L'amnesia di Jack

di Mikarchangel74
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Folié a deux ***
Capitolo 2: *** Il salvataggio ***



Capitolo 1
*** Folié a deux ***


~~L’amnesia di Jack
 (1 - Folié a deux)

Jack ce la stava mettendo tutta, ma l'avversario era indubbiamente più forte.
Lucifero aveva attaccato i due cacciatori, i suoi amici e Jack era andato in loro aiuto.
Lucifero non si era risparmiato, anche se si trattava di lottare contro il figlio.
Ma per quanto Jack lo contrastasse con i propri poteri, iniziava ad accusarne.
Aveva già molte ferite, alcune sanguinanti, altre interne e la sua forza ormai stava iniziando a venir meno, ma almeno aveva dato il tempo a Sam e Dean di fuggire.
A Lucifero però questa cosa non era tornata e si era infuriato accanendosi sul nephilim, tanto che ad un certo punto indirizzò tutta la sua ira ed il suo potere contro il busto del ragazzo che fu' scaraventato indietro; Volò per metà del salone del bunker arrestando la sua corsa contro la parete.
Jack batté la testa con violenza inaudita e quando cadde a terra rimase immobile qualche secondo.
Non aveva altra scelta che fuggire se voleva restare in vita e così si teletrasportò.
La botta lo aveva confuso e gli aveva provocato la perdita della memoria così neanche lui seppe dove materializzarsi.
Si trovò su un percorso roccioso ed impervio di montagna.
Era freddo.
Un vento gelido gli sferzava il volto. Il sole stava calando e non si vedeva più bene.
Si alzò abbracciandosi e tremando. La mente confusa e vuota. Fece un paio di passi, inciampò, mise il piede in fallo e di colpo il vuoto sotto di lui.
Precipitò per più di una trentina di metri, poi batté il costato su uno sperone di roccia. La fitta atroce e l'inequivocabile crack di una o due costole che si rompevano gli fece lanciare un grido raccapricciante, che però le raffiche di vento dispersero tra le alte vette, ma questo non fu niente in confronto a ciò che stava succedendo: era in un inarrestabile caduta libera da un'alta parete rocciosa di oltre mille metri, il costone di roccia solo leggermente inclinato non consentiva appigli e quindi il suo corpo iniziò a rotolare e venir sbalzato, sbattendo su quella superficie impietosa come una biglia impazzita. Prese colpi ovunque, picchiò ancora la testa, si ruppe un gomito, il corpo si ridusse ad un ammasso sanguinolento, non riusciva ad urlare fuori la sua sofferenza per un colpo che subito ne arrivava un altro e poteva solo boccheggiare come un pesce in cerca di ossigeno perché fuoriusciva tutto ad ogni urto in grida silenziose.
Non riusciva nemmeno più a capire dove fosse il sopra o il sotto, perché il suo rotolamento era talmente vertiginoso da non capire più niente, ma ormai era talmente ferito e sfinito da accettare l’idea che sarebbe morto finché infine un tronco di un albero arrestò la sua corsa, un ramo spezzato gli trapassò l'interno coscia destra da parte a parte ed un altro s'infilzò nel braccio opposto alla gamba, facendogli lanciare un ultimo grido di dolore prima di perdere quella poca lucidità che gli era rimasta.
E meno male o forse grazie ad un miracolo che quell’albero era riuscito a crescere solitario in una fessura della montagna trovandosi proprio lungo la sua traiettoria e bloccando il suo disastroso precipitare, perché sarebbe sicuramente morto se avesse continuato così.

***

Ben e Olga erano una coppia sposata ormai da anni, avevano più o meno passato i cinquant’anni da poco ed abitavano in una malga isolata alle pendici delle alte vette rocciose sulle Alpi svizzere. Dove finiva il fitto bosco che prolificava dalla valle e si arrestava in quel punto per aprirsi in un ampio altopiano coperto da verdi prati.
Come di consueto alle prime luci del sole Ben uscì fuori aprì la stalla e liberò gli animali: due cavalli che portò nel vasto recinto della proprietà, due pecore, quattro capre e sette mucche, che prima munse e poi avrebbe accompagnato in un pascolo poco distante.
Non era una Malga per turisti, perché a loro non piaceva la gente e se erano andati a vivere lassù, era proprio perché volevano stare tranquilli senza rotture di scatole. Con il latte raccolto via via ci facevano prodotti come formaggio e yogurt che poi Ben vendeva in paese.
Dopo aver bevuto una tazza di caffè bollente preparato da Olga, Ben si mise lo zaino in spalla, prese un bastone per aiutarsi nella salita e con il cane che lo aiutava a tenere il gruppetto dei grossi ruminanti unito, s'incamminò per il sentiero, producendo nuvolette di condensa ad ogni respiro, nell'aria fredda del mattino.

Il piccolo gruppo procedeva lentamente e a parte il campanaccio rumoroso attaccato al collo dei grossi quadrupedi, c'era una bella pace tutt'intorno.
Il sentiero proseguiva, costeggiando la nuda roccia e fu proprio mentre fiancheggiavano la parete rocciosa, che ad un certo punto il cane iniziò ad abbaiare.
All’inizio Ben non ci fece caso, alle volte il cane abbaiava per qualche animale, volpi, scoiattoli, tassi e caprioli, ma poi notò una macchia scura sulla pietra chiara. La toccò con le dita e si rese conto che era sangue. Che fosse stato ucciso qualche animale da qualche lupo? Ma era strano, non c'era rimasto nemmeno un osso lì intorno. Il cane continuava ad abbaiare e puntare in alto così seguì la sua attenzione e lo vide.
C'era il corpo di un uomo accasciato su un vecchio tronco di un albero che spuntava circa a metà parete.
"Porca miseria quello è morto." Disse il mandriano, però dette istruzioni al cane di seguire le mucche, tanto quell’animale era talmente bravo che sapeva già cosa fare e lui corse indietro alla baita.
"Olga!! Olga! Presto prendi l'imbracatura, c'è un tizio bloccato a metà parete, secondo me è morto, però dobbiamo tirarlo giù o avremo guai per omissione di soccorso ed è meglio non attirare l'attenzione della forestale." Gridò entrando trafelato e facendo saltare la moglie per la paura.
Così i due presero i cavalli per raggiungere la vetta più velocemente possibile e calarsi per raggiungere la persona.

L'unica cosa che tenne in vita Jack fu la sua tempra angelica, perché nessun essere umano sarebbe sopravvissuto ad una caduta del genere, alla notte gelida delle alpi, alle gravi ferite ed a tutto il sangue perso.
Si calò giù Olga, che era la più magra e leggera anche se aveva un petto e braccia muscolosi grazie alla vita da montanara e rocciatrice in cui si era dilettata fino a qualche anno prima.
Raggiunse Jack e si sorprese di trovarlo in vita, si rese conto subito di quanto fossero gravi le sue condizioni. Dovette tagliare i due rami che trafiggevano il corpo del ragazzo, per non rischiare, sfilandoli, di creargli emorragie nel caso il ramo avesse reciso qualche vena o arteria importanti. Poi lo imbracò su una portantina improvvisata.
Ben li tirò su, dopodiché lo portarono alla loro baita in groppa al cavallo. Jack non dette segni di vita eccetto un paio di volte che emise un paio di deboli e rauchi gemiti per via degli scossoni del cavallo durante il tragitto sul sentiero impervio di montagna.
Fortunatamente Olga aveva esercitato come medico generico prima di darsi alla vita da montanara.
Abbandonò la professione perché aveva evaso le tasse per anni, fatto ricette mediche elargendo medicinali non convenzionali ed abusato della sua professione per raggirare alcune giovani donne e uomini, toccandoli inappropriatamente con la scusa di dover fare accertamenti durante le visite mediche.
Così quando una di queste vittime infine la denunciò, lei chiese aiuto al marito per non finire dietro le sbarre e lui per amore di lei, prese la decisione di scappare e vivere da soli come eremiti, lontano da tutti, costruendosi quella piccola casa in mezzo al nulla.

Liberarono subito il grosso tavolo pesante di legno grezzo della cucina, ci misero sopra una coperta e stesero il ragazzo che uggiolò, quindi tagliarono via la maglietta ed il jeans lasciando Jack solo con i boxer aderenti e Olga iniziò subito ad esaminare scrupolosamente il suo corpo, ritrovando un assopito diletto nel toccare un corpo giovane, asciutto e ben fatto.
Per sicurezza pose un fazzoletto imbevuto di cloroformio sulla bocca del ragazzo per evitare che si svegliasse mentre lo operava alla gamba ed al braccio, rimuovendo i corpi estranei.
Non c'era un centimetro di pelle che non fosse viola, tagliata, o piena di abrasioni.
Ben aiutò Olga, assistendola e lavando via tutto il sangue con una spugnetta imbevuta di acqua tiepida.
"È un miracolo che questo qui sia vivo" disse Ben
Dopo circa due ora Olga era riuscita a ripulire e cucire le ferite provocate dai rami
"Gli è andata bene che non è stata presa l'arteria femorale"
Quindi disinfettò ogni singolo graffio e taglio, fasciandoli. Gli risistemò il gomito bloccandolo al petto con un bendaggio solido ed effettuò un'altra fasciatura stretta attorno al busto per le costole rotte e attorno alla fronte.
"Dovremo ricomprare le bende, questo ce le ha fatte finire." Brontolò la dottoressa improvvisata mentre si allontanava di due passi dal ferito e lo osservava, o meglio, osservava il suo operato sentendosi orgogliosa di se stessa. -Guarda guarda cosa mi capita di fare nuovamente dopo tutto questo tempo- Pensò mentre il suo cuore batteva un po’ più veloce.
Ci volle quasi tutta la mattina e gran parte del pomeriggio prima di poter spostare il ragazzo ancora incosciente, su un letto improvvisato pulito e medicato; Anche se non sapevano che grazie al suo essere nephilim, il corpo di Jack si stava già lentamente auto guarendo.
"Vado a recuperare le bestie” disse Ben, prendendo il bastone ed uscendo dalla baita
Olga si sciacquò le mani macchiate del sangue del giovane e poi lo osservò di nuovo, stavolta l’attenzione era proprio rivolta a lui.
Era un bel ragazzo. Ben proporzionato, capelli castano chiari e bei lineamenti... Gli occhi le brillarono mentre un pensiero gli si affacciava alla mente.
Lassù nessuno avrebbe detto niente qualora avesse deciso di approfittarsene.
Fu solo un pensiero passeggero, anche se intenso, ma corse subito nella sua piccola biblioteca medica personale per studiare quali ingredienti ed alimenti naturali facevano aumentare la libido.
Lo aveva fatto per tanto tempo in passato, creava lei stessa delle confezioni di medicinali, diciamo pure ‘bombe per erezioni’ e la povera vittima ignara poi doveva andare a farsi visitare perché non si spiegava queste erezioni involontarie e lei poteva toccarli a suo piacere, alle volte i poveretti eiaculavano sommersi dall’imbarazzo, altre volte c’erano anche stati! Dopotutto chi non ha mai sognato di farsi l’infermiera o giocare al dottore. Lei era una ninfomane incallita e quando infine osò un po’ troppo facendosi un minorenne, fu scoperta e rischiò l’ergastolo.

***

Due giorni dopo Jack iniziò a dare segni di ripresa, l'emorragia interna si era fermata, il suo corpo era guarito abbastanza velocemente, persino Olga era stupita del suo rapido miglioramento.
Gli era stato fatto un letto improvvisato nel fienile, con balle di fieno e grosse coperte di lana.
Si mosse leggermente, deglutì, la bocca e la gola erano secche e riarse con un sapore metallico in tutto il cavo orale.
Aprire gli occhi e mettere a fuoco gli costò un bel po' di fatica, la sua testa era completamente vuota, non c'era la minima traccia di un singolo ricordo.
Emise un lieve gemito nel tentativo di muoversi. Forse era meglio iniziare a muovere una parte per volta.
Aprì e chiuse le mani, con il braccio buono si toccò il volto e la testa trovando il leggero tessuto elastico della fasciatura attorno alla parte superiore, poi scese e si toccò il braccio fasciato adagiato contro il suo petto, quello non riuscì a muoverlo e si rese conto che il problema era al gomito, sospirò ma dovette bloccarsi immediatamente a metà e rinunciare, perché il costato protestò crudelmente rispondendogli con una fitta che gli fece chiudere gli occhi e stringere le labbra.
Trattenne il fiato per un paio di secondi immobile, sperando che il dolore si calmasse, poi con calma ricominciò l'ispezione del proprio corpo respirando più regolare possibile; Il bacino era dolorante, ma sembrava intatto, come la gamba sinistra, invece la destra era fasciata a metà coscia.
Ad ogni modo più si riprendeva e acquistava lucidità, e più anche il dolore si aumentava. Gli sembrava di esser passato sotto uno schiacciasassi. Per lo meno era tutto intero si disse.
Ora che l'esame fisico era finito, si dedicò a quello psicologico. Aggrottò la fronte, cercando un qualche minimo sprazzo di ricordo, un'immagine, un barlume di qualcosa, ma per quanto si sforzasse, non trovò niente di niente, solo il vuoto più assoluto. Stava per sospirare di nuovo, ma pensò bene di non farlo.

Olga entrò nel fienile aveva ritirato fuori una delle sue vecchie vestine da medico bianca e, dopo la sorpresa iniziale di trovarsi un paio di occhi azzurri che lo fissavano smarriti e spaventati, gli sorrise
"Hey ben svegliato, come ti senti?"
Jack guardò la donna, ma non rispose.
"Tranquillo, sei al sicuro qui, mi chiamo Olga. Sono quella che ti ha curato e sono qui per visitarti e controllare le fasciature" La dottoressa si avvicinò, afferrò le coperte e senza tanti convenevoli scoprì il corpo del giovane che provò un po' d'imbarazzo, ma rimase fermo.
Olga iniziò a palpeggiarlo "Ti fa male qui?" disse premendo leggermente tra il fianco e l'inguine. Jack scosse leggermente la testa.
La donna eseguì la stessa operazione in più punti, facendo la stessa domanda e guardando la reazione del ragazzo che ogni tanto s'irrigidiva e chiudeva gli occhi per il dolore.
"Eh sì, hai fatto un bel volo sai, sei fortunato ad essere ancora vivo ragazzo. Come ti chiami?"
Ma alla domanda Jack aprì leggermente la bocca e la fissò per qualche secondo preoccupato, poi voltò la testa di lato affranto
"N-Non lo so..." bisbigliò
Olga smise di visitarlo un secondo e lo guardò
"Non ti ricordi il tuo nome?"
Jack scosse la testa sconsolato
"Non ricordo più niente" rispose triste evitando ancora il suo sguardo.
Olga aggrottò le sopracciglia riflettendo, poteva sfruttare la situazione a suo favore e così sorrise e rispose velocemente.
"Non mi sorprende, visto il volo che hai fatto devi aver battuto la testa e questo deve averti causato la perdita della memoria Tim" gli sorrise, gli appoggiò la mano sulla spalla stringendogliela leggermente e poi gli accarezzò la guancia con i polpastrelli un po’ ruvidi, ma Jack non ci fece caso.
"Già, il tuo nome è Timothy, sei un orfano ti trovammo in una cesta per funghi in mezzo al bosco e decidemmo di adottarti. Io e mio marito Ben. Ti ricordi di Ben?" Ma anche stavolta Jack ci pensò su e scosse la testa
"Bè dai tranquillo, vedrai che prima o poi la memoria ti tornerà." Gli scompigliò i capelli
Ovviamente Olga stava mentendo spudoratamente, ma questa sua perdita della memoria era una benedizione. Nessuno avrebbe cercato il fanciullo lassù, in quella baita sperduta e loro avrebbero potuto tenerlo per i lavori pesanti, portare le mucche ai pascoli e perché no, anche servizi di piacere.
La dottoressa riprese la visita, gli ascoltò il cuore e gli mise una flebo di soluzione fisiologica per reintegrargli i sali. Jack non disse più niente, rimase fermo a fissare la parete di legno del fienile, cercando di distrarsi dalle ondate di dolore che gli attraversavano le membra e continuando a cercare qualche ricordo.
Alla fine la dottoressa si allontanò, prese qualcosa da uno stipetto in alto e tornò porgendogli due pasticchine da buttar giù con mezzo bicchier d'acqua
"Tieni, ti allevierà un po' il dolore"
Jack allora guardò lei e poi le pillole, tentò di prenderle con le dita, ma Olga fu’ più veloce, gli avvicinò i due cilindretti alle labbra. Uno era veramente un antidolorifico, ma l’altra era una pasticchina di viagra, prima di dargli cose più forti, era meglio abituarlo, anche per vedere se gli creavano problemi.
"Dai ti aiuto" gli passò una mano sotto al collo sollevandolo appena, causando una leggera smorfia di dolore sul volto del ragazzo.
Jack esitò, ma poi aprì la bocca e Olga gli infilò veloce le dita in bocca, lasciando le pastiglie sulla lingua.
Le guance del ragazzo si colorarono leggermente di rosso per l'imbarazzo
"Non dirmi che sei imbarazzato di me. Eravamo molto intimi noi due sai"
Il nephilim prese veloce il bicchiere da solo e per poco l'acqua gli andò di traverso a quelle parole, con il volto sempre più rosso. Ingoiò i medicinali e la dottoressa riadagiò Jack sul cuscino con una leggera risatina. Il ragazzo chiuse gli occhi per evitare lo sguardo di lei ed anche perché si sentiva tremendamente stanco. Poco dopo si riaddormentò.

***

Dean e Sam erano in pensiero, avevano immaginato che Jack si sarebbe materializzato lì da loro, ma non vedendolo dopo un’ora iniziarono a preoccuparsi che Lucifero lo avesse fatto prigioniero.
Sam tentò d'invocarlo, ma sembrava che stavolta il nephilim non lo sentisse.
Però si materializzò Castiel.
"Cosa state facendo? La vostra richiesta rimbomba ovunque e mette gli angeli in agitazione" brontolò guardando i due uomini acciaccati, tra tagli, lividi ed escrescenze tumefatte
"Siete entrati in una gabbia di leoni?"
Ma i due non risero. Dean dopo avergli lanciato un’occhiataccia, scosse la testa "Lucifero"
A quelle parole Castiel sbiancò leggermente e loro proseguirono
"Ci siamo scontrati con Lucifero, Jack è venuto in nostro aiuto, ci ha fatti fuggire, ma non è più tornato... Temiamo che Lucifero lo abbia catturato."
Castiel aggrottò le sopracciglia concentrandosi. Chiuse gli occhi, ma dopo un momento di silenzio riaprì gli occhi e rispose
"Mmmhh .. Non lo sento... E non riesco a mettermi in contatto con lui.. Strano"
"Dobbiamo cercare aiuto... Dobbiamo salvare Jack" disse risoluto Sam, che era molto affezionato a quel ragazzo. Tutti e tre pensarono subito a chi avrebbe potuto aiutarli.

                                                                                          ***

Olga aveva parlato subito con suo marito Ben, gli aveva raccontato di aver trovato il paziente sveglio, di averci parlato e di quello che le era venuto in mente di fare sul momento.
"Il ragazzo ha perso la memoria! Non sappiamo se e quando la riacquisterà. Nessuno saprà mai dov'è finito! Chi è a conoscenza di questo posto a parte noi? E poi, non verrebbero mai a cercarlo qui! Potremmo fagli fare il lavoro nell'orto e portare le bestie al pascolo ... Insomma tenercelo! … Che ne pensi?"
Ben gli lanciò un'occhiata di traverso non del tutto convinta.
Conosceva sua moglie e sapeva benissimo a cosa stava pensando, per lei esisteva solo il sesso e farlo con estranei, specie i suoi pazienti la mandava fuori di testa.
Da quando vivevano lì da soli, si erano molto riavvicinati. Dopo tutto erano sempre e solo loro due, avevano tagliato i contatti col mondo ed era come essersi rinnamorati per la seconda volta, tanto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, vivevano in simbiosi ormai.
"Sei sicura di volerlo qui solo per farlo lavorare al posto nostro?!" le chiese stuzzicandola mentre la fissava con un sopracciglio alzato ed un sorrisetto sbieco sulle labbra prima di tornar serio e proseguire
"Ti ho già salvato le tue belle chiappe una volta... Vediamo di non farci dare un ergastolo per un ragazzino disperso." La ammonì senza rancore dandole una pacca sul sedere a mano aperta.
Lei sobbalzò appena e lo guardò mordendosi il labbro inferiore e con gli occhi di chi già si sta’ facendo un filmino mentale.
Gli si strusciò con la schiena sul petto anche se doveva arcuarsi un po’ per via della prominente pancia da bevitore che aveva l’uomo e abbassando una mano gli toccò il cavallo dei pantaloni. 
"E dai. Proviamo, potrebbe essere divertente ed eccitante per tutti e due.. ti ricordi i nostri giochetti? Anziché fantasticare di avere uno schiavetto, potremmo averlo in carne ed ossa. .. Ti prego. Fai felice la tua mogliettina devota e innamorata.” Gli disse sensualmente
Ben inspirò l’intenso profumo di sua moglie. Da quando abitavano lassù aveva un che di selvaggio. Mugolò sfiorandole il collo con le labbra e le morse con i denti il lobo dell’orecchio facendole sfuggire un gemito, poi la abbracciò da dietro, mettendole le mani a coppa sui seni e sospirò
“Va’ bene! Lo sai che non so resisterti se me lo chiedi così…” Le disse e lei continuò giuliva per l’approvazione ricevuta
“E poi ormai gli ho già detto che siamo i suoi zii, che lo abbiamo trovato nel bosco e adottato." guardò il marito con aria innocente mordendosi l’unghia dell’indice. Poi lo prese per mano, si spostarono vicino al pesante tavolo di legno dove avevano operato Jack e lui seppe esattamente cosa fare, sollevò sua moglie adagiandola sopra, le sollevò la gonna e si sbottonò rapido la patta estraendo già il suo sesso pronto e le entrò dentro iniziando a sbatterla senza mezzi termini, incuranti che Jack potesse sentire, visto che lei gemeva ed emetteva versi piuttosto chiassosi.
Alla fine mentre lui si riabbottonava i pantaloni specificò
"Però dovrà guadagnarsi il pane! Non sarà solo il tuo sextoy."

***

I giorni passarono e la ripresa del nephilim fu' sempre più rapida, finalmente tolse anche la fascia al gomito e con calma iniziò a muovere di nuovo anche il braccio sinistro. Olga si faceva vedere spesso e Jack conobbe anche Ben, che però si faceva vivo raramente nel fienile perché a detta della moglie, si stava occupando di tutti i lavori che di solito svolgeva Timmy,  cioè lui, così lo chiamavano entrambi.
E dopo altre due settimane riuscì ad alzarsi da letto, anche se un po' forzatamente, Ben era stufo di avere un ospite nullafacente in casa, quindi chiese alla moglie se il ragazzo fosse pronto e potesse alzarsi ed Olga dopo averlo visitato accuratamente, disse che avrebbe potuto provare.

Le visite di Olga erano diventate sempre più intime.
La donna aveva detto a Jack che erano andati ben oltre il palpeggiamento prima che perdesse la memoria.
"Non ti vergognerai mica della tua zietta Olga?" gli ripeteva ogni volta che vedeva il ragazzo irrigidirsi e muoversi un po' a disagio quando lei spostava la sua attenzione e le sue mani accarezzando o facendo finta di controllare un'inesistente livido causato da un inventato colpo al linguine.
Era terribilmente divertita di questo suo gioco del dottore con la sua nuova vittima. Lo accarezzava e lo palpeggiava come voleva.
Ma Jack voltava la testa di lato e stringeva le coperte nei pugni mentre quelle mani invadenti e spudorate toccavano ed entravano ovunque.
Forse era vero... Magari prima di perdere la memoria aveva questo assurdo rapporto con quella donna, ma adesso non se ne ricordava. Adesso per lui poteva essere anche Megan Fox in persona! Non gli piaceva avere le sue mani addosso … ma, ad ogni modo si sforzava di accettare tutto ciò, anche se gli si chiudeva lo stomaco per il fastidio.
Dopo la prima settimana, visto che il ragazzo rispondeva bene al viagra, con la scusa di quel brutto colpo all’inguine e che una vena gli stava bloccando l’afflusso di sangue la dottoressa aveva iniziato a fargli delle iniezioni di Caverject, la soluzione che molti porno attori usavano per mantenere l’erezione più a lungo. Ed ora a fine della seconda settimana, durante la visita della dottoressa il suo sesso reagì involontariamente, ormai aveva il testosterone a mille e l’avrebbe eccitato anche lo strusciarsi di un gatto durante le fusa.
Jack aveva cercato di dirgli che in quel momento non gradiva certe attenzioni, che non era ancora pronto, ma lei non ne aveva voluto sapere, gli aveva detto che era normale che adesso reagisse così, che piano piano gli sarebbe tornato tutto in mente provando di nuovo piacere.
Di colpo la dottoressa si accorse del rigonfiamento nei boxer del ragazzo, anche se lui stringeva le gambe e cercava di coprirlo con noncuranza.
“Guarda, guarda”
Jack sobbalzò ed emise un gemito. Aveva sperato che non se ne accorgesse, lui non l’aveva voluto e adesso si vergognava più che mai. Serrò occhi e mascella voltando di nuovo la testa
“M-Mi dispiace .. io non .. volevo” Si sentì quasi un pervertito sentendo il sesso duro che premeva contro il tessuto dei boxer. Iniziò a respirare più veloce non aveva idea di come poter fermare un’erezione, ma sperò di riuscirci al più presto.
Lei sorrise, gli carezzò la guancia “Ma non devi scusarti. Questa è una buona cosa, vuol dire che le mie cure ti hanno fatto bene e che la vena non è danneggiata o otturata, ma sta’ pompando il sangue nel punto giusto.”
Lei gli prese il bordo dei boxer tirando e gli scoprì il membro.
Jack emise un singulto e spalancò gli occhi di colpo “N-No..”
Lei gli appoggiò una mano sullo stomaco.
“Tranquillo, non ti farò niente, al massimò ti darò un po’ di sollievo. Vuoi star meglio adesso non è vero?”
Gli sfiorò con le dita il membro che sembrava pulsare di intensa eccitazione.
Jack ansimò, non le rispose, serrò di nuovo gli occhi, sprofondando nel cuscino e si aggrappò alle lenzuola con tutta la sua forza. Era talmente eccitato che sì, voleva godere, voleva liberarsi di quella sensazione inebriante e angosciosa allo stesso tempo e pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Lei lo liberò del tutto, ne saggiò la durezza, gli toccò la punta e Jack, quasi come se il bacino fosse una parte a sé, reagì, sollevandolo e spingendolo verso di lei.
“Bravo Timmy, credo che anche se la tua mente non si ricorda di me, il tuo asticello se ne ricorda eccome” ridacchiò e poi lo avvolse completamente nel palmo della mano, facendolo gemere ed ansimare di nuovo.
Jack era tremendamente combattuto. Da una parte avrebbe voluto venire e provare quella sensazione di benessere, dall’altra non voleva assolutamente arrivare a venire in mano di quella donna che comunque per lui era una completa sconosciuta.
La fronte s’imperlò di sudore mentre tentava di trattenere un qualcosa che non aveva affatto voglia di farsi frenare e a lei bastò muovere leggermente la mano per farlo venire tra sospiri ed ansimi trattenuti del suo giovane bel paziente.
Ma questo fu niente rispetto a tutto quello che sarebbe venuto in futuro.
Purtroppo quelle iniezioni non erano affatto salutari. Jack era soggetto a continue ondate di eccitazione che spesso lo travolgevano ed indesiderate erezioni senza motivo e senza preavviso.
Soffriva e smaniava a tal punto che era arrivato alla decisione di accettare passivamente tutte le attenzioni che la donna gli dava e desiderare che venisse presto così sarebbe stato meglio. Erano erezioni anormali e dolorose tra l’altro.
Lei ne era oltremodo felice, era stato il suo intento fin dall’inizio.
Ma con l’andar del tempo Jack iniziò a sentirsi anche sporco, c’era qualcosa di innaturale, di malsano e folle in tutto questo.
L’uomo non era da meno. Si era lasciato coinvolgere totalmente in questo vortice di follia ed aveva trovato eccitante giocare agli zietti e lo schiavetto, in fondo anche secondo lui sarebbe stato eccitante e quel ragazzino ormai era in mano loro, non c’era veramente pericolo che lo trovassero e se anche fosse? Stavano plagiando la sua mente a tal punto da esser convinto di non avere via di fuga e di appartenergli.
Se lei però era dolce, lui era spietato, lo legava e lo picchiava se non eseguiva bene un lavoro.

Jack iniziò a vivere una vita d’inferno, doveva lavorare di giorno, soffrendo per il solito problema tra le sue gambe che di colpo reagiva quando gli pareva e non s’afflosciava. E spesso si ritrovava a piangere per il dolore che lo sfregamento contro gli indumenti gli procurava.

Una notte decise di scappare. Non gli importava se non sapeva dove sarebbe finito, ma lì non poteva più rimanere. Non aveva recuperato totalmente le forze perché non gli davano molto da mangiare e la sua parte umana, era debole e stremata, ma non avrebbe resistito un’ora di più in quelle condizioni.

Non fece però molta strada che finì contro la recinzione elettrificata. Nell’oscurità della notte non l’aveva proprio vista. La corrente non era fortissima, serviva più che altro per non far avvicinare lupi o altri animali che avrebbero potuto mangiare ortaggi e frutta, ma Jack schizzò indietro gridando.
Il cane lo sentì ed iniziò ad abbaiare.
Jack guardò in direzione della casa spaventato, si accese una luce. Il suo cuore martellava così forte da sentire il sangue scorrere nelle orecchie.
Non poteva farsi riprendere!
Così strinse i denti, si arrampicò e scavalcò la recinzione, cadendo dall’altra parte pesantemente gemendo.
Dalla baita arrivarono rumori e grida.
Jack si mise le mani bruciate sotto le ascelle e corse via nel buio inciampando nel terreno sconnesso nelle radici e nei sassi, poi sentì un colpo di fucile risuonare nell’aria, si bloccò con il cuore in gola, respirando affannosamente più per la paura che per la breve corsa fatta.
“Timothy mi senti?! Non puoi fuggire!! Ti troveremo e ti uccideremo!!” Sentì gridare.
Ma riprese a correre senza sapere dove fosse, senza sapere da che parte andare, voleva solo andarsene via da quel posto.

***

Intanto nel salone del bunker Dean e Castiel stavano alle spalle della strega, appollaiati come due corvi in attesa della preda a scrutare il pendolo che Roweena stava facendo oscillare su una mappa, mentre Sam camminava nervosamente per la stanza.
“Per favore non mi state così addosso!! Non riesco a concentrarmi!” Sbottò la donna ad un certo punto sollevandosi innervosita e guardando alle sue spalle.
“E … Sam. Basta! Hai fatto il canaletto a furia di andare su e giù! Non ritroveremo Jack in questo modo e non so come mai, ma il vostro amico è scomparso! Non so come ha fatto ma è come se fosse schermato, non riesco proprio a rintracciarlo.”
Sam si fermò dandole un’occhiataccia. E Dean e Castiel si guardarono preoccupati
“Maledetto Lucifero! Chissà cosa gli starà facendo!!” Sentenziò Castiel.
Il gruppo si distrasse un po’, Sam portò un po’ di succo di melograno e del caffè, anche se Dean andò a prendersi la classica birra e poi ricominciarono a cercare di rintracciare il nephilim.

***

Jack continuò a correre senza sapere dove andare nell’oscurità della notte, sentiva i latrati del cane sempre più forti, quindi si stava avvicinando. Sentiva le urla dell’uomo cariche di minacce e promesse orribili. L’adrenalina e il movimento lo aiutavano non facendogli sentire il freddo della notte montana. Tossì producendo nuvolette di vapore chiaro. Ogni tanto si fermava guardandosi intorno impaurito, senza poter vedere, in cerca dei mille piccoli rumori che sentiva nel bosco.
Ma uno in particolare sentì molto chiaramente. Un suono cupo, basso: un ringhiare sommesso alla sua sinistra. Voltò lo sguardo ma niente… Non riusciva a vedere proprio niente. Magari era il cane dei suoi zii.
“Rocky” chiamò incerto, ma si rese conto che udiva ancora un latrato in lontananza e allora cosa c’era lì vicino a lui? Deglutì e si mosse piano, cercando di allontanarsi da quel suono che non prometteva niente di buono, ma poi sentì ringhiare anche dietro di lui e si fermò terrorizzato. Lupi.
Il suo respiro era accelerato, tremava come una foglia. Non li vedeva nemmeno, anzi adesso vedeva il vapore che usciva dalle loro fauci e quindi sapeva più o meno dov’erano, ma cosa avrebbe potuto fare lui? Era finita, chiuse gli occhi e si preparò .. cercò di prepararsi mentalmente alla sua fine.
Uno dei lupi attaccò, sentì un dolore lancinante al polpaccio destro gridò, perse l’equilibrio sbilanciandosi all’indietro –Appena sarò a terra mi salteranno addosso e mi sbraneranno – Pensò, ma il contatto con il terreno non arrivò.

(...)

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Capitolo 2
*** Il salvataggio ***


~~Era stato un gioco pericoloso quello di Kael, il giovane tritone che ormai girovagava in solitaria spostandosi di zona in zona. Per quanto fosse bravo nella caccia, era capitato in un tratto di mare dove tutto scarseggiava, non c’era niente da metter nello stomaco e lui aveva fame.
Era un tratto di mare molto battuto dagli esseri umani, arrivavano coi loro barconi e gettavano quelle reti chilometriche rastrellando fondali e razziando ogni metro cubo d’acqua.
Aveva cercato di tenersi alla larga, ma aveva così tanta fame che una notte decise di arrampicarsi sopra uno di quei pescherecci per prendersi almeno qualche mollusco o un pesce. Ma una volta a bordo si era spaventato di un rumore e pensando di esser stato scoperto si era rituffato immediatamente in mare nuotando il più veloce possibile senza stare attento e senza accorgersi della rete proprio di fronte a lui finendoci precisamente contro. Le sue spine caudali, s’incastrarono subito nelle maglie della rete, dopotutto era fatta apposta per questo. Preso ormai dal panico, si agitò come un forsennato legandosi sempre di più.
Si fermò solo tempo dopo, quando finì le forze e si rese conto di essere veramente in un bel guaio, completamente avvolto. Si ricordava ancora di quando, appena scappato da casa sua era finito in una rete di pescatori come quella; Pescato, imprigionato e poi venduto e tenuto come fenomeno da baraccone in un circo Russo. Non voleva fare un’altra volta una fine orribile come quella e poi era dotato di polmoni ed aveva bisogno di ossigeno anche se di rado, lì incastrato rischiava di morire. Cercò di guardare dove la rete era attorcigliata e con calma iniziò a districarla.
Rabbrividì per una corrente d’acqua fredda che lo investì. In quella zona le acque erano molto più fredde, si era spinto parecchio a sud stavolta, allontanandosi dalle coste americane, ma forse troppo a sud, lui adorava più le acque calde e lì era già troppo freddo per lui.
Armeggiò con la rete per una mezz’ora prima di ricordarsi del suo pugnale di madreperla, Lo prese dalla cintura di alghe intrecciate che aveva attorno alla vita ed iniziò a tagliare le grosse maglie di corda.
Dopo circa un’ora e mezzo aveva quasi finito quando una vasta ombra passò sopra di lui. Preoccupato che fosse uno squalo, alzò di colpo la testa, ma notò un’animale di cui ne aveva solo sentito parlare tra la sua gente quand’era piccolo. Un animale che solitamente si trovava nelle acque fredde e che avevano visto alcuni cacciatori che si erano spinti nelle terre dei ghiacci e avevano anche portato una strana carne grassa e saporita chiamata Foca.
Lo stomaco di Kael brontolò al pensiero della carne. Sperò che quel grosso cetaceo non avesse fame, perché a detta dei racconti, sembrava che quel grosso mammifero fosse altrettanto pericoloso come lo squalo, e forse peggio, perché i cacciatori avevano perso uno di loro a causa di un incontro con un’orca e sembrava che lei ci avesse ‘giocato’ prima di ucciderlo e mangiarlo, colpendo il sirenide con la grossa coda, tramortendolo e lanciandolo fuori dall’acqua a destra e sinistra come fosse stato una palla.
Kael aveva già incontrato i grossi cetacei degli oceani, I capodogli e le balene, ma erano creature pacifiche, meravigliose e molto riservate, alle volte rimaneva ore in loro compagnia, ascoltando quel canto dolce e malinconico, ma che aveva il potere di rilassarlo. Aveva imparato ad evitare gli squali che invece non erano affatto amichevoli, ma era la prima volta che incontrava un’orca.
Si riconcentrò sul suo lavoro, cercando di tagliare le ultime due maglie che lo bloccavano.
Il cetaceo continuava a girare sopra ed intorno a lui, già una volta si era avvicinata per osservarlo meglio, poi d’un tratto era sparita. Kael si guardò intorno preoccupato, e quando poi la vide ricomparire e puntare dritta contro di lui, si spaventò e preso dal panico tirò e strattonò la rete nell’intento di romperla, ma invano, l’animale mancò di poco Kael prendendo in pieno la rete col muso, Kael si sentì portare via e schiacciare contro il fianco nero del cetaceo che appena si accorse della rete attorno al muso, scattò in avanti scuotendo la testa, strappando la rete dai suoi ancoraggi sul fondale
L’animale superava in lunghezza Kael di 4 metri buoni, poteva sentirne l’incredibile forza. Cercò ancora di liberarsi ma la rete ormai attorcigliata al corpo del grosso mammifero, teneva il sirenide intrappolato, schiacciandogli il corpo e bloccandogli le braccia: una schiacciata sul suo petto con il coltello ancora stretto in mano, l’altra era stesa di lato. Sentiva le corde ruvide sfregare e stringere crudeli sulla sua pelle ad ogni movimento dell’orca. Sembrava proprio una macchia chiara e iridescente su una tela nera, che adesso nuotava alla velocità della luce, cercando di liberarsi della rete e di quella creatura aggrappata poco sopra la pinna laterale.
Kael sentì l’acqua farsi via via sempre più fredda. L’orca probabilmente stava tornando nel suo ambiente, ma il sirenide mica aveva la pelle ed il fisico per poter sopravvivere nelle gelide temperature del mare artico.
Gemette e rabbrividì, con la consapevolezza di essere finito dalla padella nella brace. Non solo prigioniero di una rete di pescatori, adesso anche di un’animale che avrebbe voluto mangiarselo e che lo stava portando dove lui sarebbe assiderato.
Fece la prima cosa che gli saltò in mente. Urlò. Forse avrebbe richiamato l’attenzione del cetaceo, ma anziché rallentarlo, l’animale si spaventò e sbatté ancora più forte la coda schizzando avanti. Non sapeva veramente più che fare, la temperatura calava vertiginosamente e lui iniziò a battere i denti non riuscendo a smettere di tremare. Doveva liberarsi era una situazione disperata.

***

Jack spalancò gli occhi investito d’improvviso da un gelo incredibile, quasi scottante. D’istinto aprì anche la bocca aspirando ma anziché entrare aria, acqua gelida si riversò nella sua bocca. Preso dal panico annaspò. Per fortuna era vicino alla superfice e riuscì a tirare subito fuori la testa. Tossì sputando l’acqua e ansimò guardandosi intorno terrorizzato. Era finito in acqua, dov’erano i boschi? Dov’erano i lupi e la casa dei suoi zii? Cosa diavolo era successo??!!
Ma prima di mettersi a domandarsi perché e per come doveva uscire di lì prima di congelare e questa fase sarebbe stata molto rapida, anzi era già iniziata.
In poco tempo già sentiva gli arti intirizziti. Il suo corpo veniva scosso da incontrollabile tremore. I pochi vestiti che aveva ancora addosso lo portavano a fondo. C’erano grossi pezzi di ghiaccio galleggiante intorno a lui e tutto era bianco, cercò di concentrarsi e si sforzò di scalciare e muovere le braccia, raggiunse uno di quei blocchi di ghiaccio galleggianti, tentò di arrampicarvisi sopra, ma toccare il ghiaccio era praticamente impossibile. Le sue mani che fino a un secondo prima erano cadaveriche adesso stavano diventando rosse e le dita dolevano ogni volta che le strusciava sulla dura e scivolosa superficie.
L’istinto di sopravvivenza lo spingeva a provare e riprovare disperatamente, dicendogli che non aveva molto tempo. Infine tirandosi la manica della maglia sulle mani e facendo pressione con tutto l’avambraccio riuscì finalmente a issare il busto. Si sentiva maledettamente sfinito anche se non si era sforzato così tanto. Con difficoltà riuscì a tirare tutto il corpo fuori dall’acqua, gli sembrava di respirare spilli anziché ossigeno e quegli spilli finivano dritti dentro di lui. Rimase sdraiato su quella superficie marmata e si arricciò su se stesso, tenendo le mani a pugno con le braccia contro il petto e le ginocchia a chiudere il tutto. Persino la ferita alla gamba era passata nel dimenticatoio. Non aveva la più pallida idea di cosa poteva esser accaduto e del perché d’improvviso fosse finito lì, non riusciva a smettere di tremare. Adesso tutto quello che riusciva a fare era rimanere in quella posizione e tremare. Il suo corpo già stava reagendo cercando di contrastare il gelo, ma era un corpo umano e quindi nonostante le autodifese già innescate purtroppo a quelle glaciali temperature e con i vestiti bagnati addosso sarebbe diventato presto un blocco di ghiaccio. Jack non sentiva già più le estremità, le mani gli dolevano e bruciavano come se fossero avvolte dalle fiamme, aveva persino paura a muovere un dito, che secondo lui, si sarebbe spezzato. Piagnucolò sentendosi perso, solo e finito. L’unica lacrima che ebbe il coraggio di uscire dall’angolo del suo occhio si congelò in termine di poco.    “A-Aiu…Aiuto..” Gemette battendo i denti.

Kael aveva tentato di liberarsi in ogni modo, ma la rete era talmente intrecciata al grosso cetaceo da tenere lui imprigionato senza poter muovere nemmeno un dito.
Alla fine gli venne in mente un sistema, ma non l’aveva mai provato, ne aveva solo sentito parlare. In teoria solo alcuni sirenidi erano capaci di farlo e ci voleva pratica, ma lui adesso non aveva tempo, doveva tentare e riuscire o sarebbe morto lì soffocato se l’orca non fosse risalita un po’ in superficie.
Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi. Sembrava che fosse possibile riuscire a connettersi telepaticamente con le creature del mare e riuscire a soggiogarle in qualche modo. Da piccolo ci aveva provato, ma aveva sempre fallito. Adesso era la sua unica via di salvezza quindi doveva farcela.
Tentò con il suo canto, ma il cetaceo sembrò infastidirsi maggiormente, così si concentrò e cercò di connettersi con lei, ma niente. Colpì la testa contro il fianco del cetaceo e sospirò Pensò
Così ricominciò a cantare il più forte possibile. Per i sonar terrestri il canto sarebbe risultato come un orribile fischio acuto, ma ovviamente per il grosso mammifero era tutt’altro tipo di suono e non lo gradiva affatto. Sapeva benissimo da dove proveniva, perché aveva visto e percepiva la presenza di quella creatura contro la sua pelle, avrebbe preferito mangiarsela, ma era rimasta incollata lì addosso, forse era una specie di parassita ed ora emetteva dei suoni raccapriccianti. Doveva trovare il modo di toglierlo.
L’orca tentò varie manovre in acqua, sembrava una specie di danza, con piroette ed avvitamenti. Ma niente, la piccola creatura rimaneva lì. Quindi decise di strusciarsi al fondale per togliersela.
Quando Kael capì le sue intenzioni si agitò, era molto profondo in quel punto, il suo corpo non era fatto per superare certe profondità, ma non aveva altra scelta ormai, e via via che l’orca scendeva lui sentiva il suo corpo sempre più schiacciato dalla pressione, ma la testa iniziò ad essere stranamente leggera, si sentiva come quando da bambini bevevano di nascosto l’infuso di Holothuroidea che preparava suo nonno.
Purtroppo però questa volta l’effetto non lo dava una specie di bevanda alcolica, ma era una causa della pressione e della discesa troppo rapida.
La narcosi da azoto non era da sottovalutare, rischiava di non esser più lucido e non sapere cosa stesse facendo ed infatti iniziò a sentirsi stranamente felice, smise di cantare ed iniziò a ridere senza motivo. Per fortuna l’orca non cambiò idea e quando finalmente raggiunse il fondale, iniziò a strusciarsi sul fondale. Rischiò di schiacciare il sirenide che intanto continuava a dare i numeri come se fosse sotto allucinogeni, ma finalmente la rete cedette e si staccò dal grosso predatore, che decise di andarsene, perdendo interesse anche nel possibile pasto.
Kael rimase stordito, steso sul fondale di schiena, guardando i riflessi che i raggi del sole producevano attraversando la superficie molti metri più su. Era infreddolito e stanco, ma era ammaliato dalla danza di quei tenui fasci di luce, erano così ipnotizzanti e decise di schiacciare un pisolino e stava per lasciarsi andare quando alcune forme scure velocissime gli schizzarono intorno, così si costrinse a rimanere sveglio, voleva capire cosa fossero, finché un muso con due occhi tondi e vispi gli si parò davanti. Kael sussultò leggermente nel suo stordimento “Hey tu…” Poi si sentì afferrare e portar via. Due foche lo condussero di nuovo verso la superficie e mentre risaliva iniziò di nuovo a sentirsi meglio e riprendere lucidità. Guardò i simpatici animali che lo stavano aiutando e gli fu’ infinitamente grato. Gli avevano salvato la vita. … O almeno gli avevano evitato di morire lì sul fondo, ma adesso c’era un altro problema, l’ipotermia, la parte superiore del suo corpo aveva già preso una colorazione bluastra. Doveva trovare un riparo al più presto. Cercò di staccarsi dal branco di pinnipedi, ma loro non lo lasciarono andare. Lo stavano spingendo in una direzione ben precisa “Cosa c’è? Se resto in questa zona morirò” Gli parlò spiegando, anche se sapeva che gli animaletti non capivano.
Poco dopo capì cosa volevano. L’avevano portato in superfice - Dio che distesa di ghiaccio - aveva pensato guardando tutte quelle lastre di ghiaccio ed iceberg che lo circondavano, poi lo vide. Una macchia scura sopra una di quelle lastre. Rabbrividì per il vento che gli schiaffeggiò il volto, nuotò più vicino alla macchia scura per capire di cosa si trattasse e ipotizzò che potesse trattarsi di un essere umano, non riusciva ancora a vederlo bene per la sua forma appallottolata. Chissà se era vivo. Si issò sul lastrone di ghiaccio e toccò quella palla gelata di abiti ormai irrigiditi dal ghiaccio “Oh per le rovine di Atlantide! Hey! Svegliati!!” Gridò toccandolo e scuotendolo. Poi si guardò intorno in cerca di un qualche riparo. Non potevano rimanere lì, sarebbero morti entrambi. Le mani e la coda iniziarono a fargli male. Si ributtò in acqua e con tutta la forza che aveva iniziò a spingere la lastra di ghiaccio. Sprecò moltissime energie e non riusciva nemmeno a tenere le mani appoggiate al ghiaccio per molto tempo, ma non mollò.
Spinse e spinse, cambiando posizione. Iniziarono a formarsi dei tagli sulle sue mani, ma lui continuò anche perché ormai il dolore era talmente forte ovunque da non sentirne molto sulle mani, il gelo ormai gli intorpidiva gli arti e la mente e tutto iniziava a diventare insensibile.
Ma portare quell’essere umano in salvo lo teneva concentrato quel tanto da dargli una speranza, la speranza di restare in vita e uscire da quella situazione. Era come una missione. Salvarsi entrambi, quello doveva fare. E così metro dopo metro andava avanti, finché non si allontanò un po’ da quella terra di ghiaccio.
Ormai era stremato, non ce la faceva veramente più, dovevano trovare un riparo, l’acqua lì era ancora troppo gelida e c’erano ancora formazioni di ghiaccio galleggiante tutt’intorno. Non riusciva più nemmeno a vedere bene, la vista aveva iniziato ad appannarsi.
Decise di fare affidamento ad un altro senso; Il vento gli portò un forte e acuto odore di marcio, di carne morta, forse c’era qualche animale morto lì intorno, non era il massimo, ma li avrebbe tenuti in vita e un po’ riparati da tutto quel gelo. Usò le sue ultime forze per cercare e raggiungere l’origine di quel tanfo che altro non era che una carcassa di un orso polare morto.
Prese il suo coltello di madreperla, squarciò il ventre dell’orso, rabbrividendo per l’odore rivoltante, poi spinse il corpo dell’essere umano all’interno “Hey.. mi.. mi senti? Ti prego.. non m-morire.. Se m-muori tu, m-m-morirò anch’io” Gemette battendo i denti stremato. Abbracciò quel corpo gelato e cercò di spingersi nella carcassa tra le viscere sanguinolente e in via di putrefazione anche lui, purtroppo dovette lasciare fuori la coda che poche ore dopo era diventata un pezzo di ghiaggio.
In teoria avrebbe voluto solo riposarsi un po’ e recuperare le forze, ma finì per addormentarsi.

***

“Eccolo!” Gridò finalmente la strega, facendo spaventare tutti, mentre il pendolo puntava dritto su una zona bianca del mappamondo.
Dalla piantina della citta, erano passati a quella della regione, poi dello stato ed infine avevano preso il mappamondo per cercare il nephilim.
Tutti i presenti si accalcarono attorno a Roweena che sorrideva soddisfatta
“Come diavolo c’è finito in Antartide?!” Chiese Castiel e sparì teletrasportandosi là.
Senza indugiare oltre gli altri presero dei piumini pesanti, si catapultarono nell’impala, ovviamente Roweena scomparve subito magicamente.
Si recarono all’aeroporto dove pagarono molto salatamente un pilota di un charter per farsi accompagnare in Antartide, lì, sborsarono di nuovo un bel po’ di contanti per avere un passaggio su una rompighiaccio e raggiungere il punto che Roweena gli aveva indicato.
Non fu’ affatto facile trovare il nephilim, ma per fortuna intravidero la figura statica di Castiel e lì vicino c’era qualcosa che non riuscirono ad identificare finché non furono vicino a quell’ammasso semi congelato, pieno di sangue da dove addirittura spuntava una coda di un delfino.
“Ma che cazzo è?!” Disse Dean.
Quando infine estrassero i due corpi insanguinati e privi di conoscenza, Sam e Dean si guardarono sbalorditi e accigliati.
“Ma questo non è…” Iniziò Dean incredulo indicando tritone disteso a terra e Sam terminò “Kael..”
“E che diavolo ci fa anche lui qui?!! Se c’entra qualcosa con la sparizione di Jack, ti giuro che stavolta lo uccido!!” Minacciò il cacciatore più grande serio.

I due corpi furono issati sulla spacca ghiaccio. Il medico notò subito le condizioni critiche in cui versavano. Li misero in una camera apposta per scaldarli lentamente perché non potevano farli passare dal gelo al caldo, sarebbe stata una sofferenza inaudita ed i loro corpi sarebbero peggiorati riportando ferite ben peggiori, rischiavano embolie ed ischemie per l’improvviso afflusso del sangue che adesso era invece molto basso. Avevano le estremità di un colore blu-nerastro e il medico ipotizzò una possibile amputazione, ma doveva prima visitarli approfonditamente.
Anzi il medico si stupì di come poteva esser sopravvissuto l’essere umano, (ovviamente ignorava la parte angelica del giovane).
A Jack vennero tagliati via tutti i vestiti gelati ed entrambi furono rinvoltati in coperte isotermiche, infine medicati e chiusi sotto una specie di camera iperbarica apposita, che avrebbe regolato la temperatura automaticamente facendola alzare di un grado per volta.
Gli vennero messi tubi per la respirazione artificiale e aghi ovunque per reintegrare vitamine, sali e soluzioni analettiche per ripristinare il calore all’interno del corpo.
Jack e Kael rimasero praticamente immobili e incoscienti almeno finché la temperatura non fu’ tornata abbastanza nella normalità ed il loro corpo che aveva abbassato quasi tutte le sue funzioni, riprese il suo ritmo normale, svegliandosi e pompando di nuovo il sangue ovunque, ma questo provocò ad entrambi molto dolore, iniziando a gemere e contorcersi.
Sam e Dean che li stavano sorvegliando corsero a chiamare il medico.
“Purtroppo è inevitabile… E’ la riattivazione del flusso sanguigno, i loro vasi sanguigni erano praticamente diventati sottili come spilli e ora si stanno riaprendo è normale che provino dolore, ma passerà presto.” Cercò di tranquillizzarli anche se non ci riuscì.

Jack aveva fasciature ovunque: alla testa, alle mani, dal polpaccio in giù compresi entrambi i piedi, i medici si stupirono di trovargli un’incredibile quantità di testosterone nel suo sangue, ma questo spiegava il perché il suo pene fosse l’unica cosa non congelata, o almeno così pensarono, ma non era comunque normale, aveva l’organo rosso e gonfio, doveva esser successo qualcosa, ma avrebbero dovuto analizzarlo meglio. Kael aveva solo le mani fasciate, visto che i medici non sapevano come comportarsi con una coda da delfino. Erano medici, non veterinari.

Il sirenide fu’ il primo a svegliarsi il giorno dopo
Aprì gli occhi e gemette per uno strano formicolio doloroso in tutto il suo corpo ma poi sussultò spaventato trovandosi chiuso sotto una cupola trasparente con aghi infilati nel braccio.
Sam lo notò e si avvicinò subito al vetro della camera iperbarica entrando nel suo campo visivo, era sicuro che se lo avesse riconosciuto forse, si sarebbe calmato ed infatti Kael lo fissò incredulo, con difficoltà per via delle fasciature, si spostò la mascherina d’ossigeno dalla bocca “S-Sam?!”
Poco dopo notò anche Dean che aveva seguito il fratello e gli stava un passo dietro fissandolo minaccioso “Dean..? Che ci fate qui? Dove sono?!”
“Cosa ci facevi tu con Jack?!! Maledetto ibrido, per me saresti già stato morto se non era per mio fratello, dice che è meglio darti la possibilità di spiegare, ma secondo me non c’è niente da spiegare!” Ringhiò Dean aggredendolo mentre il tritone lo guardava stanco, confuso e senza capire.
Si toccò la coda e si accorse di non poterla muovere e gemette
“Ti fa male?” Domandò Sam guardandolo oltre il vetro
Kael strofinò la mano fasciata sul fianco squamoso “Non riesco a muoverla.. Non sento niente.. Non riesco a trasformarmi.” Disse spaventato
“Calmati.. Magari è solo temporaneo. Sai dirmi cos’è successo?” Gli chiese cercando di distrarlo
Kael smise per un secondo di affannarsi sulla sua coda e guardò il cacciatore “Non lo so… Le foche mi hanno condotto dal quell’umano che non sapevo nemmeno che si chiamasse Jack prima che lo nominaste.
L’ho trovato semi congelato, privo di sensi. Io ho solo improvvisato un riparo per tenerci in vita. Non so come ci sia finito lì.” Spiegò il tritone prima di ricominciare a toccare la coda per sentire se in alcuni punti poteva esser più sensibile.
Sam guardò suo fratello che fece spallucce.
“Cerca di riposarti un po’, purtroppo dovrai stare ancora un po’ lì dentro, comunque sei al sicuro qui, vi stanno curando.”
E prima che Sam se ne andasse Kael lo richiamò “E.. lui come stà?”
“Non si è ancora svegliato ma è vivo. .. Grazie per quello che hai fatto”
Dean non disse niente e si limitò a seguire Sam.

Passarono altri due giorni, Kael sembrava reagire bene alle cure e la sua ripresa era piuttosto rapida, poté iniziare ad uscire da quella cupola di vetro, anche se non riusciva ancora a prendere sembianze umane. Per aiutarlo a mantenersi idratato ogni tanto lo calavano in una vasca di acqua di mare che avevano preparato per lui.
Ma lui era preoccupato e silenzioso, se non avesse potuto riprendere ad usare la coda, sarebbe morto in termine di poco. Era felice di aver ritrovato Sam anche se non riusciva mai a trovarsi da solo con lui perché suo fratello li sorvegliava a vista e per fargli capire che non si sarebbero lasciati ingannare dal lui un giorno gli mostrò dei tappi per le orecchie con un sorrisino sardonico stampato sulle labbra.
Kael non poteva certo biasimarlo, dopo quel che era successo anni prima.

Finalmente anche Jack riuscì a riprendere conoscenza. Emise dei versi strozzati sentendo il tubicino che dal naso scendeva nella gola fino ai polmoni per ossigenarli. Aveva sete era disorientato e confuso. Castiel era già lì, in effetti da quando erano stati ritrovati, non si era mosso dalla piccola camera iperbarica di Jack, ed ogni tanto gli aveva anche parlato, prendendosi una delle battutine un po’ sarcastiche di Dean. Si avvicinò al ragazzo toccandogli la fronte e prendendogli una mano “Hey .. Sono qui, va tutto bene, vedrai che ti rimetterai presto.” Jack lo guardò senza ricordarsi di lui.
“Ho … Ho .. ethe” Disse in un bisbiglio. Il medico disse che gli stavano già dando liquidi via endovenosa, ma jack mugolò, indicò il tubo che gli usciva dalle narici “..ia .. ia..” Disse più agitato e Castiel cercò di calmarlo “Vuoi toglierlo? Sei sicuro?” E Jack annuì. Il medico brontolò un po’, ma poi si arrese e gli tolse i tubo. Jack tossì un po’, Castiel lo aiutò a sollevarsi leggermente e lui afferrò tra le mani fasciate il bicchier d’acqua che il medico gli aveva preparato e lo trangugiò rovesciandosene un po’ addosso per la foga, poco dopo si piegò in due per il dolore ansimando. Il medico pensò subito che lo stomaco avesse reagito male all’improvviso arrivo del liquido, ma poi capì. Jack teneva le mani a coppa sulla sua zona inguinale, aveva le lacrime agli occhi e doveva provare un dolore assurdo.
“Cos’hai jack?!” Chiese allarmato Castiel, ma Jack dal dolore non riusciva nemmeno a parlare e boccheggiava come un pesce.
Nel frattempo arrivarono anche i due cacciatori. Si preoccuparono nel vedere Jack in quello stato.
Il nephilim rotolava da una parte all’altra gemendo con le mani premute sull’inguine e le gambe piegate verso l’alto.
 I medici fecero allontanare tutti, spingendoli fuori per visitare il ragazzo. Occorsero sei persone, quattro delle quali dovettero tenerlo fermo.
Si resero conto del perché di tutto quel dolore, il pene era gonfio e paonazzo, la ripresa del flusso circolatorio era stato troppo in quelle condizioni e sembrava voler esplodere da un momento all’altro.
Dovevano operarlo d’urgenza o ci sarebbero state tremende conseguenze per lui.
L’operazione durò circa un’ora, ma riuscirono a stabilizzare le funzioni erettili. E Jack si ritrovò una fasciatura anche al bacino ed un tubicino che drenava e toglieva sangue e liquido essudato provocato dall’infezione in atto.
Quando gli amici poterono riavvicinarsi a Jack, stava riposando e sembrava molto provato. Aveva di nuovo una mascherina d’ossigeno sul volto.

Tutti volevano risposte. I medici per un verso, i cacciatori e l’angelo per un altro, ma dovevano portar pazienza per adesso. Per fortuna la presenza del tritone a bordo distraeva soprattutto l’equipaggio dal far domande ai cacciatori e per loro era un bene.
Kael non si sentiva affatto a suo agio. E quando finalmente riacquistò la sensibilità nella parte inferiore del corpo e riuscì a muovere di nuovo la coda e trasformarsi prendendo un aspetto meno bizzarro, non vide l’ora di allontanarsi da tutti loro. Aveva imparato che era meglio tenersi a distanza dagli esseri umani o .. avvicinarsi soltanto quando era lui ad averne il controllo cioè soggiogati dal suo incantesimo.
E una notte, quando ormai sentì di potersela cavare di nuovo da solo chiamò Sam e Dean
“La nave presto giungerà in porto. .. Io vorrei tornare libero, in mare aperto.” Gli disse quasi incerto per la paura che la loro risposta fosse negativa.
“Sicuro di sentirti bene?” Gli chiese Sam con dolcezza
Kael annuì sorridendo leggermente. Dopo tutti quegli anni trovava ancora estremamente affascinante quell’uomo ed arrossì lievemente, prendendosi una schiarita di gola allusiva con annessa occhiataccia da Dean e facendo scappare subito dopo una risatina a Sam.
“Allora va bene, sei libero, torna pure a casa.”
“E non combinare guai.” Aggiunse veloce Dean “Piuttosto, come c’eri finito anche tu laggiù tra i ghiacci?”
Kael alzò le spalle “Storia lunga e non molto piacevole, magari un giorno ci ritroveremo e ve la racconterò.”
I due cacciatori accompagnarono Kael all’esterno sul ponte di una delle fiancate della nave. Kael si sfasciò le mani che ormai sembravano guarite alla chiara luce lunare.
“Allora addio di nuovo” Disse il tritone
“E chi sa se lo sarà” Dean roteò gli occhi con finta insofferenza. Poco dopo Kael saltò dalla nave e scomparve nell’oscurità del mare.
Sam rimase a fissare il mare e poco dopo si accorse che Dean lo stava scrutando con una strana espressione ed un sopracciglio sollevato.
“Che c’è?!” Fece Sam e senza aspettare la risposta si avviò all’interno della nave seguito da una risatina del fratello. Lo odiava quando faceva così!

***


“Basta va bene?! Non mi ricordo di voi! Io non mi chiamo Jack e voglio esser lasciato in pace!” Gridò il ragazzo stressato ed agitato all’ennesimo tentativo di fargli tornare la memoria.
Era ormai passato circa un mese da quando Jack era stato salvato e riportato al Bunker. Sam, Dean e Castiel avevano cercato di lasciarlo tranquillo finché non si era ristabilito; Finalmente era stato liberato da tutti quegli aghi e tubi inseriti in ogni dove nel suo corpo, e senza tutte quelle iniezioni di Caverjet il livello di testosterone nel suo sangue era tornato nella norma ed anche l’inguine ed il suo pene erano guariti, ricominciando a svolgere le sue funzioni regolari, senza imbarazzanti e soprattutto dolorose erezioni fuori controllo, o quella voglia di avere orgasmi in ogni momento del giorno e della notte che aveva messo a disagio anche Dean che era quello che si scomponeva meno di tutti in fatto di sesso.
Aveva raccontato tutto quello che era successo da quando aveva memoria ovviamente, che era convinto di chiamarsi Timothy e che era scappato dalla presunta casa degli zii perché non ne poteva più dei loro soprusi.
I tre erano rimasti allibiti ed inorriditi dal racconto ed avevano cercato di spiegargli la verità, ma lui adesso sentendo una versione completamente diversa di chi fosse era andato in crisi, chi mentiva e chi diceva la verità? Anche loro avrebbero potuto mentire benissimo! Lui dopotutto non poteva saperlo.
Così se ne stava tutto il giorno rinchiuso dentro la sua presunta camera, finché loro non venivano a disturbarlo, e questo succedeva molto spesso, con una qualsiasi scusa solo per tormentarlo con domande o test per vedere se gli stimolavano la memoria. Soprattutto quel Castiel.
Non erano affatto cattivi con lui, anzi, facevano di tutto per metterlo a suo agio, ma lui non riusciva proprio più a fidarsi di nessuno e quel suo vuoto, il non saper niente del suo passato lo rendeva sempre triste o di cattivo umore.

In una bella giornata di sole Castiel andò a bussare alla porta della sua stanza
“Jack? Hey c’è un bel sole fuori, ti prego esci, andiamo a fare un giro, ti prendo un bel gelato. Una squisita invenzione umana! Oppure ti compro le caramelle che ti piacciono tanto! Ti prego esci.”
Dopo qualche minuto di silenzio Castiel udì la sua voce “No!”
L’angelo sospirò e bussò di nuovo.
“Jack per favore. Ti devo parlare.”
Sentì rumori di qualcosa che sbatteva e il nephilim che borbottava, poi finalmente aprì la porta e apparve il viso imbronciato del ragazzo. Castiel notò come fosse cambiato da quando soffriva di quest’amnesia. Ed era pericoloso, era pur sempre un nephilim dotato di poteri molto grandi e se li avesse usati inconsciamente per uno scatto d’ira o altro? Per ora a detta di lui, si era solo teletrasportato senza saperlo e senza averne il controllo, ma poteva accadere di nuovo o di peggio.
“Hey…”
“Che c’è?!” Gli disse subito secco guardandolo serio.
“Dobbiamo parlare di te e..”
Jack lo interruppe di nuovo “Ancora?! Non ne ho voglia!” Fece per richiudere la porta, ma Castiel glielo impedì inserendo il piede.
Jack fece un verso esasperato
“Lasciami in pace!”
“Non posso! Tu devi ricordarti chi sei! Sei pericoloso!”
“Ah io sarei pericoloso? Chi mi ha costretto ad avere rapporti sessuali e mi picchiava se non riuscivo a svolgere bene un lavoro allora.. loro erano angeli!!” Disse ironico e si buttò sul letto a pancia in giù. Castiel entrò nella stanza.
“Non sto’ dicendo questo. Ciò che ti è stato fatto è orribile. Ma l’angelo sei tu. Tu sei come me.”
Jack si coprì la testa col cuscino e mugolò “Ancora con questa storia!”
“Ti ho lasciato tranquillo, ho aspettato sperando che ti tornasse la memoria, ma adesso ti aiuterò a recuperarla” l’angelo si avvicinò deciso al suo letto e quando Jack tolse il cuscino e si voltò chiedendo “Come?!”
Castiel con un rapido gesto gli appoggiò il palmo della mano alla fronte ed usò il suo potere per cercare di sbloccargli i ricordi.
“Così” Disse ed un lampo di luce chiara ed azzurrina si sprigionò dal palmo della mano. Jack gridò ma non riuscì a sottrarsi. Rimase semi seduto, con la bocca dischiusa, gli occhi vacui, le braccia lungo il busto, sorretto dall’energia di Castiel.
Sam e Dean sentendo gridare accorsero preoccupati, e si schermarono gli occhi alla luce che adesso si sprigionava dalla mano dell’angelo, ma non intervennero, sapevano che qualsiasi cosa stesse facendo l’angelo, non era niente di pericoloso o letale per Jack.
Non fu una cosa piacevole per Jack che si sentiva la mente sconvolta, iniziò a veder passare alcune immagini: una donna col pancione, un video di lei dove gli diceva di essere sua madre e le dispiaceva di non poterlo veder crescere, immagini dei due cacciatori, immagini di se stesso che faceva cose assurde, come sollevare oggetti e scaraventare persone in aria con la sola forza del pensiero e di cose fatte insieme a quei tre.
Dopo pochi minuti la luce diminuì e Castiel lo lasciò, Jack ricadde sdraiato sul letto ansimando ad occhi chiusi, il suo petto si sollevava e si abbassava tremando leggermente
“Questo sei tu. Adesso hai visto. Sei come me… anzi più potente, per quello ti sei teletrasportato, forse il teletrasporto è avvenuto per un forte shock o per paura, inconsciamente, ma immagina se avessi fatto di peggio… Scusami se non è stato piacevole, non era mia intenzione farti del male, ma dovevi sapere.”
Jack aprì gli occhi guardando Castiel e poi guardando i due cacciatori, Sam si sedette sul letto prendendogli una mano tra le sue
“Tutto bene?”
Jack rimase ancora a fissarli un po’ imbronciato, poi assottigliò lo sguardo qualcosa sembrava riaffiorare nella sua mente, un combattimento. Lui stava proteggendo Sam e Dean contro un individuo dagli occhi rossi, una creatura potente, che usava il suo potere per fargli del male.
Si concentrò per vedere meglio piano piano che il ricordo riaffiorava
“Io …”
I tre rimasero in silenzio aspettando pazientemente
“Chi era …? … C’è stato uno scontro .. Io vi stavo cercando di proteggere..”
Sam annuì “Esatto. Tu ci hai salvato, hai tenuto impegnato Lucifero affinché riuscissimo a scappare”
“Lucifero..” Ripeté Jack ancora impegnato nel cercare di recuperare più ricordi possibili.
“Lui è… è parte di me.. è mio padre” Guardò preoccupato Castiel
“Lo è.”
“Ma perché ho la sensazione che sia malvagio..?”
“E’ il diavolo” S’intromise Dean ma Castiel lo ammonì con un gesto
“Jack adesso dovrà continuare da solo a recuperare la memoria e capire chi è. Lasciamolo tranquillo.”
Castiel si voltò per uscire. Sam si alzò dal letto, gli batté dolcemente la mano sulla spalla e con Dean uscirono tutti dalla stanza lasciando il ragazzo solo con i suoi dubbi, ed i ricordi che molto lentamente tornavano a riempire la sua mente.

A ora di pranzo Jack uscì dalla stanza e lì raggiunse in cucina.
Loro lo guardarono un po’ perplessi
“Ciao… Sam, Dean e Cass” Disse spostando lo sguardo dall’uno all’altro facendogli capire che si ricordava di loro. E loro gli sorrisero
“Bentornato ragazzo” Disse Dean, prendendo un piatto, mettendoci dentro un sandwich e mettendolo a tavola.
Jack si leccò le labbra “Ho una fame!” Disse sedendosi con loro e poi si misero a parlare allegramente, cercando di sdrammatizzare a proposito di quella brutta esperienza accaduta al nephilim. Dean era piuttosto incuriosito dalla storia delle erezioni e non perse occasione per dirgli di come aveva messo tutti in imbarazzo i primi giorni e che veramente non aveva mai conosciuto nessuno che fosse stato così attivo e che quasi quasi ne era invidioso.
“Ma quindi non sai dirmi che cosa c’era in quelle iniezioni?”
Sam guardò esasperato il fratello e roteò gli occhi
“Sei sempre il solito!”

The end

 


n.b. Devo dire che questo è stato il racconto che mi è piaciuto di meno in assoluto. La prima parte buttata giù più volte e infine a parer mio molto tirata via, perché avrei voluto descrivere di più alcune scene, ma per mancanza di tempo ho dovuto saltare e la seconda parte dove Kael ha una parte secondaria, ma che avrei anche potuto evitare di far entrare in scena. Iniziato con un’idea e sviluppato via via cambiando e arrangiando. No, devo dire che stavolta non sono granché soddisfatta del mio lavoro.

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