Tutto Può Accadere In America

di Dalia95_KittyCat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Caccia al ladro ***
Capitolo 3: *** Una fantastica e inaspettata sorpresa ***
Capitolo 4: *** Cotto a puntino ***
Capitolo 5: *** Un disastro di ragazza ***
Capitolo 6: *** L'uomo d'azione e la pupa ***
Capitolo 7: *** Perché dici questo? ***
Capitolo 8: *** Lei è quella giusta ***
Capitolo 9: *** Un amico come te ***
Capitolo 10: *** Ciò che più desidero al mondo sei tu ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Tutto Può Capitare In America  
 
  1. L’incontro
 
Era un bellissimo giorno di metà maggio nella città più bella del mondo, ovvero New York City. Le strade erano più trafficate che mai, e il sole era ancora ben lontano dal tramonto. Era un pomeriggio di primavera, Violet Miller era appena scesa giù nel negozio di elettronica della zia con la quale lavorava, e prima aveva dato da mangiare a quella peste di Malkin, il suo splendido gatto nero. Terminato il suo turno di lavoro, uscì dal negozio e all’improvviso sbatté violentemente la zucca contro qualcuno. Quel qualcuno non era altri che … il famoso attore Benjamin Gillespie, la giovane star di Hollywood più amata di quel momento. Non le pareva vero, uno degli uomini più desiderati da donne in tutto il mondo, era praticamente davanti a lei. Violet strabuzzò gli occhi per circa tre volte di fila. Da parte sua, lui la fissò nei suoi occhi di un azzurro cristallino come le acque delle Maldive, il suo dolce sorriso sulle sue labbra rosee leggermente contratte (doveva averlo sicuramente riconosciuto) e i lunghi capelli di un castano chiaro con sfumature dorate raccolti in una folta coda di cavallo, tenuta ferma da un fiocco viola.  Era senza dubbio la più bella ragazza che mai avesse visto, pareva una di quelle modelle che compaiono nei cataloghi dei costumi da bagno o dell’intimo femminile. Tuttavia gli abiti che portava non le rendevano affatto giustizia. Si avvicinò il più possibile a lei, e le sorrise. Indossava un’elegante giacca color crema e sotto una camicia bianca, i suoi capelli biondo miele erano particolarmente vaporosi in quel momento (probabilmente si era appena fatto uno shampoo) e due occhiali nuovi di pacca, degli Oakley, celavano i suoi occhi castano scuro. Sia Violet che Benjamin passarono una mano sulle proprie teste, massaggiandole. Avevano preso proprio una bella craniata!
“Porca miseria” esclamò Violet, e gliele avrebbe anche suonate di santa ragione se non si fosse accorta in tempo di chi aveva davanti
“Scusami, non volevo” sorrise lui, cercando di scusarsi. Ma le parole gli morirono letteralmente in gola, nel vedere la bellezza della giovane donna
“Non fa niente” rispose Violet, rivolgendogli un sorriso dolcissimo, da quanto era forte l’emozione di avere l’uomo dei suoi sogni di fronte a lei. Se al posto di Mister Divo di Hollywood ci fosse stato qualche bruttone lo avrebbe mandato a quel paese, poiché detestava la gente che le andava addosso o anche solo che la sfiorava, avendo la sindrome di Asperger. Ma siccome era Benjamin, non meritava altro che un dolce sorriso!
“Vuoi salire su da me, per mettere un po’ di ghiaccio sulla botta onde evitare che si formi un bernoccolo?”  le domandò il ragazzo
“Tu vivi qui? Non sapevo!” era a dir poco sbalordita
“Solo temporaneamente. Voglio prendermi un po’ di relax e stare lontano da riflettori e fotografi assillanti”
“E per quanto?”
“Qualche mesetto”
“Interessante. Comunque ho del ghiaccio di sopra da mettere sulla zucca”
“Come preferisci, signorina … come ti chiami?”
Violet esitò un pochino, e poi rispose: “Non ha molta importanza sapere come mi chiamo”
“Così come non ha importanza sapere che hai una celebrità davanti a te?”
“Oh, beh, per quello sì, mi importa eccome. D’accordo, io sono … Violet Miller” fu la timida e mesta risposta di lei
“E’ un nome stupendo. Perché non me lo volevi dire?”
“Non ho detto che non mi piacesse il mio nome. Ho detto solo che sono una che passa sempre inosservata, più trasparente dell’aria”
“Mi dispiace tanto”
“Oh, non devi preoccuparti per me. Ci sono persone che stanno peggio. Più che altro a volte con gli estranei mi presento con degli pseudonimi perché sono molto diffidente”
“Beh, è comprensibile. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. In ogni caso, fingi di non avermi incontrato, e soprattutto, in alcun modo, non dire a nessuno che io sono qui. Non vorrei ritrovare la casa che non è neanche mia assaltata di fan, stalker e giù di lì. Non ti conosco ma conto sulla tua discrezione”
“Non lo dirò a nessuno. Lo giuro”
“Sapevo che potevo fidarmi di te” si voltò, pronto per tornare su in casa, ma prima le rivolse un dolce sorriso “Spero di rivederti presto, Violet”
“Anch’io” rispose lei con un sorriso ancora più dolce. In quel momento Benjamin si sentì quasi mancare. Non aveva mai visto un sorriso così genuino e sincero, e soprattutto non aveva mai incontrato una ragazza così bella. Tuttavia gli abiti che indossava non la valorizzavano per niente: una maglia esageratamente larga e lunga e un paio di calzoni smunti e sicuramente datati, più shabby che chic. Ma comunque si intuiva che c’era del potenziale sotto.
 
 
Mister Divo, anzi, voglio dire, Benjamin visto che detestava essere chiamato in quel modo, pensava intanto a qualche strategia di seduzione. Andare a sbattere contro di lei volutamente, sedersi su una panchina sperando che lei passasse vicino, fischiettare, mettersi un profumo di quelli più intensi addosso? Era proprio a corto di idee. Alla fine decise che sarebbe stato meglio solo farsi trovare davanti a lei, fingendo di passeggiare.
Violet si affacciò al balcone, e guardò il sole che stava tramontando. Buttò per caso lo sguardo sulla strada e …lo vide che passeggiava senza una meta proprio sotto casa sua. Decise di scendere apposta giù per Benjamin, il quale finse di non averla vista uscire dal portone della casa e l’aspettò pazientemente fuori.
“Eccomi, Mister Divo” trillò con voce squillante
“Ti prego, non chiamarmi in quel modo, lo detesto. Io sono un ragazzo come tutti gli altri. Non importa che io sia celebre in ogni singolo angolo del globo terracqueo e che non ci sia nessuno che non abbia mai sentito almeno una volta il mio nome, anche solo di sfuggita. Un giorno sono Romeo, un altro Re David d’Israele, un altro ancora Francesco Giuseppe d’Asburgo, ma nel cuore e per gli amici resto pur sempre e solo Ben”
“Che linguaggio aulico e forbito: globo terracqueo! Fai come gli Asperger” ridacchiò Violet, e dentro di sé pensò che il giovane, nonostante la fama che aveva acquisito in così pochi anni di carriera, rimaneva una persona semplice e solare, felice sì di poter interpretare ruoli così diversi tra di loro sullo schermo e soprattutto differenti dal suo carattere e dal suo stile di vita, e felice di essere una celebrità. D’altronde, quella del cinema è tutta finzione, così come la televisione e il teatro. Perfino il suo sorriso era sincero, e trasmetteva calore e tranquillità.
“D’accordo, non ti chiamerò Mister Divo. Sarebbe come dare dell’inglese ad un americano! Allora, Re David, qual buon vento ti porta qui a Manhattan?”  A quelle parole Benjamin scoppiò a ridere, sfoderando uno dei suoi sorrisi più belli che si mise in evidenza i suoi denti perfettamente bianchi. Violet fu quasi sul punto di svenire davanti ad un così dolce sorriso. Lo aveva visto più volte nei film o in qualche spot pubblicitario, ma di persona era mozzafiato. Anche la sua bellezza dal vivo emanava qualcosa di … divino. D’un tratto ricordò che Benjamin di recente aveva pubblicizzato un profumo, il The One For Men di Dolce & Gabbana un tempo sponsorizzato da Matthew McConaughey: lui, più sexy che mai, sdraiato a torso nudo su un divanetto dorato, con i muscoli scolpiti messi in risalto da un olio particolare che veniva generalmente messo a sportivi o modelli le volte in cui la massa muscolare doveva essere evidente e sensuale. Violet aveva guardato quello spot da YouTube almeno una decina di volte di fila da che l’aveva scoperto per caso in tv.
“In realtà io sarei proprio di origine inglese, almeno, mio padre è inglese, mentre mia madre è greca. Se proprio lo vuoi sapere, mi sto attualmente rifugiando a casa del mio personal trainer, nonché il mio migliore amico, per starmene un po’ in tranquillità, lontano da paparazzi e compagnia”
“E per quanto intendi restartene qui isolato?” domandò Violet, facendo gli occhioni dolci
“Non lo so, qualche mese” mormorò Benjamin. In realtà la sua vaga risposta era dovuta al fatto che quello sguardo magnetico lo stava letteralmente rapendo, e quindi per quel motivo non seppe più cosa dire “Comunque ci rivedremo presto, mia cara. La casa del mio amico è molto vicina alla tua, sai?”
“Ti prego, non chiamarmi mia cara. Non sono affatto la tua cara!” s’irrigidì lei al solo sentire quel vezzeggiativo
“Oh, come desideri” replicò Benjamin facendole l’occhiolino. Se lui non voleva essere definito “Mister Divo” e lei “mia cara”, così sarebbe stato.
Quando ritornò su in casa, Violet pensò che il suo idolo era davvero un ragazzo semplice e umile come aveva lasciato intendere da un’intervista riguardante una rappresentazione teatrale di “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare, dove interpretava Claudio. Il giornalista gli aveva posto questa domanda tra le tante: “Pensi che la tua bellezza sia fautrice del tuo successo e della tua fama?”
Le era piaciuto tantissimo il sorriso dolcissimo che Ben aveva assunto verso il finire dell’intervista. Era uno dei suoi marchi di fabbrica, oltre alla sua vaporosa chioma di riccioli d’oro. Non era affatto tutta apparenza e niente sostanza come aveva ingiustamente accusato qualcuno, anzi. Quella gentilezza e umiltà che lasciava trapelare dalle interviste era vera. Soprattutto era sincero e molto spontaneo, e con un gran senso dell’umorismo, per questo si era guadagnato da subito la simpatia di tutti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Caccia al ladro ***


Non succede tutti i giorni di incrociare una damigella di una sposa con l’abito sporco e lacero che cammina a passo spedito lungo la strada. Neppure nella vita a dir poco iperattiva di Irving Huntington. Quel giorno il celebre atleta, personal trainer nonché stuntman delle più amate star di Hollywood e, in particolare, del suo migliore amico Benjamin Gillespie, si stava allenando come al solito per mantenere intatta la sua già troppo perfetta forma fisica quando vide una ragazza, il cui abito faceva presagire che fosse la damigella di una sposa, dallo sguardo notevolmente furioso che avanzava sulla strada senza neanche troppo guardare le macchine che passavano. Subito corse ad aiutarla in quanto vide da lontano una macchina che arrivava, e spinse la ragazza sul marciapiede, salvandola in tempo. “Che ca…” esclamò lei irata “Scommetto che hai qualche grosso problema da risolvere” ribadì Irving un tantino seccato “un semplice grazie sarebbe più che sufficiente. Senza di me quella macchina ti avrebbe ridotta ad una frittella!” “Scusa se non ti ho ringraziato, ma è che devo beccare quelle maledette ladre che hanno fregato i vestiti da sposa del negozio” “Ladre? Vestiti dal negozio?” “Sì, quel negozio laggiù, Mildred’s Brides” indicò con l’indice “dove lavoro al momento come sarta e aiutante, finché non troverò un ricco che mi faccia fare la bella vita” Irving capì subito che la damigella, o per meglio dire la commessa vestita da damigella della sposa, era solo una mocciosa viziata intenzionata a vivere una vita da nababbo mantenuta da un marito multimilionario (e magari anche miliardario) e stare letteralmente a non fare un beato accidente per tutta la sua vita. “Tanto per curiosità, come mai indossi questo abito così … come dire … retrò?” domandò Irving, a quel punto parecchio incuriosito “Stavamo facendo una festa a tema costume d’epoca, e questo è, anzi era, il mio travestimento, che quelle fighette hanno pensato bene di conciare nel peggior modo” Il fascinoso personal trainer la osservò con più attenzione, intrigato dal fervore e dal caratterino di quella strana ragazza. Era certo una gran gnocca, con una lunga chioma bionda e scarmigliata e gli occhi eterocromi, uno grigio azzurro e l’altro castano scuro, il che la rendeva ancora più intrigante. D’altro canto anche lei lo fissava, rapita da quegli occhi viola, i capelli castani mossi tendenti al riccio e lo sguardo da seduttore nato. “Per caso sei un attore?” domandò lei a bruciapelo “Deduzione quasi esatta: sono uno stuntman!” rispose Irving con sguardo da furbetto “Irving Mercer” disse poi tendendole la mano “Elektra Cross” rispose la ragazza, che subito s’irrigidì “ma sei fatto d’acciaio?! Hai una stretta fin troppo esagerata! Meglio non attaccare briga con uno come te!” “Già, e stavo per dire lo stesso di te” ribadì lui con un sorrisetto malizioso “dal poco che ho appena potuto vedere” “Ma io non ho affatto una morsa d’acciaio!” esclamò lei stizzita “Non mi riferivo al modo che hai di stringere la mano, mi riferivo alla tua personalità!” ridacchiò lui, colpito dal caratterino tosto di lei. Irving poteva anche essere egocentrico, ma era anche molto arguto e perspicace. Perciò aveva capito subito che le decisioni che prendeva quella ragazza non andavano assolutamente intralciate! E non perdonava niente e nessuno! Cosa che d’altronde, era tipica anche di Irving. “Or dunque, mettiamoci a cercare queste benedette ladre di abiti da sposa” borbottò Irving “Oh, sapevo che mi avresti aiutata!” gridò la ragazza gettandogli le braccia al collo. A questo gesto il possente stuntman indietreggiò, poiché non amava ricevere simili effusioni d’amore da persona che non conosceva, specialmente da donne sconosciute con un atteggiamento un po’ lascivo come quello di Elektra. A dire il vero, Irving dentro di sé stava sospettando che Elektra in realtà avesse creato quella storia su due piedi e come scusa per fare colpo su di lui. Tuttavia, nel caso questa buffa ragazza si fosse rivelata davvero un’imbrogliona, Irving portava sempre a dietro con sé un taser per neutralizzare un qualsiasi potenziale nemico. La cosa che più lo aveva colpito di lei, era che lo aveva guardato dritto in faccia, e non gli aveva puntato lo sguardo addosso ai muscoli rocciosi, cosa che la contraddistinse subito dalle altre ragazze. In meno di dieci minuti a piedi raggiunsero l’Upper West Side, poiché entrambi avevano un passo super veloce, Irving in particolare, dovuto ai lunghi anni di palestra e addominali. Una donna sulla cinquantina andò incontro ad Elektra. Era sua zia Mildred “Elektra! Dov’eri? Prima ho perso di vista sia te che le altre commesse, e ti ho chiamata ma non rispondevi” “Zia Mildred! Scusa ma ero troppo rabbiosa per telefonarti. Qui con me c’è un ragazzo che si offerto di aiutarmi nell’impresa” “Uno sconosciuto preso a caso?” domandò Florence preoccupata “In teoria sì, ma tranquilla, sembrerebbe un tipo affidabile” “Sì ma guarda le tipe che hanno rubato i vestiti al negozio: sembravano delle clienti così educate, gentili, perbene, poi dopo durante una nostra banalissima distrazione sono scappate via con il maltolto!” “Ripeto: questo ragazzo sembra del tutto innocuo. Cioè, sembrerebbe, per ora” Guardò l’abito di Elektra, sporco di vernice rossa, la famosissima vernice utilizzata nei film per simulare il sangue. Anche i suoi vestiti formali, ossia tailleur e giacca da ufficio, erano macchiati di rosso. “Ah però, e questo dove l’hai rimorchiato?” domandò la zia alla nipote riferendosi a Irving, rimanendo sbalordita dall’avvenenza di lui “Non l’ho rimorchiato! L’ho solo incontrato per caso, ma lo conosco appena” Irving guardò incuriosito la zia Mildred. Aveva i capelli cotonati in stile anni ’80 e sulla faccia era dipinta un’espressione buffa e stranita, non tanto perché aveva appena incontrato un estraneo, e pure gnocco, ma perché era la sua mimica facciale tipica in ogni momento. Insomma, possiamo dedurre che era un tipo eccentrico. “Beh, in effetti, mi sembra ispirare abbastanza simpatia e fiducia!” “Davvero? Di solito mi considerano una statua di marmo senza alcuna espressione” esclamò divertito Irving “Perché?” domandò Mildred “Perché di solito sono una persona che pensa più ai fatti suoi, poco disposta ad aiutare gli altri, e che non lascia trapelare emozioni” “Non si direbbe!” “Ho davvero questo sguardo truce?” In effetti Irving, a differenza del suo più caro amico Benjamin, non era una persona che si lanciava in baci o abbracci ed era noto per il suo temperamento combattivo e il suo sguardo spietato nei confronti dell’avversario. Ma alla fine era anche coccolone e affettuoso, anche se non lo dava a vedere spesso. “L’apparenza inganna praticamente sempre, o quasi” aggiunse Elektra, che non era così sciocca e frivola come sembrava, e quando voleva usava l’intelletto. E Irving non era questo gran duro come lasciava credere agli altri. Certo era posato, riflessivo e sicuro di sé, ma dava sempre l’immagine di una persona un tantino fredda e calcolatrice. “E dunque, si sa qualcosa di queste ladre di vestiti da sposa?” domandò Irving a bruciapelo, cercando di rompere il ghiaccio “Veramente sta domanda dovevo e volevo farla io!” s’intromise acida Elektra “a te che te frega dei nostri affari?” “Oh, ma che ringraziamento! Cerco solo di aiutare!” stavolta Irving si stizzì “come ti permetti di parlarmi in quel modo?” “Vedo che i sentimenti, in questo caso la rabbia, ce li hai!” Irving la guardava in cagnesco. Nessuno lo aveva mai trattato in quel modo, manco fosse un peluche di pezza. Stava quasi per mollarle un ceffone, ma si trattenne. Da un lato era contrario alla violenza, dall’altro lato non voleva finire in galera per aver menato una persona. Che definire persona una come quella ragazza era davvero troppo esagerato, perché si comportava peggio di un animale. Perfino un barboncino o una scimmietta avrebbero avuto più creanza di lei. “Scusa, forse ho esagerato un po’ troppo per la verità” fu la risposta impaurita e risentita di lei “Oh, brava bambina. Hai capito l’errore” si calmò lui “E’ che questa situazione mi sta facendo impazzire e mi fa letteralmente saltare i nervi” “Allora mi scuso anche io per essere stato un po’ severo” a quel punto l’espressione distesa e fredda di Irving si trasformò in un tenero sorriso. Elektra fu quasi sul punto di svenire, ma riuscì miracolosamente a trattenersi. “Scusate, siete voi due che siete state derubate di quei vestiti del negozio di abiti da sposa? Se sì, credo di aver trovato il colpevole del furto” disse a bruciapelo una voce sconosciuta. I tre si girarono, chiedendosi chi fosse colui che aveva parlato. Erano un ragazzo e una ragazza di colore, di quelli proprio neri neri. “Sì noi siamo del negozio” rispose Elektra “e hanno rubato in effetti circa cinque abiti e sporcato quello che io e mia zia indossiamo” “Il ladro è dentro Central Park, dentro un gazebo. Se volete una mano ve la daremo volentieri” sorrise il tipo “Mi chiamo Samuel, per gli amici Sammy” “E io sono Florence, ma di solito mi chiamano Flo” “Grazie dell’aiuto. Portateci dalle ladre a Central Park” fu la risposta di Florence I quattro subito si incamminarono. Intanto Irving pensò che almeno aveva trovato una distrazione alla sua giornata, che altrimenti avrebbe trascorso ad allenarsi e basta. Se fosse stato un impiegato in un ufficio, o comunque se avesse fatto un lavoro d’ufficio, sarebbe stato chiuso tutto il tempo dalle nove alle cinque, ma lo sport era sempre stato il suo più grande amore, più anche delle ragazze che si portava a letto. Per sua fortuna i suoi genitori non ci tenevano affatto che lui frequentasse l’università, lo avevano sempre lasciato libero di scegliere ciò che voleva fare. D’altronde anche suo fratello minore, William, non era mai stato un amante della scuola. Ma mentre Irving studiava, Willy si faceva i cavoli suoi ed aveva seriamente rischiato la bocciatura un anno. Tuttavia erano l’esatto opposto in quanto a carattere: Irv era disteso e calmo, ma un troppo freddo e calcolatore alle volte, mentre Willy era godereccio, ilare e giocoso. Nessuno dei due era la pecora nera della famiglia. “Ecco là le ladre!” esclamò Irving, senza avere alcuna ombra di dubbio, nel vedere le furbette che avevano rubato gli abiti da sposa “cogliamole di sorpresa!” “E’ meglio che lo facciate tu e i due caffè, anche perché se andassimo io e mia zia ci riconoscerebbero subito” sussurrò Mildred “Andiamo” disse Sammy, mentre Florence lanciò uno sguardo in cagnesco a Mildred per averli definiti “i due caffè” Elektra e zia Mildred si nascosero dietro un cespuglio, mentre Irving, Samuel e Florence si avvicinarono alle ladre, pronti a riprendere il maltolto.

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Capitolo 3
*** Una fantastica e inaspettata sorpresa ***


Violet tornò su in casa. Il giorno dopo quando si svegliò al mattino andò giù in cucina a prepararsi la colazione, ma prima aprì la finestra per godersi il panorama. Buttò lo sguardo verso il basso e … per poco non gridò di gioia! Dalia, una sua cara amica italiana, era venuta a trovarla! L’aveva conosciuta in un suo viaggio in Italia nemmeno un anno prima, e subito erano diventate grandi amiche, poiché avevano molte cose in comune, oltre ad alcuni tratti del carattere. Entrambe avide lettrici, appassionate di cinema e gatti e molto altro ancora, erano subito entrate in sintonia. Dalia era estremamente timida, ma negli ultimi tempi si stava aprendo molto, già da prima di conoscere Violet e un’altra cara ragazza di nome Margrit. Di statura media e un tantino più bassa di Violet, con un viso da cucciolo, abbastanza carina ma non particolarmente avvenente, capelli castani mossi di lunghezza media, corporatura media e occhi castani, Dalia era tenera come una fetta di torta. Per questo era piaciuta subito a Violet. Solo in quanto a gusti in fatto di uomini erano diverse: Dalia sognava un moro con occhi azzurri, o comunque chiari (tipo verdi o grigi), Margrit un uomo con occhi verdi o azzurri e capelli rossi, Violet invece preferiva quelli con occhi castani o color miele. D’altronde, come diceva lei stessa “Tanto sono già io ad averceli azzurri! Se anche il mio lui dovesse averli castani non sarebbe un problema” Non appena vide Dalia sotto la sua finestra, Violet corse subito giù ad abbracciarla. “Come stai?” chiese sorridente Dalia “Benissimo sorella” così la chiamava Violet, poiché era figlia unica e considerava le poche care amiche che aveva come delle sorelle, tra cui Dalia e Margrit, le quali erano anch’esse figlie uniche “Questa è veramente la giornata delle sorprese e degli incontri” “Perché? Hai fatto qualche altro piacevole incontro?” domandò curiosa l’italiana “Non indovinerai mai chi è venuto ad abitare per qualche mesetto qui in zona” “Boh, in effetti non saprei dire” “Visto che tu i segreti li sai tenere te lo dico: Benjamin Gillespie!” “Chi? Proprio lui? Mister Muscoli D’Oro?” Dalia era assolutamente incredula “Esatto!” ridacchiò Violet, al sentire uno dei nomignoli affibbiati generalmente al suo attore preferito “ma se mai dovessi incontrarlo di persona ti sconsiglio di chiamarlo con uno dei suoi soliti appellativi. Lo fa irritare. Chiamalo col suo vero nome o col suo soprannome Ben” “Capito. Beh, allora non è uno vanitoso” “Oh no, per quello che ho visto finora. Allora, che mi dici? Qualche novità dopo tutto questo tempo?” “Tutto questo tempo! Ma è passato solo un anno!” “Suvvia, scherzavo!” “Beh ora ho una specie di lavoretto a turni in una piccola libreria di Milano dove archivio documenti nel computer, il tutto relativo ai libri” “Eh allora visto che non era affatto difficile trovare lavoro in ambito editoriale” “Ma infatti, secondo me era solo una menzogna per farmi scoraggiare dal mio più grande sogno!” “Già anche secondo me” “E ora forse dovrei riuscire a pubblicare almeno il mio primo libro! Lo sto pubblicando a capitoli sul sito EFP Fanfiction. Una mia amica della mia zona mi ha suggerito di farlo” “Evvai! Ottima idea!” “Infatti! Comunque tornando al nostro Mister Divo, come mai è venuto ad stare qui vicino a te per qualche mesetto?” “Per starsene un po’ lontano dal jet lag, da paparazzi, da stress, e chi più ne ha più ne metta! E’ andato ad alloggiare dal suo personal trainer” “Ma mica saranno gay?” “No ma va! Lui ha una ragazza, ma vedrai che tra non molto si lasceranno, conoscendo il dorato mondo dei vip. Secondo me non l’ama davvero quella lì. Mi sembrano troppo strani come coppia!” “Anche a me!” Le due salirono subito in casa di Violet, e decisero di bersi una bella cioccolata calda. Subito Dalia corse ad accarezzare e spupazzare il meraviglioso gatto della sua amica. “Meow! Meow!” miagolò Malkin, il suo bellissimo gatto nero con gli occhioni verdi “Ma sai che mio cugino ha un american curl? E’ stupendo!” spiegò Violet a Dalia “Quello che fa il personal trainer?” domandò Dalia “Sì, alias quello che sta ospitando Mr Divo in questo momento” “Wow!” “Magari un giorno te li farò conoscere! Sempre sperando che mio cugino sia di buon umore in quel momento!” “Perché? E’ spesso irato?” “Mah, più che altro è un tipo che non vuole essere disturbato, poco disponibile. Pensa solo a farsi tutte le sue fiamme e a svagarsi nelle discoteche o nei casinò, le volte in cui non sta lavorando” “Però, un bel tipino! Ma comunque il suo lavoro è più che buono” “Quello sì, ma dovrebbe comunque dedicarsi a fare cose meno spericolate quando non è al lavoro” “Ma mica fuma o beve alcol? E spero non si droghi!” “No no per carità! E’ assolutamente contrario a quelle cose! Oddio, qualche alcolico tipo Red Bull o Jagermeister mi sa che li beve” “Sì beh ma è poca roba! L’importante è che non si ubriachi!” “No quello per ora (e per fortuna!) non è mai successo! Per quanto ne so!” In quel momento il cellulare di Violet squillò: era Margrit, un’altra sua cara amica finlandese. Le stava telefonando per dirle che sarebbe giunta anche lei a New York per farle visita. Tuttavia lei si era annunciata, mentre Dalia le aveva regalato una delle sorprese più belle che nemmeno i suoi familiari le avrebbero mai fatto. D’altronde, da quando sua madre se n’era andata di casa con un altro uomo e suo padre era sparito misteriosamente, Violet era stata presa sotto l’ala protettiva della zia Colette, sorella di suo padre, e del marito di lei, Greyson, uno dei più celebri manager musicali di quel momento. Quelle poche amiche che aveva erano come delle sorelle, una famiglia. Da parte sua Dalia e Margrit la consideravano ancor più che un’amica, una sorella, poiché erano entrambe figlie uniche e avevano pochissime amiche nei loro Paesi, ma era come se non le avessero. Di fatti, tutte le volte che chiedevano a queste amiche (o amici) di uscire, queste rispondevano sempre che non potevano mai. Quindi era come se non esistessero, e le vedevano solo in estate nei paesi di montagna in cui avevano la casa di vacanza, al punto che le loro mamme le definivano degli amici “virtuali” per il solo fatto che quando non erano in vacanza non si riuscivano a vedere praticamente mai, e si sentivano solo tramite sms, Facebook e Whatsapp. “Ma non sono mica virtuali!” aveva esclamato Violet “mica li avete conosciuti su Internet!” “Infatti” continuò Dalia “ma la mamma li definisce virtuali per il fatto che non ci si riesce mai a vedere di persona” “Sì, ma sbaglia lo stesso” ribadì Violet “Ma appunto, è quello che cerco di dirle incessantemente, ma con altre persone lei continua a dirlo in questo modo” “Queste mamme sono veramente ostinate, e a volte anche i papà, ma tutto dipende sempre dal carattere” “Tutte noi donne in genere siamo dei muli, e ci incaponiamo su molte cose” “Ma è giusto, perché è un modo per far valere i nostri diritti. La testardaggine non è una cosa così negativa come sembra. Ma d’altronde siamo delle Asperger, non delle persone qualsiasi” “No, e anzi è una delle qualità che più apprezzo in te, oltre alla tua determinazione e al tuo coraggio” “Così come io apprezzo la tua forza, sia fisica che morale, e la tua volontà ferrea” Un giorno dopo l’arrivo di Dalia, arrivò anche Margrit. Anch’ella non telefonò a Violet per dirle che stava raggiungendo casa sua, ma si fece trovare direttamente davanti alla porta. “Sorpresa!” esclamò “Ma … ma … anche tu non mi hai dato uno squillo! E se io fossi scesa giù in pigiama?” protestò Violet “O peggio, in mutande?” aggiunse Dalia per rincarare la dose “Beh, ciò che conta è che ora siamo di nuovo tutte e tre assieme” ribadì Margrit noncurante delle lamentele Passarono l’intera giornata a parlare del più e del meno e soprattutto dei libri che stavano leggendo in quel momento. “Ma lo sai chi si è appena trasferito nella villetta vicino alla nostra Violet?” disse a bruciapelo Dalia a Margrit “ma mi raccomando, è un segreto” “Qualcuno di famoso per caso? Dai dai fammi sognare! Non tenermi sulle spine!” esclamò Margrit, impaziente di sapere la scottante news “Il Golden Boy di Hollywood!” “Benjamin Gillespie!” “Sì, proprio lui” “Oh, non ci posso credere!” Mentre le due confabulavano, Violet si trovava al piano di sotto di casa sua e vicino alla porta trovò un biglietto con su scritto: “21:00 sotto casa tua”. Intuì subito che si trattava di Benjamin. Doveva probabilmente aver fatto passare il fogliettino di carta sotto il portone d’ingresso alla villetta. Anche perché dentro casa di Violet non ci era mai entrato. Indecisa se andare o no, e non del tutto sicura che il biglietto fosse davvero di Benjamin, si consultò con le amiche, le quali decisero di spiarla di nascosto nel momento esatto in cui lei avrebbe varcato la soglia di casa. Come potete immaginare, il misterioso mittente era proprio il bell’attore, che da parte sua si stava preparando a corteggiarla ufficialmente. L’amico presso il quale alloggiava, il suo personal trainer nonché uno degli stuntman più celebri di Hollywood, Irving Mercer, gli stava consigliando quali abiti indossare. “Questa maglia con scollatura a V mette in risalto i tuoi muscoli e pure l’abbronzatura!” commentò Irving “Ma sa benissimo come sono fatto! Voglio indossare qualcosa di poco appariscente. Ti vorrei ricordare che in questo momento desidero un po’ di privacy, e non vorrei incappare in qualche fan sfegatato che se mi vede si mette a urlare e mi chiede l’autografo” “E io ti vorrei ricordare che questa è casa mia, non la tua! Sei qui come mio ospite!” “Sarò pure un ospite, ma non una persona comune!” “Beh, anche io sono una celebrità, non dimenticarlo!” Alla fine Ben l’ebbe vinta e indossò una normale maglietta bianca a maniche corte, che lasciava scoperte le sue braccia muscolose e metteva in risalto l’abbronzatura, dei comunissimi blue jeans e stivali marroni da cowboy. Violet era assolutamente indecisa su che vestiti mettere. L’eleganza era tra i suoi migliori nemici: difatti nel suo guardaroba vi erano solo leggings attillatissimi, jeans elasticizzati, scarpe sportive, ballerine alla buona, stivali e magliette eccessivamente larghe. Niente gonne, né scarpe con tacchi, né vestiti da cerimonie, come del resto non erano reperibili nel guardaroba di Dalia e nemmeno in quello di Margrit. Anche se queste ultime non vestivano sportive né sciatte, ma nella norma. Alla fine Violet decise di indossare una larga maglia lilla con una leggera scollatura a V e dei leggings neri. Come scarpe scelse degli stivaletti neri, e raccolse i lunghi capelli castani con sfumature dorate nella solita coda di cavallo, tenuta ferma da un fiocco dello stesso identico colore della maglia. Scese al piano di sotto e aprì il portone d’ingresso. Dentro di sé però era terrorizzata: e se l’anonimo mittente fosse stato invece uno stalker? Violet sperava e pregava che fosse una persona sana di mente, con buone intenzioni. Mentre lo aspettava, ancora non poteva crederci. Le aveva dato appuntamento e neppure sapeva chi fosse! Non conosceva nemmeno il suo nome! Per Violet era come un sogno che si avverava! Anche se avesse ritardato un pochino, per Benjamin non sarebbe stato affatto un problema. Violet Miller era assolutamente divina e perfetta, l’ideale di bellezza che il giovane cercava in una donna. D’un tratto sobbalzò: eccola che usciva di casa. Gli si mozzò il fiato in gola. Era splendida, pur non essendo con un abito da sera o con la gonna. Sarebbe stata stupenda anche con un saio da suora indosso. Da parte sua Violet lo fissava rapita. Da vicino Ben era ancora più bello di quanto non lo fosse sul grande schermo o in televisione. “Beh, c’era da immaginarsi che eri tu il misterioso mittente del messaggio che mi hai fatto passare sotto la mia porta d’ingresso!” esordì Violet “Non poteva essere altrimenti, a meno che tu non abbia qualche altro spasimante di cui ignoro l’esistenza” ribadì lui, sfoderando uno dei sorrisi più dolci che Violet avesse mai visto. La giovane fu quasi sul punto di svenire. “No, per tua grande fortuna, nessuno spasimante per ora a parte te! Forse perché sono molto chiusa, ecco perché nessun uomo mi ha mai corteggiata!” “E’ un peccato, da un lato, ma dall’altro lato è un piacere, perché sarò io ad avere questo grande privilegio” le tese la mano, e lei come uno stoccafisso rimase a guardare. “Non hai capito? Ti sto invitando a fare una passeggiata!” “Oh … ora comprendo” mormorò Violet un tantino imbarazzata, non avendo inteso subito il gesto di lui. “Dove andiamo, splendore? Al porto, a Central Park, su un ponte, in cima ad un grattacielo?” “Pensavo che avessi già scelto tu una metà!” protestò lei “Io non detto regole, bella mia” “Ma non si tratta di regole, parliamo di proposte” “Giusto, hai ragione” le rivolse un sorriso a trentadue denti, rivelando una dentatura perfettamente bianca. In quel preciso istante Violet fu quasi sul punto di svenire, da quanto era dolce il sorriso del bell’attore. Lei invece si sentiva a dir poco terribile, con quella sua solita espressione stralunata e gli occhi sbarrati. O almeno era così che si era percepita tutte le volte che si guardava allo specchio. Ma invece il fascinoso divo pensò che sapeva fare colpo subito! Non male per essere il suo primo appuntamento con un uomo! Si chiese come mai non avesse mai avuto ragazzi prima di incontrare lui, poi pensò che ciò fosse dovuto alla sua eccessiva timidezza. Ben invece aveva avuto non poche donne, ma ancora non aveva trovato una donna che sapesse guardare dentro il suo cuore, che vedesse in lui l’uomo e che era davvero e non la celebrità che era diventato, l’attore idolatrato da molte donne. Violet, osservandolo così da vicino pensò che se avessero scelto un uomo per rappresentare il David di Michelangelo in carne ed ossa avrebbero dovuto scegliere Benjamin. Chiaramente un David vestito e non come mamma l’ha fatto. “Che mi dici di te, ragazza dagli occhi viola?” le domandò il ragazzo a bruciapelo “Io? Beh, io …” rispose lei balbettando “Intendo dire, di cosa ti occupi nella tua vita” ridacchiò lui “Dunque, lavoro da poco nel negozio di mia zia, mi occupo di data entry, niente di più, e niente contatto col pubblico” “Insomma, cose semplici. Ma d’altronde ciascuno ha il diritto di fare ciò che si sente” “Sì, questo è vero” “Hai qualche sogno in particolare? Se puoi sognarlo puoi farlo” “Quello che ha detto Walter Elias Disney” “Esatto! Sai il suo nome per intero!” “Mi tengo molto informata sul mondo del cinema. Forse più anche di te che ci lavori dentro” “No, direi che ne so più io di te per quanto riguarda il cinema, proprio perché è il mio mestiere e la mia vita” “Addirittura la tua vita? Pensavo che la tua vita fosse stare con la donna che ami, non dico tua moglie” “Allora non sapevi che io e Mary Lark ci siamo lasciati?” “Sì, ne ero al corrente. Quello che ti ho appena detto era un ragionamento generale” “Ah ok, ora ho capito” Senza rendersene conto, erano già arrivati al porto di New York, mentre parlavano senza sosta. “Allora, dove andiamo adesso? Hai in mente qualche ristorante in particolare?” chiese Violet “Casa tua andrà benissimo” rispose Ben sorridendo “Ma, a dire il vero, casa mia non è niente di speciale” mormorò lei con un filo di voce “Scommetto che è sicuramente perfetta” “D’accordo” “Ma io a dire il vero ho già cenato. Era solo per andare in un posto che non fosse la mia casa temporanea” “Beh, anche io ho già cenato. E poi sono le 21:30!” “Appunto per questo dico che non ho alcuna intenzione di cenare in questo momento, non ho neppure ancora digerito la mia cena, credo” “Ma non sarebbe romantico per una prima uscita con una ragazza non cenare assieme a lei” “La cena non deve essere per forza il giorno della primissima uscita assieme. Se proprio la faccio, essa avviene nel giorno della quarta uscita con una ragazza, all’incirca. Faccio riferimento soprattutto a precedenti relazioni, ma storie vere, non semplici flirt” “Mi affido a quello che dici, questa è la mia primissima uscita con un ragazzo in assoluto” Benjamin la osservava, rapito. Nonostante la timidezza, Violet era bellissima, e in quel momento, appena pronunciata l’ultima frase, gli rivolse senza rendersene conto un sorriso dolcissimo. Il bell’attore fu quasi sul punto di svenire. Tra i due in quel momento era quasi più lui a essere stregato da lei. Gli splendidi occhioni azzurri della ragazza sembravano il cielo a mezzogiorno, non aveva mai visto un celeste più stupendo.

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Capitolo 4
*** Cotto a puntino ***


La mattina dopo, Benjamin si stiracchiò, e gettò uno sguardo alla sveglia: non erano nemmeno le sette! Si sdraiò, ma non riusciva proprio a riprendere sonno. Gli era bastata una sola, semplicissima uscita con quella bellissima ragazza che pareva una dea greca, con quegli occhi azzurri stupendi, i lunghi capelli castano nocciola, le labbra rosse come ciliegie, il viso dall’ovale perfetto… insomma, era innamorato cotto, come non gli succedeva da tempo. Non vedeva l’ora di raccontarlo al suo migliore amico, nonché personal trainer, Irving. “Pronto” rispose l’amico “Irving, ah, non so come dirtelo” “Percepisco già dal tono da pesce lesso che sei cotto a puntino. Chi ti fatto abboccare all’amo stavolta?” Ben rimase in silenzio per un po’. Non sapeva come dirglielo. “Beh, ecco, ho incontrato una ragazza” “Allora ho vinto la scommessa con me stesso!” “Cioè il fatto che stavo per dirti che di questa ragazza?” “Sì, esatto” “Sei sempre il solito” ridacchiò l’attore “Anche tu, ammettilo” si interruppe un attimo, poi domandò “dunque, chi è la fortunata stavolta?” “Una che sembra una divinità greca uscita dalla cover di Sports Illustrated” “Oh, bontà divina! Mi stai proprio facendo sognare” “Sì, e se la vedessi di persona cadresti letteralmente ai suoi piedi. Lunghi capelli castani, occhi azzurri che ti catturano e ti portano via, labbra rosse come ciliegie, e il suo sorriso … è” “Un’irresistibile tentazione, ho capito tutto” “Ti è bastata questa minuscola e fugace descrizione per farti eccitare?” “Non mi sto eccitando, scemo, come faccio, non l’ho neanche mai vista!” “L’ho chiesto perché ti conosco, scimmione” “Comunque, prima o poi me la devi far conoscere. Sono il tuo migliore amico, nonché un fratello per te, e tu sei un fratello decisamente più saggio e intelligente di quello che mi ritrovo” “E tu sei il fratello che non ho mai avuto” “Meglio soli che male accompagnati, dice il proverbio” Si interruppe, poi riprese “Scusa fratello, ora devo andare ad allenarmi” “Come al solito” rise Ben “il mantenimento di una perfetta forma fisica è la tua più grande ossessione” “Dimentichi che sono un personal trainer, George” “Sai che non sopporto quel soprannome!” “Preferisci Michael?” “Neanche!” Era risaputo da mezzo mondo che Ben pareva un George Michael biondo in versione giovane. Forse ciò era dovuto a quel dolce viso acqua e sapone, dai tratti esotici, che rimembrava appunto un profilo greco. D’altronde sua madre, Sophia Doukas, era greca, ma emigrata a cinque anni in Inghilterra con la famiglia e ivi cresciuta, mentre il padre Michael Gillespie era inglese fino al midollo, con un aplomb molto british, quasi da milord. Tuttavia, poco prima che lui e Sophia si sposassero, si erano trasferiti in Florida, poiché Michael desiderava vivere in un posto perennemente caldo, mentre la moglie voleva tornare a delle atmosfere che le ricordavano la sua terra natia, ma dove si stesse bene economicamente parlando. E quindi Houston era stata scartata poiché non si affacciava sul mare, mentre Los Angeles era fin troppo affollata per via del mondo del cinema. New York e Chicago erano state invece escluse per l’eccessiva mondanità di cui erano popolate e per il freddo che le invadeva d’inverno, soprattutto per quest’ultima ragione. “Va bene, fratello, appena posso ti messaggio e ci vediamo, così mi parlerai meglio di questa gran gnocca e magari mi farai anche vedere qualche foto” “Quando ne avrò una te la mostrerò, prima volevo cercarla su FB” “D’accordo, superstar, a presto!” Stava per dirgli che non sopportava neppure quel soprannome, ma Irving aveva già riattaccato. Doveva probabilmente essere di fretta, per l’ennesimo allenamento. Ben sospirò: il suo migliore amico non sarebbe mai cambiato. I due si erano conosciuti in modo particolare. All’epoca Ben stava terminando le scuole, e Irving aveva già fatto della sua passione, cioè il sollevamento pesi e l’atletica leggera, un mestiere, benché avesse solo due anni più di lui. E già maturava l’idea di fare la controfigura negli action movie di Hollywood. Benjamin era sempre stato ceroso e solare, faceva amicizia molto facilmente, ma dopo il liceo perse di vista quasi tutti i suoi compagni di classe a causa dei loro svariati impegni. E lui fu uno dei pochi, se non l’unico, a non fare l’università. I genitori comunque non ci tenevano che la facesse, e lui non ne aveva mai avuta l’intenzione. Ma non solo: non aveva neppure mai minimamente pensato di recitare. Non aveva mai neppure preso parte a nessun corso di teatro, né per la scuola né per conto proprio. Una sua grande passione era la fotografia, e quindi non gli sarebbe dispiaciuto appunto diventare un fotografo. Ma certo non aspirava a diventare un fotografo superstar, o comunque non desiderava essere una celebrità. Tuttavia un giorno, mentre passeggiava per Miami, la sua città natia, vide un gruppo di ragazzi che giocavano a braccio di ferro. In particolare uno di loro spiccava per l’elevata statura, la quale doveva probabilmente aggirarsi attorno al metro e novanta., dai ricci castano chiaro e gli occhi azzurro viola. Il ragazzone subito aveva rivolto lo sguardo a Benjamin, che all’epoca stava terminando il liceo e portava i capelli abbastanza corti, e nessuno quindi sapeva che erano mossi tendenti al riccio. “Scusate, non volevo interrompere il vostro gioco” disse Benjamin, imbarazzato “Avevamo appena finito, non c’è problema” rispose il gigante riccio, incamminandosi verso di lui “Piuttosto, tu per caso sei una delle comparse che stavamo aspettando?” “Comparse? Di cosa stai parlando?” “Deduco quindi che non sei tu. Stiamo girando un thriller, e alcune delle comparse sono notevolmente in ritardo. Ci manca così poco alla fine delle riprese” “No, io sono solo un semplice cittadino di Miami. Posso supporre che tu sia un attore” “Uno stuntman. E tu cosa sei?” “Uno studente. Sto terminando il liceo, ma non nessunissima idea su cosa fare dopo. Sicuramente non penso di fare il college” “Ottima idea! Perché io avrei una proposta per te” Notò che il suo viso aveva un che di esotico e sensuale, un fascino particolare, dovuto alle sue origini greche. “Ti andrebbe di comparire nel film al posto di quegli sciagurati che non si fanno trovare?” Il bel biondo non seppe che rispondere. Ciò significava forse diventare un attore? “Io … davvero non saprei…” “Intuisco che c’è del potenziale in te. Ho bisogno di una tua risposta in meno tempo possibile” Irving si era già voltato e stava tornando dai suoi amici e colleghi, quando Benjamin esclamò: “Posso tentare, ma non garantisco di farcela” “Finché non proverai, non lo saprai” sorrise Irving, addolcendosi “D’accordo. Dimmi che cosa posso e devo fare” Fu così che cominciò la loro amicizia, che tuttavia loro avevano sempre definito fratellanza da quanto era forte e solida. Da quell’incontro casuale Benjamin era partito notevolmente in quarta, benché nel suo primissimo film fosse una banale comparsa, ma tale bastò ad attirare l’attenzione di produttori e registi di un certo calibro. E in appena sette anni di carriera era già una superstar, osannata dalla critica e adorato dalle ragazze in tutte le donne. Non viveva ormai più con i genitori, e con gli stipendi da favola che guadagnava si era comperato un semplice appartamento nella zona di Coconut Grove. Non era mai stato vanitoso né altezzoso, ma comunque ci teneva a vestire bene e ad avere una bella casa, anche se il suo abbigliamento tipico era piuttosto semplice, non elaborato né all’ultima moda se non per esigenza di copione nei film. E si era pure già accaparrato una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista nel suo terzo lavoro, quando era ancora semi esordiente. Per quanto riguardava invece il suo fisico invidiabile era tutto merito di Irving, il quale lo teneva sempre allenato per un eventuale film d’azione. Quando era minorenne il suo fisico era asciutto, ma non secco come un chiodo. Insomma, si intuiva che c’era un potenziale sotto, ma non faceva mai nulla per farsi notare o per fare colpo su una ragazza. Anche ai tempi vestiva in modo ordinario e se proprio doveva mostrare il suo fisico in “pubblico” era quando andava in spiaggia. Se fosse esistito il costume da uomini intero avrebbe indossato quello, ma era stato tolto poco prima della Seconda Guerra Mondiale, e quindi non aveva scelta. Tuttavia mostrava il suo fisico solo quando girava un film o faceva il bagno, sia che fosse in mare sia che fosse in piscina. Ben non era mai stato un esibizionista, nemmeno ora che era una star conosciuta in tutto il mondo, Irving invece ci teneva molto ad attirare l’attenzione delle ragazze, ma nonostante molte diversità nei loro caratteri i due giovani avevano legato moltissimo sin dal primo momento in cui si erano conosciuti. Qualche bastardo aveva sospettato che i due fossero gay, ma quelle voci erano parecchio false. Erano grandissimi amici, come non c’erano mai stati nel resto del mondo, e anzi Irving era uno dei più grandi tombeur de femmes mai visti. Ben aveva invece avuto due relazioni serie fino a quel momento, ma erano naufragate entrambe, e la seconda volta non era stato lui a porre la parola “fine”. Aveva letteralmente colto in flagrante la sua ragazza a baciarsi con un altro, cara grazia che i due erano vestiti e non sdraiati nudi in un letto. In tal caso il tradimento sarebbe stato ancora più marcato ed evidente. Ma tuttavia, era ancora in cerca di una ragazza perfetta, ed era più che convinto di averla trovata in Violet. Un solo sguardo era bastato a fargli capire che poteva fidarsi di lei, confidarle tutto. D’improvviso scattò la suoneria di A Sky Full Of Stars: qualcuno lo stava chiamando. Corse subito a rispondere, e vide che era Irving. “Fratello, ti spiace salire un attimo da me?” “Sono sempre a tua disposizione, come ben sai” “Grandioso! Alle 16:00!” Nel frattempo, a casa sua, Violet non perse tempo ed annotò subito nel suo diario le impressioni che il bell’attore aveva suscitato in lei: L’uomo dei miei sogni è molto più umile di quel che pensavo. Nonostante il suo inarrestabile successo e i suoi soldi è un ragazzo semplice e raffinato, non il classico bellimbusto che si dà tante arie, nossignori. E per puro caso ha gusti, passioni e interessi simili ai miei. Ama anch’egli la storia, la musica classica, la mitologia greca (del resto la sua mamma è di origini greche), il fantastico e gli animali. In particolare adorava i cavalli e i pony, ma anche i felini, soprattutto i leoni, e i gatti dal pelo giallo-rosso. Ha una bellissima gatta dal pelo giallognolo appunto, Sunshine, con due bellissimi occhi azzurri, lo so perché me ne ha mostrato una foto. E’una palla di pelo stupenda, mi piacerebbe tanto vederla e accarezzarla. A quanto ha detto Mister Divo di Hollywood (lo scrivo qui il suo soprannome anche perché a lui non piace essere definito così, non da una ragazza con cui esce perlomeno), è una vera coccolona, e ti viene incontro più di quanto farebbe un cane. Non è il classico gatto ruffiano e menefreghista, e mi fido di quello che Ben dice. Ha anche un cavallo bianco di nome Pegasus, ma non abita con lui a Coconut Grove, è dai genitori di Benjamin. Oh, è così dolce, e romantico, e sprizza simpatia da tutti i pori! Era proprio vero ciò che avevano detto di lui. O perlomeno, era veritiera l’immagine che ha dato di sé nelle varie interviste che ho reperito da Internet. Ma tuttavia, avendolo io incontrato di persona, ho avuto la conferma che è un ragazzo genuino, sincero e spontaneo, e dal cuore d’oro. “Lei è così … solare, dolce, buona, e gentile, e … oh non so cos’altro aggiungere” sospirò Benjamin “E’ davvero così bella?” domandò Irving, più curioso che mai di conoscere i dettagli “E’ stupenda” Benjamin pareva davvero in estasi “occhi azzurro-viola, capelli lunghi castani, abbastanza alta ma più bassa di me, labbra rosee e morbide, viso scolpito, fisico perfetto, di corporatura media” “Insomma, una divinità. Ma non me l’avevi già descritta a telefono?” “Oh, sì. Ma non mi stancherei mai a descriverla” “Inutile dirlo, ma … sei proprio cotto a puntino, anzi, sei stracotto. Dovresti guardarti allo specchio: hai un’espressione da pesce lesso!” Pesce lesso era l’espressione tipica di Irving tramite la quale indicava che qualcuno, uomo o donna che fosse, aveva letteralmente perso la testa per una certa persona, soprattutto se si trattava di una persona molto avvenente. “Beh, sinceramente non ho idea di quale sia la mia espressione in questo momento” ridacchiò l’attore “Non ne hai idea perché nessuno vede il proprio volto se non riflesso in uno specchio!” s’interruppe per bere una Coca-Cola e poi riprese “ma l’hai incontrata solo una volta. Di lei cosa puoi sapere?” “Beh in realtà siamo usciti insieme” “Di già?” “Oh, sì” “E com’è stato?” “Fantastico!” “Tutto qui? Che altro c’è?” “Beh, non saprei che altro aggiungere! La conosco solo da due giorni” “e hai già deciso che sarà la donna della tua vita pur conoscendola solamente da due giorni?” “No! Non l’ho detto! Ho solo detto che sento che ha qualcosa di speciale! Almeno, così mi sembrerebbe” “Io ci andrei cauto, nel caso fosse un’altra che se ne vuole approfittare della tua fama e dei tuoi stipendi da urlo. Queste donne sono sempre delle streghette opportuniste” “Spero vivamente che questa incantevole fanciulla non sia un’opportunista, non hai tutti i torti a preoccuparti” “Beh, comunque, anche io ho una persona da presentarti. Ti avverto che non è facile avere a che fare con una come lei” “Ah, però, un bell’inizio” rise Ben in tono ironico “ma è bella almeno?” “Ovviamente! Altrimenti cosa l’avrei scelta a fare?” “Insomma, sei un buongustaio anche tu, ammettilo!” “Ah, beh, in effetti” Irving arrossì all’improvviso “Ahahah!” rise Benjamin “sei più rosso di un pomodoro! Dovresti vederti allo specchio!” “Uffa!” sbottò Irv “cos’è, una frecciatina perché ti ho detto che avevi uno sguardo da pesce lesso?!” “Ah ah in un certo senso sì! Ma dimmi dunque: com’è questa … questa …” s’interruppe poiché non sapeva il nome di questa ragazza che aveva fatto perdere la testa al suo migliore amica “Elektra” fu la risposta “di statura media, bionda, un occhio castano e uno grigio azzurro, ricorda un po’ Jean Harlow” “Oh, davvero? Così come la proprietaria di una squadra di football di Chicago sembra la sosia di Marylin?” “Esatto, ci hai azzeccato!” “Mmhhh, adesso anch’io sono curioso di conoscere questa ragazza. Per caso è una di quelle biondone bombe sexy tipo Jean Harlow o come Marylin?” “Precisamente, di quelle che quando passano ti giri a guardarle. Non ho idea di che fisico abbia, ma è sicuramente da mozzare il fiato” “Come d’altronde sono le tue ex e come appunto sarebbe la tua donna ideale” “Beh, perché a questo punto una sera non organizziamo una cena a quattro a casa mia o casa tua così le conosciamo meglio?” “Ottima idea! Dimmi quando preferisci fare questa cena” “Ora andiamo a controllare entrambi le nostre agende, e concordiamo una data, in base anche alle loro preferenze” “Ci sto!” Benjamin salutò l’amico e uscì un attimo sul balcone per ammirare il panorama circostante. C’era molto traffico in quel momento, tipico della movida newyorchese.

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Capitolo 5
*** Un disastro di ragazza ***


Violet in quel momento era in casa da sola con il gatto. All’improvviso suonò il campanello: era quella gran rintronata della sua coinquilina, ossia Elektra. “Da dove ritorni, svitata?” le domandò Violet “Dal mio provvisorio lavoro al negozio di abiti da sposa, come ben sai” rispose quella “Secondo me hai balzato e non sei andata” “No no, sono andata. Cosa ti fa pensare che io abbia bigiato, se così si può dire?” “Guarda il tuo vestito: è sporco di una vernice rossa che sembra sangue” “Delle cretine di clienti hanno rubato degli abiti da sposa dal negozio e ci hanno spruzzato addosso questa roba rossa, che sarebbe quella sostanza usata nei film per simulare il sangue, soprattutto negli horror” “Ah, ora comprendo. Ma è da ieri che ce l’hai su?” “Esatto. Infatti, se non ti dispiace, adesso vorrei farmi una bella doccetta e cambiarmi d’abito” “Oh, ma dovevi dirmelo subito che avevi fretta di cambiarti. Sai che con te sono buona” “Vi, grazie di cuore. Vado subito a lavarmi” Poco dopo che Elektra ebbe tolto il suo abito da damigella, un fogliettino di carta ne sgusciò fuori, e subito lo raccolse. Era un biglietto da visita di Irving! Aveva lasciato il suo cellulare su di esso, e decise subito di memorizzarlo nel suo Iphone per poi poterlo contattare. Una volta lavata e con vestiti puliti, Elektra notò l’espressione sognante della coinquilina. “Dalla tua faccia capisco che stai pensando a qualcosa di bello. Non ti va di parlarmene?” “Beh, ho incontrato un ragazzo” “Aaahhh, e non mi hai detto nulla! Dimmi, è figo? Quanti anni ha? Che fa nella vita?” Violet preferì non rivelarle l’identità del bell’attore, anche se si fidava abbastanza di Elektra, e rimase vaga. “Beh, ecco, lui …è alto, atletico, occhi castano nocciola, capelli biondo miele mossi, super abbronzato, dolce, tenero, romantico. Viene da Miami e fa il fotografo” “Oh, gnam gnam. Mi fai proprio sognare! Ma adesso anche io ti farò sognare” “Perché? Anche tu hai uno che ti piace?” “Eh sì, uno stunt man, ricci castani, occhi azzurro viola, viso che sembra quello del David di Michelangelo, 190 centimetri di muscoli scultorei …” “Quindi suppongo che tu ci sia andata a letto?” “Ma va, è solo da ieri che ci conosciamo!” “E sai già che fisico ha?” “Beh, dalla canotta che indossava mi sembrava muscoloso” “Speriamo che sia uno con il cervello, e non solo muscoli” “Oh sì, per il poco che ho visto mi sembra a posto” Le raccontò più nel dettaglio l’episodio del giorno prima, ovvero di come si erano incontrati lei e Irving. Tuttavia non svelò il suo nome a Violet, né lei lo fece per quanto concerneva Benjamin. Elektra non sospettò minimamente che il tipo di Violet potesse essere un attore famoso o comunque una celebrità, ma l’altra subodorò che il ragazzo per cui El si era presa una cotta fosse suo cugino Irving, senza però dirglielo esplicitamente. “Elektra è proprio strampalata, per non avere neanche lontanamente pensato che sto frequentando una star di Hollywood” pensò Violet. Le voleva bene, ma a volte si domandava se quella ragazza usasse o no il cervello. Non pensavo ad altro che a fare shopping, soprattutto per quanto riguardava vestiti, scarpe e gioielli. Già era senza un lavoro stabile, e i pochi soldi che aveva li spendeva tutti per delle cavolate sue. Tuttavia Violet aveva il forte sospetto che Elektra ogni tanto rubasse i soldi alla gente in giro, o che fregasse oggetti preziosi già acquistati. Era molto spiccia e svelta, ma correva sempre il rischio di essere scoperta. Elektra decise di dare un colpo a Irving, il quale rispose immediatamente: “Con chi parlo?” “Ti ricordi di me?” rispose lei senza neanche presentarsi “Oh sì, la svitata in abito da damigella” “Ti piacerebbe essere mio amico?” chiese con voce zuccherosa e suadente “Solo amico? Niente di più?” “Beh, ecco …” stavolta Elektra pareva davvero imbarazzata e insicura, cosa insolita da parte sua. “Vuoi che ci diamo un appuntamento per conoscerci meglio?” sembrava seriamente sincero e interessato dal tono di voce” “D’accordo. Quinta Avenue? Central Park?” “Mmmhhh … non saprei. Perché non vieni a casa mia?” “Può andare. Dammi l’indirizzo” In quel momento Violet era sul balcone, e quindi non udì se non da lontano la telefonata fra i due. Quando rientrò vide la coinquilina fare i salti di gioia. “Quanta eccitazione!” “Lui mi ha dato appuntamento!” “Davvero? E dove?” “A casa sua!” “E neppure ti conosce. Ma d’altronde tu sei una che fa colpo subito” “Stasera sarò da Lui!” “Di già?!” Violet era davvero allibita “allora dovrai sfoderare il tuo vestito migliore, cara mia. Ma non hai bisogno di consigli, sei una maestra in fatto di scegliere abiti all’ultima moda. Solo, non metterti nulla di troppo kitsch. È un consiglio dal cuore quello che ti do” “Sarà fatto” Elektra corse in camera sua e dopo quasi mezz’ora (nel vero senso della parola!) scelse un vestito rosa pieno di paillettes, sciccoso ma non pacchiano, abbinandogli dei lunghissimi orecchini rosa con brillantini, una collana a serpente ed un bracciale bianco anch’esso con brillantini. “Non avevamo detto niente di appariscente?” obiettò giustamente Violet “No, avevamo detto niente di pacchiano” fu la risposta “Dopo come torni a casa, cambiando argomento?” “Credo che a quello ci penserà David di Michelangelo” “Ormai lo chiamiamo così, ho capito” “Esattamente” Elektra uscì. Non si era accorta di aver dimenticato le chiavi! Ciò significava che Violet sarebbe dovuta stare in piedi fino a tardi, aspettando per dovere di forza il ritorno della sua svitata coinquilina.

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Capitolo 6
*** L'uomo d'azione e la pupa ***


Irving sentì il citofono e andò ad aprire. “Deve essere lei” pensò tra sé. Accese lo schermo del videocitofono ed ebbe la conferma che era Elektra. “Ciao Elektra, Sali pure” “Come sai che sono io?” domandò attonita “Ho il videocitofono!” rispose lui furbetto “E ti pareva” sbottò Lui schiacciò il pulsante di apertura, ed Elektra poté aprire la porta d’ingresso. Salì le scale, e mentre faceva ciò lui le venne incontro. “Oh, ti vedo un po’ meglio” commentò lui sorridendo e osservando il suo modo di vestire alquanto glamour “In effetti, l’altro giorno ero ridotta ad uno straccio, ma ora sono di nuovo me” Irving la fissava rapito, e intanto sentiva le farfalle nello stomaco. Era stregato a tal punto che non sapeva cosa dire. Dopo qualche attimo ruppe finalmente il ghiaccio: “Beh, vieni, ti faccio vedere casa mia. Oggi il mio ospite è dalla sua nuova conquista, per cui non abbiamo intralci” “Hai un ospite?” pareva seriamente interessata “Sì, ma ti avverto: al momento è impegnato, come ti ho appena accennato” “Sì, ma mi hai anche detto che è la sua ennesima conquista passeggera” “Da come me ne parla, non direi, anzi mi sembrano una storia e una tipa serie” “Staremo a vedere. Lui è un tuo amico o collega?” “Un po’ tutte e due” non si fidava a rivelare a nessuno che Benjamin si stava rifugiando temporaneamente in casa sua, men che meno ad una persona che conosceva da appena un giorno o due. Entrarono in casa di Irving, e subito Elektra rimase impressionata dalla modernità dell’appartamento. Tuttavia, per quanto recente fosse, la casa del bel personal trainer e stuntman era semplice e non pacchiana, e molto in ordine, a dispetto di quella di Elektra a Las Vegas che era il regno del caos. “Beato te, bella casa. Vedessi com’è la mia a Las Vegas” mormorò con aria sognante la ragazza “Ah sei di Las Vegas? Non lo sapevo” “Sì, ma non è che lo racconto tanto in giro” “Come mai?” sembrava alquanto stupito “Perché è, come dicono gli Imagine Dragons in It’s Time, è LA CITTA’ CHE NON DORME MAI o peggio, come è meglio nota, la CITTA’ DEL PECCATO. È tutta un casinò, droga, alcol, fumo, spogliarelliste, prostituzione …” “Oh, posso capire il tuo disagio. Io me ne sono andato da Houston perché lì fa sempre caldo, tutto l’anno. D’altronde abbiamo il Messico dietro l’angolo!” “Già, e noi nel Nevada abbiamo anche il deserto, tanto per semplificare le cose!” “Beh ma comunque la città da cui proviene è famosa appunto per ciò che mi hai appena elencato. È appunto una città di corruzione e peccato, ma io sapevo che LA CITTA’ CHE NON DORME MAI è New York, ovvero dove ci troviamo adesso” “Di più Las Vegas! A me piace la mondanità, infatti qui a New York mi ci trovo benissimo, ma in futuro, quando troverò un uomo e lo sposerò, non andrei mai più a vivere nella mia città natale, a meno che non lo voglia lui” “Io nei tuoi panni non andrei neanche io a vivere a Las Vegas. L’ho vista, e in effetti ciò che hai detto tu su di essa è vero” “Allora vedo che abbiamo gli stessi gusti” sorrise, e a tal sorriso Irving si sentì sciogliere. Mentre la fissava, cominciava a sentire le farfalle nello stomaco. Anche se avesse indossato degli stracci e non avesse avuto un filo di trucco, sarebbe stata comunque bellissima. Esagerava troppo con gioielli, nastrini e paiellettes, e peggio ancora il trucco. Irving chiaramente non se la sentì di dirglielo, ma forse presto glielo avrebbe fatto capire, tramite la voce di qualcun altro, probabilmente. “Beh, come mai questo silenzio?” domandò all’improvviso Elektra, dato che Irving aveva smesso di parlare “Ah, beh io, non saprei che raccontarti” in realtà Irving era talmente cotto a puntino di lei, che neanche riusciva a parlare. Per una volta, la sua spavalderia era scesa in secondo piano. “Hai uno sguardo da pesce lesso, lo sai?” “Che? Ah, io non…” Lo aveva colto in fallo, perdinci! Irving Mercer non era assolutamente un tipo da farsi cogliere in fallo, nossignori! Nemmeno le sue ex erano riuscite in tale impresa. Ed ora, questa ragazza conosciuta appena due giorni prima, gli faceva gli occhi dolci come fosse una bimba! Ma in un modo naturale e spontaneo, non aveva l’aria di un’opportunista che lo corteggiava solo per soldi.

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Capitolo 7
*** Perché dici questo? ***


Violet si guardò allo specchio, continuando a chiedersi come una ragazza così comune come lei, che tra l’altro vestiva anche in modo ordinario anche se non trasandato, avesse potuto attrarre un attore cinematografico di Hollywood, osannato da pubblico e critica. Lei non era nessuno, in confronto a lui. Nessuno aveva mai fatto caso a lei, né i compagni di scuola o di classe, né i pochi conoscenti o amici che aveva. Ed ora per pura casualità, una stella del cinema si prendeva una folle cotta per lei. Accese il suo computer e digitò su Google il nome del suo bell’attore. Quando vide una foto di lui a torso nudo su una spiaggia di Pensacola le si seccò la gola: pareva un dio greco sceso dal Monte Olimpo. Il fisico atletico, asciutto e abbronzato sembrava essere stato scolpito da un artista delle epoche migliori, e il Sole della Florida lo faceva risplendere ancora di più. Era sempre stata attratta dai ragazzi mulatti o comunque dal fascino esotico. Guarda caso, mentre stava guardando quelle immagini piccanti, chi bussò alla sua porta? Proprio lui! Abbassò subito il personal computer e gli aprì, cercando di sorridergli nel miglior modo possibile. Il bell’attore ricambiò subito il sorriso, e Violet sentì le farfalle nello stomaco. Gli si avvicinò: “Ciao” disse con voce suadente “Ciao” replicò lei con voce dolce ma timidissima “Hai gli occhi color miele e nocciola, non sono affatto neri o castano scuro come tutti credono” “Lo hai notato, e ne sono felice” “Me ne sono accorta subito, ma sono timida e non ho avuto il coraggio di dirtelo subito” “Potevi farlo, non sono permaloso né tantomeno suscettibile. Nessuno nota mai che i miei occhi sono tra il nocciola e il miele” “Se ti vedono da molto vicino sì però” “Beh in qual caso sì. Infatti i miei genitori lo sanno da sempre di che colore sono i miei occhi” “Ci mancherebbe altro che non lo sappiano, loro sono quelli che ti hanno messo al mondo” Ci fu un attimo di pausa, poi Benjamin le prese il viso tra le mani calde e abbronzate, fissandola intensamente con i suoi occhi dorati. “Hai due occhi bellissimi” le disse con tono sognante “più limpidi e più azzurri delle acque del Mar dei Caraibi. Non dovresti chiuderli mai, nemmeno quando dormi” Violet lo fissò sbarrando gli occhi e sentì il cuore palpitare forte. Nessuno a parte gli zii e i cugini con i quali era cresciuta era mai stato così gentile e dolce con lei. “Ti senti bene?” domandò all’improvviso Benjamin, rompendo il silenzio di Violet “Io? Ah, beh, nessuno mi ha mai fatto un complimento così galante e romantico come hai fatto tu in questo momento” “Beh, non capisco proprio come abbiano potuto non farti mai neanche un complimento. Sei stupenda” Violet ammutolì e sospirò con aria sognante. Allungò una mano per accarezzargli il bel viso, e gli chiese timidamente: “Posso baciarti?” “Certo che puoi” Violet a quel punto accostò le sue bellissime labbra rosee a quelle di Benjamin, e i due si baciarono. Quando le loro labbra si separarono, si sentirono entrambi in estasi, quasi come fossero in Paradiso. “E’ che, vedi, io ho una, come dire … no, non è una malattia, ma per me è come se lo fosse. Si chiama Sindrome di Asperger” “So di cosa parli” fu la pronta risposta di lui, che le prese di nuovo il viso tra le mani “mi spiace sapere che la vivi come fosse una malattia” “Da un lato è una risposta alle mie stranezze e alla mia difficoltà a socializzare, dall’altro lato è la prova che il destino mi vuole male” “Oh, tesoro, perché dici questo? Quello che hai tu non è sempre un male, anzi conosco molte persone come te che hanno molti talenti, come ad esempio una buona memoria” “Beh in effetti io di solito mi ricordo tutto, o quasi” “Visto? Magari hai difficoltà in qualcos’altro di minore importanza, delle serie si può vivere anche senza” “Si infatti sono sempre stata un totale disastro negli sport e non so fare nulla di cucito, l’uncinetto in particolare non ho mai capito come funzionava” “Beh quello in effetti è difficile, e personalmente io vedo solo donne anziane che si occupano di cucire cose molto elaborate, come appunto è l’uncinetto” Restarono per attimi a fissarsi dritti negli occhi, che guarda caso era un’altra cosa che Violet aveva molta difficoltà a fare. Tuttavia, quando si ha un belvedere di fronte a sé, fissarlo dritto negli occhi diventa più facile che bere un bicchier d’acqua. A volte, basta uno sguardo per capirsi, il più delle volte, ma non sempre. “Hai l’aria di chi ha sofferto molto. Vuoi che stia un po' con te a farti compagnia?” chiese Benjamin rompendo a bruciapelo quel silenzio “Sì, te ne sarei grata” rispose Violet donandogli inconsapevolmente uno dei suoi sorrisi più dolci. “Allora mettiamo su un po’ di musica o accendiamo la televisione. Deve esserci armonia nella tua vita, non silenzio e tristezza” “Hai ragione” In quel momento Malkin si svegliò dal suo abituale sonno e andò incontro a Benjamin, strusciandosi tra le sue gambe. “Oh, non mi hai detto di avere un gatto” sorrise lui, e si chinò accarezzandogli il morbido pelo nero e fissando i suoi occhi verde magnetico. “Complimenti, davvero un bel micione”

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Capitolo 8
*** Lei è quella giusta ***


Era sera, e Benjamin pensò che era meglio chiamare i suoi, che non sentiva dal giorno prima. Subito iniziò a comporre il numero della madre. Tuttavia fu il padre a rispondere. “Ah, come sta il mio caro figlio esiliato?” “Primo non sono in esilio, e secondo dov’è mamma che questo è il suo cellulare e non certo il tuo?” “E’ in bagno” Benjamin sbuffò. Suo padre ogni tanto rispondeva lui al cellulare della consorte, in quanto il figlio non lo chiamava mai, dato che era più in confidenza con la mamma. D’altronde Michael Gillespie non era mai stato un tipo socievole né tantomeno espansivo, infatti Benjamin continuava a pensare che solo una come Sophia se l’era potuto sposare. Più che altro era un tipo volubile, un indeciso cronico, ma era un uomo di gran fascino, alto, con gli occhi grigi e i capelli biondo cenere. Ovviamente Sophia, che aveva un carattere proprio agli antipodi, molto cerosa e disinvolta, era passata sopra il particolare atteggiamento dell’uomo di cui si era innamorata e l’aveva sposato per quello che era. Michael non era tuttavia una cattiva persona, ma un po’ atipico. Benjamin era l’esatto opposto del padre, in comune con lui aveva solo i capelli biondi, e non erano neanche identici a quelli del padre, anzi era un biondo oro, decisamente più bello di quello del padre che era biondo cenere, ma ora che non era più nel fiore degli anni stavano diventando color paglia. Benjamin a parte i capelli era identico a sua madre: viso dai tratti greci, occhi castano nocciola, bellezza esotica, carnagione olivastra. “Caro, è Benjamin?” la voce squillante di Sophia si sentì da lontano. Per la cronaca, non era affatto in bagno, ma in sala. Subito prese il suo cellulare dalle mani del marito. “Tesoro, sono qui” disse con voce soffice rivolgendosi a suo figlio “tuo padre mi ha come al solito preso il telefono in quanto tu non lo chiami mai. Non ero in bagno come ti ha detto lui, ma in sala” “Ciao mamma, era prevedibile, conoscendo papà” sbuffò Benjamin, poi proseguì “tutto bene?” “Sì tesoro, ma tu piuttosto? Ti trovi bene lì a New York?” “Sì mamma, è davvero una città meravigliosa, un po’ trafficata ma stupenda” “Lo intuisco dal tuo tono sognante. Io e tuo padre quando ci eravamo trasferiti qui negli States avevamo ipotizzato la Grande Mela, tra le varie città in cui pensavamo di andare a vivere. Ma gli inverni a New York sono troppo rigidi …” “E quindi siete andati a vivere a Miami, lo so” “Ormai la conosci bene la nostra storia” sorrise Sophia “per ora non hai intenzione di cercare un nuovo amore?” “Mamma, non ti preoccupare per me. Quella al momento non è una priorità” “Spero comunque in bene per te, figlio mio. Buon proseguimento, salutami Irving” “Grazie mamma, sì certo te lo saluto” Non appena ebbe riattaccato la cornetta, Benjamin ripensò a ciò che aveva detto riguardo ad un potenziale nuovo amore. In effetti, qualcuno c’era. Violet. Si stava innamorando pazzamente di lei, e non solo per la sua bellezza. In lei vi era una luce speciale, una sincerità che non aveva mai veduto in nessun’altra persona, la tipica sincerità degli Asperger. In verità, anche lui era molto vero e schietto, ma a volte non se la sentiva di raccontare tutto, quando bisognava nascondere verità scomode, lo faceva. Ma in generale non gli piaceva mentire, e se proprio lo faceva, era a fin di bene. Decise di uscire un attimo, sperando che nessuno si accorgesse di lui, soprattutto non le fan più accanite. Per fortuna in quel momento gli venne incontro Irving. “Ehi, eccoti fratello. Come te la passi?” “Bene, mai stato meglio” rispose Benjamin rifilandogli una pacca amichevole sulla spalla “Anche io. Allora, una foto di questa ragazza? O il suo nome? Non mi dici niente” “Te la farei anche vedere, ma le ho promesso di non mostrare a nessuno delle sue foto, né di rivelare il suo nome a nessuno. Non ti dirò neppure dove abita” “Oh cavoli, spero non nel Bronx o peggio nel Queens” “No ma figurati! Lì non abita, stai tranquillo” “D’accordo, non mi interessa per ora vedere delle sue immagini né sapere dove vive, ma il suo nome proprio non me lo vuoi dire?” Era a dir poco attonito di questa improvvisa riservatezza del suo migliore amico, ma decise comunque di rispettare questa misteriosa ragazza. “Ma comunque dentro di me sento che è quella giusta” “Cosa te lo fa pensare, Benjamin?” “Lei ha una sincerità che non ho mai visto nelle altre ragazza che ho frequentato, ma neanche nelle persone che conosco in generale, amici o parenti che siano, a parte mia madre, te e la tua famiglia” “Anche tu sei una delle poche persone davvero sincere che io conosca, ecco perché ti considero un fratello, molto più che amico” “Comunque prima o poi ti rivelerò chi è questa ragazza che frequento, quando lei si sentirà pronta” “Non ho fretta di saperlo, non preoccuparti” Benjamin sorrise con soddisfazione. Era felice di avere un migliore amico come Irving. Era discreto, disponibile e sincero come nessun altro.

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Capitolo 9
*** Un amico come te ***


“Hai sentito l’ultima?” domandò Irving a Benjamin “No! Cos’è successo?!” “Aspen Rossendale si è presentato mezzo strafatto in una delle tappe del suo nuovo tour, era a Bucarest. Non ho idea di che cosa abbia assunto, ma non stava neanche in piedi. Dopo due canzoni lo hanno riportato nel backstage. Il pubblico cantava al posto suo!” “E le altre tappe? Le hanno annullate?” “No, le farà lo stesso. Solo questa in Romania è cancellata” “Perché quando Amy Winehouse si era presentata ubriaca fradicia a Belgrado durante il suo ultimo tour, le tappe successive erano state annullate tutte. A parte che poi comunque il mese dopo lei è venuta a mancare” “Infatti. Ma qui è diverso, è stato solo un incidente in quella città. Aspen fa degli eccessi ogni tanto, ma non ai livelli della povera Amy” “Sì sapevo che combina ogni tanto le sue, ma nel suo caso si tratta più che altro di storie passeggere con le top model, paparazzate varie ma … non mi risultava che facesse abuso massiccio di droghe” “Anche a me non risultava. La notizia mi è stata da mio fratello, che guarda caso è il migliore amico di Aspen” “Questa mi giunge nuova!” “Ah davvero? Non te lo avevo mai detto?” “Per quello che mi ricordo, no.” “Beh quei due lì sono letteralmente chiappe e camicia! Come noi due d’altronde” “Vero. Ma da quanto è che tuo fratello è amico di Aspen o perlomeno da quanto si conoscono?” “Beh, da tipo cinque anni, che è il periodo in cui mio padre ha cominciato a fare da manager ad Aspen. Mio fratello e i miei genitori sono forse le uniche persone in grado di far ragionare uno come Aspen, e soprattutto le uniche persone che lui davvero ascolta” “Conoscendo la popstar, è un vero miracolo che almeno a tuo fratello e ai tuoi genitori lui dia retta! Ma tu ci parli frequentemente o quasi mai?” “Direi quasi mai. Per me diciamo che è un conoscente. Comunque le poche volte che lo vedo ci faccio due parole. Ma non lo definirei un amico” “Mi stupisce che tuo fratello esca con uno così rabbioso e acido, lui che è così tenero e simpatico” “Guarda che mio fratello sa essere una furia anche lui! Tu lo conosci poco, ma io che l’ho visto nascere posso dirti che quello che hai visto di lui è solo apparenza. Anche se comunque ti assicuro che tra i suoi amici ci sono anche dei cretini della peggior specie. Spero che Will non diventi come loro” “Lui è abbastanza universale quando si tratta di fare amicizia. Più che altro bisogna sperare che non segua cattive compagnie” “Su quello non c’è da preoccuparsi. Quei deficienti coi quali esce alla volta sono solo un po’ stupidi, ma non cattivi. Mi preoccupo per Aspen” “Io dico che sia stato solo un incidente. Hai presente cosa succede a Whitney Houston in Guardia del Corpo? Va ad esibirsi in un locale notturno, ma poi quando sta finendo di cantare alcuni fan la buttano giù dal palco e cercano di aggredirla, ma poi Kevin Costner la salva in tempo. Lei dopo continua la sua carriera anche se è chiaramente in pericolo di continuo” “Sì è vero anche questo. Di fatti lui da quel momento in poi le consiglia di avere una condotta più prudente, considerato quanto il personaggio di lei sia famoso in quel film, a maggior ragione non deve esporsi in modo troppo esibizionista” “Anche Aspen dovrebbe fare così, cioè essere più prudente. Ma sappiamo ormai tutti che fa sempre di testa sua” “Già, è parecchio di coccio”

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Capitolo 10
*** Ciò che più desidero al mondo sei tu ***


Violet si sentiva ancora scioccata da quel bacio, ma in senso positivo. Ancora non le sembrava che fosse successo davvero, ma non era stato un sogno. Lui, una star di Hollywood, era entrato in casa sua, la casa di un’estranea, e le aveva riservato così tante attenzioni, e la conosceva da poche ore. Dal canto suo, Benjamin pensava di non aver mai incontrato una ragazza così dolce e buona, e soprattutto così sincera. In confronto si fidava più di quella bellissima sconosciuta che delle due ragazze con le quali era stato in passato, e con le quali aveva avuto anche delle storie serie. Tuttavia le cose non avevano funzionato, e all’inizio di quelle due relazioni ci aveva messo un po’ a fidarsi di loro. Di Violet invece si era fidato immediatamente, quasi ci fosse nel suo sguardo qualcosa di magico, oltre che una tenerezza indescrivibile. Assorta nei suoi pensieri, aprì il balcone e fissò fuori dalla finestra, e proprio in quel momento Benjamin stava guardando la casa di lei. Automaticamente lo sguardo si spostò su di lei, la quale arrossì immediatamente non appena notò che lui la stava fissando. Stettero per attimi interminabili a guardarsi, pareva la scena di un film degli anni ’50, quando le riprese di una pellicola duravano per un tempo che per chi viene dalla seconda metà del XX secolo parrebbe interminabile. Al giorno d’oggi comunque ci sono dei film che arrivano a durare anche tre ore, ma la cinepresa di solito non sta ferma così tanto su una scena. All’improvviso Benjamin smise di fissare Violet, e rientrò in casa. Lei stessa ritornò in casa, ma prima rimase a fissare il favoloso tramonto, che pareva un dipinto. Il cielo cominciava a colorarsi di un arancione tendente al rosso, e il sole già cominciava a nascondersi. L’improvviso bussare alla porta la fece sussultare, e corse subito a vedere chi fosse. Inutile a dirlo: Benjamin! Gli aprì subito. “Violet” esordì lui “ecco, c’è una cosa che volevo dirti. Pensavo che magari noi potremmo … conoscerci meglio” “Noi, ehm … era quello che volevo chiederti anche io. Ma mi hai anticipato” “Sei qui da sola? Vuoi che ti faccia un po’ di compagnia?” “Sì, ne sarei felice” Violet non se ne rese conto, ma in quel momento aveva un sorriso dolcissimo stampato sulle sue belle labbra rosse, perfino più delizioso dei sorrisi di Benjamin. Di solito lui non si lasciava intimidire dal fascino di una ragazza, ma la bellezza di Violet lo lasciava senza fiato. Pareva davvero un angelo sceso dal cielo. Le carezzò il mento, e le prese il viso tra le mani con tenerezza. “Hai due occhi così belli, non dovresti chiuderli mai, neanche quando dormi. Sembrano le acque del mar dei Caraibi quando c’è il Sole che le fa risplendere” “Ohhh ….” Sospirò Violet, deliziata da un così galante complimento “Caspita” “Su, ora parlami un po’ di te. Non vuoi raccontarti baby?” “Andrò a gradi” “Non ho alcuna fretta, non preoccuparti. Mi sono volutamente preso un mese di pausa dal mio lavoro” “Sì, ma non per me” “No, ma adesso una maggior ragione per rilassarsi un po’ sei proprio tu” Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Violet parlò di sé stessa, raccontandogli della sua famiglia, di come si era trovata nella Grande Mela. Dopo che ebbe terminato, iniziò a fare delle domande a Benjamin. “Desideravo togliermi questa curiosità. Spero non mi considererai troppo invadente” mormorò la bellissima ragazza dagli occhi cerulei “alla fine, com’era la tua collega che hanno preso nel film su re Davide dopo che è stata cacciata Amalia?” “Amalia? Non lo so, ho lasciato anche io la produzione” “Davvero? E perché?” “Perché ero impegnato con un altro progetto e non riuscivo a girare due film contemporaneamente. Sai chi hanno preso al mio posto?” “No. Chi?” “Irving Mercer, che si da il caso sia il mio migliore amico” Violet stava davvero cascando dalle nuvole. Suo cugino, nonché fratello adottivo, era appena stato ingaggiato per un blockbuster senza dirle niente? Tuttavia preferì non dire a Benjamin di essere imparentata con Irving, in ogni caso si stupì di questa improvvisa riservatezza da parte sua. “E quindi nei panni di Davide vedremo Irving? Non oso immaginare quanto starà male coi capelli tinti di rosso, o per meglio dire, fulvi, cioè il biondo rosso” “Mi stavo facendo la stessa identica domanda. O magari ricorreranno ad una parrucca” “In tal caso sarebbe un peccato! Lui ha dei ricci così belli” sospirò Violet, pensando all’avvenenza del cugino. I capelli ricci erano uno dei suoi marchi di fabbrica, così come lo erano quelli del fratello Willie. “Ah sì? Bei ricci? E i miei allora?” domandò Benjamin con una punta di gelosia. Non immaginava certo che Irving fosse il cugino della ragazza di cui si era appena innamorato. Tuttavia Irving era famoso tanto quanto lui, per cui era ovvio che Violet lo conoscesse. Lui prima di essere una star era innanzitutto suo parente. Per fortuna, a differenza della popstar del momento Aspen Rossendale, Irv e soprattutto Benjamin non erano assolutamente dei ragazzi che si montavano la testa a causa del successo accumulato negli anni. “Volevo solo dire che starebbe male biondo o rosso, o tutte e due insieme. Facevano prima a scegliere suo fratello, che è già biondo, anche se non fulvo” riprese Violet “Conosci suo fratello? Non ne parla molto” esclamò Ben alquanto stupito “Ne ho sentito parlare. Quando un attore mi piace vado sempre a informarmi sulla sua vita privata” “E suppongo che tu sappia anche ciò che riguarda me” “Dal tuo tono percepisco ancora un po’ di gelosia” “Sì, lo ammetto, sono un tantino geloso di Irving” Intanto Violet pensava dentro di sé “e lui nemmeno immagina che Irving sia mio cugino, o perlomeno mio parente”

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