Cento buoni motivi (Runami's dream)

di Elly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...perchè gli opposti si attraggono ***
Capitolo 2: *** ...perchè Rufy si preoccupa per lei più che per chiunque altro. ***
Capitolo 3: *** ...perchè Nami ha sempre bisogno di risposte e Rufy è l'unico in grado di dargliele in maniera soddisfacente ***
Capitolo 4: *** ...perchè Nami è l’unica in grado di capire che dietro al sorriso di Rufy può nascondersi una profonda tristezza. ***
Capitolo 5: *** ...perchè, se fosse stato per Zoro, Nami non si sarebbe mai unita alla ciurma. ***
Capitolo 6: *** ...perchè nell'episodio 405 il momento in cui vengono separati è commovente (Spoiler) ***
Capitolo 7: *** ...perchè Nami è riuscita dove Boa Hancock ha fallito ***
Capitolo 8: *** ...perchè le lacrime di Bibi hanno irritato Rufy, mentre quelle di Nami l'hanno fatto arrabbiare contro chi l'ha fatta soffrire ***
Capitolo 9: *** ...perchè immaginarli genitori riempie di tenerezza. ***
Capitolo 10: *** ...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita. ***
Capitolo 11: *** ...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita. (Parte II) ***
Capitolo 12: *** ...perchè, se One Piece parlasse d'amore, Rufy e Nami sarebbero già sposati. ***
Capitolo 13: *** ...perchè maturano insieme e sanno quando le parole sono di troppo. ***
Capitolo 14: *** ...perchè Nami è l'unica in grado di saperlo gestire ***
Capitolo 15: *** ...perchè la loro vita familiare sarebbe tutta da ridere! ***
Capitolo 16: *** ...perchè un uomo, per conquistare una donna, deve saperla far ridere! ***
Capitolo 17: *** ...perchè il fatto che Boa sia innamorata di Rufy è un dettaglio assolutamente irrilevante. ***
Capitolo 18: *** ...perchè sono un po' come i jeans, adatti a tutte le occasioni. ***
Capitolo 19: *** ...perchè buon sangue non mente ***
Capitolo 20: *** ...perchè sono angst ***
Capitolo 21: *** ...perchè hanno entrambi due angeli custodi che li proteggono ***



Capitolo 1
*** ...perchè gli opposti si attraggono ***


2

...perchè gli opposti si attraggono

Prendersi cura.


Nami ripose l’ultimo libro sullo scaffale e si voltò a guardare la stanza sua e di Robin, soddisfatta. Aveva passato tutta la mattina a pulire ma il risultato valeva tutta la fatica fatta; i libri erano allineati sullo scaffale, i letti erano stati rifatti con lenzuola pulite e morbide, la polvere era stata eliminata con perizia. L’unica nota stonata era un secchio colmo di acqua grigia e schiumosa, che la ragazza aveva utilizzato per lavare il pavimento della stanza.

-Bene, ora non mi rimane che ritirare il secchio e lo spazzolone...-

Mormorò Nami, concedendosi ancora un’ultima occhiata al frutto delle sue fatiche. Era una perfezionista e lo sapeva; le piacevano l’ordine e la precisione, e metteva in tutto ciò che faceva una cura invidiabile.

“è un altro aspetto dell’amore”

Le aveva detto una volta Robin, senza alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo. A quelle parole Nami aveva osservato la compagna con curiosità, lasciando temporaneamente da parte la cartina dell’isola primaverile che si erano da poco lasciati alle spalle.

-Cosa intendi?-

Domandò all’amica, che sorrise guardandola finalmente negli occhi.

-L’amore è prendersi cura di qualcuno o qualcosa e farlo con perizia, attenzione, passione. Forse questa tua ricerca della perfezione non è nient’altro che una ricerca di amore-

Nami ripensò a quelle parole e sorrise, stringendosi nelle spalle. Amore? Lei poteva dirsi una donna pienamente realizzata, nonostante non avesse ancora trovato un uomo da amare e da cui essere amata; aveva i suoi amici, i soldi, un’avventura da vivere e un sogno da realizzare. Tutto era perfetto...o no?

-Naaami!-

Una voce allegra la distrasse dai suoi pensieri e la indusse a voltarsi verso l’entrata della cabina, giusto in tempo per vedere Rufy entrare con il suo caratteristico cipiglio entusiasta, inciampare nel secchio e nello spazzolone e rovesciare l’acqua su tutto il pavimento, cadendoci sopra.

-Ahia, che è questa cosa?-

Mormorò il capitano, puntellandosi sui gomiti e riacquistando una posizione seduta. Nami osservò con orrore l’acqua sporca allargarsi sul parquè del pavimento, bagnando i tappeti e mandando in fumo le fatiche di un’intera mattinata. L’istinto omicida nei confronti di Rufy crebbe in una manciata di secondi; possibile che quel ragazzo non riuscisse a stare più di qualche minuto senza combinare disastri? La sua spensieratezza e la sua allegria erano pari solo alla sua sbadataggine! Rufy non metteva attenzione in ciò che faceva, era come un tornado che spazzava qualunque cosa si trovasse sulla sua strada, senza preoccuparsi di ciò che faceva. Questo irritava moltissimo Nami, perchè la ragazza non riusciva a comprendere questa mancanza di cura verso le mansioni più semplici, come il mettere ordine tra i propri oggetti, o lasciare il bagno riutilizzabile dopo esserci passati. La ragazza prese un pesante soprammobile da un comodino, decisa ad usarlo come arma per punire il capitano, tuttavia la rabbia che fino a pochi secondi prima l’animava scemò velocemente alla vista di Rufy che, bagnato e sporco, stava inginocchiato sul pavimento della stanza, nel chiaro tentativo di rimediare al danno che aveva causato.

-Che stai facendo?-

Domandò Nami, osservando il ragazzo come se non l’avesse mai visto prima. Lui sollevò lo sguardo con aria colpevole, stringendo lo straccio tra le dita.

-Scusa, non l’ho proprio visto questo secchio...-

La ragazza rimase ad osservarlo incerta, con il soprammobile sollevato a mezz’aria; infine posò l’oggetto e si inginocchiò accanto a Rufy, indicandogli i vestiti.

-Ti sei anche bagnato i vestiti, baka! E’ meglio lavarli, l’acqua in cui hai deciso di fare questo bagno improvvisato era lurida!-

Disse, pratica. Rufy le regalò un sorrisone dei suoi, felice che non fosse arrabbiata.

-Sei un disastro!-

Proclamò la ragazza dopo un po’, mentre finivano insieme di asciugare il pavimento. Rufy annuì, ridendo.

-E tu una precisina...ma mi piaci anche così!-

Esclamò, alzandosi in piedi ed avviandosi verso le scale, ignaro del rossore che aveva imporporato le guance della navigatrice.

-Ah, Nami...non è che me li laveresti tu, questi vestiti?-

La ragazza afferrò il primo oggetto che aveva a portata di mano e lo lanciò contro il capitano, colpendolo in piena fronte.

-Lavateli da solo, idiota!-

Esclamò con stizza, ignorando i lamenti di Rufy che si era ormai dileguato verso il piano superiore della nave.
Sapevano entrambi che alla fine Nami avrebbe lavato quei vestiti, e che lo avrebbe fatto con cura, perizia, ed attenzioni speciali; d’altra parte, amare è “prendersi cura di...”


Prossimo capitolo: Perchè Rufy si preoccupa per lei più che per chiunque altro;

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Capitolo 2
*** ...perchè Rufy si preoccupa per lei più che per chiunque altro. ***


Senza Titolo

...perchè Rufy si preoccupa per lei più che per chiunque altro.

Il suono dei passi.

-Allora, cosa c’è?-

A quelle parole, Nami sollevò lo sguardo dalla polena della Thousand Sunny per spostarlo sul ragazzo che le stava vicino, confusa.

-Cosa c’è cosa?-

Gli domandò di rimando, portandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
Rufy si tolse il cappello e sospirò, imbronciato.

-Non vale rispondere ad una domanda con un’altra domanda!-

Si lamentò, piegando il capo ed osservando Nami con gli occhi socchiusi.

-Non vale neanche interrompere una donna quando è persa nei suoi pensieri-

Mormorò la ragazza, senza inflessioni particolari nella voce; lo sguardo le si concentrò sulle onde del mare, che sciabordavano piano contro la chiglia della nave. Rufy rimase in silenzio, poi si sedette con le gambe a penzoloni oltre il parapetto e si sporse per osservarla meglio in viso.

-Non vale neanche essere tristi e non spiegare il perchè al proprio capitano-

Nami sbuffò, irritata.

-Cos’è, il gioco dei “non vale”?-

Domandò, allontanandosi dal parapetto e dirigendosi verso il centro del ponte deserto a causa dell’ora tarda. Il ticchettio delle sue scarpe sul legno allontanò per un attimo lo sciabordare delle onde, o forse era Rufy che non riusciva ad avere orecchie per nessun altro suono.

-Non vale questa tua camminata. Non mi piace-

Insistette Rufy, ancora seduto al suo posto, con il cappello tra le mani.
Nami si voltò esasperata, allargando le braccia in un gesto di resa.

-Si può sapere cosa vuoi, a parte ridurmi sull’orlo dell’isteria?-

Sbottò, guardandolo dritto negli occhi scuri.

-Sapere dov’è la mia solita Nami-

Rispose il capitano con semplicità, scendendo con un saltello dal parapetto ed avvicinandosi a lei. La ragazza sospirò, tornando a voltargli le spalle.

-E’ qua, come tutti gli altri giorni-

Mormorò, insicura.
Rufy scosse la testa e la prese per una spalla, costringendola a voltarsi.

-No-

Disse con improvvisa serietà, piegando lievemente le ginocchia per portare il viso alla sua altezza e scrutandola a lungo negli occhi. Quella vicinanza improvvisa fece avvampare Nami, che distolse lo sguardo per prima, in imbarazzo.

-E come saresti arrivato ad una così geniale conclusione?-

Domandò con aggressività, cercando di mascherare con la rabbia i battiti furiosi del proprio cuore.

-Da tante cose-

Spiegò Rufy, piegandosi sulle ginocchia e cominciando a slacciarle le scarpe. Nami, sconcertata, lo osservò per qualche istante, prima di rendersi conto che da quella posizione il capitano aveva una piena visione delle sue mutandine; mentre le guance le si imporporavano, la ragazza diede un pugno in testa a Rufy che, perso l’equilibrio, si ritrovò con il viso a diretto contatto con il ponte e il naso dolorante.

-Che cavolo fai, idiota?-

Esclamò la navigatrice, ritraendosi e guardandolo come se fosse un disgustoso frutto di mare. Il ragazzo si alzò a sedere, massaggiandosi la parte colpita con aria imbronciata.

-Ti spiego da cosa ho capito che non sei la solita Nami!-

Protestò in tono piagnucoloso.

-Però mi servono le tue scarpe-

Aggiunse, indicando i sandali, ormai slacciati, che la ragazza portava ancora nei piedi. Indecisa sull’espressione da adottare per quella situazione assurda, Nami calciò via le scarpe, che atterrarono accanto a Rufy.

-Sentiamo un po’ la tua assurda teoria-

Concesse, incrociando le braccia sotto il seno e sollevando un sopracciglio con aria scettica. Rufy prese in mano i sandali e li appoggiò sul ponte, vicini.

-Ecco, quando sei normale cammini così-

Spiegò, battendo alternativamente sul legno prima un sandalo e poi l’altro; il ticchettio seguiva un ritmo lento, senza accellerare o diminuire. Nami si ritrovò a fissare stupita il suo capitano, rivedendo se stessa su quelle scarpe da sempre troppo alte; neanche lei aveva mai notato il ritmo della sua camminata e lui era sempre così poco attento...La voce di Rufy interruppe il filo dei suoi pensieri.

-Invece, se c’è qualcosa che non va, la camminata è così-

Il ritmo dei tacchi contro il legno si fece nervoso, incerto, discontinuo. Lento, veloce, pausa; poi di nuovo lento, veloce e fermo di nuovo. Nami ascoltò rapita il ritmo dei suoi passi, nonostante fosse conscia di essere perfettamente ferma; ascoltò come parlassero di lei, in maniera così timida e dimessa che nessuno vi aveva mai fatto caso. Le braccia che teneva strette sullo stomaco le scivolarono lungo i fianchi senza che lei se ne accorgesse. Rufy, il ragazzo entusiasta e tonto che non aveva attenzione per i particolari; lui, quello che non aveva occhi che per il suo sogno e che possedeva un talento naturale per mettersi nei guai. Pasticcione, allegro, ingenuo fino all’irritante...aveva colto le sfumature della sua camminata, utilizzandole per capirla meglio.

-E c’è dell’altro-

Aggiunse il capitano, avvicinandosi e porgendole i sandali.

-Vedo che c’è qualcosa che non va perchè non mi parli nel solito modo e, soprattutto, non mi picchi con la solita frequenza-

Nami sorrise cattiva a questa affermazione.

-A questo si può sempre rimediare!-

Esclamò, sollevando il pugno e guardando Rufy negli occhi; fu quanto mai sorpresa di sentire la mano del ragazzo chiudersi sul suo polso e fermarle il braccio a mezz’aria.

-Dopo, prima ti dico l’ultimo motivo grazie al quale capisco che sei triste...-

Disse, serio. Le portò la mano che prima era chiusa a pugno sul proprio cuore e lasciò passare qualche secondo di silenzio.

-Quando c’è qualcosa che non va, lo sento qui. Mi sento triste anche io-

Ammise, facendo una smorfietta triste. Nami lo osservò a lungo, prima di sentire gli occhi inumidirsi. Liberò la mano da quella di Rufy e gli diede le spalle, morsicandosi l’interno delle guance per non piangere.

-Bhè, grandi deduzioni, idiota-

Mormorò astiosa, allontanandosi verso la propria cabina. Sentiva lo sguardo di Rufy sulla sua schiena e rallentò la sua camminata, fino a fermarsi.

-Grazie, capitano-

Aggiunse, voltandosi e regalandogli un sorriso. Lui le rispose con una risata e la raggiunse a saltelloni, fermandolesi accanto.

-Figurati, navigatrice-

Disse, mettendole il cappello di paglia sulla testa. Nami, stupita, si voltò verso il ragazzo per domandargli il motivo di quel gesto, ma lui stava già salendo la scala diretto in cucina. Dopo qualche minuto di indecisione, Nami gli andò dietro. Rufy, alcuni metri avanti a lei, non potè che sorridere constatando che il suono dei tacchi sul legno era tornato al ritmo di sempre, quello che amava tanto.

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Capitolo 3
*** ...perchè Nami ha sempre bisogno di risposte e Rufy è l'unico in grado di dargliele in maniera soddisfacente ***


runami

Perchè Nami ha sempre bisogno di risposte e Rufy è l’unico in grado di dargliele in maniera soddisfacente.

-Perchè mi hai aiutata?-

Rufy si voltò verso la compagna con aria interrogativa, masticando un boccone enorme di carne.

-Che vuol dire?-

Domandò, sputacchiando ovunque pezzetti dello spuntino.
Erano seduti al tavolo della cucina da qualche ora; Nami aveva invaso il tavolo con le sue carte di navigazione, gli strumenti e i libri, mentre Rufy si era appollaiato in un angolino libero, mangiando con il piatto in precario equilibrio sulle ginocchia. La ragazza si portò la tazza di tè alle labbra e ne bevve un lungo sorso prima di rispondere.

-Quel giorno ad Arlong park. Perchè hai fatto tanta fatica?-

Rufy la guardò con aria interrogativa, prima di allungare una mano per toccarle la fronte.

-Non hai la febbre!-

Esclamò dopo qualche momento, confuso. Nami lo osservò senza parlare, con le sopracciglia inarcate.

-Di solito dici cose stupide solo quando stai male-

Si giustificò il capitano, scuotendo la testa, prima di ricadere sul duro pavimento di legno con l’impronta della tazza da tè di Nami sul naso.
La ragazza lo sovrastava, furente, con ancora la tazza stretta tra le mani.

-Io non dico mai cose stupide!-

Sbraitò. Rufy si mise seduto massaggiandosi la parte colpita e guardò la navigatrice negli occhi, perdendo l’aria spensierata che aveva solitamente.

-Quella che hai fatto era una domanda stupida; sai benissimo perchè ti ho salvata-

Replicò, alzandosi in piedi e portando il proprio viso a poca distanza da quello di Nami, che arrossì. Lo sapeva? Certo, Rufy la considerava una propria compagna e lui non lasciava mai i propri compagni nei guai, però...


-Sì, ma capirei se lo avessi fatto adesso-

Tentò Nami, voltando le spalle al capitano e riprestinando la distanza di sicurezza.

-Cos’è cambiato da allora?-

-Un sacco di cose. Ora ci conosciamo di più, possiamo dirci davvero amici, ora io...-

Nami si interruppe, spaventata dai suoi stessi pensieri.

“...ora io darei la vita per te”

-Io riesco a capire piuttosto bene le persone-

Disse Rufy all’improvviso, camminando intorno a Nami per poterla guardare nuovamente in viso.

-Sapevo che eri una bella persona e che saremmo stati ottimi compagni. Non potevo lasciarti nei guai-

Nami sorrise e assunse un’aria scocciata, sollevando le braccia al cielo.

-Tu aiuti anche quelli che non reputi ottimi amici o compagni-

Replicò, superando il capitano e posando la tazza di tè, ormai vuota, nel lavandino.

-Hai ragione!-

Esclamò Rufy, regalandole un sorrisone.

-Però con te è diverso-

Aggiunse, sfiorandole la cicatrice bianca nascosta dal tatuaggio. Nami sussultò a quel contatto ma Rufy non ci fece caso.

-Perchè sarebbe diverso?-

-Non avevo mai visto nessuno così disperato e forte. Mi hai colpito, ecco-

Nami sorrise e gli pizzicò una guancia, tirandola verso il basso.

-Baka-

Mormorò divertita.

-E tu perchè hai scelto me per aiutarti?-

Domandò il capitano, con la voce impastata a causa del pizzicotto di Nami, che ancora teneva imprigionata la sua guancia gommosa tra le dita.
La ragazza tornò con la mente a quel momento; le parve di sentire ancora il coltello affondare nella carne della spalla, il sangue caldo scivolare lentamente sulla pelle e poi finire a terra, dove si mescolava alla polvere del terreno. Sentì sulle ginocchia la pressione dei granelli di sabbia sui quali era appoggiata e un brivido la scosse. Si guardò febbrilmente la spalla, per accertarsi che l’incubo fosse finito davvero, e incontrò con lo sguardo la mano di Rufy che, vedendola preda dei fantasmi del passato, aveva rafforzato la presa su di lei. E si accorse di aver sempre saputo la risposta alla domanda del suo capitano.

-Perchè, in un modo o nell’altro, sei sempre presente per me. E poi perchè sei dannatamente cocciuto-

Rufy sorrise allegro, allontanando la mano dalla spalla della navigatrice, che già sentì mancanza di quel contatto.

-Più di Zoro? E di Sanji?-

Domandò ingenuamente, piegando la testa ed osservandola. Nami si appoggiò al lavabo con le mani e si voltò per poterlo guardare negli occhi.

-Più di chiunque altro-

Disse, sincera. Rufy sorrise ancora e si sporse in avanti, poggiando le proprie labbra su quelle di Nami; Il contatto fu delicato e dolcemente inesperto. Il capitano si allontanò dopo qualche momento, per nulla imbarazzato, a differenza della ragazza.

-Bene, ho fame. Chiamo Sanji e mi faccio cucinare qualcosa!-

Disse Rufy, battendo le mani e cominciando a camminare verso la porta. Nami lo trattenne per un lembo del vestito e lo guardò con gli occhi emozionati e un po’ lucidi.

-E questo perchè...-

Cominciò, ma Rufy scosse la testa.

-Sai, ho ripensato alla tua prima domanda. Mi è venuto in mente che questa risposta è migliore-







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Capitolo 4
*** ...perchè Nami è l’unica in grado di capire che dietro al sorriso di Rufy può nascondersi una profonda tristezza. ***


Runami4

...perchè Nami è l’unica in grado di capire che dietro al sorriso di Rufy può nascondersi una profonda tristezza.

“Sicuro che ti vada bene così?”
“Come? Ah, parli del foglietto di Ace...sì, non preoccuparti”
(One Piece -volume 50)


*****

Rufy appoggiò la testa contro l’albero maestro ed abbassò lo sguardo sulla vivrecard del fratello, che teneva stretta tra le dita. I bordi consumati ed anneriti si accartocciavano davanti ai suoi occhi, creando piccoli riccioli scuri che la forza del vento disperdeva sul ponte della Sunny.
Da quanto tempo la vita di Ace si stava consumando? Quanto tempo rimaneva al fratello prima di esalare l’ultimo respiro? Rufy si sentì un verme; aveva sempre creduto di avere un legame speciale con Ace, un legame che gli permettesse di sentire sulla pelle se qualcosa stava andando storto al fratellone, invece...

“Da grandi saremo pirati e il mare sarà la nostra casa!”

Esclamò Ace, bagnato dalla luce arancione del tramonto. Rufy si mise in piedi e si sbattè i pantaloni, sudici di sabbia ed alghe, e raggiunse il fratello in piedi sullo scoglio, abbracciando con lo sguardo tutto l’orizzonte. Ace lo prese per mano e gli rivolse un sorriso radioso.

“Saremo più liberi di chiunque altro”



“Più liberi di chiunque altro”

Quelle parole riaffiorarono sulle labbra di Rufy senza che se ne rendesse conto e, invece di fargli spuntare il solito, spensierato sorriso, gli provocarono una tristezza profonda. Quando Ace era partito per la sua avventura, mentre Rufy cercava inutilmente di nascondere le lacrime, gli aveva dato un buffetto sulla fronte e gli aveva rivolto il solito, disarmante sorriso, assicurandogli che non sarebbe cambiato niente; anche se separati da miglia e miglia di mare restavano sempre fratelli e lui non avrebbe perso occasione per proteggerlo.

“Ora sei un uomo”

Aveva aggiunto, alzando la mano per salutarlo ancora.

“Ed un uomo non cede alle lacrime. Un uomo cede solo tra le braccia della donna che ama!”

Erano passati anni da allora; Rufy si era fatto uomo e aveva imparato che ridendo era più facile affrontare i problemi, perchè coloro a cui teneva evitavano di preoccuparsi e riuscivano a trovare una soluzione più facilmente, senza complicazioni emotive di sorta.
In un moto di stizza il ragazzo gettò lontano da sè la vivrecard che, trasportata dal vento, danzò nell’aria per qualche secondo, prima di depositarsi davanti a due sandali dal tacco vertiginoso. Rufy sapeva chi era senza neanche bisogno di voltarsi: l’aveva riconosciuta dalla camminata.
Nami si portò i capelli dietro l’orecchio e si chinò in silenzio, raccogliendo la vivrecard e mettendosela nella tasca dei pantaloncini; dopodichè dedicò la sua attenzione completamente al capitano. Da quando aveva sentito la spiegazione di Laura sulla presunta sofferenza di Ace non aveva smesso un attimo di osservare Rufy, in attesa di un segno di cedimento. Quella mattina sul ponte non aveva insistito, perchè l’esperienza le aveva insegnato che il ragazzo non mostrava mai le sue debolezze alla ciurma; se sperava di ingannare anche lei

(lei che aveva passato la vita a nascondere la sua fragilità)

si illudeva.
Sospirando gli si sedette accanto e depositò tra loro una bottiglia piena di un liquido denso, che sciabordò piano contro il vetro verde scuro.

“Vuoi?”

Offrì la ragazza, indicando il liquore. Rufy sollevò appena lo sguardo e scosse la testa, ricominciando ad osservare un punto imprecisato del ponte. Quando la navigatrice gli si era seduta vicino aveva sentito il cuore battere più velocemente e si era stupito nel constatare che, per tutto il tempo in cui era stato seduto sul ponte della Sunny a riflettere, in realtà non aveva fatto altro che aspettarla. Sapeva che Nami era troppo furba per farsi liquidare con due parole; per tutto il giorno aveva sentito la schiena bruciare sotto lo sguardo indagatore della ragazza.
Nami stappò la bottiglia e se la
accostò alle labbra, concedendosi un lungo sorso.

“Se fosse un’altra occasione ti tempesterei di domande, mi arrabbierei urlandoti di reagire e infine ti riempirei di pugni”

Constatò, riportando alla mente l’altra occasione in cui si erano trovati da soli a parlare; quella volta l’argomento di discussione erano Usopp, la Going Merry e il futuro della ciurma.

“Invece che farai ora?”

Domandò Rufy, senza guardarla. Nami sospirò e si tirò le ginocchia al petto.

“Ti chiederò se ne vuoi parlare, smettendo così di illuderti che io non mi accorga di nulla, oppure se vuoi continuare a farti tormentare da questo piccolo squalo di carta dai denti affilati”

Disse, indicando la vivrecard che sbatacchiava al lieve vento, stretta tra le sue dita.
Il capitano si sollevò la visiera del cappello ed osservò Nami negli occhi, ignorando volutamente l’oggetto.

“Siamo pirati; siamo pronti a morire da un momento all’altro, pronti ad affrontare mille difficoltà, senza mai abbandonare i nostri sogni o i nostri ideali. Ace sapeva queste cose quando ha cominciato il suo viaggio, esattamente come le sapevo io, però...”

Rufy serrò i pugni e riprese ad osservare le assi in legno del ponte.

“Però non riesco ad ignorare il desiderio di mollare tutto ed andare ad aiutarlo”

Nami osservò a lungo il capitano. Ormai aveva imparato a conoscerlo e questo le permetteva di essergli più vicino di qualsiasi altro membro della ciurma, anche se a volte lo trovava irritante fino all’isteria. Contro ogni suo abituale comportamento, la navigatrice si avvicinò al capitano e si appoggiò rigidamente a lui, spalla contro spalla. Rufy sobbalzò a quel contatto così improvviso ed osservò la ragazza, sperando di incrociare il suo sguardo e leggervi dentro le ragioni di quel gesto; Nami, però, teneva il viso ostinatamente rivolto in avanti.

“è giusto così”

Mormorò dopo un po’ la navigatrice, quando il disagio si fu attenuato e la vicinanza cominciò a diventare piacevole.

“Avere simili desideri fa di noi degli esseri umani e non puoi condannarti per questo”

Aggiunse, muovendosi appena contro il ragazzo e sentendo la ruvida stoffa dei jeans contro le sue gambe nude.

“Anche se tu sei fuori dall’ordinario”

Disse, guardandolo finalmente in viso e regalandogli un sorriso furbo.

“Se vuoi andare ad aiutarlo noi ti seguiremo, capitano, e non perchè dobbiamo in quanto ciurma. Io...noi tutti vogliamo vederti felice”

Rufy, a quelle parole, sentì tutta la propria inquietudine lottare per venire finalmente allo scoperto e non potè fare altro che rivolgere a Nami un sorriso incerto, lontano miglia da quelli che di solito illuminavano il suo viso. Abbassò il capo in modo tale che il cappello oscurasse i suoi occhi e si appoggiò completamente contro la spalla di Nami, nascondendo il naso nell’incavo del suo collo.

“Grazie”

Mormorò, respirando a fondo il profumo della navigatrice, un misto di salsedine ed inchiostro.
La ragazza strofinò la guancia contro la paglia ruvida del cappello e bevve un altro sorso di liquore.

“Baka”

Rispose semplicemente.

“Perchè solo tra le braccia della donna che ama?”

Domandò Rufy, inseguendo la nave che già si muoveva lungo la banchina, verso il mare aperto. Ace si sporse dalla balaustra e sorrise, agitando ancora la mano.

“Perchè è l’unica capace di ritrasformare un falso sorriso in lacrime fratellino! E Dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno!”


NDA
Ed eccoci di nuovo qua ^ ^ Grazie a tutti coloro che recensiscono questa storia o che la leggono soltanto! Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, anche se è un po’ fuori dall’ordinario. Non lo considero OOC perchè per scriverlo ho preso spunto da diverse situazioni del manga in cui emergono lati del carattere dei personaggi che nessuno si aspetta; in primo luogo Rufy: non è vero che ride sempre, ha pianto in moltissime occasioni e sempre con moltissima dignità. Il fatto che non lo faccia vedere al resto della ciurma è, a mia interpretazione, un modo per evitare di coinvolgerli in inutili faccende emotive. Da questo punto di vista Rufy si è dimostrato sempre molto intelligente; sa che tutti stanno soffrendo, quindi non si arroga il diritto di lasciarsi andare al dolore, preferendo sorridere. Un momento di debolezza dopo la notizia della situazione del fratello secondo me ci sta. Per quanto riguarda Nami, mi sono divertita moltissimo a descriverla qui. Lei ha passato la vita a nascondere la sua fragilità, quindi mi pare ovvio che ora capisca a colpo d’occhio se il capitano se la passa bene o male. E’ l’unica della ciurma che gli abbia chiesto di Ace, così come è stata l’unica a parlargli di Usopp cercando di farlo ragionare. E’ inutile, sono perfetti insieme *_*

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Capitolo 5
*** ...perchè, se fosse stato per Zoro, Nami non si sarebbe mai unita alla ciurma. ***


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...Perchè, se fosse stato per Zoro, Nami non si sarebbe mai unita alla ciurma (volume 6 italiano).

-Sparita? Come sarebbe a dire “sparita?-

Yosaku alzò le braccia al cielo, scuotendo la testa.

-Significa svanita, scomparsa, puff!-

Disse, accompagnando ad ogni parola un eloquente gesto con le mani. Johnny indicò l’orizzonte, dove si poteva ancora vedere un puntino in rapido movimento; Rufy strizzò gli occhi e tirò un impercettibile sospiro di sollievo.

-La vedo! Vedo la nostra Going Merry! Yosaku, Johnny, la vostra imbarcazione c’è ancora?-

Domandò, pratico. Nami se ne era andata...non ci poteva ancora credere. Lui di quella ragazza si era fidato, perchè riusciva a valutare piuttosto bene le persone, anche senza conoscerle. Quando l’aveva incontrata per la prima volta gli era parsa una ragazza triste, molto triste, ma sicuramente non una bugiarda e traditrice.

-Si, c’è ancora, è...-

Una mano sulla spalla fece sobbalzare Rufy, che si voltò e vide Zoro, che lo fissava con un’espressione decisa.

-Non ne vale la pena-

Disse lo spadaccino.

-E’ già troppo lontana, e poi possiamo procurarci un’altra nave-

Usopp, a quelle parole, balzò in piedi, furioso.

-Un’altra nave? NO! Quella nave...-

-IO NON VOGLIO NAVIGARE SENZA DI LEI!-

Esclamò Rufy all’improvviso, stroncando sul nascere una possibile lite tra i due membri della sua ciurma. Lo spadaccino gli rivolse uno sguardo interrogativo, che Rufy sostenne con fermezza. Quella verità gli era esplosa nel cuore prima ancora che sulle labbra; la dolorosa consapevolezza di non poter fare a meno di lei, nonostante si conoscessero da così poco tempo. Il furto della nave occupava un piccolissimo spazio tra le sue preoccupazioni; di legno ce n’era stato sempre in abbondanza, così come di carpentieri in grado di assemblarlo per renderlo una splendida nave. Di Nami, però, la ragazza che non aveva esitato a venderlo ai nemici ma che aveva esitato ancor meno quando si era trattato di tirarlo fuori dai guai, ne esisteva una sola. Zoro sbuffò, massaggiandole le tempie.

-Ho capito-

Disse, rivolgendogli uno sguardo penetrante. Rufy annuì, accennando un sorriso; lo spadaccino era l’unico membro della ciurma, fino a quel momento, che riuscisse a capire ciò che passava per la testa del suo capitano senza bisogno di troppe parole.

-Prenderemo la nave di Yosaku e Johnny-

I due ragazzi annuirono teatralmente.

-Saremo lieti di renderci utili!-

Esclamarono in coro, indicando con espressioni solenni la loro imbarcazione, ormeggiata poco lontano dal gruppo.
Usopp, Yosaku e Johnny si avviarono ma Zoro, prima di seguirli, si fermò ed osservò Rufy a lungo, un’espressione metidabonda sul volto.

-Perchè?-

Domandò infine.

-Perchè è così importante quella ragazzina? Di navigatori ne è pieno il mondo-

Aggiunse, senza allontanare lo sguardo dal capitano.

-Perchè-

Spiegò Rufy, sorridendo.

-Sento che mi diverrà indispensabile-

E questa risposta, come al solito, a Zoro bastò.


NDA
Ed eccomi di nuovo qui. Lo so che questo capitolo è breve e, come dire, piuttosto semplice. Le scene, così come il linguaggio, sono volutamente non elaborati; ho cercato di creare una scena che fosse “di impatto”, immediata, esattamente come le parole che dice Rufy in quella pagina del fumetto. Il legame tra Rufy e Nami, a questo punto della storia, è ancora tutto da definire ed è per questo che quelle parole sono così importanti. Non si parla della nave, di come si farà a navigare senza di essa, di come proseguirà l’avventura...si parla di Nami e di quanto questa sia già così importante per il nostro capitano. Volevo farvi ragionare sulla differenza tra le reazioni: Usopp è incredulo, Zoro arrabbiato ed inveisce contro Nami perchè ha sottratto loro l’elemento più importante per la navigazione. Rufy è l’unico che non vacilla, che non dubita della fedeltà di Nami, che non si pente di averle dato fiducia, dimostrando di vedere molto più lontano dei suoi compagni. Nami questa fiducia la sente e si pente di averla in qualche modo tradita...infatti a chi chiederà poi aiuto? Non a Zoro, non ad Usopp, ma a Rufy, colui che le crede a prescindere, che crede nella sua bontà d’animo. E’ questo legame che mi fa affermare che tra Rufy e Nami è amore. Un bacio a tutti i miei lettori e lettrici! Le vostre recensioni mi fanno sempre molto piacere, continuate così che mi spronate a scrivere *___*




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Capitolo 6
*** ...perchè nell'episodio 405 il momento in cui vengono separati è commovente (Spoiler) ***


Senza Titolo

...perchè nell’episodio 405 il momento in cui vengono separati è commovente (Spoiler)

Nella frazione di secondo in cui si accorse di non avere il tempo per sfuggire, Nami voltò istintivamente il capo, cercando lo sguardo di Rufy. Orso Bartholomew, il tiranno, la sovrastava e la sua ombra le toglieva la luce del sole, oltre a risucchiarle impietosamente tutta l’aria dai polmoni. Come avevano potuto pensare, anche solo per un momento, di poterlo sconfiggere? Nel giro di una manciata di minuti i loro compagni erano scomparsi nel nulla, senza che potessero opporsi, senza avere neanche il tempo di dirsi una parola di incoraggiamento o di mormorare un addio. Nami odiava la parola “addio”; era dura e definitiva come una porta sbattuta in faccia, mentre tu rimani paralizzato sulla soglia, con moltissime cose ancora da dire ma senza più il tempo per farlo. “Arrivederci” suonava molto meglio, perchè lasciava sperare che quella porta, prima o poi, si sarebbe riaperta, trovandoci rannicchiati sulla soglia, infreddoliti, le unghie rovinate dal troppo grattare e sul legno i solchi delle nostre richieste d’attenzione. Orso alzò il braccio pronto a colpire e Nami tese contemporaneamente il proprio verso Rufy, che meccanicamente ripetè lo stesso gesto, come se in quel modo potesse afferrarla, trattenerla a sè, evitarle la stessa sorte che era toccata ai suoi compagni. Si guardarono per un lungo attimo e il tempo parve rallentare, dilatarsi, come se improvvisamente si fossero trovati in una bolla, lontano da tutti. I muscoli delle braccia tesi fino allo spasimo, le dita protese verso l’altro, nel tentativo estremo di stabilire un contatto, di trattenersi, di dire in quella manciata di secondi ciò che nessuno dei due avrebbe ammesso mai.

-Rufy!-

Chiamò Nami disperata, mentre le lacrime già si affacciavano ai suoi occhi. Non c’era il tempo per dire tutto ciò che avrebbe voluto, la porta si stava chiudendo; forse avrebbe potuto dire ancora “arrivederci”, come le aveva insegnato Bellmer tanto tempo prima.

“Devi salutare Genzo quando veniamo via”

Aveva detto sospirando una volta, mentre tornavano a casa nella luce ambrata del tramonto. Nami aveva scrollato le spalle.

“Tanto lo rivedo domani”

Aveva risposto la bambina, abbassando lo sguardo sul grande libro che teneva stretto al petto.

“Sai, è vero che lo rivedrai domani...però devi anche calcolare che la vita è imprevedibile. Potrebbe essere che domani non ci sia e tu avrai perso la possibilità di salutarlo”

“Genzo deve partire?”

Domandò Nami improvvisamente allarmata. Bellmer la guardò e rise.

“Visto? Sapendo che domani forse non lo vedrai ti senti subito in colpa per non averlo salutato o avergli detto che ti mancherà”

“Ma non parte, vero?”

La donna le scompigliò i capelli con affetto, facendole l’occhiolino.

“No che non parte, sciocchina”

Quella sera Nami aveva riflettuto a lungo. I respiri di Nojiko si erano fatti profondi e regolari ormai da diverse ore, ma la mente della bambina era troppo occupata per lasciarsi prendere dal sonno.

“Arrivederci è una bella parola”

Pensò, stringendosi le ginocchia al petto ed osservando la lunga distesa di alberi bagnati dalla luna.

“ Dire arrivederci farà tornare quella persona”

Il giorno dopo, il piccolo mondo di Nami, profumato di inchiostro e mandarino, andrà in piccoli pezzi, portandosi via la persona più importante per lei fino a quel momento...e Nami imparò che, a volte, non bastano tutti gli arrivederci del mondo per far tornare chi abbiamo amato.

-Nami!-

Rufy cercò dentro di sè ancora una scintilla di forza, perchè non poteva sopportare di essere impotente, di non poter far nulla per salvare lei e i suoi compagni. Si alzò tremante sulle gambe, lanciandosi verso Nami, urlandole mentalmente di resistere, di non scomparire come tutti gli altri e maledicendo contemporaneamente Orso Bartholomew, perchè gli stava togliendo le persone più importanti della sua vita. Nami osservò il suo capitano lottare contro il corpo sconfitto, e non riuscì a pronunciare la parola arrivederci.
Si sarebbero rivisti, anche senza salutarsi, semplicemente perchè l’esistenza di tutti loro era collegata da un filo sottile ma eterno, che la lontananza non avrebbe spezzato. Si sarebbero ritrovati anche in capo al mondo, e non solo grazie alle vivrecard. Nonostante tutte queste certezze, sulle labbra di Nami esplose improvvisamente un grido d’aiuto, rivolto all’unica persona che l’aveva sempre sentito ed accolto, anche quando questo era stato silenzioso e non si era mostrato al mondo. Gli domandò aiuto perchè si rivide piccola ed impotente, trascinata via dalle rozze mani di quei pirati che le avevano rubato la felicità, perchè già una volta Rufy l’aveva salvata da un passato che non voleva rimanere tale e quindi sarebbe riuscito a farlo ancora. Ma, nello stesso momento in cui l’ultima sillaba fuoriusciva dalle sue labbra, Orso colpì e di lei non rimase null’altro che un ombra, che andò dissolvendosi insieme al suo grido nell’aria satura di polvere. Rufy sentì il proprio cuore scoppiare e si lanciò istintivamente verso Bartholomew, tentando disperatamente di colpirlo, ma anche questa volta il suo attacco andò a vuoto; il capitano si ritrovò inginocchiato sul terreno, i pugni stretti fino a far scricchiolare le ossa.

“Vi ritroverò”

Pensò, disperato.

“A costo di rivoltare tutto il nuovo mondo”

E il volto di Nami gli esplose all’improvviso nella testa, dando forza a quelle parole.


NDA
Salve a tutti ^^ Eccomi di nuovo qui, questa volta avendo l’episodio 405 (volume 53 del manga) come cardine del capitolo. Che dire? Una scena che mi è piaciuta un sacco, perchè sottolinea, ancora, il legame unico e speciale tra Rufy e Nami. Sto cercando di adattare il mio stile di scrittura ai vari momenti, per renderli al meglio possibile. Se avete notato in questo capitolo il ritmo è molto incalzante, la psicologia dei personaggi è stata data volutamente con poche spennellate, per rendere meglio la fragilità della ragione in queste situazioni; anche il fatto che i pensieri di Nami sembrino in qualche modo “sconnessi” è voluto: l’essere allontanata dai suoi compagni le fa rivivere il dramma del suo passato e, istintivamente, si rivolge di nuovo alla persona che l’ha salvata la prima volta ^^ Ora passiamo ai ringraziamenti...solitam ente non rispondo mai alle recensioni, un po’ perchè sono pigra, un po’ perchè più che ringraziarvi di cuore non saprei cosa dire xD Oggi ci provo ^^

Madama Butterfly: Grazie mille per il commento...e sì, io non ho mai visto questo grande interessamento di Zoro xD Molti insistono sulla storia di Alabasta (lui che l’ha portata sulle spalle per un pezzo), ma francamente io non ci vedo nulla di romantico ò_ò Se ci fosse stato Sanji l’avrebbe chiesto a lui, che cambia? xD

Lusty: Grazie di cuore anche a te! Che Zoro sia di Sanji, e viceversa, ormai è un fatto certo ù_ù Sono canon quasi quanto Nami e Rufy XD Mi spiace che il personaggio di Nami non ti piaccia, posso chiederti perchè? ^^

Lucia Lair: Grazie del commento! Spero che continui a piacerti! ^^

Beatrix: La Zonami non sta in piedi per moltissime ragioni e francamente non capisco perchè ci siano così tanti fans qui in Italia (in giappone sono molti di più i LuNami! *_*) ; in più si ostinano a dire che i momenti tra Rufy e Nami o non ci sono o sono pochi o non si vedono...mha O_O Io tra Zoro e Nami di momento ne ho visto uno o due, sempre ad Alabasta XD Qualcuno dice che Zoro è geloso di nami quando Sanji fa lo scemo con lei, e io ribatto che non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere XD Zoro si indigna sempre quando Sanji fa lo scemo con qualsiasi donna...va da sè che Zoro è geloso di Sanji, mica delle donne a cui fa la corte X°°°D ahahahah! Un numero di capitoli...intendi se ho idea di fare, che so, quattro capitoli al mese, uno per settimana? Una sorta di calendario? Mi piacerebbe, ma purtroppo non è da me. Scrivo quando mi viene l’ispirazione e quando ho il tempo di metterla in pratica X’D Però prometto di portare a termine il progetto, questo sì...quindi non disperate XD Un bacione!

yuki689: Grazie mille anche a te! Mamma mia, sto diventando noiosa XD Che ne pensi di ciò che ho scritto riguardo la ZoNami nelle altre recensioni? Sono proprio curiosa di sentire la tua idea a riguardo!

Un bacione a tutte, vi adoro :*

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Capitolo 7
*** ...perchè Nami è riuscita dove Boa Hancock ha fallito ***


Senza Titolo

...perchè Nami è riuscita dove Boa Hancock ha fallito.

-E così...-

Cominciò Nami indifferente, sfogliando una rivista di moda e portandosi alle labbra il succo d’arancia che aveva ordinato poco prima.

-...sei entrato nel bagno dell’imperatrice pirata mentre si lavava?-

Domandò, rivolgendo al capitano uno sguardo di sottecchi. Dopo il miracoloso salvataggio di Ace da Impel Down, Rufy non aveva perso tempo e si era messo alla ricerca dei suoi compagni. Boa Hancock, richiamata ad Amazon lily a causa della sua posizione di sovrana, aveva lasciato Rufy con la morte nel cuore, esibendosi in un addio lacrimoso e moltissime promesse di rivedersi. Come era uso nel nuovo mondo, Boa gli aveva lasciato un pezzo della propria vivrecard, in modo tale da poterla ritrovare in qualunque momento, che Rufy aveva piegato e conservato gelosamente nella fascia del cappello. Prima di salpare, l’imperatrice gli aveva rubato anche un bacio, che aveva lasciato il capitano decisamente confuso. Viaggiando insieme al fratello nella direzione in cui puntava la vivrecard di Raylight, avevano raggiunto una piccola isola estiva, dove Rufy aveva finalmente potuto riabbracciare Nami, non meno commossa di lui. Prima di ripartire, Nami aveva insistito affinchè mangiassero qualcosa e, nel frattempo, elaborassero un piano. Alla parola “mangiare” Rufy si era trovato immediatamente d’accordo e aveva seguito la navigatrice in un piccolo ristorante, dovei cuochi erano rimasti sconvolti dall’enorme quantità di cibo che il ragazzo aveva ordinato per sè ed il fratello.

-Mmm, fì, e allofa?-

Domandò Rufy, sputacchiando pezzetti di carne sulla tovaglia. Nami scrollò le spalle, ritornando alla sua rivista.

-Nulla, però è curioso. Dicono che chiunque veda Boa Hancock rimanga affascinato dalla sua bellezza, tanto da trasformarsi in pietra.-

-Ah, parli di quello!-

Esclamò il capitano, inghiottendo un boccone superiore alle sue capacità e battendosi il petto per farlo andare giù.

-Sì, bhè, l’ha fatto anche con me, ma non è che sia servito a molto. Mi sa che è un frutto del diavolo difettoso-

Nami lo osservò dubbiosa, tirandosi nervosamente una ciocca di capelli.

-Mi stai dicendo che non è così bella come dicono?-

Domandò con fare indagatorio.

-Bella?-

Ripetè Rufy confuso, meditando sulla risposta da dare.

-Sì, bhè, è bella. Ma che centra?-

Nami sbuffò spazientita e chiuse definitivamente il giornale, guardando il capitano dritto negli occhi.

-Insomma, Rufy! Hai visto la donna più bella del mondo nuda, lei si è innamorata di te e tu non provi proprio niente?!-

Il capitano la guardò con aria smarrita, ignorando cosa volesse davvero sapere la navigatrice.

-Ahh, forse è per questo che mi ha baciato!-

Esclamò ad un tratto, battendosi il pugno sul palmo aperto e scatenando l’ilarità del fratello e l’irritazione di Nami.

-Boa Hancock ti ha baciato?!-

Rufy annuì divertito.

-Sì! Ma perchè ti interessa tanto?-

Nami scosse la testa arrossendo.

-Per sapere cos’hai combinato in tutto questo periodo-

Si giustificò, scrollando le spalle. Rufy la osservò a lungo, poi le regalò un grande sorriso sincero.

-Comunque ti assicuro che non è poi tutto sto granchè. Tu hai le tette molto più belle e grandi!-

Constatò, prima che il bicchiere di aranciata della sua navigatrice gli venisse spaccato in testa, mandandolo a cozzare con la fronte sul tavolo di legno. Ace, scosso da convulse risate, ad un tratto incrociò lo sguardo furioso della ragazza e tacque, preso da un’improvviso interesse verso ciò che stava mangiando.

-Idiota! Ma ti pare il caso di fare simili osservazioni?!-

Esclamò, furente. Rufy si massaggiò il capo con aria sconfitta.

-Ho solo detto la verità-

si lagnò, scuotendo la testa.

-Tu sei molto più bella, sia con che senza i vestiti!-

Quest’ultima affermazione trattenne Nami dal gonfiarlo di botte. D’altra parte le aveva appena detto che, ai suoi occhi, l’imperatrice dei mari non reggeva proprio il confronto.

NDA

Questa volta evito qualsiasi genere di commento xD Volevo farvi un piccoloregalino prima di partire per LUcca <3 Vi amo tutti <3

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Capitolo 8
*** ...perchè le lacrime di Bibi hanno irritato Rufy, mentre quelle di Nami l'hanno fatto arrabbiare contro chi l'ha fatta soffrire ***


Senza Titolo

...perchè le lacrime di Bibi hanno irritato Rufy, mentre quelle di Nami l’hanno fatto arrabbiare contro chi l’ha fatta soffrire.

Il clima del deserto era spietato e questo la ciurma di Cappello di Paglia lo aveva imparato a proprie spese. Il caldo torrido di poche ore prima era scomparso tanto rapidamente quanto il sole dietro una duna, lasciando il deserto in balia del buio e del freddo. Chopper godeva di quella temperatura, così simile alla sua isola natale, e sostava appositamente lontano dal fuoco, disteso sulla sabbia -così morbida da parer quasi neve- e bagnato dai raggi della luna.
Bibi, accoccolata accanto al braciere, guardava assorta la danza delle fiamme, massaggiandosi di tanto in tanto la guancia offesa, distrattamente. Quel pomeriggio la reazione di Rufy l’aveva sorpresa e in parte ferita, anche se, ragionandoci a freddo, aveva compreso che l’aveva fatto solo per calmarla ed indurla a prendere decisioni lucidamente. Avvicinò le mani al fuoco per scaldarle, gurdando i suoi compagni di viaggio; Rufy dormiva già profondamente, imitato da Sanji e Zoro. Usopp si era rannicchiato vicino al fuoco, di schiena, ma i respiri profondi tradivano il suo sonno pesante.

-Non riesci a dormire?-

Nami le toccò dolcemente una spalla, facendola trasalire.

-Oh...no. E tu?-

La navigatrice sollevò una borraccia mezza vuota, agitandola dolcemente.

-Sono andata a dar da bere a Ciglione-

Spiegò, sedendosi accanto all’amica e godendo del tepore del fuoco. I bagliori arancioni conferivano ai capelli della ragazza riflessi innaturali, trasformando i suoi occhi scuri in pozze impenetrabili. Notando che BIbi si massaggiava di tanto in tanto la guancia arrossata, assunse un’espressione dispiaciuta.

-Ti fa ancora male?-

Bibi scosse la testa.


-No. E’ che sfiorandomi dove Rufy mi ha colpito mi aiuta a pensare, a ragionare in maniera lucida. Alla fine devo ringraziarlo, nonostante i modi poco convenzionali-

Sorrise dolcemente a Nami, che ricambiò.

-Ti confesso che ha stupito anche me-

Mormorò la navigatrice dopo un po’, tirandosi le ginocchia al petto e lanciando uno sguardo traverso a Rufy.

-Anche se...-

Nami si interruppe, scuotendo la testa.

-Niente, lascia stare-

La principessa le si fece più vicina ed abbassò ulteriormente la voce.

-Cosa?-

Domandò, cercando lo sguardo della navigatrice, che le rispose con un sorriso incerto.

-Rufy è nato per aiutare le persone, anche se questo significa cacciarsi in situazioni più grandi di lui. Ha aiutato anche me-

Ammise, sfiorandosi la spalla tatuata e rabbrividendo.

-Molto tempo fa-

Aggiunse.

-Oh-

Il crepitio del fuoco riempì il silenzio che scese sulle due ragazze. Bibi, nella cui testa si stavano affollando le domande, si chiese più volte se fosse il caso di far ricordare all’amica un episodio che doveva essere stato molto doloroso. Prima di poter prendere una qualunque decisione, Nami la guardò e sorrise.

-Chiedi pure. Lo so che muori dalla voglia di farmi qualche domanda!-

Bibi arrossì e si concentrò sul braciere.

-Perchè hai chiesto aiuto proprio a Rufy?-

Domandò, senza spostare lo sguardo e stringendosi un po’ di più le ginocchia al petto.

-Oh no, io non gli ho chiesto aiuto, anzi-

Rispose Nami, lasciandosi andare ad un sospiro.

-E’ lui che non mi ha lasciato un attimo fino al momento in cui non mi sono resa conto che era l’unico in grado di potermi salvare; a quel punto, quando il mio orgoglio giaceva in pezzi insieme alla mia vita, Rufy mi ha dato nuova speranza. Io, che avevo sempre fatto in modo di contare solo su me stessa, mi sono affidata a colui che aveva mandato in pezzi con un sorriso le mie certezze...Scusa, tutto questo discorso ti sembrerà terribilmente confuso!-

Si scusò Nami, sorridendo a disagio. Bibi scosse la testa e sorrise a sua volta.

-No, mi sembra chiarissimo invece. Rufy è molto importante per te e dopo ciò che mi hai detto ne capisco il motivo; non ti ha abbandonato anche se tu non lo volevi vicino e hai fatto di tutto per allontanarlo. Anche se chiudevi in te il dolore, lui ha percepito lo stesso il silenzioso grido d’aiuto che lanciavi...-

La navigatrice abbassò lo sguardo, stringendosi nelle spalle. Rufy aveva fatto tutto quello elencato da Bibi e anche molto di più; l’aveva capita, aveva avuto fiducia in lei, non si era arreso di fronte ai suoi rifiuti, ai suoi “no”.

-Ora capisco perchè mi ha picchiato-

Disse improvvisamente la principessa, attirando su di sè lo sguardo stupito di Nami.

-Io sono così diversa da te...sono così insicura, idealista, chiedo sempre aiuto e piango in continuazione. Conoscendo una donna come te ai suoi occhi sarò apparsa come stupida ed infantile-

Nami aprì bocca per rispondere ma Bibi la fermò con un gesto.

-Va bene così Nami, sono ben cosciente di avere questo carattere. Rufy mi ha spronato a tirare fuori la forza che si nasconde in me e non ha trovato un modo più efficace di quello che ha utilizzato-

-Sì, è decisamente rozzo-

Bibi si lasciò andare in una risata cristallina.

-Oh, no. Dopo quello che mi hai raccontato, sono sicura che non esista nessuno più sensibile del nostro capitano-

Nami non rispose e si distese sulla sabbia, rivolgendo il proprio sguardo alle stelle. Improvvisamente le era salita una grande stanchezza e sentiva il sonno offuscare i suoi pensieri. Chiuse gli occhi, lasciando che i sogni la portassero via con sè.
Bibi, non accorgendosene, rimase in silenzio ancora qualche minuto, immersa nei suoi pensieri.

-A Rufy piacciono le donne come te-

Disse infine la principessa, voltandosi a guardare l’amica e trovandola addormentata.
Nami, dal profondo dei suoi sogni, colse ancora l’eco di quelle parole e non potè trattenersi dal sorridere.
Quella notte, i suoi sogni, furono popolati da cappelli di paglia e mandarini.

NDA
Rieccomi! Chiedo umilmente scusa per il ritardo ù_ù Sto lavorando ad un progetto di tirocinio che mi tiene impegnata otto ore al giorno e torno sempre acasa stanchissima! Eccolo qui il nuovo momento Runami ^^ Piaciuto? Lo so, è diverso dai soliti, tanto più che Rufy compare pochissimo O.O Mi rifarò con gli altri, promesso XD Bibi non la sopporto, ma in questo capitolo mi era utile e ho cercato di renderla al meglio possibile! Spero che vi piaccia! Un bacione :*
ps. Al prossimo capitolo risponderò alle recensioni, finalmente XD

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Capitolo 9
*** ...perchè immaginarli genitori riempie di tenerezza. ***


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...perchè immaginarli genitori riempie di tenerezza.

-Ehi...ehi, mi senti?-

Rufy appoggiò l’orecchio contro il ventre ormai prominente di Nami e rimase in ascolto, un’espressione concentrata sul viso. Quel rituale si ripeteva ormai tutte le mattine da circa due mesi, ovvero dal momento in cui la pancia le si era ingrandita abbastanza da far immaginare a Rufy il figlioletto che le stava rannicchiato in grembo.

-Rufy, non è cambiato nulla da ieri mattina. E’ ancora troppo presto perchè il bambino...-

Il capitano agitò la mano libera, quella cioè non impegnata ad accarezzare il pancione, in aria e le fece segno di tacere. Rufy aveva preso la notizia della gravidanza di Nami con un’entusiasmo incredibile e le era stato sempre molto vicino, almeno finchè Nami non lo cacciava fuori dalla propria cabina a calci per godersi un po’ di tranquillità; certo, Rufy era un tesoro e sì, vederlo così preoccupato per il loro bambino non ancora nato la riempiva di tenerezza, ma averlo sempre con la testa appiccicata al ventre, con il quale ultimamente intavolava lunghi ed incoerenti discorsi , era terribilmente irritante.

-Stavolta ho sentito qualcosa!-

Disse ad un tratto il capitano, strusciando il viso contro la pancia di Nami, che sospirò seccata. Da quando era rimasta incinta il suo umore era decisamente instabile; passava dalla più completa felicità ad un’abissale tristezza senza un apparente motivo. Due giorni prima aveva picchiato selvaggiamente Zoro perchè le aveva fatto notare che, se avesse continuato a mangiare per due, sarebbe diventata una balena. Lo spadaccino si era ritirato sottocoperta con diversi bernoccoli e contusioni, salvo poi doverne riuscire perchè Nami, in lacrime davanti alla porta della cabina, singhiozzava che le dispiaceva e che voleva un gran bene a tutti loro. Rufy era divertito da questi contrinui cambi d’umore e, quando la sua donna gli chiedeva come facesse a sopportarla, lui rispondeva candidamente che non era poi così diversa dal solito, lacrime a parte. Il fatto che lo dicesse con atteggiamento innocente ed un sorrisone a trentadue denti faceva montare la rabbia in Nami, perchè dimostrava che in effetti aveva tendenze isteriche anche senza gli ormoni a palla. Questi discorsi finivano quasi sempre con Rufy malmenato, ma lui non ci faceva caso, anzi ci rideva sopra.

-Rufy, per l’amor di...-

Tump.

Il cuore di Nami saltò un battito per l’emozione e anche Rufy, sul punto di rialzarsi, rimase immobilizzato a mezz’aria, l’orecchio a pochi centimetri dal ventre della navigatrice.

-Hai...hai sentito?-

Mormorò la ragazza; la commozione le chiudeva la gola. Rufy la guardò con aria altrettanto emozionata ed annuì piano, come se un movimento troppo brusco potesse rompere la magia di quel momento.

-Sarà una femmina-

Disse Rufy dopo qualche secondo di silenzio. Nami lo guardò stupita.

-E da cosa l’avresti capito?-

Domandò, sedendosi cautamente sulla sedia della cucina. Rufy sorrise e scrollò le spalle.

-Sensazione-

Spiegò, avvicinandosi al viso di Nami e posandole un bacio sul naso.

-Stasera facciamo sesso? Ormai le nausee non le hai più-

Instantaneamente il viso rilassato della navigatrice si trasformò in una maschera di rabbia, che sfogò facendo sbattere la testa del capitano -tanto l’aveva dura-
sul legno massiccio del tavolo.

-Auhh, ma Nami, perchè...-

Si lamentò, massaggiandosi il punto offeso, che si stava già arrossando.

-Perchè dopo una scena del genere non puoi uscirtene con una proposta simile!-

Esclamò la ragazza indignata, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.

-Ma anche a Roxy farà piacere un po’ di movimento! Dev’essere una tale noia lì dentro!-

Disse il capitano a sostegno della sua causa. Nami lo guardò disorientata.

-Roxy?-

Domandò, confusa. Rufy annuì.

-Roxanne Bellmer, no? La bambina-

Disse, indicando la pancia di Nami, che ci mise qualche secondo ad assimilare la notizia.

-Tu hai...già scelto il nome?-

Rufy annuì ancora.

-Non ti piace?-

Bellmer. Rufy voleva chiamare la loro bambina Bellmer. Un’ondata di commozione salì agli occhi di Nami, che cercò di trattenersi dallo scoppiare in lacrime ed impegnò la mente a maledire gli ormoni impazziti.

-Mi piace...moltissimo-

Mormorò quando fu abbastanza sicura della propria voce. Rufy sorrise.

-Quindi, per stasera?-

Domandò ancora. Nami sospirò esasperata.

-Non credo che alla bambina faccia bene...-

-Roxy, un calcetto se sei d’accordo con papà-

Silenzio e poi...tump.
Nami sbuffò.

-Cominciamo bene!-

Disse, dando le spalle al capitano ed avviandosi verso la propria cabina. Dentro di sè, però, sorrideva.


NDA
Ma come sono brava! Non sono brava? *_* Ho scritto il nono missing moments e l’ho pubblicato in breve tempo! Sto cercando di farmi perdonare il ritardo, sappiatelo XD Però voi siete troppo tenere perchè commentate sempre e io vi amo *w* E questa volta rispondo alle recensioni ^-^

Tappetta: Grazie mille ^^ I complimenti fanno sempre piacere e anche io credo che RufyxNami siano la coppia (Canon XD) perfetta ^.^ Spero che anche questo “Missing” particolare ti sia piaciuto ^^

Beatrix: Lo so, faccio spesso preoccupare i miei lettori ù_ù Il fatto è che l’università impegna e non riesco a dedicarmi alle fic come vorrei T_T Però adoro quello che faccio, il tirocinio nelle classi elementari mi riempie di gioia e sono molto felice ^^ Pensa che questa fic è nata quando un bimbo è venuto a dirmi che avrà un fratellino *w* Per quanto riguarda Alabasta...anche io ho riletto la saga ultimamente e che dire? Bibi è lontana dall’essere il mio personaggio preferito, però per certi versi ho cominciato ad apprezzarla. XD Che ne dici di Rufy e Nami genitori? Nami sotto ormoni mi ha divertito tantissimo X’D

Lucia Lair: è vero, Bibi sta con Koza...anche se ammetto che BibixPell è un abbinamento che non mi dispiace °o° Che ne dici?

hachiko95: Visto che ho aggiornato presto? ^^ Spero di aver aggiornato anche bene oltre che presto °o° Sì, Bibi mi era utile nella storia perchè, a parte quando piange in maniera incontrollata, penso che per Nami sia stata un’ottima amica e confidente ^^

meli_mao: Oddio, anche io ho detestato quella scena!!! ò__ò Però, se vuoi riprenderti, guardati il film di OP con il remake della storia di Chopper...la scena di Rufy in ginocchio che prega affinchè aiutino Nami malata (e ha preso questa decisione dopo averla pensata a letto con il febbrone) ti piacerà sicuramente!! Io l’ho rivista circa una decina di volte XD In più con la nuova uscita del film di OP la Runami acquista un sacco di punti...ma non faccio spoiler, andatevi a cercare i trailer, non ne sarete delusi *ò*

Lusty: A furia di farmi tutti questi complimenti va a finire che mi monto la testa XD Scherzi a parte, sono davvero contenta che la mia raccolta ti piaccia e ti aiuti a “rivalutare” Nami ^^ Io non la trovo così antipatica, anzi, è tra i miei personaggi preferiti ^^ Non scusarti per il papiro, a me piacciono i papiri *-* Spero di non deludervi mai, perchè vi adoro tutti *w* Mantere l’IC però è difficile, soprattutto per le situazioni che nel manga non si sono mai viste. tipo Nami incinta XD Devo dire però che scrivere questo missing mi ha divertito XD

yuki689: Grazie anche a te, a costo di sembrare ripetitiva ^ ^ Vedo che Bibi comunque non è molto amata ò_ò io ho sempre detestato la coppia RufyxBibi, non ho mai capito perchè esistesse, dato che ovunque io legga Bibi viene sempre trattata come la scema di turno XD Bha, misteri del fandom XD Alla prossima :*

Che aggiungere? Davvero grazie a tutti *_________* A proposito, ho in programma 100 capitoli esatti ^^ Chi vuole suggerire momenti o scene che gli piacerebbe vedere...basta scriverlo!! Alla prossima *___*


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Capitolo 10
*** ...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita. ***


Senza Titoloi8

...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita (Parte I)

“...e comunque vada
guardami dentro gli occhi
gli occhi ch'eran bambini”

********************************

Seduti uno accanto all’altra sulla coffa, Rufy e Nami scrutavano il mare, un unica massa scura in movimento, che all’orizzonte si fondeva con il cielo, rendendo impossibile distinguere l’uno dall’altro. Quella notte il capitano aveva il compito di stare di vedetta e la presenza di Nami accanto a lui si spiegava per un’unica ragione, riassumibile nella parola “fame”.
Quando Nami si era trascinata in cucina a notte fonda -aveva finito tardi di lavorare e voleva conciliarsi il sonno con una tazza di latte caldo- non aveva previsto che Rufy, notata la debole luce proveniente dal locale, si sarebbe precipitato giù dalla sua postazione, nella convinzione che Sanji si fosse ricordato che, intorno a mezzanotte, lo stomaco del capitano avvertiva sempre un certo languorino. Senza domandarsi se fosse proprio Sanji quello che armeggiava in cucina, Rufy aveva sbattuto malamente la porta e si era buttato ai piedi del presunto cuoco, ricevendosi per tutta risposta un tacco in piena faccia.

-Si può sapere cosa stai combinando, idiota?-

Esclamò Nami, osservando il ragazzo disteso a terra che esibiva un’espressione mogia.

-Credevo fossi Sanji. Ho fame-

Piagnucolò, indicandosi pietosamente lo stomaco.
Nami sospirò esasperata, voltandogli le spalle e rovesciando il contenuto del pentolino in una grande tazza arancione.

-Abbiamo cenato meno di tre ore fa-

Puntualizzò, pur sapendo che era inutile. La fame di Rufy era sempre stata spropositata, ma aumentava in maniera esponenziale dopo combattimenti particolarmente violenti. La loro esperienza a Skypia, terminata il giorno precedente, aveva lasciato una notevole spossatezza in tutti loro, oltre a lividi e ferite che ci avrebbero messo qualche tempo a guarire. Rufy, il più provato di tutti, era ricoperto di bende in diverse parti del corpo, ma non gli importava, anzi, il suo sorriso in quei giorni era, se possibile, ancora più luminoso.

-Mi cucini qualcosa?-

Domandò il ragazzo, sedendosi sul pavimento a gambe incrociate ed osservando Nami che lavorava tra i fornelli.

-Dimmi, mi tormenterai finchè non avrai qualcosa che ti tenga impegnate le mascelle, vero?-

Il capitano si esibì in un sorriso a trentadue denti e Nami si rassegnò ad esaudire la sua richiesta. Imbastito uno spuntino a base di avanzi della cena, Nami aveva preteso che Rufy tornasse al suo posto sulla coffa e poi, per evitare che il troppo cibo lo facesse addormentare, gli aveva imposto la propria compagnia. L’aria tiepida della primavera rendeva piacevole starsene appollaiati lassù, al confine tra mare e cielo, mentre lo sciabordio lento delle onde cullava i pensieri.

-Non credevo che avrei sentito la mancanza di questo suono-

Mormorò Nami dopo qualche minuto di silenzio, socchiudendo gli occhi ed inspirando a fondo l’odore pungente di salsedine.

-E tu, Rufy?-

Domandò; quando non le giunse nessuna risposta, la navigatrice si voltò verso il ragazzo, trovandolo profondamente addormentato con la testa appoggiata al parapetto della coffa e un cosciotto di carne ancora in mano.
Senza pensarci due volte, Nami abbattè il proprio pugno sulla testa del capitano, che si ritrovò sveglio e con un doloroso bernoccolo.

-Ahiaaaa! Strega!-

Si lamentò Rufy, osservandola con aria contrita.

-Idiota! E’ così che fai la vedetta? Meno male che ti ho seguito!-

Esplose la ragazza, seccata.

-Siamo nuovamente nel nostro mare, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso! Dobbiamo ricominciare a stare attenti alla rotta, ai pericoli, al...-

-Sì, mi è mancato proprio tanto, sai?-

La interruppe il capitano, concentrando il proprio sguardo là dove avrebbe dovuto essere l’orizzonte. Nami rimase con la propria frase a metà, stordita da quell’improvviso cambiamento di discorso.

-A...anche a me-

Rispose dopo qualche secondo, esitante, abbassando il pugno e rilassando le spalle.

-Skypie era bella, questo è innegabile, ma era un po’ troppo bianca per i miei gusti-

Aggiunse, spostando il proprio sguardo al cielo.

-Abbiamo quasi rischiato di non vederlo più, il nostro mare-

Considerò Rufy, ripensando ad Ener e al suo grandioso progetto. Nami rabbrividì nella tiepida aria primaverile.

-Vero. Ener era un pazzo, ma come al solito tu hai trovato una strategia e l’hai battuto.-

-Mi dava sui nervi-

Spiegò semplicemente Rufy, scrollando le spalle.

-E poi nessuno può permettersi di portarsi via la nostra navigatrice-

Aggiunse, facendo sorridere Nami.

-Sei un pazzo. Meno male che sono riuscita poi a svignarmela da sola, quando sei precipitato dall’arca Maxime-

-Ma poi sei tornata indietro per salvarmi-

-Pensavo che stessi ancora insistendo a voler sistemare Ener perchè mi credevi sull’arca, non avevo fatto i conti con la tua cocciutaggine-

-L’hai condivisa anche tu la mia cocciutaggine-

Ribattè Rufy, guardandola per la prima volta negli occhi. Ai bagliori della luna gli occhi del capitano parevano due pozze di oro nero.

-Volevo ascoltare anche io il suono della campana-

-Rischiando di morire?-

Nami scosse la testa, sorridendo.

-La mia vita era nelle tue mani, non credo che sarei stata più al sicuro da nessun altra parte-

E si stupì nel constatare che lo pensava davvero. Rufy sorrise allegramente.

-Era proprio un bel suono, vero?-

Nami annuì; I rintocchi della luce di Shandora erano stati così potenti e nello stesso tempo melodiosi che le avevano fatto vibrare di emozione ogni piccolo osso. Ricordava perfettamente quella scena: la nuvola carica di elettricità di Ener, che gettava un’ombra gigantesca in grado di inghiottire tutto, il rombo del tuono che attutiva tutti gli altri rumori e la sensazione dell’elettricità sulla pelle. E poi la paura vera, quella che ti sale dal profondo e ti gela la pelle, facendoti risuonare nelle orecchie il suono del tuo cuore che pompa, per ricordarti che ancora sei vivo, ancora hai speranza...ma quella paura non era per sè. Era nata improvvisa e violenta quando la ragazza aveva visto Rufy tuffarsi in quel caos oscuro, con la sua solita determinazione che rasentava la follia; era nata quando in una frazione di secondo aveva realizzato che avrebbe potuto non rivederlo mai più.
Nami fu scossa da un brivido violento ed abbassò il capo, il respiro corto.
Razionalmente tutto ciò non aveva senso. Rufy era lì accanto a lei, era in perfetta salute -nonostante i metri di bende che nascondevano parte del suo corpo- e l’idea di morire non gli passava neanche per la testa. Come tutte le altre volte che aveva combattuto.

-Nami, ehi!-

La voce del ragazzo le giunse inaspettata e la scosse dai suoi pensieri.
Sollevò il capo e sorrise incerta al capitano, sistemandosi alcune ciocche ribelli dietro l’orecchio.

-Dimmi, che vuoi?-

Rufy le si avvicinò e la scrutò nella penombra.

-Cosa c’è che non va?-

Domandò all’improvviso, serio. La ragazza fu colta alla sprovvista ed abbassò lo sguardo.

-Perchè devi sempre essere così sconsiderato?-

Domandò, raccogliendo le proprie ginocchia al petto.
L’espressione interrogativa che si dipinse sul volto di Rufy fu più esplicativa di tante parole.

-Io non sono sconsiderato!-

-Fai cose stupide durante i combattimenti. Non pensi minimamente alla tua vita nè alle conseguenze che la tua morte potrebbe portare alla ciurma-

Rincarò Nami, questa volta con un tono astioso. Si era scoperta arrabbiata con lui, ma era una rabbia diversa dal solito; non era il desiderio di riempirlo di pugni fino a gonfiarlo, quanto piuttosto un risentimento più profondo. Perchè non aveva pensato a come si sarebbero sentiti loro, i suoi compagni, se lui fosse stato fatto fuori?

“Che sciocchezza”

Pensò Nami; era noto che Rufy non pensasse, mai.

-Sapevo che non sarei morto-

Rispose seriamente Rufy, piegando il capo ed osservando Nami con un misto di curiosità e fiducia tradita.

-Non metterei in gioco la mia vita se non sapessi di farcela. Pensavo l’avessi capito-

-Gli eventi dimostrano il contrario-

-Ma se sono qui e ti parlo ho ragione io, no?-

-Al prossimo combattimento potresti fare male i conti e noi non ci potremmo parlare più-

La conversazione si stava spostando su piani eccessivamente astratti e il capitano rimase in silenzio a meditare sulle parole della navigatrice. Indeciso su cosa ribattere, ma mosso dal desiderio di averla vinta

(o di rassicurarla?)

la afferrò per un polso e la trasse vicino a sè, finchè il capo di Nami non fu appoggiato al suo torace. La ragazza, presa alla sprovvista, non mosse alcuna resistenza, e sentì contro il proprio viso il tepore di Rufy e nelle orecchie il battito del suo cuore.

-SEntito? Questo è il suono che ti dimostra che sono vivo **-

L’immagine di Rufy che usciva vittorioso dalla nube nera e sconfiggeva Ener riempì la mente di Nami che sentì i propri occhi inumidirsi.

-Sei uno stupido!-

Esclamò, allontanandosi dal capitano e tirandogli un pugno sul braccio.
Lui, però, non sembrò risentirne, anzi. La osservò con uno sguardo insieme estremamente serio e smarrito.

-Dimmi...perchè il mio cuore batte così furiosamente?-

Domandò, portandosi una mano al petto. Nami lo osservò a lungo, confusa.

-Così...furiosamente?-

Lui annuì e la ragazza gli scostò la mano per appogiargli sul torace la propria. Aveva ragione: il cuore pompava ad un ritmo molto più alto del normale. Lo guardò negli occhi e fece per dirglielo, ma non fece in tempo, poichè si ritrovò le labbra di Rufy premute contro le proprie.

NDA
Capitolo lunghetto e perciò diviso in due parti ^^ Mi sono presa del tempo per renderlo al meglio possibile, anche se la VERA spiegazione del titolo sarà nella seconda parte :D Buona lettura :*
ps. alla seconda parte anche i ringraziamenti ^^

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Capitolo 11
*** ...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita. (Parte II) ***


CAP11

...perchè Nami ha affidato a Rufy la propria speranza, la propria felicità e, soprattutto, la propria vita.

“Avremo anche noi dolori
che forse non sapremo evitare,
nemmeno affrontare,
ma niente di noi perduto andrà.”


******

Con gli occhi spalancati, Nami registrò mentalmente ciò che le stava accadendo: Rufy la stava baciando! Sentiva le labbra del capitano premute con urgenza sulle sue, in maniera impacciata ma decisa. Ciò che la stupì fu il fuoco che avvampò improvvisamente in lei, spingendola, senza sapere esattamente come, a rispondere al bacio. Non appena le labbra di Nami cominciarono a muoversi su quelle del capitano, il ragazzo la strinse tra le braccia, annullando la distanza tra i loro corpi. Poteva sentire ogni singolo battito del cuore della sua navigatrice, ogni piccolo movimento del suo corpo; prima che l’eccitazione prendesse il sopravvento su ogni pensiero, Rufy si allontanò bruscamente da Nami, come se la vicinanza della navigatrice gli procurasse dolore. Rimasero ad osservarsi ansanti, cercando di ignorare il rispettivo imbarazzo.

-Perchè?-

Domandò ad un tratto Rufy, con voce rotta.

-Perchè non riesco a far smettere questo battito furioso?-

Il ragazzo si portò una mano alla fronte, traendo un profondo respiro per calmarsi. Nami lo osservò in silenzio, mentre una nuova consapevolezza si faceva largo in lei: voleva baciarlo ancora.

-Va bene così-

Mormorò, avvicinandosi al capitano e cercando il suo sguardo.

-Significa essere umani-

Rufy scosse la testa con aria colpevole.

-Nami, io...non posso venirti vicino-

La ragazza sorrise rassicurante.

-Allora mi avvicinerò io-

Si mosse verso il capitano e gli accarezzò lentamente una guancia; lo sguardo di Rufy cambiò.

-Nami...posso baciarti ancora?-

La ragazza annuì, avvicinando il viso al suo; il contatto fu dolce e misurato, privo dell’urgenza di prima. Nami lasciò che Rufy esplorasse le sue labbra con calma, conscia che quella era la prima volta del ragazzo. Certo, anche lei aveva passato anni senza preoccuparsi di amore e relazioni (Arlong occupava tutti i suoi pensieri) , ma spesso, per riuscire a sottrarre il denaro, aveva dovuto recitare la parte della ragazza facile e questo le aveva procurato una certa esperienza in merito.
Accarezzò i capelli di Rufy e si strinse contro di lui, mentre le mani del capitano, un po’ più audaci dell’inizio, le accarezzavano pigramente la schiena. Quando si separarono per riprendere fiato, entrambi si resero conto che a breve qualche bacio non sarebbe più bastato.

-Nami...-

La ragazza scosse la testa e gli intimò di fare silenzio, mentre appoggiava la fronte contro la sua.

-Va tutto bene, Rufy.-

-Non capisco cosa stia succedendo-

Ammise il capitano, sconfortato.

-Sei la mia navigatrice. Ti ho sempre considerato una ragazza speciale, perchè sei intelligente e forte e ti ho protetta quando ne avevi bisogno, perchè sei una mia compagna...ho sempre considerato normale provare affetto per te ma questo...questo è strano-

Tentò di spiegare Rufy, sforzandosi di trovare le parole giuste.

-Quello che provo ora...brucia. E soprattutto non passa; più ti sto vicino e più sento il mio corpo caldo e ho voglia di...-

Il ragazzo si interruppe, in imbarazzo, e fissò lo sguardo al pavimento.

-Anche io-

Rispose Nami all’improvviso.

-Non c’è niente di sbagliato, Rufy. Non se lo vogliamo tutti e due-

Il capitano abbracciò Nami e nascose il viso nell’incavo del suo collo. La navigatrice gli accarezzò i capelli, il collo e poi scese con le mani sulle spalle e sulla schiena.
Rufy sollevò il capo e la baciò ancora, mentre le mani superavano l’ostacolo della stoffa, venendo finalmente in contatto con la pelle. Nami sentì le dita del capitano esplorarle la schiena con delicatezza, evitando le zone in cui non aveva ancora avuto il permesso di avventurarsi. Nami gli sbottonò dolcemente la casacca rossa, facendola scivolare a terra in un fruscio delicato. Non era la prima volta che vedeva Rufy con indosso solo i pantaloni ma, questa volta, la sua visione le provocò un brivido diverso. Questa volta era stata lei a scegliere di vederlo così.
Le bende che avvolgevano in parte il torace del capitano attirarono l’attenzione della navigatrice.

-Se ti tocco qui ti faccio male?-

Domandò, sfiorando con i polpastrelli la trama ruvida dei bendaggi. Rufy, ubriaco di sensazioni, scosse il capo.

-Non mi fai male neanche quando mi riempi di botte-

Mormorò, sorridendo. Nami si accigliò.

-E allora perchè fai tutte quelle storie?-

-Perchè ti dà soddisfazione-

Spiegò il ragazzo, scrollando le spalle.

-Sei proprio un idiota-

Disse in un soffio la ragazza, allontanandosi temporaneamente da lui e poggiandosi le mani sui fianchi. Rufy sbuffò, assumendo un’espressione capricciosa.

-Non sei mai contenta-

-Cosa?!-

Sbottò Nami, infervorandosi. Il ragazzo le voltò le spalle, incrociando le braccia al petto.

-Smettila di fare il bambino!-

Esclamò la ragazza, alzando un po’ la voce. Com’erano arrivati a litigare?
Rufy le rivolse uno sguardo offeso e tornò ad osservare cocciutamente il mare.

-E va bene!-

Disse Nami esasperata, allargando le braccia in un gesto di resa.

-Buona nottata!-

Aggiunse, avvicinandosi alla scaletta e cominciando a scenderla. Sentendo che la navigatrice se ne stava andando, Rufy le rivolse nuovamente tutta la sua attenzione.

-Te ne vai?-

Domandò, con voce incerta. Solitamente Nami lo riempiva di botte, non lasciava mai cadere così le questioni.
Nami, già a qualche piolo di distanza da Rufy, sollevò la testa per incontrare il suo sguardo.

-Non è ovvio?-

Domandò di rimando, seccata.

-Non volevo farti andare via-

Mormorò allora il capitano con voce mogia. La ragazza sbuffò.

-Non era serata, Rufy-

E riprese a scendere la scaletta, senza più guardarlo.

***

“Avvicinati anche tu
e permettimi di più,
la tua bocca sulla mia
per non andare via.”


***

Che il clima in quei giorni fosse più teso del solito, nessuno nella ciurma poteva negarlo; Rufy passava molto del suo tempo sulla polena, con lo sguardo perso , mentre Nami si innervosiva per ogni minima situazione imprevista. Bastava anche un piccolo screzio tra Zoro e Sanji per far sì che le saltassero i nervi.

-Per me dovresti parlare con Rufy-

Disse Robin una sera, senza staccare gli occhi dal grosso libro che aveva tra le mani. Lei e Nami si erano ritirate in cabina subito dopo la cena e la navigatrice aveva passato tutto il tempo china sulle carte nautiche.

-Che centra Rufy, adesso?-

Mormorò stancamente la ragazza, giocherellando con la penna che aveva stretta tra le dita.

-Questo dovresti dirmelo tu. Che centra Rufy ?-

Nami abbandonò la penna e si voltò verso l’amica, con aria seccata.

-Rufy centra sempre! Se non fosse stato per lui avremmo rischiato la nostra vita su SkyPia? Saremmo andati a sbattere contro l’enorme guscio di un mostro marino rovinando ulteriormente la Merry ? Avremmo sempre questo maledetto caos sulla nave? Se si desse una regolata magari la smetterei di essere sempre così...così isterica!-

-O così innamorata-

Le parole di Robin, cariche di tranquillità e sicurezza, ebbero l’effetto di uno sparo; Nami, sul punto di lamentarsi ancora del capitano, si zittì improvvisamente, scioccata.

-Co...cosa?-

Domandò, senza distogliere gli occhi dall’amica ed ignorando il fastidioso rossore che, di sicuro, le aveva colorato le guance. Robin si alzò lentamente dalla sedia e, posato il libro sul ripiano della libreria, si avviò verso l’uscita della cabina.

-E’ il mio turno di fare la vedetta. Buonanotte, Nami-

Senza darle il tempo di ribattere, Robin si chiuse la porta alle spalle, rimanendo un attimo ferma nel buio, con un sorriso dipinto sulle labbra. Nami credeva davvero che non si fosse accorta del feeling tra lei ed il capitano?

-Puoi andare a parlarle se vuoi-

Disse ad alta voce, osservando il fondo del corridoio; Rufy, imbarazzato, emerse dal buio, sistemandosi nervosamente il cappello sulla testa.

-Mh...sì. Stavo andando in cucina a...-

Robin annuì e sorrise, allontanandosi. Quando i suoi passi diventarono solo un’eco lontano, due braccia apparvero sulla schiena di Rufy e gli diedero una decisa spinta, che lo fece barcollare fino alla porta della cabina. Senza preoccuparsi di bussare, il ragazzo entrò nella stanza, illuminata dal tenue bagliore dorato di una lampada. Nami, impegnata nel mettere via le carte, non si accorse subito di lui.

-Robin, se cerchi il libro te l’ho ritirato nel...-

Nami si voltò e, trovandosi di fronte il capitano, prese il primo oggetto a portata di mano e glielo scagliò contro, colpendolo in piena faccia.

-BAKA!-

Urlò la ragazza, avvicinandosi al capitano con passo marziale.

-Non si entra senza bussare nella cabina di una signora!-

Rufy, dolorante, si massaggiò il viso arrossato.

-Ahiaa!-

Si lamentò, alimentando la furia della navigatrice.

-E se fossi entrato mentre mi cambiavo?!-

-Ma non ti stavi cambiando!-

-Ma avrei potuto!-

-Strega!-

-Idiota!-

I due ragazzi si stavano urlando contro a pochi centimetri l’uno dall’altra.

-Volevo solo parlarti!-

Sbottò il capitano, guardando la ragazza con la fronte aggrottata.

-Avresti potuto bussare!-

Ribattè Nami, infervorata.

-Oppure parlarmi in un altro momento, viviamo in una nave, maledizione!-

-Lo avrei fatto se tu non mi avessi scagliato contro qualunque cosa appena mi vedevi!-

-E hai mai pensato che magari ho un buon motivo per farlo?!-

Esclamò la ragazza, al colmo della frustrazione. Le utime parole galleggiarono nell’aria ancora per un momento, prima che Rufy, abbandonata ogni intenzione di parlare, avvolgesse Nami in una stretta soffocante e le premesse le labbra sulle sue, con disperata urgenza. La ragazza rispose immediatamente al bacio, passando le braccia dietro al collo di Rufy e avvicinandolo di più a sè. Si baciarono con urgenza e desiderio, senza risparmiare nulla. Le mani di Rufy vagavano sul corpo della ragazza, lo esploravano, mentre Nami rispondeva a quei tocchi con lievi sospiri. Senza smettere di baciarsi si avvicinarono al letto e vi si lasciarono cadere sopra di peso, senza preoccuparsi del lamento delle molle. Rufy, senza domandare il permesso, sfilò la maglietta a Nami, lasciandola cadere sul pavimento, e si mise in ginocchio per osservare la sua navigatrice, distesa sotto di lui, immobile e bellissima. Si osservarono per lunghi momenti, prima che Nami annuisse leggermente. Il ragazzo si chinò e le diede piccoli baci lungo il collo, per poi scendere più giù, tra l’incavo dei seni. La pelle di Nami profumava di inchiostro e mandarino e Rufy scoprì di amare quell’odore; rallentò la sua discesa per stordirsi di quel profumo e chiuse gli occhi, cullato dal tepore della pelle di Nami, che gli accarezzò i capelli, rassicurante. Dopo qualche attimo, Rufy fece leva sui gomiti per poter incontrare lo sguardo della navigatrice.

-Nami...-

Mormorò in un soffio, con l’espressione di un bambino determinato.

-Voglio averti tutta per me-

Il cuore della ragazza aumentò i battiti e un lieve rossore si impossessò delle sue guance.

-Va bene-

-Non solo stasera-

Disse precipitosamente Rufy, improvvisamente preoccupato. La risposta stupì Nami che, preso il viso del capitano tra le mani, lo avvicinò in modo che le loro labbra potessero quasi sfiorarsi.

-Sempre-

Mormorò la ragazza, prima di increspare le labbra in un sorriso e baciarlo ancora.
Le mani di Nami accarezzarono le spalle di Rufy, per poi prendere la casacca rossa e farla scivolare addosso al capitano. Le bende non avvolgevano più il corpo del ragazzo e, nei punti in cui era stato colpito, facevano mostra di sè lucide cicatrici. Nami le sfiorò ad una ad una, con delicatezza, per poi scendere con lo sguardo sui jeans del capitano. Non finse inutile imbarazzo, era una donna già da molto tempo; con le dita accarezzò il rigonfiamento del capitano; Rufy sussultò, sorpreso. Quella situazione lo metteva in evidente disagio e Nami se ne accorse; interruppe il contatto e prese una mano di Rufy tra le sue, per poi portarla sul proprio seno. All’inizio il ragazzo rimase immobile, incerto, poi cominciò ad accarezzarla con dolcezza, attraverso la sottile stoffa del reggiseno. Nami si morse le labbra ed inarcò la schiena, cercando un contatto maggiore con il capitano.

-Come sono morbide!-

Eclamò sorpreso Rufy, facendo spuntare un sorriso sul volto di Nami.

-Voglio vederti tutta-

Esclamò il capitano e la ragazza annuì, mettendosi seduta ed armeggiando con il gancetto del reggiseno. Dopo qualche secondo anche questo indumento raggiunse gli altri sparsi sul pavimento. Rufy osservò il corpo della sua navigatrice e non potè evitare di arrossire; era la prima volta che vedeva il corpo di una donna, ma seppe che non era dato da ciò il suo imbarazzo. Da quel momento in avanti avrebbe potuto incontrare anche la donna più meravigliosa del mondo, ma già sapeva che non avrebbe retto il confronto con Nami, perchè lei era bellissima, in tutti i suoi aspetti.

-Sei bellissima-

Mormorò Rufy con trasporto, nascondendo il viso nell’incavo del collo della ragazza. Nami sorrise ed arrossì.
Rimasero in silenzio per alcuni attimi, poi il capitano scese a baciare il collo della ragazza, la clavicola, e poi ancora più giù. Voleva sentirla, voleva perdersi in lei, perchè ora, finalmente, aveva capito quanto la desiderasse e quanto l’avesse sempre desiderata. Prese tra le labbra un capezzolo di Nami e lo accarezzò lentamente, con la lingua, mentre con la mano dava attenzioni all’altro seno. Quando sentì Nami sospirare per il piacere si staccò da lei e, senza esitazioni, si sbottonò i jeans e se ne liberò, insieme all’intimo.

-Guidami-

Chiese in un soffio, in ginocchio sopra di lei. La ragazza sollevò il bacino e si sfilò gli indumenti, prendendo poi il membro di Rufy tra le mani, per esaudire la sua richiesta. Nami guidò Rufy fino alla sua entrata e poi lo guardò,improvvisamente esitante. Quel momento rappresentava un punto di svolta nella sua vita: segnava il cambiamento drastico dei suoi rapporti con il capitano e poi...
Un’improvvisa spinta la fece sussultare; il ragazzo era penetrato in lei, con forza, facendole perdere il filo dei suoi pensieri. Avrebbe voluto domandargli il perchè di quella fretta improvvisa, però le bastò guardarlo negli occhi per capire; aveva colto il suo turbamento. Aveva notato che un’ombra le aveva oscurato gli occhi e che il passato volevo portarsi via la sua mente, come spesso accadeva. Aveva scelto di riportarla alla realtà, perchè il presente era rappresentato da loro due e lui non voleva lasciarla andare.

“Nooo! Lasciami!”

“Lascia stare Nami!”

“Gen, aiuto!”

“Non alzare le mani sulle bambine!”

“Gen!”

“Ti aiuterò Nami!”

“Cosa ci fai qui? Tu non c’entri niente!”

“No...non c’entro”

“Non sei di qui...Vai via da quest’isola! Te l’ho già detto!”

“Sì, me l’hai detto...”

“Rufy...”

“Aiutami...”


Il ricordo esplose violento nella mente di Nami, come uno specchio colpito da un sasso. Le schegge volarono in più direzioni, tintinnando, e riflettendo il debole bagliore dorato della lampada ad olio. Al posto dello specchio, l’immagine di Rufy sopra di lei; i capelli sudati appiccicati sulla fronte, il volto concentrato e lo sguardo incatenato al suo. Erano loro la realtà. Un’altra spinta.

“E’ pericoloso! Allontaniamoci”

“Nami! Vieni via!”

“Rufy è ancora là dentro!”

“Rufy!!”

“E’ vivo?”

“NAMI!”

“TU SEI LA MIA NAVIGATRICE!”

“...sì”

L’aveva aiutata. Senza chiederle nulla in cambio, senza voler ascoltare la sua storia, senza preoccuparsi di nient’altro se non della sua felicità. Nami non riuscì a trattenere un piccolo gemito, quando Rufy entrò dentro di lei ancora una volta.
Altre schegge andarono ad unirsi a quelle già presenti sul pavimento.
I ricordi si susseguirono, così come le paure, e Rufy li infranse ad uno ad uno, trattenendo il proprio piacere, perchè voleva la navigatrice per sè, senza condividerla con i dolorosi ricordi del suo passato, le sue umiliazioni, le sue bugie.

“Rufy, devi promettermi una cosa...d’ora in poi la mia vita è tutta nelle tue mani”

“Sta tranquilla! Conta su di me!”


Con un’ultima spinta, Rufy riversò la sua vita in Nami, socchiudendo gli occhi e trattenendo a stento un gemito. La ragazza lo abbracciò più stretto, godendo di quel calore che la invadeva, pregando che quella sensazione di completezza non finisse mai. Attese che anche l’ultimo ricordo andasse in frantumi, ma ciò non avvenne; la promessa di Rufy galleggiava nell’aria, tra loro, solida come non mai.
E Nami capì; la sua vita, così come il suo cuore e la sua felicità, erano tra le mani del suo capitano, e lo sarebbero state per sempre; non servivano parole.
Rufy abbandonò il capo sui seni di Nami, facendo respiri profondi.

-Grazie-

Mormorò piano Nami, posandogli un bacio tra i capelli bagnati. Senza rispondere, Rufy allungò una mano, raccolse il cappello da terra e glielo mise in testa.

-Tu sei la mia navigatrice-

Mormorò piano il capitano e Nami, commossa, ripensò a quando Rufy aveva pronunciato la medesima frase; nonostante le parole fossero le stesse, il significato nascosto dietro quelle parole era molto diverso.

-...sì-

Mormorò la ragazza, con la stessa voce rotta di allora; Rufy, però, si era già addormentato.


NDA

ò.ò Non guardatemi così! Lo so che ci è voluto un po’ ad aggiornare, ma volevo rendere al meglio le scene...senza riuscirci purtroppo ç_ç Il fatto è che, solitamente, non mi immagino Nami e Rufy in situazioni simili >.> Preferisco altre situazioni, più soft, in cui comicità e romanticismo si mescolano (e magari con un pizzico di angst :D). Che dire? E’ stato complicatissimo °-°” Ho tentato di rendere Rufy il più IC possibile, con un altalena continua tra desiderio (ha 17 anni, per cui mi pare normale) e imbarazzo, soprattutto considerando che Nami è la sua navigatrice e che è la sua prima volta. Ovviamente Nami l’ho fatta già vissuta, perchè, alla fin fine, per strappare denaro ai pirati certi...”trucchetti” deve pure averli imparati. L’ultima parte della storia può lasciare perplessi, lo so °-° L’ho scritta così perchè quella, in un certo senso, è la prima vera volta di Nami: ha deciso di farlo per amore, senza secondi fini, e Rufy questo l’ha capito, infatti ha voluto che stesse con lui fino in fondo, senza che la mente andasse alla deriva con esperienze passate. Spero di essere riuscita a far passare tutti i concetti che volevo! ù_ù Oltre a questo, aggiungo: ci saranno altri missing moments in cui affronterò l’argomento “intimità” con Rufy e Nami e spero di essere migliorata per allora! ;D Avevo promesso di rispondere a tutti coloro che hanno commentato, ma se lo faccio ritardo ulteriormente l’uscita del capitolo e non mi pare il caso! ^-^ Scusatee! ;_; Sappiate che vi adoro però e che leggere le vostre opinioni mi fa venire una grande voglia di scrivere!! :D Un ultima cosa e poi non vi scoccio più: Rufy si è addormentato perchè è nella sua natura e un finale solo romantico o melenso non mi piaceva XD Un bacio a tutte :**

Canzone by Laura Pausini “Con la musica alla radio”








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Capitolo 12
*** ...perchè, se One Piece parlasse d'amore, Rufy e Nami sarebbero già sposati. ***


cap12


...Perchè, se One piece parlasse d’amore, Rufy e Nami sarebbero già sposati.



-Torna immediatamente qui!-

Genzo allungò il passo, imprecando mentalmente contro l’artrite che gli rendeva ogni movimento una tortura.

-Piccola peste, ti insegno io un po’ di educazione!-

La bambina si volse indietro, senza rallentare l’andatura, e gli fece una linguaccia.

-Prima devi prendermi, vecchietto!-

-Vecchietto?!-

Esclamò Genzo furioso, mentre un’arteria gli pulsava ferocemente sulla fronte. Si impose di aumentare la velocità, ma quel diavoletto in calzoni corti era la reincarnazione di una lepre. Sfiancato dall’età e da una vita poco clemente, l’uomo rallentò fino a fermarsi; tolse il cappello e si passò una mano nodosa tra i capelli ingrigiti, sospirando.

Dannatamente uguale a sua madre.

Pensò, mentre un sorriso incerto metteva in risalto il reticolo di rughe sulla pelle olivastra.
Una volta che fu certa di aver seminato Genzo -non che ci volesse poi molto, ma meglio essere prudenti-, Roxanne rallentò il passo, passandosi una mano sulla fronte per allontanare i capelli sudati. La fionda con cui aveva accidentalmente distrutto i vetri della biblioteca penzolava dalla tasca posteriore dei calzoncini e la bambina la spinse più a fondo, nel disperato tentativo di nasconderla alla vista. La zietta non sarebbe stata contenta di sapere che era capitato un’altra volta...ma che ci poteva fare? Quel dannato elastico era poco bilanciato e la traiettoria dei proiettili risultava imprecisa. Ci aveva lavorato per tutto il mese precedente, seguendo i consigli dello zio Usopp, ma il risultato non era quello che sperava. Sospirò e si addentrò in un filare di mandarini, cercandone con lo sguardo qualcuno dall’aspetto più goloso.

-Ti abbiamo cercato dappertutto!-

Esclamò una vocina saccente e Roxanne si voltò, annoiata. A pochi metri di distanza c’era una bambina dai lunghi capelli lilla, che la squadrava con superiorità.

-Non proprio dappertutto, visto che non mi avete trovata-

Ribattè con una punta di acidità; Zefira era l’unica cugina di sangue insieme ad Ice ma questo non la rendeva più sopportabile.

-Mamma era preoccupata. Temeva che ti fossi messa nei guai un’altra volta-

Il lampo colpevole che attraversò lo sguardo di Roxanne fu più esplicativo di una confessione vera e propria.

-Non ti sei messa nei guai, vero?-

Domandò, inarcando le sopracciglia. Roxanne sbuffò e portò una mano sulla fionda, per controllare che non si vedesse; non poteva rischiare che la zia gliela requisisse un’altra volta.

-Perchè mi cercavate?-

Domandò con aria innocente, riempiendosi la bocca con l’intero mandarino che aveva sbucciato e facendosi colare un po’ di succo sul mento. Zefira osservò le goccioline di liquido con aria di disapprovazione, poi invitò la cugina a seguirla e si incamminarono insieme verso la casa.

-Sono già arrivati tutti e sono impazienti di salutarti-

Roxanne guardò Zefira con aria stupita.

-Tutti? Ma era oggi?-

-Certo che era oggi! La mamma ha passato tutta la settimana a parlarne! Ma dove hai la testa?!-

Roxanne si pulì la bocca con il dorso della mano e continuò a camminare in silenzio, pensierosa. Dunque il gran giorno era oggi; I suoi zii si sarebbero trovati nel villaggio di Coco per discutere le novità, come facevano ogni tre anni. Discutere di cosa, poi? Le notizie erano sempre le stesse e nulla era cambiato dall’incontro precedente. Certo, c’era quell’articolo che aveva fatto discutere il villaggio di Coco per un intero mese, ma ormai risaliva a quasi due anni prima. Zefira osservò intensamente l’aria crucciata della cugina ed osservò, in tono casuale:

-Sai, lo zio Ace aveva un’aria più allegra del solito. Può darsi che abbia davvero scoperto qualcosa-

-Lo zio Ace ha sempre un’aria allegra-

Borbottò Roxanne, anche se al nome dello zio le sfuggì un piccolo sorriso. Tra tutti, era di gran lunga il suo preferito: le scriveva lunghe lettere e passava a trovarla più spesso degli altri, passando interi pomeriggi a raccontarle le sue avventure e divertendola con la sua capacità del frutto foco foco. E poi suo cugino Ice era un mito; scatenato come il padre, non si tirava mai indietro di fronte all’idea di qualche marachella.

-Roxanne!-

Nojiko le venne incontro con aria minacciosa, nonostante il ventre ormai prominente. Era in attesa del suo secondo figlio e ormai era questione di giorni, almeno a sentire il medico del villaggio.

-Hai di nuovo rotto i vetri della biblioteca! Non possiamo continuare a riparare i danni che fai con la tua fionda!-

L’aria colpevole della bambina addolcì un poco la donna.

-Vai a sciacquarti il viso, gli zii hanno una gran voglia di vedere quanto sei cresciuta-

***

Franky sbattè sul tavolo di legno un plico di fogli dai bordi rovinati e li sparpagliò, in modo che tutti potessero vederli.

-Questo è tutto ciò che siamo riusciti a raccogliere in questi tre anni-

Disse, mentre Robin sedeva composta su una sedia accanto a lui, tenendo in braccio la piccola Olvia, che osservava i presenti incuriosita. Tom, in piedi vicino al padre, aveva un’aria concentrata.

-Aspetta, pà-

Frugò nella sua borsa a tracolla ed estrasse una vecchia foto, che aggiunse ai fogli sul tavolo.

-Ecco, c’è anche questa-

Aggiunse, indicandola. I presenti si sporsero per osservare meglio l’immagine -piuttosto mossa, in verità- e trattennero rumorosamente il respiro. Quelli che correvano in direzione del porto erano senza dubbio Rufy e Nami; si tenevano per mano e il capitano sembrava sul punto di allungarsi, nonostante una brutta ferita al braccio.

-Dove l’avete trovata?-

Domandò Chopper, mentre una nota di speranza gli faceva tremare la voce.

-All’isola della primavera, un anno fa. Scattata da un aspirante giornalista. Ci ha raccontato che erano stati riconosciuti mentre ascoltavano le ultime parole di Dente di Corallo, giustiziato dalla marina la scorsa primavera.-

Spiegò Robin, allontanando le manine di Olvia, che tentava di afferrare i ritagli di giornale.

-Almeno sappiamo che sono ancora vivi-

Osservò Zoro.

-Io non ho grandi notizie da riferirvi-

Aggiunse, rabbuiandosi. Altri problemi avevano tenuto occupati i suoi giorni.
Sanji, appoggiato contro lo stipite della porta aperta, buttò fuori il fumo della sigaretta ed osservò, con aria casuale:

-Prima o poi riuscirai a parlargli *-

Lo spadaccino rimase in silenzio, assumendo l’espressione indisponente che lo caratterizzava, ma non replicò.

-Credo di essere quello ad avere le notizie più recenti-

Disse allora Ace, sorridendo. Aprì lo zaino e vi frugò dentro, ma si interruppe quando vide entrare nella stanza Roxanne. Tutti i presenti si volsero verso la bambina e rimasero ad osservarla per alcuni secondi, in silenzio.

-Ehi, Roxy! Sei proprio cresciuta!-

Esclamò Ace, allargando le braccia ed invitando la bambina ad andarlo a salutare.
Roxanne non se lo fece ripetere e lo abbracciò, sorridendo.

-Zio Ace!-

Poi si rivolse agli altri zii acquisiti e rivolse loro un gran sorriso.

-Ciao a tutti!-

Esclamò, ricevendo diversi complimenti in risposta.

-Ormai sei diventata una signorina!-

-Diavolo, sei identica a tua madre-

-Come va con la fionda?-

Domandò Usopp, mentre Roxanne si portava un ditino sulla bocca per dirgli di tacere, indicando con gli occhi Sanji.

-Se non c’è tua zia io non vedo e non sento-

Mormorò Sanji divertito, spegnendo la sigaretta sotto il tacco della scarpa.

-Ho un regalo per te, Roxy-

Disse ad un tratto Ace e riprese a frugare nello zaino, finchè non ne estrasse un consunto cappello di paglia. Alla vista dell’oggetto, tutti trattennero il respiro.
La fascia di tessuto era scolorita e logora, la paglia minacciava di rompersi in più punti, ma a nessuno importava, neppure alla bambina, che osservava quel dono con gli occhi spalancati, colmi d’emozione.

-Te lo manda tuo padre-

Mormorò Ace, con la voce un po’ più bassa del normale. Il suo incosciente fratellino...dov’era in quel momento? Sapeva che tutti i suoi compagni lo stavano cercando disperatamente da otto anni? Sapeva che sua figlia era bellissima e aveva ereditato il suo spirito libero?

“Puoi prenderlo, l’ha lasciato qui apposta. Sapeva che prima o poi saresti venuto a cercarlo qui”

La tempesta infuriava e la pioggia scrosciava sul mantello di Ace, inzuppandoglielo. La donna, immobile sulla soglia della porta, gli tendeva il cappello.

“Quanto tempo fa è stato qui?”

“Poco più di un mese. Non possono ancora tornare, Ace. Vorrebbero, ma non possono”

Ace allungò una mano e prese il cappello con dita tremanti; quell’oggetto era sempre stato il tesoro di suo fratello, in altri tempi non se ne sarebbe mai separato. La donna lo osservò a lungo.

“Ha detto che rappresenta una promessa, che tornerà a prenderlo. Sarà quello il momento in cui vi rivedrete”

Il ragazzo annuì, ignorando la pioggia che gli colava sul viso.

“Ha detto altro?”

Domandò, mettendo il cappello al sicuro nello zaino.

“Che amano la loro bambina da morire. E sono certi che è diventata una splendida signorina. Sognano di rivederla”

La donna si frugò in tasca e ne estrasse un piccolo pezzo di carta.

“E’ la vivrecard di mia figlia Laura. Tra un anno esatto valla a cercare, potrebbe avere notizie interessanti”

Senza aggiungere altro, la donna chiuse la porta e lasciò il ragazzo davanti all’uscio, sotto la pioggia battente. Ma lui non sentiva gli schizzi gelidi che gli torturavano la pelle; lui era fuoco e quella sera ardeva più vivo e splendente che mai.

Roxanne si calò in testa il cappello, emozionata. Le calzava un po’ grande, ma era il più bel dono che potesse ricevere. I suoi genitori la pensavano e sarebbero tornati a prenderla, prima o poi. Con gli occhi lucidi scese dalle ginocchia dello zio e corse fuori dalla casa, verso il campo dei mandarini. Nessuno la seguì, neanche Zefira, nonostante il tentativo di andarle dietro.

-Lasciala andare-

Disse Sanji, trattenendo la figlia per un braccio.

-Ma...-

-Ci sono alcuni momenti che è giusto condividere solo con se stessi-

Le spiegò con dolcezza, allentando la presa.

-Come l’hai avuto?-

Domandò Usopp, riferendosi al cappello. Ace raccontò del suo incontro con la madre di Laura e di ciò che le avevano lasciato detto Rufy e Nami.

-Ma perchè non possono tornare? Perchè non ci permettono di aiutarli?-

Esclamò Franky, alzando la voce.

-Perchè sanno che non possiamo fare nulla per loro-

Disse Zoro, chiudendo gli occhi e portandosi le mani dietro la testa.

-Sanno che li stiamo cercando. Ci stanno lasciando indizi per farci capire che sono ancora vivi e che prima o poi torneranno-

-Ci siamo sempre fidati del nostro capitano-

Aggiunse Robin, sorridendo.

-Quel cappello rappresenta la promessa che un giorno la ciurma di cappello di paglia esisterà ancora-

-Magari con qualche membro in più-

Interloquì Tom, appoggiandosi le mani sui fianchi.

-Non ci vorrete lasciare a terra! Anche io voglio salire sulla mitica Thousand Sunny!-

-Ch’io!-

Disse con decisione la piccola Olvia, indicando sè stessa.

***

Roxanne si asciugò le lacrime con ferocia, osservando il sole che tramontava, illuminando di arancione la tomba di nonna Bellmere. La girandola, che una volta le avevano detto appartenere a Genzo, ruotava tranquilla nella brezza della sera.
Mandarino, il suo meticcio color bianco sporco, le teneva affettuosamente il testone sulle ginocchia, condividendo la sua tristezza.

-Mi sembra di essere sola da una vita-

Mormorò la bambina, osservando il mare e accarezzando il cane dietro le orecchie.

-A volte vorrei partire anche io per andare a cercarli-

Aggiunse, sistemandosi meglio il cappello sulla testa.

-Forse quando sarai un po’ più grande-

Le rispose una voce dietro di lei, prima che Ace la raggiungesse e si sedesse accanto a lei, con le gambe incrociate.

-Sono stanca di aspettare-

-Non ti piace stare qui?-

Roxanne strappò un ciuffetto d’erba e lasciò che il ventro lo portasse via, verso il mare.

-Mi piace molto stare qui. Però io sogno il mare. Voglio cavalcare le onde, vivere avventure ed arrivare dove mio padre ha fallito!-

-Il One Piece è andato perduto-

Osservò pacatamente Ace. Roxanne si alzò in piedi, con il fuoco negli occhi.

-No che non è andato perduto zio! Non se ci saranno ancora pirati disposti a cercarlo!-
L’uomo sorrise e le passò una foto. La bambina la prese, osservandola con curiosità. Rappresentava due ragazzi dai volti stanchi, un po’ segnati, che correvano verso una grossa nave ormeggiata, di cui si vedeva solo la parte inferiore. Si tenevano per mano e il ragazzo era leggermente piegato verso la donna, come se stesse cercando di proteggerla.

-Sono tua madre e tuo padre-

Precisò Ace, osservando l’immagine all’incontrario. Roxanne li guardò attentamente per alcuni momenti.

-Papà deve amarla proprio tanto la mamma-

Disse all’improvviso, rivolta allo zio.

-Sì, è così-

Roxanne si sedette accanto allo zio, rifugiandosi sotto al suo braccio ed osservando il tramonto assieme a lui.

-Raccontami di loro-



NDA


*Sanji si riferisce alla situazione sentimentale di Zoro. Lo spadaccino, infatti, durante la sua ricerca di Rufy e Nami, si è ritrovato nei guai insieme a Tashigi e non ha potuto impedire che il feeling che sentiva per la ragazza venisse fuori, portandolo a trascorrere una notte con lei. Scopertasi incinta, Tashigi si è rifugiata nel quartier generale della Marina, dove sta allevando il figlio di Zoro come un marine, negando qualsiasi rapporto con il pirata.

BUON ANNOOOO! *W* Spero che porti a tutti voi tantissima felicità :* Capitolo un po’ strano, lo ammetto <3 Concentrato sulla nuova generazione! ^ ^ Avrete notato molti accenni alle coppie che mi piacciono, come la FrankyxRobin (ma quanto li amo?), la SanjixNojiko e la ZoroxTashigi. Anche se sostengo la coppia SanjixZoro, mi piace anche immaginarli così, con un rappor to più particolare rispetto al resto della ciurma, perchè è pur vero che si beccano in continuazione, ma per me si capiscono come nessun altro ^ ^ Che altro aggiungere? La figlia di Sanji e Nojiko si chiama Zefira per un motivo specifico, esattamente lo stesso che mi ha portato a chiamare Tom e Olvia i figli di Franky e Robin: tutti loro hanno avuto persone speciali che hanno amato come dei genitori, quindi mi è sembrato naturale che chiamassero così i loro figli. Zefira, in particolare, è la versione femminile del nome Zeff ;)
Vi piace Roxanne? =D L’ ho immaginata come un perfetto mix tra Nami e Rufy XD Ho anche alcuni suoi disegni, prima o poi li posterò ^ ^ La storia è uno spaccato di un possibile futuro; si presterebbe bene come spunto per una storia più ampia, che già mi si sta delineando in testa, ma non faccio promesse riguardo le long fic. Sono terribilmente incostante, riesco a mantenere in piedi solo le One Shot e non voglio illudere con storie che forse non finirò mai. Si potrebbe pensare ad una storia a più mani però...vedremo :D Un bacio a tutti <3 <3 <3
Ho deciso di mettere un mio disegno: Roxanne è la bimba nell'angolo ^ ^
http://ellychan88.deviantart.com/art/Rufy-Nami-I-love-You-150057494
http://ellychan88.deviantart.com/art/LuNami-Happy-new-year-149304575

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Capitolo 13
*** ...perchè maturano insieme e sanno quando le parole sono di troppo. ***


CaP13

...perchè maturano insieme e sanno quando le parole sono di troppo.

ATTENZIONE! Spoiler capitolo 573!


Il fiotto di sangue gli oscura per un attimo la vista; lo sente colare sul viso e quel calore scivoloso crea una strana opposizione al sudore gelato che sente scivolare sulla pelle. Tutto intorno a lui è confusione: urla, rumore di passi, esclamazioni di rabbia o giubilio, non importa; tutto sembra subire un brusco abbassamento di volume non appena Ace si para innanzi a lui, con i muscoli contratti ed un’espressione di puro dolore sul viso. Il magma cola dal pugno stretto di Akainu, violentando la pelle del fratello, che lotta per restare cosciente, nonostante la ferita al petto; si vorrebbe scusare per la propria stupidità, vorrebbe dire a quel fratello che ora vede sfocato che non rimpiange nulla, o forse sì, ma giusto una cosa o due...però il dolore è così forte, o forse è solo un’impressione, perchè essendo fuoco non aveva mai provato l’esperienza dell’essere scottato. Neanche si accorge di essersi inginocchiato, non vede il proprio sangue colare a terra in grosse gocce color marmellata

(Ha sempre amato la marmellata...e Makino la faceva così buona)

impastandosi con la polvere. Rufy però osserva attentamente e in quelle scene che vede a rallentatore ha ancora il tempo di chiedersi perchè il rumore della vivrecard che crepita e si consuma sia così forte da sovrastare tutto il resto.



Quando si svegliò nel cuore della notte, Rufy dovette aspettare qualche secondo prima di calmarsi e riconoscere il luogo in cui si trovava. Gocce di sudore gelido gli scorrevano impietose lungo la schiena e il cuore sbatacchiava maldestramente contro le costole, come se fosse convinto di essere ancora sul campo di battaglia. Le numerose garze che gli coprivano il corpo sfregarono contro la pelle, producendo un fruscio sinistro che infastidì il capitano.

Sente il proprio grido di disperazione rimbombare nella piazza delle esecuzioni, mentre il corpo di Ace si spegne e il sangue comincia ad allargarsi in innumerevoli rivoletti, impiastricciando il terreno. Akainu si concede un momento per rivolgere al corpo del ragazzo un’occhiata di disprezzo, prima di alzare gli occhi su Rufy, che giace ancora a terra, sconvolto.

-Solo un pazzo avrebbe creduto di riuscire a sfuggire alla giustizia-
Rufy cerca la forza dentro di sè, si rialza, reggendosi maldestramente sulle gambe.

Ace non può essere morto.

Si avvicina al fratello, ripetendosi quella litania all’infinito, perchè Ace è fuoco e il fuoco non può essere bruciato.



-Ancora incubi?-

Nami si alzò dalla sedia sulla quale era seduta, appoggiando sul davanzale della finestra il diario di bordo su cui aveva scritto fino a qualche momento prima. La lampada ad olio stava dando i suoi ultimi guizzi di vita, illuminando di un’incerta luce arancione i muri spogli della camera.
La ragazza si sedette sul bordo del letto, che si abbassò sotto il suo peso con un lieve cigolio, ed osservò il viso stravolto del capitano. Si erano ritrovati da poco, ma era stata tuttaltro che una gioviale rimpatriata. Le erano bastate poche occhiate per capire che qualcosa in Rufy si era rotto per sempre e il tempo non avrebbe mai più curato quella ferita. E cosa poteva fare lei, oltre a cercare di rimettere insieme i pezzi? Si era ritrovata impreparata ad una simile situazione; Era sempre stato Rufy quello con l’anima più forte di tutti, quello che non si piegava, quello che sui guai ci faceva una risata. Erano loro, i suoi compagni, i pezzi malandati, quelli che si erano rotti ed erano stati aggiustati alla ben e meglio più e più volte, fino a che il loro spirito non era stato solcato da migliaia di rughe e cicatrici. Era stata bravissima negli anni a rimettere in sesto sè stessa, ma con Rufy come avrebbe dovuto comportarsi? La strana figura che aveva portato Rufy fino a quell’isola le aveva raccontato di com’erano andate realmente le cose ad Impel Down, esattamente come avevano fatto tutti i pirati fuggiti dalla leggendaria prigione,rendendo vani gli sforzi della marina di insabbiare il fatto. Le era stato detto di Ace, di come si era sacrificato per salvare Rufy e com’era stato difficile trattenere quest’ultimo dal fare gesti sconsiderati. Lei aveva accettato quelle spiegazioni senza ascoltarle davvero, perchè i suoi occhi erano tutti per il capitano; aveva un’aria così sfibrata che Nami stentava a riconoscerlo. Dov’era il bambinone di poco tempo prima? Cos’era quella ruga in mezzo alle sopracciglia, l’aveva sempre avuta?

La disperazione viene sostituita da una furia cieca non appena Rufy si rende conto che per suo fratello è davvero finita. Il dolore ai muscoli, la stanchezza, sembrano farsi via via più sfocate di fronte all’enorme senso di vuoto che si sta aprendo nel petto di Rufy , negandogli il respiro. Per la prima volta nella mente del capitano risuona lucida un’unica parola: vendetta. In una situazione normale, probabilmente Rufy si sarebbe lasciato spaventare da una furia così cieca, da una disperazione così totale; sarebbe corso da Nami o da un altro membro della ciurma e con un’espressione mogia avrebbe affermato di non sentirsi bene, di non capire il motivo di tutta quella rabbia. In quel momento, però, il ragazzo non perde tempo per interrogarsi e si lascia andare ad una lotta furibonda e caotica, senza concentrarsi per colpire l’avversario, perchè il nemico contro cui sta combattendo non è l’ammiraglio, non è la marina, è il fantasma di una morte che credeva non sarebbe mai arrivato il momento di affrontare.



-Passeranno prima o poi-

Mormorò Nami incerta, osservando la notte farsi più chiara al di là della finestra. La verità è che questa situazione la mette a disagio; il suo rapporto con Rufy è sempre stato un alternarsi di litigi -scherzosi o meno- e discorsi con una parvenza di serietà, maldestramente gestiti dal capitano che finiva per buttarli sul ridere. La loro relazione si basava su regole non scritte, su schemi che entrambi conoscevano e riproponevano per non sentirsi troppo esposti, troppo irretiti da quei sentimenti che già da tempo stavano prendendo il sopravvento. Quel Rufy scosso e tormentato, Nami non era in grado di gestirlo.

Quando la sua nuca colpisce dolorosamente il terreno, Rufy ricomincia a prendere contatto con la realtà. Sbatte le palpebre un paio di volte, per cercare di snebbiare la vista dalle lacrime e si ritrova il volto di Marco a pochi centimetri dal suo, con un’espressione contrita. Rufy sente le mani forti del ragazzo far presa sulle sue spalle e tenerlo inchiodato a terra, mentre l’urlo di guerra di Jimbei riempie i timpani.

-SMETTILA!-

La voce di Marco è roca e lo sguardo un incredibile alternarsi di frustrazione e tristezza.

-Non puoi fare più niente!-

Rufy vede gli occhi del ragazzo colmarsi di lacrime e la realtà lo colpisce con una violenza tale da mozzargli il respiro in gola.
E’ finita davvero.


Il ragazzo si prese la testa fra le mani e serrò forte gli occhi, perchè le blande rassicurazioni di Nami non riusciva a sentirle; le sue orecchie erano sature dei rumori della battaglia e poi c’era quel suono, quel crepitio, che gli dava una sensazione d’oppressione al petto. D’istinto, il capitano gettò le gambe fuori dal letto e si precipitò alla finestra, spalancandola. La corrente improvvisa spense l’ultima fiammella della lampada e nella stanza calò il buio.
Nami rimase a guardarlo in silenzio, serrando forte le mani sulle ginocchia; Non riusciva ad essere di nessun conforto per il suo capitano, era troppo lontana dal suo cuore; per la prima volta da quando lo conosceva, Rufy si era rinchiuso nel suo dolore senza permetterle di capire come fare ad avvicinarsi a lui per aiutarlo. Il senso di impotenza che la prese le inumidì gli occhi, insieme ad un altro sentimento che non riusciva bene ad inquadrare, ma che assomigliava molto all’offesa. Si sentiva in qualche modo tradita, perchè Rufy non le permetteva di avvicinarsi e curargli le ferite dell’animo, come lui aveva fatto tempo prima con le sue. Prima che le lacrime avessero la meglio, la voce di Rufy la distrasse.

-E’ morto per salvarmi-

Era poco più che un sussurro, ma il tono con cui venne pronunciato fu così ferito e pieno di rimorso che Nami stentò a credere che fosse davvero Rufy a parlare.

-Si è messo di mezzo per impedire che Lavoso mi colpisse...e io non ho potuto fare niente, maledizione!-

Rufy colpì l’intelaiatura in legno della finestra che scricchiolò, accusando il colpo. Il volto del capitano era così contrito e disperato che la ragazza ne ebbe per un momento paura e si ritrasse un po’ sul letto.

-Non sono stato in grado di difenderlo!-

Esclamò ancora Rufy, questa volta alzando il tono della voce, e colpendo con maggiore violenza il legno della finestra, che scricchiolò ancora.

-MALEDIZIONE!-

Il capitano crollò sulle ginocchia, tremante di rabbia. Si sentiva ancora il viso sporco del sangue di Ace e si ritrovò davanti agli occhi quell’espressione di determinazione mista a dolore che non credeva possibile vedere sul volto del fratello. Era morto, dannazione. Morto! Prima di rendersene conto, Rufy si trovò preda di un freddo innaturale e cominciò a tremare, mentre singhiozzi mal contenuti gli sconquassavano il petto ad ogni respiro. Nami rimase ad osservare quel ragazzo distrutto e tremante raggomitolato sul pavimento della stanza e all’improvviso seppe cosa fare. Senza fare rumore, si inginocchiò accanto a lui e gli posò le mani sulle spalle, per fargli sentire che c’era.

La presa di Marco diviene più ferrea non appena Rufy tenta di alzarsi; non gli è chiaro se il ragazzo abbia ancora intenzione o no di combattere.

-Non possiamo lasciarlo qui-

Mormora Rufy, tentando di non soffocarsi con le proprie lacrime ed il proprio respiro affannoso. Con un cenno del capo, Marco gli dà il permesso di alzarsi e lo accompagna vicino al corpo di Ace, che giace scompostamente nella polvere di Marine Ford. Al tocco di Rufy, il corpo di Ace è freddo.

(Lui che è sempre stato caldo, che è sempre stato fuoco)

Il vuoto nel petto di Rufy sembra allargarsi ancora un po’ e rifiuta con un’occhiata glaciale la mano di Marco sulla spalla. Si rende conto che è finita. Ora non resta che accettarlo.


Rufy si voltò con rabbia, perchè nella sua mente lui era ancora lì, tra la polvere, e non poteva accettare che Marco lo trascinasse via dal fratello, anche se non c’era più nulla da fare. Ma nel voltarsi, Rufy non incontrò gli occhi di Marco; due pozze color cioccolato accolsero lo sguardo spaventato del capitano e dietro quel velo di rabbia e disperazione che gli aveva reso la realtà confusa ed inafferrabile, Rufy vide il viso della sua navigatrice. Notò con apprensione il suo sguardo spaventato ma risoluto e si accorse, anche dal tocco sicuro delle sue mani sulle spalle, che per quella volta avrebbe potuto lasciarsi andare al dolore, prendendosi il tempo necessario per elaborarlo e vincerlo.

-Nami...-

La sua voce fu poco più di un singulto strozzato, ma alle orecchie della navigatrice arrivò cristallina.

-...aiutami!-

E, di fronte a quelle parole, i dubbi di Nami si sciolsero; in quegli occhi spaventati rivide un po’ dell’ingenuità del suo capitano, ritrovò uno di quei momenti in cui Rufy, spaventato da un’emozione che era incapace di comprendere, si rifugiava nella razionalità della ragazza e nella sua comprensione. Probabilmente il dolore era ancora troppo vivo e bruciante per permetterle di cominciare a guarirlo, però Rufy aveva accettato la sua vicinanza, gliel’ aveva richiesta.

-Ace ha fatto ciò che riteneva più giusto. Noi avremmo fatto la stessa cosa per te-

Disse con calma, stringendo il capo di Rufy tra le braccia ed avvicinandoselo al seno.

-Non sono stato in grado di difendervi contro Bartholomew, non sono stato in grado di salvare Ace...-

Mormorò il capitano, caparbio nel ribadire la propria incapacità. Nami lo strinse un po’ di più, rendendosi conto che il dolore era ancora troppo forte per poter essere gestito dalla ragione. Senza cercare altri pretesti per parlare, lo tenne stretto nel suo abbraccio, in silenzio, mentre fuori albeggiava.

NDA

Allora ò.ò Non guardatemi con quelle facce perchè, ahimè, è tutto vero. Al 99% Ace è morto per salvare Rufy, facendogli scudo con il proprio corpo. Dico il 99% perchè la notizia della morte ancora non è certa, dovremo aspettare il prossimo capitolo, ma io ho cercato di immaginare un possibile finale a questa situazione.
Il tempo presente utilizzato nei flashback mi è servito per cercare di coinvolgere il più possibile il lettore. Può darsi che Rufy risulti un po’ OOc, anche se spero di no, però davvero questa è l’unica reazione sensata che mi sono immaginata davanti alla morte di suo fratello. Il rapporto tra Nami e Rufy qui è in qualche modo ribaltato, perchè questa volta è Rufy a doversi appoggiare a Nami e lei non si sente sicura di poterlo ‘aiutare’, proprio perchè una situazione simile non è mai capitata. Spero che vi sia piaciuta, nonostante i toni fortemente angst ù.ù Ci ho messo così tanto ad aggiornare perchè in realtà questa fic non era prevista XD Ne avevo incominciata un’altra, che userò per il prossimo capitolo, ma dopo aver visto il cap. 573 non ho resistito ù_ù Sono sotto esami (se il destino vuole la prossima settimana finisco!), quindi mi scuso per i vari ritardi ç_ç Appena terminati sarò il più puntuale possibile! Un bacio atutti :**

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Capitolo 14
*** ...perchè Nami è l'unica in grado di saperlo gestire ***


cap14

...perchè Nami è l’unica in grado di saperlo gestire.

"Lo sapete voi quando muore davvero un uomo? Non quando il suo cuore viene trafitto da un proiettile.
E nemmeno quando viene colpito da una malattia incurabile. E nemmeno quando mangia un frutto velenoso.
Muore veramente solo quando viene dimenticato da tutti. Anche se io sparirò, il mio sogno potrà
realizzarsi"

Dottor Hillk


***

Il chiacchiericcio costante del locale, mescolato all’odore di sudore e di diversi tipi di pietanze, non aiutavano il suo mal di testa. Nami si portò una mano sulla fronte e si massaggiò stancamente le tempie, sospirando di frustrazione. Avrebbe donato una consistente parte dei suoi tesori per poter essere nuovamente sulla Sunny, imbarcata con i suoi compagni verso una nuova avventura; ripensandoci, avrebbe donato tutto ciò che possedeva se le avessero dato la possibilità di cancellare e riscrivere gli ultimi mesi. Piegò leggermente il capo per poter osservare il suo capitano, seduto rigidamente sulla sedia accanto alla sua, la cena ancora intatta davanti. Da quando lo conosceva non lo aveva mai visto in un simile stato; si rifiutava di mangiare se non il minimo indispensabile, parlava poco e non rideva più. Non credeva che le potesse mancare tanto la caotica serenità di qualche tempo prima; sembravano passati decenni.

-Forse dovremmo andarli a cercare noi-

Buttò lì la ragazza, cercando di smorzare un po’ quel silenzio opprimente. Non ne aveva mai sentito il bisogno, prima.

-Se aspettiamo che sia Zoro a trovarci facciamo in tempo a diventare vecchi-

Si esibì in un risolino forzato, nel vano tentativo di stimolare una qualche reazione. Rufy si limitò a sollevare lo sguardo dal piatto e ad osservarla con i suoi occhi neri, divenuti più torbidi e profondi.

Una volta mi ci potevo specchiare in quegli occhi.

-Rayleigh è messo ancora troppo male per muoversi e poi le vivrecard punteranno a lui, è meglio se li aspettiamo qui-

La ragazza annuì piano.

-Già-

Da quando Nami aveva saputo ciò che era successo a Marine Ford, non aveva smesso un attimo di osservare Rufy. Osservava il suo viso perennemente contratto, il suo ostinato chiudersi di fronte al dolore, la sua totale incapacità di reazione. Le sarebbe piaciuto chiedergli cosa fosse successo, prenderlo a schiaffi quando i silenzi si facevano troppo prolungati, urlargli che non doveva arrendersi perchè c’era ancora una ciurma che aveva bisogno di lui. Invece si limitava a sederglisi accanto e condividere con lui il silenzio, nella speranza che prima o poi si accorgesse del suo disperato bisogno di aiutarlo.

-Ancora non ci posso credere-

Una voce si distinse dal rumore di fondo che agitava il locale, attirando l’attenzione di Nami.

-Alla fine la Marina l’ha fatto secco, a PugnodiFuoco-

Prima ancora di voltarsi verso Rufy, Nami sentì la tensione diventare palpabile tra lei e il capitano.

-Dopo tutta la baraonda escogitata per salvarlo, si è fatto mettere nel sacco da Akainu, a quanto ho sentito in maniera davvero idiota...-

-Ma davvero era il figlio di Gol D. Roger?-

-Sì, a quanto pare...non poteva fare che una simile, miserabile, fine-

Fu un attimo. Nami sentì il rumore secco della sedia che cadeva a terra e poi lo scricchiolio della mascella dell’incauto oratore, scaraventato a terra da Rufy, che lo sovrastava furente, il pugno ancora levato. Immediatamente la ragazza scattò in piedi e raggiunse il capitano, sorda alle esclamazioni di sorpresa degli altri clienti.

-RUFY!-

Esclamò, cercando di attirare la sua attenzione. L’uomo aggredito era riverso a terra, agonizzante, il viso ridotto ad una maschera di sangue. I suoi occhietti porcini scattavano di qua e di là, folle di paura e dolore, mentre cercava inutilmente di ripararsi il volto con le braccia. Rufy torreggiana su di lui e lo colpiva in ogni angolo di corpo disponibile, con una furia tale che nessuno osava avvicinarsi per separarli e sedare la rissa. Nami urlò ancora il suo nome, più forte, perchè non poteva accettare che quello fosse davvero Rufy, lo stesso ragazzo spensierato e sicuro di sè che l’aveva accolta nella ciurma. Quando Rufy alzò lo sguardo su di lei, Nami arretrò di qualche passo, incapace di dominare la paura che l’aveva assalita. Non aveva mai visto quell’espressione sul viso di Rufy. Mai. Quelli erano gli occhi di chi, preda di una furia cieca e distruttiva, si preparava ad uccidere. Conosceva bene quella scintilla di rabbia e follia, l’aveva vista un’infinità di volte animare lo sguardo di Arlong.

Dio, Rufy, cosa ti hanno fatto...?

-RUFY! SMETTILA!-

Il suo urlo rieccheggiò tra le pareti del locale, improvvisamente silenzioso, mentre il compagno dell’uomo, spaventato da ciò che era successo all’amico, strisciava sotto il tavolo piagnucolando ed invocando pietà. Il tono spaventato di Nami scosse Rufy, che riprese coscienza di sè stesso, mentre sentiva la rabbia diminuire bruscamente, lasciando il posto al solito, orrendo, spaventoso vuoto. Mollò malamente l’uomo, ormai privo di sensi, sul pavimento del locale e si rimise in piedi, l’ombra del cappello ad oscurargli il viso.
Le mani erano impiastricciate e calde e Rufy faticò a trattenere il senso d’angoscia che gli artigliava il petto.

Aria.


Senza una spiegazione scostò Nami, che si stava avvicinando per fermarlo, e corse via, inghiottito dal buio della sera dopo pochi metri.

-Chi era quel demonio?-

Balbettò l’uomo che si era rifugiato sotto il tavolo, emergendo dal suo nascondiglio. Nami gli scoccò uno sguardo gelido.

-Prendi il tuo amico e fila via. Non saremo certo noi a cambiare locanda-

E, senza aggiungere una parola, mise in mano alcuni berry alla padrona del locale e seguì Rufy.


Quando lo trovò, lo vide intento a pulirsi freneticamente le mani sull’erba umida. Le fregava insistentemente, senza preoccuparsi se fossero ancora sporche o no.

-Rufy...-

Mormorò la ragazza, avvicinandoglisi. Lui la guardò e Nami sentì il proprio stomaco stringersi in una morsa; non l’aveva mai visto così agitato.

-Rufy, smettila-

Disse ancora, chinandosi alla sua altezza e prendendogli dolcemente le mani tra le sue.

-Non riesco a pulirle-

Si giustificò il ragazzo, con una voce talmente smarrita e disperata che Nami dovette lottare per trattenere le lacrime. Dov’erano finiti i giorni spensierati che tanto avevano amato?

-Sono pulite, Rufy-

Lui scosse freneticamente la testa, cercando di sottrarle dalla stretta, ma Nami glielo impedì.

-Rufy, guardati le mani! GUARDALE!-

Il capitano abbassò lo sguardo sui propri palmi, che luccicarono umidi sotto la luce lunare.

-Lo vedo in continuazione, Nami-

Disse il ragazzo, con la voce incrinata.

-Sento il suo sangue sulle mani e poi lo vedo cadere a terra, e il crepitio della vivrecard che si consuma...-

Rufy si scostò malamente dalla navigatrice ed affondò le mani nel terreno, artigliandolo con forza. Sentì le proprie unghie incrinarsi e rompersi, la pelle delicata dei polpastrelli graffiarsi e sanguinare, ma erano tutte sensazioni rassicuranti; gli permettevano di sentire che era ancora vivo, che esisteva una realtà dietro quella patina di dolore e smarrimento che non lo aveva abbandonato un attimo dal momento in cui...in cui...
Rufy sbattè con forza la fronte contro il terreno, urlando di frustrazione.
Nami rimase immobile ad osservare il suo capitano, a disagio. Conosceva quel dolore straziante che sembra volerti divorare pezzo dopo pezzo, l’aveva provato per molti e lunghi anni; tuttavia non si sarebbe mai aspettata di rivedere la sua stessa disperazione sul volto di Rufy. Avevano dato così per scontato che lui ridesse sempre, che gli andasse sempre tutto bene.

“Non ci voglio stare con loro, ma è l’unico modo per proteggere il villaggio!”

“Nami...”

“Perchè deve fare così male?”

Nojiko rimane immobile per un attimo, inginocchiata davanti alla sorellina, poi, senza una parola, la trasse a sè e la abbracciò stretta, in silenzio. Quella notte dormirono vicine, nel grande letto di Bellmere, senza dirsi una sola parola.


Nami si avvicinò al capitano e lo prese dolcemente per le spalle, tenendolo stretto contro di sè. Sentiva tutti i suoi muscoli tesi, il respiro affannoso e i battiti disordinati del suo cuore. Cercò di trasmettergli, con la sua vicinanza, un po’ di serenità e calore.

-Va tutto bene-

Mormorò, accarezzandogli i capelli.

-Ci sono qui io-

Rufy si lasciò cullare dall’abbraccio e si rilassò un poco tra le braccia della sua navigatrice, grato.

-So benissimo cosa vuol dire-

Disse Nami dopo qualche secondo, parlando con voce bassa e dolce.

-Conosco quel vuoto che sembra divorarti pezzo dopo pezzo, che ti toglie il fiato, che ti fa domandare il perchè il sole sorga ancora quando a te la vita sembra finita. Lo so-

Rufy strinse forte gli occhi e scosse la testa, mentre il panico riprendeva a salire incontrollato dentro di lui. I ricordi si affacciavano in continuazione sulla soglia della sua mente, lo sbeffeggiavano e lo distruggevano.

“Anche se sono stato un buono a nulla per tutta la mia vita...anche se ho portato nelle mie vene il sangue di un demone...mi avete voluto bene lo stesso! Grazie!”

“Vedo che sei ancora vivo...”

“Qualcuno fermi Akainu!”

“Ace, me l’hai promesso!”



-Permettimi di aiutarti, Rufy-

Nami lo allontanò dolcemente da sè per poterlo guardare negli occhi.

-Permettimi di starti vicino come tu hai fatto con me. Non ho un cappello da metterti in testa, nè un nemico fisico da affrontare per tirarti fuori dai guai, però so cosa significa soffrire-

Il ragazzo guardò l’erba sotto di lui, illuminata dal bagliore argenteo della luna.

-E’...è sempre lì. Lo vedo morire, Nami. Dieci, cento, mille volte, nei sogni, dovunque. E io non ho potuto fare niente-

Mormorò impacciato.

-E’ morto tra le braccia del fratellino che tanto amava. E’ morto per proteggerti, Rufy, perchè eri la persona più importante della sua vita. Non è morto invano-

Rufy sollevò il capo fino ad incontrare gli occhi della navigatrice, lucidi di lacrime.

-E’ morto per proteggere il suo sogno-

Aggiunse, sorridendo incerta. Senza che Rufy potesse far nulla per impedirlo, i suoi occhi vennero inondati dalle lacrime, che presero a scorrere bollenti lungo il viso.

(calde come fuoco)

I singhiozzi gli sconquassarono il petto, lo fecero tremare ed urlare di dolore, ma il freddo che l’aveva attanagliato fino a quel momento pareva aver allentato la sua morsa. Nami lo attirò di nuovo accanto a sè e lo cullò in silenzio; mentre aspettava che la crisi scemasse, la ragazza sollevò lo sguardo verso le stelle e rivolse loro una muta preghiera.

Non lasciare tuo fratello da solo in questo momento.

Quella notte, i sogni di Rufy furono popolati da risate infantili e giochi dimenticati, mentre la voce di Makino, da qualche parte, gridava:

“Venite a mangiare, monelli!”


NDA
Allora...che vi dico? :( Ho riscritto questa fic almeno una decina di volte. Tuttora non sono molto soddisfatta del risultato...ho paura di aver sviluppato una sorta di blocco. Ero partita con l’idea di scrivere una fic divertente, ma poi l’ultimo capitolo mi tornava ripetutamente in mente e col cavolo che mi restava l’ispirazione per un’atmosfera leggera e frizzante. Il fatto è che non so più come gestire Rufy. Le ultime situazioni mi hanno sconvolto totalmente l’idea che mi ero fatta di OP e di Rufy, che davvero adesso non so come diventerà. Maturerà? Sarà come prima? Farà della vendetta il suo scopo primario? Solo Oda potrà dicerlo. Probabilmente per un po’ manterrò i toni tristi e le atmosfere pesanti, ma non ci posso fare nulla...Ace mi manca già. Poteva avere un’ottima evoluzione, poteva ricoprire ancora un ruolo importante e invece...Per rispondere a chi ha recensito l’altra storia, rassicuro subito: non smetteròmai di leggere/scrivere/disegnare su OP! Ho solo bisogno di assorbire il colpo, come la maggior parte dei lettori. Oda non ci ha mai deluso e sono certa che continuerà a non farlo se saremo disposti a dargli fiducia. La morte di Ace, seppur dolorosa, apre moltissime “porte” a livello narrativo e sono curiosa di vedere come gestirà Oda la situazione. Avere il coraggio di uccidere un pg amato dai fan non è cosa da tutti e dimostra che l’autore ha due palle quadrate *ammirazione e rispetto*.
Un abbraccio a tutte voi che condividete il mio sgomento e la mia tristezza, anche se è solo un manga. Perchè può anche essere visto come semplice inchiostro su carta, ma tutte noi sappiamo che Ace è stato molto di più. Che OP è sempre stato molto di più.

Personalmente dico grazie. Grazie a voi che mi seguite e mi incoraggiate e grazie ad Ace, perchè è stato con lui che ho conosciuto One Piece; è stato con lui che ho passato le serate a scrivere storie su quando era piccolo e si occupava di Rufy!

Un bacio e alla prossima :* PS. Lo so che questa fic è simile alla precedente. L'ho pensata come un "continuo"...la prima era l'inizio, quando il dolore era così forte da impedire a Rufy di ragionare,parlare, pensare. Anche Nami l'aveva capito, infatti si èlimitata a stargli vicino. Qui invece è giàpassato del tempo, Rufy in qualche modo fa "finta" di vivere e Nami capisce che è giunto il momento di parlare, perchè il silenzio non basta più. ^ ^ Spero di non avervi annoiato con due fic simili XD La tristezza regna sovrana ç_ç

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Capitolo 15
*** ...perchè la loro vita familiare sarebbe tutta da ridere! ***


CaP15

...perchè la loro vita familiare sarebbe tutta da ridere!

“...My beats per minute never been the same
'Cause you're my lady, I'm your fool
It makes me crazy when you act so cruel
Come on, baby, let's not fight
We'll go dancing, everything will be all night...”


(Wake me up before you go-go -Wham!-)


***

Roxanne si asciugò il sangue che colava dal labbro spaccato e si rialzò, rivolgendo alla sua avversaria un’occhiata rabbiosa. Chi si credeva di essere, quella mocciosa? Non solo era più piccola di lei di ben quattro mesi -quindi le doveva il rispetto dell’anzianità- ma aveva anche osato colpirla!
Si toccò la tasca posteriore dei pantaloncini, tentata di utilizzare la sua fidata fionda.

No.

Doveva essere un combattimento leale; questo si erano promesse le due bambine prima di cominciare lo scontro, che ormai proseguiva da più di un quarto d’ora, senza che nessuna delle due avesse la meglio. Roxanne si avventò contro l’avversaria, facendola cadere tra la polvere del sentiero ed assestandole un morso sul braccio; per tutta risposta si ricevette un calcio negli stinchi che la fece gemere di dolore ed allentare la presa.

-Baka! Mi hai morso!-

Si lamentò la ragazzina, massaggiandosi il punto offeso e facendo una linguaccia a Roxanne.

-E tu mi hai tirato un calcio!-

-Sì ma solo perchè mi hai morso!-

Si sedettero a terra e si osservarono, ansanti.

-La finiamo qui?-

Propose Roxanne, asciugandosi il sudore dalla fronte con un angolo della maglietta che indossava. La ragazzina annuì, sorridendo all’amica.

-Di nuovo in parità?-

-Sì. Ma non credere, sono ancora io il capitano-

Si alzarono in piedi e si scossero la polvere dai vestiti.

-Ci vediamo domani, Mela?-

La bambina annuì, sistemandosi la zazzera rossa in una coda per apparire meno disordinata.

-Che dici?-

Domandò all’amica, esibendosi in un sorriso tutto denti e fessure. Roxanne osservò il viso lentigginoso di Mela, coperto di polvere e graffi, la salopette sporca e strappata all’altezza delle ginocchia e i piedi scalzi -le scarpe erano andate perdute in mezzo al filare di mandarini quando avevano cominciato la lotta-.

-Perfetta per tornare a casa!-

Rispose, sicura di non apparire in condizioni migliori.
Agosto era sempre un mese molto afoso sull’isola di Coco ma questo non era mai stato un ostacolo per Roxanne: correva sotto il sole cocente esattamente come d’inverno correva tra la neve, perchè i suoi interessi e sogni erano molto più importanti dei capricci del tempo; si stava creando la ciurma con la quale avrebbe affrontato il mare, una volta diventata abbastanza grande. Fino ad allora, sottoponeva tutti i suoi futuri compagni ad allenamenti estenuanti, quali lotte senza esclusioni di colpi...

Si bhè, fino a che qualcuno non si fa male, perchè se no le mamme si arrabbiano.

...gite avventurose nei boschi accanto al villaggio, gare con la fionda.
Roxanne era felicissima della sua vita; aveva i suoi amici, un sogno da realizzare e un fratellino in arrivo a cui insegnare tutto, ma proprio tutto, ciò che sapeva. A cominciare dal fatto che i bruchi non hanno quel sapore orribile che tutti credono e che se hai una fame da lupo possono tornare molto utili. A dir la verità quella notte che lei e Mela avevano passato nel bosco perchè il sentiero era misteriosamente sparito sotto i loro piedi -cosa a cui incredibilmente i genitori non avevano creduto- l’amica non si era dimostrata particolarmente entusiasta del sapore dei bruchi, ma Roxanne aveva liquidato la faccenda dicendo che probabilmente aveva mangiato quelli marci.

-Sono tornata!-

Esclamò una volta all’ombra del portico di casa, scalciando malamente via le infradito.

-Cosa si mangia?-

Domandò una volta entrata in casa, dirigendosi in cucina. Nami era di spalle verso i fornelli, intenta a controllare il contenuto di una padella che sfrigolava. La tavola era apparecchiata e suo padre era seduto con le posate già strette in mano; Roxanne si affrettò a raggiungerlo, arrampicandosi sulla sedia accanto alla sua.

-Mamma! Mamma! Fame! Fame!-

Cominciò ad urlare, battendo le posate sul tavolo.

-Nami! Nami! E’ pronto? Fame! Fame! Tanta fameee!-

La donna si girò verso di loro, furiosa, e i due non videro il pugno che li centrò in piena nuca, mandandoli a cozzare con la fronte sul tavolo.

-Smettetela immediatamente!-

Urlò Nami, slegandosi il grembiule ed appoggiando la padella al centro della tavola. Sul volto dei due si dipinse la stessa, identica, espressione di sconforto.

-Siete insopportabili!-

Aggiunse la donna, sedendosi con precauzione sulla sedia, ingombrata dal ventre prominente.

-Uff...non vedo l’ora di partorire. Il mal di schiena mi sta uccidendo-

Mormorò, muovendosi con cautela per trovare la posizione più comoda. Il bambino che portava in grembo non gradì il cambiamento e dimostrò il suo disappunto con un calcio all’altezza della vescica. Quando si allungò verso la padella per prendere la sua porzione, notò con seccato disappunto che non era avanzato nulla; Rufy e Roxanne, sazi, si erano rilassati sulle rispettive sedie con una mano all’altezza dello stomaco, in segno di soddisfazione. La somiglianza tra quei due cominciava ad essere irritante.

***

-Mamma, vado da Mela!-

Urlò Roxanne a Nami, precipitandosi fuori dalla porta e guardandosi in giro alla ricerca delle proprie infradito. Non trovandole, la bambina decise che non erano poi così importanti e si avviò scalza lungo il sentiero, insensibile ai sassolini e ai rametti che le tormentavano le piante dei piedi.

-Roxanne, devi ancora...-

Esclamò Nami dalla soglia della porta, ma la bambina era già sparita. La donna sospirò con rassegnazione; Rufy non era cambiato di una virgola da quando lo aveva conosciuto, quindi sperare che Roxanne smettesse di essere così sconsiderata era semplicemente una causa persa.

Speriamo che il nuovo arrivato sia un po’ più assennato. Due Rufy in famiglia sono già troppi.


Come materializzatosi dai suoi pensieri, il capitano spuntò alle sue spalle e la osservò con curiosità.

-Nami, sai quella pasta morbida avvolta nello strofinaccio in cucina...-

Disse dopo un po’.

-Sì Rufy, l’impasto per la torta-

Rispose Nami automaticamente, senza guardarlo, ancora impegnata a ragionare se fosse il caso di inculcare un po’ di sale in zucca a Roxanne; era ancora piccola, esisteva una speranza.

-Ecco...l’ho mangiato-

La donna recepì il vero significato di quelle parole solo dopo qualche secondo, durante i quali Rufy assunse l’aria più mortificata che poteva.

In effetti già un Rufy è più che sufficiente.

***

Roxanne non riusciva a spiegarsi il motivo a causa del quale più uno aveva fretta più trovava ostacoli e problemi; correndo a perdifiato verso il villaggio era inciampata già cinque volte, perdendo tempo preziosissimo, e all’ultima, nel capitombolo, aveva pure rotto la fionda. I genitori di Mela l’avevano avvertita che sua madre era stata portata all’infermeria perchè a quanto pare il fratellino era stufo di aspettare e voleva nascere. Il padre dell’amica si era offerto di darle un passaggio fino al villaggio, ma Roxanne non gli aveva dato il tempo di terminare l’offerta; si era lanciata a perdifiato lungo il sentiero, sicura che le sue gambette potessero fare molto più veloce della carretta del signor Pooper. Quando giunse all’infermeria trovò Genzo sulla soglia, che non appena la vide le fece un gran sorriso e le indicò di farsi più vicina.

-Ci vorrà un po’, Roxanne. Il fratellino forse nascerà verso sera-

La bambina rimase estremamente delusa dalla notizia.

-Ma come? Il signor Pooper ha detto che usciva subito subito-

Genzo sorrise e scosse la testa, accompagnandola sulla panca subito fuori l’infermeria e sedendosi accanto a lei.

-Sai, ci vuole tempo per queste cose...-

-BUTTATELO FUORI!!!-

Un urlo improvviso fece sobbalzare i due, che si voltarono d’istinto verso la porta dell’infermeria, che si spalancò qualche decimo di secondo dopo, precisamente nel momento in cui Rufy, preso di peso da due infermiere nerborute, veniva buttato fuori.

-Papà!-

Esclamò Roxanne, balzando in piedi ed avvicinandosi al padre, che aveva un’espressione scontenta da bambino capriccioso.

-Perchè ti hanno buttato fuori?-

Domandò la bambina indagatrice, sollevando un sopracciglio in un modo che a Genzo ricordò spaventosamente Nami.

-Non ne ho idea-

Ammise serenamente il capitano, sorridendo genuinamente alla figlia maggiore, che si mise a ridere.

-RAZZA DI SCONSIDERATO SENZA CERVELLO! E’ COLPA TUA SE SONO DI NUOVO IN QUESTA SITUAZIONE!-

La voce di Nami echeggiò soave fuori dall’infermeria, facendo incassare il capo di Rufy tra le spalle.

-Perchè mammina urla?-

Domandò Roxanne innocente.

-E’ arrabbiata con te? O con il fratellino che sta per nascere?-

Rufy si portò una mano sul cappello e sorrise scanzonato, ignorando volutamente le urla della ragazza.

-Che dici, andiamo a mangiare?-

Propose a Roxanne, il cui viso si illuminò.

-Sì!-

Il fratellino era importante, però davanti ad un piatto di carne poteva anche aspettare, no?

***

-Finalmente si è addormentato-

Mormorò Nami sottovoce, cullando dolcemente il neonato. Il piccolo dormiva saporitamente rannicchiato tra le braccia della madre, la manina grinzosa stretta a pugno vicino alla bocca. Rufy lo osservò e sorrise, affondandogli un dito nella guanciotta.

-E’ così morbido-

Disse, mentre Nami gli riservava uno sguardo omicida.

-Se si sveglia...-

Cominciò, ma un rumore di passi le impedì di terminare la sua minaccia. Dopo pochi secondi il viso assonnato di Roxanne comparve dalla porta, la maglietta utilizzata per dormire indossata al contrario e il volto crucciato.

-Brutto sogno...-

Mormorò con voce impastata, strofinandosi un occhio ed avviandosi verso il lettone dei genitori.
Nami accomodò il piccolo Ace in modo tale da poter liberare un braccio, con il quale abbracciò Roxanne.

-Ne abbiamo già parlato, Roxy...i brutti sogni non ti fanno niente...-

Cercò di spiegare alla bambina che però, chiaramente ancora mezza addormentata, scosse la testa e cominciò ad arrampicarsi nel lettone.

-Voglio dormire con voi-

Aggiunse, infilandosi sotto le coperte tra Rufy e Nami. Il capitano rise silenziosamente, attirando la bambina vicino a sè, mentre la donna sistemava il piccolo Ace accanto a lei nel lettone, stando attenta a non schiacciare Roxanne, che aveva già preso possesso di quasi tutto lo spazio disponibile. Allungò un braccio fuori dalle coperte e spense la luce, sistemandosi alla meglio nel poco spazio che le restava.

-Dovremo riparlare a Roxy dei brutti sogni-

Mormorò nel buio.

-Domani-

Biascicò Rufy, prima di allungarsi in modo da poter abbracciare tutta la sua famiglia. Sotto quella lieve, rassicurante, pressione, Roxanne sorrise nel sonno e si accoccolò ancora più vicino al padre.

Bisogna comprare un letto più grande.

Pensò Nami, prima che la ragione sfumasse preda dei sogni; eppure, nonostante quell’ultimo pensiero,stretta ai suoi due bambini e con il braccio di Rufy abbandonato sul suo fianco, Nami passò la notte più comoda della sua vita.


NDA

Allora :D Come state? Io, avendo finito gli esami, magnificamente XD Proprio per festeggiare la fine della sessione ho deciso di mettere da parte la malinconia e scrivere qualcosa di leggero e scanzonato, con il ritorno della piccola Roxanne! ^ ^ Che ne pensate? Certo, immaginarli come una famiglia non è facile, ma ho voluto cimentarmi ugualmente :D Anche perchè ormai mi sono affezionata alla piccina, dato che è una copia di Rufy al femminile =D Ah, il commento di Genzo è voluto; per certi versi Roxanne assomiglia anche a Nami, anche se il suo comportamento dimostra il contrario ^^” Il piccolo Ace porta questo nome in ragione del capitolo 574; Nami avrà anche qualche tendenza isterica, però è molto sensibile e non poteva non pensare a questo dettaglio ^-^ Spero che questo capitolo vi abbia strappato un sorriso, perchè era questa la mia intenzione ^^
Ah già...ogni volta che la scena cambia (***) è passato qualche tempo dal momento descritto precedentemente xD
Vi adoro tutti! :D Un bacione e alla prossima (spero prestissimo!!).

ps. Vi lascio questi tre disegni su Ace, che ho fatto nei momenti di maggior sconforto :D

Ritratto di famiglia:
http://fc08.deviantart.net/fs71/f/2010/047/3/f/Ace_family_portrait_by_Ellychan88.jpg

Situazioni imbarazzanti (scusate l’inglese pessimo xD)
http://fc02.deviantart.net/fs71/f/2010/046/6/0/Ace_Stupid_things_by_Ellychan88.jpg

“Benvenuto a casa, figliolo...”
http://fc06.deviantart.net/fs71/f/2010/046/b/6/Ace_Home_finished_by_Ellychan88.jpg


E con questo...alla prossima!! :D







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Capitolo 16
*** ...perchè un uomo, per conquistare una donna, deve saperla far ridere! ***


Cap16

A tutte voi che leggete le mie storie e le recensite; a voi che vi entusiasmate, soffrite e ridete grazie a quel manga favoloso che è One Piece! Questa piccola fic è una dedica per voi ^^

...perchè un uomo, per conquistare una donna, deve saperla far ridere!

“...Chiara come un bel sole d'inverno
E stella rossa lontana all'imbrunire
Succhia questo bellissimo giorno
Che l'amore non ha niente da capire

You make me feel loved
You make me feel all loved...”
(You make me feel loved - Zucchero)

***

Nami amava incondizionatamente due cose: i soldi e i mandarini.
Era questo che aveva messo in chiaro fin da subito, senza perdere tempo in preamboli. Tutto il suo vivere girava attorno ed in funzione di questi due principi: mangiare almeno un mandarino al giorno -o entrarci almeno in contatto, annusandone il profumo o accarezzandolo piano con i polpastrelli- e racimolare più denaro possibile. Perchè il denaro, e questo l’aveva capito fin da piccola, poteva davvero comprarla, la felicità.
Rufy, da parte sua, proprio non capiva come si potesse amare così tanto e in maniera così sbagliata; certo, anche lui aveva le sue debolezze -la carne, tanto per citarne una-, ma restavano, appunto, debolezze. Non aveva mai permesso che una di queste diventasse padrona della sua vita, perchè il suo amore incondizionato lo meritavano ben altre cose. Era un dono prezioso, l’amore. Suo fratello gliel’aveva spiegato quando vivevano ancora insieme a Fusha, in un pomeriggio piovoso.

L’amore è quello che ti fa sentire l’odore della pioggia o quello del vento estivo.

Sciocco.

Aveva pensato Rufy.

Quello lo si sente con il naso.

Crescendo però l’aveva capito; quando sentiva i brividi lungo la schiena all’idea di una nuova avventura, quando abbracciava con lo sguardo tutta la sua ciurma e rideva con loro, quando di notte l’odore del mare gli riempiva il corpo e la mente. Quello era l’amore. Godere appieno di sensazioni che ti riempiono e ti fanno sentire parte del mondo. Ma Nami no, sembrava non capirlo; guardava il suo albero di mandarini e, mangiandone uno appena colto, già si chiedeva quando sarebbero maturati gli altri. Viveva costantemente nell’attesa, senza prendere parte alla realtà che la circondava.
Rufy non sapeva esattamente quando aveva deciso di salvarla; ricordava solo di essersi svegliato una notte perchè assetato -o affamato, difficile prestar attenzione a certi dettagli- e l’aveva trovata in cucina, china sulle carte nautiche.

Che fai?

Le aveva domandato.

Lavoro. La costanza è importante per chi ha un sogno come il mio.


Ma anche quando parlava del suo desiderio più grande i suoi occhi brillavano poco, come una fiammella dietro un vetro sporco. Allora il capitano, senza tanti preamboli -sapeva che la navigatrice li detestava-
si era chinato alla sua altezza e l’aveva baciata. Lei era rimasta attonita e, una volta separati, la sua prima reazione era stata quella di picchiarlo selvaggiamente. Rufy però si era messo a ridere, ridere a crepapelle, senza fermarsi per prendere fiato e quel suono così spontaneo e naturale aveva contagiato anche Nami, che poco dopo si era ritrovata sul pavimento assieme a lui, con gli addominali doloranti e il fiato corto.

Qualcosa era cambiato tra loro, quella sera.

Avevano passato la notte a parlare e ridere per ogni sciocchezza, addormentandosi poi rispettivamente sul divanetto e sul pavimento.
Da allora, ogni volta che la fiammella negli occhi della navigatrice si faceva più opaca, Rufy trovava una scusa e la baciava, per poi scoppiare a ridere subito dopo. Era il loro modo per dirsi quanto fossero importanti l’uno per l’altra. Dopo qualche tempo, Nami aveva smesso di chiedersi quando sarebbero maturati gli altri mandarini e aveva cominciato a divedere quello quotidiano con Rufy che, d’altra parte, in quei giorni aveva preso a baciarla anche per altre ragioni, oltre che per farla ridere.

Mi chiamo Nami e amo incondizionatamente tre cose: il profumo dell’inchiostro,quello dei mandarini e il suono delle risate.

Il primo perchè le ricorda il suo sogno.
Il secondo perchè le ricorda la sua terra.
Il terzo perchè è il modo di Rufy per dirle, dopo ogni bacio, quanto la ami.

NDA

:D Ah, aggiornamento flash :D E tutto perchè vi adoro incondizionatamente <3 E’ breve, però ne sono abbastanza soddisfatta ^^ Ho notato che i momenti teneri e spensierati tra i due mancavano da troppo tempo e così ho cercato di rimediare! ^____^ Non saprei dire a che punto possa essere ambientata questa fic, ma immagino che si adatti bene alla saga intera ^^ E’ un’evoluzione, da quando Nami pensava esclusivamente ai mandarini e ai soldi fino alla Nami di adesso, che ha mantenuto i suoi “amori” ma non ne ha fatto più una ragione di vita ^^ E tutto questo grazie a Rufy ovviamente XD L’accenno ad Ace ci stava, lo vedo sempre come il grillo parlante di Rufy, quindi nonostante sia (sigh!) morto nel manga non mi impedirà di inserirlo nella fic! Alla faccia di Oda XD Ora veniamo a voi, mie adorabili lettrici *___* Non rispondo mai alle recensioni perchè non so cosa dire (tendo alla ridondanza, sì ù__ù), però mi emoziono tantissimo leggendole *O* Quindi, ancora una volta, GRAZIE di cuore *__* Perchè soffrite, ridete, vi emozionate con me! E non parlo solo delle fanfiction, ma del manga in generale! Mi date tanto soddisfazioni e io vi adoro *__* Quindi un bacio a tutte, ma proprio tutte voi! :***












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Capitolo 17
*** ...perchè il fatto che Boa sia innamorata di Rufy è un dettaglio assolutamente irrilevante. ***


cap17

...perchè il fatto che Boa sia innamorata di Rufy è un dettaglio assolutamente irrilevante.

Nami guardò un’altra volta la donna seduta sulla sdraio di Robin, abbassando il libro quel tanto che bastava per permetterle di osservare senza essere notata; se ne stava lì, impettita su quella sedia che non aveva mancato di definire troppo rappezzata per poter accogliere il suo reale sedere, con i capelli corvini agitati dal vento -che, caso curioso, non glieli scompigliava fino a renderli una selva di nodi, quanto piuttosto li accarezzava dolcemente- e l’espressione di chi credeva che al mondo le fosse tutto dovuto. Boa Hancock, imperatrice di Amazon Lily e membro della flotta dei sette, sorseggiava annoiata il drink che Sanji le aveva preparato, ignara dello sguardo di fuoco che la navigatrice le aveva appena rivolto. Salome, l’enorme serpente piumato della donna, stava accoccolato ai suoi piedi, rilassato nel tepore del sole pomeridiano.
Nami non sapeva esattamente cosa la irritasse di quella donna; se i modi altezzosi, la voce autoritaria, l’esagerata bellezza o il fatto che guardasse Rufy con un misto di tenerezza ed imbarazzo. Nessuno sano di mente avrebbe mai rivolto un simile sguardo al capitano e il fatto che lei lo avesse già fatto in passato era assolutamente irrilevante; lei era la sua navigatrice, dopotutto. Quando Boa era salita a bordo, qualche settimana prima, tutti i membri dell’equipaggio avevano avuto un eccesso di adrenalina nel sangue; perfino Zoro, solitamente così distaccato, era arrossito di fronte ad una tale, sfrontata bellezza. Soltanto Rufy, aveva notato Nami sollevata, non sembrava dar peso a Boa Hancock; E sì che non era poi così difficile capire che l’imperatrice era innamorata di Rufy. Bastava osservare il modo in cui i suoi occhi azzurrissimi si fissavano ad osservarlo, oppure il modo in cui arrossiva -quasi timida- quando Rufy le rivolgeva un sorriso o una parola.

Ancora qualche giorno.

Di disse mentalmente la navigatrice, rileggendo per la decima volta la stessa riga del libro che teneva tra le mani.

Ancora qualche giorno e saremo liberi dalla sua ingombrante presenza.

Nonostante l’iniziale entusiasmo della ciurma all’idea di avere a bordo l’imperatrice, con il passare dei giorni nella nave era cominciato a serpeggiare un certo disagio. Non erano tanto i capricci di Boa a renderli nervosi, quanto la continua impressione di essere sotto giudizio, nonchè il suo modo di trattarli tutti come sudditi. Sanji, ubriaco delle sue follie d’amore, non si curava di certe frivolezze e continuava a svolazzare leggero e canterino. Chi pativa di più questa presenza erano Zoro, tormentato continuamente da pensieri inadatti ad uno spadaccino, e Nami, che si sentiva trafitta ogni qual volta l’imperatrice alzava gli occhi su di lei.
Una folata di aria calda fece trasalire la navigatrice, che si guardò intorno; Zoro era apparso accanto a lei, gettando a terra i pesi con i quali fino a poco prima si era allenato.

Scacciare i cattivi pensieri con il sudore.

Forse avrebbe dovuto provare anche lei. Rufy trotterellò sul ponte della Sunny, un sorriso ad illuminargli il volto; era dimagrito dall’ultima volta che l’aveva visto e Nami sapeva di essere stata l’unica a notarlo. Boa staccò lo sguardo dall’orizzonte e si voltò verso il capitano, sorridendo, mentre le guance si coloravano di una bella tonalità pesca.

-Sanji mi ha dato un assaggino!-

Esclamò sereno, mostrando i cosciotti di carne che stringeva tra le mani. Boa arrossì ancora di più, mentre le sue fantasie volavano in un luogo in cui era lei ad imboccare teneramente Rufy.

-Ehi Nami, sicura di stare bene?-

Domandò il capitano, chinandosi per osservare la navigatrice negli occhi. La ragazza trasalì.

-Cosa?-

Non terminò la domanda che Rufy le premette con decisione una mano sulla fronte, per poi ritrarla immediatamente.

-Scotti come quella volta a Drum!-

E la sua voce tradiva la preoccupazione. Nami si toccò la fronte e constatò che il capitano aveva ragione; come se non bastasse, aveva un caldo infernale.

-Chopper!-

La piccola renna trotterellò sul ponte.

-Che c’è?-

-Nami non sta bene!-

Rufy indicò la navigatrice, che blandì il dottore con qualche fragile scusa, che non venne ascoltata.

-Nulla di che-

Constatò Chopper dopo una visita accurata.

-Solo un colpo di sole. Nami, da quant’è che sei sotto il sole senza bagnarti la testa? E’ meglio se ti sdrai un po’ all’ombra-

-Sto bene, davvero-

Se solo questo maledetto caldo mi lasciasse un attimo.

Nonostante quelle parole, però, Nami si alzò in piedi e raggiunse traballando una zona più fresca e riparata. Immediatamente Chopper le posizionò sulla fronte una pezzuola splendidamente fredda che le donò subito sollievo. Sospirò di gratitudine e voltò il capo verso il ponte, dove incontrò gli occhi penetranti di Boa, che la fissava senza imbarazzo.
Rufy, accertatosi che Nami non aveva davvero nulla di grave, era ritornato a mangiare lo spuntino preparato da Sanji, ridacchiando divertito davanti alle nuove e strampalate invenzioni di Usopp.

-Ti sta fissando da un po’-

Mormorò una voce accanto a lei; Nami alzò istintivamente gli occhi, incontrando la mascella squadrata di Zoro. Il ragazzo era appollaiato sulle scale, impegnato a sollevare dei pesi che, a giudicare dalla grandezza, dovevano essere di un peso inumano.

-Allora anche tu la stai guardando da un po’, per saperlo...-

Lui si irrigidì appena, aumentando la foga con la quale svolgeva l’allenamento; su, giù, su giù, su giù. I muscoli guizzavano, bagnati dalla luce arancione del tramonto, luccicanti di sudore.

-Mi fa uno strano effetto-

Nami si portò un braccio sugli occhi, nascondendosi un po’ in quel buio rassicurante.

-Lo fa a tutti-

Lo spadaccinò annuì, continuando a contare i sollevamenti.

Millenovecentouno.

Sanji uscì baldanzoso dalla cucina, svolazzando sereno verso la sua nuova Dea per porgerle un assaggio di un dolce di sua invenzione. Boa lo guardò inarcando severamente un sopracciglio e neanche gli rispose; i suoi occhi erano solo per Rufy, che si era esibito in una risata più forte delle altre. Zoro osservò il volto del cuoco farsi mogio di delusione, ma riconobbe da qualche parte nel suo sguardo la scintilla dell’ostinazione. Il desiderio di andare lì e cantargliene quattro si fece prepotentemente largo in lui, ma decise di lasciar perdere; non erano affari suoi, dopotutto.

Millenovecentoventicinque.

Sanji si accorse di Nami e le si avvicinò preoccupato, il dolce sciolto scompostamente nel vassoio, ormai chiaramente immangiabile.

-Nami cara, tutto bene? Vuoi che ti prepari qualcosa di refrigerante?-

Domandò, accucciandosi all’altezza della ragazza e scrutandola a fondo. La navigatrice scosse la testa e lo ringraziò del pensiero, troppo stordita dal caldo per riuscire ad essere scorbutica.
Lo spadaccino osservò i movimenti del cuoco mentre tornava in cucina; si voltò appena sulla soglia, per indugiare ancora un poco, con lo sguardo, sulla chioma corvina di Boa, immersa nei bagliori dorati del tramonto.

Millenovecentotrentadue.

Prima di rientrare, i suoi occhi incontrarono quelli di Zoro per un momento; Sanji fu sul punto di dire qualcosa, ma poi cambiò idea e scosse la testa.
La voglia di sbattere sul pavimento il cuoco urlandogli forte nelle orecchie:

-Quella non centra nulla con noi! Smettila di fare il cascamorto!-

fu un impulso talmente potente che fece scattare in piedi lo spadaccino, dimentico ormai dell’esercizio. Possibile che quel baka non si accorgesse di quanto Boa stonasse all’interno della ciurma? possibile che non si rendesse conto di quanto Boa lo stesse umiliando? Il ragazzo fece un profondo sospiro e si concentrò per svuotare la mente. Mancavano pochi giorni, ormai, prima di arrivare ad Amazon lily, il luogo in cui avrebbero dato l’addio a Boa Hancock; poteva resistere, anche con l’aiuto dei suoi esercizi che erano un ottimo modo per cancellare i pensieri e la rabbia.
A quanto era arrivato? Merda, ora doveva ricominciare a contare da capo. Sanji, intanto, era già sparito in cucina.

Le prime stelle avevano cominciato a fare capolino nell’aria tersa della sera, brillando opache in quel cielo dai colori pastello. Nami si voltò pigramente nel sonno, accarezzata dalla brezza leggera della sera, incurante delle tracce rosse che l’erba aveva lasciato sul viso e sulle braccia. L’inconscienza del sonno profondo l’aveva abbandonata ormai da diversi minuti, ma la ragione tardava a ritornare lucida, beata di quel senso di irrealtà popolata da soldi, sorrisi e mandarini. Fu un dito premuto con insistenza su una guancia a convincerla ad aprire gli occhi, facendola ritrovare faccia a faccia con il suo capitano, accucciato a pochi centimetri da lei. La prima tentazione di Nami fu quella di colpirlo in testa con un pugno e aveva già caricato il braccio quando qualcosa la trattenne: una stretta tuttaltro che piacevole.
Si voltò sconcertata ed incontrò lo sguardo irritato di Boa, che la squadrava furiosa.

-Cosa credevi di fare?-

Domandò tagliente e Nami rabbrividì. L’astio immotivato che aveva provato verso quella donna si acuì improvvisamente, causandole una fastidiosa fitta al petto. Si liberò dalla sua presa con uno strattone e la guardò furente; imperatrice o no, quella era la sua nave, quello era il suo capitano, lo conosceva da più tempo di lei, erano amici, chi si credeva di essere per poter sconvolgere così le loro vite?
Rufy osservò gli sguardi inferociti che si scambiavano le due donne ed inclinò lievemente la testa, perplesso.

*

-Usopp, attenzione a quelle vele!-

-Chopper! Vira a est, A EST! Dobbiamo seminare quelle navi!-

Sanji aiutò Chopper ad orientare la nave nella direzione giusta, poi corse sul ponte per aiutare i compagni; tutto si aspettavano quel giorno, tranne un’intera flotta della Marina alle calcagna.
Rufy si gonfiò come un palloncino ed assorbì completamente l’urto provocato da una palla di cannone, rispedendola indietro, mentre Zoro combatteva senza difficoltà con alcuni marines che erano riusciti a salire sulla Sunny. Boa, accanto alla balaustra che dava sul mare, aveva appena finito di pietrificarne un altro vistoso gruppetto.
Un rombo più potente degli altri attirò l’attenzione di tutta la ciurma verso la fonte del rumore, appena in tempo per vedere un uomo catapultarsi verso il ponte della loro nave ad una velocità incredibile. Quando atterrò elegantemente davanti a loro, poterono notare quanto fosse sporco di fuliggine e quanto l’abbigliamento fosse bizzarro, soprattutto quell’elmetto bianco corredato di stelline rosse che portava calato fino agli occhi. Rufy, nonostante tutto, rimase ammirato dal suo metodo d’abbordaggio: non tutti avrebbero accettato di farsi spedire sulla nave nemica direttamente con il cannone.

-Hai finito le tue scorribande, Cappello di paglia!-

Esclamò il comandante con voce arrochita dalla fuliggine, puntando un dito contro Rufy, che si preparò allo scontro con un sorriso divertito dipinto sul volto. I primi due colpi neanche li vide arrivare; si ritrovò semplicemente steso a terra, il sangue che colava abbondante dal labbro spaccato e l’avversario che torreggiava sopra di lui.

-Sappi che sono considerato il comandante più veloce tra quelli al servizio della Marina!-

Lo informò l’uomo e la ciurma, tra uno scontro e l’altro, constatò che non mentiva: bastava un battito di ciglia per trovarselo già lontano di diversi metri. I colpi che il comandante portava all’avversario non erano particolarmente potenti, ma la sua tattica non mirava ad una misera dimostrazione di forza; voleva stancare il nemico, annientarlo, vederlo accartocciarsi su sè stesso preda della fatica. Dopo l’ennesimo colpo andato a vuoto, Rufy sbuffò e si tolse il cappello, vagando con lo sguardo sul ponte della nave. I suoi occhi incontrarono quelli speranzosi di Boa, persi già in chissà quale sogno, per poi incatenarsi a quelli grandi e affaticati della sua navigatrice. Senza alcuna esitazione le calò il cappello sulla testa, rituffandosi poi in quello scontro che insieme lo eletrizzava ed infastidiva. Era quasi ora di pranzo, accidenti!
Nami sentì la paglia ruvida accarezzarle la nuca e quell’ombra ormai conosciuta oscurarle il volto; certe abitudini, certi legami, erano difficili da spezzare. Lo sguardo di Boa si fece torvo, mentre i marines che aveva appena sconfitto giacevano immobili e dimenticati in un angolo del ponte.
Gli occhi delle due donne si incontrarono e il tempo parve cristallizzarsi intorno a loro, mentre il cuore di Nami si riempiva di una nuova e vibrante consapevolezza; era inutile continuare a guardare Boa come un’avversaria: non esistevano sfidanti se non si aveva mai cominciato a giocare.

-Forse dovresti prenderlo tu-

Disse la navigatrice, togliendosi il cappello dal capo e stringendolo tra le dita sottili. Pronunciò quelle parole sorridendo, un sorriso di vittoria, perchè lei aveva già vinto, senza aver mai avuto nemmeno il bisogno di giocare. Boa la osservò a lungo, poi le voltò le spalle, senza guardare o toccare il cappello che la ragazza le porgeva.

-Lo sai anche tu che non è così-

Rispose, allontanandosi. Salome dondolava piano la testa e Nami sorrise ancora; era inutile mentire.

-Volevo darti una possibilità-

La informò, sorda alla baruffa a cui stava partecipando il suo capitano e la marina. Le spalle di Boa tremarono appena.

*

Quando la Sunny approdò nel porto dell’isola di Amazon Lily tutto il popolo era radunato per accogliere la sua imperatrice. Rufy, appollaiato sulla balaustra, rideva salutando le ragazze che aveva conosciuto nell’esperienza passata.

-Imperatrice serpente!-

Esclamarono le ragazze non appena Boa fece capolino sul ponte. La donna rivolse un cenno distratto di saluto, per poi concentrare la sua attenzione su Rufy.

-E’ il momento di salutarci...-

Mormorò, mentre un fastidioso dolore si annidava sul fondo del suo stomaco. Il capitano scese dalla sua posizione e le si avvicinò.

-Non so davvero come ringraziarti per tutto ciò che hai fatto! Un giorno mi sdebiterò-

-Basta che tu mi prometta di tornare qui, quando avrai realizzato il tuo sogno-

Pronunciate quelle parole Boa arrossì lievemente, allontanando lo sguardo da quello di Rufy che, confuso, inclinò il capo e la osservò con curiosità.

-Tutto qui?-

Domandò, stupito da quel desiderio così semplice.

-Tutti gli amici si rivedono prima o poi, e stai pure certa che tornerò a trovarti!-

Confermò, senza notare che lo sguardo di Boa si era fatto lucido di speranza. Si avvicinò di un passo a Rufy e si chinò per portare il viso alla sua altezza, per poi posargli un bacio impacciato sulle labbra.
Immediatamente un coro di esclamazioni sorprese, sia da parte della ciurma che dal popolo delle amazzoni, accolse quel gesto. Rufy sentì quella lieve pressione allontanarsi dopo pochi momenti e si domandò perchè mai Boa Hancock l’avesse baciato; forse era un’abitudine del popolo di Amazon Lily. Da parte sua, Rufy era convinto che si sarebbero dovute baciare così solo le persone che si amavano davvero, come gli aveva insegnato Ace quando erano più piccoli.

Ace...

a quel nome un dolore acuto si propagò per il suo animo come un’onda, ma il capitano scelse di ignorarlo; non era il momento per lasciarsi andare ai ricordi.

-Tieni-

La voce di Boa lo riportò alla realtà e lo fece concentrare su ciò che la donna gli stava donando: una vivrecard.

-Così saprai sempre dove trovarmi-

Spiegò Boa, sorridendo dolcemente. Il ragazzo annuì, nonostante il toccare nuovamente una vivrecard gli provocasse un brivido gelido lungo la schiena.

-Grazie-

Mormorò, infilandosela nella fascia del cappello. La donna sorrise ancora e si apprestò a scendere dalla nave, senza degnare la ciurma neanche di uno sguardo.

*

Osservando la nave che si allontanava a vele spiegate verso il tramonto, Boa sentì il dolore al petto affievolirsi fino a scomparire.

-Dovresti essere preda di atroci dolori-

Osservò una voce dietro di lei e Hancock non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi aveva parlato.

-Hai sottovalutato la mia forza, vecchia-

Il rumore sordo del bastone riempì il vuoto dei secondi in cui l’anziana imperatrice rimase in silenzio. Quando parlò di nuovo, aveva affiancato Boa e stava scrutando con lei l’orizzonte.

-Non è stata la tua forza a salvarti-

Annunciò con voce sicura; la ragazza sollevò scetticamente un sopracciglio.

-E’ stata la speranza. Il ragazzo ha promesso di tornare prima o poi e tu ti fidi di lui. Il tuo sogno d’amore non è morto con la sua partenza-

-Tornerà affiancato dalla ragazzina rossa, Vecchia-

Disse Hancock dopo qualche momento, allontanandosi dalla terrazza per rientrare nel palazzo, sotto lo sguardo sconcertato dell’anziana imperatrice.
Boa doveva avere sempre l’ultima parola.

NDA

Ma ciaooo :D Capitolo lunghetto e poco Runamoso, lo so ù__ù ho voluto concentrarmi su Boa e sulla situazione che si verrebbe a creare se lei entrasse mai nella ciurma. Come si è visto non sono favorevole ad un suo possibile arruolamento °__° Non perchè mi sia antipatica come personaggio, ma stonerebbe alla grande con i nostri eroi preferiti!Spero di non aver reso Boa OOC, ma è difficile da trattare °__° Non ho mai scritto di personaggi così altezzosi!A proposito, se vi state chiedendo perchè ho scritto questo capitolo, ebbene...perchè sono stufa di leggere “Ah, ma è ovvio che Rufy si metterà con Boa!” ...scusate, perchè dovrebbe essere ovvio? Perchè lei ha una cotta adolescenziale nei suoi confronti? Ma non scherziamo, su! ^^ Come ho descritto, certi legami sono difficili da spezzare. Rufy cederebbe mai il cappello a Boa? No. Continuerebbe a ricercare lo sguardo di Nami per affidare a lei il suo tesoro e Boa ne sarebbe mortalmente gelosa, nonchè in competizione :3 Ah, se qualcuno non l’avesse notato ho messo un piccolo accenno SanjixZoro xD Potete prenderla anche come amicizia/rivalità, ma nella mia testa loro due formano una coppia stupenda XD Un bacione a tutte voi che mi seguite e recensite! Runami ROCK! :D


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Capitolo 18
*** ...perchè sono un po' come i jeans, adatti a tutte le occasioni. ***


CAP18

...Perchè sono un po’ come i jeans, adatti a tutte le occasioni.


-...e in più è un IDIOTA! Un colossale, enorme, irrecuperabile IDIOTA-

Nami sbattè violentemente la sua tazzina di caffè sul piattino, guadagnandosi un’occhiata di disapprovazione da parte del cameriere. Bibi le sorrise apprensiva e cercò di placarla.

-Dai, non può essere stato così tremendo come dici...-

Tentò, rivolgendo a Robin un’occhiata speranzosa che non venne colta; la mora continuava a sfogliare il giornale come se nessun grido, tazzina infranta o rimbrotti da parte del cameriere la tangessero. Nami si voltò verso l’amica con un’espressione inferocita e Bibi si ritrasse involontariamente, deglutendo; conosceva Nami da abbastanza tempo da sapere che, quando lei aveva quella faccia e quella voce, essere ragionevoli fosse quanto mai controproducente.

-Tremendo?-

Sibilò, stringendo pericolosamente gli occhi.

-Non è stato tremendo. E’ stato molto più che tremendo. Ci mancava quasi che mio padre lo prendesse a fucilate e, con il mestiere che fa, Rufy non se la sarebbe certo cavata!-

Il padre adottivo di Nami faceva il poliziotto; era piuttosto noto in paese perchè era tanto gentile e generoso con la gente quanto protettivo e geloso con le sue figlie. Nami e Nojiko erano state adottate da lui e Bellmer quando erano poco più che neonate e i due coniugi vivevano per queste due bambine; le avevano cresciute cercando di dar loro tutto il possibile, nonostante i soldi non fossero poi molti.
Bibi rispose all’affermazione di Nami con una risatina incerta, muovendosi a disagio sulla sedia; si erano conosciute per caso a scuola, quando era stato chiesto loro di occuparsi dei preparativi per la festa di fine anno. All’inizio Nami si era dimostrata scostante ed irritabile, ma alla fine Bibi era riuscita a conquistarla grazie alla sua dolcezza, a quel suo essere fragile. In qualche modo Bibi era riuscita ad affascinarla, forse perchè rappresentava tutto quello che Nami si era imposta di non essere: insicura, debole, bisognosa di protezione.

-E’ finito il caffè-

Commentò Robin, osservando la sua tazzina con disappunto. Bibi si volse verso di lei con aria tesa ma Nami ignorò l’affermazione e riprese a lamentarsi, proprio mentre Robin, dopo un cenno al cameriere, ricominciava a sfogliare il giornale. Erano una strana accoppiata loro tre; Robin era la più vecchia del gruppo e pareva non essere interessata mai a nulla: si lasciava scivolare addosso qualsiasi cosa, qualsiasi commento e sorrideva raramente e solo con un buon motivo. Bibi all’inizio la temeva e, come rivelò a Nami un giorno, la trovava irritante; l’amica si era limitata a sorriderle e spiegarle che Robin era davvero fantastica, ma per capirlo ci voleva del tempo. Molto tempo.

-Lei è fatta così, poche cose la smuovono davvero. Però sa ascoltare e capire come poche persone-

Dopo quasi tre anni di uscite, Bibi riusciva finalmente a capire cosa intendesse l’amica; Robin era davvero...spiazzante. E una volta conosciuta bene non potevi davvero più fare a meno di lei. Restava ancora un mistero come potesse uscire con quel metallaro casinista, comunque. La voce di Nami riportò Bibi alla realtà, obbligandola a concentrarsi sul presente.

-Insomma, non che pretendessi poi molto ma, dannazione! Era la festa di fidanzamento di mia sorella, nonchè l’occasione ufficiale per conoscere i miei genitori! E lui che fa? CHE FA?-

-Si presenta in jeans e camicia leggermente aperta, provocando in te una scarica di ormoni e nei tuoi genitori una sorta di repulsione primordiale-

Commentò Robin, con voce quasi divertita. Nami avvampò, presa in contropiede, e Bibi ridacchiò piano; che Rufy fosse un ragazzo con la testa perennemente tra le nuvole non era una novità ma delle volte riusciva ad essere disarmante. Come ci si poteva presentare ad una festa ufficiale vestiti come se si stesse per andare al mare?

-Mi ha fatto fare una figuraccia, soprattutto perchè ha praticamente urlato di essere il mio ragazzo e che con il vestito che avevo addosso ero decisamente sessibile. A parte la dubbia etimologia della parola, che già da sola è un affronto, si è pure lamentato nel momento in cui ho cercato di tramortirlo con una sberla, nel maldestro tentativo di eliminarlo per sempre dalla faccia della terra. Non avevo calcolato quanto fosse resistente...-

Nami sbuffò, socchiudendo gli occhi e passandosi una mano sulle tempie.

-Gli ho fatto la lavata di capo più grande della sua vita ma temo non sia servita ad un granchè-

-Vuol dire che non avete ancora fatto pace?-

Domandò Bibi, chinandosi verso di lei ed allontanando la sua tazzina di caffè ancora piena a metà. In effetti, lei detestava il caffè.

-Lui crede che sia tutto risolto, anche se in fondo in fondo sa che sono ancora arrabbiata. Il fatto è che è così perennemente...trasognato!-

-Ed è anche per questo che ti sei innamorata di lui-

Osservò Robin, senza distogliere lo sguardo da un articolo che doveva essere molto interessante. Nami sospirò, frugando nella borsetta alla ricerca di uno specchio, in cui si controllò minuziosamente il trucco. Non era vanitosa, questo no, però non poteva negare che essere guardata le piaceva; gli sguardi altrui che la seguivano per le strade la facevano sentire importante. Alle parole di Robin seguì un lungo silenzio; Nami e Rufy si erano conosciuti il primo anno delle scuole superiori e fin dal principio si era capito che tra i due ci fosse un certo feeling. Sanji, amico di Rufy fin dall’asilo anche se di qualche anno più grande, commentava i litigi quotidiani tra il ragazzo e Nami come “istinti sessuali repressi”; insomma, quei due si sarebbero calmati solo nel momento in cui si fossero resi conto che erano fatti l’uno per l’altra. In parte ci aveve azzeccato, perchè erano davvero fatti per stare insieme: litigiosi come pochi, seccanti, esagerati, ma anche fedeli, innamorati, ironici. L’unica previsione che Sanji aveva fallito erano i litigi: non erano diminuiti affatto da quando si erano messi insieme, anzi; l’unica cosa che era cambiata era il loro modo di fare pace: prima Rufy si limitava ad un sorrisone e a calare il suo buffo cappello di paglia in testa alla ragazza, ora avevano entrambi trovato un modo molto più...intimo. Quando Bibi chiese a Sanji cosa intendesse, lui le rispose, con un sorrisetto sghembo: scopano come conigli.

-Sì. E sono dannatamente, follemente, irrimediabilmente innamorata di lui. Ma questo non significa che io lo perdoni subito-

Spiegò Nami, nervosa. Un rombo particolarmente rumoroso attirò l’attenzione delle tre ragazze, che si voltarono istintivamente verso la strada: una grossa moto con la carrozzeria metallizzata si era fermata rombando vicino al piccolo dehor dove erano sedute; osservando gli adesivi appiccicati qua e là e la stazza del ragazzo che vi stava seduto sopra, intuirono immediatamente chi fosse. Robin scattò in piedi come se sulla sedia ci fosse stata una molla, recuperò la giacca -che, nonostante fosse stata piegata e appoggiata sullo schienale non era minimamente stropicciata- e salutò le sue amiche. Nel frattempo il ragazzo si era tolto il casco e aveva sorriso nella loro direzione: capelli blu pettinati in un ciuffo improbabile, pollice alzato verso il cielo e sorrisone malandrino. Franky suscitava un fascino non indifferente alle persone che aveva attorno, nonostante la sua impulsività.

-Spero di non avervi interrotte!-

Esclamò a voce alta, per sovrastare il rumore del motore; Robin, accanto a lui, si stava infilando il casco con grazia. Nami e Bibi scossero contemporaneamente la testa.

-No, avevamo quasi finito-

-Meglio! Baby, sei pronta? Stasera ho una sorpresa-

Robin salì dietro di lui e lo abbracciò in vita, appoggiando il capo sulla sua schiena e salutando con un gesto rapido della mano le sue amiche. Franky si abbassò la visiera del casco e partirono sgommando, con il vento che frustava impietoso i loro capelli. Nami e Bibi rimasero ad osservare la moto finchè non divenne un misero puntino all’orizzonte e solo a quel punto si concentrarono su ciò che rimaneva delle loro ordinazioni.

-Sembrano così perfetti-

Osservò Bibi dopo qualche secondo, facendo ruotare il suo caffè con aria assorta.

-Sono completamente diversi eppure si amano e sono felici, senza troppe complicazioni-

Il suo sguardo si fece triste e Nami capì a chi stava pensando senza che la sua amica aggiungesse altro. Per un attimo abbandonò l’argomento “Rufy” per concentrarsi completamente sul malessere di Bibi.

-Ancora nessuna novità?-

La ragazza proveniva da una famiglia molto facoltosa e tre anni prima si era fidanzata con un ragazzo che, oltre a piacere molto a lei, era diventato l’idolo di suo padre. Certo, inizialmente c’erano state delle dure divergenze- lui era un ambientalista, convinto che le industrie del padre di Bibi fossero pericolose per l’ambiente, cosa che poi si era dimostrata non vera- ma piano piano avevano imparato a conoscersi e ad apprezzarsi; ora guardavano insieme la partita il venerdì sera. Il grosso problema era che Kosa aveva in programma di chiedere la sua mano entro l’anno e Bibi non voleva accettare; a guardar proprio bene la ragazza avrebbe voluto lasciarlo, ma non si sentiva in grado di deludere così il padre ed il ragazzo. Era perdutamente innamorata di un altro uomo, un uomo che il padre probabilmente non avrebbe mai accettato, perchè troppo lontano dalla sua idea di genero.

-Pell continua a sostenere che quello che proviamo non è un bene, che c’è troppa differenza di età, che mio padre non lo accetterà mai-

Snocciolò Bibi, tenendo gli occhi bassi.

-Gli hai detto che al giorno d’oggi dieci anni non sono proprio nulla?-

Domandò Nami per la duecentesima volta; quando cominciavano a parlare di Pell, quella era la domanda di rito.

-Glielo ripeto sempre, ma lui si sente così in colpa...gli sembra di tradire la fiducia di mio padre. Vorrei trovare davvero una soluzione-

Nami sospirò, allungandosi per prendere le mani di Bibi tra le sue.

-La soluzione la conosci già, Bibi, ed è quella che ti piace meno:prendere il coraggio a due mani e confessare tutto a tuo padre. Ti vuole bene, capirà-

La ragazza si esibì in un sorriso stiracchiato, vergognandosi di sè stessa per avere gli occhi lucidi.

-Ma torniamo a parlare di te...alla fine ci siamo viste per questo oggi. Quanto hai intenzione di far passare prima di perdonarlo?-

-Tutto il tempo necessario affinchè la mia rabbia sbolla!-

Rispose Nami facendole l’occhiolino.

***

Un rumore improvviso fece sussultare Nami che, aperti gli occhi, gettò d’impulso uno sguardo verso il comodino: le tre e mezza di notte.

Che diamine...

Pensò, mentre il rumore si ripeteva; qualcuno stava lanciando dei sassolini contro il vetro della finestra e Nami non aveva bisogno di indovinare chi fosse.

-Ma sei impazzito?-

Sibilò, affacciandosi verso il cortile immerso nelle ombre notturne. Rufy ridacchiò e lasciò cadere gli altri sassolini che teneva in mano, illuminati di bianco dal bagliore della luna.

-Ti sei svegliata finalmente!-

esclamò felice, senza ricordarsi di abbassare la voce. Nami, per tutta risposta, gli scagliò un pesante libro di navigazione dritto in testa.

-Mi stupisco sempre che la tua testa suoni piena-

Sibilò acida, occhieggiandolo con rabbia. Rufy si massaggiò il grosso bernoccolo con aria abbattuta.

-Riportami su il libro e attento a che non si rovini-

Aggiunse dopo un po’ la ragazza, cercando di mascherare la risata che l’espressione del ragazzo le aveva suscitato. Rufy era sempre capace di sorprenderla; che ci faceva sotto casa sua alle tre di notte, lui che alle dieci e mezza crollava a dormire come un ghiro? Rientrò nella stanza e si sedette sul letto, in attesa di vedere la testa corvina del suo fidanzato spuntare dalla finestra; Rufy non si fece attendere molto: era sempre stato un ottimo scalatore. Appena in stanza il ragazzo appoggiò il libro sulla scrivania e si sedette accanto a Nami, un sorriso enorme stampato sul volto.

-Cosa ci fai qua?-

Domandò Nami, stringendosi meglio nella sua camicia da notte; l’aria cominciava a farsi più fredda, segno che l’estate stava proprio per finire. Rufy fece spallucce.

-Oggi non ci siamo visti e mi mancavi e tanto lo sapevo che eri ancora arrabbiata...-

-Rufy, non posso perdonare ogni tua singola sciocchezza con uno schiocco di dita. Questa volta l’hai fatta grossa-

Sospirò Nami, sedendosi a gambe incrociate sul letto ed osservandolo attentamente; forse aveva esagerato con quel libro, gli era venuto davvero un bernoccolo enorme.

-Ma è tutta colpa di Ace!-

Esclamò Rufy con voce piagnucolosa.

-E’ stato lui a dirmi che i jeans si adattano a tutte le occasioni!-

Il fratello di Rufy, Ace, era uno dei ragazzi più conosciuti del villaggio: sempre disponibile con tutti, paziente, dolce, maturo; si era sempre occupato del fratellino minore fin da quando i genitori se ne erano andati e tutti si fidavano di lui. Era partito l’anno precedente verso la città in cerca di fortuna. Nami si portò una mano alla fronte.

-Ci sono occasioni ed occasioni, Rufy-

Cercò di spiegargli.

-Mi perdoni?-

Domandò ad un tratto il ragazzo, allungando verso di lei il viso contratto in un’espressione infantile. Nami rise, sospirò ed infine annuì.

-Solo se la prossima volta ti fai consigliare da me sul vestito-

Rufy esplose in una risata allegra ed annuì, abbracciandola stretta e distendendosi con lei sul letto disfatto. Nami si divincolò dal suo abbraccio e lo guardò seccata.

-Rufy, è una pessima idea. I miei dormono due camere più in là e non saranno per nulla contenti se ti dovessero trovare qui-

Il ragazzo rise ancora.

-Il vecchietto mi piace, è divertente!-

-Non è questo il punto!-

Disse Nami a denti stretti.

-Il punto è...-

Ma non riuscì a finire la frase, perchè si ritrovò la bocca di Rufy incollata alla sua, mentre le mani del ragazzo la cingevano per la vita e la attiravano accanto a sè.

-Il punto è che mi sei mancata un sacco!-

Concluse per lei Rufy, con una semplicità disarmante. Nami gli passò le braccia intorno al collo e sospirò con finta rassegnazione.

-Ma che devo fare con te?-

-Magari mandarlo a casa, sorellina-

Mormorò una voce nel buio; Nojiko era appoggiata allo stipite della porta con le braccia conserte e li guardava con un sopracciglio inarcato e un sorriso divertito. Nami si staccò da Rufy come se fosse stata scottata e, nella foga, lo spinse contro una mensola facendogli battere dolorosamente la testa.

-Ahiao!-

Si lamentò il ragazzo, tenendosi la testa con le mani ed osservando Nami con risentimento.

-Strega!-

Mormorò, ma la ragazza lo ignorò completamente.

-Nojiko, che ci fai qui?!-

-Sai, non è che siete proprio silenziosi voi due-

Replicò la sorella divertita, entrando nella stanza e richiudendosi piano la porta alle spalle.

-Siete fortunati che papà russi come un treno e mamma usi i tappi per le orecchie-

-Comunque non stavamo facendo niente!-

Si affrettò a difendersi Nami.

-E’ venuto lui a chiamarmi perchè dovevamo...discutere-

-E immagino che il letto sia più comodo per certe discussioni-

-Già-

-Già-

Nojiko trattenne una risata e si rivolse a Rufy, ancora preso a constatare i danni del libro e della mensola.

-Forse è meglio che tu vada. Avete tutta la vita per parlarvi, no?-

Il ragazzo annuì un poco deluso, poi si avvicinò a Nami e le posò un bacio sulle labbra.

-A domani!-

E sparì oltre la finestra, calandosi in giardino e scomparendo tra i filari di mandarini.

-E’ un proprio un bravo ragazzo-

Osservò Nojiko, avvicinandosi alla finestra e chiudendola con un sorriso. Nami annuì, ancora intenta a scrutare il giardino.

-Non sei arrabbiata come mamma e papà per la storia della festa?-

Le domandò, accomodandosi sul letto e sistemando il cuscino. Nojiko le si sedette accanto ed accavallò le gambe, serena.

-No di certo. Ha movimentato un po’ la festa. E poi si sa che i jeans sono per tutte le occasioni!-

Ridacchiarono piano.

-Farò meglio a tornare a letto, domani sarà un’altra lunga giornata-

-Nojiko...-

-Cosa?-

-Pensi davvero che sia un bravo ragazzo?-

-Un ragazzo d’oro sorellina...dato che ti sopporta non può che essere così!-

La ragazza chiuse in fretta la porta, appena in tempo per evitare che un peluche la colpisse in piena faccia.

Ma che simpatica.

Pensò Nami, accoccolandosi sotto le coperte ed abbracciando il cuscino.
Comunque aveva ragione nel definire Rufy un ragazzo d’oro, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso; da quando stavano insieme ne avevano passate di tutti i colori ed erano usciti da quelle avventure sempre sereni, indenni e più uniti di prima.

Siamo una coppia davvero adatta ad affrontare ogni evento ed occasione.

Ragionò Nami, prima che il sonno e l’ora tarda avessero il sopravvento.

Un po’ come i jeans...

NDA
E rieccomi qui con una AU :D Strano eh? xD Fanfiction decisamente particolare e fuori dalle mie righe, però la stavo pensando da un po’ ^^ Volevo scrivere qualcosa di runamoso ma che mettesse in evidenza anche il bellissimo rapporto tra le donne di OP, fatto di complicità, risate, scherzi.
Rufy è il solito scemotto, ma io lo adoro così com’è *-* Me lo immagino che sveglia Nami alle tre di notte solo per vederla e assicurarsi di essere stato perdonato XD Scusate, è che questa fic mi ha divertito scriverla! ^^ Scommetto che molte si staranno chiedendo che sorpresa avesse in testa Franky per la sua Robin...ehhh :D Ma ho intenzione di scriverci sopra una fic, quindi può darsi che presto lo scoprirete da voi! ;) Un bacione a tutte, continuate a scrivermi che siete la mia forza! Vi adoro :* A proposito...lanciate un’idea per il prossimo capitolo! Che situazione/momento vorreste vedere a sostegno della nostra coppia preferita? :)




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Capitolo 19
*** ...perchè buon sangue non mente ***


…perché buon sangue non mente

 

-Non ti mette un po' di nostalgia?-

 

Nami si avvicinò a Rufy, appoggiandosi con la schiena al parapetto che si affacciava sulla baia. Il ragazzo la guardò con aria interrogativa.

 

-Cosa?-

 

Domandò confuso, scuotendo la testa per liberarsi dai capelli che gli ricadevano sugli occhi. Nami allargò le braccia fino ad indicare tutta la costa visibile.

 

-Questo. Pensare che qualche anno fa partivamo da queste stesse spiagge con la testa piena di speranze, sogni, avventure e ora siamo di nuovo qui, alla fine della nostra avventura-

 

Rufy rise allegramente e si tolse il cappello dal capo, rigirandoselo tra le mani.

 

-Non ho ancora mantenuto la promessa fatta a Shanks: devo ancora restituirgli il cappello. La nostra avventura è tutt'altro  che finita-

 

****

 

-E poi? Cosa successe poi?-

 

Roxanne si sporse un po' di più sullo sgabello, osservando lo zio con i grandi occhi nocciola spalancati. L'uomo si grattò la testa con aria pensierosa, facendo roteare un consunto cappello di paglia sull'indice della mano libera. 

 

-Fammi pensare…non ricordo esattamente le parole, sono passati tanti anni-

 

Roxanne sbuffò e afferrò i pantaloni del pirata, strattonandoli.

 

-Sei proprio un citrullo! Come fai a dimenticarti le storie in cui sei tu il protagonista?-

 

Lo rimproverò severamente, gonfiando le guance con indignazione. Shanks rise sonoramente e bevve ciò che rimaneva del suo sakè.

 

-Quando avrai la mia età capirai cosa vuol dire!-

 

Disse divertito, scompigliando i capelli di quella che ormai considerava sua nipote adottiva. Chi l'avrebbe mai detto che Rufy si sarebbe sposato e avrebbe messo al mondo dei figli? Se glielo avessero detto anni prima, quando Rufy era poco più che un moccioso, il pirata avrebbe sicuramente riso sonoramente. Come avrebbe potuto quel ragazzino impertinente con il moccio al naso, assetato di libertà più di chiunque altro, mettere la testa a posto e farsi una famiglia? Lui stesso, nonostante molti amori, non era stato in grado di rinunciare alle avventure per mare. La convinzione che Rufy sarebbe stato per sempre un pirata in giro per il mondo cadde il giorno in cui il ragazzo lo incontrò per restituirgli il cappello; la promessa era stata mantenuta e lui non ne aveva più bisogno. Shanks si era stupito di quanto fosse cambiato; la luce nei suoi occhi aveva assunto una sfumatura più matura, che faceva intravedere l'uomo che era diventato, nonostante Rufy assumesse sempre quell'aria da buffone sognatore che lo aveva caratterizzato fin dalla più tenera età. Il ragazzo non lo aveva incontrato da solo; era stato accompagnato da una ragazzina con i capelli rossi che Rufy gli aveva presentato come "la sua navigatrice". Alla domanda di Shanks su dove fosse il resto della sua ciurma, Rufy aveva scosso le spalle e sorriso divertito. 

 

-In giro-

 

Aveva risposto e Shanks non aveva insistito. Nei giorni che avevano trascorso insieme, tra il racconto di un'avventura e un'altra, il Rosso aveva notato che, in alcuni momenti,  lo sguardo del suo ragazzo si faceva lontano. All'inizio l'imperatore aveva cercato di non farci caso, ma alla lunga si era cominciato a domandare come mai in certi momenti Rufy fosse così distante. Una sera, seccato dall'ennesimo discorso a senso unico che stava facendo -Rufy osservava il buio con impegno- l'uomo fu tentato di allungare una mano per dare al ragazzo una pacca sulla spalla e riportare così la di lui attenzione su ciò di cui parlavano, ma un'occhiata di Nami lo fece desistere; riportare Rufy alla realtà era il suo compito e Shanks lo capì quando vide la mano della ragazza stringersi con forza sulla spalla di Rufy, che trasalì e riprese il discorso interrotto a metà come se niente fosse successo. 

 

-Dov'è tua madre, Roxanne?-

 

Domandò improvvisamente Shanks, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.  La bambina gli rivolse uno sguardo interrogativo. 

 

-E' con papà. Oggi è quel giorno, non ti ricordi?-

 

Certo che se lo ricordava; a differenza di altre situazioni, che ormai cominciavano a sbiadire dalla sua memoria, quel giorno era rimasto impresso a fuoco tra i suoi ricordi, vivido e doloroso come se fosse successo pochi istanti prima. 

 

Ace...

 

Una ferita che non si sarebbe mai più rimarginata; il suo corpo tumefatto e sporco, abbandonato tra la polvere di Marineford, e quel sorriso insieme rassegnato e sereno ad illuminargli il volto. In quel momento non aveva potuto occuparsi di Rufy e aveva affidato quel compito alla di lui ciurma, sicuro che gli avrebbero dato il conforto di cui aveva bisogno; non si era ingannato. 

 

-Il papà è sempre molto triste oggi-

 

Constatò Roxanne, accarezzando sulla testa Mandarino, il suo cane. Shanks osservò il mare, tinto dei bagliori rossi e oro del tramonto. 

 

-Meno male che c'è la mamma-

 

Aggiunse la bambina dopo un po', per colmare il silenzio che si era creato tra loro. L'uomo annuì distrattamente; Roxanne non aveva idea di quanto fossero vere le parole che aveva appena pronunciato. L'aveva capito quella sera in cui Nami aveva strappato Rufy dalla sua trance solo attraverso un piccolo gesto; il loro legame andava ben al di là di quello tra un navigatore e un capitano.  

 

Lei è quel coraggio ferito che a Rufy manca (*)

 

Gli abbai di Mandarino riportarono Shanks alla realtà; Rufy e Nami, abbracciati, stavano scendendo dal sentiero polveroso della collina, sorridendo sereni. Roxanne si sbracciò per salutarli, correndo verso di loro, sotto lo sguardo divertito del Rosso. 

 

***

 

-Cosa vuol dire che vai via?!-

 

Roxanne, con il fiatone, lanciò a Shanks un'occhiata sgomenta; aveva corso a rotta di collo verso il porto non appena sua madre le aveva comunicato dell'imminente partenza dello zio ed ora era impolverata e sudata. 

 

-Non mi fermo mai troppo a lungo su un'isola e poi…-

 

-Non hai mantenuto la promessa!-

 

Esclamò la bambina con voce ferita, guardandolo con gli occhi nocciola lucidi. 

 

-Avevi promesso che mi avresti insegnato a fare la pirata!-

 

A Shanks venne da ridere, ma cercò di trattenersi; si rivide di diversi anni più giovane in una situazione simile.

 

-Devi aspettare almeno altri dieci anni prima di poter prendere il mare-

 

Le spiegò, cercando di scacciare dalla mente un Rufy bambino che insisteva nel volersi imbarcare con lui. 

 

-Ma…-

 

Le lamentele di Roxanne furono stroncate quando Shanks le calò in testa il suo cappello di paglia, sotto gli sguardi un po' divertiti e un po' commossi della sua ciurma. 

 

-Ascolta, questo cappello rappresenta una promessa; quando riuscirai a riportarmelo vorrà dire che sarai diventata una vera pirata!-

 

Disse, sorridendo e fingendo di non notare i lacrimoni che solcavano il volto lentigginoso della bambina. 

 

-Spero di rivederti presto, Roxy-

 

Aggiunse il Rosso con dolcezza, cominciando ad avviarsi verso la nave; all'improvviso due braccine grassocce gli circondarono le gambe, impedendogli di continuare a camminare. Roxanne affondò il viso nella stoffa ruvida dei pantaloni di Shanks e cercò di dominare i singulti.

 

-Mi mancherai, zio. Quando ci rivedremo sarò una vera pirata!-

 

L'uomo sorrise ed annuì piano, prima di sciogliersi gentilmente dalla stretta ed imbarcarsi. 

 

***

 

-Stamattina era così sconvolta quando le ho detto della partenza di Shanks…si è ripresa in fretta-

 

Osservò Nami, passando al piccolo Ace un giocattolo che stava richiedendo a gran voce. Rufy ridacchiò divertito.

 

-Quel cappello fa miracoli, Nami-

 

La donna lasciò il bimbo a giocare sul tappeto e si avvicinò al marito, chinandosi per potergli dare un bacio sulla guancia.

 

-Nessuno lo sa più di me, credo-

 

Osservò; il cappello era stato l'inizio dell'amicizia che li aveva portati a condividere avventure, sogni, speranze…se ora era felice, con due magnifici bambini ed un terzo in arrivo, Nami lo doveva anche alla promessa che si erano scambiati Rufy e Shanks.  Il capitano le passò un braccio intorno alla vita e, ridacchiando, le posò il capo sul ventre, ancora troppo poco sviluppato perché si sentisse qualcosa. Ace, seduto sul tappeto, osservò i genitori con curiosità, inclinando un poco la testolina. 

 

-Ambù!-

 

Esclamò, lanciando il giocattolo che aveva in mano sul pavimento, con un gran fracasso. Nami si sciolse dall'abbraccio e si avvicinò al figlio, paziente. 

 

-Così rovinerai tutti i tuoi giochi, tesoro-

 

Gli spiegò dolcemente, ma l'attenzione del bambino era ormai stata catturata da tutt'altro. La donna seguì lo sguardo interessato del figlio e vide ciò che fissava con insistenza: il modellino della Thousand Sunny che Franky aveva realizzato in ricordo della loro nave, andata distrutta dopo un'avventura particolarmente turbolenta. Sospirò divertita, scuotendo la testa. 

 

-E già. Buon sangue non mente-

 

***

 

- Si può sapere perché diavolo continuate a ridere?!-

 

Domandò Shanks innervosito, osservando con aria seccata i componenti della sua ciurma. 

 

-Forse dovresti guardarti la cintura, capitano!-

 

Mormorò Ben, soffocando l'ennesima risata; erano partiti già da diverse ore e per tutto quel tempo la ciurma non aveva smesso un solo istante di prendersi gioco del proprio capitano. Shanks si guardò la cintola e trattenne a stento un'imprecazione.

 

Dannata ragazzina! 

 

Come aveva fatto a non accorgersene?!

 

Al posto della sua spada era stato appeso un biglietto, scritto con tratti infantili.

 

"In attesa di rivederci mi tengo anche la spada per allenarmi! Rox"

 

 

NDA

XD Buon sangue non mente! E Roxanne lo dimostra pienamente, avendo ereditato il…tocco magico di Nami XD tant'è che Shanks non si è neanche accorto che quella piccola peste gli avesse sottratto la spada :D  Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^ Shanks fa una nuova promessa e utilizza nuovamente il cappello come simbolo…mi è piaciuto perché è un modo per 'passare il testimone' ad una nuova generazione ^^ Ora passo alle spiegazioni XD Ad un tratto della storia avete trovato questo simbolo--> (*), precisamente quando Shanks parla del coraggio ferito di Nami. Lei è una ragazza forte e fragile al tempo stesso e questo lo si capisce dal suo sguardo (volete che uno come Shanks non lo noti? ^^); è stata costretta a sviluppare il coraggio necessario a fronteggiare le situazioni particolarmente angoscianti e dolorose…ed è un coraggio che a Rufy manca. Non avendo mai affrontato il dolore vero il nostro capitano preferito è incapace di gestirlo e ha bisogno di qualcuno che lo guidi…e chi meglio di Nami? ^^ Poi…ogni tanto Rufy cade in trance, ovvero si perde dietro i suoi pensieri; credo che sia il compromesso più ragionevole tra il carattere di Rufy e la tragedia che ha vissuto riguardo la morte del fratello. In qualche modo questo avvenimento lo ha segnato, ma invece di farlo diventare cupo/vendicatore l'ha solo reso un po' più distante. Ovviamente è Nami colei che lo riporterà alla realtà ^^ Bene, questo per ora è tutto ^^ Recensite che mi fa sempre tanto piacere! :D Un bacione :*

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Capitolo 20
*** ...perchè sono angst ***


perché sono angst

 

ATTENZIONE: leggerissimo spoiler dei capitoli 583 e seguenti.

 

-RUFYYY!-

 

Nami urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, sporgendosi pericolosamente dal parapetto della torre sulla quale lei e la ciurma si erano riparati; fu solo grazie alla prontezza di riflessi di Sanji, che la afferrò per i fianchi trascinandola indietro, che la navigatrice non cadde di sotto.  Il capitano, distratto dall'urlo di Nami, si guardò istintivamente alle spalle per controllare che i suoi compagni stessero bene; la ferita che gli aveva procurato Coral bruciava senza tregua e sanguinava copiosamente. Stavano combattendo ininterrottamente da diversi minuti, dopo una settimana passata a dargli la caccia. 

 

-Moccioso, cosa speri di ottenere?-

 

Il nemico che Rufy si era ritrovato davanti era completamente diverso da coloro che aveva affrontato fino a quel momento; solitamente spocchiosi, accecati dal fanatismo verso sé stessi, si tradivano sempre stupidamente permettendo al capitano di trovare lo spiraglio nella loro difesa e distruggerli. Coral, invece, non aveva perso tempo vantandosi di ciò che sapeva o non sapeva fare, aveva osservato Rufy con attenzione e reagito ai suoi attacchi con una calma ed una precisione tutt'altro che comuni.

 

-Tu…mi hai rubato…una cosa molto importante-

 

Biascicò Rufy premendosi con fatica una mano sulla ferita, nel vano tentativo di fermare il sangue. 

 

-Intendi questo stupido cappello di paglia?-

 

Domandò il pirata, rigirandosi tra le dita il copricapo di Rufy, senza ombra di derisione o ilarità nella voce. 

 

-Sei disposto a morire per questo oggetto?-

 

-No, ma sono disposto a morire per ciò che rappresenta-

 

Coral fu a suo modo colpito da quell'affermazione e sorrise fiero in direzione di Rufy.

 

-Fa piacere affidare la nuova era della pirateria a gente come te-

 

Un boato indicò che un nuovo colpo di Coral era andato a segno e Nami, con la schiena contro i mattoni della torretta e protetta dall'abbraccio sicuro di Sanji, si fece sfuggire un gemito.  Il cuoco si sporse oltre la protezione offerta dal muro ed imprecò con rabbia. 

 

-Quell'idiota!-

 

Esclamò, tornando ad appiattirsi accanto a Nami ed inalando febbrilmente il fumo della sigaretta.  Un proiettile gli passò esattamente sopra la testa, sibilando, scompigliandogli i capelli biondi impiastricciati di sangue e polvere. 

 

-Sta perdendo troppo sangue! Devo andare a…-

 

Disse Chopper, cercando di alzarsi in piedi, ma Zoro gli appoggiò una mano sulla testa e lo spinse nuovamente a terra, al sicuro. 

 

-Non possiamo muoverci, saremmo solo una distrazione per lui!-

 

Spiegò con rabbia a malapena trattenuta. Nami si divincolò dall'abbraccio di Sanji, cercando di vedere cosa stesse succedendo; fece appena in tempo ad individuare il capitano -ferito e stanco- che un boato spaventoso fece tremare la  torre in cui avevano trovato riparo; una nuvola di polvere si alzò dalle fondamenta e, dopo qualche dondolamento incerto, l'edificio collassò su sé stesso,  trascinandosi dietro la ciurma. 

 

****

 

La prima cosa di cui Nami si rese conto, quando aprì gli occhi, fu il tremendo mal di testa che le rendeva difficile riprendere pienamente i contatti con la realtà. 

Con movimenti scomposti  si mise seduta, massaggiandosi le tempie in cerca di sollievo, e si guardò intorno; del vecchio borgo in cui avevano ingaggiato battaglia con Coral non rimaneva ormai che un mucchio di macerie polverose. I boati dei cannoni, le urla e il sibilo dei proiettili si erano quietati e tutto ciò che la circondava non era altro che un inquietante silenzio.  

Distrutti.

Era l'unica parola che potesse descrivere esattamente la ciurma dopo quello scontro; non avevano mai incontrato un avversario così ostico né erano mai usciti da uno scontro in condizioni tanto pietose. Nami sganciò con fatica i lacci dei sandali e se li tolse con malagrazia, abbandonandoli sul selciato; aggirarsi scalza tra le macerie non era certamente sicuro, ma il dolore pulsante alla caviglia sinistra le avrebbe impedito di camminare sui tacchi senza rovinare a terra.  

 

-RUFY!-

 

Chiamò, con la voce arrochita dalla polvere. Il silenzio che accolse il suo richiamo le premette fastidiosamente sui timpani e la ragazza scosse meccanicamente la testa per liberarsi di quella sensazione. 

 

-ZORO! RAGAZZI!-

 

Un sassolino rotolò giù dallo scheletro di un' abitazione, attirando l'attenzione di Nami: giacente tra  i resti sventrati della strada, coperto di sangue e con gli abiti ridotti a brandelli, stava Rufy.  

L'aria sembrò congelarsi nei polmoni di Nami, che trattenne bruscamente il respiro, terrorizzata; ignorando il dolore e la stanchezza, si alzò in piedi bruscamente e corse dal suo capitano. Aveva ormai perso il conto di tutte le volte in cui era stata in apprensione per le sorti del capitano; ogni volta Rufy le ripeteva che era una sciocca a preoccuparsi tanto e che lui non sarebbe certo morto. 

 

"D'altra parte io sono di gomma!"

 

Questa era la frase preferita da Rufy, anche se gli procurava sempre un sacco di bernoccoli. 

 

"Sei di gomma, mica immortale!"

 

Ribatteva furiosa la navigatrice, calando il suo ormai celeberrimo pugno sulla testa del malconcio capitano, nonostante le proteste di Chopper. 

Ogni volta che lo vedeva a terra privo di sensi e ferito, però, Nami cominciava a ripetersi la stessa frase, come se quella constatazione potesse allontanare la paura, dandole la forza per affrontare la situazione di emergenza con lucidità. 

 

-RUFY!-

 

Esclamò una volta che gli si fu inginocchiata accanto. Le condizioni  del ragazzo erano tutt'altro che incoraggianti; come tutte le volte in cui c'era stato da proteggere i suoi compagni, Rufy aveva ignorato i suoi limiti e aveva combattuto finchè c'era stato anche solo un alito di forza nel suo corpo.  Nami osservò con angoscia crescente le numerose ferite sul corpo di Rufy e sentì gli occhi inumidirsi, ma ignorò con rabbia le lacrime che avevano cominciato a scorrerle sul volto; se fosse caduta preda della disperazione non sarebbe stata più di nessun aiuto. Prese il volto di Rufy tra le mani e si chinò per sentire se respirava ancora; un soffio leggero, quasi impercettibile, raffreddò la pelle sudata della ragazza, che tirò un piccolo sospiro di sollievo.

 

Grazie al cielo...

 

La navigatrice si strappò malamente un lembo di stoffa dal vestito, ormai a brandelli, e lo utilizzò per tamponare la ferita al fianco del ragazzo, facendo pressione affinché il flusso sanguigno diminuisse e l'emorragia si fermasse. 

 

-Na…Nami-

 

Sentendosi chiamare, la ragazza si voltò fino ad incontrare lo sguardo velato del suo capitano. Rufy era di un pallore allarmante, ma Nami si sforzò di sorridere.

 

-Non è niente, Rufy, ora troviamo Chopper e…-

 

Una mano le si chiuse con forza sul polso; Rufy aveva uno sguardo angosciato e la sua mano tremava nello sforzo di stringerla. La navigatrice non diminuì di fare pressione sulla ferita, ignorando volutamente il calore viscoso che le impiastricciava le dita. Non aveva davvero mai pensato di poterlo perdere; Rufy era sempre stato così forte e sicuro, anche nei momenti di maggiore difficoltà, che la sua vittoria era sempre stata inconsciamente scontata. Eppure, inginocchiata tra le macerie del borgo sventrato, con le ginocchia sbucciate e il capitano che diventava ad ogni secondo più pallido, Nami iniziò a sentire un gelo familiare invaderle l'animo. Ricordava fin troppo bene quella sensazione; l'aveva accompagnata per otto lunghi anni, quando, alla luce tremula di una candela, disegnava carte nautiche per Arlong.   

 

-Nami…-

 

Biascicò Rufy, senza lasciarle andare il polso.

 

-Nami, come sta…-

 

Capendo ciò a cui il ragazzo alludeva, la navigatrice si morse il labbro con forza. Non aveva ancora potuto constatare se il bambino stesse bene o no; il fatto che non avesse più scalciato, però, la preoccupava terribilmente. La parte ancora lucida della sua mente soffocò la preoccupazione e obbligò Nami a concentrarsi sul capitano.

 

-Stiamo bene-

 

Gli assicurò e mai le fu tanto difficile mentire. Il ragazzo trasse un profondo respiro, appoggiando nuovamente il capo tra la polvere, l'espressione sollevata. 

 

-Rufy, dobbiamo trovare gli altri!-

 

Esclamò Nami, osservando la ferita che non accennava a smettere di sanguinare. 

 

-Coral…mi ha detto una cosa prima di sparire-

 

Mormorò il capitano, portandosi una mano sugli occhi. Il mondo iniziava ad apparirgli inspiegabilmente sfocato e la mente pareva un vuoto e silenzioso bianco in cui i pensieri galleggiavano scoordinati. 

Una macchia confusa color del tramonto gli occupò con forza il campo visivo e i pensieri di Rufy rincorsero fantasie infantili, popolate da montagne di immondizia, case sugli alberi e banditi di montagna (*).

 

-Chissà se Dadan ci sgriderà. Non le piace vedere me ed Ace tornare a casa feriti-

 

Mormorò, mentre due inspiegabili lacrime gli rotolavano sulle guance; in quel bianco infinito in cui cercava di riordinare i pensieri, Ace appariva ragazzino e lo invitava a bere il sakè, per diventare "ufficialmente fratelli". 

 

Ace…

 

Chissà perché quel nome si portava dietro una tale nostalgia. 

 

-RUFY! RUFY!-

 

La voce di Nami gli esplose improvvisamente nelle orecchie e lo indusse ad aprire gli occhi, anche se non ricordava esattamente quando li avesse chiusi. La navigatrice era china su di lui e lo chiamava con il volto stravolto dall'angoscia; Rufy non l'aveva mai vista così: i capelli le cadevano scompigliati sul viso sporco e graffiato, gli occhi erano gonfi di lacrime ed irritati dalla polvere presente nell'aria. Nonostante ciò, la trovò incredibilmente bella.

 

-Resta sveglio, dannazione! Dobbiamo trovare gli altri!-

 

Esclamò Nami, cercando invano di tirarlo in piedi. 

 

-Non puoi mollarci proprio ora, idiota!-

 

Aggiunse con rabbia, passandosi il braccio di Rufy attorno alle spalle e cercando di tirarlo su. Il capitano, a quelle parole, puntò i piedi a terra e si rimise faticosamente in piedi, pur barcollando paurosamente. 

 

-Andiamo…a cercarli-

 

Mormorò, mentre il bianco ovattato della sua mente piano piano si disperdeva e il dolore tornava ad invadere ogni suo capillare; ora poteva sentire ogni singolo graffio, ogni contusione, ogni rivolo di sangue che gli scivolava sulla pelle martoriata. Si appoggiò maggiormente a Nami e si guardò intorno, cercando di rimanere lucido.  I suoi compagni…Coral aveva davvero mantenuto la promessa e non aveva fatto loro del male?

Camminarono faticosamente tra le macerie, accompagnati solo dal suono dei loro passi strascicati, finchè Nami non ruppe il silenzio. 

 

-Cosa ti ha detto?-

 

Domandò, continuando a guardarsi intorno. Non era  sicura di voler sapere ciò che Coral avesse detto al capitano, ma non si spiegava come un pirata con un tale potere avesse deciso di risparmiarli. 

 

-Che è stata tutta una prova…e ci ha lasciato…un compito-

 

Spiegò Rufy, pulendosi con la mano libera il sangue che continuava a colargli sugli occhi. Nami smise di camminare e cercò il suo sguardo, allarmata.

 

-Che compito?-

 

Domandò e il capitano sfuggì ai suoi occhi indagatori, con la scusa di voler osservare meglio lo scheletro di un edificio; come poteva dirle che non aveva risposta a quella domanda?

 

 

Quando la torre crollò sotto i colpi dei cannoni nemici, Rufy sentì l'angoscia salire in lui come l'onda dell'acqua laguna. Voltò le spalle all'avversario e cominciò a correre disperatamente verso l'ammasso di macerie, urlando a squarciagola il nome dei suoi compagni. Non aveva fatto che pochi passi quando si sentì schiacciare a terra; Coral stava sopra di lui e lo teneva immobilizzato, aiutato dalla sua corporatura robusta. 


-Lasciami, bastardo!-


Si ribellò Rufy ma un colpo in pieno viso lo fece tacere.


-Ti ho osservato, Monkey D. Rufy. Sei all'altezza delle voci che circolano su di te, ed è per questo che ti assicuro che ai tuoi compagni non verrà fatto alcun male, se accetterai di aiutarmi-


A quelle parole il capitano guardò con sfida Coral, la rabbia a malapena trattenuta. 


-Ai miei compagni non sarà fatto comunque alcun male! Non finchè ci sarò io a proteggerli!-


Coral, senza cambiare espressione, afferrò il capo di Rufy e lo fece sbattere violentemente contro il tetto dell'abitazione su cui erano. Il dolore annebbiò la mente di Rufy per qualche secondo, mostrandogli il viso di Coral incerto ed ondeggiante come se fossero sott'acqua. 


-Potrai proteggerli solo se mi ascolterai. I miei uomini sono radunati intorno alle macerie della torre e tengono sotto tiro tutti i tuoi compagni; aspettano solo un mio ordine per abbandonare il campo oppure per ucciderli-


-Bastardo!-


-Insultarmi non ti aiuterà a salvarli. Voglio solo un sì o un no. Verrà un momento in cui ti giungerà la notizia della mia cattura da parte della Marina; dovrai venire alla mia esecuzione, senza la tua ciurma...sarà quello il momento in cui ti sarà chiaro il compito che ti ho affidato. Ho la tua parola Monkey D. Rufy?-


Rufy serrò le labbra e voltò un poco il capo, scorgendo con la coda dell'occhio gli uomini di Coral; erano appostati intorno alle rovine della torre, con i fucili già imbracciati. Rufy aveva una fiducia cieca nella sua ciurma, ma lo scontro di poco prima gli aveva reso chiaro che lo squilibrio di forze era troppo. 


-Hai la mia parola- 


Mormorò infine. Per un brevissimo istante Coral assunse un'espressione sollevata. 


-Questo è per ricordarti la promessa-


Disse e, l'ultima cosa che Rufy vide prima di precipitare in un buio ovattato, fu una mano enorme calata con forza sul suo addome. 

 

**** 

 

Rufy si alzò di scatto dal letto, gli occhi sbarrati e un dolore non ben identificato che gli divorava le viscere. Si portò le mani al petto, stringendo tra le dita sudate la stoffa della casacca; sembrava che la pelle gli stesse andando a fuoco. Scalciando per liberarsi del lenzuolo, Rufy si alzò dal letto e si avviò verso la porta dell'abitazione, aprendola e cercando di fare il meno rumore possibile; Nami, distesa a letto e profondamente addormentata, sembrava non essersi accorta di nulla.  Il capitano scivolò fuori di casa e si ritrovò tra i silenziosi filari di mandarini bagnati dalla luna; la risacca delle onde era un sottofondo ovattato, che Rufy percepiva a malapena a causa del battito furioso del proprio cuore. 

Il marchio lasciatogli da Coral più di un anno prima stava bruciando. Quando Chopper, dopo lo spaventoso scontro con il pirata, gli aveva curato le ferite, non era riuscito a spiegarsi come mai sul fianco di Rufy fosse presente un'ustione che, nonostante gli unguenti, non migliorasse. Il capitano aveva detto al medico di lasciar perdere perché, tanto, non gli procurava alcun dolore e Chopper, poco alla volta, aveva smesso di insistere per controllargliela ogni giorno. Il ragazzo si era interrogato a lungo su ciò che potesse essere quella scottatura ed era giunto alla conclusione che Coral, nel momento in cui gliela aveva fatta, volesse assicurarsi che lui si ricordasse la promessa. 

 

"Dovrai recarti sul luogo della mia esecuzione…"

 

Quelle parole rimbombarono nella mente del capitano, mentre la brezza marina gli asciugava la pelle e portava sollievo alla scottatura.  Dunque era giunto il momento di assolvere il compito che Coral gli aveva lasciato? La mente di Rufy ripercorse il tempo trascorso dopo il devastante scontro con il pirata: ne erano usciti tutti vivi anche se malandati e per qualche settimana avevano interrotto la navigazione, in attesa che i membri della ciurma si riprendessero. La pancia di Nami, intanto, diventava ogni giorno più grande e la ragazza era sempre più inquieta. Quando aveva annunciato alla ciurma di essere incinta, nonostante la felicità portata dalla notizia, tutti si erano a lungo interrogati su come avrebbero potuto continuare il viaggio con un infante a bordo. Rufy, come al solito, non pareva preoccuparsene più di tanto; cosa sarebbe mai potuto cambiare? Certo, forse si sarebbe dormito qualche ora di meno e Robin avrebbe dovuto aiutare Nami nella navigazione, ma nulla di davvero drastico. Dopo la battaglia con Coral, però, il capitano aveva cambiato parere; l'angoscia provata nel momento in cui si era reso conto di non riuscire a proteggere i suoi compagni era stata quadruplicata dall'idea che Nami, la sua Nami, potesse rimanere ferita  e perdere il bambino. Cosa sarebbe successo se, nel Nuovo Mondo, avessero dovuto affrontare altri scontri simili? Se suo figlio fosse stato coinvolto nella battaglia e lui non fosse riuscito a proteggerlo? Quando espose i suoi dubbi alla ciurma, la discussione sfociò in una paurosa litigata, che ebbe termine solo quando Nami, in lacrime, si rifugiò nella stanza delle ragazze sbattendo la porta. Sanji e Zoro, entrambi furiosi, lasciarono  Rufy solo con i suoi pensieri, sostenendo entrambi -per una volta d'accordo- che erano in quella situazione solo a causa del comportamento sconsiderato del capitano. Chopper aveva confessato in seguito, mesto, che le cose che i suoi due compagni avevano detto durante la litigata erano dettate solo dalla rispettiva impossibilità di avere vicino le compagne che amavano. Rufy aveva annuito con aria poco convinta; era a conoscenza del fatto che Sanji avesse lasciato Nojiko e la sua bambina di un anno per onorare la promessa che aveva fatto a Rufy il giorno in cui si era imbarcato con loro, e che Zoro avesse una situazione altrettanto complicata alle spalle. Loro, però, avevano messo le proprie promesse e i propri sogni al di sopra di ogni cosa e non lo avevano abbandonato. E lui? Non aveva forse infranto la promessa di proteggerli e di guidarli, implicita nel fatto di essere il capitano? Rufy pensò a lungo in quei giorni in cui erano rimasti obbligatoriamente ormeggiati e giunse alla conclusione che il viaggio, almeno temporaneamente, avrebbe dovuto essere interrotto.  Poco tempo dopo la ciurma si sciolse, con la promessa che il prima possibile si sarebbero ritrovati per riprendere il viaggio da dove l'avevano lasciato.  Nami, Rufy e Sanji salparono verso l'isola della navigatrice e si stabilirono a casa di Nojiko, dove Sanji poté finalmente riabbracciare Zefira, la sua piccina dalle sopracciglia a ricciolo. 

 

-Cosa ci fai qua fuori?-

 

Rufy si voltò, incontrando lo sguardo preoccupato di Nami; aveva addosso solo la camicia da notte con cui dormiva e si stringeva nelle braccia per contrastare la fredda brezza notturna.  

 

-E' giunto il momento-

 

Disse semplicemente Rufy; sapeva che Nami avrebbe capito. 

Prima della nascita di Roxanne, i due ragazzi avevano discusso a lungo sul da farsi; la navigatrice all'inizio aveva insistito affinché Rufy richiamasse i suoi compagni e spiegasse loro del "compito" che Coral gli aveva lasciato, ma Rufy era stato categorico. 

 

"Ci siamo promessi che ci saremmo rincontrati solo per riprendere il viaggio verso lo One PIece. Non ho intenzione di coinvolgerli!"

 

Quando Nami aveva detto che allora lo avrebbe accompagnato lei da sola, il capitano aveva scosso ancora la testa. Chi si sarebbe occupato della piccola Roxanne in loro assenza? Ma Nami non aveva voluto sentire ragioni e, alla fine, Rufy aveva ceduto. 

 

-Torna dentro, fa freddo qui-

 

Mormorò Rufy, vedendo come Nami si frizionava le braccia. Lei lo ignorò.

 

-Verrò con te- 

 

Disse con tono sicuro, per ricordargli che la decisione presa un anno prima non era cambiata; Rufy sospirò ed annuì. Sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per impedirle di fare ciò che aveva detto. 

 

-Roxanne se la caverà. Sanji e Nojiko si occuperanno di lei- 

 

Aggiunse la navigatrice, con un cipiglio un po' meno determinato di prima ma che non ammetteva repliche. Il capitano annuì di nuovo.

 

-Sì. E risolta questa situazione riprenderemo il mare tutti insieme, come all'inizio dell'avventura-

 

Entrambi sorrisero a quel pensiero; sì, avrebbero ricominciato a navigare e Rufy sarebbe diventato, finalmente, il re dei pirati. Con due rapide falcate Rufy raggiunse Nami e se la strinse al petto di slancio, affondando il viso tra i suoi capelli.  

 

-Sei sicura di volermi seguire?-

 

Domandò, stringendola a sè. Nami strofinò la guancia contro il petto del marito e gli passò le braccia intorno alla vita.

 

-Quando ancora ero solo tua amica mi ripromisi che ti avrei seguito fino in fondo; l'essere diventata tua moglie non può che rafforzare questa promessa-

 

Rimasero in silenzio per alcuni momenti, mentre il cielo cominciava a tingersi dei colori del mattino.

 

-E poi…-

 

Aggiunse Nami.

 

-…mi piace l'idea di diventare Regina. Avrò un sacco di tesori!-

 

Rufy rise di cuore e per un attimo, mentre i primi raggi dell'alba gli illuminavano il viso, parve ad entrambi che il tempo non fosse mai passato. 

 

NDA

Allora…ecco che il nostro viaggio in compagnia di Rufy e Nami è ricominciato! ^^ Siete contenti? Mi scuso per l'enorme ritardo, ma purtroppo, all'inizio di questo lungo cammino verso i cento capitoli, mi sono ripromessa che avrei scritto solo capitoli di cui avrei potuto essere fiera. Con questo non voglio dire che saranno tutti perfetti, stupendi, avventurosi, etc., ma che, pur con i loro errori e le loro imperfezioni, saranno tutti nati da un'ispirazione sincera e non scritti "tanto per concludere la storia". Chiedo davvero scusa per il ritardo, spero che non ne avvengano più di così lunghi. 

Tornando al capitolo, che ve ne pare? ^^ E' un altro indizio sulla long fic che sto scrivendo ma che, almeno per ora, resterà al sicuro sul mio pc (voglio almeno concludere la prima parte della storia prima di pubblicarla :D). Spero davvero che vi piaccia, fatemi sapere! Rinnovo l'invito a dirmi le scene che vorreste vedere tra Rufy e Nami, oppure i  momenti del manga che vi hanno toccato e vorreste vedere in una one shot!  Un bacio ed un abbraccio fortissimo a tutti i lettori e recensori! :D

 

(*) Chi ha letto gli ultimi spoiler sa di cosa sto parlando ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** ...perchè hanno entrambi due angeli custodi che li proteggono ***


…perché hanno entrambi due angeli custodi che li proteggono.

 

Ciò che Ace proprio non riusciva a spiegarsi, era perché in quel posto ci fosse sempre la nebbia. Non importava dove guardasse, tutto era avvolto da un velo umido che rendeva sfocati i contorni del paesaggio. E, altra cosa che trovava irritante, era l'abitudine di quel luogo di cambiare continuamente; in un momento eri sulla prua di una nave sconosciuta, l'istante successivo eccoti trasportato in un grande campo di girasoli, con una casa dai contorni sfocati all'orizzonte. Non sapeva esattamente da quanto tempo stesse vagando in quel limbo di nebbia ed illusioni, né era conoscenza di ciò che ci si aspettasse da lui. Durante le lunghe serate sotto coperta, quando il vento fuori ululava impazzito e il mare sciabordava violento contro la chiglia della nave, i pirati della ciurma di Barbabianca avevano l'abitudine di raccogliersi intorno ad una manciata di candele e di passare il tempo in compagnia, alternando argomenti seri e scherzosi. Ace amava quei momenti; si appollaiava sulla sedia posta nell'angolo meno illuminato e stava ad osservare, ascoltando le storie, ridendo alle battute e, ogni tanto, perdendosi nei ricordi. L'ultimo discorso che i suoi compagni avevano affrontato, poco prima che Barbanera si rivelasse la carogna che era, era stata la possibilità concreta che la signora in nero facesse loro visita.

 

"I tempi stanno cambiando, nostro padre non è più forte come un tempo ed al Governo c'è fermento. Uno di questi giorni potremmo davvero lasciarci la pelle"

 

"Non mi importa se muoio ma, per l'Abisso, voglio morire in maniera gloriosa in battaglia! Non come un pivello!"

 

"Chissà cosa c'è dopo…"

 

E la discussione su cosa ci fosse una volta esalato l'ultimo respiro prese l'avvio: alcuni, tra cui Marco, sostenevano che morire era un po' come addormentarsi, solo che al risveglio ci si sarebbe ritrovati in un campo immerso nella luce, circondati dalle anime di coloro a cui si era voluto bene. 

 

"E' un po' come tornare a casa"

 

Aveva detto, sorridendo in quel modo sghembo che Ace sapeva riservare ai ricordi che si accompagnavano ad una feroce nostalgia. Alcuni tra i suoi compagni condividevano l'opinione di Marco, ma altri erano più propensi a considerare la morte come una caduta in un baratro buio e quindi, per la miseria, meglio godersi la vita (e portami ancora altra birra!). Lui, seduto come sempre nell'angolo più buio, fu grato di non essere stato interpellato. Non si era mai veramente fatto un'idea su cosa ci fosse dopo la morte: per tutta l'infanzia l'aveva considerata una via di fuga, un modo facile per allontanarsi definitivamente da tutto l'astio, la sofferenza, l'abbandono. Sapeva troppo bene ciò che aveva alle spalle per avere paura di quello che lo avrebbe aspettato se fosse morto. Ogni tanto, quando il dolore era semplicemente troppo, Ace si era ritrovato a pensare alla morte come un'amica a cui chiedere aiuto, una possibilità concreta per fuggire da un mondo che gli andava troppo stretto e che non era pronto ad accoglierlo. Diverse notti, da bambino, si era alzato dal suo letto e aveva guardato verso il ripostiglio dove Dadan teneva le sue armi. Sarebbe stato disperatamente semplice rubarne una e porre fine a tutto quanto, ma qualcosa lo aveva sempre trattenuto. Poi, un giorno umido da star male, era arrivato Rufy con i suoi sette anni di sogni e speranze, e quei pensieri si erano diradati fino a scomparire.  Ripensando a suo fratello, Ace venne preso da una nostalgia feroce; frammenti dello scontro che aveva posto fine alla sua vita (proprio quando aveva capito quanto desiderasse vivere) gli si affacciarono alla soglia della mente, costringendolo a prendersi la testa tra le mani, mentre il grido di suo fratello gli esplodeva nelle orecchie.

 

"Me l'hai promesso, Ace! Avevi detto che non saresti morto"

 

Sì, glielo aveva promesso, molto tempo prima. Gli aveva detto, con un misto di stizza e determinazione, che non sarebbe morto, perché non avrebbe mai potuto lasciare da solo un fratellino tanto pasticcione. Durante la battaglia, però, quando Akainu si era lanciato verso Rufy deciso a porre fine alla sua vita, Ace non aveva pensato a quella promessa infantile, né alle conseguenze, al dolore, a come l'avrebbero presa i suoi compagni o suo padre. Porsi a scudo del fratello era stato un gesto naturale e spontaneo quanto respirare perché Rufy era stato, fin dal giorno del brindisi, la sua ragione di vita; come poteva permettere che qualcuno gliela portasse via? E ora, dopo tutto il sangue, le lacrime, le sensazioni che si facevano via via più ovattate, Ace si trovava in un luogo che non aveva niente a che fare con le descrizioni dei suoi compagni. Circondato dalla nebbia, vagava preda dei ricordi e dei rimpianti, chiedendosi quando sarebbe finalmente arrivata l'ora della pace. 

 

Sono tanto dannato da non meritare sollievo neanche con la morte?

 

Si domandò, mentre la nebbia si alzava e i contorni del paesaggio cominciavano nuovamente a cambiare. Avrebbe voluto più di qualsiasi altra cosa riuscire a sapere qualcosa del mondo che aveva lasciato, sapere cosa stava facendo Rufy, se stava bene. I ricordi felici della sua vita passata gli scivolavano via dalle dita come sabbia, nonostante cercasse disperatamente di trattenerli, in compenso poteva ripercorrere la propria morte istante per istante, un fotogramma dopo l'altro, e quello su cui si soffermava più spesso era l'espressione di Rufy, il suo dolore così vibrante e palpabile. Non gli avrebbe mai chiesto scusa abbastanza.

 

Perdonami se ti ho fatto soffrire, Rufy; sono stato così vigliacco da preferire la morte all'idea di perderti. 

 

La nebbia tornò a calare e permise ad Ace di vedere il luogo in cui si trovava: una collina che non aveva mai visto, affacciata sul mare, e un campo di mandarini a perdita d'occhio. I piccoli frutti arancioni si stagliavano tra le foglie scure delle piante e il loro profumo per un attimo stordì Ace, che rimase incantato ad osservare la distesa verde ed arancio. Il luogo sembrava più colorato, più vivo rispetto agli altri in cui si era trovato precedentemente. 
Il ragazzo si avvicinò ad una pianta carica di frutti dal profumo inconfondibile, e ne prese in mano uno. Non aveva realmente bisogno di mangiare ma, con il mandarino stretto nel pugno, sentì la bocca inumidirsi; senza darsi la pena di sbucciarlo, lo mise in bocca intero, curioso di sapere se avrebbe sentito qualcosa, come quando era ancora vivo. Non si rese conto di quanto sentisse ferocemente la mancanza di ciò che aveva lasciato finchè il succo dolce del frutto non gli esplose tra le labbra, colandogli sul mento e ricordandogli com'era essere vivo.

 

-Hai scelto quello meno maturo, si vede che non sei un grande esperto-

 

Disse una voce alle spalle del ragazzo, facendolo sobbalzare lievemente. Ace si voltò e si trovò davanti ad una donna che reggeva un grande cesto colmo di mandarini. Aveva i tratti duri di chi ne ha passate tante, ma il sorriso felice che le illuminava il volto indicava che non era arrabbiata per l'intrusione nel suo campo. Era la prima volta che Ace incontrava qualcun altro in quel luogo e ci mise un po' a riordinare i pensieri che gli si affollavano nella testa. Avrebbe voluto porre moltissime domande, e nessuna di queste comprendeva la capacità di distinguere un mandarino maturo da uno acerbo, ma si trattenne. Alla fin fine gli insegnamenti di Makino su come ci si dovesse comportare con un estraneo avevano piantato radici solide in lui. 

 

-No, non lo sono-

 

Ammise dopo un po', sforzandosi di sorridere. Fu un tentativo goffo e la donna se ne accorse. Posata a terra la grande cesta di mandarini, gli offrì un sorriso storto, un po' malandrino. Ace notò che portava abiti sgualciti, macchiati di sangue secco e se ne domandò il motivo. Inconsciamente si portò una mano al petto, dove Akainu lo aveva colpito nel tentativo di raggiungere Rufy. La pelle era intatta e pulita, come se non avesse mai combattuto quella battaglia. La donna intercettò il suo sguardo e parve leggergli nel pensiero. 

 

-Ho scelto io di portare questi abiti. Mi ricordano il motivo per cui sono ancora qui e non ho scelto di andare oltre-

 

Oltre…? 

 

Ace abbassò il capo, chiedendosi se non fosse stato troppo impudente, ma la donna lo guardava con espressione tranquilla e questo lo spinse a dar voce ai suoi dubbi.

 

-Pensavo che fosse…diverso-

 

Questa volta la risata della donna esplose fragorosa.

 

-Lo pensano tutti! Ed è davvero diverso, te lo assicuro, ma solo quando decidi di andare avanti. Io mi chiamo Bellmere-

 

Disse, e gli tese la mano sporca di terra, che Ace si affrettò ad afferrare.

 

-Il mio nome è Ace-

 

-Sì, ragazzo, lo conosco il tuo nome. Ti stavo aspettando, in realtà-

 

Bellmere si sedette su una roccia e si accese una sigaretta, inspirando a lungo il fumo prima di parlare nuovamente. 

 

-Immagino che tu abbia un sacco di domande. Dove siamo, quanto tempo è passato e cose così. Quando sono arrivata qui ho trovato mio padre ad aspettarmi, è stato lui a spiegarmi come funzionano le cose quassù-

 

Bellmere allontanò lo sguardo dall'orizzonte per fissare Ace dritto negli occhi. 

 

-Si può scegliere di andare subito avanti, se si vuole. Oppure si può restare qui, insieme a tutti gli altri che hanno deciso di aspettare-

 

-Aspettare cosa?-

 

-Coloro che ami. Quando si va avanti ogni collegamento con la vita viene reciso: ogni rimpianto, dolore, sofferenza…ma il passaggio ti allontana da chi vuoi bene molto di più di chi sceglie di rimanere qui-

 

Ace rivolse un'occhiata al mare, il cui suono delle onde giungeva fino a lui. Era questo ciò che doveva fare? Scegliere se rimanere sospeso in quel luogo dai confini incerti o andare avanti? La voce della donna interruppe i suoi pensieri.

 

-Se scegli di aspettare non ci sarà sempre la nebbia; quando avrai trovato il tuo luogo tutto si stabilizzerà. Per alcuni versi, avrai davvero l'illusione di essere ancora sulla terra. Io sto aspettando le mie figlie-

 

Disse improvvisamente Bellmere e il suo sorriso, nel ricordare Nami e Nojiko, si addolcì.

 

-La più piccola la conosci anche tu. E' la navigatrice della ciurma di tuo fratello-

 

L'immagine di una ragazzina dai corti capelli rossi e gli atteggiamenti un po' mascolini riempì la mente di Ace, che non poté fare a meno di sorridere. Aveva passato davvero poco tempo con la ciurma del fratellino, ma aveva capito con un'occhiata che erano tutti molto affezionati a Rufy e che sarebbero sempre stati al suo fianco. Se aveva potuto andarsene con un po' più di tranquillità era perché sapeva che Rufy sarebbe stato in buone mani.

 

-E' da tanto che le aspetti?-

 

Domandò Ace, chiedendosi immediatamente se non fosse stato troppo sgarbato.

 

-Se ragioniamo in termini di tempo terrestre sì, è un bel po'. Ma qui non esiste il concetto vero e proprio di tempo. Potrei scegliere di chiudere gli occhi adesso, in questo momento, e riaprendoli tra un attimo mi troverei le mie due ragazze che mi corrono incontro, ma preferisco tenerli ben aperti e non perdermi un dettaglio delle loro vite-

 

Ace, a quelle parole, spalancò gli occhi, mentre una nuova, piccola, scintilla di speranza si riaccendeva in lui.

 

-Si può sapere ciò che succede? Si può far sentire che si è ancora…qualcosa, in qualche parte del mondo?-

 

Voleva chiedere scusa a Rufy. Voleva chiedergli scusa mille e mille volte ancora, dirgli che era fiero di lui, che non lo avrebbe mai abbandonato, che lo avrebbe aspettato in quel limbo di nebbia fino all'ultimo dei suoi giorni. 

 

-No ragazzo, lo so quello che pensi. Il tempo sulla terra per noi è finito, non potremo mai più camminare insieme ai vivi. Però possiamo seguirli da qui, questo sì, ed incoraggiarli. Loro sentiranno la nostra presenza, anche se non se ne renderanno conto. Io l'ho fatto, due volte.-

 

Bellmere voltò il viso verso il mare, con lo sguardo improvvisamente perso, alla ricerca delle parole.

 

-Ho incoraggiato mia figlia Nami ad andare avanti, a vivere la sua avventura senza rimpianti e senza mai guardarsi indietro. L'ho spinta via da casa e lei…l'ha sentito. Ha guardato dritto verso di me, stupita, ed ha sorriso. Non poteva fisicamente vedermi, ma sono sicura che sapeva che ero stata io-

 

Ad Ace sarebbe bastato. Voleva vedere il suo fratellino ancora una volta, assicurarsi che stesse bene.  

 

-Come faccio? Come posso fare, me lo puoi spiegare? -

 

Domandò Ace e Bellmere sorrise.

 

-Guarda nel suo cuore. Noi siamo qui, ma abbiamo un collegamento con coloro che sono rimasti. Viviamo nei loro ricordi, nel loro amore, nella loro nostalgia; coloro che ci amano continueranno a calpestare la terra per noi, mentre attendiamo  pazienti che concludano il loro viaggio, per poi andare avanti insieme-

 

Ace chiuse gli occhi e lasciò che l'immagine di suo fratello gli riempisse la mente.

 

Rufy, sei sempre stato più forte e coraggioso di quanto credessi. Ora hai degli amici su cui contare, ce la farai anche senza di me.

 

Improvvisamente Ace sentì il proprio battito sdoppiarsi e si ritrovò a guardare dentro l'anima di suo fratello; ne divenne il respiro, il sangue nelle vene, le lacrime che ancora gli pungevano gli angoli degli occhi. La prima sensazione che lo colpì fu la disperazione; era un sentimento sgradevole, pesante come un macigno, e rendeva ogni respiro una battaglia da cui era difficile uscire vincitori.  Alla disperazione seguirono l'amarezza ed il rimpianto e per ultima arrivò la tristezza e poi, all'improvviso, Ace si ritrovò proiettato alle spalle del fratello e finalmente lo vide, in piedi davanti a sé, intento a scrutare il cappello di paglia che tanto amava, con stretta in mano una vivrecard che Ace non sapeva a chi appartenesse. Ace lo guardò a lungo, desideroso di riempirsi gli occhi di lui, lui che stava bene, che era sopravvissuto nonostante tutto. Avrebbe voluto dirgli tantissime cose, ma sapeva che non ce ne sarebbe stato il tempo, né la possibilità. Si limitò, perciò, ad un unico gesto, sperando che gli arrivasse, sperando che Rufy capisse. Senza perdere ulteriormente tempo in pensieri, Ace allungò una mano e toccò la schiena del fratellino, sentendone il tepore della pelle contro il palmo.

 

"Grazie di avermi voluto bene"

 

"Ace, me l'hai promesso, ricordi?"

 

"ACEEE!!"

 

Sapeva che sarebbe stata la prime ed ultima volta. In qualche strano modo, era consapevole che da quel momento in poi si sarebbe seduto in un qualche angolo sperduto di mondo e l'avrebbe aspettato, restando muto spettatore della sua vita. Ma andava bene così, quell'unico momento valeva tutta l'attesa a venire. Senza rimpianti, Ace diede una leggera spinta a Rufy, che incespicò di qualche passo e si guardò indietro, stupito. Poi, nella luce nascente del mattino, tra il pulviscolo dorato che volteggiava nell'aria, accadde. Ace non seppe come, ma si rese conto che Rufy lo stava guardando dritto negli occhi e che, in qualche modo, lo vedeva. E il suo volto triste si aprì in un sorriso, quello allegro, spensierato ed un po' ingenuo, che Ace sapeva essere riservato solo a lui. 

 

Non mollerò, anche se è sempre più difficile.

 

Questo sembrava volergli dire suo fratello ed Ace, guardandolo, sentì montare in lui un'onda di feroce orgoglio. Poteva aspettarlo tranquillo, ora.  

 

Rufy battè più volte le palpebre, osservando il cono di luce in cui era certo di aver intravisto suo fratello; gli mancava enormemente e ogni giorno sentiva il peso della sua assenza, perciò non sarebbe stato strano credere di vederlo in ogni gioco di luce o sentirlo in ogni sibilio del vento, ma qualcosa in fondo al cuore lo rendeva sicuro che l'ombra dietro di lui fosse proprio Ace. E quella mano sulla schiena…

 

Mi manchi, fratellone.

 

***

 

Quando Ace riaprì gli occhi, non si stupì di vedere Bellmere che lo aspettava, intenta a sbucciarsi un mandarino. Il ragazzo aveva nel petto un mare di emozioni contrastanti, ma ciò che lo stupì maggiormente fu l'assoluta mancanza del rimpianto che lo aveva attanagliato fino all'istante prima di rivedere suo fratello. La donna gli si avvicinò guardandolo dritto negli occhi; Ace fu sul punto di ringraziarla per averlo aiutato, ma lei lo precedette.

 

-Grazie, Ace, per quello che tuo fratello ha fatto per mia figlia. Ho avuto paura che fosse destinata a vivere nell'infelicità e nel rancore, ma lui l'ha salvata da Arlong e da se stessa. Ora non mi resta che sperare che lei possa fare lo stesso con tuo fratello-

 

A quelle parole, Ace sorrise. Prese un altro mandarino dalla cesta e cominciò a sbucciarlo lentamente, riflettendo. Dalla prima volta che aveva incontrato la ciurma di Rufy aveva capito che c'era un legame unico che teneva uniti i membri dell'equipaggio, ma che tra Rufy e la navigatrice ci fosse qualcosa di più era abbastanza palese. Il suo stupido fratellino poteva non essersene reso conto, ma ogni volta che guardava quella ragazza gli si illuminavano gli occhi. Improvvisamente si volse verso Bellmere. 

 

-E' per questo che mi hai riconosciuto ed aiutato? Perché siamo, come dire, i due angeli custodi di due ragazzi legati dal destino?-

 

Bellmere sorrise, trattenendo l'ennesima sigaretta tra le labbra.

 

-Perchè siamo i punti di riferimento di due ragazzi che sono diventati l'uno la forza dell'altra. Ce la faranno, insieme-

 

***

 

-Rufy…?-

 

Nami si avvicinò lentamente al capitano che, seduto sulla polena, osservava il cielo con sguardo assorto.

 

-Mmm?-

 

Rispose Rufy, senza voltarsi. Nami si appoggiò al parapetto e si mise anche lei ad osservare la volta celeste, mentre un vento gelido le scompigliava i lunghi capelli rossi. 

 

-Sono quasi le undici e mezza, a breve cominceremo i festeggiamenti. Sanji è già pronto con le bottiglie ed alla fine le tue lamentele lo hanno convinto  a preparare uno spuntino extra-

 

Disse la ragazza in tono leggero, sorridendo. Rufy si voltò verso di lei, ma Nami non poté coglierne lo sguardo a causa dell'ombra proiettata dall'inseparabile cappello.  Tra loro ci fu un momento di silenzio, poi Rufy affermò, con voce incerta:

 

-Tra meno di due ore sarà il compleanno di Ace-

 

Nami rimase interdetta ad osservare iol capitano; era la prima volta che Rufy affrontava l'argomento Ace, che era diventato un argomento tabù tra la ciurma. Rufy non aveva mai voluto raccontare ciò che era successo quel maledetto giorno a Marine Ford e loro avevano deciso di non domandarglielo, per evitare di riaprire ferite faticosamente cicatrizzate. 

 

-Rufy…-

 

Cominciò Nami lentamente, ma non terminò la frase che si ritrovò stretta in un abbraccio, con la testa di Rufy affondata tra il collo e la clavicola. Incerta sul da farsi, la navigatrice circondò Rufy con le braccia e lo tenne stretto a sé, in silenzio, cercando di trasmettergli tutto l'affetto e la rassicurazione di cui era capace. 

 

-Sai, prima di ricongiungerci c'è stato un momento in cui mi è sembrato di vederlo. Ho sentito la sua mano sulla schiena-

 

Spiegò Rufy con voce improvvisamente infantile, cercando di rendere Nami partecipe di quel momento. La navigatrice, a quelle parole, si irrigidì; lei aveva già vissuto una situazione simile quindi sapeva benissimo ciò che stava cercando di spiegarle Rufy; la sensazione di essere osservati e poi quella leggera pressione sulla schiena che sbilancia in avanti, verso il futuro. Bellmere le mancava ancora moltissimo, ogni singolo giorno, ma la disperazione si era piano piano trasformata in una malinconia leggera, accompagnata dalla certezza che lei sarebbe stata sempre al fianco suo e di Nojiko.

 

-Era lui, Rufy-

 

Disse Nami con voce sicura, allontanando da sé il capitano e guardandolo dritto negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo e sorrise, annuendo. Rimasero qualche secondo in silenzio a guardarsi, poi Rufy esclamò, registrando solo in quel momento ciò che la sua navigatrice gli aveva detto quando era arrivata sul ponte:

 

-Ma davvero Sanji mi ha preparato uno spuntino extra?-

 

Da qualche parte, in un luogo lontano, Ace rideva.

 

NDA

Allora: vi avevo mai detto che non avrei più continuato? ù_ù Ovviamente no, anche se il periodo di silenzio che c'è stato può avervi indotti a pensarlo. Vi annuncio che la raccolta continuerà, perché se si intitola "Cento buoni motivi" c'è un motivo! Il ritardo è imputato a tante cause, tra cui: 

 

-temporaneo allontanamento da One Piece a causa della completa delusione che si è rivelata la saga degli uomini pesce;

-la mia laurea (ce l'ho fattaaaa :D);

-la convivenza (ebbene sì :D);

 

Ho la bruttissima sensazione di essere tremendamente arrugginita nello scrivere, vi basti sapere che questa one shot l'ho riscritta e corretta qualcosa tipo sei volte. E ancora non sono soddisfatta. Volevo rendere al meglio la similitudine che ho trovato tra la storia di Nami e Rufy: se conoscete la sigla "We fight together" saprete che c'è una scena super commovente in cui Ace appare dietro al fratello e lo incoraggia ad andare avanti spingendolo dolcemente sulla schiena; ebbene, la stessa scena si è già presentata quando Nami, prima di lasciare definitivamente Coco village, è stata spinta fuori da casa da Bellmere. Se non sono coincidenze queste…spero di tornare presto in forma con lo scrivere! Un bacio a tutte/i!

 

ps. Non so voi, ma a me Ace continua a mancare tantissimo ç_ç

 

 

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