Piccola Guerriera

di badgirl92
(/viewuser.php?uid=74946)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo Settimo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



PROLOGO

Non sapeva da quanto tempo si era ritrovato ad osservare quella silenziosa mocciosa dai capelli corvini. La osservava divertito prendere per il braccio con apprensione il fratello adottivo. Mentre Eren urlava le sue idee rivoluzionarie, il compagno di squadra Jean lo derideva. Il loro solito battibecco si concludeva solitamente con la voce roca e decisa del capitano Levi che li intimava di smettere, prima che si ritrovassero senza denti. Ma quel giorno se ne stava pigramente seduto a sorseggiare il suo tè, nascondendo dietro la tazza fumante il suo sorriso sghembo.
"Capitano Levi, deve fare qualcosa! Quei due si picchieranno se non li ferma!" Esclamò preoccupato il giovane Armin.
"Arelet, sei in mezzo e non sei trasparente." Gli mormorò di rimando il capitano spazientito. Era curioso di vedere in che momento la spilungona si sarebbe finalmente messa in mezzo per fermarli e calmare le acque. Sebbene avesse le capacità fisiche e il giusto temperamento distaccato per essere la leader del gruppo, la forza di volontà del bamboccio in grado di diventare un gigante influenzava anche Mikasa. Il momento era arrivato. Jean spinse aggressivamente Eren, mentre Sasha cercava invano di allontanarlo. La sua controparte riuscì a liberare un braccio dalla presa ferrea della sorella adottiva e diede un pugno ben assestato al compagno sul viso. A quel punto Mikasa entrò in azione. Con una mossa di sottomissione, catapultò Eren a terra. Jean cominciò a ridere sguaiatamente, ma fu zitto da un calcio micidiale allo stomaco che lo fece volare per diversi metri. Ritornata la quiete, Mikasa si rimise in posizione eretta, sistemandosi pacatamente la sua sciarpa rossa che nel frattempo le era scivolata di dosso.
Con un sorriso sulle labbra, il capitano Levi posò la tazza di tè sul tavolino e si avvicinò. I presenti si raggelarono in sua presenza, spaventati dalla reazione che avrebbe potuto avere il loro capitano. Adorava lo sguardo che avevano nei suoi confronti. Era temuto e rispettato da tutti. Un po' meno da quella mocciosa.
"Ackerman..." proferì con la sua voce roca e cupa. Lo sguardo della giovane non mutò. Serio e distaccato. Dovette ammettere che in tutto questo si assomigliavano molto.
"Credi che debba optare per una punizione esemplare per questi due piantagrane?" Chiese tagliente.
"Capitano Levi, ha iniziato lui con le sue solite idee strambe sul mondo esterno..." Esclamò Jean, decisamente in ansia per la sua sorte.
"Il prossimo calcio che prendi non sarà della dolce Ackerman, se non stai zitto."
"Io... io non sono dolce." Si offese la mora, con lo sguardo corrucciato, provocando in Levi un sorriso sornione. Poi, dopo un bel respiro rispose alla domanda del suo capitano:
"Farli restare senza cena forse è la punizione adeguata, signore."
Sasha si tese nel sentir proferire quelle parole. Di certo non aveva nessuna intenzione di dividere la cena di nascosto con quei due stupidi che si cacciavano sempre nei guai.
" No, troppo semplice. E sicuramente troverebbero il modo di farsi dare gli avanzi da qualcuno di voi." Constatò fintamente pensieroso il capitano, picchiettando l'indice sul labbro inferiore.
"Domani voi tutti farete una pausa dalle pulizie della casa, verrete con me a Trost, ho appuntamento con il comandante Erwin. Sistemeranno loro due soltanto. Entro mezzogiorno di domani voglio vedere il pavimento luccicare." Concluse, prima di voltarsi e congedarsi.
"Che cosa?!" Sbraitò Jean, con le mani tra i capelli, anche Eren urlò disperato:
"Non è possibile! Non ci siamo mai riusciti nemmeno quando ci siamo tutti!"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


Capitolo Primo

Nella piccola Baita tra le campagne del Wall Rose l'ora di cena arrivò presto. La turnazione per chi preparava il pasto era suddivisa solitamente a gruppi di due. Due preparavano e due sparecchiavano, e a cena si scambiavano. La cena venne cucinata da Eren e Crista, oramai Historia, e servita da Mikasa e Armin. Il giorno seguente sarebbe toccato ad altri quattro, ovvero a Connie e Jean, e Sasha e il capitano Levi. Quest'ultimi stavano insieme perché i membri della squadra speciale Levi erano dispari, perciò il capitano non ebbe problemi ad inserirsi nel girone, sapendo ed amando cucinare almeno quanto era maniaco della pulizia. Il secondo motivo era il tenere d'occhio la piccola Sasha che divorava costantemente gli avanzi. L'unico in grado di frenarla nel provarci e bacchettarla come si deve era il suo superiore.
Mikasa entrò in cucina dopo aver apparecchiato la lunga tavolata assieme al suo amico d'infanzia Armin. Osservava di sottecchi i due cuochi che ultimamente si stavano avvicinando parecchio, trovandosi spesso insieme sia nelle normali mansioni quotidiane, sia nelle missioni della squadra, dovendo essere costantemente insieme per poter essere protetti dai compagni.
“Ma sei velocissima a pelare le patate!” esclamò il giovane guardandola tagliare la verdura con velocità e precisione.
“Non è difficile, Eren. Ti serve solo pratica.” gli spiegò la piccola Historia.
“Anche se sto qui mille anni a pelare patate, non riuscirei ad essere bravo come te. Tu sai fare qualsiasi cosa!” rispose a sua volta Eren, con sincera ammirazione. Historia si voltò verso la penisola del bancone della cucina, dando le spalle ad Eren, in evidente imbarazzo per il complimento. Non fu vista da Eren, ma dalla sorella adottiva si. Ciò distraeva ed irritava la giovane mora non poco. Dopo il quasi bacio di qualche settimana prima, non riusciva a capire come Eren potesse far finta di nulla con lei, e soprattutto ad avere la faccia tosta di prendersi tanta confidenza con la bellissima Historia. Possibile che fosse così ingenuo da non accorgersi dei sentimenti che provava lei?! Davvero la considerava solo una sorella?

Tutto ciò non sfuggì agli occhi attenti del capitano Levi, osservando ed ascoltando la scena dalla sala da pranzo, grazie alla porta aperta della cucina. Non perse tempo e non mancò di punzecchiare la giovane, una volta che lei gli fu vicino per raccogliere il suo piatto e far seguito alla seconda portata:
"Fanno proprio un buon lavoro insieme quei due. Non lo pensi anche tu, Ackerman?"
Una delle fine sopracciglia nere cominciò a vibrare nervosamente.
"Passabile... Eren non è mai stato un grande cuoco."
"Sicuramente la signorina Reiss gli ha insegnato bene! Li vedo molto in sintonia..." mormorò distrattamente, sistemandosi il colletto della camicia.
Mikasa con un sospiro cercò di cambiare argomento, cercando di non dar peso alle provocazioni del superiore:
"Non crede di essere stato un po' troppo duro con Eren? Già fa fatica a trovare la giusta concentrazione durante gli allenamenti da gigante, lavorando tutta la mattina sarà ancora più stanco per poter affrontare le esercitazioni."
Levi si portò il bicchiere alle labbra, mormorando in risposta:
"Sono stato fin troppo paziente... devono smetterla di reagire in modo così impulsivo.... e anche tu!"
Mikasa spalancò gli occhi sorpresa. Non si aspettava che il capitano potesse avere in serbo una ramanzina anche per lei. D'altronde aveva semplicemente risparmiato a lui la fatica di fermarli.
"Non capisco..." borbottò.
"Non fare la monella..." sussurrò, e sorrise impercettibilmente notando il rossore espandersi nelle gote della giovane, "anche tu hai il vizio di non pensare alle conseguenze, reagendo d'impulso."
"C-cercherò di migliorare..." balbettò Mikasa.
"Ora muoviti, ragazzina. O il mio pasto si raffredda." Le ordinò spocchioso, scacciandola con un gesto della mano.
Doveva ammetterlo: Adorava lanciare frecciatine a quella piccola guerriera, vedere come reagiva e divertirsi nel trovare un modo per scovare i suoi punti deboli che le facevano vacillare la fierezza costante che mostrava.

Il giorno seguente la squadra speciale Levi partì per Trust, meno Eren e Jean. I due ragazzi si alzarono all'alba per pulire con ferocia disarmante l'intera abitazione. La lustrarono da cima a fondo, ma come ogni volta, il sotto tavola andò nel dimenticatoio. L'ispezione del capitano Levi fu lenta e glaciale. Lasciò i due compagni con il respiro trattenuto per lunghissimi istanti. Infine, passando la mano al di sotto del tavolo, notò con sommo disgusto il palmo della mano farsi grigio.
"Il tempo non vi mancava per pulire..." commentò, guardandoli torvamente e mostrando loro la mano sporca di polvere. Con un sospiro, Eren si portò le dita alle tempie. Sarebbe arrivata certamente una ennesima punizione per le pulizie svolte insufficientemente, almeno per gli standard di Levi.
"Direi che il modo giusto per scaldarvi prima degli esperimenti con Hanji sia quello di effettuare un'ora di corsa attorno alla proprietà."
Il capitano senza aspettare un loro consenso, non ritenendolo necessario, si incamminò silenzioso verso il suo ufficio. Jean strabuzzò gli occhi e bisbigliò alle orecchie del compagno di bisticci:
"Ce la siamo cavata anche bene..."
"Ah dimenticavo..." proferì il capitano, fermandosi all'improvviso, "oggi non pranzate."
Si voltò nuovamente, sorridendo beffardo agli schiamazzi di protesta dei due interessati.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo Secondo

Gli esperimenti con la caposquadra Hanji iniziarono alle 14 in punto, poco distanti dalla capanna dove dimorava l'armata speciale, in una piccola vallata in grado di nasconderli ad occhi indiscreti.
Levi restò a guardare dal cucuzzolo della vallata, mentre i membri della sua squadra aiutavano Eren trasformato in gigante, a cavallo. Doveva ammetterlo: forse aveva esagerato ad affaticare così tanto il ragazzino, per di più lasciandolo senza cibo. Faticava a trasformarsi in modo decente, non raggiungeva neppure i dieci metri e perdeva spesso lucidità. Annotava su un taccuino gli aggiornamenti sugli esperimenti, così da consegnarli ed informare di tanto in tanto il comandante Erwin.
Un urlo del gigante Eren attirò la sua attenzione, alzò gli occhi dal taccuino. La scena che gli si presentò davanti fu' spaventosa. Il titano aprì le sue fauci, guardando minaccioso la giovane Mikasa.
La ragazza non perse la calma, ma urlò per farsi sentire da Eren:
"Eren, ritorna in te! Sono io, Mikasa!"
Hanji, poco distante da Levi capì la situazione ed avvertì la giovane dai capelli corvini:
"Allontanati subito! Sta perdendo il controllo!"
Mikasa però non diede ascolto alla caposcquadra. Invece sparò un arpione sul viso del colosso e si avvicinò ancora di più grazie al movimento tridimensionale. Non si accorse però del gigantesco pugno che stava per arrivarle proprio di spalle. Levi con uno scatto fulmineo si alzò in piedi ed estrasse le lame, arpionando il dorso della mano di Eren. Grazie alla fuoriuscita di gas del meccanismo tridimensionale, volò con una velocità impressionante verso Mikasa, che nel frattempo si era posata sul viso del titano. Levi, con le lame in pugno, appena fu abbastanza vicino tagliò con precisione chirurgica il polso del gigante. Mikasa sussultò spaventata, accorgendosi solo in quell'istante del pericolo in cui si era inconsciamente cacciata. Prima che l'inesperto Eren potesse attaccarli nuovamente il capitano raccolse la ragazza, caricandosela sulla spalla. Sparò il secondo rampino sull'altura dove si trovava poco prima. Il braccio ancora sano di Eren però strattonò la corda del primo arpione sparato da Mikasa sul suo viso e li fece inevitabilmente cadere a terra. Fortunatamente il gigante, che aveva in ogni caso consumato tutte le sue forze, fu fermato da Hanji e dagli altri membri della squadra, tagliando con le proprie lame la parte posteriore del collo, facendolo uscire tra fumo e vapore.

Levi e Mikasa caddero, strisciando malamente sul terriccio per diversi metri. Il capitano sentiva il peso della ragazza sopra di sé e, nel tentativo di proteggerla, la tenne saldamente con le mani. Non riuscì ad aprire gli occhi a causa della polvere che avevano alzato con il rovinoso atterraggio. Ci riuscì solo dopo qualche istante, intontito. Quando mise a fuoco si ritrovò la piccola Mikasa distesa sul suo corpo, anche lei frastornata. La giovane alzò lo sguardo, incontrando gli occhi del suo capitano a pochi centimetri dai suoi.
"Stai bene?" le chiese, ancora in stato confusionale. Mikasa cercò di capire se sentiva dolore da qualche parte, sembrava tutto apposto, solo una leggera bruciatura sulle ginocchia, ma percepì una pressione strana sul fondoschiena. Quando si voltò per controllare si rese conto che la presa salda sul suo sedere altro non era che delle mani del capitano Levi. Il suo viso cominciò a divampare. L'uomo si accorse del rossore che colorì le gote della ragazza e si scrutò rendendosi sempre più consapevole della posizione imbarazzante che avevano assunto cadendo. Era distesa sopra di lui a pancia in giù, con le ginocchia posate sul terreno, lui invece, in posizione supina e le mani saldamente ancorate al sodo fondoschiena di lei. Staccò immediatamente la presa, non sapendo cosa dire per scusarsi, ritrovandosi a guardare turbato gli occhi blu della ragazza.
"Levi! State bene?" gridò la caposquadra correndo incontro ai due sfortunati.
Mikasa si alzò immediatamente in piedi, cercando di nascondere con i capelli e la sciarpa il rossore sulle guance. Levi con disinvoltura si mise a sedere.
"Staremmo sicuramente meglio se tu avessi controllato a dovere tutta la situazione!" rimproverò la collega, che li guardò stranita e dispiaciuta.

---------------------
SPAZIO AUTRICE
Buongiorno! Finalmente un capitolo che ha uno sviluppo sulla relazione (ancora totalmente confusa) fra i due Ackerman. Spero che la storia cominci ad intrigarvi un pochino. Non sarà lunghissima, è solo un esperimento, ma spero possiate apprezzarla! Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, anche se sono critiche non importa, l'importante è che siano costruttive.
Un bacione e alla prossima settimana :* 

Badgirl92

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


SPAZIO AUTRICE
Buongiorno! Mi scuso se la scorsa settimana non ho postato, ma con la festa e il ponte di mezzo non sono riuscita a ricontrollare il capitolo scritto. Quindi eccolo qui per voi, anche se con un piccolo ritardo!
Ringrazio chi mi ha recensito e chi ha messo la piccola storia tra i preferiti e seguiti.
Un bacione!

Capitolo terzo

"Direi che per oggi può bastare..." annunciò a voce alta la donna dai capelli castani. Tolsero le tende e si prepararono a tornare a casa. Sembrava che nessuno si fosse accorto della situazione imbarazzante a cui erano incappati i due. Ogni qual volta si ritrovavano a guardarsi con la coda dell'occhio, ma quando si accorgevano di essere osservati dall'altro, distoglievano lo sguardo. Levi mai si era ritrovato a sentirsi a disagio e in una situazione simile. Era sempre stato attento durante i combattimenti e gli addestramenti a non toccare mai parti del corpo che non dovevano essere toccate. Certo, era capitato un paio di volte con Petra, ma con lei aveva un rapporto diverso: erano compagni, faceva parte della sua squadra da tempo e avevano la confidenza per riderci su senza troppi problemi. Mikasa era una ragazzina, era una sua sottoposta. Non se lo sarebbe mai perdonato se lei non ci avrebbe messo una pietra sopra.
A cavallo Levi restò in disparte dietro il resto del gruppo, guidato dai commilitoni di Hangji. Eren era disteso nel carro ancora privo di forze, mentre il resto della combriccola in groppa ognuno sul proprio cavallo.
Hangji senza farsi notare si affiancò al cavallo di Levi. Tossì per attirare l'attenzione del capitano in maniera fin troppo plateale, dando non poco fastidio al capitano.
"Cosa vuoi, Quattrocchi?"
"Ho notato un certo imbarazzo tra voi due... " ammiccò divertita la caposquadra.
"Non so di cosa stai parlando..." ribbattè lui, con prudenza. Sapeva che era stato solo un incidente, ma se Hangji avesse deciso di fare rapporto al comandante, ed Erwin avesse successivamente interrogato Mikasa, poteva decidere, nel peggiore delle ipotesi, che si potesse trattare di un caso di insubordinazione, se lei avesse fatto la vittima.
"Andiamo, stai tranquillo!" Disse la caposquadra, come se gli avesse letto nel pensiero.
"Non è successo nulla. Una palpatina accidentale. Mica lo devono venire a sapere che non ti è dispiaciuto!"
"Che cosa?! Hangji, sta zitta, non dire sciocchezze!"
Di fronte a cotanto imbarazzo lei non riuscì a frenare una sonora risata, che fece voltare confusi tutti i soldati.
"Andiamo, non puoi raccontare frottole a me! A me di certo non dispiacerebbe con Eren. E credo lo sappia anche lui!"
"Stai scherzando? Se qualcuno si decidesse a fare rapporto con Erwin..." sussurrò Levi, desideroso di non farsi sentire dagli altri. 
"Erwin non lo farebbe mai..."
"Non importa se siamo tutti in buoni rapporti. Erwin ha il dovere di punire casi di insubordinazione! Anche se siamo noi!"
"Non ti facevo così pauroso!"
"E io così avventata!"

Nel frattempo Mikasa si avvicinò al carro, preoccupata per la salute del suo fratello adottivo. Era disteso quasi privo di coscienza, coperto con un lenzuolo bianco. Odiava questi esperimenti. Odiava la caposquadra che si ostinava a farlo trasformare e a farlo provare fino allo sfinimento. Ma odiava ancora di più il capitano Levi, che con le sue punizioni assurde lo aveva stancato prima ancora che arrivasse il pomeriggio.
"Non ti devi preoccupare. Sto bene..." mormorò stancamente il giovane. Mikasa, persa nei suoi pensieri, non si era resa conto che Eren aveva aperto gli occhi. Lo vide sorriderle debolmente, per tranquillizzarla.
"No, non stai bene. Ed è tutta colpa del capitano Levi. Mi opporrò da oggi in poi alle punizioni che intende darti."
"No, me le sono meritate... La colpa è mia!"
"Pensa a riposarti, Eren."
Passarono qualche attimo in silenzio. Ognuno immerso nei suoi ragionamenti silenziosi. Lei che bramava vendetta, lui che non si perdonava i fallimenti che accumulava giorno dopo giorno.
"Mi dispiace averti attaccato... di nuovo." Disse in un fiato il moro.
"Non preoccuparti. Sono io che mi sono avvicinata troppo..."
"Per fortuna c'era il capitano Levi."
Mikasa, ancora una volta si ritrovò ad arrossire violentemente. Si coprì le gote con la sua sciarpa rossa. E borbottò, per sconfiggere la timidezza:
"Mi sarei fatta meno male se me la fossi vista da sola."
Eren rise debolmente alla sfacciataggine della sua amica più cara. Sapeva che era forte, molto più forte di tutti loro messi insieme, ma sapeva anche che era molto impulsiva. Se non ci fosse stato Levi che, grazie al suo infallibile intuito, l'avesse prelevata e allontanata da lui, probabilmente sarebbe finita schiacciata da un suo enorme pugno. Si annotò mentalmente di ringraziare il suo capitano una volta tornati a casa.

Nonostante le sue proteste, Eren fu messo immediatamente a letto a riposare, fino al giorno successivo. Mikasa consumò la sua cena in silenzio, più taciturna del solito. Gli altri non ci fecero troppo caso, ma Levi lo notò immediatamente. Con amarezza si rese conto che Mikasa stava rimuginando sugli avvenimenti accaduti in giornata. Sperò che, con il carattere prepotente che dimostrava, avrebbe sputato il rospo, sfogandosi con lui. Difatti, come immaginava Levi, sentì qualcuno bussare con decisione nel suo ufficio, poco prima del coprifuoco.
Fece entrare la giovane, che richiuse la porta dietro di sé. Alla sola luce fioca della candela posta sulla scrivania, Mikasa guardò con ira l'uomo seduto con noncuranza a leggere le varie scartoffie.
"Volevi parlarmi, Ackerman? O fissarmi soltanto?" Mormorò alzando gli occhi. Mikasa per un momento si perse dentro quelle iridi scure, impenetrabili e fintamente disinteressate.
"Deve lasciare in pace Eren." Affermò con decisione.
Levi posò le carte sul grande tavolo di mogano scuro e la guardò per qualche istante. I suoi occhi blu divampavano, se avessero potuto, avrebbero incendiato l'intera stanza."
"Cosa ti fa pensare che io abbia qualcosa contro Jaeger? Io sono responsabile dell'incolumità di tutti voi." Rispose con tranquillità.
"Non è così. Se non fosse stato per lei, Eren avrebbe avuto la mente e il fisico più riposato per affrontare gli esperimenti da gigante! E non ci sarebbe stato nessun incidente!"
"Se tu avessi ascoltato per una volta gli ordini di un tuo superiore, l'incidente non ci sarebbe stato comunque." Disse, rimarcando freddamente l'errore di Mikasa. La rabbia le montò dentro. Sbattè i palmi delle mani sul robusto tavolo si legno, facendo rotolare e cadere la penna stilografica sul pavimento. I loro sguardi iracondi si incontrarono. Lei nel tentativo di voler vinto lo scontro verbale. Lui nel trovarsi a bisticciare con una mocciosa irascibile ed intrattabile che non si rendeva ancora conto di avere a che fare con un superiore nemmeno troppo indulgente.
"Io almeno ho cercato di prendermi cura di Eren, farei di tutto per lui, darei la vita per lui. Lei oltre a picchiarlo e disdegnarlo che cosa ha fatto?"
Delle calde lacrime cominciarono a gonfiarle gli occhi, minacciando di cadere da un momento all'altro. Ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere, identica ad una bambina come più volte la definiva. Levi non prestò interesse verso la forte emozione che aveva manifestato la sua sottoposta.
"Salvarti il culo oggi direi che è stato qualcosa. Vuoi forse dirmi ancora che non ho interessi nei vostri riguardi?"
Con una risata isterica improvvisa, velata solo dalle lacrime salate che le solcavano il viso, rispose con furia:
"Certo! Grazie ad oggi abbiamo capito che hai interesse verso il mio culo, avendomelo salvato!"
Preso in contropiede si alzò dalla sedia di scatto. Offeso dalle calugne che gli attribuiva, alzò il braccio ed indicò la porta, tuonando:
"Esci! Prima che possa cambiare idea e punisca anche te. La tua insolenza e indisciplina stanno cominciando ad innervosirmi. Ho fin troppa pazienza con te. Vuoi essere forse esplulsa dalla squadra speciale? Non mi importa se sei il miglior soldato del 104° corpo di addestramento. Se io dico fuori, tu sei fuori." Il cuore di Mikasa, che già palpitava impazzito dall'adrenalina, minacciò di spaccarle il petto da tanto forti erano i battiti. Non poteva permettersi di essere espulsa dalla squadra. Dubitava che il capitano potesse prendere una decisione senza l'approvazione del comandante Erwin, soprattutto se tanto avventata, guidata dalla collera del momento. Ma non poteva rischiare. Doveva trattenersi, per Eren, per Armin. Non sarebbero andati tanto avanti senza l'occhio vigile di lei. Con un sospiro girò i tacchi e lasciò la stanza, sbattendo con furia la porta di legno massiccio. Fece come richiesto certo, ma non voleva dargliela del tutto vinta.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


Capitolo Quarto

Il mattino seguente la squadra speciale si alzò presto. In programma avevano i consueti allenamenti corpo a corpo. Il capitano Levi riteneva che non dovevano in alcun modo battere la fiacca. Dopo gli ultimi avvenimenti era un errore pensare che non avrebbero più avuto nessun tipo di problemi con le armate interne. Ora più che mai dovevano restare in allerta.
Eren si era decisamente riposato durante la notte e si alzò di buon umore. Trovando la sala vuota pensò di essere il il primo ad essersi svegliato. Ma una volta varcato l'arco della cucina trovò la piccola Historia con una tazza di the bollente tra le mani. Ancora in vestaglia, stava in piedi di fronte alla finestra della cucina. Scrutava distrattamente il giardino, inebriandosi dell'aroma dolce della bevanda. Non si era accorta di Eren, distratta dall'ancestrale paesaggio alle prime luci del mattino. Eren si ritrovò a pensare, intenerito, quanto fosse angelica la presenza di Historia. Era una piccola dea dai capelli d'oro e gli occhi smeraldo. La osservava rapito mentre lei posava le labbra sul bordo della tazza e beveva a piccoli sorsi. Quasi gli dispiaceva interrompere quel momento, ma si rese conto che era la primissima volta che si trovava solo, veramente solo, con lei. Si scaldò la voce con due brevi colpi di tosse e mormorò:

"Buongiorno..."
Lei si girò incontrando lo sguardo di lui con i suoi grandi occhi color del cielo. Gli sorrise gentilmente.
"Oh... Buongiorno, non ti avevo sentito! Il the è già pronto sulla teiera se lo vuoi."
Eren la ringraziò timidamente.
"Stai meglio?" Gli chiese, sinceramente preoccupata per la sua salute.
Il vapore gli scaldò le guance e gli occhi, mentre con il primo piccolo sorso il liquido amaro gli bruciò la lingua.
Eren gonfiò il petto, spavaldo e rispose:
"Mai stato meglio! D'altronde sono un titano!"
Lei rise di gusto. La sua risata cristallina aveva il potere di scioglierlo. Per Sinam Rose e Maria, come era bella! Di fatti, prima che succedesse tutto quel casino, pure Rainer e Ymir (E forse anche Armin) l'avevano più volte ammirata. Ma ora il gigante corazzato era scappato. Forse aveva una possibilità per avvicinarsi.
"Mmm... com'è buono! Non dirlo al capitano, ma il tuo è il migliore!" Ammiccò, facendola nuovamente sorridere, divertita.
Si guardarono in silenzio, senza dirsi nulla. Improvvisamente disinteressati a discorsi inutili. L'elettricità creata nella stanza con quello sguardo carico di prospettive li fece avvicinare piano piano. Si studiavano, silenziosi, ma allo stesso tempo espressivi. Gli occhi chiarissimi di lei sembravano urlare. Le labbra rosa e morbide socchiuse. Quanto voleva assaggiarle! Chissà se erano buone e dolci come se le era immaginate.
"Buongiorno! Come siete mattinieri!" Esclamò una voce femminile alle loro spalle. Sobbalzarono, improvvisamente ritornati alla realtà, le gote in fiamme entrambi. Sasha e la sua allegria vivace e contagiosa svegliò in un battibaleno tutto il gruppo, o quasi.
Gli schiamazzi mattinieri disturbarono il capitano che, rintanato nel suo studio senza aver quasi chiuso occhio, dovette rimandare le varie scartoffie per dedicarsi anch'esso alla colazione. Versò il liquido bollente sulla tazza e scrutò taciturno i suoi sottoposti, bevendo a piccoli sorsi. Si accorse che mancava all'appello proprio colei la quale aveva avuto la spiacevole discussione la sera precedente.
"Dov'è Ackerman?" Chiese.
Le ragazze che condividevano la stanza con Mikasa si guardarono, indecise su cosa rispondere per non alterare il loro capitano.
"Credo non si sia ancora alzata. L'incidente di ieri deve averla stancata molto." Borbottò Sasha, ingurgitando una manciata di biscotti successivamente, per smorzare la tensione.
Sebbene il capitano non mostrasse esternamente la sua irritazione, rimanendo perennemente composto e silenzioso, tutti sapevano che Mikasa era nei guai. Senza dire altro il capitato bevve il resto del suo the. A grandi falcate percorse il corridoio che portava al dormitorio delle ragazze. Quella peste! Se aveva intenzione di sfidarlo avrebbe trovato pane per i suoi denti! Aprì la porta di legno d'acero con violenza e vagò con lo sguardo su tutta la stanza. Trovò la figura esile della giovane ancora distesa sul proprio letto, coperta da delle candide lenzuola bianche. Si avvicinò, ancora più alterato per non averla svegliata nonostante il pesante tonfo alla porta. Con gli occhi ridotti una fessura tuonò:
"Alza il culo, Ackerman! Non è giorno di festa!"
Prese il lenzuolo e lo strattonò, scaraventandolo a terra, rivelando una visione celestiale del corpo semi nudo della giovane Mikasa. La nivea pelle era coperta da una semplice canotta e uno slip. Levi restò per qualche secondo imbambolato ad osservare. I suoi occhi, solitamente ridotti a una perenne fessura di noncuranza, ora erano spalancati dalla sorpresa. Deglutì a fatica della saliva. Cavolo! Doveva aspettarselo! Ed ora? Già immaginava si essere considerato un pervertito agli occhi di Mikasa dopo la figuraccia del giorno prima, ora sicuramente lei avrebbe avuto la prova del nove. Mikasa in ogni caso non parve essersi accorta di lui, rimase nel mondo dei sogni come se non avesse sentito entrare un uragano incazzato nella stanza. Levi indietreggiò con passo felpato, calpestando con gli stivali i vestiti della ragazza che aveva lasciato a terra la sera prima. Per poco non inciampò, imprecò sottovoce. Chiuse la porta dietro di se e riprese fiato. Fortunatamente lei non si era svegliata, probabilmente nemmeno delle cannonate l'avrebbero svegliata. Mai si era ritrovato in una situazione così imbarazzante... per due volte di file, tra l'altro! Mikasa, dovette notare, era l'unica a metterlo in così forte disagio. Stava crescendo a vista d'occhio, diventando ogni giorno sempre più donna. Un fascino diverso dalle altre due ragazzine. Historia era indubbiamente molto bella, un viso angelico, ma ancora dai tratti fortemente infantili ed innocenti. Sasha era slanciata e con un viso da furbetta, ma ancora molto immatura caratterialmente. Mikasa... diavolo! Emanava ormoni femminili ad ogni sguardo, era inconsapevole della sensualità che sprigionava. Difatti ogni essere composto da testosterone di quella squadra si era accorto di lei. Tutti tranne quello stupido di Eren, probabilmente.
Una volta ritrovato l'autocontrollo, Levi ritornò nella zona giorno della vecchia casa e indicò Sasha.
“Blouse, vai a svegliare quella ingrata della tua compagna. La voglio fuori tra 5 minuti con o senza colazione fatta. E con la stanza in ordine!”
Sasha, ancora con la bocca piena di biscotti, si alzò in piedi agitata. Portò il pugno destro sul cuore e rispose, sputacchiando:
“Cignorci, cignore!”
“Tutti gli altri mi seguano fuori!” ordinò con irritazione, spalancando la porta d'ingresso con un calcio.
Quel giorno era già iniziato malissimo.

 


Spazio Autrice

Eccomi qui con il quarto capitolo. Tra non molto ci sarà una piccola svolta della trama, questi tira e molla, questi imbarazzi diventeranno ben altro, e la causa quale sarà?
Intanto vi ho messo una piccola ErenxHistoria :P è un'altra piccola ship che adoro, ma ovviamente quella che più adoro è la protagonista di questa storia.
La immagine che mi ha ispirato è una fanart di Alodia-Belle su deviant art.
Intanto ringrazio chi mi ha commentato, chi ha messo la storia tra le ricordate e le preferite.
Alla prossima settimana, sperando di essere puntuale! :P

BadGirl92
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


Spazio Autrice

Scusatemi enormemente per il ritardo! Lo so, sono imperdonabile! Ma la mia mente viaggia sempre ed ho già un'altra storia in porto. Non riguarda "Attack on titan", ma una storia originale, ma non preoccupatevi, un po' a rilento finirò questa prima.
Per farmi perdonare vi lascio a un capitolo più succoso e decisamente più lungo rispetto agli altri!
Un bacione!

BadGirl92
 

Capitolo Quinto

Non capì il motivo del litigio, ma a quanto gli parve Mikasa ce l'aveva a morte con tutti, non solo con lui. Si stavano allenando all'esterno, a coppie come sempre. Levi preferiva far ruotare le coppie, non lasciarli sempre allenare con gli stessi. Era necessario che interagissero con più papabili nemici possibili, di tutte le fisicità e tipologie. Ma notava che i ragazzi avevano un certo riguardo per le tre femmine, non usavano tutta la loro forza per sopraffare l'avversario. L'unica a non avere riguardi era proprio Mikasa, ma quella mattina era veramente di pessimo umore, probabilmente dovuto al brusco risveglio.
La vide picchiare senza sosta il povero Eren, che invece sorrideva. Era uno sciocco pensare di prenderla in giro pur sapendo con certezza che non avrebbe mai avuto la meglio.
"Spero per te Jeagen che tu stia cercando un punto debole della tua avversaria con questo metodo discutibile. Non mi pare sia così efficace farla incazzare..." lo riprese il capitano, con voce atona.
Mikasa lo prese di spalle mentre Eren si era distratto per rispondere al capitano. Gli strinse un braccio attorno al collo mentre con l'altro gli bloccava ogni possibile tentativo di contrastarla.
"Posso farcela!" Rispose infine, con voce strozzata. "Vuole che me ne torni a letto, dice che devo riposarmi ancora!"
Mikasa strinse ancora di più, per poi scrutare con occhi gelidi il capitano.
"Metti in discussione ancora i miei ordini, Ackerman?"
"Non sto mettendo niente in discussione! Il mio era solo un suggerimento..."
"Ma se mi hai minacciato di farmi svenire, cosi ero costretto a riposare?" Rispose Eren, alzando la voce, incredulo, riuscì finalmente a liberarsi, perciò Mikasa passò lesta un piede tra le gambe di Eren per farlo cadere a terra con uno sgambetto. Perdendo l'equilibrio, Eren trovò come unico appiglio la sciarpa rossa dell'amica mentre cadeva, ma questa le si impigliò su un bottone della camicia. Con il peso del corpo di Eren strattonò la sciarpa e il bottone partì, lasciando la ragazza con il petto scoperto sotto gli occhi di tutti. Mikasa non capì subito cosa fosse successo. Vide Eren ridere a crepapelle; Jean osservarla con gli occhi sgranati e a bocca spalancata; Il capitano Levi sbiancare per un lungo istante, per poi distogliere lo sguardo; Armin e Connie coprirsi gli occhi con le mani. Si guardo sconcertata e si accorse di avere il reggiseno e il petto florido in bella mostra. Si coprì frettolosamente, umiliata dalle risate del suo caro amico di infanzia e amore non corrisposto. Con l'animo pieno di vergogna corse via per nascondersi dentro casa, seguita dopo qualche istante dalle sue compagne, pronte a consolarla o solo farle compagnia. Levi seguì la scena in silenzio. Si avvicinò ad Eren che stava ancora continuando a ridere rotolandosi a terra. Lo zittì con un calcio allo stomaco.
"La pausa è finita. Ricominciate immediatamente."

Passare dalla fanciullezza alla maturità comportava un enorme cambiamento. È una trasformazione radicale del fisico, come gli ormoni in ebollizione, l'allargamento del bacino, l'aumento delle rotondità del seno. Ma non è solo fisico, è una metamorfosi soprattutto psicologica. 
Sbalzi d’umore, affaticamento, stima di sè sotto terra, manifestazioni dell'animo che non sempre si riesce a frenare. Mikasa ne era preda da mesi. Non si era mai sentita così debole ed insicura. Ne aveva sofferto da piccola, ma grazie ad Eren aveva superato questa paura. Grazie a lui aveva scoperto ed esplorato quella parte di sé che era latente, finalmente riaffiorata. Anche se non era sempre del tutto estranea a tali turbamenti interiori, poteva ritenersi finalmente una donna forte. Ma quella risata derisoria mischiata allo stato d'animo erosivo provocato dagli ormoni della crescita, le causarono una terribile ricaduta. Pianse, come non aveva fatto nemmeno alla morte dei suoi genitori. Una sensazione liberatoria che non si concedeva da troppo tempo. Perché? Perché era diventata il pilastro che reggeva Armin ed Eren. Si era fatta responsabile della loro incolumità, come se per qualche assurdo motivo doveva ricambiare il favore offerto dall'amico, quando l'aveva salvata eroicamente dai delinquenti che l'avevano rapita. Da fanciulla fragile com'era, era emersa come un fiore rinato tra l'asfalto, con le radici forti abbastanza da scheggiare il conglomerato solido di catrame e rocce.
No, non era solo per quello. Aveva fatto una promessa a Carla. Aveva giurato di proteggere Eren e lo avrebbe fatto a costo di morire. Ma perché tale sincera devozione non sembrava ricambiata? Eren sarebbe morto per lei? L'amava almeno quanto lei amava lui? Perché l'aveva derisa? C'era qualcosa che lo frenava, anche se non riusciva a capire cosa. Forse quella complicità nata con Historia era sbocciata in un legame affettivo? Ormai Non era più sicura di nulla, tutta la sua caparbietà era svanita, sfumata via, soffiata dal vento.

D'altra parte il testosterone una volta prodotto per la prima volta, rimane in circolo continuamente. Che un uomo abbia quindici o trenta o cinquant'anni la reazione a certe visioni eteree non cambia. C'è chi riesce a nasconderle e tenerle per sè dietro una barriera di indifferenza. C'è chi invece non può fare a meno di esternarle e parlarne senza sosta.
Gli ormoni sessuali influiscono sul desiderio e quindi sulla libido. I ragazzi non riuscivano a fare a meno di parlare, pavoneggiarsi o divertirsi a prendersi in giro. Anche durante la cena il loro chiacchiericcio assordante risuonava nella sala. Solo nel momento in cui fece capolino la figura di Mikasa dal portone calò il silenzio. Era rimasta in camera tutto il pomeriggio. Nemmeno il capitano Levi ebbe coraggio ad andarla a chiamare, la lasciò in pace a sbollire la rabbia e la frustrazione. Mangiò in silenzio, sebbene le occhiate preoccupate dei suoi compagni la mettessero a disagio. Finì veloce il suo pasto, si alzò in fretta, pronta a ritornare a rifugiarsi nella sua camera. A testa bassa percorse il lungo corridoio, ma si scontrò con qualcosa solido come il marmo.
Levi si era ritirato nel suo studio più del previsto, tra le scartoffie varie che doveva analizzare per Hangji. Si era voluto rintanare lì dentro di proposito, o avrebbe dato sfogo al suo nervosismo contro i suoi sottoposti. Un branco di babbei, di scimmioni che ridevano e si spintonavano per fare a gara a chi ce l'aveva più grosso. Se prima si dispiaceva per non aver avuto un'infanzia e un'adolescenza come gli altri, ora ne andava fiero. Certo, non era rimasto indifferente all'accaduto. Prima una canotta striminzita , poi una camicetta strappata che sottolineavano la freschezza e la bellezza semplice di una donna in erba. Il suo ego era sempre stato superiore alle tentazioni carnali, ma quel giorno si era sentito un ragazzino. Si era dato dell'incosciente. Anni ed anni di allenamento per raggiungere la pace dei sensi, per concentrarsi sull'unico e solo obiettivo di sterminazione della razza gigante, ed una semplice ragazzina era riuscita a smuovergli qualcosa dentro così. Ribolliva,ma non di rabbia.
Sentì i morsi della fame premere sullo stomaco. Per quella giornata poteva bastare, ora doveva rifocillarsi per bene e non pensare più a niente. Prese la sua giacca, la posò sulle spalle ed uscì dallo studio. Uno scontro inatteso lo fece risvegliare dai suoi pensieri.
"Ackerman, già te ne stavi andando?"
Si sentì chiamare lei. Alzò lo sguardo e notò che si era scontrata sbandatamente con il capitano appena uscito dallo studio.
Distolse nuovamente lo sguardo prima di mormorare:
"Si, ho poco appetito..."
Lo superò, ma sentì nuovamente la voce roca e calda dell'uomo.
"Smettila di fare la vittima, Ackerman! Reagisci e cammina a testa alta." Si voltò sorpresa, gli occhi blu lucidi di nuove lacrime in procinto di uscire allo scoperto.
" Ma soprattutto lascia perdere quel Jeagen. È solo uno stupido a non essersi ancora accorto di te!"
"C-come?" Ballettò incredula. 
"Bhe... lo hanno fatto tutti. Jean si vede lontano un miglio che ha una cotta per te, ed è per questo motivo che se la prende sempre con Jeagen... Pure Arelet se avesse interesse verso il genere femminile farebbe la fila a te, ma dubito ne abbia."
Restò basita di fronte a quelle parole che volevano essere consolatorie. Non aveva mai pensato di potersi ritenere una bella ragazza. Forte si, ma non bella. Se ne era reso conto anche lui che tutti la fissavano. Non erano prese in giro le loro. Erano entusiasti per aver visto un paio di tette! In un lampo si ricordò che i ragazzi non erano gli unici ad aver avuto una reazione di stupore, ma anche lo stesso capitano. Lo vide voltarsi e allontanarsi, perciò prese coraggio e sussurrò:
"Anche... anche lei?"
A quella domanda Levi si arrestò, sentì il suo cuore perdere un battito. Cosa provava lui? Più la guardava e più si sentiva un vecchio maniaco di fronte a lei, ma da qualche giorno a questa parte era inconsciamente ed inevitabilmente attratto dalla bellezza orientale della ragazza. Prima che lei potesse accorgersi di un tentennamento, indossò nuovamente la sua maschera imperscrutabile e voltò appena il viso verso di lei, rispondendo:
"Ackerman, che domande fai? Ho 15 anni più di te... quando avevo la tua età nemmeno eri nata."
"Mi fa piacere che ne sia consapevole. Ma non ha risposto alla domanda..." il sorriso sfacciato su quel viso arrossato dal pianto gli fecero stringere le labbra, in preda ad un istinto primordiale che non sentiva da molto tempo. Dannata ragazzina, lo stava provocando e nemmeno se ne accorgeva. Questa volta sarebbe stata lei a restare senza parole. Voleva sfidarlo? Avrebbe trovato pane per i suoi denti allora.
"Sei una bambina. Cosa vuoi che abbia notato di te in questo tempo sotto le mie ali?" Mormorò, avvicinandosi lentamente, "Che hai perso finalmente i denti da latte? Oppure che il tuo petto si è fatto piacevolmente più gonfio e sodo? si, l'ho notato, ora sei decisamente una donna. Perchè tante domande? Vuoi venire a letto con me? Ti piacciono i maturi?" La sua voce si fece mano a mano più calda, da lasciarle un brivido lungo la schiena. Era talmente vicino che poteva sentire il suo odore di dopobarba.
"Non si direbbe, data la tua cotta per quel bamboccio di Jegen."
"C... cosa?" Riuscì a balbettare nuovamente. Non sapendo per quale delle tante provocazioni essere più offesa e allo stesso tempo lusingata. Nell'oscurità del corridoio notò l'ombra di un sorriso dipingersi sul viso dell'uomo. Si voltò e le diede le spalle per andarsene definitivamente 
"Fila a dormire, Ackerman. E stavolta svegliati in orario."

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Angolo autrice

 

Eccomi finalmente con un nuovo capitolo! Lo so, sono imperdonabile... speravo di riuscire ad aggiornare almeno durante le feste così da farvi gli auguri, ma ovviamente tra mille impegni ed abbuffate non ho avuto il tempo nemmeno di pensarci alla storia! Spero siate ancora tutti qui, ringrazio chi mi ha commentato fino ad ora e vi lascio a questo capitolo, che dà finalmente modo al "lime" di avere un senso! :P
Ciao, a presto! :*
 


 

Capitolo Sesto

Un'altra lunga giornata di allenamenti ed esperimenti con la esasperante caposquadra Hanji era giunta al termine. Ultimamente stava spolpando l'anima del povero Eren, che ogni giorno, la sera, si ritrovava esausto e senza forze. Non stavano facendo progressi e il suo fisico risentiva anche a causa dell'animo scontento e rammaricato. Aveva paura di deludere le aspettative di tutti, soprattutto dei suoi superiori che avevano fatto molto per lui per proteggerlo e avevano riposto in lui tutte le speranze per la salvezza dell'umanità. Una sconfitta dopo l'altra, la malinconia e la rabbia avevano preso il sopravvento. Avevano tutti bisogno che lui portasse a termine positivamente gli esperimenti dell'indurimento del corpo. Tutti avevano aspettative di vedere finalmente una chance di vittoria sui giganti. Sentiva questo enorme peso sulle spalle. Spesso non riusciva a dormire come si deve, in preda ad incubi terribili a causa di questa opprimente tensione.
Allora qualche volta si alzava dal letto ed usciva all'aria aperta, sotto la tettoia in legno della cascina che in quel periodo era diventata la loro nuova ennesima casa. Il frinire dei grilli era l'unico suono che si udiva in quelle notti miti e tranquille.
Un giorno, quando il crepuscolo era già arrivato da un pezzo, Eren stava finalmente per assopirsi su il giaciglio creato con coperte e cuscini sopra la panca del pergolato, quando un rumore flebile di passi striscianti lo destò, diverso dai suoni che gli concigliavano il sonno.
"Eren.. sei tu? Che spavento!" Sussurrò la voce impastata dal sonno della piccola Historia. Eren si alzò a sedere osservandola nel buio, facendole spazio sulla panca. La ragazza si sedette, stringendosi come meglio poteva dall'aria pungente sulla camicia da notte. Eren notò immediatamente il gesto di lei e la coprì con la coperta che si era precedentemente portato appresso.
"Che ci fai qui fuori?" Chiese lei, nascondendo con la mano uno sbadiglio.
"Non riuscivo a dormire, tu invece?" rispose Eren.
"Sono andata in bagno e ho visto il portone socchiuso... C'è qualcosa che non va?"
"A volte mi manca l'aria, l'unico posto che mi tranquillizza è questo..."
"Sei troppo teso, non devi addossarti tutte queste responsabilità..."
"Devo... tutti voi dipendete da me..."
"Cosa credi? Anche per me è lo stesso... stanno facendo di tutto per proteggermi e mi sento terribilmente in colpa..."
"Ma tu sei importante, Historia..." cercò di rincuorarla il giovane moro.
"Anche tu lo sei, Eren..."
Restarono per qualche attimo in silenzio ad ascoltare la melodia sommessa delle cicale in festa. La natura aveva i suoi lati meravigliosi, così semplici e delicati che riuscivano a riportare la pace agli animi in subbuglio.
"Ora capisco perché preferisci stare qui fuori... c'è così tanta pace..." mormorò sognante Historia, girandosi l'indice su una ciocca dei lunghi capelli d'oro.
"Il mare sarà ancora più meraviglioso... me lo sento..."
"Che cos'è il mare?"
"Una bacino di acqua salata... grandissimo ed infinito."
"Acqua salata? Scherzi?"
"Ci sono deserti, distese di sabbia... alberi e animali che non abbiamo mai visto... il mondo là fuori, oltre le mura, è immenso!" Concluse Eren con un sospiro sognante.
" Vorrei tanto vederlo questo mare..." rispose lei, guardandolo negli occhi, affascinata da tanta costanza e sicurezza nell'affermare la bellezza del mondo esterno.
"Lo vedremo assieme un giorno..." mormorò il giovane, rapito da quello sguardo ammirato, così chiaro e limpido che, lui non lo sapeva, assomigliava tanto al mare a lungo sognato.
"Mi piacerebbe tanto..." sussurrò Historia, ritrovandosi così vicina al suo viso da poterne sentire il profumo. I loro nasi si sfiorarono ed il bacio arrivò lento, dolce. Si assaggiarono delicatamente e timidamente, come due novelli sapevano fare. Entrambi alle prime armi con questa intima forma di affetto, non sapevano bene come toccarsi, Historia rise tra un bacio e l'altro mentre sentiva le dita di Eren toccarle un fianco, facendole il solletico. Erano felici, finalmente avevano l'occasione per stare insieme e esternare i loro sentimenti. Credevano di essere soli, ma non lo erano affatto. Una figura snella ed alta li stava spiando dalla porta socchiusa. Silenziosa come un'abile predatrice, aveva assisistito a tutta la scena, soffocando con la mano il suo disappunto per non farsi scoprire. Si voltò quasi con disgusto, e si allontanò veloce da quella scena orribile e deleteria come una pugnalata al cuore. A grandi falcate attraversò il salone e bussò ad una porta.
"Avanti..." rispose una voce profonda dall'altra parte dell'uscio.
La figura misteriosa aprì la porta ed entrò con furia, richiudendo velocemente la porta dietro di sé.
"Ackerman? Cosa ci fai sveglia a quest'ora?"
Illuminato solo dalla debole luce della lampada sulla scrivania, Mikasa quasi non vide il suo capitano all'interno dell'ufficio, nascosto da una montagna di libri e documenti. Sapeva di trovarlo ancora sveglio, faceva spesso tarda notte tra le scartoffie.
"Sono solo venuta a dirle che aveva ragione su Eren... Non mi merito un uomo che non prova nulla per me..."
Levi restò ad osservare il suo ospite per qualche momento, confuso. Era affanntata e sembrava aver visto un mostro, tanto che inizialmente si era allarmato vedendola entrare così nel suo ufficio, temendo un attacco dei giganti. Che cosa aveva visto? Ma soprattutto perché durante il coprifuoco nessuno si atteneva ai suoi ordini?
"Mi fa piacere che finalmente sei d'accordo con me. Cosa ti ha fatto cambiare idea?" Posò la penna stilografica sui documenti, chiazzando debolmente il foglio di inchiostro. Non gli importava, voleva sapere cosa era successo di così traumatico da farla correre nel suo ufficio a dargli ragione. Cominciò a studiarla, non capendo se era venuta per discutere o altro. Non sembrava sul piede di guerra, anzi.
Mikasa si strinse a sé, improvvisamente intimorita. Non poteva dirgli che aveva visto Eren ed Historia baciarsi, e ciò l'aveva fatta sentire così inutile da correre tra le braccia del primo uomo che le avesse dato le attenzioni giuste. Era sbagliato, lo sapeva. Ma meritava amore, ed Eren non era disposto a darglielo.
"Ho riflettuto a lungo, ed ho capito che Eren non fà per me... ho bisogno di un uomo maturo al mio fianco, un uomo che mi dia le giuste attenzioni e che merito."
Restarono altri lunghi istanti in silenzio. Levi stava cercando di dosare bene le parole. Aveva capito cosa era venuta a fare qui Mikasa, ormai. Non aveva più nessun dubbio. Sperava di sbagliarsi, ma nel profondo forse sperava anche fosse veramente lui quello a cui si riferiva. Si alzò dalla scrivania, per avvicinarsi alla sua sottoposta. Voleva cercare di leggerle dentro, ma era incredibilmente imperscrutabile, forse più di lui.
"Sei venuta per chiedermi il permesso? Siamo in tempo di guerra e per voi adolescenti l'amore è solo una distrazione, ma di certo non ti fermo se hai intenzione di fare nuove esperienze con Jean Kirschtein "
"Non è Jean quello che mi interessa." Lo guardò decisa negli occhi, così scuri al buio da smarrirsi dentro la loro oscurità. Ma lei non aveva paura del buio.
"Vorrei tanto sbagliarmi, ma sai anche che non sono affatto ingenuo. Non ci sono molti altri uomini qui. Mikasa, non sono affatto uno che si tira indietro... Ma sta diventando davvero sbagliato tutto questo." mormorò, con una voce più roca del normale.
Mikasa sbuffò leggermente: se lo stavano facendo quei due piccioncini in segreto, perché non lo avrebbero potuto fare loro? Anche lei voleva sapere cos'era un bacio, che cosa si provava. La ragazza fece un altro passo avanti, ritrovando con il petto quasi a sfiorare quello di Levi. Era leggermente più alta, ma il portamento militaresco di lui, schiena dritta, petto in fuori, non faceva notare la differenza. Intimoriva nonostante i suoi 160 centimetri di altezza.
"Mi baci." Mormorò con tono quasi disperato.
In Levi iniziò a farsi strada un desiderio infuocato e potente. Desiderava conoscere ed esplorare la carne di lei come non aveva mai desiderato altro. Era veramente morbida e liscia come se la immaginava? Bramava annusare la sua pelle dolce e delicata, e sentire da vicino gli effetti spietati dei feromoni che lei diffondeva con incoscienza adolescenziale.
"Innanzitutto se vuoi che le cose diventino più intime devi imparare a non darmi del lei. Altrimenti la cosa si fà strana più di quello che già è!"
"Baciami..." sussurrò languidamente Mikasa, gli occhi socchiusi.
Non si era mai trovato così dubbioso e in disaccordo con se stesso come in quel momento. Dannato Erwin! Era solo colpa sua se stava dando fin troppa retta alle stupide regole che imponevano i superiori. Un tempo se ne sarebbe fregato, perché non aveva nulla da perdere. Ma ora essere il capitano Levi era l'unica cosa che aveva.
"Ne sei sicura? Potresti pentirtene..."
"Non me ne importa niente di ciò che è giusto o sbagliato!"
La richiesta fu finalmente accolta. Quando il suo capitano cedette e fuse la sua bocca su quella rovende e morbida di lei come due metalli incandescenti, Mikasa sussultò sorpresa. La prese con decisione tra il collo e l'orecchio per non farla scappare via, mentre con l'altra mano premette sulla schiena di lei, per farle avvicinare il corpo al suo. Mikasa ne fu compiaciuta, il capitano era un mix di prepotenza e nobile bon ton anche quando baciava. Cercò di stare al suo passo, posandosi con le braccia sulle spalle di lui e facendosi strada con la lingua e spingendo per non farsi sovrastare da lui. Non era un bacio, era una lotta alla supremazia e fin'ora non c'erano vincitori ne perdenti. All'iniziativa di Mikasa, Levi soffocò un ringhio. Non gli era servita che quella mossa per decidersi a spingerla, addossandola al muro. La loro saliva si mischiò nelle reciproche bocche fameliche. Mancava il respiro ad entrambi, ma nessuno dei due aveva intenzione di staccarsi dall'altro. Il cuore di Mikasa sembrava volesse balzarle fuori dal petto. Gemette sorpresa quando sentì la mano calda di lui infilarsi sotto la sua maglia. Aveva veramente una pelle morbida come Levi pensava, e sentirla al tatto era ancora meglio che immaginarla. Mentre continuava ad affondare la sua lingua nella bocca di lei, le accarezzò il fianco. Le stava dando il tempo di ritirarsi se la infastidiva, ma lei non si scansò. Salì quindi lentamente, e quando sentì con le dita la piega morbida del suo seno, sospirò con cupidigia, bramando di approfondire l'esplorazione. Un barlume di coscienza si insinuò nella mente di Levi. Stava assecondando ogni singolo impulso che Mikasa aveva acceso in lui, ma era una ragazzina, non era pronta. Doveva fermarsi. Era sbagliato.
Staccò le sue labbra da quelle roventi di lei, anche se controvoglia. I loro sguardi si incrociarono.
"Perché ti sei fermato?" Chiese affannata.
"Perché sono ancora in tempo per farlo..."
Rispose lui.
Si guardarono negli occhi per interminabili secondi. Mikasa abbassò lo sguardo, troppo in imbarazzo per sostenere lo sguardo di Levi ancora a lungo.

"Mi... mi dispiace..." mormorò, balbettando. Levi si staccò da lei, confuso dalle scuse appena ricevute. Non fece in tempo a chiederle spiegazioni o a risponderle, che, veloce come un fulmine, Mikasa si dileguò dalla stanza, sparendo nell'ombra del corridoio.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Settimo ***


Angolo Autrice

Pensare che è dalle vacanze di Natale che non posto! Sono passati otto mesi D: Mi dispiace enormemente, i blocchi dello scrittore sono difficilissimi da superare. La storia l'ho tutta in testa, ma non è esattamente semplice trascrivere quello che frulla nel cervello, dandogli un tono, una scrittura decente e abbellendo il tutto. Spero che chi seguiva la storia e chi ha commentato tempo fa ci sia ancora, mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto. A chi ha commentato recentemente sebbene gli aggiornamenti fossero di mesi fa un grandissimo GRAZIE.
Poche chiacchiere, vi lascio alla storia, già vi ho fatto attendere un sacco... non avrete visto l'ora, o almeno spero :P 

 

Capitolo Settimo

Le ci vollero parecchi minuti per calmare il suo cuore in tumulto. Passò ore ed ore a girarsi e voltarsi, devastando il letto e le coperte, incapace di dormire. Ripensava costantemente al bacio avvenuto con il capitano Levi. Diamine! Con il suo capitano?! Come poteva essere stata così stupida? Ma provava davvero qualcosa per lui? O era solo per ripicca verso Eren? Si sentiva tremendamente in colpa per i motivi più svariati, e non sapeva come comportarsi con lui quando si sarebbero rivisti. Certo che il capitano non sarebbe stato ben disposto a quella richiesta se non provasse attrazione verso di lei, e lei non sarebbe certamente andata da lui se non provasse un minimo d'interesse.... ma era giusto? Per Eren provava un profondo affetto, che migrava in certe occasioni ad amore non solo fraterno. Era gelosa se lui dava attenzioni ad Historia, non c'era niente da fare. Però si doveva rialzare dalla batosta della sera prima. Ora aveva anche Levi in testa, e quel bacio... per Sina, Maria, Rose ! Era stato qualcosa di pazzesco! Non aveva idea che il capitano potesse essere così passionale! Si sentiva formicolare sul fianco, nei punti dove lui l'aveva accarezzata. Le labbra ancora pizzicavano. Come primo bacio non si aspettava davvero nulla del genere. Era l'opposto di quello che aveva visto, casto, fra Carla e il marito, o quello timido ed impacciato di Eren e Historia. Con Levi era stato fuoco e fiamme! La prima volta che lo aveva visto durante il processo contro Eren, oltre ad aver provato per lui un odio profondo nell'aver picchiato Eren fino a spaccargli tutti i denti, le era sembrato anche un piccolo e gracile ometto. Con il senno di poi dovette ammettere che si sbagliava, l'apparenza l'aveva ingannata. Non lo sapeva, Mikasa, però percepiva il suo fascino. “Che sciocchezze vai pensando? Eren è molto più affascinante, assolutamente” pensò tra sé e sé, in bilico tra la sua coscienza e il suo istinto. Che stupidaggini stava dicendo? Perché negava di fronte all'evidenza? Eren aveva un decimo del fascino misterioso e glaciale di Levi. Bastava un suo sguardo per mettere a tacere tutti. Con la sua voce calda e profonda...

Il frinire delle rondini fuori dalla finestra interruppe il suo monologo interiore. Riuscì a capire che l'alba ormai era spuntata all'orizzonte, perciò si alzò lesta e silenziosa, cercando di non far svegliare le sue due compagne. Si diresse in bagno per darsi una rinfrescata veloce, poi andò in cucina.
Mattiniero come sempre, Levi era già lì quando la ragazza entrò in cucina. Si fermò ad osservarlo per un attimo. Probabilmente avrebbe fatto dietrofront per non sentire il peso del disagio nel restare da sola con lui, ma era certa che lui si fosse accorto della sua presenza. Lo evitò con lo sguardo, finché lei non fu costretta a sedersi a tavola, proprio di fronte al suo capitano. Mikasa fissava fintamente interessata l'acqua sporcata dalle erbe. Osservava incantata i piccoli cerchi d'acqua formarsi ad ogni impercettibile movimento. Non aveva il coraggio di incontrare il suo sguardo, ma era allo stesso tempo curiosa di vedere se anche lui fingeva disinteresse nei suoi confronti. Ne dubitava fortemente,  sentendo gli occhi penetranti di lui inchiodati addosso. Con un guizzo di coraggio alzò lo sguardo ed incontrò, proprio come immaginava, lo sguardo di lui fisso sul suo viso, mentre beveva lentamente il suo the mattutino. Si sentì morire quando vide quei due pozzi blu che sembravano gridare, così silenziosamente espressivi. Restò ipnotizzata da quello sguardo ammaliante, percependo lo stesso brivido della sera prima, quando lui l'aveva baciata con così tanto ardore. Nelle iridi del capitano poté vedere come un flashback quel bacio ardente che l'aveva fatta sentire viva, come mai prima d'ora. Le sembrò di sentire ancora le sue mani calde e ruvide sul suo fianco e sfiorarle il gonfiore del suo seno. Deglutì rumorosamente, mentre una sensazione nuova le attraversava il corpo, Se non fosse arrivato alle sue orecchie il brusio degli altri compagni che fecero capolino, non sarebbe mai riuscita a distogliere lo sguardo dagli occhi di Levi. Si era sentita persa, intrappolata da quelle iridi blu cobalto.

Quella mattina Eren, Historia, Armin e Jean, furono impegnati con la caposquadra a mettere in pratica uno dei piani che si erano prefissati nel caso in cui venissero scoperte le identità di Eren e Historia dal corpo di guarnigione e quindi rapiti.
Sasha, Connie e Mikasa dovevano restare nella cascina tra le campagne del Wall Rose. Il comandante Levi aveva in programma un allenamento specifico per loro tre. Mikasa avrebbe desiderato andarsene con Eren e gli altri, pur di non restare con il capitano. Ma non poteva nemmeno mostrarsi così vigliacca di fronte a lui. Era stata lei a volere quel bacio, a provocarlo. Se ora gli dimostrava di essersi pentita avrebbe fatto la figura della bambina, come spesso lui la definiva, sbeffeggiandola. Dopo aver salutato i suoi due amici, si diresse verso il luogo dell'allenamento con il petto appesantito da una forte sensazione d’ansia che non riuscì a scacciare malgrado tutti i suoi sforzi. Lo vide da lontano, già con gli altri due compagni, ad attenderla. Respirando profondamente, si costrinse a rallentare il proprio battito cardiaco e a concentrarsi, in modo da affrontare la prova che l’attendeva nel migliore dei modi, scacciando ogni altro pensiero. Ogni sua cellula si sentiva soffocare dalla minaccia quasi palpabile di quel guerriero che non aveva alcun bisogno di parlare o agire per dimostrare la propria incredibile forza. Non per niente era stato nominato da molti "il soldato più forte dell'umanità". Ricordò lo sguardo gelido e noncurante con cui l’aveva fissata durante i loro primi incontri. In quelle iridi non era riuscita a scorgere nulla, solo il vuoto. Ricordava che non riusciva a sostenerlo per più di un battito di ciglia. Poi aveva imparato a conoscere la sua generosità, il suo lato più compassionevole e, a modo suo, affettuoso. Per i ragazzi era diventato un punto di riferimento, un insegnante, un padre. Era sempre con loro, per loro, sebbene severo e implacabile.
"Te la sei presa comoda." La rimproverò con la sua voce atona e priva di emozioni. Mikasa corrugò per un secondo la fronte, ma non diede a vedere di essersi offesa.
"Blouse e Springer insieme, Ackermann con me." Ordinò il capitano. " procederemo con la presa di sottomissione..."
Le coppie formate presero le loro distanze, in modo da non essere di intralcio all'altra. I due contendenti si scrutarono per secondi infiniti, girandosi intorno con movimenti felini e attenti. D'un tratto Levi si fermò e si mise in posizione di guardia, i pugni alzati e le gambe divaricate.
"Coraggio ragazzina, fammi vedere che sai fare!"
Ancora quel fastidioso nomignolo uscì dalle labbra del suo capitano, così maledettamente strafottenti. Si diede un piccolo, ma potente slancio e si scagliò contro il suo avversario. Riuscì a superare la difesa che l'uomo si era precedentemente creato. Sfruttando la sua altezza lo saltò agilmente e lo afferrò con le braccia stringendogli le spalle e il petto. Levi si trovò in pochi attimi immobilizzato.
"Forse è meglio che conservi la sua dignità allenandosi con Connie, almeno siete alti uguali..." lo provocò la ragazza.
Levi sorrise di rimando, senza dare peso alla impertinenza della giovane. Con una semplice, ma agile mossa, Levi si incurvò in avanti, facendo alzare da terra l'avversaria che pensava erroneamente di non avergli dato via di fuga. Con una forza di cui Mikasa si meravigliò la buttò a terra, per poi bloccarle le gambe saldamente con le ginocchia e i polsi con le mani. Ora era lei a non avere vie di fuga.
"Dicevi?" La derise Levi, "non è l'altezza che determina la forza e l'abilità di una persona. Ti facevo più intelligente. Forse era meglio Connie sul serio!"
Mikasa, visibilmente irritata ed in difficoltà, cercò di dimenarsi per sciogliere la presa di sottomissione che il suo esperto insegnante le aveva appena fatto.
"È anche l'esperienza di una persona che la rende più brava... meglio un ragazzino spilungone alle prime armi, o un uomo maturo, anche se basso? se capisci cosa intendo..." continuò a sfidarla velatamente. Poi si abbassò pericolosamente, avvicinando il suo viso all'orecchio di Mikasa, che restò pietrificata dal gesto.
"Eppure ieri sera pensavo di avertene dato dimostrazione..." le sussurrò, provocandole un brivido che le fece venire la pelle d'oca. 
Con la coda dell'occhio, Mikasa cercò i due compagni che si stavano allenando poco distanti. Sperò con tutta se stessa che non si fossero accorti della situazione curiosa in cui si era andata a cacciare.
"Mi lasci andare!" Cercò disperatamente di divincolarsi nuovamente, come un pesce appena pescato che, fuor d'acqua, cerca di ritrovare la sua libertà muovendosi con tutta la sua forza per saltare verso il suo habitat.
Levi si ricompose, alzandosi e scarcerandola dall'oppressione fisica e mentale che il suo corpo le aveva suscitato.
Mikasa Si rimise in piedi, togliendosi il terriccio dai vestiti con movimenti agitati. Poi posò le sue iridi in fiamme su di lui. Poi caricò un calcio che, se Levi non avesse parato in tempo, lo avrebbe sicuramente fatto volare via, incrinandogli qualche costola. Sorrise soddisfatto. Quando quella piccola guerriera si arrabbiava, dava il meglio di sé. Glaciale e al contempo feroce, si accaniva su di lui con tutte le mosse che aveva imparato durante il suo periodo da recluta. Non badava alle conseguenze, non pensava, voleva soltanto colpire per sconfiggere, facendo emergere tutta la sua forza latente. Questa poteva essere un'ottima qualità per un soldato. Anche Levi era così un tempo. Utilizzava tutta la sua forza innata e la utilizzava spietato contro gli avversari, agendo in totale libertà, non facendosi scrupoli. Ma imparò a sue spese che poteva essere un'arma a doppio taglio. Una volta entrato nell'armata ricognitiva Levi imparò a controllarsi, studiare le mosse degli avversari, e ad agire non d'impulso come era sempre abituato sin da bambino, ma in maniera più riflessiva, osservando ed analizzando attentamente la situazione e calcolando con precisione il contrattacco da effettuare, per poi colpire con letale precisione grazie alla sua incredibile forza.
Fu così che dimostrò alla sua giovane cadetta la furia distruttiva del capitano Levi. Dopo aver parato senza grosse difficoltà i pesanti e incessanti colpi di Mikasa, gli bastò un attimo della sua disattenzione, per fermarle le braccia e con un calcio sulle gambe scaraventarla nuovamente al tappeto. Cadendo pesantemente al suolo con la schiena, Mikasa le si smorzò il fiato.
Con un gesto stizzito, Levi, si sistemò la giacca di pelle marrone che era scivolata da una spalla. Piegò le ginocchia per essere all'altezza e più vicino all'avversaria abbattuta. 
"Attacchi senza pensare, in preda alla rabbia. I tuoi colpi devono essere calcolati, altrimenti perdi il controllo. Sei forte Mikasa, ma ti manca questo!" Disse e picchiettò l'indice sulla tempia di Mikasa. Non ricevendo risposta da parte della recluta, si alzò e si allontanò senza darle ulteriori attenzioni. La lasciò cuocere nel suo brodo, mentre si avvicinò agli altri per sgridarli con il suo solito tono intimidatorio. Come al solito, si allenavano con poca serietà, facendo gli stupidi e prendendosi in giro. 
La ragazza restò sdraiata a terra. Bruciava il suo animo dall'interno, distesa su quel letto di terriccio, fili d'erba foglie secche, a fissare le nuvole in cielo come fossero una delle cose più interessanti del mondo. 
Per lei il tempo si era fermato in quell'istante, quando vedendo Eren innamorarsi di un altra, per l'ennesima volta le sue certezze si erano sgretolate l'una dopo l'altra. Con la forza di una leonessa aveva lottato per tirarsi su, in cerca di un nuovo punto di ancoraggio, quel nuovo appiglio grazie al quale avrebbe potuto risalire la china, Levi. Invece si era sentita sprofondare ancora più giù, si dava delle colpe che non sapeva se meritare, allora per egoismo e orgoglio incolpava Levi. Quel capitano scontroso e impassibile, che ora era tornato indietro per tenderle la mano e aiutarla ad alzarsi. Doveva riprovarci a cogliere quell'occasione?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3798875