Gli eredi della Forza

di Angel Of Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1.1 - La città tra le nuvole ***
Capitolo 2: *** Cap. 1.2 - L'angelo caduto ***
Capitolo 3: *** Cap. 2.1 - Confessioni ***
Capitolo 4: *** Cap. 2.2 - Fantasmi ***
Capitolo 5: *** Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha ***



Capitolo 1
*** Cap. 1.1 - La città tra le nuvole ***


Gli eredi della Forza

Gli eredi della Forza

* * *

Nelle anime il legame del dolore è più forte del vincolo della felicità e della gioia, 

e l'amore che viene lavato dalle lacrime rimane puro, bello ed eterno.

(Kahlil Gibran)


* * *


«Perché mi hai mandata laggiù?»

«Era una missione di cui ti ritenevo all'altezza. Come lo è stato per Luke.»

«Ho fallito con Luke.»

«Questo è quello che ti ostini a credere a torto.»

«Ho fallito. E lui è morto.»

«Ha adempiuto al suo destino, e lo ha fatto serenamente. Smetti di sentirti in colpa per qualcosa che non avresti mai potuto evitare.»

«Cos'altro non potrò evitare, Leia? Mi sento così... inutile, e impotente.»

«Di cosa hai paura realmente?»

«Non lo so... Forse di non avere scelta. Perché deve essere tutto così difficile e doloroso?»

«Perché proviamo dei sentimenti, Rey. Perché, nonostante il dolore, la sconfitta, la disillusione, non riusciamo a smettere di amare.»



Cap. 1.1 - La città tra le nuvole




Posizione: Territori dell'Orlo Esterno – Settore: Anoat - Sistema di Bespin


La fascia abitabile dell'immenso gigante gassoso era tra le cose più affascinanti che Rey avesse mai visto. Non immaginava che potesse esistere un'intera città sospesa nel vuoto.

Da quando era entrata a far parte della Resistenza le si era aperto un mondo nuovo. Il suo universo ristretto, racchiuso per anni attorno alle quattro tende sbrindellate dell'Avamposto di Niima, si era inaspettatamente ampliato.

Scoprire nuovi mondi e nuove culture, era un'esperienza decisamente più appagante che vivere confinata in un luogo in cui, le notizie sul resto della galassia, arrivavano sempre distorte e ingannevoli.

Durante il lungo salto nell'iperspazio, C-3PO l'aveva allietata con un'infinità di informazioni sulle origini e la storia di Cloud City e l'importanza del gas tibanna, che si estraeva dagli strati più vicini al nucleo del pianeta; l'idea di zittirlo, staccandogli di netto la testa dal resto del corpo, l'aveva ben più che sfiorata. Si era obbligata a sopportarlo solo perché il droide la stava aiutando a tradurre i testi dell'antico Codice Jedi che si era portata via da Ahch-To.

Dalla cabina di pilotaggio del Falcon, le isole fluttuanti, sospese in quella suggestiva atmosfera rarefatta, apparivano immense e maestose.

Vivere quello spettacolo le provocò un intenso brivido lungo la schiena.

Le nuvole purpuree regalavano al cielo infinite sfumature rosate e le infondevano una piacevole sensazione di pace e tranquillità. Colud City era un piccolo angolo di paradiso non ancora raggiunto dai tentacoli del Primo Ordine.

Si rivolse fiduciosa a Chewbacca e il suo peloso copilota le indicò il luogo più idoneo per l'atterraggio: una piccola piattaforma circolare collegata, come molte altre, tramite una lunga e stretta passerella, alla più grande delle isole fluttuanti.



Quel poco che era rimasto della Resistenza si era rifugiato sul verdeggiante pianeta Batuu, un piccolo e remoto avamposto ai confini della galassia, diventato il nuovo quartier generale della millenaria Maz Kanata. Praticamente era un covo di contrabbandieri, furfanti e avventurieri che viaggiavano tra l'Orlo Esterno e le Regioni Ignote; ma era anche il luogo più sicuro per nascondersi dal Primo Ordine. La sistemazione era provvisoria e, per il momento, potevano ritenersi al sicuro.

La scintilla della speranza non si era spenta, ma la situazione rimaneva delicata e critica. Leia stava lavorando senza tregua per rimettere in piedi la ribellione e ricomporre una flotta, nonostante le sue condizioni fisiche non fossero delle migliori. Ma soprattutto stava cercando gli aiuti e il supporto necessario per dare vita ad un progetto molto ambizioso che le stava a cuore da molto tempo.

I pochi scampati al massacro di Crait le stavano accanto dandole l'appoggio necessario. Poe, Finn e persino Rose, erano impegnati a cercare nuove alleanze, anche se l'impresa non si stava rivelando affatto facile.

Lei, invece, era uscita dall'esperienza di Crait stanca e sfiduciata. Aveva fallito con Luke e, soprattutto, con Kylo, ma la sconfitta che le pesava maggiormente era proprio con quest'ultimo.

Aveva seguito il suo istinto, forte dalla visione che l'aveva investita, toccandogli la mano. Aveva creduto che raggiungerlo sarebbe stata la cosa giusta, che si sarebbe convertito e che avrebbe dato una svolta alla guerra.

Invece, quello che la Forza le aveva mostrato, si era rivelato un'illusione: Kylo si era servito di lei per uccidere Snoke, si era fatta abbindolare per bene e, a stento, era riuscita a portare in salvo i suoi amici.

Luke ci aveva rimesso la vita per permettere loro di scappare e, quella perdita, a distanza di tempo, le appariva tremendamente ingiusta e insopportabile. In qualche modo ne sentiva la responsabilità.

Dopo l'ultima connessione, in cui le era quasi sembrato che Kylo cercasse nuovamente la sua comprensione, aveva deciso di troncare ogni rapporto. Era arrabbiata con lui, delusa e, soprattutto, ferita. Ormai erano schierati su fronti opposti e il dialogo pacifico, almeno da parte sua, non aveva alcun senso.

Si era obbligata ad ignorarlo, ogni qualvolta la Forza cercava di connetterli, arrivando anche a farsi del male, pur di non cedere a quel richiamo insistente e disperato.

Non aveva più nulla da dirgli se continuava a mantenersi ostinato sulla sua posizione, sui suoi intenti distruttivi e sui suoi deliri di onnipotenza.

Aveva fatto il primo passo, gli era venuta incontro e la sua fiducia era stata tradita. Non gli avrebbe mai più concesso un'altra occasione se non avesse percepito, in lui, un minimo accenno di cambiamento sincero.

La Resistenza era la sua casa, ormai.

I ribelli erano la sua famiglia. Una famiglia desiderata per troppo tempo.

Il generale Organa le aveva affidato una missione delicata e si sentiva agitata, non poteva prendere quel compito alla leggera. Leia si era dimostrata molto comprensiva nei suoi confronti e, nonostante le sue insicurezze, riponeva ancora fiducia nelle sue capacità.

La sua missione consisteva nell'incontrare un certo Lando Calrissian, che era stato un grande amico di Han Solo, e consegnargli personalmente un importante messaggio criptato.

Leia aveva contattato varie cellule della Resistenza sparse per la galassia, usando il suo codice personale e lui era stato uno dei pochi che le aveva risposto.

Il Generale le aveva confidato che Lando era stato un valido alleato in passato, e li aveva tirati fuori più volte dai guai. Ma i tempi non erano mai stati più gravosi, e trattare con dei possibili alleati a distanza, poteva rilevarsi pericoloso, se non addirittura fatale. Il messaggio conteneva delle informazioni vitali che non dovevano assolutamente cadere in mano al nemico, per questo andava consegnato di persona.

La minaccia del Primo Ordine imperversava ormai in ogni angolo della galassia, la sua ombra oscura si stava stendendo, pericolosamente e velocemente, fin quasi all'Orlo Esterno. La micidiale flotta degli Star Destroyer, comandata dal generale Hux, metteva sotto assedio interi sistemi e, laddove non trovava una rapida resa, o l'intenzione a sottomettersi e collaborare, lasciava dietro di sé solo morte e distruzione.

La strategia del nemico era chiara: tagliare loro ogni aiuto e fonte di approvvigionamento. Spingerli ad uscire allo scoperto ed esporsi, mentre erano ancora vulnerabili. Per questo dovevano agire con cautela e prudenza, ma soprattutto con rapidità per evitare che anche gli ultimi punti focali della Resistenza cadessero in mano al Primo Ordine.

L'installazione mineraria di Bespin era proprio uno di questi.



Atterrarono dolcemente sulla piattaforma fluttuante. Rey si diresse insieme a Chewbe al portello, non prima di aver preso il suo fidato bastone e il blaster che le aveva regalato Han, la prudenza non era mai troppa. Lasciarono R2-D2 e C-3Po in attesa sul Falcon.

Alla fine della passerella li accolse un uomo alto e calvo che al posto delle orecchie aveva dei grossi auricolari circolari e che subito si dimostrò poco cordiale e di altrettante poche parole. Li guidò attraverso corridoi e ascensori, senza rivelarsi particolarmente interessato al loro desiderio di incontrare Lando Calrissian, su preghiera della principessa Leia Organa di Alderaan.

Mentre camminava al fianco di Chewbacca, Rey si guardava attorno incantata e incuriosita: in quel luogo dominava l'uniformità del bianco e le superfici lucide e riflettenti. Era tutto così ordinato, perfetto, e quasi stentava a credere che fosse reale.

Lo wookiee invece sembrava essere più tranquillo e a suo agio di lei.

Giunsero davanti ad un grande portone, anch'esso rigorosamente bianco, le cui ante si spalancarono al loro arrivo, mostrando un ampio salone semicircolare.

Rey entrò titubante, seguita dallo wookiee, e ne studiò ogni particolare, mentre il loro accompagnatore si dileguò in tutt'altra direzione. L'ambiente era spoglio e sobrio, era illuminato da un'immensa vetrata che affacciava su quel suggestivo cielo purpureo, il soffitto a cupola era sostenuto da quattro colonne alte e snelle. L'unico arredamento consisteva in un lungo tavolo ovale, circondato da una dozzina di poltroncine ergonomiche.

Il tempo passava e lei iniziava a spazientirsi, quella che le era stata affidata era una missione essenziale per la Resistenza e non poteva permettersi di perdere istanti preziosi o, peggio, fallire un'altra volta.

Una voce squillante e allegra, proveniente alle sue spalle, ruppe quell'attesa fastidiosa e la fece sussultare. «Chewbe! Vecchio sacco di peli, è una vita che non ci vediamo, come stai?»

Lo wookiee si girò ed emise un grugnito festoso.

La giovane jedi assistette sorridente a tutta la scena: un uomo dalla pelle scura, piuttosto anziano, con una folta capigliatura riccioluta e brizzolata e dei baffetti, vestito in modo molto stravagante, apparve da un ingresso laterale ed accolse gioioso l'abbraccio un po' impacciato del gigante peloso.

Poi si voltò verso di lei incuriosito. Le girò intorno con circospezione, come se fosse merce preziosa da analizzare, senza levarle gli occhi di dosso e finalmente le rivolse la parola. «Wow! Tu devi essere l'ultimo jedi» esclamò, come se avesse avuto una visione celestiale, «Leia non mi aveva detto che eri una ragazza, e anche carina...»

Il modo in cui la studiava compiaciuto, riuscì a scatenarle un moto d'insofferenza. Ma chi si credeva di essere? Istintivamente la sua mano strinse maggiormente l'asta che portava appesa alla spalla. Inspirò e cercò di mantenere un minimo di autocontrollo per evitare di fare una pessima figura con l'unica persona che, in quel momento, era in grado di risollevare le sorti della Resistenza.

«Sono Rey» precisò seria e gli porse l'altra mano per educazione, non era mai stata un asso nelle presentazioni ma si sforzò di essere gentile, anche se quello strano individuo non le aveva fatto una gran bella impressione.

L'uomo invece reagì in maniera del tutto inaspettata. Le prese le dita della mano tra le sue, in un gesto molto elegante ed avvicinò le labbra al dorso, sfiorandolo leggermente con un bacio. «Lando Calrissian. A tua completa disposizione» si presentò senza pudore.

Rey sgranò gli occhi sconvolta e istintivamente si irrigidì, ritirando subito la mano come se si fosse scottata. Anche se non poteva guardarsi allo specchio, era sicura di essere diventata paonazza. Nessuno aveva mai osato ostentare un tale atteggiamento nei suoi confronti, anzi, quei poveracci che avevano provato ad invadere la sua sfera personale su Jakku, ne stavano ancora pagando le conseguenze.

Non riusciva a crederci. Possibile che quello strano tipo, avvolto in quel ridicolo mantello variopinto, ci stesse provando con lei? Tralasciando il piccolo particolare che poteva essere suo nonno, dovette dare ragione a Leia quando glie l'aveva dipinto come un personaggio decisamente eccentrico e stravagante.

In quel momento si obbligò a soffocare il suo istinto di conservazione e ad essere razionale: non poteva mettere il suo amor proprio di fronte alla missione. Fosse stato un uomo qualunque, non avrebbe esitato a togliergli quell'insopportabile espressione sorniona dalla faccia a suon di bastonate. Ma era un ex Generale dell'Alleanza Ribelle, un alleato di Leia ed il suo aiuto era cruciale per dare loro qualche chance di poter vincere la guerra. Doveva darsi una calmata ed evitare di iniziare quella preziosa collaborazione col piede sbagliato.

«Ho un messaggio di Leia per lei, signor Calrissian. Ed è veramente importante» tagliò corto decisa, enfatizzando il lei per prendere maggiormente le distanze, nella speranza che il suo curioso ospite comprendesse la gravità della situazione.

«Chiamami Lando» fu la sua risposta, per nulla impressionata, seguita da un sorriso smagliante.

Rey strabuzzò gli occhi scoraggiata. Ora cominciava ad intuire perché il Generale le aveva rifilato quella gatta da pelare. Quasi si trovava a rimpiangere gli scontri fisici e i duelli mentali con Kylo Ren, con lui almeno era riuscita ad avere la meglio, ed aveva anche un aspetto decisamente più attraente.

Scacciò immediatamente dalla testa quell'assurdo paragone e si costrinse a stare al gioco a malincuore. Con quale coraggio sarebbe tornata su Batuu se quello sbruffone invadente l'avesse cacciata in malo modo senza averle dato nemmeno la possibilità di consegnare il messaggio?

Ingoiò il groppo in gola, sforzandosi di sorridere, e lo accontentò. «D'accordo, Lando. Mi manda la Resistenza, ho un messaggio importante da par...»

«Io invece ho una splendida idea!» la interruppe bruscamente, sollevando entrambe le mani, come se avesse avuto un'illuminazione dall'alto. «Perché non ne parliamo con calma, di fronte a una buona cena? Scommetto che tu e Chewbe sarete affamati, e io sono abituato a discutere di affari con la pancia piena.»

Senza nemmeno darle il tempo di protestare, sbatté un paio di volte le mani e subito si presentò trotterellante un Ugnaught che borbottò contrariato, come se fosse stato interrotto sul più bello, mentre era intento in qualcosa di importante.

«Portaci qualcosa da mangiare, svelto. I miei ospiti meritano una degna accoglienza. Sono amici di Leia, e gli amici di Leia sono anche amici miei» sentenziò risoluto. L'Ugnaught annuì a malincuore prima di sparire dietro una colonna, protestando animosamente.

Rey ingobbì le spalle e rivolse un'occhiata scoraggiata allo wookiee, il quale le rispose con un lungo lamento, scuotendo la testa sconsolato.

Era inutile, Lando la sapeva troppo lunga per sperare di fregarlo. Non le rimaneva che assecondarlo. Prima o poi le avrebbe dato l'occasione di spiegare, e pregò che ciò accadesse prima che la flotta nemica arrivasse a mettere sotto assedio anche Bespin.

«Prego, accomodatevi... » li invitò, indicando, con un gesto elegante, le poltroncine attorno al grande tavolo.



* * *


Il cibo era ottimo e abbondante e la compagnia piacevole; Rey si dovette ricredere, Lando si stava dimostrando un simpaticone oltre che un ospite impeccabile e disponibile.

Dalla sua parlantina sciolta si percepiva che doveva essere stato un gran filibustiere. Un po' le ricordava Han, anche se quella vecchia canaglia non aveva mai osato provarci con lei in modo così spudorato.

Man mano che prendeva confidenza con i suoi gesti, a volte fin troppo teatrali, si rendeva conto che l'intraprendenza che dimostrava, era un suo particolare modo di fare, più che un tentativo di seduzione vero e proprio, e si ritrovò a ridere di se stessa. Finalmente riuscì a rilassarsi e godersi la cena.

L'amministratore dell'installazione mineraria di Bespin raccontò loro di come se l'era cavata dopo la Guerra Civile Galattica, delle sue scorribande insieme allo storico amico Han Solo, di come aveva ripreso il controllo della colonia dopo che era stata assoggettata dall'Impero e, soprattutto, di come era riuscito a tenersi alla larga dal Primo Ordine, rimanendo saggiamente nell'ombra. Aveva avuto l'accortezza di mantenere il commercio del gas tibanna su delle tratte riservate. La sua clientela non era esattamente gente raccomandabile, ma aveva il suo stesso interesse a non dare nell'occhio.

Negli ultimi anni i suoi contatti con Leia si erano ridotti al minimo, fino a limitarsi a pochi scambi di messaggi, specie dopo che la situazione politica era degenerata. La sua vecchia amica, però, lo aveva costantemente tenuto informato sulle tragiche vicende che avevano sconvolto la sua famiglia.

Quando ebbero finito di mangiare, finalmente Lando le porse la fatidica domanda: «Allora, qual era l'importante messaggio che avevi tanta fretta di consegnarmi?»

Rey non se lo fece ripete due volte, frugò nella sacca consunta che si portava sempre appresso e gli porse il piccolo aggeggio cilindrico che il generale Organa le aveva affidato, affinché lo consegnasse personalmente a lui. Si trattava di una piccola banca dati che poteva essere decodificata esclusivamente da un codice personale, di cui solo Lando era a conoscenza. L'ex contrabbandiere la rigirò tra le mani studiandola con interesse, poi si alzò e la inserì in una piccola postazione computerizzata, nascosta dietro un pannello mobile addossato ad una parete. Digitò il codice ed attese.

Dopo alcuni secondi di elaborazione, l'oloproiettore materializzò davanti ai loro occhi l'immagine rotante del progetto di una straordinaria stazione spaziale super corazzata.

Lando sogghignò. «A quanto pare Sua Altezza ha capito che la Ribellione avrà qualche chance in più di vincere, se non fornirà al Primo Ordine un bersaglio fisso sul quale fare fuoco.»

Rey scoccò uno sguardo compiaciuto a Chewbacca, il loro ospite era un tipo perspicace, oltre che scaltro. «Si chiama Alderaan Prime» spiegò, senza riuscire a nascondere l'entusiasmo, «attualmente si trova debitamente occultata nelle profondità di Glee Anselm* dove stanno ultimando la costruzione. Leia sperava che potessi fornirle abbastanza gas tibanna per alimentare tutte le batterie di armamenti e potenziare al massimo i motori dell'iperguida.»

Lando sorrise, la giovane jedi aveva sapientemente omesso la parte cruciale: non avrebbe potuto pagare. Ma il vecchio furfante sapeva benissimo in quali condizioni precarie versava la Resistenza. Si lisciò compiaciuto i baffi sottili, fingendo di rifletterci qualche istante. Poi ruppe il silenzio che stava diventando preoccupante. «Le ha dato il nome del suo amato e perduto pianeta... La cosa mi piace! Comunica pure alla principessa che avrà tutto il gas tibanna che vuole, e che lo può considerare come un mio personale, e modesto, contributo alla causa. I miei ingegneri si metteranno subito al lavoro.»

Rey tirò un sospiro. In realtà, a primo acchito, Lando non le aveva fatto una bella impressione. Il suo modo di fare le era apparso ambiguo, anche se Leia le aveva assicurato che di lui ci si poteva fidare totalmente. Aveva percepito qualcosa: un'ombra leggera che le aveva suggerito che, in passato, non era stato sempre così.

«Ti ringrazio, a nome della Resistenza. E Leia te ne sarà infinitamente grata...» Le uniche parole che riuscì a mormorare, suscitarono un sorriso sincero sul viso di Lando. Poi però notò il suo allegro ospite diventare più serio, fin quasi a rabbuiarsi.

«Dimmi, come sta la principessa?»

Quella domanda la fece sussultare lievemente, come se dentro di lei fosse scattato qualcosa, una specie di meccanismo di autodifesa di cui non ne capiva il motivo. Non c'era nulla di male: l'ex contrabbandiere non vedeva Leia da anni, era normale che fosse sinceramente preoccupato per lei. Eppure aveva l'impressione che quella conversazione sarebbe andata inevitabilmente a toccare argomenti dolorosi.

«Non tanto bene, a dire il vero.» Non se la sentì di indorare la pillola e Chewbe, poco lontano, emise un lungo lamento angosciato che fece preoccupare anche Lando.

«Non si è ancora rassegnata, suppongo.»

Rey sospirò corrugando la fronte. «Non credo ci si possa rassegnare alla morte della persona con la quale si è diviso la vita.» Fu molto schietta, anche se in merito non aveva molta esperienza.

Lando fece una lunga pausa, quasi avesse timore di esternare quello che gli passava per la testa, poi però proseguì. «Non intendevo la morte di Han, sono sicuro che è abbastanza forte per accettarla...»

Quella precisazione la colse di sorpresa e le fece aguzzare i sensi.

«Mi riferivo alla perdita di suo figlio.»

A Rey si gelò il sangue, non immaginava che Lando potesse conoscere Ben. Credeva che quell'incontro su Bespin sarebbe stato innocuo, da quel punto di vista. Riflettendo sul suo passato da contrabbandiere al fianco di Han, però, l'idea non le parve poi così assurda.

Chewbacca emise un ruggito disperato, sbatté violentemente un pugno sul tavolo, facendo saltare via piatti e avanzi di cibo, poi si alzò in piedi furioso e si allontanò da quella conversazione che stava prendendo una brutta piega.

Rey lo vide lasciare la sala con rammarico, ma non poteva biasimarlo, era naturale che non volesse nemmeno sentire nominare l'assassino del suo più caro amico.

«Credo di no... » ammise a malincuore, a capo chino. Forse sarebbe stato più facile anche per lei, se Leia lo avesse dichiarato definitivamente perduto, avrebbe potuto affrontare quella guerra con meno apprensione. Ma in cuor suo sapeva che non era così. C'era ancora luce in Kylo Ren, l'aveva percepita chiaramente, ed era il motivo principale per cui gli aveva risparmiato la vita.

Forse aveva commesso un grave errore, considerando come si stava evolvendo la guerra, ma non era potuta andare contro al suo istinto. Qualcosa, nel profondo, le aveva gridato che, ucciderlo a sangue freddo, non sarebbe stata la soluzione a quel conflitto, e che non era ancora giunto il momento della resa dei conti.

Non sapeva come spiegarlo, ma nelle parole e nel modo di fare di Ben aveva percepito molto di più di quello che aveva voluto mostrarle. La confidenza che si era preso con lei, fin dal principio, quel volerla al suo fianco a tutti i costi, le avevano dato l'impressione che, in qualche modo, la conoscesse da molto prima che si incontrassero. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di far luce su quel tremendo sospetto.

Mentre lo osservava disteso a terra, inerme ed incosciente, si era obbligata ad aspettare; non sapeva esattamente cosa, forse le sarebbe stato più chiaro col tempo. Si sarebbe addestrata, avrebbe ricostruito la spada di Luke, sarebbe diventata più forte e abbastanza saggia per affrontarlo di nuovo, e non gli avrebbe più permesso di incastrarla con un subdolo ricatto morale.

Non aveva idea di come si sarebbe evoluta la faccenda tra loro, ma sentiva che il giorno in cui si sarebbero trovatati di nuovo faccia a faccia, non era lontano.

«Leia mi ha detto che ti sei scontrata con lui.» Le parole di Lando la riportarono bruscamente alla realtà.

Sollevò lo sguardo verso l'ex contrabbandiere e si trovò a pensare che fosse buffo e anche crudele, che più tentasse di togliersi Ben Solo dalla mente, più finiva per infilarsi in situazioni che la obbligavano a ricordarsi della sua esistenza. Annuì mesta, senza riuscire a spiccicare una parola.

«Sai una cosa Rey? Ben era un ragazzino molto in gamba ed estremamente sveglio per la sua età. Oh, era anche molto intraprendente, capriccioso e soprattutto parecchio viziato... Ma amava la sua famiglia, adorava sua madre, e nutriva una vera e propria venerazione per suo padre. Ancora non riesco a credere che lo abbia...»

Rey sgranò gli occhi. Era la prima volta che Lando non riusciva a concludere una frase. Di colpo aveva perso la sua vena sarcastica. La morte del suo migliore amico doveva averlo turbato nel profondo.

Lei invece si ritrovò a riflettere. Ben venerava suo padre? Perché quella rivelazione adesso le pareva così ridicola e assurda? Era sicura che lo considerasse un povero illuso, un uomo stupido e debole. Quante altre cose le aveva tenuto nascosto quello sporco bastardo?

«Quando rientravamo da un viaggio, quel piccolo starfighter** ci correva incontro urlando e poi saltava al collo di Han e non voleva più lasciarlo andare. Ripeteva in continuazione che voleva diventare il miglior pilota della galassia, proprio come suo padre.» Lando riportò alla luce quei vecchi ricordi, con un sorriso malinconico sulle labbra. Sembrava che fosse sinceramente affezionato a Ben.

Rey invece rimase profondamente scossa da quelle confidenze, per quanto si sforzasse non riusciva proprio ad immaginare Kylo bambino, innocuo, affettuoso verso i suoi familiari. Era una visione che strideva fortemente con l'immagine rabbiosa e cupa che aveva di lui. L'immagine del mostro che voleva dare di sé, a tutti i costi.

«Perché mi stai raccontando queste cose?» le venne spontaneo chiedere. La voce tremante tradì il velo di emozione, e si sentì improvvisamente stupida e vulnerabile.

Lando sospirò scuotendo la testa. «Non erano pronti...»

Rey aggrottò la fronte senza capire.

«Leia ed Han, intendo. Non erano pronti per fare i genitori. Ben è arrivato all'improvviso, in un momento difficile. Lei era sommersa dagli impegni politici e pressata dalla necessità di concludere importanti accordi diplomatici; un figlio era l'ultima cosa di cui aveva bisogno per complicarsi la vita ulteriormente. Ed Han... beh, lui forse non si aspettava che sarebbe accaduto così presto, ce l'ha messa tutta per essere un buon padre, è stato presente e amorevole, finché ha potuto. Ma a volte l'impegno non basta. Non dico che non l'abbiano voluto, semplicemente... non erano pronti.»

Rey continuava a non capire. Perché il suo strano ospite le stava raccontando aspetti così intimi della vita dei suoi amici? «Non capisco cosa c'entri questo col suo cedimento al lato Oscuro e con l'odio verso la sua famiglia» le venne spontaneo ribattere con fin troppa enfasi.

Lando sorrise leggermente alla sua animata reazione. «Vedi Rey... Leia si era accorta che c'era qualcosa, in Ben, che non andava, fin dal principio. Ma sapeva anche che non era in grado di gestire il suo potere.»

«E lo ha mandato da Luke, affinché lo addestrasse» lo aiutò a concludere la frase, stufa di sentire l'ennesima versione della stessa storia.

L'ex contrabbandiere annuì. «Già. Io non avevo alcun diritto di intromettermi, ma Han... beh, lui non la prese tanto bene. Era contrario. Quella faccenda ha minato in modo irrimediabile il loro rapporto. Ed è stato l'inizio della fine...»

Rey strinse i pugni e digrignò i denti, scossa da un impercettibile moto di rabbia. «Sono sicura che Leia non abbia preso una decisione simile alla leggera. Credo che una madre sappia cosa sia meglio per il proprio figlio. Evidentemente si era resa conto di non poter competere con l'oscurità che continuava a crescere dentro di lui. Ha solo cercato il modo migliore di aiutarlo.» Lo disse mentendo spudoratamente a se stessa. I suoi genitori l'avevano venduta come se fosse stata un oggetto, una zavorra inutile di cui liberarsi, cosa poteva esserci di giusto in un gesto così orribile?

Ancora una volta si ritrovò a non capire per quale assurdo motivo Ben avesse rinnegato in modo così spietato una famiglia amorevole che aveva solo cercato di proteggerlo. Solo dopo qualche istante si rese conto che si era alzata in piedi e stava fronteggiando il suo ospite a pugni stretti, come se le avesse lanciato una sfida.

Lando rimase sorpreso ed impressionato dalla sua reazione animata e si fermò a studiarla qualche istante incuriosito.

«Che c'è?» le vene spontaneo chiedere, sentendosi a disagio sotto il suo sguardo indagatore.

«Tu hai un debole per Ben» sentenziò compiaciuto lisciandosi i baffetti, riducendo gli occhi a due fessure.

«Cosa? Assolutamente no!» reagì d'impulso indignata, come se fosse stata punta sul vivo.

Lando continuò a scrutarla. «Uhm... Cara la mia Rey, io difficilmente mi sbaglio. Ho una specie di radar, per queste cose. Sai, quando il mio amico Han, si prese una colossale cotta per Leia, lo sgamai subito, anche se, a prima vista, sembrava che avesse l'orticaria quando stavano insieme. Non facevano altro che punzecchiarsi e litigare.»

Rey aggrottò le sopracciglia e poi sorrise. «Scommetto che ci hai provato anche con lei» ironizzò impietosa, sciogliendo i pugni ed incrociando le braccia al petto.

Il suo ospite non si dimostrò particolarmente indignato da quella constatazione e sghignazzò senza ritegno. «Ovviamente. Leia è sempre stata un gran bel pezzo di principessa.» Le strizzò l'occhio riuscendo a farla sentire di nuovo a suo agio.

Rey però tornò subito seria. «Cosa ti fa credere che abbia un debole per Kylo Ren?» chiese sinceramente curiosa, preparandosi a smentirlo senza esitazione.

Il vecchio filibustiere le regalò un sorriso sornione. «Perché tu, a differenza di Leia, pensi di essere in grado di competere con l'oscurità che c'è in lui. E forse sei l'unica persona, in tutta la galassia, che è ancora in grado di salvarlo.»

Le ultime parole di Lando ebbero il potere di farla ammutolire.


* * *


La notte di Bespin non era particolarmente lunga, ma a Rey sembrava durasse un'eternità. Continuava a girarsi e rigirarsi, tra le lenzuola pulite e profumate di quel letto troppo ampio per una sola persona, senza riuscire a trovare tregua. Il materasso era comodo e morbido per una come lei, che piuttosto si sarebbe adeguata a dormire su una lastra di pietra.

Lando le aveva messo a disposizione il suo alloggio migliore, aveva insistito perché lei e Chewbe passassero la notte a Cloud City, avevano tutto il tempo di ripartire per Batuu il giorno successivo. L'ambiente era caldo e accogliente, munito di tutti i comfort, eppure non riusciva a prendere sonno.

Col passare delle ore, si rese conto che, accettare quella generosa ospitalità, non si era rivelata una buona idea. Quando il generale Organa le aveva affidato la missione, aveva creduto che il suo compito sarebbe stato facile e soprattutto indolore; doveva solo recapitare un messaggio ed assicurarsi che Lando avrebbe collaborato con la Resistenza. Non avrebbe mai immaginato che quello strano personaggio avrebbe potuto sconvolgere i suoi pensieri in modo tanto brutale. Cominciava quasi a sospettare che la principessa lo avesse fatto apposta.

Leia e Lando si erano messi d'accordo? Era una specie di complotto?

Dopo aver osservato il soffitto per un tempo indefinito, decise di alzarsi. Si rivestì velocemente ed uscì dalla stanza.

I corridoi erano deserti e silenziosi, erano illuminati solo da una sottile linea di luce che correva lungo il bordo della camminata. Per un istante ebbe paura di perdersi, poi decise di farsi guidare dal suo istinto per uscire da quel labirinto intricato di ambienti.

Quando finalmente uscì all'aperto, le apparve uno spettacolo che le mozzò il respiro. La notte di Bespin era estremamente suggestiva. Il cielo non era completamente nero, come sugli altri pianeti che aveva visitato, non era come quella cappa buia e fredda che si stendeva impietosa su Jakku, congelando in poco tempo l'aria infuocata.

L'orizzonte era meravigliosamente sfumato. I gas provenienti dal nucleo del pianeta creavano un particolare gioco di luci rosate, nella parte inferiore della città poi, man mano si attenuavano verso l'alto, fino a spegnersi del tutto, fondendosi col nero dello strato atmosferico superiore. La notte non arrivava mai ad essere totalmente scura.

Era forse un messaggio di buon auspicio per la Resistenza? Era davvero difficile essere positivi in quel momento, sapendo che là fuori, oltre quello spettacolo mozzafiato, la galassia era dilaniata dalla guerra.

Rey si fermò ad ammirare quel cielo meraviglioso con le lacrime agli occhi. Una leggera brezza le scompigliò i capelli che non aveva avuto il tempo di legare, respirò a pieni polmoni quell'aria così fresca ed eccezionalmente ricca d'ossigeno. Nonostante la pace che le infondeva la visione nella quale era immersa, non riusciva a soffocare il senso d'inquietudine che l'aveva assalita durante la cena con Lando.

Non poté fare a meno di pensare di nuovo intensamente a Ben. In passato sarebbe bastato il suo stato d'animo particolarmente vulnerabile a scatenare una connessione tra loro, ma ormai era da tempo che non accadeva.

Era convinta di essere riuscita a spezzare quel legame in modo definitivo. Non aveva più sentito alcun richiamo. Intorno a lei regnava solo il silenzio e, improvvisamente, quella consapevolezza, le fece paura.

Un doloroso senso di solitudine si impadronì dei suoi sensi, provocandole una leggera vertigine, come se stesse in bilico sull'orlo di un baratro.

Probabilmente anche la Forza si era rassegnata al fatto che lei e Ben fossero solo due spiriti affini molto potenti, irrimediabilmente schierati su fronti opposti, e che non avrebbero mai potuto trovare un punto di incontro. Forse erano solo destinati a distruggersi a vicenda.

Si costrinse a reagire. Percorse interamente la passerella fluttuante e si rifugiò sul Falcon, lì si sentiva al sicuro. L'interno era buio, ma erano attive le flebili luci di emergenza. Entrò nella hall e scorse i droidi immobili accanto alla postazione computerizzata, che si erano disinseriti per ricaricarsi e passare la notte. Scivolò silenziosamente accanto alle poltroncine tondeggianti, si tolse gli stivali e si rannicchiò nella cuccetta.

Il materassino era rigido e consunto, la morbidezza non aveva nulla a che fare con quella del letto su cui era appena stata, ma non le importava: il tanfo di muffa e di lubrificante scadente che le invadeva le narici, aveva su di lei un effetto calmante.

L'interno del Falcon era come il ventre di un'immensa e amorevole madre.

Chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi, mancava davvero poco al sorgere del sole e forse sarebbe riuscita a rubare alla notte un paio d'ore di riposo, prima di riprendere la rotta per Batuu.


*


L'alba non ne voleva sapere di arrivare.

Rey si ritrovò a camminare lentamente, a piedi nudi, attraverso i corridoi circolari del Falcon, carezzando, con la punta delle dita, le pareti malridotte e sudicie.

Respirava un'atmosfera insolita, quasi surreale. Era come se stesse vivendo al rallentatore.

C'era qualcosa di strano e diverso, quegli ambienti le parevano gli stessi eppure, sostanzialmente, non lo erano. Oltre al costante ronzio di sottofondo delle strumentazioni di bordo, le sembrava di udire qualcos'altro.

All'inizio i suoni le sembravano lontani, distorti. Poi, pian piano, divennero più chiari: urletti isterici alternati ad una risatina infantile.

Deglutì a vuoto e si fermò ad ascoltare, guardandosi attorno con circospezione e i battiti accelerati. Si voltò di scatto quando le sembrò di scorgere, con la coda dell'occhio, qualcosa di piccolo e veloce attraversare un corridoio laterale che si innestava in quello in cui lei era ferma.

Il sangue le si gelò nelle vene.

Con cautela si affacciò in quel passaggio per cercare di capire di cosa si trattasse, ma era stranamente troppo buio.

«Ehi! C'è qualcuno laggiù?» Chiese ad alta voce. Non erano attive nemmeno le luci d'emergenza e trovò la cosa molto insolita.

Poi l'udì di nuovo, quella risata, cristallina e spensierata.


«Prova a prendermi!»



___________________________

Note:

* Pianeta dell'Orlo Mediano, Settore Jalor, superficie coperta da un oceano costellato da piccole isole.

** Spoiler dal libro canonico Star Wars Last Shot


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Capitolo 2
*** Cap. 1.2 - L'angelo caduto ***


Cap. 1.2


«Non ti sembra che Rey sia cambiata?»

«Che cosa vuoi dire?»

«Da quando è tornata da Bespin, ho l'impressione che non sia più la stessa.»

«Beh, in un certo senso, è sempre stata diversa da tutti noi.»

«Lo so. Ma non è questo che intendo. Che diceva Rose, a proposito di lei, l'altro giorno?»

«Che sembrava avere lo sguardo perso in qualcosa che a noi non è concesso vedere.»

«Esatto.»

«Poe, Rey è speciale. È un jedi. Per quanto possiamo affezionarci, prima o poi la sua strada prenderà una direzione diversa dalla nostra. Credo che tu debba cominciare a fartene una ragione. Tutti noi dobbiamo farcela.»

«No, tu non capisci. È accaduto qualcosa laggiù, Finn. Qualcosa che l'ha turbata enormemente e di cui ha paura di parlare.»

«Credi che abbia a che fare con lui?»

«Non lo credo. Ne sono sicuro.»




* * *



Cap. 1.2 – L'angelo caduto




Rey sbarrò gli occhi bramando l'aria come se fosse riemersa da una lunga apnea.

Solo dopo qualche istante si rese conto di essere ancora sdraiata nell'angusta cuccetta della hall principale del Falcon.

Si sollevò sui gomiti ansimando e poi, lentamente, si mise a sedere in quello spazio ristretto, con le gambe incrociate, passandosi la mano sulla fronte sudaticcia.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma si sentiva più stanca ed agitata di quando si era coricata.

Finalmente riprese fiato ma, nonostante avesse ormai piena padronanza del suo corpo, non riusciva a placare l'inquietudine.

Non era in grado di giudicare se l'esperienza che l'aveva strappata brutalmente al sonno, era stata un sogno oppure un'altra visione. Aveva la sensazione che fosse stato qualcosa di diverso, di dannatamente reale, ma si era interrotto troppo presto per darle modo di capire di cosa si trattasse.

Cominciava ad averne abbastanza di quelle maledette manifestazioni della Forza. Come era accaduto su Takodana, erano totalmente inutili se poi la lasciavano con mille interrogativi ed un frustrante senso di impotenza.

Si rimise gli stivaletti, scese dalla cuccetta e si guardò intorno. Dei droidi non c'era traccia, di conseguenza era già giorno pieno. Non c'era tempo per rimuginare e perdersi in elucubrazioni mentali infruttuose, doveva ritornare al più presto alla base: c'era una guerra in corso e sarebbe stata certamente più utile accanto ai suoi compagni invece che a sprecare tempo prezioso per tentare di risolvere i misteri della Forza.

Urgeva trovare Chewbacca.


*


Come era accaduto a lei, anche lo wookiee non era riuscito a chiudere occhio nei regali alloggi di Lando, ed aveva anticipato il rientro sul Falcon. Lo trovò indaffarato davanti ad uno dei collettori che regolavano il flusso di tensione ai propulsori posteriori. Evidentemente aveva trovato un piccolo guasto che andava riparato prima di riprendere la rotta per Batuu, ma, nello stesso tempo, aveva avuto l'accortezza di non svegliarla e lasciarla riposare.

Sorrise amaramente nel vederlo così tranquillo e assorto nel suo lavoro, nonostante dentro di lui infuriasse la tempesta. Poteva comprendere perfettamente il turbinio emotivo che si agitava nel suo animo, perché lo aveva provato lei stessa e, a stento, era riuscita a non farsi sopraffare dall'odio e dalla vendetta.

Simili sentimenti erano un facile veicolo per il Lato Oscuro; lo sapeva, se lo sentiva, e lei non si sarebbe fatta risucchiare da quella spirale distruttiva.

Non aveva idea se Chewbe sarebbe mai stato in grado di perdonare Ben, per l'uccisione di suo padre; per un wookiee forse la faccenda era un po' più complicata, ma il fatto che sulla Starkiller non lo avesse colpito in un punto vitale, nonostante la sua mira infallibile, era il sintomo che non aveva avuto il coraggio di ucciderlo. Questo contribuiva enormemente ad alimentare le sue speranze.

«È grave? Hai bisogno di aiuto?» Qualunque fosse il problema, era sicura che in due l'avrebbero risolto più velocemente. Non vedeva l'ora di levare le ancore da quello strano posto in cui faticava sempre di più a sentirsi tranquilla.

Il grugnito di risposta di Chewbe la rassicurò: era una cosa da nulla. Sarebbero potuti ripartire anche senza riparazioni, visto che gli altri collettori funzionavano alla perfezione, lo wookiee aveva semplicemente sentito il bisogno di tenersi occupato.

«D'accordo, mi fido di te. Dove si sono cacciati i droidi?» indagò curiosa guardandosi intorno. Senza i discorsi petulanti di C-3PO e i cinguettii festosi di R2, il silenzio del Falcon era quasi inquietante.

Il gigante peloso mugugnò qualcosa a proposito di un giro turistico sulla suggestiva camminata della piattaforma fluttuante e lei strabuzzò gli occhi scoraggiata; a quanto pare il rientro alla base era subordinato ai loro comodi. Questa volta, al droide dorato chiacchierone, una bella strigliata non glie l'avrebbe risparmiata nessuno.

Tornò nella hall principale a malincuore e si abbandonò stancamente su una delle poltroncine che circondavano il tavolino tondo. Il ricordo di quello che aveva vissuto poco prima tornò a farsi vivo, insieme ad un discreto mal di testa.

Invidiò Chewbe che aveva trovato il modo di ingannare il tempo che li separava dalla partenza, lei invece si sentiva terribilmente inquieta.

Ripensò a Lando e a quella loro strana conversazione, al modo in cui aveva scrutato le sue reazioni quando le aveva parlato di Ben, come se avesse voluto a tutti i costi dimostrarle qualcosa. Tutto questo aveva il potere di destabilizzarla.

Aveva sempre contato solo su se stessa, fin da quando i suoi genitori l'avevano abbandonata a sopravvivere in un deserto; aveva imparato a resistere alla fame, al freddo, persino alla solitudine, eppure, in quel momento era come se stesse vivendo un'altra vita, imprevedibile e ignota, per la quale si riteneva impreparata.

La paura tornò a prendere il sopravvento sui suoi sensi. Ancora una volta si sentiva debole e vulnerabile e detestava sentirsi in quel modo.

«Non ditemi che vi state già preparando per la partenza!» Le parole improvvise e inaspettate di Lando la colpirono come una frusta, facendola sussultare.

Si voltò verso il tunnel che si innestava nella hall e lo vide avvicinarsi a passo spedito verso di lei, avvolto in un altro dei suoi mantelli variopinti. Doveva essere proprio una fissazione. L'ex contrabbandiere entrò nell'ampio ambiente guardandosi intorno con fare malinconico, carezzando le superfici sudicie e malridotte, come se gli riportassero alla mente antichi ricordi.

«Incredibile, questo pezzo di ferraglia è ancora in grado di volare, nonostante sia ridotto a poco più di un rottame. Credevo che ormai l'avessero parcheggiato in qualche lurida discarica a fare da fonte di approvvigionamento di pezzi di ricambio.»

Quell'esternazione ebbe il potere di farla sorridere: «Beh, non ci sei andato molto lontano...» In effetti sarebbe stato quello il suo destino, se non l'avesse sgraffignato ad Unkar Plutt per fuggire da Jakku insieme a Finn e BB-8.

Lando notò la sua reazione, rallegrandosi.

«Wow! Su quelle labbra imbronciate è spuntato un timido sorriso. Sono contento di essere riuscito a risollevarti un po' il morale.»

Rey scosse il capo. «Fossi in te non mi darei tutte queste arie» non poté fare a meno di consigliarli, anche se sapeva bene che sarebbe stato fiato buttato al vento.

Lando accusò il colpo e ridacchiò. «Che diavolo vi è preso, a te e a quel sacco di peli? Credevo che avreste apprezzato la mia ospitalità. Invece ve la siete filata. Il letto non era abbastanza comodo?»

«Lo era troppo» ebbe l'accortezza di fargli notare, «non sono abituata a certi lussi. Mi trovo più a mio agio qui, sul Falcon. E Chewbe sta lavorando ad un piccolo guasto. Non la prendere a male» tenne a precisare, confidando nella sua comprensione.

«Beh, non sai come ti capisco. Ho passato i migliori anni della mia vita a bordo di questo gioiello.»

«Gioiello?» Rey alzò un sopracciglio perplessa. Solo un minuto prima lo aveva definito pezzo di ferraglia e rottame.

«Ai miei tempi lo era sul serio, prima che Han me lo soffiasse, vincendolo ad una partita di Sabacc. Barando, ovviamente.» Quella perdita gli bruciava ancora, nonostante fossero passati ormai tanti anni. Era ancora convinto che quella meravigliosa astronave avrebbe conosciuto un destino meno cruento se non fosse finita nelle grinfie del suo amico. Han era un pilota straordinario, ma aveva la particolare abilità di riuscire a demolire tutto quello che gli passava per le mani.

«Tu sei stato il primo possessore di questa nave?» Rey non riuscì a nascondere lo stupore e l'entusiasmo.

«Beh, non proprio il primo. Ma ti posso assicurare che, finché ne sono stato il proprietario, non aveva nemmeno un graffio.» Le strizzò l'occhio sornione, sedendosi sulla poltroncina proprio di fronte a lei. «Restate ancora un giorno. Sarò ben felice di ospitarvi, e nel frattempo i miei meccanici rimetteranno in sesto il Falcon. Mi pare più malridotto del solito.»

Rey rimase sorpresa e lusingata da quell'offerta, ma i suoi piani per l'immediato futuro erano leggermente diversi. «Sei molto gentile, ma ho fretta di ripartire. Questo gioiello se l'è sempre cavata più che bene, sono sicura che non ci deluderà, nemmeno nelle fasi decisive della guerra. A volte ho come l'impressione che abbia vita propria...»

Lando annuì. «In un certo senso è così. Nel suo computer centrale, molto tempo fa, ci caricai la memoria di una cara amica» le confidò nostalgico, ricordando con tristezza L3.

Rey gli riservò uno sguardo tenero. «Sai, quando vivevo su Jakku, ho sempre pensato che il Falcon, i jedi, la Forza... fossero solo miti, leggende, un mucchio di storie affascinanti portate dai forestieri, e che difficilmente avevano un fondo di verità. Poi ho incontrato Han... e tutto si è improvvisamente concretizzato. Sono stata risucchiata in un mondo di cui non immaginavo l'esistenza e ne sono diventata parte integrante. Forse non sono pronta ad affrontare quello che la Resistenza si aspetta da me. Ho paura di deluderli...» Non sapeva perché aveva sentito l'esigenza di confessare a Lando quella sua debolezza, ma in quel momento era l'unico che la stava ad ascoltare e lei aveva un disperato bisogno di aprirsi.

«Nessuno può dirsi pronto, fino a quando non affronta ciò che il destino gli pone davanti. Credi che Han fosse preparato a morire? Eppure non ha lasciato nulla di intentato pur di salvare suo figlio. Quel dannato filibustiere mi ha trascinato nelle imprese più assurde, credi che se ne sia mai fatto un problema? Accidenti a lui!»

Rey sorrise. «Già, la vostra deve essere stata una vita molto avventurosa e movimentata.» Lo disse con una punta di malinconia, rattristandosi. Anche se con Han aveva condiviso solo pochi giorni, erano stati particolarmente intensi. Le mancava terribilmente, come se lo avesse conosciuto da una vita. Assistere alla sua morte era stata un'esperienza orribile, eppure era riuscita a superare l'orrore di quel gesto e a guardare Ben con occhi diversi: non più come uno spietato assassino, ma come una vittima di una subdola manipolazione a cui aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Che poi l'avesse fortemente delusa sotto altri aspetti, era un altro paio di maniche.

«Oh, ci puoi giurare!» Lando sbatté un pungo sul tavolino con enfasi. «Abbiamo attraversato la galassia in lungo e in largo e messo nel sacco i peggiori criminali, contrabbandieri e cacciatori di taglie in circolazione. Ce la siamo sempre cavata alla grande. Eppure... la sua vita è stata spezzata nel modo più assurdo e crudele. Quella vecchia canaglia ha lasciato un vuoto incolmabile.»

Rey gli sorrise malinconica; dopotutto non si era pentita di aver conosciuto Lando, era a tutti gli effetti parte della famiglia Solo, e se Leia aveva scelto proprio lei per contattarlo, la riteneva emotivamente coinvolta e, in un certo senso, parte di quella stessa famiglia.

«Mi dispiace di essere stata aggressiva e scortese, ieri» si sentì in dovere di scusarsi cercando i suoi occhi scuri e ancora vivaci, nonostante l'età ormai avanzata.

Lando sospirò. «E a me dispiace di averti messo in difficoltà, parlandoti di Ben. Davvero, non era mia intenzione» le confessò, in tono paterno.

«Oh, sì che lo era» sorrise, assottigliando lo sguardo, «ma non importa» ci tenne a tranquillizzarlo, «so che dovrò ancora confrontarmi con lui. È inevitabile... Adesso però non voglio pensarci, la mia priorità è un'altra. Leia ha bisogno di aiuto e ho il dovere di starle vicino. Tutti noi glielo dobbiamo» ammise fiduciosa.

L'ex contrabbandiere annuì. «Hai perfettamente ragione, questo è lo spirito giusto. I miei ingegneri hanno lavorato tutta la notte per quantificare il gas tibanna necessario per rendere pienamente operativa Alderaan Prime. Non appena avremo estratto la quantità sufficiente, fornirò a Leia alcuni contatti che provvederanno al trasporto e alla consegna.»

A quelle parole Rey si rabbuiò, ma Lando non si lasciò impressionare.

«So già a cosa stai pensando» la anticipò, notando la sua espressione corrucciata ed un suo accenno di protesta.

Rey serrò la mascella. «Sono criminali?» Più che una domanda aveva tutta l'aria di una constatazione.

«È gente di cui ci si può fidare, è un tantino diverso» tagliò corto deciso, inarcando le sopracciglia, prima che lei potesse replicare ulteriormente. «Leia li ha già conosciuti per vie traverse, tramite Han. Non è la prima volta che la ribellione si affida alla malavita per risollevare la sua condizione dopo una pesante sconfitta. La galassia è immensa Rey, credi che esistano soltanto la Resistenza e il Primo Ordine? Non ci sono solo i buoni e i cattivi, è un pelino più complicata la questione. È ora che cominci ad ampliare i tuoi orizzonti.»

La giovane jedi sospirò nervosa, quello lo stava già facendo, ma non riuscì comunque a nascondere la preoccupazione per una rivelazione così brutale, anche se fu costretta ad accettarla. «Spero tu sappia quello che fai. E anche Leia.»

«Credimi, è l'unico modo per non destare sospetti ed attirare l'attenzione. Se ci affidassimo ai frequentatori delle tratte abituali, avremmo il Primo Ordine alle calcagna ancora prima di azionare l'iperguida.»

Proprio in quel momento Chewbacca li raggiunse nella hall, annunciando con un vivace ruggito che le riparazioni erano ufficialmente concluse.

Lando inspirò profondamente. «Bene, credo che sia giunto il momento di salutarci.» Si sollevò dalla poltroncina un po' a fatica e andò ad abbracciare lo wookiee. Poi si rivolse verso di lei porgendole la mano, questa volta con fare fraterno. «È stato interessante conoscerti, Rey. Sei una ragazza in gamba, credo proprio che Leia ci abbia visto giusto.» Le strizzò l'occhio compiaciuto.

Rey si alzò in piedi e glie la strinse con gratitudine, regalandogli un sorriso sincero, anche se aveva la leggera impressione che quella canaglia le avesse lanciato l'ennesima frecciata su suoi improbabili interessi romanici verso il Leader Supremo.

«Abbi cura di lei. So che è una donna forte, ma ha subito troppe perdite e, per quanto cerchi di non gravare sulle spalle di nessuno... non è indistruttibile.»

A quella preghiera accorata non poté fare a meno di annuire. «Lo farò, non temere» lo rassicurò, sentendo già le lacrime pungerle gli occhi.

Lando salutò entrambi con un deciso cenno del capo. «Che la Forza sia con voi. Sempre.»


*


Non appena l'ex contrabbandiere ebbe lasciato il mercantile, Rey scoccò un'occhiata infuocata allo wookiee: ne aveva abbastanza delle piattaforme fluttuanti di Bespin, «Chewbe, prepariamoci a partire, cercherò di contattare C-3PO attraverso il comunicatore e gli intimerò di tornare. Non vedo l'ora di rientrare alla base e portare buone notizie.»

Il grugnito di approvazione del gigante peloso, la mise di buon umore, mentre si sedeva alla postazione computerizzata e si infilava le cuffie.

«Ehi, ascoltami bene, testa di latta! Tu ed R2 avete al massimo cinque minuti per tornare sul Falcon, dopodiché partiremo senza di voi.»



* * *


Avevano ripreso la rotta per Batuu ormai da un paio d'ore. Il salto nell'iperspazio sarebbe stato abbastanza lungo ed ognuno di loro impiegava il tempo d'attesa come meglio credeva. Come punizione per aver incautamente lasciato la nave, Rey aveva costretto C-3PO a tradurre una delle parti più ostiche dell'antico Codice Jedi.

Quello specifico passo era particolarmente importante perché parlava ampiamente del cuore pulsante di ogni spada laser: il cristallo kyber.

Rey sperava di riuscire a reperire abbastanza informazioni per riuscire a riparare la spada.

«Signorina Rey, sono mortificato, ma anche in questo capitolo non si fa alcun riferimento a come ricomporre o riutilizzare un kyber spezzato*.» Il droide si lamentò con rammarico.

«Rileggi. Deve pur esserci qualcosa» gli ordinò nervosa. Non poteva credere che non esistesse nemmeno un accenno, un minimo appiglio al quale aggrapparsi per tentare di risolvere il problema.

Aveva smontato completamente la spada, aveva riparato le parti danneggiate ed aveva provato ad attivarla con una sola metà del cristallo. Anche se era più piccola, sperava che potesse funzionare ugualmente. Invece era stato tutto inutile, le due metà del kyber non sprigionavano più alcuna luce, erano opachi, privi del più piccolo segno di vita.

C-3PO si rimise al lavoro, rileggendo, traducendo e rielaborando, ma le poche nozioni che venivano fuori erano sempre le stesse: il kyber era il cuore della lama, era un vero e proprio essere vivente legato in maniera indissolubile al proprietario della spada. Il cristallo chiamava il suo padrone durante un rituale denominato la messe, il giovane apprendista veniva scelto, e da quel momento tra lui e il cristallo si creava una vera e propria interconnessione che durava per tutta la vita.

Il caso della spada in suo possesso però era anomalo. Era appartenuta ad Anakin, che sicuramente aveva trovato per primo il cristallo e l'aveva assemblata, poi era passata al suo maestro, Luke Skywalker, che l'aveva persa durante lo scontro con Vader, infine, dopo chissà quali peripezie, era finita nella cantina di Maz Kanata dove aveva chiamato lei, mostrandole visioni del passato e del futuro. Era in quell'occasione che aveva visto Kylo Ren, per la prima volta. Ricordava ancora con angoscia il terrore che aveva provato in quei momenti, tanto da farla scappare il più lontano possibile da quel luogo.

Non le restava che rassegnarsi, quel Kyber era morto, e l'avevano ucciso lei e Ben.

Forse l'unica soluzione era procurarsi un nuovo cristallo, uno che fosse solo suo e che non avesse nessun legame con la famiglia Skywalker.

«C-3PO su quali pianeti, gli apprendisti, affrontavano la messe?»

Il droide elaborò la domanda per qualche secondo, interrogando diligentemente la sua banca dati. «Ci sono molti pianeti che presentano, nelle loro profondità, miniere di cristalli kyber, alcuni sono stati completamente saccheggiati, come Jedha. Altri ne sono ancora ricchi ma è estremamente difficoltoso reperirli perché le miniere non sono superficiali. Ma c'è un luogo, in particolare, in cui i giovani padawan si recavano con più frequenza, un pianeta estremamente impervio, ma che ha ancora l'ingresso alle grotte ricche di kyber facilmente accessibile dalla superficie. Si tratta del pianeta Ilum.»

«Bene, vada per Ilum, allora. Se non c'è alcun modo per riparare il cristallo, me ne procurerò uno nuovo.»

R2-D2, che aveva assistito a tutta la scena, emise tutta una serie di bip e segnali luminosi, muovendosi agitato. «Sta zitto! La signorina Rey sa perfettamente a cosa va incontro, avventurandosi in questa impresa. Abbi fiducia nelle sue capacità.»

Rey sorrise, cercando di tranquillizzare il piccolo droide che sembrava totalmente fuori di sé.

«Se non le dispiace, chiedo il permesso di auto disinserirmi per qualche ora» la supplicò C-3PO, «a causa dell'intensa attività di elaborazione i miei transistor positronici si sono notevolmente surriscaldati. Potrei rischiare un corto circuito.»

La giovane jedi annuì. «Permesso accordato.»

Si sentiva un po' in colpa per averlo spremuto per bene, ma qualcosa era riuscita ad ottenere. Ora aveva uno scopo, una missione. Il suo maestro sarebbe stato orgoglioso di lei.


*


Sul Falcon era sceso il silenzio. Chewbe forse stava riposando o era impegnato in qualche controllo di routine.

In attesa del rientro alla base Rey pensò di rendersi utile dando una sistemata al casino che dilagava in ogni angolo di quel rottame.

Era china su dei contenitori metallici accatastati nella hall principale, intenta a riordinare alcune chiavi idrauliche che aveva trovato abbandonate nei posti più disparati, quando ad un tratto, una strana sensazione le piombò addosso, costringendola ad alzare la testa.

Un lieve senso di vertigine le diede l'impressione che il Falcon stesse girando su se stesso. Ma era impossibile dato che stavano viaggiando a velocità luce. Si stropicciò gli occhi e sbatté velocemente le palpebre per schiarirsi la vista.

Si guardò attorno perplessa: tutto pareva al proprio posto, eppure qualcosa era cambiato.

L'assalì la stessa sensazione che aveva provato molte ore prima quando aveva avuto l'impressione di essere stata catapultata in un'altra dimensione.

Udì degli strani fruscii provenire da uno dei corridoi che si innestavano nella hall, si alzò e si girò verso quello che portava alla stiva e alle cabine dell'equipaggio. Mosse alcuni passi in quella direzione lentamente, addentrandosi nel tunnel con circospezione.

«Chewbe?» chiamò, senza smettere di guardarsi intorno, con tutti i sensi allertati. «Sei tu?» insistette, senza ricevere alcuna risposta. Dove si era cacciato? Stranamente c'era troppo silenzio e non c'era più nessuna traccia dei droidi. Sparivano sempre quando c'era bisogno di loro.

Percorse tutto il corridoio fino in fondo e poi riemerse dalla parte opposta, tornando nella hall, pervasa dalla brutta sensazione che quello non fosse lo stesso Millenium Falcon sul quale era salita su Bespin.

Era la nave di Han, su questo non vi era alcun dubbio, ma c'era qualcosa di diverso, dettagli, piccolezze, che solo un occhio attento come il suo avrebbe potuto cogliere, e quella consapevolezza le provocò un intenso brivido di paura.

Si girò di scatto quando scorse un'ombra scura sgusciare fuori da un mucchio di casse e sparire dietro le poltrone.

Deglutì a vuoto, col cuore che le martellava nel petto, cercando di metabolizzare il sospetto che probabilmente sul Falcon c'era qualcun altro. Si decise ad indagare, doveva assolutamente andare in fondo alla faccenda; se a bordo avevano un clandestino, sarebbe stato un disastro di immani proporzioni. Già immaginava di sentire le sonore proteste di Chewbacca alla necessità di dover invertire la rotta.

Si avvicinò con cautela alle poltrone impugnando saldamente il blaster, ne costeggiò la curva fino a raggiungere la parte posteriore, acuì lo sguardo per scoprire finalmente chi si nascondeva dietro il divanetto.

Quello che la vista le restituì, riuscì a sorprenderla: debitamente accucciato, con le braccia minute, avvolte attorno alle ginocchia, c'era un bambino di quattro o, al massimo, cinque anni.

Rey abbassò immediatamente l'arma, infilandola nella cintura e lo fissò incredula.

«E tu da dove salti fuori? Che ci fai nascosto qui?» gli chiese dolcemente per non spaventarlo, tirando un sospiro, anche se il cuore le batteva impazzito nel petto e minacciava di sfondarle la gabbia toracica.

Il piccolo clandestino sollevò la testa e la accolse con un sorrisino impertinente. «Stavamo giocando. Non te lo ricordi?»

Nello scoprire il viso del piccolo, Rey sgranò leggermente gli occhi. «Che stai dicendo? Come ti è saltato in mente di salire su questa nave? È molto pericoloso, tu non puoi stare qui» lo ammonì dolcemente per non intimorirlo, continuando a studiarne i lineamenti che sembravano avere qualcosa di vagamente familiare.

A quel punto il bambino si alzò in piedi, le si avvicinò a piccoli passi senza apparire particolarmente impaurito, e a Rey si strinse il cuore. Pareva più alto per l'età che dimostrava, indossava una tuta intera beige, con le bretelle sbrindellate che gli ricadevano mollemente sulle spalle e un maglioncino a collo alto che, una volta lavato, difficilmente sarebbe potuto tornare bianco. Da sotto il bordo dei pantaloni troppo lunghi, spuntavano due piedini, di cui solo uno infilato in un calzino sudicio.

Rey maledì la sua imprudenza. Era stata incauta a lasciare il portello del Falcon aperto durante la permanenza su Bespin, ma non immaginava che qualcuno avrebbe colto l'occasione per sgattaiolare dentro. I genitori di quel ragazzino dovevano essere tremendamente in pena.

«Sei tu che sei salita sulla mia nave e poi ti sei nascosta. Ora tocca a me nascondermi» chiarì invece il piccolo, leggermente contrariato, «prova a prendermi!» le ordinò in tono perentorio.

A quelle parole Rey sussultò incredula. Riconobbe senza ombra di dubbio, la vocina infantile che aveva udito in quella specie di sogno e un assurdo senso di confusione si impadronì di lei. Che stava succedendo? «Chewbe!» chiamò a gran voce, nella speranza che accorresse e le dimostrasse che quello che stava vivendo non era uno scherzo della sua mente.

La sua richiesta però rimase inascoltata.

Il bambino le riservò un sorrisino furbo. «Chewbe non c'è. È con la sua famiglia. Lo abbiamo accompagnato io e papà nell'ultimo viaggio» spiegò risoluto.

«Cosa? Ma che stai dicendo? Era qui fino a pochi... minuti...» le parole le morirono miseramente in bocca nell'istante in cui venne pervasa da una drammatica consapevolezza. «Aspetta un momento. L'avete accompagnato tu e papà?» Non poteva essere vero. «Qual è il tuo nome?» riuscì appena a mormorare, prima che la gola le si seccasse del tutto.

«Ben. E tu come ti chiami?»

A quella rivelazione Rey rimase impietrita. Deglutì a vuoto. Solo qualche tempo dopo si ricordò che, per sopravvivere, doveva anche respirare.

Finalmente le fu tutto più chiaro: quegli occhi grandi, scuri e profondi, che la osservavano vivaci, le labbra carnose e rosate, i lunghi riccioli neri scompigliati sulla testolina, i numerosi nei sparsi sulle guance ancora paffute, non lasciavano alcun dubbio. Quel bambino era proprio Ben. Il suo Ben.

Era assurdo. Perché la Forza le stava mostrando una cosa del genere? Non riusciva proprio a trovare un senso, né una spiegazione logica.

Inspirò profondamente e cercò di calmarsi. Forse era davvero solo un sogno o, peggio, una sua autosuggestione dovuta ai racconti di Lando. Doveva trovare il modo di tornare alla realtà.

Si allontanò da lui compiendo qualche passo all'indietro, quasi ne fosse spaventata, ma il piccolo tenacemente la raggiunse, senza staccarle gli occhi di dosso. «Come ti chiami?» ripeté, con insistenza.

«Rey... sono Rey» sussurrò appena, ancora incredula e turbata.

«Mi piaci, Rey!» commentò, arricciando il nasino, «lo dirò a mamma, così mi crederà. Stavolta deve credermi» esclamò trionfante, saltellando sul posto.

«In cosa deve credere la tua mamma?» indagò lei, chinandosi su di lui per catturare meglio i suoi occhi.

«Che ti ho visto» spiegò, aggrottando le sopracciglia, rattristandosi, «lei non mi crede. Dice che esisti solo nella mia testa.» Le si avvicinò ancora di più, allungò una manina paffuta, in cui spiccavano un paio di dita incerottate e, titubante, le sfiorò il viso. «Ma tu esisti. È vero che esisti Rey?»

A quel leggero tocco lei sussultò leggermente. No, decisamente non era un'illusione.

Prese quella piccola mano tra le sue e gli sorrise addolcendo lo sguardo. «Certo che esisto» lo rassicurò, sentendo le lacrime salirle agli occhi. «Mi senti? Sto stringendo la tua mano» gli sussurrò commossa, spinta da un irrefrenabile sentimento di compassione verso di lui.

Ben ritirò la mano e le restituì un ghigno impertinente. «Adesso ti faccio vedere una cosa. Ma mi devi promettere che resterà un segreto tra noi.»

«D'accordo» rispose incuriosita, asciugandosi gli occhi umidi di lacrime.

Ben tirò fuori da una tasca un paio di dadi dorati, legati da una catenella e iniziò a farli lievitare fra le dita.

Rey rimase incantata dall'abilità con cui sapeva farli volteggiare nel vuoto. «Oh... Sei molto bravo. Perché vuoi che resti un segreto?» indagò preoccupata.

«Mamma non vuole che lo faccia davanti a tutti. Dice che è sbagliato.»

Rey aggrottò la fronte. «Forse sta solo cercando di proteggerti.» Non sapeva perché aveva avuto l'esigenza di giustificare le azioni di Leia, forse perché non poteva credere che fosse stata una madre rigida e autoritaria nei confronti di suo figlio.

Ben scosse il capo contrariato. «No. Dice che potrei fare del male» le confessò determinato. Nei lineamenti gentili del piccolo, Rey scorse un impercettibile guizzo di rabbia, lo stesso che gli avrebbe visto anni più tardi, ma notevolmente amplificato. «Ha paura di me, tutti ne hanno» sentenziò serio, e a lei si gelò il sangue. «Anche tu ne hai, Rey?»

La giovane jedi deglutì a vuoto, e per qualche istante non seppe cosa rispondere. «Certo che no. Perché dovrei averne?» tentò di rassicurarlo, con scarsi risultati.

«Dimostramelo che non hai paura» la sfidò invece lui, scrutandola in modo inquietante.

«D'accordo» lo rassicurò vedendolo sgranare gli occhi scuri per lo stupore, come se non si aspettasse di essere accontentato.

Rey inghiottì un groppo amaro, si inginocchiò, si protese verso di lui e lo strinse forte a sé, in un gesto istintivo e disperato. Solo allora si rese conto di quanto fosse piccolo e indifeso.

In quello stesso istante percepì tutta la tristezza di Ben, la sua immensa solitudine, il terrore dell'abbandono impresso nel profondo della sua anima, ed un'ombra, potente e oscura, che aleggiava assetata e predatrice su di lui.

Istintivamente lo strinse ancora più forte. Quel dolore acuto e spietato, che proveniva da lui e che aveva invaso i suoi sensi, era esattamente lo stesso che aveva provato da bambina, e che l'aveva accompagnata, giorno dopo giorno, per anni.


Io e te siamo simili...


Improvvisamente comprese, e fu come se le dense nubi che le avevano impedito di guardare fino in fondo, si fossero dissolte.

Avrebbe tanto voluto fare qualcosa, portarlo via da quel destino crudele e ingiusto che lo attendeva, ma ancora una volta si rese conto di essere impotente.

Quello non era il suo tempo, non era il suo momento.

Quando Ben era un bambino lei non esisteva. Forse la Forza le aveva concesso la possibilità di affacciarsi in quella lieve fessura aperta nel tempo, intrufolarsi nella vita di Ben e guardare, con i suoi occhi chi era veramente e quello era stato costretto a sopportare.

Il piccolo si lasciò stringere ma non ricambiò l'abbraccio, restando immobile e sconcertato. Poi si divincolò dalla sua stretta e la fissò con un cipiglio cupo, studiandola attentamente. «Tocca a me andarmi a nascondere adesso» protestò serio, come se improvvisamente fosse tornato ad essere un innocuo ragazzino a cui aveva dato fastidio interrompere il suo gioco.

Rey annuì leggermente, aggrottando la fronte. «Va bene. Va a nasconderti. Tra un po' verrò a cercarti» lo accontentò, trattenendo a stento l'angoscia. Non avrebbe mai voluto lasciarlo andare, ma non poteva evitargli di affrontare il suo destino. Non poteva interferire in quello che già era successo. Avrebbe potuto agire nel suo tempo e influire sul suo futuro, se solo il loro legame non si fosse spezzato.

Ben assottigliò lo sguardo e la scrutò intensamente, nello stesso modo in cui avrebbe fatto molto tempo dopo. Allungò una mano sul suo viso e raccolse una lacrima che incautamente le era sfuggita. «Perché stai piangendo?» le chiese curioso, osservando la punta delle sue dita bagnate.

«Non è niente... sono solo un po' triste» gli rispose sorridendo, scompigliandogli i capelli già arruffati. «Adesso corri, vai a nasconderti» ribadì, con un lieve cenno della testa, e lui annuì ricambiando il sorriso, stavolta soddisfatto.

Rey lo vide saltellare verso il corridoio e sparire dentro l'oscurità, come se fosse stato inghiottito dal nulla.

Poi tutto scomparve anche intorno a lei.


* * *


«Signorina Rey! Signorina Rey, va tutto bene?»

No, non andava bene per niente. Un acuto mal di testa sembrava volergli aprire il cranio in due. E la martellante voce metallica di C-3PO non migliorava affatto la situazione. Sollevò le palpebre a fatica e la maschera inespressiva del droide fu la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco.

Si rese conto di essere sdraiata a terra supina, nel bel mezzo della hall principale, mentre i droidi e Chewbe le orbitavano in torno con fare preoccupato.

Lo wookiee le diede una mano a rimettersi in piedi.

«Grazie Chewbe. Sto bene, non temere. È stato solo un capogiro, almeno credo...» si sentì in dovere di rassicurarlo.

A parte un leggero senso di vertigine e un forte mal di testa, stava alla grande, almeno fisicamente. Emotivamente invece, era un vero disastro.

Quello che aveva vissuto era stato incredibile e angosciante nello stesso tempo, e si guardò bene dal farne parola con i suoi compagni. L'unica cosa che desiderava ardentemente era di potersi sdraiare, chiudere gli occhi e tentare di scollegare il cervello dal resto del corpo. Stava seriamente rischiando di impazzire.

«Io... io... credo di aver bisogno di stare un po' da sola...» riuscì appena a mormorare, confusa, allontanandosi da loro.

Abbandonò la hall barcollando, con lo sguardo perplesso di Chewbacca puntato addosso.


*


Rey si appropriò della cabina del capitano con un'arroganza che non le era mai appartenuta. Chiuse il portello dietro di sé e vi si appoggiò con la schiena, sospirando esausta, come se con quel gesto potesse tenere fuori tutto il resto della galassia. E in quel momento lo desiderava ardentemente.

Sollevò lo sguardo stanco e spento, e diede una rapida occhiata all'interno. Lo spazio era piuttosto ampio, c'era un piccolo bagno privato da un lato e un letto che fuoriusciva di almeno mezzo metro dall'incavo della cuccetta e dava l'idea di essere più comodo di quello mezzo sgangherato della hall principale. Era perfetto, considerando che in quel momento si sarebbe gettata a peso morto anche su un giaciglio di paglia.

La sua mente le chiedeva insistentemente di analizzare quello che le era appena accaduto, che aveva vissuto così intensamente, ma si obbligò a soffocare quel desiderio. Era pericoloso.

Entrò nel bagno, aprì il rubinetto del lavabo e si sciacquò abbondantemente il viso con l'acqua gelata. Solo allora riuscì a trovare un po' di sollievo. Studiò la sua immagine riflessa nello specchio e ne rimase turbata. Aveva l'aria stanca ed abbattuta, i capelli disfatti, gli occhi gonfi ed arrossati.

Non ci voleva una mente geniale per capire che aveva un disperato bisogno di dormire, ma era frenata dal terrore di sprofondare nella disperazione un'altra volta. Si sentiva prigioniera, intrappolata un vicolo cieco.

Tornò nella cabina abbandonandosi ad un lungo sbadiglio e posò il blaster su una mensola. Lentamente si tolse anche la cintura di cuoio e il gilet di stoffa chiara e grezza, gettandoli a terra. Si liberò di tutto quello che la appesantiva, restando solo con la maglia leggera incrociata sul petto e i calzoni.

Si girò verso l'ampia cuccetta, decisa a buttarcisi dentro e rimanerci fino al loro arrivo su Batuu, ma fu inaspettatamente frenata da qualcosa che le sconvolse completamente la vista: sdraiato sul letto e coperto parzialmente da un lucido lenzuolo nero, c'era qualcuno placidamente addormentato.

Ancora una volta si irrigidì e un brivido gelido le attraversò tutta la schiena.

Era Ben.

Era ingiusto. Non poteva essere.

Non riusciva a credere che quel dannato legame si fosse riattivato, era riuscita a spezzarlo.

Ne era convinta, ci aveva creduto.

Forse era soltanto un'altra visione, un'immagine assurda partorita dalla sua mente provata.

Deglutì a vuoto e indietreggiò fino a toccare con la schiena il portello d'uscita, mossa da un disperato desiderio di fuggire.

La sua mano scivolò sopra il pulsante di attivazione, tenendosi pronta a premerlo, ma qualcosa le impedì di farlo. Se era davvero il legame, scappare non sarebbe servito, e lei non era una codarda.

Lentamente si staccò dalla paratia, si fece coraggio e si avvicinò.

Scivolò cauta con lo sguardo lungo quel corpo possente, quasi avesse paura di farsi male, e lo guardò, silenziosa e attenta.

Il viso di Ben era ancora più cereo del solito. I capelli neri, sparsi sopra il cuscino, scoprivano la fronte ampia e davano l'idea di essere estremamente morbidi. La tentazione di affondarvi le dita era forte, ma riuscì a dominarla.

La cicatrice della ferita che lei stessa gli aveva inferto, ormai era solo un piccolo solco roseo che non riusciva a deturpare i lineamenti perfetti nella loro imperfezione. Il naso importante era adeguato al suo volto, la bocca carnosa non aveva perso quel particolare broncio infantile.

Scese con lo sguardo lungo il collo, fino ad accarezzare il petto che si sollevava piano ad ogni respiro regolare. Ne scorse tutte le cicatrici, testimoni delle violenze subite e delle battaglie combattute.

Aveva già avuto modo di vederlo nudo dalla vita in su, non aveva ceduto all'imbarazzo allora, e non lo avrebbe fatto neanche adesso, nonostante la pelle chiara e tesa dei muscoli, lievemente lucida di sudore, le smuovesse qualcosa nel profondo. Era una sensazione strana, di vago disagio, a cui non riusciva proprio a dare un nome. Si obbligò a soffocarla.

Inspirò profondamente ed espanse i suoi sensi, cercò di sondare la sua mente, ma non percepì nulla provenire da lui, nessuna energia negativa. Visto da quella prospettiva, sembrava sereno, quasi innocuo.

Ma Rey era perfettamente conscia che non era così.

Era pericoloso e imprevedibile.

I suoi occhi indugiarono sulla mano destra di Ben, posata mollemente sull'addome semicoperto dal lenzuolo, era la stessa che aveva toccato ad Ahch–To. La osservò bene. Non era rozza e callosa come quella perennemente sporca di grasso e carburante di un pilota tuttofare della Resistenza. La pelle era liscia e chiara, le dita affusolate, le unghie ben curate. Era una mano aristocratica.

Allungò timidamente le dita per sfiorarla, ma si bloccò con la punta dei polpastrelli a pochi millimetri dal dorso. Si era accorta che quel gesto aveva scatenato qualcosa ed aguzzò i sensi. Gli oggetti tutt'intorno avevano iniziato a vibrare leggermente e le luci soffuse della cabina sfarfallavano nervose.

Ritrasse subito la mano al petto stringendola in un pugno e indietreggiò di qualche passo. Ora riusciva a percepirlo.

Ben si svegliò di soprassalto come se fosse stato colpito da una scossa. In una frazione di secondo Rey si ritrovò a fissarlo sconvolta, con la sua lama cremisi sfrigolante, puntata alla gola.

«Non... non credo che tu possa farmi del male, con quella...» ebbe appena il coraggio di mormorare, ricordando il momento in cui gli aveva sparato col blaster su Ahch-To ed aveva semplicemente fatto un buco nella parete di pietra che aveva di fronte.

Ben la tenne sotto tiro ancora per qualche secondo, nascondendo il viso stravolto dietro l'elsa impugnata a mani nude, poi finalmente si decise ad abbassare la lama e a disattivarne il laser.

Si studiarono in silenzio, anche se entrambi erano ormai consci di quello che stava succedendo.

Rey sentì le gambe cederle per la tensione accumulata. Quello che le stava di fronte, seduto ansimante sul letto e che la scrutava con il solito broncio e l'espressione un po' frustrata, era il Ben che conosceva: grande, grosso e minaccioso. Il contrasto con l'esile ed adorabile ragazzino con cui aveva interagito poco prima, era quantomeno drammatico.

«Ti prego, dimmi che sotto quel lenzuolo, indossi qualcosa» lo provocò con ironia.

Non ricevette nessuna risposta al di fuori di uno sguardo cupo e ostile, fisso su di lei.

«Che cosa vuoi ancora?» Udire di nuovo la sua voce, profonda e morbida le provocò un brivido strano, anche se il suo tono non era esattamente rassicurante. «Ti sei connessa per supplicarmi di risparmiare te e i tuoi amici? Puoi tranquillamente evitare di umiliarti» la minacciò sottilmente, con le labbra tremanti e lo sguardo furente, anche se ancora leggermente sconvolto.

«Non ne ho alcuna intenzione» reagì d'impulso, senza riuscire a mascherare una certa dose d'inquietudine.

«Bene. Vedo che non sei affatto cambiata» constatò compiaciuto.

«Nemmeno tu. Continui a farti guidare dall'odio e dal rancore» non poté fare a meno di fargli notare, conscia che gli avrebbe dato fortemente fastidio.

Sul volto sudato di Ben passò un impercettibile lampo d'ira, serrò nervoso le labbra prima di risponderle. «Non mi hai dato altra scelta.»

Rey si stava già preparando a replicare ma, nello stesso modo in cui le era apparso, Ben sparì all'improvviso. La sua immagine sfumò velocemente nella tenue luce dell'alloggio e il letto perfettamente rifatto all'interno della cuccetta, fu l'unica cosa che le vista tornò a restituirle.

Deglutì a vuoto, solo in quel momento si accorse di tremare violentemente.

Il loro legame non si era affatto spezzato, era sempre stato lì, nascosto, latente, pronto a riattivarsi al suo più piccolo cedimento. Il suo stato d'animo vulnerabile aveva riaperto una breccia e aveva permesso alla Forza di fluire tra loro. L'angoscia che aveva provato nel vedere quel piccolo angelo caduto l'aveva resa debole, costringendola ad abbassare le difese.

Ben era tornato nella sua esistenza, più impetuoso e disperato che mai, e lei era stanca di resistere.


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Note:

* Grazie ad uno screen shot del bluray de Gli Ultimi Jedi, ho potuto constatare che effettivamente il cristallo è spezzato in due parti. Quindi non è una mia supposizione ;)


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Capitolo 3
*** Cap. 2.1 - Confessioni ***


Cap. 2.1 - Confessioni


«Non ti ho mai visto così abbattuta.»

«Questa volta è diverso.»

«Non dire così. Abbiamo conosciuto tempi peggiori.»

«Forse sono io a non essere più la stessa. Credo sia giunto il momento di lasciare le redini a qualcun altro.»

«Tu? La senatrice Leia Organa? Il valoroso ed impavido Generale della Resistenza? Raccontalo a qualcun altro.»

«Sono stanca, Maz... Questa guerra mi ha tolto tutto.»

«Fa male, lo so. Ma dobbiamo andare avanti. La scintilla non si è spenta, va alimentata affinché diventi un incendio abbastanza potente da bruciare il Primo Ordine.»

«È mio figlio il nemico da combattere. In qualunque modo finirà... sarà una sconfitta.»

«Ascolta, io non sono un jedi, ma conosco la Forza ed ho vissuto abbastanza a lungo da sapere come agisce.
Non ti mentirò dicendoti che puoi sistemare le cose... ma c'è chi ancora può salvarlo.
E sono sicura che, in fondo al tuo cuore, lo sai anche tu.»


* * *



Cap. 2.1 – Confessioni



Posizione: Confine delle Regioni Kadok - Orbita del pianeta Kalee - Star Destroyer Finalizer – Alloggi del Leader Supremo



Ren aveva lo sguardo fisso oltre la grande e spessa vetrata in trasparacciaio. In piedi, con le mani incrociate dietro la schiena, osservava il pianeta Kalee, senza vederlo realmente.

Quell'immenso globo verdastro, parzialmente avvolto da una densa coltre di nubi, non era altro che l'ennesima conquista del Primo Ordine, un altro sistema che era si era piegato senza opporre resistenza, un'ulteriore vittoria che andava ad accrescere la già sconfinata superbia di Hux.

Nella solitudine e nel silenzio dei suoi alloggi sperava di trovare un po' di pace, ma nemmeno in quel luogo poteva ritenersi al sicuro.

Ancora una volta si trovava in bilico tra luce ed oscurità e detestava sentirsi insicuro, vulnerabile, dilaniato.

Il Generale gli stava col fiato sul collo, era impaziente di stanare quel misero gruppo di ribelli che si era fatto sfuggire come uno stupido su Crait, e non gli dava tregua. Quel cane rabbioso, a poco a poco, si stava prendendo più spazio di quanto fosse disposto a concedergli. Di conseguenza, passava il tempo a rimetterlo in riga e a fargli pesare l'inferiorità del suo grado

All'inizio trovava divertente giocare con lui, umiliare la sua finta devozione e vederlo digrignare i denti, ogni volta che rifiutava un suo consiglio o una strategia d'azione. Doveva imparare a starsene buono e al suo posto, il cane rabbioso.

Ma ben presto aveva cominciato a stancarsi, non avrebbe più permesso a nessuno di manipolarlo; quell'immenso potere era l'unica cosa che gli era rimasta e non se lo sarebbe fatto sfuggire.

Da quando aveva usurpato il comando del Primo Ordine, il desiderio di strangolare Hux, fino a fargli schizzare gli occhi fuori dalle orbite e sentire lo scrocchio della trachea che andava in frantumi, lo aveva ben più che sfiorato. Una volta ci era andato davvero molto vicino. Si era trattenuto solo perché sarebbe stata una mossa avventata: l'esercito era fedele al cane rabbioso e non poteva rischiare di mettersi contro intere guarnigioni di stormtrooper e centinaia di alti ufficiali.

Per quanto Hux fosse falso, invidioso e insopportabile, le sue abilità strategiche non si mettevano in discussione. Ma Ren era consapevole che, di lui, poteva fidarsi come di un serpente a sonagli.

Con l'assassinio di Snoke e la brama di potere di Hux aveva ottenuto il controllo di buona parte della Galassia, era arrivato più in alto di Darth Vader, era riuscito a farsi odiare persino più di lui. Eppure continuava a rimanere insoddisfatto, frustrato e, soprattutto, inesorabilmente solo.

La verità l'aveva metabolizzata da tempo: il Primo Ordine lo temeva e lo rispettava solo in virtù del suo potere oscuro, ma era certo che il suo fidato Generale avrebbe fatto di tutto pur di levarlo di mezzo alla prima occasione propizia.

Abbandonò la vetrata e la suggestiva visione di Kalee e si voltò verso l'interno del suo ampio alloggio; l'ambiente era freddo e asettico, immerso in una leggera penombra. Si avvicinò alla sottile lastra nera di duracciaio sospesa nel vuoto che gli fungeva da tavolo e prese una brocca. Versò parte del liquido scuro e aromatico in un calice e lo bevve tutto d'un fiato. Si pulì le labbra col dorso della mano ed inspirò profondamente.

Il suo pensiero volò alla causa principale della sua inquietudine: Rey.

Dopo la battaglia di Crait il loro rapporto era degenerato al punto da sembrare insanabile, tanto da fargli temere che, la giovane scava rifiuti, lo avesse allontanato per sempre. Durante il loro ultimo contatto, prima che lei chiudesse il portello del Falcon e volasse via, aveva cercato nuovamente, nei suoi occhi, un minimo accenno di comprensione verso di lui. Ma nello sguardo duro e fiero di Rey, aveva scorto solo risentimento e delusione.

Quella minuta e insignificante ragazza di Jakku aveva visitato i suoi sogni, fin da quando era ragazzino. In lei aveva visto un'anima affine, aveva percepito la sua stessa solitudine, il suo stesso desiderio di porre fine a quel conflitto infinito tra luce e oscurità. Era arrivato al punto di umiliarsi, confessandole i suoi sentimenti, pur di averla al suo fianco. Insieme sarebbero stati grandiosi ed invincibili.

Rey c'era da sempre ma, a torto, si era illuso che sarebbe stata dalla sua parte.

Lei aveva preferito reagire, voltargli le spalle e correre in aiuto di una manica di traditori ed assassini.

Quell'ennesimo abbandono lo aveva ferito al punto da desiderare di distruggerla.

I suoi intenti omicidi, però non erano durati a lungo; ben presto la volontà spasmodica di trovarla ed affrontarla, aveva lasciato il posto ad un sentimento strano, inaspettato. La rabbia e la vendetta si erano trasformati nella rassicurante rassegnazione di saperla irraggiungibile.

Nonostante la Forza si ostinasse a mantenere vivo quel legame che aveva considerato solo uno subdolo regalo di Snoke, Rey lo aveva costantemente respinto, arrivando anche a farsi del male, pur di non cedere.

Il flusso di energia che si sprigionava ad ogni tentativo di connessione, gli rimbalzava contro, colpendolo con prepotenza e portandosi appresso il turbine di sentimenti che proveniva da lei. Amarezza, delusione e orgoglio. Ma anche la sicurezza di aver accanto una famiglia.

Per assurdo era arrivato ad invidiarla. Sebbene vivesse braccata come un animale, non era costretta a passare ogni dannato momento della sua esistenza a guardarsi le spalle.

Il ricordo di Rey riecheggiava vivido nella sua mente annebbiata dal desiderio di distruzione. La immaginava, risoluta, determinata, con quella sua sfacciata arroganza da jedi, intenta a tramare un modo per sconfiggerlo, circondata dai suoi amici.

Per quanto la situazione della Resistenza fosse critica, lei era avvantaggiata. I ribelli erano una massa di ipocriti e fanatici, ma erano di gran lunga più uniti. Il fatto che anche tra le loro fila ci fosse del marcio, era un dettaglio trascurabile, che Rey non avrebbe mai ammesso, nemmeno se glielo avesse sbattuto in faccia come uno schiaffo. Era troppo accecata dal suo istinto benevolo e soccorrevole per rendersene conto. Era convinta che i suoi compagni fossero il bene, la speranza della Galassia, contro la tirannia del Primo Ordine.

Ren però era fiducioso: si sarebbe accorta a tempo debito che, la presunzione di essere nel giusto, dilagava a torto, da entrambe le parti.

Per ironia della sorte, ambedue le fazioni lo volevano morto, perché lui era una presenza scomoda, un fastidio da eliminare, il perno sul quale bilanciava pericolosamente l'equilibrio.

Lui era Kylo Ren: il jedi maledetto e rinnegato che aveva scelto il Lato Oscuro e massacrato i suoi compagni, l'infame patricida, l'assassino del suo stesso maestro.

Una scossa di rabbia gli attraversò tutto il corpo, strinse forte il calice che aveva in mano fino a frantumarlo. Solo dopo qualche istante si rese conto di essersi ferito, vedendo il sangue gocciolare. Ma quel tipo di dolore era abituato a sopportarlo, alimentava la sua rabbia e accresceva il suo potere.

Avrebbe venduto cara la pelle.

Era perfettamente consapevole che si sarebbe trovato da solo a decidere il destino della galassia. Dopotutto era la sua missione fin dall'inizio. Nonostante i tradimenti e i voltafaccia subiti, era più che mai determinato a portare a compimento i suoi intenti: avrebbe disintegrato ogni più piccola cellula della Resistenza con l'appoggio del Primo ordine, e poi avrebbe pensato a demolire anche quello.

Il suo piano era perfetto, la sua strategia studiata in ogni dettaglio; gli era rimasto un unico obiettivo, e lo avrebbe perseguito a costo di distruggere tutto. Rabbioso, rassegnato e disperato. Ma in quello stesso istante si rese tristemente conto che, di tutta quella sicurezza, ormai era rimasto ben poco.

Era accaduto qualcosa, un imprevisto che lo aveva trascinato nuovamente nell'abisso.

Rey, sempre e solo lei, era tornata. Era riapparsa quando ormai si era rassegnato ad averla persa per sempre, rimettendo tutto in discussione.

Dopo mesi di silenzio angosciante, il loro legame si era riattivato lasciandolo incredulo e gettandolo nell'insicurezza. Per l'ennesima volta si ritrovava in bilico tra luce e oscurità, e questo aveva il dannato potere di destabilizzarlo.

Ritrovarsela di fronte gli aveva fatto più male del dovuto, anche se in un primo momento aveva pensato che fosse solo un'illusione, uno dei tanti fantasmi che popolavano costantemente i suoi sogni, o un assurdo desiderio inconscio partorito dalla sua mente.

Invece era sempre lei, fin troppo reale, fragile solo in apparenza, agguerrita ed arrogante.

Il loro contatto era durato qualche istante, solo il tempo di scambiarsi poche e futili parole, ma era bastato per fargli abbassare le difese e costringerlo a piegarsi al flusso della Forza che li voleva di nuovo uniti.

Perché la jedi si era riaperta al dialogo? Cosa era accaduto per farla recedere dalla sua posizione irremovibile? Cosa voleva realmente da lui? Era solo una subdola strategia per provocarlo e farlo capitolare?

Improvvisamente non era più sicuro di nulla.

Se solo avesse avuto qualcuno con cui confidarsi, qualcuno di cui potersi fidare.

Odiava sentirsi in quel modo, indeciso, dilaniato. Debole.


Ciao, Ben.

Una voce calma e pacata, a lui tristemente nota, riecheggiò pungente nel silenzio della cabina e lo distolse con impertinenza dalla sua muta preghiera.

Un bagliore azzurrino lampeggiò poco lontano e il suo pessimo umore peggiorò ulteriormente. Digrignò i denti, furioso, cercando di tenere a bada la rabbia che minacciava di prendere il sopravvento sui suoi sensi.


Sei deluso? Ti aspettavi forse qualcun altro? Mi dispiace, ma a è con me che hai ancora una questione in sospeso.

«Ho smesso da un pezzo di avere aspettative. È un ottimo espediente per evitare delusioni.» Esitò qualche istante, prima di rispondere. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era di confrontarsi col sarcasmo del fantasma di Luke.

Se fosse stato in carne ed ossa almeno avrebbe potuto tagliargli la testa e zittirlo, ma il suo caro ed antico maestro gli aveva negato anche quella soddisfazione.


Sei diventato più saggio. Stai entrando pienamente nel ruolo di Leader Supremo?

Ren strinse i pugni e incupì lo sguardo. La sottile ironia dello zio aveva sempre il potere di irritarlo. «Se sei qui per cercare di convincermi a lasciar perdere i ribelli, redimermi e salvare la mia anima, puoi anche tornare ad essere tutt'uno con la Forza. Non mi interessa quello che hai da dire» tagliò corto deciso, nella vana speranza di sentirlo svanire.


Lo sai perché sono qui.

A quell'ennesima provocazione non poté fare a meno di girarsi verso di lui e fulminarlo con lo sguardo. «Per portarmi i saluti di mio padre? Per perseguitarmi? Qualunque cosa sia, non riuscirai ad intimorirmi, o a distogliermi dai miei intenti.»

Il fantasma scosse la testa e lui non poté fare a meno di scrutarlo. Era sempre lui, il Luke che ricordava, così come lo aveva visto quell'ultima notte al tempio. Con quel cipiglio sicuro e lo sguardo fiero, vestito con la tipica tunica da jedi.


Sta' tranquillo. Non ho alcuna intenzioni di farti la predica. E nemmeno di condannarti. Se avessi voluto distruggerti, mi sarei fatto trafiggere dalla tua spada. E adesso non potrei essere qui.

Ren fu pervaso da un fremito d'ira che lo scosse fin nel profondo. «Pensi di avermi dato una lezione? Beh, te la potevi risparmiare tanta premura nei miei confronti» lo sfidò, puntandolo dritto negli occhi., mentre la Forza ribolliva tra loro.


No, Ben. Ti ho solo impedito di varcare il punto di non ritorno.

Quando la smetterai di fare la vittima incompresa? Lo sai che non avevo davvero intenzione di ucciderti. Non mi hai dato il tempo di spiegare... hai tratto le tue conclusioni e non ti sei fatto nessuno scrupolo a distruggere tutto.

A quella esternazione gli sfuggì una lieve risata sarcastica. «Non sono il solo ad aver tratto delle conclusioni affrettate. Fin da quando ero bambino tu e tua sorella avevate paura che potessi diventare un mostro come mio nonno! Il vostro timore era così profondo, radicato, che lo avete fatto diventare realtà. Non vi siete fatti scrupoli a mentirmi e a nascondermi la verità. E adesso vuoi farmi credere che quella notte eri venuto solo per parlarmi? Queste sono stronzate che ti ha fatto comodo raccontare a mia madre. Io e te sappiamo bene come è andata.»

Il fantasma si sedette stanco sulla branda che aveva accanto, chinò il capo e sospirò profondamente.


Credevo che Snoke avesse già corrotto il tuo cuore, avevo visto un futuro di dolore, distruzione e morte... e, per un solo ed unico istante, ho creduto di poter fermare quell'orrore. Sbagliando.

Un solo ed unico istante, Ben...

Ren assottigliò le labbra e serrò la mascella. «Non ti hanno fatto entrare nel paradiso dei jedi? Bene. Ora che ti sei ripulito la coscienza puoi anche toglierti dai piedi.»


Non sono qui per convincerti a ritirare la tua flotta. Né per tentare di salvarti, Ben. Non ne ho mai avuto il potere. Nella mia superbia ed arroganza credevo di poterti addestrare, ma ho fallito.

«Consolati. Non ho mai voluto essere un jedi» gli sibilò cupo, rassicurandolo. Il desiderio di brandire la sua lama cremisi e distruggere qualunque cosa avesse intorno lo stava divorando, ma si impose di mantenere la calma. A quel punto era curioso di sapere dove Luke aveva il coraggio di arrivare.


Hai ragione. I miei complimenti, Ben. Hai ottenuto quello che volevi, sei diventato più potente di Darth Vader. Ora finalmente sei amato e rispettato...

Si sentì disgustato invece. «Cosa. Vuoi. Ancora.» Scandì lentamente quelle poche parole, con una calma innaturale. L'unico motivo per cui non gli era già saltato alla gola era la consapevolezza che sarebbe stato inutile.


Raccontarti la verità, su colui che desideri tanto eguagliare...

Il fantasma di Forza si alzò lentamente e si avvicinò a lui fronteggiandolo senza timore con i suoi intensi occhi chiari.

Ren sbuffò stizzito. La parola verità accostata allo sguardo rammaricato di suo zio, riusciva soltanto a risultargli esilarante.


Per quale motivo pensi che la galassia abbia conosciuto un lungo periodo di pace?

Ren continuò ad ascoltarlo in silenzio, affilando lo sguardo.


La mia esistenza, quella di tua madre... e persino la tua, cosa credi che le abbia rese possibili?

Ren aggrottò la fronte, la sua curiosità, insieme alla sua pazienza, avevano raggiunto un limite pericoloso.


Il sacrificio, Ben. Il più grande che un uomo possa mai compiere.

Tutti credono che sia stato io a salvare la Galassia, a riportare la luce, ma questa è solo una parte della verità.

Vader è morto da jedi, e tu questo già lo sai, vero Ben? Eppure ti ostini ad osannare la sua parte oscura.

Ma nei suoi ultimi istanti, mio padre, ha ritrovato se stesso e si è sacrificato per salvarmi. Ha dato la sua vita, e lo ha fatto per me. Quel flebile raggio di luce, che non si era mai spento dentro di lui, ha dissolto l'oscurità che attenebrava la sua mente... L'amore per i suoi figli lo ha redento.*


Le accorate parole di Luke lo colpirono nel profondo eppure non riuscirono a sconvolgerlo. Come tutto il resto della Galassia, lui conosceva solo notizie confuse, frammentarie e che erano di dominio pubblico: Luke aveva sconfitto l'Imperatore, riportando alla luce Darth Vader, e per questo era diventato una leggenda.

Gli mancava solo quell'ultimo piccolo particolare.

Perché quella rivelazione adesso avrebbe dovuto fare la differenza? Tutta la sua esistenza era stata una menzogna, la sua famiglia aveva cercato invano di proteggerlo da una pesante eredità, nascondendola dietro a silenzi e omissioni.

«Bugiardo» riuscì solo a mormorare, nella vana speranza che quello fosse solo un ultimo, disperato, tentativo dello zio di raggirarlo.


Sai che non posso mentire.

«Perché me lo stai dicendo solo adesso?» ebbe la forza di aggiungere, con le labbra tremanti e le lacrime agli occhi. Mai come in quel momento si era sentito travolto da una serie di sentimenti contrastanti. Avrebbe voluto disintegrare quella manifestazione della Forza se ne avesse avuto il potere, ma nello stesso tempo provava un assurdo senso di gratitudine verso colui che, per una volta, era stato finalmente sincero nei suoi confronti.


Perché adesso sei disposto ad ascoltare e la resa dei conti è vicina. Non c'è più tempo Ben...

Deglutì a vuoto, sentì le gambe cedergli e una leggera vertigine gli offuscò per un istante la vista. «È stata tutta colpa tua...» Erano anni che sognava di dirglielo e finalmente era stato esaudito. Non era una giustificazione per i crimini di cui si era macchiato. Voleva semplicemente che Luke sapesse che tradendolo gli aveva fatto del male.


Lo so...

Sentirglielo ammettere ebbe il potere di farlo sentire sollevato.


Ricordi Ben? L'Oscurità è una strada facile e allettante, può essere infinitamente potente, ma ha un solo punto debole... sempre...

Ren gli sentì pronunciare quelle parole serenamente, poco prima di vederlo svanire.

Rimase per un lungo istante a fissare immobile il punto in cui lo spettro azzurrino si era dissolto, con gli occhi sbarrati e fremente.

Inspirò e un violento brivido lo scosse.

Per assurdo ora si sentiva calmo, come se quel lungo ed estenuante confronto, non avesse avuto il potere di scalfirlo.


Un unico raggio di luce può distruggere l'oscurità...

Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.

E il suo punto debole era Rey.



* * *



Posizione: Limite estremo dell'Orlo Esterno - Pianeta Batuu – Avamposto di Black Spire



Batuu era un pianeta rigoglioso e fertile. A Rey, per certi versi, ricordava le immense distese verdeggianti di Takodana; non a caso la millenaria Maz Kanata vi si era rifugiata per insediarci i suoi floridi traffici, al limite estremo della galassia.

La maggior parte del territorio era ricoperto da una fitta foresta di alberi dai fusti snelli e altissimi, l'ideale per nascondere la piccola base della rinata Resistenza. Ma vi erano anche imponenti catene montuose che svettavano maestose, increspando in modo suggestivo la linea dell'orizzonte, ed un placido oceano le cui onde tumultuose si andavano ad infrangere sulla scogliera poco distante dall'insediamento.

Non era stato difficile per lei abituarsi al clima mite, alle lunghe giornate intense e frenetiche, scaldate da un sole brillante ma non aggressivo e infido, come quello delle Goazone Badlands.

Il piccolo villaggio di Black Spire non era altro che un covo di contrabbandieri e avventurieri che lì si rifocillavano allegramente prima di addentrarsi, per i loro loschi affari, nel cuore delle Regioni Ignote.

Non era raro che nel nuovo e variopinto abbeveratoio di Maz Kanata scoppiassero risse e scazzottate. A volte era stato anche divertente parteciparvi, insieme ai suoi amici Poe e Finn, era un buon modo per scaricare la tensione e mimetizzarsi all'interno di quella accozzaglia di furfanti appartenenti alle razze più disparate.

Da quando era tornata da Bespin, però le cose erano drasticamente cambiate: Rey si sentiva strana, quasi insofferente.

Era rimasta da sola, al centro della piccola sala tattica in cui si era appena conclusa l'ennesima assemblea della Resistenza e non se l'era sentita di unirsi ai suoi compagni che si erano diretti al locale di Maz per una bevuta.

Le cose stavano cominciando a funzionare per la ribellione, Alderaan Prime era stata ultimata con successo, grazie al provvidenziale intervento di Lando, presto sarebbero diventati a tutti gli effetti operativi e pronti ad ostacolare degnamente il Primo Ordine. Molti nuovi alleati, reclutati negli angoli più sperduti della galassia, si andavano ad aggiungere a quelli che si erano uniti a Poe, nella sua ultima missione su Nal Hutta.

Tutto stava andando per il meglio ma lei non aveva voglia di festeggiare. Quello che era accaduto, durante il lungo viaggio di ritorno, l'aveva segnata.

In che modo avrebbe potuto aiutare i suoi compagni in quelle condizioni? Si sentiva incompleta: non era ancora un vero jedi, almeno fino a quando non avrebbe completato l'addestramento e costruito la sua spada; non era una vera ribelle, non era nessuno.

Ma era qualcuno per Ben.

Cos'era esattamente per lui?

Un brivido strano le attraversò la schiena e ricacciò immediatamente quel pensiero doloroso e pericoloso da dove era venuto. Aveva percepito la profondità e sincerità dei suoi sentimenti verso di lei ma ne aveva avuto paura.

Non era stato affatto facile considerarlo alla stregua di un avversario da combattere, ma si era obbligata ad essere razionale e a rimanere fedele alla causa della ribellione.

Era stata irremovibile, almeno fino a quando non aveva guardato in quella sottile fessura apertasi tra le pieghe del tempo. Da allora non era più riuscita a pensare a lui come ad un nemico; nella sua mente si sovrapponeva costantemente l'immagine straziante di quel bambino, solo e indifeso, insidiato da un potere immensamente più grande di lui, e questo per lei rappresentava un ostacolo insormontabile.

Mentre era immersa nei suoi pensieri, arrivando quasi ad estraniarsi dalla realtà, sentì una mano calda e leggera posarsi sulla sua spalla, che la riportò improvvisamente su Batuu.

Si voltò e si ritrovò a fronteggiare lo sguardo sorridente della principessa Organa, i suoi occhi scuri e gentili che le ricordavano quelli di Ben.

Una fitta dolorosa le attraversò il petto. Se per lei era diventato estremamente difficile affrontare quella guerra senza sentirsi dilaniata, non riusciva ad immaginare quanto potesse essere penoso per Leia.

Nonostante avesse un disperato bisogno di aprirsi con qualcuno non riuscì a spiccicare una parola, l'unica cosa che le venne spontanea fu di gettarsi tra le sue braccia, proprio come aveva fatto quel lontano giorno, in cui era partita per andare a cercare Luke.

Neanche Leia disse nulla, la strinse semplicemente a sé con l'amore di una madre e di questo Rey le fu riconoscente.

Rimasero così, abbracciate al centro della sala tattica di Black Spire, per un tempo che le sembrò interminabile. Era così confortevole la sensazione di essere stretta tra le sue braccia, calde e accoglienti.

Nonostante si sentisse insicura e combattuta, era suo dovere ricambiare la sua fiducia e il suo affetto, ma nello stesso tempo era terrorizzata da quello che la aspettava: era suo figlio il nemico da annientare.

Il generale Organa era una donna straordinaria e Rey l'ammirava immensamente. Sapeva essere severa e risoluta, se necessario, a volte anche spietata, se la situazione lo richiedeva. Ma era altrettanto benevola, protettiva, e lo era con tutti, perfino con Poe, che spesso e volentieri le faceva perdere la pazienza.

Rey si era soffermata più volte ad osservarla, mentre impartiva ordini e coordinava tutti loro nelle svariate operazioni della rinata Resistenza. L'aveva studiata attentamente con l'intento di poter imparare molto da lei. Non le sarebbe dispiaciuto somigliarle, in un futuro, non molto lontano.

Le sembrava impossibile che, da una persona tanto posata ed equilibrata, fosse nato un essere tanto disturbato come Ben.

Non poteva credere che non lo avesse amato abbastanza, che non avesse cercato di proteggerlo e di comprenderlo, in tutti i modi possibili.


Una madre non si arrende...

L'aveva pensato più volte, guardandola.

La sua, invece, si era arresa.

Si staccò dal suo abbraccio a malincuore.

Perché si stava ritrovando a fare quell'assurdo paragone? Ancora una volta, un folle e subdolo senso di gelosia, la stava assalendo. Ben aveva avuto un padre meraviglioso, eppure lo aveva ucciso. Aveva avuto una madre amorevole, eppure l'aveva tradita lasciandosi sedurre dal lato oscuro.

Si riscosse da quei pericolosi pensieri quando si rese conto che Leia la stava fissando con apprensione. «C'è qualcosa che ti preoccupa» constatò sincera, «e non riguarda solo la missione per la quale stai per partire.»

Rey sussultò appena, colpita da quella inaspettata rivelazione. Possibile che fosse in grado di scrutare i suoi pensieri? Anche se era sensibile alla Forza, Leia non aveva mai fatto uso dei propri poteri. Probabilmente riusciva solo a percepire l'angoscia che la stava divorando e il turbine di sentimenti contrastanti che non le dava tregua, da quando era tornata da Bespin.

Schiuse la bocca con l'intenzione di parlare, di aprirsi totalmente con lei, confidarle tutto e liberarsi da quel peso opprimente, ma alla fine si trattenne.

Avrebbe tanto voluto metterla al corrente di come Ben avesse eliminato Snoke salvandole la vita, di come avevano combattuto insieme contro le guardie pretoriane, di come avesse fatto di tutto pur di averla al suo fianco, ma aveva paura di essere fraintesa, di illuderla e darle false speranze.

Avrebbe tanto voluto confidarle del legame che li aveva uniti su Ahch-To, che continuava e che, probabilmente, non si sarebbe mai spezzato, ma temeva che l'avrebbe interpretato come una minaccia per la sicurezza della Resistenza.

Aveva trovato il suo posto, una famiglia che l'aveva accolta, amici che le volevano bene, non avrebbe accettato di essere allontanata perché ritenuta pericolosa, una specie di rilevatore vivente per il Primo Ordine. Un altro abbandono non lo avrebbe sopportato.

Fissò Leia con tristezza e lei si dimostrò comprensiva.

«Se non ne vuoi parlare non importa.»

«La Resistenza si aspetta grandi cosa da me. Ma io non so se ne sarò all'altezza. Sono rimasta da sola. Non ho un maestro, non ho una guida. Mi sento così impotente.»

Leia le riservò un'espressione benevola. «Beh, credimi, non sei l'unica ad avere un grosso peso sulle spalle da sopportare» sospirò stanca, fece una lunga pausa e poi si aprì: «È stata colpa mia...» Rey aggrottò la fronte senza capire. «Non avrei dovuto mandarlo via, è stato allora che l'ho perso. E non me lo perdonerò mai.»

L'inaspettata confessione di Leia la colpì come una stilettata. Da quando la conosceva, era la prima volta che la sentiva parlare di suo figlio.

«Hai solo cercato di proteggerlo» si dimostrò comprensiva, anche se aveva constatato con i suoi stessi occhi qual era lo stato emotivo di Ben.

«No. Avrei dovuto tenerlo con me.»

«Lo hai affidato a Luke in buona fede, non devi condannarti per questo. Non lo meriti.»

Leia sospirò stancamente e poi cercò con insistenza i suoi occhi. «Ho solo scelto la strada più facile» ammise mesta. Poi le prese la mano, come se stesse per confidarle qualcosa di estremamente importante e volesse essere sicura che avrebbe capito. «Conosco mio figlio, so che non è malvagio, anche se ha commesso azioni atroci, ma sono consapevole che potrebbe accadere l'irreparabile. Rey, se dovessi essere costretta a fermarlo per sempre... non te ne farò mai una colpa, voglio che tu lo sappia. Ma io sono sua madre, e qualunque cosa dovesse succedere... non smetterò mai di sperare che un giorno, possa tornare da me. Mai» la rassicurò, sorridendole benevola.

Rey sentì una puntura all'altezza del cuore, aveva percepito tutta la sofferenza di Leia nel pronunciare quelle parole ma non poté fare a meno di provare una sorta di sollievo, anche se in quel momento avrebbe solo voluto gettarsi di nuovo tra le sue braccia e piangere.

«C'è ancora luce in lui, io l'ho vista...» la sua voce era solo un sussurro angosciato. Avrebbe tanto voluto infonderle speranza, ma anche lei si sentiva sperduta.

«Lo so. L'ho percepita anch'io.»



* * *


Le serate al villaggio di Black Spire erano piacevoli. Dopo una giornata intensa di allenamenti, incontri, preparativi, i membri della Resistenza si riunivano intorno al fuoco, sotto le stelle, in un'ampia radura tra gli alberi, poco lontano dalla base. Chiacchieravano, passandosi a vicenda una buona bottiglia, debitamente soffiata alla comprensiva e generosa Maz Kanata, fino a quando non ne vedevano il fondo.

C'era chi cantava delle vecchie canzoni del suo popolo, chi raccontava delle storie, chi semplicemente se ne stava in silenzio a guardare il fuoco crepitare; era un modo per sentirsi uniti e scacciare l'angoscia di quello che sarebbe accaduto ben presto.

Rey aveva imparato ad apprezzare quel piccolo rituale, anche se sapeva bene che a breve avrebbero dovuto lasciare anche Batuu. Era il momento della giornata in cui si sentiva meno sola e riusciva a percepire tutto il calore di quella famiglia che non aveva mai avuto.

Poe aveva appena finito di raccontare dei curiosi particolari sulla sua ultima movimentata missione su Nal Hutta, quando, un leggero senso di vertigine ed un lieve appannamento della vista, la fecero andare nel panico.

Era così che cominciava. Sempre.

Aveva imparato molto tempo prima a riconoscere quella sensazione e ad agire di conseguenza. Si alzò di scatto, suscitando lo sconcerto di Rose che le era accanto, e lasciò il gruppo di ribelli seduti attorno al fuoco, addentrandosi tra gli alberi. Non poteva succedere mentre era circondata dai suoi amici, non lo avrebbe mai permesso.

In passato avrebbe fatto di tutto per ignorare il richiamo insistente della Forza, ma in quel momento non se la sentiva di resistere. O forse, più semplicemente, non ne era più in grado.

Corse a perdifiato sulla terra umida, ignorando il dolore delle pietre e dei rami spezzati che le ferivano i piedi nudi, allontanandosi il più possibile dal villaggio, fino a raggiungere su un piccolo promontorio roccioso a picco sull'oceano.

Si fermò ansimando solo quando le apparve la figura alta e oscura di Ben. Immersa nella notte serena e tiepida di Batuu, a pochi metri dall'immensa distesa dell'oceano traslucido che si muoveva lenta, sotto un cielo trapuntato di stelle, si ritrovò a fronteggiarlo accigliata. Si sentì sollevata nel constatare che, almeno quella volta, era completamente vestito.

Al contrario di lei, Ben era calmo, ma il suo sguardo cupo e la bocca imbronciata, manifestavano tutta la sua ostilità. Era in piedi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e la fissava in silenzio, riuscendo a scatenarle un senso di disagio. Sembrava volesse trapassarle l'anima. Il suo viso, sempre troppo pallido, era l'unica nota luminosa nell'oscurità.

«Smettila di guardarmi in quel modo» gli intimò velenosa e lui reagì con un sospiro, accusando il colpo con muta rassegnazione.

«Dovrei fare finta di non vederti?» le rispose, dopo aver esitato un istante. «Non ho mai cercato di ostacolare il nostro legame, al contrario di te. Eri molto brava ad ignorarmi, che ti è successo?»

Rey rimase interdetta, erano mesi che non si confrontava con lui, non ricordava quanto fosse abile ad analizzare nel dettaglio le sue azioni, e a scrutare i suoi pensieri, anche se durante una connessione non era in grado di leggerle la mente.

«Se credi di riuscirmi ad intimorire o a confondermi, sei completamente fuori strada» reagì severa.

Ben notò il suo leggero affanno. «Ti stai nascondendo dai tuoi amici. Hai paura che scoprano il tuo segreto?» insinuò crudo, senza mostrare la minima esitazione.

«Non la smetterai mai di provocare, vero?» Quanto avrebbe voluto togliergli quella insopportabile espressione da essere superiore dalla faccia, a suon di ceffoni.

«Hai ceduto al nostro legame, dopo tanto tempo. Voglio solo sapere perché.» Questa volta nelle sue parole c'era dell'astio e Rey ebbe la netta impressione che stesse seriamente perdendo la pazienza.

«Sei fuori strada. Io non fatto niente.» Sapeva perfettamente che era solo colpa sua, ma non se la sentì di essere sincera. Non aveva idea di dove volesse andare a parare con le sue insinuazioni, ma per nessun motivo gli avrebbe fornito la possibilità di prendersi gioco di lei o di umiliarla.

«Bugiarda. Cosa vuoi dimostrare? Che sei diventata più forte? Che adesso sei in grado di distruggermi? Mi vuoi forse sfidare, Rey di Jakku? Sono a tua disposizione.»

Sfidarlo? Rey sentì il terreno franarle sotto i piedi, non aveva nemmeno una spada. La situazione in cui si era ritrovata era surreale, e non aveva idea di come uscirne.

«Se ti avessi voluto uccidere lo avrei fatto sulla Supremacy.»

Ben sorrise sottilmente. «Già, dovrei esserti grato. Mi hai risparmiato la vita. Credo però che tu abbia commesso un grave errore» l'aggredì severo.

«Lo hai commesso anche tu credendo che sarei stata tua parte. Non lo sarò mai, non alle tue condizioni.» Reagì in modo eccessivamente brutale, ma quella conversazione stava pericolosamente degenerando e lei già si sentiva stremata.

«E quali sarebbero invece le tue condizioni?» le chiese ironico, senza smettere di fissarla con un'intensità tale che le spezzò il respiro. «Speri ancora che mi converta, che lasci il comando del Primo Ordine e mi unisca alla Resistenza, come se niente fosse? Ti facevo più intelligente, scava rifiuti.»

Rey incassò l'insulto senza scomporsi, trattenendo con orgoglio le lacrime che minacciavano di fare capolino tra le palpebre, distolse semplicemente gli occhi da lui costringendosi a guardare altrove, oltre la scogliera, verso quell'immensa distesa immobile, in netto contrasto con il tumulto dei sentimenti che la scuotevano violentemente.

Poi ritornò su di lui affilando lo sguardo. «Poi anche continuare a fuggire, a rinnegare il tuo passato, a voler sembrare un mostro a tutti i costi... Ma c'è ancora chi ti ama, Ben, e non smetterà mai di sperare nel tuo ritorno.»

Quell'esternazione ebbe il potere di farlo notevolmente alterare. Rey non poté fare a meno di notare lo spasmo nervoso che attraversò il suo viso troppo chiaro. Ma si sentì anche soddisfatta per essere riuscita a colpire nel segno.

«Te lo ha detto mia madre? Ti ha raccontato anche tutto il resto, o solo la parte struggente della storia?» reagì lui con sarcasmo, «e tu invece, Rey, che cosa provi? Avanti. Dillo. Sii sincera con te stessa. O forse hai paura?»

Rey si sentì presa in trappola e incapace di reagire. Ben era riuscito ad aggirare sapientemente il suo discorso e rivoltarle contro le sue stesse insinuazioni.

Esitò, distolse gli occhi da lui, si chiuse cercando di riflettere. Come avrebbe potuto rispondere se non aveva la più pallida idea di quello che stava provando? Non lo odiava, di questo ne era sicura, ma il resto era totalmente confuso. Era consapevole che non avrebbe potuto restare in silenzio troppo a lungo. Ma nello stesso istante in cui schiuse la bocca per accennare una risposta, Ben la interruppe in modo brusco.

«Zitta!» le intimò aguzzando i sensi e sollevando una mano per fermarla. Aveva percepito qualcosa di cui lei non si era accorta minimamente. «Sta arrivando qualcuno.»


«Rey, va tutto bene?» la voce gentile di Rose, proveniente alle sue spalle, ebbe il potere di farla sussultare. Si girò verso di lei senza riuscire a mascherare il disagio e la sorpresa.

«Certo... perché non dovrebbe?» tentò di recuperare, sperando che la giovane ribelle non l'avesse scoperta a litigare con se stessa.

«È che... ad un tratto sei sparita. Ci siamo chiesti dove fossi finita.»

«Avevo solo bisogno di restare un po' da sola» mentì spudoratamente evitando con cura di guardarla negli occhi. «Di' pure agli altri che li raggiungerò tra breve.»

Rose non era convinta. «Rey, va davvero tutto bene? Siamo un po' preoccupati.» Quel timore genuino che traspariva dal suo sguardo, sempre furbo e attento, le fece stringere il cuore, e si odiò profondamente per averlo provocato.

«Non dovete. È tutto sotto controllo» cercò di rassicurarla, anche se sapeva bene che non avrebbe potuto impedire ai suoi compagni di allarmarsi.

Rose annuì titubante. «Allora... ti aspettiamo attorno al fuoco. Finn sta facendo lo scemo. Credo che sia un po' ubriaco» le confidò arricciando il naso, nella speranza di riuscire a farla sorridere.

Rey ingoiò un groppo amaro, mentre Rose si allontanava. Si sentiva tremendamente combattuta, intrappolata tra due fuochi e, per la prima volta, da quando era entrata a far parte della Resistenza, ebbe il timore che quello non fosse il suo posto.

Rimase sola e in silenzio, con l'unica compagnia delle sue insicurezze, mentre l'immagine di Ben lentamente sfumava, lasciando il posto ai leggeri flutti che avevano iniziato ad increspare la superficie scura dell'oceano.

__________________

Note:

* Il fatto che Ben non sapesse di come era morto Darth Vader è una mia mera supposizione. Ovviamente era a conoscenza che si fosse redento, dato che era di dominio galattico. Ho immaginato che Luke avesse voluto confidarglielo al tempio, ma che non ne avesse avuto il tempo. 

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Capitolo 4
*** Cap. 2.2 - Fantasmi ***


Cap. 2-2


«Abbiamo individuato il pianeta ideale da trasformare nella nuova base Starkiller, ha tutte le caratteristiche che occorrono e la vicinanza di una stella giovane, irrequieta, abbastanza potente da alimentarlo senza prosciugarsi velocemente. Manca solo il suo benesta...»

«Due Morti Nere distrutte e un intero pianeta disintegrato non le hanno insegnato nulla sulla ribellione? Credevo di essere stato chiaro. Non sprecherò uomini e risorse per creare l'ennesima e inutile arma di distruzione di massa.»

«Leader Supremo sia ragionevole, fino adesso abbiamo ottenuto facilmente solo il controllo dei Sistemi Stellari deboli, che si aspettano che il Primo Ordine li risollevi dalle loro miserie. Non è sufficiente per conquistare il predominio assoluto della galassia. Non riusciremo mai a penetrare oltre l'Orlo Interno. Dobbiamo poter essere in grado di spazzare via, con un solo colpo, ogni possibile alleato della Resistenza.»

«Attento Hux. Se sta macchinando qualcosa alle mie spalle se ne pentirà.»

«Attento a lei Ren. La Resistenza si sta riorganizzando. Una fonte attendibile ci ha appena informato che i ribelli stanno lavorando a qualcosa di grosso, di estremamente potente. Molto presto torneranno all'attacco ed allora sarà troppo tardi. Comincio seriamente a dubitare che lei sia la persona più adatta a raccogliere l'eredità del nostro compianto Leader Sno... ugh...»

«Fino a quando sarò io al comando del Primo Ordine si farà a modo mio...»

«gh... ugh...»

«E credo di avere argomenti di gran lunga più persuasivi dei suoi.»

«...»

«Sono stato abbastanza convincente, Generale?»

«S-sì, mio S-si... signo-re.»

* * *


Cap. 2.2 - Fantasmi



Posizione: Territori dell'Orlo Esterno – Settore Lothal - Orbita del pianeta Atollon - Star Destroyer Finalizer – Alloggi del Leader Supremo


Ancora una volta era costretto ad inginocchiarsi e sottomettersi in quel luogo maledetto. Da lontano riusciva a scorgere quell'orribile figura dal volto deforme, anche se i suoi sensi erano alterati dal terrore. Aveva fallito e doveva essere preparato a qualsiasi punizione.

Il suo maestro si alzava dal trono e si avvicinava lentamente, come un predatore che si prepara ad azzannare la sua preda. Lo scrutava, quasi a volergli sondare l'anima. Poi si chinava su di lui e pronunciava quelle terribili parole che gli avevano fatto scattare il desiderio, disperato e definitivo, di ribellarsi.


Sì, è così. Hai troppo di tuo padre... Sento ancora il suo cuore in te, giovane Solo.

Il suo alito fetido gli rivoltava lo stomaco, ma non poteva dimostrarsi debole, o manifestare un accenno di esitazione, non in quel momento. Ne andava della sua vita.


Ho ucciso Han Solo! Quando è stato il momento non ho esitato!

Lo gridava a se stesso più che al Leader Supremo, per convincersi di aver fatto la scelta giusta, l'unica possibile per poter completare il suo addestramento e chiudere col suo passato.

Ma era tutto inutile.

Aveva commesso il peggiore dei delitti e la reazione di Snoke era sempre, maledettamente, la stessa.


Quel gesto ti ha spaccato l'anima in due!

Tu non sei Vader. Sei solo un ragazzino... con una maschera.

La verità lo colpiva ancora come una stilettata, stordendolo. Il viso disgustato del suo maestro gli sembrava ancora più informe, con gli occhi offuscati dalle lacrime che cercava invano di trattenere. Sentiva la rabbia crescergli dentro, accendersi e avvampare come un incendio inarrestabile.

Incautamente una lacrima riusciva a sfuggirli, e non sfuggiva nemmeno a quella creatura immonda. Snoke si chinava su di lui, allungava un dito nodoso sul suo viso, per raccogliere quell'unica goccia che gli rigava la guancia, l'ultima disperata manifestazione di quella fioca luce che non voleva abbandonarlo.

Il suo tocco era freddo, ruvido, e riusciva a scatenargli solo un profondo senso di disgusto.

Non poteva accadere un'altra volta. Non glielo avrebbe permesso.

Voleva solo che finisse, che tutto finisse.

Desiderava che non fosse mai successo.

Nell'immensa Sala del Trono riecheggiò un nome, gridato con disperazione, il solo in grado di spezzare quel cerchio malefico in cui era rimasto imprigionato. Il nome dell'unico raggio di luce che avesse mai avuto il potere di colpirlo.


«Rey!»


*


Ren si svegliò di soprassalto sollevandosi sui gomiti, madido di sudore. Era confuso e disorientato. Gli bastarono pochi attimi per ritrovarsi, con sollievo, in un ambiente tristemente familiare. Era sdraiato sulla sua branda, coperto solo da un lenzuolo. Si sollevò a sedere ansimando e nascose il viso stravolto tra le mani.

Nella tenue oscurità del suo scarno alloggio, si rese conto che, alcuni oggetti che aveva attorno, stavano fluttuando a mezz'aria. Residui dell'energia che si era scatenata, vibravano ancora.

In passato avrebbe sfogato la frustrazione mandando tutto ad infrangersi con violenza contro le pareti, ma qualcosa era irrimediabilmente cambiato dentro di lui.

Chiuse gli occhi mentre il suo petto nudo, imperlato di sudore, si sollevava velocemente. Si impose di calmarsi. Alzò una mano e mentalmente ordinò a tutto ciò che lo circondava di posarsi dolcemente.

Tornare alla realtà non era mai stato più rassicurante, anche se quella, non era la realtà che avrebbe voluto. Era accaduto di nuovo: quell'orribile spettro gli era sembrato talmente reale da fargli credere che fosse tornato in vita per distruggerlo.

Non c'era modo di sfuggire ai suoi fantasmi. Luke aveva ragione, su Crait glielo aveva annunciato come una condanna. Non lo avrebbero mai lasciato in pace.

I suoi incubi erano popolati dalle anime degli innocenti che aveva ucciso a sangue freddo, corpi carbonizzati che si contorcevano tra le fiamme, visi stravolti e insanguinati, occhi sbarrati che lo fissavano con terrore. Le urla disperate delle sue vittime riecheggiavano impietose nella sua mente, ma non ne aveva paura. Non riusciva a provare rimorso.

L'unico omicidio che aveva avuto il potere di dilaniare la sua anima era stato quello di suo padre e ne avrebbe portato il peso per sempre.

Si alzò dalla branda, disattivando la termo-atmosfera che lo avvolgeva durante il sonno e si diresse, a piedi nudi, verso la parte più buia dell'alloggio in cui custodiva i suoi macabri cimeli. Si ritrovò a fissare per l'ennesima volta il tavolo su cui aveva sparso le ceneri dei suoi nemici, e sul quale troneggiava, come un'orribile trofeo deforme, ciò che restava del casco di Darth Vader.

Si sentiva inquieto, combattuto, fastidiosamente fragile. Strinse i pugni, serrò la mascella e si costrinse a cercare, ancora una volta, un contatto con l'anima oscura custodita tra il metallo contorto.

«Mostramelo... mostramelo di nuovo, il potere dell'Oscurità. Ne ho bisogno, nonno. Ho bisogno di sentire la tua voce. Parlami ancora...»

Si concentrò, usando tutto il potere che era in suo possesso per aprire un varco, per lanciare un ultimo disperato richiamo, ma ricevette in risposta solo un silenzio angosciante.

Un fremito d'ira gli percorse tutto il corpo. Quello che aveva davanti non era altro che un inutile guscio vuoto, un ammasso di lamiere fuse e deformate dal calore, ormai ne aveva la certezza. L'unico essere a cui aveva votato l'esistenza, che ammirava, e che aveva scelto come guida, in realtà non si era mai palesato.

Era stato Snoke*.

Nello stesso modo in cui aveva amplificato il suo legame con Rey, gli aveva fatto credere per anni che Darth Vader gli parlasse attraverso la maschera, guidando i suoi passi nell'Oscurità. Snoke lo aveva ingannato, alimentando il suo potere con un'infima menzogna, con l'unico fine di servirsene per i suoi scopi.

Non si era mai sentito così solo.

Ora, finalmente, tutto gli era chiaro e cristallino.

Il desiderio che suo nonno rispondesse al suo richiamo era disperato, ma adesso aveva la certezza che sarebbe stato ignorato. Il Signore Oscuro dei Sith si era sacrificato per Luke. Nel momento in cui Anakin era tornato alla luce, Vader aveva smesso di esistere.

Non si sarebbe fatto condizionare dalla verità, quella rivelazione non doveva significare nulla per lui, anche se la parola sacrificio continuava a rimbombare incessantemente nella sua mente, tormentandolo come un pungolo malefico, nonostante cercasse in tutti i modi di ignorarla.

Era giunto ad un punto cruciale in cui doveva dare ascolto solo se stesso e impiegare tutte le sue energie per raggiungere il suo scopo, senza più guardarsi indietro. Tutto il resto non aveva più alcuna importanza.

Prese il casco di suo nonno tra le mani nude e strinse con tutta la forza di cui era capace. Digrignando i denti concentrò tutta la sua rabbia repressa fino a distruggerlo, frantumarlo in tanti piccoli pezzi. Lasciò cadere i resti fra le ceneri dei suoi nemici e finalmente si sentì davvero libero.

Aveva pensato di nuovo a Rey. Li divideva un'intera galassia, eppure non poteva sentirla più vicina. Aveva davvero urlato il suo nome o era stata solo una sua suggestione? Doveva impedire che accadesse di nuovo. Non aveva più bisogno di lei, anzi non ne aveva mai avuto.

Aveva superato l'umiliazione di essere stato abbandonato e il dolore di averla persa per sempre. Era riuscito a considerarla alla pari della feccia ribelle a cui dava la caccia: una traditrice che, prima o poi, sarebbe stata spazzata via dalla furia del Primo Ordine.

Rey aveva messo da parte l'orgoglio e lo aveva cercato, ma Ren sapeva che sarebbe stata pericolosa. Era il suo punto debole, per questo non meritava di esistere, e doveva occuparsene di persona.



* * *



Posizione: Limite estremo dell'Orlo Esterno - Pianeta Batuu – Avamposto di Black Spire



C'era un luogo, non molto lontano dal villaggio, nascosto nel fitto della foresta, che a Rey piaceva particolarmente. Lo aveva scoperto durante una delle ronde che effettuavano, di tanto in tanto, per accertarsi che non ci fossero droidi spia nei paraggi, mandati dal Primo Ordine. Anche se Batuu era un pianeta praticamente sconosciuto, la prudenza non era mai troppa.

I fusti degli alberi altissimi e la bassa vegetazione intricata ne impedivano la vista tanto da renderlo praticamente invisibile ad un occhio poco attento. Lo aveva trovato seguendo un richiamo, una vibrazione sottile nella Forza che l'aveva attirata e guidata, facendosi sempre più intensa. Una volta superata la barriera degli arbusti, le si era presentato agli occhi un ambiente misterioso e affascinante, che aveva tutta l'aria di essere un antico tempio in rovina.

Quello che era rimasto dello spesso pavimento di pietra, aveva una forma circolare ed era decorato da mosaici variopinti, ormai in gran parte disgregati. Tutt'intorno giacevano grossi tronconi di colonne cadute, che erano diventate comodi appigli per le edere. Solo due, delle otto colonne, erano miracolosamente rimaste in piedi, sfidando le intemperie e lo scorrere del tempo, e ancora sorreggevano, fiere e slanciate, una lunga e pesante porzione di architrave ricurvo. Attorno ai fusti serpeggiavano liane e rampicanti.

C'erano anche i resti di una statua che contribuivano a donare a quel luogo sacro, ormai abbandonato, un'inquietante aura di mistero. Era difficile capire chi raffigurasse; tutta la parte superiore del tronco era mancante e ai suoi piedi giacevano pezzi di braccia e parte della testa i cui lineamenti e l'acconciatura elaborata parevano appartenere ad una donna.

Si sentiva bene in quel segreto angolo di giungla e, spesso, si rifugiava lì a meditare. Non sapeva se fosse mai stato un tempio jedi, o qualcosa di simile, ma la presenza della Forza era molto potente fra quelle pietre consumate dal tempo e faceva vibrare vivacemente i suoi sensi.

Era arrivata ormai la vigilia della partenza per Ilum e Rey avvertiva il bisogno di stare da sola. Non sapeva cosa avrebbe trovato su quel pianeta, se fosse tornata in tempo per unirsi ai suoi compagni o se avesse dovuto raggiungerli nel pieno di una battaglia. Si recò per l'ultima volta in quel luogo nella speranza di ricevere conforto alla sua inquietudine.

Si fece strada faticosamente tra le liane e gli arbusti e, finalmente, raggiunse la radura sulla quale sorgevano le rovine.

I pochi raggi del sole che filtravano attraverso le fronde fitte di quegli immensi alberi secolari, illuminavano l'ambiente di una calda luce dorata.

Salì su uno dei piedistalli che miracolosamente era rimasto integro, si sedette incrociando le gambe e chiuse gli occhi, raccogliendo le mani in grembo.


Respira...

Si disse, ricordando ciò che le aveva insegnato Luke.


Respira e trova il tuo centro. L'equilibrio...

Espanse i suoi sensi e finalmente riuscì a percepire l'energia che legava e permeava tutto ciò che le era attorno, la vita nascosta e pulsante di quella immensa foresta, la potenza delle onde che si infrangevano sulla costa, il vento impetuoso e il freddo pungente delle montagne a migliaia di chilometri di distanza, il calore avvolgente del giovane sole che scaldava da millenni la superficie del pianeta.

Si concentrò di più e riuscì a scorgere qualcos'altro, una vibrazione diversa, intensa e più familiare. Echi di emozioni confuse, voci concitate ma anche insicure e tremanti, che sussurravano incessanti nella sua mente; erano i suoi compagni, la sua famiglia. Il turbine di sensazioni che stavano provando in quel preciso istante, la investì con prepotenza, come una violenta folata di vento, facendola vacillare.

Riusciva a sentire la paura intrisa di coraggio di Rose, la rabbia e il desiderio di rivalsa di Finn, la fiera determinazione di Poe e perfino la speranza incrollabile, potente e luminosa, di Leia.

Improvvisamente si ritrovò al centro di quel vortice e c'era calma, pace e silenzio; tutto le ruotava attorno, come se fosse lei stessa il fulcro dell'equilibrio.

Si fece forza e si costrinse ad andare oltre, a guardare ancora più in profondità, senza temere quello che avrebbe trovato, e avvertì una sensazione diversa, del tutto inaspettata, che le fece corrugare la fronte. Impiegò un po' di tempo prima di identificarla, ma alla fine riuscì a metterla a fuoco e sussultò come se si fosse scottata: era dolore, intenso e straziante. Un urlo disperato che sembrava chiederle aiuto.

Spalancò gli occhi sconvolta quando si accorse che proveniva da un punto preciso molto vicino a lei. Si girò attorno spaesata, prima di comprendere che originava da qualcosa che aveva con sé. Frugò nella sacca che portava sempre appresso, fino a quando le sue dita non sfiorarono la fonte di quella sensazione.

China su se stessa, si ritrovò ad osservare mestamente le due metà opache del cristallo che aveva nella mano, pervasa da un pesante senso di sconforto.

Inspirò profondamente e l'aria frizzante, odorosa di muschi e di terra bagnata, sembrò ferirle i polmoni. Come quel kyber, si sentiva spezzata.

Ricordava perfettamente la sofferenza che aveva percepito provenire dal cuore della lama, prima che l'elsa esplodesse, sbalzando lei e Ben ai due lati opposti della sala della trono di Snoke. Era la stessa che percepiva in quel momento, sebbene più attutita. Era un dolore sordo, quasi rassegnato. Forse quel cristallo non si era spento del tutto...

L'anima di quella spada aveva chiamato lei, la figlia di nessuno. Era stata scelta per combattere al fianco dei ribelli e, improvvisamente, la sua insignificante e anonima esistenza su un pianeta dimenticato, era diventata importante, un bene prezioso. Toccarla aveva risvegliato qualcosa che era stato sempre presente dentro di lei, nascosto, latente, e che aspettava solo che gli venisse aperto un varco per manifestarsi.

All'inizio aveva rifiutato quella spada, terrorizzata dalle visioni che si erano scatenate nel momento in cui ne aveva sfiorato la superficie. Ma sulla base Starkiller, la disperazione di portare in salvo il suo amico, le aveva dato il coraggio di impugnarla e di sconfiggere Kylo Ren. Aveva accettato di riconsegnarla a Luke, credendo che spettasse a lui il compito di ripristinare l'equilibrio nella Galassia. Ma il suo entusiasmo si era infranto contro la disperazione di un uomo distrutto e disilluso. Quando si era decisa ad accettare quella pesante eredità credendo di esserne degna, pensando di poter riportare Ben Solo alla luce, aveva miseramente fallito, contribuendo a distruggerla.

Qual era il senso di tutto quello che era accaduto? Si interrogò per l'ennesima volta sul significato di quello che aveva vissuto, senza però riuscire a darsi una risposta che la soddisfacesse.

Il suo potere equivaleva quello di Ben a tal punto da risultare impossibile che uno dei due potesse prevalere sull'altro? La Forza non voleva vederli combattere? Il kyber si era sacrificato per evitare che potessero farsi del male?

Aveva lasciato Bespin pervasa da un nuovo entusiasmo, decisa ad affrontare la messe su Ilum con lo spirito di un vero jedi. La prospettiva di dover affrontare una prova dalla quale sarebbe tornata temprata, con un'arma degna di quel nome per affrontare con onore il Primo Ordine e soprattutto il suo oscuro Leader Supremo, le aveva donato speranza, le aveva dato uno scopo. Invece tutti i suoi nobili intenti si erano sgretolati davanti alla figura minuta di un ragazzino solo e spaventato. Quell'incredibile esperienza le aveva mostrato una dolorosa verità che non non avrebbe mai potuto ignorare: Ben non era semplicemente il jedi killer, un seguace del Lato Oscuro, lo spietato assassino di suo padre. Era soprattutto una vittima, come lei, di un disegno più grande, ingiusto e spietato. Questa consapevolezza, ai suoi occhi, lo poneva su un piano diverso, molto più umano. Era il figlio di Han, ma soprattutto di Leia, e questo contribuiva notevolmente ad aumentare la sua empatia. Se fosse stato chiunque altro, sarebbe stato più facile per lei costringersi ad essere spietata. Ma con lui non ci sarebbe mai riuscita.

Ben era in grado di suscitarle pietà e comprensione ma anche rabbia. Non lo odiava, di questo ne era sicura. Le sensazioni che investivano il suo animo, ogni volta che interagiva con lui, erano potenti ma contrastanti; avrebbe fatto di tutto pur di riportarlo alla luce, ma non si sarebbe tirata indietro se fosse stata costretta a fermarlo per sempre. Questa consapevolezza la terrorizzava, gettandola nella disperazione più cupa.

Forse c'era dell'altro che la legava a lui, c'era molto di più. Qualcosa di più profondo e viscerale che non era in grado di spiegare né, tanto meno, era pronta ad accettare.

L'unica certezza che aveva in quel momento era che non avrebbe mai potuto spezzare il legame che li univa. Era una sorta di condanna a cui era impossibile sottrarsi, ma era anche l'unico modo che aveva per comunicare con lui e tentare, forse per l'ultima volta, di farlo ragionare.

Improvvisamente non era più così entusiasta di partire per Ilum. Avrebbe dovuto sentirsi fiduciosa e sollevata. Eppure non riusciva ad essere positiva. Ricostruire la spada di Luke avrebbe voluto dire solo una cosa: che il loro scontro sarebbe stato inevitabile e mortale per uno dei due.

Se davvero lei era l'ultimo jedi, si sentiva sola ed inadeguata a fronteggiare un eredità così pesante. Mai, come in quel momento, avvertiva disperatamente il bisogno di una guida, di una luce che le mostrasse la via.

Un maestro...


È inutile che continui a fissare quel kyber spezzato. Non è piangendo su te stessa che cambierai la realtà.

Una voce dal tono pungente, che pareva provenire da lontano, quasi da un'altra dimensione, la fece sobbalzare. Saltò giù dal basamento e si guardò intorno agitata, senza riuscire a vedere nessuno.


Sei proprio sicura di non sapere cosa fare, Rey di Jakku?

La voce si fece più vicina, più chiara e riuscì a riconoscerla. «Luke!»

Una piacevole sensazione di sollievo la pervase. Continuava a guardarsi intorno nella speranza vana di vederlo, ma lei continuava ad essere l'unica persona presente al centro delle rovine.


Non è necessario che tu mi veda. Impara piuttosto ad ascoltare. Ascolta quello che la Forza ha da dirti, Rey.

«Maestro Skywalker, io... io sono combattuta. So cosa devo fare, ma temo le conseguenze delle mie azioni.»


Lo so. Hai studiato la lezione, ma ci sono cose che non puoi apprendere dai libri, nemmeno se si tratta dell'antico Codice dei Jedi.


Rey arrossì fino alla radice dei capelli, doveva immaginare che al suo maestro non sarebbe passato inosservato il suo piccolo furto su Ahch-To. Strinse le labbra e si fece coraggio: «La Resistenza conta su di me, Leia confida sul mio aiuto... e io ho paura di deluderli.»


Beh... non sarai di nessun aiuto finché non avrai completato il tuo addestramento... e adempiuto al tuo destino.

Rey replicò con disappunto. «E qual è il mio destino, Luke? Affrontare il Primo Ordine brandendo una nuova e splendente spada di luce e combattere contro di lui? È questo il mio posto nel grande disegno della Forza? Lo scopo della mia esistenza è quello di distruggere Kylo Ren o farmi distruggere da lui?» La sua reazione animata e disperata riuscì a suscitare la compassione del suo maestro che finalmente decise di palesare la sua presenza.

Luke Skywalker le apparve circondato da una lieve foschia. La sua immagine azzurrina e trasparente, era niente più che uno spettro luminoso nel buio della foresta. In piedi, accanto ad una delle colonne cadute, la osservava con un'espressione compiaciuta, come se si volesse prendere gioco di lei.

Rey lo studiò accigliata, mantenendosi sulla difensiva, era la prima volta che un Fantasma di Forza le si manifestava, non aveva idea se fosse lì per aiutarla o per confonderla ulteriormente.


Sii sincera con te stessa. Cosa ti spaventa realmente?

Lo spirito la scrutò con attenzione, come se fosse sotto esame, e se dalla sua risposta dipendesse la sua vita o il suo futuro.

Rey sospirò prima di dare sfogo alle sue insicurezze. «Perché la Forza continua a mostrarmi delle cose... immagini, ombre del passato, visioni del futuro prive di senso, se non addirittura contraddittorie? Perché non vuole vedere me e Ben combattere, ma ci rende incapaci di trovare un punto di incontro? Perché mi costringe a provare compassione per lui, se poi sarò costretta a fermarlo, per sempre, se necessario. Io non riesco a capire...» Sentì le lacrime scivolarle lungo le guance, ma non ebbe timore di mostrarsi, debole e vulnerabile, davanti al suo maestro. Era giunta ad un punto cruciale in cui pretendeva delle risposte e in qualche modo le avrebbe avute, anche a costo di sembrare patetica.

Luke le sorrise in modo benevolo, ma lei riuscì solo a sentirsi ulteriormente incompresa.


Hai paura di non essere in grado di ucciderlo, o di esserne capace nonostante quello che provi per lui?

Rey sgranò i grandi occhi ambrati, fissandolo con un'espressione smarrita. «Non lo so... Non so se quello che provo mi stia guidando nella giusta direzione. Ho paura di quello che sento. Vorrei non dover essere costretta ad affrontarlo di nuovo... ma so che sarà inevitabile. È solo questo che siamo: pedine in un gioco infinitamente più grande di noi?»

Lo spirito la guardò con compassione.


Rey, non è così che funziona. Credevo lo avessi compreso...

La Forza non ti costringe a fare nulla, non si diverte a giocare con te e, soprattutto, non mente. È un'energia che si trova al di sopra del bene e del male e non si piega a voleri egoistici.

Il suo unico scopo è quello di perseguire l'equilibrio, in qualsiasi cosa ci circonda... e lo farà, stanne certa, nonostante le tue visioni, il vostro essere nemici, nonostante i sentimenti che provi per lui. È questo che ti ostini a non capire...


Rey scosse la testa con le guance rigate di lacrime. «Allora non ho scelta... e uno di noi due è condannato» ammise con amarezza.


Tutt'altro. Abbiamo sempre la possibilità di scegliere. Sta tutta qui la differenza.

Sono le nostre scelte che determinano ciò che siamo, e plasmano il nostro destino.

Segui il tuo istinto, Rey. Esso saprà come guidarti...


In quello stesso istante lo vide svanire, così come le era apparso.

«Aspetta un momento... Luke!» Aveva ancora dei dubbi e tante domande, ma dovette rassegnarsi al fatto che quelle sarebbero state le ultime parole che avrebbe udito dal suo maestro.

Sospirò perplessa, tornando a guardare le due metà opache del cristallo che aveva continuato a stringere nel palmo della mano.


Seguire il suo istinto...

Era più facile a dirsi che a farsi. Non era mai stata più confusa in tutta la sua vita e l'idea di dover lasciare nuovamente la Resistenza le stava già creando un'ansia crescente.



* * *


Rey aveva pregato Leia di non rivelare tutti i dettagli della sua missione ai membri della Base, ma per i suoi amici più stretti, il generale Organa aveva dovuto fare un'eccezione. Finn era stato il primo a farle il terzo grado sulla sua partenza imminente e aveva dovuto faticare parecchio per rassicurarlo e, soprattutto, per convincerlo che era una questione da jedi e che, suo malgrado, doveva starne fuori. Già sentiva la mancanza della sua esuberanza e allegria.

L'ex stormtrooper si era offerto di aiutarla a rifornire il Falcon di viveri e carburante, reperendo l'attrezzatura per affrontare i rigori di quel pianeta impervio. Sapeva che sarebbe stato in pensiero, ma per fortuna poteva contare su Rose, lei lo avrebbe consolato adeguatamente durante la sua assenza. Ma ben presto Rey si rese conto che Finn non era il solo ad essere seriamente preoccupato per lei.

Poe bussò un paio di volte con le nocche allo stipite della porta del suo alloggio, che aveva lasciato aperta. «Posso entrare?» chiese incerto, rimanendo fuori dal piccolo locale e aspettando un suo cenno.

Rey smise per un istante di preparare la sua sacca, si girò verso il pilota e lo rassicurò benevola. «Certo.»

Il giovane comandante si avvicinò lentamente continuando ad osservare i suoi gesti. «Hai bisogno di aiuto? Ti serve qualcosa?» ruppe il silenzio che sembrava metterlo in imbarazzo.

«No, ti ringrazio.» Si sentì in dovere di rassicurarlo vedendolo inquieto.

Poe esitò, ed infine disse quello che lei si aspettava di sentire. «Lascia che venga con te.» La voce del pilota pareva incrinata, il suo tono era stranamente docile, ma a Rey non sfuggì una velata sfumatura di apprensione.

Scostò lo zaino e lo fissò con gentilezza. Era carino, da parte sua, offrirsi di affiancarla, ma sentiva che quella strada doveva percorrerla da sola. Luke era stato molto chiaro, doveva seguire il suo istinto e quella era una sfida che non poteva evitare.

«Temo che questo non sia possibile. Viene già Chewbe con me, e solo perché nessuno, meglio di lui, conosce il Millenium Falcon» cercò di spiegargli con cautela, evitando di ferire il suo orgoglio, «ma è qualcosa che devo affrontare con le mie sole forze.» Fu molto schietta e lui annuì evitando per un istante i suoi occhi.

In un'altra situazione non le sarebbe dispiaciuto il suo aiuto. Come era già accaduto con Finn, anche quel ribelle un po' sbruffone ed impertinente, era diventato un amico, oltre che un fedele alleato. «E poi, Leia non può rinunciare al suo vice comandante e, soprattutto, ad un pilota del tuo calibro. Non in questo momento» gli rammentò speranzosa.

Poe non la contraddisse ma continuava a fissarla intensamente, come se sentisse il bisogno di togliersi un peso e non ne avesse il coraggio.

Rey riprese a sistemare la sacca ma la mano forte del pilota la afferrò per il polso, costringendola a fermarsi. «Rey, cosa ti succede?» Quella domanda inaspettata ebbe il potere di farle gelare il sangue.

«Che cosa vuoi dire?» Ritirò il braccio, liberandosi con forza dalla sua presa e riservandogli un'occhiata accigliata. Non poteva credere che i suoi amici avessero intuito qualcosa sul suo segreto e cercò di nascondere l'angoscia che le stava crescendo dentro.

«Da quando sei tornata da Bespin, non sei più la stessa. È accaduto qualcosa laggiù.» Le parole di Poe erano schiette e non lasciavano margine a dubbi.

«Ti sbagli. Non è successo niente. Niente di importante» tenne a precisare immediatamente, corrugando la fronte e stringendo i pugni, ma già sentiva il cuore impazzito martellarle nel petto.

Poe la scrutò ancora più a fondo e, mai come in quel momento, riuscì a farla sentire più a disagio. «È a causa sua vero? È per lui che sei così turbata. Che cosa ti ha fatto?»

Rey sentì il terreno franarle sotto i piedi, che cosa voleva insinuare? «Non so di cosa stai parlando» ribadì fredda, sperando di riuscire a farlo desistere da quella specie di fastidioso interrogatorio a cui la stava sottoponendo.

«Vuoi farmi credere che Ren non ti abbia fatto del male? Rey, ti ha torturata! Ha penetrato la tua mente, ti ha estorto delle informazioni con la Forza, come ha fatto con me... Ricordi? Siamo compagni di torture**. So cosa si prova.»

Lei assottigliò lo sguardo fissandolo cupa. «No, non lo sai. E comunque, come me non è stato così spietato e violento.» Si maledì subito dopo averlo detto. Che cosa le stava succedendo? Aveva sentito il bisogno di difendere Kylo Ren davanti a un suo compagno e già sapeva che quelle parole avrebbero suscitato la sua perplessità, ma questo non era bastato a farla desistere. Da quando aveva un drastico metro di paragone con le torture di Snoke, si era resa conto che Ben, ci era andato davvero leggero con lei. La prima volta che le aveva invaso la mente era stato doloroso e umiliante, ma lei era stata subito in grado di contrastare le sue intrusioni, riuscendo persino a sopraffarlo. Con Snoke si era sentita completamente violata e paralizzata ed era stato orribile. Scosse la testa per scacciare quel ricordo doloroso e si accorse che Poe la stava fissando con rammarico. «Kylo non può più farmi del male. Dimentichi che l'ho sconfitto per ben due volte» gli ricordò sforzandosi di restare impassibile.

Il pilota sospirò esausto. «Scusami. Non volevo insinuare nulla, né costringerti a ricordare. Ma se c'è qualcosa che ti sta turbando, qualcosa di cui hai paura... di me ti puoi fidare e farò il possibile per aiutarti» insistette, nella speranza di spingerla ad aprirsi, ma lei si dimostrò irremovibile.

«Ascolta, so che siete tutti preoccupati per me. Ma non dovete, davvero. Il vostro compito è quello di restare accanto a Leia, proteggerla e infonderle coraggio. Per lei si avvicinano tempi molto difficili. Io saprò come cavarmela.»

Poe le rispose con un cenno del capo. «Sii prudente» aggiunse, anche se era palese che non se la fosse bevuta.

Rey sospirò. Apprezzava che si preoccupasse per lei, ma riteneva il suo coinvolgimento eccessivo e anche fastidioso. Di questo se ne rammaricava, ma non poteva mentire a se stessa.

«Porta con te BB–8, so che non è molto, ma potrebbe esserti utile.» Poe le riservò un sorriso tirato, porgendole la mano.

Rey annuì. «Ti ringrazio» accettò decisa, sollevata dalla consapevolezza che quella conversazione si stesse avviando al termine. Osservò le sue dita tozze ed il palmo calloso, strinse la mano del pilota con gratitudine, costringendosi a guardare avanti, a ciò che la aspettava.

Quando finalmente Poe lasciò il suo alloggio poté restare da sola e in pace, con l'unica compagnia dei suoi pensieri.

Tutta quella situazione le stava provocando un pericoloso scombussolamento interno. Non aveva idea di cosa l'attendesse su Ilum e che genere di prova avrebbe dovuto affrontare, sentiva solo il bisogno disperato di confidarsi con qualcuno che la potesse capire, l'unica persona simile a lei, nella galassia, con la quale avrebbe potuto confrontarsi degnamente. La più distante ma, per fortuna, non più irraggiungibile.


Segui il tuo istinto, Rey...

Era quello che avrebbe fatto. Le bastò pensare intensamente a lui per percepire accanto la sua presenza e si accorse che era bellissimo e spaventoso allo stesso tempo. La Forza vibrò tutto intorno per creare il legame e, questa volta, fu felice di lasciarsi andare.



*


Posizione: Territori dell'Orlo Esterno – Settore Lothal - Orbita del pianeta Atollon - Star Destroyer Finalizer – Plancia di comando



Ren sbatté le palpebre scosso da un sottile tremito nella Forza che gli pervase tutto il corpo. Lei era vicina, la sentiva, riusciva persino a percepirne l'odore. Lo stava chiamando.

Era in piedi, al centro della plancia di comando del Finalizer, gremita di ufficiali e subalterni, e subito si sentì fortemente a disagio. Era la prima volta che succedeva quando era circondato di persone e provò uno spiacevole senso di fastidio.

Lasciò la guida della plancia al generale Hux, che si ostinava a guardarlo in cagnesco dopo il loro ultimo cordiale scambio di opinioni, e si ritirò nel privato della piccola sala tattica adiacente.

La giovane jedi gli apparve agitata e non poté fare a meno di studiarla incuriosito, prima che lei si accorgesse della sua presenza. Stava armeggiando con una sagoma sfocata che purtroppo lui non poteva distinguere. In passato, quando i loro corpi erano entrati in contatto, era riuscito a scorgere qualcosa in più del suo ambiente circostante, ma si era trattato solo di ombre, non di immagini nitide; sensazioni più che visioni. Riuscire a percepire totalmente il suo spazio gli avrebbe richiesto uno sforzo immane che poteva danneggiarlo seriamente. Non avrebbe mai rischiato la vita per stanare una manciata di ribelli, seppur pericolosi. Quello era lo spiacevole compito di Hux.

«Sei indaffarata. E nervosa» notò compiaciuto, si sarebbe divertito un mondo a metterla a disagio.

Rey sussultò appena, sentendo la sua voce. Anche se il loro rapporto aveva fatto dei piccoli progressi, sentiva chiaramente che non riusciva ancora ad abbassare la guardia quando era in sua presenza. Ormai non aveva bisogno di entrarle nella mente per capire certi suoi atteggiamenti.

La giovane si voltò e gli diede attenzione. Lo osservò stupita piegando leggermente la testa da un lato, come se non riuscisse a credere a chi aveva di fronte. «Che è successo ai tuoi capelli?» Lo prese alla sprovvista, notando che li aveva leggermente accorciati***.

Ren sgranò gli occhi sorpreso, non pensava che se ne sarebbe accorta, credeva che il suo aspetto fisico non le interessasse o che addirittura la disgustasse. Aveva sempre avuto un pessimo rapporto col suo corpo, e soprattutto col suo viso, ed era drasticamente peggiorato dopo che lei lo aveva sfregiato. Subito si mise sulla difensiva. «Da quando ti interessi delle acconciature dei tuoi nemici?» replicò infastidito.

Rey gli sorrise addolcendo lo sguardo, ignorando il suo sarcasmo. «Stai meglio» commentò addirittura divertita, aggrottando la fronte. «Hai un'aria, come dire... più autorevole e matura» sentenziò poi, fingendosi seria. «Stai entrando in sintonia con il tuo ruolo di dittatore?»

Kylo storse il naso. Cosa voleva insinuare? Che prima sembrava un ragazzino isterico? Aprì la bocca, pronto a ribattere a tono, ma si bloccò prima di dire qualche sciocchezza. In altri tempi non avrebbe perso l'occasione per darle una lezione, ma adesso c'era qualcos'altro che gli premeva sapere e che aveva la priorità. Non aveva intenzione di sprecare del tempo prezioso a litigare.

Prese un lungo respiro per calmarsi e cambiò completamente discorso: «C'è qualcosa che ti preoccupa.» Andò dritto al punto, come era suo solito, senza inutili giri di parole.

Rey si scosse appena e si accorse che aveva colpito nel segno. «Sei molto perspicace...» reagì con ironia.

«Ho sentito la tua inquietudine e il tuo richiamo.»

La vide temporeggiare, indecisa se rispondere o meno, e quel silenzio ostinato aveva il potere di farlo innervosire ancora di più. «Ti hanno assegnato un'altra patetica ed inutile missione per la Resistenza, immagino...» ipotizzò senza celare il suo disappunto per quella situazione. Non le aveva mai nascosto di ritenere il suo immenso potere sprecato, al servizio dei ribelli. L'aveva sempre voluta con sé. «Oppure... vi state preparando ad attaccare?» la provocò per sondare le sue reazioni.

La vide sospirare per prendere coraggio. «Non proprio... è qualcosa che riguarda me.»

Kylo iniziò a preoccuparsi. Il turbamento che aveva percepito era profondo e, in un certo senso, riguardava anche lui. Doveva vederci chiaro o avrebbe dato di matto. Ormai credeva di conoscerla abbastanza bene da capire i suoi meccanismi mentali, non poteva estorcerle nulla con la Forza, doveva giocare d'astuzia. «Luke non ti dà tregua. Sarà ansioso di completare il tuo addestramento. Sapevo che sarebbe stato più fastidioso da morto che da vivo.»

Nell'udire quel nome Rey si rabbuiò. «Smettila di rivolgerti a lui con disprezzo, non credi che abbia pagato abbastanza per il suo errore? Non ti fa onore continuare a rinnegarlo, è stato anche il tuo maestro!»

Ren digrignò i denti; era irritante e completamente fuori luogo, il suo pietoso tentativo di difenderlo, nonostante sapesse perfettamente la verità sul suo conto. «Un maestro molto capace...» ironizzò, ricordando con ribrezzo i bei tempi in cui era padawan e doveva sorbirsi le sue patetiche paternali in giro per la galassia.

Rey esitò qualche istante e gli diede l'impressione che volesse liberarsi da un peso immenso. «Ilum» gli confessò, quasi sottovoce. «Sono diretta su Ilum» ribadì e seguì un lungo silenzio.

Ren non riusciva a crederci, Rey gli aveva appena rivelato la destinazione della sua missione, senza battere ciglio, ed era un errore che le poteva rivelarsi fatale. Sempre che di errore si fosse trattato. L'ex scava rifiuti non era una stupida e questa sua apparente debolezza stuzzicava in modo abnorme la sua curiosità.

«Oh! La nostra aspirante ultima jedi è a caccia di cristalli» reagì meravigliato, dimostrando di aver compreso tutta la questione.

Rey non si sorprese e si limitò ad annuire per poi riprendere ad armeggiare con quello che aveva tra le mani, come se stesse conversando con un suo compagno, anziché col suo peggior nemico.

Ren le si avvicinò titubante, dilatando le narici e deglutendo a vuoto. Avrebbe tanto voluto sfiorarla ancora una volta prima di essere costretto a porre fine alla sua vita, ma in quel medesimo istante, un assurdo pensiero gli attraversò la mente, come un fulmine a ciel sereno. «Un momento. A che ti serve un cristallo se ti sei già appropriata della spada di mio nonno?» Rifletté preoccupato.

Rey alzò lo sguardo perplesso su di lui: «Non riesci ancora ad accettare che la tua spada abbia scelto me, vero?» precisò seccata, «e poi... pensavo che lo sapessi... non sei così onnipotente come credevo, Kylo Ren» si limitò a commentare, corrugando la fronte.

«Che sapessi cosa?» indagò lui turbato. Aveva ragione a supporre che ci fosse qualcosa di losco nel suo riavvicinamento.

Rey temporeggiò per qualche istante, come se temesse una sua reazione violenta, poi si decise ad aprirsi, anche perché non aveva molta scelta: «Che la tua tanto agognata spada si è spezzata, quel giorno, sul Supremacy... e con essa anche il cristallo. Credo che ormai sia perduto.»

Ren rimase impietrito diventando più pallido di quanto già non lo fosse. «Hai distrutto la spada di mio nonno...» sibilò torvo, e un fremito d'ira lo attraversò per tutto il corpo.

Lei reagì d'impulso accigliata. «Oh no! Si è spezzata quando hai cercato di riprendertela.»

«Sei tu che me l'hai strappata di mano, a tradimento, per poter correre da quella dannata feccia ribelle!» le urlò contro inferocito. Aveva quasi imparato a dominare gli scatti di rabbia, da quando aveva preso il comando del Primo Ordine, ma questo andava ben oltre i suoi buoni propositi.

Come aveva potuto non accorgersi di una cosa così grave? Quel giorno aveva commesso un errore dopo l'altro. Su Crait ci era arrivato completamente fuori di sé, e la vista di suo zio, non aveva fatto altro che peggiorare il suo stato mentale già pericolosamente instabile. La rabbia lo aveva completamente accecato. Aveva visto chiaramente Luke brandire quella spada, evidentemente anche quella era stata una vile proiezione della Forza per confonderlo.

Non si era accorto nemmeno che sua madre era sopravvissuta all'esplosione del Raddus e che si trovava anch'essa nella miniera di Crait. Aveva scoperto la verità solo entrando nel covo ormai violato, quando aveva raccolto i dadi dorati con cui amava giocare da piccolo e che gli si erano dissolti tra le dita. Sua madre gli aveva lasciato un messaggio ben preciso che soltanto lui avrebbe potuto capire.

«Vuoi darti una calmata? L'elsa l'ho già riparata, mi occorre soltanto un nuovo cristallo.» Il tono severo di Rey lo riportò brutalmente alla realtà.

Ren ignorò completamente le sue parole. La rabbia che gli stava montando prepotente dentro, gli fece compiere una mossa stupida e azzardata: doveva scoprire dove si trovava la jedi in quell'esatto istante, e poi avrebbe ordinato ad Hux di bombardare il suo nascondiglio fino a ridurre tutto in cenere. Si concentrò ed usò la Forza per visualizzare quello che aveva attorno. Abusò del suo potere all'estremo, fino a quando non gli apparve in modo nitido il suo ambiente, nient'altro che uno scarno e malridotto alloggio che poteva trovarsi su qualsiasi buco di un pianeta di frontiera. Si costrinse ad andare oltre, al di fuori di quelle sudicie pareti, per scrutare ciò che c'era all'esterno e ricavare qualche indizio in più, qualunque cosa potesse rivelargli la sua posizione. Vide degli alberi, una fitta e immensa foresta che si perdeva all'infinito, un unico sole, ma dovette fermarsi, stremato e furioso, quando sentì le gambe cedergli e mancargli il respiro. Si piegò su se stesso ansimando, bramando l'aria come se fosse riemerso da un'interminabile apnea, dovette appoggiarsi ad un supporto che aveva accanto per evitare di rovinare malamente a terra.

La reazione di Rey lo sorprese. «Ben, che ti succede?» esclamò preoccupata avvicinandosi a lui. Se avesse saputo le sue vere intenzioni sarebbe fuggita inorridita.

Sollevò subito una mano nella sua direzione per tenerla lontana. Si prese qualche istante per riprendersi, sotto il suo sguardo allarmato, poi si sollevò di nuovo, sovrastandola con la sua notevole altezza. «Pagherai anche per questo, scava rifiuti» riuscì solo a sibilare con le labbra tremanti per la rabbia e la vergogna di aver sfiorato il suicidio, pur di stanarla.

La reazione della jedi non si fece attendere. «Lo vedremo. Troverò il mio cristallo, ricostruirò la spada e poi sistemeremo la questione tra noi, e stavolta definitivamente.»

Ren colse tutta la sua volontà di non apparire debole e ridicola ai suoi occhi. Questo da una parte lo inorgogliva, ma dall'altra alimentava a dismisura il suo istinto omicida. Non sapeva se avrebbe potuto farle del male, durante un legame di Forza, ma in quel momento ci avrebbe volentieri provato, anche se probabilmente avrebbe rischiato di nuovo la pelle.

A quella presuntuosa dichiarazione non si scosse: «Certo. Sai già tutto. Sai sempre già tutto» si limitò a commentare asettico, senza cambiare espressione.

«Ho decifrato l'Antico Codice Jedi, e con esso, il rituale per assemblare una spada. Questa volta sei spacciato!»

Ren trattenne a stento una risata: «Fino a qualche tempo fa non sapevi neanche che esistesse un'intera galassia al di fuori del tuo patetico microscopico mondo e ora credi di saper padroneggiare tutta la sapienza dei jedi? Tu non sai proprio niente» la derise spietato avvicinandosi ancora di più.

Rey indietreggiò ma non cedette, poteva leggere chiaramente nella sua espressione fiera e arrogante, che non gli avrebbe dato la soddisfazione di riuscire a intimorirla.

Assottigliò lo sguardo per studiarla meglio ed un'idea azzardata, quanto assurda, gli attraversò la mente. L'avrebbe uccisa, su questo non aveva alcun dubbio, ma non poteva battersi con lei se non aveva nemmeno un arma per difendersi, sarebbe stato troppo facile. Sfidarla su Ilum o su qualsiasi altro dannato pianeta non avrebbe fatto differenza, gli serviva solo un potente catalizzatore della Forza. Prima di prendersi la sua vita si sarebbe tolto la soddisfazione di darle una lezione.

«Dove hai preso quei libri? Te li ha dati Luke?» La provocò a bruciapelo.

Quella inaspettata domanda riuscì a disorientarla. «In un certo senso...» Farfugliò, senza scendere nei dettagli, distogliendo lo sguardo imbarazzato da lui.

Ren sorrise sottilmente. «No. Li hai rubati» sentenziò compiaciuto, come se fosse una cosa ovvia, l'unica che potesse aspettarsi da lei.

Rey arrossì. «Li ho solo... presi in prestito. Ma li rimetterò al loro posto, non appena questa storia sarà finita.»

«Oh, certo, non ne dubito» ironizzò, arricciando le labbra e incrociando le braccia al petto. «Purtroppo per te su quei libri non c'è scritto tutto quello che devi sapere, e che dovresti apprendere con la pratica e l'esperienza, e cioè con un degno addestramento.»

Rey ansimò, stava riuscendo in pieno nel suo intento di innervosirla e ne fu felice. Sogghignò e tornò all'attacco. «Come immaginavo. Luke ha fallito anche con te» la provocò, sapendo che l'avrebbe spinta ed abbassare la guardia.

«Mi ha insegnato abbastanza.»

«Non è vero.»

«Non sei il mio maestro, non puoi sapere se sono diventata più potente di te.»

Ren ridacchiò trionfante, aveva scoperto il suo punto debole e l'avrebbe sfruttato a suo piacimento. «Scommetto che non ti ha detto nulla, a proposito del cristallo spezzato...»

«Mi ha... accennato qualcosa...» Dal modo in cui Rey indugiò e distolse lo sguardo, capì che aveva mentito per non esporsi totalmente al suo scherno.

«Non è vero. Non ha esitato a spedirti su Ilum ma non ti ha rivelato che il Kyber di suo padre non potrà mai spegnersi del tutto.» La spiazzò con una punta di sadismo.

Rey sussultò appena, sgranando gli occhi per la sorpresa, rimanendo interdetta, confermandogli che ne fosse totalmente all'oscuro.

«Come pensavo...» sorrise compiaciuto. «Luke non è stato del tutto sincero con te. Ma questo farebbe di lui un pessimo maestro, non è così? E tu non lo ammetteresti mai.»

«Sei un bugiardo» gli sibilò con disprezzo e questo non fece altro che alimentare il suo senso di superiorità verso di lei.

«Fammi vedere il Kyber e te lo dimostrerò.»

Rey gli riservò una smorfia di sdegno, prima di frugare nella sacca in cerca dei resti del cristallo. Appena li ebbe trovati, sporse la mano verso di lui, aprì il palmo e ne svelò il contenuto.

Ren stavolta non dovette sforzarsi, tutto ciò che entrava in contatto con i loro corpi gli appariva chiaramente. Nella minuta e ferma mano di Rey poteva vedere le due metà del Kyber appartenuto a suo nonno, opache e leggermente annerite ai bordi.

Non aveva la certezza che quello che aveva in mente si sarebbe potuto verificare, ma era sicuro che era determinante il potere e la vicinanza di Rey.

Si sfilò il guanto dalla mano destra e avvicinò i polpastrelli delle dita ai due pezzi del Kyber, fino a sfiorarne la superficie fredda e liscia.

Il cristallo reagì immediatamente al suo tocco. Ren riuscì a percepire una debole fonte di calore e poi, finalmente, le metà iniziarono a schiarirsi fino a riprendere debolmente a brillare. Era una luce fioca, intermittente e malata, ma abbastanza evidente da far sgranare gli occhi di Rey.

Non appena allontanò le dita dal cristallo questo ritornò ad essere opaco e apparentemente quiescente.

Rivolse alla jedi sconvolta lo sguardo fiero e compiaciuto. «Lascia perdere Ilum. Per riportare in vita un Kyber è sufficiente la vicinanza di un catalizzatore della Forza, e qualsiasi tempio jedi lo è» le spiegò serio e la soddisfazione di averle impartito la prima lezione, gli arse nel petto come una fiamma prorompente.

Rey scosse la testa. «È incredibile...» riuscì solo a mormorare ancora incredula. Finalmente era riuscito a farle abbassare la cresta.

«Ora, apri bene quelle tue arroganti orecchie da jedi, perché non te lo ripeterò una seconda volta: ci incontreremo tra un giorno esatto nell'orbita di Jedha. Da lì ti fornirò le coordinate per il punto d'atterraggio.»

Rey fece finta di non aver sentito l'insulto. «Jedha?» Ripeté, quasi estasiata, aggrottando la fronte.

«Ne avrai sentito parlare spero, dall'alto della tua sapienza...» aggiunse, trattenendo una risata.

Rey soffiò infastidita: «Smettila di prendermi in giro. Certo che ne ho sentito parlare, sono cresciuta all'avamposto di Niima, non isolata su un eremo» precisò esasperata.

«Ti aiuterò a riattivare la spada e poi... ti dimostrerò chi è il più potente. Questa è una faccenda che riguarda solo noi due, perciò dovrai venire da sola, o non esiterò a richiamare il Finalizer e ordinare il fuoco sui tuoi tanto cari amici» la minacciò senza mezzi termini.

Rey si prese un paio di secondi per riflettere, studiandolo accigliata: «Magari sei tu che mi stai tendendo una trappola. E sarò io a ritrovarmi tutto il Primo Ordine schierato ad attendermi.»

Kylo le riservò un mezzo sorriso diabolico: «Temo proprio che dovrai fidarti se vuoi rimediare al tuo errore. Oppure puoi sempre ripiegare su Ilum e farti guidare dalla Forza attraverso costoni e crepacci ghiacciati... io ti aspetterò all'ingresso del tempio» alzò le mani come per disimpegnarsi. Ovviamente la riteneva perfettamente capace di procurarsi un cristallo, ma non poteva permettere che la spada di suo nonno andasse perduta.

La jedi digrignò i denti nervosa. Era palese che la cosa la tentava, era sicuro che se ci fosse stata anche una sola possibilità di rimediare a quel guaio non avrebbe esitato, ed era altrettanto sicuro che l'idea di sfidare i rigori di Ilum, non la allettasse per niente, ma capiva anche quanto fosse difficile, per lei, valutare fino a che punto poteva fidarsi.

«Perché proprio Jedha? Credevo che ogni traccia della presenza della religione jedi fosse stata spazzata via dal disastro minerario****.» Rey si dimostrò inaspettatamente curiosa.

Ren la guardò con sufficienza. «Non tutta.» Rimase volutamente sul vago, ci avrebbe pensato la visione di ciò che era rimasto del pianeta ad offrirle le risposte che cercava.

La vide riflettere seriamente. «Anche se decidessi di fidarmi, per me non sarà così semplice. Non mi lasceranno mai partire senza un minimo di supporto. A questo non hai pensato?»

«Sono sicuro che saprai trovare una menzogna abbastanza convincente. Stai diventando brava in queste cose» le suggerì ironico, sorridendo tra sé.

«E tu, invece? Che scusa troverai per svignartela dal Primo Ordine nel pieno di una guerra» lo attaccò scaltra, stringendo lo sguardo e puntando i pugni ai fianchi.

Ren sogghignò: «Sono il Leader Supremo, non ho bisogno di chiedere permessi» la redarguì, alzando un sopracciglio.

«Certo, un despota può fare quello che vuole. Attento però, perché i tuoi, di amici, potrebbero approfittarne per tagliarti fuori dai giochi» lo provocò velenosa. Evidentemente non ci voleva una mente geniale per capire che, come Leader Supremo, sarebbe durato ancora per poco.

«E questo da cosa lo hai dedotto?» si dimostrò ferocemente curioso.

«Non avresti bisogno di dormire con la spada laser dentro al letto, se ti fidassi ciecamente dei tuoi uomini» ridacchiò risoluta, aveva dipinta in viso la soddisfazione di avergli rifilato un colpo basso.

Ren ringhiò mostrandole i denti, non le avrebbe mai permesso di umiliarlo un'altra volta e passarla liscia. «Beh, anche tu hai di che preoccuparti. Non sei proprio quella che vuoi far credere di essere. Puoi continuare a prendere in giro quella massa di idioti che chiami amici, ma non me.»

«Che cosa speri di insinuare?»

«Subito dopo l'esplosione del Supremacy ero incosciente, inerme, avresti potuto uccidermi...»

«Ma non l'ho fatto...» si difese, anticipandolo.

«Esatto. Avevi la mia spada, potevi darmi il colpo di grazia e dopo fuggire. Era questione di attimi. Cosa ti ha trattenuta dal farlo, Rey?» La jedi lo fissò con un'espressione smarrita ed era bellissimo vederla confusa e a disagio. «Mi hai permesso di arrivare su Crait. Si può dire che tu sia stata mia complice. Come credi che reagirebbero i tuoi amici se sapessero che hai avuto l'occasione di eliminare il Leader Supremo, il mostro sanguinario che terrorizza la Galassia e non lo hai fatto? Qual è la tua giustificazione Rey?» Rise soddisfatto.

Lo sconvolgimento della jedi si tramutò velocemente in disgusto. «Non riuscirai a farmi sentire un mostro come te» sibilò tra i denti, trattenendo con orgoglio le lacrime. «Vuoi davvero sapere il perché? Non ucciderò mai una persona inerme e incapace di difendersi, anche se dovesse trattarsi del mio peggior nemico.»

Ren affilò lo sguardo. «Quindi ammetti di provare qualcosa, inutili sentimentalismi...»

La vide scuotere il capo. «Provo pietà per te. Per quello che ti hanno fatto. Ma il torto che hai subito non ti autorizza ad odiare e a desiderare la morte di chi non ha saputo comprenderti e aiutarti. Fino a quando ti ostinerai a rimanere sulle tue posizioni tra noi non ci potrà mai essere un punto di incontro, Ben.»

«Smettila di chiamarmi così.»

«È il tuo nome.»

«Non lo è più.»

«Non ti basterà farti chiamare Kylo Ren per cancellare chi sei. Come non è servito nasconderti dietro una maschera.»

Il viso troppo pallido di Ren fu scosso da uno spasmo nervoso. Faticò a tenere a bada il desiderio di metterla a tacere con la Forza ma si impose di calmarsi, obbligandosi ad essere razionale. Quella piccola ipocrita era diventata più scaltra, di questo gliene dava atto, ma in quel preciso istante, il desiderio di farle rimangiare ogni singola parola che aveva pronunciato, gli faceva ardere il sangue nelle vene come mai gli era accaduto nella vita. Avrebbe goduto immensamente nel trafiggerla, chiudendo definitivamente quella spiacevole parentesi tra loro.

«Tra un giorno esatto, nell'orbita di Jedha» le ricordò fremente, soffiando dalle narici con aria di sfida. «Rivoglio la mia spada intera e funzionante e per questo mi serve il tuo potere» la minacciò sottilmente, «e dopo che ti avrò uccisa, me la riprenderò.»



___________________


Note:


Questa volte le note saranno un po' lunghe e noiose. Perdonatemi <3


* Il fatto che Snoke avesse fatto credere a Kylo che Vader gli parlasse attraverso il casco è una mia invenzione, una supposizione per spiegare il perché nel film non lo vediamo mai interagire veramente con lo spirito del nonno. Nella mia mente perversa ho pensato che fosse il suo ennesimo modo di circuirlo e fargli credere che Vader fosse potente solo nel Lato Oscuro.


** Questa affermazione di Poe non è una mia invenzione ma lo dice chiaramente nel fumetto Poe Dameron #27.


*** Ok questa è un po' azzardata... e sicuramente verrò smentita. Questa scenetta l'avevo scritta quando giravano delle foto di Adam a giugno, coi capelli abbastanza corti. Pensando che le riprese fossero imminenti credevo che il Leader Supremo avrebbe avuto un aspetto più maturo e posato in ep.9 dando credito anche ai rumors su un salto temporale notevole rispetto a ep.8. In realtà lui e Daisy hanno iniziato a girare più avanti e precisamente lo stanno facendo in questo periodo (non sono preoccupata all'inverosimile, no. Proprio per niente ^ ^') e le ultime foto di Adam Driver confermano che la sua chioma fluente è intatta. Ho deciso lo stesso di lasciare questo scambio di battute, un po' per sdrammatizzare la tensione tra loro, ma anche per far capire al Leader Supremo che Rey lo guarda eccome XD anzi gli fa la radiografia XD XD Fine del momento idiota ^^'


**** La notizia che Jedha fosse stata distrutta da un disastro minerario era ovviamente una menzogna che aveva divulgato l'Impero per tenere nascosta l'esistenza della Morte Nera. Rey essendo vissuta in un avamposto sapeva esclusivamente le notizie parziali e frammentarie che portavano i forestieri, come il fatto che Han fosse il contrabbandiere e non l'eroe di guerra.


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Capitolo 5
*** Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha ***


Cap. 2.3 - Il segreto di Jedha


«L'ho vista di nuovo, maestro.»

«Chi?»

«Lei, la ragazza... Era qui con me, poco fa.»

«Eri incosciente poco fa. Quando Yancey ti ha trovato eri solo.»

«Ti dico che l'ho vista, mi ha parlato, mi ha toccato.»

«Siamo in luogo sacro, una visione della Forza può sembrare talmente reale da indurti a confonderla con la realtà. Non farti trarre in inganno, ragazzo.»

«Anche tu, come mia madre, ti rifiuti di credermi. Era qui, ti dico! È stata lei ad aiutarmi!»

«Riprendi il controllo Ben. Non lasciare che tue emozioni prevalgano sulla ragione.»

«... »

«D'accordo, descrivimela.»

«Aveva un viso dolce, gli occhi grandi e sorridenti, e una voce gentile. Era esile ma forte. Indossava degli abiti umili, di lana grezza... ma il suo aspetto non era trasandato come quello dei pellegrini.»

«Che cosa voleva?»

«Non lo so. Era sorpresa di vedermi. Sembrava quasi che avesse paura di me. Poi ha notato che ero bloccato dalle rocce e mi ha liberato.»

«Ti ha detto il suo nome?»

«No. Ma io lo conosco. Rey. Il suo nome è Rey.»




Cap. 2.3 – Il segreto di Jedha



Posizione: Territori dell'Orlo Mediano, Settore Terrabe - Sistema NaJedha - Orbita di Jedha


Il Falcon uscì dall'iperspazio con uno scossone più violento del solito. Un paio di allarmi presero a suonare freneticamente e numerose spie luminose iniziarono a lampeggiare impazzite sul pannello di comando.

Rey sbuffò esasperata, senza sapere dove mettere le mani. BB–8 si mise subito in agitazione rotolando a destra e a manca e contribuendo a mandarla ancora più in crisi.

Accidenti. Ci risiamo!

Pensò irritata, lasciando la cabina di guida come una furia, mentre cercava di capire, per l'ennesima volta, quale fosse il problema. Quel dannato pezzo di ferraglia ne aveva sempre una e la cosa iniziava ad essere scoraggiante.

Dopo una rapida analisi, supportata dal rapporto del piccolo droide, collegato col computer centrale del Falcon, comprese che, se voleva effettuare un altro salto nell'iperspazio e rimanere tutta intera, avrebbe dovuto riparare il sistema di raffreddamento dell'iperguida.

Sempre se Kylo non l'avesse uccisa prima.

Era davvero un brutto affare.

In quel momento, l'assenza di Chewbacca, si fece sentire più che mai.

Aveva dovuto faticare parecchio per convincere il suo copilota peloso a restare su Batuu, Chewbe aveva sbraitato e grugnito in tutti i modi possibili per cercare di distoglierla da quella follia, per non parlare di Finn, Poe e Rose, che erano rimasti perplessi ed ammutoliti difronte alla sua definitiva decisione di estromettere lo wookiee dalla missione su Ilum.

Non andava certo fiera del suo comportamento, ma in quel frangente era stata costretta a mentire, non lo avrebbe mai fatto se non fosse stata certa che era per una giusta causa; aveva inventato qualcosa a proposito di una visione mistica della Forza che la esortava ad intraprendere quel percorso da sola e, di conseguenza, nessuno aveva potuto obiettare, nemmeno il generale Organa.

Aveva lasciato a Finn il radio faro ad occultamento binario, con la muta preghiera di non farle domande, il suo lo avrebbe acceso solo se le cose si fossero messe male. La Resistenza avrebbe saputo che triste fine aveva fatto, che aveva mentito come un'idiota per andare a farsi uccidere da Kylo Ren, e i suoi amici avrebbero almeno potuto recuperare quel rottame e BB-8.

Lo sguardo preoccupato di Finn e quello più accigliato e sospettoso di Poe, erano le ultime tristi immagini che l'avevano accompagnata, mentre saliva sul mercantile per lasciare Batuu.

Attivò i sensori esterni, ma di Ben non c'era ancora alcuna traccia, e questo contribuì ad accrescere la sua inquietudine. Riparare il guasto all'iperguida non era una faccenda da poco e se, disgraziatamente, avesse dovuto allontanarsi velocemente da quella luna, sarebbe stata nettamente in svantaggio.

Improvvisamente qualcosa colpì lo scafo esterno del Falcon e la fece sussultare. BB-8 si mise subito in allarme. L'impatto non aveva causato danni significativi, ma che diamine stava succedendo là fuori?

All'ansia e al nervosismo che aveva accumulato, si aggiunse una nuova e strana sensazione, ed era qualcosa che aveva a che fare con la remota regione dello spazio in cui Ben le aveva dato appuntamento. Si rese conto, come una stupida, di non aver avuto nemmeno il tempo di accertarsi della sua reale posizione.

Tornò nella cabina di pilotaggio e il suo sguardo accigliato e avido, oltrepassò l'ampia vetrata del Falcon; quello che la vista le restituì la fece raggelare.

All'inizio le sembrò di essere capitata in un campo di asteroidi, e maledì mentalmente il momento in cui si era prestata a quella follia: un'infinità di rocce e detriti di svariate dimensioni fluttuavano nell'orbita intorno al pianeta e quasi lo nascondevano. Poi però guardò meglio e vide qualcosa che le straziò il cuore: l'unica luna di NaJedha, appariva immensa e gravemente ferita, nel buio dello spazio, la sua crosta superficiale era orrendamente squarciata*.

Quasi un quarto del satellite non esisteva più, come se fosse stato colpito da qualcosa di estremamente grosso e potente, proveniente dallo spazio esterno e non dalle sue profondità. Nell'emisfero in cui, un tempo sorgeva la Città Sacra, ora c'era un gigantesco cratere la cui voragine raggiungeva addirittura il nucleo incandescente.

Deglutì con angoscia nel pensare a quante vite innocenti erano state spazzate via, in pochi istanti, in quell'immane tragedia. Poteva ancora percepire l'immensa sofferenza che permeava quella regione dello spazio, come se le anime delle vittime innocenti non avessero mai abbandonato la casa che era divenuta la loro stessa tomba e gridassero vendetta. Si chiese come fosse possibile che un disastro minerario avesse potuto provocare una simile distruzione.

Attivò la scansione della superficie per testare le condizioni del suolo e accertarsi che l'atmosfera fosse almeno respirabile e quasi si ritrovò a rimpiangere le temperature gelide di Ilum. Non sapeva cosa aspettarsi da quella sconcertante scoperta e un brivido di paura la scosse fin nel profondo.

Perché Ben aveva scelto proprio quel luogo per tentare di riportare in vita il cristallo? C'era qualcosa che non le quadrava, in tutta quella faccenda, e voleva vederci chiaro al più presto. Su una cosa il Leader Supremo aveva ragione: in quell'angolo sperduto della Galassia, la presenza della Forza era particolarmente potente ed intensa, poteva percepirla chiaramente e faceva vibrare i suoi sensi come non le capitava da tempo.

Distolse lo sguardo da quella visione orrenda e dolorosa e sospirò, tornando mestamente nella hall centrale. Era irritata e nervosa; forse aveva a disposizione un po' di tempo per riparare il guasto, prima che l'illustrissimo si degnasse di presentarsi all'appuntamento.

In quel momento si rese conto che era davvero dura costringersi ad essere positiva: ma non voleva credere che Ben avesse cattive intenzioni, o peggio, che volesse incastrarla, anche se era ancora restia ad aprirsi totalmente verso di lui.

Durante le loro connessioni avevano avuto modo di riavvicinarsi, seppure lentamente, con difficoltà e diffidenza. Tra loro c'erano stati anche momenti molto intensi, ma era ancora troppo poco per potersi fidare di lui, visto come era andata a finire l'unica volta che gli aveva dato una chance.

Nonostante la sua naturale predisposizione all'ottimismo, per lei, Ben rimaneva colui che aveva giurato di distruggerla insieme a quel poco che era rimasto della Resistenza, che aveva quasi ucciso il suo amico Finn e che si ostinava a perseguire il totale controllo della Galassia, seminando morte e distruzione.

Non sapeva se sarebbe mai riuscita a condurlo verso la luce, Kylo Ren le aveva dimostrato di essere irremovibile sulle sue assurde posizioni vendicative; ma era altrettanto convinta che non avrebbe lasciato nulla di intentato. Avrebbe usato tutte le armi in suo possesso per fargli ricordare chi era veramente e aiutarlo a ritrovare se stesso e ciò che aveva rinnegato.


* * *


Circa un'ora dopo BB–8 corse ad avvertirla dell'arrivo di una nave appartenente al Primo Ordine, cinguettando animatamente, mentre lei era intenta ad ultimare le riparazioni.

Le mancavano ancora un paio di saldature e una stretta ai raccordi delle tubature di raffreddamento e l'iperguida sarebbe stata di nuovo operativa.

Non poté fare a meno di precipitarsi alla cabina di pilotaggio per dare un'occhiata. Ben si era presentato all'appuntamento a bordo dell'Y-Shuttle, le imponenti ali nere si stagliavano minacciose nel bagliore devastato di Jedha, come un oscuro predatore in attesa di assalire la sua preda.

Rey era abbastanza esperta di astronavi da sapere che ci volevano almeno tre copiloti per poterlo manovrare adeguatamente. Kylo era da solo, di sicuro aveva fatto largo uso dei suoi poteri.

Sbruffone.

Pensò, prima di aprire il canale di comunicazione e tornare al suo lavoro, al centro della hall, non poteva permettersi di perdere nemmeno un minuto prezioso. Sollevò l'ultimo pannello del pavimento e individuò l'ennesima ed ultima perdita da arginare.

Tra lei e Ben non c'erano stati più contatti, ma la minaccia di morte con cui lui aveva troncato la loro ultima connessione, non era riuscita ad impressionarla particolarmente.

Ci aveva messo dell'impegno per sembrare abbastanza spietato e implacabile, di questo gliene dava atto. Ma qualcosa, nel profondo, le gridava insistentemente che, il terribile Kylo Ren, il Leader Supremo del Primo Ordine, il Signore Oscuro della galassia, avesse abbandonato l'idea di farle la pelle già da un pezzo.

Sempre ammesso che l'avesse mai avuta.

Si era dimostrato fin troppo disponibile nei suoi confronti. Avrebbe potuto tranquillamente lasciarla alla sua missione su Ilum, ad affrontare il suo destino e lavarsene completamente le mani. Avrebbe potuto recuperare i resti del kyber di suo nonno in mille altri modi, molto più drastici e violenti. Invece le aveva rivelato l'inaspettata possibilità di riparare il cristallo.

Perché lo aveva fatto? Era questo l'interrogativo che più la tormentava.

Inizialmente aveva pensato che avesse voluto cogliere l'occasione per dimostrarle la sua superiorità e darle l'ennesima presuntuosa lezione. Ma andando più a fondo, nei suoi intenti, aveva scorto qualcos'altro. Il legame non le permetteva di sondare i suoi pensieri, ma le era sembrato che stesse cercando disperatamente un'altra occasione per incontrarla di nuovo, faccia a faccia.

Non poteva negare che anche lei, in fondo, lo desiderava. Il loro ultimo incontro reale era stato molto controverso ed intenso e risaliva al combattimento sul Supremacy, da allora era trascorso quasi un anno, ma le loro posizioni non erano sostanzialmente cambiate.

Nonostante tutto, aveva deciso di accettare il suo invito ad unire le forze per ricostruire il cristallo. Era una specie di dovere morale che andava oltre ogni possibile schieramento, e per lei era accettabile. Era come se entrambi stessero seguendo un richiamo, una volontà superiore che, per assurdo, non li voleva nemici.

«Ti avevo ordinato di venire da sola.» La voce di Ben risuonò minacciosa tra le pareti del Falcon e le fece l'effetto di una doccia gelata.

Ordinato? Non sei nelle condizioni di ordinarmi un bel niente!

Pensò subito, indignata, ma si morse le labbra prima di rispondere a tono. «Sono da sola» si limitò a sottolineare, calcando l'accento sulla prima parola. Non voleva partire con il piede sbagliato.

«I miei sensori rilevano la presenza di un'unità BB-8» precisò lui seccato.

«Non sapevo che considerassi i droidi alla stregua di persone» Rey lo disse sorridendo a quella piccola palla metallica che dondolava perplessa accanto a lei, «devo cominciare a preoccuparmi, Kylo Ren?» Poté solo immaginare la sua espressione irritata.

«Evita di chiamarmi così, se deve essere un ulteriore motivo per insultarmi o deridermi.»

A quella inaspettata esternazione Rey sussultò incredula. Davvero le aveva appena fatto capire che voleva che lo chiamasse Ben? Non sapeva se esultare o provare terrore. In effetti lei era l'unica persona a respirare ancora, dopo aver osato pronunciare il suo vero nome, in sua presenza. Possibile che non lo avesse rinnegato del tutto? «Come preferisci che ti chiami allora: Leader Supremo, Maestro dei Cavalieri di Ren, serpente assassino...» lo provocò divertita.

«Evita di chiamarmi. In qualunque modo» tagliò corto lui, indispettito. «Com'è che ce l'hai tu il droide di Dameron?» Lo sentì indagare con circospezione.

«Oh, me lo ha prestato per affiancarmi nella missione. Ti avevo avvisato che non mi avrebbero permesso di lasciare la Base senza un minimo di supporto» glielo spiegò senza smettere di rovistare in alcuni contenitori sgangherati, accatastati sul pavimento, per cercare una chiave idraulica. Mai, come in quel momento, fu più felice di rispondere ad una sua provocazione.

«Che pensiero gentile...» sibilò lui, tagliente come un rasoio.

Nell'udire il grugnito di disappunto che seguì, a Rey scappò un sorriso. «Che c'è, non sarai mica geloso?» lo punzecchiò con una punta di sarcasmo, mentre dava una generosa stretta ad un raccordo allentato, pregando che le guarnizioni sintetiche malandate, avessero retto almeno per il viaggio di ritorno.

«Scendi pure dal piedistallo sul quale ti sei auto-innalzata. Non sei più così interessante, Rey di Jakku.»Ben cercò di smontare il suo entusiasmo, senza però riuscirci davvero.

A quella sua reazione spropositata, Rey non poté fare a meno di sghignazzare di gusto.

Oh sì, sei decisamente geloso.

Si ritrovò ad ammettere soddisfatta.

«Si può sapere che diavolo stai facendo?» Le chiese perplesso, sentendola sforzarsi come una forsennata.

Uno sfrigolio al centro della hall l'avvisò che Ben aveva attivato l'holo-proiettore per cercare di capirci qualcosa.

«Niente di importante. Un piccolo problema all'iperguida.» Fu molto ottimista, «nulla che non possa risolvere con una buona chiave idraulica ed olio di gomito.» Si girò ed incrociò il suo sguardo torvo incastonato in un viso troppo pallido. Le dava l'impressione che non fosse affatto stupito della cosa. «Sta' tranquillo, non sarò costretta a chiederti un passaggio per ritornare alla Base» lo rassicurò, asciugandosi la fronte sudaticcia col dorso della mano. Finalmente aveva finito, sempre che non saltasse fuori qualche altra magagna imprevista.

«Ti sto inviando le coordinate» la informò asettico, cambiando drasticamente discorso, «riuscirai ad atterrare con quel catorcio senza schiantarti?»

Rey sussultò, Ben aveva appena fatto dell'ironia? Quasi le pareva di buon umore. Le premesse erano più rosee del previsto. «Ti stai preoccupando per la mia incolumità, o per quella del Falcon? Beh, sappi che ho compiuto atterraggi in condizioni di gran lunga peggiori.» Doveva smetterla di considerarla un'incapace, ci avrebbe pensato lei a togliergli quell'insopportabile espressione da essere superiore dalla faccia.

L'ologramma di Kylo sogghignò sfrigolando. «Continui ad appropriarti di cose che mi appartengono. Devo cominciare a pensare che la tua sia un'ossessione. Il tuo amico Poe Dameron non poteva prestarti anche il suo caccia?»

Rey accolse quella provocazione con una sana risata. «E tu continui a rimanere attaccato al passato e a cose di cui non ti dovrebbe importare più nulla.»

Ragazzino petulante.

Aggiunse mentalmente. Se cominciava ad insultarlo davvero, sarebbe stata la fine.

Per tutta risposta lui interruppe indignato l'holo-proiezione.

Rey tirò un sospiro di sollievo, lanciando la chiave idraulica dentro il porta attrezzi sgangherato; sarebbe stata una lunga ed estenuante giornata, ed era meglio se si fosse data da fare.



* * *


Il luogo che Ben le aveva indicato come punto di atterraggio, si trovava agli antipodi del cratere, dove un tempo sorgeva la Città Sacra, e non ne fu affatto stupita.

Chissà se quella luna è completamente disabitata?

Si chiese mentre inseriva le coordinate ed attivava i propulsori per addentrarsi nell'atmosfera densa, scansando abilmente numerosi ammassi di detriti. Oltre ad avere un ché di spettrale, pareva davvero improbabile che su quella luna si potesse vivere un'esistenza confortevole. Era più probabile che dopo la completa distruzione di Jedha City i pellegrini avessero perso qualsiasi interesse a visitare quelle lande desolate e, lentamente, era stata abbandonata anche dalle popolazioni locali, scampate al disastro.

Se era sopravvissuto qualcosa della religione Jedi, di sicuro erano in pochi a conoscerne l'esistenza.

Non appena il Falcon toccò il suolo, arido e sabbioso, in un modo un po' goffo, sollevando alte nuvole di polvere, Rey provò una strana sensazione: un'angoscia mista a terrore. Non aveva idea se dipendesse dalla particolarità di quel luogo o dall'ansia di incontrare di nuovo Ben. Probabilmente era dovuta ad entrambe le cose.

Prima di scendere prese lo zaino consunto che conteneva le due metà del cristallo e i pezzi dell'elsa da riassemblare, afferrò la sua fedele arma e si infilò nella cinta il blaster che gli aveva lasciato Han. Era affezionata a quel pezzo di ferro, almeno quanto lo era dell'asta che si era costruita da sola su Jakku, riciclando materiali di fortuna. Per anni era stata la sua unica compagna di vita. Non si sarebbe mai presentata all'appuntamento completamente indifesa, benché fosse pienamente cosciente che non avrebbe potuto tenere testa alla spada laser di Ben.

Non lo avrebbe mai ammesso in sua presenza, ma era affascinata dall'instabilità di quella lunga lama cremisi. L'unica volta che l'aveva impugnata e ne aveva saggiato la potenza, aveva sentito una scarica dolorosa attraversarle tutto il corpo. Ora lo sapeva: era la sofferenza di quel cristallo violato, ad averla pervasa, come era accaduto per il kyber di Anakin prima che venisse spezzato.

Tornò alla cabina di pilotaggio, sfilò i dadi di Han e se li mise nello zaino. Non aveva mai creduto nella fortuna, nel fato o in simili idiozie, sperava solo di riuscire a percepire la sua presenza accanto a sé, e che le infondesse il coraggio necessario per affrontare di nuovo suo figlio.

Poi si rivolse a BB-8 con la raccomandazione di stare all'erta. Se avesse captato l'attivazione del suo rilevatore, avrebbe dovuto inviare immediatamente un segnale di soccorso alla Resistenza e attendere l'arrivo dei ribelli, senza fare nulla.

Poco prima di aprire il portello del Falcon si obbligò, per l'ennesima volta, ad essere razionale e obiettiva; non aveva idea di come si sarebbero evolute le cose, dopo quella esperienza, ma era più che mai intenzionata a non farsi abbindolare di nuovo. Il motivo principale per cui aveva accettato di incontrarlo, e riaprire quella porta, era il desiderio, anzi, la speranza, di vedere un cambiamento, una piccola scintilla di luce a cui aggrapparsi per non ritenerlo definitivamente perduto. Ma era anche preparata allo scontro, se la situazione fosse degenerata in modo irreversibile.

Una folata di aria gelida la investì violentemente, non appena mise piede sulla rampa. Nonostante l'aspetto desertico, su Jedha faceva molto freddo, era una particolarità di quella luna. Ma lei era abituata agli sbalzi climatici e non se ne curò più di tanto. L'atmosfera era ancora respirabile, ma il pulviscolo generato dal disastro minerario aveva praticamente avvolto tutto il pianeta creando una leggera e perenne foschia.

Poco lontano l'Y-Shuttle si stava adagiando elegantemente su un largo spiazzo privo di rocce, le grandi ali nere ruotarono lente fino a mettersi in verticale, nell'esatto momento in cui toccò il suolo. Un atterraggio davvero impeccabile, fu costretta ad ammettere.

La rampa d'ingresso si abbassò, liberando aria dai pistoni, svelando al suo interno una figura alta e scura che si apprestò a scendere con un'andatura che ostentava sicurezza. Ben era avvolto nel suo solito mantello nero, che svolazzava nervoso, sotto la brezza gelida di Jedha, e la raggiunse in poche falcate.

Rivederlo di persona le fece inaspettatamente male. Deglutì, ma aveva la gola secca. Il cuore le martellava nel petto e sembrava volerle sfondare la gabbia toracica. Il respiro veloce tradiva impietoso il suo reale stato d'animo. Credeva che sarebbe riuscita a controllare l'emozione e l'inquietudine di averlo di nuovo vicino, ma si era sbagliata di grosso. Si avvicinò a lui obbligandosi a reprimere il desiderio di toccarlo, per accertarsi che fosse reale.

«Ciao, Ben...» si limitò a mormorare incerta, corrugando la fronte.

Come era prevedibile ricevette in risposta il silenzio. Il Leader Supremo l'accolse freddamente, restando immobile ed impassibile di fronte a lei. Questo suo caparbio atteggiamento la deluse. Non si aspettava di certo un abbraccio caloroso, ma nemmeno la totale indifferenza. Ancora si ostinava a volergliela far pagare...

I suoi sentimenti, non più schermati dalle immense distante galattiche che li avevano divisi, fino ad allora, la investirono violentemente come un tornado. Se anche avesse provato un minimo accenno di felicità nel rivederla, dopo tanto tempo, era dannatamente abile da mascherarlo del tutto.

Percepiva invece del rancore e della delusione, nei suoi confronti, e soprattutto il senso di frustrazione di chi non è riuscito nel suo intento ma, nonostante tutto, non vuole arrendersi. Forse era stata fin troppo ottimista. Doveva sforzarsi di mantenere i piedi per terra.

«Dove siamo diretti?» Chiese, volgendo lo sguardo in più direzioni. Per quanto si sforzasse non riuscì a trovare alcuna traccia di un insediamento o di qualunque cosa potesse vagamente assomigliare ad un tempio Jedi.

Intorno, il paesaggio, appariva abbastanza scarno e desolato; da un lato c'era solo una landa sconfinata e desertica che si perdeva a vista d'occhio, dall'altro c'era un'imponente ammasso roccioso, che si innalzava per diverse decine di metri dal suolo e pareva sfiorare quel cielo incolore, perennemente avvolto nella foschia.

«Seguimi.» Si limitò a comunicarle in tono freddo, muovendosi deciso verso le rocce.

Rey strabuzzò gli occhi e gli andò dietro, faticando a tenergli il passo.

Giunsero ad una larga fenditura, abilmente nascosta tra i costoni rocciosi e ne varcarono la soglia. Si addentrarono nella tenue oscurità del ventre della montagna, rotta a tratti da sprazzi di luce, provenienti dalle sottili fessure tra le pietre, e camminarono per diversi minuti in silenzio.

Rey iniziò ad avere più caldo, e non dipendeva dalle energie spese per evitare che Ben la seminasse; più si spingevano all'interno e più la temperatura tendeva ad aumentare. Era un fenomeno anomalo, ma affascinante.

«Che è successo alla Città Sacra?» Azzardò a chiedergli, per rompere quel silenzio devastante, consapevole che lui ne sapesse certamente di più sulla misteriosa catastrofe.

Ben si fermò per un istante, dandole l'impressione di volerle rispondere, poi però si ostinò ad ignorarla e proseguì impassibile per la sua strada.

Rey sospirò. Non poteva biasimare il suo silenzio. Non lo aveva voluto come maestro, lo aveva rifiutato sul Supremacy e adesso gli faceva domande come una scolaretta curiosa? Mentalmente si diede dell'imbecille. Tutta colpa della sua dannata buona fede.

Camminarono ancora per centinaia di metri, aggirando speroni di roccia e crepacci profondi e il percorso si fece più difficoltoso e disagevole.

«Hai intenzione di ignorarmi tutto il tempo?» Rey tornò all'attacco ansimando per lo sforzo. Ne aveva abbastanza di quel suo dannato atteggiamento di superiorità.

Se l'unico motivo per cui l'aveva voluta in quella missione, era per sfruttare il suo potere, non glie l'avrebbe data vinta, anche a costo di lasciare il cristallo esattamente com'era.

Ben percepì chiaramente il suo intento e si immobilizzò, poi si voltò a guardarla furioso, costringendola a fermarsi.

«Davvero vuoi sapere come è andata?» l'aggredì brutalmente, al punto da farla indietreggiare. «Non è stato un disastro minerario a distruggere Jedha... È solo una fandonia, divulgata per nascondere la verità.»

Rey non si stupì di quelle parole, seppure pronunciate con astio. Non appena aveva messo piede sulla luna aveva percepito qualcosa di strano, residui di un dolore immenso, profondo e ingiusto.

In quel momento tutto si fece più chiaro: udì l'eco di urla strazianti, preghiere e imprecazioni, e soprattutto sentì sulla propria pelle quel terrore. Un terrore che non era scaturito dalle profondità del satellite ma da qualcosa di più orrendo e spietato. Una volontà superiore.

Lo vide sogghignare. «È stato l'Impero» si limitò a svelare aspettando una sua reazione che non si fece attendere.

«Credo... credo di averlo sempre saputo» ammise, senza nemmeno rendersene conto.

«Fu un esperimento. Volevano testare quanto fosse potente, l'arma che avevano costruito per sedare la ribellione. È stata la Morte Nera a ridurre la Città Sacra in cenere e a dilaniare in quel modo orrendo il pianeta.»

A quella spaventosa rivelazione Rey non poté fare altro che reagire con rabbia. «E ad uccidere milioni di innocenti...» aggiunse indignata.

«Traditori, ribelli e avversari dell'Impero, dipende dai punti di vista» la liquidò prontamente.

«Scommetto che scoprirlo ti ha suscitato un piacere perverso.» Lo attaccò rabbiosa.

Mostro, sanguinario, genocida.

Aggiunse mentalmente, augurandosi, però, che lo percepisse forte e chiaro.

Ben invece reagì attristendo lo sguardo che diventò inaspettatamente meno severo, e a tratti addirittura addolorato. «Vedi? Era meglio se restavo in silenzio» protestò rassegnato, come se ogni loro conversazione dovesse degenerare irrimediabilmente in una lite.

Rey sentì una puntura al centro del petto che la costrinse a soffocare l'astio nei suoi confronti. Per un istante l'immagine di Leia si sovrappose al suo viso e a lei mancò il terreno sotto i piedi. «Hai gli occhi di tua madre...» le sfuggì in un soffio, corrugando la fronte. La somiglianza tra loro era quasi dolorosa.

Si meravigliò di se stessa: perché era stata così stupida e patetica da farglielo notare?

«Questo è un colpo basso» replicò lui confuso.

«Era solo una constatazione.» Rey si irrigidì. Aveva sbagliato a toccare quel nervo scoperto, ma non aveva potuto fare a meno di notare quanto gli avesse fatto male sentirsi considerato ancora un mostro e quanto fosse legato alla sua famiglia, nonostante cercasse di rinnegarla in ogni modo.

«Non ti permetto di tirare in mezzo mia madre. Questa faccenda riguarda solo me e te e tale deve rimanere» l'aggredì, ma senza la rabbia malamente repressa di prima. «Cosa credi di dimostrare? Che cosa, dillo!» Questa volta il tono si era fatto più duro e riuscì ad intimidirla.

Rey si obbligò a mantenere la calma. «Lo sai. Non c'è bisogno che te lo ripeta. Gli manchi... e ti rivuole con sé. E so che anche tu lo desideri.»

Lo vide esitare qualche istante, e il suo cuore si riaprì ad una debole speranza.

«È troppo tardi» le mormorò, con gli occhi che sembravano più lucidi, facendole capire che si stava addentrando in un terreno insidioso e che non avrebbe tollerato oltre la sua intrusione.

«Non è vero. Non sarà mai troppo tardi per lei.» Rey si maledì per aver riaperto quella ferita, in un modo così brutale ed impietoso, ma riaverlo di nuovo accanto le aveva scombussolato del tutto i sensi. Come era accaduto sul Supremacy, riusciva a percepire il suo conflitto interiore, i suoi sentimenti contrastanti e così potenti, verso di lei. Ma soprattutto aveva scorto quella piccola scintilla di affetto, verso sua madre, che niente ancora era riuscito a spegnere.

«Chiudi quella bocca e seguimi» le ordinò drastico, e dal suo viso era già scomparso ogni piccolo accenno di dolore e commozione. Era diventato dannatamente bravo a reprimere le sue emozioni. Si voltò e proseguì, inoltrandosi in uno stretto sentiero che qualcuno aveva ricavato tra gli spuntoni di roccia. La luce era sempre più scarsa e a fatica riuscivano a distinguere la strada. Rey si dovette aiutare col bastone.

Proseguirono senza sosta fino a quando non comparve sullo sfondo una striscia luminosa. Man mano che si avvicinavano diventava sempre più larga ed intensa.

Rey ritrovò un briciolo di fiducia, quando si accorse che, forse, erano giunti ad una destinazione.

Attraversarono quella spessa spaccatura nella roccia ed emersero all'interno di un ambiente circolare molto più ampio ed alto, illuminato intensamente da una grossa apertura tondeggiante che si apriva nella parte superiore. Ma la luce non proveniva solo dai raggi solari, Rey si rese conto che tutta la superficie interna era costellata da piccole scintille luminose di vari colori. Era uno spettacolo molto suggestivo. Si avvicinò curiosa ad un ammasso di rocce e capì che quei bagliori non erano altro che cristalli kyber incastonati. La sua vicinanza provocò subito la loro reazione inducendoli a brillare più intensamente ed in maniera intermittente.

La giovane jedi si guardò intorno affascinata, non aveva mai visto un luogo del genere, così saturo dell'energia che permeava tutto l'universo. Non aveva mai provato un'esperienza così emozionante. Percepiva chiaramente la vita di quei piccoli cristalli pulsare frenetica. Fu tentata di toccarne uno, particolarmente bello, che rifletteva una delicata luce azzurrina e sporse la mano su di esso, quasi se ne sentisse profondamente attratta.

«Lascialo stare!» La voce tuonante di Ben la fece sussultare e d'istinto si ritrasse. «Non siamo qui per la Messe**, ma per qualcosa di più complicato. Non abbiamo tempo da perdere.»

Quell'ennesimo rimprovero riuscì ad infastidirla. Si voltò verso di lui accigliata pronta a protestare animosamente ma si trattenne, Ben la osservava cupo, al centro di quella grotta immensa e lei fu incapace di reagire. Nonostante le dimensioni del ragazzo fossero minute rispetto all'enorme ampiezza di quell'ambiente, a lei appariva possente. Era impossibile riuscire a nasconderlo a se stessa, Ben aveva il potere di affascinarla con il suo carisma, la sua inopinabile sapienza e il suo portamento nobile e fiero.

Che poi fosse anche un gran bastardo sanguinario era un altro paio di maniche.

Lo vide voltarle le spalle e dirigersi verso un punto più scuro, situato più in basso, a cui si accedeva attraverso una gradinata di pietra e riprese a seguirlo a malincuore.

Ben si fermò davanti a quello che sembrava l'imponente ingresso di un antico tempio, affiancato da alte colonne intarsiate, scavate nella roccia. Gli si avvicinò cauta, studiando ogni dettaglio.

Le ante erano anch'esse di pietra, completamente decorate con delle raffigurazioni astratte a lei totalmente oscure, e parevano molto massicce e pesanti. Sarebbe stato alquanto difficile spostarle senza l'ausilio di un qualche tipo di potere.

L'unico tempio che aveva visitato in passato era quello dell'isola di Ahch-To, benché fosse un ambiente totalmente spoglio e diverso, in quel luogo si respirava la stessa affascinante atmosfera millenaria, e la stessa potente energia. Si sentiva eccitata e pervasa da una piacevole sensazione di benessere, nonostante l'ignoto le incutesse timore.

Rimase in attesa di un cenno di Ben. Avrebbe voluto fargli mille domande ma se ne guardò bene, gli avrebbe fornito solo un'ulteriore occasione per zittirla e farla sentire un essere inferiore.

Il suo accompagnatore studiò attentamente l'imponente ingresso, quasi riuscisse a capire il significato di quelle decorazioni che a lei continuavano a restare incomprensibili. Poi si voltò e si mise a cercare qualcosa guardandosi intorno. Chiuse gli occhi e si fece guidare dalla Forza, si avvicinò ad un cumulo di rocce poco lontano dal portale e vi posò la mano, come se stesse attivando una specie di interruttore.

Improvvisamente l'intera grotta prese a vibrare, e lei ebbe il timore che si stesse scatenando un terremoto. Invece, in una zona pianeggiante, perfettamente in asse con la metà del portale, lentamente iniziò a sollevarsi una porzione di roccia, di forma circolare e della larghezza di circa due metri.

L'innalzamento della lastra si fermò, arrivando a sporgere solo una ventina di centimetri dal suolo, formando una specie di pedana rialzata, proprio di fronte all'ingresso. Rey si avvicinò titubante e curiosa, ma non appena vide quello che sopra vi era raffigurato il suo cuore perse un battito, era lo stesso mosaico del tempio dell'isola di Ahch-To: la rappresentazione dell'equilibrio tra il Lato Oscuro e il Lato Chiaro, in un unico individuo.

Lentamente tutte le tessere del puzzle si andavano riunendo.

Ben salì sulla pedana di roccia restando nella metà che raffigurava il Lato Chiaro, poi le porse la mano, invitandola a salire e a posizionarsi sulla metà del Lato Oscuro.

Rey si fece guidare dai suoi gesti, lo seguì sulla piattaforma, e attese.

«Non è difficile, devi solo volerlo» le spiegò sintetico e lei capì immediatamente a cosa si stesse riferendo.

Insieme allungarono le mani verso il portale, richiamando l'energia di cui quel luogo era completamente pervaso e, quando si sentirono entrambi caricati e saturi, convogliarono la Forza verso le pesanti ante di pietra.

Dei leggeri scricchiolii annunciarono che qualcosa si stava muovendo, piccoli frammenti di roccia si sbriciolarono e si staccarono dalla parte superiore del portale che sembrava chiuso ermeticamente da decenni. Poi si udì un suono cupo e terrificante, simile ad un ululato, che pareva provenire dalle profondità della luna e, lentamente, le due pesantissime ante ruotarono intorno ai cardini e si aprirono mostrando ai loro occhi quello che ancora custodiva gelosamente il cuore di Jedha.




Continua...



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Note:

* Per la descrizione delle reali condizioni di Jedha devo ringraziare JeanGenie, che mi ha gentilmente suggerito il numero di un fumetto canon in cui è narrata una bellissima avventura di Luke, Leia ed Han e viene descritta la luna dopo l'attacco della Morte nera, nei minimi dettagli. Il fumetto in questione è Star Wars (2015) Fascicolo #38, Le ceneri di Jedha.

** La Messe non era altro che il rituale con il quale i giovani padawan andavano alla ricerca del loro cristallo, all'interno di una miniera di kyber, da cui si accedeva attraverso un tempio Jedi. Il più famoso è quello situato su Ilum. Ma anche Jedha era sede di una immensa miniera di kyber, depredata quasi completamente dall'Impero, per costruire il famoso raggio distruttore della Morte Nera.

Ovviamente io ho immaginato che esistesse ancora una miniera di cristalli e che la sua posizione fosse sconosciuta, tranne che a pochi eletti ;)

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