Gli eredi della Forza di Angel Of Fire (/viewuser.php?uid=632644)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1.1 - La città tra le nuvole ***
Capitolo 2: *** Cap. 1.2 - L'angelo caduto ***
Capitolo 3: *** Cap. 2.1 - Confessioni ***
Capitolo 4: *** Cap. 2.2 - Fantasmi ***
Capitolo 5: *** Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha ***
Capitolo 1 *** Cap. 1.1 - La città tra le nuvole ***
Gli eredi della Forza
Gli
eredi della Forza
* * *
Nelle anime il legame del
dolore è
più forte del vincolo della felicità e della
gioia,
e l'amore che
viene lavato dalle lacrime rimane puro, bello ed eterno.
(Kahlil
Gibran)
* * *
«Perché
mi hai mandata laggiù?»
«Era
una missione di cui ti ritenevo all'altezza. Come lo è stato
per
Luke.»
«Ho
fallito con Luke.»
«Questo
è quello che ti ostini a credere a torto.»
«Ho
fallito. E lui è morto.»
«Ha
adempiuto al suo destino, e lo ha fatto serenamente. Smetti di
sentirti in colpa per qualcosa che non avresti mai potuto
evitare.»
«Cos'altro
non potrò evitare, Leia? Mi sento così...
inutile, e impotente.»
«Di
cosa hai paura realmente?»
«Non
lo so... Forse di non avere scelta. Perché deve essere tutto
così
difficile e doloroso?»
«Perché
proviamo dei sentimenti, Rey. Perché, nonostante il dolore,
la
sconfitta, la disillusione, non riusciamo a smettere di
amare.»
Cap.
1.1 - La città tra le nuvole
Posizione:
Territori dell'Orlo Esterno – Settore: Anoat - Sistema di
Bespin
La
fascia abitabile dell'immenso gigante gassoso era tra le cose
più
affascinanti che Rey avesse mai visto. Non immaginava che potesse
esistere un'intera città sospesa nel vuoto.
Da
quando era entrata a far parte della Resistenza le si era aperto un
mondo nuovo. Il suo universo ristretto, racchiuso per anni attorno
alle quattro tende sbrindellate dell'Avamposto di Niima, si era
inaspettatamente ampliato.
Scoprire
nuovi mondi e nuove culture, era un'esperienza decisamente
più
appagante che vivere confinata in un luogo in cui, le notizie sul
resto della galassia, arrivavano sempre distorte e ingannevoli.
Durante
il lungo salto nell'iperspazio, C-3PO l'aveva allietata
con un'infinità di informazioni sulle origini e la storia di
Cloud
City e l'importanza del gas tibanna, che si estraeva dagli strati
più
vicini al nucleo del pianeta; l'idea di zittirlo, staccandogli di
netto la testa dal resto del corpo, l'aveva ben più che
sfiorata. Si
era obbligata a sopportarlo solo perché il droide la stava
aiutando
a tradurre i testi dell'antico Codice Jedi che si era portata via da
Ahch-To.
Dalla
cabina di pilotaggio del Falcon, le isole fluttuanti, sospese in
quella suggestiva atmosfera rarefatta, apparivano immense e maestose.
Vivere
quello spettacolo le provocò un intenso brivido lungo la
schiena.
Le
nuvole purpuree regalavano al cielo infinite sfumature rosate e le
infondevano una piacevole sensazione di pace e tranquillità.
Colud
City era un piccolo angolo di paradiso non ancora raggiunto dai
tentacoli del Primo Ordine.
Si
rivolse fiduciosa a Chewbacca e il suo peloso copilota le
indicò il
luogo più idoneo per l'atterraggio: una piccola piattaforma
circolare collegata, come molte altre, tramite una lunga e stretta
passerella, alla più grande delle isole fluttuanti.
Quel
poco che era rimasto della Resistenza si era rifugiato sul
verdeggiante pianeta Batuu, un piccolo e remoto avamposto ai confini
della galassia, diventato il nuovo quartier generale della millenaria
Maz Kanata. Praticamente era un covo di contrabbandieri, furfanti e
avventurieri che viaggiavano tra l'Orlo Esterno e le Regioni Ignote;
ma era anche il luogo più sicuro per nascondersi dal Primo
Ordine.
La sistemazione era provvisoria e, per il momento, potevano ritenersi
al sicuro.
La
scintilla della speranza non si era spenta, ma la situazione rimaneva
delicata e critica. Leia stava lavorando senza tregua per rimettere
in piedi la ribellione e ricomporre una flotta, nonostante le sue
condizioni fisiche non fossero delle migliori. Ma soprattutto stava
cercando gli aiuti e il supporto necessario per dare vita ad un
progetto molto ambizioso che le stava a cuore da molto tempo.
I
pochi scampati al massacro di Crait le stavano accanto dandole
l'appoggio necessario. Poe, Finn e persino Rose, erano impegnati a
cercare nuove alleanze, anche se l'impresa non si stava rivelando
affatto facile.
Lei,
invece, era uscita dall'esperienza di Crait stanca e sfiduciata.
Aveva fallito con Luke e, soprattutto, con Kylo, ma la sconfitta che
le pesava maggiormente era proprio con quest'ultimo.
Aveva
seguito il suo istinto, forte dalla visione che l'aveva investita,
toccandogli la mano. Aveva creduto che raggiungerlo sarebbe stata la
cosa giusta, che si sarebbe convertito e che avrebbe dato una svolta
alla guerra.
Invece,
quello che la Forza le aveva mostrato, si era rivelato un'illusione:
Kylo si era servito di lei per uccidere Snoke, si era fatta
abbindolare per bene e, a stento, era riuscita a portare in salvo i
suoi amici.
Luke
ci aveva rimesso la vita per permettere loro di scappare e, quella
perdita, a distanza di tempo, le appariva tremendamente ingiusta e
insopportabile. In qualche modo ne sentiva la responsabilità.
Dopo
l'ultima connessione, in cui le era quasi sembrato che Kylo cercasse
nuovamente la sua comprensione, aveva deciso di troncare ogni
rapporto. Era arrabbiata con lui, delusa e, soprattutto, ferita.
Ormai erano schierati su fronti opposti e il dialogo pacifico, almeno
da parte sua, non aveva alcun senso.
Si era
obbligata ad ignorarlo, ogni qualvolta la Forza cercava di
connetterli, arrivando anche a farsi del male, pur di non cedere a
quel richiamo insistente e disperato.
Non
aveva più nulla da dirgli se continuava a mantenersi
ostinato sulla
sua posizione, sui suoi intenti distruttivi e sui suoi deliri di
onnipotenza.
Aveva
fatto il primo passo, gli era venuta incontro e la sua fiducia era
stata tradita. Non gli avrebbe mai più concesso un'altra
occasione
se non avesse percepito, in lui, un minimo accenno di cambiamento
sincero.
La
Resistenza era la sua casa, ormai.
I
ribelli erano la sua famiglia. Una famiglia desiderata per troppo
tempo.
Il
generale Organa le aveva affidato una missione delicata e si sentiva
agitata, non poteva prendere quel compito alla leggera. Leia si era
dimostrata molto comprensiva nei suoi confronti e, nonostante le sue
insicurezze, riponeva ancora fiducia nelle sue capacità.
La sua
missione consisteva nell'incontrare un certo Lando Calrissian, che
era stato un grande amico di Han Solo, e consegnargli personalmente
un importante messaggio criptato.
Leia
aveva contattato varie cellule della Resistenza sparse per la
galassia, usando il suo codice personale e lui era stato uno dei
pochi che le aveva risposto.
Il
Generale le aveva confidato che Lando era stato un valido alleato in
passato, e li aveva tirati fuori più volte dai guai. Ma i
tempi non
erano mai stati più gravosi, e trattare con dei possibili
alleati a
distanza, poteva rilevarsi pericoloso, se non addirittura fatale. Il
messaggio conteneva delle informazioni vitali che non dovevano assolutamente cadere in mano al nemico, per questo andava
consegnato di persona.
La
minaccia del Primo Ordine imperversava ormai in ogni angolo della
galassia, la sua ombra oscura si stava stendendo, pericolosamente e
velocemente, fin quasi all'Orlo Esterno. La micidiale flotta degli
Star Destroyer, comandata dal generale Hux, metteva sotto assedio
interi sistemi e, laddove non trovava una rapida resa, o l'intenzione
a sottomettersi e collaborare, lasciava dietro di sé solo
morte e
distruzione.
La
strategia del nemico era chiara: tagliare loro ogni aiuto e fonte di
approvvigionamento. Spingerli ad uscire allo scoperto ed esporsi,
mentre erano ancora vulnerabili. Per questo dovevano agire con
cautela e prudenza, ma soprattutto con rapidità per evitare
che
anche gli ultimi punti focali della Resistenza cadessero in mano al
Primo Ordine.
L'installazione
mineraria di Bespin era proprio uno di questi.
Atterrarono
dolcemente sulla piattaforma fluttuante. Rey si diresse insieme a
Chewbe al portello, non prima di aver preso il suo fidato bastone e
il blaster che le aveva regalato Han, la prudenza non era mai troppa.
Lasciarono R2-D2 e C-3Po in attesa sul Falcon.
Alla
fine della passerella li accolse un uomo alto e calvo che al posto
delle orecchie aveva dei grossi auricolari circolari e che subito si
dimostrò poco cordiale e di altrettante poche parole. Li
guidò
attraverso corridoi e ascensori, senza rivelarsi particolarmente
interessato al loro desiderio di incontrare Lando Calrissian, su
preghiera della principessa Leia Organa di Alderaan.
Mentre
camminava al fianco di Chewbacca, Rey si guardava attorno incantata e
incuriosita: in quel luogo dominava l'uniformità del bianco
e le
superfici lucide e riflettenti. Era tutto così ordinato,
perfetto, e
quasi stentava a credere che fosse reale.
Lo
wookiee invece sembrava essere più tranquillo e a suo agio
di lei.
Giunsero
davanti ad un grande portone, anch'esso rigorosamente bianco, le cui
ante si spalancarono al loro arrivo, mostrando un ampio salone
semicircolare.
Rey
entrò titubante, seguita dallo wookiee, e ne
studiò ogni
particolare, mentre il loro accompagnatore si dileguò in
tutt'altra
direzione. L'ambiente era spoglio e sobrio, era illuminato da
un'immensa vetrata che affacciava su quel suggestivo cielo purpureo,
il soffitto a cupola era sostenuto da quattro colonne alte e snelle.
L'unico arredamento consisteva in un lungo tavolo ovale, circondato
da una dozzina di poltroncine ergonomiche.
Il
tempo passava e lei iniziava a spazientirsi, quella che le era stata
affidata era una missione essenziale per la Resistenza e non poteva
permettersi di perdere istanti preziosi o, peggio, fallire un'altra
volta.
Una
voce squillante e allegra, proveniente alle sue spalle, ruppe
quell'attesa fastidiosa e la fece sussultare. «Chewbe!
Vecchio sacco
di peli, è una vita che non ci vediamo, come stai?»
Lo
wookiee si girò ed emise un grugnito festoso.
La
giovane jedi assistette sorridente a tutta la scena: un uomo dalla
pelle scura, piuttosto anziano, con una folta capigliatura riccioluta
e brizzolata e dei baffetti, vestito in modo molto stravagante,
apparve da un ingresso laterale ed accolse gioioso l'abbraccio un po'
impacciato del gigante peloso.
Poi
si voltò verso di lei incuriosito. Le girò
intorno con
circospezione, come se fosse merce preziosa da analizzare, senza
levarle gli occhi di dosso e finalmente le rivolse la parola.
«Wow!
Tu devi essere l'ultimo
jedi»
esclamò, come se avesse avuto una visione celestiale,
«Leia non mi
aveva detto che eri una ragazza, e anche carina...»
Il
modo in cui la studiava compiaciuto, riuscì a scatenarle un
moto
d'insofferenza. Ma chi si credeva di essere? Istintivamente la sua
mano strinse maggiormente l'asta che portava appesa alla spalla.
Inspirò e cercò di mantenere un minimo di
autocontrollo per evitare
di fare una pessima figura con l'unica persona che, in quel momento,
era in grado di risollevare le sorti della Resistenza.
«Sono
Rey» precisò seria e gli porse l'altra mano per
educazione, non era
mai stata un asso nelle presentazioni ma si sforzò di essere
gentile, anche se quello strano individuo non le aveva fatto una gran
bella impressione.
L'uomo
invece reagì in maniera del tutto inaspettata. Le prese le
dita
della mano tra le sue, in un gesto molto elegante ed
avvicinò le
labbra al dorso, sfiorandolo leggermente con un bacio. «Lando
Calrissian. A tua completa disposizione» si
presentò senza pudore.
Rey
sgranò gli occhi sconvolta e istintivamente si
irrigidì, ritirando
subito la mano come se si fosse scottata. Anche se non poteva
guardarsi allo specchio, era sicura di essere diventata paonazza.
Nessuno aveva mai osato ostentare un tale atteggiamento nei suoi
confronti, anzi, quei poveracci che avevano provato ad invadere la
sua sfera personale su Jakku, ne stavano ancora pagando le
conseguenze.
Non
riusciva a crederci. Possibile che quello strano tipo, avvolto in
quel ridicolo mantello variopinto, ci stesse provando con lei?
Tralasciando il piccolo
particolare che poteva essere suo nonno, dovette dare ragione a Leia
quando glie l'aveva dipinto come un personaggio decisamente
eccentrico e stravagante.
In
quel momento si obbligò a soffocare il suo istinto di
conservazione
e ad essere razionale: non poteva mettere il suo amor proprio di
fronte alla missione. Fosse stato un uomo qualunque, non avrebbe
esitato a togliergli quell'insopportabile espressione sorniona dalla
faccia a suon di bastonate. Ma era un ex Generale dell'Alleanza
Ribelle, un alleato di Leia ed il suo aiuto era cruciale per dare
loro qualche chance di poter vincere la guerra. Doveva darsi una
calmata ed evitare di iniziare quella preziosa collaborazione col
piede sbagliato.
«Ho
un messaggio di Leia per lei,
signor
Calrissian. Ed è veramente importante»
tagliò corto decisa,
enfatizzando il lei
per prendere maggiormente le distanze, nella speranza che il suo
curioso ospite comprendesse la gravità della situazione.
«Chiamami
Lando» fu la sua risposta, per nulla impressionata, seguita
da un
sorriso smagliante.
Rey
strabuzzò gli occhi scoraggiata. Ora cominciava ad intuire
perché
il Generale le aveva rifilato quella gatta da pelare. Quasi si
trovava a rimpiangere gli scontri fisici e i duelli mentali con Kylo
Ren, con lui almeno era riuscita ad avere la meglio, ed aveva anche
un aspetto decisamente più attraente.
Scacciò
immediatamente dalla testa quell'assurdo paragone e si costrinse a
stare al gioco a malincuore. Con quale coraggio sarebbe tornata su
Batuu se quello sbruffone invadente l'avesse cacciata in malo modo
senza averle dato nemmeno la possibilità di consegnare il
messaggio?
Ingoiò
il groppo in gola, sforzandosi di sorridere, e lo
accontentò.
«D'accordo, Lando.
Mi manda la Resistenza, ho un messaggio importante da par...»
«Io
invece ho una splendida idea!» la interruppe bruscamente,
sollevando
entrambe le mani, come se avesse avuto un'illuminazione dall'alto.
«Perché non ne parliamo con calma, di fronte a una
buona cena?
Scommetto che tu e Chewbe sarete affamati, e io sono abituato a
discutere di affari con la pancia piena.»
Senza
nemmeno darle il tempo di protestare, sbatté un paio di
volte le
mani e subito si presentò trotterellante un Ugnaught che
borbottò
contrariato, come se fosse stato interrotto sul più bello,
mentre
era intento in qualcosa di importante.
«Portaci
qualcosa da mangiare, svelto. I miei ospiti meritano una degna
accoglienza. Sono amici di Leia, e gli amici di Leia sono anche amici
miei» sentenziò risoluto. L'Ugnaught
annuì a malincuore prima di
sparire dietro una colonna, protestando animosamente.
Rey
ingobbì le spalle e rivolse un'occhiata scoraggiata allo
wookiee, il
quale le rispose con un lungo lamento, scuotendo la testa sconsolato.
Era
inutile, Lando la sapeva troppo lunga per sperare di fregarlo. Non le
rimaneva che assecondarlo. Prima o poi le avrebbe dato l'occasione di
spiegare, e pregò che ciò accadesse prima che la
flotta nemica
arrivasse a mettere sotto assedio anche Bespin.
«Prego,
accomodatevi... » li invitò, indicando, con un
gesto elegante, le
poltroncine attorno al grande tavolo.
* * *
Il
cibo era ottimo e abbondante e la compagnia piacevole; Rey si dovette
ricredere, Lando si stava dimostrando un simpaticone oltre che un
ospite impeccabile e disponibile.
Dalla
sua parlantina sciolta si percepiva che doveva essere stato un gran
filibustiere. Un po' le ricordava Han, anche se quella vecchia
canaglia non aveva mai osato provarci con lei in modo così
spudorato.
Man
mano che prendeva confidenza con i suoi gesti, a volte fin troppo
teatrali, si rendeva conto che l'intraprendenza che dimostrava, era
un suo particolare modo di fare, più che un tentativo di
seduzione
vero e proprio, e si ritrovò a ridere di se stessa.
Finalmente
riuscì a rilassarsi e godersi la cena.
L'amministratore
dell'installazione mineraria di Bespin raccontò loro di come
se
l'era cavata dopo la Guerra Civile Galattica, delle sue scorribande
insieme allo storico amico Han Solo, di come aveva ripreso il
controllo della colonia dopo che era stata assoggettata dall'Impero
e, soprattutto, di come era riuscito a tenersi alla larga dal Primo
Ordine, rimanendo saggiamente nell'ombra. Aveva avuto l'accortezza di
mantenere il commercio del gas tibanna su delle tratte riservate. La
sua clientela non era esattamente gente raccomandabile, ma aveva il
suo stesso interesse a non dare nell'occhio.
Negli
ultimi anni i suoi contatti con Leia si erano ridotti al minimo, fino
a limitarsi a pochi scambi di messaggi, specie dopo che la situazione
politica era degenerata. La sua vecchia amica, però, lo
aveva
costantemente tenuto informato sulle tragiche vicende che avevano
sconvolto la sua famiglia.
Quando
ebbero finito di mangiare, finalmente Lando le porse la fatidica
domanda: «Allora, qual era l'importante messaggio che avevi
tanta
fretta di consegnarmi?»
Rey
non se lo fece ripete due volte, frugò nella sacca consunta
che si
portava sempre appresso e gli porse il piccolo aggeggio cilindrico
che il generale Organa le aveva affidato, affinché lo
consegnasse
personalmente a lui. Si trattava di una piccola banca dati che poteva
essere decodificata esclusivamente da un codice personale, di cui
solo Lando era a conoscenza. L'ex contrabbandiere la rigirò
tra le
mani studiandola con interesse, poi si alzò e la
inserì in una
piccola postazione computerizzata, nascosta dietro un pannello mobile
addossato ad una parete. Digitò il codice ed attese.
Dopo
alcuni secondi di elaborazione, l'oloproiettore materializzò
davanti
ai loro occhi l'immagine rotante del progetto di una straordinaria
stazione spaziale super corazzata.
Lando
sogghignò. «A quanto pare Sua Altezza ha capito
che la Ribellione
avrà qualche chance in più di vincere, se non
fornirà al Primo
Ordine un bersaglio fisso sul quale fare fuoco.»
Rey
scoccò uno sguardo compiaciuto a Chewbacca, il loro ospite
era un
tipo perspicace, oltre che scaltro. «Si chiama Alderaan
Prime»
spiegò, senza riuscire a nascondere l'entusiasmo,
«attualmente si
trova debitamente occultata nelle profondità di Glee Anselm*
dove
stanno ultimando la costruzione. Leia sperava che potessi fornirle
abbastanza gas tibanna per alimentare tutte le batterie di armamenti
e potenziare al massimo i motori dell'iperguida.»
Lando
sorrise, la giovane jedi aveva sapientemente omesso la parte
cruciale: non avrebbe potuto pagare. Ma il vecchio furfante sapeva
benissimo in quali condizioni precarie versava la Resistenza. Si
lisciò compiaciuto i baffi sottili, fingendo di rifletterci
qualche
istante. Poi ruppe il silenzio che stava diventando preoccupante.
«Le
ha dato il nome del suo amato e perduto pianeta... La cosa mi piace!
Comunica pure alla principessa che avrà tutto il gas tibanna
che
vuole, e che lo può considerare come un mio personale, e modesto,
contributo alla causa. I miei ingegneri si metteranno subito al
lavoro.»
Rey
tirò un sospiro. In realtà, a primo acchito,
Lando non le aveva
fatto una bella impressione. Il suo modo di fare le era apparso
ambiguo, anche se Leia le aveva assicurato che di lui ci si poteva
fidare totalmente. Aveva percepito qualcosa: un'ombra leggera che le
aveva suggerito che, in passato, non era stato sempre così.
«Ti
ringrazio, a nome della Resistenza. E Leia te ne sarà
infinitamente
grata...» Le uniche parole che riuscì a mormorare,
suscitarono un
sorriso sincero sul viso di Lando. Poi però notò
il suo allegro
ospite diventare più serio, fin quasi a rabbuiarsi.
«Dimmi,
come sta la principessa?»
Quella
domanda la fece sussultare lievemente, come se dentro di lei fosse
scattato qualcosa, una specie di meccanismo di autodifesa di cui non
ne capiva il motivo. Non c'era nulla di male: l'ex contrabbandiere
non vedeva Leia da anni, era normale che fosse sinceramente
preoccupato per lei. Eppure aveva l'impressione che quella
conversazione sarebbe andata inevitabilmente a toccare argomenti
dolorosi.
«Non
tanto bene, a dire il vero.» Non se la sentì di
indorare la pillola
e Chewbe, poco lontano, emise un lungo lamento angosciato che fece
preoccupare anche Lando.
«Non
si è ancora rassegnata, suppongo.»
Rey
sospirò corrugando la fronte. «Non credo ci si
possa rassegnare
alla morte della persona con la quale si è diviso la
vita.» Fu
molto schietta, anche se in merito non aveva molta esperienza.
Lando
fece una lunga pausa, quasi avesse timore di esternare quello che gli
passava per la testa, poi però proseguì.
«Non intendevo la morte
di Han,
sono sicuro che è
abbastanza forte per accettarla...»
Quella
precisazione la colse di sorpresa e le fece aguzzare i sensi.
«Mi
riferivo alla perdita di suo figlio.»
A
Rey si gelò il sangue, non immaginava che Lando potesse
conoscere
Ben. Credeva che quell'incontro su Bespin sarebbe stato innocuo,
da quel punto di vista. Riflettendo sul suo passato da
contrabbandiere al fianco di Han, però, l'idea non le parve
poi così
assurda.
Chewbacca
emise un ruggito disperato, sbatté violentemente un pugno
sul
tavolo, facendo saltare via piatti e avanzi di cibo, poi si
alzò in
piedi furioso e si allontanò da quella conversazione che
stava
prendendo una brutta piega.
Rey lo
vide lasciare la sala con rammarico, ma non poteva biasimarlo, era
naturale che non volesse nemmeno sentire nominare l'assassino del suo
più caro amico.
«Credo
di no... » ammise a malincuore, a capo chino. Forse sarebbe
stato
più facile anche per lei, se Leia lo avesse dichiarato
definitivamente perduto, avrebbe potuto affrontare quella guerra con
meno apprensione. Ma in cuor suo sapeva che non era così.
C'era
ancora luce in Kylo Ren, l'aveva percepita chiaramente, ed era il
motivo principale per cui gli aveva risparmiato la vita.
Forse
aveva commesso un grave errore, considerando come si stava evolvendo
la guerra, ma non era potuta andare contro al suo istinto. Qualcosa,
nel profondo, le aveva gridato che, ucciderlo a sangue freddo, non
sarebbe stata la soluzione a quel conflitto, e che non era ancora
giunto il momento della resa dei conti.
Non
sapeva come spiegarlo, ma nelle parole e nel modo di fare di Ben
aveva percepito molto di più di quello che aveva voluto
mostrarle.
La confidenza che si era preso con lei, fin dal principio, quel
volerla al suo fianco a tutti i costi, le avevano dato l'impressione
che, in qualche modo, la conoscesse da molto prima che si
incontrassero. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di far luce
su quel
tremendo sospetto.
Mentre
lo osservava disteso a terra, inerme ed incosciente, si era obbligata
ad aspettare; non sapeva esattamente cosa, forse le sarebbe stato
più
chiaro col tempo. Si sarebbe addestrata, avrebbe ricostruito la spada
di Luke, sarebbe diventata più forte e abbastanza saggia per
affrontarlo di nuovo, e non gli avrebbe più permesso di
incastrarla
con un subdolo ricatto morale.
Non
aveva idea di come si sarebbe evoluta la faccenda tra loro, ma
sentiva che il giorno in cui si sarebbero trovatati di nuovo faccia a
faccia, non era lontano.
«Leia
mi ha detto che ti sei scontrata con lui.» Le parole di Lando
la
riportarono bruscamente alla realtà.
Sollevò
lo sguardo verso l'ex contrabbandiere e si trovò a pensare
che fosse
buffo e anche crudele, che più tentasse di togliersi Ben
Solo dalla
mente, più finiva per infilarsi in situazioni che la
obbligavano a
ricordarsi della sua esistenza. Annuì mesta, senza riuscire
a
spiccicare una parola.
«Sai
una cosa Rey? Ben era un ragazzino molto in gamba ed estremamente
sveglio per la sua età. Oh, era anche molto intraprendente,
capriccioso e soprattutto parecchio viziato... Ma amava la sua
famiglia, adorava sua madre, e nutriva una vera e propria venerazione
per suo padre. Ancora non riesco a credere che lo abbia...»
Rey
sgranò gli occhi. Era la prima volta che Lando non riusciva
a
concludere una frase. Di colpo aveva perso la sua vena sarcastica. La
morte del suo migliore amico doveva averlo turbato nel profondo.
Lei
invece si ritrovò a riflettere. Ben venerava suo padre?
Perché
quella rivelazione adesso le pareva così ridicola e assurda?
Era
sicura che lo considerasse un povero illuso, un uomo stupido e
debole. Quante altre cose le aveva tenuto nascosto quello sporco
bastardo?
«Quando
rientravamo da un viaggio, quel piccolo starfighter**
ci correva incontro urlando e poi saltava al collo di Han e non
voleva più lasciarlo andare. Ripeteva in continuazione che
voleva
diventare il miglior pilota della galassia, proprio come suo
padre.»
Lando riportò alla luce quei vecchi ricordi, con un sorriso
malinconico sulle labbra. Sembrava che fosse sinceramente affezionato
a Ben.
Rey
invece rimase profondamente scossa da quelle confidenze, per quanto
si sforzasse non riusciva proprio ad immaginare Kylo bambino,
innocuo, affettuoso verso i suoi familiari. Era una visione che
strideva fortemente con l'immagine rabbiosa e cupa che aveva di lui.
L'immagine del mostro che voleva dare di sé, a tutti i costi.
«Perché
mi stai raccontando queste cose?» le venne spontaneo
chiedere. La
voce tremante tradì il velo di emozione, e si
sentì improvvisamente
stupida e vulnerabile.
Lando
sospirò scuotendo la testa. «Non erano
pronti...»
Rey
aggrottò la fronte senza capire.
«Leia
ed Han, intendo. Non erano pronti per fare i genitori. Ben è
arrivato all'improvviso, in un momento difficile. Lei era sommersa
dagli impegni politici e pressata dalla necessità di
concludere
importanti accordi diplomatici; un figlio era l'ultima cosa di cui
aveva bisogno per complicarsi la vita ulteriormente. Ed Han... beh,
lui forse non si aspettava che sarebbe accaduto così presto,
ce l'ha
messa tutta per essere un buon padre, è stato presente e
amorevole,
finché ha potuto. Ma a volte l'impegno non basta. Non dico
che non
l'abbiano voluto, semplicemente... non erano pronti.»
Rey
continuava a non capire. Perché il suo strano ospite le
stava
raccontando aspetti così intimi della vita dei suoi amici?
«Non
capisco cosa c'entri questo col suo cedimento al lato Oscuro e con
l'odio verso la sua famiglia» le venne spontaneo ribattere
con fin
troppa enfasi.
Lando
sorrise leggermente alla sua animata reazione. «Vedi Rey...
Leia si
era accorta che c'era qualcosa, in Ben, che non andava, fin dal
principio. Ma sapeva anche che non era in grado di gestire il suo
potere.»
«E lo
ha mandato da Luke, affinché lo addestrasse» lo
aiutò a concludere
la frase, stufa di sentire l'ennesima versione della stessa storia.
L'ex
contrabbandiere annuì. «Già. Io non
avevo alcun diritto di
intromettermi, ma Han... beh, lui non la prese tanto bene. Era
contrario. Quella faccenda ha minato in modo irrimediabile il loro
rapporto. Ed
è stato l'inizio della fine...»
Rey
strinse i pugni e digrignò i denti, scossa da un
impercettibile moto
di rabbia. «Sono sicura che Leia non abbia preso una
decisione
simile alla leggera. Credo che una madre sappia cosa sia meglio per
il proprio figlio. Evidentemente si era resa conto di non poter
competere con l'oscurità che continuava a crescere dentro di
lui. Ha
solo cercato il modo migliore di aiutarlo.» Lo disse mentendo
spudoratamente a se stessa. I suoi genitori l'avevano venduta come se
fosse stata un oggetto, una zavorra inutile di cui liberarsi, cosa
poteva esserci di giusto in un gesto così orribile?
Ancora
una volta si ritrovò a non capire per quale assurdo motivo
Ben
avesse rinnegato in modo così spietato una famiglia
amorevole che
aveva solo cercato di proteggerlo. Solo dopo qualche istante si rese
conto che si era alzata in piedi e stava fronteggiando il suo ospite
a pugni stretti, come se le avesse lanciato una sfida.
Lando
rimase sorpreso ed impressionato dalla sua reazione animata e si
fermò a studiarla qualche istante incuriosito.
«Che
c'è?» le vene spontaneo chiedere, sentendosi a
disagio sotto il suo
sguardo indagatore.
«Tu
hai un debole per Ben» sentenziò compiaciuto
lisciandosi i
baffetti, riducendo gli occhi a due fessure.
«Cosa?
Assolutamente no!» reagì d'impulso indignata, come
se fosse stata
punta sul vivo.
Lando
continuò a scrutarla. «Uhm... Cara la mia Rey, io
difficilmente mi
sbaglio. Ho una specie di radar, per queste cose. Sai, quando il mio
amico Han, si prese una colossale cotta per Leia, lo sgamai subito,
anche se, a prima vista, sembrava che avesse l'orticaria quando
stavano insieme. Non facevano altro che punzecchiarsi e
litigare.»
Rey
aggrottò le sopracciglia e poi sorrise. «Scommetto
che ci hai
provato anche con lei» ironizzò impietosa,
sciogliendo i pugni ed
incrociando le braccia al petto.
Il suo
ospite non si dimostrò particolarmente indignato da quella
constatazione e sghignazzò senza ritegno.
«Ovviamente. Leia è
sempre stata un gran bel pezzo di principessa.» Le
strizzò l'occhio
riuscendo a farla sentire di nuovo a suo agio.
Rey
però tornò subito seria. «Cosa ti fa
credere che abbia un debole
per Kylo Ren?» chiese sinceramente curiosa, preparandosi a
smentirlo
senza esitazione.
Il
vecchio filibustiere le regalò un sorriso sornione.
«Perché tu, a
differenza di Leia, pensi di essere in grado di competere con
l'oscurità che c'è in lui. E forse sei l'unica
persona, in tutta la
galassia, che è ancora in grado di salvarlo.»
Le
ultime parole di Lando ebbero il potere di farla ammutolire.
*
* *
La
notte di Bespin non era particolarmente lunga, ma a Rey sembrava
durasse un'eternità. Continuava a girarsi e rigirarsi, tra
le
lenzuola pulite e profumate di quel letto troppo ampio per una sola
persona, senza riuscire a trovare tregua. Il materasso era comodo e
morbido per una come lei, che piuttosto si sarebbe adeguata a dormire
su una lastra di pietra.
Lando
le aveva messo a disposizione il suo alloggio migliore, aveva
insistito perché lei e Chewbe passassero la notte a Cloud
City,
avevano tutto il tempo di ripartire per Batuu il giorno successivo.
L'ambiente era caldo e accogliente, munito di tutti i comfort, eppure
non riusciva a prendere sonno.
Col
passare delle ore, si rese conto che, accettare quella generosa
ospitalità, non si era rivelata una buona idea. Quando il
generale
Organa le aveva affidato la missione, aveva creduto che il suo
compito sarebbe stato facile e soprattutto indolore; doveva solo
recapitare un messaggio ed assicurarsi che Lando avrebbe collaborato
con la Resistenza. Non avrebbe mai immaginato che quello strano
personaggio avrebbe potuto sconvolgere i suoi pensieri in modo tanto
brutale. Cominciava quasi a sospettare che la principessa lo avesse
fatto apposta.
Leia
e Lando si erano messi d'accordo? Era una specie di complotto?
Dopo
aver osservato il soffitto per un tempo indefinito, decise di
alzarsi. Si rivestì velocemente ed uscì dalla
stanza.
I
corridoi erano deserti e silenziosi, erano illuminati solo da una
sottile linea di luce che correva lungo il bordo della camminata. Per
un istante ebbe paura di perdersi, poi decise di farsi guidare dal
suo istinto per uscire da quel labirinto intricato di ambienti.
Quando
finalmente uscì all'aperto, le apparve uno spettacolo che le
mozzò
il respiro. La notte di Bespin era estremamente suggestiva. Il cielo
non era completamente nero, come sugli altri pianeti che aveva
visitato, non era come quella cappa buia e fredda che si stendeva
impietosa su Jakku, congelando in poco tempo l'aria infuocata.
L'orizzonte
era meravigliosamente sfumato. I gas provenienti dal nucleo del
pianeta creavano un particolare gioco di luci rosate, nella parte
inferiore della città poi, man mano si attenuavano verso
l'alto,
fino a spegnersi del tutto, fondendosi col nero dello strato
atmosferico superiore. La notte non arrivava mai ad essere totalmente
scura.
Era
forse un messaggio di buon auspicio per la Resistenza? Era davvero
difficile essere positivi in quel momento, sapendo che là
fuori,
oltre quello spettacolo mozzafiato, la galassia era dilaniata dalla
guerra.
Rey
si fermò ad ammirare quel cielo meraviglioso con le lacrime
agli
occhi. Una leggera brezza le scompigliò i capelli che non
aveva
avuto il tempo di legare, respirò a pieni polmoni quell'aria
così
fresca ed eccezionalmente ricca d'ossigeno. Nonostante la pace che le
infondeva la visione nella quale era immersa, non riusciva a
soffocare il senso d'inquietudine che l'aveva assalita durante la
cena con Lando.
Non
poté fare a meno di pensare di nuovo intensamente a Ben. In
passato
sarebbe bastato il suo stato d'animo particolarmente vulnerabile a
scatenare una connessione tra loro, ma ormai era da tempo che non
accadeva.
Era
convinta di essere riuscita a spezzare quel legame in modo
definitivo. Non aveva più sentito alcun richiamo. Intorno a
lei
regnava solo il silenzio e, improvvisamente, quella consapevolezza,
le fece paura.
Un
doloroso senso di solitudine si impadronì dei suoi sensi,
provocandole una leggera vertigine, come se stesse in bilico
sull'orlo di un baratro.
Probabilmente
anche la Forza si era rassegnata al fatto che lei e Ben fossero solo
due spiriti affini molto potenti, irrimediabilmente schierati su
fronti opposti, e che non avrebbero mai potuto trovare un punto di
incontro. Forse erano solo destinati a distruggersi a vicenda.
Si
costrinse a reagire. Percorse interamente la passerella fluttuante e
si rifugiò sul Falcon, lì si sentiva al sicuro.
L'interno era buio,
ma erano attive le flebili luci di emergenza. Entrò nella
hall e
scorse i droidi immobili accanto alla postazione computerizzata, che
si erano disinseriti per ricaricarsi e passare la notte.
Scivolò
silenziosamente accanto alle poltroncine tondeggianti, si tolse gli
stivali e si rannicchiò nella cuccetta.
Il
materassino era rigido e consunto, la morbidezza non aveva nulla a
che fare con quella del letto su cui era appena stata, ma non le
importava: il tanfo di muffa e di lubrificante scadente che le
invadeva le narici, aveva su di lei un effetto calmante.
L'interno
del Falcon era come il ventre di un'immensa e amorevole madre.
Chiuse
gli occhi e tentò di rilassarsi, mancava davvero poco al
sorgere del
sole e forse sarebbe riuscita a rubare alla notte un paio d'ore di
riposo, prima di riprendere la rotta per Batuu.
*
L'alba
non ne voleva sapere di arrivare.
Rey
si ritrovò a camminare lentamente, a piedi nudi, attraverso
i
corridoi circolari del Falcon, carezzando, con la punta delle dita,
le pareti malridotte e sudicie.
Respirava
un'atmosfera insolita, quasi surreale. Era come se stesse vivendo al
rallentatore.
C'era
qualcosa di strano e diverso, quegli ambienti le parevano gli stessi
eppure, sostanzialmente, non lo erano. Oltre al costante ronzio di
sottofondo delle strumentazioni di bordo, le sembrava di udire
qualcos'altro.
All'inizio
i suoni le sembravano lontani, distorti. Poi, pian piano, divennero
più chiari: urletti isterici alternati ad una risatina
infantile.
Deglutì
a vuoto e si fermò ad ascoltare, guardandosi attorno con
circospezione e i battiti accelerati. Si voltò di scatto
quando le
sembrò di scorgere, con la coda dell'occhio, qualcosa di
piccolo e
veloce attraversare un corridoio laterale che si innestava in quello
in cui lei era ferma.
Il
sangue le si gelò nelle vene.
Con
cautela si affacciò in quel passaggio per cercare di capire
di cosa
si trattasse, ma era stranamente troppo buio.
«Ehi!
C'è qualcuno laggiù?» Chiese ad alta
voce. Non erano attive
nemmeno le luci d'emergenza e trovò la cosa molto insolita.
Poi
l'udì di nuovo, quella risata, cristallina e spensierata.
«Prova
a prendermi!»
___________________________
Note:
* Pianeta dell'Orlo Mediano, Settore Jalor,
superficie coperta da un oceano costellato da piccole isole.
** Spoiler dal libro canonico Star Wars Last
Shot
|
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Capitolo 2 *** Cap. 1.2 - L'angelo caduto ***
Cap. 1.2
«Non
ti sembra che Rey
sia cambiata?»
«Che
cosa vuoi dire?»
«Da
quando è tornata da
Bespin, ho l'impressione che non sia più la
stessa.»
«Beh,
in un certo senso,
è sempre stata diversa da tutti noi.»
«Lo
so. Ma non è questo
che intendo. Che diceva Rose, a proposito di lei, l'altro
giorno?»
«Che
sembrava avere lo
sguardo perso in qualcosa che a noi non è concesso
vedere.»
«Esatto.»
«Poe,
Rey è speciale. È
un
jedi. Per quanto possiamo affezionarci, prima o poi la sua strada
prenderà una direzione diversa dalla nostra. Credo che tu
debba
cominciare a fartene una ragione. Tutti noi dobbiamo farcela.»
«No,
tu non capisci. È
accaduto qualcosa laggiù, Finn. Qualcosa che l'ha turbata
enormemente e di cui ha paura di parlare.»
«Credi
che abbia a che
fare con lui?»
«Non
lo credo. Ne sono
sicuro.»
*
* *
Cap.
1.2 – L'angelo caduto
Rey
sbarrò gli occhi bramando l'aria come se fosse riemersa da
una lunga
apnea.
Solo
dopo qualche istante si rese conto di essere ancora sdraiata
nell'angusta cuccetta della hall principale del Falcon.
Si
sollevò sui gomiti ansimando e poi, lentamente, si mise a
sedere in
quello spazio ristretto, con le gambe incrociate, passandosi la mano
sulla fronte sudaticcia.
Non
aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma si sentiva più
stanca
ed agitata di quando si era coricata.
Finalmente
riprese fiato ma, nonostante avesse ormai piena padronanza del suo
corpo, non riusciva a placare l'inquietudine.
Non
era in grado di giudicare se l'esperienza che l'aveva strappata
brutalmente al sonno, era stata un sogno oppure un'altra visione.
Aveva la sensazione che fosse stato qualcosa di diverso, di
dannatamente reale, ma si era interrotto troppo presto per darle modo
di capire di cosa si trattasse.
Cominciava
ad averne abbastanza di quelle maledette manifestazioni della Forza.
Come era accaduto su Takodana, erano totalmente inutili se poi la
lasciavano con mille interrogativi ed un frustrante senso di
impotenza.
Si
rimise gli stivaletti, scese dalla cuccetta e si guardò
intorno. Dei
droidi non c'era traccia, di conseguenza era già giorno
pieno. Non
c'era tempo per rimuginare e perdersi in elucubrazioni mentali
infruttuose, doveva ritornare al più presto alla base: c'era
una
guerra in corso e sarebbe stata certamente più utile accanto
ai suoi
compagni invece che a sprecare tempo prezioso per tentare di
risolvere i misteri della Forza.
Urgeva
trovare Chewbacca.
*
Come
era accaduto a lei, anche lo wookiee non era riuscito a chiudere
occhio nei regali alloggi di Lando, ed aveva anticipato il rientro
sul Falcon. Lo trovò indaffarato davanti ad uno dei
collettori che
regolavano il flusso di tensione ai propulsori posteriori.
Evidentemente aveva trovato un piccolo guasto che andava riparato
prima di riprendere la rotta per Batuu, ma, nello stesso tempo, aveva
avuto l'accortezza di non svegliarla e lasciarla riposare.
Sorrise
amaramente nel vederlo così tranquillo e assorto nel suo
lavoro,
nonostante dentro di lui infuriasse la tempesta. Poteva comprendere
perfettamente il turbinio emotivo che si agitava nel suo animo,
perché lo aveva provato lei stessa e, a stento, era riuscita
a non
farsi sopraffare dall'odio e dalla vendetta.
Simili
sentimenti erano un facile veicolo per il Lato Oscuro; lo sapeva, se
lo sentiva, e lei non si sarebbe fatta risucchiare da quella spirale
distruttiva.
Non
aveva idea se Chewbe sarebbe mai stato in grado di perdonare Ben, per
l'uccisione di suo padre; per un wookiee forse la faccenda era un po'
più complicata, ma il fatto che sulla Starkiller non lo
avesse
colpito in un punto vitale, nonostante la sua mira infallibile, era
il sintomo che non aveva avuto il coraggio di ucciderlo. Questo
contribuiva enormemente ad alimentare le sue speranze.
«È
grave? Hai bisogno di aiuto?» Qualunque fosse il problema,
era
sicura che in due l'avrebbero risolto più velocemente. Non
vedeva
l'ora di levare le ancore da quello strano posto in cui faticava
sempre di più a sentirsi tranquilla.
Il
grugnito di risposta di Chewbe la rassicurò: era una cosa da
nulla.
Sarebbero potuti ripartire anche senza riparazioni, visto che gli
altri collettori funzionavano alla perfezione, lo wookiee aveva
semplicemente sentito il bisogno di tenersi occupato.
«D'accordo,
mi fido di te. Dove si sono cacciati i droidi?»
indagò curiosa
guardandosi intorno. Senza i discorsi petulanti di C-3PO e i
cinguettii festosi di R2, il silenzio del Falcon era quasi
inquietante.
Il
gigante peloso mugugnò qualcosa a proposito di un giro
turistico sulla
suggestiva camminata della
piattaforma fluttuante e lei strabuzzò gli occhi
scoraggiata; a
quanto pare il rientro alla base era subordinato ai loro comodi.
Questa volta, al droide dorato chiacchierone, una bella strigliata
non glie l'avrebbe risparmiata nessuno.
Tornò
nella hall principale a malincuore e si abbandonò
stancamente su una
delle poltroncine che circondavano il tavolino tondo. Il ricordo di
quello che aveva vissuto poco prima tornò a farsi vivo,
insieme ad
un discreto mal di testa.
Invidiò
Chewbe che aveva trovato il modo di ingannare il tempo che li
separava dalla partenza, lei invece si sentiva terribilmente
inquieta.
Ripensò
a Lando e a quella loro strana conversazione, al modo in cui aveva
scrutato le sue reazioni quando le aveva parlato di Ben, come se
avesse voluto a tutti i costi dimostrarle qualcosa. Tutto questo
aveva il potere di destabilizzarla.
Aveva
sempre contato solo su se stessa, fin da quando i suoi genitori
l'avevano abbandonata a sopravvivere in un deserto; aveva imparato a
resistere alla fame, al freddo, persino alla solitudine, eppure, in
quel momento era come se stesse vivendo un'altra vita, imprevedibile
e ignota, per la quale si riteneva impreparata.
La
paura tornò a prendere il sopravvento sui suoi sensi. Ancora
una
volta si sentiva debole e vulnerabile e detestava sentirsi in quel
modo.
«Non
ditemi che vi state già preparando per la
partenza!» Le parole
improvvise e inaspettate di Lando la colpirono come una frusta,
facendola sussultare.
Si
voltò verso il tunnel che si innestava nella hall e lo vide
avvicinarsi a passo spedito verso di lei, avvolto in un altro dei
suoi mantelli variopinti. Doveva essere proprio una fissazione. L'ex
contrabbandiere entrò nell'ampio ambiente guardandosi
intorno con
fare malinconico, carezzando le superfici sudicie e malridotte, come
se gli riportassero alla mente antichi ricordi.
«Incredibile,
questo pezzo di ferraglia è ancora in grado di volare,
nonostante
sia ridotto a poco più di un rottame. Credevo che ormai
l'avessero
parcheggiato in qualche lurida discarica a fare da fonte di
approvvigionamento di pezzi di ricambio.»
Quell'esternazione
ebbe il potere di farla sorridere: «Beh, non ci sei andato
molto
lontano...» In effetti sarebbe stato quello il suo destino,
se non
l'avesse sgraffignato ad Unkar Plutt per fuggire da Jakku insieme a
Finn e BB-8.
Lando
notò la sua reazione, rallegrandosi.
«Wow!
Su quelle labbra imbronciate è spuntato un timido sorriso.
Sono
contento di essere riuscito a risollevarti un po' il morale.»
Rey
scosse il capo. «Fossi in te non mi darei tutte queste
arie» non
poté fare a meno di consigliarli, anche se sapeva bene che
sarebbe
stato fiato buttato al vento.
Lando
accusò il colpo e ridacchiò. «Che
diavolo vi è preso, a te e a
quel sacco di peli? Credevo che avreste apprezzato la mia
ospitalità.
Invece ve la siete filata. Il letto non era abbastanza
comodo?»
«Lo
era troppo» ebbe l'accortezza di fargli notare,
«non sono abituata
a certi lussi. Mi trovo più a mio agio qui, sul Falcon. E
Chewbe sta
lavorando ad un piccolo guasto. Non la prendere a male» tenne
a
precisare, confidando nella sua comprensione.
«Beh,
non sai come ti capisco. Ho passato i migliori anni della mia vita a
bordo di questo gioiello.»
«Gioiello?»
Rey alzò un sopracciglio perplessa. Solo un minuto prima lo
aveva
definito pezzo di
ferraglia
e rottame.
«Ai
miei tempi lo era sul serio, prima che Han me lo soffiasse,
vincendolo ad una partita di Sabacc. Barando, ovviamente.»
Quella
perdita gli bruciava ancora, nonostante fossero passati ormai tanti
anni. Era ancora convinto che quella meravigliosa astronave avrebbe
conosciuto un destino meno cruento se non fosse finita nelle grinfie
del suo amico. Han era un pilota straordinario, ma aveva la
particolare abilità di riuscire a demolire tutto quello che
gli
passava per le mani.
«Tu
sei stato il primo possessore di questa nave?» Rey non
riuscì a
nascondere lo stupore e l'entusiasmo.
«Beh,
non proprio il primo. Ma ti posso assicurare che, finché ne
sono
stato il proprietario, non aveva nemmeno un graffio.» Le
strizzò
l'occhio sornione, sedendosi sulla poltroncina proprio di fronte a
lei. «Restate ancora un giorno. Sarò ben felice di
ospitarvi, e nel
frattempo i miei meccanici rimetteranno in sesto il Falcon. Mi pare
più malridotto del solito.»
Rey
rimase sorpresa e lusingata da quell'offerta, ma i suoi piani per
l'immediato futuro erano leggermente diversi. «Sei molto
gentile, ma
ho fretta di ripartire. Questo gioiello
se l'è sempre cavata più che bene, sono sicura
che non ci deluderà,
nemmeno nelle fasi decisive della guerra. A volte ho come
l'impressione che abbia vita propria...»
Lando
annuì. «In un certo senso è
così. Nel suo computer centrale,
molto tempo fa, ci caricai la memoria di una cara amica» le
confidò
nostalgico, ricordando con tristezza L3.
Rey
gli riservò uno sguardo tenero. «Sai, quando
vivevo su Jakku, ho
sempre pensato che il Falcon, i jedi, la Forza... fossero solo miti,
leggende, un mucchio di storie affascinanti portate dai forestieri, e
che difficilmente avevano un fondo di verità. Poi ho
incontrato
Han... e tutto si è improvvisamente concretizzato. Sono
stata
risucchiata in un mondo di cui non immaginavo l'esistenza e ne sono
diventata parte integrante. Forse non sono pronta ad affrontare
quello che la Resistenza si aspetta da me. Ho paura di
deluderli...»
Non sapeva perché aveva sentito l'esigenza di confessare a
Lando
quella sua debolezza, ma in quel momento era l'unico che la stava ad
ascoltare e lei aveva un disperato bisogno di aprirsi.
«Nessuno
può dirsi pronto, fino a quando non affronta ciò
che il destino gli
pone davanti. Credi che Han fosse preparato a morire? Eppure non ha
lasciato nulla di intentato pur di salvare suo figlio. Quel dannato
filibustiere mi ha trascinato nelle imprese più assurde,
credi che
se ne sia mai fatto un problema? Accidenti a lui!»
Rey
sorrise. «Già, la vostra deve essere stata una
vita molto
avventurosa e movimentata.» Lo disse con una punta di
malinconia,
rattristandosi. Anche se con Han aveva condiviso solo pochi giorni,
erano stati particolarmente intensi. Le mancava terribilmente, come
se lo avesse conosciuto da una vita. Assistere alla sua morte era
stata un'esperienza orribile, eppure era riuscita a superare l'orrore
di quel gesto e a guardare Ben con occhi diversi: non più
come uno
spietato assassino, ma come una vittima di una subdola manipolazione
a cui aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Che poi l'avesse
fortemente delusa sotto altri aspetti, era un altro paio di maniche.
«Oh,
ci puoi giurare!» Lando sbatté un pungo sul
tavolino con enfasi.
«Abbiamo attraversato la galassia in lungo e in largo e messo
nel
sacco i peggiori criminali, contrabbandieri e cacciatori di taglie in
circolazione. Ce la siamo sempre cavata alla grande. Eppure... la sua
vita è stata spezzata nel modo più assurdo e
crudele. Quella
vecchia canaglia ha lasciato un vuoto incolmabile.»
Rey
gli sorrise malinconica; dopotutto non si era pentita di aver
conosciuto Lando, era a tutti gli effetti parte della famiglia Solo,
e se Leia aveva scelto proprio lei per contattarlo, la riteneva
emotivamente coinvolta e, in un certo senso, parte di quella stessa
famiglia.
«Mi
dispiace di essere stata aggressiva e scortese, ieri» si
sentì in
dovere di scusarsi cercando i suoi occhi scuri e ancora vivaci,
nonostante l'età ormai avanzata.
Lando
sospirò. «E a me dispiace di averti messo in
difficoltà,
parlandoti di Ben. Davvero, non era mia intenzione» le
confessò, in
tono paterno.
«Oh,
sì che lo era» sorrise, assottigliando lo sguardo,
«ma non
importa» ci tenne a tranquillizzarlo, «so che
dovrò ancora
confrontarmi con lui. È
inevitabile... Adesso però non voglio pensarci, la mia
priorità è
un'altra. Leia ha bisogno di aiuto e ho il dovere di starle vicino.
Tutti noi glielo dobbiamo» ammise fiduciosa.
L'ex
contrabbandiere annuì. «Hai perfettamente ragione,
questo è lo
spirito giusto. I miei ingegneri hanno lavorato tutta la notte per
quantificare il gas tibanna necessario per rendere pienamente
operativa Alderaan Prime. Non appena avremo estratto la
quantità
sufficiente, fornirò a Leia alcuni contatti che
provvederanno al
trasporto e alla consegna.»
A
quelle parole Rey si rabbuiò, ma Lando non si
lasciò impressionare.
«So
già a cosa stai pensando» la anticipò,
notando la sua espressione
corrucciata ed un suo accenno di protesta.
Rey
serrò la mascella. «Sono criminali?»
Più che una domanda aveva
tutta l'aria di una constatazione.
«È
gente di cui ci si può fidare, è un tantino
diverso» tagliò corto
deciso, inarcando le sopracciglia, prima che lei potesse replicare
ulteriormente. «Leia li ha già conosciuti per vie
traverse, tramite
Han. Non è la prima volta che la ribellione si affida alla
malavita
per risollevare la sua condizione dopo una pesante sconfitta. La
galassia è immensa Rey, credi che esistano soltanto la
Resistenza e
il Primo Ordine? Non ci sono solo i buoni e i cattivi, è un
pelino
più complicata la questione. È
ora che cominci
ad ampliare i tuoi orizzonti.»
La
giovane jedi sospirò nervosa, quello
lo stava già facendo, ma non riuscì
comunque a
nascondere la preoccupazione per una rivelazione così
brutale, anche
se fu costretta ad accettarla. «Spero tu sappia quello che
fai. E
anche Leia.»
«Credimi,
è l'unico modo per non destare sospetti ed attirare
l'attenzione. Se
ci affidassimo ai frequentatori delle tratte abituali, avremmo il
Primo Ordine alle calcagna ancora prima di azionare
l'iperguida.»
Proprio
in quel momento Chewbacca li raggiunse nella hall, annunciando con un
vivace ruggito che le riparazioni erano ufficialmente concluse.
Lando
inspirò profondamente. «Bene, credo che sia giunto
il momento di
salutarci.» Si sollevò dalla poltroncina un po' a
fatica e andò ad
abbracciare lo wookiee. Poi si rivolse verso di lei porgendole la
mano, questa volta con fare fraterno. «È
stato interessante conoscerti, Rey. Sei una ragazza in gamba, credo
proprio che Leia ci abbia visto giusto.» Le
strizzò l'occhio
compiaciuto.
Rey
si alzò in piedi e glie la strinse con gratitudine,
regalandogli un
sorriso sincero, anche se aveva la leggera impressione che quella
canaglia le avesse lanciato l'ennesima frecciata su suoi improbabili
interessi romanici verso il Leader Supremo.
«Abbi
cura di lei. So che è una donna forte, ma ha subito troppe
perdite
e, per quanto cerchi di non gravare sulle spalle di nessuno... non
è
indistruttibile.»
A
quella preghiera accorata non poté fare a meno di annuire.
«Lo
farò, non temere» lo rassicurò,
sentendo già le lacrime pungerle
gli occhi.
Lando
salutò entrambi con un deciso cenno del capo. «Che
la Forza sia con
voi. Sempre.»
*
Non
appena l'ex contrabbandiere ebbe lasciato il mercantile, Rey
scoccò
un'occhiata infuocata allo wookiee: ne aveva abbastanza delle
piattaforme fluttuanti di Bespin, «Chewbe, prepariamoci a
partire,
cercherò di contattare C-3PO attraverso il comunicatore e
gli
intimerò di tornare. Non vedo l'ora di rientrare alla base e
portare
buone notizie.»
Il
grugnito di approvazione del gigante peloso, la mise di buon umore,
mentre si sedeva alla postazione computerizzata e si infilava le
cuffie.
«Ehi,
ascoltami bene, testa di latta! Tu ed R2 avete al massimo cinque
minuti per tornare sul Falcon, dopodiché partiremo senza di
voi.»
*
* *
Avevano
ripreso la rotta per Batuu ormai da un paio d'ore. Il salto
nell'iperspazio sarebbe stato abbastanza lungo ed ognuno di loro
impiegava il tempo d'attesa come meglio credeva. Come punizione per
aver incautamente lasciato la nave, Rey aveva costretto C-3PO a
tradurre una delle parti più ostiche dell'antico Codice Jedi.
Quello
specifico passo era particolarmente importante perché
parlava
ampiamente del cuore pulsante di ogni spada laser: il cristallo
kyber.
Rey
sperava di riuscire a reperire abbastanza informazioni per riuscire a
riparare la spada.
«Signorina
Rey, sono mortificato, ma anche in questo capitolo non si fa alcun
riferimento a come ricomporre o riutilizzare un kyber
spezzato*.» Il
droide si lamentò con rammarico.
«Rileggi.
Deve pur esserci qualcosa» gli ordinò nervosa. Non
poteva credere
che non esistesse nemmeno un accenno, un minimo appiglio al quale
aggrapparsi per tentare di risolvere il problema.
Aveva
smontato completamente la spada, aveva riparato le parti danneggiate
ed aveva provato ad attivarla con una sola metà del
cristallo. Anche
se era più piccola, sperava che potesse funzionare
ugualmente.
Invece era stato tutto inutile, le due metà del kyber non
sprigionavano più alcuna luce, erano opachi, privi del
più piccolo
segno di vita.
C-3PO
si rimise al lavoro, rileggendo, traducendo e rielaborando, ma le
poche nozioni che venivano fuori erano sempre le stesse: il kyber era
il cuore della lama, era un vero e proprio essere vivente legato in
maniera indissolubile al proprietario della spada. Il cristallo
chiamava il suo
padrone durante un rituale denominato la
messe, il giovane
apprendista veniva scelto,
e da quel momento tra lui e il cristallo si creava una vera e propria
interconnessione che durava per tutta la vita.
Il
caso della spada in suo possesso però era anomalo. Era
appartenuta
ad Anakin, che sicuramente aveva trovato per primo il cristallo e
l'aveva assemblata, poi era passata al suo maestro, Luke Skywalker,
che l'aveva persa durante lo scontro con Vader, infine, dopo
chissà
quali peripezie, era finita nella cantina di Maz Kanata dove aveva
chiamato lei, mostrandole visioni del passato e del futuro. Era in
quell'occasione che aveva visto Kylo Ren, per la prima volta.
Ricordava ancora con angoscia il terrore che aveva provato in quei
momenti, tanto da farla scappare il più lontano possibile da
quel
luogo.
Non
le restava che rassegnarsi, quel Kyber era morto, e l'avevano ucciso
lei e Ben.
Forse
l'unica soluzione era procurarsi un nuovo cristallo, uno che fosse
solo suo e che non avesse nessun legame con la famiglia Skywalker.
«C-3PO
su quali pianeti, gli apprendisti, affrontavano la messe?»
Il
droide elaborò la domanda per qualche secondo, interrogando
diligentemente la sua banca dati. «Ci sono molti pianeti che
presentano, nelle loro profondità, miniere di cristalli
kyber,
alcuni sono stati completamente saccheggiati, come Jedha. Altri ne
sono ancora ricchi ma è estremamente difficoltoso reperirli
perché
le miniere non sono superficiali. Ma c'è un luogo, in
particolare,
in cui i giovani padawan si recavano con più frequenza, un
pianeta
estremamente impervio, ma che ha ancora l'ingresso alle grotte ricche
di kyber facilmente accessibile dalla superficie. Si tratta del
pianeta Ilum.»
«Bene,
vada per Ilum, allora. Se non c'è alcun modo per riparare il
cristallo, me ne procurerò uno nuovo.»
R2-D2,
che aveva assistito a tutta la scena, emise tutta una serie di bip e
segnali luminosi, muovendosi agitato. «Sta zitto! La
signorina Rey
sa perfettamente a cosa va incontro, avventurandosi in questa
impresa. Abbi fiducia nelle sue capacità.»
Rey
sorrise, cercando di tranquillizzare il piccolo droide che sembrava
totalmente fuori di sé.
«Se
non le dispiace, chiedo il permesso di auto disinserirmi per qualche
ora» la supplicò C-3PO, «a causa
dell'intensa attività di
elaborazione i miei transistor positronici si sono notevolmente
surriscaldati. Potrei rischiare un corto circuito.»
La
giovane jedi annuì. «Permesso accordato.»
Si
sentiva un po' in colpa per averlo spremuto per bene, ma qualcosa era
riuscita ad ottenere. Ora aveva uno scopo, una missione. Il suo
maestro sarebbe stato orgoglioso di lei.
*
Sul
Falcon era sceso il silenzio. Chewbe forse stava riposando o era
impegnato in qualche controllo di routine.
In
attesa del rientro alla base Rey pensò di rendersi utile
dando una
sistemata al casino che dilagava in ogni angolo di quel rottame.
Era
china su dei contenitori metallici accatastati nella hall principale,
intenta a riordinare alcune chiavi idrauliche che aveva trovato
abbandonate nei posti più disparati, quando ad un tratto,
una strana
sensazione le piombò addosso, costringendola ad alzare la
testa.
Un
lieve senso di vertigine le diede l'impressione che il Falcon stesse
girando su se stesso. Ma era impossibile dato che stavano viaggiando
a velocità luce. Si stropicciò gli occhi e
sbatté velocemente le
palpebre per schiarirsi la vista.
Si
guardò attorno perplessa: tutto pareva al proprio posto,
eppure
qualcosa era cambiato.
L'assalì
la stessa sensazione che aveva provato molte ore prima quando aveva
avuto l'impressione di essere stata catapultata in un'altra
dimensione.
Udì
degli strani fruscii provenire da uno dei corridoi che si innestavano
nella hall, si alzò e si girò verso quello che
portava alla stiva e
alle cabine dell'equipaggio. Mosse alcuni passi in quella direzione
lentamente, addentrandosi nel tunnel con circospezione.
«Chewbe?»
chiamò, senza smettere di guardarsi intorno, con tutti i
sensi
allertati. «Sei tu?» insistette, senza ricevere
alcuna risposta.
Dove
si era cacciato? Stranamente c'era troppo silenzio e non c'era
più
nessuna traccia dei droidi. Sparivano sempre quando c'era bisogno di
loro.
Percorse
tutto il corridoio fino in fondo e poi riemerse dalla parte opposta,
tornando nella hall, pervasa dalla brutta sensazione che quello non
fosse lo stesso Millenium Falcon sul quale era salita su Bespin.
Era
la nave di Han, su questo non vi era alcun dubbio, ma c'era qualcosa
di diverso, dettagli, piccolezze, che solo un occhio attento come il
suo avrebbe potuto cogliere, e quella consapevolezza le
provocò un
intenso brivido di paura.
Si
girò di scatto quando scorse un'ombra scura sgusciare fuori
da un
mucchio di casse e sparire dietro le poltrone.
Deglutì
a vuoto, col cuore che le martellava nel petto, cercando di
metabolizzare il sospetto che probabilmente sul Falcon c'era qualcun
altro. Si decise ad indagare, doveva assolutamente andare in fondo
alla faccenda; se a bordo avevano un clandestino, sarebbe stato un
disastro di immani proporzioni. Già immaginava di sentire le
sonore
proteste di Chewbacca alla necessità di dover invertire la
rotta.
Si
avvicinò con cautela alle poltrone impugnando saldamente il
blaster,
ne costeggiò la curva fino a raggiungere la parte
posteriore, acuì
lo sguardo per scoprire finalmente chi si nascondeva dietro il
divanetto.
Quello
che la vista le restituì, riuscì a sorprenderla:
debitamente
accucciato, con le braccia minute, avvolte attorno alle ginocchia,
c'era un bambino di quattro o, al massimo, cinque anni.
Rey
abbassò immediatamente l'arma, infilandola nella cintura e
lo fissò
incredula.
«E
tu da dove salti fuori? Che ci fai nascosto qui?» gli chiese
dolcemente per non spaventarlo, tirando un sospiro, anche se il cuore
le batteva impazzito nel petto e minacciava di sfondarle la gabbia
toracica.
Il
piccolo clandestino sollevò la testa e la accolse con un
sorrisino
impertinente. «Stavamo giocando. Non te lo
ricordi?»
Nello
scoprire il viso del piccolo, Rey sgranò leggermente gli
occhi. «Che
stai dicendo? Come ti è saltato in mente di salire su questa
nave? È
molto pericoloso, tu non puoi stare qui» lo ammonì
dolcemente per
non intimorirlo, continuando a studiarne i lineamenti che sembravano
avere qualcosa di vagamente familiare.
A
quel punto il bambino si alzò in piedi, le si
avvicinò a piccoli
passi senza apparire particolarmente impaurito, e a Rey si strinse il
cuore. Pareva più alto per l'età che dimostrava,
indossava una tuta
intera beige, con le bretelle sbrindellate che gli ricadevano
mollemente sulle spalle e un maglioncino a collo alto che, una volta
lavato, difficilmente sarebbe potuto tornare bianco. Da sotto il
bordo dei pantaloni troppo lunghi, spuntavano due piedini, di cui
solo uno infilato in un calzino sudicio.
Rey
maledì la sua imprudenza. Era stata incauta a lasciare il
portello
del Falcon aperto durante la permanenza su Bespin, ma non immaginava
che qualcuno avrebbe colto l'occasione per sgattaiolare dentro. I
genitori di quel ragazzino dovevano essere tremendamente in pena.
«Sei
tu che sei salita sulla mia nave e poi ti sei nascosta. Ora tocca a
me nascondermi» chiarì invece il piccolo,
leggermente contrariato,
«prova a prendermi!» le ordinò in tono
perentorio.
A
quelle parole Rey sussultò incredula. Riconobbe senza ombra
di
dubbio, la vocina infantile che aveva udito in quella specie di sogno
e un assurdo senso di confusione si impadronì di lei. Che
stava
succedendo? «Chewbe!» chiamò a gran
voce, nella speranza che
accorresse e le dimostrasse che quello che stava vivendo non era uno
scherzo della sua mente.
La
sua richiesta però rimase inascoltata.
Il
bambino le riservò un sorrisino furbo. «Chewbe non
c'è. È con la
sua famiglia. Lo abbiamo accompagnato io e papà nell'ultimo
viaggio»
spiegò risoluto.
«Cosa?
Ma che stai dicendo? Era qui fino a pochi... minuti...» le
parole le
morirono miseramente in bocca nell'istante in cui venne pervasa da
una drammatica consapevolezza. «Aspetta un momento. L'avete
accompagnato tu e papà?» Non poteva essere vero.
«Qual è il tuo
nome?» riuscì appena a mormorare, prima che la
gola le si seccasse
del tutto.
«Ben.
E tu come ti chiami?»
A
quella rivelazione Rey rimase impietrita. Deglutì a vuoto.
Solo
qualche tempo dopo si ricordò che, per sopravvivere, doveva
anche
respirare.
Finalmente
le fu tutto più chiaro: quegli occhi grandi, scuri e
profondi, che
la osservavano vivaci, le labbra carnose e rosate, i lunghi riccioli
neri scompigliati sulla testolina, i numerosi nei sparsi sulle guance
ancora paffute, non lasciavano alcun dubbio. Quel bambino era
proprio Ben. Il suo
Ben.
Era
assurdo. Perché la Forza le stava mostrando una cosa del
genere? Non
riusciva proprio a trovare un senso, né una spiegazione
logica.
Inspirò
profondamente e cercò di calmarsi. Forse era davvero solo un
sogno
o, peggio, una sua autosuggestione dovuta ai racconti di Lando.
Doveva trovare il modo di tornare alla realtà.
Si
allontanò da lui compiendo qualche passo all'indietro, quasi
ne
fosse spaventata, ma il piccolo tenacemente la raggiunse, senza
staccarle gli occhi di dosso. «Come ti chiami?»
ripeté, con
insistenza.
«Rey...
sono Rey» sussurrò appena, ancora incredula e
turbata.
«Mi
piaci, Rey!» commentò, arricciando il nasino,
«lo dirò a mamma,
così mi crederà. Stavolta deve
credermi» esclamò trionfante,
saltellando sul posto.
«In
cosa deve credere la tua mamma?» indagò lei,
chinandosi su di lui
per catturare meglio i suoi occhi.
«Che
ti ho visto» spiegò, aggrottando le sopracciglia,
rattristandosi,
«lei non mi crede. Dice che esisti solo nella mia
testa.» Le si
avvicinò ancora di più, allungò una
manina paffuta, in cui
spiccavano un paio di dita incerottate e, titubante, le
sfiorò il
viso. «Ma tu esisti. È vero che esisti
Rey?»
A
quel leggero tocco lei sussultò leggermente. No, decisamente
non era
un'illusione.
Prese
quella piccola mano tra le sue e gli sorrise addolcendo lo sguardo.
«Certo che esisto» lo rassicurò,
sentendo le lacrime salirle agli
occhi. «Mi senti? Sto stringendo la tua mano» gli
sussurrò
commossa, spinta da un irrefrenabile sentimento di compassione verso
di lui.
Ben
ritirò la mano e le restituì un ghigno
impertinente. «Adesso ti
faccio vedere una cosa. Ma mi devi promettere che resterà un
segreto
tra noi.»
«D'accordo»
rispose incuriosita, asciugandosi gli occhi umidi di lacrime.
Ben
tirò fuori da una tasca un paio di dadi dorati, legati da
una
catenella e iniziò a farli lievitare fra le dita.
Rey
rimase incantata dall'abilità con cui sapeva farli
volteggiare nel
vuoto. «Oh... Sei molto bravo. Perché vuoi che
resti un segreto?»
indagò preoccupata.
«Mamma
non vuole che lo faccia davanti a tutti. Dice che è
sbagliato.»
Rey
aggrottò la fronte. «Forse sta solo cercando di
proteggerti.» Non
sapeva perché aveva avuto l'esigenza di giustificare le
azioni di
Leia, forse perché non poteva credere che fosse stata una
madre
rigida e autoritaria nei confronti di suo figlio.
Ben
scosse il capo contrariato. «No. Dice che potrei fare del
male» le
confessò determinato. Nei lineamenti gentili del piccolo,
Rey scorse
un impercettibile guizzo di rabbia, lo stesso che gli avrebbe visto
anni più tardi, ma notevolmente amplificato. «Ha
paura di me, tutti
ne hanno» sentenziò serio, e a lei si
gelò il sangue. «Anche tu
ne hai, Rey?»
La
giovane jedi deglutì a vuoto, e per qualche istante non
seppe cosa
rispondere. «Certo che no. Perché dovrei
averne?» tentò di
rassicurarlo, con scarsi risultati.
«Dimostramelo
che non hai paura» la sfidò invece lui,
scrutandola in modo
inquietante.
«D'accordo»
lo rassicurò vedendolo sgranare gli occhi scuri per lo
stupore, come
se non si aspettasse di essere accontentato.
Rey
inghiottì un groppo amaro, si inginocchiò, si
protese verso di lui
e lo strinse forte a sé, in un gesto istintivo e disperato.
Solo
allora si rese conto di quanto fosse piccolo e indifeso.
In
quello stesso istante percepì tutta la tristezza di Ben, la
sua
immensa solitudine, il terrore dell'abbandono impresso nel profondo
della sua anima, ed un'ombra, potente e oscura, che aleggiava
assetata e predatrice su di lui.
Istintivamente
lo strinse ancora più forte. Quel dolore acuto e spietato,
che
proveniva da lui e che aveva invaso i suoi sensi, era esattamente lo
stesso che aveva provato da bambina, e che l'aveva accompagnata,
giorno dopo giorno, per anni.
Io
e te siamo simili...
Improvvisamente
comprese, e fu come se le dense nubi che le avevano impedito di
guardare fino in fondo, si fossero dissolte.
Avrebbe
tanto voluto fare qualcosa, portarlo via da quel destino crudele e
ingiusto che lo attendeva, ma ancora una volta si rese conto di
essere impotente.
Quello
non era il suo tempo, non era il suo momento.
Quando
Ben era un bambino lei non esisteva. Forse la Forza le aveva concesso
la possibilità di affacciarsi in quella lieve fessura aperta
nel
tempo, intrufolarsi nella vita di Ben e guardare, con i suoi occhi
chi era veramente e quello era stato costretto a sopportare.
Il
piccolo si lasciò stringere ma non ricambiò
l'abbraccio, restando
immobile e sconcertato. Poi si divincolò dalla sua stretta e
la
fissò con un cipiglio cupo, studiandola attentamente.
«Tocca a me
andarmi a nascondere adesso» protestò serio, come
se
improvvisamente fosse tornato ad essere un innocuo ragazzino a cui
aveva dato fastidio interrompere il suo gioco.
Rey
annuì leggermente, aggrottando la fronte. «Va
bene. Va a
nasconderti. Tra un po' verrò a cercarti» lo
accontentò,
trattenendo a stento l'angoscia. Non avrebbe mai voluto lasciarlo
andare, ma non poteva evitargli di affrontare il suo destino. Non
poteva interferire in quello che già era successo. Avrebbe
potuto
agire nel suo tempo e influire sul suo futuro, se solo il loro legame
non si fosse spezzato.
Ben
assottigliò lo sguardo e la scrutò intensamente,
nello stesso modo
in cui avrebbe fatto molto tempo dopo. Allungò una mano sul
suo viso
e raccolse una lacrima che incautamente le era sfuggita.
«Perché
stai piangendo?» le chiese curioso, osservando la punta delle
sue
dita bagnate.
«Non
è niente... sono solo un po' triste» gli rispose
sorridendo,
scompigliandogli i capelli già arruffati. «Adesso
corri, vai a
nasconderti» ribadì, con un lieve cenno della
testa, e lui annuì
ricambiando il sorriso, stavolta soddisfatto.
Rey
lo vide saltellare verso il corridoio e sparire dentro
l'oscurità,
come se fosse stato inghiottito dal nulla.
Poi
tutto scomparve anche intorno a lei.
*
* *
«Signorina
Rey! Signorina Rey, va tutto bene?»
No,
non andava bene per niente. Un acuto mal di testa sembrava volergli
aprire il cranio in due. E la martellante voce metallica di C-3PO non
migliorava affatto la situazione. Sollevò le palpebre a
fatica e la
maschera inespressiva del droide fu la prima cosa che riuscì
a
mettere a fuoco.
Si
rese conto di essere sdraiata a terra supina, nel bel mezzo della
hall principale, mentre i droidi e Chewbe le orbitavano in torno con
fare preoccupato.
Lo
wookiee le diede una mano a rimettersi in piedi.
«Grazie
Chewbe. Sto bene, non temere. È
stato solo un capogiro, almeno credo...» si sentì
in dovere di
rassicurarlo.
A
parte un leggero senso di vertigine e un forte mal di testa, stava
alla grande, almeno fisicamente. Emotivamente invece, era un vero
disastro.
Quello
che aveva vissuto era stato incredibile e angosciante nello stesso
tempo, e si guardò bene dal farne parola con i suoi
compagni.
L'unica cosa che desiderava ardentemente era di potersi sdraiare,
chiudere gli occhi e tentare di scollegare il cervello dal resto del
corpo. Stava seriamente rischiando di impazzire.
«Io...
io... credo di aver bisogno di stare un po' da sola...»
riuscì
appena a mormorare, confusa, allontanandosi da loro.
Abbandonò
la hall barcollando, con lo sguardo perplesso di Chewbacca puntato
addosso.
*
Rey si
appropriò della cabina del capitano con un'arroganza che non
le era
mai appartenuta. Chiuse il portello dietro di sé e vi si
appoggiò
con la schiena, sospirando esausta, come se con quel gesto potesse
tenere fuori tutto il resto della galassia. E in quel momento lo
desiderava ardentemente.
Sollevò
lo sguardo stanco e spento, e diede una rapida occhiata all'interno.
Lo spazio era piuttosto ampio, c'era un piccolo bagno privato da un
lato e un letto che fuoriusciva di almeno mezzo metro dall'incavo
della cuccetta e dava l'idea di essere più comodo di quello
mezzo
sgangherato della hall principale. Era perfetto, considerando che in
quel momento si sarebbe gettata a peso morto anche su un giaciglio di
paglia.
La sua
mente le chiedeva insistentemente di analizzare quello che le era
appena accaduto, che aveva vissuto così intensamente, ma si
obbligò
a soffocare quel desiderio. Era pericoloso.
Entrò
nel bagno, aprì il rubinetto del lavabo e si
sciacquò
abbondantemente il viso con l'acqua gelata. Solo allora
riuscì a
trovare un po' di sollievo. Studiò la sua immagine riflessa
nello
specchio e ne rimase turbata. Aveva l'aria stanca ed abbattuta, i
capelli disfatti, gli occhi gonfi ed arrossati.
Non ci
voleva una mente geniale per capire che aveva un disperato bisogno di
dormire, ma era frenata dal terrore di sprofondare nella disperazione
un'altra volta. Si sentiva prigioniera, intrappolata un vicolo cieco.
Tornò
nella cabina abbandonandosi ad un lungo sbadiglio e posò il
blaster
su una mensola. Lentamente si tolse anche la cintura di cuoio e il
gilet di stoffa chiara e grezza, gettandoli a terra. Si
liberò di
tutto quello che la appesantiva, restando solo con la maglia leggera
incrociata sul petto e i calzoni.
Si
girò verso l'ampia cuccetta, decisa a buttarcisi dentro e
rimanerci
fino al loro arrivo su Batuu, ma fu inaspettatamente frenata da
qualcosa che le sconvolse completamente la vista: sdraiato sul letto
e coperto parzialmente da un lucido lenzuolo nero, c'era qualcuno
placidamente addormentato.
Ancora
una volta si irrigidì e un brivido gelido le
attraversò tutta la
schiena.
Era
Ben.
Era
ingiusto. Non poteva essere.
Non
riusciva a credere che quel dannato legame si fosse riattivato, era
riuscita a spezzarlo.
Ne era
convinta, ci aveva creduto.
Forse
era soltanto un'altra visione, un'immagine assurda partorita dalla
sua mente provata.
Deglutì
a vuoto e indietreggiò fino a toccare con la schiena il
portello
d'uscita, mossa da un disperato desiderio di fuggire.
La sua
mano scivolò sopra il pulsante di attivazione, tenendosi
pronta a
premerlo, ma qualcosa le impedì di farlo. Se era davvero il
legame,
scappare non sarebbe servito, e lei non era una codarda.
Lentamente
si staccò dalla paratia, si fece coraggio e si
avvicinò.
Scivolò
cauta con lo sguardo lungo quel corpo possente, quasi avesse paura di
farsi male, e lo guardò, silenziosa e attenta.
Il
viso di Ben era ancora più cereo del solito. I capelli neri,
sparsi
sopra il cuscino, scoprivano la fronte ampia e davano l'idea di
essere estremamente morbidi. La tentazione di affondarvi le dita era
forte, ma riuscì a dominarla.
La
cicatrice della ferita che lei stessa gli aveva inferto, ormai era
solo un piccolo solco roseo che non riusciva a deturpare i lineamenti
perfetti nella loro imperfezione. Il naso importante era adeguato al
suo volto, la bocca carnosa non aveva perso quel particolare broncio
infantile.
Scese
con lo sguardo lungo il collo, fino ad accarezzare il petto che si
sollevava piano ad ogni respiro regolare. Ne scorse tutte le
cicatrici, testimoni delle violenze subite e delle battaglie
combattute.
Aveva
già avuto modo di vederlo nudo dalla vita in su, non aveva
ceduto
all'imbarazzo allora, e non lo avrebbe fatto neanche adesso,
nonostante la pelle chiara e tesa dei muscoli, lievemente lucida di
sudore, le smuovesse qualcosa nel profondo. Era una sensazione
strana, di vago disagio, a cui non riusciva proprio a dare un nome.
Si obbligò a soffocarla.
Inspirò
profondamente ed espanse i suoi sensi, cercò di sondare la
sua
mente, ma non percepì nulla provenire da lui, nessuna
energia
negativa. Visto da quella prospettiva, sembrava sereno, quasi
innocuo.
Ma Rey
era perfettamente conscia che non era così.
Era
pericoloso e imprevedibile.
I suoi
occhi indugiarono sulla mano destra di Ben, posata mollemente
sull'addome semicoperto dal lenzuolo, era la stessa che aveva toccato
ad Ahch–To. La osservò bene. Non era rozza e
callosa come quella
perennemente sporca di grasso e carburante di un pilota tuttofare
della Resistenza. La pelle era liscia e chiara, le dita affusolate,
le unghie ben curate. Era una mano aristocratica.
Allungò
timidamente le dita per sfiorarla, ma si bloccò con la punta
dei
polpastrelli a pochi millimetri dal dorso. Si era accorta che quel
gesto aveva scatenato qualcosa ed aguzzò i sensi. Gli
oggetti
tutt'intorno avevano iniziato a vibrare leggermente e le luci soffuse
della cabina sfarfallavano nervose.
Ritrasse
subito la mano al petto stringendola in un pugno e
indietreggiò di
qualche passo. Ora riusciva a percepirlo.
Ben si
svegliò di soprassalto come se fosse stato colpito da una
scossa. In
una frazione di secondo Rey si ritrovò a fissarlo sconvolta,
con la
sua lama cremisi sfrigolante, puntata alla gola.
«Non...
non credo che tu possa farmi del male, con quella...» ebbe
appena il
coraggio di mormorare, ricordando il momento in cui gli aveva sparato
col blaster su Ahch-To ed aveva semplicemente fatto un buco nella
parete di pietra che aveva di fronte.
Ben la
tenne sotto tiro ancora per qualche secondo, nascondendo il viso
stravolto dietro l'elsa impugnata a mani nude, poi finalmente si
decise ad abbassare la lama e a disattivarne il laser.
Si
studiarono in silenzio, anche se entrambi erano ormai consci di
quello che stava succedendo.
Rey
sentì le gambe cederle per la tensione accumulata. Quello
che le
stava di fronte, seduto ansimante sul letto e che la scrutava con il
solito broncio e l'espressione un po' frustrata, era il Ben che
conosceva: grande, grosso e minaccioso. Il
contrasto con l'esile ed adorabile ragazzino con cui aveva interagito
poco prima, era quantomeno drammatico.
«Ti
prego, dimmi che sotto quel lenzuolo, indossi qualcosa» lo
provocò
con ironia.
Non ricevette nessuna risposta al di fuori di uno
sguardo cupo e
ostile, fisso su di lei.
«Che
cosa vuoi ancora?» Udire di nuovo la sua voce, profonda e
morbida le
provocò un brivido strano, anche se il suo tono non era
esattamente
rassicurante. «Ti sei connessa per supplicarmi di
risparmiare te e i tuoi amici? Puoi tranquillamente evitare di
umiliarti» la minacciò sottilmente, con le labbra
tremanti e lo
sguardo furente, anche se ancora leggermente sconvolto.
«Non
ne ho alcuna intenzione» reagì d'impulso, senza
riuscire a
mascherare una certa dose d'inquietudine.
«Bene.
Vedo che non sei affatto cambiata» constatò
compiaciuto.
«Nemmeno
tu. Continui a farti guidare dall'odio e dal rancore» non
poté fare
a meno di fargli notare, conscia che gli avrebbe dato fortemente
fastidio.
Sul
volto sudato di Ben passò un impercettibile lampo d'ira,
serrò
nervoso le labbra prima di risponderle. «Non mi hai dato
altra
scelta.»
Rey si
stava già preparando a replicare ma, nello stesso modo in
cui le era
apparso, Ben sparì all'improvviso. La sua immagine
sfumò
velocemente nella tenue luce dell'alloggio e il letto perfettamente
rifatto all'interno della cuccetta, fu l'unica cosa che le vista
tornò a restituirle.
Deglutì
a vuoto, solo in quel momento si accorse di tremare
violentemente.
Il
loro legame non si era affatto spezzato, era sempre stato
lì,
nascosto, latente, pronto a riattivarsi al suo più piccolo
cedimento. Il suo stato d'animo vulnerabile aveva riaperto una
breccia e aveva permesso alla Forza di fluire tra loro. L'angoscia
che aveva provato nel vedere quel piccolo angelo caduto l'aveva resa
debole, costringendola ad abbassare le difese.
Ben
era tornato nella sua esistenza, più impetuoso e disperato
che mai,
e lei era stanca di resistere.
______________________
Note:
* Grazie ad uno screen
shot del bluray de Gli Ultimi Jedi, ho potuto constatare che
effettivamente il cristallo è spezzato in due parti. Quindi
non è una mia supposizione ;)
|
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Capitolo 3 *** Cap. 2.1 - Confessioni ***
Cap. 2.1 - Confessioni
«Non
ti ho mai visto
così abbattuta.»
«Questa
volta è
diverso.»
«Non
dire così. Abbiamo
conosciuto tempi peggiori.»
«Forse
sono io a non
essere più la stessa. Credo sia giunto il momento di
lasciare le
redini a qualcun altro.»
«Tu?
La senatrice Leia
Organa? Il valoroso ed impavido Generale della Resistenza? Raccontalo
a qualcun altro.»
«Sono
stanca, Maz...
Questa guerra mi ha tolto tutto.»
«Fa
male, lo so. Ma
dobbiamo andare avanti. La scintilla non si è spenta, va
alimentata
affinché diventi un incendio abbastanza potente da bruciare
il Primo
Ordine.»
«È
mio figlio il nemico
da combattere. In qualunque modo finirà... sarà
una sconfitta.»
«Ascolta,
io non sono un
jedi, ma conosco la Forza ed ho vissuto abbastanza a lungo da sapere
come agisce.
Non ti mentirò dicendoti
che puoi sistemare le cose... ma c'è chi ancora
può salvarlo.
E sono sicura che, in
fondo al tuo cuore, lo sai anche tu.»
* * *
Cap.
2.1 – Confessioni
Posizione:
Confine delle Regioni Kadok - Orbita del pianeta Kalee - Star
Destroyer Finalizer – Alloggi del Leader Supremo
Ren aveva lo sguardo fisso oltre la
grande e spessa vetrata in trasparacciaio. In piedi, con le mani
incrociate dietro la schiena, osservava il pianeta Kalee, senza
vederlo realmente.
Quell'immenso globo verdastro,
parzialmente avvolto da una densa coltre di nubi, non era altro che
l'ennesima conquista del Primo Ordine, un altro sistema che era si
era piegato senza opporre resistenza, un'ulteriore vittoria che
andava ad accrescere la già sconfinata superbia di Hux.
Nella solitudine e nel silenzio dei suoi
alloggi sperava di trovare un po' di pace, ma nemmeno in quel luogo
poteva ritenersi al sicuro.
Ancora una volta si trovava in bilico tra
luce ed oscurità e detestava sentirsi insicuro, vulnerabile,
dilaniato.
Il Generale gli stava col fiato sul
collo, era impaziente di stanare quel misero gruppo di ribelli che si
era fatto sfuggire come uno stupido su Crait, e non gli dava tregua.
Quel cane rabbioso, a poco a poco, si stava prendendo più
spazio di
quanto fosse disposto a concedergli. Di conseguenza, passava il tempo
a rimetterlo in riga e a fargli pesare l'inferiorità del suo
grado
All'inizio trovava divertente giocare con
lui, umiliare la sua finta devozione e vederlo digrignare i denti,
ogni volta che rifiutava un suo consiglio o una strategia d'azione.
Doveva imparare a starsene buono e al suo posto, il cane rabbioso.
Ma
ben presto aveva cominciato a stancarsi, non avrebbe più
permesso a
nessuno di manipolarlo; quell'immenso
potere era l'unica cosa che gli era rimasta e non se lo sarebbe fatto
sfuggire.
Da quando aveva usurpato il
comando del Primo Ordine, il desiderio di strangolare Hux, fino a
fargli schizzare gli occhi fuori dalle orbite e sentire lo scrocchio
della trachea che andava in frantumi, lo aveva ben più che
sfiorato.
Una volta ci era andato davvero molto vicino. Si era trattenuto solo
perché sarebbe stata una mossa avventata: l'esercito era
fedele al
cane rabbioso e non poteva rischiare di mettersi contro intere
guarnigioni di stormtrooper e centinaia di alti ufficiali.
Per quanto Hux fosse falso,
invidioso e insopportabile, le sue abilità strategiche non
si
mettevano in discussione. Ma Ren era consapevole che, di lui, poteva
fidarsi come di un serpente a sonagli.
Con l'assassinio di Snoke e
la brama di potere di Hux aveva ottenuto il controllo di buona parte
della Galassia, era arrivato più in alto di Darth Vader, era
riuscito a farsi odiare persino più di lui. Eppure
continuava a
rimanere insoddisfatto, frustrato e, soprattutto, inesorabilmente
solo.
La
verità l'aveva metabolizzata da tempo: il Primo Ordine lo
temeva e
lo rispettava solo in virtù del suo potere oscuro, ma era
certo che
il suo fidato
Generale avrebbe fatto di tutto pur di levarlo di mezzo alla prima
occasione propizia.
Abbandonò la vetrata e la
suggestiva visione di Kalee e si voltò verso l'interno del
suo ampio
alloggio; l'ambiente era freddo e asettico, immerso in una leggera
penombra. Si avvicinò alla sottile lastra nera di duracciaio
sospesa
nel vuoto che gli fungeva da tavolo e prese una brocca.
Versò parte
del liquido scuro e aromatico in un calice e lo bevve tutto d'un
fiato. Si pulì le labbra col dorso della mano ed
inspirò
profondamente.
Il suo pensiero volò alla
causa principale della sua inquietudine: Rey.
Dopo la battaglia di Crait
il loro rapporto era degenerato al punto da sembrare insanabile,
tanto da fargli temere che, la giovane scava rifiuti, lo avesse
allontanato per sempre. Durante il loro ultimo contatto, prima che
lei chiudesse il portello del Falcon e volasse via, aveva cercato
nuovamente, nei suoi occhi, un minimo accenno di comprensione verso
di lui. Ma nello sguardo duro e fiero di Rey, aveva scorto solo
risentimento e delusione.
Quella minuta e insignificante ragazza di
Jakku aveva visitato i suoi sogni, fin da quando era ragazzino. In
lei aveva visto un'anima affine, aveva percepito la sua stessa
solitudine, il suo stesso desiderio di porre fine a quel conflitto
infinito tra luce e oscurità. Era arrivato al punto di
umiliarsi,
confessandole i suoi sentimenti, pur di averla al suo fianco. Insieme
sarebbero stati grandiosi ed invincibili.
Rey c'era da sempre ma, a torto, si era
illuso che sarebbe stata dalla sua parte.
Lei aveva preferito reagire, voltargli le
spalle e correre in aiuto di una manica di traditori ed assassini.
Quell'ennesimo
abbandono lo aveva ferito al punto da desiderare di distruggerla.
I suoi intenti omicidi, però
non erano durati a lungo; ben presto la volontà spasmodica
di
trovarla ed affrontarla, aveva lasciato il posto ad un sentimento
strano, inaspettato. La rabbia e la vendetta si erano trasformati
nella rassicurante rassegnazione di saperla irraggiungibile.
Nonostante la Forza si
ostinasse a mantenere vivo quel legame che aveva considerato solo uno
subdolo regalo di Snoke, Rey lo aveva costantemente respinto,
arrivando anche a farsi del male, pur di non cedere.
Il flusso di energia che si
sprigionava ad ogni tentativo di connessione, gli rimbalzava contro,
colpendolo con prepotenza e portandosi appresso il turbine di
sentimenti che proveniva da lei. Amarezza, delusione e orgoglio. Ma
anche la sicurezza di aver accanto una famiglia.
Per assurdo era arrivato ad
invidiarla. Sebbene vivesse braccata come un animale, non era
costretta a passare ogni dannato momento della sua esistenza a
guardarsi le spalle.
Il ricordo di Rey
riecheggiava vivido nella sua mente annebbiata dal desiderio di
distruzione. La immaginava, risoluta, determinata, con quella sua
sfacciata arroganza da jedi, intenta a tramare un modo per
sconfiggerlo, circondata dai suoi amici.
Per
quanto la situazione della Resistenza fosse critica, lei era
avvantaggiata. I ribelli erano una massa di ipocriti e fanatici, ma
erano di gran lunga più uniti. Il fatto che anche tra le
loro fila
ci fosse del marcio, era un dettaglio trascurabile, che Rey non
avrebbe mai ammesso, nemmeno se glielo avesse sbattuto in faccia come
uno schiaffo. Era troppo accecata dal suo istinto benevolo e
soccorrevole per rendersene conto. Era convinta che i suoi compagni
fossero il
bene,
la speranza della Galassia, contro la tirannia del Primo Ordine.
Ren però era fiducioso: si
sarebbe accorta a tempo debito che, la presunzione di essere nel
giusto, dilagava a torto, da entrambe le parti.
Per ironia della sorte,
ambedue le fazioni lo volevano morto, perché lui era una
presenza
scomoda, un fastidio da eliminare, il perno sul quale bilanciava
pericolosamente l'equilibrio.
Lui era Kylo Ren: il jedi
maledetto e rinnegato che aveva scelto il Lato Oscuro e massacrato i
suoi compagni, l'infame patricida, l'assassino del suo stesso
maestro.
Una scossa di rabbia gli
attraversò tutto il corpo, strinse forte il calice che aveva
in mano
fino a frantumarlo. Solo dopo qualche istante si rese conto di
essersi ferito, vedendo il sangue gocciolare. Ma quel tipo di dolore
era abituato a sopportarlo, alimentava la sua rabbia e accresceva il
suo potere.
Avrebbe venduto cara la
pelle.
Era perfettamente
consapevole che si sarebbe trovato da solo a decidere il destino
della galassia. Dopotutto era la sua missione fin dall'inizio.
Nonostante i tradimenti e i voltafaccia subiti, era più che
mai
determinato a portare a compimento i suoi intenti: avrebbe
disintegrato ogni più piccola cellula della Resistenza con
l'appoggio del Primo ordine, e poi avrebbe pensato a demolire anche
quello.
Il suo piano era perfetto,
la sua strategia studiata in ogni dettaglio; gli era rimasto un unico
obiettivo, e lo avrebbe perseguito a costo di distruggere tutto.
Rabbioso, rassegnato e disperato. Ma in quello stesso istante si rese
tristemente conto che, di tutta quella sicurezza, ormai era rimasto
ben poco.
Era accaduto qualcosa, un
imprevisto che lo aveva trascinato nuovamente nell'abisso.
Rey, sempre e solo lei, era
tornata. Era riapparsa quando ormai si era rassegnato ad averla persa
per sempre, rimettendo tutto in discussione.
Dopo mesi di silenzio
angosciante, il loro legame si era riattivato lasciandolo incredulo e
gettandolo nell'insicurezza. Per l'ennesima volta si ritrovava in
bilico tra luce e oscurità, e questo aveva il dannato potere
di
destabilizzarlo.
Ritrovarsela di fronte gli
aveva fatto più male del dovuto, anche se in un primo
momento aveva
pensato che fosse solo un'illusione, uno dei tanti fantasmi che
popolavano costantemente i suoi sogni, o un assurdo desiderio
inconscio partorito dalla sua mente.
Invece era sempre lei, fin
troppo reale, fragile solo in apparenza, agguerrita ed arrogante.
Il loro contatto era durato
qualche istante, solo il tempo di scambiarsi poche e futili parole,
ma era bastato per fargli abbassare le difese e costringerlo a
piegarsi al flusso della Forza che li voleva di nuovo uniti.
Perché la jedi si era
riaperta al dialogo? Cosa era accaduto per farla recedere dalla sua
posizione irremovibile? Cosa voleva realmente da lui? Era solo una
subdola strategia per provocarlo e farlo capitolare?
Improvvisamente non era più
sicuro di nulla.
Se solo avesse avuto
qualcuno con cui confidarsi, qualcuno di cui potersi fidare.
Odiava sentirsi in quel
modo, indeciso, dilaniato. Debole.
Ciao, Ben.
Una voce calma e pacata, a
lui tristemente nota, riecheggiò pungente nel silenzio della
cabina
e lo distolse con impertinenza dalla sua muta preghiera.
Un
bagliore azzurrino lampeggiò poco lontano e il suo pessimo
umore
peggiorò ulteriormente. Digrignò i denti,
furioso, cercando di
tenere a bada la rabbia che minacciava di prendere il sopravvento sui
suoi sensi.
Sei deluso? Ti aspettavi
forse qualcun altro? Mi dispiace, ma a è con me che hai
ancora una
questione in sospeso.
«Ho
smesso da un pezzo di avere aspettative. È
un ottimo espediente per evitare delusioni.» Esitò
qualche istante,
prima di rispondere. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel
momento, era di confrontarsi col sarcasmo del fantasma di Luke.
Se
fosse stato in carne ed ossa almeno avrebbe potuto tagliargli la
testa e zittirlo, ma il suo caro ed antico maestro gli aveva negato
anche quella soddisfazione.
Sei
diventato più saggio. Stai entrando pienamente nel ruolo di
Leader
Supremo?
Ren
strinse i pugni e incupì lo sguardo. La sottile ironia dello
zio
aveva sempre il potere di irritarlo. «Se sei qui per cercare
di
convincermi a lasciar perdere i ribelli, redimermi e salvare la mia
anima, puoi anche tornare ad essere tutt'uno con la Forza. Non mi
interessa quello che hai da dire» tagliò corto
deciso, nella vana
speranza di sentirlo svanire.
Lo
sai perché sono qui.
A
quell'ennesima provocazione non poté fare a meno di girarsi
verso di
lui e fulminarlo con lo sguardo. «Per portarmi i saluti di
mio
padre? Per perseguitarmi? Qualunque cosa sia, non riuscirai ad
intimorirmi, o a distogliermi dai miei intenti.»
Il
fantasma scosse la testa e lui non poté fare a meno di
scrutarlo.
Era sempre lui, il Luke che ricordava, così come lo aveva
visto
quell'ultima notte al tempio. Con quel cipiglio sicuro e lo sguardo
fiero, vestito con la tipica tunica da jedi.
Sta'
tranquillo. Non ho alcuna intenzioni di farti la predica. E nemmeno
di condannarti. Se avessi voluto distruggerti, mi sarei fatto
trafiggere dalla tua spada. E adesso non potrei essere qui.
Ren
fu pervaso da un fremito d'ira che lo scosse fin nel profondo.
«Pensi
di avermi dato una lezione? Beh, te la potevi risparmiare tanta
premura nei miei confronti» lo sfidò, puntandolo
dritto negli
occhi., mentre la Forza ribolliva tra loro.
No,
Ben. Ti ho solo impedito di varcare il punto di non ritorno.
Quando
la smetterai di fare la vittima incompresa? Lo sai che non avevo
davvero intenzione di ucciderti. Non mi hai dato il tempo di
spiegare... hai tratto le tue conclusioni e non ti sei fatto nessuno
scrupolo a distruggere tutto.
A
quella esternazione gli sfuggì una lieve risata sarcastica.
«Non
sono il solo ad aver tratto delle conclusioni affrettate. Fin da
quando ero bambino tu e tua sorella avevate paura che potessi
diventare un mostro come mio nonno! Il vostro timore era
così
profondo, radicato, che lo avete fatto diventare realtà. Non
vi siete fatti scrupoli a mentirmi e a nascondermi la
verità. E adesso vuoi
farmi credere che quella notte eri venuto solo per parlarmi? Queste
sono stronzate che ti ha fatto comodo raccontare a mia madre. Io e te
sappiamo bene come è andata.»
Il
fantasma si sedette stanco sulla branda che aveva accanto,
chinò il
capo e sospirò profondamente.
Credevo
che Snoke avesse già corrotto il tuo cuore, avevo visto un
futuro di
dolore, distruzione e morte... e, per un solo ed unico istante, ho
creduto di poter fermare quell'orrore. Sbagliando.
Un solo ed unico
istante, Ben...
Ren
assottigliò le labbra e serrò la mascella.
«Non ti hanno fatto
entrare nel paradiso dei jedi? Bene. Ora che ti sei ripulito la
coscienza puoi anche toglierti dai piedi.»
Non
sono qui per convincerti a ritirare la tua flotta. Né per
tentare di
salvarti, Ben. Non ne ho mai avuto il potere. Nella mia superbia ed
arroganza credevo di poterti addestrare, ma ho fallito.
«Consolati.
Non ho mai voluto essere un jedi» gli sibilò cupo,
rassicurandolo.
Il desiderio di brandire la sua lama cremisi e distruggere qualunque
cosa avesse intorno lo stava divorando, ma si impose di mantenere la
calma. A quel punto era curioso di sapere dove Luke aveva il coraggio
di arrivare.
Hai
ragione. I miei complimenti, Ben. Hai ottenuto quello che volevi, sei
diventato più potente di Darth Vader. Ora finalmente sei
amato e
rispettato...
Si
sentì disgustato invece. «Cosa. Vuoi.
Ancora.» Scandì lentamente
quelle poche parole, con una calma innaturale. L'unico motivo per cui
non gli era già saltato alla gola era la consapevolezza che
sarebbe
stato inutile.
Raccontarti
la verità, su colui che desideri tanto eguagliare...
Il
fantasma di Forza si alzò lentamente e si
avvicinò a lui
fronteggiandolo senza timore con i suoi intensi occhi chiari.
Ren
sbuffò stizzito. La parola verità
accostata allo sguardo rammaricato di suo zio, riusciva soltanto a
risultargli esilarante.
Per
quale motivo pensi che la galassia abbia conosciuto un lungo periodo
di pace?
Ren
continuò ad ascoltarlo in silenzio, affilando lo sguardo.
La
mia esistenza, quella di tua madre... e persino la tua, cosa credi
che le abbia rese possibili?
Ren aggrottò la fronte, la sua
curiosità, insieme alla sua pazienza, avevano raggiunto un
limite
pericoloso.
Il
sacrificio, Ben. Il più grande che un uomo possa mai
compiere.
Tutti
credono che sia stato io a salvare la Galassia, a riportare la luce,
ma questa è solo una parte della verità.
Vader
è morto da jedi, e tu questo già lo sai, vero
Ben? Eppure ti ostini
ad osannare la sua parte oscura.
Ma
nei suoi ultimi istanti, mio padre, ha ritrovato se stesso e si
è
sacrificato per salvarmi. Ha dato la sua vita, e lo ha fatto per me.
Quel flebile raggio di luce, che non si era mai spento dentro di lui,
ha dissolto l'oscurità che attenebrava la sua mente...
L'amore per i
suoi figli lo ha redento.*
Le
accorate parole di Luke lo colpirono nel profondo eppure non
riuscirono a sconvolgerlo. Come tutto il resto della Galassia, lui
conosceva solo notizie confuse, frammentarie e che erano di dominio
pubblico: Luke aveva sconfitto l'Imperatore, riportando alla luce
Darth Vader, e per questo era diventato una leggenda.
Gli
mancava solo quell'ultimo piccolo
particolare.
Perché quella rivelazione adesso avrebbe
dovuto fare la differenza? Tutta la sua esistenza era stata una
menzogna, la sua famiglia aveva cercato invano di proteggerlo da una
pesante eredità, nascondendola dietro a silenzi e omissioni.
«Bugiardo» riuscì solo a mormorare,
nella vana speranza che quello fosse solo un ultimo, disperato,
tentativo dello zio di raggirarlo.
Sai
che non posso mentire.
«Perché me lo stai dicendo solo
adesso?» ebbe la forza di aggiungere, con le labbra tremanti
e le
lacrime agli occhi. Mai come in quel momento si era sentito travolto
da una serie di sentimenti contrastanti. Avrebbe voluto disintegrare
quella manifestazione della Forza se ne avesse avuto il potere, ma
nello stesso tempo provava un assurdo senso di gratitudine verso
colui che, per una volta, era stato finalmente sincero nei suoi
confronti.
Perché
adesso sei disposto ad ascoltare e la resa dei conti è
vicina. Non
c'è più tempo Ben...
Deglutì
a vuoto, sentì le gambe cedergli e una leggera vertigine gli
offuscò
per un istante la vista. «È
stata tutta colpa tua...» Erano anni che sognava di dirglielo
e
finalmente era stato esaudito. Non era una giustificazione per i
crimini di cui si era macchiato. Voleva semplicemente che Luke
sapesse che tradendolo gli aveva fatto del male.
Lo
so...
Sentirglielo ammettere ebbe il potere di
farlo sentire sollevato.
Ricordi
Ben? L'Oscurità è una strada facile e allettante,
può essere
infinitamente potente, ma ha un solo punto debole... sempre...
Ren
gli sentì pronunciare quelle parole serenamente, poco prima
di
vederlo svanire.
Rimase
per un lungo istante a fissare immobile il punto in cui lo spettro
azzurrino si era dissolto, con gli occhi sbarrati e fremente.
Inspirò
e un violento brivido lo scosse.
Per
assurdo ora si sentiva calmo, come se quel lungo ed estenuante
confronto, non avesse avuto il potere di scalfirlo.
Un
unico raggio di luce può distruggere l'oscurità...
Lo
sapeva. Lo aveva sempre saputo.
E
il suo punto debole era Rey.
* * *
Posizione:
Limite estremo dell'Orlo Esterno - Pianeta Batuu – Avamposto
di
Black Spire
Batuu
era un pianeta rigoglioso e fertile. A Rey, per certi versi,
ricordava le immense distese verdeggianti di Takodana; non a caso la
millenaria Maz Kanata vi si era rifugiata per insediarci i suoi
floridi traffici, al limite estremo della galassia.
La
maggior parte del territorio era ricoperto da una fitta foresta di
alberi dai fusti snelli e altissimi, l'ideale per nascondere la
piccola base della rinata Resistenza. Ma vi erano anche imponenti
catene montuose che svettavano maestose, increspando in modo
suggestivo la linea dell'orizzonte, ed un placido oceano le cui onde
tumultuose si andavano ad infrangere sulla scogliera poco distante
dall'insediamento.
Non
era stato difficile per lei abituarsi al clima mite, alle lunghe
giornate intense e frenetiche, scaldate da un sole brillante ma non
aggressivo e infido, come quello delle Goazone Badlands.
Il
piccolo villaggio di Black Spire non era altro che un covo di
contrabbandieri e avventurieri che lì si rifocillavano
allegramente
prima di addentrarsi, per i loro loschi affari, nel cuore delle
Regioni Ignote.
Non
era raro che nel nuovo e variopinto abbeveratoio di Maz Kanata
scoppiassero risse e scazzottate. A volte era stato anche divertente
parteciparvi, insieme ai suoi amici Poe e Finn, era un buon modo per
scaricare la tensione e mimetizzarsi all'interno di quella
accozzaglia di furfanti appartenenti alle razze più
disparate.
Da
quando era tornata da Bespin, però le cose erano
drasticamente
cambiate: Rey si sentiva strana, quasi insofferente.
Era
rimasta da sola, al centro della piccola sala tattica in cui si era
appena conclusa l'ennesima assemblea della Resistenza e non se l'era
sentita di unirsi ai suoi compagni che si erano diretti al locale di
Maz per una bevuta.
Le
cose stavano cominciando a funzionare per la ribellione, Alderaan
Prime era stata ultimata con successo, grazie al provvidenziale
intervento di Lando, presto sarebbero diventati a tutti gli effetti
operativi e pronti ad ostacolare degnamente il Primo Ordine. Molti
nuovi alleati, reclutati negli angoli più sperduti della
galassia,
si andavano ad aggiungere a quelli che si erano uniti a Poe, nella
sua ultima missione su Nal Hutta.
Tutto
stava andando per il meglio ma lei non aveva voglia di festeggiare.
Quello che era accaduto, durante il lungo viaggio di ritorno, l'aveva
segnata.
In
che modo avrebbe potuto aiutare i suoi compagni in quelle condizioni?
Si sentiva incompleta: non era ancora un vero jedi, almeno fino a
quando non avrebbe completato l'addestramento e costruito la sua
spada; non era una vera ribelle, non era nessuno.
Ma
era qualcuno
per Ben.
Cos'era
esattamente per lui?
Un
brivido strano le attraversò la schiena e
ricacciò immediatamente
quel pensiero doloroso e pericoloso da dove era venuto. Aveva
percepito la profondità e sincerità dei suoi
sentimenti verso di
lei ma ne aveva avuto paura.
Non era stato affatto facile
considerarlo alla stregua di un avversario da combattere, ma si era
obbligata ad essere razionale e a rimanere fedele alla causa della
ribellione.
Era
stata irremovibile, almeno fino a quando non aveva guardato in quella
sottile fessura apertasi tra le pieghe del tempo. Da allora non era
più riuscita a pensare
a lui come ad un nemico; nella sua mente si sovrapponeva
costantemente l'immagine straziante di quel bambino, solo e indifeso,
insidiato da un potere immensamente più grande di lui, e
questo per
lei rappresentava un ostacolo insormontabile.
Mentre
era immersa nei suoi pensieri, arrivando quasi ad estraniarsi dalla
realtà, sentì una mano calda e leggera posarsi
sulla sua spalla,
che la riportò improvvisamente su Batuu.
Si
voltò e si ritrovò a fronteggiare lo sguardo
sorridente della
principessa Organa, i suoi occhi scuri e gentili che le ricordavano
quelli di Ben.
Una
fitta dolorosa le attraversò il petto. Se per lei era
diventato
estremamente difficile affrontare quella guerra senza sentirsi
dilaniata, non riusciva ad immaginare quanto potesse essere penoso
per Leia.
Nonostante
avesse un disperato bisogno di aprirsi con qualcuno non
riuscì a
spiccicare una parola, l'unica cosa che le venne spontanea fu di
gettarsi tra le sue braccia, proprio come aveva fatto quel lontano
giorno, in cui era partita per andare a cercare Luke.
Neanche
Leia disse nulla, la strinse semplicemente a sé con l'amore
di una
madre e di questo Rey le fu riconoscente.
Rimasero
così, abbracciate al centro della sala tattica di Black
Spire, per
un tempo che le sembrò interminabile. Era così
confortevole la
sensazione di essere stretta tra le sue braccia, calde e accoglienti.
Nonostante
si sentisse insicura e combattuta, era suo dovere ricambiare la sua
fiducia e il suo affetto, ma nello stesso tempo era terrorizzata da
quello che la aspettava: era suo figlio il nemico da annientare.
Il
generale Organa era una donna straordinaria e Rey l'ammirava
immensamente. Sapeva essere severa e risoluta, se necessario, a volte
anche spietata, se la situazione lo richiedeva. Ma era altrettanto
benevola, protettiva, e lo era con tutti, perfino con Poe, che spesso
e volentieri le faceva perdere la pazienza.
Rey si
era soffermata più volte ad osservarla, mentre impartiva
ordini e
coordinava tutti loro nelle svariate operazioni della rinata
Resistenza. L'aveva studiata attentamente con l'intento di poter
imparare molto da lei. Non le sarebbe dispiaciuto somigliarle, in un
futuro, non molto lontano.
Le
sembrava impossibile che, da una persona tanto posata ed equilibrata,
fosse nato un essere tanto disturbato come Ben.
Non
poteva credere che non lo avesse amato abbastanza, che non avesse
cercato di proteggerlo e di comprenderlo, in tutti i modi possibili.
Una
madre non si arrende...
L'aveva
pensato più volte, guardandola.
La
sua, invece, si era arresa.
Si
staccò dal suo abbraccio a malincuore.
Perché
si stava ritrovando a fare quell'assurdo paragone? Ancora una volta,
un folle e subdolo senso di gelosia, la stava assalendo. Ben aveva
avuto un padre meraviglioso, eppure lo aveva ucciso. Aveva avuto una
madre amorevole, eppure l'aveva tradita lasciandosi sedurre dal lato
oscuro.
Si
riscosse da quei pericolosi pensieri quando si rese conto che Leia la
stava fissando con apprensione. «C'è qualcosa che
ti preoccupa»
constatò sincera, «e non riguarda solo la missione
per la quale
stai per partire.»
Rey
sussultò appena, colpita da quella inaspettata rivelazione.
Possibile che fosse in grado di scrutare i suoi pensieri? Anche se
era sensibile alla Forza, Leia non aveva mai fatto uso dei propri
poteri. Probabilmente riusciva solo a percepire l'angoscia che la
stava divorando e il turbine di sentimenti contrastanti che non le
dava tregua, da quando era tornata da Bespin.
Schiuse
la bocca con l'intenzione di parlare, di aprirsi totalmente con lei,
confidarle tutto e liberarsi da quel peso opprimente, ma alla fine si
trattenne.
Avrebbe
tanto voluto metterla al corrente di come Ben avesse eliminato Snoke
salvandole la vita, di come avevano combattuto insieme contro le
guardie pretoriane, di come avesse fatto di tutto pur di averla al
suo fianco, ma aveva paura di essere fraintesa, di illuderla e darle
false speranze.
Avrebbe
tanto voluto confidarle del legame che li aveva uniti su Ahch-To, che
continuava e che, probabilmente, non si sarebbe mai spezzato, ma
temeva che l'avrebbe interpretato come una minaccia per la sicurezza
della Resistenza.
Aveva
trovato il suo posto, una famiglia che l'aveva accolta, amici che le
volevano bene, non avrebbe accettato di essere allontanata
perché
ritenuta pericolosa, una specie di rilevatore vivente per il Primo
Ordine. Un altro abbandono non lo avrebbe sopportato.
Fissò
Leia con tristezza e lei si dimostrò comprensiva.
«Se
non ne vuoi parlare non importa.»
«La
Resistenza si aspetta grandi cosa da me. Ma io non so se ne
sarò
all'altezza. Sono rimasta da sola. Non ho un maestro, non ho una
guida. Mi sento così impotente.»
Leia
le riservò un'espressione benevola. «Beh, credimi,
non sei l'unica
ad avere un grosso peso sulle spalle da sopportare»
sospirò stanca,
fece una lunga pausa e poi si aprì: «È
stata colpa mia...» Rey aggrottò la fronte senza
capire. «Non
avrei dovuto mandarlo via, è stato allora che l'ho perso. E
non me
lo perdonerò mai.»
L'inaspettata
confessione di Leia la colpì come una stilettata. Da quando
la
conosceva, era la prima volta che la sentiva parlare di suo figlio.
«Hai
solo cercato di proteggerlo» si dimostrò
comprensiva, anche se
aveva constatato con i suoi stessi occhi qual era lo stato emotivo di
Ben.
«No.
Avrei dovuto tenerlo con me.»
«Lo
hai affidato a Luke in buona fede, non devi condannarti per questo.
Non lo meriti.»
Leia
sospirò stancamente e poi cercò con insistenza i
suoi occhi. «Ho
solo scelto la strada più facile» ammise mesta.
Poi le prese la
mano, come se stesse per confidarle qualcosa di estremamente
importante e volesse essere sicura che avrebbe capito.
«Conosco mio
figlio, so che non è malvagio, anche se ha commesso azioni
atroci,
ma sono consapevole che potrebbe accadere l'irreparabile. Rey, se
dovessi essere costretta a fermarlo per sempre... non te ne
farò mai
una colpa, voglio che tu lo sappia. Ma io sono sua madre, e qualunque
cosa dovesse succedere... non smetterò mai di sperare che un
giorno,
possa tornare da me. Mai» la rassicurò,
sorridendole benevola.
Rey
sentì una puntura all'altezza del cuore, aveva percepito
tutta la
sofferenza di Leia nel pronunciare quelle parole ma non poté
fare a
meno di provare una sorta di sollievo, anche se in quel momento
avrebbe solo voluto gettarsi di nuovo tra le sue braccia e piangere.
«C'è
ancora luce in lui, io l'ho vista...» la sua voce era solo un
sussurro angosciato. Avrebbe tanto voluto infonderle speranza, ma
anche lei si sentiva sperduta.
«Lo
so. L'ho percepita anch'io.»
* * *
Le
serate al villaggio di Black Spire erano piacevoli. Dopo una giornata
intensa di allenamenti, incontri, preparativi, i membri della
Resistenza si riunivano intorno al fuoco, sotto le stelle, in
un'ampia radura tra gli alberi, poco lontano dalla base.
Chiacchieravano, passandosi a vicenda una buona bottiglia,
debitamente soffiata alla comprensiva e generosa Maz Kanata, fino a
quando non ne vedevano il fondo.
C'era
chi cantava delle vecchie canzoni del suo popolo, chi raccontava
delle storie, chi semplicemente se ne stava in silenzio a guardare il
fuoco crepitare; era un modo per sentirsi uniti e scacciare
l'angoscia di quello che sarebbe accaduto ben presto.
Rey
aveva imparato ad apprezzare quel piccolo rituale, anche se sapeva
bene che a breve avrebbero dovuto lasciare anche Batuu. Era il
momento della giornata in cui si sentiva meno sola e riusciva a
percepire tutto il calore di quella famiglia che non aveva mai avuto.
Poe
aveva appena finito di raccontare dei curiosi particolari sulla sua
ultima movimentata missione su Nal Hutta, quando, un leggero senso di
vertigine ed un lieve appannamento della vista, la fecero andare nel
panico.
Era
così che cominciava. Sempre.
Aveva
imparato molto tempo prima a riconoscere quella sensazione e ad agire
di conseguenza. Si alzò di scatto, suscitando lo sconcerto
di Rose
che le era accanto, e lasciò il gruppo di ribelli seduti
attorno al
fuoco, addentrandosi tra gli alberi. Non poteva succedere mentre era
circondata dai suoi amici, non lo avrebbe mai permesso.
In
passato avrebbe fatto di tutto per ignorare il richiamo insistente
della Forza, ma in quel momento non se la sentiva di resistere. O
forse, più semplicemente, non ne era più in grado.
Corse
a perdifiato sulla terra umida, ignorando il dolore delle pietre e
dei rami spezzati che le ferivano i piedi nudi, allontanandosi il
più
possibile dal villaggio, fino a raggiungere su un piccolo promontorio
roccioso a picco sull'oceano.
Si
fermò ansimando solo quando le apparve la figura alta e
oscura di
Ben. Immersa nella notte serena e tiepida di Batuu, a pochi metri
dall'immensa distesa dell'oceano traslucido che si muoveva lenta,
sotto un cielo trapuntato di stelle, si ritrovò a
fronteggiarlo
accigliata. Si sentì sollevata nel constatare che, almeno
quella
volta, era completamente vestito.
Al
contrario di lei, Ben era calmo, ma il suo sguardo cupo e la bocca
imbronciata, manifestavano tutta la sua ostilità. Era in
piedi, con
le braccia abbandonate lungo i fianchi e la fissava in silenzio,
riuscendo a scatenarle un senso di disagio. Sembrava volesse
trapassarle l'anima. Il suo viso, sempre troppo pallido, era l'unica
nota luminosa nell'oscurità.
«Smettila
di guardarmi in quel modo» gli intimò velenosa e
lui reagì con un
sospiro, accusando il colpo con muta rassegnazione.
«Dovrei
fare finta di non vederti?» le rispose, dopo aver esitato un
istante. «Non ho mai cercato di ostacolare il nostro legame,
al
contrario di te. Eri molto brava ad ignorarmi, che ti è
successo?»
Rey
rimase interdetta, erano mesi che non si confrontava con lui, non
ricordava quanto fosse abile ad analizzare nel dettaglio le sue
azioni, e a scrutare i suoi pensieri, anche se durante una
connessione non era in grado di leggerle la mente.
«Se
credi di riuscirmi ad intimorire o a confondermi, sei completamente
fuori strada» reagì severa.
Ben
notò il suo leggero affanno. «Ti stai nascondendo
dai tuoi amici.
Hai paura che scoprano il tuo segreto?» insinuò
crudo, senza
mostrare la minima esitazione.
«Non
la smetterai mai di provocare, vero?» Quanto avrebbe voluto
togliergli quella insopportabile espressione da essere superiore
dalla faccia, a suon di ceffoni.
«Hai
ceduto al nostro legame, dopo tanto tempo. Voglio solo sapere
perché.» Questa volta nelle sue parole c'era
dell'astio e Rey ebbe
la netta impressione che stesse seriamente perdendo la pazienza.
«Sei
fuori strada. Io non fatto niente.» Sapeva perfettamente che
era
solo colpa sua, ma non se la sentì di essere sincera. Non
aveva idea
di dove volesse andare a parare con le sue insinuazioni, ma per
nessun motivo gli avrebbe fornito la possibilità di
prendersi gioco
di lei o di umiliarla.
«Bugiarda.
Cosa vuoi dimostrare? Che sei diventata più forte? Che
adesso sei in
grado di distruggermi? Mi vuoi forse sfidare, Rey di Jakku? Sono a
tua disposizione.»
Sfidarlo?
Rey sentì il terreno franarle sotto i piedi, non aveva
nemmeno una
spada. La situazione in cui si era ritrovata era surreale, e non
aveva idea di come uscirne.
«Se
ti avessi voluto uccidere lo avrei fatto sulla Supremacy.»
Ben
sorrise sottilmente. «Già, dovrei esserti grato.
Mi hai risparmiato
la vita. Credo però che tu abbia commesso un grave
errore»
l'aggredì severo.
«Lo
hai commesso anche tu credendo che sarei stata tua parte. Non lo
sarò
mai, non alle tue condizioni.» Reagì in modo
eccessivamente
brutale, ma quella conversazione stava pericolosamente degenerando e
lei già si sentiva stremata.
«E
quali sarebbero invece le tue
condizioni?» le chiese ironico, senza smettere di fissarla
con
un'intensità tale che le spezzò il respiro.
«Speri ancora che mi
converta, che lasci il comando del Primo Ordine e mi unisca alla
Resistenza, come se niente fosse? Ti facevo più
intelligente, scava
rifiuti.»
Rey
incassò l'insulto senza scomporsi, trattenendo con orgoglio
le
lacrime che minacciavano di fare capolino tra le palpebre, distolse
semplicemente gli occhi da lui costringendosi a guardare altrove,
oltre la scogliera, verso quell'immensa distesa immobile, in netto
contrasto con il tumulto dei sentimenti che la scuotevano
violentemente.
Poi
ritornò su di lui affilando lo sguardo. «Poi anche
continuare a
fuggire, a rinnegare il tuo passato, a voler sembrare un mostro a
tutti i costi... Ma c'è ancora chi ti ama, Ben, e non
smetterà mai
di sperare nel tuo ritorno.»
Quell'esternazione
ebbe il potere di farlo notevolmente alterare. Rey non poté
fare a
meno di notare lo spasmo nervoso che attraversò il suo viso
troppo
chiaro. Ma si sentì anche soddisfatta per essere riuscita a
colpire
nel segno.
«Te
lo ha detto mia madre? Ti ha raccontato anche tutto il resto, o solo
la parte struggente della storia?» reagì lui con
sarcasmo, «e tu
invece, Rey, che cosa provi? Avanti. Dillo. Sii sincera con te
stessa. O forse hai paura?»
Rey si
sentì presa in trappola e incapace di reagire. Ben era
riuscito ad
aggirare sapientemente il suo discorso e rivoltarle contro le sue
stesse insinuazioni.
Esitò,
distolse gli occhi da lui, si chiuse cercando di
riflettere. Come avrebbe potuto rispondere se non aveva la
più
pallida idea di quello che stava provando? Non lo odiava, di questo
ne era sicura, ma il resto era totalmente confuso. Era consapevole che
non avrebbe potuto restare in silenzio troppo a lungo. Ma
nello stesso istante in cui schiuse la bocca per accennare una
risposta, Ben la interruppe in modo brusco.
«Zitta!»
le intimò aguzzando i sensi e sollevando una mano per
fermarla. Aveva percepito
qualcosa di cui lei non si era accorta minimamente. «Sta
arrivando
qualcuno.»
«Rey,
va tutto bene?» la voce gentile di Rose, proveniente alle sue
spalle, ebbe il potere di farla sussultare. Si girò verso di
lei
senza riuscire a mascherare il disagio e la sorpresa.
«Certo...
perché non dovrebbe?» tentò di
recuperare, sperando che la giovane
ribelle non l'avesse scoperta a litigare con se stessa.
«È
che...
ad un tratto sei sparita. Ci siamo chiesti dove fossi finita.»
«Avevo
solo bisogno di restare un po' da sola» mentì
spudoratamente
evitando con cura di guardarla negli occhi. «Di' pure agli
altri che
li raggiungerò tra breve.»
Rose
non era convinta. «Rey, va davvero tutto bene? Siamo un po'
preoccupati.» Quel timore genuino che traspariva dal suo
sguardo,
sempre furbo e attento, le fece stringere il cuore, e si
odiò
profondamente per averlo provocato.
«Non
dovete. È
tutto sotto controllo» cercò di rassicurarla,
anche se sapeva bene
che non avrebbe potuto impedire ai suoi compagni di allarmarsi.
Rose
annuì titubante. «Allora... ti aspettiamo attorno
al fuoco. Finn
sta facendo lo scemo. Credo che sia un po' ubriaco» le
confidò
arricciando il naso, nella speranza di riuscire a farla sorridere.
Rey
ingoiò un groppo amaro, mentre Rose si allontanava. Si
sentiva
tremendamente combattuta, intrappolata tra due fuochi e, per la prima
volta, da quando era entrata a far parte della Resistenza, ebbe il
timore che quello non fosse il suo posto.
Rimase
sola e in silenzio, con l'unica compagnia delle sue insicurezze,
mentre l'immagine di Ben lentamente sfumava, lasciando il posto ai
leggeri flutti che avevano iniziato ad increspare la superficie scura
dell'oceano.
__________________
Note:
* Il fatto
che Ben non sapesse di come era morto Darth Vader è una mia
mera supposizione. Ovviamente era a conoscenza che si fosse redento,
dato che era di dominio galattico. Ho immaginato che Luke avesse voluto
confidarglielo al tempio, ma che non ne avesse avuto il tempo.
|
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Capitolo 4 *** Cap. 2.2 - Fantasmi ***
Cap. 2-2
«Abbiamo individuato il
pianeta ideale da trasformare nella nuova base Starkiller, ha tutte
le caratteristiche che occorrono e la vicinanza di una stella
giovane, irrequieta, abbastanza potente da alimentarlo senza
prosciugarsi velocemente. Manca solo il suo benesta...»
«Due Morti Nere
distrutte e un intero pianeta disintegrato non le hanno insegnato
nulla sulla ribellione? Credevo di essere stato chiaro. Non
sprecherò
uomini e risorse per creare l'ennesima e inutile arma di distruzione
di massa.»
«Leader Supremo sia
ragionevole, fino adesso abbiamo ottenuto facilmente solo il
controllo dei Sistemi Stellari deboli, che si aspettano che il Primo
Ordine li risollevi dalle loro miserie. Non è sufficiente
per
conquistare il predominio assoluto della galassia. Non riusciremo mai
a penetrare oltre l'Orlo Interno. Dobbiamo poter essere in grado di
spazzare via, con un solo colpo, ogni possibile alleato della
Resistenza.»
«Attento Hux. Se sta
macchinando qualcosa alle mie spalle se ne
pentirà.»
«Attento a lei Ren. La
Resistenza si sta riorganizzando. Una fonte attendibile ci ha appena
informato che i ribelli stanno lavorando a qualcosa di grosso, di
estremamente potente. Molto presto torneranno all'attacco ed allora
sarà troppo tardi. Comincio seriamente a dubitare che lei
sia la
persona più adatta a raccogliere l'eredità del
nostro compianto
Leader Sno... ugh...»
«Fino
a quando sarò io al comando del Primo Ordine si
farà a modo mio...»
«gh... ugh...»
«E credo di avere
argomenti di gran lunga più persuasivi dei suoi.»
«...»
«Sono stato abbastanza
convincente, Generale?»
«S-sì, mio
S-si...
signo-re.»
* * *
Cap. 2.2 - Fantasmi
Posizione:
Territori dell'Orlo Esterno – Settore Lothal - Orbita del
pianeta
Atollon - Star Destroyer Finalizer – Alloggi del Leader
Supremo
Ancora una volta era
costretto ad inginocchiarsi e sottomettersi in quel luogo maledetto.
Da lontano riusciva a scorgere quell'orribile figura dal volto
deforme, anche se i suoi sensi erano alterati dal terrore. Aveva
fallito e doveva essere preparato a qualsiasi punizione.
Il suo maestro si alzava dal trono e si
avvicinava lentamente, come un predatore che si
prepara ad azzannare la sua preda. Lo scrutava, quasi a volergli
sondare l'anima. Poi si chinava su di lui e pronunciava quelle
terribili parole che gli avevano fatto scattare il desiderio,
disperato e definitivo, di ribellarsi.
Sì, è
così. Hai troppo
di tuo padre... Sento ancora il suo cuore in te, giovane Solo.
Il suo alito fetido gli
rivoltava lo stomaco, ma non poteva dimostrarsi debole, o manifestare
un accenno di esitazione, non in quel momento. Ne andava della sua
vita.
Ho ucciso Han Solo!
Quando è stato il momento non ho esitato!
Lo gridava a se stesso più
che al Leader Supremo, per convincersi di aver fatto la scelta
giusta, l'unica possibile per poter completare il suo addestramento e
chiudere col suo passato.
Ma era tutto inutile.
Aveva commesso il peggiore
dei delitti e la reazione di Snoke era sempre, maledettamente, la
stessa.
Quel gesto ti ha spaccato
l'anima in due!
Tu non sei Vader. Sei
solo un ragazzino... con una maschera.
La verità lo colpiva ancora
come una stilettata, stordendolo. Il viso disgustato del suo maestro
gli sembrava ancora più informe, con gli occhi offuscati
dalle
lacrime che cercava invano di trattenere. Sentiva la rabbia
crescergli dentro, accendersi e avvampare come un incendio
inarrestabile.
Incautamente una lacrima
riusciva a sfuggirli, e non sfuggiva nemmeno a quella creatura
immonda. Snoke si chinava su di lui, allungava un dito nodoso sul suo
viso, per raccogliere quell'unica goccia che gli rigava la guancia,
l'ultima disperata manifestazione di quella fioca luce che non voleva
abbandonarlo.
Il suo tocco era freddo,
ruvido, e riusciva a scatenargli solo un profondo senso di disgusto.
Non poteva accadere un'altra
volta. Non glielo avrebbe permesso.
Voleva
solo che finisse, che tutto
finisse.
Desiderava che non fosse mai
successo.
Nell'immensa Sala del Trono
riecheggiò un nome, gridato con disperazione, il solo in
grado di
spezzare quel cerchio malefico in cui era rimasto imprigionato. Il
nome dell'unico raggio di luce che avesse mai avuto il potere di
colpirlo.
«Rey!»
*
Ren si svegliò di
soprassalto sollevandosi sui gomiti, madido di sudore. Era confuso e
disorientato. Gli bastarono pochi attimi per ritrovarsi, con
sollievo, in un ambiente tristemente familiare. Era sdraiato sulla
sua branda, coperto solo da un lenzuolo. Si sollevò a sedere
ansimando e nascose il viso stravolto tra le mani.
Nella tenue oscurità del
suo scarno alloggio, si rese conto che, alcuni oggetti che aveva
attorno, stavano fluttuando a mezz'aria. Residui dell'energia che si
era scatenata, vibravano ancora.
In passato avrebbe sfogato
la frustrazione mandando tutto ad infrangersi con violenza contro le
pareti, ma qualcosa era irrimediabilmente cambiato dentro di lui.
Chiuse gli occhi mentre il
suo petto nudo, imperlato di sudore, si sollevava velocemente. Si
impose di calmarsi. Alzò una mano e mentalmente
ordinò a tutto ciò
che lo circondava di posarsi dolcemente.
Tornare
alla realtà non era mai stato più rassicurante,
anche se quella,
non era la realtà che avrebbe voluto. Era
accaduto di nuovo: quell'orribile spettro gli era sembrato talmente
reale da fargli credere che
fosse tornato in vita per distruggerlo.
Non c'era modo di sfuggire
ai suoi fantasmi. Luke aveva ragione, su Crait glielo aveva
annunciato come una condanna. Non lo avrebbero mai lasciato in pace.
I suoi incubi erano popolati
dalle anime degli innocenti che aveva ucciso a sangue freddo, corpi
carbonizzati che si contorcevano tra le fiamme, visi stravolti e
insanguinati, occhi sbarrati che lo fissavano con terrore. Le urla
disperate delle sue vittime riecheggiavano impietose nella sua mente,
ma non ne aveva paura. Non riusciva a provare rimorso.
L'unico omicidio che aveva
avuto il potere di dilaniare la sua anima era stato quello di suo
padre e ne avrebbe portato il peso per sempre.
Si alzò dalla branda,
disattivando la termo-atmosfera che lo avvolgeva durante il sonno e
si diresse, a piedi nudi, verso la parte più buia
dell'alloggio in
cui custodiva i suoi macabri cimeli. Si ritrovò a fissare
per
l'ennesima volta il tavolo su cui aveva sparso le ceneri dei suoi
nemici, e sul quale troneggiava, come un'orribile trofeo deforme,
ciò
che restava del casco di Darth Vader.
Si sentiva inquieto,
combattuto, fastidiosamente fragile. Strinse i pugni, serrò
la
mascella e si costrinse a cercare, ancora una volta, un contatto con
l'anima oscura custodita tra il metallo contorto.
«Mostramelo... mostramelo
di nuovo, il potere dell'Oscurità. Ne ho bisogno, nonno. Ho
bisogno
di sentire la tua voce. Parlami ancora...»
Si concentrò, usando tutto
il potere che era in suo possesso per aprire un varco, per lanciare
un ultimo disperato richiamo, ma ricevette in risposta solo un
silenzio angosciante.
Un fremito d'ira gli
percorse tutto il corpo. Quello che aveva davanti non era altro che
un inutile guscio vuoto, un ammasso di lamiere fuse e deformate dal
calore, ormai ne aveva la certezza. L'unico essere a cui aveva votato
l'esistenza, che ammirava, e che aveva scelto come guida, in
realtà
non si era mai palesato.
Era stato Snoke*.
Nello stesso modo in cui
aveva amplificato il suo legame con Rey, gli aveva fatto credere per
anni che Darth Vader gli parlasse attraverso la maschera, guidando i
suoi passi nell'Oscurità. Snoke lo aveva ingannato,
alimentando il
suo potere con un'infima menzogna, con l'unico fine di servirsene per
i suoi scopi.
Non si era mai sentito così
solo.
Ora, finalmente, tutto gli
era chiaro e cristallino.
Il desiderio che suo nonno
rispondesse al suo richiamo era disperato, ma adesso aveva la
certezza che sarebbe stato ignorato. Il Signore Oscuro dei Sith si
era sacrificato per Luke. Nel momento in cui Anakin era tornato alla
luce, Vader aveva smesso di esistere.
Non
si sarebbe fatto condizionare dalla verità, quella
rivelazione non
doveva significare nulla per lui, anche se la parola sacrificio
continuava a rimbombare incessantemente nella sua mente,
tormentandolo come un pungolo malefico, nonostante cercasse in tutti
i modi di ignorarla.
Era giunto ad un punto
cruciale in cui doveva dare ascolto solo se stesso e impiegare tutte
le sue energie per raggiungere il suo scopo, senza più
guardarsi
indietro. Tutto il resto non aveva più alcuna importanza.
Prese il casco di suo nonno
tra le mani nude e strinse con tutta la forza di cui era capace.
Digrignando i denti concentrò tutta la sua rabbia repressa
fino a
distruggerlo, frantumarlo in tanti piccoli pezzi. Lasciò
cadere i
resti fra le ceneri dei suoi nemici e finalmente si sentì
davvero
libero.
Aveva pensato di nuovo a
Rey. Li divideva un'intera galassia, eppure non poteva sentirla
più
vicina. Aveva davvero urlato il suo nome o era stata solo una sua
suggestione? Doveva impedire che accadesse di nuovo. Non aveva
più
bisogno di lei, anzi non ne aveva mai avuto.
Aveva superato l'umiliazione
di essere stato abbandonato e il dolore di averla persa per sempre.
Era riuscito a considerarla alla pari della feccia ribelle a cui dava
la caccia: una traditrice che, prima o poi, sarebbe stata spazzata
via dalla furia del Primo Ordine.
Rey aveva messo da parte
l'orgoglio e lo aveva cercato, ma Ren sapeva che sarebbe stata
pericolosa. Era il suo punto debole, per questo non meritava di
esistere, e doveva occuparsene di persona.
* * *
Posizione:
Limite estremo dell'Orlo Esterno - Pianeta Batuu – Avamposto
di
Black Spire
C'era
un luogo, non molto lontano dal villaggio, nascosto nel fitto della
foresta, che a Rey piaceva particolarmente. Lo aveva scoperto durante
una delle ronde che effettuavano, di tanto in tanto, per accertarsi
che non ci fossero droidi spia nei paraggi, mandati dal Primo Ordine.
Anche se Batuu era un pianeta praticamente sconosciuto, la prudenza
non era mai troppa.
I
fusti degli alberi altissimi e la bassa vegetazione intricata ne
impedivano la vista tanto da renderlo praticamente invisibile ad un
occhio poco attento. Lo aveva trovato seguendo un richiamo, una
vibrazione sottile nella Forza che l'aveva attirata e guidata,
facendosi sempre più intensa. Una volta superata la barriera
degli
arbusti, le si era presentato agli occhi un ambiente misterioso e
affascinante, che aveva tutta l'aria di essere un antico tempio in
rovina.
Quello
che era rimasto dello spesso pavimento di pietra, aveva una forma
circolare ed era decorato da mosaici variopinti, ormai in gran parte
disgregati. Tutt'intorno giacevano grossi tronconi di colonne cadute,
che erano diventate comodi appigli per le edere. Solo due, delle otto
colonne, erano miracolosamente rimaste in piedi, sfidando le
intemperie e lo scorrere del tempo, e ancora sorreggevano, fiere e
slanciate, una lunga e pesante porzione di architrave ricurvo.
Attorno ai fusti serpeggiavano liane e rampicanti.
C'erano
anche i resti di una statua che contribuivano a donare a quel luogo
sacro, ormai abbandonato, un'inquietante aura di mistero. Era
difficile capire chi raffigurasse; tutta la parte superiore del
tronco era mancante e ai suoi piedi giacevano pezzi di braccia e
parte della testa i cui lineamenti e l'acconciatura elaborata
parevano appartenere ad una donna.
Si
sentiva bene in quel segreto angolo di giungla e, spesso, si
rifugiava lì a meditare. Non sapeva se fosse mai stato un
tempio
jedi, o qualcosa di simile, ma la presenza della Forza era molto
potente fra quelle pietre consumate dal tempo e faceva vibrare
vivacemente i suoi sensi.
Era
arrivata ormai la vigilia della partenza per Ilum e Rey avvertiva il
bisogno di stare da sola. Non sapeva cosa avrebbe trovato su quel
pianeta, se fosse tornata in tempo per unirsi ai suoi compagni o se
avesse dovuto raggiungerli nel pieno di una battaglia. Si
recò per
l'ultima volta in quel luogo nella speranza di ricevere conforto alla
sua inquietudine.
Si
fece strada faticosamente tra le liane e gli arbusti e, finalmente,
raggiunse la radura sulla quale sorgevano le rovine.
I
pochi raggi del sole che filtravano attraverso le fronde fitte di
quegli immensi alberi secolari, illuminavano l'ambiente di una calda
luce dorata.
Salì
su uno dei piedistalli che miracolosamente era rimasto integro, si
sedette incrociando le gambe e chiuse gli occhi, raccogliendo le mani
in grembo.
Respira...
Si
disse, ricordando ciò che le aveva insegnato Luke.
Respira
e trova il tuo centro. L'equilibrio...
Espanse
i suoi sensi e finalmente riuscì a percepire l'energia che
legava e
permeava tutto ciò che le era attorno, la vita nascosta e
pulsante
di quella immensa foresta, la potenza delle onde che si infrangevano
sulla costa, il vento impetuoso e il freddo pungente delle montagne a
migliaia di chilometri di distanza, il calore avvolgente del giovane
sole che scaldava da millenni la superficie del pianeta.
Si
concentrò di più e riuscì a scorgere
qualcos'altro, una vibrazione
diversa, intensa e più familiare. Echi di emozioni confuse,
voci
concitate ma anche insicure e tremanti, che sussurravano incessanti
nella sua mente; erano i suoi compagni, la sua famiglia. Il turbine
di sensazioni che stavano provando in quel preciso istante, la
investì con prepotenza, come una violenta folata di vento,
facendola
vacillare.
Riusciva
a sentire la paura intrisa di coraggio di Rose, la rabbia e il
desiderio di rivalsa di Finn, la fiera determinazione di Poe e
perfino la speranza incrollabile, potente e luminosa, di Leia.
Improvvisamente
si ritrovò al centro di quel vortice e c'era calma, pace e
silenzio;
tutto le ruotava attorno, come se fosse lei stessa il fulcro
dell'equilibrio.
Si
fece forza e si costrinse ad andare oltre, a guardare ancora
più in
profondità, senza temere quello che avrebbe trovato, e
avvertì una
sensazione diversa, del tutto inaspettata, che le fece corrugare la
fronte. Impiegò un po' di tempo prima di identificarla, ma
alla fine
riuscì a metterla a fuoco e sussultò come se si
fosse scottata: era
dolore, intenso e straziante. Un urlo disperato che sembrava
chiederle aiuto.
Spalancò
gli occhi sconvolta quando si accorse che proveniva da un punto
preciso molto vicino a lei. Si girò attorno spaesata, prima
di
comprendere che originava da qualcosa che aveva con sé.
Frugò nella
sacca che portava sempre appresso, fino a quando le sue dita non
sfiorarono la fonte di quella sensazione.
China
su se stessa, si ritrovò ad osservare mestamente le due
metà opache
del cristallo che aveva nella mano, pervasa da un pesante senso di
sconforto.
Inspirò
profondamente e l'aria frizzante, odorosa di muschi e di terra
bagnata, sembrò ferirle i polmoni. Come quel kyber, si
sentiva
spezzata.
Ricordava
perfettamente la sofferenza che aveva percepito provenire dal cuore
della lama, prima che l'elsa esplodesse, sbalzando lei e Ben ai due
lati opposti della sala della trono di Snoke. Era la stessa che
percepiva in quel momento, sebbene più attutita. Era un
dolore
sordo, quasi rassegnato. Forse quel cristallo non si era spento del
tutto...
L'anima
di quella spada aveva chiamato lei,
la figlia di nessuno. Era stata scelta
per combattere al fianco dei ribelli e, improvvisamente, la sua
insignificante e anonima esistenza su un pianeta dimenticato, era
diventata importante, un bene prezioso. Toccarla aveva risvegliato
qualcosa che era stato sempre presente dentro di lei, nascosto,
latente, e che aspettava solo che gli venisse aperto un varco per
manifestarsi.
All'inizio
aveva rifiutato quella spada, terrorizzata dalle visioni che si erano
scatenate nel momento in cui ne aveva sfiorato la superficie. Ma
sulla base Starkiller, la disperazione di portare in salvo il suo
amico, le aveva dato il coraggio di impugnarla e di sconfiggere Kylo
Ren. Aveva accettato di riconsegnarla a Luke, credendo che spettasse
a lui il compito di ripristinare l'equilibrio nella Galassia. Ma il
suo entusiasmo si era infranto contro la disperazione di un uomo
distrutto e disilluso. Quando si era decisa ad accettare quella
pesante eredità credendo di esserne degna, pensando di poter
riportare Ben Solo alla luce, aveva miseramente fallito, contribuendo
a distruggerla.
Qual
era il senso di tutto quello che era
accaduto? Si interrogò per l'ennesima volta sul significato
di
quello che aveva vissuto, senza però riuscire a darsi una
risposta
che la soddisfacesse.
Il
suo potere equivaleva quello di Ben a tal punto da risultare
impossibile che uno dei due potesse prevalere sull'altro? La Forza
non voleva vederli combattere? Il kyber si era sacrificato
per evitare che potessero farsi del male?
Aveva
lasciato Bespin pervasa da un nuovo entusiasmo, decisa ad affrontare
la messe su Ilum con lo spirito di un vero jedi. La prospettiva di
dover affrontare una prova dalla quale sarebbe tornata temprata, con
un'arma degna di quel nome per affrontare con onore il Primo Ordine e
soprattutto il suo oscuro Leader Supremo, le aveva donato speranza,
le aveva dato uno scopo. Invece tutti i suoi nobili intenti si erano
sgretolati davanti alla figura minuta di un ragazzino solo e
spaventato. Quell'incredibile esperienza le aveva mostrato una
dolorosa verità che non non avrebbe mai potuto ignorare: Ben
non era
semplicemente il jedi killer, un seguace del Lato Oscuro, lo spietato
assassino di suo padre. Era soprattutto una vittima, come lei, di un
disegno più grande, ingiusto e spietato. Questa
consapevolezza, ai
suoi occhi, lo poneva su un piano diverso, molto più umano.
Era il
figlio di Han, ma soprattutto di Leia, e questo contribuiva
notevolmente ad aumentare la sua empatia. Se fosse stato chiunque
altro, sarebbe stato più facile per lei costringersi ad
essere
spietata. Ma con lui non ci sarebbe mai riuscita.
Ben
era in grado di suscitarle pietà e comprensione ma anche
rabbia. Non
lo odiava, di questo ne era sicura. Le sensazioni che investivano il
suo animo, ogni volta che interagiva con lui, erano potenti ma
contrastanti; avrebbe fatto di tutto pur di riportarlo alla luce, ma
non si sarebbe tirata indietro se fosse stata costretta a fermarlo
per sempre. Questa consapevolezza la terrorizzava, gettandola nella
disperazione più cupa.
Forse
c'era dell'altro che la legava a lui, c'era molto di più.
Qualcosa
di più profondo e viscerale che non era in grado di spiegare
né,
tanto meno, era pronta ad accettare.
L'unica
certezza che aveva in quel momento era che non avrebbe mai potuto
spezzare il legame che li univa. Era una sorta di condanna a cui era
impossibile sottrarsi, ma era anche l'unico modo che aveva per
comunicare con lui e tentare, forse per l'ultima volta, di farlo
ragionare.
Improvvisamente
non era più così entusiasta di partire per Ilum. Avrebbe
dovuto sentirsi fiduciosa e sollevata. Eppure non riusciva ad essere
positiva. Ricostruire la spada di Luke avrebbe voluto dire solo una
cosa: che il loro scontro sarebbe stato inevitabile e mortale per uno
dei due.
Se
davvero lei era l'ultimo jedi, si sentiva sola ed inadeguata a
fronteggiare un eredità così pesante. Mai, come
in quel momento,
avvertiva disperatamente il bisogno di una guida, di una luce che le
mostrasse la via.
Un
maestro...
È
inutile che continui a fissare quel kyber spezzato. Non è
piangendo
su te stessa che cambierai la realtà.
Una
voce dal tono pungente, che pareva provenire da lontano, quasi da
un'altra dimensione, la fece sobbalzare. Saltò
giù dal basamento e
si guardò intorno agitata, senza riuscire a vedere nessuno.
Sei
proprio sicura di non sapere cosa fare, Rey di Jakku?
La
voce si fece più vicina, più chiara e
riuscì a riconoscerla.
«Luke!»
Una
piacevole sensazione di sollievo la pervase. Continuava a guardarsi
intorno nella speranza vana di vederlo, ma lei continuava ad essere
l'unica persona presente al centro delle rovine.
Non
è necessario che tu mi veda. Impara piuttosto ad ascoltare.
Ascolta
quello che la Forza ha da dirti, Rey.
«Maestro
Skywalker, io... io sono combattuta. So cosa devo fare, ma temo le
conseguenze delle mie azioni.»
Lo
so. Hai studiato la lezione, ma ci sono cose che non puoi apprendere
dai libri, nemmeno se si tratta dell'antico Codice dei Jedi.
Rey
arrossì fino alla radice dei capelli, doveva immaginare che
al suo
maestro non sarebbe passato inosservato il suo piccolo furto su
Ahch-To. Strinse le labbra e si fece coraggio: «La Resistenza
conta
su di me, Leia confida sul mio aiuto... e io ho paura di
deluderli.»
Beh...
non sarai di nessun aiuto finché non avrai completato il tuo
addestramento... e adempiuto al tuo destino.
Rey
replicò con disappunto. «E qual è il
mio destino, Luke? Affrontare
il Primo Ordine brandendo una nuova e splendente spada di luce e
combattere contro di lui?
È
questo il mio posto nel grande disegno della Forza? Lo scopo della
mia esistenza è quello di distruggere Kylo Ren o farmi
distruggere
da lui?» La sua reazione animata e disperata
riuscì a suscitare la
compassione del suo maestro che finalmente decise di palesare la sua
presenza.
Luke
Skywalker le apparve circondato da una lieve foschia. La sua immagine
azzurrina e trasparente, era niente più che uno spettro
luminoso
nel buio della foresta. In piedi, accanto ad una delle colonne
cadute, la osservava con un'espressione compiaciuta, come se si
volesse prendere gioco di lei.
Rey lo
studiò accigliata, mantenendosi sulla difensiva, era la
prima volta
che un Fantasma di Forza le si manifestava, non aveva idea se fosse
lì per aiutarla o per confonderla ulteriormente.
Sii
sincera con te stessa. Cosa ti spaventa realmente?
Lo
spirito la scrutò con attenzione, come se fosse sotto esame,
e se
dalla sua risposta dipendesse la sua vita o il suo futuro.
Rey
sospirò prima di dare sfogo alle sue insicurezze.
«Perché la Forza
continua a mostrarmi delle cose... immagini, ombre del passato,
visioni del futuro prive di senso, se non addirittura
contraddittorie? Perché non vuole vedere me e Ben
combattere, ma ci
rende incapaci di trovare un punto di incontro? Perché mi
costringe
a provare compassione per lui, se poi sarò costretta a
fermarlo, per
sempre, se necessario. Io non riesco a capire...»
Sentì le lacrime
scivolarle lungo le guance, ma non ebbe timore di mostrarsi, debole e
vulnerabile, davanti al suo maestro. Era giunta ad un punto cruciale
in cui pretendeva delle risposte e in qualche modo le avrebbe avute,
anche a costo di sembrare patetica.
Luke
le sorrise in modo benevolo, ma lei riuscì solo a sentirsi
ulteriormente incompresa.
Hai
paura di non essere in grado di ucciderlo, o di esserne capace
nonostante quello che provi per lui?
Rey
sgranò i grandi occhi ambrati, fissandolo con un'espressione
smarrita. «Non lo so... Non so se quello che provo mi stia
guidando
nella giusta direzione. Ho paura di quello che sento. Vorrei non
dover essere costretta ad affrontarlo di nuovo... ma so che
sarà
inevitabile. È
solo questo che siamo: pedine in un gioco infinitamente più
grande
di noi?»
Lo
spirito la guardò con compassione.
Rey,
non è così che funziona. Credevo lo avessi
compreso...
La
Forza non ti costringe a fare nulla, non si diverte a giocare con te
e, soprattutto, non mente. È
un'energia che si trova al di sopra del bene e del male e non si
piega a voleri egoistici.
Il
suo unico scopo è quello di perseguire l'equilibrio, in
qualsiasi
cosa ci circonda... e lo farà, stanne certa, nonostante le
tue
visioni, il vostro essere nemici, nonostante i sentimenti che provi
per lui. È
questo che ti ostini a non capire...
Rey
scosse la testa con le guance rigate di lacrime. «Allora non
ho
scelta... e uno di noi due è condannato» ammise
con amarezza.
Tutt'altro.
Abbiamo sempre la possibilità di scegliere. Sta tutta qui la
differenza.
Sono
le nostre scelte che determinano ciò che siamo, e plasmano
il nostro
destino.
Segui
il tuo istinto, Rey. Esso saprà come guidarti...
In
quello stesso istante lo vide svanire, così come le era
apparso.
«Aspetta
un momento... Luke!» Aveva ancora dei dubbi e tante domande,
ma
dovette rassegnarsi al fatto che quelle sarebbero state le ultime
parole che avrebbe udito dal suo maestro.
Sospirò
perplessa, tornando a guardare le due metà opache del
cristallo che
aveva continuato a stringere nel palmo della mano.
Seguire
il suo istinto...
Era
più facile a dirsi che a farsi. Non era mai stata
più confusa in
tutta la sua vita e l'idea di dover lasciare nuovamente la Resistenza
le stava già creando un'ansia crescente.
* * *
Rey
aveva pregato Leia di non rivelare tutti i dettagli della sua
missione ai membri della Base, ma per i suoi amici più
stretti, il
generale Organa aveva dovuto fare un'eccezione. Finn era stato il
primo a farle il terzo grado sulla sua partenza imminente e aveva
dovuto faticare parecchio per rassicurarlo e, soprattutto, per
convincerlo che era una questione da jedi e che, suo malgrado, doveva
starne fuori. Già sentiva la mancanza della sua esuberanza e
allegria.
L'ex
stormtrooper si era offerto di aiutarla a rifornire il Falcon di
viveri e carburante, reperendo l'attrezzatura per affrontare i rigori
di quel pianeta impervio. Sapeva che sarebbe stato in pensiero, ma
per fortuna poteva contare su Rose, lei lo avrebbe consolato
adeguatamente durante la sua assenza. Ma ben presto Rey si rese conto
che Finn non era il solo ad essere seriamente preoccupato per lei.
Poe
bussò un paio di volte con le nocche allo stipite della
porta del
suo alloggio, che aveva lasciato aperta. «Posso
entrare?» chiese
incerto, rimanendo fuori dal piccolo locale e aspettando un suo
cenno.
Rey
smise per un istante di preparare la sua sacca, si girò
verso il
pilota e lo rassicurò benevola. «Certo.»
Il
giovane comandante si avvicinò lentamente continuando ad
osservare i
suoi gesti. «Hai bisogno di aiuto? Ti serve
qualcosa?» ruppe il
silenzio che sembrava metterlo in imbarazzo.
«No,
ti ringrazio.» Si sentì in dovere di rassicurarlo
vedendolo
inquieto.
Poe
esitò, ed infine disse quello che lei si aspettava di
sentire.
«Lascia che venga con te.» La voce del pilota
pareva incrinata, il
suo tono era stranamente docile, ma a Rey non sfuggì una
velata
sfumatura di apprensione.
Scostò
lo zaino e lo fissò con gentilezza. Era carino, da parte
sua,
offrirsi di affiancarla, ma sentiva che quella strada doveva
percorrerla da sola. Luke era stato molto chiaro, doveva seguire il
suo istinto e quella era una sfida che non poteva evitare.
«Temo
che questo non sia possibile. Viene già Chewbe con me, e
solo perché
nessuno, meglio di lui, conosce il Millenium Falcon»
cercò di
spiegargli con cautela, evitando di ferire il suo orgoglio,
«ma è
qualcosa che devo affrontare con le mie sole forze.» Fu molto
schietta e lui annuì evitando per un istante i suoi occhi.
In
un'altra situazione non le sarebbe dispiaciuto il suo aiuto. Come era
già accaduto con Finn, anche quel ribelle un po' sbruffone
ed
impertinente, era diventato un amico, oltre che un fedele alleato.
«E
poi, Leia non può rinunciare al suo vice comandante e,
soprattutto,
ad un pilota del tuo calibro. Non in questo momento» gli
rammentò
speranzosa.
Poe
non la contraddisse ma continuava a fissarla intensamente, come se
sentisse il bisogno di togliersi un peso e non ne avesse il coraggio.
Rey
riprese a sistemare la sacca ma la mano forte del pilota la
afferrò
per il polso, costringendola a fermarsi. «Rey, cosa ti
succede?»
Quella domanda inaspettata ebbe il potere di farle gelare il sangue.
«Che
cosa vuoi dire?» Ritirò il braccio, liberandosi
con forza dalla sua
presa e riservandogli un'occhiata accigliata. Non poteva credere che
i suoi amici avessero intuito qualcosa sul suo segreto e
cercò di
nascondere l'angoscia che le stava crescendo dentro.
«Da
quando sei tornata da Bespin, non sei più la stessa. È
accaduto qualcosa laggiù.» Le parole di Poe erano
schiette e non
lasciavano margine a dubbi.
«Ti
sbagli. Non è successo niente. Niente di
importante» tenne a
precisare immediatamente, corrugando la fronte e stringendo i pugni,
ma già sentiva il cuore impazzito martellarle nel petto.
Poe
la scrutò ancora più a fondo e, mai come in quel
momento, riuscì a
farla sentire più a disagio. «È
a causa sua
vero? È
per lui
che sei così turbata. Che cosa ti ha fatto?»
Rey
sentì il terreno franarle sotto i piedi, che cosa voleva
insinuare?
«Non so di cosa stai parlando» ribadì
fredda, sperando di riuscire
a farlo desistere da quella specie di fastidioso interrogatorio a cui
la stava sottoponendo.
«Vuoi
farmi credere che Ren non ti abbia fatto del male? Rey, ti ha
torturata! Ha penetrato la tua mente, ti ha estorto delle
informazioni con la Forza, come ha fatto con me... Ricordi? Siamo
compagni
di torture**.
So cosa si prova.»
Lei
assottigliò lo sguardo fissandolo cupa. «No, non
lo sai. E
comunque, come me non è stato così spietato e
violento.» Si maledì
subito dopo averlo detto. Che cosa le stava succedendo? Aveva sentito
il bisogno di difendere Kylo Ren davanti a un suo compagno e
già
sapeva che quelle parole avrebbero suscitato la sua
perplessità, ma
questo non era bastato a farla desistere. Da quando aveva un drastico
metro di paragone con le torture di Snoke, si era resa conto che Ben,
ci era andato davvero leggero con lei. La prima volta che le aveva
invaso la mente era stato doloroso e umiliante, ma lei era stata
subito in grado di contrastare le sue intrusioni, riuscendo persino a
sopraffarlo. Con Snoke si era sentita completamente violata e
paralizzata ed era stato orribile. Scosse la testa per scacciare quel
ricordo doloroso e si accorse che Poe la stava fissando con
rammarico. «Kylo non può più farmi del
male. Dimentichi
che l'ho sconfitto per ben due volte» gli ricordò
sforzandosi di
restare impassibile.
Il
pilota sospirò esausto. «Scusami. Non volevo
insinuare nulla, né
costringerti a ricordare. Ma se c'è qualcosa che ti sta
turbando,
qualcosa di cui hai paura... di me ti puoi fidare e farò il
possibile per aiutarti» insistette, nella speranza di
spingerla ad
aprirsi, ma lei si dimostrò irremovibile.
«Ascolta,
so che siete tutti preoccupati per me. Ma non dovete, davvero. Il
vostro compito è quello di restare accanto a Leia,
proteggerla e
infonderle coraggio. Per lei si avvicinano tempi molto difficili. Io
saprò come cavarmela.»
Poe le
rispose con un cenno del capo. «Sii prudente»
aggiunse, anche se
era palese che non se la fosse bevuta.
Rey
sospirò. Apprezzava che si preoccupasse per lei, ma riteneva
il suo
coinvolgimento eccessivo e anche fastidioso. Di questo se ne
rammaricava, ma non poteva mentire a se stessa.
«Porta
con te BB–8, so che non è molto, ma potrebbe
esserti utile.» Poe
le riservò un sorriso tirato, porgendole la mano.
Rey
annuì. «Ti ringrazio» accettò
decisa, sollevata dalla
consapevolezza che quella conversazione si stesse avviando al
termine. Osservò le sue dita tozze ed il palmo calloso,
strinse la
mano del pilota con gratitudine, costringendosi a guardare avanti, a
ciò che la aspettava.
Quando
finalmente Poe lasciò il suo alloggio poté
restare da sola e in
pace, con l'unica compagnia dei suoi pensieri.
Tutta
quella situazione le stava provocando un pericoloso scombussolamento
interno. Non aveva idea di cosa l'attendesse su Ilum e che genere di
prova avrebbe dovuto affrontare, sentiva solo il bisogno disperato di
confidarsi con qualcuno che la potesse capire, l'unica persona simile
a lei, nella galassia, con la quale avrebbe potuto confrontarsi
degnamente. La più distante ma, per fortuna, non
più
irraggiungibile.
Segui
il tuo istinto, Rey...
Era
quello che avrebbe fatto. Le bastò pensare intensamente a lui
per percepire accanto la sua presenza e si accorse che era bellissimo
e spaventoso allo stesso tempo. La Forza vibrò tutto intorno
per
creare il legame e,
questa volta, fu felice di lasciarsi andare.
*
Posizione:
Territori dell'Orlo Esterno – Settore Lothal - Orbita del
pianeta
Atollon - Star Destroyer Finalizer – Plancia di comando
Ren
sbatté le palpebre scosso da un sottile tremito nella Forza
che gli
pervase tutto il corpo. Lei
era vicina, la sentiva, riusciva persino a percepirne l'odore. Lo
stava chiamando.
Era in piedi, al centro
della plancia di comando del Finalizer, gremita di ufficiali e
subalterni, e subito si sentì fortemente a disagio. Era la
prima
volta che succedeva quando era circondato di persone e provò
uno
spiacevole senso di fastidio.
Lasciò
la guida della plancia al generale Hux, che si ostinava a guardarlo
in cagnesco dopo il loro ultimo cordiale
scambio di opinioni, e si ritirò nel privato della piccola
sala
tattica adiacente.
La giovane jedi gli apparve
agitata e non poté fare a meno di studiarla incuriosito,
prima che
lei si accorgesse della sua presenza. Stava armeggiando con una
sagoma sfocata che purtroppo lui non poteva distinguere. In passato,
quando i loro corpi erano entrati in contatto, era riuscito a
scorgere qualcosa in più del suo ambiente circostante, ma si
era
trattato solo di ombre, non di immagini nitide; sensazioni
più che
visioni. Riuscire a percepire totalmente il suo spazio gli avrebbe
richiesto uno sforzo immane che poteva danneggiarlo seriamente. Non
avrebbe mai rischiato la vita per stanare una manciata di ribelli,
seppur pericolosi. Quello era lo spiacevole compito di Hux.
«Sei indaffarata. E
nervosa» notò compiaciuto, si sarebbe divertito un
mondo a metterla
a disagio.
Rey sussultò appena,
sentendo la sua voce. Anche se il loro rapporto aveva fatto dei
piccoli progressi, sentiva chiaramente che non riusciva ancora ad
abbassare la guardia quando era in sua presenza. Ormai non aveva
bisogno di entrarle nella mente per capire certi suoi atteggiamenti.
La giovane si voltò e gli
diede attenzione. Lo osservò stupita piegando leggermente la
testa
da un lato, come se non riuscisse a credere a chi aveva di fronte.
«Che è successo ai tuoi capelli?» Lo
prese alla sprovvista,
notando che li aveva leggermente accorciati***.
Ren sgranò gli occhi
sorpreso, non pensava che se ne sarebbe accorta, credeva che il suo
aspetto fisico non le interessasse o che addirittura la disgustasse.
Aveva sempre avuto un pessimo rapporto col suo corpo, e soprattutto
col suo viso, ed era drasticamente peggiorato dopo che lei lo aveva
sfregiato. Subito si mise sulla difensiva. «Da quando ti
interessi
delle acconciature dei tuoi nemici?» replicò
infastidito.
Rey gli sorrise addolcendo
lo sguardo, ignorando il suo sarcasmo. «Stai
meglio» commentò
addirittura divertita, aggrottando la fronte. «Hai un'aria,
come
dire... più autorevole e matura»
sentenziò poi, fingendosi seria.
«Stai entrando in sintonia con il tuo ruolo di
dittatore?»
Kylo storse il naso. Cosa
voleva insinuare? Che prima sembrava un ragazzino isterico?
Aprì la
bocca, pronto a ribattere a tono, ma si bloccò prima di dire
qualche
sciocchezza. In altri tempi non avrebbe perso l'occasione per darle
una lezione, ma adesso c'era qualcos'altro che gli premeva sapere e
che aveva la priorità. Non aveva intenzione di sprecare del
tempo
prezioso a litigare.
Prese un lungo respiro per
calmarsi e cambiò completamente discorso:
«C'è qualcosa che ti
preoccupa.» Andò dritto al punto, come era suo
solito, senza
inutili giri di parole.
Rey si scosse appena e si
accorse che aveva colpito nel segno. «Sei molto
perspicace...»
reagì con ironia.
«Ho sentito la tua
inquietudine e il tuo richiamo.»
La vide temporeggiare,
indecisa se rispondere o meno, e quel silenzio ostinato aveva il
potere di farlo innervosire ancora di più. «Ti
hanno assegnato
un'altra patetica ed inutile missione per la Resistenza,
immagino...»
ipotizzò senza celare il suo disappunto per quella
situazione. Non
le aveva mai nascosto di ritenere il suo immenso potere sprecato, al
servizio dei ribelli. L'aveva sempre voluta con sé.
«Oppure... vi
state preparando ad attaccare?» la provocò per
sondare le sue
reazioni.
La vide sospirare per
prendere coraggio. «Non proprio... è qualcosa che
riguarda me.»
Kylo iniziò a preoccuparsi.
Il turbamento che aveva percepito era profondo e, in un certo senso,
riguardava anche lui. Doveva vederci chiaro o avrebbe dato di matto.
Ormai credeva di conoscerla abbastanza bene da capire i suoi
meccanismi mentali, non poteva estorcerle nulla con la Forza, doveva
giocare d'astuzia. «Luke non ti dà tregua.
Sarà ansioso di
completare il tuo addestramento. Sapevo che sarebbe stato
più
fastidioso da morto che da vivo.»
Nell'udire quel nome Rey si
rabbuiò. «Smettila di rivolgerti a lui con
disprezzo, non credi che
abbia pagato abbastanza per il suo errore? Non ti fa onore continuare
a rinnegarlo, è stato anche il tuo maestro!»
Ren
digrignò i denti; era irritante e completamente fuori luogo,
il suo
pietoso tentativo di difenderlo, nonostante sapesse perfettamente la
verità sul suo conto. «Un maestro molto
capace...» ironizzò,
ricordando con ribrezzo i bei
tempi
in cui era padawan e doveva sorbirsi le sue patetiche paternali in
giro per la galassia.
Rey esitò qualche istante e
gli diede l'impressione che volesse liberarsi da un peso immenso.
«Ilum» gli confessò, quasi sottovoce.
«Sono diretta su Ilum»
ribadì e seguì un lungo silenzio.
Ren
non riusciva a crederci, Rey gli aveva appena rivelato la
destinazione della sua missione, senza battere ciglio, ed era un
errore
che le poteva rivelarsi fatale. Sempre che di errore si fosse
trattato. L'ex scava rifiuti non era una stupida e questa sua
apparente debolezza stuzzicava in modo abnorme la sua
curiosità.
«Oh! La nostra aspirante
ultima jedi è a caccia di cristalli»
reagì meravigliato,
dimostrando di aver compreso tutta la questione.
Rey non si sorprese e si
limitò ad annuire per poi riprendere ad armeggiare con
quello che
aveva tra le mani, come se stesse conversando con un suo compagno,
anziché col suo peggior nemico.
Ren le si avvicinò
titubante, dilatando le narici e deglutendo a vuoto. Avrebbe tanto
voluto sfiorarla ancora una volta prima di essere costretto a porre
fine alla sua vita, ma in quel medesimo istante, un assurdo pensiero
gli attraversò la mente, come un fulmine a ciel sereno.
«Un
momento. A che ti serve un cristallo se ti sei già
appropriata della
spada di mio nonno?» Rifletté preoccupato.
Rey
alzò lo sguardo perplesso su di lui: «Non riesci
ancora ad
accettare che la tua
spada
abbia scelto me,
vero?» precisò seccata, «e poi...
pensavo che lo sapessi... non
sei così onnipotente come credevo, Kylo
Ren»
si limitò a commentare, corrugando la fronte.
«Che sapessi cosa?»
indagò
lui turbato. Aveva ragione a supporre che ci fosse qualcosa di losco
nel suo riavvicinamento.
Rey temporeggiò per qualche
istante, come se temesse una sua reazione violenta, poi si decise ad
aprirsi, anche perché non aveva molta scelta: «Che
la tua tanto
agognata spada si è spezzata, quel giorno, sul Supremacy...
e con
essa anche il cristallo. Credo che ormai sia perduto.»
Ren rimase impietrito
diventando più pallido di quanto già non lo
fosse. «Hai distrutto
la spada di mio nonno...» sibilò torvo, e un
fremito d'ira lo
attraversò per tutto il corpo.
Lei reagì d'impulso
accigliata. «Oh no! Si è spezzata quando hai
cercato di
riprendertela.»
«Sei tu che me l'hai
strappata di mano, a tradimento, per poter correre da quella dannata
feccia ribelle!» le urlò contro inferocito. Aveva
quasi imparato a
dominare gli scatti di rabbia, da quando aveva preso il comando del
Primo Ordine, ma questo andava ben oltre i suoi buoni propositi.
Come aveva potuto non
accorgersi di una cosa così grave? Quel giorno aveva
commesso un
errore dopo l'altro. Su Crait ci era arrivato completamente fuori di
sé, e la vista di suo zio, non aveva fatto altro che
peggiorare il
suo stato mentale già pericolosamente instabile. La rabbia
lo aveva
completamente accecato. Aveva visto chiaramente Luke brandire quella
spada, evidentemente anche quella era stata una vile proiezione della
Forza per confonderlo.
Non si era accorto nemmeno
che sua madre era sopravvissuta all'esplosione del Raddus e che si
trovava anch'essa nella miniera di Crait. Aveva scoperto la
verità
solo entrando nel covo ormai violato, quando aveva raccolto i dadi
dorati con cui amava giocare da piccolo e che gli si erano dissolti
tra le dita. Sua madre gli aveva lasciato un messaggio ben preciso
che soltanto lui avrebbe potuto capire.
«Vuoi darti una calmata?
L'elsa l'ho già riparata, mi occorre soltanto un nuovo
cristallo.»
Il tono severo di Rey lo riportò brutalmente alla
realtà.
Ren ignorò completamente le
sue parole. La rabbia che gli stava montando prepotente dentro, gli
fece compiere una mossa stupida e azzardata: doveva scoprire dove si
trovava la jedi in quell'esatto istante, e poi avrebbe ordinato ad
Hux di bombardare il suo nascondiglio fino a ridurre tutto in cenere.
Si concentrò ed usò la Forza per visualizzare
quello che aveva
attorno. Abusò del suo potere all'estremo, fino a quando non
gli
apparve in modo nitido il suo ambiente, nient'altro che uno scarno e
malridotto alloggio che poteva trovarsi su qualsiasi buco di un
pianeta di frontiera. Si costrinse ad andare oltre, al di fuori di
quelle sudicie pareti, per scrutare ciò che c'era
all'esterno e
ricavare qualche indizio in più, qualunque cosa potesse
rivelargli
la sua posizione. Vide degli alberi, una fitta e immensa foresta che
si perdeva all'infinito, un unico sole, ma dovette fermarsi, stremato
e furioso, quando sentì le gambe cedergli e mancargli il
respiro. Si
piegò su se stesso ansimando, bramando l'aria come se fosse
riemerso
da un'interminabile apnea, dovette appoggiarsi ad un supporto che
aveva accanto per evitare di rovinare malamente a terra.
La reazione di Rey lo
sorprese. «Ben, che ti succede?» esclamò
preoccupata avvicinandosi
a lui. Se avesse saputo le sue vere intenzioni sarebbe fuggita
inorridita.
Sollevò subito una mano
nella sua direzione per tenerla lontana. Si prese qualche istante per
riprendersi, sotto il suo sguardo allarmato, poi si sollevò
di
nuovo, sovrastandola con la sua notevole altezza. «Pagherai
anche
per questo, scava rifiuti» riuscì solo a sibilare
con le labbra
tremanti per la rabbia e la vergogna di aver sfiorato il suicidio,
pur di stanarla.
La reazione della jedi non
si fece attendere. «Lo vedremo. Troverò il mio
cristallo,
ricostruirò la spada e poi sistemeremo la questione tra noi,
e
stavolta definitivamente.»
Ren
colse tutta la sua volontà di non apparire debole e ridicola
ai suoi
occhi. Questo da una parte lo inorgogliva, ma dall'altra alimentava a
dismisura il suo istinto omicida. Non
sapeva se avrebbe potuto farle del male, durante un legame di Forza,
ma in quel momento ci avrebbe volentieri provato, anche se
probabilmente avrebbe rischiato di nuovo la pelle.
A
quella presuntuosa dichiarazione non si scosse: «Certo. Sai
già
tutto. Sai sempre
già tutto» si limitò a commentare
asettico, senza cambiare
espressione.
«Ho decifrato l'Antico
Codice Jedi, e con esso, il rituale per assemblare una spada. Questa
volta sei spacciato!»
Ren
trattenne a stento una risata: «Fino a qualche tempo fa non
sapevi
neanche che esistesse un'intera galassia al di fuori del tuo patetico
microscopico mondo e ora credi di saper padroneggiare tutta la
sapienza dei jedi? Tu non sai proprio niente» la derise
spietato
avvicinandosi ancora di più.
Rey indietreggiò ma non
cedette, poteva leggere chiaramente nella sua espressione fiera e
arrogante, che non gli avrebbe dato la soddisfazione di riuscire a
intimorirla.
Assottigliò lo sguardo per
studiarla meglio ed un'idea azzardata, quanto assurda, gli
attraversò
la mente. L'avrebbe uccisa, su questo non aveva alcun dubbio, ma non
poteva battersi con lei se non aveva nemmeno un arma per difendersi,
sarebbe stato troppo facile. Sfidarla su Ilum o su qualsiasi altro
dannato pianeta non avrebbe fatto differenza, gli serviva solo un
potente catalizzatore della Forza. Prima di prendersi la sua vita si
sarebbe tolto la soddisfazione di darle una lezione.
«Dove hai preso quei libri?
Te li ha dati Luke?» La provocò a bruciapelo.
Quella inaspettata domanda
riuscì a disorientarla. «In un certo
senso...» Farfugliò, senza
scendere nei dettagli, distogliendo lo sguardo imbarazzato da lui.
Ren sorrise sottilmente.
«No. Li hai rubati» sentenziò
compiaciuto, come se fosse una cosa
ovvia, l'unica che potesse aspettarsi da lei.
Rey arrossì. «Li ho
solo... presi in prestito. Ma li rimetterò al loro posto,
non appena
questa storia sarà finita.»
«Oh, certo, non ne
dubito»
ironizzò, arricciando le labbra e incrociando le braccia al
petto.
«Purtroppo per te su quei libri non c'è scritto
tutto quello che
devi sapere, e che dovresti apprendere con la pratica e l'esperienza,
e cioè con un degno addestramento.»
Rey ansimò, stava riuscendo
in pieno nel suo intento di innervosirla e ne fu felice.
Sogghignò e
tornò all'attacco. «Come immaginavo. Luke ha
fallito anche con te»
la provocò, sapendo che l'avrebbe spinta ed abbassare la
guardia.
«Mi ha insegnato
abbastanza.»
«Non è vero.»
«Non sei il mio maestro,
non puoi sapere se sono diventata più potente di
te.»
Ren ridacchiò trionfante,
aveva scoperto il suo punto debole e l'avrebbe sfruttato a suo
piacimento. «Scommetto che non ti ha detto nulla, a proposito
del
cristallo spezzato...»
«Mi ha... accennato
qualcosa...» Dal modo in cui Rey indugiò e
distolse lo sguardo,
capì che aveva mentito per non esporsi totalmente al suo
scherno.
«Non è vero. Non ha
esitato a spedirti su Ilum ma non ti ha rivelato che il Kyber di suo
padre non potrà mai spegnersi del tutto.» La
spiazzò con una punta
di sadismo.
Rey sussultò appena,
sgranando gli occhi per la sorpresa, rimanendo interdetta,
confermandogli che ne fosse totalmente all'oscuro.
«Come pensavo...»
sorrise
compiaciuto. «Luke non è stato del tutto sincero
con te. Ma questo
farebbe di lui un pessimo maestro, non è così? E
tu non lo
ammetteresti mai.»
«Sei un bugiardo» gli
sibilò con disprezzo e questo non fece altro che alimentare
il suo
senso di superiorità verso di lei.
«Fammi vedere il Kyber e te
lo dimostrerò.»
Rey gli riservò una smorfia
di sdegno, prima di frugare nella sacca in cerca dei resti del
cristallo. Appena li ebbe trovati, sporse la mano verso di lui,
aprì
il palmo e ne svelò il contenuto.
Ren stavolta non dovette
sforzarsi, tutto ciò che entrava in contatto con i loro
corpi gli
appariva chiaramente. Nella minuta e ferma mano di Rey poteva vedere
le due metà del Kyber appartenuto a suo nonno, opache e
leggermente
annerite ai bordi.
Non aveva la certezza che
quello che aveva in mente si sarebbe potuto verificare, ma era sicuro
che era determinante il potere e la vicinanza di Rey.
Si sfilò il guanto dalla
mano destra e avvicinò i polpastrelli delle dita ai due
pezzi del
Kyber, fino a sfiorarne la superficie fredda e liscia.
Il cristallo reagì
immediatamente al suo tocco. Ren riuscì a percepire una
debole fonte
di calore e poi, finalmente, le metà iniziarono a schiarirsi
fino a
riprendere debolmente a brillare. Era una luce fioca, intermittente e
malata, ma abbastanza evidente da far sgranare gli occhi di Rey.
Non appena allontanò le
dita dal cristallo questo ritornò ad essere opaco e
apparentemente
quiescente.
Rivolse alla jedi sconvolta
lo sguardo fiero e compiaciuto. «Lascia perdere Ilum. Per
riportare
in vita un Kyber è sufficiente la vicinanza di un
catalizzatore
della Forza, e qualsiasi tempio jedi lo è» le
spiegò serio e la
soddisfazione di averle impartito la prima lezione, gli arse nel
petto come una fiamma prorompente.
Rey
scosse la testa. «È
incredibile...» riuscì solo a mormorare ancora
incredula.
Finalmente era riuscito a farle abbassare la cresta.
«Ora, apri bene quelle tue
arroganti orecchie da jedi, perché non te lo
ripeterò una seconda
volta: ci incontreremo tra un giorno esatto nell'orbita di Jedha. Da
lì ti fornirò le coordinate per il punto
d'atterraggio.»
Rey fece finta di non aver
sentito l'insulto. «Jedha?» Ripeté,
quasi estasiata, aggrottando
la fronte.
«Ne avrai sentito parlare
spero, dall'alto della tua sapienza...» aggiunse, trattenendo
una
risata.
Rey soffiò infastidita:
«Smettila di prendermi in giro. Certo che ne ho sentito
parlare,
sono cresciuta all'avamposto di Niima, non isolata su un
eremo»
precisò esasperata.
«Ti aiuterò a
riattivare
la spada e poi... ti dimostrerò chi è il
più potente. Questa è
una faccenda che riguarda solo noi due, perciò dovrai venire
da
sola, o non esiterò a richiamare il Finalizer e ordinare il
fuoco
sui tuoi tanto cari amici» la minacciò senza mezzi
termini.
Rey si prese un paio di
secondi per riflettere, studiandolo accigliata: «Magari sei
tu che
mi stai tendendo una trappola. E sarò io a ritrovarmi tutto
il Primo
Ordine schierato ad attendermi.»
Kylo le riservò un mezzo
sorriso diabolico: «Temo proprio che dovrai fidarti se vuoi
rimediare al tuo errore. Oppure puoi sempre ripiegare su Ilum e farti
guidare dalla Forza attraverso costoni e crepacci ghiacciati... io ti
aspetterò all'ingresso del tempio» alzò
le mani come per
disimpegnarsi. Ovviamente la riteneva perfettamente capace di
procurarsi un cristallo, ma non poteva permettere che la spada di suo
nonno andasse perduta.
La jedi digrignò i denti
nervosa. Era palese che la cosa la tentava, era sicuro che se ci
fosse stata anche una sola possibilità di rimediare a quel
guaio non
avrebbe esitato, ed era altrettanto sicuro che l'idea di sfidare i
rigori di Ilum, non la allettasse per niente, ma capiva anche quanto
fosse difficile, per lei, valutare fino a che punto poteva fidarsi.
«Perché proprio Jedha?
Credevo che ogni traccia della presenza della religione jedi fosse
stata spazzata via dal disastro minerario****.» Rey si
dimostrò
inaspettatamente curiosa.
Ren la guardò con
sufficienza. «Non tutta.» Rimase volutamente sul
vago, ci avrebbe
pensato la visione di ciò che era rimasto del pianeta ad
offrirle le
risposte che cercava.
La vide riflettere
seriamente. «Anche se decidessi di fidarmi, per me non
sarà così
semplice. Non mi lasceranno mai partire senza un minimo di supporto.
A questo non hai pensato?»
«Sono sicuro che saprai
trovare una menzogna abbastanza convincente. Stai diventando brava in
queste cose» le suggerì ironico, sorridendo tra
sé.
«E tu, invece? Che scusa
troverai per svignartela dal Primo Ordine nel pieno di una
guerra»
lo attaccò scaltra, stringendo lo sguardo e puntando i pugni
ai
fianchi.
Ren sogghignò: «Sono
il
Leader Supremo, non ho bisogno di chiedere permessi» la
redarguì,
alzando un sopracciglio.
«Certo,
un despota può fare quello che vuole. Attento
però, perché i
tuoi,
di amici, potrebbero approfittarne per tagliarti fuori dai
giochi»
lo provocò velenosa. Evidentemente non ci voleva una mente
geniale
per capire che, come Leader Supremo, sarebbe durato ancora per poco.
«E questo da cosa lo hai
dedotto?» si dimostrò ferocemente curioso.
«Non avresti bisogno di
dormire con la spada laser dentro al letto, se ti fidassi ciecamente
dei tuoi uomini» ridacchiò risoluta, aveva dipinta
in viso la
soddisfazione di avergli rifilato un colpo basso.
Ren
ringhiò mostrandole i denti, non le avrebbe mai permesso di
umiliarlo un'altra volta e passarla liscia. «Beh, anche tu
hai di
che preoccuparti. Non
sei proprio quella che vuoi far credere di essere. Puoi continuare a
prendere in giro quella massa di idioti che chiami amici, ma non
me.»
«Che cosa speri di
insinuare?»
«Subito
dopo l'esplosione del Supremacy ero incosciente, inerme, avresti
potuto uccidermi...»
«Ma
non l'ho fatto...» si difese, anticipandolo.
«Esatto.
Avevi la mia spada, potevi darmi il colpo di grazia e dopo fuggire.
Era questione di attimi. Cosa ti ha trattenuta dal farlo,
Rey?» La
jedi lo fissò con un'espressione smarrita ed era bellissimo
vederla
confusa e a disagio. «Mi hai permesso di arrivare su Crait.
Si può
dire che tu sia stata mia complice. Come credi che reagirebbero i
tuoi amici se sapessero che hai avuto l'occasione di eliminare il
Leader Supremo, il mostro sanguinario che terrorizza la Galassia e
non lo hai fatto? Qual è la tua giustificazione
Rey?» Rise
soddisfatto.
Lo
sconvolgimento della jedi si tramutò velocemente in
disgusto. «Non
riuscirai a farmi sentire un mostro come te»
sibilò tra i denti,
trattenendo con orgoglio le lacrime. «Vuoi davvero sapere il
perché?
Non ucciderò mai una persona inerme e incapace di
difendersi, anche
se dovesse trattarsi del mio peggior nemico.»
Ren
affilò lo sguardo. «Quindi ammetti di provare
qualcosa, inutili
sentimentalismi...»
La
vide scuotere il capo. «Provo pietà per te. Per
quello che ti hanno
fatto. Ma il torto che hai subito non ti autorizza ad odiare e a
desiderare la morte di chi non ha saputo comprenderti e aiutarti.
Fino a quando ti ostinerai a rimanere sulle tue posizioni tra noi non
ci potrà mai essere un punto di incontro, Ben.»
«Smettila
di chiamarmi così.»
«È
il tuo nome.»
«Non
lo è più.»
«Non ti basterà farti
chiamare Kylo Ren per cancellare chi sei. Come non è servito
nasconderti dietro una maschera.»
Il
viso troppo pallido di Ren fu scosso da uno spasmo nervoso. Faticò
a tenere a bada il desiderio di metterla a tacere con la Forza ma si
impose di calmarsi, obbligandosi ad essere razionale. Quella piccola
ipocrita era diventata più scaltra, di questo gliene dava
atto, ma
in quel preciso istante, il desiderio di farle rimangiare ogni
singola parola che aveva pronunciato, gli faceva ardere il sangue
nelle vene come mai gli era accaduto nella vita.
Avrebbe goduto immensamente nel trafiggerla, chiudendo
definitivamente quella spiacevole parentesi tra loro.
«Tra un giorno esatto,
nell'orbita di Jedha» le ricordò fremente,
soffiando dalle narici
con aria di sfida. «Rivoglio la mia spada intera e
funzionante e per
questo mi serve il tuo potere» la minacciò
sottilmente, «e dopo
che ti avrò uccisa, me la riprenderò.»
___________________
Note:
Questa volte le note saranno
un po' lunghe e noiose. Perdonatemi <3
* Il fatto che Snoke avesse
fatto credere a Kylo che Vader gli parlasse attraverso il casco
è
una mia invenzione, una supposizione per spiegare il perché
nel film
non lo vediamo mai interagire veramente con lo spirito del nonno.
Nella mia mente perversa ho pensato che fosse il suo ennesimo modo di
circuirlo e fargli credere che Vader fosse potente solo nel Lato
Oscuro.
** Questa affermazione di
Poe non è una mia invenzione ma lo dice chiaramente nel
fumetto Poe
Dameron #27.
*** Ok questa è un po'
azzardata... e sicuramente verrò smentita. Questa scenetta
l'avevo
scritta quando giravano delle foto di Adam a giugno, coi capelli
abbastanza corti. Pensando che le riprese fossero imminenti credevo
che il Leader Supremo avrebbe avuto un aspetto più maturo e
posato
in ep.9 dando credito anche ai rumors su un salto temporale notevole
rispetto a ep.8. In realtà lui e Daisy hanno iniziato a
girare più
avanti e precisamente lo stanno facendo in questo periodo (non sono
preoccupata all'inverosimile, no. Proprio per niente ^ ^') e le
ultime foto di Adam Driver confermano che la sua chioma fluente
è
intatta. Ho deciso lo stesso di lasciare questo scambio di battute,
un po' per sdrammatizzare la tensione tra loro, ma anche per far
capire al Leader Supremo che Rey lo guarda eccome XD anzi gli fa la
radiografia XD XD Fine del momento idiota ^^'
**** La notizia che Jedha
fosse stata distrutta da un disastro minerario era ovviamente una
menzogna che aveva divulgato l'Impero per tenere nascosta l'esistenza
della Morte Nera. Rey essendo vissuta in un avamposto sapeva
esclusivamente le notizie parziali e frammentarie che portavano i
forestieri, come il fatto che Han fosse il contrabbandiere
e
non l'eroe di guerra.
|
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Capitolo 5 *** Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha ***
Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha
«L'ho vista di nuovo,
maestro.»
«Chi?»
«Lei, la ragazza... Era qui con me,
poco fa.»
«Eri incosciente poco fa. Quando
Yancey ti ha trovato eri solo.»
«Ti dico che l'ho vista, mi ha
parlato, mi ha toccato.»
«Siamo in luogo sacro, una visione
della Forza può sembrare talmente reale da indurti a
confonderla con
la realtà. Non farti trarre in inganno, ragazzo.»
«Anche
tu, come mia madre, ti rifiuti di credermi. Era qui, ti dico!
È
stata lei ad aiutarmi!»
«Riprendi il controllo Ben. Non
lasciare che tue emozioni prevalgano sulla ragione.»
«... »
«D'accordo, descrivimela.»
«Aveva un viso dolce, gli occhi
grandi e sorridenti, e una voce gentile. Era esile ma forte.
Indossava degli abiti umili, di lana grezza... ma il suo aspetto non
era trasandato come quello dei pellegrini.»
«Che cosa voleva?»
«Non lo so. Era sorpresa di vedermi.
Sembrava quasi che avesse paura di me. Poi ha notato che ero bloccato
dalle rocce e mi ha liberato.»
«Ti ha detto il suo nome?»
«No. Ma io lo conosco.
Rey. Il suo nome è Rey.»
Cap. 2.3 – Il segreto
di Jedha
Posizione: Territori
dell'Orlo Mediano, Settore Terrabe - Sistema NaJedha - Orbita di
Jedha
Il Falcon uscì
dall'iperspazio con uno scossone più violento del solito. Un
paio di
allarmi presero a suonare freneticamente e numerose spie luminose
iniziarono a lampeggiare impazzite sul pannello di comando.
Rey sbuffò esasperata,
senza sapere dove mettere le mani. BB–8 si mise subito in
agitazione rotolando a destra e a manca e contribuendo a mandarla
ancora più in crisi.
Accidenti. Ci risiamo!
Pensò
irritata, lasciando la cabina di guida come una furia, mentre cercava
di capire, per l'ennesima volta, quale fosse il problema. Quel
dannato pezzo di ferraglia ne aveva sempre una e la cosa iniziava ad
essere scoraggiante.
Dopo una rapida analisi,
supportata dal rapporto del piccolo droide, collegato col computer
centrale del Falcon, comprese che, se voleva effettuare un altro
salto nell'iperspazio e rimanere tutta intera, avrebbe dovuto
riparare il sistema di raffreddamento dell'iperguida.
Sempre se Kylo non l'avesse
uccisa prima.
Era davvero un brutto
affare.
In quel momento, l'assenza
di Chewbacca, si fece sentire più che mai.
Aveva
dovuto faticare parecchio per convincere il suo copilota peloso a
restare su Batuu, Chewbe aveva sbraitato e grugnito
in tutti i modi possibili per cercare di distoglierla da quella
follia, per non parlare di Finn, Poe e Rose, che erano rimasti
perplessi ed ammutoliti difronte alla sua definitiva decisione di
estromettere lo wookiee dalla missione su Ilum.
Non andava certo fiera del
suo comportamento, ma in quel frangente era stata costretta a
mentire, non lo avrebbe mai fatto se non fosse stata certa che era
per una giusta causa; aveva inventato qualcosa a proposito di una
visione mistica della Forza che la esortava ad intraprendere quel
percorso da sola e, di conseguenza, nessuno aveva potuto obiettare,
nemmeno il generale Organa.
Aveva lasciato a Finn il
radio faro ad occultamento binario, con la muta preghiera di non
farle domande, il suo lo avrebbe acceso solo se le cose si fossero
messe male. La Resistenza avrebbe saputo che triste fine aveva fatto,
che aveva mentito come un'idiota per andare a farsi uccidere da Kylo
Ren, e i suoi amici avrebbero almeno potuto recuperare quel rottame e
BB-8.
Lo sguardo preoccupato di
Finn e quello più accigliato e sospettoso di Poe, erano le
ultime
tristi immagini che l'avevano accompagnata, mentre saliva sul
mercantile per lasciare Batuu.
Attivò i sensori esterni,
ma di Ben non c'era ancora alcuna traccia, e questo
contribuì ad
accrescere la sua inquietudine. Riparare il guasto all'iperguida non
era una faccenda da poco e se, disgraziatamente, avesse dovuto
allontanarsi velocemente da quella luna, sarebbe stata nettamente in
svantaggio.
Improvvisamente qualcosa
colpì lo scafo esterno del Falcon e la fece sussultare. BB-8
si mise
subito in allarme. L'impatto non aveva causato danni significativi,
ma che diamine stava succedendo là fuori?
All'ansia e al nervosismo
che aveva accumulato, si aggiunse una nuova e strana sensazione, ed
era qualcosa che aveva a che fare con la remota regione dello spazio
in cui Ben le aveva dato appuntamento. Si rese conto, come una
stupida, di non aver avuto nemmeno il tempo di accertarsi della sua
reale posizione.
Tornò nella cabina di
pilotaggio e il suo sguardo accigliato e avido, oltrepassò
l'ampia
vetrata del Falcon; quello che la vista le restituì la fece
raggelare.
All'inizio le sembrò di
essere capitata in un campo di asteroidi, e maledì
mentalmente il
momento in cui si era prestata a quella follia: un'infinità
di rocce
e detriti di svariate dimensioni fluttuavano nell'orbita intorno al
pianeta e quasi lo nascondevano. Poi però guardò
meglio e vide
qualcosa che le straziò il cuore: l'unica luna di NaJedha,
appariva
immensa e gravemente ferita, nel buio dello spazio, la sua crosta
superficiale era orrendamente squarciata*.
Quasi un quarto del
satellite non esisteva più, come se fosse stato colpito da
qualcosa
di estremamente grosso e potente, proveniente dallo spazio esterno e
non dalle sue profondità. Nell'emisfero in cui, un tempo
sorgeva la
Città Sacra, ora c'era un gigantesco cratere la cui voragine
raggiungeva addirittura il nucleo incandescente.
Deglutì con angoscia nel
pensare a quante vite innocenti erano state spazzate via, in pochi
istanti, in quell'immane tragedia. Poteva ancora percepire l'immensa
sofferenza che permeava quella regione dello spazio, come se le anime
delle vittime innocenti non avessero mai abbandonato la casa che era
divenuta la loro stessa tomba e gridassero vendetta. Si chiese come
fosse possibile che un disastro minerario avesse potuto provocare una
simile distruzione.
Attivò la scansione della
superficie per testare le condizioni del suolo e accertarsi che
l'atmosfera fosse almeno respirabile e quasi si ritrovò a
rimpiangere le temperature gelide di Ilum. Non sapeva cosa aspettarsi
da quella sconcertante scoperta e un brivido di paura la scosse fin
nel profondo.
Perché Ben aveva scelto
proprio quel luogo per tentare di riportare in vita il cristallo?
C'era qualcosa che non le quadrava, in tutta quella faccenda, e
voleva vederci chiaro al più presto. Su una cosa il Leader
Supremo
aveva ragione: in quell'angolo sperduto della Galassia, la presenza
della Forza era particolarmente potente ed intensa, poteva percepirla
chiaramente e faceva vibrare i suoi sensi come non le capitava da
tempo.
Distolse
lo sguardo da quella visione orrenda e dolorosa e sospirò,
tornando
mestamente nella hall centrale. Era irritata e nervosa; forse aveva a
disposizione un po' di tempo per riparare il guasto, prima che
l'illustrissimo
si degnasse di presentarsi all'appuntamento.
In quel momento si rese
conto che era davvero dura costringersi ad essere positiva: ma non
voleva credere che Ben avesse cattive intenzioni, o peggio, che
volesse incastrarla, anche se era ancora restia ad aprirsi totalmente
verso di lui.
Durante le loro connessioni
avevano avuto modo di riavvicinarsi, seppure lentamente, con
difficoltà e diffidenza. Tra loro c'erano stati anche
momenti molto
intensi, ma era ancora troppo poco per potersi fidare di lui, visto
come era andata a finire l'unica volta che gli aveva dato una chance.
Nonostante la sua naturale
predisposizione all'ottimismo, per lei, Ben rimaneva colui che aveva
giurato di distruggerla insieme a quel poco che era rimasto della
Resistenza, che aveva quasi ucciso il suo amico Finn e che si
ostinava a perseguire il totale controllo della Galassia, seminando
morte e distruzione.
Non sapeva se sarebbe mai
riuscita a condurlo verso la luce, Kylo Ren le aveva dimostrato di
essere irremovibile sulle sue assurde posizioni vendicative; ma era
altrettanto convinta che non avrebbe lasciato nulla di intentato.
Avrebbe usato tutte le armi in suo possesso per fargli ricordare chi
era veramente e aiutarlo a ritrovare se stesso e ciò che
aveva
rinnegato.
* * *
Circa un'ora dopo BB–8
corse ad avvertirla dell'arrivo di una nave appartenente al Primo
Ordine, cinguettando animatamente, mentre lei era intenta ad ultimare
le riparazioni.
Le mancavano ancora un paio
di saldature e una stretta ai raccordi delle tubature di
raffreddamento e l'iperguida sarebbe stata di nuovo operativa.
Non
poté fare a meno di precipitarsi alla cabina di pilotaggio
per dare
un'occhiata. Ben si era presentato all'appuntamento a bordo
dell'Y-Shuttle, le imponenti ali nere si stagliavano minacciose nel
bagliore devastato di Jedha, come un
oscuro predatore in attesa di assalire la sua preda.
Rey era abbastanza esperta
di astronavi da sapere che ci volevano almeno tre copiloti per
poterlo manovrare adeguatamente. Kylo era da solo, di sicuro aveva
fatto largo uso dei suoi poteri.
Sbruffone.
Pensò, prima di aprire il
canale di comunicazione e tornare al suo lavoro, al centro della
hall, non poteva permettersi di perdere nemmeno un minuto prezioso.
Sollevò l'ultimo pannello del pavimento e
individuò l'ennesima ed
ultima perdita da arginare.
Tra lei e Ben non c'erano
stati più contatti, ma la minaccia di morte con cui lui
aveva
troncato la loro ultima connessione, non era riuscita ad
impressionarla particolarmente.
Ci aveva messo dell'impegno
per sembrare abbastanza spietato e implacabile, di questo gliene dava
atto. Ma qualcosa, nel profondo, le gridava insistentemente che, il
terribile Kylo Ren, il Leader Supremo del Primo Ordine, il Signore
Oscuro della galassia, avesse abbandonato l'idea di farle la pelle
già da un pezzo.
Sempre ammesso che l'avesse
mai avuta.
Si
era dimostrato fin troppo disponibile nei suoi confronti. Avrebbe
potuto tranquillamente lasciarla alla sua missione su Ilum, ad
affrontare il suo destino e lavarsene completamente le mani. Avrebbe
potuto recuperare i resti del kyber di suo nonno in mille altri modi,
molto più drastici e violenti. Invece le aveva rivelato
l'inaspettata possibilità di riparare il cristallo.
Perché lo aveva fatto? Era
questo l'interrogativo che più la tormentava.
Inizialmente aveva pensato
che avesse voluto cogliere l'occasione per dimostrarle la sua
superiorità e darle l'ennesima presuntuosa lezione. Ma
andando più
a fondo, nei suoi intenti, aveva scorto qualcos'altro. Il legame non
le permetteva di sondare i suoi pensieri, ma le era sembrato che
stesse cercando disperatamente un'altra occasione per incontrarla di
nuovo, faccia a faccia.
Non poteva negare che anche
lei, in fondo, lo desiderava. Il loro ultimo incontro reale era stato
molto controverso ed intenso e risaliva al combattimento sul
Supremacy, da allora era trascorso quasi un anno, ma le loro
posizioni non erano sostanzialmente cambiate.
Nonostante tutto, aveva
deciso di accettare il suo invito ad unire le forze per ricostruire
il cristallo. Era una specie di dovere morale che andava oltre ogni
possibile schieramento, e per lei era accettabile. Era come se
entrambi stessero seguendo un richiamo, una volontà
superiore che,
per assurdo, non li voleva nemici.
«Ti avevo ordinato di
venire da sola.» La voce di Ben risuonò minacciosa
tra le pareti
del Falcon e le fece l'effetto di una doccia gelata.
Ordinato? Non sei nelle
condizioni di ordinarmi un bel niente!
Pensò
subito, indignata, ma si morse le labbra prima di rispondere a tono.
«Sono
da sola» si limitò a sottolineare, calcando
l'accento sulla prima
parola. Non voleva partire con il piede sbagliato.
«I miei sensori rilevano la
presenza di un'unità BB-8» precisò lui
seccato.
«Non sapevo che
considerassi i droidi alla stregua di persone» Rey lo disse
sorridendo a quella piccola palla metallica che dondolava perplessa
accanto a lei, «devo cominciare a preoccuparmi, Kylo
Ren?» Poté
solo immaginare la sua espressione irritata.
«Evita
di chiamarmi così, se deve essere un ulteriore motivo per
insultarmi
o deridermi.»
A
quella inaspettata esternazione Rey sussultò incredula.
Davvero le
aveva appena fatto capire che voleva che lo chiamasse Ben?
Non sapeva se esultare o provare terrore. In effetti lei era l'unica
persona a respirare ancora, dopo aver osato pronunciare il suo vero
nome, in sua presenza. Possibile che non lo avesse rinnegato del
tutto? «Come preferisci che ti chiami allora: Leader Supremo,
Maestro dei Cavalieri di Ren, serpente assassino...» lo
provocò
divertita.
«Evita
di chiamarmi. In qualunque modo» tagliò corto lui,
indispettito.
«Com'è
che ce l'hai tu il droide di Dameron?» Lo sentì
indagare con
circospezione.
«Oh,
me
lo ha prestato
per affiancarmi nella missione. Ti avevo avvisato che non mi
avrebbero permesso di lasciare la Base senza un minimo di
supporto»
glielo spiegò senza smettere di rovistare in alcuni
contenitori
sgangherati, accatastati sul pavimento, per cercare una chiave
idraulica. Mai, come in quel momento, fu più felice di
rispondere ad
una sua provocazione.
«Che
pensiero gentile...» sibilò lui, tagliente come un
rasoio.
Nell'udire
il grugnito di disappunto che seguì, a Rey scappò
un sorriso. «Che
c'è, non sarai mica geloso?» lo
punzecchiò con una punta di
sarcasmo, mentre dava una generosa stretta ad un raccordo allentato,
pregando che le guarnizioni sintetiche malandate, avessero retto
almeno per il viaggio di ritorno.
«Scendi
pure dal piedistallo sul quale ti sei auto-innalzata. Non sei
più
così interessante, Rey di Jakku.»Ben
cercò di smontare il suo
entusiasmo, senza però riuscirci davvero.
A
quella sua reazione spropositata, Rey non poté fare a meno
di
sghignazzare di gusto.
Oh sì, sei decisamente
geloso.
Si ritrovò ad ammettere
soddisfatta.
«Si può sapere che
diavolo
stai facendo?» Le chiese perplesso, sentendola sforzarsi come
una
forsennata.
Uno sfrigolio al centro
della hall l'avvisò che Ben aveva attivato l'holo-proiettore
per
cercare di capirci qualcosa.
«Niente
di importante. Un piccolo
problema all'iperguida.» Fu molto ottimista, «nulla
che non possa
risolvere con una buona chiave idraulica ed olio di gomito.»
Si girò
ed incrociò il suo sguardo torvo incastonato in un viso
troppo
pallido. Le dava l'impressione che non fosse affatto stupito della
cosa. «Sta' tranquillo, non sarò costretta a
chiederti un passaggio
per ritornare alla Base» lo rassicurò,
asciugandosi la fronte
sudaticcia col dorso della mano. Finalmente aveva finito, sempre che
non saltasse fuori qualche altra magagna imprevista.
«Ti sto inviando le
coordinate» la informò asettico, cambiando
drasticamente discorso,
«riuscirai ad atterrare con quel catorcio senza
schiantarti?»
Rey sussultò, Ben aveva
appena fatto dell'ironia? Quasi le pareva di buon umore. Le premesse
erano più rosee del previsto. «Ti stai
preoccupando per la mia
incolumità, o per quella del Falcon? Beh, sappi che ho
compiuto
atterraggi in condizioni di gran lunga peggiori.» Doveva
smetterla
di considerarla un'incapace, ci avrebbe pensato lei a togliergli
quell'insopportabile espressione da essere superiore dalla faccia.
L'ologramma
di Kylo sogghignò sfrigolando. «Continui ad
appropriarti di cose
che mi appartengono. Devo cominciare a pensare che la tua sia
un'ossessione. Il tuo amico
Poe
Dameron non poteva prestarti
anche il suo caccia?»
Rey accolse quella
provocazione con una sana risata. «E tu continui a rimanere
attaccato al passato e a cose di cui non ti dovrebbe importare
più
nulla.»
Ragazzino petulante.
Aggiunse mentalmente. Se
cominciava ad insultarlo davvero, sarebbe stata la fine.
Per tutta risposta lui
interruppe indignato l'holo-proiezione.
Rey tirò un sospiro di
sollievo, lanciando la chiave idraulica dentro il porta attrezzi
sgangherato; sarebbe stata una lunga ed estenuante giornata, ed era
meglio se si fosse data da fare.
* * *
Il luogo che Ben le aveva
indicato come punto di atterraggio, si trovava agli antipodi del
cratere, dove un tempo sorgeva la Città Sacra, e non ne fu
affatto
stupita.
Chissà se quella luna
è
completamente disabitata?
Si chiese mentre inseriva le
coordinate ed attivava i propulsori per addentrarsi nell'atmosfera
densa, scansando abilmente numerosi ammassi di detriti. Oltre ad
avere un ché di spettrale, pareva davvero improbabile che su
quella
luna si potesse vivere un'esistenza confortevole. Era più
probabile
che dopo la completa distruzione di Jedha City i pellegrini avessero
perso qualsiasi interesse a visitare quelle lande desolate e,
lentamente, era stata abbandonata anche dalle popolazioni locali,
scampate al disastro.
Se era sopravvissuto
qualcosa della religione Jedi, di sicuro erano in pochi a conoscerne
l'esistenza.
Non appena il Falcon toccò
il suolo, arido e sabbioso, in un modo un po' goffo, sollevando alte
nuvole di polvere, Rey provò una strana sensazione:
un'angoscia
mista a terrore. Non aveva idea se dipendesse dalla
particolarità di
quel luogo o dall'ansia di incontrare di nuovo Ben. Probabilmente era
dovuta ad entrambe le cose.
Prima
di scendere prese lo zaino consunto che conteneva le due
metà del
cristallo e i pezzi dell'elsa da riassemblare, afferrò la
sua fedele
arma e si infilò nella cinta il blaster che gli aveva
lasciato Han.
Era
affezionata a quel pezzo di ferro, almeno quanto lo era dell'asta che
si era costruita da sola su Jakku, riciclando materiali di fortuna.
Per anni era stata la sua unica compagna di vita. Non si sarebbe mai
presentata all'appuntamento completamente indifesa, benché
fosse
pienamente cosciente che non avrebbe potuto tenere testa alla spada
laser di Ben.
Non lo
avrebbe mai ammesso in sua presenza, ma era affascinata
dall'instabilità di quella lunga lama cremisi. L'unica volta
che
l'aveva impugnata e ne aveva saggiato la potenza, aveva sentito una
scarica dolorosa attraversarle tutto il corpo. Ora lo sapeva: era la
sofferenza di quel cristallo violato, ad averla pervasa, come era
accaduto per il kyber di Anakin prima che venisse spezzato.
Tornò
alla cabina di pilotaggio, sfilò i dadi di Han e se li mise
nello
zaino. Non aveva mai creduto nella fortuna, nel fato o in simili
idiozie, sperava solo di riuscire a percepire la sua presenza accanto
a sé, e che le infondesse il coraggio necessario per
affrontare di
nuovo suo figlio.
Poi si
rivolse a BB-8 con la raccomandazione di stare all'erta. Se avesse
captato l'attivazione del suo rilevatore, avrebbe dovuto inviare
immediatamente un segnale di soccorso alla Resistenza e attendere
l'arrivo dei ribelli, senza fare nulla.
Poco
prima di aprire il portello del Falcon si obbligò, per
l'ennesima
volta, ad essere razionale e obiettiva; non aveva idea di come si
sarebbero evolute le cose, dopo quella esperienza, ma era
più che
mai intenzionata a non farsi abbindolare di nuovo. Il motivo
principale per cui aveva accettato di incontrarlo, e riaprire quella
porta,
era il desiderio, anzi, la speranza, di vedere un cambiamento, una
piccola scintilla di luce a cui aggrapparsi per non ritenerlo
definitivamente perduto. Ma era anche preparata allo scontro, se la
situazione fosse degenerata in modo irreversibile.
Una
folata di aria gelida la investì violentemente, non appena
mise
piede sulla rampa. Nonostante l'aspetto desertico, su Jedha faceva
molto freddo, era una particolarità di quella luna. Ma lei
era
abituata agli sbalzi climatici e non se ne curò
più di tanto.
L'atmosfera era ancora respirabile, ma il pulviscolo generato dal
disastro minerario aveva praticamente avvolto tutto il pianeta
creando una leggera e perenne foschia.
Poco
lontano l'Y-Shuttle si stava adagiando elegantemente su un largo
spiazzo privo di rocce, le grandi ali nere ruotarono lente fino a
mettersi in verticale, nell'esatto momento in cui toccò il
suolo. Un
atterraggio davvero impeccabile, fu costretta ad ammettere.
La
rampa d'ingresso si abbassò, liberando aria dai pistoni,
svelando al
suo interno una figura alta e scura che si apprestò a
scendere con
un'andatura che ostentava sicurezza. Ben era avvolto nel suo solito
mantello nero, che svolazzava nervoso, sotto la brezza gelida di
Jedha, e la raggiunse in poche falcate.
Rivederlo
di persona le fece inaspettatamente male. Deglutì, ma aveva
la gola
secca. Il cuore le martellava nel petto e sembrava volerle sfondare
la gabbia toracica. Il respiro veloce tradiva impietoso il suo reale
stato d'animo. Credeva che sarebbe riuscita a controllare l'emozione
e l'inquietudine di averlo di nuovo vicino, ma si era sbagliata di
grosso. Si avvicinò a lui obbligandosi a reprimere il
desiderio di
toccarlo, per accertarsi che fosse reale.
«Ciao,
Ben...» si limitò a mormorare incerta, corrugando
la fronte.
Come
era prevedibile ricevette in risposta il silenzio. Il Leader Supremo
l'accolse freddamente, restando immobile ed impassibile di fronte a
lei. Questo suo caparbio atteggiamento la deluse. Non si aspettava di
certo un abbraccio caloroso, ma nemmeno la totale indifferenza.
Ancora si ostinava a volergliela far pagare...
I suoi
sentimenti, non più schermati dalle immense distante
galattiche che
li avevano divisi, fino ad allora, la investirono violentemente come
un tornado. Se anche avesse provato un minimo accenno di
felicità
nel rivederla, dopo tanto tempo, era dannatamente abile da
mascherarlo del tutto.
Percepiva
invece del rancore e della delusione, nei suoi confronti, e
soprattutto il senso di frustrazione di chi non è riuscito
nel suo
intento ma, nonostante tutto, non vuole arrendersi. Forse
era stata fin troppo ottimista. Doveva sforzarsi di mantenere i piedi
per terra.
«Dove siamo diretti?»
Chiese, volgendo lo sguardo in più direzioni. Per quanto si
sforzasse non riuscì a trovare alcuna traccia di un
insediamento o
di qualunque cosa potesse vagamente assomigliare ad un tempio Jedi.
Intorno, il paesaggio,
appariva abbastanza scarno e desolato; da un lato c'era solo una
landa sconfinata e desertica che si perdeva a vista d'occhio,
dall'altro c'era un'imponente ammasso roccioso, che si innalzava per
diverse decine di metri dal suolo e pareva sfiorare quel cielo
incolore, perennemente avvolto nella foschia.
«Seguimi.» Si
limitò a
comunicarle in tono freddo, muovendosi deciso verso le rocce.
Rey strabuzzò gli occhi e
gli andò dietro, faticando a tenergli il passo.
Giunsero ad una larga
fenditura, abilmente nascosta tra i costoni rocciosi e ne varcarono
la soglia. Si addentrarono nella tenue oscurità del ventre
della
montagna, rotta a tratti da sprazzi di luce, provenienti dalle
sottili fessure tra le pietre, e camminarono per diversi minuti in
silenzio.
Rey iniziò ad avere
più
caldo, e non dipendeva dalle energie spese per evitare che Ben la
seminasse; più si spingevano all'interno e più la
temperatura
tendeva ad aumentare. Era un fenomeno anomalo, ma affascinante.
«Che è successo alla
Città
Sacra?» Azzardò a chiedergli, per rompere quel
silenzio devastante,
consapevole che lui ne sapesse certamente di più sulla
misteriosa
catastrofe.
Ben si fermò per un
istante, dandole l'impressione di volerle rispondere, poi
però si
ostinò ad ignorarla e proseguì impassibile per la
sua strada.
Rey sospirò. Non poteva
biasimare il suo silenzio. Non lo aveva voluto come maestro, lo aveva
rifiutato sul Supremacy e adesso gli faceva domande come una
scolaretta curiosa? Mentalmente si diede dell'imbecille. Tutta colpa
della sua dannata buona fede.
Camminarono ancora per
centinaia di metri, aggirando speroni di roccia e crepacci profondi e
il percorso si fece più difficoltoso e disagevole.
«Hai intenzione di
ignorarmi tutto il tempo?» Rey tornò all'attacco
ansimando per lo
sforzo. Ne aveva abbastanza di quel suo dannato atteggiamento di
superiorità.
Se l'unico motivo per cui
l'aveva voluta in quella missione, era per sfruttare il suo potere,
non glie l'avrebbe data vinta, anche a costo di lasciare il cristallo
esattamente com'era.
Ben percepì chiaramente il
suo intento e si immobilizzò, poi si voltò a
guardarla furioso,
costringendola a fermarsi.
«Davvero
vuoi sapere come è andata?» l'aggredì
brutalmente, al punto da
farla indietreggiare. «Non è stato un disastro
minerario a
distruggere Jedha... È
solo una fandonia, divulgata per nascondere la
verità.»
Rey non si stupì di quelle
parole, seppure pronunciate con astio. Non appena aveva messo piede
sulla luna aveva percepito qualcosa di strano, residui di un dolore
immenso, profondo e ingiusto.
In quel momento tutto si
fece più chiaro: udì l'eco di urla strazianti,
preghiere e
imprecazioni, e soprattutto sentì sulla propria pelle quel
terrore.
Un terrore che non era scaturito dalle profondità del
satellite ma
da qualcosa di più orrendo e spietato. Una
volontà superiore.
Lo
vide sogghignare. «È
stato l'Impero» si limitò a svelare aspettando una
sua reazione che
non si fece attendere.
«Credo... credo di averlo
sempre saputo» ammise, senza nemmeno rendersene conto.
«Fu
un esperimento. Volevano testare quanto fosse potente, l'arma che
avevano costruito per sedare la ribellione. È
stata la Morte Nera a ridurre la Città Sacra in cenere e a
dilaniare
in quel modo orrendo il pianeta.»
A quella spaventosa
rivelazione Rey non poté fare altro che reagire con rabbia.
«E ad
uccidere milioni di innocenti...» aggiunse indignata.
«Traditori, ribelli e
avversari dell'Impero, dipende dai punti di vista» la
liquidò
prontamente.
«Scommetto che scoprirlo ti
ha suscitato un piacere perverso.» Lo attaccò
rabbiosa.
Mostro, sanguinario,
genocida.
Aggiunse mentalmente,
augurandosi, però, che lo percepisse forte e chiaro.
Ben invece reagì
attristendo lo sguardo che diventò inaspettatamente meno
severo, e a
tratti addirittura addolorato. «Vedi? Era meglio se restavo
in
silenzio» protestò rassegnato, come se ogni loro
conversazione
dovesse degenerare irrimediabilmente in una lite.
Rey sentì una puntura al
centro del petto che la costrinse a soffocare l'astio nei suoi
confronti. Per un istante l'immagine di Leia si sovrappose al suo
viso e a lei mancò il terreno sotto i piedi. «Hai
gli occhi di tua
madre...» le sfuggì in un soffio, corrugando la
fronte. La
somiglianza tra loro era quasi dolorosa.
Si meravigliò di se stessa:
perché era stata così stupida e patetica da
farglielo notare?
«Questo è un colpo
basso»
replicò lui confuso.
«Era solo una
constatazione.» Rey si irrigidì. Aveva sbagliato a
toccare quel
nervo scoperto, ma non aveva potuto fare a meno di notare quanto gli
avesse fatto male sentirsi considerato ancora un mostro e quanto
fosse legato alla sua famiglia, nonostante cercasse di rinnegarla in
ogni modo.
«Non ti permetto di tirare
in mezzo mia madre. Questa faccenda riguarda solo me e te e tale deve
rimanere» l'aggredì, ma senza la rabbia malamente
repressa di
prima. «Cosa credi di dimostrare? Che cosa, dillo!»
Questa volta il
tono si era fatto più duro e riuscì ad
intimidirla.
Rey si obbligò a mantenere
la calma. «Lo sai. Non c'è bisogno che te lo
ripeta. Gli manchi...
e ti rivuole con sé. E so che anche tu lo
desideri.»
Lo vide esitare qualche
istante, e il suo cuore si riaprì ad una debole speranza.
«È
troppo tardi» le mormorò, con gli occhi che
sembravano più lucidi,
facendole capire che si stava addentrando in un terreno insidioso e
che non avrebbe tollerato oltre la sua intrusione.
«Non è vero. Non
sarà mai
troppo tardi per lei.» Rey si maledì per aver
riaperto quella
ferita, in un modo così brutale ed impietoso, ma riaverlo di
nuovo
accanto le aveva scombussolato del tutto i sensi. Come era accaduto
sul Supremacy, riusciva a percepire il suo conflitto interiore, i
suoi sentimenti contrastanti e così potenti, verso di lei.
Ma
soprattutto aveva scorto quella piccola scintilla di affetto, verso
sua madre, che niente ancora era riuscito a spegnere.
«Chiudi quella bocca e
seguimi» le ordinò drastico, e dal suo viso era
già scomparso ogni
piccolo accenno di dolore e commozione. Era diventato dannatamente
bravo a reprimere le sue emozioni. Si voltò e
proseguì,
inoltrandosi in uno stretto sentiero che qualcuno aveva ricavato tra
gli spuntoni di roccia. La luce era sempre più scarsa e a
fatica
riuscivano a distinguere la strada. Rey si dovette aiutare col
bastone.
Proseguirono senza sosta
fino a quando non comparve sullo sfondo una striscia luminosa. Man
mano che si avvicinavano diventava sempre più larga ed
intensa.
Rey ritrovò un briciolo di
fiducia, quando si accorse che, forse, erano giunti ad una
destinazione.
Attraversarono quella spessa
spaccatura nella roccia ed emersero all'interno di un ambiente
circolare molto più ampio ed alto, illuminato intensamente
da una
grossa apertura tondeggiante che si apriva nella parte superiore. Ma
la luce non proveniva solo dai raggi solari, Rey si rese conto che
tutta la superficie interna era costellata da piccole scintille
luminose di vari colori. Era uno spettacolo molto suggestivo. Si
avvicinò curiosa ad un ammasso di rocce e capì
che quei bagliori
non erano altro che cristalli kyber incastonati. La sua vicinanza
provocò subito la loro reazione inducendoli a brillare
più
intensamente ed in maniera intermittente.
La giovane jedi si guardò
intorno affascinata, non aveva mai visto un luogo del genere,
così
saturo dell'energia che permeava tutto l'universo. Non aveva mai
provato un'esperienza così emozionante. Percepiva
chiaramente la
vita di quei piccoli cristalli pulsare frenetica. Fu tentata di
toccarne uno, particolarmente bello, che rifletteva una delicata luce
azzurrina e sporse la mano su di esso, quasi se ne sentisse
profondamente attratta.
«Lascialo stare!» La
voce
tuonante di Ben la fece sussultare e d'istinto si ritrasse.
«Non
siamo qui per la Messe**, ma per qualcosa di
più complicato.
Non abbiamo tempo da perdere.»
Quell'ennesimo rimprovero
riuscì ad infastidirla. Si voltò verso di lui
accigliata pronta a
protestare animosamente ma si trattenne, Ben la osservava cupo, al
centro di quella grotta immensa e lei fu incapace di reagire.
Nonostante le dimensioni del ragazzo fossero minute rispetto
all'enorme ampiezza di quell'ambiente, a lei appariva possente. Era
impossibile riuscire a nasconderlo a se stessa, Ben aveva il potere
di affascinarla con il suo carisma, la sua inopinabile sapienza e il
suo portamento nobile e fiero.
Che poi fosse anche un gran
bastardo sanguinario era un altro paio di maniche.
Lo vide voltarle le spalle e
dirigersi verso un punto più scuro, situato più
in basso, a cui si
accedeva attraverso una gradinata di pietra e riprese a seguirlo a
malincuore.
Ben si fermò davanti a
quello che sembrava l'imponente ingresso di un antico tempio,
affiancato da alte colonne intarsiate, scavate nella roccia. Gli si
avvicinò cauta, studiando ogni dettaglio.
Le ante erano anch'esse di
pietra, completamente decorate con delle raffigurazioni astratte a
lei totalmente oscure, e parevano molto massicce e pesanti. Sarebbe
stato alquanto difficile spostarle senza l'ausilio di un qualche tipo
di potere.
L'unico tempio che aveva
visitato in passato era quello dell'isola di Ahch-To, benché
fosse
un ambiente totalmente spoglio e diverso, in quel luogo si respirava
la stessa affascinante atmosfera millenaria, e la stessa potente
energia. Si sentiva eccitata e pervasa da una piacevole sensazione di
benessere, nonostante l'ignoto le incutesse timore.
Rimase in attesa di un cenno
di Ben. Avrebbe voluto fargli mille domande ma se ne guardò
bene,
gli avrebbe fornito solo un'ulteriore occasione per zittirla e farla
sentire un essere inferiore.
Il suo accompagnatore studiò
attentamente l'imponente ingresso, quasi riuscisse a capire il
significato di quelle decorazioni che a lei continuavano a restare
incomprensibili. Poi si voltò e si mise a cercare qualcosa
guardandosi intorno. Chiuse gli occhi e si fece guidare dalla Forza,
si avvicinò ad un cumulo di rocce poco lontano dal portale e
vi posò
la mano, come se stesse attivando una specie di interruttore.
Improvvisamente l'intera
grotta prese a vibrare, e lei ebbe il timore che si stesse scatenando
un terremoto. Invece, in una zona pianeggiante, perfettamente in asse
con la metà del portale, lentamente iniziò a
sollevarsi una
porzione di roccia, di forma circolare e della larghezza di circa due
metri.
L'innalzamento della lastra
si fermò, arrivando a sporgere solo una ventina di
centimetri dal
suolo, formando una specie di pedana rialzata, proprio di fronte
all'ingresso. Rey si avvicinò titubante e curiosa, ma non
appena
vide quello che sopra vi era raffigurato il suo cuore perse un
battito, era lo stesso mosaico del tempio dell'isola di Ahch-To: la
rappresentazione dell'equilibrio tra il Lato Oscuro e il Lato Chiaro,
in un unico individuo.
Lentamente tutte le tessere
del puzzle si andavano riunendo.
Ben salì sulla pedana di
roccia restando nella metà che raffigurava il Lato Chiaro,
poi le
porse la mano, invitandola a salire e a posizionarsi sulla
metà del
Lato Oscuro.
Rey si fece guidare dai suoi
gesti, lo seguì sulla piattaforma, e attese.
«Non è difficile, devi
solo volerlo» le spiegò sintetico e lei
capì immediatamente a cosa
si stesse riferendo.
Insieme allungarono le mani
verso il portale, richiamando l'energia di cui quel luogo era
completamente pervaso e, quando si sentirono entrambi caricati e
saturi, convogliarono la Forza verso le pesanti ante di pietra.
Dei
leggeri scricchiolii annunciarono che qualcosa si stava muovendo,
piccoli frammenti di roccia si sbriciolarono e si staccarono dalla
parte superiore del portale che sembrava chiuso ermeticamente da
decenni. Poi si udì un suono cupo e terrificante, simile ad
un
ululato, che pareva provenire dalle profondità della luna e,
lentamente, le due pesantissime ante ruotarono intorno ai cardini e si
aprirono mostrando ai loro occhi quello che ancora
custodiva gelosamente il cuore di Jedha.
Continua...
_______________
Note:
*
Per la descrizione delle reali condizioni di Jedha devo ringraziare
JeanGenie,
che mi ha gentilmente suggerito il numero di un fumetto canon in cui
è narrata una bellissima avventura di Luke, Leia ed Han e
viene
descritta la luna dopo l'attacco della Morte nera, nei minimi
dettagli. Il fumetto in questione è Star
Wars (2015) Fascicolo #38, Le ceneri di Jedha.
** La
Messe non era altro
che il rituale con il
quale i giovani padawan andavano alla ricerca del loro cristallo,
all'interno di una miniera di kyber, da cui si accedeva attraverso un
tempio Jedi. Il più famoso è quello situato su
Ilum. Ma anche Jedha
era sede di una immensa miniera di kyber, depredata quasi
completamente dall'Impero, per costruire il famoso raggio distruttore
della Morte Nera.
Ovviamente io ho immaginato
che esistesse ancora una miniera di cristalli e che la sua posizione
fosse sconosciuta, tranne che a pochi eletti ;)
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