The King and Queen in Edom

di coldays
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Under the banner of Heaven ***
Capitolo 2: *** A way out ***
Capitolo 3: *** Make me wanna die ***
Capitolo 4: *** A call to the arms. ***
Capitolo 5: *** The infernal fire ***



Capitolo 1
*** Under the banner of Heaven ***


Fate is coming that I know
Let it go
Hear me now
Under the banner of heaven

Thirty seconds to Mars, Do or Die

-Salute, mio signore- disse, e vide i suoi occhi spalancarsi ancora di più mentre lei sguainava la spada e la sollevava in un arco luminoso, conficcandogli la lama nella gabbia toracica, la punta diretta contro il cuore.
Clary non lasciò andare la presa sull’elsa di Eosforos, né sulle spalle di suo fratello, fino a quando si rese conto di essere lei l’unica cosa a tenerlo in piedi. Ma non poteva lasciarlo andare, non poteva sopportare il pensiero di aver fatto anche una sola mossa sbagliata, mandando la loro ultima possibilità di salvezza in frantumi; non poteva neanche distogliere lo sguardo dagli occhi di Sebastian, che per un attimo –un istante soltanto- avevano lasciato trasparire il dolore per il suo tradimento.
Ho fatto ciò che doveva essere fattosi disse.
Le sue urla la riscossero; Sebastian si allontanò da lei, cadendo in ginocchio a terra, sconvolto, non aspettandosi una tale audacia da parte di sua sorella né tanto meno il fuoco celeste intrappolato nella lama dei Morgenstern, la compagna della sua spada.
Anche mia sorella avrebbe dovuto essere la mia compagna, pensò, in preda al panico, una sensazione per lui del tutto nuova, vuol dire forse che sto morendo? Per mano della mia sorellina? Avrebbe riso, se avesse avuto abbastanza fiato, abbastanza forze, se fosse riuscito a controllarsi, a trattenersi dall’urlare con tutto il fiato che aveva in corpo. Il dolore era insopportabile; peggio delle frustate di Valentine, peggio della predilezione di suo padre per Jace, peggio del disgusto per lui negli occhi di sua madre, peggio di qualsiasi ferita riportata in battaglia, peggio delle taglienti parole di Clary, “Io non ti amerò mai, Jonathan”.
A fatica, con la spada ancora conficcata nel petto –toglierla avrebbe fatto ancora più male, lo avrebbe consumato-, si alzò sulle ginocchia e guardò negli occhi Clary, che si portò una mano alla bocca come se avesse compreso d’un tratto cosa aveva appena fatto. –Tu…- Sebastian non riuscì a finire la frase, tu sei meravigliosa, avrebbe voluto dirle, non fingere di essere pentita delle tue azioni. Continuava ad urlare, la gola che bruciava, così come la gabbia toracica, e le vene ed ogni singolo capillare e terminazione nervosa, ma non importava più; era come se fosse un altro ad urlare, perché lui vedeva solamente sua sorella, sua sorella che lentamente cadeva in ginocchio, che non aveva ancora versato neanche una lacrima per il fratricidio appena commesso. Di nuovo, se solo avesse potuto, avrebbe voluto ridere per essere stato tanto sciocco da immaginare che sua sorella avrebbe potuto arrendersi a lui senza affrontarlo, quando invece si trattava solo dell’ennesimo inganno, e lei che si ostinava a sostenere che fossero diversi.
Si sentiva lacerato, come se dentro il suo corpo si stesse consumando l’eterna lotta tra Inferno e Paradiso; così all’esterno gli Ottenebrati gridavano per il loro padrone, quasi che provassero lo stesso dolore fisico, e i Nephilim per la loro stella, per la sua Clary, che tuttavia non rispondeva, guardava lui soltanto. Era una sensazione inebriante, per Sebastian, essere l’unico oggetto della sua attenzione, che gli impediva di pensare allo spettacolo terribile che stava dando di sé, a come dovesse sembrare debole nel pieno della sua caduta. Eppure la caduta era propria del suo essere, del suo nome, Morgenstern, come fosse un destino cui era impossibile sottrarsi. Sua sorella, che gli aveva trapassato il petto senza esitazioni, che aveva approfittato della sua debolezza per lei per colpirlo, come Delia con Sansone; sua sorella, che lo aveva reso libero e gli aveva concesso vendetta facendo in modo che loro padre venisse ucciso – e anche in quel caso, mia Clary, sei rimasta impassibile, non hai versato neanche una lacrima, non è così mia sorella?
Non si era mai sentito così leggero, nonostante il fuoco celeste che lo divorava annebbiandogli la vista, facendosi strada fino al cuore, non si era mai sentito leggero come in questo momento, sapendo di non essere solo, di non esserlo mai stato, perché sua sorella era esattamente come lui. E come lui era assetata di vendetta, e come lui era capace di mentire guardandoti dritto negli occhi. Oh, quante volte lo aveva ingannato sua sorella, e quanto sciocco è stato ogni volta, credendo di poter avere la meglio in modo definitivo. –Tu hai un cuore di tenebra, sorella mia.- Rantolò, soffocando le parole nel suo stesso sangue. E’ arrivata la fine?
-Sebastian… non mi hai mai lasciato scelta.- Sussurrò Clary, la voce triste ma ferma. Non poteva sopportarlo. Lui le aveva sempre lasciato scelta, le aveva sempre dato la possibilità di seguirlo, ovunque lui fosse e qualsiasi cosa facesse, e lei lo aveva sempre tradito, adducendo sciocchezze come il bene del mondo, o la “cosa migliore da fare”, giustificando ogni cosa fatta credendosi migliore di lui. Ma non era vero, non era mai stato vero, e non le importava ferirlo, non le importava che ora fosse a terra morente, o di averlo privato prima del padre e poi dell’unica madre che avesse conosciuto, e se possibile lui l’amava ancora di più per questo, per essere così determinata e testarda. Eppure non avrebbe potuto più averla, stava morendo.
Non avrebbe potuto più osservarla da lontano, chiedendosi se, se le cose fossero state diverse, avrebbe avuto il suo stesso colore degli occhi; non avrebbe potuto toccare la sua pelle, accarezzarle i capelli, scontrarsi con lei. Non avrebbe più rivisto lo sguardo assorto sul suo viso quando lo ascoltava raccontare delle loro origini, delle usanze dei Nephilim e del mondo delle Ombre. Non l’avrebbe addestrata, né avrebbe condiviso con lei quei segreti destinati soltanto ai Portatori di Luce e Tenebre, a loro, gli ultimi due Morgenstern.
Avrebbe voluto fare, e farle, tante di quelle cose, nel mondo che aveva creato solo per loro due. Sentiva la rabbia montargli dentro, non poteva andarsene così, giustiziato ai piedi del suo trono dalla sua Regina. Sebastian prese sua sorella per il polso, tenendola stretta, bruciandola nel punto in cui le dita le toccavano la pelle, e lei poté assistere ai cambiamenti che si susseguivano sul suo viso. La pelle era traslucida, fiamme dorate e nere si scontravano al di sotto, dipanandosi dal punto in cui la spada, che era ancora conficcata nel suo petto, lo aveva trafitto, ed essa iniziava velocemente ad affievolirsi sfrigolando. Suo fratello urlò, la voce piena di dolore, e i vetri del grande salone in cui si trovavano esplosero, e tenendola ancora per il polso la tirò più vicino a sé, un secondo prima che parte del grande lampadario crollasse, crepando il pavimento nel punto in cui prima si trovava lei.
Clary era sconvolta, suo fratello le aveva appena salvato la vita… e lei lo stava guardando morire per mano sua. Un groppo le salì in gola, non riusciva a capire perché, guardarlo era diventato doloroso, e sebbene le fiamme non danzassero più sotto la sua pelle, che era di un bianco cadaverico, Clary vide chiaramente i suoi occhi già neri scurirsi sempre, inghiottendo la leggera sfumatura argentea che divideva l’iride dalla pupilla, passando attraverso tutte tonalità che avrebbe voluto catturare con un gessetto, diventando solamente neri, e seppe, con una sensazione dolorosa allo stomaco, che qualcosa era andato storto. Anche Sebastian sembrò sorpreso quando sentì il rumore dell’elsa della spada staccarsi e toccare terra, la lama ormai carbonizzata, il Fuoco Celeste che si disperdeva nell’aria uscendo dalla ferita nel suo petto, aperta e sanguinante, ma non letale,solo estremamente dolorosa; tutto intorno a lui fu il caos, riprese la battaglia, ma lui aveva occhi solo per Clary e la consapevolezza che si faceva largo nei suoi occhi. –Te l’ho detto… Clary… non posso… essere… ferito… da nessuna arma! E non.. di certo… dalla spada di nostro nonno!- Sputò le parole con fatica, continuando a tossire sangue, e quando la guardò sorridendo folle, folle di felicità perché sarebbe rimasto con lei, anche il suo sorriso era un sorriso sporco di sangue.
Clary si allontanò da lui, ma sarebbe stato inutile, non l’avrebbe più lasciata andare, non avrebbe avuto più nessuna possibilità di fuga, perché, per l’Angelo, lo rendeva completamente pazzo e capace di qualsiasi cosa, anche di spegnere il fuoco celeste; questa volta non le avrebbe lasciato scampo. Il dolore era ancora terribile, ma sentiva di star riprendendo il controllo del suo corpo e con dei passi rapidi raggiunse Clary, grondando sangue dalle mani e dal petto, dove la ferita era ancora aperta, e si abbassò in modo da simulare un inchino, nonostante le lancinanti fitte al petto lo costringessero a tossire sputando sangue, ma quando alzò gli occhi su sua sorella, l’odore di sangue, del loro stesso sangue, gli incendiò lo sguardo. –Salute, mia Regina.- Jonathan non poté trattenere un sorriso estasiato vedendo il terrore nei suoi occhi, sentendolo nelle grida dei suoi amici ormai imprigionati dai suoi guerrieri. –Resta con me, in questa terra che io ho riservato a noi soltanto, ed i tuoi amici saranno salvi.- Loro, per lui, non avevano nessuna importanza; morti o vivi che fossero. –Bugiardo!- Urlò Isabelle, dimenandosi nella ferrea presa di un Ottenebrato -I confini tra i mondi sono chiusi, sei stato tu stesso a sigillarli!- Jonathan sorrise, come se non stesse aspettando altro che questa domanda, ma Clary lo anticipò. –Salva i miei amici, ed io resterò qui con te.- Se possibile il suo sorriso si allargò. –Sorella, tu resterai qui con me in ogni caso. Li salverò come prova del mio amore per te, e perché non intendo contrariarti.- Sotto gli sguardi sconvolti di tutti, iniziò a tracciare un cerchio di invocazione con il proprio sangue; Jace urlava, non potendo ribellarsi a causa delle rune immobilizzanti, e piangeva, gridando a Clary di non fidarsi, di non essere sciocca e di reagire, ma lei era immobile dietro suo fratello, sporca di sangue nei punti in cui l’aveva toccata, il viso rigato di lacrime, non avendo il coraggio di parlare. Dal cerchio prese forma un’ombra, da cui uscì un uomo alto e robusto che indossava un abito bianco, che metteva in risalto il suo pallore mortale; ai polsi brillavano dei gemelli a forma di mosca. Il suo volto aveva fattezze umane, ma la pelle era tirata sulle ossa e gli zigomi e la mascella sembravano affilati come rasoi. Aveva gli occhi verde e dorati, le pupille identiche a fessura come i gatti… e come Magnus, che riconoscendolo smise di agitarsi e cercò di portarsi quanto più vicino possibile al giovane Lightwood. Asmodeo sorrise vedendolo, ma prima di rivolgersi a lui rivolse un cenno a Jonathan. –Figlio di Lilith, è un piacere, anche se la tua gestione del regno mi lascia perplesso.- Con un gesto della mano indicò la generale distruzione che li circondava. Jonathan ringhiò, incurante di trovarsi di fronte un Principe dell’Inferno. –La gestione del mioregno non ti riguarda. Spediscili sulla Terra, prima che perda la pazienza adesso!- Il demone alzò un sopracciglio e, mentre Magnus, Jace e gli altri urlavano, schioccò le dita, facendoli scomparire. Clary cadde in ginocchio, non riuscendo a trattenere i singhiozzi; anche Jonathan cadde, poco lontano da lei, con le braccia aperte, non riuscendo a smettere di ridere e soffocando nel suo stesso sangue. Erano finalmente insieme, fratello e sorella insieme.
Asmodeo, con adesso entrambe le sopracciglia alzate, osservava la scena vagamente irritato. –Spero di non essere più disturbato. Discuteremo in seguito questo… imprevisto, Jonathan Morgenstern.- Disse rientrando nel pentagramma, dissolvendosi come fumo.



Hello everybody!
Sono coldays e dopo anni sono tornata sul fandom, con una nuova clastian! La parte iniziale è ovviamente ripresa da CoHF. Questa storia nasce dal desiderio di dare giustizia a Jonathan e Clary, il secondo capitolo arriverà presto... nel frattempo fatemi sapere se ci siete, e cosa ne pensate della storia, ci tengo davvero tanto perché alla fine si può dire che efp è stata la mia culla e adesso sono tornata alle origini. A presto! :)

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Capitolo 2
*** A way out ***


A way out
«everything I do, it comes undone
and everything is torn apart
and it’s the hardest part…»

The hardest part, Coldplay

Clary non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase sdraiata a terra, ad osservare il punto in cui la sua famiglia, i suoi amici e Jace erano scomparsi. Intorno a lei gli Ottenebrati si affaccendavano intorno a suo fratello, e lei sperava solo che la lasciassero lì a morire, o che le piantassero una spada nel petto per quello che aveva fatto al loro padrone.
Nulla di questo accadde, e dopo quelle che avrebbero potuto essere ore, mentre Sebastian veniva portato via, diede l’ordine di trasferirla nelle sue stanze. Due donne le si avvicinarono e la trasportarono per scale strette e corridoi lugubri, in una parte del castello che aveva parzialmente resistito al crollo. Da una delle finestre vide come il cielo fosse nero con striature rosso sangue, simili a nuvole, ma dalla forma più aggressiva, e demoni; di ogni forma e colore, si trovavano ovunque il suo sguardo si posasse, e Clary pensò con ironia che coloro che i demoni proteggevano era colui che li disprezzava più di ogni altra cosa.

Il vento soffiava leggero sulle strade di Parigi, e Sebastian si tolse la sciarpa per metterla al collo della ragazza che camminava al suo fianco, totalmente  ignara delle occhiate invidiose che le venivano lanciate, consapevole soltanto del paesaggio che si estendeva davanti ai suoi occhi, facendola fremere per il desiderio di racchiuderlo nel suo blocco da disegno, e dei suoi pensieri confusi. A volte immaginava la sua testa come una matassa di cui si fossero persi i fili principali, che la costringeva a vagare nei suoi pensieri; avrebbe potuto fare chiarezza, se fosse riuscito a sbrogliarla?  “Cosa provi quando uccidi i demoni?” gli chiese improvvisamente, costringendolo a fermarsi per guardarla come se avesse perso il senno. “Voglio dire… non credo che ecco, io potrei riuscire ad… uccidere un angelo.” Sebastian rise, capendo la sua reale domanda. “Se mi stai chiedendo se provo pietà verso coloro a cui devo il mio sangue, verso i soldati di mia madre, che tu hai relegato nelle profondità dell’Abisso, tra l’altro, la risposta è no. Non hai forse capito, Clarissa, quanto i Nephilim siano spietati? Non ti è ancora chiaro quanto siate ipocriti? Risparmiereste un Angelo solo per il suo bell’aspetto. Io, d’altro canto, sono ben lontano da tutto ciò. Esiste solo ciò che si trova sul  mio cammino o no.” Clary sembrò pensierosa per un attimo “Ma io  sono sempre stata sul tuo cammino, ho sempre cercato di ostacolare te e Valentine… fino ad ora”, si corresse. Lo sguardo che le rivolse suo fratello era indecifrabile. “Tu sei mia sorella, sei esattamente come me.”

La sua stanza era nettamente in contrasto con il resto dell’edificio, e del mondo che aveva comunque visto nel suo breve soggiorno. Le pareti erano tinte di un lieve azzurro, e delle spesse tende bianche erano chiuse su una finestra che occupava mezza parete. Su un lato si trovava un enorme letto a baldacchino, e dall’altro una spaziosa scrivania con sopra ammucchiati quelli che sembravano tempere e pennelli di ogni tipo, ma Clary era troppo stanca per prestargli davvero attenzione, così si diresse verso una poltrona e vi si lasciò cadere. Il fatto di aver salvato Idris e avervi rispedito i suoi amici era una magra consolazione, se confrontata con l’idea di spendere una vita da sola qui. Forse suo fratello l’avrebbe trasformata in una shadowhunter oscura, pensò, confortata quasi dall’idea di poter sfuggire alla sua stessa mente, prima di abbandonarsi al sonno.
Quando Clary riaprì gli occhi le sembrò che niente fosse cambiato, ma dal colore del cielo –il nero era meno intenso, in favore del rosso- capì che doveva aver dormito per delle ore, ma questo non era servito a placare il suo dolore, né la paura viscerale che le infondeva il pensiero di suo fratello, non dopo ciò che gli aveva fatto. La compassione che aveva provato nel vederlo morente, per mano sua, era sparita nell’istante in cui il suo sangue demoniaco aveva corroso Eosforos; da quel momento la paura l’aveva immobilizzata, e non riusciva a trovare una spiegazione a tutto ciò che era successo in seguito. Perché non aveva ucciso nessuno di loro, ma al contrario li aveva rispediti ad Idris? Perché non aveva lasciato che il lampadario le crollasse addosso? Voleva divertirsi a torturarla in seguito?
E adesso era sola, disarmata, in un pianeta morente e tossico, alla completa mercé  di Sebastian e dei suoi Ottenebrati. Avrebbe potuto lasciarsi morire di fame, eppure dubitava che lui glielo avrebbe permesso; chissà se sarebbero riusciti a raggiungerla, o se avrebbero fatto in tempo.
Iniziò a camminare per la stanza, pensando a come poter fuggire da quel posto, trovare uno stilo e creare un portale inter dimensionale, o riaprirne uno già esistente…
Sobbalzò al rumore della porta che veniva aperta, rivelando la figura di una donna alta e bionda, dal fisico asciutto, che la guardava severamente; un’ottenebrata, dedusse, dal colore della sua tenuta. Del resto, dubitava che qualsiasi altra creatura potesse aggirarsi per questo castello – o per questo mondo, per quel che valeva. “Hai un odore nauseabondo, sei così ottusa da non notare il bagno nella tua stanza?” La donna la guardò con disprezzo, arricciando le labbra. Con un cenno indicò a Clary la porta che lei aveva precedentemente aperto in preda al suo delirio, sperando fosse una via di fuga, e richiuso delusa. Arrossì leggermente, prima di notare con sconcerto gli occhi della donna, di un azzurro brillante. “Tu non sei un’Ottenebrata! Sei riuscita a sfuggirgli allora!” La donna rise apertamente, spegnendo anche il più piccolo barlume di speranza. “No, non lo sono, ho spontaneamente scelto di seguirlo. Per questo sarò io ad occuparmi di te, sebbene dopo ciò che hai tentato di fare meriteresti solamente di marcire nelle segrete.” Continuava a guardarla come se fosse un insetto molesto, più infastidita che realmente arrabbiata per aver quasi perso il suo padrone. “Ne sarei felice, piuttosto che seguirlo ciecamente o volontariamente.” Sputò le parole quasi con sfida, incrociando le braccia al seno. Il manrovescio che la colpì in pieno viso le annebbiò la vista per un attimo, facendole sanguinare il labbro. Clary le si scagliò contro, dimentica di ogni tecnica di combattimento, e dopo averle assestato un pugno, si ritrovò con il fiato spezzato da una ginocchiata nello stomaco e una gomitata nella schiena. Cadde a terra, con il respiro irregolare, e la donna dai lunghi capelli biondi se ne andò lasciandola lì.
Clary non aveva nessun dubbio che quello fosse il suo personale inferno, neanche sul fatto che questo fosse solo un assaggio di ciò che l’avrebbe aspettata appena suo fratello avesse deciso di farle visita. Mettendosi in piedi a fatica, aiutandosi con il muro, aprì la porta del bagno e vi si accasciò contro. Il biancore della porcellana era abbagliante, le pareti ricoperte da piastrelle bianche e azzurre con una grande vasca che occupava quasi tutta la parete laterale. Si spogliò lentamente, non riuscendo a trattenere le lacrime; era ricoperta da lividi, tagli e bruciature d’icore, ma il dolore fisico era quasi piacevole; ogni centimetro di pelle che scopriva lentamente, era un centimetro di pelle con ancora impresso il tocco di Jace, così gentile e amorevole, anche in questa terra intrinseca di disperazione. Le lacrime scorrevano calde sulle sue guance, e guardò l’acqua che lentamente riempiva la vasca con un terrore bianco; avrebbe cancellato ogni traccia di Jace? Avrebbe cancellato anche il più piccolo residuo del suo profumo, del suo tocco?
Quando l’acqua iniziò a strabordare, bagnandole i piedi, si ritrasse come spaventata; è soltanto acqua, si disse, e l’acqua non può ferirti, prima di decidere di immergervisi. L’acqua fredda la risvegliò di colpo dallo stato confusionale in cui era precipitata, donando sollievo anche alle sue ferite.
Jace, perdonami. Ovunque io sia, nessuna parte di me dimenticherà mai nessuna parte di te; la mia pelle riconoscerà e conserverà sempre il tuo tocco, così come le mie orecchie troveranno sollievo da questi suoni infernali quando sentiranno la tua voce, ed i miei occhi dalla polvere e da queste abominevoli creature quando si poseranno su di te, pensò, abbandonandosi nuovamente alle lacrime.
Non fu sorpresa, stavolta, aprendo le ante dell’armadio, nel trovarsi di fronte una marea di vestiti, se possibile anche di più di quelli dell’appartamento che aveva distrutto, tutti della sua taglia e dalla fattura e colori meravigliosi; sfumature di azzurro e verde, rosso e nero. E divise da cacciatrice, sia rosse sia nere, di un materiale che le sembrò più elastico e resistente di quello normale. Ne scelse una nera, nella speranza di trarne conforto, ma la sua pelle non ne ebbe alcuno; la nuova stoffa le sembrò così estranea, sebbene aderisse perfettamente alla sua pelle. Su un basso tavolino notò dallo specchio un vassoio con acqua, zuppa e pane che le ricordò improvvisamente quanto tempo fosse passato dal suo ultimo pasto. Eppure non avrebbe accontentato  suo fratello; non avrebbe accettato nulla di ciò che lui le metteva a disposizione, se non il necessario. Il cibo, decise, non lo era. Non avrebbe di certo lasciato che lui la drogasse, o la rendesse la cavia di qualche esperimento, piuttosto sarebbe morta di fame e allora forse avrebbe trovato un po’ di pace… Eppure la sua gola era secca dal pianto e l’aria così pesante del posto –se non fosse stata solo un altro modo per tenerla prigioniera, sarebbe stata grata delle finestre impossibili da aprire.
Prese un sorso d’acqua –un sorso solo, non sapeva se e quando ne avrebbe avuta altra.
La porta si aprì di scatto, rivelando la donna bionda con le sopracciglia alzate –Clary, nonostante sentisse di odiarla, ammirò la sua espressione; le ricordava un po’ Izzy, e la sua aria di supponenza, con l’inarcatura delle sopracciglia che proprio non riusciva ad imitare…
“Jonathan sarà felice di sapere che aveva ragione, suppongo” disse tra sé, osservando il cibo intatto; poi, rivolgendosi a Clary “Non è per caso di tuo gradimento? O hai lo stomaco chiuso dopo il nostro piccolo incidente?”
Clary si limitò ad osservarla, inclinando la testa. “Come ti ho già detto, preferirei morire piuttosto che accettare qualcosa da Sebastian.” Avrebbe voluto sorridere, ma il risultato era più simile ad una smorfia. La donna in tenuta rossa rise, portando una mano davanti la bocca, come se fosse sinceramente divertita. “Eppure la divisa che indossi è un dono di Jonathan, così come la camera in cui stai, così come l’acqua che hai usato per il tuo bagno quasi prosciugando il castello, sai? Non ne capisco il motivo, ma visto che sei già in divisa, ho il compito di portarti in palestra.”
Detto ciò si voltò, ma non proseguì oltre prima di accertarsi che la seguisse per i lunghi corridoi, vagamente rischiarati da una luce rossastra. Clary le camminava dietro, cercando di memorizzare il percorso e qualsiasi dettaglio, alla ricerca di una via di fuga, fino a quando non si trovò sulla soglia di una sala enorme, con il soffitto alto sostenuto da spesse travi simili a quelle dell’istituto. Le pareti di pietra erano decorate da armi di ogni tipo e misura, stili, tenute e persino degli scudi. Era una palestra incredibile, capace di far impallidire quella dell’Istituto, con il suo aspetto gotico e monumentale. Una luce rossastra filtrava dalle finestre, e delle torce si trovavano appese lungo tutte le pareti; sebbene le costasse ammetterlo, era un luogo stupendo.
“Se cercherai di ucciderti con una qualsiasi di queste armi il castello lo saprà, e di conseguenza l’intero esercito del Re di Edom arriverà in tuo soccorso.”
Clary la guardò scettica, sebbene ormai poco la sorprendesse davvero. “Il castello ha vita propria? Il Re di Edom?” La donna la guardò con impazienza, come se si stesse rivolgendo ad una bambina. “Tutto, in questo mondo, risponde a Re Jonathan, in modo particolare la sua dimora; se un’eccessiva quantità del tuo sangue sarà versata, Jonathan lo saprà. Io non tenterei la mia fortuna.” E se ne andò, lasciandola lì da sola, chiudendosi la porta alle spalle. Clary si aggirò per l’enorme sala, cercando di riconoscere le diversissime armi ed attrezzature, sebbene con scarso successo; erano decisamente troppe perché potesse conoscerle tutte. Dal momento che era lì, tanto valeva allenarsi; se non per affrontare suo fratello, perché avrebbe richiesto più di un paio di ore di allenamento, almeno per affrontare la bionda, qualora avesse deciso nuovamente di usarla come sacco da boxe. Cercò di richiamare alla mente i suoi allenamenti con Jace, sebbene richiamare quei momenti alla  mente le stringesse il cuore; quando l’unico problema era Jocelyn e la sua infinita apprensione ed avversione verso quella che era la sua vita da Shadowhunter… Si riscosse immediatamente quando una folata di vento le colpì le spalle. Se c’è vento, pensò, deve esserci una finestra o almeno uno spiraglio aperto, un punto in cui il controllo di Sebastian sul castello è più debole. Senza riflettere si gettò sulla parete dedicata all’arrampicata, che scalò con difficoltà – ma la sua mente, come sempre, era già fuori da queste mura, proiettata verso la libertà e la fuga da suo fratello. Gli spazi in cui arrampicarsi, andando in alto, diventavano più piccoli e ripidi; più volte Clary scivolò e perse la presa ma, quando riuscì ad arrivare in cima, le sue mani sanguinavano nei punti in cui le unghie si erano spezzate ed in cui si era graffiata con la parete. Con un altro sforzo raggiunse quella che era la trave più bassa, abbastanza larga da poterci camminare tranquillamente, e vi si sedette per recuperare fiato. Fino a quel momento non si era ritrovata a guardare in basso, e quello che vide le provocò un’improvvisa sensazione di vertigine che le fece girare la testa. Durante tutti i suoi allenamenti – o in qualsiasi altra circostanza, comunque- non si era mai trovata così in alto, soprattutto senza nessuna protezione, e ne era terrorizzata. E se fosse caduta, come avrebbe reagito il castello? Nessuno aveva fatto cenno alla possibilità di finire spiaccicata a terra e diventare un meraviglioso tappeto… O forse Jonathan non la riteneva capace di una cosa del genere, di arrivare fino alle travi? Rinvigorita da una nuova ondata di rabbia, scattò in piedi e si aggrappò alla trave che si trovava a meno di mezzo metro sopra la sua testa; facendo leva sulle braccia riuscì a sedervisi. Sebbene continuasse a saltare, sempre con meno risultati, e ad aggrapparsi per risalire il sempre più distanziato e sottile intrico di travi, le sembrava di non raggiungere mai il tetto, di trovarsi sempre sotto quella delicata brezza che le spostava i capelli nel momento in cui si chiedeva se fosse il caso di continuare. Cadde e scivolò diverse volte, precipitando anche per alcuni metri prima di raggiungere l’ultima trave, con una caviglia possibilmente slogata e le braccia doloranti; con le braccia aperte in modo da restare in equilibrio iniziò lentamente a camminare verso delle scale che portavano a quelle che in realtà erano porte. Clary iniziò a correre sui gradini, incurante del dolore alla caviglia, volando sulla stretta scala a chiocciola; esultante e felice com’era, non notò le porte della palestra aprirsi, né che la leggera brezza era sparita. Non le sembrò strano che le porte non fossero chiuse, Sebastian non l’avrebbe mai immaginato, pensò. Fu solo quando si trovò sulla piccola terrazza, possibilmente il punto più alto del castello, che notò quanto fuori fosse caldo e umido, senza la minima traccia di vento.  Sentì il suo cuore sprofondare, e ricordò “Tutto, in questo mondo, risponde a Re Jonathan”;  Sebastian si è preso gioco di me fino ad adesso…
Non ebbe bisogno di avvicinarsi alla bassa ringhiera per avere la conferma di essere, in realtà, in trappola: una barriera impenetrabile circondava tutto  il castello, e né pugni né calci la scalfirono.
Quando Clary rimise i piedi sulla piccola trave, si rese conto che non sarebbe potuta scendere nello stesso modo in cui era salita; non le restava che saltare, così chiuse gli occhi.
Se solo Jace potesse vedermi adesso, cosa direbbe?
“Non temere, Clarissa. Non lascerò che ti spiaccichi al suolo.”
Beh, non le sembravano le parole confortanti di Jace, né la sua voce…
Inspirò di colpo, riaprendo gli occhi.


coldays' corner
Ciao a tutti! Sono tornata abbastanza in fretta con il secondo capitolo, e spero di riuscire ad aggiornare con la stessa frequenza, nonostante i diversi impegni universitari.
Non "temete", i nostri eroi si incontreranno\scontreranno presto! In ogni caso here I am, spero di sentire i vostri pareri\critiche\consigli, anche perchè si tratta di una coppia un po' delicata e, credo, abbastanza inesplorata quindi sono aperta a tutto. Grazie anche ai lettori silenziosi, ci vediamo al prossimo capitolo :)
Baci, 
coldays.

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Capitolo 3
*** Make me wanna die ***


Make me wanna die.

« You make me wanna die
And everything you love will burn up in the light
And every time I look inside your eyes
You make me wanna die.»
Make me wanna die, The Pretty Reckless.


Sebastian, nuovamente in forma, la osservava dal basso, sebbene avesse l’aspetto di un puntino lontano. Clary si chiese se sarebbe potuta restare lì sopra per sempre; la vista di suo fratello le provocò la nausea.
“Non ho nessuna intenzione di scendere! E spiaccicarmi al suolo è una prospettiva più allettante rispetto all’essere salvata da te.”
Il suono che la raggiunse sembrava uno sbuffo, ma era così poco da lui che pensò di essersi sbagliata.
“Allora non ti prenderò, ma non costringermi a salire là sopra, o ad alzare la trave di una decina di metri.” Parlava con calma e sembrava estremamente divertito; questa volta, Clary non dubitò neanche per un secondo che avrebbe potuto portarla ancora più in alto; il solo pensiero le fece venire le vertigini ed ebbe quasi l’impressione che la trave tremasse sotto di lei.
Cercò di richiamare alla mente gli insegnamenti di Jace, ma il battito del suo cuore sovrastava i suoi pensieri e non riusciva a pensare lucidamente.
“Rilassati, Clary. Respira profondamente.” Istintivamente, presa dal panico, lasciò che la sua voce la guidasse. Non aveva intenzione di restare un attimo di più su quella trave, in realtà; stando in piedi una nuova ondata di vertigini l’aveva assalita, e le sue parole giungevano alle sue orecchie gentili quasi come quelle di Jace.
Jace…
Non adesso, si disse; non adesso. “Salta, Clary. Adesso piega le ginocchia. Mantieni le gambe unite.” La sua voce era mortalmente seria, eppure non la intimorì. “ Atterra sulla punta dei piedi. Rotola.”
L’atterraggio, comunque, non fu dei migliori, e la sua già provata caviglia ne risentì, portandola a sbattere la spalla. Eppure in quel momento non lo notò; aveva appena fatto un salto incredibile! E pensare che all’Istituto, dove non mi sarei neanche slogata la caviglia, un salto del genere sarebbe stato impensabile per me…
Suo fratello la guardava con un angolo della bocca alzato, sorridendo come se fosse soddisfatto; anche i suoi occhi avevano un bagliore particolare quando batté le mani tre volte nella sua direzione. Sì alzò non riuscendo a trattenere una smorfia di dolore. “Cosa vuoi da me, Sebastian?” Nonostante si sentisse stremata, la sua voce era ferma.
“Voglio che tu diventi la mia Regina, voglio che regni al mio fianco sul trono che ho costruito per te, adesso che non c’è più nessuno ad ostacolarci.” Nella sua voce c’era una nota di speranza, nonostante avesse parlato come se fosse una domanda scontata, e questo la fece infuriare ancora di più. Che diritto aveva, dopo tutte le vite che aveva distrutto, di sperare che lei volesse assecondarlo nella sua opera di distruzione?
“E su cosa vorresti regnare? Su polvere e rovine e altre creature orribili come te?” Chiese velenosa, guardandolo negli occhi, come a sfidarlo; liquidò come rabbia il lampò che attraversò i suoi occhi e lineamenti. “Non è stato abbastanza risparmiare i tuoi preziosi amici? Ho impedito che Idris e tutti i Nephilim venissero cancellati dalla faccia della Terra, solamente per te.” Clary non riusciva a credere alle sue orecchie. “Se tu non fossi pazzo, niente di tutto questo sarebbe mai successo! Max, Raphael, Jordan, la persona a cui hai rubato il nome, persino Hodge, a quest’ora sarebbero vivi. Nessuno sarebbe stato in pericolo, se non fosse stato per te.” Urlò, sentendo le lacrime offuscarle la vista, e fece per andarsene e lasciarlo da solo.
 Io sarei a casa, con Luke e mia madre finalmente sposati, felice con Jace, e Simon e Izzy, e Alec e Magnus…
Le prese il polso, stringendo fino a farle male, e la costrinse a guardarlo in faccia. “Non accetterò che tu ti rivolga a me in questo modo, Clarissa.” La strattonò. “Non sai nulla, e non ti è mai importato saperlo! Non conosci le tue origini, hai cercato di dimezzare la tua famiglia, sei a malapena una shadowhunter eppure pretendi di conoscere tutto?” Le sue parole la ferirono, non per il veleno con cui erano state dette, ma perché vere. Conosceva davvero poco del mondo che aveva cercato di salvare, era stata la causa della morte di suo padre e aveva cercato di uccidere suo fratello; eppure, una Shadowhunter era tutto ciò che aveva disperatamente cercato di essere, rischiando la sua vita e mettendo a repentaglio quella di tutti gli altri.
Jace, Simon, Izzy, Alec, Magnus, Luke ed il suo branco… Quante volte il suo non essere abbastanza una Shadowhunter li aveva messi tutti a repentaglio? Quante volte, proteggendo lei, avevano lasciato le loro spalle scoperte? Quante volte la sua sconsideratezza li aveva condotti nella tana del lupo?
“Lasciami, Sebastian.” Lo sguardo che rivolse a suo fratello era irremovibile. Lui la guardò rabbioso, ma la ascoltò. “Non so neanche se sono realmente sani e salvi a casa.” Aggiunse poi debolmente, abbassando gli occhi, sopraffatta dal senso di colpa.
“Non avrei perso tempo a mentirti, sorella. Avrei vinto e ti avrei ottenuta comunque, e tu non avresti potuto farci nulla.” Clary si morse il labbro inferiore, riflettendo sulle sue parole. “Non sono io il bugiardo, tra noi due. Al contrario dei tuoi preziosi amici, o di tua madre, io ti ho sempre ritenuta capace di affrontare la verità.” Sebastian guardò il lieve rossore nel punto in cui l’aveva stretta, lasciando che il suo sguardo scorresse fino ai suoi occhi, accesi di rabbia, ed indicando con un gesto il punto da cui era appena saltata. “Smettila di comportarti come se fossi migliore di loro, Sebastian!” Si costrinse a prendere un respiro profondo, per evitare di urlare più forte di sua sorella. La rabbia va bene, pensò, so come gestirla. Il dolore e la perdita, invece, potrebbero portarmela via per sempre…
“Mi hai mentito nel momento esatto in cui ti ho conosciuto, fingendo di essere Sebastian Verlac. Mi hai baciata, sapendo di essere mio fratello!” Si mise le mani nei capelli, già così una massa disordinata, chiudendole a pugno. Sentiva che avrebbe potuto prendere una qualsiasi arma dalle pareti, ed ucciderlo. O almeno provarci. Di nuovo.

Avrei voluto che mi concedessi una possibilità, avrei voluto convincerti delle mie ragioni, averti con me senza costringerti, mostrarti quanto crudeli siano in realtà i Nephilim. Noi due insieme avremmo dovuto proteggerci, lontani da loro come due stelle... Avresti capito che il nostro legame è profondo, corre nelle nostre stesse vene e ci chiama insistentemente. Non lo senti anche tu, forse, sorella, il richiamo? La familiarità? L’eterno gioco di seduzione di angeli e demoni?
Se solo fossi arrivato prima a te, loro non avrebbero mai corrotto il tuo cuore…


Si fece serio per un istante, guardandola intensamente. Il sorrisetto che si aprì sul suo viso era eloquente. “Ti bacerei anche adesso.” Nonostante le mettesse i brividi, Clary notò che il suo corpo non registrava il senso di pericolo che avvertiva solitamente, come una sorta di istinto primordiale le suggerisse quando suo fratello stava per perdere il controllo; sembrava quasi che volesse semplicemente farla impazzire. Clary sapeva di doversene andare, approfittando delle porte aperte della palestra; ma dove posso andare, in queste condizioni? Riuscirei a varcare anche solo la soglia?
Sei a malapena una shadowhunter, eppure…

Invece di dirigersi fuori dalla palestra, zoppicò verso i grandi armadi addossati alla parete, prendendo il kit di pronto soccorso. Dopo essersi fasciata la caviglia, sotto la stretta sorveglianza di Sebastian, che si ostinava ad ignorare, afferrò una spada angelica e riprese ad allenarsi. Da uno degli specchi vide suo fratello allontanarsi, nuovamente con uno strano luccichio negli occhi.




Jonathan non poteva negare di essere ferito dall’atteggiamento di sua sorella; sebbene si fosse mostrato misericordioso, solo per lei, continuava ad odiarlo ardentemente, invece di mostrare gratitudine. Anche in un’altra dimensione, Jace Herondale, la sua famiglia e tutti i suoi amici si divertivano a tormentarlo.
 Esiste allora un posto in cui possa portarla dove possa dimenticarsi di loro? Aveva steso un mondo ai suoi piedi, un mondo da ricostruire, è vero, ma era pur sempre un mondo che avrebbe potuto accontentare ogni sua richiesta e desiderio, fatto per loro. Non le avrebbe negato nulla, mai, eppure lei non ne sembrava riconoscente.
 Se lo fosse stata, non sarebbe stato da lei.
La sua rabbia era fiera, proprio come lei; era lo scudo con cui si circondava nella sua torre di sdegno nei suoi confronti. Sapeva che si rifiutava di mangiare, di bere addirittura; Jonathan sentiva lo stomaco stretto in una morsa dolorosa ma piacevole quando pensava alla sua resistenza stoica, quando Sophia gli riferiva quanto fosse testarda. E’ esattamente come me, e questo pensiero gli faceva bollire il sangue nelle vene, come se fosse nuovamente pervaso dal Fuoco Celeste. Le stava concedendo il tempo per abituarsi alla sua nuova vita, ma non voleva che passasse troppo tempo a rimuginare, o non avrebbero fatto nessun progresso. Adesso che avevano l’eternità a loro disposizione, finalmente, avrebbe conquistato sua sorella, la sua compagna di diritto.


“Sei a malapena una shadowhunter, eppure pretendi di conoscere tutto?”
Le parole di Sebastian le riempivano la testa, costringendola ad allenarsi per ore, concentrandosi solo su tutto ciò che aveva appreso nel suo breve addestramento e visto durante le sue innumerevoli battaglie.
E’ per questo che ho fallito, pensò.
Lasciò spesso che fosse l’istinto a guidarla, o l’esperienza diretta sul campo, che le aveva insegnato a ‘giocare sporco ’. Non aveva nessuna runa ad aiutarla, e quando lanciò l’ultimo degli innumerevoli coltelli che aveva in mano, questo colpì il bersaglio, ma non con abbastanza forza da trafiggerlo. La bionda Shadowhunter che, evidentemente, aveva il compito di scortarla la trovò appoggiata contro il bersaglio, seduta tra i coltelli che lei stessa aveva lanciato e di cui adesso osservava i vari dettagli. Ce n’erano di tutti i tipi, con le lame di lunghezza diversa; Clary aveva scoperto di preferire le lame piatte e corte. Da una delle tasche del mantello tirò fuori uno stilo, e le si avvicinò. “Ho il compito di applicarti degli iratze, e magari una runa emos*.” Sorrise, come se la divertisse vederla giacere tra i coltelli, sporca di sangue e con gli occhi di una folle. “Sempre se farai la brava, è chiaro.” Aggiunse, ridendo piano. Clary si ritrasse di scatto e, nonostante qualsiasi movimento le provocasse fitte lancinanti in qualche parte del corpo, la guardò in tralice. “Siete più pazzi di quanto credessi, se pensate che mi lascerò tracciare dalle rune da voi.” Posò lo stilo in una tasca interna del lungo mantello rosso, alzando le spalle con indifferenza, e si avviò per i lunghi corridoi, consapevole della presenza di Clary dietro di sé per i suoi passi pesanti. La strada le sembrò essere molto più lunga, e pensò addirittura che Sebastian lo avesse fatto di proposito, o forse era semplicemente esausta perché, tornata nella sua stanza, dove aveva trovato un nuovo vassoio fumante ad attenderla, l’ultima cosa che sentì prima di sprofondare in un sonno profondo fu il nome della donna bionda che era stata la sua unica compagnia, seppur sgradita, in questi giorni: Sophia Blackdove.




Quando Clary aprì gli occhi non riuscì a capire se fosse notte o giorno; le tenebre erano una condizione perenne, più o meno dense a seconda dell’orario. Ancora intorpidita si rigirò nel letto, stringendo una coperta che non ricordava di aver preso, così come non ricordava di essersi tolta le scarpe. Pensò fosse stata Sophia, nonostante non fosse da lei questa gentilezza. Un altro giorno nel mio personalissimo inferno, pensò. Strinse la coperta, rannicchiandosi su se stessa, e le sfuggì un singhiozzo. Jace, dove sei? Tirò su col naso, cercando di richiamare la sensazione delle sue braccia strette attorno a lei, cullandola, difendendola dai suoi incubi, il calore emanato dalla sua pelle… Affondò la faccia nel cuscino, lasciandosi andare alle lacrime. Se mi concentro, posso fare finta di sognare, posso restare ancora un po’ ad immaginarti…
“Perché piangi, sorella?” Suo fratello la osservava da una poltrona, comodamente seduto, con l’espressione corrucciata. Clary scattò a sedere con un ringhio, che le si strozzò in gola interrotto da un singhiozzo. Lei non lo avrebbe mai saputo, ma quello che Jonathan vedeva era un nido di capelli rossi con sotto una feroce ragazzina dagli occhi rossi e gonfi sopraffatta dalla rabbia che lo guardava come se potesse incenerirlo; lui, che era il padrone di questo mondo e, a conti fatti, avrebbe potuto disporre della sua vita a suo piacimento. Questo lo fece ridere, ma Clary si riprese presto dallo stupore e senza pensare gli si scagliò contro. “Ti faccio ridere? Vedermi stare male ti fa così ridere?!” Urlò, iniziando a tempestarlo di pugni che bloccava agilmente. “Cosa ci fai nella mia stanza?!” Un altro pugno. “Hai il coraggio di chiedermi perché piango?!” E ancora altri. Sfoga la tua rabbia su di me, sorella; non piangere…
“Perché sei nato, Jonathan Christopher Morgenstern!” Le braccia di Jonathan si abbassarono, e sua sorella lo colpì sulla guancia.
“Perché  sono rinchiusa qui, lontano dalle persone che amo, e non ho intenzione di darti quello che vuoi!” Rimase immobile, mentre una nuova scarica di pugni lo colpiva. Le nocche di Clary erano insanguinate e lasciavano scie rossastre sulla sua pelle diafana e la sua camicia bianca. Non sentiva dolore, eppure si sentiva come quando Valentine lo puniva, da bambino. Perché, sorella mia, perché mi odi? Perché mi tradisci in questo modo? Cosa ho fatto, sorella?
“Perché non so neanche che giorno o che ora sia! Che razza di persona farebbe questo alla propria sorella?!” Si alzò di scatto, stringendole entrambi i polsi con una mano; indietreggiando, Clary andò a sbattere con la schiena contro la scrivania. “Che razza di padre rende i propri figli dei mostri, Clary? Che razza di madre desidererebbe aver ucciso il proprio figlio ancora in fasce?” La sua voce si abbassò pericolosamente. “Puoi forse biasimarmi, Clarissa?” Le sue labbra si avvicinarono al suo orecchio, mormorando contro la sua pelle, facendole venire la pelle d’oca. “Il mondo non ha mai avuto posto per me… Ho dovuto crearmelo io stesso.” Le lasciò andare i polsi, scostandole una ciocca di capelli dal viso. “E’ per questo che mi hai portato via ogni cosa a cui tengo?” Lei lo guardò negli occhi, ormai completamente neri – ogni volta che erano così vicini, assumevano sempre questa particolare tonalità – e lo sguardo che lui le restituì era vacuo. “Io non ho mai tenuto a nulla. Non mi è mai stato concesso, Clary.” Serrò la mascella. “Ma adesso prenderò tutto ciò che desidero.” La sua voce assunse una sfumatura pericolosa, quella di un predatore che sa di aver bloccato nella sua morsa la sua preda. Il panico si impossessò di Clary quando le dita di suo fratello le sfiorarono delicate il collo, seguendo la linea della clavicola; cercò di divincolarsi, ma le sue mani si strinsero sui suoi fianchi. La sua presa era così diversa da quella di Jace, che la stringeva e toccava come se potesse rompersi, con riverenza.
Suo fratello la toccava come  se volesse portarla sul punto di rottura, e la guardava come se sapesse che sarebbe stata lei, alla fine, a rompere lui. Durò un attimo, poi le sue labbra si posarono, delicate ma bollenti, poco sotto l’orecchio di Clary. “Lasciami andare, Sebastian!” Lo colpì forte con la mano aperta sul petto, poco sopra il cuore. Una chiazza rosso scuro si allargò rapidamente sulla sua camicia e, con un ringhio, portò la mano di Clary nel punto in cui prima lo aveva colpito, imbrattandola di sangue. “Questo, Clarissa, è tutto ciò che mi hai concesso tu invece.” La macchia di sangue si allargava rapidamente, e Clary strinse la ferita nel pugno, sentendo il sangue caldo sulla pelle, la camicia ormai strappata nella sua mano. Voleva ferirlo, voleva che si sentisse come lei; impotente, ferito e in suo completo potere. Era come se una voce prepotente si fosse impossessata della sua mente, riempiendola di disprezzo, impedendole di ragionare; quando lo sentì sussultare, ne fu estasiata. E’ questa la mia occasione?, pensò, prima di sentire la risata cattiva di Sebastian. “Non sei riuscita ad uccidermi con una spada piena di fuoco celeste, e non ci riuscirai così.” Prese la mano di Clary, portandosela alle labbra e depositandovi un bacio. La fece scorrere poi sul suo collo, ed il suo petto, sotto il suo sguardo sconvolto; quando la lasciò andare aveva le labbra rosse del suo stesso sangue, ed il sorriso di un folle. “Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me.” I suoi occhi si abbassarono su una terribile ferita pulsante, simile ad un’ustione, che gli sfigurava completamente metà torso e continuava sulla schiena, dove sembrava aver riaperto quelli che sembravano troppi colpi di frusta per poter essere contati. “Il fuoco celeste… non ha reagito bene con il residuo di metallo demoniaco ancora… presente nel mio corpo.” Aggiunse, con una smorfia, vedendo il suo sguardo sconvolto. Jonathan prese la sua camicia, cercando di farne una fasciatura. “A otto anni ero… assuefatto al metallo demoniaco.” Scosse la testa, e i suoi capelli quasi bianchi, sporchi del suo stesso sangue, gli caddero sugli occhi. “Così nostro padre iniziò ad usare una… particolare… frusta.” Con il dorso della mano li spostò, lasciando una nuova chiazza rossa anche sulla sua fronte. “Ad ogni frustata, tante piccole scaglie di metallo demoniaco si conficcavano nella mia schiena. E’ impossibile rimuoverle, sono un… ricordo della mia disobbedienza.” Sorrise di nuovo come un folle, con gli occhi completamente neri, come se avesse momentaneamente dimenticato il dolore. “Così come l’uomo è sempre ricordato della sua disobbedienza dalla condizione di inevitabile sofferenza in cui si trova.” Clary sentiva la testa girarle pericolosamente. Sebastian si comportava in modo assolutamente inusuale, quasi lui fosse una semplice vittima, e lei la causa di tutto il suo dolore. Si guardò le mani, sporche del sangue di suo fratello, e non le riconobbe. Questo colore assomiglia al vermiglio. O è sangria? Eppure ha una sfumatura così intensa… Come sempre, quando si trovava sotto pressione, la sua mente cercava rifugio in qualcosa di noto e familiare; le tempere ed i suoi colori, in questo caso. “Quello che Valentine ti ha fatto non giustifica le tue azioni, Sebastian.” Sussurrò, puntando gli occhi nei suoi. Quasi non vide le sue mani scattare verso le sue spalle, stringendola con forza, quasi fino a romperle le ossa; i suoi lineamenti erano stravolti dalla rabbia. “Io ho accettato il mio destino, Clarissa! Non siamo ciò che ti ostini a credere, sorella.” Ed ecco, di nuovo, il particolare luccichio nei suoi occhi, mentre poggiava la sua fronte contro quella di Clary, parlandole con voce melliflua a pochi centimetri dal suo viso. “Io e te siamo fatti per regnare, Clary.” Le depositò un lieve bacio sulla guancia. Era incredibile, come passasse da uno stato emozionale ad un altro; lo aveva notato anche durante la loro breve convivenza passata, ma era come se lì fosse forzato. Adesso, invece, sembrava non avere controllo sulle sue emozioni. “Preferirei morire.” E, con orrore, Clary si rese conto che neanche lei ne aveva. La paura era come svanita, e non perché lei si trovava in una qualche situazione di vantaggio nei suoi confronti ma perché, semplicemente, se i confini con i mondi erano davvero chiusi, cos’altro avrebbe avuto da perdere?
Sebastian le posò l’indice, grondante sangue, sulla fronte. “E come hai intenzione di morire?” Lo spostò sulle sue labbra, parlando piano. “Come una mondana?” E scese ancora, poggiandolo sul suo cuore. “O come una shadowhunter?”


Ciao a tutti!
Eccoci con questo terzo e nuovo capitolo dove entra -seriamente- in scena un Sebastian un po' più squilibrato del solito, insomma, se possiamo dirlo (ed è, credo, tutto un dire!). Ma penso, comunque, sia importante per far comprendere cosa gli passa per la testa ed esporre il suo, finora abbastanza inesistente, lato umano -sì, lo so, oggi parlo per eufemismi. Sono scene forse un po' "forti" e spero di non essere stata macabra. Ovviamente anche Clary qui è un po' OOC. 
*emos, sarebbe una runa con lo scopo di velocizzare il ricambio e la produzione del sangue; non so se esiste già, quindi in caso segnalate che provvedo a sistemare! :)

A presto, Coldays.

 

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Capitolo 4
*** A call to the arms. ***


«Enemy of mine
I'm just a stranger in a strange land
Running out of time
Better go, go, go»
Stranger in a strange land, 30 Seconds to Mars


Nelle ultime settimane Clary aveva visto poche volte suo fratello, e tutte erano finite con una qualche sorta di scontro.
Di solito non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa; i suoi comportamenti erano sempre in contraddizione tra di loro. Non sapeva mai quale Sebastian si trovasse davanti a lei, se quello estremamente calcolatore o quello completamente in balia delle sue emozioni.
Appena arrivata in Edom Clary era terrorizzata da suo fratello, ma adesso, dopo un tempo che le sembrava infinito ma che sospettava ricoprisse un arco di poche settimane, scopriva in lui una certa familiarità, seppure inconsueta.
Alcuni giorni sembravano davvero fratello e sorella, altri lui scompariva e Clary passava il tempo ad immaginarlo al posto del bersaglio o del manichino contro cui si accaniva. Iniziava ad avere la certezza che fosse impossibile riuscire semplicemente ad ignorarlo; certe volte si scopriva ad osservarlo, notando cose a cui non aveva mai fatto caso.


Clary, dopo estenuanti ore di allenamento –non sapeva quante, non le contava mai quando si trovava in palestra, ma sospettava fossero parecchie- stava riordinando l’attrezzatura quando vide le porte spalancarsi e Sebastian entrare. “Oggi sei venuto tu stesso a recuperarmi?” Gli chiese con una smorfia, allontanandosi dal ripiano su cui aveva posato i pugnali; aveva imparato in fretta che suo fratello era solito intrappolarla contro qualsiasi superficie, e così si spostò velocemente al centro della palestra. O avrebbe voluto perché, inciampando nei suoi stessi piedi, cadde a terra. La risata di Sebastian riempì la stanza, e lei alzò la testa sconvolta; non credeva di averlo mai sentito ridere così spontaneamente, senza traccia di cattiveria nella voce. In una frazione di secondo, con la sua tipica velocità –da quando mi sembra tipica?, pensò distrattamente Clary- le fu subito accanto. Quando rideva sembrava che il cerchio argentato intorno le sue pupille si allargasse, donando una luce completamente nuova al suo volto… Nell’oscurità generale del castello sembrava davvero il principe Oscuro dei suoi disegni; Clary aveva iniziato a chiedersi perché, ben prima di conoscerlo, si fosse ritrovata a disegnare lui e questo castello che sembrava la sua naturale estensione.
-Non credo di aver mai visto una Shadowhunter inciampare nei suoi stessi piedi.- Cercò di mascherare un’altra risata con un colpo di tosse, cercando di riprendere il suo solito cipiglio serio, eppure l’ombra di un sorriso persisteva sul suo volto. A Clary ricordò Jocelyn, quando da bambina la rimproverava per aver combinato un pasticcio con i colori, ma non riusciva a trattenere il sorriso vedendola così piccola e piena di colore fino alla punta dei capelli.
-Adesso sono una Shadowhunter?- Sospirando teatralmente, Sebastian si inginocchiò e, con dita leggere, le allacciò la scarpa che l’aveva fatta cadere.



Clary strinse il fiocco dei suoi anfibi, scuotendo la testa. In quelle settimane in Edom non aveva fatto altro che allenarsi, sin dal primo giorno; si era persino rifiutata di visitare il castello. La sera, quando finalmente ritornava nella sua stanza, era troppo stanca per riuscire a fare qualsiasi cosa, e il suo blocco da disegno giaceva abbandonato sulla scrivania. Se Jace avesse potuto vederla, sarebbe stato fiero di lei, sperava. Un piccolo macigno le si depositò sul cuore. Non c’era giorno in cui non pensava alla sua famiglia, e non c’era volta in cui il loro ricordo le facesse meno male. Uno dei motivi per cui stava mettendo tutta se stessa nell’allenamento era che riusciva a non pensare. Adesso comprendeva Jace, Alec e persino Izzy. L’adrenalina della battaglia, la concentrazione dell’allenamento, la pesantezza dei muscoli –erano un toccasana per il suo animo inquieto, una nicchia in cui rifugiarsi. Era l’unica cosa che sentiva le stesse consentendo di mantenere un briciolo di sanità. Non capiva perché, nelle sue scarse settimane di allenamento all’Istituto di New York, sebbene portasse le rune, il suo allenamento fosse stato tanto superficiale.
Forse perché Jace non ti riteneva capace di allenarti seriamente?, suggerì la fastidiosa voce che sembrava essersi insinuata nella sua mente da quando si era ritrovata intrappolata su questo pianeta infernale e che assomigliava pericolosamente a quella di Sebastian.
Forse se ti avessero ritenuta abbastanza capace, a quest’ora saresti a casa…



Arrivata in palestra, trovò Sophia intenta ad allenarsi. Inutile dirlo, il loro rapporto era, se possibile, peggiorato. Clary non riusciva a capire come qualcuno potesse volontariamente unirsi a suo fratello; Sophia, d’altro canto, non comprendeva, come le aveva più volte detto tra un pugno e un altro, come riuscisse ad essere più cieca di una mondana e così terribilmente ingrata.
Sentendo il sibilo di un coltello, scartò di lato, osservando la lama conficcarsi ne punto in cui poco prima si trovava lei. Non ebbe il tempo di compiacersi dei suoi riflessi che un altro coltello si piantò dove si trovavano i suoi piedi prima che saltasse; e ancora, ogni suo spostamento era seguito da un coltello. Con orrore si rese conto che, con i suoi stessi movimenti, si era creata una gabbia dalla quale sarebbe stato difficile uscire ed evitare il prossimo coltello che Sophia stava preparando. Puntò gli occhi sulla sua spalla e, appena vide il muscolo guizzare si abbassò, ponendosi sulla precisa traiettoria della lama; si accorse del suo sorriso soddisfatto e, estraendo una lama piatta e corta –le sue preferite- dal pavimento, la sollevò davanti al viso, usandola per proteggersi. Clary sorrise vedendo lo stupore della sua avversaria e, dalla sua posizione centrale tra i coltelli, ne approfittò per restituirle le lame una ad una, non riuscendo tuttavia a colpirla.
-Il gattino ha tirato fuori le unghie?- La provocò, inarcando un sopracciglio biondo.
-Sei davvero brava a scappare dai miei coltelli.- Clary avrebbe voluto cancellare quel sorriso beffardo dal suo volto. –Come una brava mondana, sai solo scappare.- Continuò, agitando una mano, il suo sorriso trasformato in una smorfia. Clary sentì il sangue ruggire e, in una frazione di secondo, sfoderò le lame gemelle che aveva nascosto sotto la giacca della tuta, che andarono a squarciare la divisa rosso sangue all’altezza delle costole provocandole solamente un taglio superficiale. L’espressione sconvolta di Sophia, però, era più che sufficiente per Clary per essere soddisfatta.
Dopo che ebbero finito di scontrarsi, mentre si trovavano una di fronte all’altra sul lato opposto della palestra, stremate e sporche di sangue, Sebastian entrò nella stanza. Sophia scattò in piedi, smettendo di applicarsi gli iratze, e cadde in ginocchio di fronte al suo padrone; Clary si limitò ad osservarla, inarcando entrambe le sopracciglia. Come le aveva già detto più volte, avrebbe dovuto spezzarle le gambe prima di vederla in ginocchio di fronte a suo fratello. Lui la guardava come se fosse un miraggio, come se non si aspettasse, in realtà, di trovarla lì ad allenarsi. Con movimenti lenti, non staccando gli occhi dai suoi, portò la mano nella tasca interna della sua giacca rossa –come il cielo su Edom, come il sangue che lui aveva versato e come quello di cui le sue stesse mani si erano macchiate- uscendone uno stilo. Clary lo prese al volo, osservando meravigliata il delicato motivo di stelle nere che si inseguivano per tutta l’impugnatura.

“Morgenstern, è quello che siamo. Non ti permetterò mai di dimenticarlo, Clarissa.Le sfiorò la guancia con le nocche, e Clary pensò di poter vedere le stelle cui lui tanto si aggrappava splendere nei suoi occhi, come ogni volta che le stava così vicino. “Io non ho niente a che fare con tutto questo.” La mano che la accarezzava corse, repentina, a stringerle il mento. “Tu sei il più crudele dei demoni, sorella.”

“Mio signore, sei sicuro sia il caso di metterle un’arma come uno stilo in mano?” Intervenne Sophia, che aveva osservato la scena a bocca aperta.
“Se non lo fossi stato, avrei agito diversamente.” Una sua occhiata fu necessaria per farla tacere ma, da sotto i capelli biondi che le ricoprivano il volto, Clary poteva vedere il rossore che le colorava le guance. Le dita le fremevano al contatto con la fredda impugnatura dello stilo, ed una gioia selvaggia si impossessò di lei; era come se le avessero restituito un arto, e adesso si sentiva invincibile. Senza riflettere si applicò un iratze, e sentì il sollievo pervaderla immediatamente, guarendo anche lividi e feriti di settimane. “Quanto mi costerà questo?” Gli chiese, con gli occhi ancora chiusi, beandosi della sensazione di benessere che provava in quel momento. Lo sentì sospirare teatralmente e, percependo uno spostamento d’aria, aprì gli occhi trovandoselo davanti. Non le avrebbe mai concesso il lusso di sostenere una discussione senza guardarlo negli occhi, non le avrebbe mai permesso di sfuggire al suo sguardo. “Vieni in battaglia con me.” Clary sostenne il suo sguardo. “No.” Vide le sue mani stringersi a pugno, e la vena del collo pulsare. “Non era una domanda.”
 I suoi lineamenti improvvisamente si distesero, ed i suoi occhi si illuminarono trionfanti. Era sempre così, con lei; doveva cercare di trovare qualcosa che l'avrebbe motivata, a cui non avrebbe saputo resistere. “Sempre se sei in grado di combattere, dopo esserti scontrata con Sophia.” Maledetto, pensò Clary. Se c’era una cosa che lei, segretamente, riconosceva avessero in comune era l’orgoglio, e lui dimostrava come sempre di conoscerla meglio di quanto si aspettasse. Eppure, non poteva cedere così. Gli avrebbe restituito lo stilo, sfregiato l’iratze, qualsiasi cosa, ma non poteva schierarsi con lui.
“Signore, ti accompagnerò io, se me lo consenti. Non mi provoca nessuno sforzo battermi con lei.” Sophia si alzò subito in piedi, nascondendo a stento una smorfia di dolore; Clary non si preoccupò di nascondere, invece, il sorrisetto che le increspò le labbra per questa piccola vittoria.
“Molto bene allora, seguimi.” Sebastian continuava a fissarla, non degnando l’altra ragazza di uno sguardo, e Clary vide chiaramente sul suo volto la gelosia bruciante nei suoi confronti.
“Verrò con te.” Disse d’istinto, e Sebastian le porse una mano, invitandola ad alzarsi, che lei ignorò. “Ma deve esserti chiaro, Sebastian, che non combatterò per te.”
“Combatterai con me sorella, perché questo regno appartiene a te quanto a me.” Clary sbuffò, esasperata. “Ma quando la smetterai con questa storia?”


Ritrovarsi nella Sala del Trono aveva uno strano effetto su Clary; nessuna traccia della battaglia era più presente. Anche l’imponente lampadario, che a Clary ricordò vagamente quello della discoteca di Praga, pendeva dal soffitto senza un graffio. Suo fratello la aspettava al centro della stanza, mentre discuteva con Amatis. La vista della donna le provocò una fitta al cuore, e le tornarono alla mente i ricordi di quando andava a caccia con i suoi amici, della divisa nera come la notte che le aveva dato–identica a quella che indossava adesso, solo di una fattura diversa. Di solito si trattava di missioni improvvisate, in realtà, alle quali si univa senza nessuna idea di cosa avrebbero fatto. Erano sempre coinvolti in missioni di salvataggio, che non lasciavano loro nessuna scelta –perché, di fronte a coloro che ami, che scelta hai?
Si meravigliava sempre di come la luce sembrasse sfiorare gli Shadowhunters; di come gli occhi di Jace rilucessero, simili a stelle sullo sfondo dorato che era lui. Sebastian, invece, catalizzava la luce rossastra che filtrava dalle finestre nella sua persona; i suoi occhi sembravano risucchiarla, come se neanche la luce fosse capace di sfuggire a quegli abissi scuri. Quando si girò a guardarla, il suo sorriso era affilato come la lama di un rasoio e Clary sentì il suo sguardo esplorarla, insinuarsi tra le pieghe della sua divisa e del suo animo, bruciarle la pelle. I suoi occhi si spalancarono quando lo vide abbassare lentamente la cerniera della sua divisa, scoprendo le spalle; Clary arrossì, abbassando gli occhi, e lo sentì ridacchiare. Un lieve spostamento d’aria, impercettibile, e lo vide davanti a sé con la mano tesa e lo stilo che le aveva precedentemente dato sul palmo. “Non inventarti una delle tue solite rune.” Le disse, socchiudendo gli occhi come a valutare se fosse davvero il caso di fidarsi di lei e Clary pensò, in preda al panico, che non lo era affatto. Prese lo stilo, cercando di impedire alla sua mano di tremare e pregò affinché l’angelo riuscisse a raggiungerla in quel luogo infernale. Quando poggiò la punta dello stilo sulla sua pelle, esitante, lo sentì irrigidirsi.
Ti prego, aiutami, mandami una Runa o qualsiasi cosa in grado di fermarlo, ti prego… Ma l’Angelo non rispose, e lei sentì il suo cuore sprofondare.
Poggiò l’altra mano poco sopra la ferita, ancora rossa ed in fase di guarigione, che lei stessa gli aveva inferto; un altro sfregio sulla sua pelle diafana, che era in realtà un reticolo di cicatrici.

“Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me.”
Le sue parole le risuonarono in testa, dolci come il miele, mentre le sinuose linee della runa della Forza si imponevano sulla sua spalla. Poco sotto, con movimenti abili – come se avesse speso la sua intera vita a tracciare rune, a far scorrere lo stilo su questa pelle così segnata- le faceva seguito quella della Velocità.
“E’ vero che le tue rune sono… eccezionali, seppur banali.” Le disse, mentre completava il delicato intreccio della runa della Precisione; poteva sentire sotto il suo palmo le sue spalle vibrare, il lieve guizzo dei suoi muscoli ogni volta che lo stilo lo toccava diventando incandescente. Notò che emanava un bagliore diverso, poco più cupo, come se fosse venato di rosso e, affascinata, ignorando le sue parole, premette la punta con forza contro la sua schiena e lo sentì gemere piano. Si spostò di scatto, come se fosse stata lei ad essere bruciata. L’inchiostro della Runa sembrava voler sbiadire all’interno della sua pelle bollente. Poi, improvvisamente, tornò di un nero lucido e Clary credette quasi di avere avuto le allucinazioni. Sebastian si girò velocemente, fronteggiandola, afferrandole la mano con cui ancora stringeva lo stilo. Il suo volto era inespressivo, i suoi occhi completamente neri. “Credi che io non sappia cosa hai pensato appena ti ho girato le spalle?” Sussurrò, strattonandola. “E’ inutile, Clarissa, credevo lo avessi capito. I tuoi angeli non ti raggiungeranno qui.” Non aveva nessun motivo di continuare a mentirgli; la sua esitazione l’aveva tradita, e lui lo sapeva.
“Sai che non mi arrenderò mai a te.” Portò la sua mano sulla guancia, la punta dello stilo gli sfiorava le labbra rosse, così in netto contrasto con il pallore della sua pelle ed il bianco splendente dell’adamas.
Ogni volta che si fronteggiavano, ogni volta che lei lo sfidava, riusciva a percepire l’elettricità che il suo corpo emanava, i suoi occhi febbricitanti.
“Mai è un tempo così lungo, sorella.” Quando parlò le sue labbra sfiorarono lo stilo, come una lieve carezza. Quando le lasciò la mano, gli occhi di Clary erano ancora fissi sulle sue labbra –gli occhi dell’artista, si disse, scuotendo leggermente la testa.
Sebastian le afferrò il gomito e Clary sentì un forte dolore all’altezza dell’ombelico, come uno strappo, e poi si ritrovò a vorticare in uno spazio buio sempre più stretto.
Quando riaprì gli occhi, delle braccia muscolose la sostenevano, tenendola stretta contro un torace  ampio e robusto. Il suo primo pensiero, sentendo un contatto così intimo, corse a Jace; abbassando gli occhi, il suo cuore mancò un battito vedendo che in realtà si trattava di suo fratello. Si divincolò, cercando di mantenere l’equilibrio, e vide che si trovavano in una radura spoglia, dall’erba bruciata, al limitare di una foresta di cui restavano solo  tronchi spogli. L’aria era pesante, e una leggera brezza sospingeva verso di loro della cenere, simile a neve sporca. Clary la riconobbe subito, era simile a quella della notte in cui aveva fatto esplodere la nave di Valentine. Si chiese se, disegnata su tutte le mura del castello di suo fratello, avrebbe ottenuto lo stesso effetto. Il pensiero la fece sorridere, e lui la guardò inarcando un sopracciglio. “Questa è la parte sud di Edom, mentre noi ci troviamo all’estremo nord.” Clary alzò lo sguardo e quello che vide la lasciò senza parole. Il cielo era di un rosso acceso, e le uniche tracce di nero erano quelle delle sagome in movimento frenetico di demoni che, per la loro stazza, potevano anche essere delle nuvole.
“E’ un pianeta completamente distrutto, Sebastian.” Sussurrò, facendo vagare lo sguardo sulla desolazione che la circondava.
“Quelli che vedi sono demoni che non hanno accettato di piegarsi alla mia volontà, che continuano a seminare distruzione.” Sfilò Phosphoros , e Clary lanciò uno sguardo nostalgico a quella che era la gemella della sua lama, ormai consumata dal fuoco celeste e dal sangue demoniaco di suo fratello.
“Credevo che tutti i demoni ti obbedissero.” Clary sguainò la sua spada angelica, cercando di imitare la posizione che assumeva Jace prima di uno scontro. Sebastian le rivolse uno sguardo disgustato che la riempì di orgoglio.
“Non è per niente una posa femminile, quella.” Clary, esasperata, gli rivolse uno sguardo scettico. “Al contrario della tua, no?” L’espressione scandalizzata di suo fratello era impagabile, così come il lievissimo rossore che gli tinse le gote –solitamente così pallide.
“Questo umorismo mondano è insostenibile.” Alzarono lo sguardo, sentendo delle urla stridule farsi sempre più vicine. “Mi erano fedeli, prima che decidessi di risparmiarti la vita o di… abbassati, Clary!” Le zampe ricoperte di artigli velenosi che avevano cercato di afferrarla caddero, tranciate dal corpo, poco lontane da lei. Quando il demone tentò un nuovo attacco usando le altre dozzine di zampe rimanenti, Clary gli corse incontro, abbassandosi, e aprendogli un lungo taglio sull’addome. Non badò al tonfo sordo che la sua carcassa produsse; si stava già scagliando contro un altro demone. Con la coda dell’occhio vide Sebastian spiccare un salto e portarsi alle spalle di un demone la cui testa cadde al suolo un attimo dopo; in una frazione di secondo, era già impegnato contro un altro demone. Clary si ritrovò faccia a faccia contro un demone Raum, circa per tre volte più grande di quelli che aveva visto sulla Terra. Parò il colpo di un lungo tentacolo con la sua spada, che le venne strappata di mano; un dolore sordo si diffuse per tutto il suo braccio, ma lo ignorò. Estrasse un’altra spada tenendo nella sinistra due pugnali a lama piatta. Tendò un affondo che il demone evitò sibilando, spargendo saliva velenosa. Clary tagliò di netto i tentacoli che avevano cercato di afferrarla e lanciò i pugnali sugli altri, immobilizzandolo momentaneamente, e ne approfittò per infliggergli un lungo taglio letale sulla schiena. Altri demoni, di piccola dimensione, si lanciarono contro di lei; estraendo un’altra lama angelica, li affrontò indietreggiando, fino a quando non sentì Sebastian proprio dietro di lei. I suoi movimenti si adattavano perfettamente ai suoi, come se avessero passato la vita ad allenarsi insieme, o come se lui avesse speso un’infinità di tempo studiarla. I corpi dei demoni intorno a lei erano decisamente meno rispetto a quelli che circondavano suo fratello; Clary doveva ancora abituarsi al fatto che, su Edom, non sarebbero scomparsi. Era ricoperta di sangue, pulviscolo ed icore, e un lungo taglio le correva sul braccio –sperò non fosse infetto. Mandò un pugnale dritto in quella che suppose fosse la gola cartilaginea di un demone simile a un ragno ricoperto di aculei purulenti, che cadde lanciando strilli agghiaccianti. Si girò verso suo fratello, che era illeso; solo l’icore e la cenere macchiavano la sua divisa e la sua pelle diafana. Gli occhi scuri accesi dalla battaglia erano fissi verso l’alto, su quello che Clary pensò fosse il demone più grande che avesse mai visto. Simile a un drago, solo dalla forma meno aggraziata, si avvicinava a loro a velocità folle; Sebastian non mostrava nessuna emozione, se non il solito sorrisetto arrogante che riservava ai suoi nemici.
Con un movimento silenzioso, le fece scivolare lo stilo in tasca un attimo prima che il grosso drago-lucertola si posasse a un paio di metri di distanza da loro, ruggendo una vampata di fuoco. La sua pelle a scaglie era di un cupo verde petrolio, e la coda lunghissima era costellata di denti incandescenti. I suoi occhi, neri, si posarono su di loro mentre la bocca si apriva nella grottesca imitazione di un sorriso, in cui le sue zanne erano bene in vista.
“Jonathan Morgenstern, Figlio di Lilith.” Il demone parlò con voce rauca e cavernosa, emettendo piccoli sbuffi di fumo.
“Cosa ti fa pensare di poterti rivolgere a me direttamente, demone?” La voce di Jonathan non faceva nulla per nascondere la sua irritazione.
“Se non ci consegni tua sorella, saremo costretti a scendere in guerra.”




Ciao a tutti! Scusatemi per il ritardo con cui pubblico!
Allora, che cosa vorranno mai da Clary? Ma è possibile che povera ragazza non possa avere un attimo di pace? Cosa ne pensate di come stanno venendo fuori questi personaggi, o comunque in generale?
Se vi piace ascoltare musica mentre leggete, vi consiglio vivamente i 30stm (li avete trovati già diverse volte ad inizio capitolo) perchè un po' tutte le loro canzoni piene di hype sono la colonna sonora di questa storia... questo potrebbe anche portarmi a dipingere un Sebastian con i capelli lunghi come Jared Leto, non fosse che sembrerebbe la versione decisamente più cattiva di Lucius Malfoy... Bene, sto ufficialmente divagando.
Ci vediamo alla prossima, spero presto, e un grazie speciale a coloro che hanno recensito ed inserito la storia nelle preferite\seguite. Grazie, senza di voi la storia non esisterebbe! <3 

 

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Capitolo 5
*** The infernal fire ***


"She burns like the sun, and I can't look away
She'll burn our horizons, make no mistake
And I'll hide from the world behind a broken frame
And I'll burn forever, I can't face the shame..."
Sunburn, Muse.





Quando Clary andava a scuola, prima che il suo mondo venisse stravolto, prima ancora che avesse la possibilità di frequentare una vera e propria scuola d’arte, le era stato raccontato il mito di una donna per cui si combatté una guerra lunga dieci anni. Per lei due città scesero in guerra, causando immensa distruzione. Non avrebbe saputo dire perché le fosse venuto in mente esattamente questo paragone. Forse, pensò, è la vicinanza di Jonathan ed il suo parlare attraverso citazioni. Ma Clary non riusciva a spiegarsi cosa avrebbe dovuto volere da lei un demone al punto da scatenare una guerra; da suo fratello, forse, ma lei? Un brivido la scosse, ma la paura l’aveva momentaneamente paralizzata. Clary non era sicura di cosa fosse meglio – o peggio – per lei. Restare con suo fratello e combattere, eterna prigioniera? O consegnarsi al demone, sperando di scappare, e poi?
Saresti comunque prigioniera nella terra di tuo fratello, da sola.
Non lascerebbe mai che ti allontanassi davvero da lui, tornerebbe a cercarti come ha sempre fatto.
La risata di Jonathan Morgenstern risuonò per le lande deserte di Edom, perdendosi tra gli scheletri di quelli che erano stati alberi. Clary scoprì di essere quasi sollevata di sentirla. Clary non aveva una grande esperienza come Shadowhunter, ma poteva affermare di aver visto cose ben più strane ed incredibili della maggior parte di loro; non si era mai imbattuta, però, in un demone di queste dimensioni.
 Non ti avrebbe mai consegnata a loro, pensò, pentendosene subito dopo. Non avrebbe potuto esserne certa, quando in gioco c’era il suo stesso regno.

Il regno che ha costruito per te, dopo aver posto fine a una guerra di cui sarebbe stato il vincitore assoluto, solo per te…

I suoi pensieri si alternavano veloci, rincorrendosi come i battiti del suo cuore. Anche adesso, si disse, era una prigioniera. Lo sarebbe stata in ogni caso, qualunque fosse stata la sua decisione.
“Temo che questo non sia possibile.” Jonathan parlò con voce bassa, con estrema tranquillità. Clary, osservandolo, si stupì di notare come tutto, in lui, fosse estremamente rilassato. Sebastian era simile a un felino, pigro ma sempre all’erta, pronto a scattare.
“Ma questo lo sapevate già.” Le sue labbra si curvarono in un sorriso affilato come la lama di un rasoio e Clary sentì un brivido gelido lungo la schiena.
Era proprio la sua calma, così innaturale, a spaventarla; sotto questa sua facciata il demone era in cerca di sangue, e lei lo sapeva. “O credevate che un paio di demoni mi avrebbero spaventato?” Lo sguardo del demone si spostò su di lei, che rafforzò la presa sulla spada che aveva in mano, passando in rassegna le varie ferite che aveva riportato dallo scontro. Avrebbe avuto bisogno di un iratze, ma era abituata ad allenarsi senza, e poi l’adrenalina le impediva di concentrarsi sulle varie contusioni. “Quelli erano un regalo della Madre di tutti i Demoni, per ricordarti della tua disobbedienza.” La voce del demone-drago era più simile a una frana, quasi incomprensibile, come unghie trascinate su una lavagna.
 "Lilith è ancora terribilmente debole, quindi." Il sorriso di Sebastian si curvò in un ghigno che gli stravolse i lineamenti; i suoi occhi sembravano brillare, accesi dall’imminente battaglia. Clary era sempre più confusa, quale poteva mai essere in tutto questo il ruolo di Lilith? Perché avrebbe dovuto schierarsi contro il suo stesso figlio, nel regno che gli aveva consegnato? "E questa è colei che l'ha bandita nelle profondità infernali, demone." La sua voce non lasciava trasparire nessun dolore o risentimento; era come se fosse in realtà fiero di lei, mentre la indicava con un gesto
distratto della mano.
Colei che ha ucciso il padre e bandito la madre negli Abissali demoniaci…
Ma tu, sorella, sei stata crudele con me…
 
E come avrebbe potuto non esserlo? Al sentire il suo nome, Jonathan aveva visto sua sorella paralizzarsi. Il fatto che credesse che essere rapita da un enorme demone drago fosse peggiore dello stare al castello era già, per lui, una vittoria. Il fatto che avesse creduto che, dopo tutto quello che aveva fatto per lei, compreso affrontare una rivolta di demoni, l'avrebbe lasciata andare era quasi divertente. Riusciva a sentire il potere che il demone di fronte a sé emanava, avvolgendolo come un alone di fumo impalpabile.
"Io obbedisco a Lilith." Il demone esitò un attimo, squadrando Clary; lei gli si fece impercettibilmente più vicina. "E tu conosci i patti per continuare a regnare, Morgenstern." Il sorriso di Sebastian, se possibile, si allargò. Era un sorriso grottesco, pericoloso; la smorfia di un pazzo. "Mia sorella regna insieme a me. Sono io a decidere le sorti di questo regno, dei suoi abitanti e di mia sorella." La sua voce, nel pronunciare le ultime parole, si fece rauca e profonda. Clary sussultò. Si girò a guardalo, mentre lui sollevava la spada, pronto a scattare contro il demone.
Come osavano queste creature ribellarsi a lui? Come osavano pensare di potergli portare via la sua compagna per diritto di nascita? Di mettere in dubbio il suo operato, o di reclamare qualche diritto su di lei?

"Che cosa volete da me?" Clary, capelli rossi come fiamme al vento, la pelle pallida sporca di cenere e icore, ancora più pallida con la sua divisa nera da cacciatrice; se avesse indossato la divisa rossa, la sua pelle sarebbe stata perlacea in queste ombre. Lui lo sapeva, perché non poteva fare a meno di pensarla.
 E di immaginare quella divisa scivolare giù dalle spalle, lungo la linea perfetta della sua schiena, accarezzandole i fianchi…
Piccola, ma così determinata. La sua dolcissima tortura, con ogni suo singolo movimento.
 

 "Se continui così mi toccherà portarti fuori di qui in braccio." Clary si girò di scatto, con una smorfia. "Non è necessario, Sebastian." Tornò a dedicarsi agli affondi con la spada, rivolgendogli le spalle. I capelli rossi disordinati, la pelle bagnata di sudore. Gli occhi accesi di rabbia, le guance rosse per lo sforzo, le nocche bianche per la presa ferrea sulla spada. C’era stato un tempo in cui avrebbe voluto spezzarla, come le vecchie spade di legno con cui si allenavano i piccoli Shadowhunters e che a lui non erano mai toccate. Eppure adesso non lo avrebbe sopportato. Vedeva le sue ginocchia tremare per lo sforzo, quando si piegava. Ancora adesso continuava a stupirsi di quanta forza potesse esserci dentro di lei, di quanta ostinazione riuscisse a mettere in un singolo sguardo, come a dirgli non mi arrenderò mai a te.
 
 Eppure non gli importava mettere in pericolo il suo ancora fragile regno; non gli importava, per una volta, non riuscire ad avere il completo controllo su qualcosa o qualcuno. La cieca obbedienza degli ottenebrati era deliziosa, ma vuota. Clary, privata della sua volontà, non sarebbe stata nient'altro se non un guscio vuoto. Un bellissimo corpo come tanti altri. Dopo la prima settimana di convivenza nell'appartamento di Valentine aveva cambiato idea, anche se lei era riuscita a fargli perdere il controllo; in quel momento, in realtà, non avrebbe risposto di nessuna sua azione. Al tempo aveva creduto fosse l'influenza di Jace; invece lui aveva già scelto Clary come sua compagna, lei lo aveva già attirato nelle sue spire apparentemente innocenti -una determinazione così grande non può essere innocente, o lo sdegno e la sufficienza che riservava loro, la sua stessa famiglia, che ripudiava con la superiorità che è propria di ogni Shadowhunter, come se fosse nata e cresciuta realmente tra loro, una perfetta figlia degli angeli.

Il demone posò i suoi occhi rossi su di lei, facendo una grottesca smorfia che avrebbe dovuto essere un sorriso. "La ragazza angelica..." Emise un piccolo sbuffo di fumo nero che scattò verso Clary assumendo la forma di un cerchio; spiccando un salto si portò fuori dalla sua traiettoria, e l'anello cadde a terra con un tintinnio metallico. Un piccolo campanello d'allarme risuonò nella testa di Sebastian, ma lui lo ignorò; non era certamente il primo demone con strane caratteristiche che vedeva, tantomeno in un regno in cui il loro potere era così grande.
"Catturarti." Rispose Sebastian al suo posto, non staccando gli occhi di dosso al demone. "Ed evitare uno scontro con me."
Clary non è preparata, pensò in un momento di panico. Poi percepì, più che vedere, un piccolo sbuffo. Clary si portò alla sua destra, avanzando di un passo. Il cuore di Jonathan rischiava di traboccare di sentimenti confusi, dolorosi come un pugno in pieno stomaco. Mai, nella sua vita, aveva provato un tale trionfo; né alla fine di una battaglia, né scontrandosi con coloro che continuavano a mettersi sul suo cammino, né conquistando finalmente il trono di Edom. Neanche vedere gli Shadowhunters soccombere sotto i suoi Ottenebrati gli aveva procurato un piacere così grande, come elettricità pura che gli correva nelle vene, intrecciandosi al suo sangue ibrido e facendolo ruggire, solo perché Clarissa si era schierata al suo fianco.
"Non importa se vieni con me viva o morta, ragazza Angelo." Questa volta, la voce del demone aveva una sfumatura canzonatoria.
"Così sia, e che la tua razza possa raggiungerti all’Inferno." Clary osservò i suoi lineamenti indurirsi, gli occhi diventare completamente neri mentre parlava. La sua postura era ferma, e a Clary ricordò le innumerevoli volte che lo aveva visto combattere. Il campo di battaglia era l'unico posto in cui riusciva a comprendere suo fratello; sebbene su fronti opposti, erano stati sempre e soltanto loro due a scontrarsi. Era lei ciò che lui aveva cercato. La sua determinazione, contro la forza di volontà di Clary. La sua volontà di distruggere il mondo, e quella di Clary di salvare le persone a cui teneva. Il loro scontro, tutto personale; la loro piccola tragedia familiare, che con il riconoscimento del fratello perduto aveva assunto tutto un altro significato. Quando aveva scoperto la verità, non aveva più sperato nella sua redenzione. E quando aveva finalmente incontrato Sebastian, non avrebbe saputo spiegare la sensazione di familiarità, la spinta verso di lui. Erano sempre stati loro a scontrarsi, l'eterna battaglia tra angeli e demoni che si consumava attraverso il loro odio e cantava nel loro sangue. Adesso, invece, era lui a proteggerla da un demone che aveva intenzione di rapirla, o ucciderla. C'era una sottile ironia che, se Clary si fosse fermata a riflettere, sarebbe scomparsa rivelando la verità davanti ai suoi occhi, nitida e dorata come una runa. Ma gli occhi di Clary erano fissi sul demone, e quando questo si mosse verso di lei era già pronta con la spada a metà di un affondo che si infranse contro la corazza del demone come fosse fatta di vetro.
Phosphoros era uno spettacolo letale in mano a suo fratello, le stelle nere sulla lama che catturavano la luce rossastra, anche se ogni colpo sembrava non scalfire nemmeno la sua corazza. Clary estrasse una seconda spada, cercando di colpirlo alle giunture mentre Sebastian lo teneva impegnato.
“Clarissa!” Troppo tardi. Con un colpo di coda il demone la mandò a sbattere contro un tronco secco, che si sgretolò come fatto di cenere all’impatto. Sebastian le si portò subito davanti, tagliando a metà il secondo cerchio metallico diretto a lei. In un lampo rosso la prese in braccio, portandola via appena in tempo, veloce come mai nessuna runa avrebbe potuto renderlo. Una lingua di fuoco nero si abbatté nel punto in cui si trovavano prima. Quando la rimise a terra, Clary fu veloce ad allontanarsi, come se fosse stato il suo tocco a bruciarla; con gli occhi sbarrati vide come la parte inferiore della divisa di suo fratello fosse bruciata, la pelle bianchissima del polpaccio arrossata, ma lui non sembrava farci caso, i suoi occhi erano fissi su di lei. “I nostri colpi non hanno effetto, Sebastian.” Clary, che supponeva avere una o due costole incrinate, si rimise in posizione, una spada angelica in una mano, due pugnali nell’altra. “Cerca soltanto di non farti catturare.” Con un salto si portò alle spalle del demone, ma quando questo cercò di colpirlo c’era solo polvere al suo posto; e poi alla sua destra, e di nuovo dietro, e di lato. Era impossibile prevedere dove si sarebbe abbattuta la sua spada, senza sosta, su ogni centimetro non protetto dalla corazza; il demone non sarebbe comunque mai stato abbastanza veloce da fermarlo. Fiotti di icore iniziarono a macchiare il terreno, il demone ad ululare, mentre un alone di fumo, nero e fitto, iniziava ad avvolgerlo, rallentando i movimenti di Sebastian. Clary avrebbe voluto colpirlo, ma avrebbe rischiato di ferire suo fratello.
E da quando ti importa?
“Michael.” Sussurrò Clary, e la spada si accese di luce angelica. Abbagliante, ma decisamente più debole che sulla Terra.
“Il tuo Angelo non può raggiungerti qui…”
Clary vide un bagliore rosso, e la spada lasciò la sua mano come di sua spontanea volontà; quando sentì il demone urlare seppe di non aver sbagliato bersaglio, e di aver centrato il suo occhio. Suo fratello uscì poco dopo dal cerchio di fumo, con la divisa a brandelli ed i capelli pieni di fuliggine. “Bel colpo, sorella.” Anche il suo viso era sporco di fuliggine, ed in quel momento non le sembrò più lo spietato dominatore di Edom, colui che aveva quasi condotto a morte tutti gli Shadowhunters. Era semplicemente suo fratello, il suo compagno di battaglia, che le guardava le spalle. Mentre il demone era ancora a terra, Sebastian si gettò nuovamente nella spessa cortina di fumo, con Clary alle calcagna. Le mancò il fiato; era impossibile respirare, e sembrava che nessun suo colpo avesse effetto. Era come colpire una parete. Non riusciva, in realtà, neanche a vedere dove i suoi colpi andavano a finire. Le sembrava di sentire, in lontananza, Sebastian chiamarla ed imprecare, ma non ne era sicura. Era tutto confuso, in quell’oscurità ovattata che l’avvolgeva e la tratteneva. Non esisteva più il demone, né il pericolo o la terra sotto i suoi piedi o il cielo sulla sua testa. C’era solo l’oscurità a sostenerla, a prometterle i desideri più oscuri del suo cuore, sussurrati come una preghiera, lì dove non esistevano più le ferite o il dolore della battaglia, se solo si fosse abbandonata…
Clary! Non credergli!
Jace? Sei tu? Jace…
Una sagoma si avvicinava e, fendendo le tenebre con la sua spada, la trascinò fuori.
Jace, sei venuto a salvarmi? Jace ti prego…
Una vampata di calore improvviso la riportò brutalmente alla realtà, quando un urlo le perforò le orecchie. C’era qualcosa di angosciante, come se chi stesse urlando covasse una disperazione nera, a stento contenuta. Come un demone in trappola... Clary aprì gli occhi di scatto quando cadde a terra, stretta tra le braccia di suo fratello, mentre la sua schiena la proteggeva dal fuoco dell’inferno che il drago stava riversando loro addosso. Sebastian cadde a terra, una maschera di sangue e pelle bruciata. “Sebastian!” Clary gli scostò i capelli dal viso, poggiandogli la mano sulla guancia, le sue parole come un mantra nella sua testa, mentre lo guardava cercare di rimettersi in piedi e ricadere nella polvere.
“Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici, ma tu sei stata crudele con me sorella…”
 
“Quando la Signora lo verrà a sapere… Troppo debole per governare, troppo debole…” Clary sentì il demone ridere, ma era come se fosse lontano; aveva già afferrato la spada di suo fratello, gemella della sua, e nell’altra mano impugnava lo stilo che le aveva fatto scivolare in tasca. Il cuore minacciava di scapparle dal petto, ma la sua mente era lucida, come dissociata. Una singola immagine la occupava, simile ad un’altra che aveva visto quelli che sembravano essere anni fa, solo più cupa, come contornata da filigrana rossa; una stella a cinque punte divisa a metà da una barra, che non cantava del fuoco purificatore degli Angeli, ma di controllo e vendetta. Mentre Clary incideva la runa vide le stelle nere incise sulla lama prendere vita e brillare. Quando la seconda fiammata del drago li colpì lei era davanti suo fratello, a proteggerlo, con la spada incandescente stretta in pugno che assorbiva le fiamme, il calore come una carezza sulla pelle. La spada brillava, nera e rossa, portatrice della terribile giustizia dei Morgenstern, e prima che il drago realizzasse cosa fosse successo la sua testa cadde a terra con un tonfo, il corpo consumato dal suo stesso fuoco, la lama un fascio di luce nelle sue mani.
C’era qualcosa di celestiale nel vedere sua sorella rivolgergli le spalle, i capelli rossi lambiti dalle fiamme nere; e lei, coraggiosa e imprudente, con la sua spada a proteggerlo. Un Angelo portatore di giustizia, vendicatore. Il Boia del Paradiso. L’incarnazione esatta di ogni suo desiderio.
 
“Jonathan!” Clary corse verso suo fratello, Phosphoros ancora stretta in pugno. Cadde in ginocchio davanti a lui, cercando lo stilo tra la sabbia. “Non era necessario…” Lo disse in un sussurro, gli occhi verdi fissi nei suoi, le mani che tremavano, scorticate e bruciate nel punto in cui aveva stretto l’elsa. Se il suo dolore era già insopportabile, non riusciva ad immaginare cosa stesse provando suo fratello, di nuovo… “Sai che il fuoco non può uccidermi, Clarissa.” Le prese lo stilo dalle mani e le tracciò due iratze, uno su ciascuna mano, sfiorandole le nocche con le labbra.
Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me…
Clary sentiva le lacrime bagnarle le guance, ma non riusciva a controllarsi. Il rimorso era come una tenaglia stretta alla bocca dello stomaco che le impediva di respirare, le parole di suo fratello come un crudele ritornello scolpito nella sua mente.
No, no, no, no, no Jonathan no… Perché? No…
Le sue urla si sovrapponevano nelle sue orecchie, nonostante adesso fosse in silenzio. E le immagini di quando lei lo aveva reso in fin di vita con il fuoco celeste si confondevano con quelle in cui lui la teneva stretta per proteggerla dal fuoco infernale, rivolgendogli la schiena. Solo perché lei, come una stupida, come sempre, si era gettata nel pericolo non pensando alle conseguenze, e qualcuno aveva dovuto pagare per la sua stupidità, per proteggerla… Lei e le sue stupide rune, che non riuscivano mai a proteggere davvero nessuno…
Sei a malapena una Shadowhunter, eppure..
No…
Ed il ricordo della sua schiena martoriata, sfregiata dal metallo demoniaco con cui Valentine lo puniva…
No.
E adesso lui la osservava in silenzio, il respiro pesante, come se gli costasse immensa fatica. E la sua schiena, nera, pulsante, era impossibile da guardare; la bile le salì in gola, ma la mandò giù. Si chinò sulla schiena di suo fratello, cercando di spostargli la divisa, ma era impossibile capire dove quella finisse e quale fosse in realtà la sua pelle. Poggiò la punta dello stilo sul fianco, e lo sentì ispirare bruscamente; tutto il suo corpo irrigidirsi per trattenere il dolore. Le lacrime si univano al percorso tracciato dalla runa, scorrevano sulla pelle di suo fratello come perle. Clary sentiva i polpastrelli bruciare, e le forze abbandonarla. Le sinuose linee dell’iratze spiccavano nere sul fianco sfregiato di Sebastian, e a Clary sembravano serpeggiare ed allungarsi, combattere il nero delle bruciature con le sue spire brillanti; ma poi, tutto si fece nero e torbido, e si sentiva attirare da un’oscurità senza fondo.



coldays
ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo, nonostante io sia consapevole di essere imperdonabile però ecco, il capitolo è un po' più lungo del solito e -finalmente- Clary inizia ad avere dei "ripensamenti", o delle prese di coscienza insomma! So che ci sono ancora molte cose poco chiare e credo anche in contraddizione con quello che è stato CoHF, ma nei prossimi capitoli si appianeranno e molte cose saranno spieagate. Per il momento vi lascio come Clary: un po' confusi. In questo capitolo vediamo un po' di action, finalmente; ed ovviamente la nostra Clary è sempre la solita. Un piccolo Off-topic (ma neanche tanto, poi): avete letto TQoAAD? Pareri? Anche per posta privata, così evitiamo spoiler, se avete voglia di sfogare l'infinito angst che questo libro ha provocato io sono a vostra completa disposizione! Colgo anche l'occasione per farvi tanti auguri, e ringraziarvi nuovamente per le recensioni, i preferiti\seguiti\ricordati e anche a chi legge solamente. Grazie! Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo, come sapete le vostre recensioni sono preziosissime per me, così come i vostri consigli e suggerimenti. Ci vediamo nel 2019, Nephilim!

 

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