The Reality of the Dreamer

di darklove94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL RAGAZZO DEL PENSIERO ***
Capitolo 2: *** SOGNO E REALTÀ ***
Capitolo 3: *** SOGNO E REALTÀ parte 2 ***
Capitolo 4: *** UNI... ***
Capitolo 5: *** LA PRIMA VOLTA: IO E TE ***
Capitolo 6: *** CREDEVO SOLAMENTE IN TE ***



Capitolo 1
*** IL RAGAZZO DEL PENSIERO ***


Vi è mai capitato di sognare qualcosa ma di non riuscire a ricordarlo il mattino seguente? Beh, spero di si. Ecco a me capita non molto frequentemente, ma quelle volte in cui accade sono sicuro di aver perso una piccola parte di me, una storia da poter tener viva oltre la realtà. Una realtà che spesso non si riesce a gestire.

Sono Steven Dreamer e vi sto scrivendo da una modesta cittadina a nord di una metropoli. Non c’è, in verità, molto da dire su di essa: è poco estesa e ha una notevole densità di popolazione. La maggior parte dei suoi abitanti è molto legata alle tradizioni del luogo e, anche se non si vive immersi nella gloria e nella ricchezza, ogni anno celebra la festa patronale con allegria e spensieratezza.
Sono molto legato alla mia città ma non escludo la possibilità di allontanarmi da questo posto e godermi le meraviglie della Terra. Riguardo me posso dirvi che ho 24 anni e sono uno studente universitario; mi piacerebbe molto viaggiare e vorrei riuscire a visitare quanto più possibile del nostro Pianeta. Del resto è ciò che studio.
Devo dire, però, che qualche viaggio ho già avuto modo di farlo. Ero piccolo e con la mia famiglia, certo, ma è stata comunque una bella esperienza. Andammo un paio di settimane da zii di famiglia che abitavano nella città della Svizzera posta al confine tra la Germania e la Francia: Basilea. Ciò che mi colpì di Basilea, visitata nel periodo natalizio, fu l’ordine, la pulizia delle strade, dei parchi ma soprattutto la tranquillità di periferia e la gentilezza delle persone che vivevano intorno alla piccola dimora dei miei parenti.
Ciò che non potevo immaginare in quei momenti di gioia è che di li a poco avrei perso una delle persone più importanti della mia vita: mio nonno.
Ma questa è una storia che racconterò con calma e minuziosamente nel corso delle mie e spero vostre avventure.

Ho iniziato a scrivervi dalla mia piccola camera, scrigno prezioso delle mie giornate e culla dolce e sicura delle mie notti. È posta all’estremità di casa, alla fine di un piccolo corridoio, e si staglia, con una finestra, sullo spiazzale del parco in cui vivo, circondato dal paesaggio periferico della mia città. La condivido con mia sorella minore per cui, tra letti e scrivania, vi sono molte cianfrusaglie che richiamano la nostra infanzia e la recente adolescenza.
È in questo luogo che avrà inizio la mia avventura; è in questo luogo che mi è stato consigliato di raccontarvi le mie vicende, emozioni e soprattutto me stesso da una persona speciale; qui è nato il “Ragazzo del Pensiero”.

<< Steve è ora, alzati!>> urla mio padre dalla cucina poco dopo l’atteso richiamo della sveglia quotidiana.
<< Si, mi sto alzando!>> rispondo con la poca lucidità dovuta all’attiva condizione del sonno-veglia che accompagna ogni giorno della mia vita da studente.
<< Io scendo con Strike, mi raccomando non riprendere sonno >>
<< Non ti preoccupare!>> concludo affrettandomi ad abbandonare le calde coperte del mio letto e dirigendomi verso il piccolo bagno di casa in cui ogni mattina avviene il miracolo del risveglio e l’acquisizione della cognizione mattutina. Dopo essermi vestito e aver preso una tazza di caffè a volo, preparo frettolosamente la borsa con il materiale universitario e il pranzo giornaliero e scendo verso la nuova giornata che mi attende tra treni, bus e lezioni.
<< Oggi a che ora finisci?>> chiede mio padre durante il tragitto per la stazione.
<< Non lo so, penso sempre al solito orario sperando che il professore anticipi la lezione. Non mi va per niente di tornare a casa tardi>>  rispondo con aria notevolmente annoiata da ciò che mia aspetta.
<< L’importante è che avvisi mamma in tempo>>
<< Sarà fatto. Buona giornata. A stasera!>> lo saluto non appena giunti a destinazione.
<< Buongiorno!>> dico all’incontro in stazione (come tutte le mattine) con Gary Zardin, mio collega universitario ed amico.
<< Buongiorno. Stamattina ti sei svegliato presto per essere qui in orario >> risponde ironicamente Gary << Il treno è in ritardo di cinque minuti, sei ancora più fortunato. Cloudie mi ha riferito che oggi è pieno più degli altri giorni >>.
Cloudie Ringen, come Gary, è una mia collega universitaria ed amica.
Insieme affrontiamo quello che considero “il viaggio della noia”, un’interminabile ora trascorsa tra treni, autobus e spesso anche a piedi che ci permette di coprire la distanza che separa noi dall’università. Fortunatamente, però, non mancano gli argomenti per ingannare il tempo soprattutto se ciò di cui parliamo è relativo ai nostri studi.
<< Buongiorno Steven… Gary! >> esordisce Cloudie.
<< Buongiorno Cloudie! >> le rispondo << Dormito bene? Pronta per questa giornata intensa? >>
<< Abbastanza. Ma non ricordo nulla e penso che andrà male la prova >>
<< Come tutte del resto! >> rispondo e sorrido guardandola.
<< Te hai studiato? >> mi chiede cercando un appiglio per la sua ansia.
<< Beh si e no. Come sempre insomma >>
<< Ragazzi smettetela! >> interviene Gary << mi rendete nervoso così! >>
<< Sei sempre il solito … >>  
<< Okay, okay cambiamo discorso >> dico per smorzare gli animi << Intanto siamo arrivati in stazione, affrettiamoci a prendere la metro così vi racconto l’ultima grande avventura della notte appena trascorsa >>  e voltandomi verso loro abbozzo una smorfia di felicità propria di chi non vede l’ora di raccontare qualcosa.
<< Oddio ancora con queste storie? La notte si dorme! >>  un entusiasta Gary.
<< Immagino già chi sia la protagonista >> conclude Cloudie sempre pronta a prendermi in giro.
<< Prima ascoltatela poi ne riparliamo >>
<< Va bene! >> accetta contro volontà il duo.

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Capitolo 2
*** SOGNO E REALTÀ ***


Vorrei poterti stringere sempre così, come in questo momento; stringere le tue mani tra le mie, sentire le tue curve riposarsi tra le mie braccia, respirare le vibrazioni del tuo cuore mentre ascolto il silenzio dei tuoi occhi chiusi; regalarmi, per qualche istante, ciò che la realtà continua a negarmi.

Mi chiedo spesso se nel sonno ci sia qualcuno o qualcosa che ci faccia percepire una realtà diversa, una specie di mondo in cui siamo noi a creare e modificare gli eventi, le persone, le cose ma soprattutto le emozioni, i sentimenti, le nostre sensazioni. Un mondo parallelo, un passaggio segreto tra due realtà spazio-temporali diverse nel quale la nostra mente nasconde il suo rifugio.
E mi piacerebbe scoprire il perché, proprio quella notte, tra le infinite varianti della mia fantasia, quel passaggio ha generato un mondo in cui le ostilità tra cuore e ragione mi hanno spinto da una persona inattesa dai miei pensieri: Kristen Mari.

<< Mi sei mancata Kristen! >> le dissi abbracciandola forte.
<< Mi sei mancato anche tu Steven! >> rispose lei stringendomi come mai prima di quel momento << È da un po’ che non ci vediamo. Eppure eccomi qui a casa tua per la prima volta in questi nove anni >> disse sorridendo.
<< Eh si, dobbiamo festeggiare.. >> affermai abbozzando un sorriso << ma prima ti mostro la piccola reggia dei Dreamer >>.
<< Come hai potuto notare l’ingresso si trova nel piccolo soggiorno, questo è il corridoio, in fondo c’è il mio fortino.. >>  dissi guardandola e mostrandole uno dei miei sorrisi più vivaci << qui ci sono il bagno e la camera dei miei genitori; infine, tornando verso l’ingresso, c’è la calda e accogliente cucina! >>
<< Per essere piccola ha tutto ciò di cui si ha bisogno in una casa >>
<< È stato un tour molto entusiasmante immagino >> commentai l’ultima affermazione.
<< Mi piace ed è anche abbastanza colorata! >> esclamò.
<< Posso offrirti un caffè? una bicchiere di cola?… Così mi aggiorni sulle ultime novità di casa Mari >>.
<< Ma si dai vada per un caffè! >> rispose alla domanda e proseguì << Riguardo casa si va avanti e si lavora tanto, come sai le spese sono tante. La nonna ti saluta e spera di rivederti in vacanza anche se è convinta che non arriverà a vedere l’alba del prossimo anno >>.
<< Fate davvero tanti sacrifici! >> commentai << Ricambia i miei saluti quando rivedrai nonna Valeria e dille che ci vedremo sicuramente >>.
<< Certamente! >>.

Kristen è l’ultima di tre figli (dei quali due maschi) ed è forse l’unica della sua famiglia ad aver risentito in modo particolare ciò che è successo alla stessa. Ho conosciuto lei e la sua famiglia in una specie di piccolo villaggio che frequento in vacanza e in poco tempo con lei, i suoi fratelli e altri ragazzi del luogo, si è creato un buon rapporto di amicizia che tutt’oggi resiste alla distanza e agli eventi che hanno segnato questi ultimi anni.
Un giorno, da quanto raccontato da uno dei suoi fratelli, il padre, persona molto particolare nei modi di fare ma che ho sempre rispettato, è stato trovato in casa sotto effetto di sostanze stupefacenti e, non molto lucido, ha cercato di minacciare la sua stessa famiglia. Non essendo la prima volta che l’uomo ha avuto tale comportamento, la moglie e figli sono stati costretti a denunciarlo e da quel momento sono iniziati i problemi per coloro che io considero Amici.

Infatti, prima che accadesse ciò, i ragazzi si sono trasferiti dal loro paesino ad un piccolo sobborgo a più di trecento chilometri di distanza dal loro luogo natio e nel momento in cui hanno dovuto prendere la drastica decisione di allontanare il padre, hanno fatto i conti con un mutuo e con la loro casa in paese occupata dall’uomo che li ha feriti.

Ciò però non li ha spaventati ed anche se non sono completamente felici e affrontano tante difficoltà, Kristen e i suoi fratelli mostrano sempre il lato più gioioso delle loro persone.

<< Poiché sei mia ospite decidi tu cosa fare stasera! >> dissi a Kristen mentre sistemava i suoi bagagli.
<< Non saprei, tu cosa consiglieresti? >> chiese cercando di far ricadere la difficile scelta su di me.
<< Beh qui c’è un po’ di tutto >> risposi.
<< Del tipo? >>
<< Abbiamo un paio di centri commerciali forniti di cinema, un teatro, un lungomare non molto distante da casa e qualche zona fornita da aree pedonali per poter passeggiare. E non cito i numerosi ristoranti e pizzerie che ci sono nei dintorni! >>
<< Quindi c’è un ampia scelta >> mi guardò sorridendo ma non nascondendo la totale indecisione sul da farsi.
<< Ho capito, scelgo io! >> dissi sperando di non doverlo davvero fare.
<< Ottimo! Mi affido alle tue conoscenze culinarie e ai luoghi che conosci. >> affermò spiazzandomi .
<< Ne sei convinta? >> cercai di dissuaderla dalle sue convinzioni.
<< Certo! Sono curiosa e poi spero che tu riesca a sorprendermi >> disse con aria di sfida.
<< Okay. Allora ti propongo cinema, pizza e poi il meglio che questa città possa offrirti ma non ti anticipo cosa è. Così ti potrei davvero sorprendere >>  e chiusi il confronto con una smorfia vittoriosa.
<< Ci sto! >>

Così, dopo un film comico-sentimentale guardato al cinema in una sala semi-deserta considerando il genere, l’ora e soprattutto il giorno settimanale e una pizza assaporata in una buona pizzeria nei dintorni della mia città, non restava altro che attuare la sorpresa non proprio inaspettata.

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Capitolo 3
*** SOGNO E REALTÀ parte 2 ***


<< Sei pronta per la sorpresa? >> le chiesi divertito e impaziente di svelare la carta migliore della serata.
<< Prontissima! Adoro le sorprese! >>  disse guardandomi con il suo sorriso contagioso.
<< Ormai sai che sono una persona dolce ..ma non c’è niente di più dolce di lei! >> e arrivando a destinazione con un gesto di benvenuto le dissi << Ecco, ti presento The Monkey’s ice cream! >>

The Monkey’s ice cream è la più importante gelateria della mia città. Nasce nel 1950 per merito del signor Blaise che, avendo la grande passione per i gelati, inizia a venderne i primi con l’aiuto di un semplice carretto. Nel 1962, però, il signor Blaise decide di aprire un piccolo bar che, in seguito, diventa ciò che oggi tutti conosciamo. Ma perché The Monkey’s ice cream? La risposta è semplice: un porta fortuna donato al signor Blaise a forma di scimmia che non solo dà il nome alla gelateria ma ne è anche un originale simbolo.

Oggi il gelato che produce, deliziosamente e finemente artigianale, è alla base dei prodotti che offre. Inoltre la gestione della gelateria da qualche anno è passata nelle mani del figlio del signor Blaise che continuando la tradizione di famiglia, di un gelato soffice e cremoso, ci ha aggiunto importanti e sfiziose novità. Tra le tante quelle più interessanti sono l’apertura di altre “filiali del gelato” sparse in vari paesi e centri commerciali e un “ristorante del gelato” aperto da meno di un anno ( e situato di fronte alla gelateria principale) in cui si servono varie pietanze calde o fredde riempite di gelato casalingo.

<< Allora che ne pensi? Non ti vedo così entusiasta.. >>
<< Beh, non so che dire… >> disse. Ma mentre inziava a mancarmi il fiato aggiunse << Non mi hai stupita. Di più! Davvero oggi mi stai viziando! >>
<<  Non esageriamo. Non ho fatto nulla di che >>
<< Grazie lo stesso. Grazie di tutto! Ti voglio bene. >> mi disse per la prima volta con occhi lucidi e diversi dal solito.
<< Te ne voglio tanto anche io! >> le risposi << Ora però che ne dici di svaligiare anche questo “ristorante”? >>
<< Sono completamente d’accordo con te! Facciamo spazio e addolciamoci come se non ci fosse un domani >> commentò felice più che mai.

La sala del The Monkey’s ice cream gourmet, luminosa e decorata si unisce al mondo reale mediante due ampie vetrate sulle quali è inciso in tutto il suo fascino il logo di casa. Si entra in un regno incantato, in una sorta di luogo magico e fantasioso: tutto è governato dalla luce che, delicata ma allo stesso tempo fredda e bianca, fa sì che si accenda in ogni persona il desiderio di un gelato. Ad essa si aggiungono elementi come finti alberi piccoli e verdi che si intrecciano con motivi variopinti assorbiti dalle pareti di un cremoso color ocra; inoltre, non appena si è all’interno della sala, ci si può stupire ed ingolosire di sfiziosi dolcetti al gelato esposti nelle vetrinette dei banconi.

<< Buonasera! >> dicemmo entrando nel locale.
<< Buonasera ragazzi! Prego, accomodatevi! >> ci disse gentilmente la cameriera di turno.
<< Grazie >>
<< Siete in due giusto? >>
<< Si >> rispose Kristen.
<< Seguitemi da questa parte, prego >> indicò la ragazza e in quel breve tratto notai un piccolo ma importante particolare: Kristen teneva stretta la mia mano.

Mi voltai verso di lei ma in quello stesso istante fui richiamato all’attenzione dalla cameriera che ci disse << Eccoci al tavolo! Vi prendo il menù. Sono a vostra disposizione ma intanto scegliete con calma >> e in un attimo, dopo averci consegnati il listino delle prelibatezze in tutta rapidità, si dileguò tra gli altri tavoli ricchi di clienti.
Ci sedemmo l’una di fronte l’altro e abbozzai un lieve sorriso mentre osservavo Kristen intenta ad ammirare e studiare ogni minimo particolare di quel posto.

<< Perché stai sorridendo? >> mi chiese rendendosi conto che la stavo guardando.
<< Perché tu sei felice. E poi sono contento che ti sia piaciuta la sorpresa! >> risposi.
<< Si e tanto! Grazie ancora. Non ricordo l’ultima volta che ho trascorso una serata così intensa e bella >> confessò.
<< Per te questo ed altro! >> dissi e aggiunsi << C’è una cosa che dovrei chiederti >>
<< Beh. Io sono qui chiedi pure >>

In quel momento, però, mi resi conto che non era giusto parlare di ciò che era accaduto pochi minuti prima e che forse era solo un gesto senza pretese e secondi fini e improvvisai per portar via quel pensiero.
<< Cosa prendi? Io non so mai cosa assaggiare ogni volta che vengo qui >>
<< Non saprei. C’è davvero tanta roba qui che prenderei di tutto! >>
<< E se prendessimo una coppa maxi? >> proposi.
<< In cosa consiste? >>
<< Beh sono vari gusti a scelta messi in una coppa per due persone. Sinceramente non l’ho mai provata ma stando qui con te stasera ho una compagna di diabete >> ironizzai.
<< Sei sicuro di farcela? >> mi chiese << Finirei per mangiarla tutta io! >>
<< Hai di fronte un killer di gelati. Potrei mangiarla solo io e non te ne renderesti conto! >>
<< Ho la strana sensazione che tu mi stia sfidando >> affermò guardandomi con uno sguardo pronto alla battaglia e un accenno di sorriso nascosto dalle sue labbra.
<< Io? No, ti sbagli. Ho già vinto! >>
<< Non ci scommetterei caro mio! Vada per la maxi coppa ma i gusti li scelgo io >> concluse fiera di sé.
<< Va bene. Spero solo che non mi uccidano. In caso contrario è stato bello conoscerti >> dissi scherzando. << Da bere thé, cola o una bella bottiglia di latte cioccolatoso? >>
<< Bella domanda. Ma so che gusti prendere quindi vada per il latte >>
<< Okay. Molto bene allora chiamo la ragazza >>
<< Okay >>
<< Siete pronti per ordinare, ragazzi? Ditemi tutto! >> esordì nuovamente la cameriera avvicinandosi al nostro tavolo.
<< Abbiamo deciso di comune accordo di farci molto male >> dissi scherzando.
<< Non so se mi faccia piacere o meno >> affermò la ragazza stando al gioco.
<< Prendiamo una coppa maxi e una bottiglia di latte e cioccolato. Per i gusti sceglie la signorina! >>
<< Molto bene. Immagino abbia scelto anche i gusti, giusto? >>
<< Certo! >> rispose Kristen.
<< Mi dica allora! Sa che può sceglierne quattro? >>
<< No, non lo sapevo ma la ringrazio per aver risposto in anticipo alla domanda. Allora facciamo gusto Oreo, Ferrero Rocher, Nocciola e Zuppa inglese. Si può così, giusto? >>
<< Certo! Il tempo che in “cucina” lo preparano e vi servirò. Per ora basta così? >>
<< Si grazie. Per ora va bene così >> dissi.

Gustammo quella coppa così deliziosa pian piano e contemporaneamente dedicai il tempo al racconto della storia della gelateria e di come questo marchio sia diventato, in poco più di mezzo secolo, il miglior gelato artigianale dell’intero Paese; ma soprattutto le raccontai della mole di turisti che ogni fine settimana alimenta la fiamma della cittadina per concludere poi lasciando il locale e dirigendomi verso ciò che non mi sarei mai immaginato.
 
 
<< Scusami se non ho una vera e propria camera per gli ospiti >> dissi a Kristen mostrandole il divano-letto a lei riservato nel soggiorno di casa.
<< Non ti preoccupare. È già tanto ciò che hai fatto in questa giornata! >> cercò di eliminare le mie preoccupazioni.
<< La nota positiva, però, è la smart TV. Puoi guardare di tutto! >>
<< Possiamo, vorrai dire. Qui c’è spazio per entrambi! >> disse << Io non ti mangio mica! E poi vorresti lasciare sola una fanciulla? >>
<< No, hai ragione. Che gentleman sarei se lo facessi?! >> le risposi nascondendo la mia confusione. Ciò che avevo cercato di rimuovere qualche ora prima si stava materializzando nuovamente e a questo punto non potevo non chiedermelo: tra noi stava nascendo qualcosa?
<< Dai su, cosa aspetti? Ti voglio vedere qui in pigiama in men che non si dica e poi ci guardiamo un bel film horror come piace a te >> ironizzò sapendo che di certo non è il mio genere preferito.
<< Va bene signorina. Ma che sia chiaro solo fin quando ti addormenti! >>
<< Okay. Sarai il mio orsacchiotto vivente >> disse sorridendo.
<< Certo! >> e così dicendo mi diressi verso la mia camera prima e in seguito in bagno. Giunsi lì in pochi istanti ma non potevo non pensare alla situazione che si stava creando e ciò che avrei dovuto fare se i miei pensieri non fossero stati ingannevoli.

Furono cinque minuti di agonia sentimentale in cui non feci altro che pensare a un ipotetico “NOI” da ambo le parti, a ciò che provava lei e ciò che sentivo io guardandola e sfiorandola con i miei pensieri. Così decisi che non potevo restare nell’oblio, nella sensazione straziante di essere chiuso nelle mie paure e tornai da lei deciso a rischiare per la prima volta in vita mia.

<< Eccomi >> esordii non senza imbarazzo.
<< Bel pigiama! >> disse Kristen con l’intenzione di prendermi in giro.
<< Non commentare ti prego! >>
<< Perché? Sei così cucciolo! >>
<< Solo perché sarò il tuo orsacchiotto, giusto? >>  dissi sorridendo alle sue parole.
<< Non solo, ma dato che ci sei vieni qui e abbracciami forte forte >> rispose modificando la sua voce rendendola simile a quella di una bambina.
<< Siamo in modalità tante coccole noto >>
<< Si! >> Urlò spinta dalla felicità
<< Allora mettiti comoda e godiamoci il film >>

Dopo il cinema (qualche ora prima) guardammo il secondo film di giornata al caldo di casa mia e comodamente seduti sul letto mentre le nostre braccia, attratte dal momento, erano unite dalle mani che vibravano con una sola frequenza.
Non riuscivo a smettere di guardarla: il suo profilo delicato e dolce, quegli occhi scuri che riflettevano i bagliori del televisore e le labbra rosee e silenziose mi tenevano lontano dalla trama dello schermo ma costruivano quella del cuore. E così, improvvisamente, distolsi la quiete del momento e senza rendermene conto le dissi << Sei bellissima >>

Speravo che quelle parole risuonassero senza energia nella mia mente ma non fu così: qualche istante dopo inarcò le sopracciglia e alzò solo lo sguardo dicendomi << A cosa devo queste parole? >>

Mi sembrava di soffocare, di aver distrutto un momento speciale e forse preteso troppo da un qualcosa in cui iniziavo a credere solo io. Credevo di aver perso tutto in pochi secondi di follia.
<< Quali parole? >> feci finta di non aver detto niente.
<< Non mentire, ti ho sentito bene >>
<< Okay si. Non so che cosa mi sia preso >> iniziai sperando in un finale positivo << Ti chiedo scusa per aver rovina… >>
<< Shhh non dire più niente >> mi fermò con queste severe parole << speravo da tanto di ascoltarle! >>
<< Adesso stai mentendo tu >> replicai
<< Mai stata più sincera >> disse addolcendo il tono della voce.

Ero sempre più spaventato e confuso da ciò che stava accadendo ma ormai non desideravo altro che l’inevitabile.

<< Non guardarmi così, non resisterei a lungo ai tuoi occhi >>
<< Lasciati andare >> disse << Rendiamo questa giornata irripetibile! >> aggiunse stringendo le sue braccia al mio collo e avvicinando sempre più le sue labbra alle mie.
<< E se fosse un errore il nostro? >> chiesi convinto che il destino fosse stato avverso.
<< Sarebbe il più bello di tutti >>
<< Allora così sia >>

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Capitolo 4
*** UNI... ***


“Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate” ci sembra di ascoltare ogni volta che varchiamo la linea che separa il mondo esterno dal complesso universitario in cui, quasi ogni mattina, entriamo per adempiere al nostro dovere di studenti.

<< Oggi è davvero uno strazio. >> esordisco.
<< Ancora dobbiamo iniziare e già ti stai lamentando. >> commenta sorridendo Cloudie.
<< Lo sai che se non fosse per la prova avrei preferito il letto. >>
<< E tu lo sai che così non ci si laurea mai, vero Steven? >> ironizza da prima della classe.
<< Ma è mai possibile che parliate solo di studio voi due? >> chiede annoiato Gary.
<< Beh siamo all’università. >> lo guardo << Di cosa vorresti parlare? >> e chiedo.
<< Di tutto ciò che non mi faccia ricordare la prova! >> risponde preoccupato più del solito.
<< Io non la passo ve lo dico nuovamente. >> Cloudie l’ansiosa.
<< E poi io sono quello che si lamenta! >> dico alzando gli occhi al cielo quasi in segno di protesta.
<< Io non sto proprio dicendo nulla >>  fa presente Gary << ma si nota come ti importi poco la prova per non essere così agitato. >>.
<< Invece me ne importa ma se mi agito dimentico tutto e non scrivo nulla. >> inizio << Poi lo sai che il mio studio disperatissimo aiuta molto. >> ironizzo sulla scarsa preparazione abituale.
<< Okay adesso però finiamola davvero! >> interviene Cloudie << Quel che è fatto è fatto! Iniziate ad andare in aula che vi raggiungo. >>

Il nostro complesso universitario è situato su una collina poco fuori la zona forse più trafficata della città. Per raggiungere il sito dalla stazione di riferimento più vicina bisogna prendere una navetta che in circa venti minuti raggiunge la meta finale scaricandoci come merce qualche metro prima dell’ingresso principale.
La particolarità del luogo è quella di non essere composta da un unico edificio: difatti è un vero e proprio campus universitario ( eccezion fatta per gli alloggi che in esso non sono presenti ). Entrando si può notare la facciata dei “centri comuni” luogo in cui vi solo varie aule e segreterie dei servizi offerti dall’università oltre ad un piccolo bar. Lateralmente a questo edificio si aprono, in un abbraccio, due viali incurvati laterali, percorribili con i mezzi, che collegano l’ingresso con tutte le strutture restanti poste, talune, anche più in alto sulla collina.
Dai “centri comuni” tramite dei piccoli tunnel “futuristici” si arriva al dipartimento di Economia, unica scienza- non scienza ad essere inserita tra quelle naturali presenti in situ.

Al di là di questi edifici si trova il resto del complesso: vicoletti, parcheggi, ingressi principali e secondari di ogni dipartimento rendono questo luogo un labirinto che mi piace definire “intreccio delle menti”.

Il nostro edificio, tecnicamente chiamato L ma per tutti il “DISTAR” (DIpartimento delle Scienze della Terra, delle Risorse e dell’Ambiente), è l’ultimo gioiello nato tra queste mura. È costituito da tre piccoli plessi connessi tra loro da porte e corridoi in cui vi sono aule per lezioni, aule studio e laboratori e tutti gli uffici dei professori in un mix di collaborazione tra ricercatori e matricole.

<< La prova in che aula si terrà? >> chiedo conscio del fatto di non aver preso in considerazione l’email del professore.
<< Ha scritto sul sito che staremo in GEO-6 >> risponde Gary.
<< Come al solito la si fa nel “bunker” >> come definisco l’aula più chiusa e senza linea in cui abbia mai messo piede.
<< Che ci possiamo fare?! Giodino ci tiene in scacco! >>
<< Sa bene il fatto suo. Del resto chi dice che dobbiamo copiare a tutti i costi? È un nostro problema studiare e saper rispondere. >> 
<< Già! E mi sa che tu stai messo male. >> scocca la freccia senza pietà Gary.
<< Non sai quanto! >> sorrido nervosamente

L’aula GEO-6 è situata al terzo piano del plesso L3 e vi si accede in modo particolare: dall’uscita dell’ascensore si imboccano due corridoi laterali posti sulla parete parallela e, giunti all’interno di questi, vi sono altre porte laterali che immettono in un piccolo spazio in cui l’ambiente si ricollega a formare una specie di scatola contenente l’aula e i bagni.

<< Il professore ancora deve arrivare? >> chiede Cloudie.
<< In realtà nessuno è ancora presente, siamo i primi >>
<< Penso che saremo pochi oggi >>
<< L’importante è che non stia in prima fila o consegnerò in bianco >> 
<< Se non si può copiare ovunque ti siedi sei fregato >>
<< Come sempre sai essere d’aiuto, Gary! >>

Il professor Giodino è un uomo sulla cinquantina d’anni, fisicamente magrolino e mediamente alto; sembra essere una persona bruta e scontrosa di primo impatto e ciò è accentuato dall’espressione che ha il suo volto messo in risalto dalla chioma calva e tonda. Sa essere severo ma è un insegnante molto preparato e di gran cuore.

<< Buongiorno ragazzi! >>
<< Buongiorno professore! >> rispondiamo tutti come un coro di bambini alle elementari.

In realtà non siamo in tanti, forse una quindicina, ma l’effetto scolaresca istruita è sempre sufficientemente raggelante.

<< Entrate in aula e sedete in tre per fila ogni due posti. >> ci ordina << Nel contempo vi spiegherò in cosa consiste la prova. >>

In pochi istanti si scatena una guerra silenziosa per la conquista dei posti migliori nella speranza di poter “rubare” un voto più alto per la media personale. Ed ecco che quasi nessuno si schiera nei primi banchi pronto a sacrificarsi per la causa ma fortunatamente riesco ad inserirmi nel mezzo della compagnia felice di avere la possibilità di passare la prova.

<< Allora ragazzi, la prova consiste nel rispondere a venti domande multiple e cinque aperte; ogni risposta multipla corretta vale un punto mentre quella aperta ne vale due quindi avete davanti una prova da trenta. Avete qualche domanda? >> nessuno risponde << Bene, se nessuno ha qualcosa da chiedere potete iniziare. Due ore a partire da adesso. >>

“Buona fortuna” aggiungo parlando con me stesso e guardando il volto disperato degli altri sventurati colleghi.

Dopo poco più di centoventi interminabili minuti siamo usciti esausti dal bunker-aula in cui il professore ci ha rinchiusi. Venticinque domande incomprensibili e di elevata difficoltà alle quali ho risposto più o meno in modo adeguato e con qualche piccolo aiuto.

<< A voi come è andata ragazzi? >> chiedo come sempre.
<< Beh, è stato difficile copiare qualcosa non avendo internet ma spero di aver risposto bene. >>
<< Male, male, male! Stavolta Giodino si è superato … >> comincia Cloudie << Vi rendete conto che era quasi impossibile? Sono sicura che ho sbagliato tutto! >>
<< Ne sono convinto, si si convintissimo! >> ironizzzo.
<< Sono sicura che è tutto sbagliato, Steven. E ho studiato a differenza di qualcuno! >>
<< C’è solo da aspettare i risultati e sperare, mi sa. >> cerco di chiudere il discorso prima che degeneri.
<< Ma voi alla domanda sette avete risposto C? Ero indeciso … >> chiede Gary.
<< Penso che sia A la risposta corretta, te che dici Cloudie? >>
<< Io ho messo la x sulla risposta B. >>
<< Ottimo, siamo tutti d’accordo noto … >>
<< Lo siamo sempre! >> risponde scherzando Gary.
<< Ormai il dado è tratto! Voi avete da mangiare, no? >> domando sperando in una risposta affermativa.
<< Io si. >> dice Gary.
<< Anche io. >> conferma Cloudie.
<< Allora non ci pensiamo più e andiamo a pranzare. >>
<< Ma voi avete visto Vito e Felix? Non hanno fatto la prova. >> osserva Cloudie.
<< Eh già. Anche Palmira non è presente oggi. >> aggiungo carne su fuoco.
<< io penso che siano problemi loro non fare le prove. Se il prof le ha rese impossibili non riesco ad immaginare come sia fare una sola scritta e una orale. >>
<< Concordo! Ma sappiamo come sono quindi non mi importa più di tanto. L’importante è che ci lascino in pace quando sarà il turno loro. >> dice la parte più cattiva di me.
<< Torniamo seri, oggi panino? >> chiede Gary
<< Io pezzi di pollo e melanzane >>
<< Come al solito, Cloudie! Io panino con salame e formaggio per tenermi leggero, te? >>
<< Panino anche per me con cotoletta ed insalata. >>
<< Dopo abbiamo lezione di Sfranati giusto? >>
<< Giustissimo. >>
<< Allora nell’attesa tra pranzo e lezione vi racconto un’altra delle mie bellissime avventure! >>
<< Bene. Ci risiamo … >> il solito Gary.
<< Lo so che le adori. >> gli dico iniziando a ridere.
<< Emozionaci! >> ci scherza su Cloudie.
<< Beh, come sempre. Se avete urgenze andate ora prima che inizi lo spettacolo! >>
<< Ci andiamo dopo! >>
<< Esatto. Ora racconta. >> conclude Cloudie.

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Capitolo 5
*** LA PRIMA VOLTA: IO E TE ***


“Non c’è più uno sguardo che mi tenga legato a te, non c’è più il calore di un abbraccio tra due anime unite; non ho più te, Piccola Stella del mio Cielo. Certo, tu sei ancora qui con me, nei miei ricordi, nei pezzi di una vita che costruisce case di vetro pronte ad essere abbattute da foglie agitate, simbolo di un destino spesso crudele.
A volte mi manchi. O forse manca semplicemente l’aver qualcuno accanto. Eppure non mi arrendo: questa è la mia forza. Eppure sono qui a lottare contro chi mi abbandona, contro le maschere di chi mi sta intorno e spesso, forse sempre più, contro me stesso.
Non ho più un punto di riferimento, una persona che mi guidi ed insegni i segreti del vivere bene. Ma una cosa l’ho capita: io valgo più di chiunque voglia ostacolarmi”…

Spesso l’Universo è li pronto ad ascoltarci senza farsi notare. Era l’ 8 Giugno 2011, un giorno quasi estivo al culmine di un anno pieno di liceo in cui, un po’ per l’iniziale afa e un po’ per relax, ero solito perdere le giornate girovagando per il web.

<< Ciao tesoro! >> scrisse improvvisamente un contatto su quello che un tempo era Windows Live Messenger.
“ Chi sarà mai? “ chiesi a me stesso mentre mi accingevo a visualizzare.
<< Hey, ci sei? >> scrisse ancora.
<< Hey, ciao! >> risposi << Chi sei? Mi hai trovato su qualche catena? >>
<< Si amore. Parliamo un po’ dai. >>
<< Non so neanche chi sei e mi chiami amore? Comunque piacere Steven, te?
<< Ti dà fastidio se ti chiamo così? Io sono Tilde Giordano. >>
<< Beh fastidio no ma preferisco non essere chiamato così da persone sconosciute. Non te la prendere. >>
<< Capito tesoro. >>
“Si vede come hai capito” dissi a me stesso.
<< Vabbè. Sei tu in foto? >>
<< Si si, sono io. Ti piaccio? >> mi chiese.
<< Sei una bella ragazza, ma quanti anni hai se posso chiedere? >>
<< Ho quasi diciotto anni cucciolo. Te? >>
<< Fra un anno anche io. Da poco ne ho compiuti diciassette. >>
<< Capito. >>
<< Di dove sei, Tilde? >>
<< Sono di Natrearth. Tu, amore? >>
<< Una cittadina vicina. Sono nato anche io a Natrearth ma vivo a Berry Town. >>
<< Ah capito. Beh dai cucciolo viviamo abbastanza vicini! >>
<< Eh si, direi che siamo fortunati! >>

Natrearth è la città più importante della regione del Countryside. Come ho avuto modo di scrivere nelle prime pagine, essa è una metropoli di circa tre milioni e mezzo di abitanti. È ricca di quartieri storici e moderni in cui, tra classicismo e quotidianità, vive il suo popolo gerarchicamente organizzato dalle High Hills, borghese e intellettuale, agli Hispanics e Traeianics, culturalmente povero ma cuore pulsante della città.
Sin da piccolo ho imparato a conoscere un paio di zone di questa città dal doppio volto e mille sfumature ma, una in particolare, ho sempre apprezzato ed amato: Mersea.

“ Si narra che uno sperone di rocce, ove oggi sorge il castello dell’antica città, abbia dato dimora alla principessa delle sirene Mersea: una lunga chioma dorata e setosa, un volto latteo e splendente e una lucente coda azzurra erano il sogno dei primi abitanti del luogo.
Il suo canto echeggiava in tutto il golfo ed era apprezzata da uomini e creature marine sicché ogni giorno l’attendevano sul suo palco naturale. Sapeva incantare con le sue parole e conquistarti col suo sguardo. Un cuore pieno di amore infinito.
Questa storia, però, non ha un lieto fine.
Raccontano, difatti, i pescatori, tramandando di generazione in generazione, che Mersea era la terza ed ultima figlia del re Partenone del Regno del Marsili. Nonostante fosse l’ultima arrivata della casata, Mersea era amata e coccolata dal suo popolo come una futura regina. Quel ruolo, però, spettava alla maggiore delle sorelle, Atnea, fredda e spietata giustiziera di uomini sempre più convinta che quest’ultimi portassero il male e la distruzione. Invidiosa e preoccupata che il popolo, alla morte del padre ormai anziano, potesse ribaltare il naturale ordine e scegliere la buona sorellina come sovrana ed essendo a conoscenza del legame che ella avesse con i suoi odiati nemici, tese in trappola Mersea.
Fu Flegreo, Custode di Venturio, imponente e maestoso simbolo di Natrearth, a compiere l’ignobile gesto. Ingannato dalla voce di Atnea, fu convinto che, risvegliando il suo Signore e colpendo i mortali come punizione per essersi avvicinati al suo Regno, la sua amata lo avrebbe accolto finalmente tra le sue braccia.
Ma ciò che Flegreo scoprì dopo il devastante colpo scagliato da Venturio  fu l’inaccettabile verità: aveva tradito Mersea, sua ragione di vita e Dea dei suoi sogni.
Era lì, Mersea, tra quegli esseri così diversi da lei ma catturati dal suo cuore buono, quando arrivò la fredda lama tagliente della morte impugnata dalla sorella: una nuvola nera avvolgeva fiamme bollenti e soffocanti e neanche il mare, sua casa natia, la potè salvare.”

Così oggi Mersea: un lungomare parallelo alla tondeggiante costa coccolata dall’azzurrro mare, accarezzata dalla brezza, protetta dal penisolotto del castello del Marsilio e osservata, dall’altro lato del golfo, da Venturio, uno dei vulcani più affascinanti al mondo.
 
<< Che fai? >>
<< Prima che mi scrivessi stavo ascoltando musica, tu? >>
<< Niente tesoro. Ma fra poco esco con un’amica e andiamo un po’ in giro. >>
<< Interessante. >> scrissi quasi per educazione non essendo molto preso in realtà.
<< Allora ci sentiamo stasera amore? >>
<< Come vuoi ma per favore non chiamarmi così. Il mio nome è Steven! >>
<< Si, va bene. >> scrisse e aggiunse << A più tardi! >>
<< Ciao Tilde. >>

Sono stato sempre molto curioso e così, pur non avendo particolare interesse nei suoi confronti, iniziai a cercare informazioni riguardanti la sua vita.
La cercai su Facebook, come del resto facevano tutti in quel periodo, ma la ricerca non portò ai risultati sperati: non esisteva nessuna Tilde Giordano.
Pensai che mi avesse preso in giro, che forse era uno scherzo dei miei amici consapevoli che non sono mai stato fortunato con le ragazze e lasciai perdere.
Un particolare però mi aveva colpito: Tilde aveva dei lunghissimi capelli rosso rame; il suo fisico scolpito da modella e il suo viso appartenevano a qualcuno che già avevo visto e più passava il tempo, più avevo bisogno di sapere la verità.
 
<< Hey tesoroooo! >> scrisse Tilde.
<< Ciao! >> risposi.
<< Che fai? >>
<< Aspetto la cena. Te? Non hai detto che dovevi uscire? >>
<< Capito. Io anche aspetto la cena. >> e continuò scrivendo << Si, sono tornata da poco. Abbiamo fatto un giro qui intorno, visto qualche amico e siamo tornate a casa per la cena. >>
<< Ah ecco. >>
<< Si, amore. Dopo ci sei per chiacchierare un po’? >>
<< Penso di si, però non ti prometto nulla perché domani dovrei andare in piscina con degli amici e probabilmente passerò la notte a casa di uno di loro. >>
<< Ah okay. Allora neanche domani mi scriverai? >>
<< Se riesco a prendere linea ti scrivo. >> le dissi anche se con i primi smartphone era quasi impossibile aprire un’applicazione come MSN.
<< Davvero? Sei proprio un amore, grazie! >>
<< Figurati! >>
<< Non sai cosa ti farei! >>
<< Cosa stai dicendo? >> restai quasi traumatizzato da quell’ affermazione.
<< Eh sapessi amore! >>
<< Non lo so ma vorrei sapere. >> scrissi aggiungendo una risata per smorzare la situazione.
<< Dai che lo sai. >>
<< No. In realtà no. >> e continuai dicendo << Ti scrivo fra poco e me lo dici perché mi stanno chiamando dalla cucina per la cena. >>
<< Va bene tesoro. >>
<< Buona cena anche a te intanto. A dopo! >>
<< Grazie! >>

Ma furono gli ultimi messaggi che scambiammo quella giornata: come le avevo scritto, dopo cena i miei amici passarono a prendermi e ci divertimmo. Questa, però, è un’altra storia.
Tilde Giordano aveva appena iniziato a scrivere un pezzo importante della mia vita.

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Capitolo 6
*** CREDEVO SOLAMENTE IN TE ***


<< Ciao Tilde sono Steven. >> le scrissi qualche giorno dopo << Volevo chiederti scusa per non averti scritto più l'altra sera. >>

Passarono ore e da Tilde non arrivava segno di vita finché improvvisamente una notifica interruppe il nostro silenzio.

<< Ciao tesoro! >> esordì << Non ti preoccupare, sono stata impegnata e comunque sono andata a dormire presto. >>

<< Va bene. Ci tenevo solo a chiarire questa cosa. >>

<< Okay. >>

<< Sai abbiamo preso il bus per andare all'acquapark e siamo passati per Natrearth.>>

<< Ah si? >>

<< Si! Abbiamo preso l'N1 che parte da Natrearth Fields. >>

<< Scusa ma che acquapark avete scelto? >>

<< Siamo andati al Magic Park perché? >>

<< No così, chiedevo. >>

<< Ah okay. >>

<< Io abito vicino Natrearth Fields. >>

<< Ah quindi potevamo incontrarci. >>

<< Eh si peccato tesoro! >>

<< Già, va beh la prossima volta che ci passo ti invio un messaggio così ci possiamo vedere, che ne dici? >>

<< Va bene. >>

<< Comunque già immaginavo che vivessi in quella zona dalla foto profilo che hai. >> le dissi << Mi pare di essere già passato vicino quei palazzi! >>

<< Si? >> rispose << Non ti ho mai visto! >>

<< Va beh forse perché non frequento quella parte di Natrearth. Ci passo quando vado a Mersea con i miei genitori solitamente. >>

<< Ah ecco ho capito. >>

<< Oggi esci con le tue amiche? >>

<< Si, penso di si. Probabilmente faccio un giro con un paio di mie amiche. >>

<< Bene mi fa piacere. >>

<< Ci sentiamo più tardi, tesoro! Ora vado a pranzare. Va bene? >>

<< Okay non ti preoccupare e buon pranzo! >>

<< Grazie e buon pranzo anche a te. >>

 

Durante quel pomeriggio mi scrisse uno degli amici ai quali ero più legato in quel periodo: Pakos Astal.

Pakos è nato solo undici giorni prima di me e siamo amici sin dall'infanzia. È un ragazzo molto serio, pronto a mettersi in gioco e spesso punto di riferimento del nostro gruppo che chiamiamo "The Crew".

Nel periodo in cui conobbi Tilde, eravamo ancora dei ragazzini e trascorrevamo tanto tempo insieme a tutti gli altri divertendoci e organizzando, soprattutto in estate, serate giochi e "pigiama party".

 

<< Ehilà Steve! >>

<< Hey Pakos. >>

<< Che si dice? >>

<< Tutto bene, le solite cose, te? >>

<< Tutto okay. Hai sentito Frankie? >>

<< No. Perché cosa è successo? >>

<< Niente voleva organizzare una serata tutti ragazzi a casa sua stasera. >>

<< Ah ho capito. >> gli dissi << Gli scrivo dopo per sapere qualcosa ma penso che se l'ha detto lo farà. >>

<< Okay. >>

<< Sai qualche giorno fa ho conosciuto una ragazza. >>

<< Ah wow! Mi fa piacere per te. >>

<< Grazie. >> e aggiunsi << Se stasera ci vediamo vi parlo di lei. >>

<< Va bene. >>

E così fu: Frankie ci invitò da lui e io confessai l'incontro cibernetico avvenuto qualche giorno prima.

Come era solito fare in quel periodo, avviai MSN sul PC di Frankie e senza mostrare la chat per la privacy feci vedere la foto profilo di questa fanciulla inconsapevole dei dubbi che seguirono nei momenti successivi.

<< È una bella ragazza! >> esclamò Pakos << Ma non mi convince. >>

<< Che se ne frega se gliela dà. >> commentò deviante il nostro amico Billy.

<< Sempre se non è un fake che lo prende in giro. >> disse Pakos non curante della mia presenza e affondando il coltello nella piaga pronto ad uccidere le mie poche certezze.

<< Scusate ragazzi ma ci sarei anche io qui! >> cercai di parlare senza far trapelare l'ansia << L'ho conosciuta solo qualche giorno fa in fin dei conti. >>

<< Ma l'hai conosciuta da qualche parte? >> chiese Pakos.

<< In realtà qui su MSN e mi ha scritto lei ... >> risposi mostrando un sorriso preoccupato.

<< Non va bene. Non la conosci di persona, ma almeno ti ha inviato una sua foto o ti ha chiamato? Hai il suo numero? >> il quarto grado di Frankie.

<< No niente di ciò! >>

<< Ripeto, non va bene! Come dobbiamo fare con te? >> disse Frankie guardando gli altri ragazzi in cerca di sostegno.

<< Beh state facendo tutto voi. >> a mia discolpa << Nessuno sa se sia vera o fake e cercherò di capire di più sul suo conto. >>

<< Ma almeno sai di dove è? >>

<< Si, cioè da quello che so è di Natrearth Fields. >>

<< E quanti anni ha? >> aggiunse Billy.

<< diciotto. >>

<< Ah okay. Almeno speriamo che non ti prenda in giro! >> concluse Pakos.

 

Il dubbio che non fosse davvero chi credevo potesse essere Tilde mi afflisse per una buona parte della serata e del mattino seguente e così pensai un modo per poter conoscere la verità sperando di non dover leggere parole dal sapore amaro.

<< Tilde ti posso chiedere una cosa? >> le scrissi diretto.

<< Si, caro, dimmi. >> rispose qualche minuto dopo.

<< Ieri ho visto i miei amici e sanno che parlo con te ... >>

<< E? >> chiese quasi preoccupata.

<< Beh mi è sorto un dubbio e ci sto pensando da questa notte. Il mio amico dice di aver visto già la tua foto profilo su internet e non vorrei dargli ragione che tu mi stia mentendo. >>

<< Ah ... okay. >>

<< Dimmi la verità, sei tu o no la ragazza in foto? >>

<< Posso sapere chi è questo tuo amico? >>

<< Non ha importanza! Vorrei una risposta da te! >>

<< Senti amore se non vuoi parlare con me è okay. >>

<< Cosa significa? Non ci vuole molto a dirmi se sei quella ragazza o no!! >>

<< Va beh dai è stato bello conoscerti tesoro. Addio! >>

<< Guarda che non ti sto dando colpe. Anzi in questo momento mi fai davvero pensare che mi prendi in giro per come stai reagendo. >> dissi con la delusione di aver perso un'altra occasione per conoscere una ragazza.

<< Che vuoi che ti dica?! È meglio che non ti parlo più tanto non mi accetterai. >>

<< Perché non dovrei? Io vorrei conoscerti ma senza menzogne! >>

<< Va bene. >>

<< Se vuoi che ti parli devi dirmi chi sei davvero. >>

<< Allora mi chiamo davvero Tilde Giordano e come ti ho detto sono di Natrearth Fields. >>

<< Però? >>

<< Ecco ... Non sono la ragazza in foto. Ho vergogna di farmi vedere ... >>

<< Lo immaginavo. Almeno sei una ragazza! >> le dissi scherzando << Ma perché hai vergogna? >>

<< Non lo so, ce l'ho e basta! >>

<< Scusa ma hai detto di avere diciotto anni, giusto? >>

<< Si >>

<< Quindi non avere il timore. Non sei una bambina! >>

<< Si ma ... >>

<< Ma non ti vuoi far vedere okay. >>

<< Esatto tesoro. >>

<< Va beh. >>

<< Comunque ti devo dire un'altra cosa ... >>

<< Dimmi! >>

<< Però giura che non ti arrabbi! >>

<< Non mi arrabbierò, promesso. >>

<< Ho quattordici anni. >> scrisse aggiungendo un'emoji triste.

<< L'avevo immaginato e a dirti il vero avevo la sensazione che tu fossi piccola ... >>

<< Scusami. Avevo la paura che non parlassi con me perché di solito così succede. >>

<< Beh hai dato parzialmente ragione al mio amico ma hai avuto il coraggio di dirmi tutto e mi fa comunque piacere scriverti. >>

<< Grazie tesoro! Ti voglio bene. >>

" Già, mi vuoi bene senza conoscermi in pratica e dopo soli pochi giorni " pensai.

<< L'importante è che non mi nascondi più niente perché odio le bugie! >>

<< Si va bene tesoro. >>

<< Se ti va mi piacerebbe che mi raccontassi qualcosa di te. >>

<< Cosa devo raccontarti? >>

<< Non saprei, quello che vuoi. Immagino che come tutti tu vada a scuola. >>

<< Si. In questi giorni saprò se sono stata promossa. >>

<< Bene, che scuola frequenti? >>

<< Se tutto va bene a settembre la terza media. >>

<< Terza media? >> scrissi confuso.

<< Si, perché? >>

<< Hai detto di avere quattordici anni. Pensavo stessi alle superiori. >>

<< Ah ... >>

<< Tranquilla non pensare a ciò che ho detto. >>

<< Va bene tesoro. >>

<< Hai fratelli o sorelle ...? >>

<< Si ho un fratellino, tu? >>

<< io una sorellina un po' più piccola di te! >>

<< Ho capito. >>

<< Comunque ora devo andare che ho un impegno con i miei amici. Se stasera ti trovo online ti scrivo. >>

<< Okay amore. Però non posso fare tardi, tu a che ora torni? >>

<< Non lo so ma spero presto. >>

<< Si anche io. >>

<< Ci sentiamo allora. Ciao Tilde! >>

<< Ciao cucciolo. >>

 

Furono settimane molto intense tra gli impegni di studio per il recupero scolastico e le uscite con gli amici ma soprattutto iniziai a conoscere meglio Tilde.

Mi raccontava ogni sera delle sue giornate trascorse con gli amici o in famiglia tra visite di cortesia con la madre e le divertenti ore in piscina con la cugina e la zia.

Purtroppo, però, arrivò per me il periodo di vacanza al mare e non avendo una connessione internet non riuscii a sentirla per quasi un mese.

 

<< Pronto, chi è? >> risposi ad una inaspettata chiamata.

<< Ciao, che bello sentirti! >> disse una voce tremante ed emozionata.

<< Ti conosco? Non ho segnato il numero purtroppo. >>

<< Si, sono Tilde! Ho chiamato con il numero di mia mamma scusami. >> disse.

<< Ah ... >> ebbi un attimo di confusione e paura dell'inaspettata chiamata.

<< Ho sbagliato a chiamarti? >>

<< No figurati! Scusami tu. Mi hai spiazzato e sinceramente non ero pronto. >>

<< Ti chiamo dopo se vuoi! >>

<< Non ti preoccupare. >>

<< Okay. >>

<< Anzi è perfetto ora perché girovago nel viale e nessuno può ascoltarmi. >>

<< Bene tesoro. >>

<< È la prima volta che ti sento. Hai una bella voce. >>

<< Grazie amore. >>

<< Cosa stai facendo? >>

<< Niente di che sono a casa e mi annoio. >>

<< Già, a chi lo dici! Io stavo facendo un giro in bici prima che mi chiamassi. >>

<< Bello! Anche io vado in bici ogni tanto. >>

<< Mi fa piacere. >>

<< Tesoro verrai da me un giorno? >>

<< Beh, perché non dovrei? Ci stiamo conoscendo, no? E poi te lo dissi anche qualche settimana fa. >>

<< Si. >>

<< Allora un giorno ci possiamo vedere tranquillamente! >>

<< Davvero? Mi faresti felice! >>

<< Si. >> regalandole un sorriso che non poté percepire.

<< Lo sai ... ti amo! >>

<< Wow! È un po' presto per dirlo ma okay ... >>

 

La telefonata continuò per altri venti minuti circa in cui ci raccontammo le cose accadute nel tempo trascorso senza parlarci e terminò con la promessa di chiamarci fin quando non fossi in possesso di una buona connessione.

Fu in grado di ammaliarmi e conquistarmi nonostante la sua età. O forse lasciai l'orgoglio in un cassetto e mi abbandonai tra le braccia stregate solo per la sensazione di poter stare con qualcuno e realizzare il mio agognato desiderio.

E ci credevo. Davvero.

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