Tiempo Perdido

di Clown
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Licenza ***
Capitolo 2: *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 1 ***
Capitolo 3: *** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 2 ***
Capitolo 4: *** Un'altra? ***
Capitolo 5: *** Pareti d'iridio ***
Capitolo 6: *** Fiamme nell'hangar ***
Capitolo 7: *** N7 ***
Capitolo 8: *** Al suo servizio, Comandante ***
Capitolo 9: *** Luego culpo al alcohol ***
Capitolo 10: *** Propuesta Indecente ***
Capitolo 11: *** Golpes con sabor a cerveza ***
Capitolo 12: *** La promessa ***
Capitolo 13: *** Stazione Cronos - Pt. 1 ***
Capitolo 14: *** Stazione Cronos - Pt. 2 ***
Capitolo 15: *** La resa dei conti ***
Capitolo 16: *** Sono orgoglioso di te ***
Capitolo 17: *** Né tu, né io ***
Capitolo 18: *** Una volta per tutte ***
Capitolo 19: *** Impatto ***
Capitolo 20: *** Occhi d'ebano ***
Capitolo 21: *** Nelle tenebre ***
Capitolo 22: *** Frammenti ***
Capitolo 23: *** Il luogo più vicino al cielo ***
Capitolo 24: *** Preludio al requiem ***
Capitolo 25: *** In hoc signo vinces ***
Capitolo 26: *** Epilogo in terra straniera ***



Capitolo 1
*** Licenza ***


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LICENZA





Un fitta di dolore le risalì l'avambraccio, intorpidendole le dita. Agitò la mano, cercando di allontanare la sensazione.

« In cuor mio, è la prima volta che vedo una persona reagire a una licenza con un pugno al muro. »

« Anderson, ammiraglio, siamo in guerra e lei mi sta chiedendo di andare in licenza. Non le sembra leggermente più assurdo? »

« Non ti sto chiedendo di andare in licenza, Comandante. Te lo sto ordinando. »

La donna si portò una mano al volto, premendosi gli occhi. Era tutto così surreale che credeva di stare sognando, che per una volta il suo incubo ricorrente le avesse dato tregua.

« Ricapitolando... »

« Per la terza volta? Shepard, frequentare i Krogan non si può dire ti abbia giovato. »

Il Comandante guardò il proprio superiore di sbieco. « ... dal momento in cui si chiuderà questa chiamata, dovremo fare rotta verso la Cittadella dove consegneremo la Normandy all'Alleanza per una revisione e potremo prenderci una specie di vacanza. Tutto questo mentre in tutta la galassia i Razziatori massacrano migliaia di individui ogni minuto che passa. Corretto? »

« Corretto. »

« Ammiraglio, con tutto il rispetto, è sicuro di stare bene? »

« Tutti si meritano un po' di riposo, Shepard. Soprattutto tu. »

La donna si scagliò in avanti, sporgendosi verso l'ologramma.

« Maledizione Anderson, abbiamo il segnale, sappiamo dove si trova la base di Cerberus, ci servono i dati per il crucibolo. Non possiamo fermarci adesso! » le parole le rimbombarono in testa come nel Centro di Comando. Un paio di teste, tra cui un certo Turian, fecero capolino dalla stanza circolare.

« Anche per questo ti sto ordinando il periodo di licenza. Prima di assaltare Cerberus dobbiamo essere sicuri che la Normandy sia perfettamente efficiente. Non possiamo rischiare un malfunzionamento dei sistemi proprio adesso. »

Gli occhi di Shepard si ridussero a due fessure.

« Anche? »

« Sì, tu e la tua squadra dovete essere riposati. Non sarà un scontro facile, considerando che con ogni probabilità dovrai affrontare Kai Leng. »

« Ho abbattuto un fottuto Razziatore, posso farcela anche adesso. »

« La discussione termina qui, Shepard. Nel tuo terminale privato troverai le istruzioni in merito alla licenza. »

« Anderson... »

« Buona licenza, Shepard. »

L'ologramma dell'Ammiraglio Anderson sparì tra le interferenze. Il Comandante avrebbe giurato di aver visto un sorriso affiorare sul suo volto segnato dalla stanchezza.

« Dannazione... Joker, fai rotta verso la Cittadella. »

« Sì, Comandante. »

« E non rispondere con quel tono soddisfatto. »

« Pretendi troppo Comandante. Stiamo andando in licenza. »

« Appunto. »

Un lungo sospiro le uscì dalle labbra mentre fissava le pareti del comunicatore relazionale quantico.

« Ehi, Shepard? » una profonda voce bitonale la spinse a girarsi. Lo sguardo della donna incrociò i piccoli occhi azzurri del Turian.

« Garrus. Stavi origliando? »

« Credo che "c'è qualcuno su questa nave che non abbia sentito le mie urla?" sarebbe più corretto. »

Shepard non seppe trattenere una mezza risata soffocata. Si avvicinò al Turian e gli fece segno di seguirla verso la Sala Tattica. Attraversando la Sala di Comando, i volti soddisfatti del suo equipaggio la colpirono come un pugno nello stomaco. Non credeva possibile che quegli uomini potessero essere felici di una licenza, quando la situazione sulla Terra era ogni giorno più critica. Il suo sguardo si rabbuiò, e il cambiamento non sfuggì a Vakarian.

« Tutti meritano un momento di pace. »

La donna non rispose. Proseguì nel proprio incedere, superando l'area di transizione del ponte 2. Le soldatesse di guardia cicalecciavano su come avrebbero trascorso il tempo libero sulla Cittadella. La disapprovazione albergante sul volto del Comandante sembrò aumentare.

« Anche tu. »

Il pugno colpì fulmineo l'armatura dell'alieno. Il sordo clangore metallico ammutolì le due militari mentre Shepard, immobile al centro del passaggio, sentiva il peso dei loro sguardi.

« Non l'ho chiesto io. »

« Nessuno lo pensa. » il Turian non si mosse, attendendo che fosse l'amica a decidere quando allentare la pressione della mano dal suo petto.

« Non abbiamo tempo. »

« Di fronte a tutto ciò, non l'abbiamo mai avuto. »

« Dovremmo affrontare Cerberus. »

« Lo faremo. »

« Non è abbastanza! »

La spinta del pugno si fece più forte, obbligando Garrus ad arretrare di un passo per non opporre resistenza.

« Per te non è mai abbastanza, Shepard. Per questo hai bisogno di una licenza. »

Il silenzio piombò sulla piccola stanza. Per quanto la donna cercasse un segno di cedimento, l'espressione del Turian lasciava trasparire solo decisione. Era sicuro di ciò che stava dicendo.

« Oh, al diavolo. »

Shepard allontanò la mano e riprese a camminare a grandi falcate verso la Sala Tattica, ignorando i richiami del suo vecchio amico.
Il portellone si aprì sibilando, rivelando l'atmosfera di gioia che albergava nell'ampio salone. Per quanto le mansioni dei suoi sottoposti continuassero in maniera efficiente come loro solito, la tensione che aveva attanagliato l'equipaggio nelle ultime settimane sembrava sparita. La guerra sembrava lontana, di fronte a quell'avviso di licenza.

« Comandante, ha dei nuovi messaggi nel suo terminale privato. »

« Grazie Traynor. IDA, se ci dovesse essere bisogno di me, sarò nella mia cabina. »

« Va bene Shepard. »

La donna sgusciò nell'ascensore, selezionando il ponte 1 dal terminale interno. Quando la porta della stanza le si richiuse alle spalle, appoggiò un fianco all'acquario e si mise a seguire i corpi sinuosi dei pesci. Kelly l'aveva sempre aiutata a mantenerli in vita, nutrendoli e curandoli durante le sue assenze. Eppure Shepard non era riuscita a salvare Kelly da Cerberus, durante l'assalto della Cittadella, e quei pesci erano l'unico ricordo che le era rimasto della psicologa. L'ennesima perdita di una guerra assurda.

« Shepard, stai bene? » la voce metallica dell'IA la distrasse dai suoi pensieri.

« Sì IDA, tranquilla. Sono solo stanca. »

« Si tratta di una reazione fisiologica normale a seguito di un calo di adrenalina. Otto ore di sonno dovrebbero bastare per recuperare la piena funzionalità fisica e mentale. Ti consiglio inoltre di ascoltare qualche brano di musica d'atmosfera, mentre una doccia calda potrebbe contribuire al rilassamento dei muscoli. »

« Grazie IDA, seguirò i tuoi consigli. Ora scusami, devo controllare i messaggi. »

« Va bene Shepard, a più tardi. »

Il Comandante si staccò dalla vetrata con una leggera spinta. L'impronta traslucida delle proprie dita rimase impressa sul blu dell'acquario e la situazione non migliorò quando cercò di eliminarla con la stoffa della tuta. Provò una seconda volta, poi una terza, invano. Piccata, colpì col palmo della mano la superficie, stampando una seconda impronta.

« Fanculo… » sibilò, volgendo la schiena alla macchia.

Coprì i due metri che la separavano dal terminale video e accese il monitor. Una sola e-mail.

Comandante Shepard,

Ho ordinato l'attracco della Normandy alla Cittadella per sottoporla a manutenzione. Anche la nave ha diritto a un po' di riposo.

Una squadra di ingegneri si prenderà cura di tutto al vostro arrivo, perciò sbarcate immediatamente. Siete tutti in licenza. È un ordine. Vi voglio tutti al meglio in vista di ciò che ci aspetta.

Un'ultima cosa. L'ammiraglio Anderson possiede un appartamento negli agglomerati. Presentati sul posto dopo aver lasciato la nave. Pare abbia proprio una bella casa.

Ammiraglio Hackett.

« Allora non è solo un'idea di Anderson. È una fottuta cospirazione. »

Rilesse la mail.

« A Joker non piacerà dover abbandonare la nave. » sogghignò, scuotendo la testa. A quel punto, con anche l'Ammiraglio Hackett contro, non avrebbe più potuto opporsi.

Il terminale si spense con un click.

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Capitolo 2
*** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 1 ***


UNICHE VITTIME: FAUNA ITTICA - PT. 1









« Ah... ehm, Comandante Shepard, il suo tavolo è pronto. »

Il maître del Ryuusei indicò un punto non ben precisato in fondo alla sala. Tra tutte le teste presenti in sala, il cappellino di Moreau risaltava come una sonda di segnalazione, e il pilota si premurò di farle un cenno col braccio.

La donna si infilò tra i tavoli, cogliendo sprazzi di conversazioni al limite della follia. Sette mesi d'attesa per ottenere una prenotazione. Shepard non sapeva se sarebbe stata viva il giorno seguente e c'era gente nella galassia che poteva permettersi di attendere così tanto.

"Se non amassi tanto il mio lavoro, penserei di aver sbagliato tutto", rise tra sé e sé, avvicinandosi a Joker.

« Ciao Shepard! Roba di classe questo ristorante di sushi, eh? C'hanno anche un tizio francese! »

Il Comandante si accomodò di fianco all'amico, gustandosi la sua espressione soddisfatta. Invidiava la capacità di Jeff di godersi la vita. Si chiese se non fosse dovuta alla sua malattia, alla consapevolezza di rischiare la morte anche per incidenti che non avrebbero lasciato segni in una persona sana. Era una domanda che non avrebbe mai posto.

« Ho dovuto salvare due volte la galassia per avere un tavolo. Hai visto fuori che coda? »

Shepard guardò in direzione dell'entrata. Una donna stava cercando di entrare, agitandosi come una forsennata. Ebbe la sensazione che stesse cercando di attirare la loro attenzione. Un pensiero che le parole di Joker cancellarono.

« Eccomi qui, a fare lo splendido. Miglior pilota della galassia e celebrità! » A Shepard sfuggì una risata. Era contenta che Jeff stesse ottenendo tanti riconoscimenti; aveva lavorato sodo per ottenerli, sfidando ogni aspettativa. « Notizie dalla Normandy? »

« È in manutenzione. Un po' mi secca che degli estranei mettano le zampe sulla mia nave... ehm, scusa, la tua nave. »

« Sai che la cosa migliore da fare è parcheggiarla e lasciar lavorare i tecnici. »

« Sì, hai ragione. Cambio olio, rotazione pneumatici spaziali... » bofonchiò con scarsa convinzione.

« Giusto. Fidati, le farà solo bene. »

« Ah, di te mi fido! Ma non mi fido di quei loschi ingegneri aerospaziali. Sempre a rubacchiare! »

« Non è facile affidare la nave a qualcun altro. » commentò Shepard, portandosi il bicchiere alle labbra e assaporando la sensazione dell'alcolico che scendeva fino allo stomaco.

« Io voglio essere l'unico a poterla toccare. » La donna scosse la testa: Joker era più geloso della Normandy di chiunque altro nella galassia, lei compresa. « Ehm, scusa, so che sembra stupido. »

« Non detto da te. » scherzò, bevendo un secondo sorso.

« Ahia. Beh, Comandante, il tuo messaggio sembrava urgente. Che c'è? »

Shepard si rizzò sulla sedia. Scrutò l'espressione di Joker per capire se stesse scherzano come suo solito e non trovarne traccia le causò un brivido d'inquietudine lungo la schiena.

« Il mio messaggio? Guarda che me l'hai mandato tu. »

« Eh? Ma... io non ti ho mandato niente! »

Ci mancò poco che alla donna andasse di traverso il cocktail mentre cercava di fare mente locale su cosa stesse succedendo.

« COMANDANTE! »

Una voce femminile si stagliò nella sala. La ragazza che fino a pochi minuti prima stava gesticolando all'entrata era riuscita a introdursi nel ristorante e tentava di dirigersi al loro tavolo. Shepard sollevò un sopracciglio quando la giovane si scontrò contro un cameriere, lasciando cadere l'olomonitor di mano.

« Scusi, mi perdoni sono dell'Alleanza... » riuscì a decifrare nel caos del ristorante. Gli standard dell'Alleanza si erano abbassanti di parecchio da quando si era arruolata. « COMANDANTE, è URGENTE! »

« Non credo sia la cameriera. » commentò Joker, serafico.

« Comandante Shepard, sono l'analista Maya Brooks, Alleanza. » iniziò la donna, raggiungendo il tavolo. « Anzi, Intelligence dell'Alleanza. Sei in pericolo di morte! »

"Ma pensa..."

Shepard si girò verso Jeff. Gli occhi del pilota incrociarono i suoi e le trasmisero la stessa sensazione di scetticismo. Capì che non avrebbe perso l'occasione per l'ennesima battuta sarcastica.

« Sì, questo si sapeva! » rispose Joker, confermando i suoi sospetti. L'espressione frustrata dell'analista la divertì più di quanto si aspettasse. Detestava gli imbranati.

« No... non parlo di Cerberus e dei Razziatori. Parlo di altra gente, mai vista prima. Loro, ecco... » la breve interruzione diede modo a Shepard di elaborare quelle parole, che stavano diventando sempre più preoccupanti. « Qualcuno sta violando i tuoi dati. » continuò l'analista. Il Comandante percepì lo sguardo di Joker su di sé. « Comunicazioni, registri personali. Ti hanno presa di mira! »

Shepard sentì l'adrenalina scorrerle nelle vene.

« Grosso sbaglio. »

« Wow, che sguardo minaccioso. » sentì commentare dal pilota. La sua mente stava lavorando a tutto vapore per analizzare quei pochi dati a disposizione. Qualunque cosa avessero i mente quei bastardi di cui parlava Brooks, non avrebbe consentito loro di superare la giornata. Aveva solo bisogno di altre informazioni. Prese un bel sospiro e si rivolse all'analista.

« Ricominciamo. Cosa sai di preciso? »

« Buonasera, signore e signori! » un distorsore vocale attirò l'attenzione di Shepard, interrompendo il discorso. Dei soldati in armatura completa avevano invaso il locale e quello che sembrava il loro capo aveva preso parola.

"Porca puttana... "

« Stasera vi delizieremo con uno squisito esempio di violenza allo stato puro. »

Iniziarono gli spari, che si sovrapposero al rumore dei piatti infranti e alle urla della gente. Il Comandante in afferrò Joker e lo spinse per terra.

« Giù! »

Rovesciò il loro tavolo in un riparo di fortuna. Era in titanio e sarebbe risultato un ottimo scudo antiproiettile. Per una volta la sorte era dalla loro.

« Quanto mi piace darmi delle arie. » la voce distorta risuonò sopra il caos dell'assalto. « Svelti ragazzi, portatemi Shepard. »

"Allora aveva ragione". La donna cercò Brooks con lo sguardo. Si era nascosta a pochi metri di distanza da loro. « Resta lì, arrivo! » le ordinò. Quei militari sapevano che si trovava lì, mantenere un basso profilo era inutile. « Joker? »

« Ah... il mio pancreas. »

Shepard tirò un sospiro di sollievo. Stava bene, per quanto potesse stare bene Moreau, almeno.

« EHI! »

« Merda! » sbottò. Brooks era stata afferrata da un soldato e trascinata verso l'entrata, in mezzo al grosso del reggimento. « Raduna l'equipaggio, io penso a lei. » ordinò, facendo cenno a Joker di dirigersi verso l'uscita di servizio.

« L'equipaggio? Va bene. »

Shepard seguì i primi passi del pilota con lo sguardo. Era disarmata. Si mise in attesa dell'occasione giusta. Udì dei passi, poi la voce distorta.

« Ehi! », il militare aveva puntato la pistola contro Joker.

Il comandante si alzò di scatto e afferrò le braccia dell'uomo. Lo trascinò verso di sé, sfruttando lo sbilanciamento dovuto alla presenza del tavolo. La schiena dell'uomo toccò terra con un tonfo sordo che nascose il suo lamento. Con un pugno bionico, Shepard si assicurò che non si rialzasse più.

« Mi hai usato come esca? » commentò Jeff, voltandosi scandalizzato.

« Vai! » imperò la donna, recuperando l'arma del soldato.

« Mi hai usato come esca! »

Shepard rivolse l'attenzione verso la sala. I soldati erano numerosi ma sparpagliati nell'area e molte zone di copertura erano a sua disposizione. Aveva poche munizioni, doveva scegliere bene le proprie mosse.

« Avete visto? Il salvatore della Cittadella usa gli infermi come esca. » sentì ancora, la voce sempre più lontana.

Primo soldato a ore dieci. Prese la mira. Colpo in testa a distanza ravvicinata, decesso immediato. Si rallegrò del fatto che la pistola avesse il silenziatore. Secondo soldato, steso, ma a caro prezzo. Si erano accorti della sua posizione.

« Resisti Brooks! »

Si mosse al riparo successivo. I proiettili le fischiavano attorno, alcuni si schiantavano contro la sua barriera bionica. Terzo soldato. Quarto. Una singolarità fece volare il quinto, rendendolo un facile bersaglio. Vide un drone, da abbattere con un paio di colpi. « Brooks, non muoverti! »
Riuscì a raggiungere la ragazza tagliando attraverso il bancone del bar. Le tese una mano, aiutandola ad alzarsi. Solo l'analista accorse del cecchino che stava prendendo di mira le sterno del Comandante, e non esitò a spingerla per terra, prendendosi la pallottola nella spalla.

« Brooks! »

Altri spari attorno a Shepard, evitati per pochi centimetri, forarono i vetri dell'acquario, che si infransero sotto la donna. Precipitando tra pesci e schegge, si aggrappò con disperazione alle luci di un'insegna. Provò ad arrampicarsi sino a un appiglio più stabile, facendo pressione con le punte dei piedi sulle lampade. Il peso la tradì di nuovo. Si ritrovò a rotolare contro le ripide pareti di acciaio della Cittadella, emettendo gemiti di dolore. Afferrò d'istinto una piattaforma triangolare. Il braccio le diede una fitta di dolore, che si acuì quando i frammenti dell'insegna le si infransero attorno e scagliarono verso il basso, vanificando i suoi sforzi.
La caduta terminò con l'impatto della spalla sinistra contro una superficie d'acciaio. Le sembrò che ogni osso del suo corpo si fosse ridotto in pezzi. Si rannicchiò su se stessa per il dolore, stringendo le braccia sullo stomaco tra i respiri affannosi. L'esperienza da N7 di gestione degli stimoli le consentì di recuperare la lucidità in breve tempo. Gemendo a ogni movimento, la donna riuscì a rialzarsi e a guardarsi attorno, nel tentativo di capire dove fosse finita.

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Capitolo 3
*** Uniche vittime: fauna ittica - Pt. 2 ***


UNICHE VITTIME: FAUNA ITTICA - PT. 2






« Comandante! Ho trovato un terminale sicuro! Tutto bene laggiù? » attraverso il comunicatore, la voce di Brooks penetrò come un proiettile nella sua testa dolorante

« Eh... sì. Benissimo. » Shepard si augurò che il sarcasmo arrivasse a destinazione. Recuperò la pistola, ringraziando che fosse finita a poca distanza da dove era precipitata. « Brooks, eri ferita. »

« Sì, ho applicato del medigel. Molto, anzi, tutto. Adesso... eh... mi gira un po' la testa! »

Il Comandante trattenne un commento disgustato. Se si trovava in quella situazione di merda era anche colpa dell'incompetenza di Brooks.

« Forse ne hai usato troppo. »

« Allora, posso fare...eh... qualcosa? »

"Smettere di ridere come un'imbecille per esempio." « Avvisa l'SSC. Io cerco un'uscita. »

Ignorando le grida di dolore dei muscoli, Shepard si incamminò tra scale e grate di manutenzione. Non aveva mai visto quella zona della Cittadella, le erano rimaste poche minuzioni, era ferita e non aveva a disposizione nemmeno un'oncia di medigel.

"Merda, menda e merda! Dove cazzo mi trovo?"

« Brooks, dall'altra parte vedo delle astroauto, forse una piattaforma d'atterraggio. »

« Controllo l'area. »

Il comandante si fermò su una rampa di manutenzione. Sfruttando la presenza di alcune casse dietro cui nascondersi, si concesse il lusso di tirare fiato e recuperare le energie. Il dolore era ancora intenso ma andava scemando grazie all'adrenalina che continuava a scorrerle in corpo.

« Trasporti, no. Alimentari, no. Lavanderie... ah! È un parcheggio. Cision Motors! »

« Manda una navetta, io cerco di arrivarci. »

« Okay, subito! »

La donna lasciò il riparo. Salire era fuori discussione, si sarebbe solo allontanata dalla zona stabilita. L'unica via disponibile era una scala a pioli verso la rampa inferiore successiva.

« Sembra che l'SSC abbia sigillato l'intera zona. Sarà un po' complicato mandarti una navetta. »

"Ovviamente..." « Ce la farai, Brooks. »

« Oh, e non comunicare, se non con me. Ti controllano. È così che ti hanno trovato. »

Scendendo, Shepard trattenne a stento un'imprecazione mentre il suo fisico le comunicava lo scarso apprezzamento per il continuo movimento a cui lo stava sottoponendo. Si sentì sollevata quando si ritrovò davanti una stanza refrigerante aperta sulla rampa. In fondo l'ennesima scala.

"Merda..."

« Chi diavolo sono? »

« Non lo so, ma direi che ce l'hanno con te. »

« Sì. Lo sospettavo... »

"Un fottuto genio. Ce l'hanno con me! Come ho fatto a non capirlo prima? La proporrò per una fottuta medaglia. Anzi, la farò promuovere a fottuto Ammiraglio, se riesco a uscire viva da questa fottuta merda in cui mi trovo. Non è fottutamente possibile che anche quando sono in fottuta licenza mi ritrovi sempre in queste FOTTUTISSIME situazioni."

Digrignando i denti, la testa che le sembrava scoppiare, si avviò verso le scale. Una coppia di operai Salaria si erano appartati dietro a dei moduli alimentari per una pausa sigaretta. Non sembrarono particolarmente stupefatti di vedere una donna completamente fradicia, claudicante e con una pistola in mano. La salutarono con un cenno, a cui Shepard rispose con un lieve cenno del capo. Non voleva sapere cosa vedessero di solito in quella zona, per non reagire in alcun modo alla sua apparizione.
"Scale, scale, ANCORA SCALE!" urlò dentro di sé, maledicendo ogni singolo gradino che era costretta a salire. Si ritrovò sui tetti di un corridoio commerciale. Il parcheggio non era distante. Per scendere, doveva solo raggiungere l'ennesima "fottuta" scala in fondo al corridoio. E per fare ciò, doveva saltare da un tetto all'altro. Altra sofferenza per i suoi muscoli.

La voce di un altoparlante le ricordò che era vietato il transito nell'area.

"Tanto sono uno Spettro..."

Con un balzo, raggiunse l'ultimo negozio.

« La squadra avanzata ha fallito. Shepard era senza armi. Branco di idioti... »

Dall'alto della costruzione cubica, il Comandante poté osservare la squadra di militari che pattugliava la zona. La stavano aspettando, con ogni probabilità sicuri che quella fosse l'unica strada percorribile. Non si erano sbagliati.

"D'accordo..."

Ricaricò la pistola con la clip termica da sei colpi rimasta, confidando di riuscire a farne fuori qualcuno prima che la scoprissero. Sfruttando la posizione rialzata, prese la mira. Il dito scattò sul grilletto e il proiettile penetrò nel casco del soldato, abbattendolo sul colpo.

"Fuori uno."

Due militari sentirono il tonfo del corpo e si avvicinarono al punto in cui il loro commilitone era stato ucciso. Shepard alzò ancora la pistola, sostenendo il calcio con la mano libera. Non doveva sbagliare, doveva eliminarli uno di seguito all'altro. Mirò alla testa del soldato più vicino, calcolando di quanto avrebbe dovuto spostare il tiro per colpire anche il secondo. Rimpianse di non avere a disposizione un fucile di precisione. O Garrus.
La prima pallottola andò a segno con precisione. Il secondo colpo penetrò nell'armatura a livello della spalla sinistra. Il nemico aveva riflessi più allenati di quanto avesse previsto.

« Shepard è qui. Presto, sparatele! »

"Merda..."

Si precipitò al piano inferiore. Raffiche di proiettili avversari indebolirono la resistenza degli scudi sino a infrangerglieli. Un cumulo di casse le garantì un rifugio temporaneo, mentre modificava l'arma adattandola alle munizioni criogene e recuperava le clip termiche con cui ricaricarla.

"Va bene figli di puttana, fatevi sotto."

Appellandosi all'istinto del combattente insito nella sua stessa anima, con il fuoco della battaglia che le infondeva nuova energia nei muscoli, si fece strada con un'onda d'urto bionica, eliminando gli avversari tramortiti dalla potenza del colpo. Schivare, mirare, colpire. Uccidere. Era nata per quello, e l'ultimo mercenario se ne rese conto quando una pallottola lo colpì in mezzo alla fronte.

« Shepard, riesci a sentirmi? Stai bene? » la voce di Liara accompagnò la raccolta delle clip termiche dai cadaveri dei militari.

« Sì, ma una mano non guasterebbe. »

« Grazie alla Dea, Joker mi ha spiegato l'accaduto. Sono a piedi, non distante da te. »

La donna inserì un nuovo caricatore nella pistola. Una nuova ondata di mercenari stava piombando dal piano superiore.

« Chi parla? Questo canale non è sicuro, così metti in pericolo la vita del Comandante Shepard! »

« In pericolo? Ma chi parla? »

« Stiamo calmi. » si intromise tra una granata e una raffica di mitra, « Joker non ti ha parlato dell'analista Brooks? È lei. Le presentazioni a DOPO. »

Un drone d'interferenza le esplose di fianco, azzerandole gli scudi e innalzando il livello di volgarità. Un proiettile fischiò accanto all'orecchio, costringendola a nascondersi. Era cecchino, e lei era lungo la sua linea di tiro.

"Con calma eh? Mi raccomando!"

Provò a rialzarsi per prendere la mira. I suoi scudi finirono frantumati per l'ennesima volta.

"Adesso basta. Mi avete rotto il cazzo."

Scartò di lato per evitare il primo proiettile e approfittò della resistenza dei propri scudi per caricare l'avversario con tutta la forza biotica che il suo impianto L5 poteva rilasciare. Sentì le ossa della cassa toracica del cecchino spezzarsi sotto la potenza del suo colpo, prima che lo scagliasse contro la parete alle sue spalle.

« Comandante, Jeff mi ha riferito l'accaduto, l'equipaggio sta arrivando da te. »

"Brava IDA" « Ottima notizia. Un aiuto farebbe comodo. »

« Proverò a esprimere... sorpresa. »

Le comunicazioni si chiusero che Shepard stava ancora sorridendo. Non sembravano esserci mercenari nei dintorni e si permise un passo più rapido e privo di coperture. Svoltò l'angolo, ritrovandosi nei pressi di un negozio di fuochi artificiali. Di fronte, una porta a vetri sigillata.

« Brooks, aiutami a passare, qui è chiuso. »

« Giusto! È per via... eh... dell'isolamento. Eh... non riesci proprio? »

Il Comandante sospirò rumorosamente, mordendosi la lingua per evitare di rivolgersi in malo modo alla ragazza. Malgrado la sua goffaggine, era almeno riuscita a rimetterla in contatto con la sua squadra e a identificare un punto di recupero.

« Proverò a bypassare. » si limitò a rispondere, avvicinando l'omni-tool alla serratura olografica del passaggio. Dopo qualche istante, la verifica autorizzazione Spettro le accordò il passaggio, siglando il permesso con una fanfara di allarmi che avrebbe richiamato un Razziatore.

« Shepard è laggiù. FUOCO! »

La donna si precipitò dietro a una colonna pubblicitaria. La tempesta di proiettili perforò la parete alle sue spalle.

« Merda! »

« Shepard, che stai facendo? Si è sentito persino da qui! »

« Tutto sotto controllo! » "Sempre che essere bersagliata di colpi da decine di mercenari incazzati sia considerata una situazione sotto controllo su Tessia. »

« Rilevo allarmi multipli nell'area degli agglomerati. Qual è la situazione? »

« Volevo rendere le cose più divertenti! »

« Capisco. Hai riportato traumi cranici nella caduta, Comandante? »

Si segnò mentalmente di suggerire a IDA un perfezionamento dell'algoritmo di riconoscimento del sarcasmo. Con un pugno riuscì ad allontanare il soldato che le si era avvicinato, appropriandosi delle sue clip termiche. Dovette ringraziare la resistenza dei suoi scudi se il cecchino non riuscì a piantarle una pallottola in mezzo alla schiena in quel momento di distrazione.

" Andiamo Jane, sono degli errori da principiante!"

« Shepard, Brooks mi ha mandato il nav-point del parcheggio. Ci vediamo sul posto. »

« Bene. » "Vai tranquilla Liara, tanto non sono io a essere usata come bersaglio per il tiro a segno."

« Che cosa sappiamo su quei mercenari? »

« Che sono armati e mi vogliono morta? »

« Molto utile, grazie... »

« Comandante, non mi sembra il caso di usare le comunicazioni! »

« Io ho solo risposto! »

"Stavolta Brooks ha ragione...", si sporse per inquadrare i nemici, ricevendo in cambio una gragnola di colpi. "Devo concentrarmi se ne voglio uscire viva."

« Come ha fatto Shepard a sfuggirci? »

La voce distorta era vicina, troppo vicina per i suoi gusti. Con una capriola si spostò dietro alla copertura laterale, dove poteva godere di una migliore visione d'insieme. Tre soldati semplici e un cecchino. Un colpo, due, tre, ne rimase solo uno. Carica biotica. Non ne rimase nessuno.

« Comandante, una navetta SSC sta per atterrare al parcheggio. »

« Ricevuto. »

« Ok, Brooks passo. E... no, chiudo. Brooks chiudo! Passo e chiudo? Brooks. Oh... okay, ciao! »

Shepard strinse il calcio della pistola con più forza, incredula. Se non fosse stata una situazione potenzialmente letale, sarebbe scoppiata a ridere.
Un portellone di vetro le si parò davanti, al di là del quale una coppia di mercenari stava sparando a qualcosa nascosto dietro a delle macchine di lusso. La donna bypassò il sigillo, prendendo la mira. I poteri biotici di Liara risolsero il problema prima che le fosse necessario intervenire, sollevando gli avversari e spezzando loro la schiena contro il muro.

« Brutta giornata, eh, Shepard? »

« Direi proprio di sì. » si limitò a ribattere, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi, la pistola ancora calda, salda nella mano destra.

« La piattaforma è laggiù, ma dietro un cancello chiuso. »

« Cerchiamo un pannello di controllo. »

L'Asari seguì la donna con lo sguardo, soffermandosi sul suo fondoschiena.

« Carini quei vestiti... » l'occhiata di Shepard la riportò alla realtà « Ah... il pannello, d'accordo. »

Jane alzò gli occhi al cielo, cercando di nascondere il sorriso che le era affiorato sul viso. Per quanto si fossero già chiarite sul tipo di rapporto che intercorreva tra loro, Liara non sempre riusciva a trattenere gli apprezzamenti nei suoi confronti.

« Dicono che sei caduta in un acquario. »

« Ne riparliamo dopo. » Shepard si diresse verso la sala di comando del parcheggio.

« Peccato. Adoravo quel ristorante. »

« Ne riparliamo DOPO. » ripeté, calcando con maggiore forza l'ultima parola. Prevedeva già gli sfottò di Garrus e Javik. Kaidan forse l'avrebbe risparmiata, così come Tali, ma era sicura che Vega non le avrebbe dato tregua. Non nel modo in cui le sarebbe piaciuto, almeno.

"Resta concentrata. Adesso siete solo te e Liara, e devi tirare fuori entrambi da questa merda."

Tentò di aprire la porta, trovandola chiusa. Dietro alla vetrata, immobile nell'oscurità, intravide la sagoma grassottella di un Volus.

« Indietro! » ordinò a Liara, puntando la pistola, pronta a ridurre la parete della cabina in frantumi.

« Un momento. » il tocco gentile dell'Asari la spinse ad abbassare l'arma. Vide l'archeologa bussare contro il vetro, con una grazia che non era mai stata sua. « Scusa, potresti aprire il cancello? »

Con un suono metallico, i portelloni si abbassarono, lasciando libero il passaggio verso la piattaforma.

« Ti ringrazio. »

« Ehhhhhh... andate via! » rispose il Volus, la voce spezzata dalla disperazione e dal respiratore meccanico. Un'innegabile soddisfazione trasparì dallo sguardo che Liara lanciò a Shepard, incamminandosi verso l'uscita.

« Beh, niente di eccezionale! » il Comandante non avrebbe mai ammesso che l'Asari aveva risolto la situazione meglio di quanto avrebbe potuto fare personalmente. Seguendo la figura dell'amica, si tranquillizzò. Si sentiva meglio. Il dolore continuava a diminuire, grazie anche agli accessori coadiuvanti nella riparazione dei tessuti che Cerberus le aveva innestato nel corpo. Una navetta dell'SSC stava arrivando, presto sarebbero stati al sicuro. Era andata così vicina alla morte che avrebbe offerto un giro da bere a tutti. Forse avrebbe anche trovato il coraggio di parlare con James, malgrado avrebbe preferito combattere contro un razziatore armata solo di un cacciavite.
La piattaforma fu invasa dal rumore dei motori di una navetta. La macchina si fermò a mezz'aria proprio di fronte a loro. Shepard fece un passo avanti ma si vide costretta ad afferrare Liara e a trascinarla dietro a un riparo di fortuna. L'apertura del portellone aveva rivelato una squadra di mercenari armati di fucili d'assalto e mitragliatrice che le costrinsero in un angolo.

"Merda. Pensa Jane, pensa!"

« Comandante! »

"Questa voce..."

Protetto dalle colonne di metallo del corridoio superiore, il tenente Vega tolse la sicura al lanciarazzi e puntò alla navetta. Il proiettile esplosivo seguì una traiettoria a parabola, esplodendo a contatto con la mitragliatrice. La deflagrazione risultò devastante per i mercenari, che si schiantarono sulla piattaforma.

« Sì! Beccatevi questo! »

« James, vieni giù. » Jane sentiva il cuore scoppiarle nel petto. Era venuto lui. Non Kaidan, non Garrus. Era venuto lui.

« Arrivo. » urlò l'uomo di rimando, gettando di lato l'arma ormai inservibile.

Shepard predò l'arma dal cadavere di un mercenario. Uno spitfire geth, carico al massimo. Con questa ci sarebbe stato da divertirsi se avessero osato ancora attaccarli.

« Lo hai visto? » James raggiunse le due commilitoni, ancora entusiasta per i fuochi d'artificio che era riuscito a scatenare.

« Ho visto, tenente. » lo incoraggiò, rivolgendogli il più caloroso dei suoi sorrisi. Il corpo del soldato sprizzava adrenalina e testosterone, mandando in panne la famosa lucidità del famigerato Comandante Shepard. Kaidan avrebbe dato la vita per lei, eppure non era mai riuscita a perdonargli il dolore che le aveva causato su Horizon. Poi aveva incontrato James, durante la sua incarcerazione sulla Terra; un giovane ispanico dalla passione per la palestra e il cuore pieno di ideali. Una ventata di sincerità tra i compromessi e le tragedie della vita di quella donna che per prima aveva saputo dell'avvento dei Razziatori e che per ultima era stata ascoltata.
Un'esplosione dall'altro lato del salone li portò a recuperare una posizione più difensiva. Una bomba aveva sfondato la parete, consentendo a ondate di mercenari di invadere il parcheggio. Shepard diede il via alle danze, facendo cantare lo spitfire.

« Comandante, hai un piano per farci uscire da qui? » domandò Vega, sparando un paio di colpi da dietro un vaso ornamentale.

« Sono una professionista, James. »

« Non è un sì! »

« Non è nemmeno un no! » ribatté Shepard, abbattendo un paio di mercenari che avevano preso di mira il suo sottoposto.

« Comandante! »

« Joker, siamo rimasti a piedi, dove sei? » urlò nel comunicatore per superare il frastuono della sparatoria. Vide Liara creare una singolarità in mezzo a un gruppo di mercenari, che finirono per levitare verso il soffitto. Vega non perse l'occasione per eliminarli con un proiettile esplosivo che fece schizzare frammenti di armatura sulle macchine presenti in zona.

« Sto arrivando, ho preso Brooks. Magari vuoi farle qualche domanda. »

« Puoi contarci! » esclamò, crivellando di colpi un soldato temerario. Una musica che non esitò tra sé e sé a definire atroce si propagò nell'aria. Qualcuno doveva aver colpito lo stereo di un'automobile.

« Bella vacanza! »

Shepard trovò la forza di ridere dell'ironia di James, malgrado un trio di militari avesse deciso di concentrarsi sulla sua testa per esercitarsi nella mira.

« Comandante, l'SSC ti ha trovata? Stai bene? »

« Sì e no. Mercenari in una navetta SSC.

« Cosa? »

Jane capì che le sue parole si perdevano tra le raffiche di mitra, le granate di James e le urla dei soldati che subivano i poteri biotici di Liara.

« Ne parliamo dopo! »

« Okay, scusa. Arriviamo subito. »

La donna si affiancò a James per offrirgli migliore copertura. Malgrado amasse la sua irruenza in combattimento, non sarebbe stata la prima volta che avrebbe rischiato la vita per un'eccessiva fiducia nelle proprie capacità. I suoi proiettili colpivano dove quelli di Vega mancavano il bersaglio. Con Liara che copriva i due fianchi con le sue abilità, la piattaforma era divenuta una zona impenetrabile per i mercenari.

« Arrivo comandante! Resisti! »

« Li facciamo a pezzi! »

"Sì James, esatto. Li stiamo facendo a pezzi, io e te." Jane si cullò in quel pensiero.

« Mi avvicino alla tua posizione comandante. Seguo gli spari. »

« Ricevuto! »

Per aiutare il pilota, Shepard mandò al diavolo ogni tattica difensiva e si posizionò tra i due compagni d'armi. Lo spitfire era carico ancora a metà e si premurò che non rimanesse nemmeno un proiettile in canna quando Joker giunse alla piattaforma.

« Scusa il ritardo, ho preso la via panoramica. »

« Panoramica? È un miracolo che non ci siamo schiantati! Chi ti ha insegnato a pilotare? »

« Brooks ti saluta. » commentò divertito Jeff, considerato il miglior pilota della galassia da ogni flotta spaziale. « La navetta, presto! »

Shepard fece cenno ai due sottoposti di dirigersi verso la navetta, al cui interno una frenetica Brooks gesticolava affinché vi si precipitassero. Fu l'ultima a salire, dopo essersi premunita che i mercenari rimanessero a una distanza sufficiente per non danneggiare il mezzo di trasporto.

Una volta a bordo, si lasciò scivolare su un sedile, appoggiando la testa alla parete e chiudendo gli occhi. L'adrenalina stava calando, lo percepiva. I muscoli tornarono gemere per lo sforzo e i colpi subiti durante la caduta.

« Ehi, Comandante. »

Alzare le palpebre le costò gran parte delle energie residue. « Sì, James? »

« Allora, era buono il sushi? »

Shepard trovò la forza anche per rivolgergli un poderoso dito medio. La risata che ne seguì causò le vibranti proteste dei suoi addominali.

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Capitolo 4
*** Un'altra? ***


UN'ALTRA?






Le luci della Cittadella apparivano come strisce colorate dai finestrini delle automobili. Se non fosse stato per lo status di Spettro di Shepard, l'SSC avrebbe bloccato e arrestato i conducenti per eccesso di velocità, guida pericolosa, e un agente avrebbe scommesso anche sul reato di terrorismo.

« Ricordami di non farti più guidare, Vega. »

« Andiamo Comandante, non mi capita tutti i giorni di mettere le mani su un'auto sportiva. E poi dobbiamo bloccare il nostro misterioso nemico! »

Una brusca sterzata scagliò Tali contro Garrus. Brooks, dal sedile anteriore del passeggero, emise un gemito.

« Dobbiamo sopravvivere se lo vogliamo bloccare. » sbottò Shepard colpendo il sedile dell'autista, mentre il Turian era intento a ripassare il ricco vocabolario di insulti della sua specie, alcuni per fortuna non ben comprensibili dagli esseri umani. « E poi stiamo lasciando indietro IDA. »

« Ma non Joker. »

« Joker deve ancora incontrare il pilota in grado di seminarlo, Collettori a parte. Adesso rallenta, non voglio perdere un terzo della squadra. »

« D'accordo Comandante. »

L'andatura della macchina rallentò a poco a poco, rendendo nuovamente riconoscibili le facciate dei palazzi del quartiere residenziale inferiore.

« Come arriviamo agli archivi? »

« Si trovano sotto gli agglomerati. Ci apriamo una breccia per aumentare il fattore sorpresa? » suggerì Brooks con la l'olo-pianta della costruzione sott'occhio.

« Mi piace, impari in fretta. » sorrise Shepard. Si stava rivelando un'alleata preziosa per la loro squadra, e iniziava a rivalutare l'opinione che aveva nei suoi confronti.

« Eh, ancora un po' di tempo in nostra compagnia e diventerai... una macchina da guerra. » si congratulò anche Cortez.

Le tre squadre iniziarono la discesa verso l'archivio. Dai finestrini, il panorama cambiò in maniera improvvisa. Dalla popolosa zona residenziale erano passati a un'area isolata, dominata dal colore metallico dei pannelli triangolari alle pareti, spoglia di tutto tranne che di alcuni enormi container di piombo.

« Pronta a fermare i robot assassini che si ribellano ai loro padroni. »

« Era una battuta, vero? » Tali si premunì di domandare. La nuova natura sarcastica dell'IA le era ancora estranea, rendendole complicato riconoscere i suoi scherzi.

Le automobili atterrarono sulle lamiere del tetto. Con il sibilo delle portiere verticali ad accompagnarli, i passeggeri scesero, raccogliendosi in squadra.

« Gli archivi sono sotto di noi. Forse entrarci sarà più complicato del previsto. »

Vega lanciò uno sguardo sornione a Brooks, sventagliandole davanti al volto una carica di C5 ultracompatto. « Non credo. »

L'area fu scossa da un'esplosione e gli archivi della Cittadella, famosi per il loro elevato tasso di sicurezza, dimostrarono di non essere poi così sicuri.

« Abbiamo già escluso l'approccio furtivo? » scherzò Liara, calandosi per prima all'interno dell'edificio attraverso la voragine generata dalla deflagrazione. Uno dopo l'altro i membri della Normandy la seguirono. Nella penombra, riuscirono a individuare una profonda scala a pioli per il piano inferiore.

"Scale..."

Shepard scese per prima. Scardinando una grata d'aerazione, si ritrovò lungo il corridoio esterno di un ampio ufficio stipato di scrivanie e terminali informatici, dove attese il resto della compagnia. Le luci al neon lampeggiavano sinistre, donando all'ambiente l'aspetto di un classico film horror precedente alla scoperta dei manufatti Protean.
Fece un cenno alla squadra di Liara di proseguire lungo i corridoi superiori. Una serie di laser rossi che puntavano contro i loro corpi causarono la brusca interruzione delle manovre di infiltrazione.

« Ah, ci risiamo. » commentò disgustata, gettandosi dietro una copertura alla sua sinistra. Le urla dei mercenari rimbombarono nella sala già satura del rumore degli spari.

« IMBOSCATA. »

"Grazie Garrus, non l'avrei mai capito da sola. Diciamo un'altra ovvietà, dai." « TUTTI AL RIPARO! »

« Nelle nostre missioni c'è SEMPRE qualcosa che va storto però di solito non così PRESTO! » Liara sottolineò il proprio fastidio causando l'esplosione della scatola cranica di un cecchino.

« Shepard si è portata tutti! »

« Non facciamocela scappare. »

L'onda d'urto biotica del Comandante scagliò gambe all'aria due militari temerari, rendendoli facili bersagli per il mirino di precisione di Garrus.

« Brooks, stai bene? »

« Sono di sopra. Sto cercando un riparo. »

"Bene, una preoccupazione in meno." Shepard rinunciò alla propria copertura per favorire la propria mira. Il nuovo stabilizzatore installato sul fucile d'assalto aveva aumentato la precisione degli spari e non trovò difficoltà ad avere la meglio sugli ultimi mercenari.

« BASTA COSÌ! » Una voce femminile che, tra sé e sé, Shepard non esitò a definire familiare catalizzò la loro attenzione verso il corridoio superiore. « Armi a terra, o per lei finisce male. »

« Puttana... » imprecò Brooks, cercando invano di divincolarsi dalla presa.

"Merda."

Fu questione di un attimo. Si ritrovarono circondati da una decina di mercenari, armati con corazze pesanti e fucili d'assalto famosi tra gli eserciti per la loro potenza di fuoco. Non ebbero scelta.

« Come vuoi. » Shepard diede l'esempio ai suoi sottoposti, deponendo le armi di fronte a sé e rialzandosi con le mani alte sopra la testa. Vide l'analista volare con un gemito di dolore sino al piano inferiore, scagliata dalla misteriosa donna il cui volto rimaneva indistinguibile nella penombra.

« Non so cosa speri di ottenere... », le braccia discesero lentamente lungo i fianchi, « ... ma non potrai sfuggirmi né nasconderti quando saremo fuori da qui. »

« Nascondermi? Perché? » la donna fece un passo avanti, rivelando il suo aspetto alla luce artificiale. « Il Comandante Shepard non si nasconde mai! »

"Cosa cazzo...?"

Shepard guardò la sua interlocutrice a bocca aperta. Era identica a lei, in ogni minimo dettaglio, come se si stesse guardando allo specchio. La familiarità della voce le apparve subito chiara: era la stessa che sentiva riascoltando le conversazioni tattiche che aveva intrattenuto con Anderson. Era la sua voce.

« Avevo in mente qualcosa... di diverso. » farfugliò Garrus, le cui braccia caddero lungo i fianco in contemporanea a quelle di Vega. La sosia Shepard spiccò un salto e atterrò di fronte a loro, avvicinandosi con uno sguardo omicida. Il Comandante si ritrovò d'istinto a indietreggiare.

« Chi sei? » sibilò.

« Non sei l'unico comandante Shepard che Cerberus ha riportato in vita, ma finalmente una di noi farà qualcosa di utile. » tuonò la loro avversaria, lo sguardo fisso in quello di Jane.

« Da dove sei sbucata? »

« Dal tuo stesso DNA. » rispose con voce carica di disprezzo.

« Un clone... » concluse Garrus.

« Per te Cerberus non ha badato a spese. Per me... » la sosia iniziò a muoversi senza toglierle gli occhi di dosso. A Shepard sembrò che la stesse studiando come un predatore scruta la sua preda. « ...sono stata creata nel caso ti servisse un braccio, un cuore. Un polmone di ricambio. »

« Perché spunti fuori soltanto adesso? »

« Ero in coma, fino a sei mesi fa... mentre tu eri detenuta sulla Terra, io imparavo a essere un'umana. Incredibile cosa si riesca a fare con i giusti impianti neurali. »

"E ha imparato fottutamente bene" imprecò, cercando una via di fuga da una situazione che riteneva troppo pericolosa. Si ripromise di rinunciare a tutte le future licenze. « Non mi importa chi dici di essere. Il ruolo del comandante Shepard è già assegnato. »

« Alla donna sbagliata. È tempo di cambiare protagonista. » ribatté il clone senza scomporsi.

« Ti manda l'uomo misterioso? »

« No. Mi ha abbandonata quando ha avuto ciò che voleva. » la tensione diventò palpabile quando i loro due volti si avvicinarono. Un brivido corse lungo la spina dorsale di Jane. « Te. »

« Allora perché vuoi farci fuori? » la brusca domanda di Vega spezzò il contatto visivo tra le due Shepard, riportando l'originale alla realtà.

« Perché non ho i suoi ricordi. Non potrei mai ingannare i suoi presunti amici. Gente che si è sottratta al dovere per unirsi al culto di Shepard. » Il clone diede loro le spalle allontanandosi di qualche passo. La voce si caricò di fiele. Si rivolse di nuovo verso di loro con un'espressione di palese disprezzo « Come te, Jimmy. Sei un bifolco che usa il fucile al posto della zappa. »

« E tu sei un'imitazione di merda. » replicò Vega, digrignando i denti.

Jane si costrinse a un enorme sforzo di volontà per evitare di saltarle addosso e massacrarle il volto di pugni. "Figlia di puttana...". Giurò a se stessa che l'avrebbe ammazzata con le proprie mani. Il battito del cuore prese a rimbombargli nel cranio.

« Sono l'originale migliorato. Sono te senza le cicatrici, Shepard. Senza i tubi e i fallimenti. » il clone tornò ad avvicinarsi a Jane, un sorriso crudele che le tagliava il volto come una ferita. « Sono il lupo solitario che avresti dovuto essere... senza zavorre emotive a trattenermi. »

« Nessuno crederà che sei Shepard. » sputò con disgusto Garrus, fulminando l'avversaria con i suoi occhi da rettile.

« Non prima di aver preso la sua nave... »

"Stai scherzando?"

Le dita del Comandante scattarono fulminee sino al comunicatore vocale. « Qui Shepard! Sigillate la Normandy, trasmetto i codici di comando! » esclamò in panico, digitando i numeri sull'omni-tool. Fu con sguardo attonito che osservò il clone sfruttare il proprio omni-tool per rubarle i codici che aveva appena utilizzato.

« Bella pensata... se non avessi già previsto tutto. Traynor, qui Shepard. Prepara la Normandy al decollo di emergenza. Ce ne andiamo. Trasmetto i codici di comando. »

« Ricevuto, ci teniamo pronti. »

Jane percepì la collera trasformarsi in odio.

« Non avrei mai immaginato di dirlo ma penso che... mi ucciderò. » sentenziò, i pugni contratti al punto da causarle dolore.

« Le vane minacce di morte sono nel nostro DNA, con la differenza che le mie non sono vane. » la schernì il clone, voltandole la schiena per l'ultima volta. « Uccideteli. Il culto di Shepard finisce oggi. »

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Capitolo 5
*** Pareti d'iridio ***


PARETI D'IRIDIO






« Squadra MAKO, arriviamo da dietro. Situazione? »

« Bzzz... ci stannobzzz... »

« MAKO, dove siete? »

"Merda..."

La squadra di Shepard sfrecciò sulla rampa di scale per l'ultimo piano degli archivi, utilizzato dagli scienziati della Cittadella per catalogare e stipare i reperti storici degli ultimi millenni. L'apertura dell'olo-serratura rivelò un ambiente rischiarato da una calda luce arancione, in cui i principali strumenti di lavoro consistevano in microscopi, spettrometri atomici e analizzatori di materia. In fondo, in un memoriale circolare, l'immagine del pianeta natale di Jane.

"La Terra?"

Tenendo alta la guardia, si avvicinò all'ologramma, attendendo che l'asettica voce femminile ne illustrasse i ricordi contenuti. Si ritrovò di fronte l'ennesima Shepard, sotto forma di proiezione olografica.

« Anno duemilacentoottantatre e.c., nomina del primo Spettro umano. Camera SH1. »

"Certo, è stato un avvenimento storico, avrei dovuto aspettarmi che venisse registrato negli archivi..." ponderò. Il ricordo continuò con la registrazione di un dialogo tra due uomini che non riconobbe, ma che le apparvero molto ben informate riguardo al suo stato di servizio.

« Le recenti imprese del Comandante Shepard sono innegabili. È il suo profilo personale a destare dubbi nel consiglio. »

"Ma pensa..."

« Shepard è nata sulla Terra ed è rimasta orfana in tenera età. Ha vissuto di stenti fino a diciotto anni, quando ha deciso di arruolarsi. »

"Bene, e se avessi voluto tenere nascosta questa parte di me, con James in squadra possiamo essere sicuri che lo saprà tutta la galassia."

« C'è qualcosa nel registro di servizio di Shepard che vorrebbe segnalare? »

"Sì, sentiamo."

« Per l'Alleanza, Shepard è un soldato di prima scelta, che va sempre fino in fondo, a qualsiasi costo. »

"Puoi ben dirlo."

« Cinica... »

"Cinica?"

« Spietata... »

"Spietata?"

« E brutale. »

"Vaffanculo, stronzo."

« Grazie a lei e a tutti coloro che si sono espressi. Il Consiglio deciderà in merito all'idoneità del Comandante Shepard al rango di Spettro entro fine giornata. »

Le voci si spensero, lasciando come testimonianza del ricordo un'intangibile Comandante levitante a fianco alla riproduzione in scala della Terra. Jane ordinò con un gesto ai suoi compagni di proseguire alla ricerca dell'intruso. Si premurò di non essere osservata quando rivolse alla camera mnemonica un sonante dito medio.

« Comandante, mi ricevi? »

« Come procede laggiù? »

« L'altra te disturba le comunicazioni! Hammered e Mako cercano di avanzare per intercettarla. Io sono ferita e... mi serve aiuto! Fa presto! » la voce rotta dal pianto dell'analista si perse tra i disturbi. Shepard accelerò il passo, confidando di avere le spalle coperte dai propri compagni.
Forzando l'ennesima porta scorrevole, si ritrovarono in una stanza rettangolare, dalla cui estremità opposta si incanalò verso loro direzione una grata olografica di riconoscimento.

« Identificazione biometrica richiesta. » gracchiò l'altoparlante.

"Forza..."

« Accesso Spettro autorizzato. »

Il passaggio si spalancò su un'enorme stanza di raccolta e smistamento reperti. Sul fondo, piegata a terra, Brooks era impegnata in una sparatoria contro dei mercenari celati dalla parete del corridoio.

« Comandante! » urlò, trascinandosi sul pavimento sino a sparire alla vista.

Shepard si precipitò nella sua direzione. Alle spalle sentì i passi pesanti delle armature dei suoi compagni d'arme.

"Resisti Brooks!". Lo sbigottimento la travolse quando, al centro della sala, le pareti di iridio di una capsula di contenimento si chiusero attorno a loro. Si guardarono attorno, disperandosi nella ricerca di un sistema per uscirne.

« Qui si mette male. » proruppe Garrus.

"Fa che non si sia fatta ammazzare..."

« Brooks, siamo in trappola! »

« Dev'esserci un interruttore. » sbottò l'ispanico, scrutando tutta la lunghezza della capsula. Shepard si stupì che non avesse ancora iniziato a prendere a spallate le pareti per la disperazione. Fu Vakarian a rispodergli.

« Non ne vedo. »

"Nemmeno io. Merda."

« CORTEZ. BROOKS. MI SENTITE? C'È QUALCUNO SU QUESTO CANALE? »

Jane urlò nel comunicatore con quanto fiato avesse in corpo, cercando di far passare il segnale attraverso l'iridio. Si portò due dita al capo, maneggiando con lo strumento per controllare che fosse funzionante. Non sentì i lenti passi alle sue spalle, né vide le espressioni irate dei suoi compagni.

« Mi dispiace, la risposta è no. »

"Lei."

Shepard si girò di scatto verso il suo clone, sparando con il fucile d'assalto una raffica di proiettili che si infransero contro le impenetrabili pareti della capsula. Al di là della barriera trasparente, vide la sua sosia scuotere la testa con compatimento.

« Purtroppo la tua cosiddetta squadra è rimasta imprigionata tra pareti di iridio per l'eternità. »

« Altri sanno di questa storia. Di te. L'Alleanza ti fermerà. » Jane digrignò i denti, trattenendo gli insulti.

Con un sorriso di scherno, il clone fece qualche passo verso la loro prigione. « Tu che ne pensi analista Brooks? L'alleanza ci fermerà? »

« Non saprei dirtelo. » la giovane comparve da dietro le spalle della falsa Shepard, ancheggiando in maniera lasciva e appoggiando un braccio sul corpo della sua compagna. « Non lavoro per loro. »

Jane sentì Vega agitarsi alle sue spalle. Pensò che si stesse dando dell'imbecille. Proprio lui le aveva chiesto se l'analista fosse "sul mercato", e per poco, sfogando la collera, Shepard non aveva rotto il sacco da boxe. Fu grazie a quella piccola rivalsa che riuscì a mantenere la calma. Voleva delle spiegazione, e le voleva subito.

« Si può sapere chi sei? E pensi di sfuggire alla mia vendetta? »

« Il mio nome non ha importanza, tanto lo cambio di continuò. » rispose sprezzante. « E se l'Uomo Misterioso non l'ha ancora scoperto, figuriamoci tu. »

« Sei di Cerberus? »

« Lo ero. Ho avuto divergenze con il capo. Lui è indottrinato ma a me non piace sentire voci altrui nella mia mente. »

« Perché non ti sei unita a me? Potevamo collaborare. »

« In realtà l'ho fatto. Sono stata io a mettere insieme tutti quei dossier per la tua... » un forte sarcasmo calcò le ultime parole, « ... missione suicida. »

« La base dei Collettori? » fece mente locale.

« Lo scienziato Salarian... la justicar Asari... il Turian... » l'ex analista si voltò verso Garrus, rivolgendogli una smorfia di insofferenza, « È stato un piacere conoscerti, Archangel. »

« Piacere mio. » sibilò di rimando, sputando in quelle poche parole tutta la repulsione che aveva accumulato sino a quel momento.

« Erano tutti gravi errori. Non capivo perché un gruppo pro umani dovesse affidarsi agli alieni. Ho atteso il momento giusto, e quando ho trovato una Shepard più ragionevole... l'ho svegliata. »

Jane percepì un moto di disgusto attanagliarle il petto sino quasi a causarle la nausea. Quella donna aveva messo in pericolo i suoi compagni, aveva cercato di ucciderla nel bel mezzo della guerra contro i Razziatori, solo perché non accettava che alieni e umani potessero collaborare. Perché era una fanatica della supremazia della specie umana. Era tutto ciò che aveva odiato di Cerberus.

« Perché mi hai fatto questo? »

« Volevamo soltanto i tuoi codici da Spettro. »

Shepard comprese il piano nella sua interezza. « Il cancello. L'autorizzazione da Spettro che mi ha consentito di raggiungere il parcheggio. »

« Ma poi sei sopravvissuta più del previsto e hai tirato in ballo quella maledetta Asari. Ho dovuto prendere provvedimenti. »

« Il trafficante d'armi. Hai sfruttato il tempo che io e James abbiamo impiegato nel disinnescare gli allarmi per ammazzarlo. »

« Poi la tua robottina si è messa in testa di recuperare i dati. Ora eccomi qui, costretta... » tirò un sospiro di insofferenza, « ... a limitare i danni. »

Jane Shepard perse completamente la pazienza. Nessuno poteva tradirla in questo modo. L'ultimo che le si era messo in mezzo, su Virmire, si era beccato dei proiettili in mezzo alla fronte, ed era un mercenario Krogan.

« Appena uscirò da qui ti staccherò la testa e la metterò in bella mostra nella sala tattica della Normandy. » ringhiò, avvicinandosi alla parete di iridio. Le espressioni di scherno che comparvero sui volti delle due complici le fecero ribollire il sangue nelle vene, i pugni tanto stretti da sentirne cigolare i legamenti. Guardò verso il proprio clone. « E poi farò lo stesso con la sua. Anzi, forse le butterò tutte e due fuori dal portellone. »

« E io ti aiuterò. » calcò Vega con soddisfazione, pregustando il momento.

« Sto tremando di paura. » Il sorriso di Brooks rivelò tutto il suo divertimento, « Tremerei ancora di più se fosse il Comandane Shepard a minacciarmi. Ma tu non sei Shepard. Non più. »

« Tu avevi Miranda. Io ho lei. Vuoi mettere? » il clone indicò la complice, che divenne ancora più lasciva nel tono di voce.

« In fondo, è stato divertente. »

Jane osservò la sua sosia avvicinarsi a un terminale informatico. Percepì a pelle una pessima sensazione. Si domandò se anche gli altri provassero la stessa inquietudine ogni volta che lei stessa si metteva in azione. « Che stai facendo? »

« Sistemo le cose. » ottenne una risposta lapidaria, « Ricordi questo? »

L'ologramma dei consiglieri Turian e Asari comparve sullo schermo interattivo.

« Lei è il primo Spettro umano, Comandante. Questo è un traguardo importantissimo per lei e per tutta la sua specie. »

« Peccato che strada facendo tu abbia pensato sempre meno al bene della tua specie, salvando più alieni che umani. »

Jane incassò le accuse senza battere ciglio. Conosceva il modo di ragionare di Cerberus, un pensiero malato che aveva giurato di estirpare in maniera definitiva dalla galassia.

« Tu invece non hai salvato nessuno. Così non mi rendi giustizia. »

« Eh, sai qual è l'unica cosa non replicabile? L'impronta della mano. » Il clone le mostrò il palmo, « È la vita a modellarla, non il DNA. Un bel problema. »

Si avvicinò al terminale, togliendosi il guanto dell'armatura.

"Cosa cazzo vuole fare?"

« Computer, aggiornare registri consiglio. Oggetto: Shepard. Spettro umano. »

"Merda!"

« Accesso eseguito. Immettere nuovi dati. »

Il clone appoggiò la mano sulla piastra orizzontale di rilevamento, attendendo che sullo schermo apparisse la sua impronta completa.

« ID biometrico aggiornato. Buona giornata, Comandante Shepard. »

Sogghignando, la falsa Shepard si infilò di nuovo il guanto e si diresse verso il corridoio d'uscita con Brooks.

« Ora scusami, ma alla Normandy serve il suo capitano, perciò... » si voltò un'ultima volta verso di loro. « Devo andare. »

"Devo andare?" Jane sollevò un sopracciglio, rivolgendole uno sguardo perplesso, "Ha davvero detto devo andare in quel modo?"

« Addio Comandante, finalmente sappiamo come muoiono le leggende. »

Brooks e il clone sparirono dalla loro visuale, inoltrandosi nell'androne. Con uno scossone che sbilanciò i tre prigionieri, la capsula di iridio venne sigillata all'interno di un cilindro in titanio. Un secondo movimento verso il basso indicò che stava scivolando verso la zona di detenzione dei reperti, dove trovò la collocazione finale avvisata dallo sbuffo delle morse idrauliche.

« Direi... che ci è andata bene. » la voce di Garrus sembrò ancora più bitonale in quello che a Vega sembrò un loculo formato famiglia.

« Ha detto "devo andare"? Davvero parlo così? » Shepard si rivolse ai due compagni, cercando qualche conferma del fatto che fosse un modo di porsi unico del clone.

« Eh, beh... sì. » il Turian nascose l'imbarazzo concentrandosi sulla propria arma.

« Piccolo consiglio. » Vega si intromise tra i due per attirare la loro attenzione. Il suo continuo camminare isterico avanti e indietro lungo la capsula sembrava passare inosservato. « Io penserei... al luogo impenetrabile in cui siamo appena stati sigillati per l'eternità. » Cercava di mantenere la calma, ma la tensione traspariva dal suo volto come attraverso una parete di iridio. La consapevolezza di essere ignorato, di nuovo, non fece che peggiorare la situazione.

« Io ho un tono più deciso del suo. Più autoritario. Come quando dico "per ora è tutto". » replicò Shepard, annuendo con convinzione.

« Esatto! Punto e basta! Devi essere tu a chiudere la conversazione! » Garrus le diede man forte, colpendo il palmo di una mano col il proprio pugno.

Vega provò a buttarla sul tragico. « E qui dentro si soffoca. Un'ora d'aria, al massimo. » La mandibola gli cadde quando si accorse che nemmeno il rischiare la fine del topo li aveva richiamati alla realtà.

« Ogni tanto potrei dire "ci vediamo dopo!". In effetti non lo dico mai. Lascia un po' di suspense! »

James partì di nuovo all'attacco. Dalla voce era chiaro che stava cercando di trattenere una risata isterica. « Dai Comandante, qui abbiamo problemi più seri! »

Shepard sembrò riprendere contatto con la precaria situazione in cui si trovavano.

« Mm, ah, Glifo! Ci sei ancora? »

Il piccolo drone rispose dopo pochi secondi. A Vega sembrò che fossero passate ore.

« Sì, Comandante. »

« Tiraci fuori da qui e trova gli altri. » ordinò, rassicurando il suo tenente battendogli una mano sulla spalla. « Nessuno può rubarmi la nave. Nemmeno io. »

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Capitolo 6
*** Fiamme nell'hangar ***


FIAMME NELL'HANGAR

 

 



"Il mio criceto. Come ha osato quella maledetta figlia di puttana?"

« Quei bastardi sono all'hangar navette. Il MIO hangar navette. »

Shepard guardò James di sbieco. Almeno lui poteva capire come si sentisse.

Il suo criceto. E se avessero buttato i pesci? Tremò di collera di rabbia al pensiero che le avevano toccato i modellini delle astronavi.

Sullo schermo interattivo dell'ascensore, i ponti della Normandy scorrevano con lentezza esasperante.

« Ce lo riprenderemo. » lo incoraggiò Garrus, nascondendo un sorriso.

"Parla facile lui, nessuno può buttargli il cannone che ha appena calibrato."

« Sento che qualche imbecille ha toccato i miei pesi. Li avevo appena sistemati bene! »

« Di solito non potresti sparare alla gente che ti tocca i pesi. Stavolta invece sì. »

Jane rimpianse di avere tra le mani un fucile a pompa che le impediva di abbracciare il Turian. Aveva sempre appoggiato il modo in cui era solito sistemare le faccende irrisolte, da Saren al suo vecchio compagno traditore; era l'unico individuo che riuscisse ragionare al suo stesso modo sia sul campo di battaglia che nella vita reale. Per quanto avesse sempre guardato con sospetto la sua specie a causa della Guerra del Primo Contatto, tra di loro era nato un legame di amicizia fraterno e indissolubile.

L'ascensore rallentò sino a fermarsi al ponte 5. Il due lati del portellone si separarono con un sibilo, lasciando libero accesso all'hangar. Shepard avanzò per prima, guardia alta, coperta ai lati dai commilitoni.

Il clone apparve da dietro le casse di rifornimenti. In mano teneva una delle sue armi preferite, ma soprattutto stava indossando la sua armatura N7 di scorta.

« Beh, adesso esageri. » sibilò Jane, mirando all'addome e premendo il grilletto.

La sosia rispose con una serie di colpi. Entrambe andarono in copertura prima che potessero essere colpite.

« La smetti di rovinare la mia nave? »

« Non è la TUA nave. » sbottò l'originale, caricando la frase con tutto l'odio che aveva in corpo.

« Lo sarà. Ti ho preso il nome, il rango di Spettro e le impronte digitali! »

Vega si affiancò a Shepard dietro la lastra di metallo che fungeva da copertura. Con un cenno della testa le suggerì di avanzare; le avrebbe coperto lui le spalle.

« Poi mi hai lasciata morire. Invece eccomi qui. » replicò soddisfatta, avanzando all'interno dell'hangar. « Con le tue impronte fasulle credi di fregare il Consiglio? O Hackett? » procedette con calma, scrutando dietro ogni angolo nel tentativo di coglierla di sorpresa. Arrivò sino alla postazione di Vega.

"Aveva ragione, gli hanno spostato i pesi."

Mosse un paio di passi in avanti. Né James né Garrus potevano difenderla nel punto in cui si era fermata. Non l'avrebbe inseguita oltre. Le avrebbe teso una trappola, e l'avrebbe attirata schernendola. « Sarebbe questo il tuo piano geniale? »

Un rumore sul fianco sinistro la spinse a gettare per terra l'arma. Convogliò i propri poteri biotici nel pugno destro, con cui parò il medesimo assalto biotico della sosia. Le cariche si scontrarono, impedendo alle due mani di toccarsi. Una sfera di plasma ed energia oscura di sviluppò tra di loro, generando un potente campo elettromagnetico che aumentò coi tentativi dell'una e dell'altra di prevalere. La deflagrazione che ne seguì scagliò all'indietro le due donne.

Shepard estrasse dal retro dell'armatura il fucile d'assalto, togliendo la sicura per ingaggiare un nuovo scontro a fuoco. Tirò un'imprecazione mentale quando al clone si affiancò Brooks, armata del fucile a pompa che aveva dovuto abbandonare.

« Squadra Hatchet all'hangar navette. » gracchiò la donna. A denti stretti consumò un'intera clip termica contro Jane, che si vide costretta a battere in ritirata vicino a Garrus.

Un gruppo di mercenari scese dai piani inferiori. Vega e il Turian ingaggiarono un combattimento serrato per consentire a Jane di concentrarsi sul clone. I suoi occhi trasudavano istinti omicidi e nulla avrebbe potuto distrarla dal suo intento.

« Shepard, riesci a sentirmi? » ogni muscolo di Shepard era saturo di adrenalina, ogni recettore percepiva il ritmo della battaglia. La voce di Liara risultò di contorno a una battaglia che attendeva ormai da giorni.

« Forte e chiaro. Hai superato l'interferenza? » domandò all'asari, mentre con il fucile d'assalto sfondava gli scudi e la testa di un cecchino che aveva osato mettersi tra lei e la sua sosia.

« Insieme agli altri. » il clone colpì Shepard alle spalle con una carica biotica. Le sue difese andarono in frantumi. Jane vide la bocca del fucile a pompa dirigersi verso il suo volto. Scartò di lato, colpendo la sosia al fianco con un pugno. Sentì un gemito seguito da un'imprecazione che le diede il tempo di ripararsi dietro una cassa e attendere la ricarica degli scudi. « Non è stato facile ma il problema è risolto. »

Malgrado non potessero vederla, annuì soddisfatta. Si asciugò il sangue che le colava dal naso e ricaricò il fucile d'assalto con la clip termica.

« Comandante, la Normandy si prepara al salto iperluce. » le parole di Cortez le parvero una condanna. La Normandy non doveva lasciare la Cittadella.

"Cazzo Cortez, non va bene..."

« Puoi andare in plancia? Tipo, subito? »

"Non è il momento Joker!" « Negativo! Incontro resistenza all'hangar! »

« Ricevuto, passiamo al piano B. »

"Cortez ha un piano B?"

« Piano B? C'è un piano B? » la voce di Joker diventava più stridula ad ogni frase, confermando i timori di Shepard. La donna si ritrovò bloccata dietro al bancone delle armi. Un mercenario, protetto da uno scudo magnetico, sembrava immune ai suoi colpi e la teneva sotto scacco con una mitragliatrice.

"Va bene stronzo, l'hai voluto tu."

Afferrò dal tavolo un fucile di precisione. Si sporse di lato quel tanto che bastava per poter inquadrare l'avversario attraverso il mirino e fece fuoco. Gli anni di addestramento N7 diedero i suoi frutti. Il proiettile penetrò le difese attraverso la fessura per gli occhi. La testa del militare esplose schizzando sangue sul pavimento. Jane depositò l'arma, soddisfatta.

Improvviso, un bip continuo e rapido le risuonò nel cervello.

"Granata!"

Un'esplosione scosse il lato destro dell'hangar. Il bancone delle armi finì arso da fiamme bluastre che sembravano inestinguibili.

« Dovevi morire in quel ristorante di Sushi. » Brooks aveva perso il suo tono languido, cedendo a un gracchiare astioso.

« Ah. Di nuovo il pancreas... »

"Che diavolo stanno facendo Cortez e Joker?"

« Bypasso i sistemi di sicurezza dell'astroauto. Ricostruisco la traiettoria della Normandy per attirare la loro attenzione. »

« Fare da ESCA? È questo il piano B? »

"Almeno stavolta non potrà incolpare me." Rifletté, prendendo fiato dietro una cassa.

« Ci siamo Comandante! »

Una brusca manovra laterale della Normandy sbilanciò i combattenti. Jane vide Garrus rotolare contro le scorte di medigel. Un "mierda!" risuonò da una zona non ben definita a sinistra dell'hangar. Nell'instabilità generale, i proiettili tornarono a volare.

« Che fate? Usciamo dalla nebulosa e saltiamo a velocità iperluce! » Le urla del clone sovrastarono le sparatore. Jane ghignò, soddisfatta che quella stronza fosse ancora viva per vedere i suoi piani finire in macerie. « Distruggetela. »

"No, figlia di puttana. Quella mezza sega del tuo pilota non può nulla contro Joker e Cortez." Jane si gettò in mezzo al caos, uccidendo un mercenario con un pugno bionico ben assestato sul collo.

« Merda... lanciate la navetta e spazzate via quell'affare! »

Il portellone dell'hangar si abbassò, permettendo al Kodiak di lanciarsi all'inseguimento dei due piloti.

« Occhio! La porta è ancora aperta. » Garrus sottolineò la sua esortazione scagliando fuori dalla Normandy un mercenario trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il clone scagliò altre granate incendiare verso Jane, costringendola a uscire allo scoperto.

« IO! SONO IL COMANDANTE SHEPARD! » latrò, scagliandosi con una serie di cariche biotiche contro la donna.

Il Comandante deviò di lato, sfruttando le alte casse di munizioni ancorate al pavimento. Quella battaglia era sua, la sentiva nel sangue, tanto da permettersi di schernire l'avversario. « Ti piacerebbe! Conrad Verner mi imita meglio di te! »

Brooks la colpì con un proiettile alle spalle, gracchiando isterica. « Hai rovinato tutto! Il mio piano era perfetto! »

Gli scudi di Shepard cedettero. Si ritrovò senza difese, in balia dell'ex Cerberus folle.

« E allora perché è andato a puttane? » davanti al Brooks si parò il tenente Vega, che approfittò del suo attimo di sbalordimento per assestarle un cazzotto sul viso.

"Cazzo, devo pagare da bere a Vega!"

Il fucile di precisione di Garrus assestò un duro colpo agli scudi del clone e le sue invettive rivelarono dove si stesse nascondendo.

« LA MIA SQUADRA VALE QUANTO LA TUA! »

« Squadra? » Jane scoppiò a ridere, gustando il sapore metallico del suo sangue che sgorgava dal labbro spaccato. « Quelli sono tirapiedi. E li stai finendo! »

« Non ce la fai contro la vera Shepard, eh? » Vega rincarò la dose. Non stava dando tregua all'ex analista, impedendole di interferire nuovamente nello scontro tra le due donne. Jane cercò di localizzare Vakarian. Gli ultimi mercenari erano impegnati a resistere il più a lungo possibile alla furia di un Turian sopravvissuto alla Sovereing e ai Collettori.

« Io posso vincere la guerra! Tu sei troppo debole e stanca per riuscirci! »

« Così stanca che ti sto massacrando. » Shepard gettò a terra il fucile d'assalto, la borsa delle clip termiche troppo leggera.

« Sei una sintetica sfregiata! Obsoleta tecnologia di Cerberus! » il clone mirò a colpirla nell'orgoglio, a ferirla dove le pallottole non potevano arrivare. Jane ringhiò sentendo quelle parole. Evitando con agilità i colpi d'arma da fuoco e bionici, armata della sua fedele pistola, si incamminò verso l'avversaria. Le sembrò in quel momento di affrontare la sofferenza che le sconfitte, le ferite, la sua stessa morte da cui era riuscita a tornare le causavano ogni giorno. Nel clone, Shepard vide la parte debole della sua anima.

« Sai dove mi sono fatta queste cicatrici? Su Feros, Noveria, Virmire, Ilos! » con un'un'onda d'urto rimosse gli ostacoli davanti a sé, « Alla base dei Collettori! » i proiettili le fischiarono vicino alle orecchie, « Su Palaven, Tuchanka, Rannoch e Thessia! » il tono di voce divenne sempre più alto, tuonando al di sopra dei motori della Normandy e delle urla delle bocche da fuoco. « Me le sono fatte proteggendo la galassia. PUOI DIRE LO STESSO DELLE TUE? »

Vega ammirò il movimento fluido con cui Shepard si scagliò contro la sosia, colpendola con una forza di mille newton. L'impatto disarmò il clone, senza riuscire a sbilanciarlo; sfruttando un attimo di distrazione, questi rispose all'attacco generando un'onda d'urto. Jane perse la presa sulla pistola.

Il Comandante fissò il clone con disprezzo. Era stanca di una guerra durata troppo a lungo, e non avrebbe tollerato oltre che una stronza emersa dal suo codice genetico a causa della megalomania di Cerberus le rovinasse anche quel breve attimo di quiete che le era stato donato. Si lanciò in corsa, decisa a farla finita una volta per tutte.

Le due donne finirono avvinghiate in una colluttazione indistinta. Il basso parapetto dell'hangar navette non fu sufficiente a trattenerle e si ribaltarono lungo la piattaforma di risalita, rotolando sino al bordo.

Jane si trovò in posizione di vantaggio, il corpo dell'avversaria sotto di sé. In ginocchio, prese a pugni il suo volto con tutta la forza che aveva in corpo. Il sangue schizzò, sporcandole l'armatura e la pelle, donandole un senso di euforia selvaggia che la deconcentrò. Fu sufficiente un istante al clone per stordirla con un calcio, spingendola lontano da sé.

Un improvviso sobbalzo della Normandy privò loro di quel precario equilibrio che le teneva ancorate al portellone. Si ritrovarono entrambe aggrappate al bordo, una di fianco all'altra.

« Guardati! » ringhiò il clone, trasudando odio. « Cosa ti rende tanto speciale? Più speciale di me? »

Jane guardò il proprio alter ego, incapace di rispondere.

« TIENI DURO! » Garrus e Vega sopraggiunsero di corsa, gettandosi distesi sulla piattaforma per una maggiore presa. Il Turian afferrò le gambe del tenente, che si sporse a recuperare il proprio Comandante. « CI SIAMO NOI! »

L'ispanico strinse le braccia di Shepard, facendo leva sul suo corpo per riportarla sulla nave. I loro sguardi si incrociarono, e all'uomo parve per un istante di vedere una smisurata commozione in quei due pozzi di pece. Trascinandola per il busto, la trasse in salvo, facendole spazio per respirare.

« Grazie. » Jane ringraziò i due compagni con un sospiro, prima di rivolgere l'attenzione al clone ancora appeso lungo il bordo. Un ghigno di sfida apparve sul suo viso. Le aveva appena dimostrato la differenza tra loro due.

« E la pendeja? »

"Già. È ora di finirla con questa storia..."

Il Comandante si alzò in piedi, ergendosi di fronte alla sua sosia genetica.

« Tu. » sibilò, « Giù dalla MIA nave! »

La suola degli stivali colpì il suo riflesso.

Gelida, osservò le sue debolezze precipitare nei cieli della Cittadella, finché non sparirono dalla vista.

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Capitolo 7
*** N7 ***


N7






Shepard rilesse per la terza volta il messaggio.

 

Ehi, chiamami la prossima volta che sei nella tua nuova reggia e non sai cosa fare. Mi piacerebbe mostrarti una cosa.

 

Si sedette al terminale, aprendo la schermata di risposta. Per quella giornata aveva fissato un pranzo con Traynor. Decise di rimandarlo. Dopo l'avventura con il clone, aveva voglia di rivedere Vega, da soli, anche solo per ringraziarlo di averla salvata. Ripensò al modo in cui aveva preso a pugni Brooks. Avrebbe dovuto offrirgli da bere.

 

Quando vuoi, ti aspetto.

 

Premette il pulsante di invio. La mano le tremò leggermente.

« Sono patetica... » bofonchiò tra sé e sé, stiracchiandosi contro lo schienale della sedia. Rimuginò su come passare il tempo in attesa che il tenente desse un segnale al citofono. Scartò il sacco da boxe e la sbarra, aveva ancora i muscoli indolenziti dallo scontro del giorno precedente. La vasca idromassaggio era ugualmente esclusa, non voleva correre il rischio di dover accogliere James con solo addosso l'asciugamano. Il volume della televisione avrebbe potuto coprire il suono del campanello. Un sospiro affranto le uscì dalle labbra, alzandosi.
Aveva già deciso di afferrare un libro, pur con la consapevolezza che non avrebbe mantenuto a lungo l'attenzione sulla trama, quando la mente le corse al pad interattivo su cui era solita ricevere i rapporti di Anderson e Hackett. Con le giuste impostazioni, avrebbe potuto collegarsi alla rete news della Cittadella.

"Perché no?"

Le sembrò di averlo lasciato in camera, sul letto. Salì di corsa le scale fino al piano superiore. I gradini in vetro producevano un rumore basso e vibrante che le trasmetteva una sgradevole sensazione di instabilità. Avrebbe preferito di gran lunga che l'arredatore si fosse basato sugli interni di una nave spaziale, e non sulle ultime tendenze tra i politici del Consiglio.
Osservò la stanza in cui ormai da un paio di sere era solita dormire. Troppo spoglia per i suoi gusti. Accarezzò l'idea di trasferirvi tutti i suoi modellini, e il criceto, al termine della guerra. Nel caso fosse riuscita a vederlo, il termine della guerra.
Corrucciò la fronte: sulla coperta non era presente alcun pad.

« Dove l'ho ficcato? »

Fece mente locale. Il giorno prima Liara la era venuta a trovare e le aveva illustrato le sue doti musicali. Javik l'aveva contattata per chiederle d'accompagnarla su un set cinematografico, da cui era uscita ripromettendosi di non andare mai a vedere Blasto 8, per evitare rigurgiti di bile. Poi aveva guardato una partita di Biotiball, che detestava, solo per passare un po' di tempo con Cortez e Vega, scoprendo che i due sudamericani avevano scommesso sul fatto che, pur nella sua ignoranza, avrebbe tifato per la squadra vincente. In nessuna di quelle occasioni aveva utilizzato il pad.
Gli occhi le caddero sulla porta del bagno. Lo schiocco delle sue dita risuonò nell'ampia camera vuota. "Mentre mi asciugavo i capelli!"
Lo ritrovò dove l'aveva abbandonato la sera precedente, in un angolo del lavabo. Accese il pad e inserì il codice di accesso alla rete news.
Il primo titolo riportava la caduta di Thessia, correlata di un nutrito set fotografico che i giornalisti erano riusciti in qualche modo a racimolare prima che si interrompessero i contatti. Jane sentì una morsa stringerle il petto, rendendole difficile la respirazione. In quel pianeta aveva rivissuto la tragedia terrestre e, di nuovo, non era riuscita a impedirlo.
Scorse lo schermo verso il basso, cercando di evitare le notizie relative ai razziatori e alla guerra che imperversava nella galassia. Scartò gli appelli per le persone disperse, che riempivano intere pagine, e interviste deliranti a santoni alienati che millantavano di poter respingere l'arrivo della fine del mondo. Intravide un articolo sul nuovo film di Blasto che le fece storcere il naso. Non riusciva ancora credere che un Hanar così imbecille potesse essere una star del cinema.
La foto digitale di un'umana attirò la sua attenzione.

« Nara Lindgren, rifugiata d'eccezione a bordo della Cittadella, ha affermato in una recente intervista che devolverà il compenso del suo prossimo film a favore dei profughi umani attualmente stanziati al molo. » Scosse la testa, sospirando « Entro pochi mesi potremmo essere tutti morti e questa pensa al girare un film. » Sentì nascere dentro di sé un sentimento d'invidia per l'ingenuità della donna.

Contemplò la sua foto. Era ritratta nella zona del Presidium, seduta in mezzo a un gruppo di rifugiati in visita al quartiere delle ambasciate. La sua bellezza era abbacinante. Persino lei, che aveva sempre disprezzato ciò che era estraneo alla rudezza delle camerate militari a cui era avvezza, ne fu rapita. I suoi lineamenti fini sembravano cesellati nella porcellana, in un viso incorniciato da lunghi boccoli color dell'oro. La giudicò così fragile, avvolta in una veste vaporosa che lasciava intravedere la magrezza di quel corpo. Eppure sembrava che tutti i presenti nella foto ne fossero ammaliati. Uomini, Turian, Asari... individuò persino un Volus. L'ammirazione e il desiderio che quella donna suscitava era palpabile.
Distolse lo sguardo dall'immagine, abbassando le palpebre. Sollevò la testa: quando riaprì gli occhi si ritrovò di fronte il suo stesso riflesso nello specchio.

« Jane Shepard... » sussurrò. Seguì il profilo del suo volto, lungo il collo e le braccia tornite. Dove la manica dell'uniforme non arrivava poteva vedere le vene che risaltavano sui muscoli scolpiti.

"Non sono così male neanche io, dai... forse la mascella un po' troppo spigolosa, e mi mancano i suoi occhi verdi, ma non è così male neppure essere muscolose. Certo, i capelli corti forse non aiutano, ma formano comunque dei ricci, e anche se non sono biondi il nero ha il suo fascino..."

Chiuse e riaprì gli occhi una seconda volta.

"Ma chi voglio prendere in giro."

Uscì dal bagno di corsa, il pad chiuso in una morsa di ferro. Lei era il Comandante Shepard, l'eroina della Cittadella, la distruttrice dei Collettori, l'acerrima nemica di Cerberus e dei Razziatori. Ad eccezione dei suoi compagni della Normandy, l'unica reazione che scaturiva dalla sua presenza era deferenza, o timore. Si appoggiò alla ringhiera del corridoio superiore. Si accorse di stare stringendo con forza i denti quando il dolore alle guance si fece insopportabile. Allentò la presa con un lungo respiro.
Il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri.

« James... Glifo, per favore, controlla che sia il tenente Vega e, nel caso, aprigli la porta. »

« Sì, Comandante. »

Quando l'ispanico entrò nell'appartamento, Jane simulò di essere intenta nella lettura di un rapporto di guerra.

« Ehi, Lola! »

La sua vista le restituì il sorriso.

« Bel posticino. » Quella voce profonda le provocò uno strano solletico nello stomaco. Chiuse il pad, infilandoselo in tasca. « Chissà come sarà ridotto dopo la festa di cui parlavi. »

« Non distruggeresti il mio nuovo appartamento, vero James? »

« Chi, io? Nooo. Mai! »

Shepard roteò gli occhi, annuendo in maniera sarcastica. Il tono le ispirò ben poca fiducia, e conoscendolo sapeva di avere ragione a non fidarsi.
Le si affiancò, emettendo un fischio ammirato alla vista del Silversun Strip che si intravedeva dalle grande pareti di vetro.

« Che panorama! Ma sai, questo posto... beh, non è esattamente il mio stile. »

Jane si girò verso l'uomo, incuriosita. « E quale sarebbe? »

James si appoggiò alla ringhiera con entrambe le braccia, sporgendosi come se volesse raggiungere i suoi ricordi.

« Sono cresciuto sul Pacifico. L'oceano. Le spiagge. L'aria vera. »

« Ti manca? »

« Sì. E la gente... »

Una sirena d'allarme le si accese nel cervello. « Come si chiama? » chiese, simulando il tono di voce più ammiccante che le venisse in mente, nel tentativo di fingere un interessamento da camerati.

« No, no. Ho smesso di... fraternizzare quando mi sono arruolato. Non sono cose compatibili. »

Il macigno, che le si era sollevato dal cuore alla risata di Vega, le si ripresentò più pesante di prima. Sentì la confusione avanzare nel suo cervello, e la paura del ritrovarsi dinnanzi a una situazione che non poteva controllare. La collera, poi, per la stupidità di James, e per aver vissuto sino a quel momento nell'illusione dei flirt. Ma soprattutto, perse la lucidità che l'aveva sino a quel momento trattenuta.

« Ma questo non ti impedisce di provarci con tutte. »

Sentì la sua voce pronunciare quelle parole come se si trovasse a un'enorme distanza. Le sue braccia si incrociarono al seno.

« Già, sono fatto così. Con questo non voglio dire nulla. »

L'ultimo affondo di James diede il colpo di grazia a Jane Shepard, che venne confinata in un angolo dall'unica debolezza che non era riuscita a scaraventare giù dalla sua nave.

« Peccato... » disse languidamente.

« Ah! Adesso chi è che ci sta provando? » la schernì l'uomo.

« Prima butti il sasso e poi nascondi la mano? »

« No! È solo che... sei il Comandante! » Ogni parola che James pronunciava era una ferita più profonda. Per lui, come per tutti gli altri, lei non era una donna. Lei era il Comandante Shepard. I loro sguardi si incrociarono e Jane, come in un sogno, sentì se stessa ridere come una sciocca, comportarsi come una sciocca. « Con te bisogna sempre andare con i piedi di piombo! »

« Non dirmi che non batti chiodo da quando ti sei arruolato. »

« Niente di serio. Però anche io ho le mie pulsioni, sai? »

« Lo so James. Fin troppo bene... » come se fosse ubriaca, gli si avvicinò, sussurrandogli l'ultima frase a cinque centimetri dal volto.

Vega non riuscì ad articolare le parole ed emise una serie di vocali incerte. Lo vide pietrificarsi, gli occhi che vagavano ovunque nella stanza tranne che nella sua direzione.

« Non ti piace quello che vedi? »

« Eh? No! Tu sei... per me... ecco... »

Lo vide guardare il suo corpo. Si aggrappò alla speranza.

« Cosa devo fare per convincerti, James? »

L'uomo girò la testa, fissando un punto all'orizzonte. « Beh... per prima cosa farmi scordare che sei il Comandante Shepard. »

A Jane sembrò di essere stata colpita dal raggio di un razziatore. Gli occhi spalancati, guardò Vega come se si fosse accorta solo in quel momento che fosse entrato nell'appartamento. Si allontanò, provando a dissimulare la vergogna in cui stava affogando.

« Capisco. » Abbassò il capo, bramando il coraggio necessario per tornare a parlargli. Non si accorse dell'occhiata che James le lanciò, né del fatto che distolse quella stessa occhiata digrignando i denti. Trovò la forza nel gelido silenzio che attanagliava l'androne. « Bene, ora che hai placato i miei bollenti spiriti, c'è qualcos'altro di cui volevi parlare? »

« Ah, hai ragione, scusami! » rispose, sorridendo sollevato. « Volevo mostrarti una cosa. »

Jane non credette ai suoi occhi. "Lo fa apposta, cazzo. Lo fa apposta!"

Vega si tolse la maglietta, mostrando i suoi muscoli nel loro splendore. Sui trapezi, il simbolo tatuato degli N7 era incorniciato da simboli tribali simili a quelli che aveva sul collo. Shepard dovette fare appello a tutta la sua volontà per evitare di sbatterlo fuori a calci nel culo, e per evitare di mangiarlo con gli occhi.

« Che ne dici? »

« Favoloso, e te lo sei meritato. Adesso viene il bello, eh? » "Inoltre sei un grandissimo stronzo e io ho una fottuta carriera come attrice."

« Sì, e sottoscrivo quello che hai detto prima. Da me avrai il cento per cento. »

« Non mi aspettavo altro. »

« Beh, tutto qui. Volevo solo mostrartelo. » Raccolse la maglia da terra, iniziando a rivestirsi tra le grida interiori della donna. « Ora devo tornare sulla Normandy. Esteban ha bisogno di aiuto con la navetta. »

« Grazie per la visita, James. » allungò la mano per salutarlo. Vega la strinse con decisione, per sollevarla sino all'altezza dei loro volti. Un gesto da veri commilitoni, come lo sguardo complice che si scambiarono e il cenno col capo dell'uomo. Jane riepilogò il suo silenzioso repertorio di imprecazioni.

« Qua dentro faremo una festa da sballo! »

"Già, la festa..."

« Hasta la vista, Shepard. »

Dal balcone del piano superiore osservò la figura del soldato percorrere l'appartamento fino all'uscita. Quando fu sicura che non potesse più sentirla, si recò dal suo amato sacco da boxe.

Notò le esclamazioni preoccupate di Glifo solo quando la sabbia ebbe ricoperto il pavimento della stanza d'allenamento.

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Capitolo 8
*** Al suo servizio, Comandante ***


AL SUO SERVIZIO, COMANDANTE






« Sapete perché Cerberus perderà? Semplice demografia. Recluta un ventenne senza una vita e quello si spaccherà il culo per la causa. Ma avete mai visto anziani tra i membri di Cerberus? Famiglie? No. Sono terroristi senza futuro! »

« Pagano bene, certo, ma le vacanze dove le mettiamo? Quella non è vita. »

Shepard ascoltò interessata il dialogo tra Joker e Jacob. Stava assaporando il terzo cocktail Volus, La sensazione di bruciore le percorse l'intero l'esofago sino a incendiarle lo stomaco.

« A proposito, ho saputo che diventerai padre. Congratulazioni. » Le parole di Miranda fecero arrossire Jacob, o almeno così parve a Shepard. Sentiva che, malgrado l'aspetto solido, la sua mente iniziava a mancare di lucidità. Una condizione che aveva agognato dall'inizio della festa, da quando aveva accolto James nell'appartamento.

« Ah, grazie! Me la sto facendo un po' sotto. »

« Te la caverai, sei in gamba. Sarai bravissimo! »

Jane guardò il suo ex compagno di squada. Meno di un anno prima l'aveva trascinato in una missione classificata come suicida. I loro contatti si erano interrotti durante i sei mesi in cui era stata reclusa per la strage Batarian, e l'aveva ritrovato come disertore di Cerberus e compagno di una scienziata ex Cerberus. Aveva scelto una vita normale, un lusso che lei non era mai riuscita a permettersi.

« E tu Joker? Come cambieresti Cerberus? »

« Io lo renderei popolare! Una grossa campagna propagandistica, tipo elezioni presidenziali. Cene di gala, strette di mano e un sacco di baci! »

"Joker consigliere alla Cittadella subito." Shepard rise di fronte a tanto entusiasmo.

« Immagino non solo alle belle donne. »

« Ehm, ovviamente! » Puntualizzò Jeff, mettendo le mani avanti. « Rimpiango i giorni in cui Cerberus era terribilmente imbranato. Quando c'eravate voi due a comandare! »

« Prego? » Jacob si rizzò sulla poltrona, visibilmente piccato. Miranda lanciò uno sguardo canzonatorio in direzione del pilota, lasciandosi sfuggire una risata.

« Comandavo soltanto il Progetto Lazarus, che come ben sai è riuscito benissimo. » Esclamò, accennando a Shepard.

Joker non cessò di calcare la mano. « Comandante, qui Cerberus. I Rachni che stavamo studiando sono scappati ammazzando tutti. Puoi occupartene tu? » Fece il verso a una vecchia richiesta di aiuto che avevano ricevuto ai tempi della loro affiliazione nell'associazione. Jane annuì, ripensando con appagamento al periodo in cui i razziatori erano ancora una minaccia lontana.

« Ne giravano di sacchi per cadaveri... e a quei tempi contenevano soprattutto i loro agenti. »

« Avevamo delle cellule impazzite, è vero, ma Alleanza e Consiglio se ne stavano con le mani in mano! Noi almeno facevamo qualcosa. » cercò di giustificare Jacob. Non accettava che considerassero il suo operato mediocre a causa di una manciata di agenti ribelli.

« Addominali. Molti addominali. » la ladra apparve per qualche secondo in mezzo alla sala, dando una dimostrazione pratica di cosa intendesse. Il tono malizioso strappò una risata generale.

« Ehi, così non vale Kasumi. »

Miranda riportò la conversazione sui giusti binari. « Però abbiamo ricostruito il Comandante Shepard. »

« E dopo aver sconfitto i Collettori ho rinnegato Cerberus e sono scappata... ammazzando tutti. » concluse Jane, alzando il bicchiere in un brindisi silenzioso.

« E di questo ti ringraziamo! »

« Jeff, ricordi che anch'io sono un progetto di Cerberus? »

« Ah, merda... »

Shepard scoppiò a ridere fragorosamente, aiutata dall'alcol che scorreva copioso nelle sue vene, e salutò il gruppo. Si staccò dal bancone dell'angolo bar a cui si era appoggiata e l'appartamento le sembrò rotearle attorno. Strizzando gli occhi per recuperare un minimo di equilibrio, si diresse verso i divani del salotto principale. Le parve di udire la voce di Liara che parlava delle dimensioni della sua nuova casa, e Traynor dei suoi studi all'università.
Trovò un posto libero accanto a Cortez. Di fronte a sé, sentì gli occhi di James posarlesi addosso.

« Tsk, gli umani è così che festeggiano? » la voce roboante di Grunt le procurò una fitta alla testa, che dissimulò fingendo di rilassarsi sul cuscino.

« Questo è tutto da vedere. »

« Eh, col cavolo! » Jack aveva davvero moderato il linguaggio, rifletté. Lavorare per l'Alleanza le aveva cambiato la vita in meglio.

« Aspetta e vedrai. Gli umani hanno bisogno di... carburare un po', prima di scatenarsi. »

Le parole di James portarono il cervello annebbiato di Shepard a formulare un pensiero che da lucida non avrebbe esitato a definire malsano, se non folle. Lo sguardo di fuoco che rivolse al giovane tenente non sfuggì a Jack. « Non tutti... »

In quel momento Zaeed parve accorgersi della presenza del Comandante nel gruppo, che salutò con un cenno. La biotica percepì il suo stato alterato e non perse l'occasione per stuzzicarla.

« Ehi, Shepard. Bevi qualcosa? » mormorò maliziosa, sventolandole davanti al naso un cocktail Vorcha che aveva appreso durante la sua vita da pirata.

« Certo! » accettò la sfida, afferrando il bicchiere. Si sentiva di nuovo in forze, sorretta dall'immagine di James seduto sul divano e dall'idea che le era balzata in mente. « Allora, vi state divertendo? »

« Quando ne avrò bevuti altri dieci! »

« Alcol e Krogan. Una combinazione esplosiva! » un ghigno comparve sul volto di Vega quando vide l'espressione preoccupata di Cortez.

« Non ho mai visto un Krogan ubriaco. Intendo, davvero ubriaco. »

« Sono brutti uguale e rumorosi il doppio. » Tagliò corto Jack. Il silenziò calò sulla combriccola, sei paia di occhi fissi sulla biotica tatuata. « Scherzavo! Cazzo, come siete seri... » Si lamentò, mostrando il dito medio. La vecchia Jack.

« Eh... forse un po'. » Ammise Kaidan, senza abbandonare la compostezza che lo caratterizzava. Jane aveva amato quella compostezza, un tempo, prima di Horizon. Un incontro che non le era mai riuscito di perdonare. « Grazie per la festa, Comandante. Mi serviva un momento di relax. »

« Ci meritavamo tutti una pausa. » Confermò Cortez, appoggiando una mano sulla spalla di Jane. La donna portò la propria mano su quella del pilota di navette, annuendo riconoscente.

« Hai ragione, Steve. »

« Brindiamo alla generosità del Comandante! » esclamò Jack, tracannando l'intero bicchiere in un sol sorso. Le urla entusiaste di Traynor provenienti dalla cucina accompagnarono il gesto. Jane decise che era giunto il momento.

Si spostò accanto a Vega, inclinando il capo in un gesto languido. « James, hai un momento? »

« Sì. Che c'è? »

« Senti, come posso convincerti a vedermi come una donna e non come il tuo Comandante? » gli sussurrò, prestando attenzione che nessuno potesse sentirla. Non voleva rischiare che il suo piano andasse in frantumi a causa dell'irriverenza di Grunt o della malizia di Jack.

« Ah, Lola. Non ho problemi a vederti come una donna, credimi! »

Il tono scanzonato di James le urtò i nervi, resi più sensibili del solito dal quantitativo di alcol che aveva ingurgitato sino a quel momento. Non aveva più voglia di scherzare e glielo fece intendere alla maniera di Shepard.

« Ehi, smettila di flirtare. Piuttosto, rispondi alla domanda. »

Vega si ritrovò spiazzato. Non riusciva a credere che fosse una domanda seria, che il Comandante Shepard gli stesse chiedendo una cosa simile. « Non so. Servirebbero un mucchio di drink e uno di quei... momenti magici. »

"Per vedermi come una donna dovrebbe bere... fino a ubriacarsi." Jane socchiuse le palpebre, spostando lo sguardo sino al bicchiere che teneva in mano. Sentiva una voce dentro la sua testa, un grido disperato che la supplicava di andarsene prima di compiere qualcosa di irreparabile. "Dannazione..."

Vega osservò la donna, scorrendo lungo i suoi fianchi sino al profilo del collo. Era vestita di una semplice felpa nera che le nascondeva le forme e al contempo risaltava il pallore della pelle. Una serie di pensieri poco conformi alle regole dell'Alleanza sulla fraternizzazione gli passarono per la mente. « Certo, non mi dispiacerebbe. » Lo sguardo di Shepard scattò verso di lui. « Dici che devo rompere gli argini e cedere alle emozioni? O reprimerle come sempre? »

« James! Vedo che ti stai ricredendo... »

« Cosa stai insinuando? »

L'urlo nella sua testa divenne più forte. « Scusa, ho da fare! Ci vediamo dopo. »

Per la prima volta nella sua vita, Jane Shepard batté in ritirata. Il ricordo di quella conversazione le apparve confuso. Le sembrava di averlo vissuto in un altro luogo, se non in un'altra vita; credette per un istante di averlo solo immaginato. Si convinse di averlo solo immaginato. La memoria del bruciante rifiuto del giorno precedente la tormentava ancora e non riusciva ad ammettere di stare compiendo una seconda volta lo stesso errore.
Si attaccò all'ennesimo bicchiere, prima di sentirsi pronta a rispondere ai ripetuti richiami di Glifo.

« Comandante, i suoi ospiti sono visibilmente esagitati. Questa atmosfera è di suo gusto oppure desidera alterarla? »

« La festa è appena cominciata. Divertiamoci! »

« Al suo servizio, Comandante. »

La voce elettronica del drone si sparse per l'appartamento. Ulteriori indicazioni sulla localizzazione di alcolici e cibarie innalzarono un urlo di entusiasmo tra gli invitati della sala.

"Non si può dire che non si divertano."

« No. » La voce cavernosa di Grunt attirò la sua attenzione. « No. » Era in piedi, vicino all'ingresso, impegnato in qualcosa che sembrava dargli grosse soddisfazioni. « No. »

Gli si avvicinò, incuriosita.

« Come andiamo qui? »

« Non ti vogliamo! » Sul monitor del ricevitore apparvero delle facce sconosciute, a cui Grunt chiuse la chiamata in faccia. « Va benissimo! » Si rivolse a Shepard, il muso da Krogan tagliato da un sogghigno soddisfatto.

« Lo vedo. Arriva gente interessante? »

« No, non direi! » Rispose al citofono. Sullo schermo apparve un'insolita coppia composta da un umano implorante e un vorcha scalmanato. « Via di qua! » sbottò, spegnendo il videoterminale con una risata cinica. Lo stesso trattamento riservò al batarian che tentò di intrufolarsi alla festa.

Jane si divertì a sfidare l'amico.

« Forse dovrei essere io a deciderlo. »

Grunt si girò, emettendo un verso di stupore. Non avrebbe mai immaginato una frase simile dall'eroina più famigerata della galassia. « Okay, ma ti avverto, là fuori è tremendo! »

« Il solito esagerato... »

Un gruppo di ragazzi asari e umane riempì il monitor.

« Sì? »

Vide le loro espressioni cambiare in un tripudio di gridolini entusiasti. « Comandante Shepard! oddio, ODDIO, SEI PROPRIO TU! »

Jane le fissò per una decina di secondi. Poi si rivolse al krogan.

« Grunt? Ottimo lavoro. Prosegui. » ordinò, gustandosi il momento.

« Certo! » eseguì appagato. « NO! »

La donna lasciò Grunt al suo divertimento, non senza prima ricevere la promessa di una chiazza di vomito krogan sul pavimento del bagno inferiore. Gli invitati si erano sparsi per la sala, raccogliendosi in gruppi più piccoli. Scorse Samara e Zaeed, appartati di fronte a un quadro postmoderno di dubbio gusto, e decise che era giunto il momento di un altro drink.
Si diresse verso il bancone del bar, dove trovò Joker, Garrus, Cortez e un altezzoso Javik impegnati a stilare una classifica dei pianeti più pericolosi della galassia nel ciclo attuale e in quello precedente.
Versò un liquido alcolico bluastro in un bicchiere, di cui lesse il nome dopo il primo sorso. "Sangue di drell...". Le venne in mente Thane, la sua gentilezza, i momenti in cui le era stato accanto nella missione suicida. Il modo in cui le parlava di sua moglie, di come era diventato vedovo e di come avrebbe fatto di tutto per impedire al figlio Kolyat di percorrere il suo stesso abisso. Ricordò lo strano soprannome che le aveva donato, di cui non aveva mai saputo il significato. "Siha...". E ricordò il suo sangue sul pavimento, che scorreva copioso sul pavimento del Presidium.

« Ehi, si parla di lavoro? » si intrufolò a forza nella conversazione, nel tentativo di distogliere la mente da quei ricordi.

« Sai, noi ci divertiamo così. » annuì Cortez. Tornò a rivolgersi a Jeff, agitando il bicchiere mezzo pieno. Alcune gocce del liquore fuoriuscirono dai bordi, spargendosi sulla superficie di vetro del bancone. « Vuoi dire che non tieni un'arma sotto il sedile? »

« L'armadietto delle armi è in plancia, è come se ce l'avessi! »

Garrus scosse la testa con compatimento. « Mai contare sulle armi che non hai sotto mano. Da quant'è che non spari con un'arma vera? »

« Da prima che avessi un robot imbattibile come copilota! » Jeff spinse il petto in fuori, in un impeto di orgoglio nei confronti della sua fidanzata.

« Così non va! » la voce bitonale del turian smorzò l'entusiasmo di Moreau. « E se un giorno fossi costretto a salvare IDA? »

« Inaccettabile. L'addestramento è vitale. Anche i piloti sono soldati. » Jean poté percepire lo sdegno provato da Javik nei confronti di quel primitivo debole e infermo.

« Giusto, basterebbe un po' di pratica. Vero, Comandante? »

La domanda di Cortez la colse di sorpresa e prima che potesse rispondere Jeff si era messo sulla difensiva.

« Io non vado da nessuna parte. Ho già abbastanza testosterone. Devo ricordarvi che piloto una nave da guerra? »

"E non una nave qualsiasi. La Normandy." Jane pensò che fosse il caso di mettere in difficoltà il suo amico, per vendicarsi di tutte le volte che era stato lui a cacciarla nei guai.

« Mi stupisci Joker. E l'attacco dei Collettori? Stare in plancia può essere molto pericoloso. »

« Beh, loro sono l'esempio perfetto. Se avessi sparato un colpo sarei finito malissimo. La vera arma è il cervello, tutto il resto non conta. »

« Però al ristorante di sushi un aiuto non avrebbe fatto male... »

« C'è un simulatore di combattimento sulla Cittadella. » propose Cortez.

« Neanche per sogno! Al massimo un poligono di tiro, se ci tieni. Al massimo. Ma non da ubriaco! O con i postumi. »

« I razziatori non si pongono questi problemi. » sbottò Javik, disgustato. « Addestrati seriamente. »

« D'accordo Cortez. Sempre se sarai nelle condizioni di trascinarmi fin lì. Ma stasera dovrai sfidarmi... » Joker si sporse verso il pilota di navette, gli occhi ridotti a due fessure. « All'ultimo drink. »

Una sfida tra uomini. Jane si sentì di troppo e afferrò il bicchiere mezzo vuoto, decisa a raggiungere gli altri compagni al piano superiore.

« Comandante? »

Shepard si girò verso Cortez con una brusca frenata. Il suo sorriso non le piacque nemmeno un po'.

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Capitolo 9
*** Luego culpo al alcohol ***


LUEGO CULPO AL ALCOHOL






« Dimmi Steve. »

« Ehi, prima ho parlato con James. Era... combattuto. Mi ha fatto tenerezza, poverino. »

Shepard sentì uno strillo nel suo cervello, che innescò la contrazione dei muscoli delle guance in un sorriso sghembo.

« Davvero? »

« Ha detto che tra voi c'è una scintilla di qualche tipo. » Lo strillo nella sua testa divenne qualcosa di simile alla sirena di una navetta dell'SSC. « Spero che abbia ragione perché ve lo... ve lo meritate. Intendo, nel senso buono. » La sirena si trasformò in un assordante segnale di attacco aereo.

« Grazie. Staremo un po' a vedere. »

Fuggì da quella zona dell'appartamento e salì le scale. Nella terrazza superiore trovò James circondato dai biotici della compagnia. Tentò di raggiungere Tali, la cui voce proveniva dal retro della parete. Reagì con eccessiva lentezza: Miranda le aveva fatto un cenno con la mano perché li raggiungesse. Reprimendo l'impulso di annegare nel bicchiere, un gesto non adatto al coraggioso Comandante Shepard, incubo dei Razziatori, si unì alla compagnia.

« Qui che si dice di bello? State facendo i bravi? »

« Certo, Shepard. » Liara stava celando entrambi gli occhi con una mano. « James ci stava spiegando perché la prestanza fisica è superiore ai poteri biotici. »

« Ah sì? È un campo minato, James. » lo avvertì, alzando un sopracciglio. Lei stessa era un incursore biotico. L'ispanico si trovava in netta inferiorità.

« Dai, Lola, lo sai che ho ragione io! » Jane percepì lo stomaco annodarsi quando si sentì chiamare in quel modo.

"Cazzo, mi sa che ho bevuto troppo."

« I poteri bionici sono forti, ma imprevedibili. E il tempo di ricarica? »

« Shepard, dove hai trovato questo tizio? » Jacob lo schernì. Jane stessa si sentì punta sul vivo, avendo fatto dei poteri biotici la sua arma migliore.

« I miei non sono imprevedibili. I razziatori possono confermartelo! » replicò, ottenendo cenni di compiacimento da parte dei suoi sottoposti.

« Una persona può allenare il fisico, ma i poteri... sono quelli che sono. » la indicò con un dito. « E quei poveracci che si ritrovano con impianti difettosi? »

L'ultima frecciatina colse nel segno.

« Ehi, cosa...? Non stai parlando di me, vero? » Kaidan ringhiò in direzione di Vega. « Sono un L2, ma ho lavorato molto per imparare a saccheggiare. »

« Davvero? » Jacob parve stupefatto. Era più giovane di Kaidan, ed era dotato dei moderni impianti, un L4, se non un L5. Jane pensò che probabilmente non aveva mai incontrato un biotico L2. Non sano di mente, almeno. « Ehm... è... »

« Piuttosto insolito. » concluse Liara.

« Okay, okay. » James mimò le virgolette con le dita. « Forse non è questione di allenamento. Forse è il fatto di essere James Vega. » sottolineò il suo nome tirando i muscoli delle braccia e del petto e guardando Shepard negli occhi. L'allarme antiaereo nella testa di Jane riprese vigore. « Guarda, James Vega non deve mai ricaricarsi. Anzi, può andare avanti per ore! »

Kaidan parve imbarazzato. « Ehi, stiamo ancora parlando di combattimenti... vero? »

Jane fissò il tenente Vega. Il frastuono di un razziatore prese il posto dell'allarme antiaereo.

« Che simpatico. » bofonchiò Jacob, che rimase di stucco quando alle spalle di James apparve Kasumi.

« Taci, e fai un po' di addominali. »

"Nessuno sente il razziatore? No? Sicuri?"

« Kasumi! »

« Ero di passaggio! » la ladra rise, tornando nell'ombra.

« Per la Dea... »

Shepard squadrò il fisico di Vega. L'alcol le facilitò la scelta della parte da cui parte schierarsi.

« In questo caso sono d'accordo con James. »

« Aaaah, grazie Shepard. »

"Vi giuro che io sento un razziatore! Come fate a non sentirlo anche voi?"

« Perfino i poteri biotici sfigurano di fronte a questo esempio di eccellenza fisica. »

« Giusto! » ribadì con soddisfazione, scrocchiandosi i muscoli del collo. Jane sentì gli sguardi attoniti dei compagni biotici su di sé.

« La prima scelta discutibile che tu abbia mai fatto, Shepard. » disse Jacob a nome di tutti.

« Visto che roba? So anche arrotolare la lingua! »

Liara tirò un lungo sospiro disperato. « Shepard, rispetto le tue decisioni, sempre. James, tu PIANTALA con quella lingua. »

"James. Lingua. Qualcuno faccia tacere quel razziatore."

Approfittò della distrazione generata dalla lingua di James per defilarsi dalla discussione e rispondere ai richiami di Glifo.

« Comandante, i suoi ospiti sembrano a proprio agio. Posso fare altro? »

« Alziamo la musica e diamo inizio alle danze! » "Così forse riuscirò a coprire questo fastidioso razziatore."

« Molto bene, Comandante. Ho ben poche occasioni di impiegare i miei sistemi motori avanzati. »

Il richiamo della musica e dell'alcol risultò irresistibile. Tutti i suoi compagni, ad eccezione dei paranoici Zaeed e Javik, si buttarono in pista.

« Ehi, Shepard! »

Ballando sensualmente sul tavolo principale, Jack piegò ripetutamente l'indice per esortarla a raggiungerli. In mezzo alla sala, nell'unica zona sgombra da impedimenti, un nutrito gruppo di alieni e umani stava manifestando l'effetto dei fumi dell'alcol, scatenandosi in un ballo forsennato.

« Dovresti scatenarti così molto più spesso Traynor. » urlò Cortez nel tentativo di superare il volume della musica.

« Io e te ballare assieme? Troppo rischioso! Scoppierebbe un INCENDIO! »

Jane si posizionò al centro del gruppo. Era cosciente di ballare in maniera imbarazzate. Per quanto avesse il senso del ritmo e la capacità di seguire la musica, non aveva mai imparato a muoversi in modo tale da non sembrare un volus durante una rissa con un krogan.

« Evvai! » la incoraggiò Jack con un movimento del busto.

"Va bene. Tanto, peggio di così..."

Mosse prima un braccio, inquadrando il tempo. Seguì un movimento oscillatorio della testa e infine il resto del corpo, in un maldestro tentativo di coordinazione. La risata la investì da ogni lato, e se non fosse stato per il tasso alcolico oltre ogni limite di decenza, li avrebbe abbandonati, mandandoli al diavolo.

« Capitano in plancia! » esclamò Cortez.

« Ha sempre ballato così? » per osservarla meglio, Traynor aveva persino ridimensionato la frenesia della danza.

« Shepard sta salvano la galassia! » provò a giustificare la quarian, « Possiamo perdonarle qualche... difetto! »

« È... molto entusiasta. »

"Ubriaca, Traynor. Ubriaca. Per vostra fortuna! Almeno così razziatore sta zitto."

« Dovremmo registrare e mandare il video ai razziatori. Scapperanno, si fonderanno... o avranno pietà di noi. » propose Garrus sfoderando la sua rinomata ironia.

"Ecco perché il razziatore sta zitto!"

« Vedo che certe cose non cambiano mai. » la punzecchiò Jack. Jane si rese conto di essere caduta nella sua trappola come una novellina della caserma.

« Mi piace Comandante! È bello vederti così una volta tanto. »

"Grazie Cortez, ti picchierò per ultimo se ricorderò cos'è successo stanotte."

Si rese conto di dover dire qualcosa. Una frase ad effetto, che stupisse e rimanesse impressa. Qualcosa magari di entusiasmante, adatta alla serata, al momento. Qualcosa di spiritoso e ineguagliabile.

« Grazie a tutti per la vostra lealtà e il vostro sostegno. »

"Cosa cazzo ho appena detto?!"

Smise di danzare di colpo e finse di dover cercare Grunt.

"Ho bisogno di un altro drink. DEVO dimenticare."

Tracannò in un sol sorso un bicchierino di liquore asari. Si accorse che Grunt era effettivamente scomparso. Cercò in ogni stanza, perquisendo l'intero piano inferiore prima di passare al superiore. Lo ritrovò accasciato sotto il getto gelido della doccia.

« Grunt? Stai bene? »

« Sì... ho cinque crediti... » bofonchiò tra i grugniti.

« Benissimo. Torna a dormire. » lo incoraggiò, spalancando la porta del box perché gli arrivasse più aria. Si allontanò da un bagno che puzzava come una fabbrica di alcolici.

Oltrepassò il tavolino del salotto superiore, su cui giacevano abbandonati gli stuzzichini che aveva ordinato dal miglior ristorante del Silversun Strip. Non era rimasto neppure un pezzo di formaggio: Tali l'aveva davvero adorato.
Stava per tornare al piano inferiore e accasciarsi sui divani, quando con la coda dell'occhio vide degli strani movimenti sulla terrazza.

« Centosessanta... ah! »

Il tenente Vega stava effettuando una serie interminabile di piegamenti sulle braccia, affiancato da Kaidan e Jacob in quella che le apparve subito come una sfida al testosterone.

Nella sua testa partì un coro angelico di razziatori.

« State contando? Miranda? » Taylor si rivolse alla sua ex amante e compagna di Cerberus.

« Sicuro! Sei davvero fenomenale. Io quante ne ho fatte? » scherzò di rimando la donna, visibilmente ammirata.

« Su, forza! » li incoraggiò Liara. Si accorse che il Comandante li aveva raggiunti. « Shepard? »

« Che succede? » "Oltre alle prove generali per lo spettacolo di fine anno dei razziatori, ovviamente."

« È una lezioncina sulla superiorità fisica. » rispose Vega.

« Ci riusciresti tenendo un drink in ogni mano? »

« Certo! » affermò James, guardandola mentre effettuava l'ennesimo piegamento. « Ah. Wow! » gemette. I razziatori intonarono un Kyrie.

« Ah! Perché Kaidan ne fa di più? » Liara finse di essere stupefatta.

« Non c'è da stupirsi! » gongolò il biotico.

« Jacob ti sta massacrando. Come mai? » rincarò la dose Miranda.

« Che domande! Sono nato per questo. »

« Oggi sei fuori forma, James. » Shepard ne approfittò canzonare quell'ammasso di muscoli che la faceva impazzire. Una piccola vendetta che poteva comprendere solo lei. Il compiacimento dei biotici durò poco: senza emettere alcun rumore apparve, seduta sulla schiena di Vega, la piccola ladra capace di rendersi invisibile.

« Beh, nessuno è perfetto. A te come va la vita? » domandò a James, che tentò un ultimo piegamento prima di crollare sotto il suo peso, trascinandosela addosso tra le risate delle altre donne. Jane resistette a stento all'impulso di allontanare la ragazza da Vega e prendere il suo posto.

« Okay, c'è un modo più divertente di bruciare calorie. » esclamò l'ispanico mentre si rimetteva in piedi.

Shepard pensò a un ben preciso modo. I razziatori passarono a un coro gospel.

« Dai, balliamo! » azzeccò Liara, trascinandoli in pista.

"Ballare. Certo."

Jane rise del modo assurdo in cui danzavano Kaidan e Liara. Ammirò l'eleganza di Miranda e la compostezza di Jacob. Nella sua mente sentì un concerto rock di macchine letali quando vide James ballare. Era ubriaca. Erano entrambi ubriachi. Quella poteva essere una delle loro ultime sere assieme.

« Guarda che ROBA! » sentì James esaltarsi, canticchiando il ritmo della canzone.

"Lo fa apposta, LO FA APPOSTA."

Si appoggiò al muro con una spalla e batté la mano sulla schiena di James, che interruppe il combattimento di boxe a ritmo di musica. L'espressione che le rivolse la inquietò ma decise di non tornare sui suoi passi. Non più. « James, quei drink vanno giù bene? Insomma, devi... bere ancora molto? »

« Lola? Sì... credo che stasera ci sarà uno di quei famosi momenti magici. »

L'Araldo dei razziatori intonò il suo assolo.

« Bene, allora a dopo, James. »

La salutò con un cenno.

"Va bene. Ultimo drink. Ne ho bisogno."

Si recò al piano di sotto cercando di mantenere l'equilibro e non ruzzolare sul pavimento. Non capiva se fosse l'alcol o la promessa strappata a Vega a causarle il senso di instabilità.

"Cazzo, devo sedermi..."

Il divano le apparve come un'oasi all'orizzonte e le stuzzicò una nuova idea.

« Ehi, ascoltate! » urlò in direzione dei vari gruppi per richiamare la loro attenzione, « Venite qui un momento! Facciamoci una foto ricordo. Mettetevi sul divano. »

« Eccellente suggerimento Shepard. » le sorrise IDA, permettendo a Joker di prendere fiato. Il pilota odiava ballare, e solo per la sua fidanzata aveva corso il rischio di spezzarsi qualche osso dimenandosi a ritmo di musica.

« Ottima idea! Poi mandami una copia. » esclamò Liara, mentre alle sue spalle accorrevano James e Cortez.

« In posa con i primitivi. Impagabile... »

« Grazie per essere qui, amici. A noi! » Shepard tentò di darsi un minimo di contegno, benché gli occhi lucidi e i capelli scarmigliati rendessero l'effetto finale alquanto deludente. « Pronto Glifo? »

« Certo. Prego di rivolgere lo sguardo da questa parte. »

« Okay, diciamo tutti: Normandy. »

Il suggerimento venne colto da ogni fronte e la gigantografia della squadra di Shepard prese posto sullo schermo del salone. Percepì una stretta di commozione al petto. La galassia la temeva, eppure era riuscita a raccogliere attorno a sé individui che andavano oltre il suo cinismo e la sua spietatezza in combattimento. Con quegli stessi individui era impegnata in una guerra che sembrava senza speranza, e si accorse che aveva la fottuta paura di perderli. Liara riuscì a percepire le sue emozioni contrastanti e la abbracciò. Un invadente gesto di affetto a cui per la prima volta non reagì in malo modo.

« Shepard, va tutto bene? »

« Sì Liara, grazie. »

« Ti va di tornare a ballare con noi? »

Jane guardò i suoi compagni. Avevano formato un unico gruppo, al centro dell'appartamento, in cui erano riusciti a trascinare anche Jeff. Si sentì pervadere da un senso di malinconia.

« Preferisco andare a riposarmi. Temo di aver bevuto troppo. »

« Va bene Shepard, dicci qualcosa se hai bisogno di noi. » l'asari strinse la mano del Comandante e le donò uno dei suoi calorosi sorrisi, prima di raggiungere il resto dell'equipaggio.

"Cazzo, o non reggo più l'alcol o sto invecchiando..."

Salì le scale con calma, sicura che Liara non avrebbe consentito che la disturbassero. Aveva perso ogni voglia di compagnia, di divertimento. Si sentiva sopraffatta da un senso di sconfitta imminente, la sensazione che avrebbe perso tutto ciò che di più caro aveva raccolto attorno a sé nel tempo. Aveva solo voglia di stare da sola.
Entrò in bagno, in preda a un vago senso di nausea; lo scroscio del rubinetto aperto pervase l'ambiente.

"Merda..."

Infilò la testa sotto il getto d'acqua lasciando che la temperatura gelata le rischiarasse la mente. Sentì alcuni rivoli scivolarle lungo la schiena, infradiciandole la felpa. Sollevò il capo solo per l'urgente bisogno di ossigeno che placò con un profondo respiro. L'aria calda le invase i polmoni, in contrasto con il freddo dei capelli appiccicati alla pelle.

"Devo sdraiarmi..."

Con la capigliatura ancora gocciolante uscì dal bagno e si diresse verso il letto, decisa a buttarcisi sopra e sprofondare nell'oblio del dopo sbronza.

« Ti sembra il modo di sparire? »

"Mai fidarsi di Liara." « Vega? »

L'ispanico scoppiò a ridere, appoggiato allo stipite della porta. Tra le braccia teneva una scatola di cartone di cui Shepard non riuscì a identificare il contenuti.

« Dai Lola, non dirmi che ti sei già dimenticata! »

"Come se fosse possibile scordarsi del concerto dei razziatori." « No James, non me lo sono dimenticata. » la voce le tremò leggermente. Strinse i denti: odiava mostrarsi debole e non riteneva l'alcol un buon motivo per apparirla.

« Bene, perché nel caso ho qui qualche bottiglia di birra con cui rinfrescarti la memoria. » entrò nella stanza innescando la chiusura porte e appoggiando il contenitore per terra.

« Non abbiamo già bevuto abbastanza? » sbarrò gli occhi.

« Naaa. Dai Lola, solo una. »

Jane roteò gli occhi, sorridendo. In fondo, non avrebbe potuto farle male, e la bottiglia si sarebbe andata ad aggiungere alle innumerevoli che già giacevano sul pavimento della camera.

« D'accordo James, passamene una. »

L'ispanico tolse il tappo da una bottiglia e gliela allungò. Shepard guardò l'etichetta della birra: era una birra terrestre, fabbricata in Messico. « Dove hai trovato questa rarità? »

« Ho le mie fonti. Allora, brindiamo? » rispose, avvicinando il braccio.

« A noi. »

« E al nostro momento magico. »

Il tintinnio dei colli di vetro che si toccavano coprì l'ultimo singulto canoro dell'Araldo. Jane si portò la bottiglia alle labbra, ingollando un lungo sorso della bevanda ambrata. Era amara rispetto ai cocktail che aveva bevuto sino a quel momento, ma non le dispiacque. Con la coda dell'occhio vide che il tenente aveva smesso di bere e la stava osservando.

« Che c'è? » gli domandò, abbassando la birra.

Vega afferrò la sua bottiglia e la posò per terra assieme alla propria, di fronte al letto. Shepard seguì in silenzio il movimento del suo corpo, da quando si piegò, al momento in cui le fu tanto vicino da sentirne il calore. Trasalì quando le mani dell'uomo si appoggiarono sui suoi fianchi.

« Tutto bene Lola? »

Jane mandò al diavolo la guerra e i razziatori con un sorriso. « Benissimo. »

Arrotolò le piastrine militari attorno alle dita e lo strascinò a sé. Le labbra si unirono in un bacio che sapeva di alcol e disperazione, le lingue intrecciate in una danza infuocata. Un brivido di piacere le risalì lungo la spina dorsale fino alla nuca. Vega la sollevò, reggendola per i glutei. Shepard ne approfittò per stringere le gambe attorno al suo bacino. Il contatto tra i loro corpi le fece perdere il contatto con la realtà, affogandola in un ebbrezza di piacere quando sotto di sé percepì la morbidezza delle lenzuola.
Non ricordò il momento in cui si erano rivestiti, né come fecero a crollare addormentati l'una nelle braccia dell'altro. Fu svegliata dai suoi sospiri, e dalle soffuse risate soddisfatte.

« Wow... è stato... »

« Bello? Folle? Selvaggio? » domandò Jane. Stava godendo di ogni singolo istante che trascorreva a contatto con quell'uomo.

« Decisamente... direi di sì... » rispose.

Shepard percepì un senso di inquietudine. Vega aveva girato lo sguardo verso un punto imprecisato del soffitto.

« Tutto bene James? »

Il giovane scostò il braccio del Comandante e si mise a sedere, spostando il peso sul braccio che aveva usato per stringere la donna. « Sì... » con la mano libera le accarezzò un braccio. Jane ebbe paura. Quel tono non le piaceva.

« Forse è meglio non dirlo a nessuno, Lola... »

Fu come se un krogan le avesse assestato un pugno nello stomaco. Una sensazione di nausea la investì, annebbiandole la vista. Vide James volgerle la schiena e appoggiare i piedi per terra, pronto ad alzarsi. Fece appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di correre in bagno e vomitare.

« Ah sì? Senti, scendi dal letto e fila in cucina a prepararmi delle uova o lo saprà tutta la galassia. » gli appoggiò una mano sulla schiena, simulando la serenità che aveva percepito sino a qualche istante prima.

« Okay. » annuì Vega, sorridendole. Lo sguardo di Shepard lo seguì sino a quando non uscì dalla stanza e fu sicura che non potesse più vederla.

Si alzò di scatto. La testa le roteò come nella centrifuga del Centro d'Addestramento e dovette appoggiarsi al muro per evitare di capitolare a terra.

"Merda... devo vomitare."

Si trascinò sino alla porta del bagno. L'immagine del protean collassato a causa dei postumi della sbronza le si parò davanti.

« Eh... ora possiamo... dominare la galassia. Inchinatevi a Javik! »

"Ma cosa cazzo? Quando è entrato?"

« ... io... ho avuto un incubo... erano trascorsi cinquantamila anni. Era tutto orribile... ero solo... i primitivi si erano evoluti... governavano la galassia! Salarian... turian... e persino le asari. »

Il sangue le ribollì nel cervello. Quel protean era sulla sua strada.

« LEVATI DI MEZZO! » ruggì. Lo afferrò per l'armatura e trascinò fuori dal bagno, spingendolo lontano da sé con un calcio.

Si accorse che l'ira le aveva restituito la lucidità che agognava. La nausea aveva fatto spazio a una sensazione di calore familiare, la stessa che provava sul campo di battaglia.
L'appartamento le sembrò all'improvviso troppo stretto. Scese le scale di corsa, ignorando i richiami dei suoi compagni.

« Chi vuole uova? » udì Vega richiamare al rancio, « Liara, uova? Traynor? Esteban! Uova? Joker! Dov'è finito? Kaidan, vuoi quelle uova con quel caffè? Tali? Lei ne vorrà di sicuro. »

Jane passò di fianco alla cucina a passo sostenuto. Mantenne lo sguardo fisso sull'uscita, fingendo di non udire il tenente che la invitava ad assaggiare la sua specialità. Sentiva che se si fosse avvicinata a quell'uomo la sua collera sarebbe esplosa, mandando a puttane quel poco di rapporto che era riuscita a conservare. Per lui era sempre stata solo il Comandante. Sì sentì stupida. Si era illusa di poter vivere come una persona normale, di poter essere trattata come se non fosse l'eroina di guerra che tutti conoscevano ma una semplice donna. Persino Garrus non l'aveva mai chiamata per nome.
Lei non era Lara Lindgren, o Jane Shepard. Lei era il luogotenente Comandante Shepard dell'Alleanza terrestre, macellaio di Torfan, primo Spettro umano, eroe della Battaglia della Cittadella, conquistatore dei collettori, distruttore di Bahak, avatar della vittoria. Non sarebbe mai stata nient'altro.
La porta delle Tiberius Towers si aprì e Shepard si ritrovò nel caos della Silversun Strip. La testa le prese a martellare sotto i violenti attacchi dei postumi della sbornia.

"Non adesso."

Calcandosi il cappuccio sulla testa si diresse verso l'Armax Arena.
Le sue urla si confusero con il frastuono degli spari.


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Capitolo 10
*** Propuesta Indecente ***


PROPUESTA INDECENTE






« Spero sia uno scherzo, e la avverto che non ho NESSUNA voglia di scherzare. »

« Comandante Shepard, si calmi. Deve solo aspettare un'altra mezza giornata. »

Jane fulminò con gli occhi l'inserviente del molo D24. Tra lei e la nave si frapponeva solo quell'uomo minuto, dai capelli bianchi e radi, concentrati ai lati della testa. Le sarebbe bastato un semplice spintone per farlo capitolare a terra, eppure un individuo che non era mai stato sul campo di battaglia bastava per impedirle di riappropriarsi della Normandy.

« Senta, proverò a riassumere la situazione. IO sono il comandante Shepard. QUELLA è la mia nave. LÀ FUORI ci sono i razziatori. IO ho bisogno di QUELLA nave per andare LÀ FUORI a prendere a calci nel culo i razziatori. È abbastanza chiaro il motivo per cui dovete ridarmi il controllo della mia fottuta nave? » si imbestialì, indicando in sequenza se stessa, la zona in cui era ancorata la Normandy e lo spazio interstellare.

« Lo comprendo, Comandante, ma gli ordini sono chiari. La nave ha subito un ritardo nelle riparazioni a causa dei danni all'hangar navette e le sarà restituita domani, dopo il collaudo di sicurezza. » ripeté l'inserviente, incurante del fatto che la donna avesse appoggiato ambo le mani sul bancone, inarcandosi in avanti in una posizione intimidatoria.

Cortez osservò in silenzio la sfida di sguardi tra il suo Comandante e l'uomo stempiato. Era sicuro che, se non avesse saputo di rischiare la radiazione dall'esercito con corte marziale e processo per omicidio, Shepard l'avrebbe afferrato per la gola e scaraventato oltre il parapetto del molo.

Jane emise un verso simile a un ringhio quando finalmente ammise a se stessa che stava combattendo una battaglia persa in partenza. Colpì con un pugno la superficie del bancone. I fogli che vi erano impilati si sparsero attorno all'inserviente, che con un sospiro si accinse a raccoglierli.

« Al diavolo! » latrò la donna, allontanandosi dal settore burocratico.

« Comandante? »

La testa di Shepard scattò nella direzione dell'uomo che aveva osato importunarla. Il volto di Cortez riuscì a calmarla quel tanto che bastava perché riuscisse ad articolare qualcosa di diverso dagli insulti.

« Steve. Da quanto tempo è che ti trovi qua? »

« Abbastanza da essermi preparato a staccare il collo di quel poveraccio dalla tua presa. » rise l'uomo, battendole una mano sulla spalla. Non temeva quella donna la cui fama di militare cinico e spietato aveva raggiunto ogni angolo della galassia. Lei gli era stata vicina nei momenti in cui desiderava solo potersi riunire a Robert, l'aveva aiutato a superare il senso di colpa del sopravvissuto. Cortez sapeva che, oltre alla maschera di durezza che si era costruita per sopravvivere, esisteva una Shepard umana, più umana di molti individui che si professavano tali, e che aveva bisogno di aiuto. Era la sua occasione per ricambiare il favore.

« Ho fatto progressi, Steve, hai visto? Non l'ho nemmeno minacciato di morte. »

« Non a parole, almeno. »

Tenendo le braccia conserte, Jane piegò la testa di lato, il volto segnato da uno sghembo sorriso amaro. « Allora Cortez, sei venuto qui solo per sbeffeggiare il tuo Comandante? »

« Veramente no. » la rassicurò. « Joker mi ha riferito dei problemi con la Normandy e che ti avrei trovato ai moli, anche se non mi ha specificato che avrei rischiato di trovarmi di fronte a una strage di burocrati. »

« Steve... » Jane batté più volte il piede a terra.

« Così ho pensato che, nel caso non fossi riuscita a farti restituire la Normandy a breve, avrei potuto portarti in un locale che ho scoperto durante questa licenza. Non è distante, si trova negli agglomerati inferiori, anche se non è proprio al livello della Silversun Strip. »

« Mi stai proponendo di andare a bere qualcosa? Dopo la sbronza della scorsa notte? Non so se gli impianti di Cerberus potrebbero reggere un'altra serata simile. » scherzò la donna.

« No, niente di così... estremo. Potremmo anche solo fare quattro chiacchiere. »

Il Comandante guardò assorta l'area in cui era parcheggiata la Normandy. « Non lo so, Steve... forse dovrei tornare a studiare i rapporti, migliorare il piano di avvicinamento alla base di Cerberus... »

« Senza IDA e Joker? Lo sai che rinunceranno mai al film comico che hanno prenotato per stasera, vero? E poi un po' di distrazione farà bene anche a te... e all'inserviente che dovrà parlarti domani. »

Jane lanciò un'occhiata torva, causando al pilota un accesso di riso.

"Dannazione Cortez, come si fa a dirti di no?" « Va bene Steve, andiamo in questo famoso locale. »

« Grazie Shepard. La mia macchina è di là. » con un pollice indicò alle proprie spalle l'automobile parcheggiata nel piazzale antistante i moli. « Dovremo prima fare un salto nel tuo appartamento temo. La divisa militare non è l'abbigliamento più adeguato per dove stiamo andando. »

Jane sapeva che avrebbe dovuto abbandonare l'impegno quando Cortez le impose di cambiarsi d'abito. Si diede dell'idiota per non aver subodorato qualcosa quando le consigliò il vestito da sera che era stata costretta a indossare durante la sera di gala al casinò. Consiglio che rifiutò con fermezza, ripiegando per un paio di pantaloni aderenti e una giacca di pelle nera su una canottiera bianca. Si giustificò pensando che fosse troppo tardi per scappare quando attraverso i finestrino dell'automobile comprese di trovarsi in un quartiere a prevalenza umana.

"Ho una brutta sensazione..." « Cortez, manca ancora molto? »

« Siamo quasi arrivati, tempo di parcheggiare e fare un paio di passi. Purtroppo il locale non ha un posto macchine dedicato. »

« Puoi almeno darmi qualche informazione in più sul posto? » lo supplicò con lo sguardo.

« È... una sorpresa. » rise di rimando, atterrando in uno spiazzo libero. Jane sentì la brutta sensazione aumentare d'intensità, e la situazione non migliorò quando le divenne chiaro che la maggioranza degli umani in quella zona della Cittadella era di origine latina.

« C'è un quartiere latino negli agglomerati? » domandò stupefatta. Fatta eccezione per la presenza di una decina asari e un batarian disperso, le sembrò di essere tornata a Vancouver. Latini. Come lui.

« Sì, la cosa ha stupito anche me a suo tempo. Ma del resto, è risaputo che le specie tendono a ghettizzarsi quando si trovano in un ambiente alieno, e noi umani non siamo diversi. »

Le pose una mano sulla schiena, spingendola con delicatezza in direzione del locale. Il contrasto tra i capelli neri e la pelle candida di Shepard spiccava in quel ambiente avvezzo alle carnagioni scure dei sudamericani, e non manco più attirare più di un'occhiata incuriosita.

« Che cazzo hanno da guardare tutti? » sbottò. Temeva che potessero riconoscerla come il Comandante Shepard e iniziasse la solita processione di disperati in cerca di rassicurazioni.

« Beh, Comandante, non sei proprio il classico esempio di donna latina. È normale una certa curiosità. Le persone come te qua non ci passano le serate. »

« Le persone come me? Intendi gli ufficiali? »

« No, intendo i bianchi. » lo sguardo scettico di Jane lo colse di sorpresa, « Non ti facevo così ingenua, Comandante. Pensavi davvero che centocinquanta anni di sviluppo tecnologico potessero davvero archiviare tutte le intolleranze della nostra specie? L'Alleanza è un'oasi serena da questo punto di vista. »

« Anche i quartieri poveri di Vancouver. » Cortez attese che continuasse, senza forzarla, « Si viveva di espedienti, ma non era il colore della pelle a decretare chi dovesse vivere e chi morire. Era la violenza. »

Il suo tono di voce era gelido. L'uomo le avvolse un braccio attorno alle spalle e la scosse in un gesto cameratesco di conforto. « Adesso ho capito dove hai imparato a minacciare di morte solo con lo sguardo. »

Shepard rise di gusto. « Allora, manca molto? »

« No, siamo arrivati. » rispose, indicando un edificio di fronte a loro. Il sopracciglio sinistro della donna scattò verso l'alto.

« Stai scherzando? »

« Mai stato più serio di così. »

Shepard non poteva credere ai propri occhi. L'insegna era il trionfo del kitsch: un unico filo luminoso color rosa shocking si arzigogolava su se stesso sino a lasciare intravedere il nome  "Propuesta Indecente".

« Cosa vuol dire? »

« Proposta Indecente. »

Jane si girò verso Cortez, il sopracciglio sempre più rialzato. « Chi chiamerebbe mai un locale in questo modo? »

« Qualcuno che non ha concorrenza di cui preoccuparsi. Entriamo. »

Rinunciando a opporre resistenza, consapevole che l'uomo non avrebbe mai acconsentito a riportarla alle Tiberius Towers senza averle prima fatto trascorrere un po' di tempo in quella bettola, si lasciò trascinare all'interno.
Ebbe l'impressione di essere stata catapultata su un'Omega conquistata dall'Alleanza. Il locale era dominato dalla penombra dove la luce soffusa delle lampade rosse non riusciva ad arrivare. Asari e ragazze umane vestite di abiti succinti intrattenevano i clienti danzando su piattaforme rialzate. Sul lato opposto del locale, il bancone del bar era preso d'assalto da uomini e donne. Eppure, Shepard si rese conto che non vi avrebbe mai trovato un'Aria T'Loak. A differenza dell'Afterlife, riconobbe l'origine puramente terrestre della musica che risuonava nell'ambiente, ma ciò che la colpì di più fu l'atmosfera. Non riuscì ad avvertire quella cappa di disperazione che aveva sempre percepito ammantare il nightclub su Omega. Quegli umani si recavano alla Propuesta Indecente non per dimenticare ma per divertirsi.

« Andiamo Comandante, c'è un tavolo libero in fondo alla sala. »

Shepard seguì Cortez sino al posto che era riuscito ad assicurarsi. Iniziava a soffrire il caldo. Si sfilò la giacca, sistemandola alla bell'e meglio sulla sedia accanto.

« Una cerveza va bene anche per te? »

« Sarebbe? »

« Una birra. »

« D'accordo, vada per una birra. »

Cortez tornò dopo qualche minuto, reggendo una bottiglia in entrambe le mani. Birra batarian, qualità scadente ma prezzo alla portata di tutti.

« Grazie Steve. » osservò l'uomo sederlesi accanto e assaporare un lungo sorso della bevanda ghiacciata. « Allora, perché di tutti i posti hai scelto proprio questo? » chiese, portandosi la bottiglia alle labbra.

« Ecco... »

« COMANDANTE! »

Quella voce maledettamente familiare rischiò di farla soffocare con la birra. Si girò con lentezza e si ritrovò di fronte la faccia sorridente del tenente Vega. Qualcosa non le quadrava. Si limitò a fissarlo, cercando di comprendere cosa stesse succedendo.

« James! Contavo di trovarti qui! » Cortez spezzò il silenziò, alzando la bottiglia in un brindisi al suo amico.

« Esteban. Io invece non avrei mai pensato di vederti. Non eri tu ad aver detto che non saresti mai tornato in questa "bettola piena di ubriaconi"? » lo imitò con una risata.

La testa Shepard scattò verso il pilota di navette. In un battito di ciglia le divenne tutto più chiaro.

"L'ha fatto apposta. Mi ha portata qui sapendo che avremmo incontrato James!". Capì di essere stata ingannata. Dopo la sera della festa era riuscita a evitare ogni rapporto con il tenente Vega che non fosse strettamente professionale. Nell'arco di un'ora, Cortez era riuscito a vanificare tutti i suoi sforzi. La sua seconda sconfitta della giornata. Si sentì talmente spossata da non riuscire nemmeno ad arrabbiarsi.

« Ho pensato che al Comandante servisse un po' di distrazione. »

Vega scoppiò in una risata fragorosa. « Allora, Lola, cosa te ne pare di questo locale? »

Le labbra della donna scattarono in un sorriso forzato.

« Lo trovo... pittoresco. »

« E manca ancora il meglio! Aspetta che inizi la vera musica e vedrai come si scatenerà la gente. Por Dios, mi sembra di essere tornato a casa. »

« Perché non ti immagini come si scatenerà Shepard. Non è vero, Comandante? »

La voce di Cortez le parve giungere dall'oltretomba. Si limitò a un'espressione perplessa mentre in cuor suo sperava di aver compreso male.

« Ottimo! Ora scusate, vado a salutare un paio di miei compatrioti prima che la situazione diventi caliente. »

Il pilota saluto il compagno d'arme con un cenno della mano prima di voltarsi verso Shepard. Gli occhi di Jane erano ridotti a due fessure e la fronte corrucciata gettava un'ombra sul suo sguardo. Cortez notò che stava tenendo la mascella contratta. Le sorrise nel suo solito modo gentile.

« Sei arrabbiata con me, Comandante? »

« Incazzata, Steve. Incazzata nera. L'hai fatto apposta. » sibilò.

« Non posso negarlo. »

« La mia non era una domanda. » La mano si strinse attorno alla bottiglia con uno scricchiolio sordo.  « Perché? »

Dovette ripetere l'ultima frase. Il volume della musica, un incrocio tra i ritmi latini e l'elettronica della nuova moda galattica, aumentò di colpo, frastornandola. Il locale fu invaso da urla entusiaste e brindisi, e coppie di ogni sorta si accalcarono nella pista centrale per dare sfogo alla propria passione per la danza.

« Perché puoi darla a bere a tutti, Shepard, ma non a me. E poi volevo vedere la tua faccia. » la punzecchiò.

« La mia faccia? »

« Andiamo, Comandante. Ti insegno a ballare. »

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Capitolo 11
*** Golpes con sabor a cerveza ***


GOLPES CON SABOR A CERVEZA






Jane seguì con gli occhi l'uomo, il volto paralizzato in un'espressione lapidea. Lo vide alzarsi, appoggiando a terra prima il piede destro, e fare leva sulle braccia per allontanarsi dal tavolo. Notò che stava ridendo, e che accennò con il capo allo spostamento della mano nella sua direzione, il palmo rivolto verso l'alto in un gesto d'invito.
Gli scagliò uno sguardo caustico.

« No. »

« Solo una canzone. »

« No. Ballo come un vorcha ubriaco, e lo sai. »

« È il momento di imparare. » replicò, tendendo la mano con più decisione.

Shepard scrutò attorno a sé sino a identificare il tenente Vega. Aveva preso parte alle danze accompagnandosi a una provocante ragazza dalla riccia capigliatura corvina. Jane stimò che non dovesse avere più di vent'anni. Li osservò danzare e ripensò alle volte in cui aveva sentito parlare dei latini come di individui nelle cui vene scorresse musica fluida. Mai paragone le sembrò più azzeccato. James aveva abbandonato lo stile combattivo, con cui si era dimenato a ritmo di musica nel suo appartamento, per dei movimenti che il Comandante non avrebbe esitato a definire sinuosi. Sentì una fitta allo stomaco. L'insieme di ancheggiamenti e movenze del corpo sottile come un giungo della giovane ispanica si fondeva in un tutt'uno con la gestualità dell'uomo, in una danza sensuale e appassionata.

"Merda..." « Non sarà ballando che vincerò questa guerra. » disse a Cortez, ancora in attesa di una sua risposta.

« Nemmeno tracannando birra cercando di dimenticarla. »

« Cortez... »

Il pilota si posizionò a braccia conserte di fronte alla donna.

« L'eroina della Cittadella che si tira indietro di fronte a una sfida. Chi l'avrebbe mai detto... » la sbeffeggiò. Seppe di aver colto nel segno quando la vide aggrottare la fronte.

« Cosa stai insinuando? »

« Che il terrore dei razziatori ha paura di fare brutta figura. »

Jane contrasse la mascella in un ringhio. Dentro di sé, Cortez esultò.

« Non. Ho. Paura. »

« Dimostralo. » la sfidò, porgendole di nuovo la mano.

La agguantò con una presa ferrea. Non avrebbe permesso al suo pilota di schernirla in quel modo, anche se si trattava di un inganno per convincerla a ballare. Gli avrebbe dimostrato che Jane Shepard era in grado di vincere qualsiasi sfida.

"Qualsiasi." « Allora Cortez, che devo fare? » sbottò. Essere circondata da gente intenta a dimenarsi la infastidiva.

« Per prima cosa non devi stare così lontana o non riuscirò a guidarti. È l'uomo ad avere il comando in questo caso. »

« Non ti ci abituare. » provò a scherzare, mentre Cortez le cingeva il fianco con un braccio e avvicinava i loro corpi. Percepì il calore del suo palmo sulla schiena.

« La tua mano destra deve stare sulla mia spalla, non sul costato. E ti prego, smettila di stritolarmi la mano o non riuscirò a pilotare la navetta per un po'. »

Jane rise, allentando la presa. Sapeva di apparire goffa ai suoi occhi e pensò che un video di lei impegnata in un ballo di coppia avrebbe mandato in visibilio rotocalchi e programmi comici.

« Ora? »

« Ora devi lasciarti guidare. Muoviti nella mia stessa direzione. Se io parto con il piede sinistro, tu devi partire col piede destro, e viceversa. Un, dos, tres, pausa, si torna indietro, cinco, seis, siete, pausa, d'accapo. Capito? »

La donna annuì con decisione. Iniziò a spingerla dolcemente di lato, contando i tempi della musica per aiutarla a seguirli con maggiore facilità. La sentiva rigida al tocco, i muscoli tesi dallo sforzo. Notò che teneva gli occhi chiusi e dal labiale comprese che era impegnata a propria volta a tenere il ritmo.

« Piede destro con sinis... scusa Steve! » sollevò il proprio stivale da quello dell'uomo. Si morse il labbro mentre tentava di recuperare la giusta coordinazione.

« Non ti preoccupare Comandante, stai imparando. Ora dovresti ancheggiare un po'. »

« Dovrei fare COSA? »

Il lato del suo piede sinistro scontrò la gamba di Cortez e per un istante sentì mancare il contatto con il pavimento. L'uomo la tenne sollevata, impedendole di cadere tra i suoi tentativi di trattenere le risa.

« Ancheggiare, Comandante. Muovere il bacino a ritmo di musica. Guarda le altre donne in sala, per farti un'idea. »

Shepard sollevò un sopracciglio, le labbra piegate in una smorfia sbilenca. « Ti stai divertendo alle mie spalle. »

« Solo quel tanto che basta. »

La donna tirò un lungo sospiro. Aveva accettato la sfida; era troppo tardi per potersi ritirare. Lasciò che Cortez contasse gli otto tempi della canzone, impiegando quei pochi istanti di tregua per trovare la concentrazione necessaria. Strinse le palpebre nel momento in cui percepì il corpo del pilota spostarsi di lato e trascinarla con delicatezza.
Trattenne il fiato. Mosse le gambe. Aprì gli occhi. Ondeggiò il bacino.

« Sì! VAI COSÌ LOLA! »

Di sottecchi, Shepard rilevò lo sguardo di Vega, illuminato da un ampio sorriso. Gli occhi correvano lungo il profilo del suo corpo, e le sembrò che si fermassero più del necessario sulle gambe e sui fianchi.

Percepì le guance prendere fuoco. "Che cazzo mi prende? Per una stronzata simile, poi!"

Si girò verso Cortez, incrociando un'espressione che giudicò fin troppo eloquente.

« Stai andando alla grande, Comandante. Sei uno schianto. »

"Certo, come no? Uno schianto biotico." « Steve, se non sapessi di non rientrare nei tuoi gusti, inizierei quasi a pensare che ci stai provando con me. »

« Anche se mi piacessero le donne non avresti di che preoccuparti. »

Shepard si lasciò sfuggire una risata amara. « Perché giustamente sono il tuo Comandante. »

« No. Perché sono amico di James. »

« Devo usare le mie autorizzazioni da Spettro per far... »

Il suo sarcasmo subì un'improvvisa battuta d'arresto. Un brusio concitato si levò in direzione della porta d'ingresso, propagandosi verso l'interno. Nell'intero locale, le persone cessarono di danzare come se fossero un unico corpo, comportamento a cui si adeguarono anche i membri della Normandy. Al di sopra della musica, Jane percepì alcuni nomi sconosciuti, sussurrati dalle voci vacillanti degli umani che le si erano ritratti affianco. Poté vedere la maschera di tensione calata sui loro visi.

« Cortez, che sta succedendo? » bisbigliò, guardandosi attorno nel tentativo di fare chiarezza sulla situazione.

« Non lo so, ma non mi piace. »

La massa di gente si divise in due e Vega si ritrovò dal lato opposto rispetto ai due compagni.

Lungo corridoio che si era generato tra le due ali di folla, anticipato dal tonfo di passi pesanti, comparve un gruppo di uomini dalla chiara origine ispanica. Dalla cappa di timore e disgusto che era calata sul locale, Shepard dedusse che dovessero essere conosciuti dalla popolazione del posto; forse dei mercenari, o una banda impegnata in traffici illegali. Il suo cervello da militare addestrato si mise al lavoro per identificarne punti di forza e debolezze.
Era un commando composto da cinque uomini armati di spranghe d'acciaio e corte mazze di legno rinforzate con placche di metallo, probabilmente ricavate da qualche area smaltimento rifiuti. Sull'avambraccio di uno di loro, forse il capo, si intravedeva la struttura di un omni-tool di vecchia generazione. Dai rigonfiamenti degli abiti non traspariva alcun profilo tipico delle pistole, né alle loro spalle erano ancorati esemplari di fucili d'assalto o a pompa. Dal modo in cui camminavano e si muovevano tra la folla senza controllare possibili assalti laterali, Jane poté dedurre che non avessero un addestramento di tipo paramilitare. Avevano a disposizione solo armi bianche, sia da taglio che contundenti; si facevano forti della loro fama, più che della minaccia che avrebbero potuto concretamente costituire. Una conoscenza utile nel caso la situazione fosse degenerata.
Seguì il loro percorso sino al bancone del bar. Mosse solo gli occhi, il respiro lento e cadenzato che accompagnava l'aumento di adrenalina nelle sue vene. Li vide ordinare qualcosa al proprietario del locale, e la musica si spense di colpo.
Il portavoce del commando colpì un paio di volte il bancone con la mazza.

« Bene vecchio, ora possiamo parlare d'affari. »

« Ho già pagato una settimana fa. Cosa volete ancora? » domandò l'uomo a testa alta.

« Sì, beh, il capo ha deciso di aumentare il prezzo del servizio. Di cinquemila crediti. »

« Cinquemila crediti? Impossibile, non saprei dove trovarli adesso. » Una lieve incrinatura nella voce frantumò la maschera di sicurezza che il proprietario del Propuesta Indecente si era costruito.

Shepard notò Vega stringere i pugni sino a far diventare le nocche bianche. Gli lanciò uno sguardo tagliente come silenzioso monito di non intervenire senza un suo preciso ordine. Il militare digrignò i denti, muovendo più volte gli occhi dal Comandante agli uomini armati.

« Hai dieci minuti di tempo. Come tu ottenga quei soldi non è affar mio. » si girò verso la folla, sventolando la mazza di fronte a sé come se fosse un prolungamento del proprio braccio.. « Potresti chiedere un generoso contributo ai tuoi clienti. In fondo, dovrebbero essere i primi a desiderare che questo bel localino non subisca danni. »

Un membro della banda si staccò dal gruppo. Jane percepì un moto di disgusto di fronte a quel nanerottolo nerboruto, che si esacerbò quando lo vide afferrare il braccio di una ragazza. « Y luego podríamos divertirnos con algún putarrasca... »

« Aleja tus manos de ella, hijo de puta! » sbraitò Vega, avanzando di un passo verso il criminale. Lo sgorbio si pietrificò sul posto, la mano ancora artigliata attorno all'arto della giovane. Era la metà di James, eppure non sembrava spaventato. Sapeva di avere le spalle coperte.

Shepard guardò i muscoli tesi, la vena pulsante lungo la tempia del proprio sottoposto. Era pronto a scattare. Provò a lanciargli una seconda occhiata che cadde nel vuoto.

"Calmati James."

« Ma guarda. Stasera abbiamo anche un eroe. » il portavoce del commando si avvicinò a Vega, battendo la mazza sul palmo libero. Il volto era tagliato da un sorriso divertito che lasciava intravedere la dentatura marcia. « Allora, cabeza de choto, cosa pensi di fare, eh? Speri di scopare qualche troietta facendo il coraggioso? »

« Mi accontenterei di spaccarti la testa, naco. »

"Merda."

La distanza tra i due si ridusse ancora. « Provaci, pajero. » sibilò l'uomo, appoggiando la punta della mazza sul petto del tenente.

« Chinga a tu madre, pende.. »

« JAMES! »

La voce di Shepard tuonò sulla sala, spezzando il clima di tensione crescente che si era sviluppato attorno ai due uomini. Percependo le decine di occhi posatisi su di sé, avanzò ad ampie falcate verso il capo dei militari. Gli si fermò di fronte. Era di poco più alto e si ritrovò a fissarlo dal basso verso l'alto. Strinse i pugni per placare la sensazione di prurito che le tormentava le mani.
Il portavoce guardò la donna e scoppiò in una risata fragorosa.

« Ehi, mamóm, recibes órdenes de una zorra? » si voltò verso Vega, schernendolo.

Jane ne approfittò per ordinargli con lo sguardo di tenersi pronto e concentrarsi sull'omiciattolo che aveva scatenato la sua collera. Lo vide annuire in maniera impercettibile e riferire le istruzioni a Cortez, rimasto alle sue spalle.

« Entonches, conchuda, qué tu quieres? Divertirte con nosotros? »

I membri del commando si misero a sghignazzare. Uno di loro si portò la mano sul cavallo dei pantaloni, agitando il bacino in modo osceno. A braccia conserte, Shepard si passò la lingua sulla chiostra dei denti.

« Non ho idea di cosa tu abbia detto e sinceramente non me ne frega un cazzo, ma se entro pochi secondi non ti levi dai coglioni giuro che ti sbatto fuori con quella mazza infilata nel culo. »

Il sorriso dell'uomo si incrinò. Piegò il busto verso la donna finché i loro volti non furono separati che da una decina di centimetri. Jane poté sentire la puzza di tabacco scadente e sudore. Fu invasa dal prepotente istinto di spaccargli la testa.

« Stai attenta a come parli, Arrastrada. Mi dispiacerebbe rovinare questo bel faccino. » le afferrò le guance con il braccio libero dall'arma.

Le mani di Shepard scattarono verso l'arto. Il suono come di un bastone spezzato si propagò nell'aria. Tra le urla della folla, l'uomo si buttò a terra, tenendo attaccato al corpo il braccio curvato in una posizione innaturale.

« MIERD... » non fece in tempo a concludere l'imprecazione che uno stivale lo colpì nel costato, mozzandogli il fiato.

« CORTEZ! JAMES! » Jane diede il segnale ai suoi compagni. Riuscì a intravedere il tenente che ghermiva il proprio avversario. Un bastone calò in direzione della sua testa. La evitò senza scomporsi, scartando di lato. Una seconda spranga le sfiorò la spalla.

« Pensate davvero di farmi paura, figli di puttana? » artigliò il polso che reggeva la spranga e lo piegò all'indietro sino a sentirne le ossa scoppiettare. Il bandito abbandonò l'arma e cadde in ginocchio. Alzò la testa verso la donna, vedendo arrivare il colpo. Crollò a terra con il volto spaccato da un calcio.
Con un urlo di collera, il secondo uomo tentò di prenderla alle spalle.

« Idiota... » rotolò di lato, afferrando la barra d'acciaio abbandonata sul pavimento. Il criminale sbarrò gli occhi. Si era sbilanciato in avanti a causa dell'eccessivo slancio, ritrovandosi con il fianco scoperto. Jane lo colpì con l'intera massa del suo corpo. L'uomo cadde sulla schiena, dove rimase in agonia dopo che il tallone dello stivale della donna gli ebbe centrato l'addome.

Ansimando, Shepard si girò in direzione di James. « Allora, avete fin... »

Scorse il bagliore arancione di un omni-tool. Reagì d'istinto, gettandosi di lato. La sensazione della lama sulla pelle le causò un lungo brivido lungo la spina dorsale.
Percepì l'improvvisa mancanza del terreno sotto i piedi: si accorse di aver inciampato in un cadavere, perdendo l'equilibrio. Precipitò contro il bancone del bar. Il dolore si propagò dalla spalla sinistra su tutta la schiena mentre la spranga di ferro le sfuggiva dalla mano. Un gemito le sfuggì dalle labbra.

« COMANDANTE! »

« STAI AL TUO POSTO, JAMES. »

Il giovane tenente si immobilizzò sul posto, lo sguardo che vagava da Shepard al portavoce, unico sopravvissuto del gruppo. La lama dell'omni-tool era ancora sfoderata e puntata contro la donna.
Dall'altro lato della sala, Cortez gli fece segno di aspettare.

« Hai finito di causarmi problemi, eh, puta? » ringhiò l'uomo, l'arto fratturato penzoloni lungo il fianco.

« Avrei dovuto romperti l'altro braccio. » lo schernì Jane, sfruttando una sedia come sostegno per rimettersi in piedi.

« Vete a chuparla, zorra. Yo te... » le parole gli morirono in gola quando la sentì scoppiare a ridere.

Dagli occhi della donna traspariva l'eccitazione per il combattimento, una follia omicida che gli mozzò il fiato. La vide alzare la mano verso il taglio che le aveva causato sulla guancia. La osservò pulire il sangue con il fianco dell'indice e avvicinarselo alle labbra.
Tenendo gli occhi fissi sull'uomo, Jane assaporò con la lingua il suo stesso sapore metallico. Si compiacque dell'espressione terrorizzata dell'avversario, manifestando la propria soddisfazione con un ghigno.

« Dicevi? »

« Quién carajo eres tú? »

Shepard vide la lama dell'omni-tool puntare leggermente verso il basso.

"Ci siamo."

Scattò in avanti. Il sopravvissuto reagì d'istinto con un fendente impreciso che non ebbe difficoltà a schivare. Percepì lo spostamento d'aria a pochi centimetri dal suo scalpo.

"Ora!"

Il pugno assunse dei riflessi azzurri mentre l'elettricità statica nell'ambiente cresceva. Con un urlo, scaricò l'energia biotica accumulata contro il pavimento. L'onda d'urto sbalzò per aria l'avversario, scagliandolo ai piedi della folla. Un silenzio tombale calò nel locale, scosso solo dai fiochi lamenti dell'uomo. La potenza del colpo gli aveva spezzato le ossa delle gambe, immobilizzandolo a terra.
Shepard avanzò con brevi passi, arrestandosi di fianco alla testa. Un pungente odore di feci e urina proveniva dal corpo dell'uomo: la forza della nova gli aveva causato il rilascio involontario degli escrementi. Lo guardò come se fosse un insetto molesto.

« Chi... chi sei? » rantolò.

« Il Comandante Shepard, figlio di puttana. Allora, vuoi ancora divertirti con me? » gli assestò un calcio nel costato. Il criminale emise un verso simile a uno squittio. « Allora? » un secondo colpo centrò il braccio fratturato. Lacrime miste a sangue presero a scendere lungo il viso dell'uomo.

« Lola... »

Le mani di Vega sulle sue spalle bloccarono il terzo calcio. Girò il busto verso il tenente, incrociando i suoi occhi carichi di preoccupazione.
Le sembrò di riprendere il contatto con la realtà. Guardò il criminale, piegato dai singhiozzi, ridotto a una larva. Sentì il rivolo di sangue che le correva giù dalla guancia e il dolore pulsante alla spalla che andava affievolendosi. Vide i suoi stessi abiti intrisi del sangue delle persone che aveva massacrato. Percepì il silenzio della folla che si era chiusa attorno a loro, le espressioni cariche d'ostilità e il terrore che la sua sola presenza riusciva a incutere loro.
La gola le si strinse in un nodo. Strinse le palpebre, non riuscendo a reggere la vista di ciò che aveva davanti.
Aveva rischiato per quella gente, e le sue azioni le avevano procurato l'odio della stessa gente che avrebbe voluto proteggere. La consideravano una minaccia. Ebbe l'amara sensazione di aver fallito, come su Virmire, Palaven, Thessia. Come dopo Bahak.

« Merda... »

Si divincolò la presa di James e raggiunse con ampie falcate il tavolo su cui aveva appoggiato la giacca di pelle. Percepì la voce di Cortez come un eco lontano.

« Comandante? »

Indossò la giacca con dei movimenti secchi. La spalla le diede una fitta che decise di ignorare.

« Comandante? »

Si diresse verso l'uscita.
La folla si separò nuovamente in due ali.


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Capitolo 12
*** La promessa ***


LA PROMESSA






James imboccò le scale per il livello inferiore. La trovò dove si aspettava di trovarla. Vide la sua figura stagliarsi contro la luce dei monitor. Indossava ancora la canottiera e gli stivali sporchi di sangue, mentre la giacca di pelle giaceva abbandonata ai suoi piedi. Teneva il capo chino sulla tastiera olografica. Razziatori. Elite. Brimstone. Stava selezionando le impostazioni del simulatore.

« Comandante? »

Shepard girò la testa quel tanto che le bastava per osservarlo di sottecchi. Il taglio era incrostato di sangue brunastro che era colato indisturbato lungo la guancia, coagulandosi in un rivolo cristallizzato. Vega notò i suoi occhi, rossi e lucidi. Nella penombra della sala, la pupilla le si confondeva con l'iride in un unico baratro oscuro.

« Cosa vuoi? » la voce le uscì bassa e roca, incrinandosi sull'ultima sillaba. Irrigidì i muscoli del viso in un'espressione incollerita. Si voltò di scatto verso il monitor, celando lo sguardo al giovane tenente.

James dovette combattere l'istinto di appoggiarle una mano sulla spalla. Sapeva che si sarebbe scostata, che l'avrebbe rifiutato. Non era Garrus Vakarian, l'unico individuo nella galassia che riuscisse a calmarla con un abbraccio senza temere di essere aggredito dal suo orgoglio ferito. Lui era Vega. Si era rassegnato da tempo al fatto di essere considerato solo il suo tenente, il suo esempio di prestanza fisica preferito, i muscoli con cui passare un'unica notte di sesso. Maledisse le regole dell'Alleanza sulla fraternizzazione e la fedeltà del Comandante Shepard alle direttive. Per non infrangerle aveva rinunciato alla relazione con il Maggiore Alenko. Uno spettro. Che speranze avrebbe mai potuto avere lui, con il suo grado da tenente e l'inesperienza che traspariva dall'impulsività?

« Allora? Ti sei incantato? »

James scosse la testa, guardandola con un'espressione stranita. Non credeva di essere rimasto assorto nei suoi pensieri tanto a lungo. Diede un colpo di tosse per schiarirsi la voce. « Avevo voglia di prendere a calci qualche bastardo digitale. Posso unirmi alla tua simulazione, Comandante? La considererei come una lezione del programma N7. » non trovò la forza di intavolare la discussione che desiderava e utilizzò la prima scusa sensata che gli venne in mente.

« Va bene James, inserisco le impostazioni anche per te. Vai all'ascensore, ti raggiungo subito. » proferì la donna, con un tono che sapeva di comando militare.

L'ispanico fece come gli era stato ordinato. L'attesa sulla piattaforma durò una trentina di secondi. Shepard si fermò di fronte a lui, a braccia conserte, e lo fissò come se fosse in attesa di qualcosa.
Vega alzò spalle, scuotendo la testa. "Andiamo, Comandante. Dammi un aiuto!"

« Forse dovresti farmi un po' di spazio... » suggerì la donna, il suo indice destro che batteva ritmicamente sul bicipite.

James si rese conto in quel momento si era posizionato al centro dell'ascensore e lo occupava quasi nella sua interezza. Si girò di novanta gradi, lasciando spazio al proprio Comandante affinché vi si inserisse. Jane gli si posizionò di fronte e con un cenno della testa gli indicò di avviare la discesa al piano sotterraneo.
Premette il tasto senza staccarle gli occhi di dosso. La zazzera corvina gli sembrò più arruffata del solito; i capelli le si stavano allungando e i suoi ampi ricci facevano capolino come ciuffi indisciplinati che sfidavano la legge di gravità. Offuscato dalle folte sopracciglia corrucciate e da un'ombra di amarezza, il suo sguardo era perso nel vuoto.

James dovette combattere l'istinto di scompigliarle i capelli.

"A cosa stai pensando, Lola?"

L'ascensore si fermò con un leggero sussulto e il sibilo della porta diede loro il segnale libero accesso all'area simulazione. Con un secondo cenno della testa, la donna gli comandò di dirigersi per primo all'anticamera di simulazione.
James percorse i pochi passi che lo separavano dalla stanza antistante l'arena. Le armi l'armatura che avrebbe usato erano state scelte dal proprio Comandante, di cui si fidava ciecamente. Se gli avesse chiesto di andare in battaglia armato di un cucchiaino e a petto nudo, non avrebbe esitato un istante.
Il suo nome comparve sul pavimento. Due impronte umane fittizie gli indicarono l'ubicazione da mantenere in attesa del compagno di combattimento. I passi di Shepard gli rimbombarono in testa. La vide con la coda dell'occhio prendere posizione al proprio fianco, lo sguardo puntato verso la porta d'accesso all'arena.

« Pronto? »

« Sono nato pronto. »

Uno sbuffo divertito uscì dalla bocca di Shepard. « Che frase scontata. »

Vega desiderò di riuscire a farla ridere ancora.

« James, questo non è uno scontro pubblico. Ho richiesto esplicitamente l'assenza di videocamere e spettatori... »

« Soli nell'arena tu e io, eh? Potrei quasi pensare che non troverò dei nemici al di là della porta. »

Shepard rimase impassibile.

"Sono un pendejo."

La donna tirò un sospiro prima di ricominciare il discorso. « Niente spettatori, non voglio che tu perda tempo a dare spettacolo invece di concentrarti sul combattimento. Io analizzerò i tuoi movimenti e le tattiche che metterai in campo. » si girò verso l'uomo, « Questo non è un gioco, tenente. Considerala la prima fase dell'addestramento N7. »

James vide nei suoi occhi tutta l'esperienza e l'efficienza del Comandante Shepard. Il braccio scattò in un saluto militare.

« Sì, signora. »

« Siete pregati di rimanere immobili sino al caricamento dell'attrezzatura virtuale. » la voce elettronica uscì dagli altoparlanti sopra alle loro teste, gracchiando le prime parole. Un sibilo accompagnò il puntamento dell'olo-materializzatore. L'obiettivo circolare rosso di quella scatola d'acciaio apparve a Vega inquietantemente simile all'occhio di un razziatore. Con un ronzio, a partire dagli stivale, i due militari iniziarono a essere coperti da armature virtuali. Sulle loro spalle, le armi che avrebbero utilizzato.
James approfittò del tempo che mancava all'apertura dell'arena per controllare le decisioni del Comandante. Shepard indossava la sua solita armatura, la fitta trama di placche metalliche tinta di un vermiglio cupo che ricordava il colore del sangue. Le strisce bianche e rosse spiccavano lungo il braccio destro, e l'N7 inciso sul petto era un chiaro avvertimento per gli avversari.

"Dios..." Non si sarebbe mai abituato al modo in cui quell'armatura evidenziava le sue curve.

Notò che aveva scelto il Disciple, fucile a pompa semi-automatico di fabbricazione Asari famoso per la capienza del caricatore, e il suo amato M-8 Avenger, fucile d'assalto automatico che aveva personalizzato con mirino di precisione e stabilizzatore. Non si era distaccata dall'armamentario che più spesso portava con sé in battaglia.
Chinò il capo, mentre con la mano destra afferrava l'arma principale. Riconobbe la sua armatura nera, in cui le parti vitali erano rinforzate da placche di titanio antiproiettile. Rimase di stucco quando riconobbe il fucile a pompa.

« Comandante, come sapevi che avrei scelto il l'M-11 Wraith? » domandò, chiudendo l'occhio sinistro e allineando il destro con il mirino del fucile.

« Si tratta di un ottimo fucile. Compensa la scarsa precisione e capienza del caricatore con un peso medio e un'ottima potenza di fuoco. Inoltre, è quello che lucidi più spesso. »

"Sa quanto lucido le mie armi?" James spalancò gli occhi, aggrottando le sopracciglia. Si voltò verso il Comandante senza riuscire a incrociare il suo sguardo. Gli sembrò che lo sfuggisse.

« Accesso consentito. »

I militari oltrepassarono l'ingresso in silenzio. Il paesaggio arido, devastato, su cui piovevano foglie virtuali avvolte nelle fiamme, riportò alle menti le immagini di Thessia, di Palaven  e della loro la Terra, arse dai fuochi della mietitura. La polvere dell'arena si sollevò sotto i loro passi, disperdendosi in impalpabili vortici opachi.

« Prepararsi al combattimento. »

Reticolati rossi comparvero nella zona in cui sarebbero stati materializzati gli avversari. Shepard ordinò con la mano di posizionarsi in copertura dal lato opposto della fontana prosciugata.

« 3... 2... 1... round 1. »

Forme sempre più distinte apparvero all'interno dei reticolati, sino a quanto i primi proiettili iniziarono a volare nel cielo dell'arena.

« Quali e quanti? »

« Tre cannibali, due mutanti e un predatore, Comandante. »

« Va bene Vega, fammi vedere come danzi! »

Dalla voce di Shepard traspariva l'adrenalina, che sentiva scorrere nelle vene come un fiume in piena. Le loro armi tuonavano, colpendo in una sincronia quasi perfetta le armate virtuali dei razziatori che arrancavano nel disperato tentativo di snidarli dalla loro copertura.

« Ne arrivano altri. »

« Stai andando bene Vega, continua così! »

« Qualcosa che già non so, Comandante? » replicò l'uomo, facendo esplodere la testa di un predatore entrato nel raggio d'azione del fucile a pompa.

« Non fare troppo lo sbruffone, è solo la prima ondata. » rise Jane. Con un'onda d'urto biotica respinse i pochi mutanti rimasti, che divennero un facile bersaglio per i suoi proiettili criogeni.

I loro corpi si frantumarono in una serie di tintinii e le schegge ghiacciate si sparsero sul suolo dell'arena.

« Sicura di reggerne altre due con una spalla infortunata? » la schernì.

James comprese di aver toccato il tasto dolente quando non ottenne risposta. Provò il desiderio di lasciar cadere l'argomento e continuare lo scontro, di rinunciare al vero motivo per cui aveva accettato di combattere. Desiderò godersi il breve momento di compagnia che aveva strappato a quella donna troppo lontana da lui. La vide riporre l'M-8 e togliere la sicura all'arma secondaria che utilizzava nei combattimenti ravvicinati. L'adozione della tattica ad assalto diretto, in quelle condizioni, poteva significare solo una cosa: Shepard si stava innervosendo.

"...mierda! " « Sei stata grande contro quei pendejos al locale, Comandante! »

Jane si alzò in piedi. Alcuni proiettili infransero i suoi scudi.

"Cosa cazzo...?"

Il colpo di Disciple del Comandante freddò l'ultimo cannibale rimasto in circolazione.

« Fine round 1. »

« Non mi sembra che la gente del luogo fosse particolarmente riconoscente del mio aiuto. » sibilò la donna, approfittando del silenzio che era calato sull'arena. Il suo sguardo era fisso sul punto dove l'ultimo nemico era caduto. Si passo le dita tra i capelli, scostando le ciocche dalla fronte sudata

« Sono persone tranquille, che subiscono invece di reagire. La violenza li ha spaventati. E poi, Comandante, quando hai bevuto il tuo stesso sangue sono venuti i brividi anche a me, figurati a loro. »

« Prepararsi al combattimento. »

Jane si voltò verso il subalterno, il viso congelato in un'espressione indecifrabile. Dopo aver estratto l'Avenger, ordinò a Vega di seguirla per raggiungere un riparo meno esposto rispetto alla nuova area di virtualizzazione dei nemici. Vi si acquattarono, in attesa dell'ondata successiva.

« Tu intimidisci i tuoi avversari con la potenza fisica, giusto James? »

« Sì, mi riesce facilmente di farli indietreggiare anche solo caricandoli con il mio corpo. » rispose, malcelando una punta di soddisfazione.

« 3... 2... 1... round 2. »

Il frastuono delle armi da fuoco obbligò Shepard a urlare.

« Io non sono come te, James. Non sono un uomo. Io sono una donna, e agli occhi dei miei avversari spesso non sono che un oggetto con cui divertirsi. » si sporse dalla copertura. Con il sordo rumore di un cuscino preso a pugni, le munizioni penetrarono le sacche d'acido di un devastatore. La creatura crollò sul terreno, dissolvendosi. « Quel criminale aveva paura ma era ancora abbastanza lucido per poter afferrare un ostaggio. » abbatté un secondo devastatore, mentre i proiettili le fischiavano accanto alle orecchie, « Dovevo fare in modo che si concentrasse su di me e al contempo abbassasse la guardia. » due pallottole attraversarono il cranio di un mutante. Le cervella biomeccaniche virtuali si sparsero nell'aria in una nuvola violacea. « Non sono mai stata brava nella diplomazia. Nessuno me l'ha mai insegnata. Dove sono cresciuta, solo chi sapeva incutere paura aveva qualche speranza di sopravvivere senza troppi problemi, e io ho imparato a terrorizzare i miei avversari. Sai, per procurarmi quel vantaggio che il mio essere donna mi ha sempre precluso. Ti conviene imparare a sfruttare il terrorismo psicologico come arma, come futuro N7 ti risulterà molto utile in certe situazioni. »

Lo disse senza inflessioni vocali, senza tremori o incrinature. Lo disse come se fosse normale, per lei, crescere col desiderio di riuscire a intimorire le persone, di ottenere il rispetto tramite il terrore. Vega smise di sparare per guardarla. Ripensò a tutte le volte che aveva sentito parlare della vittoria a ogni costo su Torfan, della spietata decisione di sacrificare il consiglio durante la Battaglia della Cittadella, dell'alleanza con Cerberus. Divenne tutto più chiaro. Shepard gli aveva rivelato una parte profonda di sé, forse senza nemmeno rendersene conto. Intravide cosa l'avesse portata a erigere il muro di cinismo che l'aveva resa famigerata.
Dovette combattere l'istinto di abbracciarla.

« JAMES! »

L'urlo della donna lo risvegliò dal torpore. L'uomo udì i propri scudi infrangersi. Una spinta alle spalle. Perse il contatto con il terreno, finendo scaraventato faccia a terra. Le sue dita agguantarono l'aria invece dell'arma. Un urlo stridulo gli ghiacciò il sangue nelle vene.
Una mano lo afferrò dal gancio per il fucile situato tra le scapole. Si sentì sollevare di peso e trascinare a poca distanza dal punto in cui era caduto.

« Merda tenente, a che cazzo stavi pensando? Non hai sentito la banshee? Un errore come questo sul campo e sei MORTO! » latrò Shepard, spingendolo contro muro dietro cui si erano riparati. Con un gesto rabbioso gli scagliò sullo stomaco l'M-11, che aveva recuperato al suo fianco.

« Mi dispiace Comandante, io... »

« Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse. Se fosse stato un vero combattimento quella carica biotica ti avrebbe steso. Non voglio simili errori, non da te. Ora piantala di frignare e dammi una mano ad ammazzare quella fottuta zombie urlatrice. » replicò, agguantandogli il bavero e assestandogli un ultimo scossone .
Vega digrignò i denti. Si sentì un idiota per essersi fatto sorprendere come un ragazzino alle prime armi, e ancora di più ad averlo fatto di fronte a Shepard. Non sarebbe accaduto di nuovo.
Annuì con decisione.

« Bene. » Jane si alzò, mettendosi a correre lungo il fianco della fontana, « Ehi, figlia di puttana, sono qui! Vienimi a prendere! »

Il grido della banshee invase l'arena.
Un mutante provò ad afferrare la donna, che lo respinse con un colpo di fucile a pompa tra gli occhi. I movimenti della razziatrice asari divennero più indistinti.

"Merda, odio quando usano il teletrasporto..."

« Vega, occupati dei razziatori rimasti, all'asari ci penso io! » urlò Shepard, costretta dietro un riparo dalla gragnola di proiettili di un predatore.

L'ispanico non se lo fece ripetere. Ringhiando, si scagliò contro un mutante, sul cui muso scaricò un'intera clip termica dell'M-11. Il boato degli spari ancora risuonava nell'area quando percepì gli scudi tremare, colpiti da una raffica del predatore. Si trovò obbligato a entrare in copertura per ricaricare l'arma e gli scudi. La clip termica cadde a terra con un clangore metallico.
Con la coda dell'occhio, Vega approfittò del momento per controllare cosa stesse succedendo dal capo opposto del campo. Scorse la banshee avanzare verso il Comandate. Fucile d'assalto in mano, la donna aveva abbandonato il proprio nascondiglio, continuando a muoversi di copertura in copertura senza mai distogliere lo sguardo dalla propria avversaria.

"Arrivo, Lola! "

Rotolò fuori dalla copertura. I primi colpi del predatore gli sfiorarono le difese.

"Evita questo, pendejo!"

Il suo indice destro tirò il grilletto. La scia del proiettile spiccò contro la penombra del soffitto, in una parabola luminosa che si concluse con un'esplosione abbagliante. Il frastuono si mescolò con le grida della banshee. Quando il fumo si diradò, del razziatore non v'era rimasta traccia.

« AH! SÌ! VAI COSÌ! » alzò il fucile al cielo, baciando il proprio bicipite, « Ehi Comandante, adesso facciamo fuori quella... »

« Fine round 2. »

Vega lasciò cascare le braccia lungo i fianchi, emettendo un lamento. « Aaah, dai Lola, l'hai eliminata così in fretta che non ho nemmeno fatto in tempo a godermi lo spettacolo. »

« Lola? » la donna alzò un sopracciglio, le labbra incurvate verso l'alto in una smorfia mentre si avvicinava al subalterno.

« Scusa Comandante, io... »

« Mi domandavo in effetti se mi avresti più chiamata Lola. » lo interruppe, appoggiando la mano libera sul suo braccio. L'uomo vide il suo sorriso, quel sorriso che aveva tanto penato, ampliarsi.

« Ottimo lavoro con quei razziatori. »

James dovette combattere l'istinto di stringerle la mano e portarsela alle labbra.

« Prepararsi al combattimento. »

« Ultima ondata, giusto? »

« Ultima ondata. » annuì Shepard, senza smettere di sorridergli.

Si ripararono dietro le paratie di rinforzo della piazza, dal lato opposto rispetto alla zona di comparsa dei nemici finali.

« 3... »

« Pronto? »

« 2... »

« Come sempre. »

« 1... »

Jane gli lanciò un'occhiata divertita. « Facciamogli il culo. »

« Round finale. »

I versi dei razziatori si innalzarono nel putiferio di colpi d'arma da fuoco.

« Quanti e quali? »

« Cinque cannibali, due predatori. Ai lati un devastatore. » contò l'ispanico, sparando una raffica di pallottole, « Ora i cannibali sono quattro. »

« Adesso due, e un solo predatore. » corresse Shepard, dopo aver scaricato una clip termica dell'Avenger, « Cosa sono questi passi pesanti? »

« Merda, Lola, è un bruto. Hanno virtualizzato un bruto! E sono comparsi sei mutanti! »

« Cos'è, hai paura James? » lo schernì, sporgendosi dalla copertura. Sacrificò gli scudi, che crollarono con un rumore di vetri infranti, per ammirare i suoi proiettili mentre si conficcavano nei punti deboli dell'unico devastatore presente. La bestia si accartocciò in un sibilo.

« Al tuo fianco? » l'uomo rise sonoramente, lanciando una granata che frantumò la corazza dell'ultimo predatore, « Dios, hai fatto secca una di quelle asari psicopatiche da sola! Se questo vuol dire essere un N7 non vedo l'ora che finisca questa stramaledetta guerra per diventarlo. Merda, potrò anche vantarmi di essere stato addestrato dal Comandante Shepard! »

Al suo fianco, i colpi d'arma da fuoco cessarono di colpo. Mantenendo alta la guardia, distolse gli occhi dal campo di battaglia.

« Lola? »

La vide immobile, il capo chino, un ginocchio a terra, stringere la propria arma con entrambe le mani. Lo sguardo le era celato dai capelli troppo lunghi e l'unico movimento che riusciva a intravedere era un lento, cadenzato ampliarsi della cassa toracica in unisono col suo respiro.

« Lola, i mutanti! » provò a riscuoterla, invano.

Vega si chinò dietro la copertura in cemento, costretto dai proiettili dell'ultimo predatore. Appoggiò un palmo al suolo. Non si era ingannato. I passi pesanti del bruto in avvicinamento si propagavano come vibrazioni attraverso il metallo delle armature.

« Shepard, qui le cose non si stanno mettendo bene. »

Un'ombra bluastra apparve dietro la donna.
Due di arti nodosi si allungarono per ghermirla.

« COMANDANTE! »

Un battito del cuore. Il mutante a terra, in disgregazione. La seguì con lo sguardo, più veloce del suo corpo. La vide danzare. Il suo fucile urlava canti di morte. Ne bloccò due con la lama dell'omni-tool, entrambe le teste in un sol colpo incendiario. Scariche d'elettricità biotica si propagarono dal suo corpo, circondandola di un'aura che gli apparve infernale. La vide fermare un attacco sul fianco con un pugno. Un'onda d'urto scagliò un mutante contro una statua. L'impatto distrusse il marmo, sollevò una nube di detriti al cui interno Shepard continuò ad avanzare e danzare. Un proiettile solo, e dell'ultimo predatore non rimase che la carcassa.
Poi, la montagna.

« COMANDANTE, ALLE SPALLE! » urlò James, scuotendosi dall'immobilità in cui era precipitato nell'osservarla. Il bruto le si era avvicinato, torreggiando sul suo corpo. Sollevò l'arto, pronto a finirla.

L'ispanico scavalcò il basso muretto di cemento e corse, arma in pugno, verso Shepard.

"Merda, non arriverò mai in tempo!" « SHEPARD! »

Jane non si voltò. Sorrise.

"Cosa...?"

Un lampo seguito da uno schianto. Il bruto finì sbilanciato all'indietro. Un pugno contro il suolo, un'onda d'urto, un gemito rauco e il bestione cadde di schiena con un boato. Shepard ne risalì il corpo, arrestandosi in piedi sul suo petto. Puntò la bocca del fucile contro il muso del razziatore.
Le braccia nerborute si alzarono all'unisono, cercando di ghermirla.
Un colpo. Due colpi. Tre colpi. Una risata squillante. Il bruto si dissolse sotto di lei. La donna recuperò il terreno con un leggero balzo.

« Lola... »

« Hai ragione James. Hai sempre avuto ragione. »

L'ispanico le si fermò di fronte, ammutolendo.

« Io sono il Comandante Shepard, ed è con un fucile in mano che riesco a dare il meglio. Io sono nata per eliminare chi si frappone fra me e la vittoria, e solo per quello. » concluse, alzando il capo.

Vega sentì lo stomaco contorcersi quando vide il suo volto.

« Lola, tu... stai piangendo... »

La donna scoppiò in una risata amara.

« Ho dimenticato come si piange molti anni fa. » replicò, leccandosi il liquido salato dalle labbra. « Questa guerra avrà presto fine. Diventerai un N7, James, dovessi prendere personalmente a calci nel culo un razziatore alla volta. Te lo prometto. »

Celata da una maschera di testardaggine e strafottenza, dietro quelle lacrime che non accettava di versare, James rivide quella donna che Shepard cercava in tutti i modi di non essere. Dentro di sé, combatté il folle istinto di baciarla.

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Capitolo 13
*** Stazione Cronos - Pt. 1 ***


STAZIONE CRONOS - PT. 1






« Violazione della sicurezza nell'hangar 16. Avviare protocollo Achilles » una voce elettronica femminile si diramò dagli altoparlanti, rimbalzando tra i cadaveri dei soldati corrotti.

« Shepard, Cerberus intende svuotare l'intero hangar. »

Jane si girò verso IDA. Le sopracciglia aggrottate spiccavano sul volto, reso minaccioso dal rosso riverbero intermittente della spia di pericolo.

« Non puoi fermarli? »

« Mi occorre un terminale attivo. Proviamo al livello superiore. »

L'allarme dell'hangar si era attivato e il suono gracchiante di una sirena feriva le loro orecchie a intervalli regolari. Si diressero verso il lato sinistro dell'area, dove James aveva individuato una scala a pioli. A ogni gradino colpito, le suole generavano un caotico clangore metallico che si mescolava ai loro respiri pesanti.
Raggiunta la piattaforma, Jane digitò la richiesta di apertura sull'oloserratura della porta alla loro destra. La porta si aprì con un sibilo. La stanza si rivelò un magazzino, al cui interno oltre alle casse di munizioni e rifornimenti era collocato un'unità periferica informatica. Un colpo di stivale a che era rimasto di un cecchino troppo lento a tornare in copertura e il Comandante si aprì la strada.

« IDA, ho un terminale, VAI! » ordinò, digitando la sequenza standard di accensione.

L'androide si precipitò sulla tastiera.

« Procedura di svuotamento dell'hangar... »

James lanciò una lunga occhiata nervosa a Shepard.

« ... disattivata. »

Il Comandante annuì soddisfatto. « Puoi aprire l'hangar? »

« No, tuttavia... posso accedere ai comandi di lancio dei caccia. »

IDA premette un pulsante. Il ronzio metallico li avvisò dell'apertura della piattaforma. I pannelli circolari si spalancarono e dall'hangar inferiore risalì in verticale la piazzola di freno di un caccia spaziale. Il muso dell'aereo era rivolto verso l'esterno della base di Cerberus ma servirono pochi istanti a Jane per capire il piano dell'AI.

« Shepard, Cerberus è consapevole del tentativo di svuotamento fallito. I rinforzi stanno arrivando.»

I primi proiettili iniziarono a fischiare dal fianco sinistro, penetrando nelle pareti metalliche della struttura. Tre truppe d'assalto avevano raggiunto la loro postazione, bloccandoli all'interno. Il Comandante fece un cenno con la mano a James, immobilizzandosi.
Lo spostamento d'aria le scompigliò i corti riccioli. Sentì il sibilo del proiettile esplosivo, a pochi centimetri dal suo volto, ne scorse il bagliore e la traiettoria sino ai soldati di Cerberus. Li vide saltare in aria, l'armatura strappata dai loro corpi assieme a brandelli di carne bruciata.
Shepard diede l'ordine di avanzare. Scavalcando i cadaveri, il fetore dei tessuti biologici carbonizzati unito alla plastica sciolta penetrò nelle narici dei due umani.

"Merda, quanto odio questo odore."

« È in arrivo un'altra squadra di Cerberus » avvisò IDA.

I membri della squadra corsero in copertura.

« Immagino ci abbiano scoperti! »

"Arguto come sempre, James." « Non ci fermeranno proprio ora! »

Si irrigidì. Aveva udito dei passi pesanti mescolati allo scalpiccio degli stivali delle truppe d'assalto. Si sporse sopra la cassa per avere una migliore visuale.

"Centurioni?"

Con uno scoppio secco, la piattaforma venne inondata dal fumo. Una raffica di fucile d'assalto mandò in frantumi i suoi scudi, ferendola di striscio al braccio.

"Centurioni."

I visori termici di IDA riuscirono dove gli occhi biologici di Shepard e James fallirono. Le pallottole dell'AI fenderono la foschia e più di un gemito si innalzò oltre la coltre che andava diradandosi. Il ronzio di un laser di precisione emerse dal silenzio dei fucili d'assalto.

"E nemesi. Cazzo."

Si mosse in avanti, rotolando dietro a una pila di contenitori di medigel. Sentì un colpo secco. Il proiettile annerì il pavimento della piattaforma a pochi centimetri dal suo piede.
Jane tese le orecchie. Riuscì a udire un debole tintinnio metallico.

"Ora."

Scavalcò il riparo per approfittare dei pochi secondi necessari al cecchino per ricaricare l'arma. I suoi occhi vagarono come fulmini, cercando un indizio che potesse indicarle dove si nascondesse.
Vide la punta del suo gomito che sporgeva da dietro un container. Le fu sufficiente un solo proiettile di fucile a pompa e il cadavere della nemesi cadde ai suoi piedi, il volto divorato dalla potenza del colpo.
Con un ghigno soddisfatto si voltò verso i suoi compagni, indicando la porta della sala comandi, dove IDA prese possesso del terminale di controllo.

« Bypasso le sicure. Il caccia dovrebbe finire contro la porta dell'hangar. »

Shepard impiegò il tempo spalmando una parte del medigel di scorta sull'arto ferito.
Un colpo secco arrivò dalla piattaforma di lancio. L'astronave da guerra ruotò su se stessa. Si accorsero che i comandi di lancio si trovavano al piano inferiore.

« Perfetto. Torniamo là sotto » ordinò Shepard.

Utilizzarono la scala adiacente alla sala controllo. A pochi metri, il terminale.

IDA vi si precipitò, digitando la corretta sequenza di avviamento. « Lancio in corso. »

Si ripararono dietro a una pila di casse in titanio, da cui poterono godersi lo spettacolo. I motori del caccia si accesero in simultanea, inondando l'area di un bagliore azzurro. Il calore dei reattori raggiunse i volti dei tre militari, arrossendo le guance dei due umani.
L'aereo acquistò velocità. Shepard intravide i grafici segnalare un'accelerazione da zero a tre G in una frazione di secondo. Il caccia impattò con un frastuono assordante contro le porte sigillate, scagliando lamiere di metallo e schegge di vetro in un inferno di fuoco.
James esultò con una risata fragorosa quando le fiamme si dispersero, mostrando un enorme squarcio nella parete interna..

« Il laboratorio centrale è situato dietro questo hangar. Consiglio di seguire la traiettoria dei caccia » disse IDA, ancora nascosta a lato della cassa.

« Ricevuto. Andiamo! »

Jane fu la prima ad alzarsi in piedi. Il suo udito, che aveva scoperto essere stato amplificato dalla tecnologia di Cerberus, la mise in allerta: aveva percepito una sequenza di ronzii, cadenzata, simile a dei passi, che andava aumentando in direzione del passaggio. Udì dei colpi pesanti, meccanici, avvicinarsi allo squarcio.
Tra le volute di fumo dell'incendio apparve il profilo di un atlas. Il riverbero rosso delle fiamme sul metallo generava un gioco di ombre che lo rendeva simile a una creatura infernale. Scavalcò le macerie e penetrò nell'hangar, puntando le bocche da fuoco contro la squadra di Shepard.

« Allarme intruso. Tutto il personale si prepari al blocco di emergenza. » la voce femminile tornò a diramarsi dagli altoparlanti. Il livello superiore venne invaso da truppe d'assalto.

"Non sono ancora finiti?"

Jane attivò il mirino di precisione dell'Avenger.

« Ripeto. Forze ostili hanno violato il perimetro... »

Scaricò l'intero caricatore contro lo schermo di vetro temperato della cabina di comando, l'unico punto debole dell'atlas. Innumerevoli crepe si aprirono prima che fosse costretta a ripararsi da un missile. Il proiettile deflagrò contro il lato anteriore della cassa, che venne spinta in avanti di qualche metro. Shepard ne seguì il movimento col corpo mentre una fitta di dolore le attraversava la testa. L'esplosione le aveva ferito i timpani: un prepotente fischio si sovrappose ai suoni ovattati dei colpi d'arma da fuoco, andando a scemare nel tempo.
Inserì una nuova clip termica nel fucile e si rialzò, senza attenere di riavere la corretta percezione uditiva dell'ambiente. Notò che il piano superiore era coperto di cadaveri, alcuni dei quali ancora appesi alle ringhiere di sicurezza. Vega e IDA stavano tenendo impegnate le truppe d'assalto.

« ...di ricerca deve bloccare i terminali e distruggere tutti i dati... »

Shepard attivò il mirino di precisione.

"Finiamola."

Posizionò il parabrezza dell'atlas al centro della croce e tirò il grilletto. Una raffica di cinque colpi si diresse verso la macchina da guerra. Il primo proiettile ne infranse il vetro. I restanti quattro abbatterono l'ingegnere seduto alla postazione di manovra, che si accasciò sui comandi.
L'atlas si fermò di colpo; le braccia meccaniche crollarono lungo i fianchi con un gemito metallico.
Nell'hangar rimase solo il crepitio delle fiamme.

« Quella era l'ultima squadra di Cerberus nell'area » avvisò IDA.

« Merda! Tutto qui? » esclamò spavaldo James, palesando il proprio divertimento.

"Sì, per fortuna. Sono stufa di incontrare imbecilli. Voglio LUI!"

Shepard avanzò oltre lo squarcio, seguita a poca distanza dai due subalterni. La zona era pregna dell'odore acre di gomma bruciata.
Si concesse di affidarsi ai suggerimenti di IDA e abbassare la guardia. La pace durò poco: due voci distorte passarono attraverso gli altoparlanti, facendola trasalire.

« Rispondetemi. Mi dicono che hanno sfondato la porta con armi pesanti. »

« Negativo. Hanno violato un caccia. Quel dannato coso ha distrutto mezza struttura! Si è fermato non lontano dalla centrale. »

« Fermate i nemici prima che raggiungano il laboratorio centrale. »

A Jane sfuggì un ghigno. "Provateci, stronzi."

Individuò l'unica porta del corridoio. L'oloserratura era sigillata.

« IDA, puoi bypassarla? »

« Un momento. Cerberus ha aggiornato la codifica. La violazione della sicurezza potrebbe richiedere del tempo. »

Shepard la guardò. Si era fidata d'istinto della AI, dal primo momento in cui le era stata presentata sulla Normandy SR2. Aveva addirittura discusso con Joker in merito, e quando le avevano rivelato di essersi innamorati l'uno dell'altra aveva pensato la stessero prendendo per il culo. Nulla di più facile, considerato che entrambi amavano la comicità. Un'unione che avrebbe portato più di un individuo a storcere il naso. I sintetici non provano sentimenti, non hanno un'anima. Così si diceva. Jane aveva a sua disposizione sulla Normandy giusto un paio di esempi che avrebbero confutato quella teoria.

« Come ha preso la distruzione della porta Cerberus? »

« Stanno sigillando quante più zone possibili della base. I percorsi più ovvi per il laboratorio centrale sono bloccati. Fortificano altre aree, le truppe pesanti ci rallenteranno, mentre gli ingegneri piazzeranno delle torrette » illustrò l'androide, senza smettere di bypassare il codice di sicurezza.

« Altre sorprese come lo svuotamento dell'hangar? »

« No. Conosco le protezioni della struttura e posso neutralizzarle. Cerberus può soltanto rallentarci.»

« E se non ti avessi portata con me... »

« Cerberus avrebbe svuotato l'hangar » concluse l'AI, digitando l'ultima sequenza di numeri necessaria per decriptare la corretta codifica.

Shepard percepì un moto d'orgoglio montarle in petto.

« Ti ringrazio. »

« Sono lieta di aiutarti » rispose, regalandole uno dei suoi rari sorrisi robotici. Alle sue spalle l'oloserratura si colorò di verde. La porta si spalancò con un ronzio elettrico.

Entrarono nella struttura, rischiarata da una fioca luce artificiale.

« Procederemo attraverso un sottolivello per evitare le loro misure di contenimento. »

IDA sollevò un braccio verso l'accesso all'area inferiore. Shepard intuì che si trattava di un'area solitamente interdetta ai non addetti ai lavori, segnalata dall'illuminazione rossa e da un vistoso avviso di elevato rischio d'incendi.

"L'Uomo Misterioso avrà il culo in fiamme alla fine della giornata."

« Dove pensi che troveremo l'IV protean? »

« Nel laboratorio centrale di questa struttura » l'androide indicò con il pollice un punto indistinto oltre la parete d'acciaio, « è l'area più sicura. La distruzione lasciata dal caccia ci darà il percorso più diretto. »

Aprì la strada al sottolivello.
Come preannunciato da IDA, si trovarono a fronteggiare una strenua resistenza. Le truppe d'assalto e i centurioni di Cerberus avevano invaso l'area di stoccaggio e trasporto combustibile, nascondendosi tra i tubi di vapore ad alta pressione e le centraline di controllo.

"Merda, un colpo sbagliato e qua salta tutto."

Non vi furono colpi sbagliati e riuscirono in poco tempo a liberarsi dei nemici armati. L'ultimo centurione si trovò la cassa toracica sfondata da un pugno biotico.

« Niente di meglio di un corpo a corpo in un vicolo » commentò James, « abbiamo eliminato molte delle loro truppe. »

La voce arrochita dell'uomo fece rabbrividire Jane. Maledisse la propria debolezza che non riusciva a sedare. Nascose il volto rabbuiato chinandosi per raccogliere un pacco di medigel con cui rimpinguare le scorte.

« Hanno intenzione di rallentarci, non di fermarci » spiegò IDA, « gli ingegneri stanno preparando una difesa organizzata più avanti. »

Il sopracciglio destro di Shepard scattò verso l'alto. « Possono permettersi di sprecare tutte queste truppe? »

« Sì. Cerberus utilizza le modifiche dei razziatori sui civili catturati per creare rapidamente truppe d'assalto funzionali. »

« Pensavo fossero stupidi volontari dalle idee confuse, ma questo è... maledizione! »

« Sì » concluse Ida, lapidaria.

Jane vide un lampo di collera negli occhi di Vega e le sue ampie mani si strinsero attorno al calcio del fucile sino a farlo scricchiolare. Se ne compiacque. Aveva sempre considerato il desiderio di vendetta come l'anticamera della vittoria.
Ordinò loro di seguirla e li guidò nuovamente al piano superiore attraverso una stretta scala a pioli. Con iniziale disappunto, si ritrovarono bloccati da una ulteriore porta sigillata.
IDA vi si avvicinò, poggiandovi l'omni-tool dell'arto robotico.

« Tra un attimo potremo procedere. Shepard, quel terminale non è stato ripulito completamente. Contiene dei dati che potresti trovare interessanti. »

Gli occhi di Jane scattarono sul monitor spento della piattaforma digitale. In condizioni normali avrebbe ignorato il suggerimento dell'androide e sarebbe rimasta concentrata sulla missione, ma quelle non erano condizioni normali. Erano nella base di Cerberus, la tana dell'Uomo Misterioso. Era stata nelle loro mani per due anni, probabilmente erano in possesso di dati personali di cui neppure lei stessa era a conoscenza. Il fatto che IDA avesse definito i dati come interessanti li aveva inseriti in cima alla lista delle priorità. Doveva saperne di più.

« Cosa sarebbe? »

« Il progetto Lazarus. La tua ricostruzione. »

"Merda."

Shepard si precipitò sul terminale. Sentì un misto di collera e delusione afferrarle la gola quando trovò intatte solo tre registrazioni. Selezionò la prima.
Sul monitor comparve la figura dell'Ufficiale Medico Wilson, colui che li aveva traditi sulla stazione Lazarus: si trovava in ciò che sembrava un laboratorio di ricerca genetica. Di fronte a lui, l'ologramma dell'Uomo Misterioso.

« Non è possibile, non è una questione di risorse. »

« È sempre una questione di risorse. Non possiamo perdere Shepard » commentò l'Uomo, tirando una boccata di sigaretta.

« Shepard è clinicamente morta. Dopo un simile trauma e un lungo periodo senza ossigeno non possiamo opporci alla natura. »

« Non secondo l'agente Lawson. Ora è lei a dirigere il progetto Lazarus. »

La registrazione si interruppe. Un lungo brivido corse lungo la spina dorsale di Jane.

« Non pensavo che fosse così grave. »

« Sembra ben più di un semplice coma... » commentò James, avvicinandosi. Shepard provò il desiderio di distruggere il terminale con un pugno e rifugiarsi tra le sue braccia, per dimenticare ciò che aveva sempre cercato di negare. Lei era morta.

« Così pare. »

« Cosa si prova? Ricordi qualcosa? »

Lo sguardo le si perse nel vuoto.

"La vedo, la scia di ossigeno che si disperde nello spazio. Fa così freddo. Quella sensazione di vuoto che mi comprime il torace, i miei polmoni che supplicano aria. I respiri così inutili, e io che rimango lucida. La tuta continua a iniettarmi stimolanti. I miei rantoli strozzati mi rimbombano nella testa. Sbarro gli occhi. La vedo. L'alba del pianeta. Ho capito. Sto morendo. NO!"

Jane tirò un lungo respiro: non si era accorta di essere finita inconsciamente in apnea. Rivisse per un istante le sensazioni di quei momenti. Respinse il panico crescente concentrandosi sulla sensazione dei polmoni che si riempivano d'aria.
Capì che doveva dare una risposta, ma che non avrebbe mai rivelato ciò che aveva davvero provato. Indietreggiò di un passo, lanciando un'occhiata fugace all'ispanico.

« È come quando si perdono i sensi. C'è solo voluto più del solito a rimettermi in sesto per combattere. Sono sempre io, e questo... », strinse le palpebre per un secondo, « ...questo non cambia nulla. »

« Puoi dirlo forte, Comandante! »

Dentro di sé, Shepard fu grata a James per l'incoraggiamento. Annuì, più per confortare se stessa che il subalterno, e elezionò la seconda registrazione.
Wilson e l'Uomo Misterioso riapparvero sullo schermo.

« La rigenerazione dei tessuti è in corso. Il casco ha mantenuto intatto il cervello, per quanto possa servire. »

« Lawson troverà il modo. »

« Signore, Shepard è un soldato dell'Alleanza. Per lei noi siamo un'organizzazione terroristica! »

« Non sto cercando una compagna di ballo. Noi abbiamo bisogno di Shepard, e lei ha bisogno di risorse. Lavorerà con noi.  »

Il filmato si interruppe di nuovo, lasciando la donna con l'amaro in bocca. Sapeva di essere stata usata dall'Uomo Misterioso come uno strumento e benché fosse riuscita in questo modo a sconfiggere i collettori, non era ancora riuscita ad accettarlo.

« Pare avesse ragione » commentò James. A Shepard sembrò di percepire una nota di rimprovero.

« L'Alleanza non voleva ascoltare, cos'avrei dovuto fare, restare lì ad aspettare? » replicò. Il tono di voce lasciava trasparire l'insofferenza. L'avevano giudicata come traditrice solo sulla base della sua alleanza con Cerberus. Aveva perso Kaidan per quel motivo. Aveva rischiato di perdere tutto. Non avrebbe accettato il biasimo di Vega.

« Ora sei qui per fargli il culo. È questo che conta! »

La nota di rimprovero era sparita e Jane dubitò che fosse mai esistita. Si morse il labbro, pentita della risposta aspra che gli aveva dato. Per la seconda volta, desiderò che l'ispanico l'abbracciasse.
Selezionò l'ultima registrazione. Doveva ancora sapere una cosa.

« Il progetto Lazarus riporta attività neurologiche. Richiedono altri fondi. »

« Concessi. Portami i dossier delle potenziali reclute, Shepard si riprenderà presto. Ci serve un equipaggio. »

« Le nostre attuali forze dovrebbero essere sufficienti » commentò una donna, nuova attrice di quel siparietto sempre più disgustoso.

« No, ci servono facce amiche. Ho bisogno che Shepard sia convinta. Contatta Kelly Chambers e recluta Donnelly. La signorina Daniels li seguirà. Avremo anche bisogno di alcuni vecchi amici... », la voce dell'Uomo Misterioso divenne melliflua, « contatta la dottoressa Chakwas e mandarmi il profilo psicologico del pilota di Shepard, insieme a una bottiglia di rosso di Thessia del quarantasette. »

Il terminale si spense. Di fronte allo schermo nero, la mente di Jane fu sommersa da un'improvvisa ondata d'odio.

"Figlio di puttana..."

« Quel bastardo ti aveva incastrata. Metterti a tuo agio usando i tuoi amici! »

Le parole di James alimentarono la fiamma del suo odio. Si girò verso IDA, i movimenti secchi come unici testimoni della sua collera.

« Come va con quella porta IDA? »

« Siamo pronti a proseguire. »

Shepard diede l'ordine di avanzare. Voleva trovarlo.
Gliel'avrebbe fatta pagare. L'avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

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Capitolo 14
*** Stazione Cronos - Pt. 2 ***


STAZIONE CRONOS - PT. 2






 Emanando un vibrante clangore metallico le suole dei loro stivali impattarono contro la grata del secondo livello interno. L'enorme ambiente che si profilava loro davanti era dominato da una luce fredda, in cui persino il corpo robotico di IDA assumeva una tonalità bluastra.
Ciò che li portò a bloccarsi dopo pochi passi, tuttavia, fu l'immensa struttura metallica ancorata alle pareti e al soffitto della stazione. Stretti corridoi vi si dipanavano attorno, in un labirinto di grate e corrimani che conferiva all'intera zona un aspetto pericolante.

« Cos'è quella cosa? » esclamò Vega, la voce mozzata dallo stupore.

« Questo è il protorazziatore umano distrutto da Shepard » spiegò IDA, vagliando le informazioni registrate e conservate in memoria dall'epoca della missione suicida su Omega.

« Ciò che ne resta. Mi sorprende che Cerberus abbia recuperato tanto dalla base » aggiunse Jane.

Seguì il profilo della macchina. Le lunghe dita ad artiglio dell'unico arto rimasto integro pendevano molli nell'atmosfera artificiale. Il cranio, contro cui la stessa Shepard aveva scagliato il missile letale, non era sopravvissuto all'esplosione e il busto dilaniato strapiombava con un inquietante moncherino al posto dell'orrido volto. Ripensò al momento in cui le era apparso per la prima volta, integro e in costruzione. Composto dalla materia organica dei coloni umani.

"« Ci siamo. Tutti i tubi convergono in questo punto. IDA, cosa puoi dirci? Che stanno combinando? » ... « I tubi entrano in una specie di superstruttura, la quale emette rilevazioni energetiche sia organiche che sintetiche. Considerando le rilevazioni, dev'essere enorme. Shepard, se i miei calcoli sono corretti, la superstruttura è un razziatore. » ... « Non un razziatore qualunque. Un razziatore umano. »"

La voce ringhiante di Vega la riportò al presente.

« Tutti quegli stronzi che hanno dubitato di te... vorrei che fossero qui ora. »

Batté più volte le palpebre. Voleva eliminare quelle immagini dal suo campo visivo. « Potranno venire a scattare delle foto quando avremo finito » ribatté, la voce satura di sarcasmo.

« Puoi dirlo forte. »

« Cerberus sta utilizzando i pezzi sopravvissuti » interruppe IDA, voltandosi verso Shepard, « il nucleo centrale, analogo al cuore, è perlopiù intatto. Credo che Cerberus lo stia usando come fonte di energia. »

"Merda, avrei dovuto farlo a pezzi personalmente. E non solo il razziatore."

Diede l'ordine di avanzare. La struttura a corridoi impediva imboscate ai lati ma avrebbe reso difficoltoso anche il combattimento diretto, e Jane era sicura che avrebbero incontrato della resistenza. Avanzarono con calma lungo la prima rampa di scale, studiando l'ambiente.
Il sibilo degli stivali a reazione in dotazione alle truppe d'assalto infranse il silenzio innaturale di quel luogo.

« Altre truppe di Cerberus in arrivo » avvisò l'AI.

« Lo spero proprio, finora mi sono quasi annoiato! » sbottò James, il tono di voce da spaccone rodato.

Tenendo la guardia alta, Shepard voltò l'angolo alla fine delle scale. Con la coda dell'occhio scorse il bagliore di una lama.

"MERDA."

Scattò all'indietro, sbilanciando il busto verso lo strapiombo. Il filo della katana le sfiorò gli scudi all'altezza della gola e Jane si ritrovò in posizione di netto svantaggio, nel tentativo di recuperare l'equilibrio.
Il secondo fendente rimase sospeso, interrotto dall'ntervento di Vega. Con una raffica di proiettili, l'ispanico allontanò il Phantom dal Comandante, che guadagnò il tempo sufficiente per caricare un'onda biotica e scagliare l'avversario nel vuoto.

« Dannazione, quei maledetti salterini! » ringhiò l'ispanico, osservando in lontananza un secondo Phantom attivare la tuta mimetica. Il riflesso di un laser rosso puntato contro il suo petto lo costrinse a ripararsi dietro una delle innumerevoli piastre di acciaio che costellavano i corridoi.

« Soldati di Cerberus in arrivo dal basso » avvertì IDA. Le sue pistole seminavano morte tra le truppe, disorientate dalla presenza di due androidi. Jane rimpianse di non poter creare un proprio ologramma fittizio con cui distrarre gli avversari.

Il Comandante si sporse da dietro la lastra di metalli e individuò il suo obiettivo in un centurione che correva lungo il corridoio inferiore. I proiettili attraversarono le strette grate e intaccarono le sue difese, sino a renderlo un facile bersaglio per il fucile di James.
Uno sparo secco e potente si levò sopra il caos della battaglia. Shepard sentì l'allarmante rumore degli scudi infranti seguita da un bruciore alla coscia sinistra. Dovette ripararsi nuovamente a ridosso del pannello, contro cui appoggiò la nuca. Tirando un lungo respiro, analizzò la ferita con lo sguardo. Il proiettile l'aveva colpita di striscio, graffiando la pelle.

"Fottuto cecchino..."

Cinque secondi. L'omni-tool le notificò il ritorno alla piena funzionalità delle difese. Estraendo il fucile a pompa, si lanciò in un attacco diretto.
Vide il secondo Phantom precipitare al di là del parapetto, l'elmo accartocciato dalla potenza esplosiva delle granate di Vega. Era rimasta solo la Nemesi, ed era sua.
Percepì il crepitio dell'energia biotica attraversare l'amp e diramarsi lungo gli arti. Fugaci scariche elettriche apparvero attorno al corpo, il cui profilo assunse un minaccioso alone bluastro.
Il cecchino emerse dal nascondiglio. La luce rossa del mirino accecò per un istante Jane, che sfruttò a proprio vantaggio l'attimo necessario al tiratore per posizionarla al centro della croce. Divenendo un tutt'uno con l'energia biotica, si lanciò in carica contro la Nemesi. L'impatto generò un raccapricciante suono di ossa frantumate.
Il cecchino fu scagliato di schiena contro la balaustra. Il torace gli si inarcò in una posizione innaturale, prima di rimbalzare verso l'esterno e precipitare nell'abisso con un rantolo.

"È finita."

Shepard ruotò la spalla che aveva usato per colpire l'avversario, la stessa che era stata ferita durante lo scontro al Propuesta Indecente. Uno spiacevole scricchiolio uscì dalle giunture.

« Combattere su questa cosa è come festeggiare in un cimitero » sbottò James, raggiungendola.

« Ha cercato di uccidermi, può pure fissarmi quanto le pare » commentò serafica. Non erano i morti che la preoccupavano.

Diede l'ordine di procedere.
Salirono di tre livelli, affiancando la carcassa in disarmo del razziatore. Malgrado non avesse accesso diretto a una fonte di energia, le sue luci sembravano emanare un bagliore etereo. Sheoard ebbe la sgradevole impressione che potesse riprendere vita da un momento all'altro.

"Come te e la Sovereign, anche gli altri." si ripromise, percorrendo l'ultima rampa di scale sino ad una nuova porta scorrevole. L'oloserratura era verde e l'accesso all'area successiva risultò immediato.

Si ritrovarono su una piattaforma sospesa, disseminata di terminali informatici. Attraverso un'immensa vetrata a muro era possibile osservare direttamente il razziatore umano. L'occhio ostile del nucleo della superstruttura era puntato contro di loro. James provò una sensazione di pelle d'oca lungo le braccia.
Avanzando attraverso la stanza, Jane notò il lampeggiare di un videoterminale. Era ancora attivo e contenente dei dati. Benché fossero vicini al laboratorio centrale, a un passo dalla sonda protean, la curiosità ebbe la meglio.
Selezionò la prima registrazione. Sul monitor apparve una scienziata che Shepard non riuscì a riconoscere. Dinnanzi a lei, al centro del laboratorio, l'ologramma dell'Uomo Misterioso.

« Il cervello di Grayson è un disastro. Alla fine i razziatori ne hanno ottenuto il pieno controllo. »

« E le migliorie fisiche? »

« Davvero eccezionali, se solo non dovessimo riscrivere l'intero tracciato neuronale... » la donna calcò l'ultima frase con un sarcasmo tagliente.

« Il fallimento di Grayson è dovuto a scarsa determinazione. A lui importavano solo le sue dosi di sabbia rossa. »

« Vuole provare con dei soggetti più leali, signore? »

« Trova dei volontari tra le nuove reclute. Non possiamo ignorare tali benefici fisici. »

Il filmato si bloccò, dando a Jane la possibilità di selezionare la registrazione successiva. Davanti ai suoi occhi, gli protagonisti.

« I miglioramenti sono fuori scala. Le nostre truppe sono superiori a qualsiasi soldato dell'alleanza. »

« Procediamo comunque. Tutti i soldati devono avere gli impianti prima che arrivino i razziatori. »

« Però il rischio di perdere il controllo delle nostre forze è reale. Alcuni sentono già delle voci. »

« Quando il nostro lavoro a Sanctuary darà i suoi frutti sentiranno solo la nostra voce. »

Il Comandante percepì un brivido lungo la nuca. Era rimasta l'ultima registrazione.
Digitò il pulsante di avvio.

"Ma che diavolo..."

Il laboratorio era cambiato. Non vedeva più la piattaforma olografica, sostituita da ciò che le sembrò il letto di una camera operatoria. Seduto sul bordo, l'Uomo Misterioso in carne e ossa.

« Signore, ha chiesto la mia opinione a riguardo. È troppo pericoloso. »

« No! Ci siamo quasi, Sanctuary è stato un successo. Possiamo controllare le forze dei razziatori. I nostri sforzi e gli enormi sacrifici che abbiamo compiuto presto saranno ripagati. »

« Non possiamo perderla. L'umanità ha bisogno della sua mente, preferibilmente intatta. »

« Sono cosciente dei rischi, Iana. Ecco perché mi affido a te. Con te al mio fianco so di avere qualcuno in grado di tenermi in riga. »

« Eh... mi fiderò di lei, signore. Va bene. »

« Inizia la procedura. Niente anestetici, e per sicurezza... » gli occhi azzurri dell'uomo si posarono sulla telecamera, « computer, fine registrazione. »

Il video si spense con un leggero sibilo. Shepard si lasciò sfuggire un verso di disappunto. Voleva sapere cosa diavolo fosse successo in quel laboratorio, che cosa stesse succedendo. Si chiese se fosse davvero possibile ciò che aveva sempre millantato di poter fare. Se davvero i razziatori potessero essere comandati a proprio piacimento. L'idea che fosse quell'uomo ad avere il potere su una simile forza distruttiva rese ancora più impellente la necessità di eliminarlo dalla circolazione. Guidata da uno scatto d'ira, la mano le si strinse in un pugno e colpì la tastiera, causando il cortocircuito dell'intero sistema.

"Dannazione..."

Un cenno rapido, prima di mettersi a correre. Fucile d'assalto in mano, lo scalpiccio dei compagni dietro di sé, oltrepassò una prima soglia e corse lungo il corridoio. Si trovò davanti a una rampa di lucido acciaio che terminava con l'ennesima porta. Il simbolo di Cerberus ornava i due pannelli scorrevoli.
Shepard comprese di essere arrivata.

« Ci siamo, tenete gli occhi aperti! »

I pannelli si separarono con un fruscio metallico. Si spalancò l'accesso al laboratorio centrale della stazione Cronos, una visione che mozzò loro il fiato.
Il pavimento di resina scura rifletteva, in sinergia con le piastre del soffitto, l'immensità dello spazio siderale, al cui centro brillava la supergigante rossa Anadius, silenziosa spettatrice della battaglia furente tra Cerberus e l'Alleanza. Gli schermi protettivi impedivano al fulgore della stella morente di accecare lo sguardo di chi indulgeva nel contemplare i suoi brillamenti e le volute di plasma che si rincorrevano sulla superficie.
Shepard avanzò, ammutolita. Aveva già visto quel posto, ammirato le meraviglie cromatiche dell'astro morente, ma sempre attraverso l'olovisore su cui, in quel momento, poggiava i piedi. Si aspettava di trovare l'Uomo Misterioso, di potersi confrontare infine con lui faccia a faccia.
La sedia era vuota.

"Mi è sfuggito di nuovo..."

Il dolore alle guance la obbligò a rilassare i muscoli del volto.

"Se non posso avere lui, almeno la sonda protean."

Si impadronì del posto del suo avversario. Di fronte a sé osservò il terminale informatico principale di Cerberus. Era in suo completo possesso, ed era intenzionata a sfruttarlo fino in fondo.

« Dobbiamo trovare l'IV protean » ordinò, mentre attraverso i guanti assaporava il tocco della tastiera olografica. Il ticchettio dei tasti si diffuse nella stanza.

IDA si recò a un terminale minore, situato a breve distanza, dove poté fornire a Jane l'accesso diretto alle funzionalità della struttura. I codici necessari apparvero davanti ai suoi occhi.

« Shepard. »

"Questa voce."

Le mani della donna si pietrificarono sul terminale.

« Mi hai rubato la sedia... »

Il Comandante si alzò di scatto, estraendo la pistola in un unico, fluido movimento.
La delusione fu cocente quando si accorse che dell'Uomo Misterioso poteva ammirare solo l'ologramma, ma non smise di puntargli la pistola contro il volto.

« Forse questa sedia è l'unica cosa che ti rimane. Cerberus è finito » asserì, sputando in quelle parole tutto il proprio odio.

« Al contrario. Abbiamo ottenuto tutto ciò che mi ero prefissato... », l'uomo tirò una rapida boccata di sigaretta, « ...quasi, tutto. »

Shepard ripose la pistola. Sentì il bisogno di tirargli un pugno, un'urgenza che represse limitandosi ad avvicinarsi all'ologramma del proprio nemico.

« Sì, abbiamo visto cos'hai combinato a Sanctuary. Ma controllare un razziatore è una cosa ben diversa » lo sfidò, aggrottando le sopracciglia.

« Un ostacolo significativo ma, grazie all'IV protean, possiedo ciò che mi serve per superarlo. »

« Il catalizzatore. »

« Esatto » confermò l'Uomo, senza nascondere la palese soddisfazione. I suoi penetranti occhi azzurri erano fissi su quelli di Shepard.

"Come quelli di un gatto che gioca col topo."

Decise di giocare il tutto e per tutto, cercando di carpirgli quante più informazioni possibili.

« Cos'è il catalizzatore? E come ti aiuterà a controllare i razziatori? »

« Questo dovrai chiederlo all'IV. Io ho smesso di aiutarti. »

La donna imprecò mentalmente, « Perché, l'hai mai fatto? »

« Non pensare che stia dalla parte del nemico solo perché uso le sue tattiche. Credimi Shepard, il mio fine ultimo è sempre stato quello di elevare l'umanità, non solo oltre le altre specie della galassia, ma oltre gli stessi razziatori. »

« Stronzate! » sbottò Jane, protendendosi verso l'Uomo, « Se ci tenessi davvero al bene dell'umanità avresti collaborato con me. »

« Ne dubito » rispose, lapidario. Alla donna sfuggì uno sbuffo disgustato.

« Sei disperato! Quanti ne hai uccisi? Insieme avremmo già ottenuto il crucibolo e il catalizzatore. »

« Non mi hai mai ascoltato, e continui a non ascoltarmi! » esclamò irritato. La sua collera era evidente, enfatizzata dal feroce gesticolare della mano, « la distruzione dei razziatori sarebbe l'errore più grave della nostra esistenza! », la sigaretta tornò ad accorciarsi, « E tu... tu non riuscirai mai a convincermi del contrario. »

Shepard gli si avvicinò sin quasi a toccare l'ologramma. Dalla gola le uscì una voce funerea, che sapeva di sentenza.

« Ho avuto fin troppa pazienza con te. Cerberus è finito, e tu con lui. »

« Ti ostini a negare la realtà delle cose. Cerberus è ben più di un'organizzazione o dei suoi membi. Cerberus è un'ideale... », espirò una voluta di fumo, « ...un ideale che non può dissolversi tanto facilmente. »

Sul pavimento, il riflesso dell'esplosione di un incrociatore dell'Alleanza sembrò suggellare con un marchio di sangue le parole dell'Uomo Misterioso.

« Per di più, io ho già ottenuto quello che stai cercando » concluse.

La donna si voltò verso l'androide, che non aveva mai smesso di setacciare i server della stazione.

« IDA? »

« Ci sono quasi. »

« IDA... », la voce dell'Uomo si fece nuovamente melliflua, « mi sorprende vederti così decisa a realizzare la distruzione dei razziatori. »

« Non dargli ascoltò » la esortò Shepard. Conosceva i metodi di quell'individuo, e la manipolazione psicologica era tra i suoi preferiti.

« Avresti potuto distruggere il corpo di EVA, invece... hai scelto di controllarlo. »

« Era necessario. »

« Ottima scelta » la incoraggiò l'Uomo.

Jane fissò il suo sorriso. Aveva capito dove volesse andare a parare.

"Brutto figlio di puttana..."

« Va bene » concluse lapidaria l'AI, troncando il discorso prima che la donna potesse intervenire.

Al centro del salone apparvero i primi pixel sfocati dell'IV, in un tripudio di luci verdognole che si riunirono a generare la sagoma di un protean.

« Online. Rilevata violazione della sicurezza. »

Shepard si volto, lanciando al nemico uno sguardo di sfida. Sul volto dell'Uomo Misterioso apparve un sorriso enigmatico.

« Goditi la chiacchierata, ma ti consiglio di non dilungarti troppo » la schernì, voltandole le spalle. Il collegamento terminò con un ronzio. L'IV si voltò verso Jane, rivolgendole la propria attenzione.

« Stai cercando di soccorrermi dalle forze indottrinate? »

« Sì. Devo scoprire cos'è il catalizzatore. »

« Protocolli di sicurezza bypassati. Eseguo la richiesta » comunicò il protean. Un breve silenzio piombò nella stanza.

Shepard lo fissò. Il suo cuore accelererò. "Ci siamo."

« Il catalizzatore migliora le trasmissioni di energia oscura e coordina l'intera rete dei portali. Nel tuo ciclo è noto come Cittadella. »

La donna lo fissò, pensando di aver mal compreso cos'avesse detto.

« Eh? »

« Il catalizzatore è la Cittadella. »

La donna ripensò a Ilos, a Vigil, all'importanza della Cittadella per i razziatori, alla sua potenza come portale dalla Via Lattea allo spazio oscuro. Come tutti i portali, la Cittadella era un catalizzatore per l'energia oscura.

"Ma certo..."

« Quindi, mettendo insieme crucibolo e Cittadella potremmo fermare i razziatori? »

« Esattamente. »

« Ma... la Cittadella è stata costruita dai razziatori » obiettò.

« Ereditammo i progetti del crucibolo dal ciclo precedente, e questo passaggio di mano dura da innumerevoli cicli. A un certo punto, difficile stabilire cronologicamente, i progetti vennero modificati per integrare l'uso del catalizzatore. Presumibilmente, il crucibolo non era abbastanza efficace da sconfiggere i razziatori. »

« Li sconfiggeremo con la loro stessa tecnologia » si intromise IDA, elaborando logicamente le informazioni ottenute dall'IV.

« Precisamente. »

Jane squadrò il simulacro del protean con malcelata irritazione. Quella sonda perfettamente funzionante era rimasta nelle mani delle Asari per millenni, e l'IV non aveva mai accennato alla minaccia dei razziatori.

« Se ce l'avessi detto prima ci saremmo preparati meglio. »

« Se i razziatori fossero venuti a conoscenza del catalizzatore avrebbero cercato di impadronirsene. Sono programmato per celare tale informazione fino al completamento del crucibolo » spiegò.

Alle orecchie del Comandante, le sue parole risultarono una squallida giustificazione, benché razionali.

« Possiamo considerarlo pronto. Portiamolo alla Cittadella » concluse la donna, dandogli le spalle prima ancora di finire la frase. Stava incamminandosi a grandi falcate verso l'uscita, quando le parole dell'IV la fecero voltare di scatto verso l'ologramma.

« Potrebbe non essere possibile. »

« Perché no? » chiese, sfidandolo con lo sguardo.

« Colui che ha violato i miei protocolli di sicurezza, il cosiddetto Uomo Misterioso, è fuggito sulla Cittadella e informato i razziatori dei nostri propositi. »

Shepard digrignò i denti. « Maledizione... »

« Allora la Cittadella è in pericolo. I razziatori la conquisteranno » esclamò IDA, in un doloroso sottolineare ciò che la donna aveva già compreso.

« L'hanno già fatto. La Cittadella è stata trasferita nel territorio dei razziatori. » sentenziò l'IV.

Nel suo petto, Shepard sentì mancare un battito.

« Spostata? E dove? » chiese, avvicinandosi a passi lenti.

« Nel sistema da voi denominato Sol. »

L'immagine del pianeta in fiamme le si parò davanti agli occhi in un ricordo straziante. Al suo fianco, sentì Vega sospirare un'imprecazione.

« Terra... »

« Corretto. Ora le forze dei razziatori si consolideranno attorno al catalizzatore, proteggendolo ad ogni costo. Le probabilità di accedervi sono remote. »

« Prima o poi dobbiamo affrontare i razziatori a viso aperto, non importa dove. Porteremo il crucibolo sulla Terra » ribadì Shepard, la cui mente era ancora dominata dal bambino che non era riuscita a salvare.

« Confido nel vostro successo. »

« IDA, contatta Hackett. Deve... »

Il crepitio di una scarica biotica invase l'ambiente. Un fulmine bluastro passò tra Jane e l'androide, che si ritrassero d'istinto, e colpì il terminale principale. Il contatto tra il monito e la scarica causò un corto circuito. Erano isolati.
Voltandosi, lo sguardo della donna incrociò il visore elettronico del braccio armato dell'Uomo Misterioso. L'N7 asiatico che aveva tradito l'alleanza per unirsi a Cerberus. Kai Leng.

« Tu... » sibilò Jane, gli occhi ridotti a due fessure.

« Ti aveva detto di non dilungarti » la schernì, tenendo alto di fronte a sé il braccio su cui era impiantato l'amplificatore biotico.

Jane estrasse il fucile a pompa nell'istante in cui scorse Kai Leng avanzare. Le pesanti falcate rimbombarono nella sala. Con un ruggito, l'uomo caricò la mano di energia biotica e colpì con violenza il pavimento di fronte a Shepard. Gli spessi pannelli di resina lucina si frantumarono sotto la potenza dell'attacco, esponendo il fitto intrico di cavi e tubi sottostante.

"Si comincia."

Se lo ritrovò di fronte prima di rendersene conto, così vicino da sentire il profumo metallico dell'armatura. Dietro alle fessure del visore intravide le nere iridi contaminate dalla fluorescenza degli impianti cybernetici.
La lama calò dall'alto: un fendente, un altro e un terzo, rapidi e letali. Jane si ritrovò ad arretrare, parando ogni colpo con il corpo del fucile. I muscoli delle braccia le tremarono. L'indicatore di stabilità degli scudi prese a lampeggiare come impazzito.
I suoi compagni non stavano sparando. Sapeva che erano arrestati dal timore di ferirla.

"Merda!"

Scorse il riflesso della spada sopra la propria testa. Riuscì a bloccarla a pochi centimetri dallo scalpo. L'uomo forzò il fendente, afferrando l'elsa della katana con entrambe le mani. Shepard intravide l'occasione per sfuggirgli.
Urlando, gli sferrò un calcio bionico sul plesso solare. Sentì il respiro di Kai Leng mozzarsi. In un crepitio elettrico, l'assassino venne scagliato verso la porta, davanti a cui atterrò con agilità.
Le bocche da fuoco di IDA e James iniziarono a cantare.

« Ancora meglio che su Thessia! È più personale » dichiarò l'uomo, evitando i proiettili senza sforzo apparente. Corse verso IDA, che lo vide passarle di fianco senza che la degnasse di uno sguardo. Voleva solo Shepard.

Un'onda d'urto investì i tre militari dell'Alleanza, deviando i proiettili contro le pareti di vetro. L'asiatico aveva distrutto una seconda porzione di pavimento. Dal soffitto, una squadra di soldati d'assalto arrivò per rinforzare il fronte di Cerberus.
La donna ordinò ai compagni di occuparsi delle marionette. Lei avrebbe pensato a Kai Leng. L'assassino si scagliò contro Shepard, cercando di arrivarle a portata di spada.

« Così non fai altro che indebolire l'umanità » la accusò.

« Tu usi tecnologia dei razziatori! » latrò Shepard di rimando, sparando un colpo di seguito all'altro. Era più potente di lei. Doveva tenerlo alla larga.

Arretrò, senza mai volgergli le spalle; la sensazione delle schegge di vetro che si sbriciolavano sotto gli stivali le risalì le gambe.

« Ora sono più forte! » dalla mano di Kai Leng fuoriuscì una sfera di plasma condensato che infranse gli scudi di Jane. « Evolversi o morire. Non ci sono alternative! »

Un colpo di fucile della donna infranse gli scudi dell'uomo. Ringhiando per la frustrazione, l'asiatico batté in ritirata dall'altro capo della sala. La sua figura si stagliò sul profilo della stella morente, buia come una macchia solare.

"Non mi scappi, stronzo."

Shepard si proiettò verso quell'immagine infernale. Contò dieci metri, cinque, tre passi di distanza dall'avversario. Sollevò il fucile. All'improvviso, i capelli le si drizzarono in testa. Elettricità statica.
Scartò di lato. Il suo stivale incontrò il vuoto, sentì lo stomaco in gola. Con un tonfo sordo, l'arma ancora stretta in una morsa istintiva, piombò di schiena dentro una voragine nel pavimento.
I timpani furono scossi dall'enorme frastuono. L'onda d'urto, carica di schegge di vetro, le sfiorò la punta del naso.

« Tutto qui quello che sai fare? » lo sentì provocare.

Jane si rialzò con un colpo di reni, imbracciando l'arma. Le sue iridi lampeggiavano di bagliori euforici, forti dell'adrenalina che le scorreva nelle vene alimentando ogni cellula del corpo con la furia della battaglia.

« Come vanno le gambe? Sei stanco? » lo sbeffeggiò, balzando fuori dalla voragine.

« Sei troppo lenta, Shepard! » gli rispose Kai Leng. Un fendente improvviso la costrinse a ritrarsi all'indietro, consentendo all'assassino di allontanarsi dalla rosata del suo fucile.

« Almeno io non scappo! » latrò la donna.

Caricatasi di energia biotica, sfruttò il suo attacco più potente scaraventandosi contro Kai Leng con il peso del proprio corpo. Udì le sue difese polverizzarsi e maledisse l'addestramento da N7 dell'asiatico quando si accorse che l'impatto non era stato sufficiente per ucciderlo, ma solo per sbalzarlo a distanza di pochi metri. L'assassino riacquistò l'equilibrio con una sequenza di movimenti acrobatici. L'ennesimo pugno biotico scagliò frammenti di nera resina nell'aria e impedì a Jane di sfruttare la carenza di difese dell'avversario.
Uno dei proiettili taglienti le graffiò il viso. Shepard provò il malsano desiderio di appendere la sua testa nella teca dei trofei.

"Perché cazzo non ti decidi a morire?"

Prima che potesse raggiungere Kai Leng, tra lei e l'uomo si frappose l'esile figura di un Phantom, sopravvissuta a stento ai proiettili di IDA e alle granate di James Vega.
Con un ringhio, Jane afferrò la mercenaria di Cerberus per la gola, alzandola da terra. L'assassina emise un lamento strozzato, che si tramutò in un flebile mugolio quando in una frazione di secondo il suo cranio impattò contro il pavimento. Il sangue si sparse sul vetro scuro, inquinando il riflesso delle stelle come una macchia di inchiostro.
Shepard alzò lo sguardo. L'asiatico si teneva ancora a distanza.
Rinfoderò il fucile e lasciò che le sue mani arpionassero d'istinto il calcio dell'Avenger.

« Alla Cittadella sei fuggito. E anche tu Thessia » lo provocò, sogghignando.

« Taci! »

Lo vide scattare in avanti. Di fronte alla porta d'ingresso, dove Kai Leng era loro apparso, Jane si immobilizzò sul posto, il volto deformato in un ghigno terrificante. Attorno ai due contendenti, la pioggia di proiettili scatenata dal combattimento tra le due fazioni si sovrapponeva al muto spettacolo delle armate di Cerberus annientate dalla potenza delle navi dell'Alleanza, in un trionfo di deflagrazioni e frammenti dispersi nell'immensità cosmica.
L'udito di Shepard era concentrato solo sul suono dei passi di Kai Leng. I suoi occhi seguivano ogni minuta movenza dell'avversario.

« Anche se tu vincessi, è troppo tardi per fermare il corso degli eventi! »

La voce dell'asiatico le risuonò nel cervello come un eco lontano. Il riflesso della katana si fece più vivido, in una parabola luminosa che dal soffitto puntava alla sua gola.
Era il momento.

« Può darsi... » urlò la donna, scostandosi all'ultimo secondo, « ... ma in ogni caso... », gli piantò il fucile contro il fianco, annientando gli scudi con una raffica, « ... TU NON POTRAI APPURARLO! »

Sul visore di Kai Leng divampò il riverbero delle scariche luminescenti. Il pugno, celato sino a quel momento dietro la schiena di Jane, saettò in un crepitio biotico contro il petto dell'assassino.
Uno schizzo di sangue sporcò lo spallaccio della donna.
L'uomo crollò a terra senza un gemito.

"Fottiti."

Jane ripose il fucile d'assalto, volgendo le spalle all'asiatico agonizzante e dirigendosi al terminale principale. Attorno, i cadaveri dei mercenari di Cerberus punteggiavano il pavimento in rovina della stanza.
Si sedette sullo scranno dell'Uomo Misterioso. Doveva raccogliere i dati necessari per l'inserimento del crucibolo nel catalizzatore. I suoi compagni ne approfittarono per ammirare la disfatta di Cerberus dall'immensa vetrata protettiva.
Il ticchettio delle dita sui tasti riempì l'atmosfera artificiale della stanza, rimbalzando contro le pareti in un flebile eco. Folder. Folder. Link. File. Grafici. Coordinate. Code strings. Pack files. Pack data. Comprimi. Invia.
Un respiro alle spalle. Shepard roteò il busto.
Il pugno colpì la katana di piatto. Il peccato originale della spada giapponese completò l'opera. La sottile lama d'acciaio rivelò la debolezza insita nella sua rigidità, spezzandosi a metà in un tintinnio metallico.
L'omni-blade avvolse l'avambraccio di Jane. L'arto scattò in avanti. La lama arancione penetrò nelle carni come fossero di burro. Attraverso la tuta, la donna percepì il calore del sangue di Kai Leng.

« Questo era per Thane, maledetto bastardo » gli ringhiò nell'orecchio, prima di smaterializzare l'arma. Lo vide rovinare a terra, esanime.

Accanto al cadavere, conscia dello scampato pericolo, l'IV della sonda protean.

« La Cittadella è in posizione. I razziatori si stanno preparando a completare il raccolto delle vostre specie » riferì lapidario, i quattro occhi fissi su Shepard.

« Li fermerò. »

« È troppo tardi. Consiglio di cercare un modo di conservare le informazioni per le spec... »

« Li fermerò! »

La sua voce non ammetteva repliche.
Dirigendosi verso l'uscita, Jane voltò le spalle all'IV, a Cerberus e al suo passato.

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Capitolo 15
*** La resa dei conti ***


LA RESA DEI CONTI






 L'ombra dei lunghi artigli si allungò sul volto di Shepard, teso in una smorfia di collera. Seguì con gli occhi il lento movimento della mano sintetica, ormai alta sopra l'orrida testa. La via di fuga le era preclusa dalle macerie e il misero fucile che teneva tra le mani non sarebbe mai stato sufficiente a eliminare l'asari corrotta.

Sotto alle suole degli stivali il terreno iniziò a vibrare. Alle sue spalle, l'assordante ruggito del razziatore, di classe Distruttore, sembrò intonare un inno di vittoria.
Attese.
Le vibrazioni del suolo aumentavano d'intensità. Dalle scheletriche membra della banshee si propagarono onde bluastre di energia biotica. Il suo grido si innalzò, rauco e stridulo, sopra la desolazione di Londra.
Al tremore si unì il calore.
Jane si appiattì contro ciò che restava dell'edificio crollato.
Il raggio infernale del razziatore le accarezzò il capo. L'odore dei ciuffi di capelli bruciati si mescolò all'olezzo del cemento arso e della terra inaridita. Stringendo le palpebre per resistere al fulgore, vide il fascio ardente investire l'asari corrotta.
L'atroce verso della creatura si spense e del corpo sintetico rimase un cumulo di cenere, su cui Shepard sputò un grumo di saliva e polvere.

« Comandante! » attraverso il comunicatore vocale, la voce di IDA entrò di prepotenza tra i suoni della battaglia « Nave da guerra a portata di tiro, missili pronti al lancio.»

« Ricevuto, IDA. »

Jane si alzò, scavalcando le macerie che avevano impedito al raggio di carbonizzarla.
Attraverso l'omni-tool, i parametri vitali dei suoi compagni indicavano valori entro la norma. Si sforzò di non rintracciare James con lo sguardo. Avrebbe voluto accertarsi che non fosse un'anomalia elettronica, che fosse davvero riuscito a sopravvivere allo scontro peggiore della sua carriera da N7.
Si precipitò al terminale di lancio dei missili. Attorno a lei, il fischio continuo dei proiettili, e i colpi che le scuotevano gli scudi, portati al massimo della potenza e al limite della resistenza.
Venne affiancata da Kaidan, che sovraccaricò le armi dei razziatori quel tanto che le bastò per raggiungere la postazione.
Compose il codice di avvio.

« Puntamento online, razziatore a portata di tiro » avvisò IDA. Era il segnale che stava attendendo. La Normandy era pronta.

Shepard iniziò a digitare la sequenza di lancio. Era maledettamente lunga, e lei era maledettamente esposta. Necessitava di copertura.
Sul fianco destro udì i ruggiti. Una nuova orda di razziatori si stava avvicinando da nord. Cercò di concentrarsi sul monitor del terminale. I ruggiti le sembrarono numerosi, troppo numerosi perché Alenko potesse respingerli da solo.

"Merda."

Prima che potesse accorrere in aiuto del biotico, il suono di un fucile a pompa, un Wraith M-11 perfettamente lucidato, le produsse un nodo di gioia in gola. Con la coda dell'occhio, scorse i cannibali crollare a terra, uno dopo l'altro, freddati da pochi colpi precisi. Senza vederlo, percepì lo sguardo di Vega vigilare su di lei.

"Nove... cinque... tre... nove." « Fuoco! » urlò Shepard, correndo in copertura dietro le rovine di un edificio, seguita dai propri compagni. James e Kaidan si premurarono che le poche forze nemiche rimaste non si avvicinassero al loro riparo.

In un tripudio di fiamme, i due missili Thanix si innalzarono, fendendo il cielo caliginoso di Londra. Danzarono attorno al raggio del razziatore, guidati con maestria dal sistema di puntamento della Normandy. I loro musi argentati penetrarono la solida corazza nell'unico punto debole, pochi istanti prima che le scaglie di protezione riuscissero a richiudersi.
L'esplosione sbilanciò la creatura, il cui minaccioso occhio rosso rimase inattivo per pochi secondi.

« Sta cadendo! » esultò James.

« Colpiamolo con tutto quello che abbiamo! » ordinò Shepard, collegandosi con le postazioni alleate attraverso l'omni-tool.

Dalla Londra devastata si innalzarono sciami di missili e proiettili, che si diressero contro il Distruttore. La macchina venne circondata da una nube di fuoco e fumo, all'interno della quale i suoi contorni divennero indistinti. La potenza delle deflagrazioni divenne così abbacinante da costringere il Comandante a proteggere gli occhi con un braccio.
Quando la nube si diradò, il rottame del razziatore giaceva al suolo, ormai esanime. Attorno a loro, l'armata dei razziatori si era ritirata.

« Nave da guerra terminata » confermò IDA, dalla cui voce metallica trasparì una punta di soddisfazione.

« Ottimo lavoro IDA. » Shepard si congratulò con l'AI, voltandosi verso i compagni per elargire loro un sorriso di approvazione. Kaidan le annuì di rimando, e le sembrò che dagli occhi di James trasparisse un entusiasmo più radioso del necessario quando incontrarono i suoi.

Distolse lo sguardo con un movimento secco.

"Devo smetterla di illudermi e concentrarmi." Un breve sospiro le sfuggì dalle labbra, "Che idiota..."

« Shepard, stiamo raggiungendo la vostra posizione. » Attraverso il comunicatore auricolare, la voce di Anderson la distolse dai suoi pensieri.

« Ricevuto » risposte, la voce più stanca di quanto avrebbe voluto. Si voltò verso i cingolati dell'Alleanza, che a fatica avanzavano tra le macerie della capitale inglese.

Si fermarono con un cigolio stridente nel punto dove la banshee era stata polverizzata, le sue ceneri ormai disperse nei detriti del quartiere distrutto.

« Shepard, quaggiù! » Da uno dei carri scese una figura famigliare, il volto scuro coperto dall'eterno cappellino argentato. Shepard non si mosse, ammirando commossa il fisico maturo ma robusto di Anderson, la sua divisa coperta dalla polvere, sgualcita da mesi di guerriglia. Per lei era come un padre: era stato lui a salvarla dalla corte marziale, e sempre lui le aveva assegnato Vega come guardia del corpo durante i sei mesi di prigionia sulla Terra. Sapeva bene che in quella guerra le possibilità di rivedersi vivi erano ridotte al minimo, e ogni incontro era uno dei pochi momenti di felicità che osava permettersi.

« Grazie al cielo ce l'hai fatta » disse l'ammiraglio con un sorriso, ormai giunto a pochi passi.

« Me la sono vista brutta » ammise Jane.

L'ammiraglio annuì leggermente, prima di rivolgere la propria attenzione al condotto. Passando di fianco alla donna, si diresse verso una bassa barriera di cemento, su cui James e Kaidan si erano posizionati in attesa di nuovi ordini. Shepard gli andò dietro, cercando di ignorare al contempo la sensazione di pericolo e lo sguardo di Vega su di sé.

« E c'è di peggio... » ammise Anderson appena la donna l'ebbe raggiunto.

« Come sempre... » sospirò Jane di rimando, aggrottando la fronte nel momento in cui i suoi occhi caddero sul condotto.

« Hackett ha appena fatto rapporto. Diversi razziatori di classe Sovereign, incluso l'Araldo, si sono sganciati dallo scontro con Sword. Sono diretti qui. »

« L'Araldo? » Shepard si voltò verso il proprio superiore, sperando di averlo mal compreso. L'assoluta serietà che traspariva dal volto dell'ammiraglio annullò le sue speranze. Girò la testa verso il fascio di luce che li avrebbe guidati alla Cittadella, per poi guardarsi alle spalle, come se temesse di veder comparire il razziatore dalle nubi di fumo che oscuravano il cielo. Si sarebbero incontrati di nuovo, questa volta dal vivo.

« Hackett ha l'opportunità di posizionare il crucibolo, ma avremo bisogno che una squadra vada sulla Cittadella ad aprire quelle braccia. Subito! » aggiunse Anderson, riportando l'attenzione di Jane a sé.

« Non sappiamo ancora cosa troveremo sulla Cittadella » si intromise Hammer dopo averli raggiunti.

« Allora è quello che faremo, scoprire cosa ci aspetta » concluse Shepard, rivolgendosi ai suoi due compagni in un tacito ordine.

« D'accordo. Pronti a partire gente! » dispose Anderson.

L'Ammiraglio si incamminò verso i cingolati.  « Contatta l'Ammiraglio Hackett... » lo sentì ordinare a un militare, un povero uomo sotto i cui occhi albergavano due profonde borse scure.

Jane e Vega si mossero in contemporanea, scambiandosi un'occhiata fugace. Entrambi sapevano a cosa stavano andando incontro. Lei era il suo Comandante, e lui era il suo migliore soldato. Vi sarebbero andati assieme.
La donna si voltò per l'ultima volta verso il condotto, lanciando uno sguardo di sfida, prima di salire sul cingolato ormai pieno.
Le pareti si chiusero attorno ai loro corpi come un feretro metallico. L'unico contatto con l'esterno era un misero schermo collegato a dei sensori ambientali e una videocamera in frantumi. Per quanto fosse abituata ai mezzi dell'Alleanza, per un istante Shepard si sentì soffocare. Una sensazione che non riusciva più a sopportare.
Strinse le palpebre, appoggiando il capo contro il freddo sedile di stoffa più vicino. Sentì il carro muoversi con uno scossone, il muso puntato verso la base del condotto.

« Shepard? »

La voce di Anderson la spinse a riaprire gli occhi. Dal volto dell'ammiraglio traspariva preoccupazione, un sentimento pericoloso in quei momenti cruciali. Si sforzò di recuperare la sua solida freddezza, sporgendosi verso l'uomo e annuendogli con una convinzione di cui maledisse la scarsità.

« Da qui sarà una corsa diretta contro il raggio. »

« Una corsa diretta con i razziatori che cercheranno di schiacciarci! » puntualizzò Hammer con una vena di sarcasmo.

« Ci basterà far passare qualche soldato » replicò Anderson, cercando di stemperare la tensione crescente in quell'ambiente claustrofobico. Jane sapeva che anche lui, come Hammer, era cosciente di quanto fosse disperata come impresa, eppure stava agendo come ogni comandante avrebbe dovuto agire in quel contesto: stava mantenendo alto il morale dei propri uomini.

« Solo una manciata, eh? » provò a scherzare Kaidan.

« Non è una missione suicida ma poco ci manca » confermò l'Ammiraglio, guardando Shepard.

La donna rise, dentro di sé. Non era la prima volta che affrontava una presunta missione suicida, e l'ultima volta era riuscita a non far morire nessuno.
Si alzò in piedi in un unico, fluido movimento. Osservando la sua squadra, si agganciò alle maniglie del tetto per mantenere l'equilibrio.

« Abbiamo una possibilità, per quanto piccola. »

Gli uomini la imitarono, la fronte alta. Erano pronti a sacrificarsi per la Terra, e per lei.

« Si combatte, o si muore. » Le parole di Kaidan sembrarono confermare i suoi pensieri, e vi rispose con un cenno del capo. Alle spalle del biotico, James la osservava in silenzio.

Jane sentì una stretta alla gola quando incrociò quegli occhi color nocciola. Avrebbe dovuto lasciarlo con la squadra d'appoggio, per garantirgli qualche speranza di sopravvivenza. Avrebbe potuto scegliere Garrus, il cui sguardo disperato le aveva ferito l'animo quando con un semplice gesto della mano l'aveva relegato a supporto. Avrebbe potuto scegliere Javik, che non desiderava altro che potersi vendicare dei razziatori. Invece aveva portato con sé James, attraverso l'inferno stesso, affrontando atrocità che nessuno avrebbe dovuto mai vedere, sino alle porte di una missione da cui con ogni probabilità nessuno si sarebbe salvato. E l'aveva scelto perché non tollerava l'idea di separarsi da lui nei momenti finali. L'aveva desiderato al proprio fianco, e le erano bastate poche parole per ottenerlo. Un ordine che non si sarebbe mai perdonata, se fosse morto. Un ordine mosso dall'egoismo e non dalla necessità.

« Il bersaglio è in vista » li avvisò Hammer. Jane si staccò dalla maniglia.

Anderson li squadrò con una rapida occhiata. « Bene gente. Ci siamo. »

Un potente scossone scosse il cingolato, che emise un lamento di ferraglia e giunture spezzate. Shepard venne catapultata in avanti dall'urto, precipitando contro Kaidan. L'uomo la afferrò con fermezza, stringendola a sé.
Jane si ritrovò tra le sue braccia, in una posizione che le rammentò un abbraccio disperato piuttosto che una presa fraterna.

"Ancora adesso..."

Riacquistando l'equilibrio sul pavimento inclinato del mezzo, la donna si staccò con un gesto aspro di cui si pentì subito. Per quanto non fosse mai riuscita a perdonarlo, comprendeva cosa volesse dire avere il timore di perdere la persona amata. La morsa alla gola aumentò quando scorse gli occhi feriti dell'uomo.
Stringendo i denti, uscì dalla stretta cabina.
Il cingolato si era incastrato in una voragine del terreno. Dal motore, lingue di fuoco si innalzavano in un feroce contrasto con il grigio del cielo.

« Merda! »

Jane capì che l'imprecazione di Anderson non era per il mezzo. Scattò verso il bordo dell'ultima discesa che li separava dal raggio, senza staccare lo sguardo dal cielo. Si bloccò, circondata dagli alleati, di fronte al terrificante spettacolo che le si palesava davanti.
Il condotto era lì, a poche centinaia di metri. Alle sue spalle, i lunghi tentacoli dell'Araldo si erano posati sulle strade di Londra, facendo tremare il terreno sotto i loro piedi. Era immenso, più grande di una Sovereign, arrivando a sovrastare anche gli enormi piloni di titanio che racchiudevano il raggio. I piccoli, freddi fari situati sul suo capo fissavano minacciosi la scarna squadra umana, come occhi di un antico mostro degli abissi oceanici. L'immane ruggito che scaturì dalla creatura sintetica penetrò nei loro timpani, a ricordare che non sarebbero riusciti a sfuggirgli.

« Dobbiamo muoverci! » urlò Anderson nel tentativo di sovrastare il frastuono.

« Forza! » incoraggiò Shepard, estraendo il fucile d'assalto e superando con un balzo un leggero dislivello. L'Araldo emise una seconda, agghiacciante dichiarazione di guerra.

« Squadra Hammer, via libera! » ordinò l'ammiraglio attraverso il comunicatore.

La tattica era una sola: correre verso il raggio e sperare di arrivarci vivi.
Le gambe di Jane iniziarono a muoversi, sfidando la gravità e il peso della corazza, colpendo con tonfi pesanti il suolo, sollevando nuvole di polvere e pietrisco. Il vento gelido le sferzava il volto e l'odore di fumo e carne bruciata le permeava le narici a ogni profondo respiro. Contò ogni singolo passo compiuto, ogni metro guadagnato, ogni istante in cui poteva dire di essere ancora in vita.
Con un ruggito d'avvertimento, l'occhio dell'Araldo s'illuminò di scarlatto, un colore che si riverberò sul viso del Comandante.
Il raggio fendette l'aria.
Trafisse un cingolato, scagliandolo all'indietro e incendiandolo. L'esplosione colse di sorpresa la donna, dalla cui bocca sfuggì un grido. L'onda d'urto la investì, sbilanciandola, senza tuttavia riuscire a bloccarla.
La pioggia di raggi si riversava sulla piana, decimando la squadra, incenerendo i corpi dei militari, devastando i mezzi corazzati dell'Alleanza in terra come in cielo. Sul terreno si aprivano voragini, vetrificate dalla potenza del raggio. Un colpo cadde di fronte a Shepard. Gemette, il volto dolente per il calore. Una terza esplosione la sbalzò di lato, obbligandola a recuperare l'equilibrio con le mani. Con la coda dell'occhio, scorse dietro di sé i suoi compagni. Erano ancora vivi.

"Non fermarti. Non fermarti. NON FERMARTI!"

L'ennesimo colpo. L'ennesimo cingolato scaraventato in aria. Le tonnellate di acciaio e gomma la sovrastarono. L'ombra si rifletté negli occhi di Jane, che ne seguì la caduta come se il tempo avesse rallentato.
Si gettò a terra, seguendo l'unico istinto che non l'aveva mai tradita.
Il cingolato le crollò a pochi metri di distanza, sollevando un nugolo di detriti e cenere che piovve sulla donna. La tuta ne venne inondata e un sapore acre le invase la bocca. Serrò le palpebre, aspettando l'urto.
Passarono i secondi senza che nulla accadesse. Jane riaprì gli occhi, incredula di fronte a una tale sfacciata fortuna. Il carro si era piantato nel terreno, in una posizione innaturale ma stabile. Guardò il rottame e d'istinto, lo stesso istinto che l'aveva salvata, si voltò verso James. Al suo fianco, Kaidan.
Un ruggito agghiacciante la assordò. La deflagrazione che ne seguì la spinse a chinare il capo, in un misero tentativo di difesa. Era sicura che avesse colpito il cingolato, che per la prima volta l'istinto l'avesse ingannata.
Scorse un'ombra. Qualcosa di enorme era transitato sopra di lei.
Alzò il capo.
La potenza del colpo aveva portato un secondo mezzo dell'alleanza a scavalcare il rottame dietro cui si trovava Shepard. Ne seguì il volo con lo sguardo, gli occhi sbarrati per il terrore quando vide il carro piombare di coda di fronte ai suoi compagni, La bocca le si inaridì nel momento in cui il cingolato si sbilanciò in avanti, crollando in un inferno di fiamme. Le figure dei due uomini si persero nei miasmi dell'incendio.

« NO! »

Contravvenendo agli ordini di Anderson, maledicendo il rischio di mandare a monte l'intera operazione, Jane si precipitò a soccorrerli. Doveva salvarli, voleva saperli vivi. Si arrampicò sulla carcassa del cingolato, che gemette sotto il peso della donna.
Dall'alto del mezzo li vide. Feriti, piegati dal dolore, ma in vita.
Riprendendo a respirare dopo una lunga, inconsapevole apnea, saltò a terra. Un breve gesto di Kaidan le servì per assicurarsi che il biotico fosse in grado di camminare. Poteva dedicarsi a James.
Sollevò l'ispanico di peso, arpionandolo dalla tuta, e lo obbligò a muoversi in copertura dietro al rottame del carro. Sentì tutto il peso dell'uomo sulle proprie spalle quando il braccio le circondò il collo. Camminava a fatica, zoppicando e inciampando sui propri piedi. Shepard ebbe il terrore che avesse subito danni neurologici irreversibili, e sentì come se un macigno le fosse stato tolto dal cuore quando Vega, al riparo dal massacro, la ringraziò.
Lo guardò. Era un soldato, sapeva che sarebbe potuto morire. Avrebbe dovuto lasciarlo in copertura e proseguire l'avanzata verso il raggio. Osservò il sangue che scendeva dai tagli sul suo volto, rigandone gli zigomi, e le macchie rosse che tingevano la sua armatura.
Quei rivoli vermigli la spinsero alla follia.
Portò la mano destra al comunicatore.

« Normandy, mi ricevete? Evacuazione di emergenza, ORA! »

« Stiamo subendo gravi perdite quassù, Comandante. » La voce di Joker era disturbata, ma ancora udibile.

Jane percepì lo sguardo di James su di sé. Era conscia dei suoi pensieri: un'evacuazione in quelle condizioni era un suicidio, avrebbe esposto la nave ai colpi dell'Araldo per salvare due semplici soldati dell'Alleanza. Una condotta da corte marziale.
Con un gesto della mano, gli ordinò di stare fermo. Con gli occhi, di non fare domande.

« Arriviamo, Comandante! »

Il suono dei motori a reazione sovrastò il putiferio della battaglia. L'affusolata livrea della nave si fece strada tra il fumo degli incendi, cabrando di pochi gradi durante la discesa verso la loro postazione.
L'esplosione dei propri motori di coda spinse il cingolato in avanti, sbilanciando i tre militari. Sentendo il gemito di dolore scaturito dalla gola di Vega, Shepard sostenne il giovane tenente con vigore ancora maggiore, supplicando mentalmente Joker di darsi una fottuta mossa.
La rampa posteriore iniziò ad abbassarsi quando ancora la Normandy si trovava a mezz'aria. Afferrandogli il braccio e avvolgendoselo attorno al collo, la donna obbligò James ad alzarsi in piedi. « Forza! » lo incoraggiò, la voce arrochita dall'esalazioni del carburante in fiamme.
A pochi passi di distanza, claudicante, li seguì Kaidan, la mano stretta in vita nel tentativo di tamponare un'emorragia.
Dalla nave si affacciò un plotone di soldati, fucili d'assalto in mano. Jane percepì un moto d'orgoglio vedendo come il proprio equipaggio stesse rischiando la morte pur coprirle la ritirata.
Il peso di Vega costrinse la donna a rallentare, permettendo allo Spettro biotico di risalire per primo la rampa.

« Ecco, prendete » ordinò Jane, spingendo l'ispanico tra le braccia di Alenko.

« Shepard! »

Il suono della voce di James la raggelò.

« Devi andare » disse, disperando un tono che non ammettesse repliche.

« Cazzate! »

« Non contraddirmi, James! » imperò, lasciando che la natura di comandante prevalesse sul dolore che tali parole le inflissero.

« Posso ancora combattere! » replicò, cercando di sollevarsi sulle proprie gambe. Al tentativo seguì un gemito di dolore che non lasciò speranza alcuna alla donna. « Mi basta un'arma! »

In quell'istante, Shepard si ritrovò sola di fronte all'uomo che amava. Le morti, le esplosioni, i ruggiti del razziatore le parvero un eco lontano di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Percepì il proprio volto rilassarsi, e le labbra si incurvarono in un amaro sorriso di commiato.

« Devo sapere che almeno qualcuno ne uscirà indenne. » "E almeno tu sopravvivrai..."

La dolcezza del tono di Jane sembrò colpire l'ispanico, la cui mascella si irrigidì in un ringhio silenzioso. Capì di averlo convinto quando lo vide annuire, l'ultimo atto di una battaglia persa. Lo sguardo di Vega si alzò nuovamente, e gli occhi ebano della donna incontrarono quelli nocciola dell'uomo.

« Buona fortuna, Lola. »

La rassegnazione trasparì dal movimento ampio del braccio che accompagnò quelle asettiche parole. Shepard soffocò la sensazione di delusione sotto la consapevolezza che non avrebbe sopportato un diverso addio. Se fosse morta, James avrebbe sofferto la sua perdita come un semplice soldato e amico, come avrebbero fatto Garrus, Joker e gli altri compagni della Normandy. Sapeva che Kaidan avrebbe sofferto in maniera diversa, più profonda, forse indelebile, e l'idea che James ne fosse risparmiato la rincuorò.

« Anche a te, James. »

La frustrazione che aveva invaso il volto dell'ispanico lasciò spazio a un'espressione di amarezza. Dietro di lui, Kaidan e lo sguardo di chi sapeva di stare perdendo per sempre ciò che sperava di poter ritrovare. Una visione che Jane non riuscì a tollerare.
Si girò verso il condotto, ammirando l'immensità del nemico che stava per affrontare. L'araldo si stava limitando a incenerire i militari che si arrischiavano verso il condotto. Era immobile, silenzioso, e la stava osservando. O meglio, la stava aspettando.
Gli occhi di Shepard si ridussero a due fessure. Non l'avrebbe fatto attendere oltre.
Si accorse che James aveva teso un braccio verso di lei solo quando si accinse a ordinare il decollo della Normandy.
Il viso dell'uomo era una maschera di dolore. Le sembrò che al tempo stesso la stesse implorando di non andare, di salire sulla nave e di portarlo con sé. Le labbra erano leggermente socchiuse, come se le parole stessero cercando di uscire dalla sua bocca, senza riuscirvi.
Il cuore di Jane sembrò frantumarsi.

« VAI! » urlò, più per convincere se stessa che i suoi compagni.

Il braccio di Vega crollò lungo in fianco, e il gemito di disperazione si confuse tra i rumori della battaglia. Shepard diede le spalle alla Normandy. Lasciò che il suo corpo si muovesse, inondato dall'adrenalina. Concentrò tutti i propri sensi sul campo di battaglia e sul proprio nemico, trincerando all'esterno della propria mente l'immagine dell'uomo che amava distrutto dal dolore. Correre, doveva solo correre. Il suo unico dovere era raggiungere il condotto. Sentì fluire la collera, e il desiderio di concludere quella dannatissima guerra tornò a essere lo scudo che la isolava dal mondo esterno. Non c'era più James Vega, non c'era Anderson, né Garrus, Kaidan, né nessun altro. Era rimasta solo lei, il fottuto Comandante Jane Shepard. Lei, e l'Araldo a fronteggiarla.
Un cingolato le esplose di fianco, sovrastando il suono dei motori a reazione della nave. Ne scorse solo la livrea, di cui seguì con gli occhi la repentina cabrata, sino a che le nubi non tornarono a celarla.
Lo schianto dell'ultimo mezzo dell'Alleanza la scaraventò sul terreno. Il fianco sinistro dell'armatura colpì il cemento, e la violenza dell'impatto si propagò lungo l'intero braccio. Le sembrò come se la stessero pugnalando alla spalla. Stordita, sentì la tuta iniettarle dosi massicce di adrenalina e medi-gel.
Doveva correre.
Si rimise in piedi, barcollando.
Sentì l'Araldo ruggire vittorioso.
Jane alzò la testa e, attraverso lo sguardo ancora appannato, vide il raggio.
Riuscì a portare le braccia al volto, prima di piombare in un abisso nero.

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Capitolo 16
*** Sono orgoglioso di te ***


 SONO ORGOGLIOSO DI TE






« Porca puttana, ce l'ha fatta... »

...

« Parla l'Ammiraglio. Qualcuno è riuscito a raggiungere la Cittadella. Temporeggiamo finché non aprirà le braccia. A tutte le flotte, convergere al crucibolo. Proteggetelo ad ogni costo. »




*** 




Gli occhi, tanto sbarrati da iniziare a dolerle, rotearono in direzione della voce. Ogni fibra muscolare del suo corpo rifiutava di obbedire ai comandi.
Tentò di ribellarsi a quella forza che non riusciva a identificare, imponendo a se stessa di ruotare il busto. Un impulso elettrico anomalo le attraversò la schiena fino alla nuca, incuneandosi nel cervello.  
Un'esplosione di flash le riempì la vista. Strinse le palpebre, il viso contratto nella tentativo di combattere il dolore

« Cos'hai...? »

La pressione all'interno del cranio si allentò, e Jane poté aprire di nuovo gli occhi.

Vide il suo profilo passarle accanto e proseguire verso il terminale di controllo della Cittadella, serafico com'era sempre stato. Era disarmato, vestito solo del suo abito migliore. Le dava le spalle, e le sarebbe bastato allungare una mano per ghermirlo, pochi altri movimenti per ucciderlo, se avesse avuto il controllo del proprio corpo.

« Te l'avevo detto. Il controllo è l'unica soluzione. Il controllo sui razziatori... e su di te, se necessario. »

L'Uomo Misterioso si voltò e Shepard sentì il respiro morirle in gola. Sul viso, tra i lembi della cute ingrigita, si dipanavano raggi di tessuto sintetico, al cui interno il bagliore dei circuiti rifletteva l'azzurro innaturale delle iridi. Il collo ne era invaso, e la donna riconobbe in quel materiale la stessa sostanza che formava le schiere dei razziatori.

« Ti stanno... controllando! » gemette Anderson.

« Non credo proprio, Ammiraglio » sibilò, allargando le braccia.

Jane sentì il sangue affluirle alla testa. Non era arrivata sin a quel punto per essere sconfitta dall'individuo che l'aveva riportata in vita.

« Se puoi controllare i razziatori perché perdi tempo con noi? »

« Perché... » l'Uomo Misterioso si prese un istante di riflessione, portando una mano al mentoe appoggiando il gomito sul braccio opposto. « Voi dovete credere in me. »

"Credere in me?" Shepard strinse gli occhi. Non era una risposta sensata. Nessun individuo sano di mente avrebbe mai perso del tempo prezioso per un simile motivo, lasciando la Galassia in balia dei razziatori solo per convincere qualcuno delle proprie idee. Nessuno, e men che meno l'Uomo Misterioso che aveva conosciuto. In quel momento, il feroce dubbio che fosse stato indottrinato divenne certezza.

« Dopo la scoperta dei portali galattici e l'ingresso in una galassia oltre ogni nostra immaginazione, qualcuno avanzò l'idea di distruggere i portali. » si mosse, girando loro attorno come un avvoltoio attorno a una carcassa. « Avevano paura di quello che avremmo potuto trovare, ma soprattutto di quello che poteva uscirne. E ora guarda cosa siamo diventati... dopo quella scoperta, l'umanità è progredita più che negli ultimi diecimila anni messi insieme. E i razziatori ci faranno progredire ancora di più, mille volte tanto! Ma questo... »

La voce dell'uomo divenne d'un tratto melliflua. Shepard percepì il suo sguardo cristallizzarsi su di lei. La pressione all'interno del cranio crebbe e i timpani le sfarfallarono con un fruscio sordo.
La donna gemette, trovando la forza di sollevare una mano al volto. Percepì qualcosa di impalpabile farsi spazio, la sensazione di un impulso strisciante che si infiltrava tra i muscoli e i vasi sanguigni e prendeva possesso dei suoi nervi.

« ... solo impossessandoci delle loro capacità di controllo » le sussurrò l'Uomo Misterioso.

Jane vide il proprio braccio destro sollevarsi. Sbarrò gli occhi in preda all'orrore quando si accorse che l'Uomo la stava obbligando a puntare la pistola contro Anderson, la cui mano si aprì in un gesto supplice.

« Stronzate. Dobbiamo distruggerli, o loro distruggeranno noi! » replicò l'ammiraglio.

« Dovrei sprecare questa occasione? Mai! »

« Forse la tua solita brama di potere ha annebbiato il tuo giudizio » sbottò la donna, caricando la propria voce di disprezzo.

« No. No! Non è così semplice! »

« Ah no? Tu rinunceresti a tutto, in nome del potere. »

L'ultima parola le uscì dalle labbra come uno sputo velenoso, e non si stupì quando vide l'uomo osservarla con curiosità.

« Sì. Chi altri, se non io? Tu saresti in grado di controllare i razziatori? »

« C'è sempre... un altro modo » si intromise Anderson.

« Ho passato una vita intera a studiare i razziatori e ne sono sicuro, grazie al crucibolo riuscirò a controllarli. »

Gli occhi di Shepard si ridussero a due fessure. Era riuscita a dirottare la conversazione nella giusta direzione. Voleva sapere fin dove il desiderio d'onnipotenza l'avesse condotto.

« E a quel punto? »

Il sorriso che le rivolse le ghiacciò il sangue nelle vene.

« Possiamo dominarli. Usare i loro poteri. Controllare la loro essenza. »

L'Uomo Misterioso avanzò di un passo, stringendo la mano di fronte a sé. L'arto gli tremò, scosso dalla forza con cui l'aveva serrato, e globi violacei di energia oscura si espansero dal pugno.
La pressione all'interno del cranio si fece più aggressiva, e Jane avvertì l'indice destro scattarle all'indietro, trascinando con sé il grilletto della pistola. Il fragore dello sparo le penetrò nella testa come una staffilata, acuendone il dolore, e un grido le morì in gola quando il proiettile affondò nell'addome dell'ammiraglio. Un sapore amaro si mescolò a quello del sangue, e Shepard scosse il capo quando si rese conto che l'Uomo Misterioso gli avrebbe impedito di crollare a terra e tamponare la ferita, lasciando l'emorragia tracimare indisturbata dal foro nelle carni.
L'odio le montò nel petto. come una vampata di calore che le infiammava i visceri.

« So cosa ti hanno fatto. »

« Ho preso solo ciò che mi serviva rendendolo mio! Qui non si tratta solo di me o te. È in gioco l'intera galassia » replicò l'uomo, aprendo le braccia a indicare l'immensità del cosmo a cui si stava riferendo.

« Si sbaglia... non dargli ascolto. »

La voce fioca di Anderson si levò nell'ambiente ovattato della Cittadella. Le rughe sul volto del militare ferito si approfondirono, e la sua forza, con cui non esitava a sfidare il dominio dell'Uomo Misterioso, instillò un profondo orgoglio nell'animo della donna.
L'Uomo Misterioso si concesse un sorriso di scherno.

« Allora, a chi darai ascolto, Shepard? A un vecchio soldato aggrappato al passato, capace di vedere il mondo solo attraverso un mirino? E se si sbagliasse? E se controllare i razziatori fosse davvero la soluzione? »

Jane sentì una profonda stanchezza pervaderle le membra. « Allora... apri le braccia, posiziona il crucibolo e facciamola finita. »

« Io... lo farò. » L'Uomo Misterioso le si avvicinò a passi lenti.

« FALLO! »

L'uomo piegò la testa, indietreggiando. Le mani scattarono verso le tempie senza arrivarvi. Scosse il capo, una, due, tre volte. La voce era un ruggito di collera, le mani artigliate all'aria. « Io so che funzionerà! »

« Non puoi, vero? Loro non te lo permettono. »

Si fermò, il viso contratto in una smorfia, e puntò l'indice contro Shepard. Gli occhi grigi emisero un bagliore metallico. « Invece ho il pieno controllo! Nessuno può dirmi cosa devo fare! »

« Senti come parli... sei stato... indottrinato! » infierì Anderson.

« No. NO! Voi due... per voi è facile parlare così! Credete sia facile ottenere un potere simile? Non sapete i sacrifici... »

« Tu hai sacrificato troppo » lo interruppe la donna.

« Shepard! Io... » il braccio rigido di fronte a sé, l'uomo alzò il volto al soffitto, « Io volevo solo difendere l'umanità. Il crucibolo può controllarli, so che è così! Se solo... » A Jane non sfuggì l'angoscia con cui sfregava le proprie mani l'un con l'altra, torturandosele sino a renderle bianche.

« C'è ancora tempo. Lasciaci andare, risolveremo tutto » lo incoraggiò. Le palpebre le si erano fatte pesanti e ogni respiro le costava sofferenza. Capì che non sarebbe sopravvissuta ancora a lungo. Doveva farla finita con l'Uomo Misterioso, una volta per tutte.

« Io... » balbettò l'uomo, coprendosi gli occhi con una mano, « io non posso farlo, Comandante. »

« Lo credo bene... loro ti controllano! » esclamò l'ammiraglio, la cui armatura era ormai madida di sangue.

L'Uomo Misterioso gli si avvicinò alle spalle, allungando una mano verso la cintura. Un clic elettronico mise Shepard in allerta.

« Tu... tu rovinerai i piani di una vita... »

Si allontanò da Anderson. Stretta nella mano destra, lungo il fianco dondolava la pistola d'ordinanza dell'ammiraglio.

Jane fissò l'arma, prima di incrociare lo sguardo gelido dell'uomo. "Merda..."

« ... non permetterò che accada » la voce dell'Uomo Misterioso era bassa, roca, agghiacciante quanto i riflessi dei suoi occhi. I circuiti lungo la gola erano percorsi da lampi di elettricità.

Shepard sentì l'ira invaderle il corpo come una marea ardente. Quell'uomo aveva giocato col suo corpo e con i suoi sentimenti, manipolandola, sfruttandola per arrivare ai propri obiettivi, e a dispetto della sua arroganza i razziatori erano riusciti a indottrinarlo. Era colpa della sua debolezza se erano arrivati a quel punto, se era di nuovo a un passo dalla morte, se non sapeva se la Normandy fosse ancora integra nel mezzo della battaglia che infuriava. Se non sapeva se James fosse ancora vivo.
I suoi occhi si ridussero a due fessure. Il suo sguardo sprizzò odio. Uno di loro due sarebbe morto, quel giorno.

« Tu sei debole ed egoista, e l'umanità soffrirà a causa tua. »

« No! IO, io ho salvato l'umanità! » urlò l'uomo. Dimenò le braccia e la pistola volteggiò di fronte al viso sintetico.

« No! L'hai sacrificata per le tue ambizioni personali! PER LA TUA SETE DI POTERE! »

« No! NO! »

« Tu avresti dovuto PROTEGGERCI! Invece hai fallito! » latrò Jane.

 L'uomo si afferrò il capo tra le mani e lo scosse, più e più volte. Il corpo era in preda a un tremito inarrestabile. I muscoli si contrassero attorno al calcio dell'arma.

« No... no! » Alzò la testa. Il volto era deformato in un ringhio diabolico. Scattò verso la donna. Davanti a sé sollevò la pistola. « Io sono il salvatore dell'umanità! L'apice evolutivo della nos... »

La Cittadella rimbombò del fragore dello sparo.
L'Uomo Misterioso barcollò, indietreggiando verso il centro della piattaforma, muovendo senza meta uno sguardo incredulo che si perdeva nel vuoto. Il candore della sua camicia di lordò di rosso vermiglio, al cui interno baluginavano riflessi azzurrognoli di materiale sintetico. Alzò gli occhi al cielo quando le gambe gli cedettero, rovinando sul pavimento con un tonfo sordo. Pochi istanti dopo, Anderson subì lo stesso destino, accasciandosi a terra con un gemito.
Shepard ammirò la carcassa dell'Uomo Misterioso, abbassando l'arma lungo il fianco. Era tornata in possesso del controllo sul proprio corpo, una sensazione che assaporò concedendosi un lungo sospiro.

"È finita."

Ripensò con un brivido al momento in cui l'Uomo Misterioso le aveva donato, inconsapevolmente, la possibilità di ucciderlo. Provocarlo fino a fargli perdere il controllo era stato un azzardo. La donna deglutì, cercando di ripristinare la salivazione, e il gusto metallico del sangue tornò a pervaderle la bocca.

"E ora..."

Zoppicando, si diresse verso il margine esterno della piattaforma, dove il terminale di controllo della Cittadella era rimasto il silente spettatore della tragedia. Le dita di Shepard si posarono sulla tastiera olografica. Un déjà vu le si affaccio prepotentemente davanti, riportandola all'istante in cui, quasi tre anni prima, aveva digitato la sequenza per aprire le braccia della Cittadella e consentire all'Alleanza di distruggere la Sovereign.

"Di nuovo, per l'ultima volta."

Digitò la stessa sequenza numerica, per poi appoggiarsi con entrambe le mani ai bordi del terminale, il capo chino di fronte allo spettacolo della Cittadella che si spalancava. Dinnanzi ai suoi occhi apparve l'immagine del conflitto tra civiltà che si stava perpetrando attorno alla colossale stazione spaziale, sullo sfondo di un pianeta in fiamme.

« Eccola... la Terra. » Jane ruotò il capo, attratta dalla flebile voce dell'Uomo Misterioso.

Era immobile, nel punto dove era caduto, e i circuiti innestati nel suo corpo emanavano un tenue bagliore oscillante. Solo i suoi occhi si muovevano da un punto all'altro del globo, in un movimento che a Shepard parve insaziabile.

« Se tu potessi vederla con i miei stessi occhi, Shepard. È così... perfetta. »

Le palpebre si chiusero, obliando il riflesso del pianeta sulle iridi argentee, mentre il capo gli si reclinava verso il pavimento. La luce dei tessuti magnetici si smorzò sino a spegnersi, esalando un ultimo scintillio.
Per quanto fosse stato a lungo il suo avversario più temibile, la donna non poté fare a meno di compiangerlo; era sicura che un tempo l'Uomo Misterioso avesse davvero avuto a cuore le sorti dell'umanità, e se non fosse stato così ossessionato dall'idea di controllare la tecnologia dei razziatori forse avrebbe combattuto al suo fianco. E poi... non avrebbe mai conosciuto James, senza il progetto Lazarus.

"Alla fine una cosa buona l'hai fatta, stronzo. Mi hai riportata in vita."

Alzò gli occhi al cielo, osservando la battaglia che infuriava. Era solo questione di attendere.
Alle sue spalle, Anderson emise un debole gemito. Jane si staccò dal terminale, lasciando impresse le impronte insanguinate dei suoi palmi sul grigiore dell'acciaio, e si diresse a passi claudicanti verso l'ammiraglio.
L'anziano militare si era trascinato sino al gradino che separava il piano centrale rialzato alla base esterna della piattaforma, appoggiandovi la schiena. La donna lo raggiunge, sedendosi al suo fianco, lasciandosi cadere sul pavimento. Ogni muscolo del suo corpo parve tremare nel momento in cui la tensione che le aveva sorretto le membra scemò, lasciando spazio alla spossatezza. Provò il desidero di chiudere gli occhi e dormire, un istinto pericoloso che scacciò abbandonando la pistola e spostando il braccio sopra a una gamba.

« Comandante » la chiamò Anderson con scherzosa marzialità, lasciando che gli occhi cadessero per un istante sul suo volto prima di tornare ad osservare lo spiraglio di universo tra le braccia della Cittadella.

« Ce l'abbiamo fatta. »

L'ammiraglio annuì con un debole cenno del capo. « Sì. È così. »

Jane si voltò. Dinnanzi a loro, la Terra. Una coltre di bianche nuvole, i cui lembi erano mossi con dolcezza dai venti atmosferici, si stendeva sopra gli incendi che avviluppavano la superficie del pianeta, trasmettendo una parvenza di quella quiete che tanto aveva sognato. Il candore del manto si perdeva lungo la curvatura del globo, sfumando nell'oscurità dello spazio interstellare. Tra loro e la Terra, la resistenza dei popoli della Via Lattea si infrangeva contro la potenza immane dei razziatori; le minute, fragili astronavi si frantumavano in molteplici frammenti accartocciati, che si espandevano e perdevano nel vuoto con pigri movimenti, trascinando con sé le storie di coloro che si erano donati sino allo stremo per salvare la galassia, in un muto monumento alla vita.

« È... un bel panorama » sospirò Anderson.

A Shepard sfuggì un sorriso. « Sono i posti migliori. »

« Dio mio. Mi pare di non sedermi... da anni... »

« Credo si meriti un po' di riposo. »

L'ammiraglio rispose con una parola indistinta e Jane notò come stesse combattendo contro l'istinto di chiudere gli occhi. Lo stesso istinto che la stava trascinando verso una sonnolenza indistinta.

« Cerchi di resistere. Presto sarà tutto finito » lo incoraggiò con uno sguardo fugace, e non vide Anderson voltarsi verso di lei, il volto illuminato da un flebile sorriso.

« Sei stata brava, figliola... bravissima... sono orgoglioso di te... »

Shepard chiuse gli occhi. Non desiderò altro. Quelle parole valsero i sacrifici, il dolore e le decisioni estreme di cui le sue spalle si erano fatte carico. Anderson l'aveva accettata nell'Alleanza quando nessuno avrebbe mai acconsentito a una teppista plurischedata di farne parte; l'aveva aiutata ad sopportare la disciplina e il rigore dell'esercito, e a convogliare la sua energia distruttiva in un fine più grande, che esulasse dal mero egoismo in cui era cresciuta. E quando era ripiombata nell'abisso, l'aveva salvata di nuovo.
Nella mente della donna riapparvero le immagini della strage di Torfan, del momento in cui le avevano affibbiato il titolo di macellaio, delle battutine, degli sguardi astiosi e delle scuse con cui i suoi colleghi cercavano di evitare contatti che non fossero strettamente professionali. Rivide il momento in cui aveva consegnato le mostrine da luogotenente e le armi, le notti passate nei locali a ubriacarsi, la ricerca del sesso con uomini sempre diversi, scevra di inibizioni, e le risse al limite dell'omicidio in cui si gettava, cercando di affogare la consapevolezza di essere sbagliata. Rivide la notte di pioggia in cui la porta del bar si spalancò, lasciando entrare un Capitano Anderson fradicio e pronto a convincerla a tornare nell'Alleanza attraverso l'unico modo di persuasione che le riusciva di recepire in quel periodo. Rivide il suo sorriso, la sfida che le lanciò, « se riesco a mandarti al tappeto tornerai con me al centro di comando »,  i pugni, le schivate, le provocazioni sempre più pungenti, e il gancio che la scaraventò a terra. Rivide il momento in cui la accolse sulla Normandy come suo secondo in comando, presentandola all'equipaggio come eroe di guerra. Rivide l'attimo in cui il pannello della sua cabina si spalancò, il gesto con cui Anderson fece accomodare una donna, e le lacrime e le parole gentili, gli infiniti ringraziamenti e l'abbraccio della sopravvissuta agli schiavisti, che le confidò come non avesse paura di un loro ritorno grazie alla scelta estrema compiuta dal famoso Comandante Shepard.
E rivide il sorriso, e il cenno di approvazione dell'ammiraglio, che cancellò il disgusto che provava verso se stessa.
Era finalmente riuscita a ricambiare il debito. A rendere orgoglioso l'unico uomo che si fosse comportato come amico, ma soprattutto come padre.

« Grazie... » riuscì a rispondere, prima di notare un silenzio innaturale. Il respiro rantolante dell'Ammiraglio era cessato.

Jane si voltò verso il militare, di cui intravide il corpo accasciato.

« Anderson? »

Il volto dell'uomo era rilassato, e le sembrò che vi fosse rimasto impresso un sorriso. Si domandò se anche il suo viso avrebbe avuto la stessa espressione, una volta che fosse morta.
Scostò una mano dal corpo, osservandone le ferite, l'armatura lacera e il sangue che iniziava a incrostare la pelle. Non aveva paura. Sapeva già com'era morire.
Lanciò un ultimo sguardo alla Terra e chiuse gli occhi.

« Shepard! »

"Chi..."

« Comandante! »

La voce di Hackett penetrò nel suo cervello, scuotendola dal torpore in cui si stava abbandonando. Detestò quel suono che le impediva di poter finalmente riposare, ma doveva obbedire. Non poteva deludere Anderson.

« Io... cosa vuole che faccia? »

Rotolò sul pavimento, facendo leva sulle braccia per sollevarsi. Ogni movimento era una staffilata capace di strapparle gemiti di dolore, e sentiva gli arti inferiori tremare in maniera incontrollabile.

« Niente. Il crucibolo non si è attivato. Dovresti fare qualcosa da lì! »

Le gambe cedettero sotto il suo peso. Con un urlo, la donna crollò a terra, sbattendo il fianco sinistro. Lunghe strie brunastre tinsero la piattaforma quando, rendendosi conto di non potersi reggere in piedi, prese a trascinarsi verso il terminale della Cittadella.

« Comandante Shepard! »

« Ah... non vedo... » a carponi, tentò di allungare il braccio per raggiungere la tastiera di controllo. I contorni si erano fatti indistinti e un'ombra stava divorando la poca consapevolezza di ciò che le era attorno. « Non capisco come... »

Le forze abbandonarono il suo corpo. Jane percepì il freddo rivestimento metallico della piattaforma sulla guancia e chiuse le palpebre, lasciando che le tenebre le dominassero la mente.

 

 

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Capitolo 17
*** Né tu, né io ***


NÉ TU, NÉ IO






« Svegliati! »

« ...dove sono?»

« Sulla Cittadella, la mia dimora. »

...

« ...e tu chi sei? »

« Io sono il catalizzatore. »



***



Londra era in fiamme. Il bagliore rossastro degli incendi illuminava a giorno i vicoli, e le ombre degli edifici danzavano seguendo l'infernale crepitio delle lingue di fuoco, in uno spettacolo che riportava alla mente le antiche storie sull'apocalisse e la fine del mondo.
James sentì la testa girargli vorticosamente.
Da qualche parte, in mezzo a quella Geenna rovente, si trovava Shepard.

« COMANDANTE! »

Il richiamo si perse nel boato dell'inferno che avviluppava la città.

« COMANDANTE! »

« JAMES! »

La voce femminile si innalzò alle sue spalle. Vega si girò di scatto, acuendo lo sguardo, e la intravide oltre le imponenti lingue di fuoco che li separavano. Shepard era in piedi, immobile, e il corpo distorto dal calore si stagliava contro il bagliore della città ardente come una minuta macchia solare sulla superficie di una stella. La sua mano era tesa verso di lui in una muta implorazione di aiuto, e dagli occhi arrossati scendevano due torrenti di lacrime che si mescolavano alla fuliggine che anneriva le gote.

« SHEPARD! »

Vega si gettò in avanti, incurante del calore che gli bruciava la pelle, il braccio proteso nel disperato tentativo di afferrarla. Non gli mancavano che pochi secondi per riuscire a stringere la mano attorno a quella della donna, il tempo di pronunciare il suo nome, quando la muraglia di fiamme parve imbizzarrirsi avvolgendogli l'arto.
Il dolore gli annebbiò la mente, costringendolo a ritrarsi. Si allontanò di qualche passo dalla furia del fuoco, raccogliendo al petto il braccio ustionato. Il muro ardente si placò, restituendogli l'immagine di Shepard. Era caduta a terra, ginocchia piegate sotto il corpo, un braccio che sosteneva il suo estremo protrarsi verso l'ispanico. L'incendio avanzava, riducendole lo spazio e obbligandola sempre più spesso a proteggersi il volto dalle scintille.

« JAMES! »

 « Merda... » L'uomo scosse la testa, cercando di recuperare la lucidità. « JANE! »

Si riavvicinò alla muraglia. Le fiamme tornarono ad essere una creatura ostile, ergendo un insopportabile baluardo tra lui e la donna. Le urla di Shepard si fecero più forti, più disperate, straziandolo nella sua impotenza. L'uomo provò ancora, e ancora, e ad ogni tentativo il demone ardente si prodigava con sempre maggiore ferocia per impedirgli di raggiungerla.
D'improvviso, il boato delle fiamme venne soffocato da un ruggito. James deglutì, cercando di recare sollievo alla bocca riarsa dai fumi e dal terrore.
Un'ombra era calata dal cielo e la luce vermiglia del suo occhio riverberava nel chiarore dell'incendio. Gli immensi tentacoli meccanici si posarono sul suolo della città, torreggiando sulla fragile natura umana di Shepard.
James difese la propria vista con un braccio. Alle spalle del razziatore la luce del sole divenne accecante, trasformando i protagonisti di quello spettacolo infernale in due macchie di tenebra.

« Jane... »

Un secondo ruggito si levò sulla capitale in fiamme.
L'occhio vermiglio puntò verso la donna, sulla cui pelle si impresse il colore del sangue.
Vega smise di respirare. Il cuore gli impazzì nel petto.

« JANE! » 

Il raggio squarciò il cielo di Londra.

James sbarrò gli occhi. Il suo sguardo cadde sulla volta metallica dell'infermeria, illuminata dalla luce asettica delle lampade al neon. Londra era sparita, così come Shepard e il razziatore. L'atmosfera climatizzata della nave aveva preso il posto del calore degli incendi e il crepitio delle fiamme era stato sostituito dal rumore ciclico degli scanner medici.
Mosse un braccio verso l'alto, incontrando una debole resistenza. Intravide un tubicino uscirgli dall'incavo del gomito e risalire lungo la curva del bicipite, sino ad congiungersi a una piccola flebo sulle cui pareti di plastica resistevano rade goccioline di un liquido azzurrognolo. Il lieve strattone bastò a scuoterne l'asta, da cui il gancio della flebo emise un flebile tintinnio.

« Bentornato tra i vivi, James. Ci hai fatto preoccupare. »

La voce della dottoressa Chakwas agì come un balsamo caldo per l'uomo, la cui mente riacquisì la corretta percezione di ciò che stava avvenendo.

"Era solo un incubo... un fottuto incubo..." « Per quanto tempo ho dormito, dottoressa? »

« Lo stretto necessario. Purtroppo dobbiamo lesinare sull'anestetico, o nessuno ti avrebbe negato un buon sonno ristoratore. »

« Meglio così... » replicò, scuotendo il braccio per incoraggiarla a liberarlo dalla flebo.

La donna gli si avvicinò, afferrandogli con delicatezza l'arto. Sollevò il cerotto che fissava il tubicino al braccio ed estrasse il sottile ago a farfalla con un unico, fluido movimento. Una stilla di sangue colò dal minuscolo foro lungo il bicipite in un corsa presto interrotta da un lembo di garza sterile.

« L'altro avambraccio? Come te lo senti? » si premurò la dottoressa, gettando i residui in un contenitore giallo acceso su cui capeggiava l'avviso di rischio biologico.

« L'altro avambraccio? » chiese, mentre con lentezza si metteva seduto sul letto dell'infermeria. I muscoli delle gambe, penzoloni sul pavimento, emisero un silenzioso gemito di protesta.

« Avevi un bello squarcio con annessa emorragia. Ho dovuto operare in condizioni di parziale addormentamento e ti sei piuttosto agitato quando ho messo i punti. »

James esaminò la ferita che risaliva dall'osso inferiore del gomito sino al polso. Gli si affacciò il ricordo della muraglia di fiamme, e dell'istante in cui gli aveva ustionato il braccio.

"Ecco perché quel bruciore così vivido..."

Con l'indice percorse l'intera lacerazione. Sarebbe rimasta la cicatrice.

« Tenente? Va tutto bene? »

« Si dottoressa, mi scusi... solo che... » deglutì nel tentativo di scacciare la morsa che gli attanagliava la gola, « ...Shepard... »

La mano di Chakwas si posò sul suo capo, percorrendo la corta zazzera militare sino alla nuca.

« Lo so, James. Hai fatto tutto il possibile, e lei non avrebbe voluto che morissi. »

L'uomo sollevò la testa. Un sorriso increspava il volto della dottoressa, da cui traspariva un'ombra di malinconia.

« Vuole dire che è... »

Fu la voce di Kaidan a fornirgli la risposta.

« Sulla Cittadella. »

Vega curvò il busto di lato, incrociando lo sguardo del compagno d'arme. La schiena era appoggiata alla parete divisoria e dai bordi della divisa d'ordinanza trasparivano le fasciature che gli avvolgevano il busto. Si era rimesso in piedi più velocemente di quanto ci avesse impiegato lui; uno smacco morale che faticò a digerire.

« Vuoi dire che abbiamo vinto? I razziatori sono stati sconfitti? »

« No, voglio dire che Shepard è riuscita a raggiungere la Cittadella prima che perdessimo il contatto. »

James strinse le palpebre, colpendo il materasso con un pugno. « Merda... »

« Comandante non ci ha mai deluso. Dobbiamo solo darle un po' di tempo! »

L'ottimismo della dottoressa stridette contro la cappa di angoscia che era calata sull'infermeria. Lo sguardo di Kaidan era fisso su un punto indefinito del pavimento, il capo incassato tra le spalle e le braccia strette al petto, quasi a volersi difendere. A James sembrò che stesse evitando gli occhi di Chakwas, mosso dallo stesso motivo per cui lui stesso desiderava evitarli: aveva paura di vedere la menzogna dietro a quelle parole. Gli parve innaturale essere sulla Normandy, lontano dalla battaglia, nel momento in cui Shepard aveva più bisogno di loro. Più bisogno di lui.
Con uno scatto si mise in piedi, ignorando le fitte di dolore che gli attanagliavano il corpo. Afferrò la maglia grigia, piegata e riposta su un tavolino poco distante dal letto, e la indossò non senza che i suoi muscoli protestassero vibratamente. La sistemò sopra i bendaggi, stando attendo a non strapparne i punti d'ancoraggio, e si scrocchiò il collo com'era solito fare dopo una lunga sessione d'allenamento.

« Io sono pronto a tornare sul campo. »

Il sopracciglio destro di Chakwas scattò verso l'alto. Kaidan sollevò la testa, lanciandogli un'occhiata penetrante nel silenzio attonito in cui era piombata la stanza.

« Non sto scherzando, dottoressa. Posso combattere, me lo sento. »

« Te lo sentivi anche a Londra, mentre rischiavi di morire dissanguato » commentò Alenko.

« A Londra era l'orgoglio a impormi di continuare a combattere, ora sono lucido. »

« Stronzate. »

Un brivido di collera risalì la spina dorsale dell'ispanico. Ignorando il dolore, avanzò in direzione di Kaidan, fermandosi a pochi passi di distanza.

« Prova a ripeterlo, Maggiore » lo sfidò, calcando con astio il grado militare.

« Tu volevi continuare a combattere per Shepard e anche adesso moriresti solo per lei, mandando al diavolo la possibilità che ti ha dato. Dunque, sono tutte stronzate » ripeté Kaidan, senza scomporsi.

« Mentre tu non ti sei fatto alcuno scrupolo a salvarti la vita, vero, Alenko? »

« Vuoi la verità? Va bene. La verità è che non c'è istante in cui non maledica il momento in cui ho dovuto risalire quella rampa. Solo che mi rendo conto di quando è ora di arrendersi. »

« Arrendersi significa abbandonarla. »

« A differenza tua, non sono così stupido da buttare la vita che Shepard mi ha ordinato di salvare. »

La mano di James scattò in avanti, arpionando il bavero della divisa.

« Sei solo un codardo! »

« Attento Tenente, potresti essere accusato di insubordinazione » sibilò Kaidan.

Un'aura bluastra circondò il corpo del biotico e impalpabili scariche di elettricità statica iniziarono a ondeggiare tra i due uomini. Gli sguardi erano fissi, rabbiosi, i muscoli pronti a scattare, le dita di Vega tanto strette da imbiancare le nocche.

« Adesso basta! » Due piccole ma robuste mani si interposero tra i litiganti, afferrando loro le spalle e spingendoli l'uno lontano dall'altro. « Siete la vergogna dell'Alleanza. Ma guardatevi. »

La dottoressa attese che si scambiassero un'occhiata fugace, lasciando che la mortificazione prendesse il posto della collera, prima di rincarare la dose.

« Shepard è la fuori, ad affrontare solo lei sa cosa, mentre voi vi azzannate alla gola. Se fosse qua vi avrebbe già preso a calci! E se proprio non resistete all'istinto di comportarvi da scimmioni, potete stare sicuri che lo farete FUORI dalla mia infermeria! » sbottò, aprendo la porta scorrevole della stanza. Con un gesto perentorio, impose ai due uomini di uscire, « Sappiate però che dovrete trovare un altro medico che vi sistemi. Le ferite da ottusità io non le curo. »

Il portellone dell'infermeria si chiuse loro in faccia, celando l'espressione incollerita della dottoressa Chakwas e abbandonandoli al silenzio della sala comune; un silenzio che non osarono infrangere, caricandolo di contrizione.
James portò la mano alla nuca, incapace di posare gli occhi sul compagno. Sapeva come l'avrebbe giudicato il Comandante se l'avesse visto in quegli attimi: avventato, irresponsabile, sconsiderato. Idiota.
Si sentì tale.

« Senti Kaidan, ho agito d'impulso, io... »

« Tu la ami. »

L'ispanico sentì le parole di scusa morirgli in gola. « Io... »

« Lo immaginavo. La tua non è una reazione da soldato, né da amico » sospirò, incrociando le braccia.

« Come fai a sapere che Garrus o Liara non reagirebbero come me? »

« Perché solo tre anni fa mi sarei comportato allo stesso modo, e io la amo adesso come allora. »

L'espressione sul volto di James scatenò l'irrefrenabile risata del biotico, che si tramutò rapidamente in un riso amaro.

« Sì James, sono innamorato di Shepard. Da anni, oramai. E lei era innamorata di me, prima che rovinassi tutto con la mia diffidenza e... e il mio stupido orgoglio. »

Vega sbarrò gli occhi.

"Eri tu..."

Nella sua mente riaffiorarono le imprecazioni di Shepard durante i mesi di prigionia, i violenti pugni contro il sacco, le urla di collera, i perché gridati fino allo stremo quando ormai non aveva più le forze per distruggere la cella, la confessione di aver amato un uomo e di essersi sentita tradita, rifiutata, ferita a morte dall'unica persona a cui si fosse mai abbandonata, a cui aveva mostrato senza remore i suoi lati più fragili.

« Si era alleata con Cerberus. Con dei terroristi. Li avevamo combattuti assieme, dannazione. E dopo tutto ciò che avevamo passato assieme, non aveva neppure cercato di contattarmi. Ma quel suo sorriso... e lo sguardo con cui me l'ha chiesto... avrei dovuto capire che non mi aveva mai abbandonato. Che non mi aveva cercato per non danneggiarmi la carriera. Che mi stava supplicando di tornare con lei. Che solo da morta sarebbero riusciti a tenerla lontana da me. Avrei dovuto fidarmi... » Kaidan strinse i pugni, lasciando che il rimorso gli defluisse dal petto, « ma non l'ho fatto. »

James attese in silenzio che il Maggiore terminasse la cascata di pensieri sconnessi in cui stava riversando mesi di sofferenza e rimpianti. Shepard era rimasta sola, pugnalata alle spalle da colui di cui più si fidava, nel momento in cui la sua ritrovata vita si stava ribaltando trasformandola da eroina di guerra a traditrice. Se si fossero trovati in una condizione normale l'avrebbe detestato, forse addirittura pestato a sangue per ciò che aveva costretto il Comandante a subire, ma non si trovavano in condizioni normali e provò solo compassione per quell'uomo che aveva distrutto il suo stesso futuro con le proprie mani.

« Hai seguito le regole, Maggiore. Avrebbe potuto essere un androide, o un clone programmato da Cerberus. L'Alleanza aveva dichiarato Shepard ufficialmente morta. Hai agito correttamente. »

« L'Alleanza aveva ragione... »

L'ispanico si lasciò sfuggire un'occhiata dubbiosa. Lui sapeva che Shepard era davvero morta a seguito dell'attacco dei Collettori, aveva visto la videoregistrazione sulla base Cronos, ma Kaidan non poteva esserne al corrente.

« Perciò hai creduto sin da subito che fosse stata resuscitata da Cerberus? »

« Non sapevo come l'avessero riportata in vita, se integra come pretendeva di essere o sotto il loro controllo, ma sapevo per certo che era morta. Quel giorno... aveva lasciato il comunicatore vocale acceso. »

« E quindi? »

« Riuscivo a sentire i suoi rantoli, mentre soffocava. »

James ebbe bisogno di qualche istante per comprendere le parole di Alenko. Infine, capì.

"Dios..."

La sua mente stava impazzendo solo al pensiero che potesse succederle qualcosa sulla Cittadella e l'unico altro uomo che l'avesse amata l'aveva sentita soffocare nello spazio. Kaidan l'aveva sentita morire.
Il sangue gli si raggelò nelle vene.

« Come potevo essere sicuro che fosse lei? Dopo due anni! Come potevo sapere che Cerberus aveva davvero i mezzi per riportarla in vita? » si disperò Alenko, afferrandosi la fronte con le dita. Un leggero sobbalzo gli scosse il corpo quando la mano di Vega gli si appoggiò sulla spalla.

« Non hai messo in conto Shepard. Un'altra donna forse avrebbe capito, ma lei... » all'ispanico sfuggì un leggero sbuffo divertito, « lei è forse la persona più caparbia, orgogliosa e cocciuta della galassia. »

« Vero » rispose Kaidan, le labbra piegate in un sorriso, « poi sei arrivato tu. »

Le sopracciglia scure di Vega scattarono verso l'alto.

« Che vorresti dire? »

« Che sei un idiota, visto che non ti sei mai reso conto di quanto fossi diventato vitale per lei. »

James afferrò entrambe le spalle del Maggiore, obbligandolo a guardarlo in faccia.

« Stronzate! Lei è il mio Comandante, e il regolamento interno vieta la fraternizzazione. Non avrebbe mai... »

« Se non si è mai fatta scrupoli a fraternizzare con me, perché pensi che ce li avrebbe avuti con te? » dal silenzio, Kaidan comprese di aver colto nel segno, « rispondi a questo. Per quale motivo ti proponeva costantemente come secondo per le missioni? »

« Perché sono il migliore soldato che ha a disposizione sulla Normandy! »

Alenko esplose in una risata tagliente. « Shepard è circondata dai migliori combattenti della galassia, tra cui un generale protean assetato di vendetta. Pensi davvero di essere così in gamba, Tenente? »

« Io... »

« Ti voleva al suo fianco. Non so cosa diavolo ci vedesse in te, ma le davi la forza per andare avanti. Onestamente no so se avrebbe ordinato l'evacuazione se ci fossi stato solo io di fronte all'Araldo. »

Il germe del dubbio si instillò nella mente di James, corrodendo le sue certezze. Quelle battute e i flirt che aveva sempre considerato un innocente gioco gli sembrarono di colpo molto meno innocenti.

"E quella notte..."

Il ricordo di ciò che le aveva detto dopo la festa lo colpì come una mazza nello stomaco. La sensazione di nausea lo investì assieme al sospetto di aver subìto la stessa sorte di Kaidan.

« ...da quanto tempo, Maggiore? »

« Non lo so, ma conoscendola azzarderei a dire da mesi. Forse da prima che i razziatori ci attaccassero. »

L'ispanico si staccò dal biotico come se il contatto fosse divenuto ustionante e un gemito si liberò dalle labbra, contratte in una smorfia d'angoscia. Si lasciò cadere a terra nascondendo il volto tra le braccia, la schiena appoggiata alle gelide lamiere dell'astronave.

« Perché non me ne ha mai parlato? Io credevo che volesse solo del sesso. Che non fossi nulla di più per lei che un soldato con cui divertirsi! » esplose con una voce straziata dalla sconfitta.

« Perché Shepard sarà anche in grado di affrontare faccia a faccia un razziatore con un semplice puntatore laser, ma ha una fottuta paura dei sentimenti oltre a essere totalmente incapace di relazionarsi con le persone. »

« Dios... »

L'ispanico addossò la nuca alla fiancata della Normandy, abbandonandosi all'incubo in cui era lo sguardo compassionevole di Kaidan a posarsi su di lui.

« La verità è che non siamo mai riusciti davvero a capirla. Né tu, né io. E l'abbiamo perduta prima ancora di meritarla. »

La voce di Alenko affondò nella mente di James come un proiettile.
La stessa sensazione di impotenza che aveva provato su Fehl Prime lo travolse, annebbiandogli la vista e trascinandolo nella disperazione. Era amato dalla donna che amava, eppure rischiava di perderla per sempre e senza poter fare niente per impedirlo.
Il senso di nausea si fece più prepotente.

« Qui è l'Ammiraglio Hackett. »

La voce diramò dagli altoparlanti, attirando l'attenzione dei due uomini.

« A tutte le flotte, il crucibolo è attivo. Sganciarsi e dirigersi al punto di ritrovo. Ripeto, sganciarsi e allontanarsi da qui. »

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Capitolo 18
*** Una volta per tutte ***


UNA VOLTA PER TUTTE






« A differenza tua, non sono così stupido da buttare la vita che Shepard mi ha ordinato di salvare. »

« Sei solo un codardo! »

« Attento Tenente, potresti essere accusato di insubordinazione. »



 ***



« Il dispositivo in questione venne ideato molti cicli addietro e ogni ciclo ha portato avanti il progetto, evolvendolo. »

Shepard scrutò di sbieco l'AI. « Perché non l'avete fermato? »

« Credevamo che il progetto fosse andato perduto. Gli organici sono più intraprendenti di quanto prevedessimo. »

Il bambino lanciò una lunga occhiata al raggio del crucibolo, volgendo le spalle al Comandante. L'apatia con cui continuava a definire gli abitanti della galassia dei semplici "organici" aumentava l'irritazione della donna. Agli occhi artificiali dell'AI, gli abitati della galassia non erano che sostanza grezza utile per la creazione di nuovi razziatori; i terrestri erano considerati unicamente materiale umano in grado di riprodursi, i cui sentimenti, emozioni ed ideali venivano classificati come lo spiacevole effetto collaterale che impediva l'inizio pacifico di un nuovo ciclo.
Per i razziatori, gli abitanti della galassia erano parassiti incapaci di agire in maniera razionale, e Shepard decise di ricordare al ragazzino che la realtà era ben diversa dalle informazioni contenute nel suo database.

« La vita organica si distingue per la capacità di autodeterminazione. Sappiamo scegliere per conto nostro. Altrimenti, non saremmo tanto diversi dalle macchine come voi » sibilò, carica di fiele.

« Voi avete scelta, più di quanto crediate. La presenza di un essere organico qui per la prima volta ne è la prova » ribatté l'AI, « ma prova anche che la mia soluzione non è più valida. »

« E con questo? »

« Occorre una nuova soluzione. »

Per quanto fosse una risposta logica, Jane non riusciva a comprendere il comportamento dell'AI. Controllava i razziatori. I suoi nemici. Avrebbe dovuto cercare di distruggerla, non condurla nel cuore della loro fortezza. 

« Perché mi stai dicendo tutto questo? Perché aiutarmi? »

Alla donna sembrò che lo sguardo traslucido del bambino trasmettesse perplessità. Si chiese se non fosse lei impossibilitata a comprenderli, proprio come l'Araldo l'aveva sempre accusata di essere. Una creatura troppo limitata per concepire l'utilità di una soluzione il cui fine si perdeva nello spazio e nel tempo.

« Tu hai modificato le variabili. »

« Che vuoi dire? »

L'AI la guardò con condiscendenza. « Il crucibolo mi ha cambiato. Ha creato nuove... possibilità. Ma io non posso concretizzarle. Se desideri sperimentare una nuova soluzione devi agire. »

"Devo agire..."

Shepard impiegò qualche istante per capire la portata delle parole della creatura artificiale. Doveva agire. Doveva scegliere. Di nuovo. Da sola.

Guardò l'abbacinante raggio di energia oscura che sferzava l'atmosfera della Cittadella, alle cui spalle i disperati tentativi di resistenza dei popoli galattici fungevano da muto sfondo. Il peso di un macigno le piombò sul petto.

« Ora hai la possibilità di distruggerci. »

La prima scelta. Sulla destra della piattaforma si trovava l'arteria pulsante dell'AI, un fragile tubo di vetro al cui interno correvano i cavi di alimentazione della Cittadella, illuminati da una tenue luce rossa. Jane sapeva che Anderson si sarebbe diretto in quella direzione senza indugiare ma lei... lei non era Anderson, e non riusciva a fidarsi dei razziatori.

« Ma ricorda, anche altri saranno distrutti. Il crucibolo non può discriminare. Tutti i sintetici verranno colpiti. Anche il tuo corpo è sintetico, almeno in parte. »

"Tutti i sintetici..." il volto di IDA le apparve fugace nella mente. Malgrado si fosse abituata a considerarla come un membro del proprio equipaggio, rimaneva un organismo sintetico. Come lei, i geth per cui Legion si era suicidato.

"Merda..." « Cosa succederà di preciso? »

Il bambino alzò la testa verso l'immensa struttura metallica.

« Il dispositivo che chiami crucibolo è in larga parte intatto, tuttavia i suoi effetti non riguarderanno esclusivamente i razziatori. Colpirà la tecnologia su cui fate affidamento. I vostri superstiti, tuttavia, saranno in grado di riparare i danni arrecati. »

"La nostra tecnologia..."

« Ci saranno delle perdite ma non più di quante ne abbiate già subite. »

Shepard spostò una mano sullo stomaco: le componenti elettroniche che Cerberus le aveva impiantato durante il progetto Lazarus, le stesse che stavano contribuendo a tenerla in vita malgrado le ferite, avrebbero subito lo stesso destino.
Lei sarebbe stata tra le perdite. Il macigno sul petto si fece più pesante.
Mancava ancora un'informazione, l'unica veramente importante.

« E i razziatori, saranno distrutti? »

« Sì, ma la pace non durerà » ottenne come brusca risposta, « Presto i vostri discendenti creeranno nuove vite sintetiche e ne deriverà un caos inevitabile. »

"Dannazione!" « Deve pur esserci un altro modo. »

« Sì, c'è. Potresti usare l'energia del crucibolo per ottenere il controllo dei razziatori. »

Con un indice, l'AI indicò una seconda struttura portante, al capo opposto della piattaforma rispetto al tubo di alimentazione, di cui la donna non riuscì a identificare l'utilità. Le continue scariche elettriche che si generavano tra due coppie di imponenti bobine irradiavano una rilassante luce azzurrognola che le ricordò l'aura tipica dei biotici.

"Ottenerne il controllo... quel fottuto bastardo!"

Le parve di intravederne l'elegante fantasma afferrare i poli inferiori delle bobine e rimanervi ancorato con caparbietà, riverberando nel turbinio di eezo.

« Allora l'Uomo Misterioso aveva visto giusto. »

« Sì, ma lui non ci sarebbe mai riuscito. Era già sotto il nostro controllo. »

« Io invece sì. » "Va bene, dov'è la fregatura stavolta?"

« Morirai. Riuscirai a controllarci, ma dovrai rinunciare a tutto ciò che sei. »

Shepard represse l'imprecazione. Le sembrò tutto completamente senza senso.

« Se muoio come potrò controllare i razziatori? »

L'AI si girò verso di lei, sorridendole. « La tua forma corporea si dissolverà ma i tuoi pensieri, e persino i tuoi ricordi, continueranno a esistere. Perderai la tua natura organica, e perderai ogni legame con la tua specie pur restando consapevole della sua esistenza. »

Jane distolse lo sguardo dal bambino, aggrottando le sopracciglia. Tutti i sentimenti, le scelte, le persone che aveva vissuto e incontrato sarebbero divenute delle fioche olografie in bianco e nero di una vita altrui. Shepard avrebbe comandato i razziatori, pur non essendo più Shepard. Un nodo le mozzò il respiro: anche Anderson e Garrus sarebbero diventati un vago ricordo sbiadito, incapaci di generarle emozioni. E James... anche lui, per la nuova Shepard, non sarebbe stato nulla più che la creatura di una specie a lei anticamente affina.

« Non ho combattuto questa guerra per rinunciare a tutto! »

« E io non voglio essere sostituito da te, però sarei costretto ad accettarlo. »

« Non se mi rifiutassi di farlo » lo sfidò, guardando d'innanzi a sé e attendendo una reazione aggressiva.

« Esiste un'altra soluzione. »

Jane ruotò il capo attingendo alle poche energie rimaste e fissò di sbieco la piccola figura traslucida. La voce del bambino si era fatta carezzevole. Troppo carezzevole per i suoi gusti.

« Sintesi. »

"Sintesi?" « Sarebbe a dire? » chiese, ponendosi sulla difensiva.

« Unisci la tua energia a quella del crucibolo » chiarì l'AI, dirigendo lo sguardo verso l'abbacinante raggio del crucibolo, « la conseguente reazione a catena formerà una nuova struttura condivisa da tutti gli esseri organici e sintetici della galassia. Un nuovo DNA. »

Shepard represse il desiderio di sparagli in testa. Detestava essere presa in giro e le sembrava che quella specie di razziatore intangibile si stesse divertendo a sbeffeggiarla.

« Spiegami in che modo la mia energia può unirsi al crucibolo. »

« Resta poco tempo ma proverò a spiegartelo. La tua energia organica, l'essenza della tua individualità, verrà dissolta e poi dispersa nel cosmo. »

Gli istinti omicidi del Comandante, acuiti dal tono di sufficienza del ragazzino, morirono nell'istante in cui comprese che sarebbe di nuovo, inevitabilmente, morta. La sua intera vita non era mai stata semplice e da quando aveva incontrato la Sovereign era tutto andato in malora. Faticò ad accettare che il destino fosse così crudele da imporle di scegliere di quale morte morire, negandole persino l'inconsapevolezza.
Chiuse per qualche secondo gli occhi, lasciando che le immagini della fine del conflitto le cullassero l'animo straziato.

« E a cosa servirà? »

« L'energia del crucibolo, rilasciata in questo modo, andrà ad alterare la matrice di tutte le forme di vita organica. Gli organici ricercano la perfezione tramite la tecnologia, i sintetici lo fanno tramite la comprensione. Gli organici si perfezioneranno integrandosi pienamente con la tecnologia dei sintetici e i sintetici, a loro volta, potranno comprendere pienamente gli organici. È la soluzione ideale. Ora sappiamo che è fattibile, perciò è inevitabile che raggiungeremo la sintesi. »

"Brutti figli di puttana..."

« Perché non ci avete pensato prima? » sbottò con voce arrochita. La collera tornò a inondarle il petto nella sua famigliare sensazione di calore.

« In passato sperimentammo una soluzione simile ma si rivelò un fallimento. »

« Perché? » "Se avete fallito allora, perché dovreste riuscirci adesso? Perché devo sacrificare la MIA vita?"

« Perché gli organici non erano pronti. Non è una soluzione che può essere... imposta. Ora siete pronti e la scelta spetta a te. »

Shepard represse una risata. L'imposizione era stato il punto debole del precedente tentativo e il bambino le stava proponendo la stessa scelta, con l'unica differenza che a imporla non sarebbero stati i razziatori ma un singolo umano.

« Mi stai chiedendo di cambiare tutto e tutti. Non posso assumermi questa responsabilità. No... » la donna distolse lo sguardo dall'AI, « non lo farò. »

« Perché? Ormai i sintetici fanno parte di te. Riusciresti a vivere senza di loro? »

« Non è questo il punto. »

Per quanto fosse consapevole di essere infinitamente meno intelligente dei razziatori, nella sua natura di organica sapeva che le due condizioni non erano equiparabili. Il DNA era rimasto tale e quale a prima del progetto Lazarus, benché dispositivi sintetici cooperassero per tenerla in vita, ed era ancora Jane Shepard. Nessuno le assicurava che anche gli altri organici della galassia, dopo il processo di sintesi, avrebbero mantenuto la propria natura. La parola dei razziatori contro il suo raziocinio.

"E voi siete dannatamente bravi a ingannare gli altri esseri..."

« Il tuo tempo è scaduto. Devi decidere. »

Jane trasse un lungo sospiro. « Facciamola finita. »

« Fai ciò che devi » ottenne come unica lapidaria risposta.

Due rampe, al lati del lungo corridoio che l'avrebbe condotta al raggio della sintesi, si innalzarono di fronte a lei. La donna ne seguì il percorso con gli occhi: una le avrebbe permesso di raggiungere i diodi e completare il sogno dell'Uomo Misterioso.
Sarebbe diventata un razziatore. Sarebbe diventata tutti i razziatori. Sarebbe rimasta nella Via Lattea come entità superiore, vivendo un'esistenza da etereo giudice supremo. Un brivido le percorse il corpo: non sapeva come avrebbe pensato una volta diventata la nuova intelligenza artificiale, né se vi sarebbe più stato libero arbitrio per le specie della galassia. Umani, turian, asari e tutti gli altri esseri organici e sintetici avrebbero forse vissuto in pace, ma una pace forzata dalla sua mano.
Li avrebbe obbligati a vivere in gabbia.
Un prezzo troppo alto.
Il suo sguardo si posò per un istante sul raggio della Cittadella, da cui si ritrasse con disgusto.

"Non imporrò mai una scelta simile a tutti. Mai."

Alla sua destra l'ultima rampa, quella che l'avrebbe condotta al cuore pulsante dell'AI e dei razziatori.

"« I vostri discendenti creeranno nuove vite sintetiche e ne deriverà un caos inevitabile... » ma noi abbiamo già dimostrato che la convivenza tra organici e sintetici è possibile. Quarian e geth sono in pace, dannazione. Sono in pace. Noi non siamo bestie prive di ragione. Noi possiamo scegliere, SCEGLIERE!"

Le parole le rimbombarono nel capo sino a diventare assordanti.
Guardò la struttura, debolmente illuminata di rosso, e decise. Sarebbe morta, ma avrebbe dato la possibilità di scegliere ai sopravvissuti.

"Vediamo di finirla, una volta per tutte."

A passi incerti si incamminò verso la struttura dei cavi di alimentazione. Il lento avanzare era accompagnato dal debole scalpiccio delle suole sul metallo della piattaforma, la cui lucentezza si macchiava delle gocce di sangue che cadevano dal corpo della donna.
Tenne gli occhi fissi sull'obiettivo; temeva che, se avesse guardato la Terra stagliarsi nell'immensità dell'orizzonte, avrebbe smarrito il coraggio.
La debole pendenza della rampa la fece gemere, obbligandola a forzare sino allo stremo i muscoli delle gambe. Li sentì tremare penosamente e supplicò il proprio corpo di non abbandonarla.

"Non ancora. Ti prego."

Percepì le guance bagnarsi e la sua bocca fu invasa da un sapore salato che si mescolò al gusto metallico del sangue. Era giunta di fronte al tubo e in quel momento, dopo anni, permise a se stessa di piangere.
Alzò la pistola di fronte a sé e tirò il grilletto.
Sulla superficie del tubo apparve una leggera incrinatura.
Tirò di nuovo. Un'altra crepa, e un rumore tintinnante di vetri rotti.
Un altro colpo, un altro, e un altro ancora.
Il suo lento incedere si fece più sicuro, la sua schiena resa curva dal dolore e dalla fatica si raddrizzò, il suo sguardo era fermo sulla fragile arteria danneggiata. Il braccio era teso quanto i suoi nervi e i colpi si fecero più ravvicinati, le pallottole più precise. Un proiettile oltrepassò la barriera trasparente, trafiggendo i cavi e un nugolo di fulmini si dipanò dal condotto, seguito da un'esplosione e un breve ruggito morente.
Il calore le investì il volto, spingendola a piegarlo istintivamente di lato.
Shepard non si fermò.

"Saresti fiero di me, Anderson."

La piattaforma si trasformò in un inferno di fiamme e cenere, la cui temperatura aumentava dopo ogni sparo che trafiggeva il cuore della Cittadella. Jane alzò il secondo braccio, appoggiando al mano sul calcio della pistola. Non avrebbe indietreggiato. Non dopo tutto ciò che aveva sacrificato.

"Mi dispiace, Legion. Mi dispiace da morire."

Le esplosioni aumentarono d'intensità, obbligandola a rallentare. Il calore era immenso e dovette socchiudere gli occhi per impedire che iniziassero a lacrimarle.
Le mancavano pochi passi. Sarebbe morta, ma a testa alta.

"Thane... forse stavolta mi spiegherai cosa significhi Siha. "

Un colpo.

"James..."

Il volto del giovane tenente, dell'uomo che amava, le affiorò nella mente.
Un breve ricordo, un sorriso fugace che le aveva donato durante le sue infinite sessioni di allenamento.

Un colpo.

Infine, le fiamme.






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Capitolo 19
*** Impatto ***


IMPATTO






 "È… così silenzioso..."

...

"Riesco a vederla... Andromeda... e il cigno... e quella è.… è…"




 ***





«Come sarebbe a dire?»

«Calmati, James.»

«Calmati un cazzo. Adesso torniamo indietro a prenderla!» sbraitò l'ispanico.

«Ho detto calmati, idiota.»

«Vaffanculo Gar...»

Il pugno del turian colpì la guancia dell'uomo con un rumore sordo. Trascinato dalla potenza dell'urto, James crollò a terra.

«Ah, mierda!» si lamentò, intontito.

«Non dire che non ti avevo avvisato» commentò Garrus, incrociando le braccia.

Appoggiandosi su un gomito, l'ispanico si portò una mano al volto. Sentì un liquido caldo bagnargli i polpastrelli mentre dalle labbra la lingua gli restituiva un sapore metallico familiare. Il bruciore gli fece stringere gli occhi e con disgusto sputò un grumo di sangue sul pavimento della Normandy.

«Cazzo, amigo, mi hai spaccato il labbro.»

«Solo perché la testa è troppo dura» replicò l'alieno, porgendo una mano al compagno.

James gli lanciò un'occhiata astiosa prima di afferrargli il braccio e rimettersi in piedi. Lo scatto repentino lo sbilanciò, obbligandolo ad appoggiarsi alla paratia dell'osservatorio di babordo.

«Non riesci nemmeno a reggerti in piedi e vorresti andare sulla Cittadella. Pensavo che l'istinto di sopravvivenza dei terrestri fosse più sviluppato. Ma forse tu sei un'eccezione evolutiva.»

«Vale, vale, ho capito. Sono calmo.»

«E vedi di rimanerlo perché l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un krogan umano impazzito.»

Vega chinò lo sguardo. Dal tono sarcastico del turian traspariva una nota di compassione. Sentì le gote imporporarsi per la vergogna. Sapeva di non avere l'intelligenza di Kaidan o di Garrus ma in quel momento gli sembrò di aver raggiunto vette di idiozia ancora inesplorate.

«Hai ragione, solo che... merda, loco, non resisto. Lei è là e noi stiamo scappando. La stiamo abbandonando, dannazione!»

«Non pensare che per me sia facile. Shepard è la mia migliore amica e la mia compagna di squadra» la voce bitonale di Garrus si fece più profonda, «Non c'è Shepard senza Vakarian. Così mi ha salutato, e io non sto riuscendo a dimostrargli che aveva ragione.»

«E allora perché non...»

«Perché non è in ballo solo la vita di Shepard. Dobbiamo mettere la missione al di sopra dei nostri sentimenti e credevo che un marines fosse addestrato a farlo. Ma qui siamo oltre al mero rapporto tra Comandante e soldato, vero?»

James fissò gli intensi occhi azzurri del turian, incapace di ribattere.

«Lo prenderò come un sì» concluse Garrus, sospirando.

Una cappa di silenzio cadde sui due militari, opprimendone i pensieri. L'uomo digrignò i denti, contraendo i muscoli del volto nel tentativo di scacciare il nodo che gli stava straziando il petto. La mascella protestò con una fitta di dolore improvvisa, obbligandolo a parlare per rilassarla.

«E così è finita.»

«Stai dando per scontato che sia morta...»

«È ferita, sulla Cittadella, ormai ad anni luce da noi e per quanto ne sappiamo potrebbero pure esserci dei nemici su quella nave. Sì cazzo, permettimi di credere che l'abbiamo condannata a morte.»

«Torneremo indietro, James. Dobbiamo solo aspettare il via libera di Hackett.»

«Stronzate. Se anche ci dessero il permesso non torneremmo mai in tempo. Saremmo dovuti tornare sulla Terra, non fuggire come dei fottuti codardi» sbottò, fissando un punto imprecisato del pavimento.

Alle sue parole seguì un lungo silenzio.
James si voltò verso il compagno. L’apatia era la conferma dei timori che lo attanagliavano: Garrus era consapevole di averla abbandonata, di averla lasciata a morire in mezzo ai cadaveri, su un'astronave che aveva sempre odiato. Lei aveva sacrificato la sua stessa vita per salvare il proprio pilota, un solo uomo del proprio equipaggio, dalla furia dei collettori, mentre loro erano scappati, non avendo neppure il coraggio di contravvenire agli ordini per raggiungerla.
La passività del turian lo mandò in bestia.

«Porca puttana, come fai? Si può sapere? Come cazzo fai a non reagi...»

La voce gli morì in gola. Su un volto da rettile illuminato da un debole bagliore rossastro gli occhi spalancati del cecchino era puntati sul vetro alle sue spalle.

«Garrus?»

Il compagno di squadra non rispose. La sempre maggiore intensità del riverbero vermiglio sulla pelle coriacea del turian e un forte sobbalzo della Normandy spinsero James a voltarsi.
L’immensa sfera infuocata innescata dal Crucibolo stava divorando gli spazi siderali, precipitandosi verso la poppa della Normandy a una velocità superiore a quella dell’iperluce. La velocità massima a cui la nave poteva viaggiare.

«Mierda...»

Le dimensioni della bolla erano tali che solo uno spicchio era visibile attraverso la grande vetrata panoramica dell'osservatorio, mentre il plasma emesso dai motori dell'astronave interferiva con il colore traslucido del globo, generando una profonda cicatrice oscura bordata di luce.

«Ci sta per raggiungere! Joker!»

La voce allarmata di Garrus risuonò nella stanza.

«Joker non può parlare adesso ma secondo i miei calcoli la sfera ci raggiungerà in trentaquattro virgola sei secondi» rispose IDA, il cui modulatore vocale le impediva di lasciar trasparire alcuna emozione. James dubitò persino che potesse provarne di autentiche. L'ispanico invidiò intensamente la sua natura sintetica.

Una serie di scossoni sempre più violenti spinsero i due militari ad appoggiarsi alle paratie.

«Sai almeno dirci cosa diavolo è quella roba mostruosa e se ci rimangono solo trentaquattro virgola sei secondi di vita?»

«Purtroppo nulla di simile è presente nei miei database, ma adesso rimangono solo ventisei virgola due secondi all'impatto.»

Le vibrazioni della Normandy aumentarono di intensità e frequenza, scagliando a terra le bottiglie di alcolici stipate sulle mensole del bar interno.
I due compagni si scambiarono una fugace occhiata, prima che il turian riprendesse la parola.

«Nel caso dovessimo morire in modo orribile, sappi che mi dispiace averti dato quel pugno. Anche se te lo meritavi.»

«E io voglio dirti che mi dispiace averti insultato, e che quel pugno me lo meritavo.»

«Quindici secondi all'impatto.»

Entrambi conclusero il discorso con un debole sorriso.

«Dieci secondi.»

Il globo infuocato aveva ormai conquistato l'intera vetrata panoramica, emettendo una luce abbagliante.
James strinse gli le palpebre. In quei pochi secondi non poté fare altro che aspettare: aspettare di vivere, aspettare di morire, e, pensando a Shepard, aspettare un perdono che temeva non sarebbe mai arrivato.

«Impatto imminente.»

Malgrado i loro tentativi di ancorarsi alle paratie, la potente vibrazione che seguì il contatto scagliò a terra i due militari. Dalla sensazione di vuoto che gli risalì lo stomaco, Vega ebbe l’impressione che la nave perdesse il proprio assetto, e capì di essere ancora vivo.

Spalancò gli occhi e si ritrovò immerso nella penombra del cielo stellato, i sussulti della Normandy che gli impedivano di rimettersi in piedi.

«Garrus?» provò a chiamare, sperando che la sfera non avesse avuto effetto sul turian.

«James. Sei ancora vivo!»

L’ispanico tirò un sospiro di sollievo mentre gli occhi abituatisi alla penombra gli restituivano il profilo spigoloso dell'amico.

«Sì, anche se non ci speravo» rispose, cercando di contrastare i movimenti inconsulti della nave arpionandosi a un divanetto laterale, «Cosa cazzo sta succedendo?»

«Non lo so. IDA, mi senti? Che sta succedendo?»

I cigolii agonizzanti della Normandy rimasero gli unici suoni in grado di giungere loro alle orecchie.

«Temo che il sistema di comunicazione interno sia saltato. Dobbiamo salire al ponte due.»

«Sarebbe facile, se non sembrasse di camminare sul coperchio di una vasca di anguille impazzite!»

«Sei il mago delle metafore» concluse sarcasticamente Garrus, facendo leva sulle proprie gambe e spiccando un unico salto verso la porta automatica. L'impatto con la superficie in acciaio gli fece sfuggire un gemito.

«Che succede?»

«La porta... ohi... non funziona. Non si apre» bofonchiò il turian, tenendosi una mano sul volto dolorante, «dobbiamo forzarla manualmente.»

James lo raggiunse, aiutandosi a mantenere la traiettoria con i pochi oggetti fissati al ponte. Un sobbalzo particolarmente violento lo fece scattare in avanti e l'osservatorio rimbombò di un secondo gemito.

«Ah, dannazione... ci sono... hostia puta... cosa devo fare?»

«Afferra la maniglia laterale e tirala verso di te mentre io la attivo.»

Mentre il turian si sdraiava accanto alla leva per l'innesco manuale, l'ispanico si posizionò sul lato verso cui la porta avrebbe dovuto scorrere e tentò di afferrare la rientranza verticale al capo opposto.

«Questa maledetta nave sta facendo di tutto per farmi incazzare!» sbottò, riuscendo a infilare le dita nella maniglia al terzo tentativo.

«Pronto?»

«Muoviti, Garrus!»

«Adesso!»

Vega puntò i piedi contro il pavimento e fece forza sulla porta. Il breve stridore metallico della leva si sovrappose al sibilo che accompagnava l'apertura del pannello.

«Ce l'abbiamo fatta...» ansimò l'uomo, riprendendo fiato.

«Ora dobbiamo... ah, merda!... solo arrivare al ponte di comando» imprecò il turian, dopo aver sbattuto contro lo stipite della porta nel tentativo di rialzarsi.

«Andiamo!»

Si intrufolarono del corridoio illuminato dalle fioche luci di emergenza, sfruttando i sussulti della Normandy per guadagnare con facilità dei metri preziosi e non senza che James precipitasse all'interno del bagno degli uomini, trattenuto misteriosamente aperto a metà.

«Ma porca... chi diavolo si è dimenticato di chiudere la porta del cesso?»

Rimanendo ben saldo allo stipite della stanza, Garrus gli allungo la mano per aiutarlo a recuperare l'equilibrio.

«Se proprio ti scappa almeno siediti, non voglio vedere un dipinto d'arte moderna sui muri la prossima volta che dovrò andare in bagno.»

«Non devo pisciare, è che qualche... aspetta, tu come fai a sapere che gli uomini pisciano in piedi?» esclamò, recuperando il terreno perso lungo il corridoio.

«Ho fatto qualche ricerca, sulla fisiologia umana, sai, per curiosità scientifica, nulla di personale, ero solo curioso, oh, guarda, ecco l'ascensore!» rispose il turian, a cui sfuggirono due rapidi colpi di tosse che alle orecchie di un stupefatto Vega parvero imbarazzati, «E... ovviamente non funziona. Ho il timore che il blackout sia generalizzato.»

«I motori non funzionano con i generatori di emergenza, vero?»

Vega notò che l'assetto della nave era migliorato, elemento che gli consentiva di mantenere un discreto equilibrio, ma non ancora stabilizzato. Nella penombra, avvertì lo sguardo di Garrus farsi più penetrante.

«Meglio muoversi.»

«Come facciamo a riattivare l'ascensore?»

«Chi ha mai detto di riattivare l'ascensore?»

Un brivido si propagò lungo la schiena del tenente. «E come pensi di arrivarci senza ascensore?»

«Passando dalla scala di servizio, ovviamente» commentò Garrus serafico, aprendo manualmente la grata di protezione dell'ascensore e spingendo verso l'alto la botola sul soffitto.

James piegò il capo e scrutò la scalata che li attendeva. Una ripida scala a pioli incassata nel fianco della paratia si perdeva nell'oscurità del tunnel. La mancanza di segnalazione luminosa fece sorgere nell'uomo l'atroce dubbio che i differenti piani non fossero segnalati.

«Vuoi passare per l'ascensore? Ma sei impazzito? Siamo senza torce ed è buio pesto. Ci deve essere un'altra strada.»

«In effetti ci sono i condotti di aerazione, ma ci rimarresti senza dubbio incastrato.»

«Non possono essere così stretti!»

«In base a quanto mi ha riferito Joker, lui riusciva a malapena a passarci.»

«Va bene, sono stretti, ma possiamo cercare un'altra via.»

«Non ce ne sono, dobbiamo passare per la scala di manutenzione.»

«E se dovessimo mettere il piede in fallo e precipitare?»

«Non accadrà, mi hanno detto che sono molto comodi come gradini.»

«E se dovesse ripartire di colpo la corrente e l'ascensore ricominciasse a salire?»

«Ci butteremo sul tetto dell'ascensore ed entreremo attraverso la botola aperta.»

«E se non dovessimo fare in tempo a entrare nell'ascensore?»

«Faremo la fine della carne in scatola, ma almeno potremo dire di averci provato» concluse Garrus con un sogghigno. Prima che l'uomo potesse replicare riguardo alla presunta assurdità della frase, il turian si era già incamminato lungo la scala di servizio.

"Dannazione..."

Affidandosi alla fioca illuminazione di emergenza, James si arrampicò sul tetto dell'ascensore, maledicendo le spalle troppo larghe quando la lamiera del soffitto gli graffiò la pelle delle braccia.

"Ma perché non fanno i passaggi a misura di krogan?"

Un clangore di lamiere lo avvertì che il compagno aveva individuato il ponte di comando e liberato il passaggio. Vega accelerò il passo senza curarsi del rischio di essere sbalzato all'esterno dal beccheggio della nave.

"Ti prego, non ripartire, non ripartire!"

«Sei arrivato. Forza, aggrappati!»

Le parole di Garrus lo colsero di sorpresa, facendogli mancare la presa sull'ultimo gradino. Mentre il cuore gli saliva in gola, sentì la fredda pelle coriacea del turian stringergli il braccio e trascinarlo vero l'alto.

«Ugh... dannazione James, quanto pesi! Mai pensato di... ah... metterti a dieta?»

«Non sono grasso, pendejo!» replicò, afferrando il bordo del pavimento e salendo infine sul ponte due, di fianco al compagno, «Sono tutti muscoli!»

«James! Garrus! Siete vivi!»

Si accorsero in quel momento che metà dell'equipaggio, capitanato dalla specialista Traynor, li stava osservando con aria sollevata. Vega notò che gli uomini combattevano la mancanza di assetto della nave aggrappandosi alle strumentazioni di bordo senza troppi scrupoli, e che solo le luci di emergenza e della cabina di pilotaggio illuminavano fiocamente l'ambiente.

«Sì, per fortuna. Com'è la situazione?» domandò il turian.

Traynor scosse il capo, tornando in contatto con la realtà. «Certo, la situazione! Beh, pessima da quello che ho intuito dalle urla di Joker quando mi ha scacciata dalla cabina di pilotaggio e...»

«IDA si è spenta, e nemmeno attraverso il generatore di emergenza si è riattivata.»

Le parole di Liara, uscita in quel momento dalla zona più oscura del ponte si innalzarono sopra quelle della specialista, ghiacciando il sangue nelle vene dei due soldati.

«Come sarebbe a dire spenta?» sbottò Garrus, la cui voce lasciò trasparire lo sconcerto che lo attanagliava.

«Non so di preciso cosa sia successo... la sfera ci ha attraversati e lei si è semplicemente accasciata sui comandi...» cercò di spiegare l'asari, sfruttando tutta la delicatezza di cui era maestra.

«Dannazione... io vado da Joker.»

«No, Garrus, rischi di...»

«Ho detto che vado da Joker» interruppe lapidario le proteste di Traynor, la cui voce si spezzò in un silenzio ammutolito, «vieni anche tu, James?»

Il turian non attese la risposta del compagno e l'ispanico si vide costretto, evitando la gente e le attrezzature celati nella penombra, a seguirlo sino alla postazione di guida,
Una pallida luce arancione illuminava i comandi, dei quali sembrava funzionare solo una minima parte, che Vega sperò consistere quella essenziale. La figura del pilota spiccava come una macchia scura con il cappellino bluastro, le cui braccia saettavano da punto all'altro della plancia come se fossero nate per quello. James, malgrado la tragicità della situazione, non poté evitare di ammirarlo, perdendosi i primi istanti di conversazione.

«...detto di IDA. Cosa sta succedendo, e come sta andando?»

«Mi hai davvero chiesto come sta andando? Blackout generalizzato, IDA disattivata, generatore di emergenza avviato solo grazie a Tali, motori fuori uso al novanta per cento, salto iperluce impensabile, ultime coordinate sconosciute, rotta attuale sconosciuta, pianeta contro cui stiamo andando a schiantarci sconosciuto. Una merda, Garrus, ecco come sta andando!»

«Hai detto che... stiamo per schiantarci contro un pianeta?»

«Lo vedi quel bel pianeta verde di fronte a noi e che si avvicina sempre di più? Vi ci schianteremo e sarà una merda perché non sarò IDA ma riconosco quando le percentuali di sopravvivenza sono una merda, e queste sono una merda.»

«Merda...»

«Esatto!»

«Quanto tempo ci rimane?»

«Da quello che immagino, visto che non più un cazzo di sensore di distanza che sia uno, una decina di minuti prima di entrare nell'atmosfera e un quarto d'ora circa prima di schiantarci al suolo. Sperando che l'atmosfera non sia fatta di fottuto acido solforico, perché in quel caso abbiamo solo una decina di minuti di vita.»

«Provare ad atterrare per salvare le chiappe a tutti?» chiese James, riuscendo finalmente a riprendere parola dopo quasi un minuto di apnea da shock.

«È quello che sto cercando di fare, se non mi disturbaste ogni cinque secondi» sbottò infine il pilota. Sul trio calò il silenzio, celebrato da Moreau con un sospiro di soddisfazione.

Davanti agli occhi dei due militari e di una silenziosa Liara che si era unita al gruppo, il profilo del pianeta prese a ingrandirsi con sempre maggiore rapidità sino a coprire l'intera visuale panoramica della plancia.
James osservò il pilota controllare in maniera spasmodica i pochi sensori disponibili fino a quando, in coincidenza con un'impercettibile vibrazione della nave differente dai soliti scossoni, non incollò lo sguardo sul sensore della temperatura esterna. Lo vide premere una sequenza di pulsanti quando il valore raggiunse una soglia critica e intravide la spia degli scudi esterni animarsi e pulsare vividamente. Percepì il calore diminuire e i sobbalzi farsi più violenti.

«Ingresso nell'atmosfera avvenuti. Vi consiglio di farvi trovare seduti e ben legati da qualche parte quando faremo il botto!»

I tre compagni non se lo fecero ripetere e si precipitarono nell'ormai inutilizzabile eppure tatticamente vicino settore di ausilio ai controlli. La posizione dei sedili impediva loro di osservare il suolo avvicinarsi, ma la voce di Moreau giungeva loro pungente come al solito.

«Merda, ma è tutta una montagna questo pianeta!»

"Taci Joker, ti prego" supplicò mentalmente l'ispanico, il cui stomaco iniziava a dare segni di debolezza.

«E andiamo, una merda di posto dove atterrare no?»

"Ti prego..."

«Merda. Merda. Merda, merda, merda!»

"Che diamine, basta! Sto per vomitare!"

«Trovato! Ragazzi preparatevi, perché oramai posso contare le foglie sugli alberi!»

Con la coda dell'occhio, James intravide Liara serrare le palpebre. Pensò che fosse la decisione migliore da prendere il quel momento e la imitò.
Quando li riaprì comprese di trovarsi sul pavimento della Normandy, sul fianco opposto rispetto a quello in cui si era legato prima dell'atterraggio, e di essere preso a schiaffi da Garrus.

«Ouch... che diavolo...» mugugnò, allontanando la mano del turian con un gesto indolente.

«Avevo ragione, hai la testa troppo dura per farti seriamente male. Forza, alzati.»

Gli tese il braccio, che Vega utilizzò per alzarsi da terra. Quando si accorse che la nave aveva smesso di sobbalzare notò che la gravità era leggermente superiore a quella a cui era abituato.

«Joker è riuscito a salvarci.»

«Non ci avrei scommesso un credito.»

«Vi ricordo che sono il migliore pilota della galassia, dovreste smetterla di rimanere così stupiti!»

Jeff spuntò alle loro spalle con un sorrisetto sarcastico stampato sul volto e le ossa integre grazie alla postazione antiurto che Cerberus gli aveva gentilmente concesso tempo addietro.

«E IDA?» si premurò Liara.

«Ancora non si è riattivata ma è logico, tutti i sistemi sono fuori uso. Appena Adam e Tali metteranno a posto la mia... ehm, la nave, anche IDA tornerà come nuova! E io potrò vantarmi con lei della grande impresa!» gongolò l'uomo, «Ora, che ne pensate di prendere una boccata d'aria? Prima che smettessero di funzionare i sensori mi hanno comunicato che l'atmosfera è simile a quella terrestre, solo meno inquinata.»
L'ispanico vide Joker aprire il portellone manuale della Normandy, che si spalancò con uno sfiato agonizzante, e uscire sotto la luce di quelli che identificò, una volta all'aperto, come una brillante stella gialla simile al Sole. Una sterminata distesa arborea si perdeva all'orizzonte e il profilo di un pianeta gassoso e del suo minuto satellite contribuiva a rendere surreale l'intero panorama.
James ammirò lo spettacolo con lo sguardo offuscato dai ricordi: il pericolo era scampato e nella sua mente era riaffiorata la consapevolezza di aver abbandonato Shepard. Si chiese se le sarebbe piaciuto quel posto. Si chiese se fosse ancora viva, per poterlo un giorno visitare.
Loro erano sopravvissuti, ma si chiese a quale prezzo.

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Capitolo 20
*** Occhi d'ebano ***


OCCHI D'EBANO





La porta si richiuse con un sibilo, rendendo l'ufficio un'oasi di pace nel caos delle camerate.
Il Luogotenente Comandante N7 James Vega godette dei suoni ovattati che giungevano dal corridoio, soddisfatto di essere finalmente riuscito a svicolare dalla folla.
L'omni-tool infranse la bolla di quiete, pigolando insistentemente. L'uomo maledisse la necessità di essere sempre reperibile per i propri superiori.
Con brevi movimenti meccanici, James digitò i codici di accesso alla messaggistica privata. L'ologramma di una mail civile gli venne proiettato sul muro antistante.



"«Sono stata benissimo ieri. Ci vediamo anche stasera?

P.S. Tu si che sai come soddisfare una donna.

J.D.»"

 

Sospirando, l'ispanico richiuse la schermata dei messaggi.

"Chissà se lo pensava anche…"

Un senso di malinconia lo pervase e sentì l'irrefrenabile bisogno di sgranchirsi i muscoli.
Si stiracchiò, alzando prima una spalla e poi l’altra, maledicendo la rigidità dell'uniforme da cerimonie. La medaglia degli Eroi della Resistenza rimbalzò contro le ali dell'Emblema dei Sette, tintinnando debolmente.
James afferrò l'alata onorificenza tra pollice e indice. Un raggio di luce, riflessa dalla piccola superficie dorata, danzò sui suoi occhi tracciando un flebile negativo sul campo visivo. L'uomo sbatté più volte le palpebre, cercando di scacciare il lieve offuscamento ch gli impediva di ammirare le incisioni sulla medaglia.

"«Il numero sette ripetuto sette volte, tante quante sono le specie che hanno partecipato alla Battaglia per la Galassia. Ogni volta inciso in una lingua galattica differente. Un’onorificenza dedicata a colei che, per la salvezza dei molti, ha sacrificato sé stessa, giungendo lassù dove solo cadaveri potevano accumularsi. All’equipaggio della Normandy, nave del Comandante Shepard, in nome dell’incommensurabile servigio che avete prestato alla nostra gallassia, consegniamo ora l'alta onorificenza dell’Emblema dei Sette...»"

Le altisonanti parole del nuovo Consiglio risuonarono nella memoria di Vega, sul cui volto nacque un sorriso amaro. Detestava quella medaglia, a cui non avrebbe esitato a rinunciare pur di tornare sotto i comandi di Shepard.
Una serie di colpi secchi contro la porta gli ferì l'udito, ormai abituato alla tranquillità dell'ufficio.

«Comandante!»

Era la voce nasale di James Montana. Vega sospirò, esasperato. Quel cadetto, giunto solo da qualche mese in accademia, aveva già avuto l’ardire di infrangere il protocollo di ricevimento della caserma.

"Vediamo se non rispondendo se ne va..."

Le speranze morirono sul nascere. Pochi istanti e una nuova sequenza di pugni piombò sulla porta, tanto violenta da far vibrare il pannello d’acciaio.

«Comandante!»

«Fai richiesta di appuntamento, James. Ora sono impegnato!» sbraitò Vega, grattandosi, annoiato, la corta barba.

«È importante!» sentì urlare.

Il luogotenente alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Sarà meglio per te che lo sia davvero…» borbottò tra sé e sé, divorando a grandi falcate la distanza che lo separava dalla porta.

«Allora?» gracchiò mentre il pannello scorrevole si ritraeva lateralmente, «Che diavolo succ…» un pugno lo colpì al petto nel punto in cui le medaglie erano fissate all’uniforme. Vega alzò gli occhi al cielo, la frase mozzata dal dolore delle spille premute sulla carne.

«Oh, merda! Cioè, mi scusi Comandante, io non… pensavo che non avrebbe… non era mia intenzione…»

L’ispanico scrutò in cagnesco il ragazzo, un biondino riccioluto che sembrava rimpicciolire ogni volta che finiva per incrociarlo lungo i corridoi della caserma. Era famosa la sua smisurata ammirazione per gli eroi della resistenza: passione che, unita alla sua scarsa attitudine alla discrezione e a una goffaggine superiore alla media, aveva contribuito più di una volta a mettere Vega in imbarazzo di fronte alle truppe.

«Spero che tu abbia un valido, validissimo motivo per disturbarmi» ringhiò di rimando.

«Assolutamente!» affermò il cadetto con convinzione, sbirciando all'interno dell'ufficio.

James attese qualche secondo che il proprio omonimo sottoposto si decidesse a parlare. Un'attesa che si rivelò vana.

«Allora?»

«Sì, ecco, dovrei… mostrarglielo sul monitor…» azzardò. Il braccio si alzò timidamente ad indicare lo schermo a parete che spiccava sul lato sinistro della stanza.

Vega alzò nuovamente gli occhi al cielo e si fece da parte.

«James, ti avverto…»

«Un secondo!» si lamentò il biondino, accendendo il videoterminale e impostando il ricevitore su un canale d'informazioni.

La voce di un cronista diramò nell'ufficio. Il sopracciglio destro dell'ispanico schizzò verso l'alto.

«Sei entrato per farmi vedere il telegiornale?»

«Sì! Cioè, no! Insomma!»

«Va bene, va bene, calmati. Adesso fammi ascoltare.»

Vega si sedette a braccia conserte contro la sua scrivania. Dovette ammettere a sé stesso, controvoglia, che la curiosità era salita, giacché che dalle immagini che aveva intravisto sul monitor sembrava fosse accaduto qualcosa di grosso.

«…una folla di giornalisti e ammiratori si è riunita di fronte ai palazzi amministrativi dell'Alleanza. Il flusso di individui, appartenenti alla più ampia varietà di specie della Galassia, è in continuo aumento. La richiesta è una sola: conferme sulla veridicità del video e sulle implicazioni che questa notizia avrà sulla politica galattica. Dall'Alto Ammiragliato dell'Alleanza non è ancora giunta nessuna dichiarazione e in molti considerano questo silenzio come la conferma che il Comandante Shepard, eroina della Galassia, è ancora viva…»

Un'ondata di calore gli invase il petto. Risalì, prepotente, fino a una testa divenuta troppo leggera. Il cuore rallentò per un istante, lasciandogli la sgradevole sensazione di fame d'aria. Infine, dopo un tempo che gli sembrò eterno, Vega tornò a respirare. Gli sembrava che il nome Shepard rimbombasse ancora per la stanza, tanto forte da assordarlo.

«Ha sentito che roba, Comandante? Le avevo detto che era importante!» gongolò Montana, sogghignando soddisfatto.

«Ma come…» balbettò James, la cui voce gli sembrò uscire dall'oltretomba.

Le parole del cronista, divenute improvvisamente un'accozzaglia di suoni confusi, accompagnavano le immagini della folla che assediava i palazzi dell'Alleanza. Nella lunga processione di specie e individui, spiccava l'assenza dei nerboruti profili dei krogan. Né un portavoce ufficiale aveva ancora preso parola, stando alle informazioni che scorrevano copiose in sottoimpressione. Quell'assenza risuonò nella mente di Vega come una nota stonata: ricordava perfettamente i tentativi che Shepard aveva compiuto per salvare i krogan. Gli impalpabili fiocchi di cui era composta la cura per la genofagia si erano deposti anche sulla sua armatura, quel famoso giorno su Tuchanka. I Salarian avevano confermato che la mancanza di efficacia dell'antidoto era da imputarsi ai danni strutturali del Velo e ai problemi di salute che affliggevano Urdnot Eva al momento del prelievo dei campioni, e che il Comandante Shepard aveva agito nel migliore dei modi per garantire il rispetto degli accordi con Urdnot Wreav. Shepard sarebbe dovuta essere considerata, se non un'eroina, almeno un'alleata del popolo krogan. Eppure, sembrava l'avessero dimenticata.

«Ecco! Guardi, Comandante, è quello il video!»

La voce di Montana riportò James al presente. Con uno sforzo, l'ispanico focalizzò la propria attenzione sullo schermo.
In un'asettica stanza, inquadrata da un'angolatura troppo insolita per provenire da altro che da una videocamera nascosta, spiccava una figura femminile intenta a osservare qualcosa di indefinito oltre un'imponente vetrata. Il suo corpo era fasciato da abiti civili e sul braccio si intravedeva una fascia dai colori vivaci, che il luogotenente identificò nell'emblema del Corpo Sanitario dell'Alleanza. Le labbra lievemente increspate verso il basso contribuivano a indurire i lineamenti della donna, illuminati dalla luce solare e incorniciati da una riccioluta zazzera corvina.
Il cuore di Vega mancò l'ennesimo battito. Malgrado fossero trascorsi oltre due anni dal giorno della Battaglia per la Terra, riconobbe senza esitazione il profilo severo del Comandante Shepard.

"Come cazzo…?"

Si concesse di sperare solo per un istante, il tempo che nella sua mente sorgesse l'atroce dubbio di stare osservando un clone. Se Cerberus era stato in grado di crearne uno non v'era motivo di dubitare che avrebbe potuto crearne altri. Invece, pensare che Shepard fosse sopravvissuta al cataclisma, a quella dannata esplosione della Cittadella, era quanto di più assurdo potesse esistere.
Trattenne il fiato di fronte alla logica di tali ragionamenti. Soffocò la gioia per quell'apparizione quasi spettrale. Temeva di precipitare di nuovo nell'abisso da cui faticosamente era riuscito a uscire.
All'improvviso, con la gestualità marziale che James aveva tanto amato, Shepard si voltò.
Attraverso lo schermo, in una fugace carezza fantasma, lo sguardo di Vega incrociò gli occhi d'ebano della donna. Una nuova ondata di calore gli inondò il volto.
La ragione gli urlava di non illudersi, eppure l'ispanico non poté impedire a sé stesso di assaporare quel flebile contatto. La fronte del Comandante appariva corrucciata, le folte sopracciglia a scurirle il volto, mentre le sue labbra si muovevano freneticamente, impegnate in ciò che sembrava una cruda discussione con l'inserviente di un ospedale.

«È lei… riconoscerei ovunque quello sguardo. Deve essere lei!»

«Gliel'avevo detto!»

Vega si accorse in quel momento che il cadetto era ancora al suo fianco, gongolante al limite della saccenteria. Un atteggiamento che non esitò a ritenere provocante.

«Sì, mi hai già detto di avermelo detto. Hai infierito abbastanza. Ora torna tra i tuoi camerati» sbottò bruscamente, indicandogli la porta.

Alla veemente protesta del biondino, James rispose con un secondo ordine perentorio.
Si ritrovò a constatare con fastidio, e una scrocchiata di nocche, che la testardaggine del giovane era paragonabile a quella di un krogan.

«Por Diòs, Montana, vayas a tomar por culo de aquí!» ringhiò, afferrandogli il bavero della divisa e trascinandolo di peso fuori dall'ufficio. Rimpianse le porte della casa in cui era nato, quando ancora si aprivano verso l'interno e non lateralmente: avrebbe apprezzato la possibilità di sbattergli in faccia il pannello di metallo.
Quando i sensi tornarono a focalizzarsi sull'ambiente circostante si accorse che la voce dello speaker ancora rimbombava nell'ufficio. Il filmato con Shepard era stato interrotto e sullo schermo transitavano le immagini di enormi folle riunitesi nelle piazze delle maggiori città terrestri.
James afferrò il telecomando appoggiato sulla scrivania e il monitor si spense con un ronzio. Aveva ben altro in mente che rimanere a fissare quel dannato aggeggio.
Attivato il proprio omni-tool, aprì la casella personale dei messaggi.

 

"«Hai saputo?»"

 

Nella casella del mittente, digitò una breve sequenza di lettere.
V. A. K. A. R. I. A. N.  
La risposta non si fece attendere che pochi secondi.

 

"«Sì.»"


Le labbra gli si incurvarono in un sorriso.
Aveva avviato la macchina ed era solo questione di tempo prima che la verità venisse a galla. Sapeva che Garrus, come ambasciatore onorario Turian in sede alla Cittadella, sarebbe stato in grado di ottenere il permesso per incontrare il presunto, redivivo Comandante Shepard. Toccava a James, a quel punto, fare la propria mossa.
Si lasciò sfuggire un grugnito quando il comunicatore vocale ottenne solo un cupo ronzio dalla richiesta di contatto con l'Alto Ammiragliato.

«Quegli stronzi hanno interrotto le comunicazioni ufficiali!» sbottò, cercando furiosamente la frequenza di trasmissione diretta con l'ufficio dell'Ammiraglio Hackett, nella remota speranza che almeno i collegamenti interni fossero ancora attivi.

Il volto rubicondo della segretaria di Hackett che apparve sul visore dell'omni-tool, accompagnato dalla sua voce stridula, lo rincuorò.

«Ufficio dell'Ammiraglio Hackett, in cosa posso esserle utile?»

«Sono il Comandante Vega, di stanza alla caserma degli ufficiali di Vancouver. Ho estrema necessità di parlare con l'Ammiraglio.»

«Mi spiace ma l'Ammiraglio è attualmente impegnato, può riferire eventuali stati di massima necessità al Generale Turner.»

«Non voglio parlare con il Generale Turner, voglio parlare con l'Ammiraglio Hackett» ringhiò, «e por Diòs, o me lo passa lei o giuro che scateno un incidente diplomatico con i turian!»

La vide alzare gli occhi al cielo, le guance gonfiarsi in uno sbuffo infastidito, e rimpianse di non poter utilizzare i modi poco diplomatici ma altamente efficaci che aveva appreso da Shepard.

«Purtroppo la sua attuale richiesta è impossibile, le suggerisco di nuovo di rivolgersi al Gen…»

«Ho detto che non voglio parlare con Turner ma con il fottuto Ammiraglio Hackett!»

«E io le ripeto che… oh.»

«Signorina Smith, si può sapere cos'è questa confusione? Le voci arrivano sin dentro l'ufficio.»

«Ammiraglio Hackett! Signore! Sono il Comandante Vega! Ho bisogno di parlare!» urlò James, approfittando dell'inaspettata apparizione del suo superiore per soverchiare il dispotismo del mastino che si ritrovava come segretaria.

«Comandante Vega?»

«Mi spiace, Ammiraglio. Ho provato a dirgli che era impegnato ma continua a non collaborare. Se glielo vuole spiegare di persona forse si deciderà a rivolgersi al Generale Turner.»

L'ispanico dovette giocoforza ignorare la donna, non senza desiderare mentalmente di poterle spiegare dove avrebbe voluto mandare con malagrazia sia lei che il Generale Turner.

«Ammiraglio, la prego, mi ascolti. Ho visto il video, è su tutti i notiziari. Se il Comandante Shepard è vivo ritengo di avere il diritto di saperlo.»

«Vede, Ammiraglio? È insistente e oltremodo fastidioso. Se potesse…»

«Sierra la boca, pendeja!»

L'urlo risuonò nell'anticamera della segretaria come un eco lontano. James batté più volte le palpebre, risvegliandosi dal blackout mentale in cui la collera l'aveva scagliato, e vide il volto della donna violaceo, gonfio d'indignazione da sembrare sul punto di esplodere.

"Oh, mierda."

«Comandante…»

La voce di Hackett spezzo la cappa di silenzio che lo stava soffocando.

«S… sì, Ammiraglio?» balbettò, terrorizzato dall'idea che sfruttassero lo scatto d'ira per impedirgli di incontrare la presunta Shepard.

«Ti invio il codice di accesso al comunicatore privato. Tempo di tornare in ufficio e risponderò alle tue domande. Nel frattempo gradirei che evitassi di dire o fare qualsiasi cosa che potrebbe causare un colpo apoplettico alla signorina Smith.»

James scattò sull'attenti. «Sì, Ammiraglio. Ai suoi ordini.»

Lanciando un ultimo sguardo all'ammutolita e sempre più indignata segretaria, che non perse l'occasione per cercare di incenerirlo con uno sguardo esaustivo, trasferì la chiamata alla linea privata di Hackett. Non riuscì a mascherare l'espressione sorpresa quando accanto al suo diretto superiore vide apparire, in condivisione video, il muso da rettile di Garrus.

«James, ho saputo che non hai perso la tua grazia. Sempre il solito krogan mancato.»

«E come potrei? Ho imparato dalla migliore» ribatté, scoppiando in una risata.

«Ed è proprio per quella migliore che ci si trova in questa situazione, vero, Ammiraglio? Quella donna nel video è davvero Shepard?»

Il momento della verità. L'Ammiraglio tirò un lungo sospiro e James percepì il proprio cuore accelerare.

«Sì, è lei. Ma è molto più complicato di quanto sembri.»

«Più complicato di quanto sembri? Ma scherziamo? Porca puttana, Hackett, da quanto tempo ce lo tenevate nascosto? Quando avete saputo che era viva?» ribatté, conscio di rischiare un'ammonizione o peggio nel rivolgersi al proprio superiore con violenza.

«Da… pochi giorni dopo la fine della guerra. È stata ritrovata da una sonda inviata sulla Cittadella per scoprire cosa fosse successo.»

«Pensavo che tutta la tecnologia fosse stata danneggiata.»

«Il bisogno di sapere cosa fosse accaduto era impellente. Era una sonda di fortuna, riparata in qualche ora scarsa, ma funzionale, se è riuscita a rintracciare il corpo del Comandante. Precipitato in una zona della Cittadella dove l'atmosfera artificiale ancora esisteva, in fin di vita ma, appunto, viva.»

«E perché non ce l'avete mai detto? Perché continuare questa farsa? Eravamo il suo equipaggio, il suo nome è sul memoriale della Normandy perché non sapevamo che lei fosse viva. Avevamo il diritto di saperlo!»

«Hai ragione Comandante, ma inizialmente risultavate dispersi come la maggior parte della flotta e dopo qualche mese, quando finalmente siamo riusciti a contattarvi di nuovo… beh, diciamo che le cose si erano complicate.»

«Complicate?»

Fu in quel momento che Garrus prese parola, e la sua voce bitonale sembrò uscire dall'oltretomba.

«Shepard ha ingannato i krogan. Ha sabotato la cura, volontariamente.»

James sbatté le palpebre, ammutolito, e il turian lo interpretò come un invito a proseguire.

«I salarian avrebbero negato le proprie flotte nel caso la genofagia fosse stata curata definitivamente. Shepard aveva un solo modo per ottenere l'alleanza di entrambe.»

«Perciò… tu sapevi che Shepard era viva?»

«No, ma sapevo del problema coi krogan. Era stata lei stessa a confessarmelo. Aveva ingannato Wreav, che non ha tardato poi così tanto ad accorgersene. Non quanto ci saremmo aspettati, almeno.»

«Ma i salarian hanno mostrato le prove scientifiche che dimostrano come la cura fosse inefficace già dal principio. Perché i krogan avrebbero dovuto sospettare di essere stati ingannati?»

«Se gli umani fossero stati quasi sterminati da un'altra specie ostile, tu ti fideresti mai davvero di quella specie?»

«Giusto…» dovette ammettere a malincuore, «ma tutto questo cosa c'entra con Shepard?»

«Wreav considera Shepard la mano sinistra dei salarian, colei che ha condannato a morte il popolo krogan» rivelò Hackett, riprendendo parola, «ha inviato un videomessaggio in cui giurava di ucciderla, e l'unico modo che l'Alleanza aveva per tenerla al sicuro durante la sua convalescenza era convincere l'intera galassia che fosse già morta. Ecco perché non l'abbiamo rivelato a nessuno. Nemmeno a voi.»

«Merda… e adesso dove si trova?»

«Non è sicuro parlare via omni-tool. Per quanto barbari, i krogan hanno dei simpatizzanti che potrebbero spiare le comunicazioni.»

«Dunque non potremo incontrarla?» domandò col cuore in gola, scambiando un lungo sguardo con Garrus.

Hackett si concesse un secondo sospiro. «Visto e considerato che oramai il segreto è decaduto, vi condurrò da lei. Fatevi trovare entrambi, domani mattina, presso l'edificio C dell'Alto Ammiragliato. Dovremo gestire due trasporti differenti per sviare possibili spie krogan. Ora scusatemi ma la giornata è ancora lunga, e non si preannuncia più facile di quanto sia stata fino ad adesso.»

«Sissignore. A domani, signore.»

«Arrivederci, Ammiraglio Hackett.»

«Comandante. Vakarian.» accennò un saluto col capo, «Hackett, chiudo.»

James vide il volto di Garrus riempire il vuoto lasciato dall'anziano comandante sul proiettore dell'omni-tool.

«Ce l'abbiamo fatta.»

«Non che ne avessi dubbi. Temo invece che il difficile inizi adesso.»

L'ispanico corrugò la fronte. «Che vorresti dire?»

«Hai presente Shepard, no?»

«Certo, e allora?»

«Come pensi che reagirà vedendoci comparire dal nulla dopo più di due anni di totale assenza?»

«Diòs, non sapevamo nemmeno che fosse viva!»

«Per quanto ne sappiamo, potrebbero averle riferito che eravamo troppo impegnati per poterla vedere.»

«Cazzate, Shepard sa benissimo che non l'avremmo mai fatto. E poi perché avrebbero dovuto raccontarle una cazzata simile?»

«Per impedirle di mettere in atto piani ingegnosi ed estremamente violenti nel tentativo di scappare dal luogo in cui si trova e raggiungerci.»

«Beh, se anche fosse le racconteremo la verità.»

«E secondo te ci darà il tempo di spiegare?»

«Certo.»

«Tempo? Shepard?»

«…merda.»

«Appunto. Domani dobbiamo discuterne con Hackett prima di incontrarla. Almeno per evitare di sentire un vaffanculo molto umano come benvenuto, o di ritrovarci con un braccio spezzato.»

«Sì, hai ragione…»

«Bene, allora rimaniamo d'accordo così. A domani, James.»

«A domani.»

L'apatico saluto concluse la conversazione. La mente di Vega era già impegnata altrove per poter notare lo schermo spegnersi, i suoi pensieri concentrati sull'incontro del giorno successivo.

"E se fosse andata avanti? E se dopo due anni…"

Con gli occhi offuscati dalle folte sopracciglia corrucciate, l'ispanico riaprì la casella di posta elettronica.

 

"«Sono stata benissimo ieri. Ci vediamo anche stasera?"

 

Aveva provato ad andare avanti. Prima il programma N7, poi l'addestramento dei cadetti e infine la giovane Diaz erano stati il modo in cui aveva riempito le sue giornate in quei due anni, il modo in cui aveva tentato di combattere il suo dolore. Aveva tentato di ignorare il fatto che non riusciva a chiamare la ragazza che per cognome, evitando di pronunciarne il nome: Jane. Tuttavia, non poteva ignorare che, da quando aveva visto quel filmato, gli sembrava di respirare ossigeno puro.
Si decise a rispondere.

 

"«Mi spiace, sono impegnato.»"

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Capitolo 21
*** Nelle tenebre ***


NELLE TENEBRE






Nella Vancouver in rovina, la Airdrive Tower era stato uno dei pochi edifici in grado di resistere alla follia distruttiva dei razziatori, mantenendo dodici dei suoi trentaquattro livelli iniziali.
Sfregiato ma vivo, il generatore ancora pulsante d’energia, la torre era stata selezionata dai sopravvissuti come emblema della resistenza, ricostruita e trasformata nell’Anderson Hospital, il simbolo della rinascita della città.
Vega non avrebbe mai immaginato che dietro ai vetri oscuranti dell’ultimo piano del più famoso edificio di Vancouver si potesse nascondere la persona più famosa della galassia.
L’ascensore proseguì nella sua pacata corsa, scandita dal regolare trillo di avvertimento a ogni piano raggiunto.
28. Ding. 29. Ding. 30. Ding.
James percepì la propria bocca diventare sempre più arida.
31. Ding. 32. Ding. 33. Ding.
Lanciò uno sguardo fugace al militare adibito a scorta. Si chiese se l’uomo sapesse chi si celava tra quelle mura, se l’avesse mai incontrata, se anche Garrus avesse avuto problemi di salivazione durante la salita, se lo stesse aspettando o l’avesse già riabbracciata.
34.
Ding.
I raggi del sole inondarono la cabina dell’ascensore, spodestando il gelo della luce artificiale. Dinnanzi a loro si aprì un corridoio ampio, brillante nel bianco dell’intonaco che si contrapponeva alle pareti esterne di vetro, il soffitto tanto alto che l’ispanico avrebbe potuto allungare un braccio e saltare senza arrivare a sfiorarlo. Si chiese come Shepard potesse sentirsi a proprio agio in quel mondo asettico, spoglio, silenzioso, così differente dall’ambiente a cui la Normandy l’aveva abituata.
Il militare allungò il braccio, accennandogli di iniziare a incamminarsi.

«Da qui in avanti non necessita più di una scorta, Comandante. A metà corridoio troverà una diramazione sulla sinistra, al termine della quale potrà sostare nell’anticamera d’attesa.»

Vega avrebbe voluto obiettare che non ve n’era urgenza neanche ai piani inferiori, ma si trattenne. Il dubbio che all’uomo fosse precluso l’accesso al trentaquattresimo piano si era fatto strada tra i suoi pensieri.

«Allora buona giornata» si limitò a ribattere. Le porte dell’ascensore in chiusura gli permisero di scorgere a malapena il cenno di saluto di risposta.

James si gonfiò la bocca e sbuffò rumorosamente. Sentiva il cuore battergli più forte di quanto avrebbe desiderato.

Andiamo loco, per quel che ne sai potrebbe essere un clone e aver ingannato tutti. O potrebbe non ricordarsi di te, o odiarti perché non l’hai cercata ma come cazzo avrei fatto lo sa solo lei, o essersi rifatta una vita, in fondo anche tu sei uscito con qualche donna, due anni e mezzo sono lunghi e già non si spiega come mai stai ancora qua a sbuffare come un krogan invece di andare da lei. E magari sta con qualcuno, magari con quello stronzo di Kaidan che sicuramente lo sa già da tempo che è viva e non l’ha detto a nessuno mentre tu non sapevi un cazzo perché sei diventato solo un N7 invece di provare a diventare uno Spettro. Perché sto parlando in questo modo idiota? Però ho ragione, merda, voglio essere anche io uno Spettro, così almeno smetterò di essere l’ultimo a sapere le cose.

Si stropicciò le palpebre con le dita. Le ore di sonno arretrate gli causavano un intenso bruciore agli occhi ed era pronto a scommettere che Garrus ne avrebbe sbeffeggiato il rossore suggerendogli di asciugare le lacrime.

«Va bene James, sangue freddo e andiamo.»

Un secondo, potente soffio d’aria fuoriuscì dalle labbra mentre il corridoio iniziava a risuonare dei suoi passi decisi e cadenzati.
La luce del sole lo avvolgeva ma era scarso il calore che riusciva a oltrepassare la spessa parete di vetro, e quel poco che ne vinceva la resistenza subiva la tirannia di un’aria condizionata superflua. All’ispanico sfuggì un brivido che divennero due quando, girato l’angolo a metà corridoio, vide a poca distanza un’ampia porta a due ante e, di fronte alla stessa, la figura spigolosa di Garrus.
L’impulso di pronunciare il suo nome ad alta voce venne smorzato bruscamente dal turian, che gli impose il silenzio portandosi il secondo dito della mano tridattile di fronte alla bocca. Un gesto inusuale per la sua specie e che James intuì avesse appreso durante la sua permanenza sulla Normandy. Sfruttando la ventina di metri che lo separavano dall’anticamera, Vega si permise il tempo di escludere che gliel’avesse insegnato Shepard: la donna aveva metodi meno diplomatici per ottenere il silenzio.
Ricevette un primo saluto, rigorosamente sussurrato, solo quando si trovò a pochi metri dalla sala, una stanzetta poco più ampia del corridoio e dotata dell’unica mobilia presente, una panca di acciaio appoggiata al muro e che tutto dava meno l’apparenza della comodità.

«Allora?» si ritrovò a sussurrare a propria volta.

«Mmm?»

Il mugugno bitonale del turian risuonò come una vecchia sirena d’allarme ormai troppo stanca per salvare altre vite.

«L’hai già incontrata?»

«Mmm.»

«Diòs, Garrus, potresti evitare di rispondere come uno scimmione?» ribatté piccato.

«Hai ragione, scusa, è che sono un po’ agitato. È da un’ora e mezza che aspetto e, insomma, non capita tutti i giorni di incontrare dopo due anni una persona che credevi morta. Cioè, in realtà da Shepard me lo sarei pure dovuto aspettare visto che non è la prima volta che succede, ma diciamo che lo ritenevo improbabile…»

«Wow, wow, calma amigo, hai aperto i rubinetti tutti in una volta!»

«Eh…» Garrus chiuse gli occhi per pochi secondi, traendo un lungo respiro. «Hai ragione, scusa.»

«Bene, adesso, l’hai incontrata o no?»

«Non ancora. Sono arrivato che, da quel che mi hanno comunicato, stava parlando con Grunt sul videoterminale.»

«Sta ancora parlando con Grunt? Ma Grunt non parla mai a lungo» James si permise di amalgamare alle parole una punta di scetticismo.

«Infatti prima di me è entrato…»

La porta scorrevole si aprì con un click sordo e lo sguardo di James incrociò un paio di profondi, tristi occhi canadesi.

«…Kaidan.»

La figura del biotico, agghindato in un’elegante divisa da ufficiale comandante e il simbolo del Dipartimento Specialisti Tattica e Cognizione ricamato sul petto, si stagliava, immobile come una statua, contro la porta ormai chiusa.
Garrus notò che, dopo che Vega aveva sussurrato quel nome, l’aria condizionata si era fatta improvvisamente molto più potente, così potente da superare la protezione della sua pelle coriacea. Rifletté che in effetti anche il silenzio era diventato quasi assordante, se non addirittura asfissiante, e percepì la necessità di spezzarlo prima di finirne soffocato.

«Esatto.»

La voce del turian parve rianimare lo Spettro.

«Deduco che steste parlando di me.»

«In realtà stavo semplicemente spiegando a James perché non fossi ancora entrato.»

Kaidan mosse leggermente il capo, senza staccare gli occhi dall’ispanico.

«Luogotenente Vega» lo salutò senza trasporto, lo sguardo come velati da una patina di rassegnazione, o forse fastidio. James non avrebbe saputo dirlo con certezza.

«Comandante Alenko, signore» si ricordò invece di rivolgere il saluto nella maniera consona al suo grado, scattando sull’attenti.

«Riposo, luogotenente. Qui non siamo che dei vecchi compagni riuniti per salutare il loro Comandante» replicò il canadese, allentando la tensione con due pacche fraterne sulla spalla del sottoposto.

James gli concesse un pallido sorriso.

«Allora?»

«Allora?» ripeté Kaidan perplesso, sollevando un sopracciglio.

«Perdonalo, oggi ha un vocabolario più limitato del solito» si intromise Garrus, «penso volesse chiederti come sta Shepard. Qualche informazione prima di entrare nella tana delle tigri, probabilmente. E te lo volevo giusto chiedere anche io: come sta?»

Il biotico separò un poco le labbra e prese un lieve respiro, come se volesse iniziare parlare, ma si interruppe prima di emettere i primi suoni. Lo sguardo cadde da principio sul turian, per posarsi poi sul volto ansioso di James.
Non era difficile comprendere che erano stati in due a provare a rifarsi una vita ed entrambi avevano fallito.

Chiuse le labbra e accennò un sorriso amaro. «Entrate e lo vedrete voi stessi.»

«Oh, ma dai!» sbottò l’ispanico a voce sufficientemente alta da meritarsi una gomitata nel costato da parte di Garrus. Sperava di carpire qualche informazione almeno in merito all’umore del Comandante, per evitare di gettarsi a braccia aperte in pasto alla tigre.

«Ti basta attraversare quella porta, Luogotenente. Da me non saprai altro.»

Il tono di Kaidan non ammetteva repliche e Vega si stupì quando, invece di accomiatarsi, gli si avvicinò sino a sfiorargli con le labbra l’orecchio destro.

«Ti avverto, James: io sono uno Spettro. Qualunque cosa io faccia ho la completa impunità. Se dovessi venire a sapere, e lo verrò a sapere, che l’hai fatta soffrire, giuro su ciò che ho di più caro al mondo che tornerò ad ammazzarti con le mie mani. Capito?» gli bisbigliò con voce atona. A James non rimase che annuire, a bocca aperta, ammutolito.

«Bravo» concluse in un sussurro stavolta sarcastico, allontanandosi non senza elargirgli una terza pacca sulla spalla. «Bene, signori, è tempo per me di tornare ai miei doveri da Spettro. Non esitate a contattarmi in caso di necessità, io risponderò appena mi sarà possibile.»

Entrambi i militari accennarono un saluto, seguendolo con lo sguardo mentre si congedava da loro allontanandosi lungo il corridoio.
Quando non fu più a portata di voce, Garrus si permise di risolvere il proprio dubbio.

«Cosa diavolo ti ha sussurrato? Non sono riuscito a capire una parola.»

«Oh…» James si ricordò in quel momento di chiudere le labbra, «oh, niente. Cioè, niente di importante. Mi ha solo ricordato di andarci coi piedi di piombo dato che stiamo parlando di Shepard.»

«Tutta quella scena per qualcosa che non è un segreto per nessuno?» replicò poco convinto, ricevendo in risposta solo spallucce. Non era a conoscenza del fatto che nella mente di James gli ingranaggi stessero macinando a tutto vapore delle spiegazioni che fossero plausibili sul comportamento di Kaidan e che allo stesso tempo non causassero illusioni dolore.

«Ad ogni modo, meglio che entri o penserà che l’orario di visite sia finito e io mi rifiuto di rimanere chiuso fuori dopo aver aspettato tutto questo tempo.»

«Io? Sei arrivato prima tu. Hai il diritto di entrare prima di me.»

«Vero, ma è anche vero che potrebbe venirti un infarto ad aspettare qua fuori e io non ho intenzione di fare in fretta perché tu devi entrare e dichiarare quanto sei stato imbecille la sera della festa.»

«Garrus?»

«Sì?»

«Sei un amico.»

«Non ti ci abituare» commentò con una smorfia interpretabile come il classico sogghigno da turian, indicandogli la porta.

James gli sorrise di rimando. Con un sospiro ruotò il capo sino a farlo scrocchiare, sciogliendo entrambe le spalle, ignorando i gorgoglii scocciati del compagno, e si diresse verso la porta. Allungò un braccio, lasciando che i polpastrelli entrassero in contatto col gelo del pulsante d’apertura.
La stanza di Shepard gli si spalancò dinnanzi e una fitta d’angosciagli attanagliò stomaco.
Un tavolino e un divano, così austeri che stentavano a ricordare un salotto, le poche sedie strette attorno a un tavolo che odorava di asettico e un videoterminale in standby appeso alla parete di vetro erano gli unici mobili che adornavano l’area. Un rapido scorcio lungo la parete sinistra gli consentì di intravedere due porte che ipotizzò nascondessero le stanze private della donna. Tuttavia era la penombra che permeava l’ambiente, come se tutta la luce esterna venisse catturata e distillata per lasciarne sopravvivere solo lo stretto necessario, a instillargli un pessimo presentimento.
Non era una stanza viva, né tantomeno una stanza che Shepard avrebbe apprezzato. Malgrado in molti le rinfacciassero un’anima oscura, amava la luce.
Infine, la vide: una macchia poco più scura sul candore spento del divano, i cui capelli corvini si protendevano verso l’oscurità circostante sin quasi a mescersi con essa. L’angolo destro delle labbra era inarcato verso l’alto a formare un sorriso stentato, quasi che il suo compagno sinistro fosse troppo stanco, o debole, per aiutarlo nell’impresa. Gli occhi, neri come pece e profondi da illudere che nulla potesse più uscirvi, erano puntati fissi su James e solo il battito delle palpebre lasciava intravedere la vita.
L’uomo fece due passi e si fermò, deglutendo sonoramente mentre la porta alle sue spalle si richiudeva. Non si aspettava un’accoglienza calorosa ma nemmeno una simile immobilità: si rese conto di non sapere cosa fare, né se fosse giusto parlare per primo o attendere Shepard.
La donna gli dissipò rapidamente il dubbio.

«Sei finito in una trappola di stasi biotica? Su, vieni avanti.»

James si concesse una risata smorzata. Era lieto di sapere che almeno il suo sarcasmo tagliente non era andato perduto.
Calcolò che li separassero una decina di metri o poco più. Azzardò i primi passi, muovendosi più lentamente di quanto avrebbe voluto. Lungo l’intero tragitto non staccò gli occhi da Shepard, nel tentativo di captare un suo minimo gesto: dell’intero corpo solo le palpebre tornarono a muoversi, avvicinandosi tra loro sino a formare due fessure incorniciate dalle lunghe ciglia nere.
A pochi passi dalla donna, Vega interruppe la sua avanzata, il respiro ostacolato dalle incertezze.

«No, fammi indovinare. Un krogan ti ha strappato la lingua e ora la usa come spugna per lavarsi i suoi quattro testicoli» lo rimbrottò, il tono di voce divertito e bonario.

L’uomo sentì i polmoni riempirsi di ossigeno.

«È… è bello rivederti, Comandante.»

In quel momento, la vita sembrò rifluire in Shepard. Il viso le si aprì in un sorriso radioso e James poté contemplare i suoi occhi, che gli parvero tanto luminosi da scacciare l’oscurità circostante.

«James! James, sei proprio tu!»

Vega sentì un brivido. Non poteva non averlo riconosciuto a quella distanza.
La donna si alzò dal divano e protese il braccio sinistro, muovendo pochi, stentorei passettini. La mano, aperta di fronte a sé, si agitava appena, come alla ricerca di qualcosa, e trovò pace solo quando il palmo riuscì a entrare in contatto con la stoffa della divisa. I polpastrelli risalirono il petto e corsero lungo la linea della spalla, arrivando a sfiorare il collo e proseguendo sino alla schiena.
I movimenti presero allora sicurezza e Shepard si gettò sull’uomo, avvolgendolo in un abbraccio.

«Mi sembra sia passata una vita da quando… e forse è davvero una vita. Oh, al diavolo, fatti stringere!»

James la circondò con entrambe le braccia. Sentì la tunica aderirle al corpo e, attraverso la spessa stoffa, gli parve che fosse diventato più esile, o asciutto, non avrebbe saputo definirlo con certezza, come se ne fosse evaporata una parte e lei non se ne fosse accorta. Gli sembrò terribilmente fragile e così facile da perdere di nuovo. Rinvigorì la presa sino a farle sfuggire un gemito.

«Ehi Vega, piano o va a finire che mi spezzi» si lamentò con una risata.

«Ah, merda, scusa.»

«Tranquillo, ho passato di peggio. Anche se il tuo abbraccio sarebbe stato un’ottima arma contro i razziatori» ci scherzò su, allentando la stretta e allontanandosi di un passo, gli occhi fissi sulla bocca dell’uomo. Appoggiò nuovamente le mani sulle ampie spalle dell’uomo prima di lasciar scivolare le braccia lungo il corpo.

«Come sei silenzioso. E pensare che sulla Normandy era un problema farti stare zitto»

James si sentì punto sul vivo. Non le avrebbe dato la soddisfazione di fare la figura della recluta il primo giorno di addestramento.

«Shepard…»

«Oh, forse ce la facciamo a farti parlare. Avanti, cosa succede?»

«Sei davvero tu?»

Le sopracciglia di Shepard scattarono verso l’alto e James avrebbe giurato che avesse sbattuto le palpebre non meno di una decina di volte prima di scoppiare in una sonora risata.

«Certo che sono io. Chi pensi che potrei essere, un clone di Cerberus?»

«Eh, magari…» ammise, grattandosi la nuca.

«Va bene, allora prova a farmi una domanda che potrei sapere solo io» lo sfidò a braccia incrociate, le palpebre socchiuse, lo sguardo che sembrava perso nel vuoto.

Nel cervello dell’uomo si accese un piccolo segnale di allarme, che cercò di mettere a tacere concentrandosi sulla provocazione.

«D’accordo, allora…» “Cosa cazzo le chiedo adesso? Cos’è successo alla festa? No, decisamente meglio di no. Il mio fucile preferito? Triste, domanda veramente triste. Chi è il suo migliore amico? Inutile, lo sanno anche i vorcha. Ah, ci sono!” «Che soprannome ti avevo assegnato?»

«Troppo facile, Vega.»

«Allora rispondi.»

«Ma…» si prese un secondo di silenzio, «…ma Bionda, naturalmente!»

L’uomo ammutolì e il silenzio durò abbastanza a lungo da soddisfare l’umorismo di Shepard, la cui risata riempì di nuovo l’ambiente.

«Lola. Lo so che è Lola. Merda, come avrei voluto vedere la tua faccia!»

Nella mente di James, il piccolo segnale di allarme divenne una sirena.

«Come sarebbe a dire che avresti voluto vederla? Sei qua, davanti a me.»

«Sì ma… aspetta. Kaidan non te l’ha detto? No, per forza. E gliel’avevo pure chiesto. Porca troia, appena torna a trovarmi gli rifilo un vaffanculo espresso che…»

«Detto cosa?» la interruppe, calcando sulla seconda parola con tutta la frustrazione che aveva in corpo.

L’allegria fuggì dal volto della donna, catturata da un breve sospiro.

«Diciamo che la mia vista non è più quella di un tempo. Ed è un eufemismo, dato che è come se fossi circondata da ombre che parlano e si muovono.»

James si sentì morire dentro. Non voleva chiedere che quegli occhi d’ebano che gli avevano sempre coperto le spalle sul campo di battaglia, rassicurato nei momenti di sconforto, fatto innamorare con la loro profondità e quella scintilla di ardore che li contraddistingueva, che quegli occhi d’ebano vivessero nelle tenebre.

«Diòs…»

«No. Non pensarci neanche per un istante. Non voglio la tua pietà come quella di nessun altro. La detesto» lo interruppe, la voce tagliente di chi non ammette repliche, la sfumatura di chi minaccia di trasformare l’affetto in astio. James si schiarì la gola, cercando disperatamente un appiglio.

«Io non volevo…sì, insomma…»

Lo sguardo della donna si fece più scuro e l’ispanico capì di stare camminando sull’orlo del precipizio. Un secondo colpo di tosse fittizio gli diede il tempo di pensare.

«Allora è… per questo che vivi quasi al buio? Ti dà fastidio la luce?»

«No, direi di no.»

James aggrottò le sopracciglia. «E allora perché?»

«Ci deve essere per forza un motivo?»

«Tu non fai mai nulla senza un motivo.»

Il peso sul petto dell’uomo si affievolì quando sul viso di Shepard un sorriso triste prese il posto del velo minaccioso. Sapeva di non essere del tutto al sicuro ma sperava che il peggio fosse passato.

«Sei proprio sicuro di volerlo sapere?»

«Porca puttana, sì» sbottò, mordendosi la lingua un istante dopo.

Alla donna sfuggì una risata smorzata. «Apprezzo la sincerità» replicò, guardando verso il soffitto, «finestre da due a cinque.»

La parete di vetro lasciò che il filtro scuro defluisse ai bordi con uno sbuffo meccanico quasi scocciato, come se accettasse mal volentieri di restituire al sole ciò che riteneva suo di diritto. La luce approfittò senza remore della ritirata dell’avversario e penetrò nella stanza, inondandola di luce.
James si vide costretto a socchiudere le palpebre per concedere il tempo agli occhi di abituarsi all’intensità del chiarore. Quando le riaprì, gli parve che il volto stanco di Shepard mostrasse riflessi perlacei.
Osò avvicinarsi, con la cautela dovuta a un fragile cristallo, e morì una seconda volta: lunghe e sottili cicatrici piatte e traslucide si intrecciavano sulla pelle della donna sino alla base del collo, in un mosaico di vecchie operazioni ormai guarite ma ancora in grado di trasmettere un memoriale di sofferenza.

«Allora, soddisfatto?» lo interrogò la donna, incrociando le braccia sul petto e lasciando che la testa le ciondolasse un poco sulla spalla destra.

James avvicinò la mano al suo volto, senza sfiorarlo.

«Come diavolo è successo?»

«Cose che succedono se ti ritrovi in mezzo a un’esplosione con delle parti di corpo esposte. E direi che sarebbe potuta andare molto peggio» ci scherzò sopra, alzando entrambe le braccia in verticale per coprirsi il volto con le mani.

Le maniche della tunica scivolarono verso il basso, scoprendole gli avambracci. In quel momento, James morì per la terza e ultima volta: le cicatrici avevano invaso il braccio sinistro dipingendo una ragnatela cristallina, mentre una protesi meccanica aveva sostituito quello destro sino a un’altezza che il vestito continuava a celare. La riproduzione della mano era rigorosa, così come le proporzioni rispetto al corpo; cinque dita di metallo perfettamente mobili e funzionali, eppure prive di una funzione essenziale.
L’uomo afferrò le piastre d’acciaio della protesi e la tirò a sé, racchiudendola tra le proprie mani.

«Riesci a sentire il contatto con la mia pelle?»

Shepard abbassò anche la seconda mano, appoggiandola a pugno chiuso contro il fianco, e fece leggera forza per liberare l’arto artificiale.

«Ovviamente no, ma so che mi stai tenendo la mano grazie all’inclinazione della spalla. Ora mi lasci andare?»

James le permise a malincuore di sgusciare fuori dalla presa. Avrebbe preferito conservare quel legame, rafforzandolo con un abbraccio, ma decise di assecondarla. Temeva di gran lunga di irritarla ed essere scacciato dalla stanza, senza più avere il permesso di tornare.

«Dunque, possiamo iniziare a parlare di te o non abbiamo ancora finito di parlare delle mie disgrazie?»

«Certo Shepard, come preferisci» si adeguò l’uomo, inerme di fronte al suo sarcasmo.

«Ah, prima una cosa. Da quello che mi è stato comunicato entro oggi attendo un’altra visita. Sai di chi si tratta?» la donna si sporse in avanti, gli occhi spalancati e una smorfia curiosa dipinta sul volto.

«Non te lo dirò mai.»

«Stronzo!» replicò, ridendo.

Rise anche James. Non l’aveva mai vista gioire tanto, e ogni suo sorriso era come una sorsata d’acqua nel deserto.

«Perciò? Che mi racconti?»

«Sono un N7.»

Shepard spalancò la bocca in un sorriso stupefatto.

«Sei stato promosso a N7. E me lo dici così! Dannazione, James, è fantastico. Sapevo che ce l’avresti fatta!» esultò, agitando il pugno artificiale di fronte a sé.

«Del resto ho avuto la migliore insegnante della galassia» replicò Vega, godendo dei pochi istanti in cui Shepard si ritrovò colta ad arrossire.

«No James, ce l’hai fatta perché sei uno dei migliori soldati che abbia mai conosciuto. Sono fiera di te» e lasciò che la voce le si incrinasse sulle ultime parole.

L’ispanico si protese verso di lei in un abbraccio, quando una voce maschile metallica si propagò nella stanza.

«Un’ora al termine delle visite.»

L’imprecazione della donna si mescolò alle terminologie poco raffinate della lingua di James. Gli sembrava che fossero passati pochi minuti dal momento in cui aveva messo piede in quella stanza e, se non fosse stato per Garrus, vi si sarebbe nascosto all’interno pur di non separarsi dal suo Comandante.

«È meglio che vada, ora.»

«Sì, è meglio» ammise anche Shepard, il volto di nuovo oscurato da un’ombra.

«Ma prometto che tornerò presto, appena possibile.»

«La considero una promessa.»

«La è.»

Non si dissero altro, separandosi con un rapido, essenziale abbraccio che lasciò James terribilmente insoddisfatto. Si sentiva defraudato dal diritto di stare con la donna di cui aveva pianto per mesi la scomparsa; quell’ora di vita non gli riusciva a bastare.
La sensazione di incompletezza gli rimase quando già era fuori alla stanza, la porta chiusa e un Garrus con
ormai poche speranze di poter entrare.

«Per tutte le lune di Palaven, ce ne hai messo di tempo!»

«Sai com’è, ce n’erano di cose da dire…»

«D’accordo, per stavolta sopporterò la cosa. Ora lasciami passare, o finirò per fare le ragnatele su questa panca» ribatté il turian, «ah, mi stavo per dimenticare.»

Dalla tasca dell’abito civile estrasse un piccolo oggetto metallico rettangolare che agitò davanti al naso di James.

«Questa è una copia dei registri militari, dal momento del ritrovamento di Shepard a oggi. L’Ammiraglio Hackett ha detto che abbiamo il diritto di guardarli, ma che alla fine dovremo cancellarli per evitare…» si fece improvvisamente guardingo, la voce bitonale ridotta a un sussurro, «che cadano nelle mani sbagliate.»

«Garrus, stai bene?»

«Sì, sto solo imitando Hackett. Ora prendi quest’affare che devo andare da Shepard, e se osano allontanarmi prima di due ore giuro che causerò un’incidente diplomatico tra le nostre specie! Non ho sbaragliato le compagnie mercenarie di Omega e distrutto i razziatori per essere sbattuto fuori dall'ospedale da degli inservienti meccanici!» sbottò, consegnando con ardore i registri in mano a James e immergendosi nella rinnovata oscurità della stanza.

Vega ammirò il piccolo rettangolo metallico. Il chip all’interno conteneva quella parte della vita di Jane che gli era stata preclusa, gli anni durante i quali per l’intera galassia il Comandante Shepard era ormai un eroe perduto.
Un groppo gli si strinse attorno alla gola. Sentì l’urgenza di tornare in caserma.
Aveva bisogno di un videoterminale.

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Capitolo 22
*** Frammenti ***


FRAMMENTI






James percepì un principio d’infarto quando il videoterminale gli riferì il contenuto dei registri consegnategli da parte di Hackett: registrazioni audio e video il cui contenuto risultava di poco superiore ai quindici petabyte di dati.
Per la salvezza del suo muscolo cardiaco si accorse ben presto che, all’interno dell’immensa mole di informazioni a disposizione, erano stati segnalati attraverso appositi indicatori i momenti più significativi degli ultimi due anni di vita di Shepard.
Gioì meno nel constatare che, per quanto fossero stati catalogati e ordinati in ordine cronologico, tali indicatori superavano di almeno un paio di zeri la cifra massima che la sua povera pazienza riusciva sopportare.

«Oh, qué demonios! Impiegherò almeno due mesi a guardare tutta questa roba» sbottò, gettandosi a peso morto sul divano, «ho bisogno di bere.»

L’ispanico si sporse sui cuscini fino al bracciolo, allungando il braccio più di quanto i suoi muscoli avrebbero desiderato, e afferrò la bottiglia di tequila anejo malamente appoggiata sul bordo opposto del tavolino. Riacquisì la posizione seduta non senza un gemito: duecento addominali a freddo erano risultati un’ottima idea per sfogare in breve la tensione, ma si erano trasformati in una pessima, indolenzita idea a poco più di un’ora di distanza.

«Mierda…» bofonchiò, portando il collo della bottiglia alle labbra e tracannando un sorso della bevanda ambrata. Lasciò che il liquido prendesse possesso della sua bocca scendendo sino allo stomaco, in un’ondata di calore che gli avvolse il petto e invase il cervello. 

Scosse la testa con violenza, cercando di affogare il ricordo più martoriante dell’ultima ora trascorsa con Shepard: non riusciva ad accettare che non potesse più combattere, comandare una nave, danzare con lui. L’anima era quella di Jane ma del corpo non era rimasta che un’ombra e non riusciva a non ritenersi responsabile, per quanto fosse un sentimento irrazionale. Non avrebbe potuto fare niente, eppure odiava l’averla abbandonata a pochi passi dal condotto. Forse, se fosse stato al suo fianco, avrebbe potuto difenderla dall’esplosione. Forse sarebbe andato tutto diversamente e in quel momento non si sarebbe trovato su un divano di una caserma canadese, a ingollare una bevanda alcolica nel tentativo di trovare il coraggio di violare l’intimità del proprio Comandante. Forse si sarebbe trovato al suo fianco come Primo Ufficiale, un N7 al servizio del primo Spettro umano, impegnati nella ricostruzione della loro galassia. E forse non sarebbero stati solo compagni d’arme ma qualcosa di più, ignorando ogni divieto di fraternizzazione. Forse.
Schiacciato dal senso di colpa, si trattenne a fatica dall’istinto di bere ancora e ancora, sino a stordirsi. Allontanò i pensieri con un feroce colpo di tosse.

«Va bene, diamo il via alle danze.»

La cronologia iniziava con un evento significativo, una semplice registrazione audio di cui non si accorse di leggere il titolo a bassa voce.

«14 giugno 2186, Era Corrente. Cittadella. Identificazione del…» si schiarì la voce nel tentativo di rimuovere il groppo che gli attanagliava la gola. «Identificazione del Comandante Shepard.»

Con la mano tremante spinse il tasto di avvio riproduzione.

«Ore sedici e quarantadue, identificazione del corpo dell’Ammiraglio Anderson avvenuta in prossimità del centro di controllo della Cittadella. Dirigiamo ora il drone verso le aree inferiori della stazione.» «Peters, le sonde di prossimità rilevano un paio di sacche d’aria nella zona superiore del Presidium.» «Escludo possano esserci superstiti, Signore, i Razziatori hanno mantenuto il controllo della Cittadella sufficientemente a lungo per eliminare tutti i suoi abitanti.» «La priorità rimane individuare possibili segni vitali. Dirigi il drone verso la sacca superiore.» «Dovrebbe smetterla di illudersi, Anthony, Signore.»

Un lieve crepitio dipinse il silenzio imbarazzato venuto a crearsi nella sala di registrazione. James sospirò: i momenti più atroci delle guerre non riguardano le grandi battaglie, ma ciò che ne segue.

«Arrivo alla sacca superiore completato. Avvio dei sistemi di scanner a infrarossi.» «Sperando che l’ossigeno rimasto non stia alimentando troppi fuochi.» «Come se ci fosse rimasto qualcosa da bruciare.» «Traiettoria del drone, quaranta gradi nord-est. Ci dirigiamo verso una zona densa di detriti.» «Dannazione, dovremmo dirigerci verso gli agglomerati inferiori.» «Aspetta…» «Stiamo solo perdendo tempo…» «Aspetta ho detto!»” il tono di voce dell’uomo fece saltare il cuore di James, “«Guarda laggiù. Tra quelle macerie.» «Cosa vede, Signore?» «Non la vedi quella zona di calore? Lungo il margine esterno della bolla.» «Saranno le braci di un incendio…» «Cazzate. Là c’è qualcosa di vivo.» «Forse una pianta…?» «Avvicina quel drone.» «È pericoloso, potrebbero esserci dei cedimenti strutturali.» «Avvicinalo, Peters. Questo è un ordine.» «Sì, Signore.»

Trenta secondi di assoluto silenzio seguirono l’imposizione dell’uomo, tali che l’ispanico poté sentire il suo stesso cuore battere.

«Merda… Comandante, aveva ragione. È un corpo caldo.» «Fissa le coordinate e passa al visore principale.» «Sì signore, un momento solo... ci siamo. Target inquadrato e visibile.» «Specie?» «Umano o asari. Femmina.» «Avvicinati. Emissioni di carbonio? Ferite?» «Ferite diffuse, impossibilità di identificarne i lineamenti. Emissioni minime ma presenti. Movimento debole ma costante della cassa toracica. Respira.» «Informate il centro operativo di riparare il prima possibile una navetta per il recupero.» «Signore, il ferito indossa un’armatura dell’Alleanza.» «Uno dei nostri? Controlla se ha la piastrina identificativa ancora appesa al collo.» «Rilevo dei cigolii, rischio di cedimenti elevato.» «Non mi interessa, noi non staccheremo gli occhi da quella donna finché non sarà morta o tratta in salvo. Adesso controlla.» «Un momento… sì, è presente.» «Riusciamo a leggerne l’identificativo?» «Purtroppo no, appoggia completamente sul fianco destro. Ma…» «Cosa c’è, Peters?» «Cristo santo… Anthony, sul lato visibile è inciso il simbolo degli N7.» «Un N7? Aspetta… Martin, possiamo controllare quanti N7 fossero presenti sulla Cittadella al momento dell’assalto dei Razziatori?»” Una voce femminile si inframezzò alla conversazione. “«I database sono offline, Signore, ma ricordo distintamente che le forze N7 erano tutte impegnate sul campo, nessuna esclusa.» «Nessuna esclusa?» «Esatto, Signore.» «Anthony, pensi che possa essere…» «Porca puttana… Peters, non distogliere la telecamera da quella donna per nessuna ragione al mondo o finisci a pulire cessi su una nave turian. Okinawa, invia un ordine di priorità totale all’hangar riparazioni. Martin, contatta immediatamente l’Ammiraglio Hackett e trasferisci la comunicazione sul mio factotum. Mi gioco un braccio che abbiamo trovato il Comandante Shepard.»

La registrazione si interruppe con un crack secco, lasciando a James il tempo di riflettere. Si trovò suo malgrado preda di un vago senso di nausea. Si era salvata per pura fortuna, cadendo in una delle poche sacche d’aria rimaste, conservate dalla rotazione della stazione o da un generatore di emergenza, o chissà quale altro miracolo tecnologico rimasto attivo. Poche centinaia di metri di scarto, o forse anche meno, e sarebbe morta soffocata.
La morte l’aveva sfiorata.
James represse un conato e, nel disperato tentativo di distogliere la mente dall’immagine del corpo di Shepard fluttuante nel vuoto, selezionò il primo indicatore che gli capitò sotto l’indice: “29 giugno 2186, Era Corrente, Ospedale Militare, Seattle. Induzione coma farmacologico”.
Sul videoterminale apparvero i primi fotogrammi di un filmato in bianco e nero. La telecamera era stata appesa in un angolo di una stanza piccola, priva di finestre, illuminata da due lampade al neon che penzolavano pigramente dal soffitto. La stanza di un ospedale.
Ante di vetro scuro celavano il contenuto degli ampi e sottili armadietti metallici che gravavano sulle pareti e un paio di piccoli carrelli sembravano trasportare boccette di varie dimensioni, rotoli di garza e piccoli attrezzi metallici. Nell’angolo opposto del locale, inquadrato in maniera nitida dall’obiettivo, un ampio tendaggio bianco sorretto da sbarre metalliche rivelava un’ombra indistinta.
L’attenzione dell’ispanico per gli unici suoni che sembravano dominare la stanza, una pulsazione elettronica, regolare e continua, e uno sbuffo come di un mantice affaticato, fu d’improvviso catalizzata dal cicaleccio indistinto di due voci maschili in avvicinamento.

«Diós, hablen más fuerte!»

Come se l’avessero udito, i due uomini schiusero una porta nascosta all’inquadratura ed entrarono. Erano coperti da una tuta integrale, di quelle sterili che si vedevano di solito nei film drammatici, coadiuvata da guanti, occhiali protettivi e mascherine i cui filtri per la respirazione consentivano di percepire chiaramente il discorso.

«…dei trombociti si sta stabilizzando, tuttavia sono i leucociti a preoccuparmi.» «Temi una setticemia?» «Per ora la VES è entro il range di normalità, ma preferisco restare allerta. È già un miracolo che non sia deceduta lassù di shock ipovolemico; l’ultima cosa che voglio è vederla morire in un letto per un’infezione batterica.» «Quanto tempo pensi che impiegherà per recuperare la funzionalità totale dell’epitelio.» «Probabilmente non meno di altri cinque mesi.» «Broncoaspirati?» «Nulla da segnalare.» «Decorso post-operatorio?» «Per adesso sembra stia reagendo bene. Bisogna ammettere che è dotata di una resistenza straordinaria. «Come la sua fortuna: i dati dicono che se le strumentazioni mediche essenziali impiantate da Cerberus non avessero avuto dei sistemi di protezione contro gli impulsi elettromagnetici, oggi sarebbe già sotto terra.»

A James sfuggì un sorriso. Dopo averlo combattuto allo stremo, si ritrovava a dover ringraziare l’Uomo Misterioso per avergli restituito Shepard.

«Dovremo tenere controllato anche il CPK. Non è ancora possibile escludere il rischio rabdomiolisi.» «Elettroliti?» «Attualmente nel range ottimale. Sul fronte delle fratture hai sentito l’equipe ortopedica?» «L’immobilità sta consentendo il completo rinsaldo naturale delle tre vertebre incrinate. Per quanto riguarda invece le gambe, data la non gravità, hanno rinviato le lastre di controllo alla settimana prossima.» «E in merito alle funzioni cerebrali? Sei riuscito a ricavare qualche informazione?» «Sembrano nella norma, da quanto si deduce dal tracciato. Cioè, nella norma per una persona in coma, che ha affrontato l’inferno sulla Terra e chissà cos’altro su quella dannata stazione.» «Cosa intendi?» «Intendo dire che è un tracciato disturbato.» «Ti rendi conto che non ha senso? Hai appena detto che è nella norma e ora te ne esci che è patologico. Di cosa si tratta? Possibili difficoltà cognitive o disfunzioni neurologiche post traumatiche?» «Niente di tutto ciò è rilevabile dal tracciato, e dalla tac cerebrale i traumi sembrano limitati.» «Perciò ancora non sappiamo perché la paziente versi in stato comatoso.» «Esatto. Per quel che conosciamo della tecnologia di Cerberus, potrebbe essere un coma indotto per favorire un più rapido ripristino delle funzionalità corporee essenziali.» «Sono arrivati a tanto?» «Non lo so, è solo un’ipotesi. C’è anche da dire che, se anche se non avesse subito danni a livello cerebrale, cosa che non mi sento di escludere visto che si trova pur sempre in coma, sicuramente dovremo aspettarci un caso da manuale di PTSD.» «E allora cosa intendi con tracciato disturbato?» «Che il suo non è un coma tranquillo. Non sono in grado di leggere nella mente dei miei pazienti, ma se ne fossi capace di sicuro non proverei a leggere la mente di Shepard.»

I due uomini, impegnati a sistemare l’attrezzatura medica di supporto, restituirono alla pulsazione e allo sbuffo il controllo della stanza.

Bip. Bip. Bip. Bip. Bi-bip. Bip.

Il neurologo drizzò il capo.

«Hai sentito?» «Cosa?»

Bi-bip. Bi-bip. Bip.

«Sì, adesso ho sentito.» «Vado a controllare.» «Forse è un malfunzionamento del macchinario…» «Forse.»

L’irregolarità del battito invase l’ambiente, perforando la mente dell’ispanico. Sullo schermo, James vide il medico scostare la tenda, rivelando l’intrico di cavi, fili e macchinari in cui sembrava annegare la figura di Shepard. Non riusciva a scorgere nemmeno un centimetro di pelle che fosse privo di fasciature o medicamenti, mentre decine di tubi si attorcigliavano ai piedi del letto, penetrando lo spesso strato di garze, violando l’integrità del suo corpo.

«Merda…»

«Merda…»” gli fece eco il neurologo, “«frequenza del cardiogramma in rapido aumento, encefalogramma con anomalie parossistiche, saturazione al massimo.» «Cosa cazzo sta succedendo?» «Si sta svegliando, Sam. Si sta svegliando senza passare per nessuno stadio intermedio.» «Come cazzo è possibile? Prendo la morf…»

Un urlo, rauco e lancinante, lacerò lo spazio e il tempo che dividevano quella stanza d’ospedale dall’appartamento di James. Una belva ferita a morte, supplicante una spiegazione al cielo, prese vita da quell’ammasso di tubi e bendaggi. In quel piccolo letto, un corpo straziato dagli spasmi si agitava, dilaniato dalla sofferenza fisica che si raggrumava agli incubi. Le macchine collegate a Shepard sovrapponevano i propri segnali di allarme in una bolgia caotica di trilli e vibrazioni.

«Porca puttana, Sam! I barbiturici. Io contatto il reparto di rianimazione!» «Sto cercando la chiave per l’armadietto!» «Minima a centosessanta. Battiti a duecentottanta in crescita. Somministro cento milligrammi di clotiapina per via endovenosa.» «Ci sono quasi.» «Sam, questa roba è acqua fresca nelle sue condizioni, il suo cuore non può reggere ancora a lungo!»

Le immagini si susseguirono come una finestra su in girone infernale dinnanzi agli occhi dell’ispanico, il cui respiro si era ormai ridotto a un filo. Mentre il collega si disperava a identificare la chiave tra le decine presenti in un mazzo, quattro individui apparvero all’improvviso nella stanza, precipitandosi verso un’irriconoscibile Comandante distrutto dalle convulsioni.

“«Ci sono!» «Clara, tu tienti pronta col defibrillatore.» «Tachicardia parossistica prossima alla fibrillazione.» «Io stabilizzo la flebo.» «Stephen!»

Un terzo medico afferrò una fialetta piccola tra la moltitudine di boccette presenti nell’armadietto. Afferrò una siringa dal carrello più vicino e aspirò parte del liquido trasparente. Sembrava che il tempo per quell’uomo si muovesse a rallentatore, quasi avesse estraniato da sé tutto ciò che lo circondava per consentire a sé stesso di evitare il minimo errore. James lo vide controllare che non vi fosse aria all’interno della siringa, avvicinarsi e chinarsi sulla donna: benché mostrasse la schiena alla telecamera, era chiaro che le stesse iniettando il fluido.
Le convulsioni si placarono dopo pochi secondi e l’urlo si spense con un rantolo. Nella stanza d’ospedale, come nella mente di Vega, si volatilizzò la cappa di tensione: l’elettrocardiogramma stava lentamente tornando alla normalità.

«Tenete strettamente monitorato il respiro.» «Cosa le hai somministrato?» «Penthotal in soluzione al due punto cinque percento. Duecentodieci milligrammi.» «Senza test di tolleranza preliminare?» «Stava per collassare.» «Quanto durerà l’effetto?» «Abbastanza per permetterci di pianificare il mantenimento del coma farmacologico.» «Dovremo effettuare l’intubaz…»

James interruppe la frase a metà, tornando al catalogo principale. Non si sentiva più in grado di continuare a guardare ciò che percepiva ormai come una tortura.
Aveva bisogno di vedere qualcosa che gli consentisse di respirare di nuovo.

«Un evento felice. Me ne basta uno, tipo… no, il trasferimento a Vancouver no… chirurgia maxillofacciale non so cosa sia ma non mi sembra una cosa bella… questo! “10 novembre 2187, Era Corrente. Risveglio”. Sì, cazzo. Finalmente qualcosa di buono.»

Avviò la registrazione e un nuovo video, stavolta a colori, apparve sul videoterminale. Dalle immense vetrate che illuminavano la nuova stanza, l’ispanico comprese che l’avevano trasportata all’Anderson Hospital quando ancora non erano terminati i lavori di ristrutturazione.
Erano sparite le fasciature dal corpo di Shepard e la corta manica destra del pigiama ospedaliero celava la cesura del moncherino, che James dedusse essere posizionato quasi in corrispondenza della spalla. I cavi ancora collegati alla donna si potevano ormai contare sulla punta delle dita, mentre il braccio biologico rimaneva attaccato a una flebo e la mascherina azzurra dell’ossigeno le copriva parte del viso. A poca distanza, un piccolo manipolo di medici e infermieri la fissavano immobili, in attesa di qualcosa.
Infine, la vide muoversi. Strinse le palpebre, lasciando che il capo le ciondolasse verso la spalla destra. Agitò la mano rimasta, che si aggrappò alle lenzuola del letto. Un breve spasmo del torace la sollevò di pochi centimetri. Un mugolio fu ambasciatore della prima parola.

«Merda…»

Per quanto si rendesse conto che fosse irrazionale avere simili scrupoli di fronte a un risveglio videoregistrato, James si ritrovò come un disperato a trattenere una risata. Non voleva rischiare di perdere frammenti preziosi e tuttavia non riusciva a non ridere pensando a quanto il primo vocabolo pronunciato fosse dannatamente adatto a Shepard.
Anche i medici parvero rianimarsi di fronte a quell’esternazione di disappunto uscita dritta da Oxford.

«Si sta svegliando.» «Sì, come se si fosse solo addormentata, non come se uscisse da un coma indotto di un anno e mezzo.» «Tecnologia di Cerberus?» «Hai altre spiegazioni.» «No.»

La donna si immobilizzò nel letto, la tensione del suo corpo palpabile.

«Ci ha sentiti.»

Riallineò la testa al collo con movimenti meccanici e proseguì nel movimento, sino a puntare il volto in direzione delle voci.

«È incredibile…»

Aprì gli occhi.

«Comandante Shepard?» «Io… cosa…» «Bentornata tra i vivi.» «Io… sono viva?»

Al piccolo drappello, come a Vega, sfuggì una risata.

«Sì Comandante, in questo momento si trova sulla Terra.» «Non sono morta…?» «Decisamente no.»

Una seconda risata prese vita…

«…che cazzo di fottuto scherzo di merda sarebbe questo?»

…e morì sul nascere.

James sospirò. “È decisamente lei.

«Non è uno scherzo. Lei è viva, in una stanza d’ospedale a Vancouver. Sarà felice di sapere che…» «Riesco a capire anche da sola che sono viva. Quello che non capisco è perché continuiate a tenere spenta la luce di questa dannata camera. Cazzo siete, dei vampiri?

»

I medici si guardarono tra loro, allibiti: le finestre della camera lasciavano penetrare la massima luminosità, tanto da non necessitare nemmeno di una fonte artificiale.
Uno di loro si avvicinò alla donna.

«Comandante, mi permette di controllare una cosa?» «Se serve a far smettere questo gioco idiota, prego.»

Con una mano le afferrò il volto e le sollevò in sequenza la palpebra destra e la sinistra, puntandole il fascio di luce di una piccola torcia direttamente nelle pupille. Ciò che vide non dovette piacergli: scosse la testa e lanciò un breve cenno d’intesa ai suoi colleghi. Infine, decise di mentire.

«Allora?» «Si tratta di una procedura standard, Comandante. Dopo lungo tempo con gli occhi chiusi, un contatto diretto con una fonte luminosa intensa potrebbe causare dolore.» «E quando dovrò aspettare?» «Almeno un paio di giorni.» «Porca troia quanto odio gli ospedali…»

Frustrata, la donna cercò di appoggiare la mano destra al volto; rimase pietrificata quando, malgrado i movimenti impartiti fossero corretti, continuò a incontrare solo aria.

«Cosa diavolo…» «Comandante, purtroppo dobbiamo riferirle che, a seguito di un principio di necrosi, è stato necessario praticare l’amputazione dell’arto.»

Shepard puntò gli occhi in direzione delle voci, mostrando l’espressione più disinteressata che James avesse mai visto sul suo volto.

«Ah bene, bravi, sono contenta per voi, ve lo siete meritati. Ora mi spiegate perché non sento la mano? Ho forse perso sensibilità alla guancia?» «Comandante, ha sentito quello che le abbiamo detto?»”

L’ispanico la vide aprire la bocca e lasciare che la mandibola aleggiasse a mezz’aria per qualche istante.

«Veramente… no. Temo di essermi persa qualche parola.» «Abbiamo dovuto amputarle in braccio per evitare che l’infezione la uccidesse.» «Io… voi… cosa?»”

L’ultima parola fu accompagnata da un picco nella sua voce che spinse James a interrompere la registrazione. Aveva cercato un evento lieto ma iniziava a pensare che gli ultimi anni di Shepard fossero stati, come li avrebbe descritti lei, una totale schifezza.
Forse per incontrare qualcosa di positivo avrebbe dovuto scegliere un episodio più recente. Superati i traumi iniziali, sicuramente qualcosa di buono sarebbe apparso. Sicuramente.

«Questo… “3 maggio 2188. Inizio collaborazione con la dottoressa Lawson”. Aspetta. Quella Lawson? No, non può essere. Mi rifiuto di crederci.»

Sul videoterminale prese forma una nuova stanza, la stessa in cui era entrato quella mattina. Gli stessi mobili disposti nella medesima posizione, la stessa aria gelida e la luce soffusa fino a scadere nell’oscurità. Con la fronte appoggiata alla vetrata, Shepard.
L’ispanico mise in pausa la riproduzione: non l’aveva mai vista con i capelli lunghi. Era a conoscenza della sua avversione per quelle chiome così accudite, femminili, scomode in battaglia. Eppure, nella penombra di quei fotogrammi, i boccoli si dipanavano ribelli e aspri, privi di qualsiasi cura, scivolavano sulle spalle della donna e le ricadevano sui fianchi delle braccia e del volto come una cascata di pece.
James storse la bocca mentre riavviava la registrazione. Qualcosa non andava.

“«Shepard.»”

La dottoressa Lawson, Miranda Lawson, si intromise d’improvviso nella scena. Indossava la sua solita tuta aderente che lasciava ben poco spazio all’immaginazione, benché fossero spariti i simboli correlati a Cerberus.

Il Comandante staccò la fronte dal vetro e si voltò di scatto, ringhiando, come se quella parola l’avesse ferita.

«Miranda?» «Bene, almeno la mia voce la riconosci ancora.» «Cosa ci fai qui?» «Ti salvo dall’autocommiserazione.» «Stronzate. Avevo detto a quei bastardi di lasciar perdere.» «A chi ti riferisci?» «Ai medici di questo cazzo di ospedale.» «Per fortuna non ti hanno ascoltata, allora.» «Invece avrebbero dovuto… avrebbero dovuto lasciarmi lassù.»

La voce di Shepard si ridusse a un sussurro, la schiena appoggiata alla finestra. Aveva incrociato le braccia sul petto, rattrappita su sé stessa e scossa da brividi di freddo.

«Dio mio, come la fai tragica. Iniziamo intanto a portare un po’ di luce in questo mortorio. Luci a cinque.»

Le lampade artificiali rivelarono la scena in tutto il suo orrore. Contrapposto alla bellezza prorompente della dottoressa Lawson, quel poco del corpo di Shepard che sbucava dalla tunica appariva come un’impalcatura di ossa e pelle priva di muscoli. Gli occhi neri, arrossati e spettrali, spiccavano come immensi fari spenti in quel volto ormai minuscolo, tanto pallido da essere quasi trasparente.

«Sono arrivata appena in tempo, a quanto pare.» «Non saresti mai dovuta venire.» «Troppo tardi, ormai sono qui.» «Ti posso sempre ordinare di andartene.» «Pensi davvero che darei ascolto a una come te? Ma guardati, sei ridotta a uno scheletro da film horror. Mi aspettavo di incontrare il grande Comandante Shepard redivivo e invece mi ritrovo un manichino intirizzito che ha paura persino della sua stessa ombra.» «Vattene, Miranda, non puoi capire.» «Neanche la tua capacità di giudizio mi sembra al cento percento.» «Fino a prova contraria, sono ancora capace di intendere e di volere.» «Non si direbbe.» «Miranda, ti considero mia amica ma vedi di non tirare troppo la corda…» «Perché, altrimenti cosa mi fai? Mi dai un pugno?» «Finiscila.» «O magari provi a lanciarmi contro qualcosa.» «Di ho detto di piantarla!» «Devo guidarti per le coordinate o preferisci usare l’udito come i pipistrelli.»

James ascoltava, sconvolto, il dialogo. Per quanto menomata, Shepard emanava un’aura omicida che avrebbe fatto fuggire qualunque individuo sano di mente, eppure Miranda sembrava non preoccuparsene.

«Maledetta stronza, sei venuta qua per sfottermi?» «Perché, potresti impedirmelo?» «Vaffanculo, cheerleader del cazzo.» «Oh, andiamo, ti sei ridotta a copiare gli insulti di Jack?» «Avrei dovuto lasciarti sulla nave dei Collettori.» «E perderti la meravigliosa serata al casinò?» «Mi sarei risparmiata la tua stronzaggine.» «Saresti ancora a piangerti addosso, e invece eccoti qua, incazzata e volgare come tuo solito. Abbiamo già fatto i primi progressi.»

Shepard si morse un labbro. Era caduta nella sua trappola.

«Va bene, Miranda, hai la mia attenzione. Dimmi che cazzo vuoi.» «Ti conosco come le mie tasche, Shepard, e così conosco ogni impianto medico presente nel tuo corpo. Se c’è qualcuno in questa galassia in grado di restituirti la vista, quella sono io.»

La donna dagli occhi azzurri si prese qualche istante per pensare, prima di scuotere la folta chioma con rassegnazione.

«In effetti, mi domando perché non mi abbiano chiamata prima.» «Probabilmente perché sei l’ex braccio sinistro di Cerberus.» «Dici?» «No, forse mi sbaglio. In fondo è un particolare da niente.» «Mi fa piacere che anche il tuo sarcasmo sia sopravvissuto.» «Quello è duro a morire. Allora, cosa pensi di fare.» «Innanzi tutto rimetterti in piedi, poi rimettermi a studiare. Hai entrambi i nervi ottici gravemente lesionati, ma del resto io sono stata in grado di resuscitarti, letteralmente. Non dovrebbe essere particolarmente difficile riuscire a sistemare un paio di nervi danneggiati.» «Se è così semplice, come mai i medici non sono ancora riusciti a restituirmi la vista?»

James credette di vedere un lampo di divertimento negli occhi di Miranda.

«Perché non sono me, ovviamente.» «Oh, giusto. Evviva, sono salva.» «Hai poco da fare la sarcastica. In sé il procedimento non dovrebbe essere complicato, ma…» «Certo, ci doveva essere qualche imprevisto.» «…ma non ho più a disposizione le risorse di Cerberus, e l’Alleanza ha risorse estremamente limitate, soprattutto di questi tempi. Ci impiegherò del tempo.» «Non mi interessa, posso aspettare, ma voglio tornare a vedere.» «Te lo prometto, Shepard, tornerai a vedere. Ma…» «No, cazzo, non un altro ma!» «Ma prima non voglio più vedere questo scheletro ambulante che si aggira per la stanza. Tu da oggi inizi un apposito programma di ripristino muscolare e psicologico che ho già inviato al caporeparto. Non credo abbia apprezzato l’intrusione e potrebbe borbottare, di tanto in tanto, ma è un problema che non ci riguarda. Non puoi farti trovare debole.» «Farmi trovare debole? Da chi?» «Hai ingannato i krogan.» «No, la cura era inefficace, senza i dati di…» «Piantala, Shepard. I krogran sono stupidi ma non così tanto. La morte dell’unica femmina immune e la spiegazione data dai salarian li hanno insospettiti sul fatto che ci fosse sotto qualcosa. Inoltre, hanno visto Mordin.» «Ah… merda.» «Esatto. Hanno mangiato la foglia, e tu sei in pericolo.» «Cosa vuol dire?» «In primis che non puoi muoverti da questa stanza. Sei troppo famosa, saresti subito riconosciuta.» «Vorresti dire che sono imprigionata in questo maledetto ospedale?»

La voce di Shepard rimase strozzata a metà dell’ultima parola e dal volto di Miranda trasparì il desiderio di non averle ancora rivelato quella spiacevole situazione.

«Temporaneamente.» «Temporaneamente, quanto?» «Non chiederlo a me, non sono così informata riguardo ai piani dell’Alleanza.» «Diavolo…» «Seconda cosa, devi essere in grado di difenderti da sola, anche nelle condizioni in cui ti trovi.» «Ah certo, perché non è già abbastanza impossibile atterrare un krogan nel pieno delle proprie forze, figurarsi da ciechi e senza un braccio.» «Adesso piantala di lamentarti e apri le orecchie, ti spiego il programma di allenamento personalizzato.» «Va bene… Miranda?» «Dimmi, Shepard.» «Quando potrò incontrare i miei vecchi compagni?»

Gli occhi blu della dottoressa Lawson diventarono improvvisamente tristi.

«Non lo so, Shepard. Spero presto.»

James spense a forza il videoterminale. Erano passati quasi tre anni prima che il suo vecchio equipaggio potesse sapere che era ancora viva. Un anno e mezzo da quella conversazione. Due anni prima che il Comandante potesse avere contatti con il mondo esterno.
Adagiato in maniera scomposta sul divano, si passò una mano sul volto. Mentre Shepard soffriva nella solitudine di quella stanza fin quasi a lasciarsi morire, lui trionfava come migliore recluta N7 e si crogiolava nella sensualità delle donne che lo desideravano.
Di nuovo, lasciò che un irrazionale senso di colpa lo pervadesse. Non riusciva a evitare la sensazione di averla abbandonata di nuovo. Fu in quel momento che, come un fulmine, lo colpì la consapevolezza dell’unico modo in cui avrebbe potuto rimediare.

«Devo tornare da lei.»

Gliel’aveva promesso.
Doveva avvertire l’ospedale della visita.
Accese il factotum e una lucina lampeggiante attirò la sua attenzione.

«Un messaggio?»

Aprì la casella di posta e la mail gli venne proiettata sul braccio.
James sentì una marea di calore e nausea invadergli il petto.

«Merda…»

A: Luogotenente J. Vega.
Da: Reparto N7 - Marina dell’Alleanza.

Nuovo target. Posizione approssimativa: margine esterno dei sistemi Terminus. Necessario: borsone militare da trenta litri. Indumenti per sessanta giorni. Strumentazione bellica a bordo.
Presentarsi allo spazioporto dell’Accademia entro le 4am.
Ogni diserzione sarà punita con la massima severità.

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Capitolo 23
*** Il luogo più vicino al cielo ***


IL LUOGO PIÙ VICINO AL CIELO





Due mesi.
Due putos mesi di missione, nel culo di esta maldita galassia, para cazar un gruppo di piratas idiotas. Que voglia de romper la faccia a quel gran hijo de puta di Alenko…
Fu questo il miscuglio di vocaboli inglesi e spagnoli che i clienti presenti quella notte nella hall dell’Anderson Hospital poterono udire mentre sfrecciava loro accanto un armadio a due ante di origine messicana ancora vestito con la divisa d’ordinanza degli N7.
Tale concentrato di muscoli e collera dal nome James Vega si diresse a colpo sicuro verso l’ascensore presente sul lato sinistro dell’ingresso, del quale andò vicino a distruggere il pulsante di chiamata quando si accorse che quel dannato marchingegno scendeva più lentamente di quanto avrebbe voluto. Stessa sorte la subì il pulsante per il trentaquattresimo piano, considerando inoltre la perdita di tempo che una simpatica coppia di ultracentenari in vena di chiacchiere causò a seguito di un altrettanto simpatico disguido riguardo al piano in cui il vecchietto avrebbe dovuto effettuare il controllo annuale della prostata, di cui non mancò di rivelare ogni minimo dettaglio.
Poco mancò che, una volta raggiunto il livello desiderato, il messicano aprisse con la violenza le porte dell’ascensore e non si può affermare che la sua irritazione fu lieve quando, una volta fiondatosi attraverso i due pannelli metallici, si scontrò malamente con un minuto inserviente ospedaliero.

«Maldita sea, mira por dónde vas, pendejo!»

Il messicano vide il proprio riflesso in un paio di immensi occhi verdi e il ringhio che gli sfregiava il volto apparì ancor più minaccioso a causa della piccola screziatura color sangue che caratterizzava l’iride destra del ragazzo.

«Alt!»

L’imperativo emanato da due agenti di sicurezza distolse l’attenzione di James dallo scricciolo d’uomo che aveva quasi abbattuto, il quale ne approfittò per dileguarsi all’interno della cabina dell’ascensore. Le sentinelle erano armate sino ai denti e non sembravano propense a evitare che le bocche da fuoco puntassero direttamente contro il petto dell’ispanico.

«Generalità.»

«Luogotenente James Vega dell’Alleanza. Ho inviato questa mattina la comunicazione del mio imminente arrivo.»

«Controllo.»

Un factotum venne attivato con un trillo e passarono pochi secondi prima che la guardia facesse segno al collega di abbassare l’arma.

«Finalmente! Adesso scusate ma dovrei proprio…»

«Mi dispiace, Comandante Vega, ma non abbiamo l’autorizzazione per farla passare.»

James strabuzzò gli occhi, mentre le nocche delle mani, chiuse in un pugno sempre più stretto, tendevano ormai al bianco.

«Che diavolo state dicendo? Avete visto la mail del Generale, no?»

«Purtroppo la sua visita è incompatibile con la situazione attuale.»

L’ispanico si lasciò sfuggire un ringhio. «Quel fottuto pezzo di merda sta provando in tutti i modi ad allontanarmi da Shepard. Che voglia di spaccargli il c…»

«A chi vorresti spaccare il cranio, James?»

Una voce femminile, calda e sensuale, smorzò la collera che gli montava nel petto, facendo largo alla sorpresa. La dottoressa Lawson, con i lunghi capelli scuri che contornavano un paio di brillanti occhi di ghiaccio, si era fermata a poca distanza dal gruppo di uomini e li continuava a fissare con un sorriso divertito.  Il messicano perse un istante per squadrarne il corpo formoso avvolto nella sua famosa divisa bianca.

«Veramente vorrei spaccare il culo, non il cranio.»

«E se ti dicessi che sono stata io a imporre il divieto di visita? Vorresti ancora spaccarmi il culo?» lo provocò, appoggiando una mano sull’anca e sporgendo di lato il prorompente bacino.

James si ritrovò a strabuzzare gli occhi una seconda volta.

«Io… ecco… no, insomma… sarebbe uno spreco!»

Fu il turno della donna di rimanere stupita, mentre le due sentinelle tentavano di nascondere un’evidente risata dietro agli elmetti protettivi. Ilarità a cui Miranda non tardò ad aggregarsi, di fronte a un messicano sempre più imbarazzato.

«Oddio, James, ma come diavolo ti escono? Io davvero non riesco a capire Shepard.»

«In che senso…?»

«Non fare domande di cui non vuoi davvero conoscere la risposta» lo stuzzicò di nuovo, riacquistando la solita espressione sarcastica, «allora, non sembri particolarmente stupito di vedermi.»

James deglutì sonoramente prima di riuscire a recuperare l’atteggiamento sbruffone da cui amava essere contraddistinto.

«Diciamo che mi avevano già suggerito la tua presenza in questo luogo.»

«Bene, così possiamo saltare i convenevoli, troppo noiosi. Vieni con me.»

L’uomo non attendeva altro. La seguì lungo il corridoio, lasciandosi dietro i due agenti di guardia, sino a che non girarono a sinistra: sul fondo apparve la porta della stanza del Comandante, la cui sua visuale fu rapidamente interrotta dalla figura di Miranda.
Vega si appoggiò con una spalla al muro, ringhiando.

«Allora, cos’è questa storia che non posso vedere Shepard?»

«Come penso ti abbiano riferito, non ci sono le condizioni perché il vostro incontro abbia luogo.»

«Cazzate. Già quello stronzo di Kaidan mi ha fatto lo scherzetto di spedirmi per due mesi dall’altro lato della galassia a rincorrere dei fottuti pirati, adesso arrivi tu e…»

«Alenko non c’entra.»

Le ingiurie gli morirono in gola. «Come scusa?»

«Per quanto sia effettivamente uno stronzo di prima categoria quando si impegna, mi tocca ammettere che stavolta lui non c’entra. È stata una mia idea. Un’ottima idea, peraltro.»

«Fare in modo che stessi due mesi lontano da Shepard ti sembra un’ottima idea?»

«Tu, come Garrus, Tali, Joker e chiunque della Normandy sia stato tanto idiota da pensare che ritrovarsi nell’arco di due giorni nello stesso posto dopo la notizia su Shepard non potesse far insospettire le spie dei krogan.»

Le parole della donna ebbero su James l’effetto di un colpo allo stomaco. Preso com’era dal desiderio di riabbracciare Shepard, si era completamente dimenticato della minaccia che incombeva sulla sua testa. Nella fretta di starle accanto, non aveva riflettuto su chi avrebbe potuto guidare fino a lei.

«Diós…»

«Deduco che finalmente sei riuscito a capire la situazione. Meglio tardi che mai.»

«Dunque ho sbagliato anche a correre qua?»

«È probabile, ma immaginavo che nessuno sarebbe riuscito a convincerti ad aspettare ancora.»

«Perciò adesso posso vederla?»

Un lampo di tristezza attraversò lo sguardo di Miranda. «No. Te l’ho detto, non ci sono le condizioni.»

Un pugno carico di frustrazione colpì il muro. Il dolore risalì lungo il braccio dell’uomo sino alla spalla e uscì dalle labbra come un latrato.

«Non è possibile che ci siano sempre dei fottuti problemi. Ci deve essere un modo per vederla.»

«No, James, stavolta…»

Udirono, improvvise, delle urla inframmezzate da un forte frastuono; poi, il rumore di una porta che si apriva e chiudeva in pochi secondi, e la spiegazione della donna venne definitivamente interrotta dalla tremolante figura di un medico. James ne osservò, senza fiatare, il respiro trafelato, la schiena abbandonata contro i pannelli metallici e gli occhi sbarrati. Miranda si portò una mano sugli occhi, affranta.

«Dottoressa!»

«Sono qui, Adrian. Cosa succede adesso?»

«Non riusciamo ad avvicinarla. Lei… minaccia di usare i suoi poteri biotici contro di noi.»

«Lei dovrebbe essere troppo debole per poter usare i suoi poteri biotici» ribatté acidamente, calcando con sarcasmo sulle ultime parole.

«Ha provato a scagliarmi contro una sedia!»

«E c’è riuscita?»

«Non mi ha colpito, ma riesce a usare i poteri biotici. Ci riesce anche senza l’amplificatore.»

Miranda si liberò di un lungo sospiro di frustrazione.

«Va bene, a quanto pare stavolta devo intervenire io.»

Vega le afferrò un braccio, deciso a non essere ulteriormente ignorato. Aveva vissuto per oltre sei mesi a stretto contatto con Shepard. L’aveva vista nel suo momento peggiore, quando tutti sembravano aver dimenticato che era stata lei a impedire alla Sovereign di aprire il portale galattico. Toccava a lui.

«Lascia andare me» disse, una proposta lapidaria che non lasciava margini di negazione.

«Stai scherzando, spero?»

«Non sono mai stato più serio di così.»

«James, Shepard ha bisogno di un sedativo potente, e di un medico che sia in grado di somministrarglielo.»

«Shepard non ha bisogno di essere drogata. Ha bisogno di me.»

«E cosa ti fa pensare di essere tu la persona adatta?» ribatté, afferrandogli la mano per staccarla con un movimento irritato. L’uomo non si oppose a quel gesto, lasciando che il braccio gli ricadesse lungo il fianco.

«Il fatto di esserci già passato, attraverso quell’inferno, e di esserne uscito assieme a lei.»

Miranda lo squadrò, gli occhi di ghiaccio che sfidavano il calore dell’ispanico. Ogni secondo aveva il peso di un macigno sul petto di James, ma era conscio di non essere lui ad avere l’ultima parola. Poteva solo sperare di averla convinta.

Così fu.

«Va bene, Vega. Un solo tentativo.»

«Me lo farò bastare.»

La donna si scostò da un lato, incitando il medico a fare altrettanto. James rivolse la propria attenzione sulla porta: null’altro che la sottile porta metallica si frapponeva più tra loro.
Coprì la distanza con passi lenzi e cadenzati, i sensi in allerta per captare i rumori di una stanza divenuta improvvisamente troppo tranquilla.
Premette il pulsante e lasciò che la soglia degli inferi gli si spalancasse innanzi.
Shepard. Tesa come un cacciatore in attesa della preda, china sul tavolo, lo sguardo iniettato di sangue puntato su un punto indefinito dietro alle sue palle, le spalle che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro affannato. L’immagine di una pantera in gabbia sfiorò la mente di James.

La porta si richiuse alle sue spalle.

«Chi sei?» latrò la donna, la voce arrochita dallo sforzo.

«Sono io.»

Quelle due parole le strapparono un’espressione allibita, che si trasformò dopo un’istante in una smorfia collerica.

«Vattene.»

«No.»

La richiesta di Shepard l’aveva colpito al pari di una staffilata, ma non era giunto sin lì per cedere di fronte alle prime difficoltà. Dovette tuttavia ammettere che, malgrado le sue condizioni, la donna era ancora dotata di un’ottima mira istintiva quando si ritrovò a schivare per pochi centimetri una sedia metallica, che andò a sfracellarsi contro il muro.

«Ho detto vattene!» gli urlò con maggiore furia, il corpo circondato da una crepitante energia bluastra.

«Piantala di fare la bambina» ringhiò James di rimando, divorando i pochi metri che li separavano per poi afferrarla per le braccia.

Non seppe mai con certezza cosa lo spinse ad abbassare la guardia. Forse la convinzione che, con il contatto fisico, lei si sarebbe calmata. Oppure l’idea che fosse davvero debole come affermava Miranda. Fatto sta che la vide sgusciare via dalla propria presa, lasciandolo stordito il tempo che bastava per venire raggiunto sulla mascella da un bel calibrato uppercut. Un pugno di una potenza notevole malgrado il deperimento fisico, si ritrovò costretto ad ammettere.

«Ti avevo avvertito, brutto idiota.»

L’ispanico scosse la testa, gli occhi chiusi nel tentativo di dissipare la confusione. Quando li riaprì, la vide in posizione di attacco, le labbra piegate e socchiuse dietro cui si intravedeva il luccichio dei canini. Sembrava davvero una belva inferocita.

«Vuoi danzare, Lola? Va bene, ma sappi che non mi risparmierò.»

«Non chiamarmi così» sibilò di rimando.

«Come? Lola?»

«Fottiti.»

Si preparò. Spalle sostenute, testa leggermente china, braccia pronte a dare e ricevere. Non le avrebbe fatto sconti. Non li avrebbe accettati.
Fu di nuovo il Comandante ad attaccare, accompagnando il gancio con un urlo carico d’ira.
James già sapeva che non sarebbe durata a lungo. Non c’era partita, lei era troppo debilitata e l’incapacità di vedere il proprio avversario la rendeva un’illusa che sogna ancora di vincere.
Lasciò che il pugno gli scivolasse accanto al volto. Era lenta, più lenta di quanto ricordasse. Avrebbe potuto continuare a evitare i suoi colpi fino a portarla allo sfinimento, ma l’avrebbe solo fatta imbestialire ulteriormente. Doveva chiuderla in fretta.
Entrò sul tempo, sfruttando lo sbilanciamento in avanti della donna, e la colpì con un unico pugno nello stomaco. La sentì emettere un gemito strozzato e rattrappirsi sul suo braccio, artigliandolo con le dita fino a graffiarlo attraverso la divisa.

«Perdonami, Shepard…» le sussurrò, afferrandola per la vita e scagliandola a terra. Sfruttando lo stato di shock che ancora le impediva di reagire, le si posizionò a cavalcioni sul bacino, immobilizzandole le braccia al di sopra della testa. «Ora ti prego, calmati.»

La donna sbatté più e più volte le palpebre.

«Cosa diavolo…» rantolò, soffocando due colpi di tosse.

«Dovevo fermarti. In qualunque modo.»

La sentì ringhiare, un brontolio sordo che proveniva dal fondo della sua gola.

«Lasciami andare James.»

«Prima mi dici cosa diavolo è successo.»

«Ti ho detto di lasciarmi andare, brutto figlio di…»

«Sto cercando di aiutarti!»

«Aiutarmi?» latrò di rimando, con un tono che l’uomo poté definire solo come irrimediabilmente imbestialito, «Come cazzo ti permetti di arrogarti il diritto di volermi aiutare? Tu, voi, che vi divertite a illudermi di poter riavere la mia vita.»

«Come?»

La presa sui polsi si allentò e la donna cercò di approfittarne, dimenandosi nel tentativo di liberarsi di lui. James si vide costretto a sfruttare il peso del proprio corpo per impedire che vi riuscisse. Le si ritrovò sempre più addosso, i loro volti così vicini che poteva percepire il respiro affannoso di Shepard sul proprio.

«Adesso sono qui» provò a calmarla, combattendo l’istinto di abbracciarla. Se fosse stata una persona normale forse sarebbe bastato. Forse sarebbe stata la soluzione. Peccato che Shepard fosse tutto meno che emotivamente normale.

«E questi due mesi dove sei stato, eh? Dove siete stati tutti?» dentro la donna, qualcosa si ruppe. Le parole iniziarono a uscire con la potenza di un fiume in piena. «La prima settimana pensavo che aveste degli impegni. Che fosse stata troppo improvvisa la notizia. La seconda ho iniziato a pensare che ci fossero dei fottuti problemi burocratici. Ma dopo tre settimane…» la voce le si incrinò, e dovette attendere qualche istante prima di riuscire a recuperarla, «…dopo tre settimane ho iniziato ad ascoltare i filmati del nostro incontro, e ascoltarli ancora fino a non dormire la notte. Li ho ascoltati finché non ne ho avuto la nausea e non ho desiderato che non fosse mai accaduto. Che tu non fossi mai tornato, così non avrei avuto la fottuta speranza di riavere la mia vita. Li ho cancellati dalla memoria dello schermo, ma nessuno è stato in grado di cancellarli dalla mia memoria, e sono tornati a tormentarmi, giorno dopo giorno, notte dopo notte, in questa maledetta stanza.»

James digrignò i denti, cercando di resistere all’urgenza di abbracciarla, di spiegarle che non era colpa sua. Che non l’avrebbe mai abbandonata, non di nuovo.

«E adesso, Vega, lasciami andare.»

Le ultime parole della donna si ammantarono di un velo gelido. La disperazione era sparita per lasciar spazio a una rassegnazione mascherata da astio.
L’ispanico sentì ancora il crepitare elettrostatico. Vide la pelle di Shepard circondarsi di un alone bluastro, una palpabile minaccia che sapeva avrebbe presto messo in pratica.
Rimase immobile. Doveva sapere che non l’avrebbe lasciata cadere nel baratro in cui cercava di lanciarsi, anche a costo di rischiare sé stesso.
La scarica biotica lo colpì in pieno petto.

“Diós, quanto detesto i biotici…”

Piombò di schiena sul pavimento, un urto che gli mozzo il fiato.

«Ah… cazzo…» gemette, gli occhi invasi da una miriade di lucine lampeggianti. Gli occhi puntati sul soffitto, batté ripetutamente le palpebre: non aveva mai visto così tante stelle neppure a bordo della Normandy. «Vacci piano la prossima volta.»

Solo il silenzio gli rispose.
Con un altro lamento soffocato, James si girò sul fianco, facendo leva sul braccio destro per sollevarsi da terra quel tanto che bastava per guardarla.
Anche Shepard si era alzata, arrivando ad appoggiarsi, ormai esausta, con la spalla contro il muro, i muscoli scossi da tremiti. Per scatenare la propria energia biotica aveva dato fondo alle riserve di energia; un rivolo di sangue che colava dal naso sulle labbra. Pur di liberarsi di lui era arrivata a danneggiarsi.
Ferita nel corpo e nella mente, gli occhi iniettati di sangue offuscati da un velo di lacrime, lo guardò, per quanto potesse scorgerne solo l’ombra indistinta. Le labbra, in preda a incontrollabili tremori, le si aprirono.

«Avrei preferito morire da eroina sulla Cittadella, piuttosto che vivere da reietta in questa prigione…»

Era poco più di un sussurro, eppure si impresse a fuoco nella mente di James.
Senza più supplicarlo di andarsene, ormai ritenendosi sconfitta, la donna seguì con andatura claudicante il muro sino alla prima porta, dietro cui si celò alla vista del mondo.

Prigione. Prigione. Prigione…

L’ultima parola continuava a risuonare come un mantra nel cervello del messicano, impegnato nel disperato tentativo di trovare una via di fuga dal quel limbo di sofferenza. Shepard era stata in grado di evitare l’indottrinamento dei razziatori, aveva sempre dimostrato una forza d’animo immensa: James era convinto che ci fosse il modo per sbloccarla. Doveva solo trovarlo.
Poi, l’idea.
Si precipitò all’esterno della stanza, dove incontrò l’espressione scettica di Miranda.

«Dunque? Sei riuscito nella grande impresa?»

«Quasi. Adesso ho bisogno che tu mi faccia trovare pronta all’esterno una coperta spessa e ampia e la porta d’accesso al tetto aperta.»

«Che cosa hai intenzione di fare?»

«La porto fuori» affermò l’ispanico, sul volto una determinazione che non lasciava adito a dubbi.

«Scordatelo, è troppo pericoloso, potrebbero vedervi.»

«È notte e saremo sul tetto dell’edificio più alto di Vancouver. Correrò il rischio che qualcuno possa scorgere due figure umane nell’oscurità e riconoscerci grazie alla sua vista d’aquila.»

«Oltre a ciò, Shepard è debilitata, potrebbe…»

«Se Shepard non esce da quella stanza, muore.»

Miranda rimase in silenzio, la mascella leggermente contratta che segnalava il conflitto interno alla sua mente. James tese la mano.

«Mi servirebbe anche un passe-partout delle stanze di Shepard.»

«Cosa?» replicò stupefatta.

«Andiamo, lo so che ce l’hai. Si è chiusa in bagno, o in camera, insomma la prima porta a sinistra, e non credo che mi aprirebbe se bussassi.»

«L’hai fatta arrabbiare, eh?» sospirò la donna, estraendo una piccola tessera magnetica da una sottile tasca laterale della divisa. Aveva compiuto la sua scelta. «La porta per le scale è in fondo al corridoio principale, sulla sinistra. Vedi di impedirle di gettarsi di sotto, o ti stacco i testicoli con le mie stesse mani.»

Afferrando la tessera, l’ispanico represse un brivido di terrore. Miranda non stava scherzando.
Si girò, lasciando che la minaccia continuasse ad aleggiare sulla sua figura sotto forma di un paio di glaciali occhi azzurri finché la porta degli alloggi di Shepard non gli si richiuse nuovamente alle spalle.

Bene, adesso arriva la parte difficile. Tono deciso e perentorio. Deciso e perentorio. Sì.

Due colpi secchi di nocche sulla porta del bagno furono gli ambasciatori del suo tentativo.

«Lola, esci da lì.»

In falsetto. L’ultima sillaba gli uscì in falsetto.
Seguì una vibrante imprecazione latina.

«Puoi pure strizzarti i coglioni e cantare l’inno dell’Alleanza, non mi muovo.»

Seconda imprecazione.

«Va bene, Shepard, l’hai voluto tu.»

Il passe-partout magnetico sfregiò la serratura della porta, che rispose alla violenza con una lucina verde. Via libera.
La porta del bagno e la bocca della donna si spalancarono in contemporanea.

«Ma come cazzo…?»

«Le spiegazioni a dopo.»

Fu il turno di Shepard di essere afferrata per la vita e depositata senza troppi complimenti sulla spalla dell’ispanico. Un grido femminile di sorpresa e frustrazione accompagnò il movimento.

«Dannazione Lola, sei più pesante di quanto sembri.»

«Cosa cazzo ti è saltato in mente? Mettimi giù!»

«Sta buona, tra un po’ è tutto finito.»

«Tu… ahia!»

Un colpo e una vibrazione della porta. Girandosi, James aveva colpito lo stipite metallico con le gambe della donna.

«Scusa, poco spazio.»

«Poco spazio? Ma vaffanculo, mettimi subito giù!» sbraitò con la solita, discreta eleganza, battendo pugni disperati contro la schiena dell’uomo. Nulla che i suoi dorsali non potessero tranquillamente sopportare.

«Mi spiace ma ho deciso di ammutinarmi.»

La porta degli alloggi si aprì, rivelando le facce ammutolite degli inservienti in attesa con una specie di plaid color tristezza. L’ispanico fece loro cenno di non fiatare, infilandosi la coperta sotto braccio e ringraziandoli con un sorriso.

«James Vega io appena scendo ti ammazzo. Giuro che lo faccio!»

Imboccarono il corridoio sino alla diramazione principale e poi ancora a sinistra.

«Va bene, ma evita di usare i poteri biotici adesso, ci faremmo del male entrambi.»

«Li uso dopo per ficcarti quel tuo ghigno su per il…»

James scoppiò a ridere.

«Adesso hai gli occhi sul culo per riuscire a vedere la mia faccia?»

Shepard ammutolì, incapace di trovare una risposta adeguata. Persino i pugni persero vigore, per la gioia delle scapole ormai indolenzite dell’uomo.

«Allora esiste un modo per farti tacere.»

«Uccidermi, James. L’unico è uccidermi.»

«Piuttosto drastica come soluzione.»

Altri due pugni e un tentativo di disarcionarsi fallito.
Finalmente arrivarono alle scale: tre rampe con una sorta di anguilla imbizzarrita sulle spalle. Il messicano represse un piagnucolio e iniziò la salita.

«Queste sono… dove cazzo mi stai portando?»

«Vedrai a tempo debito.»

«James, ti avverto, questa me la paghi.»

«E come? Insegnando al tuo criceto ad attaccarmi a vista?»

«Puntando agli occhi!»

James scoppiò in una risata sguaiata che lo costrinse a fermarsi per evitare di perdere l’equilibrio.

«Guarda che non sto scherzando!»

La puntualizzazione di Shepard non fece altro che peggiorare la situazione, obbligandolo ad appoggiarsi al muro con la spalla libera nel tentativo di riprendere il controllo.

«Almeno evita di avere le convulsioni, mi sembra di essere presa a pugni nello stomaco» mugolò ancora, un vago senso di nausea montante nel petto.

«Lola, por favor, taci. Sto cercando di smettere.»

La tentazione fu troppo forte.

«E dopo il tuo spacciatore preferito non si arrabbia?»

L’ispanico si morse la lingua per recuperare quel tanto di autocontrollo che gli bastava per ribattere.

«Así que quieres jugar duro. Bastava dirlo.»

«Cosa? Aspetta, io… dannazione!»

Ancora in preda feroci ma sempre più rade risate, James bruciò i gradini della scalinata a due a due, arpionandosi al corrimano per darsi maggiore slancio. Percepiva su di sé la donna ormai pietrificata con le mani artigliate alla divisa.
Prima rampa, seconda, terza, e finalmente vide la porta. La aprì con un unico, fluido movimento, lasciando che il vento, fortunatamente debole pur trovandosi a oltre cento metri di altezza, li avvolgesse.
Fece ancora qualche passo, avvicinandosi al centro del tetto. Sulla sua spalla, Shepard aveva smesso di ribellarsi.

«Siamo arrivati» la rincuorò, depositandola a terra con delicatezza. Gli sembrò morbida, malleabile, come se la tensione di quei due mesi fosse evaporata sotto i raggi impietosi dello stupore.

La donna gli afferrò le braccia, ruotando la testa nel tentativo di orientarsi con i suoni.

«Dove… dove siamo?»

«Fuori.»

«Fuori?» ripeté, incapace di celare una punta di incredulità.

«Sì. Sul tetto dell’Anderson Hospital. Oggi è una bella serata e si riescono anche a vedere le stelle principali, per quanto si possano vedere le stelle a Vancouver.»

Shepard rimase in silenzio, lasciando che le folate di vento giocassero a rimpiattino con i suoi capelli.
James decise di giocare il tutto e per tutto, improvvisando.

«Eri in gabbia, come durante quei sei mesi. A differenza di allora, stavolta avevo il potere di farti evadere dalla prigione e ho pensato di portarti nel punto della città più vicino alle stelle.»

Gli riuscì egregiamente.
La vide chiudere gli occhi e appoggiare la fronte contro il proprio petto, le mani ancora strette attorno alle braccia.

Sono un genio.

Attese che fosse lei a compiere la mossa successiva, e il panico iniziò a montargli nel petto quando percepì una sensazione di umidità, rafforzata dal gelo del vento, provenire dalla divisa.

Sta piangendo? No, ti prego, dimmi che non sta piangendo!

Quasi a sbeffeggiarlo, sentì un singhiozzo soffocato, mascherato da sospiro, sfuggirle dalle labbra.

Oh, mierda, carajo, carajo, carajo, mierda! E adesso che faccio? Se le parlo potrebbe incazzarsi, se non le parlo anche, se provo a consolarla sicuro mi sbrana, se le dico di non piangere… no, decisamente non posso dirle di non piangere. Cosa cazzo faccio? Sono un’idiota!

Si guardò attorno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga da quella situazione. Aveva programmato tutto, tra cui, nei più remoti anfratti della sua mente, la possibilità di un bacio di ringraziamento. Tutto, tranne che il fottuto Comandante Shepard, macellaio di Torfan e terrore dei razziatori, potesse scoppiare a piangergli sul petto.

 Mierda…” «Ehi… Lola?»

Strinse le palpebre, attendendo un vaffanculo o una risposta brusca e tagliente. Di nuovo, aveva programmato in maniera errata.

«Grazie.»

Aprì gli occhi di scatto, puntandoli contro la capigliatura corvina della donna.

«Come?»

«Grazie. È la prima volta in tre anni che… che sento di nuovo freddo per il vento» concluse, alzando il capo. Le guance erano percorse da due righe perlacee, che luccicavano del chiarore della città, scendendo sino al mento e scomparendo nella penombra del collo.

James si accorse in quel momento dei brividi che le scuotevano il corpo. La sottile tunica ospedaliera era inutile contro il gelo della notte.

«Dannazione, non ci ho pensato» imprecò, aprendo la coperta color tristezza e avvolgendogliela attorno alle spalle, «meglio?»

La donna annuì, tirando un profondo respiro e lasciando che le lacrime le si asciugassero con l’aria di Vancouver.

«Allora, hai detto che si vedono le stelle?»

L’ispanico le sorrise, rimpiangendo che non potesse vederle. La fece girare con delicatezza su sé stessa e la abbracciò da dietro.

«Dammi una mano.»

La sentì irrigidirsi e un sorriso gli si dipinse sul volto.

«Per quanto tu possa sperarlo, non è una proposta indecente. Voglio solo aiutarti a immaginare le stelle.»

«Idiota» borbottò Shepard di rimando, lasciando che un braccio emergesse dalla coperta.

«Si dice pendejo» la corresse, inglobando quella piccola mano nella propria e lasciando che solo un indice sporgesse dalla stretta. Uno sbuffo indispettito gli assicurò la vittoria di quel breve scambio e maledisse l’oscurità della notte che gli impediva di notare un possibile rossore sulle gote della donna.

«Allora, fammi vedere… là si riesce a vedere molto bene la costellazione del Cigno. La testa, le ali e la coda.»

«Deneb» lo interruppe.

«Scusa?»

«La coda del Cigno è la stella Deneb.»

James sorrise, spostando la sua mano fino a farla coincidere con l’astro in questione.

«Esatto, è proprio là. Riesci a immaginartelo?»

«Sì.»

«Poi… più giù credo di aver identificato l’Aquila, anche se non è facile perché…»

«Con il chiarore si vede solo Altair?»

L’uomo annuì. «Esatto anche questo» disse, proseguendo con le mani lungo la linea immaginaria che congiungeva le due stelle, «e poi…»

«Il triangolo estivo» concluse con una leggera pressione del braccio, muovendolo sino a sfiorare l’ultimo astro, stella alfa della costellazione della Lira: Vega. Shepard era in grado di orientarsi grazie ai suoi ricordi con una precisione che aveva dello straordinario.

James inclinò il capo per guardarla. L’impassibilità del suo volto era spezzata dall’angolo della bocca leggermente piegato verso il basso, che ne smascherava la concentrazione.

«Il triangolo estivo è il mio ultimo ricordo.»

«Come, scusa?»

«L’ultima cosa che ho cercato con lo sguardo, a bordo della Cittadella.»

Deneb, Altair, Vega. Tra le stelle del triangolo estivo, una portava il suo cognome. E l'aveva cercato. Non trovato, cercato. Era troppo illudersi che l’avesse cercato per quel motivo, per quell'astro, eppure, ancora una volta, l’ispanico si ritrovò senza parole, spinto solo dal desiderio di stringere la donna a sé. E, ancora una volta, sentì di dover reprimere l’istinto.

«Ehi, Lola, che ne dici se ci sediamo? Di fianco alla porta c’è abbastanza muro per ripararci dal vento.»

«Ci sto, inizio a sentire le gambe indolenzite a forza di stare in piedi.»

«Forse se non ti fossi sforzata a scagliarmi via con…»

«Non tirare la corda, James.»

«Ricevuto.»

La guidò per i pochi passi che li separavano dalla parete. Prese poi i due lati della coperta, sfilandogliela dalle spalle e ringraziando che fosse abbastanza larga da avvolgere entrambi.

«Ora, per favore, mentre preparo non ti muovere. Miranda ha minacciato di strapparmi le palle se dovesse accaderti qualcosa.»

«Oh, interessante. E da quando ti sei dato al sadomaso con Miranda?»

James strabuzzò gli occhi, e poco mancò che si strozzasse con la saliva. Non era più abituato alle battute a sfondo sessuale spinto di Shepard. Stropicciò la coperta con le mani, guardandola.

«Io, io non…»

«Il grande James Jimmy Vega, stallone di Omega, che balbetta. Questo è uno spettacolo che non credevo di rivedere» rise, gustandosi la vendetta per quella scorrazzata nauseabonda sulla spalla dell’uomo.

«Okay, Lola, stavolta hai vinto tu» sbottò, sedendosi per terra e avvolgendosi la coperta attorno alle spalle, la schiena appoggiata al muro, «ora vieni qua.»

Le prese con delicatezza la mano e la trascinò a sé. Allargò le gambe per farle spazio, circondandola con le braccia nella buffa imitazione di una tenda color tristezza. La sentì adagiarsi contro il suo corpo, la testa nell’incavo del collo e i capelli corvini che gli solleticavano il mento. James sentì l’urgenza di affondare il volto in quei ricci e respirare il suo profumo. Anche quello non era cambiato dai tempi della Cittadella: un miscuglio di aromi dei bagnoschiuma, unito a un sentore unico che poteva appartenere solo a Shepard.

«Chiedo scusa per la scomodità ma mi hanno fornito una sola coperta e questo è l’unico modo che mi viene in mente per evitare che moriamo entrambi congelati.»

«Ho vissuto situazioni peggiori» tagliò corto lei, affondando tra le braccia dell’uomo.

Il calore dei loro corpi si fuse presto sotto la coperta, restituendo un piacevole contrasto con il vento sui volti.
L’ispanico si morse le labbra. Il cuore che gli batteva nel petto come un tamburo, tanto da temere che Shepard potesse accorgersene. Se fosse stata una qualsiasi altra donna, non avrebbe esitato a stringerla a sé e a baciarla. Eppure, sarebbe bastato sollevarle il mento ed eliminare la distanza tra le loro bocche per…

«James?»

Sentir pronunciare il suo nome lo distrasse da quei pensieri pericolosi.

«Sì, Lola?»

«Perché non mi racconti quello che hai fatto in questi tre anni?»

James glielo raccontò. Le raccontò di quando era precipitato con la Normandy, e delle settimane che aveva trascorso con Garrus e gli altri compagni su quel pianeta paradisiaco, in attesa che le riparazioni terminassero. Le raccontò di quando tornarono tutti sulla Terra, accolti da eroi, e presenziarono alla cerimonia funebre in onore dell’Ammiraglio Anderson e del Comandante Shepard, che a ripensarci in quel momento gli veniva da ridere. Le raccontò di quando fu insignito delle due più alte onorificenze galattiche, e del momento in cui intraprese l’addestramento per entrare nel reparto N7. Le racconto delle fatiche, delle battaglie, dei sacrifici e delle soddisfazioni che quei due lunghi anni gli avevano portato, sino al giorno in cui, finalmente, riuscì a ottenere il meritato grado. E quando si accorse che la sua Lola si era addormentata, le diede un lieve bacio sui capelli e chiuse gli occhi, intenzionato a godersi ogni istante di quella notte.

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Capitolo 24
*** Preludio al requiem ***


PRELUDIO AL REQUIEM






Anderson Hospital, un mese dopo.



In piedi di fronte alla parete di vetro, lo sguardo perso nel vuoto, Shepard sognava il momento in cui avrebbe visto di nuovo.
Sarebbe stata in grado di ammirare la Vancouver in crescita, e le persone che entravano e uscivano dall’ospedale. Avrebbe ammirato i loro volti, seguito il profilo dei loro corpi. Avrebbe forse familiarizzato con le loro vite, di nascosto, sino al momento in cui sarebbe finalmente tornata al comando di una nave da guerra, senza più la necessità di nascondersi.
Con un sospiro, appoggiò una mano alla finestra.
Avrebbe osservato le auto, soffermandosi su ognuna di esse. Avrebbe atteso con ansia che si fermassero, o le avrebbe lasciate proseguire nella loro corsa con indifferenza. Avrebbe sondato ogni creatura che ne fosse scesa, fino a individuarlo. Infine, lui avrebbe alzato il capo verso sue finestre, un piccolo punto sull’oceano di cemento visibile dal trentaquattresimo piano, e inconsapevolmente avrebbero incrociato i loro sguardi.
Lasciò che un cauto sorriso affiorasse sul volto. In fondo, sognare non le costava nulla.
Poi, li sentì: due colpi, secchi e distanti, seguiti dal silenzio.
Shepard si pietrificò. Era un tipo di rumore che non si dimenticava, quello delle armi da fuoco.
Un improvviso clangore metallico scosse la rinnovata serenità dell’ambiente e la porta della stanza si aprì con un sibilo agonizzante.
La donna si girò di scatto, stringendo le palpebre fino a ridurle a due sottili fessure: un’ombra massiccia si stagliava contro il chiarore del corridoio.

«…James?»

Una risata rauca la investì.

«Ma come, Shepard. Non riconosci nemmeno un vecchio amico?»

Sentì l’aria fuoriuscire dai polmoni sino a lasciarla senza fiato. Dalle labbra sgorgò la sua stessa voce a officiare il requiem per i sogni.

«Urdnot Wreav.»

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Capitolo 25
*** In hoc signo vinces ***


In hoc signo vinces





Da quella notte sul tetto dell’ospedale, James era riuscito a trascorrere innumerevoli serate in compagnia di Shepard, ringraziando l’intercessione di una certa dottoressa Lawson, incredula ma appagata del fatto che la sua paziente stesse recuperando il giusto equilibrio psicofisico grazie a colui che non esitava a definire “un krogan sotto anabolizzanti”.
Approfittava di ogni momento libero, con l’accuratezza di depistare per quanto possibile le spie krogan, come suggeritogli da Miranda: cambiava ripetutamente mezzo di trasporto; si presentava a sera inoltrata, col favore della penombra dei lampioni; era arrivato persino a travestirsi, fase durata giusto il tempo impiegato da un suo superiore per vederlo con la parrucca bionda. La degradazione fu una minaccia sufficiente per convincerlo a limitarsi a abiti civili e felpe col cappuccio.
Poi, un giorno, la notizia inaspettata.
Licenza anticipata, della durata di una settimana.
Il suo primo pensiero fu di provare a convincere Miranda a fargli trascorrere l’intero periodo in compagnia di Shepard, a costo di dormire per terra in un sacco a pelo. Ma prima, avrebbe dovuto sfruttare l’occasione a suo vantaggio.
Quella sera, a bordo del taxi, un messicano vestito con raffinatezza teneva tra le mani un mazzo di anemoni.

Chissà che faccia farà Lola. Scommetto che dirà qualcosa di volgare contro la roba da donnicciole” sogghignò tra sé e sé. Per lo meno, sperava che evitasse l’espressione disgustata del povero sottoposto che, dopo avergli riferito la lieta notizia, si era ritrovato avviluppato in abbraccio stritolante non richiesto.

Prima di quanto avesse immaginato, perso nelle proprie elucubrazioni mentali, James si accorse che il taxi era atterrato nella piazzola riservata di fronte all’Anderson Hospital. Con un cenno di ringraziamento allungò all’autista i soldi corredati di una generosa mancia e uscì dalla macchina.

 Vestito elegante, c’è. Fiori, ci sono. James Vega nelle condizioni migliori, anche. Vale, vamos!

Sfoderando il suo migliore sorriso, risalì l’architettonicamente impeccabile ma inutile rampa di scale che collegava la piazzola di atterraggio all’ingresso dell’ospedale. L’ultima procedura burocratica obbligatoria, a cui ormai aveva fatto l’abitudine, consisteva nel superare la procedura di riconoscimento presso la zona di smistamento antistante l’entrata.
Sperò che di turno avessero collocato Sam, con cui aveva stretto una discreta amicizia, e provò una sensazione di disappunto quando dietro bancone vide un impiegato mingherlino, i cui capelli color paglia facevano a pugni con il colorito verdognolo che le luci artificiali conferivano alla carnagione.
Particolare ancora più strano, non vedeva guardie di sicurezza nei paraggi.

Saranno andati a prendere un caffè…” cercò di giustificare, schiarendosi la voce.

«Salve!» provò a richiamare l’attenzione dell’impiegato. Questi non diede segno di aver udito, giacché continuò a pulirsi le unghie con una piccola lametta di plastica.

Dev’essere davvero molto concentrato” «Ehi, salve? Mi sente?» riprovò, stavolta bussando con ma mano libera contro la superficie del bancone.

«L’ospedale è chiuso per manutenzione, se ha bisogno provi a chiamare il numero di emergenza, altrimenti ripassi domani mattina» ottenne come risposta, senza tuttavia che il ragazzo, perché di un ragazzo e non di un uomo si trattava, alzasse la testa dal lavoro che lo impegnava.

«Come sarebbe dire che l’ospedale è chiuso? Da quando gli ospedali chiudono?» sbottò l’ispanico di rimando, mostrando appieno il proprio disappunto. C’era qualcosa che non andava.

Vide l’impiegato sospirare, un sospiro seccato più che dispiaciuto, e appoggiare la lametta sul tavolo di fronte a sé. Infine, si degnò di drizzare la testa.

«Se ha delle lamentele può rivolgersi, domani mattina, all’ufficio competente.»

Il tono era di sfida, la smorfia sul volto lasciava trasparire ostilità, ma più di ogni altra cosa, James fu attirato dagli occhi, immensi e verdi, e dal particolare che consentiva loro di rimanere impressi nella memoria: l’iride destra caratterizzata da una piccola screziatura color sangue.

L’inserviente…

Calò il gelo. Dall’espressione del ragazzo si rese conto di essersi tradito.

«Posso fare qualcos’altro per lei, signore?» si sentì chiedere da una voce improvvisamente melliflua, il sorriso di Giuda spuntato sul volto verdognolo.

Con la coda dell’occhio lo vide muovere un braccio, spostamenti quasi impercettibili, verso la parte inferiore del bancone.
Sentì l’adrenalina entrargli in circolo: riusciva a percepire il battito del proprio cuore nella testa, lento e costante, intervallato dai suoi respiri profondi, i sensi in allerta massima, i nervi tesi come corde di violino. Poi vide il braccio dell’inserviente scattare, un movimento fulmineo di un serpente, un bagliore metallico ben saldo nella sua mano.
I fiori scagliati con violenza contro il volto dell’impiegato e il colpo, perduto tra i petali, sfiorò il suo lobo. Tra i colori sgargianti dei fiori, James vide un’espressione di orrore impossessarsi del volto dell’uomo quando riuscì ad afferrargli il bavero della camicia.
La tempia sbatté una, due, tre volte contro la superficie del bancone. Le ossa del cranio scoppiettarono come rametti spezzati, la pelle emise un rumore di stoffa strappata, i capelli color sangue rimasero stretti nella mano libera dell’ispanico finché le convulsioni non cessarono.
Solo allora James lo lasciò andare.
Si guardò attorno, come aspettandosi di veder comparire qualcuno dai bui anfratti della sala d’aspetto. La colluttazione era stata caotica, lo sparo era chiaramente risuonato tra le mura dell’ambiente.
Alle orecchie gli giunse il solo rumore dei suoi stessi profondi respiri.

“Cosa cazzo sta succedendo?”

Ricordatosi di essere armato e in abiti civili, attivò lo scudo di emergenza prima di strappare dalle dita cadaveriche la pistola. Controllò il caricatore, per poi frugare nelle tasche dell’uomo: una sola clip termica con quindici colpi prima del surriscaldamento.
Infine, selezionò sul factotum la frequenza di comunicazione di Vakarian.

«Garrus, riesci a sentirmi?»

«James! Perché stai bisbigliando? Ah, ho capito! Non vuoi che Shepard si accorga che mi stai raccontando com’è andato il vostro primo allenamento orizzontale, eh?»

«Cos… no!»

«Allora vedi di sbrigarti, ho scommesso con Joker che sarebbe successo prima di tre mesi e non voglio perdere i miei crediti.»

«Avete scommesso…? Oh, Diós, che cazzo sto dicendo. Garrus, sto per entrare nella hall dell’ospedale. Un tizio ha appena cercato di ammazzarmi e credo che sia successo qualcosa di grosso.»

«Cosa? Dannazione…»

«Non lo so, non sono ancora entrato e l’ambiente è buio, temo che abbiano staccato i generatori.»

«Shepard?»

«Non lo so, la sto andando a cercare e ho paura di avere poco tempo.»

«Ho capito, mi metto in contatto io con il Centro Operativo. Appena sai qualcosa di più…»

«…te lo comunico. Tieni libera questa frequenza. Chiudo.» “Bene, ora vediamo di capire in che situazione di merda mi sono cacciato stavolta.”

In cuor suo, cercava di convincersi che Shepard non fosse coinvolta. Certo, lei era una calamita per gli assassini e gli squilibrati ma, in fondo, nessuno ad esclusione dei medici e delle sue guardie del corpo era a conoscenza del fatto che si nascondesse in quel luogo e non c’era motivo per cui qualcuno volesse farle del male. Eppure… eppure qualcuno l’aveva filmata di nascosto e aveva venduto le riprese al miglior offerente, e quell’inserviente, per il quarto piano, era riuscito quantomeno a transitare. Per quanto le possibilità che fosse Shepard l’obiettivo di quell’attacco potessero dirsi scarse, una brutta sensazione continuava ad aleggiare nella mente di James.
Spingendo la porta di vetro con una spalla, la pistola ben salda in mano, entrò nella hall dell’ospedale. Le fioche luci di emergenza non riuscivano a penetrare il buio asfissiante e si vide costretto ad accendere la torcia dell’omni-tool per riuscire a orientarsi.

«Madre de Diós…»

Decine di cadaveri giacevano riversi sul pavimento e contro i muri, annegati in pozze di sangue che si mescevano in un unico lago violaceo in cui le differenze di specie perdevano di significato.
L’arma stabile di fronte a sé, torcia puntata in avanti in posizione CQC, James avanzò nel mezzo del massacro; pur mantenendo un precario l’equilibrio, percepiva la debole resistenza delle suole degli scarponi al viscidume e si ritrovò in più punti costretto a pattinare sul sangue per evitare di sdrucciolare a terra.
La luce della torcia illuminò il volto di un bambino riverso su un poliziotto, le braccia esili che ancora stringevano un corpo i cui lineamenti erano stati cancellati da un colpo di fucile a pompa. Aveva cercato la protezione in un abbraccio e il terrore era rimasto impresso in due occhi troppo grandi per quel corpicino crivellato di proiettili.
Digrignando i denti, si avvicinò al bambino. Sentiva la necessità di abbassare quelle palpebre, doveva dare a sé stesso l’illusione che stesse solo dormendo.
La pelle era ancora calda e al tocco dell’uomo il minuscolo cadavere si mosse, adagiandosi sulla schiena.
L’ispanico trattenne a fatica un singhiozzo.
Un piccolo led lampeggiante, fino a quel momento rimasto celato dal corpo, illuminò fiocamente la stoffa lacera della divisa: il factotum del poliziotto, benché seriamente danneggiato, indicava una registrazione in corso.
James afferrò il braccio e lo trascinò a sé. Bastò il movimento perché la registrazione si interrompesse, e si vide costretto a premere più volte sull’interfaccia olografica prima che l’impulso elettronico di riproduzione giungesse all’hardware centrale.
Un audio fioco e saturo di disturbi fu tutto ciò che lo strumento riuscì a restituirgli.

“«Codice tre, uno, due. Ripeto, codice tre, uno, due. Siamo sotto attacco. Mandate rinforzi. Ripeto, mandate rinforzi. Siamo…»” il ruggito di un fucile spezzò le parole. Alle urla del bambino si contrappose una voce roca e profonda, “«Morti, con i complimenti del clan Urdnot.»”

James interruppe la registrazione.
Krogan.
Digitò freneticamente la frequenza radio di Garrus.

«Qua Vakarian.»

«Krogan!» la voce proruppe più forte di quanto avrebbe desiderato, «Sono i krogan! Stanno cercando Jane!»

«Porca puttana… invio la comunicazione al Centro Operativo, le forze speciali in venti minuti dovrebbero essere lì.»

«Venti minuti? Cosa cazzo hanno fatto in tutto questo tempo?»

«È un potenziale attacco terroristico, sai meglio di me che le procedure non sono veloci in questi casi.»

«Dannazione, Jane potrebbe non avere venti minuti. Devo andare da lei.»

«James, è un plotone krogan. Ti farai ammazzare!»

«Devo tentare. Non posso perderla di nuovo!»

Chiuse la conversazione. Non aveva tempo per gli scrupoli del turian.
Tentò di ricordare la pianta dell’edificio: al piano terra, due ascensori. Da scartare entrambi, il blackout li aveva messi fuori uso. Due scale di servizio, le luci di emergenza le davano entrambe agibili.
Doveva bloccarne una, obbligare i krogan a percorrere la sua stessa strada.
Il fulgore della fiamma ossidrica rimase impresso sul bordo della porta occidentale come una lunga scia incandescente.
James perse un paio di secondi a osservare il risultato.
Nemmeno una carica krogan avrebbe potuto sfondarla.
Eppure… tre preziosi minuti di vita di Shepard. Tanto aveva impiegato per concludere il lavoro.
Il cuore in gola, si precipitò verso il lato orientale della sala.
Si vide costretto a combattere contro sé stesse e ad aprire con cautela la porta tagliafuoco, nel timore che una truppa krogan fosse in dirittura di arrivo. Non sapere quanti fossero, e ritrovarsi per di più in posizione inferiore, lo poneva in una palese condizione di svantaggio.
Una fessura a separarlo dalla rampa di scale, trattenne il respiro per consentire al proprio udito di percepire il minimo afflato. Il cuore che rimbombava nel petto rimase l’unico segnale di pericolo imminente.
Consentendo all’ossigeno di sommergere i polmoni ormai brucianti, James entrò nella tromba delle scale e iniziò la salita. Benedisse il fatto che le rampe interne non fossero in acciaio e le suole degli scarponi, benché appiccicose, attutissero i suoi passi.
Quinto piano.
Decimo.
Quindicesimo.
Ventesimo.
Malgrado l’allenamento da N7, James dovette rallentare: il cuore aveva raggiunto la soglia di allenamento massima e protestava furioso in un torace che gli sembrava improvvisamente troppo stretto.
Ventitreesimo.
Ventiseiesimo.
La gola gli bruciava sin quasi a farlo lacrimare.
Ventinovesimo.
Trentaduesimo.
I muscoli delle gambe gli sembravano in fiamme.
Trentatreesimo.
Jane aveva in totale otto minuti in meno di vita.
Trentaquattresimo piano.
Sentiva delle voci. Spense la torcia. Socchiuse la porta tagliafuoco e vide anche le ombre.
Due krogan a circa trenta metri di distanza, uno di fronte all’altro, posizionati a guardia delle scale di servizio che portavano al tetto.
In quel momento capì dove avevano portato Shepard.
Era un soldato d’assalto e la sua stazza non gli avrebbe mai consentito di muoversi con circospezione. Doveva sfruttare velocità ed effetto sorpresa.
Controllò la pistola: i proiettili erano in canna, la clip termica inserita e la sicura tolta.

“Tre…”

Prese un respiro profondo.

“Due…”

Appoggiò la spalla sinistra sulla leva, pronto a spingere.

“Tre!”

La porta sbatté contro il muro. Il clangore dell’impatto si mescolò agli spari. Un colpo, poi un altro, e un altro, e ancora, il corridoio era stretto e lo spostamento delle braccia minimo. Un proiettile gli sfiorò il volto, l’imprecazione di un krogan gli scivolò addosso come acqua.
L’esercito gli aveva insegnato a essere spietato, gli N7 a essere preciso. Entrambi videro in quell’azione il perfetto compimento dell’addestramento.
James osservò i cadaveri dei krogan riversi a terra, le armature integre, i musi crivellati di pallottole da apparire indistinguibili.
Lasciò cadere la pistola, priva di colpi. Ammirò le armi degli avversari. Ignorò il fucile a pompa, intonso, e si appropriò del fucile d’assalto. Caricatore pieno e tre clip termiche.
Se le sarebbe fatte bastare.
Salì le scale. Poche rampe lo separavano da Shepard. L’adrenalina in circolo era talmente alta che gli sembrava di sentirla scorrere lungo le proprie vene.
Attraverso la porta d’accesso al tetto altre voci, altre risate; due, una sovrastava l’altra. Due krogan morti al piano inferiore, due sul tetto, un piccolo plotone, pochi elementi per catalizzare l’attenzione in maniera minore. Non faticò a distinguere il timbro crudele di Urdnot Wreav e, forse, soffocato dalla potenza dei krogan, sognò di udire Shepard, flebile come un sussurro.
Controllò che la sicura del fucile fosse disinserita prima di dirottare tutta l’energia secondaria del factotum sugli scudi. Aveva una sola chance e nessuna possibilità di individuare la posizione del nemico prima di esporsi. Il cervello macinò strategie militari a pieno regime; doveva agire per gradi, risparmiare munizioni e trovare una copertura.
Tutto questo, sperando che non ammazzassero Jane appena avesse fatto irruzione.
Cercò di infondersi coraggio: le possibilità di salvarla erano minime e si sarebbero azzerate del tutto se non fosse intervenuto.
Un respiro e poi un altro, lasciò che la respirazione regolasse il flusso d’adrenalina.
Contò fino a tre. Infine, spalancò la porta.
Fianco destro, guardia krogan, fucile a pompa. Di fronte, Wreav, fucile a pompa, a pochi passi dal cornicione alto pochi centimetri. Accasciata sulle ginocchia, tenuta sollevata per il braccio biologico, Shepard. Sangue sulla tunica, ecchimosi sul volto, testa china, reazione minima.
Lo sguardo di James si oscurò per un istante.
Il frastuono dello scudo in frantumi lo ritrasse bruscamente dall’abisso in cui era precipitato e le urla cantilenanti del factotum gli ricordarono come la sua vita fosse appesa a un filo.
Si gettò sulla sinistra, usando la parete opposta del gabbiotto delle scale come copertura; una sensazione di bruciore al braccio sinistro rimase come memento di un proiettile troppo vicino al suo corpo privo di protezioni.
Guardò di sfuggita l’ora: i rinforzi non sarebbero arrivati prima di sette minuti. Si appiattì contro il muro, il fucile d’assalto stretto al petto, impotente dinnanzi alla risata sardonica di Urdnot Wreav.
Digrignò i denti. Doveva almeno fingere sicurezza.

«L’esercito sa che siete qui. Lasciala andare e farò in modo che non vi usino per il tiro al bersaglio!» urlò, sperando di riuscire a simulare sufficiente arroganza. Non vide, né se ne accorse il krogan, come al suono della sua voce Shepard avesse alzato la testa.

«Lasciarla andare? Poi dicono che siamo noi krogan gli idioti della galassia» commentò Wreav, le parole frammiste a una nuova risata, «Ma tu… tu eri su Tuchanka quel giorno, vero?»

James si morse il labbro. Non poteva rischiare di mentire e farlo incazzare più di quanto già non lo fosse.

«…sì.»

«Sentito Svarr? Abbiamo un altro di quei figli di puttana! C’è anche il turian o anche lui ha capito chi è veramente Shepard?»

Wreav strinse il pugno attorno al polso della donna, strappandole un’imprecazione.

«Basta!»

«Sentilo come si innervosisce a toccargli il suo bel comandante. Ehi, Svarr, resta fermo e tienilo puntato. Voglio che assista alla morte di Shepard come ha assistito alla fine dei krogan.»

James sparò un colpo in aria, i muscoli del viso tanto contratti da dolergli.

«Lasciala andare ho detto! Non lo ripeterò un’altra volta!»

«Svarr, abbiamo un eroe tra noi. Come se fossi nella posizione di poter dare ordini, idiota. Getta quell’arma o sarò io a gettare Shepard dal tetto.»

«Tu fallo e vengo personalmente a prenderti a calci nel culo, James!»

La voce di Jane risuonò nitida e tagliente nell’aria gelida della notte, come un balsamo rincuorante che avvolse la mente dell’ispanico e gli diede il coraggio di sporgersi e incrociare il suo volto con lo sguardo.
Fu solo la consapevolezza di essere sotto il tiro dello scagnozzo a trattenerlo dal reagire d’istinto quando vide Wreav contrastare la ribellione di Shepard scagliandola a terra con violenza.

 «Sta zitta!»

James la sentì ridere, un tintinnio raggelante di belva al muro, e ammirò la tenacia con cui si rialzò da terra, il viso rivolto al cielo.

«Sentito, James? Secondo questo stronzo dovrei stare zitta altrimenti s’incazza. Che coglione!»

Wreav le puntò il fucile alla nuca sino a immergere la canna dell’arma tra i riccioli.

«Parla ancora e giuro che ti apro un buco nel cranio.»

«Come se avessi mai avuto altro in mente. Cristo santo…» Jane si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, inarcando il collo ad appoggiarsi più comodamente contro il fucile «sei talmente una testa di cazzo da non aver ancora capito che non ho bisogno di aiuto per difendermi.»

Shepard scartò di lato. Sfruttando l’istante di disorientamento di Wreav, lasciò che il braccio sinistro scattasse verso l’alto. La rigidità del metallo si scontrò con un clangore secco contro l’armatura del krogan. Gli artigli persero la presa sul fucile.

«Ora, James!»

Urlò, e nell’istante in cui la voce le proruppe dal petto si scagliò con tutto il suo peso contro Wreav. Il colosso sfiorò il cornicione col tallone, e in un singulto di vendetta arpionò la tunica di Shepard. L’equilibrio, colpito a morte, li trascinò nel baratro.
James sentì il cuore accartocciarglisi nel petto.

«No!»

Abbandonò la protezione della parete; la raffica di proiettili approfittò della disattenzione del figlio di Tuchanka superstite.
Il fucile e il krogan collassarono all’unisono sul cemento.
La gola tanto contratta da impedirgli di respirare, James si sporse dal bordo del palazzo.
Dinnanzi a lui, incorniciata dal lampeggiare distante delle forze dell’ordine e dalla minuscola figura di un Wreav frantumatosi contro l’asfalto, si palesò l’ultima battaglia di Shepard: in un’estrema manifestazione dell’istinto di sopravvivenza, era stata in grado di agganciare le dita meccaniche della protesi alla bandiera dell’Alleanza.

«Jane! Sono qui! Prendi la mia mano!» urlò con foga, sporgendosi quel tanto che bastava per evitare di cadere.

«Non riesco a vederla!»

«Allungala, ti afferro io!»

La vide alzare il braccio libero, che annaspò nell’aria i pochi istanti che gli furono necessari per stringerle l’avambraccio. Sentì restituire la stretta, le dita della donna fare presa sui muscoli. Fece leva sullo spigolo del cornicione e i muscoli del suo corpo iniziarono a protestare. Ringraziò il cielo che Jane fosse più leggera di un tempo.
La sollevò sul tetto sino all’addome, quando si concesse di agguantare la stoffa sulla sua schiena per riuscire infine a portarla al sicuro, lontana dal bordo.
Si alzò in piedi e con sé trascinò Shepard, il corpo della donna stretto tra le sue braccia, il proprio a farle da riparo dal vento gelido che infieriva sull’edificio.

«Stai bene?» chiese con voce strozzata, cingendole il capo con le mani, gli occhi fissi sulla donna.

«Sì. È finita…» commentò di rimando, un sorriso soddisfatto dipinto sul volto tumefatto, il famigerato sangue freddo che si manifestava in tutta la sua energia, «quello stronzo non sarà più un problema».

«Diós, temevo… temevo… di averti persa di nuovo…»

James si sentì balbettare, lo sguardo che saltava in maniera convulsa dal volto di Shepard al parapetto e di nuovo sul suo volto. Pochi metri di distanza e non avrebbe avuto alcuna bandiera a cui appigliarsi.

«James, che cazzo, calmati! Sto bene!»

Gli afferrò il bavero della camicia. L’uomo sentì il fiato mozzarglisi in gola.
Il volto di Jane, pallido e chiazzato di ecchimosi violacee, gli sembrò così minuto e fragile tra le sue ampie mani. Con le dita le scostò i capelli sudati dalla fronte, per poi pulirle il mento dal rivolo di sangue ormai essiccato.

«Non stavolta…» riuscì a malapena a rantolare.

La donna corrucciò le sopracciglia. «Che hai detto?»

L’ispanico digrignò i denti, trovando le forze per respirare di nuovo.

«…stavolta non ti ho lasciata andare.»

La afferrò, avvolgendole il corpo con un braccio. La trascinò a sé e colmò la distanza tra le loro bocche prima che potesse parlare di nuovo.
La trattenne, immergendo la mano tra i suoi riccioli scuri, dimenticandosi del mondo intero: e quando Shepard schiuse le labbra per approfondire il bacio serrò gli occhi, pregando che il mondo intero si dimenticasse di loro.

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Capitolo 26
*** Epilogo in terra straniera ***


EPILOGO IN TERRA STRANIERA






«Sei in ritardo.»

James alzò le spalle, appoggiando il cartone di birre sul tavolino del salone.

«Non è colpa mia se al negozio c’era un sacco di gente.»

«Avresti dovuto usare i tuoi gradi per superare la fila.»

Liara si coprì gli occhi con una mano.

«Shepard, quello che stai suggerendo tu si chiama abuso di potere, ed è un reato…»

«Le birre calde sono un reato.»

«Va bene. Le metto in frigo.»

«Sbaglio o sono delle Guinness? La fabbrica non era andata distrutta?»

«Non la ricetta.»

«Ehi, Shepard, adesso riesci davvero a leggere la scatola di cartone o hai tirato a sorte?» chiese Garrus, scrutandola con i piccoli occhi da rettile.

«Riesco a leggere, ovviamente senza i dettagli. Devo ringraziare Miranda e Mordin se da questi ultimi due mesi finalmente posso riconoscere un bicchiere di birra da uno di piscio.»

«Aspetta… un bicchiere di…?» un paio di spalancati occhi asari si fissarono sul volto della donna.

«Chiedi a Joker.»

«Ehi, era calda, non pensavo avrebbe provato a bere birra calda!» Joker interruppe la sicura filippica morale dell’asari prima che potesse partire e Garrus colse la palla al balzo per troncare l’argomento.

«Chi stiamo aspettando?»

«Manca ancora Jacob…»

«Che deve badare al figlio e non può venire» concluse Miranda.

«Grunt…»

«Che arriverà verso sera» puntualizzò Shepard.

«Mordin…»

«Ci contatterà via digitale da Acapulco» precisò Liara.

«Non Bora Bora?»

«Voleva studiare diverse tipologie di conchiglie.»

«Tali?» chiese James.

«Arriverà a momenti, tempo di raccogliere abbastanza filtri per sopportare la festa. Zaeed?»

«Credo che adesso sia su Marte a fare un corso accelerato di combattimento corpo a corpo in stile Justicar…» ridacchiò Shepard.

«Non voglio sapere altro. Javik?»

Un colpo di tosse sommesso richiamò l’attenzione del gruppo. La dottoressa T’Soni, solitamente composta, si stava grattando i tentacoli in visibile imbarazzo.

«Non verrà, ma… a tal proposito, avrei da comunicarvi una cosa.»

«Avanti, siamo tutt’orecchi.»

«Come sapete, Javik mi ha molto aiutata in questi anni a raccogliere materiale sui protean e si può dire che sia grazie a lui se attualmente ne vengo considerata la più grande esperta vivente…»

«Vai al punto» tagliò corto Shepard, imitando con pollice e indice un paio di forbici.

Liara tirò un lungo sospiro.

«Vi ricordate che le asari sono in grado di riprodursi attingendo al codice genetico del partner, generando una nuova asari dall’aspetto tipico della nostra specie ma con il DNA di entrambi, giusto?»

«Certo» commentò James, subito bloccato da una mano di Joker sul braccio.

«No. Fermi tutti. Temo di aver capito dove si andrà a parare.»

«No, non è possibile…» ribatté Shepard, il volto paralizzato su un’espressione disgustata.

«Dicci che non stai per dirci quello che vuoi dirci…» infierì Lawson.

«Sì. Abbiamo deciso di riprodurci assieme appena raggiungerò la piena maturità sessuale» confermò Liara, annuendo con decisione.

«Ecco, di questo! Di questo non voglio sapere davvero altro!» sbottò Shepard, parlando a nome di tutti.

«Ma è l’unico modo sicuro per impedire che i geni protean scompaiano definitivamente. Non possiamo fidarci della crio…»

«Alt! Non voglio…»

«Ma…»

«No!»

«Va bene, continuerò dopo che avrete metabolizzato la notizia.»

«Allora mi sa che dovrai aspettare a lungo» bofonchiò James, visibilmente disgustato.

«Ho ancora circa novecento anni di vita, posso permettermelo» l’asari ci scherzò sopra a sua volta. Aveva messo in conto una reazione simile e non aveva dubbi che, col tempo, l’avrebbero compresa.

«Bene, il futuro padre di famiglia imperialista non viene. Chi altro?»

In quel momento il campanello dell’ingresso lanciò un breve trillo e Glifo si precipitò a informare il gruppo dell’arrivo del nuovo invitato.

«Comandante, è arrivato il Capitano Kaidan, accompagnato.»

«Grazie Glifo, lo immaginavo» si limitò a commentare, ammirando non senza una punta di divertimento gli sguardi perplessi degli ospiti, «che c’è? Pensavate che non l’avrei invitato?»

«No, Shepard. È che non capiamo da chi possa essere accompagnato.»

«Lo vedrete» sogghignò, dirigendosi con passo sicuro, finalmente sicuro, verso la porta. Fu dunque privo di alcuna nota di stupore il saluto che con calore rivolse al canadese e alla donna che lo accompagnava.

«Kaidan, che bello rivederti!» Jane si slanciò in un abbraccio, ricambiato dall’uomo.

«E io sono felice di trovarvi così in forma, tu e gli altri a quanto vedo» replicò, lanciando uno sguardo ai suoi vecchi compagni e lasciando che fosse la donna a scegliere il momento in cui sciogliere la stretta, pochi istanti più tardi, «ti sei sistemata bene, eh?».

«Mi hanno imposto di fingere di nuovo la mia morte per impedire nuovi attentati. Almeno ho potuto scegliere dove vivere in attesa di rimettermi!»

«Giustamente hai scelto una villa in uno sperduto arcipelago polinesiano.»

«Mi daresti forse dell’idiota per questo?»

«No, per niente.»

«Vedi? Adesso lasciami indovinare… questa deve essere tua moglie.»

Shepard allungò la mano verso la donna, rimpiangendo al contempo di non poterne osservare i lineamenti del volto e di non riuscire ad ammirare le espressioni meravigliate degli ospiti alle sue spalle.

«Mi chiamo Kara. È un piacere conoscerla, Comandante. Mio marito mi ha parlato a lungo di lei» la donna ricambiò la stretta di mano e Shepard credette di aver sentito una particolare enfasi nella pronuncia del legame che aveva con Kaidan. Si chiese per un attimo se non la vedesse come una vecchia rivale.

“O forse mi sto facendo delle gran seghe mentali…” «Forza, entrate. Volete stare davanti alla porta tutto il giorno?»

«Veramente le presentazioni non sono terminate…» commentò Kaidan, trattenendo a stento una risatina.

«Come?»

Alenko lasciò che il braccio destro, sino a quel momento celato dietro la schiena, scivolasse in avanti trascinando con sé una piccola manina rosata.

«Vieni, non aver paura. Non li mangia gli amici di papà.»

Shepard sbarrò gli occhi e poté giurare di aver sentito il cigolio delle mandibole dei suoi ospiti che precipitavano verso il pavimento. Dinnanzi a sé vide comparire il profilo di una piccola bimba, i capelli scuri e ondulati come quelli del padre che incorniciavano un volto paffuto, ostinatamente attaccata ai pantaloni dell’uomo.

“Cosa cazzo succede oggi? È la giornata mondiale della riproduzione?”

La donna vide il cadanese abbassarsi con un sospiro, alzare la bimba e, prima che entrambe potessero in alcun modo protestare, mettergliela in braccio. Sentì il cervello andare in tilt, terrorizzato dall’idea di lasciarla cadere e al contempo spaventato al pensiero di farle male stringendola troppo forte. Sentì il suo stesso collo ritrarsi, il volto segnato di cicatrici fin troppo vicino a quel viso ancora innocente.

«Jane, ti presento Jane. Ha due anni, è nata sei mesi dopo che sei tornata tra noi.»

Pur nella sua nuova condizione di statua di sale, il Comandante udì distintamente la voce bitonale di Garrus.

«L’hai chiamata come Shepard in suo onore o hai seguito la moda di metà pianeta Terra?»

«In suo onore.»

«Temerario.»

Shepard si morse il labbro inferiore per impedirsi di lanciare un insulto al turian.
Fu allora che la piccola Jane, fino a quel momento intenta a studiare l’estranea che aveva il privilegio di tenerla in braccia, mosse la manina verso i capelli della donna.
Shepard lasciò che li sfiorasse, vi immergesse le dita, giocherellasse con la sua zazzera riccioluta. Sentì qualcosa incrinarsi nel suo petto quando la risata di bimba le solleticò l’udito e con stupore sentì i suoi stessi zigomi sollevarsi in un sorriso.

«Ciao, Jane.»

La voce di Joker si alzò nel silenzio generale.

«Che carina, Shepard ha dimostrato di avere un cuore.»

La stessa Shepard si appuntò mentalmente di rompergli il femore destro.

«Io vorrei presentare mia moglie a Liara. È una grande ammiratrice del suo lavoro sui protean e credo abbia parecchie domande da farle, ma temo che Jane si annoierebbe. Ti dispiacerebbe badare a lei per una decina di minuti?» Kaidan tornò a parlare, rivolgendo uno sguardo d’intesa a Kara e all’asari.

«Oh, certo. Sono certa che Shepard ne sarà felicissima» lo supportò Liara, seguita dal cenno d’approvazione della moglie, «andiamo nell’anticamera dove potremo parlare con più calma.»

La donna arretrò di qualche passo verso il centro della sala, consentendo ai coniugi di entrare. Con la coda dell’occhio li vide allontanarsi assieme all’asari mentre attorno a sé tornava a formarsi il capannello di vecchi compagni.

E adesso…?” si ritrovò a pensare, i muscoli delle braccia che cominciavano a protestare per il peso della bambina improvvisamente posseduta dal demonio.

«Ehm, credo che Jane voglia scendere» suggerì Garrus, alzando la mano tridattile a indicare la figlia del diavolo.

«Ah, giusto.»

Sfruttando una rinnovata lucidità, il Comandante appoggiò la bimba a terra che approfittò della ritrovata libertà per saltellare attorno alle loro gambe.
James la guardò per qualche secondo.
Poi, l’idea malsana.

«Sai, Shep, forse dovremmo pensare anche noi alla riproduzione.»

Shepard sbarrò gli occhi, ignorando le risate trattenute dei compagni.

«Io e te? Riprodurci? Hai idea del danno per il pool genetico umano?»

«Da quando conosci questi termini complicati?»

«Liara.»

«Giusto.»

«State veramente accarezzando l’idea di fare un figlio?» si intromise Garrus, la cui voce lasciava trasparire una discreta dose di perplessità.

«Sì.»

«No.»

«Decidetevi» sbottò Joker.

«Sì.»

«Dio, fa che prenda da James.»

«Fottiti, Joker. Ho detto di no.»

«Datemi il tempo di lavorarmela e vedrete che cambierà idea.»

Shepard si prese qualche attimo di riflessione.

«Sai, James, ci sono vari modi di interpretare questa frase e alcuni devo ammettere che non mi dispiacciono.»

L’ispanico scoppiò a ridere di gusto. «Lo sé, te quiero, Lola, y quiero recuperar el tiempo perdido, hacer una familia contigo...» disse, sicuro che nessuno a parte Shepard potesse capirlo.

Fu dunque con sorpresa che osservò il proprio Comandante inclinare la testa, gli occhi ridotti a due fessure.

«Lo so che?»

«Ma come? Non sei cresciuta nei quartieri malfamati di Vancouver?»

«I cartelli della droga che avevo la fortuna di incontrare non usavano proprio questi termini, che io ricordi.»

«Giusto, immagino usassero più parole come cabrón, hijo de puta, maldito…»

«Cabrón!» la piccola Jane singhiozzò divertita, battendo le mani dinnanzi allo sguardo allibito della donna e le risate di Garrus e Joker.

«Porca puttana, questa scimmia ripete le imprecazioni.»

«’occa putanna!»

«Questa però è colpa tua!» infierì il turian, supportato da una fragorosa risata di James.

«Direi che Kaidan ha azzeccato il nome per la piccola!»

«È una maledetta spugna per le volgarità. E voi smettetela di fare i coglioni.»

«Colionni!»

«Sempre meglio, Lola!»

Shepard si portò le mani alla fronte, pinzando la pelle in un plateale gesto di insofferenza.

«…James?»

«Dimmi.»

«Eres un pendejo.»

«Che vole die pendejo?» la voce della figlia di Alenko li interruppe di nuovo.

Il giovane N7 scoppiò a ridere.

« Muy buena, Shepard. Estás aprendiendo mi idioma... y Jane tambíen.»

«Kaidan mi ammazzerà. Dannazione, ragazzina, com’è che riesci a ripetere pure le imprecazioni spagnole?» protestò Shepard.

«Le ha dato il nome in tuo onore. Ha il destino segnato» commentò Jeff, il cui sorriso gli morì in gola quando vide il volto sogghignante della donna.

«Hai ragione, Joker, e tu non potevi che essere un...

»

«Colionne!»

Si girarono all’unisono verso la piccola, innocente Jane.
Shepard si concesse di continuare a ghignare. Abbassatasi all’altezza della bimba, le accarezzò affettuosamente la testa.

«No, piccola, si dice coglione

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