Everybody needs a soul

di happiness_xx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***




24 Dicembre 2001
La sera della vigilia di Natale era uno dei momenti dell’anno che più adoravo, lo passavo con tutti i miei familiari tra cene lunghissime e vivaci giocate a carte. Mia madre era solita preparare dei biscotti al cioccolato buonissimi, il loro sapore gustoso e la loro friabilità erano i motivi per il quale ne andavo matta e lei lo sapeva bene, lo faceva per me. Quel Natale, però, fu diverso dagli altri perché cambiò la mia vita, segnandola profondamente. Mentre mia madre sfornava l’ultimo vassoio di biscotti, ormai mancava poco affinché li servisse, io portavo un bicchiere di coca-cola a mio fratello di dodici anni che giocava a carte con il nonno e lo zio. Ad un tratto un rumore molto forte mi fece sobbalzare, per poco non facevo cadere il bicchiere per terra. Andai in cucina pensando che a mia madre fosse caduto il vassoio di dolci per terra, ma trovai una sorpresa assai più spiacevole. Per terra non c’erano solo il vassoio con i biscotti sbriciolati, ma anche il corpo di mia madre. Fu vano il tentativo di portarla in pronto soccorso, era troppo tardi. Quel Natale la portò via con se in un attimo, e con lei anche ciò che io ero sempre stata. Quel giorno che tanto amavo e attendevo oramai lo odiavo, l’entusiasmo da bambina che avevo cominciò a spegnersi e crescendo i sorrisi, quelli veri, sinceri, che ti escono dal profondo del cuore con un atto del tutto involontario sparirono e tutto perse magia.

13 Ottobre 2009
Ero ad un passo dall’attraversare quel massiccio portone in legno del collegio che mio fratello Louis mi aveva obbligato a frequentare. Da quella notte io e mio fratello abbiamo vissuto con i nostri nonni, ma in maniera del tutto differente l’uno dall’altra: lui il nipote perfetto, quello che tutti desidererebbero avere, con un ottimo futuro; io la sedicenne ribelle, quella che creava disagi e problemi, che porta all’esasperazione, scontrosa, e che vive alla giornata. Siamo cresciuti io e Louis e, con noi, anche per i nonni il passare del tempo si faceva sempre più visibile, la stanchezza più sentita, l’esasperazione più evidente. Ricevevano una chiamata dalla scuola almeno una volta a settimana perché non mi presentavo, e quando lo facevo ero distratta, entravo in ritardo, non seguivo le lezioni, rispondevo con toni poco appropriati ai professori, fumavo nei bagni. Sono consapevole del fatto che vedermi così non faccia bene ai nonni, ma non m’importa. Chiamatemi egoista, sfacciata, pensate quello che volete, non riesco ad essere diversamente da come sono. Così a mio fratello è venuta la brillante idea di farmi iscrivere al suo stesso collegio, lui era “perfetto” per il mondo quindi mi è sconosciuta la causa per la quale sia lì. Probabilmente voleva pesare il meno possibile sui nonni e sicuramente quindi questo è il motivo per il quale ora mi trovi qui adesso. Entrai in quell’edificio pieno di ragazzi e ragazze che mi guardavano con delle facce perplesse – oserei dire schifate – il che, quindi, o erano provocate da qualcosa mangiato in mensa –magari andato a male- o dal modo in cui mi ero presentata. Sì perché a quanto pare i jeans trappati, le maglie larghe e i capelli disordinati non erano graditi molto lì. Per accentuare il tutto avevo colorato le punte dei capelli di blu, volevo far innervosire mio fratello. Che ragazzina penserete, ma ero arrabbiata.
Mi guardai intorno e notai Louis venirmi incontro con aria seria e incazzata sul volto.
«Mi dici come ti sei vestita? » mi chiese poggiando la sua mano sulla mia schiena incitandomi a camminare, probabilmente voleva raggiungere un angolo senza nessuno dove potermi sgridare come si deve, o semplicemente provava vergogna di me.
«Ho sedici anni e sono libera di indossare ciò che mi pare » risposi con aria secca.
Mi accompagnò in presidenza, mi lasciai andare su uno di quei lussuriosi divanetti d’attesa quando all’improvviso la porta si aprì, «Prego, accomodatevi ».
Entrai nella stanza del preside e mi sedetti davanti a lui, a separarci c’era una cattedra che in quel posto gli conferiva potere.
Cominciò dicendo: «Vede signorina Tomlinson, in questo collegio ci sono delle regole e una di queste vieta agli studenti di masticare delle gomme, soprattutto se lo si fa così rumorosamente» mi porse un fazzoletto di carta facendomi capire che avrei dovuto buttare la gomma subito e continuò «Suo fratello mi ha già accennato qualcosa su di lei e, anche se non siamo partiti nel migliore dei modi sono sicuro che potremmo farla migliorare, Louis è un ottimo studente, qui lo adorano tutti, spero prenderà le sue orme d’ora in poi. Per quanto riguarda le lezioni siamo al 13 di Ottobre, non ha perso molto quindi non dovrebbe avere problemi nel recuperare. La sua stanza è la numero centoventisei, lì troverà già la sua coinquilina, si chiama Sharon ed è un’ottima studentessa. Come ultima cosa vorrei informarla del fatto che nel suo armadio troverà già la sua divisa e le chiedo di lavare via quel colore dai capllli, teniamo molto alla vostra formazione e anche al modo in cui vi presentate. Queste sono le chiavi e per qualsiasi problema io sono qui.»
Presi le chiavi e uscì dalla stanza senza dire nulla; non solo sono stata costretta a venire qui, devono anche obbligarmi ad indossare una divisa e a comportarmi in un modo che per nulla si addice al mio io. Ero incazzata. Vidi Louis parlare con alcuni ragazzi così attraversai da sola una lunga scalinata, presi il corridoio a destra e cercai il numero centoventisei inciso su qualche porta. Una volta trovata entrai in stanza, la mia nuova coinquilina era distesa sul letto e leggeva un libro. Si mise subito in piedi porgendomi la sua mano
«Oh ciao, tu devi essere Nicole, molto piacere sono Sharon la tua coinquilina»
«Si lo so chi sei» le passai davanti mentre lei aspettava ancora che le stringessi la mano, quando capì che non ne avevo la minima intenzione decise di ritirarla.
«Bene, ehm.. nell’armadio trovi la tua divisa e ti informo che tra un’ora c’è lezione » riprese la lettura del suo libro.
Quella divisa era orribile e su di me era ancor peggio; gonna, giacca, calze che arrivavano fin sopra alle ginocchia e scarpe erano in blu notte, il tutto spezzato da una camicia bianca. Feci uno shampoo per rimuovere il colore dalla punta dei miei capelli anche se ne sarebbero serviti almeno altri due per tornare alla “normalità”. Sentii bussare alla porta e quando Sharon aprì vidi la testa di mio fratello sbucare come un fungo dal terreno, era venuto per accompagnarmi a lezione, ma non aveva ancora capito che io con lui non avevo intenzione di parlare ne di passare del tempo.. E’ per colpa sua se mi trovavo lì, se indossavo quei vestiti orrendi e se avevo l’obbligo di frequentare le lezioni senza scuse. Arrivai in classe e notai che nessuno ora mi fissava come prima, forse perché vestita in quel modo potevo sembrare una di loro, ma non lo ero affatto.

***
Ciao, ho iniziato questa storia 6 anni fa, ma dopo 5 capitoli decisi di mollare. 
Poco tempo fa ho riletto i capitoli e ho deciso di volera continuare con una scrittura un po'
più matura. Ho deciso di ripubblicare i 5 capitoli mantenendo intatta la storia di fondo, 
modificando però il modo in cui era scritta. Questa volta ho voglia di portare a termine la stora
così da poterne iniziare altre. Spero vi piaccia.
Se non vi è da disturbo lasciate delle recensioni (anche negative, così da poter capire cosa
c'è da migliorare). Grazie di cuore.
Un bacio, happiness_xx :*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***




 

«Okay ragazzi, per dopodomani dovete studiare l’intero capitolo.»  si concluse così l’interminabile, noiosissimo, discorso della prof di storia. Misi i libri nello zaino e mi recai in mensa.
Una volta preparato il mio vassoio cominciai a guardarmi intorno nella speranza di trovare un tavolo libero, non avevo voglia né di stare con mio fratello, né tantomeno di stringere amicizia.
In fondo a sinistra c’era un tavolo vuoto, era vicino al cassonetto, ma poco m’importava; l’importante per me era rimanere da sola. Mi avviai per raggiungerlo prima che qualcuno lo occupasse, anche se in realtà credo che a nessuno fosse mai venuta in mente l’idea di sedersi lì. D’un tratto però qualcuno mi venne completamente addosso facendo cadere me e il cibo che avevo sul vassoio, facendomi sporcare tutta.
«Oh cavolo, mi dispiace tanto» non avevo ancora alzato il capo per vedere chi fosse, ma era facile capire che si trattava di una voce maschile, si distingueva bene nonostante le grasse risate di sottofondo. Sì perché a quanto pare tutta la mensa aveva assistito allo spettacolo. Alzai lo sguardo e capì che non mi ero sbagliata affatto; questo ragazzo era molto alto, o almeno mi pareva che lo fosse visto che ero ancora per terra, aveva un sacco di ricci castani e due grandi occhi verdi, mi tendeva la mano per aiutare a rialzarmi.
«Perché, invece di scusarti, non provi a stare un po’ più attento? » risposi alzandomi da terra, senza il suo aiuto ovviamente, alzando i toni di voce come io sono solita fare nel momento in cui mi incazzo. Una volta in piedi realizzai che quell’altezza era reale e non era dovuta al fatto che io fossi per terra all’inizio, cavolo era davvero alto.
«Scusa io non ti ho vista, non l’ho fatto di proposito»
«Ci mancherebbe» raccolsi il cibo da terra e lo riposi sul vassoio prima di poggiarlo su un tavolo qualunque, andai via il più in fretta possibile con tutti che mi fissavano. Fantastico, chi non desidererebbe fare una figura di merda colossale il suo primo giorno in un collegio che neanche voleva frequentare. Odiavo tutto questo e soprattutto odiavo mio fratello ancor di più adesso. Decisi di tornare in stanza, mettere a lavare quella divisa del cavolo, feci una doccia e mi sdraiai sul letto, le cuffiette alle orecchie.


                                                                                                             -Harry
«Ehi Harry, che cos’hai?» ero così immerso nei miei pensieri che non mi ero accorto del fatto che Louis mi avesse raggiunto in cortile.
«Niente.. pensieri.» risposi incrociando le braccia.
«Come se non ti conoscessi, avanti.. sputa il rospo, cos’è successo?» mi diede una gomitata leggera incitandomi a parlare. Louis è sempre stato il mio migliore amico da quando l’ho conosciuto in collegio. Con lui non avevo bisogno di dire se avessi dei problemi o meno, lo capiva semplicemente e insieme trovavamo sempre i modi per risolverli.
«In poche parole oggi ho incontrato una ragazza in mensa, bhe.. più che incontrato direi ‘investito’» cominciai  «le ho chiesto scusa ma lei era infuriata con me»
«E allora? Le hai chiesto scusa, se non vuole ascoltarti problema suo.»
«Lo so ma, insomma, non l’ho fatto mica di proposito, tutti hanno cominciato a ridere in mensa e si è infuriata subito. Non sono infastidito dal fatto che non abbia voluto accettare le mie scuse. A darmi fastidio sono proprio le persone che si comportano così generalmente, hai presente? I suscettibili non li sopporto, per la minima cosa se la prendono! E soprattutto, non c’è bisogno di alzare i toni di voce con me, non c’è bisogno di dare motivo in più alla gente di ridere. Ha solo peggiorato la situazione.» dissi.
«In poche parole, ti ha fatto fare una figura di merda davanti a tutti?»
 «Già, ma parliamo d’altro ti prego. Con tua sorella, piuttosto, come va? Ha già iniziato a frequentare il collegio o non è ancora arrivata?» avevo deciso di cambiare discorso perché non era necessario sprecare tempo ed energie per persone del genere.
«Si e già lo odia» adesso fu lui ad incrociare le braccia, distese un po’ la schiena contro la panchina  «ma insomma, cosa pretende! Che i nonni continuino a ricevere lamentele dalla scuola? Li ho convinti io a farla iscrivere qui ed è per questo che adesso mi odia.. Non ce la facevo più a vederla così, sempre scontrosa con tutti, saltava le lezioni, rispondeva male ai nonni e aveva stretto amicizie poco raccomandabili, ha cominciato a fumare da quando frequenta certe persone.» concluse abbassando lo sguardo.
«Cerca di capirla, insomma.. è un brutto trauma»
«Si ma io non mi comporto come lei, ho sempre rispettato i miei nonni e tutti quelli che mi circondano.»
«Forse non riesce a sopportare il fatto di non averla più vicina..» dissi posandogli una mano sulla spalla. Non erano di supporto le mie parole me ne rendevo conto.. Anche perché, come ha detto Louis, lo stesso trauma lo ha vissuto lui stesso eppure i modi di reagire sono stati completamente differenti. Non sapevo cos’altro dirgli però, aspettavo il momento di conoscerla, magari frequentando me e Louis avrebbe cominciato a comportarsi diversamente.
 

                                                                                                           -Nicole
Avevo le cuffiette alle orecchie e gli occhi chiusi, ero immersa nella mia musica quando percepì qualcuno avvicinarsi al mio letto, aprì gli occhi e trovai Sharon seduta all’angolo del mio letto. «Dovresti studiare non credi? Domani la prof di letteratura interroga, è una vera vipera e chiama sempre i nuovi arrivati proprio perché, non avendo frequentato le prime lezioni, vuole verificare il livello di conoscenza.»
«Grazie dell’informazione» risposi secca rimettendomi le cuffie e chiudendo gli occhi per fare in modo che la conversazione finisse lì. Sfortunatamente per me, non fu così.
«Senti se hai qualche problema con me puoi dirmelo, chiederò al preside un’altra compagna per te..» riprese Sharon alzandosi dal letto.
«No.. non ce ne bisogno, io non ce l’ho con te..» Non ero più distesa sul letto, mi sedetti anch’io perché evidentemente Sharon non aveva voglia di chiudere lì la conversazione.
«E allora perché ti comporti così con me?» si sedette di nuovo sul letto, adesso eravamo una di fronte all’altra e ci guardavamo negli occhi.
«Non solo con te... » risposi chinando il capo «non sopporto l’idea che io sia qui, in questo collegio.»
«E perché sei qui?»
«Credo di aver portato i miei nonni all’esaurimento nervoso, non ce la facevano più ed era evidente, così a mio fratello Louis è venuta la brillante idea di farmi venir qui.»
«Non capisco, come mai la decisione è stata presa dai tuoi nonni? Non vivi con i tuoi genitori? Sono loro che dovrebbero decidere.»
Non risposi. Grazie Sharon per questa riflessione del cavolo, so benissimo che dovrebbero decidere i miei genitori, ad averceli però.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» notai un certo imbarazzo nel tono della sua voce, probabilmente si era resa conto di aver fatto una cazzata.
«Preferisco non parlarne.» usai di nuovo il mio solito tono secco.
Mi alzai dal letto e uscii dalla stanza sbattendo la porta, lasciando Sharon da sola ancora seduta lì. Mi aveva seccata, in fondo neanche ci conosciamo, siamo solo delle ragazze che condividono la stessa stanza da due giorni, non abbiamo costruito un’amicizia, quindi perché insistere in quel modo? Mi è sembrata una ficcanaso, e io odio i ficcanaso.
Scesi le scale e mi sedetti sull’ultimo gradino, i gomiti poggiati sulle ginocchia.  Me ne stavo lì, a guardare il pavimento cercando di reprimere i ricordi che quella chiacchierata con Sharon non avrebbe dovuto far uscire.
«Ehi, sei ancora arrabbiata con me o posso abbracciarti?» alzai il capo e vidi Louis che mi guardava, a braccia aperte con un lieve sorriso stampato in faccia.
«Ti do cinque secondi per sparire, Tomlinson» Risposi secca riportando i miei occhi di nuovo sul pavimento, speravo che con questo gesto se ne andasse.
«Andiamo sorellina, guarda il lato positivo delle cose.. C’è il tuo fratellone qui con te!»
«In buona parte è anche per questo che voglio lasciare il collegio, sei tu che hai convinto i nonni a fare l’iscrizione, sei tu la persona che al momento sopporterei meno al mondo.»
«Okay, se io non sono una cosa positiva per te in questo posto sappi che ci sono un sacco di persone carinissime, il mio amico per esempio è un bravo ragazzo, gli voglio un bene dell’anima. Magari potremmo organizzare una serata tutti insieme, così colgo anche l’occasione per presentarti altri miei amici.» disse dandomi colpetti sul braccio con il gomito.
«Ah, si?» finsi un entusiasmo esagerato in quella risposta, ma ovviamente non me ne fregava niente.
«Si»  Sorrise e sul viso gli si stampò un sorriso di orgoglio, pensava davvero di essere riuscito a convincermi dell’idea. «Adesso me lo dai un abbraccio?» cambiò discorso.
«Sparisci Louis, evapora da qui.» ritornai a fissare il pavimento che, in quel momento, si era mostrato parecchio interessante, sicuramente molto più della chiacchierata con mio fratello.
«Sorellina questo comportamento non ti aiuterà a trovare degli amici, qui ci sono un sacco di brave persone, ma l’impegno deve essere reciproco. Possono venirti incontro, ma tu devi migliorare quel carattere che ti ritrovi o rimarrai sola.» il tono della sua voce era decisamente più serio questa volta.
«E’ questo il punto, io non voglio amici qui dentro, io voglio solo andare via.. E comunque non chiamarmi sorellina, il mio nome è Nicole ricordi o te ne sei dimenticato?»
«No, non me ne sono dimenticato.. La mamma adorava quel nome, papà voleva dartene un altro, ma lei insistette così tanto che alla fine “vinse”.» vidi un piccolo sorriso formarsi sul suo viso.
Senza farlo finire di parlare, mi alzai e me ne andai. Odiavo questi momenti, mio fratello Louis era convinto che parlare della mamma fosse “terapeutico” per me, secondo lui il mio caratteraccio era dovuto alla repressione delle emozioni, che ingenuo. Non mi ha mai vista piangere, ma non significa che non lo abbia fatto. Camminavo per i corridoi osservando le pareti che mi circondavano, erano in legno scuro con appese i quadri di tutti i presidi di questo collegio, dal primo all’ultimo (quel simpaticone incontrato il mio primo giorno). Sembravano tutti uguali, facce rotonde con barba bianca, aria austera e soprattutto da “qui comando io”.. Vi lascio immaginare le mie considerazioni al riguardo. Talmente presa ad osservare quegli stupidi dipinti che andai a sbattere contro qualcuno.
Prima che cominciasse ad inveire contro di me, urlandomi di stare più attenta a dove cammino (cosa che sicuramente avrei fatto io), parlai per prima porgendo le mie scuse, ma quando alzai lo sguardo mi resi conto che avrei potuto risparmiarle «Ah, sei tu»
Provate ad indovinare, il ragazzo di stamattina, il ricciolino che mi ha fatto fare una figura di merda in mensa. Che io sappia il collegio era frequentato da circa un 600/700 studenti, possibile che lui era l’unico contro cui dovessi andare a sbattere ogni volta?
«Ehm, si sono io. Facevi tanto la maestrina oggi in mensa, mi hai fatto fare una figura di merda davanti a tutti e adesso sei tu quella che non guarda bene dove cammina? La predica non la fare, se poi sei la prima a sbagliare» disse con un sorrisetto antipatico.
«Ehm vorrei ricordarti che la figura di merda l’ho fatta io, perché ero io quella a cui è finito il cibo addosso, ero io quella per cui tutti ridevano» non so perché ma mentre parlavo gesticolavo con le mani, ed è una cosa che non faccio mai. Quel posto stava cominciando a farmi essere strana.
«Scusa, quello è stato un incidente. Questo invece sembra fatto di proposito.»
«Cosa? E perché dovrei desiderare di rivederti un’altra volta?» alzai un sopracciglio.
Fece spallucce e se ne andò.

Entrai nella mia stanza sbattendo un’altra volta la porta.  Sharon era seduta sul suo letto con un libro in mano, ma vita sociale ne aveva? Faceva altro oltre che starsene tutto il giorno sul letto a leggere?
«Nel giro di pochi giorni quella porta cadrà a terra» ironizzò la ragazza. Non risposi, ma lei notò che la stavo fissando e così continuò  «Studio storia, dopodomani c’è interrogazione, letteratura per domani invece è molto semplice e l’ho finita in un attimo.» alzò il libro per mostrarmi il capitolo che avevamo da studiare per dopodomani.
Rimasi un’altra volta in silenzio, poi mi sdraiai sul letto.
«Come farai domani?» riprese «Qui non è come tutte le altre scuole, qui devi avere una scusa più che convincente per non poter studiare.»
«Rilassati, qualcosa mi inventerò. Adesso, se non ti dispiace.» Misi le mani dietro la testa e chiusi gli occhi. La musica a tutto volume.

***
Questo è il primo capitolo della storia. 
Spero lasciate qualche recensione (anche negative se ne avete, così capisco in cosa migliorare)
Un bacio, happiness_xx :*

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