The World Of Demons - Il Portale Dei Demoni (vecchia) di Zikiki98 (/viewuser.php?uid=240819)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one - Idris. ***
Capitolo 2: *** Chapter two - Forks. ***
Capitolo 3: *** Chapter three - First day. ***
Capitolo 4: *** Chapter four - Vampire. ***
Capitolo 5: *** Chapter five - Brother. ***
Capitolo 6: *** Chapter six - Seattle. ***
Capitolo 7: *** Ehilà! ***
Capitolo 8: *** Ciao, ciao 2014 👋 ***
Capitolo 9: *** ok, non picchiatemi per favore ♥ ***
Capitolo 10: *** Chapter seven - Return to ***
Capitolo 11: *** Chapter eight - Stories of the past. ***
Capitolo 12: *** Chapter nine - Werewolves. ***
Capitolo 13: *** Chapter ten - The truth. ***
Capitolo 14: *** Sono tornataaaaa ***
Capitolo 15: *** Chapter eleven - A naked. ***
Capitolo 16: *** Chapter twelve - Go away, and never come back. ***
Capitolo 17: *** Chapter thirteen - No nothing. ***
Capitolo 18: *** Chapter fuorteen - Kidnapping. ***
Capitolo 19: *** Chapter fifteen - Departures. ***
Capitolo 20: *** Chapter sixteen - Strategies. ***
Capitolo 21: *** AH CHI NON MUORE SI RIVEDE ***
Capitolo 22: *** Continuo anche su efp ***
Capitolo 23: *** PUBBLICATA SU EFP! ***
Capitolo 1 *** Chapter one - Idris. ***
The wolrld of demons capitolo 1
#RISCRITTO
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER ONE - IDRIS.
Idris era stupenda:
con quelle infinite colline di prati verde acceso, i fiori delicati
color bianco candido e il cielo azzurro chiaro e cristallino... era
così bella da sembrare irreale.
Idris era
casa mia, e tutto ciò che ne faceva parte rappresentava la
mia vita.
Avrei vissuto qui per l'eternità, eppure il fato aveva
prescritto un altro destino per me.
Non riuscivo a credere che avrei dovuto abbandonare tutto questo:
lasciare la mia patria, e con essa una parte del mio cuore, senza
essere sicura che un giorno vi avrei fatto ritorno. Tutto in questo
momento dipendeva dal caso.
Ad ogni modo, volente o nolente, avrei dovuto adempire al mio compito.
Da cento anni noi Shadowhunter
eravamo nascosti per proteggerci da una situazione che ai nostri
antenati era sfuggita di mano, fino a diventare una vera e propria
catastrofe. Eravamo fuggiti dagli occhi del mondo, lo stesso che
stavamo proteggendo e che, allo stesso tempo, ci stava sterminando a
causa dell'incontrollata venuta di demoni sulla terra. Troppi perfino
per noi Cacciatori, forti ma non abbastanza per vincere questa
battaglia.
Tutti ci credevano morti, estinti, ma in realtà ci eravamo
semplicemente rifugiati tra le braccia della nostra madre patria,
l'unica che in quel momento ci avrebbe potuto concedere di vivere il
più al sicuro possibile,ma nell'ombra.
Ora, dopo un secolo in nostra assenza, stavamo tornando per ricoprire
la nostra razza di gloria e onore, per svolgere il nostro dovere,
ciò per cui eravamo stati creati: combattere i demoni, anche
a discapito della nostra vita.
Ognuno di noi ha il proprio ruolo nel mondo, il proprio scopo, e il
nostro era quello di uccidere demoni per rispedirli nella loro
dimensione e mantenere l'equilibrio naturale delle cose. Era come una
specie il ciclo della vita, in un certo senso: il più forte
che si avventa sul più debole, e così via, ma in
una visione più battagliera e eroica.
Se da un lato ero triste e malinconica nel lasciare Idris, dall'altro
ero elettrizzata e eccitata nel vedere, nello scoprire, com'era il
mondo al di fuori dalle protezioni della città, che ci
avevano sempre fatto da scudo e da divisore.
I Cacciatori più giovani, come me, erano elettrizzati
all'idea che un giorno questo momento sarebbe arrivato, e ora che era
decisamente alle porte, nessuno, nemmeno gli adulti, stavano
più nella pelle. L'idea di libertà, dopo quello
che successe ai nostri antenati, ci appariva sempre più
distante e inafferrabile, ma non ce la facevamo più a vivere
così, protetti costantemente da una bolla di vetro da
minacce che per noi sarebbero state sempre gravose e difficili da
contrastare. Nonostante Idris fosse perfetta, stava iniziando ad essere
stretta.
Eravamo stati addestrati per combattere demoni, ed era giunto il nostro
momento di riappropiarci dei nostri compiti.
Quando i demoni invasero Alicante
cento anni fa, e ogni singolo istituto presente sul pianeta, io
ovviamente non ero ancora nata, ma i racconti degli Anziani e dei Fratelli Silenti facevano
raccapponare la pelle e rendevano bene l'idea degli avvenimenti di quel
periodo. Dovevano essere stati giorni davvero terrificanti,
vissuti tra la paura di sopravvivere e il desiderio macabro di morire
per sfuggire ad altro dolore, dovuto a ferite sia fisiche che morali.
I nostri antenati combatterono quella guerra con tutte le loro forze,
lottando per la propria patria e per i Cacciatori avvenire, ma
purtroppo fu persa. Tutti gli Anziani
che vi parteciparono e che erano sopravvissuti alla battaglia, ormai
erano morti di vecchiaia, ma i ricordi delle loro gesta resteranno
sempre dentro di noi, in segno di rispetto e gratitudine.
Avevano perso, ma la loro determinazione a non arrendersi aveva
permesso che oggi esistessero ancora i Shadowhunters.
Quelle creature demoniache li costrinsero a rifugiarsi nella loro
città natale, sbarrando tutte le uscite, le entrate e
aumentando a dismisura le difese delle protezioni che circondavano Idris, facendo
lampeggiare costantemente le torri antidemoni, in segno di pericolo.
Nonostante fossimo sotto la costante protezione delle torri, anche
molti anni dopo, alcuni demoni riuscirono a ingannare il sistema e a
penetrare nella città, uccidendo Cacciatori su Cacciatori,
non fermandosi neanche davanti a dei poveri e innocenti bambini.
Tutto questo, fino ad oggi.
I miei genitori, Charlie e Reneé Swan, morirono quel
maledetto giorno, il giorno che noi chiamavamo Attentato.
Ero solo una bambina allora, avevo sei anni, e mio fratello Sebastian
ne aveva pochi più di me. Sarebbe stato un episodio che
avremmo ricordato per il resto dei nostri giorni, come se fosse
accaduto ieri, lo sapevamo.
Fu un momento terribile per entrambi: quel giorno due bambini videro
morire i propri genitori davanti ai loro occhi ricchi di innocenza,
videro i loro volti deformarsi dal dolore, i loro sguardi spegnersi e
abbandonare la vita che impregnava i loro corpi. Questo, avrebbe sempre
fatto parte dei nostri incubi peggiori.
Ma da questo momento, quei giorni di paura, reclusione, rabbia e odio
sarebbero finiti, per lasciar spazio alla sete di vendetta e di
giustizia: nessun demone avrebbe avuto più scampo, e con
loro, anche chi li aveva mandati l'avrebbe pagata cara.
Fortunatamente, grazie all'Angelo
Raziel, dopo la scomparsa dei nostri genirori, io e mio
fratello non venimmo abbandonati a noi stessi, ma la famiglia Durwood
si prese cura di noi piccole pesti, adottandoci.
Erano vecchi amici dei nostri genitori e li conoscevamo,
perciò eravamo stati davvero fortunati. Non potevamo
chiedere candidati migliori per crescere come nostro padre e nostra
madre avrebbero voluto crescerci, perché sapevamo che ci
avrebbero insegnato i giusti valori della famiglia, della patria e
della guerra, gli stessi in cui loro credevano.
Non tutti avrebbero fatto quello che i Durwood fecero per me e per mio
fratello, e di questo gli sarei sempre stata grata, per la vita.
Siamo stati cresciuti ed educati da loro alla pari dei loro figli,
William, George e Stephan, imparando l'arte del combattimento da nostro padre Jonathan
e materie come la demonologia, la biologia e la botanica da nostra madre Marie.
Per me e Sebastian, ma sopratutto per me, erano come dei veri e propri
punti di riferimento.
Improvvisamente, risvegliandomi dai miei pensieri, qualcuno
bussò alla porta della mia stanza
- Avanti - dissi tranquillamente, senza cambiare posizione.
Seduta sul davanzale della finestra, stavo contemplando il paesaggio,
come mai avevo fatto prima d'ora. Lo scrutavo con occhi più
attenti e vigili, nel tentativo di memorizzare qualunque cosa il mio
cervello riuscisse poi a ricordare, in modo da patirne meno nostalgia
possibile una volta lontana da qui. Probabilmente perchè
sapevo che questa sarebbe stata l'ultima volta che avrei rivisto quello
spettacolo dopo chissà quanto tempo.
La cosa sinceramente mi metteva un po' paura: spostarsi
così, senza un preavviso abbastanza lungo che permettesse di
realizzare appieno la cosa, dopo non aver visto nient'altro se non quel
mondo... era terrificante.
Ma avrei dovuto accettarlo e lo avrei fatto ricordandomi che, in fondo,
non ero l'unica a trovarmi in quella situazione, che fuori da questa
casa, c'erano altre migliaia di persone che si sentivano come me, come
se tutto gli stesse sfuggendo dalle mani davanti ad una
realtà che cambia drasticamente, senza che tu possa fare
niente per fermarne il processo.
La serratura scattò, spalancando la porta e rivelando
così la figura di mio fratello Stephan, il minore della
stirpe dei Durwood.
Io e Ste avevamo molte cose in comune: ad esempio, entrambi avevamo
sedici anni, e in quella casa piena di adulti, trovavamo conforto l'uno
nell'altra davanti alle ingiustizie imposte dai nostri genitori che,
appunto, tendevano a differenziarci dai nostri fratelli maggiori per
via dell'età.
L'unica pecca di questo fantastico rapporto con lui, era la gelosia
costante di Sebastian, mio fratello di sangue, che credeva che io
preferissi Stephan a lui, nonostante gli abbia spiegato più
volte che non avevo alcun tipo di preferenza sui miei fratelli.
- Fatto le valige? - chiese avvicinandosi a me lentamente, con uno
sguardo che diceva più di mille parole.
Sospirai, accennando un piccolo sorriso - Sì... e tu? - .
- Pronte! - esclamò, con un po' troppo entusiasmo.
Risi mestamente, era davvero strano a volte.
Senza che lo invitassi a farlo, si accomodò davanti a me sul
davanzale, facendo incrociare le nostre gambe in un groviglio confuso,
e cambiando la posizione comoda che ero riuscita a trovare con tanta
fatica.
Decisi di mantenere il mio sguardo fuori dalla finestra, pensierosa,
finché non iniziai a sentire i suoi occhi sulla mia figura,
mettendomi a disagio. Sapeva quando mi dava fastidio essere osservata,
e lui stava facendo esattamente quello.
- Qualcosa non va? - chiese scrutandomi meglio. Sapevo che non si stava
riferendo al mio imbarazzo per il suo sguardo curioso, ma a ben altro.
Probabilmente aveva notato il mio umore appena entrato nella mia stanza.
Mi mordicchiai leggermente il labbro inferiore, pensando a cosa dire.
Lo facevo sempre quando ero un po' nervosa, e in quel momento, lo ero.
- E' tutto ok, è solo che... che questo posto mi
mancherà come l'aria. Sarà difficile lasciarselo
alle spalle - e non solo perchè mi faceva sentire a casa e
perchè era un posto fantastico.
I miei genitori biologici erano stati sepolti qui, e questo avrebbe di
conseguenza impedito la possibilità che io andassi a
trovarli con la stessa frequenza con cui andavo finora.
Sembrò leggermi nel pensiero - Non lascerai nulla alle
spalle Bella, vedrai che non sarà nulla di
definitivo. Appena termineremo il nostro dovere torneremo qui, ti
riporterò qui - .
Sorrisi leggermente, sentendomi già meglio all'effetto delle
sue parole - Ma quanto puoi essere dolce? - .
Rise - Non dirlo agli altri - .
Per "altri" intendeva William, George e Sebastian che, ormai, secondo
la nostra politica, potevano essere considerati senza problemi
Shadowhunters adulti, avendo compiuto tutti la maggior età.
Per questo, in quel momento, io e Stephan eravamo gli unici in casa,
perché tutta la nostra famiglia era alla riunione del
Consiglio e, considerando che non avevamo ancora compiuto diciotto
anni, per il Conclave eravamo dei bambini.
Bambini abbastanza grandi per uccidere demoni e rischiare la propria
vita per proteggere quella degli altri, ma troppo piccoli per
presenziare a delle stupide riunioni che, oltretutto, ci riguardavano.
Sarebbe stato nostro diritto partecipare, ma sapevo che protestare non
avrebbe portato a nulla di buono. Avevamo atri problemi da risolvere e
poi, ancora pochi anni, e anche io avrei potuto ascoltare le riunioni,
perciò il problema non mi avrebbe più riguardato.
- Lo giuro sull'Angelo
- dissi portandomi la mano destra sul cuore, con fare solenne e
rispettoso nei confronti del nostro creatore.
Alzò gli occhi al cielo - A volte sei davvero assurda - .
Gli feci la linguaccia, divertita - E tu sei sempre strano - .
- Davvero maturo! - mi prese in giro, provando a farmi il solletico, ma
riuscii a sfuggire in tempo dalle sue mani.
Gli diedi un pugno sulla spalla - Parla per te, idiota! - .
E scoppiammo a ridere.
Stare insieme a Stephan era una delle cose più semplici e
naturali che si potesse fare, e condividere parte delle mie giornate
con lui era bello perché spesso era l'unico che provasse a
capirmi davvero.
E poi, obiettivamente, era un bel ragazzo: i suoi capelli erano color
biondo scuro, aveva gli occhi azzurri, i tratti spigolosi e portava un
paio di occhiali che gli ricadevano sul naso, dandogli un'aria
decisamente più tenera rispetto ai suoi fratelli.
I fratelli Durwood sembravano essere stati clonati, erano tutti uguali
e spiaccicati al padre, Jonathan. Dalla madre avevano preso poco, se
non niente.
Mio fratello Sebastian invece aveva i capelli scuri, che teneva
costantemente in disordine, gli occhi verdi, proprio come nostra madre,
zigomi poco pronunciati e un bel fisico.
Io invece ero la copia esatta di mio padre, o almeno, questo era quello
che mi dicevano i Durwood. Avevo i capelli lunghi che arrivavano fino a
metà schiena, caratterizzati da un color mogano acceso che
li rendeva quasi rossi sotto la luce del sole, e i miei occhi erano
color cioccolato. Non ero mai stata molto alta, perciò
l'altezza non era di certo il mio punto di forza, ma direi che per il
resto non mi potevo di certo lamentare, a parte per la seconda scarsa
di reggiseno.
Mentre guardavo fuori dalla finestra, in lontananza, si iniziavano ad
intravedere alcuni Shadowhunters
che tornavano a casa dopo la riunione, per annunciare a tutti, in
generale alle proprie famiglie, le raccomandazioni che il Console aveva
fatto e dove ci avrebbero trasferiti.
Ogni famiglia si sarebbe trasferita nella città dove era
presente una maggior attività demoniaca. Fortunatamente il
Conclave era riuscito a localizzare sulla mappa, grazie all'aiuto di
uno stregone di fiducia, esattamente i luoghi dove potesse esserci un
alto tasso di questa presenza, anche se ovviamente, essendo dei
reclusi, non potevamo esserne completamente certi.
- Stanno tornando - pensò ad alta voce Ste, anche lui con lo
sguardo perso fuori dalla finestra.
- Già - e gli passai una mano davanti agli occhi per
riportarlo alla realtà - Ehi, ci sei ancora? - .
- Sì, sì, scusa. Stavo solo pensando - .
- A cosa? - domandai curiosa.
Sorrise timidamente - Niente di importante, davvero - .
Era inutile insistere quando faceva così, sapevo che non me
ne avrebbe parlato, e io non ero quel tipo di persona che insisteva per
sapere che cosa ti affligge. Non ero così impicciona, ma in
ogni caso, lui sapeva che, qualsiasi cosa avesse avuto, lo avrei
ascoltato, sempre.
Sospirai - Come vuoi. Li aspettiamo di sotto? - .
- Certo! - .
Così, senza dire più nulla, ci alzammo e ci
incamminammo verso il salotto, curiosi di sapere dove ci avrebbe
portato questa nuova avventura.
__
- Forks? Non ne ho mai sentito parlare - mormorò poco
convinto Stephan accanto a me.
- E' vicino a Seattle - lo informò stufo Will.
Da quella riunione erano tornati tutti molto stanchi e assonnati. A
quanto detto da loro, erano state tre ore davvero allucinanti, a cui si
avrebbe potuto fare volentieri a meno, se solo quest'evento fosse stato
organizzato in modo migliore.
Alcuni conservatori della città, che non volevano
assolutamente accettare le nuove riforme indette dal Conclave, avevano
deciso di discutere le loro motivazioni, alzando la voce e causando un
grande caos.
Quindi, essere adulti, non portava poi tutti questi grandi vantaggi...
- Ovviamente - riprese mamma, che aveva parlato fino a poco prima - Non
controlleremo un territorio così vasto. Ci limiteremo a
proteggere Forks, dove risiederemo stabilmente, Port Angeles e La Push.
Tenete conto che alla riserva il territorio appartiene ai Quileutes, quindi
ci sarà meno lavoro da svolgere - .
La guardai sorpresa. I Quileutes?
Com'era possibile che degli umani potessero proteggere le loro terre e
le persone che ci abitavano?
Non potevano combattere contro dei demoni, non ne avevano nè
le capacità nè i mezzi. Avrebbero scambiato quei
mostri per cani rabbiosi o altri esseri simili, sottovalutando la
situazione e conducendoli così ad una morte certa. Anche se
fossero sopravvissuti, erano comunque troppo deboli per affrontarli.
- Com'è possibile? - chiesi infine, non lasciando trapelare
nessuna emozione.
Fu papà Jonathan a rispondermi - A quanto pare, il suolo
è battuto da un branco di Licantropi - .
Stephan, al mio fianco, si lasciò andare in un urlo di
esaltazione - Wow! Licantropi? Quindi collaboreremo con i Nascosti! - .
Non avendone mai visto uno, l'idea di incontrare un gruppo di Lupi
eccitava anche me, anche se sapevo che, dopo tutto quello che era
successo ai nostri antenati, e ai miei genitori, non avrei dovuto
sentirmi in quel modo. Perciò, cercai di non darlo a vedere
e di contenere le mie emozioni.
- Non ci pensare nemmeno! - lo ammonirono George e Sebastian, con una
decisione tale che uno schiaffo in faccia avrebbe probabilmente causato
meno dolore e umiliazione.
Stephan, come previsto, si deprimì subito - Come?
Perchè? - .
- Non possiamo rivelare la nostra esistenza ai Nascosti -
spiegò Sebastian - Non sappiamo esattamente come sia andata
cento anni fa, potrebbero aver collaborato con chi ha creato quel
maledetto esercito di demoni - .
- Com'è possibile che non se ne accorgano? I lupi fiuteranno
il nostro odore! - esclamai confusa, non riuscendo a seguirli.
Era davvero un ragionamento assurdo, campato in aria. Quello che
dicevano non stava nè in cielo nè in terra!
Era palese, sicuro quanto la morte, che qualche Nascosto anni orsono
avesse collaborato con il "nemico" a noi sconosciuto. Soltanto gli
stregoni avevano la capacità di creare portali per mettere
in collegamento una dimensione ad un'altra, quindi sicuramente c'era di
mezzo qualcuno di loro. Altre creature, compresi noi Nephilim, non ne
avevamo le capacità.
- Il branco è giovane, si è formato solo da
qualche anno - continuò imperterrito mio fratello -
Sicuramente non avranno mai sentito parlare di noi. Di chi ci dobbiamo
preoccupare veramente sono i vampiri e gli stregoni: loro sono
immortali e quelli che hanno anche solo un secolo di vita sanno che
siamo esistiti. Dovremmo cammuffarci, sopratutto voi -
terminò riferendosi a me e Stephan.
- Perchè? - domandai confusa, alzando le sopracciglia.
- Secondo lo stato Americano dovete andare a scuola - ci
informò papà - e per non destare sospetti, ci
andrete davvero - .
A scuola? Avrei dovuto frequentare le scuole mondane?
Non ne avevo mai frequentata una in tutta la mia vita, nemmeno qui, ad Idris. I miei
insegnanti erano sempre stati Jonathan e Marie, di conseguenza,
nè io nè i miei fratelli avevamo mai messo piede
in una vera e propria scuola. E poi, ero più che convinta,
che le materie non fossero le stesse: non penso che per i mondani fosse
ultile studiare demonologia, come per me non era rilevante studiare
matematica.
Anche Stephan al mio fianco sembrò preoccuparsi - Scuola? Ma
noi non ci siamo mai andati! E non penso proprio che le materie siano
proprio le stesse! Non abbiamo le giuste competenze per... - .
Mamma lo interruppe - Dovete solo stare attenti e proteggere gli umani
presenti nella scuola, mentre noi penseremo al resto del terrirorio che
ci hanno assegnato. Non dovete per forza prendere buone valutazioni,
non ci interessa questo, ma dovete compiere in modo eccellente il
vostro compito di Shadowhunters,
senza dare confidenza a nessuno, sia chiaro. Non dovete farvi scoprire,
il Conclave è stato molto severo su questo argomento - .
Incondizionatamente, mi guardai le braccia ricoperte da ghirigori e
cicatrici prodotte dallo stilo. Sarebbe stato un impiego più
difficile del previsto. Avevamo segni permanenti e cicatrici abbastanza
difficili da coprire.
- Come faremo a nascondere le rune? - chiesi, iniziando a preoccuparmi.
Ogni Shadowhunters
amava le proprie rune e cicatrici, perché ognuna aveva un
suo perché e una sua storia. Più il corpo ne era
ricoperto, più si era rispettati e temuti dagli altri
Cacciatori. Era una questione d'onore.
Bisognava indossarle con orgoglio, perchè dimostravano con
quanta dedizione ci impegnavamo nel nostro lavoro. Erano come un premio
che rappresentava la bravura un Cacciatore.
- Questo sì che è un problema... -
mormorò sfregandosi il mento con una mano, Will.
- Dovrete coprirle, non avete scelta: niente maglie scollate, dovrete
indossare felpe, maglioni e magliette a maniche lunghe -
affermò Sebastian - Non risulterà strano, a Forks
fa freddo perfino in estate - .
Fantastico.
Una cosa che proprio non sopportavo era il freddo. Ero più
quel tipo di persona che amava la calura del sole estivo e la brezza
leggera della primavera. L'inverno e l'autunno non favevano proprio per
me.
- E se, per sbaglio, un mondano dovesse vederle? - domandò
grattandosi la testa Stephan, quasi impaurito da quella
possibilità.
Alzai gli occhi al cielo - I mondani al posto delle rune vedono
cicatrici - gli ricordai.
Boccheggiò per qualche secondo, per poi mormorare un - Ah...
giusto - .
Cercai di non ridere, anche se avevo una voglia matta di prenderlo in
giro per il suo essere così sbadato. Ma questo non era
esattamente il momento adatto per mettersi a sghignazzare.
- Dovremmo prestare più attenzione ai Nascosti invece. Loro
le nostre rune le possono vedere senza difficoltà - ci
ricordò papà, alzandosi dalla poltrona dove si
era accomodato appena messo piede in casa - Direi che è
arrivato il momento di andare a riposare, domani sarà una
giornata molto lunga - .
Tutti noi lo seguimmo a ruota, alzandoci dalle nostre postazioni sul
divano.
- Perchè? - chiesi, tanto per rompere il silenzio.
George si avvicinò di più a me poggiandomi un
braccio sulle spalle, con un tale entusiasmo da prendermi quasi alla
sprovvista - Domani si parte Bells! Alle cinque del mattino in piedi,
anche se il portale verrà aperto alle sei, ma, detto fra di
noi: non ho voglia di essere l'ultimo a partire! - .
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Chapter two - Forks. ***
The world of demons capitolo 2
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER TWO - FORKS.
Avevamo attraversato
il portale da qualche ora ormai e adesso ci trovavamo a Forks.
Se un giorno qualcuno
mi avesse detto che sarei dovuta andare via da Idris, gli avrei sputato in faccia.
Dico sul serio.
Ma tutto sommato,
anche Forks non era poi così male...
Certo faceva un freddo
cane e non si riuscivano a scorgere altri colore oltre al verde,
però aveva fascino.
Quando arrivammo
dall'altra parte del portale, ci ritrovammo in una
casa molto ampia e solare anche per essere situata in una cittadina che
d'estate vedeva a stento la luce del sole, ben arredata e posta su tre
livelli, senza contare la taverna, e nascosta nel bosco per evitare
l'interesse di occhi curiosi.
Fortunatamente, ognuno
di noi, avrebbe avuto la sua stanza, come ad Alicante.
Almeno una cosa non
era cambiata.
Quella che in teoria
doveva essere una taverna, scoprii in
realtà che, per noi Shadowhunters, poteva benissimo essere
utilizzata come palestra per gli allenamenti.
Avevamo anche
un'Armeria, situata all'ultimo piano della casa.
C'era persino una
televisione e sette computer, uno per ognuno di noi.
Non li avevo mai visti
in vita mia ed ero eccitata all'idea di utilizzarne uno per la prima
volta.
Mentre i nostri
genitori erano andati ad iscrivere me e Stephan alla Forks High
School,
avevo provato ad accendere il mio per vedere come funzionava.
Dopo vari tentativi a
caso, riuscii ad indovinare il tasto giusto per avviarlo.
- SI'! - urlai
agitando le braccia in aria.
Sebastian, che si
trovava in salotto con me, mi guardò come se fossi uscita di
testa.
Risi a vedere la sua
espressione.
- Che cos'è
successo? - chiese avvicinandosi cautamente.
Lo guardai e gli dissi
- Sono riuscita ad accenderlo - il mio tono di
voce lasciava trapelare ancora l'esaltazione di poco prima.
- Oh - disse,
sedendosi a fianco a me sul divano - E che cosa avresti acceso? - .
- Si chiama computer!
- lo informai felice indicandolo.
Mi guardò
con un misto fra l'incuriosito e il sorpreso - Come fai a saperlo? - .
- L'ho letto sulla
scatola - dissi - L'ho trovato in camera mia - .
- Interessante - disse
seriamente - E che cosa sarebbe un computer? - .
- Non lo so, adesso
quando si accende vedo - risposi semplicemente
aspettando che lo schermo finisse di mostrarmi un cerchio che girava su
se stesso.
Chissà cosa
stava facendo.
- Aspetta un'attimo! -
esclamò all'improvviso - Com'è che tu hai
già una camera? - .
Gli feci un sorriso a
trentadue denti - Quando siamo arrivati sono
andata di corsa a sceglierla. Sapevo che voi ragazzi avreste litigato
per avere la stanza più grande, ma adesso potete stare
tranquilli, questo problema non c'è più - dissi
misurando
attentamente le parole.
- Che vuol dire che
non c'è più? - esclamarono indignati
Will, George e Ste, che erano appena rientrati in salotto.
Sentii il sangue
risalirmi su per le guance.
Mi alzai lentamente
dal divano, con il computer ben saldo tra le mani,
avvicinandomi il più possibile all'unica via di fuga che
avevo a
disposizione: le scale.
- Vuol dire che tra i
quattro litiganti, il quinto gode - ero sul primo
gradino che portava al piano di sopra - Per chi non avesse inteso, la
quinta sono io. Questo vuol dire che... LA-CAMERA-PIU'-GRANDE-E'-MIA!!!
- urlai di getto, correndo di corsa per le scale in modo da arrivare
velocemente nella mia stanza per poi chiudermici dentro a chiave.
Quando avevo deciso di
prendere questa stanza, non pensavo l'avrebbero presa così
male.
_
Qualcuno
bussò alla porta della mia stanza, facendomi svegliare di
soprassalto.
Stiracchiandomi
scostai le coperte in modo da liberare il groviglio che si era creato
durante la notte.
"Ma
che ore sono?" pensai
ancora assonnata.
Guardai l'aggeggio
elettronico che si trovava alla destra del mio letto su un comodino.
Era l'una del mattino.
Che cosa poteva volere
la gente all'una del mattino?
Sentii di nuovo
bussare alla porta - Bella? - .
Lentamente scesi dal
letto mormorando un - Adesso arrivo... arrivo... -
così basso, che probabilmente non mi sentì
nessuno.
Arrivata davanti alla
porta la aprii, rivelando così la figura di mio fratello
William.
Sorrise - Buon giorno
Bella addormentata! - .
Feci una smorfia - Che
c'è? - .
- Volevamo soltanto
avvertirti che io, mamma, papà, Sebastian e
George andiamo a fare qualche giro di controllo, in cerca di demoni. Tu
e Stephan resterete a casa - mi avvertì.
Improvvisamente mi
sentii più sveglia che mai.
- Vengo anche io! -
esclamai pimpante.
Scosse la testa a
destra e a sinistra - Non se ne parla neanche! - .
Come no?
Ero una Shadowhunters anche io, per
l'Angelo!
- Perchè
no?! - mi lamentai battendo i piedi per terra, come una bambina di sei
anni.
- Perchè
no! - ribadì irremovibile.
Ci scannammo con lo
sguardo per qualche secondo, poi lo sorpassai per
raggiungere gli altri che si trovavano al piano di sotto, in salotto.
Ancora sulle scale
esclamai - Voglio venire anche io! - .
Mamma, l'unica che era
di spalle, si voltò di scatto.
Dopo aver capito a
cosa mi riferivo, sorrise dolcemente - No cara, è troppo
pericoloso - .
Gli altri presenti
nella stanza non commentarono, quindi erano d'accordo con lei.
Non lo potevo
accettare.
- Voglio venire anche
io! - dissi di nuovo con più enfasi.
Stavolta non dissero
nulla, così continuai - Sono una Shadowhunter,
ho il vostro stesso diritto e dovere di venire con voi! I nostri
antenati, alla mia età, andavano a caccia di demoni
già
da qualche anno! - .
Si guardarono
pensierosi, poi papà prese la parola - I nostri
antenati, prima della battaglia, non avevano un'orda di demoni che
incombeva sulle loro teste, noi sì. E' meglio se tu e
Stephan
restate a casa, è più sicuro e non ci farete
stare in
pensiero! - continuò - Mi capisci, vero? - .
Scossi con forza la
testa - No, non sono d'accordo e non posso credere che Ste sia dalla
vostra parte! - .
- Non è
proprio dalla nostra parte - riflettè ad alta voce Will -
più che altro, vuole dormire! - .
- Beh, allora portate
me e lasciate qui quello scansa fatiche! - esclamai testarda.
- Domani hai anche il
tuo primo giorno di scuola Bella - disse mio
fratello, cercando di convincermi - Devi essere al pieno delle tue
energie, se dovesse succedere qualcosa... - .
- Non
succederà niente - lo interruppi bruscamente - Sai bene
quanto me che i demoni non agiscono di giorno, ma bensì, di
notte. Se ci lasciate qui, saremmo senza protezione! - .
- Starete al sicuro -
provò a rassicurarmi George - intorno alla
casa ci sono delle protezioni, terranno alla larga i demoni - .
Sbuffai.
Perchè non
mi volevano portare con loro?
Era una missione!
Una vera missione!
Non una di quelle
simulate per tenerci allenati, questa era roba seria!
Una situazione di
reale pericolo!
Era
un'opportunità per dimostrare che ce la potevo fare
benissimo, che ero forte e alla stessa altezza di tutti gli altri
cacciatori esistenti.
Non avrei mollato.
- Per favore -
mormorai facendo il labbruccio, guardando mio fratello -
Ti prometto che resterò sempre dietro di te, non mi
farò
del male! - .
Sebastian mi
guardò attentamente.
Mio fratello non era
un ragazzo facile da convincere, per niente, ma era la mia unica chance
di farcela.
- Farai tutto quello
che ti dirò? - chiese serio non staccando per un secondo gli
occhi dai miei.
Voleva vedere se gli
nascondevo qualcosa: qualche trucchetto...
Sorrisi vittoriosa -
Sì! - .
Non gli bastava -
Giuralo
sull'Angelo Raziel
- .
Portai la mano sul
cuore, solenne - Lo giuro - .
Ridusse gli occhi a
due fessure - Ripeti tutta la frase - .
Sbuffai, proprio non
si fidava - Giuro
sull'Angelo Raziel che
farò tutto ciò che mi dirai - .
Sorrise - Bene, hai
cinque minuti per indossare la divisa! - .
Sorrisi di rimando,
correndo giù per le scale, per poi saltargli in braccio.
- Grazie, grazie,
grazie! - esclamai con vera gratitudine, lasciandogli un scia infinita
di bacini sulle guance.
Lo sentii ridacchiare.
- Che lecca piedi che
sei! - .
Risi con lui,
abbracciandolo ancora.
Ero così
felice!
Ma ovviamente,
qualcuno doveva interrompere il momento più magico da quando
eravamo arrivati qui.
- Sei sicuro Seb? Non
pensi che sia un po' troppo pericoloso? - ribadì Will ancora
una volta.
Alzai gli occhi al
cielo: era davvero esasperante a volte.
- Prima o poi
dovrà fare esperienza questo mostriciattolo! -
disse per poi riappoggiarmi a terra - Dai cambiati, se no parto senza
di te! - .
__
- Bene, è
ora di dividerci - disse papà guardandoci uno ad uno.
Prima di farlo,
avevamo aspettato di uscire dalle difese della casa, che si estendevano
per ben due miglia.
Era stata la
passeggiata più esaltante della mia vita.
Con me, oltre allo
stilo, avevo quattro pugnali nelle fodere degli
stivali, altri quattro nella giacca e due spade angeliche issate dietro
la schiena.
Non avevo fatto in
tempo a prendere di più a causa dei tempi ristretti imposti
da mio fratello.
Lui era più
equipaggiato di me, oltre ai pugnali e alle spade, aveva con se arco e
freccie.
Era un abilissimo
arcere e un ottimo combattente, avrei imparato molto da lui.
- Io e vostra madre
continueremo a camminare verso Nord -
continuò papà - Sebastian, Bella, voi andrete ad
Est,
mentre Will e George andranno dritti verso Ovest, tutto chiaro? - .
Un coro di
"sì" si levò nel silenzio più totale.
Dopo le solite
raccomandazioni fatte da nostra madre, io e Sebastian ci incamminammo
nella direzione indicata da papà.
Sentivo le rune appena
fatte, e ancora calde sul mio corpo, trasmettermi sicurezza.
Non spiaccicavamo
parola, eravamo troppo concentrati a non farci
sfuggire niente, nessun suono, nessun movimento, che potesse esserci
utile per prevedere un eventuale attacco.
Non ricordo per quanto
tempo camminammo così, senza incontrare
niente di strano, però, ad un certo punto, sentii un fruscio
provenire alla mia destra.
Mi bloccai,
picchiettai con un dito contro la spalla di Sebastian e gli feci segno,
tirando fuori la mia pietra stregaluce.
Ci fermammo a fissare
un punto indefinito nella boscaglia, restando
sempre in silenzio, con l'attenzione a mille e il cuore a trecento, ma
non per la paura.
In lontananza
iniziarono a sentirsi dei tonfi secchi, come se un branco di animali si
stesse spostando.
Era strano, di solito
aspettavano il giorno per farlo.
- Saliamo su un albero
- mormorò sbrigativo prendendomi per il polso - Veloce! - .
Grazie alla runa
dell'agilità, non mi risultò
molto difficile accontentarlo.
Per sicurezza salimmo
per una decina di metri d'altezza.
Ero ferma, immobile,
con le gambe a penzoloni giù per il ramo.
- Cosa sta
succendendo? - sussurrai dopo qualche minuto di silenzio.
- Sta zitta! - mi
sgridò a bassa voce.
Lo ascoltai, in fondo,
glielo avevo promesso.
Il rumore si fece
sempre più forte, finchè, sotto di noi, non
notammo la sagoma di un lupo.
Merda.
Quello non era un
branco qualsiasi, quello era il branco dei licantropi di La Push.
Lo capii nonappena
notai le loro dimensioni, erano troppo grandi per essere dei semplici
lupi.
Dopo pochi secondi,
come previsto, il lupo venne raggiunto dal resto del suo branco.
Sentii al mio fianco
Sebastian irrigidirsi.
Erano circa dieci,
forse di più, e si erano fermati proprio sotto l'albero dove
ci eravamo rifugiati.
Questo voleva dire
solo una cosa: avevano captato il nostro odore.
Noi avevamo un profumo
diverso da quello dei mondani, più dolce e, quasi, surreale.
E' difficile da
spiegare.
Continuavano a fiutare
e, ogni tanto, si guardavano fra di loro, negli occhi, come per dire "Hai
sentito?"
o "Che odore
strano...".
Più tempo
passava, più io e mio fratello eravamo in pericolo.
Non dovevamo farci
scoprire.
Dopo ancora una decina
di minuti, finalmente se ne andarono via, lasciandoci da soli.
- Non ci posso
credere! - esclamò Seb, sempre tenendo un tono basso - Hai
visto quanti erano?! - .
Annuii ancora un po'
sconvolta, non avevo mai visto dei licantropi in vita mia.
Era stato
così... eccitante!
Una scarica di
adrenalina pura, e pensare che non avevo neanche combattuto!
- Siamo degli stupidi,
ci siamo dimenticati la runa che
cammuffa l'odore!
- disse iniziando a scendere dal ramo - Avranno riconosciuto subito che
qualcosa non andava nel nostro profumo! - .
Rimasi in silenzio,
ascoltando tutte le sue paranoie finchè non mi ritrovai con
i piedi sul terreno umido del bosco.
- Se abbiamo
incontrato i licantropi - pensai ad alta voce - vuol dire che siamo
usciti dal nostro territorio... giusto? - .
Sebastian mi
guardò come se avesse commesso il crimine dell'anno.
- Sì, siamo
nel territorio di La Push. Li abbiamo incontrati mentre erano di ronda
evidentemente... proprio come noi... Per
l'Angelo!
Sono uno stupido, avrei dovuto stare attento! Che idiota! - si
incolpò disperato, prendendosi a sberle da solo.
Gli presi i polsi e lo
obbligai a guardarmi negli occhi - Sentimi bene
Sebastian, non è stata colpa tua, ok? Ma di entrambi. Questa
è la prima volta per tutti, è normale sbagliare!
Non
siamo nel nostro elemento! Non te la puoi prendere con te stesso
soltanto perchè abbiamo fatto un... un piccolo errore!
Succede!
Vorrà dire che dalla prossima volta staremo più
attenti e
non sbaglieremo più! - .
Mi guardò
con una faccia da cane bastonato.
Sapeva che avevo
ragione.
Sospirò
sorridendo timidamente - Grazie sorellina... - .
- Di niente
fratellone! Direi che per stanotte ne abbiamo combinate
abbastanza, possiamo tornare a casa? - domandai, sentendo che la
stanchezza stava tornando a farsi sentire.
Passò un
braccio sopra le mie spalle - Sì, sono d'accordo con te,
torniamo a casa! - .
#IlMioAngolino:
Ciao
a tutti! Mi presento: mi chiamo Federica, ho sedici anni e sono
innamorata della saga di Twilight e di Shadowhunters da qualche anno.
Spero
che l'idea di questa FF vi piaccia... Ci tengo molto!
Ditemi
cosa ne pensate sinceramente e, se avete da
criticare, fatelo senza problemi!
Le
vostre critiche mi aiutano a migliorare.
Come
avrete potuto notare, per chi mi segue, ho cambiato il titolo della
storia...
L'altro
faceva un po' schifo, questo mi piace di più!
Ripeto,
se avete voglia di lasciare una recensione, fatelo senza problemi!
Non
ho un giorno fisso in cui aggiorno, purtroppo con la scuola e gli
allenamenti riesco ad aggiornare solo quando mi capita :)
Va
be, adesso mi ritiro nel mio angolino, vi ho già rubato
troppo tempo.
Buona
notte e alla prossima, spero.
-Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Chapter three - First day. ***
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER THREE - FIRST DAY.
[POV NARRATORE]
Appena i lupi tornarono alla riserva, non persero tempo: andarono
immediatamente a parlarne con Billy Black, il capo tribù.
- Potrebbero essere vampiri - mormorò sovrapensiero.
Il salotto di casa Black era stracolmo di ragazzoni super muscolosi
alti quasi due metri.
Billy adorava quei ragazzi, sopratutto suo figlio Jacob, che gli era
stato molto vicino dopo l'incidente che l'aveva costretto sulla sedia a
rotelle.
In tutto e per tutto, era orgoglioso di lui.
L'aveva buttato giù dal letto alle quattro del mattino
dicendogli che avevano un problema.
Senza farselo ripetere due volte, accorse in aiuto di quei giovani che
rappresentavano il futuro della loro tribù.
Sam, l'Alpha
del branco, scosse la testa - No, l'odore dei vampiri è
diverso: è così dolce da far venire il
voltastomaco! Questo... è un'aroma completamente diverso...
- .
- Oltre ai vampiri - riflettè Jacob ad alta voce - non
abbiamo mai incontrato nessun'altra specie sovvrannaturale... Magari
questo profumo appartiene alle fate o agli stregoni... - .
Billy non era d'accordo - Perchè mai la gente del popolo fatato
o i Figli di Lillith
dovrebbero inoltrarsi nel bosco, oltretutto, in piena notte? - .
Nessuno seppe rispondere.
- Magari è una specie che ancora non conosciamo -
mormorò Seth, il più piccolo del branco.
- Non esistono specie che non conosciamo - fu Jacob a parlare.
- Il mondo è in continua evoluzione, così come
gli esseri che ci vivono: umani, animali, e anche noi, creature
leggendarie. E' possibile che una specie, come la chiamate voi, si sia
evoluta, dando così origine a nuovi individui -
parlò Billy, nel silenzio più totale.
Quando era lui a prendere parola, nessuno osava interromperlo.
Per loro era un segno di rispetto.
- E se invece - iniziò Quil, che stranamente non aveva
ancora parlato - queste creature fossero solo ricomparse? E' strano che
da un momento all'altro sia nato un nuovo "mostro",
così, dal nulla! - .
Billy sospirò sconsolato - Niente nasce dal nulla. Abbiamo
molte teorie, ma nessuna risposta concreta. Perfino io sono troppo
giovane per darvi delle certezze. Fatto sta che dobbiamo scoprire di
che cosa si tratta, e in fretta! Non possiamo permetterci di mettere in
pericolo la nostra gente. Magari i Cullen ne sanno qualcosa... il
più piccolo della loro stirpe ha più di un secolo
di "vita"... - poi con più convinzione, diede degli ordini
ben precisi - Dovete avvertirli, in modo tale che se ci dovesse essere
qualche problema, sapranno che cosa fare. Magari riescono a riconoscere
anche la scia - .
- Quando partiamo? - chiese il figlio, alzandosi dal divano.
- Il prima possibile - rispose avvicinandosi con la sedia a rotelle -
Vi consiglio di non andare tutti insieme, qualcuno dovrà pur
proteggere La Push - .
Sam annuì - Ha ragione. Jacob, Garret e Quil, voi andrete ad
avvertire i Cullen, tutti gli altri resteranno alla riserva con me a
controllare la zona - .
Senza dire più nulla, ognuno iniziò a svolgere i
compiti che gli erano stati assegnati.
__
Alice si fermò di colpo, al centro del salotto.
Aveva avuto una visione: il buio più totale.
Jasper le si avvicinò subito curioso - Che hai visto Alice?
- .
Anche il resto della famiglia, nel frattempo, si era riunito intorno a
lei.
- Ho visto tutti noi - iniziò a raccontare, ancora con lo
sguardo perso nel vuoto - Poi ad un certo punto, più niente,
l'oscurità! - .
- Che significa? - domandò Rosalie, appoggiandosi al petto
di suo marito, Emmett.
- Significa che il branco sta venendo qui - sospirò Carlisle
preoccupato, stringendosi ad Esme - Deve essere successo qualcosa... - .
- Quanto ci resta prima che arrivino? - chiese Edward, seduto sul
seggiolino del suo pianoforte.
- Pochi minuti - rispose di getto Alice, ancora con lo sguardo assorto.
Tutti annuirono, aspettando ansiosi l'arrivo dei licantropi.
__
[POV BELLA]
Fortunatamente, mamma e papà non se l'erano presa
più di tanto.
Erano stati abbastanza comprensivi, anche se ci avevano fatto comunque
una bella lavata di testa!
Però ce l'eravamo meritata, dovevamo stare più
attenti.
Eravamo tornati a casa alle tre di notte, e dopo una doccia veloce, mi
ero fiondata nel mio letto caldo, con l'intenzione di dormire almeno un
po', ma senza risultati.
Ero così euforica,
da non riuscire a prendere sonno.
Fra pochi minuti sarebbe suonata la sveglia che mi avrebbe costretto ad
alzarmi dal letto per andare a scuola.
Il mio primo giorno di
scuola in assoluto.
Vi state chiedendo se ero nervosa? Moltissimo.
Ad Alicante era presente un'Accademia che, appunto, insegnava le
materie fondamentali per l'istruzione di uno Shadowhunters.
Non era frequentata da molti studenti, massimo un centinaio,
più che altro veniva bazzicata dagli orfani, dato che
solitamente la maggior parte dei Nephilim venivano istruiti a casa, dai
loro genitori.
Probabilmente se, io e Sebastian, non avessimo avuto la fortuna di
essere stati addottati dalla famiglia Dorwood... non ci volevo neanche
pensare!
Non che ci sia qualcosa di male nel frequentare un istituto come
quello, ma era decisamente meglio far parte di una famiglia.
Ma qui sarebbe stato tutto completamente diverso: non conoscevo il
programma e la maggior parte delle materie per me erano Arabo,
letteralmente.
Non sarebbe stato semplice, anche se mamma e papà ci avevano
rassicurati più volte che non sarebbe stato necessario
andare bene a scuola.
Ero nervosa ugualmente.
Non volevo sbagliare.
Se avessi commesso qualche errore? Cosa sarebbe successo? Se mi
avessero scoperto?
Lo sapevo, non sarei riuscita mai a perdonarmelo, mai.
Senza aspettare il trillio della sveglia, mi alzai dal letto per andare
a fare colazione.
Quando arrivai in cucina trovai Stephan già impegnato ad
ingurgitare una tazza piena di latte e cereali.
- Buongiorno - lo salutai, tirando fuori dalla credenza una ciotola
come quella di Ste.
- Buongiorno cara, dormito bene? - chiese con la bocca piena.
Alzai gli occhi al cielo: buone maniere zero.
- Fino all'una del mattino, sì! E tu, ghiro che non sei
altro? - domandai avvicinandomi al frigorifero per tirare fuori il
latte e versarne un po' nel recipiente.
Sospirò, con aria sognante - Ho dormito stupendamente - .
- Immaginavo - dissi, ridendo fra me e me, per poi accomodarmi sullo
sgabello a fianco al suo.
Iniziai a inzuppare i biscotti nel latte e a mangiarne tre, quando mi
accorsi di una cosa.
Mi guardai intorno - Dove sono tutti? Perchè non sono ancora
scesi? - .
Non era da loro, di solito a quell'ora erano già in piedi.
Dopo aver finito di bere il latte, rispose - Stanotte, a differenza tua
e Sebastian, gli altri hanno incontrato sei o sette demoni che vagavano
per il bosco. Sono tornati a casa pieni di icore! - esclamò
storcendo il naso disgustato - Non è stata una notte facile,
per essere la prima! - .
Lo guardai allibita.
Demoni? Io e Sebastian non ne avevamo incontrati!
Perchè non ci avevano detto niente?
- Come lo sai? - chiesi, senza nascondere il mio stupore.
- Li ho sentiti parlare, questa mattina - disse come se niente fosse,
alzandosi per mettere la tazza in quella che avevo scoperto essere una
lavastoviglie.
Iniziai ad innervosirmi - Perchè io non ne sapevo nulla? - .
Alzò le spalle appoggiandosi con la schiena contro il
lavello - Non volevano farti preoccupare - .
Lo sapevo.
- Non è giusto - mormorai testarda - Le cose importanti le
vengo a sapere sempre all'ultimo minuto, mi sembra di essere l'ultima
ruota del carro! - .
Lasciò cadere la testa indietro, come se questo discorso
l'avesse sentito migliaia e migliaia di volte.
- Per l'Angelo,
non ti sembra di essere tu quella ingusta?! Vogliono solo proteggerti!
Fidati se ti dico che per loro è già stato un
passo da giganti farti andare ieri sera! Dovresti esserne grata!
Perchè non riesci a vedere il lato positivo delle cose per
una buona volta? - esclamò esasperato passandosi una mano
fra i capelli biondi.
Forse... Forse aveva ragione... Non su tutto, ma aveva ragione...
Volevano solo proteggermi...
Qui non era come a Idris, dove la cosa peggiore che mi potesse capitare
era quella di farmi male durante gli allenamenti o le simulazioni.
Qui rischiavo di morire, come tutti del resto.
Sospirai abbassando lo sguardo sul recipiente pieno di latte.
Lo sentii avvicinarsi a me per abbracciarmi da dietro: le sue braccia
tatuate mi circondavano il collo.
- Scusa, non volevo innervosirmi... E' che proprio non mi va di andare
a scuola, sono nervoso... - si scusò lasciandomi un bacio
sulla guancia.
Sorrisi mestamente - E pensa che è solo il primo giorno... -
.
- Non dirmi che tu invece hai voglia di andare! - .
Mi voltai di scatto guardandolo come se fosse matto - Assolutamente no!
- .
Rise grattandosi la testa - Ah... ecco! Questa sì che
è la mia Bella! - .
Poi si voltò per andare al piano di sopra - Vado a
prepararmi, ci vediamo dopo! - .
- A dopo! - risposi, per poi bere tutto d'un sorso il latte che era
rimasto nella tazza.
Successivamente la presi, l'adagiai nella lavastoviglie e infine mi
recai anche io nella mia stanza per prepararmi.
Mi pettinai i capelli, mi lavai i denti e indossai degli abiti che
trovai nel mio nuovo armadio: un paio di Blue Jeans, un maglione bianco
aderente con una piccola scollatura a V che non lasciava intravedere
alcuna runa e una giacca di pelle nera.
Non ero una patita per la moda, avevo ben altro a cui pensare,
però, tutto sommato, non mi sembrava di vestire poi
così male.
Insieme, ci aggiunsi i miei stivaletti marroni, che non centravano
proprio niente, però erano gli unici dove potevo nascondere
i pugnali.
Quando finii di prepararmi, presi la cartella e mi diressi al piano di
sotto, dove Stephan mi stava aspettando.
- Ehi, ce l'hai fatta, eh? - scherzò dandomi una pacca sulla
spalla.
Arrossii - Ci ho messo così tanto? - .
Scosse la testa - No, stavo scherzando. Comunque, tieni questo! - disse
mettendomi qualcosa in mano.
Era un aggeggio rettangolare e di colore nero.
Lo guardai come se fosse la cosa più strana che avessi mai
visto in vita mia e, tecnicamente, era davvero così.
- E' un cellulare - rise Ste, vedendo la mia espressione perplessa.
Risi con lui imbarazzata.
Mi sentivo così, così... fuori dal mondo!
Un pesce fuor d'acqua.
Avevo letto di questi cosi su un libro di cultura mondana, in
una biblioteca di Alicante, ma non ne avevo mai visto uno.
A Idris nessun apparecchio elettronico funzionava e diciamo anche che,
con più di un secolo rinchiusi nella nostra terra, non
potevamo pretendere di essere proprio allo stesso passo con i tempi
mondani!
- Grazie - dissi, mettendolo nella tasca posteriore dei jeans.
Sorrise - Prego! - poi mi mostrò un paio di chiavi - Sei
pronta a cavalcare un vero mostro? - .
- Un vero mostro? - chiesi confusa, ma invece di rispondermi, si
voltò e sparì dietro la porta del garage - Ehi,
aspetta! - .
Lo rincorsi aprendo di scatto la porta - Che cosa vuoi di... - .
Mi bloccai.
Lo trovai in sella a una moto, con un casco in mano e l'altro
nell'altra.
Sulla fiancata c'era scritto "YAMAHA R1", era nera opaca con i cerchi e
gli ammortizzatori dorati.
Come sapevo tutte queste cose?
Mio fratello era un patito di motori e, quando ne aveva l'occasione,
gli piaceva parlare di questa sua passione/ossessione.
Per me era una noia mortale.
- ... dire? - sussurrai conscludendo la frase che avevo lasciato in
sospeso poco prima.
Stephan mi guardò soddisfatto, come il giorno in cui
imparai, grazie a lui, a tirare pugnali.
- Ti piace? Ci andiamo con questa a scuola, vedrai che figurone! - si
esaltò mostrandomi il suo migliore sorriso.
Mi avvicinai un pochino, per vederla meglio.
- Non penso che tu la sappia guidare... - dissi, indicandola - Da quel
che ne so, per poterlo fare, dovresti avere la patente... - .
Mi sorrise, con uno sguardo da volpe negli occhi.
Prese il portafoglio per tirarne fuori una carta rettangolare - Questa
che cos'è? - .
Era una patente, e sopra c'era scritto il suo nome!
- Ma tu non sei mai andato a scuola guida! - esclamai confusa.
Alzò gli occhi al cielo - Ti devo insegnare proprio tutto!
E' falsa, ho tempo per fare la patente vera! - .
Lo guardai allibita, lui non era il tipo che faceva questo genere di
cose, trasgredire le regole!
Indossò in casco porgendone uno anche a me - Avanti sali, o
faremo tardi! - .
Lo guardai come se fosse pazzo e non mi mossi di un centimetro.
- Neanche morta, non sono una suicida! - .
Lo sentii sbuffare da sotto il casco - Bella, muoviti! - .
Sospirai prendendo il casco fra le mani, per poi indossarlo.
Ci saremmo ammazzati, me lo sentivo.
Stando attenta a non sbilanciare la moto, salii dietro di lui
stringendo le braccia intorno ai suoi fianchi.
Nello stesso momento, mi avvertì - Reggiti forte, ho sempre
voluto guidare una di queste e non ho intenzione di andare piano! - .
__
- Tu sei un pazzo! - esclamai, nel cortile della scuola mentre scendevo
dalla moto.
Tolse il casco e poi disse - Devi guardare il lato positivo,
cioè, che non siamo arrivati tardi - .
Lo guardai in cagnesco.
Mentre stavamo andando a scuola, Stephan aveva sfiofato i 180 km/h con
la sua nuova moto facendomi, letteralmente, appiattire contro la sua
schiena, pregando in tutte le lingue a me conosciute, di non vomitargli
addosso.
Ed erano molte.
Lui e il suo cavolo di
lato positivo, dovevano andare proprio a fare in...
- Tu sei pazzo! - ribadii, lasciandogli in mano il mio casco, per poi
voltargli le spalle e dirigermi verso la segreteria, ovunque essa si
trovava.
Mentre camminavo, sentivo lo sguardo di tutta la scuola puntato su di
me.
Ci mancava solo questa!
Che cosa avevo di strano? Mi ero dimenticata una scarpa o qualcosa del
genere?
Mi controllai i piedi...
No, avevo tutto.
Allora perchè mi fissavano?!
Sentii dei passi affianco a me - Per educazione, potresti anche
aspettare la persona che ti ha scorrazzato a scuola! - .
Alzai gli occhi al cielo - Invece di fare lo scemo, renditi
utile! Mi spieghi perchè ci stanno fissando tutti? - .
- Semplice. Siamo nuovi, e i mondani hanno un'anima curiosa... Per
farla breve, non sanno farsi i cazzi loro - sussurrò al mio
orecchio, per poi sorridere a un paio di ragazze che l'avevano
addocchiato per bene.
Ma che linguaggio...
Che cosa gli stava succedendo?
Gli diedi una gomitata nelle costole - Smettila, e ti ricordo che non
dobbiamo interagire con nessuno! - .
Alzò le spalle - Non so tu, ma non siamo più
rinchiusi a Idris! Finalmente abbiamo la libertà e non
voglio fare la parte del ragazzo asociale e problematico! Mi voglio
divertire! - .
Lo guardai sorpresa, non era da lui - Ma si può sapere che
ti prende?! - .
- Non mi prende niente - rispose subito - Semplicemente mi sono
stancato di seguire il Conclave
e le sue stupide regole fatte solo di divieti e limiti! Ho sedici anni,
voglio uccidere demoni e divertirmi! Anche tu dovresti pensarla come
me! - .
Subito dopo mi superò per entrare in segreteria.
La scuola era composta da vari e piccoli edifici a mattoni rossi.
Se non ci fosse stata l'insegna "Forks
High School" sulla strada che la precedeva, probabilmente
ne io ne Stephan l'avremmo riconosciuta.
Sospirando, sprii la porta ed entrai.
Come pensavo non era molto grande, era arredata in modo semplice e
sobrio e dietro il bancone vi sedeva una donna sulla cinquantina con i
capelli rossi.
Sulla targhetta c'era scritto "Cope".
Mi avvicinai a mio fratello, che stava già parlando con la
segretaria.
- Siamo i nuovi studenti - disse - Stephan e Isabella Dorwood - .
- Oh! - esclamò cercando fra i vari fascicoli, per poi
estrarne due - Beh, ragazzi, benvenuti alla Forks High School! - .
- Grazie! - dissi secca.
Nessun contatto, per me, voleva dire nessun contatto.
Ricevetti un occhiataccia da parte di Ste, poi si rivolse alla Signora
Cope - La scusi, è che non è molto entusiasta del
trasferimento! - .
La segretaria, che era rimasta male per il tono in cui le avevo
risposto, improvvisamente si addolcì - Oh, tesoro! Ti
capisco! I cambiamenti non sono mai facili e spesso non vengono
accettati positivamente, ma possiamo solo imparare da essi! - non aveva
proprio senso, poi però continuò - Vedrai che
andrà tutto bene, la gente del posto è molto
cordiale, farai tante amicizie! - .
L'unica cosa che era capace di fare la gente del posto era quella di
guardarti come se fossi la cosa più strana in circolazione
su questo mondo.
Non dissi niente, già stanca di quella situazione, aspettai
che Stephan risolvesse tutte le faccende burocratiche per poi ritirare
gli orari dei corsi.
Alla prima ora avevo biologia, con il professor Banner.
Forse non sarebbe andata così male, in biologia ero
piuttosto brava, ma sopratutto, era una materia che mi aveva sempre
affascinata.
Con la cartella in spalla, senza neanche salutare Stephan, mi diressi
nell'aula numero tre.
Con poche difficoltà la trovai e, appena vi entrai, notai
che gran parte della classe era già presente e che anche il
professore era in classe.
Lentamente mi avvicinai a lui, mostrandogli il foglio dei miei orari.
Si raddrizzò sulla schiena, sistemandosi gli occhiali sul
naso - Tu sei... ? - .
- Isabella Dorwood - risposi a bassa voce, rivolgendomi solo a lui.
Non mi piaceva l'interesse che la classe aveva nei miei confronti.
Quando sarebbe finito tutto questo?
- Beh, benvenuta al mio corso di biologia! - esclamò
entusiasta, porgandomi un libro di testo - Per ora cerca solo di stare
al passo, se non capisci qualcosa alza la mano! - .
Annuii voltandomi, notando che sulla mia traiettoria, un ragazzo stava
sistemando il bacone da laboratorio per farmi spazio, quando
improvvisamente i miei occhi si scontrarono con i suoi.
Erano stupendi, enigmatici, magnetici... ma sopratutto, erano
castano-dorati...
Un colore che non avevo mai visto in tutta la mia vita e, ne ero
più che certa, non esisteva in natura!
Ero come ipnotizzata,
non riuscivo a fare altro, solo a fissare costantemente i suoi occhi
come se non ci fosse cosa più bella al mondo.
Notai, e con piacere stranamente, che anche lui stava facendo lo stesso
e non mi stavo immaginando nulla.
Era reale.
Non distoglieva lo sguardo e, di conseguenza, non riuscivo a farlo
nemmeno io.
Sentii qualcuno al mio fianco sgranchirsi la voce - Ehm-Ehm! Tutto bene
Signorina Dorwood? - .
Mi risvegliai di scatto, colta di sorpresa, e non era un bene per una
Shadowhunters - Sì... - .
- Bene... Si può accomodare vicino al Signor Cullen?
Così possiamo iniziare la lezione - non c'era nessuna
traccia di rimprovero nella sua voce.
Non mi ero nemmeno resa conto che era suonata la campanella.
Mi aveva letteralmente scombussolata!
Facendo due respiri profondi, mi avvicinai lentamente al posto che mi
aveva assegnato il professore e che, casualmente, si trovava proprio
vicino a quello del ragazzo a cui appartenevano quel paio di
occhi.
Il Signor Cullen, aveva detto il professor Banner.
Senza guardarlo, mi sedetti al suo fianco.
Compagni di banco, per tutto l'anno... qualcuno mi aiuti, vi prego!
Sentii il mio vicino irrigidirsi...
Alzai lo sguardo nel tentativo di riuscire a guardarlo meglio, ma senza
farmi vedere.
Anche lui mi fissava, ma non osavo guardarlo negli occhi, non ci sarei
ricascata mai più!
Quel colore non aveva niente di naturale.
Possibile che utilizzasse le lenti a contatto? Ma a che scopo?
Anche il suo comportamento non era normale.
Stava stringendo tra le dita la lastra di onice che completava il
bancone del laboratorio di biologia, come se si stesse trattenendo dal
fare qualcosa.
Iniziai a sospettare qualcosa e improvvisamente tutta l'attrazione che
avevo provato fino a pochi secondi prima, sparì...
Non era vero, era una bugia, ma comunque tentai di metterla da parte
per non distrarmi.
Iniziai così ad osservarlo meglio: oltre al colore della sua
iride, la sua carnagione era incredibilmente pallida, persino
più della mia, e i suoi occhi erano ornati da delle
leggerissime occhiaie.
Senza poi contare la sua bellezza, era davvero splendido, con quei
capelli castano-ramati in disordine, il naso dritto, le labbra sottili
schiuse, pronte per essere baciate... per non parlare poi del suo
corpo, aveva un fisico strepitoso, muscoloso ma non troppo...
Sembrava un Dio Greco, anzi no, sembrava il David di Michelangelo.
Per tutta la durata della lezione continuai ad osservarlo con la coda
nell'occhio, in attesa di qualche suo movimento o azione che mi avrebbe
potuto dare qualche altro indizio...
Sicuramente gli sembravo una depravata...
Quando poi, all'improvviso, nello stesso istante in cui
suonò la campanella, la sua mano sfiorò la mia.
Al suo contatto rabbrividii: era fredda e dura come il marmo.
I nostri occhi si incontrarono nuovamente, ma stavolta i suoi erano
tristi, colpevoli, disperati, assetati e... assetati?
Non feci in tempo ad osservarlo con più attenzione che si
volatilizzò via in un lampo.
Troppo velocemente, anche per un mondano.
Senza dar peso agli sguardi indiscreti e curiosi intorno a me, mi alzai
dallo sgabello per poi uscire dall'aula.
Era pallido, innaturalmente freddo, duro come la pietra e bello, anzi
bellissimo...
Aveva tutte le
caratteristiche che si addicevano alla specie... alla specie dei
vampiri...
#IlMioAngolo:
Ciao a tutti!
Come va?
Ed ecco il terzo capitolo della mia storia... fatemi sapere cosa ne
pensate, sinceramente!
Come avete potuto notare, o immaginare, nella mia FF non ci sono
conflitti fra i Cullen e il branco.
Vivono in terrirori separati, ma convivono abbastanza civilmente.
Bella invece ha avuto il suo primo incontro con Edward... come
andrà avanti fra di loro?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Un bacione!
-Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Chapter four - Vampire. ***
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER FOUR - VAMPIRE.
[POV BELLA]
Ancora confusa e sconcertata, mi
diressi verso la lezione successiva, che si teneva nell'aula sette con
la professoressa Goff.
Fui la prima ad entrare in classe, così decisi di sedermi in
fondo, verso gli ultimi banchi.
Non sapevo perchè, ma l'idea di stare davanti non mi
attraeva per niente.
Dopo una decina di minuti, pian piano, l'aula iniziò a
popolarsi.
Nessuno ebbe il coraggio di sedersi accanto a me e ne fui grata.
Avevo già gli occhi di tutti addosso, ci mancava soltanto
qualche curioso che mi si sedesse vicino per fare amicizia.
Non che non volessi amici, sia chiaro...
Semplicemente non
potevo.
Appena la Signora Goff entrò in aula e si accorse della mia
presenza, mi invitò a presentarmi ai nuovi compagni di
classe...
Come non detto, meno
male che non volevo attirare l'attenzione!
Mi alzai dal mio posto e, con tutta la calma del mondo, mi avvicinai
alla cattedra.
- Mi chiamo Isabella Dorwood,
ho sedici anni e mi sono trasferita qui qualche giorno fa - dissi
seccamente inchiodando tutti con lo sguardo.
Dovevo fare la dura se volevo che mi lasciassero in pace.
Come se non avessi avuto già abbastanza cose da fare, alla
mia lista delle preoccupazioni, si era aggiunto anche un vampiro
scolarizzato con la passione per lo studio!
Com'era possibile una cosa del genere?!
I vampiri si nutrivano di sangue, non potevano frequentare gli stessi
punti di ritrovo degli umani!
E i Volturi, cosa ne pensavano? Erano d'accordo? E' così che
proteggevano il loro segreto?
Io proprio non riuscivo a capire.
Per quanto riguardava le regole, il Consiglio dei Vampiri era rigido
come il Conclave
per gli Shadowhunters, se non di più.
Sed Lex, Dura Lex.
Stava a significare "La
legge è dura, ma è la legge", in
latino.
- Come te la cavi in spagnolo? - tossì la professoressa al
mio fianco, facendomi tornare alla realtà.
Così questa era l'aula di spagnolo, ero così
presa dai miei pensieri che non ci avevo neanche fatto caso...
- Ottimamente - risposi sincera, senza alcun tono di
superiorità.
Noi Cacciatori di Demoni siamo stati abituati fin da bambini a imparare
cinque lingue, come minimo.
Più lingue sapevi parlare, meglio era e più
andavi lontano.
Io e i miei fratelli ne avevamo studiate sette: l'inglese, lo spagnolo,
l'italiano, il francese, il tedesco e le basi del greco e del latino.
La lingua spagnola la conoscevo come le mie tasche, non ci sarebbero
stati problemi.
Sorrise - Beh, lo vedremo nel corso dell'anno signorina Dorwood! Prego,
può tornare a sedersi! - .
Annuii e velocemente tornai al mio posto a pensare ai cavoli miei, dato
che non avevo alcun bisogno di prestare attenzione a quella materia.
I vampiri erano pericolosi... e se fosse successo qualcosa?
Dovevo ucciderlo, farlo a pezzi e bruciare i resti, non avevo altra
scelta.
Ma non potevo farlo da sola, avevo bisogno dell'aiuto della mia
famiglia.
Loro sapevano che cosa fare in questi casi.
Lui era solo uno, mentre noi eravamo in sette!
Se si fosse dovuto ricorrere a uno scontro, l'avremmo potuto abbattere
facilmente.
Magari si poteva risolvere tutto semplicemente parlando, senza
utilizzare per forza alla violenza...
Secondo i Nascosti ci eravamo estinti un secolo fa, ma questo non
voleva dire che avessero dimenticato gli Accordi stipulati quasi mille
anni prima.
Gli Accordi erano un trattato che dichiarava la tregua fra i Nephilim e
tutte le altre creature sovrannaturali, come vampiri, fate, stregoni,
licantropi, e imponeva anche il rispetto che doveva esserci fra una
specie e l'altra.
Dovevo assolutamente fare qualcosa, non potevo restare con le mani in
mano.
Se avesse perso il controllo... non volevo nemmeno pensarci!
Solo il pensiero mi metteva terrore.
Tutti quegli umani... avrebbe potuto ucciderli tutti, spezzando
così le loro vite in un attimo.
Valeva la pena sacrificare l'esistenza di un vampiro, per salvare
più di cinquecento vite umane?
Sì, ne valeva la pena.
__
Ero con le spalle appoggiate contro il muro della mensa, mentre
aspettavo che mio fratello Stephan facesse la sua magica comparsa da un
minuto all'altro.
Dovevo parlargli il prima possibile e, per evitare che qualcuno
sentisse qualcosa di indesiderato, l'avrei portato nel boschetto vicino
alla scuola.
Il mio stomaco iniziò a brontolare come se non ricevesse
cibo da giorni, avevo una fame terribile!
Noi Shadowhunters sprecavamo tante energie durante la giornata, essendo
formata da allenamenti, che si tenevano ogni giorno, e combattimenti.
Di conseguenza mangiavamo il doppio, o addirittura il triplo, rispetto
ai mondani.
E poi, per quanto mi riguardava... andavo pazza per il cibo!
Dopo circa cinque minuti, finalmente, in lontananza notai mio fratello
insieme ad un bel ragazzo alto e super muscoloso, che ridevano come se
si conoscessero da una vita.
Quando Stephan mi vide, mi indicò al suo nuovo amico e si
avvicinarono.
Trucidai mio fratello con lo sguardo.
Stava giocando con il fuoco, ma non aveva ancora capito quanto potesse
essere pericoloso.
Appena arrivò di fronte a me, mi appoggiò un
braccio sulle spalle.
- Ehi sorellina! - mi salutò, entusiasta di vedermi - Che ci
fai qui fuori? - .
- Ti stavo aspettando - risposi fredda, per poi guardare il ragazzo che
si trovava davanti a me.
Come avevo già detto, era alto e muscoloso, aveva i capelli
corti e neri e i suoi occhi erano... dorati.
Per l'Angelo,
che cosa stava succedendo?
Iniziavo a sentirmi male: o ero impazzita, oppure, quello davanti a me
era un'altro vampiro!
Guardai allarmata mio fratello che, al contrario, sembrava la persona
più tranquilla di questa terra.
Possibile che non lo avesse riconosciuto?
- Oh, grazie! - esclamò, per poi fare le presentazioni -
Comunque, Emmett, questa è mia sorella Isabella, Bella,
questo è Emm. Abbiamo ginnastica insieme! - .
Rivolsi di nuovo lo sguardo al vampiro.
Cercavo di sembrare rilassata.
Fin da piccoli, ci insegnavano a saper mascherare bene le nostre
emozioni, era molto utile, se non essenziale, in battaglia.
- E' un piacere Bella - disse cordiale facendo un mezzo sorriso.
Fece per alzare la mano, ma poi cambiò idea, e la
riportò nella tasca del suo giubbino.
Era un riflesso incondizionato, segno che voleva stringermi la mano, ma
era come se all'improvviso si fosse ricordato di non poterlo fare.
Forse perchè la sua pelle ghiacciata e, sicuramente, avrei
notato la differenza di temperatura che c'era fra di noi.
Annuii secca per poi rivolgermi a Ste - Ti devo parlare - .
Sbuffò togliendo il braccio dalle mie spalle - Ho fame
Bells! Parliamo dopo! - .
- E' urgente! - sibilai stringendogli un braccio.
Mi stava davvero facendo incazzare quella mattina.
- Ok, allora parla! - esclamò esasperato incrociando le
braccia al petto.
- Da soli - sottolineai, lasciando un'occhiata furtiva alla mia destra,
in direzione del vampiro.
Lui ovviamente se ne accorse - Affettato il concetto! - rise - Stephan,
ci vediamo dopo! Vi lascio parlare da soli! - .
E si avviò verso la mensa.
Mio fratello, in tutta risposta, gli urlò - Puoi contarci,
mi devi una rivincita a pallacanestro! - .
Il vampiro rise e poi sparì dietro la porta, che si chiuse
subito dopo il suo passaggio.
Sospirò - Dimmi, che problema c'è? - .
Ah ah,
adesso faceva tutto il carino e l'interessato?
- Non possiamo parlarne qui, seguimi - e iniziai ad avviarmi ed
inoltrarmi verso il boschetto nei paraggi della scuola, con Stephan
alle mie spalle.
Dopo alcuni minuti, decisi di fermarmi.
Era un posto perfetto per parlare in privato, senza il pericolo che
qualcuno potesse ascoltare la conversazione.
Abbastanza lontato da non far sentire nulla ai due vampiri.
Quando mi voltai verso di lui, non seppi che cosa dire esattamente.
Vedendo la mia indecisione, iniziò a spronarmi.
- Dimmi quello che mi devi dire - disse con fare disponibile.
Feci due respiri profondi e infine parlai - Ho incontrato un vampiro! -
.
La sua espressione non cambiò.
All'inizio non riuscii a capire se fosse dovuto allo shock oppure alla
consapevolezza di aver avuto al suo fianco un vampiro per ben due ore e
di non essersene accorto, poi però disse - Quale? - .
Lo guardai confusa - Come sarebbe a dire "quale"? Che razza
di domanda è? - .
Non stavamo parlando di un supermercato o cose del genere!
- Quale vuol dire quale. A Forks, in tutto, ce ne sono sette e, cinque
di loro, vanno a scuola - sussurrò come se non volesse farsi
sentire da qualcuno.
Cioè... lui
sapeva...
Ma come... ?
Io non riuscivo a capire, perchè?
No, no, non ci stavo capendo più nulla, stavo letteralmente
impazzendo!
Mi presi la testa fra le mani.
Me lo sentivo, stavo per avere una crisi di panico, cosa mai successa
in tutta la mia vita - Tu mi stai dicendo che ci sono cinque vampiri
che frequentano la Forks
High School?! - dissi ricalcando con il tono della voce
ogni parola che pronunciavo.
Annuì sgranando gli occhi - Che ti prende? Cos'hai? Stai
male? - .
No, stavo benissimo.
In fondo, avevo solo appena ricevuto la notizia più
shockante di tutta la mia vita, niente di chè.
- Come fai a saperlo? - riuscii a dire tra un respiro e l'altro.
- Ho parlato con un mondano che, a sua volta, mi ha parlato di questi
Cullen. Mi ha raccontato di questi ragazzi che stanno sempre per i
fatti loro, non parlano mai con... - .
Lo interruppi, innervosita per quello che aveva detto - E
perchè mai, questo mondano, ti ha parlato di loro? - .
- Beh... lui mi stava parlando della scuola e, dopo avermi fatto
qualche domanda personale, gli ho chiesto chi erano i più
fichi, così, per scherzare... ed è uscito il loro
nome... cioè, cognome. Emmett, come ti ho già
detto, l'ho incontrato a ginnastica. Dovevamo fare degli esercizi in
coppia e il professore ci ha fatti lavorare insieme. Ho capito subito
che era un vampiro, ma ho fatto finta di niente, ovviamente. Poi quando
si è presentato, ho collegato quello che mi ha detto Mike
con quello che mi ha detto Emmett - .
Lui era a conoscenza della sua natura e ci faceva amicizia?
Ma era completamente fuori di testa!
Chissà quanti anni aveva, poteva anche riconoscerci!
- E che cosa ne hai tirato fuori? - chiesi, sfidandolo con lo sguardo.
Stava iniziando ad urtarmi il sistema nervoso.
- Da quel che ho capito, sono stati adottati, tutti e cinque. Il
"padre" lavora all'ospedale di Forks. Emm e uno degli altri due
fratelli, di cui non ricordo il nome, sono fidanzati con le loro
sorelle adottive. Si sono trasferiti dall'Alaska qualche anno fa... e
basta, penso! - disse, come se stesse spettegolando.
Un particolare, più degli altri, attirò la mia
attenzione.
- Cioè, tu mi stai dicendo che sono fidanzati, tra di loro?!
- esclamai sconcertata.
Alzò le spalle disinteressato - Beh, non sono fratelli di
sangue. Non so se hai inteso la battuta che volevo lasciare intendere!
- .
Alzai gli occhi al cielo esasperata, cambiando completamente discorso -
Come hai fatto a restare così tranquillo quando c'era
Emmett? - .
- Che intendi dire? - .
Per l'Angelo santissimo,
che nervi quando faceva il finto tonto.
Sapevo che sapeva a cosa mi riferivo.
- Che intendo dire? Che intendo dire? - iniziai a dare di matto, a
stento mi riuscivo a riconoscermi io stessa - Ci sono cinque
fottutissimi vampiri, solo a scuola! Non uno, come pensavo, ma cinque,
senza contare i loro "genitori", chiamiamoli così... Sono
cinque vampiri assetati di sangue che frequentano una scuola formata da
cinquecento studenti, più il personale scolastico! Ti rendi
conto del pericolo a cui siamo esposti, non solo noi, ma anche tutti
gli umani che gli stanno intorno! E' una cosa... una cosa da pazzi! ...
- .
Stavo per continuare ma Stephan mi prese per le braccia e
iniziò a scuotermi con forza.
- Ti devi calmare, ok?! - mi rimproverò alzando la voce - Gli Shadowhunters non perdono
mai il controllo! - .
- Non posso stare calma! Se dovesse esserci uno scontro saremmo sette
contro sette e non va bene! Non abbiamo neanche le armi adeguate per
ucciderli! - continuai, senza ascoltarlo.
Iniziò a sfregare i palmi delle mani contro le mie braccia e
poi, con più calma, mi disse per rassicurarmi - Qui nessuno
uccide nessuno, ok? Adesso ci calmiamo e parliamo tranquillamente - .
Dopo qualche secondo di silenzio, annuii rassegnata.
Mentre mi abbracciò, chiese - Hai visto di che colore sono i
loro occhi? - .
- Sì, sono dorati - farfugliai contro il suo petto,
ricordando improvvisamente l'ora di biologia.
Un brivido mi percorse la schiena, ma non per il freddo o per la paura.
- Giusto. E ti ricordi, ad Alicante, che cosa avevamo letto al riguardo
sui vampiri? - domandò, riflettendo anche lui su quello che
mi stava dicendo.
Sciolsi l'abbraccio per guardarlo meglio.
Non riuscivo a capire dove volesse andare a parare.
- Abbiamo letto e studiato tante cose sui vampiri - dissi solo, confusa
dal suo ragionamento campato in aria.
- Sì, ma ricordi il capitolo che parlava del colore degli
occhi? - .
Sì, lo ricordavo.
- Diventano neri quando sono affamati e rossi quando si sono appena
nutriti - sintetizzai, capendo cosa volesse dire, finalmente.
- Nutriti di... - lasciò in sospeso, per farmi completare la
frase.
- Sangue... umano! - rivelai, improvvisamente consapevole che c'era
qualcosa che non quadrava.
Che l'autore del libro si fosse sbagliato?
Impossibile.
Annuì sorridendo - Quindi, se i loro occhi sono dorati, vuol
dire che... - .
- Non si nutrono di sangue umano. Ma allora, di che cosa si cibano? - .
- Non ne ho idea, vuoi andare a chiederglielo? - scherzò,
passandomi un braccio intorno alle spalle, per poi spingermi a tornare
indietro, verso la scuola.
- No, grazie. Non mi sembra proprio il caso - .
- Quasi, quasi, ad Emmett, lo chiederei: "Scusa amico, ma tu di quale
sangue ti nutri? O, qual è il tuo gruppo sanguigno preferito?"
- mi imitò, rendendo la sua voce più alta di
qualche ottava.
Ridacchiai - Certo, come no. Invece di fare lo stupido, ci conviene
tornare subito a scuola, se non vogliamo perdere altro tempo. La pausa
pranzo dovrebbe finire fra poco... - .
Sbuffò - Non ci credo, mi hai fatto perdere la mia ora
preferita! - .
Era anche la mia preferita...
Feci un sorriso tirato - Mi dispiace... - .
__
Quando tornammo a casa, dopo la scuola, aspettai che Stephan finisse di
sistemare i caschi della moto al loro posto.
Quando finì, mi voltai per rientrare, ma lo sentii
afferrarmi per il braccio e tirarmi verso di sè.
- Che c'è? - domandai confusa.
Il suo sguardo era preoccupato - Devo chiederti un favore... - .
Restai in attesa, ma dato che non aveva intenzione di spiaccicare
parola, parlai - Dimmi pure... - .
- Potresti... - iniziò titubante - Postresti non dire niente
agli altri di... di quello che ho fatto oggi? - .
Si riferiva al fatto di aver fatto amicizia con qualche mondano e con
un vampiro...
Mi morsi il labbro, tentando di non ridergli in faccia -
Dov'è finita tutta la determinazione che avevi stamattina? -
.
Si grattò la testa imbarazzato - E' stata l'euforia del
momento, mi dispiace... Con questo non voglio dire che non credo in
quello che ti ho detto! Però mi scuso per il modo in cui mi
sono comportato. Voglio chiederti di coprirmi in questa cosa, ti
supplico! In cambio, io ti devo un favore... un favore enorme! Ma
aiutami sorellina...
- .
Iniziai a massaggiarmi le mani nervosamente.
- Non lo so Stephan, è pericoloso... - dissi, lasciando
emergere tutta la mia preoccupazione - Non è un gioco - .
- Lo so, credimi, lo so! Sarò responsabile ma, ti prego,
appoggiami in questa cosa! - mi supplicò, unendo le mani a
mo' di preghiera - Dopodichè non ti chiederò
più nulla! Lo
giuro sull'Angelo! - .
Iniziai a pensarci, sentivo che era agitato e, sinceramente, mi
dispiaceva vederlo così.
Ma non sapevo cosa fare...
Insomma, lui mi era sempre stato vicino, eravamo fratelli, non vedevo
perchè non dovessi aiutarlo... però era una
questione seria.
Se lo avessi appoggiato, avrei rischiato molto, non solo io ma anche
lui e se, per sfortuna, fosse successo qualcosa, ci sarebbe andata di
mezzo tutta la famiglia...
Vedendo la mia indecisione, mi abbracciò come solo lui
sapeva fare.
- Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego... - sussurrò
ripetutamente al mio orecchio.
Ridacchiai, mi faceva il solletico.
Ad un certo punto, sentimmo sbattere una porta.
Presi alla sprovvista, sobbalzammo e, senza accorgercene, ci separammo.
Sebastian aveva appena fatto ingresso nella stanza e non aveva un'aria
contenta.
- Che sta succedendo qui? - indagò, con un tono che non
avevo mai sentito prima di allora.
- N-niente - balbettai.
Squadrò per qualche secondo me, per poi passare a Stephan.
Anche lui era rimasto intimidito dal mio fratellone...
- Bene - dichiarò, per niente soddisfatto - Bella, ti
aspetto in palestra per l'allenamento - ordinò duramente,
per poi andarsene.
La sua ultima frase lasciava intendere che questo sarebbe stato un
allenamento privato, solo fra me e lui...
Non sapevo se dovevo proccuparmi o esserne felice.
Possibile che fosse davvero così infastidito dal rapporto
che legava me e Ste?
- Allora? - domandò per l'ennesima volta, impaziente,
facendomi tornare sul pianeta terra.
Alzai gli occhi al cielo - Sì, basta che non mi stressi
più! - esordii.
Sorrise, abbracciandomi di nuovo - Grazie, grazie, grazie! - .
Mentre sciolsi l'abbraccio, mi ricordai di una cosa.
- Ascolta - mormorai seria e anche un po' preoccupara - Cosa facciamo
per quanto riguardano i vamp... i Cullen? Lo diciamo o pure ce lo
teniamo per noi? - .
Ci pensò su per qualche secondo, poi parlò -
Secondo me, è meglio se ce lo teniamo per noi... Prima
è meglio se ci informiamo, poi vedremo sul da farsi. Se
riusciamo a risolvere questa situazione, magari, i nostri genitori ci
daranno più fiducia! - .
Ridacchiai - Secondo me si arrabbieranno e ci metteranno in punizione a
vita, però se per te questa è la soluzione
migliore... - aggiunsi senza nessuna traccia di divertimento nella voce
- Mi fido di te - .
Sorrise, piacevolmente colpito da quell'affermazione - Anche io mi fido
di te - .
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Chapter five - Brother. ***
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER FIVE - BROTHER.
[POV BELLA]
Schivai
il suo pugno, diretto alla mia faccia, abbassandomi e spostando il mio
peso sulle mani, in modo da riuscire a tirargli un calcio dietro le
ginocchia.
Preso alla spovvista,
cadde a terra come un sacco di patate.
Velocemente, mi misi a
cavalcioni su di lui e, con il fiatone, gli bloccai le braccia dietro
la testa.
Era da due ore che io
e Sebastian ci stavamo allenando nella lotta corpo a corpo.
Gli allenamenti con
lui erano più pesanti rispetto a quelli con gli altri miei
fratelli.
Forse
perchè lui ci teneva di più...
- Sei migliorata... -
si complimentò, ancora turbato per quello che era successo
prima in garage.
Persino un cieco
sarebbe riuscito a notarlo.
Sorrisi compiaciuta -
Grazie! - .
Poi, improvvisamente,
mi ritrovai a fare una capriola in avanti, che mi lasciò
stesa a terra in posizione supina.
- Ma non abbastanza -
ghignò guardandomi dall'alto, incrociando le braccia al
petto.
Sbuffai alzandomi da
terra, voltandomi verso di lui.
Nello stesso momento,
Seb si girò dall'altra parte per lucidare la sua spada
angelica.
Perchè
doveva comportarsi in quel modo?
Proprio non riusciva a
capire che, facendo così, non si sarebbe risolto nulla e che
le cose non avrebbero fatto altro che peggiorare?
Queste erano le parti
di lui che proprio non riuscivo a sopportare: il fatto che dovesse
essere sempre al centro della mia attenzione, il suo vittimismo, il suo
egocentrismo...
- Si può
sapere che problemi hai?! - urlai, risentita dal suo atteggiamento.
Si voltò di
nuovo verso di me, ma senza mai staccare gli occhi dalla sua arma.
- Non so di che cosa
tu stia parlando - disse solo, alzando le spalle.
Per l'Angelo, Per l'Angelo
e ancora, per l'Angelo!
Quanta pazienza che mi
ci voleva per stargli dietro.
- Lo sai benissimo!
Io, davvero, non riesco a capirti! Io... Io proprio non ce la faccio! -
esclamai esasperata, gesticolando animatamente con le braccia.
Alzò gli
occhi al cielo per poi guardarmi - Beh, questa non è una
novità! - .
Boccheggiai, senza
sapere che cosa dire esattamente.
Cosa si poteva
rispondere a una persona che ti parlava in quel modo?
Non udendo una
risposta, andò avanti - In fin dei conti, la maggior parte
del tuo tempo lo passi sempre con quel ragazzo che reputi tuo "fratello", quando
sai bene quanto me che lui non è tuo "fratello"! Io sono
tuo fratello, ma a te questo sembra non importare! - .
Sentii i miei occhi
riempirsi di lacrime.
No...
gli Shadowhunters non piangono, gli Shadowhunters non piangono...
- Perchè mi
dici queste cose? - sussurrai, tentando di modulare la voce.
Rise senza la minima
voglia di farlo - Perchè ti dico queste cose?! - fece una
smorfia scuotendo la testa - Cazzo Bella, ma ti guardi?! Stai sempre
con lui, gli dici tutto quello che ti passa per la testa, e lui fa lo
stesso! Questo rapporto dovrebbe esistere fra noi due, e non
c'è! - .
Iniziai ad incazzarmi
- Non puoi dare la colpa a me di questo! Cosa centro io se mamma e
papà sono stati ammazzati e noi, di conseguenza, siamo stati
addottati da delle persone già aventi dei figli?! Che colpa
ne ho?! Che ti piaccia o no, siamo cresciuti tutti inisieme e, anche se
non lo sono, io li reputo miei fratelli a tutti gli effetti! Ti devo
ricordare che per me
non esisti solo tu! - .
Sembrò
esplodere - Non parlare di mamma e papà! Non osare nominarli
mai più! - urlò - E sai che ti dico? Forse tutto
sarebbe stato più semplice se fossimo cresciuti
nell'orfanotrofio di Alicante! - .
- Come puoi dire una
cosa del genere?! - una lacrima sfuggì al mio controllo, ma
la asciugai subito - Con tutto quello che questa famiglia ha fatto per
noi?! - .
Si avvicinò
bruscamente a me, ancora con la spada in mano, arrivando a cinque
centimetri dal mio viso - Perchè non riesci a capire che
stare in questa famiglia ci ha soltanto separati?! - .
- Perchè
non è vero! - gridai intestardita.
- Io sono tuo
fratello, loro no! - ribadì a voce più bassa,
digrignando i denti.
- Loro sono miei fratelli tanto
quanto lo sei tu! - confessai di getto, non pensando che
avrebbe potuto arrabbiarsi ancora di più.
Per un'attimo, pensai
che mi avrebbe colpita, infatti ero già pronta a difendermi,
ma non lo fece.
Mi guardò
per qualche secondo poi, senza dire niente, se ne andò
sbattendo la porta della palestra.
Tirai un sospiro di
solievo e lasciai che le lacrime mi bagnassero le guance.
Era finita... per ora.
__
Le settimane passarono
molto velocemente e in un batter d'occhio arrivò Novembre.
Le giornate si
svolgevano sempre allo stesso modo: frequentavo la scuola la mattina,
mi allenavo il pomeriggio e ispezionavo il bosco di notte insieme a
Stephan, mentre gli altri controllavano Forks e Port Angeles.
In quest'arco di tempo
avevamo incontrato circa una trentina di demoni, tutti uccisi grazie al
lavoro di squadra e alla complicità che ci legava.
A scuola andavo
malissimo in materie come matematica e trigonometria, dato che, non
avendole mai fatte così nello specifico e non avendo tempo a
disposizione per studiarle, mi risultava difficile capirle.
A uno Shadowhunters
non serve saper fare delle equazioni o dei "semplici" calcoli
matematici per ammazzare un demone...
Era già
tanto se sapevo quanto faceva 7x5!
Stephan, al contrario,
si trovava benissimo: aveva fatto un sacco di amicizie ma, sopratutto,
passava gran parte del suo tempo con il vampiro, Emmett.
La cosa non mi andava
per niente a genio e, a quanto pare, anche al resto dei Cullen: si
vedeva da come li guardavano.
Si erano perfino
iscritti insieme alla squadra scolastica di Basket, che li teneva
impegnati tutti i mercoledì pomeriggio dopo la scuola.
Ovviamente, a coprire
mio fratello dalla nostra famiglia per la sua assenza era la
sottoscritta!
Come se non avessi
già altre cose a cui pensare...
Il vampiro dell'aula
di biologia, invece, era dal nostro primo incontro che non si
presentava a scuola.
Molti mondani
pensavano che fosse malato e che suo padre, essendo un medico, lo
stesse curando a casa, in privato.
Peccato che i vampiri
non si potevano ammalare...
A volte, notavo lo
sguardo della sua famiglia addosso, come se mi stessero studiando.
Odiavo essere
osservata, era una cosa che proprio non riuscivo a sopportare.
Nell'ultimo periodo,
mio malgrado ero stata soggetta alla curiosità dei mondani,
ma in compenso avevo trovato un'amica: si chiamava Angela Weber e
frequentavamo la stessa ora di inglese e letteratura.
Sapevo di essere
un'ipocrita, di aver rimproverato Stephan per lo stesso motivo e per la
sua incoscienza, ma non potevo farne a meno: era simpatica, timida,
semplice, dolce, disponibile...
Insomma, l'amica che
avevo sempre voluto che però non avevo mai cercato
perchè ero convinta di non averne bisogno.
Ma, in
realtà, ne avevo un disperato bisogno!
Quando stavo con lei
vedevo tutto con occhi diversi, con occhi più mondani.
Non c'erano demoni,
mostri o altri Shadowhunters!
Due amiche, con alcune
cose in comune.
E poi, stando sempre
da sola, avevo iniziato davvero ad attirare l'attenzione,
perciò, avrei dovuto trovarmi ugualmente un'amica per farmi
risultare normale agli occhi degli altri.
In quel momento, mi
trovavo proprio con lei e ci stavamo dirigendo verso l'aula di spagnolo.
- Grazie per avermi
accompagnata! - mi ringraziò sorridendomi gentile.
Sorrisi di rimando -
Non ti preoccupare, tanto non ho niente di meglio da fare - .
Rise - Se vuoi passare
l'anno dovrai iniziare ad impegnarti un po' di più, Bella...
- mi rimproverò con leggerezza.
Alzai gli occhi al
cielo - Sì, va bene! Adesso fila in classe, se no poi la
Goff se la prende con me dicendo che ti porto sulla cattiva strada! - .
Rise di nuovo - Vero!
Ti devi rassegnare, ormai sei nella sua lista nera! - .
Annuii pienamente
d'accordo - Non so neanche perchè! E dire che nella sua
materia vado più che bene! - .
Che mistero.
La professoressa Goff
riservava un certo odio nei miei confronti, che non tardava mai a farmi
notare, eppure, ero l'unica sua alunna a prendere voti eccellenti nella
sua materia.
Magari si era accorta
che ne sapevo molto più di lei sulla lingua spagnola e,
quindi, le stavo antipatica per questo.
Bah, i mondani sono
così strani!
- Adesso che cos'hai?
- chiese curiosa.
Sbuffai guardando il
cielo.
Aveva ricominciato a
piovere.
Possibile che a Forks
il sole si fosse estinto?!
Per la fortuna dei
vampiri che ci abitavano, evidentemente sì...
- Biologia - borbottai
alzando il cappuccio della giacca.
Sghignazzò
- Proprio non sopporti la pioggia... - .
- E' la cosa che odio
di più al mondo... - dopo
i demoni, aggiunsi mentalmente.
- Prima o poi ti ci
dovrai abituare - .
- Sì, prima
o poi. Ci vediamo in mensa? - chiesi speranzosa.
Non mi piaceva
pranzare da sola.
Stephan pranzava tutti
i giorni con i suoi compagni di squadra e con Emmett, che ovviamente
non toccava cibo, lasciandomi abbandonata a me stessa.
Questo, prima
dell'arrivo di Angela, sia chiaro!
Mi guardò
con aria colpevole - In realtà ho promesso a Jessica che mi
sarei unita a lei... - ma subito dopo aggiunse - Che ne dici di sederti
con noi? Infondo, Jess è simpatica... - .
Certo, "simpatica"
come un libro di pornografia demoniaca!
Da quel che ne sapevo,
Jessica Stanley era l'autrice della maggior parte dei pettegolezzi che
aleggiavano nei corridoi della Forks
High School.
Non era un bene
farsela amica, tantomeno, passare mezz'ora allo stesso tavolo con lei.
- Non saprei... - .
Mi prese la mano per
poi stringerla - Ti prego, non lasciarmi da sola! Ci sarà
anche Ben, ho bisogno di sostegno... - .
Ben era il mondano di
cui era innamorata.
Da come lui la
guardava sembrava ricambiare in pieno i suoi sentimenti, ma a quanto
pare, erano entrambi troppo timidi per fare il primo passo.
Sbuffai - Ok, ci
sarò! Basta che mi fai sedere il più lontano
possibile dalla Stanley! - .
Rise - Aggiudicato! Ci
vediamo dopo! - disse per poi voltarmi le spalle e entrare in classe.
Sospirai scuotendo la
testa.
Chi l'avrebbe mai
detto che un giorno sarei riuscita a farmi amica una mondana?
Io di certo no.
Quando arrivai davanti
all'aula di biologia notai che la porta era chiusa, segno che la lezione
era
già iniziata.
Merda...
Velocemente entrai in
classe senza bussare, interrompendo così la spiegazione del
professore.
Mi guardò
con aria di rimprovero - Grazie per averci degnato della sua presenza
Signorina Dorwood! - .
- Non c'è
di che! - esclamai, togliendomi il giubbino per poi lasciarlo
sull'appendi abiti.
Delle piccole risate
aleggiarono l'aula per la mia affermazione.
Quando mi incamminai
verso il mio posto, notai che la sedia accanto a me, solitamente vuota,
era occupata da un bellissimo ragazzo, con un fisico altrettanto
magnifico, i capelli ramati disordinati e gli occhi dorati.
Immediatamente mi
bloccai sul posto, con il cuore che batteva a mille, facendo sbuffare
il Signor Banner.
Ma che cosa mi stava
succedendo?!
Ogni volta che lo
guardavo, perdevo il controllo di me stessa...
Non aveva senso...
doveva per forza avere qualche potere strano!
Oltre ad essere per
natura bellissimi, fortissimi e velocissimi, avevano la
probabilità di avere, con il completamento della
trasformazione, dei poteri aggiuntivi.
Anche se non tutti i
vampiri potevano godere di questa possibilità, la maggior
parte possedevano un potere.
- Dorwood? Non pensa
di aver già disturbato abbastanza la mia lezione? -
domandò irritato il professore, risvegliandomi da quello
stato di trans - Se non le interessa può benissimo uscire e
andare dal preside! - .
- Mi scusi - mormorai
timidamente, sedendomi al mio posto, nascondendo il viso con i miei
lunghi capelli color mogano.
Non sapevo
perchè, ma stare accanto a lui mi faceva sentire a disagio.
- Comunque, che cosa
stavo dicendo? - domandò retorico, Banner - Ah
sì, la ricerca in coppia! Insieme al vostro compagno di
banco, dovete cercare delle informazioni sulla cellula: che
cos'è, da che cosa è composta, ecc. Vi
è chiaro? Successivamente lo esporrete alla classe al
computer. Non mi interessa su che programma svolgerete il compito,
basta che sia ricco di immagini. Deve essere finito entro la fine di
Novembre, dopodiche inizierò ad interrogare - infondo alla
classe iniziarono a sentirsi dei borbottii e degli sbuffi - Direi che
potete iniziare anche adesso. Utilizzate pure il vostro libro di testo
- .
Tutte le fortune a me.
Sbuffai un misto fra
l'annoiato, dato che la composizione della cellula la sapevo a memoria,
e l'innervosito, perchè avrei dovuto svolgere questo compito
in coppia con Cullen.
Io, che dovevo stare
lontana da lui, ero costretta da una stupida ricerca a passarci del
tempo insieme!
Molto probabilmente,
le ragazze intorno a me, stavano morendo di invidia.
In quei giorni, avevo
capito che le alunne della Forks
High School avevano un debole per il signor "sono bello solo io"
al mio fianco, e come poteva non essere così?
Era uno schianto!
Ma se fossero venute a
conoscienza della sua vera natura, sarebbe stato ancora così?
- Iniziamo a lavorare,
collega? - chiese una voce suadente al mio fianco.
Involontariamente,
rabbrividii.
Sicuramente se n'era
accorto, ai vampiri non sfuggiva nulla.
Mi voltai verso di
lui, notando con piacere che mi stava guardando.
Con piacere?! Dovevo
essere impazzita.
Annuii velocemente,
tirando fuori dalla cartella il mio libro di testo per iniziare a
sfogliarlo.
Al mio fianco, sentii
Cullen sospirare.
Dopo pochi secondi
riprese a parlare - Che maleducato, non mi sono ancora presentato. Io
sono Edward Cullen - .
Tornai di nuovo a
guardarlo, fissando un punto indefinito in mezzo alle sue sopracciglia.
Sapevo che se avessi
guardato di nuovo nei suoi occhi, il mio cervello sarebbe impazzito e
non potevo permetterlo.
Non ricevendo nessuna
risposta continuò a parlare, sempre con il sorriso in faccia.
Ma che cazzo aveva da
sorridere sempre?!
- Mentre tu ti chiami
Bella, giusto? - chiese cordialmente.
- Isabella Dorwood -
parlai per la prima volta - Non hai sentito il professore poco fa,
quando mi ha richiamata?! - esclamai acida, cercando in tutti i modi di
non guardarlo negli occhi.
- Perdonami - disse
sorpreso, passandosi una mano fra i capelli - Non pensavo potesse darti
fastidio... - .
Sbuffai tornando a
sfogliare il libro - Non mi da fastidio! Semplicemente, solo la mia
famiglia e i miei amici mi chiamano "Bella" e, dato che, tu per me non
sei nessuno, non vedo perchè tu debba chiamarmi con il mio
diminutivo! Come se avessimo chissà quale confidenza!
-
Rimase interdetto a
fissarmi, stupito della risposta che gli avevo appena dato.
Evidentemente il
vampiro non era abituato a essere trattato in quel modo.
Ben gli stava!
Forse stavo
esagerando, ma non mi interessava.
Doveva starmi lontano.
Confuso, lo vidi con
la coda dell'occhio aprire il suo libro per iniziare ad analizzaro.
Dopo pochi minuti di
lettura, si rivolse di nuovo a me.
- Dobbiamo metterci
d'accordo su quando e dove incontrarci per completare il progetto -
disse velocemente con un certo distacco.
Lo guardai non capendo
cosa stava dicendo - Come scusa? - .
Sbuffò -
Dobbiamo vederci fuori da scuola per iniziare il progetto. Ti dico fin
da subito che non ho intenzione di farlo da solo! - mi
avvisò, staccando per un secondo gli occhi dal testo, per
riservarmi un'occhiataccia - Ti va se facciamo a casa tua? - .
- NO! - urlai,
attirando di nuovo l'attenzione della classe su di me.
- Cioè -
provai a dargli una giustificazione, abbassando la voce - E' meglio se
la facciamo da un'altra parte... Sono qui da poco e la casa
è ancora abbastanza in disordine... - .
Annuì fra
sè e sè - Non c'è problema. Potresti
venire da me? - disse studiando attentamente la mia reazione.
Per l'Angelo, neanche morta sarei andata
da lui, in una casa piena di vampiri!
Non ero
così masochista e irresponsabile!
Se dovevamo fare
quella maledetta ricerca, mi serviva un luogo pubblico.
Mi strinsi nelle
spalle - E se andassimo in biblioteca? - .
- Non ci sono computer
disponibili nella biblioteca di Forks - .
- Vorrà
dire che porterò il mio portatile - insistetti.
Sospirò -
Ok, fra qualche giorno ci metteremo d'accordo. Adesso devo andare,
buona giornata - .
Velocemente, prese le
sue cose e uscì dall'aula.
Ero così
concentrata su di lui, che non mi ero nemmeno resa conto del suono
della campanella...
Maledetto vampiro!
__
- Vediamo... Voglio un
trancio di pizza, un panino al prosciutto, quell'insalata mista, una
mela e una bottiglietta d'acqua, per favore - dissi gentilmente
all'addetta alla mensa che si trovava dietro al bancone.
Angela, al mio fianco,
anche lei con un vassoio in mano, non si era ancora abituata alla
mia... ricca alimentazione.
Lo dico
perchè continuava a fissarmi come se fossi un'aliena!
Forse, si stava
chiedendo, come facesse ad entrare tutta quella roba in un corpicino
esile come il mio.
Anche se di esile,
avevo davvero poco: ero magra, ma avevo abbastanza massa muscolare da
mettere al tappeto un uomo alto un metro e ottanta per novanta chili.
- Io ancora non riesco
a capacitarmene... - sussurrò al mio orecchio, mentre
aspettavo che la cuoca caricasse il cibo sul mio vassoio.
Mi voltai verso di lei
- Di cosa? - .
- Di cosa?! Come fai a
mangiare così tanto e a restare... così?! -
esclamò indignata squadrandomi da capo a piedi - E' davvero
demoralizzante! Io devo stare attenta a qualsiasi cosa magio, se no
rischio di mettere su due chili in una sola volta! - .
Risi.
Quanti problemi che si
facevano i mondani sul proprio aspetto fisico.
Anche se qualcuno
aveva qualche "chiletto in più", come dicevano loro, che
problema c'era?
- Ho sempre fame -
risposi semplicemente - Non è colpa mia - .
- Ma a casa mangi? -
investigò curiosa.
Alzai gli occhi al
cielo divertita - Certo! - .
Non riuscivo a
resistere più di qualche ora senza mangiare.
- E allora come...? - .
La anticipai - Faccio
tanto movimento - .
Annuì fra
sè e sè, trovando così una risposta
convincente alle sue domande.
Riportai la mia
attenzione sulla cuoca che, nel frattempo, aveva finito di riempirmi il
vassoio di cibo.
- Sono venti dollari -
disse, non curante di quanta roba avessi preso.
Stando attenta a non
rovesciare il vassoio, con una mano, tirai fuori dalla tasca posteriore
dai jeans una banconota da venti e gliela diedi.
Toccava ad Angela
ordinare ora.
Lei optò
per una semplice insalata e un arancio come frutta.
Chissà come
faceva a mangiare così poco, al posto suo sarei morta di
fame!
Appena pagò
il pranzo, ci incamminammo verso il tavolo dei suoi amici mondani.
Quando ci avvicinammo,
notai che dei ragazzi avevano già preso posto: Mike, Ben e
Tyler.
Angela, al mio fianco,
si bloccò immediatamente.
Mi fermai anche io -
Che hai? - .
- C'è
Ben... - .
Ma
va?!
Me l'aveva fatto
presente la mattina stessa, obbligandomi a mangiare insieme a loro e
alla Stanley...
- Lo so - .
- Che faccio?! - mi
guardò impaurita, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Ruotai gli occhi, non
potendo fare a meno di trettenere un sorriso - Beh, che ne dici di
sederti e iniziare a mangiare? - .
Subito mi
lanciò un occhiataccia - Puoi smetterla, per un attimo, di
pensare al cibo?! - .
Annuii guardando Ben
ridere con i suoi amici.
Doveva essere un bravo
ragazzo, o almeno, ci speravo...
Perchè se
anche solo avesse provato, per un secondo, a far soffrire Angela...
Non avrei
più risposto di me e delle mie azioni!
- Intendevo: mi siedo
vicino a lui? Oppure lontana, per non destare sospetti? Lo saluto o
faccio finta di niente? - domandò velocemente non
staccandogli gli occhi di dosso.
Ah... l'amore, che
sentimento strano!
Io fortunatamente non
l'avevo mai provato.
Di chi sarei potuta
innamorarmi qui, a Forks?
Di un licantropo? Di
un vampiro? Di un mondano?
Era assolutamente
fuori discussione!
- Siediti dove vuoi e
salutalo come tutti gli altri - .
Sospirò e
poi si disse "Dai Angela, ce la puoi fare!", come per incoraggiarsi.
Quando arrivammo a
destinazione, ci accomodammo e salutammo il gruppo cordialmente.
- Ehi ragazze! -
esclamò Mike, per poi rivolgersi a me - Come mai qui? - .
Presi, con le mani,
una carota dalla mia insalata mista e iniziai a sgranocchiarla -
Perchè, non possiamo? Non mi sembra che questi posti siano
già stati occupati da qualcun'altro! - .
Il povero Mike
arrossì violentemente, mentre il suo "amicone" Tyler, rise.
Idiota.
Sentii qualcosa
schiacciarmi il piede: era Angela.
- Quello che vuole
dire - disse, provando a salvare la situazione - è che
Jessica ci ha invitate, è un problema per voi? - .
Fu Ben a rispondere
timidamente - Certo che no, siete le ben venute! - .
Vidi le guance della
mia amica velarsi di rosso, mentre il ragazzo si beccò una
bella gomitata fra le costole da parte di Tyler.
Quel tizio iniziava a
darmi sui nervi...
- C-certo -
boccheggiò Mike, ancora imbarazzato - Non intendevo dire
quello che ho detto! - .
Annuii secca per poi
iniziare a mangiare.
Di Jessica,
fortunatamente, ancora nessuna traccia.
Più si
trovava lontana da me, meglio era!
Ma non feci in tempo a
pensare che ci avesse dato buca, che comparì magicamente al
mio fianco.
- Ciao ragazzi,
scusate il ritardo! - esclamò interrompendo l'argomento di
cui stavano parlando.
Non sapevo neanche
cosa, non stavo ascoltando.
- Ciao Jess - rispose,
sempre gentile Angela - Non ti preoccupare! - .
- La professoressa
Brown non voleva più lasciarmi andare! -
continuò, prendendo posto accanto a me.
Per
l'Angelo!
Notai, con la coda
dell'occhio, Angela fissarmi.
Forse voleva
controllare la mia reazione, sicuramente non positiva, all'arrivo della
sua amica.
- Come mai? - si
interessò Mike.
- Interrogazione a
sorpresa, ma alla fine mi è andata bene! -
esultò, alzando la voce di qualche ottava.
Poi si accorse della
di me - Oh... Ciao Isabella! - esclamò confusa, guardando
Angela.
Non si aspettava di
vedermi, evidentemente, non dovevo starle molto simpatica.
Non ti preoccupare
cara, la cosa è reciproca!
- L'ho invitata io! -
spiegò Angela - Spero non ti dispiaccia... - .
Sorrise falsamente -
No, certo che no! - .
E il pranzo
passò così, come il resto delle lezioni,
abbastanza velocemente.
Angela mi
accompagnò fino alla moto di mio fratello per aspettarlo.
Per tutto il tragitto,
restai persa nei miei pensieri, quando ad un certo punto Angela disse -
I Cullen ti stanno fissando... - .
Immediatamente mi
voltai, incontrando gli occhi dorati di Edward.
Era vero, il clan mi
stava fissando, ma ero troppo occupata a fissare Edward per
preoccuparmi del resto della famiglia.
- Che cosa vorranno? -
chiese confusa, facendomi voltare verso di lei.
Non seppi
perchè, ma non riuscii a risponderle subito - Non ne ho idea
- .
- E' come... come se
stessero aspettando che tu faccia qualcosa... - .
Qualche secondo ancora
e, finalmente, riuscii a riprendermi dallo stordimento precedente.
- Bah, quella famiglia
è tutta strana! - esclamai e aggiunsi ciò che
sembrava più un'avvertimento che una semplice frase -
Lasciala perdere! - .
Annuì e in
quello stesso istante arrivò mio fratello, stranamente da
solo.
Ah già, il
suo amico era con il resto della famiglia... che non aveva niente di
meglio da fare che fissarmi!
- Lasciare perdere
cosa? - chiese curioso afferrando un casco, per poi porgermelo.
Sorrisi, lanciando uno
sguardo ad Angela - Niente, cose da donne! - .
Alzò gli
occhi al cielo divertito, indossando il casco - Ahh... voi e i vostri
segreti, non riuscirò mai a capirvi! - .
- Meno male! -
esclamai, poi mi rivolsi ad Angela - Ci si vede! - .
Sorrise e, prima di
andarsene, mi abbracciò - A domani! - .
Stephan
salì sulla moto e la accese, facendola ringhiare un paio
volte.
Lo guardai divertita:
se la tirava troppo con quel mezzo.
Quando indossai e
allacciai il casco, salii dietro di lui e, prontamente,
partì per tornare a casa.
Finchè non
sparimmo dalla loro visuale, sentii lo sguardo dei Cullen perforarmi la
schiena.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Chapter six - Seattle. ***
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER SIX - SEATTLE.
[POV
BELLA]
Stephan
scoppiò in una fragorosa risata.
Lo trucidai con lo
sguardo: io gli raccontavo della ricerca che dovevo fare con quel
vampiro,
e lui si metteva a ridere.
Certe volte, era solo
capace di darmi sui nervi!
- Non c'è
nulla di divertente! - blaterai offesa, incrociando le braccia al petto.
Non riuscendo a
fermarsi, prese posto a fianco a me sul letto, che cigolò
sotto il suo peso.
Continuai a guardarlo
aspettando che si desse una calmata.
Dopo qualche minuto,
finalmente, ci riuscì - Scusami - disse sorridendo come uno
scemo.
Alzai gli occhi al
cielo esasperata ma, allo stesso tempo, un po' divertita.
- Mi vuoi dire quale
parte del racconto ti fa tanto ridere? - .
- Nessuna -
sghignazzò - Però, da come parli di loro, si
capisce che non ti vanno proprio a genio. Si vede che ti stanno sul...
- .
- Okay! - esclamai -
Non è che mi stanno... "antipatici"... Ho semplicemente
tante domande a cui non riesco a trovare una risposta... Sono solo
diffidente, è diverso... Quello che dovresti essere anche
tu! - .
Sbuffò
allontanandosi leggermente da me - Per favore, non iniziamo di nuovo
questo discorso! - .
Sorrisi mestamente -
Sei tu che hai iniziato... - .
- Certo, diamo tutti
la colpa al povero e piccolo Stephan... - farfugliò
lasciandosi cadere indietro sul letto.
Evidentemente pensava
che dietro di lui ci fosse il materasso ad attutire la sua caduta,
perchè cadde in terra battendo la schiena contro il
pavimento.
Iniziai a ridere a
crepapelle e, nello stesso momento, mi avvicinai alla sporgenza del
letto per vedere se era ancora vivo e vegeto - Per
l'Angelo!
Ste, stai bene? - .
Dopo pochi secondi, e
qualche imprecazione, si ridestò restando in ginocchio
accanto a me - Sì... - .
Io, che nel frattempo,
non avevo ancora smesso di ridere, mi beccai un'occhiataccia da parte
sua.
- Non c'è
nulla di divertente! - rimbeccò facendomi la linguaccia,
scherzoso.
Mi portai entrambe le
mani sulla bocca nel tentativo di contenere, almeno un po',
l'ilarità che mi aveva assalita.
- Scusa - mormorai,
facendo qualche risolino qua e là.
- Certo che sei strana
- pensò guardandomi con aria comica.
- Io sarei quella
strana? - gli chiesi, tentando di non ricominciare a ridere - Parli tu,
guarda! - .
- Esatto! -
esclamò alzandosi in piedi per poi guardarsi in torno - Ti
va di guardare un po' di televisione? - .
- Certo - .
Insieme, scendemmo in
fretta le scale per vedere chi dei due sarebbe arrivato prima in
salotto.
Dovevo riconoscerlo,
sembravamo dei bambini di cinque anni.
Ovviamente, con grande
dispiacere da parte di Stephan, arrivai prima io e, nonappena fui
abbastanza vicina, mi lanciai sul divano prendendo possesso del
telecomando.
- Uffa...
perchè devi vincere sempre tu? - domandò
lamentoso lasciandosi andare vicino a me.
Gli feci la linguaccia
- Perchè sono più brava di te! - .
- Certo! -
confermò sarcastico.
Di rimando, gli diedi
una gomitata fra le costole.
- Ahi! - esclamò sorpreso
- Ma sei scema?! - .
Risi schiacciando il
tasto verde del telecomando, che magicamente, fece accencere la
televisione.
Per me, che non avevo
mai vissuto in questo mondo, era davvero una magia.
Non riuscivo a
spiegarmi una cosa del genere.
La tecnologia aveva
fatto davvero dei passi da gigante...
Feci zapping dei
programmi per un po', finchè mio fratello non mi
strappò dalle mani lo "scettro del comando".
- Ma che cavolo fai?!
- urlai indignata.
Stavo scegliendo io
cosa vedere!
- Mi dai sui nervi!
Che cosa vuoi vedere?! I cartoni, una fiction, un documentario?! Basta
che ti decida! - .
Non feci neanche in
tempo a rispondere che decise lui per entrambi.
Lasciò su
un canale che in quell'istante stava trasmettendo un notiziario.
Non mi piacevano,
odiavo i telegiornali, non facevano altro che passare brutte notizie.
Sbuffai -
Perchè...? - .
Ma mi zittì
subito - Shh! Zitta e ascolta! - .
- "E ora
passiamo alla scia di omicidi che sta terrorizzando la città
di Seattle. Soltanto oggi, sono stati ritrovati 30 corpi, fra uomini,
donne e bambini. La polizia sta ancora indagando, poichè
sono in molti a pensare che non sia colpa di un nuovo Serial Killer
della zona, ma bensì di un animale abbastanza feroce da
provocare tutte quelle lesioni riscontrate sui corpi delle vittime. Che
sia colpa di un orso? E se è così,
com'è possibile che si aggiri indisturbato fra le strade di
Seattle? Com'è potuto arrivare fino in città
senza che nessuno se ne accorgesse? Vi terremo aggiornati! Il prossimo
appuntamento è domani, sempre alla solita ora!" - .
Non riuscivo a credere
a quello che avevo sentito.
Che cosa stava
accadendo a Seattle?!
Mamma, che nel
frattempo, era appena rientrata in casa con le buste della spesa, le
lasciò cadere a terra, facendoci sobbalzare.
Non era da sola.
Con lei c'erano anche
Will, George e Sebastian.
- Avete sentito? -
domandò agitato Stephan, non riuscendo più a
restare seduto.
Lo seguii a ruota.
Le loro facce non
trasmettevano neanche la minima ombra di sicurezza, anzi, tutt'altro.
Sicuramente si
trattava di demoni, solo loro potevano causare un aumento delle morti
in così poche ore.
Dovevano essere
tantissimi, eppure sulla cartina, prima di partire, a Seattle non c'era
segnata nessuna attività demoniaca.
- Ci sono troppe,
troppe morti - mormorò Marie assorta nei suoi pensieri - Demone! - .
Come
pensavo...
- Più di uno madre, non può essere opera di un
solo demone - .
Posò gli
occhi su di me, ancora sconvolta, per poi annuire - Dovremmo andare a
controllare... - .
- Non spetta a noi -
disse subito Sebastian incrociando le braccia al petto - Che fine ha
fatto la famiglia che aveva preso l'incarico di proteggere Seattle? - .
- Se non ricordo male
- riflettè William - i Fayrglass... Deve essere successo
qualcosa... - .
- Oppure non hanno
semplicemente voglia di svolgere il loro compito - continuò
mio fratello, senza neanche stare a sentire Will.
- Sebastian! - lo
canzonai, alzando di qualche ottava la voce.
Non disse nulla, mi
rivolse solo un'occhiataccia che lasciava intendere molto bene le
parole che avrebbe voluto dirmi.
- Vado a mandare un
messaggio di fuoco al Conclave - parlò finalmente George,
avviandosi verso le scale - E' giusto che sappiano - .
Vero, dovevano sapere.
Di sicuro loro
sapevano che cosa fare in questi casi.
Era davvero assurdo,
Seattle era solo a poche ore da qui... in men che non si dica, quel
"branco di demoni" avrebbe potuto spostarsi...
La cosa di cui rimasi
più sconvolta fu appunto il loro muoversi in gruppo.
Per natura erano
esseri solitari e, se proprio dovevano viaggiare in coppia, non erano
mai più di due o tre.
Ma dalle descrizioni
fatte dal telegiornale sembravano molti di più.
Anche il fatto che
avessero lasciato dei corpi era alquanto sospetto, semplicemente
perchè non ne lasciavano, mai.
Sembrava un'azione
intenzionata, per attirare l'attenzione...
Non essendo abbastanza
intelligenti per poter prendere una decisione del genere, dovevano
essere controllati da qualcuno di molto potente.
Qualche stregone,
magari.
- Com'è
possibile che ci siano così tanti demoni a piede libero? -
chiese nostra madre, prendendo il telefono in mano.
Probabilmente per
chiamare nostro padre.
- Potrebbe esserci un
portale anche a Seattle - disse William, pensando a varie spiegazioni.
Sebastian,
apparentemente annoiato, sbuffò per poi spostarsi sul divano.
Lo ignorammo, quando
si comportava in quel modo, era meglio per tutti.
Stephan
negò con la testa - Non penso proprio. Sulla cartina
possiamo vedere la presenza dei portali demoniaci e a Seattle non ce ne
sono mai stati. Due dei motivi principali sono la popolazione mondana e
la presenza di troppo pochi luoghi isolati. Per questo qui a Forks ce
n'è uno, anche se non sappiamo esattamente dove. Questa
cittadina è perfetta: non è molto abitata e, di
conseguenza, ci sono molti posti sperduti. Un'altro fattore che aiuta
è il bosco, che è molto dispersivo. Tutto questo
è voluto da qualcuno che sa giocare molto bene le sue carte!
- .
A stento riuscivo a
reggermi in piedi.
Era il discorso
più lungo e serio che mai avessi sentito uscire dalla sua
bocca.
Ero sconvolta.
Quello che sosteneva
aveva senso.
Ci fu qualche minuto
di silenzio, noi tutti dovevamo pensare a come agire e ai pro e i
contro di ogni azione.
Non era per niente una
situazione facile.
- Sicuramente
c'è qualcuno che sta orchestrando la cosa - dissi,
appoggiando l'ipotesi di Ste e esternando finalmente i miei pensieri -
I demoni non stanno mai in gruppo, qualcosa deve averli
legati fra di loro - .
Will sgranò
gli occhi annuendo - Giusta osservazione, potrebbe essere come dici tu!
A questo punto, deve esserci dietro uno stregone... o più di
uno! Soltanto loro possono creare portali e evocare demoni sulla terra!
- .
Se era davvero
così, a che scopo facevano tutto questo?
Perchè?
Cosa volevano ottenere? Una guerra? Dominare il mondo?
Oppure, erano venuti a
conoscenza della nostra ricomparsa e volevano farci fuori?
E poi,
perchè proprio a Seattle e non un'altra città?
La cosa che forse mi
preoccupava di più era, appunto, la vicinanza con Forks.
In fondo, distava solo
quattro ore di macchina... più o meno.
Non era molto lontano.
In quello stesso
istante, George fece la sua comparsa sulle scale - Il Conclave mi ha
risposto. Ci ha ringraziati per averli avvertiti, non ne sapevano
nulla. Questo significa che neanche la loro mappa riesce a vedere
l'orda di demoni che abita le vie di Seattle. Hanno detto che in meno
di una settimana arriveranno per controllare la situazione, si devono
organizzare. Nel frattempo, gli ho dato la nostra
disponibilità... ho fatto bene? - .
Tutti ci voltammo
verso nostra madre, che sembrava ancora abbastanza scossa...
Era una Shadowhunters,
ma non aveva mai amato lottare.
Anche se dentro di le
nostre vene scorreva il sangue dell'Angelo, non significava che tutti
noi fossimo portati per essere Cacciatori.
C'era chi nasceva
Shadowhunters e chi, invece, era stato costretto a diventarlo.
Marie mi aveva
raccontato che le mie antenate, erano sempre state delle ottime
Cacciatrici, avevano la guerra nel sangue.
Secondo lei,
somigliavo molto a Reneè, la mia mamma biologica...
Io personalmente, non
ricordavo molto di lei.
Mi era rimasta solo
una vecchia foto, quasi sbiadita, sua e con mio padre Charlie
abbracciati.
Avevano gli occhi
innamorati, si dovevano amare moltissimo.
Se si metteva a fuoco,
si riusciva a notare una lieve pretuberanza al livello del ventre...
probabilmente la fotografia risaliva al periodo in cui era incinta di
Sebastian.
Uno dei tanti momenti
che mi erano rimasti impressi nella mente era quando mi invitava a
sedermi accanto a lei sul seggiolino del pianoforte.
Amava suonare, forse
anche più di combattere.
Ogni pomeriggio, dopo
le solite lezioni e gli allenamenti, ci mettevamo lì e mi
suonava sempre una sinfonia diversa.
Le imparai tutte dopo
la sua morte, solo per sentirla più vicina.
Ma sicuramente, il
ricordo che non avrebbe mai abbandonato la mia mente, era quello della
morte dei miei genitori.
Era impossibile da
dimenticare.
- Sì -
disse infine Marie - Direi che è arrivato il momento di
prepararci - .
__
Appena papà
Jonathan tornò a casa, rimase stupito nel vederci tutti in
tenuta da combattimento e armati fino ai denti.
Dopo avergli spiegato
l'accaduto, si cambiò e, da bravo pater
familias,
prese le redini del comando.
Prima di partire ci
disegnammo con lo stilo alcune rune di protezione e di potenziamento,
in modo da essere avantaggiati e pronti per qualunque evenienza.
L'unico mezzo di
trasporto che avevamo era la macchina, visto e considerato che anche
con la runa della velocità non correvamo abbastanza veloci.
Potevamo raggiungere
la stessa rapidità dei vampiri, ma non duravamo molto, ci
stancavamo più in fretta.
Dovevamo conservare le
forze se volevamo combattere contro dei demoni.
Nell'abitacolo della
macchina a sette posti, acquistata recentemente da nostro padre, non
volava una mosca.
L'ansia e l'adrenalina
erano palpabili nell'aria.
Esatto, l'adrenalina...
Nonappena arrivammo a
destinazione, vicino al luogo dove si erano riscontrate il maggior
numero di vittime, ci disegnammo sul braccio la runa
dell'invisibilità, in modo che i mondani non potessero
vederci.
Quando scendemmo
dall'auto, iniziammo a guardaci intorno circospetti, in attesa di
qualche agguato, che non arrivò.
Ci muovevamo in fila
indiana, in modo da riuscire a schivare più facilmente i
mondani, ignari di tutto, ma ansiosi di ritornare alle proprie case,
come se sapessero che l'ora "X"si stava avvicinando.
L'istinto umano era
davvero una buona cosa...
Erano le otto di sera
e in quel periodo dell'anno faceva buio molto presto, era normale che
non si sentissero al sicuro, sopratutto dopo gli ultimi fatti di
cronaca.
A capo della fila
c'era Jonathan, seguito da Will, Sebastian, George, Stephan, me e
nostra madre.
All'improvviso la
sentii tirarmi per la manica della giacca.
Mi voltai di scatto,
sotto il suo sguardo preoccupato.
- Cosa c'è?
- chiesi gentilmente, dando qualche occhiata al resto del gruppo che
andava avanti per i fatti suoi, indisturbato.
Non disse nulla, prese
la mia mano per poi metterci qualcosa dentro.
Confusa, la aprii per
rivelarne il contenuto: era una collana, con un ciondolo a forma di
goccia rosso fuoco.
All'interno, era
inciso lo stemma della famiglia Dorwood, una chiave ornata da rune
angeliche, quasi invisibili in quella composizione.
- E' una collana
speciale - sussurrò vicino al mio viso, come se non volesse
farsi sentire da nessuno - Rileva la presenza di demoni, quando sono
vicini. Ti proteggerà - .
La guardai stupefatta,
doveva essere davvero preziosa...
Rimirai di nuovo
quella pietra che, sotto la luce dei lampioni, luccicava trasmettendo
dei riflessi sulla mia mano.
Scossi la testa - Non
posso accettarla, fa parte della vostra famiglia! - .
Sorrise amorevolmente,
accarezzandomi la guancia - Isabella, tu sei parte della nostra
famiglia, proprio come Sebastian - mormorò, aggiungendo
sconfitta - Anche se non è proprio dello stesso parere... - .
- Quindi tu lo sai...!
- esclamai sbalordita.
Sospirò -
Certo che lo so! Tuo fratello è davvero uno zuccone... - .
Ridacchiai - Sono
d'accordo! - e poi dissi, stringendo il ciondolo fra le mani - Ti
ringrazio, lo porterò sempre con me - .
Non facemmo in tempo
ad aggiungere altro che qualcuno ci interruppe.
- Mamma, Bells! Cosa
state facendo? Avete visto qualcosa? - urlò George per farsi
sentire.
Erano andati avanti
per circa una ventina di metri senza di noi.
Ci guardammo, poi
urlai di rimando - No, mi è sembrato di notare qualcosa, ma
mi sono sbagliata, scusate! - .
Loro annuirono per poi
continuare la loro ispezione.
Velocemente, nascosi
la collana nella tasca della giacca e raggiunsi gli altri, seguita da
nostra madre.
Quando ci inoltrammo
in un vicolo buio e stretto, sentimmo una brezza gelida avvolgere
improvvisamente i nostri corpi.
In men che non si
dica, sfilai una delle spade che portavo sulla schiena.
- Cassiel - sussurrai e
prontamente, l'Adamas si illuminò.
I Cacciatori che erano
come, fecero la stessa cosa.
Mi guardai intorno,
nell'attesa di vedere qualcosa di sospetto.
Niente.
Continuammo a
camminare in assoluto silenzio, aumentando leggermente il passo,
finchè non ci trovammo in uno spiazzo fra alzuni edifici
abbandonati.
Il ciondolo che si
trovava nella tasca della giacca iniziò a diventare
incandescente e a vibrare.
Sgranai gli occhi,
impugnando più saldamente l'elsa - Sono qui! - .
Neanche il tempo di
dirlo che, sotto la luce fioca dei lampioni, notammo delle ombre scure
avvicinarsi sempre di più a noi.
Erano demoni, e di
varie specie.
Come previsto, erano
molti: venti o trenta... non lo sapevo con esattezza, non feci in tempo
a contarli, dato che dopo pochissimi secondi partirono all'attacco.
Io e la mia famiglia
ci mettemmo subito all'opera: ruotando la spada, ne uccisi due in un
colpo solo e, nello stesso momento, una freccia schizzò al
mio fianco colpendo un demone che si trovava alle mie spalle e che mi
voleva attaccare.
Con la coda
dell'occhio, notai Marie in difficoltà, accerchiata da tre
demoni.
Non ci pensai neanche,
subito corsi verso di lei, schivando colpi e morsi a destra e a
sinistra, e uccidendo mostri che avevano sempre fatto parte delle
favole che mi raccontavano da bambina.
Nonappena fui
abbastanza vicina, saltai su un bidone della spazzatura e
successivamente, sulla schiena di uno dei demoni che stavano alle
calcagna di mia madre.
Preso alla sprovvista,
il demone iniziò a ribellarsi, ringhiando e muovendosi nel
tentativo di farmi cadere, ma senza risultati.
Sfilai un pugnale
dalla cintura che avevo in vita e iniziai a trafiggerlo sul fianco, in
modo da indebolirlo.
Il demone gemette,
cadendo a terra, ma non ancora morto.
Velocemente mi misi
meglio a cavalcioni su di lui e, lanciando via dalla mano sinistra il
pugnale, impugnai con entrambe le mani l'elsa della spada angelica e,
con forza, gli trafissi il petto.
Morto.
Mi guardai intorno:
bene o male, tutti se la stavano cavando.
In lontananza, notai
mio fratello Sebastian darsi all'inseguimento di due demoni che stavano
fuggendo.
Mi alzai
immediatamente correndo verso di lui e urlai - Seb, ti copro le spalle!
- .
Annuì, per
poi sparire dietro l'angolo insieme ai demoni.
Appena mi voltai,
venni travolta da qualcosa di enorme e viscido: aveva le sembianze di
una lumaca, ma era enorme e un paio di ali si muovevano veloci sulla
sua schiena.
Tentai con tutte le
mie forze di levarmela di dosso, ma era davvero pesante.
Avvicinò il
suo muso al mio viso, e ringhiò.
Aveva un alito
tremendo e, in più, la bava che gli colava dalla bocca mi
stava letteralmente facendo il bagno.
Che schifo.
Poi, improvvisamente,
le sue fauci si allargarono ancora di più, mostrando il suo
palato e le sue file di gengive senza denti.
Voleva mangiarmi!
Con tutta la forza che
avevo, anche se le mie gambe erano bloccate sotto di lui, tentai di
assestare delle ginocchiate al ventre del demone, ma non
sembrò fargli male.
Disperata, tentai di
arrivare ad una delle mie armi che era caduta quando mi aveva assalito,
ma non ci riuscivo.
Sorprendentemente,
quando si avvicinò ancora di più per
"addentarmi", mugulò dolorante prendendo il volo, che fu
subito interrotto da un'altro pugnale tirato nel punto giusto.
Sospirai pesantemente,
l'avevo scampata.
- Stai bene? - chiese
papà, porgendomi una mano.
- Sì -
dissi stringendogliela, lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
Successivamente, mi
guardai intorno: lo spiazzo era occupato da corpi senza vita di demoni
e, bagnato, da un'insolita fanghiglia scura e puzzolente.
Icore.
Poi però,
un dobbio sorse nella mia mente.
Se erano tutti morti,
perchè non scomparivano?
Solitamente, dopo le
convulsioni, i corpi dei demoni si dissolvevano, letteralmente, in una
nuvola di fumo nera.
Loro non facevano
parte di questa dimensione.
Preoccupata, rivolsi
lo sguardo alla mia famiglia, anch'essa stranita da quell'anomalia.
Non andava bene, non
andava per niente bene!
Mi avvicinai a uno dei
corpi per esaminarlo e eccertarmi che fosse davvero morto.
Dalla ferita
fuoriuscivano flotti di icore e il ciondolo, ancora al sicuro nella mia
tasca, aveva smesso di vibrare e si era raffreddato.
- Perchè
non si dissolvono? - chiese retoricamente William, preoccupato.
Nessuno seppe
rispondergli.
Restammo
lì, così, in quello scomodo silenzio, ad
attendere una spiegazione.
Com'era possibile?
Il mio cuore palpitava
veloce nel petto e iniziai a sudare a freddo.
Era la prima volta che
avevo realmente paura di qualcosa.
Qualcosa che non
conoscevo e a cui non potevo dare una risposta.
Improvvisamente, una
lampadina si accese nella mia testa, ricordandomi che mancava
qualcuno...
- Sebastian! -
esclamai di getto, correndo nella direzione che aveva intrapreso con
quei demoni.
Continuai a correre,
sempre più veloce, spinta dall'adrenalina e dalla runa della
velocità, ma sopratutto dalla paura che gli fosse successo
qualcosa.
Lui era tutto
ciò che restava della mia famiglia originaria, non potevo
lasciare che gli accadesse qualcosa.
Corsi,
finchè vidi che a pochi metri davanti a me si innalzava un
muro.
Un vicolo cieco.
In un angolo, una
sagoma scura, accasciata per terra in posizione fetale e completamente
immobile, attirò la mia attenzione.
I miei piedi si
mossero da soli, lenti ed esitanti, come se avessero avuto paura di
mostrarmi quello spettacolo.
Quando fui abbastanza
vicina, riconobbi il sangue del mio stesso sangue.
Mi guardai intorno:
dei due demoni nessuna traccia.
Senza pensarci due
volte corsi verso di lui, mi inginocchiai al suo fianco e, con mani
tremanti, presi la sua testa per appoggiarla sul mio grembo.
Lo strinsi a me,
nervosa e preoccupata - Sebastian, Sebastian, Sebastian... - .
Mi scostai per
guardarlo meglio: era tutto sudato, la sua fronte grondolava di sudore,
i capelli scuri erano più disordinati del solito, gli occhi
chiusi e la bocca leggermente aperta.
Iniziai a dargli del
colpetti veloci sulle guance, come per risvegliarlo - Sebastian...
Seb... Dai, svegliati! Svegliati... Apri gli occhi... Ti prego... - sulle ultime due parole,
sentii la mia voce incrinarsi.
Non dovevo piangere,
dovevo restare concentrata.
Velocemente, con una
mano, tolsi dallo stivale lo stilo, iniziando a disegnare sulle sue
braccia delle rune di guarigione.
Poi attesi.
Dietro di me sentii
delle voci.
Mi voltai leggermente,
anche se riconobbi subito di chi erano.
Il resto della
famiglia mi aveva raggiunta in poco tempo.
- Che è
successo? - chiese mamma apprensiva, sedendosi al mio fianco.
- I-Io... non lo so! -
balbettai aspettando ansiosa il suo risveglio.
Come se mi avesse
letta nel pensiero, sbattè le palbrebe un paio di volte
prima di aprirle completamente, rivelandomi così i suoi
occhi verdi.
Presa dalla gioia del
momento, lo strinsi a me, per poi riempirgli le guance i baci.
- Ehi... Ahi! Basta
Bella! - esclamò cercando di evitare le mie effusioni.
Risi con le lacrime
agli occhi - Mi hai fatta preoccupare! - .
- Mi dispiace -
mormorò confuso.
Probabilmente aveva
picchiato la testa o non si ricordava niente dell'accaduto.
Sospirai
accarezzandogli i capelli.
Sentii gli altri
allontanarsi un poco, per lasciarci un momento da soli.
- Ti fa male qualcosa?
- sussurrai.
Fece ciondolare la
testa a destra e a sinistra - No, ho solo le braccia un po'
intorpidite... Mi hai fatto degli iratze, vero? - .
Annuii, poi gli chiesi
- Ti hanno morso? - .
Lo sentii irrigidirsi
tra le mie braccia - No - .
Giustificai
velocemente quella reazione, era ancora scosso.
- Sei stato davvero
fortunato... E' strano che ti abbiano risparmiato, ma di cose strane
questa sera ne sono successe, quindi... non mi dovrei stupire poi
così tanto... - pensai ad alta voce.
Le sue sopracciglia si
corrugarono, segno che non aveva capito che cosa stavo dicendo - Che
intendi dire? - .
- Tutti i corpi dei
demoni che abbiamo ucciso - iniziai cautamente, guardandolo negli occhi
- non si sono dissolti... - .
- Cosa... In che
senso? - .
- Nel senso che sono
ancora lì, a terra, che perdono icore... - .
Boccheggiò
sconcertato - Stai scherzando?! - .
- No, purtroppo no. Ma
troveremo una soluzione, adesso hai solo bisogno di riposare
fratellone... - mormorai, baciandogli una tempia per poi accarezzargli
una guancia.
Non volevo agitarlo,
ma non era neanche giusto mentirgli.
Gli iratze che gli avevo disegnato sulle
braccia, iniziarono a scomparire lentamente, segno che stavano facendo
effetto.
Vidi le palpebre di
mio fratello farsi sempre più pesanti, fino a chiudersi
completamente, lasciandosi andare così, in un sonno
profondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Ehilà! ***
Ehilà! Questo, come potete ben vedere, non é un capitolo 😞
Sfortunatamente il mio computer é ancora in assistenza.
Più che altro volevo augurare a tutti voi...BUON NATALE! 😘🎄🎁
Come state? Come lo festeggerete questo giorno speciale?
Un grande abbraccio e auguri, di nuovo.
-Zikiki98.
PS: buonanotte 😘 |
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Ciao, ciao 2014 👋 ***
Ciao ragazze, vi faccio in anticipo gli auguri per il nuovo hanno! 🎉🎊🎉🎊🎉🎊 sono sicura che dopo non riuscirò a farveli ahah 😋
Il mio computer é tornato, quindi non ho più scuse per pubblicare.
Fra qualche giorno tornerò con la storia, giuro!
Basta "falsi allarmi" ihihih.
Comunque, come passerete quest'ultima serata dell'anno 2014? É stato un anno soddisfacente?
Quali sono invece i propositi per il nuovo anno? Siete pronti per ul 2015?
Io non lo so.. Ahah
Sta passando tutto così velocemente, non vi sembra?
Vi auguro una fantastica e indimenticabile serata!
E buon inizio 2015 a tutti!
Un abbraccio grande! 💛💙💜👋
-Zikiki98. |
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** ok, non picchiatemi per favore ♥ ***
Ehi, ciao a tutti! Come state?
Lo so... Sono vergognosa, è da mesi che non Aggiorno, ma ho intenzione di tornare in carreggiata!
Mi serve solo un altro po' di tempo per correggere i vecchi capitoli e ricominciare a scriver ne degli altri...
Mi dispiace davvero di non aver più aggiornato e non ho scuse per non averlo fatto.
Ovviamente fatemi sapere se volete che continui la storia o meno, vi capirei se così non fosse.
Come ho già detto, ci metterò un po' di tempo fra un capitolo e l'altro dato che ho un problema alla mano destra e in teoria dovrei lasciarla a riposo, ma ho davvero voglia Di continuare...
Va beh, vi ho rotto abbastanza le scatole ahah ciao e buona giornata. |
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Chapter seven - Return to ***
YPE html PUBLIC "-//W3C//DTD HTML 4.01 Transitional//EN">
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER SEVEN - RETURN TO "NORMAL".
Qualcuno
bussò delicatamente alla porta.
Ero seduta su un fianco del letto di mio fratello Sebastian, mentre lui
dormiva come un ghiro.
Neanche un invasione lo avrebbe disturbato dal suo sonno.
- Avanti - mormorai il più piano possibile, per non
svegliarlo.
La porta si aprì leggermente, rivelando così la
figura di Marie.
- Come sta andando? - chiese, riferendosi a Seb.
Lo guardai per qualche secondo, accarezzandogli i capelli per poi
appoggiare la mano sulla sua fronte.
- Penso che la febbre sia un po' scesa - constatai, notando la
differenza di temperatura ripetto a qualche ora prima.
- Meno male - mormorò con sollievo, sedendosi dall'altro
capo del letto.
Iniziò ad accarezzargli una guancia e per un po' restammo
così, in un piacevole silenzio.
Quella notte avevamo rischiato di perderlo per sempre.
Aveva avuto fortuna, un'inspiegabile
fortuna...
Quale demone risparmierebbe uno Shadowhunters?
Nessuno, eppure loro l'avevano fatto.
Quell'esperienza mi aveva fatto aprire gli occhi.
Cosa avrei fatto se si fosse gravemente ferito? O se l'avessero rapito?
O se, addirittura, fosse morto?
Facevo tanto la dura, ma alla fin fine, ero più fragile di
un bicchierino di cristallo.
Io amavo mio fratello, più della mia stessa vita!
Era anche vero che litigavamo spesso e non eravamo mai d'accordo su
nulla, ma era mio fratello...
A volte preferivo la compagnia di Ste piuttosto che la sua, ma questo
non significava niente!
Forse, in fin dei conti, lui aveva ragione: eravamo soli al mondo.
Solo io e lui, saremmo sempre
stati solo io e lui.
I Dorwood potevano amarci, ritenerci loro figli e dircelo fino allo
sfinimento, ma non sarebbe mai stato così.
Per loro sarebbero venuti sempre prima Will, George e Ste e,
ovviamente, non potevano amarci quanto amavano loro.
Erano i loro bambini, frutto del loro amore, ma sopratutto erano dei
Dorwood a tutti gli effetti.
Noi eravamo soltanto dei piccoli orfanelli che avevano avuto la fortuna
di essere stati adottati, ma non avremmo mai fatto parte integrante
della famiglia.
Noi non eravamo quelli
indispensabili.
- Ci ha fatto prendere un bello spavento, eh? - interruppe i miei
pensieri, sorridendo mestamente.
Annuii senza staccare gli occhi da lui.
Era così carino mentre dormiva: aveva i capelli spettinati,
le guance arrossate e l'espressione corrucciata.
Ridacchiai, era buffo.
Marie mi guardò confusa - Cosa c'è da ridere? - .
Scossi la testa - Niente - .
Sorrise di rimando - Sono le due del mattino... Te la senti di andare a
scuola? - .
- In realtà, volevo stare accanto a Seb per un paio di
giorni... non ti dispiace, vero? - mi accertai.
Infondo, non si trovava in una situazione di vita o di morte, stava
bene, aveva solo bisogno di riposo, e anche se fosse, avrei dovuto
comunque adempire ai miei doveri di Cacciatrice.
- Certo che no, cara! - sorrise amorevolmente - Qualche giorno di
riposo te lo puoi prendere! Si occuperà Stephan di tutto! - .
Annuii, sperando con tutta me stessa che si comportasse in modo
responsabile e attento.
- Ti conviene dormire per qualche ora - mi consigliò, prima
di uscire dalla stanza - Sicuramente sarai parecchio stanca, hai
combattuto molto bene stanotte! - .
Arrossii abbassando lo sguardo - Grazie! - .
Successivamente si richiuse la porta alle spalle.
Avrei tanto voluto sdraiarmi al fianco di mio fratello, ma ero ancora
in tenuta da combattimento e non mi ero nemmeno disfata delle armi.
Quando avevamo varcato la soglia di casa, l'unico mio desiderio, era di
prendermi cura del mio fratellone.
Decisi di fare un salto in Armeria per depositare le armi e, solo dopo,
di farmi una doccia veloce per poi fiondarmi a letto.
Quando arrivai al terzo piano, notai che la luce dell'Armeria era
accesa, segno che qualcuno era all'interno: William.
Appena mi vide entrare, si avvicinò cautamente a me.
- Come sta Sebastian? - .
Voleva risultare tranquillo, ma venne tradito dai suoi stessi occhi.
- Abbastanza bene, la febbre è scesa. Ha solo bisogno di
qualche giorno di riposo per recuperare tutte le energie - dissi,
mentre mettevo al loro posto i miei pugnali e le spade angeliche.
Sospirò, evidentemente sollevato - Sei riuscita a capire
cosa è successo? - .
Mi grattai la nuca con sconforto - Purtroppo no. Lui non si ricorda
niente di quello che gli è accaduto, e, come ben sai, non
c'erano indizi sul luogo dell'incidente... Non è ferito, non
si è rotto niente, non ha lividi nè morsi... Io,
davvero, non riesco a capire cosa sia successo... - .
- Magari, un attacco d'ansia... - .
- Sebastian?! Un'attacco d'ansia?! - esclamai, tentando di non ridergli
in faccia - Non è proprio da lui, e questo non spiega
nè lo svenimento nè la febbre... - .
Si portò una mano al mento - Non saprei... Comunque
l'importante è che si riprenda e che stia meglio di prima!
Cosa sia successo, per me, è irrilevante, non avendone
comunque neanche una minima idea! - .
Annuii completamente d'accordo con lui, era inutile perdere tempo
tentando di capire cosa fosse successo non avendo niente in mano -
L'importante è che stia bene, il resto poco importa - .
__
Passò una settimana e finalmente Sebastian si era ripreso
completamente.
Mi aveva persino ringraziata per essergli stata accanto.
Ero davvero felice per come si era evolto il nostro rapporto in quella
settimana.
Non avevamo litigato neanche una volta in quei giorni trascorsi
insieme, ventiquattro ore su ventiquattro.
E vi posso garantire che per noi era un vero e proprio record.
Sperai con tutta me stessa che le cose potessero continuare
così, se non meglio.
Ma quel giorno sarei dovuta tornare a scuola e sinceramente non sapevo
che cosa aspettarmi da lui e dai suoi comportamenti scorbutici.
Erano definitivamente scomparsi o sarebbero tornati?
Soltanto il pensiero di me e Stephan che andavamo a scuola insieme gli
dava sui nervi.
Praticamente, tutto ciò che riguardava Ste non andava bene.
Sbuffai prendendo una fetta biscottata per poi puciarla nel latte.
- Buongiorno Principessa!
- sentii mormorare al mio orecchio.
Sorrisi dolcemente all'autore di quella frase - Buongiorno Ste - .
- Come "Buongiorno Ste"?
Sai dirmi solo questo, dopo quasi una settimana che non ci vediamo? -
chiese falsamente offeso portandosi una mano sul cuore mentre la sua
bocca formava una "O".
Risi scuotendo la testa - Cosa devo dirti? "Buongiorno biscottino mio"?
- .
Annuì con vigore - Sì! Basta che poi non ti mangi
anche me... - mormorò indicando il "biscotto" che avevo
preso in mano.
- Si da il caso che questa sia una fetta biscottata... - .
Alzò le spalle mentre si avvicinò al frigorifero
per prendere il latte e berlo direttamente dal cartone.
- Fa lo stesso - e si pulì la bocca con il dorso della mano.
Non potei fare a meno di ridacchiare mentre disponevo gli utensili che
avevo usato nella lavastoviglie - Abbiamo fretta stamattina - .
Si voltò di scatto verso di me, con la bocca piena di
boscotti - Cosa te lo fa pensare? - .
- Boh, non lo so. Forse il fatto che stai mangiando come un animale?
Sì, sì può essere - lo presi in giro,
passandogli accanto.
Pesando sulle braccia, mi sedetti sul bancone della cucina, esattamente
davanti a lui.
Iniziai a guardarlo con costanza, odiava quando lo facevo e non sapevo
esattamente perchè, ma quella mattina, avevo voglia di
infastidirlo.
Stava masticando come un cammello e, quando si accorse del mio sguardo
su di lui, la sua mandibola si bloccò immediatamente.
Ingurgitò in boccone che aveva in bocca, rischiando anche di
strozzarsi, per poi fare la stessa cosa che stavo facendo io con lui.
Passammo qualche minuto così, bramando di essere i vincitori
della nostra piccola sfida.
Sembrarono passare minuti, invece solo pochi secondi, eppure non ce la
facevo già più.
- Stai cedendo - mimarono le sue labbra.
- Ti stai sbagliando - mentii, concentrandomi sull'obiettivo.
- Ti stanno tremando le palpebre, non lo puoi nascondere - .
- Tu invece ci vedi sempre peggio - rimbeccai facendogli la linguaccia
e, per sbaglio, sbattendo gli occhi.
Lui iniziò immediatamente ad esultare mentre io, oltre a
darmi mentalmente dell'idiota, mi presi la testa fra le mani, fingendo
di essere disperata.
- Ho vinto io, ho vinto
io, ho vinto io... - iniziò a canticchiare e a
ballare intorno all'isola della cucina.
Alzai gli occhi al cielo, divertita - Okkey, smettila di tirartela
adesso! - .
- Ho vinto io, ho vinto
io, ho vinto io... - continuò, senza darmi
retta e agitando le braccia in aria a ritmo con ciò che
stava cantando.
- Se non la smetti adesso, ti picchio - .
- Ho vinto io, ho vinto
io, ho vinto io... - .
Fingendomi spazientita per il suo comportamento alquanto infantile,
scesi dal bancone avvicinandomi a lui minacciosamente.
Lui, immediatamente, bloccò la sua danza della vittoria e
corse su per le scale a grandi falcate per scappare da me.
- Okkey, hai vinto tu!
- esclamò, quando si chiuse al sicuro nella sua stanza.
Risi, risi davvero dopo quasi una settimana passata tra preoccupazioni
e cure.
Dopo aver sistemato un po' del casino che Stephan aveva causato in
cucina, andai nella mia stanza per vestirmi e preparare lo zaino.
Decisi di indossare una camicia larga a quadri rossa, un paio di
semplici blue-jeans e i miei indimenticabili stivaletti dove potevo
benissimo nasconderci i pugnali.
Nonappena sistemai i libri nella cartella, prima di issarla sulla
spalla, indossai la giacca a vento notando i nuvoloni che oscuravano il
cielo azzurro quella mattina... o meglio, tutte le mattine.
Sicuramente si sarebbe messo a piovere.
Uscii dalla mia stanza, scesi le scale e, come tutte i giorni, aspettai
che Ste finisse di prepararsi per poi andare insieme a scuola con la
sua bellissima e potentissima moto.
Finalmente, dopo qualche minuto, mi raggiunse.
- Eccomi, bellezza!
- disse mettendosi il casco - Pronta per essere nuovamente al centro
dell'attenzione? - .
Lo guardai sgranando gli occhi - Come? Perchè? - .
- Sei stata assente una settimana, bambina
- disse passandomi l'altro casco - E' normale che tutti si chiedano che
fine avessi fatto - .
Pestai i piedi per terra e, sbuffando, afferrai il casco dalle sue mani
per indossarlo.
Non avrei mai avuto pace, me lo sentivo.
Non volevo essere assalita dalle domande curiose e indiscrete dei miei
compagni di scuola, era già difficile sottostare al loro
sguardo famelico di scoop
e risposte, non potevo sopportare anche un faccia a faccia con tutte
quelle persone.
Dopo che Stephan prese posto sulla moto, mi accomodai dietro di lui
stringendo le mie braccia intorno alla sua vita.
Nonappena aprì, schiacciando un pulsantino sul muro, il
garage, sfrecciò a tutta velocità sulle strade di
Forks.
Ormai mi stavo abituando alla sua guida veloce, non mi dava
più così fastidio, anzi, iniziava anche a
piacermi.
Arrivammo a scuola dopo pochi minuti e già sentii lo sguardo
dei miei compagni trafiggermi la schiena.
Scesi velocemente dalla moto e porsi il casco a mio fratello, che
afferrò solo dopo aver tolto il suo.
- Bentornata a scuola - scherzò, vedendo probabilmente la
mia faccia da funerale.
Sospirai sconsolata - Grazie
- .
- Davvero sei così giù per quello che ti ho
detto? - chiese, tentando di rimediare - Vedrai che non ti fisseranno,
non troppo almeno - .
- Ma faranno domande - .
- Angela te ne farà - .
Per l'Angelo,
Angela!
Mi ero completamente scordata di lei quella settimana, non le avevo
nemmeno scritto un messaggio per avvertirla che non sarei riuscita a
venire a scuola!
Ero davvero una pessima amica, probabilmente in quel momento mi stava
odiando.
Non mi ero fatta sentire per sette giorni senza un motivo abbastanza
valido che potessi raccontare, ma sopratutto, senza dirle niente.
Non essendo molto pratica con il telefono, mi ero completamente
scordata di controllarlo e, conoscendola, ero sicura che mi avesse
mandato una marea di messaggi.
Probabilmente se avesse saputo dove abitavo, si sarebbe precipitata a
casa mia.
- Non ti preoccupare - disse Ste, posandomi una mano sulla spalla - Ci
ho parlato io con lei - .
- Okkey, allora sì che mi devo preoccupare seriamente - .
Alzò gli occhi al cielo, palesemente divertito - Bella
questa - .
- Che le hai detto? - .
- Che eri a letto con quaranta di febbre e l'influenza - .
Incrociai le braccia al petto - Davvero molto originale - .
- Ehi, dovresti ringraziarmi! Mi sono davvero impegnato e mi devi un
favore! - .
Scoppiai a ridere - Io non ti devo proprio niente, ti ricordo, caro
fratello mio, che io ti sto coprendo su quella cosa...
perciò sei tu a dovermi, non solo uno, ma ben
un'infinità di favori! - .
Sbuffò - Ma se devi sempre rinfacciarmi le cose... - .
- Io non ti rinfaccio proprio niente - ridacchiai dandogli una spallata.
- Non ne sarei così sicuro - .
Feci per rispondergli che era un'idiota, ma una voce mi
stroncò sul nascere.
- BELLA! - .
Aveva un tono decisamente arrabbiato, per quanto solitamente potesse
essere dolce la sua voce.
Rabbrividii girandomi lentamente verso la persona interessata.
I miei occhi si incontrarono con quelli furiosi di Angela.
- Ehi... Angi...
- .
- "Ehi Angi"
un corno, Bella! Si può sapere che fine hai fatto?! -
esclamò, ignorando che tutta la scuola ci stava fissando.
- Sono stata male... - blaterai, arrossendo leggermente.
Ridusse gli occhi a due fessure - Avresti almeno potuto avvisare,
oppure rispondere a uno dei miei messaggi... ero davvero preoccupata! -
.
- Mi dispiace davvero, perdonami! Ma sinceramente l'ultima cosa a cui
ho pensato in questi giorni era proprio guardare il cellulare - ed era
la verità, non ne avrei avuto il tempo neanche volendo.
Sembrò rifletterci per due secondi, poi sospirò
abbracciandomi - Va bene, ti perdono. Adesso stai meglio? - .
Ricambiai l'abbraccio, stringendola forte - Sì, molto
meglio. Grazie - .
Mi faceva piacere il fatto che qualcuno, di esterno alla mia famiglia,
si preoccupasse per me.
Mi faceva sentire importante e integrata... certo, solo Angela aveva
sentito la mia mancanza, ma per me lei valeva altre venti persone.
- Mi sei mancata - sussurrai, con il mento appoggiato alla sua spalla.
- Anche tu - .
- Oooh! Amo
le riconciliazioni... - disse con voce mielosa Stephan,
unendo le mani davanti a sè, con aria sognante.
- Se sei stupido - dissi, staccandomi dall'abbraccio con Angela, che
nel frattempo si era messa a ridere.
- Ehi! - esclamò dandomi un pugno sulla spalla, poi mise il
broncio, passando velocemente lo sguardo da me a Angi - Volevo
partecipare anche io all'abbraccio... - .
Alzai gli occhi al cielo aprendo le braccia in modo tale da poter
invitare tutti e due in una bella stretta di gruppo.
Ma quando Stephan si avvicinò a noi per abbracciarci, ci
cinse per la vita e ci sollevò entrambe facendoci girare per
un paio di volte.
Di conseguenza, lasciammo uscire dalla nostra bocca qualche gridolino,
prese completamente alla sprovvista dal suo gesto.
Nonappena ci rimise con i piedi per terra, Angela si
appoggiò a lui per riprendere l'equilibrio.
Ridacchiò - Ma come, ti basta così poco per farti
rimbambire? - .
- Sei tu che sei un rimbambito! - rispose a tono lei, posandosi una
mano sulla fronte.
Scoppiai a ridere, divertita dalla frase della dalla mia amica.
Proprio in quell'istante, la campanella che segnava l'inizio delle
lezioni suonò, avvertendoci che era arrivata l'ora di
recarsi in classe.
Stephan aveva educazione fisica, Angela spagnolo mentre io... io avevo
biologia.
Biologia.
Improvvisamente, nella mia mente balenò la
possibilità di rivedere Edward
Cullen.
__
Dopo aver sorpassato la soglia dell'aula, non mi sorpresi di vederlo
già seduto al nostro bancone da laboratorio.
Ovviamente, non si era scordato a casa la sua innaturale bellezza.
Nonappena mi avvicinai, il suo sguardo, che era posato sul libro di
scienze, si alzò su di me, facendomi deglutire.
- Buongiorno Isabella
- mi salutò cordialmente, accennando un sorriso gentile, ma
non troppo.
Evidentemente si era ricordato l'esperienza dell'ultima volta.
- Anche a te - risposi accomodandomi a fianco al mio compagno,
lasciando cadere lo zaino vicino alla mia sedia.
La classe non si era ancora riempita completamente, ma il professor
Banner era presente e stava già scrivendo qualcosa di
incomprensibile alla lavagna.
Aveva davvero una scrittura orribile.
In fondo alla classe si udiva solo il chiacchiericcio dei pochi
studenti che, come noi, erano arrivati in anticipo.
Per fare qualcosa, presi il mio libro di testo ed iniziai a sfogliarlo
per prendere spunto e idealizzare un possibile schizzo per il progetto.
"La cellula è
l'unità morfofunzionale, cioè di forma e di
funzione, degli organismi viventi, la più piccola struttura
ad essere classificabile come vivente.
Alcuni organismi, come
ad esempio i batteri o i protozoi, sono costituiti da una singola
cellula e definiti unicellulari. Gli altri, come l'uomo (formato da
circa 100.000 miliardi di cellule), sono invece pluricellulari. I
principali organismi pluricellulari appartengono tipicamente ai regni
animale, vegetale e dei funghi. Le cellule degli organismi unicellulari
presentano caratteri morfologici solitamente uniformi. Con l'aumentare
del numero di cellule...".
- Sei stata assente per un po' di giorni... - constatò il
vampiro al mio fianco.
Qualcosa mi bloccò la gola impedendomi di parlare,
perciò mi limitai ad annuire senza alzare lo sguardo su di
lui.
- Come mai? - isistette, evidentemente curioso.
Iniziò ad innervosirmi il suo atteggiamento indiscreto.
Perchè quale cavolo di motivo non si faceva i fatti suoi?
Non gli era bastata la sfuriata che gli avevo fatto al nostro secondo
incontro?
Doveva per forza continuare a minare il mio sistema nervoso?
- Se hai paura di finire il progetto da solo, mettiti l'anima in pace:
non succederà - borbottai acida, continuando a tenere lo
sguardo sulle parole del libro, ma non leggendone realmente nessuna.
- Non è assolutamente per questo. Stavo semplicemente
chiedendo - .
- Si da il caso che anche tu sia stato assente per un certo periodo,
più lungo del mio. Perchè Edward? - chiesi,
voltandomi finalmente verso di lui, come per sfidarlo.
Rimase senza parole, non so se per il mio atteggiamento scontroso o
perchè per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti lo
avevo chiamato per nome.
Aspettai qualche altro secondo, ma non rispose.
L'avevo colto in fragrante - Come volevasi dimostrare - dichiarai
sorridendogli soddisfatta - Perchè dovrei rivelarti i fatti
miei se tu non lo fai con me? - .
In risposta alla mia provocazione, fece l'ultima cosa che mi sarei
aspettata in quel momento: mi sorrise divertito.
Iniziai a dubitare realmente della sanità mentale di quel
vampiro, sorrideva per delle cose veramente assurde!
- Hai ragione - disse finalmente non perdendo il sorriso - Non mi sono
presentato a lezione perchè ho avuto qualche problema famigliare
- .
- Strano che non li avessero avuti anche i tuoi fratelli - lo
smascherai, alzando un sopracciglio.
Avevo proprio voglia di togliergli quello stupido, magnifico sorrisino
che aveva stampato in faccia sempre.
Ma non funzionò.
Sorrise ampiamente, permettendomi di notare i suoi canini affilati e
brillanti.
Non era sua intenzione ovviamente, ma comunque non mi faceva paura.
- Sei una ragazza sveglia - disse, incrociando le braccia sul bancone
per avvicinarsi, anche se di poco, a me.
Iniziai a perdere un po' la concentrazione - Lo so. Non avresti dovuto
dubitarne - .
- Infatti non l'ho mai messo in dubbio - .
- Davvero?
- domandai sarcastica - Da come l'hai detto, non sembra - .
Ridacchiò - Va bene, ammetto di averti sottovalutata - .
- Bravo, vuoi un dolcetto per la sincerità? - .
Scoppiò a ridere.
No... No... Non lo
poteva fare, non così vicino alla mia faccia.
- Mettiamo il caso che non avessi ancora cambiato opinione su di te,
cosa faresti? - .
- Niente, non ti devo dimostrare proprio nulla - .
Rise nuovamente, mandandomi completamente all'altro mondo - Hai proprio
un bel caratterino
- .
Il suo sguardo iniziò a studiare i miei occhi, il mio naso,
le mie guance, le mie labbra, il mio mento... come se volesse stampare
nella sua testa la mia immagine.
Arrossii declutendo a fatica - S-So anche questo... - .
- A quanto pare, sembri molto consapevole di te stessa -
analizzò, come se fosse uno psicologo.
- Esatto, sembro - mi lasciai scappare, coprendomi immediatamente la
bocca con una mano.
Il suo splendido
viso si trasformò in un'espressione di completa confusione.
Anzi no, il suo viso punto
e basta.
Senza splendido.
Lui non era splendido.
Lui non aveva niente di splendido.
- Che vuoi dire? - .
- Niente - lo rassicurai tranquillamente, riportando lo sguardo sul
libro di scienze.
Durante il nostro piccolo scambio di battute, la classe si era popolata
di alunni che non avevano niente di meglio da fare che spettegolare su
di noi, come se non fossimo in grado di sentirli.
Davvero ci credevano così stupidi?
... E perchè improvvisamente avevo iniziato a pensare a me e
Edward come un"
noi"?
Mi presi la testa fra le mani, iniziando a massaggiarmi le tempie.
Quel Nascosto
non poteva farmi un effetto del genere, per l'Angelo!
Doveva smetterla di fare... qualsiasi
cosa stesse facendo, mentre io dovevo cercare di darmi una
controllata!
Avevo una brutta senzasione, sapevo che tutto questo non avrebbe
portato a niente di buono.
- Non pensavo fossi una tipa da tatuaggi - cercò di
ricominciare una conversazione Cullen.
Immediatamente, mi voltai verso di lui, stranita per la sua frase -
Tatuaggi? - .
Annuì indicando con un cenno la punta di una runa disegnata sul
mio polso sinistro.
Sgranai gli occhi e, come scottata, tirai con l'altra mano la manica
della camicia che, alzandosi, aveva permesso ad Edward di intravedere
una parte del il mio cosiddetto "tatuaggio".
Sentivo il sangue invadermi le guance.
Con aria colpevole, cercò di scusarsi - Mi dispiace, non
volevo metterti a disagio... - .
- N-Non fa n-niente... - balbettai abbassando lo sguardo - E' che
è a-abbastanza privato - .
- Mi dispiace - ribadì sommossamente.
- Non ti preoccupare - .
E finalmente ognuno si concentrò sul proprio lavoro di
sintesi del testo, o almeno, è quello che fece lui.
Dopo ciò che era appena accaduto, non potevo permettermi di
far finta di niente.
Aveva quasi visto una delle mie rune, avrebbe potuto scoprirmi e, di
conseguenza, saltare non solo la mia copertuta ma anche quella della
mia famiglia, e lì sì che sarebbero stati guai
seri.
Se avesse riconosciuto quell'ammasso di linee, che cosa sarebbe
successo?
Sicuramente avrebbe rivelato l'esistenza, o meglio, la ricomparsa degli
Shadowhunters a tutti i Nascosti.
Sarei finita sotto processo o, addirittura, in prigione.
Non volevo andare in prigione.
Avevo davvero appena commesso un errore madornale, peggiore di quello
di Stephan.
Perchè non ero stata più attenta?!
Ero una stupida!
Avevo rischiato di mettere a repentaglio la libertà della
mia razza,
con che coraggio sarei tornata a Idris?
Sarei passata per quella che aveva rovinato i piani di un intero secolo.
Nel peggiore dei casi, mi avrebbero vista come una minaccia oppure come
una traditrice.
Solo al pensiero di tutte quelle possibilità mi veniva da
piangere.
E io che pensavo di essere una brava Cacciatrice... mi sbagliavo.
- E' suonata la campanella, Isabella
- disse il vampiro, ridestandomi dai miei pensieri.
Alzai frettolosamente lo sguardo su di lui, per poi iniziare a mettere
le mie cose alla rinfusa nella cartella.
- Grazie - biascicai, allontanandomi da lui per avvicinarmi alla porta.
- Aspetta! - mi richiamò, costringendomi a voltarmi.
- Dimmi - mormorai guardandolo in quelle pozze dorate, non
completamente sicura di voler ascoltare ciò che stava per
dirmi.
E se si fosse improvvisamente ricordato di aver già visto
quel simbolo disegnato sul mio polso?
E se mi avesse uccisa lì, in quel momento, davanti al
professor Banner?
No, non l'avrebbe mai fatto, ne ero sicura.
Avrebe aspettato che fossimo da soli.
Con il mio segreto, veniva allo scoperto anche il suo se qualcuno
avesse visto o iniziato ad insospettirsi di qualcosa.
Avrebbe atteso il momento adatto, ma non mi sarei lasciata cogliere
impreparata.
- Dobbiamo ancora metterci d'accordo su dove e quando incontrarci - mi
ricordò gentilmente.
Dentro di me, fui sollevata da un peso, anzi, un vero e proprio macigno.
Sospirai, felice che fosse solo un falso allarme - Beh... tu quando
saresti libero? - .
- Anche domani se ti va bene - .
Ci pensai un attimo - A che ora? - .
- L'ora che preferisci - .
L'ideale sarebbe stato subito dopo la scuola, in modo tale che potessi
essere a casa per le cinque, onde evitare di saltare l'allenamento
giornaliero-pomeridiano.
- Dopo scuola? - chiesi, speranzosa che per lui non fosse un
problema.
Sorrise cordiale - Perfetto, allora a domani Isabella - .
Involontariamente, sorrisi di rimando - A domani Edward - .
Grazie...
1
- Alexandra_janel [Contatta]
2
- cettadefaziopablizza [Contatta]
3
- Coco_Mademoiselle [Contatta]
4
- klaroline01 [Contatta]
5
- lady
marion [Contatta]
6
- mayamasumi [Contatta]
7
- sabrina___ [Contatta]
8
- TatinaB [Contatta]
9
- Valery1901 [Contatta]
10
- vampyria [Contatta]
-
1
- Allice_rosalie_blak [Contatta]
2
- Artemis_moon [Contatta]
3
- Lullaby
85 [Contatta]
4
- Stella
Cullen [Contatta]
-
1
- 1717 [Contatta]
2
- alexa_cr81 [Contatta]
3
- arualga91 [Contatta]
4
- asia_2000 [Contatta]
5
- babycullen [Contatta]
6
- camy_999 [Contatta]
7
- Candace94 [Contatta]
8
- Dolcesognare [Contatta]
9
- Elieth [Contatta]
10
- Fantasy_Mary88 [Contatta]
11
- Fyamma [Contatta]
12
- giadinacullen [Contatta]
13
- giulietta_93 [Contatta]
14
- Iulia
Nightshade [Contatta]
15
- jaia [Contatta]
16
- kkarla [Contatta]
17
- lady
anya blu Cullen [Contatta]
18
- Lullaby
85 [Contatta]
19
- martyd [Contatta]
20
- mayamasumi [Contatta]
21
- pallinabriciola [Contatta]
22
- parkinson [Contatta]
23
- Pisocor [Contatta]
24
- RachelElizabethHolmes [Contatta]
25
- robesten [Contatta]
26
- sasa1997 [Contatta]
27
- scipio [Contatta]
28
- T13_l [Contatta]
29
- terry89 [Contatta]
30
- vale97 [Contatta]
31
- vampira97cullen [Contatta]
32
- vanessa_91_ [Contatta]
33
- WriteMyLife53 [Contatta]
34
- YunaCullen85 [Contatta]
35
- _Navy [Contatta]
Riconosco di averci messo un
bel po' di tempo ad aggiornare, ma come sapete ho qualche problema,
perciò potrebbero
passare anche settimane da un aggiornamento all'altro.
Ma ho intenzione di completare la storia, questo è poco ma
sicuro.
Vi mando un grande abbraccio virtuale, spero che questo capitolo sia di
vostro gradimento...
-Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Chapter eight - Stories of the past. ***
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER EIGHT - STORIES OF THE PAST.
[POV BELLA]
Come stabilito, il
giorno seguente, subito dopo la scuola, Stephan mi
accompagnò con il suo
"mostro" di moto
davanti alla biblioteca di Forks per incontrarmi con Cullen.
Da buon gentiluomo
d'altri tempi quale che era, lui era già lì,
appoggiato alla sua Volvo grigia metallizzata, in tutta la sua bellezza
ed eleganza.
Appena vide il mezzo
di mio fratello parcheggiare a qualche metro di distanza da lui, si
scollò dalla sua auto iniziando ad incamminarsi verso di noi.
Feci in tempo a
scendere dalla moto e a togliermi il casco prima che ci rivolse la
parola.
- Buon pomeriggio,
Isabella - .
- Ciao - mi rivolsi a
lui velocemente, sistemandomi per bene la cartella sulle spalle -
Iniziamo? - .
Sembrò
preso in contropiede, ma si limitò ad annuire - Certo,
l'entrata è da quella parte - aggiunse, indicando la porta
che si trovava a una decina di metri dietro di lui, alle sue spalle.
Non facemmo in tempo a
raggiungere l'entrata dell'edificio, che la voce di Ste ci
fermò.
- Ma come Bella, non
ci presenti? - .
Ci voltammo entrambi
verso di lui, che nel frattempo si era tolto il casco.
Era per questo che
Edward era rimasto spiazzato?
Si aspettava che gli
presentassi mio fratello?
Confusa, feci le
presentazioni - Stephan lui è Edward Cullen, Edward lui
è Stephan, mio fratello - .
Ste sorrise facendogli
un cenno con il capo, sempre tenendosi stetto alla sua moto - Piacere
Edward - .
- E' un piacere anche
per me fare la tua conoscenza, Stephan - rispose cordiale, anche
troppo, facendomi alzare gli occhi al cielo.
- Bene, ora che hai
avuto la tua presentazione, possiamo andare? - chiesi puntando lo
sguardo su mio fratello che mi sorrideva divertito.
Certo, per lui era divertente il
mio nervosismo, se la spassava alle mie spalle, deridendomi per la mia
scarsa fortuna.
- Certo -
assentì - Mi raccomando Edward, falla divertire - e gli fece
l'occhiolino.
Cullen, al mio fianco,
infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans rivolgendogli un
sorrisino, oserei dire, quasi imbarazzato - Farò del mio
meglio - .
Io, al contrario,
guardai entrambi con gli occhi fuori dalle orbite voltandomi,
già stanca del loro piccolissimo scambio di battute.
Possibile che Stephan
ovunque vada debba sempre fare amicizia con qualcuno, sopratutto con
Nascosti?
Sembrava una
maledizione.
Iniziai ad
incamminarmi da sola verso l'entrata della biblioteca, senza voltarmi
indietro, anche se ero certa di essere seguita dal vampiro.
Davanti alla porta
d'ingresso, prima di entrare, mi volta di scatto verso di lui per
mettere le cose in chiaro - Non ci si diverte. Per niente. Si lavora e
basta, poi ognuno a casa propria e chi si è visto si
è visto! - .
Le sue labbra si
trasformarono in un sorrisino compiaciuto, facendomi innervosire ancora
di più - Agli ordini - .
Sbuffai voltandomi di
nuovo, stavolta per entrare davvero in biblioteca.
Appena ne varcai la
soglia, una piacevole calura mi sfiorò la pelle del viso,
facendomi rilassare un pochino.
Mi guardai intorno:
l'ambiente non era molto spazioso, o almeno non come la biblioteca di
Alicante, ne tanto meno ben illuminato, nonostante fosse ancora giorno.
Le vetrate erano
colorate, come quelle di una chiesa, e il muro era rivestito da
pannelli il legno dello stesso colore degli scaffali che contenevano i
libri.
- Ti piacciono le
biblioteche? - mentre parlava, sentivo il suo sguardo addosso.
Relativamente
più tranquilla rispetto a qualche minuto prima mi voltai
verso di lui, riuscendo persino ad accennare un sorriso - Ci sono
sempre andata spesso, fin da piccola. E' uno dei miei posti preferiti -
.
Sorrise come se fosse
pienamente d'accordo con me, ma allo stesso tempo, guardandomi con
stupore - E' strano - .
Lo guardai confusa -
Che cosa è strano? - .
- Non molte persone
della tua... cioè, della
nostra età,
metterebbe volentieri piede in una biblioteca - tentò di
correggersi, ma notai comuneque l'errore nella sua frase, e
sembrò notarlo anche lui, ma decisi di sorvolare.
Non avevo voglia di
discutere, volevo solo finire il lavoro e tornare a casa.
- Non sanno cosa si
perdono - mi limitai a rispondere, facendo qualche passo in avanti per
trovare un posto appartato dove ci potevamo sedere e iniziare a
lavorare.
Quando i miei occhi
trovarono quello che cercavo, iniziai ad incamminarmi verso il tavolo
scelto, ma uno strano e inconfondibile ronzio sul mio petto
bloccò i miei movimenti.
No,
ti prego, non qui...
La pietra rossa sotto
la mia maglia iniziò a scaldarsi sempre di più,
facendomi irrigidire.
Immediatamente,
iniziai a ripassare mentalmente tutti i posti dove avevo nascosto le
mie armi: avevo quattro pugnali negli stivali, due spade angeliche
nelle tasche interne della giacca e lo stilo, anche se non si poteva
considerare realmente un'arma, nella manica, sempre della giacca.
- Cosa succede? -
chiese allarmato Edward, avvicinandosi a me - Ti senti male? - .
Nello stesso istante,
da una delle corsie create dagli scaffali, spuntò la figura
esile di una giovane donna con i capelli scuri raccolti e gli occhi
color tenebra.
Sulla sua targhetta
c'era scritto "Nancy".
Ci sorrise
gentilmente, ma capii subito che si trattava di un demone.
Avrei dovuto portare
con me il sensore.
- Salve. Posso
aiutarvi? Stavate cercando qualcosa in particolare? - e gli occhi di
quell'essere si posarono su di me, con aria di sfida.
Sapeva cos'ero, era
palese.
Mi strinsi di
più nel giubbino ma non per la paura, bensì per
prepararmi, per essere pronta ad un eventuale attacco di "Nancy" a
tirare fuori le spade angeliche e combatterla.
In quel caso, non
sarebbe stato contro le leggi del Conclave utilizzare le armi, non in
caso di pura e legittima difesa, anche se davanti a dei mondani o, in
questo caso, ad un Nascosto.
- Salve - sentivo lo
sguardo del vampiro al mio fianco passare velocemente e più
volte da me al demone - Penso che ce la potremmo cavare da soli, grazie
comunque - .
- Figurati. Se avete
bisogno, sono dietro al bancone - mi lasciò un ultima
occhiata provocatoria prima di voltarsi e andarsene.
La seguii con lo
sguardo finchè non scomparì completamente dalla
mia vista.
- La conoscevi? -
chiese Edward a bassa voce per non farsi sentire.
Lui non poteva sapere,
non ne aveva le capacità...
- No - risposi secca,
avviandomi definitivamente verso il tavolo più vicino alla
bibliotecaria "Nancy", in modo da tenerla d'occhio.
Quando ci accomodammo,
l'uno accanto all'altra, sentivo il gelo che il suo corpo emanava da
quanto eravamo vicini, ma la cosa non mi preoccupava, anzi, era una
senzazione piacevole.
E poi, i miei pensieri
erano altri per il momento.
Tirai fuori dallo
zaino il computer e lo avviai, appena lo schermo si accese dissi ad
Edward di cercare uno di quei programmi a cui aveva accennato il
professor Banner, affermando di non andare proprio d'accordo con la
tecnologia.
Lui sorrise - E' buffo
il fatto che tu sappia a malapena accendere il computer e sostenga di
non essere capace di utilizzarlo, quando a tua disposizione ne hai uno
all'ultimo modello - .
- Non l'ho scelto io -
sparai una scusa a caso, troppo concentrata a vedere che cosa stesse
combinando quel demone, che puntualmente lanciava occhiate furtive
nella nostra direzione.
- Capisco -
mormorò staccando gli occhi dallo schermo per posarlo su di
me.
Anche io feci la
stessa cosa, spostai lo sguardo dal demone per rimirare i suoi
bellissimi e ipnotizzanti occhi dorati.
Sentii il mio cuore
sussultare quando, per sbaglio, mi ritrovai a fissare le sue
labbra sottili e schiuse.
Un brivido percorse la
mia spina dorsale.
I miei occhi tornrono
a guardare i suoi, che non avevano mai lasciato la mia immagine.
Piano piano, lo vidi
avvicinarsi sempre di più a me, iniziando a percepire il suo
respiro sulle mie labbra.
Con totale sorpresa,
mi ritrovai a desiderare quel bacio.
Volevo che lui, Edward, mi basciasse, che posasse le
sue labbra fredde sulle mie, che finalmente lambisse in un bacio
l'attrazione che ci univa perchè, anche se mi costava
ammetterlo, tra di noi c'era ed era davvero un massacro fingere tutto
il tempo di detestarlo.
Quando
arrivò ad un centimetro dalle mie labbra si
bloccò, allontanandosi di scatto.
- Mi dispiace - disse,
scuotendo la testa come se non riuscisse a credere a quello che di li a
poco avrebbe potuto fare.
- Anche a me - mentii,
arrossendo vistosamente.
Non mi dispiaceva per
niente essere stata così vicina a lui, anche solo per pochi
secondi.
Tutti i miei buoni
propositi erano andati a farsi fottere.
Dopo qualche altro
minuto di stordimento, da parte di entrambi, iniziammo a lavorare
caricando e scaricando immagini, facendo copia e incolla da vari testi
online e dal libro di biologia, verificando la veridicità
delle informazioni.
Allo stesso tempo,
tenevo d'occhio Nancy per non farmela sfuggire.
Dovevo cogliere la
palla al balzo, dovevo ucciderla, appena ne avrei avuto l'occasione.
- Be', abbiamo svolto
gran parte del lavoro - interruppe il silenzio Edward, senza guardarmi.
- Già -
mormorai.
- Dovremmo incontrarci
un'altra volta... Sai, per completare il lavoro... - .
- Certo - annuii,
tenendo lo sguardo sul demone che in quel momento si stava allontanando
dalla sua postazione dietro la scrivania, per perdersi dietro uno degli
enormi scaffali della biblioteca.
Iniziai ad agitarmi,
non mi piaceva non avere la situazione sotto controllo.
Mi alzai lentamente
dalla sedia, portando la giacca con me - Ti dispiace se vado un attimo
in bagno? Torno subito - .
Non aspettai neanche
la sua risposta, anche se mi era sembrato di udire un "Non
c'è problema, vai pure", che mi inoltrai nello stesso
corridoio in cui Nancy era passata poco prima.
Più
camminavo, più mi inoltravo nell'ala più buia e
spettrale della biblioteca.
C'era da aspettarselo.
Alla fine di quel
lunghissimo scaffale, mi ritrovai in un'altra sala per la lettura,
anche se questa era completamente al buio e disabitata.
Deglutii a fatica
quando, spostando il volto dalla parte opposta, il mio sguardo venne
attirato dalla lucina al neon che indicava la presenza del bagno.
Era lì
dentro, me lo sentivo e la collana con il suo ronzio me ne stava dando
conferma.
Cautamente, mi
avvicinai piano alla porta del bagno delle signore sfilando dalla mia
giacca una delle spade angeliche di cui ero munita.
- Cassiel - sussurrai per non farmi
sentire, ma l'Adamas si illuminò comunque.
Ero preoccupata, non
era niente di programmato perciò non avevo nemmeno fatto in
tempo a ricoprire la mia pelle di rune e, come se non bastasse, non
indossavo nemmeno la divisa.
Quando la mia mano fu
ad un centimetro dalla maniglia, mi presi un attimo per fare due
respiri profondi e darmi una calmata, prima di abbassarla e di rivelare
la mia presenza al demone, ma quando finalmente vi entrai non c'era
nessuno ad aspettarmi.
Iniziai a pensare di
essermi sbagliata, che quell'essere orripilante non si trovasse davvero
lì, quando ad un certo punto qualcosa mi cadde addosso,
spiaccicando il mio corpo a terra con un rumore sordo.
Un dolore lancinante
attanagliò la mia caviglia, facendomi gemere.
La spada mi era
scivolata dalle mani e il peso di quel demone mi schiacciava al suolo
con la faccia contro le piastrelle, impedendomi di fare movimenti.
Per avere un corpo
gracilino, pesava molto.
- Guarda,
guarda chi abbiamo qui... Una Cacciatrice... - sussurrò, con una
voce completamente diversa da quella che aveva utilizzato prima per
parlare con Edward.
- Wow... Sei proprio
perspicace - .
In tutta risposta, mi
tirò i capelli sollevandomi la testa per poi sbattermela di
nuovo contro il pavimento freddo e lurido.
Sussultai per il
dolore.
Quella botta mi
avrebbe provocato un bel livido...
Avrei tanto voluto
restituirle il favore, ma le mie braccia erano bloccate da lei dietro
la schiena.
- Carino il
tuo Nascosto
- sibilò, ridacchiando malignamente - Il
Conclave lo sa che te la fai con un vampiro? - .
- Invidiosa? - la
provocai a denti stretti - Mi dispiace dirtelo cara, ma non penso gli
interessi la spazzatura- .
- Qui
nessuno è spazzatura - .
- Nancy no, ma tu
sì - .
Sentii un ringhio
rabbioso sopra la mia nuca e, subito dopo, la mia testa sbattere ancora
contro il pavimento del bagno.
Ok,
ora basta
pensai.
Con tutta la forza, la
rabbia e l'adrenalina che avevo in corpo, invertii le posizioni,
bloccandola sotto di me.
Il suo viso era
mutato: non c'era più nessuna traccia di Nancy, tutti i suoi
tratti erano sfumati da una presenza che purtroppo non poteva
controllare.
I suoi zigomi erano
diventati più appuntiti, i canini si erano allungati e gli
occhi erano diventati completamente neri, anche la parte bianca.
Non persi
più tempo, prima che potesse iniziare a fare qualsiasi cosa,
iniziai ad assestarle una manciata di pugni sul viso.
Le sue mani piccole e
grigie cercarono il mio collo, ma guadagnai tempo dandole un altro
cazzotto, ma stavolta sul naso.
Mi alzai da lei e
corsi velocemente verso la spada angelica, nonostante le fitte alla
caviglia, la raccolsi da terra e mi voltai di nuovo verso il demone,
puntandogliela addosso.
Nel frattempo si era
alzata in piedi anche lei, distava poco meno di due metri da me.
- Non è
pericoloso per voi demoni scorrazzare in giro in pieno giorno? Pensavo
vi abbrustolisse al sole - dissi sarcastica nel tentativo di
innervosirla ancora di più.
Mi piaceva prendermi
gioco di quegli esseri sudici, inutili e malvagi.
Scoprì i
denti affilati - Giovane
Cacciatrice, sei proprio ingenua! - rise, anche se sembrava
più un colpo di tosse forzato - Il mondo
è cambiato dall'ultima volta che ci avete messo piede, la
vostra assenza è stata un sollievo per tutti, demoni e
nascosti. Credevate davvero di essere così indispensabili? - .
Non risposi, mi
limitai semplicemente a tenere ben salda fra le mani l'elsa della mia
spada.
Sapevo che il mondo
era cambiato in nostra assenza, era palese, ma non poteva aver mutato
anche le capacità dei demoni di uscire alla luce del sole,
non che qui a Forks ce ne fosse parecchio comunque...
Prendere in possesso
così, una vita umana, senza un motivo apparente mi lasciava
alla mente un po' di dubbi.
Insomma, solitamente
si impossessavano di corpi umani per sfamarsi di altre anime umane ma
lì, in quella biblioteca, c'eravamo soltanto io e Edward, ed
entrambi avevamo davvero molto poco di umano.
Inziai ad avvicinarmi
cautamente, puntando la lama verso il suo collo - Sai che ti
ucciderò, vero? - .
Ghignò
soddisfatta, come se si aspettasse un'uscita del genere - La mia
Creatrice e la mia Evocatrice si vendicheranno, lo stanno
già facendo - .
Con un gesto fulmineo,
la spinsi contro il muro e pigiai l'Adamas della spada contro il suo
collo, facendo sgorgare dei rivoli scuri di sangue lungo di esso.
- Che vuoi dire? -
ringhiai.
I nostri nasi quasi si
sfioravano da quanto eravamo vicine, ma non avevo intenzione di
allontanarmi.
Doveva darmi delle
spiegazioni e sapevo che avrebbe approfittato di un qualsiasi mio
attimo di distrazione o di disattenzione per tentare la fuga.
- Seattle - alitò sul mio
viso, facendomi contrarre lo stomaco per la puzza e il disgusto.
Sapeva di morte e
sangue, l'acqua di
colonia preferita dai demoni praticamente.
Quindi avevamo ragione
io e la mia famiglia a sospettare che ci fosse qualcuno dietro a
controllare la situazione!
Adesso mi era tutto
più chiaro, volevano creare una specie di esercito e senza
alcun dubbio c'era lo zampino di qualche Stregone.
- Chi è la
tua Signora? - .
Rise - Di certo
non lo vengo a dire a te, ingenua Cacciatrice - .
- Smettila di
chiamarmi ingenua! - .
- Perchè?
Lo sei -
disse alzando le spalle, per niente preoccupata che la lama della mia
arma stesse affondando sempre di più dentro la sua carne, o
meglio, nel corpo che aveva "preso in prestito".
- Non hai paura della
morte? - la minacciai, ma mi ignorò completamente,
continuando il suo discorso.
- Così
giovane, così inesperta... Non hai idea del guaio in cui ti
stai cacciando, loro ti troveranno e ti uccideranno - .
- Non devi essere in
pena per me, tanto non mi vedrai morire! - e a quel punto, schiacciai
la lama di Cassiel
contro il suo corpo, facendola accasciare a terra.
Dopo averla anche
pugnalata al cuore, ed essere stata soggetta a delle convulsioni, si
dissolse in una nuvola di fumo nero, lasciando dietro di se una pozza
di sangue putrido e scuro.
___
Quando ritornai nella
sala dove io e Edward stavamo svolgendo il compito di biologia, lo vidi
camminare avanti e indietro vicino al tavolo, come se fosse in preda ad
un attacco d'ansia.
Non appena mi vide
arrivare si fiondò, a parole, su di me - Si può
sapere dove diavolo ti sei cacciata?! E' da mezz'ora che ti aspetto,
avevi detto che saresti tornata subito! Non posso credere che tu... - .
Si bloccò
improvvisamente.
Ero ancora nascosta
nell'ombra di un corridoio stretto creato da due enormi scaffali in
legno, ma ero sicura che appena mi avesse vista bene, avrebbe notato i
vestiti sgualciti, l'aria stanca e la faccia un po' arrossata,
nonostante l'Iratze che mi bruciava ancora sulla pelle.
Stupide
super-capacità vampiresche!
- Che ti è
successo? - chiese, stavolta preoccupato e dimenticando completamente
di essere arrabbiato con me, anche se per un ottimo motivo.
- Sono scivolata -
risposi piano, come se qualcuno ci potesse sentire, ma ormai ero molto
più che convinta che in biblioteca non ci fosse
più nessuno, eccetto noi due.
Ero sicura di avere
anche un odore terribile, essendomi sporcata leggermerte di icore sulle
maniche della maglietta nel tentativo di ripulire il disastro di sangue
che "Nancy" aveva lasciato in bagno.
Edward, davanti a me,
aveva lo sguardo di chi non se l'era per niente bevuta - Davvero pensi
che ci creda? - .
Iniziai ad agitarmi.
Ero sicura che avesse
iniziato a dubitare della mia umanità già da
settimane, ma il fatto che probabilmente ora aveva davvero iniziato a
capire cos'ero mi mandava in ansia.
Con il super-udito che
si ritrovava c'erano delle alte possibilità che avesse
ascoltato la nostra conversazione in bagno o sentito Nancy chiamarmi
Cacciatrice.
Oppure ascoltato me
minacciare di ucciderla...
Ed ora sembravo uno
straccio sporco e puzzolente.
Non sapevo proprio
cosa inventarmi.
- La bibliotecaria di
ha aggredita - dissi, con lo stesso tono di una vittima che si trovava
in stato di shock.
Tecnicamente, non gli
avevo proprio mentito, ero stata davvero aggredita in quel bagno.
La sua espressione
sembrò cambiare, anche se di poco, riuscivo a notare ancora
il suo scetticismo, ma alla fine la preoccupazione per me prevalse e
questo mi fece arrossire - Vieni, ti porto in ospedale - .
Cercò di
afferrare il mio polso coperto dalla giacca che indossavo, ma fui
più veloce, e mi scansai da lui.
- Non ne ho bisogno -
dissi, scandendo bene le parole - Ora sto bene - .
I suoi occhi si
strinsero in due fessure, facendo comparire tra le sue sopracciglia una
rughetta davvero fastidiosa, che stonava con il suo magnifico viso.
L'aria preoccupata lo
rendeva più grande di un vampiro intrappolato nelle vesti di
un adolescente, ma era pur sempre sexy e irresistibile.
Davvero, non riuscivo
a concepire i miei pensieri, avevo appena avuto uno scontro con un
demone, lo avevo ucciso, ma prima di farlo ero riuscita a confermare
che dietro l'attacco di Seattle c'era uno Stregone, e io pensavo a
quanto Edward fosse bello?
E gentile, simpatico,
buono... per
l'Angelo,
cosa mi stava succedendo?
- Potresti essere
ferita - disse lentamente, come se stesse parlando con una cerebrolesa
- Potresti aver bisogno di un dottore - aggiunse, sempre con cautela.
Scossi velocemente la
testa, non potevo mettere piede in un ospedale mondano.
Se mi ci avesse
portata, mi avrebbero fatto degli esami e scoperto che i risultati
erano troppo sballati per appartenere ad un essere umano.
Se mi avessero fatto
un esame del sangue... sarebbe stata la fine.
Non avrebbero capito
cosa ero, ma mi avrebbero studiata, usata per fare esperimenti
scientifici fino a prosciugarmi e a quel punto, la copertura di tutti
sarebbe saltata.
I mondani avrebbero
iniziato di nuovo a credere nelle leggende e per il Mondo Invisibile
questa sarebbe stata la fine.
Scambiando la mia
espressione di orrore per una di terrore, tentò di
tranquillizzarmi - Se hai paura, ti posso portare da Carlisle, mio
padre. E' un dottore, potrà benissimo curarti a casa nostra,
non ti devi preoccupare nulla, ma ti prego, fatti visitare - .
Potevo capire il fatto
che si preoccupasse per me, anche se non ne comprendevo il motivo, ma
la sua insistenza mi aveva procurato più agitazione del
dovuto, facendomi alterare.
- Ti ho detto di no!
So badare a me stessa! Non ho bisogno del tuo aiuto! - esclamai
sgarbata sorpassandolo, zoppicando leggermente a causa della caviglia e
della stanchezza dei muscoli che iniziava a farsi sentire sempre di
più, verso il tavolo per raccogliere la mia roba e andarmene
da lì.
- Sai una cosa?! -
alzò la voce lui, arrabbiato per il mio comportamento - Sono
stanco di continuare ad essere garbato con te per provare a farmi
odiare di meno, ma ora ci rinuncio! Sei acida, scorbutica e una vera e
propria maleducata! Sono stato uno stupido, un vero e proprio stupido a
pensare che avremmo costruire un bel rapporto se solo avessi imparato a
conoscermi meglio, ma mi sbagliavo e sono felice di essermene accorto
ora piuttosto che più avanti, quando... quando... - .
Si bloccò e
io non seppi cosa fare.
Gli davo ancora le
spalle ma lo avevo sentito, forte e chiaro, e avevo anche immaginato la
sua espressione mentre mi diceva quelle cattiverie, purtroppo vere.
Sentivo un familiare
groppo in gola, lo stesso che provavo quando litigavo con Seb.
In questo mondo dovevo
recitare una parte, che era ben diversa dalla mia vera essenza.
Io
non ero così.
Non ero acida, non ero
scorbutica e, tantomeno, una maleducata e sentivo crescere dentro di me
il senso di colpa.
Sì esatto,
senso di colpa per avergli fatto conoscere un lato di me che nemmeno
esisteva, per averlo messo in pericolo quel giorno, per aver creduto
che fosse uno di quei temibili vampiri assassini di cui si parlava
tanto ad Idris...
- Quando, cosa? -
sussurrai, sentendo le lacrime pungermi gli occhi.
- Non ha importanza - .
Sospirando, mi voltai
lentamente verso di lui, tenendo comunque basso lo sguardo.
Anche in quel momento
riuscivo a sentire l'attrazione che ci univa, ma non era il momento
giusto per farsi sopraffare da quelle emozioni.
- Mi dispiace -
mormorai, tenendo ancorato lo sguardo sulle punte dei miei stivali.
Lo sentii sbuffare e
nello stesso tempo, lo immaginai passarsi una mano fra i capelli
nervosamente, come faceva la maggior parte delle volte.
Possibile che adesso
riuscissi anche ad immaginarmi le sue mosse?
Il rintocco dei suoi
passi eccheggiò per tutta la biblioteca e quando vidi un
altro paio di scarpe entrare nella mia visuale, presi coraggio e alzai
lo sguardo su di lui.
Immediatamente, i miei
occhi si legarono ai suoi.
- Anche a me, non
avrei mai voluto scattare in questo modo - si scusò e potevo
dire che era sincero dai suoi occhi dorati.
- Perchè ci
tieni tanto a conoscermi? - sussurrai, sentendo le guance diventare
sempre più calde.
Non rispose subito, si
limitò a guardarmi negli occhi per una manciata di minuti
che sembravano non finire mai.
Ma per quanto mi
riguardava, sarei rimasta lì, in quel modo, anche per sempre.
Sarebbe stato tutto
molto più facile se lui fosse appartenuto alla mia specie,
se fosse stato un Cacciatore.
Soltanto un millennio
fa le nostre due razze si detestavano, e pochi secoli di Accordi non potevano di certo
cancellare tutta la violenza che c'era stata prima e che, nonostante
tutto, ha continuato ad esistere anche dopo.
Loro
erano il nostro incubo, e noi il loro.
Come
avremmo spiegato ciò che ci stava accadendo?
- Perchè
no, perchè non conoscerti? - rispose con un'altra domanda -
Cos'è, non mi ritiene abbastanza per fare la sua conoscenza,
signorina
Dorwood?
- .
Risi, risi davvero -
No, semplicemente non capisco. Noi... - stavo per dire che
appartenevamo a due razze completamente differenti, ma non lo feci
fortunatamente - siamo diversi - .
L'angolo destro della
sua bocca si alzò, creando una specie di mezzo sorriso
davvero irresistibile - Non deve per forza essere intesa come una cosa
negativa, sai? - .
Sapevo che aveva
capito quello che intendevo, non era stupido.
Ero a conoscenza della
sua vera natura e lui ormai aveva compreso che nemmeno io ero umana.
Decisi di lasciarmi
andare completamente, di sciogliermi, non valeva la pena combattere
contro qualcosa che non si poteva controllare, qualcosa che non
dipendeva da noi.
Gli sorrisi, spostando
poi lo sguardo involontariamente sull'orologio a muro dietro di lui.
Erano le cinque e
mezza ed ero davvero in un mostruoso ritardo.
Mi voltai nuovamente
per sistemare tutte le mie cose nello zaino, anche se alla rinfusa - Mi
dispiace, ma ora devo andare, sono in ritardo - .
- Certo - disse lui,
evidentemente più rilassato e felice - Vuoi un passaggio? - .
Alzai lo di scatto gli
occhi su di lui, il mio cuore iniziò a battere
più velocemente - Non ce n'è bisogno, grazie
comunque - .
Mi lanciò
uno sguardo che non ammetteva repliche, ma al tempo stesso divertito -
Dobbiamo discutere di nuovo? - .
___
Non riuscivo a credere
di essere davvero nella stessa macchina con lui, uno affianco
all'altra, legati da un'elettricità febbrile che mi impediva
di stare ferma.
Infatti, sul mio
grembo, le mie mani si stavano torturando l'un l'altra e il mio piede
continuava a sbattere ritmicamente contro il pavimento dell'auto.
Era più
forte di me, non riuscivo a stare ferma.
Dovevo scaricare la
tensione e in quel momento, l'unico modo che avevo, era quello.
- Preoccupata? -
chiese accedendo la radio, come se quel gesto mi potesse in qualche
modo tranquillizzare.
- Nervosa - .
Corrugò la
fronte - Come mai? - .
Decisi di rivelargli
dirgli una mezza verità - Per i miei genitori. E' la prima
volta che torno a casa così tardi da scuola, sicuramente si
arrabbieranno - .
- Mandagli un
messaggio - .
Certo!
Come avevo fatto a non pensarci prima?
Immediatamete, sciolsi
il groviglio di dita che avevo creato con le mani, per condurle alla
ricerca del mio telefono nelle tasche della giacca e dei jeans, stando
attenta a non far spuntare dal nulla nessun'arma.
Ma niente, del
cellulare nessuna traccia.
Sbuffai, ricordandomi
improvvisamente di averlo dimenticato sul comodino la mattina stessa,
accanto alla sveglia.
- L'ho dimenticato - .
- Vuoi che ti presti
il mio? - staccando una mano dal volante per porgermelo.
- No, grazie. Tanto
non manca molto - lo rassicurai, regalandogli un sorriso che
ricambiò facilmente - Ecco... ora gira a destra e continua
dritto finchè non te lo dico io... - .
Annuì senza
aggiungere altro, finendo entrambi in un silenzio abbastanza piacevole,
se non fosse stato per la continua attrazione che continuavo a sentire
nei suoi confronti.
Sospirai e fu in quel
momento che finalmente mi accorsi della melodia che le casse della
macchina di Edward stavano trasmettendo...
- Ma questa canzone...
- mormorai emozionata, sentendo gli occhi diventare sempre
più lucidi.
Mi guardò
allarmato - Sì? Vuoi che cambi CD? Non ti piace? - .
Lo ignorai, cercando
con tutta me stessa di ricordare il nome di quella meravigliosa
melodia, e a quel punto mi venne - E'... è Clair De
Lune... -
.
Improvvisamente il suo
sguardo tornò ad essere piacevolmente stupito, come poche
ore prima in biblioteca quando mi chiese se mi piaceva leggere,
ricevendo una risposta affermativa - Conosci Debussy? - .
Gli sorrisi nostalgica
- Era il compositore preferito da mia madre - .
Ricordo, anche se non
molto chiaramente, tutte le volte che me lo faceva ascoltare e che mi
prendeva fra le sue braccia per ballare insieme o quando mi suonava
qualche suo pezzo al pianoforte.
Adoravo ascoltarla,
era l'unica cosa che avevamo in comune oltre al sangue.
- Era? - chiese
confuso, convinto che avessi sbagliato ad esprimermi.
Scossi la testa
abbassando lo sguardo - E' complicato - .
- Farò uno
sforzo, spiegamelo - mi incoraggiò dolcemente, senza per
niente essere scortese.
Era semplicemente
curioso, come lo ero io per quanto riguardava la sua vita vampiresca.
Avevo un sacco di
domande da fargli, ma prima lui doveva rivelarmi la sua natura, non gli
avrei mai detto di sapere che cos'era.
Se non mi sarei fidata
di lui, lui non si sarebbe mai fidato di me.
E
io a quel punto volevo che si fidasse di me.
Presi un respiro
profondo e iniziai a parlare, con voce tremante - Da dove posso
cominciare... Ehm, okay... Quando ero piccola, molto piccola, passavo
molto tempo con mia madre. Lei suonava benissimo il piano e mi ricordo
che ci passavamo pomeriggi interi a suonarlo. Nel suo repertorio, Debussy non mancava mai e il suo
componimento preferito era proprio Clair De
Lune. Fu
la prima canzone che imparai a suonare, lei era una maestra eccellente.
Poi quando è morta, quando i miei genitori sono morti,
questo componimento per me è diventato una specie di
commemorazione, qualcosa che mi aveva regalato prima di andarsene e che
mi aiutasse a non dimenticarla mai. E direi che ha funzionato... - .
Edward stava guardando
fisso la strada e le due dita erano strette saldamente intorno al
volante, come se volesse staccarlo e buttarlo in mezzo alla strada.
Possibile che se la
fosse presa quello che gli avevo detto?
Non riuscivo a capire,
era stato lui a chiedermi una spiegazione...
- Ce l'hai con me? -
gli domandai timidamente, guardandolo con la coda dell'occhio.
Lo vidi girarsi di
scatto verso di me, sorpreso - No, certo che no... E' solo che trovo
davvero inconcepibile ciò che tu e tuo fratello avete dovuto
passare, perdere entrambi i genitori in tenera età
è davvero... atroce - scosse la testa - La vita
è davvero ingiusta a volte - .
- Non
è la vita ad essere ingiusta - dissi, ripensando
all'episodio che li aveva uccisi - E' il
mondo ad essere ingiusto - .
E
lo pensavo davvero.
Perchè
esistiamo noi, creature soprannaturali?
Che
scopo abbiamo nella vita? Ucciderci l'un l'altro e farci la guerra?
Perchè
alla fine è questo quello che facciamo, sempre.
Siamo
creature che non dovrebbero esistere, creature che dovrebbero essere
solo raccontate nelle leggende per spaventare e impressionare i turisti.
Sarebbe più
facile se fossimo tutti dei comuni esseri umani, senza l'obbligo di non
tradire, di proteggere e di onorare la propria specie.
- Mi dispiace - disse
sinceramente - Come sono morti? - .
Eravamo nel giardino della nostra casetta vicino al bosco e, come noi,
tante altre famiglie di Shadowhunters si stavano divertendo all'aria
aperta giocando a palla o semplicemente chiacchierando un po'.
Io
ero seduta sull'erba verde del nostro prato, dando le spalle a mia
madre, che in quel momento mi stava facendo una lunga e grossa treccia.
Sebastian
e papà stavano giocando a pallone con una palla fatta di
stracci rilegati insieme da una composizione di nodi, assumendo
così una forma un po' più ovale rispetto a quelle
che utilizzavano i mondani, ma per loro era perfetta.
Stavamo
trascorrendo un tranquillo pomeriggio, tutti quanti, quando ad un certo
punto, da lontano, le torri antidemoni diventarono rosso fuoco e
iniziarono a lampeggiare, in segno di pericolo.
Qualcuno
aveva abbattuto le difese di Idris ed era riuscito ad entrare.
Immediatamente
mamma e papà ci ordinarono di correre dentro casa e non
muoverci di lì mentre sguainavano le loro spade angeliche
dai foderi delle loro cinture, ma noi eravamo dei piccoli coraggiosi e
non volevamo lasciarli a combattere da soli.
Perciò
ci nascosimo sul portico di casa, tra le strette ringhiere in legno, in
modo da poter guardare ciò che sarebbe successo, convinti di
poter intervenire in qualsiasi momento.
Dopo
qualche secondo inziarono a vedersi i primi demoni: fu la prima volta
che li vidi e, fin da subito, provai un senso di repulsione nei loro
confronti.
All'inizio
mamma e papà se la cavavano bene, poi però, un
demone più intelligente rispetto agli altri si accorse della
nostra presenza e ci puntò.
Noi
di conseguenza ci misimo ad urlare, attirando l'attenzione di nostra
madre che iniziò a combatterlo da sola.
Ma
non ce la fece: quel mostro di due metri, dopo essere stato
accoltellato due volte, addentò per il busto nostra madre,
la lanciò in aria, per poi farsela cadere perfettamente
nell'enorme bocca che si ritrovava.
Io
e mio fratello, dopo aver visto quella scena, ci immobilizzamo come due
statue: non ci eravamo messi a piangere, non avevamo urlato, non
eravamo andati incontro al demone per dirgliene quattro e farci
restituire nostra madre, eravamo rimasti semplicemete sotto shock.
Anche
nostro padre, che aveva assistito a tutta la scena, si
bloccò immediatamente e quando si accorse che dietro di lui
qualcuno era pronto ad attaccarlo ormai era troppo tardi, gli aveva
già staccato la testa.
Quel
prato non aveva più niente di verde, ormai era ricoperto da
litri di sangue, sia rosso che nero.
Socchiusi gli occhi,
nel tentativo di cancellare il ricordo dei miei genitori che
più ricordavo meglio - Sono stati assassinati - sentii una
lacrima scendermi lungo la guancia - E noi eravamo presenti - .
Lo sentii sussultare,
sicura di averlo colpito con le mie parole, così dirette e
distaccate, ma sinceramente non mi andava più di parlarne,
era già doloroso così e per fortuna Edward
sembrò capirlo.
- Scusa, non avrei
dovuto chiedere... - si scusò apprensivo, mentre sentivo la
sua mano fredda sfiorare la mia guancia bagnata.
Aprii gli occhi
all'istante, facendo un sforzo per sorridergli come meglio potevo - Non
ti preoccupare, non potevi sapere... - .
- Anche i miei
genitori sono morti - disse improvvisamente con un tono che
lì per lì non seppi decifrare, come se saperlo
potesse aiutarmi - molti anni fa, per una malattia mortale. Anche mia
madre suonava il pianoforte e mi ha insegnato tutto ciò che
sapeva. Mio padre l'amava molto - sorrise con mestizia - non ricordo
molto di loro, ma la scena che mi è rimasta più
impressa è quando mio padre tornava dai suoi lunghi viaggi
di lavoro. Mia madre si arrabbiava tantissimo per la sua assenza,
scossa dall'ansia per non aver ricevuto sue notizie per settimane
magari, ma quando poi le mostrava il regalo che comprava puntualmente
per lei, per farsi perdonare, tutta l'ira, l'ansia e
l'agitazione scomparivano. Sempre. Non era tanto attaccata
all'oggetto in sè, non le importava se era prezioso o meno,
non era quel tipo di persona. Per lei il
fatto di avere fra le mani il suo dono, era come avere la conferma che
mio padre era riuscito a tornare a casa. Ancora una volta - .
*MI RACOMANDO,
FATEMI SAPERE SE LA STORIA VI FA SCHIFO, COSì VI RISPARMIO
TUTTI DA QUESTO ORRORE AHAH ;) :-* UN ALTRO BESO.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Chapter nine - Werewolves. ***
BUONASERA,
O MEGLIO DIRE, BUONGIORNO DATO CE SONO LE 01:35 DEL MATTINO...
IN QUESTO PERIODO AGGIORNO SEMPRE INTORNO A QUEST'ORA, MI SA CHE DEVO
RIORGANIZZARE IL MIO TEMPO...
COMUNQUE, BASTA CAVOLATE.
VOLEVO RINGRAZIARE CHI L'ALTRA VOLTA HA RECENSITO IL CAPITOLO:
lady
anya blu Cullen
vanessa_91_
Edkob_0103
(leggi
il PS)
martyd
SIETE DAVVERO CARINISSIME
^_^
E OVVIAMENTE UN
ALTRO GRAZIE A CHI SEGUE LA STORIA:
1
- Alexandra_janel [Contatta]
2
- cettadefaziopablizza [Contatta]
3
- Coco_Mademoiselle [Contatta]
4
- Horse_ [Contatta]
5
- klaroline01 [Contatta]
6
- lady
marion [Contatta]
7
- LadyEloredane [Contatta]
8
- mayamasumi [Contatta]
9
- sabrina___ [Contatta]
10
- TatinaB [Contatta]
11
- Valery1901 [Contatta]
12
- vampyria [Contatta]
1
- Allice_rosalie_blak [Contatta]
2
- Artemis_moon [Contatta]
3
- CinciCullen [Contatta]
4
- FCq [Contatta]
5
- Lullaby
85 [Contatta]
6
- Stella
Cullen [Contatta]
1
- 1717 [Contatta]
2
- aksala [Contatta]
3
- alexa_cr81 [Contatta]
4
- arualga91 [Contatta]
5
- asia_2000 [Contatta]
6
- babycullen [Contatta]
7
- Candace94 [Contatta]
8
- cat89 [Contatta]
9
- CinciCullen [Contatta]
10
- Dolcesognare [Contatta]
11
- dragonfire_lucyV [Contatta]
12
- Elieth [Contatta]
13
- Fantasy_Mary88 [Contatta]
14
- Fyamma [Contatta]
15
- giadinacullen [Contatta]
16
- giulietta_93 [Contatta]
17
- Iulia
Nightshade [Contatta]
18
- jaia [Contatta]
19
- Kayleah [Contatta]
20
- kerry99 [Contatta]
21
- kkarla [Contatta]
22
- lady
anya blu Cullen [Contatta]
23
- Lullaby
85 [Contatta]
24
- martyd [Contatta]
25
- mayamasumi [Contatta]
26
- namy86 [Contatta]
27
- parkinson [Contatta]
28
- Pisocor [Contatta]
29
- RachelElizabethHolmes [Contatta]
30
- Radha_wyvern [Contatta]
31
- robesten [Contatta]
32
- sasa1997 [Contatta]
33
- scipio [Contatta]
34
- T13_l [Contatta]
35
- terry89 [Contatta]
36
- vale97 [Contatta]
37
- vampira97cullen [Contatta]
38
- vanessa_91_ [Contatta]
39
- WriteMyLife53 [Contatta]
40
- YunaCullen85 [Contatta]
41
- _Navy [Contatta]
GRAZIE
DAVVERO, SIETE UNA SPECIE DI PICCOLO ESERCITO AHAH NO SCHERZO (LO SO,
CHE BATTUTACCIA!!!)
ORA VADO A LETTO, SE QUALCUNO DOVESSE ESSERE ANCORA SVEGLIO COME ME,
BUONANOTTE!
-Zikiki98.
PS: Edkob_0103
UN'ALTRA COSA, SCUSA SE NON SONO ANCORA PASSATA A LEGGERE LA TUA
STORIA, MA MI SONO COMPLETAMENTE DIMENTICATA!!! PERDONAMI :'( GIURO,
CHE PASSERO' A LEGGERLA, CONTINUA A RICORDARMELO!
UN BESO.
-Zikiki98.
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER NINE - WEREWOLVES.
[POV BELLA]
Dopo
aver ringraziato Edward per avermi riportata a casa, o meglio, a tre
kilometri di distanza da casa, mi inoltrai lentamente nel bosco, non
avendo per niente fretta di sentire le urla dei miei famigliari curiose
di sapere che fine avessi fatto quelle ultime tre ore.
Sperai davvero, con tutto il cuore, che Ste avesse preparato una buona
scusa al posto mio.
Non potevo di certo dire che avevo passato l'intero pomeriggio in una
biblioteca con un vampiro e, nel frattempo, di essermi scontrata con un
demone!
Anche se ero completamente consapevole di doverglielo dire... l'ultima
parte almeno.
Mentre camminavo bel bosco, stando attenta a non inciampare nelle
radici degli alberi e a qualche ombra sospetta che magari si nascondeva
fra questi, iniziai a pensare ad Edward.
Cos'eravamo ora? Una sotto-specie
di amici?
Potevamo considerarci così, nonostante quello che provavo
quando lui era nei paraggi?
Sapevo che in qualche modo avrei dovuto trovare un sistema per
nascondere la mia "nuova
amicizia" ai miei genitori e sapevo anche che era
sbagliato, fottutamente sbagliato, non solo mentirgli, ma anche fargli
un torto del genere dopo tutto quello che avevano fatto per me,
perchè immaginavo che prima o poi la verità
sarebbe saltata fuori e, che da quel momento, sarei finita veramente
nei guai.
Avevo paura solo a pensare alla punizione che mi avrebbe inflitto il
Conclave una volta venuta allo scoperto tutta la situazione.
Nessuno mi avrebbe aiutata o salvata: ero andata contro la legge, il
primo divieto che avevano imposto il Console e il suo Consiglio per
tornare a far parte di questo mondo, e io lo avevo infranto, eccome se lo avevo infranto.
Però non ero l'unica qui ad aver commesso degli errori:
Stephan c'era dentro quasi tanto me, se non di più, anche se
ero convinta che Jonathan e Marie non avrebbero mai permesso che
finisse in prigione o venisse giustiziato.
Con tutte le conoscenze che avevano in Conclave, avrebbero fatto
qualsiasi cosa per evitare una pena catastrofica.
Ero consapevole che non si sarebbero mai mobilitati così
tanto per me... mi volevano bene come se fossi loro figlia, ma era
proprio il punto: "come",
non sarei mai stata considerata una Dorwood, non sotto il punto di
vista del sangue
almeno, e tutti sapevano quanto fosse importante per noi Shadowhunter il sangue.
Come si dice in latino, Sanguis
sanguinis mei, che sta a significare "sangue del mio sangue".
L'unica persona che non era morta e che aveva il mio "stesso sangue" era
Sebastian, ma sapevo che non sarebbe mai stato dalla mia parte.
Lui era un gran sostenitore del Conclave e non avrebbe mai fatto
qualcosa che avrebbe potuto screditare il suo nome.
Bastavo io ad
infangarlo...
Arrivata davanti all'enorme villa, mi bloccai sui miei stessi passi
sentendo l'agitazione impossessarsi di me.
Presi un bel respiro profondo e, con estrema lentezza, mi avvicinai
alla porta di ingresso come se fosse un buco nero.
Non suonai al campanello, sapevo che era aperta.
Qualsiasi creatura magica che avesse avuto l'intenzione di attaccarci
non si sarebbe fermata davanti ad una porta chiusa, l'avrebbe
semplicemente sfondata, perciò non aveva senso chiudere la
porta a chiave, non di giorno almeno, e questo posto non era facilmente
accessibile per gli umani.
Era troppo lontano dalla civiltà e si trovava in una zona
strategica, senza contare poi l'incantesimo che ricopriva la casa, che
la faceva sembrare una vecchia catapecchia pericolosamente traballante.
Entrai in salotto, ma non c'era nessuno.
Solitamente, se c'era qualche problema, venivano tutti qui.
Iniziai a preoccuparmi della possbilità che fossero usciti
di casa per cercarmi, ma una voce in cima alle scale mi fece ricredere.
Era William.
- Per l'Angelo,
si può sapere dove diavolo ti sei cacciata?! -
gridò scendendo di fretta i gradini per venirmi incontro - E
che cosa hai fatto?! Sembri appena uscita da un combattimento! - .
Come se la voce alta di Will fosse stato un segnale per avvisare il mio
ritorno, tutto il resto della famiglia si precipitò al piano
di sotto per vedermi.
Sebastian sorpassò bruscamente Will con una spallata per
poter prendere il mio viso tra le mani.
- Stai bene? - chiese allarmato, come se quelle ore senza di me fossero
state le più difficili di tutta la sua vita.
- Sì, sto bene - cercai di annuire, ma le sue grandi mani ai
lati della mia testa non mi lasciavano molta libertà di
movimento.
Mi lasciò libera solo per qualche secondo, per poi
racchiudermi in un abbraccio che mi lasciava intendere quanto fosse
stato in ansia per me.
Questo lato dolce e protettivo di mio fratello mi piaceva, era da molto
tempo che non mi abbracciava in quel modo.
- Isabella Dorwood
- mi richiamò la voce spessa di papà Jonathan
facendomi voltare, ma senza mai lasciare l'abbraccio protettivo di Seb
- Dove sei finita?! - .
Nella speranza che mi suggerisse qualcosa, il mio sguardo
finì su Stephan che, con aria risentita, si
limitò ad alzare le spalle come per dire "scusa, non ho pensato a niente".
Sospirai, stringendomi di più al corpo di Seb - Ero nella
biblioteca di Forks insieme a un mio compagno di classe, stavamo
facendo un progetto in coppia per biologia...Mi dispiace padre, madre,
so che avrei dovuto avvisarvi... - .
- Pensi che delle semplici scuse basteranno? - chiese mamma, con il
petto che si alzava e abbassava velocemente - Non mi sono mai
preoccupata così tanto, potevi almeno avvisare! Hai un
cellulare ora! - .
Mi morsi il labbro, iniziando a sentirmi davvero in colpa per come li
avevo fatti sentire, non doveva essere stato bello.
- Lo so, è che non ne ho mai avuto uno e spesso mi dimentico
di avercelo, perciò non lo porto... - dissi la
verità, sperando in un loro perdono per la mia dimenticanza
- Mi dispiace, prometto che non si ripeterà, mai
più! - .
- Certo che non si ripeterà! - esclamò
papà, per niente più calmo - Perchè
sei in punizione! - .
Lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite: non mi aveva mai messa in
castigo prima d'ora e, sinceramente, non pensavo che sarebbe mai
successo.
Ero sempre stata quella che combinava meno guai, la bambina dolce e
innocente di casa, ma evidentemente le cose erano cambiate.
Ora, avrei ricevuto la mia prima punizione, all'alba dei miei sedici
anni.
George sembrò volermi accorrere in aiuto - Non esageriamo,
padre... - .
Scattò verso di lui, con occhi furenti - Sto esagerando?! Secondo te sto
esagerando?! Sono io che comando qui, sono io che faccio
le regole e non accetto obiezioni o trasgressioni in merito! Tua
sorella ha sbagliato, ed è giusto che paghi e impari che
cosa significa il rispetto! - prese fiato, per poi ricominciare ad
urlarmi contro - Sei arrivata ora, dopo ore passate a preoccuparci per
te e a cercare di capire dove cavolo fossi! Sembri uno straccio e come
se non bastasse, emani un odore tremendo di icore! Hai anche
lottato con un demone da sola, non è vero? - .
Improvvisamente, tutta la saliva che avevo in bocca si era come seccata.
In cerca di rassicurazioni, il mio sguardo finì di nuovo su
Stephan, che sembrava essere in pensiero quanto me.
Se si era arrabbiato così tanto per quello che sapeva che avevo fatto,
e non per quello che avevo
fatto davvero, non volevo immaginare come ci avrebbe
ridotti una volta scoperto che frequentavamo un paio di vampiri!
- Sì - ammisi con cautela - Ed è proprio di
questo che volevo parlarvi, io... - .
Ma mi bloccò sul nascere, alzando una mano deluso, come per
incitarmi a stare zitta - Non mi interessa. Non ti voglio ascoltare,
ne ho già sentite abbastanza per oggi. Fra te e i tuoi
fratelli davvero non so chi abbia fatto peggio! - .
Perchè, che
avevano fatto?
Sebastain, ora che mi aveva fra le sue braccia, sembrava molto
più tranquillo, quindi probabilmente non si stava riferendo
a lui.
Spostai lo sguardo invece sui volti di Will e George, che invece
avevano un'aria più colpevole e amareggiata, come se si
vergognassero di loro stessi.
Iniziai a chiedermi davvero che cosa avessero fatto di tanto grave...
- Tutti oggi avete deciso di farmi saltare i nervi -
continuò nostro padre, senza accorgersi del piccolo scambio
di sguardi che ci eravamo dati fra di noi - Sono davvero molto deluso
da voi, sopratutto da te - mi puntò il dito contro,
facendomi sentire davvero una merda
- Non mi sarei mai aspettato un comportamento del genere, vi ho
cresciuti e addestrati meglio di così! E' una fortuna che
non avvisi il Conclave della vostra bravata - si voltò verso
i suoi due primogeniti, facendomi battere forte il cuore come le ali di
un colibrì - ma che sia la prima e l'ultima volta! Non
sarò più così tollerante se
succederà di nuovo, ci siamo intesi? E sto parlando con
tutti voi, per qualsiasi guaio combinerete! - .
Ci limitammo ad annuire silenziosamente, con uno strano groppo in gola
che ci impediva di parlare.
Ero in ansia, aveva detto che non avrebbe avvisato il Conclave
stavolta... ma la
prossima?
Ero sicura, sicurissima, che mi avrebbe scoperta, sopratutto dopo oggi,
che avrebbe iniziato a controllarmi più di quanto
già non facesse prima.
Ma lo avevamo davvero colto di sorpresa, e non positivamente, e di
certo non potevamo aspettarci che reagisse bene!
Quando inziammo a pensare che avesse finito di rimproverarci, ci
girammo verso le scale come dei martiri per salire al piano di sopra e
dimenticarci di quel brutto pomeriggio, ma la sua voce mi
richiamò, di nuovo.
Mi voltai lentamente, come se avessi paura di guardarlo in faccia -
Sì? - .
- Non ti ho ancora dato la tua punizione - disse severamente, senza
guardarmi.
Deglutii a fatica - Mmm... Okay, quale sarebbe? - .
I suoi occhi freddi e distanti entrarono in contatto con i miei, pieni
di dispiacere, preoccupazione e senso di colpa - Dopo le lezioni dovrai
tornare subito a casa, non mi interessa che cosa devi fare o chi devi
incontrare, e in più - fece una pausa, sapendo che mi
avrebbe imposto qualcosa che proprio non avrei potuto accettare - non
andrai più in ricognizione insieme ai tuoi fratelli
finchè non te lo dirò io! - .
No... No, no, no, no...
non poteva, non poteva farmi una cosa simile!
Accettavo tutto, davvero tutto, ma quello no!
Era troppo.
- Non è giusto! - era la prima volta che alzavo la voce
contro Jonathan, e non ne andavo fiera.
- Non mi interessa che cosa ti sembra giusto o sbagliato, questo
è quello che ti meriti! - disse, non accettando discussioni.
Non volevo mettere nei guai anche i miei fratelli, ma se c'era una cosa
che proprio non sopportavo erano le ingiustizie, perciò non
riuscii a trattenermi.
- Perchè punisci solo me e loro tre no?! - urlai indignata,
indicando Will, George e Ste, che si trovavano esattamente alla mia
sinistra.
I primi due mi guardarono come per dirmi "Ma tu da che parte stai?!",
mentre Stephan non sembrò esserne tanto sorpreso, forse se
l'aspettava da me un'uscità del genere.
Papà alzò gli occhi al cielo frustrato, come se
non ne potesse davvero più di quella situazione - William e
George sono degli adulti, ormai non li posso più mettere in
punizione - disse come se fosse ovvio, spazientito - E si
può sapere che cosa c'entra Stephan in tutta questa storia?
- .
- Anche lui tutti i mercoledì torna a casa tardi! - esclamai
indignata.
- Ma lui frequenta gli allenamenti di basket - lo difese Marie senza
esitazioni.
Aspetta, cosa?
Immediatamente i miei occhi si sistemarono sulla figura di Stephan, che
mi guardava come se avesse commesso il più grande crimine
nella storia dei crimini.
Non potevo crederci.
- Glielo hai detto -
constatai, stranamente con calma.
- Sì - annuì piano.
- Quando? - .
- Qualche giorno fa... -
Sentii la rabbia nascere dentro di me - E quando lo avresti detto anche a me?! - .
Dalla sua bocca uscirono fiumi di parole di scuse, ma non ebbi
l'accortezza di ascoltarne neanche una.
Non ero arrabbiata, ero furiosa, come mai ero stata in tutta la mia
vita.
Alzando ancora di più la voce per sovrastare quella di
Stephan, mi rivolsi a Jonathan - Non accetterò questa
punizione se non punisci anche lui! - .
- Lui ci ha avvisati - disse solo, come se bastasse a giustificarlo.
Avevo gli occhi praticamente fuori dalle orbite, la mia pazienza stava
esaurendo - Anche io l'ho fatto! L'ho detto a Stephan! - .
Le mie parole non sembrarono cambiare l'opinione di papà, ma
bastarono a smuovere qualcosa dentro la coscenza di mamma.
- Stephan non ci ha detto niente - disse mamma, spostando lo sguardo su
di lui - E' vero quello che dice? - .
Wow, ora per fidarsi di me aveva anche bisogno di chiedere conferma ad
altri.
Ne avevo abbastanza.
Mi girai verso Ste, promettendo a me stessa che se anche solo si fosse
azzardato a dire che non era vero, gli sarei saltata addosso - Questo non glielo hai detto a
quanto pare... - .
- Sì, è vero - rispose infine Stephan a Marie.
Poi si voltò verso di me, con uno sguardo da cane bastonato
- Mi dispiace, lo giuro, mi dispiace davvero! Mi sono scordato, io... -
.
Non lo ascoltai più, ormai non riuscivo più a
contenere tutta la rabbia, la frustrazione e la senzazione di
ingiustizia che avevo dentro, e che bruciava come niente mi aveva mai
bruciato prima.
Mi avvicinai a grandi falcate verso di lui e gli urlai in faccia,
spintonandolo - SEI UNO STRONZO!!!
- .
Tutti quelli che si trovavano in quella stanza sussultarono, come se
avessi appena bestemmiato o imprecato contro il Conclave.
- Isabella!
- mi rimproverò a braccia conserte Marie - Non chiamare mai
più così tuo fratello! - .
- LUI NON E' MIO FRATELLO! - sbottai soffermandomi su di lui per
guardarlo con astio, dopodichè mi girai verso gli altri
diretti interessati - E NEANCHE LORO LO SONO! TU NON SEI MIO PADRE E TU
NON SEI MIA MADRE! NON SIETE I MIEI GENITORI, VOI NON SIETE NESSUNO, E
PENSATE DI AVERE CHISSA' QUALE PRETESA SU DI ME! NON SIETE LA MIA
FAMIGLIA, CHIARO?! VI DETESTO, VI DETESTO TUTTI! - .
E così, lasciando senza parole, non solo loro, ma anche me
stessa, mi rifugiai al piano di sopra, nella mia stanza, chiudendomici
a chiave, impaurita del fatto che Jonathan, volendo, avrebbe potuto
buttare giù la porta senza problemi per quello che avevo
appena detto.
___
Erano passate all'incirca due ore da quando avevo sbattuto con forza la
porta della mia stanza, dove probabilmente sfinito, Stephan aveva
poggiato la testa e si era addormentato.
Subito dopo la mia inaspettata scenata, mi rincorse su per le scale per
bussare e biascicare parole di scuse come un fiume in piena.
Non gli avevo aperto, ne tantomeno risposto.
Non perchè fossi arrabbiata con lui, o cose simili, anche se
non potevo negare di essere rimasta spacievolmente sorpresa dal suo
comportamento, ma perchè ero ancora sotto shock dopo quello
che avevo detto al piano di sotto.
Adesso, loro credevano
che li odiavo, che li odiavo tutti ... ma non era così!
Oltre ad aver torto, avevo avuto anche la sfacciataggine di prendermela
e fare un casino, scombussolando gli animi e gli umori di tutti.
Non mi stavo rimangiando quello che avevo detto, ero convinta che non
fosse giusto punire solo me, ma accanirmi in quel modo, come mai mi era
capitato, mi aveva fatto paura.
Esatto, paura.
Paura perchè non ero riuscita a controllare le mie emozioni,
capacità essenziale che tutti i Cacciatori dovevano aver
acquisito, e cosa che in realtà ero sempre riuscita a fare
senza problemi.
Ma in quel momento avevo così tanta rabbia dentro di me,
così tanta, che era diventata incontrollabile, indomabile, anche
se ora ero completamente consapevole che la punizione che mi era stata
inflitta era niente considerando tutto quello che avevo fatto a
insaputa dei miei genitori.
Infondo, Jonathan non aveva detto che non sarei più andata
in missione con i miei fratelli, semplicemente non avrei potuto farlo
fino a nuovo ordine.
Era una cosa che potevo accettare e che mi meritavo.
Allora perchè prima me l'ero presa e, sopratutto, in modo
così esagerato?
Ero stata meschina con i miei fratelli, per aver tentato di farli
punire com'ero stata punita io, e crudele con tutta la mia famiglia,
per avergli praticamente gridato contro di odiarli.
Sbuffai, dandomi mentalmente della stupida.
Mi guardai intorno, capendo che non sarei più riuscita a
restare in quella stanza per altro tempo.
Avevo bisogno di uscire.
Tanto, cosa
sarebbe potuto accadere?
Ero già in punizione, perciò peggio di
così non poteva andare, e nessuno poteva controllarmi dato
che erano tutti in ricognizione.
Tutti tranne Stephan almeno, anche se ero sicurissima che stesse
dormendo dato che lo sentivo russare da qui, e sapevo fin troppo bene
che nemmeno un carro armato sarebbe riuscito a disturbare il suo sonno.
E poi, potevo uscire benissimo dalla finestra senza per forza passare
dalla porta, costringendolo a spostarsi.
Sarei andata a cacciare demoni qui intorno, non troppo distante da
casa, giusto qualche miglia di distanza per incontrarne qualcuno e
rispedirlo alla sua dimensione originaria.
Senza pensarci oltre, perchè sapevo che altrimenti avrei
cambiato idea, saltai giù dal letto dirigendomi verso
l'armadio, apriii le ante di scatto per prendere la mia tenuta da
combattimento e indossarla in fretta e furia.
Poi mi voltai verso la cassettiera che, nel terzo cassetto, al posto di
contenere il mio intimo, l'avevo preferito per conservare armi varie e
il mio stilo per eventuali casi d'emergenza.
Fulminea, le infilai in tutti i posti dove mi era possibile nasconderle
e alla fine, dopo essermi guardata intorno per verificare di non aver
dimenticato nulla, aprii la finestra della mia stanza e con un agile
balzo, saltai fuori.
Atterrai con i piedi puntati verso terra, piegando le ginocchia in modo
tale da atutire la caduta.
La caviglia ormai non dava più fastidio, era come nuova
grazie al cielo, altrimenti non avrei potuto fare un salto del genere.
Dopo essermi risistemata per bene, mi abbassai per tirare fuori lo
stilo dallo stivale e iniziai a disegnarmi le solite rune
sulle braccia.
In un attimo, la mia pelle al chiaro di luna, venne ricoperta da linee,
spirali e cerchi scuri.
Una volta finito, con la collana regalatami da Marie al collo, che
molto probabilmente avrei dovuto restituire, e il sensore stretto in
una delle mie mani, mi inoltrai nell'oscurità del bosco, per
la prima volta da sola.
____
Non sapevo esattamente che ore fossero, ma ero più che certa
fosse passata almeno un'ora da quando avevo lasciato la mia stanza.
Stranamente,
nessuno mi aveva cercata al telefono che mi ero, di proposito, portata
con me per evitare altre ramanzine per quel motivo.
Quindi, per tutti quanti ero ancora rinchiusa nella mia stanza... perfetto!
Avevo fatto bene ad uscire: ora che mi trovavo in mezzo alla natura mi
sentivo più tranquilla.
Era buio pesto ed ero più che convinta che da un momento
all'altro un demone sarebbe spuntato fuori dal suo nascondiglio e mi
avrebbe attaccata, anche se il sensore rilevava una bassa
attività demoniaca.
Tutto sommato, mi sentivo stranamente in pace, quasi a mio agio,
in quell'ambiente, cosa che mai prima d'ora mi era successa.
Cercai di non pensarci e, piuttosto, di concentrarmi su ciò
che si muoveva intorno a me e sui suoi rispettivi rumori.
Si sentivano solo lo scroscio delle foglie degli alberi e dei cespugli
a causa del vento e il rumore che provocavano i miei stivali ad ogni
passo che facevo sulla terra umida.
Con un po' di delusione, in quel momento, iniziai a pensare che non
avrei incontrato niente quella sera, quando all'improvviso un
movimento, più visibile e udibile rispetto agli altri,
spostò la mia attenzione tra le piante a qualche metro di
distanza da me.
Mi bloccai immediatamente sui miei stessi passi, iniziando a guardarmi
intorno, circospetta.
Non riuscivo a vedere niente, perciò presi la stregaluce e,
per sicurezza, sfilai dalla fodera della mia cintura Cassiel,
sussurrando il suo nome.
Anche la lama della spada si illuminò al mio comando, ma non
abbastanza come la pietra che stringevo fra le dita dell'altra mano.
Iniziai a girare su me stessa, per illuminare quanta più
foresta possibile e quando finalmente trovai qualcosa, rischiai di far
cadere la mia stregaluce per la sorpresa e... anche per la paura.
Erano in quattro, la loro altezza sfiorava circa i due metri e i loro
nasi sbuffavano aria come delle locomotive: davanti a me, avevo parte
del branco di licantropi della riserva di La Push.
Con il cuore in gola, strinsi nella mia mano sinistra l'elsa della
spada, mentre nell'altra tenevo saldamente l'unica fonte di luce che
avevo.
Anche se non volevo combatterli, non solo perchè ero in
netta minoranza ma anche perchè non mi andava di fare del
male a dei Nascosti che stavano svolgendo soltanto il compito di
proteggere la loro tribù, mi ritrovai costretta a farlo
quando un lupo iniziò a corrermi incontro ringhiando.
Mettendomi in posizione d'attacco, saltai quando fu abbastanza vicino,
schivandolo per un pelo, ficcando l'Adamas della mia spada nella sua
pelliccia.
Nello stesso istante che il lupo si mise ad ullulare addolorato, senza
che me ne accorgessi, un altro licantropo prese il suo posto,
prendendomi per la manica della mia giacca di pelle e iniziando a
trascinarmi più lontano dal suo compagno ferito.
Mi faceva male, perciò decisi di abbandonare la spada, dato
che mi era solo di intralcio in quel momento, e iniziai a colpirlo con
una manciata di pugni sul muso, nel tentativo d fargli male o anche
solo di dargli fastidio.
Lo sentii solo ringhiare più forte e, di conseguenza, la sua
presa sul mio braccio si fece più salda, facendomi
sussultare: i suoi denti avevano lacerato la mia carne.
Mi aveva ferita.
Dei puntini neri iniziarono ad oscurarmi la vista, confondendomi per
qualche istante.
Iniziai a sentire il sangue sgorgare a flotti e scendere appiccicoso
lungo il mio braccio, mentre io avevo iniziato a scalciare nel
tentativo che quel cavolo di lupo mi lasciasse andare.
Vidi un altro licantropo davanti a me, dietro la scia che i miei
stivali tracciavano sull'erba bagnata, forse per controllare che non
facessi del male a un altro membro del suo branco.
Tentai più volte di raggiungere con le dita e avvicinando la
gamba, i pugnali che si trovavano all'interno dei miei stivali, ma ogni
volta che ci provavo, il lupo mi strattonava facendomi tornare alla
posizione di partenza, di proposito.
Iniziai a stringere i denti per il dolore, non ero mai stata
così tanto tempo senza l'effetto di una runa di guarigione.
I suoi denti si trovavano ancora nella mia ferita, avrei urlato dal
dolore se solo non mi fosse stato insegnato fin da piccola a sopportare
e a non far mai vedere le mie debolezze all'avversario.
Piuttosto, continuai a muovermi nel tentativo di sfuggire al lupo e
quando miracolosamente ci riuscii, non senza però assestare
un altro cazzotto alla sua mascella, mi alzai velocemente in piedi con
l'intenzione di arrampicarmi su un albero.
Ero abbastanza veloce, grazie alla runa
della velocità, per correre via da loro, ma non
abbastanza per seminarli, infatti riuscivo a sentire benissimo i loro
passi pesanti corrermi dietro.
Quando finalmente davanti a me si parò il tronco perfetto,
iniziai ad arrampicarmici velocemente, afferrandomi ai rami per
aiutarmi a salire.
Probabilmente non ce la feci ad andare molto in alto, riuscivo ancora a
vedere chiaramente i due lupi alle radici dell'albero, che vennero
immediatamente raggiunti dal terzo che, nel mentre, si era preoccupato
del compagno ferito.
Sapevo che se non fosse stato per il bruciore e il dolore delle fitte
che mi avevano colpito tutto il braccio,fino ad intorpidirlo, sarei
riuscita ad arrivare fino alla cima dell'albero.
Il piccolo gruppo di lupi iniziò ad abbaiarmi contro,
finchè ad un certo punto, uno di loro, non iniziò
a saltare sulle sue zampe posteriori, in modo tale da portermi
raggiungere.
Cercai di alzarmi in piedi sul ramo, in modo tale che non potesse
afferrarmi per una caviglia e trascinarmi giù, ma nello
stesso istante in cui i miei piedi si puntarono saldamente sul legno,
uno dei lupi prese la rincorsa e si scagliò contro l'albero
facendomi perdere l'equilibrio.
Fortunatamente, persi
i senti prima ancora che il mio corpo toccasse terra.
EH
GIA', PURTROPPO IN QUESTO CAPITOLO NIENTE EDWARD, MA NEL PROSSIMO CI
SARA' UNA SORPRESA ;)
FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE, ALLA PROSSIMA.
UN BESO.
-Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Chapter ten - The truth. ***
Rieccomi
qui dopo settimane d'assenza, scusatemi davvero! E' che mi sono fatta
prendere da un libro e non volevo leggere altro che quello! Sooorryyyy!
Comunque,
buon venerdì mattina da Zikiki98! In questo esatto momento
sono le 00.10, anche se probabilmente leggerete questo "messaggio" ad
un'altra ora...
Volevo dirvi una cosa IMPORTANTE,
non odiatemi.
Questa mattina, esattamente alle 12.25 PARTIRO'
da Orio al Serio per andare in vacanza, a Tenerife.
*HO PAURA DI
VOLARE, SONO 4 ORE E MEZZA DI VOLO, QUALCUNO VUOLE ANDARE AL POSTO
MIO?!?!?!?!*
Comunque, mancherò per ben 2 SETTIMANE,
perciò dovrete avere un po' di pazienza per il prossimo
aggiornamento.
Non siete contente? 2 settimane con Zikiki98 fuori
dalle scatole xD
Okay, vi ho detto tutto, perciò è ora dei
ringraziamenti:
1
- Alexandra_janel [Contatta]
2
- cettadefaziopablizza [Contatta]
3
- Coco_Mademoiselle [Contatta]
4
- Horse_ [Contatta]
5
- klaroline01 [Contatta]
6
- lady
marion [Contatta]
7
- LadyEloredane [Contatta]
8
- mayamasumi [Contatta]
9
- sabrina___ [Contatta]
10
- TatinaB [Contatta]
11
- Valery1901 [Contatta]
12
- vampyria [Contatta]
1
- Allice_rosalie_blak [Contatta]
2
- Artemis_moon [Contatta]
3
- CinciCullen [Contatta]
4
- FCq [Contatta]
5
- Giulllie [Contatta]
6
- Lullaby
85 [Contatta]
7
- Stella
Cullen [Contatta]
1
- 1717 [Contatta]
2
- aksala [Contatta]
3
- alexa_cr81 [Contatta]
4
- arualga91 [Contatta]
5
- asia_2000 [Contatta]
6
- babycullen [Contatta]
7
- Candace94 [Contatta]
8
- cat89 [Contatta]
9
- CinciCullen [Contatta]
10
- Dolcesognare [Contatta]
11
- dragonfire_lucyV [Contatta]
12
- Elieth [Contatta]
13
- Fantasy_Mary88 [Contatta]
14
- Fyamma [Contatta]
15
- giadinacullen [Contatta]
16
- giulietta_93 [Contatta]
17
- Iulia
Nightshade [Contatta]
18
- jaia [Contatta]
19
- Kayleah [Contatta]
20
- kerry99 [Contatta]
21
- kkarla [Contatta]
22
- lady
anya blu Cullen [Contatta]
23
- Lullaby
85 [Contatta]
24
- martyd [Contatta]
25
- mayamasumi [Contatta]
26
- namy86 [Contatta]
27
- parkinson [Contatta]
28
- Pisocor [Contatta]
29
- RachelElizabethHolmes [Contatta]
30
- Radha_wyvern [Contatta]
31
- robesten [Contatta]
32
- sasa1997 [Contatta]
33
- scipio [Contatta]
34
- T13_l [Contatta]
35
- terry89 [Contatta]
36
- vale97 [Contatta]
37
- vampira97cullen [Contatta]
38
- vanessa_91_ [Contatta]
39
- WriteMyLife53 [Contatta]
40
- YunaCullen85 [Contatta]
41
- _Navy [Contatta]
Un
altro grazie a chi a recensito lo scorso capitolo:
(Non so
perchè mi sia uscito con caratteri diversi, ma non si
modifica).
Grazie ancora, di cuore.
Un beso.
Zikiki98.
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER TEN - THE TRUTH.
[POV BELLA]
Quando iniziai a riprendere conoscenza, la prima cosa che mi
colpì fu l'indolenzimento che attanagliava tutto il mio
corpo, a partire dall'attaccatura dei capelli fino alle punte dei piedi.
Qualunque cosa avessi combinato la sera precedente era strano che
l'iratze non avesse ancora fatto effetto.
Chissà da quanto tempo dormivo.
Non riuscivo a ricordare molto bene... praticamente qualsiasi cosa, mi
sentivo così confusa e stanca, cosa mai capitata in tutta la
mia vita.
Non ricordavo nemmeno di essermi fatta un'iratze, anche se
forse, a pensarci bene, me ne ero completamente scordata, considerando
che in questo momento dovrei essere un fiore appena sbocciato; invece,
mi sentivo sì un fiore, ma schiacciato sotto un masso di tre
tonnellate.
Okay, forse stavo esagernando, ma solo un po'.
Senza aprire gli occhi, mi mossi leggermente cercando di trovare una
posizione più comoda per i miei poveri muscoli, ma una fitta
improvvisa al braccio, che si trasformò subito in un
bruciore lancinante, mi immobilizzò immediatamente,
facendomi gemere.
A susseguirsi, altri piccole fitte in tutto il corpo mi bloccarono
quasi il respiro.
Improvvisamente, come un flash, le immagini della sera precendente mi
assalirono: il litigio, la mia piccola e stupida fuga, i licantropi, lo
scontro, la caduta dal ramo... ogni cosa era diventata chiara.
Con una strana angoscia che faceva male al petto, aprii di scatto gli
occhi guardandomi intorno, sbattendo le palpebre un paio di volte.
Ero sola.
L'arredamento che mi circondava era scuro, ciò nonostante
era ben illuminato dalla luce chiara che penetrava dalle tende della
finestra.
Sulla parete alla mia destra si trovava un enorme libreria, piena di
manufatti che all'apparenza sembravano antichi.
Al centro della stanza si trovava una pesante, antichissima e
costosissima scrivania in non so quale legno, dove erano appoggiate
parecchie scartoffie, comunque tenute molto in ordine.
Le pareti bianche lasciate libere erano dedicate a una miriade di
quadri e uno in particolare attirò la mia attenzione: quello
dei Volturi.
Deglutii a fatica, iniziando già a sospettare dove mi
trovavo.
Con cautela, cercando di moderare i movimenti, puntai i gomiti sul
lettino, che somigliava tanto a uno di quelli che venivano utilizzati a
scuola, e dove ,evidentemente, avevo passato la notte.
Oltre a sentirmi stanca, al tempo stesso, mi sentivo così
spossata...
Mi guardai meglio: non indossavo più la tenuta, al suo posto
c'erano una maglietta bianca abbastanza larga a mezze maniche, che
lasciavano intravedere la fasciatura della ferita causata dai
licantropi, i lividi, le rune e anche le cicatrici causate da
quest'ultime, e dei pantaloni da ginnasica scuri allacciati alla vita
con un fiocco.
Non avevo nemmeno un'arma con me, come avrei fatto a difendermi in caso
ce ne fosse stato bisogno?
Lentamente, mi alzai e mi diressi verso la porta.
Tanto valeva affrontare i nemici subito, che senso aveva aspettare?
Se sarei morta, lo avrei fatto da Shadowhunters,
a testa alta.
Appena misi piede in corridoio, delle voci attirarono la mia attenzione
e non esitai un'attimo a seguirle.
Non c'era motivo di nascondersi, sapevano già che ero qui.
Le voci improvvisamente si tramutarono in un litigio, ma non riuscivo a
capire molto bene di cosa stessero parlando.
Appena arrivai ai piedi delle scale che portavano al piano di sotto
dove ,a quanto pare, si trovava il salotto e dove si erano riuniti
tutti quanti, la stanza calò in un silenzio a dir poco
glaciale.
Abbassai lo sguardo sui miei piedi nudi, stando attenta a non sbagliare
e scendere due gradini al posto che uno alla volta, tenendo la mano ben
salda sulla ringhiera.
Quando arrivai quasi alla fine, una figura si smaterializzò
al mio fianco, porgendomi la sua mano bianca.
- Lascia che ti aiuti - .
Alzai lo sguardo su di lui, e non mi stupii di riconoscere il volto di
Edward che mi guardava preoccupato.
Non lo ascoltai.
Iniziai a studiare i volti del resto delle persone che abitavano quella
stanza.
A sinistra, vicino a una grande vetrata, si trovava un uomo biondo,
alto, indossava una camicia azzurrina e aveva le braccia incrociate, ma
non aveva per niente un'aria minacciosa,
Anzi, mi sorrise rassicurante.
Alla mia destra, seduta su un divano in pelle bianca, c'era una donna
con dei capelli lunghi fino alle spalle color caramello, con uno
sguardo dolce e un sorriso leggermente teso.
Era bellissima.
Dietro di lei, in piedi, si trovava un ragazzo, o meglio un vampiro,
che già conoscevo: Jasper.
Mi stava studiando come se potessi essere un pericolo.
Loro facevano parte della famiglia di Edward.
Erano tutti vampiri ed io ero in minoranza.
In quel momento, per quanto cercassi di fidarmi di lui, proprio non ci
riuscivo.
Mi sentivo in pericolo, esposta e anche un po' presa in giro.
Chissà da quanto aspettava questo momento per mettermi alle
strette.
E se tutto quello che mi aveva detto era solo una trappola a cui,
ingenuamente e stupidamente, io avevo abboccato?
Ma non c'eravamo solo loro in quella stanza.
Sulla mia stessa traiettoria, dalla parte opposta della stanza, davanti
a quella che sembrava la porta d'ingresso, si trovavano tre ragazzi
dalla pelle olivastra, alti e muscolosi.
Indossavano solo un paio di bermuda e mi guardavano con sguardi
differenti: il ragazzo alla mia sinistra con curiosità,
quello al centro come se volesse uccidermi, mentre quello a destra, che
sembrava il più piccolo fra i tre, mi guadava dispiaciuto.
Ci misi meno di un secondo a riconoscerli e, immediatamente, il nervoso
della sera precedente risalì in superficie, trasformandosi
in rabbia.
- BRANCO DI CANI IDIOTI, SI PUO' SAPERE CHE CAZZO AVETE NEL CERVELLO?!
- gli urlai contro, iniziando ad incamminarmi verso di loro come un
treno in corsa.
Un paio di braccia fredde mi riacciuffarono immediatamente, prima che
le mie gambe potessero cedere, trattenendomi per la vita - Shh,
Bella... Non fare così... - .
Anche lo sguardo del licantropo al centro si fece più
arrabbiato.
Nel frattempo me la presi con Edward, cercando di liberarmi dalla sua
presa e provando ad ignorare il dolore che sentivo in tutto il corpo -
Lasciami andare! Non toccarmi! Io mi fidavo di te! - .
Iniziai a tirargli pugni sul petto, facendomi soltanto ancora
più del male, ma non mi arresi.
Lui mi guardava allibito, completamente preso alla spovvista - Bella ti
assicuro che non è come pensi... - .
Con un ultimo strattone mi liberai dalle sue braccia, rischiando quasi
di perdere l'equilibrio - Non chimarmi Bella! Non hai alcun diritto
dopo ciò che mi hai fatto! - .
Sgranò gli occhi - Io non ti ho fatto proprio niente! - .
- Non è vero! - urlai, puntando un dito contro i licantropi
- Hai cospirato insieme a loro per togliermi di mezzo! E dire che ci
credevo davvero alla cazzata dell'essere amici! - .
Mi veniva da piangere, mi sentivo presa in giro e non potevo far altro
che prendermela con me stessa.
Era tutta colpa mia, me l'ero cercata.
Non avrei mai dovuto farmi abbindolare da un vampiro.
- Jasper - lo chiamò Edward preoccupato.
Mi voltai verso suo fratello, non volevo più farmi prendere
in giro da nessuno.
Aveva gli occhi dorati concentrati su di me, ma la sua espressione era
frustrata - Non fuonziona Edward, non riesco a capire... - .
- Che cosa non funziona? Cosa sta succedendo? - chiesi passando lo
sguardo fra Edward e Jasper.
L'altro vampiro biondo nel frattempo si era posizionato davanti a me,
come se volesse fare da muro per dividermi dai licantropi.
- Perchè hai attraversato il confine?! Ci sembrava di essere
stati chiari! - ringhiò quello che sospettai fosse l'Alpha del branco.
- Sam... - lo canzonò il vampiro davanti a me,
tranquillamente, ma senza voltarsi.
- Non so di che cosa stai parlando! - urlai di rimando - E poi non ho
attraversato nessun confine! - .
- Sì che l'hai fatto! - si avvicinò a grandi
passi verso di me, a un metro di distanza dal biondo - Avremmo dovuto
uccidere i due ragazzi immediatamente, così adesso non
avremmo questo problema! - .
I due ragazzi?
Intendeva per caso... Will e George...
" [...] - Non mi
interessa. Non ti voglio ascoltare, ne ho già sentite
abbastanza per oggi. Fra te e i tuoi fratelli davvero non so chi abbia
fatto peggio! - .
[...] - Tutti oggi avete
deciso di farmi saltare i nervi - continuò nostro padre,
senza accorgersi del piccolo scambio di sguardi che ci eravamo dati fra
di noi - Sono davvero molto deluso da voi, sopratutto da te - mi
puntò il dito contro, facendomi sentire davvero una merda -
Non mi sarei mai aspettato un comportamento del genere, vi ho cresciuti
e addestrati meglio di così! E' una fortuna che non avvisi
il Conclave della vostra bravata - si voltò verso i suoi due
primogeniti, facendomi battere forte il cuore come le ali di un
colibrì - ma che sia la prima e l'ultima volta! Non
sarò più così tollerante se
succederà di nuovo, ci siamo intesi? E sto parlando con
tutti voi, per qualsiasi guaio combinerete! - . "
E fu in quel momento che capii: Will e George avevano attraversato il
confine, ancora per motivi a me sconosciuti, ed era per questo che mi
avevano attaccata.
Sapevo che la mia ipotesi era corretta, noi eravamo gli unici
Cacciatori presenti a Forks, non potevano aver confuso il nostro aroma
con il fiuto che avevano.
Sinceramente, non mi ero nemmeno accorta di aver oltrepassato il
confine.
Ma il modo in cui si era rivolto ai miei fratelli, minacciando di
ucciderli, mi fece scattare e improvvisamente tutta la stanchezza che
avevo si dissolse nell'aria.
- Non azzardarti a parlare in questo modo della mia famiglia! -
esclamai cercando di spostare il vampiro con uno spintone per poter
mettere le mani addosso a quel cane.
Ma ovviamente mi bloccò senza difficoltà, e lo
stesso fecero i due scagnozzi di quel Sam, trattenendolo per le
braccia, mentre il biondo mi teneva delicatamente per il braccio sano.
- Basta - ci rimproverò - possiamo parlare civilmente per
favore? - poi si rivolse all'Alpha
- Posso capire questo atteggiamento da Isabella, in quanto spaventata,
ma non da te Sam. Perciò diamoci tutti quanti una bella
calmata, va bene? - .
Io, spaventata?!
Okay, forse un po'...
Nessuno a quel punto osò più fiatare, ma
continuavamo comunque a lanciarci certe occhiate che lasciavano
intendere più delle parole.
Sentivo che Edward si trovava esattamente alle mie spalle, come a
volermi proteggere e, nonostante la scenata di prima, iniziai a
sentirmi un po' meglio.
Ero stata una stupida a prendermela con lui, ma mi ero semplicemente
fatta prendere dal panico!
Ero sola e per di più circondata da vampiri, e licantropi
che nemmeno conoscevo.
Era normale essere un po' stressati, no?
- Adesso - disse il vampiro che mi teneva ancora per il braccio - ti
prego di accomodarti sul divano, vicino a mia moglie Esme. -
indicandola educatamente con la mano - Sei ancora molto debole, non
è un bene per te fare sforzi. -
Ero confusa.
Perchè mi trattava così bene dopo in casino che
avevo fatto?
Perchè non mi spingeva fuori da casa sua a calci nel sedere?
Era lui che aveva curato le mie ferite?
Edward mi risvegliò dai miei pensieri prendendomi
delicatamente la mano, come se si aspettasse un rifiuto.
Ma ero più calma, e in quel momento non l'avrei mai fatto.
Mi serviva la vicinanza di una faccia conosciuta, anche se c'era una
piccola probabilità che questo vampiro mi avesse mentito per
tutto il tempo.
A questo pensiero, sentivo uno sconosciuto groppo in gola.
Mi veniva di nuovo da piangere.
Mi sentivo così debole, non solo fisicamente ma anche
mentalmente, che avrei avuto il coraggio di accasciarmi a terra in
posizione fetale e piangere come una bambina di tre anni.
Ma non lo feci.
Edward mi trascinò verso il divano, facendomi accomodare
accanto ad Esme, che mi regalò un sorriso materno.
Dovevo davvero fare pena a tutti quanti.
Edward invece rimase in piedi, ma sempre accanto a me.
Non sapevo più cosa pensare.
- Io sono Carlisle - attirò la mia attenzione il vampiro di
prima - Nonostante non sia un buon momento, è un piacere
conoscerti. Ho sentito tanto parlare di te - .
Immediatamente il mio guardo si posò sulla figura di Edward,
che invece, con aria colpevole, decise di non guardarmi.
Aveva parlato di me alla sua famiglia e, con tutta
probabilità, Emmett aveva fatto lo stesso con Stephan.
Non riuscivo a non sentirmi un po' tradita da suo comportamento, io non
avevo parlato di lui ai miei genitori.
Certo, i motivi non erano esattamente quelli giusti, ma non l'avevo
fatto.
Mentre lui sì.
Carlisle sembrò notare l'errore che aveva appena commesso,
perchè cercò di distrarmi presentandomi il resto
delle persone nella stanza - Come ho già detto, lei
è mia moglie Esme. -
Mi voltai verso quella donna bellissima, che mi sorrise e
inaspettatamente catturò la mia mano con la sua fredda,
facendomi sussultare.
Tutti i vampiri che si trovavano in quella stanza sembrarono trattenere
il fiato, ma notando che non mi ero messa a urlare e a strepitare, non
dissero nulla.
- E' davvero un piacere conoscerti per me, Isabella - disse la donna.
Annuii sorridendo appena, imbarazzata dal tono che aveva usato.
Nessuno si era mai rivolto così a me, aveva un non so
chè di smielato... mi prese alla sprovvista.
Carlisle si avvicinò di qualche passo ad Edward, dicendo - E
sono convinto che conosci già Edward e Jasper, alcuni dei
nostri figli. -
- Sì, li conosco - affermai, spostando lo sguardo su Jasper,
che aveva ancora un'espressione severa sul volto, per poi indugiare
qualche secondo in più sul viso di Edward, che guardava per
terra.
Non riuscivo a capire a cosa stava pensando.
Forse si era offeso per quello che gli avevo detto.
- Mentre loro sono alcuni membri del branco - disse voltandosi verso di
loro - Sam, che come avrai ben capito, è l'Alpha, Jacob e
Seth. - li indicò uno ad uno.
Sam sembrava ancora arrabbiato con me e questo mi faceva venir voglia
di prendergli la testa e sbattergliela tante volte contro il muro.
Gli altri due invece sembravano piuttosto tranquilli e curiosi di me.
Ovviamente io ero una novità per loro.
Non potevo dire lo stesso per gli altri quattro vampiri invece che, mi
accorsi in quel momento, mi avevano circondata anche se forse non
intenzionalmente.
- Penso che abbiamo molte cose da dirci. - iniziò Carlisle
guardandomi negli occhi come se mi stesse chiedendo il permesso.
Sospirai e abbassai lo sguardo su quei pantaloni di cui non sapevo
ancora la provenienza - Lo penso anche io. -
E fu in quell'istante che sentii di nuovo gli occhi di Edward puntati
su di me.
Alzai il capo per verificare quella sensazione, ed era così,
mi stava guardando.
Aveva una strana luce negli occhi, sembrava quasi un misto tra sorpresa
e insaziabile curiosità.
Arrossii.
- Che cos'è Carlisle?! - domandò bruscamente Sam,
incenerendomi con lo sguardo.
Digrignai i denti, e tutti in quella stanza sembrarono notarlo.
- Una cosa alla volta, Sam. - lo ammonì gentilmente lui,
facendogli gesto con le mani di essere più paziente - Prima
una cosa - di voltà di nuovo verso di me - Come ti senti
Isabella? Ti serve qualcosa? - .
Lo guardai con gli occhi praticamente fuori dalle orbite: si stava
interessando a me, ai miei bisogni, alle mie ferite, e non potevo non
restarne sorpresa nonostante tutto.
- Esatto cara, hai fame? Hai sete? - chiese in tono apprensivo sua
moglie Esme - Posso prepararti qualcosa, tutto quello che vuoi... - .
La interruppi nel modo più gentile possibile - No... No,
grazie, sto bene... Un po' indolenzita, ma bene... - .
Entrambi mi sorrisero rincuorati da quello che avevo appena detto.
- Ne sono contento - aggiunse Carlisle, prendendo posto sulla poltrona
vicina a dove eravamo sedute io ed Esme e indicando ai licantropi di
sedersi pure sull'altro divano.
Quando si accomodarono anche loro, vidi Edward farsi più
tranquillo e, di conseguenza, anche Jasper sembrava essersi rilassato.
Il primo si sedette esattamente vicino a me, e non riuscivo a non
pensare ad altro che alle nostre gambe che si sfiorarono.
Sentivo caldo, davvero caldo.
Anche lui sembrava provare la mia stessa sensazione a vedere la sua
faccia.
Jasper, invece, si accomodò sul seggiolino del pianoforte,
di cui mi ero accorta della presenza solo in quel momento.
Come potevo non aver visto quello splendido strumento?
Era a mezza coda, laccato in nero lucido ed era il più bello
che avessi mai visto in vita mia.
Nemmeno a casa, a Idris, ne avevo uno così.
Edward, evidentemente perplesso, cercò di seguire la
traiettoria del mio sguardo e tentò di nascondere un sorriso
quando capì cosa stavo guardando.
- Bene - annunciò Carlisle - Ora che siamo tutti
più tranquilli, direi che possiamo iniziare a discutere di
quello che è successo - .
Era palese che Carlisle fosse il capo clan della famiglia Cullen, era
un ruolo che gli stava davvero a pennello: lo si capiva dal modo in cui
aveva preso in mano la situazione, dal fatto che parlava sempre per
primo...
Tutto sommato, non riuscivo a capire che legame ci fosse tra i Quileutes e i
Cullen: dovevano essere nemici per natura, e invece se ne stavano
lì, tranquilli, a parlare come dei politici in parlamento.
- Ricordi qualcosa Isabella? - continuò.
Mi guardai intorno, sentendomi un po' a disagio: avevo gli occhi di
tutti puntati su di me.
Il mio sguardo si posò di nuovo su Edward che, nonostante
tutta la preoccupazione che gli leggevo negli occhi, mi sorrise
tranquillamente, come per incoraggiarmi.
Presi un bel respiro e parlai - Sì, ricordo tutto, anche se
in modo confuso... non so se mi spiego... - .
- Allora raccontaci, cosa ci facevi di nuovo nel nostro territorio?! -
scattò Sam, controllando comunque il tono di voce.
Assottigliai gli occhi - Non sapevo di aver attraversato il confine - .
- E' la terza volta che lo fate, cosa cercate? Cosa volete? - aggiunse
senza prestare attenzione a quello che avevo appena detto.
- La terza volta? - chiesi confusa, ma proprio in quell'istante
ricordai.
Si stavano riferendo a quando avevano captato il nostro odore per la
prima volta, il mio e quello di Sebastian.
Il giorno prima, quando l'avevano fiutato per la seconda e terza volta,
con George e Will e infine me.
Avevano ragione.
- Sì, la terza volta! La prima tu e un altro ragazzo vi
siete nascosti su un albero, come se non potessimo vedervi o non
potessimo raggiungervi! - esclamò alzando gli occhi al cielo
- La seconda, altri due ragazzi della tua razza hanno oltrepassato il
confine, e poi tu - continuò l'Alpha, facendomi rabbrividire
quando dalle sue labbra uscì la parola "razza", con
così tanta cattiveria...
Non risposi.
Non sapevo cosa dire ed ero troppo scioccata per inventarmi una qualche
scusa campata in aria.
- Avremmo dovuto uccidervi la prima volta, solo così avreste
imparato la lezione - sussurrò Sam, ma lo sentirono
praticamente tutti.
- Sam! - lo rimproverò Seth, mentre Edward al mio fianco si
tese come una corda di violino e dalla sua bocca uscì un
ringhio che fece tremare persino le pareti del salotto.
E anche me a dirla tutta, che senza accorgermene, mi ero allontanata di
qualche centimetro da lui.
Esme mi accolse tra le sue braccia - Edward! - lo rimproverò
- La stai spaventando! - .
Immediatamente i suoi occhi dorati si posarono su di me, colpevoli e
preoccupati.
- Mi dispiace - sussurrò, come se volesse farlo sentire solo
a me.
Non ero sicura che si riferisse soltanto al ringhio mostruoso che aveva
emanato poco prima...
Annuii debolmente e cercai di concentrarmi di nuovo su Sam - Allora
perchè non l'avete fatto? Perchè non ci avete
uccisi? - .
- Noi non uccidiamo senza prima avere delle giuste motivazioni, a
differenza di qualcun altro... - si stava riferendo palesemente a me,
forse perchè aveva visto le mie armi e credeva che uccidessi
per il semplice piacere di farlo.
Non era così, non sapeva neanche lontanamente quanto di
sbagliava.
Poi improvvisamente ricordai un altro dettaglio della sera precedente:
avevo ferito uno dei loro compagni e forse era proprio per questo che
mi stava trattando in questo modo.
Sentii il mio cuore iniziare a battere più velocemente: e se
lo avevo ucciso?
Non volevo fargli del male, stavo solo cercando di difendermi.
Sentii gli occhi pizzicare per quella che sembrava la terza volta
quella giornata - Io... Io non volevo... come sta? Sta bene? - .
La mia voce tremava, come le mie mani del resto.
Sembravano sorpresi della mia reazione, ma Sam non si lasciò
incantare - Non sono affari che ti riguardano! - .
Mi morsi il labbro passandomi una mano fra i capelli annodati.
Sentii Carlisle sospirare - L'ho visitato, sta bene. Qualche ora di
sonno e sarà come nuovo - .
Annuii riconoscente per avermi degnata di una risposta e poi gli chiesi
- Lei è un dottore? - .
Lo vidi sorridere - Sì, sono un dottore. Ma dammi pure del
tu - .
Stephan se non sbaglio mi aveva accennato qualcosa al riguardo...
" - Da quel che ho
capito, sono stati adottati, tutti e cinque. Il "padre" lavora
all'ospedale di Forks. [...] - . "
La conversazione che avevamo avuto nel bosco durante il nostro primo
giorno di scuola, quando li incontrammo per la prima volta!
Carlisle era un dottore... come faceva a resistere alla tentazione di
mordere qualcuno? Se ne approfittava per nustrirsi?
Poi guardai i suoi occhi dorati e mi ricordai che non era possibile:
l'iride non poteva essere di quel colore se si nutriva di sangue umano.
Sembrò notare la mia espressione, perciò
ridacchiò - Non c'è pericolo per gli abitanti di
Forks, ho più di trecento anni e sono ben allenato! - .
Sentii le mie guance colorarsi leggermente di rosa.
Non ero mai arrossita così tante volte nella mia vita.
Ormai era ovvio, sapevano che sapevo cos'erano, ma non sembravano
esserne troppo turbati.
- Sai che siamo vampiri - parlò per la prima volta Jasper.
Non era una domanda, ma mi limitai comunque ad annuire.
- Da quanto? - chiese, stavolta Edward guardandomi attentamente.
Sembrava frustrato.
Sapevo che i vampiri avevano parecchi sbalzi d'umore, ma non pensavo
così tanti.
- Dalla prima volta che ti ho visto - sussurrai guardandolo negli occhi.
Lessi sgomento nel suo sguardo, ma durò solo qualche secondo.
Senza che se ne accorgesse il suo viso di era avvicinato di
più al mio - Che cosa sei? - .
Il suo alito fresco rischiò di mandare in tilt tutti i miei
sensi.
Mi sentivo mancare la terra da sotto i piedi.
Non poteva farmi un effetto del genere!
Guardai Carlisle: dal suo sguardo capii che sapeva già
cos'ero, lo stesso Edward probabilmente, ma forse volevano solo che gli
dessi la conferma.
Non sapevo cosa fare.
Io sapevo di loro, e non mi sembrava corretto non rivelargli la mia
vera natura.
Ma ero sotto giuramento del Conclave, e non potevo, davvero, dire
cos'ero.
Ero già nei guai per aver fraternizzato con dei mondani e
dei Nascosti, non osavo pensare che cosa mi avrebbero fatto se avessi
confermato a parole i loro dubbi e le loro ipotisi.
Stavo iniziando ad entrare in panico.
Scossi la testa velocemente - Non posso dirvelo - .
- Tu ce lo devi dire! - esclamò Sam ad alta voce.
Mi presi il viso fra le mani, cercando di non impazzire.
- Chiusi quella bocca, Sam! - urlò in tutta risposta Edward,
per poi posarmi delicatamente una mano sulla schiena, come per
tranquillizzarmi.
- No che non la chiudo! E' più di un mese che corriamo
dietro a questi esseri senza capire cosa diamine sono e... - .
Ma venne interrotto da un'altra voce, mai sentita prima d'ora - Sam,
è inutile che ti arrabbi, ha paura. Se le urli contro non ci
dirà niente... - .
Ringraziai mentalmente quel ragazzo, che doveva chiamarsi Jacob, anche
se stavano davvero esagerando con il fatto della paura: non ero
spaventata!
Inizialmente sì, ma ora non più!
Mi stava solamente scoppiando la testa.
- Isabella - fu Carlisle a prendere la parola - non riveleremo a
nessuno la tua natura, ti promettiamo la nostra più totale
discrezione, a patto che tu ovviamente mantenga il nostro di segreto...
- .
Non sapevo dove sbattere la testa, non sapevo se fidarmi...
Come avevo fatto a cacciarmi in questo casino?
Perchè non avevo detto a Jonathan e Marie dell'esistenza
della famiglia Cullen?
Perchè avevo ascoltato a Ste? Perchè non avevo
insistito di più per stare lontana da Edward?
Perchè non ero stata più prudente, e basta?
Ero stata una stupida, fin dall'inizio.
Decisi di confermare le loro teorie e ipotesi.
Cosa avevo da perdere?
Con tutto quello che avevo combinato ero già nei guai.
Alzai la testa togliendomi le mani dalla faccia.
- Okay, ve lo dirò - dal mio tono di voce traspariva una
sicurezza che non mi apparteneva - Sono una Shadowhunters, una Cacciatrice
di demoni - .
*BA-BAM*
Ci
vediamo tra due settimane, non dimenticatevi di me. T.T
(I cry)
So che è corto, ma... ma niente, è corto, mi
è uscito così...
Un altro beso.
Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Sono tornataaaaa ***
Hola amici! Come state? Esattamente alle 11:15 di oggi ho rimesso piede in Italia! Sono felicissima!
Volevo dirvi e chiedervi una cosa.
Allora, la cosa che devo dirvi è che il prossimo capitolo arriverà entro la fine di settimana prossima (capitemi, devo ancora riprendermi).
La cosa che voglio chiedervi invece è un consiglio... Serio...
Ve lo dico senza troppi giri di parole: secondo voi, sinceramente, sarei in grado di scrivere una "storia seria" da inviare a una casa editrice?
So che non ve ne può fregare di meno, ma dato che voi siete una specie di "miei lettori" sono sicura che sapete se sono abbastanza brava o se devo ancora lavorarci su.
Perciò è questo che vi chiedo, e vi prego di rispondere, anche solo per messaggio privato. Accetto tutto, critiche costruttive, consigli, tutto, purché non mi insultare ovviamente.
Perciò, secondo voi ne sono in grado o dovrei lasciar perdere? In tal caso, che cosa mi consigliate per migliorare?
Penso che questo sia utile più o mebo a tutti coloro vogliono diventare degli scrittori in futuro, perciò non ignoratemi ;')
Un beso grande.
-Zikiki98. |
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Chapter eleven - A naked. ***
Lo so, sono
in ritardo, anzi, in ritardissimo.
Ma almeno ho aggiornato... perciò un pollice in
sù per me!!!!!!!! ;)
Buonasera (per chi è ancora sveglio e quindi, proprio come
me, è una creatura della notte), eccomi qui con l'undicesimo
capitolo.
Penso sia quello con cui ho fatto più fatica fino ad ora:
l'ho cancellato e riscritto non so quante volte perché mi
faceva schifo, e spero che il risultato sia almeno accettabile.
Sicuramente in questo capitolo vi sembrerà che Edward e
Bella "corrano troppo" (dopo capirete), ma voglio accelerare i tempi,
considerando anche quanto lentamente scrivo e riesco ad aggiornare.
(Non voglio
tirarla troppo per le lunghe, semplicemente voglio concentrarmi un po'
anche sulla loro "storia d'amore", non solo sui casini intorno a loro.)
Voglio che sappiate, tutti quanti, che sono la disorganizzazione
in persona, perciò con me dovete portare pazienza. Sempre.
Altrimenti... Altrimenti nulla ahah
Comunque, volevo scusarmi,
davvero, per il ritardo, ma come vi ho già detto, questa
storia sembra avercela a morte con me.
Deve sempre succedere qualcosa che mi impedisce di aggiornare come
dovrei.
So di avervi fatto una promessa e che, oltretutto, non ho mantenuto,
perciò ho trovato/cercato una soluzione al riguardo: non vi
farò più promesse, semplice, così
almeno non deluderò più nessuno ;)
Risolto un problema, passiamo ad un altro: VOGLIO METTERE UNA CAVOLO
DI COPERTINA A QUESTA STORIA, MA NON SONO CAPACE NE' DI FARE UNA
COPERTINA, NE' DI CARICARLA SU QUESTO SITO. C'E' QUALCUNO DISPOSTO A
DARMI UNA MANO? UN'ANIMA BUONA CON TANTA, MA TANTA, MA TANTA PAZIENZA?
Ok, ho finito. Ora passo ai ringraziamenti:
1
- Alexandra_janel [Contatta]
2
- cettadefaziopablizza [Contatta]
3
- Coco_Mademoiselle [Contatta]
4
- E1154 [Contatta]
5
- emmaswan923 [Contatta]
6
- Horse_ [Contatta]
7
- klaroline01 [Contatta]
8
- lady
marion [Contatta]
9
- Leonetta_love [Contatta]
10
- mayamasumi [Contatta]
11
- MeikyuuButterfly [Contatta]
12
- nyxie [Contatta]
13
- sabrina___ [Contatta]
14
- TatinaB [Contatta]
15
- Valery1901 [Contatta]
16
- vampyria [Contatta]
__
1
- Allice_rosalie_blak [Contatta]
2
- Artemis_moon [Contatta]
3
- FCq [Contatta]
4
- Giulllie [Contatta]
5
- Lullaby
85 [Contatta]
6
- Stella
Cullen [Contatta]
__
1
- 1717 [Contatta]
2
- aksala [Contatta]
3
- alexa_cr81 [Contatta]
4
- Alhena
Devon [Contatta]
5
- arualga91 [Contatta]
6
- asia_2000 [Contatta]
7
- babycullen [Contatta]
8
- Candace94 [Contatta]
9
- cat89 [Contatta]
10
- CinciCullen [Contatta]
11
- Dolcesognare [Contatta]
12
- dragonfire_lucyV [Contatta]
13
- Elieth [Contatta]
14
- Fantasy_Mary88 [Contatta]
15
- Fyamma [Contatta]
16
- giadinacullen [Contatta]
17
- giulietta_93 [Contatta]
18
- jaia [Contatta]
19
- kerry99 [Contatta]
20
- kkarla [Contatta]
21
- lady
anya blu Cullen [Contatta]
22
- Lullaby
85 [Contatta]
23
- martolix [Contatta]
24
- martyd [Contatta]
25
- mayamasumi [Contatta]
26
- MeikyuuButterfly [Contatta]
27
- namy86 [Contatta]
28
- parkinson [Contatta]
29
- Pisocor [Contatta]
30
- RachelElizabethHolmes [Contatta]
31
- Radha_wyvern [Contatta]
32
- Rebs
Herondale [Contatta]
33
- robesten [Contatta]
34
- sasa1997 [Contatta]
35
- scipio [Contatta]
36
- T13_l [Contatta]
37
- terry89 [Contatta]
38
- vale97 [Contatta]
39
- vampira97cullen [Contatta]
40
- vanessa_91_ [Contatta]
41
- WriteMyLife53 [Contatta]
42
- YunaCullen85 [Contatta]
43
- _Navy [Contatta]
E
a chi ha recensito l'ultimo... "avviso":
emmaswan923
vanessa_91_
martyd
Coco_Mademoiselle
Grazie per
avermi dato la vostra opinione, per me è davvero importante
e non lo dico tanto per dire.
Ora vi lascio al capitolo.
Un beso :-*
Zikiki98.
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER ELEVEN - A NAKED.
[POV BELLA]
- Sei una
cosa? - domandò allibito Sam, sporgendosi in avanti come se
avesse capito male o non avesse sentito.
Sospirai - Sono una
Shadowhunters, una Cacciatrice di demoni - il mio tono era
incolore.
Ormai avevo sganciato la bomba, dovevo solo aspettare che da un momento
all'altro esplodesse. Carlisle non sembrava per niente sorpreso, anzi,
fece un piccolo sorriso e sembrava felice di aver trovato una conferma
alle sue ipotesi. Edward sembrava un po' sconvolto, come se in fondo
non avesse mai voluto ammetterlo a sè stesso, anche se era a
conoscenza della verità già da un po' a mio
parere. Era davvero così brutto per i Nascosti avere
vicino uno di noi? Poi guardai Jasper, che sembrava piacevolmente
sorpreso dalla mia rivelazione. La luce negli occhi di Esme invece non
era cambiata, mi guardava con così tanta dolcezza da farmi
arrossire nuovamente. E poi c'erano gli altri due licantropi, quelli a
detta mia più simpatici, che sembravano eccitati; sopratutto
il più piccolo, che pareva avere pressapoco la mia
età.
- Noi... - iniziò a parlare Edward dopo un lungo silenzio -
Noi pensavamo che foste morti con l'invasione... - .
- Be', vi sbagliavate - dissi con un tono così sicuro, da
sorprendere anche me.
Mi sentivo stranamente più tranquilla e leggera dopo aver
rivelato loro la mia natura, anche se sapevo che non avrei dovuto
sentirmi così. Dovevo sentirmi in colpa, costituirmi al Conclave, pagare le
conseguenze delle mie azioni, ma la verità era che non ne
avevo voglia e tantomeno l'intenzione. Non sapevo che cos'era cambiato
in me in quest'ora passata con quei Nascosti, ma sapevo che non mi
avrebbero fatto del male. Almeno, non i vampiri. Non sapevo che cosa mi
trasmettesse così tanta sicurezza, ma ero convinta che non
mi avrebbero torto un capello, perchè se ne avevano
l'intenzione, l'avrebbero già fatto senza perdere altro
tempo.
- E' assurdo - parlò di nuovo Sam, facendomi irritare fino
all'inverosimile - I demoni non esistono! - .
- Sei troppo convinto di te stesso Licantropo.
Non crederete mica di avere l'esclusiva di combattere tutte le specie
nemiche, vero? - dissi tagliente, nel tentativo di farlo stare zitto .
Quello stupido Alpha, se
fosse da solo, se non avesse un branco, varrebbe meno di niente.
- Allora spiegami Cacciatrice, perchè non ne abbiamo mai
incontrato uno? - chiese sfidandomi con lo sguardo.
Gli feci il sorriso più falso che ero capace di fare -
Perché a differenza di quello che credi, non tutti sono
entusiasti di incontrarvi, nemmeno un branco di sporchi demoni - .
- Quello che Isabella sta cercando di dire - disse Carlisle,
lanciandomi un'occhiata ammonitrice - E' che a quanto pare, i demoni
non si interessano a noi, non più. Per ora, l'unico loro
interesse sono gli Shadowhunters,
i loro nemici diretti - poi i suoi occhi si posarono di nuovo su di me,
come per avere una conferma - E' corretto? - .
Annuii decisa - E' esatto - .
- Praticamente, vi sterminate a vicenda? - chiese Seth, rivolgendosi a
me.
Ci pensai su per qualche secondo, anche se effettivamente aveva ragione
- Non funziona proprio così. I demoni vengono da altri
mondi, arrivano qui attraversano dei portali, i quali possono essere
soltanto creati da stregoni. Le loro intenzioni non sono mai buone:
vogliono creare scompiglio, distruggere le vite di esseri umani e di
Nascosti... cioè, voi, vampiri, lupi, fate, eccetera... - mi
corressi; non volevo offendere nessuno, a parte Sam - Ma cento anni fa,
le invasioni aumentarono così tanto, da diventare un
pericolo per noi. Non ci lasciarono altra scelta che rifugiarci tra le
mura di Idris.
Quale altra possibilità avevamo? In ogni caso, avevamo
intenzione di tornare presto a combatterli, ma dopo l'Attentato, con
tutte le perdite che avevamo subito, eravamo troppo deboli e feriti per
combatterli - mi stavano ascoltando tutti con attenzione e, da veri
curiosi, sentivo i loro sguardi appiccicati alla pelle, come se
stessero cercando di immedesimarsi in ciò che provavo nel
raccontare quelle vicende - Così, in un certo senso, ci
siamo nascosti, protetti dalle Torri
Antidemoni di Alicante.
Abbiamo continuato ad allenarci, addestrarci e ad esercitarci con
simulazioni che ci potessero preparare per qualsiasi evenienza, ma
nonostante le protezioni, una notte... - dissi mentre la voce mi si
rompeva sull'ultima parola - Una notte di non molti anni fa, la notte
dell'Attentato,
dei demoni sono riusciti ad abbattere il potere delle Torri. Non
chiedetemi come, è un mistero tutt'ora, e sono entrati nella
città - scossi la testa cercando di non ricordare, mentre
ripetevo loro un evento che ancora faceva male al solo pensiero,
considerando che ero fra i Cacciatori che l'avevano vissuto in prima
persona - Ci sono stati così tanti morti... ci abbiamo
rimesso un po' per riprenderci e ricominciare d'accapo. E' stata dura -
mi sfuggì una lacrima, che asciugai subito con il palmo
della mano - Ma ora siamo qui, più forti di prima, pronti a
sistemare le cose e proteggere gli abitanti di questo pianeta - .
- Dev'essere stata davvero dura... Quanti anni avevi quand'è
successo? - domandò cauto Carlisle, con una leggera nota di
compassione nella voce.
Sentivo la mano di Edward posarsi leggera sulla mia schiena, facendomi
quasi spaventare. Non mi guardava, ma sapevo di avere un espressione
indecifrabile sul volto: tra il raccontare episodi, davvero molto
dolorosi, della mia vita a degli sconosciuti e la sua mano a contatto
con la mia schiena, questo era davvero il minimo. Non mi aspettavo un
gesto del genere da parte sua, non in quel momento, non davanti alla
sua famiglia e ai lupi. Diciamo che non me l'aspettavo, punto e basta.
- Già - risposi distogliendo lo sguardo da Edward per
abbassarlo sulle mie ginocchia - Comunque, avevo all'incirca sei anni,
mentre mio fratello Sebastian otto - .
- Sebastian? - si voltò verso di me Edward - Tuo fratello
non è Stephan? - .
- No, lui è il figlio dei miei genitori adottivi. Sebastian
non l'hai mai incontrato - .
Sembrava sorpreso, fin troppo direi. Non mi pareva una cosa da ritenere
così tanto importante. Di certo non poteva aspettarsi che
gli raccontassi tutta la mia vita, letteralmente, da un giorno
all'altro, considerando che soltanto ieri avevamo deciso di provare ad
essere amici. L'oro liquido dei suoi occhi diventò troppo
pesante da sopportare, perciò il mio sguardo finì
sulle grosse figure dei licantropi. Avevano molte domande, glielo
riuscivo a leggere negli occhi, ma non ero ancora completamente sicura
di mettermi a nudo con loro, non interamente almeno. Avevo appena
tradito la mia specie e, in un certo senso, anche la mia famiglia, e
non avevo intenzione di recare altri danni maggiori raccontando i
nostri punti di forza o i nostri segreti. Almeno quelli, decisi di
tenermeli per me. Se avessero avuto intenzioni sbagliate, come ad
esempio tradirmi con quel poco di informazioni che gli avevo rivelato,
avrei saputo come vendicarmi.
- Quanti anni hai ora, cara? - chiese Esme, riportandomi alla
realtà, accarezzandomi i capelli lunghi e scuri.
- Sedici - .
Sussultò, portandosi la mano libera alla bocca -
Però non combatti ancora, vero? - .
Mi sorprese la sua domanda. Questo vampiro; questa donna; questa persona,
perché lo era, era molto più umana di qualsiasi
altro essere umano che viveva su questa terra, da quel che avevo capito
esattamente in questo momento, si stava preoccupando per me. Per me,
una completa sconosciuta, entrata nella sua casa zuppa di sangue e
fango, a creare scompiglio e disordine. Per qualsiasi altro, sarei
stata soltanto una brutta nottata da dover dimenticare: ma loro si
erano presi cura di me, si erano preoccupati, si erano fatti in quattro
per curare le mie ferite, dato che non potevano sapere che io avevo un
oggetto più semplice e veloce che mi avrebbe aiutata a
guarire, cioè lo stilo. Ma mi avevano salvata comunque.
Quello sguardo, quello che c'era negli occhi di Esme, in vita mia
l'avevo visto soltanto in un'altra persona, in una sola occasione: in
mia madre, poco prima che morisse. Sapevo che stava pensando a me,
Sebastian e al nostro futuro quando i suoi occhi disperati e sofferenti
si posarono su di noi, due bambini che avrebbero visto da un momento
all'altro i loro genitori morire sotto i loro stessi occhi, nello
stesso giardino dove poco prima una famiglia come tante altre, si stava
divertendo in una magnifica giornata di sole.
- Sì, combatto. Vado in ricognizione con i miei fratelli -
sussurrai timidamente, cercando di mantenere un tono pacato e rilassato.
Sembrava già abbastanza sconvolta, non volevo peggiorare le
cose, ma a quanto pare, non funzionò - Carlisle,
è soltanto una bambina... - disse, rivolgendosi
disperatamente al marito.
Sembrava che da un momento all'altro stesse per scoppiare a piangere.
Oddio. Per fortuna i vampiri non pativano questo tipo problema,
altrimenti non avrei saputo cosa fare. Non sapevo gestire le lacrime
altrui.
- Non sono poi così piccola... - cercai di toglierle dal
viso quell'espressione spaventata che mi lasciava letteralmente
spaesata.
- Non pensavo vi facessero... iniziare così presto -
mormorò Carlisle, anche lui sembrava leggermente ansioso.
Jasper guardava per terra, ma riuscivo a vedere le sue spalle tremare.
Iniziai a pensare che si stesse sentendo male, ma era un vampiro, e non
era possibile. La sua postura mi aiutò a smettere di
guardarlo, mi sembrava di invadere la sua privacy e non volevo farlo. E
poi c'era Edward, che aveva un espressione indecifrabile sul volto,
eppure era sempre così bello e affascinante, nonostante quel
cipiglio sul tra le sopracciglia che gli dava più anni di
quanti ne dimostrasse in realtà. Anche lui tremava
legermente, o forse ero davvero troppo stanca ed iniziavo ad
immaginarmi le cose. I licantropi invece erano gli unici che, come me
forse, non riuscivano a capire il perché di tutte quelle
reazioni esagerate: per loro non era un argomento nuovo l'idea di
crescere in fretta e andare a combattere giovane con la consapevolezza
di poter non tornare più a casa sano e salvo. Anche loro lo
facevano, più o meno.
- Non è decisamente presto - spiegai - è
l'età giusta. I miei antenati avevano iniziato ancora prima
di noi - .
- Ma erano altri tempi - ribattè Carlisle - Allora non era
così pericoloso come lo è adesso, l'hai detto tu
stessa - .
- Vero, ma pericoloso o meno, resta comunque il mio compito. E' il mio
lavoro - aggiunsi dopo un attimo di riflessione.
L'espressione con cui mi guardava Esme mi faceva capire che in me non
vedeva una Shadowhunters,
ma una specie di bambina-soldato con un fucile in mano, costretta ad
uccidere per vivere, con il rischio di morire in qualsiasi momento. Ma
non volevo che la pensasse così, perchè non era
così che funzionava.
- Povera piccola - ripetè, come se non ci fossi.
- Sono abbastanza grande per conseguire il ruolo che investo - dissi,
lasciando trapelare per sbaglio un tono fastidiosamente fastidioso.
Non volevo far pena a nessuno, ma nonostante ciò non potevo
negare che, in fondo, mi piacevano quelle attenzioni. Non
così esagerate e, magari, non da degli sconosciuti.
Però mi sarebbe piaciuto riceverle dalla mia famiglia
qualche volta, come prova del loro amore nei miei confronti. Ma noi
Cacciatori non ci lasciavamo andare a molte moine e gesti dolci,
eravamo dei guerieri per natura, e dovevamo esserlo per tutto il tempo.
Eravamo stati addestrati, non cresciuti, in mezzo ad armi e con giochi
che le ricordavano, perciò non poteva essere altrimenti.
- Certo Isabella, non intendevo mettere in dubbio le tue
capacità, ti chiedo scusa se te ne ho data l'impressione -
si scusò frettolosamente, ma con sincerità,
Carlisle.
- E' okay, davvero - li rassicurai, tutti quanti - E io non volevo
risultare così acida - .
Carlisle sorrise apertamente - Non ti preoccupare, siamo abituati a
questo - .
E tutti i presenti della stanza, all'infuori di me e i licantropi, si
lasciarono andare in una leggera e piccola risata. Evidentemente
Carlisle aveva appena fatto una battuta, che io non ero riuscita ad
afferrare, ma se il suo intento era di alleggerire la situazione, c'era
riuscito. Aveva persino a fatto sorridere Edward.
- Uno dei miei figli, Emmett - riprese a parlare il dottore,
prendendomi alla sprovvista - Era uno Shadowhunters. L'ho
trasformato all'incirca novant'anni fa - .
Lo guardai confusa e veramente sorpresa. Davvero Emmett nella sua vita
precedente era un Cacciatore? Per questo passava tanto tempo con
Stephan? Perché aveva capito cos'era e voleva estrapolare da
lui qualche informazione sul nostro mondo? Sperai vivemente che Stephan
non gli avesse detto nulla. Nonostante tutto quello che era successo,
non volevo mettere nei guai anche lui. Non ero così meschina.
Dato che Carlisle capì che non avevo intenzione di parlare,
continuò il suo discorso - Si trovava a parecchi chilometri
di distanza da Idris,
nel territorio Francese. Stavo cacciando e l'ho incontrato ai piedi di
un albero: perdeva un sacco di sangue e aveva perso conoscenza -
sospirò, e lo immaginai tornare indietro con la mente a quei
tempi lontani - Inizialmente volevo soltanto curare le sue ferite,
perciò lo portai nella mia abitazione di allora. Ma appena
Rosalie lo vide, mi supplicò di trasformarlo. Era in fin di
vita, non aveva altra scelta che morire, così decisi di
morderlo e tre giorni dopo divenne un vampiro. Erano già
passati dieci anni dall'Invasione
che, come hai detto tu, vi aveva costretti a rinchiudervi nella vostra
terra, e quando ho trovato Emmett ne sono rimasto molto sorpreso. In
teoria dovevate essere tutti estinti, eppure Emmett era vivo. Quando si
è ripreso dalla trasformazione, ho provato a fargli qualche
domanda, per capirci qualcosa di più, ma non mi ha mai detto
nulla. Anche oggi, se gli chiedo come ha fatto a salvarsi, considerando
che prima di oggi credevo che fosse l'unico sopravvissuto, o qualche
informazione sulla sua famiglia o su quello che è accaduto
cento anni fa, non risponde. Penso che in un modo o nell'altro sia
sempre rimasto fedele al Conclave,
per questo non ha mai risposto alle mie innumerevoli domande
- .
Il suo racconto mi aveva fatto riflettere, non facendomi per
niente stare meglio, anche se Carlisle non mi aveva promesso niente del
genere. Emmett era diventato un vampiro, non era più tenuto
a rispettare il Conclave
e le sue imposizioni, ma l'aveva fatto comunque. Io ero
sotto giuramento, e l'avevo tradito ignorando tutte le regole che ci
erano state date per la nostra sicurezza. Non merito di essere chiamata
Cacciatrice. Non merito essere circondata da così tante
persone buone e leali.
Deglutii a fatica, sentendo uno strano groppo in gola che quasi mi
impediva di parlare - Perchè me lo stai dicendo? - .
- Perchè sono sicuro che abbia tante cose da chiederti -
disse con un sorriso rassicurante, captando sicuramente il mio
nervosismo.
Annuii silenziosamente cercando di pensare ad altro. Non avevo
decisamente tempo per sentirmi in colpa in questo momento.
Così, mi ritrovai a ripensare a una frase che aveva colto la
mia attenzione prima. Iniziai a rifletterci sopra, cercando di
concentrarmi solo su quello.
" Stavo cacciando e l'ho
incontrato ai piedi di un albero..."
- Di che cosa vi cibate? - .
Edward mi guardò attentamente, cercando di sondare tutte le
mie reazioni e cambi di espressione - Di sangue animale - disse poi,
lentamente.
Sgranai gli occhi - E vi basta per nutrirvi?! - ero davvero rimasta
attonita da quella rivelazione.
- Dobbiamo berne molto di più rispetto a quanto ne berrebbe
un vampiro con un alimentazione "nella
norma" - intervenne Esme facendomi un dolce sorriso, dopo
essersi ripresa dal suo attimo di disperazione - Ma tutto sommato, ci
riempie abbastanza per qualche settimana - .
- Perchè lo fate? - chiesi veramente incuriosita dalla loro
dieta e dalle loro ragioni.
Non è semplice andare contro l'istinto, combattere il
proprio essere. Dovevano essere davvero molto motivati per farlo.
- Non vogliamo uccidere esseri umani... - rispose Carlisle come se il
solo pensiero gli facesse venire la nausea - Non vogliamo essere dei
mostri... - .
Annuii, comprendendo a pieno le loro ragioni, e non riuscii a
trattenere un sorriso sincero nei confronti di quella famiglia di
vampiri. Avevano un animo così buono, da rinunciare di
seguire la propria natura per salvare vite umane. Era davvero... non si
poteva nemmeno definire a parole, ma la mia ammirazione nei loro
confronti era salita alle stelle.
- Isabella - richiamò la mia attenzione uno dei licantropi,
Jacob - Non penso di aver capito che cosa sei... - fece una pausa,
studiandomi da capo a piedi con i suoi occhi scuri - Cioè,
ho recepito che sei una Shadowhunter
e che uccidi i demoni, ma di che cosa sei "fatta"? Hai qualche potere?
- .
Mi presi qualche secondo per riflettere e mentalmente feci una specie
schema con le informazioni che potevo rivelare e con quelle che invece
non avrei detto nemmeno sotto tortura. Quando iniziai a parlare, non
seppi esattamente quanto tempo era passato.
- Sono una Nephilim,
cioè per metà umana e per metà angelo
- spiegai cercando di essere il più chiara possibile - Nelle
mie vene scorre il sangue dell'Angelo
Raziel, che ci rende molto potenti. Siamo stati creati
più di mille anni fa, quando gli uomini stavano per essere
uccisi a causa delle continue invasioni di demoni sulla terra. Uno
stregone invocò l'Angelo
Raziel, che versò in una coppa il suo sangue
meschiandolo con quello umano per darlo da bere agli uomini. Tutti
coloro che bevvero dalla coppa divennero Cacciatori e
così i loro figli, e i figli dei loro figli. Di generazione
in generazione diventiamo sempre più forti - .
- Quei tatuaggi
che cosa significano? Sono simboli di appartenenza come quello che
abbiamo noi sulla spalla? - chiese elettrizzato Seth, beccandosi
un'occhiataccia da parte si Sam.
Iniziai a pensare che non facesse altro che rimproverare i componenti
del suo branco per ogni minima cosa. Ero più che sicura
fosse così, e la cosa mi innervosiva. Lui mi innervosiva con
i suoi comportamenti. Feci del mio meglio per ignorarlo e per
concentrarmi sugli altri due: quando li guardai meglio, notai che
effettivamente avevano qualcosa disegnato sulla spalla, anche se a
quella distanza, non riuscivo ad identificare che cosa fosse.
- Una specie... Ci aiutano quando siamo ci troviamo in situazioni di
pericolo - spiegai abbastanza velocemente, ma cercando di non destare
sospetti.
L'ultima cosa di cui avevo bisogno era che si informassero troppo sul
nostro conto.
E poi all'imrpovviso mi ricordai, portando il mio sguardo ansioso su
Carlisle - Dove avete messo le mie arm... le mie cose? - .
- Spero non ti dispiacerà - disse timidamente Esme - Mi sono
presa la briga di lavare la tua... divisa. Era tutta sporca di sangue,
perciò... - .
- Oh... Ehm... Grazie! - risposi, leggermente a disagio.
Non mi piaceva per niente che degli estranei toccassero la mia roba, ma
daltronde, gli avevo appena raccontato parte di quello che nascondevo,
perciò questo era davvero il minimo. Non potevo e non dovevo
lamentarmi, sopratutto perché l'aveva fatto per essere
gentile, senza secondi fini.
- Le tue armi invece le abbiamo semplicemente ammucchiate per terra nel
mio studio - si intromise, informandomi, Carlisle - Non le hai notate?
- .
- Ehm no... non ci avevo fatto caso... - che stupida, le avevo a
portata di mano e non me n'ero nemmero resa conto.
- Non importa - mi sorrise, facendomi un occhiolino gentile - Penso che
per oggi possa bastare - disse poi, riferendosi ovviamente a tutta la
conversazione che avevamo avuto.
I licantropi si alzarono e si diressero verso la porta, tranne Sam che
si incamminò verso di me lentamente, ma con fare
minaccioso.Vidi Edward irrigidirsi e alzarsi in piedi quando
evidentemente ritenne che la distanza tra me e il lupo fosse diventata
davvero troppo corta. Il suo comportamento mi faceva sentire bene e, in
un certo senso, protetta, anche se un po' in imbarazzo. Noi non eravamo
niente, e ancora non riuscivo a capire perché ci
tenesse così tanto a tenermi al sicuro. Sapevo cavarmela da
sola, volevo tanto che lo capisse.
- Calmati Cullen - lo ammonì con strafottenza l'Alpha - Devo
soltanto dire una cosa alla vostra amichetta Cacciatrice -
continuò cercando si sorpassare Edward, che gli
bloccò prontamente la strada.
- Puoi dirglielo benissimo anche da qui - gli ringhiò in
faccia.
Sam si innervosì, ma si limitò ad eseguire il suo
ordine e a portare il suo sguardo su di me - Voglio soltanto avvisarti,
poi riferirai quello che ti ho detto al tuo clan: non azzardatevi, mai
più, ad entrare nei nostri confini, siamo intesi? La
prossima volta non esiterò ad uccidervi, tutti quanti.
Chiaro? - .
- Non sei il mio Alpha,
io non eseguo i tuoi ordini - risposi tranquillamente.
In fondo, era la verità. Non era suo diritto impartirmi
certi comandi, sopratutto con quel tono. Ero un tipo abbastanza
orgoglioso, e mai e poi mai mi sarei lasciata mettere i piedi
in testa.
- Allora andrete incontro a morte certa - cercò di
spaventarmi, ma senza successo.
Assottigliai gli occhi a due fessure - Mi stai minacciando? - .
- Il mio è un consiglio, ma se vuoi puoi prenderla pure come
una minaccia, purché stiate lontani dal nostro territorio.
Non avete il diritto di oltrepassarlo quando vi pare e piace! -
esclamò inviperito - Noi non ci siamo mai permessi di
entrare nel tuo territorio - .
- Okay - sospirai velocemente, ero stanca di ascoltarlo - Noi staremo
nel nostro terrirorio e voi nel vostro, fine della storia - questa
situazione in qualche modo doveva finire.
- Perfetto - disse, per poi salutare cordialmente i Cullen.
Gli altri due licantropi fecero lo stesso e dopo seguirono Sam fuori
dalla porta. Stavano facendo ritorno a casa e sapevo che prima o poi
anche io avrei dovuto fare ritorno alla mia e raccontare, una volta per
tutte, tutto quello che era accaduto alla mia famiglia dal momento del
nostro arrivo qui, a Forks. Ma con che parole? Cosa gli avrei detto? In
ogni caso mi avrebbero sbattuta fuori a calci, su questo ero sicura. Ma
l'unica cosa che temevo, era di aver perso per sempre l'unica famiglia
che mi restava, l'unico punto fermo e costante della mia vita. Sarei
rimasta da sola. Me la sarei cavata? In ogni caso, mi avrebbero
protetto dal Conclave? Ero
così stanca, confusa, triste...
- Vado a togliere i tuoi panni dalla lavatrice - disse Esme e prima di
alzarsi dal divano, mi posò una mano sul braccio, come per
farmi forza.
Annuii sorridendole appena. Ero troppo impegnata a pensare alla mia
famiglia per prestarle troppa attenzione. Avevo rovinato tutto.
Già lo sapevo, ma in quel momento era come se avessi
realizzato veramente la cosa. L'avevo fatto davvero, avevo tradito la
mia specie, e intenzionalmente. Non ero stata minacciata, nessuno mi
aveva obbligata. Eppure l'avevo fatto. Come avevo potuto? Non riuscivo
a capacitarmene. Come avrei guardato i miei genitori non appena varcata
la soglia di casa? Semplice, non li avrei guardati. Mi ero comportata
troppo irrispettosamente per meritarmi di guardarli negli occhi, come
se fossi una loro pari. E non lo ero, non più.
- Vieni con me - sentii sussurrare al mio fianco.
- Come? - soltanto in quel momento mi accorsi che Edward si era seduto
nuovamente accanto a me, così vicino, da sentire il suo
alito fresco sulla pelle.
Mi prese per mano facendomi rabbrividire - Vieni - ribadì,
tirandomi delicatamente per farmi alzare dalla mia postazione.
Lo seguii sotto gli occhi curiosi di Carlisle e il sorrisetto
impertinente di Jasper. Davvero credeva che tra me e Edward ci fosse
qualcosa? Era ridicolo, tra me e lui non c'era assolutamente niente,
eravamo troppo diversi e io non provavo assolutamente niente per lui...
No, non è vero. Provavo qualcosa per lui. Lo ammetto, ma
ciò non toglie che non potevamo stare insieme. Eravamo due
razze completamente diverse ed ero sicura che in ogni caso lui non
ricambiasse i miei sentimenti. Era sempre gentile con me, e spesso
cercava di strapparmi un sorriso, ma c'è una distanza
abissale tra questo e al voler bene davvero ad una persona. Non
negherò di non averci mai fantasticato su, in fondo, quel
pomeriggio in biblioteca desideravo con tutta me stessa le sue labbra
sulle mie. Ma non era successo niente, perciò questo doveva
per forza essere un segno del destino. Mentre io ero ancora persa nei
miei pensieri, lui continuava a condurmi negli immensi corridoi di
quella casa. Sembravano non finire mai. Salimmo le scale e vidi una
cosa che mi lasciò un po' perplessa: un enorme croce in
legno sospesa in aria. Sembrava molto antica e aveva un certo fascino,
anche se non riuscivo a capire che cosa ci facesse in una casa piena di
vampiri. Senza accorgermene mi fermai ad ammirarla, facendo bloccare
anche Edward che mi guardò confuso. Poi, quando
seguì il mio guardo, capì.
- Quella croce è stata costruita dal padre di Carlisle,
più di trecento anni fa - iniziò a raccontanere,
tenendo sempre stretta la mia mano nella sua - Era un pastore. E'
l'unica cosa che a Carlisle resta di suo padre - .
Abbassai lo sguardo per guardare Edward e vidi che lui mi stava
già guardando. Annuii come per dire che potevamo andare
andare avanti a camminare, e dopo pochi secondi, sfruttati tutti per
fissarmi, riprese il suo cammino trascinandomi con sé. Mi
condusse su un'altra rampa di scale, ma non mi preoccupai di perdermi:
avevo memorizzato tutto il percorso, nonostante mi fidassi di lui. Ero
pur sempre una Shadowhunters
e lui un vampiro; certe cose non potevano e non dovevano cambiare.
Quando finalmente si fermò, per la gioia dei miei poveri
muscoli doloranti, ci trovammo davanti ad una porta chiusa. Quando la
aprì, mi condusse all'interno. Era una stanza ampia, dipinta
di bianco, con due enormi vetrate a Ovest e a Nord. Un enorme libreria
di legno chiaro era situata alla mia destra e, esattamente davanti a
questa, vicino alle vetrate, c'era un comodo divano in pelle nera.
Quando feci qualche passo in avanti, lasciando involotariamente la mano
di Edward, notai che alla parete dietro di me c'era appeso un
televisore e sotto c'era uno stereo di ultima generazione con ai lati
degli scomparti per contenere i CD. Erano tanti, ma i libri li
superavano in gran numero. Sotto i miei piedi sentivo una superficie
calda e pelosa e, quando abbassai lo sguardo vidi un grande tappeto
persiano che ricopriva quasi tutto il parquet della stanza. Anche se
c'era un po' di disordine, era un ambiente bellissimo e tranquillo.
Quello che rilassava di più, era la vista sul bosco che
davano le grandi finestre. Era magnifica.
- Be', questa è la mia stanza - lo sentii farfugliare e
quando mi voltai verso di lui, vidi che si era portato imbarazzato una
mano dietro la testa.
Stranamente, mi sentivo anche io in imbarazzo, così in
imbarazzo, da abbassare lo sguardo - E' molto bella - e mi incamminai
verso la libreria - Quanti libri... - .
Si avvicinò a me facendomi un sorriso sghembo da capogiro -
Devo pur ammazzare il tempo in qualche modo - .
Ridacchiai non sapendo nemmeno il perché, data la sua
battuta squallida, e morsi il labbro inferiore - Lo trovo giusto - .
Dopodiché l'atmosfera si fece più seria, e il
sorriso ci morì sulle labbra. Sentivo il mio cuore battere a
mille, e immaginavo che potesse sentirlo anche lui senza troppi
problemi. Cercai di non pensarci.
- Come ti senti? - chiese, non staccandomi gli occhi di dosso.
- Ancora un po' indolenzita, ma bene - continuavo a tenere lo sguardo
su alcuni manoscritti dall'aria antica, dato che al solo pensiero di
incontrare il suo, mi mancava il fiato.
- Sono felice che finalmente non ci siano più segreti... tra
di noi -
sussurrò improvvisamente, facendomi rabbrividire.
Avevo sicuramente capito male, non poteva aver detto realmente "tra di noi". Non
aveva senso.
- T-Tra di noi? - balbettai.
Per l'Angelo Raziel,
non potevo credere di aver balbettato per davvero. Ero un imbecille.
I suoi occhi dorati si incatenarono ai miei - Sì, tra di noi
- .
Ci fu qualche minuto di silenzio, ma i nostri sguardi stavano dicendo
più parole di quante ne avremmo dette solo parlando.
Riuscivo a capire che cosa voleva dirmi forte e chiaro, e non sapevo
cosa fare. Mi sentivo rassicurata in un certo senso, e non potevo non
essere felice di notare nei suoi occhi lo stesso luccichio che, sono
sicura, avevo anche io quando guardavo lui. Non si poteva non notare
che effettivamente c'era qualcosa che ci legava, e non era solo
attrazione. Per quanto mi costi ammetterlo e sia difficile da credere,
stavo bene con lui. Mi sentivo calma, al sicuro, e anche felice di
averlo vicino. In quelle settimane di conoscenza avevamo litigato
molto, ma ciò che era succcesso, e era quasi successo, in
biblioteca, aveva cambiato le cose per entrambi. Ne ero sicura.
- Bella - lo sentii sussurrare.
Avevo chiuso gli occhi, il peso di quello guardo era diventato troppo
intenso da sostenere.
- Io non so come sia successo, ma spero che mi crederai. La
prima volta che ti ho vista ho fin da subito provato una forte
attrazione verso di te, ma non lo stesso tipo di attrazione a cui stai
pensando... - fece una breve pausa e potei sentire il suo nervosismo -
Avevo sete del tuo sangue - ammise, facendomi aprire di scatto gli
occhi.
Aveva sete del mio
sangue?! Lui aveva sete... del mio sangue?! Cercai di
fare mente locale, di tornare al primo giorno di scuola, ma non ci
riuscii. Ero troppo concentrata sul presente, curiosa di quello che di
lì a poco mi avrebbe detto.
- No, ti prego, non avere paura di me - mi supplicò con gli
occhi, afferrandomi la mano per evitare che mi allontanassi da lui.
Non mi ero nemmeno resa conto di aver tentato di farlo. Ero scioccata.
Quel giorno, il mio primo giorno di scuola, lui voleva bere il mio
sangue, mettendo in pericolo non solo l'incolumità degli
studenti della Forks
High School ma buttando via anche anni di astinenza dal
sangue umano. Tutto questo per me, a causa mia.
- Non ho paura di te, semplicemente il mio inconscio è stato
addestrato a mettersi in guardia ogni qualvolta ne sente il bisogno, ma
non ho paura. Non di te - lo corressi, mostrandogli libero accesso ai
miei occhi per fargli percepire meglio la mia sincerità.
Sospirò visibilmente sollevato, ma non lasciò la
mia mano. Temeva ancora che scappassi da lui.
Riprese a parlare - Avevo sete del tuo sangue, è vero. Quel
giorno ho progettato più di cento modi per farti uscire da
quella stanza e... be', hai capito. Appena ho ripreso il controllo
della situazione sono fuggito in Alaska, da alcuni parenti. Ero
convinto che sarebbe andata meglio se ti fossi rimasto lontano, in
fondo per quanto avresti vissuto qui? Io ho l'eternità
davanti. Comunque, il mio piano non ha funzionato: ho iniziato a
pensarti, tutti i giorni, tutte le ore, i minuti, i secondi... Non
facevo altro che pensare a te, solo a te, non al tuo sangue. Volevo
sapere cosa stavi facendo, con chi passavi il tuo tempo... Stavo
impazzendo e non riuscivo a capirne nemmeno il motivo! Non ti
conoscevo, eppure l'unico mio peniero era tornare per rivederti.
Così è quello che ho fatto, sono tornato. Ho
cercato di parlarti, per sapere qualcosa in più su di te
dato che non riesco a leggerti nel pensiero, ma tu eri
così... - .
- Aspetta - lo bloccai immediatamente - Tu... Tu leggi nella mente
delle persone? - .
Mi guardò confuso - Sì, noi vampiri abbiamo... - .
- Sì, lo so cosa avete - lo interruppi nuovamente -
Perché non riesci a leggermi nel pensiero? Anche con Stephan
hai lo stesso problema? - .
Ero sollevata che non riuscisse a leggermi nel pensiero. In caso
contrario sarebbe stato davvero imbarazzante, e pericoloso, per me. Non
mi entusiasmava per niente l'idea che potesse conoscere i miei
pensieri, sopratutto quelli che riguardavano lui. Dovevano restare
privati, erano personali.
- Non lo so perché, ma credimi se ti dico che è
terribilmente frustrante - si lasciò scappare, guardandomi
con occhi quasi da pazzo - E riesco a leggere tranquillamente la mente
di tuo fratello Stephan - .
- Non riesco a capire che cosa ci sia di così frustrante,
non è la fine del mondo se non riesci a leggere una mente su
sette miliardi - dissi, scuotendo il capo leggermente divertita e
sollevata dalla sua esagerazione.
Ma lui non rise con me, restò serio. Il suo viso si
avvicinò ancora di più al mio, facendomi
immediatamente zittire. Il mio cuore prese a battere più
velocemente, o forse perse un battito, o forse entrambe le cose. Non lo
so.
Sbattè le palpebre qualche volta, prima di parlare - Lo
è, quando quei pensieri sono gli unici che vorresti sentire
- .
Non riuscii a non arrossire - Perché? - .
Si avvicinò ancora di più, costringendomi con le
spalle contro la libreria - Perché sono sicuro che non sono
inutili e privi di senso come quelli del resto del mondo - .
- Non lo puoi sapere - ghignai, spostando lo sguardo sulla sua
maglietta blu, trovandola estremamente interessante.
Dopo pochi secondi di riflessione disse - Hai ragione, non lo so e
probabilmente non lo saprò mai. Ma mi piace pensare che tu
sia diversa - sussurrò.
Agrottai le sopracciglia - Perché? - chiesi di nuovo.
Forse ero ripetitiva, ma non riuscivo a pensare con lui così
vicino. Non riuscivo a concentrarmi, era una continua distrazione. I
suoi occhi, le sue labbra, il suo mento, non sapevo più cosa
guardare.
Sospirò, guardandomi con quegli occhi dorati e liquidi che
stavano trasmettendo così tante emozioni e sensazioni -
Perché, come ti stavo dicendo, volevo e voglio sapere tutto
di te. Quando mi hai raccontato la strage della tua famiglia biologica,
non sai come mi sono sentito: ero così felice che mi avessi
raccontato una parte della tua vita, così intima, e in un
certo senso è come se avessi iniziato a fidarti di me.
Ovviamente ero anche molto triste, sono molto triste, non voglio
che pensi io sia un insensibile... Sto parlando troppo, lo so,
ma sono nervoso. Quello che cercando di dirti è che non
riesco a starti lontano, che vorrei passare tutto il tempo che ho con
te. Vorrei che cercassi di lasciarti andare, vorrei che ti fidassi
completamente di me - fece una breve pausa per farmi respirare, dato
che lui non ne aveva bisogno - Vorrei semplicemente che tu provassi gli
stessi sentimenti che provo io per te, anche se so che è
impossibile. Io sono un essere mostruoso, crudele per natura e
pericoloso, mentre tu sei praticamente un angelo, venuto a dare vita
alla mia esistenza morta. Tu non sai quanto io... - ma si
bloccò, forse notando la mia espressione a metà
fra lo sconvolgimento e la sorpresa.
Mi aveva appena detto tutto ciò che desideravo mi dicesse,
il mio cuore batteva a mille e riuscivo a sentire soltanto le sue
pulsazioni nelle orecchie. Ero come bloccata. Volevo dirgli
così tante cose ora che lui aveva fatto il primo passo.
Diamine, si era dichiarato! Ma cosa avrebbe portato poi tutto questo?
Non avrebbe mai funzionato, eravamo troppo diversi.
Si allontanò drasticamente da me, palesemente pentito - Mi
dispiace, ho esagerato - .
Si sedette sul suo divano di pelle, lontano dal mio corpo, con i gomiti
poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani. Mi faceva quasi male
quella distanza improvvisa, ma era meglio per entrambi. Nonostante
tutto ciò che pensavo e che provavo, non potevo lasciarmi
andare ai sentimenti che sentivo per lui, anche se erano forti. Non
potevo permettere che entrasse nel casino che da lì a poco
sarebbe diventata la mia vita, una volta confessato ai miei genitori
quello che avevo fatto. Non volevo metterlo in pericolo, ne lui ne la
sua famiglia. Per il bene di tutti era meglio che restasse alla larga
da me e per farlo, dovevo ferirlo.
- Sì, hai decisamente esagerato - dissi, sfruttando il fatto
che non mi stesse guardando per la vergogna che stava provando in quel
momento.
Non parlò, restò in silenzio. Probabilmente se
fossi stata al suo posto, avrei fatto lo stesso. Mi veniva da piangere.
Ogni parola che dicevo, che mi ero costretta a dire, era una pugnalata
al cuore.
- Io non provo niente
per te - continuai cercando di modulare la voce.
Alzò la testa di scatto, i suoi occhi improvvisamente scuri
come la pece. Se non sapessi che non mi farebbe mai del male, ne sarei
stata spaventata, ma non potevo aver paura di lui.
- Allora quello che è successo ieri, in biblioteca? -
domandò alzando leggermente la voce.
- Non è successo niente - dissi spotando lo sguardo sulle
punte dei pini che si muovevano piano a causa del vento.
- Stava per succedere - .
- Ma non è successo, e non l'avrei permesso - .
- Stai mentendo, sicuramente è così... -
provò ad arrampicarsi alle sue ultime speranze.
Scossi la testa abbassando lo sguardo sui miei piedi nudi. Non pensavo
sarebbe stato così difficile: il senso di colpa non aveva
proprio un briciolo di pietà con me. Mi stava distruggendo
allo stesso modo in cui stavo per distruggere lui. Non poteva andare
diversamente.
- Siamo troppo diversi, non siamo fatti per stare insieme - farfugliai
lentamente, cercando di essere convincente - Tu non vai bene per me -
.
- Sei un vampiro - aggiunsi con voce tremolante, come se questo
bastasse a concludere il mio ragionamento.
Lui non rispose, anzi, non mi guardava neanche. Gli avevo appena dato
del mostro, ma in realtà il vero mostro ero io e ne ero
più che consapevole.
Si alzò in piedi e prima di lanciarsi fuori dalla finestra
mi disse - Spero che la tua famiglia ti perdoni - e poi mi
lasciò da sola nella sua stanza, con il cuore più
pesante, i pensieri più confusi e i sensi di colpa a
bruciarmi l'anima, sottoforma di lacrime sulle mie guance.
***VOGLIO
METTERE UNA CAVOLO DI COPERTINA A QUESTA STORIA, MA NON SONO CAPACE NE'
DI FARE UNA COPERTINA, NE' DI CARICARLA SU QUESTO SITO. C'E' QUALCUNO
DISPOSTO A DARMI UNA MANO? UN'ANIMA BUONA CON TANTA, MA TANTA, MA TANTA
PAZIENZA?***
un beso...
Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Chapter twelve - Go away, and never come back. ***
The worlds of demons capitolo 12
[Non
so perché, ma non mi fa cambiare ingrandire le parole]
Comunque... HOLA AMIGOSSSSSS!
Come potete vedere, ho deciso di iniziare con i ringraziamenti stasera
(eh già, sono proprio una ribelle trasgressiva!!!).
Questo è il dodicesimo capitolo e credetemi se vi dico che
mi
sto prendendo a schiaffi: è stato quasi un anno fa quando ho
iniziato a scrivere questa storia, e sono solo al dodicesimo
capitolo!?!?!?!?! No comment.
In ogni caso spero vi piaccia.
Vi mando un grande beso virtuale :-*
Zikiki98.
PS: VI.RENDETE.CONTO.CHE.TRA.MENO.DI.TRE.SETTIMANE.RICOMINCIA.
LA. SCUOLA?! Mio papà ha iniziato a fare il Cownt Down,
ricordandomelo tutti i giorni T.T Ditemi che non è vero,
ditemi
che siamo ancora a giugno!!! Mi viene l'ansia al solo pensiero di
tornare a studiare. Ok, basta. Vi lascio al capitolo. Beso.
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER TWELVE - GO AWAY, AND NEVER COME BACK.
[POV BELLA]
Quando mi
calmai, decisi di
uscire dalla camera di Edward. Sapevo che restare in quello spazio non
avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Dovevo andarmene da quella
casa: dovevo trovare Esme, indossare la mia stupidissima
tenuta, amrmarmi delle mie stupidissime
armi e tornarmene da dove ero stupidamente
scappata. Non sarei mai dovuta uscire dalla mia stanza, avevo commesso
un errore dietro l'altro da quel momento. Qualche parte dentro di me
diceva che era finita, che ero finita, e avrei perso tutto: la
libertà, la mia missione, la mia casa, la mia famiglia...
tutto
ciò che avevo sempre desiderato e poi ottenuto, perduto per
sempre. Ero stata così sciocca e imprudente, fin
dall'inizio, e
anche una completa stronza con Edward. Lui ora stava soffrendo, a causa
mia, e questo faceva soffrire irreparabilmente anche me. Mi trovavo in
una specie di effetto a catena, come il domino: dopo aver fatto cadere
il primo tassello, è quasi impossibile evitare che crollino
anche tutti gli altri. Ed era proprio quello che mi era successo; mi
era scivolata dalle mani una situazione che pensavo avere completamente
sotto controllo, ma non era così. Non lo era mai stata. Non
si
poteva pensare di dare in mano ad una ragazzina di sedici anni una
missione così grande. E' vero anche che non ero da sola,
avrei
potuto scegliere di dire la verità fin da subito alla mia
famiglia, invece di dare ascolto a Stephan e alle sue idee bizzarre. Se
avessi seguito l'istinto, non mi sarei ritrovata in un guaio grande
cento volte me.
- Bella - sentii chiamare una voce cristallina alle mie spalle, mentre
camminavo in uno degli infiniti corridoi di casa Cullen.
Mi voltai spaventata. Ero così sommersa dai miei pensieri da
non
essermi nemmeno resa conto di essere seguita da Alice, un altro membro
di quella famiglia di vampiri. Aveva un sorriso cordiale, ma vidi che
preferì restare a distanza, forse per non intimorirmi.
- Ciao - continuò, sempre con lo stesso tono armonioso, ma
pimpante - Cerchi qualcuno? - .
- Sì, a dire la verità - dissi, e la mia voce non
era per
niente paragonabile alla sua - Cerco tua madre, mi servono i miei
vestiti. Sai dirmi dove si trova? - .
Sorrise, facendo spuntare due fossette ai lati della sua bocca -
Certamente, ti ci accompagno io - .
- Okay, grazie - .
- Figurati - .
Senza che nessuna delle due aggiungesse altro, ci incamminammo per
raggiungere Esme, ovunque si trovasse in quell'immensa casa. Dopo
qualche minuto, e aver attraversato metà abitazione,
finalmente
la incontrammo in una camera mentre piegava attentamente la mia tenuta
sul letto. Penso che questa stanza fosse riservata agli ospiti, dato
che era priva di un qualsiasi oggetto che potesse darle un tocco
personale. Il letto era alto a due piazze, con un piumone bianco crema
che lo ricopriva. Davanti a questo c'era un'armadio scuro, in ciliegio,
della stessa tonalità dei comodini accanto al letto e del
comò accostato alla parete che si trovava esattamente
davanti a
me. Un piccolo divanetto faceva mostra di sè ai piedi del
letto,
poggiato su un tappeto bianco in contrasto con il parquet scuro. Sapevo
che Esme si era accorta della nostra presenza, ma non si era ancora
voltata verso di noi. Quando si girò, quasi avrei voluto che
non
l'avesse fatto. Il suo sguardo era allarmato e la linea della sua bocca
era rigida.
- Qui ci sono tutti i tuoi vestiti - disse frettolosamente - Puoi
cambiarti qui non appena io e Alice usciamo - .
- Va bene - dissi io con voce roca - Grazie - .
- Nessun problema - rispose cordiale con un pizzico di dolcezza, ma
stavolta evitando il mio sguardo.
Perché era così distaccata? Che cosa le era
successo?
Prima non si comportava così con me. E poi capii: aveva
ascoltato la mia conversazione con Edward, tutti l'avevano ascoltata.
Questo non fece altro che aumentare i miei sensi di colpa. Loro mi
avevano aiutata in tutti i modi in cui una persona nelle mie condizioni
poteva essere aiutata, senza nemmeno conoscermi, e io li ripagavo
facendo soffrire loro figlio. Ero un'ingrata senza cuore. Stavo facendo
soffrire Edward e, di conseguenza, anche Esme stava male. Ero davvero
un domino, facevo crollare tutto ciò che avevo vicino, e la
disgrazia non era ancora finita: mancava la mia famiglia all'appello, e
quello sì che sarebbe stato davvero drammatico come crollo.
- Forza mamma, lasciamo Bella ai suoi doveri - disse Alice prendendo
allegramente sottobraccio Esme per portarla fuori dalla stanza.
Le seguii con gli occhi e quando uscirono, prima di chiudere la porta
alle loro spalle, la vampira dai capelli corvini aggiunse - Se hai
bisogno d'altro, Carlisle è al piano di sopra, nel suo
ufficio.
La stessa stanza dove ti sei svegliata - .
- Okay, grazie - non facevo altro che ripeterlo.
Mi schiacciò l'occhiolino e poi sparì dietro la
porta.
Prima di iniziare a vestirmi feci un respiro profondo dato che mi
sembrava di non riuscire a respirare correttamente. Stavano succedendo
davvero troppe cose tutte insieme, mi sentivo soffocare. Avevo bisogno
di sedermi a riprendere fiato. Lo feci: mi sedetti sul quel comodo ed
enorme letto e respirai a fondo, inalando ed espirando aria
ritmicamente. Quando la stanza smise di girare, ripresi il controllo di
me stessa. Mi tolsi i vestiti che mi avevano prestato per indossare la
mia familiare tenuta. Ripiegai la maglia e i pantaloni che mi ero
appena tolta e li abbandonai sul letto. Quando mi sentii pronta, uscii
dalla stanza per dirigermi nello studio di Carlisle. Avevo bisogno di
parlargli, da sola. Grazie alla mia memoria non mi fu difficile
ritrovare la stanza che mi aveva accolto quella fatidica notte, quella
che, sapevo, avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Bussai due volte
a disagio, infilandomi subito dopo le mani nella giacca di pelle.
- Avanti - lo sentii dire, prima che aprissi la porta e mi inoltrassi
nello studio.
Staccò gli occhi dell'enorme libro che aveva davanti a
sè
per posarli su di me, e immediatamente il suo sorriso gentile prese
vita sul suo volto.
- Posso fare qualcosa per te, Isabella? - .
Quasi mi sentii presa in contropiede quando vidi che lui sembrava non
avercela minimamente con me. Mi aspettavo un atteggiamento
più
risoluto e distaccato, invece si stava comportando come se niente fosse
successo, come se suo figlio non fosse fuggito fuori dalla finestra
della sua camera per scappare da me e da quello che gli avevo detto.
- Devo chiederti un favore - inizia, spostando in imbarazzo il peso del
mio corpo da un piede all'altro - So che non dovrei, avete
già
fatto tanto per me, ma ho bisogno di chiedertelo - .
- Certo, accomodati pure - disse indicando una delle sedie dinanzi alla
sua scrivania - Sei ancora debole, hai fatto un brutto volo ieri sera -
.
Ero stata così concentrata sui sensi di colpa e sulla
sofferenza
per aver detto tutte quelle bugie ad Edward, da non sentire neanche
più il dolore dei muscoli stanchi, che non mi chiedevano
altro
di buttarmi su una qualsiasi superficie comoda per riposare.
- Preferisco stare in piedi, grazie comunque - .
Annuì e chiuse con un tonfo il libro che si trovava
appoggiato
sul ripiano in legno davanti a lui; dopodiché si
alzò
dalla sua poltrona in pelle nera, fece il giro della scrivania e si ci
si appoggiò contro, proprio davanti a me.
- Ti ascolto - mi incoraggiò, sorridendomi rassicurante.
Boccheggiai qualche secondo prima di iniziare a parlare - Ho... Ho
bisogno che tu non dica assolutamente a nessuno della mia esistenza,
non devi dire a nessuno che gli Shadowhunters
sono ancora vivi. Ti
prego... Ti prego, non dire nulla. Mi puoi garantire che
tu e la tua famiglia manterrete il segreto? - .
Ero così nervosa da non riuscire a controllare nè
il tono
della voce nè le parole che proliferavano dalla mia bocca, e
per
di più stavo tremando. Peggio di così non poteva
andare.
Carlisle sembrò essere preso alla spovvista - Certo che
manterremo il segreto, te lo avevo già promesso - .
- Lo so, ma avevo bisogno di sentirmelo dire esplicitamente - .
- Isabella, ti prometto a nome di tutti noi che non diremo
assolutamente niente sugli avvenimenti di questi due ultimi giorni. Hai
la mia parola - giurò solennemente.
Sospirai, non sentendomi per niente sollevata, nonostante la sua
promessa - E che mi dici dei licantropi? Anche loro manterranno il
segreto? - .
- Sam potrà sembrare un po' burbero nei modi, ma
è una
persona onesta - mi assicurò, con un sorriso - Non
racconterà nulla a nessuno, puoi stare tranquilla - .
No, non sarei mai stata tranquilla. Mi immaginavo già il Conclave prendermi
con la forza e riportarmi a Idris,
ma non per una visita di piacere. Mi avrebbero rinchiusa in una cella,
mi avrebbero interrogata finché la Spada dell'Anima
non mi avrebbe sfinita e, probabilmente, mi avrebbero anche torturata
per la mia insolenza e sconsideratezza. Dovevo fare del mio meglio per
tenere al sicuro anche loro, e il modo migliore era che fingessero di
non sapere nulla di me. Io avrei fatto il resto.
- Perfetto - mormorai, scostando lo sguardo da lui per posarlo sulla
armi ammucchiate sul pavimento e sugli stivali scuri e pesanti che mi
appartenevano - E' estremamente importante che manteniate la promessa,
non solo per me, ma anche per la vostra incolumità - .
Non rispose, ma dopo qualche minuto di silenzio mi chiese - Pensi che
ti faranno del male? - .
Ancora oggi non so se si stesse riferendo alla mia famiglia o al Conclave,
ma in ogni caso, sarebbe stata una sofferenza devastante, e non solo
fisica, che, tra l'altro, potevo benissimo sopportare se restavo
concentrata. Ma nessuno avrebbe più riparato i miei
sentimenti
dopo quel giorno.
- Non ne ho idea - risposi sinceramente, lasciando trapelare un po'
della mia preoccupazione.
Lo sentii avvicinarsi, per poi poggiare una sua mano sulla mia spalla -
Voglio che tu sappia che potrai sempre decidere di venire a stare qui,
per la tua sicurezza. Ti proteggeremo - .
Mi sembrava di dover entrare in una specie di "programma protezione testimoni",
ma decisi di tenere questo pensiero per me.
- Perché continui a farlo? - .
Mi guardò confuso - Fare cosa? - .
- In questi due giorni non hai fatto altro che prenderti cura di me -
dissi come se fosse una cosa surreale, quasi impossibile da credere -
Perché? Perché cercare di complicarti la vita in
questo
modo? Potreste essere in pericolo anche voi in questo momento - .
- Perché no? Perché non aiutarti? - rispose
invece con
un'altra domanda, mantenedo il mio sguardo - Sono del parere che tutti
abbiano diritto ad una seconda possibilità, e con le ferite
che
ti sei causata, hai rischiato di morire ieri sera; ti avrei curata
anche se tu fossi stata una fata, una stregona o addirittura una ladra.
Non importa ciò che sei, Isabella, nessuno merita una
morte ingiusta - .
- Ma ho fatto del male a tuo figlio - sussurrai, con le lacrime agli
occhi.
Lo sentii sospirare e lasciare cadere al suo fianco la mano che poco
prima aveva appoggiato sulla mia spalla - Lo so, ma ora riesco a capire
perché - fece una lunga pausa - Tu e mio figlio avete
entrambi
l'inesauribile bisogno di tenervi al sicuro l'un l'altra, cercando di
stare distanti. Il primo è stato Edward, quando ha deciso di
scappare in Alaska per non... per proteggerti. Ora lo stai facendo tu,
cercando di allontanarlo da te per essere sicura che quando dirai la
verità alla tua famiglia, e sucessivamente lo
verrà a
sapere il Conclave,
la situazione non si ritorca contro di lui, contro di noi - .
Mi lasciò quasi senza parole, perchè in pochi
secondi,
era riuscito a fare il resoconto delle ragioni di Edward e delle mie.
Mi faceva paura il suo modo di intuire così velocemente la
verità.
- C-Come fai s-saperlo? - ma poi mi corressi - Non puoi esserne sicuro
- .
Sorrise, quasi divertito, anche se sicuramente sapeva bene anche lui
che non c'era niente di divertente in questa situazione - Conosco mio
figlio, e ho visto come vi guardate, l'elettricità che vi
lega... Ho più di tre secoli di vita, queste cose non mi
sfuggono - .
Sentii le mie guance arrossire violentemente. Non era esattamente il
tipo di conversazione che avrei mai pensato di fare in compagnia di un
vampiro, con cui nemmeno avrei mai dovuto parlare e che, come se non
bastasse, era anche il padre del ragazzo per cui avevo messo tutto in
discussione.
- Per questo voglio che tu sappia che qui avrai sempre una casa,
Isabella - disse, ora senza la minima traccia di divertimento nella
voce - So cosa stai cercando di fare e quando anche Edward lo
capirà, ti verrà a cercare e non
smetterà
finché non ti troverà, a costo di mettere in
pericolo
sè stesso. Non posso imperdirtelo, non sono nessuno per
farlo.
Ma posso dirti che secondo me non è la soluzione migliore - .
Annuii, sempre più confusa. Lui aveva capito il mio piano
prima
ancora che io finissi di idealizzarlo alla perfezione, nei minimi
dettagli. Non riuscivo davvero a capire come aveva fatto. Forse i suoi
trecento anni di vita e esprerienze gli avevano regalato una mente
così aperta e libera dal giudizio degli altri da non dare
nessuna possibilità come per scontata. Mi allontanai da lui
per
avvicinarmi alle mie armi e iniziare ad indossarle. Non mi preoccupai
di mostrargli dove le infilavo, la sera prima mi aveva praticamente
spogliata e perquisita per curarmi, sapeva già dove le
nascondevo. Qualche minuto dopo, quando finii di mettere anche gli
stivali, mi voltai di nuovo verso di lui. Sembrava precoccupato, ma in
quel momento non riuscii bene a capire per cosa. Avevo così
tanti pensieri per la testa.
- Grazie ancora, per tutto - gli dissi guardandolo negli occhi, per
fargli capire quanto potessero essere significative quelle quattro
parole per me.
Non aspettai nessuna risposta, mi voltai verso la porta e quando
appoggiai la mano sulla maniglia mi accorsi di star tremando, ancora.
Sbuffai, ma prima che potessi fare altro, mi sentii chiamare nuovamente
da Carlisle. Decisi di non voltarmi.
- Un ultima cosa, Isabella. Forse
riuscirai a scappare da ciò che ti insegue, ma non potrai
mai fuggire da quello che si trova dentro di te - disse in
tono sicuro, certo che sarei riuscita a capire il significato delle sue
parole.
Ed era così, avevo capito, forte e chiaro. Mi aveva colpita
così profondamente che mi si bloccò il respiro.
Non avevo
il coraggio di guardarlo in faccia. Aveva detto che non mi avrebbe
impedito di seguire le mie intenzioni, ciò che avevo in
mente,
ma in quel momento capii che quello era una specie di tentativo per
farmi cambiare idea, un'ultima volta prima di vedermi andare via
definitivamente. Quando Edward avrebbe capito, e l'avrebbe fatto, mi
avrebbe inseguita, cercata senza sosta, e forse, sarei riuscita a
trovare una scappatoia per non farmi trovare. Ma non potevo ignorare i
miei sentimenti, ciò che sentivo, perché questi
mi
avrebbero perseguitata ovunque andassi, e non si può sperare
di
non provare più nulla dalla sera alla mattina,
perché non
è possibile. Carlisle mi aveva praticamente offerto una
seconda
casa, un tetto sotto cui ripararmi, per l'amore paterno che provava nei
confronti di Edward e, per quanto ne fossi grata, non potevo accettare.
Ormai avevo preso la mia decisione. A testa bassa, uscii da
quell'ufficio, da quella casa, per dirigermi, per quella che sarebbe
stata l'ultima volta, nella casa della mia famiglia.
___
I muscoli bruciavano in una maniera impressionante, avevo persino il
fiato corto da quanto stavo faticando. Avevo provato a non utilizzare
lo stilo,
per testare la mia
resistenza in caso di ferite, e devo dire che nonostante tutto non mi
era andata troppo male. Ma mancavano ancora circa tre chilometri, e non
avevo più la forza di continuare. Mi avvicinai ad un albero
e
appoggiai la schiena contro di esso. Lentamente estrassi dalla tasta
interna della giacca lo stilo, tirai su la manica lasciando intravedere
la pelle nuda e tatuata e dove, da lì a poco, avrei
appoggiato
la punta dello stilo.
Iniziai a tracciare un iratze,
sperando con tutta me stessa che facesse effetto in fretta. Volevo che
questa giornata passasse il più velocemente possibile. La
parte
del braccio che avevo sacrificato per disegnare la runa, si
infiammò, iniziando a bruciare così tanto da
farmi venire
le lacrime agli occhi. Era più doloroso delle ferite in
sè. Non riuscivo a capire: gli altri Cacciatori
non sembravano avere il mio stesso problema, loro riuscivano a
sopportare il dolore iniziale che le rune provocavano.
Perché io
no? Senza contare che avevo come la sensazione che le mie agissero
più lentamente rispetto a quelle della mia famiglia. Forse
le
facevo in modo sbagliato? No, non era possibile, non c'erano modi
sbagliati per creare delle rune, non intenzionalmente almeno. O forse
mi stavo semplicemente preoccupando per nulla, come sempre. Ma
d'altronde il mio "preoccuparmi
per nulla"
mi aveva portata esattamente in questa situazione, perciò.
Cercai di non pensarci più, e, invece, di concentrarmi su
quello
che avrei detto alla mia famiglia. Vari minuti dopo, quando la runa
smise di farsi sentire e divenne soltanto un ricordo sbiadito
sottoforma di cicatrice sulla mia pelle, ricominciai a camminare.
Sapevo che era inutile pensare di prepararmi una specie di discorso,
l'avrei scordato in ogni caso, ma dovevo cercare di fare ordine nella
mia testa, dovevo creare una specie di scaletta. Il sole era ancora
alto nel cielo, anche se nascosto sia dalle nuvole che dalla fitta
foresta di Forks. Probabilmente era circa mezzogiorno, ma non sapevo
che giorno della settimana fosse. Con tutto quello che era accaduto,
era normale perdere la cognizione del tempo. Nessuno avrebbe potuto
rimproverarmi per questo. Quando inziai a riconoscere il sentiero che
riportava verso casa, e che indicava che ero davvero vicina, che mi
fece realizzare quanto poco tempo mi restasse prima della mia fine, mi
venne la tachicardia. Mi bloccai per qualche secondo, cercando di
mantenere la calma. Non serviva a niente entrare nel panico ora, avrei
dovuto pensarci prima. Ormai era troppo tardi. Me l'ero cercata, me lo
meritavo. Ripresi a camminare, stavolta a passo spedito lungo il
sentiero, e in meno di cinque minuti mi ritrovai davanti ad un enorme
villa tinta di bianco, ma mai grande ed elegante come quella dei
Cullen. Non sapevo il perché di quel confronto, tanto non ci
avrei rimesso più piede, in entrame le abitazioni. Salii gli
scalini che conducevano al portico e suonai il campanello anche se
sapevo che la porta era aperta. Stavolta volevo annunciare il mio
arrivo, non volevo cogliere di sorpresa nessuno. Ad aprirmi venne
George, che appena si accorse che ero io, mi accolse tra le sue
braccia, preoccupato.
- Per l'Angelo Raziel!
-
esclamò al mio orecchio - Sei ancora viva, sei sana e salva!
- e
dopo qualche secondo, aggiunse - Perché stai bene, vero? - .
Annuii contro il suo petto godendomi quello che sarebbe stato il nostro
ultimo abbraccio - Sì, sto bene. Mi dispiace di avervi fatti
preoccupare - .
- Non importa, davvero. Adesso risolveremo tutto - disse scostandosi
per afferrare la mia mano nella sua e trascinarmi nel salotto di quella
casa - Madre, padre! Fratelli! Scendete, è tornata! Bella
è tornata! - .
Come se non aspettassero altro che sentire quelle parole, tutti si
precipitarono giù dalle scale per abbracciarmi; tranne
Stephan
che restò a distanza, ed era meglio così. Venni
ricoperta
di scuse, di domande apprensive e di carezze, facendomi sentire uno
schifo per quello che avrei dovuto dirgli. In quell'esatto istante
notai che non facevo altro che sentirmi in colpa per tutto, anche se
nella maggior parte me lo meritavo. Ma perché nessuno si
sentiva
mai in colpa nei miei confronti? Certo, io non ero una santa, ma
tantomeno le persone che mi stavano accanto lo erano.
- Mi dispiace di aver reagito in quel modo, ieri sera - si
scusò
stupendomi Jonathan - Ma ero così terribilmente preoccupato
e mi
sono lasciato prendere dalla rabbia che provavo, non solo per te, ma
anche per i tuoi fratelli - .
Ecco, questo era Jonathan Dorwood: incuteva timore da quanto era grande
e grosso, e si comportava da orso la maggior parte delle volte, ma
quando capiva di aver commesso degli errori, lo riconosceva sempre e
chiedeva scusa.
- Anche a me dispiace, tesoro mio - borbottò con le lacrime
agli
occhi Marie, stringendomi nel suo abbraccio stritolatore.
- Avrei dovuto stare al tuo fianco ieri sera - si rimproverò
Sebastian - Non sarei dovuto uscire - .
- Ci dispiace così tanto - concluse William, tremante.
Io... Io non sapevo cosa dire. Si stavano comportando tutti in un modo
che non avevo previsto neanche lontanamente, stavano reagendo
così diversamente dal loro solito modo di reagire. Mi
aspettavo
una sfuriata simile a quella del giorno precedente, forse anche
peggiore, ma non delle scuse sincere. Una parte di me si stava
illudendo che forse non se la sarebbero presa poi così tanto
dopo quello che avevo fatto, ma dovevo bloccarla prima che contagiasse
anche le parti razionali della mia mente. Non potevo spettarmi niente
di positivo.
- Smettetela - sussurrai, allontanandomi da tutti facendo qualche passo
indietro, quasi scossa - Non avete niente di cui rimproverarvi - .
- Questo non è vero... - iniziò dolcemente Marie,
cercando di avvicinarsi, ma la bloccai.
- No, per favore - sbuffai, per poi tentare di regolarizzare il mio
respiro accelerato - Devo dirvi una cosa... Sedetivi - li pregai,
indicando i divani alle loro spalle.
Sentii lo sguardo allarmato di Stephan addosso, ma non mi importava.
L'importante era che l'avrei tenuto all'oscuro dalla situazione, al di
fuori di tutti gli eventi accaduti da quando avevamo iniziato a
frequentare la Forks
High School. Titubanti e sorpresi, eseguirono la mia
richiesta.
- E' una cosa seria, e ho bisogno che mi ascoltiate. Fino alla fine -
feci una premessa guardandoli uno per uno negli occhi - Non importa
cosa ascolterete, mi dovete promettere di starmi a sentire. Poi potete
decidere di me quello che volete, non mi interessa. Vi chiedo solo
questo, anche se non ne ho il diritto - .
- Bella, ci stai facendo preoccupare... - gemette Sebastian, facendomi
salire le lacrime agli occhi.
Quella serebbe stata anche l'ultima volta che avrei visto lui, il mio ultimo legame con la mia
famiglia d'origine.
Forse sarei riuscita a sopravvivere al distacco con i Dorwood, ma avrei
fatto altrettanto con l'unica persona al mondo che mi amava con tutta
sè stessa? Con l'unica persona che metteva prima me davanti
ai
suoi bisogni? No, non ce l'avrei fatta.
- Promettete - mormorai.
- Lo giuriamo sull'Angelo
Raziel - mi sostenne Stephan, parlando per la prima volta.
Guardai nella sua direzione, aveva un'espressione indecifrabile sul
volto, ma non cattiva. Lui sapeva già che cosa avevo
intenzione
di dire, ma non sapevo che l'avrei omesso dal racconto. Questo, per me,
era l'ultimo gesto significativo che legava la nostra amicizia. Speravo
l'avrebbe capito anche lui, un giorno.
- Tutto è iniziato il primo giorno di scuola - iniziai a
raccontare, spostando lo sguardo sul muro decorato dietro di loro -
Dopo aver ritirato gli orari delle lezioni in segreteria, una ragazza
raggiunse l'aula di biologia. Quando arrivò, si
accomodò
all'unico banco libero della classe. Affianco a lei c'era un ragazzo:
era bellissimo, con la pelle pallida e gli occhi castano-dorati. Ne
restò davvero ammaliata, così ammaliata, da non
accorgersi quasi del suo comportamento strano. La sua postura era
rigida, le spalle gli tremando e le sue dita stavano quasi sgretolando
il banco del laboratorio. La ragazza si insospettì subito di
lui
- ridacchiai macabra, per come avevo scelto di raccontargli
ciò
che era successo - Aveva capito che c'era qualcosa che non andava.
Perché il Conclave l'aveva avvertita della sua presenza?
Perché solo di quella sei lupi? Probabilmente non lo sapremo
mai, perché il Conclave
è fatto così. Okay, sto divagando. Comunque, la
ragazza
si ritrovò costretta a passare del tempo con quello strano
ragazzo a causa della lezione che avevano in comune e della ricerca che
gli era stata assegnata. Ma più stava con lui,
più si
rendeva conto di una specie di forza che li legava l'uno
all'altra. Non lo voleva ammettere, ma era così. La ragazza
era
attratta da lui, e lui da lei. Nonostante non si conoscessero ancora
così bene, e tentasse in tutti i modi di fargli credere di
non
sopportarlo, lei gli raccontò un episodio davvero molto
personale della sua vita. Qualcosa dentro la ragazza era cambiato,
sopratutto quando il ragazzo le aveva dichiarato di provare qualcosa
per lei. Lei lo aveva rifiutato nonostante ciò che provava,
perché erano troppo diversi, lei era una Shadowhunters mentre
lui stesso si definiva un mostro senz'anima, nonostante tutti i suoi
sforzi ben riusciti di essere una persona migliore. Lui stesso sapeva
che, appartenendo a due specie così differenti, era quasi
impossibile provare ad avere una relazione, anche se cercava di
convicerla del contrario. Lui l'aveva salvata così tante
volte... e non solo fisicamente... - .
- Puoi arrivare al punto?! - chiese spazientito Jonathan,
interrompendomi.
E in quell'istante afferrai che non importava il modo in cui avrei
detto loro la verità, non avrebbe cambiato il mio destino.
Loro
avrebbero reagito allo stesso modo, in qualsiasi caso.
La verità
è sempre la verità, e non esiste un
modo migliore per dirla. Perciò tanto vale raccontarla senza
troppi giri di parole.
- No! - quasi urlò Stephan, sorprendendolo con le lacrime
agli occhi - Lasciatela finire! - .
- Stephan - sussurrò stupefatta Marie alla sua reazione.
- Non importa - lo tranquillizzai, cercando di fargli un sorriso - Ha
ragione - .
Presi l'ennesimo respiro profondo prima di parlare. Sapevo che sarebbe
stato difficile, ma non pensavo così difficile. In quel
momento
avrei tanto voluto scappare, magari cercare Edward, chiedergli scusa
per tutto quel dolore che gli avevo inflitto ingiustamente e magari
finire accoccolata tra le sue braccia. Ma questo accadeva soltanto
nelle belle storie, e questa non era una bella storia. Era la
realtà, la cruda e vera realtà.
- La ragazza di cui vi stavo parlando... sono io, e il ragazzo,
è il Nascosto
di
cui mi sono innamorata - dissi di getto, tenendo lo sguardo fisso sul
pavimento, non specificando appositamente niente di più su
Edward e la sua famiglia - Gli ho raccontato tutto: sa che sono una Shadowhunters,
perché sono qui e gli ho spiegato perché non
siamo
estinti. Ho provato ad evitarlo, ma non ci sono riuscita. Mi dispiace -
e non riuscii ad impedire a una lacrima di solcare la mia guancia
destra.
Gli sguardi di tutti i presenti, persino quello di Stephan, erano di
stupore, sorpresa, delusione e incredulità. Tutte queste
emozioni messe insieme sapevo che avrebbero creato una sfera di
emotività negativa che sarebbe si sarebbe rivoltata contro
tutti
noi, segnando le nostre vite per sempre.
- Tu... - provò a dire Jonathan incredulo - L'hai fatto
davvero? Tu... Tu ci hai traditi? - .
- Sì - sussurrai, impaurita dal fatto che non avesse ancora
iniziato a sbraitare - Ho tradito tutti voi, ho ignorato le regole
imposte dal Conclave.
Mi dispiace - .
Papà scoppiò a ridere, ma senza alcuna traccia di
divertimento, spaventandomi a morte - Hai sentito Marie? - disse
voltandosi verso di lei, che lo guardava allarmata - Le dispiace - .
Dopodichè, con la stessa velocità con cui aveva
cambiato
umore, si avvicinò a me e, bruscamente, racchiuse le sue
enormi
mani intorno al collo per sbattermi contro il muro. Sentivo le urla di
quel che ne restava della mia famiglia, ma erano strane: non le
percepivo bene, sembravano ottavate e sentivo le orecchie pulsare. Le
sue mani intorno alla mia gola mi facevano male, ed erano
così
strette da impedirmi di respirare correttamente. Mi aveva praticamente
sollevata da terra e l'unico appoggio che avevo era il muro alle mie
spalle. La mia testa era inclinata innaturalmente verso il soffitto
bianco, dove iniziarono a comparire delle insolite macchioline nere. Mi
sentivo confusa. Non riuscivo a credere che mi stesse facendo del male
intenzionalmente, lui, l'uomo che mi aveva cresciuta. Non
riuscivo a credere nemmeno alla calma dei miei pensieri. Ma in tutto
ciò ci trovavo della leggera ironia: neanche ventiquattro
ore fa
ero stata salvata dopo aver quasi rischiato la vita, e ora la stavo
rischiando di nuovo. Se non era destino questo.
- Jonathan! Mettila giù immediatamente! Non riesce a
respirare! - urlò mamma disperatamente.
Ci fu altro trambusto e quando finalmente lasciai i miei occhi
chiudersi e i miei pensieri diventare dei piccoli sussurri
incomprensibili, sentii qualcosa sfilarsi dalla mia schiena e subito
dopo la presa di papà allentarsi, per poi lasciarmi andare
completamente, fecendomi cadere a terra. Aprii gli occhi di scatto, con
la bocca completamente spalancata alla ricerca di ossigeno mentre un
attacco di tosse mi fece tremare la cassa toracica. I polmoni smisero
gradualmente di formicolare. Istintivamente mi portai le dita al collo,
stringendolo leggermente per sentirmi meglio. Aveva stretto
così
forte, da farmi più male l'assenza delle sue dita
intorno
alla pelle della mia gola che tutta l'azione in sè. Quando
iniziai a riprendermi, mi accorsi di avere la testa sul grembo di Marie
e che tutt'intorno a me, inginocchiati, la mia schiera di fratelli mi
facevano da scudo. Tutti tranne Sebastian, che invece stava puntando
minaccioso una delle mie spade angeliche contro Jonathan.
- Non azzardarti mai più a fare una cosa del genere, brutto stronzo!
- mormorò lentamente ma con cattiveria, avvicinando ancora
di
più l'Adamàs al suo collo - Non
esiterò a farti
fuori la prossima volta! - .
Papà non rispose e, senza che potessi controllarlo, dalle
mie
labbra uscì un singhiozzo. Marie mi accarezzò
delicatamente i capelli, sussurandomi delle parole dolci all'orecchio,
come: "non devi
preoccuparti, risolveremo anche questa, siamo una famiglia e resteremo
uniti...".
Ma io ero concentrata sulle spalle minacciose di Sebastian, che mi
stava proteggendo come mai aveva fatto prima di allora, forse
perché non ce n'era mai stato così bisogno.
- HAI CAPITO?! - gridò, mentre lo immaginavo sgranare gli
occhi e sbuffare aria dal naso.
- Sebastian - lo richiamò mamma, nel tentativo di calmarlo -
Basta, metti giù la spada! - .
Ma non funzionò.
- CON CHE CORAGGIO HAI FATTO UNA COSA DEL GENERE?! -
continuò
imperterrito, senza ascoltarla - DOPO OGGI, HAI ANCHE IL CORAGGIO DI
DEFINIRCI FIGLI TUO?! LA STAVI UCCIDENDO, STAVI UCCIDENDO LA STESSA
BAMBINA A CUI OTTO ANNI RIMBOCCAVI LE COPERTE PRIMA CHE DI ANDARE A
DORMIRE! MA CHE MOSTRO SEI?! - .
Avrei tanto voluto alzarmi, andare in contro a mio fratello e
abbracciarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, perché
sapevo che in qualche modo lui ne era uscito più ferito di
me da
quel che era accaduto. Lui aveva sempre messo in discussione la nostra
"nuova famiglia", non si era mai lasciato andare completamente alle
loro coccole, ai loro doni, ai loro gesti. Era convinto che nonostante
tutto, non avremmo mai fatto parte integrante della famiglia. Come
diceva lui, noi non eravamo quelli "indispensabili". Lui era quello
terribilmente insicuro della nella nostra coppia. A lui, in questo
momento, era crollato il mondo addosso, avendo ricevuto su un piatto
d'argento, tutte le sue paure diventate realtà.
Perché in
fondo, l'ho sempre saputo, desiderava più di qualsiasi altra
cosa essere considerato un figlio e un fratello alla pari.
- HA MESSO IN PERICOLO TUTTA LA NOSTRA SPECIE! - esclamò
furioso
Jonathan, contrastando mio fratello con la sua altezza - DEVE PAGARE
SEBASTIAN, LO SAI ANCHE TU! HA SBAGLIATO! - .
- NON TI PERMETTERO' DI UCCIDERLA! - risposero all'unisono Seb e
Stephan, che proprio in quell'istante si era alzato in piedi,
stringendo ai lati dei suoi fianchi le mani in due pugni.
Per l'Angelo,
non vedevo l'ora che la smettessero, tutti quanti. Mi girava la testa,
tantissimo, ma la vista stava riprendendo vigore.
- Jonathan! - lo richiamò Marie, stavolta alzando la voce -
Smettila, ci stai spaventando, tutti quanti! Nessuno
ucciderà
nessuno, nemmeno il Conclave
la farà! Gli parleremo e troveremo una soluzione! - .
Non mi importava di morire sinceramente, tanto avevo perso tutto. Non
avevo più nulla: avevo distrutto la mia famiglia, mio
fratello
si sarebbe reso conto del valore dello sbaglio che avevo commesso e mi
avrebbe allontanata, e Edward mi aveva abbandonata. O meglio, io avevo
abbandonato lui. Quanto ero stata stupida. Mi alzai dalle ginocchia di
mamma per sedermi. Una mano finì immediatamente sulla mia
spalla, facendomi sobbalzare per lo spavento. Era William che, avevo
dimenticato, si trovava esattamente a fianco a me.
- Stai bene? - chiese apprensivo, con gli occhi spalancati per la paura.
Annuii, incapace di parlare. Afferrò la mia mano e, insieme
a
George, mi aiutarono ad alzarmi. Anche Marie cambiò
posizione,
avvicinandosi con cautela a suo marito e al suo figlio adottivo.
- Abbassa la spada, Sebastian - sussurrò guardandolo
gentilmente, prima di posare un dito sul lato liscio della lama per
spingerla verso il basso - Forza - lo incoraggiò di nuovo.
Sebastian obbedì, e tutti tirammo un lungo sospiro di
sollievo.
Poi Marie si voltò completamente nella direzione di
Jonathan.
Non l'avevo mai vista così arrabbiata, e la sua calma
apparente
la rendeva ancora più terrificante.
- Si può sapere che cosa ti è preso? - chiese,
cercando
di mantenere il suo tono tranquillo, anche se a causa di ciò
che
provava realmente, le tremava la voce - Ti sembra il modo di reagire?
Ti sembra il modo di trattare tua figlia? Ti rendi conto di
ciò
che hai fatto? - .
- Lei non è
mia figlia
- ringhiò, facendomi mancare il respiro per la seconda volta
-
Mia figlia si sarebbe ben vista sal fare una cosa del genere, non
avrebbe tradito la sua specie e la sua famiglia - .
Non potevo dargli torto. Non mi meritavo nulla, nessuno sconto, nessun
trattamento speciale, non meritavo nemmeno che qualcuno mi coprisse per
i miei errori. Non mi meritavo di essere ancora in vita. Avevo tradito
nel modo peggiore in cui poteva essere tradita la mia patria in questo
momento, e l'avrei pagata cara per questo.
- Non trovi che sia buffo? - continuò improvvisamente,
l'uomo
che mi aveva cresciuta - Avevamo deciso di non dire loro, a Stephan e
Isabella, il giorno della riunione prima di partire, cosa sarebbe
successo se un Cacciatore
non
avesse rispettato i patti. Che cosa avevamo detto? Ah sì,
che
era inutile, perché tanto tutti i nostri figli avrebbero
rispettato le nuove leggi, che sarebbe meschino spaventarli inutilmente
- fece una lunga pausa, spostando il suo sguardo gelido su di me - E
guarda che cos'è successo, Marie. Guarda. Soltanto Stephan e
Sebastian hanno rispettato a pieno le raccomandazioni - poi si rivolse
unicamente a me - Vuoi sapere che cosa succede a chi tradisce
ciò che ha sentenziato il Conclave, dopo
l'ultima riunione? - .
Deglutii a fatica, immaginando già che cosa stesse per dire.
Non ci voleva un genio per capirlo.
- Viene giustiziato davanti al popolo - disse seriamente, senza un
briciolo di pietà nello sguardo - E sai perché?
Perché sono convinti che usare lo stesso metodo che usano i Volturi,
per mantenere sotto controllo la situazione, per evitare che i vampiri
parlino troppo agli umani, possa aiutare a tenere nascosta la razza.
Tu, in questo momento, sei una nemica
del Conclave, Isabella. Hai
rivelato la nostra esistenza ad un Nascosto - .
Marie, che a quanto pare non ce la faceva più a starlo a
sentire, uscì di corsa dalla stanza con le lacrime che le
cadevano dagli occhi e i singhiozzi che le uscivano ritmicamente dalla
bocca. Mi si spezzava il cuore vederla così. Avrei voluto
abbracciarla, stretta a me, per non farla soffrire così
tanto,
ma non ne sarei stata in grado. Stavo ancora cercando di smaltire il
gesto e le parole di Jonathan. I miei fratelli, intorno a me,
sembravano appena usciti da una maratona a sentire i loro respiri
accelerati.
- Prima di essere il tuo tutore, io sono un Cacciatore,
Isabella - e incrociò le braccia al petto con fare risoluto
- E
questo discorso non vale solo per te o per Sebastian, ma anche per i
miei figli biologici. Prima di essere vostro padre, sono un Guerriero,
che lotta per avere giustizia. Se l'avesse fatto Stephan, avrei reagito
allo stesso modo - continuò, passandosi una mano sul viso,
deluso, davvero deluso - Mi dispiace se ti ho fatto del male, ma mi hai
preso alla sprovvista. Lo sai che ti voglio bene - .
Non sapevo se credere ancora a quelle parole, dopo che mi aveva quasi
strozzata e aver ammesso di volermi uccidere, o che mi avrebbe lasciata
morire per mano del Conclave.
Lui era davvero d'accordo all'idea che morissi? In quell'istante
ringraziai la mia intelligenza per aver tenuto fuori dalla mia versione
Stephan. Non volevo che anche lui finisse nei guai, non volevo che
rischiasse di morire o di finire in prigione. Lui non aveva rivelato
niente della sua vera natura ai Cullen, avevo fatto tutto io. Quindi,
se lui non avesse mandato a quel paese tutto il mio piano dicendo la
sua versione dei fatti, sarebbe rimasto al sicuro. Per quanto potesse
essere al sicuro uno Shadowhunters.
- E proprio per questo, ti darò tre giorni per scappare
prima di avvisare il Conclave.
Avrai tre giorni di vantaggio per trovarti un posto sicuro prima che ti
trovino loro. Questa è l'unica concessione che posso farti
in
questo momento. Vattene, e non tornare mai più - .
*Vorrei inserire un
immagine
alla storia, ma non so come fare, ne tantomeno so creare una copertina.
C'è qualcuno a cui piace e che vuole farla al posto mio?
Ovviamente
scrivendo nell'immagine (magari ai lati, negli angoli... va be', dove
volete) il vostro Nickname, in modo
tale che tutti sappiano chi l'ha fatta. Potete contattarmi anche per messaggio privato. Un beso. Zikiki98.*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Chapter thirteen - No nothing. ***
The world of demons capitolo 13
CHAPTER THIRTEEN - NO NOTHING.
[POV BELLA]
Il
primo giorno era stata
una sofferenza indescrivibile: per la prima volta il tutta la mia breve
vita, mi sentivo davvero abbandonata a me stessa, senza una famiglia,
senza nessuno su cui contare o fare affidamento. Avevo camminato per
ore intere senza meta, con le lacrime agli occhi, ma senza mai piangere
davvero. Non meritavo di lasciarmi andare alle emozioni, esternandole.
Mi meritavo tutto ciò che provavo, e il modo migliore per
punirmi era tenerle dentro di me. Papà Jonathan mi aveva
dato la
possibilità di prendere uno zaino, quello che di solito
utilizzavo per andare a scuola e che, inevitabilmente, mi aveva
immediatamente ricordato Angela, e metterci dentro qualunque cosa
volessi. Avevo scelto di utilizzarlo per contenere provviste, acqua, la
foto dei miei genitori e una mia con Sebastian. Non avevo bisogno di
altre armi che aumentassero il peso che portavo, ne avevo
più che a
sufficienza addosso. Avevo voglia di urlare, ma mi sembrava di non
avere
abbastanza fiato per farlo. Il mio cuore sembrava essere stato
schiacciato sotto un macingno dopo aver preso la decisione di
abbandonare Sebastian, Stephan, gli altri miei fratelli e mamma Marie.
Sapevo che la decisione giusta sarebbe stata quella di prendere di
petto la situazione e dire a Jonathan di avvisare immediatamente il Conclave
per dire tutta la verità. Ma poi avevo visto i loro visi,
quelli
delle persone che amavo e che già stavano soffrendo per un
mio
eventuale abbandono, e non ce l'avevo fatta a fare loro una cosa del
genere. Assistere ad un processo ed infine alla mia morte... Sapevo che
nonostante tutto, il loro amore nei miei confronti era forte, forte
come la prima volta che mi avevano accolta nella loro casa, nella loro
vita. Avrebbero sofferto molto, a causa mia. Il minimo che potessi fare
era quello di ridurre i danni. E Sebastian, il mio dolce Seb; lui aveva
insistito tanto per
partire con me, per scappare, ma fortunatamente ascoltò le
mie
ragioni e, anche se a malincuore, lo costrinsi a restare in
quella
casa, in quella famiglia che aveva fatto così tanto fatica
ad
accettare e in cui ora non si trovava più a proprio
agio. Ma
se mi avessero trovata, e sapevo che l'avrebbero fatto, e lui mi avesse
seguita, avrebbero ucciso anche lui per aver collaborato e contribuito
alla mia fuga e, in questa situazione, Sebastian mi serviva di
più saperlo vivo e al sicuro che morto. Se l'avessero ucciso, io sarei
morta con lui.
Non ero abbastanza forte per vivere questa vita senza l'ultimo membro
della mia vera famiglia; dovevo proteggerlo come meglio potevo e questo
era l'unico modo. Sapevo che i Dorwood l'avrebbero tenuto al sicuro,
perché i miei
errori non erano i suoi
errori, ma ero comunque
preoccupata che facesse qualcosa di stupido che potesse metterlo in
pericolo, e come aveva detto Jonathan, prima di essere un padre e un
marito, lui era un Cacciatore e, come tale, si sarebbe comportato.
Ne sarebbe stato capace: se Sebastian si metteva qualcosa in testa, era
difficile, quasi impossibile, fargli cambiare idea. Due persone, due
Shadowhunters, con idee e mentalità così
differenti, erano difficili da tenere a bada, sopratutto se nessuno dei
due fa qualcosa per andare in contro all'altro. E
così il primo
giorno finì con questi pensieri: mi addormentai al freddo,
sotto un albero, sognando un fratello
felice, ad Idris,
mentre
giocava con dei bambini e una giovane donna. Ma in quel quadretto
famigliare, io non ero presente. Il secondo giorno, quando mi svegliai,
andò un po' meglio. Mi sentivo meno in pena per le persone
che
amavo, ma la voglia di preparare un vero e proprio piano di fuga non
era ancora arrivata. Non sapevo dove andare, che cosa ne avrei fatto
della mia vita... per la migliardesima volta pensai al senso di una mia
ipotetica fuga. Decisi di non allontanarmi
ulteriormente, tanto mi avrebbero scovata anche se mi fossi diretta in
Antartide; stando qui invece, avrei solo accelerato il processo, e io
non vedevo l'ora che tutto questo finisse. Consumai qualche provvista e
mi misi subito a dormire, ma non sognai nulla. Il terzo giorno, sentivo
di non provare più emozioni. Non pensavo alla mia famiglia,
non
pensavo ai Cullen e tantomeno ad Angela. Il vuoto più
totale. Ma
ripresi a camminare: non riuscivo a stare ferma per troppo tempo e mi
inoltrai ancora di più nella vegetazione del bosco di Forks.
Non
ero più nemmeno sicura di trovarmi nei confini della
cittadina,
ma sicuramente non ero né nel territorio del Quileutes
né il quello dei vampiri. In compenso, incontrai un demone:
non
fece nemmeno in tempo a saltarmi addosso che lo uccisi immediatamente.
Il suo piccolo corpo svanì in una nuvoletta scura, non come
quelli a Seattle, che erano rimasti a terra e sanguinanti. Mangiucchiai
qualcosina e mi misi a dormire. Il quarto giorno trovai una grotta. Era
enorme e quando mi addentrai all'interno, notai che si congelava, anche
troppo a dir la verità. Volevo utilizzarla come rifugio, ma
mi
dissi che non era il caso. Quel covo non mi convinceva per niente,
sicuramente c'era qualcosa di strano, ma non sarei andata a
controllare. Ero da
sola, e qualunque cosa ci fosse là dentro
non valeva di certo la mia morte, pensai nonostante il mio
instinto di
sopravvivenza in quei giorni mi avesse un po' abbandonata. Preferivo
morire per mano del Conclave,
che morire per dei mostri qualsiasi. Mi allontanai dalla caverna. Poco
distante, trovai un fiume. Puzzavo davvero tanto, sia di sudore che di icore,
perciò pensai di farmi un bagno veloce e, nel frattempo, di
lavare la tenuta. Mi guardai intorno attentamente, per verificare che
non ci fosse nessuno; successivamente mi spogliai delle armi e dei
vestiti e mi inoltrai nell'acqua fredda, stando comunque a riva per
cercare di non essere trascinata via dalla corrente. Sfregai le mani
sulla mia pelle, sia per pulirmi che per darmi sollievo.
Dopodiché lavai la tenuta velocemente e la rimisi sotto la
luce
del sole. Il mio primo giorno di sole da quando mi ero trasferita a
Forks. Non avrei mai pensato di passarlo così. Uscii
dall'acqua
soltanto quando mi assicurai che la tenuta si fosse asciugata almeno un
po'. Mi rivestii e mi impossessai nuovamente delle mie armi. Mangiai a
bevvi qualcosa, poi mi addormentai. Il quinto giorno, mentre dormivo,
sentii qualcosa afferrare la mia spalla e scuotermi debolmente, come se
volesse svegliarmi. Il mio pensiero arrivò subito al Conclave
e al fatto che mi avrebbero uccisa: erano davvero lì e mi
avrebbero assicurato la pena di morte. Ma poi qualcosa di freddo
accarezzò la mia guancia, e riflettendoci, se era davvero
chi
pensavo, non mi avrebbe mai svegliato con tutta questa delicatezza.
Perciò aprii gli occhi e l'immagine che mi si
parò
davanti, mi sorprese.
Holaaaa! Come
avete potuto
notare, questo non è esattamente un capitolo... o meglio,
sì, lo è, ma io preferisco definirlo una specie
di
"pausa" o "stacco", perché qui Bella racconta i suoi giorni
di
solitudine. Infatti non è nemmeno lungo, perché
non
volevo farvelo pesare troppo considerando che non ci sono dialoghi o
cose simili. Il capitolo vero arriverà presto, ho
già
iniziato a scriverlo. Per quanto riguarda la copertina ci rinuncio ahah
ringrazio tutte quelle persone che mi hanno scritto e mi hanno spiegato
come si fa, ma sono impedita e in più il mio computer non
collabora (sì, sì, diamo tutta la colpa a lui).
Comunque, anche
se è piccolino, fatemi sapere comunque cosa ne pensante. ;)
Besoooooooooooos
:-*
Zikiki98.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Chapter fuorteen - Kidnapping. ***
Ciao
a tutti! Volevo iniziare il capitolo con i soliti ringraziamenti, ma le
pubblicità di Google (che
ragazza creativa che sono) mi rallentano internet, facendomi perdere la
pazienza >.< Comunque vi ringrazio tutti, davvero.
Sapete, ho sempre scritto ff su Efp Fanfiction. Mi sono iscritta quando
più o meno avevo 13 anni, facevo un sacco di errori
ortografici e scrivevo frasi senza senso (e anche le storie lo erano,
spesso ahah). E non le ho mai concluse. Neanche una. Anche se non erano
il massimo, c'erano comunque abbastanza utenti che le seguivano e mi
incoraggiavano, e se penso che in qualche modo gli ho delusi,
cancellandole, mi dispiace. Non so perché non ho mai
concluso una ff; probabilmente sono così insicura di me
stessa che, anche se ricevo commenti positivi, mi butto sempre
giù. Penso sia questo che mi porta ad abbandonare. Voi siete
così gentili, lo siete sempre, sia nelle recensioni che nei
messaggi privati e vi adoro davvero tanto per questo. Mi incoraggiate,
e voi che state seguendo questa storia fin dall'inizio, sapere che i
primi capitoli non sono scritti poi così bene (per non dire
male), deve essere stata una specie di tortura. E ringrazio voi
sopratutto per aver deciso di dare comunque una possibilità
a ciò che scrivo, voi che, nonostante facesse schifo, avete
continuato a leggere. Non dico di scrivere come una scrittrice ora,
perché non sono così brava e probabilmente non lo
sarò mai, e non sono praticamente nessuno per farvi questo
discorso, ma ci tenevo tanto a dirvi GRAZIE, un GRAZIE diverso dagli
altri. Leggete molte fanfiction, di tutti i tipi, e sapere che tra le
vostre "preferite", "ricordate" o "seguite" ci sia anche la mia storia,
mi incoraggia in un certo senso. Mi impegno, e continuerò ad
impegnarmi, per questa storia; ce la metto e ce la metterò
tutta, per non deludervi. Ok, non so perché ho scritto tutto
questo, devo essere abbastanza sentimentale stasera. Devo imparare a
darmi dei limiti ahah.
Grazie di cuore.
Un beso :-* Zikiki98.
[ vanessa_91_;
carmen16;
martyd;
Victoria Herondale
grazie per aver recensito lo scorso mini-capitolo]
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER FOURTEEN - KIDNAPPING.
[POV BELLA]
Sgranai
gli occhi per poi stropicciarmeli con le mani entrambe le mani, sporche
leggermente di terra, non riuscendo a credere chi avevo davanti -
E-Emmett? Sei davvero tu? - .
La mia voce era roca,
sia per essermi appena svegliata, sia per non aver parlato molto in
quei cinque giorni. Sentivo tutta la bocca impastata, ma feci uno
sforzo. Il corpo di quel vampiro sembrava ancora più grande
visto così da vicino, nonostante si fosse accovacciato al
mio fianco. La sua enorme mano, aperta, riempiva quasi lo spazio del
mio intero avambraccio. I suoi occhi dorati mi scrutavano con
attenzione, e lo stesso facevano i miei.
- Sì, sono
io. Ti abbiamo cercata ovunque - disse burbero, facendo un piccolo
sorriso per alleggerire il tono che aveva usato - Sei ferita? - .
Non riuscivo a
capirlo, nonostante parlassimo la stessa lingua. Ero ancora sconvolta
per averlo trovato al mio risveglio, e questo mi impediva di
comprendere tutto il resto. Sicuramente, sul mio volto pallido,
aleggiava un'espressione da stupida. Ma ero davvero sorpresa. Era
l'ultima persona che mi sarei aspettata di trovare al mio risveglio.
- Tu... Tu cosa? -
balbettai, sedendomi a guardandomi intorno - C-Che ci fai qui? C-Come
hai fatto a t-trovarmi? - .
Il suo sorriso si
allargò, ma i suoi occhi sembravano preoccupati. Era
successo qualcosa?
- Super olfatto - mi
ricordò, toccandosi la punta del naso - Ci siamo divisi e ti
abbiamo cercata, provando a rintracciare la tua scia. All'inizio
abbiamo trovato solo tracce vecchie, ma alla fine ti ho trovata - .
- E perché
mi stavate cercando? - domandai, anche se non ero sicura di voler
conoscere la risposta.
Se mi stavano cercando
tutti, non era sicuramente un caso, ed era davvero improbabile che
Carlisle mi avesse tradito rivelando le mie intenzioni alla sua
famiglia. Aveva detto che non l'avrebbe fatto e gli credevo, non sapevo
perché, ma lo facevo. Mi fidavo di lui. Doveva essere
successo qualcosa se mi cercavano con tutta questa urgenza. In
quell'istante gli squillò il telefono. Si alzò in
piedi mostrandomi una mano, come per scusarsi. Anche io allora feci lo
stesso, sgranchendomi le gambe e pulendomi i vestiti dalla terra e
dalle foglie secche.
- Pronto, Alice?
Sì, l'ho trovata... No, non gliel'ho ancora detto, stavo per
farlo. Okay, Riesci a vedere dove mi trovo? Perfetto, dillo agli altri
e raggiungeteci. A tra poco - .
Quando finì
di parlare, lo guardai come se non stessi attendendo altro che una
spiegazione, ed era così. Sembrava disposto a darmela, ma ci
stava mettendo decisamente troppo tempo. E poi stavano arrivando,
stavano arrivando tutti. Avrei rivisto Edward, e dopo ciò
che avevo fatto, non sapevo se avevo il coraggio di guardarlo dritto
negli occhi per affrontarlo. Ma in un certo senso, ero felice di
rivederlo. Lo consideravo una specie di ultimo desiderio prima di
morire.
- Che succede? -
chiesi, con il cuore a mille per l'emozione.
Gli occhi dorati di
Emmett si spostarono dallo schermo del suo telefono, sul mio viso.
Erano attenti e
circospetti - Edward è sparito - .
Il mio cuore
sembrò smettere di battere. Edward... Edward era sparito?
Era fuggito per colpa mia? Per le cose che gli avevo detto? Quando
uscì dalla finestra della sua stanza, non avrei mai
immaginato che non ci avrebbe rimesso più piede. Ero
convinta che appena me ne fossi andata, lui sarebbe tornato. Un ormai
conosciuto groppo in gola mi impedì di dire qualsiasi cosa.
Sicuramente Emmett e il resto della famiglia erano venuti a cercarmi
per farmela pagare, un altro conto in sospeso da risolvere. Prima il Conclave, e ora i
Cullen. Sarebbe stato meglio rischiare la vita nella grotta, a questo
punto.
- Alice ha avuto una
visione qualche giorno fa - iniziò a spiegare velocemente,
facendomi scoprire qual era il potere della sorella - Sai, lei vede il
futuro, di azioni o fatti che si devono ancora compiere - fece una
pausa - E ha visto Edward, mentre veniva rapito, nella sua radura, da
uomini in tenuta scura, armati e con dei simboli disegnati sulla pelle
- mormorò, lanciandomi uno sguardo di intesa.
Degli Shadowhunters,
probabilmente il Conclave.
Dovevamo salvarlo, non potevamo permettere che gli accadesse qualcosa!
Emmett aveva detto che le visioni di Alice accadevano prima che i fatti
riuscissero a compiersi, avevamo ancora qualche ora magari...
- E perché
perdete tempo cercando me?! Per
l'Angelo, andate a salvare lui! - esclamai, alzando il
braccio destro simbolicamente, per invitarlo ad andarsene.
- Ci abbiamo
già provato! - alzò la voce, sovrastandomi - Non
abbiamo fatto in tempo a salvarlo! Quando siamo arrivati alla radura,
non c'era già più nessuno! - .
- Dovevate seguire le
loro tracce! - .
- L'avremmo fatto, se
solo ce ne fossero state! - rispose a tono, per poi calmarsi - Le scie
di quei uomini si trovavano soltanto alla radura, non portavano da
nessuna parte. Seguire quella di Edward non sarebbe servito a nulla,
perchè era quella che ci avrebbe ricondotto a casa nostra.
E' stato trasportato con loro... - .
- Tramite un
portale... - conclusi io per lui.
- E' quello che penso
anche io - .
Restammo in silenzio,
ognuno perso nei propi pensieri. Quando pensai ad un primo vero e
proprio incontro con Emmett, sicuramente non avevo immaginato questo.
Dovevo scervellarmi, dovevo trovare il modo di salvare Edward. Ma come
avevano fatto a trovarlo? Io non avevo fatto alcun nome alla mia
famiglia. L'unico che sapeva, oltre a me ovviamente, era... era
Stephan. Lui... lui non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere,
giusto? Non avrebbe mai messo in pericolo la vita di una persona, a cui
tenevo davvero molto. Per cosa poi? No, era impossibile. Non l'avrebbe
mai fatto. Era leale, non mi avrebbe mai tradita così,
nonostante negli ultimi giorni tra noi non fosse stato tutto rose e
fiori, era pursempre mio fratello e ci teneva a me. Non poteva mandare
a monte un'intera vita di affetto, fratellanza e rispetto. No, non poteva farlo, e non
l'avrebbe fatto.
- E' tutta colpa mia -
sussurrai senza pensare, abbassando lo sguardo sui miei stivali.
Sentii Emmett
sospirare, appoggiandomi la sua enorme mano sulla spalla, come per
confortarmi - No, non è vero - .
- Sì,
invece! Se... Se non gli avessi detto tutte quelle bugie, lui non se ne
sarebbe mai andato e a quest'ora non sarebbe in pericolo! - .
E' davvero assurdo
come a volte il destino sia contro di te e i tuoi stessi piani, a
prescindere da quanto buone siano le tue intenzioni. Volevo soltanto
proteggerlo, proteggerlo dal male che avrebbe potuto infliggergli la
mia razza, ma alla fine, il Conclave
era riuscito a trovarlo. Non appena avessi scoperto chi e come aveva
fatto a dare informazioni al Consiglio,
gli avrei fatto passare decisamente una brutta giornata. Era una
promessa.
- Stavi soltanto
provando a proteggerlo - .
Aspettai qualche
secondo a rispondere - Te l'ha detto Carlisle? - .
Rise, tentando di
risollevare il mio umore - Di certo non serve Carlisle per notare una
cosa così palese. Penso lo sappiano tutti ormai, lo hanno capito tutti.
Quando hai parlato con Carlisle, nel suo studio, non abbiamo potuto
fare a meno di ascoltare. Mi dispiace, non l'abbiamo fatto apposta, ma
il nostro udito non ci lascia altra scelta... - .
- Non dare la colpa
alle vostre capacità, eravate semplicemente curiosi - .
- Okay, lo ammetto -
ridacchiò.
Come faceva a restare
sempre così tranquillo e spensierato? Ero l'unica tra noi
due a tentare di non avere una crisi di panico? O non gli importava
niente della piega che aveva appena preso la situazione, oppure era
davvero molto bravo a fingere.
- Allora
perché Edward non l'ha notato? - domandai tremolante, quasi
con rammarico nel tono di voce.
Capì subito
a cosa mi riferivo - Perché Edward è uno sciocco,
insicuro ed è convinto di essere sbagliato per te, si sente inferiore. Per
questo non ha fatto molta resistenza. Lo conosci quel detto, no? Se
tieni ad una persona, lasciala andare, e se anche lei tiene davvero a
te, tornerà - .
- Io... Io tengo
davvero a lui - sapevo che aveva modificato quello che voleva dire per
non sbilanciarsi troppo, ma lo apprezzai comunque.
Restammo per qualche
secondo in silenzio, finché non sentimmo dei rumori
provenire alle spalle di Emmett. Immediatamente, dalla boscaglia,
comparirono i Cullen al completo... al completo, senza Edward. Mi
stavano fissando tutti perciò, appena Emmett si
voltò verso la sua famiglia, mi spostai leggermente dietro
di lui. I loro sguardi erano indecifrabili, e mi mettevano in
soggezione. Fu Esme a parlare per prima.
- Se davvero tieni
così tanto a mio figlio, ti prego - mi supplicò
dolcemente, unendo le mani davanti a sé - ti prego, aiutaci
a trovarlo, a salvarlo. Portaci a
Idris - .
Era sicuro come la
morte che i Cacciatori
che l'avevano catturato l'avessero portato lì, altrimenti
perché il portale? Non c'era altro posto sicuro per
nascondere un ostaggio. L'avrebbero tenuto in prigione, torturato e, se
non fossero stati soddisfatti, l'avrebbero ucciso. Rabbrividii al solo
pensiero.
- Vi
aiuterò - proclamai, e per un attimo vidi il sollievo sul
volto di tutta la famiglia - Ma non posso portarvi ad Idris - .
Rosalie
iniziò ad urlarmi contro - Non me ne importa nulla se non ci
puoi portare a Idris,
lo farai! Sei forse stupida?! Hai messo nei guai mio fratello e il
minimo che tu... - .
- Rose, amore, basta -
la interruppe Emmett.
- Rosalie, calmati -
la ammonì Carlisle - Lasciala spiegare - .
Presi un respiro
profondo, guardandoli uno per uno - Quello che intendevo dire,
è che non posso portarvi a Idris
perché non ho il potere di creare un portale. Ci serve uno
stregone, e si da al caso, che io non ne conosca neanche uno - poi mi
rivolsi a Emmett - Per caso, nella tua vita da Cacciatore, ricordi
averne conosciuto qualcuno? O magari, ricordi i posti che
frequentano... - .
Scosse la testa - No,
non mi ricordo. Quando ci siamo rinchiusi ad Idris, avevo
all'incirca dieci anni. L'unico posto che ho visitato oltre ad Alicante,
è stato l'Istituto
per i Shadowhunters a Parigi - .
Annuii comprensiva.
Avevamo bisogno di uno stregone, e nessuno sapeva dove trovarlo. Non
avevamo mezzi per raggiungere Alicante e questo aveva messo in ansia
tutti quanti. Bisognava trovare un altro metodo, una soluzione, e in
fretta. Forse, se avessimo cercato con attenzione, potevamo trovarne
uno qui a Forks: spesso, come copertura, fingevano di essere dei falsi
chiromanti, in modo che la gente che venisse a fargli visita non fosse
molta e si potessero divertire con i pochi creduloni che bussavano alle
loro porte. Ma io non sapevo come muovermi a Forks, avevo bisogno del
loro aiuto.
- Jazz, tu non conosci
uno stregone? - chiese Alice, voltandosi di scatto verso di lui.
Annuì in
risposta - Sì, ci stavo pensando anche io... Ma appartiene
alla mia vecchia vita, non mi sembra il caso di metterla in mezzo... - .
- Non importa - dissi
io - L'importante è trovare Edward - .
- Ha ragione -
concordò Carlisle - Sai dove potrebbe essere, Jasper? - .
- Se non si
è spostata, presumo che si trovi ancora a Houston, in Texas
- .
- Allora che stiamo
aspettando? - ci incitò Emmett - Muoviamoci! - .
____
Dopo aver percorso
tutto il tragitto verso casa Cullen sulle spalle di Alice, che si era
gentilmente offerta di trasportarmi per velocizzare i tempi, iniziammo
ad ipotizzare un piano di salvataggio per Edward. Jasper sembrava
essere quello con le idee più chiare tra tutti noi, forse
perché sapeva già che cosa aspettarsi dalla sua
amica stregona, ma qualcosa mi diceva che nemmeno lui era entusiasta
all'eventualità di rivederla. In ogni caso, non potevamo
perdere altro tempo: avevamo la possibilità che questa
stregona si trovasse ancora nello stesso posto dove in precedenza
Jasper viveva, non potevamo lasciarci scappare questa
opportunità. Non sapevo su quali basi lui affermasse questo,
considerando che Alice mi rivelò di non poter prevedere le
intenzioni dei Figli di
Lillith e che, quindi, non poteva proiettare e vedere un
eventuale incontro futuro con lei, stesso discorso per quanto riguarda
i Licantropi; ma che altro avremmo potuto fare? Quale altra scelta
avevamo? Se avessimo optato per cercare un altro stregone nelle
vicinanze, senza avere la certezza della sua effettiva presenza,
avremmo potuto perdere il triplo del tempo, e il tempo doveva giocare a
nostro favore in questa partita, perché più
passava, più Edward rischiava la vita. Alice camminava
avanti e indietro per il salotto con il telefono attaccato all'orecchio
per prenotare i primi biglietti aerei disponibili per il Texas, mentre
io guardavo fuori dalla finestra pensierosa e il resto dei Cullen
parlavano di non so che cosa, seduti sui divani in pelle che si
trovavano al centro esatto della stanza. Non riuscivo ancora a
realizzare il fatto che Edward fosse stato rapito. La visione di Alice
era arrivata esattamente tre giorni dopo l'accaduto che cotrinse Edward
ad andarsene, pochi minuti prima che si compiesse. Non avevano fatto in
tempo a raggiungere quel luogo, che non c'era già
più nessuno. L'unica cosa che provava il loro passaggio, e
che quindi avevano lasciato alle loro spalle, era la piega che avevano
preso l'erba e i fiori della radura, calpestati evidentemente da degli
stivali molto pesanti. La veggente era sicura che fossero Shadowhunters, e di
certo non dubitavo delle sue capacità. L'unica cosa che mi
chiedevo era: perché Edward? Non credevo alle coincidenze,
c'era sicuramente qualcosa sotto. Doveva esserci una spiegazione logica
dietro a tutto questo. I Cacciatori
volevano essere considerati morti. Perché arrivare a tanto?
Perché rischiare tanto per un vampiro? Okay, un vampiro che
era a conoscenza di qualcosa che non doveva sapere, ma loro non
potevano esserne certi. Era stata d'avvero un'azione spropositata e
sconsiderata.
- Brutti pensieri? -
chiese una voce al mio fianco, facendomi spaventare.
Mi voltai
immediatamente. I miei occhi incontrarono quelli scuri di Jasper, che
scrutavano il mio viso curiosi, come se mi stesse studiando. La sua
postura era rigida, le sue mani erano unite in un groviglio di dita
dietro la schiena, e la sua espressione era inespressiva.
- No - risposi
incerta, - solo pensieri - .
Dopodiché
tornai ad ammirare il paesaggio fuori da quelle ampie finestre, mentre
vidi il biondo annuire con la coda dell'occhio. Da quel che avevo
capito, non aveva intenzione di tornare a conversare con gli altri per
idealizzare al meglio questo piano. Era abbastanza semplice, o almeno,
la seconda parte lo era: avremmo raggiunto Houston e Jasper ci avrebbe
condotto dalla stregona, dopodiché, se avesse accettato di
collaborare con noi e trasportarci a Idris, io li avrei
condotti fino alle prigioni di Alicante
e lì avremmo escogitato qualcosa. Non era un grande piano,
considerando che era anche incompleto, ma era tutto ciò che
potevamo fare, per ora. Dopo tutti gli attacchi che avevamo ricevuto,
la città era sempre molto protetta, non solo dalle difese
che garantivano le Torri
Antidemoni, ma c'era sempre qualche pattuglia di Cacciatori che a
turni controllavano le strade. Non sarebbe stata una passeggiata, per
niente. Non avevamo la sicurezza di farcela, ma la nostra motivazione
era molto più grande di qualsiasi rischio avremmo potuto
correre.
- Pensieri fastidiosi?
- insistette.
- Forse - .
Non parlò
più.
- Come si chiama la
tua amica Stregona? - domandai dopo qualche istante di silensio.
Scosse la testa - Non
è mia amica. Si chiama Rashida, ha origini arabe - .
- E che cosa ci faceva
in Texas? - .
- E' una storia lunga
- rispose sbrigativo, come se l'avessi offeso in qualche modo con la
mie domande.
Ma avevo bisogno di
distrarmi da ciò che sarebbe potuto succedere ad Edward,
perciò continuai.
- Una storia lunga che
fa parte della tua vecchia vita? - chiesi senza peli sulla lingua,
ricordando la frase che aveva lasciato a metà quel
pomeriggio.
Stavolta toccava a me
studiare la sua espressione, e a vedere da come i suoi muscoli facciali
si tesero, capii di averlo colpito.
- Esatto - disse solo,
continuando a guardare fuori dalla finestra, senza più
degnarmi di uno sguardo.
- In che cosa
consisteva la tua vecchia vita? - domandai, non riuscendo a tenere a
freno la curiosità.
Restò a
contemplare il silenzio per molti secondi, come se stesse rielaborando
tutti i suoi ricordi. Probabilmente si sentiva costretto a dirmelo, ma
dovevo capire perché si comportava in modo così
strano. Oggi aveva esitato; aveva esitato a salvare un fratello, a
causa della sua vita passata, nonostante sapesse che non avevamo moltre
altre opzioni. Non era sicuro di voler arrivare a tanto per salvarlo,
forse perché così rischiava di mettere in
pericolo anche il resto della famiglia... sopratutto Alice. Ed Edward
comunque era suo fratello,
non un vampiro qualsiasi.
- Sono nato nel 1844 -
iniziò a raccontare con un tono che non seppi decifrare - E
ricordo che non avevo nemmeno compiuto diciassette anni quando mentii
sull'età per arruolarmi nell'Esercito Confederato
- un piccolo sorriso, che durò neanche mezzo secondo,
comparì sulle sue labbra - Feci carriera molto in fretta in
quel settore, c'erano uomini arruolati da molto più tempo di
me e che erano invidiosi del mio successo, mi non gli diedi mai peso.
Alla battaglia di Galveston, dopo aver condotto un gruppo di profughi a
Houston, m'imbattei in quattro donne di straordinaria bellezza: Maria,
Nettie, Lucy e Rashida. Non ero a conoscenza della loro vera natura, io
semplicemente credevo che fossero delle giovani dame bisognose d'aiuto
- la stanza era calata in un silenzio assordante, soltanto la voce di
Jasper rimbombava contro le pareti del grande salotto - Maria era a
capo di quel gruppo, e aveva deciso di trasformarmi. Sarei stato ottimo
per l'esercito personale che stava creando. Aveva scelto me, per il
ruolo da militare che ricoprivo da umano e per la capacità
che avevo, e che ho, di attrarre le persone, emotivamente parlando. In
poche parole per il mio carisma, che nella mia esistenza da vampiro si
è trasformato in un vero e proprio potere, dandomi la
possibilità di percepire e manipolare le emozioni altrui,
anche se con qualche eccezione - ammise, lanciandomi un'ochiata furtiva
- Comunque, ero un guerriero e un leader per natura. Ero un grande
punto a favore per Maria e il suo esercito, insieme alla sua amica
stregona, Rashida. Rashida ci fu davvero molto d'aiuto all'inizio, non
solo in battaglia, ma anche con l'addestramento dei neonati. Con il
tempo, io e Maria iniziammo a legare molto, e spesso mi trattava come
se fossi il pezzo più prezioso della sua collezione,
trascurando la Stregona. Rashida ne era invidiosa, forse
perché in fondo provava qualcosa per lei, non lo so, ma
cercò più volte di vendicarsi contro di me, senza
mai riuscirci. Ad ogni modo, uno dei miei compiti principali era quello
di giustiziare i membri del clan usciti dalla fase neonatale senza
sviluppare doti tali da essere utili in guerra. Per darmi una mano,
decisi di prendermi carico di un aiutante. Si chiamava Peter e una
sera, mentre svolgevamo esattamente quel tipo di attività,
mi resi conto del peso emotivo che gravava sulla spalle di quel
ragazzo, e che si moltiplicava da battutine mirate da parte di Rashida
per farlo soffrire - si fermò un attimo, scuotendo la testa
- Quando arrivò il turno di Charlotte, una neonata, per
essere giustiziata, Peter ebbe uno scatto d'ira e le ordinò
di scappare, seguendola subito dopo. Avrei potuto raggiungerli, ma non
lo feci. Rashida cercò di bloccarli con la magia, con
l'intenzione di conquistare l'amore di Maria, ma glielo impedii. Con il
passare degli anni, le emozioni dei neonati avevano iniziato a
devastarmi, e questo Maria lo aveva notato. Ero depresso, sapevo che
stava progettando di uccidermi, e io stesso stavo progettando di
eliminarla prima che fosse lei a farlo. Ovviamente, Rashida faceva
tutto quello che era in suo potere per rendere a suo vantaggio la
situazione - sospirò - Ma prima che potessi fare qualsiasi
cosa, Peter tornò da me, assicurandomi l'esistenza di altri
clan che convivevano civilmente tra di loro. Non immaginavo nemmeno che
si potesse vivere in un modo diverso da quello, lo ignoravo
completamente. Perciò scappai con lui, ma la depressione non
mi abbandonò come avevo sperato - e poi si voltò,
incrociando lo sguardo di Alice, che traboccava d'amore - Nel 1948
incontrai Alice. Lei... Lei è stata, ed è, la mia
salvezza. Immediatamente venni travolto dalla positività dei
suoi pensieri e mi raccontò di un clan, i Cullen, che
vivevano uno stile di vita completamente differente dal nostro, dal mio
- si corresse, non staccando i suoi occhi da quelli dell'amata - Non
sapevo se crederci, ma non potei fare altro che seguirla. Quando
arrivammo, ci accolsero tutti a braccia aperte... Be', sì,
più o meno - ridacchiò, facendo comparire un
sorrisino nostalgico sulle bocche di tutti - Edward non era tanto
entusiasta. Alice si prese la briga di spostare tutte le sue cose dalla
sua stanza, in garage. Quando tornò a casa... - .
Venne interrotto dalla
piccola ragazza dai capelli corvini - Si ritrovò una bella
sorpresa - concluse per lui, alzando le spalle.
- Senza di lei, senza
Alice, non so dove sarei ora - mormorò Jasper, con lo
sguardo inchiodato sulle sue scarpe firmate.
Alice, con
un'espressione intenerita sul volto, gli si avvicinò e lo
abbracciò stretto a sé, come per consolarlo. La
vidi avvicinare le sue labbra all'orecchio del biondo, mentre si
muovevamo quasi impercettibilmente. Gli stava sussurrando parole dolci
e rassicuranti, per tranquillizzarlo. Scostai lo sguardo imbarazzata
quando mi accorsi di non aver staccato gli occhi da loro neanche per un
attimo. Mi allontanai concedendogli un po' di privacy, avvicinandomi al
pianoforte di Edward. Iniziai ad immaginarmelo mentre, seduto sul
seggiolino, riempiva la stanza di dolci note che avrebbero emozionato i
cuori di tutti. E magari, avrebbe scritto qualcosa che avrebbe dedicato
a me, e me lo avrebbe suonato finché non mi sarei stancata
di ascoltarlo, cosa che non sarebbe successa. Certo, magari se fosse
qui e non fosse furioso con me.
- E' per questo che
non sono convinto all'idea di portarvi da Rashida: era infuriata con me
perché credeva che io fossi la causa del rifiuto di Maria
nei suoi confronti. Da quando l'ha conosciuta è diventata
vendicativa, insensibile... oserei dire anche crudele e manipolatrice -
cofessò ringhiando, scuotendo il capo - Non penso sia
cambiata. Potrebbe essere pericoloso, non so come potrebbe reagire alla
nostra visita - .
- E ora lo capisco -
mormorai, voltandomi verso di lui, - ma Edward ha bisogno del nostro
aiuto, e se è l'unica possibilità che abbiamo...
- .
Non riuscii a
terminare la frase, che mi bloccai. Solo il pensiero che Edward venisse
torturato, mi lacerava dentro. Mi sentivo così patetica e,
allo stesso tempo, così disperata.
- Forse -
iniziò a parlare Rosalie in tono pungente, facendomi voltare
verso di lei - se non gli avessi detto tutte quelle cose, niente di
tutto questo sarebbe successo! - .
- Rosalie - la
rimproverò tranquillo Carlisle - Le intenzioni di Isabella
erano buone. Se avesse davvero avuto la possibilità di
sapere a che cosa avrebbe condotto la sua decisione, non l'avrebbe
fatto - .
- Tu dici?! Carlisle,
è una Cacciatrice!
Non ci possiamo fidare! - esclamò indignata, alzandosi in
piedi per intimidirmi - Chi ti garantisce che non sia tutto un loro
diabolico piano per eliminarci tutti?! A quest'ora Edward potrebbe
essere già morto! - un gemito di dolore uscì
dalle labbra di Esme, ma la bionda non era decisa a fermarsi - Non
possiamo sapere le sue vere intenzioni: Jasper non riesce a controllare
le sue emozioni, Alice non riesce a vedere il suo futuro, e nemmeno
Edward riusciva a leggerle nel pensiero! E' come fare un patto con il
diavolo! - .
Il fatto che avesse
utilizzato il passato per riferirsi ad Edward, mi fece vedere rosso.
Edward non era morto, stava rischiando molto, ma non era morto. Ne ero
sicura, al cento per cento. Avevo sbagliato, ma non ero una persona
cattiva. Se lo fossi stata, non avrei nemmeno accettato di aiutarli,
aggravando così la mia colpa e la mia posizione con il Conclave. Avrei
fatto del mio meglio, ma loro dovevano provare a fidarsi della mia
persona, non della Cacciatrice
che mi avevano addestrato ad essere. E poi, non era di certo colpa mia
se i loro poteri non funzionavano su di me.
- Stamattina mi hai
quasi costretta ad aiutarvi, ed ora cambi idea? - chiesi, cercando di
mantenere un tono di voce fermo e serio - Evviva la coerenza - .
Sul suo viso nacque un
espressione indignata - Ma come ti permetti, razza di... - .
- Di cosa? Avanti,
dillo - la provocai avvicinandomi a lei, minacciosamente.
Non me ne fregava
nulla se era di quindici centimentri più alta di me, le
avrei dato una lezione che avrebbe ricordato per sempre se questo mi
avrebbe garantito il suo silenzio eterno. Parlava inutilmente, e solo
per dire crudeltà. Sarebbe stato un sollievo per tutti
quanti.
Emmett si mise subito
tra di noi - Per favore - ci pregò, tenendoci lontane mentre
ci incenerivamo con gli occhi - Abbiamo altro a cui pensare in questo
momento - .
Dato che, ovviamente,
ero io la più matura tra le due, fui la prima ad
allontanarmi per tornare alla mia postazione precedente,
tranquillizzando così tutti i vampiri presenti. Carlisle si
smaterializzò immediatamente al mio fianco, come per
assicurarsi che non ricapiti più un confronto simile. Non mi
sarei mai fatta mettere i piedi in testa da una bionda ossigentata con
la testa piena di frivolezze.
- Che cosa ti ha detto
l'agenzia? - chiesi ad Alice, tentando di portare la siscussione su
altri argomenti.
Sorrise gentilmente
capendo le mie intenzioni - Ha detto che mi avrebbe richiamata il prima
possibile per avvisarmi dei primi voli disponibili - .
E
proprio in quell'istante, il telefono di Alice squillò.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Chapter fifteen - Departures. ***
CIAO
A TUTTI. MI SCUSO CON VOI PER L'INCREDIBILE RITARDO, CHE INVECE DI
DURARE POCHE SETTIMANE, E' DURATO MESI, LETTERALMENTE. E' STATO UN
PERIODO UN PO' DIFFICILE, E NON SOLO PER LA SCUOLA. HO DOVUTO
AFFRONTARE UN LUTTO IN FAMIGLIA E SINCERAMENTE NON AVEVO MOLTA VOGLIA
DI SCRIVERE. SE SONO TORNATA E' GRAZIE ALLE VOSTRE RECENSIONI, CHE IN
UN MOMENTO DI NOSTALGIA, MI SONO MESSA A RILEGGERE, FACENDOMI TORNARE
LA VOGLIA DI SCRIVERE.
PERCIO' GRAZIE <3 VI LASCIO AL CAPITOLO, ANCHE SE E' CORTO.
(LEGGETE IN FONDO, E' IMPORTANTE)
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER FIFTEEN - DEPARTURES.
I
biglietti disponibili per il viaggio erano soltanto quattro e ne
avremmo usufruito io, Carlisle, Jasper e Alice. Emmett, Rosalie ed Esme
sarebbero rimasti a casa di vedetta, insieme ai licantropi, che
sicuramente erano già stati avvertiti da qualche ora
dell'accaduto. Ovviamente, Emmett aveva esternato tutto il suo dissenso
per non essere stato scelto per il viaggio, ma il mio istinto mi diceva
che sarebbe stato meglio lasciarlo a casa. Non mi sembrava una buona
idea far tornare un ex Cacciatore ad Idris, sopratutto
perchè se ci avessero scoperti, avrebbe dovuto rispondere a
molte domande sul suo passato e sugli avvenimenti della notte della sua
trasformazione. Avrebbe dovuto ammettere di essere riuscito a raggirare
le protezioni di Alicante,
e questo avrebbe portato molti guai.
Io e Jasper avevamo deciso chi portare con noi di quella numerosa
famiglia di vampiri, perché noi due eravamo quelli necessari
affinché il piano procedesse al meglio. Avevamo scelto
Carlisle per la sua saggezza ed esperienza, Alice per il suo potere,
anche se non sarebbe servito a molto nè ad Idris,
considerando che il potere delle Torri contrastava quello dei Nascosti,
nè con Rashida. Infatti, lo stregone di Alicante, l'unico
di cui i Cacciatori si siano mai fidati in queste centinaia di anni,
era in grado di creare soltanto dei portali, che permettevano
a noi Shadowhunters
di uscire dalla città.
Il potere delle Torri era così potente, per la nostra
protezione, da azzerare l'efficacia di altri incantesimi. Quindi,
nemmeno il potere di Jasper sarebbe stato utile, e quello di Edward non
avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo a sopravvivere durante la sua
permanenza ad Idris.
Erano passati solo dieci minuti da quando ci avevano fatti imbarcare
sull'aereo. Non avevo mai volato in vita mia, e non posso negare di non
essere stata assalita dal nervosismo, almeno un po'. Mi dovetti
ripetere più volte nella testa che tutto quello che stavo
facendo era per Edward e che, per questo, valeva la pena soffrire un
po' su uno stupido veivolo.
Seduto al mio fianco, nella fila centrale, si era accomodato Carlisle.
Aveva tutta l'aria di un padre modello che, da lì a poco,
sarebbe partito per fare una breve vacanza con i suoi figli. Nei sedili
dietro, invece, erano seduti Jasper e Alice, che si scambiavano
tranquillamente delle dolci coccole. Non so se per salvare le apparenze
e farci risultare normali agli occhi degli altri, oppure
perché ne avevano bisogno.
Distratta dai miei stessi pensieri, posai lo sguardo sul maglione color
lilla che mi aveva comprato Alice poco prima in Aeroporto. Mi aveva
fatto una "testa
così" sul mio pessimo aspetto e sul fatto che
non potevamo rischiare di farci scoprire, a causa dei miei strani
tatuaggi.
Per andare in Aeroporto, mi aveva dato alcuni dei suoi vecchi vestiti.
Una volta arrivati, mi aveva fatto fare il giro di metà
negozzi, finché finalmente il nostro volo non fu chiamato.
Nei panni che indossavo sembravo una qualsiasi brava ragazza e,
probabilmente, la vicinanza di Carlisle mi faceva risultare ancora
più innocente.
- Nervosa? - mi chiese ad un certo punto, con un sorriso
gentile, mentre si allacciava la cintura di sicurezza, anche se avrebbe
potuto benissimo farne a meno.
- Un po' -, ammisi titubante - ma non per il volo - .
- Per Edward? - .
Annuii abbassando lo sguardo sulle due estremità della
cintura ancora slacciata. Sembrava un meccanismo abbastanza complicato;
questa non somigliava per niente alla cintura di una normale automobile.
All'improvviso, sentii la sua mano fredda ma confortante, posarsi sul
mio avambraccio - Penso che andrà tutto bene - .
Gli feci un sorriso tirato - Lo spero - .
- Dovresti imparare ad essere più positiva, sai? - disse
istintivamente per smorzare la tensione - E anche a sorridere di
più. Ti conosco da poco tempo, è vero, e non in
circostanze che sicuramente ci farà piacere ricordare in
futuro, ma Edward quando mi parla di te ti descrive come una ragazza
triste - .
Ero felice che avesse usato il presente e non il passato per dire
quello che mi stava dicendo. Mi faceva sentire un po' meglio il fatto
che lui confidasse che suo figlio fosse ancora vivo. Mi dava
più speranza in più e un'estrema voglia di
cercarlo e trovarlo.
- Non sono triste... E' solo un "periodo
no", come voi lo definite - .
- Sono a contatto con gli esseri umani da più di trecendo
anni -, mi sorrise paterno - penso di saper riconoscere uno sguardo
spento - .
E in quel momento mi chiesi come facesse ad essere così
gentile e cordiale, mentre mi stava appena conducendo in un discorso
decisamente indiscreto, alla scoperta della vera me. E la cosa
più assurda era che non lo faceva nemmeno pesare. Sembrava
così naturale.
- Vuoi parlarne? - domandò, nello stesso istante in cui dei
piccoli televisori si abbassarono dal soffitto dell'aereo.
Partì un video che indicava tutte le procedure da seguire in
caso l'aereo fosse precipitato, ci fosse stato un incendio o una fuga
di gas durante il volo, sulle cose da fare e non fare e su come
allacciare la cintura.
Quando capii, unii immediatamente le due estremità della
cinta, finché non sentii un "click". Carlisle, che a quanto
pare stava ancora aspettando che gli rispondessi, tossì come
se volesse attirare nuovamente la mia attenzione. Non ero ancora sicura
di volerne parlare. La ferita che si era aperta dentro di me, era
ancora troppo fresca e profonda per riuscirne a parlare senza essere
sicura di non scoppiare a piangere. Non aveva avuto ancora abbastanza
tempo per cicatrizzare, o forse ero io a non aver avuto abbastanza
tempo per realizzare l'accaduto di quella sera, la sera che ero stata
costretta a dire la verità alla mia famiglia.
Dato che non ricevette ancora alcuna risposta, Carlisle aggiunse - Non
voglio costringerti. Voglio solo che tu sappia che, se vorrai, io
sarò qui ad ascoltarti - .
Mi voltai verso di lui, facendogli un sorriso sbilenco, ma
riconoscente, e guardandolo negli occhi - Lo so, grazie - .
Ricambiò velocemente e senza esitazioni il sorriso, per poi
guardare dritto davanti a sè. L'aereo aveva già
iniziato a muoversi sulla pista, finché non
iniziò a prendere velocità e a staccarsi dal
suolo.
Come riflesso, cercai di aggrapparmi di più ai braccioli del
sedile, fino a far diventare le mie nocche pallide, ancora
più bianche. All'improvviso, sentii la mano di Carlisle
posarsi sulla mia, come un padre che prende la mano della propria
figlia piccola per intimarle coraggio e che non c'è nulla da
temere. Quel gesto, quel semplice gesto, che mai, nè mio
padre biologico, nè Jonathan avevano fatto per me, mi
commosse, e a stento riuscii a trattenere le lacrime.
Carlisle Cullen aveva fatto davvero tanto per me in questi giorni,
più di quanto i miei genitori avevano fatto in tutta la loro
vita, e per una sconusciuta che stava rischiato di distruggere la sua
famiglia. Sicuramente, qualsiasi cosa sarebbe successa, quel nome non
lo avrei mai scordato, ma lo avrei ricordato con un tenero e
malinconico sorriso sulle labbra.
PS:
A CHI INTERESSASSE, HO DECISO DI CORREGGERE TUTTI I CAPITOLI. PER CHI
VOLESSE FARE UN SALTO, IL PRIMO L'HO RIPUBBLICATO. IL PROBLEMA E' CHE
HO PERSO 40 MINUTI PER PUBBLICARE ENTRAMBI I CAPITOLI. PERCHE'? PERCHE'
IL MIO COMPUTER E' PIENO DI STUPIDA PUBBLICITA' CHE MI RALLENTANO A
DISMISURA INTERNET. COMPAIONO PAGINE SU PAGINE, FACENDOMI SALIRE LA
VOGLIA DI SFONDARE LO SCHERMO. PERCUI, LA MIA IDEA SAREBBE, SE NON E'
UN PROBLAMA PER VOI, ALTRIMENTI DITEMELO, DI RISCRIVERE LA STORIA SU
WATTPAD, DOVE, PER ORA, NON MI SI APRE NESSUN TIPO DI PUBBLICITA'
FASTIDIOSA (ME LA SONO GUFATA, PERFETTO). SE NON SIETE D'ACCORDO,
CONTINUERO' A SCRIVERE QUI. BESOSSSSS.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Chapter sixteen - Strategies. ***
the world of demons capitolo 15
CIAO
A TUTTI. MI SCUSO CON VOI PER IL RITARDO, MA TRA GLI ULTIMI E
IMPESTATI GIORNI DI SCUOLA, DUE SETTIMANE DI TIROCINIO CHE OCCUPAVANO
LETTERALMENTE TUTTE LE MIE GIORNATE, E' DA QUESTO LUNEDI' CHE PER ME LE
VACANZE SONO INIZIATE.
ORA VI LASCIO AL CAPITOLO, CHE SPERO SIA DI VOSTRO GRADIMENTO.
CI VEDIAMO GIU' :-*
THE WORLD OF DEMONS
°IL PORTALE DEI DEMONI°
CHAPTER SIXTEEN - STRATEGIES.
Atterrammo
in Texas, più precisamente a Huston, verso sera, quando
ormai il sole era già calato e i Cullen potevano muoversi in
tutta libertà senza avere il timore di coprirsi dalla luce
del giorno.
Una volta recuperati i pochi bagagli di cui eravamo provvisti, ci
incamminammo verso l'uscita dell'aeroporto alla ricerca di un taxi.
Fortunatamente ne trovammo uno abbastanza in fretta, che ci condusse in
un motel senza troppe pretese. In fondo, non eravamo lì per
una vacanza, e la maggior parte di noi non necessitavano nè
di ore di riposo nè di soddisfare chissà quale
altro bisogno umano.
Una volta arrivati alla recepcion, ci accolse una donna anziana con i
capelli raccolti tinti di bianco e un forte accento Texano. Ci diede le
chiavi di due camere da letto sotto sua insistenza, perché
il suo motel non disponeva di stanze abbastanza grandi da contenere
quattro persone, anche se per poche notti.
Avevo bisogno di farmi una doccia e di mangiucchiare qualcosa,
così decidemmo che Alice mi avrebbe fatto compagnia mentre
Carlisle e Jasper mi avrebbero cercato qualcosa da sgranocchiare.
Appena arrivate in camera, la veggente abbandonò le valigie
in un angolo, per poi voltarsi verso di me e guardarmi con un bel
sorriso caloroso sulle labbra.
- Hai bisogno di rilassarti -, mi disse - lascia che mi prenda cura di
te - .
Così mi preparò l'acqua calda per fare il bagno e
ci aggiunse qualche strano olio che in vita mia non avevo mai visto, ma
avevano un buon profumo, simili a quello dei fiori che crescevano solo
ad Idris. Quando finì di preparare tutto l'occorrente, mi
lasciò da sola con i miei pensieri.
Mi spogliai lentamente dei miei stessi vestiti e, con una calma che non
mi apparteneva, mi immersi completamente nella vasca colma d'acqua.
Cercai di lasciarmi andare il più possibile, scaricare la
tensione, in modo tale che al ritorno di Jasper e Carlisle sarei stata
abbastanza in forma da essere d'aiuto. In fondo, ero ancora reduce
dalla mia fuga e non potevo utilizzare lo stilo per farmi sentire
meglio, considerando che lo avevo lasciato a Forks, insieme a tutte le
mie armi. Cosa avrebbero pensato ai controlli dell'aeroporto le guardie
mondane? Che conducevo un traffico clandestino di spade strane, bacchette strane e altre armi
strane?
Le uniche cose che avevo con me erano la collana di Marie e la mia
pietra Stregaluce:
erano le sole cose che potevano senza problemi passare inosservate. Non
potevo assicurare lo stesso per gli altri miei averi: nè io
nè i Cullen sapevamo se i metal detector li avrebbero
intercettati o lasciati passare, per questo era meglio evitare di
rischiare.
Avevo già abbastanza problemi con la giustizia
sovrannaturale, ci mancava solo di mettere in mezzo quella mondana.
Dopodiché, iniziai a pensare a Edward: se stava bene, se
fosse ferito, se lo nutrivano abbastanza, se lo stavano torturando, se
lo avevano già interrogato... se stesse pensando a me come
io pensavo a lui... e se un giorno avrei ottenuto il suo perdono.
Una lacrima sfuggì al mio controllo. In fondo, anche io
avevo qualcosa di umano.
___
- Ti abbiamo portato due tramezzini al prosciutto, qualche barretta
energetica al cioccolato, una Coca Cola e due bottigliette d'acqua - mi
informò Carlisle appena mise piede in camera, seguito da
Jasper, mentre mi porgeva un sacchettino di plastica bianca - Spero sia
abbastanza, almeno per stasera - .
Gli sorrisi riconoscente - Grazie mille - .
Non appena finii di farmi il bagno, di asciugarmi e vestirmi, raggiunsi
Alice, sedendomi accanto a lei sul letto a gambe incrociate. Stava
cercando di predire il futuro di Edward, inutilmente. Voleva provare a
vedere se sarebbe mai uscito al di fuori delle protezioni di Alicante, quindi se
mai un giorno sarebbe stato liberato ,ma senza grandi successi. Forse
perché neanche noi sapevamo esattamente come muoverci: non
avevamo un piano preciso, stavamo camminando a tentoni, nel vuoto
più assoluto, senza sapere a che cosa avrebbero portato le
nostre decisioni. Almeno per ora, dovevamo procedere a tentativi: era
l'unica possibilità che avevamo per trovare una via che ci
avrebbe condotto ad una soluzione, ad Edward.
Il primo passo nel vuoto era trovare Rashida, e il primo posto dove
trovarla era cercare dove Jasper l'aveva vista l'ultima volta, a Huston
appunto. Ma si da il caso che Huston non fosse una città poi
così piccola, perciò Jasper avrebbe dovuto
consultarsi con qualche sua vecchia conoscenza.
- Figurati - mi sorrise, prendendo posto su una poltroncina di legno
imbottita.
Jasper, al contrario, restò in piedi con le braccia conserte
dietro la schiena, con la sua solita espressione imperturabile. Seria.
Apatica. Dura. Controllata.
- Avete notizie degli altri? - domandò Alice, nonostante
fosse già a conoscenza della risposta.
Nel frattempo, iniziai a consumare voracemente uno dei panini al
prosciutto. Avevo davvero fame, e sinceramente non pensavo di averne
finché non diedi il primo morso.
- Ha chiamato Rose prima - ci informò Jasper - Dice che
è tutto tranquillo. Per ora - .
- E tu? - chiese Carlisle speranzoso - Hai avuto qualche visione? - .
Ero sicura che non sapere che cosa stesse succedendo ad Edward lo
stesse logorando dentro, più di tutti noi messi insieme. E,
ci avrei scommesso, che si sentiva anche un po' in colpa per non essere
riuscito ad evitare che tutto ciò accadesse, per non essere
riuscito a proteggere suo figlio e a salvarlo in tempo dalle grinfie di
Cacciatori
spietati e vogliosi di mettere le mani su un Nascosto a
conoscenza di verità che non avrebbe mai dovuto sapere.
Ovviamente la realtà era ben diversa: non era colpa di
Carlisle se Edward era stato preso, ma mia. Il dottore se la stava
prendendo ingiustamente con se stesso.
- No... non sono riuscita a vedere nulla - rispose sconsolata,
abbassando lo sguardo come se l'inutilità del suo potere in
quel momento la rendesse meno utile in tutta questa situazione.
- Non dipendede da te - la rassicurai, poggiandole la mano libera sulla
spalla - Sono le Torri,
nessun potere funziona quando sono in funzione - .
- Mi sento così inutile - ammise, ignorando quello che le
avevo appena detto - Mi sono sempre affidata sul mio potere, in tutte
le situazioni, e ora che ci servirebbe più di ogni altro
momento, non mi è consentito usarlo - .
A quel punto non sapevo cosa dire per rincuorarla, perché a
differenza sua, non avevo la minima idea di che cosa significasse avere
un potere e affidarsi al cento per cento su quello. Non avevo poteri
speciali. Quello che mi era sempre stato insegnato fin da piccola era
di sviluppare tutte quelle qualità che mi avrebbero reso
un'ottima Cacciatrice e che mi avrebbero permesso di tirarmi fuori dai
guai qualora ce ne fosse stato bisogno.
Fu in quel momento che Jasper si mosse, avvicinandosi sempre di
più verso la sua amata, con lo sguardo più dolce
e tenero che gli abbia mai visto fare da quando lo conobbi. Si
piegò sulle ginocchia, davanti a lei, e le prese le mani con
una delicatezza pari ad un soffio di vento. I loro sguardi dorati si
incatenarono, iniziando una conversazione tutta loro.
Questa scena mi incantò.
Ad un certo punto, Alice gli sorrise e disse - Grazie Jazz, ti amo - .
Il biondo ricambiò il sorriso e mormorò - Ti amo
- .
A quel punto spostai gli occhi su Carlisle, che a differenza mia stava
dando un po' di privacy
ai due piccioncini digitanto concentrato qualcosa sul cellulare.
Feci in tempo a terminare il mio panino prima che Jasper ed Alice
finissero di fare le loro cose da fidanzati-sposati.
Dopodiché ritrovammo la concentrazione per decidere la
prossima mossa da compiere.
Decisimo che, come prima cosa, Jasper avrebbe dovuto telefonare Peter,
un suo vecchio amico, per ricevere qualche informazione in
più su Rashida. Successivamente, dopo quello che ci avrebbe
detto, avremmo iniziato a costruire un piano.
Quando Jasper uscì dalla piccola stanza per chiamare Peter,
decisi che avrei cercato di non pensare finché non avesse
terminato, in modo tale da alleggerire la mente e svuotarla dai
problemi e dalle preoccupazioni. Mi distesi sul letto e chiusi gli
occhi, concentrandomi per cercare di mantenere la testa vuota, mentre
in sottofondo Carlisle e Alice parlavano di tutte le
possibilità che...
Okay, forse mi era impossibile rilassarmi completamente, ma riuscii
comunque a fare un sonnellino, perché quando Jasper
finì la chiamata, Alice si preoccupò di scuotermi
per farmi tornare al mondo reale.
- Che cosa ti ha detto? Sei riuscito a scoprire qualcosa? - chiesi al
biondo, con la voce impastata per il sonno, appena incrociai il suo
sguardo.
- Non molto - ammise sconsolato - Mi ha dato l'indirizzo di dove vive
ora, e mi ha detto che lavora come chiromante, per prendersi gioco di
umani ingenui. Ha saputo dirmi solo questo - .
- Non capisco, ti ha dato l'informazione più importante di
tutte, sappiamo dove vive! - mi ravvivai immediamente - Non ci serviva
sapere altro - .
- Ci serve sapere se potrebbe essere effettivamente un buon aiuto -
disse Carlisle, lanciando un'occhiata al figlio adottivo, che
ricambiò lo sguardo apprensivo del padre.
- In che senso? - chiesi, non riuscendo effettivamente a stare dietro
ai loro ragionamenti.
- Dobbiamo essere molto prudenti - iniziò a metterci in
guardia Jasper - Rashida, a causa dell'influenza di Maria,
l'ho conosciuta come una donna calcolatrice, meschina, subdola e
vendicativa. Ora, dopo tutto questo tempo, io non so se sia cambiata, e
se lo è, in meglio o in peggio. Non so se è
ancora innamorata di Maria, o se ha mantenuto un rapporto con lei, e se
riserva ancora dell'astio nei miei confronti. Non voglio che si
vendichi di me facendo del male alla mia famiglia - .
Sapevo dove voleva arrivare, e non glielo avrei permesso: non avrei mai
permesso che rischiasse la vita per una situazione che avevo creato io,
non avrei mai permesso che Alice provasse la paura di perdere il suo
compagno per sempre e non avrei mai permesso che Carlisle si sentisse
in colpa per un altro figlio scomparso. Forse ero drastica, ma
bisognava effettivamente valutare tutte le probabilità, sia
per non illudersi sia per prepararsi al meglio.
- Quindi, cosa si fa? - domandai, dopo qualche minuto di silenzio, dove
ognuno era perso nei propri pensieri.
- Andrò a parlare con Rashida - e poi i suoi occhi si
spostarono su Alice - Da solo - .
Alice si allarmò immediatamente, alzandosi in piedi per
raggiungere dall'altra parte della stanza il marito.
- Non ti permetterò di farlo - mormorò in preda
ad un'emozione che le faceva tremare le mani.
- A malincuore - si intromise Carlisle - devo dire che è la
scelta migliore per il momento. Solo Jasper conosce Rashida, e se ci
presentassimo a casa sua, nel suo territorio, tutti e quattro, potrebbe
sentirsi minacciata e reagire di conseguenza - .
Vedevo Alice essere sull'orlo di una crisi di panico, mentre Jazz
cercava di confortarla e dirle che sarebbe andato tutto bene. Il
dottore si prese la testa tra le mani, stressato e sconsolato.
Non riuscivo a guardarli.
La strategia di Carlisle da una parte aveva senso perché
avrebbe diminuito le probabilità che Rashida si mettesse
sulla difensiva e che non ci avrebbe aiutati, ma eravamo in quattro
e avremmo affrontato quella stregona tutti e quattro
insieme. Per nulla al mondo avrei permesso che ci separassimo,
altrimenti perché far venire tutti qui in Texas?
Dovevamo salvare Edward, e non potevamo farlo ognuno per conto proprio.
- Non sono d'accordo - ammisi in tono pacato, richiamando i loro
sguardi su di me - Vengo anche io - .
- No, non se ne parla - rispose secco Carlisle.
- Se Jasper andasse da solo da Rashida, dovrebbe spiegare
perché vuole che gli apra un portale per Idris. E'
vero, potrebbe anche raccontargli tutta la storia, ma ci crederebbe?
Per Rashida, Jasper è un traditore e di conseguenza non si
fiderà mai di lui. Se invece si portasse dietro anche me, io
sarei la testimonianza che ciò che ha detto è
vero, e in più sarebbe a conoscenza di qualcosa che nessun
altro della sua specie sa, cioè che noi Shadowhunters siamo
ancora vivi. Per esperienza personale posso dire che mettere a
conoscenza qualcuno di un segreto proibito, da una sensazione di potere
e superiorità quasi irresistibile. A quel punto lei
deciderà se aiutarci, e usare il mio segreto per ricattarci
successivamente, o voltarci le spalle, e andare a spifferare tutto alla
Corte degli Stregoni
per ottenere un riconoscimento più grande di ciò
che possiamo offrirle noi. In entrambi i casi, ve lo posso assicurare,
finiremo ad Idris
- .
I tre vampiri mi avevano osservata e ascoltata in silenzio per tutto il
tempo, con un'attenzione che in tutta la mia vita non avevo mai
ricevuto. Anche se non sarebbero stati d'accordo con me e la mia
proposta fosse stata rifiutata, mi faceva piacere l'idea che mi
avessero fatto concludere il discorso. Per la prima volta mi sentivo
parte di una vera e propria squadra, e considerando quello che avevo
combinato, avebbero potuto benissimo non darmi nemmeno la
possibilità di parlare. Se i ruoli fossero stati invertiti,
io non l'avrei fatto.
Carlisle si voltò verso i suoi due figli, alla ricerca di un
segno d'assenso o di disaccordo.
- Cosa ne pensate? - .
Jasper parlò per primo - Preferirei andare da solo -, e poi
si rivolse a me - ma da quel poco che ti ho conosciuta ho capito che se
ci provassi, troveresti un modo per seguirmi. Per questo, sono
d'accordo - .
Gli sorrisi timidamente, riconoscente.
- Sarò molto più tranquilla se Jasper
sarà con te - parlò Alice, guardandomi - Sei
un'abile Cacciatrice e so che lo aiuteresti molto. In ogni caso, vorrei
esserci anche io - .
Sentimmo Carlisle sospirare - Quindi è deciso: stanotte, noi tutti,
incontreremo Rashida - successivamente mi lanciò un'occhiata
veloce - Siamo una famiglia, ed è giusto che affrontiamo
tutto questo insieme - .
IL MIO ANGOLO...
CIAO A TUTTI! COME STATE? CHI COME ME HA FINITO LA SCUOLA? PROMOSSI,
BOCCIATI O RIMANDATI? CHI INVECE OGGI HA INIZIATO LA MATURITA'?
OK, SONO SICURA CHE CHIUNQUE IN QUESTO MOMENTO DEBBA PENSARE ALLA
MATURITA' NON STIA LEGGENDO LA MIA STORIA, MA FA NIENTE, CHIEDO
COMUNQUE AHAHAH
FATEMI SAPERE SE IL CAPITOLO VI E' PIACIUTO, UN GRANDE BACIO
ZIKIKI98
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** AH CHI NON MUORE SI RIVEDE ***
CIAO A TUTTI (sempre se ci sia ancora qualcuno qui, dopo praticamente più di 3 anni circa di completo silenzio).
DIREI CHE CON ME IL DETTO "CHI NON MUORE DI RIVEDE" (o si rilegge, in questo caso) STA ALLA PERFEZIONE, NON TROVATE? IO SÌ.
BENE, ADESSO CHE HO FINITO DI FARE LA STUPIDA... COME STATE?
VI HO LASCIATE CHE AVEVO 16 ANNI E ADESSO FRA QUALCHE GIORNO NE COMPIRÒ 20, È TUTTO COSÌ STRANO.
OK, LA SMETTO SUBITO DI DIVAGARE.
HO INTENZIONE DI RIPRENDE A SCRIVERE LA STORIA. ADESSO VOI DIRETE "SÌ, LO HAI DETTO 100 VOLTE, NON TI CREDE PIÙ NESSUNO", PERÒ È DAVVERO QUELLO CHE HO INTENZIONE DI FARE, SOLO NON SU QUESTO SITO, ESSENDO PIÙ SCOMODO PER ME.
HO INTENZIONE DI RIVEDERE DA CAPO QUESTA STORIA, CORRENGENDO E AGGIUNGENDO PARTI E DI PUBBLICARLA SU WATTPAD (con il quale ho più dimestichezza).
SE VI PUÒ INTERESSARE, IL PRIMO CAPITOLO È GIÀ POSTATO SUL MIO PROFILO DI WATTPAD. IL NICKNAME (Zikiki98) E IL NOME DELLA STORIA (The World Of Demons - Il portale dei demoni) SONO RIMASTI INVARIATI.
CONSIDERATO CHE STAVOLTA SONO AVANTI DI BEN 17 CAPITOLI, DOVREI RIUSCIRE AD ORGANIZZARMI BENE IN MODO DA NON SPARIRE PER ALTRI TRE ANNI.
SE QUALCHE BUON ANIMA HA AVUTO IL BUON CUORE DI LEGGERE QUESTO MESSAGGIO, LA RINGRAZIO.
UN BESO.
ZIKIKI98. |
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Continuo anche su efp ***
Buongiorno , come state? Spero bene!
Ho preso una decisione: pubblicherò i capitoli anche qui su efp. Riflettendoci, non mi sembra giusto privare di questa storia quelli che mi hanno seguito dall'inizio e non hanno wattpad. Perciò farò lo sforzo e ricomincerò da capo la storia, sempre qui sul mio profilo. Questa settimana ho un po' di esami da dare, ma da venerdì dovrei essere libera. Pubblicherò un giorno si e uno no i capitoli già pronti che ho già scritto su wattpad. So già che ci metterò ore per pubblicare un capitolo, a causa della pubblicità, e smadonnerò tutto il santo tempo (solo per scrivere sto messaggio, non potete immaginare l'impresa). Comunque nulla, fatemi sapere se questa idea vi interessa oppure no.
Besos <3
Zikiki98 |
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** PUBBLICATA SU EFP! ***
BUONASERA! VI AVVISO CHE SUL MIO PROFILO EFP POTETE TROVARE TUTTI I PRIMI 9 CAPITOLI, AGGIORNATI COME SU WATTPAD. LA STORIA SARA' CONTINUATA LI', PERCIO' SE VI INTERESSA VI INVITO A DARCI UN OCCHIATA.
VI RICORDO CHE OVVIAMENTE LA STORIA E' STATA CORRETTA E VI SONO STATE AGGIUNTE DELLE PARTI.
PER CHI MI SEGUIRA' E SEGUIRA' LA STORIA, CI VEDIAMO DALL'ALTRA PARTE!
BESOS <3
ZIKIKI98 |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2905882
|