FUCK, I CAN

di hope ridden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** SFIDA ACCETTATA ***
Capitolo 3: *** NO ***
Capitolo 4: *** SI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 
Mi ricordo con estrema chiarezza la prima volta che ho toccato un pallone da calcio. Lo presi in mano e percorsi con le dita tutte le sue cuciture; la sensazione del polpastrello che entrava in contatto con la liscia superficie dei pentagoni bianchi e neri era un’emozione nuova. Avevo avvicinato il pallone al naso e lo avevo odorato. Un profondo inspiro e il forte odore di cuoio mi aveva invaso le mie piccole e delicate narici. Non è mai esistito un odore più buono e inebriante. Nella mia ingenuità mista a un grande spirito di intraprendenza lo posizionai per terra a qualche centimetro da me. Avevo inspirato ed espirato e poi con un calcio, sbagliai la mira e piantai la punta del mio piede a terra, facendomi un gran male. Si, non è un inizio così incoraggiante e nemmeno glorioso come voi tutti potrete pensare. E non voglio nemmeno giustificarmi nel dirvi che quando ho compiuto tale prodezza avevo tre anni. In ogni caso, non mi ero messa a piangere per il dolore auto inflitto e da gran testarda che sono ci avevo riprovato assestando un bel colpo mandando il pallone in porta vuota. Papà mi aveva visto dalla finestra osservandomi in silenzio e mi aveva raggiunto in cortile mettendosi davanti alla porta. Altrimenti non vale mi aveva detto. Non è così facile come sembra aggiunse parando il pallone da me lanciato. Passammo tutto il pomeriggio a giocare a calcio solo io e lui. Sapevo a malapena camminare e correvo storta come tutti i bambini di quell’età. Ero caduta sbucciandomi il ginocchio ma mi ero rialzata e avevo continuato. Sotto lo sguardo attento e fiero del babbo avevo imparato nel giro di poche ore a giocare, alla buona, a calcio. Alla fine della giornata avevo realizzato una cosa, un piccolo pensiero, da cui è derivato un sogno, un grande sogno: io e il calcio.


-Sveglia, Giorgia, non mi stai ascoltando!- la voce di Maristela mi riscuote dal mio stato catatonico in cui mi ritrovo puntualmente tutte le mattine. Mi schiocca le dita laccate di rosso davanti alla faccia, mettendosi di fronte a me, per richiamare totalmente la mia attenzione. Maristela Oliveira è la mia super sexy, futura modella, rompiscatole e migliore amica da più o meno quando siamo nate. Ha i capelli neri lunghi fino al sedere, lisci e lucenti, una carnagione scura che mette in risalto gli occhioni verdi. Finemente truccata e fasciata in un vestitino rosa che dovrebbe essere proibito a scuola incrocia le braccia fulminandomi con gli occhi e sottolinea la sua impazienza battendo il piede a terra. Io sbuffo stringendo le bretelle dello zaino che mi sta sulle spalle. 
-Scusa, Mar, ma lo sai che la mattina non ho testa.- giustificandomi mi stringo nelle spalle. 
-Va bene, ti perdono. Solo perchè oggi è il nostro primo e ultimo giorno di scuola.- sbuffa per rimettersi al mio fianco e fermarsi di fronte alle strisce pedonali. Attendiamo che il semaforo diventi verde per passare. Mi martella la testa con i suoi racconti su feste e ragazzi carini per gli altri 15 minuti che ci separano da quell’arido edificio monocolore, ovvero, la scuola. Sembra più una prigione psichiatrica.
-Incoraggiante.- mormoro indugiando davanti alla cancellata stringendo sempre di più le mani attorno alle spalline dello zaino.
-Dai, Giò, entriamo e spacchiamo il culo a tutti.- mi incita Maristela scuotendo i capelli. La scena deve essere più o meno questa: io e Mar che entriamo dal portone l’aria che ci sposta i capelli e in perfetta sincronia ci dirigiamo verso il centralino per guardare la piantina delle classi. Lei ha fatto un’entrata da modella, io la sua brutta copia. Indosso una maglietta maniche corte dei Fall Out Boys infilata dentro a un paio di jeans scoloriti e ai piedi delle scarpe da ginnastica. I capelli castani sono sciolti e mossi, mi solleticano la schiena. Il mio trucco preferito: mascara, se mi ricordo, altrimenti acqua e sapone per i miei occhi neri. Maristela appartiene alla categoria “Sono super bella, lo so, ringraziate che io esista.”; io sono della fazione opposta il cui slogan è “Sono bella ma non mi interessa e soprattutto dov’è il pallone?”. Sembrerò vanitosa ma mi ritengo una bella ragazza a cui è andata male: mi sono innamorata del pallone, che ci volete fare. 
Mentre la folla di liceali si apre come le acque di fronte a Mosè, in questo caso Maristela ne fa le veci, per farla passare e farle vedere meglio la cartina, mi si affianca Flavio, mio cugino con i suoi amici. Mi blocca la testa e mi scompiglia i capelli.
-Ehi, cazzo, Fla!- mi ribello ridendo. 
-Che finezza!- esclama Federico Doria sghignazzando insieme a Valerio Trapani e Eric Lentini. Anche Andrea Carelli, il più bello tra i belli, dischiude la bocca in un ghigno incrociando le braccia e roteando gli occhi. Tutti questi individui, diciottenni appartenenti alla classe 5 E scientifico (scienze applicate con la precisione), fanno parte della famosa cricca soprannominata “Belli e Dannati”. Tutte le ragazzine li chiamano così. E anche le professoresse. Ciò aumenta il livello di indecenza di questa rivelazione.
-Cuggi, sei già di buon umore?- domanda il mio consanguineo.
-Starei meglio se in questo momento giocassi a calcio. Come più o meno a tutte le ore del giorno.- sbuffo in risposta gettando un’occhiata a Mar che scuote la testa in disaccordo.
-Le due ore centrali abbiamo ginnastica al campo. Se riesci a evadere…- Matteo mi fa l’occhiolino. Mi illumino abbracciandolo. Gli amici di mio cugino sono anche i miei: passiamo interi pomeriggi a giocare a calcio e ai videogiochi. Si, sono anche una nerd.  
-Troverò il modo di raggiungervi!- dico entusiasta. Eric e Federico mi danno una pacca sulla spalla.
-Giò, non iniziare! Ti stanno fuorviando! Devi andare bene a scuola quest’anno e se incominci a saltare le lezioni sarà un’impresa prendere la maturità!- Maristela incrocia le braccia sotto al seno e fulminando mio cugino e tutto il resto del gruppo, me compresa, con lo guardo.
-Lo staremo a vedere! Giò può resistere e non può stare lontana dal calcio!- mio cugino le prende il viso tra le mani e le scocca un bacio sulle labbra. 
WOOOOOOOW, lo so cosa state pensando. 
No, non stanno insieme, ma c’è una sorta di attrazione e repulsione tra loro che non capirò mai. Si prendono, si mollano. In continuazione, ed è estenuante, ve lo posso garantire. In special modo per me che fungo da confessionale sia per Flavio che per Maristela. I Belli e Dannati vanno via di corsa per evitarsi una sfuriata da parte della migliore amica della sottoscritta. Non posso fare a meno di notare un piccolo sorrisetto di Mar quando vediamo mio cugino scomparire dietro l’angolo.
-Meno male che non ti piace.- le dico, salendo le scale.
-Infatti, a me non piace proprio nessuno.- afferma lei, guardando davanti a sè.
-Se lo dici tu.-
Eccola, la 5H, la nostra classe. È situata in una parte isolata della scuola chiamata “Ghetto” insieme alle 5A e 5L. Entriamo in classe e salutiamo le nostre compagne: sono nella sezione del liceo linguistico e tra ben 17 ragazze Enrico e Armando sono i poveretti che ci devono sopportare. Mi abbracciano entusiasti. Caterina, Katia, Debora, Leandra e Lucia circondando Maristela per farsi dare dei consigli di moda e un aiuto per rifarsi il trucco prima dell’intervallo e della conferenza con le altre quinte che abbiamo alle ultime due ore della mattinata. Ogni occasione è buona per rimorchiare. 
La prof di inglese si chiude la porta alle sue spalle sbattendola e richiama la nostra attenzione. Prendiamo posto velocemente tra i banchi e nessuno osa fiatare. Con la Guerra non si scherza.
-Non perderò tempo a farvi discorsi sull’importanza di quest’ultimo anno. Se siete sufficienti e bravi, arrivate alla maturità. Se bimblanate come avete sempre fatto, non scomodatevi a comprare i libri di testo. 
Iniziamo con Oscar Wilde.- messa nella sua posa da dittatrice, inizia a spiegare. A malincuore prendo il quaderno e inizio a prendere appunti.
Bentornata anche a lei, prof.


La campanella dell’intervallo ci salva da tedesco. La prof Cerri è partita con una lunga introduzione sul romanticismo, che durerà settimane intere, per poi ridurci l’ultima lezione prima della verifica a trattare cinque autori tutti insieme e non capire niente. Che poi il tedesco è pesante senza che venga incasinato ulteriormente. Mentre Maristela, Armando e Enrico mi martellano di informazioni e lamentele, alla fine dell’intervallo li pianto in asso alle macchinette, dirigendomi al campo da calcio della scuola. Il prato è contornato dalla pista di atletica leggera. Passando per le scale sul retro della scuola ottimizzo il tempo e cinque minuti dopo mi ritrovo ad attraversare la pista rossa andando incontro a mio cugino che si trova al centro del campo.
-Bene, bene… un’Arcade selvatica!- esclama il mio consanguineo.
-Perchè il vostro prof vi lascia sempre giocare e a noi no?- rispondo incrociando le braccia.
-Perchè voi siete donne.- Eric mi compare alle spalle.
-Scusa, ma non ha senso la tua constatazione.- alzo un sopracciglio. Il ragazzo ha il pallone in mano. 
-Oddio, non iniziate con i vostri discorsi maschilisti e femministi.- si intromette Valerio. Le ragazze della classe dei miei amici iniziano a correre sulla pista d’atletica e i ragazzi si avvicinano capitanati da Andrea. Dio, quanto lo odio. 
-Squadre fatte, noi contro loro.- dice alzando il mento con la sua aria di superiorità che mi fa impazzire. Dalla rabbia, non pensate male. 
Incominciamo la partita e alla fine delle due ore li abbiamo stracciati. I poveri compagni di classe dei Belli e Dannati vanno nello spogliatoio con la testa china. Mi fermo in mezzo al campo. Rifaccio la coda e sotto al mio piede tengo bloccato il pallone. Sento la campanella annunciare il secondo intervallo. Fisso la porta libera davanti a me e mi dirigo verso la porta correndo. L’ultimo tiro. Chiudo gli occhi, carico e colpisco il pallone.
-Giò, facciamo ritardo per la conferenza!- mi chiama Valerio dalla parte opposta del campetto. Corro nella direzione dei miei compagni di squadra e mi volto a guardare la rete che ancora ondeggia a causa del mio tiro. All’epoca non sapevo che dal giorno dopo sarebbe tutto cambiato. 
 

 

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Capitolo 2
*** SFIDA ACCETTATA ***


CAPITOLO 1: SFIDA ACCETTATA
 
-Voglio un gioco pulito.- afferma l’arbitro con il pallone in mano.
Elena, il mio capitano non stacca gli occhi dalla ragazza che capitana la squadra avversaria, e annuisce innocentemente.
-Nessun fallo da bestia, nessun graffio e niente cattiverie gratuite.- 
-Si.- dicono le due capitane in coro. 
Grandissime bugiarde!
Lancio un’occhiata d’intesa a Iris, la ragazza con cui ho più confidenza in squadra, che reprime una risata. Paola sghignazza ammonita subito dallo sguardo inquisitore di Sara. Adelaide sbuffa, Matilde si prepara in porta battendo i guantoni. 
Oggi è la prima partita del torneo di calcio femminile per la classificazione alle partite regionali. Valentina e Clarissa schierate con il coach Vittorio Alto, anche detto Stalin, a bordo campo. Io poggio le mani sulle ginocchia e fisso bene le mie avversarie: sarà dura, questa è la prima partita dopo le vacanze.
Palla al centro. Ed ecco che al fischio dell’arbitro Elena e la sua avversaria scattano: il nostro capitano è più veloce e riesce subito a impossessarsi della palla. Il resto della partita prosegue come al solito con l’adrenalina che mi scorre in tutto il corpo e attiva il mio cervello. Prendo possesso della palla e corro verso la porta. Mi arrivano in scivolata sui piedi ed è subito fuori. L’arbitro fischia e io lancio un’occhiataccia all’avversaria che mi ha soffiato il pallone. 
-Tutto bene?- mi domanda Iris trottando verso di me. Io annuisco e le do un cinque. 
La partita va avanti e come al solito riceviamo molto appoggio dagli spalti. Elena segna un goal, io ne segno due. Al fischio dell’arbitro abbiamo vinto tre a zero per noi.
Batto le mani e poi le alzo al cielo festeggio con Iris e gli spettatori tra gli spalti. Negli spogliatoi do una pacca sul culo a Elena che ricambia.
-Stai già riconfermando la tua supremazia in campo, eh Gio?- scherza il capitano.
-Sei partita bella cazzuta!- esclama Adelaide infilandosi in doccia.
-Siamo state tutte brave!- Matilde distoglie l’attenzione da me e la concentra sul risultato positivo della partita. La ringrazio con lo sguardo. 
La nostra è una squadra unita ma c’è sempre dell’invidia nei miei confronti: le ragazze sono tutte sui ventun/ventitré anni e io ne ho diciannove. Il coach ha voluto ammettermi a una squadra con componenti più grandi di me per accelerare il mio apprendimento sul campo. La mia prima partita con loro è stata quando avevo appena diciassette anni e ci ho quasi rimesso una gamba. Non ero minimamente abituata a un confronto con ragazze più grandi di me. Ricordo di aver segnato un goal e che Elena negli spogliatoi mi aveva baciata. È normale tra ragazze, mi aveva detto. Si, normale quanto…
-Ci vediamo ad allenamento, belle!- saluta Valentina seguita a ruota dalle altre. Io finisco di frizionarmi i capelli e saluto Clarissa, pronta a narrare le mie prodezze a casa. Oggi è sabato quindi dovrebbero essere tutti a casa. Tutti: papà Roberto, zio Alberto e Flavio. Le nostre villette bifamiliari sono messe in comunicazione mediante una porta in legno d’acero nel corridoio delle camere al primo piano. In questo modo è come se vivessimo insieme da quando le nostre madri si sono date alla macchia. Di mia mamma non si hanno notizie da almeno dieci anni e invece zia Nadia la vedo ogni tanto quando passa a prendere Flavio. 
La mia vita è perfetta ho tutto: un padre che mi appoggia, Flavio, zio Alberto e Maristela. Gioco a calcio, vado a scuola ed esco con i miei amici. 
 
 
 
 
Mi va quasi di traverso la saliva quando ad aprirmi la porta di casa è Andrea.
-Cosa ci fai qui?- sbotto.
-Flavio mi ha invitato a cena. Che cazzo di domande.- risponde quello facendomi entrare.
-Sei sempre pronto a rovinare il sabato sera, razza di imb… ciao papà!- mi fiondo ad abbracciare mio padre che mi guarda estasiato.
-Avete vinto?- domanda con quei suoi bellissimi occhi azzurri che io non ho ereditato. 
-Ovvio! Indovina quanti!- incrocio le braccia sotto al seno in attesa della sua risposta. Di solito quando torno a casa da una partita a cui non ha assistito, cerca sempre di indovinare quanti goal ho fatto. 
-Uno.- Flavio spunta abbracciandomi da dietro.
-Cinque!- tuba zio Alberto comparendo con dei cartoni della pizza fumanti. 
-Zero.- Andrea si guadagna un’occhiataccia dalla sottoscritta.
-Due!- dice infine papà. 
-Esatto!- sorrido allegra.
Papà, zio e Flavio si perdono in cori da stadio e festeggiamenti vari. Sorrido ma poi entra Andrea nel mio capo visivo e alzo gli occhi al cielo. Zio Alberto ci fa sedere e distribuisce le pizze.
Inizio a sentire la stanchezza verso la fine della cena e ascolto tranquilla i discorsi che fanno a ruota Flavio, zio e Andrea. Anche papà dev’essere stanco si limita a ridere e interviene poco. Mi viene un istinto omicida nei confronti di Andrea quando sia zio che papà lo invitano a dormire. Carello mi fissa e poi fa una chiamata ai suoi genitori per avvisarli che si sarebbe fermato da noi per la notte. 
-Sei stanca, Giogio?- mi domanda zio. 
Ecco, è arrivata l’ora dei soprannomi stupidi.
-Già, Giorgie non hai detto neanche una parola.- annuisce Flavio.
-Diciamo che è stato impegnativo ritornare sotto la cortina di ferro di Vittorio dopo un mese di meritata vacanza.- spiego stiracchiandomi sulla sedia.
-Ci credo quello si che vi fa correre.- 
-Però è il miglior allenatore della zona.- mi ricorda papà. 
Già proprio così. E gli insulti che ci elargisce sono gratuiti. 
I fratelli Arcade ci lasciano andare sul divano a guardare la tv mentre loro sistemano la cucina.
Flavio si posiziona al centro del sofa e io e Andrea ci sistemiamo al suo fianco. 
-Vediamo cosa c’è d’interessante…- mio cugino inizia a fare zapping. Io mi sono accoccolata sulla sua spalla. Dopo qualche minuto troviamo un film su Italia Uno che sta per iniziare.
-The Others.- leggo.
-Che noia.- borbotta Andrea.
-Lo hai già visto?- gli chiede Flavio.
-No.-
-Allora cosa ti lamenti?- freccio io.
-Ma cosa vuoi?- ribatte Andrea.
-Devi sempre dire qualcosa è mai possibile?-
-Sei tu che non stai mai zitta! Se non mi avessi detto niente non staremmo qui a discuterne!-
-Razza di deficiente, non mi dici di stare zitta!-
-Cretina, abbassa il tiro!-
-Coglione!-
-Stronza!
-Il film è iniziato!- Flavio alza la voce per sovrastare il battibeccare mio e di Andrea che ci segnano i rispettivi insulti e taciamo per ascoltare il film.
Il tanto discusso film ci tiene incollati allo schermo con le sue scene di sospanse e gli improvvisi guizzi horror e thriller. E io che speravo di poter fare un sonnellino!
Durante i titoli di coda ci accorgiamo che sono le undici passate e che la mezzanotte incombe.
-Meno male che domani è domenica.- borbotto stiracchiandomi.
-Si ma poi c’è scuola.- Flavio sbadiglia. 
-Non pensate a certe cose.- asserisce Andrea completamente svaccato nella sua parte di divano. 
-Io vado a dormire.- dichiaro alzandomi.
-Noi ci facciamo ancora qualche partita alla Play.- mi dice Flavio. 
-Buonanotte, Giorgie.-
-Notte, Flaffy.-
Fisso in malo modo Andrea.
-Spero che venga la vecchia del film a terrorizzarti sta notte.- dico al biondo.
-Vaffanculo.-
 
 
 
 
-Stavo pensando.- Maristela appoggiata al muro dell’aula computer si guarda le unghie laccate. È il cambio d’ora ma sia io che Mar abbiamo bisogno di fare due passi per attivare le gambe ed è diventata nostra abitudine passeggiare nel corridoio della nostra classe e poi rientrare il classe. 
-Quando inizi così non è mai un buon segno.- dico.
Il lunedì mattina è sempre traumatico. Mentalmente e fisicamente. Anche Mar è più tritapalle il lunedì. La vita in generale è uno schifo in questo giorno della settimana.
-Ti assicuro che questa volta è una buona idea. E poi è l’ultimo anno, se non lo facciano ora quando ci ricapiterà un’occasione del genere? Insomma, chissà dove saremo il prossimo anno a qust’ora? Barcellona, Tokio, Berlino, New Dehli, San Francisco…-
-Mar, arriva al punto, altrimenti divento vecchia e muoio.- 
I giri di parole fanno parte della sua tattica di persuasione. Ma quanto ti conosco bene, eh, Maristela?
-Candidiamoci come rappresentanti d’Istituto.-
Io scoppio a ridere attirando l’attenzione degli studenti che passano nel corridoio durante il cambio d’ora. 
-Sei proprio divertente, Mar.-
-Non sto scherzando, Giò. Ci sono anche un sacco di pro a tuo favore.-
-Tipo?-
-Saresti obbligata a saltare le lezioni per la propaganda, saresti sempre in segreteria a perder tempo per organizzare eventi, i professori ti vedrebbero di buon occhio e poi ci sarei io!-
Sorriso smagliante.
Ecco, colpo finale!
-No, ma no grazie.- scuoto la testa.
-Eddai, tu dici così per partito preso! Solo perchè i rappresentanti ti stanno antipatici perchè rivestono un ruolo e hanno una responsabilità. Tu hai sempre avuto problemi con figure autoritarie e gerarchicamente più importanti di te infatti il tuo comportamento spesso è quello dell’anarchica, ti ribelli a tutto e sei una testarda quando ti ci metti, tipo in questa situazione. Infatti rivestire il ruolo di rappresentante non solo non ti va a genio ma ti spaventa.- sputa fuori Maristela tutto d’un colpo.
Io le lancio un’occhiata seria e poi m’incammino tra la folla. 
-Ok, scusa, non dovevo farti da psicanalista.-
-Tua madre ha una brutta influenza su di te. Hai mai pensato di laurearti in psicologia e aprire uno studio con lei? Sareste bravissime a impicciarvi nella vita degli altri e a spezzargli le gambine quando meno se lo aspettano con rivelazioni fuori luogo. E poi non mi spaventa l’idea di essere rappresentante, solo non ne ho voglia.- ironizzo. 
-Ti ho chiesto scusa.- si giustifica Mar e prima di farmi entrare sbarra il mio avanzamento con un braccio. Per poco non ci sbatto il naso contro.
-Prometti di pensare alla mia proposta.- mi guarda intensamente. 
Roteo gli occhi.
-Allora? Dai, pensaci su stasera e domani mi dai una risposta.- chiede continuando a bloccarmi.
La campanella suona. Ultime due ore di Rotari che noia! In due settimane abbiamo già fatto storia e finito Wilde. Se continuiamo di questo passo a Natale abbiamo già finito il programma scolastico di inglese.
-E va bene ci penserò e adesso levati, prima che arrivi la Rotari e dia la colpa a me per l’ingorgo che stai creando all’entrata!-
Maristela fa un sorrisetto e mi segue al banco.
Santa donna, riesce sempre a farmi fare cose in cui io non voglio nemmeno e neanche lontanamente metterci naso.
La prof d’inglese entra stizzita e incomincia la sua lezione su Thomas Hardy spiegandoci tutte le congetture che si è fatto quest’uomo riguardo la vita. L’unica cosa furba che condivido è che la nostra vita è governata dal Fato che costantemente ci schiaccia e che dobbiamo trovare sempre la forza di rialzarci. Proprio mentre la Rotari sta entrando nel vivo del suo monologo, l’alto parlante che è stato istallato in classe, trilla.
“Buongiorno ragazzi! Sono il professor Lagro e vorrei comunicare a tutti voi che in questa settimana verrà formata la squadra di calcio della scuola. I provini si tengono tutti i pomeriggi di questa settimana dalle 15 alle 18 da Andrea Carelli, 5E, al campetto. Spero partecipiate in molti, buon proseguimento!” 
La voce del professore s’interrompe e la Rotari riprende il suo discorso senza nascondere una smorfia di disapprovazione nei confronti di Lagro che ha osato interrompere la sua lezione. 
Maristela mi guarda di sottecchi e io le restituisco uno sguardo stranito. Ma che le prende oggi? Continua a fissarmi in maniera insistente anche mentre prendo appunti.
-Mar, cosa c’è?!- bisbiglio cercando di non farmi sentire dalla Rotari. Quella donna è un diavolo se mi becca sono finita.
-Perchè non partecipi ai provini?- mi domanda.
-Cosa?!?!- alzo leggermente il tono e la prof si zittisce in cerca del colpevole. Maristela mi fulmina con gli occhioni verdi. La lezione riprende.
-Cosa?!?!- le ripeto io in un sussurro.
-Perchè non partecipi ai provini per entrare nella squadra di calcio della scuola?- riformula lei scrivendo poi qualche appunto. 
-Ho sentito non sono mica sorda! Ma sei impazzita?! Oggi è la giornata delle idee del cazzo?!- bisbiglio agitandomi.
-Arcade, hai finito?- il tono della Rotari è mellifluo tanto da ricordarmi quello di Piton in Harry Potter. Mi vengono i brividi.
Oh-oh.
Prima che io possa scusarmi, la campanella suona. Borbotto delle scuse incatenata alla sedia dallo sguardo della prof e poi ritiro i miei averi, defluendo fuori dalla classe tallonata da Maristela. Cammino il più velocemente che posso arrivando fuori dai cancelli della scuola. 
Mi sento tirare indietro per una bretella dello zaino.
La brasiliana mi guarda furiosa.
-Stavamo facendo un discordo, io e te, Meniña.- Mar mi arpiona con uno aria ammonitoria. 
-Un discorso inutile e senza senso.- 
-No no. Allora: non vuoi entrare a far parte della squadra della scuola. Perchè?- 
Iniziamo a percorrere il viale alberato che porta verso casa mia. 
-Lo sai benissimo perchè.-
-Non dirmi che è per Andrea.- è incredula.
-Maristela, tu sai quanto ci odiamo. Sarebbe un bagno di sangue.-
-Non ti credevo così, Giò. Ti fai fermare da un ragazzo?-
A queste parole mi fermo e la fisso a metà tra il sorpreso e l’arrabbiato.
-Non mi ferma niente tanto meno Andrea Carelli. Io sono migliore di lui.- affermo questo con una tale decisione da far tentennare Maristela, lo posso vedere dai suoi occhi.
-Allora se così fosse, dato che il calcio è la tua passione te ne fregeresti di Andrea, e faresti il provino.-
-Mi stai lanciando uno sfida?-
Maristela incrocia le braccia e alza il mento.
Direi che come risposta vale più di mille parole.
Io mi avvicino così tanto a lei da quasi sfiorarle le labbra. La trafiggo con lo sguardo. 
-Sfida accettata.-
Le volto le spalle e me ne vado.
 
 
 
Nel pomeriggio vado a fare una corsa. Il dialogo con Maristela mi ha fatta innervosire a tal punto che in casa mi sento come un leone in gabbia. Indosso dei pantaloncini, una maglietta della nazionale di calcio e delle scarpe da ginnastica. Ho lasciato un messaggio scritto a casa per evitare di portarmi il cellulare dietro: infatti mi sono presa solo gli auricolari e la fascia da braccio in cui inserisco l’mp3. Senza musica non è una corsa. Parto da casa mia e faccio tutto il viale alberato, la strada che porta nel paese vicino e poi ritorno indietro. Ogni passo mi rigenera, sento che scarico tutta la tensione e mi ricarico di energia. Poi passo dal torrente, dal campo da beach volley, osservo le ville enormi che costellano il confine del paese. Saluto i miei fedeli nonnetti delle panchine che mi sorridono sdentanti e ritornano a discutere tra loro di quanto si viveva bene negli anni 80. Io non li sento perchè ho la musica nelle orecchie ma sono sicura che parlano di quello. È sempre lo stesso argomento da quando ero piccola. 
Poi svolto verso la piazza do un rapido sguardo al bar e alle panchine dove di solito si trova Flavio che è sparito dopo pranzo senza dirmi niente. Mi ritrovo a passare davanti al campetto. Ed eccolo lì, mio cugino che gioca a calcio. Mi ricordo ancora quando avevo cinque anni ero andata da lui e gli avevo detto che papà mi avrebbe scritto a uno scuola di calcio. Era scoppiato a ridere e io avevo incrociato le braccia rimanendo impassibile: nel vedere la mia reazione Flavio mi aveva abbracciata di slancio e poi aveva ammesso che era molto felice.
“Così possiamo giocare a calcio insieme tutti i giorni per tutta la vita per sempre come due fratelli!” aveva aggiunto porgendomi il pallone e sorridendomi sdentato. 
Mi appoggio con le mani alla rete e fisso i ragazzi giocare: Valerio, Eric, Federico e purtroppo anche Andrea Carelli. Concentro la mia attenzione sul pallone. Scarto, tiro, scarto, scarto, palo. Questo dev’essere Valerio: non fa mai un tiro che vada a segno. 
Ad un certo punto mio cugino mi nota e mi sorride proprio come mi aveva sorriso quel giorno quando eravamo piccoli. Mi fa cenno di avvicinarmi. Entro nel campetto togliendomi gli auricolari dalla orecchie e buttandoli sopra alla fascia da braccio.
-Ehi forestiera, come mai da queste parti?- mi domanda Eric accendendosi una sigaretta. Gli altri ci raggiungono.
-Cos’è successo tra te e Mari?- 
Ecco, lo sapevo che Flavio ci ha viste nel viale a discutere. 
Frego la sigaretta dalla labbra di Eric facendo un tiro sotto gli occhi inquisitori di Valerio. Non gli va a genio che io fumi: lo faccio solo quando sono molto nervosa e oggi Maristela mi ha fatta davvero arrabbiare. È già tanto che non le sia saltata al collo quindi una sigaretta posso permettermela. Poi facendo uno sport come calcio il fumo non è consigliato accorcia il fiato. 
-Mi ha sfidata.- soffio via il fumo. Andrea mi guarda male, come più o meno sempre, e Federico spalanca gli occhi. Lui sa cosa vuol dire sfidarmi. E non gli è piaciuto.
-A cosa?- s’incuriosisce Eric. Flavio mi fissa molto attentamente. 
-A quello in cui io sono più brava.-
-A calcio?-
-Non è stata così stupida.-
-Non sa giocarci!-
-Lo so che non sa giocarci. Lei pensa che io non possa fare una cosa che invece io riuscirò benissimo a fare.- spiego. 
-Io non capisco le ragazze, tanto meno tu e quella.- Eric scuote la testa e Valerio mi ammonisce ancora con lo sguardo; butto via la cicca e mi fa un sorrisone.
Anche Federico si mostra confuso e dico loro di non preoccuparsi: è una cosa tra me e la brasiliana.
Flavio mi fa ancora qualche domanda sullo stato di Maristela preoccupandosi più per lei che per me.
-Va be’, ritorniamo alla nostra partita?- chiede Andrea scocciato. 
-Si! Gio, sei dei nostri?- chiede Flavio illuminandosi. 
-Certo che si!- sorrido. 
Prendo subito possesso della palla. 
Mi ritrovo davanti ad Andrea che tenta di scartarmi.
-Non potevi andartene a vaffanculo?- mi chiede mentre tento di tenermi il pallone.
-Perchè non ci vai tu?- ribatto.
-Ci sono già stato.-
-Pure io quando mi ci hai mandato l’altra sera.-
-Non potevi restarci?-
-Ti stavo per fare la stessa domanda.-
Lo supero facendo la bicicletta e mi dirigo verso Eric. Gli altri tentano di togliermi il possesso della palla ma non ci riescono. Tiro. Goal. Fisso Andrea e sorrido. Domani me li mangerò tutti in un boccone, dovrà per forza scegliermi. 
Domani, Maristela, farò goal anche con te!
















Ciao a tutti e tutte!
Mi presento mi chiamo lookinsideyourmind1893 e ho una grande passione per la scrittura. Mi sto cimentando con la stesura di queste due fan fic che spero tra l’altro siano di vostro gradimento. Pubblico il seguito di questa storia a distanza di mesi a causa di esami e imprevisti. Vi prometto che adesso manterrò una certa continuità nella pubblicazione di entrambe le storie. 
Ma veniamo a noi: ahiahiahi! Maristela ha lanciato una sfida a Giorgia: giocare nella stessa squadra di Andrea Carelli. Come abbiamo potuto notare e come sarà lamapante più avanti, la nostra Giorgia ha carattere ed è molto orgogliosa. Per questo ha accettato la sfida, seppur molto velata, della sua amica. Nel prossimo capitolo vedremo una Giorgia tutta sale e pepe, pronta a stupire noi e i suoi amici in particolar modo Maristela e Andrea!
A presto,


PS: mi scuso con gli errori ortografici/ di italiano (anche se ho controllato! ma sfugge sempre qualcosa!)
PPS: RECENSITE IN TANTI :) (per me è importante avere la vostra opinione ;))




Lookinsideyourmind1893

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Capitolo 3
*** NO ***


CAPITOLO 2: NO
 
 
Le donne hanno solo una piccola idea di quanto gli uomini le odiano.
(Germaine Greer)
 
 
Maristela è seduta al banco e sta scrivendo qualcosa sugli appunti della Francou, l’arpia che ci insegna francese, in attesa che la lezione cominci. Io butto a terra la cartella e poggio con forza entrambe le mani sul suo banco attirando non solo la sua attenzione ma anche quella di alcune mie compagne di classe.
Ci fissiamo negli occhi.
-Candidiamoci come rappresentanti d’istituto.-
Maristela ieri mi ha lanciato una sfida che riguarda la squadra di calcio della scuola ma io intendo dimostrarle che posso fare tutto e non ho paura di niente. Neanche di diventare un rappresentante d’istituto: anzi saremo le migliori.
La brasiliana sbatte un paio di volte gli occhi per realizzare che quello che le ho detto è vero. Maristela sorride e io faccio un mezzo sorriso.
-Allora iniziamo, abbiamo un sacco di cose di cui parlare.-  
Nelle ore di lezione concordiamo alcuni punti cercando di non farci beccare dai prof: nell’intervallo continuiamo il lavoro e quando suona la campanella dell’ultima ora percorriamo il viale alberato concordando che la sera stessa sarei andata a casa sua per definire un piano d’attacco nella propaganda. Marcio a passo spedito verso casa. Oggi pranzo da sola perchè Flavio si è fermato a scuola per aiutare Andrea a fare i provini dove sono diretta oggi. Ho anche avvisato Mar delle mia intenzione di candidarmi nel pomeriggio e ovviamente ci sarà. Finisco pranzo in fretta e furia e poi mi preparo; infilo la maglietta della nazionale di calcio brasiliana che mi ha regalato il nonno di Mar, tacchetti, calzettoni e pantaloncini. Metto i polsini e infine mi lego i capelli in una coda alta. Prendo borsone con il cambio, acqua e asciugamano e mi dirigo di corsa al campetto.
Entro e rimango basita quando vedo almeno venti studenti in panchina che aspettano il loro turno. In campo c’è un ragazzo che gioca contro Flavio e Andrea è seduto a un banco cosparso di fogli. Quando lo vedo non posso fare a meno di pensare a quanto lo odio. Quei capelli scompigliati biondicci, gli occhi verdi-marroni, quel fisico forte, allenato, agile e marmoreo. Ma la cosa che fa impazzire qualsiasi donna, vecchia o giovane che sia (tranne me, anzi, se possibile m’innervosisce ancora di più), è quel dannatissimo neo vicino all’angolo destro della bocca leggermente in basso. Quel piccolo particolare è in grado di far eccitare gli ormoni femminili e non importa se sono a nanna per la menopausa. Lo odio così tanto anche perchè rasenta una perfezione tecnica, calcisticamente parlando, che io non ho: potrò avere talento ma lui, sì, che ha una pulizia nell’esecuzione dei tiri che è davvero notevole. Per questo Lagro lo ha messo a fare i provini. Andrea e Flavio salutano il ragazzo che ha fatto il provino e poi parlottano tra di loro. Non mi hanno vista così mi accomodo sugli spalti. Maristela dovrebbe arrivare a minuti. Compaiono alle mie spalle Valerio, Eric e Federico in divisa da calcio.
-Ehi, bellezza.- saluta Eric.
-Ciao ragazzi, come stanno andando i provini?- m’informo.
-Bene, c’è solo più posto.- 
-Immagino che i componenti della squadra siate voi tre più lo stesso Andrea e ovviamente Flavio. Avevi dubbi su ciò, Giò?- Maristela compare facendo questa delucidazione. 
-Certo che no.- concordo.
-E tu perchè sei qua, Giorgia?- domanda Fede innocentemente.
-Come perchè? Sono il componente mancante.- 
Con questa frase mi attiro molte occhiatacce dagli studenti sugli spalti alle nostre spalle.
-Davvero? E perchè Andre non ce lo ha detto prima così ci risparmiavamo questa ridicola storia dei provini! Vale, tanto il numero di giocatori richiesto per il torneo nazionale è di sei, vero?- chiede confuso Eric.
Io e Maristela ci ghiacciamo.
-Si, sei giocatori.- concorda Valerio annuendo.
-Ripeti quello che hai detto.- ordina Maristela a Eric vincendo un’occhiata stranita da parte del ragazzo.
-Perchè?-
-Dai, ripeti e basta!- lo rimbecca la brasiliana.
-Ho detto: “Davvero? E perchè Andre non ce lo ha detto prima…”…- si ferma il ragazzo tentennante.
-Più avanti.
-“…vero?”
-Prima.-
-“…il numero di giocatori richiesto per il torneo nazionale è di sei…”-
-Fermo!- Maristela lo stoppa con una mano e poi si avvicina al ragazzo.
-Di che torneo stai parlando?- domando io confusa.
-Il torneo nazionale a cui ci ha iscritto il prof di ginnastica.- risponde candidamente Federico. 
Io e Maristela ci lanciamo un’occhiata.
-Non lo sapevate, vero?- chiede invece Valerio.
-Andrea mi deve prendere in squadra.- dico decisa e mi alzo dalle gradinate. 
-Forse, e dico forse, non doveva saperlo. Sai come vanno le cose tra Andre e Gio: finiscono sempre in un bagno di sangue.- Valerio rimprovera con lo sguardo Eric che alza le spalle sbattendosene.
-Preferisco avere lei in squadra che un incapace che non conosco.- 
Salto dai gradoni degli spalti.
-Ehi, Giò non farti ammazzare!- mi raccomanda Federico.
Entro in campo interrompendo il provino di un ragazzo.
Andrea mi fulmina con lo sguardo e Flavio mi corre in contro sorridendo.
-Ciao, cuggi. Come mai da queste parti?- 
-Perchè non mi hai detto che la squadra partecipa a un torneo nazionale?- domando io, molto seria.
-L’ho saputo ieri e poi è una cosa riservata ai componenti della squadra. Sarà ufficializzata non appena troviamo il sesto componente. Poi non sapevo se ad Andrea andava bene che ti dicessi del torneo…- dice Flavio esitando.
Prima che possa dire qualcosa compare Andrea.
-Hai interrotto il provino.- dice seccato.
-Non ti serve fare altri provini.- ribatto anche io secca.
-Mi manca la sesta persona, idiota, per forza devo fare i provini.- 
-Sono io. Sono io la sesta persona.-
Andrea e Flavio mi guardano sorpresi.
-Non dirai sul serio, Gio. Qui, tu non centri niente.- le parole di Flavio mi feriscono. 
-Non è un torneo per ragazzette come quelli a cui la tua squadra prende parte. È un torneo nazionale. Non puoi giocare contro a dei ragazzi. Le ragazze non possono partecipare a questo torneo. È fuori discussione farti entrare in squadra.-
-Tutti quei ragazzi hanno l’opportunità di farti vedere quanto valgono. Anche io ho diritto ad avere la mia: mi sono presentata e non c’è scritto da nessuna parte che le ragazze non possono fare parte della squadra. Sono molto più brava di tutti loro e lo sapete, anzi lo sappiamo tutti, quindi voglio fare il provino anche io. Adesso.- mi sono avvicinata pericolosamente ad Andrea e sento quasi il suo respiro addosso. 
Dopo qualche minuto che sosteniamo i nostri sguardi a vicenda il ragazzo si sporge verso di me fino a sfiorarmi la punta del naso. 
-No.-
Che stronzo.
Ma io non mi fermo.
Mi giro verso gli spalti dove sono seduti i componenti della squadra.
-Ragazzi, potete venire un attimo?- li chiamo urlando nella loro direzione.
Il mio polso viene circondato da una morsa d’acciaio.
-Che cazzo fai?! Ho detto di no!- ringhia Andrea.
-In un minuti riesco a dribbrarli tutti e fare rete.- insisto liberandomi dalla sua presa. Flavio ha fissato la scena molto perplesso ma è chiaro che parteggia per Andrea, altrimenti mi avrebbe difesa oppure avrebbe appoggiato la mia idea. 
Prendo la palla poggiandoci il piede sopra: di fronte a me ci sono Valerio, Flavio, Federico e in porta Eric. Visualizzo quello che devo fare e il tempo sembra dilatarsi.
Passo a destra faccio una finta e vado oltre Valerio.
-Avvia il cronometro tra…- dico a Valerio.
Faccio passare la palla in mezzo alle gambe di Federico.
-Tre…-
Annullo la distanza tra me e Flavio.
-Due…- 
Bicicletta, rimbalzo della palla sulla mia testa e poi sul ginocchio.
-Uno…-
Rovesciata e goal.
-Via!-
Il tempo inizia a scorrere più veloce che mai e io gli corro dietro.
Passo a destra faccio una finta e vado oltre Valerio. Faccio passare la palla in mezzo alle gambe di Federico. Annullo la distanza tra me e Flavio. Bicicletta, rimbalzo della palla sulla mia testa e poi sul ginocchio.
Rovesciata e…
Cado di schiena dopo aver calciato il pallone con il collo del piede e mi ritrovo a fissare il cielo plumbeo di oggi. 
Mi rialzo e vedo Eric per terra e la rete che ondeggia ancora. La palla è in porta.
-59 secondi.- 
La voce di Valerio attira l’attenzione di tutti. Flavio, Eric e Federico mi guardano sorpresi. I ragazzi sugli spalti hanno gli occhi fuori dalle orbite e Maristela mi guarda sorridendo compiaciuta. Inizia a battere le mani.
Dopo poco i ragazzi sugli spalti si uniscono a lei e anche i ragazzi in campo. Solo Andrea è rimasto in mobile con le braccia conserte.
Il suo sguardo duro non mi tocca per nulla.
Scuote la testa e se ne va, dandomi le spalle. 
Io faccio lo stesso andando dalla parte opposta.
 
 
 
-Davvero hai sfidato Andrea davanti a tutti?- domanda zio Alberto incredulo.
-Davvero hai segnato in meno di un minuto con una rovesciata?- chiede papà incredulo. 
Mi ritrovo seduta a tavola con i due Arcade e Maristela che ha raccontato loro tutto quel che è successo, dipingendomi come donna dell’anno, romanzando il tutto.
-Si, ha fatto davvero una rovesciata! È stato surreale! Giò, sei stata davvero veloce non hanno visto neanche la palla gli altri!- la brasiliana mi difende a spada tratta.
-Mar, mi sembra un po’ esagerato.-
-No, no! È andata proprio così!-
Zio e papà le danno ragione e fomentano la cosa, ricordandosi delle partite in cui facevo tre goal e altre follie calcistiche.
-E quella volta in cui ha fatto la capriola trattenendo la palla dietro il ginocchio…-
-Quando ne ha dribblati quattro di fila…-
-Il passaggio che è passato tra le gambe dell’arbitro…-
-Ok, ok adesso basta!-
Mi alzo e vado verso le scale.
-Menina, sei stata fantastica!- mi urla Maristela.
-Non fare così, Giorgie!- ridacchia zio insieme a papà.
Sventolo la mano in segno di saluto e tallonata dalla brasiliana mi chiudo in camera mia. Mi butto sul letto e lei accanto a me.
Soffio.
Mar si rischiara la gola.
Soffio.
Lei si sistema meglio.
Soffio.
-Cosa c’è da soffiare?- si alza fissandomi interrogativa.
Mi alzo anche io rimanendo a gambe incrociate.
-E adesso?-
-Adesso cosa?-
-Dopo che Andrea ha fatto il cazzone orgoglioso andandosene, cosa succede? Sono nella squadra o no?- chiedo.
Maristela ci pensa un attimo su.
-Possiamo chiedere a Flavio oppure aspettare che si faccia vivo qualcuno.-
-Io con mio cugino non ci parlo fino a quando non mi viene a chiedere perdono in ginocchio.-
-Cosa ti ha fatto?- lo sguardo di Mar si fa leggermente più affilato.
-Tanto per cominciare sapeva del torneo e non mi ha detto niente. Seconda cosa quando ho detto che volevo far parte della squadra mi ha intimato di lasciar perdere. Come se non fossi di troppo.- racconto amareggiata.
-Sul serio ha detto questo?- 
-“Non dirai sul serio, Gio. Qui, tu non centri niente.”- imito la voce di mio cugino.
Maristela stringe le labbra.
-Che stronzo.-
-Già. Poi il massimo è stato Andrea che mi ha detto che non posso giocare e che le ragazze non sono ammesse al torneo. Lo strozzerei, ti giuro.-
Rimaniamo in silenzio ancora per qualche minuto. Poi la brasiliana si alza di scatto e si siede alla mia scrivania: apre il computer e lo accende. Poi inizia a smanettare come è solita a fare quando le frulla qualcosa per la testa tirando fuori il suo tipico atteggiamento da vera detective.
-Che fai?- domando curiosa.
Lei si lega i lunghi capelli neri con una matita che trova sulla mia scrivania. 
Nessuna risposta.
-Allora?-
Zero.
-Porca miseria, Mar, mi ascolti?- quando mi avvicino lei mi mostra una pagina internet. 
-Ma questa è la pagina del torneo nazionale!-
-Esatto.- annuisce lei.
-E a cosa ci serve?-
-Certo che non hai proprio spirito investigativo.-
-Nel calcio non serve.-
-Non è vero! Se ti informassi un po’ sulle tue avversarie quando hai una partita, magari riusciresti a trovare una strategia efficace e a evitarti tutti quei lividi senza parlare delle risse.- Maristela mi rifila uno dei suoi sguardi di rimprovero.
-Va beh… comunque?- ruoto gli occhi verso l’alto.
-Dopo “le ragazze non posso partecipare” di Andrea, mi è venuto il pallino di andare a controllare se è davvero così.-
-E quindi?-
-Giò, svegliaaaaa!- Maristela alza la voce e punta un dito contro il monitor dove c’è scritto “Regolamento” nel portale del torneo.
-Vuoi essere certa del fatto che Andrea non abbia sparato una cazzata.- le lancio un’occhiata d’intesa.
-Vogliamo essere certe, partecipi tu al torneo, mica io.- precisa la nera.
-Seh, dai, leggiamolo.-
Dopo venti minuti e un male agli occhi tremendo a causa della luce artificiale del monitor, decido di stampare una copia del Regolamento.
Maristela si siede sul mio letto e armata di evidenziatore, ci rimettiamo al lavoro. Mezz’ora e un sonnellino mio più tardi, la brasiliana fa un “Ah, ah!” e evidenzia un paio di righe.
-Hai trovato qualcosa?- chiedo.
-Io trovo sempre tutto.-
-Allora? Perchè devi sempre farti pregare?-
-Ho fatto tutto il lavoro io e tu non hai contribuito a niente.-
-Ehi, ci ho messo l’inchiostro delle cartucce della stampante!-
-Che sarà mai!-
-Uffa!-
-Puoi partecipare.-
-Davvero?- 
Maristela mi legge il punto del Regolamento ad alta voce: possono prendere parte al torneo studenti maggiorenni che hanno concluso il quarto anno della scuola secondaria di primo grado.
-Studenti…- rileggo perplessa.
-Non è specificato il genere.-
-No, infatti.-
Maristela continua a leggere e io mi alzo aprendo le braccia al cielo.
-Cosa fai, ti metti a pregare?- chiede scettica la ragazza.
-Sto immaginando la faccia di quel deficiente quando gli dirò che posso partecipare e che ha perso tempo a fare i provini con i bambini del biennio!-
-Non ho visto nessuno di quinta sugli spalti, effettivamente.- riflette Mar distrattamente.
Continuo a festeggiare fino a quando Maristela mi tira un cuscino addosso.
-La vuoi piantare sono le undici di sera passate e poi non riesco a leggere il premio.- 
-Che noia, sei proprio una guastafeste.- le rilancio il cuscino.
-A proposito tu dormi qui vero?- chiedo.
-No, adesso vado a casa. Mi riaccompagna tuo cugino.-
-Bene.-
-Mi porto questo Regolamento dietro. Noite, Menina!- la brasiliana mi scocca un bacio sulla guancia ed esce dalla mia camera.
Sbuffo e mi siedo sul letto. Fisso le foto appese alla parete in camera mia: io e Flavio, io e Flavio e papà, io e Flavio e i fratelli Arcade, Flavio, Maristela, Maristela e io, il nonno di Mar, Pelè, Maradona, i Linkin Park, i Fall Out Boys… e poi c’ una foto in cui ci siamo io, Flavio e Andrea. Mi ricordo quel giorno: avevamo otto anni e eravamo tutti pronti per andare a calcio. Io indossavo una divisa blu, mio cugino e Andrea, verde. Non so perchè ho appeso quella foto. Prendo una pallina dal comodino, quella che lancio e rilancio alla parete quando sono nervosa, e miro la faccia di Andrea nella foto. Lancio e… lo manco. Ringhio, lasciandomi cadere sul letto. 
Aspettiamo che si faccia vivo qualcuno, no?
 

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Capitolo 4
*** SI ***


CAPITOLO 3: SI

 
“Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto.”  -Oscar Wilde
 
 
 
Durante l’ora di tedesco, mi tengo la testa con una mano e faccio dei disegnini sul libro. Quest’ora di lezione mi toglie la voglia di vivere: il tono lento e le parole incomprensibili della Valle hanno la capacità di farmi annoiare appena la donna inizia a parlare. Do uno sguardo generale alla classe e vedo che tutti si fanno gli affari loro. Solo Maristela, che è troppo diligente, prende appunti seguendo la lezione. Sbuffo nella sua direzione e poggio la fronte sul banco. È venerdì e sono ben due giorni dal provino che ho fatto per la squadra della scuola. Nessuno mi ha fatto sapere niente: mi hanno beatamente ignorata. Per i corridoi della scuola mi capita d’incontrare i ragazzi che erano sugli spalti, tutte e volte la stessa reazione: mi fissano, occhi da cucciolo, bava alla bocca. Federico, Eric e Valerio fanno come se nulla fosse successo, amici come prima, anzi  tifano affinchè io sia ammessa in squadra ma non mi spifferano niente. Flavio vorrebbe parlarmi ma in presenza di Andrea, che è mi evita proprio, non lo fa. E a casa gli faccio trovare sempre la porta chiusa a chiave. Fino a quando non mi chiede scusa può continuare a fissare la porta di camera mia quanto vuole.
Trilla l’altoparlante.
“Arcade Giorgia in presidenza.”
Alzo la testa di scatto.
Tutti mi fissano.
-Che cosa hai fatto per finire in presidenza?- mi sussurra Maristela sconcertata. 
-Assolutamente niente!- rispondo stizzita.
-Giorgia, hai sentito la preside?- mi domanda la professoressa Valle con gentilezza.
-Si, vado.- mi alzo e esco dalla classe.
Che cazzo ho fatto?
Niente di niente!
In questo ultimo periodo ho preso le mie solite sufficienze, sono stata più zitta del solito in classe e ho svolto anche tutti i compiti!
Che ci sia lo zampino della Rotari? Per quella volta che ho parlato durante la sua lezione? 
Ho ucciso qualcuno in corridoio camminando con la mia solita poca grazia e attenzione, gli ho dato una botta, è caduto e si è spezzato l’osso del collo?
La presidenza.
Sospiro.
Busso alla porta.
Trattengo il fiato ed entro.
In piedi intorno alla scrivania della preside ci sono mio cugino, Federico, Eric e Valerio. Compare dietro di me anche il professore di ginnastica, Lagro, che mi sorride radioso e poi, purtroppo, Andrea Carelli, abbastanza incazzoso.
Tutti mi guardano. Mi schiarisco la voce.
-Buongiorno, professoressa.- 
-Ciao, Giorgia. Come stai?- la voce e il viso della preside sono rilassati e cordiali.
-Bene, grazie.-
Silenzio.
Tutti continuano a guardarmi.
-Perchè sono qui?- domando.
-Sei qui per questo, Giorgia.- il prof di ginnastica mi porge un cellulare su cui c’è un video. Io che faccio il provino. Giuro, che se è un problema, cercherò l’idiota che ha fatto questo video e gli metto la testa nel gabinetto. Dopo aver fatto queste considerazioni, alzo lo sguardo sulla preside. Il silenzio che segue non mi consola.
-Benvenuta nella squadra, Gio.- mi dice Flavio e poi sorride. Lo stesso sorriso che mi ha fatto centinaia di volte ma io muoio ogni volta che lo fa quello di quando eravamo bambini.
Cosa?
-Sono rimasto talmente stupito, lo sapevo che sei brava, e questo mi ha spinto ad andare da Andrea e suggerirgli la tua ammissione nella squadra.- mi dice il professore con una mano sulla mia spalla.
Ok, allora devo ringraziare l’idiota che mi ha fatto il video.
-Passiamo ai saluti ufficiali, allora.- Eric mi abbraccia alzandomi da terra facendo ridere la preside. Lo stesso fanno Federico e Valerio. Flavio continua a sorridermi ma a mantenere una certa distanza. Immagino che presto mi verrà a chiedere scusa, non è questo il momento adatto.
Mi paro davanti ad Andrea.
Sospiro e gli porgo la mano.
I suoi occhi non sono mai stati così verdi. O così marroni. Non lo so. Questo ragazzo non lo capirò mai.
Guarda me e poi la mia mano. Io continuo a mantenere un contatto visivo.
Alla fine mi stringe la mano. Anzi, no. Me la stritola con una tale forza che faccio fatica a rimanere normale.
-Bene! Adesso che siamo tutti d’accordo passiamo alla lettura del regolamento e poi alla decisione di una serie di regole che vi imponiamo io e il professore. Sedetevi, pure.- la preside ci fa accomodare. 
Leggiamo il regolamento anche se sono troppo felice per poter ascoltare.
-Ve ne farò avere una copia ciascuno. Voglio che vi comportiate come si deve: l’intera reputazione della scuola è nelle vostre mani. La potete migliorare o peggiorare. Vincendo o giocando onestamente.- lo sguardo serio della donna non mi mai caricato come in questo momento.
-Quindi: disciplina, correttezza e grinta. Tra di voi e verso gli altri. Chiaro?-
-Si.- rispondiamo tutti all’unisono.
-Allora, ragazzi e ragazza. Il capitano sarà Andrea Carelli. E io il vostro allenatore. Decideremo più avanti gli schemi. Faremo allenamento due volte a settimana e poi vedremo come va.- ci spiega il professore.
-Il torneo comprende anche delle trasferte. I costi degli spostamenti e dell’albergo sono offerti dall’ente che promuovo il torneo. Alle vostre famiglie non verrà richiesto nessun contributo economico su questo fronte. Vi farò passare tutte le autorizzazioni tramite una circolare: mi raccomando seguite attentamente le indicazioni che vi danno le segretarie in fatto di documenti. Se per lunedì portate tutto, confermiamo l’iscrizione al torneo. Domande?-
Alzo la mano e la preside mi da la parola con un cenno del capo.
-Com’è avvenuta la qualificazione al torneo?- domando curiosa.
-L’anno scorso la squadra di calcio della scuola ha partecipato a delle selezioni regionali, quasi per scherzo, e ha vinto. I ragazzi erano tutti di quinta quindi ho dovuto rinnovare la squadra al completo. Sono sicuro che farete scintille sul campo. Fissiamo a lunedì dalle 14 alle 16 il primo allenamento. Poi ci mettiamo d’accordo per il resto della settimana.- comunica Lagro facendoci l’occhiolino.
-Adesso ritornate nelle vostre classi per l’ultima ora di lezione. Buona giornata e fate i bravi.- la preside ci congeda con queste parole. In corridoio la prima cosa che faccio è voltarmi verso Andrea.
-Visto? Sono io il componente mancante!- lo sfotto.
Il ragazzo avanza velocemente verso di me e quando sta per mettermi le mani addosso Eric mi fa da scudo parandosi davanti a me, Flavio e Federico tengono Andrea e Valerio mette la distanza tra di noi allargando le braccia.
-Ehi, ehi, ehi! Dobbiamo arrivare le mani? Siamo una squadra da meno di un’ora e già vi ammazzate?- bisbiglia alterandosi Valerio.
-Bambola, ti proteggo io.- mi sussurra Eric.
Alzo gli occhi al cielo.
-È una stronza!- ribatte Andrea.
-E tu uno sfigato!- gli dico.
Andrea cerca di liberarsi da Flavio e Federico quando il professore esce dalla presidenza.
-Ragazzi! Come mai siete ancora qui?- domanda inclinando la testa.
Eric mi circonda le spalle con un braccio e batte cinque a Valerio; Flavio, Andrea e Federico si tengono abbracciati.
-Stavamo festeggiando, prof. Ci scusi adesso torniamo subito in classe.- sorride falsamente Federico. 
-Bene. Allora ci vediamo lunedì. Passate un buon weekend!-
-Senz’altro!- annuisce Eric. Non appena il prof volta l’angolo, io e spingo via il ragazzo e Andrea si libera dai suoi aguzzini.
-Adesso basta!- dice ancora Valerio.
-Allora, sta sera dove si festeggia?- domanda Eric, sistemandosi una sigaretta dietro l’orecchio.
Lo guardiamo tutti allibiti.
-Allo Stereotipo, che domande!- lo asseconda Flavio.
-Facciamo alle 22.- continua Federico.
Infami. Hanno dirottato l’attenzione mia e di Andrea verso altro per evitare che ci pestassimo.
Mi salutano in tutta fretta e nel giro di pochi secondi spariscono dalla mia vista. 
Sbatto gli occhi e mi dirigo verso la mia classe. Non appena mi siedo, Maristela mi assale.
-Cos’è successo? Ti ha espulsa? Sospesa? Bandita dalle lezioni?-
-Certo che hai un’alta considerazione di me. Tutte cose belle.- le lancio un’occhiataccia. -Sono nella squadra.-
-Davvero?- spalanca gli occhioni verdi.
-Sì. Lo ha deciso Lagro. Ha visto il video del mio provino e mi ha voluto dentro.- sorrido contagiando anche Mar. La campanella decreta la fine delle lezioni. Meno male che oggi è venerdì.
-Sta sera festeggiamo allo Stereotipo alle 22. Sei assolutamente invitata.- le dico mentre defluiamo via nella fiumana di studenti.
-Obrigada.- ringrazia la mulatta. Incrociamo mio cugino che non appena posa gli occhi sulla mia amica cambia sguardo, timoroso, gira i tacchi e se ne va. 
-Che hai fatto a mio cugino ieri sera?- domando incuriosita dalla reazione di Flavio nel vederla. 
-Mi sono sentita in dovere di dirgli due cosine su come ti ha trattata in questi ultimi giorni. Odio quando fa così.- Maristela si raddrizza altezzosa.
-Che bacchettona.- ridacchio.
-Per lo meno ha sortito il suo effetto.-
-Te lo dico non appena torno a casa.-
-Ecco, controlla che faccio il bravo.-
-Altrimenti? Cosa gli fai?- ghigno.
-Niente sesso.-
-Ricordami di non chiederti più certe cose specialmente se hanno a che vedere con te e con Flavio.- chiudo gli occhi, cercando di scacciare qualsiasi scena proibita dalla mente. 
-Ci vediamo sta sera, Menina.- mi stampa un bacio sulla guancia e vola via nella sua nuvola di profumo esotico lasciando a bocca aperta molti studenti. Si, Maristela fa un certo effetto. Anche a me, devo ammetterlo.
Infilo gli auricolari nelle orecchie e marcio verso casa. Mi sento leggera, felice e super carica. Questo torneo mi darà un sacco di visibilità se me la giocherò bene: potrei farmi notare da qualche allenatore che mi offra di giocare nella propria squadra. Sarebbe davvero fantastico. Mi perdo nelle miei film mentali rischiando di essere investita più volte e non appena metto piede in casa, ringrazio di essere ancora viva. In cucina trovo Flavio con un grembiulino da cucina, quello di zio, e con una teglia in mano. Non appena mi vede, s’immobilizza. Mi si avvicina senza perdere il contatto visivo e mi porge la teglia. Mi sporgo per guardare cosa contiene: biscotti di cioccolato a forma di omino. Flavio attende il mio decreto. Io poso la cartella con un tonfo e mi allungo per prendere un biscotto. 
-Come sono?- domanda.
-Abbastanza buoni da ottenere il mio perdono.- sentenzio.
Butta la teglia sul tavolo, toglie i guanti e mi stritola in un abbraccio, facendomi andare di traverso il suo operato.
-Scusa, mi dispiace!- mi dice all’orecchio.
-Ok, va bene…- tossicchio.
-Scusa, tanto, tanto, tanto!- 
-Cazzo, Fla, mi stai soffocando!- 
-Si, ma scusa ancora!- mi lascia andare.
-Adesso piantala. Prova a trattarmi ancora come una femminuccia e vedi come mi arrabbio. Trovi i tuoi averi buttati in strada.- 
-Esagerata!- commenta mio cugino.
Alzo un sopracciglio. 
-Ok, scherzavo.- 
-Ah, mi sembrava.- 
Ci sediamo per fare pranzo e per merenda ci mangiamo i biscotti sul divano guardando Dragon Ball, come tutti i venerdì pomeriggio. Poi io mi preparo per andare ad allenamento. Annuncio alle mie compagne della partecipazione al torneo e loro festeggiano, urlando per almeno cinque minuti nello spogliatoio. Mi ricevo qualche pacca sul sedere e addirittura un bacio sulle labbra da Elena. Ormai non mi scandalizzo più. Le lesbiche, valle a capire. In ogni caso, con i nostri schiamazzi, abbiamo vinto cinque giri di campo supplementari e una serie di esercizi massacranti in più. L’allenamento va alla grande con un totale di 3 goal miei e 2 di Elena nella partita finale e a parte i soliti CHE CAZZO FAI COGLIONA, SIETE TUTTE DELLE MERDE INCAPACI, MA QUANDO MI È VENUTO IN MENTE DI ALLENARE DELLE MINCHIONE COME VOI di Vittorio. Normale amministrazione, direi. 
Verso le otto ritorno a casa, distrutta ma felice, e do il mio annuncio anche a papà e a zio che iniziano una serie di cori da stadio facendo l’olè con Flavio. 
-Sta sera usciamo.- comunica Flavio.
-Dove andante?- inquisisce zio.
-A festeggiare allo Stereotipo. Faremo tardi, quindi non aspettateci in piedi.- asserisco.
-Già, che poi ogni volta che vi svegliamo sembrate delle talpe rimbabite.- concorda Flavio. I nostri padri odiano essere trattati così e noi ci divertiamo un sacco penderli in giro.
-Ehi!- protesta debolmente papà.
-Guardate che ve ne state a casa!- minaccia zio. 
Io e Flavio scoppiamo a ridere battendo un bel cinque. Poi ci accomodiamo a cena. La passiamo a raccontare quello che ci ha detto la preside a proposito del torneo. 
-Bene, gente, noi ci andiamo a preparare.- sentenzia mio cugino dopo aver bevuto. Ho tempo di farmi mezz’ora di sonno e poi mi metto all’opera. Io non sono proprio come Maristela, non tengo così tanto al “trucco e parrucco” come ci tiene lei, però se devo uscire la sera ci metto un minimo d’impegno. Infilo dei pantaloni neri, una camicia argento che infilo dentro ai pantaloni e fermo con una cintura nera,
 poi fermo con delle mollette i capelli da una parte e scoprendo l’orecchio destro tempestato di orecchini. Mascara, rossetto, profumo e cappotto. Mentre scendo le scale incrocio mio cugino. 
-Belle quelle!- esclama vedendo ai miei piedi le Vans brillantinate. 
-Me le ha regalate Mar per il titolo “Miglior giocatrice dell’anno”.- 
Mi circonda le spalle con un braccio e nei pressi della porta d’ingresso, i nostri padri ci aspettano con cipiglio inquisitorio.
-Controllerò che con beva troppo.- faccio l’occhiolino a zio.
-E io conterò le…- capendo al volo cosa sta per dire tappo la bocca a Flavio che mi guarda smarrito.
Mio papà non sa che fumo! Cosa dice?!
-Le volte che ballerai con un ragazzo che non sia il sottoscritto o Andrea.- 
-Tranquillo, non succederà mai. Io e Andrea siamo allergici al contatto reciproco.- scoppio a ridere.
-Fate attenzione mi raccomando. E divertitevi.- ci intima papà.
Usciamo di casa e tiro una sberla a mio cugino.
-Stavi per fare danno!-
-Non ci ho proprio pensato che non lo hai ancora detto a tuo padre!- esclama lui.
-Preferisco aspettare.- mi giustifico.
-Di solito gli dici tutto. Non capisco cosa potrebbe succedere se gli dici che ogni tanto fumi.- mi rimprovera lui.
Faccio un gesto seccato della mano per chiudere l’argomento. 
Dopo qualche minuto arriviamo alla fermata e saliamo sull’autobus: in meno di mezz’ora arriviamo allo Stereotipo. All’entrata sentiamo il rumore dei bassi della discoteca e incontriamo Eric. 
-Che schianto!- il ragazzo mi da un bacio sulla guancia e mi passa un braccio intorno alle spalle.
-Balli con me tutta la sera?- Federico mi spunta alle spalle. 
Alzo gli occhi al cielo. Flavio saluta Andrea e Valerio che sono appena arrivati. Poi vedo una ragazza alta, con i tacchi, un vestito rosso di pizzo molto attillato, degli orecchini a cerchio, un trucco da urlo e i capelli neri e lisci perfetti.
Maristela cammina con un tale sensualità da far sbavare i ragazzi e me compresa. 
-Avete visto un fantasma?- domanda baciandomi sulle guance. Non riceve nessuna risposta a alza le spalle.
Flavio, per marchiare il territorio con i ragazzi e con la gente in fila, le scocca un bacio sulle labbra che fa illuminare gli occhi alla ragazza. 
-Allora? Entriamo?- Eric che mi tiene un lembo del cappotto facendoci accorgere che è ormai arrivato il nostro turno. Paghiamo, lasciamo le giacche e io mi dirigo verso il bancone insieme alla brasiliana.
-Ciao bellezze.- ci saluta il barista.
-Ehi, Danny.- Maristela gli fa l’occhiolino.
-Ecco a voi due Mojitos per iniziare.- ci serve il nostro primo giro. 
-Com’è l’atmosfera?- 
-Vi consiglio di buttarvi in pista ma dopo questo!- Danny ci fa un sorrisone e ci porge un Black Velvet per Mar e una Vodka Lemon per me. Proprio sulle note di Body di Loud Luxury, io e Maristela buttiamo giù il terzo superalcolico di Danny, e ci facciamo spazio tra la folla. Dopo qualche canzone, mi trascino di nuovo al bancone. Maristela balla con Flavio che l’ha raggiunta dopo aver salutato alcuni amici in giro per il locale. Purtroppo reggo benissimo l’alcool e per sentirmi leggermente brilla dovrei berne una quantità indecente… ma non posso. L’alcool mi resetta e per giorni mi annebbia il cervello. Con lo sport che faccio, non me lo posso permettere. Quindi mi limito a 3 superalcolici vari e per finire in bellezza Vodka liscia. Danny condivide il mio pensiero, illustratogli quando ho iniziato a frequentare il locale, e mi serve subito la mia ultima ordinazione della serata. Gli sorrido e butto giù, ripassandogli il bicchierino. 
-Ti offro da bere, piccola.- biscica un ragazzo, ubriaco fradicio, seduto a un posto di distanza.
-No, sono astemia.- rispondo secca.
-E allora cos’era quello che hai appena bevuto? Mi sembrava tanto Vodka.- 
-Acqua naturale.- il tono serio tronca ogni proposito del ragazzo e ritorno in pista a cercare qualcuno dei miei accompagnatori. Vedo tutti quanti seduti ai divanetti: Maristela sulle gambe di mio cugino, Eric fuma, Valerio ride come un matto con Federico. Andrea è seduto accanto a Flavio e mi guarda torvo. Che palle quel ragazzo. Gli restituisco lo sguardo fino a quando non arrivo al divanetto e frego la sigaretta dalle labbra di Eric. Faccio un tiro e gli soffio il fumo addosso. 
-Ladra.- commenta lui. Valerio mi fulmina con lo sguardo.
-È solo una.- mi giustifico. 
-Seh, e poi domani è un’altra e poi rimani senza fiato quando corri in campo.- mi riprende.
-Balliamo?- Eric si riprende la sigaretta e la spegne nel posa cenere. Io annuisco. e mi lascio guidare dal ragazzo in pista. Le successive cinque ore le passo a ballare, ridere con Maristela e a chiacchierare con i ragazzi. Ancora una volta tutto è perfetto. Mi godo questi momenti di divertimento che condivido con i miei amici perchè le cose cambieranno. Da lunedì, il gioco si fa duro. E io, inizierò a giocare.
 
 

 

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