Nata di maggio

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** due ***
Capitolo 3: *** tre ***
Capitolo 4: *** quattro ***
Capitolo 5: *** cinque ***
Capitolo 6: *** sei ***
Capitolo 7: *** sette ***
Capitolo 8: *** otto ***
Capitolo 9: *** nove ***
Capitolo 10: *** dieci ***
Capitolo 11: *** undici ***
Capitolo 12: *** dodici ***
Capitolo 13: *** tredici ***
Capitolo 14: *** quattordici ***
Capitolo 15: *** quindici ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Disclaimer: questa storia è una fan fiction che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.


 
Questa fanfic è il seguito di “Candy ai giorni nostri”, la narrazione riprende alcuni anni dopo il finale della fanfic precedente, addirittura in un futuro prossimo, e troviamo una Candy Bianchi venticinquenne che ha fatto definitivamente pace con il suo passato e si appresta a vivere la sua vita da adulta.
Il riapparire nella sua vita di un personaggio che per lei è stato importante, sembra darle quella stabilità e quella felicità che ha sempre cercato, ma l’entrata in scena di un enigmatico personaggio e alcuni accadimenti inquietanti metteranno tutto a rischio.
Si tratta di un racconto fortemente influenzato dalla mia natura di aspirante giallista-thriller (no, l’horror non ce l’ho messo) con una trama che non trova riscontro né nel manga né nell’anime, ma che rielabora liberamente (molto liberamente) situazioni e personaggi della storia che tutti conosciamo.


 
1.
Un’elegantissima Candy Bianchi avanzò verso la commissione che l’aveva appena laureata con il massimo dei voti in lettere moderne. Sotto lo sguardo commosso della sua mamma adottiva e dei suoi amici più cari, strinse la mano ai membri della commissione sorridendo in modo formale e cortese.
Si girò verso il pubblico che la applaudiva e riuscì a malapena a trattenere che una lacrima scorresse sulla sua guancia dopo aver attraversato la parte di volto coperta dai suoi eleganti occhiali.
Tanti anni di studio le avevano sì fruttato il titolo di “dottoressa in lettere moderne”, ma le erano costati qualche diottria ai suoi bellissimi occhi.
Poi che la cerimonia si concluse, Candy poté godersi gli abbracci e le effusioni dei suoi amici e della sua mamma.
 
-Candy!-
-Suor Maria!-
L’abbraccio con la buona suora che l’aveva cresciuta fu lungo e commosso.
-Miss Pony sarebbe orgogliosa di te se ti vedesse…-
-Avete deciso di farmi piangere sorella? Oh, come sono felice che siate venuta!-
-Non sarei mancata per niente al mondo bambina mia! Suor Carla e Suor Cristina faranno buona guardia alla casa di Pony per qualche ora.-
-La aspetto alla festa che faremo stasera a casa mia!-
-Andiamo Candy! Ma ce la vedi una vecchia suora a una festa di giovinastri a cantare il karaoke? Manderò la tua amica Cristina, puoi contarci. Così potrà dar sfogo alle sue aspirazioni canore senza straziare i timpani a noi!-
Candy ridacchiò sotto i baffi e abbracciò di nuovo Suor Maria. La sua presenza in quella importante occasione della sua vita, era una gioia immensa.
 
Poi si fecero avanti i suoi amici più cari e Candy li abbracciò uno ad uno. Queste formalità portarono via quasi un’ora e solo alla fine sua madre si fece avanti esibendo due bei lucciconi agli occhi.
Il loro abbraccio fu lungo e commosso.
-Andiamo dai! Dobbiamo organizzare tutto per stasera.- disse poi Maria sciogliendosi dall’abbraccio.
-Dove hai lasciato la macchina?-
-Qui fuori, ho trovato un posto libero proprio qui davanti.-
Si incamminarono ed uscirono dall’edificio.
-Dov’è la tua macchina? Non la vedo.-
-Infatti non c’è la mia macchina: c’è la tua!- disse porgendogli una chiave, la chiave di una piccola utilitaria celeste davanti a loro.
-Mio Dio mamma! Ma che cosa…-
-Ho voluto farti un regalo-
-Ma che razza di regalo è mamma! Da quando vivo con te mi stai riempiendo di regali! Mi tratti come una riccastra viziata!-
Maria sorrise.
-Lo so, ma non arrabbiarti. Ogni madre vorrebbe riempire di regali i propri figli. Io ho la fortuna di poterlo fare, almeno un po’. Lo so che ho esagerato, ma d’ora in poi mi controllerò.-
Candy guardò sua madre con gli occhi lucidi dietro i suoi occhiali. Poi prese la chiave e mormorato un “grazie” sincero e commosso, salì in macchina dalla parte del guidatore.
 

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Capitolo 2
*** due ***


Candy era raggiante: aveva appena firmato il suo primo contratto di lavoro! Con il nuovo anno scolastico, ormai imminente, avrebbe cominciato a insegnare in una scuola privata, una di quelle scuole che fanno corsi di recupero per studenti lavoratori che vogliano conseguire il diploma in età matura, o per studenti bocciati più volte alle superiori. Non era certo una cattedra a scuola, ma era solo il primo passo.
Il suo cellulare trillò e lei lo prese per guardare la solita scemenza postata dalle sue amiche sui social. Come al suo solito si distrasse e andò a sbattere contro una persona provocando un ruzzolone di entrambi sul marciapiede.
I passanti si avvicinarono e li aiutarono a rialzarsi.
-Accidenti a te! Non potresti fare attenzione?-
la voce apparteneva ad un ragazzo più o meno della stessa età di Candy.
-Mi scusi! Mi sono distratta!-
-Me ne sono accorto!-
Ma che maleducato, pensò Candy, mi sono scusata che devo fare di più? Strisciarti ai piedi?
-Ma tu… tu sei Candy!- esclamò lo sconosciuto mentre Candy si stava rimettendo gli occhiali.
-Chi è lei? Come fa a sapere il mio nome?-
Una volta messo a fuoco il volto del ragazzo Candy esclamò: -Terence! Terence Grandi!-
Impulsivamente gli buttò le braccia al collo ridendo e lui ricambiò l’abbraccio.
 
Poco dopo sedevano al tavolino all’aperto di un bar a Piazza Venezia, il clima di fine estate era l’ideale per sorseggiare qualcosa all’aperto, accarezzati da un fresco e leggero venticello che filtrava dal complesso del Vittoriano.
-Ehi, da quando sei diventata una quattrocchi Candy?-
-Sempre molto fine vedo, Porto gli occhiali da tre anni, la mia vista si è abbassata a forza di studiare, e quando non studio leggo!-
-Sembri proprio una professoressa acida a cui gli studenti guardano le gambe!-
-Ma smettila!- disse lei colpendolo per finta su un braccio.
-Piuttosto dimmi di te: come mai sei a Roma? Non ti eri trasferito a Londra?-
-Si, per laurearmi, poi ho preferito tornare qui. Insegno inglese nelle scuole private, nelle aziende, a studenti incapaci, queste cose così.-
-Pensavo che ti saresti messo a fare l’attore.-
-Ci ho provato sai? Ma essere “raccomandati” e figli d’arte è un’arma a doppio taglio, ti trattano tutti con insofferenza, e visto che mia madre non mi fila più di tanto ho preferito mollare tutto e sfruttare la mia cultura umanistica e linguistica per insegnare.
Mio padre, pur di non avermi tra i piedi è stato ben felice di comprarmi un appartamento in zona Parioli e visto che preferisco il clima italiano a quello inglese, eccomi qua!-
Povero ragazzo, pensò Candy, per anni aveva invidiato i suoi coetanei che avevano una famiglia, ma non pensava che a volte la famiglia, pur essendoci, può essere la grande assente nella vita di una persona.
-Dimmi di te piuttosto Tarzan! Ti arrampichi ancora sugli alberi esibendo le tue grazie al vento?-
-Ma la vuoi smettere!- esclamò pur divertita al vecchio ricordo di quel giorno al liceo.
-Adesso vivo con la mia ex-insegnante delle medie, la prof Alberti.-
-Mi avevi parlato di lei, era quella che ti proteggeva dai bulli, dico bene?-
-Più o meno. Quando ho compiuto 18 anni e ho dovuto lasciare la casa-famiglia, mi offrì di andare a vivere con lei, praticamente mi adottò. Figurati che la chiamo mamma!-
-Nientedimeno! Doveva proprio essere affezionata a te…-
-è una lunga storia. All’epoca in cui ti raccontai la mia vita avventurosa, ignoravo certe cose…-
-Raccontale adesso. Se vuoi naturalmente!-
Quando Candy finì di raccontare la sua storia era già passata l’ora di pranzo.
-Oh cavolo!- esclamò guardando l’orologio. –Devo telefonare a mia madre, mi aspettava per pranzo.-
-Digli che pranzi con me!-
Mentre Candy telefonava e Terence pagava il conto, i due non si accorsero che qualcuno, dall’angolo del marciapiede, li stava osservando…
 

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Capitolo 3
*** tre ***


Appurato di non essere impegnati sentimentalmente, i due ragazzi si scambiarono il numero di telefono e i riferimenti social, con il manifesto proposito di rivedersi quanto prima. Dovevano solo fare scopa con i rispettivi impegni e trovare un buco di tempo.
Candy raccontò a sua madre dell’incontro con Terence, il suo primo vero spasimante, e lei ne fu contenta. Solo la invitò alla prudenza, in fondo non sapeva niente di lui.
Candy quasi si arrabbiò, ma dovette riconoscere che sua madre non aveva tutti i torti.
 
Patty spingeva davanti a sé il passeggino con dentro la piccola Michela detta Micky, maledicendo mentalmente e verbalmente le infinite barriere architettoniche della città di Roma. Ogni più piccola uscita con la sua Micky si trasformava in una sorta di gimcana con le più svariate prove di abilità disseminate lungo il percorso. Senza contare la maleducazione e l’insensibilità dell’automobilista medio romano, che sembrava divertirsi a parcheggiare il suo “destriero motorizzato” nelle pose e nei posti più impensati costringendo chiunque spingesse una carrozzina a raddoppiare il percorso per arrivare da un qualsiasi punto A ad un qualsiasi punto B.
Si sentì salutare da una voce amica.
-Ciao Candy!- rispose girandosi alla sua destra.
-Dove te ne vai di bello Patty?-
-Ho portato Micky a prendere un po’ d’aria al parco. E tu?-
-Ho iniziato oggi a lavorare sai? Non sono più una studentessa viziata mantenuta dalla mamma ricca!-
Patty sorrise alla sua amica di sempre.
-Non dire sciocchezze Candy! Quel po’ di fortuna che la vita ti ha dato te la sei meritata!-
Candy accarezzò l’amica sulla guancia.
-E tu come stai?-
Patty iniziò a piangere.
-Mi manca così tanto… non ce la faccio Candy… niente è più lo stesso senza di lui…-
-Patty.- disse Candy abbracciandola –Sono soltanto due mesi. È troppo presto…-
-Non ce l’ho fatta Candy! Le ho provate tutte per aiutarlo, ma non ci sono riuscita…-
-Non dire sciocchezze! Tu gli hai dato la vita, gli hai dato tutto il tuo amore, e una bellissima bambina… non hai niente da rimproverarti…
Vieni, ti accompagno a casa, ma promettimi che ti farai forza, ok?-
Patty annuì e Candy la accompagnò fino al portone di casa sua. Si sarebbe trattenuta volentieri, ma non poteva. Doveva andare alla casa di Pony dalla quale non si era mai completamente distaccata, e dove svolgeva un attivo volontariato.
Sandro alla fine si era arreso, con l’aiuto dei medici e di Patty era riuscito a contrastare per molto tempo il male che lo affliggeva, ma alla fine la nera falce della morte aveva reclamato il suo lugubre tributo.
Candy era sempre stata credente, ma ultimamente la sua fede vacillava. Nonostante la sua amicizia con la coetanea Suor Cristina, che affiancava Suor Maria alla casa di Pony, si sentiva allontanare sempre di più dalle sue convinzioni religiose.
 
Rientrò a casa che era quasi mezzanotte, come sempre quando faceva il suo turno di volontariato alla casa di Pony.
Klin gli si fece incontro. Ovviamente non era lo stesso Klin della casa di Pony, quello era morto da un pezzo, povero vecchietto, lei stessa lo aveva seppellito sulla collina di Pony ai piedi di un alberello, pochi giorni dopo la morte della cara miss Pony.
Quel Klin era un micione rosso come il fuoco, un trovatello raccolto cinque anni prima fuori dal cancello di casa, che Candy e sua madre avevano adottato. Klin era, se possibile, ancora più pigro e viziato del vecchio Klin, quello che era stato un suo fedele compagno per 14 anni, e sembrava aver mutuato i vecchi vizi del suo predecessore.
Trovò sua madre ancora alzata, in pigiama davanti al televisore.
-Mamma. Cosa fai ancora alzata?-
-Non riuscivo a prendere sonno. Tu hai già mangiato?-
-Si, ho mangiato alla casa di Pony.-
-Ti sento un po’ giù, qualcosa non va?-
-Mentre andavo alla casa di Pony ho incontrato Patty con la bambina.-
-Come sta?-
-Come vuoi che stia povera, è ancora presto. Ti giuro che stavo per telefonare a Cri per dirgli che non andavo, ma poi ho pensato che lei era da sola stasera alla casa di Pony, sola con quei due ragazzini della parrocchia. Sono due novellini e non me la sono sentita di non andare.-
-Come sta Suor Maria?-
-Meglio, ma aveva ancora un po’ di febbre e l’ho obbligata a stare a letto, come faceva lei con me quand’ero piccola.-
-Fra un po’ obbligherai me a stare a letto.-
Candy sorrise e abbracciò sua madre.
-Qualcosa non va piccola?-
-No, è solo che… è tutto così ingiusto, ecco!-
Maria la accarezzò sulla testa.
-Ehi dico! Va bene che hai fatto la tesi su Leopardi, ma non voglio vederti sprofondare nel “pessimismo cosmico” intesi?-
Candy sorrise ma non riuscì a impedire che due goccioloni scivolassero via dai suoi occhi.
Maria la strinse forte a sé mentre il rosso micione Klin II, rientrato dalla sua porticina personale, saltò sul bracciolo della poltrona in cerca di coccole.
 

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Capitolo 4
*** quattro ***


Candy e Terence quella sera andarono a cena in un tipico ristorantino di Trastevere. Durante la cena il discorso cadde sull’argomento “ex”.
 -Sai, devo ammettere di non aver avuto una gran vita sentimentale.-
-Ma come? Una bella ragazza come te?-
-Per un po’ sono stata con Nicola Lega.-
-Il bullo che ti tormentava a scuola?-
-Si, proprio lui. Ovviamente è cresciuto, è diventato un bravo ragazzo, ma fra noi non è durata granché, e così abbiamo deciso di rimanere ottimi amici.
Per il resto, la mia vita è stata interamente dedicata allo studio, qualche uscita con gli amici, e tutto sommato sono stata bene così. Forse su queste cose sono un po’ troppo esigente.-
-E… adesso?-
-Adesso il mio orizzonte è un mare aperto a 360°, tutto da scoprire… dimmi di te piuttosto signor curiosone!-
Terence rise come ad essere stato preso in fallo
-Anch’io in realtà non ho avuto tutte queste “storie”. L’unica che potrei definire importante è stata quella con una mia collega di quando ho provato a fare l’attore.
Lei si chiamava Susanna Marlowe e credo avesse all’incirca la tua età. Siamo stati insieme per un po’ e poi… non se ne è fatto più niente.-
Candy lesse nello sguardo di Terence qualcosa di più di un semplice rimpianto.
-Non intendevo suscitarti brutti ricordi Terence.-
Il ragazzo sorrise tristemente
-Oh no, non preoccuparti! La storia con Susanna per me è stata importante non lo nego, ma ora è passata.-
Candy decise di non forzarlo a parlarne, che avesse ancora nel cuore quella tale Susanna poteva anche starci.
 
Uscirono dal locale intorno alle undici, e i caratteristici vicoli di Trastevere ancora brulicavano di vita. Il clima era da primo autunno quindi fresco ma non troppo. Camminarono per un po’ senza parlare poi Candy gli prese la mano e si fermò. Lui si voltò a guardarla e lei lo afferrò per il bavero della camicia trascinando la bocca di lui verso la sua.
 
Assorti com’erano in loro stessi, non si accorsero che qualcuno, passando vicino a loro li guardò per un lunghissimo istante esprimendo con lo sguardo una sensazione indefinibile, ma che certamente non era di simpatia.
Poi questo qualcuno se ne andò.
 
La storia fra Candy e Terence aveva così ingranato le marce alte, e i due protagonisti avevano tutta l’intenzione di farla durare. Candy fece finalmente conoscere Terence a sua madre e ai suoi amici, e a tutti il ragazzo fece una buona impressione.
Anche lui fece conoscere la sua bionda fidanzata al padre che, dopo ben tre settimane di tentativi trovò tempo e voglia di dedicare qualche ora di una domenica mattina al figlio.
Con la madre del ragazzo non ci fu verso: in quel momento era troppo piena di lavoro nella sua Londra per trovare il tempo di salire su un aereo e volare per qualche giorno a Roma, e anche Candy e Terence in quel momento erano troppo presi dal lavoro per poter pianificare un viaggio a Londra.
 
Terence non aveva molti amici, un po’ il suo aver fatto avanti e indietro fra Roma e Londra, e un po’ il suo temperamento da Lupo Solitario, non lo avevano certo aiutato nel farsi amicizie di una certa stabilità. Comunque organizzò pizzate insieme ai suoi colleghi della scuola di lingue.
Candy se la cavava con l’inglese, anche se non aveva molte occasioni di esercitarlo, e si divertì moltissimo in quelle serate.
Nel frattempo arrivò anche l’anno nuovo.
 
Scesa dall’autobus Candy prese la direzione di casa. Imboccata la sua via, la stessa che portava alla sua vecchia scuola media, la ragazza si avvide della presenza di una macchina dei carabinieri davanti al cancello di casa sua. Accelerò il passo, e nell’atto di entrare nel cancello una voce di donna si rivolse a lei.
-Dove va signorina?-
-Io abito qui.- rispose Candy alla giovane carabiniera che le aveva appena parlato.
-Candy! Candy Bianchi! Non ti riconoscevo con gli occhiali! Sono contenta di rivederti. Come stai?-
Candy non capiva, chi era quella ragazza?
-Certo, che stupida. Neanche tu mi riconoscerai in divisa da carabiniere. Sono Luisa di Carlo, abbiamo fatto insieme prima e seconda media, poi io cambiai casa e scuola.-
Candy mise a fuoco i suoi ricordi.
-Luisa? Quella Luisa di Carlo?-
-Si Candy. Sono proprio io. Capisco che tu non abbia un buon ricordo di me…-
-Non diciamo sciocchezze! Eravamo bambine, e il passato si cancella con una bella stretta di mano.-
-Ben detto Candy.- disse sorridendo la giovane militare mentre stringeva la mano alla sua ex compagna.
-Ma… sei diventata una carabiniera? E… che ci fate qui?-
-Evito di rattristarti con le mie vicende, piuttosto entriamo.-
Entrarono nel villino e Candy vide sua madre seduta su una poltrona con un vistoso cerotto sopra il sopracciglio e il braccio destro ingessato.
-MAMMA!- gridò avvicinandosi di corsa alla donna che gli aveva cambiato la vita.
-Cos’hai fatto?!!!-
Il termine “Mamma” non era sfuggito a Luisa alla quale evidentemente qualcosa non tornava.
-Tranquilla Candy, sto bene. Per quanto si possa star bene con un braccio ingessato.-
-Ma cos’è successo?- chiese di nuovo la ragazza in lacrime.
-La professoressa Alberti oggi è stata scippata.- spiegò la giovane carabiniera.       –Io e il mio collega siamo venuti sul posto, l’abbiamo fatta portare in ospedale e poi l’abbiamo riportata a casa dopo aver raccolto la sua denuncia.-
-Ma… ma perché non mi hai chiamato?-
-Non era necessario, non è niente di grave, al braccio ho solo una lussazione e due punti sul sopracciglio. Mi hanno scippata oggi mentre rientravo da scuola, sono caduta e mi sono fatta male. In ospedale mi hanno dimessa subito e hanno detto che dovrò portare il gesso per una ventina di giorni, non di più.
E smettila di piangere stupidona!-
-La prof dice la verità, o forse dovrei dire… tua madre?!?!?-
-è una lunga storia Luisa.- disse Candy rialzandosi. –Quando avremo più tempo te la racconterò. Piuttosto, grazie per averla soccorsa.-
-Dovere Candy. E se quello che ho fatto è servito per farmi perdonare da te, meglio così.-
Candy frugò nella borsetta e ne estrasse un biglietto da visita.
-Tieni Luisa. Qui c’è il mio telefono e i miei riferimenti internet. Vorrei che ci risentissimo.-
-Grazie Candy. Ci sentiremo molto presto, hai la mia parola.-
 

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Capitolo 5
*** cinque ***


Nei giorni successivi Maria restò a casa a curarsi e Candy, quando non lavorava l’assisteva amorevolmente.
Il danno economico non era grave, la borsa scippata non valeva granché e Maria non era abituata a portarsi dietro grandi somme di denaro se non era strettamente necessario.
Non fu neanche necessario rifare le chiavi di casa che un momento prima dello scippo, Maria aveva appena preso in mano.
I documenti furono presto rifatti e l’incidente fu presto accantonato.
 
Luisa era stata felice di quell’invito. Con Elisa era stata veramente amica quando stavano insieme alle medie e rivederla dopo tanti anni fu qualcosa che la commosse oltre misura.
Alle “fantastiche quattro”, riunite per l’occasione a casa di Elisa, Luisa raccontò la sua triste storia dopo aver sentito quelle delle sue ex-compagne.
-Ricordate che mio padre aveva una piccola attività imprenditoriale legata all’informatica?
Pochi giorni dopo la fine della seconda media quell’attività fallì, all’improvviso. E la mia famiglia si ritrovò povera in canna, senza neanche un centesimo bucato. Anche la nostra casa di Roma e quella che avevamo in Puglia vennero pignorate.
Con molto “coraggio” e “senso di responsabilità” mio padre si tolse la vita, così che io e mia madre rimanemmo sole.
Alcuni parenti milanesi di mamma ci invitarono a stare da loro, e lei accettò. A Milano si mise a lavorare come donna delle pulizie in una specie di comprensorio di uffici, e io potei finire le medie e poi fare le superiori.
Purtroppo quando avevo 17 anni anche mia madre mi lasciò. Un infarto, un semplice stupidissimo, banalissimo infarto me la portò via a neanche cinquant’anni di età.-
-Ci dispiace così tanto Luisa.- disse una commossa Candy
-Sai Candy, l’essere rimasta orfana mi fece pensare a te, e mi vergognai così tanto delle cattiverie che ti avevo fatto. Erano solo bambinate d’accordo, ma solo in quel momento capii come ti dovevi essere sentita quel giorno a scuola quando ti diedi dell’orfanella.-
-Eri solo una bambina. Non devi più pensare a quelle cose.-
-Comunque per concludere la mia storia basti sapere che, compiuti 18 anni e finite le superiori feci un concorso per entrare nell’Arma dei Carabinieri e, incredibilmente lo vinsi.
Come mi capitò l’opportunità di tornare a Roma la colsi al volo. I parenti di mia madre erano brave persone d’accordo, ma non erano proprio il mio tipo, per così dire.
Qui a Roma per un po’ vissi in caserma, e poi trovai alcune ragazze con le quali divido casa. Una di loro è un’orfana vissuta in casa-famiglia, proprio come te Candy sai? Dovrò fartela conoscere, è una brava ragazza.-
-Come te Luisa. Come te.-

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Capitolo 6
*** sei ***


L’inverno seguiva il suo corso regalando a Roma giornate ora piovose, ora fredde e soleggiate, ora tiepide, al limite del primaverile.
Candy ormai aveva ingranato con il suo lavoro, e la sua storia con Terence andava a gonfie vele.
Il brutto incidente in cui era stata coinvolta sua madre venne presto dimenticato, e la vita della bionda ex-ospite della casa di Pony e della sua “madre adottiva” proseguiva abitudinaria e tranquilla.
 
Quella sera Terence e Candy andarono a un famoso multisala non troppo lontano da dove abitava la ragazza. Candy era un’appassionata di cinema fin da bambina, fin da quando cominciò ad andarci insieme alla sua vecchia combriccola delle medie. Amava i film un po’ di tutti i generi, basta che ci fosse una bella storia che la facesse sognare per un po’.
Quella sera Terence la portò a vedere un film horror, genere che lui prediligeva, e quello che successe dopo lo spettacolo poteva sembrare la scena di un film di quel genere, o almeno di un thriller di Hitchcock.
 
Uscirono dalla sala e presero la scala mobile in discesa dirigendosi verso l’uscita dal multisala. Subito a fianco della loro rampa, ce n’era un’altra che andava in salita e che conduceva gli spettatori a vedere l’ultima proiezione della serata.
Candy e Terence avevano scelto di andare allo spettacolo di prima serata perché non volevano fare troppo tardi, visto che entrambi erano attesi da una levataccia.
Improvvisamente Terence sembrò impallidire, e sull’altra rampa una ragazza che saliva ebbe la stessa reazione. Era una bella ragazza dai capelli rossi e lunghi che parve avere uno sguardo di disappunto.
Candy se ne accorse e anche se non disse niente, si ripropose di chiedere chiarimenti al suo boyfriend non appena fossero usciti dal multisala.
-Allora? Vuoi dirmi che ti è preso?-
Terence avrebbe voluto rispondere “Niente, ho avuto un mancamento”, ma non aveva il fiato per farlo.
-Vieni. Sediamoci su quella panchina.-
Una volta seduti sulla panchina, Candy attese che il ragazzo riprendesse fiato e colore e poi lo incalzò.
-Mi spieghi che ti è preso?-
-Niente Candy, solo un… colpo di calore…-
-In questa stagione? Con te che sei vestito come se andassi a una serata in spiaggia? Non contarmi balle!-
-Ah senti! Stai diventando oppressiva!- scattò lui alzandosi in piedi. –Forse è meglio… piantarla qui!-
Candy rimase sconcertata ma seppe reagire subito parandosi davanti al ragazzo.
-Ah no! Questa non te la permetto! Il ragazzo più importante della mia vita mi vuole mollare così? Senza una spiegazione? Mi dispiace caro signor Grandi, ma non sarà così facile! Adesso tu mi dai una spiegazione plausibile di quello che è successo su quella cavolo di scala mobile, e poi se davvero vorrai mollarmi potrai anche andartene AFF….!!!!-
Terence guardò Candy in volto e si accorse che stava piangendo. “il ragazzo più importante della sua vita” l’aveva chiamato. Aveva ragione lei: gli doveva una spiegazione, mollarla lì sui due piedi non avrebbe risolto niente.
-Scusami Candy, hai ragione tu. Ti spiegherò tutto ma adesso andiamocene di qui.-
 
Salirono nella macchina di Terence e il ragazzo stava per mettere in moto quando una figura femminile gli si parò davanti.
-Susanna!-
Scese dalla macchina seguito a ruota da Candy.
-Susanna Marlowe, che cavolo stai facendo?- gridò in inglese
-No parla pure in italiano, così almeno la biòndina capisce tutto!-
-Tu… parli italiano?- già, la ragazza dai capelli rossi davanti a lui parlava un italiano impeccabile, anche se poco fluente e con gli accenti messi un po’ a caso.
-Non te l’avevo mai detto? Mia madre è italiana, di Firenze. E io fin da piccola ho sempre visitato questo paese!- lo sguardo della ragazza non era certo quello di chi ritrova un caro amico.
-Già mi hai fatto rinchiudère in una clinica psichiatrica, vengo a Roma per cercare di dimenticarti, di vivere una vita normale e ti trovo in ogni angolo di questa dannata città!
E sempre in compagnia di questa biòndina!-
Candy era allibita, e non per gli errori di pronuncia della rossa, ma per la sua veemenza.
-Io ti ho fatta rinchiudere? Questa è bella! Ti ricordo, miss Marlowe che avrei potuto benissimo denunciarti e farti finire in galera! O ti sei dimenticata che hai cercato di accoltellarmi a Trafalgar Square? Devo ringraziare solo quei bobbies che ti hanno fermata in tempo!-
Susanna rise nervosamente.
-Accoltellato… Avevo un tagliacarte e ti ho fatto appena un taglietto sul tuo petto pieno di peli, mister Grandi!-
-Tanto bastava a mandarti in galera per un pezzo! Ho voluto evitartelo! Mi facevi pena!-
A quelle parole Susanna tirò un poderoso schiaffone a Terence, uno schiaffone talmente forte da far strabuzzare gli occhi a Candy.
-Ah ti faccio pena? Sai che ti dico mister Grandi? SPARISCI DALLA MIA VITA!-
Poi in lacrime si allontanò.
Un’esterrefatta Candy si avvicinò a Terence che ancora si massaggiava la guancia.
-Tutte così le tue ex?-
Il ragazzo si mise a ridere.
 
-Ci siamo conosciuti tre anni fa. Era il periodo che provavo la carriera di attore, mia madre mi aveva infilato in una produzione franco-britannica, una piccola serie tv di quelle che vanno sui canali internet.
Anche Susanna faceva parte del cast, avevamo entrambi ruoli secondari, ma lei recitava veramente bene.
Come hai potuto vedere è anche una bella ragazza, e in breve… finimmo a letto insieme.
Stavo bene con lei, devo ammetterlo, e anche la carriera di attore sembrava essere alla mia portata. Fu un buon periodo per entrambi, ma poi…-
-Cos’è successo poi?-
-Susanna rivelò il suo vero volto. Era una ragazza fragile e instabile che si attaccò con tutta se stessa a quell’embrione di sentimento che ci univa. Diventò gelosa, oppressiva, maniacale. Mi telefonava a tutte le ore del giorno e della notte, voleva sempre stare con me, non mi dava un attimo di tregua.
Mia madre voleva cacciarla dalla produzione, ma fui io ad andarmene.
Speravo che non rivedendomi più si calmasse, trovasse una ragione di vita, ma mi sbagliavo.
All’epoca io abitavo insieme a mia madre nel suo appartamento vicino a Trafalgar Square e una mattina mentre andavo all’università, vedo lei che attraversa rapidamente la piazza puntando diritta su di me.
Ricordo di aver pensato “E che vuole ‘sta pazza?”. Mi fermo con l’idea di cantargliene quattro, ma ecco che lei rapida come un serpente a sonagli mi salta addosso con quello che sembrava un coltello.
Per fortuna era solo un tagliacarte, e ancora più per fortuna dei bobbies lì vicino intervennero fermandola e disarmandola.
Quello che diceva prima è vero: non mi fece niente, solo un bel graffio sul petto.
Mia madre voleva che la denunciassi, che la mandassi in galera, ma io non volli. Mi faceva veramente pena. Così offrii a lei e ai suoi genitori una possibilità: non l’avrei denunciata se lei si fosse fatta curare.
Il giorno dopo entrò volontariamente in una clinica per malattie mentali, e da allora non ne ho più saputo nulla.
Un anno fa dopo la laurea me ne tornai a Roma, un po’ per i motivi che già ti ho detto, e un po’ per sfuggire anche a questa storia. Non puoi capire che cosa ho provato poco fa nel vedermela davanti su quella scala mobile.
Ho persino pensato di mollarti per difenderti da lei, capisci?-
Candy sorrise e al tempo stesso si lasciò sfuggire una lacrima.
-Ascoltami: hai un solo modo per difendermi, stare con me.-
Terence la guardò
-Io ti amo Terence, e voglio solo stare con te. Ti prometto che non userò mai tagliacarte…-
-Anch'io ti amo Candy, e anch'io voglio solo stare con te, a dispetto di tutte le pazze di questo mondo.-
Senza altre parole si baciarono.
 
 

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Capitolo 7
*** sette ***


Maria andò ad aprire la porta.
-Ciao Luisa, accomodati prego. Candy arriverà subito.-
-Grazie prof.-
-Lo sai che vestita in borghese sei ancora più carina?-
-Oh grazie! Ma lei è uno schianto prof!-
-Che dici! Stasera ho una cena con alcuni colleghi, sto aspettando che mi passino a prendere. Ma siediti prego.-
-Sa prof, mi meraviglia che una donna bella e giovane come lei sia single.-
-Che dici mai ragazza! Il fatto è che ho sempre avuto a mente soprattutto il lavoro…-
Luisa conosceva una parte del doloroso passato di Maria Alberti, e preferì non insistere sull’argomento.
-Beh, dove andate di bello te e… la mia quasi figlia adottiva?-
-In realtà da nessuna parte. Ci ordiniamo le pizze e passiamo la serata a chiacchierare come due… giovani comari…-
-Giovane comare ci sarai!- tuonò scherzosamente Candy.
-Allora mamma, sei pronta per la tua serata romantica?-
Maria arrossì violentemente
-Ma che dici disgraziata! Ho una cena fra colleghi!-
-Si si certo: due colleghi, te e lui!-
Prima che Maria potesse rispondere suonò il citofono.
-Devo andare. Ci vediamo più tardi, o forse… domani mattina.-
Candy baciò sua madre sulle guance e poi gli mollò una pacca affettuosa sul sedere come a volerla spingere fuori di casa.
-Non ti permettere ragazza!-
-D’accordo: mi sculaccerai domani, adesso fuori dai piedi!-
Rimaste sole le due ragazze ridacchiarono un po’.
-E così la prof Alberti fa le uscite romantiche?-
-Già, e io spero tanto che gli vada bene, povera donna. Ha fatto talmente tanto per me…-
-Glielo auguro anch’io… ma veniamo a noi Candy.-
-Prima ordiniamo le pizze! Le birre le ho in frigo.-
 
Ordinarono le loro pizze con contorno di supplì e crocchette di patate, e poi nell’attesa si misero ad affrontare l’argomento per cui si erano riunite quella sera.
-Ho preso le informazioni che mi hai chiesto.- iniziò Luisa mentre il rosso Klin le si strofinava sul collo e sul mento e lei cercava invano di tenerlo buono.
-Susanna Marlowe si è trasferita a Roma un anno fa, dopo essere stata dimessa dalla clinica in cui si era ricoverata di sua spontanea volontà.
Lavora come traduttrice all’ambasciata britannica e a un piccolo centro di scambio culturale italo-scozzese. In pratica organizzano soggiorni per giovani che vogliano imparare le rispettive lingue.
A suo carico oltre al fatto di Trafalgar Square, non risulta nulla. Forse i timori del tuo fidanzato non sono fondati, forse quella ragazza non ha cattive intenzioni. Forse vuole veramente rifarsi una vita e basta. D’altronde mi spieghi come faceva a sapere che sareste andati al cinema proprio quella sera in quel cinema?-
-Potrebbe averci seguito. Ti dirò: quella sera mi sembrava sincera, la sua arrabbiatura mi sembrava autentica, tutt’altro che recitata. Vorrei solo essere sicura capisci? Il mio timore è che qualcuno possa prendere di mira mia madre o addirittura i bambini della casa di Pony.-
-Ti capisco. Al momento posso solo suggerirti di tenere gli occhi aperti e di segnalarmi episodi strani, persone sconosciute che sembrino seguirti, ma… non diventarmi paranoica!-
-E sullo scippo avete scoperto qualcosa?-
-Proprio niente, un “normale” fatto criminoso di quelli che ogni giorno, solo in questa città, accadono a dozzine! Stai serena Candy: nessuno ti ha preso di mira!-
 

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Capitolo 8
*** otto ***


Candy si rassicurò alle parole di Luisa, e riprese la sua vita regolare scandita dal lavoro, dalla sua storia con Terence e dalle sporadiche frequentazioni con le sue amiche di un tempo.
Elisa aveva coronato il suo sogno di diventare assistente sociale, e si occupava molto di minori “difficili”.
Anna, dopo essersi sposata con Andrea era andata ad abitare all’altro capo di Roma, e aveva anche due figli. Andrea lavorava in un’azienda del settore alimentare come impiegato e lei faceva la segretaria per uno studio legale. I contatti fra le due quasi sorelle della casa di Pony erano per lo più telematici.
Patty lavorava come programmatrice di computer, un pallino questo ereditato da Sandro, e cresceva la sua bambina contando anche sull’aiuto economico e morale dei suoi genitori oltre che dei genitori di Sandro.
Le occasioni di contatto delle “fantastiche quattro” non erano molto frequenti, ma in fondo andava bene così: la vita è fatta anche di questo.
 
L’inverno si avviava a conclusione, la storia di Candy e Terence proseguiva col vento in poppa e il piccolo incidente con Susanna Marlowe venne presto dimenticato. Sia Candy che Terence si convinsero che la peperina ragazza dai capelli rossi volesse davvero vivere la sua vita in pace, e si ripromisero di contattarla in futuro e cercare con lei una sincera amicizia.
Maria Alberti continuava le sue “cene con i colleghi” accompagnate ogni volta da battute maliziose della “figlia adottiva” e tutto sembrava procedere per il meglio.
 
-Candy io… vorrei che tu venissi a… vivere da me.-
Questa Candy non se la aspettava. Certo, stavolta non poteva opporre argomenti del tipo: “è troppo presto”, “dobbiamo vivere le nostre vite”. Quella volta aveva 17 anni e la loro era una storia troppo acerba per poter veramente attecchire, ma adesso non era così.
Davanti a una proposta simile Candy doveva dare una risposta precisa, si o no che fosse.
Certamente non voleva rinunciare a Terence, e certamente la sua “mamma” adottiva se la sarebbe cavata benissimo anche senza di lei fra i piedi.
Tuttavia la proposta l’aveva spiazzata.
-Si Terence. Voglio stare con te, ogni istante della mia vita.-
 
Rientrò a casa a mezzanotte passata, felice per il passo che aveva appena accettato di compiere, ma triste all’idea di doverlo dire a sua madre. Quella donna aveva fatto talmente tanto per lei…
Rientrò in casa e trovò Maria ancora in piedi, elegantissima come usava da qualche tempo quando usciva la sera, ma con la faccia rossa di pianto.
-Mamma, che hai?-
-Finalmente sei arrivata! Stai bene?- disse mentre correva ad abbracciarla.
-Si, ma… che succede?-
Maria andò al tavolo del salone e prese una busta, una normale busta da lettere. Sopra c’era scritto semplicemente “CANDY” con lettere prese da fogli di giornale e incollate sulla busta.
-L’ho trovata nella cassetta della posta.-
Candy guardò la busta, non era affatto chiusa e non c’era affrancatura. Qualcuno l’aveva semplicemente infilata nella cassetta delle lettere.
-Non volevo certo curiosare nelle tue cose, ma la busta è aperta e il contenuto è caduto sul pavimento.-
Candy aprì la busta ed estrasse il suo contenuto: una carta, una carta dei tarocchi che raffigurava la morte, e un foglio di carta da fotocopia piegato in quattro. Candy lo aprì e c’era scritto, stampato al computer con caratteri grafici che sembravano lettere insanguinate: “CANDY BIANCHI STAI PER MORIRE!!!”
Candy lasciò cadere il foglio a terra e si sentì mancare.
 

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Capitolo 9
*** nove ***


Susanna Marlowe sembrava sul punto di crollare: l’interrogatorio andava avanti da un paio d’ore.
-Insomma: quante volte ve lo devo dire? Io non so niente né di quella carta né di quella lettera! Non ho idea di dove abiti quella… Candy Bianchi!-
Il capitano Rinaldi, comandante della caserma dove lavorava Luisa, si fece porgere proprio da Luisa un mazzo di carte dentro una confezione di cartone.
-Queste le abbiamo trovate nella sua abitazione signorina. Sa dirmi cosa sono?-
-Sono tarocchi. Fin da piccola ho avuto la fissa con quel gioco. Mi diverto a fare le carte ad amici e parenti.-
La ragazza parlava con fatica. Alla poca dimestichezza con la pronuncia italiana si univa la pesantezza della situazione: si trovava in una sala per interrogatori dei carabinieri, delle forze dell’ordine di un paese straniero, sospettata di minacce di morte.
In più il peso dei suoi precedenti non l’aiutava di certo.
Vedendo che la ragazza inglese sembrava soffocare, Luisa gli porse una bottiglietta d’acqua minerale che lei accettò e che bevve avidamente. Il capitano riprese a parlare.
-Abbiamo controllato quel mazzo, manca una carta. Sa quale?-
La ragazza fece cenno di no, anche se in cuor suo temeva la risposta.
-Questa è la carta che manca!- disse il capitano mostrando la carta della morte recapitata a Candy Bianchi.
-Il dorso di questa carta è lo stesso delle sue carte, strana coincidenza, non trova?-
Susanna era sempre più affranta: la vita di cui si era tanto faticosamente riappropriata, le sfuggiva dalle mani.
-In più, sa cosa abbiamo trovato sul suo computer?
Un grazioso file che conteneva la stessa scritta che è stata recapitata alla signorina Candy Bianchi! Una scritta veramente simpatica con caratteri simili a lettere insanguinate: “CANDY BIANCHI STAI PER MORIRE!!!”
Dimenticavo un piccolo particolare: i suoi vicini l’hanno vista ieri portare via la sua stampante. Strano che si sia rotta proprio ora non trova?-
-Mi è… caduta…-
Susanna ormai non sentiva più niente e cercava inutilmente di biascicare qualcosa, quando sentì due mani che le afferravano le spalle. Alzò lo sguardo e vide il volto di una giovane donna bionda. La riconobbe: era la fidanzata italiana di Terence.
-Susanna ascoltami. Io posso anche credere che tu non abbia mai voluto farmi veramente del male. Posso credere che tu sia una brava ragazza magari un po’ fragile, ma hai bisogno d’aiuto.
Non voglio mandarti in prigione, non voglio farti del male. Ma voglio che tu dica la verità. Se sei stata tu a mandarmi quella busta, dillo e io ti perdonerò.-
La ragazza inglese cercò di riappropriarsi della parola, e solo dopo aver ingollato un’altra bottiglietta d’acqua riuscì a spiccicare parole sensate.
-Ascoltami Candy. Ti prego ascoltami!
Ho fatto molte sciocchezze nella mia vita, e la più grande è stata quella di ferire Terence quel giorno, a Trafalgar Square!
Sono andata in una clinica psichiatrica e ci ho passato due anni della mia vita, capisci?!?!?
Un anno fa ne sono uscita con il consenso dei medici che mi avevano in cura, e ho deciso di venire a Roma. Volevo cambiare vita, buttarmi il passato alle spalle. Non avrei mai creduto di trovarci Terence!
Un giorno a settembre vi ho visto a Piazza Venezia, e poi anche a Trastevere. Ho sofferto d’accordo. Come dite a Roma, c’ho “rosicato”, ma non ho mai pensato di farvi del male!
Quella sera al cinema ho avuto una reazione esagerata, ma è stato solo perché Terence mi guardava come una pazza, e non ci ho più visto!
Ti prego, credimi!-
Candy era sconvolta dallo strazio di quella ragazza.
-Se tu non c’entri niente con quella lettera, allora perché il file stava sul tuo computer?-
-NON LO SO! Mi stanno incastrando credimi!- la ragazza cadde in ginocchio davanti ad una sconcertata Candy. –Non mi rovinare… ti prego…-
Luisa la aiutò a rialzarsi e la portò via.
 
-Ne è sicura signorina Bianchi?- chiese il capitano Rinaldi sconcertato dalla decisione della ragazza davanti a lui.
-Si capitano, ne sono sicura. Ritiro la denuncia. Non so se sia stata lei a mandarmi quella busta, ma non intendo mandarla in prigione e distruggerle la vita.-
Dietro a lei Terence e Maria erano altrettanto sconcertati dalla decisione di Candy.
-Signorina, il suo è un gesto molto nobile, ma la invito a ripensarci. In assenza di una sua denuncia noi non potremo procedere e quella donna sarà libera.-
-Non credo che quella persona sia capace di fare del male, e in ogni caso saprò affrontarla.-
 
Nonostante sua madre e Terence cercassero in tutti i modi di farle cambiare idea, Candy fu irremovibile e Susanna poté tornare libera a casa sua.
A casa Candy dovette litigare violentemente con entrambi e volarono parole talmente grosse che lei, infuriata, se ne andò a dormire sbattendo la porta.
Era la prima volta che litigava così duramente con sua madre.

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Capitolo 10
*** dieci ***


Una Susanna Marlowe con il morale sotto le scarpe uscì dall’ambasciata britannica a Roma, e si avviò verso la fermata dell’autobus. Era stata trattata come una criminale e si era salvata a malapena.
Si sentì chiamare, si voltò e vide la bionda fidanzata di Terence che le veniva incontro sorridendole.
-Ciao Susanna!-
ricambiò il saluto anche se ne avrebbe fatto a meno.
-Ciao… Candy.-
-Stai andando a casa? Posso darti un passaggio se vuoi.-
-Sei… molto… gentile… ma io non posso approfittare…-
-Ti prego, vieni con me Susanna. Io mi fido di te.-
Le parole e il tono amichevoli che quella ragazza usava con lei la commossero e la convinsero.
-Ok. Ti ringrazio.-
Dovettero camminare un po’ per arrivare alla macchina di Candy, a Roma non è proprio pensabile di parcheggiare esattamente dove servirebbe a te.
-Prego Susanna, accomodati.- disse Candy aprendo la portiera come un perfetto maggiordomo.
Susanna sorrise. Da un bel pezzo nessuno era così gentile con lei.
Una volta in macchina Candy si fece spiegare dove Susanna volesse essere condotta e avviò il motore della sua utilitaria celeste.
-Candy, tu sei molto gentile con me e io ti ringrazio.- ora che era calma la pronuncia di quella ragazza era sensibilmente migliorata –Ma mi chiedo come fai a fidarti di me.-
Candy non voleva mentire.
-Vedi Susanna, sarei una bugiarda se dicessi di crederti al 100%, tuttavia sento che sei una persona buona, magari un po’ fragile, magari con un passato difficile, ma sento che non mi faresti mai del male.-
-Sei l’unica, sai? Oggi al lavoro mi hanno detto a chiare note che preferirebbero che me ne andassi.-
-Mi dispiace tanto Susanna. E tu cosa farai?-
-Questo lavoro all’ambasciata è un lavoro che mi da sicurezza, che mi consente di vivere in modo autonomo. Se lo perdessi sarei costretta a tornare in Inghilterra.-
-Ti piace Roma?-
-La adoro! È una città meravigliosa! Mi piace la città, mi piacciono i suoi abitanti, mi piace camminare per le strade e trovare ovunque traccie della sua storia millanaria.-
Candy sorrise
-Forse volevi dire “tracce della sua storia millenaria”.-
Susanna rise
-Già, forse… avrei proprio bisogno di qualche ripetitizione.-
-Ripetizione. E io posso dartela sai? Sono professoressa di italiano!-
-Candy, tu sei una persona buona, ma io…-
-Vorrei conoscerti meglio Susanna, vorrei poterti scagionare dall’accusa che ti è stata mossa. E anche se venisse fuori che… sei stata tu a mandarmi quella lettera, magari in un momento di follia, vorrei aiutarti senza per questo rovinarti la vita.-
Susanna si mise a piangere e a ridere insieme. La bontà d’animo di quella ragazza la sconcertava.
-Candy… capisco i tuoi dubbi… ma ti giuro su quello che ho di più caro al mondo… che non sono stata io a mandarti quella lettera! Amavo Terence, è vero, ero infatuata di lui, ma non farei mai del male né a lui né a te…-
Approfittando del semaforo rosso Candy prese la mano di Susanna.
-Io ti credo Susanna, ma allora dobbiamo cercare di capire chi è stato e perché lo ha fatto. Vuoi aiutarmi in questo?-
Susanna sorrise fra le lacrime.
A forza di sorrisi e frasi gentili Candy non si accorse del semaforo diventato verde, e dietro di lei si scatenò un autentico concerto di clacson e imprecazioni irripetibili. Un motorino le passò a fianco.
-A bionna! Che c…. stai a fa?!!! Fatte n’artro sonno!- e a pronunciare quella frase non proprio gentilissima, era stata una ragazza forse neanche maggiorenne!
Candy ingranò la marcia e attraversò rapidamente l’incrocio.
-Che vuol dire “bionna”? E quell’altra parola? La sento sempre qui a Roma, cosa c… vuol dire?- chiese Susanna, e Candy si mise a ridere seguita a ruota dalla ragazza accanto a lei.
 

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Capitolo 11
*** undici ***


Arrivarono a casa di Susanna, e Candy riuscì a parcheggiare proprio davanti al suo portone. Ci mise un po’ a indovinare il parcheggio, era una brava guidatrice, anche se a volte un po’ distratta, ma con i parcheggi era decisamente negata.
Salirono nell’appartamento di Susanna pressoché ignorate dai condomini che al passaggio di Susanna si giravano dall’altra parte.
Candy provava compassione per Susanna e sincero disprezzo per i suoi vicini. Quella situazione le ricordava quello che aveva subito anche lei in prima media, quando i suoi compagni l’avevano bollata come “sfigata” e la trattavano nello stesso modo, ma lì non c’erano bambini cretini, ma adulti cattivi pieni di pregiudizi e frustrazioni da “vivere incivile”.
 
Entrarono nell’appartamento di Susanna al quarto piano di quello stabile.
-Quello è il mio computer.- disse Susanna indicando a Candy un portatile che già a vederlo si intuiva essere una sottomarca.
-Puoi accenderlo, il file è ancora lì.-
-Susanna, io non…-
-Tranquilla Candy, io non ho niente da nascondere e vorrei capirci qualcosa in questa storia. Se veramente sono una pazza che neanche si ricorda le sue azioni, o se davvero qualcuno sta cercando di incastrarmi.
In ogni caso è mio interesse sapere la verità, e hai la mia parola che quale che sia la verità io metterò al primo posto la tua sicurezza.-
Candy non sapeva più che pensare. In entrambi i casi Susanna era una vittima e decise che l’avrebbe aiutata.
-Accendiamo insieme quel cavolo di computer!-
 
-Che dirti: io non sono certo un’esperta di queste cose, forse una mia amica ci capirebbe di più. Comunque non ci vuole un esperto per dirti che questo computer è una chiavica!-
-Una… chiavica?!?-
-Una schifezza!
Ci devono essere più virus qui dentro che nelle provette di un infettivologo! E comunque un hacker esperto potrebbe effettivamente aver inserito quel file qui dentro da remoto, ma c’è anche un’altra possibilità.-
-E cioè?-
-Quella carta, quella dei tarocchi.
Per prendere quella carta dal tuo mazzo, qualcuno deve essere per forza entrato qui! E se è entrato qui può benissimo aver messo quel file nel tuo pc. Senza necessariamente scriverlo ex-novo, può averlo copiato da una chiavetta. Un’operazione semplicissima che porta via meno di un minuto.
Ho notato che il tuo computer non ha nemmeno una password di protezione all’accensione.-
-E a che mi serve?- tacquero un momento guardandosi. –Ok, mi serve.-
-Se vuoi un consiglio fatti un computer nuovo, mettici una password d’accesso sicura, non semplicemente “Susanna” o “Terence”, e dotalo di un buon programma antivirus. Se vuoi ti faccio parlare con una mia amica veramente gagliarda in queste cose.-
-Adesso però vorrei capire chi mi vuole incastrare, ammesso che qualcuno voglia veramente incastrarmi.-
Una volta di più Candy ebbe compassione di quella ragazza, sia che fosse innocente, sia che fosse colpevole, era una persona che aveva sofferto e che era destinata a soffrire ancora per quella storia.
Poco dopo Candy si alzò per andare in bagno e mentre era assente il suo cellulare suonò.
Leggendo sul display il nome “Terence” Susanna ebbe il folle impulso di rispondere.
-Pronto Terence? No, non sono Candy, sono Susanna Marlowe, la donna più cattiva del mondo. Sai, Candy è mia prigioniera, l’ho legata alla spalliera del letto e sto per sottoporla a indicibili torture, così tu tornerai mio.-
Un’accigliata Candy gli strappò il telefono di mano mentre Susanna si metteva a ridere.
-Terence, calmati! Susanna stava solo scherzando! Non sono sua prigioniera, anzi adesso esco. Devo fare alcuni giri e me ne vado a casa. Credo proprio che dovremo parlare io e te!-
-Lo credo anch’io!- replicò un Terence tutt’altro che divertito.
-Sei proprio matta!- sbraitò Candy dopo aver riattaccato -Ma si fanno queste cose con i telefoni degli altri?-
-Scusa, stavo solo scherzando.-
-Vorrei vedere!
Ascolta Susanna. Cerchiamo di essere serie: io e te non siamo certo investigatrici di qualche serie tv, e sinceramente ti dirò che non so cosa pensare. Ho scelto di credere alla tua buona fede e ti aiuterò anche se venisse fuori che quella lettera l’hai mandata tu. Cavolate come quella che hai fatto adesso non ci aiutano. d’accordo?-
Susanna si alzò e abbracciò Candy.
-Capisco che tu abbia i tuoi dubbi, ma ti assicuro che non ti farei mai del male, non intentionally almeno.-
-Intenzionalmente. Comunque parlerò con quella mia amica e ti farò sapere qualcosa.-

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Capitolo 12
*** dodici ***


Uscita da casa di Susanna Candy dovette sbrigare alcune commissioni per lavoro, e poi tornò a casa per l’ora di cena. Insieme al rosso Klin e a sua madre, trovò anche Terence.
-Che c’è? Mi volete fare un’altra scenata?-
Maria gli si fece incontro e le prese le mani.
-No tesoro, abbiamo riflettuto e crediamo di doverti delle scuse. Che tu abbia voluto aiutare quella ragazza è qualcosa di bello e di nobile.
Ma adesso siediti e parliamo.-
Candy raccontò del tempo appena trascorso in casa di Susanna.
-Credetemi: quella ragazza può essere qualsiasi cosa, tranne un’assassina spietata!-
-No d’accordo, ma anche tu e addirittura lei stessa, ammettete che potrebbe essere una persona con problemi molto seri.- replicò Maria
-Oggi, quando mi ha risposto lei al tuo cellulare mi è preso un accidente!- aggiunse Terence quasi imprecando.
-Stava solo scherzando! Cercava forse di tirarsi un po’ su. Quella ragazza sta perdendo tutto quello che credeva di potersi costruire qui a Roma!-
-D’accordo, d’accordo! Stava solo scherzando, ti dirò, quasi mi ha fatto piacere di sentirla così. Ma quella busta che ti hanno messa nella cassetta delle lettere non è uno scherzo!
Sai, se fosse stata lei e magari lo avesse dimenticato, mi sentirei quasi tranquillo. Ma se non è stata lei, se davvero qualcuno vuole colpire te incastrando Susanna, beh allora io vado nel panico e mi domando: CHI E’ QUESTO QUALCUNO? E soprattutto PERCHE’ ce l’ha con te?-
Candy rimase interdetta a questa considerazione, fino a quel momento non aveva mai preso in seria considerazione questa possibilità.
-Io… non ne ho la più pallida idea. Forse qualche altra tua ex?-
L’aveva buttata lì, quasi per ridere, ma era una possibilità molto più concreta di quanto apparisse.
In quel mentre squillò il telefono e Maria rispose. Dopo il canonico “pronto” Maria rimase ad ascoltare in silenzio la voce dall’altra parte della cornetta.
-Grazie Luisa. Arriviamo subito.-
Riattaccò il telefono e incrociò gli sguardi interrogativi di Candy e Terence.
-A quanto pare non c’è più dubbio: Susanna Marlowe è andata alla caserma di Luisa e si è costituita. Ha fornito spontaneamente un’ulteriore prova della sua colpevolezza. È stata lei a mandarti quella lettera!-
 
Susanna stava seduta alla scrivania del capitano Rinaldi con gli occhi arrossati, e lo stesso ufficiale, di norma così inflessibile sul lavoro, non riusciva a non provare compassione per quella ragazza.
Candy, Terence e Maria furono introdotti nell’ufficio del capitano e Susanna distolse lo sguardo per la vergogna e l’umiliazione che provava: quella ragazza, Candy, le aveva mostrato comprensione, compassione, amicizia e lei…
Si coprì la bocca e ricominciò a piangere. Candy le si fece vicino e la abbracciò.
-Perdonami Candy…-
Candy non riusciva a odiare quella povera sfortunata ragazza ma soprattutto non riusciva a capacitarsi della sua colpevolezza. Solo poche ore prima si sarebbe detta sicura della sua innocenza.
Il capitano prese la parola.
-Poco fa la signorina Marlowe ci ha portato spontaneamente un’ulteriore prova della sua colpevolezza. Anche se lei afferma di non ricordare assolutamente di aver messo quella lettera nella sua cassetta.-
-Che prova capitano?-
-Ha presente la busta che conteneva la lettera e la carta che le sono state recapitate?-
-Naturalmente.-
-Sulla busta erano state incollate alcune lettere ritagliate da un foglio di giornale, lettere che formavano il suo nome signorina.-
-Ricordo perfettamente.-
Il capitano estrasse dal cassetto della sua scrivania una busta trasparente che conteneva dei fogli di giornale tagliati con le forbici.
Lo sguardo di Candy esprimeva dolore. Certamente quella era una prova schiacciante.
-Ho trovato quei fogli nascosti dietro lo sciacquone del mio bagno. Sono fogli di un giornale sportivo molto famoso, e le lettere ritagliate formano proprio il tuo nome Candy, mi dispiace così tanto.
Ma ti prego di credermi: io non ricordo di averti mai scritto quella lettera! Non ricordo di aver mai comprato quel giornale! Non ricordo di aver mai…- non riuscì a finire la frase e si rimise a piangere.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, e all’avanti del capitano Luisa entrò nell’ufficio.
Portava con sé la busta da lettere a suo tempo recapitata a Candy e alcune fotocopie.
-Abbiamo fatto le verifiche che mi ha chiesto signor capitano, e possiamo concludere che i fogli di giornale che la signorina Marlowe ci ha portato NON sono quelli da cui sono state ritagliate queste lettere.-
-Ne è sicura?-
-Certamente capitano. Vede queste fotocopie che abbiamo fatto di quei fogli tagliati? Le lettere NON corrispondono! I contorni dei tagli sono completamente diversi!
Inoltre quelle pagine sono state ricavate da una copia uscita in edicola appena oggi! Ecco la pagina originale!-
La ragazza fece vedere una stampa a colori di una pagina di giornale che si poteva riconoscere come la stessa pagina spontaneamente consegnata da Susanna.
-Inoltre posso rendere la mia spontanea testimonianza signore. Ho partecipato alla perquisizione in casa della signorina Marlowe, quella in cui abbiamo trovato il mazzo dei tarocchi e il file originale delle minacce recapitate alla signorina Bianchi per intenderci, e ho perquisito personalmente il bagno della signorina. Non c’era nessun foglio di giornale, né dietro lo sciacquone né altrove.
Posso giurarlo e testimoniarlo davanti a un magistrato signor capitano.-
Nella stanza calò il silenzio e lo stupore dei presenti era quasi palpabile nell’aria.
-Questo… vuol dire che…-
-Vuol dire che qualcuno è penetrato nel suo appartamento con l’intento di incastrarla signorina, ma stavolta non ha fatto un buon lavoro dato che probabilmente l’ha scagionata!-
Susanna si alzò e cominciò insieme a ridere e a piangere. Candy l’abbracciò e pianse con lei.
 

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Capitolo 13
*** tredici ***


Susanna era stata scagionata. Nessuno pensava più che fosse lei l’autrice di quella lettera minatoria ricevuta da Candy. E se da un lato le prove fornite da Luisa rassicuravano tutti, dall’altro ponevano nuove inquietanti domande: Chi aveva mandato quella lettera, chi aveva cercato di incastrare Susanna e soprattutto Perché?!!!
Chi era il bersaglio di quell’azione: Candy? Susanna? Terence? O magari tutte e tre?
Comunque i guai per la rossa londinese a Roma non erano ancora finiti: l’ambasciata britannica la liquidò con un pretesto banale e lo stesso giorno la sua padrona di casa le chiese di lasciare libero l’appartamento entro la fine del mese, vale a dire entro una ventina di giorni.
I carabinieri perlustrarono di nuovo l’appartamento della ragazza e trovarono in che modo qualcuno avesse potuto penetrarlo all’insaputa dell’inquilina.
Quando Candy era stata da lei, ed era andata in bagno, aveva notato che la sottile finestra era aperta: Susanna aveva l’abitudine di lasciare la finestra del minuscolo bagno di casa sua sempre aperta per favorire la ventilazione. Essendo l’appartamento al quarto piano, non pensava che qualcuno potesse arrampicarsi fin lì, ma non aveva pensato che quel bagno e quella finestra facevano angolo con la rampa delle scale del condominio e con la finestra che illuminava il pianerottolo, e le due finestre si trovavano a una distanza irrisoria, così che qualcuno abbastanza agile e snello poteva anche riuscire nell’impresa di penetrare nel suo appartamento.
 
Un’affranta Susanna posò la tazza di tè sul tavolino in vetro del salone principale del villino di Maria e Candy.
-Lascerò Roma entro la settimana. Non ho altra scelta purtroppo.-
-E… che farai?- chiese Candy.
-Tornerò a Londra, dai miei “parents”. Per quanto possano non soffrirmi sono sempre i miei “parents”, e mi aiuteranno a rifarmi una vita.-
Maria finì di sorseggiare il suo tè e poi posò anche lei la tazza sul tavolino di vetro.
-Ti piacerebbe restare a Roma Susanna?- chiese poi
-Oh sì, ADORO questa città, ma qui ho solo un lavoretto precario all’istituto italo-scozzese, da solo non mi basta per vivere! Entro due settimane dovrò lasciare la casa, e so già che non ne troverò un’altra a quel prezzo!-
-Per quanto riguarda il lavoro- intervenne Candy –Ho parlato con Terence e lui pensa che qualcosa si possa fare con la sua scuola di inglese, una brava insegnante madrelingua è sempre ben apprezzata.-
-E per quanto riguarda la casa….- aggiunse Maria inserendo volutamente dei visibili punti di sospensione –Credo proprio che questa ingrata della mia quasi figlia adottiva prenderà il volo molto presto, e comunque ho un paio di stanze libere qui dentro, almeno finché non troverai un’altra sistemazione.-
Susanna rimase quasi scioccata da quella proposta.
-Miss Alberti… io… io non posso appròfittare così della sua generosita… io…- per l’emozione la rossa londinese stava sbagliando tutti gli accenti suscitando il sorriso di Candy.
-Sai, ci vorrà ancora un po’ prima che “prenda il volo” da questa casa e credo proprio che ne approfitterò per darti qualche ripasso sugli accenti in italiano cara la mia Susanna.-
Susanna piangeva per l’emozione, ma si forzò a ritrovare la padronanza di sé.
-Ascoltatatemi. Fino a quando non si troverà la persona che ha cercato di incastrarmi… io non posso mettèrvi in pericolo… io…-
-Si dice “ascoltatemi” e “mettervi” in pericolo. E comunque a questo proposito ci sono delle novità. Luisa ci aspetta fra un paio d’ore in caserma. Il capitano Rinaldi vuole farti questa domanda ma credo proprio che il peggio sia passato.-
Susanna piangeva a dirotto. Proprio non riusciva a credere alla bontà d’animo di quelle due donne, e Candy la abbracciò.
-Sai Susanna, “miss” Alberti non è proprio mia madre, neanche adottiva, ma io la amo come una vera madre. Allo stesso modo vorrei poterti voler bene come a una sorella… se a te va bene…-
Una Susanna troppo emozionata per poter dire o fare qualsiasi cosa non poté fare altro che assentire con la testa e ricambiare l’abbraccio della bionda italiana dal nome inglese.
 
-Vi dice niente il nome di Karen Kline?-
La domanda a bruciapelo del capitano Rinaldi fece sbarrare gli occhi a Terence e Susanna, mentre Candy e Maria reagirono né più né meno gli si fosse nominato qualche parente di terzo grado del principe Carlo e della regina Elisabetta.
-Vuol dire… QUELLA Karen Kline?- disse Terence.
-Immagino che esista più di una Karen Kline nel Regno Unito. Non so se quella che risulta a noi sia la stessa che avete in mente voi.-
Fu Terence a prendere la parola dopo un rapido cenno d’intesa con Susanna, se fosse stata lei a parlare si sarebbe incagliata su ogni parola, preda com’era dell’emozione.
-Qualche anno fa entrambi partecipammo alla selezione per la produzione di una serie tv, dovevamo fare la parte di due innamorati che morivano per mano di alcuni vampiri o roba simile. Alla selezione parteciparono ovviamente anche altri aspiranti attori, e fra questi c’era Karen Kline. Una bella ragazza, anche brava devo dire, ma alla fine fu scelta Susanna.
Karen la prese male, molto male. Ricordo che fece una clamorosa scenata urlando epiteti irripetibili, facendo insinuazioni volgari sia su di me che su di lei.
Se ne andò dallo studio sbattendo la porta e addirittura rovesciando una cassa stereo. La produzione la denunciò per questo.
Non ne abbiamo saputo più niente e francamente avevo quasi dimenticato quell’episodio.
Ma… che c’entra Karen Kline?-
Il capitano fece cenno a Luisa che mise sulla scrivania una fotografia, sembrava un selfie fatto con lo smartphone e stampato su un foglio A4. Raffigurava una bella ragazza dai lunghi capelli castani e dagli occhi dello stesso colore. Sullo sfondo si intravedeva Via della Conciliazione ripresa dall’alto, probabilmente dal cupolone di San Pietro.
-è questa la Karen Kline che avete conosciuto?- chiese Luisa, ed entrambi risposero di sì.
Subito dopo Luisa mise sulla scrivania altre fotografie. Ritraevano alternativamente sia Terence e Candy, sia Susanna. In una delle fotografie si vedeva Susanna che mollava uno schiaffone a Terence davanti a un cinema, e in un’altra si vedevano tutti e tre ritratti nei caratteristici vicoli di Trastevere. Terence e Candy che si baciavano, e Susanna ripresa di spalle ma comunque riconoscibile nella sua sagoma, che sembrava guardarli con astio.
La ragazza perse due lacrime dagli occhi e cercò invano di parlare, ma ancora una volta fu Terence a prendere la parola.
-Dove le avete trovate?-
-In un appartamento del condominio dove abita la signorina Marlowe. Un piano sotto al suo.
Quell’appartamento è stato affittato per quattro mesi a una certa Karen Kline.
-Co-co-come è possibile?- riuscì finalmente a dire Susanna –Io non l’ho mai vista!-
-Se Karen Kline sapeva che lei viveva lì e non voleva farsi vedere, non ci voleva poi molto. Bastava fare un po’ d’attenzione.- spiegò il capitano.
-In poche parole pensiamo che Karen Kline sia la persona che ha recapitato quella lettera alla signorina Bianchi, e che ha cercato di incastrare lei signorina Marlowe, allo scopo di rovinarle la vita e magari di spingerla al suicidio, non so.
In questa ricostruzione ci mancava solo un movente, e voi ce l’avete fornito.-
-Ma è ridicolo! Tutta questa montatura per non aver ottenuto una stupida parte in una stupida produzione di serie Z? Manco fosse stata “Romeo e Giulietta” a Broadway!- Terence era fuori di sé.
-A quanto pare esiste qualcuno di più pazzo di me!- commentò con imprevedibile ironia Susanna.
-Il punto è che da allora, la vita di questa ragazza sembra essere andata a rotoli, ha dovuto pagare i danni per quella cassa rotta, nessuno l’ha fatta più lavorare, è stata addirittura in prigione anche se per una notte sola, e probabilmente ne ha incolpato la signorina Marlowe. Non sappiamo bene come, ma l’ha rintracciata qui a Roma e ha messo in piedi questa pazzia.-
-E dov’è questa donna adesso?- A prendere la parola era stata Maria chiaramente preoccupata.
-Non lo sappiamo.- rispose Luisa. –è almeno una settimana che nessuno la vede più. È… ufficialmente scomparsa. Il proprietario del suo appartamento ha denunciato la sua scomparsa. È sparita senza neanche saldare l’affitto del mese.
Qui a Roma lavorava in una scuola di lingue, e anche lì non la vedono più da diversi giorni. Neanche il suo cellulare da più segnali. Probabilmente se ne è disfatta forse addirittura buttandolo nel Tevere, chissà.-
-E adesso?- chiese un nervoso Terence. –Che si fa?-
-Si tranquillizzi signor Grandi- rispose il capitano –Abbiamo trasmesso la sua foto a tutte le forze dell’ordine. Attualmente quella donna è ufficialmente ricercata per diversi reati accertati. Appena la prenderemo sarà arrestata e poi verrà sicuramente espulsa dal paese e consegnata alle autorità britanniche. Tranquillizzatevi: Karen Kline non sarà in grado di nuocervi.-
 

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Capitolo 14
*** quattordici ***


Le rivelazioni dei carabinieri se da una parte avevano tranquillizzato tutti, facendo pensare alla fine dell’incubo sia per Susanna che per Candy, dall’altra avevano lasciato una profonda amarezza in Terence e Susanna.
Com’era possibile tutto quell’odio per una stupida audizione andata male?
Com’era possibile coinvolgere in quel malvagio desiderio di fare del male, anche una persona come Candy che non c’entrava niente?
L’unica spiegazione che seppero darsi era la follia. Quella ragazza doveva semplicemente essere schizzata come una molla.
 
Nei giorni successivi Susanna trovò lavoro alla stessa scuola di inglese dove lavorava Terence. Pur non avendo titoli specifici, la presero in quanto madrelingua.
Aveva accettato di vivere per qualche tempo in casa di Maria e Candy, ma non intendeva certo pesare su quelle donne che tanto gentili si erano dimostrate con lei, quindi si mise in cerca di una soluzione diversa.
Ricevette una proposta da Luisa, una delle ragazze con cui condivideva la casa se ne andava, e serviva qualcuna che la rimpiazzasse e condividesse le spese con loro.
La ragazza dai capelli rossi era raggiante: dopo anni di sofferenze e tribolazioni la sua vita sembrava prendere una giusta direzione, e forse anche per lei sarebbe stato possibile pensare alla felicità, a quella stessa felicità che vedeva negli occhi della sua amica Candy.
 
Quella mattina Candy dovette uscire presto di casa. Aveva un importante colloquio di lavoro in mattinata dall’altra parte di Roma, e quel giorno Susanna aveva deciso di stabilirsi nella sua nuova stanza, nella casa dove viveva Luisa insieme alle sue coinquiline.
In mattinata sarebbero venute a prenderla con la macchina, lei non guidava, non aveva mai preso la patente.
L’abbraccio fra le due ragazze fu lungo e commosso.
-Non ti dimenticherò mai Candy!- dichiarò Susanna in lacrime –Ti voglio bene, e voglio bene anche a Terence… da amica intendo!-
-Vorrei ben vedere!- disse lei con finto tono piccato ridacchiando insieme all’amica.
-E comunque non vai mica sulla Luna! La tua nuova casa è a tre chilometri da qui, potremo vederci tutte le volte che vorrai inglesina dei miei stivali!-
Si sciolse dall’abbraccio: doveva proprio andare.
 
La sua macchina era parcheggiata sull’altro lato della strada e lei la attraversò.
D’improvviso il brusco rumore di un’accelerata la spinse a voltarsi alla sua destra: una macchina stava precipitandosi verso di lei, e a Candy non riuscì altro che di sgranare gli occhi a dismisura, come se vedesse la morte in persona che veniva a ghermirla. Come se quella sinistra carta dei tarocchi che Karen Kline le aveva recapitato qualche tempo prima avesse preso forma e sostanza davanti a lei.
Non c’era nulla che avrebbe potuto fare in quella frazione di secondo che mancava all’impatto… nulla…
All’ultimo istante qualcuno la spinse via appena in tempo, e quel qualcuno venne travolto al suo posto.
La macchina poi sbandò fatalmente e si andò a schiantare contro un autobus che passava nella via principale dove la strada andava a finire.
 
Per qualche secondo Candy fu come estraniata dalla realtà che la circondava, come se il suo soffio vitale avesse già trasmigrato dal suo corpo in un’altra dimensione.
Poi il contatto con le mani di Maria Alberti sulle sue spalle la riportò alla realtà, e sull’asfalto davanti a lei vide il cadavere straziato della persona che gli aveva appena salvato la vita.
E straziato fu anche il grido che proruppe dalla gola e dalle viscere di Candy:
-SUSANNA!!!!!!-
Susanna Marlowe le aveva appena salvato la vita scambiandola con la sua.

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Capitolo 15
*** quindici ***


Alla fine Karen Kline aveva ottenuto la sua assurda vendetta pur rimanendo uccisa a sua volta nello schianto della macchina che aveva rubato.
I carabinieri non riuscirono mai a ricostruire completamente i suoi movimenti a Roma. La donna era arrivata a Roma pochi giorni dopo Susanna Marlowe e si era messa a lavorare in una scuola di lingue, proprio come Terence.
Come avesse trovato Susanna in una città che certamente non è un paesino di provincia, non fu mai appurato con certezza. Si poté solo supporre che, venuta a sapere che la ragazza oggetto del suo folle odio lavorava all’ambasciata britannica e al circolo italo-scozzese, fosse riuscita a trovarla e a seguirla di nascosto.
Le fotografie a suo tempo trovate nel suo appartamento dimostravano senza ombra di dubbio che Karen aveva lungamente pedinato Susanna, identificando così anche Terence e Candy.
Avrebbe potuto facilmente uccidere Susanna, solo che lo avesse voluto, ma nella sua mente folle doveva aver preso forma un piano ancora più folle e perfido: fare impazzire definitivamente la povera ragazza, forse indurla al suicidio.
E allora era penetrata nottetempo nell’appartamento di Susanna e aveva predisposto il suo piano per incastrarla, facendo credere che la ragazza avesse preso di mira la sua rivale in amore Candy Bianchi.
L’idea le nacque sicuramente dalla scenata a cui aveva assistito davanti al multisala.
Poi però il suo piano si era incrinato. Non aveva fatto i conti con la bontà d’animo di Candy, che non aveva denunciato Susanna, e con la sua stessa goffaggine, che con la finta prova dei fogli di giornale tagliati aveva definitivamente scagionato l’infelice ragazza londinese.
L’ultima follia di Karen Kline, il tentativo di uccidere Candy, fu interpretato come l’ultimo tentativo di far impazzire Susanna, uccidendo davanti a lei quella ragazza diventata una sua carissima amica.
 
La macchina parcheggiò sul lato opposto della strada, proprio davanti al villino di Maria Alberti, e appena il motore si spense dallo sportello posteriore uscì una bimbetta bionda di neanche quattro anni di età che corse verso l’ingresso del villino.
-Susanna!- strillò sua madre che la rincorse fino a bloccarla
-Quante volte ti devo dire di non correre in mezzo alla strada! QUANTE!-
La bimbetta non era abituata a sentire urlare sua madre che di norma era buona come il pane, e si mise a piangere.
Fu un’altra donna bionda a prenderla in braccio e a consolarla mentre la portava dentro il villino.
Candy rimase lì, con il fiatone e gli occhi umidi. A distanza di tanto tempo il ricordo di quanto accaduto quel giorno la tormentava ancora.
Suo marito Terence la abbracciò.
-Non ci riesci proprio a dimenticare, eh?-
Lei fece cenno di no.
-Mi dispiace aver fatto piangere Susi, ma è più forte di me, non posso tollerare di vederla correre in mezzo alla strada!-
-Beh, non si può dire che tu abbia torto, ricordi o non ricordi. Quella piccola peste dovrebbe calmarsi un po’.-
-Chissà da chi avrà ripreso…-
-Io un’idea ce l’avrei!- disse una Maria radiosa che abbracciava quella giovane donna che amava come una figlia.
-Avanti entrate! Anselmo sta preparando il fuoco per il barbecue!- Anselmo era il marito di Maria, l’uomo con cui anni prima faceva le “cene con i colleghi”. Alla fine anche la scapestrata “principessa della collina” aveva messo la testa a posto.
-Sai mamma, devo dirti una cosa…-
-Prima di tutto Buon compleanno tesoro mio! Sei una meravigliosa trentenne!-
-Sono incinta mamma! Susi avrà un fratellino o una sorellina!-
Dopo la sorpresa iniziale, Maria si mise a ridere commossa.
-Venite dentro! I tuoi amici stanno arrivando, e ci saranno anche Suor Maria e Suor Cristina…-
Candy abbracciò di nuovo sua madre e insieme entrarono nel cancello del villino.
 
FINE

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