Il Ritorno della Regina

di Laly of the Moonlight
(/viewuser.php?uid=660460)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Draghi ***
Capitolo 2: *** Lei ***
Capitolo 3: *** L'altra ***
Capitolo 4: *** Il prezzo della guerra ***
Capitolo 5: *** Tenroujima in vista ***
Capitolo 6: *** Akane Beach ***
Capitolo 7: *** Gita tra i monti ***
Capitolo 8: *** Una Demone per amica ***
Capitolo 9: *** In viaggio con Gildarts ***
Capitolo 10: *** Si salpa ***
Capitolo 11: *** La preoccupazione di un Padre ***
Capitolo 12: *** Una promessa è una promessa ***
Capitolo 13: *** Chiedere scusa ***
Capitolo 14: *** Sentimenti ***
Capitolo 15: *** Alla ricerca della meta perduta ***
Capitolo 16: *** Attesa e frustrazione ***
Capitolo 17: *** "Qualcosa" ***
Capitolo 18: *** Kyogai ***
Capitolo 19: *** Fairy Glitter ***
Capitolo 20: *** Zeref ***
Capitolo 21: *** Ritorno a casa ***



Capitolo 1
*** Draghi ***


Disclaimer: Alcuni dei personaggi presenti in questa fanfiction non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiro Mashima; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro




Credits to Ailwing


Un afoso pomeriggio di mezza estate.
Una bambina sedeva sulla cima di una torre diroccata, con le gambe a penzoloni e la testa all’insù, osservando l’avanzata lenta e disordinata delle nuvole.
Alle sue orecchie giungeva un debole frinire di cicale, portato dal vento caldo che spirava tra le macerie che la circondavano.
La città di Crocus, al termine del Palio della Magia si presentava in uno stato pietoso a causa dei combattimenti all’ultimo sangue che si erano svolti tra i quartieri e i vicoli, rendendola più simile ad una forma di Groviera che alla Capitale del Regno di Fiore.
La bambina però non sembrava rendersi conto di dove si trovasse, continuava a guardare verso l’alto, i capelli mossi gentilmente dallo Scirocco e le mani appoggiate alle pietre scrostate.
Mavis pensava e ripensava alle parole del Re di Fiore, alla minaccia di un intero esercito di Draghi che pendeva sul loro capo come una spada di Damocle, alla sua accorata richiesta d’aiuto rivolta a tutte le Gilde dei Maghi, a quel piano Eclissi Due menzionato e già messo in atto dalla Principessa Giada.
Eppure c’era qualcosa che non la convinceva.
Ripercorreva ogni singolo avvenimento occorso tra il ritorno dei Maghi a Fairy Tail e quell’ultima giornata del Palio, senza però trovare il bandolo della matassa, senza riuscire a capire che cosa stonasse in quell’armonia fatta di incontri, scontri, sentimenti e magia.
Continuava a guardare il cielo, nella speranza che questo potesse darle un indizio, un’idea su dove cercare una possibile risposta.
Rimase lì per ore nella vana speranza di un’illuminazione, mentre la Luna sorgeva e percorreva velocemente la sua orbita, andando a sovrapporsi al Sole e iniziando così l’Eclissi che era prevista per quel giorno.
Il Piano Eclissi Due… possibile che ci sia un collegamento tra questo e l’Eclissi che sta per verificarsi?
Fissò gli occhi verdi sui due astri che lentamente andavano a congiungersi, per nulla infastidita dalla vista della Corona solare tanto nociva per lo sguardo umano, ancora cercando una soluzione al suo quesito.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto da un’ondata di energia magica che scosse la città fino alle fondamenta. La Prima Master si alzò in piedi e voltò lo sguardo verso l’enorme Portale che si stagliava nella piazza antistante il Palazzo Reale.
Non c’era più spazio per i dubbi e gli interrogativi, il tempo dei preparativi era finito.
Ci siamo.
Stanno aprendo il Portale.

Il Rogue del futuro aveva detto il vero, i draghi erano davvero giunti, ma non come la Principessa Giada si aspettava.
I draghi erano fuoriusciti dal Portale dell'Eclissi che lei stessa aveva fatto aprire, travolgendo la città di Crocus come un'onda di maremoto. Grazie al coraggio di Lucy e Yukino ed al potere degli Spiriti Stellari, il Portale era stato chiuso, ma una moltitudine di draghi aveva invaso i cieli della Capitale, trasformandola in un inferno di fiamme. L'odore acre del fumo che si sprigionava dagli incendi e dalle bocche dei draghi riempiva tutta la piana, impedendo il normale respiro e trafiggendo i polmoni. I draghi erano dappertutto, era impossibile capire dove lo stormo iniziasse e dove finisse.
Lo scontro era cruento, gli antichi palazzi della Capitale erano un cumulo di macerie. Tutti i maghi erano allo stremo delle forze, soltanto i potenti Dragon Slayer, insieme ad alcuni maghi dalla potenza magica decisamente fuori dal comune sembravano avere ancora la forza di muoversi e reagire, combattendo contro quelle belve. Molti membri delle varie Gilde giacevano a terra, immobili e privi dei sensi... o forse morti. Nessuno poteva dirlo, nessuno aveva il tempo di fermarsi a controllare il polso dei caduti.
Erano circa duecento, quei mostri. E loro non erano più di cento.
Era una lotta impari, impossibile.
 
Ancora si alzavano in volo incantesimi e magie, ancora i maghi si ergevano a ultimo baluardo contro il dilagante predominio dei draghi.
Titania con la sua Armatura delle Ali Nere cercava di tagliare la pelle coriacea di un drago dorato, ma all'ennesimo attacco le armi si frantumarono in mille pezzi. Contemporaneamente, una coda d'oro si abbatté sulla povera ragazza, scaraventandola al suolo: sarebbe morta se l'Armatura Adamantina non l'avesse protetta.
Sopra la sua testa lance di ghiaccio solcavano i cieli cercando di atterrare un enorme drago verde smeraldo, senza successo. Per tutta risposta il simpatico lucertolone investì Gray con un soffio di gas velenoso, il quale alzò in tutta fretta lo Shield nel tentativo di proteggersi. Il veleno però si insinuava in ogni piccolo anfratto, facendolo tossire a più non posso.
Un rivolo di sangue misto a saliva scendeva copioso dalla sua bocca, ad indicare l'inizio dell'azione del gas, e la lenta agonia che precede la morte. L'alchimista strinse in denti e si pulì le labbra con un gesto rabbioso del polso.
"Se proprio devo morire... allora morirò con onore, come si conviene ad un mago di Fairy Tail!"
Poco distante dal "ghiacciolo nudista" stava il "fiammifero", Natsu, il Dragon Slayer del fuoco, che proprio in quel momento riusciva a mandare a segno uno dei suoi pugni infuocati nel fianco di un drago dal corpo di serpente color blu zaffiro. Esultava il ragazzo, finché un possente colpo di coda non lo riportò alla realtà, mandandolo lungo disteso a terra.
Una risata alle spalle gli fece saltare i nervi.

  • Ghi-hi. Sei stato messo al tappeto eh, fiaccola? –
  • Che diamine hai da guardare, ferrovecchio? -
  • Uh? Hai un bel coraggio a parlare così mentre sei col culo per terra! -
  • Almeno io qualcosa la sto facendo, invece di starmene fermo imbambolato come fai tu. -
  • Tsk, poppante. Mentre tu le prendevi di santa ragione io ho steso quel bel draghetto che vedi laggiù infilzato dalle mie spade d'acciaio. -
Il ragazzo dai capelli rosa volse lo sguardo oltre la spalla dell'amico, per poi mettersi a sghignazzare tenendo una mano davanti alla bocca, rendendo la scena estremamente buffa.
  • Ehi, salamandra mezza morta, si può sapere che hai da ridere? -
  • Girati e lo saprai, testa di chiodo. -
  • Ma che diamine... - il povero Gajil non finì la frase che si trovò bloccato a terra da una gigantesca zampa color arancione, mentre il drago che in teoria doveva essere morto lo scrutava con sguardo assassino, pensando probabilmente al modo più sadico e doloroso per sopprimere quella specie di puntaspilli ambulante.
Natsu ormai era inginocchiato a terra e si teneva la pancia dal gran ridere, ma avrebbe fatto meglio a tenere d'occhio il drago blu suo avversario. Questi infatti non perse tempo e gli rifilò un secondo colpo di coda sulla schiena, facendolo stramazzare a terra, urlante di dolore. Giusto per ricordargli che quella che stava combattendo era una guerra, e i suoi avversari non erano esattamente insetti.
Anche dal lato opposto le cose non stavano andando bene: Luxus continuava ad invocare fulmini e saette, ma il drago azzurro chiaro che stava affrontando era talmente veloce da evitare ogni suo attacco. Di sicuro era merito di quelle poderose e sproporzionate ali che si ritrovava attaccate alla schiena. Accanto a lui combatteva una Mirajane Shutori sempre più stanca e sfinita, gli attacchi che man mano si facevano meno efficaci e precisi. Era stanca e ansimava per lo sforzo, la povera barista di Fairy Tail.
Ancora in piedi erano anche Jura della Croce Sacra e Leon, che combattevano schiena contro schiena nel tentativo di difendersi dagli attacchi combinati di tre lucertoloni rossi sputafuoco. Il sangue scorreva copioso lungo i loro corpi, ma nessuno dei due era intenzionato a cedere. avrebbero combattuto con onore e portato fieramente il marchio di Lamia Scale.
Sheria era inginocchiata a terra, quasi completamente priva di forze, accanto a lei vi erano anche Wendy e Polyushika. Le tre erano rimaste inizialmente in retroguardia col compito di curare i feriti e potenziare i compagni, ma le prime due erano quasi a corto di energie, e l'anziana donna non poteva far altro che fasciare e disinfettare le ferite con i suoi unguenti, risorse che ormai stava finendo.
Ancora impegnati nello scontro, a poca distanza l'uno dall'altra, erano anche Kagura delle Marmaid Heel e - udite udite - Gerard. I due stavano fronteggiando un possente drago color giallo brillante, la cui bocca eruttava continuamente scariche elettriche ad elevatissimo voltaggio. Entrambi i maghi erano consapevoli che un solo colpo andato a segno per la famelica creatura avrebbe decretato la loro fine, quindi agivano di conseguenza, scartando di lato o saltando in alto. Al momento, nessuna magia aveva ancora avuto effetto su quella lampadina gigante, che ad ogni mossa dei due piccoli moscerini evocava uno scudo di fulmini che lo proteggeva interamente. Il drago sembrava leggermente affaticato, i due maghi erano invece allo stremo delle forze, respiravano a fatica data la scarsità di ossigeno presente in quella zona.
Anche Sting e Rogue avevano preso parte a quella battaglia senza quartiere, sicuri di essere invincibili come Dragon Slayer. Dovettero presto ricredersi, poiché due draghi violacei stavano dando loro filo da torcere; nemmeno l'attivazione della Dragon Force sembrava dare risultati apprezzabili.
Nella Piazza Centrale di Crocus, anche i Master delle varie Gilde partecipanti al torneo si davano da fare. Makarov in particolare sembrava non avere alcuna intenzione di cedere il passo, e nonostante i ripetuti attacchi da parte dei draghi non arretrava, mantenendo la posizione e cercando di infliggere qualche perdita alla fazione opposta.
 
 
Durante il combattimento, a causa del soffio d’acqua del suo avversario, Natsu era stato sballottato a destra e a manca, finendo col separarsi dagli altri. Dopo l'ennesimo colpo riuscì a stento a rimettersi in ginocchio, ogni muscolo del suo corpo doleva. Qualcosa attirò la sua attenzione in quel momento, qualcosa che faticò a mettere a fuoco a causa del sudore che gli annebbiava la vista. A terra, a pochi metri di distanza, giaceva un corpo umano, i lunghi capelli biondi sparsi a terra e un braccio abbandonato sotto la testa. Sul dorso della mano, ben visibile, il simbolo di Fairy Tail in rosa, sporco di sangue.
Lucy.
  • Lucy!! - il ragazzo non ci pensò due volte e si alzò per correre verso di lei; man mano che si avvicinava poté notare gli abiti lacerati in più punti, le ferite che macchiavano di rosso la pelle chiara della maga degli Spiriti Stellari, il volto imbrattato di fuliggine. Il ragazzo sperò con tutto il cuore che fosse solo svenuta, mentre si inginocchiava accanto a lei.
  • Lucy!! Ehi, Lucy! - il ragazzo la prese tra le braccia, facendole appoggiare la testa al suo petto.
  • Lucy! Lucy, svegliati! Lucy, avanti! - la ragazza, lentamente aprì gli occhi, mettendo faticosamente a fuoco il ragazzo chino su di lei.
  • Na... tsu... -
  • Oh Lucy, stai bene... per fortuna! - la abbracciò forte, felice che la sua compagna di team fosse salva, anche se magari non del tutto sana.
Ma il Dragon Slayer aveva fatto i conti senza l'oste... pardon, senza il drago. Ecco infatti la bestiaccia fare capolino in cielo, sopra le loro teste, pronta ad investire i due ragazzi con il suo soffio: inspirò profondamente per poi riversare dalle fauci una cascata d'acqua che avrebbe fatto invidia a quelle del Niagara.
Natsu strinse forte a sé Lucy, prima di essere trascinato via dal torrente in piena e allontanato di molto da quel luogo.
 
 
Gajil si stava impegnando molto per fronteggiare il grosso drago arancione che gli si parava davanti, ma nessuna delle sue tecniche di Dragon Slayer sembrava funzionare, facendolo quasi ringhiare per la frustrazione. Era pur sempre un mago cacciatore di Draghi... ma allora perché quel bastardo squamoso non andava giù?
Perso nei suoi pensieri non si avvide della zampa che stava per calargli addosso. Sarebbe stato letteralmente fatto a pezzi se non gli si fosse parata davanti la scritta "Fire", scottando la pelle coriacea dell'animale e permettendo a Gajil di scansarsi, ghignando. Il gamberetto l'aveva salvato. Il gamberetto era riuscito a toglierlo dai pasticci ancora una volta. Si voltò per ringraziarla, ma lei era stesa a terra a pancia in giù, la testa rivolta di lato, immobile.
Il cuore del ragazzo perse un colpo e si diresse di corsa verso il corpo inerte di Levy.
  • Ehi ga-gamberetto! Sveglia, ti pare il momento di dormire? -
Nessuna risposta. Con un rapido sguardo poté notare che il braccio sinistro della maga era semplicemente scomparso.
  • Piccoletta, datti una mossa! Dobbiamo allontanarci da qui! -
Ancora nessuna risposta.
Un'ombra a terra si stava allargando, la zampa del Drago era pronta a piombare su di loro come la falce della Morte. Gajil strinse forte a sé la Scripter e si preparò a ricevere il colpo.
 
 
Anche Elsa se la stava vedendo davvero male. Il drago le aveva completamente fatto a pezzi l'armatura Adamantina e lei era indifesa davanti a lui. Coperta di ferite, la Regina delle Fate continuava a danzare, colpendo e schivando quanto più poteva, ma ormai anche lei aveva raggiunto il limite delle forze. Il drago dorato, al contrario, sembrava ancora fresco come una rosa. Aveva ormai abbandonato la sua armatura, facendo affidamento soltanto al potere d'attacco di Benizakura (ciliegio cremisi ndA), ma questo la stava mettendo davvero a dura prova. Un attacco più potente da parte del drago l'aveva messa al tappeto, facendole perdere la presa sulla spada.
Era indifesa.
Era perduta.
Non era riuscita a proteggere i suoi amici, la sua Gilda, la sua famiglia. Chiuse gli occhi e il suo ultimo pensiero fu per Gerard: non era riuscita nemmeno a far riappacificare lui e le maghe di Marmaid Heel.
Il drago calò le zanne sulla ragazza tremante e disarmata.
  • Le Sette Stelle ti giudicheranno. Spada del Grande Carro! -
Una pioggia di stelle cadenti si riversò sul campo di battaglia, colpendo a ripetizione il grande drago d'oro. In mezzo al turbine di polvere che si era andato a creare, se ne stava in piedi proprio lui, Gerard Fernandez, giunto per salvare la sua Elsa.
La ragazza fece appena in tempo a guardarlo con le lacrime agli occhi mormorando il suo nome, poi si accasciò a terra svenuta e priva di forze.
Gerard la raggiunse, ma con quell'ultimo colpo aveva esaurito le sue energie magiche. Aveva protetto Elsa, ma ora lo aspettava la morte per bocca di quel drago dorato che si preparava a soffiare.
Beh, poco male. Se posso morire insieme a lei... sono felice.
Sorrise abbracciando forte la ragazza dai capelli scarlatti.
 
I pochi superstiti riuscirono in qualche modo a riunirsi, formando un'ultima resistenza contro l'assalto dei draghi. Nessuno di loro era intenzionato a mollare, nessuno di loro voleva cedere.
Ma la disparità di forze era troppo elevata perché potessero avere anche soltanto una possibilità di sopravvivere. 
Erano tutti destinati a morire lì, sotto i colpi dell'esercito dei draghi.


Angolo dell'autrice
Premessa: la prima versione di questa storia era datata 2014. Dopo aver scritto una quindicina di capitoli, mi è stato chiaro che avevo completamente perso l'ispirazione, e piuttosto che continuare a scrivere schifezze ho preferito fermarmi e aspettare un po'. Perché scrivere senza entusiamo era perfettamente inutile, oltre che logorante.
Dopo vari tentativi fallimentari, mentre cercavo di capire come fare ad andare avanti con la storia, ho deciso di fare un tentativo: prendere il primo capitolo, revisionarlo, adattarlo e poi continuare a scrivere qualcosa che non avesse nulla a che fare con la precedente stesura, qualcosa di completamente diverso, mantenendo comunque la trama principale. Il risultato è stato che sì, ho dovuto legare Rya a una sedia perché si decidesse a raccontarmi la sua storia, ma ho ritrovato quello che avevo perso: la mia creatività, la mia immaginazione.
Andrò avanti per di qua, perchè nonostante siano passati parecchi anni, questa storia continua a tormentarmi, e credo continuerà a farlo finché non sarò riuscita a scriverla, senza fretta e con i miei tempi. Per chi ha letto la prima versione, l'unica cosa che è rimasta circa similare è il primo capitolo, tutto il resto, a parte alcuni accenni, è stato completamente cambiato. A partire dalla protagonista.
E niente, vi auguro una buona lettura e spero mi teniate compagnia fino alla fine (che non so quando sarà <.<)
Un abbraccio.
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lei ***


Un ruggito squarciò il velo della notte, talmente possente da creare un vortice d’aria che investì l’intero campo di battaglia.
Chi era stato sull’isola di Tenroujima riconobbe immediatamente quel suono spaventoso, che ancora tormentava il sonno dei superstiti di quel giorno in un susseguirsi di incubi e allucinazioni.
 
Gray sollevò il capo, un’espressione di sgomento dipinta sul volto.
Davanti ai suoi occhi sbarrati l’immagine sempre più nitida di un enorme drago dalla livrea nera striata d’azzurro, più vicino ad ogni battito delle poderose ali.
Come al rallentatore lo vide scendere, facendosi strada ringhiando tra le fila dell’esercito dei draghi del Portale, le fauci semi-aperte e gli artigli snudati.
Non potevano esserci dubbi.
Acnologia, il Drago Nero dell'Apocalisse.
Acnologia, il Re dei Draghi.
 
Le scaglie scure del mostro rilucevano sanguigne al riverbero rossastro del fuoco degli incendi che illuminavano quasi a giorno la Capitale, i suoi occhi guizzavano in ogni direzione, controllando i movimenti di tutto ciò che era presente nel suo campo visivo.
Il tempo sembrava essersi fermato sul campo di battaglia, nessuno dei due schieramenti sembrava sapere bene che cosa fare: persino i draghi sembravano intimoriti dall’inquietante presenza di quell’essere infernale di cui probabilmente percepivano tutta l’immensa potenza magica.
 
Il mostro calò infine a terra, sollevando volute di polvere e squadrando dall’alto in basso i pochi maghi, stremati e feriti, ancora in piedi.
Per un attimo, il Mago del Ghiaccio incrociò lo sguardo della Bestia, aspettandosi di scorgervi la stessa scintilla assassina che lo animava sette anni prima, quando aveva attaccato l’isola di Tenrou.  Così non fu. La furia omicida dei suoi ricordi sembrava essersi assopita, al suo posto regnava la calma negli occhi della bestia.
In ogni caso, non sembrava intenzionato ad attaccarli di nuovo senza motivo.
 
D’un tratto, veloce come un fulmine, una figura ammantata di nero piombò sul terreno, a pochi passi dall’animale. Il cappuccio che ricopriva il suo capo si mosse verso destra e poi verso sinistra, come se il nuovo arrivato cercasse qualcosa.
All’improvviso, lo sconosciuto si voltò dalla parte opposta, rimase per un attimo fermo, come in attesa e poi, così com’era arrivato, scomparve.
Dal suo arrivo alla sua partenza erano passati pochi istanti, talmente pochi da far pensare ai presenti di essersi sognati tutto.
 
In quel momento un altro ruggito fece eco a quello di Acnologia, più acuto e pungente. I Draghi del Portale sembrarono rispondere a quella chiamata alle armi, scuotendosi di dosso il senso di oppressione causato dall’arrivo del Drago Nero.
Il Re drizzò le orecchie e si voltò verso destra, preparandosi a fronteggiare il pericolo in avvicinamento.
Dai ranghi dei Draghi avversari uscì un altro enorme drago, anch’esso nero come la pece e striato di rosso.
I due si guardarono in cagnesco per qualche istante, mentre il nuovo arrivato digrignava i denti, ringhiando rabbiosamente.
  • Cosa stai facendo, Acnologia? – la voce femminile e stridula della dragonessa fu perfettamente udibile in tutta la piazza.
  • Nulla in particolare, Shunghiada. – la voce del Re, fino ad allora sconosciuta alle orecchie umane, si rivelò perfettamente in linea col suo essere: cavernosa e penetrante.
La dragonessa gli riservò un’occhiata di fuoco, cercando di intimidirlo, inutilmente.
Acnologia mosse leggermente la coda, evidentemente infastidito dalla piega presa dalla situazione.
Nel frattempo la sua interlocutrice aveva iniziato a ruggire a destra e a manca, facendo schizzare sull’attenti l’esercito attaccante, quando altri ruggiti, più flebili e lontani, richiamarono la sua attenzione. Nel cielo tinto di rosso dalle luci dei roghi, un piccolo schieramento di draghi in formazione da battaglia si rese visibile, provocando un’immediata reazione da parte della Dragonessa.
  • Che significa tutto questo, Acnologia? –
  • Non so di cosa tu stia parlando. – replicò lui, serafico.
  • Non fare il furbo con me, piccolo insolente. Come ti ho creato, così ti distruggo! –
  • Accomodati. –
La pronta replica di lei fu stroncata sul nascere dal ruggito possente di un enorme drago rosso, ormai quasi arrivato a terra. Le sue squame rosse, in tinta con i riverberi delle fiamme, sembravano brillare di luce propria, lingue di fuoco fuoriuscivano dalle fauci spalancate, mentre l’essere atterrava pesantemente al suolo, ergendosi in tutta la sua statura, gli occhi gialli piantati su Acnologia.
 
A molta distanza da quel luogo, un mago aveva assistito alla discesa di quel drago, rivivendo in un istante tutta la sua infanzia.
  • Igneel… -
 
Uno dopo l’altro gli immensi dragoni si posarono a terra, sotto lo sguardo confuso dello stormo di Shunghiada.
Gray non ci capiva più nulla: che diamine stava succedendo?
Acnologia se ne stava immobile davanti alla dragonessa furiosa, altri strani draghi erano apparsi dal nulla e ora se ne stavano lì, guardandosi attorno con l’aria di chi non sa bene dove si trova e perché.
Il ragazzo non si capacitava di ciò che vedeva e i suoi compagni dovevano avere pensieri molto simili ai suoi.
Erano passati più di sette anni da quel terribile giorno, cos’era cambiato in quel lasso di tempo?
Un momento.
Qualcuno… c’era qualcuno con Acnologia al suo arrivo! Com’era possibile che quel mostro portasse con sé un essere umano?
A meno che non fosse…
L’orrore di quel pensiero terrorizzò a tal punto Gray da farlo muovere prima di rendersene conto. In pochi istanti si ritrovò a correre in direzione del Mercurios. Non sapeva perché, ma il suo istinto gli diceva che quello era il posto giusto verso cui dirigersi.
  • Vai da qualche parte? –
Gray si bloccò all’istante, volgendo lo sguardo verso l’alto. Una bambina dai capelli biondi stava seduta in equilibrio precario sul tetto diroccato di una casa sventrata. Voleva far mostra di essere calma, ma non lo era del tutto.
  • Mavis… Zeref… - la Prima Master scosse la testa.
  • Se alludi alla persona che ti ha preceduto no, non era lui. –
  • Ma allora chi… -
  • Una persona che non dovrebbe nemmeno essere qui. – con un balzo saltò giù agilmente dal suo punto d’osservazione, indicando poi una direzione – Andiamo, forse seguendola ne sapremo di più. – senza attendere il suo compagno si incamminò alla volta del Palazzo Reale.
Ci volle quasi mezz’ora per giungere a destinazione, tanto era danneggiata la città. Più volte dovettero ricorrere alla magia e altre furono costretti a seguire percorsi alternativi.
Quando giunsero nella piazzetta antistante il Palazzo, la scena che si parò loro davanti li lasciò alquanto perplessi.
Sulla destra stavano Arcadios, alcune guardie reali e la Principessa Giada, mentre al centro davanti al Portale dell’Eclissi distrutto, stava la figura incappucciata che era apparsa quasi per magia accanto ad Acnologia.
Se ne stava lì, immobile e silenziosa, come in attesa.
  • Se è Zeref che cerchi perdi il tuo tempo, Rya. Lui non è qui. –
La figura si voltò di scatto, rivolgendo l’attenzione alla bambina.
  • Mavis? –
La voce femminile, velata dallo stupore, giunse anche alle orecchie di Gray, che iniziò a spostare lo sguardo tra le due, senza capire.
Quelle due si conoscevano dunque? Com’era possibile?
  • Gray Fullbuster, conoscete questa persona? –
La sconosciuta si voltò verso la Guardia Reale, per poi tornare a guardare la Prima Master.
  • Veramente io… - balbettò il mago del Ghiaccio, non molto sicuro della risposta da dare.
  • Un corpo spirituale, eh? – la bambina bionda annuì alla domanda dell’incappucciata, sebbene assomigliasse più a un’affermazione.
  • Spostiamoci da qui. –
  • Prima voglio capire cosa sta succedendo e soprattutto perché quello – indicò il Portale semidistrutto – si trova qui. – replicò la sconosciuta identificata come Rya.
  • È il portale di cui ci ha parlato il Re? – domandò Gray, incuriosito dalla strana situazione che si era venuta a creare.
  • Sì. – si intromise la principessa Giada, rispondendo alla domanda di lui – si tratta del Portale dell’Eclissi. –
  • E cosa ci fa qui? – incalzò la ragazza ammantata di nero.
  • Come osate fare domande alla Principessa senza nemmeno esservi presentata? La vostra insolenza… -
  • Arcadios, ora basta. Qui non si tratta di etichetta o galateo, io ho sbagliato ed è giusto che ne paghi le conseguenze. Siamo stati noi della Famiglia Reale a far costruire questo Portale. E io – Giada abbassò la testa con aria colpevole – ho deciso di usarlo. –
  • Volete un applauso per la vostra brillante trovata? – replicò sarcasticamente Rya incrociò le braccia da sotto il mantello.
  • Adesso basta! Non tollererò altra arroganza da parte di questa… -
Un movimento appena percettibile della sconosciuta e Arcadios perse completamente l’uso della parola.
  • Proprio voi che parlate tanto di portare rispetto dovreste sapere che al cospetto di una Regina si parla solo se autorizzati. Voi umani e la vostra ostinata presunzione, anche davanti alle vostre colpe più gravi siete capaci solo di parlare di ideali e patriottismo! – le parole erano pungenti e il disprezzo era chiaramente udibile nel tono della ragazza, nonostante stesse parlando pacatamente e senza urlare.
  • Non potevo sapere… - si intromise Giada, cercando disperatamente di giustificarsi, palesemente spaventata.
  • Che cosa non sapevate? Che usare una Magia di Zeref poteva essere pericoloso? Come potevate non saperlo? – la interruppe la sconosciuta, implacabile come il mare in tempesta.
  • Quell’uomo… l’uomo venuto dal futuro mi disse che il Portale poteva essere usato anche in un altro modo, un modo di cui il Mago Nero non sapeva nulla! -
  • E da quando usa credere a degli sconosciuti, Principessa? – domandò ironicamente la ragazza.
  • Lui si è presentato da me, dicendo che Fairy Tail avrebbe vinto il Palio della Magia… una Gilda che negli ultimi sette anni era a malapena stata capace di classificarsi per la competizione! E aveva ragione, quella Gilda ha vinto! Mi ha dato una prova tangibile di… –
  • L’unica cosa che ha provato è di sapere chi avrebbe vinto il Palio della Magia, non per questo era il caso di dargli fiducia incondizionata. Non vi è venuto il dubbio che stesse mentendo? Affermare che esista un modo di utilizzare una magia di Zeref di cui il suo stesso creatore non sa nulla mi sembra perlomeno pretenzioso. Non vi è sembrato un motivo sufficiente per diffidare di una simile dichiarazione? – soffiò Rya, evidentemente stizzita. Gray pensò istintivamente che in quel momento assomigliava ad un gatto inviperito.
  • Veramente, io… ero… ero preoccupata! Diecimila draghi incombevano sul mio Regno, non potevo stare senza fare nulla! – si difese la Principessa, stringendo i pugni.
  • E questa bella notizia chi ve l’ha data? Sempre il fantomatico tizio venuto dal futuro? – l’inflessione ironica sembrava non voler abbandonare la voce di Rya, che rimase ferma a fronteggiare la rabbia di Giada.
  • Sì, lui… disse che stava arrivando un esercito di Draghi e che avremmo dovuto aprire il Portale per caricare il Cannone racchiuso al suo interno. In questo consisteva il Piano Eclissi Due! – continuò la Principessa di Fiore, cercando di spiegare le sue ragioni e motivare le sue scelte, la voce sempre più incrinata dalla commozione imminente.
  • Un Cannone dentro a un Portale. Quantomeno insolito, ma molto fantasioso, ve ne do atto. Però si è dimenticato di dirvi che dentro c’erano anche le lucertole, evidentemente. – la schernì la ragazza misteriosa, quasi sogghignando.
  • Rya, adesso basta. Stai esagerando. – si intromise Mavis, evidentemente stanca della piega presa dalla conversazione. La ragazza si voltò per un momento a guardarla, ma si limitò a scuotere il cappuccio, facendo tintinnare sommessamente qualcosa, probabilmente degli orecchini.
  • Dove si trova ora quell’uomo? –
  • È morto. Lo ha ucciso un enorme drago nero con una sola zampata. –
  • Allora ogni tanto qualcosa di buono lo fa anche lei… - un sussurro a fior di labbra, appena percettibile. – In ogni caso quello che avete fatto è molto grave. Usare una Magia di Zeref senza alcuna precauzione è stata un’imprudenza, e ora chi ne pagherà le conseguenze non sarete voi, Principessa, ma il vostro popolo. Guardatevi attorno, ditemi, che cosa vedete? –
Giada si voltò lo sguardo verso destra, osservando i palazzi in rovina, il fumo dei roghi che saliva verso il cielo, la distruzione che faceva capolino ovunque guardasse. Gli occhi le si riempirono di lacrime al pensiero di quanti innocenti potessero essere rimasti sepolti sotto le macerie delle loro stesse case.
  • Il dovere di un Sovrano non è di comandare, ma di proteggere il suo popolo. A qualsiasi costo. –
La sconosciuta abbassò il cappuccio, rivelando finalmente la propria identità.
Una ragazza giovane, lunghi capelli scuri raccolti in due code parzialmente nascoste dal mantello, la frangetta a ombreggiarle gli occhi azzurri e penetranti, naso dritto e labbra carnose.
Gray ebbe solo pochi istanti per osservarla, poi un forte ruggito, intenso e acuto si impose alle orecchie di tutti i presenti.
La giovane sconosciuta si voltò in direzione della Piazza in cui aveva lasciato Acnologia, come tutti gli altri.
  • Qualcosa mi dice che ci sono guai in vista. Vi conviene rimanere dove siete. –
Senza aspettare eventuali commenti o risposte, la ragazza si mise a correre velocemente verso i Draghi.
  • Andiamo anche noi. – il tono di voce serio di Mavis stupì Gray: non l’aveva mai sentita così tesa, c’era davvero qualcosa che la preoccupava. Il Mago del Ghiaccio annuì in silenzio e si mise a correre nella stessa direzione in cui aveva visto sparire Rya, seguito a ruota dalla Prima Master.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L'altra ***


  • Rya! Fermati! –
La ragazza continuò a correre imperterrita, senza mostrare di aver sentito.
Mavis sospirò, rassegnata.
Non era cambiata.
Anche se erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva vista, Rya non era cambiata di una virgola.
  • Gray. –
  • Uh? –
  • Dobbiamo raggiungerla. Riesci ad aumentare il passo? –
Il ragazzo sbuffò appena, cambiando il ritmo della propria corsa, spremendo le ultime energie residue dal suo corpo ormai esausto.
La Prima Master sorrise tra sé e sé, congratulandosi mentalmente col suo successore per aver allevato dei maghi così promettenti.
Mezzo minuto dopo erano alle spalle della ragazza, talmente vicini da sentire il vago odore di selvatico emanato dai suoi capelli scuri. Istintivamente, Gray pensò subito a Natsu, chiedendosi se quella testa calda stesse bene.
Un istante dopo, si sentì tirare all’indietro.
Qualcosa, o qualcuno, lo stava trattenendo per la sua collana d’argento e la catenella, premuta ora contro la gola, gli impediva di fatto di respirare.
La vista si fece annebbiata e il ragazzo si accorse dell’aumento della salivazione.
Doveva lottare, prima di perdere completamente i sensi.
Portò le mani alla gola, strattonando la catena con tutte le sue forze, invano.
I suoni attorno a lui si fecero distanti e ovattati, impedendogli di distinguere chiaramente ciò che succedeva: gli rimaneva poco tempo prima di svenire, forse mezzo minuto, forse meno.
Con uno sforzo disperato tirò ancora quello che ormai assomigliava sempre di più a un cappio e finalmente, ciò che lo tirava cedette.
Gray si ritrovò finalmente libero da quella morsa asfissiante e un istante dopo rotolò a terra a causa del contraccolpo. Rimase disteso supino ansante e sfinito, mentre i sensi pian piano ritornavano operativi e poté capire che cosa era successo in quell’ultimo minuto che gli era sembrato durare un’eternità.
Un’enorme zampa di drago verde occupava la quasi totalità del suo campo visivo, svettando nel bel mezzo della strada che stavano percorrendo.
Il mago seguì la linea della livrea con lo sguardo, risalendo lungo la spalla e il torace giallastro del mostro, passando per la gola screziata di nero e la mandibola grondante di saliva, fino ad incontrarne gli occhi rossi e minacciosi.
La bestia emise un ringhio basso e gutturale, scrollando il capo e la criniera di spine posta lungo il collo, evidentemente stizzito per essersi lasciato sfuggire quei moscerini a cui stava dando la caccia.
In quell’istante, Gray rivisse esattamente il terrore provato nel trovarsi di fronte ad Acnologia, lo stesso sguardo inferocito, la stessa paura che gli attanagliava il cuore e impediva i movimenti.
Immobile, vide il lucertolone allungarsi verso di lui, spalancando le fauci. Era lì, davanti a lui, pronto ad inghiottirlo, poteva contare i canini acuminati ad uno ad uno, poteva sentire il fetore del suo alito attaccato alle narici, vedeva il tunnel nero alla fine della bocca ingrandirsi sempre di più, e tuttavia continuava a non riuscire a muoversi.
Con la coda dell’occhio colse un movimento alla sua destra, un semplice spostamento d’aria sufficiente a riscuoterlo almeno parzialmente dal suo torpore.
I battiti del cuore decelerarono, mentre il mago si voltava lentamente, fino ad inquadrare una figura umanoide in piedi al suo fianco.
Era lei, Rya.
Stava osservando fissamente la bestia, quasi potesse fermarla con la forza dello sguardo.
Il drago sembrò accorgersene, perché si arrestò immediatamente, posando i suoi occhi da rettile sulla ragazza, improvvisamente incerto sul da farsi.
Gray non poteva crederci, quel mostro stava vacillando davanti ad una pulce che avrebbe potuto distruggere in pochi istanti?
La ragazza dovette accorgersene, perché si voltò a guardarlo e sorrise.
  • Non valutare mai il tuo avversario o il tuo alleato in base alle sue dimensioni. Mettilo alla prova, testa la sua forza, solo così potrai avere un giudizio equo. –
Lo stava ancora guardando, quando il mostro ruggì, facendo vibrare i corpi dei tre come casse di risonanza, mentre alcuni calcinacci si staccarono dagli edifici diroccati nelle vicinanze.
La ragazza tornò seria e si girò verso il drago, mormorando poche parole a fior di labbra.
Il Mago del Ghiaccio avvertì immediatamente uno strano formicolio alle dita, mentre la pressione aumentava lentamente intorno a lui.
Il tremolio si comunicò ai muscoli delle braccia, finché il Mago non sentì vibrare ogni centimetro di pelle.
Per un solo istante Gray percepì chiaramente un’aura di magia enorme e implacabile come un uragano sprigionarsi vorticando dal corpo della ragazza accanto a lui, espandendosi a macchia d’olio, fino a raggiungere il Drago verde.
Il risultato fu che la bestia si ritrasse istantaneamente dal flusso di energia che l’aveva investito, quasi temesse di venire risucchiato da quel vortice di magia che si allargava inesorabile.
Fece un passo indietro, poi un altro e un altro ancora.
A ogni movimento ringhiava in direzione della ragazza, senza per questo osare avvicinarsi di nuovo.
Pochi momenti ancora e il Drago si dichiarò sconfitto, urlò al cielo tutta la sua frustrazione e spiccò il volo, sparendo ben presto oltre la coltre di nubi tinte di rosso dalla luce dei roghi che coprivano il cielo.
Rya scrollò fieramente la testa, facendo ondeggiare i pendenti che portava alle orecchie, quasi a voler sancire la propria vittoria sul Drago verde, e l’aura magica iniziò pian piano a dissolversi.
Gray poté riprendere a respirare normalmente e il suo corpo smise di tremare man mano che la pressione diminuiva. Si voltò a guardare la ragazza chiedendosi chi fosse quella sconosciuta la cui energia sembrava persino superiore a quella di un drago.
Mavis, che fino a quel momento era rimasta defilata ad osservare la scena, si fece avanti, l’espressione seria.
  • Rya… -
  • Non dire nulla, Mavis. Adesso non c’è tempo. –
Allungò una mano per aiutare Gray a rimettersi in piedi e riprese a correre in direzione della Piazza di Crocus.
 
Nel frattempo, nella suddetta Piazza, la situazione peggiorava a vista d’occhio.
Shunghiada aveva a lungo ruggito contro Acnologia, finché questi, stanco della piega presa dalla conversazione, aveva preferito lasciare il posto ad un enorme Drago Bianco, facendo infuriare ulteriormente la Dragonessa Nera.
Intanto i maghi si erano defilati dalla prima linea, andando a ripararsi dietro lo schermo offerto dagli enormi corpi dei draghi che accompagnavano Acnologia, mettendosi momentaneamente al riparo dalle ire della dragonessa. Gli occhi del drago rosso guizzavano in ogni direzione, controllando i movimenti dell’esercito avversario, attento a ogni minimo cenno che denotasse l’intenzione di attaccare.
Improvvisamente, tutti i draghi si voltarono in direzione del Mercurios, allertati da qualcosa.
Shunghiada assottigliò gli occhi, guardò furente il drago bianco davanti a lei e fece per spiccare il volo, ma Acnologia fu più veloce.
Con una poderosa spinta delle zampe posteriori si mise davanti alla dragonessa, fermandone la rincorsa e ammonendola con un sordo brontolio.
  • Non un altro passo. – la minacciò.
  • Che diamine sta succedendo? – nessuna risposta – Di chi è questa aura? – mosse una zampa, ma un ruggito di Acnologia la fece fermare. Il drago non sembrava intenzionato a lasciarla andare via.
  • Se resti qui tranquilla ci fai un favore, Shunghiada. –
  • Lasciatemi andare! –
  • No. –
Pochi istanti dopo, l’inquietudine che serpeggiava tra i draghi si placò e le posizioni di difesa vennero momentaneamente abbandonate.
Shunghiada scrollò la testa e si ritrasse, guardando con odio sia Acnologia che il suo interlocutore: se avesse potuto uccidere con lo sguardo di quei due non sarebbe rimasto altro che polvere.
Riprese poi ad inveire contro il drago bianco.
  • Chi stai proteggendo, Kiranai? –
  • Questo non ti riguarda, Shunghiada. –
  • Di chi si tratta? – lo incalzò lei.
  • Ho già risposto alla tua domanda. – rispose lui, pacato. Questo mandò ancora più in bestia la Dragonessa Nera.
  • Non ti conviene metterti contro di me. –
Kiranai si voltò per un momento a guardare la città rasa al suolo e i maghi stremati che osservavano con crescente preoccupazione lo sviluppo degli eventi.
  • Tu non dovresti nemmeno essere qui. –
  • E allora? –
  • Allora rischi di stravolgere le linee spazio-temporali, con la tua permanenza in questa epoca. –
  • Non mi interessa. –
  • Shu, ragiona… -
  • Non voglio sentire altro. Finché ho la possibilità di fare a pezzi quei bipedi disgustosi, non mi importa di nulla. A cominciare da quella piccola strega. –
  • Allora abbiamo un problema. –
  • Nessuno ha chiesto la tua opinione, cucciolo impertinente. –
  • E nessuno ha chiesto a te di tornare dall’Oltretomba. –
  • Adesso basta, Acnologia. Porta rispetto per la tua Regina. –
  • Io ho una sola Regina, Kiranai, e di certo non è lei. –
  • Tu, piccolo insolente… -
  • Mi sono persa qualcosa? –
Shunghiada, Kiranai e Acnologia si voltarono simultaneamente, e guardando verso terra si trovarono di fronte Rya, il cappuccio calato sul viso a nasconderne quasi completamente i lineamenti.
Dietro di lei una bimba con i capelli biondi e un ragazzo seminudo e ansimante, evidentemente esausto. Wendy si avvicinò immediatamente a quest’ultimo, cercando di dare sollievo alle sue membra stanche.
  • Sei stata tu? – la domanda di Shunghiada arrivò a bruciapelo.
  • A fare cosa? –
  • Non fare la finta tonta con me, ragazzina! – Shunghiada, evidentemente stizzita, mosse un passo verso la ragazza, che tuttavia rimase immobile.
  • Dovrei forse sapere di cosa stai parlando anche se sono appena arrivata? Non leggo ancora nella mente, mi spiace. –
  • Piccola presuntuosa, cosa speri di ottenere? Non permetto a un microbo di mancarmi di rispetto! -
  • Chi sarebbe il microbo? -
L’accesa discussione venne interrotta dall’arrivo di quello stesso Drago Verde che aveva sbarrato la strada a Rya e compagnia, ruggendo a pieni polmoni. Fece un paio di giri nel cielo scuro per poi atterrare a pochi passi dalla Regina, evidentemente incattivito da qualcosa. Schiumava dalla bocca e la rabbia era chiaramente visibile nelle iridi giallastre del mostro, mentre ringhiava rivolto alla sua interlocutrice.
Shunghiada lo guardò, volse lo sguardo per un momento verso Rya, tornò al suo scagnozzo e lo colpì con un’artigliata in pieno muso, tale da farlo ruggire di dolore. Il sangue nero e viscoso schizzò dalla ferita, colando lungo il collo e il petto.
Acnologia lanciò un’occhiata alla ragazza, senza dire nulla.
Un sordo brontolio proveniente dalla gola del Drago Bianco pose fine alla punizione del suo simile, riportando l’attenzione di Shunghiada su di sé.
  • Lascia stare Tyrandis. Cosa pretendevi da lui? –
  • Che facesse il suo dovere e spazzasse via quei miseri umani! –
  • Evidentemente così miseri non sono. – si intromise alla fine Rya, guardando la Dragonessa infuriata.
 
Attorno a loro, una spaesata platea di astanti li osservava, lo stupore ben visibile negli occhi di tutti.
Altri Draghi arrivarono, provenienti dai confini della città, ignari della situazione e dei cambiamenti avvenuti nel frattempo. Venivano per ricevere ordini, per sapere che cosa dovevano fare della carneficina che ancora stavano perpetrando ai danni della popolazione.
Lo schieramento della Dragonessa vacillava. Sguardi preoccupati, confusi.
La luna decise di far capolino, segno che ormai l’eclissi era terminata, illuminando con la sua luce lattea i roghi che ancora ardevano ai quattro angoli di Crocus, il sangue reso argenteo dal suo bagliore colava da muri e macerie, impregnando la terra, la poca erba rimasta. Il fumo degli incendi arrivava fino alle narici dei Maghi, portato dalla brezza leggera che aveva iniziato a spirare su quel luogo reso infernale dall’arrivo di quei mostri assetati di sangue.
 
  • Kiranai, perché perdi ancora tempo con questi esseri inferiori? Sei diventato un Re così debole? –
  • Non sono più Re da molto tempo, Shunghiada. –
  • Ma non mi dire… e chi ti ha sostituito? –
  • Acnologia. – replicò il drago bianco, asciutto.
  • Oh… da quando i cuccioli impertinenti diventano Re? –
  • Da quando le psicopatiche diventano Regine. – si intromise di nuovo Rya, infastidita.
  • E da quando le pulci hanno diritto di parola? –
  • Da quando anche le pulci vengono elette Regine dei Draghi. – Shunghiada spostò lo sguardò stupito dalla ragazza al Drago Bianco.
  • Kiranai, che significa tutto questo? –
  • Esattamente quello che hai sentito. Acnologia è il nuovo Re dei Draghi e Rya è la sua Regina. –
  • La razza draconica deve essere diventata davvero debole per permettere una cosa del genere! –
  • O forse è solo diventata tanto intelligente da non voler più dare il potere a qualcuno che non lo merita. –
  • Tu, piccola… -
  • Porta rispetto ad una tua parigrado, Shunghiada. Non tollererò altre insolenze da parte tua. –
 
La Dragonessa Nera scrutò i suoi interlocutori con odio, posando le sue iridi rosse su ognuno di loro, a turno.
Kiranai, quello che era il suo compagno, colui che avrebbe dovuto fiancheggiarla, la stava invece ostacolando.
Acnologia, colui al quale aveva soggiogato la mente, si era ribellato al suo dominio e la stava fronteggiando apertamente.
Infine quell’umana sconosciuta di nome Rya, che aveva usurpato il suo trono di Regina.
 
La voglia di affrontarli era tanta, ma Shunghiada era prima di tutto una stratega. Non sapeva quante chance di vittoria aveva effettivamente, non sapeva quante frecce avessero i suoi avversari al loro arco. Troppe incognite, per poter prevedere chiaramente la conclusione rapida di uno scontro.
I suoi Draghi erano stanchi, lo sapeva lei, come lo sapevano i tre davanti a lei.
Lei era stanca.
Avrebbe subito troppe perdite per poter gioire della vittoria che la battaglia avrebbe portato e dopo molte esitazioni decise di abbandonare il campo.
Ruggì frustrata, arrabbiata, delusa. Ruggì tutta la sua indignazione e il suo risentimento, poi voltò le spalle e se ne andò, abbandonando quel luogo di morte insieme ai suoi guerrieri, lasciando campo libero ad Acnologia e ai suoi.
Avevano vinto, per il momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il prezzo della guerra ***


  • Perché se n’è andata? –
La voce di Gray giunse inaspettata alle orecchie della ragazza seduta su un grosso pezzo di muro crollato. Rya distolse lo sguardo dal Sole nascente per volgerlo in direzione del Mago del Ghiaccio in piedi dietro di lei, il torso nudo avvolto in bende e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Lo osservò per un momento, poi tornò a girarsi, appoggiando le mani all’indietro e distendendo la schiena, gli occhi rivolti alle nuvole tinte di rosa che solcavano il cielo violaceo.
  • Forse ha capito di non poter vincere. –
  • Non scherzare! Aveva un’armata che avrebbe potuto mettere in ginocchio l’intero Regno di Fiore, com’è possibile che si sia lasciata intimidire da una manciata di Draghi? –
La ragazza dagli occhi azzurri gli lanciò un’occhiata con la coda dell’occhio, per poi tornare a guardare verso l’alto, sbattendo leggermente le palpebre per l’aumento della luminosità dell’astro.
  • Ci sono diverse ragioni per cui a Shunghiada è convenuto evitare lo scontro, almeno per il momento. –
  • Ah sì? E quali sono? –
  • Innanzitutto devi sapere che le regole di uno scontro fra Draghi sono diverse rispetto a quelle che sussistono in un conflitto fra Umani e Draghi. Nel secondo caso, difficilmente i primi hanno qualche possibilità di vittoria, a meno che tra di loro non vi sia qualche Dragon Slayer di elevata potenza; nel primo caso, invece, le sorti della battaglia sono molto più incerte e ai Draghi non piace né perdere tempo, né rischiare troppo l’osso del collo. Quindi normalmente se il capo di uno dei due schieramenti viene ucciso, quello avversario vince automaticamente e prende il controllo delle truppe nemiche. –
  • Non combattono fino alla fine? –
  • I Draghi sono esseri dal sangue nero e dal cuore torbido, tutto quello che decidono di fare è per un proprio tornaconto. Non sanno cosa sia l’altruismo, sono crudeli e spietati. Valori come l’amicizia, l’amore, la lealtà non hanno alcun peso per loro. –
  • Ma Natsu ha sempre detto che Igneel è stato come un padre per lui. – il ragazzo fece qualche passo in avanti, fermandosi di fianco a Rya.
  • I Draghi come lui sono eccezioni, molto rare oltretutto.  – volse la testa verso di lui, l’espressione seria ma non tesa, e per la prima volta lui poté soffermarsi sui suoi lineamenti. La fronte liscia si intravedeva appena da sotto la frangia corvina, le sopracciglia scure ma ben delineate, occhi azzurri come il cielo estivo sottolineati da lunghe ciglia nere, il naso ben proporzionato, labbra definite e carnose, il tutto contornato da lunghi capelli raccolti in due basse code posizionate ai lati del collo e parzialmente nascoste. Il resto del corpo era coperto da un lungo mantello nero, fissato sul lato da una fibbia d’argento, le gambe inguainate in spesse calze infilate in stivali neri bassi che arrivavano fino al ginocchio, ornati da un piccolo cinturino nella parte alta. Lei tornò a guardare l’orizzonte e lui riuscì a riprendere l’uso della parola. Quella ragazza aveva qualcosa di strano.
  • Hai detto che i motivi per evitare uno scontro erano più di uno. –
  • Il secondo motivo è che il Drago Bianco che hai visto, Kiranai, era il suo Re. Se avesse chiesto un leale duello, uno contro uno, lei non avrebbe potuto rifiutare e non era certa di poter vincere. -
  • C’è anche un terzo motivo? –
  • L’ultimo motivo era la natura dei suoi avversari. Non si trattava solo di Kiranai, ma anche di Acnologia. Il Drago Nero ha un conto in sospeso con la Regina, dato che è stata anche colpa sua se Zeref è riuscito a soggiogarne la volontà. –
  • Zeref? Ma Wendy ha detto che si è trasformato così perché ha ucciso una moltitudine di Draghi! –
  • Non è corretto. In realtà fu Zeref a mutarlo in un Drago, mentre ne assoggettava la mente, rendendolo suo schiavo. Acnologia non ha ucciso poi così tanti draghi. Chi invece ha gli artigli lordi di sangue di Drago è Shunghiada. Per questo viene chiamata la Regina del Sangue Nero. –
  • Quindi è il Mago Nero che controlla la mente di quel mostro… -
  • Non chiamarlo così. Acnologia non è un Drago malvagio. –
  • Tu non c’eri a Tenroujima! – sbottò spazientito Gray, sbattendo un piede a terra. Rya si voltò a guardarlo, seria. – Tu non hai visto quella bestia distruggere la nostra Isola Sacra, tu non lo hai visto colpire il nostro Master, non hai visto gli alberi spazzati via, gli animali fuggire terrorizzati, non hai visto…  -
  • Ho visto tutto. – lo interruppe bruscamente lei, guardandolo dritto negli occhi.
  • Come… -
  • L’ho visto tra i suoi ricordi. Acnologia ricorda ciò che ha fatto, mentre era sotto l’influenza di Zeref, mentre eseguiva i suoi ordini. Ma non poteva farci nulla. Poteva solo obbedire. –
Gray rimase fermo, tremante dalla rabbia. Aveva odiato quel mostro nero che aveva distrutto L’Isola Sacra di Fairy Tail, che aveva obbligato i suoi compagni a sopravvivere come potevano per sette lunghi anni e che nonostante tutto non avevano mai perso la speranza di rivederli tutti quanti vivi e vegeti. Odiava quel mostro che li aveva separati dai loro cari, che aveva esposto la Gilda a soprusi e vessazioni solo perché i membri più forti non potevano essere lì a proteggere gli altri. Lo odiava a morte, eppure adesso era costretto ad essergli grato per essere venuto in loro soccorso e averli protetti da quella Dragonessa e dai suoi draghi.
Strinse i pugni, fino a conficcarsi le unghie nella carne. L’odore del sangue giunse fino alle narici di Rya, che però rimase ferma, in attesa, gli occhi azzurri illuminati da una scintilla di comprensione.
Il ragazzo digrignò i denti, poi scosse la testa, chiuse gli occhi e cercò di calmarsi. Il respiro si fece più regolare, mentre la furia che gli era montata in petto scemò a poco a poco. Passarono diversi minuti prima che fosse di nuovo in grado di parlare.
  • Se Zeref dovesse tornare a chiamarlo, non avremo scampo. –
  • Non succederà. Ho reciso il suo legame col Mago Nero. Quel maledetto non lo tormenterà più. –
Gray ci mise qualche secondo per capire cosa la ragazza gli avesse appena detto. Lei aveva distrutto qualcosa che era stato creato da Zeref. Lei, da sola, era stata in grado di neutralizzare una magia del Mago Nero. Un brivido gli corse lungo la spina dorsale, scuotendo il suo corpo fin dentro al midollo.
  • Ohi… chi diamine sei tu? –
  • Uh? Mi pareva che fosse già stato detto. Il mio nome è Rya. E sono la Regina dei Draghi. –
Con un balzo saltò giù dal suo punto d’osservazione, si stiracchiò le braccia e gettò un’occhiata al cielo limpido illuminato a giorno.
  • Cosa? Ma non è quell’altra la… - Gray non fece nemmeno in tempo a finire la frase che lei gli era già passata di fianco senza degnarlo di uno sguardo, diretta verso il campo che era stato allestito ai piedi del Mercurios.
 
Il ragazzo la guardò scomparire verso Ovest, sospirò e si girò un momento a guardare il paesaggio attorno a lui.
Ovunque erano visibili i segni del passaggio dell’esercito Draconico, ovunque erano macerie, resti anneriti di case e palazzi, prati bruciati, strade scheggiate o addirittura distrutte dagli artigli di quei mostri. La città era stata completamente rasa al suolo, la conta delle vittime era appena agli inizi ma si preannunciava una strage di dimensioni colossali. Lui avrebbe voluto dare una mano, ma dopo essere stato medicato alla bell’è meglio era stato allontanato dal luogo delle operazioni, con la raccomandazione di riposare il più possibile.
Perché?
Perché era successo? Perché continuava a succedere?
Per colpa della stupidità umana, così tante vite continuavano ad andare perdute.
Tirò un violento pugno al muro diroccato di un edificio, la mascella contratta e gli occhi semi-aperti di chi sta sentendo montare la furia dentro di sé, mentre il ricordo di Deliora e della distruzione da lui perpetrata riaffiorava alla mente.
E lui, come quella volta, era stato impotente, inerme, completamente sopraffatto dalla forza degli avversari. Per fermare Deliora, Ur, la sua maestra, aveva sacrificato la sua stessa vita. Per fermare quei mostri, era intervenuto Acnologia, il Drago che sette anni prima aveva spazzato via l’Isola Sacra di Tenrou con un solo soffio delle sue possenti fauci.
Chinò il capo, mentre il respiro si faceva affannoso, travolto e quasi annichilito dal peso delle sue memorie.
  • Gray. –
La voce di Mavis risuonò nelle sue orecchie, fino a giungere al suo cervello, spezzando la catena della reminiscenza che si era innescata. Aprì gli occhi e posò lo sguardo allucinato sulla bambina, che sospirò stancamente. Si avvicinò lentamente a lui, sfiorandogli appena un braccio con la punta delle dita della mano destra.
  • Calmati. –
L’oppressione che stringeva il cuore del Mago allentò la morsa, permettendo al ragazzo di riprendere il controllo del proprio corpo. Crollò sulle ginocchia, completamente spossato dalle sensazioni che fino a pochi istanti prima gli avevano attanagliato le viscere. Spostando il capo, notò che la mano della Prima Master era ancora premuta contro la sua spalla, un debole alone bianco ad illuminarne il contorno. Sentì un confortante calore sprigionarsi da quel contatto, quasi come se fosse avvolto in un caldo abbraccio. Istintivamente posò la mano sinistra su quella di lei, quasi avesse paura che si staccasse da lui, precipitandolo di nuovo in quell’abisso fatto di rimorsi, rimpianti e incubi.
Lei dovette accorgersene, perché strinse leggermente la presa, attendendo con pazienza che l’attacco di panico passasse.
Quando sentì i muscoli del ragazzo rilassarsi, lasciò andare la sua spalla per inginocchiarsi accanto a lui, abbastanza vicino da sfiorarlo, ma abbastanza lontano da non invadere il suo spazio vitale. Gray la guardò, gli occhi ancora sbarrati ma vigili.
  • Non so che cosa ti sia successo in passato, Mago del Ghiaccio, ma sicuramente hai dei ricordi legati a qualche strage, ricordi che non hai mai affrontato e che sono rimasti impressi nel profondo del tuo animo. Ma ora non è il momento di lasciarsi andare alla malinconia, alla paura, al terrore. Non importa quanta tristezza tu abbia nel cuore, non importa quanto dolore tu ora stia provando, tutto quello che puoi fare è alzarti e continuare a camminare, senza fermarti, un passo alla volta. Ci saranno giorni pieni di Sole e altri di pioggia, ma tu continua a cercare l’arcobaleno che si trova al di là del confine del tuo orizzonte. –
Mezzo minuto dopo, lei si rialzò, spolverò appena le vesti e sparì nuovamente alla vista, lasciando il ragazzo solo con i suoi pensieri.
Aveva scacciato la disperazione dal suo animo, il resto dipendeva da lui.
 
Gray arrivò all’accampamento quasi mezz’ora dopo, fermandosi al limitare dello spiazzo davanti al Palazzo Reale. Si guardò attorno, spaesato dalla visione da incubo che apparve davanti ai suoi occhi blu.
Decine di feriti, , tra militari della guardia reale e maghi provenienti dalle varie Gilde, stavano distesi su giacigli di fortuna, assistiti alla meglio dai loro commilitoni o da qualche superstite della strage. Bagnavano le loro fronti con acqua fredda, nel tentativo di abbassare la febbre dovuta alle infezioni, pulivano con attenzione le ferite dalla sporcizia e dal sangue rappreso, tenevano la mano di chi semplicemente stava aspettando di esalare l’ultimo respiro. Guerrieri e maghi dalle ferite spaventose lottavano tra la vita e la morte, chi aveva la pancia squarciata, chi aveva perso un arto, chi aveva ferite in più punti dove le zanne dei draghi erano riuscite a penetrare le loro difese.
Era uno spettacolo spaventoso e raccapricciante.
In mezzo a quell’inferno fatto di urla, sangue e un miscuglio di odori disgustosi, si muovevano anche due figure umanoidi che il ragazzo non aveva mai visto, ma che evidentemente stavano cercando di coordinare gli sforzi di tutti quelli che stavano aiutando senza sapere nemmeno da che parte tenere una benda.
La prima era un uomo piuttosto anziano, ma molto alto: i lunghi capelli bianchi erano raccolti in una bassa coda, i baffi che scendevano ai lati della bocca per ricongiungersi alla barba candida arrivavano fino al petto. Il viso esprimeva una calma quasi indifferente, mentre spiegava ad una giovane ragazza come fasciare correttamente la ferita al braccio di un soldato. Era rivestito di una specie di tunica sacerdotale di colore bianco, rifinita in argento, straordinariamente pulita per trovarsi in un luogo simile.
A pochi metri da lui stava una donna di non più di trentacinque anni, i capelli rosa raccolti in una crocchia e lunghe vesti da sacerdotessa dai colori sgargianti, occhi limpidi ed espressione serena e rassicurante.
Se non fosse stato per la pelle liscia e priva di imperfezioni, Gray l’avrebbe scambiata per Polyushika.
 
All’improvviso, una bambina dai lunghi capelli blu solo parzialmente raccolti in una coda fece il suo ingresso nel campo visivo del ragazzo, correndo a sedersi presso la donna. Aveva le vesti lacere e diversi segni di contusioni ed escoriazioni le macchiavano la pelle candida. Nemmeno lei era stata risparmiata dalla furia dei draghi, ma nonostante questo sembrava stare abbastanza bene.
  • Grandine, sono queste le piante che volevi? –
Grandine.
  • Sì, Wendy. Ora devi strapparne le foglie e mettere il tutto nell’acqua bollente, in modo che diventi un infuso. Danne da bere una tazza ai feriti più gravi, servirà loro per sentire meno dolore. –
La bambina corse via, annuendo, mentre la donna tornò a chinarsi su una giovane maga dai capelli azzurri e il corpo esile, priva di un braccio.
Wendy si diresse all’altro lato dell’accampamento, quello situato a ridosso della porta d’ingresso al Palazzo. Lì erano stati accesi diversi fuochi, su cui i volontari avevano posizionato le inferriate di alcune finestre trovate nei vicoli circostanti e adattati come grate di fortuna in modo che fosse possibile cucinarvi sopra qualcosa o mettere a scaldare acqua per disinfettarla.
A sorvegliare le operazioni stava Polyushika, seduta accanto ad alcune pentole da cui si levavano esalazioni colorate, intenta a rimestare alcuni di quegli intrugli nel tentativo di ricavarne unguenti e medicinali.
 
I Draghi di Acnologia si susseguivano in un viavai continuo che dalla periferia della città convergeva nella piazza del palazzo, portando all’ospedale improvvisato tutti i feriti che riuscivano a trovare. Molti di loro, però, invece di depositare delicatamente un fagotto sui teli bianchi che erano stati approntati per i bisognosi, scaricavano i corpi direttamente dall’altra parte dello spiazzo, ammucchiandoli insieme alle centinaia di cadaveri accatastati: si trattava delle vittime dell’attacco sferrato dai Draghi di Shunghiada, il cui numero aumentava ogni minuto, allo stesso ritmo con cui aumentavano le dimensioni della piramide formata dalle loro spoglie rese irriconoscibili dal fuoco e dagli artigli degli assalitori.
Gray rabbrividì alla vista della pila di resti e distolse lo sguardo, disgustato.
 
  • Questa è la guerra, Gray. Ed è per evitare che disgrazie simili si ripetano che esistono le Gilde dei Maghi e il Consiglio della Magia. –
  • Master Makarov… -
  • Molto sangue innocente è stato sparso stanotte, tuttavia lo spirito che anima la Razza Umana è ancora intatto in coloro che sono sopravvissuti. Non permetteremo a quella Dragonessa di fare ciò che vuole con la vita altrui. –
  • Non siate presuntuosi. Ora come ora, Shunghiada è fuori dalla vostra portata. –
Gray e il Terzo si voltarono, trovandosi di fronte Rya, la mano sinistra avvolta in un lungo guanto nero appoggiata all’anca e il peso spostato dalla stessa parte. Li stava guardando con un’espressione tranquilla, ma seria.
  • Davvero quella… quella Dragonessa è così forte? – chiese Gray, un tremito leggero nella voce.
  • Sì. – alla risposta di lei il Mago del Ghiaccio abbassò lo sguardo per un attimo, strinse i pugni e tornò a guardare la giovane Regina dei Draghi.
  • Allora non dobbiamo fare altro che diventare più forti, giusto? –
Rya si limitò a sbuffare lievemente e a sorridere, scuotendo la testa.
Non era cambiato nulla, era la stessa Gilda di pazzi che viveva nei suoi ricordi.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tenroujima in vista ***


Il calore del Sole sulla schiena nuda si fece talmente rovente da svegliare la ragazza che dormiva prona su un semplice telo di spugna verde acqua, la fronte appoggiata alle braccia incrociate sotto di lei. Facendo leva sui gomiti inarcò la schiena abbastanza per sollevare il busto, guardandosi attorno e cercando di ricordarsi dove fosse.
Davanti a lei si stendeva una foresta pluviale di dimensioni ragguardevoli, con i piccoli cespugli e le felci nella parte più bassa e le chiome dei pini marittimi e dei larici molto più in alto, il tutto contornato da un buon numero di liane e piante rampicanti. Voltandosi su un fianco, vide l’immensa distesa di sabbia bianca che continuava a perdita d’occhio parallela alla foresta, e poi… il mare.
Ne aveva avvertito l’odore salino sulla lingua appena aveva ripreso l’uso dei sensi, ne aveva sentito il rumore incessante dovuto allo sciabordio delle onde mentre si voltava e ora stava lì, di fronte a lei, vasto e sconfinato.
Chiuse gli occhi per un momento, abbagliata dal bianco abbacinante del riflesso dell’astro sulla spiaggia, vedendo l’alone rosso della luce che filtrava attraverso palpebre serrate. Godette di quella sensazione quasi da sogno ancora per qualche secondo, prima alzarsi con un guizzo dei muscoli addominali, drizzandosi in piedi di fronte all’oceano.
Un mese era passato, da quel giorno. Dal giorno della strage di Crocus perpetrata ad opera dei Draghi di Shunghiada.
 
Dopo aver salvato quante più vite possibile e aver bruciato i cadaveri dei caduti, perché costruire una simile quantità di tombe sarebbe stato praticamente impossibile, le varie Gilde erano tornate tutte alle loro sedi.
Rya, invece, aveva altri piani.
Per questo era partita insieme ad Acnologia, diretta all’Isola Sacra di Fairy Tail, su cui si trovava in quel preciso istante.
Era lì che doveva andare, che voleva andare. Aveva bisogno di parlare con Mavis, ma lei era sparita dopo la cerimonia funebre tenutasi nella piazza antistante al maniero della famiglia Fiore. La ragazza dagli occhi azzurri sospettava che fosse tornata sulla sua Isola, motivo per cui si trovava lì.
 
Pochi giorni di volo erano stati sufficienti per arrivare in vista del gigantesco albero di Tenrou, che proteggeva e rafforzava chiunque portasse il tatuaggio di Fairy Tail.
Ricordava ancora il caldo e assolato pomeriggio del quarto giorno, quando si sporse leggermente dalla sua posizione, per poter ammirare l'ombra proiettata dall'enorme corpo del drago sulla superficie del mare, così in contrasto con le piccole dimensione dei pesci che vi abitavano.
Aumentando le proprie percezioni, Rya aveva potuto sentire la vita sottomarina che all'arrivo del Re dei Draghi si nascondeva, terrorizzata.
Era un'eredità pesante, quella che portava Acnologia sulle spalle, inno antico alla morte ed alla distruzione.
I pensieri della ragazza si fecero tristi e lei sospirò, tornando al presente e rivolgendo gli occhi all'orizzonte. Cambierà mai questa situazione?
 
Tornò al mese precedente con la mente, rammentando i particolari del primo giorno.
Per evitare di turbare la pace che regnava in quel paradiso terrestre con la sua mole enorme, Acnologia aveva ripreso la sua forma umana: un giovane alto e slanciato, dai corti capelli biondi e gli occhi verdi era dunque apparso al suo posto, un’immagine che strideva alquanto con quella che dava di sé nella sua forma draconica. Aveva un’espressione quasi indecifrabile, ma quando si volse a guardare Rya e le sorrise, sembrò quasi assurdo anche alla ragazza come lui potesse essere così tenero e così spietato allo stesso tempo.
Aveva sorriso anche lei di rimando, e aveva allungato una mano verso di lui. Acnologia l’aveva stretta tra le sue dita e si era lasciato trascinare da lei lungo la spieggia dell’Isola: dopotutto non c'era nessuna fretta di andare a visitare il luogo in cui riposava Mavis e lei sembrava ansiosa di fare due passi per sgranchirsi le gambe irrigidite dalle tante ore di immobilità.
 
Il sole tingeva di rosso l'orizzonte, mentre si tuffava nell'oceano terminando il suo viaggio; una piacevole brezza tirava dal mare rinfrescando la sabbia bollente e portando ristoro alla vegetazione nelle vicinanze.
Rya si era stiracchiata, sorridendo.
  • Mmm... questo posto è esattamente come me lo ricordavo. È una gioia poterci tornare. –
  • Se lo dici tu… io non ci vedo nulla di speciale. –
  • Sei sempre il solito musone. Quando ti deciderai a essere un po’ più…più… – si fermò, non riuscendo a trovare le parole.
  • Positivo? Ottimista? – incalzò lui.
  • Io avrei detto spensierato, ma anche un po’ di ottimismo non guasterebbe. –
  • A essere realisti si vive meglio. – replicò lui, asciutto.
  • Dipende. Essere ottimisti ti porta spesso ad illuderti e a rimanerci male, questo è vero, ma ad essere realisti è tutto così grigio… sì, le cose belle che ti succedono riescono a stupirti, però poi ti dimentichi di vivere. -
  • E questa dissertazione filosofica da dove esce? –
  • Ehi, guarda che io sono sempre stata una persona di pensieri profondi! –
  • Da quando? – la riprese lui, stuzzicandola sul vivo.
  • Da sempre! –
Acnologia la guardò alzando un sopracciglio, come a sottolineare la sua assoluta perplessità in merito all’ultima affermazione, poi proseguì verso il bosco, allontanandosi dalla compagna.
  • E adesso dove vai? –
  • A cercare un angolino per schiacciare un pisolino. Volare stanca, sai? –
  • Tsk, pappamolla! – il rimbrotto amichevole della ragazza andò perso, dato che il Re aveva continuato a camminare, inoltrandosi nella fitta vegetazione circostante. Lei lo aveva guardato scomparire tra le fronde, finché anche il rumore dei suoi passi leggeri sul terreno erboso era cessato.
 
Chissà quando smetterà di guardare al passato?
 
Rya scosse il capo, come a voler scacciare i ricordi malinconici, e riportò lo sguardo sull'oceano infuocato.
Sedette sulla sabbia morbida e tiepida, ammirando l'orizzonte e la notte che scendeva, portando con sé suoni e profumi.
Durante le ore notturne in quell'isola le attività erano molto più frenetiche, persino le piante sembravano crescere più velocemente.
Senza la calura estiva, la ricerca di cibo e gli spostamenti erano attività molto più agevoli per la fauna che abitava Tenroujima.
Solo quando il cielo fu abbastanza scuro da permettere alle stelle e alla Luna di brillare della loro luce più fulgida si alzò, stiracchiandosi piano, per poi dirigersi verso il bosco. Era scalza e il terreno sotto ai suoi piedi era disseminato di asperità e piccoli sassolini appuntiti, ma grazie al bagliore argenteo che riverberava nel sottobosco riuscì a evitare tutto ciò che di avrebbe potuto ferirla. Con cautela, seguì l’odore di selvatico che così bene aveva imparato a conoscere tanti anni prima, un vago sentore di rugiada mista e nebbia, che le impregnava le narici. Quando arrivò a sentirne il sapore persino in bocca, capì che il suo proprietario non doveva essere lontano.
 
Lo trovò in una radura poco distante, il corpo mollemente abbandonato nelle acque argentate del piccolo laghetto naturale posto al centro di una spianata d’erba verde e soffice, un paradiso naturale nascosto tra le ombre scure della foresta. Si avvicinò lentamente, cogliendo ogni dettaglio di lui: la pelle abbronzata resa lattea dalla luce lunare, i capelli biondi, il corpo muscoloso rilassato a godere dell’acqua calda, a giudicare dalle volute di fumo che si innalzavano dalla superficie tremolante. Lui mosse appena la testa e contrasse i muscoli, avvertendo una presenza, per poi tornare a distenderli.
I suoi vestiti erano abbandonati disordinatamente vicino alla riva, dietro la sua schiena; poco dopo, anche l’abito della ragazza si aggiunse al miscuglio di colori e forme, mentre lei entrava in acqua a qualche metro da lui.
Le gettò un’occhiata al volo, constatando che indossava ancora il costume da bagno. Sorrise.
  • Non ti fidi di me? –
  • Non mi fido di nessuno, dovresti saperlo meglio di me. –
Lui sospirò, si mosse lentamente fino a ritrovarsi accanto a lei, tornando ad appoggiare le spalle alla roccia e rivolgendo lo sguardo al cielo stellato.
  • Quanto tempo è passato? –
  • Non lo so. -  
Lei si voltò a guardarlo, soffermandosi sulla linea degli addominali appena visibile sopra il pelo dell’acqua, risalendo poi per i pettorali ben definiti, il collo snello, la linea dolce della mandibola, le labbra sottili e gli occhi verde smeraldo, che sembravano brillare sotto la luce diretta dell’astro notturno. Lui sembrò accorgersi di qualcosa, perché distolse lo sguardo dalla volta stellata per posarlo sulla ragazza accanto a lui, lanciandole un’occhiata seria e profonda.
Al chiarore della luna, i lineamenti del volto di Rya erano ben visibili, così come l’inizio di una grossa cicatrice sulla spalla sinistra, che continuava più giù lungo tutto l’avanbraccio per poi sparire in acqua. Accanto a quella principale se ne vedevano altre due, più piccole, come se un animale piuttosto massiccio l’avesse colpita con una zampata. Lei indovinò la direzione del suo sguardo, perché portò la mano destra a coprire i segni rossastri che le macchiavano la pelle, voltando nel contempo la testa dalla parte opposta.
Acnologia scrollò le spalle e tornò a guardare in su, le iridi verdi perse nella volta celeste.
Rimasero così, in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, ma comunque sotto lo stesso cielo.
Insieme, ancora una volta.
 
L’alba successiva sorprese Rya ancora addormentata sull’erba appena umida della radura. La luce filtrava attraverso l’intrico dei rami, solleticandole gli occhi nascosti sotto le palpebre chiuse, ma senza per questo infastidirla. Una brezza leggera faceva stormire le foglie, mentre la natura si risvegliava ancora una volta, nel miracolo del Sole nascente.
  • Su, dormigliona. È ora di alzarsi. –
  • Ancora cinque minuti… - biascicò lei in risposta, nascondendo di più la testa sotto il mantello nero. Acnologia sorrise scuotendo la testa: nonostante fossero passati parecchi anni, Rya rimaneva sempre la stessa, buttarla giù dal letto la mattina era ancora un’impresa. Si avvicinò alla ragazza, prese un lembo della cappa e con un solo gesto la tirò via, strappando alla ragazza uno squittio sorpreso.
  • Ehi! Che stai facendo?? Ladro! –
  • Dai, alzati. Non penserai di poltrire tutto il giorno, vero? – rispose lui, gettando l’indumento a terra e dirigendosi verso il piccolo falò che aveva acceso poco distante. Una serie di suoni poco articolati e conditi da borbottii vari fece capire al Drago che la sua compagna si stava alzando, seppur contrariata.
  • Almeno oggi potevi lasciarmi dormire. –
  • Ma se è un mese che non fai altro! Piuttosto, quando pensi di andare da Mavis? – lei si fece pensierosa.
  • Vado alla sua tomba ogni giorno, ma lei rifiuta di parlarmi. –
  • Uh? E perché mai? – lei alzò le spalle, scuotendo la testa.
  • E chi lo sa. Quella è sempre stata un po’ svitata. – sbuffò lei.
  • Ehi! Chi sarebbe la svitata?! –
Rya si voltò di scatto, trovandosi di fronte una bimba dai lunghi capelli biondi mossi, gli occhi verdi e le guance gonfiate come se fosse arrabbiata. Due alette di piume bianche spuntavano da dietro il suo capo, in pendant col vestito a balze che le arrivava fin sotto al ginocchio.
  • Mavis! Era ora! Si può sapere dove ti eri cacciata? – la riprese subito Rya, piegando una mano sul fianco.
  • Dovevo pensare. E avevo anche alcune questioni in sospeso con Makarov. –
  • Sei tornata alla Gilda? – la bimba annuì, spostando lo sguardo sul ragazzo voltato di schiena che girava con calma alcuni tuberi sul fuoco, per cuocerli omogeneamente. Lui dovette accorgersi dello sguardo della Prima Master piantato tra le scapole.
  • Se vuoi me ne vado. – disse brevemente, fiutando una piccola insicurezza nella bambina, sentendola mordersi il labbro.
  • No, resta anche tu, Re dei Draghi. Ci sono molte cose di cui dobbiamo discutere. A partire dal tuo legame col Mago Nero. –
  • A proposito del Mago Nero… - Rya si fece improvvisamente seria, guardando Mavis dritta negli occhi – perché Zeref si trovava qui, sette anni fa? – la bimba non sembrò molto sorpresa dalla domanda.
  • Cercava un posto in cui morire. – replicò asciutta.
  • E adesso cos’è cambiato? – Mavis sostenne il suo sguardo indagatore, mantenendo un’espressione neutra e impassibile.
  • Come fai a dire che è cambiato qualcosa? –
  • Sappiamo che lo hai visto. Hai addosso il suo odore. – si intromise Acnologia, avvicinandosi e incrociando le braccia sul petto nudo. Mavis sospirò, capitolando.
  • Adesso ha deciso che vuole sterminare il genere umano. –
  • Sai che novità. Sono secoli che tenta di fare la stessa cosa, senza mai riuscirci. – replicò stizzita la ragazza dagli occhi azzurri, scrollando le spalle e rilassando i muscoli.
  • Stavolta è davvero deciso, Rya. E anche molto, molto arrabbiato. –
  • Si deve essere accorto che il suo legame con Acnologia è stato reciso. – intuì Rya, serafica.
  • E magari tu sai anche chi è stato. – continuò Mavis, assottigliando gli occhi.
  • E soprattutto come, non è così? – Rya continuò a guardarla, senza per questo mostrarsi intenzionata a proseguire il discorso.
 
Acnologia sospirò appena, allontanandosi di qualche passo dalle due ragazze, avvicinandosi nuovamente al falò.
Lo sapeva.
Zeref non lo avrebbe mai lasciato in pace.
Zeref avrebbe tentato ancora di controllarlo, o peggio, di ucciderlo.
Ci sarebbero stati altri scontri, altre battaglie, altro sangue.
Si voltò un attimo a guardare le due che ancora discutevano animatamente, Rya sembrava seccata mentre la Prima Master aveva gonfiato le guance, indispettita. Sembravano due bambine che litigavano per una caramella.
Tornò a guardare il fuoco, girando cautamente il pesce che aveva pescato quella mattina presto e controllando che fosse ben arrostito.
Era parecchio tempo che non si concedeva una piccola vacanza, una sorta di ritiro spirituale, lontano da tutto e da tutti. Tutto ciò a cui anelava in quel preciso istante era potersi godere la quiete che permeava quell'isola fuori dal mondo.
Inspirò a fondo l’aria leggermente salmastra che saliva dall’oceano, accompagnata dal vago sentore di pino marittimo e di felce, beandosi della visione della vegetazione attorno a sé e della piccola cascatella d’acqua termale.
Era strano.
Il luogo che lui stesso aveva devastato soltanto sette anni prima, sembrava averlo accettato comunque, nonostante le cicatrici e il dolore causati dalla sua intromissione.
Mavis dovette accorgersi della sua inquietudine, perché si rivolse a lui, sospendendo momentaneamente il suo battibecco con Rya.
  • Tenroujima non era molto propensa ad accettare nuovamente la tua ingombrante presenza. Ma le cose cambiano, le persone cambiano. Tu stesso hai addosso un odore diverso, e questo l’Albero lo ha sentito immediatamente. –
  • Ci hai messo lo zampino, Mavis? – si intromise Rya, guardandola sorniona.
  • Forse. – la bimba sorrise all’indirizzo del Re dei Draghi, lasciando ondeggiare le ali ai lati della testa alla tiepida brezza estiva. Rya lasciò correre e sorrise a sua volta, girandosi verso Acnologia.
 
Dopotutto, anche lui meritava una seconda possibilità.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Akane Beach ***


Nel frattempo, a molte miglia di distanza, precisamente ad Akane Beach, Elsa era comodamente distesa sul proprio asciugamano, le braccia incrociate sotto la testa e un’espressione beata dipinta sul volto. I lunghi capelli rossi, raccolti in una coda, erano morbidamente sparsi sul collo e sul tessuto spugnoso verde.
Il costume nero le copriva malamente le natiche, mentre i laccetti del reggiseno erano slegati, lasciando la schiena completamente scoperta sotto i caldi raggi del Sole estivo. Alla sua destra stava un piccolo vassoio, appoggiato in equilibrio molto precario sulla sabbia bollente, contenente un bicchiere colmo di liquido rosa, con tanto di ombrellino colorato e fettina di arancia come decorazione. Una brezza leggera spirava dal mare, rendendo la calura sopportabile e il prendere la tintarella particolarmente piacevole, mentre lo stormire delle fronde delle palme arrivava come una dolce nenia alle orecchie della Maga delle Armature.
 
In lontananza si potevano udire gli schiamazzi di Lucy, Levy e Wendy che si divertivano a giocare a palla nelle acque poco profonde vicino alla riva, ridendo allegramente quando qualcuna di loro capitombolava facendo un bagno fuori programma. Lluvia se ne stava poco distante, osservando distrattamente le sue compagne di Gilda seduta direttamente sulla sabbia del bagnasciuga. I suoi pensieri erano ben lontani da lì, sicuramente persi tra i monti in cui Gray e gli altri avevano deciso di soggiornare per l’estate, dedicandosi ad un allenamento intensivo. Le guance si tinsero immediatamente di rosso, mentre fantasticava sul ritorno a casa del Mago del Ghiaccio, con un regalo per lei e una promessa di amore eterno sulle labbra. Lo vide avvicinarsi a lei, prenderla delicatamente per l’avambraccio, cercando di voltarla verso di sé e…
  • … via! Lluvia! –
Il suo bel sogno ad occhi aperti venne bruscamente interrotto da una ragazza dai lunghi capelli rosa confetto che la stava effettivamente tirando per un braccio, nel tentativo di riscuoterla dallo stato di torpore in cui era caduta.
  • Meredy… - sbuffò la maga dell’Acqua, ben poco contenta di vedere l’amica al posto del suo adoratissimo Gray.
  • Beh? Non sei felice di vedermi? – chiese la ragazza stupita.
  • Ma no, ma no. – si intromise Lucy, sventolando una mano davanti alla faccia come a voler scacciare una simile eventualità – sta solo pensando al suo amore lontano. –
  • Nessuno ti ha chiesto nulla, Rivale in Amore. – rispose la diretta interessata, freddamente.
  • Ma insomma Lluvia, ancora con questa storia? Io non… -
  • Ah Lluvia, Lluvia, non hai ancora fatto passi avanti con quel bel fustacchione? Mi deludi così! –
  • M-Meredy! – il rossore diffuso sulle guance della ragazza suscitò l’ilarità di tutta la combriccola. Le sonore risate delle ragazze arrivarono anche alle orecchie di Elsa, che decise di alzarsi per controllare la situazione e vedere cosa avesse scatenato tanto divertimento. Stando ben attenta a reggere il costume nero davanti al seno, fece leva sui gomiti per sollevare il dorso e la testa.
  • Ti sei svegliata anche tu, vedo. – una voce familiare la fece voltare verso destra.
  • Urrutia… - la maga dell’Arco del Tempo sorrise alla sua ex-nemica, annuendo.
  • Abbiamo saputo in via ufficiosa che tu e le altre eravate venute qui in vacanza, abbiamo pensato di passare a salutarvi. –
  • Avete fatto bene. – sorrise di rimando Titania, tirandosi a sedere e allacciando attentamente i laccetti del bikini. Urrutia si alzò dal telo, scuotendosi di dosso la sabbia e osservando la sua piccola Meredy abbracciare strettamente Lluvia, cercando di trascinarla in acqua con lei, mentre Levy e Lucy le davano man forte spingendo la Maga dell’Acqua da dietro.
  • Gerard ha detto che aveva da fare, è partito stamattina all’alba. –
  • Ah… oh… capisco… - rispose lei, mordendosi appena un labbro. Strinse con forza le mani a pugno, sfregando fra di loro le cosce, come se fosse sulle spine. Non riusciva proprio a vincere l’imbarazzo che le creava il sentir nominare il suo nome, forse perché ricordava il loro ultimo incontro da soli, su quella spiaggia, quando lui le aveva confessato di avere una fidanzata. Forse ricordava il suo stupore, nel vederlo apparire come membro della Squadra B di Fairy Tail ai Giochi della Magia. Forse ricordava il suo volto, gentile e al tempo stesso determinato, quando era corso a salvarla prima che lei finisse preda dei Draghi. Si colpì le guance arrossate con i palmi delle mani, tentando di riprendere il controllo su di sé. Urrutia, conscia della situazione dei due, attese pazientemente in silenzio che lei tornasse a prestarle attenzione.
  • E poi… siamo anche venute a salutarvi. –
  • Uh? Partite? – la donna dai capelli neri annuì, seria.
  • Sì. Dobbiamo nuovamente metterci sulle tracce di Zeref, dato che l’energia magica proveniente dal Palio della Magia si è rivelata un buco nell’acqua. Proveremo a spingerci ai confini Est di Fiore, sperando di trovare qualche indizio. Ci spingeremo anche oltre, verso l’antico Regno di Seven, se dovesse essere necessario. Da qualche parte deve essersi nascosto e noi dobbiamo trovarlo. – Elsa guardò la maga davanti a sé e abbassò leggermente la testa, storcendo le labbra.
  • Capisco, dopotutto si tratta della vostra missione. Tuttavia ritengo alquanto pericoloso avventurarsi in un viaggio simile da soli. È nell’interesse di tutti sconfiggere Zeref, potreste aspettare un po’ e noi potremmo chiedere il permesso al nostro Master di unirci a voi nella ricerca. – Urrutia chiuse gli occhi e scosse la testa.
  • No, dopotutto noi siamo una Gilda indipendente e Gerard è un latitante. Il Consiglio della Magia non vedrebbe di buon occhio una nostra collaborazione. – riaprì gli occhi neri e sorrise a Elsa – Grazie comunque per l’offerta. Fra un paio di giorni dovremo incontrarci con Gerard per poi partire immediatamente. Ma ci tenevamo comunque a salutarvi e a ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per noi. –
  • Beh, per oggi almeno consideratevi nostre ospiti. Ripartirete domani. Vi aspetta un viaggio lungo e pericoloso, non so quante altre occasioni di relax vi possano capitare. – Urrutia gettò un’occhiata a Meredy, che rideva felice assieme a Lucy e le altre. Aveva pensato di andare ad aspettare Gerard direttamente al punto di rendez-vous, ma il sorriso felice della giovane maga dai capelli rosa la convinse a modificare leggermente i suoi piani. Dopotutto, era improbabile che Gerard si liberasse in anticipo, a quanto aveva capito i suoi impegni sarebbero stati alquanto brigosi.
  • E sia. Per oggi rimarremo qui. – Elsa annuì, alzando un braccio e chiamando a gran voce un cameriere del Resort dove si erano stabilite lei e le sue compagne di Gilda, ordinando un cocktail per sé e uno anche per la Maga dell’Arco del Tempo. Se dovevano passare del tempo assieme, era meglio farlo piacevolmente, no?
 
Akane Beach.
La spiaggia privata era poco affollata e la quiete regnava sovrana in quel piccolo angolo di paradiso.
Era stata Lucy a lanciare la proposta di una vacanza tutta al femminile, dopo il rientro trionfale nella città di Magnolia in qualità di Gilda più forte di tutta Fiore. Ne aveva sentito la necessità già dopo la conclusione della battaglia contro i Draghi di Shunghiada, ma l’urgenza di andarsene al più presto da Fairy Tail era giunta col passare dei giorni e con il ritorno al consueto tran tran quotidiano, fatto di liti, risse e scazzottate in piena regola. Dopo l’ennesimo tavolo schivato miracolosamente, la bionda era sbottata.
  • Adesso basta! Noi ce ne andiamo in vacanza! – aveva urlato in preda alla rabbia.
  • Noi chi, Lucy? – aveva chiesto angelico Natsu, come se avesse scordato di essere stato proprio lui a lanciare l’oggetto che avrebbe potuto spedire all’altro mondo la sua compagna di team.
  • Noi ragazze! Sono stufa dei vostri stupidi e inutili battibecchi, se avete qualcosa da dirvi fatelo, ma senza coinvolgere anche noi! –
  • Giusto. Perché non organizziamo una gita da qualche parte? Un’uscita tutta al femminile? – era intervenuta Elsa, appoggiando l’idea di Lucy.
Con l’intervento di Levy e Wendy poi, la decisione ricadde su Akane Beach con la sua sabbia dorata, il mare cristallino, il trattamento principesco del Resort riservato e i divertimenti forniti dalla movida notturna. Non era il pic-nic che si era prospettata la Maga delle Armature, ma era comunque qualcosa di rilassante e piacevole. Qualcosa che le tenesse lontane da quegli scavezzacollo dei loro compagni di sesso maschile e dalle loro assurde sfide, almeno per qualche tempo.
 
Erano già al terzo giorno di soggiorno, quando vennero raggiunte da Urrutia e Meredy, si sentivano quasi rinate, tutte tranne Lluvia e Wendy. Alla prima mancava troppo la presenza del ghiacciolo nudista, mentre la seconda era ancora risentita per il rifiuto ricevuto da Grandine di portarla con sé. Ma il tempo soleggiato e l’aria salmastra avevano avuto effetti benefici anche sui loro umori, rendendole se non allegre almeno più serene.
Dopo la mattinata passata tra chiacchiere e nuotate, Lucy, Levy, Wendy, Lluvia, Elsa e le due maghe di Crime Sorciere si avviarono verso l’albergo per godere dell’abbondante pranzo incluso nel pacchetto. Qui si incontrarono con Cana, la quale aveva avuto qualche problema a liberarsi della presenza affettuosa ed ingombrante di Gildarts, accompagnata da Laki, anch’essa intenzionata a godersi qualche giorno di meritato riposo. Mirajane e sua sorella Lisanna erano rimaste assieme a Kinana a prendersi cura del bar della Gilda, ma la beona della Gilda assicurò che la situazione si era acquietata notevolmente dopo la partenza dei più scalmanati tra gli attaccabrighe abituali.
Sedettero tutte insieme al tavolo riservato, gustando il meglio delle sontuose portate e servendosi al buffet che troneggiava al centro della sala, da cui si potevano prelevare senza limiti i contorni freschi e la frutta da gustare a fine pasto.
 
Finito il pranzo si ritirarono tutte nelle loro camere per schiacciare un pisolino, tutte eccetto Cana e Urrutia che preferirono fermarsi a stazionare al bar dell’hotel, sorseggiando cocktail e chiacchierando sommessamente.
Dopo che il sonno ristoratore ebbe rinnovato loro le energie, le maghe decisero di tornare in spiaggia per godersi il Sole pomeridiano e un salutare bagno rinfrescante, per poi affrontare una cena ancora più abbondante del pranzo e una serata danzante organizzata sulla riva nel piccolo chiosco adiacente al mare.
 
Una vacanza tranquilla e divertente, proprio come avevano desiderato.
 
Verso mezzanotte, Elsa si allontanò dal bar nel quale il rumore della musica da discoteca era diventato assordante, quasi quanto le urla di Cana che incitavano Levy e Lucy a bere ancora.
Se continua così, quelle due avranno una bella sbornia da smaltire domattina.
Elsa ridacchiò divertita, al pensiero delle due ragazze barcollanti e con la testa pesante. Erano in vacanza dopotutto, e una sbronza non aveva mai ucciso nessuno. Forse.
Aveva bevuto anche lei qualche drink di troppo, non abbastanza da ubriacarla ma sufficienti a renderla brilla.
Due passi l’avrebbero sicuramente aiutata a schiarire la mente, ragion per cui sgusciò via dal locale e si avviò lentamente lungo la spiaggia, il corto vestito arancione mosso dalla leggera brezza che spirava dal mare, abbassando la temperatura e rinfrescando l’ambiente circostante. I granelli di sabbia le si infilavano tra le dita dei piedi, solleticandole la pelle e donandole una piacevole sensazione di frescura.
Quando il suono della musica cessò definitivamente, decise che si era allontanata abbastanza, fermandosi a rimirare il mare scuro che brillava sotto la fredda luce lunare.
Il venticello che prima sentiva leggero cominciò ad aumentare d’intensità, andando ad aggredirle la pelle nuda delle braccia. Istintivamente si portò le mani a massaggiare vigorosamente le spalle, nel tentativo di ritrovare un po’ di calore.
Qualche istante dopo, sentì il freddo sparire improvvisamente, mentre un delizioso tepore si impadroniva delle sue membra irrigidite. si voltò appena, vedendo una cappa leggera di colore blu e bordata d’azzurro appoggiata alle sue spalle. Piccoli ricami dorati svettavano sulla stoffa, tra cui il simbolo della Gilda Indipendente Crime Sorciere. Con uno scatto si girò completamente verso la sua sinistra, trovandosi di fronte… Lui.
Lui, che l’aveva protetta quando era una bambina, alla Torre del Paradiso.
Lui, che divorato dalle parole di quello che credeva Zeref, l’aveva scacciata dallo stesso luogo, allontanandola dai suoi amici, costringendola alla fuga, sola ed impaurita.
Lui, che aveva manovrato il Consiglio della Magia per sfruttare il satellite Etherion e caricare di energia l’enorme Lacrima che aveva fatto costruire nel corso di lunghissimi anni, sacrificando Shimon e arrivando quasi a uccidere la stessa Elsa, per il folle piano di far resuscitare il Mago Nero.
Lui, che aveva ritrovato privo di memoria mentre cercava di fermare il Nirvana insieme alle altre Gilde, rivelandosi poi lui stesso la chiave per l’attivazione di quella lugubre magia.
Lui, imprigionato e condannato per la sua condotta spregevole nei confronti di tutto il mondo magico, liberato successivamente da Urrutia e Meredy con le quali aveva poi fondato la Gilda Crime Sorciere, sgominando più di una Gilda Oscura e aiutando il Regno di Fiore a diventare un posto migliore, mentre lei dormiva per sette lunghi anni nell’Isola Sacra di Tenroujima.
Lui che aveva combattuto al fianco di Fairy Tail al Palio della Magia e nella battaglia successiva contro i Draghi.
Gerard Fernandez.
Il cuore le perse un colpo, o forse due, alla vista dei suoi capelli azzurri e degli occhi scuri, fissi su di lei.
  • Gerard… - pronunciò il suo nome in un soffio, incapace di emettere qualche suono più articolato, presa alla sprovvista dall’apparizione di lui.
  • È un po’ che non ci vediamo. – sorrise lui, quel sorriso dolce e gentile che lei gli aveva visto tante volte, quando le parlava. Il sorriso che riservava solo a lei.
  • Già… - rispose lei, evidentemente imbarazzata. Non aveva dimenticato il loro ultimo incontro. Con le dita sottili prese i due lembi del mantello di lui, stringendolo un po’ di più attorno al suo corpo, come a volersi nascondere. Inspirò profondamente, cercando di calmare il battito cardiaco e nel contempo cercando qualcosa di sensato da dirgli.
  • Stai bene? – la sua domanda, inaspettata, la lasciò spiazzata. Ma a confonderla ancora di più fu la vena di preoccupazione chiaramente udibile nel suo tono di voce. Lui si stava preoccupando per lei. E lei continuava a non riuscire a spiccicare parola. Si diede mentalmente della stupida – Hai ancora freddo? Forse non stai bene. – continuò lui, avvicinandosi ulteriormente a lei e toccandole la fronte con la mano. Elsa divenne dello stesso colore dei suoi capelli.
  • S-sto bene! – replicò alla fine, quasi urlando. Gerard fece un passo indietro, stupito dalla reazione della ragazza. Lei, finalmente, tornò a respirare, riuscendo a far defluire un po’ di colore dalle gote – V-volevo dire che sto bene, solo… non pensavo di trovarti qui. –
  • Avevo un impegno con… la mia ragazza. – l’ultima parte della frase la sussurrò appena, con voce incerta – Mi sono liberato prima del previsto e ho pensato di venire da Ur… - il resto della frase si perse nell’aria, mentre Elsa inspirava profondamente. L’indumento che indossava era intriso del profumo di lui, dolce e malinconico, un profumo che lei aveva imparato ad amare fin da bambina. Quello stesso profumo, il riflesso argenteo della luna sul mare, il vento leggero, l’alcool che aveva ingerito e che forse le stava annebbiando i sensi… tutto quanto le stava urlando di mettere fine a quella patetica scenetta, a quell’inganno che stavano usando ormai da tanto, troppo tempo.
  • Gerard. – lo chiamò, interrompendo il suo soliloquio – Lo sappiamo tutti e due che non sei bravo a mentire. – lo guardò in faccia, coraggiosa come solo l’alcool poteva renderla. Lo vide sbiancare prima e arrossire poi, confermando la sua teoria per cui la faccenda della fidanzata era tutta una balla colossale.
  • Io… - la titubanza di lui provocò la furia di lei.
  • Senti, mi sono stufata di tutte queste menzogne. Sii chiaro, per la miseria! Se non mi vuoi basta dirlo! – proruppe lei, guardandolo inferocita. Pensava di essere forte, abbastanza da affrontare finalmente quel discorso che la tormentava ormai da anni. Poi sentì un fastidioso bruciore propagarsi, mentre gli occhi le si inumidivano.
  • Elsa, ma che stai dicendo? -
  • La verità, Gerard. Quella maledetta verità che non hai voluto dirmi tu! – fece una pausa, sentendo le lacrime ormai discenderle lungo le guance, senza riuscire a fare nulla per fermarle - Io non ti piaccio! -
  • Elsa, ma sei impazzita? Certo che mi piaci! Mi piaci da impazzire, io… - si morse un labbro, impedendosi di continuare a parlare. Non poteva rivelarle i suoi sentimenti, l’aveva fatta soffrire troppo. L’aveva usata, tradita, ferita. Come poteva pretendere ora di avere un futuro insieme a lei? Scosse la testa, abbassandola. Era ancora vivido nella sua mente il suo abbraccio freddo e disgustoso con cui aveva applicato un sigillo alla ragazza, con l’intento di sacrificarla per la resurrezione di Zeref. Non poteva. Non più. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Un tocco leggero come una piuma lo convinse alzare nuovamente lo sguardo sulla rossa.
  • Dillo. Dillo, Gerard. – lei era lì, di fronte a lui, le guance arrossate dall’alcool e dall’imbarazzo e le labbra incurvate in un sorriso dolce. Gli accarezzava delicatamente la guancia, guardandolo speranzosa. Come poteva deluderla, di nuovo? Si maledisse mille e mille volte per la sua incapacità di prendere decisioni davanti a lei, per la codardia che continuamente dimostrava quando era lei la sua interlocutrice. Inspirò a fondo, conscio finalmente che scappare non era più un’opzione valida. Doveva decidere. Doveva scegliere.
 
I secondi scivolavano via, mentre Elsa rimaneva in attesa di una risposta da parte del ragazzo che le stava di fronte, nel suo petto il cuore martellava così forte da farle pensare che anche lui potesse sentirne i battiti chiaramente. Ancora non si capacitava di quanto temeraria fosse stata a prendere in mano la situazione, a parlare di quell’argomento che entrambi avevano sempre considerato tabù; ancora non si riconosceva in tutta quell’audacia che l’aveva spinta a fargli la fatidica domanda, quella che le bruciava in gola da mesi. Anni.
Rimase lì, immobile, la mano premuta sulla guancia di lui, guardandolo lottare interiormente, vedendo l’indecisione passare come un’ombra sul suo viso.
 
Dopo alcuni minuti, mentre l’angoscia cresceva e la paura di un rifiuto netto e insindacabile si facevano strada nel suo cuore, finalmente lui decise di muoversi. Premette una mano su quella di lei, girandosi contemporaneamente a lasciarle un morbido bacio sul palmo aperto. A quel semplice contatto, Elsa rabbrividì, sentendo il sangue pulsare più velocemente sotto la pelle. Il calore si andò a concentrare tutto in un unico punto, situato nel basso ventre della ragazza, provocandole ancora più imbarazzo di quello che provava prima.
Lui aprì gli occhi, lentamente, osservandola con le sue iridi scure, immerse nelle sue. Inspirò profondamente, poi si decise a posare, con studiata lentezza, la mano libera sul fianco sinistro di lei, avvicinandola a sé.
Quel movimento, sentire la carne tenera di lei, attraverso la stoffa leggera dell’abito, provocò una serie di sensazioni che lui non riuscì a identificare. Felicità, timore, paura, serenità, tutte mischiate ed aggrovigliate come una matassa senza capo né coda. La vide, la sentì sussultare appena per quel gesto così inusuale per loro, e vide i suoi occhi brillare, lucenti come stelle.
Lei fece qualche passo verso di lui, attirata da una forza misteriosa che le urlava di lasciarsi andare, di avvicinarsi, lasciando che lui le circondasse la vita col braccio e spostasse dolcemente le dita sulla guancia umida, chiudendo gli occhi e godendo di quella tenerezza inaspettata. Aveva desiderato per così tanto tempo ricevere quelle attenzioni da lui che ora che l’attesa era finita, si sentiva impreparata.
Gerard si chinò in avanti, fino a lambire con le punte dei capelli la fronte di Elsa, guardandola come si dovrebbe guardare la donna amata: come l’ultimo cucchiaio di Nutella in fondo a un vasetto che credevi vuoto, come l’ultimo biscotto in una busta di cui non ti eri accorto, come l’ultima fetta della tua torta preferita che troneggia all’interno del frigo.
Si avvicinò ancora, fino a sentire il respiro caldo di lei sul viso.
  • Ti amo. – le soffiò sulle labbra.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Gita tra i monti ***


Intanto, in una foresta nel cuore dei monti, gli “scalmanati più attaccabrighe della Gilda” si stavano concedendo un po’ di sano e meritato riposo.
Circa.
 
Natsu, Gray ed Elfman, convinti che la vacanza programmata da Elsa e le altre fosse solo una copertura per allenarsi in segreto, avevano deciso di organizzare una loro personale sessione estiva di allenamento intensivo, ovviamente tutta al maschile.
Inizialmente la scelta del campo di addestramento era ricaduta sul prato situato nel retro della Gilda, ma dopo pochi giorni fu chiaro che sarebbe stato troppo limitato come terreno per le loro sfide e le scazzottate – perché in questo si trasformavano sempre i loro esercizi – arrivarono ben presto a svolgersi direttamente all’interno della Gilda, con conseguenti e onerose spese in arredamento e stoviglie.
 
Makarov, stanco di ritrovarseli in mezzo ai piedi ogni giorno, aveva deciso di allontanarli da Fairy Tail pianificando le ferie estive anche per loro, sperando così di godere lui stesso di una buona dose di pace e tranquillità, durante la loro assenza.
Conosceva un uomo, un certo Billy, che era stato un mago piuttosto mediocre parecchio tempo addietro. Una volta abbandonata la poco promettente strada della magia, aveva comprato un bell’appezzamento di terra sui monti a Nord-Ovest di Magnolia, poco distante dal Monte Hakobe, e lì aveva fatto costruire diversi chalet in pietra e legno, uno per sé e la sua famiglia, gli altri da affittare ai turisti. In inverno i monti innevati erano una rinomata meta sciistica, mentre d’estate la bellezza dei panorami e i percorsi attraverso le foreste attiravano un numero impressionante di escursionisti.
 
Il Terzo Master si ero quindi messo in contatto con lui, prenotando alcuni cottage e spronando i suoi ragazzi a partire al più presto per quel luogo salubre e pacifico, in modo da poter sfruttare il più possibile il tempo a disposizione per allenarsi e diventare più forti.
Wakaba e Makao, che sapevano quanto questa sollecitudine paterna fosse dovuta non tanto al desiderio di miglioramento dei propri figli, ma piuttosto all’acquietamento dell’aria alla Gilda, furono ben felici di dargli man forte perorando la sua causa. Tanto dissero e tanto fecero che Natsu, Happy, Gray, Elfman, Jet e Droy, accompagnati da Gildarts in qualità di maestro e tutore, partirono il giorno successivo, rigorosamente a piedi. Il Dragon Slayer del fuoco si era rifiutato di utilizzare un qualsiasi mezzo di trasporto e i suoi compagni furono costretti ad accompagnarlo a piedi per espresso ordine di Makarov, anche se avrebbero di gran lunga preferito un viaggio ben più comodo.
 
Erano partiti una bella mattina di fine Luglio, il Sole splendeva alto nel cielo e le nuvole giocavano a rincorrersi sulle ali di una brezza leggera. Siccome il tragitto sarebbe stato piuttosto lungo, i ragazzi decisero che ne avrebbero approfittato per allenarsi anche mentre erano in cammino per non perdere nemmeno un prezioso minuto. La prima tappa di diversi chilometri venne percorsa in poco tempo, allenando la loro resistenza fisica e chiacchierando per aumentare anche le loro capacità polmonari. La sera si accamparono in un piccolo spiazzo erboso circondato da alberi, preparandosi un bivacco e continuando a fare esercizi per irrobustire la muscolatura.
Natsu, Gray, Gildarts ed Elfman non ebbero particolari problemi a mantenere lo stesso ritmo per svariati giorni, i più svantaggiati furono i due componenti maschili del Team Shadow Gear, che dato il loro fisico non esattamente atletico, ebbero non poche difficoltà a tenere il ritmo dei loro compagni. Ma il pensiero di Levy e della sua sorpresa al vedere i loro nuovi corpi temprati dalle fatiche li fece continuare ad avanzare con caparbietà, sorreggendoli nei momenti in cui sentivano le forze venire meno.
 
Continuando a percorrere a ritmo sostenuto la strada che portava al Monte Hakobe, i ragazzi arrivarono ben presto in vista delle pendici dei monti. Le cime erano ancora spruzzate di bianco, ma il resto dei pendii erano verdeggianti e brulicavano di vita. Mentre percorrevano il sentiero che, secondo la cartina fatta a regola d’arte per loro da Reedus, avrebbe dovuto portarli dritti dritti agli chalet di Billy, i nostri eroi non poterono fare a meno di ammirare la bellezza della natura circostante. La foresta di pini e sempreverdi era impreziosita da felci e fiori spontanei. I tronchi degli alberi adorni di muschio al nord profumavano di resina e legno umido, rendendo l’aria circostante più pesante ma anche più fresca, una vera delizia a confronto della calura estiva che aveva rischiato di sciogliere il povero Gray. Natsu invece sembrava risentire un po’ dell’umidità e della leggera nebbiolina che sembravano regnare nel sottobosco, immerso nell’ombra e nella frescura. Dopo parecchie ore di cammino, la maggior parte delle quali passate ad inerpicarsi su per i pendii e per le strade rese sdrucciolevoli dalla rugiada mattutina, giunsero finalmente in vista dei primi comignoli sbuffanti di fumo grigiastro.
  • Perché i camini sono accesi? – chiese Natsu, guardando le volute scure salire vorticando in cielo e disperdendosi a causa della bava di vento che tirava.
  • Perché siamo in montagna, testa di rapa. Qui c’è decisamente più freddo che in pianura! – rispose bruscamente Gray, guardando male il compagno e incrociando le braccia sul petto nudo, la maglia dimenticata chissà dove.
  • Non patire freddo è una cosa da veri uomini! – si intromise Elfman, beccandosi un’occhiataccia da tutti i suoi compagni. Per lui la cosa più importante era esseri dei veri uomini, poco importava come questo avvenisse.
  • Piuttosto vediamo di muoverci, se ci sbrighiamo potremo gustarci un buon pranzo e riposare un po’. Questa umidità mi sta distruggendo. –
  • Non pensi ad altro che a mangiare e dormire, Droy! Come pensi di conquistarti le attenzioni di Levy in questo modo? –
  • Tsk, ma che vuoi che le importi, lei ha occhi solo per Ga… -
  • Non dirlo nemmeno per scherzo, Gray! Non ricordi quello che le ha fatto quel bastardo? –
  • Smettetela. Gajil non è più quello che era quando stava insieme a Phantom Lord. È cambiato. – ringhiò in risposta Natsu. Per quanto quella ferraglia ambulante non gli andasse molto a genio era comunque un ottimo compagno e si era sempre dimostrato leale nei loro confronti.
  • Aye! – esclamò Happy, concludendo il discorso che stava diventando troppo complicato per lui. Si era perso alla prima frase di Elfman, a dire il vero, ma questa è un’altra storia.
 
Arrivati davanti a quella che sembrava la casa più grande, Gildarts entrò da solo, facendo cenno ai ragazzi di aspettarlo fuori. Makarov si era raccomandato di tenerli sott’occhio perché non combinassero guai e lui era intenzionato a rispettare quell’incarico. Uscì dopo una manciata di minuti, munito di chiavi da distribuire per i vari cottage, ma quello che trovò fu soltanto un groviglio di corpi umani intenti a darsele di santa ragione.
Alla faccia della vacanza piacevole insieme ai suoi ragazzi.
 
Non appena calmata la situazione, a suon di pugni naturalmente, il Mago del Crush divise i ragazzi in coppie: Jet e Droy ebbero una chiave, così come Elfman e Gray. Lui e Natsu invece avrebbero diviso la stessa casetta con Happy. Una volta lasciati i bagagli nelle loro stanze, i compagni di Gilda si divisero, ognuno con l’intento di allenarsi un po’ per conto proprio.
Gildarts, che di fare fatica proprio non ne voleva sapere, si concesse una passeggiata tranquilla nel boschetto circostante, inspirando a pieni polmoni l’aria salutare che vi si respirava. Lo stormire delle foglie al vento leggero era una dolce nenia, fatta apposta per calmare i battiti del cuore e rilassare lo spirito e le membra.
Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Una volta che Fairy Tail era rientrata a Magnolia, anche lui ne aveva approfittato per andare ad abbracciare sua figlia e complimentarsi con lei per lo splendido risultato da lei ottenuto durante il Palio. Non era da tutti essere in grado di utilizzare il Fairy Glitter con una tale naturalezza. Ciò che l’aveva lasciato spiazzato era stata l’apparizione di Mavis e il colloquio da questa tenuto in sua presenza con Makarov.
Il Terzo Master aveva chiesto alcune spiegazioni alla bambina bionda, in merito ai Draghi che avevano attaccato Crocus e soprattutto in merito ad una nuova maga apparsa per la prima volta proprio nella Capitale del Regno, in compagnia di Acnologia. Al ricordo della furia distruttiva di quella bestia, un brivido percorse la spina dorsale del Mago e il suo sguardo si posò istintivamente sull’avambraccio sinistro, polverizzato dal Drago Nero diversi anni prima del suo arrivo a Tenroujima.
Ricordava perfettamente ogni dettaglio di quell’incontro, se chiudeva gli occhi poteva persino sentire la voce del vecchio da dietro la porta del suo studio…
 
Flashback
 
Appena varcata la soglia della Gilda, il suo sguardo l’aveva cercata e trovata subito. La sua Cana.
Era comodamente seduta su uno dei tavoli nuovi, sorseggiando birra direttamente da una botte. Non cambiava mai, quella ragazza. Eppure, per quanto poco l’avesse vista da bambina, non ricordava che fosse così poco femminile.
E sì che basterebbe così poco per renderla una donna stupenda…
Assomigliava in maniera impressionante a sua madre, Cornelia. E ancora una volta si chiese come fosse possibile che non l’avesse riconosciuta subito, alla prima occhiata.
Aveva sorriso e le era andato incontro, spostando il barile e abbracciandola stretta, nonostante il disappunto espresso molto vivacemente dalla Maga delle Carte.
Poi qualcos’altro aveva attirato il suo sguardo, una montagna di capelli biondi al termine della quale spuntavano due gambe piccine e due piedi nudi da bambina.
Mavis, la Prima Master di Fairy Tail, aveva deciso di passare qualche tempo nella sua Gilda, causando un mucchio di problemi a Luxus e al suo Commando del Dio del Fulmine.
L’aveva vista fare un cenno discreto a Makarov, per poi salire nello studio del vecchio, seguita a ruota da lui.
Istintivamente anche lui si era appropinquato verso la stessa stanza. Si era accostato allo stipite, sentendo le voci dei due Master confuse, on parlavano abbastanza forte da permettergli di origliare. Aveva quindi bussato leggermente alla porta di legno scuro.
  • Avanti. – aveva detto Makarov, per nulla stupito di vederlo entrare. Anche Mavis sembrava attenderlo, perché fu lei a rivolgergli per prima la parola.
  • Sapevo che saresti venuto, Gildarts. Accomodati. –
  • Come facevate a sapere… - la bambina ridacchiò.
  • Il mio soprannome era “il Generale delle Fate”, per le mie capacità di calcolo delle probabilità. Diciamo che la tua venuta qui era prevista al 97.8%. –
  • Dunque… di preciso, perché siete venuti qui adesso? –
  • Perché ho delle domande da fare a Mavis. Domande che riguardano la Gilda e la sua salvaguardia. – a quelle parole, Gildarts si fece attento. Chiuse la porta alle sue spalle si accomodò appoggiando la schiena alla parete, stando esattamente a metà tra i due.
  • Cosa vuoi sapere, Terzo? –
  • Innanzitutto cosa sai di questi Draghi che sono usciti dal Portale? – la bambina si morse un labbro e sedette su una delle sedie davanti alla scrivania, sprofondando quasi completamente dato che era davvero troppo grande per lei.
  • Non molto, a dire il vero. Shunghiada era chiamata la Regina del Sangue Nero ed era, anzi, è una dragonessa vissuta molti secoli fa. Di lei si sa poco, se non che è ritenuta la responsabile della caduta del Regno di Pergrande, avvenuta all’incirca Quattrocento anni fa. Di lei e dei suoi Draghi non so altro. – Makarov rimase in silenzio, pensieroso. Evidentemente sperava che Mavis avesse più informazioni da dargli.
  • Per quanto riguarda gli altri Draghi? È vero che tra i Draghi che accompagnavano Acnologia c’era anche Igneel, il padre di Natsu? – Fu Gildarts a fare la domanda successiva, incuriosito dalla storia dei Draghi che aveva sentito accennare ai suoi compagni di Gilda. Natsu era così eccitato per aver rivisto il padre, non l’aveva mai visto così.
  • Sì, tutti i draghi spariti il 7 Luglio dell’anno X777 erano presenti. Oltre ad Acnologia c’erano anche Metallikana e Grandine. Inoltre… - Mavis si fermò un momento, come per soppesare le parole – inoltre so chi è il Drago Bianco che li accompagnava, quello con quegli enormi baffoni da vecchio monaco cinese. – mimò con le mani attorno alla bocca, tracciando il segno di quei baffi immaginari, lasciando alquanto perplessi i suoi interlocutori.
  • Ha detto di essere stato il Re dei Draghi prima di Acnologia e di essere stato lui a lasciargli il titolo. – Makarov cercò di ricordare tutto quello che aveva detto il Drago Bianco, stringendo gli occhi come se stesse facendo uno sforzo.
  • Corretto. Ma quello che non sapete è che lui è il padre di Rya, colui che l’ha allevata durante gli anni della sua infanzia. – continuò Mavis, sorridendo.
  • Rya? Intendi forse… -
  • Sì, la ragazza che accompagnava Acnologia e i suoi. Non sapevo che conoscesse il Drago Nero, lei non me ne aveva mai parlato. Ma sono sicura che Kiranai fosse il nome del Drago che le ha insegnato la magia del Dragon Slayer. –
  • E tu come fai a conoscerla? Insomma, non per mancarti di rispetto, ma tu sei venuta a mancare da qualche anno… - Gildarts diede voce ad un dubbio che condivideva con il Terzo Master.
  • Per di più, chiaramente poteva vederti. Questo è un privilegio concesso solo a chi fa parte della Gilda di Fairy Tail. – concluse lo stesso Master, guardando la bambina dai capelli biondi. Era preoccupato. Un’altra Dragon Slayer, una che, per giunta, sembrava sapere il fatto suo. Aveva bisogno di più informazioni.
  • Semplice. Rya faceva parte della Prima Generazione di Fairy Tail. È stata una mia Maga e c’è mancato poco che divenisse il mio successore al ruolo di Master. – la bionda buttò indietro la testa, sorridendo mentre rievocava i ricordi di come aveva incontrato la Dragon Slayer dagli occhi azzurri, un incontro così strano che sembrava quasi tessuto dal Destino – Vedete, quando la conobbi stava in una Gilda di Assassini. Lei era stata allevata dai Draghi, il peso della vita altrui non aveva alcun significato per lei. Non era cattiva, ma era… come dire, aveva un cuore di Drago, i suoi sentimenti e il suo modo di pensare erano stati plasmati da quegli animali e come pensavano loro pensava anche lei. Come se il suo cuore umano stesse dormendo. –
  • Quindi lei era… -
  • Un’assassina, sì. Almeno all’inizio. Mi raccontò che una volta raggiunta l’età adolescenziale i Draghi la mandarono a vivere in mezzo ai suoi simili. Le dissero che esistevano luoghi di ritrovo per quelli come lei dotati di magia chiamati Gilde e le consigliarono di affiliarsi ad una di queste. Sfortunatamente per lei la prima che le capitò sotto mano fu una Gilda poco raccomandabile. La trovai fuori dalla casa di un nobile che ci aveva chiesto protezione. Lei era lì per uccidere lui e tutta la sua famiglia, ma io e i miei compagni riuscimmo a dissuaderla. Parlandole, capimmo che lei non era cattiva, non uccideva perché era malvagia fino al midollo. Uccideva perché le dicevano di farlo e secondo i suoi insegnamenti non era una cosa sbagliata. Decidemmo di portarla a Fairy Tail per mostrarle cosa fosse davvero una Gilda, spiegandole che si poteva sopravvivere anche senza uccidere gli altri. - Mavis fece una pausa, dondolando le gambe a penzoloni ritmicamente, le braccia morbidamente appoggiate in grembo e l’espressione rilassata.
  • Quando hai scoperto che era una Dragon Slayer? –
  • Per caso. Prendeva le missioni, partiva da sola e ritornava a missione conclusa. Poi ricominciava tutto da capo. Non aveva nemmeno una casa, si era stabilita in una piccola grotta nella foresta che c’è qui vicino a Magnolia. – ridacchiò, ricordando la sorpresa di trovarla in quell’anfratto angusto e umidiccio, un letto di paglia e ben poche comodità a tenerle compagnia – Fu solo dopo che iniziò a stringere amicizia con Altea, una Maga degli Spiriti che apparteneva alla mia Gilda, che riuscimmo a capire qualcosa in più di lei. Era una che difficilmente si sbottonava a proposito di se stessa e del suo passato, ma ogni tanto qualcosa le sfuggiva, come ad esempio il nome del Drago che le aveva donato il Dragon Slayer. Pian piano cominciò a diventare più socievole, tanto che decisi di darle la possibilità di affrontare l’esame per ottenere il Rango S. Inutile dire che superò la prova al primo tentativo. –
  • Doveva essere una ragazza davvero tosta… cosa andò storto? -
  • Poi… arrivò Zeref. O meglio, tornò. Aveva dormito a lungo e all’improvviso decise di mostrarsi nuovamente agli occhi del mondo. – fece una pausa, rattristandosi. Doveva esserci qualcosa che le faceva male, in quella parte del racconto e né Gildarts né Makarov volevano vedere la bimba piangere.
  • Mavis, se per te dovesse risultare troppo doloroso… - lei scosse la testa con vigore, ricacciando indietro una lacrimuccia traditrice.
  • No, no. È giusto che voi sappiate come stanno le cose. Rya e Altea incontrarono il Mago Nero per caso, durante una missione. Nemmeno l’immenso potere magico della mia Dragon Slayer fu sufficiente ad ucciderlo. Era l’unico avversario che fosse rimasto in piedi e a lei questo non andava giù. Divenne quasi un’ossessione, per lei. Lo cercava in continuazione, ogni volta che sentiva di grossi problemi o missioni pericolose ci si buttava a capofitto, sperando di ritrovarlo per battersi nuovamente con lui. Io l’avevo pregata di smetterla, di lasciare perdere la sua brama di rivincita, ma non c’è stato niente da fare. Finché… - inspirò a fondo prima di continuare – finché un giorno non fece più ritorno alla Gilda. La cercammo a lungo, ovunque, ma di lei nessuna traccia. Pensammo tutti che fosse andata a cercare Zeref e che lui, alla fine, l’avesse uccisa. Pochi anni più tardi il mio corpo umano morì, e la Gilda passò in mano a Purehito, in qualità di Secondo Master. – concluso il suo racconto, la bambina sospirò sollevata, come se si fosse tolta un macigno dallo stomaco. Non era mai riuscita ad accettare del tutto la scomparsa di Rya, ma non aveva mai trovato una spiegazione plausibile che non implicasse la morte della Maga.
  • Questo però non spiega come faccia lei ad essere qui ora. – rispose dopo qualche minuto Gildarts, mentre ripensava all’intera faccenda. Com’era possibile che fosse sparita per tutti quegli anni per poi ricomparire dal nulla?
  • No, questo è vero. Ma è lei, ed è viva. Non si tratta certo di un’alleata da poco. – sentenziò Mavis, convinta.
  • Sei sicura che sia proprio lei, Mavis? – si intromise infine Makarov, cercando di non ferire i sentimenti della bambina e tuttavia volendo una conferma di quanto diceva.
  • Assolutamente, Terzo. –
  • E non ti sembra strano che dimostri poco più di diciotto anni, nonostante sia assente da… quanto? Settanta anni? – interloquì di nuovo Gildarts, meno malleabile di Makarov. Se c’era anche solo una possibilità che Fairy Tail fosse in pericolo, lui voleva saperlo.
  • Ottantanove, per l’esattezza. Era l’anno X695, quando scomparve misteriosamente e aveva circa diciotto anni allora. – rispose Mavis, tranquillamente.
  • Andiamo, com’è possibile che sia rimasta esattamente uguale, non una ruga, non un segno di invecchiamento, nulla! – sbottò infine il Mago del Crush.
  • So anche io che la cosa non è normale, ma posso assicurarti che è proprio lei! – anche Mavis era visibilmente alterata ora, dopo le accuse quasi esplicite di Gildarts. Si era irrigidita e aveva spinto il busto in avanti - La sua energia magica è la stessa. – aggiunse poi, sbuffando e incrociando le braccia sul petto, offesa.
  • Va bene, va bene. Basta così. Sai altro che possa aiutarci a districare la questione? – Mavis scosse la testa debolmente.
  • Non so altro, mi spiace. –
 
 
Gildarts tornò al presente, alla sua passeggiata in mezzo ai monti. C’era qualcosa che non gli quadrava, proprio no. Si fidava di Mavis e si fidava anche di Makarov, ma di quella Rya proprio no. O aveva scoperto l’elisir di eterna giovinezza oppure c’era qualche cosa di torbido nel suo passato. Di sicuro una persona normale non poteva passare tutti quegli anni senza invecchiare per nulla!
Gli sfuggiva qualcosa, se lo sentiva. C’era qualcosa che sentiva di dover sapere che però non gli veniva in mente. Come quando hai un nome sulla punta della lingua e proprio non riesci a pronunciarlo.
 
I suoi passi lo riportarono pian piano verso la zona in cui sorgevano gli chalet. Stava già pregustando una bella doccia calda, una cena abbondante e una sessione di ozio post-cibo da manuale.
Sfortunatamente i suoi progetti vennero funestati proprio da coloro a cui avrebbe dovuto badare.
 
Era ancora parecchio lontano quando cominciò a sentire rumori di muri distrutti, mentre un acre odore di bruciato si spandeva nell’aria insieme ad un denso fumo nero. Fu costretto a coprirsi il viso con un lembo del mantello, mentre gli occhi pizzicavano e minacciavano di lacrimare abbondantemente entro breve.
C’era forse un incendio? Forse i suoi ragazzi erano in pericolo!
Si mise immediatamente a correre come un forsennato, pregando che non fosse tropo tardi.
 
La scena che gli si parò davanti aveva un che di apocalittico.
Tutti i cottage, nessuno escluso, erano stati rasi al suolo. I resti anneriti di alcuni di questi svettavano in mezzo all’erba, mentre porzioni di foresta ancora bruciavano vivide nella luce del tramonto.
In mezzo ai ruderi, Billy e la sua famiglia piangevano disperati per tutti gli anni di lavoro e di sacrifici finiti distrutti.
Jet, Droy ed Elfman erano riversi a terra, il corpo coperto di lividi ed escoriazioni, segni di bruciature erano evidenti soprattutto in mezzo ai capelli. Happy svolazzava in circolo sul teatro del disastro, attendendo che anche lo scontro all’ultimo sangue tra Natsu e Gray terminasse.
 
I sei compagni, rimasti soli, si erano dispersi, salvo poi ritrovarsi tutti nello stesso luogo che avevano scelto per allenarsi. La sfida a Morra Cinese che era nata per dirimere la disputa su chi avrebbe potuto allenarsi nella radura poco distante dalle casette in legno e pietra era sfociata in una sonora scazzottata, arrivata a livelli talmente estremi da richiedere l’uso improprio e sconsiderato della magia.
Il risultato era ciò che aveva Gildarts sotto i suoi occhi: tutti gli chalet distrutti, tre dei suoi ragazzi ridotti a stracci e gli altri due che ancora non ne volevano sapere di calmarsi.
 
La bella vacanza che si era prospettato era andata, letteralmente,  in fumo, grazie a quelle due teste calde che non perdevano mai occasione di menarsi.
La sua rabbia esplose in un pugno dato al terreno, che provocò un’onda d’urto che si propagò lungo tutte le vicinanze. I pochi ruderi ancora in piedi crollarono miseramente, molti alberi della foresta finirono abbattuti, riversandosi su Natsu e Gray che non riuscirono a scansarsi in tempo.
Il Mago del Crush si sollevò da terra, abbandonando l’enorme cratere che il suo attacco aveva causato e si mosse per recuperare i suoi ragazzi, sbuffando come una locomotiva.
Volevano un allenamento?
Avrebbero ricostruito da cima a fondo tutti i cottage che loro avevano distrutto.
Ghignando sadicamente prese i suoi compagni uno ad uno, lasciandoli tramortiti sull’erba fresca, andando a scusarsi con i proprietari e assicurandoli di una pronta ricostruzione e del risarcimento dei danni da parte di Fairy Tail.
Per non sbagliare, Billy provvide a spedire un riepilogo dei danni subiti comprensivo di richiesta di risarcimento.
 
In quel preciso istante, nella rinnovata sede di Fairy Tail, il Master Makarov starnutì.
  • Master, non si sente bene? –
  • Eh? Cosa? No, mia cara Mirajane. Solo… ho un brutto presentimento. –
  • Riguardo a che cosa? –
  • A quegli scavezzacollo di primordine. Chissà che danni staranno combinando in questo momento! –
  • Master, dovrebbe stare tranquillo! I ragazzi sono cresciuti e sono sicuramente molto più responsabili di sette anni fa! Inoltre c’è anche Gildarts con loro, vedrà che andrà tutto bene. – sorrise la ragazza albina, annuendo.
  • È proprio questo che mi preoccupa. – borbottò fra sé e sé il Terzo Master, osservando pensieroso il boccale di birra vuoto. Scosse la testa, cercando di non pensare alla spiacevole sensazione negativa che si era impadronita di lui – Meglio non pensarci. Piuttosto, prenderei volentieri un'altra birra se non ti dispiace. – allungò il bicchiere alla bella barista della Gilda, che lo prese delicatamente portandolo dietro al bancone e riempiendolo d’un liquido giallo chiaro, molto schiumoso, continuando a sorridere.
  • Sono sicura che stanno tutti bene. – continuò Mira, stando ben attenta a non rovesciare il contenuto del boccale mentre lo riponeva sul tavolo davanti al Master.
  • Non sono loro che mi preoccupano. È quello che li circonda, il problema. – ribatté lui, serafico.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
E niente, eccoci al settimo capitolo. Come avrete notato, questi sono tutti capitoli di passaggio, pieni di amenità e piuttosto scarsi a livello di azione, ma non disperate, questa è solo la quiete che precede la bufera. Avevo bisogno di un po’ di spazio (e di capitoli) per riassettare un po’ le cose, per dare spazio anche a un po’ di romanticismo che purtroppo manca nell’opera originale e anche per mettere in chiaro alcuni equilibri che si sono andati a modificare con l’arrivo di Rya.
Ne approfitto per aggiungere giusto due parole, rivolgendomi a tutti coloro che leggono e seguono questa storia, ringraziando cordialmente chi usa una parte del proprio prezioso tempo per perdersi tra le mie righe, seguendo i miei contorti e assurdi ragionamenti. Vi ringrazio davvero di cuore, anche se non posso fare a meno di notare che le visualizzazioni in questo fandom siano calate panico e paura. Sono rimasta assente parecchio, devo essere sincera, però non posso fare a meno di dispiacermi di questa situazione che si è venuta a creare. Diversamente da altri fandom che seguo e che a distanza di molti anni continuano ad essere attivi e vitali, questo sembra quasi che stia morendo.
A parte questa piccola nota nostalgica, grazie ancora a chi segue e recensisce la storia, vi assicuro che apprezzo davvero tanto la vostra presenza e il vostro supporto!
Un abbraccio e a presto!
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Una Demone per amica ***


Chi manca ancora all'appello?
Ah già, Gajil e Panther Lily.
Beh, di loro si sapeva poco, se non che si erano avventurati in qualche angolo sperduto di Fiore per allenarsi e diventare più forti. Nulla che non si fosse già visto.
 
Anche il Commando del Dio del Fulmine aveva optato per esercitarsi in una località sconosciuta, lontano da occhi indiscreti e fastidiosi.
 
Il resto dei componenti della Gilda erano rimasti a casa, godendosi la pace e la tranquillità che ora regnavano nella sala comune e nella piscina. Kinana, Mirajane e sua sorella Lisanna continuavano a servire bevande fresche e cibo in abbondanza a chi stazionava al bar, mentre Wakaba e Macao si scolavano una birra dietro l’altra, rimpiangendo la mancanza della loro compagna di bevute preferita.
 
Agli inizi di Settembre, mentre la stagione estiva si avviava al declino, tutti coloro che si erano allontanati dalla Gilda fecero ritorno a quella che ormai consideravano la loro casa, Fairy Tail.
Le vacanze erano state un piacevole diversivo, ma era arrivato per tutti il momento di rimettersi a lavorare sodo per tenere alto il nome della Gilda più forte di tutto il Regno.
 
Elsa e le ragazze furono le prime a tornare, insieme a Gajil e al suo Exceed, riempiendo nuovamente la Gilda di sane chiacchiere femminili e di magnifici scorci da ammirare.
Pochi giorno dopo fu il turno di Luxus, Freed, Evergreen e Bixslow, il cui ritorno venne considerato un’ottima occasione per festeggiare e una buona scusa per bere più del dovuto.
 
Gli ultimi a fare ritorno, a Settembre inoltrato, furono i ragazzi di Gildarts, che erano stati impegnati per tutto il mese precedente nelle opere di ristrutturazione degli Chalet del Signor Billy.
Non appena varcarono le porte della Gilda, più morti che vivi, il Master Makarov si alzò in piedi sul bancone su cui stava seduto, l’espressione seria e minacciosa.
  • Proprio voi, razza di imbecilli! Per l'ennesima volta la vostra eleganza da elefanti ha messo in difficoltà me e la Gilda! Possibile che dovunque andiate creiate caos e distruzione? Vergognatevi! – tirò fuori un voluminoso plico di fogli, sventolandolo nervosamente davanti ai neo-arrivati – Sapete cosa sono questi? –
  • Aye! Le cartoline che abbiamo spedito mentre eravamo in vacanza! – esclamò sicuro di sé Happy, ignorando allegramente lo sguardo assassino del Terzo Master.
  • No, branco di deficienti! Queste sono tutte le note di spesa per i materiali che abbiamo dovuto comprare per ricostruire completamente i villini di Billy! Tutto quello che abbiamo dovuto pagare per legname, pietre, chiodi, cemento e suppellettili varie! No, dico, vi rendete conto della cifra folle che ho dovuto sborsare per rimediare ai vostri casini?! –
  • Ma Master, noi… - provarono a giustificarsi i diretti interessati, mentre Gildarts annuiva con gli occhi chiusi.
  • Niente scuse!! Ripagherete tutto, fino all’ultimo centesimo! Da adesso e fino a che non avrete saldato il debito, tutto ciò che guadagnerete dalle missioni che accetterete sarà confiscato dalla Gilda. Sono stato chiaro?! –
  • Sissignore! – i ragazzi scattarono immediatamente sull’attenti, terrorizzati dall’aura funesta che attorniava il loro Master. Sapeva essere davvero spaventoso, quando voleva, quel vecchietto.
 
La mattina seguente la nuovissima bacheca delle missioni venne presa d'assalto da alcuni dei maghi, desiderosi di accaparrarsi gli incarichi migliori e più remunerativi, per potersi liberare di quel cappio al collo fatto di denaro il prima possibile.
  • Lucy! Ne ho preso uno! Andiamo, svelta!! – Natsu saltellò fuori dalla nuvola di polvere che aveva attorniato lui e i suoi compagni, sventolando un pezzetto di carta un po’ sgualcito.
  • Eh? – la Maga degli Spiriti Stellari inclinò lievemente la testa, senza capire di preciso dove il suo compagno di Gilda volesse andare a parare. Era comodamente seduta al bancone, sorseggiando un cocktail alla frutta immersa nelle sue chiacchiere femminili insieme a Levy e Mirajane, non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo.
  • Non c'è tempo! Vieni, dobbiamo correre! – la bionda sentì la morsa ferrea di lui sul polso sinistro, prima di essere trascinata via alla velocità della luce insieme ad Happy.
  • Natsu aspettaaaaaaaaa!! –l’eco della sua voce, acuta e resa alquanto stridula dalla situazione, si affievolì a mano a mano che le tre figure si facevano via via più piccole, fino a sparire del tutto all’orizzonte.
  • Natsu non cambierà mai. – scosse la testa Gildarts, sorridendo fra sé e sé.
  • Ha persino dimenticato di registrare l’incarico… - Mira corrucciò la bocca mettendo un dito su di essa, assumendo così un’espressione preoccupata.
  • Già… beh, basterà vedere quali mancano dalla teca e risalire a quello che hanno preso. Ma una bella ramanzina non gliela leva nessuno, quando rimetterà piede qui dentro. –
 
In quel momento, la porta della Gilda si aprì di nuovo, mentre una folata d’aria calda faceva il suo ingresso trionfale, in uno svolazzare di vesti colorate.
Sulla soglia, una ragazza dai lunghi capelli corvini, legati in una morbida treccia che le scendeva lungo il collo fin sul petto, un corto e vaporoso vestito a tinta floreale e un paio di sandalini calzati ai piedi, il braccio sinistro avvolto completamente da un guanto nero lungo fino alla spalla. Nessuno sembrò accorgersi della sua entrata e lei poté scrutare con occhio critico tutto l’interno di Fairy Tail.
Le pareti erano in pietra chiara, mentre tutto l’arredamento era di legno. L’ambiente spazioso era diviso in diversi settori da una selva di colonne altissime che si congiungevano al soffitto a campate. Sulla destra troneggiava un bancone da bar, completo di una quantità di bottiglie colorate disposte in bell’ordine dietro di esso, mentre la sala era cosparsa di molti tavoli ordinati in file attorno ai quali si erano raggruppati tutti i Maghi della Gilda, chi per bere, chi per mangiare e chi per chiacchierare. Sul fondo, alcune semplici scale in legno portavano al secondo piano, una specie di soppalco dello stesso materiale circondato da una piccola balaustra. Tra le griglie si intravedevano altri tavoli e sedie, tutto immerso nella penombra, come se nessuno fosse presente lì, al momento. Il lungo bancone del bar faceva una curva ad L per poi continuare sul fondo della stanza, adorno di altre bottiglie e di tutte le attrezzature per spillare la birra.
Scrutata la sala, Rya passò al setaccio anche la folla vociante, cercando di imprimersi nella mente i volti di quelli che le aveva elencato Mavis.
Makarov, il Master attualmente a capo di Fairy Tail, un vecchietto simpatico e mattacchione, ma che sapeva tirare fuori gli artigli se qualcuno dei suoi figli si trovava nei guai.
Gildarts, un uomo di mezza età con manie da libertino, dotato però di un potere magico spaventoso, il Crush.
Luxus, biondo e muscoloso, taciturno e strafottente. Sapeva che all’inizio disprezzava quasi la Gilda, finché poi non aveva capito i suoi errori e aveva fatto di tutto per fare ammenda. Era un Dragon Slayer di Seconda Generazione, cioè il suo potere non derivava dagli insegnamenti draconici, bensì da una lacrima impiantata nel suo corpo. Storse appena il naso, non gli andava molto a genio quel tipo di Dragon Slayer.
Elsa, la rossa Maga delle Armature. Maga di Classe S dotata di rara determinazione. Se si metteva in testa qualcosa non mollava la presa finché non riusciva a raggiungere il suo obiettivo.
Voltando lo sguardo verso il bar, notò due ragazze molto simili tra di loro, entrambe albine. La più grande doveva essere Mirajane Strauss, la Maga del Satan Soul, mentre l’altra doveva essere la sorella minore, Lisanna, Maga dell’Animal Soul. Magie interessanti le loro, in particolare quella della maggiore. Nonostante il suo aspetto mite e gioioso era una Maga di Rango S come Elsa e Luxus, e diventava una vera furia in combattimento.
Dall’altra parte, sparsi in mezzo alla sala, stavano gli altri Dragon Slayer. Poteva riconoscerli per il loro odore caratteristico, così simile a quello dei Draghi da cui avevano imparato le loro magie.
Gajil, Dragon Slayer di Metallikana, Wendy, la prediletta di Grandine. Mancava però il figlio di Igneel, Natsu. Sentiva il suo odore residuo nell’aria, come se si fosse allontanato da poco.
Tra gli altri maghi che la Prima Master aveva menzionato c’erano anche Lucy, Maga degli Spiriti Stellari come Altea, per la quale valeva lo stesso discorso di Natsu. Levy, giovane Scripter piuttosto promettente e Lluvia, Maga dell’Acqua ossessionata da Gray, Mago del Ghiaccio che in quel momento se ne stava in piedi di fronte alla bacheca delle missioni in boxer, intento a scegliere qualcosa da fare, imitato da Elfaman, fratello maggiore delle Strauss e utilizzatore del Beast Soul.
In fondo alla sala, isolati dagli altri, svettava il Commando del Dio del Fulmine, i fedeli seguaci di Luxus. Mavis le aveva dato qualche informazione anche su di loro e sulle loro magie.
Rya scosse la testa, troppe informazioni tutte in una volta.
Avrebbe continuato e approfondito il suo esame più tardi, per il momento quello che ci voleva era un bel bicchiere di spremuta di pompelmo, possibilmente ghiacciata.
Si fece strada, sgusciando come un’anguilla, tra i corpi sudaticci dei suoi nuovi compagni, fino ad arrivare esattamente di fronte a Makarov, fissando i suoi occhi azzurro cielo su di lui.
  • La Maga di Mavis. Qual buon vento ti porta qui? – il Terzo si sforzò di essere gentile e affabile, quando in realtà era estremamente preoccupato. Condivideva la stessa paura di Gildarts nei confronti di quella ragazza, non sapeva se poteva fidarsi o meno di lei.
  • Buono direi nessuno. È stata Mavis a spedirmi qui. – rispose Rya, voltandosi di lato e osservando attentamente la rissa che si era prontamente scatenata davanti alla lavagna delle richieste.
  • Mavis? – Makarov inarcò un sopracciglio. Non aveva più visto la Prima Master da almeno un mese, supponeva che fosse tornata sull’Isola Sacra delle fate.
  • Sì, le ho parlato qualche settimana fa. – spiegò lei, stizzita. Evidentemente non era abituata a subire interrogatori.
  • Sei stata sull’Isola Sacra? – la incalzò il Terzo, impaziente.
  • Là si trova la sua tomba, era il luogo più logico in cui cercarla. – replicò con ovvietà lei, incrociando le braccia sotto al seno e sperando di poter considerare concluso il terzo grado. Per sottolineare la sua volontà di terminare lo sgradito colloquio, si girò muovendosi verso il bancone.
  • Normalmente Tenroujima non è accessibile a nessuno, senza la mia specifica approvazione. – la riprese brevemente Makarov, facendola fermare. La sua voce era tranquilla, era evidentemente disposto a lasciar correre. Dopotutto quella ragazza non conosceva le regole della Gilda.
  • Mettiamo in chiaro una cosa. Se sono qui è perché una volta, quasi cent’anni fa, promisi a Mavis che mi sarei presa cura della cosa a cui teneva di più al mondo, la sua adorata Gilda. La cosa non mi va esattamente a genio, ma una promessa è una promessa e va mantenuta. Le vostre convenzioni, le vostre regole e i vostri statuti non mi interessano, se devo fare qualcosa la faccio anche senza il vostro inutile benestare. – il suo discorso, il tono duro in cui l’aveva pronunciato, la determinazione che traspariva dal suo sguardo, tutto quanto contribuì a raggelare l’atmosfera gioviale che si respirava all’interno della Gilda. Per un attimo, in quell’espressione seria e quasi rabbiosa, Makarov rivide Luxus, prima che si pentisse dei suoi errori. Gettò una rapida occhiata al nipote, che osservava la scena in silenzio, tormentandosi le mani, segno che anche i suoi pensieri andavano nella stessa direzione. Sospirò pesantemente, cercando le parole più adatte per dirimere una disputa del genere, sentendo che la sua interlocutrice, in realtà, non sembrava intenzionata ad attaccar briga, stava solo esponendo, forse un po’ troppo bruscamente, il suo punto di vista.
 
Improvvisamente, un sonoro rumore di qualcosa che si spezzava attirò l’attenzione di tutti quanti, distogliendo dalla discussione in corso anche i diretti interessati.
  • Che succede? – chiese Makarov, alzandosi in piedi sul bancone.
  • Ehm… la bacheca… - disse una voce maschile mestamente, non meglio identificata.
Dove prima sorgeva la lavagna delle richieste, c’era solo un cumulo di schegge di legno. I fogli su cui erano segnate le missioni, fatti a pezzi, giacevano a terra, resi ormai inutilizzabili.
Rya si batté una mano sulla fronte, chiedendosi mentalmente in che razza di circo fosse finita esattamente.
  • Fatemi capire. Zeref è là fuori, pronto a farci a pezzi, e voi fate a botte senza ragione? – sibilò rabbiosa, rivolta ai ragazzi che stazionavano di fianco alla bacheca distrutta, rimasti immobili per il loro misfatto.
  • È il loro modo di scaricare la tensione. – rispose dolcemente Mira, cercando di placare l’animo tumultuoso della ragazza. Rya si voltò a guardarla, cercando di capire se la stesse prendendo in giro o cosa, ma il suo sorriso sincero e il suo sguardo limpido la convinsero che pensava davvero quello che aveva detto. Scosse la testa, sospirando pesantemente.
  • Mavis, Mavis, ma in che razza di pasticcio mi hai cacciata… -
 
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi, anche se la cosa le costava una certa fatica. Dopo diversi respiri riuscì finalmente a ritrovare la calma perduta, acquietandosi e rivolgendo un’occhiata critica al pezzo d’arredamento finito in frantumi. Sospirò per l’ennesima volta, prima di portare la mano destra, leggermente aperta, davanti ai suoi occhi. Una tenue luce bianca si sprigionò dal palmo, Rya mormorò qualche parola silenziosa, poi abbassò le palpebre e chiuse la mano a pugno. Contemporaneamente, il mucchio di legna cominciò a brillare, fino a diventare un enorme ammasso di luce accecante. Pian piano la luce cambiò forma, mentre la lavagna tornava al suo stato originale, svettando nuovamente dove si trovava prima di essere fatta a pezzi.
  • Adesso basta con le sciocchezze. Finite di prendere le vostre missioni in maniera civile. Siete un po’ troppo cresciuti per comportavi come dei cuccioli che si litigano una caramella. – lanciò un’occhiata al bancone, sospirò ancora una volta e tornò sui suoi passi, per poi scomparire dietro la porta d’ingresso, nel silenzio più assoluto.
  • Ma che le è preso… - borbottò Gajil, la cui voce possente fu comunque ben udibile da tutti.
  • Provate a mettervi nei suoi panni. L’unica persona che conosce è morta e di lei non resta altro che un Corpo Etereo. Ci vede come nemici, come persone a lei ostili. È normale che stia sulla difensiva. Però su una cosa ha ragione. – Makarov si voltò a guardare i ragazzi accanto alla bacheca – Se Zeref è davvero là fuori intenzionato a ucciderci, forse è il caso di smetterla di battibeccare fra di noi per stupidaggini. – aggiunse poi, pensieroso. Se Mavis aveva davvero spedito una maga del calibro di Rya contro la sua volontà alla Gilda, voleva dire che la situazione doveva essere davvero grave.
Forse, la vita dei suoi figli era in pericolo.
 
Un paio di giorni dopo, la situazione subì di nuovo un cambiamento.
Fu Mirajane a prendere la decisione di parlare con Rya. Aveva saputo dal Master che la ragazza, all’epoca della Prima Master, viveva in una grotta nella foresta, quindi decise di andare a cercarla. Dopo diverse ore di ricerche, la scovò che riposava tranquilla all’ombra di una grossa magnolia, almeno in apparenza.
Rya annusò appena l’aria, per poi tornare a rilassarsi, senza nemmeno aprire gli occhi.
  • Cosa sei venuta a fare, Mirajane? – l’albina sorrise.
  • Vedo che conosci il mio nome. – ridacchiò leggera. Vedendo che la ragazza non accennava a rispondere, continuò - Ti stavo cercando. –
  • Che cosa vuoi? – Rya non si mosse di un millimetro.
  • Proporti un accordo. – la Dragon Slayer aprì un occhio azzurro, incerta sul da farsi. Una maga che le proponeva un accordo? Questa era una novità.
  • Che tipo di accordo? –
  • Non so perché tu sia stata via tanto a lungo da casa, non so cosa ti sia successo prima del tuo arrivo, ma se noi siamo ancora vivi è anche grazie a te. So che ci reputi degli sconosciuti, ma mi piacerebbe che tu provassi a familiarizzare un po’ con noi. Siamo un po’ matti, questo è vero, ma siamo tutte brave persone. Inoltre… - si fermò un attimo, come a riprendere fiato.
  • Inoltre? –
  • Penso che Mavis ti abbia mandata qui anche per questo. Lei voleva una Gilda unita, una Gilda i cui membri si aiutassero a vicenda, sostenendosi nelle prove più difficili. Se quello che dici è vero, se Zeref è davvero intenzionato a uccidere tutti gli esseri viventi, allora il tuo aiuto ci risulterà fondamentale. –
  • E io che ci guadagno in cambio? –
  • Beh… potresti farti qualche amico, no? – l’albina inclinò la testa sulla spalla destra, sorridendo. A Rya ricordò maledettamente Altea, la Maga degli Spiriti Stellari della Gilda di Mavis che per prima aveva provato ad avvicinarla. Nonostante il suo atteggiamento freddo e scostante e il suo silenzio glaciale, lei le si era avvicinata, nonostante le sue risposte taglienti aveva continuato a parlarle. Se aveva iniziato a sentire Fairy Tail non più come un’entità estranea, ma come una sorta di casa, lo doveva soltanto a lei. Sospirò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso.
  • Quindi, cosa ti aspetti che faccia di preciso? – chiese alla fine la Dragon Slayer, aprendo completamente gli occhi e mettendosi seduta composta, guardando la barista della Gilda. Quest’ultima sorrise affabile, mentre le spiegava cosa aveva in mente.
 
All’inizio della settimana successiva, a servire ai tavoli di Fairy Tail non c’erano solo Lisanna e Kinana, ma anche Rya.
Mira infatti aveva pensato che essendo stata per così tanto tempo lontana da casa, le avrebbe fatto bene ricominciare a familiarizzare con la Gilda e i suoi componenti iniziando per gradi. E poi lei aveva sempre un gran bisogno di aiuto al bar, tra le birre da spillare, i tavoli da servire, gli stuzzichini da preparare e le risse da sedare, una mano le avrebbe fatto un gran comodo. Secondo gli accordi, Mira e Kinana si sarebbero occupate del bancone mentre Rya e Lisanna avrebbero servito i tavoli e le bevande a bordo piscina. Non era un vero e proprio lavoro, era più un gesto di gentilezza nei confronti dei loro compagni di gilda.
Data la carenza del guardaroba della Dragon Slayer, Mirajane e Lisanna si sentirono in dovere di accompagnarla a fare shopping, tornando a casa tutte e tre piene di buste e pacchettini ricolmi di capi di vestiario.
 
Nei giorni seguenti, molti maghi lasciarono la Gilda per recarsi nei luoghi in cui compiere le missioni che avevano scelto: come risultato la sala comune si svuotò rapidamente e finì per risultare fin troppo silenziosa.
Rya e Mirajane ebbero modo di passare molto tempo assieme e l’albina ne approfittò per fare alla ragazza un quadro completo della Gilda e dei maghi che ne facevano parte, aggiungendo un buon numero di particolari sull’infanzia di ognuno e informazioni sui poteri magici di cui erano dotati, senza dimenticare di menzionare le relazioni amorose che secondo lei legavano due o più membri.
 
Una sera, dopo aver chiuso le porte della Gilda, Rya e Mirajane stavano mettendo in ordine il locale. La prima stava sistemando le sedie e i tavoli, mentre la seconda era intenta a pulire attentamente il bancone. Lisanna non c’era, era partita per una missione col fratello maggiore qualche giorno prima, mentre Kinana era andata via un po’ prima per un impegno personale. Cosa dovesse fare poi, il martedì sera, lo sapeva solo lei.
 
Mentre si prendevano cura del bar e lo rendevano di nuovo presentabile per il giorno successivo, la maggiore delle sorelle Strauss intratteneva la sua collega.
Oh, come le brillavano gli occhi mentre le raccontava delle trame che aveva intenzione di tessere per fare in modo che le coppie che lei aveva formato nella sua mente si andassero a formare anche nella realtà.
Le sue manie di controllo, però, non si limitavano ai membri di Fairy Tail, macché.
Aveva intenzione di andare a mettere le mani anche nelle altre Gilde, prima tra tutte quella dei Blue Pegasus, trovando un degno fidanzato per la sua amica Jenny.
Rya si fermò un momento a guardarla, la sedia appena raccolta ancora in mano, perplessa. Più passava il tempo e più capiva che quella era un Demone mascherato da Angelo, ma ancora non riusciva a capire dove cominciasse uno e dove finisse l’altro.
  • Quindi avresti già accasato quasi tutti i componenti della Gilda... ma che mi dici di te, Mirajane? –
  • Io? - all'albina sfuggì la spugna con cui stava lustrando il bancone, che andò a cadere sul pavimento, mentre fissava la sua collega.
  • Esatto. I tuoi progetti non prevedono un lieto fine anche per te? - Rya riprese a posizionare le sedie intorno ai tavoli, fingendo disinteresse. In realtà era molto curiosa di sapere cosa ne pensasse lei dell’argomento.
  • Beh... io... a dire il vero... – l’albina storse la bocca in una smorfia, come se non sapesse più che pesci pigliare. Rya sorrise tra sé, continuando il suo lavoro.
  • Non devi rendere conto a me dei tuoi pensieri o dei tuoi sentimenti, ma solo a te stessa. Se vuoi qualcosa è meglio che tu lo vada a prendere, però. E non aspettare troppo, o qualcun’altra te lo porterà via. – la maga del Satan Soul si fece pensierosa, mentre continuava a pulire la stessa porzione di bancone per la quarta volta.
  • Ora che ci penso… adesso devo pensare anche a te! –
  • Io? – Rya si fermò ad osservarla, perplessa. Cosa c’entrava lei adesso?
  • Come ho fatto a non pensarci prima! Però… con chi potresti andare d’accordo? –
  • Mira, non credo proprio di aver bisogno di… -
  • Dunque, vediamo… escluderei Natsu a priori. Forse Gajil? Però poi per Levy come facciamo? Nono, così non ci siamo. Forse Gray? Però poi con Lluvia di mezzo potrebbe essere un triangolo amoroso un po’ complicato… -
  • Ma mi stai ascoltando? – sbottò Rya, spazientita, rivolta Mira.
  • Oppure Luxus? Se ti piacciono i muscoli sarebbe la scelta giusta! Però ci sarebbe anche... -
Rya sospirò e smise di dare ascolto alle folli teorie di Mirajane.
Era passato un mese dal suo ritorno alla Gilda, forse era il caso di rimettersi a lavorare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** In viaggio con Gildarts ***


Il giorno successivo, Rya iniziò a scrutare con attenzione tutte le richieste giunte alla Gilda e che si trovavano appese alla bacheca con delle semplici puntine.
C’era un po’ di tutto, partendo dal semplice recupero di oggetti smarriti o trafugati fino al ben più arduo compito di sgominare bande di banditi o teppisti.
Mentre sbocconcellava distrattamente un tramezzino sgraffignato in cucina, passava in rassegna tutte le varie richieste, dalle più strambe alle più pericolose.
Scosse la testa, sospirando stancamente.
Nulla.
Non c’era nulla che l’attirasse, nulla che le sembrasse qualcosa di divertente da fare.
Nel periodo in cui era rimasta alla Gilda, aveva evitato accuratamente l’utilizzo della magia, ma ora la sentiva quasi ribollire al di sotto della pelle. Qualcosa doveva fare o la sua aura sarebbe esplosa.
  • E così hai deciso di rimetterti in carreggiata, eh? – una voce gagliarda, maschile, la spinse a girarsi, trovandosi di fronte i capelli rossi e il mantello sgualcito di Gildarts.
  • Veramente non ho ancora deciso, stavo dando un’occhiata. – replicò lei, spostandosi dalla lavagna.
  • Beh, che ne diresti di un incarico simpatico per riscaldarti un po’? – sorrise lui, porgendole un foglio di carta.
  • Uh? – Rya prese quella che si rivelò essere una pagina di pergamena, recante una richiesta scritta in una calligrafia elegante e molto curata. Sicuramente era stata fatta scrivere da qualcuno di molto ricco, se non addirittura da qualche nobile. Era una missione piuttosto articolata, la ricompensa era estremamente elevata e recava in fondo un timbro a forma di S. Anzi, due timbri.
  • Una missione di Rango S? Dovresti chiedere a Mira di accompagnarti, non a me. –
  • Mavis ci ha detto che tu hai superato l’esame al primo colpo. Diciamo che mi piacerebbe vedere come te la cavi effettivamente con la magia. Il Master è d’accordo. – Rya inarcò il sopracciglio, piuttosto scettica sull’ultima parte. Però, in fondo, la missione sembrava interessante, un po’ di soldi le avrebbero fatto comodo e poi sarebbe stata una buona occasione per vedere in azione quello che molti definivano il Mago più forte di Fairy Tail. Sbuffò appena.
  • E va bene. Verrò con te. Quando partiamo? –
  • Subito. – rispose lui, ricevendo però un diniego da parte della ragazza.
  • Escluso. Devo preparare i bagagli. –
  • Quanto ti ci vorrà? –
  • Fra un’ora all’entrata Sud della città. – sentenziò lei alla fine.
  • Non mancherò. – annuì Gildarts, allontanandosi a passo spedito, col suo fagotto in spalla. Rya sospirò profondamente, per poi andare da Mira e avvisarla che sarebbe andata in missione con lui, pregandola di non preoccuparsi troppo. L’albina annuì sorridendo e le augurò un buon viaggio, assicurandola che sarebbe stata lì al suo ritorno a casa. La Dragon Slayer sorrise, slacciò il grembiule che portava per servire al bar e uscì dalla Gilda, diretta alla sua caverna.
All’orario stabilito si recò alla Porta Sud di Magnolia, sulla strada polverosa che conduceva al Porto di Hargeon. Gildarts era già lì ad aspettarla, il viso serio e l’espressione tirata.
Rya assottigliò gli occhi, sia per proteggersi dal riverbero del Sole, sia perché quello che leggeva sul volto e negli occhi del mago non le piaceva per nulla. Strinse più saldamente la tracolla della sua borsa e continuò a camminare.
Qualsiasi cosa la attendesse, non aveva nessuna paura di affrontarla. Aveva guardato negli occhi l’abisso più nero e profondo, non c’era più nulla che potesse spaventarla.
 
I due viaggiarono di buon passo per un paio di giorni, arrivando in vista della città di Hargeon all’alba del terzo. Durante tutto il tragitto si scambiarono poche frasi di circostanza, Gildarts troppo occupato a studiare la sua compagna di viaggio e Rya troppo impegnata a scrutare dentro sé stessa, rimuginando su quanto le aveva detto Mavis durante la sua permanenza a Tenroujima.
Ancora prima di mettere piede in città, il caratteristico odore di salsedine diede loro il benvenuto sulle coste del Regno di Fiore. La ragazza si fermò un momento, stiracchiandosi e inspirando a pieni polmoni l’aria salubre e lievemente agrumata che spirava dal mare. Il Mago del Crush la guardò incuriosito, non avvezzo a vederle quell’espressione spensierata dipinta sul volto.
  • Adoro il mare. – spiegò lei, sorridendo rivolta al cielo sereno – trasmette un senso di pace e di quiete davvero unico. Venivo spesso qui, quando mi sentivo stanca, demoralizzata o quando semplicemente sentivo il bisogno di allontanarmi un po’ da quei casinisti dei miei compagni di Gilda. – sbuffò appena, ma il sorriso non scomparve dal suo viso, segno che per quanto potessero averla infastidita, conservava un buon ricordo di quelli che erano stati i membri della Prima Generazione di Fairy Tail.
  • Il clima non doveva essere molto diverso da quello che regna nella Gilda attuale… - lei riaprì gli occhi azzurri, storcendo la bocca, pensierosa.
  • Diciamo che il clima non era così tanto familiare. Era più un’aggregazione di persone che passavano del tempo assieme e che andavano in missione per guadagnarsi da vivere. Le uniche a fare eccezione erano Mavis, Altea e in parte Purehito. Però litigavano spesso per futili motivi, un po’ come adesso. –
La ragazza sistemò meglio la tracolla della borsa che stava per cadere e riprese a camminare tranquillamente verso la città che si stendeva ai piedi dell’altura su cui si trovavano in quel momento. Mentre proseguivano, Rya non poté fare a meno di guardarsi attorno. Quasi cent’anni prima, quella città non esisteva. Al suo posto si trovava un piccolo villaggio abitato da una comunità di pescatori, poco più di un gruppetto di capanne sparute e un piccolo molo malmesso. Le poche barche che vi erano attraccate portavano chiari segni di usura e di riparazioni, mentre le assi sconnesse della passerella cigolavano ad ogni soffio di vento, riempiendo quel luogo di lugubri lamenti.
La Dragon Slayer ricordava perfettamente quando Mavis la incaricava di andare in quei luoghi per rifornirsi di pesce fresco e crostacei, ben sapendo quanto fossero piacevoli per lei i soggiorni in riva al mare.
Ma adesso, di quel minuscolo paesino non era rimasto nulla, mentre al suo posto troneggiava un’immensa città portuale, con le banchine di pietra chiara, le case in muratura, le vie lastricate e un vociare fin troppo assordante per le sensibili orecchie della ragazza.
I due attraversarono tutta la via principale, passando in mezzo a negozi e piccoli banchetti ambulanti, facendosi largo a fatica tra la folla che si era riversata per le strade come un fiume in piena, innervosendo a dismisura Rya, che rivolgeva occhiate truci a chiunque avesse la sfortuna di urtarla per sbaglio.
  • Dovresti calmarti un po’, sai? –
  • Odio gli esseri umani. – replicò lei, infastidita.
  • Mavis aveva accennato a qualcosa del genere. Ci consideri tutti insetti, così come fa Acnologia? –
  • Qualcosa del genere. – rispose lei a denti stretti. L’odore delle persone non le era mai piaciuto, ma sentirne così tanti, tutti mischiati le stava dando veramente il voltastomaco. A volte era davvero una maledizione avere un olfatto così tanto sviluppato. Scosse la testa quasi ringhiando per il disappunto, cercando con gli occhi una via alternativa a quella principale per andare… già, per andare dove?
  • Dove dobbiamo andare? –
  • Al porto. Dobbiamo prendere una nave per Gallowstown. Si trova dall’altra parte del Regno di Fiore, ci metteremmo mesi a piedi solo per raggiungere quella città, per non parlare poi dello svolgimento dell’incarico. –
  • Allora andiamo per di là. – concluse Rya, prendendo per un polso il Mago del Crush e infilandosi in una stretta viuzza laterale, allontanandosi il più possibile dal puzzo infernale che emanavano i cittadini di Hargeon. Aveva dei dubbi alquanto seri sul fatto che molti di loro non sapessero nemmeno cosa volesse dire la parola “bagno”, tantomeno la parola “sapone”. Sospirò stancamente, inoltrandosi nell’intricato dedalo di stradine, destreggiandosi abilmente nel decidere quale direzione prendere. In capo a poco più di dieci minuti a passo spedito, i due si ritrovarono fuori dall’asfissiante labirinto di mura di pietra, mentre davanti a loro si apriva l’ariosa veduta del porto della città.
  • Quindi ora dobbiamo solo trovare una nave per quella località, giusto? – chiese la ragazza, strofinandosi un dito sotto al naso, lo sguardo incuriosito di Gildarts puntato addosso.
  • Sì. Andiamo alle autorità portuali, di solito lì si possono avere informazioni sulle destinazioni dei velieri e sugli imbarchi. – sentenziò il Mago, avviandosi lungo la strada che correva dritta alla sua sinistra, lastricata con grandi pietre grigio chiaro ed evidentemente ben tenuta. Rya lo seguì, gettando ogni tanto occhiate alla sua destra, al vasto specchio marino che si stendeva a pochi metri dai loro piedi.
Ci volle più di mezz’ora per fare il giro di tutto lo scalo, arrivando finalmente all’edificio dove aveva sede la Capitaneria di Porto. Fortunatamente, lì non c’era ressa e si poteva camminare abbastanza agevolmente. Per contro, gli uomini che incontravano erano per la maggior parte marinai dalla pelle bruciata dal sole estivo e dai vestiti sgualciti e sporchi di olio e grasso, nient’affatto adeguati a Rya. Arricciava il naso ogni volta che una zaffata di olezzo le giungeva alle delicate narici, rendendola visibilmente nervosa. Se c’era una cosa che odiava con tutto il cuore era non poter respirare liberamente.
Arrivati alla loro meta, entrarono subito e una piacevole sensazione di frescura si impadronì immediatamente delle loro membra. Le finestre semichiuse lasciavano filtrare poca luce dall’esterno, lasciando che la penombra la facesse da padrone insieme ad un clima decisamente più mite, rispetto alla calura dell’estate ormai al termine.
Gildarts si avvicinò ad uno dei banchi, mettendosi pazientemente in fila, imitato dalla sua compagna di viaggio, decisamente più rilassata.
In capo a una decina di minuti fu il loro turno, il Mago del Crush si accostò ad uno degli addetti chiedendo quando sarebbe salpato il primo battello diretto a Gallowstown. Gli fu riferito che c’era un vascello in porto che faceva tappa anche in quella città, ma non sarebbe partito prima di due giorni. Ricevute le dovute indicazioni atte a ritrovarlo, lui e la Dragon Slayer uscirono nuovamente sotto il Sole cocente, guardandosi attorno.
  • Vedi la banchina che ci hanno indicato? – chiese lui, scrutando con attenzione alla sua sinistra, senza peraltro riuscire a distinguere i numeri segnati in nero all’inizio di ognuno dei moli in cui era suddiviso il porto. Rya assottigliò gli occhi, facendo ricorso alle sue abilità di Maga per leggere fin dove le era possibile.
  • Ha detto molo ventuno, giusto? Laggiù vedo il numero venti, probabilmente è quello dopo. – Gildarts annuì, incamminandosi nella direzione indicata dalla ragazza. Giunti presso il principio del molo ventuno, i due cominciarono a cercare una grossa nave a tre alberi, con l’immagine di una sirena sul rostro a prua. Era questa la descrizione che avevano ricevuto dall’impiegato, ma ci volle comunque parecchio tempo per individuare la loro destinazione, dato che si trovava alla fine del lastricato. La passerella era calata e attorno ad essa i marinai si affaccendavano laboriosi intenti a trasportare a bordo un gran numero di casse e grossi barili. L’uomo dai capelli rossi si appropinquò ad alcuni di loro, chiedendo di poter conferire con il Capitano della nave. Il più anziano del gruppo, un uomo robusto sulla quarantina, folti capelli neri e barba riccia e unta – Rya non volle indagare riguardo al tipo di unto, si limitò a storcere il naso, tappando le narici e respirando con la bocca – chiese loro che cosa volessero. Gildarts spiegò che erano dei viaggiatori e che chiedevano un passaggio fino alla città di Gallowstown.
  • Un passaggio pagato, s’intende. – aggiunse poi, notando lo sguardo dubbioso dell’uomo davanti a lui.
  • Aspettate qui. – rispose brevemente il marinaio, ritirandosi sulla tolda della nave attraverso la passerella. I suoi compari lanciarono un’occhiata a Rya, cominciando a sghignazzare, forse aspettandosi un tipo di pagamento diverso dal denaro. La ragazza si limitò a distogliere lo sguardo, incrociando le braccia sotto il seno, mentre la lieve brezza marina muoveva lievemente le balze del suo abito. Aveva ancora addosso il vestito a tinta floreale che aveva comprato, quasi un mese prima, assieme a Mira e sua sorella. Fortunatamente aveva con sé un cambio più adeguato a viaggiare con simile gentaglia; non che ne avesse davvero bisogno, ma Gildarts le aveva raccomandato diplomazia nel corso del loro tragitto e lei aveva dato la sua parola che avrebbe fatto il possibile per limitare la sua suscettibilità e i conseguenti danni. Attesero per diversi minuti, sotto l’occhio del Sole, mentre l’andirivieni continuo di uomini e merci divenne quasi del tutto invisibile, tanto ci avevano fatto l’abitudine. Così come lei era diventata sorda ai continui fischi che si sentiva lanciare da oltre il parapetto, sospirando di tanto in tanto come a volersi mantenere calma.
  • Stai tranquilla, la vita dei marinai è molto dura. A volte non vedono un essere di sesso femminile per settimane, se non per mesi. È naturale che quando incontrano una bella ragazza facciano di tutto per farsi notare. – Gildarts parlava piano, sia per non farsi sentire, sia per cercare di tranquillizzare la ragazza accanto a sé, che si limitò a scrollare le spalle.
  • Il viaggio da qui a Gallowstown è molto lungo, se non li ucciderà prima l’itterizia o lo scorbuto lo farò io. Ma in maniera molto più sadica e dolorosa. – soffiò lei a denti stretti, provocando una sonora risata da parte dell’uomo.
  • Su, su. Non fasciamoci la testa prima di partire. Innanzitutto non sappiamo nemmeno se ci prenderanno a bordo di questa bagnarola. E poi per una come te dovrebbe essere facile avere a che fare con una marmaglia come questa. Mavis e il Vecchio mi hanno detto di come hai ammansito Acnologia e anche un certo Drago Verde che aveva cercato di bloccarvi la strada. –
  • Con i Draghi è più facile, basta solo dimostrare chi è il più forte. A volte gli umani sono così ostinati da non vedere altro che quello che vogliono vedere. Anche se li minacciassi loro si limiterebbero a ridere, prendendo le mie parole come uno scherzo. Finché non cercheranno di mettermi le loro zampacce luride addosso andrà tutto bene, se questo dovesse malauguratamente succedere, non risponde delle mie azioni, sia chiaro. –
  • Non ho mai preteso che tu non reagissi in una situazione di pericolo. – puntualizzò lui, lanciando un’occhiata oltre il parapetto, cercando di scorgere il Capitano o chi per lui. Un altro quarto d’ora passò, prima che il loro uomo si decidesse a tornare, accompagnato da un’altra persona. Era questo un marcantonio, alto e ben piantato sulle gambe grosse come tronchi d’albero. Aveva il viso schiacciato, la mascella sporgente e portava una benda sull’occhio sinistro, probabilmente per coprire l’orbita ormai vuota. Squadrò i due possibili passeggeri da capo a piedi, prima Gildarts e poi Rya, soffermandosi un momento in più sulle curve generose messe in risalto dall’abito leggero.
  • Non stiamo andando a fare una scampagnata, bimba. Il mare è pieno di pericoli.  –
  • Lo so. – si limitò a ribattere brevemente lei. L’uomo continuò a fissarla, come se fosse indeciso.
  • Si dice che porti sfortuna avere delle donne a bordo. –
  • Potrebbe essere più sfortunata l’eventuale decisione di lasciarci a terra per un motivo così banale. – ribatté lei, stizzita. Non le piacevano nemmeno le superstizioni, figurarsi degli esseri umani superstiziosi.
  • Potete pagarvi il viaggio? – chiese rivolto questa volta a Gildarts.
  • Ovviamente. –
  • D’accordo. Salperemo fra due giorni, fatevi trovare domani sera qui davanti, col denaro. Vi garantisco il passaggio, ma non vi garantisco l’incolumità. – mentre pronunciava l’ultima frase lanciò un’occhiata eloquente verso Rya, che sostenne il suo sguardo acceso dalla lascività, limitando la sua risposta ad un “tsk” appena pronunciato.
  • Ci saremo. – intervenne Gildarts, voltandosi e ritornando sui propri passi, subito imitato da Rya.
  • Gli uomini in genere sono stupidi. Spero per loro che non abbiano poi così tanta voglia di morire. –
  • Mavis ha detto che avevi smesso di uccidere le persone. –
  • Per lavoro. Ma per autodifesa non ho mai smesso. –
  • Cerchiamo di mantenere un profilo basso, resta defilata e soprattutto… - si voltò a darle un’occhiata – metti qualcosa che attiri meno l’attenzione. Meno pelle scoperta avrai e meno probabilità ci saranno che quelli si avvicinino. –
  • Devono solo provarci, Gildarts. In ogni caso, tua la missione, tue le regole. Come ho già detto, farò il possibile. Oltre non mi spingo. – tagliò corto lei, volendo evitare inutili e sterili discussioni sul valore della vita umana, argomento che aveva più volte dibattuto con la stessa Mavis. Lui, per tutta risposta, cambiò argomento.
  • Meglio trovarci un alloggio per stanotte. Gli alberghi si trovano in quella parte della città – indicò un punto non meglio precisato alla sua destra – ne troveremo uno che fa al caso nostro. –
Rya annuì in silenzio, continuando a seguire l’uomo verso il quartiere più turistico di Hargeon. Le strade erano attorniate da marciapiedi e ornate da siepi, cespugli fioriti e alberi, mentre piccoli parchi con fontane erano ben visibili ad ogni angolo. In quel luogo, la città sfoggiava il suo volto migliore, quello che chi la gestiva voleva che i vacanzieri ricordassero. Ai lati della strada erano presente hotel di lusso, alberghi un po’ meno di lusso, ostelli e casette private che venivano affittate di stagione in stagione al miglior offerente, il tutto contornato da negozi di souvenir e mercati ortofrutticoli, in cui acquistare i prodotti tipici a prezzi anche abbastanza onesti.
I due si fermarono davanti alle porte di una piccola pensione. Cercavano un posticino tranquillo, con poche camere e che profumasse di pulito. Quello fu l’unico davanti al quale Rya annuì, estremamente esigente sull’ultimo punto elencato. Aprirono la porta a vetri e un campanello annunciò la loro entrata, facendo sì che una ragazza giovane e molto carina si affacciasse subito al bancone della reception, attirando immediatamente lo sguardo interessato di Gildarts. Avvertita da Cana delle manie da libertino del padre, Rya lo agguantò frettolosamente per un orecchio, prendendosi la briga di chiedere alla cameriera due stanze per la notte, possibilmente con un bagno non condiviso. La morettina sorrise gentilmente, prendendo due chiavi dalla teca dietro di sé e porgendole ai due ospiti, registrandoli poi nel libro delle prenotazioni e informandoli che il pranzo era previsto da lì a pochi minuti, invitandoli a raggiungere la sala apposita per poter gustare il pasto con calma.
Trascinandosi dietro il Mago del Crush come un sacco di patate, la Dragon Slayer arrivò alle camere a loro riservate, infilando la chiave nella toppa e aprendo la porta in legno bianco della sua. Le due stanze erano collegate attraverso il bagno, che era in comune ad entrambe. Dopo aver girato un po’ e aver annusato adeguatamente, Rya lasciò la sua bisaccia accanto al letto matrimoniale di quella che aveva preso per sé, chiudendosi in bagno per qualche minuto, giusto per la pulizia generale. Una decina di minuti dopo entrambi scesero di nuovo al piano terra, arrivando nella sala da pranzo guidati dal profumo delizioso che arrivava fino a loro.
Gustato un ottimo pranzo e passato il pomeriggio a gironzolare, ognuno per i fatti proprio, per la città, si ritrovarono per la cena e per una rilassante, quanto necessaria, dormita.
Il giorno dopo pagarono il conto subito dopo la prima colazione, lasciando l’alloggio e avvicinandosi di più alla zona del porto. Per nessun motivo avrebbero rischiato di perdere l’unico passaggio disponibile in tempi brevi per la loro destinazione.
All’ora convenuta si presentarono sulla banchina ventuno, laddove era attraccata la nave che avrebbe dovuto condurli fino a Gallowstown, vedendo che anche il Capitano era già lì, scrutando i dintorni come in attesa. Quando li vide, un sorriso si allargò sul suo volto, più simile ad una smorfia che a un’espressione di felicità.
  • Eccovi qua. Allora avete deciso di venire, alla fine. –
  • Avevamo già detto che ci saremmo stati. – rispose Gildarts, tirando fuori un sacchetto dalla propria bisaccia. – Come promesso, abbiamo con noi il denaro. – l’uomo si limitò ad annuire, notando anche la figura ammantata di nero accanto all’uomo.
  • Vedo che hai cambiato abbigliamento, bimba. – ghignò lui, accennando col mento al lungo indumento che la ricopriva, insieme alle calze nere e agli stivali dello stesso colore che avevano sostituito stampe floreali, pelle nuda e sandalini leggeri.
  • Fa più fresco la sera sul mare. – rispose lei, freddamente.
  • Beh, allora benvenuti a bordo. Salite e seguite pure Marcus, il mio secondo. Vi accompagnerà alla vostra cabina. – in quel momento si fece avanti l’uomo con cui avevano parlato la mattina precedente, sempre con la barba unta e i capelli incolti che ricadevano sulle spalle.
Fece loro cenno silenziosamente di seguirlo, guidandoli giù per un boccaporto fin dentro le viscere della nave, fermandosi poi davanti ad una piccola porta vicino alla poppa della nave.
Gildarts e Rya si ritrovarono in un angusto appartamento, con due amache appese al soffitto, una tinozza per la detersione personale e poche altre suppellettili. Sapevano di non doversi aspettare una reggia, ma quell’angusto spazio spoglio di certo non aiutava a rasserenare gli animi.
  • Spero vi troverete bene a bordo. Partiremo domattina all’alba. Mi auguro che nessuno di voi due soffra il mal di mare. – detto ciò si dileguò nell’oscurità dilagante, chiudendosi la porta alle spalle. Gildarts si avvicinò e fece cautamente girare la chiave.
  • Giusto. Non ci avevo pensato. Tu sei una Dragon Slayer, quindi dovresti soffrire i mezzi di trasporto, come Natsu. – disse lui, voltandosi verso la ragazza. Lei rispose accennando di no col capo.
  • No, non ho problemi a viaggiare. Probabilmente è dovuto al fatto che il mio potere è ben più sviluppato di quello dei Dragon Slayer a cui sei abituato. Puoi dormire sonni tranquilli. – gettò un’occhiata alla porta chiusa, accigliandosi appena – Forse. – concluse, storcendo la bocca in una smorfia. Appoggiò la borsa a un piccolo sedile che si trovava appoggiato ad una delle pareti e andò a stendersi sul suo giaciglio, cercando di sistemare alla meglio il guanciale e le coperte. Augurò brevemente una buonanotte al suo compagno e poi gli voltò le spalle, intenzionata se non a dormire, a pensare un po’ ai fatti suoi. Gildarts sospirò stancamente, e fece lo stesso, spegnendo con un soffio la piccola lampada a stoppino appoggiata al tavolino in mezzo alle due amache, precipitando la stanza in buio quasi liquido.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Si salpa ***


La notte passò senza intoppi, a parte qualche scossone dovuto al mare che si era agitato leggermente dopo la mezzanotte. I due passeggeri riuscirono quantomeno a riposare per diverse ore, dormire era assolutamente fuori questione data la presenza di un’enorme quantità di pericoli attorno a loro. Poco dopo l’alba, l’intera nave venne svegliata da un fastidioso rumore di metallo che cozzava insistentemente contro altro metallo: qualcuno stava sbattendo un mestolo contro il fondo di una pentola, sbraitando ai cialtroni nullafacenti che popolavano quella bagnarola di alzarsi immediatamente o non avrebbero avuto nemmeno un tozzo di pane per colazione.
Rya alzò leggermente la testa, indecisa se alzarsi e andare a tirare il collo di quel gallinaccio che seguitava ad urlare ferendole le orecchie o se girarsi e mettersi il cuscino sulla testa, attendendo pazientemente che quel supplizio finisse.
Decise di adottare la soluzione diplomatica, almeno per quella volta: si girò dall’altra parte tirandosi le coperte fin sopra le orecchie, pensando a quanto fosse fortunata quella sveglia umana a poter vivere un giorno in più.
Si accoccolò meglio sul fondo dell’amaca, pregustandosi un’altra mezz’ora abbondante di dolce far nulla, ma ben presto si accorse di aver fatto i conti senza l’oste – pardon – senza il gallo.
Ecco infatti che il fracasso infernale si fece via via più nitido mentre l’incaricato della sveglia si avvicinava sempre di più alla porta della loro cabina, latrando loro di alzarsi immediatamente.
  • Lo stesso vale per voi due, turisti delle mie braghe! Ordini del Capitano, alzatevi immediatamente e vedete di rendervi utili o questa sarà la vostra prima e ultima giornata in mar… -
Non riuscì nemmeno a terminare la frase che la porta si era già spalancata e lui si ritrovò sbattuto contro al muro, sollevato da terra e con la gola serrata in una morsa ferrea. Davanti ai suoi occhi spalancati, uno sguardo azzurro e assassino.
  • Ascoltami bene, gallinaccio spelacchiato. – ringhiò Rya, a un soffio da lui – Azzardati di nuovo a fare qualcosa di simile e ti spedisco all’altro mondo. Ordini del Capitano o meno. – l’uomo deglutì sonoramente, spaventato a morte. Accennò un sì con la testa, per quanto poco potesse muoversi a causa della posizione e la ragazza si limitò a lasciarlo andare, rivolgendogli un’ulteriore occhiataccia. Poi tornò sui suoi passi e si ritirò nella cabina, chiudendosi la porta alle spalle.
  • Fortuna che dovevamo tenere un profilo basso. –
  • Non l’ho ammazzato. Già per questo dovrebbe ringraziare il cielo e la mia clemenza. – ribatté lei stizzita, tornando a infilarsi sotto le coperte – Difficilmente qualcuno che mi sveglia in maniera così fastidiosa e insolente, senza avere un buon motivo per farlo, rimane vivo. L’unico a non averci rimesso la pelle credo sia Acnologia. – aggiunse poi, dopo essersi accomodata meglio sul suo giaciglio.
  • Perché hai paura di lui? – azzardò lui, no riuscendo a trattenere un sorriso.
  • Perché è il mio Re. E le leggi draconiche vietano i regicidi, se non per giusta causa. – borbottò lei in risposta. Il Mago del Crush si limitò a ridacchiare divertito, ma senza aggiungere altro.
Mezz’ora dopo, i due decisero che era arrivato il momento di alzarsi. Il vociare dei marinai era diventato fin troppo insistente e di sicuro non sarebbero più riusciti a guadagnare nulla in termini di riposo. Rya sistemò i capelli in una comoda treccia e si accomodò il mantello sulle spalle, senza però alzare il cappuccio. Usciti dalla cabina e chiusa la porta a chiave, i due si diressero verso la cambusa, da cui proveniva uno strano odore, come di cibo andato a male e caffè bruciato. Ignorando il più possibile il tanfo, la ragazza guidò Gildarts attraverso la fiumana di gente che si muoveva in senso opposto, arrivando finalmente davanti ad una sala sudicia e maleodorante, in cui erano disposti lunghi tavoli attorniati da panche, il tutto in legno tarlato e sporco. Dalla parte opposta troneggiava un paiolo di peltro, l bordo superiore incrostato di avanzi di cibo e le pareti esterne percorse da strisce di unto che riluceva giallastro nella tenue luce delle lampade ad olio.
La ragazza sollevò un sopracciglio e arricciò il naso, schifata dalla visione disgustosa che le si era palesata.
  • Che schifo. Peggio di quanto mi aspettassi. –
  • Suvvia, non possiamo fare gli schizzinosi. Dopotutto siamo ospiti. – cercò di sdrammatizzare Gildarts, senza però risultare molto convincente. Nemmeno lui sembrava molto entusiasta dello stato della cucina.
  • Passeggeri paganti. Come tali andremmo trattati meglio. Poco male, dal rollio della nave direi che fuori c’è bonaccia, ne approfitteremo per pescare qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. –
  • Pensi che queste buone anime di marinai ci presteranno delle reti o magari una canna da pesca? – ironizzò lui, scuotendo la testa e osservando alcuni inservienti portare via la pentola ormai vuota.
  • Da loro non mi aspetto nemmeno un calzino bucato. Beh, meglio muoversi, qui non abbiamo più nulla da fare. – rispose lei, scuotendo il capo, seguendo l’aroma leggero della salsedine per orientarsi nel ventre della nave, fino a trovare la strada giusta per il boccaporto.
Prima di salire l’ultima rampa di scale, la ragazza si fermò un momento, controllando che non ci fosse nessun altro oltre a loro due. Tese l’orecchio per qualche secondo, captando qualsiasi segnale che annunciasse l’arrivo di qualche mozzo, ma una volta accertatasi della totale assenza di umani nel raggio di almeno una decina di metri, schioccò le dita della mano destra. Una scintilla di luce bianca si sprigionò dal contatto, allungandosi velocemente per poi sparire dopo pochi istanti, lasciando al suo posto una canna da pesca, con tanto di vermiciattolo già attaccato all’amo. Una volta raggiunta la coperta, Rya si stiracchiò, inalando aria a pieni polmoni, cercando di allontanare la puzza di stantio e legno marcio che regnavano sotto le assi che stava calpestando.
  • Stomaco delicato, eh? – il Capitano si avvicinò ai due Maghi, guardandoli divertito. Gildarts si limitò a scrollare le spalle.
  • Il vostro menù non era esattamente di nostro gradimento, spero che per cena le cose andranno meglio. –
  • Qui la sbobba è sempre la stessa, pranzo e cena. Prendere o lasciare. –
  • Io lascio, grazie. Non ci tengo a morire avvelenata. – sentenziò la ragazza, facendo ondeggiare lievemente la canna da pesca.
  • Beh, fa un po’ come ti pare. Ma se morirai di stenti saranno affari tuoi, ragazzina. –
  • Sì, sì. Certo. – Rya si avvicinò al parapetto, osservando attentamente la piatta e immensa distesa blu, girandosi poi a scrutare le nubi all’orizzonte e la posizione delle vele, notando che quasi tutta la velatura disponibile era stata aperta, senza essere tuttavia sufficiente a muovere la nave di più di pochi metri per volta.
Annuì fra sé e sé, facendo leva sulle braccia e andando a sedersi a gambe incrociate in equilibrio molto precario sulla parte superiore della balaustra, sotto lo sguardo allibito del Secondo Marcus e quello interrogativo di Gildarts. Lanciò la lenza con attenzione verso un punto preciso, aspettando pazientemente che qualcosa, possibilmente il loro pranzo, decidesse di abboccare. La quasi totale assenza di onde dava alla nave un moto abbastanza uniforme, per cui la ragazza riuscì a mantenere la posizione senza troppa fatica. Il suo compagno le si avvicinò, appoggiando i gomiti poco distanti dalle sue ginocchia, osservando l’oceano in silenzio, aspettando che fosse lei a parlare per prima. Dopo più di un’ora d’inutile attesa, fu lui a rivolgerle la parola.
  • Quell’affare da dove arriva? –
  • L’ho creata io. – rispose lei, senza distogliere lo sguardo dal galleggiante colorato, mosso da leggere increspature a pelo d’acqua.
  • Credi di riuscire a prendere qualcosa? –
  • Qua sotto c’è abbastanza pesce da sfamare un esercito. Evitiamo di dirlo ai nostri simpatici amici però, non vorrei che decidessero di approfittare pure loro della nostra riserva personale. Comunque io sto puntando a un salmoncino che sta girando allegramente sotto la poppa della nave. Vediamo se decide di farsi pigliare. –
  • Come fai a sapere che c’è un salmone qui sotto? –
  • Leggere il flusso vitale che scorre in ogni essere vivente è la mia specialità. – si irrigidì appena, notando un movimento più deciso del filo semi-trasparente, sentendone aumentare la tensione.
Strinse con più forza la base della canna, rimanendo in attesa e trattenendo il respiro. Gildarts fece lo stesso, ipnotizzato anch’egli dal movimento rapido e scattoso del galleggiante, segno che qualcosa stava lottando per liberarsi della morsa dell’amo. Rya attese ancora qualche istante poi, con un solo movimento fluido, sciolse le gambe dandosi una spinta all’indietro con le punte dei piedi, portando con sé anche la canna e la lenza che vi era attaccata. Fu questione di un attimo e il grosso pesce uscì dall’acqua, le squame che rilucevano argentee sotto la luce solare appena schermata dalle nuvole. Dal labbro superiore si vedeva spuntare la punta dell’uncino, mentre il salmone si dimenava a più non posso nel tentativo di liberarsi dalla morsa letale. Pochi istanti ancora e venne issato sulla tolda, mentre la ragazza provvedeva rapidamente a estrarre un pugnale da sotto al mantello per conficcarglielo nel cranio, fermando una volta per tutte i suoi movimenti convulsi.
  • Beh, che ne dici? Può andare? –
  • Vorrai mica mangiarlo crudo. –
  • Per me non fa differenza, ma se preferisci possiamo cuocerlo o affumicarlo. –
  • Cotto sarebbe perfetto. – sentenziò il mago, guardandosi attorno. I marinai, che avevano smesso di lavorare per osservare i movimenti dei due, si rimisero subito a fare ciò che avevano interrotto.
  • D’accordo. Vado a vedere se in cucina almeno il fornello è utilizzabile. – tagliò corto lei, tirando su il pesce tramite la lenza e sparendo con esso lungo le scale che portavano alla sotto coperta.
Mezz’ora dopo, eccola risalire portando con sé una bella serie di tranci di salmone scottato alla bell’è meglio direttamente sulla fiamma. Evidentemente le pentole che avevano a disposizione gli sguatteri della nave non erano di suo gradimento.
I due si misero a mangiare, comodamente appoggiati al parapetto sul cassero della nave, osservando la scia di schiuma perlacea lasciata dalla nave dietro di sé.
  • Faremmo bene a tenerne un po’ per domani. –
  • Uh? Di cofa? – domandò Rya, masticando un boccone di pesce.
  • Di cibo. Non so quando riusciremo a prenderne ancora. – lei finì di deglutire.
  • Rilassati. Questa è solo una parte del salmone di prima. Un altro quarto l’ho cotto e nascosto in cabina, l’ultima metà l’ho messo sotto sale. Abbiamo cibo a sufficienza per un paio di giorni. –
  • Massimo fino a domani sera… - calcolò Gildarts, facendosi pensieroso. Lei scosse il capo.
  • No, il resto è tutto tuo. Con questa razione io posso stare senza mangiare per una settimana. –
  • Ma ne risentirai! –
  • Affatto. Sono abituata a periodi ben più lunghi di digiuno. –
  • Sicura? –
  • Senti, convivo col mio fisico da un buon numero di anni, ormai. Credo di sapere perfettamente quali siano i miei limiti. – sbuffò lei, scrollando la testa – In ogni caso, vedrò di non strafare. – aggiunse infine, sottovoce. Il Mago del Crush sorrise, ma non disse nulla. Un po’ le ricordava Natsu, soprattutto per il suo atteggiamento impulsivo. Solo che mentre il Dragon Slayer del fuoco spesso non poteva permettersi più di tanto di fare il gradasso, la ragazza che gli stava accanto probabilmente aveva abbastanza energia magica in corpo da stendere anche i Maghi della Croce Sacra.
Se n’era accorto immediatamente. I suoi compagni di Gilda probabilmente non ci avevano fatto caso, o semplicemente non erano riusciti a percepire la lieve aura che proveniva da Rya. Nei giorni precedenti aveva cercato di analizzare ciò che sentiva provenire da lei, senza riuscire a trovare davvero una risposta ai suoi interrogativi.
Sembrava quasi che l’aria attorno a lei fosse carica di elettricità statica, abbastanza da essere percepita, ma non sufficiente ad infastidire. Makarov doveva essersene accorto e anche Mavis ne sapeva sicuramente qualcosa, ma nessuna domanda era stata posta sulla questione e nessuna delucidazione era arrivata per spiegare quello strano fenomeno. L’unica cosa che gli era venuta in mente era che quella ragazza tenesse celata la propria aura magica dietro a pesanti barriere autoimposte, ma questa era di una potenza tale da non poter essere mascherata del tutto. E se ciò che sentiva era solo una minima parte di quella che doveva essere la sua magia, non osava davvero immaginare cosa potesse succedere nel momento in cui avesse lasciato fuoriuscire la vera essenza di ciò che teneva ben nascosto.
Nel momento in cui i suoi scudi e i suoi sigilli fossero caduti, a cosa avrebbe assistito?
Nel momento in cui il suo autocontrollo fosse venuto meno, cosa sarebbe accaduto?
Makarov aveva ragione.
Se Mavis aveva rispedito una maga del calibro di Rya da loro, sfruttando, forse a tradimento, la promessa che la legava a Fairy Tail, doveva esserci in gioco qualcosa di grosso.
Guardò verso l’alto, continuando a sbocconcellare il suo pezzo di salmone, perso nei suoi pensieri.
Voleva sapere a tutti i costi cosa doveva aspettarsi da quella ragazza. Per questo aveva deciso di portarla in missione con sé, senza chiedere il permesso al Master.
Aveva mentito su questo, ma dal modo in cui Rya lo aveva guardato, aveva intuito che lei dubitava fortemente che Makarov gli avesse dato il permesso di farsi accompagnare da lei. Eppure, aveva accettato.
  • A cosa pensi? – lo richiamò all’ordine lei, guardandolo in attesa.
  • A nulla in particolare. Penso che andrò a schiacciare un pisol… - la frase rimase in sospeso, mentre un rumore sordo di catene fece girare sia lui che la sua compagna. Sbatté un paio di volte le palpebre, giusto per assicurarsi di non avere le allucinazioni.
  • Ohi. Si può sapere che vi prende? –
 
Rya aveva già cominciato ad avvertire un cambiamento nell’atmosfera che regnava sul ponte. I suoi sensi oltremodo sviluppati avevano già captato bisbigli sospetti, suoni strani, movimenti inusuali. Aveva mostrato una calma velata di indifferenza, mentre continuava a tenere d’occhio i compagni di viaggio improvvisati. Aveva intravisto qua e là diversi baluginii, ma non era riuscita a capire se si trattasse di messaggi in codice o di qualcosa che veniva passato velocemente di mano in mano di nascosto. Diede un’occhiata a Gildarts, impegnato a osservare un punto indistinto dell’orizzonte: non sembrava essersi accorto di nulla. Affinando l’udito, la ragazza poté captare stralci di conversazioni, per nulla rassicuranti.
Dopo aver ascoltato per diversi minuti, capì che i marinai intendevano prenderli alle spalle mentre erano intenti a mangiare per derubarli e gettarli in mare, in pasto alle creature degli abissi.
Che razza di piano!
Sospirò pesantemente, prima di riportare la sua attenzione su Gildarts, ancora perso nel suo mondo, attirandone l’attenzione. Sentiva che il cerchio attorno a loro si stava chiudendo, non poteva parlare ad alta voce di quello che aveva sentito, ma poteva almeno rendere il suo compagno di viaggio più vigile.
Quando entrambi sentirono il rumore di catene, si voltò anche lei, incrociando le braccia e guardandosi attorno con occhio critico.
 
Una decina di uomini, alcuni armati di coltellacci solo sommariamente puliti, altri avevano in mano delle spesse catene di ferro arrugginito, macchiato di sangue incrostato.
Dunque quegli uomini avevano già ucciso?
Rya scrutò attentamente nei loro occhi, annusando l’aria. Non c’era tensione omicida, sentiva addirittura l’odore della loro paura. Evidentemente non tutti erano d’accordo con quell’assurdo modo di agire, ma alla fine avevano acconsentito a comportarsi da perfetti idioti: davvero credevano di poter avere qualche speranza?
  • Ora, cari i miei ospiti, resterete fermi dove siete, ci darete la chiave della vostra cabina e poi vi farete legare senza opporre resistenza. – era stato il Capitano a parlare, armato di una strana sfera di cristallo, al cui interno era racchiusa una sorta di voluta di vapore dai colori cangianti – Se lo farete, ne uscirete illesi. –
  • Sicuro. Dopo averci derubati ci slegherete e ci offrirete tè e biscotti e tutto si concluderà con un magico banchetto sotto le stelle. – lo canzonò Rya, incrociando le braccia e guardandolo ironica – Non siamo tutti un po’ troppo cresciuti per le favole? – per tutta risposta, l’uomo sorrise.
  • Credi di poterti permettere tutto questo sarcasmo, signorina? Grazie a questo simpatico gingillo, ora i vostri poteri magici sono completamente bloccati. Quindi ora vedete di non farmi perdere tempo. – una scintilla di magia bluastra si sprigionò dalle dita dell’uomo, mentre le onde del mare cominciarono ad ingrossarsi.
  • Un Mago dell’Acqua, eh? Bene bene, se pensi che ci arrenderemo senza combattere ti sbagli di grosso. – continuò lei, facendo schioccare sonoramente le nocche della mano destra, sottolineando il tono minaccioso con cui aveva pronunciato l’ultima parte della frase. Gildarts si limitò a rimanere fermo, dando corda alla Dragon Slayer. Poteva sentire il flusso della sua magia che rallentava, come se improvvisamente si fosse trasformata in un fluido viscoso, ma non era del tutto bloccata. Probabilmente le loro reazioni sarebbero state più lente, ma nulla che non si potesse equilibrare con una maggior velocità nello sferrare i colpi. Rimase calmo, attendendo le mosse dei loro gentili ospiti.
  • Ostinata e cocciuta, vedo. Cambierai presto idea. Water Slicer! – l’acqua salata del mare si sollevò, formando dei piccoli agglomerati a forma di lame, che si abbatterono ad altissima velocità verso il punto in cui i due Maghi sostavano. Rya scosse il capo, allargando il braccio destro.
  • Fairy Sphere. –
 
La luce invase completamente il campo visivo di Gildarts, talmente intensa da costringerlo a ripararsi gli occhi dietro allo schermo protettivo offerto dalle dita della mano sana. Le parole che lei aveva pronunciato gli rimbombavano ancora in testa, incapace di crederle vere.
Fairy Sphere.
Così l’aveva chiamata.
Ma era davvero possibile che una sola maga potesse evocare un incantesimo che sette anni prima soltanto la fusione di tutte le energie magiche dei membri più forti della Gilda aveva permesso di attivare?
Pochi istanti dopo, la luminosità si attenuò, permettendo finalmente al Mago e ai loro assalitori di comprendere meglio la situazione.
Attorno ai due Maghi di Fairy Tail era apparsa una barriera sferica, simile per consistenza ad una bolla di sapone, ma di colore giallo brillante. I raggi solari si infrangevano sulla superficie cangiante, creando giochi di ombre e movimento. Gildarts si guardò attorno, sconcertato, mentre Rya sorrideva tranquilla.
  • Quindi… adesso come la mettiamo? – chiese pacatamente lei, gli occhi azzurri fissi in quelli del Capitano. Lo sentì deglutire, mentre le gocce di sudore gli solcavano la fronte, fino a scendere lungo le guance e poi più giù, schiantandosi sul pavimento in legno. Non si aspettava che fossero ancora in grado di utilizzare la magia, non avrebbero dovuto avere possibilità di difendersi dal suo attacco. Eppure… eppure era così. Quella barriera non aveva solo respinto, ma completamente neutralizzato le sue lame d’acqua. Guardò nervosamente il globo che teneva ancora stretto in mano, domandandosi se non avesse perso efficacia.
  • Che hai in mente? – si intromise Gildarts, riprendendosi dallo stupore con cui aveva accolto la magia utilizzata dalla ragazza.
  • Non avevamo parlato di soluzioni diplomatiche? Preferivi un Fairy Glitter forse? – ricordando la potenza spaventosa della magia di Fairy Tail appena menzionata, il corpo del Mago venne scosso da un brivido freddo. Forse quella era davvero stata la soluzione migliore.
  • No, la barca ci serve ancora. –
  • Appunto. –
  • E-Ehi… sono sicuro che possiamo trovare una soluzione civile a questa situazione… -
  • Oh, sì. Tanto per cominciare pranzo e cena degni di questo nome. Niente più scherzetti di questo tipo, giusto per continuare.  – snocciolò Rya, tenendo il conto con le dita della mano destra – E, tanto per finire… dove avete preso quell’aggeggio? – indicò col mento la sfera cristallina nelle mani del Capitano.
  • Q-questa, beh… - balbettò lui, la gola improvvisamente inaridita.
  • Non ripeterò la domanda una seconda volta. –
  • Me l’ha data un uomo. –
  • Descrivilo. – si intromise Gildarts, improvvisamente più attento.
  • Capelli neri corti, portava una lunga veste rossa e una specie di stola bianca. –
  • Zeref… - mormorò senza fiato il Mago del Crush, mentre la sua compagna storceva la bocca.
  • Già, quella è una delle sue invenzioni. Si chiama Sfera Annulla-Magia. Il suo problema è che si basa sull’energia magica di chi la utilizza, quindi più è forte il Mago che la possiede più la sua efficacia aumenta. –
  • Conosci le magie di Zeref? –
  • Più di quanto mi faccia piacere ricordare. – concluse lei, facendo sparire la barriera magica con un semplice gesto dell’indice destro.
 
Osservò come le singole particelle di energia si staccassero creando qualcosa di simile a dei piccoli fiocchi di neve, disperdendosi nell’aria come minuscole farfalle gialle, danzando nel vento leggero fino a scomparire del tutto.
Zeref.
Ancora lui.
Sempre lui.
Avrebbe mai smesso di tormentarli?
Avrebbe mai smesso di mettere loro i bastoni in mezzo alle ruote?
Rya strinse una mano guantata a pugno, fissando un punto imprecisato tra le assi di legno, ricordando ciò che aveva visto tra i ricordi di Acnologia.
Mentre la ciurmaglia si disperdeva, facendo sparire catene e armi sotto lo sguardo attento di Gildarts, lei aveva un solo pensiero in testa.
 
Maledetto Mago Nero, prima o poi riuscirò a trovare il modo di farti scomparire dalla faccia di questo mondo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La preoccupazione di un Padre ***


La brezza leggera del tardo pomeriggio solleticava delicatamente i capelli neri del ragazzo affacciato alla ringhiera, gli occhi blu persi in un punto molto distante tra le case e le vie illuminate dagli ultimi raggi solari della giornata.
Sotto ai suoi piedi si stendeva Magnolia, arrossata dalla luce del tramonto. Le vie, disposte regolarmente, erano invase dai cittadini comuni: chi tornava a casa da lavoro, chi vi si stava recando, chi era uscito a divertirsi.
Loro hanno una vita normale… niente guerre, niente combattimenti, nessun rischio da correre se non quello di arrivare tardi a lavoro.
Chiuse gli occhi per un attimo, assaporando la quiete che lo aveva avvolto, quel momento in cui il vociare della folla sottostante gli arrivava come un brusio leggero, mentre il vento leggero si insinuava al di sotto della camicia semiaperta usata come giacca.
Anche la mia vita sarebbe dovuta essere così.
Scosse la testa. Quel pensiero sapeva tanto di rimpianto, non era da lui.
 
Inspirò a fondo, per l’ennesima volta.
Aveva sperato che quella strana inquietudine che gli attanagliava lo stomaco in una morsa ferrea sarebbe svanita grazie ad una salutare boccata d’aria, ma si era sbagliato.
Gray non era tipo da mostrare apertamente i propri sentimenti e i propri stati d’animo, ma in quell’ultimo periodo si era accorto di essere più pensieroso del solito. Più inquieto, appunto.
 
L’arrivo dello stormo di Draghi della Regina Nera lo aveva oltremodo destabilizzato, risvegliando in lui sensazioni che credeva ormai sopite definitivamente.
Invece, si era reso conto, con suo sommo disappunto, che ancora il fantasma di Ur lo tormentava, insieme al ricordo delle devastazioni perpetrate da Deliora.
Era tornato dalla città di Crocus col cuore gonfio di tristezza, in bocca ancora il sapore amaro della sconfitta, nella mente la consapevolezza lampante della sua totale inutilità in un combattimento contro bestie di quel calibro.
Ogni mattina si guardava allo specchio, la pelle ancora stillante d’acqua fredda, mentre cercava di togliersi di dosso le macchie di sangue rappreso che sentiva ancora sul viso, sulle mani, su ogni lembo del corpo.
Sentiva ancora il gusto metallico del liquido rossastro e viscoso sul fondo della bocca, poteva ancora avvertire il crepitare dei roghi che avvolgevano la città, accendendo la notte e spegnendo le vite delle persone.
Ogni volta che i suoi occhi si chiudevano, poteva vedere davanti a sé la piramide di cadaveri portati dai draghi, troppi per poter essere contati, una catastrofe immane di cui ancora faticava a capacitarsi. Quei mostri non si erano fermati davanti a nulla, donne, bambini e anziani non erano stati risparmiati dai loro artigli e dalle loro fauci.
Come potevano essere così spietati?
 
I Draghi sono esseri dal sangue nero e dal cuore torbido, tutto quello che decidono di fare è per un proprio tornaconto. Non sanno cosa sia l’altruismo, sono crudeli e spietati.
 
Erano state queste, le Sue parole. Questa la descrizione che Lei aveva dato di quelle bestie.
 
Scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli spettinati dal vento, cercando così di allontanare i pensieri funesti che albergavano al di sotto di essi.
Passò oltre, cercando tra i ricordi quelli che riguardavano il periodo successivo, qualcosa che fosse legato alla vacanza in montagna insieme a Natsu e agli altri.
 
Era tornato a casa verso la fine di Settembre, stanco e demoralizzato per tutta la mole di lavoro che era toccata a lui e ai suoi compagni per aver buttato giù un paio di muri per sbaglio.
Tutta quella fatica fisica, però, gli era servita per svuotarsi la mente, riprendendo in parte il freddo autocontrollo che abitualmente lo accompagnava.
 
Aveva ascoltato, insieme agli altri, il discorso che Makarov aveva tenuto poco dopo il rientro degli ultimi componenti della Gilda dalle famigerate vacanze estive.
Zeref.
Zeref era tornato, non più intenzionato a starsene in panchina a osservare il passare delle stagioni e degli anni, ma determinato a porre fine all’esistenza dell’intera razza umana.
Voleva compiere una strage, voleva vendicarsi sulla pelle di tante persone innocenti.
Fairy Tail non gliel’avrebbe permesso.
Fairy Tail avrebbe trovato il modo di fermarlo.
 
E poi… aveva visto Lei. Di sfuggita. Aveva sentito le sue parole sprezzanti e la sua voce quasi astiosa, mentre rimetteva in piedi la bacheca delle missioni. Molto probabilmente il colloquio che aveva avuto con Mavis non doveva essere stato dei più amichevoli.
 
Nemmeno una settimana dopo si era ritrovato invischiato in una nuova missione, insieme a Lluvia, Lyon di Lamia Scale e Hibiki di Blue Pegasus. Era stato quest’ultimo a presentarsi a Magnolia, chiedendo la collaborazione di Fairy Tail per la buona riuscita di un incarico arrivato direttamente dal Consiglio della Magia. Aveva già chiesto e ottenuto l’aiuto di Lyon, ma preferiva che ci fosse anche qualche membor di quella che ormai tutti consideravano la Gilda più forte di tutta Fiore. Per sicurezza.
Makarov aveva insistito che fosse proprio lui ad accompagnare il suo vecchio compagno di studi, provocando l’immediata reazione di una certa Maga dell’Acqua che aveva voluto aggregarsi a tutti i costi, insistendo sul fatto che “ovunque andasse l’adorabile Gray, sarebbe andata anche Lluvia.”. Era stata assolutamente irremovibile nella sua decisione, e Gray si era ritrovato in mezzo al solito triangolo amoroso che ormai sopportava da quando erano tornati sani e salvi da Tenroujima, con sette anni di ritardo.
Lyon innamorato di Lluvia, Lluvia innamorata di Gray… e lui?
Se avesse dovuto dare ascolto ai suoi sentimenti prima del Palio della Magia, avrebbe detto che stava cominciando a ricambiare i sentimenti della Maga dell’Acqua, ma dopo lo scontro con i Draghi qualcosa era cambiato.
Voleva bene a Lluvia, era una sua compagna di Gilda, un’amica. Ma non riusciva più a capire se questo affetto andasse anche oltre. Prima sospettava di sì, adesso… un po’ meno.
Le cose si erano fatte decisamente più complicate, da quel giorno.
Da quando aveva incrociato gli occhi azzurri della ragazza venuta dal passato.
 
Scosse nuovamente il capo, appoggiando il mento al palmo della mano, sorreggendosi la testa divenuta fin troppo pesante.
Da quando Rya era piombata come un uragano nelle loro vite, molte cose erano cambiate.
Il suo ritorno aveva coinciso con quello di Zeref e di Acnologia, una congiunzione di eventi alquanto singolare. Gray non credeva alle coincidenze, ma era tutto davvero troppo strano.
Che ci fosse un nesso tra il fatto che lei avesse distrutto il legame che univa Acnologia a Zeref e la decisione di quest’ultimo di rifarsi vivo?
Forse.
 
Al suo ritorno alla Gilda, agli inizi di Novembre, aveva saputo che Lei era partita per una missione non autorizzata insieme a Gildarts.
Dire che Makarov era furente era poco.
Era più che dannatamente incazzato col Mago del Crush per aver deciso di sua iniziativa di allontanarsi per compiere una missione di Rango S così pericolosa, trascinandosi dietro la Maga di Mavis, per giunta. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato. E nemmeno Mavis lo avrebbe mai del tutto assolto dalla colpa di avere sulla coscienza una delle sue Maghe, colei che avrebbe dovuto prendere il suo posto alla guida della Gilda come Seconda Master.
Arrabbiato oltre ogni umana concezione, aveva spedito Luxus e Cana sulle loro tracce, con l’ordine di fermarli e riportarli indietro.
I due erano tornati diversi giorni dopo, a mani vuote. Al porto di Hargeon li avevano persi, l’unica informazione che erano riusciti a reperire era che due persone che corrispondevano alla loro descrizione avevano chiesto informazioni su un possibile imbarco per la città di Gallowstown. Con ogni probabilità erano a bordo di qualche vascello diretto in quella contrada. Avrebbero voluto seguirli, ma nessuna nave in transito durante quella settimana avrebbe fatto scalo in quella zona, in ogni caso sarebbero arrivati troppo tardi per poter fare qualcosa.
La furia del Terzo Master era aumentata a dismisura.
Mirajane continuava a cercare di rassicurarlo, ricordandogli che si trattava comunque di Gildarts e che quindi Rya non avrebbe corso alcun pericolo.
Makarov era talmente fuori di sé da aver lanciato alla bella barista di Fairy Tail uno sguardo truce, zittendola all’istante.
Elsa e Luxus erano molto preoccupati dalla piega presa dalla situazione. Non avevano mai visto il loro Master comportarsi così, doveva essere davvero molto allarmato, per reagire in maniera tanto inusuale.
 
  • E va bene, allora vorrà dire che li seguiremo in un altro modo. – affermò Gray, dopo essere stato ragguagliato sulla situazione da Freed. Makarov drizzò immediatamente le orecchie.
  • Che intendi dire? –
  • Andremo dalla Gilda dei Blue Pegasus e chiederemo in prestito il loro incrociatore volante, Christina. Dopotutto, li abbiamo aiutati senza chiedere nulla in cambio, non credo di rifiuteranno un piccolo favore. –
  • Giusto. Possiamo farci accompagnare fino a Gallowstown e da lì cercare di intercettare Gildarts e la bimba. – aggiunse Luxus, annuendo. Il Terzo Master si fece pensieroso, aggrottando la fronte. Incrociò le braccia e chiuse gli occhi, indeciso sul da farsi.
  • E sia. Luxus. Gray. Cana. Partirete immediatamente alla volta della Gilda del Master Bob e con la loro nave volante andrete a riprendere quei due pazzi. Portateli indietro. – sentenziò infine Makarov dopo qualche minuto, riaprendo gli occhi e alzandosi in piedi – A qualsiasi costo. -
 
Era appena tornato da una missione e già lo spedivano via di nuovo. Gray sbuffò sonoramente, contrariato. Avrebbe di gran lunga preferito tornarsene nel suo appartamento a godersi un po’ di meritato riposo, ma sembrava che non fosse questo il suo destino.
Così si era ritrovato a percorrere la strada che conduceva al dormitorio maschile della Gilda, col solo intento di farsi una bella doccia fredda, cambiarsi, preparare nuovamente la borsa e ripartire prima che facesse buio.
 
E lì, sul terrazzo della Gilda su cui si stava godendo gli ultimi tiepidi raggi solari, aveva atteso i suoi compagni di sventura, coloro che erano stati scelti dal Master per accompagnarlo in quella follia.
Gallowstown si trovava dall’altra parte del Regno di Fiore, ci sarebbero voluti giorni per raggiungerla. E poi Gildarts non era certo uno sprovveduto, poteva tranquillamente badare a sé stesso. E Rya non gli era sembrata una principessina indifesa. Era abbastanza sicuro del fatto che quei due potessero cavarsela da soli, ma il Master non era dello stesso avviso.
  • Sei già qui, vedo. – la voce bassa e ruvida di Luxus lo riscosse dai suoi pensieri, facendolo voltare nella direzione opposta rispetto a quella dove stava guardando. Annuì in risposta.
  • Manca solo Cana. – il Dragon Slayer del fulmine scosse il capo.
  • No, è giù che sta salutando Mirajane e gli altri. Scendiamo anche noi e partiamo. –
Si girò verso la porta che conduceva ai piani inferiori. Gray si voltò ancora un momento, osservando il Sole tramontare sui tetti della città di Magnolia, tingendoli di rosso.
Sospirò appena, per poi seguire il compagno di Gilda e raggiungere la sala principale della Gilda.
In capo a pochi minuti erano tutti e tre in cammino, in direzione della città di Shirotsume. Da lì avrebbero puntato direttamente verso la Gilda di Blue Pegasus, come da programma.
 
Fu Cana a rompere per prima il pesante silenzio che aveva avvolto il terzetto in viaggio verso Nord, rivolgendosi direttamente a quello che implicitamente era stato incaricato di guidarli in quella missione.
  • Luxus. – il biondo si voltò appena, dato che la ragazza lo aveva affiancato – Tu… credi davvero che Gildarts sia in pericolo? – la voce della ragazza era velata di preoccupazione.
  • Credo che il Vecchio si stia preoccupando troppo, quello ha la pellaccia dura. Nemmeno Acnologia è riuscito a farlo fuori. – rispose il Dragon Slayer, cercando di infondere coraggio alla sua compagna di Gilda, oltre che a sé stesso. La verità, però era che era estremamente preoccupato per la reazione avuta da suo nonno: se si era impensierito al punto di farli partire al crepuscolo per guadagnare tempo, la situazione doveva essere davvero molto critica.
  • È proprio questo che mi preoccupa… forse esiste qualcosa di più pericoloso di quel mostro. E lui sta andando ad affrontarlo. – sospirò lei, storcendo la bocca in una smorfia. Voleva bene a suo padre, nonostante cercasse di non darlo troppo a vedere.
  • Cana, dovresti avere più fiducia in tuo padre. Sarà anche un po’ strano, ma è un Mago di tutto rispetto. – si intromise Gray, provando ad alleggerire l’atmosfera tesa che gravava su di loro.
  • Tsk, quel vecchio libertino, deve sempre cacciarsi nei guai! – sbottò alla fine la Maga delle Carte, facendo sorridere i suoi compagni. Dopotutto, Cana era sempre Cana.
 
  • Master, non le sembra di aver esagerato? –
  • No, Elsa. Non sto affatto esagerando. –
  • Gildarts è un Mago molto forte, sicuramente non avrebbe problemi a… -
  • Elsa. – la interruppe lui, guardandola serio – Non è questione di quanto possa essere forte Gildarts. È che si tratta di una Missione Centenaria. –
  • Una Missione Centenaria? Cioè una di quelle che non viene portata a termine da più di cent’anni? – chiese Romeo, incuriosito. Era ancora troppo giovane e inesperto per conoscere quel genere di missioni.
  • Esatto. Si tratta della missione che non era riuscito a compiere oltre sette anni fa, quella durante la quale incontrò Acnologia che gli polverizzò parte del corpo. È un incarico ai limiti della follia. Dobbiamo fermarlo, prima che si faccia ammazzare insieme a Rya. –
  • Ma allora perché l’altra volta lo avevate lasciato partire? – si intromise Mira, visibilmente turbata dalle parole del Master.
  • Perché allora la missione era decisamente più semplice, anche se comunque molto pericolosa. La richiesta è stata revisionata poco tempo fa dal Consiglio della Magia e la sua difficoltà è notevolmente aumentata. Nemmeno uno come lui può sperare di farcela. –
 
I presenti si guardarono in faccia, cercando conforto gli uni negli occhi degli altri, mentre il gelo si diffondeva tra di loro. Le dichiarazioni del Master avevano causato confusione, paura, persino terrore, nel cuore dei compagni rimasti alla Gilda.
 
Se Gildarts era partito per una missione tanto pericolosa, rischiava davvero di perdere la vita. E Rya insieme a lui.


Angolo dell'autrice
Buongiorno! Come va? Spero che stiate tutti bene e che siate intenti a godervi le vacanze estive... le mie dovranno attendere ancora un po', ahimè.
Per quanto riguarda il capitolo, le cose stanno iniziando a muoversi. Gildarts e Rya sono partiti per una strana missione di Classe S, in barba a Makarov. E il Terzo Master, ovviamente, non l'ha presa bene. Poco ci mancava che gli facessi venire un accidente! Gray... Gray. Gray è il personaggio con cui mi sto trovando più in difficoltà, al momento. Il suo cuore è racchiuso dietro una spessa barriera di ghiaccio, che mi piacerebbe provare a sciogliere, senza però snaturare troppo il carattere del ragazzo.
E niente, siccome non ho altro da aggiungere, mi dileguo!
Al prossimo capitolo!
Un abbraccio.
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Una promessa è una promessa ***


La bonaccia era durata poco. Sempre così, sul mare e in montagna il tempo cambiava in fretta.
Troppo in fretta, per i gusti di Rya, che se ne stava rintanata nella topaia che avevano loro rifilato come camera ormai da tre giorni. La tempesta si era abbattuta su di loro due giorni dopo la partenza, impedendole di continuare a pescare pesce fresco. Fortunatamente si era accorta delle nubi nere e minacciose in tempo, altrimenti addio pranzo per Gildarts.
 
Sbuffò spazientita, scrollando le spalle e cambiando leggermente posizione, bilanciandosi meglio sull’amaca che fungeva da letto.
  • Gildarts. –
  • Uh? – l’uomo, comodamente spaparanzato sulla sua amaca, le braccia incrociate dietro la testa a mo’ di cuscino, si girò appena sentendosi chiamare.
  • Senti… perché mi hai chiesto di venire con te? –
  • Che domande! Volevo un po’ di compagnia… compagnia femminile s’intende. – lui le strizzò l’occhio, col suo solito fare da donnaiolo incallito, provocando una breve occhiataccia da parte di lei.
  • Come se ti credessi, vecchio libertino. Avresti potuto portare tua figlia, invece di una perfetta sconosciuta. –
  • La mia piccola Cana, quando viaggio con lei non mi permette di allungare mai le mani su nessuna donna… -
  • Gildarts, perché sono qui? – il tono di voce si era notevolmente indurito e il Mago del Crush smise di ridacchiare, tornando serio. Sembrava che la ragazza volesse delle risposte, e lui avrebbe dovuto dargliele, stavolta. Inspirò profondamente, decidendo in fretta che quel discorso andava affrontato adeguatamente. Con un colpo di reni si alzò a sedere, voltandosi poi verso la ragazza in attesa fino ad esserle completamente di fronte.
  • Questa missione… è la stessa che accettai una decina d’anni fa. Allora la richiesta era un po’ diversa, ma il succo della questione era più o meno lo stesso. Viaggiai per tre anni, esplorando ogni palmo del Regno di Fiore, alla ricerca di ciò che era indicato nella richiesta. Ma alla fine… incontrai Lui. – si fermò un momento, incerto su come continuare. Makarov gli aveva parlato del suo arrivo nella città di Crocus sul dorso di quel mostro, ma ancora non sapeva di preciso quale fosse il rapporto tra i due. Da una parte voleva delle risposte, dall’altra… beh, non voleva rischiare la pelle per ottenerle.
  • Lui… chi? – domandò con esitazione Rya, conoscendo già la risposta. Gildarts inspirò appena, prima di pronunciare quel nome che ancora gli metteva i brividi ogni volta che lo rammentava, ogni volta che qualcuno lo nominava, ogni volta che lui stesso lo pronunciava.
  • Acnologia. – la ragazza sospirò, chiudendo gli occhi. Aveva visto dai ricordi del Re dei Draghi lo scontro furioso avvenuto con quel mago dai capelli rossi, ricordava la carcassa dell’uomo martoriata dagli artigli del Drago Nero.
  • Quindi… hai interrotto la missione perché lo avevi incontrato? – chiese senza muoversi dalla sua posizione. Voleva saperne di più, sia sulla missione sia sull’uomo che stava accompagnando.
  • Esatto. Ora, non è questione di orgoglio o altro, però mi piace portare a termine i lavori, quando li prendo. Avevo deciso che sarei stato io a portare a termine quell’impresa e intendo farlo. –
  • Potevi farti accompagnare da qualcun altro. – insistette lei, accavallando le gambe e sporgendosi in avanti..
  • Potevi anche rifiutare. – ribatté lui, incrociando le braccia sul petto, stuzzicandola.
  • Non avrei mai potuto farlo. – rispose lei, abbassando appena la testa e fissando attentamente un punto preciso eppure allo stesso tempo distante della paratia della nave su cui erano confinati da ormai cinque lunghi giorni.
  • E perché no? – incalzò lui, incuriosito.
  • Perché in parte è colpa mia se tu sei ridotto così. – accennò appena con il mento in direzione del braccio metallico che si intravedeva da sotto gli abiti appena sgualciti dell’uomo.
  • È stato quel mostro nero a conciarmi così, non tu. –
  • Smettetela di chiamarlo tutti così! – Rya si voltò di scatto, piantando il suo sguardo severo sull’uomo di fronte a lei – anche Acnologia è stato un essere umano come voi. E di sicuro non si è divertito a obbedire agli ordini di Zeref per tutti questi anni. –
  • A me era parso di vederlo ghignare malvagiamente, mentre mi strappava la carne di dosso. – sputò il Mago, ricordando la smorfia sadica dipinta sul muso del Drago, mentre affondava le fauci nella sua tenera carne umana, strappandogli il braccio, la gamba e frantumandogli parte degli organi interni.
  • Certo, perché la sua mente era ottenebrata, il suo corpo era governato dal volere del Mago Nero e dagli istinti omicidi derivati dal sangue draconico. Ma ogni volta che la sua mente tornava vigile, ricordava tutte le atrocità che aveva compiuto, le persone che aveva ucciso, le città che aveva spazzato via, le foreste che aveva bruciato. – si fermò un momento a riprendere fiato, cercando nel contempo anche le parole per proseguire, qualcosa che permettesse al Mago di fronte a lei di capire meglio la situazione in cui versava quella povera bestia marchiata a sangue col nome di Drago dell’Apocalisse, prima del suo ritorno – I suoi ruggiti intrisi di rabbia e frustrazione erano udibili per molte miglia, di notte gli incubi delle sue carneficine lo tormentavano negandogli il sonno e la pace. Pensi davvero che se fosse stato un essere così spietato avrebbe sofferto così tanto? –
  • Quindi mi stai dicendo che non era in lui? –
  • Ovvio che no! Acnologia era un Dragon Slayer, proprio come me, vissuto oltre Quattrocento anni fa. Fu Zeref a mutarlo in un Drago vero e proprio, legandolo a sé tramite la sua magia nera. Da allora, ogni volta che il Mago Nero chiamava, il Drago dell’Apocalisse rispondeva e faceva il lavoro sporco al posto suo, il cuore che si tingeva sempre più di nero e l’anima che si impregnava dell’odore del sangue. Quando iniziai a dare la caccia a quel Mago, notai che le devastazioni compiute da Acnologia divenivano sempre più rade, così cominciai a pensare che le due cose potessero essere collegate. Mavis credeva che lo inseguissi per vendetta, in realtà a quel movente si aggiunse ben presto la mia determinazione nello scoprire se quei due potevano essere legati in qualche modo. Scoprii del loro legame, ma a quell’epoca non potei fare nulla per neutralizzarlo. La mia debolezza di allora ha causato le molteplici disgrazie di cui Acnologia si è macchiato. –
  • Non puoi incolpare te stessa per quello che è successo dopo la tua… ehm… sparizione. –
  • Invece sì! Se fossi stata più forte, tutto questo non sarebbe mai accaduto! – sbottò alla fine la ragazza, in preda alla rabbia. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, cercando di calmarsi - Non posso cancellare il passato, non posso far finta che Acnologia non abbia mai ucciso nessuno e non abbia distrutto città e foreste. Quello che posso fare è cercare di rimediare ai miei errori, la mia debolezza è stata una delle cause per cui tu hai perso parte del tuo corpo, per cui il mondo che ho ritrovato è più in rovina di quello che ho lasciato. E se accompagnarti in questa missione servirà a ripagarti, almeno in parte, per il prezzo che hai dovuto pagare, allora non sarò certo io a tirarmi indietro. – Gildarts aveva ascoltato con attenzione le parole di quella ragazza. Si riteneva responsabile per le azioni del Drago dell’Apocalisse, era questo il motivo che l’aveva spinta ad accettare la sua offerta. Aveva capito che la missione sarebbe stata difficile, eppure non aveva tentennato. Sospirò e sorrise, gettando uno sguardo fuori dal piccolo oblò che permetteva loro di vedere l’esterno, una distesa di grigio in varie sfumature.
  • Sei una ragazza coraggiosa, Rya. – la maga sbuffò, voltandosi appena e chiudendo gli occhi, come se non fosse avvezza a ricevere complimenti.
  • Non hai ancora risposto alla mia domanda. – riprese lei, cercando di cambiare argomento e di spostare l’attenzione da sé all’uomo che le stava di fronte.
  • Avrei potuto chiedere a qualcun altro, sì. Ma volevo che ci fossi tu con me, in questo viaggio. Perché non mi fido di te. – Rya riaprì gli occhi, inarcando un sopracciglio. Inclinò la testa sulla spalla sinistra, sbattendo un paio di volte le palpebre, come se non avesse afferrato il senso delle parole appena uscite dalla bocca dell’uomo.
  • Allora a maggior ragione dovrei essere l’ultima persona a cui avresti dovuto chiedere aiuto. Avrei potuto pugnalarti alle spalle. –
  • Dopo quello che mi hai detto, dubito che tu possa fare una cosa simile. –
  • Ma fino a oggi tu non sapevi quali motivi avessi per seguirti. –
  • È proprio per questo che ho voluto te. Volevo sapere fino a che punto eri disposta a spingerti, pur di proteggere un membro di Fairy Tail. – un lampo di comprensione attraversò gli occhi azzurri della ragazza, l’espressione fino a poco prima seria e tesa si sciolse in un sorriso appena accennato e tutti i tratti del suo viso si distesero.
  • Volevi sapere se Mavis aveva ragione a fidarsi di me, non è così? Volevi sapere se avrei davvero mantenuto la mia promessa di proteggere Fairy Tail e i suoi componenti a qualunque costo? –
  • Esatto. – annuì lui, osservando attentamente la sua reazione. La ragazza saltò giù dall’amaca, atterrando elegantemente sul pavimento squassato dalle onde che si abbattevano frustrate contro i bordi della nave. Si avvicinò al vetro, fissando un punto lontano dell’orizzonte, come se avesse bisogno di raccogliere le idee.
  • Volevi sapere se avrei mantenuto la promessa che feci alla mia Master di proteggere la sua Gilda? La risposta è sì. – si girò, fissando intensamente l’uomo ancora seduto sul suo giaciglio, lo sguardo acceso da una scintilla di determinazione. – Proteggerò Fairy Tail e i suoi componenti a qualsiasi costo. Dopotutto… - tornò a guardare l’esterno – una promessa è una promessa, giusto? –
 
Gildarts assentì silenziosamente, distogliendo lo sguardo dalla ragazza, intento a soppesare il significato della conversazione appena avvenuta tra di loro. La ragazza aveva rivelato molte cose, sembrava conoscere bene Acnologia e aveva menzionato un probabile legame tra lui e Zeref. Decise che le avrebbe dato un po’ di tregua, dopotutto lo scambio appena avvenuto doveva essere stato abbastanza estenuante anche per lei. Non sembrava restia a parlare, ma forse in quel caso mostrarsi troppo curiosi poteva risultare dannoso.
Rya mosse di scatto la testa, assottigliando gli occhi e alzando il mento, come in ascolto.
  • Ma cosa… -
Uno scossone più forte degli altri li colse impreparati, sbalzandoli dalle loro postazioni e scaraventandoli a terra, lasciandoli distesi sul pavimento di assi scricchiolanti. L’uomo finì contro il piccolo armadio addossato alla parete più interna, mentre Rya andò a sbattere contro il bordo esterno della nave, la testa contro l’oblò che si frantumò sotto la pressione esercitata dal peso del suo corpo mosso in maniera così repentina. Un fiotto d’acqua gelida si riversò all’interno dell’abitacolo, inzuppando la ragazza e macchiandosi inevitabilmente di rosso.
  • Rya! Stai bene? – Gildarts saltò immediatamente in piedi, barcollando verso di lei, preoccupato dal rumore di vetro infranto e dalla colorazione rossastra dell’acqua.
  • Sì. – rispose brevemente lei, voltandosi verso di lui, il viso lacerato in più punti, un brutto squarcio aperto lungo la guancia laddove la forza del movimento della nave l’aveva schiacciata maggiormente contro i residui del vetro distrutto. Rivoli di sangue misto ad acqua salmastra solcavano la pelle, gocciolando velocemente giù lungo lo zigomo fino ad imbrattare anche la gola e in parte gli abiti scuri di lei.
  • Ma quella ferita… - non riuscì a terminare la frase che la nave venne nuovamente percossa da qualcosa. Il rumore di legno spezzato fu chiaramente udibile in ogni angolo, così come le urla di dolore e terrore dei suoi occupanti. Gridavano disperati, angosciati, senza che una parola intellegibile uscisse dalle loro bocche per spiegare cosa stesse succedendo.
  • Guarirà presto. Ora andiamo. – Rya corse velocemente fino alla porta della cabina, schizzando acqua ovunque, abbattendola con un solo poderoso calcio.
Non c’era tempo per la delicatezza da signorine, dovevano arrivare sul ponte il prima possibile. Seguita da Gildarts, percorse i corridoi e salì le scale, saltando i gradini a due a due, finché non riuscì a intravedere il boccaporto. La ragazza mise mano sulla ringhiera poco stabile dell’ultima scala che li separava dalla luce e dall’aria aperta, facendo appena in tempo a sollevare un piede per iniziare a scapicollarsi lungo l’ultimo pezzo del tragitto, quando un brontolio sordo fece rimbombare il vascello come un’enorme cassa di risonanza, le assi di legno percorse da vibrazioni tanto intense da creare crepe e rotture in più punti.
Rya si scambiò un’occhiata preoccupata con l’uomo dietro di sé, poi riprese a correre a perdifiato fino a ritrovarsi sul ponte della nave, al centro di una tempesta in piena regola. Rimase ferma qualche istante, il viso sferzato dalle ondate che superavano persino il parapetto, i capelli e gli abiti agitati dal vento ululante, mentre la nave con fatica si teneva a galla in mezzo a quell’inferno fatto di acqua, schiuma, maestrale e grida.
Improvvisamente, si accorse che c’era qualcos’altro, oltre alla furia del mare, a minacciare la sopravvivenza del veliero e del suo equipaggio. Qualcosa di ancora più pericoloso. Qualcosa di vivo.
  • Ma che diamine… - fece appena in tempo a borbottare Gildarts, che un’enorme pinna di squalo si rese visibile a poche decine di metri dalla nave.
  • Fairy Sphere! –
L’uomo si voltò, notando come la ragazza avesse reagito in fretta, evocando l’incantesimo di difesa più potente della Gilda. La pinna dorsale sparì al di sotto del pelo dell’acqua, mentre il suo probabilmente enorme proprietario si accingeva ad attaccare la nave al di sotto della linea di galleggiamento.
Pochi istanti di terrore, poi l’impatto, sonoro e devastante.
Le acque infuriate dell’oceano si illuminarono quasi a giorno a causa delle scintille sprigionatesi dal contatto tra la barriera magica e la testa dello squalo, che cercava caparbiamente di fare a pezzi quell’inutile ostacolo per poi sventrare il legno della sua preda.
La nave sussultò appena per il movimento dei flutti attorno al suo ventre, ma non accusò alcun colpo, tutta la collera del mostro era stata assorbita e attutita dalla Sphere mantenuta in piedi da Rya.
Vedendo che ogni sforzo era inutile, lo squalo fece dietrofront, allontanandosi dalla nave e dando così respiro ai suoi occupanti. Gildarts si voltò verso la sua compagna.
  • Dov’è quel bastardo?! –
Rya chiuse gli occhi un momento, lasciando fluire la propria magia e rimanendo in ascolto, attenta però a non distrarsi troppo dal mantenere attiva la Sphere.
Dopo qualche istante, indicò il sud con un movimento veloce del mento.
  • Da quella parte. –
  • Va bene. Vado a stanarlo, tu proteggi questa bagnarola, prima che affondi del tutto! –
  • Gildarts asp… - nemmeno il tempo di terminare la frase, l’uomo si era già gettato oltre il parapetto, inabissandosi nelle acque scure e profonde dell’oceano.
Ma si è completamente rincretinito!
  • Salvateci, vi prego!! – una voce roca e supplichevole riscosse la ragazza, facendola voltare alla sua sinistra. Un marinaio, le stava rivolgendo una supplica accorata. Il corpo dell’uomo era scosso dai tremiti, gli occhi spalancati e colmi di terrore, le lacrime incontrollate gli bagnavano le guance, confondendosi con l’acqua salata del mare. Lei si guardò attorno, notando lo stesso guardo sgomento negli occhi di tutti quanti gli astanti. Dovevano avere davvero una paura tremenda di morire.
  • Tsk. – sbuffò appena, tornando a volgere lo sguardo verso l’orizzonte davanti a sé, individuando le energie vitali sia di Gildarts che del mostro. Quest’ultimo, come un toro inferocito, si era allontanato per prendere l’ennesima rincorsa e tornare all’attacco rincarando la dose, nel tentativo di abbattere la sottile striscia di luce che lo separava dalla sua preda. Gildarts nuotava vicino al pelo dell’acqua, alla cieca, probabilmente non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti a causa dell’agitazione dell’oceano, i flutti orlati di schiuma lo sballottavano come un indumento in centrifuga dentro una lavatrice. Scosse la testa, storcendo la bocca.
Non va affatto bene. Che diamine sta aspettando Gildarts?
La rabbia del gigantesco squalo si abbatté ancora una volta sulla barriera gialla, facendo ribollire l’acqua attorno al punto di contatto, vaporizzando istantaneamente il liquido scuro a causa delle temperature elevate.
In quel momento, Rya si accorse che il suo compagno si stava muovendo proprio in quella direzione.
Quindi stava aspettando che quel coso fosse impegnato con la Sphere per trovarlo e poterlo attaccare indisturbato. Maledetto infame, mi sta usando come esca!
Intuendo finalmente il piano del Mago del Crush, la ragazza aumentò l’intensità della barriera, rendendola più splendente e allargandone lentamente la circonferenza, respingendo indietro l’animale. Se Gildarts era un Mago del Crush come era lei una Dragon Slayer, più lontano sarebbe avvenuto l’impatto e meglio era, per la salute della nave.
I secondi scivolavano via, inesorabili, mentre Rya teneva sotto controllo la Sphere e i movimenti degli altri due, cercando di coordinarsi il più possibile con gli spostamenti del compagno di Gilda.
Piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte, mentre il sangue colava copioso dalla ferita che le attraversava tutta la guancia destra. Il braccio destro allargato, la mano aperta, i muscoli contratti e l’alone giallognolo della magia sulla punta delle dita, la sua innaturale immobilità la facevano sembrare quasi una statua, se non fosse stato per il ritmico alzarsi e abbassarsi del suo petto.
Con la stessa pazienza con cui un ragno tesse la sua tela e poi attende che l’ignara preda vi cada, così Rya aspettava imponendosi la calma più glaciale.
Quando avvertì la magia di Gildarts iniziare a muoversi, decise che era arrivato il momento di agire. Con maestria, guidò la luce delle Fate affinché lo avvolgesse nel suo guscio protettivo, smorzando l’onda d’urto derivata dal suo attacco. L’ultima cosa che lasciò fuori fu la mano dell’uomo, un istante prima che lanciasse la sua magia verso il mostro che si abbatteva frustrato contro il muro scintillante davanti a sé, ma quando percepì l’energia lasciare l’ultimo dito, allargò immediatamente la Sphere per proteggere anche quella fragile parte del corpo dell’uomo. Poco male se lo squalo avesse evitato una parte del colpo, il potere magico del Crush si sarebbe abbattuto comunque su di lui così prepotentemente da ucciderlo comunque.
 
Un’enorme colonna d’acqua e sangue si sollevò dal punto in cui si trovava l’enorme bestia, creando una serie di marosi prontamente respinti dalla barriera di Rya, ma sufficienti a far rollare e beccheggiare abbondantemente la nave, col rischio che potesse persino cappottare. Pezzi di carcassa sanguinolenti e slabbrati si abbatterono sulla parte alta della Sphere, finendo polverizzati nel contatto con la magia delle Fate. Rimanendo miracolosamente in piedi, la ragazza continuò a reggere la barriera, ben sapendo che il suo limite giallo segnava il confine tra la vita e la morte loro e di quei marinai rimasti ancora in vita dopo il primo attacco da parte dello squalo.
Una volta esauritasi l’energia scaturita dal Crush di Gildarts, Rya lasciò lentamente dissolvere la Fairy Sphere, finché di essa non rimasero altro che piccole pagliuzze di un giallo liquido. Muovendosi cautamente e saggiando i muscoli si affacciò al parapetto, nel tentativo di scorgere il compagno di Gilda, che ancora non riaffiorava.
Probabilmente è rimasto stordito dal contraccolpo. Non sento più la sua energia vitale, dove sarà?
  • Uomo in mare!!! – l’urlo del marinaio colpì le orecchie della ragazza come un gong, facendola volare quasi meccanicamente verso il lato opposto della nave, guardando nella direzione indicata dall’uomo che aveva lanciato l’allarme. In mezzo ad alcune assi di legno e ai frammenti di velatura e cordame, si poteva scorgere qualcosa di rosso, parzialmente coperto da un pezzo di tessuto scuro.
  • Gildarts! – senza nemmeno togliersi gli stivali, Rya si gettò in mezzo ai flutti, nuotando velocemente sotto il pelo dell’acqua per cercare di salvare il compagno che giaceva riverso in mezzo al mucchio di relitti.
La burrasca scuoteva il mare, muovendo le sue acque ora da una parte, ora dall’altra, in moti mai eguali, in direzioni sempre diverse, rendendo molto più difficoltoso il compito della ragazza. Lei continuò caparbiamente ad allungare un braccio dopo l’altro, risalendo in superficie solo quando il bisogno d’aria diventava davvero impellente, lottando contro la rabbia degli elementi che cercavano in ogni modo di ostacolarla.
Bracciata dopo bracciata, si avvicinò alla meta, finché le sue dita non sfiorarono qualcosa di duro, ferendosi con le schegge di legno fradicio.
Si fermò un momento per valutare la situazione, notando che effettivamente Gildarts aveva perso i sensi e non sembrava respirare. Lo agguantò per i vestiti e se lo trascinò dietro, nuotando a ritroso per raggiungere la nave. Dovette combattere strenuamente, i muscoli tesi fino allo spasimo, ma finalmente dopo minuti che le sembrarono ore riuscì ad issarsi sulla tolda della nave, insieme al corpo del compagno abbandonato a peso morto sulla sua spalla.
Una gamba le cedette, troppo provata per lo sforzo, e lei si accasciò esausta sul pavimento impregnato d’acqua, cercando di riprendere fiato. Gettò uno sguardo preoccupato a Gildarts, immobile, gli occhi chiusi.
Allungò una mano tremante verso il suo petto, in attesa di sentire il suo battito cardiaco.
Inutilmente.
Ancora andante, assottigliò gli occhi, mentre un dubbio terribile, atroce, si insinuò nella sua mente.
Forse era arrivata troppo tardi.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Chiedere scusa ***


Cana si massaggiò le caviglie doloranti, sbuffando come una locomotiva lanciata a tutta velocità su di un rettilineo. Luxus e Gray non avevano avuto alcuna pietà dei suoi piedi, chiusi come sempre in sandalini neri eleganti e muniti di tacchi, bassi, ma pur sempre tacchi.
  • Quei due animali non mi hanno permesso di fermarmi nemmeno quando si è rotto uno dei laccetti! Non ho potuto fare altro che levarmi del tutto i sandali, correndo scalza in mezzo a tutto quel pantano! – la Maga delle Carte sbatté il boccale di birra sul tavolo, facendolo tremare insieme ai bicchieri colmi di succhi di frutta di Jenny e Sherry, quest’ultima venuta a trovare il fidanzato Ren giusto qualche giorno prima dell’arrivo dei tre Maghi di Fairy Tail.
  • Che incivili! Dovrebbero sapere che le ragazze sono fiori delicati e come tali vanno trattate! –
  • È vero, però tutta questa premura nell’arrivare qui il più in fretta possibile non è forse AMORE verso i loro compagni dispersi? – Sherry e l’amore. Passavano gli anni ma quella rimaneva sempre la stessa. Jenny scosse la testa, ormai abituata alle stramberie della ragazza dai capelli rosa shocking.
 
I tre maghi di Fairy Tail avevano affrontato piogge torrenziali, abbastanza frequenti in quel periodo dell’anno, che avevano reso le strade viscide e fangose, mentre l’aria si era fatta pesante, impregnata di umidità com’era.
E a nessuno dei due maschietti era venuto in mente che le calzature della donzella che li accompagnava potessero non essere adeguate a tali condizioni climatiche, avevano continuato imperterriti il loro cammino, sordi ai richiami e alle lamentele della ragazza.
Procedendo a tappe forzate, alla massima velocità consentita da Cana e dalle sue continue cadute accompagnate dalle più colorite imprecazioni, erano riusciti ad arrivare alla Gilda dei Blue Pegasus in meno di due settimane, chiedendo immediatamente di poter conferire col Master Bob per poter sottoporre al più presto la loro richiesta.
Sfortunatamente, l’uomo non era presente al momento del loro arrivo.
Si era infatti recato a Era, presso la sede del Consiglio della Magia, insieme ad Hibiki, allo scopo di portare notizie riguardo alla missione portata a termine dal ragazzo con la collaborazione di Fairy Tail e Lamia Scale.
E senza l’espressa autorizzazione del Master, nessuno dei Pegasus si sarebbe mai azzardato anche solo a pensare di far decollare Christina, ragion per cui i tre si trovavano ancora lì, fermi alla sede della Gilda, in attesa del ritorno di Bob.
Luxus aveva proposto di partire immediatamente per andare a cercarlo, in modo da accelerare i tempi, ma aveva incontrato l’ostinata opposizione di Cana, la quale preferiva di gran lunga attendere al caldo e all’asciutto. Quello che era nato come un acceso diverbio sfociò ben presto in una lite furibonda tra i due.
  • Cana, ragiona! La rapidità è di vitale importanza per la nostra missione! –
  • Sei tu che non ragioni Luxus! Sono quasi venti giorni che non facciamo altro che correre come dei disperati sulle tracce di quei due, a che serve continuare così? Io sono stanca, Gray non si è ancora ripreso del tutto dalla missione da cui è appena tornato, cosa vuoi? Vederci stramazzare al suolo, privi di forze? –
  • Ma che diamine vai blaterando?! Guarda che qua c’è in gioco la vita di TUO PADRE! O sei talmente ubriaca da essertelo dimenticato?! –
Cana indietreggiò di un passo, colpita dalle parole rabbiose che le aveva rivolto il ragazzo. Era la prima volta, da quando si conoscevano, che lui sottolineava il fatto che lei fosse un’alcolizzata ai suoi occhi.
Cosa crede questo stupido Dragon Slayer, che non sappia di chi stiamo parlando? Crede che mi sia bevuta il cervello al punto di dimenticare che quello che sta rischiando la pelle è MIO PADRE, l’uomo che ho cercato per tanto tempo e a cui sono riuscita a dire la verità solo dopo anni di doloroso silenzio? Come ha anche solo potuto pensare questo di me?!
Strinse le mani a pugno, irrigidendo le braccia attorno al corpo, talmente forte da sentire i muscoli tremare per lo sforzo. Serrò la mascella, inviperita.
  • Che cosa credi, che me ne sia scordata? Credi davvero che io sia solo una povera alcolizzata senza più cervello o memoria? È questo che credi, Luxus? Rispondi! – sputò lei, alzando la voce e urlando come una forsennata. Non si era mai sentita così umiliata in vita sua, così… ferita.
  • No, Cana, io… io non… - azzardò a giustificare il biondo, senza riuscire a trovare le parole. Era pallido, teso, inspirava velocemente cercando una soluzione a quella situazione incandescente che si era andata a creare senza che lui ne avesse avuto intenzione. Non aveva davvero voluto attaccarla, ma era stanco, si sentiva frustrato per la forzata immobilità. Le rimostranze e i capricci di lei lo avevano provato al punto tale da averle alzato la voce contro senza quasi nemmeno accorgersene.
  • Tu non cosa, Luxus? Pensi che non mi ricordi che quello che sta rischiando la pelle in una missione centenaria è mio padre? Chi altro può saperlo meglio di me, deficiente che non sei altro! Quello che sto cercando di farti capire è che se andiamo adesso a cercare il Master Bob, rischiamo di perdere ancora più tempo, lo capisci o no? Non sappiamo che strada ha preso, dove sia in questo momento, se dovessimo percorrere una strada parallela alla sua finiremmo per non incontrarlo e di conseguenza la nostra attesa si prolungherebbe!! Ma no! – si fermò un momento a riprendere fiato, il viso rosso per la collera, lo sforzo, l’alcool – No! Io sono ubriaca e quello che dico sono solo inutili stupidaggini, non è così?! Sei un mostro insensibile, Luxus! Ti odio! – le ultime parole, pronunciate con astio e con la voce rotta, aleggiarono per qualche istante nell’aria, raggelando l’atmosfera. Mai, mai prima di allora Luxus e Cana avevano litigato in quella maniera feroce, come due belve assetate di sangue che cercavano di azzannarsi a vicenda. Persino Gray era rimasto basito da ciò a cui aveva appena assistito, incapace di reagire.
 
Cana squadrò ancora per qualche secondo Luxus, gli occhi castani furiosi e sull’orlo delle lacrime, un’espressione di profonda delusione dipinta sul volto normalmente sorridente e rilassato. Ingoiando un singhiozzo traditore si girò e uscì a passi svelti dalla Sala Comune della Gilda, lasciandosi dietro un Dragon Slayer del Fulmine come stordito e un Mago del Ghiaccio assolutamente impreparato a risolvere una disputa del genere.
Il biondo, dopo essersi in parte ripreso dallo stato di sbigottimento in cui lo avevano gettato le parole di Cana, si girò, tornando a sedere sulla sua sedia, il respiro spezzato e pesante, come se avesse appena partecipato ad una maratona, la fronte corrugata e i muscoli tesi. Il moro gli si avvicinò, sedendo accanto a lui, nel tentativo di alleggerire almeno l’animo dell’amico.
  • Non te la prendere. Non pensava davvero quelle cose. –
  • Però ha ragione. Sono stato un insensibile bastardo. Sicuramente lei è preoccupata come e più di noi per le sorti di Gildarts, eppure è riuscita a ragionare in maniera lucida, opponendosi ad una nostra frettolosa partenza per motivi validi. E io, come un imbecille, le ho dato dell’ubriacona! – si prese la testa fra le mani, passandosi nervosamente le dita tra i corti capelli biondi, in un disperato tentativo di rimettere ordine nel caos che regnava al di sotto del cuoio capelluto.
  • Calmati adesso. Questi pensieri non servono a nulla se non a innervosirci. Abbiamo tutti i nervi a fior di pelle per questa situazione, ma se perdiamo la testa è finita. – si interpose immediatamente Gray, cercando di trasmettere quanta più quiete possibile al proprio compagno. Aveva bisogno che riacquistasse il suo sangue freddo al più presto, non che il suo autocontrollo andasse a farsi benedire. Luxus rimase in silenzio per qualche minuto, lottando per ritrovare almeno una parte della sua flemma e della sua strafottenza caratteristiche.
  • Makarov sarà infuriato, questo ritardo proprio non ci voleva. – aggiunse poi borbottando.
  • Lo so, ma non possiamo farci nulla. Dobbiamo solo portare pazienza finché il Master Bob non farà ritorno, poi potremo partire. Ricordati comunque che loro dovranno circumnavigare mezzo Regno per arrivare a destinazione, mentre noi potremo tagliare un bel po’ di strada. Mal che vada arriveremo contemporaneamente a loro. – ribatté Gray, mettendo nelle sue parole la maggior convinzione che gli fu possibile. Voleva credere in quello che stava dicendo e voleva che anche Luxus ci credesse.
  • E se dovessimo perdere le loro tracce? – domandò il biondo, girandosi finalmente a guardare il moro negli occhi, fissandolo con uno sguardo misto tra lo sconfortato e l’interrogativo.
  • Le ritroveremo. Sai anche tu che uno come Gildarts non passa certo inosservato. – ghignò il Mago del Ghiaccio, strappando un sorriso mesto al suo compagno. Durò solo una frazione di secondo, poi gli angoli della sua bocca tornarono alla loro posizione originale.
  • Devo andare a cercarla. Piove, rischia di ammalarsi. – Gray si limitò ad annuire, portandosi una boccata di birra alle labbra.
  • Sbrigati. E non allontanarti troppo. Io resto qui a vedere se il Master torna. –
  • D’accordo. Ci vediamo. –
Senza attendere risposta, Luxus si alzò dalla sedia, raggiungendo l’uscio in poche falcate e attraversandolo rapidamente, sparendo sotto la pioggia battente.
 
Cana aveva cominciato a vagabondare senza una meta precisa sotto il diluvio. I suoi piedi semplicemente continuavano ad avanzare un passo alla volta, senza che la sua mente fosse davvero padrona dei loro movimenti. Voleva solo allontanarsi il più possibile da quel luogo, da quella sensazione bruciante che le attanagliava il petto, lo stomaco, l’intestino.
Un’ubriacona, ecco cos’era lei agli occhi di Luxus. E probabilmente agli occhi di molti dei suoi compagni di Gilda. Ma loro non potevano sapere.
Non potevano capire.
Era la figlia di quello che veniva considerato il Mago più potente dell’intera Gilda, e per sette volte consecutive non era stata capace di superare l’esame di Classe S. Per sette anni aveva fallito, sentendosi assolutamente inadeguata a presentarsi davanti a lui rivelando la sua vera identità. Lo aveva visto poco, quando tornava per sporadici e brevi periodi di riposo tra una missione e l’altra. Lui non l’aveva vista crescere, lei non l’aveva visto invecchiare. Quando tornava, a volte dopo anni, il suo viso aveva qualche ruga in più, la barba era più incolta e la zazzera di capelli rossi era più spettinata del solito. Lei invece in quegli anni si era trasformata in una giovane donna nel fiore degli anni, ma dentro di sé si sentiva ancora una bambina.
Era stato il senso di inadeguatezza a spingerle davanti il primo bicchiere di un alcolico, seguito poi dal secondo e dal terzo, al quarto aveva perso il conto.
Da quando aveva assaporato quel tipo di liquido, capace di alleviare il dolore e di alleggerire la testa, non aveva più saputo farne a meno. Man mano che continuava a bere, il suo fisico si faceva sempre più resistente, tanto che per ottenere gli stessi effetti che aveva all’inizio aveva dovuto cominciare a bere una quantità sempre maggiore di quel liquido dall’odore pungente.
Scolava le damigiane come se fossero tinozze d’acqua, beveva birra come se fosse succo di pompelmo. Ogni giorno si riprometteva che avrebbe smesso, che avrebbe preso una missione e che sarebbe partita per compierla, dimostrando a sé stessa, alla Gilda e a suo padre che poteva essere qualcosa di meglio di così, che poteva essere diversa. Più forte.
Invece ogni volta tornava più stanca e affranta di prima, tornava ad essere quella di sempre, con le labbra attaccate al boccale colmo di liquido giallastro.
Ogni anno faticava per meritare un posto all’esame per il Rango S e ogni anno lo falliva, miseramente.
E ogni anno rimandava quella confessione, tenendo per sé quel macigno che le pesava sul cuore e sull’anima.
Durante l’ultimo esame, però, non era stata sola. C’era Lucy con lei, che l’aveva convinta a dire la verità a Gildarts nonostante l’esame non si fosse concluso, nonostante non avesse vinto, nonostante non fosse diventata una Maga di Classe S.
E lui l’aveva accolta fra le sue braccia, piangendo insieme a lei, forse anche maledicendola in cuor suo per aver celato un segreto tanto ingombrante e importante, per averlo privato del suo affetto di bambina, di ragazzina, di giovane donna.
Il giorno stesso della sua confessione, Acnologia aveva attaccato Tenroujima, distruggendola in apparenza, mentre lei e i suoi compagni venivano salvati dalla Fairy Sphere di Mavis, che però li lasciò dormienti per sette anni.
Si erano risvegliati a estate inoltrata, avevano fatto giusto in tempo a tornare a casa per poi iniziare immediatamente la preparazione per il Palio della Magia. E suo padre era partito in missione poco prima dell’inizio della competizione, privandola del suo appoggio e del suo sostegno.
Erano arrivati i Draghi e aveva temuto di morire.
Era rimasta in vita, e ora rischiava di perdere lui.
Non lo conosceva affatto, tutto quello che sapeva lo doveva a sua madre e ai resoconti delle sue imprese raccontate dai loro compagni.
Volevo solo un po’ più di tempo per conoscerlo meglio…
 
Sedette sul ciglio della strada, la schiena appoggiata al tronco di un albero, mentre le lacrime le rigavano le gote, singhiozzando senza più freni.
 
Volevo solo un po’ più di tempo…
 
Tirò le ginocchia al petto, nascondendovi il viso, i capelli castani mossi e fradici adagiati sulle spalle, gli abiti zuppi di pioggia e la testa pesante. Voleva solo fondersi con la natura circostante, sparire, smettere di soffrire, di tormentarsi.
Suo padre rischiava di morire e lei era costretta ad aspettare, senza poter fare nulla di concreto per velocizzare i tempi.
Ancora una volta, si sentiva inutile.
 
  • Cana. – una voce maschile squarciò la cortina del silenzio che avvolgeva la coscienza della ragazza, arrivandole come un suono ovattato.
  • Andate via… - mugugnò lei, appoggiando le mani sulle orecchie nel tentativo di isolarsi ulteriormente dai mostri della sua mente, quelli che la straziavano ogni mattina, prima che l’alcol li portasse via in un turbine di risate e oblio.
  • Dobbiamo tornare indietro, rischi di prenderti un brutto raffreddore. – insistette la voce profonda e lievemente ruvida, accompagnando le parole ad una stretta leggera sulle spalle esili di lei, scuotendola appena. Lei finalmente si decise a riprendersi dal suo torpore, alzando il viso umido e guardando il suo interlocutore con gli occhi castani e liquidi.
  • L-Luxus... – mormorò appena, la voce resa un sussurro fioco dal freddo e dalle urla. Cercò di schiarirsi la gola, ma ne uscì solo un rantolo soffocato. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli zuppi di pioggia, sospirando pesantemente.
  • Ecco, vedi? Ti sei buscata un malanno. Andiamo, altrimenti rischi di peggiorare. –
  • Sto bene. Voglio stare qui ancora un po’. – rispose lei, cercando di sottrarsi alla presa del ragazzo.
  • Cana, sii ragionevole. Non stai bene. Forse hai anche un po’ di febbre, fammi sentire... – senza darle il tempo di replicare, Luxus appoggiò una delle due enormi mani sulla fronte della Maga, ritirandola pochi istanti dopo – Sei bollente. Niente storie, torniamo a Blue Pegasus. –
Nonostante le deboli proteste della ragazza, il Dragon Slayer la sollevò da terra come fosse una piuma, stringendola a sé nell’inutile tentativo di proteggerla dal diluvio. A lei non sfuggì quel gesto, quella piccola accortezza da parte di lui, ritenendola sufficiente per risparmiargli almeno una parte dei rimbrotti velenosi che aveva in mente di rivolgergli. Si accoccolò meglio contro il suo petto robusto, appoggiando l’orecchio in corrispondenza del cuore, sentendolo battere calmo e regolare.
Nonostante il freddo pungente, nonostante gli abiti intrisi d’acqua e fango, nonostante l’acquazzone che li affliggeva con le raffiche di vento gelido e bagnato, Cana pensò che comunque non le dispiaceva stare lì, abbandonata nell’abbraccio confortevole ma allo stesso tempo gentile di lui.
  • Senti, Cana… per quello che è successo prima… ecco…io… - la voce di Luxus, all’inizio seria, quasi arrogante, perse ben presto tutta la sua abituale vena di spavalderia, mentre il volume si abbassava notevolmente, indice dell’imbarazzo del momento. Si fermò un momento, raccogliendo le idee e dandosi mentalmente dell’idiota per non riuscire a dire nemmeno una cosa tanto semplice – io… ti chiedo scusa. – sputò alla fine, di getto, arrossendo nel dire quelle poche parole che quasi mai avevano lasciato le sue labbra.
Era sempre stato troppo ostinato e orgoglioso per chiedere scusa per i propri errori, la sua boria lo aveva fatto vivere nella convinzione di essere nel giusto guardando dall’alto verso il basso tutti i suoi compagni di Gilda. Aveva iniziato a capire i suoi sbagli solo quando suo nonno, Makarov, lo aveva allontanato da Fairy Tail, dopo che aveva cercato di prenderne le redini con una specie di colpo di stato. Aveva avuto tempo per riflettere e per pentirsi del suo comportamento, tornando poi a Tenroujima per difendere la sua famiglia, quando più questa aveva avuto davvero bisogno di lui.
Aveva capito e aveva cercato di redimersi dalle sue colpe, ma ancora quel brutto vizio di sentirsi in diritto di giudicare gli altri affiorava nelle sue parole e nei suoi comportamenti. E quel lato disgustoso e viscido del suo carattere aveva ferito Cana, una ragazza che in quel momento rischiava di perdere il padre. Si sentiva davvero un verme per quello che aveva fatto.
I secondi passavano veloci, scivolando via insieme alle gocce di pioggia, senza che lei avesse ancora fatto udire la sua voce. Reso inquieto dall’incertezza, il ragazzo continuava a camminare aspettando di sentire la risposta di Cana, sperando di ricevere da lei parole di perdono. Dopo diversi minuti di attesa snervante, si decise a richiamarne l’attenzione.
  • E-ehi, Cana. Mi hai sentito? – abbassò leggermente il viso per guardarla, trovandola profondamente addormentata. Un leggero sospiro di sollievo, poi tornò a guardare davanti a sé. Probabilmente i primi sintomi dell’influenza stavano iniziando a farsi sentire, coadiuvati dal passo cadenzato del Mago e dai suoi movimenti lenti e fluidi.
Senza nemmeno accorgersene, la Maga delle Carte era scivolata in un sonno pesante e senza sogni.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sentimenti ***


Lucy reclinò stancamente la testa all’indietro, sospirando.
Gettò uno sguardo alla sua destra, notando il paesaggio scivolare via velocemente, attraverso il finestrino semiaperto. Una bava di vento di insinuava attraverso quella fessura, scompigliandole i capelli sparsi sulla testiera del sedile, spostando le ciocche fino a coprirle il volto. Lei alzò una mano e le ricacciò indietro, continuando a guardare il verde delle foreste e il giallo dei campi coltivati susseguirsi in un vorticoso rincorrersi. In lontananza alcuni villaggi svettavano nel mezzo della pianura, punteggiando l’orizzonte di tetti rossi e muri colorati.
Era una splendida giornata di metà Ottobre, ma sembrava fine Agosto a causa del Sole splendente e del cielo terso che questo illuminava.
La ragazza sospirò nuovamente, distogliendo lo sguardo dall’esterno e posandolo sul viso del ragazzo che dormiva placidamente appoggiato alle sue gambe. Insinuò una mano tra i suoi corti capelli rosa, scostando delicatamente una ciocca dalla sua fronte, causando un lieve aggrottamento delle sopracciglia del ragazzo e nulla più.
Beh, almeno lui se lo stava godendo, il viaggio.
Erano partiti, o meglio, lui l’aveva trascinata via due settimane prima da Magnolia, con l’intenzione di compiere una missione di recupero tesori nel Sud del Regno, ragion per cui si trovavano nell’unica carrozza di un piccolo convoglio locale che li avrebbe avvicinati di parecchio alla loro meta.
L’idea era stata di Natsu: dopo aver visto la cifra spropositata che avrebbe dovuto pagare alla Gilda per i guai causati agli Chalet del Signor Billy, si era precipitato alla bacheca, scegliendo quella più remunerativa, senza nemmeno leggere per intero il testo della richiesta.
Solo lui può pensare in questa maniera assurda.
La ragazza tornò ad appoggiarsi allo schienale del sedile in pelle logora color porpora, puntando nuovamente gli occhi scuri allo spazio aperto che si sviluppa al di fuori dello spazio asfissiante del piccolo abitacolo del treno. Faceva parecchio caldo lì dentro, e la leggera brezza che spirava dal finestrino non serviva a risolvere la situazione. Anche l’odore di stantio era ben riconoscibile, senza che lei avesse il fiuto sopraffino del Dragon Slayer che le dormiva in grembo o del gattino blu che riposava tranquillo appoggiato al suo fianco.
Natsu era crollato immediatamente dopo essere partiti, vittima della sua solita nausea causata dai mezzi di trasporto, mentre Happy se la rideva, prendendolo in giro.
Per cercare di salvare il salvabile, la Maga degli Spiriti Stellari si era affiancata al compagno di team e lo aveva fatto stendere, facendogli appoggiare la testa sulle sue cosce. Il ragazzo aveva assunto immediatamente una colorazione rosso brillante, cercando di divincolarsi dalle mani della ragazza che giocavano con i suoi capelli, ma aveva dovuto cedere alle insistenze del suo tallone d’Achille, che l’aveva infine costretto a rimanere fermo, disteso accanto a lei.
Per i primi minuti l’imbarazzo sembrava aver in qualche modo sconfitto il malessere, lasciando che lui voltasse le spalle a Lucy, le braccia incrociate sul petto e l’espressone corrucciata, ma col passare del tempo il suo corpo si era talmente abituato alla nuova posizione e al contatto con la pelle tiepida della ragazza, che la stanchezza finì per prendere il sopravvento, facendolo scivolare in un sonno piuttosto tranquillo, la testa mollemente abbandonata sul cuscino improvvisato.
Anche Happy, stanco come Natsu, aveva ben presto abbandonato il suo proposito di infastidire il ragazzo mentre dormiva, optando per un salutare sonnellino.
Avevano viaggiato a piedi per quasi una settimana perché Natsu continuava testardamente a voler evitare qualsiasi mezzo di trasporto, nonostante le insistenti proposte di Lucy di prendere un treno o qualcosa di similare.
Alcuni giorni prima, dopo l’ennesima sfuriata ai limiti dell’isterismo della sua compagna di Gilda, Natsu era capitolato, accettando di salire su quella specie di trabiccolo che i locali osavano chiamare treno e che li avrebbe portati a destinazione in poche ore. Sfortunatamente c’erano stati dei grossi ritardi, dovuti ad alcune frane causate dalle forti piogge che avevano colpito quella parte del Regno, rendendo così inagibile la tratta ferroviaria. Natsu era sceso borbottando per aiutare nelle operazioni di sgombero della linea, aiutato da Taurus, prontamente evocato da Lucy. Dopo alcune ore quella parte era finalmente libera, ma vennero informati che altri smottamenti avevano seriamente compromesso i binari in diverse località.
Lucy aveva proposto loro di abbandonare il mezzo e proseguire a piedi, ma il tono mesto della sua voce aveva convinto il Dragon Slayer a rifiutare, arrendendosi all’idea che le sue tanto agognate “poche ore di viaggio” si sarebbero trasformate in una sorta di Odissea.
Nei giorni successivi erano dovuti scendere diverse volte ad aiutare gli operai locali nelle operazioni di spostamento dei macigni e di messa in sicurezza della linea ferroviaria, ma al momento si stavano tutti e tre godendo un meritato riposo, in attesa di giungere alla stazione finale di quel calvario.
Lucy tornò a posare lo sguardo sul Dragon Slayer placidamente addormentato, soffermandosi più attentamente sui suoi lineamenti.
Natsu era uno che non stava mai fermo, era sfuggente, una vera trottola vivente; era estremamente difficile che rimanesse fermo nella stessa posizione per più di quindici secondi, ragion per cui i momenti in cui si poteva effettivamente vederlo erano estremamente rari.
I tratti del viso, stesi in un’espressione rilassata, gli davano un’aria quasi da bambino, in netto contrasto con la muscolatura fortemente sviluppata del resto del corpo. I capelli, rosa e ribelli, ricadevano morbidi sulla fronte, eccetto un ciuffo che lui teneva rivolto all’insù a guisa di corno di drago, quasi a voler rimarcare la sua appartenenza, almeno per adozione, a quella gloriosa stirpe.
Le palpebre chiuse, le guance lisce e la bocca sottile completavano il ritratto di un ragazzo non più bambino, ma nemmeno del tutto adulto. La gola coperta dall’immancabile sciarpa di scaglie di drago donatagli da Igneel, il petto robusto nascosto malamente dal tessuto scuro della giacca a collo alto bordata di ocra, chiusa sul davanti da una zip e fermata in vita dalla cintura, i pantaloni bianchi lunghi fino al ginocchio. Il braccio destro, nudo, era appoggiato mollemente sullo stomaco, mentre l’altro penzolava scomposto giù dal sedile. Lucy sfiorò con un dito il simbolo di Fairy Tail, rosso come il fuoco di cui il ragazzo si nutriva, rabbrividendo al contatto con la pelle calda di lui.
Aveva imparato che la sua temperatura corporea era naturalmente elevata, dovuta alla magia che gli scorreva nelle vene, ma ancora non era riuscita ad abituarsi alla sensazione di tepore che provava ogni volta che i loro corpi entravano in contatto.
Non era solo calore corporeo, era qualcos’altro.
All’inizio non ci aveva fatto caso, pensava che fosse normale che la pelle di lui sembrasse bollente rispetto a quella di lei e che per questo si sentisse andare a fuoco ogni volta che lui la prendeva per mano, ogni volta che l’abbracciava, ogni volta che la sfiorava.
Si disse che ci avrebbe fatto l’abitudine, che era tutto normale.
Col passare del tempo, però, si accorse che non era così. Ogni volta sentiva il proprio corpo reagire al tocco di Natsu, accaldandosi immediatamente, sentendosi come immersa in una vasca d’acqua calda, abbastanza da rilassarla ma non troppo da infastidirla. Un bagno alla temperatura perfetta, ideale.
 
L’aveva capito soltanto la prima sera in cui era tornata da una missione e lui non aveva dormito vicino a lei.
Era Maggio, il Maggio di sette anni prima.
Prima di Tenroujima, prima dell’esame di classe S, prima di Grimoire Heart e di Acnologia.
Erano andati in missione insieme a Gray ed Elsa, ormai parte integrante del loro team. Il tempo era mite, per cui avevano deciso di dormire all’aperto dentro ai loro sacchi a pelo durante il tragitto che li avrebbe ricondotti a casa.
Una sera, l’ultima prima del ritorno a Fairy Tail, lei si era svegliata nel cuore della notte a causa di un incubo. Ancora le capitava di sognare la reggia di suo padre, la casa che aveva abbandonato perché si sentiva come rinchiusa in una prigione dorata.
Ricordava di essersi alzata a sedere e poi…
 
Flashback
 
La sera era tiepida e profumata, attorno a loro uno sparuto gruppetto di alberi in fiore, i rami mossi da una brezza gentile. Il fuoco del falò scoppiettava allegramente in mezzo al bivacco, mentre ai lati Gray, Elsa ed Happy dormivano tranquillamente.
Lucy si alzò a sedere, stringendo tra le dita sottili un lembo del suo giaciglio, gli occhi color cioccolato inumiditi dalle lacrime.
Ancora quel maledetto incubo.
Nonostante fossero passati gli anni, nonostante i rapporti con suo padre fossero nettamente migliorati, ancora i ricordi della sua infanzia la tormentavano.
Alzò la testa, puntando lo sguardo verso il cielo buio punteggiato dalla luce chiara delle stelle lontane.
Mi libererò mai da questi ricordi?
La sua domanda silenziosa era rivolta agli astri altrettanto muti che la osservavano da distanze siderali, come a volerle ricordare che lei era solo un puntino nella vastità dell’infinito.
Sospirò, tornando ad abbassare il volto, notando solo in quel momento che mancava qualcuno all’appello.
Si guardò attorno, cercando di scorgere la chioma rosata e sbarazzina di Natsu, inutilmente.
Lui non c’era.
Lucy scostò la parte superiore del sacco a pelo e si alzò nella notte, rabbrividendo appena quando il vento più fresco le accarezzò le gambe nude.
Scalza, si diresse verso il boschetto, cercando di scorgere la figura del Dragon Slayer. Si inoltrò in mezzo alle frasche tinte d’argento, mentre il buio impregnava il sottobosco facendolo quasi sembrare una visione da incubo, scostando rami e scavalcando bassi cespugli, fino ad uscire dall’altra parte, sul crinale erboso della collina.
Lì, in mezzo al manto verde smosso dalla brezza, una figura era seduta di spalle, le gambe incrociate e il busto leggermente piegato all’indietro sorretto dalle braccia robuste appoggiate a terra.
Lucy sorrise teneramente.
Natsu aveva il naso rivolto all’insù, i suoi occhi verdi scrutavano con attenzione il soffitto liquido della notte.
Forse anche lui cercava risposte nelle stelle, come lei.
  • Natsu. – lo chiamò piano lei. Lui si riscosse e si voltò di scatto, tranquillizzandosi subito dopo alla vista della ragazza.
  • Lucy… - lei si avvicinò e sedette accanto a lui, alla sua destra, tirandosi le ginocchia al petto, alzando lo sguardo.
  • Che ci fai qui? Dovresti dormire, domani ci aspetta un lungo cammino. – lui la osservò per un momento, per poi tornare a guardare il cielo. Rimase in silenzio qualche minuto, prima di rispondere alla domanda della ragazza.
  • È che… non riuscivo a dormire. –
  • Neanche io. – rispose lei, annuendo e appoggiando la testa alle ginocchia. Un brivido di freddo le attraversò la schiena, dovuto all’aria che spirava in quella parte della collina più esposta alle intemperie. Natsu la vide tremare con la coda dell’occhio e si voltò verso di lei.
  • Hai freddo, Lucy? – la ragazza annuì, ma rimase ferma.
  • Un po’. –
  • Dovresti tornare al campo, è più riparato. – le consigliò il Dragon Slayer, notando la pelle d’oca spandersi sulla pelle nuda di lei.
  • Ma il cielo è così bello da qui... – replicò a bassa voce lei, mentre nei suoi occhi si rifletteva la luce stellare.
Per tutta risposta, Natsu si tolse la sciarpa bianca e gliela porse, guardando ovunque tranne la ragazza al suo fianco, chiaro segno del suo imbarazzo del momento. Lucy, oltremodo stupita dal gesto di Natsu, normalmente noto per i suoi modi rudi, rimase per qualche secondo ferma, incerta sul da farsi. Poiché il ragazzo seguitava a tenderle l’indumento, alla fine decise di prenderlo con delicatezza, rivolgendo un sorriso grato al ragazzo e avvolgendoselo intorno al collo. Sentì chiaramente il calore proveniente dalla sciarpa espandersi in tutto il corpo, calmando i tremori di cui era preda. Con le mani avvicinò il tessuto alla bocca, godendo del tepore emanato a contatto con la pelle fredda delle guance e inspirando il profumo del ragazzo di cui era intriso. Era un odore selvatico, sapeva di rugiada e di legno di pino bruciato, con quel caratteristico sentore di resina affumicata.
Lucy si voltò a guardarlo, imbacuccata di bianco, notando la sfumatura di tristezza che venava gli occhi smeraldini di lui.
Aumentò la stretta sulla sciarpa alla vista dello sguardo così malinconico di Natsu, mentre una morsa prese a stringerle il petto e lo stomaco, rendendola irrequieta.
Quello non era il Natsu che conosceva, il ragazzo sempre allegro e attaccabrighe, tonto e impulsivo che aveva imparato a conoscere a Fairy Tail.
Chi era quello sconosciuto che guardava sconsolato il cielo?
Forse, questa era una sfaccettatura del carattere del Dragon Slayer che non conosceva, che non aveva mai visto, che lui non le aveva mai mostrato.
Forse, in quel momento, c’era qualcosa che lo angustiava, tanto da renderlo persino serio, cosa alquanto strana per lui.
Improvvisamente, Lucy ebbe voglia di abbracciarlo, di consolarlo, di cercare di togliergli quella dolorosa espressione da viso.
Voleva solo che lui tornasse quello di sempre, voleva cancellare quella cappa di tristezza che sembrava avvolgerlo e che proprio non gli si addiceva.
Si sentiva triste anche lei, senza motivo.
Si trattenne, perché non sapeva fino a che punto avrebbe potuto spingersi senza ferire i sentimenti del ragazzo, quel lato del suo cuore che si era palesato ai suoi occhi e che normalmente era coperto da uno spesso strato di risate e battibecchi.
Prese un profondo respiro e si spostò di lato di pochi centimetri, fino a lambire il corpo caldo di Natsu. Quel contatto fece voltare immediatamente il ragazzo, un’espressione interrogativa sul volto. Il cuore di lei cominciò a battere più forte e si ritrovò a trattenere il fiato.
Ignorò lo sguardo che lui le aveva puntato addosso e inclinò la testa, fino ad appoggiare la tempia sulla sua spalla nuda.
Natsu rimase immobile e Lucy ricominciò a respirare: lui non l’aveva respinta, era già un inizio.
Sentì il calore della pelle di lui spandersi in tutto il suo corpo, avvolgendola come una calda coperta e chiudendo fuori il freddo che aveva cominciato ad attanagliarle le gambe e spazzando via tutta la tensione che le aveva attanagliato le viscere fino a quel momento.
Rimase così, il cuore che martellava come un forsennato nel suo petto, il sorriso dipinto sulle labbra e la testa reclinata su di lui.
Si sentiva in pace con sé stessa e col mondo intero, tutto il resto sembrava sparito, obliato completamente dal suono dei loro respiri leggeri.
Senza nemmeno rendersene conto, si addormentò.
 
Erano arrivati alla Gilda il pomeriggio seguente a quegli eventi.
Appena entrati vennero subito salutati da una folla festante, tutti i loro compagni presenti si avvicinarono per dar loro il benvenuto e per complimentarsi per il buon esito della missione.
In breve la compagnia si disperse e Lucy, dopo aver salutato tutti e preso congedo, si era ritrovata sulla strada di casa, pregustando un meraviglioso bagno caldo e una salutare ronfata nel suo comodo letto.
Detto fatto, in capo a un paio d’ore era già sotto le coperte, la finestra appena aperta e le tende smosse dal vento leggero. Si girò a guardare fuori, il cielo scuro spolverato di stelle, ricordando come la notte precedente le fossero sembrate vivide quelle fredde luci lontane.
Un brivido leggero le attraversò la spina dorsale, inducendola a chiudere i vetri e massaggiarsi vigorosamente le spalle nude, nella speranza di ritrovare un po’ di calore.
Si rintanò sotto le lenzuola fresche di bucato, stringendosele addosso, in attesa di prendere sonno, ma la sensazione di freddo proprio non ne voleva sapere di andarsene.
Si rigirò per un po’ nel letto, finché non sentì il tepore delle coltri avvolgerla, riscaldandole le membra, ma non il cuore.
Abbracciò il cuscino, nel tentativo di riempire quella voragine gelida che sentiva all’altezza del petto, una sensazione opprimente a schiacciarle la gabbia toracica.
Non si era mai sentita così, era come se…
Come se mi mancasse qualcosa… o qualcuno.
Il suo pensiero corse immediatamente a una zazzera di capelli rosa e a due occhi di smeraldo, intenti a fissarla straniti.
Natsu.
È vero, ieri sera con lui stavo… bene.
 
In quell’istante, capì che quell’immenso senso di vuoto che le invadeva ogni angolo dell’anima era la sua mancanza.
Le mancava così tanto da toglierle il fiato, da renderle doloroso persino il respirare, figurarsi il dormire.
Le mancava al punto di immaginarsi che il cuscino potesse trasformarsi all’improvviso, prendendo le sue sembianze, avvolgendola in un abbraccio caldo e protettivo.
 
Fu quello il momento in cui realizzò che i suoi sentimenti per Natsu andavano oltre l’affetto, oltre l’amicizia, oltre il semplice essere compagni di Gilda.
Fu quello il momento in cui si rese finalmente conto di essere innamorata di lui.
 
 
Sospirò per l’ennesima volta, staccando lo sguardo dal corpo scultoreo del ragazzo addormentato per puntarlo nuovamente al paesaggio fuori dal finestrino.
Sì, aveva capito di amarlo, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirgli nulla.
Perché aveva paura.
Paura di rovinare il rapporto che li univa, paura di buttare all’aria l’amicizia che li legava da quando lo aveva incontrato per la prima volta, al porto di Hargeon.
La paura, la maledetta paura che le stringeva il cuore al pensiero di perderlo.
Si era detta che anche come amica le andava bene, che pur di restargli accanto si sarebbe accontentata.
Ma ogni giorno, la sua risoluzione vacillava e i suoi sentimenti premevano per uscire.
Per fortuna – o per sfortuna, dipendeva dai punti di vista - Natsu era un tontolone, quindi Lucy sapeva che anche se i suoi atteggiamenti fossero sembrati incoerenti ad altri compagni di Gilda, a lui sarebbero parsi perfettamente normali.
Scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri.
Aveva deciso che sarebbe rimasta al suo fianco, che avrebbe continuato ad essere la sua compagna di team e che si sarebbe accontentata di guardarlo da lontano.
Eppure, aveva l’impressione di scappare, di voler solo fuggire come una codarda da lui e dai suoi stessi sentimenti, che ogni giorno si facevano più intensi e dolorosi.
 
Un fischio del treno e un sussulto la riscossero, facendo sì che cominciasse a guardarsi attorno, avvertendo il convoglio rallentare.
Anche Natsu, probabilmente disturbato dagli scossoni, si svegliò, sbadigliando platealmente e chiedendo alla ragazza dove fossero. Prima che lei potesse rispondere, uno degli uomini seduti nel sedile davanti al loro li informò del fatto che stavano per arrivare alla stazione di Peonia, ultima fermata della linea.
Solo in quel momento il Dragon Slayer si ricordò di essere su un mezzo di trasporto, cadendo inevitabilmente vittima della nausea e capitombolando a terra, supplicando Lucy di aiutarlo tra le risate di Happy.
Lucy scosse il capo e guardò divertita la scena. Forse, dopotutto, andava davvero bene così.




Angolo dell'autrice
Buonasera. Altro capitolo di transizione, ebbene sì! Come ho già detto, in questo manga/anime manca assolutamente la parte "shojo", quindi rincariamo la dose, sempre però senza esagerare e cercando di non snaturare troppo i nostri personaggi. Ho volutamente lasciato in sospeso la questione "Gildarts", un po' per lasciare col fiato sospeso, un po' perchè avevo bisogno di dare spazio anche agli altri personaggi, il Trio delle Meraviglie Cana-Luxus-Gray. Questo capitolo non era proprio previsto, però mi sembrava che ci stesse bene e quindi l'ho inserito comunque. Dal prossimo capitolo invece la scena si sposterà nuovamente sulla nave e vedremo cos'è accaduto a Rya e Gildarts.
Ringrazio ancora tutti quelli che stanno seguendo questa storia, abbastanza assurda e campata per aria, ma spero che almeno sia d'intrattenimento.
Un abbraccio.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Alla ricerca della meta perduta ***


La ragazza scese lentamente lungo la passerella, stiracchiando le braccia.
Finalmente, dopo quasi quattro settimane di agonia, poteva assaporare nuovamente la sensazione di sentire il terreno sotto i piedi.
Avevano perduto un bel po’ di tempo durante il tragitto, prima a causa dell’attacco del gigantesco squalo, poi per colpa di un paio di scaramucce con alcune navi pirata ed infine un simpatico fortunale aveva quasi spezzato l’albero maestro, facendoli deviare pericolosamente dalla rotta.
Rya sospirò, sconsolata.
Non ricordava di aver mai compiuto un viaggio più assurdo, sconclusionato e pieno di imprevisti di quello che stava volgendo al termine, con pericoli di ogni genere affrontati a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Non ricordava nemmeno quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva effettivamente dormito tranquilla per più di due ore di fila.
Scosse il capo, fermandosi a metà dell’asse di legno che stava percorrendo, gettando un’occhiata al ponte della nave che si intravedeva appena da quella angolazione.
I marinai erano già in piedi, nonostante l’ora molto mattutina, intenti a pulire, lavare, sistemare, annodare, spostare, andare, tornare. Uno stralcio di vita quotidiana che riuscì a incresparle le labbra in qualcosa che assomigliava ad un sorriso.
O a una smorfia di scherno, dipendeva dai punti di vista.
 
Durante il periodo che avevano trascorso a bordo, soprattutto dopo aver difeso la nave da quella bestia famelica durante la tempesta che si era scatenata su di loro pochi giorni dopo la partenza, si era andata creando un’atmosfera sempre più serena, quasi amichevole.
Talmente amichevole che in quel momento il Capitano e il suo Secondo Ufficiale stavano prendendo congedo da Gildarts con la stessa commozione di quando si da l’addio ad un componente della famiglia.
Patetici.
 
Rya distolse lo sguardo, puntandolo verso l’astro diurno che splendeva in tutto il suo fulgore, senza essere minimamente oscurato dalle nubi stracciate che ogni tanto lo ricoprivano parzialmente, viaggiando veloci attraverso il limpido cielo autunnale.
Inspirò l’aria fredda che spirava dal mare, portando il caratteristico odore di salsedine a cui ormai aveva fatto l’abitudine, appiccicato com’era ai vestiti e alle sue narici. Lasciò vagare gli occhi lungo la spiaggia che si stendeva pigramente ai suoi piedi, sconfinando in una piccola macchia mediterranea con arbusti appena accennati fino alla cittadina di Gallowstown visibile in lontananza. Montagne spruzzate di neve facevano da sfondo al paesaggio che si stagliava nell’alba di un nuovo giorno, il giorno che li avrebbe visti finalmente iniziare il vero viaggio verso il loro obiettivo…
Si voltò nuovamente, osservando i suoi ormai ex compagni di viaggio intenti nelle loro mansioni, ricordando gli eventi che avevano condiviso in quel breve periodo passato insieme.
 
I marinai, dopo essere stati strenuamente difesi dai due Maghi, non sembravano più così infastiditi dalla loro presenza, anzi: ogni qual volta si presentava un problema, invariabilmente tanto lei quanto Gildarts sapevano che si sarebbero rivolti a loro per essere aiutati.
Soprattutto lei si divertiva un mondo a vederli arrivare in gruppetti di tre o quattro individui, spaventati a morte e con i berretti sudici in mano, chiedendo timorosamente una mano a pescare o a rammendare una vela, strappandole sorrisi canzonatori, velati di compiacimento.
Da quando l’armonia era tornata a regnare su quella bagnarola, il pesce fresco non era mai mancato nelle cucine, migliorando notevolmente la qualità delle razioni di cibo e di conseguenza l’umore della ciurma.
Dopo una settimana dall’inizio della loro pacifica convivenza, lei era arrivata persino a prendere il sole sulla tolda della nave in costume da bagno, senza che nessuno osasse nemmeno considerarla, godendosi la quiete calma di quella piccola crociera improvvisata.
Era davvero incredibile come la condivisione di eventi spiacevoli rafforzasse il legame tra esseri  umani.
I Draghi non erano così.
Ognuno affrontava le proprie battaglie da solo, il chiedere aiuto era sintomo di debolezza e fonte di vergogna per chiunque appartenesse a quella gloriosa razza.
Anche Rya era cresciuta con la stessa mentalità, per questo le sue richieste di assistenza erano così rare, spesso fatte a denti stretti e con l’orgoglio malamente imbrigliato in parole quasi sputate fuori con odio e frustrazione. Finché era una cucciola aveva considerato appena tollerabile il fatto di non poter fare sempre tutto da sola, ma con lo scorrere del tempo era diventata refrattaria a qualsiasi tipo di collaborazione.
Come i Draghi, agiva da cacciatrice solitaria, seguendo le sue prede e catturandole con le sue sole forze, seguendo lo stesso procedimento anche nel compiere le proprie missioni.
Gli esseri umani, invece, si sentivano forti solo quando non erano soli, solo quando avevano qualcuno al loro fianco, qualcosa da proteggere.
Uomini.
 
Tornò a guardare impaziente verso Gildarts, che stava ancora salutando il Capitano e il Secondo Ufficiale, stringendo vigorosamente loro la mano, sperando che si decidesse a schiodarsi da quella nave puzzolente di pesce e legno marcio per riprendere il loro viaggio.
Decise di contare mentalmente fino a dieci, per poi andare a convincerlo molto poco amichevolmente a muoversi, pregustando già le sue grida di dolore per l’orecchio malamente pinzato tra le sue dita.
Arrivata al quattro, l’uomo si staccò finalmente dalle due sanguisughe, raggiungendola.
  • Sono simpatici, in fondo. – commentò l’uomo, una volta avvicinatosi abbastanza. Per tutta risposta, lei scrollò le spalle, facendolo ridere. L’avversione di Rya per il genere umano era qualcosa di veramente ilare, calcolando quante volte avevano salvato qualcuno di loro.
 
Lei voltò appena la testa, guardandolo di sottecchi.
Ancora non si capacitava di quanto fosse dura la pellaccia di quell’uomo.
Quando lo aveva ripescato dall’acqua, più morto che vivo, aveva davvero temuto il peggio…
 
Flashback
 
Battito cardiaco assente, respirazione nulla, pelle bianca e fredda come quella di un morto.
Dannazione.
Rya passò mentalmente in rassegna le condizioni di salute di Gildarts.
Non erano affatto buone.
Serrò la mascella, facendo cozzare malamente i denti fra di loro con uno schiocco poco rassicurante.
Le condizioni dell’uomo steso immobile davanti a lei erano davvero critiche, e le bordate d’acqua che continuavano a riversarsi sulla tolda non aiutavano minimamente.
Dannazione!
Era fine Ottobre e la temperatura delle acque oceaniche era naturalmente bassa. Probabilmente l’onda d’urto creata dalla sua magia lo aveva stordito al punto da fargli rischiare l’annegamento. Solo i suoi riflessi straordinari lo avevano salvato da una morte orrenda, facendogli disperatamente artigliare un pezzo di legno staccatosi da chissà dove e che avevano funzionato come un galleggiante, riportandolo in superficie dopo un viaggio vorticoso in mezzo alle correnti marine.
Oltre alle contusioni, alle ferite, all’immobilità del suo corpo, ora si aggiungeva anche il rischio di un principio di ipotermia.
Fantastico.
Dannazione!!
Alla terza imprecazione mentale, Rya decise di alzarsi in piedi e barcollare come meglio poteva accanto al corpo apparentemente privo di vita di Gildarts.
Ogni muscolo bruciava come un tizzone ardente, provocandole spasimi di dolore dovuti allo sforzo sovrumano che aveva sostenuto quando aveva lottato contro la furia dell’oceano per recuperare il suo compagno di Gilda.
Dopo aver constatato più minuziosamente la situazione, decise di intervenire con un massaggio cardiaco, nel tentativo di riattivare la circolazione sanguigna, cercando nel contempo di far espellere all’uomo tutta l’acqua che gli aveva inondato i polmoni e che sicuramente non gli avrebbe permesso di respirare.
Contò mentalmente il numero di pressioni applicate a livello dello sterno, arrivando a cinque e praticando la respirazione bocca a bocca, per poi ricominciare tutto da capo.
Ogni volta che premeva vigorosamente contro il petto dell’uomo, ringhiava quasi frasi di incoraggiamento, per poi abbassarsi, tappargli il naso con le dita e soffiare aria calda e umida nella cavità orale di lui, fino a svuotarsi completamente nel tentativo di gonfiargli abbastanza i polmoni da convincerli a rigettare il liquido.
Al terzo tentativo, ancora nulla.
  • Andiamo, Gildarts, andiamo! Sei o non sei un Mago di Fairy Tail?! – sbottò lei, all’ennesima compressione che esercitava sul petto di lui, sentendo le costole scricchiolare sotto la sua forza a stento trattenuta di Dragon Slayer.
Nessuna risposta.
Decise di giocarsi il tutto per tutto.
Fece ricorso alla sua magia, attivandola e facendo in modo che fluisse dalle sue mani, attraversando tutti gli strati di tessuto che componevano il corpo del Mago, irradiandoli di luce ed energia vitale. Per un attimo, Gildarts sembrò quasi trasfigurato da quella luce bianca e purissima che lo aveva avvolto in un abbraccio protettivo, per poi tornare al suo stato originale dopo pochi istanti.
Rya attese, trattenendo il respiro dalla tensione.
Se non funziona nemmeno questo, allora…
Non riuscì a finire di formulare il pensiero, perché notò un movimento appena percettibile nel petto dell’uomo.
Si strofinò vigorosamente gli occhi, pensando di aver avuto un’allucinazione causata dalla stanchezza e dal bruciore che le dilaniava le carni. Tornò ad osservare il punto in cui si trovava il cuore del Mago del Crush, sperando vivamente di vederlo muoversi.
Un'altra piccola scossa.
Poi un’altra.
E un’altra ancora.
Vide le convulsioni impadronirsi delle membra intirizzite del suo compagno, poi una cascatella d’acqua sgorgò dalla sua bocca, andando a bagnare i suoi abiti.
Gildarts tossicchiò, sputacchiando ancora per liberare le vie respiratorie ostruite dal liquido trasparente che lo aveva trascinato nell’incubo della morte, gonfiando i polmoni fino allo spasimo alla ricerca di aria.
Rya riuscì ad agguantarlo per il collo, trascinandogli la testa sulle sue gambe, per dargli modo di respirare meglio.
  • Piano, Gildarts. Piano. Respira piano. Poco per volta. Inspira. Espira. – lo guidò, respirando anche lei allo stesso ritmo che dettava a lui, tenendogli il viso fra le mani perché continuasse a guardarla, perché la seguisse, perché potesse capire di essere ancora vivo e vegeto.
Quando sentì il battito cardiaco farsi regolare, così come il respiro, lo lasciò andare, facendo attenzione che non scivolasse mentre cercava di mettersi seduto.
  • Dove… dove sono? –
  • Ancora nel Regno dei Vivi, Gildarts. Ma se non la pianti con queste bravate ci resterai ancora per poco. – rispose lei, sospirando di sollievo, ansimando appena. Nemmeno per lei era stata una passeggiata. Lui la guardò, boccheggiando, come se si fosse appena risvegliato dal sonno – Stai calmo. Va tutto bene. È tutto passato. –
 
Lo sguardo azzurro e limpido di Rya era stata la prima cosa che aveva visto, una volta riaperti gli occhi.
Rya.
Era lei ad averlo salvato.
La sua voce gli arrivava ovattata, ma comunque chiaramente udibile.
Era ancora vivo, dunque.
Non era ancora giunto il suo momento.
Seguì la voce della ragazza, cercando di accordare i movimenti spasmodici del suo corpo con quelli armoniosi del corpo di lei, lottando con tutte le sue forze per mantenere il ritmo e la concentrazione, ben sapendo che per lui era una questione vitale.
Pochi minuti dopo e parecchi respiri dopo, l’uomo finalmente poté respirare normalmente, iniziando ovviamente a fare domande su dove si trovasse e su cosa fosse successo, sentendosi tranquillizzare dalla ragazza che gli confermò di essere ancora vivo.
Sospirò di sollievo.
Gettò uno sguardo attorno, vedendo la tempesta infuriare ancora attorno a loro e i marinai che si avvicinavano lentamente e con circospezione.
Aggrottò le sopracciglia, chiedendosi il perché di quello strano comportamento, ma l’espressione serena di Rya lo convinse a non mettersi immediatamente in posizione di difesa.
Forse c’era un’altra spiegazione.
Qualche istante dopo, il Secondo Ufficiale fece capolino dietro di loro, schiarendosi la voce e allungando loro delle cerate.
  • Tenete, copritevi con queste e scendete sotto coperta. Avete fatto un bel bagno tutti e due, è il caso che vi cambiate… - Rya osservò attentamente gli indumenti che l’uomo porgeva loro, allungando infine una mano e regalandogli un sorriso stanco, ma sincero.
  • Grazie. – mormorò a mezza voce.
 
I due continuarono a camminare, raggiungendo la sabbia fine della spiaggia. Gildarts si fermò, voltandosi  e alzando la mano in segno di saluto, subito ricambiato da tutti gli occupanti della nave che si trovavano sul lato visibile, mentre la nave approfittava dell’onda di marea per scivolare nuovamente verso il mare aperto.
Rya avvertì il movimento dell’uomo, ma continuò a muoversi, rallentando appena l’andatura per non distanziarlo troppo. L’uomo aveva sofferto parecchio a causa dello scontro con lo squalo, non era nemmeno sicura che si fosse ripreso del tutto. Quando aveva chiesto aggiornamenti sul suo stato di salute, lui si era limitato a ridere scrollando le spalle, assicurandole che era in perfetta forma.
Quest’imbecille non sa raccontare le bugie.
Lei aveva evitato di indagare oltre, badando bene però a tenerlo d’occhio. Non aveva voglia di averlo sulla coscienza, con tutte le rotture di scatole che le sarebbero piovute addosso in quel malaugurato caso.
Dopotutto, lei ragionava come i Draghi.
Non affrontava mai qualcosa se non era assolutamente necessario o se non era convinta di poter almeno pareggiare lo scontro.
Sprecare energie inutilmente non era nel suo stile.
  • Quindi… ora dove si va? – chiese lei, spezzando il silenzio che era calato, interrotto solo dal rumore dei loro passi cadenzati.
  • Non ne ho idea. – rispose lui, serio.
  • … stai scherzando, vero?! – Rya si fermò di colpo, irrigidendosi. Perché qualcosa le diceva che c’erano guai in vista?
  • No. Come ti ho già detto, ho dovuto interrompere questa missione diversi anni fa a causa di… sì, beh, ci siamo capiti. Fino ad allora avevo girato tutto il Regno alla ricerca di quel talismano, senza trovare però nessuna informazione utile. L’unica parte che ancora non avevo esplorato è proprio questa, quindi…  -
  • Quindi mi stai dicendo che in realtà non hai idea di dove dobbiamo andare, giusto? – lo interruppe lei, spazientita.
  • Esatto. – annuì, contribuendo ad aumentare a dismisura il nervosismo di Rya. Lui riprese il cammino, lentamente, come se stesse andando a fare una gita fuori porta e non una missione centenaria.
  • E si può sapere come diavolo fai ad essere così tranquillo?! Potrebbero volerci settimane… mesi! – lei fece un paio di passi di corsa per raggiungerlo, affiancandosi a lui e continuando a guardarlo con lo sguardo in tempesta.
  • E che problemi ci sono? Hai impegni per caso? – replicò lui serafico, gettandole un’occhiata di sbieco. Lei, per tutta risposta, sbuffò sonoramente.
  • Odio andare così, alla cieca. –
  • Eppure la cosa non dovrebbe esserti così tanto estranea da turbarti. –
  • Non sto dicendo di non averlo mai fatto, ho detto solo che è una cosa che non mi piace. –
  • Beh, ormai siamo in ballo, quindi… ci conviene farci piacere la scampagnata, non trovi? –
 
Rya si trincerò dietro un pesante mutismo; un’aura di profondo malumore aleggiava attorno a lei, convincendo Gildarts a lasciarla stare, evitando inutili e sterili battibecchi.
L’uomo si lasciò sfuggire un sospiro, mentre continuavano ad avanzare in direzione di Gallowstown, non perché fosse la loro meta, ma perché era un luogo come un altro da cui poter iniziare la ricerca.
Lo sapeva.
Sapeva che la richiesta vergata su quel pezzo di carta era incompleta.
Durante i tre anni in cui aveva inseguito quel ciondolo misterioso, era incappato in ogni sorta di ciarlatani, zingari, veggenti e presunti tali, indovini e appassionati di occultismo ed oggetti esoterici.
Eppure, quando si parlava di quel particolare manufatto, tutto era confuso.
Era come cercare qualcosa sul fondo di uno stagno melmoso: ad ogni passo, una nuvola fangosa si alzava e si propagava nell’acquitrino per diversi metri, rendendo insondabile tutto ciò che si trovava sotto il pelo dell’acqua.
Si parlava di un ciondolo nella missione, ma nelle tante leggende che gli era capitato di ascoltare al riguardo era denominato semplicemente “manufatto mistico”, una volta era un ciondolo, un’altra un vaso, un’altra ancora un tipo di suppellettile non meglio identificato.
Tutto ciò che si sapeva è che risaliva ad un’Era molto antica ed era originario di un luogo da lungo tempo dimenticato, situato ad Est di Fiore.
Il Talismano di Acra, così era chiamato.
Ma nessuno lo aveva mai davvero visto.
Il Consiglio della Magia lo reputava un artefatto di grande valore e potenzialmente pericoloso, per questo motivo ne aveva disposto il recupero.
La situazione, però, si era ulteriormente aggravata negli ultimi anni. Col ritorno di Zeref, il timore dei Consiglieri era che anche lui volesse mettere le mani su quel gioiello e la cosa ovviamente non era ritenuta accettabile.
Era stato Makarov a spiegargli il motivo per cui quella missione da semplice Classe S aveva raggiunto una difficoltà di Doppia S, aumentandone a dismisura la pericolosità.
Per questo il Mago del Crush aveva capito che da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
Per questo aveva deciso di non dire nulla a nessuno, per non rischiare di mettere in pericolo la vita dei suoi ragazzi.
E questo era il vero motivo per cui Gildarts aveva scelto Rya per accompagnarlo in quell’incarico ai limiti della follia.
Se Mavis aveva detto il vero, Rya si era già scontrata più volte con Zeref, uscendone se non illesa quantomeno viva. Per questo lei era l’unica che potesse aiutarlo davvero.
Questo però, a lei non lo aveva detto.
Sul foglio della richiesta c’era solo scritto che il Consiglio di Era richiedeva il recupero di un oggetto magico, con qualche informazione di contorno poco rilevante.
Gildarts aveva tenuto per sé tutte le informazioni che aveva racimolato nel corso di quei tre anni passati a zonzo in giro per il Regno di Fiore.
Nemmeno Makarov sapeva nulla di preciso su cosa fosse successo in quegli anni che lui aveva passato lontano dalla Gilda, lontano dalla sua famiglia, lontano da Cana.
Era stato molto discreto nei suoi confronti, non gli aveva fatto domande né chiesto resoconti, si era limitato a congratularsi con lui per essere tornato vivo, anche se non del tutto intero.
Il pungolo del rimorso si fece sentire piuttosto ferocemente, in quel momento.
Il Master lo aveva trattato con liberalità e lui ora lo ripagava così, partendo senza dirgli nulla e senza la sua autorizzazione per una missione potenzialmente suicida, tirandosi dietro una Dragon Slayer che aveva sicuramente dei forti legami con i Draghi, col rischio di una sanguinosa rappresaglia da parte di Acnologia se le fosse malauguratamente capitato qualcosa.
Si sentiva quasi alla stregua di un traditore per il gesto che aveva compiuto, ma quando aveva compreso la gravità della situazione, la sua decisione era già presa.
Non poteva permettere che il Talismano di Acra finisse nelle mani di quel bastardo dal mantello rosso che aveva deciso di disporre della vita degli esseri umani a suo piacimento.
Scrollò le spalle, cercando di liberarsi del senso di inadeguatezza che rischiava di prendere il sopravvento ogni volta che si distraeva.
Dopotutto, chi era lui per cercare di ostacolare i piani di Zeref? Solo un piccolo essere umano che cercava di contrastare forze che andavano oltre la sua capacità di comprensione.
Sperava con tutto il cuore che il Consiglio avesse sopravvalutato la forza magica di quell’antico artefatto e che il suo recupero non dovesse per forza comportare uno scontro con il Mago Nero.
Voleva tornare a casa e riabbracciare sua figlia.
E voleva portare Rya a casa con lui.



Angolo dell'autrice

Ma buongiorno!! Dopo aver lasciato in sospeso il fato di Gildarts e aver deciso per una breve disquisizione in merito alla situazione attuale di Lucy e Natsu, finalmente si riprende il filo della story-line principale.
Gildarts e Rya, Che dire? Manco io ce li vedo a fare una gitarella assieme dall'altra parte di Fiore, ma a volte sono i personaggi stessi a decidere del loro destino, e un autore non può fare altro che lasciar loro carta bianca e vedere dove andranno a finire.
Nel prossimo capitolo torneremo a trovare il Trio delle Meraviglie, che abbiamo lasciato alla Gilda dei Blue Pegasus in attesa di partire per la loro missione di salvataggio.
Ringrazio ancora calorosamente tutti quelli che stanno seguendo questa storia, e che mi stanno accompagnando in questo lungo e contorto viaggio (mentale)!
Un abbraccio.
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Attesa e frustrazione ***


Un raggio di sole filtrò al di sotto delle palpebre pesantemente chiuse della ragazza, infastidendola al punto da farle abbassare la testa di scatto, cercando di incassarla ulteriormente nelle spalle, alla ricerca di un angolo più buio in cui rifugiarsi.
Una brezza leggera le solleticò delicatamente il naso e le guance, spostando lievemente le ciocche di capelli castani sparse sul cuscino.
Lei per tutta risposta mugugnò indispettita, cercando di sottrarsi nuovamente a tutti quei ben poco gradevoli tentativi di far sparire la nebbia lattiginosa che regnava nella sua mente.
Non rammentava bene che cosa fosse successo, i ricordi sembravano così distanti…
Volevo solo un po’ più di tempo…
 
In un istante le sovvenne alla memoria tutto quanto: Gildarts partito per la missione, la furia di Makarov, le loro infruttuose ricerche, quella flebile speranza derivata dalla Gilda Blue Pegasus.
Si alzò di colpo a sedere, sbarrando gli occhi e guardandosi attorno.
Dove sono?
Le pareti chiare della piccola stanza da letto erano illuminate da una tenue luce gialla proveniente dall’esterno. Le tende scure erano tirate, ma dai vetri semi-aperti spirava un po’ dell’aria del mattino che le spostava placidamente, facendo sì che si aprissero e chiudessero a intervalli irregolari.
Un armadio a due ante, una cassapanca e un comodino in legno chiaro erano gli unici mobili presente nella camera, oltre al letto singolo rivestito con lenzuola in flanella azzurra e un piumone color crema profumato di bucato fresco.
Come diamine ci sono finita io qui?
Come se le avessero letto nella mente, un bussare ritmico alla porta di legno la fece voltare spaventata.
Se qualcuno bussa e non sfonda la porta è un buon segno, no?
Deglutì sonoramente.
  • A-Avanti. – sperò che il tremito della sua voce non fosse effettivamente udibile dal di fuori. In ogni caso lo stipite si aprì lentamente, facendo posto ad un energumeno girato di schiena, la zazzera bionda e spettinata illuminata malamente dalla luce solare.
  • Va meglio oggi, Cana? – chiese una voce palesemente maschile, facendo attenzione a voltarsi lentamente.
  • Luxus… - la ragazza lo riconobbe, ma rimase senza parole per quello che teneva tra le mani: un vassoio colmo di leccornie e una tazza di caffè fumante. Lo guardò a bocca semi aperta, quasi non si capacitasse del gesto compiuto dal ragazzo.
  • Hai dormito come un ghiro per un giorno intero, ho pensato che avresti gradito la colazione. – tagliò corto lui, voltandole le spalle e appoggiando il tutto sul comodino accanto al letto. Non era solito compiere gesti del genere, non sapeva bene nemmeno lui come comportarsi. Cana si accorse dell’imbarazzo di lui e sorrise.
  • Grazie. In effetti ho un po’ di fame… - allungò lentamente una mano verso le vivande, portandosi alle labbra una brioche alla marmellata ancora tiepida, assaporandone la morbidezza e la fragranza. Dovevano essere state sfornate da poco per essere ancora così buone. Luxus la guardò di sottecchi, era strano vederla con qualcosa di diverso da un boccale di birra alla bocca.
  • Beh, come stai? – chiese di nuovo lui, sedendo sul bordo del letto, attento ad evitare il corpo della ragazza placidamente nascosto sotto le coperte. Lei continuò a sbocconcellare la sua pasta, ignorandolo e sbriciolando dappertutto, sotto lo sguardo allibito del Dragon Slayer – Mi stai ascoltando? –
  • Eh? Cosa? – rispose lei di rimando, alzando gli occhi e guardandolo come una bambina, l’angolo sinistro della bocca macchiato di arancione.
  • Potresti mangiare in maniera civile, Cana? – la riprese lui, alzando un sopracciglio.
  • È che… è così buona… - finì con un boccone l’ultimo pezzetto di quella prelibatezza, passando immediatamente a quella successiva. La spezzò a metà e trillò di felicità vedendo che era ripiena di miele. Luxus si portò una mano alla tempia, scuotendo sconsolato la testa. Quella ragazza era senza speranze.
  • Ti ho chiesto se ti senti meglio. –
  • Uh? Fi, pecchè? – rispose lei, a bocca piena.
  • Perché ti era venuto un febbrone da cavallo, ecco perché! Sei stata male un giorno e mezzo, eravamo preoccupati per te! –
  • Un giorn… il Master è tornato?! – Cana saltò quasi alla gola di Luxus. Sembrava che anche la memoria le fosse tornata, ottimo segno.
  • Cana, mi soffochi! – brontolò lui, preso alla sprovvista dalla reazione esagerata di lei.
  • Ah, scusa… - si allontanò immediatamente da lui, rimettendosi composta, recuperando la brioche che era rotolata sulla coperta. Luxus si ricompose, schiarendosi la voce.
  • È arrivato un paio d’ore fa, sta parlando con Gray in questo momento. Se ci danno il via libera all’utilizzo di Christina, partiremo quanto prima. Ma dobbiamo essere sicuri che tu sia in condizioni di muoverti. Non hai più febbre, vero? – allungò una mano per sentire la temperatura della maga, toccandosi poi la fronte per fare un confronto – No, mi sembra che ti sia passata. Finisci di fare colazione e cambiati, ti aspetto giù. –
  • A-ah, Luxus… - lo fermò lei, prima che infilasse la porta.
  • Uh? –
  • Grazie per… - iniziò lei, timidamente, spostando lo sguardo su un improvvisamente interessantissimo dettaglio posizionato sul bordo del lenzuolo.
  • Di nulla. – replicò asciutto lui senza aspettare che lei finisse la frase, scivolando nel corridoio e richiudendosi l’uscio dietro le spalle.
 
Cana sospirò, sconsolata.
Non mi ha nemmeno permesso di terminare il mio discorso… forse l’ho infastidito? Ma non ho fatto apposta…
Scosse la testa, allungando le dita verso il vassoio e chiudendole sul manico della tazza colma di liquido nero fumante.
Facendo attenzione a non rovesciarne il contenuto, se la portò alle labbra, assaporando il gusto pungente e lievemente dolciastro del caffè, sentendolo scendere lungo l’esofago trasmettendole una piacevole sensazione di calore.
Però…
Istintivamente si toccò la fronte, laddove l’aveva sfiorata Luxus per sentire se aveva la febbre.
Quel semplice tocco l’aveva mandata in autocombustione, sentiva ancora le guance andare a fuoco al ricordo della sensazione che aveva provato.
Scosse la testa, rituffandosi sulla bevanda calda e finendo di berla nel giro di pochi minuti, chiedendosi chi potesse sapere che lei beveva il caffè con due cucchiaini esatti di zucchero, non uno di più né uno di meno.
Di solito, quando ordinava il caffè alla Gilda, Mira sapeva già come lo prendeva e glielo preparava secondo il suo gusto personale, già zuccherato.
Si batté le mani sulle guance, autoimponendosi di smetterla di rimuginare su dettagli privi di valore e di alzarsi al più presto.
Scostò le coperte e si alzò in piedi con cautela, saggiando la resistenza delle sue gambe, quasi avesse il timore di sentirle cedere all’improvviso. Dopo un paio di saltelli fu chiaro che questo non sarebbe avvenuto, sospirò di sollievo e si diresse a passo svelto verso l’armadio, trovandovi dentro l’indispensabile per affrontare una doccia più che necessaria.
Il bagno era piccolo, ma confortevole, piastrellato in azzurro e con i sanitari in ceramica bianca e una doccia dello stesso colore delimitata da un vetro satinato. Aprì l’acqua e mentre attendeva che la temperatura raggiungesse temperature piacevoli, si spogliò dei vestiti.
Gettò un’occhiata al vetro ormai appannato dal vapore e si infilò sotto il getto d’acqua, lasciando che questa scorresse sui capelli e sul viso, passando poi per le spalle, la schiena, il seno, il ventre piatto, i glutei sodi e le gambe snelle, fino ad arrivare ai piedi.
Si deterse la pelle con il bagnoschiuma alla lavanda che portava sempre con sé, godendosi il profumo fresco e pulito che emanava.
Si concesse qualche minuto di coccole in più, indugiando sotto il getto d’acqua caldo che le avvolgeva il corpo in un rilassante abbraccio, finché non sentì la pelle dei polpastrelli raggrinzirsi per il troppo tempo passato nella doccia. Chiuse l’acqua e fece scorrere uno dei vetri, uscendo così dal piccolo anfratto e coprendosi con l’accappatoio in morbida spugna blu.
Asciugò attentamente le morbide onde castane, cambiò gli abiti e uscì dalla piccola stanzetta blu, ritrovandosi nella camera da letto. Appoggiò sul bordo del letto gli asciugamani e prese la borsa, facendo attenzione a infilare dentro tutto ciò che le apparteneva, compresi le brioches e i biscotti avanzati dalla colazione. Se li sarebbe gustati con calma nei giorni a venire.
Dopo aver dato un’ultima occhiata alla stanza e aver ricontrollato minuziosamente di non aver lasciato nulla in giro, si chiuse la porta alle spalle e si diresse a passo spedito lungo il corridoio e poi giù per le scale, fino al piano terra.
 
Una volta giunta nella sala comune, fu accolta molto calorosamente da Jenny. Era rimasta alla Gilda fino a tardi e aveva fatto in tempo a vedere Luxus rientrare fradicio dalla testa ai piedi recando con sé la Maga delle Carte febbricitante e priva di coscienza. Era stata lei a dirgli di portarla immediatamente in una delle stanze al piano superiore, provvedendo anche ad asciugarla e a farle indossare degli abiti puliti.
Cana ringraziò distrattamente la ragazza per l’aiuto che le aveva fornito, troppo occupata a guardarsi attorno alla ricerca dei compagni di Gilda per prestare attenzione alla risposta di Jenny che, dopo aver notato la cosa, si mise a ridacchiare, posandole una mano sul braccio irrigidito dalla tensione.
  • Se cerchi i due fustacchioni, sono là – gettò un’occhiata veloce ad una porta chiusa situata di fianco al bancone del bar - nello studio del Master a parlare di non so cosa. Non credo ci metteranno molto, aspettiamoli qui. –
La castana scosse vigorosamente la testa, avviandosi nella direzione indicata prima dalla bionda e apprestandosi ad aprire la porta, senza nemmeno bussare.
Prima che potesse farlo, però, l’uscio venne spalancato e si trovò faccia a faccia con Luxus.
  • Cana? – chiese lui, perplesso, non aspettandosi di trovare la ragazza lì davanti.
  • Luxus… allora? – chiese lei di rimando, impazientemente. Lui sorrise appena, appoggiandole una mano sulla spalla, rassicurante.
  • Sta’ tranquilla, non ci sono problemi. Appena l’incrociatore sarà pronto, partiremo. –
  • E quanto ci vorrà? – lo incalzò lei, respirando appena. Lui rafforzò appena la presa sulla ragazza, sentendola agitarsi e tremare sotto il suo tocco. Aveva i nervi a fior di pelle.
  • Un paio di giorni, credo. Christina ha bisogno di alcune riparazioni e… -
  • Due giorni?! Ancora! C’è mio padre là fuori a rischiare la vita, lo volete capire! –
  • Cana, lo sappiamo anche noi, cosa credi? Ma prendersela così non servirà certo ad affrettare i tempi. Con l’incrociatore ci metteremo al massimo una settimana a raggiungere Gallowstown, più di così non possiamo fare. – Gray si intromise nel discorso, cercando di raffreddare l’animo della ragazza. Sapeva che anche Luxus aveva un diavolo per capello e si era alterato non poco quando il Master aveva annunciato che avrebbero dovuto attendere ancora un po’ prima di partire. L’ultima cosa che voleva era un’altra sfuriata come quella di due sere prima. Cana rimase in silenzio, mordendosi nervosamente un labbro per cercare di non urlare.
  • Tsk. – sbottò alla fine, girando i tacchi e uscendo dalla Gilda velocemente. Luxus sbuffò, ma decise di lasciarla fare.
  • Cielo, quella ragazza sembra soffrire molto. – i due si voltarono, trovandosi alle spalle il Master Bob, che era uscito dal suo ufficio per capire cosa stava succedendo.
  • I due Maghi che stiamo cercando… uno di loro è Gildarts, il padre di Cana. – spiegò Gray, accennando col mento alla ragazza appena sparita.
  • Oh, capisco. Ma Gildarts non è certo uno sprovveduto, so quanto Makarov lo stimi. –
  • Ne siamo consapevoli, però… stavolta si deve essere cacciato davvero nei guai. –
  • Se sta cercando il Talismano di Acra non ho dubbi in proposito. –
  • Voi sapete qualcosa riguardo a questa missione centenaria? –
  • Si tratta di una leggenda più che altro, ma a quanto ne so il Consiglio della Magia vuole vederci chiaro. Il Talismano di Acra è un manufatto magico dai poteri misteriosi. Molti racconti ne parlano, ma senza specificare mai né che cosa sia, né tantomeno quale sia la magia di cui è intriso. L’unico punto che accumuna tutte le storie su questo artefatto è che sembra che porti sciagure a chiunque ne entri in possesso. –
  • Una storia allegra, insomma. – borbottò Luxus, pensoso.
  • So che anche una decina d’anni fa Gildarts era partito per la stessa missione, ma aveva dovuto interromperla a causa di un brutto incontro con un certo Drago Nero. –
  • Acnologia… - mormorò Gray, vedendo il Master di Blue Pegasus annuire.
  • Esatto. Se conosco un po’ quel Mago, ora starà cercando di completare quell’incarico che non era riuscito a portare a termine prima. Il problema, ora, è che a quella missione è stata attribuita una difficoltà Doppia S. – Luxus sbiancò immediatamente. Gray lo guardò impallidire, senza però riuscire a capirne il motivo. Cosa diamine era una missione Doppia S?
  • Una missione Doppia S? Ne siete sicuro? – chiese il Dragon Slayer, visibilmente preoccupato. Bob andò alla lavagna delle richieste, prendendo un foglietto e porgendolo ai ragazzi. Era la missione che parlava del Talismano di Acra, e recava una doppia S sul fondo.
  • Il Consiglio della Magia teme che anche Zeref sia sulle tracce di questo manufatto. Per questo motivo il livello della missione è aumentato così tanto. C’è il rischio, piuttosto elevato anche, di incontrare il Mago Nero durante la ricerca. – rivelò il Master, storcendo leggermente la bocca resa rossa dal rossetto, guardando i due Maghi davanti a sé – Probabilmente Makarov non vi avrà detto nulla, in proposito, per non allarmarvi più del necessario. Ma credo che arrivati a questo punto sia opportuno che anche voi sappiate a cosa andate incontro. Se seguirete Gildarts e quella ragazza, probabilmente finirete anche voi per incappare in Zeref. Dovete tenerne conto. –
 
Luxus e Gray si guardarono, terrorizzati.
Ora finalmente era chiaro il motivo dell’angoscia del Master Makarov.
Quei due pazzi si stavano infilando nella tana del leone. A Gray tornò in mente in un lampo la conversazione avvenuta tra lui e Rya diversi mesi fa, dopo la strage compiuta da Shunghiada e i suoi Draghi nella città di Crocus. Rabbrividì, mentre un pensiero tutt’altro che felice gli attraversava la mente.
  • Luxus… -
  • Dimmi. –
  • Ho parlato con Rya, diverso tempo fa. Dopo i Giochi della Magia. – il Dragon Slayer del Fulmine si fece attento, accennando al Mago del Ghiaccio di andare avanti – Lei ha detto che Acnologia obbediva agli ordini di Zeref perché esisteva un legame tra di loro, una sorta di vincolo che obbligava il Drago a fare tutto quello che Zeref gli ordinava. Ha detto anche di essere riuscita a liberare Acnologia da questo giogo, però…se lui si dovesse accorgere che il Drago Nero non risponde più ai suoi comandi… e se dovesse capire che è proprio lei la responsabile… - lasciò in sospeso la frase, incapace di concluderla.
  • Se Zeref trova Rya, sono guai. – finì per lui Luxus, serrando la mascella – Dannazione. Dobbiamo fermarli prima che succeda l’irreparabile. Maledizione… maledizione!! – sbatté un pugno contro il muro al suo fianco, frustrato. Un po’ di polvere e qualche calcinaccio si staccò dal punto d’impatto, ma senza provocare danni.
  • Luxus, per ora è meglio non dire nulla a Cana di questa storia. È già abbastanza turbata dal fatto di sapere il padre in pericolo, se dovesse venire a conoscenza anche dei retroscena rischierebbe un collasso. –
  • Hai ragione. – rispose semplicemente Luxus – Vado a vedere dove si è cacciata. È meglio tenerla sotto controllo prima che faccia qualche altra pazzia. – Gray si limitò ad annuire, seguendolo fuori dalla Gilda e svoltando l’angolo dal lato opposto, alla ricerca di un po’ di solitudine.
 
Camminava da un buon quarto d’ora, ma i pensieri non ne volevano sapere di lasciare il suo cranio.
Tutte quelle rivelazioni lo avevano lasciato profondamente scosso.
Zeref.
In tutta quella storia, era implicato anche Zeref.
Questo complicava enormemente le cose. E le rendeva seriamente pericolose.
Stanco di quel groviglio di emozioni che si agitavano nel suo petto, Gray si inoltrò di qualche metro nel bosco, sedendo sull’erba umida e prendendosi la testa fra le mani.
Gildarts e Rya correvano un pericolo mortale.
Scosse la testa.
Non era Gildarts a preoccuparlo.
Era Rya.
Era lei ad essere in pericolo di vita.
Se Zeref si fosse reso conto che era stata lei a recidere il legame tra lui e Acnologia, l’avrebbe cercata.
L’avrebbe trovata.
L’avrebbe uccisa.
Rivide l’immagine della ragazza seduta sul pezzo di muro diroccato a Crocus, mentre guardava assorta il cielo all’alba. Gli occhi azzurri e limpidi, il volto sereno.
La immaginò coperta di sangue, inerme nelle mani di quel gran bastardo.
Rabbia.
La sentì brontolare a livello dello stomaco, salendo poi su, fino al cuore, fino al cervello, i muscoli tesi allo spasimo.
Chiuse una mano a pugno, di scatto.
No.
Non lo avrebbe permesso.
Non poteva finire così.
L’avrebbe trovata.
L’avrebbe protetta.
Aspettare… quanto ancora avrebbe dovuto aspettare?
Per quanto ancora sarebbe durata quell’agonia?
Forse lei e Gildarts erano già arrivati a Gallowstown.
Forse avevano trovato Zeref ad attenderli.
Forse… erano già…
NO!
No.
Loro erano vivi. Stavano bene.
Lei stava bene.
… perché?
Perché si stava preoccupando in maniera così viscerale?
Anche Lluvia aveva corso molti pericoli, eppure lui era sempre rimasto calmo, freddo… lucido.
Lei… chi era lei?
Una compagna di Gilda.
Forse…
Un’amica.
Non ne sono sicuro… non la conosco nemmeno.
Sbatté un piede a terra, frustrato.
Si sentiva impotente.
Gildarts e Rya stavano rischiando la pelle e lui doveva aspettare che una stupida nave volante fosse pronta.
Se dovesse succedere loro qualcosa, io…
Sollevò la testa, reclinandola all’indietro, inspirando profondamente l’aria fredda di Novembre.
Doveva calmarsi.
Agitarsi non sarebbe servito a nulla.
Lo aveva detto proprio lui a Cana poco tempo prima. Era un consiglio giusto, era un comportamento corretto.
Eppure non ci riusciva. Non riusciva a stare tranquillo.
Al pensiero dei suoi compagni sotto le grinfie di Zeref gli ribolliva il sangue.
Al pensiero di lei ferita, martoriata, torturata… si sentiva impazzire.
No.
Non erano due sprovveduti.
Gildarts era una Mago forte, il più forte della Gilda.
Rya era al sicuro con lui.
E poi, anche lei era dotata di un potere magico fuori dal comune, no? Aveva allontanato quel Drago Verde solo con la forza della sua aura magica, dopotutto. E Acnologia la rispettava.
Stavano bene.
Stavano sicuramente bene.
Devono stare bene.
Sospirò, tornando a infilare la testa in mezzo alle ginocchia.
Sarebbe stata una lunga attesa.


Angolo dell'autrice

Buonasera!
Come va? Con questo caldo mi sto sciogliendo sulla tastiera, ma sono comunque qua a tormentarvi.
Sinceramente, non so questo capitolo com'è venuto. Non so quanto OOC sia andata, soprattutto con Gray. Probabilmente il suo cambiamento è fin troppo repentino, nemmeno io sono del tutto convinta della cosa, ma per il momento lascio perdere e lo tengo così. Dopotutto, questa ff è un esperimento, e io sono ancora assolutamente in rodaggio come scrittrice.
Ringrazio ancora tutti quelli che seguono questa storia, il vostro supporto è fondamentale, davvero.
Un abbraccio e buon Ferragosto a tutti!
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** "Qualcosa" ***


Elsa era comodamente seduta ad uno dei tavoli della sala comune, davanti ai suoi occhi una meravigliosa e goduriosa fetta di torta panna e fragole.
Il ghiotto triangolo di Pan di Spagna ricoperto di bianco svettava su un piatto, la forchetta scintillante posata sul lato che chiedeva soltanto di essere presa in mano e infilata in quell’abisso dolce e morbido fino al suo cuore, per poi essere ritirata portandosi dietro un generoso pezzo di quella carcassa prelibata.
La Maga delle Armature prese delicatamente la posata tra le dita, soppesandola, indugiando con le sue punte affilate sul rivestimento, torturandolo e procurando delle lunghe smagliature alla panna fresca che attendeva il suo destino.
Posò la forchetta sul piatto e si portò le mani alla fronte, incassando la testa fra le spalle.
Era preoccupata.
Era maledettamente preoccupata.
Il Master nelle ultime settimane era diventato quasi intrattabile, la sua irritabilità aveva raggiunto livelli mai visti.
E tutto perché Gildarts e Rya erano partiti assieme per una missione non autorizzata.
Makarov aveva detto che si trattava di un incarico pericolosissimo, ma lei proprio non ce lo vedeva Gildarts a mettersi nei guai volontariamente.
Tirandosi dietro una sua compagna di Gilda, poi.
Doveva sapere bene a cosa stava andando incontro.
Doveva sapere cosa lo attendeva.
Eppure il Master aveva spedito Luxus, Gray e Cana al loro inseguimento, ordinando loro di fare tutto il possibile per ritrovarli e riportarli a casa.
Aveva chiesto ulteriori spiegazioni, voleva sapere che tipo di pericoli correvano i suoi compagni, ma il Vecchio era stato categorico: nessuna ulteriore informazione sarebbe uscita dalle sue labbra.
Maledizione!
Imprecò mentalmente, riprendendo in mano la forchettina e tagliando brutalmente a metà la fetta di torta.
Non bastava Gerard, adesso aveva anche questo problema da risolvere!
Sbuffò, portandosi un pezzetto di torta alle labbra e masticandolo quasi rabbiosamente.
 
Non era più sicura di nulla.
I ricordi di quella sera, quella in cui Gerard l’aveva baciata, erano immersi in una fitta nebbia, probabilmente causata dall’alcool ingerito.
Ricordava di averlo visto, ricordava la sensazione del suo mantello sulle spalle, delle labbra di lui sulle sue, ma… chi poteva dire se si fosse trattato di sogno o realtà?
Si era risvegliata la mattina successiva nel suo letto, senza nemmeno ricordare come ci fosse arrivata fino alla camera.
Non si era nemmeno cambiata.
Ogni volta che cercava di riportare a galla un dettaglio, una parola, un particolare di quell’incontro ai limiti del chimerico, ogni volta che le sembrava di rammentare qualcosa, quel ricordo fuggiva via, lontano, veloce come un cavallo al galoppo.
E lei lo rincorreva, ma alla fine quello spariva, disperso chissà dove nei meandri della sua memoria.
Sospirò, portandosi un altro boccone di delizia alle labbra, assaporandone il gusto fresco e lievemente aspro, cercando di fare nuovamente mente locale.
Quando aveva chiesto a Meredy e Urrutia se avessero per caso visto Gerard la sera precedente, le due avevano scosso la testa in senso di diniego, dicendo che avrebbe dovuto trovarsi ancora in missione per conto suo, da tutt’altra parte. Elsa aveva accennato al fatto di averlo intravisto sulla spiaggia, ma le due si erano limitate a scambiarsi un’occhiata perplessa. Non pensavano certo che la Maga di Fairy Tail fosse una bugiarda, ma evidentemente reputavano inspiegabile anche il fatto che lui si fosse trovato a passare di lì.
Al bar della spiaggia nessuno ricordava un ragazzo dai capelli blu con un tatuaggio sul viso, e sicuramente uno come lui non poteva passare inosservato.
Alla reception dell’albergo i risultati furono similari, aveva chiesto a diverse inservienti e ad alcuni camerieri, ma non era riuscita a scoprire nulla di utile.
Era arrivata al punto di pensare di essersi sognata tutto.
Probabilmente l’alcool di quella sera doveva averle fatto un brutto effetto, forse si era presa una sbornia triste come quelle che normalmente prendevano Lluvia quando alzava un po’ troppo il gomito, ma la Maga dell’Acqua si limitava a piangere disperata per il suo amore non corrisposto, non era mai arrivata a immaginarsi di incontrare Gray e baciarlo… a quello arrivava già nelle sue fantasie diurne.
Lucy e Levy non ricordavano assolutamente nulla, se non la sbronza colossale che le aveva risvegliate la mattina successiva, accompagnata da un mal di testa piuttosto agguerrito; Cana invece le aveva riferito di averla notata allontanarsi lungo la spiaggia, da sola, ma di averla persa di vista appena girato l’angolo. Non l’aveva seguita, immaginando che volesse rimanere sola e poi aveva la gara tra Lucy e Levy da arbitrare, non poteva certo svignarsela.
Nessuno aveva visto o sentito nulla.
E lei continuava ad arrovellarsi su ciò che era accaduto quella sera.
Scosse il capo.
Inutile rimuginarci sopra ancora.
Ormai erano settimane, mesi che continuava a pensarci e ripensarci, che ripercorreva avanti e indietro tutti gli avvenimenti di quella vacanza, analizzando ogni più piccolo dettaglio, ogni minuzia.
Se avesse saputo del tormento che le avrebbero procurato i ricordi derivati da quella vacanza, non avrebbe mai e poi mai acconsentito a partire.
 
Si riscosse dai suoi pensieri, notando i brandelli di torta disseminati nel suo piatto. Doveva essersela presa con quel povero dolce senza nemmeno rendersene conto.
Ora c’era un problema ben più grave del presunto bacio con Gerard.
Gildarts e Rya.
  • Mira. – chiamò piano la rossa, sentendo l’albina avvicinarsi per servire alcune birre a Makao e Wakaba. Sentendosi interpellata, la ragazza si avvicinò ad Elsa, notando il misfatto nel suo piatto.
  • Elsa, che succede? Non è da te maltrattare così la tua torta preferita. –
  • Senti… tu… - prese un profondo respiro, continuando a martoriare i resti del dolce – cosa ne pensi di tutta questa storia? Pensi davvero che quei due siano in pericolo? – Mirajane posò delicatamente una mano sulla spalla di Elsa.
  • Sono sicura che stanno bene. Gildarts non è certo uno sprovveduto. Sappiamo tutte e due quanto sia forte. – Elsa annuì, sfiorando lievemente la mano dell’albina, in cerca di conforto.
  • Hai ragione. Dovremmo avere fiducia nei nostri compagni. –
  • Andrà tuto bene. Vedrai. – concluse Mira, portandosi il vassoio al petto e allontanandosi verso il bancone, sempre col sorriso stampato sulle labbra.
Elsa si voltò verso una delle finestre, guardando il cielo plumbeo di Novembre avvolgere la città in un placido abbraccio. Per quanto grigio e scolorito, era comunque un cielo sereno, sicuramente più della sua anima tormentata.
Annuì tra sé e sé.
Andrà tutto bene.
 
 
Erano finalmente riusciti a partire.
Dopo varie peripezie e un’attesa snervante, i tre maghi di Fairy Tail si trovarono sull’incrociatore volante di Blue Pegasus, che in quel momento sfrecciava tra le nuvole diretto alla cittadina di Gallowstown. Anche a tutta velocità, avrebbe impiegato diversi giorni a percorrere l’intero tragitto.
Almeno ci stiamo muovendo.
C’era una bella differenza tra l’aspettare immobili e l’aspettare mentre ci si muoveva verso la meta.
Gray, appoggiato a una delle ringhiere sul ponte, si godeva il vento gelido e tagliente che gli sferzava il volto, scompigliando i capelli neri e i lembi del suo giaccone.
La frustrazione c’era ancora, poteva sentirla agitarsi al di sotto della pelle insieme al senso di vertigine che provava ogni volta che immaginava scenari catastrofici, in cui loro arrivavano troppo tardi e trovavano i compagni vittime della carneficina di Zeref.
Ma ogni volta si imponeva di restare calmo, lucido, di imbrigliare tutte quelle emozioni nelle sue catene di ghiaccio, nascondendole sotto una coltre di neve, in modo che nessuno potesse scrutare nel fondo della sua anima, cercando lui stesso di dimenticare ciò che si celava sotto la sua pelle.
Sotto di lui, il paesaggio ormai prossimo all’inverno scorreva velocemente. Le grandi macchie rossastre delle foreste ormai marcescenti si susseguivano, intervallate dai campi marroni e non ancora arati e dai timidi ruscelli che ancora scorrevano imperterriti, senza timore di ghiacciare. Il tutto sotto un cielo grigio e carico di nubi che promettevano pioggia a non finire, ma che per il momento si limitavano a muoversi pigramente trasportate dal vento, cambiando forma e dimensioni, stracciandosi e ricomponendosi.
  • Gray. – una voce bassa e vibrante lo raggiunse, facendo sì che spostasse lo sguardo dalla danza delle nuvole al ragazzo biondo e muscoloso che gli stava di fianco, infagottato in un giubbotto invernale, le mani ben nascoste dentro le tasche.
  • Luxus. Come sta Cana? –
  • Lo sai com’è fatta, sembra una tigre in gabbia. Inveisce contro tutto e tutti perché secondo lei non andiamo abbastanza veloci. – ridacchiò il Dragon Slayer affiancandosi al compagno.
  • È senza speranza. – scosse la testa Gray.
  • Sta solo sfogando come può il suo nervosismo. – Luxus si appoggiò alla parete esterna della cabina di pilotaggio.
  • Se lei è nervosa, noi cosa dovremmo fare? – replicò il moro, riferendosi evidentemente al fatto che loro erano a conoscenza di informazioni che avevano tenuto nascoste alla ragazza.
  • Noi manterremo la calma e porteremo a termine la missione. Ho promesso al Vecchio che avrei riportato a casa quei due tutti interi e intendo mantenere la parola data. – il suo interlocutore si limitò ad annuire, appoggiando un gomito sulla balaustra e appoggiando il mento alla mano, cambiando argomento.
  • Quanto credi ci vorrà ancora? –
  • Ho parlato con Hibiki prima, dice che se continua così ancora due giorni e saremo sopra Gallowstown. –
  • Poi come pensi di procedere? –
  • Lasceremo Christina vicino al paese e andremo a chiedere informazioni. La cittadina non è molto grande, degli stranieri non dovrebbero passare inosservati. E sai anche tu che se c’è qualcuno che non passa inosservato, quello è proprio Gildarts. –
  • D’accordo. Speriamo che il tempo regga. Queste nuvole non mi piacciono per nulla. –
  • Se qualcuno lassù vuole che salviamo i nostri amici, allora farà in modo di ritardare il loro viaggio e di accelerare il nostro. – concluse Luxus, spostandosi dalla parete con un guizzo delle reni per poi tornare da dove era venuto, lasciando di nuovo Gray solo con i suoi pensieri.
 
Il moro volse lo sguardo all’insù.
Già… se c’è qualcuno lassù… se.
 
Un paio di giorni dopo, Gray e Luxus, accompagnati da Cana, misero piede a Gallowstown.
La cittadina era piccola, proprio come aveva detto il biondo, somigliante più a un borgo che ad una vera e propria città. Era abbastanza sviluppata tecnologicamente da avere una stazione del treno, ma restava comunque minuscola in confronto a grandi città come Hargeon e Magnolia. Le stradine lastricate in pietra erano rese scivolose dal fango che le imbrattava, i negozi erano piccoli e i quartieri commerciali minuscoli. Pochi alberghi e qualche locanda facevano a gara a chi attirava più clienti, con offerte, omaggi, pacchetti all-inclusive e qualsiasi altra cosa fosse necessaria per guadagnare anche solo qualche soldo in più.
Ne avevano già visitati alcuni, chiedendo informazioni su Gildarts e Rya, senza successo.
Dopo alcune ore di ricerca infruttuosa, i tre decisero di dividersi i compiti: Cana avrebbe fatto il giro dei bar della città, cercando di carpire quante più informazioni possibili ai beoni che li bazzicavano, Gray avrebbe fatto il giro degli alloggi che ancora mancavano all’appello e Luxus avrebbe chiesto nei negozi.
Si sarebbero ritrovati per la cena in una delle locande in cui avevano affittato due camere.
Le ore passarono veloci, mentre i ragazzi setacciavano la città palmo a palmo e Cana faceva una rapida visita in tutti i ritrovi ad alto contenuto alcolico di Gallowstown, e proprio in uno di questi, la ragazza ottenne delle informazioni utili.
 
  • Hai detto una ragazza coi capelli neri e un tizio coi capelli rossi? –
  • Esatto. Li avete visti? –
  • Uhm… fammi pensare… - l’uomo, un cinquantenne in piena Sindrome della Lolita, che continuava a lanciare occhiate lascive alla castana senza nemmeno considerare il fatto che potesse essere sua figlia, bevve avidamente un sorso di birra, mentre si sforzava di ricordare qualcosa – dunque… sì! Adesso ricordo! – sbottò esultante alla fine, sbattendo il boccale sul tavolo – Un paio di giorni fa un tipo di mezza età con i capelli rossi tirati all’indietro è venuto qui chiedendo notizie di qualcosa, ma nessuno ne sapeva nulla. Quindi ha adocchiato una delle cameriere e ha provato a rimorchiarla, ma prima che potesse fare qualcosa è entrata una ragazza molto più giovane coi capelli neri e l’ha trascinato via tirandolo per un orecchio. È stato uno spasso. – dichiarò infine, ridendo sguaiatamente. Lei gli allungò un paio di monete.
  • Tieni, fatti un altro paio di bevute alla loro salute. – con leggerezza, Cana si alzò e si allontanò, lasciando ondeggiare i vaporosi capelli castani mentre usciva dal locale saltellando. Un sorriso radioso le si dipinse sul volto.
Sono vivi!
 
Il giorno successivo riuscirono a scoprire che erano stati visti andare verso Nord-Est, diretti alla catena montuosa che sorgeva alle spalle di Mining Camps, una vecchia miniera ormai dismessa.
Avevano due giorni di vantaggio, ma non sapevano quanto velocemente stessero viaggiando. Forse accelerando un po’ il passo sarebbero riusciti a raggiungerli in tempi brevi, ma non ne erano sicuri.
In previsione di una corsa contro il tempo, si erano già accordati con i ragazzi di Blue Pegasus, in modo da non rischiare di sprecare minuti preziosi.
Christina sarebbe rimasta in volo in quella zona, monitorando i loro spostamenti tramite la magia di Hibiki e sarebbero intervenuti solo nel momento in cui avessero recuperato i due fuggiaschi. Luxus aveva accennato al ragazzo al fatto che sarebbero potuto sorgere delle complicazioni, motivo per cui gli aveva chiesto di non muoversi assolutamente nel caso si fosse verificata una situazione di pericolo. Hibiki aveva insistito parecchio, ma il Dragon Slayer era stato irremovibile: Fairy Tail avrebbe dovuto risolvere la faccenda internamente.
 
Era ormai la mattina dell’ottavo giorno, quando iniziarono ad inerpicarsi sui monti che circondavano la vecchia miniera abbandonata.
Avevano seguito le tracce dei due al di fuori di Gallowstown per un po’, passando attraverso la città di Mining Camps, cercando di guadagnare terreno.
Camminavano già da diverse ore, a passo spedito, ora diretti a Nord, in completo silenzio.
L’unico suono udibile era quello delle suole delle loro scarpe a contatto con la terra battuta del sentiero che stavano percorrendo, in lieve salita.
Cana si accorgeva appena di mettere un passo davanti all’altro, persa com’era nei propri pensieri. Il suo orizzonte si chiudeva sulle spalle muscolose e il fisico palestrato di Luxus, su cui lei aveva puntato lo sguardo assente.
Dopo un mese di attese snervanti e di cammini interminabili, avrebbe rivisto finalmente suo padre, avrebbe potuto riabbracciarlo, dargli dell’imbecille, dell’idiota, dello sconsiderato, del vecchio libertino… sempre che non fosse troppo tardi.
Sempre che quel qualcosa per cui era partito non lo avesse portato alla tomba.
Quando era tornata alla Gilda, scortata da Luxus, la mattina che si era ripresa dalla febbre, aveva avuto una strana sensazione.
Si era seduta insieme ai suoi compagni per il pranzo, ma durante tutto il pasto Gray e Luxus avevano aperto bocca si e no tre volte in tutto.
I due ragazzi si lanciavano di continuo occhiate preoccupate, storcevano la bocca, cercavano di concentrarsi sul cibo, sulle posate, sulla saliera, sulle pareti, su qualsiasi cosa pur di non guardarla negli occhi.
Sembravano a disagio.
Aveva attribuito il tutto alla necessità di attendere ancora alcuni giorni prima di poter partire con l’incrociatore dei Pegasus e al malumore che questo aveva scatenato.
Nei giorni successivi la situazione aveva assunto una parvenza di normalità, con Gray trincerato dietro al suo “scudo di ghiaccio”, fatto di indifferenza e freddezza e Luxus che si interessava ad ogni aspetto tecnico di Christina, cercando in ogni modo di accelerare i tempi di approntamento.
Eppure, qualcosa continuava a non quadrare.
Mangiavano sempre assieme, ma per il resto del tempo i due sparivano, lasciandola sola.
Era come se volessero evitarla ad ogni costo, come se la sua presenza fosse diventata, come dire… problematica.
Trincerata dietro al suo mutismo, la ragazza si chiese perché i suoi compagni, i suoi amici avessero cominciato a trattarla così.
Era qualcosa che aveva fatto?
Qualcosa che aveva detto?
Forse la reputavano capricciosa, forse temevano che potesse dare di matto ancora, forse la consideravano un peso…
Ma insomma! C’è mio padre là fuori, disperso chissà dove in mezzo a queste montagne! Scommetto che se fosse qualcun altro in pericolo, loro sarebbero ben più agitati!
Sbuffò sonoramente, cercando di calmarsi. Arrabbiarsi non le sarebbe servito a nulla, in quel momento doveva preoccuparsi soltanto di risparmiare le energie per quando avrebbe ritrovato Gildarts.
Fu un attimo.
Un’aura fortissima li investì in pieno, facendo tremare la terra e scuotendo gli alberi della foresta circostante così violentemente da abbatterne diversi. Stormi di uccelli si levarono in volo formando come delle nuvole scure, gridando spaventati e fuggendo il più lontano possibile da quel luogo, oscurando il Sole.
I tre caddero in ginocchio, schiacciati a terra dalla prepotenza di quella forza invisibile, incapaci di muoversi. Cana notò appena che Luxus storceva il naso, segno evidente che quell’aura aveva un odore davvero sgradevole.
Improvvisamente, udirono un boato, non troppo distante da loro.
Una nuova ondata di energia li travolse come un maremoto, annullando l’effetto di quella precedente e permettendo ai tre di alzarsi.
  • Questo… è il Crush! – esclamò Luxus, riconoscendo all’istante il vortice biancastro che spazzava il fianco della montagna, spezzando rami e staccando foglie giallastre dagli alberi circostanti, spargendole in giro come coriandoli.
  • Papà! – gridò Cana, alzandosi in piedi e cominciando a correre come una forsennata verso il punto in cui percepiva la presenza del centro di quel ciclone di energia familiare.
 
Luxus e Gray chiamarono la ragazza, urlandole di tornare indietro, che poteva essere pericoloso, inutilmente.
Cana continuava ad avanzare, barcollando, diretta al campo di battaglia. I due si rialzarono e presero a correre verso di lei, seguendola fino a raggiungere uno spiazzo nella foresta. Lì il sentiero terminava, allargandosi in una vasta arena naturale in terra battura, circondata da una fitta vegetazione. Sul lato opposto si intravedeva l’imboccatura di una grotta, nera come la pece, quasi nascosta alla vista da… qualcosa.
  • Cosa diamine è quella cosa? – sussurrò senza fiato Luxus, lo sguardo incollato all’enorme mostro che svettava al centro della radura.
 
In quel momento, una figura ammantata di nero si voltò verso di loro, guardandoli con i suoi penetranti occhi azzurri, gelandoli sul posto. Gray poté notare distintamente le pupille della ragazza ridotte a due fessure, che rendevano il suo sguardo così dannatamente simile a quello dei Draghi che li avevano assaliti a Crocus, pochi mesi prima, da fare quasi male.
Un attimo dopo, al fianco della ragazza atterrò su un ginocchio una seconda figura, accompagnata da un sonoro schiocco metallico.
Rya si volse verso di lui, dicendogli qualcosa. Gildarts si alzò e si voltò all’indietro, notando i tre ragazzi ancora sul sentiero e spalancando appena gli occhi.
Decisamente non si aspettava di vederli lì.
Si girò completamente verso di loro, ma nel farlo il mantello sgualcito che gli circondava il corpo si scostò, lasciando intravedere una grossa chiazza di sangue a livello del costato, sulla destra. Il liquido rossastro scivolava tra le placche della sua armatura, gocciolando fino a terra.
Stava urlando qualcosa, sbracciandosi verso di loro, qualcosa che però i tre non riuscivano a sentire. Continuarono a guardarlo, confusi, finché una fortissima scossa elettrica attraversò i loro corpi, immobilizzandoli all’istante.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Kyogai ***


Arrivati a Gallowstown, Rya e Gildarts avevano cominciato a cercare informazioni sul Talismano. La ragazza si era infilata nella piccola biblioteca pubblica, alla ricerca di qualche indizio, mentre Gildarts chiedeva informazioni a commercianti e ristoratori.
Ebbero fortuna, perché la ragazza si imbatté in un antico libro di racconti popolari, tra i quali ce n’era proprio uno che menzionava il fantomatico Talismano di Acra.
Secondo la storia riportata, il manufatto aveva fatto un lunghissimo viaggio dai Regni dell’Est, approdando poi sulle coste di Fiore per essere sigillato in una grotta sui monti alle spalle di Mining Camps.
  • Fantastico! – sentenziò Gildarts – Ora non dovremo fare altro che setacciare l’intera catena montuosa e se avremo fortuna lo troveremo! –
  • Gildarts… sai che quello che hai appena detto è impossibile, sì? – lo riprese lei, inarcando un sopracciglio: ancora non aveva capito se quell’uomo fosse un semplice burlone o un incosciente di prima categoria.
  • Ho girato in lungo e in largo alla ricerca di questo maledetto coso, la parola impossibile non esiste! Devo trovarlo, prima che lo faccia qualche malintenzionato! –
  • Non sarà così facile per altre persone arrivarci. – affermò alla fine lei, incrociando le braccia sul petto.
  • Perché? Dopotutto quello l’hai trovato in una biblioteca. – rispose lui, indicando il manuale ancora nelle mani della ragazza. Rya scosse la testa e porse il libro a Gildarts, che ne scorse alcune pagine, stringendo gli occhi – E questo che roba è? –
  • Appunto. – replicò lei con fastidiosa presunzione - Questo manoscritto è originario dei Regni dell’Est ed è scritto in una delle Antiche Lingue. Non ci sono molte persone in grado di leggerlo. –
  • Tu ci sei riuscita perfettamente, però. – ribatté lui, guardandola serio. Lei ridacchiò divertita, riprendendosi il tomo.
  • I Draghi mi hanno insegnato a leggere e scrivere in diverse lingue, molti di loro sono vissuti nei luoghi da cui proviene anche questo libro. Siamo stati fortunati, mettiamola così. –
 
La Dragon Slayer riprese la sua lettura, con tranquillità, scrutando velocemente le varie righe con gli occhi azzurri che guizzavano agilmente tra le parole, come se per lei quella scrittura astrusa fosse semplice lingua comune.
Gildarts si fece pensieroso.
Finiranno mai le sue risorse?
 
Dopo averla osservata per qualche minuto, l’uomo si alzò in piedi, stiracchiandosi.
  • Beh, direi che non abbiamo più nulla da fare qui. Ci conviene incamminarci, non credi? – Rya, per tutta risposta, chiuse il libro con un sonoro tonfo e si alzò per riporlo nell’apposita scansia in legno scuro.
  • Sarà un’impresa trovare quell’affare. Se è davvero stato sigillato, sarà molto difficile percepirne l’aura magica. – riprese lei, mentre attraversavano la soglia della biblioteca, uscendo nella pallida luce diurna.
  • Beh, allora vorrà dire che useremo la cara vecchia tecnica del setacciare palmo a palmo ogni grotta che troveremo. – rispose lui, convinto. Incamminandosi lungo la strada lastricata diretto a Nord.
  • Gildarts, ti ho già detto che una cosa del genere è impossibile. – ribadì lei, stizzita.
  • E io ti ho detto che troverò quel manufatto a costo di impiegare i prossimi anni a esplorare ogni singola porzione di terreno presente in tutto il Regno, se necessario. – replicò lui, serio.
  • Sei senza speranza. – lo rimproverò lei, con un sospiro. Stava davvero cominciando a chiedersi come diamine fosse possibile che quello scapestrato fosse il mago più forte di Fairy Tail.
  • È proprio per questo che noi di Fairy Tail siamo i più forti. – disse infine lui, continuando a camminare, accomodandosi meglio il sacco contenente i suoi averi.
  • Uh? – Rya si voltò appena a guardarlo di sottecchi, incuriosita.
  • Se avessimo affrontato soltanto le sfide ritenute fattibili, non saremmo mai riusciti a sconfiggere tutti nemici che si sono parati dinanzi a noi. In certi casi, i calcoli statistici vanno lasciati da parte, l’unica cosa che conta è l’impegno che ci si mette in qualcosa. Agli occhi degli altri sembriamo davvero “senza speranza”, come dici tu, ma è proprio questo che ci spinge a dare sempre il massimo, in qualsiasi circostanza. –
  • Che filosofia assurda. – la Dragon Slayer liquidò il discorso con una scrollata di spalle, strappando un sorriso appena accennato a Gildarts. Quella ragazza era davvero ostinata.
 
Camminarono per diversi giorni, fermandosi a visitare ogni anfratto e ogni spelonca che riuscivano a scorgere in mezzo agli alberi, alcune talmente nascoste dall’intrico del sottobosco da risultare appena visibili.
Risalendo da un piccolo dirupo, si ritrovarono su un sentiero di montagna in terra battuta, evidentemente era la strada principale da quelle parti. Decisero di comune accordo di percorrerlo fino in fondo, per cambiare punto d’osservazione.
Erano le prime ore del mattino quando arrivarono in cima, nel luogo in cui la stradina si apriva in un grande spiazzo, lievemente concavo.
Rya si fermò immediatamente al limitare della zona, bloccando anche l’avanzare di Gildarts. L’uomo la guardò incuriosito.
  • Qualcosa non va? – la ragazza alzò lievemente il mento, annusando l’aria davanti a sé, poi a destra e infine a sinistra.
  • Qualcuno è passato di qua. – mosse gli occhi nervosamente, scorrendo la foresta intorno a sé alla ricerca di pericoli o trappole – Recentemente. – soggiunse poi, vedendo la titubanza del compagno.
  • Quanto? – si limitò a chiedere lui, guardandosi attorno con circospezione.
  • Poco. Mezza giornata al massimo. Più probabilmente poche ore. –
  • Allora forse ci siamo. Coraggio, entriamo. – Gildarts mosse un passo in avanti.
  • Vuoi davvero infilarti là dentro? Non sappiamo nemmeno cosa ci aspetta! Potrebbe essere una trappola.  – lo rimbrottò lei, storcendo la bocca.
  • È Zeref? – domandò lui, voltandosi verso di lei, improvvisamente serio, persino preoccupato. Rya sgranò gli occhi.
  • Zeref? No, non è il suo odore. Perché questa domanda? – lui si limitò a tornare a voltarsi riprendendo la discesa – Gildarts. – lo richiamò indietro lei. L’uomo si fermò, voltandosi. C’era qualcosa, nel tono di voce della ragazza, che lo aveva quasi soggiogato, convincendolo a voltarsi. Era seria. Maledettamente seria. Lo stava fissando con i suoi occhi azzurri, scintillanti d’ira.
  • Beh… insomma… - balbettò lui, a corto di parole.
  • Gildarts. – lo richiamò di nuovo lei, la voce ancora più bassa. Stava… ringhiando? In un lampo gli tornò in mente il suono gutturale e vibrante del ringhiare di Acnologia, così dannatamente simile alla voce di Rya in quel momento. Deglutì sonoramente. Possibile che un’umana potesse incutere lo stesso terrore di quella bestia assatanata?
  • Beh, ecco… il Consiglio della Magia teme che anche Zeref sia sulle tracce del Talismano di Acra… - ammise riluttante, soppesando le parole. Sentiva che in quel momento una sillaba sbagliata avrebbe potuto costargli caro. Forse, addirittura la vita.
  • E quando pensavi di dirmelo? – continuò lei, assottigliando gli occhi. Le pupille si ridussero a due fessure e Gildarts si ritrovò quasi immobilizzato e con la gola secca. Cosa stava succedendo?
  • Io… non volevo spaventarti! – sbottò infine riuscendo a recuperare buona parte del suo autocontrollo, spezzando la cupola di aria minacciosa che si era andata creando attorno a loro. Lei sembrò pensarci un attimo, studiando l’uomo davanti a sé guardarla dall’alto della sua statura. Scrollò la testa, facendo tintinnare gli anelli che adornavano la parte superiore delle sue orecchie e chiuse gli occhi, riaprendoli un attimo dopo, la pupilla di nuovo tonda e l’iride tornata azzurra e serena.
  • Zeref non è ancora arrivato, ma se troviamo il Talismano, ci raggiungerà in un batter d’occhio. – disse lei, osservando l’imboccatura della caverna.
  • Come… -
  • Come lo so? Il Talismano di Acra è un potente artefatto magico che proviene dalla città omonima, situata nel Deserto di Reya, a Sud del Regno di Pergrande. Al riguardo sono circolate molte voci, ma una sicuramente è vera. – si interruppe un momento, tornando a guardare Gildarts, che la ascoltava stupito – Zeref ha imprigionato lì dentro uno dei suoi Demoni. Non so di quale si tratti, ma se ha scelto il Talismano, sicuramente si parla di qualcosa di molto, molto potente. E pericoloso, ovviamente.  –
  • Tu… lo sapevi… - riprese lui, senza fiato. Rya incrociò le braccia sotto il seno, un ghigno sarcastico a dipingerle le labbra.
  • Certo che lo sapevo. Quello di cui non ero a conoscenza era il fatto che lo sapessi anche tu. – rispose semplicemente lei, sogghignando – Evidentemente c’è carenza di fiducia, tra di noi, oltre che di comunicazione. –
  • Anche tu mi hai nascosto delle informazioni. –
  • Perché sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa anche tu. Ora, prima di infilarci nella tana del leone, credo s’imponga una riunione tattica. Giochiamo a carte scoperte, che ne dici? – propose lei, sedendo sulle ginocchia e guardandolo con aria di sfida.
  • Sono d’accordo. – concluse lui, sedendo di fronte a lei e allungando le gambe, studiandola.
Passarono un quarto d’ora a scambiarsi informazioni, mentre pian piano le barriere cedevano il passo ad una sorta di conversazione. Gildarts rivelò alla ragazza quanto aveva scoperto negli anni in cui aveva inseguito il Talismano in giro per tutta Fiore e Rya, dal canto suo, condivise le sue conoscenze sui Regni dell’Est riguardanti lo stesso Artefatto.
  • Quindi… è questo il motivo per cui Zeref sta cercando il Talismano? – lei annuì.
  • Il Demone racchiuso al suo interno è sicuramente uno tra i più potenti creati dal Mago Nero, non vedo perché dovrebbe lasciarsi sfuggire l’occasione per riprenderselo. –
  • D’accordo, quindi… ora… -
  • Ora scendiamo là sotto e vediamo chi sta cercando di svegliare il Demone che dorme. In caso di necessità, spediamo questo disturbatore a farsi un bel sonnellino, prima che si scateni il pandemonio. –
  • Va bene. Sei pronta? – arrischiò lui, alzandosi in piedi e guardandola.
  • Sempre. – rispose lei, sollevandosi a sua volta e guardando la spelonca scura che si apriva sulle viscere della terra.
Avanzarono verso l’apertura, preparandosi mentalmente a lasciare la tenue luce solare per immergersi in un mondo di tenebra e umidità.
Arrivati a pochi metri dall’imboccatura, Rya si fermò nuovamente, alzando la testa di scatto e tirando immediatamente Gildarts per il mantello.
  • Arriva qualcosa. –
  • Cos… -
L’uomo non riuscì a finire la frase che un eco di passi fu chiaramente udibile, rimbombando tra le pareti di roccia e giungendo fino a loro.
Pochi istanti dopo, una figura umanoide fece capolino dalle ombre della grotta, uscendo alla luce e immobilizzandosi davanti ai due Maghi di Fairy Tail.
Era un uomo, solo. Avrà avuto una quarantina d’anni, i corpi capelli neri pettinati all’insù in una sorta di cresta al centro del cranio, due basette dello stesso colore scendevano fino a congiungersi alla barba curata che gli circondava il mento. Gli occhi scuri e le spesse sopracciglia corvine completavano il viso di colui che era uscito dal luogo in cui era custodito il Talismano, ricoperto da un completo scuro, abbinato ad una giacca viola rinforzata da alcune piastre di ferro.
 
  • Ewan… - mormorò il Mago del Crush spalancando gli occhi. L’uomo alzò appena un sopracciglio scuro, sorridendo malignamente.
  • Gildarts! Ne è passato di tempo, eh? – Rya spostò lo sguardo tra i due uomini, cercando di capirci qualcosa. Evidentemente si conoscevano.
  • Pensavo foste ancora in carcere, tu e la tua banda di farabutti. – sputò Gildarts, velenoso. Altrettanto evidentemente non erano nemmeno in buoni rapporti. La Dragon Slayer si limitò ad appuntarsi mentalmente anche quel dettaglio.
  • Solo perché abbiamo barato un pochino al Palio della Magia? Non mi sembra un motivo sufficiente per gettare qualcuno in gattabuia, non ti pare? – ghignò il Master di Raven Tail, suscitando uno sguardo di disapprovazione da parte di Gildarts.
  • Cosa ci fai qui? – chiese infine il Mago di Fairy Tail, la voce indurita e i muscoli tesi. L’aria si stava facendo pesante.
  • Che domande! Quello che ci fai tu. Voglio mettere le mani sul Talismano di Acra. Anzi… – continuando a sorridere, Ewan infilò una mano dentro la giacca, estraendone una strana collana – Veramente l’ho già trovato. – Rya scattò immediatamente in posizione di difesa, quando l’aura dell’oggetto, pregna dell’odore di Zeref le colpì le sensibili narici. Digrignò i denti, mostrando i canini acuminati.
  • Gildarts, chi è questo idiota? – ringhiò infine, rivolta al compagno.
  • Rya, ti presento uno degli esseri più viscidi e subdoli che esistano sulla faccia della terra. Ewan Dreyer, il figlio del Master Makarov. –
  • Oh, non mi pare di aver mai visto questa bella signorina. Dì, bella fanciulla, non ti andrebbe di unirti alla mia Gilda? Siamo sempre in cerca di adepti. – Rya smise di ringhiare, si rimise in posizione eretta ed emise un leggero “Tsk” di disappunto.
  • Vedi, la ragazza non è interessata. A che ti serve quel Talismano, Ewan? – continuò Gildarts, cercando di seguire la strada della diplomazia. Il Padre di Luxus non sembrava minimamente intimidito dalla reazione di Rya, anzi, pareva sicuro di sé. Forse troppo.
  • Questi non sono affari tuoi. – rispose asciutto l’uomo – Piuttosto – riprese, guardandosi avidamente intorno - dov’è quel buono a nulla di mio figlio? Non te lo sei portato dietro? – Rya ricordò immediatamente che Makarov era il nonno di Luxus, intuendo subito di chi si stava parlando. Perché quel maledetto cercava suo figlio?
  • Se non erro, è stato proprio quello che tu definisci “buono a nulla” a sconfiggere te e i tuoi durante il Palio. – ribatté Gildarts, rabbioso.
  • Un colpo di fortuna, niente di più. – rispose stizzito Ewan, accompagnando l’affermazione a un gesto della mano, come a voler sottolineare il fatto che si fosse trattato di un caso.
  • Non hai ancora risposto alla domanda di Gildarts. A che ti serve quell’artefatto? – si intromise Rya. Sapeva benissimo che non avrebbe ricevuto risposta alla sua domanda, era più interessata alle reazioni dell’uomo di fronte a lei.
  • Ho già detto che non sono affari vostri. Ora vedete di sparire, mi state intralciando! –  latrò Ewan, stizzito.
  • È proprio quello che voglio, miserabile! – ringhiò di rimando Gildarts, facendo segno a Rya di allontanarsi. Non voleva coinvolgerla in uno scontro. Rya si limitò a fulminarlo con lo sguardo, rimanendo perfettamente immobile.
  • Gildarts, lo sai che quella è un’illusione, sì? –
  • Eh? – il Mago del Crush si voltò a guardare la ragazza, che in quel momento se ne stava ferma, con gli occhi chiusi. L’attimo successivo li riaprì all’improvviso, mormorando qualcosa a fior di labbra e scomparendo all’istante. Un tonfo sordo fece voltare l’uomo, notando come Rya si trovasse in quel momento dalla parte opposta rispetto alla grotta e soprattutto come avesse centrato Ewan con un pugno da manuale, facendolo volare nuovamente nella posizione iniziale.
  • Non mi sembra carino cercare di scappare quando le persone hanno ancora qualche domanda da farti, non credi? – si rivolse sprezzante verso l’uomo dai capelli neri, che giaceva scomposto a terra davanti a Gildarts, scrocchiandosi le nocche delle mani mentre tornava accanto al compagno.
  • Un’altra dannata Dragon Slayer, eh? – sputò Ewan, pulendosi un rivolo di sangue che fuoriusciva dalla bocca, macchiandosi il dorso della mano – Ma ormai è tardi. –
Prima che i due potessero reagire, l’ex Master di Raven Tail tirò fuori il Talismano di Acra, che in quel momento brillava di una fulgida luce rosata. Rya sbarrò gli occhi.
  • Il sigillo… sta rimuovendo il sigillo! –
  • Dobbiamo fermarlo! –
  • È troppo… tardi. – mormorò la ragazza senza fiato, evocando istantaneamente la Fairy Sphere, mentre la luce diveniva sempre più intensa fino ad esplodere con un bagliore accecante ed un potente boato.
 
L’onda d’urto li investì in pieno, propagandosi fino al limitare dell’arena in terra battuta e oltre, giù lungo in fianco della montagna. Rya aveva smorzato parte della forza distruttiva, ma non era riuscita ad annullarla completamente. Riparati dietro la barriera di luce gialla, i due attesero che il campo di battaglia fosse nuovamente visibile, invaso com’era dalla polvere alzata dallo schianto improvviso del sigillo. Quasi un minuto dopo, una sagoma cominciò a delinearsi tra il polverone, una massa gigantesca e quasi informe.
Gildarts notò che Rya aveva chiuso gli occhi, quasi inutili in quel frangente, concentrandosi probabilmente sul resto dei suoi sensi. Non si muoveva, segno che nemmeno i loro avversari lo stavano facendo. Anche loro stavano aspettando il momento giusto per attaccare.
Quando finalmente la nube marroncina si diradò, lo scenario davanti ai loro occhi apparve in tutto il suo macabro splendore.
La grotta era ancora integra, ma davanti ad essa faceva bella mostra di sé un cratere spaventoso. Al centro vi era una sorta di enorme istrice, dai pungiglioni in metallo. Li squadrava con i suoi molteplici occhi rossi, come se fosse alla ricerca di qualcosa, che però non riusciva a trovare.
  • Kyogai… - sussurrò Rya, quasi non credesse ai suoi occhi. Gildarts la guardò dubbioso.
  • Che hai detto? – la ragazza si riscosse dal momentaneo torpore, incrociando lo sguardo dell’uomo accanto a sé.
  • Libro Quinto, Sezione Otto, Paragrafo Tre: Kyogai, soprannominato il Parafulmine. È un demone di Zeref che si ciba esclusivamente di energia elettrica. – lo guardò storcendo la bocca in una smorfia di disgusto – Il suo pasto preferito sono i Draghi del Fulmine. Non ho idea di quanti ne abbia fatti fuori, ma sicuramente tanti. Troppi. – digrignò i denti, furiosa.
  • Un Demone che mangia i fulmini… questa poi… -
Sulla testa dell’istrice fece capolino Ewan, in mano ancora il Talismano di Acra, ora avvolto da un’aura nera e densa.
  • Beh, che ve ne pare? Questo demone fa proprio al caso mio, sapete? Ho un certo conto in sospeso con qualcuno che i fulmini li manipola da molto tempo… -
  • Luxus… cosa vuoi da tuo figlio? –
  • Che mi restituisca quello che a suo tempo gli ho prestato, la maledetta Lacrima che ho impiantato nel suo corpo! –
  • E tu pensi che ti faremo avvicinare a lui? Dovrai passare sul nostro cadavere! – esclamò Gildarts, lanciandosi all’attacco del mostro, mentre Rya gli urlava di fermarsi.
L’istrice si avvide del pericolo e scagliò una serie di spuntoni addosso al malcapitato Mago. Alcuni finirono in frantumi, ma uno passò inosservato, forse perché più piccolo e nascosto dagli altri e si andò ad infilare nel torace dell’uomo, strappandogli un grido di dolore.
Rya intervenne prontamente, saltando in mezzo a quella pioggia di ferro e attivando la Sphere, mentre recuperava Gildarts e lo riportava a terra.
  • Fai attenzione Gildarts. Questo bastardo è veloce. Inoltre… - sollevò lo sguardo su Kyogai, che li guardava incuriosito – è protetto dalla magia di Zeref che alberga nel Talismano di Acra. Non sarà uno scontro facile. – concluse poi, rialzandosi e scrocchiando pesantemente le ossa del collo.
Gildarts la guardava, ansante, notando che i tratti del suo viso si andavano deformando lentamente: gli occhi azzurri ripresero la loro forma draconica, i canini si resero visibili anche a bocca chiusa. Le unghie delle mani presero la consistenza degli artigli e le orecchie si allungarono, assumendo una forma più appuntita. Che fosse quella la tanto decantata Dragon Force?
L’attimo successivo, la ragazza sparì completamente per riapparire subito dopo alle spalle del mostro. Kyogai affilò gli aculei e ne sparò una buona quantità addosso a Rya, senza però riuscire a colpirla.
Troppo distratto dai movimenti fulminei di lei, non si avvide di Gildarts che era tornato in posizione di attacco e si preparava a ferirlo col suo Crush. Caricò il colpo e mentre saltava andò a cercare di colpirlo con un pugno ben assestato.
Una barriera nera e lattiginosa si frappose tra lui e il mostro, assorbendo totalmente il suo attacco e avvertendo l’istrice dell’intruso.
Rya era già tornata a terra, le punta delle dita illuminate dalla calda luce gialla della Magia delle Fate, già pronta a reagire.
In quel momento, un odore familiare le arrivò alle narici, facendola voltare di scatto. Nel suo campo visivo, potenziato dai sensi di drago, apparvero, al limitare della radura, tre figure. In una di queste, Rya poté riconoscere distintamente Gray, era sicuramente suo il sentore che l’aveva allarmata, l’aroma leggero di ghiaccio e neve, contornato dalle note di verbena appena percettibili.
Avvertì l’avvicinarsi di Gildarts e sentì il tonfo del suo atterraggio, prima di girarsi verso di lui e constatare che era incolume.
  • Gildarts! Abbiamo compagnia. – l’uomo si voltò appena, nella direzione accennata dalla ragazza, rimanendo allibito. Dietro di loro si erano materializzati Gray, Luxus e Cana.
  • RAZZA DI INCOSCIENTI!! CHE DIAMINE CI SIETE VENUTI A FARE QUI? ANDATE VIA! – sbraitò con quanto fiato aveva nei polmoni, ignorando le fitte lancinanti che si propagavano dalla ferita al busto, sbracciandosi in direzione dei tre.
 
Troppo tardi.
Il mostro che prima stava davanti a loro scattò, saltando i due Maghi e puntando minacciosamente verso la fonte di un odore delizioso che gli solleticava le narici e il palato.
Profumo di Fulmini.
Dopo tutti quegli anni, finalmente si sarebbe fatto una bella scorpacciata del suo cibo favorito.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Fairy Glitter ***


Gray vide l’immenso istrice tracciare un arco in aria e puntare direttamente su di loro, un ghigno sadico dipinto sulle labbra troppo lunghe da cui sporgevano una serie di canini che parevano rostri. Gli occhi rossi brillavano sinistri mentre gli aculei metallici che gli ricoprivano la schiena si torsero, fino a rivolgere le loro punte acuminate verso il terreno sottostante, minacciandoli di morte.
Tutta la scena si svolse come al rallentatore davanti ai suoi occhi scuri, senza che lui riuscisse effettivamente a fare alcunché.
Si accorse solo in quell’istante di essere completamente immobilizzato, incapacitato a muoversi così come i suoi due compagni.
Il Mago del Ghiaccio cercò disperatamente di scrollarsi di dosso l’intorpidimento che gli era crollato addosso, senza successo. Si sentiva come se il suo corpo fosse stretto da una morsa ferrea.
Continuava a guardare verso l’alto, mentre Kyogai, lentamente scendeva verso di loro, trasportato dalla forza di gravità.
 
Rya fu veloce a teletrasportarsi tra l’enorme istrice affamato e i tre Maghi di Fairy Tail. Ancora in volo, la schiena rivolta a terra, allungò la mano destra verso l’avversario.
  • Lancia di Genesis! – la luce bianca, accecante si accese sulle punte degli artigli, confluendo tra indice e medio e per poi lasciare il luogo d’origine, una lunga scia candida diretta alla testa di Kyogai. Ewan sollevò immediatamente il Talismano, contrastando con l’aura nera in esso contenuta il potente attacco della Dragon Slayer. La barriera si incrinò in più punti, ma riuscì a reggere l’impatto. Rya, dopo un paio di acrobazie aeree, tornò con i piedi per terra, piegando un ginocchio per attutire il contraccolpo. L’istrice, ancora in aria, ma molto più vicino, era pronto ad attaccare.
  • Levati di mezzo, mi stai ostacolando. – la voce cavernosa e bassa del Demone fu chiaramente udibile, gli occhi rossi fissi sulla ragazza e le punte metalliche pronte a staccarsi dal suo corpo.
  • Vai all’inferno. – ringhiò lei in risposta, scoccandogli un’occhiata di fuoco. Di nuovo le spine percossero l’aria e si fiondarono addosso alla ragazza e ai tre Maghi dietro di lei, prontamente respinte dal Fairy Sphere di Rya.
 
In quell’istante, l’aura immobilizzante da cui erano circondati svanì e i tre ragazzi caddero a terra. Rya si voltò a squadrarli con la coda dell’occhio.
  • Tutto bene? – chiese brevemente, ricevendo dei cenni di assenso in risposta. Annuì a sua volta e tornò a concentrarsi su Kyogai, che nel frattempo era sonoramente atterrato a terra e veniva incalzato dalla furia di Gildarts.
  • Quel mostro mi ha stufato, ora lo faccio a pezzi! –
  • LUXUS, NO! – urlò Rya, cercando di girarsi per fermare l’attacco suicida del ragazzo, invano. Utilizzando la velocità del fulmine, in un attimo Luxus fu accanto al mostro, brandendo un’enorme alabarda fatta interamente di energia elettrica.
  • Alabarda Celeste del Drago del Fulmine! – gridò lui, scagliando l’ammasso di fulmini nella sua mano verso il mostro. Questi ghignò e si limitò a puntare tutti i pungiglioni in direzione del ragazzo, lasciando che si illuminassero di una strana luce aranciata. Un istante dopo, l’arma elettrica si diramò in più fulmini singoli, venendo rapidamente assorbita da Kyogai.
  • Grazie per il pasto, stupido umano. –
  • Dannato! –
  • Ice Make Hammer! – fu la volta di Gray di intromettersi nel combattimento, seguito a ruota da Cana e dalle sue carte.
  • Deficienti, che diamine state cercando di fare?! – sbraitò Rya, infuriata.
  • Far fuori questo coso, mi sembra ovvio. – replicò il Mago del Ghiaccio, guardandola come se fosse una cosa ovvia.
In quel momento si accorse che qualcosa non andava.
Ricordava bene il viso della ragazza, quel giorno, a Crocus. Ed era diverso.
Gli occhi dal taglio draconico, i canini sporgenti, le orecchie appuntite e poi… gli artigli, talmente acuminati da poter tranciare di netto la giugulare a qualcuno. Lei inspirò profondamente, storcendo la bocca in una smorfia, pensierosa. Diede un’occhiata a Gildarts che continuava a contrattaccare, coadiuvato da Cana, mentre il mostro cercava in ogni modo di raggiungere Luxus.
Il Mago del Crush lasciò che la sua magia avvolgesse interamente il suo pugno, avventandosi su Kyogai colpendolo in pieno, ma venendo respinto dalla barriera nera del Talismano. Sua figlia cercò di intervenire con le sue carte, rendendole affilate come rasoi e scagliandole addosso al mostro, finendo per cozzare pesantemente contro alcuni spuntoni e disintegrandosi al contatto.
Lunghe lance di ghiaccio si alzarono in volo, partendo dalle mani di Gray, infrangendosi contro gli spuntoni metallici che ricoprivano il corpo dell’istrice come un’armatura, rendendo il mostro sempre più estatico.
  • Sì, sì, continuate pure a cercare di colpirmi. Siete solo dei miseri insetti! –
  • Artiglio di Genesis! – proprio non si era avveduto di Rya, che aveva spiccato quasi il volo e gli era atterrata sul dorso, distruggendo le sue protezioni e squarciandogli parte della carne dorsale, frantumando ossa e cartilagine.
Kyogai urlò dal dolore, cadendo a terra e cominciando a rotolarsi sulla schiena, cercando di infilzare la pulce che aveva osato ferirlo. Rya gli assestò un poderoso calcio, sollevandolo dal terreno e riuscendo a sgusciare via dal groviglio di punte ferrate, rotolando dietro lo Shell prontamente alzato da Gray.
  • Maledetta sgualdrina! Me la pagherai! –
  • Sì, sì. Risparmia il fiato, lurido bastardo! – lo apostrofò lei, alzandosi in piedi.
 
Lo aveva ferito, ma anche lei non era uscita indenne dallo scambio. Sganciò le fibbie del mantello, ormai talmente lacero da non servire più a nulla, e lo scagliò lontano. Al di sotto di esso, il danno apparve in tutta la sua enormità: uno spuntone faceva capolino dalla spalla sinistra, trapassandola da parte a parte, altri due si erano conficcati nel ventre, senza però riuscire a perforarlo del tutto e l’ultimo faceva bella mostra di sé nella gamba destra. Rabbiosamente, la ragazza estrasse gli aculei uno per uno, partendo dal basso, ringhiando di dolore mentre il sangue rosso scuro fuoriusciva copioso dai tagli. Quando sfiorò quello del braccio, mugolò sordamente. Era conficcato dannatamente vicino al nervo, ogni movimento le provocava delle fitte lancinanti.
Attorno a lei, i suoi compagni si stavano dando da fare nel tentativo di abbattere l’avversario. Ghiaccio e Fulmini si fondevano assieme, creando schegge talmente veloci da essere quasi invisibili ad occhio nudo, le carte di Cana danzavano nell’aria attorno alla ricerca di punti deboli, sfiancando l’avversario. L’attacco frontale era portato avanti da Gildarts, che menava colpi a ripetizione, incurante dei graffi che si procurava ogni volta che entrava in contatto con gli spuntoni acuminati dell’istrice.
La Dragon Slayer appoggiò violentemente la mano allo spuntone ancora piantato nella spalla, spostandolo indietro finché non ricadde inerte sul terreno alle sue spalle. Il nervo scoperto vibrò al contatto con l’aria, subito anestetizzato dal potere di Genesis, che ricostruì gli strati di carne e muscolo che lo ricoprivano.
Rya ansimava, gli occhi appannati da un velo rossastro.
Così non va… di questo passo…
Vide di nuovo Kyogai spiccare un balzo. I suoi occhi di Drago registrarono il movimento, notando un tremolio nell’aria circostante al mostro.
Abbassò le palpebre, cercando di acuire ulteriormente i suoi sensi, accorgendosi che qualcosa non andava.
Lui non…
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da qualcosa che le arrivò alle narici impregnandole completamente e allarmandola. Lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Odore di sangue. L’odore del suo sangue.
Un grido di dolore, greve e penetrante.
Gray rimase immobile, solidamente ancorato allo spuntone che gli attraversava l’addome, fuoriuscendo dalla schiena e tenendolo sollevato a mezz’aria. Sputò un fiotto di sangue, rantolando.
Rya si voltò di scatto.
  • Luxus! Sopra di te! – urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre ancora la sua testa non era del tutto girata. Non le serviva. Sapeva dove si trovava il vero corpo del mostro, perché quella che avevano davanti era solo un’illusione.
Invano.
Quando gli occhi della ragazza riuscirono a raggiungere il cielo plumbeo dietro di sé, si trovò di fronte il Demone che sogghignava soddisfatto davanti al corpo martoriato di Luxus. Lunghi aculei sbucavano dalle sue spalle, mentre una cascata di sangue colava incessante dalle ferite e dalla bocca.
Gli spuntoni metallici si illuminarono di nuovo, l’alone aranciato era di nuovo ben visibile attorno a loro, mentre le energie abbandonavano velocemente il corpo del ragazzo, percorso da brividi e scariche elettriche.
Il mostro lo stava prosciugando di tutte le sue riserve magiche.
Poco tempo dopo, troppo poco per essere quantificato, un sonoro “crack”, come di vetro rotto, si sparse nella piana. Luxus allargò appena gli occhi, mentre i sensi lo abbandonavano definitivamente, insieme ad un altro grumo di sangue. La testa scivolò in avanti, mollemente abbandonata, mentre gli occhi si chiusero stancamente.
Aveva lottato contro quella bestia immonda, uscita da chissà quale Inferno.
Era stato tutto inutile.
Il suo stesso cuore era stato spezzato.
Riuscì a mettere a fuoco appena i capelli mossi e castani di Cana, mormorando un “mi dispiace” a labbra strette.
Aveva promesso di portare a casa Gildarts e Rya indenni.
Aveva fallito.
Chiuse gli occhi, abbandonandosi nell’oceano dell’oblio più nero e fitto, senza possibilità di ritorno.
 
  • No! NO! LUXUS! – le urla di Cana furono udibili distintamente da tutti i componenti della squadra, il panico che si trasformava in terrore puro. Rya digrignò i denti. Doveva agire. Subito.
  • Teleport! –
La sua magia la portò immediatamente di fianco al Dragon Slayer del Fulmine, con un colpo ben assestato dei suoi artigli di drago tranciò di netto tutti gli aculei che tenevano il corpo del ragazzo ancorato al Demone e lo riportò velocemente a terra, proteggendolo dietro alla Fairy Sphere. L’istante successivo polverizzò la scheggia metallica che inchiodava Gray, portandolo agonizzante dietro alla barriera protettiva che aveva eretto attorno a Luxus. Con un movimento veloce, frantumò i rimasugli degli aculei dell’istrice ancora incastrati nei corpi dei suoi compagni, mentre la luce bianca della Genesi andava a lambire lieve i bordi slabbrati delle ferite, recando sollievo alle membra dei due ragazzi.
Un attimo ancora ed era di nuovo sopra Kyogai, il bagliore accecante di un bianco intenso ad infiammarle la mano destra.
  • Fendente della Genesi di Sangue! –
Con un solo movimento fluido, la ragazza abbatté un fascio di luce su Kyogai. Ewan alzò nuovamente la barriera del Talismano di Acra, ghignando malefico, pensando di essere al sicuro.
Povero illuso.
La luce abbacinante perforò la difesa nera che attorniava il Demone, troncando di netto la zampa anteriore sinistra.
Le fauci di Kyogai stridettero dal dolore, mentre un liquido viscoso e violaceo zampillava dal moncherino slabbrato.
Genesis non perdona.
Con la coda dell’occhio aveva notato che Cana si era avvicinata ai due ragazzi feriti, cercando di tamponare alla bell’è meglio gli squarci nelle loro carni. Gildarts aveva approfittato della momentanea impotenza del Demone per fiondarsi sulla sua testa e afferrare il padre di Luxus, scaraventandolo a terra e separandolo dall’istrice.
Non resta più molto tempo.
Rya si volse e in un lampo fu accanto a Cana, analizzando la situazione dei due feriti più gravi con occhio critico: Gray aveva una bella lacerazione, ma se la sarebbe cavata con un po’ di riposo, tutt’altra storia era la ferita di Luxus. I suoi sensi allertati compresero immediatamente la gravità della situazione, e lei reagì serrando la mascella e imprecando mentalmente.
Ci mancava solo questa…
Scrollò Cana per una spalla molto poco delicatamente, riscuotendola dal suo torpore disperato.
  • Cana, ora ascoltami bene. Abbiamo un solo tentativo. – le afferrò malamente il braccio destro e stringendolo – Conto su di te. -
 
Intanto, al di fuori della pallida sicurezza della Sphere, Gildarts si batteva come un leone, misurandosi da una parte col Demone inviperito per lo smacco subito e dall’altra con Ewan, che continuava a cercare di sfuggirgli nel tentativo di riappropriarsi della sua posizione di privilegiato sul dorso di Kyogai.
  • Gildarts, levati! – la voce di Rya rimbombò nella piana, decisa. Il Mago non se lo fece ripetere due volte, aveva imparato che la Dragon Slayer non amava sprecare fiato, se parlava aveva un buon motivo per farlo. Era decisamente il caso di assecondarla. Creò un’esplosione con il Crush e sfruttò il contraccolpo per allontanarsi di diversi metri dal centro dello scontro, rifugiandosi sotto la cupola protettiva della Sphere, insieme a Cana, ancora sconvolta per il brutale attacco subito dai suoi compagni. Quando si voltò per vedere cosa aveva in mente la ragazza, ringraziò mentalmente per l’avvertimento.
 
I polmoni di Rya erano tesi allo spasimo, il petto gonfio e tremante. Gildarts sapeva bene cosa stava per accadere, aveva visto quelle caratteristiche molte volte, sul corpo di Natsu.
  • Ruggito del Drago della Genesi! – un ruggito acuto fuoriuscì dalla gola di Rya, mentre la luce inondava il campo di battaglia, aprendosi a ventaglio e investendo gli avversari, la grotta e la foresta circostante.
 
Gildarts ricordava perfettamente il soffio di Acnologia, quel giorno, oltre sette anni fa. Forse quello di Rya non era altrettanto potente, ma era ugualmente spaventoso.
Quando il polverone alzato dai raggi di luce si diradò, la desolazione più totale si palesò agli occhi dei presenti: la grotta che prima svettava al centro della piana era sparita completamente, abbattuta dalla furia di Genesis, così come gli alberi che la attorniavano, di cui restavano solo alcuni tronchi spezzati.
La cosa che stupì di più il Mago, però, fu il cielo azzurro che riuscì a scorgere dall’altra parte della piana. Si trovavano sulla cima di una montagna, quello era vero, ma alla vetta mancava ancora un po’.
Possibile che…
Un pensiero si materializzò nella mente incredula dell’uomo, che si guardava intorno, cercando di scorgere tracce del fianco della montagna, le pareti rocciose, la vetta scoscesa.
Nulla di tutto questo fu visibile. Tutto ciò che si trovava nel raggio d’azione del Ruggito era sparito, completamente disintegrato dalla furia distruttiva della magia della Dragon Slayer.
Kyogai e Ewan erano stati spostati indietro di diverse decine di metri.
Le vesti dell’uomo erano logore e strappate, mentre un buon numero degli aculei del Demone erano infilzati nel paesaggio circostante, strappati a viva forza dalla potenza di Genesis insieme alla pelle e a pezzi di carne e muscolo di Kyogai. Sangue e viscere costellavano il campo di battaglia, rendendolo viscido e raccapricciante.
La potente difesa del Talismano di Acra aveva ancora una volta salvato loro la vita, frapponendosi tra loro e la morte bianca che aveva rischiato di ghermirli e ridurre a brandelli i loro corpi.
Avrebbero dovuto sparire, ma non erano morti.
Rya si accasciò su un ginocchio, stremata.
Sapeva di non aver ancora recuperato le forze, ma sperava di averne qualcuna in più. Ansimando, osservò i suoi avversari alzarsi lentamente, scrollandosi di dosso la polvere e i detriti.
  • Dannata bastarda, adesso avrai ciò che meriti! – latrò infuriato Kyogai, avvicinandosi pericolosamente.
Gildarts fece per muoversi, cercando di correre in aiuto della ragazza, ma trovò la resistenza di qualcosa di morbido, eppure fermo.
La Sphere.
Fairy Sphere lo stava fermando, come se lo stesse gentilmente invitando a non mettersi nei guai.
  • Ohi, che… succede? – Gildarts si voltò, riconoscendo la voce di Gray. Il ragazzo si era svegliato, il respiro mozzato e la ferita ancora aperta. Lentamente cercò di tirarsi a sedere, subito bloccato dall’uomo.
  • Fermo, razza di incosciente! Cosa credi di fare conciato così? –
  • Io… devo… - le parole gli morirono in gola, quando riuscì a mettere a fuoco la situazione. Rya, accasciata al suolo e Kyogai che avanzava lentamente, inesorabilmente verso di lei. Fece per divincolarsi dalla stretta do Gildarts, andando a cozzare con la Sphere, che ancora una volta lo respinse, come se non volesse permettere loro di uscire.
Che diamine stava succedendo?
 
Un passo, pesante.
Un altro, un tonfo sordo. Gli aculei dell’immenso istrice erano già piegati, pronti a trapassare da parte a parte quella pulce che lo aveva malridotto al punto di rendergli faticoso persino camminare. Ma lui era ancora in piedi, lei no. Lei era piegata, immobile, sostenendosi con un braccio per non cadere a terra, in mezzo alla fanghiglia.
Voleva vederla strisciare, come un verme. Voleva vedere il suo bel visino imbrattarsi di sporco e sangue, voleva sentirla urlare di dolore, già gli sembrava di udire la sua vocina femminile gridare straziata…
  • Fiumi di luce! -
Appunto, la voce era femminile, però non c’era traccia di angoscia… e poi non… era…
  • Cana! – urlò disperato Gildarts. Al limitare del bosco, uscita miracolosamente indenne dal devastante attacco di Rya, si ergeva in tutta la sua fierezza sua figlia, Cana Alberona, il braccio destro sollevato verso il cielo e lo sguardo rabbioso fisso sull’istrice al centro della piana. Il Mago del Crush si voltò verso la figura al suo fianco, vedendola sparire in uno sbuffo di fumo.
Un’illusione…
  • Riunitevi sotto la guida delle Fate! – le fece eco Rya, reggendosi a stento in piedi e alzando a sua volta il braccio destro, già avvolto dalla luce gialla.
  • Risplendete! – continuò la formula Cana, abbassando il braccio e facendogli compiere un movimento semicircolare, mentre il tatuaggio nero sull’avambraccio cominciava ad illuminarsi.
  • Estirpate gli Artigli del Male! – completò Rya, chiudendo il cerchio immaginario tracciato dalla Maga delle Carte.
  • Fairy... – il cerchio di luce divenne finalmente visibile sopra le teste di Kyogai e Ewan, mentre aumentava gradualmente la sua illuminazione, diventando fulgido come la corona solare e altrettanto incandescente – Glitter! –
La luce gialla della Magia delle Fate invase il campo di battaglia, travolgendo gli avversari di Fairy Tail e riducendo in cenere il Demone di Zeref.
Pochi secondi dopo, le due ragazze si accasciarono a terra, esauste. La Sphere si dissolse in una miriade di scintille gialle, permettendo a Gildarts di alzarsi finalmente in piedi e correre verso sua figlia, riversa a terra. Gray tentò nuovamente di alzarsi in piedi, ma i muscoli presero a bruciare immensamente per lo sforzo, impedendogli di riuscire nel suo intento.
Dopo un po’, anche Rya si mosse, riuscendo a mettersi seduta in un qualche modo, ansimando.
Il mago del Ghiaccio poté notare che buona parte del vestiario della ragazza era completamente sparito, lasciandole scoperte intere porzioni di pelle. Il braccio sinistro, che lui non aveva mai visto, si rivelò in tutta la sua brutale interezza. Grosse cicatrici, segno di profonde artigliate, percorrevano la pelle chiara dalla spalla fino al polso, sfigurando orribilmente l’arto della ragazza. Anche la sua schiena era quasi completamente a nudo, mostrando il tatuaggio di Fairy Tail, posizionato nella parte più bassa della schiena e sulla sinistra, la parte inferiore a lambire l’intimo azzurro di Rya. La fata stilizzata, nera, era intarsiata di disegni tribali bianchi, tremendamente simili a quelli che decoravano la livrea di Acnologia.
Con fatica, Rya si rimise in piedi, tenendosi il braccio destro con la mano sinistra, cercando di fermare il colare copioso del sangue da un brutto taglio nella parte alta.
Con uno sguardo, adocchiò Gildarts trasportare delicatamente Cana accanto a Gray e Luxus, radunandoli tutti in un solo punto.
Lei lo ringraziò mentalmente per aver avuto, finalmente, una brillante intuizione.
Lasciò scorrere gli occhi sulla Maga delle Carte, sfinita, ma viva e cosciente, poi su Luxus, malridotto al punto di essere ancora svenuto nonostante l’intervento di Genesis e infine su Gray. I loro sguardi si incrociarono per un solo istante, poi lei si voltò, guardando di nuovo davanti a sé il poco che rimaneva del conflitto. Non c’era più nessuna traccia né di Kyogai né di Ewan, solo una larga chiazza di sangue fresco macchiava il terreno, non ancora assorbita dall’assetata terra.
Rya alzò lo sguardo verso l’alto, osservando il cielo grigio e nuvoloso che minacciava pioggia in qualsiasi istante. Inspirò profondamente l’aria fredda e umida, cercando di rilassare i muscoli e di calmare il respiro affannoso.
Era stato uno scontro davvero duro.
Deglutì, schiarendosi la voce e abbassando gli occhi sugli alberi della foresta circostante, abbattuti dalla forza devastante del suo Ruggito prima e del Fairy Glitter combinato poi, lasciando solo tronchi spezzati, cespugli avvizziti e terra brulla.
  • Vieni fuori. Lo so che sei lì. –
La sua voce risuonò decisa, anche se flebile.
Alla sua destra, l’aria si increspò leggermente, come quando in una pozza d’acqua calma cade una goccia. Cerchi concentrici apparvero su una superficie invisibile, rivelando un velo d’illusione che fino ad allora era rimasto nascosto. Mentre le onde vaporose aumentavano di dimensione e di ampiezza, un’immagine cominciò a rendersi visibile, come al di sotto del pelo dell’acqua.
Una figura umanoide si delineò nelle pieghe acquee dell’etere, definendosi maggiormente ogni secondo che passava.
Quando l’aria smise di tremare, finalmente il suo aspetto fu chiaramente visibile.
Cana si portò le mani alla bocca, incapace di proferire parola, la testa di Luxus appoggiata alle sue gambe.
Gildarts e Gray spalancarono gli occhi, increduli davanti a ciò che era apparso davanti a loro.
Rya si voltò lentamente verso il nuovo arrivato, fronteggiandolo a testa alta. Strinse la mano destra a pugno, tesa, rivolgendo un’occhiata di fuoco alla creatura che le stava davanti.
Mosse la testa a destra e poi a sinistra, scrocchiando rumorosamente le vertebre del collo, preparandosi all’ennesimo scontro della giornata.
Il più duro.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Zeref ***


  • E così sei ancora viva. – un’affermazione.
  • Cos’è, ti dispiace? – una domanda retorica, velata d’ironia. L’uomo sorrise, sarcastico, mentre il mantello bianco si agitava leggero nel vento.
  • Speravo di essermi liberato di te… quanto? Ottant’anni fa? – rispose lui, a tono.
  • Ottantanove, per l’esattezza. Ma ormai dovresti sapere che sono dura a morire, Zeref. –
  • Ora come ora non mi sembra così difficile darti il colpo di grazia. Sei ridotta piuttosto male, mi sembra. – la redarguì lui, con calma.
In fondo aveva ragione. La ragazza che gli stava di fronte era conciata davvero male, coperta di sangue e ferite. Poteva percepire sotto la sua pelle il flusso magico farsi più debole, segno che anche le sue risorse si stavano esaurendo. Non poteva resistere poi molto.
  • Non cantare vittoria troppo presto.  – lo rimbrottò lei in risposta, guardandolo dritto negli occhi. Lo sguardo della ragazza era illuminato dalla scintilla della determinazione, una luce particolare che lui non aveva mai visto prima. Un brivido gli corse lungo la schiena, paura forse? No, lui non poteva essere spaventato da una ragazzina tornata alla vita per chissà quale motivo e che in quel momento era più simile ad un cadavere ambulante che ad una persona.
  • Ti reggi a malapena in piedi, Rya. Davvero pensi di avere qualche possibilità contro di me, in quelle condizioni? –
  • Sei sempre stato troppo sicuro di te, Zeref. E questo difettuccio ti è costato piuttosto caro, in passato. –
  • Da quanto sapevi che ero lì? –
  • Da quando sei arrivato. Il tuo fetore di morte è inconfondibile, non importa cosa tu usi per mascherarlo. –
  • È per questo che hai allontanato i tuoi amichetti? –
  • Mi sarebbero stati soltanto d’intralcio. –
  • Avresti potuto usarli come diversivo, mentre tu raccoglievi il tuo potere magico rimanente per… - il Mago Nero venne interrotto dalla risata cristallina di Rya, che all’ennesima stupidaggine pronunciata da quel pazzo megalomane non era riuscita a sopprimere l’istinto di ridergli in faccia.
  • Ah, Zeref, Zeref. Non ho ancora capito se sei tu che ti sopravvaluti come al solito o se mi stai sottovalutando come non mai. Credi davvero che mi sarei infilata nella tana del Demone senza aver preso delle adeguate contromisure? –
  • L’ultima volta hai fatto qualche errore di calcolo, temo. –
  • Già. Pensavo di avere tutto sotto controllo, è vero. Ma tu sei stato più furbo. E subdolo. Tracciare un pentacolo a terra è stato un vero colpo basso! –
  • Però è stato efficace. E come si dice… in guerra e in amore tutto è lecito, no? –
  • Vero. Quindi non ti arrabbierai, se mi sono preparata qualche piccolo effetto speciale per il gran finale… giusto? – senza dare all’altro il tempo di replicare, sollevò il braccio destro lateralmente - Tecnica Segreta del Drago Distruttore! – la ragazza sogghignò, mentre la mano veniva avvolta da un alone biancastro – Regen! –
Il corpo della ragazza venne trasfigurato per pochi istanti, brillando di una fulgida luce bianca, tanto intensa da risultare quasi accecante. Quando il bagliore si dissolse, sulla pelle chiara di Rya non c’erano più segni, né ferite, né sangue, né escoriazioni. Solo le lunghe cicatrici del braccio sinistro erano ancora lì, inspiegabilmente.
La ragazza saggiò il movimento dei tendini delle dita, piegandole un paio di volte come per accertarsi che tutto fosse a posto, poi sciolse delicatamente le due code che le stavano ai lati del collo e lasciò i capelli liberi di ondeggiare alla debole brezza novembrina.
Lisciò le vesti sgualcite, controllando che i buchi non fossero in posizioni strategiche, prese un profondo respiro e si preparò ad attaccare.
  • Andiamo, Rya. Hai davvero intenzione di affrontarmi? Sai perfettamente che non puoi uccidermi. –
  • Hai ragione. Però posso sempre ridurti a un colabrodo. -
 
La ragazza, semplicemente, assottigliò appena gli occhi e svanì dal centro della piana per apparire un attimo dopo a pochi metri dalla testa di Zeref, le dita già trasformate in artigli acuminati. L’uomo fu veloce a schivare, ma non abbastanza da evitare anche il calcio che lei gli rifilò di riflesso al mento, mandandolo lungo disteso a terra.
Ricordava bene, l’agilità non era mai stata uno dei punti di forza del Mago Nero.
Non gli permise di respirare, portando un assalto dopo l’altro, senza fermarsi, tempestandolo di colpi da ogni lato.
 
Diversi metri più in là, i suoi compagni osservavano attoniti lo scontro. Magia Nera contro Magia del Drago Distruttore.
Era qualcosa che andava oltre ogni umana concezione.
Eppure, eccoli lì, davanti a loro: Zeref e Rya, il Mago e il Drago. Lui sembrava essersi ripreso da un primo momento di stupore, cominciando a lanciare velocemente incantesimi su incantesimi, instancabile; lei, dal canto suo, sembrava reggere molto bene quel ritmo incalzante, ribattendo ad ogni colpo, sgusciando elegante e sinuosa attraverso esplosioni e sfere d’energia, come se nulla potesse davvero toccarla. Quello scontro era a un livello totalmente differente da quello di prima con Kyogai ed Ewan, lei non sembrava né stanca né desiderosa di una tregua. Si librava in cielo come se danzasse al ritmo di una melodia che lei sola poteva sentire, attaccava, arretrava, schivava e parava, implacabile. Entrambi i combattenti sembravano dotati di una fonte magica inesauribile e di riserve di energie fisiche senza limiti.
  • Così è questa la potenza di un Dragon Slayer… - mormorò appena Gildarts, senza staccare per un solo momento gli occhi dai due avversari. In quel momento una poderosa artigliata di Rya andava a segno, lacerando vesti e affondando le unghie nella tenera carne di Zeref, che si vide costretto ad arretrare di diversi metri, per rimettere una certa distanza di sicurezza tra lui e la ragazza. La Dragon Slayer, dal canto suo, si portò la mano alla bocca e leccò via qualche stilla di sangue dell’uomo, ghignando ferina. Un brivido attraversò la schiena di Gray, chiedendosi cosa diamine si celasse dietro quegli occhi di ghiaccio. Non sembrava nemmeno più del tutto umana.
  • Sai perché sono qui? - domandò Zeref, ansimando quasi piegato in due.
  • Zeref, smettila di temporeggiare. Li conosco i tuoi giochetti. –
  • Qualche mese fa… ho sentito qualcosa. Qualcosa a livello del petto, come qualcosa che si spezza. Lì per lì non ci ho fatto molto caso, ma poi ho capito… ho chiamato Acnologia e non ha risposto. Presumo che qualcuno sia riuscito a recidere il mio legame con lui. – continuò lui, intervallando le parole a respiri corti e spezzati. Il sangue fluiva copioso dalla ferita al petto, inzuppando le vesti sgualcite e colando fino al suolo, imbrattando il terreno.
  • Vuoi sapere se sono stata io? La risposta è sì. E ora che farai? Cercherai di vendicarti? – lo interrogò lei, sarcastica. Scrocchiò le ossa del collo, scuotendo appena le dita macchiate di rosso dal liquido in eccesso. Sotto le unghie erano rimasti incastrati brandelli di pelle e organi interni, quelli che la sua micidiale stoccata era andata a ledere.
  • Pagherai questo affronto. – ringhiò lui in risposta a denti stretti, serrando un pugno. Lei scosse la testa, ridacchiando divertita.
  • Direi che sia arrivato il momento di smettere di giocare, non trovi, Zeref? – Rya si rimise in posizione eretta, spostando appena il peso su un piede solo osservando il suo avversario boccheggiare. Strinse appena un pugno, mentre gocce di sudore imperlavano la sua fronte, scivolando lungo le tempie e gli zigomi.
  • Perché, finora hai giocato? – domandò lui, ormai al limite. Forse la ricordava più debole, o più probabilmente, come aveva detto lei, si era parecchio sopravvalutato.
  • Vediamo di concludere alla svelta, non ho tempo da perdere con te. Genesis… Drive! – la luce, bianca e purissima, invase nuovamente il campo di battaglia, accecando tutti i presenti. Il corpo della ragazza si trasformò ancora, sotto l’effetto dirompente della magia dei Draghi. Gray e Cana avevano già assistito al Power Up dei Draghi Gemelli di Sabertooth, ma quello di Rya sembrava assai diverso. La pelle aveva lasciato il posto alle squame rugose tipiche della pelle dei Draghi, la muscolatura si era andata accentuando, soprattutto sulle braccia e sui polpacci. Degli stivali non era rimasto altro che il cinturino superiore, spazzati via dalla deformazione subita dai piedi della ragazza: ora poggiava a terra soltanto la pianta del piede, mentre il tallone si trovava rialzato, come se stesse camminando su dei tacchi invisibili. Le unghie delle mani si erano sviluppate ulteriormente, le orecchie avevano mutato aspetto, allargandosi, e le pupille avevano assunto la forma allungata tipica dei Draghi. Ormai di umano conservava solo la forma basilare, ma gli effetti della trasformazione draconica cominciavano a farsi sentire. Il respiro si era fatto più irregolare e i muscoli tesi spasimavano e fremevano al di sotto del sottile strato di pelle coriacea.
  • Non credi di aver esagerato un po’? – la stanchezza della ragazza non era un mistero nemmeno per Zeref, che fece leva sulle ginocchia per riuscire a rialzarsi in posizione eretta, cercando nel contempo di destabilizzare la Dragon Slayer, che però rimase in silenzio – Che c’è? Ora hai anche perso l’uso della parola? – Rya, per tutta risposta, emise un basso ringhio, muovendo appena le gambe. Il Mago Nero non ebbe nemmeno il tempo di reagire che se la ritrovò addosso, gli artigli già snudati e pronti a colpire non mancarono il bersaglio. L’uomo saltò all’indietro, cercando di svicolare, ma si ritrovò Rya alle spalle che lo colpì a un fianco con un calcio, lasciandolo senza fiato. Prima ancora che il suo corpo toccasse terra, lei era già saltata dalla parte opposta, pronta a colpire nuovamente con una raffica di pugni allo stomaco del suo avversario.
 
Zeref si accasciò, esausto, a terra, diversi metri più in là, sotto lo sguardo attento di Rya. I due si guardarono per alcuni istanti in cagnesco, poi, in tacito accordo, terminarono lo scontro.
Il Mago Nero evocò uno strano pentacolo a terra e lasciò che questo lo teletrasportasse lontano dal luogo dello scontro, non senza aver gettato un’ultima occhiata carica d’odio a colei che lo aveva praticamente costretto alla fuga. Rya ricambiò il suo sguardo, e poi, una volta rimasta sola e padrona dell’anfiteatro, si guardò attorno, come alla ricerca di qualcosa. Annusò l’aria attorno a sé, lasciandosi guidare dall’odore rivoltante caratteristico di Zeref, finché non scorse a terra, mezzo coperto di polvere, il motivo per cui erano lì, ciò che li aveva spinti a quello scontro quasi mortale: il Talismano di Acra.
Si chinò e raccolse delicatamente l’oggetto, soppesandolo tra le dita artigliate. L’aura malvagia sembrava essere quasi del tutto scomparsa, solo qualche strascico ancora rimaneva all’interno del manufatto, niente che non potesse essere purificato. Camminando lentamente, tornò al centro della piana, lo sguardo perso, mentre il Genesis Drive veniva pian piano rilasciato. I tratti draconici sparirono gradualmente, lasciando il posto alla normale conformazione umana di Rya. Quando anche l’ultimo accenno sparì, quando gli occhi tornarono finalmente normali, la ragazza barcollò appena, mantenendosi a stento in equilibrio, alzando lo sguardo al cielo tempestoso e notando in lontananza una grossa nave volante dalla forma vagamente equina avvicinarsi a gran velocità.
La battaglia era finita.
 
 
Luxus aveva riportato una ferita orrenda all’addome e ancora non ne voleva sapere di riprendere i sensi. Il suo subconscio era intrappolato da qualche parte, non tanto a causa delle ferite visibili, ma per colpa di quelle invisibili. L’attacco a tradimento sferrato da Kyogai aveva causato la distruzione della sua Lacrima del Fulmine, rendendolo nuovamente il mago mediocre che era stato prima che suo padre avesse la brillante idea di trasformarlo in un Dragon Slayer di seconda generazione.
La consapevolezza di aver perso tutto il suo potenziale magico, tutto ciò per cui si era allenato duramente, lo aveva prostrato. E lui aveva reagito trincerandosi dietro il velo nero dell’incoscienza.
Rya aveva percepito immediatamente la gravità della situazione, ma in quel frangente non aveva potuto fare nulla per lui. Sospirò, sperando in cuor suo che il ragazzo riuscisse a superare l’accaduto, che trovasse qualcosa per cui lottare ancora e che non si arrendesse alle tenebre del suo cuore, altrimenti i suoi occhi non avrebbero mai più visto la luce del Sole.
Cana portava coraggiosamente i suoi lividi e le sue contusioni come se fossero trofei, Gildarts era malconcio, ma tutto sommato stava bene e avrebbe portato a casa la pelle anche lui.
Gray aveva una brutta ferita al fianco, ma il tempestivo intervento di Genesis aveva scongiurato il peggio.
Rya era ancora al centro del campo di battaglia, lo sguardo che vagava da uno all’altro dei suoi compagni di Gilda, valutando con occhio critico le condizioni di ognuno. Le vesti erano lacere in più punti e ovunque si potevano vedere gli effetti devastanti che il Genesis Drive aveva avuto sul suo corpo minuto.
Gray si avvicinò alla ragazza, stringendo con discrezione le dita di una mano tra le sue, posandole un bacio leggero sulla tempia, vicino all’attaccatura dei capelli.
Sentiva il bisogno istintivo e primitivo di toccarla, di assicurarsi che lei fosse lì, con lui, viva.
Sapeva di sangue, fumo, sudore e polvere, ma un vago sentore di fiori di magnolia ancora addolciva l’aspro odore della battaglia che le impregnava la pelle e le vesti.
Lei ricambiò facendo pressione con i polpastrelli, aumentando lievemente la stretta sull’arto che il ragazzo aveva incastrato al suo.
Nel punto in cui le sue labbra fredde l’avevano sfiorata sentì caldo, talmente tanto da avvertirlo propagarsi al resto del corpo, sciogliendo la tensione che le attanagliava i muscoli, sentendo le gambe farsi molli a poco a poco.
Gray si accorse immediatamente che il peso della ragazza su di sé aumentava ad ogni istante che passava, finché non fu costretto a passarle un braccio attorno alla vita per sorreggerla.
  • Scusa… - farfugliò lei, il fiato corto, evidentemente esausta. Lui strinse le falangi sui suoi fianchi morbidi, appoggiando il mento tra i suoi capelli.
  • Non devi scusarti. Hai combattuto come un drago. – ridacchiò appena, sentendo anche lei rilassarsi. Sorrise.
  • Sapevo che usare il Regen sarebbe stata una mossa azzardata, ma non pensavo di essere così tanto fuori allenamento… -
  • Cos’è successo esattamente? –
  • Il Regen è una Tecnica Segreta del Drago Distruttore, in pratica ripristina istantaneamente l’energia magica, a discapito della resistenza fisica. In pratica ho potuto combattere al massimo delle mie capacità, ma per un periodo limitato. E ora, quel tempo è scaduto. – biascicò, sentendo le membra farsi sempre più stanche ad ogni minuto che passava. Gray annuì, cercando di sorreggerla meglio.
  • Torniamo a casa. Abbiamo tutti bisogno di riposare. – lei si girò appena, lanciando un’occhiata al Dragon Slayer del Fulmine, riverso a terra e vegliato da Cana.
  • Sta arrivando una nave volante. –
  • Dev’essere Christina. Ci faremo dare un passaggio alla Gilda. –
Lentamente, la ragazza mosse le gambe doloranti, camminando verso il punto da cui gli altri avevano assistito impotenti allo scontro tra lei e Zeref, sostenuta dal Mago del Ghiaccio. Gildarts fece per alzarsi e aiutare Rya, ma lei scosse debolmente la testa.
  • Già mi sento a disagio a farmi dare una mano, se poi vi ci mettete tutti quanti mi fate sentire un vero catorcio. – borbottò lei, rifiutando l’aiuto del Mago del Crush.
  • I ragazzi di Blue Pegasus stanno arrivando. – lo informò Gray. Gildarts si limitò ad annuire, pensieroso.
  • Quello che non capisco è perché Zeref non ci abbia attaccati. Avrebbe avuto gioco facile su di noi. – diede voce alle sue perplessità, gettando uno sguardo su Rya, che sospirò appena.
  • Non poteva vedervi, eravate nascosti da un velo d’illusione. Per questo la Sphere non vi ha permesso di allontanarvi. Se foste usciti dalla zona d’influenza, Zeref si sarebbe accorto dell’inganno e sarebbero stati guai seri. – spiegò alla fine la Dragon Slayer, con fatica. Una delucidazione sommaria, certo, ma più che sufficiente per incuriosire i suoi interlocutori.
I due Maghi si scambiarono un’occhiata preoccupata, ma preferirono lasciare le domande a dopo. In quel momento Rya era talmente debilitata che chiederle ulteriori spiegazioni sarebbe stato nocivo per la sua salute.
In capo a pochi minuti, Christina fece la sua comparsa nel cielo grigio sopra di loro, iniziando le manovre d’atterraggio. Quando venne calata la passerella per il ponte, Gray si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Era quasi incredibile, ma erano tutti sopravvissuti a quella giornata infernale.
 
Non andartene.
Gray camminava lentamente, cercando di non provocare eccessivi scossoni alla ragazza che portava in braccio. Si era ulteriormente indebolita, anche se all’inizio non aveva voluto ammetterlo, incamminandosi appena appoggiata a Gray verso l’incrociatore volante. Arrivata alla passerella, però, le gambe avevano ceduto di colpo e sarebbe caduta, se il ragazzo non l’avesse agguantata al volo. Da quel momento si era rassegnata a farsi portare in braccio da lui, chiudendosi in un ostinato mutismo, rotto solo per mormorare a fior di labbra quelle due strane parole.
Non andartene.
Gray sospirò per l’ennesima volta, abbassando lo sguardo a osservare Rya, le palpebre abbassate e il respiro regolare, il viso appena voltato verso il petto di lui, quasi a volersi nascondere. Arrivato davanti alla porta di quella che era stata la sua cabina durante il viaggio di andata, si appoggiò con un gomito alla maniglia e scivolò all’interno.
La luce pallida del Sole filtrava tenue attraverso la piccola finestra posta sul lato opposto dell’uscio, permettendo al ragazzo di orientarsi e di muoversi nella penombra senza urtare nulla, depositando infine la ragazza esausta sulle lenzuola pulite del letto.
Aveva fatto piano, ma lei si svegliò lo stesso, ammesso che prima stesse effettivamente dormendo.
  • Gray… - biascicò, la voce impastata dal sonno.
  • Shh, dormi. – lui le tolse ciò che rimaneva degli stivali, accomodandole le membra stanche e rimboccandole le coperte.
  • Non… - appena un sussurro, ma sufficiente a far fermare il ragazzo.
  • Uh? – si accostò al viso di lei, per poter sentire meglio quello che stava cercando di dire.
  • … andartene. – lui sospirò appena, guardando la Dragon Slayer che faticava a tenere le palpebre alzate, ma lo fissava con quelle iridi azzurre e liquide, pregandolo di restare.
Scosse il capo, poi sedette stancamente sul bordo del letto, levò le scarpe e si distese accanto a lei, facendo attenzione a non gravarle addosso. Lei gli si accoccolò contro, appoggiando faticosamente la testa sulla sua spalla e stringendosi a lui. Lo guardò per un attimo, mimando un grazie con le labbra, chiudendo poi gli occhi, stremata.
Lui abbassò lievemente il viso, osservando i lineamenti della ragazza distendersi: era stata una giornata lunga e faticosa per tutti, ma per lei in particolare. Il Demone del Libro di Zeref, Ewan e poi… lui, Zeref in persona.
Aveva affrontato tutto con coraggio e determinazione, mantenendo il sangue freddo; anche in mezzo alle situazioni più disperate era stata in grado di ragionare lucidamente e di prendere le giuste decisioni, impedendo ai loro assalitori di causare morti. Così facendo però aveva esaurito tutte le sue energie, rimanendo completamente senza forze. Appoggiò una guancia sui capelli della ragazza, resi opachi dalla polvere che li aveva investiti durante i combattimenti.
  • … perché? – le chiese infine, senza aspettarsi davvero una risposta.
  • Cosa? – biascicò lei, non ancora del tutto addormentata.
  • Perché mi hai chiesto di non andarmene? – lei per tutta risposta si mosse appena, sistemando una gamba in mezzo a quelle del ragazzo per essere più comoda. Voltò lievemente la testa, le narici schiacciate contro il petto di lui.
  • Non so… hai un buon odore. – lui ridacchiò, divertito dalle sue parole.
  • Mi sembra di sentire Natsu. –
  • Tutti i Dragon Slayer fanno affidamento sull’olfatto. Ci sono odori che ci fanno stare male e altri che ci fanno stare bene. – rispose lei, reprimendo a fatica uno sbadiglio.
  • E io ti faccio stare bene? – la sentì muovere la testa contro il suo torace in segno affermativo. Gray scosse la testa, sorridendo, sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa. Pochi minuti furono sufficienti perché Morfeo decidesse di avvolgere la ragazza col suo velo fatto di un sonno pesante e tranquillo. Il Mago spostò un braccio sotto la testa e con l’altro continuò a carezzare dolcemente la curva della schiena di Rya, come a volersi accertare in ogni istante che quello non era un sogno e che lei era ancora viva, anche se non del tutto integra.
 
Erano passati minuti, oppure ore, Gray non sapeva dirlo. Aveva visto la luce giallognola e malata del sole autunnale scemare lentamente, lasciando il posto al tramonto e poi alla sera. Ancora permaneva un vago alone aranciato, ma la camera era ormai immersa nella penombra.
Sospirò di sollievo per l’ennesima volta, da quando la ragazza si era addormentata serena e pacifica. Ancora non si capacitava del fatto che fossero tornati tutti quanti vivi dal girone infernale in cui erano finiti quel giorno, sentiva ancora l’adrenalina scorrergli nel corpo, senza lasciare spazio alla stanchezza e al torpore.
Non avevano vinto, lo sapeva bene.
Rya, probabilmente, aveva infierito il più possibile su Zeref, nel breve tempo in cui aveva riacquistato per intero le sue energie magiche e fisiche, costringendolo poi alla ritirata onde evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Aveva osservato attentamente lo scontro, e gli era parso che la ragazza, nel pieno delle sue facoltà, fosse nettamente più forte di lui. Allora perché non lo aveva finito? Perché aveva lasciato che scappasse? D’accordo che lei era al limite, ma anche lui era conciato piuttosto male. Eppure aveva avuto l’impressione durante tutto il combattimento, che lei non stesse davvero cercando di ucciderlo, non mirava a punti vitali, piuttosto cercava di destabilizzarlo, di ferirlo e sfiancarlo. E poi quella frase… Zeref stesso aveva detto che lei non poteva ucciderlo.
Perché?
Abbassò lievemente la testa, guardando il profilo appena visibile della ragazza appoggiata al suo petto, chiedendosi se si fosse immaginato tutto o se invece avesse visto giusto. Scosse la testa, aumentando la presa della sua mano sulla pelle tiepida di lei, sentendola muoversi appena nel sonno, sfregando una delle gambe contro le sue, come a voler trovare una posizione più comoda.
Non aveva mai trovato l’abbraccio possessivo di Lluvia fastidioso, ma si era sempre sentito in soggezione. E le aveva anche chiaramente detto che lui non provava assolutamente nulla per lei, nonostante sentisse che nelle sue parole c’era qualcosa di sbagliato. Poi era arrivata lei, con i suoi occhi azzurri e il suo modo di fare, sfrontato e altezzoso. Avrebbe dovuto ritrarsi disgustato, dopo le dure parole di biasimo che lei aveva rivolto all’intera Gilda e al Master, invece il suo pensiero era diventato un compagno fisso e costante, scacciando l’immagine di Lluvia e facendogli chiaramente capire che sì, voleva bene alla Maga dell’Acqua, ma nulla di più.
Quando si era avvicinato a Rya e le aveva stretto con discrezione la mano, aveva visto una sfaccettatura di lei che non conosceva. L’aveva vista stanca, provata, bisognosa di aiuto. E aveva capito che se gli era stato permesso di avvicinarsi a lei in quel frangente, nel momento in cui era più vulnerabile, era perché lei aveva deciso di fidarsi di lui. Era stato un qualcosa di istintivo, una sorta di tacito accordo tra di loro.
Da quando sono diventato così emotivo?
Sospirò di nuovo, sentendo la tensione nel proprio corpo allentarsi ancora un po’. Aveva temuto di trovare i suoi compagni ridotti a pezzi di carne sanguinolenta, aveva provato il terrore cieco di vederli privi di vita, i corpi martoriati dalle torture e la loro tempra distrutta per sempre.
Per la prima volta, dopo tanti anni, aveva provato di nuovo la paura più assoluta, aveva sentito il cuore tremare al pensiero di lei, inerme, nelle grinfie di Zeref.
Sorrise.
Era successo esattamente il contrario, era stato il Mago Nero a finire tra gli artigli della Dragon Slayer, scappando poi con la coda tra le gambe.
Finalmente sentì il corpo farsi molle e la stanchezza prendere il sopravvento, mentre il torpore lo prendeva per mano, accompagnandolo nel regno del Sonno, cullato dal respiro regolare della ragazza stretta a lui e dal battito regolare del suo cuore.



Angolo dell'autrice

Buonasera ^^ E con questo capitolo si conclude la prima saga di questa storia. Lo scontro tra Rya e Zeref è reso in maniera frettolosa non per mancanza di ispirazione, ma perchè è proprio così che ne ho immaginato lo svolgimento. Un power up mostruoso da parte della Dragon Slayer, ma di durata talmente limitata da impedirle di accanirsi come ci si aspetterebbe contro il Mago Nero di fronte a lei. Troppo debilitata e al limite delle forze, la mente forgiata dai Draghi le suggerisce una strategia d'attacco veloce, atta a destabilizzare il suo avversario, preso dal ritmo serrato ed implacabile dei colpi di Rya. Per uno scontro più epico sarà necessario attendere ancora un po' di tempo. Per il resto... si chiarisce la situazione in cui versano il resto dei componenti di questo sgangherato gruppo, in particolare la criticità di cui è vittima Luxus. Dal prossimo capitolo la tensione scemerà gradualmente, introducendo alcuni capitoli "slice of life", che mi/ci permetteranno di vedere meglio la psicologia dei personaggi e di dare una sbirciata agli eventi attraverso gli occhi di qualcun altro. 
Ringrazio ancora chiunque stia ancora seguendo questa piccola follia, siete davvero coraggiosi!
Un abbraccio.
Laly

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Ritorno a casa ***


Toc toc toc
 
Rya aprì faticosamente un occhio, cercando di mettere a fuoco ciò che le stava attorno.
Dove sono?
Cercò di muovere un braccio per alzarsi, ma nell’appoggiare il gomito sentì un grugnito provenire da un qualche punto vicino al suo orecchio sinistro, mentre l’arto si piantava in qualcosa di duro, ben più consistente di un materasso.
Cosa…
  • Ohi, ohi. Stai forse cercando di uccidermi? – la ragazza spostò stentatamente la testa verso l’alto, ritrovandosi di fronte le iridi blu di Gray che la fissavano assonnate. In quel momento i suoi riflessi reagirono per lei. Con uno scatto repentino si sollevò, mentre il ragazzo si stiracchiava appena, sbadigliando a bocca aperta, allontanando il corpo di lui da sé con forza e spostandosi nella direzione opposta. Il risultato fu un meraviglioso capitombolo di Gray da una parte e di lei dall’altra del lettuccio singolo su cui erano sdraiati. Il tonfo dei due corpi che cadevano venne udito distintamente anche dall’altra parte della porta, che venne immediatamente aperta, lasciando entrare una Cana trafelata.
  • Ma cosa… - la castana vide Gray a terra, mentre Rya si sollevava in ginocchio reggendosi con un braccio al materasso, guardando tanto lei quanto il Mago del Ghiaccio ancora stordito dal sonno e dalla caduta.
  • Si può sapere che ti è preso? – ringhiò il Mago del Ghiaccio, guardando Rya da sopra le lenzuola.
  • Io non… scusa… - farfugliò lei, arrossendo per la vergogna – riflessi condizionati. – Gray si batté una mano sulla fronte, scuotendo la testa, mentre Cana se la rideva sotto i baffi.
  • E così avete dormito insieme, voi due? –
  • Sì. – mugugnò Gray, sbadigliando nuovamente tranquillo.
  • No! – urlò quasi Rya, guardando poi perplessa il ragazzo. Che diamine stava cercando di fare quello sconsiderato? Cana scoppiò a ridere, visibilmente divertita dalla scena.
  • Va bene, va bene. Vi lascio soli mentre decidete quale versione dei fatti sia quella giusta. Se volete comunque la cena è pronta. – uscì continuando a sghignazzare, premurandosi comunque di chiudere la porta alle sue spalle. Rya spostò lo sguardo su Gray, ancora sotto shock.
  • Ma che ti è saltato in mente di rispondere! –
  • Uh? E dove sta il problema? Mica abbiamo fatto nulla di male. – rispose lui innocente, alzandosi in piedi e sedendosi sul bordo del letto, massaggiandosi una spalla. Rya chiuse gli occhi e scosse la testa. Se quella storia fosse arrivata alle orecchie di Mira, poveri loro. Appoggiò i palmi delle mani sul materasso, cercando di fare forza sulle braccia per sollevarsi, ma i muscoli non ne volevano sapere di collaborare. Il ragazzo dovette accorgersene, perché si alzò e le si inginocchiò accanto.
  • Qualcosa non va? –
  • Credo di non essermi ancora ripresa dagli effetti di Regen... il mio corpo non risponde. –
  • E che problema c’è? – lui si chinò ancora di più a prenderla tra le braccia, depositandola pochi istanti dopo sul letto – Ecco. – lei, per tutta risposta, lo guardò a metà tra l’imbarazzato e il riconoscente.
  • G-grazie. – balbettò abbassando la testa e cercando di nascondersi il più possibile. Stese appena le gambe lungo il materasso, sfregandole timidamente tra di loro come a voler allentare la tensione. Appoggiò la nuca contro la testiera del letto, cercando di recuperare un po’ di autocontrollo. I vari combattimenti che aveva affrontato l’avevano davvero sfiancata, minando persino le sue facoltà mentali.
  • Quindi, abbiamo dormito insieme o no? – le domandò lui, sedendo accanto a lei sul bordo del letto, appoggiando i gomiti alle ginocchia e guardandola interrogativo.
  • O-ovvio che no! Ti immagini se questa storia dovesse raggiungere Mirajane? Quella ci ricamerebbe sopra fino a far credere a mezza Gilda che ci sia qualcosa tra di noi! – sbottò Rya, sbuffando sonoramente e scuotendo la testa, le dita sottili che tormentavano un lembo sgualcito dei suoi abiti. Lui si limitò a guardarla, scrutandola con i suoi occhi blu, per poi annuire.
  • D’accordo. – rispose infine, alzandosi e avvicinandosi a grandi passi verso la finestra, percependo lo sguardo di Rya su di sé. Si era domandato il perché delle sue ansie, delle sue paure, di quel terrore cieco al pensiero della ragazza morta o peggio, torturata a sangue. I suoi sentimenti erano ancora molto confusi, ma aveva deciso di non pensarci, almeno in quel momento. C’erano cose più importanti di quello che si agitava al di sotto dei muscoli guizzanti del petto, giusto?
  • Gray… la cena… - azzardò lei, riscuotendo il ragazzo dai suoi pensieri.
  • Vuoi andare? – replicò, voltandosi a guardarla. La stanchezza era abbastanza evidente sul viso di lei, così come le ferite che si erano aperte nuovamente, ma senza che una sola stilla di sangue colasse da esse.
  • Sì. - annuì lei, cercando qualcosa con lo sguardo in giro per la stanza. I suoi occhi azzurri si posarono su un punto specifico e Gray si voltò, adocchiando la sedia su cui erano appoggiate le loro borse – mi passeresti la mia bisaccia, per favore? – senza dire una parola, il Mago le porse la sacca, guardandola rovistarvi dentro e trillare felice trovando ciò che cercava. un tessuto floreale apparve magicamente tra le mani di lei, che se lo portò al petto, guardando di nuovo il ragazzo, storcendo la bocca in una smorfia.
  • Beh? Che c’è? – domandò poi, non riuscendo a capire perché lei lo guardasse così.
  • Ehm… potresti voltarti? Dovrei cambiarmi. – disse infine lei, facendogli segno di girarsi dalla parte opposta. Lui squadrò i vestiti della ragazza con una sola occhiata, constatando che in effetti i brandelli di tessuto coprivano gran poco ormai. Scosse il capo, decisamente non era il caso che si facesse vedere conciata così. Non da altri uomini, almeno. Fece come lei gli aveva chiesto, lasciandole la sua privacy e approfittandone per cambiarsi la maglietta forata e sporca di sangue, sostituendola con una pulita.
  • Hai finito? – chiese poi, con voce atona, gettando uno sguardo al panorama buio fuori dalla finestra.
  • Sì. – lui si volse, vedendo i vecchi abiti abbandonati a terra e la ragazza rivestita di un delizioso abitino a fiori, corto sopra il ginocchio che le fasciava il corpo in modo pressoché perfetto. Lei stava finendo di lisciare le pieghe della gonna e non si avvide dello sguardo sbarrato di lui. Nonostante i capelli sporchi e arruffati, la pelle screpolata e percorsa da innumerevoli solchi, come la terra che da lungo tempo attende sotto il sole rovente l’avvento della pioggia, il braccio sinistro deturpato dalle cicatrici, Gray riuscì a pensare soltanto che era davvero bella. Scosse la testa, battendosi le mani sulle guance, mentre realizzava cosa davvero aveva pensato. Non era certo da lui fare pensieri del genere, la stanchezza doveva essere davvero tanta per inibirgli in quella maniera le facoltà mentali. Inspirò profondamente e tornò a guardarla, trovandosi immerso nel cielo terso degli occhi di lei, che lo guardavano incuriositi. Distolse lo sguardo e tossicchiò appena.
  • Ce la fai a camminare? – chiese poi, fingendo indifferenza. Sperava con tutto il cuore che la ragazza, tra i suoi innumerevoli poteri, non annoverasse anche quello della lettura della mente!
  • Mmm… - Rya tirò faticosamente una gamba al petto , mentre la gonna scivolava leggera e vaporosa lungo la pelle abbronzata della coscia, senza però alzarsi totalmente. Si tastò il polpaccio, sentendolo dolere sotto il suo tocco lieve – no, direi di no. – sentenziò infine, sbuffando. Odiava non essere capace di arrangiarsi. Odiava sentirsi così debole. Odiava soprattutto dover dipendere da qualcuno.
  • D’accordo. Andiamo allora. – le passò un braccio sotto la schiena, ancora appoggiata al cuscino, e uno sotto le ginocchia, tirandola su senza sforzo. La Dragon Slayer abbassò la maniglia della porta e permise ad entrambi di scivolare fuori dalla stanza, nel corridoio semibuio. Annusò avidamente l’aria, poi indicò al ragazzo di andare verso destra.
  • C’è odore di cibo da quella parte. – lui sbuffò appena, divertito.
  • Sì, sei proprio come Natsu. –
  • Ehi! Guarda che io sono molto meglio di quel cucciolo di salamandra! –
  • Ah sì? E allora com’è che sei così malconcia? – domandò lui, sornione, facendo imbronciare e borbottare la ragazza, mentre camminava lentamente tra i corridoi appena illuminati dalla luce delle lampade, seguendo le indicazioni dell’olfatto sopraffino di lei.
 
Dopo essere scesi per l’ennesima scala, Rya lo fece fermare davanti ad una porta. A giudicare dal sonoro chiacchiericcio perfettamente udibile attraverso il legno, erano nel posto giusto. La Dragon Slayer aprì la porta e Gray entrò nella stanza rischiarata dalla luce di una lacrima, posando delicatamente la ragazza su una sedia e prendendo posto a sua volta, sotto lo sguardo incuriosito di Cana.
  • Dunque… - fece per parlare lei, ma fu interrotta da Rya.
  • Luxus? – Gildarts scosse il capo.
  • È ancora svenuto. Le ferite sono profonde e… -
  • Non è quello. – lo fermò di nuovo la voce della ragazza dagli occhi azzurri – Quando Kyogai lo ha colpito l’ultima volta, ha distrutto la Lacrima del Fulmine che aveva nel petto. –
  • E questo… cosa significa di preciso? – domandò Cana, improvvisamente seria. Rya le rivolse un’occhiata piuttosto eloquente, poi sbuffò appena.
  • Dovresti saperlo benissimo anche tu. Luxus è un Dragon Slayer di Seconda Generazione, cioè si serve della Magia del Drago Distruttore contenuta in una Lacrima. Se la Lacrima viene distrutta, lui perde i suoi poteri. C’è ancora un residuo di energia magica in lui, ma nulla di paragonabile a quanto aveva prima. È solo l’ombra di se stesso, in questo momento. –
  • C’è un modo per… - si intromise Gildarts, cercando di stemperare l’atmosfera tesa che si era creata. Qualcosa gli diceva che la diplomazia non fosse esattamente tra le doti più brillanti di sua figlia, e sapeva per esperienza che nemmeno Rya scherzava.
  • Per cosa? Riparare una Lacrima distrutta? No. In ogni caso non servirebbe a nulla, perché ciò che era confinato al suo interno, ovvero una Scintilla appartenuta ai Draghi del Fulmine, è stato disperso e non potrà più essere riportato al suo stato originale. – ribatté lei, stizzita. Non le erano mai piaciuti i terzi gradi, e quegli imbecilli sembravano non capire nemmeno una cosa elementare come quella. O forse avevano solo bisogno di essere rassicurati. Bah, umani.
  • Quindi… Luxus ora è un Mago qualsiasi? – chiese Hibiki, appena uscito da quella che sembrava la cucina, reggendo una pentola colma di qualcosa di fumante, probabilmente una zuppa bollente.
  • Esatto. E se Mavis ha inquadrato bene il tipo, è un testardo orgoglioso e non accetterà tanto facilmente la situazione. – Rya prese il mestolo e si versò una generosa porzione di brodo misto a verdure, legumi e pezzetti di carne bollita.
  • Non possiamo fare niente per aiutarlo? – chiese di nuovo Cana, dura. Non le era piaciuto il tono di superiorità che aveva usato quella ragazza prima, poco le importava il fatto che avesse salvato loro la vita.
  • Potreste cercare per lui un’altra Lacrima del Fulmine, ammesso che ne esistano ancora. – rispose a tono lei, senza nemmeno degnarla di uno sguardo, prendendo del pane abbrustolito da accompagnare alla cena. Cana stava per replicare, ma venne fermata da un’occhiata del padre, che le intimò silenziosamente di tacere. Nelle settimane che avevano passato insieme aveva imparato a conoscere il carattere fiero e ribelle della Dragon Slayer, se voleva delle risposte aggredirla verbalmente non era esattamente la strategia più indicata.
  • Sono sicuro che tu conosca un modo per ripristinare i suoi poteri. – Rya sollevò lo sguardo su di lui, guardandolo negli occhi, cercando di leggervi le intenzioni dell’uomo. Non sentiva ostilità nella sua voce, tutto nella sua figura parlava di calma e mitezza. Assottigliò appena gli occhi azzurri.
  • Sì, hai ragione. Forse un modo c’è, ma prima di tutto c’è da vedere se lui deciderà di risvegliarsi. –
  • Potrebbe non farlo? –
  • Perdere i propri poteri è come essere privati di una parte di sé stessi. Ci sono maghi che hanno preferito lasciarsi morire, altri che hanno perso il lume della ragione. Non è detto che Luxus voglia effettivamente tornare in questo mondo. Si sentirà incompleto. –
  • In che modo possiamo fargli ottenere nuovamente il potere del Drago Distruttore? –
  • Questi non sono affari che vi riguardano. Se lui dimostrerà la tempra necessaria, tornando in questo mondo e affrontando ciò che il futuro gli riserva deciderò se e come agire, altrimenti se ne può restare nel suo brodo. –
  • Non puoi davvero essere così cinica e spietata! – sbottò infine Cana, sbattendo con forza il cucchiaio nel piatto, schizzando parte del contenuto sulla tovaglia.
  • No, infatti. Io sono molto peggio di così. Se mi sto limitando, è solo per rispetto nei confronti di Mavis. Io non devo niente a nessuno di voi. –
  • Calma… -
  • Calma?! Luxus sta lottando tra la vita e la morte e lei non vuole fare nulla per aiutarlo! Come posso stare calma?! – urlò la Maga delle Carte, indignata dalla reazione pacata del padre. Era pur sempre di un membro della Gilda che si parlava.
  • Cana, non hai sentito cos’ha detto Rya? Luxus deve uscire dallo stato di incoscienza in cui si è rinchiuso con le sue forze, noi possiamo fare ben poco se non cercare di fargli sentire la nostra vicinanza. È lui per primo a dover decidere della propria sorte. Dopo sono sicuro che la nostra piccola Dragon Slayer farà la sua parte per risolvere il problema dei suoi poteri. –
  • E cosa ti fa credere che invece non se ne laverà le mani? –
  • Forse il fatto che non ci ha lasciati crepare tutti quanti come vermi? – soffiò Gray, spazientito da quella discussione. Capiva che Cana fosse isterica per la situazione di Luxus e che i suoi nervi fossero già abbondantemente provati dalle settimane che avevano preceduto il ricongiungimento col padre, ma ora stava veramente esagerando.
  • È stato solo un caso! Zeref era… –
  • No! Rya ha eretto una barriera illusoria attorno a noi, nascondendo la nostra presenza a Zeref. Se non lo avesse fatto, dubito che saremmo ancora qui. – Cana si voltò verso la ragazza, che sembrava essersi estraniata da tutto, e la stessa cosa fece Hibiki, stranito. Mangiava compostamente la sua zuppa, senza degnare nessuno del minimo sguardo. Come se fosse in un mondo tutto suo. Sentendo gli sguardi degli altri commensali su di sé, alzò gli occhi azzurri, scrutandoli interrogativa.
  • Beh? Che avete da guardare? –
  • Tu, hai… -
  • Sì, quello che ha detto Gray è vero. Ora possiamo finirla con questo terzo grado assurdo? – tagliò corto lei, prendendo un pezzetto di pane e spazzolando i rimasugli di cibo dal piatto. Cana continuò a guardare la ragazza, un misto tra rabbia e dispiacere dipinto negli occhi castani di lei. Si morse un labbro. Sì, forse era stata ingiusta nei suoi confronti… come al solito aveva lasciato che la sua lingua parlasse senza prima pensare a quello che diceva. Se le cose stavano così, lei li aveva salvati tutti da morte certa.
  • Scusa… - farfugliò imbarazzata, rivolta alla Dragon Slayer dagli occhi azzurri. Lei, per tutta risposta, si limitò ad alzare le spalle, posando poi il cucchiaio e alzandosi in piedi, tenendo una mano appoggiata alla sedia.
  • Scusate, sono molto stanca, se permettete mi ritiro. – disse rivolta ai presenti, voltandosi subito dopo e caracollando verso la porta per poi scivolare silenziosa nel corridoio. Il cibo le aveva sicuramente restituito parte delle forze, ma non l’aveva del tutto ristorata. Si appoggiò pesantemente alla parete, il respiro pesante e i denti digrignati per il dolore. Si guardò le gambe astiosa, maledicendo ancora una volta il suo debole corpo umano. Chiuse gli occhi, concentrandosi appena, finchè la familiare sensazione di sollievo non la avvolse gradualmente. Si staccò dal suo appiglio e mosse alcuni passi, saggiando la resistenza dei tendini in cerca di eventuali cedimenti. Sentendosi sicura, riprese a camminare lentamente fino alla cabina che aveva diviso con Gray. Prese la borsa e i rimasugli dei suoi abiti, per poi uscire nuovamente e dirigersi verso un’altra stanza, evidentemente vuota. Gettò i suoi effetti personali sulla sedia, chiuse le tende e si stese sul letto, incrociando le braccia dietro la testa e osservando il soffitto. Sapeva che difficilmente avrebbe dormito, ma il suo fisico necessitava di riposo, se voleva davvero riprendersi del tutto. Ricacciò indietro la voglia di uscire a fare un giro sul ponte e rimase immobile, assorta nei suoi pensieri.
 
 
  • Insomma Cana, ma che ti è preso? Capisco che tu sia frustrata per la situazione, ma non era il caso di aggredirla in quel modo. –
  • Non vuole aiutare Luxus… - si difese la ragazza, piccata. Sapeva di aver usato toni e parole abbastanza pesanti, ma era ancora convinta che quella avesse una pietra al posto del cuore.
  • Ci ha salvato la pelle, oggi, più volte. Te ne sei dimenticata? Se non vuole intromettersi in questa faccenda avrà le sue ragioni. – le rispose Gildarts, serio.
  • E come lo sai? – lo incalzò Cana, incuriosita dalla reazione del padre.
  • Ho passato quasi un mese in sua compagnia, per un quantitativo di ore al giorno che se non definisco ventiquattro poco ci manca… e una cosa che ho capito è che lei non fa mai nulla senza una motivazione. Non parla se non è strettamente necessario, non agisce senza aver prima pensato ad una strategia. L’ha detto lei che Luxus deve dar prova della sua tempra, probabilmente non vuole intervenire perché in questo caso deve essere lui a tirarsi fuori dal baratro di incoscienza in cui si è rinchiuso. Il perché la pensi in questo modo è un mistero anche per me. Ma dobbiamo rispettare le sue decisioni, ognuno di noi è libero di scegliere ciò che è meglio per sé. – spiegò infine il Mago del Crush, riducendo la figlia al silenzio. Hibiki, che aveva ascoltato tutta la conversazione senza quasi fare domande, decise di chiedere qualche informazione in più.
  • Scusate, forse non sono affari miei, però… quella ragazza è la stessa di Crocus, giusto? Quella che è arrivata col Drago Nero. –
  • Esatto. – rispose asciuttamente Gray, indeciso se dare ulteriori spiegazioni o se tacere. In fondo, quello che Rya aveva raccontato loro poteva essere considerato confidenziale.
  • Non l’ho mai vista, fa parte di Fairy Tail? –
  • Così pare. È stata lontana a lungo, da quello che so. – Gildarts prese la parola, togliendo le castagne dal fuoco a Gray. Aveva intuito la titubanza del giovane mago ed era deciso a prendersi le responsabilità delle parole che sarebbero state scambiate col mago di Blue Pegasus. Fortunatamente, Hibiki comprese che l’argomento che aveva sollevato era alquanto spinoso e si decise a far cadere la discussione, portando via la pentola ormai vuota e sparendo nella cucina attigua, lasciando soli i tre maghi di Fairy Tail.
  • Ti ha detto altro Rya? – chiese Gildarts in un soffio, facendo attenzione a non farsi sentire. I ragazzi di Blue Pegasus erano amici, ma quella era una questione interna alla Gilda.
  • Uh? Non molto in realtà, era abbastanza a pezzi, nemmeno si reggeva in piedi. Ha accennato qualcosa riguardo la Tecnica Segreta che ha utilizzato, ma nulla di più. – Gray, a cui era rivolta la domanda, fece spallucce mentre rispondeva. Effettivamente la ragazza aveva parlato poco, troppo esausta per spiegarsi meglio.
  • Rya sapeva del Talismano. Anzi, aveva più informazioni di me su quel manufatto. –
  • Com’è possibile? Tu hai passato tre anni a cercarlo! – sbottò Cana, abbassando poi la voce dopo l’occhiata storta del padre.
  • Non ne ho idea. Ha parlato del Talismano, della sua origine e del fatto che Zeref vi avesse imprigionato uno dei suoi Demoni, anche se non sapeva quale fosse. Ewan deve aver avuto questa informazione da qualcuno. –
  • A proposito, che ci faceva quello lì? – domandò Gray.
  • Quando siamo arrivati noi, era appena uscito dalla grotta con l’artefatto tra le mani. Ha tolto il sigillo e liberato quella sottospecie di istrice troppo cresciuto, dicendo che lo avrebbe aiutato a riprendersi la Lacrima di Luxus. Rya ha parlato di un Demone che si cibava di fulmini, probabilmente voleva fargli assorbire il potere della Lacrima, ma qualcosa nel suo piano è andato storto. –
  • Quel mostro… ha fatto bene Makarov a esiliarlo dalla Gilda. Non gli importava della vita di suo figlio, ma solo di riprendersi quell’affare. – borbottò Cana, rabbiosa. Aveva già tentato di far del male a Luxus, durante il Palio della Magia, ma non credeva sarebbe arrivato al punto di utilizzare un Demone di Zeref per i suoi scopi.
  • Quindi è per questo motivo che Zeref cercava quell’aggeggio? – chiese il Mago del Ghiaccio rivolto a Gildarts.
  • A quanto pare sì. E Rya era sicura che una volta liberato il Demone dal sigillo, Zeref non avrebbe tardato a presentarsi. E in effetti ha avuto ragione. – confermò l’uomo dai capelli rossi.
  • Per fortuna sembrava preparata all’eventualità. – riprese Gray.
  • Già. È il motivo per cui ho deciso di farmi accompagnare da lei. Mavis mi ha detto che in passato aveva già affrontato il Mago Nero, uscendone viva. Probabilmente è l’unica a conoscere il potenziale di Zeref e a poterlo fronteggiare senza rischiare la pelle. Nemmeno io avrei mai potuto sperare di vincere contro quel maledetto. – Gray annuì, facendosi pensieroso. Sembrava averlo notato soltanto lui che Rya non aveva mai attaccato per uccidere, ma solo per ferire. Oppure anche gli altri se n’erano accorti, ma avevano deciso di tenere per sé quella considerazione. C’era da capire il perché la Dragon Slayer avesse agito in quella maniera, ma dubitava che lei avrebbe fornito spontaneamente quelle informazioni. Anzi, forse avevano tirato anche troppo la corda.
Scosse la testa, decidendo di alzarsi e ritirarsi in camera a riposare. La ferita sembrava guarita, ma sapeva che ci sarebbe voluto ben più di una nottata di riposo per rimettersi da un combattimento come quello a cui aveva partecipato. Salutò i compagni con un cenno della mano e si avviò verso la sua stanza, convinto di trovarci anche la ragazza, magari addormentata, o forse ancora sveglia, ad aspettarlo.
La trovò vuota, buia e silenziosa. Rya aveva preso le sue cose e se n’era andata, lasciando dietro di sé soltanto il vago sentore di magnolia che permeava la sua pelle.
Una strana sensazione si impadronì del giovane, una sorta di tristezza mista a qualcosa di simile alla malinconia. Avanzò di qualche passo, come a sincerarsi che effettivamente la camera non ospitasse nessuno, poi si lasciò cadere seduto sul bordo del letto, affondando il viso nel cuscino, ancora intriso del profumo di lei.
Perché se n’è andata?
E chi poteva saperlo. Magari preferiva avere la sua privacy, magari voleva starsene da sola, per conto suo, magari… magari le aveva dato fastidio la sua compagnia.
Con un grugnito di frustrazione scalciò via le scarpe e si stese meglio sul letto, senza nemmeno scostare le coperte. La maglietta era sparita da qualche parte, non ricordava nemmeno di essersela tolta veramente, chissà quando era successo…
Steso supino, rimase a guardare il soffitto per ore, finché il sonno non decise che era arrivato per lui il momento di addormentarsi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2768588