Fairytale di roro (/viewuser.php?uid=39891)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fairytale. ♫ ***
Capitolo 2: *** Just a Kiss § ***
Capitolo 3: *** Lake ***
Capitolo 4: *** di sonno di bellezza, hanyou e figli in arrivo; ***
Capitolo 5: *** Musuko. ***
Capitolo 6: *** » Once upon a Dicember ~ ***
Capitolo 7: *** Il demone dell’inverno. ***
Capitolo 1 *** Fairytale. ♫ ***
*\* Allora. Salve.
Alcuni di voi probabilmente mi conoscono - lo spero,
almeno ò.ò -, altri
aprono una mia storia per la prima volta in vita loro, e si domandano
perché
mai una pazza come me abbia deciso di postare un qualcosa.
._.”
*La pazza - che è anche una ritardataria
cronica, da un po’ - chiede
scusa, in primis. Ci teneva a dirlo*
Dunque.
Questa raccolta, perché di una raccolta si
tratta, è nata senza una vera
ragione: pensare fa male, e pensare all'ultimo capitolo di InuYasha,
per chi è
come me, può risultare dolorosissimo. Indi, ho deciso di
aprire una nuova
raccolta in questa sezione, sperando sia cosa gradita - non uccidetemi
ò.ò, per
favore. çoç
Quindi... Non ci saranno molti nessi tra le varie Shot:
potranno essere
delle InuYashaXKagome - e molte lo saranno -, ma potrei anche
concentrarmi su
di un unico personaggio, o su di una diversa coppia. Probabilmente mi
lascerò
consigliare, e do la possibilità anche a voi lettori di
contattarmi e chiedere.
L'elaborato che ne scaturirà sarà alla persona
che chiederà dedicato <3,
anche se non credo ci sia qualcuno così autolesionista da
volere un mio
regalino XD.
Questa prima Shot è nata senza premeditazione.
Ho immaginato la scena e
l'ho buttata giù.
Va detto che è un missing moment ambientato
dopo il finale: quello che i
fan hanno sempre sognato ma mai visto, insomma <3.
Ringrazio chi leggerà e, in special modo, chi
commenterà, perché la mia
carentissima autostima necessita di pareri XD.
Ringraziando, mi congedo U.U */*
{PS del 12/08/2011: uh.
Sono… due anni e un mese, che
questa raccolta esiste.
Non ho alcuna intenzione di
revisionare i primi
capitoli: ho storie in condizioni ben più disperate, e
dedicarmi a sistemare
questa raccolta, che tutto sommato è quasi decente, mi
sembra stupido. X° Lo farò,
ma non ora.
I capitoli, come avevo
già premesso qui *indica l’introduzione*,
sono parecchio slegati tra loro, e la gravidanza di Kagome è
affrontata a più
riprese in vari modi: questo perché ce li vedo a litigare
per il sesso del
nascituro, ma so anche che poi Kagome sclererebbe per scegliere un nome
ad
InuYasha gradito. u___u”
“Fairytale”
è… Fairytale, punto. Il nome del mio portfolio,
dei vari blog
che ho aperto negli anni. Fairytale mi ha fatto ridere e piangere, e
fluffeggiare come poche cose al mondo. X°
Quindi… niente. Volevo
solo salutarvi.
Ho sistemato l’HTML dei
primi due capitoli – oddio, mi
domando che problemi avessi con NVU, dato che il font è
grande quasi come una
casa(!) – e nient’altro. Così, per hobby.
Spero che la fan fiction sia
di vostro gusto, un
abbraccio. <3
fairytale;
Personaggi:
InuYasha, Kagome, InuYashaKagome.
Avvertimenti/Note: What if?, Romantico, Introspettivo, Generale. Fluff.
[905 parole circa]
A
Emiko.
Lei sa perché <3.
«Un
maschio».
«Una
femmina!».
«Ho
detto», ricominciò all’improvviso
InuYasha, guardandola con espressione irata. «Ho detto che
sarà un maschio. E
lo sarà, certo che lo sarà».
Se
la cosa la indispettiva, di certo
Kagome non lo diede a vedere, perché si voltò,
ricominciando a dividere le erbe
mediche da quelle velenose, così come le aveva insegnato la
vecchia Kaede. Un
po’ di qua, un po’ di là.
Lentamente. «Sarà una femmina»,
ribatté all’improvviso,
senza tuttavia osservarlo. «Dopotutto». Si
sfiorò eloquentemente il ventre, poi
sorrise. «Dopotutto, è qui. Dentro di me. Credo
che il mio legame sia più
intenso del tuo, o sbaglio?».
InuYasha
ringhiò, indispettito,
accucciandosi all’improvviso per terra – lei
ridacchiò. Le ricordava il vecchio
Hachi, il cagnolino che abitava nella casa accanto alla sua scuola
media, e che
era solito guardare incuriosito le donne incinte, avvicinando il
piccolo nasino
alle loro enormi pance. Era un bel cucciolone –
sospirò, malinconica –, chissà
che fine aveva fatto.
«Sarà
maschio», continuò InuYasha con
aria saccente, sedendosi nuovamente sui talloni per guardarla negli
occhi. «Non
può essere altrimenti».
Kagome
inarcò un sopracciglio,
scostandosi una ciocca di capelli corvini dal volto accaldato.
L’estate era una
brutta stagione, per essere quasi pronte al parto. Pregò con
tutta se stessa di
non dover dare alla luce il bambino – la
bambina,
si corresse d’impulso – proprio in
quell’irritante periodo. Sentendo un
rantolio irritato, sollevò gli occhi verso
l’hanyou. «Sei un sessista»,
borbottò infine.
«Un
sessista?». InuYasha
sbatté più volte le palpebre, nel tentativo di
riordinare le idee. «Cosa significa?»,
rantolò, sconfitto, quando si rese conto
di non aver mai avuto a che fare con quel termine.
Lei
rise, inclinando il capo di lato
e portandosi le mani sul ventre, quasi a volerlo difendere.
«Significa che
discrimini un sesso in favore di un altro»,
biascicò, sperando di aver dato la
risposta giusta. In ogni caso –
nell’eventualità che quanto appena detto fosse
solo un’enorme stupidaggine – lui non
l’avrebbe mai saputo. «Tu preferisci un
maschio ad una femmina, quindi sei sessista».
La
guardò con aria irritata, mentre
le orecchiette si muovevano. Poi sbuffò, sollevando gli
occhi verso il cielo
nel disperato tentativo di riprendere il controllo. «Non
preferisco un maschio
ad una femmina».
Kagome
si lasciò sfuggire una
risatina nervosa. «Hai appena detto che vuoi un maschio: non
significa che preferisci
un bimbo ad una bimba?». Lasciò andare
l’erba medica per lanciargli un’occhiata
più penetrante. «Allora? Non ti sembra un
atteggiamento sessista, il tuo?».
«No».
Sbuffò.
«InuYasha, non fare
l’infantile e ammetti di preferire un maschio».
«Voglio
un maschio», concesse lui,
posando una mano sul ventre di Kagome – tremò
appena, scoprendo che il tessuto
del kimono era molto sottile e che riusciva quasi a sentire il calore
della sua
pelle – e carezzandolo distrattamente. «Voglio un
maschio, sì, ma un motivo
c’è».
«E
sarebbe?».
Lui
arrossì, Kagome lo guardò
perplessa.
«Nulla.
Fingi di non aver sentito».
«Oh,
no. No, no e poi no». Incrociò
le braccia sul petto, alzandosi quel tanto che bastava per riuscire a
guardarlo
negli occhi. Poi ridacchiò, palesemente divertita.
«Hai parlato, mi hai incuriosita,
ora finisci».
«Ma-».
Aggrottò
le sopracciglia, puntandogli
un dito contro. «Niente ma. Non osare dire ma, o
sta’ certo che non avrai vita
facile». Un minimo dolore al ventre la colse impreparata
– si morse il labbro
inferiore, costringendosi a continuare a guardarlo. «Ti
decidi a parlare?».
InuYasha
abbassò gli occhi e mugugnò
qualcosa, torturandosi le mani.
«Non
ho capito nulla», lo interruppe
Kagome. «Ripeti».
«Perché
se nasce un maschio poi avrà
modo di difendere sua sorella, in futuro», urlò
lui tutto d’un fiato. E si alzò
in piedi. E si alzò in piedi perché era
imbarazzato, e non voleva farle vedere
le sue gote arrossite. Ed era imbarazzato – e non voleva
farle vedere le sue
gote arrossite – perché si vergognava assurdamente
di quel pensiero così poco da
lui.
Se l’avesse saputo Miroku, gli avrebbe di certo riso
in faccia.
E
avrebbe fatto bene: del resto, se
fosse stato il monaco a rivelare un pensiero così umiliante,
l’avrebbe preso in
giro a vita. Era logico.
«Carino».
Si
voltò di scatto verso Kagome,
dimentico delle guance rosse e del senso del pudore che gli urlava di
scappare
via. Lei sorrideva, contenta.
«È
un pensiero davvero carino»,
dichiarò, guardandolo. «Davvero»,
ripeté, per sottolineare il concetto.
Poi si inclinò leggermente in avanti – le loro
bocche si incrociarono per un
lasso di tempo forse troppo bene, e InuYasha la guardò,
arrabbiato. Lei rise,
in attesa di essere baciata di nuovo. «Sei tenero».
«Non
dirlo più, non sono
tenero».
«Certo”,
ribatté ironica. «Non sei un
amore. E non hai appena fatto il pensiero più dolce del
secolo».
«No»,
confermò lui. Poi si lasciò
ricadere a terra, guardando il cielo. «Non sei pentita,
vero?».
Kagome
lo guardò perplessa. Gli si
avvicinò di nuovo, decisa a scostargli una ciocca di capelli
dal volto. «Non
sarò mai pentita», sussurrò,
carezzandogli la guancia con dolcezza. «Mai. Non
mi pentirò mai né di essere tornata in
quest’epoca», prese fiato, poggiando il
capo sul suo petto e stringendo tra le dita il suo abito,
«né di questo». E si
toccò il ventre, allegra. «Quindi non pormi
domande stupide e abbracciami».
«Oggi
fa caldo, Kagome. Abbracciandoti
potrei – non so, tsk. Magari potresti cominciare a sudare e
dimenarti! Potresti
chiedermi di lasciarti andare”.
Sorrise,
poi gli afferrò il polso
affinché le circondasse la vita. «Mai».
E sorrise, lasciando
che l’opprimente
arsura di quella giornata s’intensificasse ancora un
po’.
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Capitolo 2 *** Just a Kiss § ***
*\* Oddio. Ho aggiornato.
°O° Non ci
speravo!
Insomma,
con l'ispirazione che fugge qua e là, credevo che ci avrei
messo più tempo, come con BL. ._. Ma lì ho
scritto il capitolo già tre volte,
non è colpa mia se si cancella di continuo.
çoç
Allur,
sì. Cosa dire, di questa Shot? Che è folle? Che
non so se
piacerà?
Insomma,
non è colpa mia. A me sembra una cavolata - e non lo dico
per
accattivare i lettori, davvero mi convince poco! -, tranne in qualche
piccolo
punto. Un po' mi convince. Ma giusto un po'.
Poi. Poi,
poi, poi... Giusto, la dedica! Questa è la Shot richiesta
da ryanforever,
quella sul primo bacio di InuYasha e Kagome.
>ò> Ovviamente, post-finale.
E, ovviamente, non prende in considerazione gli avvenimenti del secondo
film,
anche perché, nel manga, non c'è stato
neppure quel bacio.
*Voce
interiore: La shot è troppo smielata, argh!
>.<*
Spero vi
piaccia. <3 A dopo per i ringraziamenti! */*
Just
a Kiss §
Titolo:
Just a Kiss §
Avvertimenti e Note:
Romantico, What if?, OOC. Fluff!
1223 parole, One Shot
A Ryanforever,
perché l'ha richiesta.
A Prì aka
princess21ssj, perché se lo merita.
E perché, la prossima volta che la plageranno e le
sue fan commenteranno
entusiasticamente la storia della tipa che ha plagiato,
prometto solennemente di fare una strage.
Donna avvisata... XD
Le
labbra di InuYasha erano sempre state il suo sogno
proibito, sin da quando aveva capito di essere innamorata di lui.
Delle
notti – quando
dormire accanto al falò le era parso troppo difficile,
quando smettere di
guardarlo era diventato impossibile – si era scoperta ad
immaginare come doveva
essere assaporarle, e s’era data dalla sciocca,
perché quel genere di pensieri
era troppo,
per lei.
Aveva
continuato a
desiderarle anche quando l’amore che InuYasha nutriva per
Kikyo era divenuto
palese e, pur essendo ben conscia della componente autolesionista del
suo
desiderio, non aveva smesso di sognare di essere sfiorata con quelle
labbra
neppure quando aveva visto quella stessa bocca – la
bocca che agognava –
baciare
proprio la defunta sacerdotessa, tempo prima.
Era
quindi un disagio
crescente rendersi conto di non aver ancora ottenuto – oh,
che brutto verbo, ottenere!
– nulla benché nel Sengoku ci
fosse tornata da almeno una settimana, e solo per rivedere lui.
Neppure
ci aveva provato,
diamine! E d’accordo, non si era dichiarato, ma le aveva
comunque dato
l’impressione di desiderarla accanto a sé, e
l’aveva abbracciata – con forza,
quasi desiderio – più e più volte, in
quei giorni. Le aveva anche sussurrato di
non sparire più così a lungo, salvo poi arrossire
e scappare via.
Era
stato tenero, e
dolce, e gentile, e premuroso, oltre che spaccone, insensibile ed
irritante.
Ma
non l’aveva baciata.
Non
che ne avesse avuto
occasione, sia chiaro. Sango l’aveva relegata a fare la balia
ai gemelli mentre
allattava il terzogenito, Miroku si era fatto aiutare a compiere un
esorcismo
piuttosto complicato.
Così,
quando quella sera
si trovarono da soli accanto al lago, Kagome gemette, chiaramente
stupita. «Non
mi aspettavo di trovarti qui».
Confuso,
InuYasha rizzò
il capo, guardandola mentre usciva dal bosco: indossava un kimono rosa,
regalatole dalla vecchia Kaede, e i capelli le ricadevano sulle spalle,
più
lunghi di quanto li ricordasse. Continuò a fissarla mentre
si avvicinava, e non
smise neppure quando lei prese posto accanto a lui, tirando su
l’abito per
mettere le gambe a mollo nell’acqua fresca. Poi si
schiarì la voce. «Neppure
io».
«Sango»,
esordì Kagome,
sorridendogli, «ha detto che saresti andato con Miroku. Di
preciso non so a far
cosa, ma… Ma credevo fosse importante, così ho
deciso di venire qui. A
riposarmi», aggiunse, mordendosi il labbro inferiore.
«Se ti disturbo dillo
pure».
Aggrottando
un sopracciglio,
l’hanyou le scoccò un’altra occhiata,
stavolta perplessa. «Perché dovresti
disturbarmi?», domandò.
«Beh».
Arrossì, perché
ammettere di temere quei tre anni di distanza la spaventava.
Perché anche solo
pensare che lui fosse cambiato, in quei tre maledettissimi anni, le
faceva
venire le lacrime agli occhi.
Perché
immaginare che lui
l’avesse sostituita la
uccideva
lentamente.
«Nulla»,
si costrinse a
dire, puntando gli occhi sulla superficie trasparente
dell’acqua per osservare
il movimento ipnotico dei suoi piedi immersi. «Nulla.
Non… Non so perché l’ho
detto. Ma fa’ finta di nulla, davvero».
InuYasha
si lasciò
ricadere all’indietro, nascondendo il volto tra i ciuffi
d’erba, per poi
giungere le mani a mo’ di cuscino al di sotto del capo.
Infine sospirò. «Tu non
disturbi», disse, deluso. «Ho provato a trovare
qualcosa di negativo nel tuo ritorno
– lo giuro –, ma non ci sono riuscito».
«Questo
ti dà fastidio?».
«Sì»,
rispose d’impulso,
osservandola. «Ma è un fastidio strano».
Si
obbligò a non chiedere
spiegazioni, e ricominciò a scalciare, sollevando
l’acqua del laghetto – e poi
lasciandola ricadere, e poi alzandola nuovamente.
Giocherellò col liquido
fresco a lungo, tranquilla, mentre InuYasha, al suo fianco, osservava
le
nuvole.
Infine
esplose. «Cosa
significa?».
«Che…?».
«Perché…».
Si schiarì la
voce, voltandosi bruscamente nella sua direzione. Lui la guardava a sua
volta.
«Perché dici che è un fastidio strano?
Cosa intendi? Che ti irrito in un modo
particolare?». Prese fiato. «Perché non
riesci a trovare nulla di negativo nel
mio ritorno? Forse non provi nulla, nel sapere che sono di nuovo
qui?». Gli
occhi le si erano inevitabilmente riempiti di lacrime, e
tirò su col naso, nascondendo
il volto tra le mani. «Mi odi, InuYasha?».
Lo
sentì avvicinarsi. Lo
sentì sollevarle il volto con delicatezza, e
sentì il suo alito caldo sul
volto. Socchiuse gli occhi, attendendo una risposta quantomeno
convincente.
Kami,
come desiderava
quelle labbra!
«Uhm.
Odio, sì. C’è
qualcosa che odio», concesse, sfiorandole la guancia con la
mano libera. «Odio
il non averti avuta accanto a me per tre anni. E odio il fatto di non
riuscire
più ad essere costantemente irritato con te. Odio quello che
sono diventato,
odio le premure che, seppur involontariamente, ti
faccio…».
Lasciò
scivolare le dita
– tremanti, incerte – lungo la sua schiena,
spingendola contro di sé.
«InuYasha?», gemé lei, in attesa.
«Odio»,
riprese lui, stavolta
arrossendo vistosamente, «il non riuscire ad odiare veramente
queste cose».
Scosse il capo, frustrato. «Non riesco a detestare il modo in
cui ti guardo, né
quello in cui ti penso. Mi irrita, sai?».
«Cosa?».
«Mi
irrita l’immaginarti
in un certo modo, quando so che non è corretto.
Quindi…». Si sporse verso di
lei – visi,
labbra, sorrisi, carezze. Kagome
lo osservava, fremendo. Le scostò una ciocca di
capelli dal volto, stringendola tra le dita per qualche attimo di
troppo. Poi
sospirò. «Mi sto comportando in modo assurdo. Tsk.
Sono decisamente ridicolo»,
fu il suo seccato commento.
Lei
ridacchiò appena.
«Non è vero».
«Sì,
invece», rantolò. La
lasciò quindi andare, gettandosi nuovamente sul prato
– e coprendosi gli occhi
con una mano, nel disperato tentativo di non vederla. «Sono
ridicolo, Kagome.
Un tempo», sbuffò, «non avrei mai detto
qualcosa di simile”.
«Un
tempo eri più freddo»,
sussurrò Kagome di rimando, ridendo. «Ora sei
dolce».
«Faccio
schifo».
«No».
«Sì»,
concluse lui,
severo. Si voltò impercettibilmente verso di lei, salvo poi
allungare una mano
nella sua direzione – e Kagome lasciò che le
carezzasse il volto, sfiorandole
delicatamente le labbra. InuYasha si sentì decisamente
sciocco, e frivolo, e
stupido,
e
pregò che Sango e Miroku non fossero nei paraggi.
Arrossì al solo pensiero, poi
sollevò ancora gli occhi verso il cielo.
«Kagome?».
«Cosa?».
Rise.
«Niente. Volevo
solo chiamarti». Le strattonò piano una ciocca di
capelli, scoprendo che era
della stessa tonalità della notte più nera. Poi
si soffermò sulla sua pelle,
pallida, e ringhiò, rendendosi conto che mai, in passato,
aveva fatto dei
pensieri così scioccamente sentimentali. Fu solo un attimo
– lucidità
che svanisce, mani che sfiorano, volti che si
avvicinano.
Kagome si chinò verso di
lui, socchiudendo appena gli occhi, e lui lasciò che la sua
mano cadesse
mollemente lungo il fianco, mentre attendeva di sentirla avvicinarsi.
«Posso
chiederti un
favore?», biascicò lei all’improvviso.
InuYasha
annuì.
Qualunque
cosa,
avrebbe volentieri aggiunto, ma sapeva che lei l’avrebbe
intuito – era quella
la peculiarità più strana di Kagome, quello il
suo dono più grande. Le bastava
guardarlo, per capire cos’era necessario e cosa no.
Le
bastava sfiorarlo, per
capire se stava bene.
Sentì
le braccia della
ragazza – donna,
aggiunse con sgomento, era una donna – stringersi
al suo collo, e le labbra di lei che gli
sfioravano la guancia. Soprappensiero si scoprì a ricambiare
la stretta,
sfiorandole i fianchi – e
le
gambe ancora umide, e il seno, e il collo.
Si rese conto forse troppo tardi che i loro volti quasi si sfioravano,
ma neppure gli importava.
Attese
la sua richiesta,
fremendo.
Perché
ora lo sapeva,
quel che voleva chiedergli.
L’aveva
intuito dal
battito accelerato del suo cuore, e dalle sue mani sudate.
L’aveva capito dalla
sua espressione schiva.
Sorrise,
divertito.
«Allora, Kagome?».
Lei
ricambiò il sorriso,
poi abbassò gli occhi, fissando un fiore nei paraggi. Rise
sommessamente,
schernendosi. «Baciami, InuYasha».
*\* Chiedo venia per
i ringraziamenti troppo rapidi,
ma non ho granché tempo. Indi, RINGRAZIO:
Hime (XD Sasucucciolo è
felicissimo di parlare con te, tesoro);
Lis94 (^*^ Mi fa piacere
sapere che hai gradito la prima
shot, spero che anche la seconda sia decente);
Susisù (çOç
Non lo faccio per accattivarmi i lettori! çOç In
ogni caso: sono un piccolo arancino? *O* Sul serio? AW! *Spupazza*);
Bellatrix_Indomita (XD Quella su Kikyo
la avrai, quella su
Kikyo la avraaaai. <3);
Indelible (^*^ Grazie mille!);
Stefy (>*< 'Attie!);
Nio (SUCCHI DI PEEEEEEEERA! *O* Ti
adoro!);
mikamey (>.>" Spero che
il seguito sia all'altezza
della prima Shot!);
ryanforever (XD Questa era la tua,
com'è?);
Vale728 (^*^ Scriverò una
MiroXSango, promesso. Grazie per i
complimenti. <3);
Dance of Death (°O°
Grazie mille!);
vale_cullen1992 (>.> Ho
fatto il prima possibile, lo
giuro!);
callistas (Sei, come sempre,
gentilissima. ^*^ Le tue
recensioni le adoro, lo sai? XD Mi fanno quasi sentire importante!
Ah... Per seconda
coppia per eccellenza intendi il SesshoXRin o il
MiroXSango? ò.ò Io le
adoro entrambe, ecco. XD);
LilyProngs (^*^ Grazie mille! Sei anche
troppo buona.
>//> E aggiornerò al più presto
anche le altre, promesso. U.U);
Emi (Ti adoro.
ù.ù Ma lo sapevi già. *O*).
Grazie anche a coloro che hanno già inserito la
raccolta tra le
preferite - wow, siete adorabili *O*! - e a
coloro che l'hanno
inserita tra le seguite - anche voi siete adorabili, ovviamente u.u.
Grazie ancora, spero che la
Shot sia stata di vostro
gradimento.
E,
noticina di fondo: STOP AL PLAGIO. è.é
Il prossimo che plagia una
storia di Prì, seppur inconsapevolmente, verrà da
me picchiato e riempito di calci. è.é In special
modo quando le commentatrici
di Prì poi commentano i plagi
ispirati con
entusiasmo. è.é
*Se ne va urlando ancora STOP
AL
PLAGIO e i bug sono degli
emeriti idioti*
Alla prossima! */*
|
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Capitolo 3 *** Lake ***
Lake
*\* Massalve! *O*
Allora, dunque, sì. Ho aggiornato la raccolta. Con un giorno
di ritardo, perché questa Shot andava postata ieri, ma l'ho
aggiornata.
Scusate se non mi dilungo, ma devo uscire. >.> Solo
che... Ci tenevo a postare. Perché ieri era il compleanno di
Kade, e io - un po' perché stavo attendendo Emiko, un po'
perché effettivamente 'sta Shot mi fa schifus - non ho
postato.
Ma poi Emiko ha postato XD, e mi sono sentita in dovere di ricambiare,
anche se quest'elaborato è penoso. Dovevo postare,
perché il compleanno della nostra regina del regno
dell'Anaconda va osannato. U_U"
E dunque, eccomi qui, a presentarvi il mio ennesimo sclero: perdono per
i non-presenti
ringraziamenti, ma devo uscire.
Baci, spero vi piaccia. >.>" */*
Inutile
fingere sofferenza, quando il proprio cuore non è capace di
provarla.
Personaggi: Kagura, Rin,
Sesshomaru
Avvertimenti e
Note: AU, What if?, Romantico (?), Triste, Malinconico (!)
In pratica: Angst
[Almeno spero. U_U"]
Note dell'autore: NON
MORITE!
Perché hai scritto in Comic Sans MS? Perché mi
è uscito questo cavolo di stile XD.
Kagura
fremeva, osservando la figura del marito distanziarla.
“Dove state
andando?”, domandò,
perplessa – involontario quesito,
interrogativo inutile.
Lui si limitò a voltarsi
e – non –
guardarla con i suoi occhi
d’ambra. Non una parola fuoriuscì dalle sue labbra
scarlatte, non una mutazione
nel suo sguardo. Sesshomaru si limitò ad osservarla come se
lei non fosse lì, a
volgere le sue iridi su quella figura ma non realmente osservarla.
Kagura incassò il colpo,
un sorriso
sghembo che le piegava le labbra. Era sempre così, sempre.
In fin dei conti,
quel gran demone non le rivolgeva mai molta attenzione.
La
loro era solo una finzione.
“Dove state
andando?”, chiese di nuovo:
tremava di rabbia, di risentimento, di paura. Sentiva
l’indifferenza del suo
signore, il suo disinteresse. Sapeva di non essere che una moglie
formale, e ciò le faceva male.
Ma era assurdo
star male, no?
Lui non le aveva mai giurato amore,
mai realmente.
Condividevano il giaciglio, le
notti, il
castello. Condividevano una mera illusione e nulla più.
Sesshomaru non la amava, non
l’aveva mai
amata e mai l’avrebbe amata: eppure, il suo – come
dire? – orgoglio le impediva
di lasciarlo andare.
La
sua follia non le consentiva di lasciarsi abbandonare.
“Dove state
andando?”, ripeté.
La voce era forse più
dura, forse più
indisposta.
Sesshomaru inarcò un
sopracciglio, come
sorpreso da quell’impercettibile astio. “Sul
lago”, proferì infine.
“…
Perché?”.
Era una domanda. Solo una domanda.
Poteva risponderle.
Kagura continuò ad
osservarlo,
speranzosa, le iridi scarlatte che risplendevano fiocamente alla luce
di una
candela. Era notte fonda, avrebbero dovuto dormire, il giorno dopo il
fratello
di Sesshomaru sarebbe venuto a trovarli, non potevano sfigurare, era
assurdo,
Sesshomaru non poteva essere serio, non poteva voler partire, non doveva voler partire.
Era
assurdo.
“Perché?”.
Lui non le diede risposta,
voltandosi –
il kimono bianco che aveva indosso frusciò appena, le sue
labbra formarono
nuovamente una linea sottile.
“Perché?”,
sussurrò nuovamente Kagura,
portandosi le mani sul grembo. “Perché?”.
Ma
Sesshomaru era troppo distante.
Gemendo di rabbia, si
lasciò cadere al
suolo.
Lui
era sempre troppo distante, dopotutto.
*
“Vi
ho portato il vostro pranzo, nobile Sesshomaru”.
I ningen non gli interessavano.
Affatto.
Odiava i suoi schiavi umani, odiava
catturarli e renderli servi: il loro odore – puzza sgradevole
che gli riempiva
la narici – lo disgustava, costringendolo a storcere il naso
innanzi ai loro
volti abbronzati, color dell’ambra.
Quindi non ringraziò la
ragazzina che
gli porgeva il pranzo, né le sorrise. Si limitò
ad attendere che lei sparisse.
Cosa
che, peraltro, non avvenne.
“Signor
Sesshomaru?”, sussurrò lei,
inclinando il capo di lato. “Posso porle una
domanda?”.
Non attese risposta, ricominciando
a
parlare con tranquillità.
“Beh, so di non essere
nella posizione
di domandare, ma… Ecco. Volevo chiederle se gradisce il
pranzo”. Arrossì. “Il
punto è che ogni giorno, quando vengo a riprendere le vostre
ciotole, le
ritrovo perfettamente piene, e ciò mi sconcerta: se quanto
prepariamo non è di
vostro gradimento, ci sforzeremo di trovare qualcosa di più
succulento”.
Abbassò gli occhi, osservandosi i piedi.
E Sesshomaru – non era
curiosità, si
disse, la stava guardando perché non aveva niente di meglio
da fare – prese a
fissarla: era bella. Per gli standard umani, almeno.
Non poteva essere paragonata
all’eterea
bellezza di Kagura, ma non era neppure brutta: bella. Con capelli
lunghi e
neri, e due iridi color della terra bagnata dalle piogge
d’autunno. La pelle
era come quella degli altri abitanti, abbronzata per il troppo lavoro
nei
campi, eppure riluceva in modo particolare, e i lineamenti erano fini,
perfetti
– per gli uomini.
Un ghigno sfiorò le
labbra di
Sesshomaru, ma non si permise di risponderle.
“Scusi la sfacciataggine,
davvero”,
riprese a parlare lei. Aveva alzato appena gli occhi, arrossendo
nuovamente. “Solo
che… Che… Insomma! Signor Sesshomaru, non
può digiunare in eterno, fa male alla
salute!”.
Il demone si sentì
bruscamente afferrare
la mano, e una debole pressione cercò di trascinarlo:
inarcò un sopracciglio,
ma non le concesse di smuoverlo. La mano della ragazzina gli aveva
arpionato il
polso, i suoi occhi scuri lo guardavano spauriti. “Come ti
chiami?”, si
sorprese a domandare.
Le suo gote presero una colorazione
ancor più rosata, ma le labbra le si piegarono in un sorriso
– divertita,
compiaciuta. Quella piccola creatura continuava a fremere,
trattenendosi dal
saltellare.
Se
non fosse stato il nobile Sesshomaru, signore di più terre
di quante si possa
immaginare, l’avrebbe trovata tenera.
Ma lui non era un umano, e quella
ragazzina gongolante non gli dava che noia.
“Mi chiamo
Rin”, sussurrò infine,
guardandolo. Indossava un kimono grigio, scolorito, di sicuro vecchio,
quasi
maleodorante. Pian piano, Sesshomaru sentì le dita della
ragazza allentare la
presa, sino a lasciarlo andare del tutto. Lei però
continuava a ridere, felice.
“Davvero, signore. Se il nostro cibo la disgusta, cacceremo
quanto la soddisfa
e cucineremo come la aggrada. Ma me lo dica”.
Inclinò il capo di lato.
“Non mangio cibo
umano”.
“Come?”.
Sesshomaru inarcò un
sopracciglio,
infastidito, e si voltò, trascinandosi lentamente verso il
centro della stanza:
era fuggito per rilassarsi. Aveva abbandonato Kagura per rilassarsi,
recuperare
le energie perse nell’ultimo scontro contro Naraku
– Naraku, quel dannato hanyou che
continuava ad attaccare il suo regno!
– e, magari, incrementare il proprio potere.
Aveva lasciato una moglie e
castello per
mero desiderio di pace.
Quella
ragazzina era solo un disturbo.
“Non mangio cibo
umano”, sussurrò,
guardandola appena. “La vostra cucina non mi aggrada in
quanto non necessito
del vostro stesso nutrimento”.
Le spalancò appena gli
occhi, aprendo la
bocca come per parlare. Poi parve ripensarci, perché sorrise
e mosse un passo
indietro, inchinandosi. “Prima o poi”,
esordì, sollevando appena gli occhi.
“Prima o poi riuscirò a trovare del cibo adatto a
voi, nobile Sesshomaru”.
*
Si
era innamorata di lui.
Gliel’aveva detto Jaken,
un vecchio
demone dall’aspetto malnutrito che viveva in quel luogo da
tanti – troppi
– anni, e che aveva cresciuto
quella ragazzina.
Gli aveva detto che lei lo aveva
rivelato ad un’altra cameriera, e che lui l’aveva
ascoltata, e che lei era una
sciocca mocciosa che credeva di avere qualche possibilità
– in realtà non lo
credeva, ma Jaken questo non glielo disse – con un demone, e
che avrebbe dovuto
scacciarla, perché era una sciocca.
Sesshomaru non concordava.
“Conducila
qui”, sussurrò
all’improvviso, durante una notte troppo buia.
“Conducila qui”, ripeté.
Il demone sbarrò gli
occhi, mentre la
lucida pelle verde risplendeva, illuminata da una luna troppo piena.
“State
scherzando, non è vero, mio signore?”,
domandò Jaken, perplesso.
Sesshomaru aggrottò un
sopracciglio,
osservandolo. “Ho l’aria di uno che scherza,
Jaken?”.
“No, non
l’avete”.
“Allora conducila
qui”.
*
E la
condusse
ancora, e ancora.
Sesshomaru imparò che
quella donna amava
essere baciata, e lei imparò che lui non era capace di
provare affetto – si
sentì abbracciare mille e più volte da quelle
braccia muscolose, mille e più
volte sfiorò quel petto pallido e perfetto. Strinse spesso i
suoi capelli
d’argento tra le dita, carezzò le orecchie
appuntite, le gote, le labbra.
Troppe volte desiderò
arrischiarsi ad
entrare nella sua camera anche di giorno, innamorata di quel corpo
perfetto e
di quell’uomo severo e schivo. Troppe volte si
trovò costretta a nascondersi
dalla vista delle altre serve, troppe volte si scoprì a
osservare il suo
signore da lontano e agognare quanto non poteva ottenere.
Se
Kagura era la moglie formale, lei era solo una serva.
I loro dialoghi si ridussero a
deboli
monosillabi, a gemiti – di Rin,
solo
a lei era concesso lanciare quei suoni così umilianti
– soffocati. A occhiate
che sembravano attraversare l’una il corpo
dell’altro, ad azioni vergognose, a
turni rubati alle altre cameriere, a carezze che non venivano mai
ricambiate.
Lui
non poteva amarla.
Lo sapeva, eppure continuava a
piangere
– e lui conosceva quelle lacrime, perché
l’odore salato che emanavano lo
costringeva a storcere il naso e a scacciarla.
Eppure,
lei si lasciò condurre ancora.
*
“Partire?”.
No. Doveva essere
una menzogna, il nobile Sesshomaru doveva essere impazzito,
perché no, non poteva
essere possibile, per
nulla, non poteva essere possibile.
Continuò a scuotere il
capo,
guardandolo, le mani premute contro le orecchie – rinnegava
la verità,
preferiva una menzogna.
“Perché devi
partire?”, urlò, ricadendo
al suolo. Aveva gli occhi umidi, e lo guardava, supplichevole:
quantomeno,
l’aveva portata nel bosco. Nessuno avrebbe sentito le sue
sciocche urla.
“Kagura è
incinta”.
Sentì lo sguardo di Rin
divenire
progressivamente più spento. “Aspetti un
figlio”, mormorò – e non era una
domanda, affatto. “Un figlio”, ripeté,
come per imprimersi bene in mente quella
parola. “Tua moglie aspetta un figlio e tu devi tornare da
lei. Beh, sì”.
Sorrise – non era felice
– e si alzò.
“Ovviamente, non puoi restare qui. Non… Non puoi
far nascere quel bambino senza
un padre”.
E
Rin lo sapeva bene, cosa significava crescere da sole.
Sua madre era morta troppo giovane,
suo
padre neppure l’aveva conosciuto.
Non
poteva nascere solo.
“Tornerò”,
mormorò all’improvviso
Sesshomaru. Aveva ancora lo sguardo volto verso il lago, ed osservava
l’acqua
ondeggiare, placida e lenta. Non sapeva perché le aveva
appena detto quella
menzogna – ci sarebbero voluti anni, sarebbe tornato solo in
futuro, attenderlo
sarebbe stata follia.
“Tornerai?”. La
voce di Rin era anche
troppo acuta. Tremava, vagamente contenta. “Oh, beh. Io ti
aspetterò”. Sorrise,
scostandosi una ciocca di capelli dal volto. “Qui. Ti
aspetterò qui. In fondo”.
Socchiuse gli occhi, sforzandosi di alzarsi. “In fondo, il
lago è una costante
nella nostra vita: la casa dove ci siamo conosciuti è sul
lago, dopotutto”.
Lui non rispose, lui non
parlò. Le diede
le spalle, le fece un cenno.
Rin era ancora immobile, inerme. Si
lasciò cadere su di un sasso, stringendo la testa tra le
dita e osservando la
figura del demone svanire lentamente tra la fitta boscaglia.
“Ti amo”,
sussurrò al vento, mentre un
singhiozzo la piegava in lui e le lacrime ricominciavano a scorrere.
“Ti amo”.
Affondò le unghie nel palmo: il sangue prese a scorrere,
scarlatto. Rin
sobbalzò appena, riprendendo coscienza di sé.
“Ti aspetterò”.
*
Rin
l’aveva atteso, seduta sulla riva del lago, osservando a
turno quel sole troppo
caldo e quella luna troppo fredda.
Aveva atteso lo scorrere delle
stagione,
il cambiare del tempo, il gelo, l’arsura. Aveva atteso
Sesshomaru con ansia e
amore, le gambe immerse nell’acqua, gli occhi umidi per il
pianto.
L’aveva atteso per un
tempo a suo dire
immemore, senza mai allontanarsi.
Ma
lui non era tornato.
*
Era
una mattina cupa, quella.
Uno di quei giorni freddi e troppo
lunghi, noiosi, irritanti.
Sesshomaru non desiderava tornare
sul
lago. O, forse, non desiderava rivedere quel mucchio di servitori
negligenti, e
quella terra maleodorante e sterile.
Eppure, Kagura, in un ultimo
barlume di
lucidità, l’aveva implorato di tornarvi
– realizza
i tuoi sogni, aveva sussurrato, contorcendosi per il dolore.
Un demone
troppo forte l’aveva attaccata, e le possibilità
di guarigione erano troppo
infime. Sesshomaru aveva atteso la morte della donna con aria
impassibile,
mentre lei stringeva con forza al petto il loro primogenito,
dedicandogli tutte
le attenzioni possibili e immaginabili.
Ma l’ultima preghiera era
stata per lui:
l’aveva implorato di tornare sul lago, e realizzare
i suoi sogni. Gli aveva chiesto di ritrovare la donna con
quell’odore così
dolce – i tuoi abiti profumavano di
ningen, aveva sussurrato – e di realizzare
i suoi sogni.
Poi aveva ghignato, serrando i
pugni, e
aveva biascicato qualche parola incoerente, mentre il volto si
deformava in
un’espressione di puro dolore e le urla divenivano
progressivamente più forti.
Così, Sesshomaru era
tornato sul lago.
Non per sua volontà: il suo primogenito l’aveva
implorato. Il suo primogenito aveva pianto.
Tornare sul lago era stato
doveroso,
incontrare quell’essere abietto che lo fissava provocatore
era stato un errore.
“Il lago”,
sussurrò il vecchio con un
sorriso sdentato.
Sesshomaru lo riconobbe dopo un
istante
– era Sasuke, il piccolo
Sasuke, il
figlio di un suo soldato, vecchio e sporco come solo un contadino
può essere.
Aveva gli occhi socchiusi, e sedeva malamente su di un sasso accanto ad
all’enorme
distesa d’acqua.
Sereno,
allegro.
Eppure, non v’era gioia
nel suo sguardo
tranquillo.
Dolore
e rabbia si mescolavano a pace e felicità, tristezza e
nervosismo ad amore e
brio.
“Nel lago, signor
Sesshomaru”, biascicò
ancora. La pelle era raggrinzita, gli arti stanchi: non
provò né pena né
rispetto per quell’essere così debole, ma il
desiderio di eliminarlo –
eliminava tutti, lui, tutti e
proprio
tutti – scemò immediatamente.
Inutile
sprecare tempo se la fine è già vicina.
Vide l’anziano piegarsi
appena e sfilare
dal kimono qualcosa – una lettera? –, poi
sentì un’esplosione. Neppure si
voltò, imperturbabile.
“Cos’è?”.
“I demoni ci stanno
attaccando, signor
Sesshomaru”, rise l’umano. “Succede
sempre, di recente. Oh, beh!”.
“Cosa
c’è nel lago?”, lo interruppe
d’istinto, la voce autoritaria come un tempo.
Il vecchio rise ancora. Forte, sempre più forte. “C’è lei nel lago. Lei!
Non le fa piacere sapere che quella troia
è nel lago, signore?”, quasi urlò,
dimentico delle sue membra
stanche. Quando finalmente spalancò le iridi nere, fu solo
per terrore: il
sangue già fluiva dalla ferita al petto, il demone era
nuovamente immobile.
Fissò Sesshomaru per un
attimo o poco
più, prima di rovinare al suolo.
“C’è
lei, nel lago”, riuscì a mormorare
– la vita già lasciava quel simulacro,
mentre ricominciava a ridere, scioccamente felice.
“Dopotutto, aveva promesso
di aspettarla”. Prese fiato, tossendo con forza.
“Me lo ha scritto in questa
lettera. Lei era la mia promessa
sposa, ma ha atteso il suo ritorno. Lei
era sua, ma doveva essere mia”.
Nuova tosse, nuovo corpo che si
contorce, scosso dagli ultimi spasmi.
Non osservò la sua
agonia, non l’attese:
gli diede le spalle, un cenno della mano – scarlatta,
sporca di quel sangue che ancora scorreva dalla ferita del vecchio
– come
ultimo saluto. Le iridi si posarono nuovamente sul lago, e si
stupì ad inginocchiarsi
accanto all’acqua fresca, dove l’erba era
più rigogliosa e umida: il forte sole
gli impediva di osservare con la dovuta perizia, ma un lampo
– rosa, sembrava un abito
rosa – lo
scherniva.
Rin
non era cambiata.
Le sue labbra erano ancora due
petali di
rosa, le sua pelle ancora manteneva una seppur vaga colorazione
ambrata. Aveva
gli occhi chiusi, e il naso ancora piccolo e perfetto – e ancora era perfetta, quell’agonia.
Notò i capelli guizzare
qua e là, scossi
dalla debole corrente, e il kimono ondeggiare appena, scoprendo il seno
e le
gambe lunghe.
Vide quella creatura orribilmente
ferma
– orribilmente immobile
– e
quell’espressione perennemente allegra.
La osservò, concedendosi
solo un attimo
di rabbia, solo un secondo.
Le parole del vecchio ancora
risuonavano
nell’aria: l’aveva atteso, sì. Aveva
mantenuto la sua promessa, statica come
una statua ma bella come la più bella tra le donne.
Soffocò il desiderio di
raggiungerla – inutile depredare il
lago di quel corpo
ormai privo di vita –, non mosse un passo
né altro.
Si alzò, lento e
superbo, e riprese il
suo cammino.
Inutile
fingere sofferenza, quando il proprio cuore non è capace di
provarla.
*\*
*Coff* Beh, sì. Ecco.
E' una cosa a tre. >.> Cioè, diciamo a tre,
perché Kagura lo ama e Rin lo ama, ma lui non ama realmente
nessuna delle due. Si può interpretare così, o
come preferite. >.>"
Ci tengo a ringraziare:
callistas
demetra85
Bellatrix_Indomita
HimeChan XD
pillo
mikamey
Samirina
Vale728
Onigiri
LilyProngs
ryanforever
araya
fmi89
Emiko92
Mary_loveloveManga
kaggychan95
Dance of death
^*^ Per la cronaca: mi sono ispirata alla stessa storia di
Emiko-chan - leggete la
sua fic! - pur non conoscendo la leggenda. XD
Insomma, avete visto quel che ne è uscito. >.>
Baci, baci e ancora baci, alla prossima. <3 */*
*Fugge*
|
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Capitolo 4 *** di sonno di bellezza, hanyou e figli in arrivo; ***
Alla Mamma, Elisa.
Semplicemente perché la
mamma è la mamma, e quindi non posso non dimostrarle il mio
imperituro affetto,
anche se quanto posto è sgradevole a leggersi.
A Hime, perché
è Hime e
s’è sorbita almeno mille bozze diverse, e anche
solo per questo meriterebbe una
statua d’oro.
Ma io statue non ne so
fare, quindi le dedico questa roba.
Alla Geme, perché
è
tanto simpatica e cara.
Del resto, è una
NaruSaku, e quindi merita tante coccole.
A te,
perché tanto non capirai che sei tu,
e anzi!, son certa che non leggerai, ma volevo dedicarti
qualcosa.
E ‘sta schifezza
è tutto
quel che mi riesce. *Cuoricino*
Alla ragazza che, un bel
po’ di sere fa, mi ha fatto pervenire la gentile richiesta di
continuare
tramite msn. XD
La Somma Sacerdotessa ha
molto gradito, davvero. *Ringrazia*
A Kiki, per il 02/04/10.
Perché diciotto
anni non
si fanno tutti i giorni – anche se, argh,
quest’anno siamo in parecchie a farne
diciotto. XD Oh, Kiki, stiamo diventando vecchie!
«Sei
sei stanca puoi riposare».
«No»,
risposi, «no. Preferisco star sveglia – sai? Ho
sempre desiderato guardare
l’alba con te».
Sorrise.
di sonno
di bellezza, hanyou e figli in arrivo;
[Ovvero: quando Kagome
Higurashi si sveglia in piena notte perché crede di essere
incinta e InuYasha è
capace solo di farla incavolare.]
Rating: Giallo.
Note/Avvertimenti: One Shot, Romantico
(?), Comico (?), OOC, What if?, Missing Moment collocabile durante o
dopo il
finale del manga e dell’anime.
Credo sia anche
leggermente Nonsense, dato che, beh, non ci troviamo di fronte ad una
trama
vera e propria, ma più ad un flusso di pensieri.
È uno spaccato di vita e stop,
punto. Non ha grandi pretese.
SPOILER
(?)
per
chi non ha letto il manga e aspetta
che la fine dell’anime giunga in Italia – io
l’ho vista in Giapponese
sottotitolata in Inglese, per la cronaca. XD
Parole: 20 + 1500, circa.
Parola più, parola meno.
Rò
dice:
vi prego, non ammazzatemi per ‘sta cosa. XDXDXD Si tratta di
una cavolata priva
di senso logico, forse, e di certo non ha un grande spessore, quindi
non vorrei
essere pestata. Grazie. XD
Rotolai
sul fianco, stanca, sopprimendo a stento uno sbadiglio nel palmo della
mano –
oh, dannazione, dannazione!
Se
la sera prima avessi dormito, e se InuYasha
mi avesse lasciata dormire, ora non sarei in una condizione simile,
stanca,
spossata e pure un po’ nauseata.
…ma
del resto, mi ero addormentata tardissimo. Era logico essere un
po’ nauseate.
Oh, sì. Perfettamente logico, certo.
«Non
sono incinta», chiarii a me stessa, osservandomi il ventre.
«Abbiamo usato
tutte le precauzioni esistenti in quest’epoca, e comunque il
ciclo-».
Oh,
merda.
«Il
ciclo doveva venirmi cinque giorni fa», conclusi irritata,
incrociando le
braccia sul ventre, «ma non-».
Guardai
InuYasha, ancora piacevolmente addormentato, e quasi pensai di
svegliarlo. Non
so, magari per condividere quel folle pensiero e farmi rassicurare,
perché non
poteva essere e mai sarebbe stato.
Non
così. Oh, no, non così.
Scossi
il capo. «A me viene sempre in ritardo», mentii.
«Anche, uhm, una settimana
dopo. Una volta è
successo, quando
tornai dalla gita in Hokkaido con trentanove di febbre. Quella volta mi
venne
in ritardo».
InuYasha
mugugnò qualcosa di incomprensibile – eh
sì, certo, lui dormiva beato. Aveva gli
occhi sigillati e le labbra dischiuse, le orecchie premute sul capo e i
capelli
che saltellavano graziosamente qua e là.
Riposava,
lui. E io ero lì a rodermi per il terrore e il desiderio.
Gli
diedi un pugno. «Scemo».
«Mh»,
mugugnò prima di accoccolarsi nuovamente al mio fianco.
«Cosa c’è? Vuoi – ehm
–
il secondo round?».
«…certe
battute non ti si addicono». Alzai le spalle, nervosa,
scoccandogli
un’occhiataccia. «Insomma, se l’avesse
detto Miroku avrei capito, è la sua
indole. Ma tu», scossi il capo, «non ci sei proprio
portato».
Borbottò
qualcosa.
«Cos’hai
detto?».
«Ti
ho chiesto cosa vuoi, dannata».
Oh.
«Ti
va di dirmelo o devo scoprirlo da solo? Perché ti assicuro
che, beh, in questo
periodo non sono granché paziente. Miroku mi sfrutta per i
suoi esorcismi, i
figli di quel bonzo pervertito mi hanno scambiato per un
giocattolo», avvicinò
il suo volto al mio, e trasalii quando le nostre labbra si sfiorarono,
«e la
mia donna si è scordata di me».
Risi.
«Chi sarebbe la tua donna, scusa?».
«Eh?
Ah, ecco. Credevo-». Arrossì.
«Credevo-».
«Credevi
cosa, InuYasha?», lo incitai – non che non avessi
capito. È che a volte mi
veniva voglia di uscire un po’ dal mio personaggio ingenuo,
dalla mia Kagome
banale e banalissima.
A
volte volevo cambiare, che mi fosse concesso oppure no.
Insomma,
era divertente. E così non facevo male a nessuno. Almeno,
così credevo.
«Niente».
Scosse il capo. «Fa nulla; dimentica, Kagome».
Gelo.
«Stavo
scherzando, InuYasha». Cercai la sua mano e la strinsi,
forte. Lui abbassò lo
sguardo. «Davvero. Non puoi esserti offeso per una cosa
così stupida, è
impensabile. Non posso crederci».
Continuò
a far finta di nulla.
«InuYasha?»,
lo richiamai. Si limitò a guardare le nostre mani
intrecciate, e sospirare,
vagamente nervoso. Beh, era offeso, semplice. Perché
ovviamente io ero stata
tanto cattiva e detestabile, e quindi non meritavo la sua attenzione.
Ovvio.
«Stavo scherzando. Scherzavo. Sono io», ridacchiai,
«la fortunata che può
vantarsi di essere la tua donna».
Ed
evitai di chiamarlo bambino insensibile e capriccioso. E di offenderlo
in altra
maniera.
Meglio
tenerselo buono, per quella sera.
«Sicura?».
Sospirai.
«Sì, certo», asserii. Mi sarei anche
messa a ridere, se il momento non fosse
stato così tragicamente serio. «InuYasha, per
quanto tu sia assurdo, e per
quanto tu sia assurdo e ti diverta
a
torturarmi, io sono comunque innamorata di te». Alzai le
spalle. «Quindi, sta’
tranquillo. Ci sono io e ci sarò sempre, lo giuro».
Era
leggermente arrossito, ma non volle darmi la soddisfazione di vederlo
sorridere
– storse il naso, invece. «Mh. Non che mi importi,
figurati. Era solo per
sapere, a me non interessa».
Oh.
Uomini.
«Se
non ti interessa, allora evita di mettere il broncio, scemo».
Sfilai la mia
mano dalla sua presa. «Del resto», rimarcai,
«di me non ti interessa nulla, no?
Sono solo-».
«…sei
solo Kagome», concluse, come se fosse ovvio. «Sei
solo e semplicemente Kagome,
tu».
«Bene».
Inarcò
un sopracciglio. «Bene».
«Allora
posso anche andarmene. Chiederò alla vecchia Kaede di farmi
un po’ di spazio,
sono sicura che non mi negherà un simile favore».
Incrocia le braccia sul
petto, indispettita, e quasi mi venne voglia di pronunciare
quella-fatidica-parola.
In
fin dei conti, io il rosario non gliel’avevo tolto. Se
l’avessi pronunciata,
quella parola, lui si sarebbe schiantato al suolo e tanti saluti
– e se lo
sarebbe meritato, ad onor del vero.
«Insomma»,
ripresi, «io sto qui a
rimuginare sul
fatto che non mi viene il ciclo e tu
mi irriti in questo modo? È questa la compassione che provi
nei miei confronti?
Mi detesti così tanto, InuYasha?».
Oh.
…dannazione.
«Cosa
significa che non ti viene il ciclo?», balbettò,
sedendosi al mio fianco. Era
impallidito, e mi osservava con ansia, neppure avessi una malattia
incurabile o
chissà cos’altro. «Kagome, che
significa?».
«Quanti
significati credi che possa avere, la mia affermazione?
Ottocentomila?»,
ribattei nervosa. «Forse sono incinta – e no, non
guardarmi in quel modo, ti
prego, sto bene, credo».
«…oh,
merda».
«A-ah».
«Come-».
Certo,
ovvio: poteva non pormi la domanda più stupida del secolo?
Gli
uomini sono così: digli che sei incinta e ti chiederanno come può essere successo.
Perché alla fine non è anche colpa loro,
no, affatto. Devi essere tu a sapere com’è
successo, non loro.
«Non
ne ho idea», sibilai. «Sono cinque giorni che non
mi viene e inizio a
preoccuparmi. Ma in fondo, a te che importa? Ho solo disturbato il tuo
sonno di
bellezza».
InuYasha
si voltò appena nella mia direzione, scrutando il mio ventre
– come se potesse
vederci dentro, poi. Come se fosse dotato della vista a raggi-X, o
qualcosa del
genere, o come se fosse un ginecologo.
«Che
fai?», chiesi.
Lui
sbuffò: «Zitta, lasciami concentrare. Devo
controllare una cosa».
Poggiò
le mani sul futon, raggiunse col viso l’altezza del mio
stomaco e corrucciò lo
sguardo.
«Come
può esserci qualcosa, qui dentro?», chiese.
«Insomma, è uno spazio minuscolo.
Come potrebbe starci un bambino?».
«Non
ne ho idea», spiegai, «sinceramente non mi
è mai interessato scoprirlo. Non
sono cose che, Kami, una ragazza si domanda tutti i giorni.
Perché dovrebbe,
dopotutto? Il parto è una cosa naturale. O almeno,
credo». Inclinai il capo di
lato, indecisa. «Io non me lo sono mai chiesta, né
ho domandato informazioni a
qualcuno».
Ed
evitai accuratamente di dire che non avevo avuto l’occasione
di parlarne con
mia madre, benché nel mio mondo
fosse
quella, la prassi, dato
che a
diciotto anni suonati ero scappata – con il permesso della
mia famiglia – in
un’altra epoca, e lì ero divenuta la compagna di
un hanyou egocentrico e
orgoglioso.
Un
hanyou egocentrico e orgoglioso che avrei volentieri pestato, ad onor
del vero.
«A
me sembra assurdo». InuYasha sfiorò con le dita la
stoffa del kimono,
scostandola quel tanto che bastava perché lui potesse
ispezionare con maggior
precisione. «Non riesco proprio a, tsk, crederci».
Socchiusi
gli occhi. «Allora non farlo, fa’ finta di nulla,
almeno per ora. Domattina
andrò dal medico del villaggio».
«E
se dovessi essere incinta?», insinuò. Aveva smesso
di guardarmi la pancia – ora
osservava me, il mio volto, i miei occhi. Ricambiai lo sguardo.
«Se davvero lo
sei, io…».
Mh?
«…io
sono il padre?».
Oh.
Uomini.
«Senti,
tu». Gli premetti un dito sulla fronte, obbligandolo ad
allontanarsi, e mi resi
improvvisamente conto che probabilmente una vena doveva pulsare sulla
mia tempia.
Ero irritata. Irritatissima. «Per chi mi hai presa? Con
quanti – oddio, ma chi
credi che sia, una – argh».
«No!
Certo che no».
Rantolai.
«E allora», dissi, «perché mi
fai domande così stupide? Nel caso in cui fossi
davvero incinta, sì, tu saresti il padre. E se è
un problema, dimmelo, io-».
Nascosi nuovamente il volto tra le mani. «Argh!».
«…io
spero tu sia incinta», biascicò.
Non
riuscii a non guardarlo.
«Cioè,
sarebbe bello. Almeno secondo me – Kagome, ti rendi conto o
no di quello che sto
dicendo? Cioè, Kami, a me farebbe piacere».
Oh.
Uomini.
Così
come riusciva ad irritarmi in un istante, InuYasha aveva il raro dono
di
riuscire a farmi ridere in un
istante. Mi chinai nella sua direzione, e gli baciai leggermente la
guancia
destra, imbarazzata. «Sei un idiota», lo apostrofai
ridacchiando, «e ti amo
anche per questo. Domani andrò dal medico, ma non farti
strane idee: potrebbe
anche trattarsi di un falso allarme».
Il
fatto che io fossi quasi sicura di aver sentito qualcosa
muoversi dentro di me non era importante, vero? Non dovevo
mica dirglielo. Non era importante, no di certo.
…e
poi, l’avrei solo illuso.
Poteva
essere tutta una sensazione, la mia, tutta una mera illusione. Forse il
desiderio di diventare mamma mi aveva fatto uno strano scherzo. E
magari avevo
anche sbagliato a fare i conti, per ciò che concerneva il
ciclo, chissà.
Sospirai.
«Ora va’ a nanna, altrimenti Miroku si
arrabbierà con me, e sinceramente non mi
va. Domattina dovete lavorare, se non erro».
Grugnì.
«Buonanotte».
«’Notte,
scema».
Il fatto che io
fossi quasi sicura di aver sentito qualcosa muoversi dentro di me non
era
importante.
Parto
col dire che: o riponete quella asce, o mi metto a piangere.
…e
voi non volete vedermi in lacrime, no. Faccio troppo spavento. XD
Per
la cronaca, ho anche avuto la conferma che la trama di ‘sta
roba è una cavolata,
me l’ha detto Black U___U, indi mi siedo sui ceci(?) e faccio
penitenza, voi
evitate di scuoiarmi. XDXDXD
Tolto
questo, passiamo a cose serie o meno: non mi ero dimenticata di questa
raccolta, né ho dimenticato BL, eh! Semplicemente, sono nei
casini fino al
collo, e non ho trovato il tempo materiale di buttar giù
qualcosa di decente.
E
dato che sono del segno della Vergine (?), e che mi ritengo una
perfezionista
(???), non ho avuto il coraggio di postare abbozzi. E quindi, il tempo
è
passato senza che io pubblicassi né un nuovo capitolo di qua
né un nuovo
capitolo di là.
E
non avete idea di quanto sia frustrante, specie quando ci sono mille
persone,
intorno a te, e novecentonovantanove di loro sono in piena febbre da
scrittura/ispirazione/aggiornamento. Argh, vi dico: argh.
L’altro
giorno, ho trovato l’abbozzo di un una Shot su
un’eventuale gravidanza di
Kagome – in realtà, lì il pupo
è nato, a-ah. Ed è pure un po’ scemo. XD
Comunque,
dicevo: ho trovato ‘sta bozza, e ne ho passato un bel
po’ su msn a delle povere
sventurate, le quali hanno apprezzato. U____U Prendetevela con loro,
dunque, se
ho poi pensato di riprendere in mano l’idea e risalire al quando Kagome ha capito di essere incinta.
A
mio parere, è una post-finale bella e buona,
perché nell’ultima scena Kagome
non è incinta.
Forse.
Io
ed Emiko abbiamo i nostri dubbi e le nostre teorie, ma sono nostri. U_____U E Kagome è
ancora
piccola, chissà… XP
In
ogni caso, l’altra notte, mentre chattavo un po’
rovinando-la-vita-ai-poveri-sventurati-che-dovevano-sopportarmi e
canticchiavo –
sì, di notte –, ho iniziato a scrivere. Sono
arrivata circa a metà. XD E
stamane, beh, ho detto: «O la finisci, o ne scrivi
un’altra, e se ne scrivi un’altra
qualche testa cadrà. Insomma, quella povera anima di Hime
s’è già sorbita circa
ottanta bozze, non puoi rovinarle la vita così».
…e
quindi, la Shot è qui, scema come non mai.
Non
la trovo granché fluida, ma mi sono divertita, scrivendola,
e questo mi ha
fatto bene. XD E poi, l’ho buttata giù dopo aver
disegnato un InuYasha e una
Kagome soddisfacenti. *____* E non mi succede quasi mai di farli
decenti!
*Sclera*
…e
l’ho buttata giù in un periodo di Blocco Assoluto!
*_____*/ Yeah!
A
parte questo, non credo siano molto OOC: sono più grandi,
*SPOILER*sono reduci
da tre anni di separazione*/SPOILER*, sono tanto stupidi e carini.
*Lovva*
Aw,
non ditemi che non sono adorabili! *O*
…ok,
se non li trovate adorabili ditelo. Io sono di parte, li considero come
dei
figli. XD
Non
sono propriamente tornata, per la cronaca. Non proprio.
Però
cercherò di aggiornare BL entro la fine del mese, dato che
le idee ci sono e
son tante, e di postare un’altra Shot a breve.
Nuove
Fic non so, perché ho il terrore di postare un capitolo e
poi non farmi sentire
per mesi. La sola idea mi irrita, perché io devo
finirle, devo. È esigenza mia, per la cronaca, ma dipende
anche dal fatto che
alcune persone mi seguono, leggono.
E
se leggete, meritate rispetto e aggiornamenti.
Per
ulteriori informazioni, vi rimando al mio LJ personale, linkato nella
pagina
autore (no, non è pubblicità. Anzi, se non ci
andate mi fate un piacere, quella
roba è uno sclero. Semplicemente, lì ho postato
qualche informazione utile,
ecco. <___< Magari leggendole potrebbe passarvi la voglia
di ammazzarmi,
tutto qui).
XD
Ah: dato che io, tecnicamente, sarei di fretta, mi limito a ringraziare
quanti
hanno letto e a chi ha commentato lo scorso capitolo, a coloro che
hanno
inserito la fic tra le seguite, le preferite o le ricordate
e… e a chi ha fatto
sì che alcune mie storie finissero tra le Scelte. Non
ricordo se l’ho già fatto
o meno, però è sempre giusto ringraziare. U_____U
La
cosa mi ha fatto piacere, checché se ne possa dire. *Alza le
spalle*
Grazie
a tutti, spero che questo sclero di storia vi abbia almeno strappato un
sorriso.
Almeno
un sorrisino-ino-ino-ino! ç_____ç Daaaaai! XD
*Saluta*
|
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Capitolo 5 *** Musuko. ***
Nota
pre-testo: il nome “Sebastian” è
stato scelto secondo basi serie. Serissime. Sì, infatti.
L’ho scelto perché…
perché sono una fangirl, ecco! *Seria*
Perdonatemi
l’idiozia, please. <3
Kuroshitsuji mi sta dando alla testa. XDXDXD
NB: certe
battute sono demenziali. Però,
ecco, sono troppo InuxKag,
quindi…
quindi niente, inserirle era un obbligo. ._.”
PS: Io e Hime abbiamo creato una pagina, su Faccialibro, chiamata "Brigata SOS". *Occhi dolci* Se vi va, fate un salto. <3
PPS: Sì, okay, ho messo il bottone per condividere. Mi serviva taggare una persona in 'sto capitolo, quindi... Ah, sì. Se volete usarlo, potete. XD Mi farebbe piacere. <3
»Prima di tutto: Hime, complimenti!
*WWW* Hai finito la scuola, donnaH,
e io sono mortalmente
orgogliosa di te. <3
Poi: tanti auguri a una simpatica
donninaH che gli anni li
ha compiuto il 25 luglio.
*La simpatica donninaH
capirà che mi sto rivolgendo a lei. u_ù*
Avrei aggiornato quel giorno, se
non ci fosse stato il
matrimonio di mia cugina. XD
Insomma: il
capitolo è per voi! <3 «
Lei
rise, confusa – infine allungò una mano nella sua
direzione. «E di Sebastian?
Cosa ne dici di Sebastian?».
«Seb-che? Che razza di nome
ridicolo!».
Musuko.
息子
[Figlio]
Non
è che scegliere un nome per un bambino fosse complicato, eh.
Anzi, se Kagome
avesse lasciato a fare a lui, probabilmente l’avrebbero
già trovato, quel tanto
sospirato appellativo!
Ma
sapete com’è, no? Per quella dannata donna
scegliere un nome a caso era un metodo
di valutazione inaccettabile, e quindi gliel’aveva impedito.
E
ora mancava una settimana o giù di lì al parto e
non avevano ancora deciso
nulla. Nulla, nulla di nulla. Sango l’aveva definito un
irresponsabile – come
se la colpa fosse solo sua, poi! –, mentre Miroku si era
limitato a scuotere il
capo con fare rassegnato.
Persino
Shippo, quella sottospecie di volpe spelacchiata, aveva riso di lui,
indicandolo e sussurrando qualcosa in tono tronfio!
Dannati,
dannati tutti! Un giorno avrebbe trapassato i loro miseri corpi,
sì, e allora
avrebbero pagato per le angherie perpetrate nei suoi confronti!
«Ehi»,
mormorò offeso, rigirandosi tra le dita un oggetto
all’apparenza non
identificabile. «Come volevi chiamarlo, il pupo?».
Kagome
non si degnò neppure di alzare il capo dalla bacinella
– sì, stava vomitando,
d’accordo, ma almeno avrebbe potuto guardarlo! Cosa le
costava?
Tutti
vomitano, tutti. Persino le gemelle vomitavano, InuYasha le aveva viste
sporcare l’abito della madre e poi ridere soddisfatte come se
nulla fosse
successo. Tutti vomitavano, tutti.
E
allora perché Kagome si atteggiava a gran donna e nascondeva
la testa in quella
specie di secchio? Cos’è, lo stava ignorando?
Fingeva che lui non ci fosse,
ovvio!
Dannata
Kagome, dannata, lo stava certamente prendendo in giro!
«Allora?»,
la incalzò spazientito.
Si
sentì un rantolio sconnesso, poi il volto arrossato di
Kagome fece la sua
comparsa. «Passami un asciugamano»,
implorò, allungando una mano tentoni. «Ti
prego».
InuYasha
non se la sentì di infierire, quindi si alzò e
afferrò la coperta del futon.
«Meglio di niente».
«Meglio
di niente», convenne Kagome. Fissò appena
l’oggetto, maledicendosi per ciò che
stava per fare – era un regalo di Kaede, quello, le sembrava
uno spreco –,
infine se lo passò sulle labbra.
Beh,
almeno adesso aveva la bocca pulita. Tutto ciò era assai
disgustoso, però aveva
la bocca pulita, era già un passo avanti. Meglio
di niente.
«Cosa
volevi sapere?».
«Ah».
Lui
alzò il capo, ricominciò a torturare
l’oggetto non identificabile e si
maledisse per aver parlato: insomma, potevano anche aspettare, no? Non
c’è mica
bisogno di dare un nome al proprio bambino subito!
All’inizio,
il pupo non l’avrebbe neppure capito, che lo stavano
chiamando. Quindi, a rigor
di logica, se gli avessero dato il nome a – si fece due
rapidi conti – un anno,
non ci sarebbero stati problemi. Anzi, si sarebbero risparmiati
parecchio
spreco di fiato!
Sentendosi
improvvisamente fiero della sua geniale pensata, InuYasha
poggiò le mani sulle
spalle di Kagome e la trasse delicatamente a sé.
«Non posso voler stare con te,
di quando in quando?», borbottò, la voce ridotta a
un sussurro.
Lei
sospirò. «Ti conosco, InuYasha», disse,
«e so che ci sono delle cose che…
preferisci evitare, diciamo così».
«A
me piace abbracciarti», osservò lui, sorpreso.
Credeva
di averglielo fatto capire, che stringerla tra le sue braccia era forse
la cosa
che preferiva in assoluto! O meglio, che preferiva in assoluto dopo il
baciarla
e…
Scosse
il capo, arrossendo appena. «Davvero».
«Lo
so. Ma so anche che in questo momento volevi parlarmi
d’altro, che la cosa ti
ha mandato nel pallone e che mi hai abbracciata per avere conferma del
mio
amore». Kagome si allontanò il tanto necessario
per guardarlo negli occhi,
quindi sorrise: «Tanto tu lo sai che ti amo, no?».
Lui
preferì glissare e abbracciarla con maggior vigore.
A
parole era una frana – e, benché odiasse
riconoscerlo, sapeva perfettamente di
essere un incompetente, quando si trattava di articolare un discorso
–, quindi
l’unico modo per dimostrare a Kagome il suo affetto
era… era stringerla,
dannazione, l’unico modo era stringerla!
O
baciarla. Sì, anche baciarla.
Stando
a quello che gli aveva detto Miroku, un bacio poteva valere
più di mille
parole.
Però
quello non era il momento giusto, ne era certo. Se l’avesse
fatto, lei gli
avrebbe probabilmente rifilato un calcio – o peggio
– e avrebbe iniziato a
straparlare.
«Come
volevi chiamarlo?», domandò, facendo appiglio al
suo – una volta inesauribile –
coraggio.
Lei
inclinò il capo di lato e lo fissò, confusa.
«Il nome Sebastian l’hai già
bocciato», spiegò con rammarico, come se la cosa
fosse difficile da digerire.
«Insomma, se l’avessimo chiamato così,
poi sarebbe stato uno shitsuji
encomiabile!».
InuYasha
non si chiese perché Kagome desiderasse una vita da
maggiordomo per il loro
primogenito: era sin troppo abituato alle stranezze della moglie, e
quello non
era che l’ennesimo sclero detto in un momento di pura follia.
In
ogni caso, il nome Seb-coso per lui era ridicolo. Nessuno avrebbe
provato
timore per un mezzodemone di nome Seb-boh.
«Dato
che Sebastian non ti piace», proseguì lei dopo un
minuto di silenzio, «ho
pensato…».
InuYasha
inclinò il capo di lato. «Cosa?».
«Prima
ho parlato con Myoga», continuò imperterrita
Kagome. «Neppure lui lo conosceva,
il che mi ha stupito: insomma, mi è parso strano. Lavorava
al suo servizio,
no?».
Non ne
ho idea,
si disse
InuYasha, inarcando un sopracciglio. Se avesse continuato
così – insinuazione,
domanda retorica, piccolo particolare irrilevante –,
l’avrebbe baciata e poi
obbligata a parlare con maggiore chiarezza.
Oh,
sì, l’avrebbe fatto. L’avrebbe fatto di
certo.
«Allora
abbiamo pensato a Taisho».
«Taisho?»,
ripeté InuYasha, confuso. «E
perché?».
«Perché,
ecco», Kagome deglutì, abbassando improvvisamente
gli occhi e fissandosi le
mani, «tutti chiamavano tuo padre Inu no Taisho. E dato che
lui», si toccò il
ventre, «sarà il nipote del grande Signore dei
Cani…».
Ci
vollero due secondi, poi le sue labbra si avventarono su quelle di
Kagome e lei
lanciò un gemito di sorpresa. Non sapeva se ridere o
piangere, ma InuYasha
sembrava – o forse era – felice, e la cosa la
rallegrò un sacco.
«Non
sei obbligata a chiamarlo così»,
mormorò lui, la bocca che lentamente scivolava
lungo il mento della donna e raggiungeva il collo. «Solo se
vuoi», aggiunse.
Non
che la cosa non gli piacesse, anzi: era più di quanto si
sarebbe mai aspettato.
Non la credeva capace di un gesto così tenero,
benché conoscesse perfettamente
Kagome e sapesse che sì, quella era la norma, per lei.
La
sentì ridere. «Idiota», lo
apostrofò, «se non avessi voluto ti pare che mi
sarei data così da fare per un nome?».
Forse
sì. Forse si sarebbe impegnata comunque – forse,
forse, forse. Lei l’aveva
fatto, l’essenziale era questo. Inutile assillarsi con dei
forse che neppure
gli importavano, quando sua moglie lo stava osservando.
Era
inutile
perdere tempo, quando mancava poco alla nascita del loro primogenito.
«Taisho
sia», le disse con aria seria, sistemandole una ciocca di
capelli dietro
l’orecchio.
Kagome
sorrise. «Sì», confermò.
«Taisho sia».
…non
mi avete dimenticata, vero? *Aria
da cucciolo bastonato* ç____ç Non è
colpa mia, è l’ispirazione ad essere
un’infame!
*Piange* Fosse per me, giuro che aggiornerei ogni giorno,
perché alla fine a me
postare piace un sacco. ç____ç
Passando
a cose serie…
Come
alcuni di voi sapranno, Sebastian
è il Maggiordomo – sì, con la M
maiuscola – presente nell’anime/manga
Kuroshitsuji. Dato che al momento lo venero, e che l’idea per
questa Shot m’è
venuta proprio pensando al suo nome, mi è sembrato logico
citarlo.
Non
credo che Kagome lo conosca, in
realtà, ma mai dire mai: insomma, io ce la vedo troppo,
Kagome, a guardare
Kuroshitsuji. XD Ha l’animo della fangirl, lei. U____U
Sì.
Inizierebbe
a straparlare su quanto è
figo Sebastian – e qui InuYasha si irriterebbe –,
obbligherebbe Sango a
guardare l’anime con lei e… sì, Kagome
è una fangirl, quindi un nome simile ci
sta da dio. E la battuta sull’essere
“Shitsuji” è… demenziale,
sì, per anche
lei ci stava bene. >_________< Contate che, pur essendo
scritta in terza
persona, la storia è più un POV di InuYasha che
altro, quindi lui sospira
esasperato e fa finta di nulla. <3
Che
bravo cucciolo! <3
Inizialmente,
avevo pensato di chiamare
il bambino “Taiga”: la Mà chiama
così quel gran pezzo di… ehm, il Sommo
Paparino di InuYasha. <___<” Cercando,
però, ho scoperto che la
produzione voleva chiamarlo “Toga”, ma che il nome
è stato bocciato e tutti si
riferiscono al paparino con l’appellativo “Inu no
Taisho”, “Signore dei Cani”.
“Taisho”
significa dunque “Signore”: un
nome un po’ ridicolo, per un bambino, ma Kagome lo
chiamerebbe così, se questo
significasse rendere InuYasha felice. XD
Neppure
Myoga chiama mai il Sommo
Paparino per nome: credo che sia una forma di rispetto, ma il dubbio
che
neppure lui lo conosca – e che dunque si limiti ad
apostrofarlo “Signore” – mi
divertiva troppo. XD
Chissà,
magari era un nome così brutto
che “Taisho” al confronto era un capolavoro! Chi
può dirlo, del resto? XD
InuYasha
lo volevo un po’ più… sciolto,
adulto. Un po’ meno bambino.
Questa
Shot *indica* è il seguito
ideale della precedente, quindi loro stanno insieme,
e lui si sforza di essere figo per adeguarsi a lei. Credo.
Comunque
mantiene i tratti principali
del suo carattere. U______U
Idem
Kagome, che è persino afflitta
dalle nausee (!). Mi fa un po’ pena, ‘poretta.
Ah:
il pupo non dovrebbe per forza
essere maschio. U____U Magari potrebbe nascere una femmina.
Però ‘sti due sono
convinti, quindi lo danno per scontato.
…e
comunque, se dovesse essere una
cucciolotta (?), la chiamerebbero Izayoi. XD
Vero,
Hime? <3
Risposte ai commenti!
HimeChanXD: My
love! *W* Himeeeee!
Yeah,
I know, sono imperdonabile. ._.
Accoppami, please, me lo meriterei davvero. Conta che volevo aggiornare
il 7,
‘sto mese – Tanabata! –, e che mi sono
ridotta ad ora perché sono baka.
Ma tu
tanto lo sai che sono baka e mi
vuoi bene comunque, no? *W*
I
hope che questa roba ti sia piaciuta,
che il mio sclero in english non ti abbia turbata – sono in
sclero time, yes! –
e che tu non mi voglia uccidere. U_____U
Kisses,
dear. <3
Ryanforever:
Macciao! *W* Sì, l’altra volta era un regalo di
Pasqua: questo doveva essere un
pensierino per il Tanabata, ma la Shot in questione è stata
*pausa
pubblicitaria* pubblicata solo sul mio blog e su Facebook.
<____< La
trovavo un po’ troppo breve per postarla in questa sede: ma
chissà, magari
cambierò idea. XD *fine pausa*
Visto?
La poveretta si stava illudendo,
era in attesa. U_____U E InuYasha l’ha presa bene!
…in
realtà, nel pc ho anche una bozza
di fic in cui Kagome, appurato di essere incinta davvero, si ritrovata
obbligata a dirlo a InuYasha. Un giorno mi sa che posterò
anche quella. XD
Bon,
mi auguro che ‘sta roba ti sia
piaciuta. >______< Baci. <3
Kaggychan95:
ç____ç
*Depressa* Lo so, lo so, sono un’incapace.
<____<” Se vuoi picchiarmi, fa’
pure. ._____.”
Questo,
come già detto, è il seguito
ideale della storiella precedente, ma stavolta visto prettamente dal
punto di
quel maschilista di InuYasha. XD Insomma, però! Lui le stava
parlando, non
poteva smetterla di vomitare e dedicargli un po’
d’attenzione? e_é
Va
beh, va beh… Spero ti sia piaciuta,
baci. >____<
Wing Writer: *Saluta*
Meow, dear! <3
Qui
‘sti due sono anche più baka che in
passato, hai notato? *Smile* Mea culpa, adoro renderli deficienti.
u___ù Anche
perché, ehi!, se non son baka non son InuYasha e Kagome!
<3
So…
spero ti sia piaciuta, ‘sta
robaccia, e mi auguro che tu stia bene e non voglia uccidermi. ^*^
Besos! <3
Pillo: BL
c’è stato,
Fairytale – dopo circa tre secoli – pure! Osannami!
XD
…no,
okay, scherzo. Ho aggiornato dopo
una vita perché sto scribacchiando Shot di tanti tipi e
forme, ma nulla che
possa essere postato in questa sezione. E mi deprimo, perché
non so scrivere
originali convincenti né tenere in modo decentemente IC
personaggi che non
siano InuYasha e Kagome. *Sospiro* Insomma, sono un caso disperato.
Questa
Shot è pronta da una vita, ma…
niente. Tra una cosa e un’altra rimandavo e rimandavo ancora,
perché non mi
convince e temo sia una cavolata. Però ci tenevo a dare un
seguito al lavoro
precedente, e quindi… *Fissa* Non mi stritolerai, vero?
Spero
non ti abbia fatto schifo,
inoltre. >___< Bacioni! <3
Kiriri93: Ti do un
sentito benvenuto tra i commentatori di Fairytale! E sì,
anche tra i poveri
disgraziati che attendono – si spera, potresti anche aver
perso la pazienza – i
miei aggiornamenti. .____________.”
Il
terzo capitolo era volutamente
angst, e infatti c’era una noticina all’inizio,
mentre gli altri tengono un
tono più fluff e caruccio. XD Anche questo capitolo cerca di
risultare
coccoloso, più che deprimente. u__ù
Per
il resto, spero che la Shot ti sia
piaciuta e che tu voglia perdonare il mio ritardo. Baci. <3
Yesterday:
Okay, sì, tu sai che io ti adoro e ti spupazzo. <3
Aw, donnaH, amo il tuo
commento! <3 *Ama*
Insomma,
sì. Mi auguro che ‘sto
capitolo non sia stato disgustoso <___<,
perché a me sembra stupido, e
che tu non voglia accopparmi. Questo è essenziale.
u___ù Kisses! <3
Gweiddi at Ecate:
Mà, me ti lovva.
…poco
esaustivo come ringraziamento,
però credo di aver detto tutto. *Spupazza* <3
<3 <3
Mikamey: Uhm. Ora
forse
sono tornata più di prima. XD Magari aggiornerò
prima che la scuola ricominci,
chissà! *WWW*
In
tutto questo, grazie mille per il
commento: spero che questo virtuale
seguito della Shot precedente sia stato di tuo gusto – io mi
sono divertita a
scriverlo. Poi ho riletto, e la cosa mi ha divertita un po’
di meno. .____.”
Baaaah.
Baci!
<3
Onigiri: Dear, se tu
hai commentato in ritardo, io che ho fatto? XD Ci sono voluti quattro
secoli e
mezzo, perché trovassi il coraggio di farmi rivedere su
questi lidi!
Grazie
per il commento, grazie perché
sei sempre pucciosissima con me e grazie perché me ti vuol
bene. Sì, ringrazio
anche per una cosa simile. u____ù
Kisses,
Nio-chan! <3
Kagome19: Grazie per
il “bentornata”!
<3
Marquise: Oh, non
preoccuparti: ci sono rimasta malissimo anch’io, per quelle
due. >____<
Ma la trama lo richiedeva, e allora… *Sospira*
Spero
che anche questa storia ti sia
piaciuta, grazie per il commento! <3
Sesshy_19:
Grazie mille, spero che anche questa ti sia piaciuta. <3
Ellena: Kyah,
grazie!
Come
vedi, a distanza di un’eternità ho
deciso di prender coraggio e postare. .____. Spero che il capitolo ti
sia
piaciuto. <3
…sbaglio
o ti avevo dato un
mini-spoiler? XD
KikiWhiteFly:
*Saltella* ‘azie, Kiki! <3 <3 <3
<3 <3 AW!
*Contenta*
Spero che anche ‘sto
ennesimo sclero ti sia piaciuto. <3
Berenike: Appena
possibile leggerò con molto piacere i tuoi lavori, al
momento ho avuto casini.
XD Togliendo questo… grazie mille per il tuo commento, che
mi ha resa molto
contenta. <3 Sono felice di sapere che questa raccolta piace a
qualcuno. ^W^
Spero
che anche ‘sta Shot ti sia
piaciuta, e… baci! <3
Insomma,
sì. Per ricominciare a postare
ci ho messo un po’, sia perché mi vergognavo
– sì, ecco, mi sentivo un’estranea,
e credevo che ormai mi aveste
dimenticata tutti –, sia perché quello che scrivo
mi soddisfa sempre poco.
>//////<
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto,
e mi piacerebbe leggere i vostri pareri. <3
PS: Sì, so che baciare una persona che ha appena vomitato fa leggermente schifo. ._. Però contate che InuYasha è InuYasha, e 'sto tipo di problema non è nella sua indole.
...e lei si è ripulita la bocca. XD
Grazie a tutti, e…
alla prossima! <3
|
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Capitolo 6 *** » Once upon a Dicember ~ ***
Okay,
saaalve!
Per la
cronaca, so che il mio ultimo aggiornamento risale al 13 Agosto, lo
so.
<____< Però, suvvia, almeno non sono passati
sei mesi! *O*/ E poi, questa è una raccolta(?)! *Cerca un
lato positivo*
Poi,
uhm. Niente, non sono sicura. XD
Questa roba qui, scritta il 23 Dicembre notte - sul tardi,
sì, ché altrimenti non mi riesce di scrivere -,
dovrebbe essere il mio regalo di Natale: regalo di Natale indirizzato a
tutte le personcine puccH a cui voglio bene. E voi lo sapete, che vi
voglio bene, quindi non fate storie e accettate lo scleropensiero.
u______u/
Ma ovviamente, questa specie di Shot - Shot che mi auguri segni il mio
ritorno quasi in pianta stabile nel fandom - è dedicata
anche a tutti voi, che avete commentato il precedente aggiornamento,
che avete letto, che avete inserito la fic tra le
preferite/seguite/ricordate, o che avete inserito me, tra gli autori
preferiti. Che continuate a seguirmi anche se sono una ritardataria
cronica. >////<
Per quanto la scuola sia dura, insomma, il mio buon proposito per
questo duemilaundici
è aggiornare tutte le mie fic con regolarità,
almeno una volta al mese. E sì, okay, una volta al mese
è comunque parecchio tempo, ma direi che per i miei standard
attuali è già un netto miglioramento, no? XD
Ho notato il nuovo metodo per rispondere ai commenti, e con entusiasmo
mi accingo ad usarlo: non so se vi arriverà una specie di
notifica o_ò, per avvisarvi della mia replica, o se dovrete
essere voi a controllare, ma comunque ho intenzione di rispondere a
tutti voi. u____u/ E grazie, grazie di cuore.
Spero di rivedervi tutte tra i commentatori. *Smile, poi saltella via*
Buon Natale, buon Natale a tuttiii!
*Dispensa amore-e-gioia-in-quantità*
»
Once upon a Dicember
~
Personaggi:
InuYasha, Kagome.
Avvertimenti:
Fluff, credo. Post-serie. Poi, uhm... romantico. XD Insomma,
è una InuxKag, gente!
Rating: giallo. In realtà volevo spingermi sino
all'arancione, ma ero troppo assonnata per abbozzare una lemon
soddisfacente. XD
Parole: duemila. Parola
più, parola meno.
Informazioni Random: dunque, sì. Qui,
sperando che il collegamento funzioni, trovate un articolo che parla
del Natale in Giappone.
C'è da dire che sono andata a memoria, quando ho scritto la
fic, e solo quando ieri sera una mia amica - Ruccha, Ruccha! *O* - mi
ha chiesto se in Giappone
il Natale fosse effettivamente la festa degli innamorati, ho pensato
bene di controllare. Ed effettivamente, quell'articolo mi ha dato
ragione. o_ò
In ogni caso, non ho citato né Kurisumasu Cake né
altri dolci tipicamente natalizi, limitandomi ad un bell'onigiri che
male non fa. u___u/
...sì, so che l'idea di passare il Natale mangiando onigiri
è tristissima, però a me sembrava l'ideale.
<___<" *Si nasconde*
Insomma, uffa. *Si imbroncia* Se ci sono errori, è mea
culpa. XD
Il titolo globale della fic - che, se non si fosse capito, è
divisa in tre diverse parti - è tratto dal film Anastasia. Mi
è venuto in mente così, mentre scrivevo le note,
e l'ho trovato perfetto. u___u *Idee bakate Mode On*
Ah, cosa più importante di tutte: spero vi piaccia. Ho idea
di essermi oltremodo arrugginita, a star per secoli senza pubblicare
nulla, e la cosa mi deprime,
perché insomma, a me scrivere piace tantissimo, e... bah,
niente di particolare. Però spero vi piaccia, lo spero
tanto. <3
Grazie per il tempo che dedicherete - si spera - alla lettura di questo
mio piccolo sclero: spero che vorrete perdere anche due secondi per
commentare,
ma ovviamente non posso obbligarvi. Però mi piacerebbe.
o___ò *Tormentata*
Su, vi lascio alla fic e mi ingegno a rispondere ai vostri commenti. XD
Baci!
PS: appena
possibile rileggerò per bene la fic. Se dovessero esserci
refusi, state pur tranquilli ché verranno corretti. u____u/
23 Dicembre ♥
«Sai,
InuYasha? Nel mio – nel mondo da cui provengo, il 25 dicembre
si festeggia una…
una specie di festa».
Lui
annuì col capo, per farle intendere che sì, stava
ascoltando, e sì, era
vagamente interessato. «Va’
avanti», mormorò, stendendosi sul prato e
cominciando a fissare le stelle.
Kagome
non se lo fece ripetere due volte: «In realtà non
è propriamente una festa
giapponese», chiarì. Non le era mai capitato di
dover spiegare cos’è
il Natale, e tutt’a un tratto si
sentì impacciata, quasi ridicola –
sospirò. «Ehm, come dire, l’abbiamo
importata da una religione europea».
«Quindi
festeggiate una divinità non nostra»,
commentò InuYasha, improvvisamente sicuro
di sé. «Bah. E perché mai lo
fareste?».
«Guarda
che l’abbiamo rielaborata, la festa. Da noi è,
ecco, la…», abbassò lo sguardo,
le gote che le si imporporavano – e che cavolo, chi
gliel’aveva fatta fare di
parlare di quell’argomento con InuYasha? –,
«…la festa degli innamorati»,
concluse con un filo di voce.
Poi
scosse la testa, come a voler allontanare dei brutti pensieri, e si
sedette
accanto a lui – il prato era umido, e le venne la pelle
d’oca. Stranamente, la
sensazione era tutt’altro che spiacevole.
«Ogni
anno, il 25 dicembre, le ragazze trascorrono il giorno di Natale
– è così che
si chiama, questa festa – con il proprio fidanzato,
ecco».
Si
aspettava che InuYasha le desse della scema, o almeno sbottasse
qualcosa di
dannatamente antipatico, ma niente: lui restava immobile, fermo a
fissare il
manto stellato come se non avesse mai visto nulla di più
bello. Gli sfuggì
anche un gemito deliziato.
Dannato
idiota.
«Fingi
che io non abbia detto niente», lo ammonì
incrociando le braccia, e fece per
alzarsi, troppo ferita e irritata per restare anche solo un secondo di
più accanto
a quel babbeo patentato – cavolo, era proprio stupido, lui!
Non poteva non aver
capito dove stava andando a parare, neppure suo fratello Sota sarebbe
riuscito
a fraintendere!
Gli
diede le spalle.
«Ehi,
Kagome».
«Sì?»,
rispose, salvo poi mordersi la lingua – troppo impulsiva,
avrebbe dovuto far
finta di nulla e allontanarsi alla svelta – e sbuffare.
«Cosa c’è?».
«Quando
sarebbe il 25 dicembre? Di preciso, intendo».
In
linea di massima, neppure lei ne era troppo sicura: «Tra due
giorni», mormorò,
sperando di non essersi sbagliata. «Sì, tra due
giorni. Perché?».
«Hai
detto che è», non poteva vederlo in volto, ma la
sua voce tradiva un certo
imbarazzo, «la festa degli innamorati, vero?».
«Sì»,
confermò, sentendosi arrossire. All’improvviso si
rese conto di essere tornata
sui suoi passi, e che InuYasha era tremendamente vicino, e…
e… Niente, non le
riusciva neppure di formulare pensieri coerenti –
deglutì, sorpresa. «Perché?»,
chiese, e nel dirlo si sentì immensamente sciocca.
InuYasha
ridacchiò: «Prova a immaginarlo, scema».
«Non
sono – dai, dimmelo!».
«Guarda
che puoi arrivarci anche da sola», le fece gentilmente notare
lui, mettendo per
un attimo da parte l’orgoglio e la maleducazione per
consentire al suo lato
pacato di emergere. «Non è tanto
difficile».
Di
tutte le cose che le vennero in mente, Kagome si disse che solo una
poteva
essere giusta, e che se lo fosse stata – e le
possibilità che non lo fosse
erano pochissime – si sarebbe dovuta seppellire per
l’imbarazzo. Prese uno,
due, tre respiri profondi e poi si distese accanto a lui. «Lo
trascorreremo
insieme il Natale, vero?», chiese.
Si
rese conto di star trattenendo il fiato solo quando lui si
voltò, rivelando due
luminosissimi occhi dorati, e sorrise. «Visto che non era
tanto difficile,
scema?».
«Ehi,
a chi avresti dato della scema?».
«A
te», replicò, senza smettere di guardarla
– era vicina, vicinissima, e
profumava di qualcosa di dolciastro e delicato. Non era un odore
disgustoso,
però, e InuYasha si scoprì ad avvicinare sempre
di più il volto a quello di
lei. «Sei tu», sussurrò flebilmente,
mentre le loro labbra si avvicinavano
sempre di più, «l’unica che io abbia mai
chiamato scema. Scema».
Kagome
chiuse gli occhi – e okay, era un idiota, quello, e prima o
poi gliel’avrebbe
fatta pagare, e sì, l’avrebbe mandato a cuccia
e… e niente, ancora non le
riusciva di formulare un discorso coerente. Tutta colpa di InuYasha,
tutta
colpa del bacio che le stava dando.
«Idiota»,
riuscì a stento ad articolare. Poi più
nulla.
24 Dicembre ♥
«Scema»,
sospirò, coprendosi il viso con un braccio – che a
dicembre ci fosse così tanto
sole era assurdo, dannazione! – e scuotendo lentamente
Kagome, che dormiva
avvinghiata a lui.
La
suddetta ragazza spalancò le labbra, si rotolò e
infine, mentre InuYasha
cominciava già a perdere la pazienza e una sottospecie di
passero svolazzava
sulle loro teste, aprì gli occhi, ancora assonnata.
«Ah, sei tu», bisbigliò,
accoccolandosi nuovamente contro il petto del ragazzo.
«Credevo fosse un
sogno».
«Cosa
credevi fosse un sogno?», chiese lui, anche se in
quell’istante il suo unico
desiderio era alzarsi e fare colazione – e no, certo, non era mica felice! La vicinanza di
Kagome non l’aveva per nulla
messo di buon umore, proprio no! E se aveva voglia di canticchiare,
beh, era
solo per colpa di quella sottospecie di passero che stava
fischiettando, sì.
Non
certo grazie a Kagome. Oh, no.
«Il
fatto», sospirò lei, socchiudendo le palpebre,
«che tu avessi accettato di
trascorrere il Natale con me. Sai che oggi è la
vigilia?».
InuYasha
la guardò con aria confusa: «La vigilia di
cosa?», chiese.
«Di
Natale». Kagome gli lanciò un’occhiata
condiscendente, poi scosse il capo e si
mise a sedere – per quanto il pensiero lo confondesse,
dové ammettere che era
tremendamente carina, con quell’aria assonnata e le labbra
imbronciate. «E
domani sarà Natale. Semplice, no?».
«Per
te che ci sei abituata», avrebbe voluto risponderle, ma
preferì un neutro:
«Okay», che poteva suonare come una presa in giro e
una frase intelligente allo
stesso tempo. «E cosa si fa, la vigilia?», chiese,
afferrando tra le dita una
mano di Kagome e stringendola forte.
Lei
sorrise soddisfatta. «Oh», sospirò con
sguardo languido, «quello che vuoi. Sino
a oggi il Natale l’ho sempre festeggiato con –
ricordi le mie amiche? Eri,
Ayumi e Yuka? Ecco, con loro, e la vigilia la passavo a casa coi miei.
Sota mi
obbligava sempre a giocare con i videogame, mentre mia madre preparava
un
grande pranzo e il nonno tentava qualche esorcismo».
«Era
divertente?».
«Sì»,
asserì, poggiando il capo sulla spalla di InuYasha,
«molto. Però sai, sino ad
oggi l’avevo sempre trovata noiosissima, questa
routine».
«Rutine?»,
ripeté lui confuso.
Kagome
ridacchiò: «Routine. Insomma, da quando sono nata
ho sempre trascorso la
vigilia coi miei e il Natale con le amiche, questo è il
primo anno…», cercò le
parole più adatte per esprimersi – però
non le trovo, quelle parole, e quindi
scosse il capo e disse tutto ciò che le veniva in mente
–, «…che passo senza
festeggiamenti. A quest’ora, probabilmente sarei in cucina a
mangiare onigiri».
«Se
vuoi possiamo prepararli», propose InuYasha. Magari Kagome
non si sarebbe
sentita un pesce fuor d’acqua, se avessero rispettato qualche
punto della rutine, e lui sarebbe
stato felice, se
l’avesse vista allegra.
E
poi gli onigiri gli piacevano, e tanto. Li avrebbe mangiati volentieri.
«Non
sono brava come mia madre», gli fece notare lei, sospirando.
«I miei onigiri
non sono granché».
«E
io li voglio».
«No.
Poi mi offenderai perché non ti piacciono e io ci
resterò male».
Se
anche dovessero
essere cattivissimi non te lo direi, commento tra sé e
sé InuYasha. Quindi la
sollevò di peso – era leggerissima, non doveva che
utilizzare un briciolo della
sua forza, per prenderla in braccio – e si avviò a
passo spedito verso la
capanna di Kaede, mentre lei protestava vivacemente.
Gli
diede anche un pugno, che lui a stento avvertì, e
minacciò di schiantarlo al
suolo, se non l’avesse fatta scendere.
«Provaci.
Di’ a cuccia e scoprirai cosa significa sbattere contro il
terreno duro»,
sghignazzò. «E comunque, scema, se tu avessi
voluto davvero mandarmi a cuccia
l’avresti già fatto, quindi smettila di fare la
mocciosa viziata e preparami
questi cavolo di onigiri. Ho fame», sentenziò, e a
Kagome non restò che
sospirare sconsolata e lasciarsi trasportare da lui.
«Prova
a criticarli e ti ammazzo», fu l’unico monito che
si concesse.
InuYasha
rise. «Scema».
25 Dicembre ♥♥
«Natale,
InuYasha, oggi è Natale!»,
cantilenò,
scattando a sedere e cercando il suo kimono – la sera prima
InuYasha l’aveva
lanciato nell’angolo più lontano della stanza, e
riuscì a trovarlo a stento.
«Faresti
meglio a coprirti», le suggerì lui con voce secca
– non che fosse arrabbiato,
anzi. Dal modo in cui aveva scandito ogni singola lettera, Kagome
capì che era
dannatamente imbarazzato, e che se non si fosse rivestita nel giro di
qualche
attimo l’avrebbe buttata nuovamente nel futon e
addio Natale.
Per
un attimo, la prospettiva non le sembrò neppure malvagia.
Poi si disse che
avevano tutta la notte per – oh, Kami, che razza di discorsi!
Scosse il capo,
incredula. «Sto diventando una pervertita»,
annunciò, tentando vanamente di
aggiustarsi l’obi.
«Che
novità», commentò InuYasha, sospirando.
«Vuoi una mano?», le chiese – e dopo un
attimo, senza che lei aprisse bocca, aveva già artigliato un
lembo del kimono e
lo stava sistemando.
Il
tutto sfiorandole col fiato la nuca. Bastardo, era davvero un emerito
bastardo,
e doveva goderci parecchio, a saperla in preda ad una crisi ormonale.
Comunque,
se credeva che l’avrebbe implorato di fare sesso si
sbagliava, e parecchio.
«Oggi
faremo una bella passeggiata nei boschi!»,
annunciò entusiasta. «Ho intenzione
di invitare anche Sango e Miroku. È una bella idea,
vero?».
«Sempre
se ti va che io venga utilizzato come – come hai detto che si
dice? –
babysitter».
Uhm.
In effetti, se avesse invitato Sango e Miroku loro avrebbero portato di
certo i
bambini. E quelle piccole, adorabili pesti si sarebbero attaccate alle
gambe di
InuYasha finché questi non si fosse stancato e avesse
accettato di
assecondarle.
E
no, la cosa non la divertiva. Non il giorno di Natale.
«Forse»,
azzardò, attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita,
«potremmo andare
solo io e te. Del resto, Sango e Miroku li vediamo tutti i giorni, non
c’è
bisogno di portarli con noi». E asserì, come se la
sua fosse un’idea geniale e
incontestabile. «Dove vogliamo andare?»,
domandò infine.
Non
credeva ci fossero posti divertenti, nell’epoca Sengoku, ma
magari avrebbero
trovato una bella taverna ove soggiornare, o una spiaggia assolata o
qualsiasi
altra cosa, perdiana! Era Natale e lei voleva stare con InuYasha,
punto.
Ovunque fossero andati sarebbe stato perfetto.
«Non
so». Immaginò stesse inarcando un sopracciglio, e
poi si sentì stringere i
fianchi con forza – due secondi dopo era seduta sulle gambe di InuYasha, con la bocca di
InuYasha che le mordicchiava il lobo
e le mani di InuYasha intente a
sfiorarle la schiena. «Per quel che mi riguarda, scema,
possiamo restare anche
qui».
Per
l’ennesima volta l’idea di restare lì,
sola con quell’idiota, le sembrò
tutt’altro che deprecabile, e si voltò quel tanto
che bastava per permettergli
di baciarla in tutta tranquillità.
«Io
volevo stare con te», mugugnò dispiaciuta.
«Beh,
tecnicamente stiamo insieme», le fece notare, ridendo appena.
Poi le sfiorò la
fronte con le labbra, facendola arrossire: «Solo che siamo a
casa, mentre tu
volevi uscire. Comunque, se ti va ancora di passeggiare, siamo in
tempo, lo
sai».
«Però…»,
biascicò. «Io… Oh, Kami. InuYasha, io
credo che frequentare Miroku ci stia
facendo male». E nascose il capo nella spalla
dell’hanyou, imbarazzata e
intontita.
Quella
specie di monaco deviato gliel’avrebbe pagata, comunque
– perché, suvvia, lei
non era mai stata sessualmente frustrata, e InuYasha neppure.
D’accordo, dopo
tre anni di obbligata lontananza era quasi normale che si desiderassero
– e che
il desiderio fosse quasi doloroso, sì –, ma che
non riuscisse loro neppure di
uscire di casa…! Insomma, era ridicolo.
Doveva
per forza esserci lo zampino di Miroku. Magari aveva messo loro qualche
pozione
stravagante – chissà se nell’epoca
Sengoku esisteva il viagra! – e li aveva
condotti a quello stato di dipendenza vergognoso.
O
forse erano gli ormoni, chissà.
In
ogni caso, lasciò che InuYasha le slacciasse nuovamente il
kimono – «Tanta
fatica per sistemartelo, ‘sto obi!» –, e
di sua spontanea volontà si distese
sul futon, sorridendo deliziata.
«Buon
Natale», mormorò appena, mentre lui le dava
l’ennesimo bacio.
InuYasha
ridacchiò, quindi le carezzò la guancia:
«Buon Natale».
|
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Capitolo 7 *** Il demone dell’inverno. ***
Diciamocelo chiaramente: sono
una culopesa.
Una di quelle che, pur avendo ottocento bozze nel pc -
perché è vero, ho tipo novanta fan fiction
iniziate nel pc, chiedetelo ad Emiko -, per aggiornare ci mette mesi, e
vi propina pure cavolate.
Però, insomma, voi mi volete bene comunque, no? <3
*Tenta di convincersi*
In ogni caso...
Ieri sera, senza che vi fosse una ragione apparente(!), mi son messa a
leggiucchiare un manga che lessi tempo fa, Kon no Ki Konoha. E
niente, quando ho smesso di piangere - perché fa male, quel
manga - ho aperto Word e mi son messa ad abbozzare 'sta cosa, poi
terminata oggi.
Ero indecisa se proporvela o aspettare ancora un po', alla ricerca
della perduta ispirazione - l'unico momento in cui ho desiderato
davvero scrivere, quest'anno, è stato durante l'esame di
maturità, LOL -, ma poi l'ho fatta leggere a Ruccha, e lei
ha detto che non mi avrebbe coccolato per una settimana, se non
l'avessi postata. Quindi eccola qui, 'sta fan fiction.
Vorrei potervi dire che finisce bene, ma non lo so: chi ha avuto la
sfiga di leggere il manga originale sa che lì Konoha...
ecco, evito spoiler. Nella mia mente, comunque, la storia ha lieto
fine, e InuYasha e Kagome...
Okay, sì. Rimando a dopo i commenti e vi lascio alla fic.
>W<
Il demone
dell’inverno.
[1236 parole circa. Parola più, parola meno.
Come avvertimenti, direi che è malinconico/romantica. E, pure
se giustificato, segnalo un po' di OOC. °W°
Ah, e i personaggi - ma l'ho già detto - sono InuYasha e
Kagome.
La fic è AU, ambientata in un mondo che può
essere il nostro come un qualsiasi altro universo.
E poi... niente, grazie per l'attenzione.
Hope you like it! <3
PS: La fic è composta da vari slice of life.
>WW<]
«Quindi
tu saresti un demone, giusto?».
«Qualcosa
del genere, sì».
Dall’alto
dei suoi sette anni, Kagome si scoprì ad asserire assorta:
non aveva mai visto
uno youkai, prima, e sinceramente credeva che tutte le storie
raccontatele da
suo nonno fossero bugie inventate di sana pianta. Insomma, tutte quelle
cose
non potevano esistere davvero!
E
tuttavia davanti a lei c’era un – trattenne il
fiato, mentre si avvicinava di
un passo – demone. Uno
vero, con
zanne, artigli e orecchie canine. E la stava fissando.
Incrociò
le braccia sul petto, un po’ piccata.
«Perché mi osservi?».
«Perché
non sei scappata», rispose lui, annuendo distratto.
«I bambini solitamente
fuggono, quando mi paleso davanti a loro».
Kagome
non era sicura di aver capito l’ultima parte della frase,
dato che alcuni
termini le sfuggivano – non le aveva mai sentite, proprio
mai! –, ma il senso
le risultò sufficientemente chiaro: spaventava la gente.
«A
me non fai paura», mugugnò sovrappensiero.
«Mi sei simpatico».
«La
cosa non è reciproca, ragazzina».
Articolò
qualche lettera a vuoto, prima di riuscire a sbuffare un:
«Non mi chiamo così.
Il mio nome è Kagome, sai? E il tuo?» piuttosto
arrabbiato.
Lo
youkai si grattò il capo. «InuYasha»,
rispose, come se la cosa gli costasse una
fatica immane. «Sono… InuYasha».
«Beh,
piacere di conoscerti, InuYasha».
Era
inverno: la neve cadeva giù con una forza impressionante, e
dopo qualche attimo
di totale immobilità Kagome cominciò a non aver
più sensibilità nelle dita.
Forse
si sarebbe dovuta decidere a rientrare – non sarebbe stata
una cattiva idea,
era già sera –, ma poi InuYasha sarebbe rimasto
solo. Non le piaceva l’idea di
abbandonarlo lì nella foresta.
«Vuoi
venire a casa con me?», si scoprì a domandare,
arrossendo un po’. «Fa freddo,
se stai qui al gelo potrebbe venirti il raffreddore!».
«I
demoni non possono ammalarsi», sbuffò lui con
ovvietà. Poi spiccò un salto – e
un altro, e un altro ancora –, sino ad appollaiarsi sul ramo
più alto di un
albero poco distante. «Dormirò qui, sta’
tranquilla, ragazzina».
«Ma
ti raffredderai!».
InuYasha
sospirò: «No, ti ho detto. E sbrigati, i tuoi
saranno in pena».
«Però»,
disse, sollevandosi sulle punte dei piedi,
«tornerò a trovarti, te lo giuro.
Domani verrò, e anche dopodomani!».
«Non
c’è bisogno».
«Invece
sì», ribadì cocciuta Kagome, e gli
diede le spalle. Si avvolse stretta la
sciarpa intorno al collo – chissà, magari avrebbe
assorbito le lacrime, dato
che le stava scioccamente venendo da piangere – e
borbottò qualche parole di
congedo.
Poi
corse via.
«Un
giorno dovrai spiegarmelo, perché ogni
inverno sono costretto a sopportarti».
Kagome
poggiò il bento accanto alle radici di una quercia, poi si
sedette poco
distante. «Perché il resto del tempo dormi, no?
Quando riusciremo a spezzare la
maledizione ti infastidirò anche d’estate. E in
primavera, e in autunno! Oh,
sarà divertente!».
«Non
credo proprio», sbottò InuYasha.
Non
era cambiato di una virgola, dal loro primo incontro: dopo dieci anni
aveva
ancora le stesse orecchie bianche, e i capelli della medesima
lunghezza. La
pelle era olivastra, gli occhi ambrati – ed era sempre
bellissimo, da ogni
angolazione lo si osservasse.
Ogni
tanto, durante le loro chiacchierate, Kagome si scopriva a fissarlo
più del
necessario, e ad essere osservata nello stesso modo da InuYasha.
Però lui era maledetto.
«Un
giorno dovrai spiegarmelo».
«Spiegarti
cosa?».
«Qual
è la ragione per cui sei stato stregato», rispose,
circospetta. Non voleva
farlo innervosire – e InuYasha sembrava molto sensibile
all’argomento, dato che
evitava spudoratamente di parlarne. «Vorrei poterti
aiutare».
«Nessuno
può aiutarmi, Kagome», sussurrò lui in
risposta, allungando una mano verso il
bento.
«Ma…».
InuYasha
le sorrise. «Continua a prepararmi da mangiare e tutto
andrà bene, d’accordo?».
Kagome
avrebbe voluto spiegarglielo, che la vita degli umani è
breve – che avrebbe
dovuto separarsi da lui, che il tempo insieme sarebbe finito presto
–, ma
preferì voltarsi e annuire piano. Parlare era impossibile:
la voce le tremava
troppo, per sostenere un discorso.
«Devi
tornare a casa?».
«Sì»,
scandì, troppo lentamente perché lui non
inarcasse un sopracciglio.
«Ehi,
c’è qualche problema?».
Ondeggiò
un po’ sul posto, alla ricerca delle parole giuste, e poi
scosse il capo.
«Dovrebbero esserci problemi?», chiese, retorica.
Lasciò che la sua voce
echeggiasse nella foresta per qualche secondo, prima di continuare:
«Ho voglia
di passeggiare per la città tenendoti per mano, tutto qui.
È solo… un desiderio
egoistico. Nulla più, nulla meno».
InuYasha
si grattò il capo. «Sei umana», disse,
come se questo fosse sufficiente a
giustificarla.
Kagome
soppresse a fatica una rispostaccia, limitandosi ad indietreggiare.
Avrebbe
desiderato la forza necessaria per guardarlo negli occhi, ma tutto
ciò che le
riuscì fu di sorridere amaramente e recuperare lo scatolo
del bento.
«Tornerò
domani».
«Non
sei obbligata, lo sai».
«Lo so. Però possiamo stare
insieme per
così poco tempo, InuYasha, che sprecare anche solo un
secondo mi sembra
blasfemo».
Lo
osservò avvicinarsi – avrebbe
voluto abbracciarlo
–, poi avvertì il tocco delle sue dita sulla
guancia. «Fa’ attenzione», le
disse a mo’ di saluto.
In
verità non aveva usato un tono particolarmente dolce, ma a
Kagome venne
ugualmente il magone. «Anche tu. Ci vediamo domani,
InuYasha».
La neve cadeva a palate.
«E
se ti dicessi che mi hanno fatto una proposta di matrimonio?».
InuYasha
alzò lentamente il capo. «Ah».
«Ah è tutto ciò che
sai dire?», sussurrò
Kagome, voltandosi a guardarlo. Sino a quel momento aveva tenuto
ostinatamente
lo sguardo puntato verso il cielo, dedicandosi alla proficua
attività di
contare le nuvole.
«Cosa
dovrei dire?».
«Non
so. “Rifiuta” andrebbe più che
bene».
«Io
voglio che tu sia felice».
Kagome
socchiuse gli occhi, poi si avvicinò a lui – e
forse non era mai stata più
furiosa che in quell’istante, perché
dové obbligarsi a non schiaffeggiarlo. «Io
ti amo», mormorò con voce rotta. «Non
voglio nessuno che non sia tu. Sono
disposta ad aspettare l’eternità, per poter stare
al tuo fianco. Io…».
Le labbra di InuYasha erano
calde.
Forse
era stupido, quel pensiero – magari avrebbe dovuto spingerlo
via, o cercare di
ottenere una risposta sensata –, ma Kagome si disse che
sì, le labbra di InuYasha erano
calde. Quindi,
dato che erano calde,
portò le
braccia a cingergli il collo, e si accoccolò tra le sue
braccia.
«Ti
amo», gli ripeté, quando si allontanarono per
qualche istante.
Lui
non rispose – però la baciò di nuovo, e
questo per Kagome era più che
sufficiente.
«E
se il tempo concessoci dovesse finire domani, tu cosa
faresti?».
Kagome
smise di giocherellare con le dita di InuYasha, confusa.
C’era qualcosa di
strano, nel suo tono di voce – e sembrava fremere, in attesa di chissà che cosa.
Avrebbe
tanto voluto far qualcosa, e invece si limitò a contrarre le
labbra, mormorando
un timido: «Cosa intendi?».
«Se
dovessimo morire domani, tu continueresti ad amarmi?».
«Te
l’ho già detto», sussurrò,
portandosi a sedere. «Sì, InuYasha».
Lui
sospirò debolmente, poi sorrise. «A me basta
questo», spiegò. «Mi basta sapere
che d’inverno sei mia – e che lo sei sempre, anche
quando non ci sono,
ragazzina».
A
Kagome sembrò che fosse in procinto di aggiungere qualcosa,
ma alla fine
InuYasha si limitò a ghignare e allungare una mano verso il
bento. Non disse
altro, né lei lo esortò –
aveva la sensazione che, se lui avesse
continuato, il cuore le sarebbe impazzito.
«Ma
io sono umana, e per questo egoista», ridacchiò,
osservandolo. «Continuerò a
cercare una soluzione fino a che non sarò troppo vecchia per
comprendere,
InuYasha, e lo farò per me».
«Sei
cocciuta, ragazzina».
«Non
sai quanto», gli rispose.
La neve stava ancora cadendo.
Come
già detto: nella mia mente, la storia finisce bene. Kagome
trova un rimedio - benché non lo si dica chiaramente, la
maledizione fa sì che InuYasha riposi durante tutti i mesi
dell'anno eccetto che in inverno, quando può saltellare
allegramente qui e là - e restano insieme, ecco.
Riguardo i mesi in cui InuYasha dorme, non chiedetemi nulla: la storia
è dal punto di vista di Kagome, che nulla sa
perché nulla le è detto. Per quel che mi
riguarda, InuYasha semplicemente svanisce, salvo poi riapparire con
l'inizio dell'inverno. >W<
E niente, non so cosa dire.
Uhm, sì, via, mi concedo qualche noticina estemporanea,
ché non lo faccio da tempo. °W°/
Allora, carrellata di fatti random: ho superato le selezioni del
concorso di UR Editore, quindi una mia storia sarà
pubblicata nel libro tanto pubblicizzato nei nostri account. / Ho
finalmente terminato le superiori *A*, yeah! / Di recente mi sono
appassionata ad Hetalia, finendo col prendermi una drammatica cotta per
l'UsUk. X° / Uhm, ho sonno(?).
...okay, ho appena detto delle cavolate assurde, forse farei meglio a
smetterla e lasciarvi vivere la vostra vita.
E, ah, gradirei pareri. X° Non siate timidi, anche poche
parole, è okay comunque! ^W^/ Però, dato che
è un po' che non scrivo, vorrei sapere se sono ancora
accettabile o meno. X° LOL. *Insicura*
Specie perché ho una fic abbozzata nel pc
°A° e non so se postarla o meno. *Rotola via*
Grazie per la cortese attenzione, alla prossima!
PS: Questa è una richiesta un po' stupida, ma è
il mio animo di lettrice ad obbligarmi a farlo. XD Per caso, uhm, avete
letto qualche bella fic, di recente? Perché sono alla
ricerca di roba da leggere - non mi riesce di trovare più
nulla di esaltante, e comincio ad essere un po' demotivata. X°
Okay, pausa pubblicitaria finita, andate in pace!
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