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Tristan non aveva
più speranze di essere salvato e non lo desiderava nemmeno.
Elijah aveva
commesso l’ultimo e più terribile abbandono, lo aveva fatto rinchiudere in una
segreta di villa Mikaelson e aveva mandato Klaus e Marcel a massacrare i membri
della Strix di New Orleans.
Lui non aveva
potuto fare niente per salvarli.
Aveva affidato con
un’ultima telefonata a Madame Angéle la protezione dell’amatissima sorella
Aurora e adesso…
Adesso poteva
anche lasciare che il suo corpo marcisse nella segreta. Il Conte De Martel non
sarebbe esistito più per nessuno.
Tristan chiuse gli
occhi, raggomitolato a terra, e la sua mente abbandonò il suo corpo per recarsi
in un mondo onirico più felice e sereno, dove tutto sarebbe andato bene.
Un
raggio del sole del mattino penetrò dalla finestra e raggiunse il volto del
giovane Conte addormentato nel suo letto. Tristan De Martel strizzò gli occhi,
quasi a volersi liberare dal raggio fastidioso, fece una smorfia, poi si voltò
dall’altra parte.
Allungò
una mano verso l’altro lato del letto, ma lo trovò freddo e vuoto.
Tristan
aprì gli occhi, sorpreso. Si guardò attorno ma, evidentemente, nella sua grande
camera da letto, addobbata da arazzi alle pareti, non c’era nessuno.
Possibile
che tutto ciò che era accaduto la notte precedente fosse stato soltanto un
sogno? Una visione onirica originata dai suoi desideri sempre più ardenti e
indecenti?
Ma
ben presto le prove concrete del fatto che non era stato tutto un sogno si
presentarono ai suoi occhi e ai suoi sensi… stranamente amplificati, come mai
prima di allora.
La
luce del sole era straordinariamente vivida, quel mattino, e gli aveva ferito
gli occhi. Adesso si stava abituando, ma non ricordava di aver mai provato
tanto fastidio davanti alla luce solare.
Provava
una fame, una fame insaziabile, ma non della solita colazione che i servitori
gli avrebbero portato non appena avesse suonato il campanello, lui desiderava…
voleva… sì, affondare i denti nella gola di qualcuno e dissetarsi con il caldo
sangue che ne sarebbe sgorgato.
Fuori
le guardie si stavano addestrando e le loro voci, il nitrito dei cavalli, le
urla, i rumori del cozzare di armi e armature, era insolitamente fastidioso.
E
poi… c’era del sangue sul letto, il bordo della coperta era macchiato e anche
il suo cuscino.
Dunque
ciò che ricordava della notte precedente era tutto vero!
Il
barbaro venuto dal nord, il tenebroso e affascinante Elijah Mikaelson, aveva
finalmente messo da parte la sua recita, buona solo per gli stolti. Lui aveva
compreso fin da subito che Elijah e la sua famiglia non erano chi dicevano di
essere, bensì dei potenti mostri, delle creature che si nutrivano di sangue
umano e che possedevano capacità straordinarie, dei vampiri.
Tristan
li aveva osservati, spiati, persino sfidati… ma ciò che aveva bramato fin dal
primo istante era stato il barbaro dai capelli scuri, la misteriosa creatura
che poteva risucchiare via la sua anima solo fissandolo con quegli occhi neri e
scintillanti.
La
notte precedente, finalmente, Elijah aveva ceduto ai suoi giochi di seduzione e
lo aveva seguito nella sua camera. Tutto ciò che Tristan aveva sognato si era
avverato durante quella notte infinita e in modo ancora più appagante e
meraviglioso di quanto avesse osato immaginare.
Elijah
lo aveva preso in giro, lo aveva irriso scherzosamente con quel suo sorriso
beffardo.
“Dunque
il piccolo e altezzoso figlio del Conte non disdegna la compagnia dei barbari
né quella dei mostri?” gli aveva detto, facendosi tanto vicino a lui da
costringerlo contro il muro. Era stato in quel momento che Tristan aveva capito
che non era lui a guidare quel gioco, che non era mai stato lui, si era
soltanto illuso di farlo. Elijah aveva compreso quello che voleva e aveva
aspettato a concederglielo, perché si tormentasse nell’attesa. Tristan avrebbe
dovuto sentirsi indignato e offeso, avrebbe dovuto punire quel barbaro
arrogante, frustarlo… ma aveva preferito lasciarlo fare, in fondo era quello e
solo quello che aveva desiderato fin da subito.
Imprigionato
tra il muro di pietra e il corpo forte e muscoloso del barbaro, Tristan aveva
sentito le ginocchia tremare, una sensazione nuova per lui: aveva avuto tanti
amanti, giovani soldati che aveva posseduto talvolta con violenza e altre volte
con maggior delicatezza, fanciulle smaniose che si erano succedute nel suo
letto… ma era sempre stato lui a dominare e non aveva mai provato altro che il
piacere più o meno intenso dell’atto sessuale.
Con
Elijah era diverso, c’era un’emozione nuova che lo divorava e non era soltanto
il desiderio, non solo la brama lussuriosa di ciò che stava per accadere.
Elijah lo metteva in soggezione e lo faceva sentire fragile e indifeso…
assurdo, lui era il figlio del Conte e quello soltanto un barbaro incivile…
eppure era così che si sentiva e la cosa peggiore era che gli piaceva sentirsi così con lui.
Elijah
lo aveva baciato, sollevandolo da terra. Aveva premuto la bocca contro la sua e
lo aveva esplorato con la lingua, dapprima esitante, poi sempre più audace e
indecente, violandogli la bocca e riempiendolo del suo sapore. Mentre lo
baciava con sempre maggior passione aveva iniziato a sfilargli i vestiti, le
sue eleganti vesti di velluto; lo aveva accarezzato a lungo con voluttà,
compiacendosi di passare le sue mani grandi e ruvide sopra la sua pelle
delicata, lungo il suo corpo flessuoso e atletico. Poi anche Elijah si era spogliato,
strappandosi le vesti di dosso, e il suo corpo mascolino e poderoso si era
incollato a quello di Tristan. Il contatto aveva accelerato i battiti del cuore
del giovane nobile e gli aveva incendiato il sangue nelle vene, tanto che aveva
dovuto sforzarsi non poco per non sospirare e gemere prima del tempo. Oh, certo
non avrebbe concesso una simile soddisfazione al barbaro che lo aveva tenuto
sulla corda tanto a lungo!
Elijah
lo aveva portato di peso sul letto e si era sdraiato su di lui, sovrastandolo
con il suo peso e continuando a baciarlo in quel modo sempre più intimo; lo
aveva accarezzato fino a fargli perdere il lume della ragione, fino a fargli
mordere il labbro inferiore per soffocare i gemiti. Poi, con una gentilezza che
Tristan non avrebbe mai sospettato in un uomo simile, gli aveva divaricato le
gambe e le aveva accarezzate a lungo prima di iniziare, lentamente, a farsi
strada nel suo corpo. Era stato paziente, delicato, attento e premuroso non
appena aveva compreso che il ragazzo, tanto insolente, spregiudicato e
arrogante, non aveva mai avuto un uomo dentro di sé. Si era mosso con lentezza,
aspettando che l’inevitabile dolore divenisse piacere, che il gemito di
Tristan, non più trattenuto, si trasformasse in un ansito di godimento, che il
giovane corpo del nobile si adattasse al suo. Poi si era spinto con più
passione, mentre Tristan si aggrappava alle sue forti spalle e cercava di
assecondare i suoi movimenti. Le ondate di piacere si erano succedute sempre
più incalzanti, i loro corpi sempre più all’unisono, con il figlio del Conte
che, in un insolito sussulto di pudore, nascondeva il volto contro il suo petto
per soffocare le grida… fino alla fine, un lungo istante di estasi assoluta
seguito da un languido calore nei loro corpi.
Erano
ancora stretti l’uno all’altro, sudati e scarmigliati, quando Elijah aveva parlato
di nuovo e questa volta il suo tono era stato grave.
“So
che non era solo questo che volevi, piccolo Conte” gli aveva detto, fissandolo
negli occhi, facendolo annegare nel suo sguardo scuro e penetrante, “ma ti
rendi conto di cosa significherà per te quello che mi chiedi?”
“Voglio
essere come te” aveva risposto Tristan, ricambiando fieramente lo sguardo,
sebbene dentro di sé si sentisse ancora tremare e fremere. “Voglio vivere per
sempre ed essere potente come te.”
“L’immortalità
non libera dal dolore, anzi, forse lo intensifica” lo aveva messo in guardia
Elijah.
“Io
sono il figlio del Conte De Martel. Con i poteri delle creature come voi, potrò
diventare invincibile e conquistare e governare tutta l’Europa” aveva
dichiarato Tristan con arroganza.
Elijah
lo aveva guardato con una strana espressione negli occhi, si sarebbe detta
forse… cosa? Preoccupazione? Tenerezza? Suvvia, non era possibile…
“Ti
trasformerò, se è ciò che vuoi, Tristan De Martel, ma poi avrai bisogno della
mia guida per imparare a gestire il tuo potere e io non lascerò che tu ne
abusi, sappilo.”
“Io
non ho bisogno della guida di nessuno!” aveva protestato Tristan, indignato, ma
subito Elijah lo aveva interrotto con un altro bacio e, poi, aveva ripreso a
parlare.
“Sono
io a crearti, perciò sarò il tuo Sire e non potrai più permetterti di
rispondermi così” gli aveva detto.
Tristan
non era riuscito a capire se stesse scherzando o meno.
Elijah
si era morso il polso e gli aveva fatto bere il suo sangue. Alcune gocce erano
cadute sulla coperta e sul cuscino, macchiandoli, come testimonianza di tutto
ciò che era accaduto in quella notte. Tristan aveva bevuto quel sangue caldo,
ostentando una sicurezza e una forza che non provava realmente e poi… e poi
c’era stata la mano di Elijah sul suo collo, un colpo secco, una torsione
improvvisa… e il buio.
Finché
non si era risvegliato quella mattina, stordito, confuso e domandandosi se non
si fosse trattato solo di un sogno, eppure le macchie di sangue sul letto e i
suoi sensi gli dicevano che tutto ciò era successo davvero.
Tristan
De Martel, adesso, era un vampiro.
Un’ombra
si mosse nella camera e il giovane si mise subito all’erta, con tutti i sensi
tesi per affrontare il pericolo… ma era soltanto Elijah, il barbaro che lo
aveva trasformato. Il suo Sire, aveva detto la notte prima.
Non crederà
davvero che mi metterò a chiamarlo Vostra Maestà, adesso, vero? Perché può
anche scordarselo fin da subito… si domandò Tristan, che ancora non aveva
capito molto sul legame di sangue e sulla trasformazione.
Elijah
aveva in volto un’espressione stanca e, pareva, addolorata.
Guardò
a lungo Tristan come se non lo avesse mai visto prima e poi si avvicinò a lui e
lo strinse tra le braccia con veemenza.
“Come
stai? Avrai bisogno di nutrirti, immagino” gli disse poi, con una premura
inaspettata che confuse ancora di più il giovane nobile. “Posso darti il mio
sangue, poi ti insegnerò io come cacciare senza uccidere le prede.”
“Senza
uccidere? E perché? Potremmo nutrirci dei servitori indisciplinati o dei
villici del paese… a cosa servono le loro vite?” replicò il ragazzo, viziato e
spocchioso come sempre.
Ma
Elijah non perse la pazienza con lui, gli accarezzò la testa e lo strinse di
nuovo a sé, prima di offrirgli il polso perché potesse nutrirsi.
“No,
Tristan, dovrai imparare ancora molto sull’essere un vampiro, ma non
preoccuparti, io sarò con te ogni momento e ti insegnerò, ti guiderò. Sei la
mia creatura e ho la responsabilità delle tue azioni” disse, e Tristan restò
sorpreso soprattutto da quel tono affettuoso che gli aveva sentito riservare
solo a fratelli e sorelle. “Guarda l’anello che ti ho messo al dito ieri notte,
dopo averti trasformato: è un anello solare che nostra madre, una potente
strega, ha realizzato anni fa per tutti noi. Ne aveva fatti qualcuno in più
perché, se lo avessimo perduto, sarebbe stata la fine: un vampiro non può
tollerare la luce del sole e morirebbe bruciato. Io ho dato a te uno dei miei,
così come Rebekah ha fatto con tua sorella Aurora.”
Tristan
si nutriva dal polso di Elijah, ma non perdeva una sola delle sue parole.
Sentiva che qualcosa era cambiato nel barbaro rispetto alla notte precedente…
ma cosa?
Dopo
che Tristan si fu nutrito, Elijah lo condusse a sedersi accanto a lui sul
letto. Continuava a guardarlo con un’espressione pensosa e quasi dolce, notò Tristan, molto sorpreso.
“Questa
notte io ho fatto una scelta molto importante, Tristan, e voglio parlartene
perché, in cambio di questa mia decisione, tu dovrai aiutarmi” gli disse.
“Io
non devo fare un bel niente, sono il
figlio del Conte e ora anche una creatura potentissima e…” iniziò con arroganza
il giovane, ma Elijah lo interruppe.
“Come
ti ho già spiegato, le cose sono cambiate e adesso sono io il tuo Sire, tu
dipendi da me e dal legame che abbiamo” mise in chiaro il vampiro Originale.
Tristan si imbronciò, ma non protestò oltre e Elijah poté proseguire. “Come
sai, io e la mia famiglia ci siamo nascosti nel vostro castello per sfuggire a
nostro padre, che ci insegue per ucciderci. Abbiamo sperato di poter vivere in
pace sotto mentite spoglie per più tempo possibile, ma poi… ci sono stati degli
imprevisti.”
Tristan
lo ascoltava in silenzio, interessato. A quanto pareva lui e quel barbaro
avevano anche altre cose in comune, oltre al legame di sangue che adesso li
univa. Elijah aveva un padre folle che voleva sterminare i suoi stessi figli,
ma anche il padre di Tristan era un tiranno crudele, che non sfogava la sua
malvagità solo contro servitori e popolani, ma anche verso i suoi stessi figli.
Aveva
cresciuto con estrema durezza Tristan, picchiandolo e frustandolo per ogni
minima debolezza fin da quando era un bambino e, con Aurora, aveva fatto anche
di peggio. Per anni l’aveva detestata e tormentata, rimproverandole di continuo
di essere l’assassina di sua madre e poi, quando da bimba si era trasformata in
una graziosa fanciulla, aveva iniziato ad abusare di lei. Tristan comprendeva
benissimo cosa significava avere per padre un mostro.
“Niklaus
e, soprattutto, Kol, si sono lasciati andare a intemperanze e massacri nei
villaggi e, così facendo, hanno attirato l’attenzione di nostro padre. Kol è
arrivato al punto di pugnalare il nostro fratello maggiore, Finn, che lo
rimproverava e cercava di tenerlo a freno” continuò a raccontare Elijah, con
amarezza. “Ho dovuto pugnalare Kol e adesso sia lui sia Finn dormono in un
sarcofago nelle segrete del vostro castello, ma ormai era tardi, il folle
Mikael era già sulle nostre tracce. Sapevamo che nel giro di due notti al
massimo sarebbe stato qui.”
“Vuoi
dirmi che presto arriverà un vampiro pazzo a devastare il nostro castello? Che
lo avete attirato su di noi?” reagì stizzito Tristan, pensando che, tutto
sommato, la sua famiglia non era poi tanto anormale se confrontata ai Mikaelson…
“No,
non verrà qui. Ho architettato un piano per salvare me e i miei familiari e, in
un primo tempo, avrebbe dovuto coinvolgere anche te e tua sorella Aurora”
rivelò Elijah.
Il
giovane nobile gli rivolse uno sguardo carico di collera ma, vedendo l’espressione
sofferente del vampiro Originale, si trattenne e decise di starlo ad ascoltare.
“Siete
stati trasformati e, senza volerlo, Niklaus ha trasformato anche il vostro
servitore Lucien. Avevo pianificato di soggiogare lui, te e Aurora, facendovi
credere di essere Niklaus, Rebekah e me” confessò. Il suo tono, adesso, era
pieno di dolore e rimorso. “Dovevo salvare la mia famiglia ad ogni costo,
capisci? Lo capisci? Tu non faresti lo stesso per tua sorella?”
“Non
posso saperlo, visto che non ho ancora compreso cosa tu abbia fatto alla mia famiglia” replicò Tristan, gelido.
“Non
ho potuto… dopo averti trasformato, stanotte, avrei dovuto anche soggiogare te
e Aurora e spingervi a fuggire insieme a Lucien, credendo di essere i Mikaelson”
riprese il vampiro. “In questo modo nostro padre avrebbe inseguito voi per
tutto il mondo e noi saremmo stati in salvo. Eppure… non ho potuto. Quando ti
ho avuto tra le mie braccia, quando ti ho posseduto e stretto a me, non sono
riuscito a sacrificarti, non ne ho avuto la forza. Questa notte, dopo che ti
sei addormentato, sono penetrato nella stanza di una coppia di nobili, dei
signorotti odiosi che avevano umiliato Rebekah e… ho trasformato e soggiogato
loro. Sono stati loro a fuggire con Lucien, credendosi i Mikaelson. Adesso
Mikael seguirà le loro tracce e noi saremo salvi, ma lo sarete anche tu e tua
sorella.”
La
rivelazione aveva colto Tristan di sorpresa. Il barbaro aveva cambiato idea,
aveva deciso di sacrificare una coppia di sconosciuti e risparmiare lui e
Aurora a causa della notte che avevano trascorso insieme… allora quella notte
aveva significato qualcosa anche per Elijah e non solo per lui!
Il
giovane figlio del Conte, però, non volle mostrare il suo turbamento e continuò
a ostentare una certa indignazione.
“Comprendo”
disse, laconico. “E, di grazia, cosa chiederesti adesso in cambio del tuo gesto
di magnanimità?”
“Soltanto
di poter restare a vivere nel vostro castello, come abbiamo fatto finora”
rispose Elijah, con gli occhi neri che fissavano ardenti Tristan e lo
incatenavano alla sua volontà, non per compulsione ma per una vera attrazione
che scorreva impetuosa tra loro. “Chiedo di non essere tradito, che tu non
riveli il nostro segreto, che adesso è comunque anche il tuo. Potrei
soggiogarti per costringerti a farlo, ma non voglio. Desidero che tu, come ho
fatto io, scelga consapevolmente di aiutare me e la mia famiglia.”
Il
sangue scorreva più veloce nelle vene del giovane, il cuore batteva come
impazzito mentre il suo viso era a pochi centimetri da quello di Elijah.
Avrebbe voluto mostrarsi superiore, distaccato. Avrebbe voluto concedere quella
grazia ai Mikaelson facendola pesare, come una concessione graziosa e
misericordiosa da parte di un sovrano… ma non poteva. Tutto ciò a cui riusciva
a pensare era che, se avesse accettato, Elijah sarebbe rimasto a vivere nel
castello accanto a lui, per sempre; che avrebbero governato assieme su
Marsiglia e magari sull’intera Francia, unendo i loro straordinari poteri. Che
sarebbe appartenuto a quell’uomo che lo affascinava e incatenava la sua anima e
il suo cuore solo con uno sguardo o con il tocco di una mano…
“E
sia, avrete la protezione dei De Martel” disse allora Tristan, cercando di
dominare l’emozione che lo stava invadendo sempre più tumultuosamente, “ma, per
farlo, prima dovremo compiere un’altra azione, un’azione che assicurerà sia a
voi che a me e a mia sorella una pace duratura e una vita serena.”
Dopo
una breve pausa ad effetto, Tristan proseguì, indurendo lo sguardo.
“Dovremo
uccidere mio padre. Il Conte De Martel è un mostro né più né meno di tuo padre,
anche lui ha fatto scempio dei suoi figli in vari modi, fin dai tempi della
fanciullezza. E finché sarà lui a governare, voi non sarete comunque al sicuro.
La mia protezione non sarà sufficiente fino a quando non sarò io l’unico e il
solo Conte De Martel.”
Leggendo
rabbia e dolore negli occhi azzurri di Tristan, Elijah comprese che anche lui
aveva sofferto molto a causa di suo padre. Non volle indagare oltre, il ragazzo
si sarebbe confidato con lui se e quando lo avesse voluto, tuttavia appoggiò il
suo piano omicida.
“Avrai
il mio aiuto e il mio appoggio” promise. “Ma, dopo questo, non ci saranno altri
delitti. Come ti ho già detto, dovrò educarti e addestrarti a usare il tuo
nuovo potere nel giusto modo, senza abusarne e senza compiacersene. Non voglio
creare un nuovo Kol…”
Il
cuore di Tristan batté ancora più veloce. In qualche misterioso modo, l’idea di
lasciarsi addestrare e guidare dall’affascinante barbaro lo seduceva, lo
eccitava.
“Non
sarò come quel volgare assassino” ribatté, con una smorfietta disgustata sul
volto. “Stai parlando con un nobile, non con un villico qualunque…”
Il
fare altezzoso di Tristan accese la brama di Elijah, che sentì un fuoco
ardergli dentro fino a consumarlo.
“Oh,
ma a quanto pare il piccolo nobile non disdegna una certa intimità con i
barbari” disse, con voce roca.
Afferrò
Tristan per le braccia e lo rovesciò sul letto, sovrastandolo col suo corpo e
strappandogli l’elegante veste da camera. Quando i morbidi tessuti di velluto
furono a terra, anche Elijah si denudò e incollò il suo corpo poderoso a quello
liscio e atletico del ragazzo. La sua bocca famelica trovò quella di lui e la
divorò con baci sempre più profondi e intimi, mentre ogni fibra del suo essere bramava
una fusione totale. Tristan accolse con passione e desiderio i baci di Elijah
che si facevano ad ogni istante più intensi, fremette sentendo la bocca di lui
dappertutto, le carezze più audaci e indecenti. Il suo gemito quando il suo
Sire lo penetrò con vigore divenne un grido liberatorio e il figlio del Conte
assecondò le spinte frenetiche e impetuose di Elijah fino ad annullarsi
totalmente in lui in un’estasi di assoluto piacere.
Questo
primo amplesso impetuoso non bastò, tuttavia, a soddisfare il desiderio di
entrambi. Dopo qualche momento per riprendere fiato, con i corpi nudi ancora
allacciati, Elijah riprese a baciare Tristan, dapprima con lentezza e poi con
sempre maggior intensità. Ancora una volta fu su di lui, ancora una volta si
fece largo nel suo corpo flessuoso e levigato, ma con minore foga, con minor
impeto, cercando, questa volta, di prolungare al massimo il piacere e godendo
di ogni singolo istante, fino a perdersi con lui in un oceano di passione.
Finalmente
appagati e sazi l’uno dell’altro, i due amanti poterono stringersi in un
abbraccio caldo e confortevole e, mentre Tristan ansimava ancora, disfatto e
vinto, sul petto del suo Sire, Elijah gli accarezzava i riccioli umidi di
sudore, chiedendosi come potesse essere avvenuto un simile fatto, cosa avesse
di speciale quel ragazzo arrogante e altezzoso per farlo sentire così sereno
accanto a lui. Non aveva più provato una tale pace da quando era diventato
vampiro e adesso, con Tristan tra le braccia, un languore dolcissimo vinceva le
sue membra e placava il suo cuore tempestoso.
Aveva
compiuto la scelta giusta, per la sua famiglia e per se stesso. Mikael avrebbe
dato la caccia a due nobili spocchiosi e a un servo traditore, mentre lui,
Niklaus e Rebekah avrebbero goduto dei privilegi della vita alla Corte di
Marsiglia. E lui, Elijah, sarebbe stato al fianco del suo giovane amante,
guidandolo a diventare una creatura superiore, un vampiro illuminato…
Tristan
poteva percepire i pensieri e i sentimenti del suo Creatore e sentiva il cuore
riempirsi di una gioia mai conosciuta in passato. Quel barbaro era arrivato
alla sua Corte per stravolgergli la vita, ma adesso comprendeva di non aver mai
realmente vissuto prima di conoscerlo, prima di essere da lui trasformato,
prima di diventare la sua creatura e il suo amante. Nemmeno la prospettiva di
liberarsi del padre folle e crudele, nemmeno la consapevolezza del potere e
della grandezza che avrebbe raggiunto potevano uguagliare la completa serenità
che provava nel trovarsi tra le braccia forti e sicure di Elijah.
Non
lo avrebbe mai ammesso, ma tutto ciò che davvero bramava era lì nel letto
insieme a lui. Appartenere a Elijah era diventato in poco tempo lo scopo ultimo
della sua intera esistenza.
Tristan
si era appostato dietro la porta della stanza di Aurora e attendeva il padre
che, come quasi tutte le notti, sarebbe giunto ubriaco per abusare turpemente
della figlia.
Questa
volta, però, le cose sarebbero andate in modo ben diverso: Aurora era al sicuro
nella camera di Rebekah, sotto la sua protezione, mentre il Conte si sarebbe
trovato davanti il figlio pronto a vendicare l’onore della sorella e tutte le
sofferenze patite per anni da entrambi.
Quando
l’uomo entrò nella camera in penombra, sulle prime, ancora stordito per le
tante coppe di vino bevute, rimase spiazzato nel trovarsi davanti Tristan e,
per qualche istante, pensò addirittura di aver sbagliato stanza. In breve
tempo, però, la collera fece dissolvere i fumi dell’alcool e un sorriso perfido
si dipinse sulle sue labbra.
“Oh,
ecco quel fallito di mio figlio. Hai forse smarrito la strada verso le tue
stanze?” lo irrise.
“Attendevo
voi, padre” rispose Tristan, gelido. “Non avete più diritto di me di trovarvi
qui, ma la mia motivazione è di certo più nobile della vostra. Per troppi anni
io e mia sorella abbiamo subito la vostra follia e adesso pagherete per tutto
ciò che ci avete fatto.”
“E
chi me la farà pagare, tu, forse?” sghignazzò il Conte, sfoderando la spada.
“Sei sempre stato un incapace e non mi fai paura. Vuoi batterti con me? Allora
fatti avanti, codardo!”
“Non
mi sporcherò le mani con il vostro sangue maledetto” replicò il giovane.
Con
la rapidità e la forza che i suoi nuovi poteri di vampiro gli conferivano, Tristan
afferrò l’indegno padre, lo sbatté contro un muro e, con un movimento fulmineo,
gli spezzò il collo.
Il
cadavere dell’uomo ricadde a terra e Tristan gli rivolse uno sguardo
sprezzante, per poi volgersi verso l’interno della stanza. Elijah uscì dall’ombra
e si avvicinò a lui.
“Se
vuoi, puoi dire a tuo fratello e a tua sorella di nutrirsi del suo sangue prima
di sbarazzarci di questo fetido cadavere” disse, imperturbabile. “Io mi nutrirò
altrimenti. Non voglio più che il sangue corrotto di questo mostro scorra nel
mio corpo.”
“Lo
riferirò a Niklaus e Rebekah” replicò Elijah. “Tuttavia, Tristan, anche se non
vorrai nutrirti di lui… beh, non potrai evitare che il suo sangue scorra anche
nelle tue vene. Dopotutto sei suo figlio.”
Tristan
scosse con decisione il capo e si avvicinò a Elijah, fissandolo negli occhi.
Quello sguardo che, fino a pochi attimi prima, era implacabile e freddo come il
ghiaccio, adesso pareva quasi timido e insicuro.
“No,
non voglio più pensare a me come al figlio di quel mostro” disse, deciso. “Hai
detto che tu mi hai trasformato con il tuo sangue, che un legame ci unisce, che
d’ora in poi mi guiderai e mi addestrerai a diventare un vampiro… Ecco, è questo che voglio. Voglio essere la tua
creatura, nata grazie a te, educata da te e… legata a te per sempre.”
Le
parole appassionate di Tristan colpirono Elijah fino in fondo al cuore.
“Sei
certo di quello che dici? Tristan, io…”
“Ovviamente
resterò il Conte De Martel, anzi, adesso sarò io a governare questa Corte. Ma
non voglio mai più considerarmi figlio di quell’uomo infame. Sono una creatura
diversa adesso, la tua creatura. E la
prima cosa che farò, con il privilegio che mi conferisce il mio appena
acquisito titolo di Conte, sarà quello di elevare a un rango nobiliare te e la
tua famiglia, così che tu potrai governare al mio fianco” riprese Tristan.
Sentiva un insolito turbamento agitargli l’animo mentre parlava così, ma voleva
spiegarsi con Elijah… finché era ancora in grado di farlo, ipnotizzato com’era
dalle iridi scure di lui. “Insieme domineremo su Marsiglia e non solo, io sono
certo che, con il tuo aiuto e il tuo consiglio, presto potremo governare
l’intera Francia e…”
Elijah
non lo lasciò terminare. Con un braccio lo allacciò alla vita e lo attirò a sé,
premendo la bocca su quella di lui. Lo baciò con intensità, lungamente e
profondamente, perdendosi nel suo sapore e nel suo respiro tiepido. Continuando
a baciarlo, lo sollevò tra le braccia e lo condusse sul letto di Aurora, dove
lo depose, baciandolo e accarezzandolo mentre lo spogliava e si liberava delle
proprie vesti. Quando furono entrambi completamente nudi, fece aderire il suo
corpo a quello del giovane, bramando un contatto sempre più intimo e godendo
del tepore della sua pelle. Si insinuò delicatamente dentro di lui, iniziando
poi a muoversi con spinte lente e profonde, portando Tristan a seguire i propri
movimenti, volendo prolungare il piacere il più a lungo possibile. I gemiti e
gli ansiti dei due amanti si confusero in uno solo, mentre insieme giungevano
alla totalità dell’estasi, perdendosi l’uno nell’altro come frammenti di
infinito che diventavano una sola essenza. Il Creatore e la sua creatura erano
adesso un unico fremito di vita e di passione e non desideravano nient’altro,
l’universo attorno a loro sbiadiva e scompariva davanti all’ardore della loro
unione.
Dopo
l’amore, rimasero allacciati l’uno all’altro, mentre Elijah gli accarezzava i
capelli e lo baciava sulla fronte e sulle guance.
“Nessuno
si nutrirà del sangue di tuo padre, Tristan” gli disse, dopo un lungo istante
di riflessione. “Questo alimenterebbe i sospetti che già esistono sulla mia
famiglia. Ritengo che la cosa migliore da fare sia deporre il cadavere ai piedi
dello scalone principale, così che siano le guardie a trovarlo. Penseranno che
sia caduto accidentalmente e si sia spezzato il collo. Tuo padre era ubriaco,
non è così?”
“Sì,
lo era” rispose Tristan e un lampo d’ira gli attraversò lo sguardo. “Si
ubriacava quasi tutte le notti e poi entrava in camera di mia sorella e…”
Elijah
lo strinse più forte a sé.
“Non
potrà più farle del male, adesso. Sai, posso comprendere benissimo la tua
collera. Nostro padre è un mostro che vuole la morte dei suoi figli, ma non ha
mai tentato di fare qualcosa di simile a Rebekah. Se solo si fosse avvicinato a
lei con quelle intenzioni io e Niklaus lo avremmo fatto a pezzi già da molto
tempo!”
Le
parole del suo Sire calmarono il giovane Conte. Era così rassicurante sentirsi
compreso e accettato, avere qualcuno accanto che lo appoggiava. Per anni si era
dovuto imporre di essere forte, di non mostrare la minima fragilità, aveva
cercato di proteggere Aurora e di confortarla senza pensare al proprio dolore,
non poteva permetterselo… ma, in fondo, anche lui era solo un ragazzo. Ora
sarebbe stato tutto diverso: lui non era più fragile, era un vampiro
potentissimo e al suo fianco c’era Elijah ad indicargli la giusta strada e a
sostenerlo nei momenti difficili.
“Allora
dovremo mettere il cadavere in fondo allo scalone” disse, approvando il piano
del suo Sire. “Nei prossimi giorni farò organizzare un funerale solenne,
inviterò tutte le più alte cariche per rendere omaggio alla sua salma. Quel
mostro non merita nulla del genere, ma è ciò che ci si attende alla morte di un
nobile…”
Due
giorni dopo, il Conte e la Contessa De Martel presenziavano alle esequie del
padre, ostentando un dolore che erano ben lontani dal provare. La salma era
rimasta esposta perché nobili e popolani potessero renderle omaggio e c’era
stata una fila lunghissima di persone, ma nessuno era veramente affranto per la
perdita di quel nobile malvagio e corrotto. La sua crudeltà con i servitori e
con la gente del popolo era ben nota, ma anche tra le famiglie aristocratiche
il Conte De Martel era considerato un uomo meschino e perverso. Aveva più volte
umiliato pubblicamente i nobili di rango inferiore al suo, aveva insidiato le
mogli dei suoi vassalli e spesso si era adoperato per far cadere in disgrazia
chi avrebbe potuto offuscare il suo potere. A Marsiglia la morte del Conte era
stata accolta con sollievo, sebbene si temesse che il figlio Tristan avrebbe
potuto ricalcare le orme del perfido padre.
Il
funerale fu seguito da un banchetto al quale parteciparono tutte le famiglie
più in vista di Marsiglia, in onore del nuovo Conte De Martel. In molti si
stupirono quando videro che Tristan aveva riservato i posti d’onore al suo
fianco a Elijah, Klaus e Rebekah: essi sedevano alla destra del nuovo Conte
mentre la Contessa stava alla sua sinistra.
“Signori,
come nuovo Conte De Martel vi porgo i miei più sentiti ringraziamenti per aver
partecipato alle esequie del mio signor padre” disse il giovane, rivolgendosi
ai suoi ospiti. “Immagino che molti di voi si staranno chiedendo per quale
motivo i posti d’onore siano riservati a una famiglia che non conoscete.
Ebbene, sappiate che il mio primo atto quale nuovo Conte sarà quello di
conferire il titolo di Barone a Elijah e Niklaus Mikaelson e di Baronessa alla
loro sorella Rebekah.”
Un
coro di mormorii accolse le parole di Tristan, mentre perfino i Mikaelson
apparivano sorpresi da quell’inaspettato annuncio.
“Il
mio signor padre ha governato questa Corte in modo tirannico, non c’è motivo di
nasconderlo, ma è mia intenzione mutare in meglio le cose e in questo sarò
aiutato dal consiglio e dall’appoggio dei Baroni Mikaelson” riprese Tristan,
ignorando gli sguardi ostili dei nobili più in vista che non accettavano di
essere scavalcati da degli sconosciuti. Tuttavia la decisione del nuovo Conte
non poteva essere messa in discussione e, seppur di malavoglia, l’aristocrazia
marsigliese dovette accettare l’affronto.
“Per
dare inizio al nuovo corso del mio governo, domani stesso io, la Contessa mia
sorella e i Baroni Mikaelson sfileremo in corteo per le strade della città, per
farci conoscere dai nostri sudditi” annunciò Tristan, sconvolgendo ancora di
più gli altezzosi ospiti. “Sappiate che molte cose cambieranno: in questa Corte
la nobiltà di sangue sarà considerata soltanto se accompagnata da cultura,
eleganza e lungimiranza ed è per questo motivo che ho elevato ad un rango
nobiliare i Baroni Mikaelson.”
Tristan
fece scorrere lentamente lo sguardo su tutti i presenti e poi riprese a
parlare.
“I
miei consiglieri dovranno essere persone superiori, raffinate e illuminate e
questa Corte dovrà distinguersi in tutta Europa per eleganza e cultura. Questa
sarà la nuova linea del governo dei De Martel.”
Gli
aristocratici presenti al banchetto reagirono in diversi modi: alcuni erano
scandalizzati e indignati mentre altri si sentivano compiaciuti, ritenendo di
avere la giusta dose di classe, finezza e ambizione che il Conte auspicava per
i suoi più fedeli cortigiani. Tristan incontrò lo sguardo di Elijah che gli
sorrise, evidentemente orgoglioso delle scelte che stava compiendo.
Quella
notte, mentre erano stretti l’uno all’altro nel letto del giovane Conte, Elijah
lo baciò a lungo e lo guardò con affetto e ammirazione, come non aveva mai
fatto prima.
“Sono
veramente fiero di te, Tristan” gli disse. “Ogni giorno di più riconosco in te
il vampiro signorile, colto ed equilibrato che sapevo potevi diventare; ogni
giorno di più ti sento come la mia creatura…”
Il
cuore di Tristan pareva impazzito, palpitava freneticamente per la gioia di
vedere tutti i suoi desideri realizzarsi l’uno dopo l’altro: era diventato il
Conte De Martel, liberandosi del crudele padre, e adesso aveva conquistato non
solo l’amore, ma anche la stima e il rispetto di Elijah.
“E
io sono lieto di poter condividere con te il governo di questa Corte, che sotto
la nostra guida diventerà prestigiosa, raffinata e elitaria, un faro che
illumini le altre Corti europee e una meta ambita per i migliori intellettuali
e artisti” mormorò il giovane Conte, con gli occhi azzurri che splendevano
scintillanti.
E di essere la tua
creatura, di appartenere a te solo, adesso e per sempre, pensò senza osare
dirlo.
Poi
si perse tra le braccia del suo Sire, nei suoi baci e nelle sue carezze, donandogli
totalmente il suo corpo per essere veramente un’unica cosa con lui, respirando
il suo respiro e giungendo alla vetta del piacere, finalmente sereno,
pacificato, consapevole di possedere tutto ciò che aveva sempre bramato e
ancora di più.
La
vita insieme a Elijah sarebbe stata un susseguirsi di giorni perfetti e
incantevoli.
La
sfilata del Conte e della Contessa De Martel, accompagnati dai Baroni
Mikaelson, per le strade di Marsiglia fu un trionfo. La gente, che pur
conosceva le intemperanze del giovane Tristan, era comunque felice per la
scomparsa del crudele Conte e sperava che il governo del figlio sarebbe stato
più saggio e benevolo.
I
nobili avevano criticato moltissimo la scelta di Tristan di farsi vedere dal
popolino, ma il ragazzo aveva fatto di testa sua e pareva aver avuto ragione.
La maggioranza della popolazione si era riunita per le strade dove sfilava il
corteo e applaudiva, lanciava fiori ed esultava al passaggio dei nuovi
governanti. Anche la presenza di Aurora e Rebekah, bellissime e con radiosi
sorrisi dipinti sul volto, contribuiva a rassicurare la gente che vedeva le due
nobildonne come angeli che non avrebbero mai potuto fare del male a nessuno.
Il
corteo, dunque, fu un vero successo, tanto che Tristan e Aurora poterono
addirittura fermare le loro cavalcature al centro della piazza principale e
scendere da cavallo per parlare direttamente con il popolo. Le guardie si
misero subito all’erta, ma non ci fu bisogno del loro intervento. Le persone si
disposero spontaneamente in cerchio attorno al Conte e alla Contessa e
ascoltarono incantati ciò che Tristan aveva da dire.
“Miei
sudditi, io e mia sorella, la Contessa Aurora, vogliamo salutarvi e annunciarvi
che, da oggi in poi, il governo della Corte di Marsiglia sarà nelle nostre
mani” dichiarò, con gli occhi scintillanti di fierezza. “Sarà un governo
illuminato, che farà della nostra Corte la più ricca, colta e raffinata di
tutta Europa.”
Alla
fine del discorso, Tristan chinò leggermente la testa in segno di saluto ai
suoi sudditi e Aurora fece un graziosissimo inchino. La popolazione esplose in
nuovi applausi e grida di giubilo e, alla fine di tutto, i Conti De Martel e i
Mikaelson ritornarono al castello molto soddisfatti.
Ma
qualche abitante del villaggio vicino non si era lasciato affascinare dalle
parole e dall’eleganza dei nuovi governanti. Maurice e un suo amico, Philippe,
vivevano in uno dei piccoli paesi in cui Kol e Klaus avevano mietuto il maggior
numero di vittime ed entrambi avevano perso moglie e figlie a causa dei
vampiri.
Erano
convinti che i Mikaelson fossero dei mostri e che anche il Conte De Martel
fosse come loro, o comunque che li proteggesse, e volevano vendicarsi.
Il
giorno dopo, Elijah e Tristan erano andati nel bosco, senza le guardie del
corpo del Conte, completamente soli in una radura. Tristan era molto abile con le
armi, ma aveva chiesto a Elijah di addestrarlo anche nel combattimento corpo a
corpo. Il vampiro Originale e la sua creatura, dunque, si stavano affrontando
ed Elijah insegnava a Tristan come sorprendere l’avversario, parare qualsiasi
colpo, essere più veloce e astuto di chiunque.
Ogni
tanto qualcuno di quegli assalti finiva in un abbraccio e un bacio
appassionato, ai quali Tristan si sottraeva ridendo.
“Non
sei molto professionale, maestro” diceva, prendendo affettuosamente in giro
Elijah, ma il suo cuore rideva come la sua bocca e lui si sentiva perfettamente
felice.
Ad
un certo punto, però, Maurice e Philippe sbucarono dalla foresta nella radura,
con espressioni truci sul volto e armati di bastoni, forconi e zappe.
“Che
cosa volete?” chiese loro Tristan, indignato.
“Che
cosa vogliamo? E’ molto semplice, principino” ringhiò Maurice, avanzando verso
i due con il forcone puntato contro il Conte De Martel. “Vogliamo vendicarci.”
“Vendicarvi
di cosa?”
“Di
ciò che i mostri che ospitate hanno fatto alle nostre mogli e alle nostre
figlie!” rispose l’uomo, sputando per terra e rivolgendo a Tristan e Elijah uno
sguardo colmo di odio e disgusto.
“Non
osare avvicinarti al tuo signore o al Barone Mikaelson, villico!” ordinò
Tristan, con un lampo di collera negli occhi.
La
sfida di Tristan, però, servì soltanto a far infuriare ancora di più i due
uomini.
“Il
mio signore? Il Barone Mikaelson?” sghignazzò Philippe. “Sei ancora più pazzo
di quel pazzo di tuo padre se hai concesso un titolo nobiliare a quella
famiglia di mostri, a quelle creature abominevoli che si nutrono delle nostre
mogli e dei nostri figli!”
“Come
ti permetti, bifolco? Ti farò pentire amaramente delle tue parole!” reagì il
giovane Conte.
Maurice,
in preda alla collera, raccolse da terra un sasso e lo lanciò contro di lui.
Tristan, con la sua velocità, avrebbe potuto scansarlo facilmente, ma lasciò
che la pietra gli sfiorasse il volto, procurandogli un taglio sulla guancia che
si rimarginò immediatamente.
“Cosa…
il sasso ti ha colpito, ma la ferita si è richiusa da sola?” esclamò Philippe.
“Ma
certo, perché anche lui è un mostro come il suo amico!” disse Maurice al
compagno. “Massacriamoli entrambi, avanti, cosa aspettiamo? Sono demoni,
creature dell’Inferno, rimandiamoli dove devono stare!”
I
due si fecero avanti brandendo le loro rozze armi. Tristan aspettava solo quel
momento per poter sfogare su di loro la sua indignazione e, con un sorriso di
trionfo sulle labbra, si preparò all’attacco. Elijah, però, lo fermò
afferrandolo per un braccio.
“Aspetta,
Tristan, non dare loro ciò che vogliono. Noi non siamo mostri e non dobbiamo
comportarci come tali” gli disse. Poi si rivolse ai due uomini. “Andatevene e
lasciateci in pace. Nessuno di noi ha fatto del male alle vostre famiglie e non
vogliamo fare del male a voi. Tornate alle vostre case e dimenticheremo questo
spiacevole incidente.”
“Ma
lo senti come parla questo? Ci prende in giro!”
“Facciamoli
a pezzi tutti e due e il mondo sarà un posto migliore!”
“Non
vogliamo uccidervi, ma ci difenderemo, se sarà necessario” li mise in guardia
Elijah, per l’ultima volta.
Per
tutta risposta, Philippe scagliò il bastone contro di lui, colpendolo ad una
gamba. Maurice, invece, aveva quasi raggiunto Tristan con un colpo di forcone.
Non
era più il caso di temporeggiare. Elijah e Tristan si scagliarono sui due
uomini e il vampiro Originale spezzò il collo a Philippe, mentre il giovane
Conte azzannava Maurice alla gola e si nutriva avidamente del suo sangue.
“Sarai
tu a finire all’Inferno, villico!” rise Tristan, con le labbra sporche del
sangue dell’uomo. Ma Elijah non voleva questa violenza, gli strappò la vittima
dalle braccia e spezzò il collo anche a Maurice, uccidendolo.
“Perché
lo hai fatto?” reagì Tristan, indignato. “Sono stati loro ad aggredirci e a
insultarci! Avresti dovuto lasciar fare a me: ci saremmo nutriti di loro e poi
li avrei torturati fino a costringerli a chiederci perdono in ginocchio per la
loro audacia. Solo dopo averli visti in ginocchio, piegati e straziati, avrei
concesso loro la grazia di una morte misericordiosa. Non meritavano la tua pietà!”
Elijah
si chinò a terra, strappò un lembo della camicia di uno dei due cadaveri, poi
si avvicinò a Tristan e gli ripulì le labbra dal sangue. Prese con dolce
fermezza il giovane per le spalle e lo fissò negli occhi mentre gli parlava con
grande serietà.
“Non
è stata pietà, la mia. Non mi importava di loro, è di te che mi importa.”
“Che
dici? Non capisco…”
“L’ho
fatto per due motivi: proteggere te e la mia famiglia e non permettere che ti
abbassassi al livello del mostro che loro ti accusavano di essere” spiegò
Elijah, in tono grave.
“Mi
avevano infamato e hanno tentato di colpirmi, meritavano di soffrire!” replicò
Tristan, ancora profondamente offeso.
“Ho
rinchiuso Kol in un sarcofago nelle segrete del tuo castello per impedirgli di
sfogarsi come una bestia nei villaggi. I suoi massacri avrebbero potuto
richiamare l’attenzione di qualcuno e saremmo stati tutti in pericolo” riprese
il vampiro, calmo. “Non potevo lasciare che tu facessi lo stesso. Così, invece,
sembrerà che quei due siano stati attaccati da qualche animale feroce nella
foresta… anzi, probabilmente lupi e cani selvatici faranno il lavoro per noi,
sbranando i corpi. Adesso siamo i governanti di questa Corte, ricordi? Non
dobbiamo rischiare che qualcuno scopra la nostra vera natura e ci creda dei
mostri perché non è questo che siamo: noi siamo creature superiori che
renderanno la Corte di Marsiglia un luogo privilegiato e un esempio per l’Europa
intera. Non è questo che hai detto ai tuoi sudditi?”
Tristan
non disse niente, soggiogato dalle parole del suo Sire e dal suo sguardo che lo
faceva sentire amato, accettato e protetto. Non aveva mai provato una sensazione
così dolce e intensa…
“E,
siccome siamo entrambe creature superiori, noi non aggrediamo la gente, non
uccidiamo, non ci nutriamo come bestie” proseguì Elijah, mentre le sue mani scendevano
lungo le braccia di Tristan e andavano ad allacciarsi sulla sua schiena. “Dobbiamo
bere sangue umano per sopravvivere e mantenere le forze, ma possiamo farlo
senza togliere la vita a nessuno e tu lo sai bene. Non è così, Tristan? Non
avrei mai permesso che tu ti comportassi da animale, come faceva Kol: tu sei un
nobile, sei la mia creatura, sei un giovane dalle enormi potenzialità. E’
questo ciò che voglio per te.”
Nessuno
aveva mai parlato così a Tristan, nessuno aveva mai creduto in lui.
Per
la prima volta il giovane Conte si sentiva totalmente accolto e amato… e
proprio da colui che rappresentava tutto il suo universo. Il suo Sire, il suo
mentore, il suo amante.
Quando
Elijah lo strinse a sé per baciarlo, Tristan dischiuse le labbra concedendo
tutto se stesso a quel bacio che lo riempiva di forza ed energia, molto più di
quanto avesse fatto il sangue dell’uomo poco prima. Perduto nella felicità e
nella completezza che provava tra le braccia del suo Sire, lasciò che Elijah lo
spingesse contro un albero, sollevandolo da terra. Si avvinghiò alle spalle
possenti del vampiro Originale mentre i loro abiti scivolavano a terra e i loro
corpi si cercavano, frementi. Il ventre di Tristan si mosse verso quello di
Elijah e l’uomo gli divaricò le gambe e si insinuò tra le sue cosce, sentendosi
accolto e accettato dalla sua carne più intima. Si seppellì dentro di lui e si
spinse sempre più a fondo, mentre i loro ansiti e gemiti riempivano il bosco,
finché entrambi non giunsero all’apice, in un lungo spasimo di voluttà.
Elijah,
poi, baciò a lungo e dolcemente Tristan, accarezzandogli la schiena. Si rivestì
e aiutò il giovane Conte a fare lo stesso, con una tenera premura che riempì il
cuore di entrambi. Gli accarezzò il volto sudato, le guance piene e arrossate,
i capelli scompigliati.
“Tutto
quello che hai annunciato al tuo popolo si avvererà, Tristan” gli disse,
sfiorandogli le labbra con le sue. “Sarai un governante illuminato e la Corte
di Marsiglia diverrà il luogo di ritrovo dei più grandi artisti e intellettuali…
e io sarò al tuo fianco e mi renderai ogni giorno più orgoglioso e fiero di
averti come compagno.”
Tristan
era sopraffatto dal turbamento e dall’amore che provava sempre più ardentemente
per Elijah. Nascose il viso contro il petto del suo amante, per un sussulto di
pudore, per non mostrargli quanto fosse turbato dalle sue parole, e un lungo
abbraccio li unì, concludendo nella maniera più perfetta quella giornata che
aveva visto tanti accadimenti ed emozioni.
Niente
poteva scalfire la gioia di Tristan De Martel quando si trovava tra le braccia
del suo Sire.
La
voce che la Corte di Marsiglia accoglieva e patrocinava artisti, intellettuali
e poeti si era diffusa per tutta la Francia e oltre e molti accorrevano al
castello del Conte De Martel, sperando di ottenere favori e privilegi grazie
alla propria arte.
Al
banchetto di quella sera, Tristan si avvicinò ad Elijah con il volto arrossato
dall’emozione e gli occhi brillanti.
“Hai
visto? Alla nostra tavola siedono i più grandi e famosi intellettuali e artisti
della Francia, questa sera” mormorò, pieno di orgoglio. “Una tale magnificenza
non si trova nemmeno nella Corte reale!”
“Hai
ragione, ma è tutto merito tuo” sorrise Elijah di rimando. “Sei stato tu a
trasformare questa Corte. Sotto la guida di tuo padre era un covo di intrighi e
malvagità mentre adesso sta diventando un modello per tutta l’Europa.”
Tristan
arrossì.
“E’
stato anche grazie ai tuoi consigli, ma sono lieto che non ami ricordarmelo”
ammise. “Comunque la Corte di Marsiglia è anche tua, lo sai, la stiamo
governando insieme.”
Elijah
gli circondò le spalle con un braccio e lo strinse per un istante a sé. Avrebbe
desiderato baciarlo, ma sapeva bene di non poterlo fare davanti a tutti.
Avrebbe dovuto trattenersi fino a quella notte, nell’intimità della loro
camera…
“Tuo
fratello Niklaus non sembra molto a suo agio” disse poi Tristan, con un mezzo
sorriso. “Gli artisti lo infastidiscono?”
“Oh,
no, anzi, so che sarebbe suo desiderio dedicarsi alla pittura” rispose il
vampiro Originale. “Il problema non sono gli artisti, temo che sia quel poeta
che non ha fatto che declamare versi in onore di Rebekah. Spero vivamente che
Niklaus si terrà a freno e non gli spezzerà il collo…”
“Posso
comprendere la sua gelosia e il suo istinto di protezione verso la sorella
minore” replicò Tristan. “Anch’io, per anni, ho cercato di difendere Aurora da
damerini e bifolchi che le si avvicinavano per un unico scopo… adesso, però,
non mi dispiace vedere quel pittore chiaramente affascinato da lei. Dice di
volerle fare un ritratto… se avesse intenzioni serie e se anche lei provasse
affetto per lui, potrei anche conferirgli un titolo nobiliare e concedergli la
mano di mia sorella.”
“Purtroppo
Niklaus non possiede la tua lungimiranza, pertanto sarà mia cura tenerlo
d’occhio” disse Elijah, con un sorriso beffardo.
Al
banchetto seguì uno sfarzoso ricevimento e tutti parteciparono con grande
entusiasmo: ci furono musica, danze, i poeti declamarono i loro versi alle dame
più belle della Corte e il castello parve splendere come mai era avvenuto
prima. Elijah continuava a osservare attentamente le mosse di Klaus, che invece
non si divertiva affatto e aveva molestato per tutta la serata con battute
maligne e scherni il giovane poeta che aveva osato avvicinarsi troppo a
Rebekah. Elijah si augurava che il malcontento del fratello si limitasse a
scherzi e battute, ma non distoglieva lo sguardo da lui.
Le
cose stavano andando così bene e lui non avrebbe permesso che la solita,
morbosa gelosia di Niklaus rovinasse tutto…
Al
termine del ricevimento, Elijah e Tristan poterono finalmente ritrovarsi da
soli nella stanza da letto del Conte. Elijah sollevò Tristan tra le braccia per
deporlo sulle lenzuola. Aveva pregustato quel momento per tutta la sera,
ammirandolo così elegante e sereno in mezzo agli ospiti, così a suo agio in
quella Corte dove non era più il ragazzo malvagio e crudele che tutti temevano,
ma il Conte De Martel, un vero signore, raffinato e colto. Tutti gli
intellettuali di Francia volevano visitare la Corte di Marsiglia e molto presto
avrebbero iniziato ad arrivare anche dall’estero.
E
Tristan, in mezzo a loro, era un vero leader, sembrava un Principe…
Elijah
si sdraiò sul letto, sovrastando Tristan che si ritrovò incollato al corpo del
suo Sire che lo stringeva, lo accarezzava e lo baciava sempre più
appassionatamente. Si sentì travolgere dall’impeto del vampiro Originale e,
senza quasi rendersene conto, furono l’uno sopra l’altro ed Elijah cominciò a
spogliarsi e a spogliarlo. Il giovane Conte era bloccato e quasi schiacciato da
quel corpo forte e muscoloso e poté solo stringersi alle sue spalle mentre
Elijah si spingeva dentro di lui, dando sfogo al desiderio che aveva tentato di
reprimere per tutta la serata, a causa degli ospiti. Entrambi si persero
completamente nel vortice della passione e, finché non furono del tutto
soddisfatti, non riuscirono a fermarsi nemmeno per riprendere fiato. Tra una
spinta e l’altra Elijah lo baciava a lungo e Tristan smarriva ogni cognizione
del tempo e dello spazio, preso com’era dall’intensità del piacere e del
desiderio.
Solo
alla fine, ansanti e scarmigliati, riuscirono a riacquistare la lucidità
sufficiente per parlare di una cosa che Tristan aveva pensato quella sera,
guardando gli artisti che corteggiavano Aurora e Rebekah e gli sguardi
incendiari che lanciava loro Klaus.
Erano
rimasti abbracciati, i corpi nudi a cercarsi e a completarsi sotto le lenzuola,
tra carezze e teneri baci, mentre il giovane Conte dava voce alla sua idea.
“Avevo
pensato una cosa” disse, con la testa appoggiata alla spalla di Elijah. “Non
sarebbe meglio rendere questi artisti… immortali come noi?”
“Vuoi
dire che vorresti trasformarli?” Elijah smise di baciare Tristan e lo fissò,
serio in volto.
“Non
deve essere per forza un male, per me non lo è stato, no? E nemmeno per Aurora”
ribatté il Conte. “Anzi, se fossero come noi potrebbero rimanere qui, alla
Corte di Marsiglia, a creare le loro opere per sempre. Quei due ragazzi, Joscelin
il pittore e Leander il poeta, potrebbero sposare le nostre sorelle, per me non
sarebbe difficile conferire loro un titolo nobiliare per elevarli al loro
rango. E comunque… non sarebbe magnifico che la nostra Corte si espandesse
sempre di più e ospitasse artisti e intellettuali non soltanto per il breve
tempo delle loro vite, ma per l’eternità? Naturalmente solo i migliori
godrebbero di questo onore.”
Elijah
rifletté a lungo. Ciò che Tristan diceva non era del tutto assurdo. Lui non
aveva mai pensato prima a trasformare altri in vampiri, perché riteneva che
questa fosse una maledizione e che loro stessi fossero dei mostri, capaci
soltanto di strappare la vita a persone innocenti per nutrirsene. Questo
avevano fatto lui e i suoi fratelli fino a poco tempo prima.
Ma
la trasformazione di Tristan aveva dimostrato che tutto poteva essere diverso.
Tristan era diventato sì un vampiro, ma non un mostro. Anzi, semmai il mostro
era quello di prima, il ragazzo sadico che torturava i propri servitori. Il
Tristan vampiro era adesso un signore nobile e superiore, che non abusava del
proprio potere ma lo usava a vantaggio della sua Corte e della sua famiglia…
Se
opportunamente guidati ed educati, anche i giovani artisti più meritevoli
avrebbero potuto diventare vampiri elitari e la Corte di Marsiglia sarebbe
stata ancora di più un luogo unico di raffinatezza, un centro di cultura
internazionale, una luce per illuminare l’Europa intera.
Quei
giovani, pensò Elijah con un brivido di piacere, sarebbero diventati la loro discendenza, la sua e quella di Tristan.
Sapeva bene che, in quanto vampiri, nessuno dei due avrebbe mai potuto avere
figli… ma trasformando i giovani più dotati e brillanti avrebbero potuto
crearsi dei discendenti di cui essere orgogliosi, proprio come lui, adesso, lo
era del suo Tristan.
Elijah
si voltò di nuovo verso Tristan, ammirò il suo sorriso soddisfatto, gli occhi
che brillavano per l’aspettativa.
“Hai
ragione, penso che sia una buona idea” concordò, accarezzandogli le guance
piene e arrossate. “Sceglieremo i migliori, i più promettenti non solo per la
loro arte, ma anche per la loro condotta… ma tu, come me, dovrai prenderti cura
di loro nei primi tempi, guidarli, addestrarli, non lasciare che diventino dei
mostri come Kol. Dovremo fare in modo che imparino a nutrirsi senza uccidere,
senza provarne piacere, solo per la sopravvivenza. Sarà una grande
responsabilità per entrambi, se decideremo di fare questa scelta. Sei pronto ad
assumertela?”
“Certo”
ribatté Tristan, in tono fiero. “Sono pronto e, in ogni caso, non dovrò farlo
da solo, no?”
Elijah
sorrise con tenerezza.
“Non
dovrai fare più niente da solo, mai più. Io non ti lascerò mai solo” promise.
Lo
baciò di nuovo, lo strinse forte e lo accarezzò, ritrovando con gioia ed
eccitazione il suo sapore e la sua pelle così liscia e delicata. Tristan si
abbandonò ai baci sempre più teneri del suo Sire, chiuse gli occhi e, tra le
braccia di Elijah, scivolò in un piacevole torpore, mentre le immagini della
Corte di Marsiglia, sempre più famosa, potente e ammirata in tutto il
continente gli allietavano la mente.
Sapeva
che, al fianco di Elijah, avrebbe ottenuto tutto ciò che aveva sempre
desiderato. Sapeva che Elijah era la sua felicità, la sua completezza, il suo
destino. Sapeva che avrebbero fatto grandi cose insieme e che, più importante
di tutto il resto, che sarebbero stati insieme sempre e per sempre.
Mentre
Elijah e Tristan si addormentavano, sereni e soddisfatti, allacciati l’uno all’altro,
non tutta la Corte gioiva con loro.
L’anziano
Duca De Trevalion, un amico di vecchia data del padre di Tristan, non era
affatto contento di come la Corte si stava trasformando e della piega che
stavano prendendo le cose. Era anzi disgustato dal fatto che qualunque villico
in grado di comporre versi sdolcinati o di fare qualche stupido disegno potesse
ricevere tanta attenzione e importanza… mentre dei veri nobili di sangue, dalle
gloriose ascendenze, come lui e pochi altri, venivano messi da parte, ignorati,
umiliati.
“Questa
Corte sta diventando un covo di giovani sbruffoni, primo tra tutti il nostro Signor Conte” sibilò, rivolto all’amico
che era con lui. “La vera nobiltà di sangue è stata dimenticata in favore degli
ultimi arrivati… sento la loro puzza di stalla anche da qui!”
“Avete
ragione, Duca De Trevalion, ma le cose sono cambiate, ormai, ed è Tristan il
nuovo Conte De Martel, è lui a governare la Corte di Marsiglia” ribatté il
Barone De Monluc. “Non piace nemmeno a me, ma non possiamo fare niente.”
“Ne
siete davvero certo?” insinuò il Duca, con un ghigno malvagio sulle labbra. “Non
sarebbe la prima volta che un giovane nobile, senza eredi, ha un incidente…”
De
Monluc trasalì.
“Dite
sul serio? Vorreste assassinare Tristan De Martel?”
“Chi
ha parlato di assassinio? Io mi stavo riferendo a un incidente, durante un
torneo, ad esempio, o una battuta di caccia. Queste disgrazie accadono così di
frequente” disse De Trevalion. “In caso, potrei contare su di voi? Sul vostro
silenzio, sulla vostra connivenza?”
E,
nell’oscurità della notte marsigliese, il Duca De Trevalion e il Duca De Monluc
ordirono la loro congiura ai danni del giovane Conte De Martel.
La
congiura del Duca de Trevalion e del Barone de Monluc, architettata in una
notte, ebbe uno svolgimento veloce, una fine tragica e un colpo di scena.
I
due nobiluomini non posero tempo in mezzo. Volevano eliminare il Conte De
Martel e sua sorella per creare un vuoto di potere alla Corte di Marsiglia,
dopo di che sarebbero subentrati come nuovi governanti. Ma per far questo
dovevano muoversi in fretta, prima che i cortigiani e il popolo si
affezionassero troppo al nuovo sistema di governo. Così, quella stessa notte,
si recarono in città e in una locanda dei bassifondi scovarono due loschi
figuri che avrebbero fatto la parte dei sicari, diedero loro una manciata di
monete d’oro e promisero che avrebbero elargito loro il doppio di tale somma a
lavoro ultimato.
I
due assassini entrarono alla Corte di Marsiglia sotto gli occhi di tutti, la
mattina dopo, vestiti come dei domestici. Tristan, infatti, da quando era
salito al potere dava continue feste alle quali partecipavano numerosi artisti,
musici e poeti, pertanto necessitava di un sempre maggior numero di servi che
si occupassero degli ospiti e portassero in tavola le vivande durante i
banchetti.
Nessuno,
dunque, notò i due sconosciuti che, al ricevimento di quella sera, si
comportarono esattamente come gli altri servitori e non fecero nulla che
potesse metterli in evidenza.
Il
ricevimento si svolse come tutte le feste per le quali la Corte di Marsiglia
stava diventando famosa in tutta la Francia e anche oltre: una cena raffinata e
elegante, seguita da una serata di musica, danze, esibizioni di poeti e
cantori.
Durante
tali ricevimenti, Tristan e Elijah osservavano e ascoltavano attentamente, per
comprendere quali, tra i tanti artisti ospitati a Corte, potesse essere degno
della trasformazione e di far parte, quindi, di quella cerchia elitaria e
superiore di vampiri che il Conte De Martel desiderava.
“Quel
poeta potrebbe essere un candidato adatto?” propose Tristan.
“Non
lasciarti incantare dalla bellezza dei suoi versi, mio giovane Milord” rispose
Elijah. “La sua indole non è delicata quanto le sue poesie. Questa mattina l’ho
sorpreso mentre cercava di aggredire una delle serve in dispensa, la picchiava
e tentava di abusare di lei.”
“Che
essere ripugnante!” replicò indignato il Conte. “Perché non gli hai spezzato il
collo, allora?”
“Troppo
precipitoso, Tristan” sorrise Elijah, “prima desideravo ascoltare le sue
composizioni. Non è strano come da un uomo tanto rozzo e volgare possano
scaturire versi così soavi?”
I
due amanti ridevano insieme, quindi dedicavano la loro attenzione ad altri
possibili candidati, per poi discuterne il valore.
Quando
la festa ebbe termine, gli invitati ringraziarono il Conte e la Contessa De
Martel per la graziosa ospitalità e si congedarono. Alcuni sarebbero tornati ai
loro palazzi e castelli, altri avrebbero pernottato alla Corte di Marsiglia per
ripartire la mattina seguente. Artisti, musici e poeti avrebbero alloggiato
nelle locande dei villaggi vicini e soltanto i più meritevoli, quelli scelti
per la trasformazione, avrebbero goduto del privilegio di rimanere a palazzo.
Il
pittore Joscelin aveva trascorso tutta la serata al fianco della sua amata
Contessa ed ebbe da Tristan in persona l’ambito onore di scortarla fino alla
sua stanza. Tristan ed Elijah si avviarono insieme verso la camera del Conte,
scherzando tra loro sull’espressione cupa che Niklaus aveva esibito per tutta
la serata e in particolar modo quando il poeta, Leander, aveva declamato la sua
ultima composizione in onore di Rebekah.
“Ho
veramente temuto che, ad un certo punto, tuo fratello avrebbe aggredito Leander
e gli avrebbe spezzato il collo davanti a tutti gli invitati” disse Tristan,
con una breve risata.
“Niklaus
non è Kol, riesce a tenere a freno i suoi istinti… almeno in pubblico” replicò
Elijah. “Tuttavia sarebbe saggio effettuare presto la trasformazione del povero
ragazzo, prima che la scarsa pazienza del mio caro fratello si esaurisca!”
Uno
dei sicari era in agguato nell’ombra, dietro l’angolo che conduceva alla camera
di Tristan. La daga stretta in pugno, era pronto all’azione, ma rimase
spiazzato dalla presenza di Elijah: era convinto che avrebbe sorpreso il Conte
da solo, davanti alla sua stanza, cosa ci faceva lì quell’uomo? Non poteva
comunque esitare e non era la prima volta che affrontava da solo due o più
persone. Fulmineo, sbucò dalle tenebre, afferrò Tristan per un braccio e gli
affondò più volte la daga nel petto e nello stomaco.
La
presenza di Elijah, però, lo aveva obbligato a muoversi con precipitazione e
così mancò il cuore del giovane Conte. Non se ne preoccupò più di tanto,
pensando che il giovane sarebbe comunque morto dissanguato per i tanti colpi
ricevuti. Quando si sentì afferrare dalle braccia possenti di Elijah, immaginò
che per lui fosse la fine…
Non
poteva certo immaginare ciò che sarebbe accaduto.
Imprigionato
nella stretta d’acciaio del vampiro Originale, vide con suo grande orrore
Tristan rialzarsi da dov’era caduto, sfilarsi la daga dall’addome e avvicinarsi
a grandi passi: pareva che non avesse ricevuto neanche un graffio, nonostante
il sangue che lordava le sue vesti. Lo sguardo del giovane Conte era terribile
e il sicario, nonostante la sua ben nota fama di assassino, si sentì gelare.
“Hai
tentato di uccidermi, stolto!” sibilò, fissandolo con una collera spaventosa.
“Ti pentirai amaramente per ciò che hai fatto, stanne certo. Ma prima dimmi, è
stata una tua iniziativa o qualcuno ti ha pagato per colpirmi?”
“Io
me ne frego di te e della tua famiglia, signorino… anche se, a quanto ho visto,
sei un mostro, una creatura soprannaturale, visto che le mie pugnalate non ti
hanno ucciso” ribatté sprezzante il sicario. “Ma di certo non avrei rischiato
la mia pelle per farti fuori se non fosse stato per un bel gruzzoletto!”
“Allora
chi è che ti ha pagato per uccidere il Conte?” rincarò Elijah, intensificando
la stretta e scrollando l’uomo.
“E
io che accidenti ne so? Quel tizio non mi ha mica detto il suo nome. Comunque
era un altro di voi, un aristocratico con la puzza sotto il naso!”
“Una
congiura interna, avrei dovuto immaginarlo” disse Tristan, rivolgendosi al suo
Sire. “Questa volta non si è trattato di villici in cerca di vendetta, è
qualcuno che vuole impadronirsi del potere. E anche se ha fallito con questo
incapace, tenterà di nuovo, ne sono sicuro. Dobbiamo dare una punizione
esemplare affinché imparino a temerci e nessuno osi più puntarci un’arma
contro.”
“Vuoi
torturare a morte questo sicario, Tristan? Non servirà a niente e, del resto,
lui è qui solo perché qualcun altro, un nobile, lo ha pagato per farlo” come
sempre, Elijah cercava di riportare il suo impetuoso amante alla ragione. “Possiamo
fare di meglio. Io posso soggiogarlo e indurlo a descriverci l’uomo che lo ha
pagato. A quel punto potrò concedere a questo vile una morte rapida, che è più
di quanto meriti.”
Tristan
s’imbronciò. L’idea di farla pagare cara al mascalzone che aveva osato colpirlo
era allettante, ma doveva riconoscere che Elijah aveva ragione, era molto più
utile scoprire il mandante.
Sarebbe
stato lui, una volta smascherato, a subire una morte atrocissima, come monito
per chiunque osasse sfidare il Conte De Martel…
“Va
bene” concesse dunque il giovane Conte, “fallo parlare e poi spezzagli il
collo.”
Elijah
stava per accontentarlo quando, all’improvviso, furono interrotti dall’arrivo
del giovane Joscelin, il pittore innamorato di Aurora, affannato e sconvolto.
“Miei
signori, miei signori, vi supplico, chiamate le guardie!” esclamò, con voce
rotta dall’angoscia.
“Che
ti prende? Cos’è accaduto?” lo interrogò subito Tristan, preoccupato.
“Vostra
sorella, mio signore… un uomo… ha cercato di ucciderla! Io… io… l’avevo
accompagnata fino alla porta della sua stanza e mi stavo accomiatando da lei
quando… quell’individuo è sbucato da dietro una tenda e ha tentato di
accoltellarla. Per fortuna io ero vicino e… c’era un candelabro, ho colpito
quel folle alla testa… ma non so se l’ho ucciso. Vi prego, chiamate le guardie,
fatelo gettare nelle segrete. La Contessa…”
A
quelle parole Tristan impallidì. Dunque quel nobile non aveva attentato
solamente alla sua persona, voleva fare del male anche alla sua adorata sorella…
l’avrebbe pagata cara, avrebbe dovuto soffrire pene indicibili fino a vedere la
morte come una liberazione.
“Elijah,
tu resta qui e fai parlare quel depravato, poi uccidilo” disse, in tono
tagliente. “Non c’è bisogno di guardie, ragazzo, verrò io stesso con te e mi
occuperò del maledetto che ha attentato alla vita di Aurora!”
“Ma…
ma… mio signore, potrebbe essere pericoloso per voi…” obiettò Joscelin,
confuso.
“Lo
sarà molto di più per quell’assassino” sibilò Tristan, incamminandosi in fretta
verso la stanza della sorella, mentre Joscelin lo seguiva, in preda all’ansia.
Quando
giunsero davanti alla porta di Aurora, però, davanti agli occhi dei due si
presentò uno spettacolo inatteso.
Il
sicario giaceva morto con la gola squarciata e senza più una goccia di sangue
nelle vene, mentre Aurora sorrideva soddisfatta, con le labbra ancora macchiate
di rosso cremisi…
“Quello
sciocco credeva di incutermi timore, ma ha scelto male il suo bersaglio” disse,
molto compiaciuta di sé, rivolgendosi al fratello.
“Cosa…
cosa sta succedendo? Contessa… voi…” Joscelin era completamente allibito.
Tristan
non poteva permettere che il ragazzo parlasse troppo. Lo afferrò per le spalle,
fissò gli occhi nei suoi e usò tutta la sua potenza per soggiogarlo così come
Elijah gli aveva insegnato.
“Tu
non hai visto niente. Aurora sta bene e non le è accaduto nulla di male. Tu l’hai
accompagnata nella sua stanza e poi sei andato a dormire” disse, scandendo bene
ogni parola.
“Io…
certo, è ora che mi ritiri nella mia stanza. Vi auguro una felice notte, mia
signora, e anche a voi, Conte De Martel” mormorò Joscelin, poi la sua
espressione si fece più tranquilla e il suo sguardo parve assonnato. Tristan lo
lasciò andare e il giovane pittore si diresse a passi lenti verso le stanze
riservate agli ospiti.
“Dovremo
liberarci del corpo” commentò il Conte, guardando con disgusto il cadavere del
sicario. “Tu stai bene, sorella?”
“Certo,
benissimo, è stato molto divertente… anche se non ho capito cosa volesse da me
quel volgare individuo” rispose Aurora, in tono leggero.
“E’
stato un attentato” ribatté Tristan, cupo. “Un nobile della Corte di Marsiglia
ci vuole morti e ha ingaggiato due assassini per ucciderci. Ovviamente non
poteva sapere della nostra nuova natura… anch’io sono stato aggredito pochi
minuti fa. Elijah ha catturato l’altro sicario e adesso gli farà dire chi è il
vile che lo ha pagato per eliminarci.”
“Una
congiura? Proprio come nei libri? Emozionante!” commentò la ragazza. “Fratello
mio, adesso sono molto stanca e, dopo questo delizioso spuntino, penso che me
ne andrò a riposare.”
“Vai
pure, mia cara” le disse Tristan, baciandola lievemente sulla fronte. Era
contento che Aurora non fosse rimasta traumatizzata dall’accaduto. Ora tutto
ciò che desiderava era scoprire l’identità di chi aveva osato un atto così
turpe e punirlo in un modo che nessuno avrebbe dimenticato.
Quando
Aurora si fu ritirata nella sua camera ed ebbe chiuso la porta, il giovane
Conte ritornò da Elijah, sperando che il suo Sire fosse riuscito a ottenere una
descrizione accurata per individuare il colpevole.
Nessuno
mai più avrebbe dovuto permettersi di sfidare il Conte e la Contessa De Martel!
Tristan
tornò da Elijah che, nel frattempo, aveva usato la compulsione per indurre il
sicario a ricordare l’uomo che lo aveva pagato per assassinare i De Martel e a
descriverlo. Il soggiogamento aveva portato il malvivente a ricordare anche i
minimi particolari del suo mandante e Elijah ne era stato molto compiaciuto.
Poi, come aveva promesso, gli aveva concesso una morte rapida e indolore
spezzandogli il collo.
“Aurora
ha eliminato l’altro sicario e sta bene” riferì il giovane Conte. “Questo
bifolco ha parlato?”
“Sì,
mi ha dato una descrizione piuttosto precisa” rispose il vampiro Originale. Poi
riportò quello che il sicario gli aveva detto e che comprendeva non solo il
nobile che gli aveva parlato personalmente, ma anche quello che lo aveva
accompagnato restando in silenzio.
Tristan
ascoltò attentamente e un lampo di rabbia attraversò l’azzurro dei suoi occhi.
“Sono
il Duca De Trevalion e il Barone De Monluc” sibilò. “Sono stati loro a
organizzare la congiura contro di me e contro mia sorella.”
Il
giovane fremeva per l’indignazione e Elijah lesse sul suo volto che, se fosse
stato per lui, si sarebbe precipitato immediatamente negli appartamenti privati
dei due colpevoli e li avrebbe torturati lentamente fino ad ucciderli. Senza
parlare, lo prese per le braccia e lo attirò a sé.
“Lasciami,
Elijah” protestò il Conte De Martel, “non permetterò che quei due vili la
passino liscia. Anzi, la loro punizione dovrà essere talmente esemplare da
scoraggiare chiunque altro dal tentare un’azione così scellerata!”
Elijah
lo strinse ancora più forte a sé, le sue braccia ad avvolgerlo e a contenerlo,
il suo corpo solido come baluardo tra il ragazzo infuriato e la sua sete di
vendetta.
“Su
questo concordo con te, Tristan” gli disse a voce bassa, parlandogli
all’orecchio. “Dovrai punire coloro che hanno tentato di farti del male e
dovrai farlo in modo che tutti ricordino e nessuno osi ripetere una simile
vergogna.”
“Se
sei d’accordo con me, allora lasciami andare” insisté Tristan, cercando di
sfuggire all’abbraccio del suo Sire. “Voglio prenderli subito, voglio che
inizino a pagare questa notte stessa!”
L’abbraccio
di Elijah si fece ancora più forte e il vampiro Originale sollevò il Conte,
cercando di portarlo in camera da letto.
“No,
Tristan, non ora e non così” mormorò con le labbra sui suoi capelli. Spinse la
porta della stanza del giovane e vi entrò con lui. “Tu non sei questo, sei
migliore di così, devi essere migliore di così.”
Elijah
portò Tristan sul letto, ve lo depose e si distese su di lui, prendendolo per i
polsi e iniziando a baciarlo. Tra un bacio e l’altro continuava a parlargli, a
frenare la sua ira, a contenerlo e trattenerlo cercando di farlo ragionare.
“Questa
notte non pensare a fare giustizia, non pensare a niente, lascia sbollire la
tua collera, questa notte è per noi” gli ripeteva, facendo scivolare via le sue
vesti di seta e broccato e liberandosi delle proprie. Soffocò le ulteriori e
sempre più deboli proteste di Tristan chiudendogli la bocca con la propria,
baciandolo sempre più profondamente e intensamente. Esplorò con passione la sua
bocca, felice di godersi il sapore e il tepore di lui, quel gusto così
familiare e amato, respirò il suo respiro, facendo aderire di più il suo corpo
a quello delicato del Conte. Immerse le mani nei suoi capelli e lo baciò ancora,
sulle guance morbide, sulle palpebre, agli angoli della bocca, finché non
catturò le sue labbra piene, schiudendole e cercando la lingua di lui con la
sua. Continuò a baciarlo profondamente per un tempo infinito, sentendo che
avrebbe potuto divorare la sua bocca senza mai stancarsi. Gli divaricò le gambe,
accarezzandole, per poi affondare nelle sue carni più intime, seppellendosi con
lentezza in lui fino a sentirlo fremere, spinse ancora, ancora e ancora, diventando
un’unica essenza con l’amato. Insieme gemettero e ansimarono al ritmo delle
onde di piacere che li pervadevano, finché non raggiunsero l’apice. Rimasero
stretti l’uno nelle braccia dell’altro, teneramente avvinghiati anche dopo
l’amore, con Elijah che continuava ad accarezzare i morbidi capelli del suo
piccolo Conte, finalmente placato.
“Sai,
Tristan, sarei lieto di suggerirti una punizione più che mai esemplare per
coloro che hanno congiurato contro di te” disse poi il vampiro Originale,
valutando che il suo giovane amante fosse ormai abbastanza calmo da disporsi ad
ascoltarlo.
Gli
occhi azzurri di Tristan si posarono su di lui con una luce di curiosità e
interesse che li faceva risplendere.
“Domani
potresti organizzare un banchetto e invitare anche loro” spiegò Elijah, “poi
denuncerai il loro crimine davanti a tutta la Corte riunita. Quando la loro
vergogna sarà rivelata, tu ti mostrerai misericordioso e risparmierai la loro
misera vita… per poi esiliarli per sempre da Marsiglia e da tutti i tuoi
territori.”
Sul
volto del Conte apparve un’espressione delusa. Era chiaro che si aspettava
qualcosa di molto più sanguinoso e violento.
“Tutto
qui? Ti sembra una punizione sufficiente per tutto ciò che hanno fatto quegli
esseri vili e spregevoli?”
Elijah
sorrise e lo baciò.
“Mio
caro Conte, non hai ancora compreso, dunque, cosa diventerà la tua Corte nei
prossimi anni?” gli disse, malizioso. “Noi trasformeremo gli artisti, i nobili
e i cortigiani più meritevoli creando una stirpe di vampiri eletti e questo
sarà un luogo di potere e cultura elitario e illuminato, un esempio per
l’Europa intera. Essere esclusi da una Corte così raffinata e potente sarà la
più memorabile delle punizioni: quei mostri saranno dimenticati mentre tu sfavillerai in eterno.”
Un
sorriso compiaciuto si dipinse sulle labbra di Tristan mentre la luce azzurra
dei suoi occhi inondava Elijah.
“Noi sfavilleremo in eterno, insieme”
dichiarò.
Un
altro lungo bacio unì i due amanti, che poi si abbandonarono ad un sonno
pacifico e ristoratore, allacciati l’uno all’altro.
Il
giorno seguente, il banchetto fu organizzato così come aveva suggerito Elijah.
Tristan, Aurora e i Mikaelson sedevano a capotavola, con sorrisi trionfanti sul
volto. Alla fine del sontuoso pranzo, prima dei brindisi, Tristan si alzò in
piedi e prese la parola, in un silenzio carico di aspettativa.
“Miei
amati sudditi e amici, siamo oggi qui riuniti per condividere la felicità di
trovarci in questa Corte, per festeggiare il fatto che, in pochi mesi, la Corte
di Marsiglia si sia trasformata in un luogo di arte, cultura e potere che è
l’invidia e il modello per le Corti di tutta Europa” esordì, sorridendo
compiaciuto.
Gli
invitati proruppero in applausi, grida di giubilo ed esclamazioni di
ammirazione per il Conte e la Contessa De Martel.
“Vi
ringrazio, le vostre manifestazioni di affetto e stima mi riempiono di
soddisfazione” disse Tristan. “Purtroppo, però, devo anche rivelarvi che non
tutti mi sono fedeli e che qualcosa di turpe e imperdonabile è avvenuto la
notte scorsa.”
Un
silenzio gravido di tensione accolse quelle parole.
“Due
uomini armati si sono introdotti nel palazzo e hanno tentato di assassinare me
e la Contessa mia sorella. Soltanto grazie all’intervento tempestivo dei Baroni
Mikaelson siamo sani e salvi” continuò il giovane Conte.
Mormorii
di sorpresa e orrore attraversarono la tavolata e gli ospiti iniziarono a
guardarsi l’un l’altro per capire chi potesse aver commesso un’azione tanto
vergognosa.
“Ancora
una volta devo ringraziare i Baroni Mikaelson che sono riusciti a uccidere uno
dei sicari e a interrogare l’altro, che ha saputo descrivere le fattezze dei
suoi mandanti con incredibile precisione e dovizia di particolari” riprese
Tristan, “tanto da permettermi di individuare subito i responsabili.”
La
tensione crebbe ulteriormente durante la pausa ad effetto che il Conte scelse
di fare proprio in quel momento cruciale.
“I
traditori che hanno attentato alla mia vita e a quella di mia sorella sono il
Duca de Trevalion e il Barone De Monluc” dichiarò alla fine, scandendo bene i
nomi incriminati.
Come
per un segnale convenuto, le guardie armate dei De Martel scattarono e
afferrarono per le braccia i due uomini, gettandoli a terra ai piedi di
Tristan, mentre gli altri convitati li insultavano indignati.
“Mio
signore, vi giuro, non ho fatto niente!” gridò il Duca.
“Pietà,
mio signore, pietà, io non volevo, sono stato ingannato, imploro il vostro
perdono!” supplicò il Barone.
“Vergognatevi,
dovete morire!”
“Il
Conte De Martel deve fare giustizia!”
“Impiccateli,
impiccateli!”
Il
sorriso di Tristan era sempre più compiaciuto.
“Nella
mia magnanimità vi farò grazia della vita, non i sporcherò le mani con il
vostro sangue” disse, e la sua voce gelida risuonò grave nel salone fattosi
improvvisamente silenzioso. “Tuttavia non tollererò oltre la vostra presenza
nella mia Corte. Da questo momento siete banditi per sempre e, se soltanto
oserete rimettere piede nelle mie terre, pagherete con la vita. Portateli via!”
Le
guardie trascinarono fuori i due colpevoli che continuavano ad implorare
inutilmente, mentre Tristan tornò a sedersi, sempre con un sorriso di trionfo
sulle labbra.
Quando
tutto fu tornato tranquillo, il Duca De l’Envers si alzò in piedi per omaggiare
il suo signore.
“Vi
chiedo di unirvi a me per un brindisi, per celebrare i nostri illuminati
governanti, il Conte e la Contessa De Martel e i Baroni Mikaelson!” propose.
I
convitati applaudirono con entusiasmo, si alzarono in piedi a loro volta e
alzarono le coppe di vino per unirsi al brindisi, lodando e elogiando Tristan,
Aurora e i Mikaelson.
Elijah
prese affettuosamente la mano di Tristan e i due amanti si sorrisero, mentre il
cuore del giovane sembrava esplodere per la gioia.
“Tristan, Tristan,
svegliati, mi senti? Apri gli occhi, Tristan, te ne prego!”
La voce di Elijah
riempì le orecchie e la mente del Conte De Martel, mentre le meravigliose
immagini della Corte di Marsiglia, del suo trionfo, della sua felicità al
fianco dell’uomo che amava si dissolvevano lentamente.
“No, no, non
voglio tornare!” protestò Tristan, in un debole lamento, ma era ormai troppo
tardi. Il sogno incantevole era svanito e il giovane Conte ne era stato
bruscamente strappato per essere proiettato in una realtà di prigionia e
sofferenza nelle segrete di Villa Mikaelson.
Tutto sembrava
finito, Tristan credeva che il suo destino fosse l’oscurità, l’oblio, il
dolore…
Non poteva ancora
sapere che tutti i suoi sogni stavano per realizzarsi, l’uno dopo l’altro, e
che il suo presente sarebbe divenuto ancora più felice e appagante di ciò che
aveva sognato.
Elijah, in preda
ai rimorsi e ai sensi di colpa, avrebbe fatto in modo che fosse così.