MASS EFFECT 4: Aftermath

di Florence_Castle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Episodio 1: Conseguenze ***
Capitolo 3: *** Episodio 2: Isolamento ***
Capitolo 4: *** Episodio 3: Intreccio ***
Capitolo 5: *** Episodio 4: Di nuovo in linea ***
Capitolo 6: *** Episodio 5: Nemico del mio nemico ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Un giardino terrestre deserto, sotto una giornata nebbiosa e senza cielo. Quante volte Shepard aveva sognato un ambiente del genere? Durante la Guerra dei Razziatori quello era l'incubo più frequente, quello in cui non riusciva mai a raggiungere un bambino prima di vederlo consumarsi tra le fiamme ogni volta che si avvicinava per prendergli la mano. Questa volta era diverso e, innanzitutto, tutt'intorno era sui toni del rosa e non in bianco e nero; e al posto del fantasma del ragazzino c'era una farfalla... una piccola e vivace farfalla rosa che svolazzava sopra la sua testa. Cercò di seguirla il più a lungo possibile e lungo la strada vedeva delle sinistre ombre nere che si contorcevano dal dolore - addirittura, riusciva a riconoscere, tra i sussurri, le voci di alcune di esse: Mordin e il suo discorso del "qualcun altro avrebbe sbagliato"; il tenente Alenko che la supplicava invano di salvare lui al posto di Ashley su Virmire; lo sfortunato Thane immerso nelle sue preghiere alla dea Kalahira. Ma tra queste anime ce n'era una che la stava chiamando per nome e tra quei volti ora anonimi e ora conosciuti, Paige ne riconobbe uno, il più caro di tutti: — Anderson? - esclamò.
L'ammiraglio se ne stava seduto su una panca, posta a cavallo tra due siepi cariche di profumatissime rose rosse, ad ammirare il cielo inesistente di quell'assurdo mondo e stava invitando la sua ex pupilla a fare altrettanto: — Anderson! - ripeté quest'ultima, accomodandosi accanto a lui - Perché sei qui?
L'interlocutore sembrava aver ritrovato un tesoro rimasto sepolto da millenni: — Paige! Amica mia... che ci fai qui?
— Ce l'abbiamo fatta, Anderson. Abbiamo vinto! I Razziatori sono...
— Ah, lo dicevo io che quei bastardi meritavano di essere distrutti! - la interruppe l'ammiraglio, già intuendo cosa stava per dire Paige. Poi la guardò come farebbe un padre con la sua figlia prediletta, mentre White si grattò il capo: — Credo di essermi meritata un po' di riposo, vero?
Anderson sorrise: — Oh certo, figliola. Sei stata brava, anzi... bravissima! Sono orgoglioso di te.
Erano le medesime, ultime parole pronunciate prima di spirare, dopo il duello psicologico con l'Uomo Misterioso. Ahimè, anche in quell'onirico frangente tali parole furono portatrici di sciagure e, infatti, appena Paige fu sul punto di ringraziare quel padre che non avrebbe mai avuto, udì l'inconfondibile ruggito di un Razziatore... uno enorme, delle dimensioni del Leviatano! Che stupida, non si era portata dietro neanche un'arma pesante contro quel mostro, ma aveva ancora con sé il puntatore laser che usò per ucciderne uno simile su Rannoch... ma non c'erano navi o squadriglie dell'Alleanza con cui ordinare un attacco orbitale, per cui Paige era praticamente spacciata!
Il titanico Razziatore caricò a pieno il suo laser, un secondo prima di scatenare un potente raggio che per un soffio spazzò via parte del giardino e la stessa Paige. Non era giusto morire due volte nello stesso scenario, pensò, un momento prima di ritrovarsi sul dorso di una colomba bianca grande quanto un Mietitore... davvero, cosa stava succedendo nella testa di quella donna? Aveva il tempo per porsi altre domande, ma non abbastanza per chiedersi come sarebbe uscita da quella girandola di eventi aldilà dell'inverosimile. Dopodiché, la colomba gigante la fece atterrare su un mucchio di petali di fiori rossi e rosa e, nella tempesta scaturita dalla caduta, finì nella cameretta di una bambina... non una qualsiasi, ma se stessa quando aveva sei anni! Girando per la stanza, vide la piccola giocare sul tappeto con le sue amate bambole, di cui due – un maschio e una femmina – abbigliate come due sposi.
Per Paige fu come ricevere un pugno sullo stomaco. Quello era il suo più grande sogno nel cassetto, che però era volato via dalla finestra ora che, come diceva Thane, aveva raggiunto il mare – nel senso che era ormai morta. La bambina le indicò una farfalla rosa posatasi sulle tende della finestra, la stessa farfalla che aveva avviato questo strano viaggio. Questa volta, tuttavia, sembrava dire qualcosa ma le frasi erano scollegate tra loro come fosse un collage confuso di suoni, tutte pronunciate con la voce della stessa Paige, sebbene in quel momento apparisse ovattata, quasi come se fosse un angelo; poi si fermò, come un carillon che aveva esaurito la sua carica. Paige sfiorò la farfalla per esortarla a parlare di nuovo, ma i toni cambiarono e divennero più caldi e freddi allo stesso tempo: — Non cacciarti nei guai... non lascerò che la paura comprometta la mia morale... il mio sguardo ti cercherà... non sarai mai solo!
Paige si paralizzò dallo sgomento. Era una femmina, non un maschio, ma forse la farfalla si stava rivolgendo al magnifico uccello bianco nella gabbia dorata lì accanto, e verso cui ella volteggiò leggiadra. L'altro animale la accolse con gioia e la abbracciò delicatamente con una delle sue grandi ali: — Paige... - stava pigolando – Stai tranquilla, sarò sempre qui in caso di bisogno. Ti prego... svegliati!
Perché mai Paige dovrebbe svegliarsi se era morta? No, non doveva essere morta, aveva un ordine da rispettare... un ordine insubordinato. Di chi era? Ora non importava questo, ma come uscire da quella prigione, il cui carceriere era il gigantesco Razziatore che in quel momento stava ricaricando. Appena il laser fece capolino nella stanza, Shepard si tuffò fuori dalla finestra, finendo su un letto di piume bianche soffici e delicate, e tra di esse spiccava un cuscino blu... non per molto, dal momento che il Razziatore addirittura le parlò, un boato cavernoso che la richiamò con il nome di Peacewalker: — Credi di aver vinto, umana. – cominciò – Avrai anche distrutto i Razziatori, ma colui che chiamate Araldo è sopravvissuto...
Paige si ritrovò nuovamente nel campo di battaglia che l'aveva vista cadere sotto i colpi del nemico, a Londra, dopo che la Normandy aveva portato via i suoi compagni. Piena di tagli, sanguinante, la corazza del tutto bruciata e con qualche pezzo saltato via... e non aveva neanche l'Interfaccia Sentinella: — La tua vita sta svanendo, Peacewalker. – proseguì il titanico mostro, esercitando sull'umana un potente gioco mentale – Sei condannata, le tenebre incombono... non c'è via di fuga! Per cui ti chiedo: il tuo sacrificio è stato vano? Ci credi ancora?
Attivando le barriere biotiche, Shepard provò ad attenuare l'influenza del Razziatore perché non indottrinasse la sua mente, peraltro sigillata quel tanto che bastava affinché non cascasse sotto il controllo del nemico. Ma fino a che punto tutto ciò sarebbe accaduto? La voce continuò ad accusarla: — Hai causato innumerevoli morti per assicurarti la sopravvivenza di una galassia già condannata all'oblio. E a quale scopo? Per proteggere chi ami dalla mietitura, quando il Turian, la Quarian, e tutti gli altri avrebbero potuto diventare qualcosa di più grande? Tu stessa potresti diventarlo, e per questo motivo devi morire!
E come tutte le vittime cadute sotto l'influenza del Leviatano, Paige cominciò ad avvertire il freddo e il buio ma anche la rabbia di quello che si rivelò essere il fantasma dell'Araldo. Poi un dolore lancinante percorrerle in tutto il corpo, la pelle che bruciava e il riaffiorare delle vecchie cicatrici risalenti al suo periodo comatoso a Cerberus. Una serie di bagliori rossa-stri che deturpavano perfino il suo bellissimo volto, e gli occhi sempre più luccicanti e scarlatti. Alla fine, la barriera biotica esplose con un'energia simile a un'onda d'urto e lasciò l'umana inerte, in ginocchio, con pochissimo fiato: era riuscita a resistere all'indottrinamento!


La paziente della stanza numero 23 annaspava come se fosse uscita dall'acqua dopo aver trattenuto il respiro per chissà quanto tempo. Paige era bloccata in un brutto sogno, distesa in un letto d'ospedale, il capo appoggiato su un cuscino blu e buona parte del corpo fasciata in bende strette. Era coperta di cicatrici, le più consistenti delle quali coprivano l'intero volto, sfigurandola ma non troppo. E i capelli erano raccolti in una lunga treccia abbandonata sulla spalla... a parte questo, era tornata a casa tutta intera. Shepard, tuttavia, si sentiva fiacca, letargica, ma soprattutto smarrita, come un naufrago abbandonato a se stesso su una zattera alla deriva nell'oceano, elemosinando una striscia di sabbia su cui approdare. Ma era una traversata lunga e difficoltosa a causa della tempesta che infuriava attorno a lei e più chiedeva il suo porto sicuro più si allontanava dalle sue mani; ora aspettava solo che un angelo scendesse dal cielo per soccorrerla prima che fosse Thanatos a scendere per primo e portarla via, stavolta per sempre. Era come se avesse bisogno della presenza di una persona cara per non perdere la bussola, sebbene lei fosse già naufragata da troppo tempo!
La stanza in cui si trovava era buia, a malapena illuminata solo dalle macchine che monitoravano i suoi deboli segni vitali. Solo un uomo non si era mosso dal suo capezzale, per ore o forse giorni. Costui non era nemmeno umano, letteralmente, e si sentiva tale nonostante fosse un alieno. Voleva essere presente quando Paige si sarebbe svegliata, e anche per stimolarla nel caso in cui avesse perso i sensi per sempre, pronto a schiaffeggiarla delicatamente pur di riportarla tra i vivi... riportarla tra le sue braccia! Intanto, la sua mente non faceva altro che sorvolare tra un ricordo felice a un altro, che si trattasse di un combattimento contro avversari improponibili o di un tranquillo momento di felicità o, ancora, le lunghe chiacchierate trascorse durante i sei mesi d'isolamento. Ora "lui" se ne stava lì a fissare i graziosi lineamenti di Paige, ancora belli nonostante le ferite e i tagli. E così serena, come un guerriero esausto che trova finalmente un attimo per riposare dopo anni di lotte ininterrotte, o come chi si è liberato un grosso peso dalle spalle. Gli amici più cari, come Joker o Ashley, l'avevano visitata più di una volta durante gli ultimi giorni; "lui" era l'ultimo, e forse il più caro di tutti. Ecco perché le parlava spesso, a bassa voce, quasi in un sussurro, certo che in qualche modo Paige lo avrebbe ascoltato... lei, dichiarata in coma dai medici, e non era per nulla rassicurante il fatto che attendere che si svegliasse fosse solo una pia illusione. Sì, era questa la paura più grande dell'esotico visitatore: che Paige non si svegliasse più dal suo stato comatoso. Certo, se ripensasse a tutto quel tempo perso a girarsi i pollici grazie alla sua intrattabile stupidità, ora ne avrebbe abbastanza per pensare agli eventi futuri. Ad esempio, cosa avrebbe potuto fare quando l'amata umana sarebbe guarita? Forse ciò che fanno tutti gli innamorati dell'universo, ossia inginocchiarsi dinanzi a lei con un anello luccicante in mano e chiederle di... no, forse era troppo presto, o forse aveva troppa paura di combinare un'imbarazzante gaffe sul più bello. Ma questo non faceva altro che accrescere l'amore che Paige provava per lui, giacché la goffaggine dell'esotico visitatore lo faceva apparire non ridicolo ma "carino" - un "dolce arcangelo", soleva chiamarlo.
Nonostante il pericolo di commettere errori, "lui" provò lo stesso. Con un gesto quasi meccanico, allungò una mano su quella della donna, e solo avvertendo il calore che emanava, era già l'inizio di qualcosa di grande. Infatti, qualcosa accadde davvero: la piccola e soffice mano dell'umana afferrò lentamente le dita dell'alieno, emettendo un tiepido gemito di dolore nello sforzo, ma l'umana in sé era ancora intrappolata nel torpore di una lenta agonia come se fosse pronta a "abbracciare l'eternità". No, lei non doveva morire, pensò il visitatore, e come gesto estremo afferrò con gentilezza le rosee dita di Paige con entrambe le mani, convinto che così facendo il dolore sarebbe passato... e così fu. Notando poi che lei respirava con un tono rilassato, "lui" azzardò ad accarezzarle il viso e a liberare un ciuffo di capelli rimasto appiccicato alla ferita su un sopracciglio. Ormai la stanchezza prese il sopravvento e quando si chinò in avanti appoggiando la testa sul letto in procinto di addormentarsi, come in un sogno, udì una voce sottile che lo stava chiamando per nome... distante e flebile, ma era una voce umana. Inoltre, sembrava anche non appartenere a questo mondo, giacché quel suono dolce e ovattato lo intontiva fino a quando fu vinto dal sonno, con la mano ancora stretta in quella di Paige. Quale fosse la voce che lo aveva ipnotizzato non era ben chiaro, ma di certo era circoscritta nella stanza numero 23 di un ospedale della Terra; il comandante Paige W. Shepard, nota ai più come Peacewalker, era tornata tra i vivi e aveva appena salutato il suo fedelissimo compagno d'avventura, mentre la sua mente si sforzò di ricordare come diavolo era finita in un letto d'ospedale...


A una celeberrima eroina di guerra, un'umana, dinanzi ad un'infinita volta celeste, era stato chiesto di decidere il fato dell'intera galassia e di tutte le specie senzienti. Un'umana qualunque arrivata là dove nessuno avrebbe mai immaginato di arrivare: nel punto più alto della Cittadella, punta di diamante di una civiltà che si era estesa su migliaia di mondi e lune, ad un passo dalla fine. Non era difficile, dopotutto, bastava solo scegliere quale destino scrivere per i Razziatori, l'antico nemico di tutte le specie organiche, impedendo loro che il ciclo di mietitura delle specie più avanzate della galassia si ripetesse per l'ennesima volta, condannando sia esseri che avevano vissuto tanto da essersi preparati da tempo alla morte, sia quelli talmente tanto giovani da non avere ancora coscienza di sé. Insomma, l'obiettivo era fermare macchine che, ciclicamente, sterminavano ogni forma di vita che aveva avuto la sfortuna di appartenere a una specie tecnologicamente avanzata. Cos'era opportuno fare, chiedeva il Catalizzatore a quella che oramai tutti conoscevano come "Peacewalker", a queste macchine? Paige cominciò a valutare le possibili soluzioni che l'interlocutore evanescente le proponeva. Nel caso decidesse di lasciare in vita i Razziatori, si potrebbe creare una simbiosi perfetta tra gli esseri organici e sintetici, garantendo un'esistenza che sfiorasse l'immortalità, il che tuttavia spingerebbe a rinunciare alla possibilità di provare emozioni. Oppure immolarsi e diventare il nuovo Catalizzatore, mantenendo comunque la promessa di proteggere gli indifesi ovunque si trovassero... in una parola, controllare i Razziatori, come farneticava l'Uomo Misterioso. Rinunciare la propria vita per salvare la galassia? Una scelta molto difficile da prendere per chiunque, persino per colei che continuamente aveva messo a rischio la propria vita per la salvezza altrui. Ma stavolta era diverso: non si trattava di morire combattendo, non si trattava di perdere la vita per mano di altri, ma perderla per mano di sé stessi! 
La comandante Shepard aveva trascorso gli ultimi tre anni assieme ad un entourage di carismatici individui, a bordo dell'avanzatissima SSV Normandy, con i quali ella aveva vissuto alcuni dei momenti più importanti della sua vita. Questo gruppo, prima di soldati e poi di amici, era diventato la sua famiglia; aveva perfino intrapreso un'avventura amorosa con uno di loro! In quell'istante Paige, ferita tanto nel corpo quanto emotivamente, ripassò con la mente tutti quei momenti folli e memorabili, trascorsi in compagnia della sua ciurma preferita: dalle vicissitudini più licenziose fino alle liti più furenti tra compagni per i motivi più disparati. Poi quei momenti ricordati da tutti come delle autentiche tragedie quali sacrifici e addii dolorosi – il professor Mordin Solus, ad esempio, oppure quello stoico assassino Drell che morì per mano di Kai Leng nel tentativo di salvare Valern, il consigliere Salarian. Ecco, Paige doveva fermare quel ciclo di distruzione che si ripeteva ogni cinquantamila anni per mano dei Razziatori, ma le soluzioni del Catalizzatore non sembravano alla sua portata.
L'eroina era combattuta; per tutta la sua carriera da ufficiale superiore si era sempre sacrificata per i suoi sottoposti, aveva sempre cercato di lasciare il migliore fra i possibili destini agli altri, immolandosi. Ma ora che le toccava scegliere un destino non solo per i suoi compagni ma anche per tutte le specie senzienti della galassia, si pietrificò. Aveva ancora impresso nella mente frammenti indistinti di un messaggio ben preciso: annientiamoli, o saranno loro ad annientare noi. Era esattamente ciò che volevano gli ammiragli Hackett e Anderson, certi che così facendo la guerra sarebbe terminata, ma non era questo il punto. No, Paige non lo stava facendo solo per dovere di soldato e per garantire la pace nella galassia, ma lo faceva anche per amore. Un amore che in quel momento la stava aspettando a casa o, magari, era tornato a terra per uccidere qualche predatore con gli scudi a colpi di fucile di precisione. Certo, i Razziatori dovevano morire, a scapito di IDA e i Geth ma, come aveva detto il bimbo fantasma, i danni sarebbero stati riparati nell'arco di anni... ciononostante, era una promessa che doveva mantenere a ogni costo!
E così Peacewalker alzò il capo in alto, tirò un profondo respiro e con il suo solito sguardo determinato fece il pieno di energia con quella biotica che non falliva mai, o quasi: una bella carica potente sarebbe stata più che sufficiente da sovraccaricare i sistemi di alimentazione e permettere al Crucibolo di fare il suo dovere. Paige era troppo debole per compiere una manovra del genere e in un momento sentiva le proprie gambe cedere appena prima di prendere posizione... ma doveva farlo, o della galassia non sarebbe rimasto più nulla!

C'era stata una forte esplosione, macerie che volavano dappertutto, e tutti i Razziatori che stavano invadendo la Terra furono paralizzati e caddero dinanzi alla potenza del Crucibolo... tutto questo a caro prezzo, e ora la comandante Shepard era come sparita nel nulla. Gli amici della Normandy erano pronti ad appendere la targa col suo nome sul memoriale dei caduti, ignari del gran trambusto che sulla Terra, nella grande città conosciuta come Londra, si stava consumando: profondi sospiri, tanta polvere e macerie tutt'intorno e nell'oscurità più totale gli astanti pregavano più volte gli dei affinché la loro vita non li abbandonasse.
Squadre di soldati furono inviate alla ricerca di sopravvissuti, quando uno di loro individuò un soldato sepolto vivo sotto tonnellate di calcinacci, forse una donna. Essi si affannavano a scavare fino a quando uno di essi, illuminando un'area col suo Factotum, esclamò il nome di Shepard e riconobbe il volto familiare di una giovane sui trenta, lunghi capelli scuri, costituzione robusta e l'inconfondibile corazza N7 rosa e bianca... ancora viva sì, ma gravemente ferita. Shepard era un pezzo grosso, il comandante per eccellenza, perderla avrebbe significato tarpare le ali al futuro dell'umanità; quindi i soldati appena la videro acuirono i loro sforzi per tirarla fuori, ma Paige si accorse di non essere totalmente sepolta dai detriti e si fece dunque strada con le braccia in cerca dell'aria aperta, con le poche forze che le restavano. I soldati, paralizzati dal fatto che nessun umano sarebbe sopravvissuto a un'immane catastrofe come quella che avevano assistito poco prima, si affrettarono a trarre in salvo la collega; questa però stava rischiando di soffocare e se i soccorsi non fossero arrivati in tempo, sarebbe morta per le ferite o avrebbe riportato seri danni dalle macerie. Lei era speciale, il primo Spettro umano della storia, una donna che aveva superato mille ostacoli fin dall'imboscata su Akuze che era costata la vita a cinquanta uomini per colpa di un Divoratore, una guerriera ibrida tra un Adepto e un Soldato che, nonostante il cognome importante, molti la conoscevano ancora come "comandante White"... oppure come "Peacewalker". La tirarono fuori appena prima che lasciasse questo mondo, il più rapidamente possibile. L'unica cosa che contava, ora, era che Paige aveva bisogno di cure tempestive, poi dopo avrebbe potuto festeggiare insieme ai suoi compagni per il completamento della loro missione più importante, per la vittoria della guerra più grande che la galassia avesse mai visto.
Intanto, nell'orbita terrestre bassa ove si era consumata quella che dai posteri sarebbe ricordata come "la battaglia per la Terra" giacevano migliaia di navi: umane, Asari, Turian e svariati Razziatori, che osservate dal silenzio dello spazio siderale sembravano alla deriva. Su una delle navi ammiraglie degli umani, vi era a bordo l'ammiraglio Hackett, vecchio amico di Shepard, il quale fra esplosioni e ufficiali che tossivano per il fumo emesso dalle macchine in avaria, gracchiò ai suoi sottoposti: — Rapporto!
A tale ordine dopo pochi secondi rispose uno dei tecnici a bordo della nave: — Ammiraglio, la nave non ha energia. Sembra che il Crucibolo abbia generato un impulso elettromagnetico tanto potente da distruggere tutte le nostre macchine!
— Allora dobbiamo subito riparare il supporto vitale, o moriremo soffocati!
A quel punto tutte le navi che avevano un equipaggio organico a bordo cominciarono a riattivarsi e come in una metropoli che s'illuminava di luci artificiali pian piano che cala la notte, così il campo di battaglia spaziale brillò della luce dei propulsori delle navi che si riaccendevano una dopo l'altra. Intanto, la Terra, dapprima culla dell'umanità e poi teatro di uno dei più sanguinosi conflitti mai visti nella storia della galassia, ora che la battaglia era stata vinta, divenne sede di una seduta d'emergenza del Consiglio della Cittadella, sostantivo improprio ora che la mega-struttura era in fiamme e alla deriva nello spazio. Tutti i capi militari che si trovavano nelle truppe Hammer, Shield e Sword si erano riuniti per decidere il da farsi ora che la minaccia dei Razziatori era stata neutralizzata: ricostruire i Portali Galattici, la Cittadella, le città distrutte, contare i morti per onorarli e riunire i sopravvissuti per continuare a vivere.
Joker, nel frattempo, cercava invano di pilotare la Normandy lontano dal raggio del Crucibolo, poiché la velocità dell'impulso era potenziata dall'energia oscura dei portali galattici, quindi gli fu impossibile evitarlo e la nave ne fu investita, schiantandosi su un pianeta-giardino. L'atterraggio fu duro, ma tutti rimasero illesi. Liara, insieme a Tali, indagò sui danni subiti e l'improvviso spegnimento di IDA, e scoprirono che il raggio del Crucibolo era un impulso IEM ad altissima intensità che distrusse tutti i condensatori e i circuiti degli strumenti elettronici. Riparare la nave non sarebbe stato difficile, sebbene fosse necessario riscrivere i software di guida e la perdita di IDA, ovvero la sua "anima", era un danno irreparabile. E anche se avessero riscritto per intero tale codice (il che avrebbe richiesto mesi se non anni), non sarebbe stata la stessa...
Quando Joker e il resto dell'equipaggio riuscirono ad abbandonare il pianeta-giardino su cui erano rimasti intrappolati, la prima tappa era la Terra, a pochi anni luce di distanza – mezz'ora di viaggio a velocità di crociera per raggiungere la loro meta. Sarebbe stata una missione di ricognizione, valutare se il nemico fosse del tutto sconfitto e se la comandante fosse sopravvissuta. La Normandy entrò nel sistema solare per porsi in orbita di trasferimento terrestre e a breve avrebbero saputo dell'esito della "battaglia per la Terra", le condizioni di Shepard e il fato dell'intera galassia. I sensori a della nave rilevarono che non c'era presenza dei Razziatori nel sistema e che vi erano solo contatti alleati. Quando Joker trasmise la notizia sull'interfono, grida di gioia cominciarono a echeggiare per i corridoi della nave, le specie organiche erano salve!
— È la Normandy! - esclamò un ufficiale a bordo della corazzata classe Everest che era in testa a ciò che rimaneva della flotta adibita a dar battaglia ai Razziatori. La nave fu quindi fatta atterrare nel sito del secondo summit della storia della galassia. Lì Ashley e Joker incontrarono Hackett, si strinsero la mano congratulandosi della vittoria e chiesero notizie di Shepard, ancora dispersa, quindi l'ammiraglio si rivolse ai due ufficiali: — Mi dispiace, abbiamo da poco inviato delle squadre alla ricerca dei superstiti, ma passeranno giorni prima di poter ricevere un rapporto con i sopravvissuti e i morti. Fareste meglio a recarvi lì di persona.
E così fecero. Ashley, Liara, Tali, Garrus e Joker si sedettero in una navetta diretta verso un ospedale da campo nei pressi del Ground Zero, dove si trovava l'ascensore gravitazionale collegato alla Cittadella. All'arrivo, l'equipaggio si ritrovò nuovamente sul sito della battaglia finale contro i Razziatori, ora in rovina. La prima cosa che si intravedeva nei dintorni era l'edificio riconvertito a ospedale. Appena entrati, gli storici amici di Shepard notarono la precarietà della struttura - probabilmente prima doveva essere un ufficio - ma le pareti abbattute, la polvere e le macerie dappertutto, con le stanze trasformate in rifugi per i feriti, ricordavano tutt'altro che un luogo di lavoro pieno di vita e persone impegnate nella loro quotidianità.
Costoro si distinguevano dal resto dell'equipaggio per averla conosciuta fin dalla loro prima avventura insieme, quando dovevano collaborare per fermare lo Spettro rinnegato Saren Arterius e il suo esercito di Geth. O di quando decimarono i Collettori a casa loro, aldilà del famigerato portale di Omega 4. I compagni della Normandy che si trovavano lì a esplorare la struttura in cerca di Paige erano gli unici più vicini a lei e la loro amicizia era tale da essere paragonata a una grande famiglia unita.
Ashley parlò con un dottore che aveva l'aria di essere il capo della struttura e Liara accennò il nome di Paige: — Se state cercando la comandante Shepard, - fu la risposta - sappiate che, quando la squadra di ricerca l'ha estratta tre ore fa, ancora respirava. Grazie a Dio i Razziatori non l'hanno incenerita, ma i danni riportati sono i peggiori che io abbia mai visto... ferite multiple e ustioni sull'85% del corpo. Sarò sincero con voi: se non fosse stato per gli impianti cibernetici, di lei non sarebbe rimasto nient'altro che un ammasso di carne e ossa.
Mentre il gruppo ascoltava in silenzio, Garrus poté tirare un sospiro di sollievo. Sapere che la sua donna era sopravvissuta in quell'inenarrabile battaglia finale quasi lo rassicurava, come togliersi un enorme macigno dallo stomaco. La sua mente, tuttavia, non avrebbe mai più dimenticato il loro ultimo saluto prima di correre verso il Raggio: Paige aveva trascinato lui e Tali a bordo della Normandy, al sicuro. Poi seguirono le proteste del Turian per convincerla a portarlo con sé, a coprirle le spalle come ai vecchi tempi. Lì era vietato contraddire gli ordini della comandante, per quanto fosse anche l'amore della sua vita, ma anche se lei lo avesse lasciato andare, sarebbe stato solo d'intralcio e neanche la scusa di essere un soldato eccezionale non lo avrebbe aiutato. Un saluto veloce, e "la sua eroina" partì alla volta del Raggio che l'avrebbe trascinata sulla Cittadella e accendere così il Crucibolo che avrebbe annientato per sempre la minaccia dei Razziatori anche al costo della sua stessa vita.
Per fortuna il flusso di ricordi s'interruppe qui. Garrus si allontanò dal gruppo per chiedere informazioni circa la comandante, ancora viva ma un po' malconcia. Ella si trovava in una stanza appena oltre un piccolo corridoio, contrassegnata col numero 23, e tenuta sotto stretta osservazione affinché il personale monitorasse il suo stato di salute. Non era un grosso problema, pensò, forse la sua presenza avrebbe almeno allentato la tensione. La guardia lo squadrò in modo stoico ma col sorriso sulle labbra, forse avendo riconosciuto chi aveva davanti, e gli permise di entrare a patto che mantenesse un tono abbastanza tranquillo per non traumatizzare troppo la paziente. Gli sparò un frettoloso «Sissignore!», e finalmente entrò... e così fu per almeno una settimana.

Dunque era Garrus il visitatore misterioso di Shepard. Ma doveva essere passato molto tempo da quando gli avevano permesso di poter vedere quello che restava della famosa comandante che guidò il mega-esercito multietnico contro i Razziatori giorni addietro. E ora, seduto accanto al suo capezzale, attese... forse più serenamente ora che la donna era sulla via della guarigione. I medici erano stati abilissimi a curare più ferite possibile: sette giorni prima, quando l'avevano estratta dalle macerie, più morta che viva, Garrus non riusciva a dormire per più di un'ora. All'inizio sembrava che fossero solo i macchi-nari a mantenerla in vita, ma poi col tempo le sue condizioni miglioravano a poco a poco; ora di recente le avevano tolto la mascherina dell'ossigeno e la paziente respirava nuovamente da sola.
Il Turian finalmente si rilassò. Un'infermiera molto gentile lo aveva rassicurato posandogli una mano sulla spalla con un sorriso incoraggiante; gli diceva che la situazione non poteva che migliorare di giorno in giorno. Non ce n'era bisogno, comunque: sapeva che prima o poi la comandante si sarebbe svegliata... doveva solo aspettare. Ovviamente non rimase inattivo e aveva iniziato a osservare i suoi parametri vitali via Factotum, o almeno con i sistemi principali dello stesso; a parte questo, sembrava abbastanza esperto nel tenere sotto osservazione i progressi della paziente, i cui segni si stabilizzarono, e tutto ciò che restava da fare era attendere che ella aprisse gli occhi, tanto lui era diventato bravo ad aspettare.
Ma come la Bella Addormentata si ridestò dal suo sonno di morte dopo il bacio del principe suo salvatore, così le palpebre di Paige iniziarono ad ammiccare e provò a sollevare una mano, che Garrus si precipitò subito a stringerla. Certo, la presa non era salda come un tempo, ma sapeva che lei avrebbe presto ripreso le forze - le mancava solo aprire gli occhi. Ammiccò di nuovo le palpebre mentre la presa tra le dita del Turian si allentò, ma solo per un momento: — È... è finita? - sussurrò, la sua voce si udiva a malapena, come sul punto di svenire.
— Diamine, sì! - fu la risposta, con tanto di ampio sorriso, di Garrus - Ce l'abbiamo fatta! Eravamo così in pensiero per te.
Ora sì che Paige si sentiva uno straccio! O meglio, in colpa per aver impensierito la sua fidata combriccola, a tal punto che ebbe l'istinto di accennare un sorriso nervoso, sufficiente a far battere forte il cuore del Turian. Paige intanto aveva aperto gli occhi, ma dovette stringerli un poco per ripararsi dalla luce diretta del sole che filtrava dalle fenditure delle veneziane: il sole della Terra, pensò, un po' malconcio ma svolgeva ancora bene la sua funzione. Ma dov'erano i Razziatori? Una domanda sorta spontanea come se lei avesse dimenticato l'esplosione che l'aveva investita e quasi ucciso. Tuttavia, non c'era nulla di cui preoccuparsi, giacché la più grande minaccia che la galassia avesse mai conosciuto era stata debellata definitivamente; il che voleva dire che, dopo aver sistemato alcune faccende con l'Alleanza, Paige si sarebbe congedata insieme a Garrus e... sì, trascorrere il resto delle loro vite insieme! Per ora ella si accontentò di un certo periodo di tempo trascorso in ospedale, cercando di guarire e tornare in forma, naturalmente con tutta la calma dell'universo - accelerare tale processo, infatti, nuoceva alla salute! Adesso vorrebbe voltarsi, ma le faceva così male che fu il Turian a sollevarle il viso con delicatezza, cosicché potesse godere la vista degli occhi aperti dell'umana. In quell'istante i loro volti erano molto vicini tra loro, ma lui non riuscì a dire nemmeno una parola; lei invece era ancora una volta incantata dal profumo di rose della sua pelle e avvertiva a un ritmo sempre più costante le delicatissime carezze del visitatore. Forse questo improvviso affetto era dovuto al timore che tutto questo non fosse altro che un sogno desti-nato a svanire.
Non esistevano parole per descrivere il dolore che Paige provava in quel momento... era dappertutto, ora che i medici avevano ridotto il dosaggio degli antidolorifici per riuscire a farla svegliare, o forse era esaurito l'effetto dell'anestesia: — So che fa male. - le spiegò il Turian con gentilezza - Sei ancora convalescente. Ma adesso... sei qui con me! - e poi, abbassando il tono fino a quello del "fidanzato innamorato", aggiunse: — Sapevo che questa storia sarebbe finita bene, "Non c'è Shepard senza Vakarian"... e pensare che ero già pronto a seguirti in Paradiso e aspettarti al bar...
Stava scherzando, per fortuna, ma la faccenda era ben più seria. Quello di Garrus, infatti, era il suo primo amore e con questa fortissima emozione non era un grande esperto, anzi... ciò che sapeva sull'amore o sul comportamento umano in genere lo aveva appreso da quegli scandalosi video che gli passava Joker, oppure dai romanzi che Paige era solita leggere ad alta voce per lui quasi alla stregua di una favola della buonanotte. Tale atteggiamento infantile era perfino malvisto della maggior parte degli altri alieni - e probabilmente anche suo padre non approverebbe la sua relazione con Paige se un giorno dovesse scoprirlo! Il guaio più grande dell'essere un principiante in simili esperienze era vedere solo il lato positivo dell'amore trascurando quello più oscuro, infido e bastardo: il dolore della separazione. Il Turian era così convinto che la storia con Paige avrebbe dovuto essere una favola a lieto fine che, appunto, la separazione lo avrebbe spinto a cadere nel baratro della depressione. In quel caso le soluzioni sarebbero diventate due: lasciarsi consumare dal dolore fino alla morte, oppure convertire il tutto in rabbia al punto tale da far riemergere la figura di Archangel, ovvero lo spietato vigilante dei Sistemi Terminus. Per fortuna, dicevo, la guerra si era conclusa con un lieto fine, l'ordine insubordinato di "tornare a casa viva" era stato rispettato (e Paige era una maestra nel mantenere le promesse) e... mancava solo il bacio finale, come nei più classici dei film.
Mentre si chinava in avanti, le placche mascellari di Garrus vibravano come se munite di vita propria nell'udire quelle parole dal sapore quasi magico; e, data la situazione, un solo bacio non sarebbe bastato a premiare colei che per ben tre volte si era spaccata la schiena per salvare la galassia dai cattivi... e, infatti, per Paige i premi sono tre! Il primo sulla fronte, quasi con la punta della lingua, per aver sconfitto Saren; il secondo sulla guancia, per aver distrutto la base dei Collettori; l'ultimo era il più prezioso di tutti, per aver rispedito i Razziatori dal buco da cui erano strisciati fuori, a suon di calci. E non era una zona del viso scelta a caso, anzi era il modo col quale i Turian baciavano il proprio coniuge, secondo la tradizione: — Vuoi che mia fronte sfiori le tue labbra? - si sorprese Garrus, sorridendo - Avevi detto che provavi dolore dappertutto!
— Non m'importa, dolce arcangelo. - e già sentirsi chiamare in quel modo dopo tanto tempo permise al suo interlocutore di sforzarsi e accontentare la comandante bisognosa di affetto.
Un vero peccato che le rosee labbra di Paige non fossero più i soffici cuscini sui quali Garrus si divertiva a far danzare le ruvide placche cheratinose della bocca, ma sentire quel bacio come un'istantanea connessione con la donna che amava gli faceva battere forte il cuore, per effetti appunto di questa carezza intima. Anche il suono delle parole "Ti amo" a un filo dalla sua pelle aveva lo stesso effetto: — Ora avrei bisogno di un riposino. - lo congedò Paige, chiudendo gli occhi - E quando mi sveglierò di nuovo...

— Vuoi un altro bacio? - la anticipò l'altro - Certo, tesoro. Ti aspetterò qui.
I due si tenevano ancora teneramente per mano, mentre Garrus riprese a osservare i parametri vitali della donna: si era riaddormentata sì, ma il respiro era costante e perfino il battito aveva assunto un ritmo altrettanto regolare. Ma poi il Turian aggiunse una frase apparentemente inappropriata ma che in realtà nasconde un messaggio ben preciso: — Non ti lascerò mai... mia futura sposa.
Paige potrebbe non capirlo ancora, o gli avrebbe riso in faccia per l'ennesima battuta Turian che non capiva, ma era ciò che rappresentava per lui. E quando sarebbe stata in grado di lasciare l'ospedale con le proprie gambe, i due innamorati avrebbero dato il via libera per organizzare la cerimonia, dimostrando al mondo intero che lei sarebbe stata la sposa più bella che gli abitanti della Via Lattea avessero mai visto! Bisognava solo aspettare che guarisse, e Garrus ormai era diventato bravo ad aspettare.

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Capitolo 2
*** Episodio 1: Conseguenze ***


L'Alleanza era nel caos, il numero di feriti non cessava di aumentare e perfino sulla Terra non c'era abbastanza spazio per i profughi... i colletti bianchi avevano bisogno di risorse, un nuovo leader, e anche una nuova nave che ricoprisse tale compito. Dieci giorni dopo la fine della guerra, i veterani allestirono una veglia per onorare i caduti, il primo dei quali e forse il più rispettoso fu Anderson, le cui spoglie erano state recuperate dai rottami della Cittadella. A presiedere tale cerimonia erano presenti l'ammiraglio Hackett e l'ex capitano della Kilimangiaro, che in precedenza si era unito al team addetto alla costruzione del Crucibolo: Jean Shepard, così si chiamava il contrammiraglio, ritta in piedi con una posa stoica, parlava molto bene del collega Anderson esaltandone in particolar modo le sue doti da leader. Inoltre, aggiunse che per onorare la sua memoria e di tutti quelli che erano caduti, propose di dichiarare quel giorno, l'8 novembre, come "giornata della memoria", appunto. Ecco perché i Marine avevano deciso di porre un sigillo là dove prima emergeva il raggio trasportatore dei Razziatori; a tal proposito era stata bonificata e ripulita a dovere l'area dalle macerie. Dove invece avevano estratto il corpo della rediviva comandante Shepard avevano eretto una statua la cui iscrizione recitava:

Comandante Paige W. Shepard
Veterana di Akuze, primo Spettro umano, eroina della galassia
«I soldati come Shepard sono rari, le donne come lei ancor meno.»
Londra, 8 novembre 2186

A rendere speciali tali statue era la scultura delle stesse: se Anderson era composto, statico, e puntava il dito contro il nemico come se ordinasse al suo plotone di avanzare, Paige era rappresentata come la figura femminile del capolavoro La Libertà che guida il popolo del maestro Delacroix, sebbene riadattata al contesto del XXII secolo. Indossava, infatti, la sua tipica corazza personalizzata e l'Interfaccia Sentinella, e stringeva nella mano sinistra una mitragliatrice Tempest e nell'altra una bandiera con i bordi strappati, forse una vecchia Union Jack; inoltre, si ergeva su una pila di cadaveri costituita da un mutante, un cannibale e un predatore, le cui braccia sbucavano a penzoloni dal piedistallo. Forse chi l'aveva scolpita aveva enfatizzato troppo la morale perlopiù altruista del soggetto ritratto, ma stranamente suscitava un senso di pace nell'occhio dell'osservatore, e la cosa non poteva che piacere a tutti.
Tutti tranne un soggetto in particolare, un altro veterano che era appena uscito dalla vita militare... in congedo, insomma. No, non si trattava dell'ennesimo umano anziano scorbutico pieno di cicatrici risalenti alla Guerra del Primo Contatto... o forse sì. Tecnicamente egli proveniva da quel conflitto ormai remoto, ma non era un umano, ma un Turian dai tatuaggi facciali bianchi del tutto somiglianti a un teschio umano. Un aspetto tale accentuato dalla pelle e dalle placche cheratinose quasi nere e dal mantello con tanto di cappuccio che gli copriva il capo... sembrava la reincarnazione Turian della Morte in persona. I più distratti, inoltre, lo confondevano spesso con il compianto Spettro Nihlus data l'incredibile somiglianza tra i due, come il colore verde brillante degli occhi o la compostezza stoica da samurai; eppure costui aveva partecipato tanto alla Battaglia della Cittadella nel '83 quanto nella Guerra dei Razziatori conclusa di recente, lui e i suoi uomini di una signora nave, la Tartarus. Con un'esperienza tale, gli altri Turian lo consideravano un ottimo stratega al pari del Primarca Victus, e forse anche un valido avversario per un'ipotetica partita a scacchi. Non per nulla lui era un generale, forse il migliore di tutta la Gerarchia, e il suo nome era Hellax. Generale Hellax Maggor.
Lui e le alte cariche delle altre specie si erano riuniti in quello che potremo definire l'equivalente galattico di una seduta delle Nazioni Unite... o le Specie Unite, se preferite. C'era il Consiglio della Cittadella al completo, poi il Primarca Turian, il capoclan Krogan, e una rappresentante dell'Ammiragliato Quarian: tutti presenti e seduti intorno a una sorta di tavola rotonda insieme agli ammiragli umani, ovvero Hackett, Shepard e pochi altri. Il luogo della riunione era, incredibilmente, la vecchia sede del Parlamento a Londra, ora rimesso in sicurezza. L'argomento del giorno non poteva che essere una pacifica discussione sullo stato della galassia ora che la minaccia dei Razziatori era ormai solo un brutto ricordo. Certo, tutti gli apparecchi elettronici erano divenuti inservibili a causa dell'intervento del Crucibolo nella fase finale della guerra, ma recuperando utili materiali dalle carcasse dei colossali nemici sarebbe stato possibile – diceva Daro'Xen, l'ammiraglio Quarian esperta in IA, ai colleghi – riportare tutto a com'era prima entro due o tre anni. E solo più tardi i lavori di riparazione della Cittadella, nonché la ristrutturazione degli agglomerati maggiormente danneggiati, sarebbero avviati anche grazie alla collaborazione dei migliori ingegneri Quarian. E gli altri mondi?
La Terra, casa d'origine degli umani, sarebbe stata la prima a riprendersi, mentre i suoi abitanti avrebbero potuto godere dei vantaggi ricavati dagli ex rampolli di Cerberus, organizzazione ormai morta e sepolta. Anche i Batarian, ora passati alla storia e finalmente convinti che l'unico modo per sopravvivere era garantirsi una convivenza non ostile con l'altra specie, non rappresentavano più una minaccia. In secondo luogo il cosiddetto gioiello della galassia, Thessia, aveva vissuto l'ora più buia di tutti gli altri pianeti fino al giorno in cui i Razziatori caddero come mosche dopo essere stati colpiti dalle onde d'urto provocate dal Crucibolo. Le Asari avevano perso il loro pianeta natale, certo, ma come ribadiva la consigliera Tevos, Thessia non era stata distrutta completamente ma poteva essere recuperata in un secondo momento, magari con l'aiuto congiunto degli umani e delle altre specie del Consiglio. Anche Rannoch, nel Velo di Perseo, aveva vissuto giorni migliori a causa di una guerra civile durata quasi tre secoli tra Quarian e Geth, le loro stesse creature. L'ammiraglio Xen, anche col sorriso sulle labbra, ricordava bene come andò a finire: era stata la stessa comandante Shepard a radunare le flotte alleate prima che il nemico, potenziato dal codice dei Razziatori, la annientasse definitivamente. Un cessate il fuoco giunto in tempo per impedire l'insorgere del malcontento di una delle due fazioni; tale intervento giovò molto alla cara amica Tali'Zorah, felice di aver rivendicato la sua casa dopo quasi trecento anni di nomadismo. E chissà, magari lei e i suoi simili avrebbero potuto fare a meno delle tute nel giro di qualche anno, grazie alle migliorie dei Geth...
E non era finita qui. Che n'era stato dei Krogan e dei Turian? Urdnot Wrex, potente capoclan e un'altra vecchia conoscenza di Paige, poteva respirare aria pulita su Tuchanka ora che l'orrore della genofagia era scomparso, garantendo così un roseo futuro per la sua gente. Tutto a costo della vita di Mordin Solus, purtroppo. Tuttavia, Paige era comunque riuscita a guadagnarsi anche l'aiuto dei Turian grazie anche al supporto tanto del nuovo Primarca quanto del suo futuro compagno di vita, il quale aveva preparato una task-force anti-Razziatori nel tentativo di salvare Palaven. Ora che era tutto finito, però, il ruolo dei Turian nella galassia rimase in larga parte invariato e, da un po' di tempo, avevano iniziato a ricostruire ciò che i Razziatori avevano distrutto, dalle colonie al loro pianeta natale.
Ed ecco ciò che il generale Hellax trovava un pochino irritante: l'atteggiamento della sua gente verso gli umani è cambiato drasticamente, giacché il loro contributo tanto nella Battaglia della Cittadella quanto nella Guerra dei Razziatori aveva mostrato ai Turian che gli umani erano capaci di sacrificarsi per il bene comune e per questo ora potevano essere visti come loro pari. Stupidi umani! Perché mai una razza di creature così insignificanti dovrebbe essere considerata amica dei Turian? Che fine aveva fatto la paura, la mancanza di fiducia e tutto il resto derivato dalla Guerra del Primo Contatto? Poi, si venne a sapere che proprio un umano aveva addirittura stretto un rapporto "intimo" con uno di loro! Anzi, un'umana... con un Turian? E proponevano perfino di non considerare tale unione un tabù? Inaccettabile, assolutamente inaccettabile! Ora non era questo l'argomento da trattare sulla tavola rotonda, o almeno non il più importante. Infatti, durante un'operazione di raccoglimento delle sue truppe immediatamente dopo la vittoria, Hellax aveva visto il corpo dell'Araldo – cioè il primo Razziatore – cadere in una zona remota da Londra, molto remota. Secondo gli ultimi rapporti, la zona interessata era l'Oceano Atlantico, poco fuori le coste dell'Europa dell'estremo occidente. I membri umani dell'assemblea rabbrividirono, nell'udire le coordinate esatte: in quel punto dell'oceano riposavano i resti del tristemente famoso Titanic, ma era altamente improbabile che l'Araldo fosse caduto proprio in quel punto vista la notevole distanza dal campo di battaglia principale. Cosa ci fosse di così sconcertante in un Razziatore morto era presto detto, perché dai sensori della Tartarus Hellax aveva scoperto con orrore che era solo stato reso inerme dagli impulsi elettromagnetici e che avesse trasferito altrove parte della sua coscienza prima di morire. Ma la domanda era: dove l'aveva trasferita, di preciso? Come nel caso di Shepard quando ella comunicò per la prima vola al Consiglio che furono i Razziatori a decimare i Prothean cinquanta millenni addietro, gli astanti gli lanciarono occhiate preoccupanti come se fosse impazzito; e invece di inveire contro di loro, Hellax mantenne un autocontrollo a dir poco spaventoso: — Ho uno scienziato Salarian, uno dei migliori, a bordo della mia nave. – gli diceva – Egli ha studiato tutte le specie senzienti della galassia, ma una in particolare non sembra appartenere a nessuno dei mondi conosciuti.
Per essere più convincente, il generale Turian sbatté sul tavolo un dossier che riportava il risultato delle ricerche del suo alleato Salarian. C'erano date, foto ad altissima definizione, rapporti e campioni riguardanti la creatura misteriosa che abitava nell'oceano. Un esemplare adulto, forse maschio, aveva l'aspetto di un essere umanoide, bipede, con lunghi speroni simili a zampe di ragno a decorargli la schiena e possedeva una composizione metallica identica in tutto e per tutto a un Razziatore, benché misurasse circa sette metri di altezza: — Voi umani lo chiamate "mostro di Loch Ness", - continuò Hellax – anche se non abita nelle acque circoscritte del lago omonimo, nella regione chiamata Scozia. Questo essere sembra un Razziatore ma è dotato di un'intelligenza come noi organici.
— Buffo, però. – sopraggiunse Wrex, il capoclan Krogan, osservando perplesso le foto della creatura – Assomiglia a un Rachni.
— Ma il fatto che il suo aspetto lo ricordi, non vuol dire che lo sia. – intervenne la consigliera Asari – Non sappiamo neanche come sia finito sulla Terra.
Detto fatto, leggendo più a fondo il dossier di Hellax, l'essere senziente del mistero si presumeva fosse precipitato sul pianeta tra gli anni '10 e i '20 del XXI secolo chiuso in una capsula di stasi come quelle dei Prothean su Ilos, e che la specie d'appartenenza del... robot-ragno provenisse da un'altra galassia. Ed era probabile che anche il pianeta d'origine fosse interamente metallico: — Sfortunatamente, - aggiunse Hellax – da quando ha impattato sulla Terra, la capsula è ancora intatta ma Edra è convinto che l'Araldo abbia trasferito la sua coscienza nel cervello della creatura. La nostra priorità è trovarla e ucciderla prima che scateni un'altra guerra.
— Mi permetto di dissentire. – lo interruppe una voce, quella di una donna seduta accanto ad Hackett.
Hellax rabbrividì nel riconoscerla. Era il contrammiraglio Shepard, la cui nave aveva sfiorato la sua testa durante la prima fase d'attacco nella Guerra dei Razziatori. Lei era contraria che fossero i Turian a dare inizio a un'operazione così delicata, nonostante il lavoro di squadra mostrato in precedenza da tutte le specie della Via Lattea, poiché un simile gesto avrebbe compromesso il già precario stato di pace tra le due specie. Certo, le ferite della Guerra del Primo Contatto erano ancora sanguinanti, ma col tempo si sarebbero rimarginate. Bastava solo un catalizzatore a velocizzare il processo, come un accordo: — La guerra del '57 era stato un errore, - intervenne Hackett, parteggiando per Jean – e gli errori si possono correggere. La comandante Shepard ha un Turian nel suo equipaggio, e gli è perfino molto legata. La stessa Normandy è frutto della collaborazione tra umani e Turian, e adesso entrambe le specie sembrano rispettarsi reciprocamente ora che i Razziatori sono stati sconfitti. Ma chiedere un recupero non autorizzato sulla Terra senza l'approvazione dell'Alleanza...
— Allora mi dia il permesso di scavare sul vostro pianeta per le mie ricerche, - ringhiò Hellax – prima che i miei uomini prendano di mira questa "Peacewalker"!
Al solo nominare l'eroina della galassia, il Primarca Victus non poté fare a meno di intervenire per evitare che il veterano si scagliasse contro un'umana così famosa: — Hellax Maggor! Non permetterò che marci contro colei che ha rischiato la vita per salvare non solo il proprio pianeta, ma anche il nostro. Dovresti avere un minimo di compassione nei suoi confronti, non pugnalarla alle spalle!
— Bene. – si arrese il generale, battendo un pugno sul tavolo – Mi bandisca pure da Palaven, se vuole. – poi, rivolto agli astanti: — Ma ricordate queste parole. Con o senza il consenso dell'Alleanza umana, riporterò alla luce quell'abominio e, se dovesse scagliarsi contro di voi, sappiate che sono stati i Disertori di Taetrus ad avvertirvi!
Una volta rincasato sulla Tartarus, il suo socio Edra lo raggiunse appena in tempo. Edra Ishael, un simpatico Salarian che si presumeva avere dei precedenti con la famosa Squadra Operazioni Speciali, non era altro che un giovanotto con la pelle liscia e ramata e gli occhi enormi tipici della sua specie giallo-arancioni. Nonostante la fedeltà nei suoi confronti, non sembrava entusiasta di lavorare con un generale grande e grosso, anzi aveva paura di lui quando era in preda ai rarissimi scatti d'ira. Sulla Tartarus occupava il seggio tanto di scienziato quanto di ingegnere, grazie al suo eccezionale talento nella decrittazione; adesso si era spaccato la schiena su un progetto ambizioso che potrebbe piacere a Hellax: — Signore. – esordì, – Mi perdoni se mi permetto di disturbarla, ma ho fatto una scoperta estremamente interessante.
— Illuminami, Edra. – lo esortò il suo superiore; dal tono di voce del Salarian sembrava molto convincente.
— Comprendo il suo disappunto verso la comandante Shepard e il suo urgente interesse nel ritrovamento del "mostro di Loch Ness", ma ora vorrei che mi segua nel mio laboratorio. – e lo invitò a uscire dalla sala tattica, accompagnando le parole con un gesto.
I due si spostarono nel ponte inferiore della nave, verso una grande stanza allestita come un'avanzatissima infermeria che al confronto quella della Normandy impallidiva; e in un angolo, distesa su un tavolo operatorio, c'era un'umana con la stessa costituzione fisica di Paige e indossava una copia della corazza N7 standard ridipinta di nero e viola. Era viva, ma solo perché era tenuta in vita artificialmente, ed era ancora coperta da un lenzuolo: — Ha una struttura genetica insolita, manipolata da menti esperte... sospetto Cerberus. Ed è identica alla comandante Shepard, un clone per la precisione. Gli abitanti della Cittadella ricordano l'attentato del mese scorso, ma dubito che "lei" ricordi qualcosa. La sua memoria è stata compromessa a causa di un forte trauma cranico. Inoltre, ho dovuto ricostruire buona parte del corpo, e devo ancora correggere il difetto di queste fastidiose cicatrici rossastre: più cerco di suturarle, più si riaprono... è un incubo!
In quel momento a Hellax ebbe un'idea: — Ti concedo tutto il materiale che desideri, Edra. Fai in modo che questa copia di Shepard torni operativa e al massimo delle sue capacità entro tre giorni. Potenziala in tutti i modi possibili: impianti cibernetici, amplificatori biotici... tutto. Dopodiché lavoreremo sulla sua letalità, le innesterai la personalità di un cacciatore di taglie.
— E il Progetto Araldo, signore? – lo interruppe Edra, preoccupato.
— Sguinzaglieremo la copia di Shepard contro l'originale per rallentarla quel tanto che basta da non ostacolarmi. L'agente T'Veris, la nostra specialista biotica, si sta già occupando del dossier "Archangel"...
Che cosa centrasse con Paige era ben evidente, mentre il generale porgeva un datapad al suo secondo. Poiché Garrus era indubbiamente il fedelissimo di Paige che la seguirebbe fino in capo al mondo, Hellax aveva incaricato questa T'Veris di studiare il profilo del soldato Turian e i suoi punti deboli, fino a quando trovò finalmente una pista: egli, infatti, non riceveva notizie dalla sua famiglia – il padre e la sorella minore – dopo che riuscirono a fuggire da Palaven per il rotto della cuffia durante la Guerra dei Razziatori. Per quanto fosse solo una Dama di 115 anni, l'agente T'Veris... o meglio, l'ex Specialista Tattica e Ricognizione Peonia T'Veris, aveva addirittura lavorato con la comandante Shepard durante la sua caccia all'Ombra con Liara, fino a cambiare schieramento accecata dall'avidità. Tra le due si accese un duello biotico senza precedenti, il primo che Paige avesse mai affrontato; e quando l'agente rinnegato fu vinto, l'umana la lasciò andare con la promessa di pareggiare i conti un altro giorno – ucciderla non era nelle sue corde, dopotutto. Da allora Peonia era migliorata in modo mostruoso, sia in poteri biotici sia in tattiche di combattimento, e aveva messo su un piccolo esercito di mercenari Eclipse provenienti da Illium, distribuiti in Ingegneri, Ricognitori e Sentinelle perlopiù umani, Salarian e Asari. Questi agenti riconvertiti si erano messi in moto e scortarono i due Turian non in un rifugio per profughi di guerra ma in un altro sistema stellare, da qualche parte nei Sistemi Terminus. Separando i due cosiddetti amici, Hellax aveva così tutto il tempo per dedicarsi alla caccia al Razziatore in incognito, studiando il terreno del nemico come un giocatore di scacchi studia la griglia di gioco e le proprie pedine in attesa di mettere in atto la prima mossa: «La leggenda di Peacewalker sta per finire. – pensò tra sé, contemplando il clone del nemico inerte sul tavolo – Ora tocca a me scrivere l'ultimo capitolo!».

Bussarono alla porta. Ancora visite? La comandante Shepard aveva un aspetto migliore dopo quattro settimane di recupero e riabilitazione, e adesso se ne stava lì seduta sulla sponda del letto a sgranchirsi un po' le ossa e ad accogliere l'ennesimo visitatore nella stanza 23. Questa volta non era uno dei suoi amici ma uno dei membri più anziani della Normandy che aveva accompagnato la comandante fin dall'inizio; Paige era contenta di rivedere la cara signora di mezza età in camice verde: — Comandante Shepard! – la salutò sorridendo, prima di correggersi subito dopo – Voglio dire... Paige, mia cara, mi sembri in forma.
L'altra restò composta, e conosceva bene chi aveva davanti: — Dottoressa Chakwas, che piacere rivederti! – ed ebbe l'istinto di alzarsi e stringerle la mano, ma Karin doveva prima assicurarsi che la paziente si fosse completamente ristabilita. Col suo Factotum la esaminò da capo a piedi, mantenendosi in allerta per un eventuale segnale anomalo, ecco perché impiegò meno di cinque minuti prima di comunicare l'esito delle sue scansioni: — Bene, sei il ritratto della salute! – commentò infine la dottoressa – Ora sei pronta per andare. Ti stanno aspettando tutti, là fuori.
— E per cosa, esattamente? – s'incuriosì Paige.
Niente di che, o così sembrerebbe, solo una cerimonia ufficiale per dare il bentornato a colei che aveva salvato la galassia per la terza volta; perfino la RIA, cioè la Rete Informativa dell'Alleanza, era pronta a raccogliere la testimonianza del soldato più famoso che era sopravvissuto nell'incubo peggiore che la galassia avesse mai affrontato. Si erano mobilitati in fretta, e altrettanto in fretta si era ripresa quasi come Michael dopo il suo brutto incontro ravvicinato con un robot di Cerberus su Marte. Certo, lo scontro su Londra l'aveva conciata molto peggio del suo compagno di avventure, ciononostante non era bastato a fermarla. E così, dopo essersi rinfrescata e indossato l'uniforme, Shepard seguì la dottoressa Chakwas dapprima verso un angolo dell'ospedale per firmare una noiosa ma necessaria pila di scartoffie per confermare la sua dimissione, e poi finalmente nell'atrio. C'erano il tenente Cortez e Ashley ad aspettarla, e poi la scortarono verso il luogo prefissato per la rassegna stampa: la sede del Parlamento a Londra, satolla di visi umani e non-umani, sulla maggioranza dei quali era stampato un bel sorriso.
Accompagnarono i tre membri della Normandy, ospite d'onore compreso, a bordo di una navetta dell'Alleanza. Il viaggio era piuttosto silenzioso, nulla in confronto all'assordante applauso che susseguì, appena la folla di soldati misti a civili vide l'ingresso dell'eroina nell'edificio in rovina. Già si sentiva l'ammiraglio Hackett concludere il suo discorso, prima che partisse un lungo applauso da parte degli astanti. Quando infine giunse la comandante Shepard, la reazione variava dal rispetto allo stupore, fino ad accenni di giubilo nel vedere tornare non un'umana qualsiasi ma un'amica, una sorella... la campionessa della galassia che tutti ammiravano e amavano. Doveva solo raccontare loro cos'era successo sulla Cittadella e in che modo il Crucibolo aveva fermato il nemico.
Sullo sfondo, dopo aver neutralizzato una guardia in modo silenzioso, una sagoma femminile incappucciata e col volto coperto da una maschera si stava posizionando in un angolo tale che le permetteva una visuale perfetta del suo bersaglio, la testa di Shepard. E non avendo un addestramento nell'uso dei fucili di precisione, le sue uniche risorse sono due pistole Predator gemelle modificate per alloggiare un mirino laser; ne estrasse una e si accucciò dietro la balaustra di una passerella sopraelevata, mentre con l'orecchio teso ascoltava la comandante rispondere alle domande degli ufficiali e dei giornalisti, una volta finito il racconto: — Comandante Shepard. Ora che la guerra è finita e i Razziatori sono morti, che programmi ha per il futuro?
— Onestamente, - disse Paige, schiarendosi la voce – non lo so ancora. Sono ancora uno Spettro del Consiglio, ma forse per me è giunto il momento di congedarmi dall'Alleanza e di prestare servizio dove hanno più bisogno... nei Sistemi Terminus, per esempio, dove la criminalità è all'ordine del giorno.
Poi sentì qualcuno tirarle una manica della giacca e mormorarle qualcosa all'orecchio. Dopodiché, la comandante annuì e tornò a parlare: — Oh, inoltre ho l'onore e il piacere di annunciarvi che presto si terrà un evento speciale in cui, per la prima volta, vedrà come protagonisti un umano e un Turian uniti... – e non ebbe il tempo e il modo di completare la frase, quando la folla si agitò in preda al panico al suono di una serie di spari, seguiti dal boato di un corpo che cadde dall'alto. Una donna urlò sconvolta dall'orrore, riconoscendo nel cadavere un Marine dell'Alleanza. Non solo, l'assassina atterrò con agilità a due passi di distanza e si preparò a far fuoco, riuscendo a ferire altre due guardie. Di sicuro non era una Phantom di Cerberus né la ladra Kasumi Goto, nonostante le eccezionali doti atletiche e la tuta scura lasciassero intendere il contrario. Ma una cosa era sicura: era stata assoldata da qualcuno per uccidere la comandante Shepard!
Il tenente Williams, che faceva da scorta insieme ai due disgraziati feriti, estrasse una Paladin e si diresse dritta alla comandante, ora vulnerabile, con l'intenzione di proteggerla dalle grinfie dell'assassina; per fortuna Paige si era ritrovata in un angolo da cui, appena sotto un tavolo, sbucava una mitragliatrice conosciuta come "la Locusta di Kassa" – forse era caduta da una delle guardie. Ora armata, lei e Ashley si accordarono di eliminare insieme l'intrusa facendo affidamento all'addestramento militare standard, fino a quando il compito si rivelò più complesso di quanto sembrasse. La tizia era piuttosto sfuggente, infatti, e neanche i colpi stordenti di Garrus bastavano a rallentarla nonostante il crescente fuggifuggi della folla terrorizzata: — Non andrà molto lontano! – osservò l'ex agente SSC, vedendo l'assassina sfuggirgli da sotto il naso – C'è solo un terrazzo alla fine di quel corridoio.
Ma da quel terrazzo sarebbe riuscita a far perdere le proprie tracce, complice anche una navetta recante simboli sconosciuti ad attenderla. Alla fine della corsa, i tre eroi della Normandy la bloccarono con successo con le spalle al muro, tutti e tre con le armi puntate addosso. Paige fece un passo avanti, alterata non solo per essere stata presa di mira da presunti aspiranti Cerberus ma anche per aver visto la sua cerimonia interrotta da chi non aveva apprezzato i suoi nobili sacrifici. Ora moriva dalla voglia di sapere perché l'assassina stesse facendo tutto questo e perché volesse uccidere proprio lei; l'oscura guerriera, però, invece di soddisfare la sua richiesta, depose le armi e si avvicinò al bordo del terrazzo come se volesse lasciarsi cadere nel vuoto. Forse l'intenzione era quella, ma prima lanciò un'occhiata minacciosa alla futura nemesi e le rivolse poche e semplici parole, dal sapore enigmatico: — Presto conoscerai l'oblio, Peacewalker!
La tizia allora saltò dal bordo, atterrando nell'abitacolo della navetta sottostante, e al suo posto si materializzarono quattro mercenari Turian dalla corazza nera e dorata, e armati di fucili a pompa e mitragliatrici. Saltarono tutti dalle finestre, due su ciascun lato, come le truppe d'assalto di Cerberus durante il colpo di stato alla Cittadella. Un quarto collega, lo specialista biotico Michael Usher, si precipitò a lanciare un'onda d'urto contro il fuciliere più grosso nel momento in cui il collega tramortì Paige con uno di quegli scudi energetici e si stava preparando a trafiggerla con una lama Factotum. A malapena il bersaglio provò a proteggersi con le barriere ma nell'attimo stesso in cui le attivò, l'umana fu gettata a terra da una sagoma prima di finire pugnalata fatalmente dal nemico. Quanto orrore provò nel riconoscere in Michael la vittima trapassata dalla lama del mercenario, mentre dalle bocche dei suoi compagni scapparono un paio di imprecazioni contro di lui e i suoi colleghi, prima di sparire con la stessa velocità con cui erano apparsi. 
Ma, sopraffatta tanto dal dolore quanto dalla rabbia, Paige non gli lasciò il tempo di fuggire, e anzi cercò di raggiungerli via cariche biotiche e poi travolgerli con un torrente di proiettili incendiari... fino a quando i Turian riuscirono comunque a fuggire! Michael invece provò ad applicare del medi-gel sulla grossa ferita che aveva sul fianco, sebbene fosse difficile con le poche forze rimaste. I compagni allora cercarono di soccorrerlo meglio che potevano e anche la comandante contribuì, ma poi afferrò quest'ultima per la manica e le sussurrò: — Quella stronza e i suoi amici meriterebbero una bella lezione e tu sei l'unica che può farlo! Ma ora sei diventata un bersaglio pericoloso...
— Sono la comandante Shepard, l'eroina. – rispose l'altra – e ho guidato la Normandy nell'ora più buia della galassia. Perché ti aspetti che io debba scappare?
— Devono essere dei professionisti, se sanno già chi sei e quali sono i tuoi punti deboli. Faresti meglio a nasconderti lontano dalle loro luride grinfie, finché le acque non si saranno calmate...
— Non esiste! – protestò Garrus, in difesa dell'umana – Paige non è una criminale. E se dovesse essere costretta a lasciare l'Alleanza, anche se per breve tempo, verrò con lei!
Shepard dovette chetare i due uomini tanto per il bene del ferito quanto per l'arrivo di un preoccupato ammiraglio Hackett, al quale fece rapporto dell'agguato appena subìto. Nonostante ella fosse convinta a non abbandonare tutto e tutti solo per colpa di quattro mercenari e un'assassina fuori controllo, a malincuore gli amici dovettero lasciarla andare... da sola, senza la Normandy a scortarla, e diretta verso una località sconosciuta. Ma prima di partire, Paige espresse il desiderio di farlo con uno scopo preciso: sapeva di essere nata a Manchester e, da lì, le neo-truppe di Cerberus l'avevano portata via con la forza verso una struttura simile al Complesso di Teltin su Pragia; non sapeva, però, chi fossero i suoi genitori biologi e se, addirittura, avesse dei fratelli o sorelle... voleva insomma andare a cercare le sue vecchie radici. Peccato che tutto questo non fosse possibile e che Manchester quasi non esistesse più, dopo l'attacco dei Razziatori. Non parlò di tale desiderio all'anziano ammiraglio, ma lo promise a sé stessa quando avrebbe lasciato Londra; nel frattempo, durante la sua assenza, Ashley avrebbe preso il comando della Normandy e che ne avrebbe fatto buon uso, magari per aiutare le colonie extraterrestri in difficoltà.
E così fu. Il giorno della sua partenza, Paige salutò i suoi compagni con il rispetto che meritavano, che si trattasse di una stretta di mano o un abbraccio. L'Alleanza le aveva concesso una sorta di licenza come scusa per il suo "esilio", quindi sarebbe tornata al suo posto in caso di cessato allarme. Ma prima di allora era diventata una specie di fuggitiva, e la massima priorità consisteva nello scoprire chi fosse la mente dietro a tutto questo.

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Capitolo 3
*** Episodio 2: Isolamento ***


Anno 2196. Aveva lanciato qualunque tipo di allarme e annuncio su tutti i canali conosciuti perché qualcuno si affannasse a cercarla, ma di sua figlia neanche l'ombra. Eppure era stata prudente a far credere all'universo intero che Paige era cresciuta sulla Terra da sola insieme a tanti orfanelli come lei. Lasciarla in balia degli elementi era stata la decisione più dura che avesse mai preso... povera stellina, pensò il capitano della nuova fregata dell'Alleanza, la SSV Atlas.
Si diceva che questa nave fosse la sorellastra della Normandy e che consisteva in una soluzione ibrida tra la SR1 e la SR2 di quest'ultima; ovvero con il ponte della sala tattica e quello degli alloggi dell'equipaggio collegati da una rampa di scale, mentre da qui in giù c'era un ascensore che comunicava gli alloggi stessi, la stiva e l'hangar navette al cui centro ospitava la nuova versione dell'M44 Hammerhead, il veicolo tipo hovercraft di fattura Cerberus ereditato, per così dire, dalla Normandy dopo un decennio trascorso nei laboratori dell'Alleanza per una revisione del progetto. Lo scafo esterno della nave in sé, invece, si avvicinava a una qualsiasi fregata Turian, con quelle linee squadrate, ma il potentissimo motore e il sistema di occultamento erano tutte derivate dall'eroina della Guerra dei Razziatori! Ma se c'era la comandante Shepard a capitanarla, chi era a capo della Atlas? Il contrammiraglio Jean Shepard, l'eroina dell'Assalto di Skyllian, impeccabile nel suo abito blu dell'Alleanza, copriva tale ruolo; un ruolo che non piacque moltissimo a Sketch, il tenente incaricato a pilotarla, abituato com'era a prendere ordini da ufficiali uomini tutti d'un pezzo. Tuttavia, seppur restio, non osava contraddirla e, anzi, si limitava a nascondere il suo disappunto con l'umorismo "alla Joker" e a sogghignare ogni volta che si rivolgeva a lei come "mamma spaziale".
In realtà, a Jean piaceva autodefinirsi "la signora di ferro" per il suo portamento fiero che ricordava le grandi leader del passato o, addirittura, lo stesso ammiraglio Ander­son. Lei, però, ammirava molto la comandante Shepard e spesso s'immaginava vestire i suoi panni e compiere le sue stesse impavide imprese. Da giovane, inoltre, l'avventura l'aveva sempre affascinata ed era stata – e lo era tuttora – altrettanto bella come la leggendaria comandante, ma ora che era sulla soglia dei sessant'anni le sofferenze e il naturale avanzare dell'età aveva accentuato qualche ruga sul viso. I lunghi capelli rosso fuoco, raccolti sulla nuca, scoprivano il bel volto ed esaltavano il collo sottile. Gli zigomi alti, tempestati di lentiggini, e la rosea bocca carnosa, si sposavano bene col colore degli occhi, verdi come i migliori smeraldi di Thessia e dalla forma leggermente allungata.
Sketch, il suo tenente timoniere, in realtà era il soprannome di Leo­nard Morgan, così come il vero nome di Joker era Jeff Moreau. Aveva i capelli rossicci sempre tirati a lucido e con quegli occhi chiari guardava dritto davanti a sé fiero di essere ai comandi della Atlas, come se dicesse: «Allora capo, dove vuoi andare?» nonostante avesse sempre quell'espressione contrariata all'idea di prendere ordini da una "mamma spaziale". Eppure il più delle volte rimaneva in silenzio e prendeva la parola solo al momento opportuno: ― La Atlas è pronta e carica, signora, e attende i tuoi ordini. Mi chiedo cosa stia combinando la nostra piccola ingegnera Blackwell...
― Non è "piccola", Sketch. – ribatté Jean – È una biotica che si è creata una certa reputazione uccidendo criminali su Omega, proprio come l'ex agente Vakarian. Fidati, sa quello che fa!
Eccome se si fidava! Ciò che Leonard non capiva, però, era il motivo per cui aveva scelto, al fine di rintracciare l'ex comandante Shepard, una mercenaria completamente estranea all'Alleanza e non un veterano come il tenente Williams o, addirittura, il ricognitore Usher. Ma non era stata forse l'Alleanza stessa a chiedere a Paige di nascondersi per evitare di essere rintracciata dagli assassini che in passato avevano cercato di farla fuori durante una riunione a Londra? Inoltre, Lilith era pur sempre un'orfana di Omega, dunque un abitante dei Sistemi Terminus, e la sua mente precoce le permetteva di adattarsi in qualunque situazione anche avvalendosi alle sue discrete conoscenze mediche: ― Ma è solo una ragazzina! – protestò Sketch.
― Ma questo non vuol dire che sia ingenua. – rispose Jean secca – Credi che possa commettere errori nel riportare a casa la mia Paige sana e salva? Ne ha passate tante e senza l'aiuto di un adulto!
Jean lo stava facendo non solo per sé stessa ma anche per Hackett, il quale probabilmente temeva che le aspre parole di Hellax fossero vere riguardo l'Araldo e il suo presunto ritorno dal regno dei morti, ma qualcosa le suggeriva che non sarebbe stato facile trovare sua figlia in una galassia così grande: ― Fai rotta verso la Nebulosa Omega, Sketch, e sii rapido e silenzioso! – ordinò al suo pilota. E così la Atlas viaggiò verso il portale galattico più vicino, quasi del tutto ricostruito, e il vascello svanì oltre l'anello con il caratteristico boato.

Manchester era ridotta a una città fantasma dopo l'attacco dei Razziatori e tornarci quarant'anni dopo era un vero tuffo al cuore. Paige non ricordava il luogo esatto in cui era nata, ma sapeva che laggiù avrebbe trovato le risposte a tutte le sue mille domande riguardanti le sue origini. Ma cosa avrebbe trovato nel mezzo di un mucchio di rovine coperte di polvere e fuliggine? A bordo di una vecchia astroauto, l'ex comandante Shepard stava esplorando St. Ann Square ormai ridotta a un cumulo di rottami metallici, là dove prima c'era un centro commerciale Asari. Da bambina si divertiva a entrare per riempirsi le tasche di dolciumi oppure per comprare pile di libri da leggere prima di dormire. Tutto questo prima che quei maledetti cani di Cerberus la portarono via con la forza, viste le sue facoltà biotiche. Inoltre, ricordava la finestra e le tende con le farfalle rosa dell'ultimo sogno, poi una cameretta tappezzata di quel colore e una mensola piena di bambole... che fosse un indizio che potesse condurla alla sua casa natale? Facendo alcune ricerche col Factotum, Paige scoprì un palazzone in fase di restauro nel distretto finanziario, le cui aiuole circostanti erano cariche di fiori profumati, perlopiù rose e peonie. Le pareti dell'edificio invece risentivano ancora della sporcizia accumulata durante l'ultimo conflitto e le finestre erano in gran parte in frantumi. Tutt'intorno s'innalzavano vertiginose impalcature, su cui non si presentavano più di uno o due operai al lavoro, perlopiù a intonacare e a riparare le crepe più pericolose: sembrava il cantiere della Normandy di qualche anno prima, pensò.
Osservando i cancelli, la comandante notò delle strane figure girare per il quartiere, per fortuna con sembianze umane. Assumendo la sua tipica posa di attacco e presa una pistola, ella subito cercò un riparo e da lì cominciò a spiare il gruppo intento a depredare un ex deposito di Cerberus pieno di tesori: c'erano armi e le rispettive modifiche, munizioni, MECH disarmati e perfino corazze! Di queste ultime Paige aveva disperato bisogno, giacché gli abiti da civile le permettevano sì di non essere riconosciuta, ma non le garantivano un'adeguata protezione da uno scontro a fuoco. Non era necessario, comunque, notando che il capo – un Batarian apparentemente mansueto – impartì ai suoi compagni l'ordine di mantenere la posizione e di non sparare neanche un colpo: — Ferma dove sei, umana. – l'apostrofò questi – Non voglio che finisca in un bagno di sangue.
Paige allora uscì allo scoperto e rispose alla chiamata dell'inaspettato alleato, domandandosi per quale motivo lui e i suoi stavano prelevando quel materiale alla luce del sole. Ora che Cerberus non esisteva più, rispose il Batarian, alcuni ingegneri erano interessati a riciclare i vecchi attrezzi lasciati in eredità per usarli a scopo militare, la maggior parte dei quali destinati all'Alleanza. Dopodiché, però, il gruppetto di cacciatori di tesori rimase in silenzio in un modo a dir poco inquietante, come se avessero percepito un odore sbagliato, il terrificante odore di pericolo. Il Batarian loro capo si separò dal gruppo dopo aver impugnato un vecchio Vindicator consumato, forse per perlustrare la zona in cerca di eventuali nemici. Anche Paige rimase in allerta, approntando i poteri biotici nel caso in cui la pistola si sarebbe rivelata inutile, mentre il resto del gruppo si sistemò ordinatamente dietro dei ripari. Poi si udì un canto soave, ovattato, che sembrava provenire da ogni direzione. Con una voce così dolce, tutti i maschi del gruppo ebbero l'impressione di ascoltare una donna o addirittura un'Asari, e ne erano talmente affascinati da restare ipnotizzati a tal punto da lasciar cadere a terra le proprie armi. Paige ebbe un sospetto: cosa stava succedendo? Era opera dei Razziatori? No, quelle macchine sono andate per sempre, impossibile che avessero lasciato dei mutanti... a meno che l'Araldo non avesse sparso dei "semi" al momento della morte per esposizione agli impulsi del Crucibolo, contaminando chiunque fosse stato abbastanza stupido da entrare a contatto con essi! Paige avvertì l'alito delle creature ammaliatrici avvolgere il campo di battaglia e con orrore sentì come una fitta di gelo stringerle la bocca dello stomaco nel trovarsi dinanzi a una di esse! Aveva già affrontato di tutto: mutanti, predatori, bruti... ma questo era un altro abominio dei Razziatori, una faccia nuova e già vista allo stesso tempo! Infatti, assomigliava ai mutanti umani, ma aveva sembianze femminili con tanto di seni e lunghi capelli ora ridotti in una massa informe di cavi metallici in continuo movimento, come i serpenti che adornavano la testa della gorgone Medusa. La mutante si muoveva rapida e fluida come l'acqua e si fingeva mansueta per incantare gli uomini prima di impalarlo con i suoi lunghi e sottili artigli delle mani – tale sorte infelice toccò a uno dei cacciatori, che ebbe la sfortuna di non aver premuto il grilletto in tempo. Da questa macabra esecuzione, Paige notò un'analogia con le sirene degli antichi miti greci e le Ardat-Yakshi della cultura Asari, perciò chiamò appunto "sirene" queste mutanti femminili.
Ma come le banshee, anche loro erano munite di poteri biotici, grazie ai quali si spostavano agili e veloci tra una vittima e l'altra. Paige allora si liberò lesta dalle grinfie della sirena che la stava bloccando e le piantò un bel proiettile dritto in mezzo agli occhi, uccidendola, e poi fece altrettanto con quella in procinto di eliminare il capo Batarian; un'onda d'urto eseguita con successo e l'alleato fu salvo: — Puoi chiamarmi Haka. – le disse questi, dopo averla ringraziata – Ora dobbiamo salvare i miei uomini. Abbiamo una nave parcheggiata a cinquecento metri da qui, potremmo fuggire con quella.
— Buona idea. – si accordò l'umana – Di' loro di riprendere le armi, cercare un riparo e sparare a tutto ciò che si muove.
Haka si sorprese di dover prendere ordini da un'estranea così abile nel combattimento, poi aggiunse: — Hai le palle, umana, ma non so nemmeno chi sei.
— Mi chiamo Paige W. Shepard. Sì, quella Shepard che ha ucciso i Razziatori e distrutto il portale del sistema Bahak per impedire loro di invadere la galassia.
Un motivo in più per convincere Haka ad abbassare la guardia e avere un pelo di rispetto dinanzi a una donna così famosa, e stranamente non provava disgusto per ciò che ella aveva fatto su Aratoth un decennio addietro; anzi, se non avesse distrutto il Portale Alfa, degli abitanti della Via Lattea non sarebbe rimasto neanche un Varren. Così, comprendendo la gravità della situazione, il capo Batarian indirizzò Paige verso un furgone nel quale poteva rifornirsi e, finalmente, indossare delle protezioni contro lo stormo di sirene in arrivo. Ella annuì senza cerimonie e, appena colse l'opportunità, si precipitò lesta verso il veicolo incurante dell'arrivo dei nemici; ci tuffò dentro all'ultimo secondo e non credeva ai suoi occhi. Tra le tante cose che vide ammucchiate nel retro, si poteva riconoscere le stesse armi che ella perse durante la corsa al Raggio a Londra - una mitragliatrice Tempest e un fucile a pompa Disciple - e una di quelle tute indossate dai Phantom di Cerberus, da donna questa volta. Era sprovvista del casco e il logo dell'organizzazione era del tutto usurato, però era più che sufficiente per proteggersi. Alla fine, ottenute le armi e modificate con i soliti moduli per aumentare i danni inflitti e la capacità dei caricatori, Paige guizzò fuori dal furgone con un salto biotico così potente da abbattere le tre sirene che stavano circondando l'indifeso Haka e poi lo condusse sotto i portici di un palazzo, prima dell'arrivo del resto del gruppo qualche minuto dopo.
Una volta ricongiunti, i ragazzi poterono fuggire a bordo del furgone, dopodiché essi salirono sulla loro nave, prima di decollare e abbandonare il pianeta. Paige si rannicchiò in una stanza, lontana dagli sguardi degli uomini di Haka, rimuginando su ciò che era appena successo: un'assassina che la voleva morta, Razziatori ancora vivi o quasi, il suo tentativo fallito di trovare delle risposte sul suo passato... tutto ciò faceva presupporre che ella fosse destinata a morire sola e dimenticata da tutti nonostante la fama guadagnatasi servendo l'Alleanza e proteggendo le persone che amava. Diamine, quanto le mancava lasciarsi cullare tra le braccia del suo vecchio compagno d'avventura, al sicuro, e ben protetta dalla negatività di questo mondo! Solo al pensiero le facevano venire le lacrime agli occhi, che subito dopo ricacciò in gola per concentrarsi meglio sulla sua prossima mossa... magari diventare una specie di supereroina come l'enigmatico Archangel, e fu per questo motivo che chiese a Haka di accompagnarla su Omega, il regno corrotto per eccellenza.

Una corazza blu e nera con un'aquila dorata legato al braccio, indossata da un Turian armato di fucile di precisione; questo era il ricordo più bello che una bambina di Omega serbava nella sua mente. Ricordava perfino il suo nome: «Mi chiamano Archangel. – aveva confessato, il giorno in cui le salvò la vita dal Branco Sanguinario - Sarò anche grande e grosso, ma sto dalla parte dei buoni». Un nome che letteralmente significa "l'arcangelo", perché tale sembrava il misterioso vigilante Turian per gli occhi degli indifesi. Ma nella bibbia cristiana gli arcangeli erano i leader delle schiere di angeli devote a Dio, dunque dov'erano finiti i suoi compagni? Morti a causa della codardia di uno di loro, secondo alcune fonti, e costui era una sorta di Lucifero che alla fine era riuscito a redimersi grazie all'intervento di un altro angelo, rosa questa volta: Paige W. Shepard, l'eroina della galassia. Ora quella bambina era cresciuta, e la cosiddetta "leggenda di Peacewalker" era ormai caduta nel dimenticatoio.
La notizia della scomparsa di Archangel era circolata in fretta nell'ultimo decennio e la signora di Omega se ne lavava le mani, sorridendo maliarda peggio di una regina cattiva delle favole. Tuttavia, il Male per le strade era ancora presente, anche dopo la cacciata di Cerberus dalla stazione durante la Guerra dei Razziatori, ed era quindi giunta l'ora di raccogliere l'eredità del defunto vigilante Turian. Così, un giorno, ecco che apparve una giovanissima guerriera ammantata di malachite danzare tra un vicolo e l'altro come un felino - motivo per cui tutti la chiamavano "la Gatta". Giovanissima, come ho detto, perché aveva compiuto da poco sedici anni e, ciononostante, si dilettava a seguire lo stesso lavoro di Archangel per campare. Naturalmente tutto questo non sarebbe stato possibile, se due mesi prima non avesse scoperto i progetti segreti del compianto padre consistenti in nuovi e interessanti giocattoli, da un nuovo tipo di Factotum fino a un paio di guanti per arrampicarsi mai visti prima. C'erano perfino schemi per riprodurre due armi usate dalle SOS Salarian, ossia il fucile a pompa Venom e la pistola Scorpion... insomma, più che uno scienziato suo padre sembrava una specie di agente segreto! Pur avendo tutto quel materiale a disposizione, la Gatta non voleva perdere tempo nel farsi addestrare dai fossili dell'Alleanza o robe simili, e si limitò ad addestrarsi nell'uso sia delle armi sia dei poteri tecnologici e biotici completamente da sola, da autodidatta. Poi, quella sera, mentre stava allontanando un paio di sciacalli per impedire loro di saccheggiare una casa abbandonata nel distretto Gozu, vide l'ombra di un caro amico sbucare da un angolo scuro e fu un vero piacere rivedere il leggendario Archangel tornare in azione dopo la sua lunga assenza, sebbene ora fosse irriconoscibile con la nuova corazza dai colori più scuri: — Lilith Blackwell. – esordì – È bello rivederti, sorellina.
— Ciao, Archi. – lo salutò la ragazza – Ne è passato di tempo! Come vedi, ora sono come te, a saltare da una parte all'altra e a combattere i cattivi. E tu, invece? Che mi racconti di bello?
— Sono in missione segreta, che preferirei risolverla da solo: è una faccenda personale, molto delicata.
La risposta del Cavaliere Oscuro di Omega non dissuase Lilith a tenere la bocca cucita, anzi sortì l'effetto opposto: — E dimmi, in cosa consiste questa "missione segreta"? – gli chiese.
Nonostante il casco, il suo interlocutore assunse un'espressione triste nel confessarle che stava cercando tre persone, le uniche che amava sopra ogni cosa: suo padre, sua sorella e... la sua ex ragazza. Non era una Turian ma un'umana, la più bella che avesse mai conosciuto, e costei era nientemeno che la comandante Shepard. Sì, quella stessa comandante che un decennio esatto aveva ricevuto l'ordine di abbandonare la Terra dopo essere stata quasi uccisa da un assassino durante una cerimonia a Londra. Ora non era il momento di parlare dei suoi sentimenti, ma chi si nascondeva dietro la maschera di Archangel si stava lasciando prendere dalla nostalgia dei ricordi, che subito svanirono con la stessa velocità con cui egli stesso sgattaiolò fuori dalla finestra.
Ormai erano passati dieci anni dalla guerra sulla Terra e Aria T'Loak, la leader de facto della stazione più fuorilegge della galassia, avrebbe visto di buon occhio il ritorno di colei che l'aiutò a riprendere il controllo delle strade, strappandole dalle grinfie del generale di Cerberus Oleg Petrovski. Peccato che la comandante Shepard non esistesse più, e ora era subentrata la misericordiosa eroina nota come Peacewalker, ignara di aver invaso il territorio di caccia preferito di Archangel!
Perennemente armato di fucile di precisione e appollaiato come sempre su un balcone, infatti, il paladino di Omega osservava silente un pugno di mercenari parlottare tra loro in un vicolo, il tutto attraverso il mirino dell'arma. Era dalla guerra tra gang dell'85 che non vedeva gli Eclipse e i loro MECH, cosa diavolo stava succedendo? C'erano pure i Talon, famosi "trafficanti e tagliatole" ed ex alleati di Aria e Paige nella riconquista della stazione, ma pareva che si fossero imbattuti nell'ennesimo fiume in piena di minacce e proposte di unirsi a... com'era il nome della nuova organizzazione? Ah, i Disertori di Taetrus. E dal tono dell'umano in tuta gialla il neo-gruppo era capitanato da un Turian veterano di guerra: — Non fare il furbo con me! – stava dicendo a un Krogan dei Talon – Heartbreaker, il nostro alleato, aveva detto che ci avrebbe promesso la miglior manodopera della galassia, se ci fossimo rivolti ai tuoi ragazzi.
— Levati dai piedi, umano! – lo aggredì l'interlocutore – Noi non andremo da nessuna parte!
— Dannati Talon! Avrei dovuto saperlo che sarebbe stata una pessima idea. Ora molla i tuoi uomini, figlio di...
A questo punto Heartbreaker, la figura mascherata lì accanto, intervenne per sedare i due prima che si azzannassero. Dal timbro di voce doveva essere per forza una "lei": — Lascia perdere, Hawke. È evidente che questi gentiluomini non vogliono collaborare con noi.
— Vuoi scherzare, capo? – sì adirò il mercenario – Chiami "gentiluomini" questi pisciasotto? Permettimi di piantargli un proiettile in fronte e al diavolo tutto il resto!
Il Krogan scoppiò a ridere, sentendo odore di sfida, prima di provocarlo: — Provaci pure, umano. Mi divertirò a strapparti gli arti uno a uno e li darò in pasto ai Varren randagi!
— Basta così! – esplose Hawke, estraendo un grosso fucile a pompa – Finora siamo stati gentili con voi, ma adesso non mi lasciate altra sce... – il caratteristico boato del Disciple fece tacere l'uomo un attimo prima che aprisse il fuoco sulla testa del Krogan, poi cadde all'indietro totalmente ustionato ed esanime; qualcuno, un tiratore esperto probabilmente, lo aveva freddato in maniera impeccabile tramite proiettili incendiari.
Archangel aveva assistito alla scena in silenzio, nascosto nell'ombra, ma con sorpresa non era stato lui a infliggere il colpo mortale a Hawke, dopotutto mezza Omega lo credeva ancora morto. Una figura femminile, avvolta nella tipica aura biotica, spazzò gli Eclipse con un pugno al suolo, tramortendo tutto il gruppo in modo definitivo quasi contemporaneamente alla fuga dei Talon; a stento tanto questi ultimi quanto lo stesso Archangel riconobbero in quella creatura la leggendaria Peacewalker, la quale a sua volta rivide l'assassina dell'attentato di dieci anni prima. Peccato che, appena accortasi chi si trovava di fronte, Heartbreaker tirò su di peso i tre colleghi sopravvissuti urlando loro di annientarla se ci tenevano alle loro vite... e di nuovo Peacewalker fu costretta a fuggire! Non abbastanza perché possa imboccare un vicolo e seminare l'assassina e i suoi scagnozzi, e in una frazione di secondo l'umana si ritrovò in una strada senza uscita. Per il Creatore, e adesso?
Il capo sembrava godere la vista della sua arcinemica con le spalle al muro e del tutto priva di difese, a tal punto da sfoggiare un sogghigno malvagio: — Ricordi la tua ultima licenza sulla Cittadella? – esordì la donna misteriosa - Qualcosa come uno spiacevole bagno in un acquario e un clone che voleva sostituirti in tutto? All'epoca le voci erano circolate in fretta, fino a giungere alle orecchie di Lord Maggor.
Paige era confusa: — Dove vuoi arrivare? Non sai praticamente nulla di me!
— Ne sei sicura? – ridacchiò l'altra – Non riconosci l'incarnazione vivente della tua stessa immagine riflessa allo specchio?
Sempre più sospetta, Paige si fece attenta mentre Heartbreaker abbassava il cappuccio e si liberava anche della maschera, e in quel momento si sentiva davvero come se si guardasse allo specchio. Un'orribile e allo stesso tempo bellissima immagine di sé stessa, con la stessa lunghezza e colore di capelli, lo stesso ovale perfetto del viso, gli stessi occhi castani... due gocce d'acqua, se non fossero per le iridi rosso incandescente e le cicatrici in tinta, tali da sfigurarla peggio di una cavia di Cerberus. Anche Paige, quando era stata resuscitata tramite il Progetto Lazarus, presentava ferite simili ma non così grandi; Heartbreaker era stata sicuramente potenziata ai limiti del sovrumano. Paige non era per niente contenta: ― Tu... mi stavo chiedendo che fine avessi fatto. – osservò, con ironia – Intendi ancora rubarmi l'identità, o hai finalmente deciso di cambiare vita?
― Lord Maggor mi ha ricostruita, e poi mi ha dato uno scopo. Tuttavia, non ricordo nulla dopo che mi hai lasciata andare, né provo alcun desiderio di vendetta nei tuoi confronti.
― Allora aiutami a capire. – la implorò Paige – Voglio delle risposte, e subito: cosa diavolo sta succedendo?
― Ti ho già detto tutto quello che sai. Presto conoscerai l'oblio, e questa volta non ci sarà nessuna macchina gigante a salvarti! – detto questo, Heartbreaker estrasse un pugnale e lo lanciò magistralmente in direzione della nemica, la quale tentò invano di schivarlo. Purtroppo, la lama si conficcò all'altezza della clavicola sinistra e subito dopo un fiotto di sangue scuro fuoriuscì dalla ferita.
Per Archangel era arrivato il momento di intervenire. Come un vero Cavaliere Oscuro, dapprima giustiziò gli ultimi mercenari rimasti con un paio di millimetrici colpi stordenti, poi scese di sotto e atterrò Heartbreaker con un pugno, ma questa si era già dileguata nel momento in cui buttò un occhio sui corpi esanimi dei suoi uomini. Dall'altra parte Peacewalker stava davvero male, ma non bastava frenare l'emorragia semplicemente coprendo la ferita con una mano, e appena mosse dieci passi a malapena si reggeva in piedi e... BUM! Non riuscì più a muoversi, e cadde come se avesse bisogno di dormire per due anni di seguito!

Quando finalmente Paige aprì gli occhi, era più confusa di prima e, per qualche strana ragione, si ritrovò a fissare il soffitto di un appartamento che lei non conosceva. Poi udì una voce femminile, forse un'adolescente, e appena voltò di scatto la testa incontrò un'umana dagli occhi ambrati e capelli lunghissimi raccolti in tante piccole trecce: ― Ah, sei già sveglia?
Dopo averla fissata a lungo, Paige si guardò intorno: era in un appartamento, certo, e si trovava ancora su Omega. Aveva un'aria familiare, ma era passato tanto tempo e non riusciva a ricordare, per esempio, quale fosse il suo proprietario. Era stesa su un grosso sofà, la spalla medicata e bendata, e non aveva più la tuta da battaglia; al suo posto indossava dei normalissimi abiti da civile: ― Dove mi trovo? Chi sei? – chiese improvvisamente Paige alla ragazzina, non senza una punta di allarme nel tono della voce.
L'altra sorrise teneramente: ― Mi chiamo Lilith, Lilith Blackwell. – rispose – E sono un'eroina come te; sei nel mio rifugio, adesso, e sono onorata di incontrarti di persona... comandante Shepard.
― Come fai a conoscere il mio nome? – le domandò Paige.
Lilith esplose in una chioccia risata: ― Archangel mi ha parlato molto bene di te. – e le spiegò che costui l'aveva trovata in un angolo, svenuta, appena Heartbreaker era fuggita; dopodiché aveva chiesto alla giovane alleata di portarla da lei per curare la ferita.
Paige la ringraziò e fece cenno di alzarsi, ma Lilith la fermò con un gesto nel momento in cui udirono, fuori dalla stanza, un vocione grave che annunciava: ― Bene, vedo che la nostra ospite si è ripresa, sorellina.
Niente parentele scomode, per fortuna. Archangel, il proprietario della voce, aveva sempre trattato l'orfana di Omega come una sorella minore, ecco perché era solito rivolgersi a lei con quel soprannome affettuoso. Si era presentato sulla soglia col fucile ancora caldo dall'ultimo colpo sparato e l'attimo dopo era tornato al proprio posto. Lì Paige notò che, curiosamente, il padrone di casa non si era ancora tolto il casco, ma forse non ne aveva bisogno, essendo un supereroe; sarebbe da stupidi gettare la maschera dinanzi a un'estranea, neanche se chi gli stava di fronte era nientemeno che la famosa comandante Shepard. Paige stava quasi per lasciarsi prendere dal panico quando il paladino di Omega in persona le si inginocchiò davanti con un pugno sul cuore, in segno di rispetto: ― E così tu saresti Peacewalker, la veterana della Guerra dei Razziatori! – esordì – Sapevo che un giorno ti avrei incontrata.
Poi si accorse che l'umana si era come paralizzata mentre lo squadrava da capo a piedi, balbettando sillabe incomprensibili e ansimando come se si fosse svegliata da un incubo. Ad Archangel sembrava di aver sentito qualcosa tipo: «Ma tu sei...», e la sua identità sarebbe stata in pericolo se non l'avesse interrotta con una freddezza insospettabile: ― Mi spiace, Peacewalker. Il tuo amico è tornato su Palaven e non si hanno più notizie di lui da parecchio tempo. Sono certo che la scomparsa dei suoi familiari l'abbia colpito duramente.
All'improvviso anche Archangel rimase di ghiaccio e del tutto senza parole, e in quel momento egli non sembrava nemmeno Archangel ma quell'"amico" di Paige menzionato poco prima. Con un gesto meccanico, quasi automatico ma involontario, il Turian mascherato scostò leggermente la maglia di Paige alla ricerca di qualcosa; a sobbalzare per lo stupore non fu lui ma colui che si celava dietro la maschera, un essere meno freddo e col cuore spezzato. Di solito Paige portava al collo un pendente rosa a forma di farfalla, assicurato sul retro da un grazioso fiocco color oltremare; nessuno, a parte lei, sapeva con certezza chi glielo aveva regalato, ciononostante per l'umana era come un portafortuna, che ora non c'era più.
Ironicamente anche Paige compì un gesto pari a quello di un automa, nel suo caso si sforzò di infilare le sue dita sottili sotto il casco di Archangel come se volesse sfiorargli la pelle del viso, o almeno una parte di esso. All'inizio i polpastrelli tastarono solo la tipica superficie ruvida dei Turian ma a un tratto, nel risalire la guancia destra, scoprì degli insoliti avvallamenti molto irregolari, come quelle delle cicatrici. I due si fissarono senza parlare, fino a quando Peacewalker e Archangel uscirono dalla trance e quest'ultimo la afferrò per i polsi e le lanciò uno sguardo gelido mentre le sussurrò: ― Ferma! Se non vuoi che mi riconoscano! – poi, la sua voce si fece ancora più minacciosa: ― Se saprò che mi hai tradito, non avrò alcuna pietà per te, che pure mi hai amato!
Paige se ne stette lì immobile, con le labbra serrate e con gli occhi sbarrati che esprimevano sgomento. Quando il Turian la lasciò andare, l'umana tirò un lungo sospiro e ruppe il silenzio: ― Non so chi tu sia, Archangel, ma per un momento ho pensato di aver riconosciuto il mio amico sotto quel casco. È un soldato eccezionale, molto fedele, ed è rimasto al mio fianco fin dall'inizio. Ma se vuoi che io taccia, lo farò!
La piccola Lilith aveva osservato la scena con crescente inquietudine, e ora provava una gran pena per la sua eroina di guerra preferita. Ma aveva promesso di non interferire nella loro conversazione e, solo in un secondo momento, confessarle i due grandi segreti che ruotavano attorno tanto alle sue origini quanto alla vera identità di Archangel; e allora tacque. Questi, intanto, si stava organizzando col suo Factotum al fine di rintracciare Heartbreaker, cosicché ella non fosse in grado di tendere un'imboscata direttamente nella sua tana. Sapeva solo che era stata ingaggiata da "Lord Maggor", cioè il generale Turian Hellax Maggor ossessionato della ricerca dell'Araldo e di un modo per sconfiggerlo definitivamente dopo il tentativo fallito nell'86. Una faccenda piuttosto inquietante, eppure era fortunato ad avere una veterana come alleata, purché ella non riemergesse altri ricordi tristi e dolorosi.

Heartbreaker tornò su Omega tre giorni dopo, accompagnata dal suo padrone e con un gruppo di Disertori di Teatrus, forse per mostrargli dove si nascondeva questa temibile avversaria. La comandante Shepard era indubbiamente la più celebre campionessa della galassia e mai si sarebbe arresa dinanzi a un formidabile esercito, in particolare ex reclute di Palaven, un generale spietato e intelligente e un clone fuori di testa. Non trovarono l'umana, ma Archangel in persona mentre si trovava appostato come al solito su un balcone con l'arma in pugno come se stesse per sparare da un momento all'altro. Invece di reagire, Hellax scelse piuttosto di giocare la carta della diplomazia: ― Puoi uscire, ora. – disse in modo pacato – Voglio solo parlare con te.
L'altro non lo ascoltò, anzi freddò subito uno dei suoi scagnozzi con un letale colpo alla testa e solo dopo decise di aprire bocca; non era per nulla felice di vederlo e sarebbe ancora meglio se gli rivelasse le coordinate della posizione di due sue conoscenze: ― Dimmi dove si trovano mio padre e mia sorella e me ne andrò subito!
― Sono al sicuro e ancora vivi, se ti interessa saperlo. – rispose Hellax, ma quelle parole vaghe gli costarono un altro uomo, anch'esso ucciso da un colpo alla testa; il generale già avvertiva la tensione crescere dentro di sé nonostante mantenesse il proverbiale sangue freddo: ― Te lo giuro su Palaven, Archangel, non ho torto neanche un capello alla tua famiglia. Ma, se vuoi, possiamo negoziare...
Ennesima risposta sbagliata. Morto il terzo soldato di Hellax, Archangel perse la calma e si precipitò tuonando verso il generale, puntandogli la lama del Factotum sulla gola dopo averlo costretto contro una parete: ― Basta cazzate! – ruggì – Ora rispondi alla mia domanda: dove sono i miei famigliari?
Per tutta risposta Hellax gli sferrò un calcio così forte da farlo vacillare a terra e, insoddisfatto, ricambiò l'atto di puntargli le armi addosso facendo altrettanto col suo fucile, uno di quelli di fattura Turian chiamato Krysae: ― Sono vecchio, ma non stupido! Credi davvero che, nonostante la maschera, io non abbia riconosciuto la tua vera identità? – e più Archangel cercava di liberarsi, più Hellax premeva la bocca di fuoco sul vetro del casco: ― Forse non sei tornato su Omega solo per riportare l'ordine per le strade, e scommetto che lo stai facendo per qualcuno che hai perso molto tempo fa... come si chiama?
― Fottiti! – fu l'unica cosa che il guerriero impotente riusciva a dire.
Allora Hellax, non contento della risposta, lo afferrò per il collo e lo sbatté contro la parete più volte fino a quando, sempre con la solita freddezza, lo smascherò davanti ai suoi uomini, facendogli saltare via il casco. L'unica nota positiva era l'assenza di Paige e Lilith nelle vicinanze, davanti alle quali Archangel avrebbe potuto rovinare la sua missione segreta. Quando infine Hellax scoprì il vero volto del nemico, si palesò un amaro sorriso: ― Ecco svelato il mistero! – esclamò, gettandolo a terra; l'altro, però, a malapena si rialzò e tentò invano di contenere il dolore con un gemito, sputando sangue per la ferita al volto provocata dalla colluttazione.
Heartbreaker non aveva mosso neanche un dito durante quel penoso teatrino e scelse, piuttosto, di studiare i connotati di Archangel per indovinare chi fosse realmente; aveva pure dei sospetti circa l'identità dello sconosciuto e per un attimo le parve di aver già visto quel volto, i tatuaggi blu e il lato destro sfigurato dalle cicatrici. Per il momento, però, preferì mantenere la bocca cucita e tornò a fissare il paladino smascherato: ― Uccidimi pure, se vuoi. – mormorò questi, rivolto a Hellax – Ma non ti rivelerò mai per cosa combatto.
― Peggio per te! – rispose il generale. Dopodiché prese l'alleata umana e due uomini e ordinò al resto del gruppo di fermarlo in ogni modo e di portargli la sua testa una volta finito, prima di allontanarsi e sparire nel buio.
Archangel si sforzò di recuperare il casco in modo che Paige e Lilith non lo riconoscessero se fossero passare in quel vicolo, poi poté finalmente sfogare la sua ira impalando, decapitando e trapassando i Disertori di Taetrus rimasti fino a che il campo di battaglia si trasformò in un cumulo di cadaveri; nel farlo, tuttavia, aveva esaurito tutte le sue energie a tal punto da non desiderare altro che sedersi in un angolo e ringraziare gli spiriti per essere sopravvissuto un altro giorno in più. Naturalmente, nel corso della lotta, aveva subito tanti danni da non riuscire più a sollevare neanche una pistola e reagire all'ingegnere moribondo che gli frisse gli scudi un attimo prima di spirare. A quel punto Archangel barcollò come se fosse ubriaco e le sue gambe cedettero nei pressi di un bidone, che si rovesciò appena vi si appoggiò per non perdere l'equilibrio. Ora avrebbe davvero desiderato la morte e, chiunque fosse il Turian sotto la maschera, ebbe l'impressione che un angelo lo stesse invitando a chiudere gli occhi e dormire perché era giunta la sua ora – se lei è davvero andata via per sempre, pensò, che gli spiriti mi permettano di raggiungerla.
Per fortuna qualcuno era effettivamente arrivato a soccorrerlo, e non era un angelo, ma le umane sue amiche, messe in allarme dagli spari. Appena le due gli chiesero se stesse bene, Archangel spiegò loro boccheggiando cos'era successo e come si era procurato quelle ferite; ora Hellax e i suoi erano partiti, convinti a torto di averlo ucciso. Dopo aver sentito abbastanza, Paige scosse la testa prima di intervenire: ― Sai anche per quale motivo Hellax è qui?
No, non lo sapeva. Era troppo impegnato con la sua missione personale che aveva omesso questo dettaglio; il generale era perfino riuscito a rivelare la sua identità, nel senso che ora egli sapeva chi era il Turian dietro il casco di Archangel e potrebbe sfruttare tale informazione a suo vantaggio: ― D'accordo. – rispose allora la ex comandante - Tu conosci Omega meglio di me, perciò dimentica per un attimo la tua missione e andiamo a fermare Hellax, insieme.
― Sei gentile a chiedermelo. – sospirò il Turian ferito – Tuttavia, sono troppo debole per muovermi e ho gli scudi a terra. Faresti meglio a occuparti di lui senza di me.
Prima che Paige potesse aggiungere altro, Lilith estrasse il suo Factotum con aria professionale e applicò abbastanza medi-gel da curare ogni ferita del suo amico, e vederlo tornare in piedi come se fosse uscito dal regno dei morti era una vera gioia per gli occhi! Ora i tre potevano finalmente rimettersi in marcia e Lilith sembrava già sapere quale fosse la prossima mossa: la via che Hellax aveva imboccato poco prima, infatti, era la strada per andare all'Afterlife, ossia il pittoresco locale che era anche la base operativa di Aria... e tutti su Omega sapevano che inimicarsela significava una morte certa, per quanto era spietata e abile in combattimento – dopotutto la regola numero uno di questo regno corrotto era: «Mai fottere Aria!».
Quando il quartetto del terrore irruppe nel locale della potente Asari, per poco non fecero scoppiare un fuggifuggi tra i clienti al suono della voce metallica di Hellax che annunciò: ― Vorrei parlare con chi comanda qui!
Dal momento che non era originario di Omega, le guardie di Aria immediatamente alzarono le armi sul generale, l'alleata umana e i due Disertori appena si avvicinarono al piano dove la padrona di casa era solita accomodarsi al suo divano preferito. Il Turian trovò la cosa piuttosto divertente e si compiacque nel vedere alcune guardie abbassare i fucili, impauriti alla vista di quella che sembrava la comandante Shepard. Poi tutti si calmarono e finalmente Aria si palesò dinanzi al generale sfoggiando il suo sguardo altero e severo; Hellax non si trattenne a farle un baciamano, come un vero gentiluomo: ― Non badare alla mia amica umana. – esordì – Per quanto assomigli alla tua ex socia, è solo un clone potenziato dal mio ufficiale tecnico. A dire il vero, madame, sono qui per proporti un'alleanza...
Poi le mostrò le sue scoperte e il suo piano di trovare e uccidere l'ultimo Razziatore rimasto, l'Araldo, presumibilmente reincarnato in un esemplare di una specie aliena sconosciuta, precipitata sulla Terra circa due secoli prima. Ecco perché si era rivolto ad Aria, perché aveva bisogno di una retroguardia abbastanza forte da proteggere le sue truppe e un altro paio di mani da parte delle vecchie gang di mercenari: ― E cosa ti fa pensare che questo "Araldo" sia ancora vivo? – domandò Aria scettica.
― Quando ho proposto di indagare sull'accaduto ai rappresentanti delle altre specie, mi hanno riso dietro e mi hanno preso per folle. Che vadano all'inferno, quei bastardi! Sono sicuro che l'Araldo sia ancora vivo e che potrebbe attaccarci in qualsiasi momento. Unendo le nostre forze, potremmo spingerci dove la comandante Shepard ha fallito...
Al solo sentire il nome della sua ex alleata, Aria puntò i piedi e gli voltò le spalle in segno di rifiuto, probabilmente perché non accettava accordi da perfetti sconosciuti. Per questo motivo, Hellax ordinò a Heartbreaker di sparare in aria per seminare un po' di panico tra la gente e i suoi Disertori giustiziarono almeno mezza dozzina delle guardie dell'Asari prima di finire a loro volta uccisi da Archangel e Lilith che irruppero all'improvviso sulla scena prima che la situazione si degenerasse ulteriormente. Hellax non gradì per nulla l'arrivo dei due amici, perciò estrasse anche lui il suo fucile, puntandoglielo contro in contemporanea ad Heartbreaker, con la mitragliatrice dritta verso Aria: ― Fossi in te, non premerei il grilletto! – esclamò una voce umana alle loro spalle, e con orrore il generale scoprì che era la comandante Shepard in persona, anche lei armata e pronta a sparare!
L'azione si bloccò di colpo: tre contro due, l'uno sotto la linea di tiro dell'altro, in una vera e propria situazione di stallo alla messicana, nella quale sembrava bastasse un solo errore per rovinare tutto. Un fermo immagine da togliere il fiato e perfino i più spaventati non osarono muovere un dito per spezzare l'azione; qualunque cosa avesse in mente di fare Hellax doveva accadere in fretta e senza mosse azzardate, altrimenti per Aria e soci sarebbe stata la fine. Paige, invece, aveva sentito tutto fin dal suo arrivo all'Afterlife e finalmente capì qual era l'Oblio di cui parlava spesso la sua gemella malvagia: l'ultimo dei Razziatori era ancora vivo da qualche parte sulla Terra e doveva essere fermato prima che causasse un'altra guerra come quella della Sovereign sulla Cittadella nell'83. Doveva solo convincere Hellax a unirsi a lei senza essere costretta a usare le maniere forti: ― Se ciò che dici è vero, - aggiunse infine - allora aiutami. Finora umani e Turian si sono dimostrati essenziali a fermare i Razziatori, ora è il momento di riunire gli eserciti e combattere insieme l'Araldo! Ormai le cicatrici della Guerra del Primo Contatto si sono rimarginate e non voglio che tutto questo vada in fumo per colpa di un'antica rivalità!
― Oh, proprio tu mi parli di esercito? – l'aggredì improvvisamente Heartbreaker – Una Marine dell'Alleanza caduta in disgrazia che si è innamorata di un rammollito veterano di guerra? Non sei altro che l'ombra di te stessa e presto la galassia conoscerà la vera Peacewalker!
Prima che Paige potesse reagire, Aria non ne poté più di quell'idiozia e si liberò subito dei suoi aguzzini allontanandoli in due angoli opposti con un attacco biotico. Hellax, rassegnato e deluso per non aver acquisito l'appoggio della leader di Omega, non ebbe altra scelta se non rialzarsi e fuggire da Omega sulla Tartarus. Nel frattempo, i tre eroi e l'inaspettata alleata dovettero vedersela con un clone impazzito e potente quasi quanto la stessa Peacewalker in uno spazio angusto e pieno di nascondigli, e questa volta non c'erano truppe CAT6 a coprirla mentre ricaricava le barriere... e ora lei era intrappolata in quella che era diventata la stanza della morte! Heartbreaker non era così stupida da cadere nei tranelli tessuti da Archangel e Lilith, e più schivava i loro talenti tecnologici più faceva innervosire la squadra biotica composta da Paige e Aria, il cui affiatamento era irresistibile grazie soprattutto alla loro alleanza ai tempi dell'invasione di Cerberus! Quando poi si esaurirono le munizioni, si passò ai poteri, e quelli di Heartbreaker e Peacewalker messi insieme erano così potenti da far tremare le pareti dell'Afterlife come se fosse stato colpito da un terremoto; solo l'intervento di Archangel impedì ai due Ricognitori di radere al suolo il locale, costringendo a terra il clone della sua alleata, ma senza ucciderla.
Alla fine, di Heartbreaker non rimase altro che un'umana indifesa e sanguinante accasciata a terra, col piede di Aria premuto sulla sua laringe: ― Aspetta! – la fermò, afferrandole le caviglie nel tentativo di liberarsi; poi si rivolse a Peacewalker, con gli occhi imploranti: ― Tempo fa, sulla Normandy, mi hai risparmiata. E se non fosse per Lord Maggor, ora non sarei qui. Se sei famosa per la tua misericordia, allora dimostralo chiedendo gentilmente alla tua amica di lasciarmi andare, così posso scusarmi per averti sparato a Londra... e non mi rivedrai mai più!
― Tutto qui? – intervenne Aria – Se potessi, per il bene di Paige, ti crederei... ma non avresti dovuto macchiare di sangue i tappeti del mio locale e sparato ai miei uomini, piccola stronzetta biotica! – detto questo, premette il piede a fondo e spezzò il collo di Heartbreaker, la quale spirò senza un gemito. Gli occhi sbarrati, ormai vitrei, erano rivolti alla copia originale della leggendaria comandante Shepard, che non perse tempo a fulminarla con lo sguardo per non aver ascoltato le sue suppliche e, quindi, risparmiarla: ― In questa galassia c'è posto per una sola Paige W. Shepard, e quella sei tu! – disse infine alla sua vera socia, dopo aver ordinato a Bray di gettare il cadavere dell'impostora dal portellone più vicino – Strano vederti da queste parti, pensavo tu avessi lasciato l'Alleanza per sempre.
― Mi hanno messo una taglia sulla testa. – spiegò Paige – Ma ora che la fonte di tutto questo casino finirà nella spazzatura, sarà meglio avvisarli che ho intenzione di tornare in servizio.
― Basta che ti porti dietro Archangel e la sua allieva, non voglio più vederli tra i piedi!
― Sii ragionevole, Aria. Come potrei lasciare Omega, se non possiedo più una nave? – chiese l'altra, sbalordita; e in quel momento a Lilith si accese una lampadina, perché anche lei nascondeva un segreto. Appena espresse il desiderio di partire, infatti, la ragazzina accompagnò Paige e l'alleato Turian fuori dall'Afterlife in modo che Aria non potesse sentirli; era chiaramente qualcosa legato all'Alleanza ma era giusto che solo Paige sapesse che in realtà esisteva una nave che l'avrebbe accompagnata fuori da Omega e si trovava attraccata non lontano dal distretto principale.
Tuttavia, per Archangel era arrivato il momento di separarsi: ― Peacewalker. – cominciò – È stato molto divertente combattere al tuo fianco, tuttavia preferisco restare sulla stazione ancora per qualche giorno per eliminare i residui dei Disertori di Taetrus. Non temere, mi farò vivo molto presto! – detto questo, si avviò nella direzione opposta prima di fermarsi e armeggiare col Factotum: ― Ah, dimenticavo. Il mio amico mi ha chiesto di recapitarti questo messaggio, ma devi ascoltarlo quando sarò andato via. Così la mia reputazione non sarà rovinata!
L'attimo dopo era sparito nel nulla, come da autentico Cavaliere Oscuro, lasciando le due amiche umane completamente di sasso; in fondo Archangel era una figura misteriosa, e tale sarebbe stata per i secoli a venire. Nel frattempo, mentre percorreva il corridoio della zona d'attracco, nella mente di Paige riaffiorarono ricordi delle sue precedenti avventure; ad esempio, in quell'angolo aveva conosciuto il temuto mercenario Zaeed Massani, il quale si era unito volentieri alla squadra per attraversare il portale di Omega 4. Lilith le faceva strada, continuando a ripetere che non dovrebbe mancare ancora molta strada. E infatti ci vollero pochi minuti per entrare nel portellone d'accesso della nuova fregata nota come Atlas: ― In realtà, - spiegava la giovane guerriera – sono venuta su Omega perché me l'ha ordinato il capo. Diceva che aveva bisogno di una persona disposta a recarsi nei Sistemi Terminus a cercarti.
― Se sei stata inviata quaggiù, - intuì allora Paige – il tuo capo deve tenere molto a me...
― Non immagini quanto, figliola. – intervenne la voce del contrammiraglio Shepard che, per accogliere la nuova ospite, era scesa in sala tattica.
Paige ebbe una strana sensazione nel rivedere quella donna. Forse in vita sua l'aveva già vista ma non si ricordava il momento esatto, poiché erano passati molti anni. Tuttavia c'era un motivo per cui l'ex comandante era stata chiamata sulla Atlas e Jean aveva molte cose raccontare, ma solo dopo aver lasciato Omega e assicurando che tutti fossero al sicuro per evitare fastidiose fughe di notizie.

― C'era una volta una famiglia terrestre, i White, che abitava in una città inglese chiamata Manchester. Sotto quel tetto, nel lontano 2154, nacque una bambina, forse la più bella che i neo-genitori avessero mai avuto: aveva i capelli scuri come l'ebano, gli occhi da cerbiatto marroncini come la terra del loro giardino, e labbra rosa piccole e delicate; convinta di aver messo al mondo una principessa, sua madre le diede un nome appropriato, e cioè "Paige". Un brutto giorno, a pochi mesi di vita, Paige perse entrambi i genitori e una donna proveniente dallo spazio - un Marine dell'Alleanza di nome Jean Shepard – scelse di adottarla e di crescerla come sua figlia, insieme a suo marito Frank. Tre anni dopo, però, questi venne assassinato nella Guerra del Primo Contatto da una recluta inesperta e Jean, sconvolta dal dolore, nascose non solo la bambina dove l'aveva trovata, sulla Terra, ma anche il fatto di averla adottata, dando così vita al caso dell'"orfana di Manchester".
Nonostante tutto, Paige crebbe felice come tutti i bambini e la sua bontà e dolcezza attirò le simpatie della maggior parte degli abitanti: se lei aveva bisogno di un libro, un giocattolo o anche un boccone, qualunque umano o alieno l'avrebbe accontentata. Inoltre, aveva anche dei sogni, infatti aveva sempre desiderato essere un eroe come quei fortunati soldati dell'Alleanza e, allo stesso tempo, portare all'altare la sua dolce metà con tanto di abito bianco, se un giorno dovesse trovare l'amore. Da adolescente Paige era già molto bella ma anche abbastanza forte da sopravvivere insieme ai suoi compagni ai soprusi degli schiavisti e dei occasionali trafficanti, ignara di ciò che le era successo tempo prima.
Infatti, alle soglie della pubertà, Paige iniziò a manifestare strani poteri che le permettevano di spostare gli oggetti, ma quando ella ne scoprì la natura, erano già arrivati i terroristi che la rapirono e la rinchiusero in una sorta di struttura di ricerca... troppo tardi per capire che stava a poco a poco diventando una biotica! C'erano altri bambini come lei, ma erano così indisciplinati nei suoi confronti che era quella la fonte dell'accrescimento delle sue facoltà biotiche; a parte questo, era sola, e non aveva alcun amico con cui passare il tempo, a parte un blocco di fogli bianchi e una matita con cui inventare storielle e disegnare creature fantastiche. Poi, il giorno del suo compleanno, una pattuglia di Marine fece irruzione della struttura e liberarono tutti i bambini, Paige compresa. Il capo dell'operazione era Jean Shepard, la stessa donna che l'aveva adottata quando era ancora in fasce... motivo per cui ella era diventata "Paige W. Shepard".
Poi, naturalmente, il resto della storia era noto a tutti. Quando Paige compì diciotto anni, si arruolò e scelse di includere il cognome di "Shepard" accanto al suo come omaggio alla salvatrice della sua infanzia. Fin qui tutto bene, a eccezion fatta dell'incidente di Akuze nell'77: la neonata Cerberus, la stessa organizzazione che l'aveva rapita, compiva terribili esperimenti sulla fauna locale con risultati disastrosi, e le vittime furono gli sfortunati compagni di plotone di Paige, tutti massacrati da un Divoratore. La guerriera ne uscì ferita, demoralizzata e accecata dal dolore per non averli salvati in tempo – di quella carneficina, infatti, lei era l'unica superstite e ne provava un tale fastidio che giurò di dare un taglio non solo con quel triste ricordo ma anche ai suoi lunghi capelli che la rendevano riconoscibile per chiunque.
In tutto quel caos, sua madre adottiva perse le sue tracce e per raggiungerla compì una vera odissea, ma solo quando venne a sapere che era sopravvissuta alla Guerra dei Razziatori, diversi anni più tardi. Non poteva farlo prima, poiché troppo occupata a respingere un assalto dei Batarian su Elysium e poi come capitano della sua personale ammiraglia nella Quinta Flotta di Hackett, senza mai smettere di pensare a quella bambina biotica che per lei era un angioletto sceso dal cielo per illuminare la sua esistenza...
Quella che per molti potrebbe sembrare una fiaba moderna, in realtà era la vera storia di Paige, che il contrammiraglio le aveva narrato durante il viaggio da Omega, e mai una volta sola era stata interrotta. Ora la sua voce sembrava quasi irreale quando le confessò: ― Diventare madre può donarti tanto la felicità quanto il dolore, e solo ora apprendo il significato di entrambi. Per troppo tempo ho atteso questo momento e ora che sei qui, bambina mia, non posso che darti il bentornato a casa!
Paige la guardò sbalordita, non era sicura di aver capito: ― Così... tu saresti mia madre? – chiese timidamente, facendo un passo in avanti. Appena Jean annuì, l'ex comandante non ci credeva: ― Non può essere! – esclamò, ancora titubante – Io non ho mai conosciuto i miei veri genitori. Sono cresciuta in strada, da sola...
Ma non ebbe terminato la frase che il contrammiraglio le afferrò le mani con gentilezza, fissandola negli occhi. Paige sentiva un nodo così stretto in gola che le riusciva difficile perfino respirare: ― Sentiti libera di chiamarmi "mamma"... Peacy. – disse Jean, con la voce rotta dall'emozione.
Paige si trattenne un attimo a rimirarla come se fosse una visione e col timore che potesse svanire all'improvviso. Ma quando scoprì che quella donna era vera, non resistette e la abbracciò calorosamente, stringendo gli occhi quasi ad assaporare quel momento magico; poi, finalmente, il nodo che le serrava la gola si sciolse in un pianto dirotto. Perfino Lilith, in un angolo a osservare la scena, si era commossa e vorrebbe abbracciare le due donne, fino a quando Paige espresse il desiderio di esplorare la Atlas e conoscere i suoi passeggeri. In quanto ospite poteva farlo, e in più poteva fare affidamento sul comandante che era nello stesso tempo anche sua madre! Che meraviglia, pensò, ora che nell'universo c'era ancora qualcuno che l'amava, poteva smettere di preoccuparsi troppo e pensare invece a un modo per scongiurare l'ennesima crisi che avrebbe ancora una volta dilaniato l'intera galassia. Tuttavia, il suo pensiero era legato ai suoi vecchi amici, dei quali non aveva uno straccio di notizie. Forse il messaggio dell'"amico" di Archangel potrebbe aiutarla a riallacciarsi con loro nonostante i dieci anni di assenza. Anzi, sembrava quasi che stesse vivendo la stessa scena in cui i suoi ex compagni si erano rifatti una vita alla notizia della sua finta morte... rivivere quei ricordi le facevano venire le lacrime agli occhi. Non era certo la fine mondo, poiché lei avrebbe trovato modo di ricontattarli in un secondo momento.
Una volta espresso il desiderio di appartarsi negli alloggi dell'equipaggio, Paige chiuse la porta a chiave, si sedette sulla poltrona e iniziò ad ascoltare il messaggio misterioso. Non proveniva da una sola persona, ma da praticamente tutti i suoi compagni a lei cari, coloro che fino a poco tempo prima considerava la sua unica famiglia; ora che conosceva le sue origini, però, era costretta a modificare le sue prospettive. Liara era molto felice di aver avuto un'ispirazione benevola dal suo capo al punto da non cedere alla corruzione da quando era diventata la nuova Ombra; Wrex non vedeva l'ora di riabbracciare la donna che era nello stesso tempo un'amica e la salvatrice della sua gente; Joker e Michael la salutavano insieme tra una battuta e l'altra, sperando che potesse tornare a casa in tempo per i festeggiamenti; Tali non era per nulla arrabbiata con lei per aver portato i Geth all'estinzione ma piuttosto preoccupata per la sua assenza e, come tutti, non attendeva altro che il suo ritorno; il nuovo capo della Normandy, Ashley, non si era neppure fermata a assicurare una parvenza di normalità a bordo, sebbene fosse difficile senza un paio di braccia. Era l'ultimo messaggio, e Paige ebbe l'impressione di aver saltato un compagno, perciò riascoltò tutto il nastro più volte alla ricerca della parte mancante... purtroppo non c'era nulla. Un boccone amaro le salì in gola e si trasformò in un pianto disperato nell'accorgersi che alla registrazione era stato tagliato via il frammento con la voce del compagno più caro di tutti e stava per abbandonarsi alla disperazione quando finalmente venne visualizzato il frammento mancante, anche se in ritardo; che stupida, Paige doveva ascoltare il messaggio per intero per ottenerlo, ma era il risultato quello che contava. Le lacrime dell'umana passarono da amare a quelle di felicità nel sentire le ultime parole: «Non posso farcela da solo. Mi manchi, Paige, e... spero tu stia bene, dovunque tu sia». Dopodiché, Paige spense il Factotum, vinta dalla stanchezza, e lasciò la testa abbandonata su un lato nel tentativo di tenere gli occhi aperti. Ma alla fine si arrese e, con le guance ancora inumidite dalle lacrime versate poco prima, si addormentò serenamente per la prima volta in dieci anni.

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Capitolo 4
*** Episodio 3: Intreccio ***


Archangel rifletteva sui suoi momenti trascorsi nella sua vita precedente, guardandosi allo specchio senza casco. Le ferite risanate grazie a Lilith, nonostante il medi-gel, non avevano del tutto rimosso il dolore che invece aveva intaccato la sua anima, il suo cuore spezzato, e ora si guardava le mani che l’avevano tradito: come aveva potuto bruciare la sua identità mettendo a sbirciare sotto il suo colletto per scorgere la farfalla di quarzo rosa donatale dal suo “amico”, sempre ammesso che fosse realmente esistito? Ormai aveva sprecato tutto quel tempo a dare la caccia ai proverbiali mulini a vento ed era sul punto di mandare al diavolo perfino la vita stessa, che per lui non aveva alcun significato! In pratica, si accorse che vivere non era tanto male come credeva. E quanto sarebbe durato tutto questo? Nessuno lo sapeva, perfino gli spiriti, e Archangel ormai era consapevole che l’unico modo per chiudere il cerchio era di farla finita al più presto: voleva ammazzarsi, voleva morire! Tuttavia, non si rendeva conto del gesto estremo che stava per compiere, ma sembrava essere convinto che così facendo avrebbe finalmente ottenuto ciò che cercava praticamente da sempre.
Già, la morte: le vere ali del terrore dalle quali nessuno può scappare, più fredde del ghiaccio e più avvolgenti di un mantello, e che incutono paura fino all’osso. La morte. Solo a nominarla ci fa urlare in preda al panico e ci frusta la schiena con la sua macabra risata quando ci accoglie in casa sua... no, tutto questo non aveva senso! Lui era venuto al mondo per liberare l’universo dalle ingiustizie e non poteva in alcun modo lasciare un lavoro a metà solo perché non voleva più vivere. Ma come poteva mantenere una mente fresca in tutto quel marasma, che in futuro si sarebbe trasformato in un’altra guerra se mai dovesse tornare l’Araldo? Tutto questo non faceva altro che accrescere le sue preoccupazioni e anche gli incubi ogni sera, il che non era impressionante, dopo tutto ciò che aveva passato. Anche Shepard, tempo addietro, ne soffriva almeno una volta a settimana e, quando si svegliava, non chiedeva altro che supporto di chi le stava vicino, il doppio se il sogno in questione era particolarmente spaventoso – nel caso di Archangel si sentiva debole, e lui odiava essere un debole. Infatti, se c’è una cosa che aveva imparato dalle sue cacce ai criminali era non mostrare alcuna debolezza, come tutti i Turian, che fosse in famiglia o con le persone che si amavano... semplicemente, mai essere deboli, e lui difficilmente avrebbe dimenticato questa lezione! Ma non quando aveva davanti una guerriera biotica in corazza rosa e bianca che tutti conoscevano e amavano in quanto salvatrice della galassia e portavoce indiscussa della pace grazie alla sua morale incorruttibile e votata esclusivamente al Bene e al sacrificio. Rimesso il casco in testa, c’era un’altra considerazione da fare: se un giorno Archangel dovesse sparire di nuovo, il mondo sarebbe tornato un luogo oscuro e per nulla sicuro. E Peacewalker? Lei sapeva come uscire da ogni situazione pericolosa, dopotutto era una biotica e anche una leggendaria comandante capace di sacrifici memorabili. Ma lui non aveva una morale incorruttibile e, di conseguenza, avrebbe ceduto ai scatti d’ira più facilmente del dovuto e avrebbe scelto la soluzione più rapida per raggiungere l’obiettivo... e quell’obiettivo era Peacewalker stessa! Ma come attirarla?

Passavano i giorni. Paige si stava lentamente abituando a vivere sulla Atlas nonostante quel senso di familiarità che faceva riemergere la sua amata permanenza sulla Normandy. Anzi, lei non desiderava altro che ritornare su quella nave perché era sua, gentile dono cedutole dal compianto Anderson quando fu eletta primo Spettro umano; poco importava se ora aveva scoperto di essere la figlia adottiva di una spaziale, ma se un giorno dovesse lasciare la nave di sua madre, avrebbe comunque scambiato con lei serie interminabili di messaggi durante le sue avventure! Intanto, troppi fantasmi del passato la tormentavano, e non erano i morti della precedente guerra ma i cari amici della Normandy – dalle due migliori amiche Liara e Tali al suo braccio destro Ashley, e perfino i singoli membri dell’equipaggio come Joker, la specialista Traynor o il tenente Cortez. Troppi pensieri che la spingevano a combattere e, nello stesso tempo, la perseguitavano.
Per fortuna, una chiamata dal contrammiraglio la distolse dal suo oceano di pensieri: qualcuno è in contatto video nella sala comunicazioni ma il mittente sarebbe rimasto criptato se Lilith non avesse rintracciato tempestivamente la chiamata. Paige dunque abbandonò la sala mensa e andò di corsa al terminale CRQ, seguita a ruota dalla giovane ingegnera: ― Vorrei che IDA fosse qui... – sospirò infine.
― Intendi la leggendaria Intelligenza Difensiva Avanzata della Normandy? – domandò Lilith incuriosita – So tutto. Ciò che ha fatto nell’86 è stato straordinario, peccato tu l’abbia sacrificata per distruggere i Razziatori, però. Non temere, ho già un piano su come riattivarla e dove recuperare tutti i suoi ricordi. Certo, ora sarebbe impossibile ma, un giorno, mi piacerebbe salire sulla tua nave.
La comandante annuì sorridendo: ― Permesso accordato, Lilith. Prima di allora, restiamo sulla Atlas e scopriamo chi è l’autore di questo misterioso messaggio... – dopodiché attivò il comunicatore quantico premendo un pulsante.
Dall’altra parte del ricevitore, Archangel si ritrovò davanti la Comandante e Lilith allo stesso tempo; nessuna reazione contrariata o simili, solo era felice di rivedere le sue alleate preferite e altrettanto felice che qualcuno avesse risposto alla sua richiesta d’aiuto: ― Peacewalker, ho una pista. Hai presente il nostro amico Turian? A quanto pare il generale Maggor ha avuto le palle per prendere di mira i suoi famigliari per stanarlo e condurlo in un’imboscata.
― Conoscendoti, - sorrise Lilith - immagino tu abbia strappato queste informazioni da una fonte attendibile.
― E immagini bene. In qualche modo il bastardo ha convinto il vecchio e la ragazza a condurli fuori da Palaven con una navetta, fino a una regione remota della galassia... – estraendo il Factotum, Archangel mostrò alle ragazze una mappa dell’Ammasso di Phoenix, nei Sistemi Terminus; dopodiché, appena egli evidenziò il sistema Tifone, Paige ebbe una strana sensazione di dejà vu. La comandante, infatti, aveva già esplorato quel settore della galassia molti anni prima, quando l’Uomo Misterioso le aveva chiesto di indagare sul Progetto Overlord di stanza su un lussureggiante pianeta chiamato Aite; all’epoca un’IV impazzita aveva infettato il complesso dedito al progetto, ma quando Paige si era infine recata all’impianto principale per risalire alla radice del problema scoprì con orrore che l’infezione era in realtà un ragazzo “speciale” – si chiamava David - che si era offerto volontario di interfacciarci con l’IV in modo da comprendere meglio il linguaggio dei Geth. Purtroppo era stato il dottor Gavin Archer, suo fratello maggiore, a proporre tale idea e Paige ne era rimasta talmente disgustata da ciò che questi aveva fatto al ragazzo, che scelse saggiamente di condurlo fuori da Aite verso l’Accademia Grissom, una sorta di scuola per giovani dotati. Ora che il progetto era stato chiuso e i relativi dati andati distrutti quasi a seguito del repentino cambiamento di Cerberus, il complesso era stato abbandonato e lasciato in balia degli elementi. Paige trovò tutto questo molto sospetto e dubitò altamente che Hellax fosse interessato a una struttura abbandonata, eppure era perfetta come scenario per un’imboscata; dunque, quello stesso giorno, il gruppo partì per Aite, dopo aver ricevuto istruzioni più precise circa la posizione degli ostaggi: il Turian più anziano nella Stazione Prometeo e la giovane nell’impianto geotermico del complesso stesso, la Stazione Vulcano.

Una giovane Turian si destò di soprassalto e si rimise a sedere nel disperato tentativo di recuperare una posizione comoda, dopo essere rimasta troppo a lungo sul pavimento. Non aveva molta mobilità, comunque, poiché i suoi aguzzini le avevano legato i polsi dietro la schiena. Con un po’ di fortuna, la Turian si alzò in piedi, gemendo un poco, poi si guardò intorno alla ricerca di un attrezzo per spezzare le manette, come una lima. Non dovrebbe essere difficile, pensò, trovandosi in un laboratorio pieno di materiali di scarto Geth – quella, infatti, era una delle numerose postazioni della Stazione Prometeo, che in origine era una navicella Geth precipitata su Aite diverso tempo addietro. Tuttavia, dato il piano dei Disertori di danneggiare un celebre eroe di guerra, peraltro fratello della stessa Turian, quella struttura sarebbe esplosa con gli ostaggi ancora all’interno... e questo significherebbe gettare Archangel nel baratro della follia, arrestarlo e poi condannarlo per aver sputato sulla Gerarchia.
Click! Finalmente la Turian sbloccò le manette e poté liberarsi, ma la sua evasione era appena iniziata e, per giunta, era disarmata: che cosa avrebbe fatto se avesse incontrato le guardie e fosse stata costretta a combatterle? In un container nell’angolo opposto della stanza, però, ebbe la fortuna di trovare delle armi avanzate dai vecchi proprietari, un fucile d’assalto Falcon e una pistola Phalanx entrambi mezzi scarichi. Era comunque sufficiente per uscire dalla sua cella improvvisata e fuggire più silenziosa di una pantera. Le guardie erano perlopiù truppe degli Eclipse riconvertiti in Disertori, ma nessuna traccia di MECH standard o pesanti, quindi era abbastanza semplice girare per i corridoi e nascondersi tra le coperture per non farsi scoprire – l’approccio stealth era ovviamente un gentile dono da parte del suo amato fratellone! Tuttavia, a differenza del parente scomparso, lei preferiva tutte le sue abilità unicamente sull’utilizzo del Factotum, come ad esempio sovraccaricare gli scudi nemici con una scossa elettrica oppure inabilitarli con il cosiddetto shock neurale... in pratica, una via di mezzo tra Mordin e Tali.
Per ben tre volte la Turian aveva quasi bruciato la sua copertura, riuscendo però a liberarsi degli Eclipse di stanza in quel settore. Ora poteva tranquillamente raggiungere l’atrio d’ingresso e correre da suo padre, ma a sbarrarle la strada fecero capolino due umane, una delle quali la più famosa della galassia: ― Per gli spiriti! – esclamò la figlia di Palaven, premendo accidentalmente il grilletto verso le nuove arrivate. Il colpo per fortuna mancò il bersaglio, provocando solo un bello spavento alla più giovane: ― Voi non siete degli Eclipse? – domandò infine, deponendo le armi.
La donna umana scosse la testa: ― Sono la comandante Shepard, Alleanza... o meglio, ex Alleanza. Puoi chiamarmi Paige, se vuoi.
Al pronunciare delle paroline magiche, la Turian si scervellò un pochino, convinta di aver già sentito quel nome e quella qualifica da qualche parte... ma certo, il Primarca Victus ne parlava spesso su Palaven, e anche bene, poiché le azioni della comandante Shepard avevano contribuito non solo alla creazione dell’alleanza Turian-Krogan ma anche alla vittoria nella Guerra dei Razziatori. Aveva quindi davanti a sé una leggenda! Quasi goffamente, la giovane le rivolse un saluto militare, dopodiché dovette fermare le umane appena la più giovane menzionò che erano venute alla Stazione Prometeo in cerca di un vecchio Turian di nome Vakarian: ― Castis Vakarian è mio padre, - precisò - ma non è qui. Il generale Hellax vi ha ingannate scambiando le coordinate delle nostre posizioni. Se ci sbrighiamo, possiamo ancora raggiungerlo prima che i lacchè di Peonia attivino le bombe.
Ebbene sì, gli Eclipse riconvertiti erano capitanati da un ex Spettro Asari al soldo di Hellax, probabilmente la stessa mente che aveva organizzato la trappola e che aveva ricevuto l’ordine di fornire ad Archangel false informazioni sui famigliari del suo “amico” e dove trovarli. Se si fosse recato alla Stazione Prometeo, convinto di poter salvare Castis, e avesse invece trovato sua figlia, gli ingegneri avrebbero fatto detonare le bombe dei rispettivi impianti con poco tempo a disposizione per salvare entrambi gli ostaggi. Con la morte di Sir Vakarian, quindi, il vigilante di Omega sarebbe sprofondato nel dolore al punto da farsi smascherare e anche lui sarebbe morto, giustiziato sul posto o ricondotto con la forza su Palaven per lo stesso motivo. Come un esperto Assassino rinascimentale riuscì non visto a intrufolarsi nel castello e a stanare una pericolosa avvelenatrice per convincerla ad aprire la cella della donna che amava, così Archangel arrivò furtivamente alla Stazione Ermes, dove si erano rifugiati l’Asari e i suoi uomini che stavano approntando gli esplosivi. Stranamente Peonia sembrava felice di vederlo, così mansueta e così elegante, ma Archangel non era un soldato facilmente suggestionabile e, anzi, rimase freddo e praticamente apatico al cospetto di quella specie di lupo travestito da agnello: ― Sono certo che tu sia più collaborativa del tuo capo. – esordì – Libera mio padre e mia sorella!
La voce dell’interlocutrice si fece enigmatica: ― Mi stupisce che il vigilante Turian noto come Archangel abbia una famiglia, a meno che egli non sia chi crede di essere.
Appena sfilò dalla tasca il ciondolo a farfalla di quarzo rosa della Comandante Shepard, ancora sporco e scheggiato e presumibilmente ritrovato sulla Terra, Peonia si sarebbe aspettata una crisi di nervi da parte del nemico; e invece questi rimase impassibile quasi come se non gli importasse di chi fosse il proprietario di quel ninnolo o di cosa stesse parlando. La massima priorità era sapere dove si trovassero esattamente Castis Vakarian e sua figlia, usando per ora un approccio cauto e diplomatico che però sortì l’effetto opposto, ossia rivolgergli la parola non come Archangel ma come il suo “amico”: ― Sai che mi ricordi la tua vecchia comandante? – disse improvvisamente, girandogli intorno – Una guerriera che non guardava in faccia a nessuno, pronta a correre in aiuto di un ostaggio indifeso... di certo, comportandoti così, è come se tu ti sentissi più vicino a lei.
― Tu non sai niente di me, Asari! – esclamò Archangel, estraendo il suo infallibile fucile Viper e scatenando il panico tra gli astanti. Peonia dovette sedare i mormorii con un gesto della mano mentre stringeva l’altra in un pugno nell’atto di caricare i poteri biotici. Che Peonia conoscesse Shepard non era difficile da capire, dato che l’aveva affrontata una volta... ma anche lei era una biotica e Archangel non avrebbe avuto la sua stessa fortuna se fosse stato costretto ad aprire il fuoco: ― Non lo ripeterò una seconda volta. – alzò dunque la voce – Lascia andare gli ostaggi e, forse, ti risparmierò la vita!
L’Asari allora andò su tutte le furie. Così, con un rapido movimento del braccio sollevò Archangel da terra e lo trattenne a mezz’aria mentre gli si avvicinò alterata: ― Non sono Lord Maggor ma, come lui, ho facilmente intuito chi sei dai suoi dossier sul tuo conto! Ora hai finito di nasconderti dietro una maschera... traditore di Palaven!
Intuendo che Peonia avesse intenzione di strozzarlo col potere della mente, Archangel provò invano a recuperare il fucile che gli era caduto nel momento in cui ella lo issò bioticamente, ma era troppo lontano. Poi il suo sogno si trasformò in incubo: l’Asari muoveva con grazia la mano lasciata libera nel gesto di svitare qualcosa e il Turian capì che stava puntando al casco nello stesso istante in cui sentì uno scatto alla base del collo. Una mossa repentina, che lo lasciò impotente ma con ancora un pizzico di forza in corpo, sufficiente a trattenere il casco al proprio posto... neanche adesso voleva mostrare all’universo il suo vero volto e avrebbe lottato anche questa volta per impedire che ciò accadesse. Peonia si ostinò appena si accorse che l’avversario stava opponendo resistenza e come quando Ulisse sfilò via gli stracci di dosso per rivelare il suo vero aspetto ai Proci prima di scatenare su di essi la sua vendetta, così l’Asari strattonò violentemente in aria il casco di Archangel con un braccio e lui stesso con l’altro, sbattendolo contro una console e travolgendo due ignari mercenari.
Ora Peonia aveva il privilegio di conoscere di persona colui che poco prima aveva chiamato “il traditore di Palaven”; era davvero emozionata, addirittura sorrideva maliarda, ma chi si trovava oltre la coltre di fuliggine non era per nulla felice di essere stato smascherato prima del previsto. Qualcuno sbiancò in volto, riconoscendolo immediatamente nel vederlo uscire: ― Per gli Dei... Garrus Vakarian, l’eroe di guerra! – esclamò, mentre la stanza si riempiva di nuovo di un confuso mormorio... un sussurro in confronto al macello che il guerriero stava per accendere!
A uno a uno, come investiti da un Krogan in balia dell’ira sanguinaria, gli Eclipse cadevano crivellati dai proiettili perforanti del Turian, tutti tranne una non ancora scoraggiata Peonia che si unì subito dopo solo per porre fine a quella barbarie. Gli strappò letteralmente le armi di mano, fiduciosa di averlo messo con le spalle al muro, ma questa falsa speranza lasciò spazio allo sgomento più totale nel ritrovarsi l’avversario accanirsi su di lei con abili attacchi in mischia, lama Factotum inclusa! Peonia aveva in comune con Paige il miglior addestramento biotico mai ricevuto, quindi per Garrus era come scontrarsi con la sua stessa comandante in un tripudio di allungo e flessibilità. Il duello gli aveva quasi portato via tutte le forze, ma ne aveva abbastanza per prenderle la pistola e puntarla alla tempia prima di confermare a voce chi aveva a che fare: ― Sono Garrus Vakarian, figlio di Palaven, e non sono un traditore. Abbastanza chiaro per te?
Peonia gli rivolse un amaro sorriso prima di rispondere: ― Sicuro come la morte, bastardo! – e prima ancora che l’altro potesse reagire, tirò fuori un detonatore e lo attivò, facendo brillare gli esplosivi precedentemente installati in tutti e quattro gli edifici. Quindi l’Asari quasi si volatilizzò, lasciando cadere delle macerie alle sue spalle con l’intenzione di intrappolare all’interno “il traditore” e condannandolo a morte in quell’inferno di fuoco. E sfortunatamente per Garrus non c’era tempo per spostare le tubature che ostruivano il passaggio, perché perse i sensi dopo essere stato investito da un pesante pannello d’acciaio...

Peonia era ormai lontana, così come le sue truppe. Garrus invece faticò a liberarsi dalle macerie e issarsi quasi del tutto intontito dalla brutta avventura. Ci vedeva a macchie, ora sfocate e ora abbaglianti, come se fosse in trance e anche la camminata sembrava incerta. Ringraziò gli spiriti che il crollo gli aveva procurato solo tagli non profondissimi qua e là, nonché per il fatto di essere sopravvissuto a cose peggiori di un banale bernoccolo: la Sovereign sulla Cittadella, la distruzione della Normandy SR1, un razzo in faccia, una caduta nel vuoto, la corsa al raggio a Londra, e perfino un plotone di mercenari capitanati da un veterano della Guerra del Primo Contatto. Trasalì. Aveva una missione importante da svolgere, di vitale necessità, senza la quale avrebbe ancora di più deviato dalla retta via, un segnale troppo debole da ignorare, poi... porco Saren, suo padre e sua sorella erano ancora là fuori, e Peonia aveva attivato le bombe... e se l’esplosione avesse coinvolto anche loro? E se li avesse uccisi? Aveva abbastanza tempo per raggiungerli e portarli via? Garrus allora recuperò velocemente del medi-gel per curarsi e avere un’iniezione di energia in più, sufficiente per scavare tra i detriti e tentare di uscire dalle rovine. A quel punto, raccolse le armi che aveva perduto prima e le ricaricò in spalla un attimo prima di saltare sulla astromoto parcheggiata davanti all’ingresso – non aveva mai avuto tanta angoscia in vita sua e il suo corpo non sembrava più suo, come se d’un tratto si fosse trasformato in un robot programmato per eseguire incarichi impossibili.
Il veicolo letteralmente volava come una freccia in mezzo al paesaggio, senza una meta esatta... anzi, una meta in realtà c’era: la Stazione Prometeo, dove il quel figlio d’un cane di Hellax aveva rinchiuso suo padre, mentre sua sorella era nella Stazione Vulcano. Quest’ultima, in cuor suo, si sarebbe salvata grazie all’addestramento ricevuto nell’adolescenza, ma era più preoccupato per l’anziano genitore non più capace di impugnare adeguatamente un’arma e affrontare un’orda di soldati armati fino ai denti. Nonostante il loro rapporto non proprio roseo, Garrus gli voleva ancora bene e non aveva alcuna intenzione di lasciarlo morire su un pianeta al di fuori dello spazio Turian. Quando infine scese dalla moto ciò che rimaneva della nave Geth bruciava tra le fiamme purpuree, segno che i Disertori avevo fatto detonare esplosivi non convenzionali; egli si era appena avvicinato a meno di un metro dallo spiazzo per l’atterraggio di grossi veicoli che l’intera struttura della stazione, sotto l’azione violenta dell’esplosione precedente e alle alte temperature, si accartocciò su se stessa come una pallina di cartapesta e poi collassare davanti ai suoi occhi. Sapeva che il sacrificio di uno per la sopravvivenza di tutti era una regola comune per tutti i Turian, uno tra gli innumerevoli doveri che ogni soldato doveva adempiere; ma Garrus non era un Turian normale e, talvolta, il suo comportamento sembrava quello di un umano. Rimase a osservare l’incendio per qualche minuto, dopodiché le sue grida di dolore sovrapposero gli scoppiettii del fuoco, fino a raggiungere il cielo... grida di un ragazzo che chiamava il proprio padre, in maniera ai limiti della disperazione. Tuttavia, i Turian non piangevano; e non per motivi culturali, fisiologici o addirittura entrambi, fatto sta che il loro modo di esprimere il dolore era sempre stato oggetto di malintesi da parte delle altre specie - soprattutto umani e Asari - il che li dipingevano come creature fredde e apatiche. A quanto pareva, non era così.
Garrus si lasciò cadere in ginocchio col nodo in gola che si era sciolto in copiose lacrime amare, le mani che stringevano nervosamente il Viper tiepido dall’ultimo combattimento, e tutto il corpo tremava in preda a quelli che sembravano violenti singhiozzi. In vita sua, voleva solo che tutto girasse nel verso giusto, almeno una volta, affinché potesse svegliarsi la mattina col sorriso e addormentarsi la sera con la stessa espressione nonostante una forza misteriosa lo avesse reso più umano che Turian. Una creatura universale che era stata capace di trasformare lui, un impavido guerriero, in un fascio di nervi con qualcosa da perdere e l’audace compito di assicurarsi che ciò non accadesse... questa creatura era l’amore. Ma quel giorno era andato tutto storto da quando la comandante Shepard era scomparsa dalle mappe galattiche, e ora che anche suo padre era andato a dormire con gli spiriti, la sua galassia non era mai stata tanto vuota e noiosa.
Si stava tormentando tra i singhiozzi quando, dietro il velo delle lacrime, vide una sagoma rossastra e udì uno scalpiccio alle sue spalle. Una figura slanciata poco più alta di lui e in abiti arancio e azzurri, si reggeva in piedi con un’espressione sollevata e impietosita dai singhiozzi del più giovane, come quella di un padre che corre in soccorso del suo bambino dopo essersi svegliato da un brutto sogno... ecco Castis Vakarian, un vecchio Turian sulla settantina dagli occhi d’oro e tatuaggi azzurri totalmente diversi da quelli del figlio. Era ancora sporco di fuliggine dalla testa ai piedi, dopo essersi messo in salvo per miracolo da quell’orribile incidente e quasi si domandava cosa diavolo fosse successo e perché piangesse in quel modo. «Shiraan», lo stava chiamando, cioè «Figlio mio» in lingua Turian, e quasi automaticamente i due alieni si stavano avvicinando l’uno verso l’altro, guardinghi. Cos’era, una specie di sogno? O solo un’immagine sfocata dei suoi ricordi d’infanzia? Questo pensava Garrus appena si ritrovò faccia a faccia col parente ritrovato, e lì ebbe l’istinto di allungare una mano e sfiorargli il braccio giusto per togliersi il dubbio che stava solo sognando a occhi aperti... no, niente sogni, quel Turian era davvero suo padre, ancora vivo!
Anche Castis a stento riusciva a capacitarsi: quel ragazzino magro e avventuroso che faticava perfino a imbracciare un fucile di precisione era cresciuto ed era diventato un uomo responsabile, a parte una brutta cicatrice e degli atteggiamenti fin troppo umani. E vederlo lì, in carne e ossa, davanti ai suoi occhi, gli faceva vibrare le placche mascellari con una melodia gioiosa al punto da allargare le braccia e cingerlo a sé, strofinando la propria fronte contro la sua; simbolo di affetto Turian per eccellenza. Finalmente, dopo una guerra assurda e un altrettanto caccia interstellare durate dieci anni, padre e figlio poterono riabbracciarsi e tirare un sospiro di sollievo: ― Papà... - sussurrò Garrus, dopo aver asciugato un po’ le lacrime – Papà, stai bene. Ero in pensiero per te!
― Anche tu mi sei mancato, malakai. – gli rispose una voce femminile, in vece del padre. Era una Turian di una spanna più bassa di Garrus e portava i suoi stessi tatuaggi dipinti sul volto, tuttavia la sua postura tipica di una donna contrastava con la corporatura minuta e la sua giovane età, circa otto anni in meno del fratello. Non lo dimostrava, ma era preoccupata per lui e non soltanto per il suo volto sfigurato a metà. Più rassicurante invece il fatto che fosse felice di vederlo ancora tutto intero... insomma, un’allegra riunione di famiglia, seppur in salsa Turian: ― Solana, sei stata tu? – fu la spontanea domanda a bruciapelo di Garrus.
La Turian incrociò le braccia al petto come per dire “no”: ― Non ho fatto tutto da sola. Loro mi hanno aiutata: un’umana di Omega e... una leggenda.
Chi sarebbe questa leggenda? Il Turian più anziano tirava a indovinare, mosso dalla curiosità, perché conosceva parecchie persone divenute leggendarie nella galassia e molti di esse non erano più tra noi. Mentre Garrus tentava goffamente di rassicurare i suoi famigliari, due umane, una delle quali aveva un aspetto simile a quello di una dea, si avvicinarono al terzetto e la più giovane si schiarì la voce: — Io e la Comandante Shepard vi abbiamo salvato la vita, signor Vakarian. È giusto che sia lei a ringraziarci.
Comandante... Shepard... Paige! Erano passati dieci anni ma era diventata ancora più bella sebbene in lei non fosse cambiato nulla: gli occhi da cerbiatto cristallini, la lunga cascata d’ebano stretta in una coda di cavallo, le soffici labbra rosa in tinta con la corazza... un vero angelo sceso dal cielo per soccorrere l’uomo che amava. La nota ai più come Peacewalker disattivò l’Interfaccia Sentinella e ripose la Tempest sul fianco sinistro un attimo prima di avvicinarsi alla famiglia di Turian, ma si soffermò soprattutto su Garrus, che dal suo arrivo sembrava come se fosse stato pietrificato dal temibile sguardo di Medusa; non osava staccarle gli occhi di dosso, neanche quando lei gli accarezzò la guancia destra dapprima con le soffici dita e poi con un delicato bacio. Gli prese le mani, accarezzandole anch’esse per ridonare loro un po’ di calore... poi un abbraccio, grazie al quale Garrus si svegliò dalla trance nonostante gli occhi ancora fissi sul bellissimo volto tanto agognato da dieci anni e quei morbidi capelli profumati alla pesca attraverso cui lasciava scorrere timidamente le dita: ― Per il Creatore... sei tu! – lo salutò Paige con un sorriso – Non posso credere tu abbia di nuovo usato l’identità di Archangel per arrivare a me!
Quindi Lilith spiegò alla comandante che Garrus aveva disegnato questa messinscena per restare il più vicino possibile a lei poiché il suo esilio lo aveva scottato così tanto da non riuscire più a pensare lucidamente, così annegato dal senso di colpa di non averla seguita fin dall’inizio di questa maledetta storia. Ora, evidentemente, i due avevano finito di scappare e Paige non vedeva l’ora di tornare sulla Atlas a informare sua madre della bella notizia mentre Garrus scambiò quattro parole con Joker circa una “festa sulla Cittadella” per il ritorno della loro vecchia leader. Anche Castis e Solana desideravano recarsi al famoso centro nevralgico della galassia in modo da esprimere la loro gratitudine nei confronti della loro salvatrice davanti alle più alte cariche dell’Alleanza.

Da quando i Razziatori avevano spostato la Cittadella dalla Nebulosa del Serpente al nostro Sistema Solare, tutte le specie della galassia furono costrette a modificare le loro mappe e, naturalmente, unirsi in un’unica squadra per la ricostruzione e l’ammodernamento. Sulla Terra, dove prima c’era il raggio trasportatore, ora era la nuova sede del Parlamento con annesso un condotto che la collegava alla stazione, sorvegliato dalle statue commemorative di Anderson e Shepard. Per accedervi, però, bisognava ricorrere alla vecchia maniera, cioè con gli hangar d’attracco, mentre la famosa flotta guidata dalla Destiny Ascension stanziava poco più in là, a cavallo tra la Terra e Marte. A parte questi enormi cambiamenti, tutto era rimasto come dieci anni fa: il Presidium, la torre del Consiglio, il mercato, gli agglomerati come Zakera, le ambasciate, anche la mitica Silversun Strip era come Paige l’aveva lasciata! Quando sbarcò accompagnata dal contrammiraglio sua madre, c’era una grande novità ad attenderla: infatti, le venne incontro un uomo dalla barba molto corta, vestito in modo elegante, con i capelli rossi e gli occhi azzurri come fiordalisi. Teneva in mano un datapad con un’aria autoritaria, come se stesse parlando via intercom con qualcuno; ma appena aprì bocca lasciò tutti basiti: ― Buongiorno, comandante Shepard. Sono Andrew Hudson e rappresento gli umani nel Consiglio della Cittadella. I miei colleghi hanno parlato molto bene di lei. – e subito compì l’atto di stringere la mano della celebre eroina che non solo aveva sacrificato una porzione della flotta dell’Alleanza per proteggere la Destiny Ascension durante la crisi con la Sovereign nell’83 ma aveva anche impedito, tre anni dopo, che un assassino di Cerberus eliminasse il Consiglio approfittando dell’avidità di potere del predecessore del signor Hudson, Donnel Udina. Garrus era presente al fattaccio e sapeva bene come andò finire, ossia con l’uccisione di Udina da parte dell’amica Ashley, fresca di nomina a Spettro.
Il motivo per cui Paige doveva recarsi dal Consiglio riguardava il suo rientro dall’esilio suggeritole da Hackett dopo aver evitato per un soffio di rimanere uccisa da Heartbreaker; ovviamente anche l’Alleanza avrebbe presidiato all’udienza, la quale stranamente sarebbe iniziata appena ricevuto la comandante scortata dal consigliere Hudson, a patto che ella portasse con sé un numero ristretto di persone – inutile dire che Lilith aveva sempre desiderato conoscere dal vivo i cuori e le menti della Cittadella! I Vakarian invece decisero di rimanere indietro, lasciando che Garrus si allontanasse con la sua comandante: ― Chissà che aspetto avrà il Consiglio, ora che sono passati dieci anni... – pensò questi ad alta voce, già immaginando lo scenario che gli si presenterà all’arrivo. E infatti non ci volle molto per raggiungere la celebre Torre, nella quale lo spettacolo fu molto diverso. Certo, la sala era pressoché la stessa ma il Consiglio era davvero cambiato nel corso degli anni; o meglio, erano ancora presenti Sparatus, Tevos e Valern – portavoce rispettivamente dei Turian, delle Asari e dei Salarian - ma insieme a loro c’erano due nuovi personaggi, frutto degli sforzi di Shepard e delle altre specie unite nella famigerata Battaglia per la Terra. Un enorme Krogan, dall’aria stranamente pacifica, indossava sì una corazza da battaglia ma copriva un ruolo tutt’altro che militare: Nakmor Skarr, questo il suo nome, mostrava un’inedita mitezza del tutto fuori luogo per un Krogan, poiché la sua gente aveva praticamente riacquistato il senno ora che la genofagia era stata debellata. Accanto a lui sedeva una figura femminile con la testa avvolta in una sciarpa arancione, a volto scoperto, e con i lineamenti tipici dei Quarian che la facevano assomigliare più a un elfo che a un essere umano – come le caratteristiche orecchie a punta e le iridi più grandi della media. Che un membro della specie nota per avere un sistema immunitario delicato (dovuto perlopiù a una vita vissuta in una tuta sigillata) avesse scelto di mettersi in mostra senza maschera non era del tutto casuale, perché i Quarian erano finalmente tornati su Rannoch nel Dopoguerra per ricostruire ciò che i Geth prima e i Razziatori poi avevano raso al suolo, soprattutto città e colonie. Nello stesso momento, però, gli impulsi del Crucibolo avevano decimato le flotte Geth, essendo creature sintetiche, ma ciò non significava che avesse provocato la loro definitiva estinzione: coscienti di non voler commettere più lo stesso errore del passato, i Quarian realizzarono Geth di seconda generazione dotati di tecnologia recuperata dai Razziatori e riconvertita per scopi nobili affinché le Intelligenze Artificiali così create non manifestassero più l’istinto di opporsi ai propri creatori – in breve, erano stati regrediti a bambini bisognosi di essere educati.
Si chiamava Pen’Raarha vas Xenia ed era stata chiamata a rappresentare la sua gente nel Consiglio della Cittadella, e ora osservava la comandante Shepard con genuina curiosità come se fosse la prima umana ad aver conosciuto. Non un essere del tutto anonimo, ma una leggenda senza la quale nulla di tutto questo non avrebbe avuto senso: — Paige W. Shepard, la salvatrice della Cittadella. – furono le sue prime parole.
— In persona, consiglieri. – rispose la convocata – Anche se preferisco definirmi un semplice soldato che ha compiuto il suo dovere. – aggiunse umilmente.
Perfino Skarr si meravigliò nell’udire quella risposta, per così dire, “acqua e sapone”; tuttavia, la donna era qui anche per farsi riammettere tanto tra gli Spettri quanto nell’Alleanza per far sì che avesse l’autorità necessaria per arrestare un generale Turian misantropo che si spacciava per un emulo malriuscito di Saren. Tutti si chiedevano che cosa avesse fatto di così grave per essere paragonato perfino al famigerato Spettro rinnegato. C’entrava sì con i defunti Razziatori ma, contro ogni previsione, invece di insistere che erano solo congetture generate da una mente troppo stanca, i consiglieri ammisero che c’era qualcosa che non andava; fu Sparatus – il portavoce dei Turian – a specificare che Hellax era ossessionato di liberare la galassia dall’ultimo dei Razziatori: voleva trovare l’Araldo, ucciderlo ed essere riconosciuto come un eroe di guerra per aver compiuto tale impresa. Una strada simile l’aveva intrapresa Saren, quando si era alleato con la Sovereign, ma il traditore non faceva altro che vaneggiare sul voler raggiungere la simbiosi tra l’organico e il sintetico come ancora di salvataggio dall’estinzione, prova lampante che egli era stato indottrinato. Qui invece la questione era diversa perché Hellax era ancora perfettamente lucido e continuava a ragionare con la propria testa nonostante avesse in comune con l’altro Turian uno spiccato odio verso gli umani. Quindi, che cosa bisognava fare?
I sei consiglieri si ritirarono per deliberare, in modo che potessero discutere a porte chiuse circa il destino della comandante Shepard. Perfino Hackett e Jean, che avevano assistito al colloquio, borbottavano tra loro probabilmente sul far reintegrare in servizio la collega. Passò un’ora e finalmente il Consiglio aveva un verdetto: com’era successo tredici anni fa quando la nominarono primo Spettro umano, i consiglieri le chiesero di fare qualche passo avanti per annunciarle che non era più una fuggitiva bensì la loro nuova recluta d’elite, trasformandola dunque nell’erede di Saren – “Spettro Elite”, furono le parole esatte di Tevos, prima di chiudere l’udienza del Consiglio. Dopodiché Hackett e Jean richiamarono Paige dalla loro parte chiamandola per nome e fu la madre adottiva della comandante a parlare per prima: — Io e l’ammiraglio Hackett abbiamo discusso un po’, cara. Nonostante tu abbia vissuto di tutto, compreso un processo per aver distrutto un intero sistema Batarian...
― Sì, è una lunga storia. – la interruppe Paige, grattandosi il capo. Quell’argomento le pesava eccome, meglio continuare ad ascoltare cos’aveva da dire Jean.
― So che hai a cuore i tuoi amici della Normandy e quel pallino del “fare ciò che è giusto”, - continuò sua madre – per questo sono lieta di comunicarti che sei di nuovo in servizio nell’Alleanza! – e le porse una nuova medaglietta con incisi il suo nome completo, il suo soprannome Peacewalker e la sua data di nascita. Un paio di placchette metalliche riposte accuratamente in una bella cornice, il cui luccichio invidiava quello negli occhi della donna appena accettò il nuovo ninnolo. Ma quello che desiderava di più non era solo il reintegro ma anche rincontrare di persona i suoi vecchi compagni, dei quali aveva solo ricevuto un messaggio audio. Jean e Hackett annuirono all’unisono, entrambi d’accordo che l’eroina aveva già deciso su quale nave tornare in azione: anche se la Atlas l’aveva salvata su Omega e che le aveva permesso di raggiungere Aite e salvare i familiari di Garrus, Paige era ancora affezionata alla Normandy fin dal giorno in cui Anderson le aveva affidato la nave... doveva pur far sapere ai suoi amici che era tornata, no?
In effetti, qualcuno si fermò a parlarle, seppur non immediatamente. Paige era seduta a uno dei tavolini del bar Apollo nel Presidium a godersi un gelato come un’umana qualsiasi, un buon modo per festeggiare la sua rinascita. Era già a metà coppetta quando udì un vocione chiamarla formalmente “comandante”; non poteva essere uno dei suoi, ormai abituati a usare il suo nome di battesimo, ma con sorpresa si trattava di Castis Vakarian: ― A cosa devo l’onore? – domandò subito Shepard, facendo accomodare l’anziano Turian davanti a lei.
― Sono venuto per ringraziarla di persona, dopo aver salvato me e mia figlia su quel pianeta nei Sistemi Terminus.
― Si figuri, Vakarian. – si compiacque l’umana – Immagino lei abbia sentito parlare di me, su Palaven...
― Oh, non solo. Lei e Garrus condividete un’intesa molto forte, ben oltre al semplice rapporto tra il soldato e il suo comandante.
― Sulla Normandy siamo come una famiglia, ognuno di noi aiutiamo i propri compagni come farebbe un fratello o una sorella. Garrus ha combattuto con me fin dall’inizio, quando era ancora un agente SSC. Noi due siamo, uh... molto vicini.
Il fatto che Paige avesse confessato di amare il figlio di un vecchio Turian ligio al dovere e contrario agli Spettri fece calare un breve momento di silenzio durante la conversazione, ma per fortuna Castis non reagì in modo misantropo: ― Uhm... capisco. Di solito dovrei odiare gli Spettri, ma ora che ne ho appena conosciuto personalmente uno, un soldato umano dell’Alleanza che ha vegliato sulla mia famiglia al pari di uno spirito guerriero, non proverei altro che rispetto. Mi auguro che lei si prenda cura del mio ragazzo e che non gli causi altro dolore... non dopo quello che è successo a mia moglie.
Ecco una cosa che Paige non si sognerebbe mai di chiedere a Ser Vakarian. Garrus, infatti, parlava spesso di suo padre da quando si erano conosciuti ma mai dell’altro genitore, forse per evitare di raccontarle che era malata da lungo tempo e che la situazione era talmente peggiorata da apparire irreversibile. Lui si era perfino offerto di inviare ogni singolo credito guadagnato su Omega per pagare le terapie ma sua sorella Solana si oppose mentre suo padre non voleva neanche rivolgergli la parola. L’ultima volta che aveva visto sua madre era lucida e gli parlava come fosse in salute, sebbene in realtà non lo fosse; tentò anche mandarle un messaggio ma niente, Castis proprio non ne voleva sapere: ― Se desideri tanto fare due chiacchiere con la mamma, fallo di persona. - gli diceva – Non mi piace che tu debba star sempre fuori di casa invece di farle compagnia al suo capezzale!
Che Garrus fosse così calmo e in pace con la vita era perché sua madre glielo diceva sempre. «Non ti preoccupare», era la sua frase tipica, che ripeteva quasi dappertutto. E invece preoccuparsi, anziché far bene, non faceva altro che renderlo un fascio di nervi, il che per suo padre significava essere egoisti; come dargli torto, visto che la sfortunata Turian morì nel giro di pochi giorni... e Garrus non era neppure presente! Certo, in parte si sentiva in colpa, rimpiangeva di essersi unito alla cricca suicida di Paige tempo addietro... aveva solo fatto ciò che era giusto e che sarebbe comunque morto se non si fosse ricongiunto a lei. Ora Paige vorrebbe piangere ma riuscì a trattenersi e di tranquillizzare il Turian con parole di conforto: — Le confesso di sentirmi in colpa per non essergli stata vicina, ma so che non è colpa mia. L’Alleanza mi aveva allontanata per proteggermi dai soldati del generale Hellax e...
Appena l’umana nominò il capo dei Disertori di Taetrus, Castis subito capì di chi stesse parlando e si infuriò: ― È per causa sua che Palaven ora è spaccata in due. Ancora non capisco perché Hellax odi così tanto la sua gente nonostante i suoi sforzi di tenere unita la galassia. Ormai ogni singolo essere vivente nell’universo tratta gli umani come un loro pari e lui si aspetta che torniamo ai tempi della Guerra del Primo Contatto?
― È il motivo per cui ho promesso al Consiglio di indagare su questa faccenda. – lo rassicurò Paige, nel tentativo di chetare l’ira del suo interlocutore. Funzionò e, espirando profondamente, Castis ringraziò gli spiriti per aver conosciuto una creatura munita di buonsenso in grado di poter risolvere questa crisi, nonché per aver trovato uno “spirito guerriero” che potesse tenere il figlio lontano dalle grinfie di quel generale pazzo.

Joker faceva i salti mortali per tenere in ordine la Normandy, sebbene rimpiangesse i giorni in cui IDA, la sua fidanzata sintetica, rendeva le mansioni più semplici. Non era certo la fine del mondo, pensò, perché anche la Normandy SR1 non possedeva un’IA installata a bordo... questo prima dell’imboscata dei Collettori che la distrusse insieme a qualche sfortunato membro dell’equipaggio, Shepard compresa. Quel giorno aveva sentito che Hackett aveva reintegrato in servizio la sua amica comandante e questo lo faceva star bene e nello stesso tempo lo rendeva nervoso, magari perché sarebbe stato difficile riconoscerla a distanza di dieci anni. Un vero peccato, perché Paige si palesò proprio dietro di lui nella maniera più simpatica che conosceva, ossia con la barzelletta sui “piloti con le ossa fragili”: — Ancora? – esclamò piuttosto seccato - Non sei divertente, Gar... - ma appena si voltò non era stato l’amico Turian a parlare ma la comandante finalmente a casa, il cui aspetto non era cambiato di una virgola: — Merda, ci ero quasi cascato!
— Come va, Joker? Ti sono mancata? – esordì Paige guardando verso il basso, poiché il pilota era seduto comodamente sul suo sedile in pelle preferito.
— A parte l’assenza di IDA, direi bene. Ma tu, piuttosto... ti sei fatta quasi ammazzare dai Razziatori e hai salvato la galassia, la gemella cattiva di Kasumi ti voleva morta nel Parlamento di Londra, l’Alleanza ti regala una vacanza per tenerti al sicuro e rispunti dopo dieci anni neanche fossi il Fantasma dell’Opera. Ammettilo, Paige: non ti stanchi mai di cacciarti nei guai?
Paige incrociò le braccia al petto, riservandogli un sorriso fraterno: — Prima o poi appenderò la corazza al chiodo e poi potrò pensare solo a trovarmi un marito e mettere su famiglia.
Solo sentendo l’idea di Paige di congedarsi al termine della caccia a Hellax fece scoppiare Joker in una sonora risata: — Questa poi! - disse infine, riuscendo a trattenere il riso – Immagino la tua sia solo una battuta. Dico sul serio, io ti vedo bene a fare il culo ai cattivi, non a portare a passeggio i bimbi al parco!
— E se ti dicessi che sono molto più di quel che vedi? - lo zittì Paige usando un tono simile al suo - Non sono un robot, l’hai detto tu stesso. Presto avremo una nuova missione, ma prima voglio farmi un giro... non hai idea quanto mi sia mancata la mia nave.
— Buona idea. Di certo l’equipaggio non vede l’ora di riabbracciarti, dopo quello che ti è successo in tutti questi anni...
In effetti erano tutti basiti e allo stesso tempo felici che Paige avesse ripreso il controllo della nave, in particolare la specialista Traynor, la dottoressa Chakwas e il tenente Cortez. Quanto agli altri abitanti della Normandy, nonostante un paio di assenze, erano gli stessi ma con qualche novità. Come promesso, ella aveva lasciato salire la piccola Lilith e si era rapidamente ambientata con gli ingegneri Adams, Donnelly e Daniels in sala macchine, occupando il fu alloggio di Jack nella stiva – diceva che era l’unico modo per restare in contatto con le macchine che le piacevano tanto. Anche gli ufficiali umani dell’Alleanza non erano per nulla indignati del suo ritorno, anzi Ashley aveva ottenuto un livello di comando quasi pari a quello di Paige, diventando così il suo vice, mentre Michael si era totalmente ripreso dall’attentato a Londra ed era perfino stato promosso a tenente; chi lo sa, un giorno lui potrebbe avere il privilegio di avere una nave tutta sua come la Atlas di Jean, ma non poteva farlo perché era stato costretto a ritornare in servizio mentre si apprestava a tornare su Intai’sei con Liara, la sua vecchia fiamma. Lui era il secondo Spettro umano e, al contrario di Paige, era un uomo d’azione e nello stesso tempo il partner dell’Ombra più nobile che abbia mai conosciuto.
Infatti T’Soni, la cara amica Asari, grazie anche all’influenza positiva ricevuta da Paige era diventata abile a trattenersi nel cedere alla sete di potere, il che sarebbe stato pericoloso data la fine che aveva fatto il suo predecessore Yahg, ed era riuscita a coordinare le sue simili nella ricostruzione di Thessia, il suo mondo natale. Lo shock della scoperta che la loro Dea Athame era in realtà un’antica Prothean fu presto sopito dall’inatteso intervento di Javik, l’unico superstite vivente della mitica specie estinta cinquantamila anni or sono: egli si era rivelato indispensabile perché le Asari non fossero costrette a subire infiniti scandali dovuti al recente sconvolgimento del loro passato. Erano trascorsi dieci anni, tuttavia, e quella fu l’ultima volta che Liara lo aveva visto, giacché poco tempo dopo Javik scomparve dalla galassia: — Allora perché sei tornata sulla Normandy, Liara? – domandò infine la comandante.
— Gli ammiragli Hackett e Shepard mi hanno informata sul tuo progetto di dare la caccia a Hellax. – fu la risposta – Mi ricorda molto la nostra prima avventura insieme: Saren e i Geth, la Sovereign... ma questa volta stiamo parlando di un generale Turian! Un esercito di Disertori e mercenari che gli obbediscono, in gran parte provenienti da Palaven e Illium.
— Ma Saren era pericoloso perché era stato indottrinato dalla Sovereign, cioè un Razziatore. Hellax invece lo è perché è un veterano di guerra ancora attaccato alle tradizioni.
— Sono certa che risolverai anche questa crisi, Paige. Io credo in te! – la rassicurò l’amica Asari – Metterò di nuovo a disposizione le mie risorse di Ombra per aiutarti e... mi ha fatto piacere rivederti. – e improvvisamente divenne triste.
— Che cos’hai, Liara? – domandò Paige preoccupata, posando una mano sulla spalla.
La mite interlocutrice sospirò: — È passato troppo tempo... dieci anni, Paige! Ti fidi ancora di Garrus?
Il malumore era tornato. La comandante tentò di mantenere un atteggiamento rilassato, levandosi dalla testa tutti quei pensieri dolorosi che avrebbero compromesso la sua capacità di giudizio. Così, quando riprese la parola, usò il tono più sincero che aveva: — Sì, e non smetterò di amarlo. Ha già superato la separazione durante la mia convalescenza in ospedale, supererà anche questo.
 — Prego la Dea che sia così. Neanche a me piace vederlo, ehm... piangere. Se tu gli parlassi, si sentirebbe meglio.
In realtà Paige non poteva farlo perché la stanza della batteria principale era chiusa a chiave, inaccessibile a chiunque. Era sul punto di esplodere e decise quindi di ritirarsi nella sua cabina a meditare, quando la Normandy avrebbe lasciato la Cittadella.

Chiusa nel suo mondo Paige sospirò, seduta sulla sponda del letto, mentre leggeva e rileggeva l’Odissea nella parte in cui Penelope riabbracciò il suo amato marito Ulisse dopo aver atteso il suo ritorno a casa per venti anni con santa pazienza. Beh, la comandante ci era riuscita in metà tempo e con le parti invertite: era lei l’eroe che non vedeva l’ora di tornare a Itaca e rivendicare il suo trono quasi usurpato dai Proci avidi di potere. Tuttavia, a cercare di rubarle il “trono” non erano in cento e più, ma solo un generale impazzito convinto che l’Araldo fosse ancora vivo. Assurdo, certo, ma il mostro che nei sogni aveva quasi preso il controllo della sua mente era vero, e presto sarebbe tornato a seminare il caos nella galassia.
Aveva chiuso il libro ed era sul punto di piangere, forse ripensando al senso di colpa di aver trascurato i vecchi rapporti, quando si udì un bussare alla porta. E le balzò il cuore in gola nel riconoscere l’individuo in piedi sulla soglia, un Turian in completo casual nero e blu irriconoscibile dall’espressione triste in volto: — Paige, ti disturbo? - la salutò Garrus, dopo aver ottenuto il permesso di entrare dalla padrona di casa. Lei non riusciva a contenere la gioia di rivederlo nonostante l’avesse già fatto su Aite dopo che Archangel aveva inconsciamente svelato la sua identità. Paige gli si avvicinò cauta e gli accarezzò con gentilezza il lato del volto con le cicatrici; anche solo il tocco dell’umana era sufficiente a rassicurarlo: sì, erano passati dieci anni, trascorsi a nascondersi per sfuggire alle grinfie di un assassino che ora non c’era più, ma... il loro amore ardeva ancora o si era spento per sempre? Il Turian tirò un respiro profondo prima di accomodarsi accanto a lei, sedendosi sul letto, e aprire finalmente bocca: — Ricordi la corsa al raggio a Londra? Mi avevi chiesto di andare via, che ero solo d’intralcio. «Ti amerò sempre!», avevi detto, e poi sei partita. Dieci minuti dopo, la Cittadella è esplosa e tu... eri a bordo... e ho temuto il peggio! Avrei dovuto essere lì con te, prima che l’Araldo ti uccidesse, anche se ci era quasi riuscito. Così sarei potuto... - fu interrotto dallo schiocco, dolce e profumato, di un bacio sulla guancia da parte della donna... la sua donna, di nessun altro!
Con la relativa calma Paige gli raccontò tutto quello che era successo negli ultimi anni e cosa aveva provato durante l’assenza di Garrus. Era dispiaciuta anche lei, in primo luogo per averlo costretto a patire l’infame dolore della separazione, poi... che n’era stato del ciondolo di quarzo rosa che Garrus le regalò il giorno in cui lei affermò di essere “pronta a dedicarsi a un unico Turian”? Purtroppo, quel gioiello era andato distrutto, perduto per sempre, e da allora Paige sentiva il suo cuore congelato, freddo, in attesa che il calore del vero amore potesse sciogliere il blocco di ghiaccio nel quale era intrappolato. Ma era come disinnescare una bomba a orologeria: tagliando il cavetto sbagliato Paige avrebbe condannato il suo ormai ex ragazzo a una lenta agonia; nello stesso tempo, però, disattivandola correttamente avrebbe posto fine alle loro sofferenze in modo definitivo.
Allora la donna raccolse tutto il suo coraggio e scelse di rischiare. Diamine se gli mancava, diamine quante volte aveva pensato a lui, diamine se lo amava ancora, diamine se era felice di rivederlo... senza di lui l’unica a consolarla era la morte, della quale per due volte era riuscita a farsi beffe. In caso contrario, la galassia sarebbe tornata a essere terribilmente vuota e noiosa in sua assenza. Una volta che Paige avvolse il Turian in un caldo abbraccio, questi sorrise mentre le stringeva una mano con delicatezza e le rivolse nuovamente la parola: — Sono venuto qui non solo per darti il bentornato a bordo, ma anche per farti un regalo. - poi, affondò una mano in una tasca e tirò fuori qualcosa di luccicante che subito presentò a Paige: — Non è niente di speciale rispetto alle usanze umane dei fiori o dei cioccolatini, lo so, ma ho pensato che potrebbe piacerti.
Lei accettò felice il ninnolo e cominciò a rigirarlo tra le mani, con gli occhi che le brillavano più dell’oggetto stesso. Era un pendente come quello che aveva perso, perfino il nastro di raso blu sembrava lo stesso, con la differenza che consisteva in una grande pietra ogivale con un colore tra il verde scuro e blu notte - forse una pietra di turchese o di lapislazzuli, o addirittura una combinazione di entrambe, viste le venature dorate. Sulla superficie erano dipinte a smalto due figure simili a comete, una rosa e una blu, che si contorcevano insieme in modo del tutto somigliante al simbolo Yin e Yang: — Che meraviglia! - era tutto ciò che Paige riusciva a dire dinanzi a cotanto splendore, accompagnato da un enorme sorriso.
Garrus sorrise a sua volta, lieto che Paige aveva apprezzato il gioiello: — È un talismano Turian... una Likuna, per l’esattezza. Rappresenta due spiriti intrecciati, uniti per l’eternità. Ero tornato su Omega a cercarti e una mia vecchia conoscenza aveva un pezzo simile in vendita...
Non solo questo. Ripensando al team di Vendicatori decimato nel 2185 per mano di un traditore, Garrus le raccontò che essi erano soliti portare con sé un piccolo oggetto che potesse ricordar loro per cosa stessero combattendo: la possibilità di riabbracciare i propri cari una volta tornati a casa, non solo per rendere la galassia un luogo più sicuro: — E l’unica persona a cui davvero ho pensato eri tu. - aggiunse infine il Turian - Sei tu la donna che mi ha spinto a combattere e a continuare a farlo, anche dopo la tua scomparsa. La Likuna mi ha ricordato che eri sempre con me, che gli spiriti non scompaiono ma ci vegliano dall’alto. Si può dire che eri la mia, come lo chiamate voi umani... angelo custode?
A questo punto Paige sollevò i suoi lunghissimi capelli per permettere a Garrus di allacciarle la collana attorno al collo, assicurando il tutto con un bel fiocco. Era come se fosse bloccata in un bel sogno, o quasi, tanto da farle accapponare la pelle in preda ai brividi caldi quasi come Psiche tra le braccia di Cupido durante la loro prima notte di nozze. Non solo brividi, dovuti all’abbraccio del “dolce arcangelo”, ma anche il cuore impazziva nel suo petto al suono di un tenero bisbiglio che le coccolava le orecchie: — Non sarai mai sola, sharim. Qualunque cosa accada, io sarò con te. Fino alla fine.
Apparentemente quella parola strana, sharim, non voleva dire nulla ma in realtà era un termine usato dai Turian in modo affettuoso ed equivaleva al nostro “tesoro” – oppure al “Siha” dei Drell. Comunque sia, anche se effettivamente Paige aveva pronunciato parole simili nell’ultimo giorno della Guerra dei Razziatori in un avamposto Turian a Londra, dopo che gli innamorati si erano consolati a vicenda in quello che avrebbe dovuto essere il loro ultimo bacio, sentirlo dire dall’uomo che amava era una piacevole sensazione. Adesso la situazione si stava ripetendo tra le quattro mura del suo alloggio privato, e fu Garrus a compiere la sua prima mossa. I due iniziarono a stringersi in un altro abbraccio, di quelli pieni d’amore, e l’eccitazione provocata fece inciampare Paige al punto da far cadere sul pavimento il libro che stava leggendo... e lei stessa, di schiena, sul letto, trascinando Garrus con sé. Poi, improvvisamente, scoppiarono a ridere nervosamente, data la posizione imbarazzante in cui si trovavano, oltre a ritrovarsi guancia a guancia. Ora Paige sentiva tutto il suo calore e l’affetto praticamente dappertutto - sul collo, sulla fronte, perfino sulle labbra. Un dolce scambio di baci e carezze talmente ricche di amore da provocarle il solletico; poi era il turno del colpo migliore di tutti: Garrus le dedicò il bacio migliore che potesse donarle! Era il solito gioco tra i cuscini rosa, ma questa volta il guerriero era riuscito a immergersi tra di essi per trovare un cuscino ancora più comodo e soffice da coccolare: ecco cosa può sciogliere un cuore di ghiaccio, pensò, e mai nella sua vita avrebbe immaginato che un bacio simile avrebbe regalato a entrambi una ricompensa un po’ trasgressiva ma piacevole.
Lo spasso era durato pochi minuti, e Paige si dimenticò di essere triste e stanca. Il suo amato arcangelo Turian era venuto a salvarla, nel modo più affettuoso che conosceva: — Ho commesso qualche sbaglio nella vita, - sospirò lui, rimettendosi a sedere e accarezzandole i capelli - specie quello in cui ti ho dato per morta. Tu sei speciale per me e non voglio rovinare ciò che abbiamo.
Paige era ancora distesa supina, ammirando dal basso i luminosi zaffiri dei suoi occhi senza smettere di sorridere: — Ne abbiamo passate tante insieme, Garrus, e non ho intenzione di rifiutare la tua proposta. Per me sei stato un amico e un fratello, e da bambina non avevo niente del genere. Ora non cerco un amico, ma un compagno, un ragazzo... un marito! Questo è il mio unico desiderio per essere felice.
Le parole della bella comandante colpirono il cuore di Garrus come una freccia di Cupido, a dimostrazione che il loro amore era tornato a essere la rosa fresca e profumata di un tempo. Anche il suo cuore batteva fortissimo, poi chiuse gli occhi e chinò la testa in avanti, le loro rispettive fronti che si sfioravano; mentre contemplava il suo bel volto, la Likuna che le pendeva dal collo brillava come una stella alla luce bluastra dell’acquario: — Voglio stare al tuo fianco fino al giorno in cui esalerò il mio ultimo respiro. Sono stati gli spiriti a spingerti tra le mie braccia e non riesco a immaginare un giorno senza di te.
— Nemmeno io. - sussurrò Paige mentre gli afferrò con gentilezza la testa, i loro sguardi si incrociarono di nuovo - Sei l’essere più adorabile che io abbia mai incontrato! E farò in modo che questa relazione interspecie non venga mai più ostacolata. Tu, invece, che cosa vuoi?
― Nient’altro. Solo... resta con me per sempre.
Al suono della voce di Garrus, i muscoli di Paige si caricarono come una molla e si rizzò su a sedere, con gli occhi spalancati per lo stupore; stentava a credere a ciò che egli aveva appena detto; quell’insolita dichiarazione detta così, su due piedi, l’aveva colta di sorpresa ed era così assurda che scoppiò a ridere sotto i baffi. Poi gli buttò le braccia al collo: ― È una richiesta un po’ troppo insolita... non che l’idea non mi dispiaccia, ma temo che tra qualche secolo non mi troverai più bellissima, tutta vecchia e raggrinzita.
― Se è questo che ti preoccupa, - e le dita di Garrus scorrevano tra i suoi capelli – potremmo fare a meno dei nostri corpi.
― Che vuoi dire? Pensavo che i Turian non credessero negli individui convertiti in spiriti.
― Non tutti. C’è chi sostiene che, se s’ispira abbastanza persone, queste a loro volta possono formare degli spiriti.
― Quindi, potremo diventare gli dei della pace e della compassione?
― Sì, una specie. – ridacchiò Garrus – Il mio piano era diventare gli spiriti dell’avventura e dell’eroismo, ma... anche essere buoni e sexy mi va bene.
A quel punto la comandante gli accarezzò il collo, toccare la pelle ruvida e coperta di scaglie era ancora una sensazione strana sotto i polpastrelli lisci e soffici. Se l’idea di condividere la vecchiaia con Garrus come creature incorporee ispiratrici di fede non le sembrava così orribile, preferiva piuttosto vivere sulla terra e godersi la sua presenza fisica e toccarla con mano. Nel contempo, non poteva immaginare sé stessa, o addirittura entrambi, in Paradiso con un’inaspettata gioia nel cuore, anche se per lui sarebbe stato un sogno vedere la bella Paige come un angelo rosa. Certo, un sogno, come il suono della voce dell’umana mentre gli sussurrava: ― Ma tu non eri quello che non credeva negli spiriti?
Garrus le sorrise mentre le accarezzava il viso con una mano e l’altra ancora intrecciata ai suoi capelli, poi le diede un piccolo bacio sulle labbra prima di rispondere, in un leggero sospiro: ― Forse, ma se questo significa trascorrere l’eternità con te, sono pronto a credere a qualunque cosa!
Non che il Turian avesse il desiderio impellente di strapparle i vestiti di dosso, ma ce l’aveva quasi fatta; inoltre, e lo sapeva anche Paige, che Garrus era famoso per le sue scarse abilità romantiche, ma questo non gli impediva almeno di migliorarsi in modo da esaudire i desideri di quella creatura tanto bella quanto fragile, promettendo a sé stesso che le avrebbe riservato una serata speciale solo per loro due al momento opportuno... forse il giorno prima di andare a uccidere l’Araldo? Perché no! Ora, però, avevano tutto il tempo di raccontarsi le avventure che avevano trascorso l’uno distante dall’altra insieme agli altri compagni della Normandy, magari tra una birra e un trancio di pizza.

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Capitolo 5
*** Episodio 4: Di nuovo in linea ***


Un gigante gassoso, un pianetino ghiacciato, un mondo fatto interamente d’acqua, un mega-giardino dimenticato dagli dei... Lilith osservava incuriosita la mappa galattica direttamente dalla pedana di accesso, sebbene fosse impossibilitata ad aprirla non essendo comandante. Piuttosto, le etichette poste su certe località attiravano l’attenzione, nella fattispecie la Cittadella, la Terra e i pianeti natali di tutte le specie della Via Lattea. 
Sam, la specialista delle comunicazioni, era alla postazione accanto, le sue dita sfrecciavano aggraziate sulla tastiera del suo computer ma la sua testa si voltò in direzione della ragazza prodigio che puntava il dito verso un punto della mappa e fingeva di essere Paige durante la Guerra dei Razziatori.
― Bella, vero? – disse improvvisamente Traynor – Non hai idea di quanti giochi strategici si basino su quell’interfaccia...
― Io li adoro! – rispose Lilith, prendendo confidenza con la specialista – Soprattutto quelli fantasy... come quelli basati sulla trilogia cinematografica Cronache dell’Età del Drago
― Anche a me, ma sono troppo scenici, preferisco di gran lunga gli scacchi. A casa mia avevo una scacchiera in quarzo rosa ed ematite, mi piace avere quella sensazione di solido in mano.
― Se ti piacciono tanto, allora perché non sfidi Paige o IDA in una partita con te?
― Con la comandante ci ho già giocato una volta ed è stato divertente. – ridacchiò Sam – IDA invece è bravissima ma è un robot, non suda mai!
― Mi pare ovvio. IDA è una specie di supercomputer, che al momento è inutilizzabile, ma conosco un trucco per riattivarla senza dover riscrivere da zero la sua memoria.
La celeberrima piattaforma di Cerberus giaceva inerme nel nucleo IA al ponte 3, come immersa in un sonno profondo. Paige avrebbe voluto rimetterla online se fosse tornata sulla Normandy, una volta conclusa la cerimonia nel Parlamento a Londra dieci anni fa; invece le circostanze infauste l’avevano costretta ad abbandonare il progetto nonostante avesse raccolto in un DMO tutti i ricordi dell’amica sintetica, opportunamente modificato per resistere anche agli impulsi EM generati dal Crucibolo... il che voleva dire che, con le giuste modifiche, IDA sarebbe tornata online quasi come nuova. 
Non poteva farlo da sola né aveva l’autorizzazione di toccare i gadget della comandante, tuttavia rimase delusa nell’apprendere che Paige era da poco sbarcata su Tuchanka insieme a due suoi compagni. Era comunque determinata a riattivare quell’IA anche al costo di disubbidire agli ordini, perciò si recò nella stanza proibita e lavorò per tutto il giorno sul corpo di IDA, dalla sostituzione di schede bruciate al caricamento dei ricordi nel processore, fino all’innesto di componenti nuove che potrebbero migliorare il software. 
Sfortunatamente quest’ultimo non si avviava come dovrebbe e, di conseguenza, IDA rimaneva sempre offline; neanche reinstallando il software dopo aver collegato la piattaforma al processore centrale riusciva a riportarla in vita – espressione fuori luogo per un sintetico. Doveva assolutamente fare qualcosa, forse chiedere aiuto a un tecnico esperto di IA! 
Disperata, richiamò Joker via intercom chiedendogli se conoscesse un amico di Paige in grado di risolvere il suo problema.
― Ne avevamo una. – rispose il pilota – Ma Shepard ha riappacificato i Geth e i Quarian restituendo loro il pianeta natale. Dopo i Razziatori, lei è tornata a casa, su Rannoch. Non mi assumerò la responsabilità di averti lasciata uscire da sola senza il permesso della comandante...
― Lo sto facendo anche per te, Joker! – lo interruppe la giovane – Davvero non vedi l’ora di riabbracciarla appena si sveglierà?
Jeff odiava ammetterlo ma Lilith aveva ragione, e quando lei aveva già in mente un’idea brillante, nulla poteva fermarla. Così a malincuore egli chiese alla specialista Traynor di inoltrare un messaggio all’amica Quarian di stanza su Rannoch informandola della follia nella quale si era lanciata la nuova arrivata sulla Normandy. Quello che temeva di più però era dover riferire a Shepard il suo coinvolgimento in quell’attività clandestina e non era divertente subire una ramanzina da un ufficiale superiore... o forse non ne avrebbe subita una, vista la proverbiale magnanimità di Paige, per cui si sarebbe salvato la faccia prima del previsto!
Tuttavia, la comandante era l’ultimo dei suoi problemi da quando era partita per Tuchanka insieme a Liara e Garrus. Tutto iniziò con la solita Traynor che le informò la presenza di un messaggio non letto sul suo computer, il cui oggetto era un inquietante “emergenza parassiti” e il modo di scrivere era inconfondibile. Il mittente era un’altra vecchia conoscenza della comandante, senza la quale il futuro della sua gente non sarebbe stato così roseo... ma ora che era tutto tornato alla normalità, o quasi, il famoso capoclan Krogan richiedeva urgentemente la presenza della comandante affinché risolvesse una nuova crisi. 
Appena i tre eroi della Normandy sbarcarono dalla Kodiak, nei pressi della capitale, un bestione venne loro incontro presentandosi come “portavoce del clan Urdnot” ma insistette a voler trattenere i compagni di Paige: ― Posso chiederti perché non possono passare? – fu la sua domanda istintiva.
― L’invito era solo per la campionessa di Tuchanka, umana... cioè te. Quindi i tuoi amichetti pyjak devono restare fuori se non vogliono avere un buco...
Prima che avesse il tempo di completare la frase, il prepotente ricevette una sonora testata che lo lasciò a terra, svenuto. Solo un Krogan avrebbe reagito in quel modo, ed era stato il più giovane del gruppo, quello con la corazza argentata e con gli enormi occhi azzurri paragonabili a quelli di Garrus, il quale lo riconobbe fin dalla voce.
― Qualcuno lo rialzi. – stava ordinando – Massimo un’ora e si riprenderà. – poi, rivolto ai suoi compagni Krogan: ― Fateli passare, tutti e tre. Gli devo un favore!
Il trio riconobbe immediatamente il giovane, per così dire, guerriero che aveva zittito l’unico xenofobo del comitato d’accoglienza. Era Grunt, la creatura artificiale figlia di un signore della guerra che partecipò alla spedizione suicida verso la base dei Collettori nell’85 e che offrì il suo aiuto l’anno seguente nella Guerra dei Razziatori. 
Come al solito, accolse la sua “madrina” con un abbraccio strapazzoso e si meravigliò che nonostante tutto il casino – così diceva Garrus – dei burocrati e dei pazzi assassini che volevano farla fuori, Peacewalker era in ottima forma.
― Fatti un giro nella capitale, guerriera. – le sorrise il voluminoso amico – Wrex muore dalla voglia di dirti due parole su ciò che sta succedendo qui.
Erano trascorsi dieci anni, e tutto era cambiato in meglio: se un tempo Tuchanka era tutto un deserto, uno scenario peggiore del Sahara sulla Terra, ora erano sorte città grandi e piccole a ridosso delle distese sabbiose come se ci si trovasse nell’Africa settentrionale – e infatti una passeggiata nella capitale era paragonabile ad una fatta in un grande centro abitato in Egitto, Marocco o Algeria. 
Poi gli venne loro chiesto di prendere un trasporto, e percorsero per un’ora la via di un sito archeologico che farebbe invidia alla Valle dei Re sulle rive del Nilo; il motivo era chiaro, a bordo c’era il caro vecchio Wrex in persona, che non perse tempo a sorridere e dispensare chiassosi saluti ai suoi amici e alla comandante.
 ― Mi chiedevo che fine avessi fatto. – cominciò questi, con un enorme sorriso stampato in volto – Quasi sentivo la tua mancanza.
― È reciproco. Ultimamente sono stata piuttosto... impegnata.
― Eh! Puoi dirlo forte. Io odio i politici! – dopodiché tornò al motivo per cui Shepard era a casa sua: ― Allora, Campionessa, hai letto il mio messaggio?
― Hai detto che si tratta di parassiti. – rispose Garrus – Non credevo tu ci avessi chiamato per un lavoro di disinfestazione.
La battuta del Turian servì solo a sciogliere la tensione, ma in realtà la faccenda è più seria del solito. Era risaputo che dieci anni prima Shepard e i suoi avevano sconfitto un Razziatore nei pressi del Velo grazie all’idea geniale di scagliargli contro “la madre di tutti i Divoratori”. Il mostro aveva trascinato il nemico sottoterra letteralmente stritolandolo tra le sue spire, ma tutti ignoravano che i suoi resti accartocciati stavano contaminando il terreno con una specie di flagello derivato dai mutanti rimasti intrappolati nelle gallerie.
― Purtroppo ho delle brutte notizie. – intervenne Grunt – A quanto pare, Paige, non sei l’unica a far sparire quella cosa da là sotto. Poco fa uno dei ricognitori ha avvistato una nave Turian atterrare in quella zona.
― Quanto era grande? – s’informò la comandante.
― Più o meno quanto quelle che hanno scortato i nostri soldati su Palaven tempo fa... immagino che sia di un generale.
E non uno qualsiasi, come intuirono i tre compagni, ma quel maledetto Hellax convinto di dimostrare di essere migliore di Shepard uccidendo l’ultimo dei Razziatori. E il fatto che fosse arrivato per primo poneva gli eroi in palese svantaggio: ― Non ho più il desiderio di spaccare teste a tutti ora che le genofagia è stata curata. – disse improvvisamente Wrex – Ma questo Hellax ha superato il limite! Ci abbiamo messo dieci anni a ricostruire Tuchanka, molti meno di quanto avremmo impiegato se non avessimo collaborato con i Turian e i Salarian. Quel piccolo varren rabbioso se l’è andata a cercare, e ora mi sentirà!
― Vorresti venire con noi? – domandò Paige scettica, già avvertendo il disappunto dell’amico.
― Puoi scommetterci, Campionessa. E resterò con te fino a quando il generale sarà solo carne morta... e poi mi annoia restare seduto su un trono tutto il giorno. 
― Questo è il Wrex che conosco! – ridacchiò Garrus, estraendo il suo adorato fucile Incisor. Era arrivato il momento di andare a caccia tra le rovine come ai vecchi tempi!
 
Se esistesse un ambiente terrestre abbastanza vicino al tipico paesaggio di Rannoch, il mondo natale dei Quarian, potrebbe essere il deserto americano tra la California, il Nevada e l’Arizona, con un tocco di Mediterraneo date le scogliere a strapiombo sul mare... un netto contrasto, in confronto alle futuristiche città in cui Quarian e Geth vivevano in armonia e con le cicatrici delle loro antiche divergenze ormai rimarginate.
Guardando meglio, la capitale Anora sembrava un incrocio tra San Francisco e Tokyo, con palazzi altissimi e luci colorate dappertutto, e coloro che vi si adattavano godevano uno stile di vita in base al loro status sociale. I più umili dormivano in piccole casette di periferia indossando ancora delle tute ambientali, seppur senza caschi e privi di sigilli di emergenza. I più altolocati invece si potevano permettere un Geth servitore alla stregua di un maggiordomo o MECH di sicurezza e di abbandonare la tuta in favore di abiti più comodi e soffici. 
Sebbene tutto questo fosse stato possibile grazie all’intervento della comandante Shepard, spesso si vedevano Quarian col capo avvolto in uno scialle ma non c’era motivo di allarmarsi: quello infatti era il modo con cui i ragazzi in pellegrinaggio si distinguevano dagli adulti; era lo stesso rito di passaggio rimasto inalterato dai tempi della flotta migrante, tranne per il particolare che ora strizzava l’occhio alle antiche comunità tribali umane. In pratica consisteva nel farsi accettare in un nuovo quartiere, facendo buona impressione al capofamiglia con un dono non più materiale ma costituito da un bagaglio delle proprie esperienze fatte durante il viaggio. Tutto sommato, comunque, la società Quarian era rimasta pressoché invariata anche dopo la riconquista del pianeta natale.
Shala’Raan, l’ammiraglio a capo dell’ex flotta di sicurezza, fu felice di dare il benvenuto a Lilith su Rannoch puntualizzando che era una dei pochi umani ad avervi messo piede, oltre ovviamente a Shepard e agli ingegneri dell’Alleanza. Era invece incuriosita di questa inaspettata visita, ma la risposta non tardò ad arrivare: la giovane umana aveva bisogno dell’aiuto di una vecchia conoscenza di Shepard affinché risolvesse un enigma sulle intelligenze artificiali e sperava che potesse riattivare quella interconnessa alla Normandy: ― Mi chiedevo dove posso trovare quest’eroina. – diceva Lilith all’ammiraglio – Tali’Zorah, giusto? Ecco, saprebbe indicarmi dove vive Tali?
― Nel quartiere Reegar, a cinquecento metri da qui. – rispose Shala – Sfortunatamente, a parte il suo servitore Geth, non troverai nessuno in casa. Però puoi provare a chiedere informazioni in quell’azienda umana aperta qualche mese fa. Si chiama Lawson Industries, posso mandarti laggiù con una navetta se vuoi.
Quella dei Lawson, era una delle tre compagnie che avevano finanziato la ricostruzione di Rannoch insieme agli stessi Quarian – c’erano umani, Salarian e Asari, tutti insieme come un sol uomo. In particolare questa si era prodigata di amministrare buona parte di Anora come aveva fatto la ExoGeni con la colonia di Feros. Guardandosi intorno, la ragazza suppose con sorpresa che i Quarian non avevano bisogno delle altre specie per riparare i danni della guerra dell’86, eppure gran parte dei Geth superstiti, riattivati o addirittura derivati dai loro fratelli sacrificati durante il megaconflitto si erano offerti di moltiplicare la manodopera come segno non di schiavitù ma di solidarietà – in modo del tutto simile ai Drell e agli Hanar. Una piccola percentuale di essi, incredibilmente, era stata ricostruita tramite vecchie schede di circuiti riciclate dai MECH proprio dall’azienda dei Lawson, situata nel quartiere industriale di Anora... e Lilith non esitò a raggiungerla.
Era un quartiere enorme, le cui infrastrutture avevano un impatto ambientale tale da lasciare l’aria respirabile sorprendentemente pulita e compatibile anche per i delicatissimi polmoni dei Quarian; qui infatti gli agenti contaminanti neanche esistevano. Quando Lilith entrò nella lobby della Lawson Industries, fu accolta da musica classica in sottofondo e tutta rigorosamente col violino come protagonista – Nielsen, Bach e Vivaldi soprattutto. Là, in un angolo e su un espositore rotante, faceva bella mostra di sé una versione non armata del caro e vecchio M35 Mako la cui targhetta recitava “Rover da ricognizione adatto a ogni terreno, prototipo”, l’unico accenno di colore in mezzo a tutto quel bianco abbagliante, le rifiniture cromate e i tappeti neri e dorati. Un paradiso di acciaio, vetro e superfici smaltate, pensò la ragazza appena si avvicinò alla reception. Lì era seduto un uomo con gli occhi chiarissimi, quasi di ghiaccio, nascosto dietro al monitor di un PC: ― Buongiorno. – esordì Lilith, timida - Conoscete una Quarian di nome Tali’Zorah? Sto lavorando a un progetto tecnico e vorrei che mi aiutasse con alcuni componenti.
― Sì, Tali è la rappresentante Quarian della nostra azienda. – rispose l’uomo, i cui capelli sembravano più neri dell’universo stesso – Hai forse un appuntamento con lei?
La ragazza si schiarì la voce, poi cercò di inventarsi un qualche tipo di scusa e invece le sue parole furono le seguenti: ― Mi manda la comandante Shepard e l’ammiraglio Raan. So che in passato hanno lavorato insieme e...
― Un momento! – la interruppe il receptionist, prima di chiamare via intercom il suo superiore: ― Direttore, mi scusi. C’è una ragazzina che desidera vedere Tali... no, direttore, nessun appuntamento. Dice che l’ha mandata Shepard... sì, quella comandante Shepard, l’eroina di guerra... come, scusi? Va bene, allora, la faccio passare.
L’ufficio del direttore si trovava all’ultimo piano, dietro a una porta in fondo ad un lungo corridoio. Lilith si dimenticò quanto fosse piccola in confronto allo stanzone mozzafiato nel quale l’avevano condotta: un ufficio pulito, perfetto, immacolato. Poltrona e scrivania davano le spalle a un finestrone con vista sulla città, piena di palazzi e grattacieli altissimi. Tra i colori della tappezzeria svettavano l’oro, l’argento, il bianco e il nero (fatta eccezione per il mobilio rosso ciliegia), quasi come a omaggiare la defunta Cerberus. In effetti queste nuove industrie ricordavano proprio quell’orribile organizzazione pro-umani, soltanto che adesso tutti gli indipendenti rispondevano in nome dell’Alleanza e comprendevano tutte le specie del Consiglio tranne i Krogan.
― Vieni avanti. – annunciò con gentilezza una voce di donna – Brandon mi ha avvertito del tuo arrivo.
Seduta alla grande poltrona bianca con motivi esagonali Lilith intravide una donna bellissima, le cui forme del corpo sembravano scolpite da un artista estremamente abile, a parte qualche piccola e leggerissima ruga sul suo volto altrettanto perfetto. Come l’uomo giù in reception, che lei aveva chiamato Brandon, aveva i capelli d’ebano e lunghi, tutti raccolti in una coda di cavallo. In quel momento stava fissando la ragazzina dai suoi occhi color del mare, e solo in quello stesso momento Lilith capì di avere davanti la signora Lawson di cui tutti parlavano spesso sottovoce. Ebbene sì, sebbene fossero passati dieci anni e nonostante l’abbigliamento non così iconico, quella donna altri non era che Miranda Lawson! Tali invece era seduta alle poltrone più piccole sul lato opposto e senza casco e cappuccio non sembrava neanche lei, ma in compenso il suo nuovo completo ricordava la vecchia tuta che indossava un decennio prima! Ora che era a capo scoperto, era chiaro che anche Tali aveva una folta chioma, e che portava a mo’ di cerchietto un grosso paio di occhialoni vintage, di quelli indossati dagli aviatori del Ventesimo secolo. 
Appena la piccola biotica prodigio si accomodò alla poltrona libera, le tre donne iniziarono a conversare circa l’importanza dei circuiti necessari a far funzionare di nuovo IDA; era chiaramente una creatura di Cerberus, non solo l’IA in sé ma anche il corpo robotico in cui ospitava parte della sua “coscienza”... l’ex dottoressa Eva. Appena sentì nominare IDA, a Miranda si accese una lampadina: ― Forse ho la soluzione al tuo problema. Da quando Cerberus è stata smantellata, le componenti elettroniche di ricambio per IDA sono finite in magazzino, nel seminterrato. Purtroppo serve un livello di autorizzazione massimo per accedervi.
― Tu sei il capo di quest’azienda! – intervenne Lilith – E i capi hanno l’autorizzazione massima su qualsiasi cosa, giusto?
― Mi hai tolto le parole di bocca! – si accomodò anche Tali, accennando un sorriso.
Molto colpita dall’intelligenza della ragazzina, Miranda affondò immediatamente una mano in un cassetto, da cui prelevò una tessera magnetica: ― Ecco. – annunciò infine – Con questo badge, ho l’accesso ai livelli inferiori, dai laboratori al magazzino. Prendiamo l’ascensore e andiamo.
― Lilith, nel tuo messaggio hai accennato che il corpo di IDA è ancora sulla Normandy. – chiese l’amica Quarian.
Lilith annuì: ― Posso chiedere a Joker di farci venire a prendere, appena avremo preso ciò che ci serve. Sempre che Hellax non abbia sguinzagliato i suoi uomini per farci fuori... ma io non sono Paige.
― Ma potrebbero irrompere qui per rifornirsi di mod e armi. – intervenne la signora Lawson – È una nuova tecnologia, disponibile sul mercato galattico da un paio di anni. Se questo Hellax è pericoloso, i miei dipendenti non avranno speranza... Tali e io siamo le uniche ad avere un addestramento militare.
In quel momento si udirono deboli rumori di armi da fuoco e il boato di un’esplosione: i timori di Miranda erano fondati, come confermato dalle urla in preda al panico di Brandon trasmesse via intercom. Non le piaceva veder morire i suoi dipendenti, per questo tirò fuori le sue armi personali da un altro cassetto e si alzò dalla poltrona; non ebbe neppure il tempo di sentenziare «Ora possiamo andare» che le due giovani guerriere erano già scattate in piedi, con i fucili a pompa pronti. Si sentiva la voce di Peonia nel microfono, totalmente fuori di sé: ― Ci servono quei ricambi. Dimmi dove si trovano o ti scuoierò vivo con la mente!
― Le nostre guardie di sicurezza avranno qualcosa in contrario... – e premendo un bottone sotto il piano di lavoro Brandon avviò le procedure d’emergenza, blindando l’ingresso e sbarrando le finestre. In questo modo Peonia e i suoi mercenari erano intrappolati all’interno, esattamente prima dell’arrivo degli addetti alla sicurezza!
Intanto Miranda, Lilith e Tali avevano da poco lasciato l’ufficio e appena arrivarono davanti alle porte dell’ascensore, questo non si avviò a causa delle contromisure d’emergenza attive: una precauzione per far sì che gli intrusi non assaltassero gli uffici uccidendo i dipendenti. Tuttavia, le scale erano il pericolo maggiore, non essendo schermate come le porte e le finestre, perciò tra un piano e l’altro le tre donne furono costrette a eliminare qualche mercenario di passaggio. Peonia non voleva certo arrendersi, neanche dinanzi a tre combattenti formidabili nonostante la loro limitata possanza fisica, e si era perfino prodigata a procurarsi una dozzina di MECH di cui almeno uno o due pesanti. In questo modo la lobby dell’edificio si era trasformata in un campo di battaglia!
Lilith si era rifugiata nelle retrovie, nei pressi della porta d’ingresso, per spezzarne i lucchetti della saracinesca blindata. Il blocco cedette rombando, più che sufficiente alla ragazzina per tessere il suo piano. L’unico problema era come arrivare al magazzino se l’ascensore era bloccato, ma le bastò un’occhiata al portellone del montacarichi per accorgersi che non tutto era perduto. Fece cenno alle altre in modo che la raggiungessero, così in una frazione di secondo furono nei magazzini.
Lì sotto c’erano container e casse piene di attrezzi ed elettronica di ogni sorta, che si trattasse degli scarti dell’Alleanza riconvertiti o parti di recupero di Cerberus. Grazie al badge di Miranda, Lilith ebbe facilmente l’accesso all’inventario di tutti gli oggetti stoccati nei vari ripiani, dopodiché digitò un paio di codici per sbloccare quello con le componenti che stavano cercando: ― Non ci posso credere! – esclamò in infine – Per far ripartire IDA avremo bisogno di... tecnologia dei Razziatori?
Miranda allora cercò di spiegare il tutto: ― So che può sembrare assurdo, ma è la verità. Per creare IDA, i tecnici di Cerberus recuperarono dalla Cittadella alcuni rottami della Sovereign, in particolare una parte del suo hardware. 
― Ma queste vengono dal Razziatore che io e Shepard abbiamo distrutto qui su Rannoch. – precisò Tali - Dubito che siano gli stessi circuiti.
Lilith non sembrava preoccupata: ― Be’, come si dice in questi casi, tentar non nuoce! – quindi attivò la gru per spostare la cassa designata e chiamò subito Joker via radio: ― Lilith alla Normandy. Abbiamo trovato i pezzi di ricambio. Mandaci una navetta a prelevarci...
Come risposta si udirono solo delle interferenze, dovute ai disturbatori portatili degli ingegneri nemici: Peonia e i suoi erano riusciti a seguirle fin nel magazzino, volenterosi anche loro di portarsi a casa tecnologia dei Razziatori. Tuttavia, era risaputo che qualsiasi frammento anche inattivo irradiava ancora l’essenza delle fameliche macchine, esponendo al rischio di indottrinamento chiunque ne entrasse in contatto per lunghi periodi di tempo. Per questo motivo, la cassa salvavita era stata sigillata e schermata, così come tutti gli oggetti associabili ai Razziatori presenti nel magazzino. La guerriera Asari non lasciò scampo alle tre donne facendo esplodere container di materiale infiammabile a colpi di mitragliatrice: non si poteva fare nulla se non rispondere al fuoco e distruggere il MECH pesante schierato all’ingresso. Bisognava proteggere la cassa a ogni costo, quindi Lilith eresse una barriera tutto intorno a sé, costringendola però a rimanere lì vicino senza la possibilità di attaccare.
Lo scontro fu lungo e faticoso e alla fine Lilith era sul punto di crollare dopo aver mantenuto la barriera ben oltre le sue capacità: era così stanca che si reggeva solo sulle ginocchia, ma era valsa la pena. Quando l’ultimo mercenario era caduto, il terzetto trasportò via la preziosa cassa fino a tornare nella lobby. Peonia però non era per niente felice di lasciare andare le sue avversarie in quel modo e si lanciò con una Carica biotica verso di loro. Avrebbe potuto schiacciarle tutte e tre se non fosse stato per l’intervento di Miranda, grazie al quale trattenne l’Asari a mezz’aria prima di scagliarla di lato. Lilith si ricordò di aver rotto le morse della saracinesca all’ingresso e si precipitò verso il prototipo di veicolo lì accanto. Era una situazione disperata, che richiedeva un rimedio estremo a quel tipo di minaccia. 
La ragazzina salì a bordo e col Factotum cercò di avviarne il motore elettrico, mentre il resto del gruppo caricava la cassa sul retro, un attimo prima che il veicolo iniziasse a rombare: ― Ci siamo! – esclamò Lilith – Il prototipo funziona! Ora andiamocene da qui.
All’inizio Lilith pasticciò con i comandi facendo andare il veicolo in svariate direzioni e di tanto in tanto colpiva gli ignari mercenari abbastanza sfortunati da sbattere il proprio cranio contro il paraurti, tuttavia riuscì a gestire il sistema di guida e anche far avanzare il veicolo in linea retta fino a sfondare il portone di vetro. Maledette!, pensò Peonia dopo aver ripreso i sensi, quindi raggruppò gli uomini rimasti per prepararsi all’inseguimento.
La Normandy era lontana e avrebbe potuto atterrare solo in un ampio spazio aperto per il recupero. A questo proposito Lilith osservò che il contatto radio aveva ripreso a funzionare correttamente e poteva finalmente avvertire Joker, aggiungendo inoltre di portarsi fuori città essendo inseguite dai Disertori nientemeno che a terra! Nel tentativo di allontanarli dal loro raggio d’azione, Tali azzardò di sporgersi dal finestrino e danneggiare i loro carri col fucile a pompa – e non uno qualsiasi, ma quello al plasma dei Geth – una scelta pericolosa ma efficace durante tutta la corsa in aperta campagna. Poi, all’avvicinarsi nei pressi di un canyon, la Normandy era riuscita a scendere in posizione e il veicolo delle ragazze si fermò. Scesero solo Lilith e Tali, mentre Miranda le aiutò a sollevare la cassa con le parti di ricambio: ― Non preoccupatevi per me. – furono le sue ultime parole – Sistemerò questa stronza Asari e poi tornerò in ufficio a riparare i danni.
E così le due ingegnere saltarono sulla Normandy e partirono immediatamente. Una volta lasciata l’atmosfera di Rannoch poterono finalmente riprendere fiato e correre al nucleo IA per riuscire a riavviare IDA grazie alle nuove componenti.
 
Ma torniamo su Tuchanka. L’ingresso delle gallerie si trovava a metà strada tra le rovine del Velo e l’arena di Kalros, esattamente nel cratere dentro il quale era morto il Razziatore. Secondo i rapporti dei Krogan, i parassiti si erano annidati in profondità e avevano iniziato a mutare a causa delle radiazioni emanati dalla carcassa: ora avevano l’aspetto di mutanti come quelli che Paige aveva incontrato a Manchester, sulla Terra. La soluzione migliore era eliminare il problema alla radice e questo voleva dire piazzare nel loro “nido” una bomba al napalm, creata ad hoc da Grunt e i suoi ricognitori. Fu lì che a Garrus cominciò a balenarsi un terribile dubbio: ― Dimmi, Wrex... perché proprio al napalm?
― È una ricetta segreta del nostro capo dei ricognitori. – gli spiegò il suo voluminoso amico – Una volta esplosa la bomba, è quasi impossibile spegnere le fiamme. E anche se ci riuscissi, ti incenerirebbe all’istante... o, come minimo, ti trasformerebbe in un arrosto. Credetemi, quella roba è talmente calda da eliminare ogni traccia del Razziatore come, uhm... un fuoco purificatore. Piuttosto rozzo, ma efficace.
Paige avvertì una certa somiglianza con l’ordigno che aveva fatto brillare su Virmire un decennio addietro. Wrex ne portava ancora le cicatrici e lei era felice di non aver dovuto sparargli per convincerlo a capire che i Krogan di Saren erano solo degli animali senza cervello e che quella non era la vera cura per la genofagia; da allora l’amicizia tra i due era diventata più salda.
Torce alla mano, la piccola comitiva avanzò nei cunicoli e tutti notarono come la corruzione del Razziatore avesse infettato il terreno dotandogli di proprietà ai limiti della magia: radici luminose, rocce che trasudavano acqua di uno strano colore, e addirittura gemme che sembravano sussurrare qualcosa. La comandante era quella che soffriva maggiormente degli effetti: camminava più lentamente, le fischiavano le orecchie e un’aura di angoscia la pervase in tutto il corpo. Pensò: «Impossibile! Io non sono indottrinata! Ho distrutto i Razziatori, perché ho questi sintomi?». 
Scosse la testa, convincendosi che erano tutte coincidenze. Lei era la comandante Shepard e aveva resistito per tutta l’odissea da Saren ai Collettori fino alla guerra di dieci anni prima, senza che la sua mente fosse influenzata tutte quelle sante volte in cui era entrata in contatto con un Razziatore. Ma era l’incubo durante la sua convalescenza a preoccuparla: l’Araldo che le parlava e che l’accusava di essere una debole nel dover sacrificare tutto per amore del suo equipaggio invece di accettare l’elevazione e diventare “qualcosa di più grande”... certo, una super-umana pedina dei Razziatori totalmente prima di raziocinio? No, mille volte meglio la morte, allora! Paige accetterebbe volentieri tagliarsi la gola o puntarsi la pistola sulla tempia piuttosto che spogliarsi e unirsi agli schiavi alle antiche macchine mietitrici di creature organiche! 
Scosse di nuovo la testa e aguzzò l’udito, sentendo un ronzio simile a quello di un insetto: erano vicini al nido dei parassiti. A scoprirlo a proprie spese fu Garrus, il quale sobbalzò alla vista di una specie di Rachni mutato e lo schiacciò con i suoi stessi piedi così violentemente che sembrava che stesse pestando dell’uva. Wrex colse al volo l’occasione di deriderlo, per allentare un po’ la tensione: — Vergogna! Un vero guerriero non se la fa sotto per un pugno di insetti!
— Gli insetti non mi fanno paura, solo disgusto. – si giustificò l’altro – Sarò un Turian felice se, quando morirò, non ne incontrerò altri. Purché non infestino anche l’Aldilà... dannazione!
— Non piacciono a nessuno, a dire il vero. – si aggregò Paige, tentando di ripristinare l’ordine – Prima faremo esplodere la bomba, meglio sarà per tutti.
Alla fine tutti si calmarono e imboccarono una galleria stretta nella quale si udì un altro ronzio, più forte e martellante del precedente – ce n’erano più di uno! La comandante si era posta in testa al gruppo al fine di proteggerlo da un’eventuale imboscata: sapeva che, essendo animali, i parassiti avrebbero attaccato a frotte e quindi li avrebbero esposti al rischio di essere travolti. Poi, appena i quattro attraversarono una grossa voragine sotterranea, furono sorpresi all’arrivo del mostro più grande che avessero mai visto, il cui aspetto ricordava un serpente: era Kalros, la madre di tutti i Divoratori. Tuttavia, quest’ultima non sembrava godere di ottima salute. Era malata, la sua pelle perdeva scaglie in quantità, e gemeva dal dolore a intervalli regolari. Paige e i suoi intuirono che anche la gigantessa era stata infettata dalle radiazioni del Razziatore, come si poteva notare dalle piaghe bluastre luminose sulla sua pelle. Le bastava un’occhiata di Wrex, come per dire «Chi ti ha fatto questo?», per guidare lui e il resto della squadra nel suo covo, che era effettivamente infestato dai parassiti!
Guardandoli meglio, Paige capì che non assomigliavano ai Rachni ma agli aracnidi terrestri: ragni, tarantole, scorpioni... tutti metallici e dagli evidenti impianti cibernetici tipici delle truppe dei Razziatori. Com’era possibile? Gli insetti di Tuchanka non avevano questo aspetto, né erano così grandi! A ogni modo, la comandante decise di soprannominarli “Legioni”, poiché intuitivamente erano soliti accerchiare il nemico tutti insieme come appunto una legione di soldati. Per rallentarli, lei lanciò delle potenti onde d’urto mentre Liara, che le copriva le spalle, generò una singolarità abbastanza grande da intrappolarne un certo numero e lasciare che la sua alleata umana la facesse esplodere colpendone il centro con una carica biotica. Gli uomini invece erano più chiassosi con le loro armi nonostante i loro stili di combattimento diametralmente opposti: il silenzioso Garrus nelle retrovie, reso invisibile grazie al suo nuovo occultatore, e il chiassoso Wrex in prima fila a mo’ di ariete... e sempre felice di menare le mani! 
La buona notizia era che quella era solo una piccola parte di Legioni, e che potrebbero essercene di più nei pressi della carcassa di Razziatore. Non potevano sbagliare, dove il ronzio si faceva più assordante appena imboccata una galleria satura di cristalli luccicanti. Tuttavia, i “versi” delle Legioni erano sovrapposti ai colpi d’arma da fuoco e agli echi di voci non umane. Che fosse una squadra di ricognitori scesa nel sottosuolo col compito suicida di bonificarlo? Era esattamente ciò che aveva pensato Wrex mentre allungò il passo e accelerò davanti agli altri compagni fino all’uscita. E lo sgomento fu condiviso quando i quattro si ritrovarono in un ampio campo con il Razziatore incastrato in una parte e semisepolto nel terreno, nugoli di insetti che zampettavano freneticamente a destra e a manca e una squadra di Disertori che si affannavano a ucciderne il più possibile per sopravvivere.
― Finalmente potrò spaccare il tuo bel muso felino, signore della guerra dei pyjak! – esclamò Wrex nel riconoscere il generale Hellax a capo della spedizione.
― Calmati Wrex! – lo fermò Paige, afferrandogli un braccio – A meno che Hellax non sia disposto a parlare, non voglio creare problemi qui.
L’interlocutore Turian fece qualche passo in avanti, dopo aver chiesto ai suoi uomini un cessate il fuoco. Poi anche lui, a sua volta, fece leva sulla parlantina: ― I miei complimenti, comandante... Paige W. Shepard, giusto? Mi fa piacere che governi il tuo esercito senza usare il pugno di ferro. E dire che la tua specie non è famosa per la diplomazia.
― È il mio codice morale personale: per me il fine non sempre giustifica i mezzi, neanche se è in gioco il futuro dell’universo.
― E che mi dici della morte dei Razziatori di dieci anni fa? Mi pare di capire che te ne sia sfuggito uno...
Ne avevano già parlato, su Omega. Solo restando uniti era possibile sconfiggerlo in maniera permanente, e inoltre l’umanità non era più considerata una specie minore – bastava guardare i loro sforzi di salvare la Destiny Ascension nella battaglia della Cittadella nell’83 per rendersene conto. E il Crucibolo che aveva posto fine alla Guerra dei Razziatori, tre anni dopo, non era forse di fattura umana? Hellax rimase positivamente colpito dalla disinvoltura delle parole di Paige, al punto da vedere in lei una degna rivale. Ma perché era sceso a Tuchanka, solo per trovare un nido di insetti robot? In realtà, spiegava il generale, voleva studiare la tecnologia degli ex nemici ancestrali al fine di costruire una specie di arma atta ad annientare l’Araldo e renderlo nelle condizioni di non nuocere; il che era abbastanza semplice, essendo creature straordinariamente avanzate per essere dei costrutti senzienti metà organici e metà sintetici. Hellax potrebbe avere ragione, ma ciò non spiega il motivo per cui Paige avesse l’impressione che quella fosse solo una scusa per accaparrarsi la tecnologia e usarla per i suoi fini personali.
― Io ero presente, insieme a lui, all’assemblea delle Specie Unite di dieci anni fa, Paige. – rispose Wrex, ricordando perfettamente quel giorno – Ha insistito di voler recuperare i resti dell’Araldo caduti sulla Terra senza l’okay dei tuoi capi. Ci stavamo ancora leccando le ferite che la guerra ci ha lasciato, ecco perché si sono opposti.
― Già. – sopraggiunse Garrus, fino ad allora nascosto dietro la gobba dell’amico Krogan – Ed è fortunato che il Primarca non l’abbia ancora bandito da Palaven per questo.
Aveva appena chiuso bocca quando i Disertori imbracciarono nuovamente le armi e gliele puntarono contro, compreso il loro generale. Gli lanciò un’amara espressione di disgusto, già pregustando l’attimo in cui lo ucciderà per gli ignobili crimini che aveva commesso: ― Cosa ci fa il traditore di Palaven nel tuo equipaggio, comandante?! – ruggì, rivolto a Paige.
Per tutta risposta, sia quest’ultima che Liara impallidirono confuse e stupite allo stesso tempo. Ma di che diavolo stava parlando, pensò. La situazione divenne insostenibile: Paige sapeva che Garrus non tradirebbe mai la sua gente, anzi era rispettato da tutti e i generali lo salutavano amichevolmente! Ricordava di averlo visto, di tanto in tanto, comportarsi in modo sempre più umano, mantenendo però la sua essenza Turian... ma solo in privato, quando si sforzava di essere il compagno che lei aveva sempre desiderato. E anche se il più delle volte significava andare in palla perché non conosceva le usanze degli umani in fatto di corteggiamento, lei lo perdonava sempre. A parte questo, era il solito Garrus di sempre nonostante ormai si considerasse un pessimo Turian.
Per Hellax non era così. Per lui il solo fatto di essere, appunto, un pessimo Turian lo irritava al punto da etichettarlo come un traditore della sua stessa società, e di conseguenza solo la sua collaborazione su una nave umana era considerata un insulto. Ma ormai era chiaro che il generale aveva intenzione, come minimo, di portarlo su Palaven affinché meritasse una degna punizione. Paige voleva ridurlo in poltiglia, ma si trattenne e sentenziò con fare deciso: — Garrus non è un traditore, è un soldato affidabile nonché membro fedele del mio equipaggio. Se avesse infranto qualche legge del suo pianeta natale, me lo avrebbe detto.
— Inoltre, - aggiunse il compagno incriminato – io non sono come Saren. Non farei mai nulla di male alla mia stessa gente, al contrario è stato grazie alla mia task-force se siamo sopravvissuti all’invasione dei Razziatori.
Wrex non poteva tollerare oltre, dopotutto lui era un Krogan e non era certo un campione di pazienza. Quindi prese a testate un paio di Disertori per farsi largo tra la folla e avvicinarsi abbastanza al Razziatore prima di appiccicargli addosso la bomba al napalm. Tuttavia, dal momento che aveva bisogno di tempo per armarsi, il gigante fischiò ai suoi compagni per attirare la loro attenzione e di conseguenza rispondere al fuoco. La comandante neanche piaceva dover ricorrere alle armi, ma era stato Wrex a dare il primo pugno e non ebbe altra scelta se non prendere il mitra e sparare. Un mercenario, due mercenari, tre mercenari... e così via, fino a che la bomba era pronta per essere detonata.
Nella baraonda, però, erano tutti così impegnati che non si accorsero che nel frattempo Hellax stava cercando di uscire dall’alcova per tornare sulla sua Tartarus e Garrus commise l’errore di inseguirlo, mosso dall’istinto di Archangel. Il generale aveva appena sentito la chiamata via radio della sua luogotenente Asari circa un recupero fallito su Rannoch, dall’altra parte della galassia: «Rallentati da una Quarian e da una mocciosa biotica!», aveva detto. E visti i suoi trascorsi da poliziotto, Garrus era determinato a consegnare quel pazzo furioso alla giustizia, e magari il Primarca approverebbe la sua decisione di bandirlo dalle sue stesse terre. Altro che corte marziale o impiccagione! Ora, con la sua rapida falcata, era a un passo dal generale e si avvicinò tanto da atterrarlo e immobilizzarlo con le braccia a meno di tre metri dall’uscita. Peccato che Hellax conoscesse qualche utile manovra per divincolarsi e, sordo ai richiami rabbiosi del suo inseguitore, finalmente uscì.
Paonazza nel rincontrare il presunto traditore, Peonia riuscì appena a chiedergli: ― Cos’è successo?
― Il piano è fallito. – fu la risposta – Di’ a Edra e ai suoi ingegneri di preparare l’attrezzatura per il recupero sulla Terra. Shepard dovrà farsi da parte!
Il volto dell’Asari, in quello stesso istante, si tramutò in una maschera di terrore nell’intravedere la sagoma di Garrus in procinto di colpirlo col calcio del fucile. L’altro fu più veloce e lo ribaltò con un’altrettanta fulminea mossa di arti marziali; dopodiché gli avvolse un braccio attorno al collo e gli puntò una pistola alla tempia esat-tamente quando vide Shepard, Liara e Wrex uscire dalla caverna: ― Ottimo tempismo, comandante! – esordì il generale – Il tuo “affidabile” soldatino ha quasi cercato di uccidermi!
― Solo perché hai perso completamente la testa... – aggiunse Garrus in un fil di voce, alla mercé del generale.
― Silenzio! – ruggì questi, stringendo di più la presa. Poi, rivolto a Shepard: ― Mi sembri titubante, comandante, come se tra te e il traditore ci fosse qualcosa di più di un mero rapporto professionale. Fin dove ti spingerai? Darai ascolto al tuo cuore o alla tua presunta morale incorruttibile?
Per quanto Hellax la stesse provocando, per la prima volta Paige rimase paralizzata. Le sembrava di rivedere un momento della sua visita a Sanctuary, quando era indecisa se sparare al signor Henry Lawson oppure lasciarlo andare per salvare Oriana, l’adorata sorella di Miranda. In più c’era la questione della bomba: se scegliesse di non farla esplodere in favore della vita di Garrus, avrebbe di nuovo condannato gli abitanti di Tuchanka a vivere su un suolo inquinato e difficilmente edibile. Cos’era più importante per lei? La vita di uno o la vita di molti? Tuttavia, aveva imparato sulla sua pelle che, anche in tempi di crisi, bisognava mettere da parte i propri sentimenti e pensare a ciò che era giusto per gli altri, non per se stessi... per quanto fosse doloroso. Una singola lacrima le rigò il viso, eppure non si scompose e udì la voce di Garrus sussurrarle: ― È questo che ti rende speciale. Troverai un modo per vincere. 
― Lo so. – rispose lei. – E mi si spezza il cuore doverlo fare.
Non aggiunse altro. Ordinò a Wrex di attivare la bomba installata in precedenza, quasi in contemporanea dell’arrivo di una navetta dell’Alleanza. Erano i centoventi secondi più lunghi che avessero mai avuto, e Hellax quasi subito urlò ai suoi sottoposti di abbattere la Kodiak prima che toccasse terra, affinché il nemico non avesse modo di fuggire mentre si accingeva a trasferire il prigioniero a bordo della sua ammiraglia. Prima che potesse muovere un solo muscolo, però, un’onda accompagnata da un’enorme palla di fuoco investì un folto gruppo di Disertori là dove fino a poco prima c’erano Paige e i suoi compagni. La navetta cadde appena un secondo dopo sotto i colpi dei lanciarazzi ma non esplose - precipitò tutta intera e basta.
Poi qualcuno o qualcosa, dall’interno, fece saltare via il portellone e dalla forza esercitata non era certo una creatura organica. Come una squadra di soldati che incuriosita si avvicinò all’ingresso della tana del mostro, così Peonia e i suoi mercenari provarono a indagare oltre la cortina di fumo. Uno di essi, preso dallo sgomento, esclamò che a bordo non c’erano umani ma un MECH diverso da quelli usati di solito dalle squadre: indossava l’emblema dell’Alleanza e aveva fattezze femminili! Un attimo dopo, l’uomo era a terra con un buco in testa e la MECH guizzò fuori velocissima e con la grazia di una ballerina, lasciando inermi i compagni di Peonia, costringendola a seguire il suo capo, in attesa di essere prelevati e poter quindi abbandonare il pianeta.
Anche se aveva permesso che Hellax catturasse Garrus in modo da attivare la bomba che ha finalmente bonificato l’area dalle radiazioni del Razziatore, Paige poté comunque gioire nel rivedere l’Intelligenza Difensiva Avanzata nuovamente operativa nonostante l’avesse ormai ritenuta irrecuperabile: ― È impossibile che si sia riattivata da sola dopo un periodo così lungo. – azzardò Liara, anche lei incredula – Il Crucibolo ha inabilitato tutti gli esseri sintetici nella galassia, inclusi gli stessi Razziatori. 
Non avrei potuto farlo in alcun modo. – rispose IDA, con la sua celebre voce “seducente”, com’era solita definirla la specialista Traynor – Il campo elettromagnetico generato dal Crucibolo ha danneggiato la mia unità di calcolo in modo quasi irreversibile. Tuttavia la mia “anima”, come la chiamate voi organici, era stata precedentemente preservata in un dischetto di backup e in seguito integrata con nuove componenti.
― E così i tuoi ricordi, la tua personalità e le tue originali funzioni di cyberguerriglia sono stati ripristinati grazie a un aiuto dall’esterno! – intuì la comandante. Finalmente aveva capito perché Lilith le faceva tutte quelle domande su IDA, voleva solo rimetterla in funzione o per nostalgia o per restituire alla Normandy la sua IA. Lo aveva fatto senza il suo consenso, certo, ma forse l’aveva fatto solo per amicizia. Che ragazzina premurosa!
La Normandy era ormai con un membro in meno, ma ne aveva guadagnati tre ora che Wrex si offrì di tornare in azione al fianco della comandante e che Tali era rimasta a bordo in modo permanente dopo aver assistito Lilith nella riparazione di IDA. Quest’ultima, inoltre, iniziò subito a riparare e far ripartire la navetta insieme a Liara, dopo aver assicurato che in zona non ci fosse più nessuno dei Disertori di Taetrus. Bastò solo un quarto d’ora grazie alle conoscenze tecniche di entrambe e, alla fine, anche la missione segreta su Tuchanka era ormai solo un ricordo, un ricordo che però assillava la testa di Paige peggio di un incubo.
 
Colpa mia, è solo colpa mia, tutta colpa mia! Paige non si dava pace ora che era tornata a bordo, e faticava a credere di aver appena condannato Garrus tra le grinfie di Hellax affinché miliardi di Krogan sopravvivessero su un terreno bonificato e perfettamente sano. Ironico, però: era esattamente ciò che lui le aveva insegnato sulle “decisioni spietate” molti anni prima e lo aveva messo in pratica sparando al condotto del Crucibolo - sacrificare dieci milioni di individui salvandone venti milioni. Lei, la famosa comandante Shepard, si era chiusa nel suo alloggio ed era inconsolabile: stringeva i pugni, s’infilava le mani nei capelli, piangeva e non riusciva a concentrarsi su niente... come aveva fatto a scendere così in basso? Camminava avanti e indietro peggio di un animale chiuso in gabbia in attesa di essere macellato e quell’atteggiamento irrequieto faceva preoccupare l’equipaggio. Si sentiva fiacca, impotente, voleva solo sparire cosicché nessuno avrebbe saputo del suo fallimento. 
Un attimo dopo qualcuno bussò alla porta, e per un attimo Paige si rilassò nel riconoscere la cara amica Tali, sul cui volto senza maschera si leggeva una palese tristezza. Neanche chiederle come stava, riusciva a sollevarla dall’abisso in cui la comandante era scivolata. Ridotta peggio della caduta di Thessia, ironia della sorte: ― Ho fallito. – singhiozzò – Nel modo peggiore che conosco.
― Paige! – la consolò la Quarian – Non dovresti biasimare te stessa per ciò che è accaduto a Garrus.
― Ah sì? Eppure sono più che sicura di essere stata io a trascinarvi tutti in questo guaio. Non ho fatto nulla se non osservare Hellax portare via Garrus come se fosse un criminale! Ho dovuto farlo per attivare la bomba su Tuchanka, capisci? Ora sarà processato su Palaven perché ho fallito! Sarà come se lo avessi ucciso io!
A quel punto Tali le prende le mani con gentilezza: ― Ora basta, Paige. Se tu non avessi attivato quella bomba, avresti deluso Wrex e la sua gente... hai fatto la cosa giusta.
Inoltre, questo non era l’atteggiamento tipico di Peacewalker, “Colei che marcia per la pace”. La sua tenacia, il suo coraggio e il suo altruismo erano famosi in tutta la galassia: aveva lottato contro Saren, la Sovereign e i Geth quando nessun altro avrebbe potuto farcela... e neppure la morte era riuscita a fermarla. Si era schierata valorosamente contro i Collettori, lanciando con successo un attacco alla loro base con un’unica nave e senza perdere neanche un compagno. Nessuno avrebbe mai pensato che Krogan, Turian, Geth e Quarian collaborassero: rabbonendo vecchi nemici, il mondo si sentiva pronto ad affrontare i Razziatori fino a uscirne vittorioso e con qualche cicatrice.
Questo però non era sufficiente a ridare il sorriso a Paige, ancora scossa per non essere stata migliore di Hellax: forte in lei era l’impulso di tramortirlo con un attacco biotico, prendere Garrus e attivare la bomba prima di ripartire sulla Normandy. Ma questo sarebbe stato dannoso per lei, perché avrebbe potuto imboccare la via della vendetta... sarebbe diventata violenta e aggressiva come Archangel! No, non era quello il suo destino.
― Garrus non ti perdonerebbe mai. – aggiunse infine Tali – Tu stessa ci hai insegnato la via della diplomazia e della redenzione. Non lasciare che ciò ti cambi! Non permettere che la vendetta offuschi la tua mente, il tuo giudizio... la tua morale!
Paige sospirò, sollevata dalle bellissime parole dell’amica: ― È solo che... vorrei poter essere migliore almeno della metà di quello che sono. Che qualcosa vada nel verso giusto, una volta tanto...
― Lo so, sorellona. Lo so... – e Tali ebbe l’istinto di abbracciarla calorosamente, come farebbero gli amici veri. Dopotutto, non bastava solo ascoltarsi e parlare per un minimo di conforto, bastava esserci. E Shepard lo aveva appena vissuto sulla sua pelle: nonostante l’assenza di Garrus, non si era mai sentita così serena. 

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Capitolo 6
*** Episodio 5: Nemico del mio nemico ***


Che umiliazione! Ufficiale SSC fallito, vigilante, consigliere esperto e adesso... un traditore? Garrus continuava a protestare e chiedere gentilmente di essere liberato, ma ogni volta o lo stesso generale o un suo soldato lo chetava con un calcio. Non era giusto, però! Non aveva fatto nulla di disonorevole per i ranghi Turian, eppure Hellax era convinto del contrario e neanche le sue ingiurie bastavano ad addolcirlo. Anzi, lo sbatté in una delle celle a bordo della sua Tartarus senza colpo ferire e fece rotta verso il sistema Trebia, nella Cresta di Apien. Durante il viaggio, egli fece un giro della sua nave, osservando i vari locali e contemplando gli addetti ai lavori. Perfino Edra, il suo fidato scienziato Salarian, aveva già preparato tutto il necessario per il recupero dei resti dell'Araldo sulla Terra, ma aveva lasciato il laboratorio per riunirsi col capo in sala tattica, quando seppe della deviazione verso Palaven: ― Bah, quella boccaccia... - esordì, borbottando, il generale - Vorrei tanto cucirgliela.
Dopo averlo portato a bordo, infatti, Hellax aveva presieduto personalmente all'interrogatorio di Garrus, piuttosto noioso vista la poca collaborazione da parte di quest'ultimo: nessuna confessione, soltanto parole rabbiose e minacce di farsi riaccompagnare sulla Normandy, certo che il suo equipaggio avrebbe spazzato via il generale e "tutta la sua merdosa compagnia". Aveva mantenuto il sangue freddo nonostante le sporadiche percosse al minimo insulto per tutta la durata della seduta e solo quando la considerò infruttuosa, Hellax lo rigettò nella sua cella e lasciò la prigione. Ora era concentrato a trovare un modo per ottenere la tecnologia dei Razziatori, ma solo dopo aver giustiziato il traditore sotto gli occhi dei suoi famigliari e del Primarca in persona. Tuttavia, questi non avrebbe mai dato il consenso per l'esecuzione di un celebre eroe di guerra, nonché amico stretto della comandante Shepard - la stessa piccola e astuta umana dalla lingua diplomatica e le mani di velluto che tanto rispettava e odiava... o forse entrambe le cose? 
Intanto i navigatori annunciarono l'arrivo su Palaven, i cui cieli si erano da poco aperti al termine di un temporale. La casa ancestrale dei Turian non era né troppo fredda né troppo calda, anzi sembrava di trovarsi su Virmire o, perlomeno, in un paese monsonico non meglio definito della Terra; l'unica differenza però era che il nucleo del pianeta non era ricchissimo di metalli, per cui la sua magnetosfera non proteggeva sufficientemente il suolo dalle radiazioni solari. Non a caso, questo era il segreto dei carapaci semimetallici delle creature locali, umanoidi e animali. Il pianeta in sé, tuttavia, era irriconoscibile dopo la Guerra dei Razziatori: la polvere derivante dalla distruzione delle famose città-fortezza quasi impediva la respirazione sulla superficie planetaria, mentre acqua e fonti di energia (allora scomparse) erano state ripristinate grazie al lavoro congiunto delle specie del Consiglio e dei Volus. Perciò, a distanza di dieci anni, Palaven era tornato quasi come prima.
Anche le città, dal punto di vista estetico, non avevano nulla da invidiare agli scavi archeologici della Magna Grecia o dell'antica Roma, dunque non era sbagliato pensare che esistesse ancora qualche palazzo conservato (la sede del Governo, ad esempio) con un antico pseudo stile dorico, ionico oppure corinzio. Fermo restando che tutte queste strutture storiche erano profondamente integrate con la tecnologia attuale. Quindi, nonostante un piano regolatore molto antico, non fatico a credere che un palazzo del genere fosse completamente blindato di strutture difensive moderne. Esempio vivente di questa soluzione ibrida era il cosiddetto "Castello del Primarca", che svettava dal Quartiere Superiore di Cipritine. Visto dal lontano sembrava costruito con vetusti mattoni ma in realtà era un effetto ottico generato dal rivestimento opalescente delle pareti bianco perla; non era neppure un castello vero, poiché il nome era solo una citazione del fatto che assomigliasse ai mitici edifici con torri e guglie del Medioevo terrestre, se non fosse per le finestre a forma di diamante alcune trasparenti e alcune rappresentanti figure mitologiche, quasi a mimare le scene bibliche dei finestroni delle cattedrali.
Ovviamente tutti sapevano che i Turian possedevano una forte dottrina militare. Non è difficile aspettarsi la massiccia presenza di truppe a guardia degli edifici pubblici... ad esempio quel palazzo basso color rame sul lato opposto del Quartiere Superiore che chiamavano Praetorius (ossia la caserma delle sentinelle del Primarca), oppure il Castrum Cabalis, letteralmente "il campo d'addestramento delle unità Cabal", che invece faceva timidamente capolino nel Quartiere Inferiore come se fosse un'enclave dei cittadini più sfortunati. Tutte queste immagini scorrevano sugli schermi della sala tattica come conferma di essere finalmente a casa, almeno per i membri Turian dell'equipaggio. Per Hellax, però, l'unica casa cui era molto affezionato era il suo stesso villone nella parte meridionale del Quartiere Superiore. Un maestoso edificio a due piani di un nero quasi assoluto, con numerose rifiniture in oro e argento che aveva chiamato Domus Onyx, ossia Palazzo d'Onice. Tutti i generali, compreso Hellax, avevano un'abitazione come quella, solo un po' più piccole e dall'aspetto più modesto. Lui faceva eccezione, perché era un veterano e quindi era normale aspettarsi una tale teatralità. Peccato non poter mettervi piede in questo momento, pensò.
Hellax era pronto per scendere, e purtroppo l'arrivo della Tartarus aveva attirato l'inevitabile attenzione delle autorità e del Primarca Victus, il cui disaccordo nei confronti di Hellax non si era raffreddato: ― Non muoverti, Edra. - ordinò il generale al suo collega Salarian - Aspetta i miei ordini. 
Nell'attimo stesso in cui Hellax si allontanò, Peonia irruppe in sala tattica con un accenno di curiosità dipinto in volto. Non voleva solo sapere perché c'era tensione della voce del capo, ma anche che cosa stesse macchinando quel codardo del suo ufficiale scientifico: ― Oh, eccoti qui. - esordì questi - Temo che, così concentrato su questi dannati Razziatori, il generale stia perdendo a poco a poco il senno. Non è indottrinato, ma Hellax ha dimostrato di non avere più capacità di giudizio. - poi però gli venne un'idea, seppur folle: ― Voglio liberare il prigioniero, per lui è troppo pericoloso restare qui.
― Vacci piano, Edra. - gli suggerì Peonia - Hellax ti spezzerebbe tutti e quattro gli arti e ti darebbe in pasto ai varren se lo scoprisse...
― Lo so! - sbottò il Salarian - Tuttavia, se riuscissi a infiltrarmi nel canale audio del nostro ospite senza farmi beccare, le guardie penserebbero che stia tentando di evadere da solo. Mi fa davvero pena e vorrei aiutarlo.
― Fa' come vuoi, a me non interessa. Il capo ha già abbastanza traditori qui!
Rimasto solo, Edra approntò la sua personalissima attrezzatura da hacker e si precipitò in una piccola stanzetta da cui monitorare la situazione da più schermi. In uno, in particolare, riusciva a vedere Garrus rannicchiato in un angolo della sua cella immerso nei suoi pensieri: aveva resistito al pestaggio subìto poco prima e con solo due graffi. Adesso poteva testare i suoi giocattoli usando come cavia la frequenza radio del generale, che in quel momento stava discutendo con il Primarca, nel grande salone del suo Castello. Fu proprio di quest'ultimo la prima voce che sentì, appena inseritosi nel comunicatore di Hellax: ― Che cosa ti avevo detto a proposito dell'attaccare la comandante Shepard?
― Non ho catturato lei, hanib, ma uno dei suoi uomini. Egli ha deliberatamente rinnegato la nostra cultura in favore di quella umana. Eroe di guerra o meno, è pur sempre un traditore del nostro popolo!
A quel punto sopraggiunse un uomo di mezza età, presumibilmente Castis, con falcate piene di rabbia tanto quanto la sua voce: ― È impazzito, generale? Garrus è mio figlio! Ha versato sangue e sudore per mettere in salvo la nostra gente dalle fauci dei Razziatori...
Hellax si accorse subito della sua presenza e lo afferrò per la camicia: ― Di che t'impicci tu, vecchio? Smettila di preoccuparti di un figlio che non merita neppure di essere chiamato per nome e torna a casa tua! - e appena lo lasciò andare, la forza fu tale che Castis rischiò per un soffio di travolgere due astanti.
Stava succedendo di nuovo, come nella seduta delle Specie Unite di dieci anni prima. Il Primarca aveva espressamente proibito a Hellax di aggredire la loro benefattrice né tantomeno i suoi soldati, il cui contributo era stato cruciale nella crisi dei Razziatori... e tutto questo perché gli era stato negato di scavare sulla Terra in cerca dei resti dell'Araldo? Gli esponenti della Gerarchia, che erano lì presenti, non potevano tollerare questo comportamento inadatto per un generale, al punto che iniziarono a parlottare tra di loro sottovoce, mentre Hellax si trattenne nello sbottare in preda a una crisi di rabbia e riprese a parlare con la sua proverbiale quiete olimpica: - Signori, vi prego, questo traditore è un pericolo pubblico per noi tutti. Ordinate i preparativi per un'esecuzione pubblica!
- Ma non ha senso! - rispose il Primarca - Anche nell'eventualità che ciò che dici sia vero, non hai le prove per appurarlo! Spiacente, Hellax, ma non mi lasci altra scelta... 
E così, dopo aver sentito la sentenza definitiva della Gerarchia, Victus scelse piuttosto di far sottoporre il generale a un "intervento correttivo" al fine di ammorbidire le sue attitudini xenofobe e, prima di allora, non avrebbe più varcato la porta del Castello ma sarebbe stato confinato nella sua Domus insieme a buona parte del suo esercito. Quindi chiese alle Sentinelle di accompagnarlo fuori, con gentilezza: - Mornax vinkaar! Mornax vinkaar! - esclamò Hellax, in risposta alla sentenza del suo superiore, mentre lo stavano conducendo all'ingresso. 
Edra aveva sentito abbastanza e si scollegò immediatamente dalla radio del suo signore. I suoi timori secondo cui stava lentamente impazzendo erano fondati e capì che per il suo bene, per quanto fosse pericoloso, era giusto non servirlo più e decise di usare lo stesso trucco delle frequenze spia sulla radio del prigioniero chiuso nelle celle. Edra aveva paura della reazione di Hellax se avesse saputo che aveva orchestrato lui l'evasione di Garrus ed ebbe un gelido brivido lungo la schiena pensando a quale tremenda vendetta avrebbe preparato per lui. Non ci pensò più, si schiarì totalmente la mente, e mentre preparava i codici per l'inserimento abusivo, tirò un lungo respiro per incoraggiarsi.
Nel settore detentivo, intanto, la musica era diversa. Sentire Hellax e i suoi disertori chiamarlo "traditore" senza usare il suo vero nome fu la più pesante delle umiliazioni per Garrus. Sul serio, era come se lo avessero privato della sua identità, più o meno come i Quarian prima del loro processo per tradimento. Che ironia, però... lui era un Turian e stava vivendo una situazione simile: accusato di tradimento solo perché collaborava con gli umani? Questo non era il tipo di accoglienza che si aspettava tornando a casa... la sua casa, Cipritine, la ridente capitale di Palaven. Avrebbe potuto mostrare a Shepard il suo pianeta natale, magari all'ombra di un ombrello anti-radiazioni, raccontarle una storia basata sui miti e leggende della sua gente dopo aver passeggiato in un bel parco carico di coloratissime e profumate Myraxan. Oppure l'avrebbe condotta in uno di quei templi antichi dedicati agli spiriti protettori tanto amati dai Turian e l'avrebbe guardata negli occhi per dire... no, doveva prima uccidere quel mostro di un generale per avergli regalato questo bellissimo modo di morire davanti ai suoi amici, colleghi e familiari. E come avrebbe potuto farlo, visto che al momento dell'arresto gli avevano sequestrato le armi? In quel momento si rassegnò ad accettare la terribile sorte che lo attendeva oltre quella porta.
Dalla frustrazione, poi, Garrus passò a una vera e propria ira sanguinaria, sebbene lui non fosse un Krogan. Prendeva a pugni le pareti della cella, maledicendo il villano che l'aveva sbattuto laggiù, e in più riempiva di calci anche la porta forse con l'intenzione di sfondarla e andarsene con le sue gambe, sordo ai richiami verbali dei secondini di calmarsi e attendere il ritorno del padrone di casa... ma ottenevano sempre la stessa, sgarbata risposta: «Me ne fotto del generale. Fatemi uscire da qui!». Il teatrino durò per circa mezz'ora, a dimostrazione che l'interrogatorio di poco prima non aveva sottratto a Garrus la sua indomita forza di volontà, fino a che udì la vocina di un Salarian dalla radio integrata nel suo visore: - Pronto... c'è qualcuno? Riesci a sentirmi?
― Ma chi parla?
― Edra, lo scienziato Salarian di Hellax. Non volevo spaventarti, ehm...
― Mi chiamo Garrus. Garrus Vakarian.
― Ti conosco, Garrus, ma raramente ho sentito il tuo nome. A ogni modo, non è pestando i piedi che uscirai da qui, perciò apri bene le orecchie e ascolta quello che ho da dirti io...
Per fortuna il secondino di guardia non era presente sul lato opposto, altrimenti avrebbe sentito tutto il dialogo tra il prigioniero e lo scienziato a proposito di un'alleanza ai danni del generale. Miracolosamente Garrus rinsavì e così Edra lo tranquillizzò annunciando di voler aiutarlo a evadere, ma avrebbero dovuto farlo nella massima discrezione: il rischio di essere pizzicati da Peonia era, infatti, troppo alto! Innanzitutto la Tartarus era imbottita di guardie - sia Disertori che mercenari - e uccidendone una nel classico modo avrebbe allertato anche tutte le altre; inoltre era piena di passaggi bui utili per raggirarle senza sfiorarle nemmeno con un dito e Edra lo avrebbe guidato verso l'uscita della nave più vicina, ossia l'hangar navette. Era un Salarian con un'eccezionale memoria fotografica, per cui conoscendo la Tartarus così a fondo, Garrus non poteva sbagliare strada e dover combattere troppi nemici. Anche così, pensò, sarebbe stato divertente perché il suo addestramento da incursore ricevuto da ragazzo e la sua esperienza nel corpo a corpo sarebbero tornati molto utili!
Intanto era tornato il secondino e si era fermato davanti alla porta, con le spalle rivolte verso di essa. Garrus rapidamente bypassò i comandi e, fulmineo, lo silenziò un attimo prima di trascinarlo nella cella. Gli rubò perfino il fucile, però con la promessa di non doverlo mai usare. Ora gli toccò uscire in corridoio, facendo sempre attenzione a non mettere in allarme nessuno fintanto che sfruttasse a suo vantaggio l'Occultatore installato nel Factotum... ma certo! Che stupido! Poteva utilizzare i gadget di Archangel insieme all'addestramento militare, così i Disertori non lo avrebbero mai individuato se fosse rimasto in un angolo e in silenzio perfettamente invisibile alla vista! Che gran colpo di fortuna! Lo provò giusto per passare accanto a un soldato e poi si infilò in una porta che conduceva in una specie di ripostiglio. Qui poté rifornirsi e forse anche tirare fuori l'idea più assurda che gli venne in mente: tutti sulla Tartarus sapevano che aspetto avesse il traditore, ma cosa sarebbe accaduto se questi fosse vestito diversamente, magari in abiti da civile? Inoltre, combinando il diverso aspetto e l'uso dell'Occultatore neanche la più rimbambita delle guardie sarebbe stata in grado di accorgersi della sua presenza! Garrus quindi si spogliò della corazza lasciando solo una maglia protettiva leggera, i pantaloni, un paio di guanti e alcuni accessori dai quali non si separava mai - Factotum e visore. Dopodiché, caricate le armi in spalla, si nascose nell'ombra di una guardia che stava camminando verso l'ascensore. Ma prima che potesse varcarne la soglia, Garrus la neutralizzò insieme ad un'altra che invece stava uscendo, nell'esatto momento in cui l'Occultatore esaurì il suo effetto. Il panico si consumò per soli pochi secondi, durante i quali sparò un colpo stordente in testa a un soldato in arrivo da sinistra, si tuffò nella cabina dell'ascensore e chiuse le porte con meticolosa freddezza: ― Ti ho sul monitor, Garrus. - annunciò Edra dall'altra parte della radio - Ora dovresti essere in grado di superare le guardie al piano di sotto.
― In effetti, finora me la sono cavata bene con l'Occultatore. - ammise il suo interlocutore - Qualche consiglio dell'ultimo minuto?
Edra quasi scoppiò a ridere: ― Ehi, sei tu il Turian! Non hai qualche addestramento militare avanzato?
― Dubiti delle mie capacità? - ridacchiò Garrus - Mettiti comodo, Salarian: io ti stupirò!
Quando però l'ascensore si aprì, appena arrivato a destinazione, Edra dovette rimangiarsi tutto alla vista di uomini e donne Turian dotati di tute speciali e guanti luccicanti. Garrus li riconobbe subito: il giorno in cui Hellax aveva fondato i Disertori di Taetrus, aveva reclutato anche un certo numero di Cabal, cioè quelle famose unità biotiche spesso malviste dalla Gerarchia. In realtà, non doveva preoccuparsi dei loro poteri ma dei guanti impregnati di un siero dal colore salmastro, presumibilmente velenoso - se lo avessero preso, infatti, non avrebbe potuto trovare una fonte di medi-gel più vicina per contrastarne gli effetti. Il massimo che poteva fare era occultarsi e passargli accanto nella maniera più silenziosa possibile, fino a quando il suo sguardo si soffermò sulla navetta che stava partendo in quel momento. Edra aggiornò l'amico sulla situazione: Hellax era stato confinato nella sua Domus visto il suo crescente comportamento da folle che faceva preoccupare il Primarca e i rappresentanti della Gerarchia. Dicevano che la sua ossessione per l'Araldo stesse deteriorando psicologicamente il generale al punto da richiedere un intervento correttivo. È quello che si merita quel bastardo, pensò Garrus man mano che strisciava sotto una pila di viveri destro-ammino. Gli scagnozzi di Hellax non abbassavano mai lo sguardo, perciò neanche si erano accorti che il prigioniero si era nascosto nel mucchio di casse che stavano caricando sulla navetta.
Come Ulisse riuscì a fuggire dalla tana di Polifemo nascondendosi sotto la pancia di un ariete, così Garrus rimaneva aggrappato alle scorte di viveri quasi trattenendo il respiro per non fare rumore. Ce l'aveva fatta, e tra poco avrebbe potuto confondersi tra la folla cittadina e poter chiedere aiuto a suo padre per tornare sulla Normandy. Rimase in quella posizione per pochi minuti prima di lamentarsi della scomodità dello spazio troppo stretto per lui. Immediatamente uno dei passeggeri della navetta scostò le casse e non ebbe il tempo di dare l'allarme generale che il prigioniero era evaso. Garrus infatti saltò in piedi e poi addosso al Disertore spezzandogli il collo ma non poté evitare il contrattacco del pilota che si rivelò essere una Cabal!
Assomigliava al ricognitore che, da ragazzo, Garrus aveva condiviso una scazzottata prima e una serata di passione dopo durante la caccia a una banda di pirati Batarian, soltanto che lei aveva delle esotiche scaglie e placche d'avorio e occhi simili a un paio di soli gialli gemelli. Sembrava la tipica donna che si fingeva innocente, e che si era alleata con Hellax contro la sua volontà: ― Fossi in te, scapperei a gambe levate e cercherei un angolino tranquillo in cui nascondersi. - le suggerì Garrus, magnanimo - Sai, una brava ragazza come te dovrebbe stare lontana da qui se il suo padrone scoprisse che l'ha tradito.
Lei non disse una parola e lo avrebbe premiato con un bacio per la sua generosità se non lo avesse rallentato col tocco dei suoi guanti venefici prima di abbandonare la navetta. Così indebolito, e frustrato per essere stato ingannato da una donna, Garrus si trascinò al posto di guida e cercò di mantenere una traiettoria stabile, ma il veleno gli provocava un abbassamento delle sue capacità e adesso stava lottando per non schiantarsi a terra nel suo tentativo di evasione quasi riuscito. Non poteva arrendersi in quel momento e, per quanto si sforzasse, la navetta non era abbastanza in alto e poco dopo precipitò nei pressi di un accesso alle fogne, poco fuori città.

Povero Castis, la situazione si stava facendo intricata. Suo figlio accusato e processato per tradimento, e lui non aveva potuto fare nulla contro Hellax che aveva ormai perso del tutto il senno. Davvero non c'era niente che potesse fare, nonostante fosse un poliziotto in pensione che, però, si comportasse come se fosse ancora in servizio... questo diceva il detective che era in lui. Ma il padre che era in lui si disperava al solo pensiero di perdere un altro caro membro della sua famiglia, e non era la moglie bensì "sangue del suo sangue", il suo shiraan! Se non fosse così anziano avrebbe egli stesso imbracciato un fucile e sarebbe sceso in strada a cercarlo. Ma cosa avrebbe ottenuto se non un rimprovero da Garrus per non essere rimasto a casa? Non stava agendo da solo, ma seguendo l'istinto tanto di soldato quanto quello paterno.
Era risaputo che tra padre e figlio non scorreva buon sangue, ma questo disaccordo si era a poco a poco affievolito: tutta la galassia aveva rischiato la morte nella Guerra dei Razziatori (e i Turian ne avevano immortalato alcune scene su dipinti e mosaici nei luoghi storici in onore ai caduti) e l'averla vista in faccia almeno due volte aveva lasciato un marchio tale da voler lasciare suo figlio libero di costruire la propria strada, dopo aver scoperto che aveva partecipato alla guerra e ne era uscito vivo, diventando perfino un eroe. Oh, com'era orgoglioso! Un padre che assisteva ai successi del suo primogenito era da sempre un vanto per i Turian. Infatti, da quando i Razziatori erano stati distrutti Garrus gli raccontava aneddoti delle sue imprese, quasi tutte ai limiti dell'inverosimile. Era presente anche sua sorella Sol, curiosa di sapere come si era procurato quell'enorme cicatrice sul volto, e non si era neppure accorta che proprio grazie a quelle ferite Garrus non era più quel ragazzino immaturo e irresponsabile che rimproverava spesso quasi alla stregua di una seconda madre. I due però rimasero totalmente spiazzati quando seppero che il ragazzo, ora uomo, si era addirittura innamorato e che soffriva come un Quarian col mal di pancia nel vedere la donna cui si era legato inerte in un letto d'ospedale la mattina dopo ogni visita, e Castis e Sol lo avevano visto con le lacrime agli occhi almeno una volta. 
A parte queste piccole inezie familiari, prima che Garrus vestisse i panni di Archangel, lui e suo padre erano stati chiamati dal Primarca a dirigere i lavori di ricostruzione dei centri urbani vicini alla capitale, oltre a un omaggio alla benefattrice nell'area dedicata agli eroi di Palaven. Cipritine, Taetrus, Selkie e altre città del pianeta, com'era giusto che fosse, avevano tutte in comune le magnifiche ed imponenti strutture degli edifici civili e militari dei Turian. Camminando per la Grande Via Imperiale, inoltre, era impossibile non sbalordirsi di fronte ai grandiosi colonnati adorni d'intarsi e sculture eroiche. Marmi affrescati con dipinti e mosaici che ritraevano grandiose battaglie e imprese di singoli soldati che avevano dato la vita per la vittoria. E a proposito di soldati, per un soffio Garrus non si era guadagnato un posto d'onore tra i ranghi della Gerarchia per il suo contributo alla guerra, magari con un manipolo di truppe tutto suo per le operazioni d'infiltrazione, e alcuni colleghi mormoravano che fosse pronto a diventare un generale o addirittura il prossimo Primarca... o meglio, era candidato a diventarlo, il che era una sorpresa positiva anche per suo padre Castis. Tutto merito di quel disastro di dieci anni fa: il grande affresco della battaglia di Palaven dipinto e intarsiato sulla grande scalinata che portava verso il centro di Cipritine lo dimostrava insieme alle numerose lapidi di marmo che ricordavano mestamente tutti i nomi dei caduti in guerra, che fossero Turian o no. I granitici e imponenti bastioni delle città, per quanto resistenti e temprati dal furore di mille battaglie, nulla avevano potuto contro lo strapotere dei Razziatori. Ma gli umani? No, loro avevano resistito strenuamente senza rinforzi per tutto l'arco della guerra. Garrus lo raccontò al padre nei minimi dettagli: Palaven era stata fortemente intaccata, ma la Terra... aveva visto ben di peggio. Eppure, eccoli lì gli umani, che nella figura della comandante Shepard avevano ribaltato le sorti di una guerra prossima al fallimento. E i dissidi con i Turian... spariti. Sul campo di battaglia non importa il grado. - solevano ripetere i Turian - Se sei in trincea, il soldato che hai al tuo fianco è come se fosse tuo fratello. Nella sua spietatezza, la guerra ha il pregio di renderci tutti uguali dinanzi alla morte.
Eppure, il centro nevralgico nonché culla di nascita e capitale dell'impero Turian, aveva faticato molto nell'ultimo decennio per riprendersi dallo shock della guerra contro i Razziatori. Le montagne e persino i paesaggi avevano mutato forma: le città, i porti, i laghi e i mari... ma non i Turian. Loro erano pur sempre fatti d'acciaio. Era stata un'impresa titanica, ma anno dopo anno, intere meraviglie sepolte sotto cumuli di macerie erano state riportate lentamente alla luce. Palazzi maestosi fatti risorgere dalle ceneri, reliquie antiche riscoperte e restaurate ed anche statue di eroi, alle quali ultima ma non per ordine d'importanza quella della comandante Shepard. Era stato proprio per onor di merito il Turian più vicino alla comandante a inaugurarla al centro del Parco degli Eroi di Cipritine. Contornata di allori e colonnati di marmo intarsiati di oro e argento, alta sette metri e puro granito, ritraeva Shepard in posa vittoriosa sulle spoglie dei Razziatori. Nonostante tutto, la galassia non è più la stessa, nemmeno Palaven lo era più. Delle meravigliose città alte fortificate, era rimasto di originale poco o nulla. Tutto ricostruito da zero. Ma i Turian lo sapevano bene.
Questo flusso di pensieri si interruppe quando Castis udì, fuori dalla finestra, l'inconfondibile richiamo dei Disertori scesi in strada a stanare un "pericoloso fuggitivo". Per gli Spiriti, sono qui per mio figlio!, pensò l'anziano Turian preoccupato, la cui mente riaffiorò il momento in cui Hellax gli rivolse a malo modo la parola quando stava cercando di dichiarare la sua innocenza. I soldati avevano notato una scia di detriti in cielo, quelli di una loro navetta, e si erano precipitati immediatamente a seguirla; quasi nello stesso momento i mercenari di Peonia avevano pizzicato Edra nel suo nascondiglio, la vera mente dietro all'evasione di Garrus. Il Salarian comunque non si lasciò intimidire e, con un sangue freddo degno di Mordin, riuscì a sgattaiolare anche lui dalla Tartarus e a saltare a bordo di un'auto, ignaro che l'Asari aveva già avvertito il generale non solo del prigioniero fuggitivo ma anche della presenza di un traditore tra i loro ranghi. Inutile dire che Hellax andò su tutte le furie nell'apprendere il fattaccio e la beffa di dover badare a due traditori e consegnarli al patibolo. 
Quando Edra seminò finalmente gli sgherri di Peonia, si ritrovò nel quartiere residenziale di Cipritine, nel bel mezzo di una fila di case tutte uguali. Fatti dieci metri, però, notò un edificio di fortuna perfettamente restaurato: sembrava che Garrus avesse tenuto una "casa sicura" da qualche parte per le emergenze, in una zona urbana con parecchie vie di fuga ma non particolarmente affollata. Inoltre, non era troppo vistoso, altrimenti attirerebbe troppo l'attenzione, a parte il minuscolo ma grazioso giardino di Myraxan blu antistante la casa, il cui profumo stordiva il povero Salarian. Per sua fortuna era l'abitazione dei Vakarian, perché il Turian che gli aprì la porta assomigliava molto al suo amico Garrus. Nel volto di Edra si leggeva il terrore, non solo per il fiato corto per aver corso tanto, e dopo avergli raccontato perché era finito lì e perché i Disertori gli stavano dando la caccia, supplicò Castis di chiamare aiuto: ― Noi due conosciamo Garrus, e presto non potremmo vederlo mai più se gli uomini di Hellax riuscissero a raggiungerlo e giustiziarlo. Ci serve un alleato potente...
― So io chi ci occorre, Salarian. - lo interruppe Sol, affacciatasi alla porta della stanza - In passato ha aiutato la nostra gente, e qualche giorno fa ha salvato me e mio padre su Aite. Fidati di me...
La persona di cui avevano bisogno era la comandante Shepard, che in quel momento stava lasciando la nebulosa della Cittadella a bordo della sua fidata Normandy. Era in plancia con Joker, dispiaciuto anche lui per l'arresto di Garrus e per questo motivo non era allegrissimo: ormai a bordo tutti lo consideravano un amico, un fratello maggiore e un ottimo compagno di bevute e di partite al tiro alla bottiglia, e vederlo morire sul suo pianeta d'origine sarebbe una grossa perdita, anche per Paige. Erano tutti convinti che fosse troppo tardi per lui quando IDA annunciò l'arrivo di una trasmissione da Palaven. Sol, infatti, aveva bisogno proprio di Paige per cercare suo fratello, e Joker si meravigliò della curiosa coincidenza, quasi come se la Turian gli stesse leggendo nel pensiero. Ciò che non gli tornava, però, era perché servirebbe un Turian come guida per raggiungere Palaven: ― A parte il vostro eroe Jon Grissom, non conosco nessun altro umano ad aver messo piede sul nostro pianeta natale.
- A me non dispiace fare una gita a casa vostra, sai? - scherzò Joker, ammettendo in silenzio che forse Sol aveva ragione. Cipritine, il luogo in cui la squadra l'avrebbe incontrata, era una città grande almeno come New York, quindi ci si poteva perdere facilmente. Inoltre, bisognava equipaggiarsi di tutto punto a causa del livello delle radiazioni pericoloso per la salute di chiunque non possedesse adeguate protezioni. Comunque, Paige accettò volentieri di aiutare la sorellina di Garrus e infatti, quella sera stessa, la comandante atterrò con la sua navetta nel punto prefissato per l'appuntamento corrispondente alle coordinate fornite da Edra. Prima di andare, tuttavia, ella aveva regolato al massimo l'Interfaccia Sentinella affinché fornisse più energia alle barriere protettive integrate nella corazza, così come i membri della Normandy che l'avrebbe accompagnata ebbero la cortezza di fare altrettanto. Poiché si trattava di una missione dettata più dal cuore che dal cervello, i prescelti a scendere insieme a Shepard furono Michael e Ashley. Durante il viaggio, neanche a dirlo, quest'ultima osò perfino recitare a voce alta una poesia come segno di buona fortuna, sebbene il significato del testo fosse tutt'altro che lieto: ― «Sento gli avversi numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speranza oggi mi resta! Straniere genti, almeno le ossa rendete allora al petto della madre mesta».
― Non per fare il guastafeste, - la interruppe Michael - ma quella poesia è stata scritta in onore di un fratello morto per debiti di gioco. 
― Ma presto Sol ne avrà uno, se non ci sbrighiamo! - furono le parole veritiere di Paige, prima di rivolgersi al pilota della navetta: ― Quanto manca, Cortez?
― Siamo a circa cinque minuti. - fu la risposta - Neanche immagini lo spettacolo che c'è qui fuori, potremmo persino mandare una cartolina a Joker!
― Sì, il panorama di Palaven è fantastico. - ammise Sol via radio - Ma purtroppo non siamo venuti per una gita turistica.
Come darle ragione! Garrus era scomparso e, a parte pochi individui, nessuno sapeva dove si fosse nascosto ormai che le guardie l'avevano etichettato come un fuggitivo. Tuttavia, di recente una volante della polizia locale aveva segnalato lo schianto di una navetta presso il distretto Umbrus Nocturni, quasi ai margini della città: ― L'area è già stata transennata e solo la Polizia può passare. - aggiunse, infine, l'alleata Turian - Ma forse tu potresti entrare, comandante. Molti di noi ti considerano come uno spirito vivente della vittoria.
Ed era proprio così. Infatti, appena la squadra scese a destinazione, non solo trovò Sol e Edra già sul posto ma anche un pugno di poliziotti intenti a indagare sul sito di schianto. A dirigere le operazioni c'era un Turian con una benda metallica sull'orbita sinistra e dalle scaglie più rosse del sangue umano che tutti chiamavano "Capitano Spartan". Egli, appena vide la piccola comitiva avvicinarsi ai nastri della Polizia, la fermò rivolgendosi a Paige col dispregiativo "xharax" (ossia "pelle flaccida"), una parola poco amichevole coniata dai Turian ai tempi della Guerra del Primo Contatto per indicare gli umani. Quando però la comandante si presentò con la sua celebre cordialità, il capitano Spartan e uno dei suoi agenti più giovani abbandonarono quella diffidenza tipica dei Turian rivolgendole piuttosto un saluto militare: ― Serah Shepard... Paige W. Shepard! - esclamò il ragazzo - Che onore vederti passare nelle nostre strade!
― Mi perdoni se prima non l'avevo riconosciuta. - si scusò umilmente Spartan. Dopodiché questi ebbe il privilegio di stringere la mano all'eroina della galassia, prima di tornare formale: ― Ora però sarò sincero. Di solito qui dovrebbero esserci gli uomini di Hanib Maggor a esaminare i resti, ma sfortunatamente non è in ottime condizioni di salute. Ciononostante siamo comunque riusciti a respingerli, ma non in via definitiva. 
In effetti potrebbero tornare nel caso Garrus fosse risalito in superficie per medicarsi le ferite, ricaricare le armi e rituffarsi nel cuore dell'azione. Questa era la proverbiale forza di volontà dei Turian, quella che li esortava a non arrendersi e, anzi, a vivere e morire per la propria causa per la sicurezza della comunità. Nonostante la nomea di "pessimo Turian", egli avrebbe potuto anche pagare con la vita se questo gli avesse garantito di elevare la sua voce in nome della libertà; libertà che gli era stata negata il giorno in cui Hellax lo aveva imprigionato sulla sua Tartarus. Al termine delle spiegazioni, il capitano Spartan lasciò passare il gruppo di Paige affinché lei potesse esaminare il relitto e l'accesso alle gallerie in cerca di indizi. Grazie anche a un attento esame di IDA, Edra e Shepard scoprirono che i condotti passavano proprio sotto la Domus Onyx di Hellax ed erano sorvegliati dai Disertori, almeno una cinquantina. Paige non voleva rischiare un'altra imboscata come quella su Tuchanka, perciò decise di raggirare l'ostacolo semplicemente attraversando la zona dall'esterno, magari incrociando la mappa cittadina con quella della rete fognaria cosicché la comitiva non avrebbe sbagliato strada. Il percorso, comunque, prevedeva almeno uno o due chilometri a piedi e bisognava attraversare il trafficato forum commerciale... ebbene sì, anche Cipritine come l'antica Roma aveva un "Foro" in cui i cittadini si fermavano davanti alle bancarelle (anzi, ai terminali!) per fare shopping, oltre che mucchi di bambini e ragazzi accalcati davanti a un vecchio che raccontava loro la Guerra dei Razziatori come fosse un poema mitologico. Uno di essi, in particolare, si separò dagli altri e cominciò a seguire Paige imitandone l'andatura ma in modo buffo al punto da inciampare e rimettersi in piedi quasi immediatamente: ― Mi chiamo Fenris, e da grande voglio diventare come te, serah Paige. - esordì il piccoletto dalle scaglie argentate e gli occhi smeraldini, mostrandole un foglio tutto stropicciato su cui era disegnato a pastelli il suo ritratto. Davvero adorabile!
Ovviamente Paige s'intenerì e gli rispose con gentilezza: ― Non dubitarne mai, tesoro. E quando quel giorno arriverà, i tuoi genitori saranno orgogliosi di te.
― Mamma e papà sono morti in un incidente d'auto, qualche anno fa. - disse Fenris a bassa voce. E sarebbe scoppiato a piangere davanti a degli estranei se Paige non l'avesse consolato appoggiando la fronte sulla sua nel tipico gesto d'amore materno dei Turian. Nessuno parlò più.
Quando infine il piccolo Turian tornò alla sua scolaresca, Paige sembrava contenta per aver ridato un sorriso a quell'orfanello e si promise che un giorno, chissà quanto, lo avrebbe adottato e donatogli una casa in cui sentirsi felice e amato come lo era stata lei quando fu salvata da Jean. Nel frattempo, gli sguardi in un misto di meraviglia e incredulità dei suoi compagni la convinsero che aveva una missione da compiere, perciò si lasciò alle spalle quel fantastico caos del mercato di Cipritine fino a arrivare a una piazza immersa nel verde e nei gargoyle e circondata su tutti i lati dalle statue dei principi-guerrieri dell'Età del Ferro Turian. Oltrepassata questa, finalmente la truppa arrivò al distretto delle tenute dei generali, le quali erano così semplici e spartane che sembravano delle normali villette a schiera che delle Domus. Ognuna di esse si distingueva da uno stile e una combinazione di colori particolare - per esempio, quella di Corinthus sfoggiava una livrea sui colori del fuoco, oppure l'ex villa di Victus era di un blando azzurro e le decorazioni ricordavano le onde del mare - e tutte erano contrassegnate da targhe d'oro con il nome del residente, alcuni dei quali addirittura sconosciuti a Paige: Rix, Kandros, Barro, Nyx, e così via...
Ma la vera stella del quartiere era la Domus Onyx di Hellax, imponente e bellissima. Era senza dubbio la residenza di un veterano, sebbene tuttavia assomigliasse alla versione in nero della reggia di Versailles. Naturalmente l'ampio cortile era circondato da alte mura rinforzate da barriere cinetiche, oltre le quali erano sparsi in tutta l'area decine di Disertori a fare la guardia all'ingresso. Al centro del cortile svettava la statua di un drago Turian con le fauci aperte e le ali quasi del tutto spiegate, come se fosse in procinto di attaccare chiunque scavalcasse il perimetro; Sol spiegò ai suoi amici umani che si trattava della statua di Arishok, lo spirito-guardiano degli Inferi dalla duplice morale, ossia misericordioso con i giusti ma allo stesso tempo spietato con i malvagi. In effetti tutte le sculture, i dipinti e le decorazioni della Domus erano a tema mitologico, facendo supporre che Hellax ne fosse affascinato almeno quanto la stessa Paige. Affascinante!
― Qui siamo bloccati. - esclamò Edra, esaminando la planimetria della villa via Factotum - Passare attraverso le guardie sarebbe come camminare in un campo minato.
― E se invece entrassimo dal tetto, magari con una navetta? – suggerì Ashley – Arriveremo dal retro, così non possono vederci, dopodiché ci caleremo dalla mansarda... vedete quella porta chiusa?
L'idea della tenente piacque molto a Paige e forse anche a Cortez, il quale scese con la Kodiak per recuperare la squadra e fare il giro del palazzo fino al retro. C'era davvero una porta-finestra sul tetto, ma era chiusa a chiave, quindi Michael provò a bypassarla e fu il primo a entrare e accorgersi di trovarsi nell'osservatorio della Domus: chiunque abitasse in quell'alloggio piaceva molto osservare il cielo tramite un telescopio molto costoso e leggere tonnellate di libri cartacei e digitali prelevati dalla stanza attigua, sebbene dal disordine s'intuisse che era stata abbandonata da tempo. Infatti, dove era stato confinato Hellax? Per rispondere a tale domanda, Edra si affidò al transponder del generale in modo da localizzarlo più facilmente – al momento stava indicando un punto specifico al piano inferiore, la cui bellezza lasciò tutti a bocca aperta appena scesi le scale in pregiato marmo di Thessia.
Come ho già detto, Hellax adorava la mitologia, al punto da avere le pareti adornate di arazzi e dipinti con scene a tema che Sol cercò di descrivere per i suoi amici umani. Ecco lì la statua del cosiddetto Mago d'Avorio, uno stregone Sireno (cioè un Turian con la coda di una sirena) che donò una pozione magica al Principe dei Sette Mari per conquistare l'abitante della terraferma che amava, la cui scena era rappresentata su un dipinto lì accanto. Sul lato opposto c'era la statua di Kadan il Signore del Deserto, la cui peculiare coda di serpente al posto delle gambe lo faceva avvicinare a un naga: ― Forse non ci credereste, – aggiunse Sol al termine della spiegazione – ma queste creature sono le nostre antenate. Inoltre pare, ma non è affatto confermato, che i Sireni esistano ancora. Ci sono testimoni che affermano di aver udito il loro canto vicino alle città costiere, ultimamente...
― E quello? – la richiamò Michael, davanti all'immagine di una specie di viverna su un arazzo – Che sia il Leviatano che trovammo in quel pianeta d'acqua nei Sistemi Terminus?
― No, un suo omonimo. Prima che adottassimo il culto degli spiriti, le nostre "divinità" erano i Tytanii, personificazioni antropomorfe e zoomorfe degli elementi della natura o dei nostri vizi e virtù. In questo caso, il Leviatano era il Tytanus dell'acqua, nonché il più temuto dei Tredici Originali.
― Questo spiega perché voi Turian siete dei pessimi nuotatori! – rise Michael divertito. Ma tutti gli altri ammutolirono all'improvviso dinanzi alla statua di quello che sembrava Archangel, l'alter ego di Garrus. Infatti, era risaputo che, nel suo soggiorno su Omega, tutti lo chiamavano in quel modo per le sue buone azioni, ma casualità voleva che esistesse un Archangel anche nei racconti mitologici Turian, anzi era addirittura il protagonista del celebre poema Hanib Iusti Irae (L'ira del Paladino dei Giusti, in lingua Turian), nel quale lo spirito della giustizia, dedito a proteggere gli indifesi, fu trasformato nell'incarnazione della vendetta dopo essere stato imprigionato e corrotto dalla follia dell'invidiosa Tytanus dell'avidità. 
Il silenzio si prolungò fino all'avvicinarsi alla sala della sicurezza, quando la truppa fu costretta a eliminare i due Disertori di guardia affinché non lanciassero un allarme generale agli altri. Dopodiché Shepard si avvicinò ai computer e ai terminali in modo da individuare su uno degli schermi qualche tipo di sagoma familiare, quale potrebbe essere il suo vecchio compagno oppure Hellax ormai "internato" dal Governo. Le telecamere monitoravano ogni stanza chiave della Domus, dall'atrio principale ai giardini e addirittura la piscina – il che era un paradosso, giacché i Turian non sapevano nuotare! Quando riconobbe il folle Turian chiuso in una vasca come quella in cui Grunt era stato allevato, le reazioni furono tra il sollievo e lo stupore ma anche di paura: come avrebbe influenzato la sua condotta? L'intervento del Governo lo avrebbe giovato o ne era immune? E la sua ossessione per l'Araldo si sarebbe sopita o addirittura peggiorata? Questi erano tutti quesiti che Shepard si poneva nel momento in cui contemplava la figura di Hellax che galleggiava in quello strano liquido colorato. Miracolosamente respirava ancora ma per Ashley non fu un sollievo, visto il suo crescente odio per quella specie di mostro xenofobo somigliante a Saren. Come vorrei dargli un pugno, pensò. Ma le sorprese non erano finite...
Edra stava di nuovo ricevendo il segnale di Garrus che poco prima credeva di aver perso, al che tutti si voltarono incuriositi verso di lui. Perfino Paige e Sol tirarono un sospiro di sollievo nello sentire la sua voce anche nella loro radio, perché il Salarian stava amplificando il segnale via Factotum: ― Parla pure. Noi ti sentiamo. – si rivolse la comandante all'amico Turian.
Questi ansimava come se avesse corso una maratona e tossiva rumorosamente: ― Pai, ehm... Shepard. Per gli Spiriti, cosa ci fai su Palaven? – Garrus doveva mantenere un tono formale nei suoi confronti perché in quel momento si vergognava a esprimere la sua gioia nel rivedere la sua amata sharim.
― Tua sorella era in pensiero per te, non ho potuto fare a meno di intervenire. – fu la risposta, anch'essa neutra, di Paige – Tu, invece, dove sei? Dalla voce mi sembri ferito...
Garrus faticò a descrivere il luogo in cui si trovava, forse gli mancava il fiato, ma appena trovò del medi-gel per curarsi le raccontò che era riuscito a fuggire dalla nave di Hellax, finendo però avvelenato dai guanti di una Cabal prima che la navetta precipitasse vicino a un ingresso alle fogne, appena sotto la Domus del generale. Era inoltre grato che i suoi compagni, in modo del tutto disinvolto, erano riusciti a raggiungere Palaven nonostante il pericolo delle radiazioni. Voleva aggiungere qualcos'altro, ma nel ricevitore si udirono alcuni Disertori urlare di aver trovato "il traditore" facendo saltare la copertura di Garrus. Dai rumori di tubature e dal cigolio delle valvole, sembrava che lo avessero intrappolato in una di quelle chiuse usate per drenare l'acqua dalle strade in caso di forte temporale. Non si riusciva a capire bene cosa stava succedendo laggiù, fino a che l'unica cosa comprensibile, prima che il segnale andasse perduto, era il boccheggiare di Garrus simile a quello di una persona che stava cercando di non soffocare da qualcosa di... liquido.

Il tempo era quasi scaduto, questa era la sua ultima occasione. Sarebbe mai riuscito ad arrivare all'altra parte? E se sì, avrebbe raggiunto Shepard in tempo? A lei sarebbe piaciuto ritrovarsi loro due, completamente soli, in posizione di vantaggio e un'orda infinita di cattivi da uccidere... nel suo caso, i Disertori che si trovavano dall'altra parte del finestrone di un'ampia sala umida e incrostata di muffa.
Lui aveva attivato l'Occultatore per sicurezza, in modo da attraversare indisturbato la stanza e poi eliminare le due guardie. Le sentiva parlare sulle condizioni di salute di Hellax, e che non portavano buone notizie. Non dovevano lasciare la zona in vita, cosicché Garrus poteva uscire e correre verso il tombino più vicino. Era così emozionato all'idea che non si accorse di aver attivato l'Occultatore per troppo tempo e alla fine si disattivò immediatamente appena si ritrovò davanti al vetro che lo separava dai Disertori: ― Abbiamo trovato il traditore! – esclamò uno di loro – Presto, attiviamo la pompa! Non deve fuggire!
E prima che Garrus potesse sfondare la finestra col calcio del fucile, la seconda guardia sbloccò la chiusura d'emergenza che fece calare una paratia davanti a lui. Dopodiché si sentì il caratteristico rumore dell'apertura di una valvola e, all'improvviso, un violento getto d'acqua lo investì in pieno, con una forza tale da scagliarlo a terra. Tuttavia evitò comunque di tapparsi il naso per non annusare l'inconfondibile olezzo di fogna e si concentrò piuttosto a trovare un qualsiasi pertugio da cui fuggire prima di annegare in due dita d'acqua. Passarono cinque minuti ed era già arrivata alle ginocchia, ma niente portellone d'emergenza... eccetto forse una grata posta molto in alto, quasi a pelo del soffitto, raggiungibile comunque arrampicandosi su una scaletta. Garrus provò lo stesso, anche per rimanere all'asciutto il più a lungo possibile e poter usare la lama Factotum sul coperchio arrugginito della grata. L'aveva solo scalfita quando l'acqua era arrivata ai fianchi ed era così fredda che lui lasciò la presa e cadde di sotto!
La stanza si era riempita al punto tale che Garrus non riusciva a toccare il pavimento con i piedi e il suo istinto di sopravvivenza lo spingeva ad aggrapparsi a qualcosa per non affondare, come la scaletta di prima o i tubi che sporgevano dal soffitto. Chiuso in una stanza sigillata e completamente da solo, il freddo, l'acqua a livelli impossibili... il suo incubo peggiore si stava avverando! Non sapeva neanche se il canale da cui essa usciva sarebbe stato la sua via d'uscita, ma non sapeva se fosse abbastanza grande per passarci... oppure riprovare a segare la grata, ma neanche quella pareva troppo piccola per lui. Aveva ancora pochi centimetri d'aria e poca forza nei muscoli delle braccia – nonostante, in quel momento, il corpo gli sembrasse di piombo – per mandare un messaggio a Edra e ai suoi amici della Normandy e raccontare loro cosa stava succedendo. Si rasserenerò nello sentire la voce di Paige e di sua sorella Sol dall'altra parte del ricevitore e mormorò ― Se non dovessi farcela, potete dire alla comandante che la... – ma qui dovette fermarsi.
Era costretto non solo perché il collegamento saltò ma anche perché aveva letteralmente l'acqua alla gola, e le braccia stavano pian piano perdendo la presa per aver trattenuto per troppo tempo quel tubo che gli stava salvando la vita. Non abbastanza evidentemente, visto che la corazza naturale dei Turian non gli permetteva di galleggiare come farebbe un umano o un'Asari. Che ironia, però: era quasi morto per un razzo in faccia su Omega e adesso stava per morire nelle viscere di Palaven, il suo pianeta natale... no, lui era già morto, sotto quella cappa d'acqua che gli lambiva il mento... e fu lì che gli parse di vedere il volto di Shepard che gli allungava una mano appena inspirò la poca aria rimasta e chiuse gli occhi, proprio quando l'acqua gli sfiorò il viso!
Per gli Spiriti, lei non era lì, non poteva essere lì! Magari era già morto e quella splendida visione, una donna nuda dai lunghi capelli scuri molto simile a Paige, era la sua valchiria... oppure era un sogno? Non stava sognando, per fortuna, e aprendo gli occhi si accorse che stava a poco a poco andando a fondo, lì dove prima c'era il pavimento. Ora, tra il panico iniziale e la premura di non aprire mai bocca lì sotto, Garrus ricordò di aver visto dei video non molto tempo prima, quelli in cui degli umani si muovevano aggraziatamente nell'acqua compiendo gesti fluidi e coordinati come quelli di un delfino o una rana – che fossero vecchi documentari sportivi o spezzoni tratti da film con proprio l'acqua come protagonista. Ma lui era un Turian, non sarebbe mai stato in grado di nuotare! Eppure, paradossalmente, doveva farlo per uscire da quella prigione mortale, altrimenti non avrebbe mai più rivisto il volto di Shepard... e stavolta sul serio!
Allora, con un minimo di prudenza, Garrus iniziò a muovere braccia e gambe avvalendosi ai video degli umani. Sentì un fischio provenire dal canale aperto, tastandone le dimensioni... sì, poteva passarci, ma non verso la libertà! E quella grata che aveva ignorato? In effetti, guardando attraverso le sbarre, si riusciva a scorgere qualcosa tipo il letto di un fiume o una vasca di raccolta più grande, distante un centinaio di metri... ma per Garrus, che nuotava lentamente e con cautela, sembravano chilometri e di questo passo avrebbe esaurito la boccata d'aria prima di uscire dall'acqua. Doveva rischiare, e così risalì a ritroso il tubo sforzandosi inoltre a trattenere il respiro più che poteva nonostante le guance iniziassero già a cedere. No, doveva resistere! Non era un Turian tradizionale, il suo ruolo nel mondo era rendere più luminosi i sorrisi delle sue persone care e aveva giurato di non deludere nessuno. Ecco il segreto della sua tenacia e determinazione! Nuotava, nuotava, fino a che sentiva i polmoni sul punto di scoppiare dopo un'apnea così lunga e il desiderio di riprendere fiato si faceva impellente! 
Finalmente l'uscita. Riusciva a vedere il riflesso delle luci e la sagoma di un Disertore seppur distorti dal riverbero dell'acqua, e questo significava che stava per uscire da una specie di piscina, ma ancora non era capace di nuotare verso l'alto e, anche se ci fosse riuscito, automaticamente sarebbe affondato a causa del carapace troppo pesante. Certo, così avrebbe mandato al diavolo quel figlio d'un cane di Newton, ma se voleva vivere doveva vincere la forza di gravità. Alla fine, muovendo le braccia e gambe con più energia, Garrus raggiunse la superficie e poté respirare ormai completamente libero. Lo sforzo dell'apnea si sentì subito, però, anche quando si aggrappò pigramente al bordo della vasca per uscire dall'acqua e appena all'asciutto non trasalì immediatamente in piedi ma cadde a terra supino, dando ai suoi polmoni il tempo di riprendersi: ― Come sarebbe a dire che è fuggito?! - disse improvvisamente quella che gli parve la voce di Peonia.
Il Disertore suo interlocutore camminava nervosamente prima di rispondere: ― È la verità, signora. Siamo appena tornati nel canale in cui l'abbiamo rinchiuso... niente di niente, non c'è traccia del suo corpo.
― Trovatelo, dannazione! - ruggì l'Asari, incollerita - Il generale vuole la sua testa! Prima lo ammazziamo, prima potremo andarcene sulla Terra.
Passarono cinque minuti e l'uomo si mosse verso la sua direzione, il momento perfetto per eliminarlo e prendergli l'arma, con l'intenzione di sostituire quelle bagnate e mal funzionanti. Purtroppo il rumore aveva attirato l'attenzione di un altro paio di mercenari che in quel momento sciamarono nel condotto da cui Garrus era uscito. Li sentiva parlare tra loro, di che cosa non aveva importanza, erano comunque distratti al punto da non accorgersi della sua presenza anche nuotando sotto i loro piedi oppure passandogli accanto con l'Occultatore attivo. Peonia era alla parte opposta e stava supervisionando personalmente le gallerie nel caso in cui il prigioniero passasse di lì. Non poteva minimamente immaginare che lui si stava avvicinando alle spalle con l'intento di ucciderla a sangue freddo. Sfortunatamente l'Asari era più sveglia e con riflessi più rapidi dei suoi stessi uomini, al punto da accorgersi della presenza di Garrus dalla puzza che impregnava la sua pelle e con una lancia biotica lo afferrò e lo scaraventò nel pozzo.
Peonia credette di essersene sbarazzata, ma il Turian non si ruppe l'osso del collo con quel volo: era, infatti, ancora vivo, aggrappandosi a una nicchia col Factotum a una decina di metri di profondità. Furiosa, radunò una squadra e scese allo stesso livello di Garrus: non poteva permettere di lasciarlo libero dopo ciò che aveva fatto sulla Tartarus, e avrebbe pagato con la morte insieme a Edra! Lo inseguirono fino a un grosso locale circondato da tubi e, con i suoi minuti di vantaggio, lui aveva avuto tutta la calma di caricare delle mine di prossimità in punti strategici in modo da decimare rapidamente le guardie di Peonia. Quando quest'ultima arrivò, com'era successo su Aite, lo costrinse in un angolo con una pistola puntata addosso: ― Basta con i giochetti! – l'apostrofò, carica di rabbia – Ora vieni con me, so già come punirti quando torneremo da Hellax... e questo vale anche per il tuo amico Salarian!
Garrus non vacillò e, stringendo forte la mascella a contenere la rabbia, si voltò a guardare Peonia e le rivolse un amaro sorriso. Dopodiché sollevò un momento il fucile sparandole di striscio un Colpo stordente, il quale non solo la atterrò senza ucciderla ma finì contro una parete su cui era installata una delle mine. La conseguente reazione a catena investì i Disertori che la accompagnavano, morendo all'istante, ma quando lei si rialzò il suo interlocutore era pronto a spararle di nuovo. Peonia stava per rispondere al fuoco e invece sentì solo Garrus che le stava dicendo: ― Shepard ti manda i suoi saluti. - prima di ritrovarsi lei stessa investita dalle fiamme nel tentativo di uscire dalla trappola tessuta dal Turian. Aveva una gran voglia di ridurlo in poltiglia ma lui era già scomparso, si era tuffato nella vasca sottostante. Non sarebbe andato lontano, pensò l'Asari, laggiù i cunicoli conducevano direttamente alla Domus di Hellax e come minimo non sarebbe mai uscito vivo né da lì né dal pianeta. In fondo, Shepard sarebbe mai arrivata in tempo a recuperarlo?
Intanto Garrus cadde nuovamente in acqua. Finché in superficie l'aria stava bruciando, non poteva risalire per riprendere fiato, perciò fu costretto ad abbandonare la timidezza e nuotare lì sotto il più velocemente che poteva verso il passaggio a destra, da lì svoltò a sinistra e poi di nuovo a destra. Questa volta, dal momento che il viaggio era più lungo della rocambolesca fuga dalla camera stagna di poco prima, di tanto in tanto era perfino possibile fermarsi nelle numerose sacche d'aria ove recuperare l'ossigeno necessario per proseguire. Alla fine Garrus emerse nei pressi di un ampio stanzone sulla cui sommità adocchiò un coperchio socchiuso, quindi un tombino da cui risalire all'esterno. Benché l'odore di fogna che aveva addosso lo stesse quasi soffocando, egli si arrampicò deciso sulla scaletta e finalmente riuscì a sollevare il coperchio e uscire, ispirando profondamente quella tanto ambita aria fresca: ― Sono libero! – esclamò al cielo.
Libero sì, ma disarmato... di nuovo! Tuttavia i canali radio funzionavano ancora e in qualche modo lasciò un messaggio alla comandante: ― Shepard, mi senti? Sono rimasto a piedi e senza neanche una pistola. Ora raggiungo la Domus Onyx...
― Spiriti celesti! – urlò una voce Turian dall'altra parte del ricevitore, era Sol – Lieta di sentirti ancora vivo!
― Garrus è un osso duro. È difficile ucciderlo. – la consolò Shepard. Poi, rivolta al suo compagno Turian: ― Dov'eri finito? Abbiamo temuto il peggio.
― Ho frequentato un corso accelerato di nuoto... nelle fogne. – rispose lui, col suo famoso umorismo – Niente di grave. Quando tornerò a casa, mi farò una bella doccia calda con tanta schiuma.
― L'igiene personale non rientra nelle tue priorità in questo momento, Garrus. – lo ammonì IDA, anche lei collegata alla radio – Rilevo un grosso contingente di Disertori dirigersi verso la tua posizione.
― Prima di tutto, mi servirebbero delle armi. Dove le trovo?
La risposta si trovava in un deposito non lontano, a est – si trattava di un'armeria portatile utilizzata dagli stessi Disertori. Qualche forzatura col Factotum e una piccola modifica al meccanismo di bloccaggio permisero al Turian di aprire il contenitore e gustare così i frutti dei suoi sforzi quali una nuova corazza (forse identica a quella che aveva perso) e qualche arma non inceppata dall'acqua... e pregò gli Spiriti di non finire nuovamente disarmato al momento sbagliato. Fu esattamente quello che accadde ma non era l'arma, bensì il pugno di Disertori che si stava recando alla Domus di Hellax per occuparsi degli intrusi: Shepard! - esclamò Garrus nella sua testa - Il generale la ucciderà. E in quel momento capì che la squadra della comandante aveva trovato il capezzale di Hellax finendo tuttavia nel mezzo di un fuoco incrociato con i mercenari di Peonia e con le uscite bloccate... sì, l'unica ipotesi plausibile. Ma... qualcosa si muoveva dentro di lui, più profonda, più intima... che non partiva dal cervello ma dal cuore, identica a quella di uomo che teme di perdere la propria moglie, l'amore della propria vita. Scosse automaticamente la testa, disgustato all'idea di avere un attaccamento sentimentale con la sua stessa comandante, eppure una parte di lui insisteva che doveva smettere di negare all'evidenza e che era compito suo correre dalla sua donna e salvarla esattamente come in quei vecchi film d'azione. Certo, lei avrebbe odiato a morte la faccenda della donzella in pericolo ma lui era convinto che ne sarebbe felice e, chissà, i due si sarebbero permessi una piccola e piacevole ricompensa... anche sotto le lenzuola. 
Qualche minuto dopo il caos era inevitabile! I Disertori avvistarono immediatamente il fuggitivo ma questi resisteva e rispondeva al fuoco, imperterrito, perché era il suo cuore e non il cervello a muovere il suo corpo. La sua donna era chiusa in una trappola e doveva raggiungerla! Neanche un cannoniere era in grado di fermarlo e ciò dimostrava che anche un solo uomo poteva affrontare con coraggio un intero esercito. Era arrivato il momento di reagire!

Hellax finalmente si ridestò dal trattamento correttivo appena in tempo, poiché la sua degna rivale era entrata in casa sua senza permesso. Non era una vera mancanza di rispetto ma gli rodeva lo stesso il fegato sapere che tra le sue fila si nascondeva un traditore. Chi mai potrebbe essere? L’unico individuo che rispecchiava questo appellativo era quel sorden mos di Edra, il suo scienziato e ingegnere. Il suo atteggiamento sospettoso e paranoico era indubbiamente il primo segnale d’allarme che c’era qualcosa che non andava, ma era così occupato sull’Araldo da non vedere dov’era il problema e dunque muovere un dito per risolverlo. Troppi pensieri per la testa da non vedere la cospirazione tessuta da un Salarian più furbo del solito! Il danno oltre la beffa! Un insulto troppo grave da rimanere impunito. Tuttavia, come il capo di una tribù guerriera che accoglie l’eroe di turno con l’onore e il rispetto che merita dopo aver conquistato il palazzo reale, così anche Hellax si rivestì con la sua solita corazza per accogliere festosamente la comandante umana e la sua colorita compagine: questa pagliacciata doveva finire!
― Haifa, Shepard. Ti aspettavo. – la salutò cordialmente, quando lei i suoi ragazzi irruppero nella sua Domus, prima che i Disertori potessero aprire il fuoco.
Shepard sembrava contenta che, una volta tanto, Hellax si comportava in modo civile e poco guerrafondaio, a testimonianza che il trattamento subìto dal Primarca aveva davvero giovato alla sua salute. L’indignazione del generale riguardo ai traditori, tuttavia, non era ancora sopita, e infatti fu proprio Edra a dar voce alle sue preoccupazioni: ― Gli umani hanno un detto. – esordì il Salarian, facendo un passo avanti – “Il nemico del mio nemico è mio amico”. Guarda cosa ti ha fatto quel Razziatore! Ti ha ridotto a un varren che non alza mai lo sguardo neanche quando gli viene sottratto il suo pasto. Sei diventato cieco!
― Eppure, paradossalmente, la comandante Shepard è diversa da tutti gli altri xharax che ho conosciuto nella Guerra del Primo Contatto: lei può vedere e capire la pericolosità dell’Araldo... nonché la gravità dell’insulto all’onore Turian. – poi, rivolto a Paige: ― Rispondimi, allora. Come risolveresti questo stallo?
― Stringendo alleanze, è la mia specialità. – fu l’immediata risposta dell’umana – Inoltre, Garrus avrà sì infranto qualche legge della sua stessa gente, ma è pur sempre un figlio di Palaven. Ognuno di noi è artefice del proprio destino e tesse da solo la tela della vita... è questo il bello del libero arbitrio.
A quel punto Ashley, che aveva assistito alla scena, ruppe il silenzio del tutto disgustata da ciò che stava per fare la sua comandante: ― Non farlo, Shepard! – la ammonì – Quel figlio di puttana ti pugnalerà alle spalle alla prima occasione.
Paige era saggia, non stupida. Una volta aveva tentato di deviare Saren dai suoi oscuri propositi in quella maledetta missione su Virmire che aveva costato la vita di Kaidan. Ricordava molto bene quel momento: parlandogli, capì che era stata la Sovereign a indottrinare tutti, e l’influenza su Saren era la più profonda. Cercò di convincerla che aveva ancora il controllo, disse di aver trovato un modo di ridurre l’influenza del Razziatore, ma s’illudeva... oppure credeva alle menzogne della Sovereign. Questa volta però era diverso, perché Hellax non era indottrinato, solo invidioso della fama di Shepard – una donna talmente occupata a salvarsi la pelle da dimenticarsi dell’Araldo, la cui pericolosità era ormai palese anche agli occhi della celeberrima salvatrice. Ashley non lo ammetterebbe mai, ma i postumi di Virmire erano vividi anche in lei al punto da non osare discutere con la sua comandante quando questa propose a Hellax ad abbandonare il suo odio verso Garrus almeno per il momento.
Quando finalmente il caro compagno scomparso irruppe nella Domus del generale, ebbe l’impressione di sognare a occhi aperti. Nessun Disertore aveva voglia di ucciderlo e il loro stesso capo chiese loro di ritirare l’ordine di catturarlo e giustiziarlo, giacché non era più necessario. Garrus ringraziò gli spiriti di non essere più ricercato e, senza badare alla formalità, si precipitò ad abbracciare Paige il più forte che poteva come aveva fatto lei su Aite alcuni giorni prima. Allo stesso tempo, tuttavia, era un abbraccio pigro e scialbo, come se fosse stanco... stanco e sporco, in realtà, e lui non vedeva l’ora di tornare a casa per una doccia calda e tanta schiuma. Almeno questa giornataccia è finita, sospirò mentalmente mentre trascinava le sue gambe stanche verso la Kodiak di Cortez, la cui mente si allontanò a poco a poco dalla realtà.
Nel frattempo Edra si scusò con tutti e anche col suo capo, eppure la sua indignazione nei suoi confronti non si placò ed espresse il desiderio di voler essere trasferito in una nuova località dove il suo talento informatico sarebbe stato sfruttato a fin di bene. Jean, la madre adottiva di Paige, era più che felice di accogliere il suo genio a bordo dell’Atlas in modo da dargli una seconda possibilità senza dover essere assassinato da Hellax per la sua disobbedienza. Con un membro in meno, i Disertori di Taetrus si sarebbero ritrovati più deboli e in svantaggio tecnico ma ciò non intaccò negativamente sui progetti di Hellax, il quale sapeva già cosa cercare e anche dove: da qualche parte sul pianeta Terra.
Inviate le coordinate a Joker una volta risalita sulla Normandy, Paige continuava a pensare a cos’era accaduto a Garrus durante la sua rocambolesca fuga dalle prigioni alle fogne, e non serviva l’occhio da psicologo di Kelly Chambers per comprendere quanto fosse preoccupata per lui. Lo guardava con l’occhiata tipica di una madre in pensiero per il suo piccolo ed era indecisa se lodarlo o rimproverarlo proprio per aver fatto soffrire i compagni ma soprattutto... lei stessa! Lo conosceva da tredici anni e lui la ringraziò facendogli vivere quest’incubo? Per consolarsi e distrarsi un po’, Paige si apprestò a consultare il suo terminale privato e tra le e-mail ormai archiviate spiccava quella del Primarca, dal titolo Poteva andare peggio:

Comandante Shepard,
Mi sorprende apprendere che il generale Hellax abbia risposto in maniera positiva al mio trattamento correttivo e che sia rinsavito tanto da stringere un’alleanza con lei. Sebbene io abbia il sospetto che il suo equipaggio non approvi tale decisione, sappiamo entrambi che è sempre meglio dell’alternativa: avrebbe potuto condannare all’impiccagione un concittadino (nonché nostro amico) innocente. Ora prego gli spiriti che lei riesca a raggiungere la Terra e porre finalmente fine a quest’incubo dei Razziatori. E se per caso Hellax tornasse ai suoi folli propositi, ha tutto il mio appoggio per consegnarlo alla giustizia.
P.S. Ho dimenticato di dirle che Garrus non è più il traditore che il generale sostiene di essere. Anche se, visto il forte legame affettivo che nutre per lei, farà di tutto per allontanarsi dalla nostra società, Palaven sarà sempre la sua casa. Abbia cura di lui, comandante.

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