro, la voglia di appartenersi anche in quel modo.

Non parlarono. Non ce n’era bisogno. Si sorrisero solo e poi fu solo magia.

Jared, alzandosi mise giù lo strumento poi, voltandosi, si avventò su Jensen languidamente spingendolo lentamente verso la camera da letto, dove sensualmente si spogliarono a vicenda.

La maglietta, i pantaloni e infine i boxer caddero a terra.

I due amanti ammirarono estasiati l’uno il corpo ben tornito dell’altro, la luce argentea della luna che filtrava dalle tende tirate della finestra.

Per un secondo rimasero fermi, i respiri veloci, i cuori impazziti nel petto; poi volarono letteralmente uno tra le braccia dell’altro, la pelle accaldata di desiderio, le teste inclinate mentre il bacio diveniva languido e bagnato, le virilità che si sfiorarono.

Dovettero fermarsi e riprendere fiato a quella scarica elettrica che esplose in loro, le mani di Jared sul viso di Jensen, le mani del biondo sui fianchi del moro, gli occhi lucidi di passione.

Fu un attimo poi il biondo si riappropriò delle labbra sottili e sexy del suo uomo.

Lentamente, gemendo in quel bacio bagnato, sospinse il ragazzo sul letto, sotto di lui. Le braccia tese ai lati della testa del moro. 

Il ragazzo, in estasi, avvolse le braccia dietro il collo di Tristan per attirarlo di più a sé, le labbra ora che stavano baciando il collo di Jensen in maniera sensuale.

“Dio! Mi fai impazzire, piccolo” se ne uscì Jensen e a quel dolce nomignolo Jared si fermò incatenando gli occhi in quelli di Jensen, che lo guardò confuso.

“Come mi hai chiamato?” chiese Jared, gli occhi lucidi.

“Piccolo. Se ti dà fast....” ma Jensen non finì la frase, perché Jared lo baciò. Lo baciò come mai aveva fatto: lentamente e dolcemente, sensualmente e appassionatamente.

Jensen si perse in quelle sensazioni...in quei brividi che mai aveva provato in vita sua.

Jared con una mano gli stava accarezzando il viso e con l’altra, appoggiata sulla schiena del biondo, faceva pressione affinché Jensen aderisse meglio al suo corpo. Un tacito assenso a conquistarlo.

Il biondo appoggiò la fronte in quella dell’uomo sotto di lui, perso nello sguardo che gli stava rivolgendo, la pelle di entrambi pervasa di mille brividi.

Dio! Cos'era in quel momento Jared. Era stupendo. Bellissimo. Magnifico. Perfetto.

“Sei....sicuro?” chiese comunque sorridendo, sfiorando il naso di Jared con il suo.

“Si. Non sono mai stato più sicuro in vita mia, Tristan. Ti voglio.” e dicendo questo fece ancora più spazio tra le sue gambe.

“Oddio! Anch'io... piccolo. Anch'io, ti voglio” disse Jensen riprendendo a baciare Jared, nascondendo in quel modo la smorfia di dolore che quel nome provocava il lui. Che tutta quella bugia provocava in lui, ma non voleva pensarci...No!, doveva reprimere quei pensieri...doveva farlo, s’impose di farlo.

“Ho bisogno…” gemette all'improvviso Jared incrociando le gambe lungo i fianchi di Jensen “…di te” E con quella dolce supplica Jensen riuscì a smettere di pensare.

Si sollevò appena e s’incantò a guardare Jared, che rispose al suo stesso sguardo sorridendo, e fu in quel preciso istante che capì, che comprese. Lui non si stava semplicemente innamorando di Jared, lui era già follemente innamorato di lui. Lo era da quando lo aveva visto la prima volta.

Con quella consapevolezza gli sorrise, il cuore colmo di una gioia mai provata. 

“Anch'io ho bisogno di te , Jared.” sussurrò riprendendo a baciarlo e portando una mano nella sua intimità per preparalo.

Solo con quei tocchi il moro si stava lasciando andare all'uomo che amava, perché anche il più piccolo lo aveva compreso poco prima. Lo amava come non aveva mai amato in vita sua.

Se qualcuno avesse chiesto com'era un colpo di fulmine avrebbe solo dovuto guardare i due ragazzi e il modo in cui si erano persi l’uno per l’altro in un tempo così breve.

Jared gemeva, ansimava, si aggrappava a Tristan con tutte le sue forze, ma fu solo quando il biondo iniziò a spingersi in lui lentamente e sensualmente che si ritrovò a boccheggiare e a gridare di pura passione, il cuore che batteva fortissimo. 

Jensen, sentendolo, prontamente si riappropriò della bocca di Jared con un bacio languido e bagnato, le lingue che si toccavano e poi si allontanavano per poi rincontrarsi di nuovo.

Dovette farlo per soffocare lui stesso i suoi stessi gemiti. 

Entrambi stavano raggiungendo il paradiso donandosi l’uno all'altro, muovendosi l’uno per l’altro. 

Su e giù, avanti e indietro, allontanandosi e avvicinandosi. E poi i brividi, i tremori, le carezze delicate e possessive.

Dio! Cosa stavano provando entrambi. Una giostra di emozioni mai provate. C’era passione, lussuria, desiderio e amore. Soprattutto quello.

Jensen era estremamente sensuale ed erotico nei movimenti e ogni volta che raggiungeva il punto segreto di Jared, entrambi si fondevano sempre più e oramai mancava davvero poco a raggiungere quella che era la meta finale di quel loro fare l’amore. 

Quella danza erotica continuò ancora per diversi minuti, i movimenti sempre più potenti e profondi fin quando, guardandosi negli occhi, si fusero insieme lasciandosi andare al piacere fisico. 

Jensen, ansante e leggermente sudato, crollò sul corpo accaldato di Jared abbracciandolo stretto a sè, la testa nascosta nell'invitante incavo del collo dell’uomo sotto di lui, le braccia di Jared che gli avvolgevano la schiena.

Rimasero in quella posizione così intima per diversi minuti finché il biondo non si sistemò al fianco di Jared, la testa del moro sul suo petto, il fortissimo desiderio di dirgli che lo amava da impazzire, ma si trattene. Glielo avrebbe detto solo quando gli avrebbe detto la verità. 

Dopo aver fatto l’amore con Jared non poteva più mentire così.

Sospirò. Non era il momento più adatto ma doveva farlo e poi gli avrebbe detto che lo amava. 

Stava per farlo quando Jared parlò, bloccandolo.

“Dio...”, la voce di Jared era appena un sussurro, le sue dita che gli sfioravano il petto all'altezza del cuore, ”...è stato stupendo e dolcissimo”

Il cuore di Jensen iniziò a battere talmente forte da far male. 

Se parlava avrebbe rovinato quel magico momento. Così, si convinse che era meglio tacere e quello che disse fu invece “Piccolo...E’ stato magnifico.” e istintivamente si mise ad accarezzargli i capelli, le ciocche che scivolavano tra le dite. Sorrise comunque mentre mille pensieri gli rovinavano la serenità della serata.

Jared, ignaro del turbamento del compagno, sentendo il cuore di Tristan battere forte e quelle carezze sui capelli si addormentò con dolce sorriso.

Jensen sentì il respiro del suo uomo farsi più profondo e regolare e capì che Jared si era addormentato tra le sue braccia. Era troppo tenero!

Si sollevò appena e gli diede un dolce bacio sulla testa poi, dopo qualche minuto, si addormentò pure lui.

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Capitolo 6
*** Dall'amore al dolore ***


Sentendosi osservato, il mattino seguente, Jensen si svegliò e non appena aprì i suoi occhi verdi, questi s’immersero negli occhi dolcissimi e multi colore del compagno.

Jared, leggermente sollevato sopra di lui, si era svegliato da un po’ e si era perso a guardare il compagno dormire.

I capelli che cadevano in avanti, sul viso un dolce sorriso.

“Buon giorno!” sussurrò Jared tracciando ora il profilo di Jensen con le dita.

“Buon giorno piccolo e che stupenda visione!” rispose in estasi il biondo, chiudendo gli occhi ai tocchi leggeri del suo uomo.

“Magnifica!” ma poi non resistette oltre.

Tristan era stupendo. Le labbra piene, gli occhi che luccicavano, i capelli biondi scompigliati. Dio! Era irresistibile!

In un attimo gli era salito a cavalcioni e aveva intrecciato le sue mani con quelle di Jensen, la distanza di un respiro li divideva, la mente che si spegneva, i cuori che battevano all'unisono, i capelli di Jared che gli facevano il solletico sulle guance.

“Ehi!”

“Ehi!” disse incatenando gli occhi però non riuscendo a non ridere. “Cos'hai da ridere??” fece jared, un sorriso radioso sul viso.

“I tuoi capelli...mi fanno il solletico.”

“Ah si?! Beh!!... ho una soluzione a questo problema!” fece l’altro, per poi avventarsi sulle labbra del biondo in un bacio sempre più bagnato e languido, la mente leggera e scariche di piacere sempre più intense in entrambi.

“Ti voglio.” sussurrò rauco Jared, i bacini che si sfioravano costantemente in un peccaminosa frizione.

Jensen si morse il labbro, incapace di replicare.

“In questo momento. Ora! Adesso!!!” precisò ammiccando, facendo boccheggiare Jensen quando una mano di Jared lo sfiorò delicatamente già per prepararlo e conquistarlo.

Dio! Quel ragazzo era passione ed erotismo puro nei movimenti, ma non era sesso. Come per la sera precedente c’era amore. C’era la voglia di dare piacere all'altro, non di pensare solo a se stessi.

Occhi incatenati, nella stanza l’eco dei loro gemiti e dei loro baci o dei loro nomi sussurrati.

Fin quando, ormai giunti al punto di non ritorno, non si lasciarono andare.

I cuori impazziti, la pelle tremante e madida di sudore, la pace dei sensi, il petto ansante.

“Wow...” disse poco dopo il maggiore riprendendosi a poco a poco ”...il tuo modo per non farmi provare il solletico mi è piaciuto tanto!!” e sorrise malizioso. “Potrei abituarmi a risvegli come questo!”

“Ci avrei scommesso!” replicò Jared sollevandosi dall'incavo invitante del collo di Jensen e mordendosi il labbro. Sorrise e poi appoggiò la testa al centro del petto di Jensen.

Rimasero in quella pozione per un po’ a coccolarsi, nessun pensiero, nessuna preoccupazione. Erano semplicemente stupendi e dolcissimi

Si stavano per riaddormentare quando il telefono squillò incessantemente, per poi smettere.

“Ma che...?” fece Jared alzando la testa e guardando Tristan confuso quanto lui. Poi di nuovo lo squillo insistente.

“Uffa! Arrivo!” sbuffò costringendosi ad alzarsi dal letto. Si avvolse il copriletto attorno alla vita e andò a prendere il telefono che era nei suoi pantaloni.

Appena vide il numero di telefono imprecò cambiando totalmente espressione.

“Oddio! Cazzo no!” e un attimo dopo richiamò il numero.

Jensen, allarmato, si rivestì in fretta e lo raggiunse, mise le mani sulle spalle larghe del suo uomo mentre Jared parlando con il suo interlocutore, si scusava per il ritardo confermando che entro venti minuti sarebbe arrivato.

“Che succede, piccolo?” chiuse una volta che finita la chiamata.

“Succede....” rispose il moro cercando di rivestirsi e dandosi una sistemata veloce ”....che il commercialista mi aspettava per le 8 e sono le 8.45!”

“Calmati....non è la fine del mondo!!” cercò di tranquillizzare, il compagno. Tutto inutile.

“Si che lo è! Visto che....Oddio!!...doveva essere una sorpresa....Stasera avresti firmato il contratto d’assunzione! Dopo una settimana di prove, anche se non ne abbiamo più parlato, ti voglio assumere in pianta stabile nel mio locale!”

“Cosa?” Jensen era sconvolto.
Una marea di “no!” impanicati, nella mente del biondo.

“Si, Tristan.....Era palese che dovevo assumerti! Ora vado” e gli diede un bacio a stampo. “Tu rimani qui quanto vuoi. Fà come fossi a casa tua. Noi ci vediamo stasera. Ciao”

“Jared...aspetta...per favore...io....” ma ormai Jared era già uscito, veloce come un fulmine.

“Cazzo!” Preso dal panico chiamò Ty e gli raccontò ogni cosa: di Jared, della piccola bugia che gli aveva detto e del perché l’avesse fatto. Confidò all'altro anche che si era innamorato.

Ty ascoltò tutto e gli intimò di dire la verità al più presto al ragazzo anche perché, gli ricordò, entro due giorni sarebbe ritornato a Dallas.

“Lo so! Stasera lo farò Ty...Sei un vero amico....A proposito..” fece prima di staccare la comunicazione ”....con lo stalker? come va? Scoperto chi è?”

“Diciamo che sto per starnarlo” rispose.

"Bene! Molto bene"

“Dai Ackles!!, basta chiacchiere!" lo riprese Ty "Ora preparati il discorso da dire a quella che è la tua anima gemella. Non vedo l’ora di conoscerlo.” continuò.

“Ti piacerà, ne sono certo! Ciao Ty” e chiuse la comunicazione dopo che fu salutato anche dall'amico.

Fatto questo mandò un sms a Jared dove gli diceva che doveva parlargli per dirgli una cosa importantissima quella sera e che andava via.

Dopo aver preso un taxi, tornò al suo hotel.

Qui pensò e ripensò a come affrontare il discorso. Era agitato. Cavoli, se lo era.
Ma, poi, sospirando convenne che sarebbe andato tutto bene: si, Jared lo avrebbe capito, poi gli avrebbe detto che lo amava.

Jared nel frattempo fece il giro del commercialista e già che c'era passò pure dai fornitori.

Era sereno, felice e innamorato quando, verso le dodici, parcheggiò nel vialetto di casa, il cellulare nei pantaloni che segnava l’arrivo del messaggio di Jensen mandato al mattino, ma che lui non aveva sentito arrivare perché il cellulare era in silenzioso.

Con in mano il contratto scese dall'auto, le chiavi nell'altra già pronte a essere inserite nella serratura. Stava per farlo quando dal riflesso del finestrino vide qualcuno dietro di lui.

“Oddio!” e fece cadere chiavi e contratto a terra, il cuore impazzito, terrorizzato dalla paura.

“Non urlare gigante!!!” e detto questo gli puntò il coltello a serramanico alla gola. Il moro annuì, gli occhi terrorizzati.

“Che...vuoi...da me? Se mi lasci andare ti dò tutto quello che vuoi” si azzardò a dire il moro pensando che fosse una rapina.
Non poteva sapere... Non immaginava...
“Quello che voglio dici?” e avvicinò di più la lama fredda alla gola di Jared, che chiuse gli occhi. “Figlio di puttana, quello che voglio è che tu stai lontano da Jensen!”

“Cosa?” e li aprì confuso. “Jensen? Io non conosco nessun...”

“Il biondino che frequenti....non è chi dice di essere....lui è Jensen Ackels...Lui ti ha...” e sorrise sadico al dolore che vide sul volto di Jared. ”...usato....preso in giro...Per lui....beh, per gente come lui, tu sei solo un vizio...uno...” e infierì ancora ”.....sfogo!”

“Menti!”

“No, spilungone. Non ti sei chiesto perché non ti ha mai portato a casa sua? Perché alloggia al Sylvia Hotel... Sei stato fottuto...in tutti i sensi, bello mio!”

E detto questo lasciò la presa dal ragazzo che ora era pietrificato, non dalla paura, ma dal dolore e dalla confusione. Mille pensieri.

Rimase li, fermo per diversi minuti poi, come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo, si riprese. Chi l’aveva aggredito e riportato alla realtà più crudele, non c’era più. Era di nuovo solo.
Raccolse il contratto e le chiavi e salì in casa. Si guardò attorno. Jensen non c'era.

Non aveva la forza di affrontarlo in quel momento. Troppo sconvolto.

Un unico pensiero: controllare se quella storia fosse vera.
Un'unica, stupida domanda: perché non aveva controllato prima.

Si mise al pc e digitò quel nome. Non era possibile! La mente rifiutava di crederci ma i risultati erano chiari: cantante country, texano, famosissimo in Texas e nel giro dalla musica country.

Quello sconosciuto aveva avuto il coraggio di mentirgli guardandolo negli occhi!!

Dolore, lacrime, il petto che faceva male, il cuore che batteva dolorosamente, gli mancava l'aria e poi...i ricordi di quello che aveva vissuto esplosero nella mente.

Una bugia. Tutta una bugia. Pianse. Come aveva potuto innamorarsi di un bugiardo?

Prima Matt e ora Jensen. Perché era così sfortunato con i ragazzi? Eppure Tristan…

No!!!!..Jensen sembrava diverso. Non voleva più vederlo.

"Oddio...oddio" i polmoni bruciavano, gli girava la testa

Corse in bagno per lavarsi la faccia e quando alzò il viso, lo specchio gli rimandò la sua immagine: occhi rossi e gonfi. Strinse le mani sul lavandino poi la sua espressione cambiò.

Rabbia. Furia cieca.
Doveva affrontarlo, poi avrebbe chiuso con quel bastardo. In quel momento provava odio. Solo odio e umiliazione.

Prese con sé un blocchetto degli assegni, ne compilò uno e poi si avviò all’hotel del bugiardo.
Era furioso.






Note autrice
Grazie Lilyy per avermi coretto gli errori di battitura in questi sei capitoli. Sei stata molto gentile e hai avuto molta pazienza.^^ :)
Sono un caso perso: anche se rileggo non me ne accorgo! Quindi grazie grazie grazie molte per tutto.

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Capitolo 7
*** Litigio e disperazione ***


Jensen intanto, ignaro della tragedia che stava per compiersi, si stava ripetendo mentalmente il discorso da dire all'uomo che era – si, lo era! - la sua anima gemella, mentre sistemava dei vestiti in valigia, posata aperta sul letto.

“Bene. Così può andare...il discorso fila!!” convenne, allontanandosi dalla valigia e andando verso il frigo bar per bere un po’ d’acqua.

Guardò di sottecchi l’orologio al polso e, visto che era ancora presto per andare da Jared, decise d’andare a farsi una doccia veloce.

Stava per entrare in bagno quando sentì bussare furiosamente alla porta.

“Ma cosa...?” disse voltandosi di scatto. “Calma arrivo! Arrivo”

Jared era furioso mentre bussava all'impazzata.

Era entrato nella hall dell’hotel cercando di mantenersi calmo, ma dal tono della voce e dallo sguardo di ghiaccio che aveva rivolto al concierge, si capiva che era alquanto difficile per lui mantenere la calma.

Fingendosi il suo fidanzato, giunto lì per una sorpresa, si fece dire in che piano e in quale stanza alloggiava Jensen e non appena ebbe le informazioni desiderate, ringraziò; poi corse su per le scale alla velocità della luce, i pugni stretti lungo i fianchi, il respiro affannoso fin quando non giunse al terzo piano.

Appena era entrato nel corridoio, si era fermato e aveva camminato con estrema calma fino alla stanza di Jensen.

Era rimasto fermo circa dieci minuti davanti a quella porta poi, certo di quello che sentiva in quel momento e di ciò che doveva e voleva dire, aveva iniziato a bussare furiosamente.

Stava ancora con il pugno a mezz'aria, pronto a colpire la porta ancora, quando questa si aprì lasciando i due ragazzi uno di fronte all'altro.

Jared, sguardo di fuoco. Jensen confuso.

“Ja..jared?” disse solo, sbiancando, il cuore che perdeva diversi battiti. “Cosa....cosa ci fai...” ma non finì la frase che Jared entrò nella stanza scansandolo; gli occhi puntati sul letto e sulla valigia aperta. Quella visione lo fece infuriare ancora di più.

Jensen si voltò e fece appena in tempo a chiudere la porta che uno schiaffo violento lo colpì in pieno viso, la mano sulla guancia che si stava arrossando e doleva.

Jensen lo guardò, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo. Lo stava guardando in un modo....

“Non riesci nemmeno a guardarmi in faccia , eh Jensen?” sibilò ironico Jared, la voce carica d’odio.

“Jensen?” il suo nome. “Ma cosa...? Come..? Oddio.. come fai a saperlo?” chiese questi mentre lentamente alzava gli occhi verso Jared, lo sguardo supplichevole.

“Me l’ha detto un uccellino che mi ha aperto gli occhi!” lo aggredì, lasciando l’altro senza parole e più confuso che mai, ma non ebbe tempo per formulare questa domanda. Jared non lo lasciva parlare. “Peraltro vedo che te ne stai anche per andare...Oddio...” disse, gesticolando esasperato”....mi fai schifo!”

“Jared...” fece, tentando di avvicinarsi, ma l’altro si allontanò ”...fammi spiegare....per favore...”

“Spiegare? Spiegare? Che c’è da spiegare? MI HAI MENTITO GUARDANDOMI IN FACCIA!” e sentì di nuovo un groppo alla gola soffocante, ma doveva resistere. Doveva colpire e affondare.

Così prese dalla tasca un assegno e il più grande al gesto sgranò gli occhi.

“Mettilo via...non mi interessa!” ma Jared glielo mise comunque in mano in malo modo.

“Questo è il compenso per aver cantato e aver fatto il barista nel mio...” ma non finì la frase perché il biondo lo strappò davanti ai suoi occhi, per poi avventarsi su Jared spingendolo contro il muro.
Occhi puntati in quelli del più piccolo.

“Ho detto che non mi interessa!”

Il ragazzo deglutì, il cuore che batteva forte per quella vicinanza, ma poi si riprese e lo spinse via.

“Giusto! La gente come voi trabocca già di soldi! Siete solo dei viziati che usano le persone per i loro scopi. Scommetto che questa pagliacciata che hai architettato era tutta una mossa pubblicitaria per vedere se in Canada potevi sfondare e hai usato me per farlo. Dio! Che imbecille che sono stato a cascarci” e si passò una mano sul viso, per nascondere una lacrima che sentiva stava per tradirlo.

“Ma di cosa parli?....Sei completamente fuori strada..Io non ti ho usato...Io...”

“Basta...sono stanco di sentirti! Considera da questo momento...” e sentì dolore ora a pronunciare quelle parole ”....chiuso ogni rapporto come me…. sia lavorativo che personale” se ne uscì Jared all'improvviso.

Il mondo di Jensen crollò. Il suo cuore si spezzò in mille pezzi e quei pezzi furono ridotti in frantumi da tanti spilli.

“Cosa?” le gambe tremavano.

“E’ finita Jensen. Addio” e stava per uscire dalla stanza ma Jensen, con una forza che non sapeva di avere, lo fermò per un braccio.

Dolore. Disperazione. Occhi riempiti di lacrime. Confusione.

“Non lasciarmi... ti prego non farlo” gli tremava la voce.

“Lasciami immediatamente andare”

“Jared, io ti am...”

“Non dirlo!” e dicendo così, Jared si divincolò dalla presa del suo ex dicendo quelle parole che uccisero definitivamente il biondo.

“Jensen Ackles ...io ti odio!” e infierì ancora e ancora nonostante le lacrime che vedeva scendere sul viso di Jensen. “Sei la cosa peggiore che mi sia capitata. Mi pento di averti conosciuto e di....” e deglutì ”....di essermi lasciato andare con te. Addio!” e uscì dalla stanza appena in tempo.

Un attimo dopo scoppiò a piangere sommessamente, un dolore al petto senza uguali.





E Jensen? Beh!, lui rimase un tempo indefinito a fissare quella parta chiusa, le parole di Jared nella testa continuamente e ogni volta che le sentiva il petto doleva.

Ad un certo punto, sentì la necessità di sedersi sul letto.

Dio! Non poteva crederci.

Era finita. Jared lo aveva lasciato.

Non avrebbe più sentito la sua voce, la sua risata. Non avrebbe più amato quel ragazzo. Non poteva sopportarlo.

Si asciugò le lacrime e chiamò Ty. Doveva sfogarsi.

L’amico lo ascoltò in silenzio, comprensivo.

“Davvero Ty. Sono annientato” concluse Jensen, sconfitto da quella cruda realtà.

“Jensen mi dispiace tantissimo che ti abbia spezzato il cuore” il tono della voce addolorato. ”Ora che intendi fare?” domandò, poi, curioso l’amico.

“Che intendo fare? Non voglio più stare qui. Anticipo il mio rientro a Dallas...Mi butterò a capo fitto nel lavoro...Devo dimenticarlo...Devo....” anche se sapeva che non ci sarebbe riuscito: impossibile dimenticare quelle sensazioni, i suoi baci, la sua voce, i suoi occhi, lui. L’amore per lui!

“Jensen ci sei?”

“Si scusami....” disse asciugandosi gli occhi, ”...prendo il primo volo per Dallas...Ci vediamo.”

“Ci vediamo amico” e anche Ty chiuse la comunicazione, lo sguardo puntato dritto davanti a sé a fissare ciò che aveva davanti.



Jared, nel frattempo, era rientrato al suo bar. Non sapeva nemmeno come era riuscito a guidare fin lì, tanto gli occhi erano appannati dalle lacrime.

Era così sconvolto che, quando entrò nel locale, non si accorse nemmeno di aver lasciato la porta socchiusa!

Sentiva un dolore costante al petto, alla testa, all'anima!
Si! era quella che gridava “Jensen!” e più lui cercava di reprime i ricordi di quella settimana - la settimana più bella della sua vita - più quei ricordi esplodevano nella sua mente. I baci, i sospiri, le risate, lui.

Ma Jensen l’aveva usato! Gli aveva mentito! Era un bugiardo! Peraltro se ne stava anche andando dopo aver fatto l’amore! Come il più incallito dei playboy che spariscono dove aver “vinto” il premio.

Con le gambe che tremavano, andò verso il suo ufficio, dove sprofondò letteralmente nella sedia quando vi si sedette, la testa nascosta tra le mani.

Dio! Non ce la faceva più! Mente e cuore! Cuore e mente! Una battaglia all'ultimo sangue.

Doveva sfogarsi con qualcuno e chi meglio del suo migliore amico poteva confortarlo?

Non perse altro tempo. Prese il cellulare dalla tasca - disperato com’era non notò il simbolo della busta in alto a destra- e chiamò Misha.

“Amico cos'hai?” domandò l’altro, subito allarmato dal tono di voce.

“Lui mi ha mentito!”

“Cosa? Chi?” fece il bruno confuso.

Negli stessi istanti, la porta del bar si aprì lentamente e l’uomo che vi era entrato, senza far rumore, si diresse verso la voce disperata che proveniva dall'ufficio.

Jared era girato di spalle, concertato nella conversazione, quindi non si accorse di essere spiato da dietro la porta.

L’intruso sorrideva soddisfatto mentre sentiva Jared raccontare tutto al suo amico. La bugia, la presa in giro, ogni cosa. Anche quello che gli era stato detto in quella specie di aggressione.

Il suo piano aveva funzionato alla grande.

Si! Dentro sé rideva di gioia. Un risata malefica, sadica, cattiva. Ora poteva stare tranquillo perché Jared non era più una minaccia.

“Misha, ci sei?” lo sentì dire al telefono.

”Idiota!” fu l’epiteto con cui l’amico lo apostrofò.

“Come scusa? Perché mi stai dando dell’idiota?” e il moro si girò con la sedia. L’uomo fece appena in tempo a non farsi notare!

”Ascolti un pazzo e l’unico che poteva dirti come stavano le cose non lo lasci nemmeno parlare?” lo rimproverò Misha.

“Io....Beh!! ero sconvolto....”

“Non è una giustificazione, Padalecki! Lascia che ti dica una cosa: Jensen a me piace sia come persona singola che in coppia con te...”

“Misha...Io...” ma chiuse gli occhi istintivamente. I ricordi delle risate insieme.

“Vi completavate!” fece ancora. “E poi ripensa al modo in cui vi siete trovati. Così velocemente. È stata una cosa a pelle non appena vi siete visti, da quello che mi hai detto. Cazzo!! credo che il vostro sia stato un dannatissimo colpo di fulmine!”

Jared ricordò i baci e la complicità con lui, createsi fin da subito. Il cuore impazzito nel petto.

“Vi siete amati e appartenuti.” concluse il bruno. Si! Era stato convincente e aveva toccato le corde giuste!

E a quelle parole la mente di Jared volò alla sera prima e al mattino.

Dio! Era stato così bene con Jensen. Quello che avevano vissuto era stato così intenso....così vivo...così puro...così magico...

Non era stata una bugia....era stato tutto reale...Il cuore diceva questo. Quello che avevano vissuto non poteva essere una misera bugia. Doveva esserci davvero altro dietro tutto quello che era successo.

Aprì gli occhi di scatto.

Cristo, aveva trattato Jensen malissimo. Gli aveva detto cose orribili. Si vergognò tantissimo, ma sapeva come rimediare.

“Misha...” disse, facendo il giro della scrivania di corsa prendendo le chiavi dell’auto, ”....devo chiarire con lui. Devo andare….sì, devo andare. Devo scusarmi e poi....”

L’uomo dietro la porta stava letteralmente dando in escandescenza a quella piega inaspettata degli eventi!

No! Doveva impedire a quel figlio di puttana di raggiungere Jensen...Se i due avessero parlato...Se avessero chiarito…

Si morse le labbra e, colto da furia e gelosia cieca, ritornò al bancone del bar da dove prese una bottiglia di vodka e si appiattì lungo la parete in attesa, lo sguardo folle...

I passi di Jared sempre più vicini, il piede che faceva capolino e con passo svelto rientrava nel locale mentre era ancora al telefono. ”...gli dirò che lo am...” ma non finì la frase.

Non realizzò nemmeno. Un colpo. Secco. Violento.

Il dolore provato alla tempia fu intenso, pungente, poi la vista divenne appannata. Le gambe tremarono. La stanza iniziò a girare vorticosamente. Barcollò.

Cercò di parlare, anche solo di lamentarsi per il dolore alla testa, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu intravvedere una sagoma confusa alla sua destra prima di cedere all'oblio definitivamente.

Cadde al suolo di peso, il cellulare accanto a lui, la voce di Misha proveniente dalla cornetta che gridava “Jared? Hey!! Jared che succede? Ho sentito dei rumori…..tutto ok?...Jared???..Rispondi amico!” ma poi la comunicazione fu interrotta lasciando Misha nel panico più totale.

L’aggressore con il respiro affannoso, aveva appena pestato con rabbia il cellulare e ora sovrastava il corpo incosciente di Jared. Il fondo della bottiglia in mano, sporco del sangue del ragazzo.

“Tu...non...vai...da...nessuna...parte!” e sogghignò sadico. Estremamente lucido nella sua follia.

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Capitolo 8
*** Sconvolto e senza parole ***


Jensen, appena aveva chiuso la comunicazione con Ty, aveva immediatamente cercato sul web il primo volo diretto a Dallas e, una volta scoperto che ci sarebbe stato alle 17, non perse altro tempo a saldare il conto all'hotel e chiamare un taxi che lo portasse all'aeroporto.

Seduto sui sedili posteriori del mezzo, sguardo vuoto e spento, guardava fuori dal finestrino, in realtà senza vedere, il paesaggio che scorreva davanti a lui.

Stava malissimo. Gli mancava l’aria.
No! Non era l’aria che gli mancava: gli mancava lui. Il suo Jared e al solo pensarlo gli batté il cuore forte.

I suoi baci, le sue risate, le chiacchiere con lui...il tempo trascorso con lui. Insomma tutto, gli mancava ogni istante trascorso con lui.

Dio! Che cavolo stava facendo?! Lui, un texano purosangue, che si arrende così? Non sia mai! Suo padre e il padre di suo padre e tutti gli avi che poteva avere nella sua linea di purosangue Texano, lo avrebbero decisamente primo diseredato senza pensarci troppo e poi, di certo, lo avrebbero preso a calci a turno!!

Jared doveva ascoltarlo. Doveva dargli una seconda possibilità! E se non gliela dava? Non importava: lui avrebbe perseverato fin quando non avrebbe ceduto!

Strinse i pugni e si leccò le labbra poi disse, rivolgendosi all'autista “Ho cambiato idea...ritorni indietro verso la 66esima, al Padalecki’s bar”. Era certo di trovarlo lì o in alternativa sarebbe salito in casa.

L’autista annuì e in men che non si dica aveva già compiuto inversione di marcia diretto verso la sua nuova destinazione.

Jensen si rilassò immediatamente e abbozzò perfino un sorriso ma poi, improvviso, sentì un brivido e un senso di oppressione al petto, tanto che sbiancò.

“Tutto bene signore?” chiese preoccupato il tassista osservando Jensen tenersi il petto.

“Io.. io…” ma non finì la frase.

In quel momento il suo cellulare squillò, il suo cuore impazzì nel petto e quando vide il numero, per una strana ragione il pensiero andò su Jared.

A chiamarlo fu Misha ed era decisamente nel panico più totale quando gli disse cosa aveva sentito mentre era al telefono con Jared.

“Cosa? Jared ….o mio Dio!” gridò e anche l’autista si allarmò.

“Si…ho chiamato la polizia e i soccorsi …saranno lì il prima possibile , ma….” riferì il bruno, le mani nei capelli.

“Come? Cazzo!” poi si rivolse al tassista. “Quanto manca?”

“Meno di 5 minuti…” rispose prontamente e premette sull'acceleratore ancora e ancora.

“Misha hai sentito? Vado io …sono già praticamente arrivato…Grazie amico…ti tengo informato. Ciao!” e chiuse la chiamata, le mani sudate, tremanti, il panico.

Ma doveva calmarsi. Doveva mantenersi lucido.

Strinse i pugni e deglutì. Aprì e chiuse gli occhi e quando li aprì era calmo, ma nello sguardo c’era furia cieca e la voglia di strangolare quel bastardo che aveva osato aggredire il suo uomo.

Nella mente però mille domande: chi era? Perché? Come mai un accanimento del genere?




Jared, quando rinvenne, si rese conto che si trovava seduto su una sedia e dall'indolenzimento che provava in tutto il corpo capì di essere stato trascinato nel seminterrato del locale, giù per le scale senza troppi complimenti. Il ragazzo aveva la testa che gli ronzava e i polsi legati dietro allo schienale con del nastro adesivo per pacchi.

In un primo momento non riuscì a capire cosa fosse successo così strinse gli occhi per mettere a fuoco, ma questo gli provocò solo dolore.

La tempia pulsava da impazzire e dalla sensazione umida che percepiva, capì che aveva del sangue che gli colava dalla ferita con cui lo avevano messo ko.

“Ma che...cazzo...?” e poi ricordò.

Il colpo. Il dolore. Lui che sveniva.

“Oddio!”

Istintivamente provò ad alzarsi, ma quando realizzò di avere le mani legate dietro lo schienale della sedia con quello che era nastro adesivo per imballaggi, beh!! il panico prese il sopravvento.

“Ehi!! Ehi!!!” gridò con quanto fiato avesse in gola. “AIUTO!”

“Nessuno ti sentirà , gigante e soprattutto...” disse una voce glaciale, all'improvviso, che si fece largo nel seminterrato. Poi una figura imponente si palesò a lui con un grosso coltello preso, di certo, dal bancone del bar , ”...nessuno ti salverà!”

A quella minaccia e vedendo la lama immacolata, Jared intuì cosa avesse intenzione di fare quel pazzo e si allarmò perché iniziava a sentirsi davvero impotente. Lo mise a fuoco e riconobbe in lui , la stessa persona che solo poco tempo prima lo aveva aggredito e rivelato la verità su Jensen.

“Tu?!” fece sibilando tra i denti. “Ancora?!”
“Per finire quello che ho iniziato stamattina!!” rispose minacciosamente ironico lo sconosciuto.

Nella mente di Jared, il ricordo del coltello a serramanico puntato alla sua gola.

Iniziò ad agitarsi e tentò anche di liberarsi i polsi, ma non ci fu niente da fare: non riusciva a farlo, anzi, più si dimenava, più il nastro adesivo si attorcigliava intorno ai suoi polsi segandogli la pelle. Mentre l’uomo, ora, era praticamente di fronte a lui e lo sovrastava minaccioso.

“Ti agiti per niente!” rise sadico, ma Jared non lo ascoltava, anzi! “Ho detto....” e, a tradimento e vigliaccamente, colpì con un pugno il labbro di Jared, ”...che ti agiti per niente! Calmati ...principessa!” lo denigrò.

Il moro, al colpo, girò la testa dall’altra parte. Dio! Sentì il gusto ferroso del sangue in bocca e strinse forte gli occhi al dolore che esplose immediatamente nel cervello.

Si stava mettendo decisamente male, aveva paura. Era terrorizzato dalla paura.
Ma nonostante tutto doveva fare qualcosa. Non poteva semplicemente subire.

Così, facendo appello ad un coraggio che non credeva di avere, alzò la testa verso quel figlio di puttana e sibilò un deciso: “Che cazzo vuoi da me?”
Le mani, instancabili, che dietro la schiena si muovevano ancora però senza farsi vedere.

“Ma che coraggio!” e gesticolò pericolosamente con il coltello, per poi piegarsi in avanti al livello del viso di Jared inclinando la testa di lato, sguardo cattivo.
“Cosa vuoi!?” ringhiò con rabbia, Jared.

“Ma è ovvio pezzo di idiota!” rispose pacatamente.
E poi: “ DEVI STARE LONTANO DA JENSEN!” gridò all'improvviso, facendo sussultare Jared. Il coltello puntato pericolosamente verso il ragazzo legato. “Lui è mio. Solo mio!” sembrò voler chiarire.

“Tu sei pazzo!” azzardò mentre sentiva lo scotch che si era un pò allentato.

“No. Io lo amo.” se ne uscì il folle. “L’ho sempre amato e...” e si morse le labbra ”...desiderato!! Ma lui....”

”...lui non sa nemmeno che esisti scommetto” ironizzò il moro, ma fu un errore. Un grosso errore.

“Ti sbagli! Lui sa di me! Sono anni che gli mando delle lettere, in cui gli dico quanto io lo ammiri, dove...gli dico che lo amo e che vorrei amarlo come solo io potrei fare.” Il coltello sempre più vicino al bicipite di Jared. “Ma lui....non mi considera! Non mi prende sul serio!”

“Beh!! non ha tutti i torti....Sei un pazzo e uno stalker!” riuscì perfino ad ironizzare.

“No! Lo amo! E non sopporto che tu...” il coltello che ora premeva sul bicipite, ”...tu me lo abbia portato via in così poco tempo!!” e fece pressione penetrando la carne, lacerandola.

Jared digrignò i denti dal dolore. Non voleva dare soddisfazione, ma la lama che lenta e impietosa si faceva spazio nella sua carne tesa, vinse. E allora gridò.
Dolore. Lacrime. Paura.

Il sangue iniziò ad uscire subito, ma l’uomo era inclemente: reso euforico da quella sofferenza che più e più volte aveva immaginato di infliggere a chi gli aveva portato via il suo Jensen, affondava sempre più, e più affondava più godeva.

“Smettila….smettila per favore” gemette e supplicò Jared, guardandolo in viso.

“No! Ho appena iniziato con te. Devi pagare per ogni bacio che mi hai rubato, per ogni tocco, ogni carezza. Per tutto. Quindi mettiti comodo!!” e tolse il coltello all'improvviso per saettarlo veloce verso il viso. Fortunatamente i riflessi di Jared erano ancora buoni e lui era ancora abbastanza lucido, quindi la lama lo prese di striscio e quello che si ritrovò sulla guancia fu solo un taglio non troppo profondo, ma pur sempre doloroso e bruciante. “Piccolo bastardo!” esclamò seccato. “Tranquillo, tanto alla fine dovrai morire per avermelo portato via...” e poi pensandoci. “Cos'hai tu più di me?!!”

“Non sono pazzo!” gli occhi lucidi per il dolore, il respiro affannoso. “La polizia starà già arrivando e quando Jensen saprà cosa mi hai...” ma quello che il sadico gli disse lo sconvolse, zittendolo.

“Jensen non lo saprà mai!!” e sorrise al panico nel viso del ragazzo. “Gli hai spezzato il cuore e ora è su un aereo per Dallas. Sai...” sussurrò maligno, sadico e folle, il coltello alla gola ”... lui pensa che lo odi...” e si leccò le labbra soddisfatto. ”...ma non preoccuparti...” la lama sempre più vicina alla pelle. Il pomo d ‘Adamo del giovane che si muoveva con timore. “Ti svelo un segreto: non sarà da solo.....qualcuno c’è già pronto a consolarlo...qualcuno che è la sua ombra”



Jensen, in quegli istanti, entrò nel locale come una furia e rimase scioccato quando vide il cellulare rotto e delle macchie di sangue per terra che puntavano al seminterrato. La bottiglia di Vodka sul bancone, anch'essa sporca di sangue.

“Dio! Jared! Amore mio….” pensò mentre attraversò la stanza e scendeva la scalinata che dava al seminterrato di corsa, il cuore in gola.

La scena che gli si presentò davanti era un incubo.
Un uomo, girato di spalle rispetto a lui, stava per colpire il suo Jared con un grosso coltello puntato alla gola.

Non pensò. Agì d’istinto. Il cuore impazzito nel petto quando sentì Jared che cercava di prendere tempo poiché quell'aggressore sembrava che stesse per colpire in modo definitivo, ma l’assalitore non sembrava volerlo ascoltare.

“Dì le tue ultime preghiere brutto figlio di...” e gli avrebbe lacerato la gola se in quel momento Jensen non avesse attirato l’attenzione su di lui.

“Fermati e sta’ lontano da lui brutto figlio di puttana!” disse avanzando verso l’uomo.

A quella voce il pazzo si congelò sul posto, sguardo sconvolto rivolto alla sua vittima. Immobile per non essere riconosciuto. Pensando ,forse, ad una possibile via di fuga.

A Jared invece scoppiò il cuore nel petto. Il suo amore era lì per lui. Non se ne era andato.

“Jensen...” gemette di paura, muovendo gli occhi verso il compagno che era sempre più vicino.

“Tranquillo, Jared...ci sono io!” disse Jensen abbozzando un sorriso, ma poi divenne serio e furioso e si rivolse di nuovo al pazzo, la voce arrabbiata. “Sei sordo?! Allontanati da lui! E’ finita!”

L’uomo a quella minaccia parve riprendersi dallo shock e, spavaldo - oramai arrivato a quel punto aveva capito che non aveva più niente da perdere! - si voltò, l’arma abbassata ora. Il volto gelidamente sorridente e compiaciuto.

Per Jensen fu un colpo appena vide l’uomo in viso. Uno shock. Dovette sbattere le palpebre diverse volte. Non riusciva a capire e a realizzare vedendo chi aveva d’avanti. Chi davvero aveva davanti.

“Finalmente sono riuscito a lasciarti senza fiato e senza parole” ironizzò il non più sconosciuto.

“Oddio ma che...che significa?” il biondo aveva il cuore in gola, gli occhi che vagavano tra Jared e il suo aggressore.
“Ty?”
“Sorpresa!!” fece con aria folle, il suo tutto fare. “Ti sono mancato….amore mio?!!” sembrò quasi volerlo sfottere.




Note autrice
Infinite grazie a Cin75 per avermi aiutato con il capito. Thank you!!!!

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Capitolo 9
*** Folle ***


“Ty….Ty che significa?” ripeté il biondo nella confusione più totale, specie dopo quelle parole.

Jared non capiva.
Jensen lo conosceva? Conosceva quel pazzo?

“Significa, amore...” fece ironico. “...che lui....!” e indicò con il coltello , Jared. ”...ti ha portato via da me!”

“Ti ha portato via da me?” ripeté stranito. “Ma di cosa parli!?” ma si bloccò, il terrore nel viso, di nuovo la lama vicino alla guancia di Jared, che deglutì, le mani che stavano allentando sempre più il nastro, il cuore di entrambi i ragazzi impazziti nel petto.

“Ty...”, le mani in avanti come a invitarlo a fermarsi, a calmarsi. ”...Per l’amor di Dio, smettila...Smettila subito con quel coltello!”

“Perché dovrei farlo?!” Lo sguardo folle, ma lucido nella sua follia, le labbra sbiancate mentre se le mordeva.

Era un incubo, ma doveva fermarlo. “Per non peggiorare la situazione...per...” ma fu interrotto, apparentemente non ascoltato.

“Jensen...lui...è...” e guardò sprezzante Jared ”..il....terzo...incomodo! Non posso fermarmi ...capisci?” e puntò di nuovo gli occhi su Jensen. “Devo...si devo ucciderlo visto che nemmeno la minaccia di stamattina l’ha allontanato da te definitivamente”

“O santo cielo! Basta!” gridò Jensen allo sguardo terrorizzato di Jared e si avvicinò ancora, pronto a fermare Ty, a togliergli l’arma. “Perché fai....tutto questo?”

“Perché, Jensen, io ti amo! Ti amo da impazzire! Sei...il mio sogno...la mia vita.....il mio tutto! Ti desidero e ti voglio costantemente, mentre tu non fai altro che vedermi solo come il tuo ...amico” disse con tono disgustato. “ Ma ora basta, non ne posso più e non sopporterò più questo bastardo che ti ha portato via da me!”

“O mio dio, Ty...amico.........” ma si zittì subito, alla rabbia che esplose in Ty a quell'appellativo.

“NON CHIAMARMI AMICO!” gridò allontanando l’arma dal viso di Jared e puntandola verso Jensen.

Jared alla vista di quella scena si agitò e eccellerò il movimento dei polsi: mancava poco a essere libero!

“Ok...scusa..non ti chiamerò più così” fece Jensen deglutendo. Era meglio non innervosirlo ulteriormente!

“Meglio! Non ho mai sopportato quando lo facevi” disse glaciale, per poi tramutare l’espressione in dolore puro. “Cazzo...” fece, gli occhi lucidi , ”...sono anni che sono la tua ombra, che ti sostengo, che ti amo! Ma tu.... ” e il respiro divenne ansante ”....non mi hai mai visto come colui che poteva darti tutto! Che può darti tutto! Jensen amami e non te ne pentirai!” supplicò.

Jensen ascoltò tutto con attenzione. Dio, come aveva fatto a non capire cosa passava per la mente al suo amico?

“Ty…. mi dispiace di non aver compreso tutto questo...ma io non posso...” disse infatti dispiaciuto, il cuore impazzito.

Jared ascoltava quella conversazione puntando prima gli occhi sul biondo e poi su Ty che ormai sembrava davvero aver perso il senso della realtà. Delirava e ignorava Jensen che cercava di parlare.

“Sono anche romantico..” non volendo ascoltare il biondo ”...le lettere che ti ho inviato...Dio! ho dato il meglio di me nell'esprimerti il mio amore per te...il mio desiderio di appartenerti!”

“Ty per favore...ascoltami” provò ancora, ma tutto era inutile poiché l’altro non stava zitto, era perso nel suo monologo.

Sperava di convincere così Jensen ad amarlo. A dargli una possibilità e quando, il biondo, esasperato, richiamò Ty un pò più forte beh...sul viso dell’uomo apparve un sorriso speranzoso.

“Allora...hai deciso di amarmi?” osò perfino chiedere, ma alla risposta del biondo quel sorriso si tramutò in sorpresa e poi rabbia.

“Ty...senti..non voglio ferirti. Noi siamo am….” ma si fermò temendo un’ennesima sfuriata alla parola “amici”. “...ma...mi dispiace...non posso amarti... non posso darti quello che vuoi...davvero..Sei un brava persona e se io non riesco a capirlo e ad amarti, vuol dire che non ti merito” tentò perfino ad adularlo e a prendersi la colpa.

“COSA?!” ed era furioso. “PERCHÉ? PERCHÉ’ NON MI AMI! CAZZO! COSA HA LUI CHE IO NON HO? COSA, EH?” gli urlò contro, ignorando il tentativo di Jensen. E con scatto rabbioso prese il mento di Jared e lo strinse facendogli male “E’ PER QUESTO BEL VISINO? O PER QUESTO CORPO?” fece passando il coltello sulla gola di Jared, aprendogli un taglio non troppo profondo ma comunque doloroso.

A quella vista Jensen perse ogni remora. “Toccalo un’altra volta e ti uccido con le mie mani!”

“Ah, è così?” e si allontanò dal moro avvicinandosi a Jensen che lo guardava con disprezzo.

“Sei disposto ad uccidermi? Per lui? Per questo figlio di puttana che ti odia, che...” e mentì, ”..che non ti ama come ti amo io?” e lo guardò dritto negli occhi.

“Jensen, no...” si intromise Jared guardando disperato, il compagno. No, che non lo odiava. Sì, che lo amava!!!
“Sta’ zitto!!” sibilò Ty, e bastò lo sguardo gelido a minacciarlo.

“Si!” rispose Jensen ed era maledettamente sicuro. “Per lui farei tutto...sarei disposto ad andare anche all’inferno. Quindi, per il tuo bene, stagli lontano e consegnati alla polizia e fatti curare dall'ossessione che hai per me!” rispose glaciale Jensen, le sirene sempre più vicine, i pugni stretti lungo i fianchi.

“Oddio...Fai sul serio!!” fu la risposta pacata che diede Ty, colpito e sconfitto dalla luce che vide negli occhi del biondo. Dalla decisione che Jensen sembrava aver preso.

Capì! Non aveva possibilità. Abbassò lo sguardo. Si arrese. La mente vuota.

"Si...Ty..." azzardò Jensen.

“Io...io non...posso competere con Jared...si è così...lui è la tua luce....” il coltello stretto convulsamente in mano, il respiro affannoso.
E poi esplose: un odio profondo verso Jared e anche verso Jensen, che considerava il suo amore un’ossessione? No, era troppo l'affronto.

“Ty, però lascia l’arma....” fece Jensen, spaventato dallo sguardo spento di Ty, ignaro di quello che in quel momento passasse nella mente folle dell’uomo.

“No!” esplose di rabbia. “Il mio è AMORE e tu dovevi amarmi e Jared starne fuori” l’arma che si alzava di nuovo puntandola inaspettatamente verso Jensen con rabbia cieca. “Non starò dietro le sbarre o in manicomio a guardare voi due che giocate alla coppia felice. Sai cosa? Se non posso averti io, nemmeno lui ti avrà !”

“Ty...ma cosa....?” ma non finì la frase. Fu tutto troppo veloce e inaspettato.

Ty con un balzo si avventò su Jensen ed entrambi caddero a terra. Rotolarono sul pavimento, ma Ty era decisamente più forte, aiutato anche da un corpo più possente e robusto di quello di Jensen. Volarono alcuni colpi corpo a corpo, qualche imprecazione, ma quando un pugno ben assestato da parte di Ty, colpì Jensen in pieno viso, la lucidità del biondo svanì per qualche momento. Tempo necessario a Ty per sovrastare il corpo di Jensen.

In quella posizione, il biondo non riusciva a muoversi con Ty a cavalcioni su di lui e non ebbe tempo nemmeno di reagire che la furia di Ty divenne concreta. Senza nemmeno proferire altro, l’uomo alzò il coltello e con un movimento veloce e deciso affondò nello stomaco del cantante, non uno ma due volte. Il pazzo rideva, le macchioline di sangue sul viso. Il coltello che gocciolava.

Jensen non gridò nemmeno talmente preso alla sprovvista dal quel gesto estremo e dal dolore improvviso: provava dolore, bruciore, il gusto ferroso del sangue in bocca, la vista annebbiata. Solo una cosa gli dimostrava che era reale quello che stava accadendo: le grida disperate di Jared nelle orecchie.

Jared, sopraffatto dalla disperazione e dall'adrenalina, con una forza inaudita si liberò finalmente dal nastro ai polsi e afferrando la sedia , colpì Ty alla schiena tramortendolo, mentre, negli stessi instanti nel seminterrato faceva irruzione la polizia e anche i soccorsi.

Jared spinse con un calcio di lato Ty in malo modo e poi, disperato, si accovacciò accanto a Jensen. Mise le mani sulla ferita per cercare di fermare la copiosa emorragia, che sembrava non volersi arrestare nemmeno alla pressione della mani di Jared..anzi! E il suo compagno era sempre più pallido, il respiro affannoso.

“Jensen...Oddio....Oddio...Andrà tutto bene...sono qui...sono qui...” ripeteva in trance Jared, in lacrime, le mani che facevano pressione sempre più sulla ferita.

Dio! Troppo sangue! Troppo! ma non doveva pensarci. Non voleva pensarci. Non poteva pensarci.

In quel preciso instante, l’agente Sheppard, prese di peso Ty e lo arrestò, trascinandolo fuori dal locale. Ty non fece resistenza: si era chiuso in un mutismo surreale, sguardo spento, mente persa. Evidentemente non si stava nemmeno rendendo conto di essere stato appena arrestato e fatto sedere nell'auto di servizio, che partì pochi istanti dopo, a sirene spiegate.

Nel seminterrato, intanto, il biondo gemette all'improvviso, scosso da una scarica di dolore, la voce appena udile, ma per Jared fu comunque chiarissima.

“Jared...Pi....piccolo....” riuscì appena a sussurrare mentre sentiva le forze abbandonarlo sempre più.

“Hey! Hey!! Hey!!” sorrise Jared, il cuore impazzito nel petto. “Non parlare...non affaticarti...Non...”, ma non riuscì a continuare a parlare. Il groppo alla gola glielo impedì perché quello che disse e fece Jensen, con enorme sforzo, fu troppo.

Lentamente, molto lentamente, il maggiore posò una mano sulla guancia di Jared e incatenò gli occhi in quelli di Jared.

Il mondo sparì, tanto che Jared non sentì nemmeno i soccorritori intimargli di fare spazio e di andare da loro per farsi medicare anche lui.
“Jared...” ignorandolo le raccomandazione del barista. ”...ti...” e sorrise ”...amo.”, poi non ce la fece più e non sentì più niente.
Non poté sentire il “Anch’io ti amo” di Jared. I suoi richiami disperati. I suoi incoraggiamenti quasi rabbiosi a rimanere sveglio. A rimanere con lui. A rimanere vivo!!

Jensen abbandonò la testa di lato, il braccio cadde di peso sul pavimento lasciando a questo punto il moro nel panico più totale, tanto che i soccorritori dovettero spostarlo di peso per riuscire a soccorrere Jensen e metterlo su una lettiga.

Non avevano altro tempo da perdere: il ragazzo era in codice rosso e doveva essere operato d’urgenza! Era in pericolo di vita! Il cuore batteva appena e la perdita di sangue era decisamente allarmante.

A quelle parole, Jared, si destò dallo shock e si allontanò dal paramedico che aveva iniziato a medicarlo. Dio!!, non se ne era nemmeno reso conto , tanto era annientato dalla vista di Jensen in quelle condizioni e a quel ti amo detto in quel modo struggente.

“Oddio...” e fece per andare dal lui. Doveva stargli accanto. L’adrenalina a 1000.

“Ascoltami ragazzo....non puoi andare con lui.” Lo fermò il soccorritore. ”Mi chiamo Kim..i miei colleghi hanno chiamato una seconda ambulanza e tu andrai con quella!”
“No...no...”

“Hanno bisogno di spazio per prendersi cura del tuo amico. Io e te li seguiremo con quella e ti prometto che non appena saremo in ospedale, ti farò sapere tutto quello che succede.” E quella promessa sembrava sincera.

Kim, non appena vide che i suoi colleghi avevano sistemato Jensen sul lettino dell'ambulanza ed erano pronti ad uscire dallo scantinato, aiutò Jared, sostenendolo per il braccio sano e lo invitò a seguire gli altri.

"Ora usciamo da qui. Tu hai bisogno di cure e i miei colleghi devono portare via Jensen il prima possibile" gli spiegò mentre preceduti dalla lettiga del biondo, risalivano le scale dello scantinato.

“Voglio andare con lui...Io devo… per favore...” era nel panico, ma dovette arrendersi subito dopo. L’ambulanza con Jensen era appena partita a sirene spianate verso l’ospedale di Vancouver.

“Vedi, sono già partiti e se fai il bravo, partiamo anche noi!!” disse facendolo distendere sulla barella e facendo cenno all'autista dell’ambulanza di mettere in moto. “E’ in buone mani” aggiunse per cercare di calmarlo.

Ma Jared non si calmava, anzi! Come poteva? Aveva il cuore che batteva fortissimo e il respiro affannoso. Il pensiero di Jensen ferito in quel modo…Dio! Troppo dolore. Gli veniva la nausea.

E poi, improvvisamente, come se fosse colpito da un pugno, si ricordò di Misha.
Lui non sapeva niente! O per lo meno era quello che credeva il ragazzo. Non immaginava che Misha, dopo che lui era stato aggredito da Ty, aveva comunque sentito tutto.

“Misha...devo avvertire Misha!” disse, tanto che la donna lo guardò stranita e si ritrovò a chiedere di chi stesse parlando. “Il mio migliore amico...” la voce sofferente e impastata ”...quel figlio di puttana... mi ha rotto il telefono e io...io non...”

“Ok!” lo interruppe Kim dolcemente. “Dimmi il numero” disse mentre prendeva il suo cellulare e salvava il numero che faticosamente il moro gli stava dettando, la bocca sempre più secca, la vista che si stava appannando.

“Fatto Jared, però ora ti calmi e mi lasci finire di medicare queste ferite. Appena saremo all'ospedale chiamerò personalmente Misha e gli dirò tutto mentre i miei colleghi ti faranno una tac per escludere una commozione celebrale”

“Grazie, ma non ho nessuna commozione...” disse Jared, ma appena disse quelle parole gli girò forte la testa o era l'ambulanza che girava? Non lo sapeva...

“Ragazzo...ehi...resta vigile...” fece allarmata dal pallore che vedeva improvviso in Jared. Iniziò anche a dargli dei colpetti sulla guancia non ferita per tenerlo sveglio, ma Jared non era molto collaborativo.

“Senti….ascolta. Siamo appena dietro all'altra ambulanza. Siamo dietro al tuo amico.” Su!!..rimani sveglio!”

“Io...Io....” ma Jared non resse.

Troppe emozioni. Troppo tutto. Un attimo dopo fu inghiotto dall'oscurità

 

Note autrice
Infinite grazie a Cin75 per avermi aiutato con il capito. Thank you!!!!

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Capitolo 10
*** Senso di colpa ***


Quando riprese conoscenza, Jared non sapeva dove fosse. Non riusciva a ricordare. La mente ancora avvolta dalla confusione.

Sentiva solo dolore dappertutto, specialmente al centro del petto. Un dolore sordo che gli fece mancare il respiro.

Ma doveva calmarsi. Doveva farlo. Doveva capire dove si trovava e cosa gli fosse successo.

Così provò ad aprire gli occhi, ma appena lo fece, la luce dorata del tramonto che entrava delle finestre, glieli fece richiudere subito.

Rimase per qualche secondo così, ad occhi chiusi, a cercare di riprendere un po’ per volta il controllo delle proprie emozioni visto che, per una ragione strana, ora il cuore batteva forte.

“Ma che mi succede?” sussurrò, ma poi si accorse di sentirsi osservato così, lentamente, ignorando il dolore alla tempia, voltò la testa verso la sua destra e con enorme sforzo riaprì di nuovo gli occhi.

Istintivamente sorrise di cuore vedendo il ragazzo che gli sorrideva di rimando, sollevato che fosse sveglio finalmente.

Anche se lo vedeva sfocato, i suoi occhi verdi li avrebbe riconosciuti.

"Jensen..." sussurrò sorridendo, cercando di toccargli la mano, ma qualcosa glielo impediva. Un maledetta flebo conficcata nel braccio!

"Jared..." fece la voce.

Jared, sentendolo, realizzò che c'era qualcosa che non andava e ritrasse la mano, lo sguardo confuso.

La voce del suo Jensen era diversa.

Batté le palpebre diverse volte e più lo faceva più il ragazzo accanto a se cambiava? Com'era possibile? Dov'era il suo Jensen? Che cazzo succedeva?

Iniziò ad agitarsi, il cuore gli batteva più forte, il respiro divenne sempre più affannoso.

"Ma che...succede..." disse mentre, ormai al posto degli occhi verdi di Jensen, si ritrovava a guardare gli occhi blu di Misha, che ora lo guardava decisamente preoccupato.

"Jared....amico….Calmati..."

"Non mi calmo! Dov'è Jensen? Era qui... era..." ma non fece in tempo a dire di nuovo il nome del suo compagno che realizzò. O meglio, ricordò tutto.

Flash ripetuti di quello che era successo. Dell’aggressione a lui e....Oddio!!...Ty che affondava ripetute volte il coltello nello stomaco di Jensen e lui che premeva sulla ferita per fermare il sangue.

“Jared oddio....Jared...calmati!!” fece allarmato Misha osservando Jared sbiancato all'improvviso e guardarsi le mani. Il trillo dei macchinari che allertavano per lo stato di forte stress.

“Il suo sangue....sulle mie mani....” lo sentiva ripetere in trance, gli occhi che si riempirono di lacrime.

Il sangue non c’era più ovviamente ma la sua mente, crudelmente, continuava a farglielo vedere.

“Jared....ehi....Jared...per l’amore di Dio calmati!!” lo richiamò Misha, posandogli una mano sulla spalla.

Al richiamo Jared, si destò e lo guardò fisso negli occhi.

“Jensen...devo sapere di Jensen! Io ho il suo sangue sulle mie mani!”

“No.. non hai più il sangue di Jensen che ti sporca le mani. Guarda!” e il moro guardò. E ora , le sua mani erano pulite. Tremanti , ma pulite.

Immediatamente si sentì più sollevato, ma comunque non sapere dove fosse il compagno lo fece agitare.

“Per favore dimmi dov'è ...io...devo rispondergli...devo....”

Misha capiva l’ansia che attanagliava il suo migliore amico, era la stessa che provava lui, ma doveva farsi controllare da un medico.

“Jared...per favore...calmati...Ok? Sei stato incosciente per due ore e ti risvegli in questo...” ma appena disse così, Jared scattò.

“Cosa?! No..no...” nel panico per quella notizia. Si strappò la flebo e gli elettrodi al petto e scansando il bruno con un gesto inaspettatamente forte, che dalla sorpresa cadde a terra; si alzò e si precipitò fuori dalla stanza come una furia, ignorando il dolore che sentiva alla testa e i punti di sutura che tiravano.

In meno che non si dica si precipitò al bancone delle informazioni per chiedere notizie su Jensen , mani sul bancone, respiro affannoso.

La povera infermiera appena si vide davanti il ragazzo in quello stato agitato si spaventò e fece per chiamare la sicurezza, ma solo l’intervento tempestivo di Kim, il paramedico che l’aveva soccorso nel seminterrato del suo locale, che entrava in quel momento nel reparto, fermò la sua collega dal farlo.

“Oddio...Jared!” fece andandogli incontro e facendo voltare il ragazzo, “Sei sveglio grazie al cielo!...Briana,” rivolgendosi alla sua collega ”..va tutto bene, ci penso io a lui”.

La donna, dopo aver posato i suoi occhi prima su Jared e poi sulla sua amica, annuì e riprese a fare il suo lavoro.

“Ragazzo...cosa ci fai qui fuori?” disse a mo’ di rimprovero la donna, accompagnandolo verso la sua stanza mentre Misha li raggiungeva dicendo “Ho tentato di fermarlo...ma sembrava un alce scatenata!!”

Quella battuta, in un’altra occasione, avrebbe scatenato ilarità nei presenti ma stavolta fu solo accompagnata da uno sguardo di scuse di Jared e da un sorriso di Kim.

“Già...Misha...mi spiace...Ma io...” rivolgendosi poi a Kim ”...voglio sapere dove si trova Jensen! Come sta! Se è vivo o ….” ma non finì la frase. Il solo pensiero lo annientò.

“Allora prima di tutto non fasciamoci la testa, ok?” e sorrise. “Come ti ho promesso ti dirò tutto quello che so del tuo amico, però prima devi farti visitare…ti sei appena risvegliato e dopo quella botta in testa e da come era ridotto il tuo braccio, non è un bene che tu te ne vada in giro come se niente fosse!!”

E a niente valsero le proteste di Jared.

Kim, appena il ragazzo rientrò in camera lo fece distendere nel letto e chiamò il dottore Benedict.

Dio! Che strazio! Furono i 20 minuti più lunghi della sua vita, ma quando finalmente il dottore constatò che stava bene e poteva essere dimesso, finalmente poté sapere di Jensen.

“La prego....Ora sono stato visitato...sto bene....ditemi di Jensen! Sto impazzendo!”

Misha era lì accanto al moro in trepidante attesa anche lui per le sorti del suo amico.

“Allora ragazzi…” disse Kim dopo aver avuto il via libera a parlare dal medico mentre lui aggiornava la cartella medica; “….appena Jensen è arrivato qui è stato portato d’urgenza in sala operatoria dove ha subito un intervento molto complesso e abbastanza delicato allo stomaco.….”

Jared aveva il cuore impazzito nel petto e sentiva gli occhi bruciare. Gli mancava l’aria.

“E ora? E’ ancora....” chiese Misha, appoggiando una mano sulla spalla di Jared per dargli conforto.

“No” ma stavolta a parlare fu il dottore. “L’operazione è finita da circa 15 minuti e ora l’hanno portato in terapia intensiva...” e stava per dire altro, ma fu interrotto.

“Allora posso vederlo? Parlargli?” fece Jared e il suo sguardo divenne speranzoso per un attimo, per poi tramutarsi di nuovo in angoscia.

“Non puoi... nessuno può...solo noi dello staff medico. Mi spiace, ma Jensen è in prognosi riservata per almeno altre 24 ore, perché non è del tutto fuori pericolo. Anche se durante l’operazione ha lottato con le unghie e con i denti, la perdita di sangue è stata massiva e la ferita all'addome, molto grave. Ora...” continuò, cercando di essere delicato, ”....il risveglio dal coma indotto dipende tutto dalla reazione di Jensen”.

“Dottor Benedict mi scusi, ma….” disse all'improvviso l’infermiera Briana bussando alla porta della stanza di Jared attirando l’attenzione del medico e di Kim, “…hanno bisogno urgentemente di lei alla stanza 284”

“Vado subito” e detto ciò Benedict corse via.

Jared, sprofondato nel baratro della disperazione, nel frattempo, aveva nascosto il viso tra le mani. Dio!, era sconvolto da quello che aveva appena appreso!

Dolore. Solo dolore provava. La mente rifiutava una simile eventualità.

“Dio...no! Questo no...Lui non può....oddio...No....” diceva infatti continuamente, ma poi, improvvisamente, scattò in piedi, gli occhi riempiti di lacrime.

Puntando i suoi occhi su Kim disse “Mi dica dove si trova la terapia intensiva! Io devo assolutamente vedere Jensen. Faccia uno strappo alle regole...per favore” supplicò mentre si avvicinava all'infermiera, seguito da Misha al suo fianco che tentava di calmarlo.

“Jared...non...puoi...Lei non può...” continuava anche se sembrava che nessuno volesse o potesse capire quello che stava passando. Misha non capiva. Nessuno poteva capire quello che provava. Dio, se Jensen moriva...No! No! No!

A Kim, vedendo Jared in quelle condizioni disperate, le si spezzò il cuore: nonostante anni di lavoro, non ci si abituava mai al dolore che provavano i familiari.

Lanciò uno sguardo complice all'amica e collega Briana e l’infermiera sembrò accettare, poi ritornò al box informazioni.

“Jared...posso accompagnarti al reparto, ma non posso farti entrare in stanza...dovrai aspettare in sala d’attesa. Mi spiace ragazzo. Le regole sono queste, non le ho stabilite io” fu la risposta, comunque dispiaciuta, della donna.

“Io...Io...”

“Jared...” s’intromise Misha con voce calma.

Era preoccupato anche lui, ma doveva essere forte per il suo migliore amico.

“Calmati. Ok?” disse posandogli una mano sulla spalla e costringendolo a guardarlo. “Ora seguiamo Kim fino alla sala d’aspetto e aspettiamo che Jensen si risvegli...” la voce speranzosa.

Jared non disse niente, si limitò a sorride impercettibilmente. Nel petto un dolore indescrivibile.

Sospirò, strinse i pugni e poi uscì con Misha dalla sua stanza seguendo Kim in rigoroso silenzio. Mille pensieri. Mille scenari.

“Ecco...siamo arrivati” disse la donna circa 10 minuti dopo facendoli entrare nella sala d’attesa del reparto di terapia intensiva “Se avete bisogno... chiamate pure”

I due uomini la ringraziarono per tutto quello che aveva fatto e poi, una volta soli, andarono di fronte alla vetrata, da dove, purtroppo le tende erano tirate.

Ma potevano scorgerlo, Jensen, o almeno la sua sagoma, attraverso le tende. Potevano sentire i macchinari accesi.
 

Jared, schiacciato dallo sconforto, appoggiò la fronte alla vetrata e anche la mano destra, tirando su con il naso. “Ti prego amore mio....non...non....” e a Misha gli si spezzò il cuore a vederlo così. 


“Jared...” fece il bruno, ”..vieni..siediti...” tentò di spostarlo da quel posto.


“No...Voglio stare qui....” e si voltò a guardarlo, in lacrime, sconfitto dal senso di colpa. “Misha è colpa mia...” e indicò la stanza”...se lui dovesse morire è colpa mia!” sbottò, lasciando senza parole il bruno. Sconvolto. Attonito. 

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Capitolo 11
*** Ti prego, non lasciarmi ***


“Ma che cazzo dici? Colpa tua?”

Jared lo guardò, mordendosi le labbra. La mano sulla vetrata che si staccava simulando il gesto di una carezza. 

“Misha...” nella voce, dolore ”...lo è!” e Misha lo guardava sempre più interdetto man mano che il ragazzo “confessava” quella colpa che sentiva sua. “Se io lo avessi lasciato parlare ....”

“Jared...non...” e voleva interromperlo.

“Dio!!”lo ignorò invece il giovane barista. “Gli ho dato uno schiaffo con una tale rabbia da lasciargli il segno. Cazzo!! dovevo ascoltarlo....se lo avessi fatto saremmo tornati insieme e Ty non mi avrebbe aggredito e Jensen...” gli occhi sempre più tristi. ”...Jensen ora non sarebbe in un letto d’ospedale che lotta tra la vita e la morte!” concluse esasperato.

Misha ci pensò su, ma poi sbottò del tutto mettendogli una mano sulla spalla.

“Non ti prendo a pugni solo perché siamo in un ospedale e perché poi Jensen prenderà a pugni me!” e Jared stralunò alla serietà con cui Misha gli aveva appena parlato. Gli occhi blu incatenati in quelli sorpresi di Jared. “Ma cosa...?”

“Jared...sta’ zitto. Di stronzate ne hai dette abbastanza!!” lo rimproverò. “Che c’è? gli antidolorifici ti hanno fuso il cervello? Ma ti rendi conto di quello che hai appena blaterato?” e si sforzava di non urlare. “Colpa tua? Colpa tua?? L’unica colpa qui è di quel pazzo di Ty, non tua! Ok?!”

“Misha...ma....io....”

“OK?!” e lo guardò inclinando la testa.

“Ok!” ripeté Jared, sospirando per accontentare più l’amico che sé stesso. “Però, in ogni caso, mi sento in colpa per come l’ho trattato!”

“E’ vero... sei stato avventato, ma eri arrabbiato....Quindi non conta!!! E sono certo che anche Jensen la pensasse così!” se ne uscì ovvio il bruno. “O non sarebbe tornato indietro” gli fece presente ancora.

Jared, a quell'uscita, abbozzò un sorriso, poi abbracciò d’istinto Misha, che ricambiò l’abbraccio. Cosa avrebbe fatto senza il suo migliore amico? 

“Grazie Misha...” sussurrò staccandosi, il bruno che gli sorrideva.

“Jared è questo che fanno gli amici che sono come fratelli: fanno rinsavire e si prendono cura del più piccolo. Ora...” ed era serio, gli occhi di un blu intensi,“...ti siedi qui, mentre io vado a prenderti qualcosa da mangiare alla macchinetta”. Lo avvisò paternamente più che fraternamente.

“Misha...davvero...non ho fame...non...”

“Niente storie. Siediti qui ho detto!” e Misha lo fece sedere, che lo volesse o no , per poi allontanarsi e andare verso la macchinetta fuori dal reparto.

Jared rimasto solo sorrise e scosse la testa, per poi appoggiarla al muro, gli occhi chiusi, la voce nella mente di Jensen che gli dice ti amo in quel modo.

Li aprì di scatto, le mani appoggiate alle ginocchia.

“Devo vederlo...ho bisogno di vederlo....” ripeté mentre si alzava di scatto accertandosi che non ci fosse o arrivasse nessuno.

Con passo svelto raggiunse la porta e, sospirando, abbassò la maniglia. 

Aprì la porta quel tanto da poter passare e poi la richiuse subito dietro di sé, gli occhi incatenati al letto poco distante da lui. Meglio dire sulla persona che giaceva a letto. 
“Oddio..amore mio!” sussurrò trovando il coraggio di avvicinarsi.

Jensen era pallido, molto pallido. Sullo zigomo campeggiava un vistoso livido, sul petto erano attaccati vari elettrodi collegati alla macchina che controllava il battito cardiaco, come pure alla fronte per le funzioni celebrali. 

I bip dei macchinari erano costanti , ma lenti , troppo lenti e questo faceva dannatamente male.

A Jared gli tremarono le gambe, così si sedette sul bordo del letto facendo attenzione. Non voleva fargli ulteriore male.

“Jensen...” sussurrò iniziando a sfioragli con le dita il dorso della mano in una carezza delicata, ”...devi sentire la mia risposta...quindi non farmi scherzi...resisti!” lo supplicò. ”Per l’amor del cielo torna da me!” pregò ancora, gli occhi lucidi di lacrime. “Sei la cosa più bella che mi sia capitata....Sei il mio....” ma non finì la frase. 
Non ne ebbe il tempo.

La porta della stanza si spalancò ed entrò un’infermiera che appena vide Jared, sembrò assumere le sembianze di un demone dell’Inferno. Furioso e crudele.

“Ehi !! lei cosa ci fa qui?” fece l’infermiera Alaina incrociando le braccia, sguardo severo.

Jared si alzò di colpo e tentò di giustificarsi ma la donna non lo lasciava parlare.

“Non m’interessa! Lei non può stare qui! Fuori!” e il tono non ammetteva repliche.

Jared dovette uscire e non appena lo fece sprofondò sulla sedia, le mani a nascondere il viso.

Rimase in quella posizione finché Misha, sedutosi accanto lui, non richiamò la sua attenzione mettendogli davanti al naso un tramezzino e una lattina di aranciata.

“Non è molto....” fece mentre l’altro alzava il viso e lo guardava, gli occhi rossi. “Cristo, Jared!!! ma hai pianto fino adesso?” posando il tutto sulla sedia accanto.

“Sono entrato in stanza appena sei andato via” fu la risposta sincera che diede il moro.

“Perché lo hai fatto?”

“Non ho resistito....” e sospirò. ”Sai gli ho parlato, ma sul più bello è entrata un'infermiera, che sembrava una demone, e mi ha cacciato fuori!”

E in quello stesso istante l’appena nominata infermiera uscì dalla stanza di Jensen e guardò male Jared per poi rivolgersi a Misha, puntandogli l’indice contro.

“Controlli il suo amico! Sono stata chiara?”

“Signorina...Non...” fece il bruno, ma la donna ormai se ne era già andata fuori dal reparto.

“Visto? Che ti dicevo?” ironizzò Jared e si alzò di scatto.

“Basta! Ora tu torni a casa. Mangi e poi dormi un po’!” ordinò Misha alzandosi anche lui. “Su forza!” 

“No... ti ho detto che voglio stare qui....Tu va’ pure. E non guardarmi così!” esclamò allo sguardo del bruno. “Lo sai anche tu che non rinuncerò ad entrare in stanza. A stare con Jensen! Possono cacciarmi quante volte vogliono ma io ritornerò sempre da lui, finché non si sveglierà!!” 
Era serio. Sicuro e determinato. E Misha non poté far altro che arrendersi.

“Mangia almeno questo, prima!” disse sorridendo.

“Va bene papà...ora va’ a casa. Ci vediamo domani” fece prendendo il tramezzino dalle mani dell’amico e iniziando a mangiare.

“Ok...Sta’ attento a non farti scoprire ancora però o ti sbatteranno fuori non solo dal reparto, ma anche dall'ospedale. A domani” poi se ne andò, dopo aver abbracciato il moro.

Qualche minuto dopo Jared era già vicino alla porta, pronto ad entrare di nuovo nella stanza di Jensen.

E come prima, appena si sedette, stavolta su una poltroncina li accanto al letto, ripeté diverse volte le parole che aveva rivolto al suo compagno prima di essere cacciato.

Le ripeté talmente tante volte che alla fine non aveva più voce. Ma non importava. No! Avrebbe fatto di tutto affinché il suo amore in qualche modo le sentisse e si aggrappasse ad esse per guarire...per ritornare da lui.

“Ti prego…Ti prego…non lasciarmi” sussurrava, fin quando, senza rendersene conto, si addormentò; la mano stretta a quella di Jensen, il corpo proteso in avanti, la testa appoggiata sopra il proprio braccio, che fungeva da cuscino.

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Capitolo 12
*** Jensen è.... ***


Quando il mattino seguente, verso le 6.30, Kim entrò nella stanza rimase piacevolmente sorpresa, ma anche intenerita nel vedere Jared addormentato in quella pozione. 

“Benedetto ragazzo!!” disse sorridendo, avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla spalla per svegliarlo. 

“Ehy Jared…” lo scosse appena e appena lo fece il primo istinto del moro fu quello di stringere la mano a Jensen e voltarsi confuso verso la donna che lo stava svegliando.

“Che c’è?” biascicò sbadigliando, per poi svegliarsi tutto di colpo. Forse….”Kim?! Oddio si è svegliato?” gli occhi luminosi e speranzosi che scattavano sul volto dell’amato.

“Mi spiace Jared, non ancora” e a quelle parole Jared si rattristì di nuovo. “Ma ora devi assolutamente uscire di qui....”

“La prego…no…” supplicò tornando a guardare il compagno.

“Figliolo devi” disse invitandolo ad alzarsi e ad uscire da li.

“No…Non mi muovo da…” 

“Jared!” la voce seria e autoritaria, tanto che il moro sussultò. “Vuoi essere cacciato dall'ospedale? Non credo…quindi ora esci, vai a casa, ti lavi, mangi e dormi come si deve... poi ritorni qui!”

“Ma se lui si sveglia….”

“Ragazzo...” e ora la sua voce era di nuovo dolce “…guardati! Sei stanco, sei sfinito! Vuoi essere di nuovo ricoverato? Perché se continui così….” E lasciò il discorso in sospeso. 

“Io..non…” e poi si vide il suo riflesso nel vetro della finestra. Aveva profonde occhiaie, un leggero cenno di barba sfatta, oltre i segni dell’aggressione subita.

Chiuse gli occhi. Si sentiva stanco, svuotato di ogni energia. Sospirò, poi li riaprì puntandoli sul suo compagno. Prese una decisione.

Non doveva crollare , doveva essere forte e al massimo dell’energia per quando si sarebbe risvegliato Jensen.

“Va bene..” disse alla fine acconsentendo ad andarsene ”...ma tra qualche ora sono di nuovo qui dentro!” volle precisare indicando la stanza e il viso del biondo, “Accanto a lui!”

“Non cedi, eh?” sorridendo alla testardaggine di quel gigante.

“No ...mai!” rispose orgoglioso, poi si rivolse a Jensen dandogli un bacio sulla fronte “Fa’ il bravo!! Ora vado a riposarmi un pò, ma poi ritorno da te , amore mio” e poi indugiò a dargli un bacio un pò più marcato sulle labbra schiuse, riassaporandone il sapore.

“Ciao” disse sforzandosi ad uscire e andare via dal reparto e dall'ospedale mentre Kim, dopo averlo salutato, iniziava a controllare i vari parametri e aggiornare la cartella clinica del biondo.

Questo rito, Jared, lo compì anche nei giorni successivi. 

Andava a casa per qualche ora poi ritornava da Jensen, al suo capezzale. 

Anche se non era più in prognosi riservata, il biondo continuava a rimanere in coma.

“Cosa devo fare perché ti svegli?” gli disse due settimane dopo. “Ti ho persino baciato, bell'addormentamento! Più di una volta!” ironizzò accarezzandogli la testa dolcemente. 

“Forse con lui i baci non bastano” fece Misha, guardandolo sconsolato. Non essendo più in prognosi riservata chiunque poteva andarlo a trovare. “Prova a parlargli con la musica...magari funziona....ho letto una teoria ieri sera su internet...tentar non nuoce, Jared!” 

Jared lo stava guardando a bocca aperta, ma poi abbracciò d’istinto l’amico fraterno. Dio! come aveva potuto non pensarci anche lui?

“Lo farò subito” disse staccandosi e prendendo il suo nuovo cellulare. Forse su internet c’era qualche canzone che faceva al caso suo.

“Vi lascio soli” disse Misha, facendo cenno con la testa e uscendo dalla stanza.

Jared, rimasto solo, cercò e cercò tra le varie canzoni finché non trovò quella che sembrava scritta per loro. 

Ebbe i brividi appena la sentì e gli vennero gli occhi lucidi.
“Amore...sembra scritta per noi...” gli disse mentre premeva play e dal cellulare partiva la canzone. Jared chiuse gli occhi, ma non riuscì a trattenere le lacrime.


 

“Dicono che l’amore è dolce
quando cuori come i nostri si incontrano
Mi sono innamorato di te come un ragazzino...”


https://www.youtube.com/watch?v=wFpbB8hrmHw



 
 
Quella era la sua risposta. In un modo o in un altro gliela stava dicendo.

Il cuore batteva forte quando la canzone finì, ma ancora non aveva riaperto gli occhi. Sospirò. Doveva farlo e lo fece immaginandosi che Jensen lo stesse guardando con i suoi occhi color verde speranza.

Appena posò gli occhi sul suo compagno però, quel desiderio fu di nuovo messo a tacere dalla realtà: Jensen era incosciente, sospeso in un limbo. Ancora.

Jared, preso dallo sconforto, uscì dalla stanza di corsa per prendere aria, evitando per un pelo di finire addosso al bruno.

“Jared…. Ehi? dove vai? Dove....” ma Jared non lo sentì , perso nei suoi pensieri.

A quel punto, Misha, dopo aver guardato fugacemente all'interno della stanza, seguì Jared per calmarlo e dargli conforto. Si sentì anche un idiota e in colpa per aver dato quel suggerimento all'amico, per averlo illuso che la musica potesse svegliare Jensen.

Nessuno, però, in quel momento, si accorse che sia i battiti del cuore che le onde celebrali di Jensen, ebbero un leggero aumento. Aumento che fino a quel momento non c’era mai stato.
"Mi dispiace...io non dovevo permettermi di darti quello stupido consiglio..." disse Misha una volta raggiunto l'amico barista che si era fermato vicino alla finestra che dava sul piccolo giardino al piano terra.

"Non è colpa tua" rispose l'altro accennando ad un sorriso. "Sono io che..." e abbassò lo sguardo. "...mi sono illuso...”

“Jared...” la mano sulla spalla. 

“Mi manca la sua voce Misha...” disse dopo un po'. ”...e i suoi occhi...Cristo!! Ho bisogno di lui, io...” ma non finì la frase perché quello che sentì lo congelò sul posto, spaventando pure Misha che si voltò verso la fonte della voce. Alaina , l’infermiera, entrata in stanza qualche secondo prima per i soliti controlli di routine a Jensen, richiedeva urgentemente la presenza del neurologo Rochè. 

“Oddio Jensen!” fecero all'unisono i due uomini. Nella voce terrore puro, raggiungendo la stanza con due falcate. Solo che una volta giunti sulla soglia, la donna, vedendoli in procinto di entrare, li fermò con la mano.

“Non potete entrare” disse autoritaria, mettendo giù la cartellina sul letto e avvicinandosi ai due.

“Cosa? No!” fece Jared tentando di entrare, senza riuscirci.
“Ci dica che succede...perché ha chiamato il neurologo?” supplicò anche Misha.

“Sentite...” disse incrociando le braccia, “..tra un pò avrete tutte le rispose, ma prima il neurologo deve visitarlo per bene....quindi, siate pazienti, ok?” e il suo viso cambiò espressione. “Lo so che mi considerate una specie di demone insensibile, ma se vi dicessi una cosa per un’altra ...non stareste peggio poi? Quindi...” invitandoli a non entrare “..aspettate li seduti. Poi potrete rientrare dal vostro amico”. 

Intanto, nella stanza , le funzioni e i parametri vitali di Jensen miglioravano nettamente e ciò che indicavano i macchinari, compreso quello cardiaco, non facevano che confermarlo.

“Ma... noi...”, ma in quel momento sopraggiunse il neurologo che, schiarendosi la voce, invitò i due ragazzi a spostarsi per farlo passare. 

Un attimo dopo la porta si richiuse davanti a loro e i due non poterono far altro che sedersi sulle quelle seggiole scomodissime e aspettare, il cuore in gola, i piedi che tamburellavano frementi e impazienti di sapere l’esito della visita.

“Non ce la faccio più!” sbuffò Jared circa 20 minuti dopo, alzandosi dalla sedia e iniziando a camminare nervoso. Sembrava un leone in gabbia. “Ora entro!” e se non l’avesse fermato Misha sarebbe davvero entrato, la mano quasi sulla maniglia.

“Non fare cazzate Jared!” stava dicendo il bruno, quando la porta si aprì. Alaina che li guardava alzando un sopracciglio, il neurologo dietro di lei che aggiornava la cartella medica osservando i macchinari, nascondendo di fatto la vista ai ragazzi del viso di Jensen.

“Ma bene!” ironizzò la rossa, intuendo cosa volesse fare il ragazzo. “Devo forse ripetermi??!”

“Non ce la facevo più!” si giustificò Jared. “Non ce la faccio più!!” e ora era decisamente supplichevole.

“L’ho comunque fermato” s’intromise Misha.

“Va bene...va bene...” l’ interruppe dal continuare - non era proprio il luogo adatto! 

“Dottor Rochè...” fece l’infermiera voltandosi verso il neurologo, ”...vado a comunicare la richiesta per la tac al paziente e avviso pure il cardiologo, il dott. Pellegrino” e uscì, mentre il medico si avvicinava ai due ancora in corridoio, la cartellina stretta in mano.

Tac? Cardiologo? I due ragazzi si guardarono confusi e anche spaventati.

“Dottore che succede? Jensen come sta?” chiese titubante il moro, seguito da Misha.

“Jensen, come sapete era in stato di coma indotto. Ora c’è stato finalmente un incremento delle onde celebrali e questo ha comportato, un po’ per volta, la necessità da parte nostra di diminuire i farmaci che inducevano il coma e quindi ora Jensen è….” e non ci fu bisogno di altre parole per spiegare quello che era successo. 
“...sveglio?!” azzardò Misha.
“Sì!” confermò Rochè.




Note autrice
Grazie per la canzone Biota. La canzone s'intitola Ring of fire di Johnny Cash.

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Capitolo 13
*** Di nuovo insieme ***


“O mio Dio!” fece Jared abbracciando Misha. Quello era un miracolo o l’idea del bruno aveva funzionato!? Gli piaceva pensare che fosse per la seconda ipotesi.

“Possiamo vederlo?” chiese Jared che non stava più nella pelle dalla felicità. 

“Vi lascio 10 minuti...poi l’infermiera lo porterà via per ulteriori controlli come avete sentito. Ha comunque bisogno di tranquillità, quindi non agitatelo” e detto questo se ne andò per dirigersi verso la sala tac permettendo loro di entrare in stanza. 

Jared, appena mise piede nella stanza si bloccò e sbiancò, gli occhi puntati verso il letto, verso il suo lui. Misha che invece sorrideva di rimando verso il biondo.

“Ciao...” la voce comunque debole, gli occhi puntati verso Jared e poi verso Misha, che salutandolo felice, stava letteralmente sostenendo Jared o forse lo stava incoraggiando ad entrare di più nella stanza. Anzi, il moro non respirava nemmeno, tanto era felice e sconvolto insieme. Tremava.

“Hey... Jared...?” biascicò il biondo guardando il ragazzo e preoccupandosi. Cercò di muoversi nel letto, ma i punti all'addome tirarono e fecero male, cosi si costrinse a restare fermo, richiamando ancora l’attenzione di Jared, i battiti accelerati.

Misha, a quel punto, si decise a spingere in avanti Jared vedendo che Jensen si stava agitando.

“Vai da lui...Dai! Lo stai spaventando!” disse e solo con quelle parole il più piccolo si riprese. “Oddio” fece, avanzando di qualche passo verso l’uomo della sua vita, che sorrideva osservandolo.

Il bruno sorrise di nuovo e salutò Jensen con un cenno della testa, poi uscì dalla stanza per lasciare ai due ragazzi la giusta intimità. 
Lui avrebbe parlato con Jensen dopo. Non aveva fretta. Era sveglio, quello era l’importante. Tutto andava per il verso giusto.

Nel frattempo, Jared, sedutosi sul bordo del letto non riusciva a smettere di guardare Jensen, il suo viso, i suoi occhi, che se pur segnati da occhiaie, erano di un verde brillante.

“Jensen!!” disse, la voce incrinata dall'emozione. “Come...come stai?” la voglia di abbracciarlo era tantissima, ma si fece violenza per trattenersi. Però le lacrime, quelle, non riuscì a impedire di farle scendere.

“Sto...bene. Sono un texano...ho la tempra dura!” lo tranquillizzò e, con enorme sforzo, cercò la mano di Jared che era appoggiata sul letto. “Tu...Tu a proposito come stai?”

Appena si era svegliato aveva chiesto del compagno e Alaina gli aveva detto che stava bene, ma lui voleva accertarsene.

Il moro, al gesto, per non farlo faticare gli andò incontro e immediatamente furono brividi, fu di nuovo quella magia che mai si era spenta.

“Io?” sorrise, “sei tu quello che...” e non disse il resto “...e chiedi a me come sto?”

Per Jensen, le dita di Jared erano ipnotiche e rilassanti. Meglio degli antidolorifici che sicuramente gli stavano dando.

“Certo...Ty ti ha aggredito per colpa mia..” e ora era serio, i battiti accelerati di nuovo.

“Jensen...ma cosa..? Ehy calmati!” si allarmò guardando i monitor.

”Jared, ti prego di rispondermi!” sussurrò con la mano ancora ferma in quella di Jared.

“Va bene, ma ora calmati però, ok?” e Jensen annuì, il respiro affannato che ritornava regolare.

“Sto bene. Ora che sei sveglio..che sei di nuovo qui...con me!" sorrise, le gote arrossate, la mano intrecciata in quella del compagno, i cui occhi erano lucidi. “Ma non è colpa tua quello che è successo. Anzi...è mia la colpa!” lo sorprese.

“Jared...no! Non dire così...non è vero!” 

Jared stava per ribattere che lo era, quando la porta si aprì facendoli voltare verso l’infermiera: Alaina era entrata nella stanza con un altro infermiere e, dopo aver lasciato a Jared il tempo di dire: “Jensen, ne parliamo dopo”, lei e il suo collega , sbloccarono il letto per spostarlo verso la sala radiologia. Jensen aveva bisogno di quei controlli che per fortuna andarono bene. 
Anzi egregiamente!

“Allora Jared...” disse Jensen al moro una volta riportato nella sua stanza, ”...dimmi il perché sarebbe colpa tua tutto quello che è successo” 

Il tono della voce non era accusatorio, anzi era dolcissimo e Jared, già seduto sulla sedia accanto al letto, appena sentì quelle parole lo guardò con espressione affranta.

Si sporse in avanti e sussurrò, leccandosi le labbra. "Lo sai...il modo in cui ti ho trattato...è imperdonabile."

"Jared...." rispose Jensen intuendo cosa passasse per la mente di quel ragazzo che ormai aveva capito di amare più della sua vita. "...non incolparti...non farlo...non..."

"Ti ho trattato malissimo!" sbottò invece, "Non ti ho lasciato spiegare le tue ragioni!! Sono una persona orribile!"

"Eri arrabbiato...quindi non conta!"

"Buffo, le stesse parole di Misha!" Replicò sorridendo amaramente. "Però non cambia che..."

"...che io avrei potuto essere sincero con te fin da quando entrai nel tuo bar e dirti chi io fossi e la mia storia” disse ovvio il biondo.

“Ma Jensen…”

“Jared no! Basta! La colpa è prima di tutto mia che ho preso sottogamba tutta la situazione dello stalker…non mi sono accorto che era Ty invece l’artefice di tutto…ma dovevo intuirlo! Dovevo…Cazzo!! ti ha ferito e poteva ucciderti e questo non me lo perdonerò mai” 

Misha, in stanza pure lui adesso, ascoltava quella conversazione tra i due a bocca aperta spostando lo sguardo prima su uno e poi sull'altro basito. 

Non c’era dubbio alcuno che erano perfetti insieme! 
“Ragazzi...” fece esasperato. Niente. “Ragazzi!” la voce si stava alzando, cercando di interrompere quel “ è stata colpa mia...no! È stata colpa mia!” Niente ancora. 
I due amanti erano finiti in un circolo vizioso senza precedenti dove ognuno si incolpava per quello che era successo senza venirne a capo.

Basta. Non ce la fece più.

“Ora basta! Tutti e due!” e i due si voltarono a guardarlo zittendosi. “Ma guardatevi!” alzandosi e avvicinandosi al letto. “Non fate altro che auto accusarvi di quello che è successo...ma vi rendete conto?” 

“Misha....” ma il bruno interruppe Jensen. “No Jensen. Non è colpa tua e nemmeno tua” indicando Jared, “Ma mi sembra di avertelo già detto!”

Il moro non rispose anzi abbassò lo sguardo.

“Cavoli, siete due testoni: perfetti l’uno per l’altro! Ma si può?! Invece di riassaporarvi...di abbracciarvi....di baciarvi anche, vi perdete in queste auto accuse infondate! L’unico colpevole è quello psicopatico di Ty perché se non si fosse messo in mezzo tu e lui..” indicando il biondo ”...vi sareste incontrati a metà strada come nei migliori film d’amore” concluse buttando fuori l’aria.

I due, a quelle parole si guardarono dolcemente.

“Ora...” fece Misha riprendendo la parola ”... esco e vi lascio da soli....ma vedete di risolverla però! O l’angelo custode che è in me si trasformerà in un provetto Lucifero! ” e uscì dalla stanza, ma sul suo viso fece capolino un sorriso.

“Oddio!” fece Jensen “Meglio non farlo arrabbiare allora!”

“Decisamente no!” convenne Jared sorridendo. 

“Jared....” fece poco dopo Jensen serio. Misha aveva ragione, ma prima doveva chiarire con Jared. ”....Che ne dici se adesso io ti racconto una volta per tutte il motivo della mia vacanza e del perché ti ho dato un nome falso?”

“Non mi interessa più… e poi avrai avuto le tue ragioni”

“Voglio spiegartele lo stesso, piccolo” e così fece. Ne sentiva il bisogno.

Raccontò che lui voleva solo fare una vacanza perché aveva bisogno di riassaporare la quotidianità...le cose semplici e belle della vita. Non immaginava certo di entrare in una via e leggere quel cartello dove c’era scritto che cercavano un cantante solista in un locale, ma quando lo ha letto beh...Dio! Si era sentito come ritornare all'inizio della sua carriera, quando era solo lui, una chitarra e la sua amata musica.

Disse anche che il nome vero glielo stava per dare ma poi, visto che considerava Ty come un fratello, ascoltò il suo consiglio: “...di stare comunque attento visto che in giro c’era questo fantomatico stalker...” e così aveva dato quel nome, omettendo anche chi fosse in realtà.

Non poteva certo prevedere che si sarebbe irrimediabilmente e perdutamente innamorato dello stupendo padrone del locale. E nel giro di pochi giorni, tra l’altro!!!

Raccontò tutto questo e alla fine per tranquillizzare Jared, che si stava dando dell’idiota per come l’aveva accusato e trattato ingiustamente, disse: “Ehi!! basta. Lasciamoci questa storia alle spalle ora. Misha ha ragione su tutto.”

“Si...però io..."

Ma Jensen non lo lasciò finire. 

“Ora siamo qui. Insieme ed è questo quello che conta” la mano che si intrecciava con quella del compagno. “Sei diventato la mia vita Jared. La mia vita e io ti amo. Non posso vivere senza di te.” gli occhi così verdi, da illuminare la stanza.

Jared non riuscì più a parlare, colto da un’emozione fortissima. 

Un attimo dopo, facendo comunque attenzione, avvolse il biondo in un caloroso abbraccio lasciando che l’altro gli sussurrasse dolcemente .“Finalmente mi abbracci!!”, il suo profumo che lo inebriava.

Jared, staccandosi appena - giusto la distanza di un respiro - prese il viso tra le mani del compagno e si perse a guardarlo. Dio! era stupendo, perfino con ancora visibili i segni di quell'orribile aggressione che quasi lo aveva ucciso. Il cuore impazzito.

“Hai ragione!” sussurrò. “Quello che conta siamo io e te. Solo questo” il cuore impazzito nel petto.

Stava per dirgli quanto lo amasse, ma poi si trattene mordendosi le labbra. 
No! Glielo avrebbe detto in un’occasione speciale, quando sarebbe stato dimesso. Già! Era la cosa giusta da fare.

Il biondo notò quel gesto e ne rimase sorpreso, ma un attimo dopo la mente si spense e quello che sentiva era un'enorme pace. La pace dei sensi.

Jared lo stava baciando finalmente. 

Dio! Le sue labbra, il suo sapore, il suo profumo. Lui. Il tempo di realizzare e ricambiò con estasi quel bacio che aveva sperato di ricevere fin da quando lo aveva rivisto.
E fu in quel momento che accadde di nuovo: nella sua mente le parole di una canzone country...in particolare dei versi alquanto romantici.

La stessa cosa era capitata poco prima che si risvegliasse dal coma.

Il cuore impazzì nel petto a quei versi romantici che incosciente associava a Jared e fu per questo che, cercando di approfondire il bacio, fece un movimento brusco.

Non lo avesse mai fatto! 
Il dolore esplose prima nell'addome e poi nel cervello facendolo gemere, tanto che Jared, spaventato si allontanò per chiamare un'infermiera.

“No...” la voce sofferente ”...mi passa...Ora mi passa...torna qui” 

“Ma Jensen....tu...hai male!”

“Per favore...Torna qui! Baciami ancora e vedrai che passerà tutto.” e sul viso apparve un sorriso malizioso!

“Sicuro?” 

“Si! Ora...zitto e baciami!”

“Se è quello che vuole il mio ragazzo!!...Chi sono io per rifiutarmi?” e un attimo dopo Jared riprese a baciarlo dolcemente fin quando, solo il bisogno d’aria non li fece staccare, ma non allontanare. Impossibile farlo. Non dopo tutto quello che era successo loro.

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Capitolo 14
*** Fuga di notizie ***


I due amanti non potevano certo immaginare che negli stessi istanti a Dallas, i genitori di Jensen, ignari di quello che fosse successo al figlio a Vancouver, stavano apprendendo nel peggior modo possibile che il figlio fosse stato accoltellato allo stomaco da quello che considerava il suo migliore amico.

“Dio...il mio ragazzo!” fece Donna in lacrime abbracciando il marito, mentre fissavano lo schermo tv dove la giornalista parlava ancora di quello che fosse successo.

“Donna calmati!” Alan doveva essere forte per entrambi. 

“Ora faccio un paio di chiamate e sentiamo perché la polizia canadese non ci ha comunicato niente di questa cosa! E’ una vergogna!” disse alzandosi prendendo il telefono cellulare e chiamando chi di dovere. Il dirigente agli affari esteri incaricato, incalzato da Alan, raccontò tutto quello che era successo al cantante.

“Donna... andiamo a Vancouver" disse Alan, chiudendo la comunicazione.

“Certo certo...ma che ti hanno detto?” mentre raggiungeva la camera da letto per preparare le valige e il marito prenotava i biglietti per il primo volo diretto alla città canadese.

“Che Jensen aveva dato un nome falso per non farsi riconoscere e la polizia e soprattutto i giornalisti hanno scoperto chi egli fosse solo oggi...ma questo non ha importanza. Ty, non ha aggredito solo lui, ma anche un altro ragazzo...domani trasferiranno Ty al manicomio penitenziario di Dallas....Quel pazzo non collabora. Non parla da quando...” ma non finì la frase. Dovette sedersi sul letto. Dio!!  solo allora si rese conto di quello che aveva saputo e di quello che era successo al figlio. Il suo ragazzo aveva rischiato di morire!

“Tesoro...” e scoppiò a piangere anche lei. 

Entrambi non vedevano l’ora di prendere l’aereo per Vancouver. Aereo che purtroppo, causa uno sciopero dei voli delle ultime ore, ci sarebbe stato solo il giorno seguente.

 

Nel frattempo, Misha, rientrava in stanza e quando vide i due ragazzi intenti a parlare e ridere insieme ne fu alquanto felice!

“Vedo che siete ritornati insieme! Alleluia‼” disse sorridendo di cuore.

“Già! E non ci lasceremo mai più” rispose dolcemente Jensen, stringendo la mano al compagno che confermò con un sorriso radioso, “Mai più!”

Dopo di che, i tre amici iniziarono a chiacchierare del più e del meno fin quando uno sbadiglio di Jensen non fece capire a Misha che era ora di lasciarlo riposare.

Il tempo era effettivamente volato e non si erano resi conto che fosse già sera tardi. E non avevano badato nemmeno ai vari richiami delle infermiere di turno che li avvisavano della fine dell'orario di visite dei parenti.

“Jared…” fece Misha alzandosi osservando divertito l’espressione assonata di Jensen “….il tuo ragazzo ha sonno…è meglio lasciarlo dormire…”

“Non ho…” rispose il biondo mentre cercava di trattenere l’ennesimo sbadiglio. “…sonno”.

“Come no!” rispose Misha scoppiando a ridere di cuore. “Forza Jared…” rivolgendosi al moro che non si allontanava da Jensen. “…lo so che vuoi stare qui ancora, ma…”

Jared lo guardò con quella sua tipica espressione da cucciolo, ma non ci fu niente da fare. Misha esortò l’amico ancora una volta a lasciar riposare il compagno.

“Ma io…”, ma quando si voltò di nuovo verso Jensen non riuscì più a parlare. Sorrise solo. Quello che vide lo intenerì e sciolse definitivamente: Jensen si era addormentato. La testa appena di lato, le labbra chiuse, l’espressione serena, il petto che si abbassava e alzava lentamente.

Anche il bruno sorrise a quella vista, poi salutò Jared con un cenno del capo, dopo di che uscì dalla stanza e dall'ospedale per dirigersi verso il suo appartamento.

“Ciao... ” fece Jared rimasto ancora nella stanza, posandogli un bacio sulle labbra piene, ”...noi ci vediamo domani”.
Poi si allontanò abbassando l’intensità della luce della stanza sul minimo.

Lo guardò un’ultima volta - era così sereno e bellissimo - e poi si decise ad andare via, a casa, anche lui. 

Li ad aspettarlo c’erano i suoi genitori.

**********

I Padalecki non avevano saputo subito ciò che di assurdo era accaduto all'amato figlio, poiché, dopo anni di duro lavoro come operai, si erano concessi una più che meritata vacanza. 

Misha, quando scoprì che non aveva avvertito i genitori di quanto successo, gli aveva raccomandato di farlo al più presto, ma Jared rispondeva, ogni volta che finivano sull'argomento, “Misha, sono in pensione da poco e non voglio rovinargli questa vacanza più che meritata”.

Non ci fu niente da fare. Non cedette!

Ovviamente, quando i due rientrarono a Vancover e andarono a trovarlo a casa sua per fargli una sorpresa diedero di matto alla vista dei segni sul viso del figlio, ma quando Jared, all'improvviso, scoppiò letteralmente a piangere nascondendo il viso tra le mani, capirono che c’era altro e quando il moro raccontò loro tutto..beh! Rimasero letteralmente sconvolti e pregarono con tutto il cuore che Jensen superasse quel momento.

Infine non ci pensarono due volte a offrirsi a gestire il bar per conto di loro figlio, dopo che la polizia aveva finito i rilievi e dato il via libera.


*********


“Mamma! Papà!” fece Jared entusiasta rientrando in casa. “Si è svegliato, il mio Jensen si è svegliato e sta benissimo” 

“Grazie al cielo!!!!” fecero i due felici, ma poi Gerald divenne serio e guardò Sharon.

“Che...che succede?” chiese infatti il moro, confuso prendendo una birra dal frigo, in cucina.

“Una cosa molto grave: una fuga di notizie da parte di una matricola del distretto, un certo Adam Rose. Il capitano Beaver ha detto che quel deficiente, per avere più follower sul suo profilo fb, ha postato la notizia di quello che è successo, delle sue condizioni e tutto quello su cui è riuscito a mettere le mani mentre era di turno.”

“Oddio! Spero per lui che sia in una cella perché altrimenti .... Altrimenti....Io....!” respirava affannosamente. Jared era nero.

“Lo è! E la sua carriera nella polizia è finita ancora prima di iniziare! Comunque, oramai, il danno era fatto e nel giro di mezz'ora la notizia di chi fosse Jensen e del suo grave ferimento era su tutti i tg e siti web.”

“Merda!” disse solo, ma poi il pensiero volò a Jensen: addio normalità e serenità tanto agognata.

“C’è dell’altro...” s’intromise Sharon.

“Cos'altro c’è? Sanno che è sveglio?” sbottò il moro, arrabbiato per quei sciacalli che sicuramente avrebbero tormentato il compagno se avessero saputo questa cosa.

“No! Questo no! Il direttore dell’ospedale non parla. Hanno tentato di contattarlo telefonicamente mentre era nel suo ufficio, ma lui non ha risposto. In ogni caso quel Adam Rose ha postato anche il tuo nome e che anche tu sei stato aggredito e così un giornalista si è presentato qui e ha chiesto di te...voleva intervistarti!”

Jared non ci vide più e iniziò ad inveire contro tutto e tutti quando Gerald lo calmò mettendogli una mano sulla spalla.

“L’ho cacciato e mandato al diavolo minacciandolo che lo avrei denunciato se si avvicinava a te o a Jensen. E’ andato via con la coda tra le gambe. Almeno per il momento” disse orgoglioso il padre, ricevendo ammirazione dalla moglie.

Jared, però, intuiva che questo non sarebbe bastato a fermare altri avvoltoi dal volerlo intervistare…ma non disse niente e si limitò ad abbracciare il padre e anche la madre, ringraziandoli.
Ma fu in quel momento che notò l’ora sull'orologio appeso alla parete: erano le 00.30!


“Oddio...è tardissimo!” disse staccandosi “E’ meglio che andiate a casa ora...avete fatto tanto anche oggi. Sarete stanchissimi.” 

“Non è un problema, figliolo” fece sorridendo, il padre.

“Noi ci saremo sempre per te” confermò la madre accarezzandogli la guancia dolcemente.

"Lo so…" replicò il figlio, gli occhi lucidi. "Però è tardi e dovete riposare" insistette. “Ormai le cose stanno tornando al loro posto. E vedrete, risolveremo anche la questione dei giornalisti!!” li rassicurò fiducioso.

“Va bene Jared”.. Poi si mise a ridere e si rivolse al marito, “Gerald si sono invertiti i ruoli! Nostro figlio ci manda a letto!".

Però un secondo dopo puntò i suoi occhi materni in quelli del suo ragazzo. "Va’ a dormire anche tu però...hai delle brutte occhiaie, figlio mio!” Il tono amorevole, da mamma chioccia.

“Si mamma. Ora vado a letto anch'io!” rispose il moro sorridendo.
Un attimo dopo insieme raggiunsero la porta di ingresso e abbracciandosi un’ultima volta, si diedero la buonanotte.

Rimasto solo, il moro, corse in bagno per farsi una doccia veloce, la mente sgombra finalmente da preoccupazione. Finalmente quell'incubo era finito.

C’era il problema giornalisti, certo, ma l’avrebbe affrontato l’indomani mattina più agguerrito che mai. Non avrebbe permesso che si avvicinassero a lui né, soprattutto, al suo compagno.

Ma ora non voleva pensarci.
No! Ora voleva solo farsi cullare dall'acqua calda che s’infrangeva sulla sua pelle e poi dalle lenzuola del letto e scivolare in un sonno sereno e senza incubi e sapeva che quella notte ci sarebbe riuscito.

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Capitolo 15
*** Sciacalli mediataci e panico ***


Il mattino seguente quando il moro arrivò all'ospedale, come volevasi dimostrare, giornalisti e troupe televisive erano già appostati lì davanti che cercavano di entrare nell'edificio. Le povere guardie non sapevano più come fare per fermare quella calca e confusione. Confusione che aumentò appena videro Jared avanzare verso di loro.

Dio! La voglia di prenderli a pugni era tantissima, ma doveva stare calmo. Strinse i pugni e avanzò di qualche passo verso l’entrata dell’edifico, i flash che lo accecavano, domande su domande, a raffica e microfoni puntati.

“Mi lasciate in pace, avvoltoi?” rispose stizzito , ma fu con l’ultima indelicata domanda che perse la pazienza.

“Padalecki, come sta vivendo questo periodo?”

Jared si voltò, la mano già sulla maniglia, le guardie che tentavano di allontanare i giornalisti.

“Come una Pasqua! “ironizzò, sguardo duro e minaccioso “Non vi vergognate a fare certe domande? Andate al diavolo!” e un attimo dopo entrava nell'atrio dell’ospedale, il cuore impazzito e gli occhi furiosi, ma non poteva certo andare dal suo compagno in quelle condizioni.

Chiuse gli occhi e inspirò ed espirò fin quando non sentì la rabbia scemare. Solo allora si decise ad andare di corsa dal compagno e a dirgli, dopo averlo baciato con un bacio languido e bagnato ovviamente, che era insorto questo fastidioso problema dei giornalisti già dalla sera prima.

“No! No! NO cazzo!” nel viso e nella voce del maggiore, panico e terrore.

“Jensen calmati, li affronteremo insieme quegli sciancali!” affermò sicuro Jared cercando di mettergli una mano sulla spalla.

“Non capisci!” sbuffò, il cuore accelerato, la voce più alta del normale. “Gesù...” sbottò, ignorando la fitta al ventre, ”....lo sapranno! Avranno visto sicuramente il servizio! O santo cielo!”

“Di cosa parli?...non capisco...” chiese confuso il moro.

“Jared....non volevo che i miei genitori sapessero di questa cosa che mi è capitata...Non così almeno!! Ma ora....Dio è una tragedia!” passandosi una mano sul viso cercando di sciogliere la tensione. Invano.

“Come?” e ora era nel panico pure Jared.

“Loro non sapevano niente dello stalker!” concluse Jensen. Lo guardò intensamente per qualche secondo, leccandosi le labbra. “Sai...” buttando fuori l’aria. ”...non volevo che si preoccupassero... Io volevo ...”

”...solo proteggerli.” concluse Jared. Dio, quanto lo amava.

“Sì, è quello che volevo fare...ma ora...” e lo guardò tristemente.

Jared decise di prendere in pugno la situazione.

“Primo: calmati. Secondo: devi avvisarli. I giornalisti non sanno che sei sveglio. Terzo ma non meno importante: come ti ho detto, affronteremo insieme quegli sciacalli mediatici!” lo sguardo deciso e rassicurante, tanto che Jensen ne rimase colpito.

Sorrise, immediatamente più tranquillo.

“Che farei senza di te, piccolo?” disse mentre con la testa faceva segno al compagno di passargli il telefono riposto sul comodino lì accanto.

Il ragazzo provò immediatamente a chiamarli diverse volte e a mandare molti messaggi dove diceva che stava bene, ma sia il cellulare di Alan che di Donna risultavano irraggiungibili.

“Niente…” sbuffò il maggiore, “…non riesco a contattarli…Sicuramente saranno in aereo”, convenne.

“Confermo…il primo aereo per Vancouver è partito da Dallas circa 30 minuti fa.” rispose Jared, spulciando tra i risultati in internet. “Dovrebbe atterrare verso le 12, ma non pensarci…vedrai che leggeranno i tuoi messaggi.” lo tranquillizzò.

“Me lo auguro!!!” , ma sapendo com'erano preoccupati e in ansia , era certo si sarebbero scordati di riaccendere il cellulare.

E infatti fu quello che accadde: non appena Alan e Donna scesero dall'aereo chiamarono subito un taxi che li portasse verso l’ospedale, dal loro ragazzo.

Immaginavano che avrebbero trovato i giornalisti, ma non pensavano che fossero così tanti!

Non appena quegli sciacalli li videro e li riconobbero... beh! Fu il caos!
Li accerchiarono letteralmente e li tempestarono di domande! Ma loro non sapevano niente! Non potevano sapere e quando la povera Donna ebbe un forte capogiro dovuto allo stress, Alan, che si era trattenuto fin a quel momento, esplose.

“BASTA! NON SAPPIAMO NIENTE! E ORA….” sorreggendo a braccetto la moglie “….FATECI ANDARE DA NOSTRO FIGLIO!”

“Signore ma noi…Va bene, ci scusi!” rispondendo allo sguardo di fuoco e omicida dell’uomo. Mai far arrabbiare un texano!

Un attimo dopo la folla li lasciò passare e in men che non si dica , i due, raggiunsero il box informazioni dove poterono sapere in che piano fosse ricoverato il loro Jensen e quando lo raggiunsero ed entrarono nella stanza di Jensen beh! Rimasero senza parole a vedere il figlio sveglio che parlava con due ragazzi.

“Jensen...Oddio!!! Jensen sei sveglio!” fece la madre scoppiando a piangere, guardando poi il marito che non la smetteva di guardare il suo ragazzo.

“Jensen...” riuscì a dire solo. Era sconvolto.

Jared e Misha, arrivato da circa mezz'ora evitando accuratamente i giornalisti entrando dalla porta sul retro poiché era stato avvertito da Jared , si alzarono immediatamente dalle sedie e andarono incontro ai due genitori facendoli accomodare al posto loro. Erano visibilmente scossi.

Jensen non riusciva a parlare, gli occhi lucidi puntati sui due genitori.

Jared e Misha si guardarono e, con uno sguardo d’intesa e complice, capirono cosa fare: Jared andò da Jensen a scuoterlo gentilmente e Misha porse gli altri due bicchieri d’acqua.

Quei semplici gesti fecero il loro effetto benevolo sia nel biondo che in Alan e Donna, che non perse tempo e abbracciò di slancio il figlio.

“Oddio, il mio bambino...il mio bambino....” ripeteva tra le lacrime mentre il biondo le sussurrava di calmarsi e che andava tutto bene, che stava bene.

“No Jensen! Non va tutto bene!” e a parlare fu il padre, il cui tono era serio tanto che Donna si staccò dal figlio e guardò il marito duramente, e Jared e Misha, che stavano per uscire dalla stanza per lasciare loro la giusta privacy, si voltarono a guardarlo confusi per quella reazione.

“Alan...Ti prego...”

“No, Donna. No! Lui...”, gli occhi puntati in quelli del figlio ora, che abbassò lo sguardo. ”..deve spiegarci ...” ma Alan si bloccò.

Dovette alzarsi e uscire dalla stanza, l’emozione era tanta. Stava per perdere suo figlio! Il suo unico figlio.

“Papà..Ti prego....” Jensen fece per alzarsi nel vano tentativo di seguirlo, ma il dolore all'addome fu tale che dovette ricoricarsi di nuovo. Sentì i punti tirare ma non gli importava. Non in quel momento. Voleva raggiungere il padre e così fece per alzarsi di nuovo e di nuovo sentì dolore.

“Basta!! Jensen Ross Ackles!” fece la madre, le braccia incrociate, sguardo furioso e preoccupato. “Basta ho detto!”

“Ma io… ma lui…..” balbettò appena.

“Tua madre ha ragione.” s’intromise Jared, “Calmati o ti farai saltare i punti! Vado io a parlargli, ma tu calmati!”

Un attimo dopo, Jared, raggiunse il padre, che stava guardando fuori dalla finestra, cercando di calmarsi, gli occhi erano lucidi.

“Signore...” lo richiamò, raggiungendolo ”...la prego...ritorni in stanza...”

L’uomo sospirò e si voltò verso Jared. I suoi occhi erano uguali a quelli del suo Jensen!

“Io devo calmarmi , ragazzo...Ora non sono lucido...Cazzo! Ho rischiato di perdere l’unico figlio che ho solo perché lui non ci ha detto che uno stalker lo tormentava!”

“E io ho rischiato di perdere l’uomo della mia vita! L ‘uomo che amo più della mia vita!” disse Jared, gli occhi lucidi.

Alan fu colpito da quelle parole e dall'intensità con cui erano state dette.
“Perdonami….io...io non sono certo di sapere il tuo nome o forse sono talmente terrorizzato e arrabbiato che non...” si scusò Alan.

“Mi chiami Jared!” si presentò e Alan annuì educatamente. “Ascolti, posso solo immaginare come si sente....ma la prego, entri in stanza e ascolti le ragioni del perché Jensen non vi ha detto dello stalker....e..” accennò ad un sorriso ”...accenda il suo cellulare e quello di sua moglie”

Alan , a quell'uscita, fu come colpito da un pugno. I cellulari? Era convinto di averli accesi!

“Oddio!! che idiota!” disse appena accese il suo cellulare e vi trovò 10 chiamate perse e un messaggio da parte del figlio mandato verso le 8 del mattino dove gli diceva che stava bene ed era sveglio. “Credo proprio di dover rientrare!” disse cercando di smorzare l’imbarazzo e assumendo un'espressione che a Jared ricordò tanto Jensen quando era imbarazzato.

Sorrise intenerito mentre, rimanendo sulla soglia della porta, invitava Misha ad uscire per lasciare gli Ackles da soli.

L’ultima cosa che vide prima di chiudersi la porta alle spalle fu il padre che, senza parlare, andava ad abbracciare il figlio, mentre Jensen chiudeva gli occhi a quel gesto e la madre gli accarezzava la testa dolcemente.

 

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Capitolo 16
*** Jensen ha bisogno di pace e tranquillità ***


Da quel giorno passarono circa due settimane e finalmente il maggiore poté essere dimesso.

Ma come evitare che quei giornalisti così caparbi e costantemente di guardia all'ospedale non li assalissero all'uscita? La ferita di Jensen era ormai in via di guarigione, ma il ragazzo era comunque ancora un po’ debole a causa della perdita di sangue e della terapia antibiotica che seguiva. “Non deve stressarsi e quegli avvoltoi ..” indicando i giornalisti all'uscita. “... di certo non sono di aiuto!!” aveva asserito il dottor Benedict.

Fu a quel punto che la mente geniale di Misha, aveva elaborato un piano. Un piano che coinvolgeva anche Kim e l’ospedale, con un diplomatico supporto monetario da parte dei genitori.

La mattina dopo, come ogni mattina, Jared - giunto in taxi - entrò nell'ospedale superando la calca dei giornalisti, ma una volta nell'edificio, non si diresse verso il piano in cui stava il compagno. 

Andò invece verso una stanza adiacente al deposito ambulanze dove, già pronta ad aspettarlo , c’era Kim che stava aiutando il compagno ad entrare in quello che era un sacco nero per cadaveri. 

Una volta infilatosi nel sacco e fatto distendere su una barella, di Jensen si poteva scorgere solo il viso.

“Fa impressione!” fece Jared guardandolo. Brutti pensieri lo attraversarono in quel momento, anche se poi decise di lasciarli andare via, poiché quello che stavano facendo, li avrebbe portati a stare di nuovo insieme. Così se ne uscì con un: “Ma ammetto che sei il più bel cadavere che abbia mai visto!!”

“Ma che carino!!!” gli rispose con ironia Jensen. E poi: “Ehi, Kim!! qui dentro si soffoca!”. 

Si stava agitando. “Calmati ok?! Devi stare assolutamente fermo” lo avvertì la paramedico. “Quei tipi lì fuori osserveranno tutto e se ti metti a ballare il limbo lì dentro, manderai tutto a monte!”

“Lo so...ma...”

“Jensen, tesoro…sarà per pochi minuti. Deve sembrare un trasporto di cadavere quando ti metterò nell'ambulanza” fece accarezzandogli il viso appena sudato. “Ora...” tornando a guardare il moro, che sostituì la mano di Kim alla propria, ”...tu va pure nel deposito. Alan e Donna sono già all'interno dell’ambulanza. Alex, l’autista, appena ti siederai nel mezzo e chiuderai i portelloni, uscirà e metterà l’ambulanza qui davanti in bella vista in modo che i giornalisti non vedano all'interno, ma vedano me uscire e caricare la barella nell'ambulanza con questo bel “cadavere”. Andrà tutto bene, durerà pochi minuti e gliela faremo sotto il naso. Misha, come previsto, ci sta aspettando al limitare del bosco…Da li vi accompagnerà lui in auto al cottage .”

“OK! Vado” rispose Jared un attimo prima di dare un casto bacio sulle labbra piene e carnose del suo uomo. “Noi…” sorridendo “…ci vediamo dopo”. 

“A dopo, piccolo” rispose beandosi della carezza che gli stava dando Jared mentre si allontanava e spariva dietro la porta che dava al deposito e saliva in ambulanza.

Qualche secondo dopo, il mezzo uscì come da copione, i giornalisti fermi ad osservare la scena.

Intanto Kim si stava rivolgendo al biondo.

“Ragazzo…tocca a noi ora! Fa’ un respiro profondo e…” la zip del sacco che saliva sempre più. Jensen che prendeva aria, il corpo che voleva muoversi, ma che lui si costringeva a mantenere fermo, il sudore sempre più presente, “…trattieni il fiato”. 

L’ultima cosa che vide, prima che l’oscurità lo inghiottisse fu il soffitto del deposito, poi più niente. 

Percepiva solo che la lettiga veniva spinta e caricata sull'ambulanza, il corpo leggermente scosso, ma trattenuto dalle cinghie. Alex, dopo che Kim diede il via, mise in moto e partì. 

Passò accanto ai giornalisti, che prontamente si spostarono al passaggio.

All'interno, intanto, Alan, Donna e Jared per sicurezza si erano abbassati – era meglio essere prudenti – per non farsi intravedere dai finestrini dei portelloni posteriori.

Jensen, però, nonostante si stesse canticchiando mentalmente quella canzone che era impressa a fuoco nella sua mente da quando si era svegliato, era al limite.

Dio! Quanto mancava ad uscire dal parcheggio dell’ospedale? 

Si stava agitando, i polmoni bruciavano. Strinse gli occhi, il cuore impazzito. Sentiva troppo caldo.

Basta! Non ce la faceva più! Imprecò mentalmente e si mosse.

Un attimo dopo, oramai lontani abbastanza dall'ospedale e dagli occhi indagatori degli sciacalli, Kim abbassò tutta la zip del sacco e Jensen, mettendosi a sedere sulla lettiga, prese un profondo respiro.

“Cristo!” fece guardandosi attorno. “Stavo soffocando! Un altro secondo e sarei uscito da solo da quel sacco, in un modo o in altro! Come fanno a stare qui dentro??!” chiese senza rendersi conto di ciò che aveva chiesto.

Kim sorrise. “Beh! Cinismo a parte, ma chi è qui dentro, di solito non ha più niente di cui lamentarsi!” gli fece presente.
“Cavolo!!” sussurrò in imbarazzo Jensen, rendendosi conto della gaffe appena fatta.

“Ma bravo!” lo redarguì bonariamente il padre invece, “Così tutta questa messinscena sarebbe stata vana e addio giorni tranquilli con il tuo Jared!” 

“Ma io…io…”

“Ha ragione tuo padre!” lo interruppe Jared raggiungendolo e abbracciandolo stretto a sé. 

“Ma Jared..io…”

“Ora calmati ok? Ora è finita! Tutta questa storia è finita! E tra un’ora arriveremo a quel fantastico cottage in mezzo alla natura, lontano da tutto e tutti!”

“Gesù!! Sì!” convenne più tranquillo Jensen perdendosi nello sguardo del compagno. “Solo io e te!”

I genitori si scambiarono uno sguardo d’intesa a quella vista, mentre avvisavano Misha che tutto era proceduto perfettamente e stavano per raggiungerlo nel luogo d’incontro.

Circa un’ora dopo, dopo aver ringraziato Kim e anche Alex per tutto quello che avevano fatto per loro e aver abbracciato la donna, il gruppetto salì in auto con Misha e insieme raggiunsero quello che era uno stupendo cottage interamente di legno di quercia, protetto da un boschetto tranquillo.

I genitori di Jensen ci andarono durante il viaggio di nozze e quando sentirono il dottor Benedict dire che Jensen non doveva stressarsi... beh! il pensiero di entrambi volò a quel luogo.

“Wow! Che posto meraviglioso!” fece Jensen scendendo dall'auto e ammirando quello spettacolo suggestivo, mentre Misha e i suoi, entravano in casa per sistemare le ultime cose. Le loro borse, un po’ di provviste.

Jared, dopo aver chiamato i suoi genitori per avvisarli che erano giunti al cottage e tutto era andato perfettamente, raggiunse Jensen abbracciandolo da dietro, intrecciando le mani con quelle del compagno e appoggiando il mento sulla sua spalla.


Di fronte a loro un lago, tutt'intorno montagne. 

I pini erano in contrasto con alcuni alberi le cui foglie, a quella altitudine, erano dalle mille sfumature dal giallo al rosso.

L’aria era fresca e sana, incontaminata. Pura. 

Ma Jensen non sentiva freddo. No, sentiva un calore avvolgerlo tale da mandarlo in Paradiso.

“E tu lo rendi ancora più bello!” sussurrò Jared all'orecchio di Jensen, che colto da un impeto di passione si voltò, e beh! Non resistette.

Lo baciò languidamente prendendogli il viso tra le mani, facendolo indietreggiare fino all’auto.

Dio! Da quanto sognava di baciarlo in quel modo. Si era sempre trattenuto perché erano in ospedale, ma ora…Ora decisamente aveva un bel po’ da recuperare.

“Jensen…Oddio!” mentre le labbra del biondo scendevano e gli torturavano il collo sensualmente.

“Jared…..Ti amo e ho una voglia matta di stare con te!”

“Ma ci sono ancora Misha e i tuoi genitori” tutto questo il moro lo disse affannosamente, cercando di resistere a quell'irruenza. Invano.

Jared si sentiva come se Jensen volesse mangiarlo! Voleva sentirlo! Voleva… Beh! voleva anche strappargli quel “ti amo” che ancora il moro non gli aveva detto.

“Ehi??? Voi due!” disse Misha sbucando dalla porta di ingresso e raggiungendoli, facendoli tornare alla realtà. “Vi ricordo che quella è la mia macchina! Insomma…salite in camera, no?” ironizzò portando in casa anche la custodia della chitarra classica presa dal locale di Jared e facendo avvampare i due che, imbarazzati, si diedero un contegno e si sistemarono. L’aria fresca aiutò molto!

“Direi che ora siamo presentabili, piccolo!” convenne il biondo.

“Già!” fu la risposta di Jared, leccandosi le labbra. Il gusto di Jensen ancora presente. “Entriamo!”

Salirono i pochi gradini del portico e non appena varcarono la porta, un altro spettacolo si presentò ai lori occhi lasciandoli senza fiato: un grande salone illuminato da ampie finestre che davano su una terrazza panoramica, poco più avanti un camino appena acceso e alla loro destra la cucina. Alla loro sinistra, le scale che davano al piano superiore.

“Magnifico!” riuscì a dire Jared mentre Jensen annuiva, attirandolo a sé dolcemente.

“Jared..…” fece Donna sentendoli e andando loro incontro, uscendo dalla cucina, “…vuoi un caffè caro?” 

La spesa era stata fatta qualche ora prima dai genitori di Jared, felici di contribuire anche loro alla serenità di quei ragazzi e l’avevano data a Misha che la mise nel portabagagli insieme a delle valige con dei vestiti e alla chitarra.

“Certo. Grazie” sorrise.

“E a me non lo chiedi mamma?” Il viso di Jensen era tutto un programma!

“Tu hai bisogno di stare tranquillo...Niente caffeina finché non sei al cento per cento!” rispose per lei il compagno, facendo ridere Donna mentre ritornava in cucina.

“Va bene, infermiere....sexy!” provocò malizioso.

Jared era adorabilmente sexy in quel momento e quando avvampò in quel modo particolare dicendo “Smettila!”, la voglia di mangiarlo di baci era tanta.


“Ti prenderai cura di me, infermiere Jared?!” domandò malizioso.
“Jensen...” lo richiamò all'ordine Jared, in imbarazzo per la presenza dei genitori del compagno.
“Mi coccolerai se starò male?!”
“Smettila...”
“Ma io sto male…vedi?...” fece indicando un piccolo taglio al dito. “Mi fa male qui. Mi daresti un bacio?!” disse mentre gli poggiava il dito “ferito” sulle labbra del moro.

Jared a quel gesto così malizioso dovette trattenersi da spingere il compagno nella prima stanza disponibile e Jensen di certo l’aveva capito e stava per assecondarlo quando Alan lo fece ritornare alla realtà , richiamandolo. Gli dispiaceva interrompere quello spettacolino divertente, ma era una cosa importante.

“Jensen...mi dispiace interrompervi, ma devi dirci cosa comunicare al tuo agente!” 

“Oddio!” disse andando a sedersi accanto al padre, seguito da Jared “Me ne ero completamente scordato!” 

Si concentrò un attimo e poi disse: “Allora quando ritornate a Dallas, tu e la mamma, direte a Richard che prepari un comunicato stampa in cui si spieghi come sto e soprattutto…” guardando, ora, innamorato il suo compagno “… che dica che io ho intenzione di trasferirmi qui a Vancouver. Per sempre…Con quello che ho passato ho bisogno di cambiare ambiente…di stare accanto a Jared, il mio compagno…non posso e non voglio stare lontano da lui. Qui ho tutto. L’amore, la musica e gli amici.” concluse, gli occhi verdi e intensi, la mano intrecciata con quella di Jared. “I dischi si possono registrare ovunque ci sia una sala di incisione!”

La madre, nel frattempo, arrivò con un vassoio sopra cui c’erano quattro tazzine di caffè espresso e lo appoggiò sul tavolino, lì di fronte, sedendosi accanto al marito, che ascoltava attentamente quelle parole, annuendo.

“Va bene. Chiaro e conciso.” annuì il padre prendendo il caffè e bevendolo.

Sapevano già della decisione del figlio, ne avevano già parlato e per quanto fosse drastica l’appoggiavano in pieno. Quello che contava era la felicità di Jensen: se lui era felice - e cavoli se lo era con Jared al suo fianco! - loro lo erano di rimando.

“Ah si...Ora...” disse all'improvviso il padre sorridendo ”...potete riprendere a punzecchiarvi come prima!”

“Alan!” fece Donna mettendo giù la sua tazzina.

“Papà!” 

“Oddio!!” esclamò Jared, che per poco non si strozzava con il caffè!

Nella stanza calò il silenzio, interrotto solo dalle risate di cuore di Misha e di Alan. Avevano le lacrime da quanto ridevano.

Dio! Si respirava un’aria così serena e tranquilla, di famiglia. 


Il tempo letteralmente volò tra una chiacchiera e un’altra e quando Misha, all'improvviso, avvisò che era ora d’andare via, per Alan e Donna salutarsi fu molto emozionante, specie per la madre.

“Ehi...mamma perché piangi ora? Lo sai che ci sentiremo via Skype e verremo comunque a trovarvi appena starò meglio.” fece Jensen staccandosi dalla madre e sorridendole.

“Lo so Jensen. Lo so....scusami. Mi era ripromessa di non piangere...ma tra dire e il fare...” disse asciugandosi le lacrime. Jensen sorrise intenerito e l’abbracciò di nuovo.

Poi si rivolse al padre, che faceva di tutto per nascondere l’emozione mentre salutava Jared.

“Papà…”, avvicinandosi all'uomo. “…quando v’imbarcate e arrivate a Dallas avvisatemi ok?”

“Certo Jensen…..Oddio!…vieni qui…” e un attimo dopo abbracciò d’istinto il figlio dandogli delle pacche sulla schiena raccomandandogli di riprendersi al più presto.

“Donna...” intanto diceva Jared alla madre “… mi assicurerò io che prenda le sue medicine…Stia tranquilla.” e anche lui abbracciò la donna prima di accompagnarla nell'auto di Misha, seguendo il compagno e Alan.

Qui, si salutarono un’ultima volta e poi l’auto partì. 

I due amanti, a braccetto, rimasero a osservare l’auto che spariva dietro la prima curva prima di decidersi a rientrare in casa e quando la porta si chiuse dietro le spalle di Jared, beh!!…non fece nemmeno in tempo ad allontanarsi che Jensen lo imprigionò tra la porta e il suo corpo.

Le braccia tese, le mani appoggiate ai lati della testa di Jared che era ipnotizzato dallo sguardo del compagno.

“Siamo soli…ora…piccolo...Che ne dici di…” e si leccò le labbra, inspirando il profumo intenso del suo uomo. Poté percepire il cuore di Jared accelerare di colpo e il corpo tremare.

“Jensen…per favore…non..ora…” ma sentire il corpo caldo del compagno era inebriante, inspirare il suo profumo poi …Oddio! Da perdere la testa!

“Come?…” inclinando la testa e avvicinandosi al suo orecchio. “Non vuoi fare..l’amore con me, amore mio?” 

“Certo che si...” deglutendo il brivido che aveva provato, “…ma non ora…non devi fare sforzi…quindi è meglio...aspettare…” e a malincuore si allontanò da quella dolce presa di posizione, lasciando Jensen confuso.

“Ma Jared…” ma oramai il suo ragazzo era andato in cucina per iniziare a preparare la cena e non sentì il biondo sussurrare “…ho bisogno di noi…di amarci..”

Di nuovo, più forte che mai, nella sua mente la canzone che mai un secondo lo aveva abbandonato da quando si era risvegliato e che continuava ad associare al suo amore.
A Jared. 

Gli occhi gli divennero lucidi guardando Jared intento a preparare la cena. 
Ma cazzo, perché non gli diceva mai “ti amo”? Mai una volta? Lui glielo aveva detto anche quando credeva di morire...

Preso da un attimo di sconforto, prese la chitarra e uscì sul patio. Il tramonto era stupendo e colorava il cielo di mille sfumature dorate. 

Si sedette su una sedia e intonò a orecchio le prime note di quella canzone. Gli occhi chiusi. La mente che vagava ripensando ad ogni momento stupendo vissuto con l’uomo che amava.
Rimase su quella terrazza a suonare per circa una mezz'oretta, ma ogni tanto una lacrima gli rigava il viso.

“Maledizione!!!...perché non me lo dice?” imprecò all'improvviso smettendo di suonare e passandosi una mano sul viso ad asciugarsi quelle lacrime ribelli, mentre l’altra era appoggiata allo strumento.

Un attimo dopo appoggiò la testa alla parete legnosa del cottage e inspirò ed espirò: doveva calmarsi. Doveva farlo.





Note autrice
Infinite grazie a Cin75 per avermi dato l'idea del piano di fuga e avermi aiutato con il capitolo. Thank you!!!!

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Capitolo 17
*** Una romantica serata ***


Era ancora in quella posizione quando la portafinestra si aprì e apparve Jared. Jensen era magnifico in quel momento mentre lo guardava in quel modo, gli occhi verdi brillanti.

Il minore, perso in quello sguardo, gli sorrise sedendosi accanto a lui, la mano sulla coscia.

“Ti ho chiamato prima...ma non mi hai risposto...pensavo che ti stessi facendo la doccia” disse.

“No...avevo bisogno di suonare. Non hai sentito?” la mano che s’intrecciava a quella del compagno.

“No, la porta finestra era chiusa e ho acceso la radio di là....Cosa hai suonato di bello?” la testa che si appoggiava alla spalla delicatamente, Jensen che avvolgeva un braccio intorno alle spalle del compagno.

“Una canzone texana molto bella” sospirò stringendolo a sé. “Una canzone che....” ma non finì la frase che Jared, colto da un’ illuminazione improvvisa, si alzò di colpo imprecando e correndo in casa lasciando il compagno basito.

“Jared... ma si può sapere che cavolo ti prende? Mi sfuggi sempre!” disse non appena si chiuse la porta finestra dietro di sè raggiungendolo in cucina, la chitarra appoggiata sul divano.

“Primo... non è vero!” rispose l’altro mentre armeggiava con la pentola, “Secondo... quel panorama e tu con la chitarra mi avete distratto!”

“Distratto? Io?” esclamò confuso il biondo osservando la tavola già imbandita di tutto compreso il vino.

“Si! Fortuna mi è tornato in mente che avevo la pentola sul fuoco.. ancora qualche secondo e la pasta era da buttare!” e si voltò, la pentola in mano mostrando una stupenda pastasciutta alla carbonara.

Jensen era senza parole e aveva l’acquolina in bocca, il profumo invitante che gli invadeva le narici mentre Jared gli riempiva il piatto e poi riempiva il suo.

“Forza siediti...e prendi anche gli antidolorifici” Jensen, quell’invito, non se lo fece ripetere due volte.

Li prese e poi iniziò a mangiare quel ben di Dio con gusto, la mano che sfiorava costantemente quella del compagno seduto accanto a lui. Gli occhi che si cercavano e sorridevano complici, i cuori impazziti nel petto per quella serenità riconquistata.

Se Jared gli sfuggiva c'era una ragione e Jensen, tra un boccone e l'altro si ripromise che avrebbe fatto di tutto per capire quella ragione. Con le buone o con le cattive. Fuori o dentro un letto! Specie in un letto. Perché Jared gli mancava. Gli mancava in tutti i sensi, anche in quello più intimo.

“Hey...Jared?” disse a un certo punto Jensen osservando estasiato Jared, le rughette intorno agli occhi accentuate, sulle labbra sorriso malizioso.

“Che c’è?” rispose l’altro curioso, posando la forchetta, il piatto vuoto come quello del compagno.

“Sai...” ma si era proteso in avanti, talmente vicino che Jared poteva quasi scorgersi nel verde dei suoi occhi ”...sei solo...” e si morse il labbro in maniera illegale, gli occhi intensi ”...un po’ sporco, proprio qui....” indicando con le dita un punto al centro del mento.

 Jared, il cui cuore stava letteralmente balzando via dal petto al brivido provato, perse completamente la ragione quando Jensen iniziò a baciarlo partendo da quel punto, con piccoli baci maliziosi, decisamente poco casti; una mano intrecciata su quella del minore, l’altra dietro alla nuca.

“Jensen...” gemette in estasi attirandolo a sé, prendendolo per il bavero della camicia. La mente era annebbiata, confusa, infuocata. Troppo il tempo passato lontani

“Jared, sul serio....mi fai impazzire...” la voce bassa.

Il biondo, così, si alzò dalla sedia per sedersi a cavalcioni sul compagno, ma fu in quel momento che, a causa del movimento un po’ brusco, provò dolore all'addome. Non forte, ma comunque fastidioso.

Gemette appena e dovette appoggiare la fronte a quella di Jared e riprendere fiato. Una mano che si teneva il punto dolente, mentre il moro lo guardava preoccupato e mentalmente si diede dell’idiota per aver ceduto all'irruenza appassionata di Jensen.

Jensen, che lo conosceva bene, volle tranquillizzarlo. “Tranquillo amore...tranquillo...sto bene e starò meglio se mi permetterai di amarti di nuovo e non mi respingerai ancora!” e gli posò un bacio a stampo sulle labbra sottili.

“Jensen..” carezzandogli una guancia, mentre l’altro si sedeva di nuovo. “Non possiamo ....e il dolore che hai provato è la prova che non è ancora il momento di amarsi come vuoi e come vorrei anche io” sembrò volerlo comunque rassicurare di quello che c’era tra loro.

Jensen stava per replicare che lui si sentiva pronto e poteva farlo, ma si trattenne. Si limitò a guardarlo serio e forse triste, tanto che Jared sentì quello sguardo attraversarlo fin dentro l’anima.

“Jensen...” dandogli un piccolo bacio sulla guancia - gli faceva una tenerezza infinita- ”...ho un'idea: che ne dici se.....andiamo di là, in salone e ci godiamo questa serata con un po’ di coccole davanti al camino acceso? Ci stai?”

Il biondo sorrise a quell'idea romanticissima.

“Dico che mi hai convinto , piccolo” gli occhi verdi dolcissimi ora, la mano ad accarezzare la guancia del compagno con il pollice.

“Bene...Tu intanto vai...io sistemo qui e poi arrivo” disse mentre iniziava a sparecchiare.

“Va bene.” disse Jensen, mentre osservava il compagno già al lavabo. Non resistette. Un secondo dopo le sua braccia avvolsero Jared da dietro, entrambi pervasi da un brivido intenso, e sussurrò al suo amante “Non metterci tanto però...”

“Jensen...farò più in fretta possibile...” rispose in estasi l’altro, mentre Jensen raggiungeva il salone.

Prima di sedersi sul divano, Jensen, buttò nel camino altri ceppi di legna per alimentare ulteriormente il fuoco.

Si perse a guardarlo prendere di nuovo vita, scoppiettante, pericoloso e meraviglioso allo stesso tempo. Ne fu ipnotizzato totalmente. Sembrava di vedere in quello sciabordio di fiamme, quello che c'era tra lui e Jared, meraviglioso. E quello che avevano vissuto a causa di Ty, pericoloso. Eppure , come quelle fiamme, erano ancora lì, vivi.

Quel gioco di luce soffusa....quell'atmosfera che creava...e poi l’aspettativa di coccolarsi con il suo compagno....Dio! Il cuore accelerò i suoi battiti e nella mente, più forte che mai, le parole di quella canzone.


"Dicono che l’amore è dolce
quando cuori come i nostri si incontrano
Mi sono innamorato di te come un ragazzino…"




 


Parlava di loro. Del loro amore.

Istintivamente prese la chitarra e, preso da un'emozione fortissima proprio come prima di cenare, iniziò a cantarla e a suonarla, il piede che si muoveva tendendo il ritmo.

Aveva i brividi, il cuore che martellava nel petto. La voce carica di sentimento, gli occhi chiusi.

Jared, in quegli istanti, stava asciugando un piatto quando giunse alle sue orecchie quella canzone e immediatamente non capì più niente, gli occhi gli si riempirono di lacrime, il cuore perse diversi battiti.

Posò tutto sul bancone lì accanto e corse letteralmente in salotto.
“Jensen...” la voce incrinata, il petto ansante. Non riusciva a parlare.

Il biondo, immediatamente smise di suonare e corse dal compagno spaventato da quella reazione.
“Amore....ehi...calmati! Che hai? Che succede?” disse appoggiandogli le mani sulla spalla, ma il moro non lo ascoltava.

“Io...Io...” fissandolo in estasi. “L’hai sentita!”

“Jared , di cosa parli? Non capisco!”

“La canzone...” rispose semplicemente. “Gesù, Jensen, in ospedale..io...io te l’ho fatta ascoltare poco prima che...”
"....mi svegliassi dal coma!” sussurrò intuendo. “Oddio piccolo, questa canzone mi ha riportato da te!”

“Da noi. Ti ha riportato da noi! Jensen...” oramai non poteva più trattenersi, lo aveva fatto a lungo, era il momento perfetto ”...sei la mia vita. Ti amo, amore mio!”

Detto ciò portò le braccia dietro al collo di Jensen - ora era lui a non capire più niente! - e lo strinse a sé, come a volersi fondere con lui, i cuori che battevano all'unisono.

Jared, in quella posizione, continuava a ripetere “Ti amo” intervallato da dolci baci sulla testa del compagno.

Jensen, qualche secondo dopo, prese il viso di Jared tra le mani e lo baciò appassionatamente, con urgenza.

Sapori e sospiri mischiati, un turbinio di emozioni. Le gambe di entrambi tramarono e dovettero sedersi sul divano, ma non si staccarono. Lo fecero solo quando ebbero bisogno di respirare, fronte contro fronte, occhi negli occhi.

“Jared...” il respiro affannoso, gli occhi verdissimi. “..finalmente me lo hai detto. Mi hai reso l’uomo più felice del mondo” riprendendo a baciarlo, le labbra mordicchiate, le lingue intrecciate.
“Si, amore mio...si!” rispose sorridendo il moro, incatenando gli occhi in quelli del compagno, che sorrideva dolcemente.

Il biondo stava per riappropriarsi delle labbra di Jared quando si fermò, serio, un respiro a dividerli, un pensiero improvviso e irrazionale.

“Jared...” se ne uscì, ”...non mi hai detto subito che ami perché non mi ricordavo...”, ma il moro lo interruppe con un bacio per farlo tranquillizzare.

“No, amore mio! Non pensarlo nemmeno” disse poi sorridendo.

“Allora perché non….” ed era davvero curioso.

“Volevo dirtelo in un momento speciale!! Ma tu con quella canzone ...” rispose semplicemente. “Sai?! Te l’avrei detto quando saresti stato dimesso dall'ospedale o l’avrei fatto stasera...Avevo pensato alla cena, alle coccole e poi te l'avrei detto... dolcemente..."disse baciandolo "...sussurrandotelo di fronte a questo camino acceso, avvolti in questa atmosfera magica!”

Jensen aveva gli occhi incatenati in quelli di Jared, le mani intrecciate con le sue.

Si sporse in avanti e lo baciò. Lo baciò con irruenza, con frenesia e passione. Non trovando nessuna resistenza, il maggiore costrinse dolcemente il moro a distendersi sul divano e qui, sopra di lui iniziò a coccolarlo, ad accarezzarlo anche sotto la maglietta, lungo i fianchi.

Quelle coccole, unite al gioco di luci proveniente dal camino e all'atmosfera che si era creata, stava facendo i suoi effetti sui due amanti, che erano sempre più presi e persi nelle sensazioni che stavano provando.

“Oddio.. Jensen….fermo.. fermati…” la mente annebbiata, ma ancora abbastanza lucida da notare che in Jensen, i movimenti peccaminosi e provocanti del bacino contro il suo, stavano provocando un po’ di dolore.

“No, Jared...voglio…voglio che…ci amiamo. Ti prego..non...non respingermi ancora.” e riprese a torturarlo, ignorando la piccola fitta all'addome.

“Oddio…” deglutì, costringendosi a riprendere il controllo. Così, delicatamente prese il viso di Jensen tra le mani e lo costrinse a guardarlo.

“Amore ti farai del male!”

“Jared…” sbuffò e appoggiò la fronte su quella del moro, ispirandone il profumo. Voleva amarlo con tutto se stesso, ma doveva ammettere che il suo uomo aveva ragione.
Così ebbe un'idea.

Sorrise maliziosamente e suggerì, all'orecchio del moro, che sentì un brivido lungo tutta la schiena, “Fammelo passare tu il dolore, dottore!”

“Gesù…” arrossì, ma nei suoi occhi multicolore, il compagno poté scorgere uno strano scintillio che non era dovuto al riflesso del fuoco!

“Ti alletta la cosa, vedo” provocò per farlo cedere, la mano sotto la maglietta che accarezzava il fianco in maniera languida.

“Giochi sporco!” mordendosi le labbra.

“In guerra e in amore…” baciandogli il collo e poi il lobo, “….tutto è lecito, piccolo!”

“Oddio…oddio..” i brividi sempre più intensi e incontrollati, la mente sempre più infuocata e senza pensieri. Fece resistenza ancora un po’, ma poi cedette.
Che poteva fare?

“Mi hai convinto, Jensen!” gemette mentre l’altro si fermava e lo guardava sorridendo malizioso, leccandosi le labbra.

“Mi prenderò cura del mio paziente preferito…” e fu lui ora a prendersi una rivincita quando vide il compagno deglutire d’aspettativa.“…per tutta la notte”, provocò ancora.

Detto questo iniziò a baciare Jensen languidamente fin quando solo il bisogno di respirare non li fece allontanare quel tanto da permettersi di alzarsi dal divano e andare, mano nella mano, verso le scale e poi su, riprendendo a baciarsi, i vestiti abbandonati ad ogni scalino, in quella che sarebbe stata la loro alcova d'amore.

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Capitolo 18
*** Una cosa sola ***


Giunti lì, Jared, che ora stava baciando il collo del compagno facendolo gemere e tremare, appoggiò una mano sul suo petto ansante e, con estrema delicatezza, lo spinse sul letto, invitandolo a stendersi verso il centro.

Il biondo, una volta raggiunta una posizione comoda, si sollevò appena, leccandosi le labbra, gli occhi che guardavano elettrizzati la statuaria bellezza di Jared, ancora in piedi di fronte a lui, accanto al letto.

“Piccolo...non...vieni?” Ansimò, battendo la mano sul letto. L'espressione maliziosa.

Jared non rispose subito. Si gustò la vista del corpo del compagno! Lo stava mangiando con gli occhi, costringendosi a ignorare quel punto dove c’era la medicazione.

“Arrivo” rispose all'ennesimo richiamo del compagno, la voce bassa e carica di desiderio.

Iniziò a gattonare sul letto e una volta raggiunto il suo uomo, sussurrò languido: “Gesù....sei...stupendo” e si avventò sulle sue labbra. Le saggiò, le costrinse a cedere alla sua lingua, le fece sue.

Il biondo era completamente vinto da quelle sensazioni e da quella dolce passione. Da quel modo appassionato del compagno di prendersi cura di lui.

Jared sapeva essere appassionato, ma anche delicato e sapeva far tremare il suo corpo solo con carezze e baci appena accennati.

Saggiò le labbra, il mento, il collo, il petto, le spalle e poi più giù, sempre più giù, sempre con estrema lentezza.

Cos'era quello? Un melodioso Paradiso o un peccaminoso Inferno?

La mente era annebbiata e spenta, gli occhi chiusi, le labbra mordicchiate fino a farle sbiancare, le mani che stringevano le lenzuola.

“Oddio....” gemette all'improvviso quando sentì una sensazione di calore avvolgergli la sua intimità.

Aprì appena gli occhi e quella vista per poco non gli fece perdere il controllo lasciandosi andare.

“Jared...Jared..basta...” gemette mentre il minore lo guardava, gli occhi lucidi di desiderio.

“Ma come? Mi sto...prendendo....” sorridendo malizioso ”...cura del mio paziente!”

“E sei bravissimo! Davvero, ma...” deglutì Jensen, sollevando appena lo sguardo da quel banchetto intimamente peccaminoso, il viso accaldato. “Ma se continui così...” e lasciò intendere cosa volesse dire.

“Allora dovrò cambiare terapia!” convenne pensieroso Jared, mentre si portava a livello del viso di Jensen e, con una mano appoggiata al lato della testa e con l’altra portata dietro la sua nuca, congiunse le sue labbra con quelle del biondo in un bacio, ora, estremamente lento e bagnato, le teste inclinate di lato, le lingue intrecciate insieme in un turbinio di sensazioni che facevano tremare entrambi.

Solo il bisogno d’aria li fece staccare, occhi negli occhi, fronte contro fronte, i cuori impazziti nel petto, la mano che si intrecciava con quella del compagno, la frizione peccaminosa dei bacini che li stava portando verso un baratro fatto di piacere, amore e lussuria.

“Piccolo...” gemette in estasi ”..amami! Amami ora!”

Jared non disse altro. Non aveva bisogno di dire niente. Si limitò a sorridergli provocante, mentre la mano andava nel suo posto più intimo e iniziava a prepararlo delicatamente.

“Gesù!” si ritrovò a boccheggiare, le mani portate sulle guance di Jared.

 Lo attirò a sé e lo baciò famelico, ignorando quel po’ di dolore che quel gesto aveva comportato all'addome. Ma non gli importava!

 Jared lo stava facendo impazzire e lui voleva sentirlo. Voleva diventare una cosa sola e quando all'ennesima supplica , il compagno si fuse con lui, scivolando sensualmente dentro di lui, Jensen, si ritrovò a gemere nascondendo il viso nell'invitante incavo tra spalla e collo, inspirandone il profumo inebriante.

“Amore mio...” ansimava mentre andava incontro alle spinte controllate di Jared, - ma era sempre più difficile! - ”....ti prego...non trattenerti...”

Con un enorme sforzo, il minore si fermò un attimo e gli baciò la fronte sudata, sussurrandogli un dolce ma preoccupato : “Ho...paura...di farti...” e deglutì i brividi che stava provando ”...male… se...”, ma Jensen, riprendendo a muoversi contro di lui e facendo boccheggiare entrambi, lo tranquillizzò subito.

“Piccolo...non me ne farai....Ti prego...” disse muovendosi ancora contro i fianchi del compagno con chiari intenti.

“Ma...io...”e all'ennesima scarica elettrica provocata, Jared, d’istinto si spinse più in profondità in Jensen, raggiungendo il suo punto magico.

 Entrambi gemettero, ma il primo a parlare fu il biondo, le mani strette sulle spalle muscolose e protettive dell’altro.

“Visto? Non mi hai fatto male...Ora... am...” ma non finì la frase. Non ne ebbe modo, perché Jared, sorridendo malizioso, la mente oramai spenta, lo baciò e negli stessi istanti iniziò a muoversi sempre più, conquistando il corpo del maggiore, raggiungendo ogni volta il suo punto più intimo in una danza erotica e sensuale, il corpo sinuoso, i muscoli tesi e vibranti.

Scariche elettriche potenti, brividi, tremori, gemiti, sospiri. Un crescendo di passione ed erotismo sempre più fin quando, dopo l’ennesimo bacio languido e bagnato, i due, sussurrandosi mille ti amo e incatenando gli occhi, non si lasciarono andare al piacere più fisico e carnale. I petti ansanti, la pelle madida di sudore, i capelli scompigliati.

Jared, il cui cuore stava scoppiando nel petto, appoggiò la fronte in quella del compagno e si beò di quella vista.

“Dio...quanto ti amo...” sussurrò in estasi, mentre Jensen gli accarezzava la schiena con le dita.

“Anch'io , piccolo. Ti amo anch'io.”

Rimasero in quella posizione per un po', poi Jared si sistemò accanto al compagno, rimanendo di fianco a lui, una mano sotto la testa, il corpo leggermente sollevato.

Anche Jensen lo imitò, rimanendo però con la testa sul cuscino, gli occhi verdi puntati in quelli dalle mille sfumature del compagno.

Non c’era bisogno di parlarsi, avvolti com'erano nella pace dei sensi.

Si sorridevano, gli sguardi innamorati e felici, le mani che sfioravano i fianchi facendoli sospirare e tremare, le labbra congiunte in casti baci.

C’era calma ora, non c’era frenesia. C’era solo la voglia di coccolarsi in quel modo dolcissimo.

Non seppero per quanto tempo lo fecero e non volevano saperlo. L’unico desiderio: stare insieme, sentirsi, amarsi. Lo fecero fin quando non si addormentarono rimanendo abbracciati, le teste vicine, divisi solo da un respiro.

Il mattino seguente, quando Jensen si svegliò, rimase per alcuni secondi con gli occhi chiusi, la stanza illuminata dal sole, ma non in modo eccessivo. Nella mente, i ricordi della notte più magica della sua vita.

Sorrise e istintivamente allungò un braccio, ma quando si rese conto che non c’era nessuno lì accanto a lui, aprì gli occhi e si sollevò appena osservando la loro alcova d’amore. Accanto al comò una sedia con appoggiata sopra una sua tuta pulita ripiegata perfettamente. Per terra, sullo scendiletto, le pantofole.

Sorrise. Il suo compagno era un perfetto uomo di casa! Ed era adorabile.

Lentamente si alzò e, facendo comunque attenzione nei movimenti, appoggiò i piedi a terra e poi si andò a vestire.

Sospirò beato, il cuore pervaso da una beatitudine mai provata. Uscì dalla stanza e percorse il corridoio e poi le scale fino a raggiungere il salone da dove, un certo profumo di brioches e latte macchiato lo investì in pieno.

Stava per entrare in cucina quando si fermò di colpo e si mise a osservare il compagno, girato di spalle rispetto a lui intento a tirare fuori dal fornetto le brioches alla crema.

Era un incanto! Un’immagine così familiare.

Si beò di quella visione per qualche minuto poi non resistette: poche falcate e abbracciò da dietro Jared, che sussultò un attimo, per poi rilassarsi immediatamente abbandonando la testa contro il suo petto, il vassoio con le brioche appoggiato sul bancone.

“Buongiorno, piccolo” sussurrò al suo orecchio, scostando una piccola ciocca di capelli e posando le labbra sul collo, inspirandone il profumo.

Jared chiuse gli occhi al brivido provato, il cuore che impazziva nel petto. La meravigliosa sensazione di beatitudine.

“Buongiorno a…” e deglutì ad un altro bacio “…te!”, ma all'improvviso dovette aggrapparsi al bancone quando le mani del compagno s’infilarono sotto la maglietta intente ad accarezzare il suo ventre muscoloso, facendogli provare una scarica elettrica potentissima.

“Gesù!” gemette mentre Jensen continuava quella piacevole ed eccitante tortura; la mente che si stava spegnendo e che chiedeva di più.

 

“Mmmmhh....” provocò il biondo ”....a quanto pare ti sto facendo perdere il controllo!” mentre lo stava perdendo anche lui.

“Si..” gemette Jared, il calore al basso ventre sempre più presente. “....ma....” deglutì cercando di riprendere il controllo. Invano. ”..dovresti fermarti....Sei ancora in conv ..... Oddio!! Oddio!!” esclamò eccitato mentre le mani del compagno si intrufolavano in posti decisamente piccanti e proibiti.

“Dicevi?” la voce rauca e carica di desiderio.

“Che...” perse del tutto la testa ”...ti voglio!” e si voltò di scatto attirando a sé il maggiore, prendendolo per le spalle.

Il bacio che ne seguì fu languido, intimo, molto bagnato. I loro sapori si mischiarono e le lingue si rincorsero dispettose, facendoli gemere e sospirare.

Jared, imprigionato tra il bancone della cucina e il corpo magnifico e caldo di Jensen, portò le mani sui fianchi del biondo e risalendo piano sulla pelle nuda, gli sfilò lentamente la maglietta mentre l’altro, estasiato, ne imitava il movimento.

“Jared....” disse scendendo a baciargli il collo appassionatamente.

“Dio...Jensen! Mi fai impazzire! Impazzire”

Il moro si ritrovò a nascondere la testa tra l’invitante incavo tra spalla e collo del compagno.
Dio! Cos'era in quel momento Jensen!

Preso da una passione incontrollata, il moro si sedette sul bancone e incrociò le lunghe gambe attorno ai fianchi del compagno, che sorrise malizioso, leccandosi le labbra, fermandosi a guardarlo.

“Perché...” chiese confuso Jared incatenando gli occhi in quelli verdi del compagno ”....ti sei fermato?” Il cuore martellava furioso nel petto e decisamente tremava. “Ti ho… fatto male?” volle chiedere, decisamente preoccupato per una tale eventualità.

“No.. tranquillo! Dopo stanotte...” gli sussurrò dolcemente prendendogli il viso tra le mani. ”...sto decisamente meglio! Sono in piena forma!”

Jared sorrise sollevato, la distanza che si annullava tra i due. “Ma allora perché...ti sei fermato?”

“Perché...” convenne ”...non che non mi dispiacerebbe farlo qui...ma pensavo ad un altro posto più….come dire...accattivante!” Le labbra distanti un solo respiro provocante e allettante.

Jared parve pensarci su e poi, illuminatosi, capì!
Sorrise malizioso, gli occhi lucidi di desiderio, le labbra che si congiungevano con quelle piene del suo uomo, in un bacio languido e bagnato.

Un attimo dopo lo seguì, sempre baciandosi, su per le scale - farle fu un po’ difficile!- e poi in bagno. La porta chiusa di fretta dietro di loro, i loro gemiti e sussurri d’amore che si confondevano con l’acqua della doccia che s’infrangeva contro i loro corpi accaldati e fusi insieme in quella che fu la prima di molte docce hot e sexy!

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Capitolo 19
*** (Everything i do) I do it for you ***


Da quei giorni di pace e beatitudine passarono 2 meravigliosi anni, anni in cui tutto procedette meravigliosamente.

Jared riprese a lavorare nel suo bar e, seguendo un suggerimento del suo compagno, decise di far suonare, a rotazione, vari gruppi di musicisti emergenti! Quell'idea riscosse molto successo!

Jensen, inutile dire, sfondò anche in Canada , quando uscì il suo primo album country nel paese.

Il tour che ne seguì e che partì dal locale di Jared a Vancouver, fece sold out in tutti i locali canadesi dove si esibiva e la sua fama e stima cresceva a vista d’occhio sia a livello artistico che a livello personale.

La soddisfazione non mancava mai. L’impegno era tanto, vero, come pure il sacrificio, ma Jensen non ne sentiva affatto il peso, anzi! Era sempre al massimo e pieno di energia.

Come in quel momento, quando rientrò a casa, dopo aver finito l’ennesimo strabiliante concerto, gridando con entusiasmo “Piccolo, sono a casa!!! Ti è arrivata la diretta live su fb?! Cavoli, la prossima volta vieni anche tu! La gente è letteralmente impazzita quando ho presentato la mia nuova canzone‼‼!”

Ma non ebbe risposta dal suo compagno. Non era da Jared fare così.

“Ma cosa…?” disse confuso e anche deluso.

Insomma era anche il suo trentaquattresimo compleanno e Jared non lo accoglieva nel suo solito modo?

Già!! perché Jared aveva un rito ogni volta che Jensen ritornava a casa dopo un concerto e Jensen lo adorava: il suo compagno lo spingeva letteralmente contro il muro e lo mangiava di baci fin quando il bisogno d’aria non li faceva stare fronte contro fronte, le mani strette lungo i fianchi, i corpi vicini.

“Jared...?” disse ancora guardandosi attorno e posando poco dopo la sua chitarra personale - la sua Baby, come la chiamava lui - sul divano.

Stava per fare qualche passo verso la cucina, quando improvvisamente la luce del corridoio si accese facendolo voltare e appena vide il suo compagno beh! rimase senza parole, il cuore impazzito. Decisamente non si aspettava di venire accolto in quel modo.

Jared, davanti a lui ora, era stupendo, una luce negli occhi mai vista, i capelli leggermente umidi e tirati all'indietro, indossava una maglietta grigia, una giacca nera e dei jeans blu.

Ma non era questo abbigliamento ad aver lasciato senza parole Jensen. Decisamente non lo era!

I suoi occhi continuavano a posarsi sulla chitarra che il suo uomo teneva tra le mani e poi sul suo viso, dove ora campeggiava un dolce sorriso.

Un attimo dopo, facendolo andare in paradiso, il moro baciò Jensen dolcemente e intimamente con un bacio che fece tremare entrambi fin dentro l’anima.

“Per te , amore mio. Buon compleanno!!” disse staccandosi appena e, sorprendendo ancora di più se possibile il compagno, iniziò a pizzicare le corde della chitarra e a cantare con sicurezza una dolcissima ballata d’amore, gli occhi innamorati puntati in quelli lucidi del compagno che a stento tratteneva le lacrime, il cuore martellante nel petto

 

Voglio di più

Combatterò per te - Mentirò per te

camminerò su un filo ... morirò per te... tu sai che è vero

che ogni cosa che faccio - la faccio per te 


 

Ma fu solo quando il compagno finì di suonare che non ce la fece più a trattenerle: le sentì scivolare via dagli occhi e scendere calde fino al collo, la voce tremante in un sorpreso e meravigliato “Oh mio dio!” quando vide Jared prendere dalla tasca interna della giacca una scatolina di velluto nero, aprirla e inginocchiarsi di fronte a lui.

Jensen osservava incantato i due anelli di oro bianco intarsiati con il simbolo dell’infinito al suo interno e poi giunsero alle sue orecchie, le parole più belle e meravigliose che una persona innamorata possa sentire in vita sua.

“Jensen Ross Ackles, amore mio, vuoi...” ma fu Jared stavolta a deglutire l’emozione nella voce. Si prese qualche secondo e poi riprese ”...vuoi sposarmi?”

Lo sguardo puntato negli occhi del più grande, il cuore che andava talmente forte da far male, la voglia di baciarlo e fare l’amore con il suo uomo non appena avesse risposto “Si”, ma Jensen ancora non lo faceva.

Jared si stava preoccupando di quella strana reazione e mille pensieri brutti gli attraversarono la mente, ma non voleva pensarci così scosse la testa, si rimise la scatolina in tasca e si alzò raggiungendo il biondo posando una mano sulla spalla del compagno.

“Amore...ehi mi stai...” ma non riuscì a finire la frase che le labbra del compagno, ritornato alla realtà dal tocco del moro, si unirono con le sue in un bacio languido, appassionato, bagnato, le teste inclinate perfettamente per approfondirlo di più.

Solo il bisogno li fece staccare, fronte contro fronte, occhi negli occhi, i cuori che battevano all'unisono, le mani di Jensen intorno al viso di Jared.

“E’ un sì?” riuscì a dire Jared riprendendosi da quel bacio mozzafiato.

“Sì! Sì!” e lo baciò di nuovo, ” E ancora sì!” le labbra di nuovo congiunte per poi abbracciare stretto a sé il compagno baciandolo con tanti piccoli baci sulla testa e iniziando a spingerlo verso la loro camera da letto, ma stranamente Jared fermò quel magnifico assalto.

“Aspetta...aspetta! Dobbiamo metterci gli anelli come da tradizione”

“Piccolo, hai ragione....Scusami...io....non mi aspettavo tutto questo....Sono piacevolmente sconvolto!!!” disse innamorato all'ennesima carezza di Jared.

“Ci avrei scommesso!”, un sorriso radioso e luminoso.

Stava per riprendere la scatolina con gli anelli quando Jensen all'improvviso chiese, realizzando solo ora, “Ma ... tu...quando...?” indicando la chitarra dimenticata in corridoio.

“Mentre eri via per il tour, ho preso lezioni di chitarra da mio cugino Jeff per farti un regalo di compleanno speciale che ti avrebbe lasciato senza parole, ma sentivo che mancava ancora qualcosa per renderlo davvero un compleanno “unico” come il nostro amore....Ero alla ricerca di quel qualcosa quando vidi questi anelli gemelli, un pomeriggio, passando davanti ad una gioielleria...” disse, indicando l’anello che teneva tra indice e pollice e prendendo con l’altra mano la mano del biondo.

“Appena li ho visti, ho capito che dovevano essere nostri...che dovevo sposare l'uomo della mia vita” e lentamente infilò l’anello nell'anulare di Jensen, il cui cuore stava impazzendo nel petto sentendo Jared tremare e dire quelle parole.

“E’.... E’ magnifico Jared!” disse ammirando il cerchio d’oro bianco attorno al suo dito, per poi puntare gli occhi in quelli multicolore di Jared.

Gli asciugò le lacrime, che erano scese sulle guance delicatamente, con i pollici poi prese dalla scatolina l’altro anello e disse “Amore mio...” la fronte appoggiata in quella del futuro marito, a dividerli solo un respiro, la mano del compagno stretta tra la sua, “...ti amo”

Sospirò innamorato e lentamente infilò l’anello nell'anulare del compagno mentre sussurrava “Sei il mio fuoco, la mia fonte di energia, sei il mio tutto da quel giorno che sono entrato nel tuo locale!!!” gli occhi lucidi, il cuore impazzito nel petto.

Jared non resistette oltre. Baciò il suo compagno con passione, le mani di entrambi tremanti che sfilavano le magliette e poi, sfioravano la pelle accaldata sui fianchi facendoli sospirare.

Solo il bisogno di respirare li fece staccare un attimo, il tempo necessario a Jared per sussurrare un dolce “Anche tu amore mio!”

Il moro, un attimo dopo, iniziò a tirarlo verso la camera da letto appassionatamente soffiandogli sulle labbra un dolcissimo “Noi due, insieme, siamo l’infinito”

“Lo siamo amore mio. Lo siamo” convenne riappropriandosi delle labbra invitanti del compagno e spingendolo dolcemente sul letto. “Ti amo”

“Ti amo”, la mano appoggiata sulla guancia, il cuore impazzito nel petto, le labbra e corpi congiunti come le loro anime.




Note autrice
La canzone  è (Everything i do) I do it for you di Bryan Adams ^^
https://www.angolotesti.it/traduzioni/B/traduzione_testo_canzone_tradotto_everything_i_do_i_do_it_for_you_bryan_adams_960.html
Siamo giunte alla fine di quest'avventura stupenda e questi 2j gia mi mancano. Li ho nel cuore. ^^ 
Grazie a Cin75 per aver betato la storia e alle ragazze del gruppo per avermi dato idee e suggerimenti. Le vostre recensioni? Stupende! Arrivano al cuore come quelle di Lilyy ^^ *_* . (Per altro, grazie Lilyy per avermi coretto gli errori dell'intera storia!). Comunque grazie per tutto ragazze. Mi date la forza di scrivere. Siete fantastiche. ^^
Grazie a chiunque ha avuto la pazienza di leggerla. Ciao a tutti. ^^ 

 

 

 

 

 

 

 

 

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