The wind rises

di Signorina Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Audrey & Haze ***
Capitolo 2: *** Hunter & Penelope ***
Capitolo 3: *** Quinn & Faye ***
Capitolo 4: *** Erik & Maxine ***
Capitolo 5: *** Raphael & Larisse ***



Capitolo 1
*** Audrey & Haze ***


The wind rises 


Audrey & Haze 
 
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Haze fu ben felice di uscire dal cinema, respirando la fresca aria serale mentre teneva Audrey sottobraccio, che invece sorrideva allegra:

“Mi è piaciuto tantissimo!”
Haze non rispose, limitandosi ad un borbottio indefinito: la fidanzata lo aveva trascinato – letteralmente – a vedere un musical appena uscito, non esattamente il suo genere di film preferito.

“Sì, insomma, proprio non capisco cosa passasse nel cervello di quella cretina che durante i titoli di cosa si è chiesta ad alta voce se Meryl Streep fosse la persona più adatta per il ruolo… avrei voluto dirle “Tesoro, Christopher Nolan avrebbe anche potuto sceglierla per interpretare Batman nel Cavaliere Oscuro e sarebbe comunque stata la scelta più adatta!”!”

“Se lo dici tu tesoro…”
“Esatto, lo dico io. Oh, spero tanto che facciano il sequel!”

Audrey sorrise, Haze invece no, sfoggiando una lieve smorfia: cielo, lui sperava proprio il contrario… *


*


Quando Audrey aveva spento la TV annunciando di dovergli dire una cosa Henry si era messo sull’attenti, guardando la zia con occhi pieni di curiosità:

“¿Que pasa, Tìa?”
“Sabes que Haze y Yo queremos mucho, ¿no es así?” (Sai che io e Haze ci vogliamo molto bene, vero?)
“Claro.”
“Bien… Entonces ¿te gustaria que Haze viniera a vivir con nosotros? Como una familia, mi amor.”

“Oh. Eso creo…” (penso di sì) 
“Mira, mi pequeno… Haze mi pidió que me case con el. No cambiarà nada, Haze a menudo viene aquí a nosotros incluso ahora.” (Haze mi ha chiesto di sposarlo. Non cambierà niente, Haze viene spesso qui da noi anche ora)

“… ¿Ellos también vienen Sno y Duchessa?” (Vengono anche Snow e Duchessa?)
“Claro, y también Storm. ¿Estas bien para ti, entonces?”

Audrey lo guardò quasi con aria speranzosa e il bambino, dopo un istante di esitazione, annuì:

“… Sì Tìa.”

Audrey sorrise e abbracciò il bambino, mormorando che gli voleva bene mentre Henry, annuendo, le assicurava di volerle bene a sua volta.


*


“Mi mancherai tanto, fai il bravo… telefonami… comportati bene con zia Max e zio Erik, e non mangiare nulla che potrebbe aver preparato la zia! Il mio piccolino…”

“Audrey, dobbiamo andare in luna di miele, non in guerra!”  Haze alzò gli occhi al cielo mentre, dopo aver fatto stare tutti i bagagli della neo moglie nel bagagliaio ingrandendolo con la magia, l’aspettava dall’interno dell’auto. 

Audrey, che era inginocchiata di fronte ad Henry e lo stava riempiendo di baci e raccomandazioni mentre lo abbracciava teneramente, si voltò verso il marito per rivolgergli un’occhiata torva:

“Sto salutando il mio bambino, non disturbarmi!”
“Stai tranquilla Audrey, con noi lui, Snow e Duchessa staranno benone, vero piccolo?”

Max sorrise e sfiorò i capelli del bambino con le dita, che annuì e sorrise alla zia vivacemente: 

“Sì. Non preoccuparti Tìa.”
“Hasta luego mi amor, mi mancherai tanto…”


Quando, poco dopo, Audrey salì in macchina si sporse dal finestrino per salutare il nipotino finché non sparì dal suo campo visivo, e Haze fu abbastanza certo di averla sentita tirare su col naso prima di sorriderle, sfiorandole un braccio con la mano:

“Non ti eri mai separata da lui per tanto tempo, vero?”
“Mai. Saranno tre settimane molto lunghe… secondo te io gli mancherò? E si laverà i denti?! Mi sono dimenticata di scriverlo nel foglio illustrativo…”

Audrey sospirò e appoggiò la testa alla testiera del sedile, passandosi una mano sul viso mentre Haze, accanto a lei, cercava di trattenere una risata pensando al foglio chilometrico che Audrey aveva lasciato ai due amici prima di partire.

“Audrey, Max e Erik sanno che Henry deve lavarsi i denti, starà benissimo. E poi sappiamo entrambi che tu gli telefonerai due volte al giorno, quindi saprai tutto ciò che gli succederà. Ora non ci pensare e sorridi, altrimenti me ne vado in luna di miele con un’altra!”
“Provaci e ti spesso le ossa, Cappellaio. Adesso che hai pronunciato i voti non hai più scampo.”

Audrey tirò fuori i biglietti aerei dal portafoglio per controllare che tutto fosse in regola mentre Haze, sorridendo, le assicurava mentalmente che era tremendamente felice di non avere più scampo.


*
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“Haze, dove siamo?! Tutto questo non mi piace affatto!”
“Tra poco cambierai idea, fidati… e non sbirciare. Neanche tu, Henry!”

Audrey sbuffò mentre camminava su quello che aveva tutta l’aria d’essere un prato, ma non poteva esserne del tutto certa visto che non aveva idea di dove si trovassero: Haze aveva bendato sia lei che Henry prima di Materializzarsi chissà dove, e ora li stava guidando tenendo il bambino per mano e stringendo delicatamente la spalla della moglie.

“Haze, adoro le sorprese, ma non così!”
“Rilassati, siamo in una distesa d’erba, nessuno si farà male… Ecco ometto, ora puoi guardare.”

Haze si chinò per togliere il fazzoletto dagli occhi di Henry, che sbattè le palpebre un paio di volte prima di lanciare un’occhiata ammirata all’imponente edificio che aveva davanti. 

“Ooh… Tìo, dove siamo?”
“Già, vorrei saperlo anche io, posso guardare adesso?”

“Adesso sì, impaziente Signora Mallow… Benvenuta a casa.”  Haze sciolse il nodo della benda della moglie con un sorriso sulle labbra, osservandola per gustarsi la sua reazione che non tardò ad arrivare: quando Audrey potè posare lo sguardo sul maniero preceduto da un grande parco – dove si trovavano in quel momento – che aveva di fronte strabuzzò gli occhi verdi e lo guardò a bocca aperta, senza riuscire a formulare un pensiero preciso per i primi istanti.

“Che cosa… che cosa significa?!”
“Pare che mio nonno non avesse venduto proprio TUTTO. E ha deciso di regalarcelo come… dono di nozze. Ti piace?”

Haze sorrise alla moglie con aria speranzosa, sfiorandole una spalla mentre Audrey faticava ad esprimere a parole quello che provava: era piuttosto certa di non aver mai avuto una sorpresa del genere.

“Oh mio Dio… Ma è… è…”

“ENORME! POTRÒ AVERE UNA STANZA PER I MIEI GIOCATTOLI!”  Henry sorrise felice, battendo le mani con aria allegra e saltellando brevemente sul posto prima di correre dietro a Snow, che aveva iniziato a correre sul prato abbaiando e scodinzolando. 

Sentendo la voce pimpante del nipotino anche la strega parve riprendersi, portandosi le mani alla bocca prima di esclamare qualcosa con tono concitato a sua volta:

“POTRÒ AVERE UNA STANZA PER LE MIE SCARPE! OH MIO DIO! Haze, questo è… per l’amor del cielo, ma è troppo, non possiamo…”
“È quello che gli ho detto, ma lui ha insistito. L’aveva tenuto per i suoi nipoti, ha detto, e lui e mia nonna non se ne fanno nulla.”

Haze si strinse nelle spalle e Audrey lo abbracciò con slancio, mormorando che avrebbero dovuto ringraziarli per il resto delle loro vite prima che Haze sorridesse, accarezzandole i capelli e allontanò leggermente il viso dal suo per poterla guardare negli occhi:

“Non sarà necessario, sono felici di saperci qui. Anche se, in effetti, mio nonno ha posto una ferrea condizione. Che io condivido.”
“Ossia?” Audrey inarcò un sopracciglio, guardando il marito – che si era fatto improvvisamente serio – tenendogli ancora le braccia intorno al collo e assumendo, per un momento, un’espressione quasi preoccupata.

“O la riempiamo di piccoli Mallow, o non se ne fa nulla.”
Audrey rise appena, annuendo e mormorando che con calma avrebbero pensato anche a quello prima di baciarlo dolcemente. Haze però non la imitò, asserendo che lui non voleva aspettare e guardandola sorridergli con aria divertita:

“Ma tesoro, siamo sposati da un mese! Abbiamo tempo.”
“Lo so, ma per me prima è meglio è.”
“Ne parleremo, per ora abbiamo una casa gigantesca a cui pensare, non credi? Coraggio, andiamo a dare un’occhiata… Henry, vamonos!”

Audrey prese il marito per mano, conducendolo con un sorriso allegro verso l’ingresso della grande Villa, asserendo emozionata che si sarebbe divertita moltissimo a rimetterla a nuovo.
A quelle parole Haze invece sbiancò, intuendo che avrebbe dovuto trascorrere mesi sentendo la moglie parlare di tende, colori per le pareti, tappezzeria, cornici, lampade, copriletti, cuscini e soprammobili.
Forse non era stata una grande idea accettare quel regalo, dopotutto.

 
*


“Serve davvero tutta questa roba?”
“Naturalmente. Mi passi quella lanterna bianca, per favore?”   Audrey parlò con tono vago mentre confrontava due candele rustiche bianche di grandezze diverse, finendo col scrollare le spalle e metterle entrambe nel carrello già stracolmo mentre Faye le passava, dubbiosa, una piccola lanterna bianca decorativa.


“Non ero mai stata in questo posto, ma vedo che tu ti diverti…”
“Oh, non immagini quanto. Quando entro in posti de genere vengo colta da un impulso irrefrenabile di comprare tutto quello che mi capita sotto tiro… cuscini! Andiamo dai cuscini, mi servono cuscini decorativi.” 

Audrey accennò agli scaffali poco distanti stracolmi di cuscini di tutti i colori e dimensioni e Faye seguì l’amica spingendo uno dei carrelli aggrottando la fronte:

“Ma non ne abbiamo già presi sabato mattina?”
“Sì, ma me ne servono altri, ho tanti di quei divani, divanetti e letti… ok, i colori ammessi sono: bianco, beige, tortora, qualsiasi tonalità di grigio e di blu, azzurri compresi.”

“D’accordo… Haze cosa dice?”
“Haze mi lascia saggiamente campo libero. Peccato che Max non sia potuta venire oggi…”
“Già, come mai non c’è?” L’ex Tassorosso inarcò un sopracciglio mentre mostrava due cuscini dalle federe beige con disegni bianchi all’amica, che annuì con un cenno prima di parlare mentre studiava un salsicciotto grigio chiaro. 

“È stata bandita dal grande magazzino.”
“Lei COSA?!”
“Già, la sua foto segnaletica è all’ingresso del reparto arredamento, due anni fa è venuta qui e si è messa a collaudare ogni letto, divano, pouf o poltrona finché non l’hanno trascinata fuori con la forza… sì, questo mi piace, lo metterò nella stanza degli ospiti sui toni del grigio.”

“E l’hanno bandita dal magazzino?!”
“Così sembra. Henry, no, non avrai la stazione dei pompieri LEGO!”

“Ok…” Henry si incupì ma annuì dopo essere apparso da dietro lo scaffale reggendo l’enorme scatola – quasi più grande di lui – tra le manine, facendo per voltarsi e rimetterla a posto mentre Faye si mordicchiava il labbro inferiore, muovendosi a disagio sul posto:

“Beh…”
Audrey si voltò di scatto verso l’amica – così come il bambino, speranzoso –, fulminandola con lo sguardo prima di minacciarla puntandole contro un cuscino rotondo:

“Non pensarci nemmeno, Faye Jones. Sono sua zia e ti proibisco di comprargli la stazione dei pompieri! Vado a controllare l’altro scaffale, tu tienilo d’occhio, l’altra volta si era nascosto tra i pouf e non voleva più venirne fuori…”

Audrey si allontanò alzando gli occhi al cielo e Faye si avvicinò al bambino, porgendogli la mano per accompagnarlo a mettere giù la grossa scatola e parlando a bassa voce, portandosi una mano al lato della bocca con fare cospiratorio:

“Tranquillo, non ha detto nulla sul camion dei pompieri…”

Henry s’illuminò e sorrise vivacemente alla ragazza, abbracciandola per la vita e ringraziandola.


*


Haze stava camminando a tentoni, la vista coperta da un foulard, con le braccia protese in avanti mentre si faceva guidare all’interno della casa dalla moglie, che sembrava parecchio divertita:

“Non sbirciare!”
“Audrey, levami questa cosa di dosso!”
“Non ci penso nemmeno, ora tocca a me farti giocare a mosca cieca!”

Haze sbuffò, borbottando che fosse pessima visto che lo aveva quasi fatto scivolare sulle scale.
Audrey però lo ignorò, permettendogli di togliersi il foulard dagli occhi con tono allegro e quasi emozionato quando entrarono finalmente nella stanza giusta.

Haze, sollevato, lo fece, immobilizzandosi brevemente di fronte a ciò che vide: non aveva ancora messo piede lì dentro da quando avevano iniziato a mettere a posto la casa, e Audrey doveva aver fatto tutto da sola.
Le paresti erano di un brillante blu cobalto, su cui spiccavano delle librerie e mensole bianche piene di libri. Le finestre, sempre bianche, erano adorante da sottili e quasi trasparenti tende azzurre sfumate di bianco e il parquet era stato tirato a lucido.

Ad Haze, tuttavia, importò ben poco di quelle cose, così come del divanetto bianco posto su un morbido tappeto rettangolare azzurro e pieno di cuscini, o della stampa floreale che Audrey aveva appeso sopra al camino di marmo. 

La sua attenzione si catalizzò sul pianoforte a coda posto al centro della stanza con tanto di sedile bianco. 

“Ti piace? È tutta tua. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto avere un posto tuo dove venire a suonare quando ti va, senza essere disturbato.”
Haze, ripreso dallo shock grazie alle sue parole, si voltò e la strinse calorosamente in un abbraccio, mormorando che adorava la stanza e che amava lei. 

“Non ho fatto niente di che, il piano era già qui, gli ho solo fatto dare una controllata e poi ho a nuovo a posto il resto, ma mi sono divertita. Io e Max abbiamo dipinto di bianco finestre e librerie e poi abbiamo ridipinto le pareti.”
“Il blu è il mio colore preferito, grazie.”
“Ti piace il quadro?”
“Sì, abbastanza.”

“Come sarebbe ABBASTANZA?! Sono gli Iris di Van Gogh!”
“E chi sarebbe?!”

“Merlino, quanta ignoranza…”


*


Un venerdì sera Audrey era tornata a casa con un gran numero di secchi di vernice, pennelli e rulli di tutte le dimensioni, asserendo che quel weekend si sarebbero dedicati alla “pittura”. 
Avevano passato il sabato ad imbiancare tutte le pareti rovinate dopo aver strappato la carta da parati o quelle a cui Audrey voleva cambiare il colore, e alla fine della giornata Haze si lasciò cadere sul divano coperto dal telo protettivo, esausto e sporco di vernice, asserendo che non avrebbe sopportato la vista di un pennello per il decennio successivo dopo quel lungo weekend.

Il mago tirò quindi un considerevole sospirò di sollievo quando, il giorno dopo, Audrey asserì di aver “chiamato i rinforzi” e Erik, Max, Faye e Quinn giunsero in loro aiuto.

Grazie alle otto mani in più e all’aiuto della magia lavorarono molto più in fretta, ma Haze stava passando un tenue color sabbia sulla parete dell’ampio ingresso quando sbuffò, asserendo che quel weekend era più faticoso di un’intera settimana di lavoro.

“Non dire così, infondo è divertente! Si stanno divertendo tutti.”
“Max e Quinn di certo, a giudicare da come si pennellano i vestiti a vicenda come dei bambini… l’unica cosa positiva è questa.”

Haze sorrise e, voltandosi verso la moglie, allungò una mano per infilare un dito sotto il passante della bretella sulla spalla della salopette che Audrey indossava, facendola scoppiare a ridere mentre dei pennelli incantati spennellavano con cura le pareti intorno a loro e Erik inseguiva Snow per riappropriarsi del suo, che il cane gli aveva rubato per giocarci.

“Non sapevo ti piacessero le salopette, se vuoi posso comprartene una per andare in giro coordinati!”
“Per carità… no, mi piacciono solo addosso a te.”  

Haze sorrise e dopo aver lasciato il pennello nel secchio infilò due dita nei passanti vuoti per la cintura della sua salopette, attirandola a sè per baciarla.
Audrey rise mentre gli accarezzava il retro del collo, asserendo che se l’avesse saputo l’avrebbe tirata fuori dal fondo dell’armadio molto tempo prima mentre Erik passava di fianco ai due sbuffando come una ciminiera:

“Chiedo scusa, voi due, potreste smetterla di amoreggiare per due minuti e tenere d’occhio il vostro cane?!”


*


Haze aveva visto suo zio e sua madre una sola volta, ma erano volti che non avrebbe mai potuto dimenticare. Ci aveva messo del tempo, ma alla fine era riuscito a trovare suo zio Wazir, che dopo la morte di Voldemort aveva vissuto per circa un anno e mezzo nascondendosi nell’ombra, ma non era bastato perché il nipote non lo trovasse, arrivando poi anche a sua madre dopo averlo costretto a dirgli dove si trovasse durante gli interrogatori.

Per anni non aveva desiderato altro che ucciderlo, e in quel periodo di assestamento gli Auror avevano ottenuto il permesso di utilizzare le Maledizioni Senza Perdono, quindi avrebbe potuto farlo tranquillamente… ma Audrey lo aveva pregato di non farlo, e non voleva deluderla o ferirla.

Processarono Wazir e Azura insieme, e Haze fu lì, in prima fila, con sua moglie accanto a tenergli la mano. Si offrì di sua spontanea volontà per testimoniare per condannarli per l’omicidio di suo padre e quando andò alla sbarra sotto invito di Kingsley Haze potè cogliere il barlume di sorpresa – e forse anche un poi di curiosità – negli occhi di Azura quando capì che quell’uomo era suo figlio, un figlio che non vedeva da quando era in fasce.

Vennero entrambi condannati a passare il resto delle loro vite ad Azkaban d Kingsley gli promise che ci sarebbero rimasti prima di lasciarlo andare con una pacca sulla spalla, quasi a volersi complimentare con lui.

Quella sera, mentre si rigirava nel letto ripensando al processo provando una strana sensazione indefinita tra il sollievo, il rammarico per non aver potuto vendicare suo padre – anche se a suo zio gliele aveva suonate di santa ragione quando lo aveva catturato – e la leggerezza di chi si è finalmente tolto un peso dalla coscienza, Haze sentì Audrey avvicinarglisi per accarezzargli la schiena e mormorargli qualcosa all’orecchio prima di dargli un bacio sulla guancia:

“Sono molto fiera di te amore. E sono sicura che lo siano anche tuo padre e Rain.”
Haze non disse nulla, limitandosi a voltarsi, prenderle la mano e poi abbracciarla, stringendola tra le braccia mentre lei gli accarezzava i capelli.

“È solo per te se non l’ho fatto. Per noi.”
“Lo so. Grazie.”


*


Audrey stava mettendo a posto il letto, sistemando con cura copriletto e cuscini decorativi, quando dalla porta socchiusa del bagno entrò Haze, appena uscito dalla doccia con i capelli ancora umidi, un asciugamano allacciato in vita e qualcosa in mano:

“Audrey… che sono queste?”
“Mh? Che domande mi fai, lo sai cosa sono!”

“Sì, intendevo che cosa ci fanno in bagno!”
“Beh, lo sai che le tengo nell’armadietto dei medicinali, no?”

Audrey sistemò un cuscino decorativo e si avvicinò al marito con un sopracciglio inarcato mentre lui, dopo aver lasciato la piccola scatola bianca, sospirava e le prendeva le mani tra le sue:

“Certo, solo che… credevo avessimo parlato di avere un figlio.”
“Lo so amore, è che è… un po’ difficile.”
“Perché? Hai cresciuto Henry, e questa volta non saresti da sola. Lo adoro, davvero, ma non vuoi diventare mamma al 100%? Avere un figlio nostro?”

Audrey sospirò, annuendo e abbozzando un sorriso quando Haze le si avvicinò, mettendole le mani sui fianchi, e iniziò a disseminarle baci sul collo e sulle clavicole, parlando tra un bacio e l’altro:

“Non vuoi avere qualche piccolo Mallow in giro per casa? E poi Henry si sente solo…”
“Non ritirare fuori la scusa del ‘io sono figlio unico, mi sentivo solo, voglio una famiglia numerosa, fallo per me’, è sleale!”
Audrey sbuffò debolmente e Haze sollevò la testa, rivolgendole un’occhiata da cane bastonato:

“Siamo sposati da quasi un anno…”
“Sei mesi, non privarci.”
“… e ci conosciamo da una vita… quanto tempo vuoi sprecare, ancora, per costruire una famiglia con il sottoscritto?”
Audrey gli prese il viso tra le mani e lo baciò, staccandosi per accarezzargli una guancia con il pollice e dirgli qualcosa a bassa voce:

“Ti devo confessare due cose.”
“Quali?”

Haze sorrise e Audrey gli allacciò le braccia intorno al collo quando lui la sollevò, issandosela in vita:

“La prima è che TU ti alzerai quando piangerà, di notte…”

Haze sorrise, gli occhi luccicanti, e annuì prima di darle un bacio sul collo mentre lei gli accarezzava i capelli:
“Ne discuteremo. La seconda?”
“La seconda è… che non so resistere alle richieste di un uomo in asciugamano.”

Haze rise debolmente e la moglie lo imitò prima che lui la baciasse, lasciandosi cadere sul letto con lei ancora tra le braccia.




“E sentiamo, quando bambini vorresti?”
“Almeno tre.”
Haze sorrise alla domanda di Audrey, che stesa sul letto accanto a lui gli sfiorava il petto con le dita, accoccolata sulla sua spalla mentre lui le cingeva la vita con un braccio. 
Alla sua risposta però la donna si sollevò leggermente per guardarlo in faccia, gli occhi verdi sgranati:
“Tre?! Tre compreso Henry, spero!”
“No, tre più Henry. Un maschio e due femmine.” 
Haze sorrise, gli occhi luccicanti di fronte a quella prospettiva, e sollevò una mano per accarezzarle il viso mentre la moglie, invece, sospirò gravemente e scosse il capo:
“Oh Merlino, altri tre round di nottate insonni e pannolini? … Ti amo troppo, lo sai vero?”

“Sì, lo so. E ho detto almeno tre, non tre al massimo.”
“Adesso non esageriamo, tesoro!”


*


Audrey lo aveva accolto con un bacio prima di sorridergli, prenderlo per mano e condurlo verso la sala da pranzo, che Haze trovò tirata a lucido con il tavolo elegantemente apparecchiato per due, pieno di leccornie.

“E Henry?”
“È da Max e Erik, gli ho chiesto di tenercelo per qualche ora per stare un po’ da soli. Siediti.”

Audrey fece cenno al marito di sedersi, che obbedì dopo essersi sfilato la giacca con un sopracciglio inarcato, seguendola con lo sguardo. 

“Non dovevi tornare dopo di me stasera? È mercoledì.”
“Mi sono presa mezzo pomeriggio libero per preparare la cena.”

La strega si strinse nelle spalle e quando si fu sfilata il grembiule Haze non poté fare a meno di notare che aveva indossato il SUO vestito preferito, ossia un tubino color panna con tanto di décolleté a spillo abbinate. 

“Capisco… se non fossimo già sposati giurerei che vuoi farmi la proposta, stasera.”

Haze sorrise e la moglie ricambiò mentre gli porgeva un cocktail prima di sedersi, scostandosi distrattamente gli ondulati capelli castani con riflessi biondi dietro le spalle mentre lo guardava stringendo il suo bicchiere con le dita curate, dove scintillavano fede e anello di fidanzamento.

“Quello è stato di tua competenza, amore. Su, mangiamo, altrimenti si fredda e non ho sgobbato per nulla tutto il pomeriggio.”



Quando ebbero finito di mangiare Audrey si alzò per prendere il dolce e, quando tornò, sistemò davanti al marito un piattino da dessert con sopra una scatola impacchettata.

“Che cos’è?”
“Un regalo, mi sembra ovvio.”  Audrey sorrise con l’aria di chi la sa lunga mentre posizionava l’alzata per dolci con dentro una cheesecake ai frutti bosco al centro del tavolo.

Haze prese la scatola ma non la scartò, osservando la donna con sempre maggior sospetto mentre Audrey tornava a sedersi con nonchalance, accavallando le gambe e facendo dondolare leggermente la sinistra.

“Audrey, devi forse farti perdonare qualcosa? Hai comprato un altro paio di scarpe costosissime?”
“Beh, potrei essermi fermata da Jimmy Choo sulla via del ritorno dopo aver preso il tuo regalo, ma l’ho fatto per te.”

“Ah sì? Le Jimmy Choo sarebbero per ME? Tesoro, i tacchi a spillo non sono propriamente il mio genere.”
“I tacchi sono nati per gli uomini, in realtà, ma non mi vuoi credere… In ogni caso certo, vedi… Le ho addosso proprio adesso, e si abbinano perfettamente a questo vestito, e a te piace tanto questo vestito, non è così?”

Audrey sfoggiò il suo sorriso più seducente mentre allungava una mano per sfiorare con le dita il dorso di quella di Haze, che sbuffò e ammise con un borbottio che era vero prima di abbassare nuovamente lo sguardo sul pacchetto, osservandolo con sospetto prima di rivolgersi di nuovo alla moglie:

“Cena solo per noi due, i miei piatti preferiti, ti sei messa in ghingheri e ora un regalo. Mi hai tradito per caso?”
“L’unica uomo che esiste per me al di fuori di te è un bambino di sei anni, sei al sicuro. Su, aprilo e lo scoprirai.”

Audrey sorrise, quasi impaziente, e invitò il marito ad aprire la scatola con un cenno. Haze a quel punto non poté far altro che obbedire, scartandolo e trovandosi davanti un’anomia scatola di cartone bianco. Esitò prima di sollevarne il coperchio, curioso e titubante allo stesso tempo, e quando vide il contenuto del pacchetto s’irrigidì, guardandolo imbambolato senza muovere un muscolo o emettere un fiato.

“Devo farti una confessione.” Esordi a quel punto Audrey, approfittando del suo silenzio con un sorriso sulle labbra mentre lo osservava, un po’ divertita e un po’ intenerita:

“Ho comprato due paia di scarpe l’altro giorno.”

Aveva appena finora di parlare quando Haze scattò in piedi, e un attimo dopo l’aveva già raggiunta e costretta ad alzarsi per abbracciarla, affondando il viso tra i suoi capelli profumati.

“Sei felice?” Audrey sorrise, guardandolo con gli occhi verdi luccicanti mentre Haze annuiva, faticando persino a mettere insieme dei pensieri logici per parlare. Decise, invece, di baciarla mentre le minuscole babbucce per neonati se ne stavano nella loro scatola sul tavolo per dimostrarle quanto felice l’avesse appena reso.

Si stavano ancora baciando, stretti uno tra le braccia dell’altro, quando Audrey si sentì sollevare: lasciò le labbra del marito e gli rivolse un’occhiata confusa mentre Haze, dopo averla presa in braccio, si dirigeva verso la porta della stanza a passo di marcia:

“Dove andiamo?”
“Di sopra.”
“E il mio dolce fatto con tanto amore?!”
“Non preoccuparti, te lo servo subito, il dolce.”

Audrey rise, prendendogli il viso tra le mani per baciarlo nuovamente, rischiando di farlo incespicare nei suoi stessi passi.


*



“Henry? Puoi venire qui un momento? Ti dobbiamo dire una cosa.”

Il bambino, che aveva fatto per superare il salotto principale del piano terra per andare in camera sua dopo essere stato fuori a giocare con Snow, si fermò sentendosi chiamare dalla zia, annuendo prima di raggiungere Audrey ed Haze che sedevano sul grande divano color tortora.
Henry sedette accanto alla zia, che gli sorrise teneramente accarezzandogli i riccioli prima di parlare:

“Ok… Io, te e lo zio Haze non siamo una famiglia come le altre, vero?”
“No, ma ci vogliamo bene lo stesso.” Henry sorrise e la zia lo imitò, accarezzandogli una guancia prima di continuare:

“Esattamente, ed è questo l’importante. Sai quanto ti voglio bene, vero? Tantissimo. E io e lo zio te ne vorremo sempre, anche quando le cose cambieranno.”

“Perché?! Mi mandate via?!” Henry spalancò gli occhi scuri e Audrey si affrettò a scuotere il capo mentre Haze assicurava al bambino che non l’avrebbero mai fatto, e Henry parve rincuorarsi mentre la zia riprendeva la parola:

“Certo che no, sei e sarai sempre il mio bambino, ok? Ti ho cresciuto io e ti voglio bene tanto quanto ne vorrò ai tuoi… cuginetti. Vedi, mijo… Io e lo zio Haze tra qualche tempo avremo un bambino.”
“… un bambino tuo? Lo farai tu?” Henry osservò la zia con tanto d’occhio, guardandola annuire con un debole sorriso mentre Haze le sfiorava una mano con la sua.  
“Pare proprio di sì.”

“Oh. Ok.” Henry esitò, abbassando lo sguardo prima che Audrey gli prendesse il viso tra le mani, guardandolo negli occhi:

“Mijo, Tìa te ama mucho, entiendes? Siempre estaras conmigo, ¿recuerdas?”
“¿No me enviarás lejos para hacer otros ninos entonces?” (Non mi manderete via per fare altri bambini allora?”

“Claro que no, amor de mi vida… c’è spazio per tutti qui. E tu occuperai sempre un enorme spazio nel mio cuore.”

Audrey lo attirò a sè per stringerlo e dargli un bacio, immergendo la mano nei suoi morbidi riccioli prima che Henry annuisse, sorridendo:

“Ok. Quando arriva?”
“Beh, verso Marzo, c’è tempo ancora.”
“E sarà un maschio o una femmina?”
“Appena lo sapremo te lo diremo, sarai il primo a saperlo, promesso mijo.”

“Ok. Sono comunque il tuo mijo?”
“Sempre.”

“Tìa?”
“Mh?”
“Possiamo prendere un cucciolo prima che arrivi il mio cuginetto?”

Haze soffocò a stento una risata, asserendo che il bambino era un perfetto furbetto mentre Henry sorrideva angelico ancora stretto tra le braccia della zia, che alzò gli occhi al cielo e annuì:

“Va bene… ma sarà il tuo ultimo regalo da piccolo principe sul piedistallo.”
“Non ti crede nessuno, Audrey…”


*


Dopo la caduta del regime Audrey, a differenza di molte Sentinelle, non aveva iniziato a lavorare come Auror, decidendo invece di adottare uno stile di vita più “tranquillo” lavorando con le Creature Magiche. 
Haze non glie l’aveva mai detto direttamente, ma le verità era che infondo ne era felice e sollevato: non solo così non avrebbe dovuto passare la vita a preoccuparsi per la moglie, ma essere un Auror era impegnativo e sarebbe stato difficile creare una famiglia e prendersene cura se entrambi svolgevano quell’occupazione.

Audrey non aveva ancora iniziato il periodo di maternità quando il suo superiore la informò, un pomeriggio, di aver saputo che Haze era al San Mungo e che, qualunque cosa avesse fatto, aveva ricevuto una sanzione. Erano le quattro e la strega stava giusto per andare a prendere Henry a scuola, ma dovette chiamare e chiedere a sua madre di farlo al suo posto mentre andava in ospedale, chiedendo con impazienza del marito alla reception.

“Sì, Haze Mallow, è arrivato circa un’ora fa con ferite superficiali, l’altro era ridotto molto peggio. Lei è?”
“Sua moglie.”
“Sua moglie?!”   La strega seduta dietro al bancone, che doveva avere un paio d’anni in meno di lei, alzò lo sguardo dal registro per rivolgerle un’occhiata, sorpresa e allo stesso tempo quasi delusa di sapere il paziente già impegnato mentre Audrey annuiva, aggrottando leggermente la fronte:

“Sì, sua moglie. Vuole vedere l’interno della fede, per caso, o mi dirà dove posso trovarlo?”
“… Stanza 25.” 

Audrey non rispose al borbottio cupo della strega, limitandosi a rivolgerle un cenno prima di allontanarsi a passo di marcia, il ticchettio dei tacchi che echeggiava nell’ampio atrio. Da quando era incinta Haze non faceva che rimproverarla e dirle di non metterli perché avrebbe potuto scivolare, ma ogni volta lei sfoggiava la sua espressione più stizzita e supponente, replicando che “lei non cadeva”.


Quando giunse davanti alla porta giusta Audrey bussò brevemente di aprirla, indirizzando un’occhiataccia ad Haze che, invece, parve felice di vederla e le sorrise:

“Tesoro! Che ci fai qui?”
“Secondo te?! Sono venuta a prendere un idiota che ho pensato bene di sposare, si può sapere che cosa hai fatto per farti dare una sanzione?”

Audrey si avvicinò al marito e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a voltarsi per studiare minuziosamente il taglio che aveva sulla guancia mentre Haze invece sbuffava, evitando il contatto visivo e borbottando che non era necessario che lo sapesse dal momento che stava benissimo e che potevano tornare a casa.

“Non provarci, Mallow, non usciremo da qui finché non mi dirai che cosa è successo. E ti conosco abbastanza bene da essere certa che sia stato tu a cominciare, non mentirmi.”

Audrey incrociò le braccia al petto, parlando con un tono che non ammetteva repliche, e Haze sollevò le mani in segno di resa prima di sospirare, annuendo con esasperazione:

“E va bene, d’accordo! … Ho colpito un collega.”
“Tu hai fatti CHE COSA?! Di proposito?!”
“Sì.”
“Perché? Quando?”

“Beh, Lewis non mi è mai piaciuto, e durante la pausa pranzo l’ho sentito dire delle cose che mi hanno… urtato parecchio.”
“Tipo cosa? Haze, lo sai che ti amo, ma te lo dico da anni: sei troppo impulsivo, devi contare fino a 10 prima di dire o fare qualcosa, prima o poi potresti finire col fare cose di cui potresti pentirti, o dire cose che non pensi preso dalla rabbia! Sentiamo, che cosa stava dicendo Lewis?”

Audrey inarcò un sopracciglio, studiando Haze con aria inquisitoria mentre l’Auror, invece, sembrò particolarmente interessato alla sua fede d’oro bianco quando borbottò qualcosa a mezza voce: 

“Ha fatto apprezzamenti espliciti su di te.”
“E LO HAI PICCHIATO PER QUESTO?!”
“Tu non hai sentito, mi ha dato molto fastidio. Lo sai che sono geloso.”

Audrey a quelle parole – e di fronte al tono mesto del marito – abbozzò un sorriso mentre sedeva di fronte a lui, prendendogli il viso tra le mani per poterlo guardare negli occhi castano-verdi:

“Lo so, e confesso che mi fa piacere, ma non se a causa di ciò ti metti nei guai.  Adesso però andiamo a casa, sono davvero stanca.”
Audrey sospirò, agognando il momento in cui avrebbe potuto fare finalmente un sonnellino mentre Haze annuiva, intrecciando le dita con le sue:

“Subito. E prometto che cercherò di… contenermi, anche se penso che la voglia di fare commenti sulla mia bellissima moglie gli sia passata adesso.”
“Bellissima moglie, eh? Beh, se può consolarti, la ragazza alla reception mi è sembrata molto delusa quando le ho detto di essere tua moglie. Sono sicura che fanno un mucchio di apprezzamenti anche su di te.”

“E se dovessi udirli cosa faresti, sentiamo.”  Haze abbozzò un sorriso mentre si alzava, mettendo un braccio intorno alla vita della moglie e guardandola stringersi nelle spalle:
“Da brava persona matura ed adulta quale sono non userei certo la magia per questioni simili. No, al massimo prenderei le dirette interessate per i capelli…”


*


Dopo che Haze, prima di uscire per andare al lavoro, l’aveva salutata con un bacio sulla testa e lasciandole un foglio con una lista di nomi, Audrey non si era mossa dal suo comodo giaciglio, decidendo di arrovellarsi sui nomi sotto le coperte e facendo colazione a letto: era inizio Gennaio, e niente e nessuno l’avrebbe schiodata da lì. 

Haze le aveva parlato della tradizione della sua famiglia sui nomi ispirati ai più disparati fenomeni atmosferici o naturali, e quando avevano scoperto di aspettare una bambina il mago aveva iniziato a spremerei le meningi, buttando giù una lista di nomi che soddisfacessero la tradizione dei Mallow. 
Si trattava, tuttavia, di nomi per la maggior parte molto particolari, e Audrey quasi non sapeva dove sbattere la testa.

Si stava arrovellando su quelli da scartare quando la porta della camera si aprì, permettendo ad Henry di entrare: la scuola per lui non era ancora ricominciata e il bambino, vedendo la zia sola, sorrise e ne approfittò per raggiungerla, salire sul letto e infilarsi sotto le coperte accanto a lei.

“Ciao mi amor… tieni, mangia qualcosa.”
Audrey porse al nipotino il piattino di biscotti senza staccare gli occhi verdi dalla lista, alla quale il bambino rivolse un’occhiata curiosa mentre sgranocchiava un cookie al cioccolato:

“Cosa stai leggendo Tìa?”
“Lo zio mi ha lasciato questi nomi tra cui scegliere per la tua cuginetta, ti va di aiutarmi? A te quale piace?”
Audrey mostro la lista al bambino, che dopo aver scorto quei curiosi nomi sorrise e ne indicò uno:

“Questo qui.”
“Questo dici? È un po’ particolare… però con il secondo nome che avevo in mente potrebbe stare bene.” Audrey annuì con aria assorta, cerchiandolo mentre Henry, guardandola con curiosità le chiedeva quale fosse il secondo nome. La zia però sorrise e scosse il capo, asserendo che era un segreto mentre gli arruffava affettuosamente i capelli scuri.


*


Haze guardò sua figlia, e mentre le sfiorava il viso con delicatezza si chiese come avesse potuto sua madre abbandonarlo, o come Grace avesse potuto farlo con Henry, lo stesso Henry che ora era seduto sul letto accanto ad Audrey, ben felice di poterla vedere e abbracciare dopo il lungo travaglio in cui erano rimasti separati. 
Non aveva importanza che Azura non avesse mai amato Ice: mentre Haze guardava quella minuscola bambina, fragile come un bicchiere di cristallo, pensò che mai e per niente al mondo avrebbe potuto abbandonarla. 
Quella era la sua bambina, dopotutto. 
Tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato amarla e proteggerla.

“Me la dai?”
Haze si voltò e, anche se un po’ restio, lasciò la bimba tra le braccia della madre dopo averle dato un bacio sulla fronte, guardando Audrey sorriderle mentre Henry si sporgeva per poterla guardare.

“Com’è piccola! Anche io ero così piccolo, Tìa?”
“Sì, eri uno scricciolo proprio come lei.”  Audrey accarezzò il viso del nipotino prima che qualcuno bussasse alla porta, permettendo a Max e ad Erik di entrare nella stanza.

“È permesso? L’infermiera ha detto che potevamo entrare… come stai?” 

Max sorrise all’amica, che li invitò ad entrare con un cenno. E mentre Erik si avvicinò ad Audrey per darle un bacio sulla fronte Maxine si catapultò sulla neonata, guardandola con aria adorante:

“Merlino, com’è carina! È così piccola… come si chiama? Ce lo direte, finalmente?”
“Eurus. Eurus Elizabeth Rain Mallow. Sia io che Haze eravamo decisi a tenere vive le nostre “tradizioni di famiglia” sui nomi, e Rain non poteva mancare, ovviamente.”

“Eurus sarebbe “vento dell’Est”, no? Ma Elizabeth?”
Maxine guardò l’amica con leggera confusione mentre Erik, al contrario, alzò gli occhi al cielo con aria esasperata:

“Che domande, Max… per via di Elizabeth Taylor, ovviamente.”
“Precisamente. In ogni caso… Ne abbiamo discusso, vorreste essere i padrini della bambina?”

Audrey sorrise ai due amici dopo aver rivolto un’occhiata interrogativa ad Haze, come a voler ricevere un’ulteriore conferma da parte sua. 
A quelle parole Max s’illuminò, annuendo e sorridendo mentre batteva felicemente le mani:

“Ma certo, grazie! Io sarò la zia simpatica!”
“E svanita…”
“Ehy! Tu sarai lo zio rompiscatole allora!”
“Sciocchezze, sarò lo zio super carino per cui avrà un debole.”
“La vedremo. Piccolo Henry, facciamo riposare zia Audrey? Vieni, andiamo a prendere qualcosa da mangiare di sotto.”


Max allungò una mano verso Henry, che annuì e la raggiunse, chiedendole mentre uscivano se fosse ancora il suo nipotino acquisito preferito, ricevendo un abbraccio come risposta. 


*



Quando Haze tornò a casa si precipitò in salotto salutando a malapena Audrey, sfoggiando un largo sorriso mentre raggiungeva il box di Eurus e mentre la sollevava, tenendola sopra la sua testa e dispensandole baci sul visino.

“Ciao tesorino, ti sono mancato? Tu mi sei mancata tantissimo.”  Per tutta risposta la bambina sfoggiò un sorriso sdentato, scalpitando e allungando le braccine verso di lui. Haze la prese in braccio e le accarezzò delicatamente la testa coperta da sottili capelli castani mentre Audrey spuntava sulla soglia tenendosi le mani sui fianchi e rivolgendogli un’occhiata torva:

“Ciao Audrey, come stai? Com’è andata la giornata? Oh, grazie, hai già preparato la cena anche se hai due bambini, due cani e un Demiguise a cui badare per tutto il giorno…”
“Scusa, è che non vedevo l’ora di tornare a casa e vederla.” Haze rivolse un sorriso colpevole alla moglie prima di tornare a coccolare la bambina, mentre Henry spuntava sulla soglia chiedendo allegramente cosa ci fosse per cena, seguito da Snow e Geller, che raggiunsero il mago per fargli le feste. 

“Vellutata di zucca e polpettone con le patate.”
“Ma io volevo la pizza!”
“Questa casa non è un albergo, anche se sarebbe abbastanza grande per esserlo!”


*


Quando Audrey entrò in casa venne come sempre accolta allegramente da tutta la fauna della famiglia: Snow, Geller e Green, i due Setter Irlandesi, Duchessa e anche la piccola Rhodesian Ridgeback che avevano trovato legato fuori dal Ministero un mese prima e che Audrey aveva subito portato a casa, con gran gioia del nipotino. Audrey avrebbe voluto chiamarla Phoebe come un personaggio della sua serie Tv preferita, ma Henry – visto che la zia aveva già scelto i nomi dei Setter e del samoiedo – aveva insistito per chiamarla Nana come il cane del film Peter Pan. 


Si sentì anche abbracciare per le spalle da un essere peloso e invisibile e intuì che anche Storm la volesse salutare mentre cercava di procedere in mezzo alla calca di quadrupedi:

“Emh, scusate, permesso… Eurus, tesoro, ciao! Hai fatto il sonnellino?” 

Audrey sorrise calorosamente alla figlia di due anni e mezzo, che corse da lei per abbracciarle le gambe e poi chiedere di essere presa in braccio, gli occhi verdi luccicanti:

“Va bene… papà dov’è?”
“Di là! Sta gioccando co’ Envy.”

Audrey raggiunse così il salotto del piano terra tenendo la figlia in braccio e i cani scodinzolando al seguito, alzando gli occhi al cielo quando trovo Haze ed Henry seduti sul pavimento davanti alla Tv e impegnati a giocare con “gli aggeggi elettronici”.

“Ciao, uomini di casa. Cosa fate?”
“Sto battendo lo Tìo!”

Henry sorrise allegro alla zia mentre Haze, accanto a lui, sbuffava e borbottava che non si sarebbe fatti battere un’altra volta alla formula uno. Audrey roteò gli occhi ma decise di lasciarli fare prima di appoggiare Eurus sul divano per sfilarsi scarpe e cappotto e avvicinarsi al vecchio box della bambina, dove ora stava giocando il piccolo di casa.

“Ciao ometto… Come sei stato oggi con papà e Henry?”  Audrey sorrise dolcemente al bambino, spostandosi i capelli dietro l’orecchio per evitare le andassero davanti al viso mentre si chinava verso il bambino, che alzò lo sguardo su di lei e sorrise raggiante da dietro il ciuccio e mollò i cubi di peluche per allungare le braccia verso di lei:

“Vuoi venire dalla mamma?”
Audrey sorrise e sollevò il bambino, baciandogli una guancia mentre Zephiros, sorridendo beato, appoggiava la testa sulla sua spalla.



“Ho vinto!” Henry sollevò le braccia vittorioso, sorridendo mentre Haze decretava che il suo telecomando aveva sicuramente qualcosa che non andava. Il mago, tuttavia, sembrò dimenticarsi del torto subito non appena si sentì chiamare da qualcuno che gli tirò la manica della camicia e, voltandosi, si trovò Eurus davanti.

“Papino, giochi con me adesso?”
La bambina gli rivolse un sorriso e Haze sembrò sciogliersi come neve al sole, annuendo mentre si alzava:
“Ma certo Principessa… che cosa vuoi fare?”
“Giochiamo con i peluche!”


“Sai, devo proprio farti i miei complimenti, sono stat via tutto il giorno e tu sei sopravvissuto indenne! Per altro, stanno tutti bene. Sono molto colpita.”
“Pensi che non sappia gestire tre bambini e qualche animale, Audrey? Così mi offendi!”

Haze sfoggiò l’espressione più offesa che gli riuscì, ripromettendomi di non rivelare mai alla moglie di aver chiamato la suocera e averla pregata di andare a dargli una mano.


*



“Zephiros?”
“Dorme.”
“Eurus?”
“Anche.”
“Henry?”
“Dorme da mia madre.”
“Cani, gatti e quant’altro?”
“Sistemati. E ho anche pulito la cucina, finalmente non ho niente a cui pensare!”   Audrey si lasciò cadere con un sospiro sollevato sul letto con le braccia spalancate e gli occhi chiusi, ma li aprì poco dopo, quando Haze sedette accanto a lei e si chinò per baciarla prima di chiederle qualcosa a bassa voce:

“Vado a riempire la vasca da bagno?”
“Oh, grazie amore, un bel bagno mi servirebbe proprio, sono sfinita.”
“Veramente io pensavo che potremmo… collaudarla insieme.”     Haze sfoggiò un sorrisetto prima di iniziare a lasciarle una scia di baci sul collo, facendola sbuffare debolmente:

“È per questo che hai acconsentito a prendere quella grande con l’idromassaggio, vero?”
“Secondo te perché avrei speso tutti quei soldi per una vasca?!”


*


“Sono incinta.”
“Di nuovo?!”
“Che bello, un altro frugoletto! Siete felici?”

“Haze e mia madre hanno quasi acceso i fuochi d’artificio… io sono felice, certo, ma così saremo a quota quattro bambini… non sarà facile.”
“Beh, ma Henry ormai è cresciutello, sa cavarsela. Il piccolo Henry, se ripenso a quando lo andavo a prendere all’asilo…”

Max sospirò e scosse il capo con aria malinconica e Audrey annuì con la medesima espressione:

“Lo so, stento a credere che il mio mijo abbia già 10 anni. Comunque, spero tanto che sia una bambina, ho già abbastanza uomini in casa. È tutta colpa della vasca!”
“La vasca?!”
“Sì Faye, la vasca!”


*


“D’accordo Signora Mallow, ora deve iniziare a spingere…”
“Mi eviti la paternale, questo è il mio terzo bambino, potrei scrivere un manuale d’istruzioni ormai! Piuttosto, qualcuno mi trovi mio marito ALL’ISTANTE! LUI desiderava una frotta di bambini, non gli è permesso di sparire nel nulla!”


Audrey era a tanto così dal litigare con il medico quando Haze giunse finalmente al San Mungo di corsa, imbattendosi in Erik, Max, Faye, Quinn, figli, Henry e sua suocera in sala d’attesa.

“SONO QUI! Sta bene?!”
“Sì, si sono rotte le acque mentre era con noi, l’abbiamo portata subito qui.”

“Papà, quando possiamo vedere la mamma?” Zephiros rivolse un’occhiata implorante al padre, che gli disse che avrebbero dovuto portare un altro po’ di pazienza prima di correre in sala parto su sollecitazione di un’infermiera.

“LA SMETTA DI TRATTARMI COME UNA BAMBINA DI PRIMA ELEMENTARE A CUI INSEGNARE A SCRIVERE, NON MI RISULTA CHE LEI ABBIA L’UTER- Amore, ciao!”

Audrey smise di accanirsi contro il medico quando lo vide entrare, sorridendogli con aria sollevata mente il marito la raggiungeva, con il fiato corto e preoccupato:

“Scusa tesoro, appena mi hanno informato sono corso qui… Come stai?”
Il Medimago sgranò gli occhi, allarmato, e Haze ne capì il motivo non appena Audrey gli rispose:

“MA TI SEMBRA UNA DOMANDA DA FARE ADESSO?! DI MERDA, ECCO COME! Facile per te volere trecento bambini, non li devi mica sfornare tu!”


*


Un anno dopo 


Haze teneva la piccola Dew in braccio – che sembrava molto interessata i suoi capelli e continuava a giocarci con le piccole manine – mentre tutta la famiglia si apprestava a salutare Henry.
Non sapeva chi fosse più triste per la partenza del ragazzino, se Eurus di quattro anni e mezzo – che aveva continuato a piangere per tutta la sera precedente –, Zephiros di tre o Audrey, che ora stava stritolando il nipotino con le lacrime agli occhi.

Haze non ricordava l’ultima volta in cui l’aveva vista piangere… forse guardando le repliche dell’ultima stagione di Friends.

Persino i cani sembravano giù di tono mentre Audrey mormorava raccomandazioni al bambino, invitandolo a scriverle una volta alla settimana.

“Stai tranquilla Tìa… A voi Hogwarts è piaciuta tanto, no?”
“Ma certo mi amor, è un posto meraviglioso e l’amerai, sono molto felice che tu abbia la possibilità di andarci. È solo che mi mancherai.”
“Anche voi mi mancherete… ciao ragazzi.”

Henry sorrise ai cuginetti più grandi, che lo abbracciarono contemporaneamente. Eurus gli chiese di spiegarle per fino e per segno tutto quello che avrebbe imparato una volta tornato per le vacanze di Natale e infine il ragazzino si rivolse ad Haze, sorridendogli prima di abbracciarlo:

“Ciao Tìo. Ciao Dew…” Henry lasciò una carezza sulla testa della bambina, che gli rivolse un sorriso allegro e lo chiamò con la sua vocina acuta. 

“Tato!”
“Tato sta andando via, tesorino. Salutalo, su.” Haze prese la mano della bimba e l’agitò in direzione del cugino, che salì sul treno prima di sporgersi dal finestrino e sorridere alla famiglia:

“Ci vediamo a Natale! Hasta luego Tìa!”
“Hasta luego mijo… Te quiero mucho!”


Audrey tirò su col naso quando l’Espresso per Hogwarts spariìdalla sua vita, rivolgendosi al marito e facendogli cenno di darle Dew:

“Tesoro, puoi darmi la bambina? Ho bisogno di un bambino da abbracciare.”
“Ci siamo noi Mamy!” Zephiros abbracciò la madre, imitato da Eurus, e Audrey sorrise ai figli – gli occhi verdi ancora lucidi – mentre annuiva e Haze le sistemava un braccio intorno alle spalle:

“Lo so… vi voglio bene, tesori miei.”


*



Eurus Elizabeth Rain2_B056_D1_F-8_EC2-45_F7-80_C2-5_C584_D5_F7_FEF, Zephiros Humphrey100673_D7-3765-459_B-_BC1_D-2_B13933_F3004, Dew Katharine FA3_FE423-6_A79-46_B2-811_F-_AF3_D49_CD2_D59e Levanter James Mallow 51468_EA0-5_EF3-42_A5-_AB99-3712_D4_FFE412
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“Non è un amore?”
Audrey sorrise dolcemente mentre teneva il piccolo Levanter tra le braccia, che ricambiava il suo sguardo con i grandi occhi chiari e giocherellava con i capelli della madre.
Haze, seduto accanto alla moglie sul divano con Dew sulle ginocchia, sorrise e annuì:

“Lo è. E grazie a lui noi uomini siamo in maggioranza, quindi ben venga.”
Haze sorrise, pensando con soddisfazione a tutto il tempo in cui aveva cercato di convincere Audrey ad avere un altro figlio. Alla fine la donna aveva acconsentito, ma lo aveva avvertito di non fare programmi per un quinto bambino, perché in quel caso avrebbe preso i cani e sarebbe scappata come aveva fatto sua sorella prima di lei: in pratica, Levanter sarebbe stato il loro quarto e ultimo figlio.

“Le femmine sono meglio! A parte te papino.” Dew, di quattro anni, rivolse un sorriso adorante al padre, che ricambiò prima di darle un bacio tra i boccoli color miele, mormorando che lei era il suo adorato angioletto.

“Sì, pianificate pure il vostro matrimonio, io vado a vedere cosa stanno combinando i due scalmanati… ¿¡EURUS, ZEPHIROS, QUE PASA?!”

“HA COMINCIATO LEI!”
“NON È VERO, LUI HA NASCOSTO LA MIA BARBIE!”

I due fratelli fecero la loro comparsa nella stanza sbraitando e additandosi a vicenda, mentre Audrey alzava gli occhi al cielo e Haze, dal canto suo, ripensava agli scenari molto simili che avevano visto lui e Rain come protagonisti molti anni prima.

“Zephiros, lascia stare le cose di tua sorella! Haze, tiragliela fuori, per favore.”
Audrey sospirò e Haze appellò la bambola con un incantesimo non verbale, facendo sfrecciare il giocattolo nella stanza, inseguito dal cucciolo di Setter Gordon che Haze aveva regalato alla moglie per il suo ultimo compleanno.

“Oh, eccoti qui, piccolo mio!”
“Non dovresti dirle ad Anter queste cose?”

Audrey ignorò il marito, sorridendo al cucciolo quando la raggiunse scodinzolando, sollevandosi sulle zampe posteriori per mettere quelle anteriori sulle sue ginocchia.
Dew, alla vista del cagnolino, sorrise e scivolò dalle ginocchia del padre per abbracciarlo, e la sua risata cristallina riempì la stanza quando Chandler le leccò il viso.

Chandler è un amore!”
“Poverino, che nome infelice…”
“Chandler è il mio personaggio preferito di Friends e non si tocca, chiaro?!”

“Sì Signora.”








*: Musical, 2008, Meryl Streep… ovviamente si parla di “Mamma Mia”



………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Ed eccomi anche con la prima OS… il titolo è un riferimento ai versi del “Cimitero Marino” di Paul Valéry “s’alza il vento, bisogna tentare di vivere” visto che, in un certo senso, ora i nostri ragazzi possono cominciare a vivere davvero. 

La prossima OS sarà sui penso sui Penter e arriverà tra una settimana circa, prima purtroppo non potrò scriverla visto che sarò all’estero… intanto spero che questa vi sia piaciuta, ed ecco anche le immagini dei componenti pelosi della famiglia Mallow, quasi tutti ispirati alla Disney o a Friends:

Snow 
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Duchessa 
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Geller e Green
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Nana
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Chandler 
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A presto! 
Signorina Granger 

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Capitolo 2
*** Hunter & Penelope ***


Hunter & Penelope 

 
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Hunter si svegliò con un sorriso ma ci mise qualche istante a rendersi conto di non essere solo, intorpidito e assonnato, ma rilassato, com’era. 
Scattò quasi a sedere quando si voltò e trovò Penny accanto a sè, stesa sul letto con il volto appoggiato al cuscino e i capelli biondi sparsi sulla schiena nuda.

Il ragazzo sorrise quasi senza volerlo, restando a guardarla per qualche istante prima di chinarsi, scostarle leggermente i capelli e lasciarle un bacio in mezzo alle scapole. Infine si alzò, facendo il più piano possibile, e s’infilò i pantaloni del pigiama per andare in cucina e prepararle la colazione. 

Stava preparando le uova con molta più allegria del solito – di certo se Max l’avesse visto lo avrebbe definito “ebete” – quando sentì dei passi leggeri e, infine, due braccia stringerlo. Penny si appoggiò alla sua schiena nuda, appoggiando la guancia sulla sua pelle, e Hunter sorrise prima di voltarsi leggermente:

“Buongiorno.”
“Ciao.”
Penny sorrise appena, la sua camicia addosso e visibilmente imbarazzata, ma Hunter le sorrise e la baciò dolcemente prima di prenderle il viso tra le mani, studiandola con leggera apprensione:

“Va tutto bene, vero? Non ti sei pentita.”
“No, certo che no. Sei stato molto dolce.”

La ragazza arrossì leggermente e Hunter sorrise, accarezzandole una guancia prima di baciarle la fronte:

“Ti amo, Penny.”
“Anche io.”


*


Hunter camminava sulla ghiaia tenendo Penny per mano, procedendo in silenzio in mezzo alle lapidi per la prima volta dopo molto tempo.
Non era andato a trovare spesso i suoi genitori in cimitero nel corso degli anni, da bambino Charles lo portava spesso a “salutare” la madre ma lui aveva preferito smettere dopo la morte dell’uomo: di certo suo padre avrebbe voluto saperlo felice, non vivere una vita come quella, e non avrebbe saputo cosa “dirgli”. 
Quel giorno però era diverso, Voldemort era morto da una settimana e anche se il Ministero era pieno di disordine – dovuto al riassestamento generale – Hunter aveva deciso di andare finalmente dai suoi genitori. 

“È qui.”
La sua voce ruppe la bolla di silenzio che si era andata a creare tra di loro da quando si erano Materializzati davanti ai cancelli del cimitero, e Hunter condusse Penelope fino alle lapidi dei suoi genitori, sistemate vicine sotto le pressioni sue e di Max di anni prima.

Erano quasi due anni che non andava lì e si sarebbe aspettato di trovare le tombe impolverate e da sistemare, perciò si stupì non poco quando trovò tutto in ordine, anche se non c’erano fiori.

“Max…” il ragazzo sbuffò leggermente, immaginando perfettamente la sorella andare a sistemare periodicamente le tombe dei suoi genitori portando candele, sistemando i sassolini e dando da bere alle piantine.

“È stata carina.”
Penny sorrise e il ragazzo annuì prima di agitare la bacchetta e far comparire dei fiori sulle tombe mentre Penny gli sistemava il braccio sulle spalle e appoggiava la testa su una di esse, circondandogli il petto con l’altro.

“Ti sarebbe piaciuto mio padre. Di mia madre non ricordo niente, ma mio padre diceva che fosse meravigliosa.”
“Sono sicura di entrambe le cose. Dopotutto erano i tuoi genitori, dovevano esserlo per forza.”

Penny gli sorrise dolcemente e Hunter annuì, abbassando lo sguardo su di lei ed esitando prima di sollevare una mano e sfiorarle dolcemente i capelli biondi, parlando a bassa voce:

“Tu sei meravigliosa. Stento ancora a credere che sia finita e che possiamo cambiare vita, adesso.”
“Beh, credici. Niente più scuola atroce, torture, maledizioni, niente più Mangiamorte o Purosangue che ci comandano a bacchetta, niente più morti. Il resto delle nostre vite, la parte bella, si spera, sta iniziando e io non vedo l’ora di passare la mia con te.”

Hunter la circondò con le braccia, sussurrando che l’amava prima di darle un bacio sui capelli, appoggiando il mento sul suo capo per poi chiudere gli occhi, lasciandosi cullare dolcemente dal silenzio e dalla pace. 

Niente più morti.
Hunter sperava vivamente che avesse ragione, perché aveva già vissuto a sufficienza nella paura di perdere le persone a cui teneva.


*


Non appena le cose si sistemarono Hunter la convinse a denunciare Roman, anche se espresse più volte il desiderio di eliminarlo con le sue mani.
La ragazza lo convinse a non farlo – non voleva che finisse nei guai ora che potevano finalmente vivere in pace –, ma una volta iniziato il processo Penny si scoprì quasi titubante sul suo dover testimoniare: le cose non erano andate benissimo l’ultima volta in cui lo aveva visto, e non era sicura di come avrebbe reagito ritrovandoselo davanti.

Si ripeteva che doveva passarci sopra, superarlo e andare avanti, e con il supporto di Hunter e dei suoi amici si convinse che dovesse farlo, così quel giorno lasciò che il fidanzato e Ludwig l’accompagnassero, guardando l’amico sorriderle e assicurarle che sarebbe andato tutto bene prima di entrare in aula.

Tra il pubblico c’erano anche Faye, Larisse, Raphael, Wyatt, Max e i suoi genitori, ma non quelli di Roman, che erano già stati arrestati entrambi.

Non fu facile, affatto, ma Penny lo guardò in faccia e, a distanza di circa sei anni, raccontò per filo e per segno cose le fosse successo sotto il tetto dei Nott. 
Non guardò sua madre, ma fu quasi certa che la donna pianse, ad un certo punto, mentre Hunter, ascoltando quelle parole, serrò le mani a pugno tanto da farsi diventare le nocche bianche.

Parlò anche lui e cercò di essere il meno diretto possibile per non turbare ulteriormente Penny, ma guardò direttamente Roman negli occhi per tutto il tempo quasi con sfida e quando venne rilasciata la sentenza l’abbracciò e le sfiorò la testa, assicurandole che sarebbe andato tutto bene e che nessuno le avrebbe mai più fatto del male.
Non l’avrebbe mai permesso.


*


“Ehy, com’è andata oggi? Stanca?”

Hunter sorrise e diede un bacio a stampo alla fidanzata quando le aprì la porta di casa, guardandola annuire con un sospiro mentre lo superava, asserendo che il suo turno le era sembrato infinito quel giorno.

Hunter aveva deciso di lavorare come Auror dopo la morte, un anno prima, di Voldemort, mentre Penny aveva preferito cambiare radicalmente vita decidendo di aiutare le persone in modo diverso, diventando una Medimaga.

“Beh, sto facendo la pizza, e Max dice che è una delle migliori medicine in assoluto.”
“Max ha ragione. Grazie per la cena, era da un po’ che non stavamo insieme in tranquillità per qualche ora… Dov’è tua sorella?”

Penny, dopo essersi tolta il soprabito, raggiunse Hunter dietro al bancone della cucina e gli allaccio le braccia intorno alla vita, appoggiando il capo sulla sua spalla per dargli un bacio su una guancia mentre lui versava della passata di pomodoro sull’impasto steso.

“Stasera Erik e Haze lavoravano fino a tardi, così ha deciso di andare da Audrey… Ascolta, a proposito di mia sorella… lei e Erik stanno pensando di andare a vivere insieme, e lei si trasferirebbe da lui. Perciò, ho pensato che magari… Ti andrebbe di fare lo stesso venendo qui.”

Hunter non si voltò, ma smise di stendere in modo omogeneo il pomodoro con il mestolo e sentì Penny irrigidirsi e sollevare la testa, stupita, prima di continuare a parlare con voce carica di nervosismo.

“Insomma, lo so che siamo molto più giovani di loro, abbiamo solo 22 anni, ma possiamo sempre provarci e se vediamo che non va possiamo…”
“Hunter. Va bene. Non importa la nostra età, stiamo benissimo insieme, no? Mi piacerebbe vivere qui con te.”

Penny sorrise e sollevò una mano per accarezzare il viso del ragazzo, che si voltò con un sorriso prima di baciarla.

“Fantastico. Devo solo chiedere il permesso al vero padrone di casa, ma non penso ci saranno problemi.”
“Ovvero?!”
“Jazz, che domande!”


*


“C’è stato un cambio di programma.”
“Ovvero?”
“Hai presente quello che ti ho detto su Erik e Max?”
“La convivenza? Hanno cambiato idea?”

“In un vero senso. Due giorni fa Erik si è presentato qui, io ero al lavoro, e ha detto a Max che si era reso conto di non essere tipo da convivenza e di non volerlo fare. Lei stava per ucciderlo o forse per piangere per la prima volta dopo non so quanti anni, ma poi lui si è inginocchiato.”

“NO!” 
“Sì. Pare che la mia sorellona si sposerà.”
“È meraviglioso, che carini!”
“Non è meraviglioso, io odio vestirmi elegante, e dovrò anche portarla all’altare!”

“Stai dicendo che noi non ci sposeremo mai perché tu odi vestirti elegante?!”
“No, per te farei un’eccezione, come per Max dopotutto.”


*


“Devi smetterla di cucinare tutte queste cose, diventerò una balena nel giro di un mese di questo passo!”

Penny sospirò mentre si alzava per portare il piatto vuoto nel lavello, pensando alla gran quantità di cibo che Hunter le aveva fatto trovare il giorno dopo il suo trasferimento a casa sua. La ragazza si era detta che fosse l’euforia e la gioia del momento, ma dopo una settimana Hunter continuava a sfornare di tutto e di più ad ogni ora. 

“È un modo per manifestarti il mio affetto e quanto sono felice di averti qui.”
Hunter le si avvicinò con un sorriso e l’abbracciò da dietro, chinando la testa per baciarle il collo mentre Penny sbuffava debolmente, asserendo che avrebbe dovuto trovarsi un altro hobby oltre alla cucina.

Hunter invece continuò a sorridere, scuotendo il capo e mormorando che non l’avrebbe mai fatto, neanche per amor suo, prima di mordicchiarle l’orecchio e dirle di non preoccuparsi visto che ci avrebbe pensato lui a farle smaltire quello che mangiava.

Solo all’ora Penny si accorse che il ragazzo le stava sbottonando la camicia, e la ragazza abbozzò un sorriso prima di lasciare di nuovo il piatto sul tavolo, voltarsi e baciarlo. 
I piatti avrebbero anche potuto aspettare, dopotutto.


*


Era strano immaginare Max, la sua sorellona ribelle e imbranata, sposata, ma vedendola tanto felice Hunter non poteva che essere felice a sua volta. Essendo cresciuti insieme fu strano vedersi drasticamente meno per i primi tempi, specie perché Max abbandonò il lavoro di Auror poco tempo dopo le nozze, dichiarando di aver fatto il suo dovere per contribuire a sistemare la situazione socio-economica del Paese ma che era arrivato il momento di cambiare rotta, finendo col fare ciò a cui pensava fin da ragazzina, ovvero aprire un negozio di restauro e antiquariato vista la sua passione per l’aggiustare qualunque cosa e la sua capacità di conoscere la storia di tutto ciò che le capitava sotto mano.

Erik e Maxine erano però invitati a cena da loro tutti i venerdì sera e anche qualche domenica a pranzo insieme a Raphael e Larisse, momenti in cui Max non mancava mai di dire al fratello quanto felice fosse.

Nell’arco di qualche mese, mentre osservava la sorella ridere, tenere per mano, abbracciare, insultare o scherzare con Erik, Hunter iniziò a riflettere sulla sua relazione con Penny. 
Chissà, forse quel passo poteva non essere poi così distante neanche per loro.

Con tutto il tempo che avevano perso, non aveva intenzione di sprecare neanche un singolo minuto.


*


Larisse e Raphael stavano litigando a proposito del monopolio sulla televisione quando Penny si catapultò nel salotto attraverso il camino urlando di dover parlare con l’amica. 
Raphael sarebbe stato ben felice di ascoltare e spettegolare, ma venne sbattuto fuori dalla fidanzata, che si appropriò definitivamente del telecomando e gli suggerì anche di andare a prendere una pizza.


“Capiti a fagiolo Penny, ora la Tv è mia, Raphael dovrà guardare L’Attimo Fuggente senza proteste e avrò anche una pizza, di bene in meglio. Allora, che succede?”

Larisse sorrise all’amica mentre si metteva più comoda sul divano, guardando la bionda seduta accanto a lei che non riusciva a stare ferma o a smettere di sorridere.
Alla fine invece di parlare Penny decise di sollevare direttamente la mano sinistra, permettendo alla rossa di guardare il suo anello.


Raphael stava attraversando il vialetto di casa con le mani in tasca, borbottando che per ripicca avrebbe preso alla fidanzata una disgustosa pizza ai broccoli, quando sentì la stessa Larisse urlare. 
Ovviamente si precipitò di nuovo dentro casa, ma non trovò né un bagno di sangue né un intruso, solo le due ragazze abbracciate. 

“Che succede?!”
“Penny e Hunter si sposano!”

Larisse sorrise raggiante al fidanzato, che la imitò prima di raggiungerle e abbracciarle entrambe.


“Fantastico, farò da testimone!”
“E io da damigella!”
“Ma dicci Penny, come te lo ha chiesto? … e soprattutto, perché a me non aveva detto niente?!”

“Piantala di fare la primadonna pettegola, Rafe!”


*


Hunter odiava vestirsi elegante, ma quel giorno lo fece senza remore, indossando l’abito da cerimonia prima di posizionarsi, in attesa, vicino all’altare con Max, che era stata ben felice di accettare il ruolo di prima testimone, e Raphael. 

Continuava a sentirsi un pinguino – anche se si ripeteva che l’importante era piacere a Penny – ma smise di pensarci quando la vide entrare in chiesa insieme a suo padre, che l’accompagnò fino all’altare per poi darle un bacio sulla guancia e riservare a lui un’occhiata eloquente insieme ad una pacca sulla spalla. 

Hunter rispose al sorriso che Penny gli rivolse quando le loro mani s’intrecciarono, e pensò che vestita di bianco apparisse più che mai come la personificazione della purezza.

Quando le mise la fede le dita gli tremarono un poco, così come la sua voce quando pronunciò le promesse. Ebbe l’impressione che Max, alle sue spalle, si stesse commuovendo alla fine della funzione, quando finalmente Hunter potè stringere delicatamente Penny per la vita, attirarla a sè e baciarla, ma Raphael le passò tempestivamente un fazzolettino mentre anche Larisse sbatteva di continuò le palpebre per ricacciare le lacrime indietro: avevano una reputazione da mantenere, in fin dei conti.




Il discorso di Max giunse dopo la cena e il ballo degli sposi, che stettero abbracciati sulla pista mentre il piccolo Dorian sgambettava inseguendo lo strascico del vestito, inseguito a sua volta da Wyatt e da Ludwig che cercarono di tenerlo a bada prima di arrendersi e lasciarlo alle cure di Erik. 


Hunter aveva pregato diverse volte Max di non fargli fare figuracce con il discorso – e anche Erik –, tanto che alla fine la strega aveva minacciato di non scriverlo affatto se non l’avessero lasciata fare. Conoscendola fin troppo bene, lo sposo nutriva qualche dubbio qualche guardò la sorella alzarsi tenendo un calice in mano, attirando l’attenzione di tutti su di sè mentre la mano di Hunter, appoggiata sulla tovaglia di lino bianco del tavolo degli sposi, era stretta in quella di Penny, curiosa tanto quanto lui. 

“Buonasera, vi rubo qualche minuto per spendere due parole sugli sposi… Come tutti sapete io e Hunter ci conosciamo da molti anni, e io lo ricordo come fosse ieri, il giorno in cui quel bambino biondo dal broncio adorabile è entrato nella mia vita. Eravamo inseparabili, io ero la sorella maggiore, la sua nemesi, la sua protettrice, la sua migliore amica. Sono stata la sua prima compagna e ho amato ogni singolo momento. Quindi ero, naturalmente, molto esigente nei confronti di chi avrebbe preso il mio posto, ma poi ho conosciuto Penelope, e lei di certo è dolce, intelligente, simpatica e innamorata tanto quanto lui.
Mi chiedevo, è veramente quello che io voglio per mio fratello? È veramente lei la testimone della sua felicità?” 

Maxine lasciò il discorso in sospeso, e i suoi occhi si spostarono dal volto del fratello per vagare sugli invitati, che pendevano dalle sue labbra. Erik compreso, che la osservava godersi la suspence creata mentre teneva Dorian in braccio – che scalciava e piagnucolava mentre tendeva le braccine verso di lei, volendo andare dalla mamma –. 

“… No. Sono io la testimonessa.” Maxine sfoggiò un sorriso soddisfatto, parlando con enfasi, e Hunter emise una risata mista ad uno sbuffo mentre scuoteva il capo e Penny sorrideva, così come tutto il resto della sala. 

“E adesso è con grande piacere che vi invito a sollevare i calici e vi presento due fantastici sposi: Hunter e Penny.” 

Maxine si voltò di nuovo verso i due e sollevò il bicchiere nella loro direzione, imitata dagli altri ospiti, e poco dopo venne raggiunta dal fratello, che l’abbracciò e le disse di volerle bene per la prima volta dopo anni.


*


“Mi piace molto questa.”
Hunter sorrise alla moglie mentre gironzolava per il salotto vuoto con le mani sprofondate nelle tasche del cappotto, guardandosi intorno mentre Penny, invece, incrociò le braccia al petto e gli lancio un’occhiata scettica:

“Ti piace perché la cucina è immensa.”
“Forse…”

Hunter sorrise divertito alla moglie prima di raggiungerla e cingerla per la vita, appoggiando la fronte contro la sua:

“Non ti ci vedi qui con me? E con i bambini che avremo?”
“Sì, mi piace. E se piace anche a te allora andrà benissimo… dicevi sempre di voler vivere fuori dal caos di Londra, avere spazio e un bel giardino… adesso potrai avere tutto questo.”
“Potremo.” Hunter la corresse prima di darle un rapido bacio a stampo, guardandola annuire subito dopo mentre gli sfiorava i capelli con le dita:

“Ok. Ma la cucina sarà di tua competenza, la terrai in ordine tu.”
“Sissignora. Non vedo l’ora.”
“Anche io amore.”


*


“Hunter, smettila di agitarti, è solo l’ecografia!”
“Ma se dovesse esserci qualcosa che non va ce lo diranno adesso, no?”
“Non ci sarà nulla che non va, hai sentito la dottoressa!”

Penny, seduta sul lettino, sbuffò e assestò una leggera gomitata al marito – ben più nervoso di lei – mentre la medimaga, trattenendo delle risatine, asseriva che era arrivato il momento di sentire il battito.
Quando quel suono ovattato ma costante giunse alle loro orecchie entrambi ammutolirono, e Hunter rimase imbambolato per qualche istante prima di mormorare qualcosa con un filo di voce:

“È il suo cuore che batte?”
“Sì.”
“Non è mai stato così…’

“Reale? Lo so, fa sempre un certo effetto ai genitori che aspettano il primo figlio.”

La donna sorrise, ma nessuno dei due parve sentirla mentre tenevano gli occhi fissi sullo schermo, osservando le immagini dell’ecografia.

“Oh mio Dio… Hunter, quello è il nostro bambino!”
“Bambina, oserei dire.”

“Come dice?!”


*


“Hunter, sto benone, smettila di preoccuparti! E anche Max, siete più agitati di me!”

Penny sospirò mentre camminava avanti e indietro per la stanza, non riuscendo a dormire, con il marito appresso, che non ne voleva sapere di mettersi a letto e continuava a chiederle se ci fosse qualcosa che non andava.

“Va tutto bene ti dico, mia madre dice che è normale soffrire d’insonnia in gravidanza, perciò vai a dormire, è tardi e domani devi alzarti presto.”
“Ma amore…”
“Niente ma. Vai.”  Penny gli prese il viso tra le mani, fermandosi prima di baciarlo dolcemente. Hunter, dal canto suo, per una volta si arrese – complice la stanchezza – e annuì, sfiorandole brevemente il pancione con le dita prima di mormorare un assenso e tornare in camera da letto. 

Una volta sola, Penny si lasciò scivolare sul divano e abbassò lo sguardo sul suo ventre, borbottando qualcosa a mezza voce:

“Ti decidi a nascere, tesoro? Qui tuo padre mi sta facendo diventare matta.”


*


“PER TUTTI I TANGA MULTICOLORE DI MERLINO, È GIÀ NATA?! ERIK, SPOSTATI, TIENIMI LA BAMBINA, DEVO ANDARE!”

Max lasciò la figlia tra le braccia di Erik e corse verso la stanza di Penny, inseguita da un’infermiera, spalancandola mentre Dorian, alle sue spalle, tirava i pantaloni del padre e gli chiedeva perché la mamma forse così strana.

“Non chiederlo a me ometto, non ne ho idea.”




“Penny, Hunter?! Oh… è già nata? Ciao tesorino di zia!”

Max sfoggiò un sorriso raggiante e si avvicinò alla cognata, che sorrise e annuì mentre teneva un fagottino tra le braccia, Hunter accanto.

“Sì, è stato rapido. Zia Max, saluta Rachel.”

Penny abbassò lo sguardo sulla bambina e le sorrise dolcemente, mentre Max faceva lo stesso e Hunter le sfiorava la minuscola testa con le dita, guardandola incantato.

“Che dolce… e mi piace molto anche il nome.”
“Anche a me. Peccato che una delle sue zie non possa essere qui.”

“Tranquilla Penny, io valgo per cinque!”

“Oh, su questo non ci piove…”
“Zitto, Moccioso!”


*


Rachel, che aveva preso fin da subito il suo ruolo di sorella maggiore molto sul serio, dopo aver passato la gravidanza della madre a chiedere notizie della sorellina in arrivo e ad “aiutare” a preparare la sua cameretta, era solita appostarsi vicino al lettino di Bonnie per “controllarla” diligentemente. 

“Rach, giochiamo?!”

Charles, più piccolo di lei di due anni, le si avvicinò tenendo una palla in mano e parlando con tono implorante, guardando però la sorella scuotere il capo, seria in volto:
“Non posso, sto controllando Bonnie.”

“Ma uffa, Bonnie dorme sempre!”
“Anche tu lo facevi, lo ha detto Mami.”


“Tesoro, sei bravissima, ma puoi giocare con Charlie, se vuoi, a Bonnie penso io, ok?”

Penny si avvicinò alla figlia con un sorriso, accarezzandole la testa coperta di capelli biondi mentre la bambina alzava lo sguardo su di lei, guardandola con gli occhi azzurri pieni di curiosità:

“Ok… ma quando potremo giocare con le mie bambole?”
“Dopo giocherò io con te, ok? Intanto vai fuori con Charlie.”

Penny guardò la figlia annuire e seguire il fratello fuori dalla stanza con un sorriso prima di rivolersi alla piccola di casa, che sonnecchiava con il ciuccio in bocca e i pugnetti appoggiati ai lati della testa.

“Avere una sorella maggiore è meraviglioso, sai? La mia Rachel lo era, e lo sarà anche la tua.”


*


“D’accordo bambini, vi veniamo a prendere tra qualche ora, compratevi bene e ascoltate gli zii, ok?”

Penny lasciò Bonnie tra le braccia di Erik mentre Rachel, invece, corse a cercare Harmony ululando di doverle far vedere la sua Barbie nuova e Charles, imbronciato, borbottava che lui non avrebbe giocato con loro.

“Grazie per aver accettato di tenerli stasera.”
“Figuriamoci, è giusto che vi prendiate una sera per voi ogni tanto, e noi adoriamo i nostri nipotini, vero piccola Bonnie? Quanto sei tenera… divertitevi a cena!”

Max sorrise calorosamente a fratello e cognata mentre prendeva la bambina dalle braccia del marito, ignorando il tono apprensivo con cui Hunter le di rivolse:

“Sì, ma tu non ti stressare, sei incinta e…”
“Sciocchezze, non è certo il primo, so benissimo come gestire tutto.”
“Ovvero, lascia tutte le incombenze scomode a me.”
“Tesoro, è una delle cose positive di essere incinta insieme a poter mangiare tutto quello che mi pare senza essere giudicata!”

Max sorrise allegra mentre Dorian, scuro in volto, giungeva sulla scena borbottando che Rachel, Harmony e anche Selene gli stessero già dando fastidio.

“Abbi pazienza ometto, questa sera siamo stati invasi da altre due signorine… speriamo che questo sia un maschio, altrimenti dopo tre femmine di fila apriti cielo!”

Erik alzò gli occhi al cielo prima di allontanarsi insieme al figlio maggiore, asserendo che sarebbe andato a dare da mangiare ad Eris mentre Penny, sorridendo, rivolgeva un’occhiata d’intesa al marito:

“Sì, qui anche qualcun altro spera la stessa cosa.” 

Hunter sorrise e Maxine sgranò gli occhi, sfoggiando un’espressione di pura sorpresa prima di sorridere euforica:

“Sei… PER TUTTI I TANGA MULTICOLORE DI MERLINO, AVREMO DUE FIGLI A POCHI MESI DI DISTANZA!”

“Papà, che cos’è un tanga?”
“Cose da femmine Dorian, non ascoltare tutto quello che dice la mamma.”


*



RachelImage and video hosting by TinyPic, Charles,Image and video hosting by TinyPic Bonnie Image and video hosting by TinyPice Ariel BlaineImage and video hosting by TinyPic 

Quando avevano scoperto di aspettare una terza femmina Hunter aveva faticato a celare un po’ di delusione, ma la verità era che quando Ariel era nata il padre ne era stato immediatamente conquistato, passando le intere prime settimane a coccolarla per tutto il tempo.

Era esattamente quella che Penny definiva “la principessa di papà”, e non si stupiva per niente trovandoli sempre insieme quando Hunter era a casa. 
Una sera, tornata dal lavoro, la strega salutò ad alta voce la famiglia appena mise piede in casa, raggiungendo per prima cosa la cucina essendo certa di trovarvi Hunter.

Non si sbagliava, e sorriso dalla soglia quando trovò il marito impegnato a cucinare e con Ariel accanto, in piedi sullo sgabello con un minuscolo grembiulino rosa addosso. 

“Ciao tesori miei… Ariel, aiuti papà a preparare la cena? Che brava…”
Penny sorrise alla figlia e le si avvicinò per darle un bacio, sfiorandole i morbidi capelli biondi scuro mentre Hunter annuiva, scoccando un’occhiata adorante alla piccola di casa, che sorrise alla madre:

“Sì, è la mia assistente numero 2, la numero 1 è di sopra. Oh, ecco che arriva la banda…”

Hunter sorrise mentre un gran vociare giungeva alle loro orecchie dalle scale, e un attimo dopo gli altri figli si riversarono nella stanza salutando la madre e chiedendo notizie della cena.
Penny sorrise quando Bonnie l’abbracciò – mentre Ariel, alle sue spalle, studiava un uovo con curiosità –, accarezzandole i boccoli e asserendo che il padre stava preparando la cena per tutti e che avrebbero mangiato presto.

“C’è qualcuno di così bravo da preparare la tavola?”
“Non io!”
“Charlie, sei un nullafacente, devo fare sempre tutto io!”
“Sei una saputella, Rach!”
“Non è vero!”

“Signorini, non discutete, altrimenti mangerete qualcosa preparato dalla zia Max!”  Hunter, serio in volto, parlò con tono solenne mentre i due bambini ammutolivano, guardandolo quasi terrorizzati mentre Penny, invece, ridacchiava. Quando i due figli maggiori quasi fecero a gara per preparare la tavola per primo la donna si rivolse al marito con un sorrisetto, aiutando Bonnie a lavarsi le mani nel lavello prima di mormorare qualcosa a bassa voce:

“Hai intenzione di usare questa minaccia ancora per molto?”
“Finché farò credere loro che qualcosa nel frigo è stato fatto da mia sorella sì, certo.” 


*


Penny stava leggendo la lettera di Charles appena arrivata da Hogwarts quando abbozzò un sorriso che attirò l’attenzione del marito, che stava spalmando della nutella su una fetta di pane per Ariel.

“Che cosa c’è?”
“Niente, va tutto bene… ma stando a quello che dice Charlie, c’è un suo compagno di Casa che ha preso Rachel in… simpatia.”

“CHE COSA?! RACHEL È UNA BAMBINA! HA SOLO TREDICI ANNI!”
“Tesoro, rilassati, non è il suo fidanzatino!”
“E vorrei ben vedere! Compagno di casa di Charles, quindi Grifondoro… chiedo a Max quanto è distante la Sala Comune dei Grifondoro da quella dei Corvonero.”

Hunger si alzò spostando rumorosamente la sedia sul pavimento, allontanandosi a passo di marcia sotto gli sguardi confusi delle figlie minori.

“Mami, cos’ha papino?”
“Papino è un po’ nervosetto per tua sorella, Ariel, ha paura che si trovi un fidanzatino.”
“Ma io all’asilo lo avevo!”
“Lo so amore, ma è… un po’ diverso, capirai. Ora fai colazione, da brava. Anche tu, Bonnie.”






………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Eccomi finalmente di ritorno, spero che la OS vi sia piaciuta anche se avendola scritta reduce da un viaggio molto intenso e movimentato non sono poi così sicura del risultato.
Ci sentiamo in settimana con Faye e Quinn!

Signorina Granger 

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Capitolo 3
*** Quinn & Faye ***


Quinn & Faye 
 
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“Come vanno le cose con Quinn?” 

Faye, seduta di fronte al padre al tavolo quadrato del ristorante dove stavano pranzando, abbozzò un sorriso e annuì, parlando con gli occhi scuri luccicanti:

“Bene.”
“Mi fa piacere tesoro. È bello vederti così.”  Edward ricambiò il sorriso e allungò una mano per sfiorarle il braccio della figlia, che esitò prima di parlare, facendosi più seria:

“Ascolta, papà… è da un po’ che penso ad una cosa. Ho capito chi sia mia madre ormai da parecchio, ma non mi sono mai fatta avanti. Adesso però le cose sono tornate com’erano quando ero una ragazzina e la sua famiglia non ha più alcun potere, perciò forse potrei dirle chi sono.”

“Vuoi conoscerla, Faye? Mi hai detto che l’hanno arrestata per essere stata complice di non so quanti crimini…”
“Suo marito non è uno stinco di stato, e nemmeno suo figlio, a dirla tutta. Ha coperto per anni gli affari di suo marito, e ora ne pagherà le conseguenze… ma pare che suo padre sia morto da qualche anno, e anche i suoi fratelli sono ad Azkaban, ed erano stati loro a minacciarci, no?”

“Sì, ma non so cosa ne pensasse lei. Morrigan convinse suo padre a portarti da me e a mantenerti fino ai tuoi 17 anni, dopodiché non ho più avuto notizie da nessuno di loro. Non so se lei ti volesse tenere o se è stata costretta dai suoi genitori, Faye.”
“Non voglio conoscerla, papà, è in carcere e non avrebbe molto senso… vorrei solo capire come sono andate le cose.”

“Beh, adesso sei adulta, puoi fare quello che ritieni giusto. Però pensaci, tesoro, ok?”

Faye annuì di fronte al tono preoccupato del padre, prendendogli una mano prima di sorridergli e tranquillizzarlo.

“Non preoccuparti, adesso è tutto finito. Starò benissimo.”


*


“Sei nervosa?”
“Un po’…”

“Non devi, ti adoreranno, e Scarlett non fa che tessere le tue lodi da settimane, quindi in realtà ti adorano già!”
Quinn sorrise mentre camminava sul vialetto di casa tenendo Faye per mano, che invece sembrava parecchio più nervosa di lui mentre osservava la casa dei genitori del ragazzo. 
L’idea di incontrarli la innervosiva non poco, temendo di non piacergli affatto, tanto da aver dato il tormento con le sue paranoie a Max e ad Audrey per giorni interi.

La porta si spalancò prima di dare ai due il tempo di raggiungerla, permettendo ad una sorridente ragazza dai capelli ramati di andar loro incontro a braccia aperte:

“Eccovi finalmente, la mamma sta sfornando il roast beef con non so quanti contorni… E ha fatto la cheesecake!”

“La mamma fa la cheesecake solo nelle grandi occasioni… vedi? Anche lei vuole fare una buona impressione su di te. Andiamo.”  Quinn sorrise incoraggiate alla fidanzata, accennando all’ingresso con il capo mentre Scarlett li seguiva, annuendo con l’aria di chi la sa lunga:

“Continua a ripetere che ora che hai finalmente deciso di avere una relazione stabile e duratura è il caso di festeggiare.”
“Beh, se preparerà la cheesecake tutte le volte, porterò Faye tutte le settimane!”


*


Quinn sospirò di sollievo mentre, seduto sul letto, si faceva massaggiare le spalle da Faye, che gli lasciò un bacio su una guancia prima di mormorare che era teso come una corda di violino:

“È stata una settimana molto lunga… grazie al cielo è finita, e non ho intenzione di lasciare questa casa per tutto il weekend.”
“Hai intenzione di poltrire e basta? Domani dobbiamo vedere Aeron!”
“Digli che sono malato, e in effetti mi sento tutto ammaccato…”

Quinn si voltò prima di intrappolare Faye nel suo abbraccio, chiudendo gli occhi con aria beata mentre la strega, sorridendo appena, gli sfiorava i capelli scuri con le dita:

“Voi uomini siete delle mezze calzette, sai? Ricordo che mio padre faceva il moribondo con due linee di febbre…”
“Non sono affatto una mezza calzetta, sono un Auror altamente qualificato!”
“Che si lagna per un paio di lividi!”

Faye sorrise, divertita, ma Quinn non la imitò, sollevandosi leggermente e scoccandole un’occhiata torva prima di assicurarle che le avrebbe scacciato quel sorrisetto dal suo grazioso visino e, infine, baciarla. Faye per tutta risposta gli prese il viso tra le mani, continuando però a sorridere sulle sue labbra.


*


“Ci è stato detto che ha avuto una figlia, circa trent’anni fa. Che fine ha fatto? L’avete tolta di mezzo come facevate con tutti gli ostacoli?”
“Ho convinto mio padre ad affidarla al suo, ma non ne so niente, nemmeno il suo nome… Mio padre le ha fatto avere del denaro per i suoi primi diciassette anni di vita, ma non ha mai voluto dirmi dove si trovasse o come si chiamasse.”

“E il padre? Lo ha mai rivisto?”
“No.”

Morrigan parlò continuando a non guardarla, tenendo gli occhi scuri fissi sulla parete della cella mentre Faye le stava davanti, in piedi oltre le sbarre. 
Da quando avevano eliminato i Dissennatori persino Azkaban era diventato meno spiacevole, anche se in molti avevano sollevato proteste nel non sapere gli ex Mangiamorte alla mercé di quelle creature.

“Quindi non ha idea di dove si trovi.”
“È una Mezzosangue, ma abbastanza grande da aver frequentato Hogwarts, quindi o è morta lì o è diventata una Sentinella dopo la morte di Harry Potter, non ne ho idea. Non l’ho mai cercata. Perché è importante?”

Morrigan si voltò e la guardò, visibilmente infastidita, e Faye strinse le labbra prima di parlare in un sussurro:

“È viva. Ma ha fatto una fine migliore del suo figlio maschio più grande… forse crescere senza di lei è stato un bene, dopotutto. Mi chiedo come abbia potuto non fare niente sapendo quello che faceva ad una ragazzina. E anche se forse non le importa, il suo nome è Faye.”

Morrigan esitò, impietrita la guardò forse la prima volta e dovette rendersi conto che la donna che aveva davanti doveva avere proprio l’età di sua figlia perché fece per parlare e alzarsi, ma l’Auror la precedette, scuotendo il capo e facendo un passo indietro:

“Non mi interessa. Volevo solo che sapessi, ma non mi interessa sapere chi sei… se avessi voluto davvero crescermi l’avresti fatto, invece hai preferito restare a farti mantenere dalla tua famiglia. Ma visto dove ti trovi adesso, forse non è stata la scelta più giusta, vero?”


Dopodiché Faye giro sui tacchi, si allontanò e il suono dei suoi passi echeggiò tra le pareti di pietra umida insieme alla voce di sua madre, che provò a chiamarla invano.


*


Audrey, Max e Faye sedevano nel salotto della casa della seconda, riunitesi per la prima volta da quando Audrey era tornata dalla luna di miele. 
L’ex Serpeverde aveva raccontato alle amiche del viaggio, ridendo nel rammentare Haze alle prese con lo spagnolo, il cibo messicano e la parte della sua famiglia rimasta oltre l’Oceano, e poi del maniero che il nonno del marito aveva regalato loro.

“Ve l’assicuro, immenso, sembra un vero castello, mi ci perderò dentro per settimane intere, dovrò tenere Henry al guinzaglio! A proposito Max, grazie per averlo tenuto.”
“Figurati, io e Erik lo adoriamo, lo sai, ed è stato un tesoro…”

“Gli sono mancata almeno un po’?” Audrey parlò con un tono speranzoso che fece sorridere l’amica, che annuì mentre Faye, in silenzio, beveva un sorso di thè con aria pensierosa.

“Assolutamente, dopo una decina di giorni una sera non riuscivamo a chiamarti e ha quasi pianto.”
“Povero il mio amor!”

L’espressione di Audrey si addolcì e Max asserì di volere un’altra fetta della torta che Hunter aveva preparato quella mattina prima di alzarsi e raggiungere la cucina trotterellando, lasciando le due momentanente sole.
A quel punto Audrey si voltò verso Faye, parlando con un debole sorriso:

“Faye?”
“Mh?”
“Non hai parlato molto… come vanno le cose?”
“Il lavoro va bene, sto bene.”
“Parlo anche di Quinn. Da quando siamo tornati Haze mi ha detto di avervi visti… strani.”

Faye distolse lo sguardo, annuendo mentre si mordicchiava il labbro inferiore e si tormentava le mani. Non era sicura di volerne ancora parlare, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo… e quale momento di quello, visto che erano tutte e tre insieme?

“Ecco, le cose non… sono un po’ tese, ultimamente.”
“Mi dispiace. Come mai?”
“Divergenze di opinioni, principalmente. Ma niente di serio, ancora.”

“Di cosa parlate, fanciulle?”
“Io e Quinn abbiamo avuto qualche discussione ultimamente.”

“NO! Erik mi aveva detto di avervi visti distanti ma gli ho detto che a parlare era il suo pessimo sesto senso maschile! Non posso crederci!”  Max, ferma sulla soglia con il piatto in mano, sgranò gli occhi in un’espressione spiazzata, parlando con un tono allarmato che scatenò un’espressione profondamente scettica nell’amica:
“Com’è che adesso tutti spettegolano su di noi?!”

“Faye, tu e Quinn siete una delle mie Ship preferite, dovete risolvere! E se si comporta male chiamami, gli ho già fatto un discorsetto tempo fa.”
“La tua Ship?!”

“Lascia perdere Faye, ha già tentato di rifilare a tutti una maglietta con scritto #Fainn qualche tempo fa…”


*


Faye era rannicchiata sul divano, in lacrime e intenta ad asciugarsi il più possibile le lacrime con i Kleenex che teneva sempre sul tavolino.
La strega si passò una mano sul viso, singhiozzando mentre ripensava alla brutta discussione avuta con Quinn quel pomeriggio, prima che lui uscisse di casa sbattendosi la porta alle spalle.

Non poteva parlare per lui, ma lei aveva detto cose che non pensava davvero, presa dalla rabbia, e ora – stringendosi nella giacca di pelle che il fidanzato aveva dimenticato di mettere prima di uscire e impregnata del suo odore – se ne pentiva amaramente.
Gettò una rapida occhiata all’orologio mentre Ares si era seduto sul pavimento accanto a lei, osservandola e dandole qualche colpetto con il muso di tanto in tanto per consolarla.

Era uscito da più di cinque ore e Faye stava iniziando a chiedersi se sarebbe tornato per la notte. 
La strega si passò una mano tra i capelli castani, chiedendosi perché fosse sempre così brava a rovinare tutto. Che con il suo carattere difficile e le sue mille insicurezze stesse trascinando sul fondo anche l’unica cosa buona che le fosse capitata negli ultimi anni?

Ormai abituata al silenzio, Faye quasi sobbalzò quando sentì la porta aprirsi e poi chiudersi con dei gesti secchi, quasi bruschi. Non si mosse dal divano, mentre Ares invece drizzò le orecchie e corse dal padrone scodinzolando, felice di vederlo.

“Ciao bello…” Quinn si inginocchiò e rivolse un sorriso tirato al cane, grattandogli le orecchie prima di sollevare lo sguardo su Faye, immobile sul divano con gli occhi arrossati fissi su di lui e la sua giacca addosso.

“Mi dispiace.” Faye parlò con un filo di voce tremante e Quinn non rispose subito, alzandosi per raggiungerla con un paio di falcate, sedersi accanto a lei e infine stringerla, mettendole una mano sulla nuca per spingerle il viso contro la sua spalla. 
Faye venne scossa da un altro singhiozzo e Quinn sospirò, mormorando che dispiaceva anche a lui prima di gettare un’occhiata apprensiva al tavolino, al divano e alle braccia della strega coperte dalle maniche di pelle della sua giacca, controllando se ci fossero tracce di sangue o di lamette.

“Non piangere piccola… vieni qui.”  Quinn, appurato con sollievo che Faye non aveva fatto pazzie in sua assenza, le diede un bacio sulla testa e la strinse più forte, mormorandole parole dolci all’orecchio.

Faye si calmò dopo qualche minuto, continuando a godersi il suo abbraccio ma tenendo gli occhi aperti, vigili e forse un po’ tristi mentre stava appoggiata alla sua spalla con la guancia e Quinn le sfiorava i capelli.

“Va meglio?”  Quinn abbozzò un sorriso e Faye annuì, ma non lo imitò, esitando prima di parlare con voce rotta e cupa: 

“Quinn… Non possiamo continuare così, lo sai vero?”

Quinn non rispose, non subito. Si limitò a guardarla per i primi istanti, quando lei sollevò lo sguardo sul suo viso per guardarlo negli occhi. A quel punto fece per parlare, ma di fronte alla sua espressione tetra le parole gli morirono in gola.


*


“Continui a pensare che sia la cosa migliore?”

Quinn parlò mentre sedeva sul divano, le braccia conserte e un’espressione dura sul viso. Guardava Faye, che stava radunando le sue cose davanti alla porta e che annuì senza guardarlo in faccia:

“Sì. Quinn, non ha senso stare insieme se continuiamo a litigare e a stare male, dovendo anche lavorare insieme danneggia anche il nostro rendimento…”
“Non è niente che non si possa risolvere, se solo tu volessi ascoltarmi…”

“Te lo ripeto, Quinn, non sei TU. Io non voglio sposarmi o avere figli e basta, con nessuno. Mi dispiace se non capisci.”

Faye scosse il capo, scura in volto, e Quinn annuì dopo un istante di esitazione, alzandosi ed evitando di guardarla:

“Bene. Visto che non capisco – e tu non capisci me e non vuoi ascoltare altre ragioni oltre alla tua – vattene pure.”

Quinn si allontanò per andare in camera da letto, sentendola salutare Ares prima di Smaterializzarsi insieme alla maggior parte delle sue cose.
Rimasto solo, l’Auror si lasciò cadere sul letto, sedendo sul bordo del materasso dove avevano dormito insieme, abbracciati, per mesi prima di prendersi la testa tra le mani.


*


“Tu e Faye continuate a cambiarci i turni per non lavorare insieme o incrociarvi il meno possibile.”
“Perché, pensi forse che sia facile?! E poi è lei che mi evita, io vorrei parlarle… solo che non saprei cosa dirle. Non capisco, ci ho provato, ma lei sostiene di non voler costruire niente… io la amo moltissimo, ma non credo sia quello che voglio io, non mi basta, non con lei.”

Quinn sbuffò, parlando tenendo le mani sprofondate nelle tasche e dando un calcio ad un sassolino mentre camminava sul marciapiede accanto ad Aeron, che invece teneva un bicchiere di carta di caffè in mano, dopo essere appena usciti dal lavoro.


“Non la conosco bene quanto te, ma Faye è fragile, forse ha solo paura… per esempio, lei non ha avuto una madre, forse non vuole avere figli perché pensa di non essere in grado di crescerne uno, anche considerando i suoi… precedenti problemi.”

“Ho provato a parlarle e a dirle che non può vivere pensando solo a ciò che non può o non deve fare, che nessuno nasce sapendo come affrontare un matrimonio o crescere dei figli, ma era irremovibile. Ha detto che non sono in grado di capirla, ma nemmeno lei capisce me.”

“Dovreste trovare un punto d’incontro.”
“Non lo so. Forse ormai è tardi.”


*


Faye se n’era andata da casa sua – da casa loro – da circa sei settimane quando una sera, uscendo dal Quartier Generale, Quinn si bloccò nel bel mezzo dell’arrivo dopo aver sceso le scale.
Si stava infilando il cappotto, ma i suoi movimenti si congelarono quando scorse Faye infondo alla sala, davanti alle porte, già vestita per affrontare il freddo, ma non sola, bensì in compagnia di un loro collega. 

Stavano parlando e Quinn, immobile, lo guardò sorriderle e tenerle la porta a vetri aperta per farla uscire prima di seguirla fuori.
Fuori, chissà dove.
Forse erano solo usciti insieme dall’edificio, o forse sarebbero rimasti insieme anche dopo, Quinn non lo sapeva, ma la voglia di seguirli e poi consigliare a Lewis di starle lontano con una fattura era tanta. 

Si era già beccato un paio di cazzotti da Haze, dopotutto… se voleva fare il bis, lui era pronto.





Dopo il lavoro Quinn era tornato a casa, ma non aveva fatto altro che misurare le stanze a grandi passi, irrequieto, e senza toccare cibo.
Alla fine, dopo qualche ora passata a tormentarsi, Quinn uscì di casa quasi senza riflettere, Materializzandosi sul pianerottolo dell’appartamento di Faye per poi iniziare a bussare energicamente alla porta.

“Faye, se sei in casa aprimi, subito!”

Faye, che stava per mettersi a letto, sentendo bussare con tanta veemenza sobbalzò, irrigendosi e indecisa sul da farsi. Non sapeva cosa volesse Quinn, ma non era sicura di volerlo affrontare. 
Alla fine però, sentendo le sue minacce di entrare in casa usando la Metropolvere o buttando giù la porta, la strega si convinse e andò ad aprirgli sbuffando e infilandosi la vestaglia, allacciandosela frettolosamente prima di aprire la porta, riservandogli un’occhiata sconcertata:

“Quinn, sei impazzito, ti sembra il modo? Cosa… Quinn, non puoi entrare così!”

Faye sospirò gravemente quando Quinn la superò, entrando in casa con un paio di falcate lunghe e decise per poi voltarsi verso di lei e guardandola furente:

“Interrompo qualcosa?”
“Come scusa?!”
“C’è Lewis? Vi ho visti uscire insieme dal Quartier generale.”

“Ma che vai blaterando Quinn, solo perché ci hai visti uscire insieme dal lavoro significa che ci devo voler andare a letto?! Mi conosci almeno un po’?”
“Conosco anche lui, non voglio vedervi insieme.”

“Non sono affari tuoi, se anche fosse.”
“Sì che lo sono!”
“No, noi non stiamo più insieme, ok? E non dirmi che tu non hai visto nessuna donna in queste settimane, ti prego.”

Faye incrociò le braccia al petto e parlò con una debole risata sarcastica, abbassando lo sguardo, mentre invece Quinn scosse il capo con veemenza:

“Cosa pensi, che possa smettere di amarti da un giorno all’altro solo perché tu hai deciso di allontanarmi?! Certo che non ho visto nessuna donna, certo che mi preoccupo per te e prima che tu me lo chieda sì, sono geloso! Sono fottutamente geloso, va bene?!”

Faye trasalì, mormorandogli di non urlare mentre avvampava, continuando a non guardarlo. Quinn invece scosse il capo, gli occhi chiari fissi su di lei quasi come se fosse ipnotizzato, e le si avvicinò di un passo:

“Io ti amo. E non ti credo se mi dici che tu non provi più lo stesso.” 
“Non è questo, lo sai. Ma se vogliamo cose diverse non ha senso…”

Faye scosse il capo, deglutendo a fatica, ma Quinn non desistette:

“Certo che ce l’ha. Ok, non ci sposeremo se tu non lo vuoi, ok? Se e quando lo vorrai ti trascinerò di corsa davanti a chi di dovere e ti sposerò più che volentieri, ma non è così importante. Stare con te lo è.”

Quinn, avendola raggiunta, le mise una mano sul viso e la costrinse ad alzare lo sguardo per guardarla negli occhi prima di scrutarla brevemente da capo a piedi. 

“Sei dimagrita.”
“Non mangio molto.”
“Neanche io... Mi manchi, piccola.”

“Anche tu.”  Faye parlò in un sussurro, quasi senza pensarci, e Quinn le sorrise, gli occhi azzurri luccicanti. L’ex Tassorosso quasi non si rese conto che l’Auror le aveva sciolto il nodo della vestaglia finché non sentì il tessuto scivolarle sulla pelle e infine afflosciarsi ai suoi piedi. Non fece però in tempo a dire nulla a riguardo, perché Quinn s’impossessò delle sue labbra, premendola contro di lui e facendola gemere sommessamente.

Dopodiché Quinn la spinse sul divano, sovrastandola senza smettere di baciarla e mormorare che l’amava e che non voleva più stare separato da lei. Faye non oppose alcuna resistenza, lasciando che lui la spogliasse e la baciasse pensando che, infondo, nemmeno lei voleva vivere separate da lui.


*


“Siete tornati insieme?!”
“Proprio così.” Faye annuì, sorridendo mentre abbracciava Quinn circondandogli il petto con le braccia mentre lui, sorridendo a sua volta, le circondava le spalle con un braccio.

Aeron sorrise e si alzò per abbracciarli, dichiarandosi molto felice per loro, mentre Max invece si alzò quasi urlando di gioia, superò l’ex compagno di Casa e strinse i due dichiarando a gran voce che lei l’aveva sempre saputo, che non sarebbero durati molto stando separati.

“Max ha sempre ragione! Voi due, fuori i soldi!”

Max sorrise allegra e accennò ad Haze ed Erik, che tirarono fuori dei galeoni sbuffando sotto gli sguardi attoniti dei due diretti interessati:

“Avevate scommesso dei soldi?!”
“Già, io dicevo meno di due mesi, loro di più, quindi ho vinto! Oh, che bello, come sono felice… qui urgono festeggiamenti, chiamo Audrey!”  

Max si allontanò trillando per la felicità, mentre Aeron ridevamo Erik si passava una mano sugli occhi e Faye, invece, si rivolgeva al fidanzato con un’occhiata eloquente.

“Quinn, te l’avevo detto che era meglio tenerlo per noi per un po’…”
“Oh, beh, ormai il danno è fatto. Vieni qui.”  Quinn sorrise e si chinò per baciarla, scatenando applausi da parte degli amici presenti.


*


“Faye, mi dici cosa c’è? Così mi fai preoccupare. È successo qualcosa a Quinn?”

Audrey rivolse un’occhiata apprensiva all’amica mentre la guardava sedersi sul divano quasi in stato di trance. Haze non era ancora tornato dal lavoro, quindi neanche Quinn, e per un attimo la donna temette che fosse successo qualcosa ai due.
Per fortuna però Faye scosse il capo, facendole tirare un sospiro di sollievo. 

“Sta bene. Sono io.”
“In che senso?”  Audrey aggrottò la fronte, avvicinandosi all’amica, sempre più confusa. 
Faye esitò, ma alla fine sollevò lo sguardo per incontrare quello dell’amica. Poi parlò con un sussurro come se stentasse a credere alle sue stesse parole:

“… Sono incinta.”


*


Si era precipitata a casa di Audrey appena ne aveva avuto la conferma, dopo giorni di incertezza, e l’amica l’aveva rassicurata promettendole di aiutarla e starle vicino ma che, infondo, era una bella notizia e che dovesse assolutamente parlarne anche con Quinn.

Così, un paio di giorni dopo, Faye l’aveva detto anche al fidanzato.
Non era la sua reazione a temere, infatti l’Auror reagì nel migliore dei modi: spiazzato, sorpreso, felice, infine euforico, tanto da abbracciarla con tanta veemenza da sollevarla da terra mentre le assicurava che era la notizia migliore che potesse dargli.

Ciò che Faye temeva era se stessa: non riusciva ad immaginarsi come madre. Non aveva idea di come si facesse, e aveva paura di non essere un buon modello a causa della depressione da cui era uscita con tanta fatica e solo grazie all’amore di Quinn.

“Io avevo ventitré anni, ero da sola e non ho avuto nove mesi di gravidanza per abituarmi all’idea… se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu.”


Così le aveva detto Audrey, e anche se Faye avrebbe tanto voluto convincersi che l’amica aveva ragione, continuava ad avere seri dubbi a riguardo. 

Una sera la strega era già a letto, sotto le coperte e rivolta verso la finestra, dando le spalle al lato del fidanzato, quando sentì Quinn salire sul letto e avvicinarlesi carponi prima di darle un bacio su una guancia, sorridendole dolcemente:

“Come ti senti? Meglio di oggi pomeriggio?”
“Sì, grazie.”    Faye annuì ma non si voltò, sentendolo stendersi accanto a lei e circondarlo con un braccio, appoggiando una mano sul suo ventre. 

“Sarai bravissima, amore. Fidati… e poi non sei sola, non dimenticarlo.”
“Questo lo so.”   Faye annuì, prese la mano del compagno e poi la baciò, mormorando che lo amava prima che Quinn si sistemasse più comodamente sul letto, abbracciandola e nascondendo il viso tra i suoi capelli.


*


Erano stati mesi lunghi, talvolta stressanti e faticosi, ma alla fine il piccolo Farley era arrivato nelle loro vite, sconvolgendole come solo un bambino avrebbe potuto fare.

Faye era seduto sul letto, appoggiata alla testiera, e guardava il figlio di due mesi sorriderle mentre lo teneva davanti a sè, appoggiato sulle sue cosce unite e piegate. 

“Non sei mai stanco, tu?”
“Certo che no, sarà un piccolo birbante come il suo papà, vero ometto?

Quinn entrò nella stanza con solo i pantaloni del pigiama addosso, sorridendo mentre saliva sul letto e sollevava il bambino, scoccandogli un bacio sulla fronte facendolo ridere e scalciare.
“Può dormire qui con noi stanotte?”

Quinn le rivolse un’occhiata implorante mentre si appoggiava il piccolo sul petto nudo, facendole alzare gli occhi al cielo:

“Ha due mesi e tu già lo vizi!”
“Se non adesso quando?!”
“… Va bene, ma è l’ultima volta, deve abituarsi ad usare il suo lettino.”

“Tanto lo dice sempre, vero Far? Non crederle, in realtà è una tenerona malleabile tanto quanto me.”

Quinn, steso sul letto, sorrise mentre sollevava il bambino sopra la sua testa. Faye, accanto a lui, alzò gli occhi al cielo ma alla fine non potè non sorridere, accoccolandosi su di lui e guardando il figlio con affetto a sua volta.

Audrey aveva ragione, dopotutto: non aveva idea di come fare, ma insieme a Quinn poteva farcela.
Poteva fare tutto, con lui accanto.


*


Farley,B9-A35-BC2-AD05-40-AE-B20-B-7-F7-E8-EA44542 Gaëlle e Meredith Richards8-DE1834-D-108-D-4-F73-BD82-52214-B7-D8-E66 


“CHI HA MANGIATO METÀ DELLA CHEESECAKE CHE HO PRESO IN PASTICCERIA PER IL PRANZO CON NONNO EDWARD?!”

“Sono stati Papino e Far Mami, li ho visti!”

Gaëlle, che stava attraversando la cucina spingendo il suo passeggino giocatolo per bambolotti, parlò con tono solenne e indicò padre e fratello maggiore, che sbuffò e la guardò male:

“Sei una spiona Edith!”
“Io sono Gaëlle!”
“Non è vero!”
“Sì invece!”

Gaëlle gli fece la linguaccia e si allontanò stizzita, il suo abitino rosa addosso mentre la gemella compariva nella stanza con un vestito identico e spingendo un altro passeggino.
Fortunatamente ad una delle due Faye aveva fatto spuntare la frangetta, così da permettere a chiunque di riconoscere le bambine.

Eccetto per Farley, che si divertiva a prendere in giro le sorelle facendo credere loro di confonderle.

Faye si rivolse a figlio e marito con un’occhiata truce e mettendosi le mani sui fianchi, trovandosi così due espressioni angeliche pressoché identiche davanti:

“E adesso come facciamo con la torta?! Anzi, sapete che vi dico? … Questa sarà la vostra parte per il pranzo.”

“…. Uno Scotex?!” 
“Esattamente, dividetevelo.”


Faye annuì, seria in volto, e ignorò le espressioni attonite dei due uomini di casa mentre qualcuno suonava alla porta e Meredith sorrideva allegra mentre la raggiungeva, aprendola subito dopo e sorridendo felice al nonno materno:

“C’è il nonno! Ciao nonno!”
“Principessa, ciao… com’è bello il tuo vestitino, è nuovo?”

“Sì, me lo ha preso Mami ieri.”  La bambina annuì, sorridendo soddisfatta mentre il nonno la prendeva in braccio con un sorriso, venendo raggiunto subito dopo anche da Gaëlle, che gli tirò i pantaloni prima di indicare il proprio vestito:


“Ce l’ho anche io nonno, hai visto?”
“Ma certo tesoro, sei bellissima anche tu.”

Edward sorrise e si chinò per darle un bacio sulla fronte mentre Farley lo raggiungeva di corsa, sfoggiando un’espressione tragica mentre indicava la madre e informava il nonno di dover mangiare solo uno Scotex per pranzo.

“Uno Scotex?! Faye, che vai dicendo al bambino?”
“Hanno mangiato metà torta da soli, ora staranno a digiuno per punizione. E non guardarmi così signorino, quella faccia implorante l’ha inventata tuo padre e ha smesso di funzionare da anni. Su, a tavola, per coloro che mangeranno.”

“Papi, e adesso?!”
“Tranquillo campione, vado a prendere una pizza e ce la mangiamo noi due.”





…………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Non mi dilungo troppo perché sono – tanto per cambiare, sto diventando peggio di una vecchietta – piuttosto stanca e desiderosa di ritirarmi in doccia, spero solo che la OS vi sia piaciuta… ho cercato di conciliare il più possibile le richieste delle autrici, che erano molto diverse tra loro, spero che il risultato sia stato gradito da entrambe le parti. 

A presto con i Raphisse o con… Urge un nome per Erik e Max, chiedo il vostro intervento.
Signorina Granger 




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Capitolo 4
*** Erik & Maxine ***


Erik & Maxine

 
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Sua madre insisteva da settimane, e alla fine Erik aveva acconsentito a presentarle Maxine. Inizialmente la ragazza aveva accolto la notizia positivamente, felice che il ragazzo la ritenesse abbastanza importante da presentarle sua madre, ma la sera prima di quel famigerato pranzo la strega ebbe quasi un attacco di panico, tanto da piantare le tende da Audrey e passare un paio d’ore rannicchiata sul divano dell’amica con un secchio di gelato davanti:

“E se non le piaccio?! Per Erik sua madre è molto importante, forse se non le dovessi piacere mi lascerebbe!”
“Figuriamoci! E poi la conosco, le piacerai di sicuro, sarà così felice che il suo amato figlio abbia trovato una brava ragazza che risulterai perfetta a prescindere ai suoi occhi. Non preoccuparti, è una donna adorabile!”

Audrey, seduta accanto all’amica, le sfiorò la schiena con fare consolatorio mentre Haze sbuffava in un angolo, lamentandosi a bassa voce per il gelato che Max stava consumando mente Henry, invece, si avvicinò alle zie tenendo ciotola e cucchiaio in mano:

“Tìa Max, posso del gelato anche io?”
“Certo cucciolo, tieni.” Max sospirò con aria grave prima di versare un paio di generose cucchiaiate nella ciotola del bambino, che sorrise allegro e si allontanò con aria soddisfatta sotto gli occhi sbigottiti di Haze: era la prima volta in cui gli capitava di vedere Max condividere del cibo. Ah, i vantaggi di essere un bambino adorabile.

“Magari non mi reputerà all’altezza perché non so cucinare!”
“Ma hai un sacco di altre qualità, ad esempio sei buona e generosa, salveresti tutte le creature in difficoltà del pianeta!”
“Hai ragione… Oh, speriamo bene, tu le hai parlato bene di me?”
“Naturale, le ho detto che siamo molto amiche e, non per vantarmi, lei stravede per me, quindi parti già con un mucchio di punti.”

“Grazie Audrey!” Max si sporse verso di lei e la stritolò in un abbraccio, facendola sorridere leggermente: 

“Rilassati, andrà benone. Deve andare bene, il fatto che i miei due migliori amici stiano insieme mi rende anche fin troppo felice!”

“Emh, scusate, potrei un po’ di gelato anche io…”
“No!”


*


Erano riusciti, finalmente, ad uccidere Voldemort solo il giorno prima: Kingsley era riuscito ad avvicinarglisi prendendo le sembianze di Rockwood, e una volta rimasti soli “ci aveva pensato lui”. Nessuno aveva fatto domande o aveva indagato, forse non era poi così importante, infondo: ciò che contava era che il Signore Oscuro non fosse più un problema dei vivi.

Maxine era sveglia, i suoi occhi grigi erano aperti e vigili mentre teneva una guancia premuta sul petto di Erik, osservando pensierosa un punto della parete della camera e chiedendosi che cosa sarebbe successo: il giorno prima lei e gli altri avevano agito tempestivamente ed erano riusciti a tramortire e a catturare la maggior parte dei Mangiamorte, ma c’era ancora molta strada da percorrere perché tornasse tutto come prima.

Ed era passato così tanto tempo che Max aveva quasi scordato come fosse, vivere senza un’angoscia perenne.
Stava riflettendo su come avrebbero catturato tutti i Ghermidori o i Lupi Mannari che avevano lavorato al servizio di Voldemort – anche se Kingsley il giorno prima aveva caldamente invitato tutte le altre Sentinelle a darsi da fare in tal senso, tanto che i piani sotterranei del Ministero ora pupullavano di criminali – quando sentì Erik muoversi leggermente, intuendo che si stesse svegliando a sua volta.
Max non si mosse e un paio di istanti più tardi Erik sollevò una mano, sfiorandole la testa prima di parlare a bassa voce:

“Buongiorno.”
“Lo è davvero, non è così? Insomma, c’è ancora tanto da fare, ma va… va bene. Lui è davvero morto.”  Max scosse leggermente il capo mentre si sollevava, facendo leva sul gomito per poter guardare Erik in faccia, che annuì e sorrise appena mentre le sistemava una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio:

“Sì, e questa volta non tornerà. Potremo fare quello che vogliamo, finalmente.”

Maxine sorrise di rimando, intrecciando una mano con quella di lui prima di chinarsi e baciarlo dolcemente sulle labbra. 
Felice.


*


Kingsley stava facendo di tutto per riuscire a togliere i Dissennatori da Azkaban, ma per il momento le creature popolavano ancora l’antica prigione fortificata.

La stessa prigione dove Max si trovava in quel momento, camminando con un Dissennatori che scivolava silenziosamente accanto a lei. Aveva fatto incubi per anni su quelle creature da quando l’avevano costretta ad assistere al Bacio di sua madre e averci a che fare non era facile per lei, ma non quel giorno. Quel giorno era quasi felice di trovarsi laggiù. 

L’avevano condannata al Bacio del Dissennatore, e Maxine aveva fatto di tutto per essere lei a presenziare. Erik l’aspettava di sotto, aveva preferito lasciarla sola e Max per questo gli era molto grata.

Quando si fermò davanti alla cella abbozzò un sorriso, parlando mentre la serratura scattava in modo sinistro. 

“La disturbo? Ha una visita.” 

La porta si aprì da sola cigolando e la strega posò lo sguardo sulla donna che aveva di fronte. Era mal ridotta e spettinata, ma conservava la lucidità di chi era rinchiuso lì da poco tempo. 
La donna, scorgendo il Dissennatore alle spalle di Maxine, trasalì e si ritrasse il più possibile contro la parete, scuotendo freneticamente il capo e deglutendo a fatica:

“No. Per favore, no.”
“Per favore? Sa, lo diceva anche mia madre, quando cercava di convincerla che lei ERA una strega, che non aveva rubato la bacchetta ma che le apparteneva da sempre. E lei ovviamente lo sapeva. Lo diceva anche mio padre, quando la pregò di non farmi assistere di persona, ma lei sembrò quasi deliziata dalla cosa. Non avrà più il favore di nessuno, Signora Umbridge. Prego.”

Maxine rivolse un freddo cenno al Dissennatore, spostandosi per farlo passare e poi allontanarsi: per quanto la odiasse e avesse atteso quel momento per anni, non era uno spettacolo che avrebbe rivisto volentieri.



Quella sera la ragazza si raggomitolò sul divano accanto ad Erik, godendosi il suo abbraccio, e teneva gli occhi chiusi mentre lui le sfiorava i capelli scuri, la testa appoggiata sulla sua spalla.

“Va tutto bene?”
“Sì, benissimo.”


*


“Tu hai un’idea su che cosa facciano in queste “serate di Erik e Audrey del giovedì sera”?”
“No, so solo che Audrey mi sbatte fuori di casa ogni volta.”

Haze, seduto di fronte a Max, si strinse nelle spalle e bevve un sorso di Burrobirra mentre Henry, accanto a lui, cercava di tagliare la sua pizza con aria concentrata.
Max gli andò in aiuto con un sorriso gentile prima di rivolgersi al collega, parlando con tono vago:

“Forse spettegolano su di noi!”
“Non saprei, ma è una cosa che fanno da anni. … Henry, che cosa fanno la zia e lo zio il giovedì sera?”

“Mangiano Cheeseburger e guardano film o Friends!”
“LO SAPEVO, ecco perché manca sempre la Salsa Barbecue dal frigo!”


*


Erik aspettava davanti alla gioielleria con impazienza, guardandosi nervosamente intorno alla ricerca della sua migliore amica: Audrey non era mai in ritardo, che fine aveva fatto? Come se non fosse già abbastanza nervoso di suo.

Quando la vide camminare sul marciapiede nella sua direzione il mago sollevò entrambe le sopracciglia, sbuffando debolmente mentre la guardava con un sopracciglio inarcato:

“Alla buon’ora! Dove sei stata?!”
“Scusa, c’era fila!”  Audrey sollevò il maxi cookie al cioccolato che stava mangiando mentre teneva un bicchiere di carta nell’altra mano, la borsa tenuta nell’incavo del gomito.
“… perché hai preso la colazione?!”

Erik aggrottò la fronte, confuso, e l’amica sorrise allegra quando gli si fermò di fronte, guardandolo attraverso le lenti scure degli occhiali da sole:

“Perché siamo davanti a Tiffany e io mi chiamo Audrey, dovevo!”
“Sì sì, affascinante, ora andiamo, bevi quel caffè.”

“Non mettermi fretta!”
“Oh, scusa, in fin dei conti io devo solo comprare un anello di fidanzamento, niente di serio!” 


*


“Max, mi dispiace ma… ci ho pensato e credo che la convivenza non sia la scelta giusta.”
“Cosa?”

Maxine, che stava sparecchiando, s’irrigidì e si voltò di scatto verso di lui, guardandolo con gli occhi grigi spalancati e le labbra socchiuse, incredula e orripilata allo stesso tempo.

Erik però non battè ciglio, limitandosi ad annuire mentre stava in piedi di fronte a lei:

“Hai sentito. Non credo di essere tipo da convivenza.”
“M-ma perché, ne avevamo parlato tanto, ho fatto qualcosa che non va? Ti sei stancato di me? Non sono così terribile, davvero, chiedi ad Hunter!”

Maxine gli sembrò tanto ferita da non riuscire a continuare a reggere il gioco, così Erik sorrise e scosse il capo prima di inginocchiarsi, parlando mentre estraeva qualcosa dalla tasca:

“Forse sono solo tipo da qualcosaltro. Maxine, so che non ne avevamo ancora parlato, ma non mi va di perdere altro tempo… Mi vuoi…”
“PER I TANGA DI MERLINO, SÌ! CERTO CHE SÌ!”

Maxine, ripresasi dallo shock iniziale, sorrise e quasi urlò mentre si fiondava sul fidanzamento, baciandolo con tanto slancio da fargli quasi perdere l’equilibrio. Erik riuscì comunque a metterle l’anello che aveva scelto insieme ad Audrey al dito e a dirle qualcosa tra un bacio e l’altro:

“Ti amo, nanetta infernale.”
“Anche io, brutto pignolo rompipalle.”  

Erik si alzò e Maxine invece che chinarsi dovette alzarsi in punta di piedi il più possibile per riuscire a baciarlo, tenendogli le braccia intorno al collo prima di quasi spingerlo verso la camera da letto tra le risate del mago:

“E le stoviglie?”
“Dopo, adesso ho altro di cui occuparmi, come il mio bellissimo fidanzato.”


*


Ad un mese dalle nozze Erik e Maxine erano a casa per badare ad Henry durante una domenica che Audrey ed Haze si erano presi per loro, e mentre Erik leggeva la Gazzetta del Profeta, seduto sulla sua poltrona con le lunghe gambe accavallate, Maxine teneva gli occhi fissi su Henry, guardandolo giocare con Silver sul tappeto. 

Erik sollevò lo sguardo sulla futura moglie e, cogliendo la sua espressione persa ed adorante, lo spostò sul bambino – che rise quando Silver iniziò ad ispezionargli i capelli con curiosità – prima di parlare dopo un istante di esitazione:

“… Ne vorresti uno, vero?”
“Si vede così tanto?”

“A giudicare dal modo in cui fai le fusa ad ogni bambino che incontri per strada… beh, ne parleremo dopo il matrimonio.”
Erik tornò a concentrarsi sul giornale senza battere ciglio, come se il discorso sull’avere figli non lo preoccupasse, e Max sorrise prima di alzarsi, raggiungerlo, sedersi sul bracciolo e abbracciarlo con affetto.


*


Audrey non avrebbe mai pensato di trovarsi nella situazione di evitare di proposito i  suoi migliori amici, ma durante i preparativi finali delle nozze fu costretta a farlo: Max la voleva come Damigella d’Onore, Erik come testimone. Il conflitto d’interessi era notevole, e la verità era che la strega non sapeva proprio che fare. 

“Haze, non posso scegliere, sono i miei migliori amici! È come nell’ultima serie di Friends, quando Rachel per il matrimonio di Phoebe deve scegliere chi tra Ross e Chandler farà da testimone!”
“Allora tira a sorte, non puoi fare entrambe le cose!”

“Lo so, ma Max mi ucciderà! E anche Erik, e poi finiranno col discutere tra loro, come se non li conoscessi…”

Audrey sospirò mentre si faceva scivolare sul divano, non sapendo come fare mentre Haze cullava distrattamente la piccola Eurus, nata circa un mese prima.

“Forse dovrei scegliere Erik visto che siamo amici da molto più tempo… però vorrei tanto fare la Damigella d’Onore! Oh, al diavolo, non posso dir loro di mettersi d’accordo e basta?!”
“Parliamo di Erik e Max, Audrey. Secondo te?!”


*


“Erik? Possiamo parlare? È da molto che vorrei affrontare questo discorso con te.”

Erik, che stava leggendo un libro, sollevò lo sguardo alle parole della moglie, che si era spostata leggermente sul letto per mettersi seduta di fronte a lui e che ora lo guardava, in attesa.

“Sì, certo. Dimmi.”  Erik chiuse il libro, lo lasciò sul comodino e poi allungò una mano per stringere quella che Max gli porgeva, guardandola tentennare prima di parlare:

“Ok… ricordi quando mi hai chiesto se volessi un figlio?”
“Certo.”
“Io ho risposto che sì, lo volevo, ed è la verità, adoro i bambini e voglio disperatamente avere una famiglia con te, sono figlia unica e non mi dispiacerebbe averne una anche parecchio numerosa. Però c’è una cosa che vorrei tanto, prima di avere un figlio nostro.”

“Ossia?”
“Io vorrei… adottare un bambino, se a te va bene. È una cosa a cui penso da anni, da prima di te, quando vivevamo sotto il regime di Voldemort pensavo che se mai le cose fossero cambiate mi sarebbe piaciuto adottare un bambino, anche senza avere un compagno accanto. Tu che cosa ne pensi?”

“Beh, è… una cosa grande, e abbastanza complicata. Come mai ci tieni tanto?”
“È solo che è pieno di bambini che hanno perso i loro genitori, Erik. Io ero cresciuta quando mio padre è morto, ma Hunter ha perso sua madre a due anni, per farti un esempio. E anche se ero grande so come ci si sente, so come si sentiva mio fratello… La guerra ha portato via un mucchio di vite e un mucchio di genitori a dei bambini rimasti soli. Mi piacerebbe dare una famiglia ad uno di loro, tutto qui.”

“Beh, se per te è così importante… va bene, credo. Insomma, immagino che ci vorrà del tempo e che dovremo discuterne, ma per me non è un problema, se ti farà felice. Sarà pur sempre un piccolo Murray, no?”

Maxine sorrise alle sue parole, annuendo prima di sporgersi verso il marito e baciarlo, ringraziandolo a ripetizione e mormorando che lo amava.


*


Il giorno dell’ispezione arrivo più in fretta di quanto pensassero e Erik era abbastanza certo di non aver mai visto la moglie tanto agitata mentre la guardava raddrizzare cornici di foto o sprimacciare cuscini.

“Ok, dovrebbe arrivare a movimenti, mi raccomando, di cose carine su di me e sii carino!”
“Sono sempre carino. Rilassati Max, è una donna, rimarrà conquistata dal sottoscritto.”

Erik sorrise amabilmente mentre la moglie, gettandogli un’occhiata torva, gli sistemava il colletto della camicia e poi si lisciava nervosamente le pieghe dei suoi pantaloni. 
Aveva persino accettato di farsi vestire da Audrey, abbandonando i suoi stivali e la giacca di pelle, pur di fare la migliore impressione possibile.

“Speriamo vada tutto bene… niente sarcasmo!”
“Tesoro, andrà tutto bene, siamo perfetti, chiaro? Nessuna è più pronta a diventare madre di te.” 

Erik prese le mani di Max e le strinse tra le sue, guardandola con un fare rassicurante che la costrinse ad annuire, stendendo le labbra in un debole sorriso:

“… Ok.”


*


Erik era al lavoro, in pausa caffè con Aeron, Haze e Quinn quando Maxine li raggiunse correndo, inseguita dalla povera segretaria di Aeron che la pregava di aspettare dal momento che quella era zona riservata.

“Sono stata un Auror anche io, posso entrare, ok?! ERIK!”
“Max? Che ci fai qui?!”  Erik rivolse alla moglie un’occhiata a metà tra il confuso e l’esasperato – ormai non poteva più stupirsi di niente, dopotutto – mentre la strega si fermava davanti a loro con il fiato corto, parlando con gli occhi chiari fuori dalle orbite:

“Mi ha chiamato… l’agenzia… c’è una ragazza di 18 anni che… vuole dare il suo bambino in adozione… e hanno pensato a noi! La incontreremo e se le piacciamo potremo avere il suo bambino!”

Maxine finì di parlare con un sorriso, quasi saltando sul posto con gli occhi grigi luccicanti. Anche Erik sorrise a quelle parole, abbracciandola di slancio: da quando erano stati messi in lista d’attesa, tre mesi prima, Maxine non aveva fatto altro che aprire con trepidazione ogni lettera che ricevevano, finendo col sedersi sul divano abbracciando un cuscino con aria cupa ogni volta, delusa, prima che lui andasse a consolarla e a rassicurarla. 
La strega, se non altro, poteva rifarsi con Eurus, passando più tempo possibile con la figlioccia e portandola a casa loro molto spesso insieme ad Henry da quando Audrey aveva ripreso a lavorare.

“Dici che le piaceremo?”
“Ma certo, tu piaci sempre a tutti… quanto a me, le ragazzine mi adorano.”
“Che vanesio…”

“Ma certo che le piacerete, insieme siete un tale duo comico che riderà per tutto il tempo…”

Quinn sorrise e diede una pacca sulla spalla di Erik, guadagnandosi un sorriso allegro da parte di Maxine mentre la strega continuava a starsene stretta tra le braccia del marito:

“Beh, meglio ridere che piangere, no?”


*


Alexis, una giovane strega rimasta accidentalmente incinta durante il suo ultimo anno ad Hogwarts, non se l’era sentita di tenere il bambino, ma neanche di abortire. 
Aveva deciso così di darlo in adozione, e nell’arco degli ultimi sei mesi della sua gravidanza, durante i quali vide spesso Erik e Max, che aveva scelto dopo il solo primo incontro, decretò che non avrebbe potuto fare scelta migliore: era sicura, disse, che sarebbero stati dei genitori meravigliosi e fu felice di sapere che i due avrebbero voluto avere altri figli, così da non far sentire solo il suo bambino.

“Sapete, è raro che persone che possono avere figli adottino… è davvero un bel gesto, il vostro.”
“Anche il tuo. Grazie di nuovo per averci dato questa possibilità.”

Max sorrise mentre stringeva la mano di Erik, posta sulla sua spalla em tre il scritto era in piedi dietro di lei, e Alexis la imitò mentre si sfiorava distrattamente il pancione con le dita:

“Sarete magnifici. Allora, avete pensato ad un nome? Sappiamo che è un bambino già da un po’, ormai, e sono curiosa.”
“Mi piacerebbe chiamarlo Dorian, come mio padre.”

“Beh, è un bel nome, mi piace. Sono certa che Dorian sarà molto felice, con voi due.”

La ragazza sorrise ai due, che ricambiarono prima che Erik parlasse:

“È quello che speriamo.”


*


Maxine sedeva sul divano tenendo – ancora non riusciva a crederci –  il piccolo Dorian in braccio, cullando dolcemente il bambino addormentato e sfiorandogli la piccola testa coperta dalla cuffietta.

“È bellissimo.”
Max sorrise, parlando con una nota di commozione nella voce mentre Erik sedeva accanto a lei, sistemandole un braccio intorno alle spalle per poi darle un bacio sulla tempia, annuendo mentre guardava il bambino a sua volta.

“Sì, lo è. Sei felice?”
“Mai stata così felice. Grazie per aver accettato di farlo.”  Max sorrise mentre si voltava verso di lui, baciandolo brevemente prima di tornare a rivolgersi al bambino. 

“Se ti avrebbe resa felice avrei fatto qualunque cosa, lo sai.” 

Erik sorrise e ripensò alle settimane precedenti, passate a comprare praticamente qualunque cosa per il bambino e a litigare su come sistemare la sua cameretta. 

Max non disse nulla, limitandosi a guardare Dorian, e Erik aggrottò leggermente la fronte mentre le si rivolgeva:

“Max? Max, stai piangendo?!”
“No.” Maxine scosse il capo, anche se aveva effettivamente gli occhi lucidi, e parlò con una voce rotta che Erik non le aveva mai sentito:

“È solo che vorrei che fossero qui anche loro. Vorrei che ti avessero conosciuto, o che potessero vedere il bambino adesso.
“… Lo so amore. Anche a me manca mio padre. Ma non sarai mai più da sola, ok? Avremo una famiglia così grande che non sapremo dove mettere tutti i nostri marmocchi, che saranno iperattivi come la loro fantastica mamma.”

Erik l’abbracciò e la strinse e Max tutto sommato sorrise, annuendo prima di sollevare Dorian e dargli un bacio sulla fronte, promettendogli silenziosamente di amarlo tanto quanto l’aveva amata sua madre. 


*


“Guarda Dorian, c’è lo zio Hunter! E ha portato le lasagne, vogliamo molto bene allo zio Hunter, sai?”

Max sorrise, dando un bacio sulla guancia del bambino che teneva in braccio mentre accoglieva Hunter che sorrise mente depositava la teglia sul tavolo.

“Ho pensato che vi servissero energie per stare dietro ad un bambino.”
“Oh, non è un problema, adoro fare la mamma! Vero piccolo? La mamma adora stare con te!”

Max rivolse un’occhiata adorante al figlio, che per tutta risposta sfoggiò un sorriso sdentato che la fece sciogliere come neve al sole. 

“Posso tenerlo?”
“Ma certo! Però fai attenzione.”
“Guarda che l’imbranata sei tu, non io!”  Hunter alzò gli occhi al cielo mentre prendeva il bambino, che per un attimo sembrò preoccupato nel vedersi strappato dalla madre, ma poi trovò molto interessanti i capelli di Hunter e iniziò a giocarci.

“Sarà un mammone di prima categoria… lo stai già viziando?”
“Ovvio, ma non è solo colpa mia, anche Erik, sua madre, Audrey e Penny fanno il loro! Vero Dorian? Chi è il bambino più bello?”

Max riprese a parlare con tono zuccheroso al bambino, che sorrise alla madre mentre Hunter alzava gli occhi al cielo, chiedendosi perché tutti sembravano rimbambirsi di fronte al bambino. Non che a lui non piacesse Dorian, ma da lì a diventare un idiota… 
No, lui non si sarebbe mai rimbambito di fronte ad un bambino, figuriamoci.


*


“Stavo pensando a quando potremmo iniziare a provarci… Adesso Dorian ha sei mesi, se restassi incinta tra altrettanto tempo o giù di lì lui e il nuovo arrivato avrebbero circa due anni di differenza.”

Max parlò con tono pensieroso mentre dava il biberon a Dorian ed Erik, seduto di fronte a lei, annuì distrattamente mentre faceva colazione:

“Sì, mi sembra ottimo… prima sarebbe un po’ complicati averne un altro, con lui così piccolo.”

Max annuì, e per una volta sembrò che fossero riusciti a trovarsi d’accordo su qualcosa senza aver bisogno di ricorrere ad alcuna discussione.


Tre settimane dopo, Max era incinta.


“Per la barba di Merlino, mai una volta che qualcosa vada secondo i piani…”
“Ian, avrai un fratellino, sei contento?!”


*


“Ma perché sono sempre così stanca di recente… io non sono mai stanca!”
Max sospirò gravemente mentre Erik la conduceva dolcemente verso la camera da letto, parlando dopo averle dato un bacio sulla testa:

“È normale, tesoro… Porto Dorian da mia madre mentre vado al lavoro, tu riposati, ok?”
“Non fare troppo tardi.”

Max annuì mentre s’infilava sotto le coperte, aggrottando leggermente la fronte mentre il marito faceva per uscire dalla stanza: 

“Com’è che sai sempre cosa è normale e cosa no, cosa fare o cosa no quando quella incinta sono io?!”
“Perché sto leggendo “Che cosa aspettarsi quando si aspetta”, uno di noi lo deve pur fare!”


*


“No.”
“Ma Erik!”
“No.”
“Ma mancano due settimane!”
“Non è strano entrare in travaglio in anticipo, Max, è troppo rischioso.”
“Ma io voglio farlo!”
“Non mi interessa, non decidi solo tu se sei incinta di nostra figlia!”

“Ma io voglio andare al Luna Park con gli altri!”
“E ci devi andare proprio ADESSO?!”
“Sì! Ti prego, ti prego, ti prego…” Max sfoggiò la sua espressione più implorante e Erik, alla fine, sbuffò, sollevando le braccia in segno di resa mentre Dorian, seduto sul seggiolino, mangiava del gelato, soddisfatto di farlo da solo.

“Va bene, ma non andrai sulle montagne russe o cose simili. E Dorian starà da mia madre.”
“Sì! Grazie amore!”
“Tanto ci saresti andata lo stesso…”




Fu così che un paio di giorni dopo andarono effettivamente al Luna Park con gli altri, ed Erik ebbe l’impressione che la moglie fosse entusiasta tanto quanto Henry ed Eurus, mentre Zephiros era rimasto a casa come Dorian.

Non stettero insieme per tutto il tempo, incontrandosi di sfuggita tra una giostra e l’altra, e vedendola divertirsi Erik si convinse che sarebbe andato tutto bene. Ameno finché non vide Faye correre verso lui e Quinn gridando che si erano rotte le acque.

“LO SAPEVO! Max, sei un caso perso!”
“Azzardati anche solo a pensare “te l’avevo detto” e chiedo il divorzio, Murray!”

“Sta’ zitta e andiamo in ospedale, litigheremo strada facendo!”

“Bene!”
“Benissimo!”


*



“Allora piccola Harmony, secondo te cosa sta combinando la mamma in garage? Andiamo a vedere?”

Erik diede un bacio sulla testa bionda della figlia, che stava in braccio al padre con il ciuccio in bocca, mentre scendeva le scale che conducevano al garage. Fece per entrare ma trovò la porta bloccata dall’interno, e sentendo dei rumori metallici poco rassicuranti il mago aggrottò la fronte prima di bussare:

“Max? Che cosa stai facendo?!”

I rumori cessarono di botto, e dopo qualche istante la porta si aprì di pochi centimetri, permettendo a Max di sbirciare dall’interno:

“Che succede? Uno dei bambini sta male?!”
“No, sono solo venuto a controllare che cosa stai facendo, Dorian dorme. Sul serio, che cosa stai facendo?”

“È un segreto, tu non puoi entrare. Ciao patatina, finisco qui e poi vengo a riempirti di coccole!”
Max rivolse un sorriso dolce e un’occhiata adorante alla figlia, ma chiuse la porta in faccia al marito subito dopo, impedendogli di entrare.
Erik, che non aveva nessuna voglia di discutere, sbuffò ma girò sui tacchi e si allontanò, decidendo di lasciar perdere: quando sua moglie si intestardiva su qualcosa, era meglio fare così e stare in silenzio.


L’Auror potè scoprire di cosa si trattasse un paio di mesi più tardi, quando Max lo portò entusiasta in garage e gli mostrò la motocicletta che aveva messo a nuovo per lui, asserendo che ora “potessero andare in giro in moto insieme”. 
Erik non disse nulla, ma la baciò quasi con foga e questo a Max bastò.


*


“Max, che cos’è quello?!”
“Un cane!”
“E perché è qui?!”
“Perché lo abbiamo adottato!”
“E perché io non ne sapevo nulla?!”
“Perché l’ho deciso stamattina!”

“Max, non puoi adottare ogni creatura abbandonata e ferita che vedi! Abbiamo due figli abbastanza piccoli, un Demiguise, sei incinta e prendi anche un cane?”

“Ma guarda che musetto carino…” Max sfoggiò la sua espressione più implorante e sollevò il cucciolo di Golden Retriever, che rivolse ad Erik un’occhiata quasi malinconica. Lo faceva apposta o era il suo sguardo ad essere semplicemente così? 
Erik non lo sapeva, ma in effetti un po’ di tenerezza gli fece, senza contare che Dorian gli stava saltellando intorno implorandolo di tenerlo… e se a Max riusciva a dire di no, lo stesso non si poteva dire dei suoi figli.

“… Va bene. Maschio o femmina?”
“È una femmina, e abbiamo deciso di chiamarla Astrid!” Max sorrise e Dorian esulto, abbracciando il padre per la vita e ringraziandolo mentre Erik alzava gli occhi chiari al cielo:
“Ma certo, io non ho diritto di replica neanche sul nome, quando mai…”

“Non rompere, per Harmony ti ho permesso di contestare, anche se poi alla fine ho scelto io!”


*


“Mamy, posso un po’ di pasta al forno?”
“Certo amore, tieni.” Max sorrise dolcemente a Selene, dandole un po’ di pasta al forno dal suo piatto mentre Erik imboccava il piccolo di casa, Jared. Lo stesso Erik che scoccò un’occhiata velenosa alla moglie, che anche dopo tutti quegli anni perseverava a non condividere il cibo con lui, ma solo con i figli o i nipotini. Anzi, spesso e volentieri era lei a rubarne a lui.

“Che c’è tesoro?”  Max rivolse un’occhiata innocentemente confusa al marito  che sbuffò prima di scuotere il capo e tornare a concentrarsi sul figlio minore con un borbottio:
“Niente. Sei proprio una strega.”


*


Erik si era lasciato cadere sul letto, esausto dopo una lunga giornata di lavoro e aver messo a letto tutti e quattro i figli. Max, che era appena tornata dopo aver portato a spasso Astrid e aver dato da mangiare ad Atena, la gattina che aveva adottato un anno prima, lo raggiunse con un sorriso sul letto e, dopo esserglisi salita a cavalcioni come quando lo aveva baciato per la prima volta, iniziò a disseminargli baci sul viso e sul collo.

“Erik… ne voglio un altro.”
“Max, ti prego, Jared ha quattro mesi, aspettiamo un po’…”
“Ma potrebbe volerci del tempo, conta anche i nove mesi di gravidanza, e non ringiovaniamo con il tempo!”

“Guarda che ho 36 anni e tu 34, non siamo vecchi! Tesoro, a 30 anni mi sono sposato, a 31 abbiamo adottato Dorian, a 32 è nata Harmony, a 34 Selene e Jared pochi mesi fa… Direi che abbiamo corso abbastanza, no?”
“Sì, ma io voglio altri due bambini e non voglio averli da vecchia! Ti prego… tu vuoi vedermi felice, vero?”

Max gli rivolse un’occhiata implorante prima di tornare a baciarlo e Erik, sospirò, annuendo distrattamente mentre le accarezzava la schiena con una mano.

“… Sì, certo. E va bene, possiamo iniziare a riprovarci…”
“Grazie amore!”  Max sorrise allegra e fece per scendere dal letto per mettersi il pigiama, ma Erik l’afferrò per un braccio, rivolgendole un’occhiata di sbieco:

“Che fai, adesso te ne vai? Non penso proprio, Signora Murray.”


*


Dorian, Image and video hosting by TinyPicHarmony, Image and video hosting by TinyPic
Selene, Image and video hosting by TinyPicJared, Image and video hosting by TinyPicEris Image and video hosting by TinyPice Damon MurrayImage and video hosting by TinyPic 


“Non posso credere che anche tu vada ad Hogwarts piccola, ci mancherai da morire.”
Erik sospirò mentre abbracciava la secondogenita e Max, invece, faceva le ultime raccomandazioni a Dorian tenendo il piccolo Damon in braccio:

“Allora, mi raccomando, devi scoprire tutti i passaggi segreti che l’anno scorso non hai scovato, e anche scoprire la posizione delle altre Sale Comuni, mi sono sempre chiesta come diamine fosse quella di Corvonero…”

“Tranquilla mamma, le troverò! L’anno scorso ho trovato quella di Tassorosso.”
Dorian sorrise allegro e la madre annuì, sbuffando appena:

“Già, i Tassorosso si sono accaparrati il posto vicino alle cucine, e poi c’è chi ha il coraggio di chiamarli cretini!”

“La mamma ha detto una parolaccia!”  Eris indicò la madre con aria concitata, e Erik alzò gli occhi al cielo prima di sollevare la figlia e assicurarle che la madre scherzava.

“Ops… beh, in ogni caso, divertitevi ragazzi!” Max sorrise e abbracciò entrambi i figli, mentre Selene si lamentava di voler andare con Harmony per poi abbracciare la sorella maggiore a sua volta.

“Ciao!”
“Ci mancherete!”
“Mamma, impara a cucinare mentre non ci siamo!”
“Mandateci foto di Damon che cresce ogni tanto, altrimenti non lo riconosceremo più una volta tornati!”

“Dorian mi ha davvero detto di imparare a cucinare?! Sta delirando!”
“Forse nutre ancora qualche speranza, poverino. A tal proposito… ragazzi, troviamo lo zio Hunter e la zia Penny e andiamo a fare merenda con loro.”

Erik prese Jared per mano e si allontanò insieme a lui e ad Eris, mentre invece Max continuava a guardare il treno allontanarsi con un che di malinconico nello sguardo.
Venne però riportata alla realtà dalla voce di Selene, che la chiamò e le sorrise mentre le porgeva la mano:

“Andiamo mamma?”
“… Sì, certo tesoro. Andiamo a cercare lo zio Hunter, chissà che non abbia fatto qualche torta…”

La strega strinse la mano della figlia e si allontanò insieme a lei, seguendo il resto della famiglia lungo i binari.
Ora che aveva lasciato alcuni dei suoi figli per guardarli andare ad Hogwarts, si sentiva finalmente più che mai vicina a sua madre.







……………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Salve a tutte! 
Avrei dovuto scrivere la OS dei Raphisse, ma ieri mi è venuta ispirazione per loro due ed eccoci qui…
Spero che vi sia piaciuta, grazie per le recensioni e ci sentiamo in settimana con l’ultima OS della raccolta!
Signorina Granger 

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Capitolo 5
*** Raphael & Larisse ***


Raphael & Larisse

 
Raphael Sparrow Image and video hosting by TinyPic& Larisse MillardImage and video hosting by TinyPic 



“Li vedi?!”
“No. Non ancora.”

Larisse scosse il capo, parlando con voce rotta dall’emozione mentre, insieme a Bianca, scrutava le persone in uscita dal gate del volo Zurigo-Londra.

Gli occhi scuri della strega saettavano su tutti quei volti sconosciuti, ripensando a quando, nei giorni passati, si era chiesta se per caso non avrebbe stentato a riconoscere la sua stessa madre. Il cuore le si era accartocciato nel petto di fronte a quell’idea, ma la ragazza si era ripetuta che di certo non sarebbe successo e che l’avrebbe riconosciuta subito, anche grazie a tutte le foto che aveva accumulato nel corso degli anni e che custodiva gelosamente.  

Quando scorse una donna dai capelli ramati camminare accanto ad un bambino di, ad occhio, dieci anni, Larisse spalancò gli occhi scuri e il suo volto s’illuminò, sorridendo:

“MAMMA!”

Amelie smise di parlare con Carl e si voltò, puntò gli occhi proprio su di lei e scorse la stessa espressione sbigottita ed emozionata mentre le correva incontro quasi rendersene conto, abbracciandola di slancio e seguita a breve distanza da Bianca.

“Mamma… Ci sei mancata.”  Larisse strinse la donna più forte che poteva, nascondendo il viso tra i suoi capelli come quando era piccola mentre Carl, impietrito, osservava la scena senza muovere un muscolo. 

Amelie ricambiò la stretta dopo un attimo di sbigottimento, e per poco Larisse non rischiò di commuoversi quando sentì la madre singhiozzare e assicurare alle figlie che anche loro le erano mancate moltissimo e che non poteva credere che fossero già così grandi.

“Mamma, abbiamo preso le valigie… Larisse!”

Larisse non riconobbe quella voce, ma aveva comunque un che di familiare che le fece alzare lo sguardo, trovandosi a guardare una ragazza di un paio d’anni più giovane di lei.
Una ragazza che, l’ultima volta in cui l’aveva vista, non aveva ancora compiuto sette anni.

Non ebbe bisogno di chiedere chi fosse, Larisse sorrise e si gettò sulla sorella minore mentre sua madre continuava imperterrita ad abbracciare Bianca, in lacrime mentre le sfiorava la testa con le dita.

“Petra!”  
L’ultima volta in cui si erano viste erano state due bambine sempre pronte a bisticciare, ma nessuna delle due parve pensarci perché si abbracciarono mentre Daria, sorridendo con gli occhi luccicanti, si avvicinava alle due:

“Ciao Larisse.”
“Oh mio Dio, Daria… eri così… così piccola.” Larisse sbuffò di frustrazione prima di inglobare anche la sorellina nel suo abbraccio, asserendo che le erano mancate e che avrebbero dovuto rifarsi del tempo perso.

Daria annuì con un sorriso allegro, ripensando a tutte le volte in cui aveva ascoltato la madre e Petra parlare delle due sorelle: lei non poteva ricordarle minimamente, ma Petra non aveva fatto che parlare della maggiore per anni, così come sua madre.


“Ma questo signorino è Carl? Ciao tesoro, non puoi ricordarti di me, io sono Bianca e quella è Larisse, di solito è più musona ma ora è felice.”  Bianca sorrise calorosamente al fratellino, stritolandolo in un abbraccio mentre Amelie, asciugandosi gli occhi con mani tremanti si sentiva chiamare flebilmente da una voce. 
Una voce tanto familiare ma che aveva quasi finito di dimenticare dopo averla sentita, per dieci anni, solo per telefono.

“… Amelie?”

Tutti e cinque i figli si voltarono e Amelie alzò contemporaneamente lo sguardo, impietrita nel trovarsi davanti quello che, formalmente, era il suo ex marito.
John che la guardava senza fiato, quasi chiedendosi se fosse reale, e che la donna chiamò portandosi le mani alla bocca, parlando con voce strozzata:

“John! Oh, John…”

Il mago si avvicinò alla donna, stringendola in un abbraccio che espresse tutto il sollievo e la felicità nel riaverla davanti a sè in carne ed ossa. Amelie ricambiò la stretta, appoggiò la testa sulla sua spalla e riprese a piangere sotto gli occhi dei figli e della gran quantità di persone che, incuriosita, si era fermata per assistere intenerita alla scena, non potendo sapere quanto dolore ci fosse alle spalle di quella famiglia divisa per un decennio intero. 

John, tremando leggermente, mormorò che non avrebbe mai più permesso che li dividessero, che l’amava e che gli era mancata come l’aria prima di baciarla, scatenando degli applausi da parte dei figli. 
Larisse, in particolare, sorrise, gli occhi lucidi mentre osservava i genitori e teneva ancora Petra e Daria strette a sè. 

A volte si era chiesta se avrebbe mai rivisto i suoi genitori nella stessa stanza. E anche se avevano perso molti anni, anche se non conosceva i suoi stessi fratelli e ormai probabilmente lei e Bianca erano delle estranee persino per la loro madre, era felice. 
Finalmente erano di nuovo insieme, dopotutto.


*


Cordelia sbuffò, assestando al fratello un colpetto sulla spalla e intimandogli con un sibilo di stare fermo mentre gli aggiustava il colletto spiegazzato della camicia.

“Scusa Del, sono nervoso!”
“Rilassati per l’amor del cielo, è solo un pranzo!”
“Un pranzo dove Larisse mi farà conoscere sua madre! È così felice che sia tornata, non vorrei mai non piacerle…”

“Non accadrà, sorridi e fai il ragazzo d’oro, ripeti quanto tu tenga a Larisse e quanto lei sia fantastica e le piacerai di sicuro. Tu piaci molto più di me.”

Cordelia non battè ciglio, parlando come se fosse un mero dato di fatto che però fece sorridere appena il fratellino, che sollevò le mani della sorella per depositarci un bacio sopra:

“Siamo solo molto diversi. Tu hai dovuto crescere di colpo e prenderti cura di me quando siamo rimasti soli, hai fatto quello che dovevi.”
Cordelia abbozzò un sorriso e gli sfiorò il viso con le dita, ripensando a quando il suo fratellino era solo un bambino esuberante che riempiva i muri con le impronte delle sue manine colorate e che cercava sempre le sue attenzioni. Ripensò a quando il suo fratellino era più piccolo di lei anche fisicamente e l’abbracciava per la vita, nascondendo il viso contro il suo stomaco, mentre da diversi anni praticamente la sopraffava ogni volta in cui la stringeva.

Lo guardò e non poté fare a meno di pensare che prima o poi non avrebbe più potuto guardarlo e che lo avrebbe di certo dimenticato.
A quel pensiero Del sentì gli occhi pizzicargli e farsi lucidi, così si affrettò a voltarsi dando le spalle al fratello minore, che spalancò gli occhi scuri

“Del?! Che c’è, stai male? Del…”  Raphael la prese delicatamente per un braccio e la fece voltare, abbracciandola prima di chiederle se volesse che restasse a casa con lei.

“No, è importante, devi andare. Vai a goderti la vita che ti aspetta, Rafe. E poi a me ci pensa Mrs Doubtfire, no?”

Cordelia abbozzò un sorriso mentre si asciugava le lacrime e Raphael annuì poco convinto, guardandola con la fronte leggermente aggrottata:

“… Ok. Ma torno presto, stasera ce ne stiamo qui solo noi due.”
“Ok. Ciao, buona fortuna.”

Cordelia sorrise e il ragazzo si chinò, dandole un bacio sulla guancia prima di voltarsi e uscire di casa. Quando sentì la porta sbattere alle spalle del fratello Cordelia sospirò, lasciandosi scivolare su una sedia prendendosi il viso tra le mani.


*


“A sinistra. Ok, va bene così. No, aspetta, forse stava meglio prima… Accidenti, era meglio lasciarlo nell’angolo!”

Larisse sbuffò, indecisa, mentre Raphael sbuffava sonoramente, contrariato:

“Ti decidi, di grazia?! Larisse, io ti amo tanto, ma non sono un facchino!”
“Guarda che non è facile, è tutta questione di simmetria!”
“Sai cosa non sarà più simmetrica dopo oggi? La mia spina dorsale!”

I due iniziarono a battibeccare mentre Cordelia trasportava scatoloni in un angolo del salotto con nonchalance, seguita come sempre dalla gatta Lady.

“Litigate come una vecchia coppia sposata e Larisse si sta trasferendo qui solo adesso, cominciamo bene. La poverina non sa cosa l’aspetta, e lo dice una che ha vissuto con te per anni…”
“Oh, le ragazze fanno comunella, che strano. Non ti mancherò neanche un po’, Del?”

Raphael incrociò le braccia al petto e scoccò un’occhiata torva alla sorella maggiore, che per tutta risposta sorrise e annuì, guardandolo con affetto:

“Ma certo, ma ormai siamo grandi, io ho 28 anni e tu 22, è giusto che ognuno prenda la propria strada. E se tu sei felice sono felice anche io.” Cordelia sorrise, guardando Larisse circondare Raphael con le braccia a appoggiare la testa sul suo petto mentre il ragazzo roteava gli occhi scuri, parlando con un borbottio cupo:

“Preferirei saperti felice anche io. Sei solo la solita testarda Del, ci sono un sacco di ragazze carine lì fuori, al Ministero, al San Mungo, nel mondo Babbano…”

“Scusa, tu che ne sai delle ragazze carine?!” Larisse sollevò lo sguardo, dandogli un pizzicotto sul braccio mentre Cordelia scuoteva il capo senza scomporsi, parlando con tono piatto:

“Rafe, non cominciare, va bene così, lo sai. L’importante è che io mi sia aggiudicata Lady, che verrà con la sottoscritta, vero piccola?”
“Certo, le sarebbe mancata la gatta più di quanto le mancherò io. Perché mi circondo di donne assurde e difficili?!”

“Non saprei Rafe, ma ormai sono qui quindi è tardi per chiederselo. Vado a sistemare i miei vestiti nell’armadio!”
“Cerca di trovare spazio tra le cose della primadonna qui presente Larisse, non sarà facile.”

Cordelia sorrise, ridendo quando il fratello afferro un cuscino dal divano che stava spostando fino a poco prima per lanciarglielo contro.


*


Quando Larisse, di ritorno dal Ministero, mise piede dentro casa si bloccò sull’uscio con la porta aperta e la mano stretta intorno alla maniglia, gli occhi scuri spalancati e fissi sul suo fidanzato, seduto sul divano e impegnato a levarsi di dosso una specie di melma con la faccia più schifata che gli avesse mai visto.

“Rafe, che stai….”
“Non dire niente, Larisse. E non ridere!” Il mago indicò la ragazza con fare minaccioso, ma la rossa scoppiò comunque fragorosamente a ridere un attimo dopo, chiudendo la porta e parlando a fatica tra le risa, asserendo che sarebbe andata a prendere una delle loro tante macchine fotografiche – di cui la casa contava un bel numero vista la passione di entrambi, nel caso di Larisse ereditata dalla madre fotografa – per scattargli delle foto e farle vedere a Wyatt.

Raphael dal canto suo sbuffò, continuando a pulirsi con scarsi risultati mentre i suoi vestiti erano strappati in numerosi punti: forse lavorare con le creature magiche non era stata una buona idea. E in effetti Audrey lo aveva avvertito di fare attenzione con quella specie di lumaca gigante, ma forse non aveva dato il giusto peso alle parole della strega.

E mentre sentiva il familiare “click” di una macchina fotografica, il mago minacciò a voce alta la fidanzata di farla dormire sul divano per una settimana. Dopodiché, vedendo che la sua minaccia non sortiva effetti, si alzò e lanciò un po’ di melma dritta su di lei. 

Quel che venne dopo è meglio non raccontarlo, ma di certo rischiò di mandare a fuoco l’appartamento.


*


“Ecco, tieni. Larisse, c’è qualcosa che non va? A me puoi dire tutto, lo sai.”

Penny sorrise mentre porgeva all’amica una tazza di thè, sedendo subito dopo accanto a lei sul divano. La rossa per tutta risposta sospirò, scuotendo il capo prima di parlare a bassa voce e tenendo gli occhi scuri fissi sulla bevanda calda. 

“Non riesco a smettere di pensare ad una cosa.”
“Beh, io non sono una Legilimens, perciò temo che dovrai parlarmene. Qualcosa di grave?”

Penny sorrise gentilmente, e Larisse sospirò prima di annuire, sollevando lo sguardo: non ne aveva ancora parlato con nessuno, ma di certo di Penny poteva fidarsi dopotutto.

“In un certo senso. Credo di essere incinta, Penny.”


“Beh… wow. Insomma, è una cosa grande, ma non è… brutto, no? Per te lo è?”
“No, certo che no. Solo che non ne avevamo mai parlato, e non siamo neanche sposati…”

“Beh, vivete insieme ormai da più di due anni, sono sicura che presto o tardi lui ti avrebbe chiesto di sposarlo, Larisse. E poi avete 24 e 25 anni, non siete troppo giovani.”
“No, solo non so se lui ne sarà felice, tutto qui. Lo spero tanto.”

“Io penso che lo sarà, parliamo di Raphael, no?”

Penny sorrise fiduciosa e la rossa si sforzò di annuire prima di bere un sorso di thè, sperando vivamente che la bionda non si sbagliasse.


*


“Sei incinta?!”
“Già.”
“Incinta incinta?!”
“No, incinta a metà. Sì Rafe, incinta, hai presente?!”

Larisse alzò gli occhi scuri al cielo mentre Raphael, seduto accanto a lei, la guardava senza fiato. Dopodiché la ragazza s’incupì leggermente, chiedendogli con tono preoccupato e speranzoso allo stesso tempo se ne fosse felice, anche se era inaspettato.

Raphael si riscosse e le sorrise, annuendo mentre le prendeva una mano per depositarci un bacio sopra:

“Ma certo che sono felice. Insomma, non ne avevamo parlato, ma viviamo già insieme, lavoriamo entrambi e di certo prima o poi avremmo di sicuro avuto un bambino, no? E poi non siamo più dei ragazzini, ce la caveremo. Oh, aspetta che Del lo sappia, sarà felicissima! E anche i ragazzi!”

Raphael sorrise, entusiasta, mentre invece Larisse impallidì, sgomenta: il sollievo di averne finalmente parlato con il fidanzato svanì di colpo quando venne colta da un’altra consapevolezza.

“Tesoro, cosa c’è?” Raphael, vedendola cambiare così radicalmente espressione, le strinse la mano e le si avvicinò, guardandola con leggera apprensione negli occhi scuri mentre la rossa deglutiva, balbettando:

“… Lo devo dire a mio padre.”



Raphael e Larisse informarono la famiglia di lei e Cordelia tutti in una volta, organizzando una bella cena di famiglia. 
E quando Raphael si schiarì la voce, asserì di avere una cosa molto importante da dire e tutti si misero in ascolto con curiosità Larisse sospirò, pregando mentalmente che John la prendesse bene, e anche Amelie. Ma John in special modo, che a sentire Bianca si era dichiarato in lutto già quando era andata via di casa per vivere con Raphael. 

“Ecco, noi… aspettiamo un bambino. Lo so che è inaspettato, lo è anche per noi due, ma di certo ne avremmo avuti lo stesso entro qualche anno, quindi siamo solo un po’… in anticipo, ecco.” 

Raphael abbozzò un sorriso mentre stringeva la mano della fidanzata sul tavolo, e dopo un attimo di silenzio si generò il caos: Bianca si alzò, trillando che sarebbe stata la zia prediletta del nipotino e che voleva fargli da madrina mentre stritolava i due in un abbraccio. Cordelia non fu da meno, asserendo di essere felicissima per loro mentre Daria sorrideva allegra, asserendo che lei gli avrebbe fatto da babysitter più che volentieri.

Amelie, invece, mentre anche Carl e Petra andavano ad abbracciare sorella e futuro cognato, si rivolse con un sorriso al marito, che era rimasto immobile e senza fiato con gli occhi vitrei puntati sulla figlia maggiore:

“Tesoro? Va tutto bene?”
La Babbana sfiorò il viso del marito, che annuì come in trance prima di mormorare di avere bisogno di un momento, alzarsi, e infine sparire.

Larisse, a cui la madre rivolse un cenno eloquente, lo trovò nella camera da letto dei genitori poco dopo. La ragazza entrò di soppiatto nella stanza e gli si avvicinò prima di sederglisi sulle ginocchia, circondandogli il collo con le braccia e stampandogli un bacio su una guancia:

“Ehy… Non sei contento?”
“Sì, certo tesoro. Devo solo abituarmi all’idea che la mia bambina avrà un bambino. Non è facile, siete cresciuti troppo in fretta, alcuni dei tuoi fratelli non li ho nemmeno potuti vedere farlo, mi sono perso molte cose… E tu sei dovuta diventare grande troppo presto.”

“Beh, magari avrai una nuova bambina da strapazzare, non sei contento? E poi sarò sempre la tua bambina, tengo molto al mio primato, sai?”

Con questo la ragazza lo abbracciò, sentendo l’affezionato padre ricambiare la stretta con un sospiro subito dopo, accarezzandole i capelli rossi e mormorando che le voleva bene.


*


La stanza del San Mungo venne letteralmente invasa quando Penny, Hunter, Wyatt e Ludwig si unirono ai già presenti fratelli dei neo-genitori e ai neo-nonni, tanto che l’ostetrica sbraitò che quella non era la hall di un albergo e che qualcuno doveva uscire per forza.

Amelie trascinò i figli minori e il marito fuori dalla stanza per lasciare posto agli amici della figlia maggiore, che sorrise mentre teneva la piccola tra le braccia.

“Che carina! Ciao Anja… ha i capelli rossi come i tuoi, che dolce.” Penny sorrise mentre si avvicinava alla bambina, sfiorandole la testa con una mano mentre Raphael, che sedeva accanto alla fidanzata tenendole un braccio intorno alle spalle, annuiva con un sospiro, asserendo di essere ormai segnato a vita. 

“Congratulazioni!” Wyatt sfoggiò un sorriso allegro e abbracciò l’amico, mentre invece Ludwig si avvicinò a Penny – che ora teneva Anja in braccio – per chiedere timidamente a Larisse se potesse tenerla anche lui. La rossa per tutta risposta annuì e Penny passò la bambina all’amico mentre Hunter guardava la bambina e poi gli amici come se fossero degli alieni:per essere carina era carina, ma tra loro e sua sorella non capiva perché tutti si rincoglionissero di fronte ad un bebè, ignaro che sarebbe successo anche a lui molto presto.

“Allora questa è la nuova mascotte del gruppo!”
“Wyatt, è di mia figlia che parli!”

Larisse fulminò l’amico con lo sguardo, facendolo ammutolire mentre Raphael, ridacchiando, gli dava una pacca sulla spalla:

“Abbassa i toni amico mio, altrimenti verrai sbranato da mamma orsa.”


*


“Ok piccola, stasera papà deve chiedere alla mamma una cosa importante, ma tu devi collaborare, quindi ora mettiti qui e gioca con i tuoi cubi.”

Raphael sorrise alla figlia mentre la sistemava sul tappetino cosparso di giochi, ma Anja non sembrò dello stesso avviso perché corrugò la fronte e allungò le braccine verso di lui, come se volesse tornare in braccio al padre invece di giocare.

“No piccola, devi giocare con i cubi adesso, le coccole dopo. Ecco, guarda!” Raphael sollevò uno sgargiante cubo giallo di gomma e Anja sgranò gli occhi, catalizzando immediatamente la sua precaria attenzione su di esso per poi prenderlo e agitarlo allegra, dimenticandosi di lui.

Il mago dal canto suo sorrise soddisfatto, aspettando pazientemente che la fidanzata, dopo aver messo a letto la figlia, riordinasse il salotto sbuffando come una ciminiera come ogni sera.


Un paio d’ore dopo infatti Larisse stava sistemando i giochi della bambina disseminati per tutta la casa borbottando che Anja era un vero e proprio tornado in miniatura. 
Stava mettendo a posto i cubi di gomma, mentre Raphael seguiva i suoi spostamenti senza spiccicare parola e trattenendo al contempo dei sorrisetti, quando le capitò tra le mani qualcosa di insolito.
Qualcosa che lo ricordava per la forma, ma che di certo non era un giocattolo per bambini. Accigliata, la strega guardò la scatolina quadrata che teneva in mano, chiedendo a Rafe di che accidenti si trattasse.

“Non so, aprila.”
Raphael si scrollo nelle spalle, serafico, restando in piedi dietro di lei con le mani in tasca.
“Merlino Rafe, non si lasciano cose in giro con la bambina così piccola, abbi un po’ di… OH MIO DIO!”


Larisse, ritrovandosi un anello con solitario davanti, strabuzzò gli occhi scuri prima di voltarsi verso il fidanzato, trovandolo sorridente e già in ginocchio. 
Raphael, quasi divertito dalla sua reazione e soddisfatto di essere lui ad avere, per una volta, il coltello dalla parte del manico, le prese decisamente la scatola dalle mani per prendere l’anello e porgerglielo:

“Beh, forse non è propriamente una sorpresa visto che quando eri incinta avevamo parlato di sposarci dopo la nascita di Anja, ma volevo farti comunque la proposta. Perciò, Larisse Anna Millard, vuoi sposarmi?”

Larisse sorrise e annuì, porgendogli la mano quasi tremando per permettergli di infilarle l’anello al dito:

“Sì, certo che sì.” Raphael sorrise e, dopo averglielo messo, si alzò e la baciò appassionatamente, attirandola a sè stringendola per la vita e sentendola sorridere sulle sue labbra.


*


“Coraggio piccola, vedi la nonna? Ecco, guarda la nonna e falle un sorriso.”
Larisse, che teneva Anja in braccio, indicò alla figlia la madre – che si era offera di fare le foto al matrimonio –. Anja fino a quel momento di era dimostrata molto interessata a giocare con la collana della madre e a cercare di strappare i petali dai fiori del suo bouquet, ma finalmente si voltò e sorrise alla nonna materna, radiosa nel suo minuscolo abitino bianco, scarpette e fascetta in testa. 

“Siete davvero bellissimi… Rafe, ne faccio una con te e la bambina.”
“Era ora! Vieni da papà amore mio.”  Raphael sorrise e prese la figlia senza tante cerimonie, sorridendole mentre Larisse alzava gli occhi al cielo, sollevando leggermente la gonna del vestito per non sporcarlo mentre si spostava.

La strega venne raggiunta da Bianca, sua testimone, e la sorella minore le sorrise mentre le metteva un braccio intorno alla vita:

“Eccoti finalmente, sposina. Allora, sei felice?”
“Non immagini quanto Bianca.”

“Bianca, Del, devo fare delle foto anche a voi!”
“Falle Amelie, non rivedremo mai più mia sorella vestita elegante, c’è bisogno di immortalare il momento!”


*


Raphael corse lungo il corridoio ed entrò nella stanza quasi senza fermarsi, trovandosi davanti la sorella impegnata a rimettersi la giacca. 

“Del, stai bene?! Mi hanno chiamato al lavoro, mi sono preoccupato!”
“Sto benissimo Rafe, non preoccuparti. Ora possiamo andare.”

Cordelia fece per superarlo ma lui le sbarro la strada, puntandole un dito contro con fare minaccioso:

“Scordatelo, prima mi dici che cosa è successo!”
“Ho solo avuto un piccolo incidente lavorando, non ho visto… insomma, lo sai. Ma sto bene, davvero, non è successo niente di grave.”

“Oggi no, ma potrebbe! E te l’ho già detto Del, non mi piace affatto che tu viva completamente sola.”
“Rafe, sto facendo una cura sperimentale, ci sono giorni con cui non vedi affatto, altri in cui vedo quasi come prima… Il mio problema agli occhi è conosciuto ma abbastanza raro, così mi hanno chiesto di collaborare e ho accettato, che cos’ho da perdere?”

“Io ho la mia sorellina da perdere. È bello quello che fai, ma fai attenzione e accetta il mio aiuto, ogni tanto. Sei sempre stata troppo incline a tenermi fuori, come quando per anni interi non mi hai detto che la tua era tutta una messa in scena e che in realtà appoggiavi La Causa tanto quanto me.”

Raphael abbracciò la sorella con un sospiro, e Cordelia ricambiò la stretta prima di parlare a bassa voce, il viso poggiato sul suo petto:
“Volevo solo proteggerti.”
“Questo lo so. Adesso voglio essere io a farlo.”


*


Raphael sorrideva mentre faceva fare il vola-vola alla piccola Malia, che rideva come una matta.
Anna, dal canto suo, raggiunse il padre trotterellando e gli strinse una gamba, sorridendogli allegra:

“Papino, lo fai fare anche a me?”

Raphael sorrise alla primogenita, annuendo prima di acconsentire. Stampò un bacio sulla guancia di Malia, che sorrideva allegra scalpitando con i minuscoli piedini coperti dalle babbucce, e la lasciò nel suo box prima di sollevare la maggiore e lanciare in aria anche lei.

“Rafe, fai attenzione!”
“Tranquilla Larisse, ci stiamo solo divertendo, vero piccole?”

Raphael sorrise e Anja annuì, mentre Malia si era issata sulla parete del box e si guardava intorno con gli occhi scuri luccicanti, illuminandosi quando vide la madre per poi chiamarla con dei mugolii indefiniti. 

Larisse raggiunse la bambina, sollevandola e prendendola in braccio mentre Anja sorrideva adorante al padre, dandogli un bacio su una guancia:

“Adesso giochiamo con le bambole?”
“Se proprio dobbiamo…”
“Per favore!”

La bambina lo guardò implorante e il mago non poté che annuire, sospirando:

“Va bene, ma solo un po’. Larisse, non puoi farlo tu?”
“Ma a me le bambole non piacciono!”
“E allora lei da chi ha preso?!”

“Da sua Zia, nonché madrina, Bianca, sicuramente. Forse passano troppo tempo insieme… Malia, tu starai con zia Petra, zia Daria o zia Cordelia, ok?”


*


“La prego mi dica che questa volta è un maschio!”

Raphael guardò la dottoressa quasi con aria implorante, guardandola sorridere mentre Larisse, accanto a lui, era stesa sul lettino nel bel mezzo dell’ecografia. 
La donna sorrise, divertita come se non fosse il primo a dirle qualcosa di simile: 

“Quante femmine avete?”
“Due. Su due.”
“Allora sarete felici di sapere che questo sarà un maschietto, Signori Sparrow.”


“SÌ! Wyatt mi deve dieci galeon- Tesoro, no, scherzavo, figurati!”


*

“Hugh.”
“No, mi viene in mente Hugh Grant.”
“David?”
“Banale.”
“John?”
“Mio padre si chiama John!”
“Ok, niente allora… Charles?”
“C’è già il Charles di Penny e Hunter. William?”

“Non mi piace. Raphael Junior?”
“Piuttosto lo chiamo Alcibiade!”

“Come sei difficile! Allora… Blake? Drake?”
“Sembrano nomi da sbruffoncello viziato.”
“Troy?”
“Sì, Bolton…”

“Chi?!”
“Lascia stare, mia sorella era fissata con quegli stupiti film… se dovessi sentire un’altra volta What Time is It potrei auto-defenestrarmi.”

“Continuo a non capire, ma starò zitto e fingerò di averlo fatto.”
“Finalmente hai capito qual è la strategia corretta, bravo tesoro, sono fiera di te.”


Larisse, seduta di fronte a lui mentre si sfiorava il pancione con le dita, sorrise dolcemente e si guadagnò un’occhiata torva dal marito, che seduto ai piedi del letto le stava massaggiando i piedi. Raphael tuttavia non poté dire nulla visto che le figlie erano presenti, spaparanzate sul lettone sfogliando una rivista per bambine.


*


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Larisse stava sorseggiando una tazza di thè insieme alla madre, mentre tutti i suoi fratelli e il padre erano ammassati intorno alla culla del piccolo di casa, ripetendo quanto fosse carino ed adorabile mentre dormiva.

“Se lo svegliano li ucciderò ad uno ad uno.”  Larisse scoccò un’occhiata d’avvertimento alla famiglia e Amelie annuì, alzando gli occhi al cielo:
“Lo so tesoro, ti capisco, era così anche per me… appena vede un bambino la gente impazzisce e non fa caso al fatto che la povera madre abbia impiegato ore per farlo dormire. Oh, ciao principesse!”

La donna appoggiò la tazza sul piattino e sorrise alle nipotine quando vide le due bambine avvicinarsi. Malia le salì sulle ginocchia, rugando un biscotto dal piattino, mentre invece Anja sorrise speranzosa alla madre:

“Mamma, domani possiamo andare da Penny e Hunter? Rachel e Bonnie vogliono farci vedere il loro nuovo cucciolo!”

“… Va bene, ma NON ne prenderemo uno anche noi! Avete appena avuto un fratellino, fatevelo bastare.”
“Ma Papino ha detto che forse potevamo!”

“Papino deve fare i conti con Mammina adesso. RAPHAEL! Ci siamo trasferiti cinque mesi fa, abbiamo appena avuto un bambino e vuoi prendere anche un cane?! Con i cambiamenti siamo a posto per un decennio, direi!”

“Ma i cuccioli sono così dolci… ti fanno venire voglia di coccolarli!”
Raphael si aggregò agli sguardi imploranti delle figlie e Amelie ridacchiò mentre Larisse, invece, alzò gli occhi al cielo:

“Coccola tuo figlio, allora. Cavolo Rafe, perché devo sempre fare la cattiva?!”
“Non devi infatti, basta che tu dica di sì! Per favore…”

Raphael sfoggiò la sua espressione più implorante e rivolse un cenno alle bambine, che lo imitarono pregando la madre all’unisono

“… Va bene, ma poi non farò tutto io, capito?!”

Larisse sbuffò, annuendo con aria torva mentre i tre, dopo aver esultato l’abbracciavano. 

Il tutto mentre sua madre seguiva la scena sorridendo, forse pensando a tutto quello che si era persa nei dieci anni di separazione dal marito e da due figlie.
Da quando era diventata madre a sua volta si era chiesta spesso come avrebbe affrontato quella situazione, come avrebbe reagito se ci si fosse trovata in prima persona.

Non poteva saperlo per certo, ovviamente, ma ogni volta in cui ci pensava non poteva far altro che ammirare i suoi genitori: non era sicura, dal canto suo, che avrebbe retto a lungo senza Raphael o le bambine intorno.






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Angolo Autrice:

Buonasera!
Con la OS dei Raphisse chiudo ufficialmente la Raccolta e anche Half-Blood – anche se, ovviamente, prima o poi arriveranno anche le OS per i personaggi mancanti su cui avrò le informazioni –. 
Grazie per aver seguito la Raccolta a chi l’ha fatto, e grazie ancora per questi personaggi con cui mi sono divertita così tanto, spero che leggere le loro peripezie sia piaciuto a voi quanto a me è piaciuto scriverle.
Dal momento che praticamente tutte partecipate ad altre mie storie a presto, per le restanti spero tanto che ci sentiremo di nuovo. 
Buona serata, 
Signorina Granger 

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