Il quarto punto

di Acinorev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno - Via Pietro Bernini, 27 ***
Capitolo 2: *** Capitolo due - Casa ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno - Via Pietro Bernini, 27 ***


Capitolo uno - Via Pietro Bernini, 27
 
 

«Io voglio andare da papà!»
Arianna sbuffò facendo sporgere un braccio dal divano. «Io vorrei un miliardo di Euro, invece. E un po’ di silenzio» bofonchiò, strofinandosi la fronte con una mano.
«Voglio andare da papà! Voglio andare da papà! Voglio andare da papà!» Sofia aveva iniziato a correre intorno al tavolo al centro del piccolo salotto, cantilenando le stesse parole che si ostinava a ripetere da più di mezz’ora. In momenti simili, Arianna si pentiva amaramente di averle insegnato a parlare.
«Di questo passo Minou perderà la testa» commentò Arianna, osservando il povero pupazzo a forma di gatto che sbatteva contro ogni spigolo si trovasse sulla strada della sua proprietaria.
Sofia si strinse al petto Minou con fare protettivo e pentito, ma non interruppe il suo capriccio. «Voglio andare da papà! Voglio andare da papà!»
Arianna alzò gli occhi al cielo e si mise a sedere con un sospiro profondo ed insofferente. Lanciò uno sguardo ricco di sconforto alla superficie del tavolo ricoperta da pastelli, pennarelli e fogli scarabocchiati in un tentativo di sfogo artistico, allo zainetto aperto ed abbandonato in un angolo della stanza, alle scarpe lasciate sull’orlo della porta ed ai resti di una merendina appoggiati su uno dei mobili. Sofia aveva decisamente preso da suo padre: l’ordine non rientrava nelle sue prerogative e probabilmente nemmeno nel suo vocabolario.
Quando Arianna si alzò dal divano, Sofia si arrestò e spalancò gli occhi color nocciola. «Andiamo da papà?» Domandò speranzosa aprendo le labbra rosee in un sorriso raggiante, che lasciava scoperta una finestrella infantile tra i denti.
«Quante volte devo dirtelo?» Rispose Arianna, appoggiando le mani sui propri fianchi. «Papà sarà a casa tra poco, probabilmente a quest’ora sta già uscendo.»
Sofia si imbronciò e sbatté un piede a terra, facendo rimbalzare la frangetta sulla sua fronte. «Ma io voglio vederlo adesso
«Continua a comportarti così, signorina, e non otterrai un bel niente» la minacciò Arianna, puntandole un dito contro con poca serietà. Ormai si era arresa quasi del tutto all’indole capricciosa di quella minuscola peste.
Sofia assottigliò gli occhi, gonfiò le guance paffute ed inspirò a fondo: sostenne per pochi istanti lo sguardo di Arianna, poi riprese a correre intorno al tavolo ripetendo incessantemente la sua pretesa.
L’altra serrò le palpebre, fece per aprire la bocca ed urlare per la frustrazione, ma la suoneria del suo cellulare la riscosse dalle sue intenzioni.
«Ehi, papà…» rispose velocemente, sollevata. Si sedette di nuovo sul divano, giusto in tempo per rimproverare Sofia: nell’impeto della sua corsa aveva fatto vacillare un tavolino all’angolo della stanza rischiando di mandare in frantumi il vaso di girasoli.
«Ciao, fiorellino. Come stai?»
Lei sospirò ancora, assistendo allibita al terremoto che Sofia stava ricreando. «Be’, potrebbe essere un tranquillo lunedì pomeriggio, ma qualcuno, qui, ha deciso di rendere le cose un po’ più complicate» spiegò, lanciando un’occhiataccia alla bambina che le era appena sfrecciata davanti.
«La piccolina ti sta dando problemi? Dio mio, ma quanto urla?»
«Sono solo capricci: vuole a tutti i costi andare a prendere Jun a lavoro, quindi pensa di poter vincere portandomi all’esasperazione.»
Manuele rise dall’altra parte del telefono, con la sua voce bassa e piena: l’accento toscano la macchiava anche dopo tutti quegli anni. «E scommetto che ci sta riuscendo!»
Arianna scosse la testa per nascondere un sorriso di conferma.
«A proposito, ti ho chiamato proprio per parlare di Jun» continuò lui.
«Di Jun? Grazie, papà: è sempre bello essere al centro dei tuoi pensieri» scherzò, ammonendo a bassa voce Sofia: non aveva smesso di correre per il salotto, ovviamente, ma aveva iniziato a mangiare un’altra merendina lasciando briciole a terra ad ogni passo veloce.
«Lo so, fiorellino, ma tua madre non mi ha lasciato scelta: vuole assolutamente che io ti ricordi di ricordare a Jun di venire a cena da noi, una di queste sere. Ovviamente anche con te e la piccola. E lo specifico perché, giuro su Dio, quella donna sembra pensare più a Jun che a suo marito, quindi vorrei mettere le cose ben in chiaro.»
«Papà, il pensiero che mamma si riferisse ad una cena romantica tra lei e Jun ha sfiorato solo te, puoi stare tranquillo» lo rassicurò, corrugando la fronte a quell’immagine sgradevole. «E poi perché ha chiesto a te di ricordare a me di ricordare a Jun della cena? Non è da lei: mi sarei aspettata di più l’ennesima chiamata o l’ennesima visita a sorpresa.»
«Perché le hai attaccato il telefono in faccia già diverse volte, per questa storia…»
«Questo è vero. E non pensa che lo farei anche con te?»
«Tu non attaccheresti mai il telefono in faccia al tuo papà.»
Arianna alzò un sopracciglio. «E anche questo è vero» ammise divertita. «Comunque puoi dire alla mamma che Jun si ricorda dell’invito a cena e che verrà quando ne avrà la possibilità: e questa risposta vale anche per le altre mille volte in cui mamma ne chiederà una, intesi?»
«Intesi, intesi. Allora io adesso torno ad occuparmi del negozio, oggi pomeriggio c’è un bel da fare» precisò Manuele, con un tono evidentemente soddisfatto e fiero, un tono che non mancava mai di intenerire la sua unica figlia.
«Chiamai se hai bisogno, mi raccomando.»
«Non preoccuparti. Piuttosto… porta la piccola peste da suo padre o non smetterà più di urlare. E dalle un bacio da parte mia!»
«Sarà fatto. Ciao, papà!»
Arianna ripose il telefono in tasca, inspirò a fondo, osservò per qualche secondo quel minuto corpicino in grado di generare un tale disordine e si appellò a tutta la pazienza che le restava, ma non riuscì a resistere oltre. «E va bene, va bene!» Esclamò, in modo da sovrastare la voce squillante di Sofia. L’altra si fermò dalla parte opposta del tavolo con un’espressione furba dipinta sul volto. Attimi di incantevole sollievo per i timpani stanchi di Arianna.
Sofia spalancò gli occhi, la sua indole improvvisamente sazia. «Andiamo?» Squittì, stringendosi nelle spalle per l’eccitazione.
Arianna sbuffò e si passò una mano tra i capelli. «Andiamo, . Ma sai quali sono le regole: prima si deve riordinare tutto questo casino.»
Sofia saltellò sul posto in preda all’impazienza, prima di correre ad abbracciarla.
 
Messaggio inviato: ore 17.55
A: Sushi
“Primo: ti costa tanto lavare due diavolo di piatti?!?!? Giuro che è l’ultima volta che lo faccio al posto tuo, idiota di uno scansafatiche! Secondo: aspetta lì, Sofia ha deciso di venirti a prendere! Terzo: ho visto che hai comprato le gallette che mi piacciono e ti amo tanto ♥♥♥♥”
 
Messaggio in arrivo: ore 18.01
Da: Sushi
“Bipolare.”
 

♦ ♦ ♦  
 

Jun era appoggiato con la schiena magra al muro del palazzo. Era intento ad osservare la strada trafficata di fronte a sé, la Torino caotica dell’ora di punta. Le braccia incrociate al petto ed i capelli disordinati sulla fronte.
Arianna lo stava ancora osservando assicurandosi che fosse lui, mentre Sofia aveva già lasciato la sua mano per correre nella sua direzione. «Papà! Papà!» Gridò con un ampio sorriso sul volto.
«Sofia, aspetta!» Esclamò l’altra spontaneamente, con l’innato timore di perderla di vista da un momento all’altro. Ma l’attimo dopo la bambina era già saltata tra le braccia di Jun, sprofondando il viso nell’incavo del suo collo e facendo sorridere Arianna di tenerezza.
Si avvicinò loro senza affrettarsi, regalando ad entrambi quei pochi secondi di intimità ed il tempo di ritrovarsi dopo una giornata passata lontani. «Non mi saluti?» Esordì quando si trovò a pochi passi di distanza, cercando l’attenzione di Jun.
Lui si voltò – Sofia che gli stringeva la mano e che lo guardava adorante, in attesa anche solo di un movimento o di una parola da cui dipendere – e sorrise appena, gli occhi a mandorla spenti dalla stanchezza. «Ciao» mormorò, sporgendosi in avanti per baciarle delicatamente una guancia.
«Sembri esausto» commentò Arianna scompigliandogli i capelli e cercando di sdrammatizzare, mentre nascondeva il velo di preoccupazione che si era insinuato in lei.
Sofia strattonò piano il maglioncino primaverile del padre. «Papà, mi prendi in braccio?»
Lui sospirò. «Vieni qui» sussurrò subito dopo, prendendola tra le braccia e baciandole i capelli corvini tanto simili ai suoi. «Cos’hai combinato oggi? Hai fatto la brava?» Domandò, guardando Arianna con una punta di divertimento e di sospetto: conosceva bene sua figlia e le sue aspettative non volavano mai troppo in alto.
Arianna alzò gli occhi al cielo in risposta: entrambi sapevano che comportarsi bene non rientrava nei canoni di Sofia.
«All’asilo la maestra ci ha fatto colorare tante cose: Mattia mi rubava i colori. Vero che non si devono rubare i colori, papà?» L’innocenza e la purezza che trasudavano dal suo tono di voce potevano essere ingannevoli per chiunque.
«È vero, sì» confermò Jun.
«Sai cos’altro non si deve fare, papà?» Si intromise Arianna, mentre Sofia preparava la sua recita. A quattro anni sapeva già come affrontare determinate situazioni. «Tirare i capelli a chi ruba i colori. Dico bene?»
Jun trattenne una risata, fulminato dallo sguardo di Arianna. Si schiarì la voce e guardò Sofia, che aveva già sfoderato le sue armi migliori: occhi da cerbiatto umidi e labbra imbronciate. «Hai tirato i capelli a Mattia?» Domandò con tono allibito, ma forse vagamente fiero.
«Oh, no» rispose Arianna al suo posto, assumendo un’aria ingenua. «Ha tirato i capelli a Mattia e a Stefania.»
Jun sbatté le palpebre e resse il gioco, mostrandosi sconcertato. «Sofia
La bambina si rattristò fin quasi a versare qualche lacrima di coccodrillo. «Ma erano i miei colori, quelli che mi hai regalato tu!» Borbottò come scusa.
Arianna si morse un labbro per non sorridere. «Ruffiana…» sussurrò tra sé e sé.
«Sofia, non mi interessa. Non si tirano i capelli degli altri bambini, per nessun motivo. Cosa penserebbe di te Minou?»
Sofia si mostrò turbata da quello scenario, Arianna si avvicinò all’orecchio di Jun. «“Cosa penserebbe Minou?” Sul serio? Sei tu suo padre, non il pupazzo.»
Jun si voltò verso di lei, lasciando che la figlia si accoccolasse sul suo petto in preda allo sconforto. «Sì, be’, a quanto pare il pupazzo ha più autorità di me.»
Entrambi sorrisero arrendevoli, camminando fianco a fianco lungo il marciapiede poco affollato. La brezza primaverile rendeva piacevole quella passeggiata fino a casa, si respirava aria di intimità e pace.
«Vuoi darla un po’ a me?» Propose Arianna dopo qualche minuto, notando come Jun avesse rallentato il passo. Sofia si stava addormentando contro di lui.
Jun scosse la testa. «Siamo quasi arrivati» rispose.
Lei non insistette oltre, sapeva bene quando arrendersi di fronte al suo istinto paterno. Ammirava la sua forza d’animo, la sua infinita lealtà nei confronti di Sofia, il suo impegno ed il suo amore.
«Cosa vuoi mangiare per cena?» Domandò allora, volendo viziarlo per quanto poteva.
«Qualsiasi cosa» rispose Jun, pensieroso. «Anzi, qualsiasi cosa tu sappia cucinare bene» aggiunse scherzando.
Arianna gli diede una spallata giocosa. «Proprio divertente, signor “Non so scaldare del latte”.»
«È successo anni fa.»
«Ma è stato un momento indimenticabile» civettò Arianna, prendendolo a braccetto e stringendosi a lui con una risata.
«Ed io che dopo una giornata tanto lunga pensavo di ricevere una bella accoglienza…» sospirò lui, melodrammatico.
«Piuttosto, a proposito di cose indimenticabili… Ricordi che stasera è la sera, vero?»
Jun smise di camminare, forse anche di respirare: guardò Arianna con lo sconforto ad incupire i suoi lineamenti giapponesi. Probabilmente sperava si trattasse di uno scherzo, ma la verità lo colpì dritto alla bocca dello stomaco
: come da tradizione, il lunedì sera Sofia era viziata dalla possibilità di scegliere un film Disney da guardare e di ricrearne le scene con l’aiuto di Jun ed Arianna. Se quel teatro improvvisato ed infantile la entusiasmava oltre ogni limite, tutt’altro effetto aveva sugli altri due, che per evitare di esserne costanti vittime avevano cercato di limitare le occasioni a disposizione.
«Che vita di stenti…» borbottò sconsolato, riprendendo a camminare e facendo ridere Arianna.
 

♦ ♦ ♦  

Era tarda sera. La camera da letto era illuminata esclusivamente dal televisore appoggiato sul comò di fronte al letto, che dipingeva qualsiasi spigolo o linea di quel solito bagliore elettronico in grado di stancare gli occhi. Mentre Timon e Pumba incontravano Simba – Sofia non si era accontentata di guardare “La bella e la bestia”, piagnucolando e pregando fino ad ottenere la vittoria - in sottofondo si poteva udire il lavorare stanco della vecchia lavatrice nell’angolo del bagno. Arianna era accovacciata nel letto, con il cuscino appallottolato sotto la testa ed il corpo per metà fuori dalle coperte non molto pesanti. A dividerla da Jun, quasi nella sua stessa posizione, il corpo minuto e caldo della bambina.
Si accorsero che si era addormentata quando la sua voce non tentò di cantare l’Hakuna Matata che le piaceva tanto, ma che non riusciva mai a ricordare parola per parola.
«È crollata» commentò Jun, osservandola per qualche istante con gli occhi che solo ad un padre sono concessi.
«Non capisco come faccia a resistere così a lungo, iperattiva com’è» aggiunse Arianna, scostandole dal viso la frangetta in disordine: così addormentata, con le guance arrossate dal tepore di chi le voleva bene, con le labbra socchiuse ed i respiri lenti, era di una dolcezza che le scaldava il cuore.
«Questo è perché non le hai voluto dare l’abitudine di dormire un po’ nel pomeriggio» la accusò Jun, puntando il gomito sul materasso ed appoggiando il volto sulla sua mano. La guardava dispettoso, nonostante le borse sotto gli occhi stanchi. I lineamenti del suo viso erano ancora più definiti dal gioco di luci ed ombre creato dal televisore.
«Oh, credimi, l’avrei lasciata dormire tutto il tempo del mondo, se solo avesse voluto farlo almeno una volta: non si lascia persuadere molto facilmente, lo sai meglio di me» si giustificò lei. Ci aveva provato, eccome se ci aveva provato, ma ogni volta che si era sdraiata accanto a Sofia nella speranza di farla addormentare aveva fallito miseramente.
«Mi stai dicendo che dall’alto dei tuoi venticinque anni ti sei lasciata sconfiggere da nemmeno mezzo metro d’altezza?» La prese in giro Jun, stuzzicandola di proposito.
«Parli proprio tu? Devo ricordarti tutti i vizi che lei hai concesso, padre snaturato?»
«Viziare i propri figli è il compito di un padre» ribatté lui con supponenza.
Arianna alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Certo, l’importante è esserne convinti.»
Per qualche minuto nessuno parlò: non che si fossero concentrati sul cartone animato ancora in corso, probabilmente entrambi si erano solo persi nei propri pensieri.
«Com’è andata stamattina in negozio?» Domandò Jun, passandosi una mano tra i capelli corvini disordinati. Sofia ne aveva ereditato il colore e la morbidezza.
Arianna fissava la televisione senza prestare attenzione alle immagini. «Non bene, ma nemmeno male. Papà non ha fatto altro che agitarsi per tutto il tempo.»
«Me lo immagino» sorrise amaramente. «Mi dispiace.»
Lei non rispose, non le andava di parlarne. «Mi ha detto di dirti che mamma ti sta ancora aspettando per cena» aggiunse con aria divertita. «Immagino che non potrai sfuggirle ancora per molto.»
Jun si mosse nel letto in accordo ai movimenti inconsci di Sofia. «Sfuggirle? Non ho nessun problema con tua madre, sai che mi piace.»
Arianna alzò il viso per guardarlo negli occhi castani. «Ma so anche che non ti piacciono molto le riunioni di famiglia» puntualizzò con un sorriso.
«Prometto che domani la chiamerò.»
«Scommetto dieci euro che non lo farai.»
«Affare fatto.»
Jun si alzò per andare in bagno, vestito solo dei suoi orrendi boxer a fantasia floreale e dell’ennesimo, altrettanto orrendo paio di calzettoni sportivi arrotolati alle caviglie. Arianna si ripropose di farglieli scomparire, prima o poi.
«È lunedì la riunione all’asilo, vero?» Domandò lui, tornando a letto ma restando fuori dalle coperte. Sfiorò il viso di Sofia con le mani affusolate.
«Sì, lunedì mattina» sbadigliò Arianna. «Riesci ad andarci?»
«Salterò le lezioni, non voglio mancare un’altra volta: già mi immagino i pettegolezzi di quelle arpie delle altre mamme.»
«Non dovresti farti questi problemi. Loro sono le prime ad andare sole, senza i rispettivi compagni.»
«Appunto: non voglio che pensino che io sia come i loro compagni» scherzò, ma continuando a guardare Sofia in modo più serio.
Arianna decise di non infierire, lasciandogli quel momento di fierezza paterna: «E va bene, ma fammi sapere se cambi idea, così mi organizzo con il negozio. Tra poco avrai gli esami, saltare tutte queste lezioni forse non è il massimo». Si sentì in colpa per quelle parole subito dopo: Jun lavorava come commesso in un negozio di ferramenta vicino casa, ma usava buona parte dei soldi per mantenere i propri studi all’Università di Economia di Torino. Voleva assicurarsi un futuro migliore, voleva assicurarlo a Sofia. E se qualche volta saltava delle lezioni, lo faceva solo per la troppa stanchezza o per impegni che riguardavano sua figlia.
«Scusa…» mormorò Arianna, prima ancora che lui potesse avere una qualsiasi reazione. «Sai che sono solo preoccupata.»
Jun allungò una mano verso il suo capo, le accarezzò i capelli con quel fare impacciato che lo caratterizzava. «Non ce n’è bisogno, Anna.»
La notifica di un messaggio li distrasse da quel discorso. Jun si sporse verso il comodino al suo fianco e raccolse il suo telefono.
«Chi ti scrive a quest’ora?» Curiosò Arianna. «Di nuovo la Vodafone che cerca di fregarti soldi per l’ennesima volta?»
Lui non rispose, intento a scrivere qualcosa e a litigare con lo schermo touch al quale non si sarebbe mai abituato. Arianna spiò la sua espressione, insospettita.
«No, peggio…» annunciò Jun, lasciando cadere il telefono sul proprio grembo e schiarendosi la voce per fingere indifferenza. «È una ragazza.»
Arianna spalancò gli occhi. «Una ragazza?»
«Una ragazza.»
«Una… ragazza
Jun si voltò verso di lei, frustrato. «Sì, Anna, una ragazza. Hai presente?» Rispose ironicamente.
Arianna abbozzò un sorriso confuso. «Certo che ho presente, idiota. Ma da come l’hai detto non sembra una semplice ragazza. Insomma, state… state uscendo? Vi state vedendo?»
Sofia si mosse tra di loro, entrambi decisero implicitamente di abbassare la voce.
Jun tornò con lo sguardo sul televisore, si morse le labbra carnose. «Dovremmo vederci domani» disse soltanto, riservato come sempre.
«Non mi hai detto niente» fu la sola cosa che Arianna riuscì a rispondere. Era frastornata.
«Be’, non c’è ancora niente da dire.»
Qualche istante in silenzio.
«E… sì, insomma, come vi siete conosciuti? Dio, Jun, esci con una e non me lo dici!»
«Non guardarmi così! Si tratta solo di un appuntamento.»
«Un appuntamento che non hai da… anni
«Sì, grazie. Grazie per averlo specificato.»
Arianna sbatté le palpebre, in stato di shock. «Sto ancora aspettando i dettagli.»
Jun sospirò sonoramente, incrociando le braccia sul petto magro. «Cosa dovrei dirti? È una cliente del ferramenta. Abbiamo parlato, era carina e… una cosa tira l’altra. Andiamo, non devo mica spiegartele io, certe cose.»
«E domani dove andrete?» Indagò lei, insoddisfatta delle scarse informazioni ottenute. «Devo stare con Sofi?»
«Devo ancora decidere e no, non devi stare con Sofia: ci pensano i miei.»
Dopo lunghi secondi senza parole, Arianna sentì il bisogno di commentare ancora la notizia inaspettata. «Hai un appuntamento
Jun afferrò il cuscino e ci affondò il viso per nascondersi, forse pentendosi di aver aperto bocca. «Non devi andare a casa? Avanti, è tardi: domani mattina devi andare al negozio.»
«Dio, se solo non sapessi che sarebbe completamente inutile, starei qui a farti domande impiccione ancora per molto, molto tempo» rise, sbucando fuori dalle coperte e mettendosi seduta.
«Grazie al Cielo lo sai.»
«Ma non pensare che domani avrai lo stesso trattamento» lo ammonì, puntandogli un dito contro e raccogliendo la giacca dalla sedia lì accanto.
«Infatti domani conto di starti alla larga» rispose lui con ovvietà.
«E credi di poterlo fare a lungo?» Lo provocò Arianna, lasciando un leggero bacio sulla guancia di Sofia ed un bacio più divertito su quella di Jun.
«Buonanotte» la liquidò lui, fintamente infastidito.
Arianna uscì dalla stanza con ancora un sorriso sulle labbra, incapace di realizzare quella svolta nella vita di Jun. Recuperò la borsa abbandonata in cucina ed uscì dall’appartamento per dirigersi al suo, dall’altra parte del pianerottolo.
 
Messaggio inviato: ore 23.43
A: Sushi
“Un appuntamento!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!»
 
Messaggio in arrivo: ore 23.44
Da: Sushi
“Mettiti a dormire.”

 





 


Ehm... Buonasera!!
Se vi state chiedendo se io, oltre ad essere risorta dopo un tot di tempo, sia anche completamente impazzita ad uscirmene così con un'altra storia, vi posso assicurare che sì... sono completamente ed irrimediabilmente impazzita!! Non so cosa mi sia preso oggi, mi è solo tornata un'irrefrenabile voglia di scrivere e pubblicare qualcosa di nuovo! Il punto è che, come ben sapete, ultimamente sono poco affidabile per quanto riguarda i nuovi progetti, per cui niente... spero di non essermi imbarcata nell'ennesimo fallimento hhaahah
Ma risate isteriche a parte: questa storia in realtà bazzica nella mia immaginazione da qualche anno ed è un pallino fisso che ho sempre pensato di approfondire, prima o poi! L'ho ripresa in mano et voilà! Spero davvero che vi abbia incuriosito un minimo :) Prometto di impegnarmi seriamente nella sua realizzazione, per cui abbiate pietà di me nel caso di eventuali crisi esistenziali da scrittrice folle.
L'ambientazione è (per la prima volta!) tuuuutta italiana, nella mia bella Torino: nonostante ciò, saranno menzionati posti realmente esistenti e posti inventati (come la via in cui abitano i nostri protagonisti - totalmente a caso). Che ve ne pare dei personaggi? È stato un assaggino, ma di dinamiche non ne mancheranno! Per ora sono curiosa di conoscere le vostre prime impressioni :)
Dopo tutto questo tempo mi rendo conto di essere un po' arrugginita quando si tratta di scrivere spazi autrice sensati e decenti, per cui ringrazio chi avrà la voglia e la pazienza di seguirmi, vi abbraccio tutti ♥♥♥

Potete trovarmi su
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PS: se qualcuno volesse offrirsi per la realizzazione di un banner, sarebbe il TOP!

Grazie ancora!
Un bacione,
Vero.

 


       
    
  

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Capitolo 2
*** Capitolo due - Casa ***


Capitolo due - Casa
 
 

Manuele era ritto di fronte alla vetrina del negozio: il grembiule celeste legato malamente dietro la schiena e le mani callose sui fianchi larghi. Osservava i passanti al di fuori, indaffarati sul marciapiede logoro della via poco trafficata.
«Papà?» Lo chiamò Arianna, inclinando la testa e sospirando piano. In ginocchio sulla sedia dietro al bancone, era appoggiata su di esso con tutti gli avambracci.
«Papà?» Ripeté a voce più alta.
Lui si voltò per un solo istante, distrattamente. «Siediti bene, per l’amor del Cielo, o un giorno di questi ti ritroverai sul pavimento» borbottò. «Se entrasse un cliente faresti una pessima figura, per niente professionale.»
Lei sorrise, fece come le era stato detto. «Papà, non entrerà proprio nessuno se continuerai a fissare tutti in quel modo» commentò con tenerezza.
«Non li sto fissando. Sto aspettando» puntualizzò Manuele, incrociando le braccia al petto ed assumendo un’aria ancora più impaziente. La sua figura stonava con ciò che lo circondava, si ergeva imponente – ed ingombrante, come avrebbe detto la sua adorata moglie – tra gli stretti sentieri di passaggio lasciati sgombri da ceste di fiori e composizioni varie. Ognuna di esse contribuiva a regalare all’ambiente una manciata di colore, ognuna emanava una particolare fragranza dolciastra nell’aria: era l’atmosfera familiare nella quale Arianna aveva imparato a camminare e a distinguere una margherita da una gaillardia.
Arianna alzò un sopracciglio e scosse la testa. «Che ne dici di portarci avanti con il lavoro, nell’attesa?» Propose come ultima speranza. «Potremmo preparare le bomboniere per la Signora Alto.»
Manuele sbuffò sonoramente, si grattò il capo e riposò la mano tra i capelli ingrigiti. Alzò lo sguardo sull’orologio appeso ad una parete, incastrato tra mensole colme di prodotti ben assortiti, e si rivolse alla figlia. «Per te non è ora di andare?»
Arianna ci pensò su, ma era disposta a perdere qualche minuto pur di salvare la situazione. «E lasciarti qui a spaventare ogni possibile cliente?» Scherzò.
Lui si avvicinò lentamente con la fronte aggrottata: gli occhi piccoli e neri mal celavano un’inquietudine che il suo viso paffuto si ostinava a non voler mostrare. «Mi occupo di questo negozio da prima ancora che tu nascessi, sono piuttosto sicuro di poter restare solo per poche ore» le fece presente con l’ombra di un sorriso.
«Non ne dubito, è che…»
«Arianna» la interruppe Manuele, con lo stesso tono di voce che lei aveva imparato ad usare con la testarda Sofia quando voleva ammonirla.
Lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando in modo teatrale: «Sei impossibile» decretò con arrendevolezza.
«Mi vuoi bene anche per questo» le ricordò lui con aria vittoriosa. «Oggi pomeriggio badi alla piccola peste?»
Arianna appese il grembiule al suo posto e si sistemò i capelli raccolti in una coda, afferrando la giacca e la borsa. «No, ci pensano i genitori di Jun.»
«Quel povero disgraziato lavora di nuovo fino a tardi?» Indagò, sistemando una composizione sulla quale gli cadde l’attenzione.
«Tutto il contrario: oggi è in libera uscita» sorrise Arianna, raggiungendo Manuele per baciargli una guancia. Poi gli si avvicinò all’orecchio e gli confidò un segreto: «Ha un appuntamento, il povero disgraziato» sussurrò allegra. «Ma non dirlo a nessuno, sai come reagirebbe.»
Manuele strabuzzò gli occhi e spostò più volte il peso da una gamba robusta all’altra. «Ma come? Un appuntamento?» Domandò incredulo, balbettando qualcosa con la fronte corrugata.
«Esatto!»
«Con una ragazza?»
Arianna rise, divertita da quello scambio di battute, così simile a quello avvenuto tra lei e Jun solo la sera prima. «Anche io stentavo a crederci, quando me l’ha detto, ma…»
«E tu? E-e… voi?» Manuele era terribilmente confuso, lo si poteva notare dalle labbra increspate e lo sguardo accigliato. Ma a quella domanda, Arianna poté dirsi più confusa di lui.
«Noi?» Ripeté lentamente, sbattendo le palpebre.
Il padre sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Ah, lascia perdere il tuo vecchio pazzo» le consigliò, dandole un bacio. «E ora va’, o farai tardi.»
Arianna sorrise esitante ed annuì, uscendo subito dopo per raggiungere la palestra Golden Club.

 

♦♦♦

 
Serena era seduta compostamente su una delle panche, intenta a limarsi un’unghia – non che se la fosse scheggiata durante qualche esercizio, ovvio. Arianna non aveva ancora capito perché la sua amica si scomodasse a frequentare la palestra, in fondo non si era mai, nemmeno una volta, prodigata in qualcosa che somigliasse anche solo lontanamente all’attività sportiva: ogni volta che aveva provato ad indagare sull’argomento aveva ricevuto risposte vaghe ed insoddisfacenti. L’aveva conosciuta lì, in quella stessa sala da allenamento ed in quel medesimo atteggiamento imperturbabile: proprio come quel giorno di due anni fa, il corpo snello di Serena era fasciato da abiti acquistati diligentemente alla Decathlon ed i lineamenti morbidi del suo viso erano sottolineati dal trucco leggero e sempre perfetto.
Arianna era un’assidua frequentatrice della Golden Club, anche grazie al fatto che il proprietario era un grande amico di suo padre, il che le aveva concesso un certo vantaggio economico. Si esercitava più volte alla settimana, provando soddisfazione nel tenersi in forma, e Serena la accompagnava volentieri ogni volta che il suo lavoro da truccatrice glielo permetteva: le due si incontravano negli spogliatoi all’orario concordato ed il resto delle tempo trascorreva con Arianna provata dallo sforzo fisico ed imperlata di sudore, la playlist sempre discutibile della sala da allentamento e Serena – impeccabile – distrattamente ed elegantemente seduta da qualche parte, pronta a dare sostegno alla sua amica e talvolta anche a fornire consigli professionali. Arianna era convinta che, a forza di restare lì impalata ad osservare i frequentatori della palestra, Serena si stesse lentamente evolvendo in una personal trainer ad honorem.
«Hai trovato una nuova coinquilina?» Domandò Serena, distorcendo le parole con uno sbadiglio trattenuto.
Arianna terminò la prima serie di addominali prima di risponderle. Il respiro accelerato. «No, sto ancora cercando» rispose, bevendo dell’acqua per rigenerarsi. Non poteva permettersi l’appartamento in cui viveva se non aveva nessuno con cui dividere le spese: si riteneva fortunata ad avere un lavoro che poteva svolgere a casa o dovunque volesse, ma stilare piccoli articoli di pubblicità sui prodotti ed i luoghi più disparati per un’agenzia non era una garanzia certa di sostentamento. Talvolta il guadagno era notevole, altre volte era quasi nullo. Nemmeno con la parvenza di stipendio che suo padre le offriva in cambio del suo aiuto in negozio si sentiva sufficientemente al sicuro.
«Se solo la mia migliore candidata non mi avesse dato un due di picche…» sospirò con un sorriso, riprendendo a fare gli addominali.
Serena alzò gli occhi al cielo e ripose la lima nella sua borsa. «Ti ho già detto che non sono affatto tagliata per vivere con qualcun altro, ti conviene depennarmi dalla tua lista e dare un taglio netto alle tue speranze.»
«Cinica» commentò Arianna. «Una tua amica ha assoluto bisogno di aiuto e questo è il tuo atteggiamento?»
«Si dà il caso che la mia amica che ha assoluto bisogno di aiuto, avrebbe anche una conveniente soluzione a portata di mano, se si decidesse ad aprire gli occhi» le ricordò Serena, inumidendosi le labbra sottili e ben delineate. Spiccavano sensuali sulla sua carnagione lattea.
«Ehi, Ari!» Esclamò qualcuno, passando loro accanto.
Arianna si mise a sedere e riconobbe Alessandro, un compagno di università di Jun con il quale si era concessa un paio di appuntamenti in passato. Posando gli occhi sul suo fisico ben definito si complimentò mentalmente per quella soddisfacente conquista. «Ciao» lo salutò, sorridendogli con le guance arrossate. Lui le rivolse uno sguardo ammiccante prima di avvicinarsi al tapis roulant ed iniziare il proprio esercizio.
Quando Arianna si voltò verso Serena, notò i suoi occhi bruni puntati con sufficienza su Alessandro. «A quale soluzione ti stai riferendo?» Domandò, tornando al discorso che avevano dovuto interrompere.
L’amica sospirò. «Tu e Jun vivete insieme
«Non è vero» negò Arianna, quasi oltraggiata da quell’affermazione.
Serena la fulminò con lo sguardo. «Dormi anche da lui.»
«Smettila: capita solo di tanto in tanto, quando Sofia fa i capricci.»
«Ovvero cinque giorni su sette?» Ribatté l’altra con decisa ovvietà. «E poi hai fatto bene a nominare quel piccolo angioletto. Avete praticamente una figlia insieme e vivete praticamente in simbiosi: perché non sposti definitivamente le quattro cose che hai lasciato nel tuo appartamento in quello di Jun? Sono sicura che anche a lui non dispiacerebbe condividere le spese, e magari non gli dispiacerebbe nemmeno altro.»
Arianna la osservò accigliata, seriamente scioccata dall’assurdità delle sue parole. «Non so nemmeno da dove iniziare per contraddirti» decretò. «Ti sbagli su tutta la linea: io e Jun abbiamo vite separate, ed anche se spesso si incastrano per via di Sofia – sua figlia, ci tengo a ricordarti – non vuol dire che dovremmo iniziare a convivere. E se stai alludendo alla possibilità che tra noi due possa esserci qualcosa di più dell’amicizia che ci lega, sei davvero, davvero una persona superficiale.»
«Io sarei superficiale?» Ribatté Serena, incredula. «Quella superficiale sei tu, se non hai ancora realizzato in cosa siete invischiati. Superficiale e cieca.»
Arianna sbuffò, allibita dalle insinuazioni della sua amica: le probabilità che tra lei e Jun potesse esistere un qualcosa di vagamente romantico rasentavano lo zero. Il loro rapporto forse era strano da comprendere, agli occhi degli altri, e forse era anche facilmente fraintendibile, ma chi più di lei poteva essere più credibile nel delinearne la natura? Per un istante si sentì dispiaciuta nel dover incassare insinuazioni simili e le sembrò di doverlo fare per la seconda volta quel giorno: le parole e l’espressione di suoi padre in negozio, solo poche ore prima, le furono improvvisamente più chiare. «Ti prego, smettila di dire assurdità.»
Serena alzò gli occhi al cielo ed incrociò le braccia al petto, senza dare segni di nervosismo. Non le rispose, ma questo non significava che stesse dichiarando la sconfitta.
Fu Arianna a continuare la discussione dopo una manciata di secondi. «Se proprio vuoi saperlo, Jun ha un appuntamento, oggi» dichiarò compiaciuta, sperando che questo potesse dissimulare i sospetti della sua amica.
«Un appuntamento? Jun?» Ripeté Serena, sbattendo più volte le ciglia di mascara.
Arianna annuì.
«Un appuntamento con una ragazza?»
«E con chi altro?» Domandò divertita, ma anche stranita per il ripetersi nuovamente di quello scambio di battute. Se il povero Jun fosse venuto a conoscenza della reazione suscitata negli altri nell’udire quella notizia, probabilmente si sarebbe sentito mortificato. E poi si sarebbe infuriato con Arianna per aver fatto parola della sua vita privata. Lei si sentì in colpa per aver spifferato una sua confidenza per ben due volte nell’arco della giornata, formulò delle scuse mentalmente, poi cercò di rincuorarsi: Manuele era l’incarnazione della fiducia e Serena era troppo disinteressata per costituire un pericolo.
Distraendosi da quei pensieri, proseguì. «Come vedi Jun ha ben altri interessi romantici. Senza contare che sarebbe estremamente sconveniente vivere con lui e dover invitare a cena la sua fidanzata» commentò con aria saccente, sperando di aver quietato le fantasie di Serena.
Ma la sua espressione le suggerì di non esserci affatto riuscita, così, quando la sua amica aprì la bocca per ribattere qualcosa, lei la anticipò: «E comunque anche io oggi ho un appuntamento».
«Ma non mi dire!» Esclamò Serena, sorridendo raggiante ed unendo le mani in un pomposo gesto di congratulazioni. «Forse avete un appuntamento tra di voi e non ve ne siete ancora resi conto» continuò con arrendevolezza.
Arianna le lanciò addosso un asciugamano e Serena se lo levò di dosso con il disgusto dipinto sul volto. «Fai pure la spiritosa,» la scimmiottò alzandosi in piedi, «io intanto vado a definire i dettagli con il diretto interessato».
Non sapeva cosa le fosse saltato in mente e non riuscì a capacitarsene nemmeno mentre si dirigeva verso Alessandro, con gli occhi di Serena puntati scetticamente su di sé. Era qualche tempo che non si vedevano in intimità ed era stata lei stessa a porre una fine ai loro incontri, sia per mancanza di un’affinità che andasse oltre il lato fisico, sia per la faccia sempre più contrariata di Jun, al quale non piaceva affatto che lei uscisse con i suoi compagni di università. Quest’ultima motivazione intestardì Arianna: se l’avesse seguita di nuovo, avrebbe in un certo senso dato ragione alle supposizioni di Serena, mentre lei era determinata a sottolineare la propria libertà sentimentale e di pensiero, la propria indipendenza. Questo le diede una spinta in più nel fare quello che fino a pochi minuti prima non si sarebbe nemmeno sognata di fare.
Alessandro stava correndo a ritmo sostenuto sul tapis roulant: il sudore aveva iniziato ad imperlargli appena la fronte alta, i bicipiti erano ben in vista ed Arianna si sentì in qualche modo obbligata a soffermarsi brevemente anche sulle sue natiche – che erano comunque un più che piacevole ricordo. Subito dopo si armò di un certo contegno e gli sfiorò un braccio con la mano: «Ehm, Ale?».
Alessandro smise di correre e si voltò verso di lei con stupore: quando le sorrise apertamente, lei ricambiò il gesto e si inumidì le labbra.

 

♦♦♦

 
Il bagno era illuminato scarsamente dalla luce del tramonto giunto quasi al termine, Arianna era in piedi davanti allo specchio e stava ripercorrendo i propri lineamenti nella penombra. Aveva le labbra ancora arrossate dal bacio che Alessandro le aveva rubato, prima di permetterle di lasciare il letto caldo dei loro respiri. Si sentiva avvampare, ed era convinta che se solo avesse acceso la luce ne avrebbe riscontrato la prova nella sua carnagione chiara arrossata dalla passione. Gli occhi castani sembravano stanchi, appesantiti da leggere occhiaie. Si avvicinò di più allo specchio e passò il dito su un brufolo che sembrava stesse per fare capolino accanto al piccolo neo sul suo zigomo destro, poi si ravvivò i capelli biondi, stropicciati dalle mani virili che fino a poco prima vi si erano annodate.
«Arianna?» Alessandro era dall’altra parte della porta, aveva bussato debolmente. «Io devo andare, ora.»
Arianna aprì la porta e gli sorrise, annuendo: si sporse per baciargli l’angolo della bocca, posando una mano sul suo addome snello e lasciando che lui le solleticasse il collo con il naso. Quando si accorse di come quel corpo attraente stava nuovamente abbandonandosi al desiderio, si ritrasse appena, ma non per fermarlo: «Hai detto di dover andare via» gli ricordò. Per quanto fosse stato un fuori programma, non le era affatto dispiaciuto dedicarsi a lui e trarne piacere: al contrario, ad essere sincera quasi le dispiaceva non poter prolungare il loro incontro.
«Lo so, lo so» mormorò Alessandro, mordendole un labbro ed accarezzandole ancora una volta il seno. Si baciarono tra un sorriso e l’altro, inciampando mentre si dirigevano alla cieca verso la porta di casa. Prima di girare la chiave nella serratura, si assicurò di essere presentabile e che le mani avide di Alessandro non avessero scomposto il pigiama che aveva indossato alla rinfusa.
«Chiamami, quando vuoi» la invitò lui, passandosi una mano tra i capelli mori: uscì sul pianerottolo e mise le mani in tasca, guardandola in attesa di una risposta che sperava potesse dargli soddisfazione.
Arianna non sapeva se promettergli qualcosa, non sapeva se ne aveva voglia, ma mentre cercava velocemente una risposta appropriata da formulare, il suono dell’ascensore in arrivo la riscosse. Sospirò sonoramente e si massaggiò la fronte, contando i secondi che rimanevano prima di venire scoperta.
La prima cosa che udì, infatti, fu la voce stridula ed allegra di Sofia, poi dovette solo aspettare che lei e Jun comparissero sul pianerottolo e che un breve silenzio li avvolgesse. Arianna si strinse nelle spalle e sorrise nervosamente, cercando di non incontrare lo sguardo di Jun ed accogliendo tra le braccia la piccola Sofia, che era corsa verso di lei non appena l’aveva vista. «Anna, Anna!» Esclamò tra i suoi capelli, mentre lei le baciava una guancia.
Jun ed Alessandro si salutarono con la confidenza di due compagni di corso, scambiandosi brevi convenevoli. Arianna non poteva più evitare di guardare Jun, così decise di non tergiversare oltre: il suo sguardo era contrariato, stupito e ancora contrariato, ma pacato.
«Chi è lui?» Domandò Sofia innocentemente, mentre Jun le offriva una mano per attirarla a sé.
«Oh, lui… lui studia con il papà» rispose Arianna, mentre Alessandro sorrideva e si complimentava con Jun per la bellezza della bambina.
Sofia stringeva tra le mani Minou. «Ed è venuto a studiare qui?»
«Sì, oggi Arianna gli ha dato ripetizioni di biologia» intervenne Jun, rivolgendosi ai diretti interessati con uno sguardo che sua figlia era troppo piccola per comprendere.
Alessandro era visibilmente imbarazzato, all’oscuro dei retroscena tra gli altri due: prese quella battuta con leggerezza. Invece Arianna vi lesse un pizzico di malizia in più.
«Biologia? Che cos’è?» Indagò la bambina con la sua innata curiosità.
Jun la prese in braccio. «Be’, sai… Le api… I fiori…»
Alessandro si coprì un sorriso con una mano ed Arianna si sentì in dovere di intervenire, anche se Sofia ignorava il reale significato di quella risposta. «Bene, ora che è tutto chiaro…» esclamò frettolosamente, rivolgendo uno sguardo eloquente al proprio ospite.
«Sì, giusto, devo proprio scappare» disse lui, salutando Jun con una pacca sulla spalla e sporgendosi per baciare Arianna, che prontamente gli offrì una guancia.
I due lo guardarono scendere le scale in silenzio, ignorando le chiacchiere infantili di Sofia – che aveva preso a raccontare qualcosa al suo pupazzo. Poi Jun si voltò ed iniziò ad aprire la porta di casa, senza pronunciarsi oltre.
Arianna non riusciva a capire se dietro quell’apparente indifferenza ci fosse della stizza.
Fu lui a rincuorarla. «Ti sei messa quell’orrendo pigiama per scoraggiarlo dal chiamarti ancora?» Le domandò, facendola ridere e guardandola brevemente mentre Sofia gli si avvinghiava al collo.
«Beccata» rispose lei, dondolandosi sulla punta dei piedi.
«Ti aspetto per la cena» le promise Jun, entrando in casa e litigando con una scarpa che non riusciva a sfilarsi.
Arianna sorrise più tranquilla. «Le api e i fiori…» ripeté tra sé e sé, maledicendo Jun con una mezza risata.

 

♦♦♦

 
Erano quasi le nove di sera. Sofia, come spesso accadeva, si rifiutava di andare a dormire: il capriccio di quel giorno era disegnare con i nuovi pastelli che le aveva comprato nonna Eleonora, la madre adottiva di Jun. La passione che impiegava nello scegliere le tonalità giuste ed il misurato talento che mostrava nell’arte erano buoni presupposti per una base solida nel suo futuro.
Jun ed Arianna erano sdraiati sul divano, intenti a guardare distrattamente una puntata di Striscia La Notizia. Arianna aveva la testa sulla sua spalla e si sentiva combattuta: nonostante Jun fosse lo stesso di sempre, era tentata di scavare più a fondo in quella maschera imperturbabile che la lasciava interdetta. Forse era solo la propria coscienza a metterle strane idee in mente, forse a Jun interessava meno di zero che lei si fosse rivista con Alessandro. E forse era solo la sua curiosità a spingerla a credere che stesse covando emozioni nascoste, forse l’appuntamento di Jun non era stato nulla di eccezionale.
«Quanto ancora vuoi aspettare per chiedermelo?» Domandò Jun respirando piano, quasi del tutto sotto di lei.
«Cosa?» Replicò lei fingendo ingenuità.
«Lo sai bene» rispose. «Conoscendoti, credo che se non formulerai la domanda entro i prossimi quattro secondi, ti verrà un’improvvisa gastrite.»
Arianna abbozzò una risata e gli pizzicò un fianco. «Mi dipingi come la peggiore delle impiccione.»
«Perché lo sei.»
«E va bene» si arrese, non senza poter finalmente tirare un respiro di sollievo. «Com’è andato il tuo appuntamento?» Nel pronunciare quella domanda, il viso di Arianna si illuminò di una curiosa spensieratezza che avrebbe potuto farla assomigliare facilmente alla bambina di quattro anni seduta al tavolo lì accanto.
Jun si inumidì le labbra. «Bene» rispose, con una piccola scrollata di spalle.
Arianna aspettò qualche altra informazione, bramò qualche altra informazione, ma non fu accontentata.
Con una mano fece leva sull’addome di Jun, portandolo a lamentarsi, e si sollevò per poterlo guardare meglio in faccia. «Mi stuzzichi fino a farmi cedere e poi tutto quello che hai da dire è “bene”?»
Jun la guardò come se le sue accuse fossero del tutto assurde. «Non ti ho mai promesso un racconto dettagliato dell’appuntamento.»
«No, non l’hai promesso, ma…UGH!» Arianna si mise a sedere sbuffando e sfoggiando un broncio stizzito. Incrociò le braccia e fulminò Jun con lo sguardo, ma lui non sembrò vacillare: probabilmente era fin troppo allenato nel resistere a certi atteggiamenti, in fondo nessuno poteva battere Sofia in quella disciplina olimpica.
Jun non dovette chiederle di tornare con la testa sulla propria spalla, Arianna lo fece spontaneamente – non senza esibirsi in un altro sospiro. Passarono qualche secondo in silenzio, in compagnia delle chiacchiere di Ezio Greggio e di una melodia che Sofia stava intonando a bassa voce.
Arianna, al caldo contro il corpo magro di Jun, si fermò a riflettere sulle parole di Serena di quel pomeriggio. Era stata onesta nel negare qualsiasi coinvolgimento emotivo, e poteva esserlo perché conosceva bene se stessa e le proprie emozioni. Se fosse stato altrimenti, non avrebbe potuto resistere a quel momento di pacifico benessere: avrebbe dovuto risentire del profumo di Jun, di quella fragranza che inondava il bagno ed il suo corpo dopo una doccia calda. Avrebbe dovuto avere le sue labbra tanto vicine ed in qualche modo desiderarle. Avrebbe dovuto avere la mano sul suo petto e bramare di posarci anche la bocca. Avrebbe dovuto sentirsi in grado di alzare il viso e nasconderlo contro il suo collo sottile e tiepido.
Invece Arianna inspirava il profumo di Jun e si sentiva semplicemente a casa. La sua bocca, il suo petto ed il suo collo, non destavano in lei passione o desiderio: erano solo parte di quella casa, dettagli che la caratterizzavano e la facevano apparire così familiare e rassicurante.
«Non devi sentirti in imbarazzo se vuoi vederti con Alessandro» disse Jun all’improvviso, piano.
Arianna ne fu confusa, ancora rapita dai propri pensieri. «Hm?»
«Mi riferisco a prima, sul pianerottolo.»
«Ah… No, è che so che non ti fa piacere vedermi con i tuoi compagni dell’università.»
«Ti sbagli» la corresse lui, muovendosi appena sul divano. «Non mi piace quando i miei compagni di università incontrano Jun e nei loro occhi aleggia ancora la notte appena trascorsa con la vicina di Jun.»
Lei rifletté per pochi secondi su quella frase, decidendo come rispondere. «Solo per curiosità… Quella notte aleggia in senso buono o…?»
Jun la mandò a quel paese ed entrambi risero, attirando l’attenzione di Sofia. La bambina abbandonò i suoi pastelli e li raggiunse con un sorriso complice, accoccolandosi tra di loro in una posizione piuttosto scomoda, ma perfettamente in equilibrio. Jun, con il respiro mozzato dal peso di sua figlia sull’addome e di quello di Arianna sul fianco, baciò il capo di Sofia, poi fece scorrere delicatamente le dita sul braccio di Arianna: «Sei libera di fare quello che vuoi, non ti chiederei mai il contrario».
Casa.

 





 


Lo so, sono vergognosa.
Ci ho messo MESI a scrivere questo capitolo (e fino a ieri doveva essere praticamente per il 60% diverso - questo vi fa capire come io sia senza speranze). Mi dispiace davvero infinitamente avervi fatto aspettare tanto, spero che nel frattempo non vi siate dimenticate del tutto del primo capitolo e e che con questo la curiosità non sia scemata!
Che dire? Come speravo il primo capitolo ha sortito l'effetto desiderato, facendo pensare a tutti che Jun e Arianna fossero una coppia con una figlia: ebbene, cosa ne pensate ora, alla luce di questo nuovo capitolo? Come vi sembrano i due protagonisti, per quanto ancora poco si possano comprendere? Come vedete anche all'interno della storia c'è chi nutre dei sospetti sul loro rapporto, ed Arianna è costretta a rifletterci su - e a rimorchiare una vecchia fiamma pur di concedere a tutti e a se stessa una smentita. AH se penso a quello che dovrà ancora succedere!!! (PS. L'eclettica Serena non doveva esserci in questo capitolo -non doveva esserci nemmeno nella storia -, ma vi anticipo che la amo tantissimo)
Fatemi sapere, per favore, ogni vostro parere è fondamentale ♥
Vi abbraccio e vi ringrazio per tutto ♥

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Grazie ancora!
Un bacione,
Vero.

 


       
    
  

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