Mess in South Park

di ntnmeraviglia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kyle ***
Capitolo 2: *** Alexis ***
Capitolo 3: *** Craig ***
Capitolo 4: *** Kenny ***
Capitolo 5: *** Tweek ***
Capitolo 6: *** Stan ***
Capitolo 7: *** Alexis ***
Capitolo 8: *** Randy ***
Capitolo 9: *** Kyle ***
Capitolo 10: *** Eric ***



Capitolo 1
*** Kyle ***


-Sta nevicando!-

-Non è certo una novità, Kyle.- 

Stan aveva ragione: non era una novità che a South Park nevicasse, anzi. Era praticamente sempre coperta di neve dalla A alla Z, tant'è che per me ritrovarmi tutte le mattine coi miei amici davanti alla fermata del bus totalmente innevata era routine.
Ma io sono sempre stata una persona che si stupisce con poco, una che guarda con occhi luccicanti questi piccoli ma meravigliosi fenomeni della natura ai quali dovrei già essere abituato da tempo.
Dei pallidi minuscoli fiocchi di neve andarono ad infrangersi contro le mie mani avvolte dal solito paio di guanti, e con la mia costante curiosità da eterno bambino, tirai fuori la lingua lasciando che essa venisse avvolta dal gelo di quei piccoli frammenti di ghiaccio.
Speravo vivamente che qualcuno non mi avesse visto, ma invece...

-Che cazzo fai?!- incredibile come solo la voce di quell'ammasso di grasso che sopportavo ormai da anni riuscisse automaticamente a farmi alzare gli occhi al cielo. Così, di riflesso.

-Che vuoi?-

-Non puoi mangiare la neve di Natale, l'hai dimenticato? Per gli ebrei è illegale!-

-Ma questa non è neve di Natale, culone, è solo neve!-

-Ragazzi, il bus.- intervenne Stan, mettendo così fine al mio ormai abituale battibecco mattutino con Cartman e trascinandomi sullo scuolabus che ci avrebbe portati a scuola.
Fortuna che c'era Stan ad impedirmi di protrarre la mia discussione col culograsso all'infinito. Cosa avrei fatto senza il mio migliore amico, durante tutti questi anni.
A volte me lo chiedevo, e lo guardavo con una certa ammirazione, che di tanto in tanto sfociava pericolosamente in attrazione. Niente di serio, altrimenti me ne sarei reso conto.
Ho sempre avuto questo tipo di istinti verso di lui, ma non vi ho mai dato peso. Capita, durante l'adolescenza di provare certe cose verso persone che ti stanno vicino. E' normale, sono gli ormoni, non me ne sono mai preoccupato. Ma la cosa, vista dall'esterno, stava risultando abbastanza palese, e i miei amici avevano cominciato ad avere qualche sospetto.

-Cosa leggi, Kenny?-

-Qualcosa che tu non leggeresti mai.- mi rispose, senza nemmeno guardarmi. Tenne sempre lo sguardo fisso sulla sua preziosa rivista osé, scrutando con attenzione i particolari dei corpi che stava tanto accuratamente osservando.
Ormai eravamo tutti abituati a Kenny e al suo precoce amore per le donne. Il più silenzioso tra noi, sempre rinchiuso in quel giubbotto aranciato, con la voce ovattata proprio dal tessuto di quell'indumento -nonostante ciò, noi tutti avevamo imparato a comprenderlo bene, anche se con un po' di difficoltà inizialmente...-.
Proprio per quello mi ritenevo molto diverso da lui; tuttavia non posso negare di aver un po' storto il naso alla sua risposta.

-Che vuoi dire?-

-Che non ti ci vedo a guardare fighe, Kyle.-

-Chi ti ci vedrebbe?!- Cartman intervenne, ed io ci avrei scommesso diecimila dollari. Non riusciva proprio a farsi i cazzi suoi.

-Il fatto che io non abbia mai avuto una ragazza, non implica necessariamente che non mi piacciano!-

-Nessuno ha detto questo.- Mi rispose Stan, pacatamente; ed in quel momento mi resi conto di essermi tirato brutalmente la zappa sui piedi da solo.

Non replicai, calando lo sguardo e maledicendomi mentalmente per ciò che avevo appena detto. Lasciai perdere il discorso, e pregai che non sarebbe mai più stato riaperto.
Quando arrivammo a scuola, le ore di lezione passarono piacevolmente, almeno per me. Non mi erano mai pesate, non le trovavo noiose, anzi. Mi intrattenevano la mente, ed era anche per questo che io ero così diverso dai miei compagni. Non sapevo ancora se fosse qualcosa di positivo o negativo, non sapevo ancora chi fosse quello strano. Se io, o loro.
Ad ogni modo, giunse l'ora preferita da Cartman: pranzo. Ci riunimmo in mensa, e mentre parlavamo come ogni giorno del più e del meno, quel giorno qualcosa spezzò la monotonia.
Qualcosa di grande, assurdamente grande.
Craig e Tweek attirarono la nostra attenzione. Noi li conoscevamo bene, frequentavano la nostra stessa classe.
Non mi è mai andato troppo giù Tweek, ancor meno da quando s'era sparsa nella città questa voce che facesse coppia con Craig.
Forse perché ho sempre visto Craig come una persona di cui avere la massima stima, e che Tweek non lo meritasse. E poi, insomma... Craig era probabilmente la prima persona a cui pensavo quando mi parlavano di "tipo ideale". Silenziosamente, lo ammiravo da lontano, anche se non ci avevo mai avuto un contatto direttamente. Ricordate quando vi ho parlato di Stan, dicendovi che non fosse nulla di serio altrimenti me ne sarei accorto?
Ecco, con Craig era decisamente diverso. Con lui me n'ero accorto.
Allora ascoltai cosa avevano da dire.
Ho egoisticamente sorriso quando capii che avevano appena ammesso di essere stati insieme, ma che stavano per rompere, a detta di Tweek per via di un tradimento da parte di Craig.
Lo vidi contrariato, lessi nel suo sguardo che Tweek stava mentendo.
Quando il loro patetico spettacolino ebbe fine, tutta la mensa si ammutolì. Il primo a fuggire via fu Tweek, seguito dal suo "ex" che andò a rifugiarsi in bagno, dopo un'imprecazione piuttosto evidente, seppur detta sottovoce.
Presi una decisione rapida e dettata dall'istinto: mi alzai, ignorando le domande di Stan che mi chiedeva dove stessi andando, e raggiunsi il bagno degli uomini.
Stava accasciato con le braccia sul lavandino, guardando nello specchio il riflesso del proprio viso gocciolante d'acqua.
Ci mise un po' ad accorgersi della mia presenza, e quando lo fece non ne era molto felice.

-Che ci fai tu qui?-

Già, che ci facevo io lì? Non ero suo amico, anzi, direi il contrario. Allora perché ero lì?

-Mi dispiace per quello che è successo. Io non gli credo- lo colsi alla sprovvista, difatti vidi come inarcò le sopracciglia in maniera confusa -perché stava mentendo?-

-Non stava mentendo.- Si vedeva che Craig stava cercando di proteggerlo, e questo mi faceva rabbia.

-Puoi dirmelo.-

-Perché dovrei dirlo a te?-

-Perché io ho capito. Tu, uno sporco traditore? Non me la bevo, Craig.-

Lui mi guardò per un po', forse cercava le parole per replicare, senza successo.
Tirò un sospiro appesantito, prima di recarsi verso la porta, facendo per uscire.

-Ne parliamo un'altra volta, ora non è il caso.-

-Fuori scuola ho del tempo.- 

Attese qualche secondo, prima di annuire.

-E sia. A dopo, Kyle.-

-A dopo, Craig.-

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Capitolo 2
*** Alexis ***


Vivevo a South Park da ormai due anni.
Io e mia madre ci eravamo trasferite lì per cambiare vita, volevamo voltare pagina; ne avevamo passate fin troppe e meritavamo un po' di pace.
Per questo andammo via, praticamente fuggimmo dalla Springdale che ci stava soffocando, cercando una città più tranquilla ed appartata che ci facesse dimenticare tutto quello che ci era successo.
Eh sì, perché per mia mamma aver beccato mio padre a farsi scopare da un venticinquenne dai bicipiti scolpiti non è stato proprio il massimo, figurarsi per me. Avevo quindici anni quando mio padre, prima che andassimo via di casa, mi aveva propinato un discorsetto del cazzo che aveva reso la cosa ancora più di squallida di quanto già non fosse.

-Il papà ti vuole sempre bene, capito piccola? Non devi credere alla mamma, quando ti dice che non è così. Tuo padre ti adora, tesoro; solo che ora si è innamorato di un'altra persona, e non sta più bene con la mamma. Anche se vi trasferite, io vi telefonerò spesso, d'accordo?-

-Papà, ho quindici anni e certe cose le capisco. Tu invece ne hai oltre quaranta: almeno potevi evitare di fare la checca passiva.- 

Fu l'ultima cosa che gli dissi prima di infilarmi in auto ed andarmene via per sempre da lì. Dopo, non l'ho più visto.
Esatto, non vedevo mio padre da due anni, ed oltretutto lo sentivo molto raramente. Ma a me bastava e avanzava: era lui che insisteva a chiamarmi e a propormi di incontrarci per "chiarire" o per "vedere quanto mi sono fatta bella". Io non ho mai accettato, nonostante mi facesse arrivare spesso dei regali e tentasse pietosamente di vittimizzarsi, sparando a zero su mia madre.
Ridicolo, non è vero? Talmente tanto che potrebbe essere la trama di un film comico di serie B. E invece era proprio la mia vita, che da quando mi trovavo lì aveva preso gradualmente a migliorare.
A Springdale ero un'inutile mocciosa che non faceva altro che subire vessazioni a destra e a manca. A South Park, invece, la musica è cambiata: in un certo senso avrei dovuto essere grata a mio padre per essersi accorto di essere frocio solo dopo vent'anni di matrimonio, il trauma deve avermi permesso di fortificare un carattere che non mi rendeva giustizia.
E' proprio vero che ciò che non ti ammazza ti fortifica, infatti ero riuscita a circondarmi di persone che mi volevano bene e a cui io tenevo tantissimo.
Wendy, Bebe, Red, Heidi, Nicole: le mie amiche, ma noi preferivamo chiamarci "squad", dato che eravamo una vera e propria squadra anche piuttosto agguerrita.
Eravamo tutte sulla stessa linea di pensiero, senza azzardarci mai a criticare l'altra per un comportamento sbagliato. Non ero abituata a questo, bensì a tutt'altro: ragazze continuamente in competizione tra loro e che non si facevano alcuno scrupolo a sparlare di coloro che in giro chiamavano migliori amiche.
Ma lì era meravigliosamente diverso, e la cosa mi aveva entusiasmato fin dal primo giorno: ma si sa che non può sempre essere tutto rose e fiori, e gli aspetti negativi non tardarono ad arrivare durante gli anni.
Alcuni, fin da prima mattina.

-Hey, Alex.- avrei riconosciuto quella voce tra mille. Alzai gli occhi al cielo d'istinto, rivolgendo uno sguardo seccato a Wendy, che, come me, stava prendendo i libri dall'armadietto. 

-Ciao, Kenneth. Ormai la tappa vicino al mio armadietto prima dell'inizio delle lezioni è diventata fissa, noto.- gli risposi, accennandogli un sorriso più falso delle scuse di mio padre.
Kenny -o Kenneth, come preferivo io- McCormick che tentava di farsi notare da me era ormai diventata un'abitudine. Ne avevo parlato spesso con le altre: mi avevano informato del suo particolare rapporto col sesso opposto, e che non fosse uno proprio serio sotto questo punto di vista.
Ma mi avevano anche detto che non aveva mai "corteggiato" una donna come stava facendo -o quasi- con me, per cui arrivammo ad una conclusione: Kenny era stanco delle ragazze da botta e via perché non le trovava interessanti quanto una ragazza che gli tiene testa.
Bello il fatto che volesse cambiare rotta e non fare più l'esploratore che entra in più caverne diverse, peccato che io non ero minimamente interessata: non era il mio tipo uno che leggeva riviste porno in classe e che si chiudeva in un cappotto arancione per via del quale a malapena si capiva ciò che dicesse. E poi, io avevo altri per la testa.

-Mi piace il tuo armadietto.- mi rispose, continuando a guardarmi come se fossi l'ultima donna rimasta al mondo dopo un'apocalisse zombie.
Sospirai: non volevo essere scortese con lui. Fortificare il carattere non vuol per forza dire essere acida e sputare veleno a destra e a manca. Volevo essere pacata, gentile, ma sufficientemente letale.

-Allora puoi rimanere qui a guardarlo se vuoi. Ci vediamo in classe!- 

Qualche passo dopo, sentii Bebe sbraitare "smettila di guardarle il culo, Dio santo!", e pensai che... niente da fare, Kenny non sarebbe cambiato proprio mai. 
L'ora di pranzo arrivò, dopo ore di straziante tortura. Morivo di fame, ma nonostante ciò quando mi sedetti al tavolo assieme alle ragazze, feci di tutto fuorché mangiare.
Le conversazioni erano davvero troppo interessanti per impiegare la bocca nel masticare, e proprio mentre le informavo del fatto che avevo intenzione di farmi crescere un altro po' i capelli, qualcosa di ancor più interessante ci distrasse.
Interessante soprattutto per me, dato che era Craig ad aver attirato la nostra attenzione. Sembrava starsi preparando per un discorso molto lungo assieme a Tweek, e nel frattempo pensavo a quanto lui fosse davvero il mio tipo. 
Così serio, distaccato e soprattutto maturo per la sua età: si vedeva che non era un bamboccio, e forse era questo ciò che mi attraeva di lui.
Tuttavia, non ci avevo mai sperato più di tanto, poiché a scuola giravano voci sul fatto che fosse apertamente omosessuale, e siccome non sono una sfascia-relazioni, ho rinunciato a malincuore.
Ma non ero mai riuscita a dimenticarlo del tutto, difatti gli occhi mi diventarono a forma di cuore quando sentii cosa avevano da dire.
Una rottura? Non potevo chiedere di meglio.

-Allora il tuo amato Craig è un traditore...- mi sussurrò Wendy, come per  mettermi in guardia.
Ma io sapevo bene a cosa andavo in contro, ormai ero un'esperta di traditori e sapevo gestirmeli.

-Sarà... ma io ho intenzione di approfittare della cosa.-

Dovevo cogliere al volo quell'occasione, o non mi sarebbe mai più ricapitata, ed ero intenzionata a farlo anche se combattendo.

Immagine identificativa di Alexis:
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Capitolo 3
*** Craig ***


Da quando i rapporti tra me e Tweek si erano ufficialmente conclusi, le cose nella mia vita avevano cominciato a prendere una piega strana.
Non so se fosse dovuto più al fatto che lui fosse completamente sparito dalle mie giornate come invece ne faceva parte da ormai anni, o piuttosto al fatto che una persona come Kyle Broflovski potesse averlo in qualche modo rimpiazzato, in maniera decisamente discutibile.
All'inizio pensavo solo che il suo smisurato buonismo lo stesse portando a voler aiutare anche una persona che, come me, non aveva mai direttamente fatto parte della sua vita.
Ma invece le cose avevano preso una rotta inaspettata: dal parlare quasi quotidianamente fuori scuola dopo le lezioni, si era passato al vedersi per studiare insieme. Io a casa sua, lui a casa mia; ormai eravamo diventati l'un per l'altro ospiti fissi.
E siccome sentivo un terribile e nocivo senso di vuoto dovuto alla mancanza di Tweek che lentamente mi stava massacrando, qualche volta era capitato che cercassi di colmarlo con lui.
Beh, in realtà non proprio qualche volta... diciamo, sempre.
Ormai il mio rapporto con Kyle si era ridotto ad una sorta di storiella clandestina, isolata dal mondo e che nessuno conosceva se non io e lui.
So che è terribile sfruttare una persona solo perché si sente la mancanza di un'altra, ma in realtà non mi sentivo in colpa in quel momento. Stavo rendendo felice Kyle, dato che era palese quanto gli piacessi, ed io mi stavo concedendo un po' di tempo per fare dei termini di paragone e soprattutto per cercare di non pensare a Tweek ventiquattro ore al giorno. 
Nonostante non fossimo mai stati realmente insieme io e lui, era inutile negare che ci piacessimo a vicenda, e che nessuno dei due poteva stare senza l'altro. E dato che, a malincuore, ero costretto a stargli lontano, in qualche modo dovevo pur togliermelo dalla testa.
Kyle invece... come amico di letto non era male. Il punto è che io proprio non riuscivo a crearci qualcosa di serio; lui al contrario pareva intenzionato a costruire un rapporto solido, a parer mio basato sul nulla.
Mi ricordo ancora quel giorno in cui mi disse che era felice che fossi stato io la sua prima volta.
Non sapevo cosa cazzo dirgli. "Scusa ma per me non è lo stesso", oppure "mi spiace ma sei solo una brutta copia di Tweek"? Forse non era il caso di dargli questo dolore, tuttavia non potevo illuderlo per sempre.
Allora decisi che gliel'avrei detto. Lo decisi di getto: fui molto impulsivo quella volta, cosa non da me. Sono uno abituato a pensare a ciò che fa e a ciò che dice, ma quel giorno no.
Mi diressi verso casa sua sapendo che saremmo stati soli, perché mi aveva accennato il fatto che i suoi sarebbero usciti per portare suo fratello al parco. 

-Hey... non ti aspettavo.-

-Lo so, dobbiamo parlare.- mi imposi, cercando di essere il meno brutale possibile con lui, non volevo che stesse male a causa mia.
Lui però sembrava felice di vedermi, parecchio anche. Mi prese la mano con delicatezza, ed una volta che fummo dentro, mi baciò, stringendosi a me come se fossi l'unica persona in grado di riuscire a farlo star bene in quel momento.

-Cosa volevi dirmi?- mi chiese, con un filo di voce, come se non volesse spezzare l'intimità del momento.

-Uh... io...- farfugliai: Kyle mi aveva colto alla sprovvista e, oltretutto, non m'aveva manco lasciato il tempo di pensare a cosa dirgli, dato che non pareva intenzionato a scollarsi dalle mie labbra.
Con quale coraggio dovevo allontanarlo e dirgli che forse dovevo sparire dalla sua vita?
Non potevo essere così cattivo, quindi pensai che forse potevo rimandare la cosa, aspettando che magari le cose sarebbero cambiate da sole.
Un grande errore, dato che pochi minuti dopo la mia decisione ci ritrovammo entrambi seminudi, con metà dei nostri vestiti sparsi sul pavimento; Kyle seduto al bordo del tavolo da cucina e io col corpo incastrato tra le sue gambe.
Merda. Ci sono cascato di nuovo.

-Tweek non ti avrebbe mai proposto di scopare su un tavolo.- Kyle pronunciò quelle parole precedendole da una risatina alquanto maliziosa.
Il fatto che si ergesse su un piedistallo rispetto a Tweek -cosa che lui faceva spesso e volentieri- mi irritava parecchio. Sì, mi aveva messo in cattiva luce davanti a tutti comportandosi da stronzo, ma non per questo meritava di ricevere mancanze di rispetto a destra e a manca, specialmente da uno che, parliamoci chiaro, era lì solo per essere una mera imitazione.
Sospirai innervosito quindi, allontanandomi da lui di qualche passo.

-Puoi smetterla di perculare Tweek? Mi dà sui nervi.-

Ero incazzato, era percettibile. Lui lo capii al volo, ed ero convinto che quella potesse essere una perfetta occasione per potergli finalmente dire la verità.
Ma Kyle sapeva bene come farmi cambiare idea, dovevo ammetterlo.

-Ascoltami Kyle, noi non possiamo più...-

-Craig.- mi interruppe, poggiando un dito sulle mie labbra in modo da bloccarle.

-Mi spiace. Hai ragione, non dovevo. So come posso farmi perdonare.- mormorò, mordendosi poi il labbro inferiore e voltandosi, piegando così il busto sul tavolo.
E nel preciso momento in cui vidi Kyle offrirmi il suo corpo piegato a novanta gradi pur di farsi perdonare da me, capii di essere nella merda fino al collo.

Avevo bisogno di riflettere, quella cazzo di storia non poteva continuare all'infinito. Così, ad atto concluso, chiesi a Kyle se potevo riempirmi la vasca per potermi un po' rilassare.
Ammollo in acqua calda e con una sigaretta tra le labbra si pensa sempre meglio. Per cui ero lì: con la testa poggiata a bordo vasca, a fumare mentre tenevo lo sguardo fisso nel nulla.
Ero l'immagine rappresentativa della fottuta tristezza. Ma la verità è che triste lo ero, lo ero davvero. Fare sesso con Kyle occasionalmente non mi stava aiutando: avevo bisogno di Tweek, terribilmente.
Nonostante le mani bagnate, recuperai il mio cellulare, e in un gesto disperato cercai il suo numero nella rubrica. Stavo per chiamarlo, finché purtroppo o per fortuna non venni interrotto.

-Tutto bene?- era ovviamente la voce di Kyle, che non s'era ancora vestito. D'istinto misi giù il telefono, non era il caso di fargli vedere che stavo ricontattando Tweek.

-Sì...- gli risposi appena, e nel frattempo lui si era seduto accanto alla vasca, con la schiena poggiata al muro e le gambe incrociate.
Mi guardava sorridendo, non smetteva di farlo. Me ne accorsi dopo qualche secondo, ed ero interdetto.

-Perché mi guardi?-

-Niente, sei bello.- mi rispose con gentilezza, alzando le spalle, senza togliersi il sorriso dalle labbra. Subito dopo si alzò, infilandosi in vasca di fianco a me. Poggiò la testa sul mio petto e mi strinse alla vita con le braccia, e io giuro su Dio di non aver mai ricambiato un gesto “romantico” da parte sua. Ma nonostante ciò pronunciò lo stesso quelle parole, e io non avrei potuto sentirmi peggio di come mi sentivo.

-Ti amo.-

… Porca puttana.
 

-Ne ho le palle piene.- avevo di nuovo i coglioni girati, ormai il mio amico Clyde -col quale mi ero fermato a fumare sul retro della scuola prima delle lezioni- ne era abituato da quando avevo “rotto” con Tweek.

-Che succede stavolta?-

-Sono stanco delle relazioni di merda da cui non riesco più ad uscire.-

-Ma l'altro giorno non eri andato a casa di Kyle per scaricarlo?-
Già, le intenzioni erano quelle. Ma come glielo spiegavo che era andata in maniera leggermente diversa?

-Non ne ho avuto il coraggio. Sono un cazzo di cagasotto.-

-Beh, non saprei cosa consigliarti. Ti dico solo che per me lasciare una ragazza è molto facile, lo faccio senza problemi. Ma non so come funzioni tra maschi, magari è più complicato.-

In quel momento, mi si accese una lampadina.
E se il problema fosse proprio il fatto che io frequentavo solo maschi? Magari se avessi provato con una ragazza le cose sarebbero state diverse.
O forse ero solo stupido e non riuscivo a darmi la colpa per la mia mancanza di polso.
Sta di fatto che non me ne rendevo ancora conto, e mi sembrava un'idea maledettamente geniale.

-Hai ragione, è questo di cui ho bisogno. Una ragazza.-

-Ma non ti è mai piaciuta una ragazza, non puoi obbligarti a farlo...-

-Magari provo ad uscire con qualcuna qualche volta e vedo come si mettono le cose. Perché non mii consigli qualche contatto?-

Clyde era incredulo, e come dargli torto. Tuttavia, decise lo stesso di assecondarmi, facendomi vedere i profili Facebook di alcune ragazze. Non erano esattamente il mio tipo.

-Ma... non sono le puttanelle del Raisins?-

-Sì, perché?-

-Non vorrei una mezza prostituta, Clyde.-

-Oh... beh, amico, sai che tipo di ragazze frequento io... insomma, sono tutte molto succinte, non saprei chi presentarti. Forse dovresti provare con qualcuna della classe.-

Non avevo mai avuto grandissime opinioni delle ragazze della nostra classe, ma era bene tentare.
Sarebbe stata anch'ella un disperato tentativo di scollare Tweek dal mio cervello? Certo che sì, ma avevo la mente così tanto confusa che non riuscivo a distinguere cosa fosse davvero giusto o sbagliato per me.
Stava di fatto che la prima cosa da fare era mollare Kyle una volta per tutte, e visto che non ero assolutamente in grado di riuscire a farlo guardandolo negli occhi, optai per la cosa più codarda che ci sia a questo mondo, vergognandomene anche parecchio.

Hey, non penso che dovremmo continuare tutto questo. Fidati, è meglio per entrambi. Non ho intenzione di farti ulteriormente del male. Mi spiace Kyle”.
Premetti invio, prima di raggiungere la classe assieme a Clyde.

 

N.A: Ciao a tutti! Sono qui solo per chiedervi di far caso alla citazione nella frase di Craig “misi giù il telefono”. SE NON LA COGLIETE SIETE DELLE PERSONE OrRiBiLi.

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Capitolo 4
*** Kenny ***


Avevo fatto di tutto.
Letteralmente, di tutto. Eppure, la mia musa continuava a non degnarmi neanche di uno sguardo.
Erano passati anni da quando si era trasferita, e io non avevo mai fatto altro che starle dietro.
Certo, mi sono divertito nel frattempo, altroché. Ma qualcosa mi diceva che infilarmi in altre ragazze a caso non sarebbe mai stato lo stesso di infilarsi dentro Alexis.
Sì, all'inizio era tutta una questione di infilarsi. Quando quella gran gnocca era arrivata nella nostra classe, il mio obiettivo principale era proprio quello. Ma poi qualcosa è andato storto: mi aveva detto no. E non solo una volta, ma due, tre, quattro, cinque, dieci, venti.
Finché non diventò immensamente intrigante quella Donna con la D maiuscola, la quale non aveva certo intenzione di concedersi al primo stronzo che le capitava a tiro, come mi era sempre capitato con tutte le altre ragazze.
Era bella, forte e stramaledettamente eccitante quando faceva la dura, e dopo che erano trascorsi mesi da quando avevo cominciato a “corteggiarla” mi chiesi cosa diavolo mi avesse fatto quella ragazza.
Perché mi comportavo così? Era la prima volta che mi ossessionavo con qualcuno, nel vero senso della parola. Ero confuso e non riuscivo a spiegarmelo, allora posi questo interrogativo ai miei amici, la cui risposta fu molto semplice ed esaustiva:

-Semplicemente, ti piace.-

Rimasi un attimo attonito dalle parole di Stan, che, tra l'altro, le aveva pronunciate con estrema leggerezza e quasi banalità. Non mi aveva nemmeno guardato. Eravamo a mensa in quel momento, durante un qualsiasi normale giorno di scuola, e lui era troppo impegnato a mangiare per potermi anche solo rivolgere gli occhi.

-Scusami?- chiesi, inarcando un sopracciglio, mentre con lo sguardo ricercavo risposte anche negli sguardi di Kyle e Cartman, i quali, esattamente come Stan, se ne stavano altamente sbattendo della gravità della cosa.

-Era anche ora che ti piacesse seriamente una ragazza, Kenny.- fu Kyle ad intervenire, col suo solito tono saccente da perfettino del cazzo.

-A me lei non piace!- obiettai, fermamente convinto di cosa stavo dicendo! O forse no...

-Beh, che c'è di male?- Stan stavolta mi aveva guardato, con un'espressione perplessa stampata in volto. Chiaramente non stava capendo cosa io intendessi.

-Niente, ma non è vero!-

-Non sei mai stato così tanto dietro ad una ragazza. Sembri un ebete peggio di Stan con Wendy quando la guardi, cazzo!-

Per una volta, tutti sembravano d'accordo con Cartman.
Le sue parole mi ammutolirono. Rimasi qualche secondo a giochicchiare con la scarsa quantità di cibo presente nel mio piatto, senza sapere come continuare.

-Sembro davvero un ebete?-

-Da morire.- rispose Stan, annuendo.

Cazzo, allora forse quella mi piaceva davvero. Come risolvere una situazione simile? Ero del tutto nuovo a certi tipi di sentimenti,
Non sapevo come diamine comportarmi, e inoltre lei pareva non considerarmi minimamente. Non sembrava avere nessunissima intenzione di provare a darmi una chance, e la cosa mi faceva stare male.
Inizialmente provai ad ignorare la cosa, cercando di auto convincermi del fatto che non ero tipo da cazzate simili come star male per una ragazza. Provai a “riempire il vuoto” come sapevo fare meglio io, ma niente da fare.
Per quanto mi sforzassi con corpo ed anima, Alexis non voleva uscire dal mio fottuto cervello, e la cosa mi stava decisamente corrodendo lentamente.
Ricordo perfettamente il giorno in cui mi resi conto che dovevo rassegnarmi, per quanto doloroso fosse. Non ero alla sua altezza, era evidente, ed io dovevo accettare la cosa per quella che era.

-Tutto okay?- Stan mi riportò alla realtà, mentre ero totalmente immerso nei miei pensieri.
Non gli risposi, mi limitai ad annuire debolmente.

-Non hai toccato cibo.- eravamo di nuovo a mensa, e la mia scarsa metà di panino era ancora chiusa nel sacchetto.

-Non ho fame.-

-Kenny, se è per Alexis...-

-Sì, e ti dico già da subito che non ho bisogno di consigli. Ho deciso di gettare la spugna.-

-Davvero?-

-Davvero.-

-Beh... sai, forse è un bene...- non capii a cosa si riferisse con “forse è un bene”, per cui lo lasciai continuare senza replicare. -voglio dire, ti stavi solo facendo del male. E poi ora che c'è Craig non credo che fosse ancora il caso di...-

-Che hai detto?- Stan mi guardò come se si fosse appena reso conto di aver fatto un danno enorme. Assottigliai gli occhi, sentendo un sentimento di rabbia attraversarmi lungo la spina dorsale.

-Niente...-

-No, ora continui.-

-Ma niente, Kenny.-

-Parla, cazzo.- non ero esattamente lucido in quel momento. Quello che avevo sentito non mi era per niente piaciuto e volevo saperne di più, nonostante sapessi in cuor mio che la cosa mi avrebbe fatto incazzare.

-Li abbiamo visti insieme prima, stavano mano nella mano. Forse stanno uscendo insieme o non so...- stava quasi sussurrando, temendo la mia reazione.
Rimasi qualche istante a fissare il vuoto, mentre andavo letteralmente a fuoco dalla collera che mi stava completamente circondando.

-Kenny, io te ne ho parlato solo perché tu mi hai detto di voler lasciar perdere...-

Non ascoltai.
Non volevo ascoltare nessuno. Stan, Kyle, Cartman, tutti gli stronzi presenti nella mensa, non esistevano per me. Stavo ignorando persino il mio buonsenso e la mia coscienza quando mi alzai dal mio posto, dirigendomi verso Craig.
Picchiettai sulla sua spalla.
Lui si voltò.
E io lo colpii. L'impatto del mio pugno carico d'odio contro la sua guancia lo spinse all'indietro, facendolo cadere a terra.
Non mi importava di un cazzo. Ora sentivo solo adrenalina.

-Che c'è, finocchio mancato, mh? Sei già a terra?! Alzati stronzo, alzati.-

Sentii improvvisamente tutti gli occhi addosso, un paio in particolare, quelli di Alexis.
Volevo che mi guardasse, volevo che mi vedesse bene mentre facevo a pezzi il suo fidanzatino.
Ma in realtà avevo grandemente sottovalutato Craig.
Con lo sguardo carico d'ira, si rialzò in piedi, e non ci mise più di cinque secondi ad attaccare, colpendo alla perfezione la mia faccia.
Faceva male, e sentivo il mio naso cominciare a gocciolare sangue, ma non gliel'avrei data vinta per niente al mondo.
Ci azzuffammo per parecchio tempo. Non ricordo quanto, mi sembrò un'inifinità. Incassai parecchi colpi, come del resto anche Craig, e non riuscivo a sentire altro che le voci degli altri, che, in coro, gridavano “BOTTE! BOTTE! BOTTE!”.
E, come degli animali da circo, li stavamo accontentando.
Sarebbe durata per sempre, se non fosse stato per il signor Mackey e per il preside PC, i quali ci divisero e ci portarono entrambi nell'ufficio consulenze; ovviamente in separata sede, cosicché non potessimo accusarci l'un l'altro.
Quando fu il mio turno, mi sorbii un discorsetto di mezz'ora del preside, che era convinto che io avessi aggredito Craig per via della sua omosessualità. Peccato che io l'avevo fatto per la ragione esattamente opposta: aveva fatto il finto eterosessuale con la ragazza sbagliata.
E dopo minuti e minuti di spiegazioni inutili sul rispettare sempre gusti sessuali, etnie, religioni e culture altrui, fui finalmente libero.
Stanco morto, pieno di lividi e col naso insanguinato, ma libero.
Paradossalmente, l'unica cosa positiva in quello schifo di giornata era il fatto che ero stato sospeso per una settimana, per cui non avrei più visto brutte facce di cazzo per un po'; avevo tutto il tempo per acquietare il mio animo tormentato.
E proprio mentre mi stavo tristemente dirigendo alla porta d'ingresso principale per tornare a casa, accadde l'inaspettato.

-Kenneth!-

Avrei riconosciuto quella voce tra mille. Rimasi un attimo paralizzato, forse me lo stavo immaginando.
Mi voltai con cautela, e con mia sorpresa, non era la mia immaginazione a farmi brutti scherzi.
Alexis stava correndomi incontro, ed una volta davanti a me si prese qualche secondo per recuperare il fiato perso durante la corsa.

-Devo parlarti.-

-Che c'è?-

-Io... non avrei mai pensato che... insomma, non volevo andasse a finire così.- per una volta, mi aveva guardato senza disprezzo. Aveva finalmente puntato i suoi occhi verde smeraldo verso i miei in maniera sincera, oserei dire dolce.

-Non è colpa tua.-

-Sì invece. Ho sbagliato ad essere prevenuta nei tuoi riguardi. Io... vorrei solo che non ti fossi mai fatto male a causa mia. Credimi, Kenneth... anzi, Kenny... non credevo ci tenessi così tanto a me da arrivare a tanto.-

Non potevo credere a cosa stava accadendo. Forse stavo sognando come al solito, ma se così fosse stato pensai di non volermi mai più svegliare.
Non dissi nulla, non ebbi la forza di rispondere, ma ero così contento che l'unica cosa che il mio corpo riuscì a produrre fu solo un sorriso.
Un largo sorriso felice, come mai lo ero stato prima.
Lei lo ricambiò, e giuro su Dio che aveva il sorriso più bello che i miei occhi avessero mai visto.
Pensai di essermi ridotto ad una cazzo di checca nel credere queste cose di lei.

-Hai del sangue sui denti, lo sai?-

-Lo so.- caspita, se lo sapevo. Ormai la mia bocca non sapeva d'altro che di ferro.

-E allora perché sorridi?-

-Mi chiedo anche io la stessa cosa, forse perché quando sto con te non riesco a fare altro.-

Lei sorrise ancora, sembrava quasi lusingata. Allora, delicatamente, tirò fuori con la propria mano la mia, che avevo infilato nella tasca del mio tipico giubbotto arancione.

-Permetti di accompagnarti in infermeria a pulire quel sangue, mio eroe?-

-Volentieri.-

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Capitolo 5
*** Tweek ***


Stavo perdendo il controllo, e anche la sanità mentale.
Senza Craig che tenesse a bada la mia ansia mi sentivo totalmente perduto, e soprattutto completamente solo.
Dovevo ammetterlo, non riuscivo a stare senza il suo stramaledetto pragmatismo. Certo, era più forte di lui minimizzare i miei problemi e cercare in ogni modo di darvi un riscontro razionale e logico, ma nonostante ciò gli bastava poi poco per riuscire a trovare sempre le parole giuste al momento giusto.
E mi mancava. Avevo fatto la più grande cazzata della mia vita mentendo su di lui, l'avevo perso per sempre. Non ci parlavamo da ormai giorni, e la situazione stava diventando ingestibile.
Sono sempre stato un gran consumatore di caffè, ma in quel periodo la caffeina nel mio corpo aveva raggiunto valori indecenti; sono sicuro che di lì a poco avrebbe cominciato a scorrermi nelle vene sostituendo totalmente il sangue.
Non so nemmeno quante ciocche di capelli ho involontariamente strappato via durante uno dei tanti attacchi di panico in piena regola avuti in quei giorni, durante i quali mio padre non fece altro che regalarmi decine di fidget spinner, nel disperato tentativo di calmarmi.
Ma io non avevo bisogno di fottute eliche roteanti, io avevo bisogno di Craig.
Il problema era che ero paralizzato dalla paura, e proprio per quel motivo nell'ultima settimana non mi ero fatto vivo a scuola, rifiutandomi di alzarmi dal letto se non per mangiare ed andare al bagno.
I miei genitori erano in pensiero, ma io sapevo perfettamente che non si stavano preoccupando per me e per le mie precarie condizioni, quanto per i loro affari alla caffetteria. Il “figlio gay” non li avrebbe più aiutati a fare più soldi del solito, se quest'ultimo non aveva più contatti col suo ex fidanzatino. Questo era l'unico motivo di cruccio dei miei, quindi sapevo di non poter fare su di loro alcun tipo di affidamento, non che prima lo facessi più di tanto.
Ero irrimediabilmente e tristemente solo, ma la cosa peggiore era che non mi ero mai accorto di quanto Craig fosse fondamentale nella mia vita prima che smettesse di farne parte.
Ormai mi ero convinto del fatto che non ci fossero più speranze per noi. Né come amici, né come... qualsiasi altra cosa fossimo io e lui.
Mi ero arreso, perché da solo non avevo la forza di lottare. In più, non avevo stimoli esterni, nel senso che non avevo la benché minima idea di come la vita di Craig stesse procedendo.
Come stava? Mi aveva dimenticato? Cosa faceva senza di me? Aveva trovato qualcuno con cui rimpiazzarmi?
Ogni singolo giorno quelle domande si facevano sempre più insistenti dentro la mia testa, e non sembravano intenzionate a lasciarmi in pace.
Era diventato estenuante sopportarle, dovevo arrangiarmi all'idea che non avrei mai ricevuto risposta... o almeno, questo era quello che io credevo.
Ma mi sbagliavo, fortunatamente. Era un venerdì, poco dopo l'ora di pranzo, quando ricevetti quella telefonata.

-Pronto?- non badai nemmeno al numero. Francamente non avevo voglia di parlare con nessuno, per cui risposi con noncuranza, pronto a liquidare brutalmente chiunque ci fosse stato dall'altro lato.

-Hey, Tweek.- fui abbastanza sorpreso di sentire la voce di Clyde, dato che per tutta la settimana in cui ero mancato non mi aveva mai scritto.

-Ciao, Clyde.- gli risposi, curioso di sentire cosa volesse.

-Come stai?-

-Alla grande- mentivo, ed era chiaro come il sole. La mia voce era fiacca ma allo stesso tempo tremante, non avrei mai potuto star bene. Ciononostante, non avevo voglia di lamentarmi con uno dei migliori amici di Craig del fattaccio, per cui minimizzai il tutto -e tu?-

-Non è molto importante come sto io, non trovi?-

La sua risposta mi lasciò un po' spiazzato, e per questo rimasi in silenzio per qualche istante. Perché gli interessava sapere come stavo?

-Ascolta, non voglio rompere le palle se non ne vuoi parlare. Ti ho chiamato solo per avvertirti di cosa è successo a scuola.-

-E' successo qualcosa a Craig?!- persi dei battiti e la respirazione mi s'accelerò: se Clyde mi aveva chiamato ci doveva essere un motivo. Evidentemente qualcosa riguardo Craig non andava, e stavo cominciando ad andare in paranoia.

-Calmo...- cercò di tranquillizzarmi parlando lentamente e facendo profondi respiri. Dannazione, non avevo bisogno di un maestro di yoga!

-Dio, Clyde! Come cazzo faccio a stare calmo?! Dimmi che è successo!-

-D'accordo... Craig è stato coinvolto in una rissa. Con Kenny McCormick.-

-Che cosa...?- rimasi un attimo attonito. Una rissa? Perché? E perché proprio con Kenny? Era evidente che mi fossi perso dei particolari -e lui come sta?-

-Sta bene- tirai un sospiro di sollievo. I miei occhi stavano già cominciando a gonfiarsi di lacrime per lo spavento -però... ci sono delle cose su di lui che devi sapere. Posso parlartene, se vuoi. Non mi ha detto lui di farlo, ho preso io questa iniziativa perché sono sinceramente stufo di vedere Craig così confuso e te così disperato.-

Ero combattuto: da un lato morivo di curiosità e volevo tremendamente sapere cosa Clyde avesse da dirmi. Dall'altro, però, mi sentivo di mancare di rispetto a Craig sentendo certe cose.
Ma non potevo resistere... dovevo sapere se lui stava male almeno la metà di quanto ci stavo male io.

-Parlamene.-

-Sei sicuro?-

Risposi di sì. Ero sicuro: non importava quanto male avrebbe fatto, dovevo sapere.

...Cazzo, se avevo sbagliato. Quando Clyde mi disse quelle cose sentii trafiggermi il petto da cinquecento lame affilate.
Forse non ero pronto a quel dolore. Quando agganciai la chiamata, l'unica cosa che il mio corpo riuscì a produrre furono lacrime, calde lacrime addolorate che solcavano le mie guance e percorrevano miseramente il mio collo. Ma evidentemente non era abbastanza, dato che il passo successivo fu rimettere il poco cibo che avevo mangiato per pranzo; e mentre mi trovavo accasciato di fianco al gabinetto, tremante e con la puzza di vomito che impregnava la stanza, mi resi conto che, per una volta, dovevo farmi coraggio ed affrontare ciò che mi faceva paura.
Allora seguii il mio istinto, e l'unica cosa che feci prima di uscire di casa fu recuperare un kit medico che i miei genitori tenevano nello sgabuzzino in caso di emergenze.
Ero davvero pietoso: avevo i capelli scompigliati, la camicia abbottonata male e due occhiaie violacee disgustose che pendevano sotto i miei occhi spenti.
Ma non mi importava, in quel momento stavo agendo senza pensare.
Una volta arrivato a destinazione, mi preparai psicologicamente tirando qualche sospiro prima di bussare al campanello.

-Ma che ci fai tu qui?!-

Sapevo che sarebbe stato Craig a venirmi ad aprire, conoscevo bene le abitudini della sua famiglia: di venerdì il signor Tucker era a lavoro per tutto il giorno, e la signora invece approfittava sempre dei momenti liberi del primo pomeriggio per portare la piccola Tricia al parco.
Per cui, era solo. Mi fece uno strano effetto rivederlo: un misto tra sollievo, dolore e sconforto, dato che non aveva proprio un'ottima cera.
Il suo occhio destro era semichiuso ed arrossato, sicuramente presto sarebbe diventato nero. In più, aveva un tampone semi sporco di sangue infilato nella narice.

-Clyde mi ha detto cosa è successo oggi.- mormorai, quasi intimorito della sua reazione. -sono venuto a darti una mano.-

-Non ho bisogno di aiuto.-

-Craig, per favore...- forse non era molto dignitoso implorargli di darmi retta, ma volevo davvero dargli una mano. Ma soprattutto, cosa più importante, avevo bisogno di parlargli e di sapere perché avesse fatto quelle cose.
Così, lo fermai appena in tempo dal chiudermi la porta in faccia, e dopo qualche attimo di titubanza lui si decise a farmi entrare.

-Sentirai un po' di dolore...- sussurrai, prima di tamponare delicatamente il livido attorno al suo occhio.
Diversamente da quanto pensassi, Craig stava facendo meno capricci del previsto. Mi aveva fatto entrare, e si era seduto sul bordo del tavolo da cucina lasciandosi medicare senza fiatare.

-Perché sei venuto qui?- mi chiese, cercando di catturare il mio sguardo col proprio, senza però riuscirci. Non potevo proprio guardarlo, o sarei scoppiato a piangere di nuovo.

-Per aiutarti con le ferite.-

-Non mi dire stronzate, Tweek. Clyde ti ha detto anche altro, vero? Dì la verità.-

Deglutii, incapace di rispondere. Mi limitai a voltarmi dandogli le spalle, fingendo palesemente di frugare all'interno del kit medico, alla ricerca del nulla cosmico.
Sembrò accorgersene, dato che lo sentii sbuffare appesantito.

-Ascoltami, posso spiegarti.-

-Non c'è niente da spiegare. E' evidente che Kyle ed Alexis abbiano qualcosa che io non ho.-

-Tweek, non essere ridicolo.-

-Non sono ridicolo, Craig, mi sento solo preso in giro. Io sono stato di schifo in questi giorni, logorato dal dolore di non averti più accanto. E tu, invece? Vai a sbatterti quella puttanella.-

-Ognuno ha il proprio modo di affrontare il dolore, Kyle è stato solo un disperato tentativo di dimenticarti. Con Alexis invece non c'è stata nemmeno una vera storia, ci siamo frequentati per pochissimo tempo, non ci ho fatto niente e ci siamo lasciati di comune accordo qualche ora fa, dopo la rissa. Ho provato ad uscire con una ragazza sperando che le cose sarebbero cambiate.-

-Quindi mi stai dicendo che hai deciso di affogare tutti i tuoi dolori in un culetto ebreo vergine?-

-Detto così non è molto carino, ma...-

-Sei proprio uno stronzo.-

Stavo sfogando tutto ciò che avevo tenuto represso in quei giorni, e lo stavo facendo furiosamente.
Talmente tanto che persi il controllo. Mi avvicinai a lui, cominciando a tirare dei pietosi deboli pugni contro il suo petto, cercavo di fargli male come lui ne aveva fatto a me.
Il problema era che nel frattempo il mio corpo mi tradì, facendomi mettere a piangere come una checca proprio in quel momento. Ero davvero ridicolo, e Craig parve accorgersene, dato che riuscì a neutralizzare subito i miei movimenti, bloccandomi i polsi lungo i fianchi.
E poi, un bacio.
Un bacio inaspettato: mi ritrovai le labbra intrappolate da quelle di Craig, e stranamente non riuscivo a far nulla, se non bearmi di tutte le incredibili emozioni che quel contatto mi aveva appena suscitato.
Ci baciammo a lungo, non so dire quanto. So solo che furono indubbiamente i minuti più intensi di tutta la mia vita.
Craig si staccò da me solo per abbracciarmi, stringendomi a lui come se non volesse più lasciarmi andare.

-Ti prometto che saremo felici.-

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Capitolo 6
*** Stan ***


Quell'inverno sembrava non finire mai. Forse perché stava andando tutto male, male da fare schifo.
Tutto era cominciato a precipitare da quando tra me e Wendy era finita, per l'ennesima volta. Le fasi che attraversai furono esattamente identiche a quelle che avevo già vissuto almeno tre o quattro volte con lei, ma la verità è che non ci si abitua mai a certe cose.
Cominciava sempre così: pensando che fosse una stronza che non mi meritava, una bugiarda succhiacazzi per cui avevo sprecato fin troppo tempo.
Poi però diventavo una checca ingestibile, basti pensare a quando ebbi la brillante idea di unirmi ai goth solo per attirare la sua attenzione, finché non mi rendevo conto che ero stato io ad aver sbagliato, e tornavo sui miei passi per implorare a Wendy di darmi un'altra chance.
Quella volta però arrivai ad un vicolo cieco: forse noi due non eravamo fatti per stare insieme e forse io dovevo solo rassegnarmi ed accettare la cosa... più facile a dirsi che a farsi.
Mi faceva dannatamente male vederla da lontano, osservandola mentre stava palesemente benissimo anche senza di me. Io ero a pezzi, ma a quanto pare ero l'unico.
E la cosa più dolorosa era che, a differenza delle altre volte, mi ritrovai completamente da solo; solo col mio malessere.
I miei “amici” -anche se in quell'occasione non è che lo fossero poi così tanto- erano evidentemente troppo impegnati in tutt'altre faccende per poter anche solo notare quanto stessi di schifo.
Prendi Kenny: da quando aveva cominciato a frequentarsi con quella ragazza aveva completamente perso il poco lume di ragione che possedeva.
Ormai il mondo era a forma di Alexis per lui, dato che tutto emanava il suo profumo, tutto gli ricordava i suoi occhi, la sua bocca, il suo sorriso. Era diventato quasi intollerabile, specialmente poi se la tipa in questione non è che fosse un premio Nobel per la simpatia, no di certo; anzi.
La trovavo insulsa, una ragazza alla costante ricerca di attenzioni e per di più anche una grande manipolatrice.
Sapeva perfettamente quanto Kenny stravedesse per lei; ciononostante continuava a tenerlo in un inutile limbo, senza ufficializzare nulla e rimanendo in uno stallo tra l'amicizia stretta ed il fidanzamento.
Il problema principale era che dovevo farmela andar bene, per due motivi: il primo era che se per Kenny non c'era alcun problema essere preso per il culo e si trovava bene con lei, io non avevo la benché minima voce in capitolo, dovevo a malincuore rispettare la sua scelta senza impicciarmi.
Il secondo invece, quello più importante, era che Alexis era la migliore amica di Wendy, per cui la cosa più conveniente era non farmela nemica, così magari avrebbe messo una buona parola su di me.
Insomma, non potevo far affidamento su Kenny, era ormai assodato. Ma non era poi così grave, del resto non era lui la mia ancora di salvezza, colui a cui mi rivolgevo quando il mondo mi stava stretto.
Quello era Kyle, ed era così strano per me non trovarmelo accanto in situazioni come quella. Ma lui non c'era, non c'era perché da qualche giorno non lo riconoscevo nemmeno più.
Sempre silenzioso, sempre in disparte. Mangiava poco, aveva smesso di studiare: era praticamente un fantoccio senz'anima; ormai nemmeno più gli insulti razzisti di Cartman riuscivano a scuoterlo.
Ogni volta che mi azzardavo a domandare il motivo di tanto scazzo quotidiano, lui si irritava incredibilmente, ordinandomi in malo modo di farmi gli affari miei.
Dovevo fare qualcosa, dovevo salvare la nostra amicizia e dovevo farlo per il bene di entrambi.
Pensai e ripensai per giorni a cosa avrebbe potuto aiutare Kyle nei suoi problemi, di qualsiasi tipo essi fossero, ma fu davvero difficile per me trovare una risposta, siccome non sapevo minimamente quali diamine fossero le difficoltà.
Allora mi vidi costretto ad optare per qualcosa di semplice ma d'effetto: una festa.
Ma sì, una festa l'avrebbe sicuramente aiutato! Insomma, che c'è di meglio di un po' di divertimento e vitalità per uno che la voglia di vivere sembra averla irrimediabilmente perduta?
Inoltre avrebbe fatto bene anche a me bere qualcosa e stare coi miei amici.
Quindi lo feci, cominciai ad organizzare il tutto. Cibo, alcool, musica, videogiochi; e poi, la cosa più importante di tutte: riferire a Kyle il tutto.
Eravamo a mensa, e lui non aveva toccato cibo, cosa ormai abituale.

-Hey, Kyle.- al mio richiamo, lui sollevò lo sguardo spento che teneva impiantato verso il basso, guardandomi con indifferenza.

-Hey.-

-Volevo parlarti...-

-Non mi va molto di parlare.-

-Lo so, ma fidati, è importante. So che ultimamente non stai granché bene... così ho deciso di provare a farti stare meglio. Che ne dici di una festa a casa mia, domani sera? Ci divertiremo, berremo qualcosa, giocheremo a qualche videogame e staccheremo un po' la spina da tutto. Ce lo meritiamo, Kyle.-

-Stan, apprezzo il tuo altruismo, ma ignorare i problemi non serve a risolverli.-

-E dai, piantala di essere razionale per una buona volta. Qui non si tratta di ignorare i problemi, si tratta di ricominciare a vivere. Per favore, dammi una possibilità.-

Non sembrava convinto, per niente. Mi guardava con la fronte aggrottata, in chiaro segno di dissenso.
Ma alla fine, con mia sorpresa, lo convinsi. Non potevo essere più felice, ero così convinto che quella stupida festa avrebbe aggiustato le cose che ormai non pensavo ad altro.
Lo step successivo era racimolare più invitati possibili in modo da rendere il party ancor più grandioso: più gente ci sarebbe stata, più ci saremmo divertiti, e più il “festeggiato” si sarebbe distratto.
Partii proprio dalle persone che sopportavo un po' meno, così da togliermi subito il fardello dalle palle.

-Ciao, ragazzi!-

-Che c'è?- la voce acida di Craig che pareva in costante giudizio non tardò a rispondermi.

-Mi piacerebbe invitarvi alla mia festa di domani sera. E' in onore di Kyle che sta attraversando un periodo un po' merdoso.-

Craig e Tweek, seduti l'uno di fianco all'altro al loro solito tavolo in mensa, cambiarono totalmente espressione.
Il primo assunse un'aria quasi colpevole, sospirando appesantito; il suo fidanzatino, invece, era stranamente incazzato. Talmente tanto che pareva essere sul punto di fumare dalle orecchie.

-Ehm, tutto bene...?-

-Con che faccia tosta vieni ad invitarci?!-

-Hey, datti una calmata, Tweek! Capisco che non siamo proprio in ottimi rapporti, ma non mi sembra il caso di...-

-Non si riferisce a quello... Ma Kyle non ti ha detto niente?- Craig mi interruppe, facendomi poi quella curiosa domanda. Ero decisamente confuso, e lo si poteva notare dalla mia espressione intontita.

-Cosa avrebbe dovuto dirmi...?-

-Non parliamone qui, vieni.-

Craig mi condusse con sé nel bagno dei ragazzi, chiudendosi la porta alle spalle ed appoggiandovisi con la schiena; era evidente che non volesse far sentire a Tweek ciò che stava per dirmi.

-Io so perché Kyle sta male.-

-Cosa? Fammi capire, l'ha detto a te e non l'ha detto a me?-

-Lui non me l'ha detto. Lo so perché il motivo per cui Kyle sta male sono io.-

Non capivo. Kyle stava male a causa di Craig? E allora se era così semplice, perché non avrebbe dovuto parlarmene? E cosa diavolo poteva essere successo con uno come Craig? Non mi pareva che avessero molto a che fare... miliardi di domande affollavano il mio cervello confuso in quel momento.
Pietrificato da quelle parole, non risposi, dunque Craig proseguì.

-Vedi, a lui io piacevo, e di recente abbiamo avuto una specie di... relazione di letto, se vogliamo chiamarla così. Il fatto è che stavo di merda per la storia di Tweek, così io... ecco, lui era così disponibile ed io così solo... e quando poi mi sono reso conto di star sbagliando, ci siamo mollati in maniera non troppo felice...-

Non riuscivo a credere a ciò che le mie orecchie stavano sentendo. Sbattei le palpebre più volte, convinto di star sognando. E invece no, tutto vero.
Non mi turbava il fatto che Kyle fosse gay, quello l'abbiamo sempre sospettato tutti; e nemmeno che avesse fatto sesso con Craig. La cosa che più mi deludeva era che non me l'avesse detto.

-Ascolta, non dirgli che te l'ho detto io, e ti consiglio anche di evitare l'argomento davanti a lui; se non te l'ha detto significa che parlare della cosa lo fa stare male, rispetta la sua scelta e basta. Ora, comunque, credo sia chiaro il motivo per il quale io e Tweek non potremo essere alla tua festa. Stammi bene.-

Craig lasciò la stanza, lasciandomi lì al centro del bagno. Immobile, come un idiota.
Quando tornai indietro seguii il consiglio che mi era stato dato poco tempo prima: non feci parola di nulla con nessuno.
Dovevo imparare a non immischiarmi, anche se in quel caso era davvero difficile, date le circostanze.

Ad ogni modo, alla fine giunse la tanto attesa sera della festa; preparai le ultime cose e poi, poco prima dell'arrivo di tutti, raccomandai a mio padre di starsene buono e tranquillo in camera sua, senza venirci a disturbare. Conoscendolo, avrebbe consumato lui tutti gli alcolici e si sarebbe fumato tutta l'erba che avevo chiesto loscamente a Kenny di portare.
Fortuna che era lui l'unico intralcio alla buona riuscita della serata, dato che mia madre e Shelly non erano più in casa. Il matrimonio tra i miei genitori era ormai bello che andato da molti mesi a quella parte, e le due donne di casa si erano trasferite temporaneamente dai miei nonni materni.
Poco male per me, meno adulti a cui pensare.
A tarda serata, le persone cominciarono a bussare al campanello, e la casa si riempì man mano.
Arrivarono tutti, anche gente indesiderata, tipo Alexis.
Non l'avevo invitata, ma Kenny l'aveva portata con sé ugualmente. Non me ne lamentai, magari avrei approfittato dell'occasione per parlarle di Wendy...
Sì, l'avrei fatto volentieri; peccato che non ne ebbi l'opportunità, dato che la stronzetta aveva decisamente esagerato con l'alcool, ed era diventato impossibile parlarle seriamente.
E poi, come se non bastasse, aveva anche inspiegabilmente trascinato sulla via del male il povero Kyle, il quale aveva disperatamente deciso di affogare il proprio dolore in vodka liscia e rum ai quali lui non era per nulla abituato.
Inutile dire che ci volle meno di un'ora prima di trovarmelo collassato sul pavimento.
Non era ciò che volevo, dannazione. Mi stavo innervosendo parecchio.

-Kenny, fai i complimenti alla tua ragazza. Per colpa sua Kyle ora sta male, è ubriaco fradicio e lei è messa anche peggio, se possibile!-

Pensavo di trovare un appoggio in Kenny, ma mi resi conto dell'impossibilità della cosa quando lo vidi stravaccato sul divano, strafatto e con uno spinello tra le labbra.

-Lascialo stare... volevi che si divertisse, no? Non fare lo spacca maroni, Stan. Rilassati.-

Alzai gli occhi al cielo: inutile parlare con Kenny nel pieno della botta, avrei solo sprecato fiato.
Così, mi rimboccai le maniche, e mi affrettai a portare il corpo molle di Kyle al piano di sopra, in camera mia.
Lo stesi sul letto, lo coprii e lasciai che si rilassasse. Aveva ripreso conoscenza ma non era per niente lucido, doveva riposare.

-Kyle, hai esagerato. Ora dormi, domattina starai meglio.-

-Stan, no...- la sua voce era implorante, era chiaro che non volesse che me ne andassi. -rimani con me, ti prego... non voglio restare da solo, ti supplico... stenditi, di fianco a me, non andare.-

Non potevo dirgli di no, gli avrei spezzato il cuore ancor più di quanto Craig non avesse già fatto; oltretutto si era anche messo a singhiozzare, stava per piangere... non potevo abbandonarlo.
Allora mi distesi di fianco a lui, ed immediatamente venni imprigionato in un abbraccio.

-Hai un buon profumo, Stan...- Kyle strofinò la punta del naso contro il mio collo, posandovi un bacio sopra.
Mi sentivo tremendamente a disagio, ancor più quando le sue labbra si spostarono, finendo a baciare le mie.
No, non mi piaceva per niente ed era imbarazzante da morire... tuttavia non mi spostai, né ricambiai quel gesto. Rimasi immobile, pensando che avevo davanti il mio migliore amico gay appena uscito in maniera brusca da un rapporto con la persona che amava, per di più ubriaco da far schifo. Non potevo essere così stronzo, forse gli avrebbe fatto bene quel contatto.
Ma forse non era stata la scelta più saggia da compiere, dato che poco dopo sentii qualcosa insinuarsi all'interno dei miei pantaloni e delle mie mutande, finendo a sfiorarmi il cazzo. E nel momento in cui realizzai che fosse la mano di Kyle, lo allontanai bruscamente, scattando in piedi ed allontanandomi il più possibile.

-Cosa cazzo fai?!- sbraitai, senza sentirmi nemmeno in colpa. Ero stato comprensivo con lui data la sua condizione, ma aveva fottutamente esagerato e non mi importava quanto male potesse rimanerci a causa del mio rifiuto.

-Scusa... scusami Stan, io...-

-Vattene, Kyle.-

-No, ti prego, mi dispiace tanto...-

-Ho detto che devi andartene, cazzo!-

Fui un po' crudele, ma in quel momento non mi importava assolutamente: lo spinsi giù dal mio letto e lui, barcollante e con le lacrime agli occhi, abbandonò la mia camera.

-Fanculo, che schifo di serata.- imprecai a denti stretti, prima di chiudere la porta, sbattendola.

Ed in quel momento, poco prima di rimettermi a letto, presi una delle decisioni più ardue di tutta la mia vita: Kyle ed io non dovevamo più aver nulla a che fare. Era meglio per lui e soprattutto per me.
Poi, dopo, solo silenzio.
 

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Capitolo 7
*** Alexis ***


Non avrei mai dovuto accettare la proposta di Kenny, quella di accompagnarlo alla festa di Stan... io me lo sentivo che qualcosa sarebbe andato storto.
Tra l'altro non ero nemmeno stata invitata, ma non c'era da stupirsene più di tanto: Stan non stravedeva esattamente per me, tutt'altro. Piuttosto sembrava odiarmi, ma francamente me ne fregava ben poco della sua opinione, dato che nemmeno a me stava molto a genio per via del comportamento ridicolo ed ipocrita che spesso e volentieri assumeva con la povera Wendy, costretta a sopportarlo. Del resto ero stata proprio io a convincerla a mollarlo una volta e per sempre, lei meritava molto di meglio.
Per cui non avevo particolare interesse ad andare alla sua festa, ma Kenny mi aveva letteralmente implorato di farlo: ci teneva a passare più tempo con me, siccome io gli avevo esplicitamente detto che prima di ufficializzare un ipotetico fidanzamento, avremmo dovuto conoscerci meglio, molto meglio.
E dovevo ammettere che si stava davvero impegnando con tutta l'anima a guadagnarsi il mio amore, faceva di tutto per farsi notare, e non potevo negare di starmi gradualmente cominciando ad interessare a lui.
Ma dovevo dare tempo al tempo, non volevo correre per poi rimanere nuovamente delusa come era già successo con Craig.
Anche se, in realtà, mi dispiaceva un po' tenerlo nel limbo, ed era per questo che decisi di accettare quel maledetto invito: dopo tutti i sacrifici che stava facendo per me, un favore potevo pure concederglielo, no?
Non l'avessi mai fatto. Tutt'ora non ricordo assolutamente nulla di quello che combinai in quella sera, so solo che bevvi come una spugna ogni tipo di alcolico lì presente. Non avevo in programma di ubriacarmi, ma si sa, alle feste un drink tira l'altro e alla fine non ci si controlla quasi mai.
Vagamente, ricordo anche un'insolita vicinanza a Kyle, nonostante nessuno dei due si fosse mai curato dell'esistenza dell'altro. Fatto sta che parlammo molto, e probabilmente fu anche lui vittima dell'enorme quantità di alcool che buttammo giù.
Dopo quello, il buio più totale; ricordo solo quel tremendo risveglio al mattino seguente.
Ci misi un bel po' a mettere a fuoco le immagini che mi si pararono davanti non appena aprii gli occhi: tutto era sbiadito, e la prima cosa che sentii fu un dolore lancinante alla testa.
Una manciata di secondi, e poi mi ricordai di quanto avevo bevuto la sera prima, realizzando allora che il mio malessere era perfettamente normale.
Il problema era che non avevo la benché minima idea di dove mi trovassi. Ero stesa su qualcosa di morbido, indubbiamente un letto, all'interno di una stanza mai vista prima.
La cosa che però mi allarmava era che fossi nuda, e che di fianco a me ci fosse uno sconosciuto; non uno qualsiasi, sembrava un adulto.
Scattai in piedi, pensando subito al peggio: mi aveva per caso violentato? Non c'era altra spiegazione, dato che non l'avevo mai visto in vita mia.
Ero tremante di paura, ed in fretta e furia raccattai i miei vestiti per indossarli nuovamente più veloce che potevo. Volevo scappare prima che si svegliasse, ma non ci riuscii: evidentemente avevo fatto più rumore di quanto immaginassi.

-Hey, ti sei sveglia...-

-Stammi lontano, hai capito?!- indietreggiai finendo spalle al muro, temendo che potesse attaccarmi da un momento all'altro.
Lui sembrava non capire, mi guardò attonito.

-Tutto bene?-

-Stai scherzando?! Mi hai appena violentato e mi chiedi se va tutto bene?!-

-Cos... no, Alexis, ci dev'essere un equivoco...-

-Non chiamarmi per nome, Cristo santo, non ti conosco! Io me ne vado.- affermai, riprendendo freneticamente a vestirmi, dato che ero rimasta imbambolata a parlargli solo con la maglietta e l'intimo.

-Mi conosci invece... sono io, sono Randy. Per favore, lasciami spiegare. Forse non ricordi perché ieri eri ubriaca, ma sei stata tu a venire qui quando io...-

-Non inventare stronzate, non ti credo.-

-Non sto mentendo... non potrei mai farlo, io sono stato molto bene con te stanotte.-

-Sei una persona disgustosa, approfittarsi così di una ragazza ubriaca è da vigliacchi.-

-Io non mi sono approfittato di te, se solo mi lasciassi spiegare...-

-Vorrei solo sapere come ti sei introdotto qui. Non credo tu sia stato invitato alla festa di Stan, non mi sembri proprio un ragazzino.-

-Ehm... veramente, io sono il padre di Stan, non ricordi?-

Avrei accettato di tutto, proprio di tutto... tutto, ma non quello.
Guardai quell'uomo di mezza età seduto di fronte a me quasi terrorizzata... non poteva essere vero.

-Oh mio Dio...- mormorai, un attimo prima di aprire la porta della stanza e scappare via.
Avevo le lacrime agli occhi, quasi mi mancava il fiato per quanto stavo correndo.
Pregai mentalmente che nessuno mi avesse visto, e mentre percorrevo la scalinata di casa Marsh che mi avrebbe portato al piano di sotto, mi venne in mente ogni possibile conseguenza negativa che quella mia azione avrebbe potuto comportare; ognuna di esse avrebbe mandato la mia vita inevitabilmente in frantumi.
Volevo scomparire, scomparire per sempre.
E proprio mente stavo precipitandomi alla porta di ingresso per andar via, una voce riuscì a fermarmi momentaneamente.

-Hey, Alex!- mi voltai lentamente, ancora con gli occhi gonfi ed i capelli spettinati dalla corsa appena fatta.
Era Kenny, e ovviamente il senso di colpa cominciò a divorarmi l'anima. Non riuscii a trattenermi, e ripresi a singhiozzare, istericamente, davanti a lui.
Coprii il mio volto con le mani, mi facevo ribrezzo e non volevo che mi vedesse.

-Hey... hey, che succede?- mi si avvicinò, ma io mi scostai ancora.

-Alex, ho fatto qualcosa di sbagliato? Per favore, non piangere, piuttosto dimmi se c'è qualcosa che non va.-

No, lui non aveva fatto proprio nulla di sbagliato, lui era perfetto. Ero io quella disgustosa dei due.
Istintivamente, mi nascosi fra le sue braccia, lo strinsi a me perché grazie a lui riuscivo a sentirmi una persona migliore. E poi, con sorpresa di entrambi, poggiai le mani sul suo viso e catturai le sue labbra in un bacio, che parve essere molto gradito: Kenny mi aveva baciato come se fossi letteralmente l'ultima donna rimasta sulla terra.
In ogni caso stavo agendo d'impulso, non ci avevo riflettuto e magari era la cosa giusta da fare, dato che mi sentii un po' più sollevata.

-Allora finalmente ti sei decisa!- esclamò, chiaramente al settimo cielo. Era adorabile, e mi venne spontaneo ricambiare quel sorriso così contagioso.

-Sì... ma come mai sei ancora qui?-

-Ho dormito sul divano di Stan, ieri mi sono strafatto e mi sono addormentato qui per errore... tu, invece? Sei scesa dal piano di sopra?-

Il cuore cominciò a palpitarmi all'impazzata, e probabilmente sbiancai completamente.
Che gli dicevo?

-Ehm... non lo so, ero ubriaca e... mi sono svegliata... in bagno, sì.- arrancai, sperando che Kenny non avesse notato la balbuzie improvvisa.

-Oh, d'accordo.-

Fortunatamente, non ci fece caso.
Nei giorni seguenti, le cose parevano aver preso la giusta piega: io e Kenny ci fidanzammo ufficialmente, nessuno aveva visto nulla di quella sera ed io mi sentivo ormai al sicuro, potevo accantonare per sempre la cosa e gettarla nel dimenticatoio.
Ma, ovviamente, non poteva essere così. Sarebbe stato troppo facile, no?
Proprio per questo, in un bel giorno in cui mi trovavo tranquillamente in camera mia a studiare, mi squillò il telefono: un numero non salvato in rubrica mi stava chiamando.

-Pronto?- risposi, incuriosita.

-Alex?-

-Sì? Chi è?-

-Sono Randy.-

Ecco, in quel preciso momento sentii nuovamente assalirmi la voglia impellente di sparire dalla faccia della Terra e trasferirmi su un altro pianeta remoto.
Presi un profondo respiro, richiamando tramite esso tutto il coraggio e la pazienza che sapevo appartenermi in maniera decisamente riduttiva.

-Salve, signor Marsh. Desidera?-

-Perché mi dai del lei?-

-Perché lei è il padre di un mio compagno di classe, come dovrei chiamarla altrimenti?-

-Sì, ma noi...-

-Non esiste nessun noi, va bene? Nessuno.-

-Esiste, invece. Non puoi negare l'evidenza, Alexis.-

-E' stato solo uno sbaglio. Un errore madornale, qualcosa che non sarebbe mai e poi mai dovuto succedere.-

-Ascoltami, io non credo che sia così... io non sono più riuscito a dimenticarti Alex, tu mi piaci davvero.- non potevo credere a ciò che stavo sentendo: quella conversazione stava rasentando il ridicolo.

-Scusi la domanda indiscreta, ma sua moglie?-

-Non sono più sposato da un po' di tempo.-

-Mi dispiace davvero per il suo matrimonio, ma io non sono la soluzione. Sono fidanzata.-

-Ah, ma davvero? Non lo eri quando abbiamo fatto sesso.-

-Sì, è una cosa molto recente.-

-Per caso lo conosco? E' un amico di Stan?-

-Non credo che siano cose che la riguardano!-

-Scusa, ma mi riguardano eccome. Fino a prova contraria, credo di essere arrivato prima io.-
Ci fu qualche istante di silenzio. Cosa diamine avrei dovuto dirgli? Non era normale che si stesse ingelosendo, la cosa mi faceva abbastanza incazzare. E proprio mentre stavo per prendere fiato così da ordinargli di lasciarmi in pace una volta per tutte, lui mi anticipò.

-D'accordo, scusami. Non devo impicciarmi, hai ragione. Vorrei solo che tu ascoltassi quello che ho da dirti.-

-Non cambierebbe nulla.-

-Sì, invece. Se tu sapessi come è successo, sono sicuro che cambieresti idea.-

-Bene, allora parli.-

-No, non per telefono... vediamoci.-

-No, non se ne parla.-

-Per favore, ne ho bisogno. Se non cambierà nulla tra noi ugualmente, prometto che non ti contatterò mai più.-

Ci riflettei per qualche istante: ovviamente il cervello mi ordinava di dirgli di no... ma l'istinto, invece, suggeriva di provare. Tanto, cosa sarebbe potuto succedere? Ero abbastanza curiosa di sapere come realmente mi ci ero infilata in quel casino: se mi avesse forzata o se realmente mi fossi proposta io, come Randy sosteneva.

-E va bene, d'accordo. Ma solo per parlare, sono stata chiara?-

-Sì, certo. Promesso, ti farò passare una serata bellissima e cambierai idea. Passo a prenderti stasera.-

Già, chissà perché non ne ero così convinta.
Senza saperlo, mi stavo scavando la fossa ogni istante di più, e purtroppo quello era solo l'inizio della mia rovina.
 

N.A: Ehilà! Torno in scena solo per potervi rassicurare. Lo so, lo so a cosa state pensando. Pensate io sia pazza, immagino... nel caso fosse così, sappiate che AVETE RAGIONE.
No dai, scherzi a parte, non sconvolgetevi troppo. Prendetela sul ridere, sulla nobile arte del plot twist e della comicità inaspettata, se così la vogliamo chiamare.
Spero siate arrivati vivi a fine capitolo, in tal caso grazie mille per aver letto! <3

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Capitolo 8
*** Randy ***


Non ci vedevo proprio nulla di male in ciò che stavo facendo.
Del resto, al cuore non si comanda, no? E io non potevo farci niente se mi ero innamorato -o quasi- di quella ragazzina.
Sì, lo so. La differenza di età era davvero immensa, e lei, tra l'altro, non pareva avere intenzione di darmi qualche minima chance; oltretutto si era anche fidanzata.
Ma non mi sarei fatto fermare da quelle futili congetture mentali, in quanto era ovvio che Alexis avrebbe fatto fatica a metabolizzare la cosa inizialmente.
Non dev'essere stato facile per lei scoprire improvvisamente di essere stata a letto con un uomo adulto mentre era ubriaca durante la festicciola scadente di uno dei suoi amichetti di scuola, per quello stava reagendo bruscamente. Ma io ero convinto che, con un po' di sacrificio, lei si sarebbe lasciata andare e mi avrebbe concesso una possibilità.
L'amore non ha età, e gliel'avrei dimostrato; gliel'avrei dimostrato proprio in quella tanto attesa sera, in cui l'avrei portata a cena fuori.
Senza false modestie, mi sentivo estremamente in grado di corteggiare e sedurre una donna anche alla mia veneranda età, dunque sapevo quali tattiche utilizzare per farla cadere ai miei piedi; del resto un completo elegante accompagnato da una cena a lume di candela fa impazzire ogni tipo di ragazza, anche la più tosta come Alexis.
Ci tenevo che fosse speciale, non mi importava se avrei dovuto spendere un capitale. Sapevo che ne sarebbe valsa la pena.
La andai a prendere attorno alle nove, era una bellissima serata costernata di stelle luminose: assolutamente perfetta.
Quando finalmente la vidi, rimasi incantato. La trovavo sempre più bella, ma lei non pareva essere dello stesso parere.

-Buonasera, Alex. Sei stupenda stasera...-

-Santo cielo Randy, smettila di leccarmi il culo.-

La sua risposta mi lasciò interdetto. Non stavo facendo il lecchino, io lo pensavo davvero!

-In che senso...?-

-Sono vestita come la nonna di mia nonna, non mi sono truccata né tanto meno pettinata. Sono uscita appositamente brutta.-

-A me piaci anche così!-

Ed era vero, dannazione, eccome. Quella lì sapeva essere bella anche quando, citandola, era “uscita appositamente brutta”; ma in ogni caso non parve gradire il mio pensiero.
Si spalmò una mano in faccia, come se la stessi profondamente irritando.
Tempo al tempo, pensai. Non dovevo farmi scalfire.
Quindi, la portai ugualmente al ristorante. Ci sedemmo l'uno di fronte all'altro, come se fossimo una vera coppia. Sarebbe potuto essere un momento magico, ma Alexis era di tutt'altro parere, di nuovo.

-D'accordo, Randy. Io ti ho fatto felice e sono venuta fino a qui, ma non ho intenzione di fare la tua concubina per tutta la sera. Quindi comincia a parlare subito, oppure io alzo i tacchi e me ne vado.-

-Ma dai Alex, siamo appena arrivati! Perché non cerchi di rilassarti un po' e goderti la serata?-

-Non sto scherzando, cazzo. Smettila di farmi perdere tempo e sputa il rospo.-

Non comprendevo il motivo di tutto quel veleno ingiustificato nei miei riguardi. Io la stavo trattando come una principessa, perché mi si rivolgeva in quel modo?

Forse dovevo accontentarla e basta; cosa che tra l'altro faceva comodo anche a me, visto che ero fermamente convinto del fatto che, dopo aver sentito la nostra storia, si sarebbe ricreduta.

-D'accordo. Cosa vuoi che ti dica?-

-Voglio sapere come ci sono finita tra le tue lenzuola la sera della festa.-

-E' stato un incontro voluto dal destino. Eri ubriaca fradicia, e sei entrata in camera mia senza nemmeno accorgertene, convinta che fosse il bagno. Io in quel momento stavo... uhm...-

-Per favore, non dirmi che ti stavi facendo una sega...-

-... beh, in realtà sì. Ma aspetta, non saltare subito a conclusioni affrettate, lasciami finire. Quando mi hai visto tu mi hai detto che capivi cosa si provasse ad essere soli dopo un matrimonio in rovina, visto che tua madre ci era passata in prima persona, e che ti dispiaceva per ciò che stavo provando, che non lo meritavo. “Nessuno lo meriterebbe”, mi hai detto. Poi, il resto è venuto da sé...-

-Scusa, che intendi con “il resto è venuto da sé”?!-

-Intendo che... insomma, tu mi hai abbracciato per confortarmi... e poi la tua mano è finita sul...-

-Cristo, non voglio saperlo, sta' zitto.-

Mi rispose acidamente, prima di coprirsi il volto con entrambe le mani dalla vergogna. Si vedeva che stava soffrendo, che si sentisse sporca ed umiliata. L'ultima cosa che volevo era farla star male, ma la cosa parve aggravarsi ancor più quando prese a singhiozzare silenziosamente.

-Alex... non fare così...- sussurrai, sporgendomi di poco verso di lei e cercando un contatto tra le nostre mani, ma lei si ritrasse immediatamente.

-Non toccarmi, stammi lontano.-

-Ti prego, ragiona...- non volevo vederla piangere, mi si stringeva il cuore a quella visione.

Avrei voluto proseguire a parlarle così da rincuorarla, ma venni interrotto da... ah, dannazione, un cameriere di merda.

-Hey, amico, non vedi che non è il momento?!- gli chiesi, visibilmente stizzito.

-Mi spiace signore, volevo solo domandare a lei e sua figlia se foste pronti per ordinare.-

-Mia figlia? No, ti sbagli. Non è mia figlia, lei è la mia...-

-Figlia- Alexis mi interruppe bruscamente, asciugandosi le lacrime ed alzandosi dal suo posto. -sono sua figlia. Del resto non potrei avere altri tipi di legami con lui, no? Comunque, per me nulla. Tanto sto andando via.-

E lo fece davvero. A passo svelto, raggiunse l'ingresso del locale, intenzionata ad uscire. Dovevo impedirglielo.
Le corsi dietro, arrivando anche all'esterno ma, fortunatamente, allontanandoci di pochi passi dal ristorante.

-Alex, ti prego aspetta.- la immobilizzai per qualche istante afferrandole il braccio, ma ella si divincolò subito.

-Levami le mani di dosso!- sbraitò, con la voce ancora strozzata dalle lacrime. Non voleva nemmeno che la toccassi...

-Perché ti comporti così? Io non ti capisco...-

-Hai anche il coraggio di chiedermelo? Io ho fatto sesso con una persona di cui a stento conoscevo l'identità, tradendo la fiducia del mio ragazzo e, soprattutto, la mia integrità morale. Randy, noi non abbiamo scopato per via del destino, o perché siamo fatti l'uno per l'altra o per chissà quale altro cazzo. E' successo perché io ho avuto pietà di un uomo solo e soprattutto triste, solo perché mi hai ricordato quanto dolore mi fa vedere mia madre stare sempre da sola, perché ha sposato una persona di merda che l'ha abbandonata. Io non starei con te nemmeno con una pistola puntata alla tempia, ci siamo capiti? E ora sloggia, e stammi lontano.-

Ero ferito. Anzi, distrutto. Le parole di Alexis mi avevano trapassato il cuore molto più di una volta sola, sembrava quasi che avesse fatto di tutto per distruggermi.
Se quello era il suo intento, ci era riuscita.
Difatti, quando tornai a casa, la prima cosa che feci fu buttarmi su tutto l'alcool che mi era rimasto in casa, inghiottendone in quantità industriali finché il dolore non mi sarebbe passato del tutto.
Che puttana del cazzo. Lo pensai più volte e la insultai anche ad alta voce, nel pieno del delirio da sbronza.
Doveva pagarla per quello che mi aveva detto, e sapevo anche come. Barcollante e piuttosto affaticato, mi sedetti davanti al computer: tutto lo schermo era dannatamente sfocato e confuso, e per questo ci misi un bel po' a digitare Facebook sulla barra di ricerca di Google.
Ma alla fine ci riuscii, e una volta loggato cercai subito il profilo della stronza.
Eccolo lì, il nome che cercavo: “fidanzata ufficialmente con Kenny McCormick”.
Quel nome non mi era nuovo... l'avevo già sentito, eccome. Realizzai dopo poco: Kenny era uno dei migliori amici di Stan. Ma certo, il figlio di Stuart!
Lo conoscevo, il bastardo che mi aveva rubato la donna. A quel punto, fu per me ancora più facile rintracciarlo per potergli scrivere.

la tus puttwna e una succhiacazi, stai atentp amico. Lho scopata alla fests di stan e se lho fattp io potrebbe farlo chiunquw, volevo solo avvertirt..... ah comunqwue saluta tuo padre :-)”.

Ovviamente non mi rendevo conto né di quanti errori stessi facendo né tanto meno del casino in cui mi stavo infilando, volevo solo vendicarmi e basta.
Così, inviai; poi, nient'altro. Solo io che collasso con la testa sulla scrivania.
Certo, forse non era la cosa più matura che potessi fare. Ma, del resto, lei mi aveva rovinato la vita.
E allora anch'io dovevo rovinare la sua, no?

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Capitolo 9
*** Kyle ***


Persi il conto di quante lacrime avevo versato da quando avevo chiuso ogni tipo di rapporto con Stan.
Non mi ero mai sentito così solo in tutta la mia vita: prima il ridicolo messaggio di Craig per scaricarmi in modo facile e poco impegnativo, poi il mio ormai ex migliore amico che ignorava completamente la mia esistenza. Erano giorni che si era distaccato da me, voltandosi dall'altro lato ogni volta che mi trovavo a passargli di fianco; ma evidentemente non ero solo io il suo problema, dato che il processo di allontanamento stava man mano avvenendo anche nei confronti di Kenny e Cartman.
Il fatto era che a loro due fregava relativamente poco: Kenny aveva finalmente conquistato il cuore di Alexis, quindi in quel periodo per lui non v'era nulla al mondo che meritasse più considerazione di lei; Cartman invece... beh, stiamo parlando della superficialità in persona, non gli importava nulla di cosa fosse successo a Stan, tanto meno il motivo per il quale lui avesse tagliato i ponti con tutti.
Già, ma loro due non erano me. Io e Stan eravamo sempre stati una cosa sola, lui era la mia unica vera ancora di salvezza e proprio non riuscivo ad accettare le cose per come erano andate.
Era vero, avevo sbagliato a... toccarlo in quel modo. Ma era stato solo un istinto: ero annebbiato dall'alcool ed oltretutto soffrivo come un cane a causa di quel vile figlio di puttana sfruttatore di Craig.
All'inizio colsi la sua ostilità quasi come un tradimento. Pensai che avrebbe dovuto capirmi, magari non assecondarmi, ma come minimo evitare di trattarmi di merda solo perché ero triste e dannatamente solo. Ma poi, a mente fredda, mi resi conto che io senza il mio migliore amico non riuscivo proprio a starci, non importava chi avesse ragione e chi torto.
Certo, pensavo ancora che i suoi modi fossero stati troppo estremi rispetto alla situazione, ma ero disposto a mettere da parte tutto e a farmi perdonare una volta per tutte.

Sì, ma... come fare? Ero troppo imbarazzato e soprattutto troppo spaventato da un possibile rifiuto per potergli parlare così direttamente, quindi dovevo escogitare un piano differente.
Allora, utilizzai tutto il mio ingegno al fine di trovare un possibile risvolto dei fatti, senza però ottenere alcun risultato. Mi resi conto di star perdendo solo tempo ed energie: arrivai alla conclusione che non ci fosse modo di risanare quel logorato rapporto, e la cosa mi fece sentire un verme.
Eravamo amici dall'asilo, eppure non ero riuscito nemmeno a trovare un punto d'incontro tra noi due. Ero davvero un amico pessimo.
Rassegnato, pensai che dovessi rivolgermi a qualcuno che potesse darmi un parere esterno, ma che fosse allo stesso tempo sufficientemente legato a Stan da conoscerlo almeno quanto me.
E chi si adattava a questo compito meglio di Wendy?
Forse era poco rispettoso rivolgersi alla ex del mio migliore amico per poter far pace con lui... ma ero disperato, e non avevo altra scelta.
Ricordo perfettamente quel giorno: mi diressi a scuola carico di adrenalina, deciso a mettere un punto a quella storia per sempre.
Durante le lezioni, la mia attenzione era rivolta totalmente verso Wendy, cercavo il momento più adatto per parlarle; non le scollai gli occhi di dosso nemmeno per un attimo, e per questo... notai qualcosa di decisamente curioso, che mi lasciò perplesso per molto tempo.
Wendy si recava spesso in bagno. Fin qui niente di anormale, il problema era che tutte le volte che lei usciva, dopo pochi istanti anche Cartman necessitava l'utilizzo della toilette.
Non era un caso isolato, era successo tutte le volte. Non poteva essere una coincidenza...
Mi insospettii parecchio, e allora il primo impulso fu quello di seguirli: durante la ricreazione, dunque, mi allontanai furtivamente dalla classe, recandomi nei bagni degli uomini.
Aprii lentamente ogni porta, finché, arrivato all'ultima, non trovai l'inaspettato.

-Wendy...?!- esitai appena un istante, prima di serrare subito gli occhi e d'istinto chiudere la porta.
Vedere Wendy e Cartman pomiciare animatamente mentre lui infilava le sue sudice manacce sotto i suoi vestiti, non era proprio il mio sogno nel cassetto.
Il mio viso divenne totalmente paonazzo, e non solo per la vergogna provata in quel momento, ma soprattutto per la rabbia: Cartman era uno schifoso pezzo di merda, stava limonando con la ex di quello che sarebbe dovuto essere uno dei suoi migliori amici, e non ne sembrava minimamente pentito. Era spregevole, oltre che disgustoso!
Poi, però, ci pensai un attimo... forse la cosa non era così negativa come immaginavo. Magari, riferendo il tutto a Stan, lui me ne sarebbe stato grato e avremmo potuto finalmente mettere da parte le nostre divergenze.
Certo, era molto crudele nei confronti di Wendy... ma dovevo pensare a me stesso, per una volta.
Così mi affrettai: feci per uscire dal bagno in modo da poter spifferare malvagiamente il tutto, ma qualcosa mi fermò.
O meglio, qualcuno.

-Kyle, aspetta!- era ovviamente Wendy, che mi stava correndo dietro a perdifiato.

-Wendy, non è il caso di parlarne, credimi.-

-Ti prego Kyle... non devi dirlo a Stan...- la sua voce era rotta e tremolante. Sembrava stesse per piangere.

-Perché?-

-Perché questa roba con Cartman non significa niente... io sono solo tanto sola, Kyle, e mi manca Stan.-

Le sue parole mi riportarono indietro con la mente: aveva usato qualcuno per riempire il vuoto lasciato da un'altra persona. Mi ricordò dolorosamente me e Craig, e in quel momento capii anche che in quel caso il povero sfruttato della situazione era proprio Cartman.
Incredibile ma vero, cominciai a provare compassione per lui e collera verso Wendy.

-Se ti manca così tanto Stan, va' da lui anziché fare la troia con Cartman!-

Non avrei mai voluto dirle quelle cose così cattive, l'avevo fatto solo perché il suo comportamento mi aveva ricordato quanto dolore avevo provato io nel sentirmi solo una futile ruota di scorta.

-Scusa, Wendy... non volevo...-

-No, Kyle, tu hai assolutamente ragione. Farò il primo passo con Stan e metterò da parte l'orgoglio... tu però non dirgli di quello che hai visto, ti supplico.-

Non potevo essere così stronzo. Non potevo ignorare le sue preghiere e dire tutto a Stan ugualmente, oltretutto lei sembrava essere estremamente pentita e disposta ad aggiustare le cose.
Quindi... persi la mia occasione. Ed il giorno dopo mi ritrovai esattamente punto e daccapo.
Avevo bisogno di pensare e fare mente locale.
Abbandonai la classe per un po', perdendomi quasi un'intera ora di lezione; mi diressi in bagno e sfilai il mio cappello verde, liberando così la mia folta chioma rossa che, a quanto pare, diventava sempre più ribelle ogni giorno di più.
Guardai la mia immagine riflessa nello specchio per molti secondi, con lo sguardo totalmente perso.
Non sapevo più chi ero, le cose andavano sempre peggio e io stavo sempre più male. La solitudine mi stava uccidendo.
E proprio mentre ero nel mezzo di pensieri esistenziali di questo calibro, un rumore mi distrasse.
Qualcuno era entrato, chiudendosi la porta alle proprie spalle.

-Ciao, Kahl!-

Avrei riconosciuto la voce di Cartman tra milioni. Ma che ci faceva lì?
Evitai di rispondergli, nel frattempo lui si posizionò davanti all'orinatoio, calandosi i pantaloni e... sì, insomma, quello.
Voltai lo sguardo per sottrarmi ad una vista poco piacevole; dedicai appena mezzo minuto a lavarmi le mani e poi sgattaiolai fuori.
O almeno, è ciò che provai a fare, prima che Cartman -che aveva oramai terminato le sue funzioni fisiche-, me lo impedisse, afferrandomi per le spalle e bloccandomi contro il muro.
Affondò una mano tra i miei capelli, stringendoli saldamente cosicché potesse guidare i miei movimenti, difatti mi fece alzare la testa nei suoi confronti, costringendomi a guardarlo.

-Che cazzo fai, ciccione?! Togliti subito e molla i capelli!- sbraitai, premendo entrambe le mie mani contro il suo petto nel vano tentativo di scansarlo, ma fu inutile. Io ero troppo gracile, lui invece troppo grosso, nonostante non fosse più obeso come pochi anni prima.

-Shh, ebreo! Smettila di fare la checca isterica e stammi a sentire.- Cartman mi tappò la bocca con la propria mano, calcando così fortemente la presa da impedirmi di poter muovere il minimo muscolo.

-Sei arrossito quando mi hai beccato con Wendy, e lo stai facendo anche ora. E in più, ti sei anche arrabbiato come un matto. Perché? Secondo me sei geloso.-

Lo smisurato ego di Cartman gli appannava la vista, mostrandogli cose che non esistevano nemmeno. Io non ero geloso, dannazione! Il punto era che non potevo nemmeno dirglielo, visto che mi aveva tolto la facoltà di parola.

-So della storia di Stan...- sgranai gli occhi. Come diavolo faceva a saperlo? -... e ora tu ti chiederai sicuramente come faccio a saperlo... Ma questo non è importante. L'importante è: perché? Perché perdi tempo a voler risolvere con Stan quando è stato lui a fare il cazzone con te?-

A quel punto, Cartman mollò la presa sulla mia testa e sulle mie labbra. Fu abbastanza delicato nel farlo, come col tono di voce nelle sue ultime parole. Stava davvero cercando di aiutarmi o voleva solo prendermi in giro come suo solito?
Lo conoscevo, dunque ero ovviamente sospettoso.

-Che ti importa?-

-Per una volta che hai ragione, ebreo...- sollevò gli occhi al cielo, quasi come se ammettere quella cosa lo infastidisse in qualche modo. -sto solo cercando di aiutarti.-

-Non... ho bisogno del tuo aiuto.-

-Preferisci rimanere da solo per tutta la vita, Kahl?! Sai com'è fatto Stan, sarebbe capace di tenerti il broncio per sempre. Ti conviene affidarti a me, se vuoi sopravvivere. Lo dico per te.-

Che Eric Theodore Cartman si stesse preoccupando per me risultava davvero insolito, ma... avevo altra scelta? In fondo, eravamo più simili di quanto pensassimo: ci eravamo passati entrambi per il dolore di essere scarti di altre persone. Forse poteva davvero capirmi.
E allora lo feci. Mi fidai di lui, non sapendo in realtà di starmi andando ad infilare in un casino ancora più grande.

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Capitolo 10
*** Eric ***


Fare dell'ebreo tutto ciò che più desideravo ed approfittarmi della sua patetica fragilità fu uno stramaledetto gioco da ragazzi.
Non potevo essere più soddisfatto di così: avevo fatto proprio un ottimo lavoro, Kyle ci era cascato come un citrullo e ben presto divenne una perfetta marionetta tra le mie mani.
Non fu difficile, quindi, fargli usare le labbra non solo per petulare come era tanto abituato a fare di solito, ma anche per altro di molto, molto più interessante.
Così, quel giorno, dopo scuola, lo portai a casa con me. Lo tenni buono con le solite stronzate a cui fingevo di interessarmi: i compiti, le sue lamentele riguardo Stan, riguardo Craig... cose del genere.
E poi, la conferma finale della brillante riuscita del mio piano.

-Sai, Eric...- cominciai a capire di avercela praticamente fatta da quando aveva cominciato a chiamarmi per nome e non più Cartman, piuttosto che “ciccione”, “culone” o chissà che altro.

-Cosa?-

-Sei la persona che mi è stata più vicino in questi giorni in cui ero completamente a pezzi. Se non ci fossi stato tu non so dove sarei ora... mi chiedo come potrò mai ringraziarti.-

Oh, piccolo ingenuo Kahl... davvero un discorso toccante. Ma io sapevo bene come poteva ripagarmi dei servigi svolti.
E allora, accadde. Avevo sempre immaginato che Kyle potesse essere un'ottima puttanella... ma, diavolo, era meglio di quanto mi aspettassi!
Incredibile che ci avesse messo meno di una settimana a cadere tra le mie braccia... o forse è meglio dire tra le mie gambe. Era bastata qualche parolina smielata e melensa per far sì che quell'ebreo mi succhiasse il cazzo.
E non solo quello, oh no. Se decidevo che di prendermi qualcosa, certamente non mi limitavo solo alla punta dell'iceberg.
La ricordo bene la sensazione di goduria che percepii in tutto il mio corpo quando lo aprii in due. Finalmente, con quel gesto, avevo vinto; vinto su tutte le nostre battaglie, le piccole discussioni, i battibecchi mattutini e, soprattutto, avevo vinto la fottuta scommessa dei folletti.
E, oltretutto, posso anche vantarmi di avergli dato una bella lezione fisica, visto che non sono stato affatto gentile con lui. Non ricordo nemmeno di essermi lubrificato, ma non mi sento affatto in colpa: del resto doveva essere punito per tutte le volte che mi aveva mancato di rispetto, no?
Doveva capire bene chi era a comandare tra i due, chi aveva sempre comandato.
E, tanto per essere chiari: non ho scopato quella checca ebrea perché sono gay, perché lui mi piace od altre cazzate simili. L'ho fatto solo perché dovevo rendere il mio ebreo mio in ogni senso.
Non aveva nulla a che fare coi sentimenti, e così sarebbe sempre rimasto.

… O almeno, così credevo. Poi qualcosa è andato storto; non so esattamente cosa. So solo che, passato un po' di tempo, ho iniziato a sentire la necessità di vedere Kyle ogni giorno, e non solo per sbatterlo al muro come una troia. Proprio quest'ultima parte mi preoccupava, siccome l'intento era sempre stato quello.
Insomma, senza l'ebreo non riuscivo proprio più a starci, e forse qualcosa che avesse a che fare cosi sentimenti c'era, ma ne resi conto troppo tardi.
Proprio come se il destino avesse deciso di remarmi contro e sputarmi in faccia, il giorno in cui mi resi conto che forse avevo cominciato a provare qualcosa per Kyle, ricevetti una visita inaspettata quanto sgradita.

-Huh? Che ci fai tu q...- non ebbi il tempo di finire la frase, dato che Stan, sull'uscio di casa mia, mi aveva afferrato il colletto della giacca, strattonandomi all'interno.
Che figlio di puttana.

-Che cazzo hai fatto a Kyle, grassone?!-

-Non so di che cazzo parli.- non riuscii a parlare bene, la sua presa era stretta e mi rendeva la respirazione piuttosto complicata.

-Non fingere con me, Cartman. Ultimamente state sempre appiccicati e lui ha smesso di provare a parlarmi, voglio sapere che cosa stai combinando.-

-Spiacente Stan, non ho tempo di parlare con una checca gelosa come te.-

L'avevo provocato appositamente, quindi forse un po' meritavo lo spintone che mi fece finire dritto col culo sul pavimento.

-Ti conviene parlare, non sto scherzando.-

-Non è colpa mia se tu l'hai piantato in asso in un momento di difficoltà e lui ha cercato in me del supporto morale. Ti lamenti che abbia smesso di cercarti, quando il primo a voltargli le spalle sei stato proprio tu. Cosa ti aspettavi, eh? Che ti corresse dietro per sempre? Sei proprio un coglione, Marsh.-

Non era la prima volta che in quell'ultimo periodo mi schieravo dalla parte di qualcuno con cui solitamente non mi trovavo mai d'accordo. L'unica differenza era che quella volta non lo stavo dicendo solo per ottenere una succhiata di palle, ma perché lo pensavo davvero.
Lasciai Stan ammutolito, forse ferito. Francamente ne ero anche contento; cazzo, se se lo meritava!

-E' inutile che fai il buon samaritano del cazzo, Cartman. Parlerò con Kyle, lo convincerò del fatto che lo stai prendendo in giro, perché tanto so che è così.-

-Kyle si fida di me, buona fortuna.-

Che stronzo. Voleva smerdarmi solo per potersi aggraziare il suo migliore amico!
Anche se era esattamente ciò che avevo fatto io... lui non doveva permettersi. Io sì, ma lui no, dannazione!
In ogni caso lasciai che attuasse tutti i suoi ridicoli piani: avevo fiducia in Kyle, sapevo che non mi avrebbe pugnalato alle spalle.
O almeno così credevo, fin quando non fu proprio Kyle a smentirmi.

-Hey babe, non ti aspettavo!- ero stupito di vederlo: di solito non mi raggiungeva a casa di primo pomeriggio, siccome lui aveva sempre da studiare. -come mai qui?-

-Perché mi hai fatto questo?- si limitò a mormorare, sollevando lo sguardo che fino a poco prima aveva tenuto fisso sui suoi piedi, rivelandomi i suoi occhi lucidi.

-Ma... cosa?-

-Voglio sapere perché, Eric.-

-Non dirmi che hai dato retta alle cazzate che ti ha raccontato Stan! Cristo, Kahl, perché non ti togli la sabbia dalla vagina e ne parliamo con lucidità?-

A differenza dello spintone di Stan, quel ceffone dritto sulla guancia non pensai di essermelo meritato. Ci furono pochi istanti di silenzio, spezzati solo dall'ultima frase di Kyle, che pronunciò appena prima di congedarsi.

-Ti odio.-

Non era la prima volta che sentivo quelle due parole mi venivano dette da Kyle, ma non erano mai state così tanto cariche d'odio e disprezzo.
Mi sentivo deluso, e tradito. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che avesse preferito credere a quel senza palle di Stan piuttosto che a me.
L'amarezza si trasformò ben presto in orgoglio e rancore. Non avevo bisogno di quella fottuta checca ebrea, anzi! Sarebbe stato lui a strisciare da me, implorandomi di perdonarlo.
Sì, ne ero convinto.
Beh, in realtà... lo speravo. Lo speravo davvero.

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