Fairytale

di roro
(/viewuser.php?uid=39891)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fairytale. ♫ ***
Capitolo 2: *** Just a Kiss § ***
Capitolo 3: *** Lake ***
Capitolo 4: *** di sonno di bellezza, hanyou e figli in arrivo; ***
Capitolo 5: *** Musuko. ***
Capitolo 6: *** » Once upon a Dicember ~ ***
Capitolo 7: *** Il demone dell’inverno. ***



Capitolo 1
*** Fairytale. ♫ ***


*\* Allora. Salve.
Alcuni di voi probabilmente mi conoscono - lo spero, almeno ò.ò -, altri aprono una mia storia per la prima volta in vita loro, e si domandano perché mai una pazza come me abbia deciso di postare un qualcosa. ._.”
*La pazza - che è anche una ritardataria cronica, da un po’ - chiede scusa, in primis. Ci teneva a dirlo*
Dunque.
Questa raccolta, perché di una raccolta si tratta, è nata senza una vera ragione: pensare fa male, e pensare all'ultimo capitolo di InuYasha, per chi è come me, può risultare dolorosissimo. Indi, ho deciso di aprire una nuova raccolta in questa sezione, sperando sia cosa gradita - non uccidetemi ò.ò, per favore. çoç
Quindi... Non ci saranno molti nessi tra le varie Shot: potranno essere delle InuYashaXKagome - e molte lo saranno -, ma potrei anche concentrarmi su di un unico personaggio, o su di una diversa coppia. Probabilmente mi lascerò consigliare, e do la possibilità anche a voi lettori di contattarmi e chiedere. L'elaborato che ne scaturirà sarà alla persona che chiederà dedicato <3, anche se non credo ci sia qualcuno così autolesionista da volere un mio regalino XD.
Questa prima Shot è nata senza premeditazione. Ho immaginato la scena e l'ho buttata giù.
Va detto che è un missing moment ambientato dopo il finale: quello che i fan hanno sempre sognato ma mai visto, insomma <3.
Ringrazio chi leggerà e, in special modo, chi commenterà, perché la mia carentissima autostima necessita di pareri XD.
Ringraziando, mi congedo U.U */*

 

 

 

{PS del 12/08/2011: uh. Sono… due anni e un mese, che questa raccolta esiste.

Non ho alcuna intenzione di revisionare i primi capitoli: ho storie in condizioni ben più disperate, e dedicarmi a sistemare questa raccolta, che tutto sommato è quasi decente, mi sembra stupido. X° Lo farò, ma non ora.

 

I capitoli, come avevo già premesso qui *indica l’introduzione*, sono parecchio slegati tra loro, e la gravidanza di Kagome è affrontata a più riprese in vari modi: questo perché ce li vedo a litigare per il sesso del nascituro, ma so anche che poi Kagome sclererebbe per scegliere un nome ad InuYasha gradito. u___u”

 

“Fairytale” è… Fairytale, punto. Il nome del mio portfolio, dei vari blog che ho aperto negli anni. Fairytale mi ha fatto ridere e piangere, e fluffeggiare come poche cose al mondo. X°

 

Quindi… niente. Volevo solo salutarvi.

Ho sistemato l’HTML dei primi due capitoli – oddio, mi domando che problemi avessi con NVU, dato che il font è grande quasi come una casa(!) – e nient’altro. Così, per hobby.

 

Spero che la fan fiction sia di vostro gusto, un abbraccio. <3

 

 

 

 

 

fairytale;
Personaggi: InuYasha, Kagome, InuYashaKagome.
Avvertimenti/Note: What if?, Romantico, Introspettivo, Generale. Fluff.
[905 parole circa]

A Emiko.
Lei sa perché <3.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Un maschio».

«Una femmina!».

«Ho detto», ricominciò all’improvviso InuYasha, guardandola con espressione irata. «Ho detto che sarà un maschio. E lo sarà, certo che lo sarà».

Se la cosa la indispettiva, di certo Kagome non lo diede a vedere, perché si voltò, ricominciando a dividere le erbe mediche da quelle velenose, così come le aveva insegnato la vecchia Kaede. Un po’ di qua, un po’ di là. Lentamente. «Sarà una femmina», ribatté all’improvviso, senza tuttavia osservarlo. «Dopotutto». Si sfiorò eloquentemente il ventre, poi sorrise. «Dopotutto, è qui. Dentro di me. Credo che il mio legame sia più intenso del tuo, o sbaglio?».

InuYasha ringhiò, indispettito, accucciandosi all’improvviso per terra – lei ridacchiò. Le ricordava il vecchio Hachi, il cagnolino che abitava nella casa accanto alla sua scuola media, e che era solito guardare incuriosito le donne incinte, avvicinando il piccolo nasino alle loro enormi pance. Era un bel cucciolone – sospirò, malinconica –, chissà che fine aveva fatto.

«Sarà maschio», continuò InuYasha con aria saccente, sedendosi nuovamente sui talloni per guardarla negli occhi. «Non può essere altrimenti».

Kagome inarcò un sopracciglio, scostandosi una ciocca di capelli corvini dal volto accaldato. L’estate era una brutta stagione, per essere quasi pronte al parto. Pregò con tutta se stessa di non dover dare alla luce il bambino – la bambina, si corresse d’impulso – proprio in quell’irritante periodo. Sentendo un rantolio irritato, sollevò gli occhi verso l’hanyou. «Sei un sessista», borbottò infine.

«Un sessista?». InuYasha sbatté più volte le palpebre, nel tentativo di riordinare le idee. «Cosa significa?», rantolò, sconfitto, quando si rese conto di non aver mai avuto a che fare con quel termine.

Lei rise, inclinando il capo di lato e portandosi le mani sul ventre, quasi a volerlo difendere. «Significa che discrimini un sesso in favore di un altro», biascicò, sperando di aver dato la risposta giusta. In ogni caso – nell’eventualità che quanto appena detto fosse solo un’enorme stupidaggine – lui non l’avrebbe mai saputo. «Tu preferisci un maschio ad una femmina, quindi sei sessista».

La guardò con aria irritata, mentre le orecchiette si muovevano. Poi sbuffò, sollevando gli occhi verso il cielo nel disperato tentativo di riprendere il controllo. «Non preferisco un maschio ad una femmina».

Kagome si lasciò sfuggire una risatina nervosa. «Hai appena detto che vuoi un maschio: non significa che preferisci un bimbo ad una bimba?». Lasciò andare l’erba medica per lanciargli un’occhiata più penetrante. «Allora? Non ti sembra un atteggiamento sessista, il tuo?».

«No».

Sbuffò. «InuYasha, non fare l’infantile e ammetti di preferire un maschio».

«Voglio un maschio», concesse lui, posando una mano sul ventre di Kagome – tremò appena, scoprendo che il tessuto del kimono era molto sottile e che riusciva quasi a sentire il calore della sua pelle – e carezzandolo distrattamente. «Voglio un maschio, sì, ma un motivo c’è».

«E sarebbe?».

Lui arrossì, Kagome lo guardò perplessa.

«Nulla. Fingi di non aver sentito».

«Oh, no. No, no e poi no». Incrociò le braccia sul petto, alzandosi quel tanto che bastava per riuscire a guardarlo negli occhi. Poi ridacchiò, palesemente divertita. «Hai parlato, mi hai incuriosita, ora finisci».

«Ma-».

Aggrottò le sopracciglia, puntandogli un dito contro. «Niente ma. Non osare dire ma, o sta’ certo che non avrai vita facile». Un minimo dolore al ventre la colse impreparata – si morse il labbro inferiore, costringendosi a continuare a guardarlo. «Ti decidi a parlare?».

InuYasha abbassò gli occhi e mugugnò qualcosa, torturandosi le mani.

«Non ho capito nulla», lo interruppe Kagome. «Ripeti».

«Perché se nasce un maschio poi avrà modo di difendere sua sorella, in futuro», urlò lui tutto d’un fiato. E si alzò in piedi. E si alzò in piedi perché era imbarazzato, e non voleva farle vedere le sue gote arrossite. Ed era imbarazzato – e non voleva farle vedere le sue gote arrossite – perché si vergognava assurdamente di quel pensiero così poco da lui. Se l’avesse saputo Miroku, gli avrebbe di certo riso in faccia.

E avrebbe fatto bene: del resto, se fosse stato il monaco a rivelare un pensiero così umiliante, l’avrebbe preso in giro a vita. Era logico.

«Carino».

Si voltò di scatto verso Kagome, dimentico delle guance rosse e del senso del pudore che gli urlava di scappare via. Lei sorrideva, contenta.

«È un pensiero davvero carino», dichiarò, guardandolo. «Davvero», ripeté, per sottolineare il concetto. Poi si inclinò leggermente in avanti – le loro bocche si incrociarono per un lasso di tempo forse troppo bene, e InuYasha la guardò, arrabbiato. Lei rise, in attesa di essere baciata di nuovo. «Sei tenero».

«Non dirlo più, non sono tenero».

«Certo”, ribatté ironica. «Non sei un amore. E non hai appena fatto il pensiero più dolce del secolo».

«No», confermò lui. Poi si lasciò ricadere a terra, guardando il cielo. «Non sei pentita, vero?».

Kagome lo guardò perplessa. Gli si avvicinò di nuovo, decisa a scostargli una ciocca di capelli dal volto. «Non sarò mai pentita», sussurrò, carezzandogli la guancia con dolcezza. «Mai. Non mi pentirò mai né di essere tornata in quest’epoca», prese fiato, poggiando il capo sul suo petto e stringendo tra le dita il suo abito, «né di questo». E si toccò il ventre, allegra. «Quindi non pormi domande stupide e abbracciami».

«Oggi fa caldo, Kagome. Abbracciandoti potrei – non so, tsk. Magari potresti cominciare a sudare e dimenarti! Potresti chiedermi di lasciarti andare”.

Sorrise, poi gli afferrò il polso affinché le circondasse la vita. «Mai».

E sorrise, lasciando che l’opprimente arsura di quella giornata s’intensificasse ancora un po’. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Just a Kiss § ***


*\* Oddio. Ho aggiornato. °O° Non ci speravo!
Insomma, con l'ispirazione che fugge qua e là, credevo che ci avrei messo più tempo, come con BL. ._. Ma lì ho scritto il capitolo già tre volte, non è colpa mia se si cancella di continuo. çoç
Allur, sì. Cosa dire, di questa Shot? Che è folle? Che non so se piacerà?
Insomma, non è colpa mia. A me sembra una cavolata - e non lo dico per accattivare i lettori, davvero mi convince poco! -, tranne in qualche piccolo punto. Un po' mi convince. Ma giusto un po'.
Poi. Poi, poi, poi... Giusto, la dedica! Questa è la Shot richiesta da ryanforever, quella sul primo bacio di InuYasha e Kagome. >ò> Ovviamente, post-finale. E, ovviamente, non prende in considerazione gli avvenimenti del secondo film, anche perché, nel manga, non c'è stato neppure quel bacio.
*Voce interiore: La shot è troppo smielata, argh! >.<*
Spero vi piaccia. <3 A dopo per i ringraziamenti! */*

 

 

 

 

Just a Kiss §

 

 

 

 

 

Titolo: Just a Kiss §
Avvertimenti e Note: Romantico, What if?, OOC. Fluff!
1223
parole, One Shot

 

 

 

 

 

A Ryanforever, perché l'ha richiesta.

A
 Prì aka princess21ssj, perché se lo merita.
E perché, la prossima volta che la plageranno e
 le sue fan commenteranno 
entusiasticamente la storia della tipa che ha plagiato
,
prometto solennemente di fare una strage.
Donna avvisata... XD

 

 

 

 

 

 

Le labbra di InuYasha erano sempre state il suo sogno proibito, sin da quando aveva capito di essere innamorata di lui.

Delle notti – quando dormire accanto al falò le era parso troppo difficile, quando smettere di guardarlo era diventato impossibile – si era scoperta ad immaginare come doveva essere assaporarle, e s’era data dalla sciocca, perché quel genere di pensieri era troppo, per lei.

Aveva continuato a desiderarle anche quando l’amore che InuYasha nutriva per Kikyo era divenuto palese e, pur essendo ben conscia della componente autolesionista del suo desiderio, non aveva smesso di sognare di essere sfiorata con quelle labbra neppure quando aveva visto quella stessa bocca – la bocca che agognava – baciare proprio la defunta sacerdotessa, tempo prima.

Era quindi un disagio crescente rendersi conto di non aver ancora ottenuto – oh, che brutto verbo, ottenere! – nulla benché nel Sengoku ci fosse tornata da almeno una settimana, e solo per rivedere lui.

Neppure ci aveva provato, diamine! E d’accordo, non si era dichiarato, ma le aveva comunque dato l’impressione di desiderarla accanto a sé, e l’aveva abbracciata – con forza, quasi desiderio – più e più volte, in quei giorni. Le aveva anche sussurrato di non sparire più così a lungo, salvo poi arrossire e scappare via.

Era stato tenero, e dolce, e gentile, e premuroso, oltre che spaccone, insensibile ed irritante.

Ma non l’aveva baciata.

Non che ne avesse avuto occasione, sia chiaro. Sango l’aveva relegata a fare la balia ai gemelli mentre allattava il terzogenito, Miroku si era fatto aiutare a compiere un esorcismo piuttosto complicato.

Così, quando quella sera si trovarono da soli accanto al lago, Kagome gemette, chiaramente stupita. «Non mi aspettavo di trovarti qui».

Confuso, InuYasha rizzò il capo, guardandola mentre usciva dal bosco: indossava un kimono rosa, regalatole dalla vecchia Kaede, e i capelli le ricadevano sulle spalle, più lunghi di quanto li ricordasse. Continuò a fissarla mentre si avvicinava, e non smise neppure quando lei prese posto accanto a lui, tirando su l’abito per mettere le gambe a mollo nell’acqua fresca. Poi si schiarì la voce. «Neppure io».

«Sango», esordì Kagome, sorridendogli, «ha detto che saresti andato con Miroku. Di preciso non so a far cosa, ma… Ma credevo fosse importante, così ho deciso di venire qui. A riposarmi», aggiunse, mordendosi il labbro inferiore. «Se ti disturbo dillo pure».

Aggrottando un sopracciglio, l’hanyou le scoccò un’altra occhiata, stavolta perplessa. «Perché dovresti disturbarmi?», domandò.

«Beh». Arrossì, perché ammettere di temere quei tre anni di distanza la spaventava. Perché anche solo pensare che lui fosse cambiato, in quei tre maledettissimi anni, le faceva venire le lacrime agli occhi.

Perché immaginare che lui l’avesse sostituita la uccideva lentamente.

«Nulla», si costrinse a dire, puntando gli occhi sulla superficie trasparente dell’acqua per osservare il movimento ipnotico dei suoi piedi immersi. «Nulla. Non… Non so perché l’ho detto. Ma fa’ finta di nulla, davvero».

InuYasha si lasciò ricadere all’indietro, nascondendo il volto tra i ciuffi d’erba, per poi giungere le mani a mo’ di cuscino al di sotto del capo. Infine sospirò. «Tu non disturbi», disse, deluso. «Ho provato a trovare qualcosa di negativo nel tuo ritorno – lo giuro –, ma non ci sono riuscito».

«Questo ti dà fastidio?».

«Sì», rispose d’impulso, osservandola. «Ma è un fastidio strano».

Si obbligò a non chiedere spiegazioni, e ricominciò a scalciare, sollevando l’acqua del laghetto – e poi lasciandola ricadere, e poi alzandola nuovamente. Giocherellò col liquido fresco a lungo, tranquilla, mentre InuYasha, al suo fianco, osservava le nuvole.

Infine esplose. «Cosa significa?».

«Che…?».

«Perché…». Si schiarì la voce, voltandosi bruscamente nella sua direzione. Lui la guardava a sua volta. «Perché dici che è un fastidio strano? Cosa intendi? Che ti irrito in un modo particolare?». Prese fiato. «Perché non riesci a trovare nulla di negativo nel mio ritorno? Forse non provi nulla, nel sapere che sono di nuovo qui?». Gli occhi le si erano inevitabilmente riempiti di lacrime, e tirò su col naso, nascondendo il volto tra le mani. «Mi odi, InuYasha?».

Lo sentì avvicinarsi. Lo sentì sollevarle il volto con delicatezza, e sentì il suo alito caldo sul volto. Socchiuse gli occhi, attendendo una risposta quantomeno convincente.

Kami, come desiderava quelle labbra!

«Uhm. Odio, sì. C’è qualcosa che odio», concesse, sfiorandole la guancia con la mano libera. «Odio il non averti avuta accanto a me per tre anni. E odio il fatto di non riuscire più ad essere costantemente irritato con te. Odio quello che sono diventato, odio le premure che, seppur involontariamente, ti faccio…».

Lasciò scivolare le dita – tremanti, incerte – lungo la sua schiena, spingendola contro di sé. «InuYasha?», gemé lei, in attesa.

«Odio», riprese lui, stavolta arrossendo vistosamente, «il non riuscire ad odiare veramente queste cose». Scosse il capo, frustrato. «Non riesco a detestare il modo in cui ti guardo, né quello in cui ti penso. Mi irrita, sai?».

«Cosa?».

«Mi irrita l’immaginarti in un certo modo, quando so che non è corretto. Quindi…». Si sporse verso di lei – visi, labbra, sorrisi, carezze. Kagome lo osservava, fremendo. Le scostò una ciocca di capelli dal volto, stringendola tra le dita per qualche attimo di troppo. Poi sospirò. «Mi sto comportando in modo assurdo. Tsk. Sono decisamente ridicolo», fu il suo seccato commento.

Lei ridacchiò appena. «Non è vero».

«Sì, invece», rantolò. La lasciò quindi andare, gettandosi nuovamente sul prato – e coprendosi gli occhi con una mano, nel disperato tentativo di non vederla. «Sono ridicolo, Kagome. Un tempo», sbuffò, «non avrei mai detto qualcosa di simile”.

«Un tempo eri più freddo», sussurrò Kagome di rimando, ridendo. «Ora sei dolce».

«Faccio schifo».

«No».

«Sì», concluse lui, severo. Si voltò impercettibilmente verso di lei, salvo poi allungare una mano nella sua direzione – e Kagome lasciò che le carezzasse il volto, sfiorandole delicatamente le labbra. InuYasha si sentì decisamente sciocco, e frivolo, e stupido, e pregò che Sango e Miroku non fossero nei paraggi. Arrossì al solo pensiero, poi sollevò ancora gli occhi verso il cielo. «Kagome?».

«Cosa?».

Rise. «Niente. Volevo solo chiamarti». Le strattonò piano una ciocca di capelli, scoprendo che era della stessa tonalità della notte più nera. Poi si soffermò sulla sua pelle, pallida, e ringhiò, rendendosi conto che mai, in passato, aveva fatto dei pensieri così scioccamente sentimentali. Fu solo un attimo – lucidità che svanisce, mani che sfiorano, volti che si avvicinano. Kagome si chinò verso di lui, socchiudendo appena gli occhi, e lui lasciò che la sua mano cadesse mollemente lungo il fianco, mentre attendeva di sentirla avvicinarsi.

«Posso chiederti un favore?», biascicò lei all’improvviso.

InuYasha annuì.

Qualunque cosa, avrebbe volentieri aggiunto, ma sapeva che lei l’avrebbe intuito – era quella la peculiarità più strana di Kagome, quello il suo dono più grande. Le bastava guardarlo, per capire cos’era necessario e cosa no.

Le bastava sfiorarlo, per capire se stava bene.

Sentì le braccia della ragazza – donna, aggiunse con sgomento, era una donna  stringersi al suo collo, e le labbra di lei che gli sfioravano la guancia. Soprappensiero si scoprì a ricambiare la stretta, sfiorandole i fianchi – e le gambe ancora umide, e il seno, e il collo. Si rese conto forse troppo tardi che i loro volti quasi si sfioravano, ma neppure gli importava.

Attese la sua richiesta, fremendo.

Perché ora lo sapeva, quel che voleva chiedergli.

L’aveva intuito dal battito accelerato del suo cuore, e dalle sue mani sudate. L’aveva capito dalla sua espressione schiva.

Sorrise, divertito. «Allora, Kagome?».

Lei ricambiò il sorriso, poi abbassò gli occhi, fissando un fiore nei paraggi. Rise sommessamente, schernendosi. «Baciami, InuYasha».





 



*\* Chiedo venia per i ringraziamenti troppo rapidi, ma non ho granché tempo. Indi, RINGRAZIO:
Hime
 (XD Sasucucciolo è felicissimo di parlare con te, tesoro);
Lis94 (^*^ Mi fa piacere sapere che hai gradito la prima shot, spero che anche la seconda sia decente);
Susisù (çOç Non lo faccio per accattivarmi i lettori! çOç In ogni caso: sono un piccolo arancino? *O* Sul serio? AW! *Spupazza*);
Bellatrix_Indomita
 (XD Quella su Kikyo la avrai, quella su Kikyo la avraaaai. <3);
Indelible
 (^*^ Grazie mille!);
Stefy
 (>*< 'Attie!);
Nio 
(SUCCHI DI PEEEEEEEERA! *O* Ti adoro!);
mikamey
 (>.>" Spero che il seguito sia all'altezza della prima Shot!);
ryanforever
 (XD Questa era la tua, com'è?);
Vale728
 (^*^ Scriverò una MiroXSango, promesso. Grazie per i complimenti. <3);
Dance of Death
 (°O° Grazie mille!);
vale_cullen1992 
(>.> Ho fatto il prima possibile, lo giuro!);
callistas
 (Sei, come sempre, gentilissima. ^*^ Le tue recensioni le adoro, lo sai? XD Mi fanno quasi sentire importante! Ah... Per seconda coppia per eccellenza intendi il SesshoXRin o il MiroXSango? ò.ò Io le adoro entrambe, ecco. XD);
LilyProngs
 (^*^ Grazie mille! Sei anche troppo buona. >//> E aggiornerò al più presto anche le altre, promesso. U.U);
Emi
 (Ti adoro. ù.ù Ma lo sapevi già. *O*).

Grazie anche a coloro che hanno già inserito la raccolta tra le preferite - wow, siete adorabili *O*! - e a coloro che l'hanno inserita tra le seguite - anche voi siete adorabili, ovviamente u.u.
Grazie ancora, spero che la Shot sia stata di vostro gradimento.

E, noticina di fondo: STOP AL PLAGIO. è.é


Il prossimo che
 plagia una storia di Prì, seppur inconsapevolmente, verrà da me picchiato e riempito di calci. è.é In special modo quando le commentatrici di Prì poi commentano i plagi ispirati con entusiasmo. è.é
*Se ne va urlando ancora
 STOP AL PLAGIO e i bug sono degli emeriti idioti*


Alla prossima! */*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lake ***


Lake *\* Massalve! *O*
Allora, dunque, sì. Ho aggiornato la raccolta. Con un giorno di ritardo, perché questa Shot andava postata ieri, ma l'ho aggiornata.
Scusate se non mi dilungo, ma devo uscire. >.> Solo che... Ci tenevo a postare. Perché ieri era il compleanno di Kade, e io - un po' perché stavo attendendo Emiko, un po' perché effettivamente 'sta Shot mi fa schifus - non ho postato.
Ma poi Emiko ha postato XD, e mi sono sentita in dovere di ricambiare, anche se quest'elaborato è penoso. Dovevo postare, perché il compleanno della nostra regina del regno dell'Anaconda va osannato. U_U"
E dunque, eccomi qui, a presentarvi il mio ennesimo sclero: perdono per i non-presenti ringraziamenti, ma devo uscire.
Baci, spero vi piaccia. >.>" */*

Lake
Inutile fingere sofferenza, quando il proprio cuore non è capace di provarla.








Personaggi: Kagura, Rin, Sesshomaru
Avvertimenti e Note: AU, What if?, Romantico (?), Triste, Malinconico (!)
In pratica: Angst [Almeno spero. U_U"]
Note dell'autore: NON MORITE!
Perché hai scritto in Comic Sans MS? Perché mi è uscito questo cavolo di stile XD.







Kagura fremeva, osservando la figura del marito distanziarla.

“Dove state andando?”, domandò, perplessa – involontario quesito, interrogativo inutile.

Lui si limitò a voltarsi e – non – guardarla con i suoi occhi d’ambra. Non una parola fuoriuscì dalle sue labbra scarlatte, non una mutazione nel suo sguardo. Sesshomaru si limitò ad osservarla come se lei non fosse lì, a volgere le sue iridi su quella figura ma non realmente osservarla.

Kagura incassò il colpo, un sorriso sghembo che le piegava le labbra. Era sempre così, sempre. In fin dei conti, quel gran demone non le rivolgeva mai molta attenzione.

La loro era solo una finzione.

“Dove state andando?”, chiese di nuovo: tremava di rabbia, di risentimento, di paura. Sentiva l’indifferenza del suo signore, il suo disinteresse. Sapeva di non essere che una moglie formale, e ciò le faceva male. Ma era assurdo star male, no?

Lui non le aveva mai giurato amore, mai realmente.

Condividevano il giaciglio, le notti, il castello. Condividevano una mera illusione e nulla più.

Sesshomaru non la amava, non l’aveva mai amata e mai l’avrebbe amata: eppure, il suo – come dire? – orgoglio le impediva di lasciarlo andare.

La sua follia non le consentiva di lasciarsi abbandonare.

“Dove state andando?”, ripeté.

La voce era forse più dura, forse più indisposta.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio, come sorpreso da quell’impercettibile astio. “Sul lago”, proferì infine.

“… Perché?”.

Era una domanda. Solo una domanda. Poteva risponderle.

Kagura continuò ad osservarlo, speranzosa, le iridi scarlatte che risplendevano fiocamente alla luce di una candela. Era notte fonda, avrebbero dovuto dormire, il giorno dopo il fratello di Sesshomaru sarebbe venuto a trovarli, non potevano sfigurare, era assurdo, Sesshomaru non poteva essere serio, non poteva voler partire, non doveva voler partire.

Era assurdo.

“Perché?”.

Lui non le diede risposta, voltandosi – il kimono bianco che aveva indosso frusciò appena, le sue labbra formarono nuovamente una linea sottile.

“Perché?”, sussurrò nuovamente Kagura, portandosi le mani sul grembo. “Perché?”.

Ma Sesshomaru era troppo distante.

Gemendo di rabbia, si lasciò cadere al suolo.

Lui era sempre troppo distante, dopotutto.

 

*

 

“Vi ho portato il vostro pranzo, nobile Sesshomaru”.

I ningen non gli interessavano. Affatto.

Odiava i suoi schiavi umani, odiava catturarli e renderli servi: il loro odore – puzza sgradevole che gli riempiva la narici – lo disgustava, costringendolo a storcere il naso innanzi ai loro volti abbronzati, color dell’ambra.

Quindi non ringraziò la ragazzina che gli porgeva il pranzo, né le sorrise. Si limitò ad attendere che lei sparisse.

Cosa che, peraltro, non avvenne.

“Signor Sesshomaru?”, sussurrò lei, inclinando il capo di lato. “Posso porle una domanda?”.

Non attese risposta, ricominciando a parlare con tranquillità.

“Beh, so di non essere nella posizione di domandare, ma… Ecco. Volevo chiederle se gradisce il pranzo”. Arrossì. “Il punto è che ogni giorno, quando vengo a riprendere le vostre ciotole, le ritrovo perfettamente piene, e ciò mi sconcerta: se quanto prepariamo non è di vostro gradimento, ci sforzeremo di trovare qualcosa di più succulento”. Abbassò gli occhi, osservandosi i piedi.

E Sesshomaru – non era curiosità, si disse, la stava guardando perché non aveva niente di meglio da fare – prese a fissarla: era bella. Per gli standard umani, almeno.

Non poteva essere paragonata all’eterea bellezza di Kagura, ma non era neppure brutta: bella. Con capelli lunghi e neri, e due iridi color della terra bagnata dalle piogge d’autunno. La pelle era come quella degli altri abitanti, abbronzata per il troppo lavoro nei campi, eppure riluceva in modo particolare, e i lineamenti erano fini, perfetti – per gli uomini.

Un ghigno sfiorò le labbra di Sesshomaru, ma non si permise di risponderle.

“Scusi la sfacciataggine, davvero”, riprese a parlare lei. Aveva alzato appena gli occhi, arrossendo nuovamente. “Solo che… Che… Insomma! Signor Sesshomaru, non può digiunare in eterno, fa male alla salute!”.

Il demone si sentì bruscamente afferrare la mano, e una debole pressione cercò di trascinarlo: inarcò un sopracciglio, ma non le concesse di smuoverlo. La mano della ragazzina gli aveva arpionato il polso, i suoi occhi scuri lo guardavano spauriti. “Come ti chiami?”, si sorprese a domandare.

Le suo gote presero una colorazione ancor più rosata, ma le labbra le si piegarono in un sorriso – divertita, compiaciuta. Quella piccola creatura continuava a fremere, trattenendosi dal saltellare.

Se non fosse stato il nobile Sesshomaru, signore di più terre di quante si possa immaginare, l’avrebbe trovata tenera.

Ma lui non era un umano, e quella ragazzina gongolante non gli dava che noia.

“Mi chiamo Rin”, sussurrò infine, guardandolo. Indossava un kimono grigio, scolorito, di sicuro vecchio, quasi maleodorante. Pian piano, Sesshomaru sentì le dita della ragazza allentare la presa, sino a lasciarlo andare del tutto. Lei però continuava a ridere, felice. “Davvero, signore. Se il nostro cibo la disgusta, cacceremo quanto la soddisfa e cucineremo come la aggrada. Ma me lo dica”. Inclinò il capo di lato.

“Non mangio cibo umano”.

“Come?”.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio, infastidito, e si voltò, trascinandosi lentamente verso il centro della stanza: era fuggito per rilassarsi. Aveva abbandonato Kagura per rilassarsi, recuperare le energie perse nell’ultimo scontro contro Naraku – Naraku, quel dannato hanyou che continuava ad attaccare il suo regno! – e, magari, incrementare il proprio potere.

Aveva lasciato una moglie e castello per mero desiderio di pace.

Quella ragazzina era solo un disturbo.

“Non mangio cibo umano”, sussurrò, guardandola appena. “La vostra cucina non mi aggrada in quanto non necessito del vostro stesso nutrimento”.

Le spalancò appena gli occhi, aprendo la bocca come per parlare. Poi parve ripensarci, perché sorrise e mosse un passo indietro, inchinandosi. “Prima o poi”, esordì, sollevando appena gli occhi. “Prima o poi riuscirò a trovare del cibo adatto a voi, nobile Sesshomaru”.

 

*

 

Si era innamorata di lui.

Gliel’aveva detto Jaken, un vecchio demone dall’aspetto malnutrito che viveva in quel luogo da tanti – troppi – anni, e che aveva cresciuto quella ragazzina.

Gli aveva detto che lei lo aveva rivelato ad un’altra cameriera, e che lui l’aveva ascoltata, e che lei era una sciocca mocciosa che credeva di avere qualche possibilità – in realtà non lo credeva, ma Jaken questo non glielo disse – con un demone, e che avrebbe dovuto scacciarla, perché era una sciocca.

Sesshomaru non concordava.

“Conducila qui”, sussurrò all’improvviso, durante una notte troppo buia. “Conducila qui”, ripeté.

Il demone sbarrò gli occhi, mentre la lucida pelle verde risplendeva, illuminata da una luna troppo piena. “State scherzando, non è vero, mio signore?”, domandò Jaken, perplesso.

Sesshomaru aggrottò un sopracciglio, osservandolo. “Ho l’aria di uno che scherza, Jaken?”.

“No, non l’avete”.

“Allora conducila qui”.

 

*

 

E la condusse ancora, e ancora.

Sesshomaru imparò che quella donna amava essere baciata, e lei imparò che lui non era capace di provare affetto – si sentì abbracciare mille e più volte da quelle braccia muscolose, mille e più volte sfiorò quel petto pallido e perfetto. Strinse spesso i suoi capelli d’argento tra le dita, carezzò le orecchie appuntite, le gote, le labbra.

Troppe volte desiderò arrischiarsi ad entrare nella sua camera anche di giorno, innamorata di quel corpo perfetto e di quell’uomo severo e schivo. Troppe volte si trovò costretta a nascondersi dalla vista delle altre serve, troppe volte si scoprì a osservare il suo signore da lontano e agognare quanto non poteva ottenere.

Se Kagura era la moglie formale, lei era solo una serva.

I loro dialoghi si ridussero a deboli monosillabi, a gemiti – di Rin, solo a lei era concesso lanciare quei suoni così umilianti – soffocati. A occhiate che sembravano attraversare l’una il corpo dell’altro, ad azioni vergognose, a turni rubati alle altre cameriere, a carezze che non venivano mai ricambiate.

Lui non poteva amarla.

Lo sapeva, eppure continuava a piangere – e lui conosceva quelle lacrime, perché l’odore salato che emanavano lo costringeva a storcere il naso e a scacciarla.

Eppure, lei si lasciò condurre ancora.

 

*

 

“Partire?”.

No. Doveva essere una menzogna, il nobile Sesshomaru doveva essere impazzito, perché no, non poteva essere possibile, per nulla, non poteva essere possibile.

Continuò a scuotere il capo, guardandolo, le mani premute contro le orecchie – rinnegava la verità, preferiva una menzogna.

“Perché devi partire?”, urlò, ricadendo al suolo. Aveva gli occhi umidi, e lo guardava, supplichevole: quantomeno, l’aveva portata nel bosco. Nessuno avrebbe sentito le sue sciocche urla.

“Kagura è incinta”.

Sentì lo sguardo di Rin divenire progressivamente più spento. “Aspetti un figlio”, mormorò – e non era una domanda, affatto. “Un figlio”, ripeté, come per imprimersi bene in mente quella parola. “Tua moglie aspetta un figlio e tu devi tornare da lei. Beh, sì”. Sorrise – non era felice – e si alzò. “Ovviamente, non puoi restare qui. Non… Non puoi far nascere quel bambino senza un padre”.

E Rin lo sapeva bene, cosa significava crescere da sole.

Sua madre era morta troppo giovane, suo padre neppure l’aveva conosciuto.

Non poteva nascere solo.

“Tornerò”, mormorò all’improvviso Sesshomaru. Aveva ancora lo sguardo volto verso il lago, ed osservava l’acqua ondeggiare, placida e lenta. Non sapeva perché le aveva appena detto quella menzogna – ci sarebbero voluti anni, sarebbe tornato solo in futuro, attenderlo sarebbe stata follia.

“Tornerai?”. La voce di Rin era anche troppo acuta. Tremava, vagamente contenta. “Oh, beh. Io ti aspetterò”. Sorrise, scostandosi una ciocca di capelli dal volto. “Qui. Ti aspetterò qui. In fondo”. Socchiuse gli occhi, sforzandosi di alzarsi. “In fondo, il lago è una costante nella nostra vita: la casa dove ci siamo conosciuti è sul lago, dopotutto”.

Lui non rispose, lui non parlò. Le diede le spalle, le fece un cenno.

Rin era ancora immobile, inerme. Si lasciò cadere su di un sasso, stringendo la testa tra le dita e osservando la figura del demone svanire lentamente tra la fitta boscaglia.

“Ti amo”, sussurrò al vento, mentre un singhiozzo la piegava in lui e le lacrime ricominciavano a scorrere. “Ti amo”. Affondò le unghie nel palmo: il sangue prese a scorrere, scarlatto. Rin sobbalzò appena, riprendendo coscienza di sé. “Ti aspetterò”.

 

*

 

Rin l’aveva atteso, seduta sulla riva del lago, osservando a turno quel sole troppo caldo e quella luna troppo fredda.

Aveva atteso lo scorrere delle stagione, il cambiare del tempo, il gelo, l’arsura. Aveva atteso Sesshomaru con ansia e amore, le gambe immerse nell’acqua, gli occhi umidi per il pianto.

L’aveva atteso per un tempo a suo dire immemore, senza mai allontanarsi.

Ma lui non era tornato.

 

*

 

Era una mattina cupa, quella.

Uno di quei giorni freddi e troppo lunghi, noiosi, irritanti.

Sesshomaru non desiderava tornare sul lago. O, forse, non desiderava rivedere quel mucchio di servitori negligenti, e quella terra maleodorante e sterile.

Eppure, Kagura, in un ultimo barlume di lucidità, l’aveva implorato di tornarvi – realizza i tuoi sogni, aveva sussurrato, contorcendosi per il dolore. Un demone troppo forte l’aveva attaccata, e le possibilità di guarigione erano troppo infime. Sesshomaru aveva atteso la morte della donna con aria impassibile, mentre lei stringeva con forza al petto il loro primogenito, dedicandogli tutte le attenzioni possibili e immaginabili.

Ma l’ultima preghiera era stata per lui: l’aveva implorato di tornare sul lago, e realizzare i suoi sogni. Gli aveva chiesto di ritrovare la donna con quell’odore così dolce – i tuoi abiti profumavano di ningen, aveva sussurrato – e di realizzare i suoi sogni.

Poi aveva ghignato, serrando i pugni, e aveva biascicato qualche parola incoerente, mentre il volto si deformava in un’espressione di puro dolore e le urla divenivano progressivamente più forti.

Così, Sesshomaru era tornato sul lago. Non per sua volontà: il suo primogenito l’aveva implorato. Il suo primogenito aveva pianto.

Tornare sul lago era stato doveroso, incontrare quell’essere abietto che lo fissava provocatore era stato un errore.

“Il lago”, sussurrò il vecchio con un sorriso sdentato.

Sesshomaru lo riconobbe dopo un istante – era Sasuke, il piccolo Sasuke, il figlio di un suo soldato, vecchio e sporco come solo un contadino può essere. Aveva gli occhi socchiusi, e sedeva malamente su di un sasso accanto ad all’enorme distesa d’acqua.

Sereno, allegro.

Eppure, non v’era gioia nel suo sguardo tranquillo.

Dolore e rabbia si mescolavano a pace e felicità, tristezza e nervosismo ad amore e brio.

“Nel lago, signor Sesshomaru”, biascicò ancora. La pelle era raggrinzita, gli arti stanchi: non provò né pena né rispetto per quell’essere così debole, ma il desiderio di eliminarlo – eliminava tutti, lui, tutti e proprio tutti – scemò immediatamente.

Inutile sprecare tempo se la fine è già vicina.

Vide l’anziano piegarsi appena e sfilare dal kimono qualcosa – una lettera? –, poi sentì un’esplosione. Neppure si voltò, imperturbabile. “Cos’è?”.

“I demoni ci stanno attaccando, signor Sesshomaru”, rise l’umano. “Succede sempre, di recente. Oh, beh!”.

“Cosa c’è nel lago?”, lo interruppe d’istinto, la voce autoritaria come un tempo.

Il vecchio rise ancora. Forte, sempre più forte. “C’è lei nel lago. Lei! Non le fa piacere sapere che quella troia è nel lago, signore?”, quasi urlò, dimentico delle sue membra stanche. Quando finalmente spalancò le iridi nere, fu solo per terrore: il sangue già fluiva dalla ferita al petto, il demone era nuovamente immobile.

Fissò Sesshomaru per un attimo o poco più, prima di rovinare al suolo.

“C’è lei, nel lago”, riuscì a mormorare – la vita già lasciava quel simulacro, mentre ricominciava a ridere, scioccamente felice. “Dopotutto, aveva promesso di aspettarla”. Prese fiato, tossendo con forza. “Me lo ha scritto in questa lettera. Lei era la mia promessa sposa, ma ha atteso il suo ritorno. Lei era sua, ma doveva essere mia”.

Nuova tosse, nuovo corpo che si contorce, scosso dagli ultimi spasmi.

Non osservò la sua agonia, non l’attese: gli diede le spalle, un cenno della mano – scarlatta, sporca di quel sangue che ancora scorreva dalla ferita del vecchio – come ultimo saluto. Le iridi si posarono nuovamente sul lago, e si stupì ad inginocchiarsi accanto all’acqua fresca, dove l’erba era più rigogliosa e umida: il forte sole gli impediva di osservare con la dovuta perizia, ma un lampo – rosa, sembrava un abito rosa – lo scherniva.

Rin non era cambiata.

Le sue labbra erano ancora due petali di rosa, le sua pelle ancora manteneva una seppur vaga colorazione ambrata. Aveva gli occhi chiusi, e il naso ancora piccolo e perfetto – e ancora era perfetta, quell’agonia.

Notò i capelli guizzare qua e là, scossi dalla debole corrente, e il kimono ondeggiare appena, scoprendo il seno e le gambe lunghe.

Vide quella creatura orribilmente ferma – orribilmente immobile – e quell’espressione perennemente allegra.

La osservò, concedendosi solo un attimo di rabbia, solo un secondo.

Le parole del vecchio ancora risuonavano nell’aria: l’aveva atteso, sì. Aveva mantenuto la sua promessa, statica come una statua ma bella come la più bella tra le donne.

Soffocò il desiderio di raggiungerla – inutile depredare il lago di quel corpo ormai privo di vita –, non mosse un passo né altro.

Si alzò, lento e superbo, e riprese il suo cammino.

Inutile fingere sofferenza, quando il proprio cuore non è capace di provarla.

 

 

*\* *Coff* Beh, sì. Ecco.
E' una cosa a tre. >.> Cioè, diciamo a tre, perché Kagura lo ama e Rin lo ama, ma lui non ama realmente nessuna delle due. Si può interpretare così, o come preferite. >.>"
Ci tengo a ringraziare:
callistas
demetra85
Bellatrix_Indomita
HimeChan XD
pillo
mikamey
Samirina
Vale728
Onigiri
LilyProngs
ryanforever
araya
fmi89
Emiko92
Mary_loveloveManga
kaggychan95
Dance of death

^*^ Per la cronaca: mi sono ispirata alla stessa storia di Emiko-chan - leggete la sua fic! - pur non conoscendo la leggenda. XD
Insomma, avete visto quel che ne è uscito. >.>
Baci, baci e ancora baci, alla prossima. <3 */*

*Fugge*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** di sonno di bellezza, hanyou e figli in arrivo; ***


Alla Mamma, Elisa.

Semplicemente perché la mamma è la mamma, e quindi non posso non dimostrarle il mio imperituro affetto, anche se quanto posto è sgradevole a leggersi.

A Hime, perché è Hime e s’è sorbita almeno mille bozze diverse, e anche solo per questo meriterebbe una statua d’oro.

Ma io statue non ne so fare, quindi le dedico questa roba.

Alla Geme, perché è tanto simpatica e cara.

Del resto, è una NaruSaku, e quindi merita tante coccole.

A te, perché tanto non capirai che sei tu, e anzi!, son certa che non leggerai, ma volevo dedicarti qualcosa.

E ‘sta schifezza è tutto quel che mi riesce. *Cuoricino*

Alla ragazza che, un bel po’ di sere fa, mi ha fatto pervenire la gentile richiesta di continuare tramite msn. XD

La Somma Sacerdotessa ha molto gradito, davvero. *Ringrazia*

 

A Kiki, per il 02/04/10.

Perché diciotto anni non si fanno tutti i giorni – anche se, argh, quest’anno siamo in parecchie a farne diciotto. XD Oh, Kiki, stiamo diventando vecchie!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Sei sei stanca puoi riposare».

«No», risposi, «no. Preferisco star sveglia – sai? Ho sempre desiderato guardare l’alba con te».

Sorrise.

 

 

di sonno di bellezza, hanyou e figli in arrivo;

[Ovvero: quando Kagome Higurashi si sveglia in piena notte perché crede di essere incinta e InuYasha è capace solo di farla incavolare.]

 

 

Rating: Giallo.

Note/Avvertimenti: One Shot, Romantico (?), Comico (?), OOC, What if?, Missing Moment collocabile durante o dopo il finale del manga e dell’anime.

Credo sia anche leggermente Nonsense, dato che, beh, non ci troviamo di fronte ad una trama vera e propria, ma più ad un flusso di pensieri. È uno spaccato di vita e stop, punto. Non ha grandi pretese.

SPOILER (?) per chi non ha letto il manga e aspetta che la fine dell’anime giunga in Italia – io l’ho vista in Giapponese sottotitolata in Inglese, per la cronaca. XD

Parole: 20 + 1500, circa. Parola più, parola meno.

Rò dice: vi prego, non ammazzatemi per ‘sta cosa. XDXDXD Si tratta di una cavolata priva di senso logico, forse, e di certo non ha un grande spessore, quindi non vorrei essere pestata. Grazie. XD

 

 

 

 

 

 

 

Rotolai sul fianco, stanca, sopprimendo a stento uno sbadiglio nel palmo della mano – oh, dannazione, dannazione!

Se la sera prima avessi dormito, e se InuYasha mi avesse lasciata dormire, ora non sarei in una condizione simile, stanca, spossata e pure un po’ nauseata.

…ma del resto, mi ero addormentata tardissimo. Era logico essere un po’ nauseate. Oh, sì. Perfettamente logico, certo.

«Non sono incinta», chiarii a me stessa, osservandomi il ventre. «Abbiamo usato tutte le precauzioni esistenti in quest’epoca, e comunque il ciclo-».

Oh, merda.

«Il ciclo doveva venirmi cinque giorni fa», conclusi irritata, incrociando le braccia sul ventre, «ma non-».

Guardai InuYasha, ancora piacevolmente addormentato, e quasi pensai di svegliarlo. Non so, magari per condividere quel folle pensiero e farmi rassicurare, perché non poteva essere e mai sarebbe stato.

Non così. Oh, no, non così.

Scossi il capo. «A me viene sempre in ritardo», mentii. «Anche, uhm, una settimana dopo. Una volta è successo, quando tornai dalla gita in Hokkaido con trentanove di febbre. Quella volta mi venne in ritardo».

InuYasha mugugnò qualcosa di incomprensibile – eh sì, certo, lui dormiva beato. Aveva gli occhi sigillati e le labbra dischiuse, le orecchie premute sul capo e i capelli che saltellavano graziosamente qua e là.

Riposava, lui. E io ero lì a rodermi per il terrore e il desiderio.

Gli diedi un pugno. «Scemo».

«Mh», mugugnò prima di accoccolarsi nuovamente al mio fianco. «Cosa c’è? Vuoi – ehm – il secondo round?».

«…certe battute non ti si addicono». Alzai le spalle, nervosa, scoccandogli un’occhiataccia. «Insomma, se l’avesse detto Miroku avrei capito, è la sua indole. Ma tu», scossi il capo, «non ci sei proprio portato».

Borbottò qualcosa.

«Cos’hai detto?».

«Ti ho chiesto cosa vuoi, dannata».

Oh.

«Ti va di dirmelo o devo scoprirlo da solo? Perché ti assicuro che, beh, in questo periodo non sono granché paziente. Miroku mi sfrutta per i suoi esorcismi, i figli di quel bonzo pervertito mi hanno scambiato per un giocattolo», avvicinò il suo volto al mio, e trasalii quando le nostre labbra si sfiorarono, «e la mia donna si è scordata di me».

Risi. «Chi sarebbe la tua donna, scusa?».

«Eh? Ah, ecco. Credevo-». Arrossì. «Credevo-».

«Credevi cosa, InuYasha?», lo incitai – non che non avessi capito. È che a volte mi veniva voglia di uscire un po’ dal mio personaggio ingenuo, dalla mia Kagome banale e banalissima.

A volte volevo cambiare, che mi fosse concesso oppure no.

Insomma, era divertente. E così non facevo male a nessuno. Almeno, così credevo.

«Niente». Scosse il capo. «Fa nulla; dimentica, Kagome».

Gelo.

«Stavo scherzando, InuYasha». Cercai la sua mano e la strinsi, forte. Lui abbassò lo sguardo. «Davvero. Non puoi esserti offeso per una cosa così stupida, è impensabile. Non posso crederci».

Continuò a far finta di nulla.

«InuYasha?», lo richiamai. Si limitò a guardare le nostre mani intrecciate, e sospirare, vagamente nervoso. Beh, era offeso, semplice. Perché ovviamente io ero stata tanto cattiva e detestabile, e quindi non meritavo la sua attenzione. Ovvio. «Stavo scherzando. Scherzavo. Sono io», ridacchiai, «la fortunata che può vantarsi di essere la tua donna».

Ed evitai di chiamarlo bambino insensibile e capriccioso. E di offenderlo in altra maniera.

Meglio tenerselo buono, per quella sera.

«Sicura?».

Sospirai. «Sì, certo», asserii. Mi sarei anche messa a ridere, se il momento non fosse stato così tragicamente serio. «InuYasha, per quanto tu sia assurdo, e per quanto tu sia assurdo e ti diverta a torturarmi, io sono comunque innamorata di te». Alzai le spalle. «Quindi, sta’ tranquillo. Ci sono io e ci sarò sempre, lo giuro».

Era leggermente arrossito, ma non volle darmi la soddisfazione di vederlo sorridere – storse il naso, invece. «Mh. Non che mi importi, figurati. Era solo per sapere, a me non interessa».

Oh. Uomini.

«Se non ti interessa, allora evita di mettere il broncio, scemo». Sfilai la mia mano dalla sua presa. «Del resto», rimarcai, «di me non ti interessa nulla, no? Sono solo-».

«…sei solo Kagome», concluse, come se fosse ovvio. «Sei solo e semplicemente Kagome, tu».

«Bene».

Inarcò un sopracciglio. «Bene».

«Allora posso anche andarmene. Chiederò alla vecchia Kaede di farmi un po’ di spazio, sono sicura che non mi negherà un simile favore». Incrocia le braccia sul petto, indispettita, e quasi mi venne voglia di pronunciare quella-fatidica-parola.

In fin dei conti, io il rosario non gliel’avevo tolto. Se l’avessi pronunciata, quella parola, lui si sarebbe schiantato al suolo e tanti saluti – e se lo sarebbe meritato, ad onor del vero.

«Insomma», ripresi, «io sto qui a rimuginare sul fatto che non mi viene il ciclo e tu mi irriti in questo modo? È questa la compassione che provi nei miei confronti? Mi detesti così tanto, InuYasha?».

Oh.

…dannazione.

«Cosa significa che non ti viene il ciclo?», balbettò, sedendosi al mio fianco. Era impallidito, e mi osservava con ansia, neppure avessi una malattia incurabile o chissà cos’altro. «Kagome, che significa?».

«Quanti significati credi che possa avere, la mia affermazione? Ottocentomila?», ribattei nervosa. «Forse sono incinta – e no, non guardarmi in quel modo, ti prego, sto bene, credo».

«…oh, merda».

«A-ah».

«Come-».

Certo, ovvio: poteva non pormi la domanda più stupida del secolo?

Gli uomini sono così: digli che sei incinta e ti chiederanno come può essere successo. Perché alla fine non è anche colpa loro, no, affatto. Devi essere tu a sapere com’è successo, non loro.

«Non ne ho idea», sibilai. «Sono cinque giorni che non mi viene e inizio a preoccuparmi. Ma in fondo, a te che importa? Ho solo disturbato il tuo sonno di bellezza».

InuYasha si voltò appena nella mia direzione, scrutando il mio ventre – come se potesse vederci dentro, poi. Come se fosse dotato della vista a raggi-X, o qualcosa del genere, o come se fosse un ginecologo.

«Che fai?», chiesi.

Lui sbuffò: «Zitta, lasciami concentrare. Devo controllare una cosa».

Poggiò le mani sul futon, raggiunse col viso l’altezza del mio stomaco e corrucciò lo sguardo.

«Come può esserci qualcosa, qui dentro?», chiese. «Insomma, è uno spazio minuscolo. Come potrebbe starci un bambino?».

«Non ne ho idea», spiegai, «sinceramente non mi è mai interessato scoprirlo. Non sono cose che, Kami, una ragazza si domanda tutti i giorni. Perché dovrebbe, dopotutto? Il parto è una cosa naturale. O almeno, credo». Inclinai il capo di lato, indecisa. «Io non me lo sono mai chiesta, né ho domandato informazioni a qualcuno».

Ed evitai accuratamente di dire che non avevo avuto l’occasione di parlarne con mia madre, benché nel mio mondo fosse quella, la prassi, dato che a diciotto anni suonati ero scappata – con il permesso della mia famiglia – in un’altra epoca, e lì ero divenuta la compagna di un hanyou egocentrico e orgoglioso.

Un hanyou egocentrico e orgoglioso che avrei volentieri pestato, ad onor del vero.

«A me sembra assurdo». InuYasha sfiorò con le dita la stoffa del kimono, scostandola quel tanto che bastava perché lui potesse ispezionare con maggior precisione. «Non riesco proprio a, tsk, crederci».

Socchiusi gli occhi. «Allora non farlo, fa’ finta di nulla, almeno per ora. Domattina andrò dal medico del villaggio».

«E se dovessi essere incinta?», insinuò. Aveva smesso di guardarmi la pancia – ora osservava me, il mio volto, i miei occhi. Ricambiai lo sguardo. «Se davvero lo sei, io…».

Mh?

«…io sono il padre?».

Oh. Uomini.

«Senti, tu». Gli premetti un dito sulla fronte, obbligandolo ad allontanarsi, e mi resi improvvisamente conto che probabilmente una vena doveva pulsare sulla mia tempia. Ero irritata. Irritatissima. «Per chi mi hai presa? Con quanti – oddio, ma chi credi che sia, una – argh».

 «No! Certo che no».

Rantolai. «E allora», dissi, «perché mi fai domande così stupide? Nel caso in cui fossi davvero incinta, sì, tu saresti il padre. E se è un problema, dimmelo, io-». Nascosi nuovamente il volto tra le mani. «Argh!».

«…io spero tu sia incinta», biascicò.

Non riuscii a non guardarlo.

«Cioè, sarebbe bello. Almeno secondo me – Kagome, ti rendi conto o no di quello che sto dicendo? Cioè, Kami, a me farebbe piacere».

Oh. Uomini.

Così come riusciva ad irritarmi in un istante, InuYasha aveva il raro dono di riuscire a farmi ridere in un istante. Mi chinai nella sua direzione, e gli baciai leggermente la guancia destra, imbarazzata. «Sei un idiota», lo apostrofai ridacchiando, «e ti amo anche per questo. Domani andrò dal medico, ma non farti strane idee: potrebbe anche trattarsi di un falso allarme».

Il fatto che io fossi quasi sicura di aver sentito qualcosa muoversi dentro di me non era importante, vero? Non dovevo mica dirglielo. Non era importante, no di certo.

…e poi, l’avrei solo illuso.

Poteva essere tutta una sensazione, la mia, tutta una mera illusione. Forse il desiderio di diventare mamma mi aveva fatto uno strano scherzo. E magari avevo anche sbagliato a fare i conti, per ciò che concerneva il ciclo, chissà.

Sospirai. «Ora va’ a nanna, altrimenti Miroku si arrabbierà con me, e sinceramente non mi va. Domattina dovete lavorare, se non erro».

Grugnì.

«Buonanotte».

«’Notte, scema».

 

Il fatto che io fossi quasi sicura di aver sentito qualcosa muoversi dentro di me non era importante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



Parto col dire che: o riponete quella asce, o mi metto a piangere.

…e voi non volete vedermi in lacrime, no. Faccio troppo spavento. XD

 

Per la cronaca, ho anche avuto la conferma che la trama di ‘sta roba è una cavolata, me l’ha detto Black U___U, indi mi siedo sui ceci(?) e faccio penitenza, voi evitate di scuoiarmi. XDXDXD

 

Tolto questo, passiamo a cose serie o meno: non mi ero dimenticata di questa raccolta, né ho dimenticato BL, eh! Semplicemente, sono nei casini fino al collo, e non ho trovato il tempo materiale di buttar giù qualcosa di decente.

E dato che sono del segno della Vergine (?), e che mi ritengo una perfezionista (???), non ho avuto il coraggio di postare abbozzi. E quindi, il tempo è passato senza che io pubblicassi né un nuovo capitolo di qua né un nuovo capitolo di là.

E non avete idea di quanto sia frustrante, specie quando ci sono mille persone, intorno a te, e novecentonovantanove di loro sono in piena febbre da scrittura/ispirazione/aggiornamento. Argh, vi dico: argh.

 

L’altro giorno, ho trovato l’abbozzo di un una Shot su un’eventuale gravidanza di Kagome – in realtà, lì il pupo è nato, a-ah. Ed è pure un po’ scemo. XD

Comunque, dicevo: ho trovato ‘sta bozza, e ne ho passato un bel po’ su msn a delle povere sventurate, le quali hanno apprezzato. U____U Prendetevela con loro, dunque, se ho poi pensato di riprendere in mano l’idea e risalire al quando Kagome ha capito di essere incinta.

 

A mio parere, è una post-finale bella e buona, perché nell’ultima scena Kagome non è incinta.

Forse.

Io ed Emiko abbiamo i nostri dubbi e le nostre teorie, ma sono nostri. U_____U E Kagome è ancora piccola, chissà… XP

In ogni caso, l’altra notte, mentre chattavo un po’ rovinando-la-vita-ai-poveri-sventurati-che-dovevano-sopportarmi e canticchiavo – sì, di notte –, ho iniziato a scrivere. Sono arrivata circa a metà. XD E stamane, beh, ho detto: «O la finisci, o ne scrivi un’altra, e se ne scrivi un’altra qualche testa cadrà. Insomma, quella povera anima di Hime s’è già sorbita circa ottanta bozze, non puoi rovinarle la vita così».

 

…e quindi, la Shot è qui, scema come non mai.

 

Non la trovo granché fluida, ma mi sono divertita, scrivendola, e questo mi ha fatto bene. XD E poi, l’ho buttata giù dopo aver disegnato un InuYasha e una Kagome soddisfacenti. *____* E non mi succede quasi mai di farli decenti! *Sclera*

…e l’ho buttata giù in un periodo di Blocco Assoluto! *_____*/ Yeah!

A parte questo, non credo siano molto OOC: sono più grandi, *SPOILER*sono reduci da tre anni di separazione*/SPOILER*, sono tanto stupidi e carini. *Lovva*

Aw, non ditemi che non sono adorabili! *O*

…ok, se non li trovate adorabili ditelo. Io sono di parte, li considero come dei figli. XD

 

Non sono propriamente tornata, per la cronaca. Non proprio.

Però cercherò di aggiornare BL entro la fine del mese, dato che le idee ci sono e son tante, e di postare un’altra Shot a breve.

Nuove Fic non so, perché ho il terrore di postare un capitolo e poi non farmi sentire per mesi. La sola idea mi irrita, perché io devo finirle, devo. È esigenza mia, per la cronaca, ma dipende anche dal fatto che alcune persone mi seguono, leggono.

E se leggete, meritate rispetto e aggiornamenti.

Per ulteriori informazioni, vi rimando al mio LJ personale, linkato nella pagina autore (no, non è pubblicità. Anzi, se non ci andate mi fate un piacere, quella roba è uno sclero. Semplicemente, lì ho postato qualche informazione utile, ecco. <___< Magari leggendole potrebbe passarvi la voglia di ammazzarmi, tutto qui).

 

XD Ah: dato che io, tecnicamente, sarei di fretta, mi limito a ringraziare quanti hanno letto e a chi ha commentato lo scorso capitolo, a coloro che hanno inserito la fic tra le seguite, le preferite o le ricordate e… e a chi ha fatto sì che alcune mie storie finissero tra le Scelte. Non ricordo se l’ho già fatto o meno, però è sempre giusto ringraziare. U_____U

La cosa mi ha fatto piacere, checché se ne possa dire. *Alza le spalle*

 

Grazie a tutti, spero che questo sclero di storia vi abbia almeno strappato un sorriso.

Almeno un sorrisino-ino-ino-ino! ç_____ç Daaaaai! XD *Saluta*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Musuko. ***


Nota pre-testo: il nome “Sebastian” è stato scelto secondo basi serie. Serissime. Sì, infatti. L’ho scelto perché… perché sono una fangirl, ecco! *Seria*
Perdonatemi l’idiozia, please. <3 Kuroshitsuji mi sta dando alla testa. XDXDXD
 
NB: certe battute sono demenziali. Però, ecco, sono troppo InuxKag, quindi… quindi niente, inserirle era un obbligo. ._.”

PS: Io e Hime abbiamo creato una pagina, su Faccialibro, chiamata "Brigata SOS". *Occhi dolci* Se vi va, fate un salto. <3

PPS: Sì, okay, ho messo il bottone per condividere. Mi serviva taggare una persona in 'sto capitolo, quindi... Ah, sì. Se volete usarlo, potete. XD Mi farebbe piacere. <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

»Prima di tutto: Hime, complimenti!

*WWW* Hai finito la scuola, donnaH, e io sono mortalmente orgogliosa di te. <3

 

Poi: tanti auguri a una simpatica donninaH che gli anni li ha compiuto il 25 luglio.

*La simpatica donninaH capirà che mi sto rivolgendo a lei. u_ù*

Avrei aggiornato quel giorno, se non ci fosse stato il matrimonio di mia cugina. XD

 

Insomma: il capitolo è per voi! <3 «

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lei rise, confusa – infine allungò una mano nella sua direzione. «E di Sebastian? Cosa ne dici di Sebastian?».

«Seb-che? Che razza di nome ridicolo!».

 

 

 

 

 

Musuko.

息子

[Figlio]

 

 

 

 

 

Non è che scegliere un nome per un bambino fosse complicato, eh. Anzi, se Kagome avesse lasciato a fare a lui, probabilmente l’avrebbero già trovato, quel tanto sospirato appellativo!

Ma sapete com’è, no? Per quella dannata donna scegliere un nome a caso era un metodo di valutazione inaccettabile, e quindi gliel’aveva impedito.

E ora mancava una settimana o giù di lì al parto e non avevano ancora deciso nulla. Nulla, nulla di nulla. Sango l’aveva definito un irresponsabile – come se la colpa fosse solo sua, poi! –, mentre Miroku si era limitato a scuotere il capo con fare rassegnato.

Persino Shippo, quella sottospecie di volpe spelacchiata, aveva riso di lui, indicandolo e sussurrando qualcosa in tono tronfio!

Dannati, dannati tutti! Un giorno avrebbe trapassato i loro miseri corpi, sì, e allora avrebbero pagato per le angherie perpetrate nei suoi confronti!

 

«Ehi», mormorò offeso, rigirandosi tra le dita un oggetto all’apparenza non identificabile. «Come volevi chiamarlo, il pupo?».

Kagome non si degnò neppure di alzare il capo dalla bacinella – sì, stava vomitando, d’accordo, ma almeno avrebbe potuto guardarlo! Cosa le costava?

Tutti vomitano, tutti. Persino le gemelle vomitavano, InuYasha le aveva viste sporcare l’abito della madre e poi ridere soddisfatte come se nulla fosse successo. Tutti vomitavano, tutti.

E allora perché Kagome si atteggiava a gran donna e nascondeva la testa in quella specie di secchio? Cos’è, lo stava ignorando? Fingeva che lui non ci fosse, ovvio!

Dannata Kagome, dannata, lo stava certamente prendendo in giro!

«Allora?», la incalzò spazientito.

Si sentì un rantolio sconnesso, poi il volto arrossato di Kagome fece la sua comparsa. «Passami un asciugamano», implorò, allungando una mano tentoni. «Ti prego».

InuYasha non se la sentì di infierire, quindi si alzò e afferrò la coperta del futon. «Meglio di niente».

«Meglio di niente», convenne Kagome. Fissò appena l’oggetto, maledicendosi per ciò che stava per fare – era un regalo di Kaede, quello, le sembrava uno spreco –, infine se lo passò sulle labbra.

Beh, almeno adesso aveva la bocca pulita. Tutto ciò era assai disgustoso, però aveva la bocca pulita, era già un passo avanti. Meglio di niente.

«Cosa volevi sapere?».

«Ah».

Lui alzò il capo, ricominciò a torturare l’oggetto non identificabile e si maledisse per aver parlato: insomma, potevano anche aspettare, no? Non c’è mica bisogno di dare un nome al proprio bambino subito!

All’inizio, il pupo non l’avrebbe neppure capito, che lo stavano chiamando. Quindi, a rigor di logica, se gli avessero dato il nome a – si fece due rapidi conti – un anno, non ci sarebbero stati problemi. Anzi, si sarebbero risparmiati parecchio spreco di fiato!

Sentendosi improvvisamente fiero della sua geniale pensata, InuYasha poggiò le mani sulle spalle di Kagome e la trasse delicatamente a sé. «Non posso voler stare con te, di quando in quando?», borbottò, la voce ridotta a un sussurro.

Lei sospirò. «Ti conosco, InuYasha», disse, «e so che ci sono delle cose che… preferisci evitare, diciamo così».

«A me piace abbracciarti», osservò lui, sorpreso.

Credeva di averglielo fatto capire, che stringerla tra le sue braccia era forse la cosa che preferiva in assoluto! O meglio, che preferiva in assoluto dopo il baciarla e…

Scosse il capo, arrossendo appena. «Davvero».

«Lo so. Ma so anche che in questo momento volevi parlarmi d’altro, che la cosa ti ha mandato nel pallone e che mi hai abbracciata per avere conferma del mio amore». Kagome si allontanò il tanto necessario per guardarlo negli occhi, quindi sorrise: «Tanto tu lo sai che ti amo, no?».

Lui preferì glissare e abbracciarla con maggior vigore.

A parole era una frana – e, benché odiasse riconoscerlo, sapeva perfettamente di essere un incompetente, quando si trattava di articolare un discorso –, quindi l’unico modo per dimostrare a Kagome il suo affetto era… era stringerla, dannazione, l’unico modo era stringerla!

O baciarla. Sì, anche baciarla.

Stando a quello che gli aveva detto Miroku, un bacio poteva valere più di mille parole.

Però quello non era il momento giusto, ne era certo. Se l’avesse fatto, lei gli avrebbe probabilmente rifilato un calcio – o peggio – e avrebbe iniziato a straparlare.

«Come volevi chiamarlo?», domandò, facendo appiglio al suo – una volta inesauribile – coraggio.

Lei inclinò il capo di lato e lo fissò, confusa. «Il nome Sebastian l’hai già bocciato», spiegò con rammarico, come se la cosa fosse difficile da digerire. «Insomma, se l’avessimo chiamato così, poi sarebbe stato uno shitsuji encomiabile!».

InuYasha non si chiese perché Kagome desiderasse una vita da maggiordomo per il loro primogenito: era sin troppo abituato alle stranezze della moglie, e quello non era che l’ennesimo sclero detto in un momento di pura follia.

In ogni caso, il nome Seb-coso per lui era ridicolo. Nessuno avrebbe provato timore per un mezzodemone di nome Seb-boh.

«Dato che Sebastian non ti piace», proseguì lei dopo un minuto di silenzio, «ho pensato…».

InuYasha inclinò il capo di lato. «Cosa?».

«Prima ho parlato con Myoga», continuò imperterrita Kagome. «Neppure lui lo conosceva, il che mi ha stupito: insomma, mi è parso strano. Lavorava al suo servizio, no?».

Non ne ho idea, si disse InuYasha, inarcando un sopracciglio. Se avesse continuato così – insinuazione, domanda retorica, piccolo particolare irrilevante –, l’avrebbe baciata e poi obbligata a parlare con maggiore chiarezza.

Oh, sì, l’avrebbe fatto. L’avrebbe fatto di certo.

«Allora abbiamo pensato a Taisho».

«Taisho?», ripeté InuYasha, confuso. «E perché?».

«Perché, ecco», Kagome deglutì, abbassando improvvisamente gli occhi e fissandosi le mani, «tutti chiamavano tuo padre Inu no Taisho. E dato che lui», si toccò il ventre, «sarà il nipote del grande Signore dei Cani…».

 

Ci vollero due secondi, poi le sue labbra si avventarono su quelle di Kagome e lei lanciò un gemito di sorpresa. Non sapeva se ridere o piangere, ma InuYasha sembrava – o forse era – felice, e la cosa la rallegrò un sacco.

«Non sei obbligata a chiamarlo così», mormorò lui, la bocca che lentamente scivolava lungo il mento della donna e raggiungeva il collo. «Solo se vuoi», aggiunse.

Non che la cosa non gli piacesse, anzi: era più di quanto si sarebbe mai aspettato. Non la credeva capace di un gesto così tenero, benché conoscesse perfettamente Kagome e sapesse che sì, quella era la norma, per lei.

La sentì ridere. «Idiota», lo apostrofò, «se non avessi voluto ti pare che mi sarei data così da fare per un nome?».

Forse sì. Forse si sarebbe impegnata comunque – forse, forse, forse. Lei l’aveva fatto, l’essenziale era questo. Inutile assillarsi con dei forse che neppure gli importavano, quando sua moglie lo stava osservando.

Era inutile perdere tempo, quando mancava poco alla nascita del loro primogenito.

«Taisho sia», le disse con aria seria, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Kagome sorrise. «Sì», confermò. «Taisho sia».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…non mi avete dimenticata, vero? *Aria da cucciolo bastonato* ç____ç Non è colpa mia, è l’ispirazione ad essere un’infame! *Piange* Fosse per me, giuro che aggiornerei ogni giorno, perché alla fine a me postare piace un sacco. ç____ç
 
Passando a cose serie…
Come alcuni di voi sapranno, Sebastian è il Maggiordomo – sì, con la M maiuscola – presente nell’anime/manga Kuroshitsuji. Dato che al momento lo venero, e che l’idea per questa Shot m’è venuta proprio pensando al suo nome, mi è sembrato logico citarlo.
Non credo che Kagome lo conosca, in realtà, ma mai dire mai: insomma, io ce la vedo troppo, Kagome, a guardare Kuroshitsuji. XD Ha l’animo della fangirl, lei. U____U Sì.
Inizierebbe a straparlare su quanto è figo Sebastian – e qui InuYasha si irriterebbe –, obbligherebbe Sango a guardare l’anime con lei e… sì, Kagome è una fangirl, quindi un nome simile ci sta da dio. E la battuta sull’essere “Shitsuji” è… demenziale, sì, per anche lei ci stava bene. >_________< Contate che, pur essendo scritta in terza persona, la storia è più un POV di InuYasha che altro, quindi lui sospira esasperato e fa finta di nulla. <3
Che bravo cucciolo! <3  
 
Inizialmente, avevo pensato di chiamare il bambino “Taiga”: la Mà chiama così quel gran pezzo di… ehm, il Sommo Paparino di InuYasha. <___<” Cercando, però, ho scoperto che la produzione voleva chiamarlo “Toga”, ma che il nome è stato bocciato e tutti si riferiscono al paparino con l’appellativo “Inu no Taisho”, “Signore dei Cani”.
“Taisho” significa dunque “Signore”: un nome un po’ ridicolo, per un bambino, ma Kagome lo chiamerebbe così, se questo significasse rendere InuYasha felice. XD
 
Neppure Myoga chiama mai il Sommo Paparino per nome: credo che sia una forma di rispetto, ma il dubbio che neppure lui lo conosca – e che dunque si limiti ad apostrofarlo “Signore” – mi divertiva troppo. XD
Chissà, magari era un nome così brutto che “Taisho” al confronto era un capolavoro! Chi può dirlo, del resto? XD
 
InuYasha lo volevo un po’ più… sciolto, adulto. Un po’ meno bambino.
Questa Shot *indica* è il seguito ideale della precedente, quindi loro stanno insieme, e lui si sforza di essere figo per adeguarsi a lei. Credo.
Comunque mantiene i tratti principali del suo carattere. U______U
Idem Kagome, che è persino afflitta dalle nausee (!). Mi fa un po’ pena, ‘poretta.
 
Ah: il pupo non dovrebbe per forza essere maschio. U____U Magari potrebbe nascere una femmina. Però ‘sti due sono convinti, quindi lo danno per scontato.
…e comunque, se dovesse essere una cucciolotta (?), la chiamerebbero Izayoi. XD
Vero, Hime? <3
 
 
Risposte ai commenti!
 
HimeChanXD: My love! *W* Himeeeee!
Yeah, I know, sono imperdonabile. ._. Accoppami, please, me lo meriterei davvero. Conta che volevo aggiornare il 7, ‘sto mese – Tanabata! –, e che mi sono ridotta ad ora perché sono baka.
Ma tu tanto lo sai che sono baka e mi vuoi bene comunque, no? *W*
I hope che questa roba ti sia piaciuta, che il mio sclero in english non ti abbia turbata – sono in sclero time, yes! – e che tu non mi voglia uccidere. U_____U
Kisses, dear. <3
 
Ryanforever: Macciao! *W* Sì, l’altra volta era un regalo di Pasqua: questo doveva essere un pensierino per il Tanabata, ma la Shot in questione è stata *pausa pubblicitaria* pubblicata solo sul mio blog e su Facebook. <____< La trovavo un po’ troppo breve per postarla in questa sede: ma chissà, magari cambierò idea. XD *fine pausa*
Visto? La poveretta si stava illudendo, era in attesa. U_____U E InuYasha l’ha presa bene!
…in realtà, nel pc ho anche una bozza di fic in cui Kagome, appurato di essere incinta davvero, si ritrovata obbligata a dirlo a InuYasha. Un giorno mi sa che posterò anche quella. XD
Bon, mi auguro che ‘sta roba ti sia piaciuta. >______< Baci. <3
 
Kaggychan95: ç____ç *Depressa* Lo so, lo so, sono un’incapace. <____<” Se vuoi picchiarmi, fa’ pure. ._____.”
Questo, come già detto, è il seguito ideale della storiella precedente, ma stavolta visto prettamente dal punto di quel maschilista di InuYasha. XD Insomma, però! Lui le stava parlando, non poteva smetterla di vomitare e dedicargli un po’ d’attenzione? e_é
Va beh, va beh… Spero ti sia piaciuta, baci. >____<
 
Wing Writer: *Saluta* Meow, dear! <3
Qui ‘sti due sono anche più baka che in passato, hai notato? *Smile* Mea culpa, adoro renderli deficienti. u___ù Anche perché, ehi!, se non son baka non son InuYasha e Kagome! <3
So… spero ti sia piaciuta, ‘sta robaccia, e mi auguro che tu stia bene e non voglia uccidermi. ^*^ Besos! <3
 
Pillo: BL c’è stato, Fairytale – dopo circa tre secoli – pure! Osannami! XD
…no, okay, scherzo. Ho aggiornato dopo una vita perché sto scribacchiando Shot di tanti tipi e forme, ma nulla che possa essere postato in questa sezione. E mi deprimo, perché non so scrivere originali convincenti né tenere in modo decentemente IC personaggi che non siano InuYasha e Kagome. *Sospiro* Insomma, sono un caso disperato.
Questa Shot è pronta da una vita, ma… niente. Tra una cosa e un’altra rimandavo e rimandavo ancora, perché non mi convince e temo sia una cavolata. Però ci tenevo a dare un seguito al lavoro precedente, e quindi… *Fissa* Non mi stritolerai, vero?
Spero non ti abbia fatto schifo, inoltre. >___< Bacioni! <3
 
Kiriri93: Ti do un sentito benvenuto tra i commentatori di Fairytale! E sì, anche tra i poveri disgraziati che attendono – si spera, potresti anche aver perso la pazienza – i miei aggiornamenti. .____________.”
Il terzo capitolo era volutamente angst, e infatti c’era una noticina all’inizio, mentre gli altri tengono un tono più fluff e caruccio. XD Anche questo capitolo cerca di risultare coccoloso, più che deprimente. u__ù
Per il resto, spero che la Shot ti sia piaciuta e che tu voglia perdonare il mio ritardo. Baci. <3
 
Yesterday: Okay, sì, tu sai che io ti adoro e ti spupazzo. <3 Aw, donnaH, amo il tuo commento! <3 *Ama*
Insomma, sì. Mi auguro che ‘sto capitolo non sia stato disgustoso <___<, perché a me sembra stupido, e che tu non voglia accopparmi. Questo è essenziale. u___ù Kisses! <3
 
Gweiddi at Ecate: Mà, me ti lovva.
…poco esaustivo come ringraziamento, però credo di aver detto tutto. *Spupazza* <3 <3 <3
 
Mikamey: Uhm. Ora forse sono tornata più di prima. XD Magari aggiornerò prima che la scuola ricominci, chissà! *WWW*
In tutto questo, grazie mille per il commento: spero che questo virtuale seguito della Shot precedente sia stato di tuo gusto – io mi sono divertita a scriverlo. Poi ho riletto, e la cosa mi ha divertita un po’ di meno. .____.” Baaaah.
Baci! <3
 
Onigiri: Dear, se tu hai commentato in ritardo, io che ho fatto? XD Ci sono voluti quattro secoli e mezzo, perché trovassi il coraggio di farmi rivedere su questi lidi!
Grazie per il commento, grazie perché sei sempre pucciosissima con me e grazie perché me ti vuol bene. Sì, ringrazio anche per una cosa simile. u____ù
Kisses, Nio-chan! <3
 
Kagome19: Grazie per il “bentornata”! <3
 
Marquise: Oh, non preoccuparti: ci sono rimasta malissimo anch’io, per quelle due. >____< Ma la trama lo richiedeva, e allora… *Sospira*
Spero che anche questa storia ti sia piaciuta, grazie per il commento! <3
 
Sesshy_19: Grazie mille, spero che anche questa ti sia piaciuta. <3
 
Ellena: Kyah, grazie!
Come vedi, a distanza di un’eternità ho deciso di prender coraggio e postare. .____. Spero che il capitolo ti sia piaciuto. <3
…sbaglio o ti avevo dato un mini-spoiler? XD
 
KikiWhiteFly: *Saltella* ‘azie, Kiki! <3 <3 <3 <3 <3 AW!
*Contenta* Spero che anche ‘sto ennesimo sclero ti sia piaciuto. <3
 
Berenike: Appena possibile leggerò con molto piacere i tuoi lavori, al momento ho avuto casini. XD Togliendo questo… grazie mille per il tuo commento, che mi ha resa molto contenta. <3 Sono felice di sapere che questa raccolta piace a qualcuno. ^W^
Spero che anche ‘sta Shot ti sia piaciuta, e… baci! <3
 
 
 
 
 
Insomma, sì. Per ricominciare a postare ci ho messo un po’, sia perché mi vergognavo – sì, ecco, mi sentivo un’estranea, e credevo che ormai mi aveste dimenticata tutti –, sia perché quello che scrivo mi soddisfa sempre poco. >//////<
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi piacerebbe leggere i vostri pareri. <3

PS: Sì, so che baciare una persona che ha appena vomitato fa leggermente schifo. ._. Però contate che InuYasha è InuYasha, e 'sto tipo di problema non è nella sua indole.
...e lei si è ripulita la bocca. XD


 
Grazie a tutti, e… alla prossima! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** » Once upon a Dicember ~ ***


Okay, saaalve!
Per la cronaca, so che il mio ultimo aggiornamento risale al 13 Agosto, lo so. <____< Però, suvvia, almeno non sono passati sei mesi! *O*/ E poi, questa è una raccolta(?)! *Cerca un lato positivo*
Poi, uhm. Niente, non sono sicura. XD

Questa roba qui, scritta il 23 Dicembre notte - sul tardi, sì, ché altrimenti non mi riesce di scrivere -, dovrebbe essere il mio regalo di Natale: regalo di Natale indirizzato a tutte le personcine puccH a cui voglio bene. E voi lo sapete, che vi voglio bene, quindi non fate storie e accettate lo scleropensiero. u______u/
Ma ovviamente, questa specie di Shot - Shot che mi auguri segni il mio ritorno quasi in pianta stabile nel fandom - è dedicata anche a tutti voi, che avete commentato il precedente aggiornamento, che avete letto, che avete inserito la fic tra le preferite/seguite/ricordate, o che avete inserito me, tra gli autori preferiti. Che continuate a seguirmi anche se sono una ritardataria cronica. >////<
Per quanto la scuola sia dura, insomma, il mio buon proposito per questo duemilaundici è aggiornare tutte le mie fic con regolarità, almeno una volta al mese. E sì, okay, una volta al mese è comunque parecchio tempo, ma direi che per i miei standard attuali è già un netto miglioramento, no? XD

Ho notato il nuovo metodo per rispondere ai commenti, e con entusiasmo mi accingo ad usarlo: non so se vi arriverà una specie di notifica o_ò, per avvisarvi della mia replica, o se dovrete essere voi a controllare, ma comunque ho intenzione di rispondere a tutti voi. u____u/ E grazie, grazie di cuore.
Spero di rivedervi tutte tra i commentatori. *Smile, poi saltella via* Buon Natale, buon Natale a tuttiii! *Dispensa amore-e-gioia-in-quantità*





» Once upon a Dicember ~


















Personaggi: InuYasha, Kagome.

Avvertimenti: Fluff, credo. Post-serie. Poi, uhm... romantico. XD Insomma, è una InuxKag, gente!

Rating:
giallo. In realtà volevo spingermi sino all'arancione, ma ero troppo assonnata per abbozzare una lemon soddisfacente. XD

Parole: duemila. Parola più, parola meno.

Informazioni Random:
dunque, sì. Qui,
sperando che il collegamento funzioni, trovate un articolo che parla del Natale in Giappone.

C'è da dire che sono andata a memoria, quando ho scritto la fic, e solo quando ieri sera una mia amica - Ruccha, Ruccha! *O* - mi ha chiesto se in Giappone

il Natale fosse effettivamente la festa degli innamorati, ho pensato bene di controllare. Ed effettivamente, quell'articolo mi ha dato ragione. o_ò

In ogni caso, non ho citato né Kurisumasu Cake né altri dolci tipicamente natalizi, limitandomi ad un bell'onigiri che male non fa. u___u/

...sì, so che l'idea di passare il Natale mangiando onigiri è tristissima, però a me sembrava l'ideale. <___<" *Si nasconde*

Insomma, uffa. *Si imbroncia* Se ci sono errori, è mea culpa. XD

Il titolo globale della fic - che, se non si fosse capito, è divisa in tre diverse parti - è tratto dal film Anastasia. Mi è venuto in mente così, mentre scrivevo le note,

e l'ho trovato perfetto. u___u *Idee bakate Mode On*

Ah, cosa più importante di tutte: spero vi piaccia. Ho idea di essermi oltremodo arrugginita, a star per secoli senza pubblicare nulla, e la cosa mi deprime,

perché insomma, a me scrivere piace tantissimo, e... bah, niente di particolare. Però spero vi piaccia, lo spero tanto. <3

Grazie per il tempo che dedicherete - si spera - alla lettura di questo mio piccolo sclero: spero che vorrete perdere anche due secondi per commentare,

ma ovviamente non posso obbligarvi. Però mi piacerebbe. o___ò *Tormentata*

Su, vi lascio alla fic e mi ingegno a rispondere ai vostri commenti. XD Baci!

PS: appena possibile rileggerò per bene la fic. Se dovessero esserci refusi, state pur tranquilli ché verranno corretti. u____u/









































23 Dicembre

 

«Sai, InuYasha? Nel mio – nel mondo da cui provengo, il 25 dicembre si festeggia una… una specie di festa».

Lui annuì col capo, per farle intendere che sì, stava ascoltando, e , era vagamente interessato. «Va’ avanti», mormorò, stendendosi sul prato e cominciando a fissare le stelle.

Kagome non se lo fece ripetere due volte: «In realtà non è propriamente una festa giapponese», chiarì. Non le era mai capitato di dover spiegare cos’è il Natale, e tutt’a un tratto si sentì impacciata, quasi ridicola – sospirò. «Ehm, come dire, l’abbiamo importata da una religione europea».

«Quindi festeggiate una divinità non nostra», commentò InuYasha, improvvisamente sicuro di sé. «Bah. E perché mai lo fareste?».

«Guarda che l’abbiamo rielaborata, la festa. Da noi è, ecco, la…», abbassò lo sguardo, le gote che le si imporporavano – e che cavolo, chi gliel’aveva fatta fare di parlare di quell’argomento con InuYasha? –, «…la festa degli innamorati», concluse con un filo di voce.

Poi scosse la testa, come a voler allontanare dei brutti pensieri, e si sedette accanto a lui – il prato era umido, e le venne la pelle d’oca. Stranamente, la sensazione era tutt’altro che spiacevole.

«Ogni anno, il 25 dicembre, le ragazze trascorrono il giorno di Natale – è così che si chiama, questa festa – con il proprio fidanzato, ecco».

Si aspettava che InuYasha le desse della scema, o almeno sbottasse qualcosa di dannatamente antipatico, ma niente: lui restava immobile, fermo a fissare il manto stellato come se non avesse mai visto nulla di più bello. Gli sfuggì anche un gemito deliziato.

Dannato idiota.

«Fingi che io non abbia detto niente», lo ammonì incrociando le braccia, e fece per alzarsi, troppo ferita e irritata per restare anche solo un secondo di più accanto a quel babbeo patentato – cavolo, era proprio stupido, lui! Non poteva non aver capito dove stava andando a parare, neppure suo fratello Sota sarebbe riuscito a fraintendere!

Gli diede le spalle.

«Ehi, Kagome».

«Sì?», rispose, salvo poi mordersi la lingua – troppo impulsiva, avrebbe dovuto far finta di nulla e allontanarsi alla svelta – e sbuffare. «Cosa c’è?».

«Quando sarebbe il 25 dicembre? Di preciso, intendo».

In linea di massima, neppure lei ne era troppo sicura: «Tra due giorni», mormorò, sperando di non essersi sbagliata. «Sì, tra due giorni. Perché?».

«Hai detto che è», non poteva vederlo in volto, ma la sua voce tradiva un certo imbarazzo, «la festa degli innamorati, vero?».

«Sì», confermò, sentendosi arrossire. All’improvviso si rese conto di essere tornata sui suoi passi, e che InuYasha era tremendamente vicino, e… e… Niente, non le riusciva neppure di formulare pensieri coerenti – deglutì, sorpresa. «Perché?», chiese, e nel dirlo si sentì immensamente sciocca.

InuYasha ridacchiò: «Prova a immaginarlo, scema».

«Non sono – dai, dimmelo!».

«Guarda che puoi arrivarci anche da sola», le fece gentilmente notare lui, mettendo per un attimo da parte l’orgoglio e la maleducazione per consentire al suo lato pacato di emergere. «Non è tanto difficile».

Di tutte le cose che le vennero in mente, Kagome si disse che solo una poteva essere giusta, e che se lo fosse stata – e le possibilità che non lo fosse erano pochissime – si sarebbe dovuta seppellire per l’imbarazzo. Prese uno, due, tre respiri profondi e poi si distese accanto a lui. «Lo trascorreremo insieme il Natale, vero?», chiese.

Si rese conto di star trattenendo il fiato solo quando lui si voltò, rivelando due luminosissimi occhi dorati, e sorrise. «Visto che non era tanto difficile, scema?».

«Ehi, a chi avresti dato della scema?».

«A te», replicò, senza smettere di guardarla – era vicina, vicinissima, e profumava di qualcosa di dolciastro e delicato. Non era un odore disgustoso, però, e InuYasha si scoprì ad avvicinare sempre di più il volto a quello di lei. «Sei tu», sussurrò flebilmente, mentre le loro labbra si avvicinavano sempre di più, «l’unica che io abbia mai chiamato scema. Scema».

Kagome chiuse gli occhi – e okay, era un idiota, quello, e prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare, e sì, l’avrebbe mandato a cuccia e… e niente, ancora non le riusciva di formulare un discorso coerente. Tutta colpa di InuYasha, tutta colpa del bacio che le stava dando.

«Idiota», riuscì a stento ad articolare. Poi più nulla.

 

24 Dicembre

 

«Scema», sospirò, coprendosi il viso con un braccio – che a dicembre ci fosse così tanto sole era assurdo, dannazione! – e scuotendo lentamente Kagome, che dormiva avvinghiata a lui.

La suddetta ragazza spalancò le labbra, si rotolò e infine, mentre InuYasha cominciava già a perdere la pazienza e una sottospecie di passero svolazzava sulle loro teste, aprì gli occhi, ancora assonnata. «Ah, sei tu», bisbigliò, accoccolandosi nuovamente contro il petto del ragazzo. «Credevo fosse un sogno».

«Cosa credevi fosse un sogno?», chiese lui, anche se in quell’istante il suo unico desiderio era alzarsi e fare colazione – e no, certo, non era mica felice! La vicinanza di Kagome non l’aveva per nulla messo di buon umore, proprio no! E se aveva voglia di canticchiare, beh, era solo per colpa di quella sottospecie di passero che stava fischiettando, sì.

Non certo grazie a Kagome. Oh, no.

«Il fatto», sospirò lei, socchiudendo le palpebre, «che tu avessi accettato di trascorrere il Natale con me. Sai che oggi è la vigilia?».

InuYasha la guardò con aria confusa: «La vigilia di cosa?», chiese.

«Di Natale». Kagome gli lanciò un’occhiata condiscendente, poi scosse il capo e si mise a sedere – per quanto il pensiero lo confondesse, dové ammettere che era tremendamente carina, con quell’aria assonnata e le labbra imbronciate. «E domani sarà Natale. Semplice, no?».

«Per te che ci sei abituata», avrebbe voluto risponderle, ma preferì un neutro: «Okay», che poteva suonare come una presa in giro e una frase intelligente allo stesso tempo. «E cosa si fa, la vigilia?», chiese, afferrando tra le dita una mano di Kagome e stringendola forte.

Lei sorrise soddisfatta. «Oh», sospirò con sguardo languido, «quello che vuoi. Sino a oggi il Natale l’ho sempre festeggiato con – ricordi le mie amiche? Eri, Ayumi e Yuka? Ecco, con loro, e la vigilia la passavo a casa coi miei. Sota mi obbligava sempre a giocare con i videogame, mentre mia madre preparava un grande pranzo e il nonno tentava qualche esorcismo».

«Era divertente?».

«Sì», asserì, poggiando il capo sulla spalla di InuYasha, «molto. Però sai, sino ad oggi l’avevo sempre trovata noiosissima, questa routine».

«Rutine?», ripeté lui confuso.

Kagome ridacchiò: «Routine. Insomma, da quando sono nata ho sempre trascorso la vigilia coi miei e il Natale con le amiche, questo è il primo anno…», cercò le parole più adatte per esprimersi – però non le trovo, quelle parole, e quindi scosse il capo e disse tutto ciò che le veniva in mente –, «…che passo senza festeggiamenti. A quest’ora, probabilmente sarei in cucina a mangiare onigiri».

«Se vuoi possiamo prepararli», propose InuYasha. Magari Kagome non si sarebbe sentita un pesce fuor d’acqua, se avessero rispettato qualche punto della rutine, e lui sarebbe stato felice, se l’avesse vista allegra.

E poi gli onigiri gli piacevano, e tanto. Li avrebbe mangiati volentieri.

«Non sono brava come mia madre», gli fece notare lei, sospirando. «I miei onigiri non sono granché».

«E io li voglio».

«No. Poi mi offenderai perché non ti piacciono e io ci resterò male».

Se anche dovessero essere cattivissimi non te lo direi, commento tra sé e sé InuYasha. Quindi la sollevò di peso – era leggerissima, non doveva che utilizzare un briciolo della sua forza, per prenderla in braccio – e si avviò a passo spedito verso la capanna di Kaede, mentre lei protestava vivacemente.

Gli diede anche un pugno, che lui a stento avvertì, e minacciò di schiantarlo al suolo, se non l’avesse fatta scendere.

«Provaci. Di’ a cuccia e scoprirai cosa significa sbattere contro il terreno duro», sghignazzò. «E comunque, scema, se tu avessi voluto davvero mandarmi a cuccia l’avresti già fatto, quindi smettila di fare la mocciosa viziata e preparami questi cavolo di onigiri. Ho fame», sentenziò, e a Kagome non restò che sospirare sconsolata e lasciarsi trasportare da lui.

«Prova a criticarli e ti ammazzo», fu l’unico monito che si concesse.

InuYasha rise. «Scema».

 

25 Dicembre

 

«Natale, InuYasha, oggi è Natale!», cantilenò, scattando a sedere e cercando il suo kimono – la sera prima InuYasha l’aveva lanciato nell’angolo più lontano della stanza, e riuscì a trovarlo a stento.

«Faresti meglio a coprirti», le suggerì lui con voce secca – non che fosse arrabbiato, anzi. Dal modo in cui aveva scandito ogni singola lettera, Kagome capì che era dannatamente imbarazzato, e che se non si fosse rivestita nel giro di qualche attimo l’avrebbe buttata nuovamente nel futon e addio Natale.

Per un attimo, la prospettiva non le sembrò neppure malvagia. Poi si disse che avevano tutta la notte per – oh, Kami, che razza di discorsi! Scosse il capo, incredula. «Sto diventando una pervertita», annunciò, tentando vanamente di aggiustarsi l’obi.

«Che novità», commentò InuYasha, sospirando. «Vuoi una mano?», le chiese – e dopo un attimo, senza che lei aprisse bocca, aveva già artigliato un lembo del kimono e lo stava sistemando.

Il tutto sfiorandole col fiato la nuca. Bastardo, era davvero un emerito bastardo, e doveva goderci parecchio, a saperla in preda ad una crisi ormonale. Comunque, se credeva che l’avrebbe implorato di fare sesso si sbagliava, e parecchio.

«Oggi faremo una bella passeggiata nei boschi!», annunciò entusiasta. «Ho intenzione di invitare anche Sango e Miroku. È una bella idea, vero?».

«Sempre se ti va che io venga utilizzato come – come hai detto che si dice? – babysitter».

Uhm. In effetti, se avesse invitato Sango e Miroku loro avrebbero portato di certo i bambini. E quelle piccole, adorabili pesti si sarebbero attaccate alle gambe di InuYasha finché questi non si fosse stancato e avesse accettato di assecondarle.

E no, la cosa non la divertiva. Non il giorno di Natale.

«Forse», azzardò, attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita, «potremmo andare solo io e te. Del resto, Sango e Miroku li vediamo tutti i giorni, non c’è bisogno di portarli con noi». E asserì, come se la sua fosse un’idea geniale e incontestabile. «Dove vogliamo andare?», domandò infine.

Non credeva ci fossero posti divertenti, nell’epoca Sengoku, ma magari avrebbero trovato una bella taverna ove soggiornare, o una spiaggia assolata o qualsiasi altra cosa, perdiana! Era Natale e lei voleva stare con InuYasha, punto. Ovunque fossero andati sarebbe stato perfetto.

«Non so». Immaginò stesse inarcando un sopracciglio, e poi si sentì stringere i fianchi con forza – due secondi dopo era seduta sulle gambe di InuYasha, con la bocca di InuYasha che le mordicchiava il lobo e le mani di InuYasha intente a sfiorarle la schiena. «Per quel che mi riguarda, scema, possiamo restare anche qui».

Per l’ennesima volta l’idea di restare lì, sola con quell’idiota, le sembrò tutt’altro che deprecabile, e si voltò quel tanto che bastava per permettergli di baciarla in tutta tranquillità.

«Io volevo stare con te», mugugnò dispiaciuta.

«Beh, tecnicamente stiamo insieme», le fece notare, ridendo appena. Poi le sfiorò la fronte con le labbra, facendola arrossire: «Solo che siamo a casa, mentre tu volevi uscire. Comunque, se ti va ancora di passeggiare, siamo in tempo, lo sai».

«Però…», biascicò. «Io… Oh, Kami. InuYasha, io credo che frequentare Miroku ci stia facendo male». E nascose il capo nella spalla dell’hanyou, imbarazzata e intontita.

Quella specie di monaco deviato gliel’avrebbe pagata, comunque – perché, suvvia, lei non era mai stata sessualmente frustrata, e InuYasha neppure. D’accordo, dopo tre anni di obbligata lontananza era quasi normale che si desiderassero – e che il desiderio fosse quasi doloroso, sì –, ma che non riuscisse loro neppure di uscire di casa…! Insomma, era ridicolo.

Doveva per forza esserci lo zampino di Miroku. Magari aveva messo loro qualche pozione stravagante – chissà se nell’epoca Sengoku esisteva il viagra! – e li aveva condotti a quello stato di dipendenza vergognoso.

O forse erano gli ormoni, chissà.

In ogni caso, lasciò che InuYasha le slacciasse nuovamente il kimono – «Tanta fatica per sistemartelo, ‘sto obi!» –, e di sua spontanea volontà si distese sul futon, sorridendo deliziata.

«Buon Natale», mormorò appena, mentre lui le dava l’ennesimo bacio.

InuYasha ridacchiò, quindi le carezzò la guancia: «Buon Natale».

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il demone dell’inverno. ***


Diciamocelo chiaramente: sono una culopesa. Una di quelle che, pur avendo ottocento bozze nel pc - perché è vero, ho tipo novanta fan fiction iniziate nel pc, chiedetelo ad Emiko -, per aggiornare ci mette mesi, e vi propina pure cavolate.
Però, insomma, voi mi volete bene comunque, no? <3 *Tenta di convincersi*

In ogni caso...

Ieri sera, senza che vi fosse una ragione apparente(!), mi son messa a leggiucchiare un manga che lessi tempo fa, Kon no Ki Konoha. E niente, quando ho smesso di piangere - perché fa male, quel manga - ho aperto Word e mi son messa ad abbozzare 'sta cosa, poi terminata oggi.
Ero indecisa se proporvela o aspettare ancora un po', alla ricerca della perduta ispirazione - l'unico momento in cui ho desiderato davvero scrivere, quest'anno, è stato durante l'esame di maturità, LOL -, ma poi l'ho fatta leggere a Ruccha, e lei ha detto che non mi avrebbe coccolato per una settimana, se non l'avessi postata. Quindi eccola qui, 'sta fan fiction.

Vorrei potervi dire che finisce bene, ma non lo so: chi ha avuto la sfiga di leggere il manga originale sa che lì Konoha... ecco, evito spoiler. Nella mia mente, comunque, la storia ha lieto fine, e InuYasha e Kagome...
Okay, sì. Rimando a dopo i commenti e vi lascio alla fic. >W<














Il demone dell’inverno.

[1236 parole circa. Parola più, parola meno.
Come avvertimenti, direi che è malinconico/romantica. E, pure se giustificato, segnalo un po' di OOC. °W°
Ah, e i personaggi - ma l'ho già detto - sono InuYasha e Kagome.
La fic è AU, ambientata in un mondo che può essere il nostro come un qualsiasi altro universo.
E poi... niente, grazie per l'attenzione.
Hope you like it! <3

PS: La fic è composta da vari slice of life. >WW<]

















        «Quindi tu saresti un demone, giusto?».

«Qualcosa del genere, sì».
 
Dall’alto dei suoi sette anni, Kagome si scoprì ad asserire assorta: non aveva mai visto uno youkai, prima, e sinceramente credeva che tutte le storie raccontatele da suo nonno fossero bugie inventate di sana pianta. Insomma, tutte quelle cose non potevano esistere davvero!
E tuttavia davanti a lei c’era un – trattenne il fiato, mentre si avvicinava di un passo – demone. Uno vero, con zanne, artigli e orecchie canine. E la stava fissando.
Incrociò le braccia sul petto, un po’ piccata. «Perché mi osservi?».
«Perché non sei scappata», rispose lui, annuendo distratto. «I bambini solitamente fuggono, quando mi paleso davanti a loro».
Kagome non era sicura di aver capito l’ultima parte della frase, dato che alcuni termini le sfuggivano – non le aveva mai sentite, proprio mai! –, ma il senso le risultò sufficientemente chiaro: spaventava la gente.
«A me non fai paura», mugugnò sovrappensiero. «Mi sei simpatico».
«La cosa non è reciproca, ragazzina».
Articolò qualche lettera a vuoto, prima di riuscire a sbuffare un: «Non mi chiamo così. Il mio nome è Kagome, sai? E il tuo?» piuttosto arrabbiato.
Lo youkai si grattò il capo. «InuYasha», rispose, come se la cosa gli costasse una fatica immane. «Sono… InuYasha».
«Beh, piacere di conoscerti, InuYasha».
 
Era inverno: la neve cadeva giù con una forza impressionante, e dopo qualche attimo di totale immobilità Kagome cominciò a non aver più sensibilità nelle dita.
Forse si sarebbe dovuta decidere a rientrare – non sarebbe stata una cattiva idea, era già sera –, ma poi InuYasha sarebbe rimasto solo. Non le piaceva l’idea di abbandonarlo lì nella foresta.
«Vuoi venire a casa con me?», si scoprì a domandare, arrossendo un po’. «Fa freddo, se stai qui al gelo potrebbe venirti il raffreddore!».
«I demoni non possono ammalarsi», sbuffò lui con ovvietà. Poi spiccò un salto – e un altro, e un altro ancora –, sino ad appollaiarsi sul ramo più alto di un albero poco distante. «Dormirò qui, sta’ tranquilla, ragazzina».
«Ma ti raffredderai!».
InuYasha sospirò: «No, ti ho detto. E sbrigati, i tuoi saranno in pena».
«Però», disse, sollevandosi sulle punte dei piedi, «tornerò a trovarti, te lo giuro. Domani verrò, e anche dopodomani!».
«Non c’è bisogno».
«Invece sì», ribadì cocciuta Kagome, e gli diede le spalle. Si avvolse stretta la sciarpa intorno al collo – chissà, magari avrebbe assorbito le lacrime, dato che le stava scioccamente venendo da piangere – e borbottò qualche parole di congedo.
Poi corse via.
 
 


 
        «Un giorno dovrai spiegarmelo, perché ogni inverno sono costretto a sopportarti».
Kagome poggiò il bento accanto alle radici di una quercia, poi si sedette poco distante. «Perché il resto del tempo dormi, no? Quando riusciremo a spezzare la maledizione ti infastidirò anche d’estate. E in primavera, e in autunno! Oh, sarà divertente!».
«Non credo proprio», sbottò InuYasha.
Non era cambiato di una virgola, dal loro primo incontro: dopo dieci anni aveva ancora le stesse orecchie bianche, e i capelli della medesima lunghezza. La pelle era olivastra, gli occhi ambrati – ed era sempre bellissimo, da ogni angolazione lo si osservasse.
Ogni tanto, durante le loro chiacchierate, Kagome si scopriva a fissarlo più del necessario, e ad essere osservata nello stesso modo da InuYasha.
Però lui era maledetto.
«Un giorno dovrai spiegarmelo».
«Spiegarti cosa?».
«Qual è la ragione per cui sei stato stregato», rispose, circospetta. Non voleva farlo innervosire – e InuYasha sembrava molto sensibile all’argomento, dato che evitava spudoratamente di parlarne. «Vorrei poterti aiutare».
«Nessuno può aiutarmi, Kagome», sussurrò lui in risposta, allungando una mano verso il bento.
«Ma…».
InuYasha le sorrise. «Continua a prepararmi da mangiare e tutto andrà bene, d’accordo?».
Kagome avrebbe voluto spiegarglielo, che la vita degli umani è breve – che avrebbe dovuto separarsi da lui, che il tempo insieme sarebbe finito presto –, ma preferì voltarsi e annuire piano. Parlare era impossibile: la voce le tremava troppo, per sostenere un discorso.
 
«Devi tornare a casa?».
«Sì», scandì, troppo lentamente perché lui non inarcasse un sopracciglio.
«Ehi, c’è qualche problema?».
Ondeggiò un po’ sul posto, alla ricerca delle parole giuste, e poi scosse il capo. «Dovrebbero esserci problemi?», chiese, retorica. Lasciò che la sua voce echeggiasse nella foresta per qualche secondo, prima di continuare: «Ho voglia di passeggiare per la città tenendoti per mano, tutto qui. È solo… un desiderio egoistico. Nulla più, nulla meno».
InuYasha si grattò il capo. «Sei umana», disse, come se questo fosse sufficiente a giustificarla.
Kagome soppresse a fatica una rispostaccia, limitandosi ad indietreggiare. Avrebbe desiderato la forza necessaria per guardarlo negli occhi, ma tutto ciò che le riuscì fu di sorridere amaramente e recuperare lo scatolo del bento.
«Tornerò domani».
«Non sei obbligata, lo sai».
«Lo so. Però possiamo stare insieme per così poco tempo, InuYasha, che sprecare anche solo un secondo mi sembra blasfemo».
Lo osservò avvicinarsi – avrebbe voluto abbracciarlo –, poi avvertì il tocco delle sue dita sulla guancia. «Fa’ attenzione», le disse a mo’ di saluto.
In verità non aveva usato un tono particolarmente dolce, ma a Kagome venne ugualmente il magone. «Anche tu. Ci vediamo domani, InuYasha».
 
 


 
        La neve cadeva a palate.
«E se ti dicessi che mi hanno fatto una proposta di matrimonio?».
InuYasha alzò lentamente il capo. «Ah».
«Ah è tutto ciò che sai dire?», sussurrò Kagome, voltandosi a guardarlo. Sino a quel momento aveva tenuto ostinatamente lo sguardo puntato verso il cielo, dedicandosi alla proficua attività di contare le nuvole.
«Cosa dovrei dire?».
«Non so. “Rifiuta” andrebbe più che bene».
«Io voglio che tu sia felice».
Kagome socchiuse gli occhi, poi si avvicinò a lui – e forse non era mai stata più furiosa che in quell’istante, perché dové obbligarsi a non schiaffeggiarlo. «Io ti amo», mormorò con voce rotta. «Non voglio nessuno che non sia tu. Sono disposta ad aspettare l’eternità, per poter stare al tuo fianco. Io…».
Le labbra di InuYasha erano calde.
Forse era stupido, quel pensiero – magari avrebbe dovuto spingerlo via, o cercare di ottenere una risposta sensata –, ma Kagome si disse che sì, le labbra di InuYasha erano calde. Quindi, dato che erano calde, portò le braccia a cingergli il collo, e si accoccolò tra le sue braccia.
«Ti amo», gli ripeté, quando si allontanarono per qualche istante.
Lui non rispose – però la baciò di nuovo, e questo per Kagome era più che sufficiente.
 
«E se il tempo concessoci dovesse finire domani, tu cosa faresti?».
Kagome smise di giocherellare con le dita di InuYasha, confusa. C’era qualcosa di strano, nel suo tono di voce – e sembrava fremere, in attesa di chissà che cosa.
Avrebbe tanto voluto far qualcosa, e invece si limitò a contrarre le labbra, mormorando un timido: «Cosa intendi?».
«Se dovessimo morire domani, tu continueresti ad amarmi?».
«Te l’ho già detto», sussurrò, portandosi a sedere. «Sì, InuYasha».
Lui sospirò debolmente, poi sorrise. «A me basta questo», spiegò. «Mi basta sapere che d’inverno sei mia – e che lo sei sempre, anche quando non ci sono, ragazzina».
A Kagome sembrò che fosse in procinto di aggiungere qualcosa, ma alla fine InuYasha si limitò a ghignare e allungare una mano verso il bento. Non disse altro, né lei lo esortò – aveva la sensazione che, se lui avesse continuato, il cuore le sarebbe impazzito.
«Ma io sono umana, e per questo egoista», ridacchiò, osservandolo. «Continuerò a cercare una soluzione fino a che non sarò troppo vecchia per comprendere, InuYasha, e lo farò per me».
«Sei cocciuta, ragazzina».
«Non sai quanto», gli rispose.
 
La neve stava ancora cadendo.






















Come già detto: nella mia mente, la storia finisce bene. Kagome trova un rimedio - benché non lo si dica chiaramente, la maledizione fa sì che InuYasha riposi durante tutti i mesi dell'anno eccetto che in inverno, quando può saltellare allegramente qui e là - e restano insieme, ecco.

Riguardo i mesi in cui InuYasha dorme, non chiedetemi nulla: la storia è dal punto di vista di Kagome, che nulla sa perché nulla le è detto. Per quel che mi riguarda, InuYasha semplicemente svanisce, salvo poi riapparire con l'inizio dell'inverno. >W<

E niente, non so cosa dire.

Uhm, sì, via, mi concedo qualche noticina estemporanea, ché non lo faccio da tempo. °W°/
Allora, carrellata di fatti random: ho superato le selezioni del concorso di UR Editore, quindi una mia storia sarà pubblicata nel libro tanto pubblicizzato nei nostri account. / Ho finalmente terminato le superiori *A*, yeah! / Di recente mi sono appassionata ad Hetalia, finendo col prendermi una drammatica cotta per l'UsUk. X° / Uhm, ho sonno(?).

...okay, ho appena detto delle cavolate assurde, forse farei meglio a smetterla e lasciarvi vivere la vostra vita.

E, ah, gradirei pareri. X° Non siate timidi, anche poche parole, è okay comunque! ^W^/ Però, dato che è un po' che non scrivo, vorrei sapere se sono ancora accettabile o meno. X° LOL. *Insicura*
Specie perché ho una fic abbozzata nel pc °A° e non so se postarla o meno. *Rotola via*

Grazie per la cortese attenzione, alla prossima!




PS: Questa è una richiesta un po' stupida, ma è il mio animo di lettrice ad obbligarmi a farlo. XD Per caso, uhm, avete letto qualche bella fic, di recente? Perché sono alla ricerca di roba da leggere - non mi riesce di trovare più nulla di esaltante, e comincio ad essere un po' demotivata. X°
Okay, pausa pubblicitaria finita, andate in pace!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=379734