Without hope, without witness, without reward

di chiara_LN
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Note iniziali: Questo piccolo esperimento è nato così, senza pretese. Ho deciso di pubblicare questo primo capitolo dopo un anno dalla prima stesura e, sarò sincera, non ne ho ancora scritti altri. Prima preferisco vedere come viene accolto, anche perché, è la mia prima fan-fiction e ammetto che impiego settimane a scrivere un capitolo, quindi se dovessi decidere di proseguire con questo viaggio, vi avviso già da ora che potrei aggiornare una volta ogni mille mai, cosa per cui chiedo scusa già da ora! Ma, bando alla ciance, vi lascio al capitolo. Buona lettura!

 

 

 

~1~

 

Il signore oscuro detestava essere interrotto. Qualunque cosa stesse facendo, soprattutto se si trovava all’arcolaio, nessuno doveva osare disturbarlo se non per stringere un patto. Tuttavia, in quei momenti non avrebbe disprezzato anche una minima distrazione poiché gli ultimi giorni erano stati relativamente noiosi per lui e, oltre l’aver trasformato due stupidi soldati in lumache, non era avvenuto niente di interessante: nessuno era venuto a supplicarlo di stringere un patto, nessun re si era presentato alla sua porta implorandolo di salvare il suo regno, nessuna fanciulla lo aveva supplicato di darle qualcosa che le facesse dimenticare un doloroso amore non corrisposto. Di conseguenza aveva osservato girare ininterrottamente la ruota dell’arcolaio per quelli che gli erano sembrati anni, pensando e ripensando ad un modo per poter raggiungere il figlio disperso in un altro reame, da lui irraggiungibile. Improvvisamente, il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un rumore leggermente fastidioso a lui sconosciuto che lo stranì non poco e che capì provenire dall’esterno. Il folletto, incuriosito, si alzò dallo sgabello di legno e si diresse verso una delle grandi finestre dell’immensa stanza nella quale si trovava. Dopo aver scostato la pesante tenda di velluto con un gesto annoiato della mano, notò con sorpresa ed anche con un po’ di indignazione che, nel giardino del suo castello, era appena comparso una specie di armadio a base quadrata dipinto di blu, ben visibile dalla finestra. Tuttavia, l’indignazione venne ben presto sostituita dall’euforia.

”Finalmente un po’ di divertimento! Era anche ora!”

Senza pensarci due volte, con un ghigno malefico, si spostò in giardino, avvolto da una nube viola; non ebbe nemmeno il tempo di compiere un passo, che da quella specie di armadio uscirono di corsa un uomo con degli strani capelli castani e una ragazza che a malapena poteva avere vent’anni. Una delle cose che aveva attratto maggiormente l’attenzione di Rumpelstiltskin fu lo strano vestiario dei due: l’uomo indossava uno strano mantello marrone che gli avvolgeva le braccia e che a malapena gli arrivava fino alle caviglie e, a i piedi, portava uno strano paio di calzature che gli sembrarono essere in tessuto; la ragazza, invece, indossava strani pantaloni celesti, il che parve al folletto totalmente fuori luogo trattandosi di una donna. 

“Rose, veloce, prima che esploda!” urlò l’uomo.

“Eccomi Dot-“ le parole della ragazza vennero interrotte da un’esplosione che investì i due e li fece cadere a terra, in mezzo all’erba per niente curata del giardino. In modo totalmente irrazionale, almeno secondo l’Oscuro, poco dopo i due incominciarono a ridere irrefrenabilmente e solo dopo un minuto buono si accorsero di non essere soli.

“Oh, salve! Mi dispiace per l’intrusione e per il baccano.” disse l’uomo fra una risata e l’altra alzandosi da terra. “Sono il Dottore.” si presentò abbandonando il riso e porgendo la mano al folletto che, però, la ignorò bellamente.

“E io sono Rose. Voi invece siete?” disse la ragazza spuntando dalle spalle dell’uomo.

“Rumpelstiltskin.” rispose l’Oscuro, inchinandosi teatralmente. “Dottore...” - sussurrò il folletto, quasi assaporando il suono di quella parola, iniziando, allo stesso tempo, a camminare attorno ai due visitatori come un animale famelico gira attorno alla propria preda - “tu non sei un vero dottore e voi non appartenete a questo reame, è evidente. Inoltre, si dà il caso che vi siate introdotti nel mio castello senza essere stati invitati e sono pochi coloro che possono raccontare di aver fatto ritorno in una tale circostanza. Perciò dimmi, dearie, cosa ci fate qui? E cos’è quell’armadio blu?” chiese fermandosi davanti all’uomo dagli strani capelli, mentre il ghigno malefico che lo caratterizzava faceva capolino tra le sottili squame che ricoprivano la sua pelle verdastra.

La situazione di pericolo fu subito evidente agli occhi del Dottore che però non si fece intimorire ed anzi, rispose con sicurezza.

“Oh, mi aspettavo un’accoglienza un po’ più calorosa. Non è molto cortese da parte sua!”

“Non era mia intenzione esserlo, dearie. Sono famoso per molte cose ma non per la mia cortesia. E ora che ne dici di rispondere prima che ti trasformi in una lumaca?”. Il folletto fece seguire alla domanda la sua folle risatina, accompagnata da un gesto teatrale delle mani.

Quell’essere (il Dottore non sapeva come definirlo) era sicuramente inquietante e probabilmente pericoloso. Il Signore del Tempo si chiese se potesse veramente mettere in pratica la sua minaccia e, nel caso ciò fosse stato possibile, quali altri poteri avesse. A che razza apparteneva? Nei suoi 800 e passa anni di vita non si era mai imbattuto in qualcosa di simile, ne era sicuro.

“Beh... noi siamo... viaggiatori. E quello è il nostro mezzo di trasporto.” rispose il Signore del Tempo grattandosi distrattamente un lato della testa ed indicando la cabina telefonica. Un cosa era sicura: quella creatura non era a conoscenza delle caratteristiche del TARDIS e tantomeno doveva scoprire cosa fosse veramente quell’armadio blu, così come lo aveva chiamato. Voltatosi verso Rose, per verificare che fosse ancora lì, il il Dottore notò che la ragazza era attonita e che fissava lo strambo personaggio che si era presentato col nome di Rumpelstiltskin con incredulità.

“Rose, tutto bene?”. Sussurrò leggermente preoccupato.

La ragazza aprì almeno due volte bocca per poi non riuscire a dire niente.

“Può scusarci un momento?” Il Dottore si rivolse al folletto e, senza aspettare una risposta, prese delicatamente Rose per un braccio e la portò a qualche metro di distanza.

“Rose?” la chiamò, stavolta seriamente preoccupato.

“Dottore, io lo conosco. Ho già sentito quel nome.”

“Cosa? Quando? Dove?”

“Può essere che mi stia sbagliando, probabilmente è così, ma...”

“Ma?”

“Dottore, dimmi la verità. È possibile che le fiabe, le storie che ci vengono raccontate per addormentarci, insomma tutte questi racconti siano realtà?”

“Beh, sì... Può darsi. Molte di queste sono state ispirate da eventi realmente accaduti, ma ciò non vuol dire che siano tutte realtà. Perché mi fai questa domanda?” chiese inclinando leggermente la testa da un lato.

“Mia madre, a volte, per farmi addormentare mi raccontava una storia e il protagonista di questa storia era una specie di folletto malefico che si chiamava Rumpelstiltskin, ovvero come lui.”

Il Signore del Tempo spalancò gli occhi, arretrando di un passo. Se ciò che gli aveva detto Rose era vero, i due erano in un mare di guai; non che non lo fossero praticamente ogni giorno, ma questa volta sarebbe stato più difficile uscirne. Tra i Signori del Tempo correvano voci, leggende di ogni tipo; una di queste era considerata leggenda da metà della popolazione e realtà dall’altra metà ed era stata oggetto di dibattito per diverse centinaia di anni. Il Dottore non era mai riuscito a schierarsi né da una parte né da un’altra, anche se, dopo aver sentito quanto gli aveva detto la sua compagna di viaggio, stava iniziando a credere che tale leggenda corrispondesse a verità: l’esistenza di universi paralleli nei quali quelle che venivano considerate solo storielle da raccontare ai bambini erano invece realtà. 

“Dottore?” Rose capì che le parole da lei pronunciate poco prima avevano sortito uno strano effetto sull’uomo davanti ai suoi occhi e si chiese se fosse il caso di scappare dentro il TARDIS seduta stante, nonostante l’esplosione di poco prima. 

“Nella storia che ti raccontava tua madre, questo folletto aveva una sorta di poteri o abilità magiche?”

“Sì, come uno stregone. Mi ricordo anche che una sua caratteristica era quella di voler sempre stringere dei patti con coloro che venivano a chiedergli un aiuto; questi patti, però, erano sempre a suo vantaggio.”

Il Dottore annuí pensieroso. Come procedere? Se si trovavano veramente in un altro universo, specialmente di quel tipo, ritornare al loro sarebbe stato complicato. Per di più, il TARDIS aveva bisogno quantomeno di un giorno intero per poter essere utilizzato senza il rischio di contaminazione radioattiva e completare il rodaggio.

 

Il comportamento di quel Dottore e della sua amica più che indignare l’Oscuro, lo incuriosì. Nessuno aveva mai osato voltargli le spalle o allontanarsi da lui in quel modo, con totale noncuranza e ciò gli fece comprendere che i due stranieri non sapessero chi fosse e quale reputazione avesse. Mentre i due viaggiatori confabulavano tra di loro, Rumpelstiltskin si avvicinò allo strano armadio blu e iniziò a girarvi intorno, osservando che, in una delle sue quattro facce, erano incise strane parole come Cabina, Polizia o Telefonica. Per di più, non appena si avvicinò, avverti un’aura molto strana, non magica ma comunque molto potente. Che cosa poteva mai essere quello strano aggeggio? Desideroso di sapere la verità ed ormai stufo di aspettare, decise di ritornare al castello e di portare i due con lui.

“Hey, ma che diavolo?” Rose e il Dottore vennero avvolti da una nube viola e, poco dopo, si resero conto di non trovarsi più nel giardino, ma bensì all’interno di una grande stanza. 

“Scusate dearies, non sono famoso per la mia pazienza. Ora rispondete alle mie domande, mi avete fatto perdere già abbastanza tempo.”

“Sicuramente non sarete nemmeno famoso per le vostre buone maniere!” disse Rose arrabbiata. La ragazza provò a dire altro ma, con un fluido movimento della mano, Rumpelstiltskin la privò della voce e la immobilizzò, così come immobilizzò anche il Signore del Tempo.

“Va già molto meglio, non credi Dottore?”

“Beh...” 

A causa della sua esitazione, Rose fulminò l’uomo con uno sguardo e ciò non fece che suscitare l’ilarità di quest’ultimo che la guardava divertito.

“Allora, Dottore, è meglio iniziare, non trovi? Da dove venite?”

“Da dove venivano? Eh, bella domanda!” Ricordatosi le parole pronunciate dal folletto precedentemente, decise di sfruttarle a suo vantaggio.

“Da un altro reame.”

“Non provare ad evadere le mie domande.” un lampo di ira attraversò gli occhi Rumpelstiltskin che, però, si ricompose subito dopo.

“Non mettere alla prova la mia pazienza, dearie, o finirà molto male per la tua amica... non credo vorrai udire urla di dolore uscire dalla sua bocca, vero?” nel dire ciò, l’Oscuro si era avvicinato a Rose e le aveva sfiorato la guancia con l’esterno di un dito, per poi scendere delicatamente verso il collo.

“Non osare toccarla. Allontanati da lei.” ringhiò il Signore del Tempo.

Nel mentre la ragazza lo guardò terrorizzata, in cerca di aiuto, totalmente impossibilitata a muoversi a causa dell’incantesimo del folletto.

Quest’ultimo si voltò verso l’uomo con un ghigno di puro divertimento stampato sul volto:

“Perché? Cosa credi di potermi fare ‘Dottore’?” marcò volontariamente quell’ultima parola con tono irrisorio quasi a voler evidenziare l’impotenza dell’uomo, la mano ancora a sfiorare il collo di Rose.

Fu in quel momento che il Dottore perse, almeno in parte, il controllo di sé:

“Vuoi sapere chi sono, Rumpelstiltskin? Sono il Dottore, vengo dal pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborous, ho 864 anni e rappresento il puro terrore per diverse specie. Mi chiamano ‘la tempesta imminente’, il ‘distruttore dei mondi’ o la ‘tormenta’. Ho salvato migliaia di vite, così come ne ho prese altre migliaia. Vuoi sapere chi sono? Sono il distruttore del mio pianeta, ultimo dei Signori del Tempo e sono colui che ti sta offrendo la possibilità di lasciarci andare senza danni collaterali.”

Aveva davvero appena pronunciato quelle parole? Lui, uomo di pace, che rinnegava la violenza in qualsiasi forma, aveva davvero appena minacciato quel folletto, utilizzando quegli alias da lui tanto odiati? Sì, si disse. L’aveva fatto per Rose, e avrebbe ripetuto quelle parole anche altre miIle volte se fosse stato necessario.

La ragazza lo guardava con occhi sgranati, sorpresa, quanto lui, di ciò che il Signore del Tempo aveva appena detto. 

Anche Rumpelstiltskin fu parecchio turbato dalle parole dell’uomo, ma non lo diede a vedere. Non tanto perché l’avesse minacciato, figurarsi, erano state tante le minacce che aveva ricevuto in vita sua da averne ormai perso il conto. No... ciò che lo aveva veramente turbato fu udire il nome di quella costellazione di cui lui aveva letto innumerevoli volte.

Com’era possibile che quell’uomo, sempre che lo fosse, provenisse da lì? E se ciò era vero, allora poteva viaggiare attraverso i reami? Forse, addirittura, poteva raggiungere il reame dove si trovava Bae... avrebbe potuto riveder suo figlio!

Aveva bisogno di riflettere, decisamente. Aveva anche bisogno di tempo. Decise che momentaneamente le segrete andavo più che bene per quei due.

Dopo un veloce movimento della mano, una nube viola avvolse il Dottore e la sua compagna e i due scomparirono sotto i suoi occhi.

 

“Ma come fa?!”  chiese nervosamente Rose, dopo essersi alzata da terra. Così come per lei, anche per il Dottore l’atterraggio sul pavimento non era stato proprio morbido ed ora l’uomo si massaggiava il gomito.

“Non ne ho idea; forse utilizza un qualche sistema di teletrasporto simile a quella del manipolatore del vortice. Devo ammettere che, però, non è così scomodo viaggiare così.”

Un’occhiataccia della ragazza lo indusse a non dire altro. Il Signore del Tempo si guardò intorno, stringendo gli occhi. 

“Allora... Siamo sicuramente in una cella ma...”

“Ma?” lo incalzò Rose.

“Ma non siamo decisamente in una cella medioevale, ne tantomeno terrestre.” disse con sicurezza dopo aver scannerizzato le pareti della cella con il suo fidato cacciavite sonico. A quel l’affermazione il Dottore ricevette uno sguardo interrogativo.

“Guarda queste pareti, Rose. Questo è luminium e il luminium non è ancora presente sul vostro pianeta.”

“Invece ora, voglio dire, nella mia epoca, c’è? Abbiamo il luminium?”

“No, decisamente no. Dovreste averlo fra circa diecimila anni, quando verrà importato dalle colonie su Giove.”

“Ma, allora, dove siamo?”

“Non ne ho idea. Abbiamo effettuato un atterraggio d’emergenza: il TARDIS è atterrato sul pianeta più vicino al punto in cui ci trovavamo quando siamo stati attaccati.”

“Capito...” Rose, adesso, era veramente spaventata. Non sapevano dove si trovavano, erano stati imprigionati da quel folletto malefico e, cosa più importante, non potevano utilizzare il TARDIS per chissà quanto tempo. Ce l’avrebbero fatta a uscire vivi da quella situazione? Beh, sì. In fondo lei non era da sola, c’era il Dottore. Finché gli fosse rimasta accanto sarebbe andato tutto bene, no? Sperò con tutte le sue forze che sarebbe stato così.

Probabilmente l’uomo che era lì con lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava, infatti, le si avvicinò.

“Hey, andrà tutto bene, te lo prometto. Tu fidati di me, d’accordo?” le sussurrò accarezzandole le guance con i pollici. 

La ragazza annuì. “Lo so che andrà tutto bene. Andrà bene, come sempre.” Rose accennò ad un sorriso, che fu subito ricambiato dall’uomo. “Esattamente.”

Dopo essersi allontanato da lei, le suggerì con sguardo furbo: “Che ne dici, proviamo a scappare da qui?”

Il sorriso tornò ad illuminare il volto della giovane.

“D’accordo.”

“Allora... allons-y!”

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


~ 2 ~

 

“Ti prego, dimmi che stai scherzando.” Rose rivolse uno sguardo incredulo al Dottore che stava armeggiando con il cacciavite sonico nel tentativo di aprire la porta della cella. Dopo qualche secondo l’uomo si allontanò frustato da essa, sospirando esasperato.

“Bene, Rose: abbiamo un problema.” disse arruffandosi i capelli.

“Sì, Dottore, fino a questo punto c’ero arrivata. Ma che vuol dire che il cacciavite sonico non funziona sul legno? Cioè, è sonico!”

“Appunto, Rose. Sonico non significa universale.”

“Ma avevi detto che funziona su tutto.” Affermò lei guardandolo scettica.

“Ho detto che funziona quasi su tutto. Al momento, però, penso che abbiamo ben altri problemi.” Rispose il Signore del Tempo iniziando a fare avanti e indietro per la cella.

“Giusto, giusto. Allora... come facciamo a uscire?” La ragazza inclinò la testa di lato e, per la prima volta, si soffermò ad osservare la misera cella in cui si trovavano. Non era troppo sporca, ma era completamente spoglia, non considerando un misero pagliericcio in un angolo che altro non era che il mero sostituto di un letto. L’unica fonte di luce era una finestrella nella parte alta della parete esterna che però era troppo piccola perchè il Dottore o lei potessero passarci.

Rose notò che non c’erano altre vie d’uscita e ciò significava che erano bloccati lì fin quando quel folletto non li avesse richiamati a sé.

“Come facciamo a uscire? Beh... sicuramente non possiamo passare da quella finestra, è troppo piccola, ma potremmo provare a vedere se c’è un qualche passaggio segreto...”

“Sul serio? Come nei film?”

“Esattamente.” Per niente scoraggiato, l’uomo sorrise alla giovane. Tuttavia, riconobbe che la sua idea non fosse esattamente una delle migliori. Anzi, a dirla tutta, non era semplicemente una buona idea. Era sicuro che il Folletto non poteva essere così ingenuo da non essere a conoscenza di un presunto passaggio segreto. 

 

.

 

Lasciare a bocca aperta il Signore Oscuro era molto arduo, se non impossibile, eppure ciò che il suddetto provò, data un’occhiata all’interno della cabina blu, non poteva essere definito se non come stupore ed incredulità. Mai gli era capitato, durante la sua longeva vita, di trovarsi davanti qualcosa del genere; come diavolo era possibile che quella specie di armadio blu fosse più grande all’interno? Era immenso, considerate le dimensioni esterne. Che lui sapesse, non esistevano tali incantesimi. Per un momento pensò che quel “Dottore” gliene avesse lanciato uno... ma no, quello stupido idiota non sembrava nemmeno sapere dove si trovasse, figurarsi se era in grado di incantare proprio lui!

Dopo aver un po’ titubato, Rumpelstiltskin decise di entrare all’interno della cabina e ciò che vide, nonostante il leggero fumo presente, lo sorprese ancor di più: al centro di quella stanza vi era un grande ripiano tondeggiante dove erano situate delle tavole su cui erano impresse delle lettere, leve di ogni genere e una strana sostanza all’apparenza molle. Al di sopra di esse osservò che vi erano dei rettangoli dove scorrevano delle immagini e dei segni circolari; quei rettangoli gli ricordarono gli specchi incantati con cui Regina spiava quella mocciosa della sua figliastra. Il tutto sembrava costruito attorno ad un pilastro che emetteva una flebile luce.

Il Signore Oscuro, avvicinatosi al ripiano, provò incautamente a spingere verso il basso una delle leve e ciò che ottenne fu un suono gracchiante che non capì bene da dove provenisse. Si guardò intorno, per vedere se lì dentro ci fosse qualcun altro che lo stava infastidendo con quel fastidioso rumore, ma non vide nessuno. 

Era meglio uscire di lì, per il momento: preferiva ricevere qualche informazione su quella specie di macchina dal “Dottore”, invece che rischiare di commettere qualche sciocchezza. 

Ruotò il polso in modo da ritornare nel suo castello, accompagnato dalla classica nube viola, ma, con sua grande sorpresa, questa non lo avvolse e lui non si spostò di un centimetro. Provò di nuovo quel semplice incantesimo ma non ottenne alcun risultato. 

Che cosa gli stava succedendo? Ora non era nemmeno più un grado di spostarsi istantaneamente? 

Provò una terza volta e, come prima, rimase fermo. La rabbia lo avvolse rapidamente ma, altrettanto rapidamente, scemò, a causa di un altro rumore di quella macchina. Poteva mai essere possibile che lì dentro non poteva far uso della sua magia?

Deciso a verificare quest’ipotesi, Rumpelstiltskin si recò all’esterno della cabina e, uscito, riprovò a spostarsi nel castello. Questa volta, soddisfatto, osservò come la familiare nube l’avesse avvolto e come, delicatamente, si fosse sciolta da lui, nell’ala del castello.

 

.

 

“Ancora niente?”

“Purtroppo no, Dottore...”

“D’accordo, niente panico. Allora... beh... mi sa che dovremo cambiare piano.”

La ragazza lo invitò a continuare con un lieve movimento della testa.

Dopo aver preso un bel respiro quello affermò: “Non faremo niente.”

“Scusa, cosa?” 

“Mi hai sentito, Rose; per ora resteremo qui ad aspettare che Rumpelstiltskin venga a trovarci o che ci richiami a sé, poi vedremo come procedere. Dobbiamo riuscire a capire cosa voglia da noi.”

“Ma...” - la sua compagna di viaggio lo guardò esterrefatta - “non possiamo solo... aspettare che quell’essere faccia di noi ciò che vuole! Tu hai sempre un piano!”

“Beh... questo è il piano! È una situazione un po’ diversa dal solito e lui è molto pericoloso, come puoi ben vedere; oserei dire che è quasi più pericoloso di un Dalek. Inoltre, se il suo intento fosse stato solo farci del male, l’avrebbe fatto subito, non ci avrebbe imprigionati qui.”

“Ah, almeno so che non vuole farci solo del male. Ora sì che mi sento più tranquilla, grazie Dottore!” - disse scoccandogli un’occhiataccia. Dopo qualche secondo la ragazza riprese: “Quindi che facciamo? Aspettiamo?”

“Aspettiamo.”  - il Signore del Tempo si diresse verso il pagliericcio e vi si sedette - “C’è posto per due, vieni?” 

In risposta ricevette solo un sorriso affettuoso, mentre Rose gli sedeva accanto.

 

.

 

Rumpelstiltskin raramente si trovava in conflitto con se stesso ma, in quel momento e in quella situazione, non aveva la minima idea di come comportarsi; nella sua testa due vocine si alternavano nel suggerire quale strada intraprendere e si sentiva terribilmente combattuto nello scegliere quale ascoltare: una gli diceva di torturare quella sciocca amichetta del Dottore finché quello non si fosse deciso ad essere più collaborativo, l’altra, invece, gli diceva, o meglio gli urlava, di essere più diplomatico con quei due e di provare a prenderli con le buone; d’altronde non sapeva ancora con chi aveva veramente a che fare. Rimuginava ormai da troppo tempo, almeno secondo lui, su tale questione e ciò non andava d’accordo con la sua poca pazienza. Ah, al diavolo! Decise di ascoltare la seconda vocina, al limite avrebbe soltanto rimandato la tortura di quella biondina.

Come aveva già fatto altre volte, si spostò nelle segrete, accompagnato dalla familiare nuvola viola, e si palesò davanti i suoi due prigionieri. Li trovò seduti sul pagliericcio, la ragazza abbracciata al braccio dell’uomo che, nel mentre, le carezzava la mano. Entrambi fissavano il vuoto in silenzio.

Appena lo videro, i due scattarono subito in piedi, in guardia.

 

“Allora, dearies, è comodo il pagliericcio?” chiese il Signore Oscuro mellifluamente. 

“Oh sì, sicuramente molto più di quelli presenti nelle carceri di Elisabetta I. Anche se, devo ammettere, lì non lasciavano i prigionieri senza cibo. Beh, almeno non per troppi giorni... beh, almeno non finché non urlavano in preda ai crampi per la fame, ormai prossimi a morire di stenti. Ma comunque! Non era quello il punto, penso tu abbia capito, non è vero Rumple? Non ti dispiace se ti chiamo così, vero? Rumpelstiltskin è troppo lungo secondo me.” disse a manetta il Dottore con un mezzo sorriso, avanzando di qualche passo e mettendosi inconsciamente a protezione di Rose.

“Oh, mio caro, ho capito benissimo!” - l’Oscuro fece seguire quella breve affermazione dalla sua folle risatina, poi proseguì: “A tal proposito, mi sono reso conto di essermi comportato con voi in maniera rude e decisamente sgarbata, per cui sono venuto a proporvi di cenare con me, per rimediare a questo piccolo... fraintendimento.”  Il tutto fu detto con il giusto tocco di teatralità, che non poteva mai mancare, almeno secondo Rumpelstiltskin.

L’invito, d’altro canto, stupì non poco la coppia di viaggiatori spazio-temporali e, dopo un fugace scambio di occhiate, il Signore del Tempo prese la parola:

“Non credo abbiamo altre opzioni e, inoltre, sarebbe sgarbato rifiutare, non trovi Rose?”

“Certo, Dottore.” Disse la ragazza atona.

Il folletto le si rivolse ironicamente: “Come mai sei di così poche parole, dearie? Ci avevo quasi fatto l’abitudine a sentire la tua vocetta petulante.” - e ricevendo in risposta solamente un’occhiata torva, cantilenò: “Bene, allora! Andiamo!” 

La ormai conosciuta nube viola avvolse i tre e, dopo qualche secondo, si ritrovarono nella sala da pranzo, con al centro un grande tavolo rettangolare; bastò uno schiocco di dita del mago oscuro e questo si arricchì istantaneamente di diverse pietanze che emanavano un profumino decisamente invitante.

Ad un cenno del folletto, il Dottore e la sua compagna presero posto, seguiti da quest’ultimo che sedette a capotavola.

“Allora Rumple, a cosa dobbiamo quest’improvvisa gentilezza?” Chiese il Signore del Tempo, poggiando le braccia sul tavolo.

“Oh no, no, dearie! Prima mangiamo e poi discutiamo; se avessimo dovuto solo parlare non vi sareste mossi dalle segrete, fidati.” Il folletto si esibì in un inquietante sorriso, di cui i due amici avrebbero fatto volentieri a meno; i due si guardarono per un secondo e, prima che il Gallifreyano potesse dire qualcosa, Rumpelstiltskin riprese la parola:

“Oh, state tranquilli, non ho alcuna intenzione di avvelenarvi. Mi potreste essere utili e, inoltre, non mi piace utilizzare tali stupidi mezzucci per sbarazzarmi degli ospiti indesiderati... o di chiunque altro.” 

Ancora titubanti, Rose e il Dottore si servirono sotto gli attenti occhi del padrone di casa, liberamente costretti a farlo.

 

La cena si svolse rapidamente e nel silenzio, che veniva talvolta interrotto dal rumore delle posate. Così come era bastato uno schiocco per imbandire quella tavola, ne bastò un altro per far scomparire magicamente tutto ciò che vi si trovava sopra.

“Bene! Ora che abbiamo terminato con questi stupidi convenevoli, veniamo a noi, Dottore. Vediamo un po’... come fa quel tuo armadio blu a spostarsi attraverso i reami? Utilizza dei fagioli magici, per caso?”

Prima di prendere la parola, il Signore del Tempo lo squadrò per qualche secondo. In quei momenti la tensione era palpabile, non volava una mosca, mentre uno teneva gli occhi fissi in quelli dell’altro.

“Perché ti interessa così tanto, Rumpelstiltskin?”

“Non è educazione rispondere a una domanda con un’altra domanda, dearie.”

“Oh beh, se vuoi una risposta, allora si farà a modo mio.” Affermò il Dottore, guardandolo fisso negli occhi.

Come osava quel misero uomo rivolgersi a lui in quel modo? Chi si credeva di essere? Il folletto fu tentato di prenderlo per la cottola e appenderlo al muro, ma si trattenne, almeno per il momento.

“Diciamo che è pura curiosità. Quindi, come funziona?”

“Oh, Rumple, non prendiamoci in giro, è evidente che tu lo voglia utilizzare e la domanda mi sorge spontanea: perché? Puoi spostarti da un luogo all’altro con quella specie di traballante teletrasporto violaceo (che è molto comodo, per inciso), a cosa ti servirebbe un altro mezzo di trasporto?”

“Sai porre domande veramente intelligenti, Dottore... Ognuno ha i propri scopi,  che possono essere nobili o meno e, in questo caso, in via del tutto eccezionale, i miei sono nobili... e privati.” Affermò Rumpelstiltskin concludendo con voce improvvisamente più cupa e minacciosa.

Il Signore del Tempo sbuffò.

“Ma non capisci? Se vuoi il mio aiuto devi dirmi come stanno le cose! E non dirmi che non ne hai bisogno.” - affermò, non lasciando al Signore Oscuro nemmeno il tempo di ribattere. - “Ho aiutato  innumerevoli popolazioni e tutte, per quanto differenti le une dalle altre, avevano sempre una cosa in comune: lo sguardo. Uno sguardo che implorava aiuto, anche dietro barriere di orgoglio. E non gliel’ho mai negato. E vuoi sapere una cosa, Rumpelstiltskin? Quello stesso sguardo e quella stessa richiesta di aiuto li leggo nei tuoi occhi. Quindi: mi permetti di aiutarti o no?”

Il folletto rimase in silenzio per qualche secondo. Fissò il Dottore negli occhi, abbassò lo sguardo e prese un profondo respiro - Per Bae, - si disse - solo per lui

“Ebbene, Dottore... da dove vuoi che cominci?”

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


~3~

 

“Dimmi, Dottore: nella tua longeva vita, sei mai stato padre?” 

“No, mai.”

“Io sì. Lo sono stato e voglio esserlo di nuovo.”

Rose Tyler impiegò qualche secondo per comprendere appieno le parole del folletto: nonostante si sforzasse, non riusciva proprio ad immaginarselo in versione paterna; almeno, non nel modo che intendeva lei.

“Riguarda tuo figlio, allora? Questo tuo interesse nei confronti del mio mezzo di trasporto, intendo.” - ad un cenno affermativo di Rumpelstiltskin, il Signore del Tempo, continuò - “Che cosa gli è successo?”

“È stato risucchiato da un vortice, portale per un altro reame; ciò è avvenuto anche a causa mia... anzi, solo a causa mia.” - dopo qualche secondo di silenzio, il Signore Oscuro riprese la parola - “La magia ha corrotto la mia anima, facendomi anteporre il potere a mio figlio. Ora non so nemmeno dove si trovi, ma voglio ritrovarlo. Ha già trascorso troppo tempo da solo.” 

A quell’affermazione, l’impressione dei due viaggiatori nei confronti del loro interlocutore cambiò: sia il Dottore che Rose videro una sfumatura più umana in quell’essere che si era palesato loro; vedevano un uomo consumato dal dolore e dal senso di colpa.

“Quando è successo?” chiese la ragazza.

L’Oscuro sembrò quasi sorpreso che la giovane avesse preso la parola, tuttavia la sua risposta non si fece attendere: “Esattamente sei mesi e mezzo fa, dearie.”

“Bene, Rumple. Non perdiamo altro tempo: portaci lì dove si è aperto il portale.” disse fermamente il Dottore dopo qualche istante.

“È notte, Dottore, non si vedrà un bel niente.” controbatté lui.

“Hai ragione, ma sono sicuro che con un tuo schiocco di dita avremo tutta la luce che ci serve.” concluse il Signore del Tempo alzando lievemente un sopracciglio.

Rumpelstiltskin accennò un sorriso e, dopo un suo cenno affermativo, i tre andarono via dal castello, accompagnati dall’immancabile nube viola.

 

Così come affermato precedentemente dal Dottore, bastò uno schiocco di dita del mago oscuro per illuminare a giorno la zona in cui si trovavano: una potente luce, proveniente da una fonte indefinita, fece risplendere la foresta. Videro, così, gli alti e rigogliosi sempreverdi che li circondavano, in quella che sembrava essere una distesa infinita di alberi. Un dolce vento sferzava le chiome verdi, accompagnato da qualche rado richiamo animale; per il resto, solo silenzio.

“È successo propio qui?” chiese il Signore del Tempo all’Oscuro.

“Precisamente. Il portale si è aperto alla sinistra di quell’albero.” gli rispose questi, mantenendo lo sguardo fisso sul punto da lui indicato. 

Rapidamente, il viaggiatore temporale, dirigendosi verso l’aerea indicatagli poco prima, estrasse dal cappotto il fido cacciavite sonico, iniziando poi a scannerizzare la zona. Rose lo seguì, e gli si mise accanto, mentre invece Rumpelstiltskin non mosse un passo. Si limitava ad osservare i due con attenzione. 

“Oh sì! Non lo senti, Rose? Non lo avverti?” chiese il Dottore euforicamente.

Ad uno sguardo interrogativo della ragazza, l’uomo riprese: “No, hai ragione, non puoi, sei solo un’umana.”

“Hey!”. L’esclamazione della ragazza fu seguita da un leggero schiaffo sulla spalla del Signore del Tempo.

“No, non prenderla sul personale, ma il vostro corpo non può rilevare questo tipo di energia. Noi Signori del Tempo invece possiamo, per la presenza di alcuni...” 

La voce del Dottore si affievolì: con profonda tristezza, si era reso conto di aver parlato al plurale; il suo sguardo si incupì, così come i suoi cuori.

La giovane, avendo compreso la direzione dei suoi pensieri, gli pose le mani sulle spalle:

“Dottore, guardami. Lo so che fa male, ma ora c’è bisogno che tu ti concentri.” - nel mentre, inconsciamente, iniziò a carezzarlo con i pollici - “C’è la vita di un ragazzino in gioco ed ora tocca a te; rispetta il nome che ti sei dato, fai ciò che ti riesce meglio: salva un’altra vita, come ne hai già salvate migliaia.” 

Il Signore del Tempo alzò lentamente lo sguardo e lo incatenò a quello della sua compagna di viaggio: “Rose Tyler, la mia Rose Tyler... come farei senza di te?” le disse sorridendole dolcemente e dandole un bacio in fronte. Lei gli sorrise di ricambio.

‘Interessante il rapporto tra questi due... sono l’uno il punto di forza dall’altra... e quindi anche quello debole’ Fu questo il rapido pensiero che attraversò la mente del folletto.

“Bene! Allora...” - il viaggiatore temporale, ritrovato l’entusiasmo precedente, si diresse verso l’Oscuro riponendo, al tempo stesso, il congegno sonico nel cappotto - “caro il mio Rumple ho due notizie, una buona e una cattiva, da quale vuoi che parta?” 

“Dimmele e basta, dearie, non mi piacciono questi giochetti idioti. Vedi di non farmi perdere tempo o sarà peggio per te!” una risatina malefica seguì le parole del mago oscuro, ma ciò non impressionò i due amici più di tanto.

“Non capisco proprio perché ti ostini a non essere gentile con noi! Ti stiamo aiutando dopo tutto! Oh, ma che importa!” - il Dottore batté le mani, poi riprese - “Notizia buona: sono quasi sicuro, diciamo sicuro al 97%, di poter rintracciare tuo figlio. Notizia cattiva: ciò non potrà avvenire prima di almeno un giorno e mezzo.”

Gli occhi del Signore Oscuro si illuminarono di una nuova luce alle parole del Dottore, il quale scambiò un’occhiata d’intesa con la sua compagna di viaggio. Poco dopo, però, il dubbio pervase Rumpelstiltskin.

“Come farai a rintracciarlo? Con nessuno dei miei incantesimi sono stato in grado di fare ciò...” 

“Sono pieno di risorse, Rumple. Lei ne sa qualcosa.” rispose il Signore del Tempo indicando col pollice la giovane.

Dal canto suo, Rose, in un mero tentativo di incoraggiamento, sorrise al folletto.

Quest’ultimo stava per riprendere la parola ma, poco dopo aver aperto bocca, il Dottore lo precedette:

“E, prima che tu me lo chieda, non possiamo rintracciarlo prima perché il mio mezzo di trasporto deve completare il rodaggio.”

“Ossia?”

“Beh... deve terminare l’autoriparazione.”

Passò qualche istante, durante i quali Rose si chiese quale sarebbe stata la reazione del mago oscuro alle parole del Dottore. 

Avrebbe prevalso l’entusiasmo per essere finalmente in grado di rintracciare il figlio o si sarebbe adirato per le trentasei ore di attesa? La giovane era molto indecisa tra le due alternative, avendo ormai classificato Rumpelstiltskin come altamente instabile e volubile. E, soprattutto, temeva la sua reazione nel secondo caso.

“Molto bene!” - esclamò il Folletto, dopo quelle che alla ragazza sembrarono ore - “Se qui hai terminato, Dottore, ritengo che sia il caso di fare ritorno alla mia umile dimora.” concluse con una risatina.

“Oh sì, possiamo andare, ho raccolto tutti i dati di cui avevo bisogno.” 

Con un sorriso, il Dottore terminò la conversazione; contemporaneamente Rumpelstiltskin evocò l’incantesimo di trasporto.

‘Pericolo scampato per fortuna.’ pensò Rose.

Avvolti dal turbine viola, l’ultima cosa che i tre videro fu l’abbraccio tra oscurità e foresta.

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