Collision

di isabel gardin 99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Quella fu una strana esperienza d’immobilità. 

Si era seduta solo per meditare un poco e schiarirsi la mente, ma quando aveva aperto gli occhi, aveva visto un ragazzo vestito di rosso sedersi poco di fronte a lei, nella sua stessa posizione e cominciare a meditare a occhi chiusi.

Perchè si era seduto proprio di fronte a lei? 

Era in un parco pubblico quindi poteva sedersi dove voleva ma Katara lo considerò un fatto curioso.

Il ragazzo in rosso aveva dei bei vestiti, di un tessuto molto costoso e raffinato, che rendeva il colore come fosse fuoco vivo. 

Subito Katara si mise a cercare con lo sguardo il fiore del ragazzo, ma ovunque guardasse il corpo era coperto dai vestiti. 

Ne rimase delusa e infastidita. 

Non era giusto che tutti potessero vedere l’acacia bianca che le cresceva al posto dell’occhio destro mentre lei non poteva vedere dove cresceva il fiore del ragazzo di fronte a lei. 

Sbuffò frustata e si rimise composta, stando attenta a non far aprire gli occhi al ragazzo.

Passò un’ora e Katara cominciò ad annoiarsi, le faceva anche dolore al sedere, ma non si decideva ad alzarsi, voleva rimanere.

Anche il ragazzo non si era mosso e manteneva gli occhi chiusi da molto tempo, tanto che Katara credette si fosse addormentato.

Certa di non essere scoperta, decise di guardarlo attentamente, di studiare la sua pelle pallida, come una scienziata studia un esemplare di animale rarissimo, pericoloso e fragile.
Era talmente intenta nella sua osservazione accurata che, senza rendersene conto, aveva inclinato la testa e, mordendosi il labbro inferiore, si era protesa verso di lui.

Al che il ragazzo aprì gli occhi di scatto, come un fulmine a ciel sereno, per svelare una scoperta stupefacente a Katara: sotto quelle lunghe ciglia nere quasi femminee che aveva osservato a lungo c’erano degli splendidi occhi d’oro colato.

Katara ne rimase abbagliata, senza fiato, e continuò a fissarlo insistentemente negli occhi, anche se sua nonna le aveva sempre detto che era un segno di maleducazione.

Lei e lo sconosciuto si guardarono negli occhi per un tempo che sembrò infinito, il sole era tramontato e furono accese le lampade a olio. 

Ormai la brina stava inzuppando i vestiti di entrambi, rendendoli più vivi e rinvigorendoli.

Il cielo era costellato da stelle, Katara era indecisa se parlare a quello sconosciuto dagli occhi luminosi e dal fiore misterioso oppure andarsene a casa.

Le balenò in mente che suo fratello e sua nonna fossero preoccupati per lei e, senza dire una parola, si alzò in piedi.

Ha proprio gli occhi di un drago pensò Katara prima di voltarsi e andarsene di corsa a casa.

Quella notte dormì come una bambina, senza incubi e con una piacevole sensazione di caldo allo stomaco che la cullò per tutta la notte e anche per il giorno seguente, quando a scuola incontrò Aang durante il corso di ballo di coppia.
 

"Come hai passato ieri la giornata?"

"Bene"

Fece una piroetta in aria

"E tu?"

"Ah niente di che, ho giocato con Appa e Sokka.".

Katara annuì e fece una verticale all’indietro.

***

"Mi sa che devo farmi una doccia" disse, finita la lezione.

"Già. Sento il sudore scivolarmi per la schiena e mi da una sensazione di sporco tremenda." aggiunse Ty Lee

"Che schifo sudare" 

"Ahahah, ecco perché non fai danza Toph".

"Già"

Katara tornò a casa pulita e leggera, pronta per passare una bella serata di divertimento con i suoi amici.
Per un attimo il pensiero del prato verde smeraldo e degli occhi di drago le ritornò alla mente, ma scosse la testa con vigore e corse da sua nonna a bere una limonata.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Se n’è andata con bellezza, senza neanche voltarsi o salutare, pensò Zuko, alzandosi dal prato e sgranchendosi le articolazioni irrigidite.

 

Ma era stata un’esperienza magica, si era riempito il cuore e la mente di lei, del suo occhio azzurro e della sua splendida acacia così particolare.

Non aveva mai visto nessuno con il proprio fiore così ben in vista, di solito nasce e cresce sul punto del corpo che esprime meglio il carattere e l’io interiore della persona.

Scosse la testa, coprendosi per un attimo gli occhi con i capelli neri.

 

Un’acacia bianca...

 

Mai non aveva un acacia bianca e il suo fiore era posizionato nell’incavo del gomito.
Zuko camminò velocemente verso casa sua, voleva bere un tè con suo zio prima di andare a cena con suo padre. 

 

"Hey, zio."

"Ciao Zuko"

Lo baciò sulla guancia, osservando la pentola dell’acqua bollire

"Vuoi che ti aiuti?"

"No, no, grazie. Piuttosto dimmi: cosa hai fatto per tutto questo tempo?"

"Ah, nulla di che. Ho meditato al parco."

"Per così tanto tempo?" zio Iron si fermò, perplesso, osservandolo con un sopracciglio alzato.

"Uhmm"

"Zuko..."

"Non ho ucciso nessuno, ne fatto qualcosa di stupido. Sta’ tranquillo." quasi urlò.

Iroh sorrise mesto. 

"Meglio così. Voglio farti assaggiare un dolce che una donna mi ha regalato oggi"

 

Zuko fece un sorrisino "E così fai conquiste con il tuo magico tea"

"Non dire sciocchezze Zuko..."

"Ma è vero! Ogni giorno una donna diversa ti regala delle bustine di te, un dolce fatto con le sue mani, una sciarpa di lana e quant’altro!"

Iroh rise di pancia e scosse la testa.

Zuko tornò a casa poco dopo l’ora di cena, in tempo per cenare e in ritardo per incontrare suo padre. 

Ormai quella era diventata la sua tattica da molti anni, da quando anche Azula cenava insieme a loro padre e non lo aspettava a casa per fargli la ramanzina.

 

***

Se il numero degli amici di Zuko cresceva, crescevano anche i suoi nemici.  

Anzi no, i suoi nemici erano sempre quelli, ma diventavano sempre più potenti.

Sua sorella e suo padre lo avevano aspettato, in piedi, rigidi come dei tronchi d’albero, per parlargli.

Zuko lo scoprì appena appoggiato il piede dentro casa, un brivido freddo gli corse lungo la schiena.

Considerò di scappare da suo zio per tutta la notte, ma poi si arrese e a capo chino si concesse ai propri maltrattamenti familiari.

Rovinò sul letto distrutto sia psicologicamente che fisicamente, si era lasciato trascinare dalla rabbia per l’ennesima volta e aveva sfidato sua sorella ad Agni Kai.

Aveva perso, ovviamente e aveva ottenuto in premio delle bruciature sul polpaccio destro e sul fianco sinistro.

Per fortuna non aveva toccato il suo fiore, nemmeno Azula si sarebbe permessa di rovinare la sua alzalea.

Il giovane chiuse gli occhi e, poco prima di addormentarsi, vide un’acacia bianca.

Zuko ora si trovava su un prato verde smerlando, con grandi pini e due soli blu, splendenti ed accecanti.

Nel sogno sentì una musica che non conosceva, ma che lo rilassò immediatamente, come sotto l’effetto di potenti erbe calmanti.

Sognò sua madre, sorridente, che dava da mangiare alle anatre-tartarughe.

Aveva un espressione splendida, luminosa e solare, in pace con ciò che la circondava.

Zuko la guardò per molto tempo, ma lei non si accorse di lui, così il ragazzo decise di andare a parlarle.
Si avvicinò lentamente, le tocco la spalla con gentilezza e la salutò, ma lei lo ignorò.

Zuko provò di nuovo a parlarle, a scuoterla, ma nulla sembrava toccarla.

Il gallo-maiale cantò l’alba e Zuko si alzò dal letto, con i muscoli rilassati ma scattanti.
Si lavò la faccia e diede una rinfrescata all’azalea che gli cresceva sul petto, accarezzandola e sporgendosi verso la luce che entrava dalla finestra. 

Il fiore nero si protese verso la luce e aprì i suoi boccioli, facendo sentire Zuko più vivo ed in comunione con la natura.

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Capitolo 3
*** 3 ***


"Ora ti spiego quello che devi fare." disse Iroh a suo nipote. 
 

In mano teneva due vassoi per portare il tea ai clienti della sua casa da tea. 

Consegnò un vassoio a Zuko, che lo prese tra le mani bruscamente, Iroh sorrise.
 

"Più delicato Zuko. I vassoi non sono spade, vanno trattati con gentilezza."
 

Zuko alzò un sopracciglio, confuso.
 

"Ah...?"
 

Il dragone dell’ovest sorrise mesto e accarezzò il vassoio di porcellana decorata che teneva tra le mani.
 

"Devi essere dolce e delicato come se la ceramica fosse il corpo di una donna." si girò verso il nipote e sorrise a 32 denti. 

In risposta Zuko spalancò gli occhi e guardò scandalizzato lo zio per un buono quarto d’ora.
 

"Come ti dicevo, devi tenere i vassoi in modo delicato, ma devi stare attento che non ti scivoli via dalle mani." 

Si diresse verso un tavolo vuoto e ci girò in tondo, con una mano sulla pancia e il vassoio perfettamente perpendicolare al braccio. Zuko lo guardò attentamente, cercando di memorizzare i suoi movimenti, aggraziati e controllati nonostante la sua massa.
 

"Poi devi prendere le tazze di tea con la punta delle dita, senza scottarti." prese una tazzina di tea.

"Sempre senza scottarti devi appoggiarla davanti al nostro cliente. Sorridendo..." appoggiò la tazzina e sorrise. 
 

Poi guardò Zuko con un’occhiataccia, incitandolo a sorridere.

Zuko, sbuffò contrariato, facendo il broncio come un bambino, ma lo sguardo di suo zio lo convinse e si sforzò di sorridere.

Ciò che venne fuori sembrò una lucertola-struzzo con una paralisi facciale. 


Iroh fece una smorfia 

"Forse è meglio solo che fai un piccolo sorriso a bocca chiusa"
 

Zuko lo fece e questa volta fu un sorriso più convincente del precedente.

"Bravo."

 

***

 

Dopo una lunga giornata di lavoro alla sala da tea di zio Iron, Zuko crollò come un sasso sul letto, rigorosamente di faccia. 

 

Forse dovrei andare da Mai. No, no, sicuramente è ancora arrabbiata con me. Per cosa? E chi lo sa, lei è sempre arrabbiata. No dai, non sempre, solo quando non è annoiata… 

Sei un deficente.

 

Si mise a ridere da solo, soffocando la sua risata rumorosa nel cuscino. 

Poi si girò a pancia in su e fissò il soffitto di legno scuro, aspettando di prendere sogno.

Prima di chiudere gli occhi vide tutto bianco come un lampo e i suoi battiti del cuore gli martellarono nella testa come dei tuoni. 

 

Eppure, nonostante la tempesta di lampi e tuoni, Zuko si addormentò felice, dopo molto tempo.






ANGOLO MIO:
So che è un capitolo molto corto, ma la mia voglia di scrivere si sta sgretolando. 
Non sono sicura del mio stile di scrittura, nè delle mie idee.
Sono ancora alle prime armi e dovrete perdonarmi buchi di trama, errori di scrittura e descrizioni confuse.​
Se volete che continui, per favore fatemelo sapere con dei commenti, anche solo delle faccine.

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


Quel volto era reso più lungo da alcune rughe verticali, profonde come cicatrici, scavate da insonnie ostinate e abituali, un volto mal rasato, lavorato dal tempo.

Eppure suo padre era comunque stupendo, con i capelli curati e impreziositi di perle azzurre. 

<> gli disse, non era una domanda.

Hakoda sorrise ed annuì, le diede un bacio sulla fronte e si diresse nella camera, poi si fermò all’entrata della stanza e, con una mano sulla cornice della porta le chiese:

<>

Questa volta fu lei a sorridere di rimando, come se sapesse esattamente le domande implicite e i sentimenti del padre. Li sapeva da tanto tempo ormai, ma ogni volta che li vedeva nei gesti di Hakoda gli voleva bene più di prima, come se il suo cuore si allargasse il doppio della sua misura.

<>

 

Hakoda annuì ed entrò in stanza, chiudendo la porta dietro di sè.

Katara prese i biscotti che aveva comprato poco prima al supermercato e bussò alla porta di Sokka. 

 

La porta si aprì e spuntò fuori il volto di suo fratello.

<>

<>

Gli occhi di Sokka si illuminarono e sorrise di un sorriso gigantesco. 

Uscì dalla camera e si diresse verso l’entrata che era stata chiusa poco prima

<>

Il fratello si fermò, osservando perplesso Katara

<>

Annuì, poi si avvicinò a Katara

<> disse, prendendo i dolci dalle mani di Katara.

Katara lo guardò malissimo, riprendendo con due dita la confezione di biscotti.

<>

Sokka sbuffò e sorrise, si voltò e scese le scale per arrivare in cucina.

Katara  intanto prese la scorta di biscotti al cioccolato, il vasetto di nutella e il pacco di mashmellow XXL che aveva nascosto da suo fratello.

Scese con un enorme ingombro tra le braccia scure, piegandosi come una canna al vento.

 

Buttò tutto il cibo sul divano azzurro di fronte a lei e si diresse verso lo scaffale con tutti i DVD che negli anni lei e suo fratello avevano comprato. Si passava dalle commedie comiche di suo fratello ai film di azione, fantasy e fantascientifici suoi, gli horror di sua madre e i documentari di suo padre.

 

Scelse un film che piacesse ad entrambi.

 

<>

<>

 

Prese il DVD, lo tolse dalla confezione e lo inserì nel lettore sopra alla televisione, regolò il volume al massimo e con la massima diffusione, così da sentirsi al cinema e si stravaccò sul divano, incrociando le gambe.

 

Sokka arrivò con tre ciotole piene fino all’orlo di pop corn, arachidi salate e patatine piccanti. Si sedette vicino alla sorella e portò una manciata di pop corn in bocca, chiedendo

<>

<>

 

Katara aprì il pacchetto di mashmellow ed anche la confezione di nutella, intinse il mashmellow nella cioccolata e ne prese un morso.

 

<> mugolò, estasiata e quasi sul punto di venire.

<> disse Sokka sporgendosi verso il vasetto.

Katara lo allontanò da lui, proteggendolo con il suo corpo

<>

Sokka fecce il broncio, prese il telecomando e premette play.

Comparve la scena iniziale e Sokka sorrise leggermente, appoggiando la schiena sullo schienale e guardando interessato il film.

<> disse Katara, dando il vasetto e tre mashmellow al fratello.

Lui li prese, li intinse e se li ficcò in bocca tutti insieme, come uno scoiattolo che prende delle noccioline e gonfia le guance.

 

Anche Katara si rilassò sul divano e assaggiò le patatine piccanti.

 

Guardò la scena del primo incontro tra Elizabeth e Darcy e le sembrò che già dal primo sguardo si fossero scelti in mezzo alla folla, come se uno fosse il respiro ed il cielo pieno di stelle dell’altro.

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