Il ritorno del Re

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sopravvissuto ***
Capitolo 2: *** Il momento di partire ***
Capitolo 3: *** Tristi sorprese ***
Capitolo 4: *** Un nemico sleale ***
Capitolo 5: *** Uniti contro Lancillotto ***



Capitolo 1
*** Sopravvissuto ***


 
Castello di Chatsworth

Si svegliava sempre di buon mattino illuminato dalla luce del sole che gli faceva capire che cominciava un’altra giornata piena di sacrifici e di fatiche.
Non aveva tempo per ripensare al suo passato.
Era troppo impegnato a fare il domestico e ad essere schiavizzato come il peggior sguattero di corte.
Quella vita non aveva più senso per il povero Artù Pendragon.
Ma da quando la capo – domestica l’aveva curato con le sue amorevoli mani, si era sempre ripromesso che se ne sarebbe andato via dalla residenza dei duchi di Devonshire non appena fosse giunto il momento di pagare un grosso debito.
Ma quel giorno continuava sempre a ritardare.
«Che cosa stai facendo, Artù?» tuonò Amril la capo – domestica «Non ti sei ancora rivestito?!»
«Scusami, Amril. Sono rimasto a letto.»
«Questo l’ho notato. Avanti, muoviti. Devi andare a svegliare il Duca.»
«Perché? Non può svegliarsi da solo?»
«Perché non provi a dirglielo di persona? Sono proprio curiosa di scoprire che cosa ti risponderà. Ti ucciderebbe infilzandoti come un povero maiale che va al macello.»
«Che ci provi pure. Io non ho paura. So benissimo difendermi con la spada.»
«Tu non hai mai visto combattere il Duca. È molto abile.»
«Nemmeno tu mi hai mai visto combattere, Amril.»
«Adesso basta parlare. Si è già fatto tardi.»
Dopo aver fatto colazione rapidamente, Artù raggiunse immediatamente le stanze del Duca.
«Buongiorno, Duca. È ora di svegliarvi.»
Il Duca di Devonshire, un giovane uomo di circa 25 anni, era un tipo burbero e irascibile.
«Ma che diavolo sta succedendo?» domandò il Duca con tono assonnato.
«È mattino, mio signore. È giunta l’ora di alzarsi.»
«Questo lascialo decidere a me, stupido sguattero.»
«Mio signore, avete un sacco di appuntamenti oggi. Come per esempio la visita del Conte di Cornovaglia.»
«Che aspetti pure. Non vedi che sono impegnata con la mia amante?»
Una giovane donna bionda della stessa età del Duca completamente svestita e assonnata, se ne stava accoccolata nelle lenzuola del Duca, assaporando tutto il suo calore.
«Una delle tante…» aveva sussurrato Artù.
«Come hai detto, scusa?»
«IO? Niente. Vi aspetto nella sala da pranzo per la colazione. Con permesso.»
Una volta che il Duca e la sua amante ritornarono ad essere soli, la giovane donna fece un sacco di domande all’uomo per saperne di più su Artù.
«Che cos’è? Ve ne siete innamorata?»
«No. Anche se è molto carino.»
«Non so molto sul suo passato. So soltanto che la capo – domestica di questa residenza l’ha curato da alcune ferite che aveva sui fianchi e che da quel giorno è entrato a far parte della servitù di Chatsworth.»
«Capisco… Chissà quali sono le sue origini.»
«Perché non provi a domandarglielo?»
«Non vorrei essere troppo indiscreta, mio Duca.»
«Sei la mia amante, Annabel. E finché rimarrai sotto il mio solito tetto, tu potrai fare quello che vuoi.»
«D’accordo. Come volete voi, mio Duca.»

Durante la colazione del Duca e della sua amante, Artù venne completamente controllato a vista.
«Mio Duca e signorina, posso fare qualcos’altro per voi?»
«No, Artù… Ma la mia amante vorrebbe togliersi una curiosità…»
«E sarebbe?»
«Nessuno in questa residenza sa del tuo passato… Potresti parlarcene?»
Ma inizialmente, Artù non rispose.
«Che cosa ti prende? Stai nascondendo qualcosa? Sei per caso un rifugiato di guerra?»
«No, mio Duca. È solo che non mi ricordo prima del mio avvento nella vostra residenza…»
«Questo è impossibile? Quanti anni hai?»
«25.»
«E da quanto tempo è che servi nella mia residenza?»
«Circa due mesi.»
«Quindi vorresti farci credere che non ti ricordi quasi niente della tua vita? Andiamo Artù, smettila di prenderci in giro. Oggi non è giornata.»
«Ve lo giuro, mio Duca. Non riesco a ricordarmi niente della mia vita precedente.»
«Artù, ti ordino immediatamente di dirci del tuo passato, altrimenti ti rinchiuderò per una settimana in una cella di isolamento. È il mio ultimo avvertimento.»
Artù fissava intensamente lo sguardo serio e rabbioso del suo Sovrano.
«Facciamo una scommessa, Duca.»
«Che tipo di scommessa?»
«Un duello. Se vinco io, mi lascerete in pace non tormentandomi del mio passato. Ma se vincerete voi, vi dirò tutto quello che volete sapere su di me. Che ne pensate?»
«Un duello con te? ahahah è uno scherzo?»
«Non sono mai stato così serio prima d’ora.»
Il Duca di Devonshire non riusciva a credere alle sue parole.
Avrebbe combattuto contro il suo sguattero.
«Artù, non voglio ucciderti. Non avrebbe nessun senso.»
«Perché? Avete paura di perdere?»
«Che cosa? Ma ti senti quando parli?»
«Accettate la mia sfida senza giudicarmi. Vi prometto che non ve ne pentirete.»
Dopo essere rimasto alcuni secondi in silenzio e aver guardato con occhi increduli la sua amante, il Duca di Devonshire accettò la richiesta del suo sguattero.
«Il nostro duello si svolgerà domani a mezzogiorno dinanzi a tutti i sudditi della mia residenza… Preparati a dovere, Artù. Ne avrai bisogno.»
«Non vi preoccupate. Sono già pronto.»
«Bene. Allora ci vediamo domani.»

La prima a sapere della sfida lanciata al Duca non fu altro che la capo – domestica Amril.
«Ma che cavolo ti dice il cervello?! Sei forse impazzito?!»
«Non potevo fare altrimenti, Amril. Mi stava facendo domande sul mio passato.»
«Questo non giustifica il fatto che hai lanciato una sfida al più grande spadaccino che la contea del Devonshire abbia mai visto da un secolo a questa parte… Mi dispiace dirtelo Artù, ma non hai nessuna speranza contro di lui.»
«Perché mi date per spacciato?! Perché nessuno riesce a credere in me?!»
«Abbassa la voce, screanzato che non sei altro. Tra un giorno esatto la tua vita sarà appesa ad un filo. Un filo che non ci metterà molto a spezzarsi.»
«Lo stesso vale per il tuo Duca prediletto… Per oggi mi darò malato. Devo prepararmi con la spada.»
«Con la spada? Ma se non ne hai nemmeno una in dotazione!»
«Questo lo dici tu… Ne tengo nascosta una sotto il mio materasso.»
«Che cosa?!»
«Non te l’aspettavi, vero? Perché non vieni giù in cortile e mi guardi mentre mi esercito?»
«Non ci penso nemmeno. Ho un sacco di cose da fare.»
«Come vuoi tu. Se avrai un po’ di tempo per me, sai dove trovarmi. Ci vediamo.»
Ma prima che Artù potesse lasciare il castello, Amril gli fece alcune domande sulla conversazione avuta con il Duca qualche ora fa’.
«Quando vincerò questo duello, gli chiederò in cambio anche la mia libertà. Devo tornare a Camelot dai miei sudditi e dalla mia Ginevra.»
«Artù, sarebbe più probabile se tu lasciassi questo regno da fuggiasco piuttosto che rischiare la vita in un duello a spade.»
«Non ti preoccupare, Amril. Il mio desiderio di tornare nel mio Regno è più forte di qualsiasi impedimento… Due mesi a fare lo sguattero e il servo sono stati fin troppo lunghi per me… È giunto il momento di tornare ad essere Re.»
Sentendo quelle parole, Amril decise di non controbattere ulteriormente, limitandosi ad accarezzare la guancia del giovane ragazzo.
«Da quando ti ho visto su quella barca malandata ferito e in fin di vita, ho subito capito che eri un ragazzo speciale… Il figlio che non ho mai avuto.»
«E tu per me sei stata la madre che non ho mai avito, Amril.»
«Artù, ti prego… Sei sempre in tempo per cambiare idea.»
«Mi dispiace. Ma ho già preso la mia decisione… Per la mia libertà… Per Camelot…»
«E non pensi a me?»
«Amril… Prega per me. Io ti penserò durante i minuti del mio combattimento.»
«Pregare non servirà a niente.»
«Questo non è vero… Adesso devo andare. La mia spada mi aspetta.»

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Capitolo 2
*** Il momento di partire ***


Il giorno tanto atteso era arrivato.
Artù avrebbe sfidato il Duca di Devonshire per proteggere il suo segreto che oscurava il passato.
Tutta la servitù e tutta la nobiltà della contea del Devon si erano radunati a Chatsworth per un duello che si preannunciava ricco di sorprese e di azione.
Dopo aver preso posizione nell’immenso giardino residenziale, Artù sguainò la sua spada puntandola contro il suo sfidante.
«Artù, devi usare la spada che ti diamo noi in dotazione» rispose il padrino del duello.
«Nessun problema, zio. Se vuole usare la sua spada, faccia pure.»
Una volta che i duellanti si squadrarono a vicenda, il duello cominciò con un colpo di pistola che risuonò in tutta l’area circostante.
Amril, che fissava l’intera scena con occhi spaventati, veniva consolata da tutta la servitù che gli stava vicino.
«Vedrai che andrà tutto bene» gli fece il maggiordomo.
«No, Christian. Non andrà tutto bene… Uno tra di loro ci lascerà la pelle. Me lo sento.»
IL primo duellante a tentare di colpire l’avversario fu proprio Artù.
Lo stupore generale stava crescendo ogni minuto che passava.
«Non ti facevo così in gamba, Artù» replicò il Duca con sorrisetto compiaciuto «Sei un vero portento.»
«Se state cercando di distrarmi, sappiate che non funzionerà con me.»
«Con colpi aggressivi e maestosi, Artù riuscì a buttare a terra il suo sfidante svariate volte.
«Duca, state molto attento!» gli gridava suo zio.
«State tranquillo. È tutto sotto controllo.»
Ma nel mentre il Duca stava per sferrare un affondo con la sua spada, Artù riuscì a colpirlo ferendo il suo fianco e a rigettarlo a terra.
Il Duca di Devonshire stava sanguinando copiosamente.
Gli occhi imploranti e spaventati dei presenti mandarono un grido acuto che risuonò in lontananza.
«Duca, se volete arrendervi non c’è che da chiedere.»
«Mai. Preferisco morire che gettare la spugna proprio ora.»
S’eppur sanguinante  e con la capo – domestica che gli aveva gridato di concludere all’istante, il Duca continuò a combattere magistralmente, schivando ogni attacco del suo sfidante.
«Non riuscirete a schivare tutti i miei affondi, Duca. Vi state stancando più del dovuto.»
«Ah sì? Questo è tutto da vedere.»
Ma nel mentre Artù era impegnato a parare uno degli attacchi del Duca, fu infilzato ad una spalla.
La ferita non era tanto profonda, ma era molto dolorosa.
«Allora? Che cosa dicevi?»
«Mi congratulo con voi, Duca. State resistendo più del dovuto.»
«E questo nostro duello è solo all’inizio.»
Nel mentre il Duca si stava caricando verso Artù, il Re di Camelot lo fece inciampare a terra disarmandolo definitivamente e puntandogli contro Excalibur.
«Mi dispiace, Duca. Il combattimento è finito. Arrendetevi.»
«Se volete che questa battaglia si concluda immediatamente, uccidetemi. È l’unica maniera.»
«Duca, non direte sul serio…»
«Fatelo. Non posso macchiarmi di un simile disonore.»
«Ma Duca…»
«Adesso basta! Il combattimento è finito!» fece lo zio del Duca.
«Ma zio…»
«Alzati immediatamente, screanzato!» gli gridò contro «Che cosa volevi fare? Ti volevi fare uccidere? Che sciocca idea.»
«Era tutto sotto controllo, zio.»
«Ma fammi il piacere! Adesso te ne andrai in camera tua e ripenserai al tuo misero fallimento e alle tue sciocche parole.»
Con gesto di stizza, il Duca gettò la spada nel giardino per dirigersi nelle sue stanze private lontano da tutti gli occhi indiscreti.
 
 
Artù, vincendo il duello, era riuscito a mantenere il suo segreto.
Ma non poteva rimanere ancora a Chatsworth.
Doveva tornare al più presto nelle sue terre.
«Duca, posso entrare?» domandò Artù aprendo piano piano la porta della sua stanza.
«Che sei venuto a fare? A lodarti della tua vittoria? Risparmia pure il fiato.»
«No, mio Duca. Ho un assoluto bisogno di parlare.»
«Se si tratta del tuo segreto che celi gelosamente, allora stai pur tranquillo che è tutto apposto. Io mantengo sempre le promesse.»
«No, Duca. Non si tratta di questo.»
«Che cosa vuoi allora?»
«Dovrei parlare della mia partenza dalla vostra residenza, se non vi dispiace.»
«Che cosa? Perché te ne vuoi andare?» Domandò il Duca con tono sorpreso.
«Perché… È troppo lunga da spiegare.»
«La tua voglia di partire è legata al tuo segreto?»
«Esatto.»
Il Duca di Devonshire avrebbe volentieri saputo quello che frullava nella testa del suo sguattero.
Ma avendo perso il duello, si era ripromesso che non avrebbe fatto più domande sul suo passato.
«Partirai solo se verrò con voi.»
«Che cosa?»
«Dopo il nostro duello, ho saputo che sono ancora uno spadaccino dilettante. Ho bisogno assoluto di migliorarmi. E per farlo, devo lasciare la mia terra.»
«Duca, non credo che sia una buona idea.»
«So che di conseguenza verrò a sapere chi siete realmente, ma non ti preoccupare. I tuoi segreti saranno al sicuro.»
«Non è per questo… È solo che è un viaggio che devo intraprendere da solo.»
«Ah, capisco.»
«Non prendetela male. Ma il mio ritorno in patria è legato alla voglia di rivedere persone che tengono molto a me.»
«E di conseguenza non vuoi nessuno tra i piedi, giusto?»
«Non ho detto questo, Duca.»
«Ma lo stavi pensando.»
«Accidenti! Credo fermamente che ci saranno molti nemici che mi daranno la caccia una volta lasciate le vostre terre.»
«E perché dovrebbero darti la ciaccia?»
Nel sentire quella domanda, Artù squadrò malevolmente il Duca.
«E va bene. Non farò più nessun’altra domanda.»
«Ripensando alla vostra richiesta, non credo che sia un grande problema se voi venite con noi…»
«Ti assicuro che sarò il tuo più fidato cavaliere.»
«Va bene… Se per voi non è un problema, partiremo immediatamente.»
«Per andare dove?» domandò lo zio del Duca con tono serio.
«Zio. Sarei venuto immediatamente da voi per spiegarvi una cosa…»
«Non ce ne sarà bisogno. Ho ascoltato abbastanza. E la mia risposta è no.»
«Ma zio…»
«Niente ma. Io sono il tuo tutore mentre tu sei l’erede di tutta la fortuna dei Devonshire. Non posso permettere che tu rischi malamente la vita andando in una terra straniera in compagnia del tuo sguattero. È inaudito.»
«Zio, Artù è il più bravo spadaccino che io conosca.»
«E allora dimmi, perché non è un cavaliere o un nobile di sangue blu?»
«Questo non lo so…»
«Non ci si può fidare di lui. Mi dispiace.»
«Va bene… Ho ascoltato abbastanza… Mio Duca, con il vostro permesso, posso ritenere accettata la vostra richiesta?»
«Sì… Vai pure per la tua strada…»
«Vi ringrazio tantissimo» fece Artù smorzando un sorriso «Preparerò i miei bagagli immediatamente e partirò domani all’alba prima di aver salutato tutti i componenti della servitù.»
«Non ce ne sarà bisogno» ribatté l’uomo «Puoi partire immediatamente, se vuoi.»
«No. Posso aspettare ancora un giorno… Con permesso» disse infine Artù prima di lasciare la camera del Duca.
 
 
Una volta arrivato il momento di partire, Artù saluto tutti la servitù del Duca di Devonshire, soprattutto la capo – domestica Amril.
«Mi mancherai moltissimo, Amril» fece l’uomo abbracciando la donna.
«Ma perché vuoi partire? Perché vuoi rischiare di morire una seconda volta?»
«Devo tornare a Camelot da Ginevra e dai miei sudditi… Sono stato via fin troppo a lungo.»
«Ma cosa succederà una volta che ritornerai nelle tue terre? Chi ti garantisce che non rischierai di nuovo la vita?»
«Sono il Re, Amril. È naturale rischiare la vita.»
«Lo capisci che io non ci sarò… Da chi ti farai curai? Chi si prenderà cura di te?»
«Questo non lo so» fece il ragazzo tenendo a stento le lacrime.
«Sai bene che se deciderai di tornare qui, sarai il benvenuto.»
«Grazie di tutto, Amril. Non dimenticherò mai le tue cure e le tue sgridate» replicò Artù ritrovando il sorriso.
«Fai attenzione. E mi raccomando, scrivimi una volta ritornato a corte.»
«Senz’altro. A presto» disse infine Artù montando su di un cavallo datogli in dotazione dal Duca di Devonshire.
«Adesso basta. I saluti sono durati anche fin troppo» tuonò lo zio del Duca «Artù, qui c’è gente che lavora.»
«Me ne vado immediatamente.»
«Fai buon viaggio.»
«Grazie mille» rispose Artù partendo a cavallo senza aver avuto la possibilità di salutare il Duca di Devonshire.

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Capitolo 3
*** Tristi sorprese ***


Una volta che Artù aveva lasciato la residenza di Chatswort, la vita della servitù era tornata alla normalità.
Essi avevano ripreso le loro mansioni come se nulla fosse successo.
«Amril?»
«Duca! Che cosa posso fare per voi?»
«Ho bisogno di parlarti un momento.»
«Ma vostro zio…»
«Sono io colui che comanda qui. Quindi fai quello che ti ordino.»
«D’accordo» replicò la capo – domestica con tono tremante.
Una volta che il Duca e Amril si ritrovarono da soli, la capo -  domestica potè intravedere negli occhi del sovrano tutto il suo dispiacere.
«Amril, voglio sapere dove si sta dirigendo Artù.»
Nel sentire quella domanda, Amril non sapeva cosa rispondere.
«Non so se io…»
«Tu non devi preoccuparti di mio zio. So io come badare a lui… Dimmi piuttosto di Artù. Dove posso trovarlo?»
Dopo alcuni secondi di silenzio, la capo – domestica si decise a rispondere.
«A Camelot.»
 
 
Il viaggio verso il Regno di Camelot era più impervio del previsto.
Tra il maltempo e i numerosi malviventi che abitavano in quelle terre selvagge, Artù doveva guardarsi bene le spalle.
Ormai stava viaggiando da quasi due giorni e il suo povero cavallo era ormai stremato.
«Tranquillo. Tra poco ci fermeremo» fece il Re accarezzando il suo cavallo.
Dopo aver trovato rifugio nella foresta, Artù cominciò ad abbeverare e a dare da mangiare al suo cavallo.
IL sole era ormai tramontato e cavalcare in quelle terre di notte era troppo pericoloso anche per lui.
Una volta che si era acceso un piccolo fuoco ed aver consumato un po’ di provviste datagli da Amril, Artù si accoccolò per terra per riposare alcune ore e ripartire all’alba.
Ma alcuni rumori strani lo mettevano in allarme numerose volte.
Alla fine, preso dallo sconforto, andò in perlustrazione in piena notte con il cuore che gli martellava il petto.
Ad un certo punto, dopo essersi ritrovato nel centro della foresta, vide alcuni individui incappucciati che stavano parlando tra di loro.
«Siamo pronti per il nostro attacco a Camelot» fece uno di loro «È solo questione di tempo.»
«Ora che il Re non c’è più, entrare nel Regno di Camelot è stato più facile del previsto.»
«Questo non vuol dire che dobbiamo abbassare la guardia… Anche la regina attuale è molto agguerrita.»
«Ma noi non ci faremo spaventare da una donna, non è vero capo?»
Artù fissava la scena con stupore  e vivo interesse.
Il suo Regno era nuovamente in pericolo e doveva fare di tutto per difenderlo.
«Regina o no, la mia forza sarà talmente spietata che l’intero castello verrà completamente distrutto e tutta la popolazione resa schiava sotto il nostro potere… Ho atteso a lungo questo giorno, e finalmente presto questo giorno arriverà.»
«Non finché sarò io in vita.»
Non riuscendo più a trattenere la sua rabbia, Artù uscì allo scoperto minacciando il gruppo di individui misteriosi.
«E tu chi diavolo sei?»
«Sono Artù Pendragon, Re di Camelot.»
«Che cosa? ma tu non eri…»
«Morto? Ci vuole ben altro per sconfiggermi.»
«Allora tieniti pronto perché stai per assaggiare la nostra forza. E tu sei tutto solo.»
Dopo aver sguainato le loro spade, il gruppo di individui incappucciati piombarono addosso ad Artù.
Ma il Re non era uno sprovveduto come i suoi nemici credevano.
Avendo ferito tre uomini dei sei totali, il giovane condottiero fu colpito malamente al fianco dove era stato ferito più di due mesi fa’.
Il dolore era talmente forte che il povero Artù non riusciva a rimanere in piedi.
«Sei finito, giovane ragazzo. E dopo di te, tutta Camelot verrà rasa al suolo.»
Ma prima che l’individuo gli potesse dare il colpo di grazie, un giovane ragazzo uscì da dietro una siepe affondando la sua spada contro il nemico di Artù.
Subito dopo di lui, anche gli altri due individui misteriosi sortirono la stessa fine.
Alla fine, Artù riuscì a cavarsela anche in quel frangente, ringraziando il forestiero per avergli salvato la vita.
«Con chi ho il piacere di parlare?»
«Con il Duca di Devonshire» fece il ragazzo levandosi il cappuccio del mantello che gli ricopriva il viso.
«Duca! Che cosa ci fate qui?»
«Te l’ho detto che io e te siamo fatti per combattere assieme.»
«Voi non dovevate essere qui. Vostro zio…»
«Mio zio non sa niente della mia fuga. E quando lo scoprirà, sarà ormai troppo tardi.»
«Che cosa?!»
«Artù, forse non ti è ancora chiaro che faccio quello che mi pare? Non per altro sono uno dei Duca più influenti del Regno Unito. E mio zio è solo un inutile reggente. Quello che comanda davvero sono io.»
«Questo non toglie il fatto che vostro zio vi darà la caccia per riportarvi nella vostra residenza.»
«Che ci provi pure. Assaggerà la mia collera… Ma adesso basta pensare al mio tutore. Dobbiamo recarci verso Camelot, giusto?»
«E voi come fate a saperlo?»
«La nostra capo – domestica Amril è molto informata sul tuo passato… Ma non ti preoccupare. Non ho ficcanasato ulteriormente.»
«Duca, non so se venire con me sarà una buona idea.»
«Io invece credo di sì. Ho voglia di vedere un po’ di mondo. E non posso farlo rinchiuso nella mia residenza.»
Alla fine, Artù si convinse che era inutile convincere il Duca a ritornare a casa.
«E va bene. Avete vinto voi.»
«Grande! Quanto manca per Camelot?»
«Ancora un giorno di cammino.»
«Allora andiamo. Abbiamo perso fin troppo tempo a causa di questi criminali.»
 
 
Una volta arrivati dinanzi al castello di Camelot, Artù vide con grande sorpresa che era rimasto tutto invariato come un tempo.
«Dove state andando?» domandò la guardia ad Artù che si era nascosto il viso con il suo mantello.
«Devo parlare immediatamente con la regina Ginevra. È urgente.»
«Avete un appuntamento?»
«Perché adesso si prendono pure appuntamenti?» domandò Artù risentito.
«Mi dispiace, ma senza un dovuto permesso, a nessuno è consentito vedere né il Re né la Regina.»
«Cosa? io credevo che Camelot avesse solo una Regina…»
«Giovanotto, ma dove pensi di vivere? Non hai saputo nulla del matrimonio tra la Regina Ginevra e il nuovo Re Lancillotto.»
Artù non riusciva a credere alle sue parole.
Lancillotto, il rivale d’amore di Artù, alla fine era riuscito a tornare dall’aldilà e sposare Ginevra.
«Adesso è giunto il momento di farmi passare… Sono Artù Pendragon. Il vero discendente di Camelot nonché unico erede dei Pendragon» fece il ragazzo togliendosi il cappuccio.
«Oh Mio Dio» fece la guardia incredula «Maestà, siete davvero voi?»
«Sì. Anch’io di ritorno dal mondo dei morti. Ho bisogno che mi conduciate verso la Regina e Lancillotto. Immediatamente.»
«Certo. Venite voi.»
Per mantenere la sua identità ancora segreta, Artù decise di nascondersi.
Una volta arrivati nella sala del trono, la guardia cominciò a fare le presentazioni dei due forestieri.
«Maestà, non so come dirvelo ma…»
Ma la guardia era ancora scossa per il ritorno del Re.
«Parla. Chi sono questi due uomini?»
«Ecco…»
«Artù Pendragon, sovrano di Camelot nonché tuo marito» fece il ragazzo togliendosi il cappuccio.
«Artù…»
Nemmeno Ginevra riusciva a credere a quello che stava vedendo.
Come del resto tutti i presenti.
«Ho bisogno di parlarti in privato, Ginevra.»
«Come?» domandò distratta.
«Fai uscire fuori tutti i presenti. Dobbiamo parlare solo noi due.
«Sì, va bene… Lasciateci soli» ordinò la Regina.
Una volta che tutti i presenti lasciarono la sala, il Duca di Devonshire non aveva intenzione di andarsene.
«Duca, vi prego. È molto importante che voi rimaniate fuori.»
«Sai che dovrai spiegare anche a me un sacco di cose, vero?»
«A tempo debito, Duca. Adesso devo pensare a mia moglie.»
«D’accordo. Ti aspetto fuori.»
Dopo che Ginevra e Artù rimasero da soli, Ginevra fu talmente contenta di rivedere Artù che non riuscì a trattenere le sue lacrime.
«Credevo che tu fossi morto nella battaglia contro Morgana» fece Ginevra abbracciando il suo amato.
«Già. Lo credevo anch’io… Ma grazie ad una donna e senza le arti magiche, sono riuscito a tornare in vita miracolosamente.»
«Non sai come riempi il mio cuore di gioia nel rivederti qui.»
«Davvero? Eppure hai fatto presto a risistemarti e a rimpiazzarmi. Per giunta con Lancillotto. È riuscito definitivamente a tornare nell’aldilà? O ha venduto la sua anima al diavolo?»
Ma Ginevra non sapeva cosa rispondere.
«Allora? Cosa mi dici di lui?»
«È una faccenda troppo complicata...»
«Perché non provi a spiegarmela?»
Ma prima che Ginevra potesse parlare, nella sala del trono entrò proprio lui.
«Ginevra, con chi stai parlando?»
«Quanto tempo, Lancillotto» fece Artù «Mi spieghereste il motivo del vostro ritorno?»
«Ma tu non eri…»
«Sono vivo e vegeto. Proprio come te… Voi cosa mi dite?»

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Capitolo 4
*** Un nemico sleale ***


Lancillotto squadrava Artù con sguardo minaccioso.
«Questi non sono affari tuoi.»
«Sei ritornato in vita con la magia nera, giusto?»
«Magia nera o no, sono vivo. Ed è questa l’unica cosa che conta.»
«Ma non per me» fece Artù prendendolo per il collo e sbatterlo al muro «Devi lasciare al più presto il mio regno.»
«Non se ne parla nemmeno. Ora sono io il Re di Camelot.»
«Allora non mi lasci altra scelta, Lancillotto. Ti dovrò uccidere una seconda volta.»
«Fai pure. Ma ti avverto: non hai nessuna speranza.»
Nel mentre i due uomini stavano conversando animatamente, Ginevra rientrò nella sala del trono per dividerli.
«Che cosa diavolo state facendo?!»
«Niente, Ginevra. Non preoccuparti. Artù se ne stava andando.»
«Io non vado da nessuna parte!» tuonò il ragazzo «Questa è casa mia. E tu non hai nessun diritto per cacciarmi.»
«Artù, ti prego. Cerca di ragionare…»
«Non c’è niente da ragionare! Lui è un nemico di Camelot. Ed è per questo motivo che deve essere tolto di mezzo il prima possibile.»
«No, Artù. Io non te lo permetterò» fece Ginevra con tono serio e deciso.
«Che cosa?»
«Lancillotto è mio marito. Ed io, come fedele moglie, devo rimanere unito a lui fino alla morte. Se vuoi ucciderlo, dovrai uccidere anche me.»
Artù rimase sconvolto nel sentire le parole della giovane amata.
«Ginevra, ma cosa ti è successo? Perché parli in questo modo?»
Gli occhi di Ginevra si rigarono di lacrime a causa del troppo stress che la situazione si andava a creare.
«Hai sentito mia moglie, Artù? Devi andartene al più presto o ti dovremmo fare arrestare.»
«Allora vuol dire che anche le guardie del castello che cercheranno di portarmi via con la forza soccomberanno sotto la mia spada.»
«Artù! Fermati!»
La voce perentoria del Duca di Devonshire fermò all’istante Artù prima che potesse fare qualcosa di cui si sarebbe pentito amaramente.
«Duca, statene fuori da questa storia.»
«Abbassa immediatamente quella spada e andiamocene da qui.»
«Non finchè Lancillotto…»
«Ho detto basta! È un ordine!»
Preso da una rabbia fremente, alla fine Artù decise di rinfoderare la sua spada.
«Ahahah che cosa ti succede, Artù? Adesso prendi ordine da uno straniero?»
«Attento a come parli, stolto di un uomo. Io sono il Duca di Devonshire.»
«E quindi? Credete di farmi paura?»
«Dovreste averne, sapete?»
«Adesso basta litigare» intervenne Ginevra «La situazione si è dilungata fin troppo.»
«Vostra altezza ha ragione. Leviamo subito le tende… Andiamocene Artù. Qui non siamo i benvenuti.»
Con lo sguardo iniettato di sangue e con i denti che gli digrignavano, Artù ubbidì alla richiesta del Duca, lasciando il castello di Camelot per rifugiarsi altrove.
 
 
«Non dovevamo andarcene come due codardi» fece Artù ripensando alla scena di poco fa?’Mentre percorrevano le vie di Camelot.
«No, invece abbiamo fatto bene ad andarcene così. È troppo presto per uno spargimento di sangue.»
«Quell’uomo mi ha rubato la moglie e il regno. Non può passarla liscia.»
«E non lo farà, stai tranquillo. Ogni cosa a suo tempo.»
«Devo parlare immediatamente con il mio amico Merlino. Lui saprà sicuramente che cos’è successo durante questi miei due mesi d’assenza.»
Ma nel chiedere informazioni alla popolazione se aveva visto un giovane ragazzo basso e dagli occhi castani, nessuno seppe dare una risposta.
«Si chiama Merlino, buon uomo. Ed era il mio servitore personale.»
«Quindi voi siete Artù?»
«Sì, mio suddito.»
«Ma tutti noi credevano che foste morto nella battaglia di Morgana.»
«Malgrado tutto sono riuscito a sopravvivere… E adesso devo riprendermi il trono.»
«Sì, dite bene. il nuovo marito della Regina non sa per niente come si guida un regno.»
Nel sentire quelle parole, Artù provò un moto di felicità.
«Comunque il ragazzo che tanto cercate se n’è andato più di un mese fa’ dopo la morte di Gaius.»
«Cosa? il medico di corte è morto?»
«Sì, Artù. Non si sa ancora per cosa, ma dopo quel fatto Merlino ha deciso di andare in pellegrinaggio per un periodo che nessuno sa dire con precisione.»
«Accidenti. Questa non ci voleva» ribatté il Duca di Devonshire.
«Sapete dove si stava dirigendo?»
«Purtroppo no. Non l’ha voluto rivelare a nessuno.»
«Capisco…» ribatté il ragazzo senza sapere più cos’altro dire.
«E adesso cosa facciamo, Artù?»
«Ancora non lo so, Duca…»
«Maestà, per qualsiasi cosa, non esitate a domandare. Anche se sono un umile contadino, posso aiutarvi in qualche modo.»
«Vi ringrazio… Adesso cercheremo dove poter alloggiare, poi riprenderò il mio regno.»
«Se per voi non è un problema, potreste rimanere ad alloggiare nella mia umile casa. Ho proprio due letti a disposizione.»
«Non vorrei che per voi sia troppo disturbo…»
«Nessun disturbo! Anzi, mi farebbe molto piacere.»
«Allora accettiamo di buon cuore la vostra richiesta.»
«Benissimo! Allora venite. Vi faccio strada.»
 
 
La notte era appena scesa sul Regno di Camelot.
L’estate si stava già facendo sentire grazie alle numerose feste che i contadini organizzavano sempre in quel periodo stagionale.
Sembravano tutti felici.
Tranne la donna più importante del Regno.
«Gwen, che cosa stai facendo in camera tutta sola?» domandò Lancillotto.
«Niente. Sto fissando i contadini divertirsi e ballare.»
«Perché non andiamo anche noi a divertirci un po’? dopo tutto quello che è successo oggi, mi sembra il minimo.»
«Già… Oggi…»
«Andiamo, Ginevra. Ormai Artù è il passato… Non pensarci più.»
«A te sembra facile» fece Ginevra con tono rude «Sai meglio quanto me il rapporto che ci lega.»
Nel sentire quelle parole, Lancillotto fissò la donna con sguardo severo.
«Lo ami ancora?»
«Che cosa?»
«Dimmelo con sincerità. Ho bisogno di saperlo.»
Ma Ginevra non sapeva cosa rispondere.
«Perché taci? Hai paura di dire la verità?»
«Lo vuoi davvero sapere? Bene. Sì, provo ancora dei sentimenti per Artù. Sei contento adesso?»
«LO immaginavo… A questo punto, non mi lasci altra scelta.»
«Che cosa vuoi fare?»
«Ucciderlo una volta per tutte, mi sembra ovvio.»
«No! Io non te lo permetterò.»
«Tu sei solo una traditrice che mi ha sempre ingannata!» sbraitò Lancillotto «Non meriti più il mio rispetto.»
«Sono la Regina di Camelot, Lancillotto. Pretendo tutto il rispetto da te!»
«Sei solo una serva divenuta nobile.»
«Non osare parlarmi così!»
«Altrimenti cosa mi fai? Mi prendi a schiaffi?»
«Smettila!»
Gli animi tra i due reali di Camelot divennero furenti.
Presa da uno sbalzo di rabbia, Ginevra tentò di prendere a pugni Lancillotto.
Ma l’uomo era molto più forte di lei.
«Non avrei mai creduto che saremmo arrivati fino a questo punto… Mi dispiace Ginevra, ma non mi lasci altra scelta.»
«Lascia in pace Artù!»
«Trovandosi nelle mie terre, avrà vita molto breve. Te lo prometto.»
«Se solo osi fargli del male…»
«Non sei nella posizione di minacciarmi, Gwen. Io sono il Re di Camelot. E tutto quello che dico, è legge» disse infine l’uomo prima di lasciare Ginevra in preda alla disperazione per la sorte e il pericolo che Artù correva nel mettersi contro Lancillotto.
 
 
Artù e il Duca di Devonshire si erano sistemati nei letti pieni di paglia.
«Artù, che cosa credi di fare in questa situazione?»
«A parte cercare di uccidere Lancillotto? Ancora non lo so… Dopo che ho visto lui insieme a Ginevra, mi sento tradito anche da lei… Ci ha messo poco per dimenticarmi.»
«Sono convinto che lei non ti ha mai dimenticato, Artù.»
«Mi dispiace Duca, ma non riesco a credervi.»
«Fidati. Mi basta un solo sguardo per riconoscere una persona… E posso dirti che Ginevra è una persona buona e caritatevole.»
«Allora perché mi ha tradito?! Perché ha sposato quel maledetto?!»
«Perché si sentiva sola!»
«Non aveva nessun diritto nel tradirmi proprio con lui.»
«Questo non è un tradimento… Ti credeva morto, Artù.»
«Questo non gli permetteva di sposarsi con il mio peggior nemico.»
«Artù, lei è la Regina. Ha dei doveri verso il popolo.»
«Lei è diventata Regina solo per mio volere! Prima era la servitrice della strega di mia sorella nonché figlia di un fabbro. Dentro di lei non scorre il sangue nobile come dentro di me.»
«Che cosa?! tu che ti sposi con una serva? Allora sei davvero destinato a vivere nella plebaglia.»
«Smettetela di scherzare, Duca.»
«Lo facevo solo per sdrammatizzare… E smettila di essere serio!»
«L’unico modo per riprendermi Ginevra è toglierlo di mezzo… Anche se non so se amo ancora quella donna.»
«La ami, Artù. Ne sono convinto.»
«E voi cosa ne volete sapere?»
«Lo leggo nei tuoi occhi.»
Nel sentire ciò, Artù decise di non rispondere.
«D’accordo, si è fatto molto tardi. E io sono molto stanco. Buonanotte.»
«Certo, certo… Svia pure l’argomento. Così non risolverai mai la situazione.»
«HO detto buonanotte!»
«Buonanotte, Artù.»
Dopo una discussione che si stava trasformando in toni alti, i due uomini chiusero gli occhi ripensando all’avventura di oggi.
Ma non si potevano mai immaginare che durante quella notte, qualcuno stava tramando dietro le loro spalle.
«IL Re vuole sapere che cosa farete con i due uomini» mormorò una delle guardie reali più fidate di Lancillotto.
«Quello per cui abbiamo concordato… Ucciderli nel sonno.»
«Molto bene… Ma fate in fretta. Il re è molto impaziente.»
«Ditegli di stare tranquillo. Mi metterò all’opera stasera stessa.»
«Perfetto. Riferirò tutto al nostro Re.»
«Evviva il Re di Camelot» fece il contadino.
«Evviva Lancillotto»

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Capitolo 5
*** Uniti contro Lancillotto ***


Il contadino che aveva ospitato Artù e il Duca di Devonshire era appena entrato nella loro stanza per farli soccombere con un veleno talmente potente che non si sarebbero mai più risvegliati.
L’alleato di Lancillotto doveva mettere il veleno sulle loro labbra dormienti senza fare il minimo rumore.
Ma non era così facile come poteva sembrare.
Il contadino era troppo nervoso e impaziente.
Se fosse riuscito nel suo intento, avrebbe ricevuto una degna ricompensa che l’avrebbero fatto vivere in tranquillità per il resto dei suoi giorni.
Il momento era giunto.
Il contadino si trovava dinanzi al corpo addormentato di Artù per compiere il misfatto.
Ma con uno scatto repentino, il Re di Camelot aprì gli occhi di soprassalto scansandosi e gettandosi fuori dal letto.
«Che diavolo volevate fare?!» tuonò il ragazzo svegliando anche il Duca.
«Io? N-niente…»
«Che cosa avete in mano? Fatemi vedere!»
Preso dalla rabbia, Artù strappo di mano il veleno al vecchio contadino.
«Mi dispiace, maestà. Non dovevo farlo» fece il vecchio tra i singhiozzi e le lacrime.
«Maledetto! Volevate ucciderci!»
«Vi prego. Non fatemi del male.»
«Perché dovrei risparmiare la vostra inutile vita?»
«Perché sono solo un contadino che vive sotto la tirannia di un Re che non lo rispetta.»
«Quindi il Re ci voleva uccidere facendo passare il tutto per un suicidio?» domandò il Duca.
«Sì. Esatto.»
«Che sia dannato… Artù, dobbiamo andare subito al castello e rendergli pan per focaccia.»
«No, Duca… Adesso scommetto che il Re saprà che noi siamo morti, vero?»
«Devo scrivergli una lettera.»
«Allora fatelo. Deve sapere che il vostro compito è andato a buon fine.»
«Maestà, il Re non è così sciocco come si può pensare…»
«Tu fai come ti ordino… Se vuoi riscattare la tua meschinità e dimostrare il tuo onore, devi fare come ti diciamo noi. Sono stato abbastanza chiaro?»
«Sì, Maestà. Provvedo subito a scrivergli la lettera.»
«Ben fatto… Duca, preparatevi pure voi. Stanotte entreremo di nascosto nel mio castello.»
«Sì. È il momento di agire.»
 
 
Una volta rientrato nella sua camera, Lancillotto trovò Ginevra ancora sveglia.
«Ginevra, cosa stai facendo? Non sei a dormire?»
«No. Non mi riesce trovare la pace necessaria per riposarmi.»
«Stai ancora pensando a lui, non è vero?»
Lo sguardo di Ginevra si fece più serio e tetro che mai.
«Lasciati andare, Ginevra. Dopo questa notte passata insieme, non penserai mai più a lui.»
Lancillotto la stava toccando e baciando in ogni centimetro del suo corpo.
Ma la giovane Regina era molto restia sotto i suoi tocchi.
«Lasciami andare, Lancillotto» replicò Gwen allontanandosi di scatto.
«Che cosa ti prende?»
«Io… non voglio…»
«Ginevra, smettila di fare la difficile.»
«IO non ti amo più, Lancillotto. Il mio cuore è solo per Artù.»
Nel sentire quelle parole, Lancillotto cambiò radicalmente espressione, fissando la ragazza con sguardo rabbioso.
«Non ti permetto di rifiutarmi in questo modo» fece il Re sguainando la sua spada.
«Che cosa vuoi farmi? Uccidere?»
«Se non ti sottometterai al mio volere, non mi lascerai altra scelta.»
Ma prima che la discussione potesse degenerare, qualcuno bussò alla loro camera.
«Chi ci disturba a quest’ora?!»
«Maestà, mi dispiace interrompervi, ma è arrivata questa per voi.»
La persona in questione non era altro che il suo più fidato cavaliere.
«Grazie, Eloyd. La leggerò più tardi.»
«D’accordo. Buonanotte e scusate per l’ora» replicò il soldato senza insistere ulteriormente.
«Chi è che ti scrive a quest’ora della notte?» domandò Ginevra con tono pungente.
«Questi non sono affari tuoi.»
«Io sono la Regina…»
«Ed io il tuo Re!»
«Grazie a me se lo sei diventato!»
«Ginevra, non ti azzardare a rivoltarti contro di me.»
«Allora uccidimi se hai il coraggio.»
Nel mentre Lancillotto era alquanto combattuto se fermare la sua collera o uccidere sua moglie, Artù irruppe nella loro stanza tenendo in ostaggio il fidato cavaliere di Lancillotto.
«Che diavolo significa tutto questo?!»
«Non ve l’aspettavate, vero?» domandò Artù tagliando la gola al pover’uomo.
«C’era bisogno di ucciderlo?»
«Sì. Era un traditore come voi.»
«Guardie!»
Con tono rude e perentorio, Lancillotto diede immediatamente l’allarme.
«Che cosa pensi di risolvere in questo modo?»
«Domani mattina verrai giustiziato all’alba e a pranzo brinderò sul tuo cadavere.»
«Sembra un sogno troppo bello, non credete?»
«Un sogno che presto si realizzerà. Te l’assicuro.»
«Non finché ci sarò io a proteggerlo.»
Gwen, con tono coraggioso, si frappose tra il suo amato e la spada di Lancillotto.
«Gwen, finiscila di fare la stupida.»
«La vita di Artù è legata alla mia. Non scordartelo.»
In pochi minuti, tutte le guardie reali del castello si radunarono nella stanza di Ginevra e Lancillotto circondando Artù.
«Allora anche tu verrai accusata di tradimento… Guardie! Arrestate la Regina e quest’uomo!»
Ma l’ordine di Lancillotto non venne minimamente ascoltato.
«Che cosa state facendo? Non mi avete sentito?! Arrestateli!»
«Loro non arresteranno mai i loro Sovrani» rispose il Duca di Devonshire dietro le spalle di Lancillotto.
«No… non è possibile…»
«Lunga vita alla Regina Ginevra! Lunga vita al Re Artù!» disse il Duca seguito da un coro di un migliaio di voci.
«Che siate tutti maledetti!»
Prima che Lancillotto potesse colpire la Regina, il vecchio contadino si frappose tra lei e la spada, finendo infilzato e sanguinante a terra.
«Arrestatelo immediatamente!» ordinò Artù.
Lancillotto fu allontanato con la forza e gettato nelle segrete del castello.
«Se non ti potrò uccidere, la tua anima verrà corrosa dall’odio e della rabbia… E sarà così che morirai…» gli sussurrò Artù.
«Non finisce qui» disse infine Lancillotto dimenandosi tra le prese delle guardie.
«Artù! Aiutami qui, presto.»
Il povero contadino riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.
«Sta tranquillo. Ti aiuteremo a curarti.»
«Non ce ne sarà bisogno, maestà. Ormai la mia ora è giunta.»
«Calmatevi. Non dite così. Duca! Andate a chiamare un medico.»
«No! Ormai non potete fare niente per me…»
«Ma noi…»
«Sono felice che siate ritornate ad essere il Re di Camelot… Lunga vita al Re! E che tu possa trascorrere altri cento anni come condottiero di questo Regno insieme alla bellissima Ginevra… Addio.»
Le parole del contadino ucciso furono poche e coincise.
Alcuni giorni dopo la sua morte, Artù, Ginevra e il Duca di Devonshire organizzarono un funerale dove partecipò tutto il Regno, dando un ultimo saluto ad un uomo che non si era piegato definitivamente al volere di un impostore che avrebbe distrutto tutto il Regno creato dagli avi di Artù.

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