black lagoon's fear

di devil_may_cry_wrath_92m
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ferite ***
Capitolo 2: *** l'incubo e il risveglio ***
Capitolo 3: *** confessione ***
Capitolo 4: *** Haruka ***
Capitolo 5: *** favori e minacce ***
Capitolo 6: *** tremori ***
Capitolo 7: *** minacce all'orizzonte ***
Capitolo 8: *** sfida ***
Capitolo 9: *** confronto ***
Capitolo 10: *** il nemico rivelato ***
Capitolo 11: *** alleati,scommesse e rivelazioni ***
Capitolo 12: *** ricordi ***
Capitolo 13: *** requiem ***
Capitolo 14: *** epilogo:lettera,poker e verità ***



Capitolo 1
*** ferite ***



“Cazzo, che male!”  Revy stava lamentandosi in quel modo da almeno un quarto d’ora, cioè da quando lei e Rock avevano abbandonato la zona del porto lasciando dietro di sé i cadaveri di Ginji e di Yukio, quest’ultimo nome e il ricordo della ragazzina a cui apparteneva scosse profondamente Rock; il pensiero di avere fatto tutto il possibile per evitare  quel tragico epilogo a una persona così innocente e di avere fallito lo feriva profondamente , anche di più, pensando sarcasticamente, di quanto fosse ferita Revy, che per bloccare la spada di Ginji e riuscire a dargli il colpo decisivo aveva dovuto usare la sua gamba destra come scudo e adesso lei doveva sorreggersi al suo compagno per riuscire a camminare. Rock non avrebbe mai detto quello che gli era passato per la testa in quel momento alla sua amica altrimenti, conoscendo il suo carattere, anche se era ferita e il sangue colava copioso dalla ferita alla gamba gli avrebbe tirato un pugno dritto in faccia e in quel momento non era proprio il caso. La polizia stava indagando sul massacro del boss del clan Kousa e anche se le indagini si concentravano sull’Hotel Moscov e sulla donna che era uscita dalla villa dopo la strage  Balalaika loro leader, Rock sapeva che i più in pericolo erano loro. Balalaika e i suoi erano già sicuramente al sicuro sulla nave con la quale erano arrivati in Giappone ma lui e Revy dovevano cavarsela da soli per raggiungere l’aereo e  andarsene dal Giappone  e in cuor suo era contento così, non voleva vere avere altri debiti con Balalaika, già l’aveva vista uccidere il boss di Kousa e uno dei suoi uomini davanti ai suoi occhi e questo era successo indirettamente per colpa sua; Era stato lui a in quel garage a chiedergli di colpire il clan Kousa e risparmiare Yukio e lei gli aveva risposto buttandolo contro la sua macchina con una mossa di karate e spianandogli una pistola in faccia. In quell’occasione Revy aveva cercato di difenderlo ma era stato lui a salvare tutti evitando una strage dicendo semplicemente  a Balalaika che tutto ciò non lo faceva per giustizia ma solo perché era il suo hobby, lei lo aveva trovato divertente e aveva messo via la pistola, dopo che la mafiosa se ne era andata gli era toccato prendersi una lavata di capo targata Revy “Two hands”, in quell’occasione aveva visto la sua amica non soltanto arrabbiata ma anche sinceramente preoccupata per quello che Rock aveva appena fatto. Quando andarono alla villa del consiglio di Kousa aveva parlato ancora con Balalaika chiedendogli di eliminare, questa volta, il clan Washimine in modo che Yukio, la ragazzina che lo guidava, potesse essere finalmente libera. Non so che cosa fosse scattato nella mente di quella donna, quello che Rock sapeva era che l’aveva vista piantare una pallottola nella testa di quelli con i quali avrebbe dovuto stringere un’alleanza e porgergli la pistola con la quale aveva sparato, lui gli aveva risposto che non avrebbe mai dimenticato che era lui che aveva premuto il grilletto.
“Ehi Rock, abbiamo un problema” aveva mormorato Revy al suo compagno, il giapponese si voltò alla sua destra e  guardò la sua amica. Il volto della pistolera sino americana aveva alcuni schizzi del sangue di Ginji, poi il suo sguardo si spostò alla gamba ferita e vide che lo stivaletto e  buona parte della gamba all’altezza del polpaccio erano coperti, anzi per essere precisi, zuppi di sangue. Era un guaio grosso come una casa; se non trovavano qualcosa per medicare la ferita Revy sarebbe morta. “Devo portarti in ospedale” Gli disse Rock “Sei stupido?! Se andiamo in qualunque  ospedale gli sbirri ci troveranno in un batter d’occhio. Ti ricordo che ti sei fatto vedere da loro quando sei uscito dalla villa di quegli yaukuza con la sorellona” Gli rispose Revy con un filo di voce. Il moro non poté fare a meno di fare cenno di sì con la testa, quello che la sua amica diceva era vero e doveva ringraziare Revy che lo aveva portato via in moto un’ attimo prima che i poliziotti lo catturassero ma purtroppo non aveva potuto impedire loro di vederlo in faccia e adesso non poteva nemmeno arrischiarsi di avvicinarsi a una farmacia per prendere qualcosa per aiutare la sua amica che stava soffrendo le pene dell’inferno e rischiava di morire per colpa sua. “Merda! Che schifo di situazione. E adesso?” Revy lasciò il suo compagno che lo aveva aiutata a camminare fin adesso e si sedette sul marciapiede “Vattene” “Cosa?” “ Ho detto vattene, cosa sei sordo?” disse Revy prendendo un pacchetto di sigarette e mettendosene una in bocca “Abbiamo zero possibilità di andarcene da qui insieme quindi lasciami qui e vattene. Prendi l’aereo  e torna a casa” “non è da te dire questo”  Revy fece un sorriso triste e rispose:“Mpf, non lo faccio mica perché sono diventata una eroina del cazzo, guardami la gamba, ho perso troppo sangue, tra cinque minuti sarò morta è inutile trascinarsi dietro un cadavere” Lentamente, Revy si accese la sigaretta con l’accendino che aveva preso dalla tasca della sua giacca e dopo una lunga tirata disse a Rock “Avrai più possibilità da solo” Rock non sapeva cosa dire, di certo non voleva e non poteva lasciare la sua amica morire così in mezzo alla strada ma era anche vero che se non faceva qualcosa per quella ferita quello che aveva detto Revy era l’unica strada da percorrere. Il cervello di Rock era sotto pressione al massimo, le stava pensando tutte per salvare entrambi. “Psst, ehi venite!” Rock e Revy si voltarono in direzione della voce che avevano sentito e rimasero allibiti quando videro a chi apparteneva: una bambina di otto anni con i capelli mori, tagliati a caschetto gli stava indicando di salire le scale su cui lei si trovava a pochi metri dal punto dove erano loro. “Andiamo” disse Rock rimettendosi sotto braccio Revy “Vuoi farti aiutare dalla quella marmocchietta?! Cazzo, sei proprio un’idiota” “Sarà sempre meglio che rimanere qui a girarci i pollici aspettando di morire” “Ti ho già detto cosa devi fare” “E io ti ricordo questo Revy. Tu qui sei solo la mia pistola” Revy aveva detto questo a Rock quando erano su un taxi e lui la voleva convincere a seguirlo fino a casa Washimine al suo rifiuto era cominciato un discorso in cui lei aveva provato a convincerlo a lasciarsi alle spalle  la  vita che aveva cominciato quando lei, Dutch e Benny, i restanti membri della Lagoon Company, lo avevano arruolato dopo averlo rapito. Da quel giorno era passato un’ anno e sebbene Rock si fosse rivelato un abile negoziatore e un membro indispensabile per la Lagoon Company, Revy aveva sempre pensato che questo era il suo paese e lui poteva ancora vivere la sua vita lontano da quello schifo che era Roanapur la città da dove erano arrivati lei e Balalaika prima che fosse troppo tardi per lui. Ma alla fine si era dovuta arrendere davanti alla testardaggine del suo socio e fare quello che voleva lui dicendogli che lei era soltanto la sua pistola, la sua guardia del corpo, doveva aiutarlo non ostacolarlo e adesso glielo stava ricordando ancora una volta “D’accordo socio facciamo come vuoi tu!” rispose Revy con ancora una volta quel suo triste sorriso.
La bambina risalì le scale dalla quale sembrava fosse venuta  seguita da Rock, che si stava trascinando Revy a peso morto e arrivati in cima quello che videro li lasciò a bocca aperta; in cima alle scale c’era un tempio uno di quei tipici tempi buddisti con tanto di pozzo dove esprimere i desideri e di campana sacra dove chiedere una grazia. “Incredibile” mormorò Rock poi sentì come se qualcosa gli scivolasse dalle spalle si voltò e vide che Revy aveva lasciato la presa ed era caduta come un sacco vuoto a terra. Rock si chinò immediatamente  sulla sua amica e vide che il colore della sua pelle era pallido, quasi cinereo, la voltò a pancia in su la chiamò più e più volte per nome tirandogli anche degli schiaffetti per farle riprendere conoscenza ma non servì a niente “Che cosa succede qui?” a parlare era stato un uomo vestito come un monaco buddista; probabilmente  è il guardiano del tempio pensò Rock “Mi aiuti la mia amica…” “La sua amica ha bisogno di aiuto mi faccia dare un’occhiata” disse il monaco con un tono calmo ma che non ammetteva repliche.                            

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Capitolo 2
*** l'incubo e il risveglio ***


Revy stava camminando. Camminava nella più completa oscurità, non sentiva nient’altro se non il rumore dei suoi passi. Non riusciva a vedere niente, se non quella oscurità che sembrava inghiottirla e osservarla. “two hands, non capisco le tue intenzioni, ma non dovresti provare a vivere come lui” questa era quello che gli aveva detto Balalaika in quel garage e adesso Revy stava sentendo ancora quelle esatte parole in quell’oscurità. “Pensi di potermi fare la predica?” “Ci puoi scommettere two hands. Sono pur sempre il tuo datore di lavoro!” Questa era lei e Dutch quando erano saliti su quella nave di neo nazisti per riprendersi quel quadro, fu in occasione di quella missione che lei e Rock ebbero una discussione che la portò infine a minacciarlo di ucciderlo e poi, mentre era su quella nave, le scatenò quella che Dutch chiamava “La febbre di Whitman” cioè, una sete di sangue che la faceva uccidere indiscriminatamente chiunque si parasse davanti a lei; dopo la conclusione di quell’incarico lei e Rock riuscirono a riappacificarsi anche se lei aveva rischiato seriamente di ucciderlo ma lui si era salvato grazie alle sue parole e anche perché era riuscito a toglierle la pistola dalle mani. “Senti Rock, lascia che ti chieda una cosa e poi la chiudiamo qui. Tu da che parte stai?” gli aveva chiesto infine Revy “Io? Io sto esattamente dove sono e da nessun’altra parte” gli aveva risposto il suo compagno. Dopo questo episodio lei e Rock erano diventati molto più uniti, lei sapeva che se avesse avuto bisogno di aiuto lui l’avrebbe aiutata e, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, anche lei avrebbe fatto lo stesso lo aveva dimostrato quando dei terroristi avevano rapito Rock credendo che nella valigetta che portava avesse dei documenti che loro cercavano; quello che nessuno sapeva era che Revy aveva preso i documenti e se li era nascosti addosso, l’unica cosa che quei tizi avevano preso era una valigetta vuota e un’ inutile colletto bianco giapponese, come Revy lo chiamava a volte. Poteva andarsene con gli uomini che Chang, il boss della triade che aveva commissionato il lavoro alla Lagoon company, ma invece lei aveva mentito dicendo che era Rock che aveva i documenti e perciò dovevano andare a riprenderlo. Dopo il recupero del suo compagno e la consegna dei documenti al cliente, Rock l’aveva ringraziata e lei aveva risposto tirandogli un pugno in testa e urlandogli che le spese del salvataggio gli sarebbero state tolte dallo stipendio ma lui aveva capito che quello era il modo della sua amica per dirgli “Non c’è di che” e questo a Revy piaceva, Rock era uno sveglio, che aveva capito che lei non era il tipo da discorsi strappalacrime e quindi la cosa finiva lì. “Pensi di essere cambiata Rebecca?” nell’oscurità, Revy si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce, era una voce che ben conosceva e che credeva non avrebbe sentito mai più. “Dove sei bastardo?” mormorò lei estraendo le sue beretta m92 che lei aveva soprannominato sword cutlass per via dei teschi con le sciabole incrociate sui calci di esse; le puntò da dove proveniva la voce ma poi vide una cosa incredibile: una delle sue pistole era in pezzi, ne stava tenendo in mano solo metà, l’atra era ai suoi piedi; prima che potesse fare o dire qualcosa, fu sbalzata a terra e qualcosa o qualcuno fu sopra di lei e gli mormorò “ Non è cambiato nulla. Tu non sei forte. Tu sei ancora quella bambina che rubava a Mott street, che veniva picchiata da quell’ubriacone del padre e che prima di ucciderlo ha subito la peggiore delle umiliazioni!” Revy sentì che le sue gambe si stavano spostando, solo che lei non lo voleva si stavano muovendo come se qualcuno la stesse costringendo a divaricarle, sentì che qualcosa la toccava sulle cosce e poi in mezzo alle gambe, i suoi vestiti vennero strappati e poi successe quello che lei sapeva sarebbe successo solo che la paura, la rabbia, l’angoscia, il terrore , l’umiliazione erano le stesse che aveva provato quel giorno di tanti anni fa quando a quattordici anni, un poliziotto l’aveva arrestata per un crimine che non aveva commesso, caricata sulla sua volante, portata in una cella della stazione di polizia, presa letteralmente a calci e infine violentata; poi, dopo un paio d’ore ,l’aveva scaricata nel punto dove l’aveva prelevata. Quando andò a dire tutto a suo padre lui rispose solo di portargli da bere e lei crollò definitivamente; gli mise un cuscino in faccia e gli sparò, da quel giorno Rebecca Lee, così si chiamava cessò di esistere, ora c’era solo Revy e credeva che tutto questo fosse solo un ricordo lontano ma adesso si sentiva esattamente come quel giorno impotente e spaventata. “No, non…farlo, no ,merda, cazzo, no no, no NOOOOOOOO!!!!!!!!!!” Revy si alzò di scatto dal futon in cui era avvolta, era ricoperta di sudore ma nonostante ciò aveva freddo e non solo perché indossava soltanto gli slip e una canotta nera, era anche per quello che aveva visto. “Un incubo, solo un incubo e dei ricordi del cazzo” mormorò “Oh, finalmente ti sei svegliata” disse una voce maschile che Revy non aveva mai sentito, fece per alzarsi ma sentì una fitta di dolore provenire dalla gamba ferita che la face cadere a faccia in giù sul pavimento di legno. L’uomo si alzò e si diresse verso di lei afferrandola e rimettendola a letto “Calmati. Ti ho rimesso a posto la gamba ma sei ancora troppo debole” normalmente Revy, avrebbe reagito con un insulto ma si sentiva troppo stanca anche per quello, era come se qualcuno gli avesse succhiato via tutte le forze e persino mettersi seduta le provocava dei capogiri “Dov’è Rock?” chiese all’uomo e lui rispose “Rock?! Si chiama così il ragazzo che ti ha portata qui? E’ stato quasi sempre al tuo fianco, per tenerti ferma mentre ti medicavo quella ferita e poi mentre avevi la febbre, sai ti agitavi nel sonno e urlavi anche delle autentiche oscenità. E’ incredibile che una ragazza così carina conosca simili epiteti” “Epiteti?! Ma come cazzo parli?” replicò con durezza two hands sentendo una leggera nota divertita nella voce dell’uomo seduto nel buio “E accendi una luce, che sei cieco?” a quel commento l’uomo si mise a ridere e disse: “Hai ragione ma vedi non volevo disturbarti” si mise in piedi e si diresse verso il muro, premette l’interruttore e Revy fu investita dalla luce della lampada del soffitto; era debole come luce ma per la donna fu come se gli avessero puntato la luce di una torcia in pieno volto, ci mise un minuto per abituarsi e quando lo fece vide che si trovava in un’ampia stanza fatta di legno, sembrava una di quelle palestre per chi praticava le arti marziali o il kendo, Rock gli aveva anche detto il nome, dojo, quando erano in giro per Tokyo in un raro momento di libertà che Balalaika gli aveva concesso. “Così va meglio?” disse l’uomo, Revy si voltò verso di lui e vide che era vestito come un monaco buddista, testa rasata, sui quarant’anni, e con un sorriso cordiale sul volto che lasciò spiazzata Revy; una porta scorrevole si aprì e una voce che la donna ben conosceva disse: “Revy ti sei ripresa!” “Calmati Rock, ho la testa che mi scoppia. Dio! quanti vorrei farmi un goccio. Monaco ce l’hai un po’ di birra?” “Questo è un tempio e comunque non credo sia consigliabile bere alcolici dopo due giorni di febbre” Quelle ultime parole colpirono Revy con la stessa forza di un maglio “Quanto ho dormito?!” Rock rispose: “Hai capito bene: due giorni, non ti preoccupare ho già chiamato Dutch e Benny e loro informeranno chi di dovere” “Cazzo, la sorellona li pelerà vivi quando saprà che deve pagarci di nuovo il viaggio di ritorno” detto questo Revy crollò di nuovo sul cuscino del futon e mormorò “Rock dammi una sigaretta” indicando il pacchetto che sporgeva dalla tasca della giacca del suo compagno, il giovane monaco non disse niente riguardo al fatto che neanche fumare fosse una buona idea dopo quello che la sua giovane ospite aveva passato ma pensò che un piccolo strappo alla regola poteva farlo anche se però avrebbe poi dovuto togliere la cenere e la cicca di sigaretta dal pavimento, il bonzo era certo che quella donna, chiamata Revy, non sapesse neanche cosa fosse la pulizia e il rispetto per la proprietà altrui e sicuramente era una persona pericolosa, la pistola che le aveva visto addosso mentre la portava nel tempio era un’ indizio più che evidente; aveva avuto già a che fare con dei delinquenti e quella donna lo era di certo e la sua arma indicava un’altra cosa: era una professionista nell’ambiente del crimine , quell’arma non era una delle pistole che aveva visto in mano ai balordi che par fare gli sbruffoni la tiravano fuori pensando di spaventarlo, era un’arma ben curata nelle mani di una vera e propria criminale. Normalmente avrebbe chiamato la polizia ma la gentilezza e la risolutezza del giovane che la donna aveva chiamato Rock, lo fece desistere e così li aveva aiutati come meglio poteva. “Se non vi dispiace mi ritiro per le preghiere” “Fai quello che vuoi. Questa è casa tua” fu la risposta che mormorò Revy mentre fumava poi la sigaretta le scivolò dalle labbra e cadde sul pavimento, Rock fece per riprenderla e ridarla alla sua compagna ma si accorse che si era addormentata di nuovo. Vedendo che era proprio “partita” si alzò e seguì il monaco fuori dalla stanza. “Le chiedo scusa per la mia amica. E’ un po’..” “Non si preoccupi. Ho conosciuto gente peggiore” “Nella fretta non mi sono presentato il mio nome è Rokuro Okajima” disse Rock porgendogli la mano “Yasuke” rispose il monaco stringendogliela “Vuole unirsi a me nella preghiera?” “No grazie, preferisco tornare dalla mia amica per vedere se ha bisogno” “Non si deve preoccupare, la febbre è passata, la ferita è richiusa ed è talmente imbottita di antibiotici e antidolorifici da fare invidia a un corriere della droga, dormirà fino all’alba” “lei è molto strano, non credevo che esistessero monaci che sapessero curare le persone meglio di un chirurgo” “Non ho sempre avuto questo vestito, ero militare medico sul campo” “Accidenti! Un compito difficile” “Sì e a volte duro, ma le persone sono come i dadi. Dobbiamo lanciarci da soli verso la vita” Sentendo quella frase, Rock sbiancò in volto e dovette appoggiarsi a una parete. Quella frase l’aveva sentita dire da Yukio Washimine la ragazza che si era suicidata due giorni fa davanti a lui “Si sente bene Okajima san?” Rock si sedette per terra e tenendosi la testa fra le mani cominciò a piangere silenziosamente al ricordo della orrenda avventura che aveva vissuto “Che cosa c’è? Forse deve confessare qualcosa?” “Sì e se glielo raccontassi credo che inorridirebbe” “Mi creda, ho visto e ho fatto delle cose terribili quindi venga con me e parliamo” Rock seguì Yasuke in una stanza e si sedette a gambe incrociate intorno all’unico tavolo che c’era mentre il monaco tornò da lui con due tazze di tè, si sedette e Rock disse: “Non so da dove cominciare” Yasuke con un sorriso gli disse: “Direi dall’inizio”

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Capitolo 3
*** confessione ***


Rock disse tutto al giovane monaco, raccontando di quello che aveva fatto e visto, del suo incarico di interprete per l’Hotel Moscov, dell’omicidio di Bando san membro del clan Washimine per mano di miss Balalaika e infine all’incontro con Yukio, una ragazzina che a causa dei suoi legami di sangue con il clan Washimine da studentessa spensierata era diventata infine capo di quella famiglia yakuza; lui aveva fatto l’impossibile per allontanarlo da quell’inferno ma alla fine non aveva potuto fare nient’altro che assistere al suo suicidio e alla morte di Ginji per mano di Revy. “Ciò che più mi ha ferito è il fatto che quella ragazza aveva ragione. Io ho scelto questa vita da criminale perché cercavo qualcosa e forse ho cercato di salvarla solo per il mio egoismo e per salvare me stesso. Revy ha cercato di allontanarmi da questo schifo e io invece gli ho detto che sono un morto che cammina come lei, come tutti gli abitanti di Roanapur e come loro cerco qualcosa” “che cosa?” “Una grande scommessa. La più grande di tutte per poter dimostrare a me stesso che sono un morto che cammina desideroso di vivere” Yasuke , bevette un goccio di tè e disse lentamente: “Queste, per usare un termine che si avvicina al linguaggio della sua città, sono tutte cavolate!” Rock rimase spiazzato, riuscì solo dire “ma…” “Lei non ha fatto tutto questo per fare una scommessa, o per dimostrare a se stesso che è ancora vivo, queste sono parole della sua amica non sue Okajima san. Lei ha fatto tutto il possibile per salvarla perché sa quanto sono oscure le tenebre, ma se non c’è riuscito è anche perché la signorina Washimine ha fatto la sua scelta e quando qualcuno fa una scelta noi possiamo guidarlo ma non possiamo controllarlo, non siamo onnipotenti” “Allora mi dica Yasuke san. Perché ho provato a salvarla?” “Questo lo sa solo lei ma se devo fare un’ipotesi è perché lei è uno a cui piace scommettere, questo è vero, ma anche perché, sotto quella scorza di cinismo di cui si vuole ricoprire, lei è ancora una brava persona, altrimenti per quale motivo non ha lasciato la sua amica a morire? Se lei è solo uno scommettitore a cui non importa nulla di nessuno avrebbe dovuto lasciarla al suo destino, invece la trascinata con se fino a qui e ho visto come si è preso cura di lei in questi due giorni, mi creda c’è molto più in lei che egoismo e cinismo e lo stesso per la sua amica” “Revy?” “Sì mi creda, conosco il tipo: cinica, volgare, spietata, ma lo fa solo perché è convinta di non avere altro luogo che l’inferno, dove stare, ma si sbaglia anche lei” “Che posso fare?” “Deve solo fare una cosa: deve cominciare a perdonare se stesso” Quelle parole colpirono Rock e lo fecero riflettere, forse aveva il bonzo , forse no, l’unica cosa che sapeva era che adesso lui e Revy dovevano andarsene e tornare a Roanapur.

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Capitolo 4
*** Haruka ***


4 Haruka Era il mattino del giorno seguente, quando Revy si svegliò. La ragazza, strisciò fuori dal letto e si mise in piedi con una fatica incredibile, la testa gli girava, tutte le giunture gli facevano male e aveva una terribile arsura alla gola; avrebbe dato qualunque cosa per bere un goccio, anche soltanto di acqua, pur di levarsi quella sete. Inciampò, con il piede, in una specie di fagotto, quando i suoi occhi si abituarono al buio della stanza capì che si trattava dei suoi vestiti.” Il monaco me li ha puliti” pensò two hands e cominciò a rivestirsi. Quando finì, fece per uscire dalla stanza ma si sentiva ancora troppo debole per camminare, non voleva chiamare Rock o quel monaco, non voleva sentirsi in debito con quei due, soprattutto con quel sorridente tizio. Forse non si fidava di lui per la sua natura diffidente di mercenaria o forse perché, l’unica esponente della religione che Revy conosceva, era quella falsa suora di Eda, che a parte vederla giocare a carte, bere come una spugna in chiesa e sentirla declamare passi della Bibbia tutti suoi, non l’aveva mai vista fare opere di bene. “Opere di bene? A Roanapur?!” a quel pensiero Revy si mise a ridere e appoggiò una mano al vicino muro di legno, le sue dita trovarono qualcosa che era appoggiato lì; quando guardò in quel punto vi trovò una stampella. “Quello stronzo! Deve aver pensato che mi sarei alzata e mi ha preparato tutto. Cazzo, quanto lo odio!” ma nonostante ciò, la mercenaria della lagoon, si appoggiò alla stampella e cominciò a usarla per arrivare alla vicina uscita. Percorse il lungo corridoio e arrivò danti a una porta scorrevole e quando la aprì venne abbagliata dalla luce del sole; dopo l’attimo di smarrimento riuscì a capire dove si trovava, era in una specie di giardino interno alla casa, c’era un albero di ciliegio sfiorito in mezzo ad esso, sentiva freddo ma si chiese se fosse dovuto alla temperatura oppure alle linee di febbre che ancora si sentiva addosso. Si mise seduta e mormorò un’imprecazione per non avere le sue sigarette e potersi fare un tiro. “Ciao” gli disse una voce alle sue spalle , Revy girò la testa e si trovò davanti alla bambina che aveva indicato a lei e Rock di salire le scale per questo posto. “Come ti chiami? Io sono Haruka” disse la bambina ma Revy si voltò verso il giardino e la ignorò. Non aveva nessuna intenzione di fare conversazione, meno che mai con quella marmocchietta che l’aveva condotta in quel posto assurdo a farsi curare ed essere in debito con quel monaco del cavolo. La bambina, vedendo che la donna non le parlava si sedette accanto a lei e continuò a fissarla con quello sguardo e quel sorriso così innocente “Cosa c’è? Ho qualcosa in faccia?” le disse sgarbatamente Revy, Haruka fece di no con la testa “E allora levati dalle scatole!” ma invece la bambina rimase e continuò a guardarla “Che cazzo! Prima o poi se ne dovrà andare” pensò la mercenaria, quindi rimase lì seduta ad aspettare; passò mezz’ora e Haruka non se ne andò, rimase a guardare Revy come se fosse una sorta di strana creatura; alla fine two hands, stanca di quel ridicolo gioco si alzò e con la stampella tornò dentro. Quando però, attraversò la porta scorrevole, la gamba gli cedette e cadde a terra, Haruka corse verso di lei e cercò di aiutarla ma Revy la allontanò con una mano e le disse: “Che vuoi una pacca sulla spalla? Non ho bisogno del tuo aiuto” “Direi invece di sì” rispose la voce di Rock che era uscito da una stanza laterale in quel momento; “Ti ci metti anche tu?” disse Revy mentre, appoggiandosi al muro, si rimetteva faticosamente in piedi. “Ti ricordo la nostra situazione, siamo ricercati dalla polizia, Yasuke san ci ha ospitati e ti ha rimesso a posto la gamba rischiando così una denuncia per complicità, quindi il minimo che puoi fare è cercare di non essere te!” “Fantastico, non bastava essermi presa una coltellata nella gamba e di zoppicare, devo anche sorbirmi una tua predica” Rock a quelle parole stava replicare ma sapeva fin troppo bene che ne sarebbe sfociata una lunga discussione in cui Revy avrebbe usato il suo linguaggio “colorito” e Rock non voleva fare sentire ad una bambina le oscenità che sarebbero uscite dalla bocca della sua compagna perciò si limitò a sospirare e a dire “Fai come ti pare” “Scusate” disse Haruka mentre sorreggeva un vassoio con due tazze di tè “Vuoi qualcosa da bere sorellona?” Revy vedendo che la bambina si rivolgeva a lei rispose un po’ stizzita: “Sorellona?!” poi però, la sete ebbe la meglio sul suo desiderio di lamentarsi su quell’appellativo che la bambina gli aveva dato; prese, senza tanti complimenti, una delle due tazze e, in men che non si dica trangugiò la bevanda tutta d’un fiato. “Va meglio?” chiese Haruka, Revy la fissò chiedendosi perché quella bambina fosse così interessata a lei, ma prima che potesse dire qualcosa Rock prese l’altra tazza che Haruka gli offriva e dopo averla ringraziata gli chiese: “Tu chi sei?” “Mi chiamo Haruka e sono la figlia del sacerdote di questo tempio” “Davvero?!” “Sì, aiuto il mio papà come posso nel tenere pulito il tempio. Quando vi ho visto stavo togliendo le foglie secche dalle scale” “Che brava. Ti dobbiamo proprio ringraziare” “No, non dovete è stato un piacere” disse la bambina con un sorriso. Revy fece un gesto con la mano e se ne tornò nella sua camera richiudendo la porta; Rock, con un sorriso imbarazzato, disse ad Haruka: “E’ il suo modo per ringraziare qualcuno”

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Capitolo 5
*** favori e minacce ***


Da tre giorni l’obitorio della polizia ospitava due “guest star” d’eccezione: il corpo di Yukio Washimine, figlia del defunto boss del clan omonimo e una specie di gigante che era stato identificato come Ginji “L’affettauomini” un sicario della Yakuza che si pensava ritirato dalla scena del crimine da molto tempo, addirittura che fosse morto “Bè ora lo è davvero” mormorò il medico legale mentre osservava il cadavere dell’uomo; guardò poi il corpo di Yukio e pensò tristemente che era un peccato: una così bella ragazza, sicuramente piena di sogni e speranze ora era soltanto un corpo freddo e immobile sul suo tavolo pronta per l’autopsia; non che ce ne fosse bisogno la causa della morte era evidente una ferita autoinflitta con una spada che aveva attraversato il collo , il decesso era stato immediato ma le pratiche burocratiche erano quel che erano e senza un’autopsia ufficiale la polizia non avrebbe potuto finire di compilare le scartoffie necessarie al rapporto sull’indagine e svolgere così il lavoro vero. Per quanto riguardava la morte di Ginji era un altro paio di maniche, il foro, provocato dal proiettile 9 millimetri estratto dalla testa dello yakuza era bastato per far capire la causa della morte a chiunque, il vero problema era un’ altro. Stando alla ricostruzione, Ginji aveva affrontato ed era stato ucciso da qualcuno, qualcuno armato con due pistole modello beretta m92, Il numero dei bossoli di proiettile ritrovati sul luogo del delitto aveva permesso alla scientifica di determinare quante e quali armi da fuoco erano state utilizzate ma ,come era stato detto, era un altro il problema. Da quello che la polizia aveva ricostruito, una delle due armi o forse tutte e due, erano state distrutte dalla spada di Ginji, la stessa arma che era poi stata utilizzata dalla giovane Yukio per suicidarsi, la presenza di olio che viene usato di solito per lubrificare le pistole e che era stato ritrovato sulla lama della spada era una prova evidente della fine che aveva fatto l’arma o le armi da fuoco utilizzate per uccidere lo yakuza il fatto è che per quanto quelli della scientifica avessero cercato, le fantomatiche armi da fuoco non erano saltate fuori, l’unica arma presente era solamente quella spada e nient’altro e questo era davvero un problema per le indagini. “Una prova che sparisce è una rogna” “Allora?” “Tutto a posto. I campioni di sangue sono stati alterati nessuno potrà risalire ai vostri…” “Veda di non fare il furbo signor Takeyama, so che non c’è la pistola” disse la voce al cellulare dell’assistente del medico legale. Takeyama era terrorizzato e al tempo stesso furioso: aveva alterato delle prove di un’indagine per omicidio e l’unica cosa che aveva ricevuto era stato solo un va all’inferno, il suo benefattore e ricattatore non si rendeva conto che lui rischiava dai dieci a i quindici anni di galera per questo “favore”. Takeyama aveva chiamato l’uomo al telefono benefattore perché tre giorni fa, questi gli aveva messo sul suo conto corrente dei soldi, denaro a sufficienza per levarsi di torno gli allibratori con i quali era indebitato fino al collo a causa del maledetto vizio del gioco che aveva, ma era uscito da un guaio solo per piombare in un’ altro ancora più grave, l’uomo aveva detto di avere delle foto di Takeyama mentre vendeva a uno spacciatore delle sostanze che aveva trafugato dall’obitorio dove lavorava e minacciava di consegnarle ai suoi superiori se non gli avesse fatto un piccolo favore; “Cosa vuole?” Aveva domandato Takeyama dopo che il misterioso individuo gli aveva inviato sul computer delle copie delle foto incriminanti per fargli capire che non mentiva “Deve far sparire tutto ciò che riguarda l’omicidio Washimine” e così aveva fatto ma adesso Takeyama aveva un problema ancora più grosso; la pistola che aveva ucciso Ginji “ l’affettauomini” era sparita e non per causa sua, quando era arrivato sul luogo del delitto insieme alla scientifica non aveva trovato niente se non sangue e una spada che aveva prontamente provveduto a “sistemare” in modo che alla polizia non servisse a niente. “Ascolti, glielo giuro i-io n-non ho trovato nessuna pistola, solamente sangue, bossoli di proiettile e…” “E quella spada. Come vede so già tutto signor Takeyma” “Se qualcuno ha preso quella pistola non sono stato io. Non sto facendo il furbo” “Lo spero signor Takeyama, per il suo bene. E’ brutto passare quindici anni in galera per occultamento di prove, soprattutto se si ha trent’anni e una fidanzata così giovane” Takeyama adesso se la stava facendo davvero sotto dalla paura, quel tipo sapeva anche di Midori, la sua ragazza “Midori Kurokawa, venticinque anni in procinto di laurearsi in legge all’università di giurisprudenza di Tokyo, vive ancora con la sua famiglia composta da i sua madre, suo padre e suo fratello minore. Il padre ha il grado di ispettore capo nella polizia di Tokyo, dubito che vorrebbe come genero un uomo che per pagare i suoi debiti di gioco ha venduto sostanze stupefacenti a uno spacciatore e ha anche fatto sparire delle prove da una scena del crimine. Forse potrebbe essere lui a metterle le manette” Takeyama cercò di controllarsi come meglio poteva ma l’unica cosa che ottenne fu di biascicare delle parole che sembravano squittii di un ratto “V—vi sto d—dicendo l—a verità. Non ho io quella maledetta pistola!” Per tutta risposta la linea cadde, Takeyama si accasciò a terra, passandosi una mano tra i folti capelli neri mentre con l’altra teneva il cellulare e ascoltava, come inebetito, il continuo segnale della linea caduta. “Questo è un guaio capitano” disse Boris rivolgendosi a Balalaika dopo che questa aveva chiuso il contatto con Takeyama. La donna non disse niente, per alcuni minuti rimase con quegli occhi che sembravano due lame di ghiaccio fissi nel vuoto e con le dita delle mani congiunte, Boris, era il suo braccio destro e ben sapeva che il suo capitano quando era in quello stato era perché stava pensando il da farsi. Balalaika alzò la testa, allungò una mano e prese un sigaro dalla scatola sulla sua scrivania e lo accese. Per un lungo istante, il leader della mafia russa nominata Hotel Moscov, fissò gli anelli di fumo poi con un sospiro disse: “Cero che Rock e Two Hands ce ne stanno dando di complicazioni eh, sergente?” “Crede che Takeyama abbia detto la verità? Che la pistola non l’abbia presa lui?” “Sì, l’hai sentita anche tu la sua voce. Persino dall’interfono si capiva che se la stava facendo sotto dalla paura” Boris a volte restava sorpreso dall’abilità del suo capitano, non tanto per aver trovato un tipo corruttibile come Takeyama, quello era stato facile grazie agli ottimi contatti che l’Hotel Moscov aveva nel mondo del crimine che comprendeva di tutto, dalla prostituzione fino alle scommesse clandestine e fu in quell’ambito che uno dei loro informatori gli aveva parlato di Masahiro Takeyama l’assistente del medico legale, un tipo che aveva le mani un po’ troppo bucate. Lo avevano tenuto sotto sorveglianza grazie ai loro uomini a Tokyo e ora sapevano vita e miracoli di quel fesso. Non era stato difficile procurarsi delle foto di lui che vendeva sostanze rubate da dove lavorava agli spacciatori, quello che veramente sorprendeva Boris era scoprire che il suo capitano fosse così brava a imitare una voce maschile, non aveva avuto bisogno di nessun apparecchio per modificarla, solo un fazzoletto sulla cornetta del telefono, poi aveva parlato tenendo la voce roca ma comunque ben chiara in modo tale che chiunque dall’altro capo del telefono potesse sentirla. “Quindi che cosa facciamo?” “Per adesso diremo a Dutch che i suoi soci sono al sicuro. E’ quella pistola mancante il problema” “Già perché qualcuno l’ha presa?” “Non lo so. Ma sono certa che Two hands non la prenderà bene” disse Balalaika, alzandosi dalla sua scrivania e guardando fuori dalla finestra del suo palazzo. Le luci della città di Roanapur gli illuminarono il viso devastato dalle cicatrici da ustioni che glielo attraversavano, brutto da vedersi ma per lei quelle cicatrici erano motivo di orgoglio, erano le sue medaglie che aveva portato con sé dalla guerra in Afghanistan, insieme ai suoi uomini, tutti veterani della prima linea come lei. “Comunque non ci riguarda. Quello che Dutch ci ha chiesto di fare noi lo abbiamo fatto. Adesso tocca a quei due pulirsi il culo da soli” “Ce la faranno? Two hands sicuramente ma Rock…” “Lo Japonski è più duro di quello che sembra è arrivato a provare a dirmi che cosa dovevo fare con quella ragazzina” rispose Balalaika con un ghigno. Nello stesso momento a Tokyo “Sei riuscito a prenderla quindi?” “Sì, ho dovuto solo ammazzare un coglione che lavorava al porto e che l’aveva presa per cercare di rivenderla. Che scemo, rivendere una pistola a pezzi” disse l’uomo all’altro mentre gli mostrava i resti della beretta m 92 di Revy che Ginji aveva distrutto nel loro scontro. “Dov’è adesso?” “Il corpo del fesso? In un container diretto in Cina. Ma posso farti una domanda?” “Cosa vuoi sapere?” “Perché hai voluto questi rottami?” “Mi servono. Farò tornare questi rottami alla loro forma originale e poi li userò per uccidere una puttana di mia conoscenza e non ti preoccupare, sarai ben pagato per questo servizio e se mi aiuterai a trovare altri tizi per seppellirla la tua ricompensa sarà raddoppiata” “Allora cosa aspettiamo? prepariamo il funerale per questa…” “Revy. Revy “Two hands”

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Capitolo 6
*** tremori ***


Rock non sapeva più come prendere Revy, era sempre stata maleducata e cinica, ma da quando si era ripresa era diventata a dir poco intrattabile; ogni volta che lui, Yasuke o Haruka si avvicinavano, lei prendeva la stampella, con cui si muoveva a causa della ferita che aveva al polpaccio, e andava da un’altra parte, Rock aveva accettato da tempo il caratteraccio della sua amica, ormai non ci faceva più caso, ma non poteva accettare che trattasse così le due persone che le avevano salvato la vita, soprattutto Haruka che cercava in tutti i modi di essere gentile con lei. Per esempio, quando aveva visto che Revy si rifiutava di mangiare insieme a loro in sala da pranzo aveva messo la sua razione su un vassoio e glieli aveva portati in camera sua e così continuava a fare ricevendo però sempre risposte sgarbate o sguardi di assoluta indifferenza come se quella bambina sempre sorridente e disponibile fosse stata un’appestata o un’accattona. Rock aveva detto un giorno ad Haruka: “Ti chiedo scusa per Revy lei è fatta così” a quella risposta Haruka disse: “Non c’è problema, lo so che la sorellona è arrabbiata perché gli fa male la gamba, ma sono sicura che si riprenderà. Lei è una forte” “Già, a volte troppo” aveva pensato Rock; a volte non riusciva a capirla la sua amica, quando l’aveva vista giocare con quei bambini gli era sembrata un’altra persona, gli era sembrato che si fosse gettata alle spalle quella rabbia e quella oscurità che aveva visto nei suoi occhi più di una volta, ora sembrava un leone in gabbia che attendeva la prossima preda, forse era vero quello che gli aveva detto in quel bar mentre attendevano di incontrare Balalaika in quel parcheggio sotterraneo, lei, come tutti gli abitanti di Roanapur, era solo una morta che camminava e che l’unica cosa che la rendeva diversa dagli altri morti che camminano è che lei voleva combattere contro avversari sempre più forti come Ginji e che non contava nient’altro per lei. “Ora basta! La deve smettere!” Sapeva che Revy era più di questo, l’aveva vista con tanti volti, la mercenaria, la cinica, l’assassina spietata , ma anche un’amica su cui fare affidamento e lui come suo amico non poteva stare zitto a guardarla in quello stato, arrabbiata con tutto e tutti mentre attendeva un altro avversario da macellare, se avesse continuato così prima o poi l’avrebbe vista morire, c’era andata vicino con Ginji e l’aveva fatto a causa sua, era stato lui a chiederle di portarlo da Yukio per cercare di convincerla a fermare la sua guerra con L’Hotel Moscov ma tutto era finito con la morte della ragazza e di Ginji e soprattutto con la sua amica ferita alla gamba dalla spada dello yakuza . Rock stava pensando al modo migliore per parlare alla sua amica quando sentì una voce familiare che lo chiamava: “Per la miseria, Okajima sei proprio tu?!” Rock si voltò e vide nel cortile d’ingresso del tempio c’era un uomo della sua stessa età, con i capelli neri pettinati e curati e accanto a lui una ragazza bionda ossigenata, con un abito talmente succinto che se fosse andata in giro nuda non ci sarebbe stata tanta differenza. Rock riconobbe immediatamente il tizio che gli aveva parlato Yamada un suo ex collega delle industrie Asai. Lui era uno dei tanti motivi per cui odiava il suo vecchio lavoro, oltre al dover accettare il fatto che era solo un sottoposto senza alcuna possibilità di sbocco doveva anche sopportare Yamada che dato che aveva lavorato alla divisione europea dell’azienda per un certo periodo di tempo aveva avuto occasione di visitare le filiali del gruppo Asai nel resto del mondo, America, Inghilterra, Francia, Russia e altre ancora e Rock doveva continuamente sentire le sue vanterie di tutte le donne che aveva conquistato laggiù, una volta Yamada gli aveva chiesto di cancellare dalla sua nota spese l’acquisto di una scatola di preservativi e lui lo aveva fatto, solo per sentire poi le spacconate di quel tizio su come fosse bella Bangkok e come le donne di laggiù fossero “disponibili” con un vero uomo cosa, come poi aveva aggiunto con un sorriso malizioso, Okajima non poteva sapere. “Okajima! In giro si diceva che eri morto ,cosa ci fai qui? Vuoi farti monaco?” Rock non aveva proprio voglia di perdere tempo con quello scemo e con le sue stupidaggini, doveva parlare con Revy e doveva farlo prima che lei passasse di lì; uno dei brutti vizi di Yamada è che a lui piacevano le donne in modo patologico se avesse visto Revy avrebbe cominciato a provarci con lei non curandosi della presenza della bionda ossigenata e conoscendo il carattere della sua amica e il suo stato emotivo di quei giorni temeva che sarebbe finita solo in due modi: Yamada se la sarebbe fatta nei pantaloni per la paura oppure sarebbe finito con un dente in meno e la mascella slogata per almeno sei mesi. Non che tutto questo non dispiacesse a Rock ma il fatto era che non potevano permettersi di attrare l’attenzione, erano rimasti nascosti per tre giorni e la polizia non li aveva trovati ma se Revy ne avesse fatta una delle sue… “Rock qualche problema?” Revy uscì dal tempio proprio in quell’esatto momento “Ecco, perfetto” mormorò Rock alzando gli occhi al cielo. Revy camminava senza usare la stampella, segno che stava guarendo anche se, osservando la sua andatura zoppicante, era chiaro che era lontana dal correre e saltare come una gazzella come faceva di solito. “Ehi, Okajima e questa chi è non me la presenti?” Rock, fece per rientrare nel tempio insieme a Revy ma purtroppo la bionda ossigenata che fino ad allora era stata zitta, appena vide che il suo ragazzo si stava interessando a Revy si rivolse a Rock dicendo: Ehi, tu di alla tua puttana di girare al largo!” Quelle parole bastarono per far cambiare lo sguardo di Revy “Cosa hai detto?” “Che c’è sei sorda?! Ti ho chiamato col tuo nome. Una che va con quello sfigato non può che essere una puttana” Revy si allontanò da Rock, scostando il braccio del suo compagno, saltò giù dalla pedana che correva intorno al tempio e si avvicinò a piedi scalzi a Yamada, prima che potesse dire qualcosa, Revy lo colpì con una ginocchiata nel basso ventre e poi con un gancio destro alla mascella lo fece andare a sbattere contro uno dei due pali che sorreggeva la campana per chiedere le grazie Yamada cadde a terra sputando un dente. Con uno sguardo spento ma al tempo stesso spaventoso, Revy si avvicinò alla bionda ossigenata, questa era terrorizzata, chiunque fosse la donna che aveva appena insultato non era sicuramente una puttana, Revy prese il braccio destro della donna, glielo torse, la colpì al ginocchio destro con la gamba sinistra e la mise in ginocchio poi si avvicinò abbastanza perché le sue labbra fossero a un centimetro di distanza dal suo orecchio e gli disse con voce calma ma che la rese comunque terrificante: “Stammi a sentire stronza, ho avuto uno schifo di giornata e i precedenti sono stati anche peggio. Perciò se vuoi morire ci stai andando molto vicina” La donna, aveva le lacrime agli occhi mentre Revy le parlava. Stava domandandosi chi era quella pazza quando Revy gli disse: “Per questa volta sei fortunata, ma se ti rivedo ti rompo anche le altre” “Le altre cos…aaah!” con un movimento rapido Revy gli spezzò anulare medio e indice della mano destra. Yamada si era rimesso in piedi, a causa della perdita di sangue sia dalla bocca che dal naso la sua faccia era una maschera di sangue, mise la mano in tasca, sicuramente per prendere un cellulare ma prima che potesse comporre il numero per chiamare la polizia un sasso lo colpì alla mano facendoglielo cadere, Haruka sentendo il rumore in cortile, era uscita e quando aveva visto Yamada prendere qualcosa dalla tasca, senza che ne lui ne Rock la notassero era scesa in cortile e aveva preso un sasso lì per terra colpendo la mano di Yamada. “Piccola stronza!” disse Yamada correndo verso il telefono per terra, ma prima che potesse toccarlo il piede di Rock gli calpestò la mano. “Questa me la paghi Okajima” “Sbagli” disse Revy prendendo Yamada per il bavaro del vestito e sollevandolo da terra “Ascolta Romeo! Sparisci e dimenticati di noi se provi a raccontare a qualcuno di averci visto ti assicuro che neanche l’ultima delle puttane vorrà averti come cliente, chiaro?” Yamada fece segno di sì con la testa poi, appena Revy mollò la presa si allontanò di corsa, senza neanche degnarsi di sollevare la donna che era venuta con lui, la quale lo seguì a ruota ed entrambi sparirono giù per le scale del tempio. Rock fissò la sua amica e quella rispose alla domanda che stava per farle: “Non ti preoccupare, non parlerà. Quel coglione correrà fino a casa e si nasconderà sotto il letto” “Bè questo è poco ma sicuro, ma dovevi proprio strapazzarli in quel modo?” Revy prese una sigaretta e l’accese, dopo aver fatto un tiro disse: “Era l’unico modo per levarceli di torno in fretta. Non potevamo metterci a parlare con il rischio che collegassero la tua faccia con la faccenda del massacro della famiglia Kousa. Adesso invece staranno buoni e fuori dalle scatole” “Sicura?” “Fidati. Quel tizio e quell’altra, sicuramente non ci penseranno nemmeno a tornare qui neanche se tu fossi collegato al massacro di San Valentino” Rock sorrise capendo che la sua amica lo aveva protetto ancora una volta con il suo modo di fare violento. Prima che potesse dirgli qualcosa, Revy si voltò vero Haruka e gli disse: “Bel tiro, prima marmocchietta” “Mi alleno tutti i giorni a colpire i piccioni che usano la grondaia del tempio come nido” “La prossima volta dovresti…” Revy non concluse la frase, si sentiva come con un peso sul petto, le mani sembravano percorse da una scarica elettrica, cominciò ad ansimare e a sudare, si diresse velocemente verso la campana e si appoggiò ad essa mentre continuava ad ansimare “Revy!” “Sorellona!” urlarono Rock e Haruka avvicinandosi alla ragazza “State lontani!” gli urlò di rimando Revy “Revy che cosa ti succede?” gli domandò Rock preoccupato Revy si accasciò a terra appoggiandosi con la schiena al palo su cui era finito Yamada, Rock afferrò Revy a una mano per tirarla su e lo sentì: la mano della sua amica aveva un’impercettibile tremore, tutte due constatò Rock toccando anche l’altra. Revy lo allontanò con uno spintone, “Revy, da quando hai…?” “Cominciato a tremare? Direi da ieri” “Ecco perché non vuoi mangiare con noi!” Certo, Rock, avrebbe notato che la sua amica aveva dei tremori alle mani mentre prendeva il bicchiere per bere o le bacchette per mangiare. “Prima mentre picchiavo quei due stronzi mi sentivo meglio ma poi mi è successo questo, Cazzo, non mi era mai capitato; cosa diavolo ho?” “Una cosa molto semplice” disse Yasuke uscendo dalla casa, “L’ho visto accadere a molti che sono tornati dopo una battaglia” “Che cos’ho monaco del cazzo?” Rock non poteva crederci ma in base a quello che aveva appena detto Yasuke e mettendo insieme gli indizi, il combattimento di Revy con Ginji, il tremore alle mani e quello che era successo poco fa non c’erano dubbi e disse con voce grave: “Revy… tu, hai avuto un’ attacco di panico!”

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Capitolo 7
*** minacce all'orizzonte ***


“Giuro che quello vermiciattolo di Okajima me la pagherà!” continuava a ripetersi Yamada mentre si teneva il naso fratturato con una mano. Dopo che lui e Yumi( la ragazza che era con lui) era scappati dal tempio, erano successe alcune cose, lei l’aveva lasciato davanti alla porta del suo appartamento e disse che l’avrebbe costretto a pagare ti tasca sua il medico che gli avrebbe dovuto rimettere a posto le dita che quella pazza gli aveva rotto, poi aveva ricevuto la telefonata del suo capo che gli ordinava di presentarsi domani al lavoro per una riunione urgente con alcuni clienti esteri. Non sapeva proprio che fare, non poteva dirgli di no ma neanche poteva presentarsi in quello stato con il naso rotto e un dente in meno, con quei pensieri in testa Yamada, uscì dal suo appartamento ed entrò nel bar che frequentava di solito cercando di non fare caso agli sguardi degli avventori, il barista, suo conoscente vedendolo in quello stato, gli chiese con un sorrisetto se era stato investito da un tir . Tutta colpa di Okajima, continuava a ripetersi Yamada ma c’era anche un’altra domanda che gli frullava nella testa: chi era quella tizia insieme a lui e che cosa era successo a quel cretino; il Rokuro Okajima che conosceva era uno sfigato a cui bastava dire una cattiveria e subito piegava la testa in segno di scusa oppure bofonchiava qualche parola e scompariva nel suo ufficio, ma quel tipo che oggi gli aveva pestato la mano con il piede era una persona diversa dal timido colletto bianco che conosceva; mentre gli bloccava la mano lo aveva guardato con due occhi freddi e decisi, tutto l’opposto dell’idiota che conosceva e che aveva messo sotto diverse volte in passato. L’Okajima che conosceva non si sarebbe mai fatto accompagnare da quello schianto di donna che aveva ridotto lui e Yumi a mal partito, cavolo solamente se l’avesse pagata, pensò Yamada e forse neanche se l’avesse fatto avrebbe avuto una così. Ma chi era quella donna? Non sicuramente una prostituta, dal modo in cui aveva steso lui e sistemato Yumi sembrava più una guardia del corpo, ma di chi? di Okajima?! Ma no, era ridicolo. Che fosse stata la sua donna? Questo avrebbe spiegato la sua reazione quando Yumi aveva detto che solo una puttana sarebbe andata con uno come Okajima, ma non era possibile neanche questo, quando gli aveva fatto il discorsetto per dirgli di non parlare con nessuno di lei e del suo compagno l’aveva guardata bene in faccia e non era la faccia di una isterica che difendeva il suo uomo ma quella di una che era meglio evitare se ci tenevi a campare. Con questi pensieri in testa, Yamada cominciò a bere sempre di più e mentre lo faceva parlava con il barista raccontandogli che chi l’aveva sistemato in quel modo era stato un suo conoscente che adesso era a capo di una banda di Yakuza, mai avrebbe detto che era stato pestato in quel modo da una donna, sarebbe diventato una barzelletta vivente. “Quel tipo era uno vero sfigato un tempo e adesso è cambiato. Pensa che i suoi uomini lo chiamano addirittura Rock!” disse Yamada, ormai ubriaco fradicio ma ricordando come Revy aveva chiamato il suo ex collega. Quando Yamada uscì dal bar erano le nove di sera ed era talmente ubriaco che non fece molta resistenza quando due tizi apparsi dietro di lui lo caricarono a forza di spintoni su un furgone nero. Yamada si risvegliò nel modo peggiore: un’secchio d’acqua in faccia e poi la consapevolezza di essere legato mani e piedi ad una sedia in una stanza completamente buia. In quella oscurità sentì delle voci: “Siete certi che sappia qualcosa?” “Sì, ha nominato un certo Rock e stando a quel che ci ha detto il tuo amico, capo, quello lavora insieme alla tizia che vuole morta giusto?” Yamada aveva paura, quelli cercavano Rokuro e quell’altra e l’avevano preso perché aveva parlato in quel bar di loro e adesso volevano sapere dove si trovavano, stava per parlare quando sentì un cigolio e una luce nel buio assoluto della stanza, era entrato qualcuno, sentì il suono dei passi del nuovo arrivato, sentiva che si stava avvicinando sempre di più a lui. “Allora, che cosa sai?” disse il nuovo arrivato al prigioniero. Yamada disse: “Dove sono? Chi siete?” come risposta venne colpito due volte in faccia da qualcosa di rigido, forse un manganello oppure, e questa ipotesi lo fece rabbrividire, il calcio di una pistola . “Qui le domande le faccio io, ti ho chiesto che cosa sai” “M-ma su che cosa?” “su una tizia di nome Revy” “C-chi?” a quella nuova domanda Yamada venne colpito di nuovo in faccia e questa volta il colpo fu tale che la sedia si sbilanciò e cadde a terra trascinandolo con lei. La sedia, con Yamada legato ad essa, venne subito rimessa in piedi da qualcuno mentre il misterioso interlocutore parlò di nuovo al prigioniero: “ Forse è meglio che te la descriva. E’ una sino americana, tra i venti e i trenta, capelli castano scuri raccolti in una coda di cavallo, parla come uno scaricatore di porto ed è costantemente incazzata. Sembra che sia accompagnata da un giapponese suo coetaneo con i capelli neri e la faccia da mezzo addormentato” Erano loro, Okajima e la pazza che l’aveva conciato in quel modo, voleva dirlo che li aveva visti e sapeva dove trovarli ma la paura di quello che poteva fargli la donna col nome di Revy lo assalì quindi Yamada disse che non sapeva chi fosse al che ricevette un altro colpo, ma questa volta si trattò di un pugno che lo colpì alla bocca dello stomaco lasciandolo senza fiato. “Ascoltami bene, razza di coglione, sappiamo che Rokuro Okajima è soprannominato Rock da i suoi datori di lavoro e i miei soci ti hanno sentito in quel bar lamentarti di come lui ti avrebbe pestato con l’aiuto di una banda di uomini, ma siccome so che lui non dispone di nessuna banda e che questo tipo di lavoretti li fa la sua socia, quella pazza di two hands , ti richiedo dove sono” “Quella mi ammazza se parlo” “Ti uccido io se non lo fai” il suono del cane di una pistola che veniva alzato bastò per far crollare Yamada e convincerlo a dire tutto, di come avesse incontrato Okajima ( quello che loro chiamavano Rock), di come quella tizia che cercavano e che si chiamava Revy avesse pestato lei e Yumi, del posto dove stavano e anche di come le fosse sembrato, che la donna fosse ferita. “Ferita?” domandò l’uomo “S-sì, c-c-camminava zoppicando” “Ci sono altri in quel tempio?” “Lo abita un bonzo e sua figlia di otto anni. Non c’è nessun altro, lo giuro!” “E’ tutto?” “s-sì” “Bene ,levatemelo dai piedi” Yamada sorrise poi ci fu un lampo e l’ultima cosa che vide fu l’oggetto che il lampo aveva illuminato: una pistola argentata che aveva appena fatto fuoco a pochi centimetri dalla sua fronte. “Dove lo scarichiamo?” “Dovunque purché lo vedano più persone” “Ma chiameranno la polizia” “E’ ciò che voglio. Voglio che trovino il cadavere. La pallottola sarà collegata all’omicidio di Ginji e questo sicuramente farà incazzare two hands” “Sicuro?” “Conosco la tipa. Odia chi si prende le sue cose e per lei, le sue pistole sono una parte di sé .Verrà da noi” “Lo spero. Quella stronza ha ammazzato mio fratello. Voglio vederla annegare nel suo stesso sangue” “La vedrai e sarai anche pagato per vederla morire. Cambiando discorso ottimo lavoro” disse l’uomo riferendosi alla pistola. “L’armaiolo che l’ha riparata l’ha definita un gioiello, è stato più che felice di rimetterla a nuovo” “Questa sarà l’ultimo chiodo che chiuderà la bara per Revy” “Amen, morte sia!”

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Capitolo 8
*** sfida ***


“Così non va” mormorò Rock mentre sorseggiava un thè in veranda insieme a Yasuke. “Direi proprio di no”. Dopo che le avevano detto cosa aveva, Revy aveva preso Rock per il bavaro e gli aveva mormorato “Cosa hai detto?” “Revy, hai avuto un attacco di panico, capita in chi ha subito un trauma” “L’unico trauma che ho avuto è stato aiutare un’idiota del tuo stampo a integrarsi a Roanapur” “Il combattimento con Ginji san?” “Che centra?” “Lo sai benissimo che centra. Ti sei dimenticata come lo hai battuto?” “Il male alla gamba me lo ricorda sempre!” per riuscire a colpire Ginji alla testa ed evitare il suo colpo mortale, Revy aveva usato la sua gamba come scudo, facendosela trafiggere ma evitando così che la spada di Ginji la trapassasse da parte a parte. “Ho vinto e basta” “Hai barato per farlo e in più lui ha distrutto una delle tue pistole” “Non me lo ricordare!” “Purtroppo Ginji ti ha colpito più a fondo di quanto tu creda” disse Yasuke, che fino ad ora era rimasto in silenzio “Che vuoi dire monaco?” “Conoscevo Ginji “L’affetta uomini” so di che cosa era capace, puoi ringraziare il cielo se sei ancora qui; Ma comunque ti ha lasciato un segno difficile da togliere: ha distrutto la tua fiducia” “Ma davvero dottor Freud? E ha anche una cura o forse mi stai dicendo di farmi saltare il cervello?” “Questo lo devi decidere tu” detto questo Yasuke rientrò in casa e Revy cominciò a tirare pugni contro il palo a cui si era appoggiata prima, urlando al tempo stesso delle autentiche bestialità. Per tutto il giorno Rock aveva cercato di tenere Revy a bada, lei aveva subito rimesso mano alla cutlass superstite per potersi allenare, ma era una situazione che definire catastrofica era un eufemismo; Revy non riusciva a puntare la pistola senza avere quel tremore alle mani, aveva anche provato a sparare un paio di colpi, con grave disappunto di Rock e il risultato era stato pessimo. “io non so come aiutarla” disse Rock alzandosi di scatto dal pavimento della veranda “Deve continuare” “Continuare cosa?!” sbottò Rock “Siamo qui da ormai quattro giorni e l’unica cosa che abbiamo ottenuto è stato pestare quell’idiota di Yamada” Yasuke fece una breve risata e disse: “Sì, a proposito di questo vi devo ringraziare. Yamada veniva qui tutti i giorni e si comportava come il peggior animale al bordello, una volta l’ho dovuto cacciare perché aveva usato il tempio principale come “camera d’albergo” per lui e una delle sue amichette” A quelle parole, Rock si calmò “Le chiedo scusa non le dovevo parlare in quel modo. E’ solo che io… non ce la faccio più” “Cosa?” “Tutto questo. E’ solo colpa mia. Non sarei mai dovuto tornare qui. Quando Balalaika mi ha chiesto di farle da interprete avrei dovuto inventarmi una scusa, tagliarmi la lingua, qualunque cosa pur di non tornare qui, forse adesso Yukio sarebbe viva e Revy non sarebbe ridotta così” “Le ho già detto cosa penso di questo ragionamento Okajima san” “Ma adesso è tutto diverso!” urlò Rock “Revy ha moltissimi difetti ma ha un pregio che la rende unica: la sicurezza in sé stessa, la certezza di poter uscire illesa dal peggior scontro e adesso per colpa mia è ridotta…” sospirò e riprese “ Lei… Yasuke san, lei non sa come vanno le cose a Roanapur se non sei forte sei morto e adesso Revy ha… ha perso ciò che la rendeva forte” “Si sbaglia Okajima san, lei crede che la forza della sua amica sia in quella pistola e forse ci crede anche lei ma vi sbagliate entrambi e finché continuerete così non ci sarà miglioramento, mi ha capito Rebecca san?” La porta scorrevole si aprì alle spalle di Rock che voltandosi di scatto si trovò davanti a Revy, era completamente sudata, sicuramente si era allenata per tutto il tempo, ma era il suo sguardo la cosa peggiore: freddo ma al tempo stesso carico come di una rabbia pronta a esplodere. “Come mi hai sentita monaco?” “Trascini la gamba in modo tale che persino un sordo ti potrebbe sentire “ “Tsè. Allora sono proprio alla frutta se anche un monaco del cazzo riesce a sentirmi” “Se lo pensi, sarà vero” “risparmiati queste stronzate alla Yoda chiaro?” “Come vuoi. Non sono io quello che ha i tremori alla mano” quelle parole, aggiunte alla calma serafica del monaco, furono la classica goccia che fa traboccare il vaso, Revy scattò di lato, evitando Rock, afferrò il monaco per la veste che indossava e lo sollevò da terra ma anche mentre lo fissava dritto negli occhi vide in lui soltanto calma, una calma che fece solo innervosire la mercenaria sentendosi sempre più presa in giro “Che cazzo vuol dire che la mia forza non è in quelle pistole?” “Quelle pistole per lei non sono solo un’arma sono come un prolungamento di sé e lei lo sa bene ma mi dica, chi è che tira il grilletto?” Revy non disse niente sapeva bene la risposta. “ Rispondi a questa domanda perché in questo momento le tue mani non tremano?” Revy non se ne era accorta ma quando si era mossa e aveva afferrato Yasuke le sue mani avevano smesso di tremare in quel momento c’era solo sicurezza in lei, riusciva a sentirlo in ogni fibra del suo corpo. “Vedi? Concentrati sul tuo obbiettivo e lascia perdere tutto il resto” “Che vuoi dire?” “Voglio dire che devi solo pensare a quello che provi in questo preciso momento e a nient’altro” “Non ti piacerebbe sapere quello che provo in questo momento” Dei passi veloci, e una porta scorrevole che si apriva di scatto misero fine alla discussione. Haruka , con il fiatone disse: “Sorellona, signor Okajima venite a vedere, presto!” “Haruka che cosa c’è?” domandò suo padre, ma la bambina per tutta risposta afferrò la mano destra di Revy e quella sinistra di Rock e li trascinò in casa. “Haruka ferma!” diceva Rock mentre Revy più sgarbata le urlava: “E lasciami marmocchietta! Finirai per farmi cadere!” ma la bambina imperterrita, li portò in un piccolo salotto con una televisione accesa e indicò lo schermo. La presentatrice stava riportando la notizia del ritrovamento di un cadavere in zona di Roppongi, uno dei quartieri più frequentati di Tokyo. “L’uomo è stato gettato da una macchina in corsa in mezzo alla strada, stando ai testimoni. Ma non è stata questa la causa della morte ma un’colpo di arma da fuoco sparato a bruciapelo in mezzo alla fronte del malcapitato. La vittima è stata identificata come Yamada Kunihiko dipendente delle industrie Asahi” A quel nome la faccia di Rock divenne una vera maschera di paura: Yamada era morto subito dopo che aveva incontrato loro due, non poteva essere una coincidenza. Rock guardò la sua amica e vedendo il suo volto capì che anche lei aveva pensato la stessa cosa di lui ma poi il volto di Revy cambiò, divenne un misto di rabbia e paura mentre ascoltava il la notizia: “La polizia ha rilasciato ulteriori informazioni. Sembra che il calibro della pistola usato per uccidere Yamada Kunihiko sia un calibro 45 e addosso alla vittima è stata trovato un foglio con su scritto queste parole: TWO HANDS VIENILA A PRENDERE. Gli inquirenti stanno cercando di…” Revy lanciò contro la televisione uno sgabello lì vicino a lei facendo lanciare un urlo di paura ad Haruka mentre Rock la guardò come se si fosse risvegliato da un lungo sonno. Yasuke entrò nella stanza visibilmente preoccupato per l’urlo che aveva lanciato sua figlia e quando vide la televisione che era ridotta in un rottame capì cosa era successo. “Monaco, dammi una mano” gli disse Revy con un tono di voce atono che Rock aveva sentito solamente una volta: la notte prima che lei salisse su quella nave di neo nazisti e li sterminasse fino all’ultimo. “A fare che cosa?” “A rimettermi in sesto. Qualche stronzo mi ha appena sfidato” “Ne sei certa Revy?” gli domandò Rock “Rock, quel tizio che ho pestato è stato ucciso con una pistola dello stesso calibro delle mie e quel messaggio è rivolto a me, se pensi che chi ha fatto tutto questo voleva solo farmi un dispetto ti devi essere rincoglionito a furia di stare qui. Qualcuno ha preso la mia pistola che era andata distrutta dal combattimento con Jumbo, l’ha rimessa a nuovo e la usata per uccidere quell’idiota del tuo amico” “Che cosa vuoi fare?” Sul viso di Revy comparve improvvisamente quel ghigno mefistofelico che Rock gli aveva visto fin da quando l’aveva conosciuta: il sorriso che ha quando affronta un nemico o una sparatoria e tutto questo la rende felice. “Mi ha sfidato sarebbe scortese rifiutare” “ma Revy le tue mani…” Rock gli toccò le mani e sentì che il tremore che aveva sentito quel giorno non c’era più . “Cosa hanno le mie mani Rock?” Si voltò e disse a Yasuke: “Nel dojo ora” “Come vuoi” disse il monaco con la sua solita calma Haruka disse: “Vengo con te sorellona” “Marmocchietta. Smettila di chiamarmi sorellona” a quelle parole, Haruka abbassò gli occhi sconfortata e quando la porta si richiuse dietro a Revy e a Yasuke ,Rock si inginocchiò per guardare negli occhi la bambina e gli disse: “Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo, purtroppo questo è uno degli aspetti peggiori di Revy” Haruka affondò la testa nel petto di Rock e si mise a piangere; Rock non sapeva che cosa dire sicuramente la bambina si era spaventata per la reazione violenta della sua compagna e adesso chissà cosa pensava di lei; stava per parlare quando Haruka lo guardò e gli disse: “Deve aiutarla signor Okajima. Se la lascia andare così morirà e io non voglio!” Rock era stupefatto, quella bambina piangeva perché aveva paura che Revy potesse morire non per come l’aveva trattata, il giapponese mise una mano sulla spalla della bambina e gli disse: “Vado a farla ragionare”

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Capitolo 9
*** confronto ***


Aveva detto ad Haruka che avrebbe fatto ragionare la sua socia, ma Rock conosceva bene Revy e sapeva che farla ragionare era come chiedere ai pesci di uscire dal fiume e camminare sulla riva e mentre si avvicinava al dojo e sentiva i colpi di pistola e le urla di lei, sentiva anche la sua sicurezza smontare sempre di più; quando toccò la porta scorrevole questa si aprì e apparve dietro di essa Yasuke con il suo sorriso serafico. “A-allora?” chiese Rock con riluttanza “Le mani hanno smesso di tremare, questo è certo ma è la gamba il vero problema. La sua amica quando sparava era abituata a poggiare il peso su entrambe le gambe non su una soltanto e questo le impedisce di prendere la mira con la sua solita precisione, per non parlare del fatto che non può ancora correre” “Secondo lei può combattere ancora?” Yasuke disse, questa volta con un’espressione seria: “Non lo so. Adesso tocca a lei” il monaco passò accanto a Rock e mentre lo faceva, il giovane si chiedeva se si riferiva a Revy o a lui con la frase che aveva appena pronunciato. Revy era distesa a pancia in su sul parquet di legno, le gambe e le braccia completamente distese e la sua cutlass era accanto alla sua mano destra, il muro dietro di lei era sforacchiato dai proiettili sparati da lei mentre suoi capelli, che prima erano raccolti nella sua solita coda di cavallo, ora erano sciolti e bagnati di sudore. “Che cosa vuoi Rock?” “Farti ragionare” Revy a quelle parole si mise seduta e disse: “Mpf, fammi indovinare. Non ti piace come ho trattato quella marmocchietta poco fa?” “A parte che Haruka –chan è stata gentile e disponibile con noi, ma soprattutto con te, da quando siamo arrivati qui e che dovresti trattarla meglio, non è per questo che sono qui” “E allora per che cosa?” “Per te. Non puoi farcela da sola” “Davvero?” “Revy, non sai chi sia chi ha sparato a Yamada e anche se le tue mani non tremano più la tua gamba è comunque fuori gioco” “Posso camminare” “Ma non puoi correre, non puoi fare le tue solite acrobazie, finirai male” “Come quella scolaretta mafiosa?” Rock si irrigidì, e Revy continuò, l’espressione che aveva il suo compagno valeva più di mille parole “Se mi hai preso per una versione di quella ragazzina, ti conviene andartene perché non ho bisogno del tuo aiuto” “ Davvero? Allora alzati” Rock si allontanò di qualche metro appoggiandosi al muro e disse: “Vieni qui e dammi un pugno” Revy si mise in piedi e Rock gli disse: “Vieni qui correndo e colpiscimi” Revy esitò, poi fece uno scatto in avanti ma dopo due passi si ritrovò in ginocchio “Non puoi farcela da sola” gli disse Rock avvicinandosi a lei e tendendogli la mano, la risposta di Revy fu un uppercut che colpì Rock sotto il mento e lo fece cadere a terra “Mi rimane il fattore sorpresa!” urlò la mercenaria gettandosi su Rock e cominciando a tempestarlo di pugni al volto. Ognuno di quei colpi era preciso, dato nei punti giusti, sulla mascella, sugli zigomi, sulla bocca, a un certo punto Rock non riusciva neanche più a vedere il volto di Revy dato che i suoi occhi erano ricoperti dal sangue che gli colava da una ferita sulla fronte provocatagli dai colpi della mercenaria. Rock si rimise in piedi a fatica, ripulendosi il sangue dagli occhi e riavvicinandosi alla sua amica che era ancora seduta sul pavimento “Se mi tendi ancora la mano, questa volta avrai bisogno della mascherina, e forse non sarebbe male così nessuno ti vedrà in faccia e potremo andarcene da questo posto assurdo” “Assurdo?” “Lo hai detto tu Rock, questo posto, questa città è solo un miraggio per i vivi, io non posso stare qui” “Quindi te ne vuoi andare?” “Non prima di aver ripreso la mia pistola dall’infame che me l’ha rubata” “E come conti di fare? Non riesci neanche a correre!” “Troverò un modo! Me la sono sempre cavata anche prima di conoscerti” “E come te la caverai? Come hai fatto quando eri alla chiesa della violenza e hai fatto quello stallo alla messicana con Eda? Oppure quando stavi per riemergere da quel sottomarino e farti crivellare di colpi da quei nazisti?” “Era diverso” “No, non lo era! l’unica differenza è che ti ho impedito di fare delle sciocchezze che ti avrebbero ucciso” “Se è per quello anch’io te l’ho impedito” “Ah sì, e quando?” “Quando ti sei fatto catturare da quei terroristi per quella consegna per Chang, quando sei voluto andare a salvare quella scolaretta mafiosa e dulcis in fundo quando hai voluto attacar briga con la sorellona” disse Revy in tono divertito “Oh, e ricordati ovviamente quando hai voluto impedire a quella mocciosa di uccidere Balalaika e per tale motivo adesso la mia gamba è a fettine, ho avuto il Parkinson per quattro giorni e tu e quel monaco del cavolo adesso mi fate la paternale!” Rock si sedette di fronte alla sua amica e gli offrì una sigaretta, dopo che lei la prese anche lui ne estrasse una dal pacchetto e se la accesero. Dopo un lungo silenzio in cui l’unico rumore fu solamente lo sfrigolio della sigarette che bruciavano Rock disse in tono malinconico “Sembra di essere tornati al giorno in cui abbiamo discusso dopo essere usciti dalla chiesa della violenza” “Sì, ma allora il tuo aspetto era migliore” disse Revy, Rock la guardò stupito poi lentamente cominciò a ridere e lo stesso fece la sua compagna, alla fine stavano ridendo in modo sguaiato lì per terra, ridevano così tanto che avevano entrambi le lacrime agli occhi. Yasuke entrò qualche minuto dopo e vedendo i suoi due ospiti a terra un con il volto pesto e l’altra sudata ma entrambi con un’aria più rilassata disse: “Tutto risolto?” “Forse sì” rispose Rock “E adesso?” chiese il bonzo “Adesso aspettiamo la prossima mossa” mormorò Revy; in quel momento, come a confermare le parole della ragazza si sentirono dei colpi di pistola, ma non erano colpi di pistola qualunque per Revy e Rock, entrambi avevano sentito quel rumore decine e decine di volte, non c’erano dubbi il rumore era quella di una beretta m92 la pistola mancante di Revy. “Ecco la mossa successiva” la mercenaria si alzò e disse al suo compagno: “Rock, tu porta il monaco e la marmocchietta lontano, non uscite per nessuna ragione a meno che non vogliate una presa d’aria extra” “E tu che vuoi fare?” “Chiudere la questione” “Sei sicura di farcela?” “Penso di sì”

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Capitolo 10
*** il nemico rivelato ***


Revy si diresse all’ingresso della casa e aprì la porta scorrevole. Appena la porta si aprì, un proiettile la sfiorò provocandole un taglio sulla guancia sinistra “Allora Two hands vuoi uscire da quel buco o vuoi farti pregare?” La pistolera della lagoon company uscì e si trovò davanti a tre uomini, due di loro erano vestiti in maglietta e jeans e dal modo in cui tenevano le pistole era chiaro che erano due teppisti di poco conto, “niente di cui preoccuparsi” si disse Revy ma l’uomo a cui apparteneva la voce, quello la lasciò sorpresa anche se soltanto per pochi istanti, i capelli biondi pieni di gel, il completo firmato e quel sorriso da schiaffi non poteva essere lui: quello yakuza che aveva rapito quella ragazzina del clan Washimine. Revy disse con un ghigno: “Ma guarda un pò , abbiamo un immortale tra noi! Jumbo doveva tagliarti la testa invece che le mani visto che ti sono ricresciute!” L’uomo a quelle parole urlò: “Taci, stronza! Quello era mio fratello, per colpa tua sono dovuto andare a identificarlo all’obitorio” “ Colpa mia?! Guarda che è stato quel bestione con la spada ad ucciderlo” “Ma tu eri con lui e non provare a negarlo! Il tizio che era all’ingresso mi ha fatto una descrizione perfetta della donna che gli ha puntato una pistola in faccia” “Cazzo, avrei dovuto ucciderlo invece che lasciarlo andare. Me lo ricorderò per la prossima volta” “Non ci sarà una prossima volta!” “Sai ogni volta che parli mi ricordi quell’idiota di tuo fratello” A quelle parole l’uomo fece per mettere la mano sotto la giacca per prendere la pistola ma prima che potesse farlo i due uomini che erano con lui caddero a terra morti e lui si ritrovò con in ginocchio con una pallottola nella gamba, prima che potesse fare qualcosa, Revy lo aveva buttato a terra con una ginocchiata in pieno volto e gli puntava la pistola in mezzo alla fronte. “Stupido come il fratello, pensavi davvero che quei due coglioni e tu potevate uccidermi?” Lo yakuza cominciò a ridere “Che cosa c’è di divertente?” “Niente, almeno per te” Il rumore di una pistola che sparava e del proiettile che la colpiva nella gamba ferita facendola cadere riversa accanto allo yakuza fu quello che fece capire a Revy quanto fosse stata ingenua. Era una trappola; quel tizio doveva attirarla allo scoperto mentre qualcun altro nascosto lì intorno la doveva prendere di sorpresa, se fosse stata in perfetta forma se ne sarebbe accorta subito, invece si era fatta giocare come una novellina alle prime armi. Lo yakuza prese la pistola di Revy e disse: “Ottimo lavoro amico, certo che però potevi farlo un po’ prima” “vero ma volevo godermi il momento” rispose un tipo che usciva da sotto la pedana che correva intorno alla casa “Il momento in cui questa stronza fosse stata in mio potere” Revy lo riconobbe immediatamente appena lo vide, a parte l’occhio destro lattiginoso non era cambiato per niente “Come va Luak? E’ da un po’ che non ci si vede” “Già da quando mi hai fatto saltare per aria con le mie navi e i miei uomini, ma il diavolo mi ha risparmiato e adesso sono qui” “Il diavolo non centra, semplicemente quando sparo ai cani rabbiosi sono sempre distratta e non miro bene anche se ho un lanciagranate” Il calcio in faccia dello yakuza la zittì. Luak rinfoderò la pistola e mise sulla mano destra un tirapugni, afferrò Revy per i capelli e la tirò su. “Guarda Kenji, la grande Revy Two Hands, ridotta a una povera zoppa che non riesce neanche a reggersi in piedi. Patetica!” Revy, mormorò “S-sei morto Luak te lo giuro” per tutta risposta, il criminale la colpì con il tirapugni alla altezza della bocca dello stomaco, lasciandole contemporaneamente i capelli e facendola così, cadere a terra in ginocchio. Revy non poteva mentire a se stessa, Luak gli aveva fatto male; non cerano sicuramente danni agli organi interni, ma almeno un paio di costole erano incrinate se non rotte o si inventava qualcosa o era morta. “Lasciatela!” una voce che la mercenaria riconobbe immediatamente , la fece sobbalzare, Haruka era a pochi passi da Luak e da Kanji e aveva in mano una pietra che scagliò contro l’ex pirata, il quale la evitò facilmente ma quell’attimo di distrazione bastò per Revy. La mercenaria si gettò di lato e afferrò la pistola caduta a uno dei due criminali che aveva ucciso prima e che adesso era lì accanto a lei. La pistola era una Tokarev un’arma a cui Revy non piaceva ma non era il caso di fare troppo gli schizzinosi in quel momento; alzò l’arma e tirò il grilletto facendo saltare la testa a Kanji. Luak vedendo la mala parata corse verso Haruka l’afferrò e le puntò la pistola alla tempia. La pistola era la cutlass di Revy, allora era lui che ha sparato prima pensò la mercenaria. “Haruka!” urlò Yasuke uscito in quel momento dalla casa, dietro di lui c’era anche Rock. Il criminale disse: “E questa mocciosa chi è Revy? Una tua nuova amichetta?! Se non vuoi che le faccia saltare la testa metti giù quella pistola” “Pensi di spaventarmi Luak? Se l’ammazzi sei morto” Haruka non piangeva, tratteneva con forza le lacrime e cercava di rimanere ferma il più possibile ma nonostante la sua forza d’animo era comunque una bambina e non riusciva a trattenere frasi come “Mi lasci andare” Luak continuò a indietreggiare fino alle scale e lì cominciò a scendere “Se vuoi questa mocciosa ancora intera Two hands vieni domani al numero 65 di Shibusawa” “Cosa vuoi che mi importi di quella marmocchietta di merda?” “Niente, ma però se ti interessasse riavere questa” disse mostrando la cutlass “Ti conviene fare come ti ho detto” Luak continuò a scendere i gradini fino ad arrivare in strada, lì salì su una macchina e questa, appena l’uomo chiuse la portiera partì. Rock, Yasuke e Revy osservarono la macchina allontanarsi, Yasuke era la paura personificata, Rock più padrone di sé strinse i pugni e si allontanò Revy invece estrasse un pacchetto di sigarette dalla giacca che indossava e dopo essersela accesa si sedette sui gradini e osservò il suo compagno. Yasuke domandò: “Che devo fare?” “Non è a me che devi chiederlo monaco ma è a lui” disse Revy “ Sta sicuramente progettando qualcosa per riportarti quella marmocchietta tutta intera”

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Capitolo 11
*** alleati,scommesse e rivelazioni ***


Rock avrebbe dato tutto quello che aveva per non essere lì e che tutto fosse solo un brutto sogno. Tre cadaveri, Haruka rapita e presto la polizia sarebbe arrivata richiamata da qualcuno che aveva sicuramente sentito la sparatoria; qui non era come a Roanapur, dove se cominciava una sparatoria la gente si spostava di qualche isolato e faceva finta di non sentire niente , presto sarebbero arrivati gli agenti per sapere e Yasuke avrebbe dovuto raccontare del rapimento di sua figlia e di come questo fosse collegato a Revy e a lui. Da un certo punto di vista era la soluzione migliore, Yasuke diceva la verità alla polizia e lui avrebbe riavuto sua figlia, ci avrebbero pensato loro a catturare Luak e a salvare Haruka ma c’era anche una grossa incognita, Rock aveva conosciuto Luak di sfuggita mentre era a bordo della Lagoon, la nave su cui lavorava insieme a Revy, Dutch e Benny, in quell’occasione quel criminale aveva cercato di ucciderli in un’ imboscata ordita da un boss locale di nome Chin per cui Dutch aveva rifiutato di lavorare; in quell’occasione Luak aveva portato con sé i suoi uomini per eliminare la Lagoon company e ci sarebbe riuscito se non fosse stato per l’abilità di Revy negli scontri a fuoco e per la sua agilità, sei motoscafi carichi di uomini spazzati via in un’ attimo da una sola donna armata di mitraglietta e lanciagranate, quel giorno Rock rimase a bocca aperta nel vedere il talento della sua socia nel seminare morte e distruzione ma aveva imparato anche qualcosa su Luak : era uno che non si muoveva da solo, sicuramente all’indirizzo che aveva dato ci sarebbe stato lui con chissà quanti uomini e la polizia entrando avrebbe sparato per difendersi dall’imboscata di quei criminali, Haruka sarebbe stata in mezzo a quel fuoco incrociato oppure Luak per proteggersi la fuga l’avrebbe usata come ostaggio, in entrambi i casi sarebbe finita male per la bambina. No, dovevano occuparsene lui e Revy anche perché era colpa loro se due persone innocenti era finite in mezzo a tutto questo, l’immagine di Yukio che si trapassava la gola con la spada di Ginji fu come un lampo nella mente di Rock, sentiva una voce che gli diceva: “Trascinerai tutti nel baratro ancora una volta” No, l’avrebbe salvata, basta con i morti; Bando, Ginji, Yukio erano morti perché lui non aveva fatto abbastanza ma adesso no, doveva, poteva fare qualcosa, ma il problema era capire come fare, Revy era messa male, se non fosse stato per Haruka, Luak l’avrebbe uccisa e adesso lei avrebbe dovuto affrontare chissà quanti uomini con una gamba azzoppata e forse anche con un paio di costole incrinate?! Era una follia. “No, non possiamo affrontare Luak di petto, devo pensare a qualcosa” mormorò Rock; servivano alleati, se solo ci fossero stati Dutch e Benny sarebbero stati un valido aiuto ma loro erano a Roanapur e prima che arrivassero ci sarebbe voluto del tempo e loro avevano solo un giorno, chiedere aiuto a quelli dell’Hotel Moscow non se ne parlava, anche se per puro miracolo li avesse convinti ad aiutarli avrebbero trasformato quel posto in zona di guerra e Haruka sarebbe stata comunque in pericolo e comunque l’aiuto di Balalaika o chiunque operasse per lei e per la sua organizzazione qui in Giappone adesso era una cosa che Rock non voleva, giurò che d’ora in poi che da quella donna non avrebbe accettato nemmeno un bicchiere d’acqua, gli sarebbe andata di traverso oppure gliela avrebbe data avvelenata. “Rock, sarà meglio andarcene” disse Revy al suo socio rialzandosi da terra, le sirene che si avvicinavano era la risposta alla domanda che stava per fare Rock “Nascondetevi” disse il monaco, prima che Rock potesse dire qualcosa, Revy lo stava portando verso il tempio, seppur a fatica a causa della ferita alla gamba. Furono momenti di tensione; quando arrivò la polizia Yasuke faticò non poco a convincere gli agenti che i colpevoli di quella sparatoria erano stati uccisi da uno sconosciuto e che lui non aveva visto niente perché quando era cominciato il conflitto a fuoco lui si era nascosto immediatamente, il che non era molto lontano dalla verità. Tuttavia gli agenti gli credettero e se ne andarono portando via, grazie al furgone del coroner, i due cadaveri. Revy e Rock uscirono dal ripostiglio dove si erano nascosti appena Yasuke gli disse che i poliziotti se ne erano andati. Il monaco si affrettò a controllare la ferita della ragazza e vedendo che il proiettile era entrato e uscito dalla gamba senza colpire l’osso o qualche arteria poté tirare un grosso sospiro di sollievo. “Devo solo richiudere la ferita e cambiarti la fasciatura. Ti è andata bene” “Il fatto che ha un’ occhio solo mi ha salvato, anche se…” Revy fece una smorfia di dolore “Mi ha conciato per le feste con quel dannato tirapugni” Yasuke la toccò all’altezza delle costole e un’esclamazione di dolore e un’imprecazione di Revy furono la conferma di ciò che pensava “Hai un paio di costole incrinate, dovrò farti una fasciatura anche lì” “Di questo passo sembrerò una mummia. Rock che vuoi fare per la marmocchietta?” “Ecco…i-io…” Rock non sapeva proprio cosa fare, Revy era ferita, Haruka era stata rapita e non riusciva a trovare un modo per poterla salvare, sembrava davvero che Luak avesse il coltello dalla parte del manico. Decine di immagini si accavallavano nella mente del giovane, la morte di Yukio, di Bando e poi quella di Luak che trascinava via Haruka dicendo “Vieni al numero 65 di Shibusawa” quella via e anche un’ altra cosa che aveva visto prima furono come una rivelazione per Rock, scattò in piedi come una molla e disse al monaco “Yasuke san, c’è un telefono?” “Sì nella stanza qui accanto ma perché?” “Perché forse ho un piano, ma sarà come fare una scommessa quindi non so se avrò successo” Né Revy né Yasuke dissero alcunché mentre il giapponese della Lagoon company correva nella stanza indicata da Yasuke. Rock prese il telefono fisso sul comodino accanto alla porta scorrevole dove era entrato e compose un numero, quando finì attese con impazienza che la persona che aveva chiamato rispondesse. “Andiamo, so che ci sei. Rispondi!” mormorò Rock, ci fu un rumore e poi una voce ben nota a Rock: “Pronto?” “Sono io” “Rock?! Accidenti, sarà dalla faccenda dei documenti che non ti sento. Ho saputo che hai fatto da interprete a faccia scuoiata in Giappone, come è stato?” “Voglio sapere cosa c’è al numero 65 di Shibusawa” ci fu un lungo silenzio e per un’ attimo Rock temette di aver scoperto troppo presto le sue carte “Rock, certe domande è meglio non farle” “E’ importante e mi creda se le dico che le risolverò un grosso casino” “Davvero?” “Sì, Luak si è nascosto laggiù e non credo che lei voglia che la polizia lo prenda vero, mister Chang?” Dall’altro capo del telefono a migliaia di chilometri di distanza, nella città di Roanapur, Mister Chang, leader della triade stava ascoltando con una espressione perplessa le parole del giapponese. Chang non era come ci sarebbe potuto immaginare un boss mafioso della triade, niente lunghe unghie, niente barba alla Fu manchu e nemmeno una lunga veste dorata in stile orientale, fra i trenta e i quaranta, con capelli neri ben curati, con indosso sempre un completo grigio elegante e un paio di occhiali da sole che indossava sempre sia di giorno che di notte il boss della triade sembrava più un divo di Hollywood che un criminale che trafficava in armi e droga. Ma se si guardava oltre al suo aspetto fisico ci si sarebbe accorti che Chang era un uomo molto intelligente, uno stratega nato, incapace di perdere la calma in qualunque situazione e anche dotato di un’abilità con le pistole quasi superiore a quella di Revy. “Minacciare qualcuno non è mai una buon modo per ottenere aiuto Rock” “Non è una minaccia, Chang è una scommessa” “Una scommessa?” “Sì, una scommessa che faremo noi due. Scommettiamo che riuscirò a salvare a una ragazzina e che lei mi darà una mano a farlo?” “non ne vedo la ragione” “La ragione è questa: io salvo la ragazzina, e lei evita di avere la polizia che indaga sui suoi affari in quella zona del Giappone” “Cosa ti fa pensare che quel che c’è al numero 65 di Shibusawa sia di mia competenza?” “Per le armi” “le armi?” “Le armi che ho visto addosso ai tizi che hanno provato ad uccidere Revy, non ne so molto di armi da fuoco ma Dutch mi ha insegnato a riconoscere le armi di fabbricazione cinese e quelle lo erano, e poi mi sono ricordato di aver sentito una volta uno dei suoi uomini parlare di certi depositi di determinata merce che si trovano qui in Giappone e così ho fatto un tentativo e direi che non ho sbagliato” Chang si alzò dal divano su cui era seduto e guardò dalla finestra del suo attico, la città di Roanapur si estendeva sotto di lui e ogni volta che la guardava si ricordava perché gli piacesse quella vista: da lì lui si sentiva come se avesse il controllo di ogni cosa e le parole di Rock sembravano confermare questa sua convinzione ma allo stesso tempo smentirla. Revy e Yasuke rimasero nel corridoio aspettando con impazienza il ritorno del giovane e nell’attesa il monaco andò a prendere il necessario per suturare la ferita alla gamba della mercenaria e per farle una fasciatura nuova sia alla gamba che alla vita; per quest’ultima medicazione Revy si tolse giacca e maglione dolce vita senza vergogna seppur con difficoltà causato dal male che gli provocava il colpo ricevuto da Luak. “Se vuoi possiamo andare in un posto dove c’è più privacy” disse Yasuke senza nessuna malizia nella voce “Un posto vale l’altro monaco. Mettimi quella fasciatura e falla finita” Il monaco obbedì e Revy poté rivestirsi “Tu sei stata in carcere non è vero?” “Lo hai capito dal fatto che mi sono spogliata senza tante cerimonie?” “Quello e anche da quel tuo tatuaggio” rispose Yasuke riferendosi al tatuaggio tribale che copriva la spalla e il braccio di Revy fino al gomito “E’ fatto con inchiostro che puoi trovare solo in un carcere” “Come lo sai?” “Ne ho qualcuno anch’io” a quelle parole Revy fece un sorriso e disse: “Ora è chiaro come conoscevi Jumbo, anche tu eri uno di loro. Uno yakuza, ecco perché il tuo odore è così strano. Anche tu odori come me di sangue e polvere da sparo” Yasuke fece un sorriso triste “Hai ragione, quando ero un ragazzino entrai nel clan Washimine ma ne uscì dopo che anche Ginji san lo lasciò, ho fatto tante cose sbagliate allora che mi sono costate molto ma adesso voglio solo fare una cosa salvare mia figlia, lei è tutto ciò che mi rimane” “Evita questi discorsi con me, per me sono solo stronzate. Ma se vuoi salvare la marmocchietta stai certo che Rock troverà un modo” “Hai fiducia in lui” “Lo conosco da un anno e ti posso assicurare che nonostante le sue battute siano pessime è uno che vuole vincere e ci riesce” “Ne sei certa? Perché e questo mi preoccupa. Chi vuole vincere ad ogni costo non gli importa chi ci va di mezzo” prima che Revy potesse rispondere Rock li raggiunse. Nel suo sguardo c’era qualcosa di strano una luce che Revy aveva visto solo in un’ occasione quando il giapponese aveva ideato il piano per eliminare quell’elicottero da guerra che li aveva bloccati in quella baia, il giorno che cambiò la vita sia del giapponese che da Rokuro Okajima ora si faceva chiamare Rock e quella della Lagoon company che acquisirono un valido collaboratore. “Ci sono riuscito. Ora so tutto quello che mi serve sapere per salvare Haruka. Chang ci darà una mano” “Come?” chiese Revy “Lo scoprirai” Revy si rimise in piedi e in quel momento il compagno le disse : “Ehh, Revy prima potresti fare una cosa per tutti noi?” “Cosa?” “Fatti un bagno!” “Cosa?!” Revy fissò Rock con uno sguardo all’inizio stupito e poi decisamente arrabbiato ma effettivamente Rock aveva ragione: erano ormai cinque giorni che non si lavava e il puzzo di sangue e sudore era troppo persino per lei. “Da questa parte” gli disse il monaco conducendola verso il bagno. Rimasto solo Rock si sorprese a sorridere non tanto per il comportamento della sua compagna ma il fatto che sentiva come una scossa provenire da dentro di lui e tutto questo gli piaceva.

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Capitolo 12
*** ricordi ***


Revy era sorpresa, per la prima volta da anni era piacevolmente sorpresa. Quando Yasuke l’aveva accompagnata al bagno per lavarsi, lei pensava di fare una doccia o al massimo di farsi un bagno in una vasca, non immaginava di trovarsi davanti a un bagno tradizionale giapponese, e invece adesso era a mollo in una vasca fatta di legno la cui acqua era scaldata dall’esterno da una specie di stufa . Il pavimento e i muri erano anch’essi fatti di legno e alla ragazza quasi dispiaceva il fatto di averli sporcati di sangue quando si era appoggiata per entrare nella vasca. “L’acqua è abbastanza calda?” gli domandò il monaco dall’esterno “Sì” mormorò appena la ragazza, in quel momento ogni fibra del suo corpo era rilassata come mai lo era stata prima d’ora “Cazzo, questo sì che è un bagno e se non avessi degli affari da sbrigare ci starei per un bel pezzo” pensò Revy Rimase nell’acqua per almeno mezz’ora poi uscì; in un cesto vicino alla porta del bagno trovò i suoi vestiti. Accanto al cesto, la mercenaria vide qualcosa che luccicava; era un’armonica a bocca e in quel momento la sua mente tornò indietro di qualche giorno a quando aveva visto per la prima volta Haruka. “Il suo modo di dire grazie, che idiota!” si disse Revy richiudendo la porta alle sue spalle, era inutile a lei i bambini non piacevano e quella marmocchietta poi non la riusciva proprio a sopportare; faceva parte della categoria delle persone sempre felici e che credono in Dio anche se erano immersi nella merda fino al collo, non riusciva a credere che esistessero persone come quella bambina o come suo padre, gente disposta ad aiutare persone come lei e ad accettare che gli sputassero in faccia come ringraziamento. Quando viveva per strada a Mott Street l’unica cosa che aveva conosciuto era solo l’odio e il disprezzo che i cinesi che abitavano il quartiere, riservavano a una mezzosangue sorpresa a rubare, come lei. “Vuoi qualcosa da bere sorellona, cerca di non essere te ” ripeté a pappagallo Revy “Che cazzo! Non sono sua sorella né tantomeno una sua amica e se Rock mi dice ancora quello che devo fare giuro che lo prendo a calci fino a consumarmi la punta degli stivali. E’ solo colpa sua se sono ridotta in questo stato!” disse Revy con rabbia guardando la fasciatura alla gamba. Si tolse la giacca rimanendo con indosso il maglione nero dolcevita e la corta gonna di colore rosso scarlatto, stava per sdraiarsi sul futon quando sentì qualcosa provenire da fuori, qualcuno stava suonando un’armonica a bocca o almeno ci stava provando, a Revy quei suoni ricordavano quando aveva sentito provenire dall’appartamento accanto al suo a Roanapur, le urla di una che si stava masturbando, in quell’occasione quella tizia imparò una cosa: che cadere per strada dal secondo piano fa male. Two hands guardò fuori dalla piccola finestrella della sua stanza e vide Haruka che stava cercando di suonare una piccola armonica a bocca, Revy sospirò dicendosi che quella marmocchia doveva essere nata solo per fargli perdere la pazienza e si sdraiò sul futon cercando di dormire ma era impossibile, quella bambina continuava a suonare rendendo difficile alla mercenaria l’atto di chiudere gli occhi e prendere sonno. Alla fine Revy si alzò di scatto prese la stampella e uscì dirigendosi da Haruka quando la vide gli urlò: “E allora la vuoi piantare, non riesco a dormire! Se almeno suonassi potrei anche sopportare ma tu sembra che stai torturando qualcuno!” Haruka le disse un po’ rattristata: “Hai ragione è solo che non sono molto brava e nessuno mi insegna” “E allora devi rompere le palle proprio a me?” Revy sbuffò e si sedette per terra poi con un guizzo del braccio destro, prese la armonica dalle manine della bambina e gli disse: “Quando la suoni devi tenerla con una mano sola e non devi essere rigida come un palo, ricorda fluida e morbida, così” e detto questo Revy cominciò a suonare una vecchia canzone che aveva sentito molti anni fa e che qualche volta, quando aveva tempo libero, suonava ancora con la sua armonica che in questo momento era nella cabina della Lagoon a Roanapur. Roanpur, quella città malvagia sulle costa sud- est della Tailandia, dove persino i bambini per mangiare rubavano o peggio, eppure quella città per lei era tutto e avrebbe dato qualunque cosa per essere lì e ritrovare se stessa, da quando era in Giappone si sentiva smarrita in quel posto dove la gente era normale, i bambini giocavano, le donne facevano la spesa e persino i bar non erano un’accozzaglia di fumo e alcool dove poteva scoppiare una rissa o uno scontro a fuoco in un battito di ciglia, eppure anche in quella città c’era quella oscurità che Revy conosceva bene, l’aveva vista nello scontro con quel bestione yakuza che aveva ucciso e in quel momento si era sentita così viva e adesso invece era lì con una gamba fasciata a suonare un’ armonica a bocca con accanto una bambina che sembrava non capire che non la sopportava, tutto questo era estraneo a lei. “Allora hai capito?” disse Revy ad Haruka riconsegnandogli l’armonica, la bambina la prese e con un cenno della testa disse di sì, la mercenaria si rimise in piedi e rientrò in casa . “Poi sono cominciati i tremori” si disse Revy mentre si rivestiva. La cosa che più la faceva arrabbiare era che nonostante avesse cercato di tenere quella marmocchia lontano lei aveva cercato in tutti i modi di aiutarla, portandole da mangiare, aiutandola quando faceva fatica a mettersi in piedi a causa del dolore provocatole dalla gamba. “Quella marmocchia è solo una marmocchia e basta non è niente di più” mormorò Revy , aveva imparato fin troppo bene che non esistevano angeli, ognuno cercava il proprio tornaconto personale quello di quella bambina era l’affetto che cercava di strapparle “Stronzate” pensò la mercenaria . Uscita dal bagno si trovò davanti a Rock aveva uno sguardo strano, era come se avesse qualcosa da chiederle ma al tempo stesso aveva paura di farlo, quando faceva così non lo sopportava “Vuoi parlare o devo indovinare cosa vuoi?” con una fatica enorme il giapponese chiese alla sua compagna: “Riesci a camminare senza stampella?” “A fatica ma il colpo che mi ha inferto Luak non è niente paragonato a quello di Jumbo” “Allora forse ce la possiamo fare. Rimane solo un problema” “Quale?” “Per il mio piano ci serve un’esca, un diversivo, qualcosa su cui Luak e i suoi si concentrino” “allora diamoglielo. Lui vuole solo una cosa: me” “ma tu..” Revy alzò una mano “ Lo so, lo so, io servo da un’altra parte ma non pensavo a me come diversivo” “E allora cosa?” “Non cosa , chi” concluse Revy con un sogghigno che avrebbe spaventato anche uno squalo bianco. Si voltò e andò nella stanza da cui proveniva la luce di una lampada, segno che Yasuke era lì dentro. “Monaco, ti devo chiedere un favore” “Quale?” e la mercenaria gli chiese dove poteva trovare la sola persona che poteva risolvere il problema suo e di Rock.

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Capitolo 13
*** requiem ***


“La festa è finita. Sembra che quello che è finito a ballare il cha cha cha con una pinta di piombo sia tu Luak” le parole beffarde di Dutch furono l’ultima cosa che il pirata sentì un’ attimo pima che la sua nave saltasse per aria a causa della granata sparatagli contro da Revy, poi diventa tutto confuso; ricorda solo una forte esplosione, di essere stato sbalzato fuori dalla sua nave come se qualcuno lo avesse afferrato e scagliato come una palla da baseball, ricorda il dolore al volto, l’odore della carne bruciata e poi il buio. Si risvegliò sulla barca di un pescatore che lo aveva trovato e gli aveva prestato le prime cure. Le ferite non erano gravi ma l’occhio destro era andato, quando se ne era accorto, Luak aveva ucciso quel povero pescatore e poi aveva preso la sua barca che gli servì per giungere in un villaggio su una piccola isola, luogo utilizzato prevalentemente da contrabbandieri e altra feccia per nascondersi, lì il pirata rimase fino a che non si fu ripreso completamente e intanto mandò qualcuno a Roanapur per sapere qualcosa su Chin; le notizie erano pessime, Chin era morto, ucciso da Balalaika e quindi se si fosse saputo che lui era ancora vivo l’Hotel Moscow gli avrebbe fatto delle cose inimmaginabili, l’unica alternativa era scomparire ma dove? E in che modo? La via del mare era controllata dai russi e dai loro alleati, c’era la triade che avrebbe potuto aiutarlo ma purtroppo tra mister Chang e Chin non era mai corso buon sangue e con la morte di quest’ultimo l’unica cosa che poteva aspettarsi dai suoi ex alleati era una pallottola in testa, stava pensando seriamente di farsi saltare il cervello e risparmiare la fatica ai cacciatori di taglie quando venne raggiunto da un uomo che gli fece una proposta: lavorare ancora per la triade occupandosi della supervisione di una delle loro coperture di spaccio per la droga in Giappone. L’uomo spiegò che la triade aveva raggiunto un valido accordo con il potente clan di Kousa, loro gli permettevano di spacciare nel loro territorio e avrebbero diviso i profitti equamente. Luak aveva accettato senza pensarci e da lì a un anno aveva fatto la bella vita, la polizia non aveva ancora capito come facevano a contrabbandare sia la droga che i soldi e lui aveva potuto riempirsi le tasche con facilità, fino a quando non venne a sapere da un suo contatto nel clan Washimine che questi ultimi si erano alleati con l’Hotel Moscow per dichiarare guerra a quelli di Kousa e che la loro leader, Balalaika, sarebbe giunta a Tokyo per cominciare la guerra. Il terrore di Luak si trasformò in desiderio di vendetta quando seppe, sempre dal suo contatto, che Balalaika era venuta in Giappone con un’ interprete e questi aveva portato con sé una guardia del corpo, una sino-americana tra i venti e i trent’anni, Luak gli chiese una foto di lei e quando la vide la riconobbe era proprio lei, la causa di tutte le sue sventure: Revy Two Hands. La fortuna e al tempo stesso la sfortuna aveva voluto che l’uomo che gli aveva passato le informazioni fosse Chaka il fratello del defunto Kanji in questo modo aveva ottenuto il completo appoggio di questi ma aveva perso anche l’occasione di riuscire a trattare con Balalaika usando Yukio Washimine come merce di scambio. Anche in quell’occasione Revy gli aveva messo i bastoni tra le ruote e questo lo aveva reso solo ancora più inferocito e desideroso di uccidere la mercenaria. Il piano che aveva ideato era perfetto, stava per ucciderla ieri in quel tempio e invece per colpa di una stupida mocciosa tutto era andato a monte. Ma ancora una volta, la fortuna gli arrideva, quella mocciosa che aveva rapito era figlia del sacerdote di quel tempio sicuramente per riaverla gli avrebbe portato Revy su un piatto d’argento oppure Two Hands sarebbe arrivata per riprendersi la sua pistola, in entrambi i casi era pronto. “Allora, non è ancora arrivata?” chiese Luak a uno dei suoi uomini, “No, cosa ti fa pensare che verrà?” “La conosco meglio di se stessa. Verrà” rispose il pirata con un ghigno “E la bambina? Che ne facciamo?” Luak si accese una sigaretta e , con fare seccato, disse: “Finito qui andiamo a uccidere il padre, quanto alla mocciosa conosco un paio di tizi che ci pagheranno il giusto prezzo per averla. A proposito ha detto qualcosa?” “Niente, più muta di un pesce. Non ti da neanche la soddisfazione di strapparle un urlo” “Lasciala perdere, il suo momento arriverà. Gli uomini sono in posizione?” “Sì, quattro sul retro e all’ingresso, pensi che basteranno?” “Arriverà e credimi se ti dico che ce la porteranno impacchettata, l’unica cosa che non so è chi ce la porterà, il padre della mocciosa o…” Il video della telecamera che Luak stava osservando gli diede la risposta. Una macchina si fermò davanti all’ingresso principale dell’edificio e dall’auto scese Rock. Il giapponese aprì il bagagliaio della macchina e fece scendere una donna con un cappuccio sulla testa, Luak poté vedere chiaramente che aveva le mani legate dietro la schiena. “Il suo compagno! Bè era logico. Quel colletto bianco vuole solo uscire dai casini e crede che dandoci la sua amica ci riuscirà. Che stupido!” disse il pirata. Guardò poi, nello schermo accanto e notò che alcuni uomini stavano uscendo dall’ingresso sul retro con dei sacchi che caricavano sul furgone parcheggiato lì dietro. “La solita consegna?” “Sì, questa volta però ci hanno più del previsto” “Poco importa, quel che conta è che abbiano portato i cadaveri” Luak era molto orgoglioso di essere a capo di quell’impresa: usare il piccolo obitorio che si trovava in quell’edificio come centro per smerciare la droga. L’infernale sostanza arrivava chiusa nei cadaveri che quelli di Kousa gli mandavano tramite alcuni loro uomini di fiducia e i soldi uscivano chiusi dentro ad altri cadaveri, preparati in precedenza da lui. Un vero peccato che la morte del boss di Kousa per mano di Balalaika avesse rallentato tutto, ma comunque Chang non avrebbe perso i suoi soldi e neanche i suoi alleati yakuza. “Andiamo a prendere il nostro pacco” disse Luak al suo uomo. Rock portò Revy al centro del laboratorio in cui venivano preparati i cadaveri, lì erano presenti Luak e tutti i suoi uomini, dieci in totale contando Luak e il suo braccio destro. “Ti ho portato Revy, ora lascia andare la bambina e fammi andare via dal Giappone” disse Rock cercando di mantenere un tono di voce autoritario. L’unica cosa che ottenne fu una risata corale di Luak e dei suoi uomini “Non funziona così idiota. Vedi, prima io…” e sparò un colpo diretto alla figura incappucciata che cadde a terra con un tonfo sordo “…Uccido la tua amica, poi ammazzo te e infine ammazzo quel bonzo idiota e rivendo sua figlia a un centro per massaggi tailandese o al miglior offerente. Capito adesso?” “Ho capito che sei un idiota” disse una voce beffarda che Luak ben conosceva. Si diresse stupito verso la donna incappucciata e sentì qualcosa di strano; sopra quel persistente odore di formaldeide di cui era impregnato il laboratorio sentì l’odore di profumo e la cosa più strana era che quell’odore proveniva da Revy. Luak si abbassò su di lei e notò un particolare ancora più strano: unghie smaltate di rosso, Two hands non era la tipa che si profumava figuriamoci smaltarsi le unghie, con orrore afferrò il cappuccio e quello che vide gli fece capire tutto: al posto di trovarsi davanti una sino americana bruna si ritrovò davanti una giapponese bionda ossigenata con del nastro adesivo sulla bocca che lo guardava con gli occhi vitrei e privi di luce tipici di una morta. “E’ UNA TRAPPOLA!” urlò il pirata e nello stesso tempo la sala cadde nel buio più assoluto. Luak sentì poi il rumore di una cerniera che si apriva, una voce che ben conosceva che gli ringhiava: “Questa è mia stronzo!” poi un rumore di vetri infranti che si abbattevano sulla sua testa e la cutlass di Revy che era in mano sua, che gli veniva sfilata dalle dita, prima di cadere nelle tenebre sentì solo spari, urla e la voce di Revy che diceva a intervalli: “Sono qui. No, qui” Uno schiaffo in faccia e un “Sveglia stronzo!” lo riportarono nel mondo dei vivi. Luak si accorse immediatamente di avere le mani bloccate da un paio di manette ma ciò che vide lo lasciò ancor più a bocca aperta e terrorizzato: i suoi uomini erano tutti morti, nove cadaveri crivellati di colpi giacevano nel laboratorio e lei era davanti a lui: Revy two hands era accovacciata a pochi centimetri da lui e lo fissava negli occhi con uno sguardo e un ghigno beffardo. “Ma come…?” “Come abbiamo fatto? Povero idiota, hai fatto tre errori ,il primo darci tutto quel tempo. Un nostro amico ci ha detto che cosa c’era qui e ci ha dato i mezzi per fregarti. Come credi abbia fatto ad entrare?” Revy indicò con un cenno della testa un sacco per i cadaveri e Luak capì tutto: Revy era entrata dentro quel sacco per i cadaveri ed era rimasta lì dentro immobile per tutto il tempo. “Ma questo vuol dire..” Chang lo aveva tradito! Solamente lui e quelli di Kousa sapevano che questo obitorio era usato per smerciare droga, gli uomini che la ritiravano erano di Chang e siccome quelli di Kousa non conoscevano Revy mentre lei e Chang erano in buoni rapporti Luak fece due più due in un secondo. “Chang, maledetto stronzo!” “Bravo hai capito. Sono entrata dalla porta sul retro nel sacco, poi mentre gli uomini di Chang ritiravano soldi e droga io sono rimasta in attesa del segnale di Rock. Chang aveva uomini pronti a staccare la corrente nell’edificio e quando tu hai urlato ho capito che potevo uscire” “Hai detto che ho fatto tre errori , gli altri due quali sono?” Revy si mise in piedi, si appoggiò a un tavolino lì vicino e accendendosi una sigaretta continuò: “Venire mal equipaggiato. Nove uomini per me?! Che cazzo di insulto dovevi portarne di più” “E il terzo?” Revy sogghignò e disse: “Il terzo è il più grosso errore che potevi fare” tirò a Luak un calcio sotto il mento e concluse: “Non avresti dovuto prendere le mie cose” Luak si rimise in piedi sputando sangue “Anche se ammetto di doverti ringraziare, me l’hai rimessa a nuovo” disse Revy indicando le sue cutlass riparate e di nuovo nelle fondine ascellari che portava “Come hai fatto ad ucciderli? Sei azzoppata!” “Vero. Ma al buio i tuoi uomini non mi vedevano, è bastato farmi sentire e quegli idioti si sono ammazzati tra di loro” Ecco perché diceva “sono qui” pensò Luak. Quegli idioti erano caduti nella trappola di Revy e avevano sparato ai loro stessi compagni. “Mi hai catturato perché vuoi sapere dov’è la mocciosa?” “No, lo so già. Infatti gli uomini di Chang l’hanno portata via quando Rock è arrivato. Eri troppo concentrato su di me per non vedere il vero nemico che avevi alle spalle” “Maledizione, maledizione! Fregato da un colletto bianco e da quell’infame cinese! Bè cosa aspetti? Sparami!” Per tutta risposta, Revy gli versò addosso un liquido che era dentro un recipiente e si voltò dirigendosi verso l’uscita. “Mi lasci così Two hands?” Revy si voltò e gli lanciò contro la sigaretta che stava fumando, con orrore Luak vide cosa c’era scritto sul contenitore che la mercenaria gli aveva versato FORMALDEIDE PERICOLO! Revy richiuse le porte dietro di sé mentre Luak urlava e si dibatteva tra le fiamme che lo avvolgevano. “Finito?” chiese Rock seduto sul sedile del guidatore “Tutto a posto” disse la sua compagna sedendosi sul sedile del passeggero “Bella questa macchina. Peccato per la povera Yumi chan” disse Revy. Quando era andata a chiedere a Yasuke il nome della tipa che era con Yamada, lui per fortuna se ne ricordava. Dal nome e dal cognome era stato facile trovarla e costringerla a vestirsi come lei, anche se Revy odiava questo tipo di imbrogli, vedere la faccia che aveva fatto Luak trovandosi legato alla sua mercé era uno spettacolo impareggiabile, anche Rock l’aveva sorpreso, in poco tempo aveva ideato un piano che aveva permesso a tutti di uscirne vincitori. “Andiamo all’aeroporto. Abbiamo un volo che ci aspetta” disse il giapponese con un filo di voce. Evidentemente non voleva salutare Yasuke e Haruka e questo a Revy stava bene, affrontare quella mocciosa e quel monaco era un’esperienza che non voleva assolutamente ripetere.

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Capitolo 14
*** epilogo:lettera,poker e verità ***


Tre settimane più tardi, Roanapur Revy era uscita dalla chiesa della violenza dopo aver perso per l’ennesima volta a poker con Eda, il caldo della sera era insopportabile anche per lei che indossava i suoi soliti abiti, una canotta nera che le lasciava scoperte le braccia e la pancia , un paio di short di jeans e i suoi anfibi; avrebbe voluto correre fino al porto e buttarsi in mare per farsi una nuotata ma sapeva fin troppo bene che al calare della sera la zona del porto era meglio evitarla , per fortuna l’ufficio era ancora aperto e il frigo era pieno di birra ghiacciata, non aveva voglia di andare allo Yellow Flag, il bar dove lei e i suoi compagni andavano a bere di solito. Appena varcò la soglia, Dutch il suo capo, un gigantesco negro vestito con pantaloni e giacca militare senza maniche, la guardò con una strana espressione in volto “Dutch, che c’è?” il colossale negro a capo della Lagoon company, alzò con due dita una lettera e la lanciò alla sua socia “E’ per te Revy” dire che la mercenaria era sorpresa era un eufemismo, la maggior parte delle persone che conosceva o erano morte o in prigione, quindi chi poteva scrivergli? “E’ arrivata oggi ma siamo stati fuori tutto il giorno per consegnare quel carico di armi” disse Dutch ma l’attenzione di Revy era ormai concentrata sulla lettera, la aprì e uscì dall’ufficio senza dire una parola. “Ma chi l’ha scritta questa?” si disse la mercenaria. La lettera era scritta in un inglese stentato e c'erano parecchi errori di ortografia, sembrava scritta da un bambino, guardò la busta, era affrancata con un francobollo giapponese e in quel momento gli venne in mente solo un bambino anzi una bambina che gli poteva scrivere: Haruka. Ma come era possibile? Non sapeva niente di lei né di dove abitava poi si ricordò che quella marmocchietta aveva un padre con cui Rock aveva scambiato più di una parola ed era pronta a scommettere che una di queste parole era il nome della città e della agenzia per cui lavoravano “A volte Rock parla troppo” con questo pensiero la sino americana cominciò a leggere la lettera. CIAO REVY COME STAI? NON TI CHIAMO SORELLONA PERCHE’ TI DA FASTIDIO, QUINDI TI CHIAMO COME TI CHIAMAVA IL SIGNOR OKAJIMA. GRAZIE PER AVERMI SALVATA DA QUEGLI UOMINI CATTIVI, LORO DICEVANO CHE TI AVREBBERO UCCISA MA IO SAPEVO CHE CE L’AVRESTI FATTA , IL MIO PAPA’ QUANDO GLI HO CHIESTO CHI ERAVATE TU E IL SIGNOR OKAJIMA MI HA DETTO CHE SIETE DUE ASURA E QUESTO MI HA RESO DAVVERO FELICE PERCHE’ ORA SO CHE NIENTE VI POTRA’ MAI FERIRE. UN GIORNO SONO SICURA CHE TI VERRO’ A TROVARE E TI FARO’ VEDERE COME SONO MIGLIORATA CON LA FISARMONICA . CIAO HARUKA Revy usò la sigaretta che aveva in bocca per bruciare la lettera ma mentre lo faceva pensò queste parole: “Marmocchietta, spero di non vederti mai più, io sarò una morta che cammina come tutti quelli che abitano questo schifo di città, ma non trascinerò nel fango qualcuna come te. Cerca di prenderti cura di quel monaco del cavolo e non farti mai più vedere da me” “Revy qualche problema?” chiese Dutch uscendo dall’edificio in quel momento, vedendo che la sua socia continuava a darle le spalle e a restare in un mutismo assoluto, il capo della lagoon le si avvicinò per vedere come stava ma questi gli chiese: “Dutch, tu sai che cos’è un asura?” Dutch gli rispose: “E’ una creatura mitologica dell’oriente. A causa del suo potere viene considerato un dio ma anche un demone, perché?” “Così, per curiosità” rispose lei facendo spallucce e voltandosi verso il suo capo gli chiese: “Abbiamo del lavoro da fare?” “Domani Rock dovrà fare un giro per sollecitare il pagamento di alcuni nostri clienti e avrà bisogno di una guardai del corpo” “Cosa?! AHHHH CHE PALLE! A volte mi chiedo perché tocchi sempre a me” “Sei tu quella che chiamano two hands o sbaglio?” Revy strinse il pugno della mano destra e disse con un sogghigno: “Non ti sbagli” Attico di Mr Chang Il capo della triade entrò nel suo appartamento e si sedette sul divano. Difronte a lui Rock, anch’esso seduto stava mischiando un mazzo di carte, Chang aveva accettato quell’incontro solo per la stima che nutriva verso quel giovane giapponese che lo aveva aiutato a risolvere una questione molto spinosa ed era curioso di sapere come mai voleva parlargli. “Vuole fare una partita a poker mister Chang?” chiese Rock dopo aver finito di mescolare le carte “Veramente vorrei andare a dormire. Ho passato tutto il giorno a parlare con quelli di Hong Kong e poi ho un’ incontro con miss Balalaika e credimi adesso l’unica cosa che voglio è dormire per dieci anni” “Oh, sarà una partita rapida, glielo assicuro” I due presero le carte e cominciarono a giocare. “Sa mister Chang, ho saputo che non ha avuto difficoltà per la faccenda di Luak” “No, nessuna. La droga e i soldi sono stati recuperati e quelli di Kousa si sono ripresi dalla morte del loro capo . Tutto è come deve essere” “Già, lei è stato abile a risolvere tutto, nel trovarci subito gli uomini, nell’organizzare il black out, nel recuperare Haruka, un lavoro impeccabile. Così impeccabile che mi fa pensare che tutto fosse stato preparato in anticipo” Chang sogghignò e disse: “Suvvia, Rock mi stai attribuendo poteri che non ho. Come potevo sapere che mi avresti chiamato, non ho la sfera di cristallo” “No, ma come le ho già detto gli uomini di Luak avevano armi di fabbricazione cinese e lei è stato impeccabile nell’operazione di salvataggio e tutto questo mi ha fatto pensare a una cosa” “Cosa?” “ E se lei avesse voluto liberarsi di lui usando me e Revy?” Sempre sorridendo Chang rispose: “ Non so quanto ti paga Dutch, Rock, ma credimi, non è abbastanza. E’ vero, volevo liberarmi di Luak da un pezzo ma il problema era che stava svolgendo un’ ottimo lavoro in Giappone e quindi non potevo toccarlo. All’inizio lo avevo assunto perché sembrava abile ma i suoi contatti con quel Chaka mi preoccupavano non poco e poi quando ho scoperto che voleva vendicarsi su two hands ho capito che non potevo assolutamente fidarmi di lui e dovevo toglierlo di mezzo. Quando mi hai telefonato per chiedermi aiuto hai solamente fatto ciò che mi aspettavo che facessi” Rock avrebbe dato non so cosa per saltare al di là del tavolo, e uccidere Chang con le sue mani “Brutto figlio di puttana! Una bambina e suo padre hanno rischiato la vita per colpa dei tuoi giochi!” pensò Rock “So cosa stai pensando, Rock. Che ho giocato con la tua vita, quella di two hands e anche con quella della piccola Haruka e di suo padre. Ma vedi Rock anche tu hai giocato con una vita, quella di quella povera ragazza, come si chimava? Ah, sì Yumi. Poveretto il fratello, ha dovuto andare a riconoscerla all’obitorio. Uno spettacolo veramente straziante” “M-ma…” “Ma in fondo che importa? La bambina è salva, Revy è salva e siamo tutti contenti. La tua scommessa ha avuto successo. Il resto sono solo dettagli” Chang mise giù le carte e disse: “Scale reale. Rassegnati Rock, hai perso”Rock si alzò e e prima di uscire dirigersi all’uscita disse: “Si ricordi questo mister Chang: questo è il mio hobby e di solito io non perdo mai su queste questioni” detto questo uscì Chang prese le carte di Rock e sbarrò gli occhi dalla sorpresa: una scala reale massima Rock aveva vinto. Il mafioso non poté fare a meno di scoppiare a ridere, tutto questo gli sarebbe stato utile prima o poi, un giorno Rock lo avrebbe aiutato ancora a risolvere una situazione spinosa, non sapeva quando e dove ma prima o poi tutto ciò gli sarebbe tornato a suo vantaggio.

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