Desperate Daughter's life- un giorno a casa

di Ely_Pommy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buongiorno ***
Capitolo 2: *** Pranzo e primissimo pomeriggio ***
Capitolo 3: *** Rientri ***
Capitolo 4: *** Università- l'andata ***
Capitolo 5: *** Università-com'è? ***
Capitolo 6: *** Perdita della voglia di vivere ***



Capitolo 1
*** Buongiorno ***


Buongiorno, sono Erika.
Ho 21 anni, single per cianuro nelle vene, fedina penale inspiegabilmente pulita, alta un metro e una sputazza, fisico da vado in palestra, ma con frequenza saltuaria e tante care cose.
Benvenuti nella mia mente, così vedrete con i miei occhi quello che succede.
Perdonate il caos: la mia mente non è per nulla pragmatica e organizzata, ma sembra più il risultato di una rissa tra le mie varie e molteplici personalità.
Come? Non vedete nulla.
Non preoccupatevi: mi sono appena svegliata e sono miope quanto la fusione tra Steve Wonder e una talpa, perciò se mi date un attimo, arrivano anche gli occhiali.
Ecco fatto.
Bene, sono le 6:00: si comincia.
Ehi! Vi sento! Sì, mi sveglio alle 6:00 tutte le mattine, problemi? Ormai il mio ritmo circadiano si è fissato lì talmente bene che la leva per regolarlo, si è incrostata.
Partiamo col pilota automatico, mentre il mio unico neurone tenta di tenermi in piedi.
Bagno, Constatazione della mia balenaggine e della mia cessaggine.
Cucina, luce, luce due, stacco l’allarme e apro le finestre.
Accendo il tg.
Preparo una moka di caffè e un te. Bevo acqua e limone, assumo le mie 20 mila pastiglie che ancora mi tengono agganciata a questa Terra, peso la mia colazione (sempre e costantemente yogurt greco alla vaniglia e frutta di stagione, tipo ora i kiwi) e verso i due liquidi.
Lo so: perché ho messo il caffè in due tazzine?
La risposta arriva tra tre, due, uno.
Vi presento mia madre, infermiera, bravissima e appassionata in quello che fa, ma simpatica quanto un dissennatore.
Tentiamo un approccio.
“Buongiorno…c’è di là un po’di caffè per te se lo vuoi”
“Dovresti essere già a studiare! Cosa ti svegli presto a fare! Non lamentarti poi degli esami”
Oh, scusate sentite un respiro di fondo?
Aspettate che mi giro…ecco: vi presento il male di vivere.
Alla morte di Baudelaire, ha fatto molti part time, seguendo i momenti di stress di varie persone, ma con me, ormai ha preso residenza.
Ormai io e lui siamo amici per la pelle, mi segue sempre e di solito il suo primo arrivo coincide esattamente con questo dialogo mattutino.
“’giorno, Erika!” “’giorno Maldi” segue pat pat sulla mia spalla mentre sorseggio il tè.
Andiamo in camera e accendiamo il computer.
Niente luci: mia sorella dorme ancora, ma di lei parleremo dopo.
Partiamo a studiare.
Oh, ecco mio padre: gran lavoratore, ma con l’umore da permamestruato, ovvero lunatico come pochi.
Tra parentesi: osservate i miei genitori: con due caratteri così, potete immaginare il mio.
In ogni caso, abbiamo litigato ieri, perciò andrà così: mi guarderà con sdegno, scuoterà la testa e se ne andrà chiudendo la porta dietro di sé: direzione salotto per i suoi addominali mattutini.
Dopo il solito caloroso risveglio da famiglia del Mulino Bianco, io apro le pagine web solite: Facebook, Youtube, Instagram e Outlook, per vedere le novità, ovviamente senza che loro mi vedano, perché sarebbe sacrilegio.
Bene, Cosmo e Wanda se ne sono andati al lavoro.
Facciamo il planning della giornata, svuoto la lavastoviglie e respiro profondamente.
È il momento di svegliare mia sorella: un mostriciattolo di 12 anni più piccola di me, che alterna momenti di normalità a momenti in cui si potrebbe valutare il fratricidio come legittima difesa.
Questo è uno di quei momenti.
La sveglia di mia sorella dura esattamente 15 min. e si svolge in queste fasi:
  1. Approccio simil affettuoso (quel simil è dovuto al mio sempre più diventare una persona da timer nelle effusioni come mia madre)
  2. Avviso. Nel senso “sto per versarti la colazione, ti aspetto in cucina”
  3. Mia preparazione di cappuccio con cacao alla base, cacao spolverato sopra, tazza su tovaglietta con due strappi di scotex, cucchiaio piatto o rosso e cannuccia ed infine cereali davanti.
  4. Inutile attesa
  5. Richiamo
  6. Inutile attesa (e qui il sangue ha già raggiunto la calotta cranica, portando a simpatici pensieri quali, appoggiare il cuscino sulle sue aperture per la respirazione)
  7. Scoperchiare il suo letto e passaggio al tono passivo aggressivo, reprimendo l’istinto di puntare alla giugulare.
Già, non sono paziente.
Vediamo insieme 2 puntate della nostra serie preferita e, mentre io parto con i letti, lei parte ad interpretare il cosplay irritante di Pollicino.
In cosa consiste?
Alzarsi (senza nemmeno aver messo via la roba della colazione) e fare qualcosa in ogni stanza della casa, lasciando traccia del suo passaggio.
Il pigiama in bagno, le calze in camera, la spazzola in sala e così via.
Ora, dato che viviamo in una bifamigliare che non è esattamente la villa di Briatore, non penso che lei tema di perdersi.
In più: io non sono una persona maniaca dell’ordine come i miei, ma il solo pensiero che quella roba dovrò metterla via io, altrimenti l’apparato genitoriale intaccherà e corroderà il mio apparato genitale, mi spinge a preoccuparmi di lasciare una casa che non sia un campo di battaglia.
Ora posso cambiarmi e lavarmi.
Andiamo a fare visita ai miei nonni e alla badante al piano di sotto.
Bene, ore 9:30 calma piatta.
Io devo provare a studiare e mia madre mi ha riservato l’ingrato compito di convincere mia sorella a fare lo stesso.
Bene questa è la mia proposta: “Lorenza fai (inserire un compito) e poi ti lascio il resto della giornata a fare quello che vuoi”
Opzioni di risposta:
  1. Troppo difficile (trad. non ne ho voglia)
  2. Posso prima vedere i cartoni? (trad. voglio far passare il tempo fino a pranzo)
  3. La mamma mi ha detto che non devo fare nulla (trad. tenta di ingannarmi, fallendo)
“Dai, ce la puoi fare! -intanto il Mal di vivere ride- poi sei libera…anzi sai che ti dico, dopo giochiamo con la wii e vediamo i video che vuoi”
“Ci penso”
Il sangue bolle, che nemmeno l’acqua per la pasta.
“No, non hai capito bene: non è una gentil richiesta o una cosa facoltativa. È un ordine”
“Non comandi tu! Perché devi decidere sempre tu! Ti ho detto che ci penso” e va sul divano.
Bene, nel mio cervello è esploso il Krakatoa.
“Bene, oggi non vedi i cartoni, e invece che un (inserire compito) ne fai 3”
“Perché la vita fa schifo?! Io non ho fatto niente di male! Adesso lo dico alla mamma, quando torna”
Vado in camera perché altrimenti, l’opzione percorribile sarebbe spiaccicarle il suo microcefalo sul muro, rendendolo un murales.
Dopo due secondi, viene a chiedermi scusa e si mette al lavoro.
Che ore sono?
Le 9: 45
Beh, se il mio fegato, oltre che essere già malridotto per questioni di salute, non è già uscito per scappare il più lontano possibile, è un miracolo.
Vi do appuntamento col resto della giornata, prossimamente.

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Capitolo 2
*** Pranzo e primissimo pomeriggio ***


Dove eravamo?
Ah già 9:45.
Perdonate il momentaneo vuoto cosmico, ma ero impegnata ad osservare una riproduzione della “Scuola di Atene” in camera mia.
No, nessun fine nobile: stavo immaginando improbabili dialoghi tra i personaggi.
Era un facepalm quello?
Va beh, dopo ore di studio profondo sono le 11:30: devo iniziare a procacciare il nutrimento per il me e per la belva con cui convivo.
Solita storia: io roba light, perché omioddio sono una donna e la dieta ce l’ho nel DNA.
Il mantenimento del contegno nell’alimentazione deve essere protratto a lungo termine…sì beh… a meno di non essere in quei giorni in cui mi avvicino pericolosamente al trovarmi a rosicchiare persino le gambe del tavolo oppure io sia arrivata al mio giorno di sgarro, in cui ogni volta la cameriera del mio giappo di fiducia teme per la sua incolumità, ma per il resto sono “diligente”.
Per mia sorella ovviamente il discorso è diverso… e si lamenta pure!
Ma andiamo con ordine.
Vado in cucina accendo le luci e appoggio il computer o il telefono dove capita.
Scelgo un video dalla playlist “Guarda più tardi” (nome spaventosamente vicino alla mia filosofia di approccio allo studio dell’ultimo periodo).
Partiamo a cucinare.
Pranziamo davanti a un video.
Ore 12:05: arriva mio padre.
Saluta Lorenza e le dà un bacio, mentre con me è un “copia e incolla” della mattina.
Respira Erika…respira.
Tempo che mio padre vada via e attacca Lorenza.
Dovete sapere che mia sorella è terrorizzata dall’ipotesi anche remotissima di poter vomitare e, perciò ogni singolo e minimo dolore la spaventa.
“Erika, ho un pochino di mal di stomaco: è normale?”
“Sì, tranquilla: hai appena pranzato, starai digerendo”
Piero Angela, ma chi sei? Altro che spiegazione alla Superquark!
Fin qui tutto ok, no? No!
Dopo 5 minuti, contati: “Erika, ho un pochino di mal di stomaco: è normale?”
“Sì, tranquilla”
Dopo altri 5 minuti, contati: “Erika, ho un pochino di mal di stomaco: è normale?”
“Sì, tranquilla”
Il mio sangue, intanto si è sparato nel cervello e i globuli rossi hanno ucciso la mia pazienza soffocandola e infierendo sul suo cadavere.
Dopo ennesimi 5 minuti, contati: “Erika, ho un pochino di mal di stomaco: è normale?”
“No, vomiterai per cento anni! Ti si bucherà lo stomaco e morirai nel tuo stesso vomito!”
“Ma davvero?”
Come può un essere umano anche dotato di un cervello da australopiteco, chiedersi se una situazione del genere possa veramente verificarsi?!
Come?!
In questo momento vorrei prenderla per le spalle e scuoterla così violentemente da vedere i suoi occhi rotolare nelle orbite, ma devo mantenere la calma, anche se il carcere non mi sembra un posto così brutto.
Dopo averla tranquillizzata, le do il permesso di giocare, ma, avendo lei occupato il tempo del pranzo post studio nel vedere i cartoni, le chiedo se possa non vedere la tv.
Apriti cielo.
Con la faccia più acuta del mondo, mi guarda e mi dice: “E io cosa faccio?”
È il momento in cui il mio unico neurone imita Tina Cipollari e dice: “No Maria, io esco!”
Mentre io sclero: “Maledizione a tutto ciò che è sacro in questa Terra maledetta: hai una cassapanca che straborda di giochi, sai fare gli origami, puoi disegnare, hai un ebook che ha mille mila libri: direi che di opzioni ne hai in quantità, no?”
“Allora, bella signorina- io l’ammazzo! L’AMMAZZO!!!- i giochi sono tutti noiosi, gli origami non ne ho voglia, se non mi dai il telefono non so cosa disegnare e leggo solo di sera, lo sai”
“vedi di fare qualcosa, io vado a studiare”.
Vado in camera.
Passa un quarto d’ora di silenzio assoluto e quando c’è silenzio a casa mia, bisogna allarmarsi.
Mi alzo e vado in sala dove l’ho congedata.
La trovo sul divano a dormire.
Il mio mal di vivere mi batte la mano sulla spalla e ride.
Io la sveglio e le chiedo spiegazioni e lei: “non avevo nulla da fare, perciò mi sono messa a dormire”.
Ora, io non sono un bambino prodigio anzi, sono l’ultima degli stronzi (nobile casata del sud della Ande), ma alla sua età giocavo con ogni cosa avessi a tiro: avevo le “palline rimbalzose”? mi immaginavo dei tornei pazzeschi; avevo dei cartoncini? Cercavo di montarci idee improbabili (ora potete capire da dove venga la mia abitudine di farmi mille mila film mentali, se volete guardarli, a proposito, trovate i popcorn vicino all’ipotalamo).
Come fa lei a non trovare nulla di meglio che lasciarsi morire sul divano?
Ovviamente le do qualche idea e dopo 10 minuti buoni di minacce mie e risposte sue, si mette a fare qualcosa.
Bene, anche oggi mi fermo qui.
Siamo alla 14: 00.
Se volete continuare a seguire le bizzarre avventure di questo manicomio mascherato da casa, rimanete connessi.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Rientri ***


Dov'eravamo? bene alle ore 14:00.
Scusatemi per il solito vuoto cosmico, ma penso che abbiate giocato col mio ipotalamo, perciò i miei film mentali sono partiti a raffica.
Vi avevo detto che potevate darci un’occhiata, non fare binge watching!
Bene, adesso preparatevi per uno dei momenti più imbarazzanti della giornata: il rientro di mia madre dal lavoro.
Questo è un momento in cui la meditazione zen potrebbe assolutamente venirmi in aiuto, ma io non mi chiamo Buddha, non sono una persona paziente e perciò potete immaginare il caos che scateneremo tra poco.
Oggi è anche un giorno in cui mia madre torna abbastanza presto dal lavoro, perciò potremmo dire che la pacchia è finita abbastanza presto, per quanto in casa mia si possa parlare di pacchia.
Ora, il difetto dei miei genitori è il seguente: la maggior parte delle volte, quando sono da soli, si può tentare un approccio semi civile… Il problema è quando quelle 2 teste calde si riuniscono.
Ma partiamo dal principio.
Vorrei fare un piccolo excursus per inquadrare chi abbiamo davanti.
Comincerai col dire che mia madre è la CIA. In che senso?
Beh dovete sapere che quando ho avuto problemi alimentari, periodo nero grazie al cielo superato, anche se alcune volte ricompare quando mi sento giù a mo’di diavoletto sulla spalla di Kronk…ah non sapete chi è Kronk? Perfavore! Fatevi una cultura disneyana e poi tornate.
Ad ogni modo, in quel periodo, io facevo una specie di tour delle meraviglie, visitando quasi ogni bar del circondario.
Ora, in casa eravamo tutti coscienti di ciò che combinavo, ma non è che mi mettessi a raccontare dove ero stata e cosa ero riuscita a recuperare, ma questo non era necessario perché puntualmente, mia madre sapeva tutto!
Sapeva esattamente dove ero stata, che cosa avevo preso, con chi ero, quanto avevo speso e a che ora c'ero stata.
C’è da dire che io abito in un posto talmente piccolo e talmente isolato, che praticamente si trova tra la valle di Mordor e il fantabosco; qualche volta sono passati a trovarmi anche i nanetti del Loaker e Heidi in piena botta per dirmi “ehi, zia! Sai che le caprette mi fanno ciao?”, ma che diavolo! Qui i negozi cambiano gestione un giorno sì e l’altro pure talmente siamo isolati dal mondo: come fa la gente a sapere chi sono senza che io li abbia mai visti?
Ovviamente, però, la domanda che mi sento di fare dal profondo del mio cuore è perché la gente abbia sentito questo irrefrenabile desiderio di parlare con mia madre dei miei spostamenti e soprattutto che bisogno ci fosse di riportarle la telecronaca di cosa abbia preso, di cosa abbia fatto di cosa abbia disfatto.
Giuro, che la prossima volta che vado da qualche parte, o vado in un posto remoto in Culandia (rinomato paesino di campagna), oppure ci vado a carnevale vestita, truccata e con la voce artefatta: voglio vedere se qualcuno mi riconosce ancora.
Certo, ci sono state delle volte in cui ho sospettato di avere un GPS sottopelle installato alla nascita, ma ho scartato quest’opzione mediante il prossimo racconto che ora vi farò.
Come sarebbe ottimo in un romanzo dal titolo “dr. jekyll e mister Hyde”, ma non in una vita normale, Mamma nasconde un’altra personalità: ovvero quella ansiosa e apprensiva: vi faccio un esempio.
Primo giorno di università. Ora di pranzo.
Chiamo mia madre e l'avviso che la fine delle lezioni è prevista per le ore 18:00, aggiungo che se avessero anticipato la fine delle suddette avrei avvertito.
Dove sta il problema vi chiederete. Beh, il problema è che lei aveva capito che io sarei rientrata alle ore 18:00.
Dovete capire, che io utilizzo il telefono si è no… MAI, perché non sono abituata a tenerlo acceso spesso se non per vedere i social per 10 secondi, giocherellare per altri 15 secondi guardare video su you tube per altri 10 secondi e spegnerlo subito dopo se non c’è da chiamare mia madre prima.
Durante le lezioni perciò, ce l'ho spento.
Finiscono le lezioni.
La navetta alla fine delle suddette non era piena, ma era una specie di scatola di sardine riempita con 500 squali, quindi lo spazio era poco persino per respirare, figuriamoci per prendere il telefono dai meandri dello zaino e avvisare mia madre che stavo uscendo dall'università.
Raggiungo la stazione dei treni.
Accendo il telefono.
Mi trovo 47 chiamate perse, no, non è un numero detto a caso…erano realmente 47.
Quando avrete recuperato la mandibola, Potrete immaginare la mia faccia.
Cerco di chiamare mia madre, ma il telefono è occupato.
Faccio il giro tutti parenti e suoi colleghi che mi avevano chiamato spiegando la situazione.
Finalmente raggiungo mia madre e vengo a sapere che lei era dai carabinieri dopo aver contattato ospedali, obitori e aver sguinzagliato colleghi e parenti nonché aver cercato di rintracciarmi con le mappe di Google tramite mia cugina, in più è in lacrime.
La prima cosa che mi aspettavo di sentirle dire nel momento in cui l'avevo contattata era: Ciao, dove sei? Stai bene? Sì beh le classiche cose da mamma nei film… Cose normali.
Ma la mia vita non è normale.
Le prime parole che mia madre mi ha rivolto, dopo avermi cercato per 1000 anni, sono state: “v********* Erika”.
Ovviamente, stiamo parlando della stessa persona che, durante il mio ricovero per epatite autoimmune, mi faceva le foto con il telefono a seguito della biopsia epatica invece che chiedermi come stessi.
Scusatemi ho divagato come al solito.
Torniamo a noi.
I tipi di rientro a casa di mia madre sono fondamentalmente 2.
Primo tipo: Da parte mia nulla da dichiarare, da parte sua nulla da dichiarare, ci si scambia due aggiornamenti, si prende un caffè, io vado in camera sua fingere di studiare o a studiare seriamente fino alla sera.
Questo tipo di rientro ovviamente è molto raro.
Tipo di rientro numero 2: o io ho combinato qualcosa o lei parte già arrabbiata (sia per avvenimenti recenti fino ad avvenimenti successi il mese scorso). Fatto sta che significa che siamo di fronte ad una bomba ad orologeria e se anche Lorenza ci mette il suo zampino perché 3 secondi prima le ho chiesto di disegnare invece che vedere la tv, io divento il bersaglio della bomba Atomica Madre, passo per il diavolo dell’inferno o per uno sterco di cavallo marcio da mesi.
Ora, io non so se le nostre pareti siano fatte di carta velina, ma con la mia famiglia non ce n’è nemmeno il bisogno.
A parte che sono medaglia d’oro di sbattimento di porte quando sono arrabbiata, ma mia madre per le due ore seguenti diventa una pentola di fagioli e spiega la sventura di avermi come figlia ad un ipotetico ascoltatore.
Finisce che mi metto a disegnare con la musica alta in modo da reprimere il mio istinto di esprimere il mio parere e sfogarmi con un Do di petto che nemmeno Pavarotti.
Rientro di mio padre… Sì lo so: copia incolla di quello che è successo la mattina e a pranzo, a meno che non vogliamo dare adito a una simpatica discussione fatta di urli e dialoghi inconcludenti con loro.
In ogni caso, quando io e i miei siamo insieme, i vicini lo sanno, La Prealpina lo sa, e lo sai anche l'arzillo vecchietto che se ne sta a due isolati di distanza con l'apparecchio acustico e non sente un’acca dal lontano ’58.
Nonostante i miei genitori dicano che io debba studiare 8 ore al giorno e poi io possa fare il cavolo che mi pare, il cavolo che mi pare non deve essere visibile da loro perché altrimenti vengo guardata con sdegno.
Ora se io, come passatempo, spacciassi eroina, mi ubriacassi, uscissi in discoteca per sniffare il contenuto di Metanfetamina di tutta la serie di Breaking Bad o fossi ricaduta nei miei accessi alimentari (Tra parentesi, sì ho perso 15 chili, ne sono fiera e grazie per averlo notato) …Comunque dicevo, nel qualcaso le situazioni sopra si verificassero, li capirei.
In cosa consiste il cavolo che mi pare? Nel disegnare, nel suonare il pianoforte, nel vedere un video stupido o una serie stupida su internet o nel montare uno dei miei video su You Tube.
Comunque, sono un disonore (scusatemi, devo farlo: disonore su dime, disonore sulla mia famiglia, disonore sulla mia mucca…chi ha orecchie per intendere, intenda… e gli altri in camper…scusatemi) perché non ho le chiappe sulla sedia e non sto studiando.
Sì, lo so: il mio mal di vivere sta ridendo rotolando sul pavimento, mentre la mia voglia di studiare si è completamente volatilizzata e nemmeno Chi l'ha visto ormai la trova più: si sono arresi, hanno detto che si è data per dispersa e lei in persona mi ha mandato una cartolina chiedendomi di non cercarla più.
È ora di dare qualche ripetizione.
Devo essere onesta: ho un bel rapporto con i miei “””alunni”””. I pochi guadagni che ricavo, li uso per fare i regali alle persone che mi interessano a Natale e pagarmi le mie uscite… Rare… molto rare perché quando combino qualcosa, mi sono dalla società, ma comunque presenti. Ovviamente le mie uscite coincidono con giorni di sgarro e sono giornate all’insegna la stupidità con le mie più care amiche.
A queste amiche vorrei dedicare una statua completamente fatta in oro inossidabile ed Eterna, perché ancora non ho capito per quale c**** di ragione non mi abbiano ancora sbattuta fuori dalla loro vita con un calcio nel sedere a causa del mio carattere.
Dopo tutto questo, a secondo del mio umore, potrei andare in palestra, se non è uno di quei giorni in cui preferisco isolarmi dalla società.
Durante la sera, 2 volte a settimana ho teatro, il resto delle sere disegno con la torcia del telefono e il computer aperto su Pinterest fino all’una di notte.
Beh, questo era un giorno qualunque di quando sono a casa.
Se volete sapere cosa succede quando rientro da scuola o da un esame, non vi resta altro che seguirmi nelle prossime mirabolanti avventure della mia vita strampalata.
A presto!

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Capitolo 4
*** Università- l'andata ***


Buoooooooongiorno signori,
oggi vi porto in università, siete contenti?
Sento già le vostre obiezioni “cosa mai ci sarà da vedere in università?”, ma credetemi: di materiale ne abbiamo…e tanto, ma per oggi inizierei dai trasporti per arrivarci.
Comiciamo
Sveglia alle 5:00.
Oddio, lo sapete, non lamentatevi, anzi rendetevi utili e settate il pilota automatico.
Pronti? Via.
Sveglia, apri gli occhi, spegni telefono, stacca cavo, giù dal letto.
Luci, bagno, peso.
Luci, cucina, tv.
Prendi limone, lava limone, prepara tè e caffè.
Pastiglie, colazione, bevi.
Lavaggio, cambio abiti, trucco e parrucco, uscita dal bagno.
Bene, ora che sembro un essere umano e non la reincarnazione di uno degli zombie di “The Walking Dead” morto malissimo, finiamo le ultime cose, prepariamo per gli altri membri della famiglia e controlliamo che io abbia tutto (tipo il pranzo che consumerò in uni).
Ora abbiamo due possibilità: optare per la macchina e andare a prendere il treno oppure decidere per il pullman dalla piazza del mio paesino in Culonia.
La macchina oggi serve ai miei…direi che scelgo il pullman (ed ecco che siamo diventati Ash dei Pokemon).
Vorrei aprire una delle mie parentesi: gli orari del pulman.
Ora capisco che la densità di popolazione del mio paesino, non sia esattamente quella di una metropoli, ma gli orari dei mezzi sono davvero opera di scimmie ubriache e strafatte evidentemente scappate dal laboratorio di Amy Farrah Fowler.
Primo pullman utile ore 6:50; vuoto cosmico fino alle 9:07; secondo buco nero fino alle 13:37; un pullman alle 14:57 e uno alle 16:07 per terminare con un’ultima partenza alle 18:27.
Ora quello che mi preoccupa è l’eventuale imprevisto, cioè, se io malcapitatamente devo prendere un mezzo alle 10:00 come faccio se non posso prendere il treno? Mi attacco al tram, per restare in tema.
Chiudiamo la parentesi e mettiamoci le cuffie, mentre il mio unico neurone tenta di ricordarsi come si faccia una sinapsi.
Scendiamo.
No, non siamo in università, ma dobbiamo prendere la navetta.
E qui chi ha concepito il numero di navette per noi deve essere della stessa cerchia di quelli sopra.
Il mio distaccamento, si trova davanti a un CFP e dopo una scuola media, quante navette avranno messo a disposizione la mattina?
Una che passa ogni 30 min.
Mentre vedo le altre navette quasi vuote che passano ogni dieci minuti e che sembrano messe lì solo per farmi arrivare lo sbocco dei dotti biliari al cervello, io mi preparo ad un documentario presentato dal mitico Alberto Angela intitolato “Lotta per la sopravvivenza”.
In una navetta grande poco più della mia stanza, devono starci: gli universitari, quelli del CFP, quelli delle medie, anziani membri dell’associazione “mi sveglio così presto solo per far vedere che esisto”, donne in cinta e lavoratori…qual è il lato comico?
Tutti devono prendere esattamente QUELLA navetta e non quella dopo.
Per farvi capire quanto si riempa quello stramaledetto inferno su ruote, vi farò una metafora: prendete una scatoletta di tonno vuota…fatto? Ora metteteci dentro una mandria di buoi! Sono Giovanni Muciaccia e questo è Art Attack…eh scusate, mi sono immedesimata troppo.
D’accordo.
Riusciamo a salire.
Oh no! Perché la gente è stupida!
La vedete anche voi?
La state vedendo?
Eccola, lei è quella “ehi sono in piedi in un pullman in movimento, ma attaccarsi ad un sostegno per non cadere è troppo mainstream!!!”.
Il pullman frena e lei ci cade addosso; con la faccia più acuta del mondo ti guarda e dice: “scusa, ah ah ah ah!!”
AH AHAHAHAHAHAH ARGGGGG!!! Perché il porto d’armi in Italia è illegale, perché???!!!!!!
Ah e non è finita! Aspettate che spenga le cuffie un secondo.
Ora, alla mia destra musica trap, che per carità “de gustibus non disputandum est”, ma perché devi portare tutto l’impianto stereo da casa per farmi ascoltare la tua canzone preferita? Da cosa deriva tanta ed indesiderata generosità?
Al lato sinistro quella che è seduta in braccio all’amica a mo’ di neonata e si svacca mettendo le scarpe sui miei pantaloni.
Capisco che non siano né di Gucci o Armani o altre case di moda che non conosco, ma sai, in università vorrei arrivarci quantomeno pulita.
La guardo, lei mi guarda, vuoto cosmico nelle sue orbite.
La riguardo, mi riguarda, guarda l’amica, che ha un QI un nanometro superiore e che le fa notare la situazione, senti un suono elettrico perché le sue sinapsi si sono rincontrate e hanno capito cosa fare mediante un abaco, lei sistema le sue natiche e sposta i piedi di un millimetro…Dio, se ci sei, prelevala, portatela via con te.
Al centro assistiamo ad una scena che ha dell’incredibile!
Pullman pieno, nessuno scende e una tizia vuole salire.
Tu pensi “vedrà che il pullman è pieno e aspetterà la prossima navetta” …NO!!!!!!
Lei DEVE salire.
Ora, giuro, normalmente non odio la gente e di certo aborro ogni tipo di discriminazione, ma alle 7:30 (perchè il tempo scorre), tu, che hai 3857 anni, dove devi andare esattamente? Hai forse un appuntamento fisso con i piccioni di uno specifico parco? Devi andare al bar perché devi parlare assolutamente alla tua amica Mariagesualda di quanto era buona la nuova marca di semolino che hai preso ieri? Devi far vedere di persona al tuo cugino di 10^ grado che nonostante la tua età, con i tuoi nuovi pannoloni puoi fare la ruota, come l’assurda pubblicità degli assorbenti di qualche novilunio fa? Dove vai con tanta urgenza…dove?!
Ok, ridotti tipo Silvester Stallone in “Rocky”, arriviamo in uni.
Direi che per ora può bastare.
Fatemi giusto uscire un po’di bile dalle orecchie e ci vediamo alla prossima!!!

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Capitolo 5
*** Università-com'è? ***


Bene, dicevamo…siamo in uni.
Siamo arrivati abbastanza presto.
Beh, percorriamo il marciapiede.
Alla nostra sinistra c’è il bar adibito anche a mensa per tutto l’ateneo, ma ne parleremo dopo, per ora non ci entriamo perché altrimenti le brioches appena sfornate potrebbero iniziare a parlarmi.
Attraversiamo ed eccoci nel nostro distaccamento.
Una rapida occhiata al tabellone per vedere in che aula ci hanno messo oggi e possiamo andare a prendere un posto.
Fino alla fine del liceo adoravo andare a scuola (sì, ridete, ridete pure), ma adesso no, forse perché i professori si dividono tra chi sembra il figlio illegittimo di Satana che viene a ricordarci che dobbiamo purgare i nostri peccati e chi, semplicemente, non si sa bene perché stia occupando quella cattedra se non per leggere parola per parola le slide (grazie, sono capace anche io).
Fatevene una ragione: i prof normali sono pochi quanto cercare un ago…no in un pagliaio, ma in un intero grattacielo adibito a pagliaio.
Ad ogni modo, mettendomi dietro posso firmare per me e per quelli che me lo chiedono, decidere di seguire, di studiare altro o di fare i cruciverba, se mi va.
Ehi, non giudicate…quelli di fianco a me, hanno ormai finito tutte le stagioni di “The Big Bang Theory” e stanno passando a rivedersi “Scrubs”.
Ad ogni modo, sfruttiamo bene il tempo che abbiamo: caffè alle macchinette, bagno e andiamo in aula studio a studiare un po’.
Ok skippiamo questa parte e torniamo in classe.
Quest’anno, a quanto pare, siamo invasi dalle scimmie di cui parlavamo nello scorso capitolo: anche gli orari che ho quest’anno in università sono stati fatti (per citare Renè Ferretti) “a c***o di cane”.
Per darci più spazio nel fare tirocini ed esami, hanno ben deciso di condensare un intero semestre di lezioni in 3 settimane.
No, non è una figata! Fare 9:00-18:00 tutti i giorni, con una sola ora di pausa pranzo e talvolta pacchi di quattro ore a botta, non è per nulla qualcosa per cui festeggiare.
Bene, tra prof che rimpiangono di non aver partecipato a “La sai l’ultima?” di Pippo Franco, altri che sembrano Eminem dopo una Red Bull e quelli che non parlano nemmeno Italiano, siamo arrivati alla pausa pranzo.
Bene, si corre.
Sì, si corre e anche veloce.
Perché? Perché in un distaccamento dove ci sono, almeno, 500 persone, ci sono solo 3 microonde di cui uno non funziona: se non si vuol mangiare il ghiaccio e fare una fila chilometrica, bisogna diventare per un attimo il Bolt della mutua.
Ma a voi geni del male che avete concepito ciò, vi mancavano 10 euro per qualche microonde usato in più?
Perché io vengo in università e sembra che debba partecipare alle olimpiadi 2019 per la categoria 100m?
Almeno datemi una medaglia, offritemi una di quelle brodaglie delle macchinette che spacciate per caffè e tra parentesi, neanche le macchinette ci credono.
A proposito di macchinette.
Sapete che esiste tipo una chiavetta che ti permette di non portarti ventordici monete? Qui ci siamo evoluti, col Bluetooth e la geolocalizzazione del telefono si può fare la stessa cosa, ma essendo schermati da 7m di cemento Bluetooth, localizzazione, linea telefonica e wi-fi, fanno schifo che nemmeno nel deserto della Papuasia e sei costretto a interpretare il ritardato che imita Bruce Willis che fa “Qui pvende, Qui no pvende” …ARGH!!!!!!
Come dite? Prova con la mensa?
Oh che peccato! È stra-piena!
Pasti a parte, skippiamo anche la parte compagni di classe, perché fatta eccezione per pochi santissimi angeli del paradiso, ci sono i gruppetti delle medie e si va ad esclusione.
Ora, facciamo una mini passeggiata.
Già che ci sono, vado a ritirare una dispensa.
No, non sto andando all’Ikea perché voglio rimodernare la nostra aula che, per inciso e spoglia quanto una cella di San Vittore, ma ben sì l’analogo dei bigini che si usavano al liceo.
I prof ovviamente ne sconsigliano l’uso, ma talvolta sono l’unico modo per seguire le loro lezioni, dato che prendere appunti alla loro velocità è impossibile.
Ad ogni modo, devo andare dall’altra parte dell’ateneo, perché collocarsi in una via di mezzo sarebbe stato chiedere troppo.
Ok, siamo arrivati.
La dispensa era pronta ieri, ma ieri il prof ci ha trattenuto per una barzelletta e la fila ai microondi era infinita.
Arrivo e…la dispensa non c’è: il ragazzo, a quanto pare in piena crisi affettiva, non l’ha lasciata alla copisteria, ma se l’è portata dietro nei suoi spostamenti.
Le opzioni sono: aspettare mezz’ora, o andarlo a cercare al bar.
Optiamo per la seconda, ma lui si è volatilizzato, ripercorri l’ateneo sperando sia arrivato, ma nulla.
Torneremo la prossima volta.
Mentre battiamo il guinnes world record di giri dell’ateneo, torniamo in classe e diavolacci, chi me l’ha fatto fare di mettere i tacchi oggi.
I miei piedi stanno letteralmente gridando e presentando un reclamo formale, ma neanche tanto.
Ultime due ore.
EEG della classe più piatto di un foglio appena pressato.
Si arriva alla fine: il prof ha mentito.
Voleva farci uscire prima, ma no, perché se lui non arriva all’ultima slide, secondo lui, una bomba verrà sganciata sulla nazione portando la specie umana all’estinzione.
Ennesima corsa, ennesima navetta piena.
Corsa e treno.
Mi siedo sul primo posto che trovo, perché è già tanto se il treno l’ho beccato, ma non mi sono accorta essere in prima classe.
Multone che magicamente da 1 euro si trasforma in 27.
Rientro a casa.
Per sapere il mio rientro, vi aspetto alla prossima!

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Capitolo 6
*** Perdita della voglia di vivere ***


Buonsalve...allora, pochi preamboli e andiamo al sodo.
Vi dò il contesto.
3° anno di medicina...i 3/4 di noi sono indietro anni luce con i miliardi di esami e in più dobbiamo fare tirocinio.
Cosa mai avranno pensato quei buontemponi che hanno fatto gli orari per coniugare queste cose con le lezioni che, in teoria, andrebbero divise in 3 mesi per sessione?
Ma è ovvio! Condensare tutto in un mese (entrambi i semestri) costringendoci a fare tutti e dico TUTTI I GIORNI 9.00-18.00.
9 ore di tortura psicologica con solo 1 ora di pranzo!
Ovviamente, appena ho visto l’orario, sono svenuta e sono andata in coma per una ventina di ore mentre la frase “non è possibile” mi moriva in bocca tronca, come la mia voglia di vivere.
Allora, comincio col dire che alcuni professori cercano in tutti i modi di alleggerire le loro ore: chi con battute, chi facendo delle pause, chi finendo persino un po' prima, chi addirittura non prende le firme e questi ultimi meritano la santificazione istantanea, perché non ti costringono ad organizzarti con improbabili gruppi firme perché, fidatevi sono pochissimi quelli che hanno il tempo di seguire tutto e studiare; ma altri sono non solo impietosi, ma sono davvero noiosi.
Sento già le vostre voci: “ eh, mica tutti possono essere spigliati…esistono anche quelli noiosi”…ecco, non avete capito il livello a cui arriviamo.
Un solo tono, occhi chiusi, passeggiata avanti e indietro davanti al proiettore trascinandosi il filo del microfono appresso e, soprattutto niente pause.
Ogni secondo, dura secoli ed io arrivo a sentire il tintinnio dei miei ovuli caduti a terra a seguito dell’inesorabile sfracellamento delle mie ovaie.
Non parliamo della mia voglia di vivere: caduta talmente in basso da avermi mandato una cartolina dalla parte diametralmente opposta del globo terrestre.
Non potendo reagire a sì tanta violenza psicologica, la rabbia sale fino ad arrivare ad ogni estremità del corpo. Punte e doppie punte dei capelli e dei peli comprese.
Giuro di aver pensato più volte di scavalcare le file di banchi davanti a me a balzi per stringere il collo del prof fra le mie mani e stringerlo in maniera così serrata, urlando più volte: “Basta!!!” fino a vedere la vita abbandonare i suoi occhi.
Il senso di impotenza, inoltre, porta ad una repressione della rabbia che causa l’impiccagione del mio fegato che, dovendosi arrangiare, ha utilizzato il duodeno come cappio per metter fine alle sue sofferenze.
C’è da dire una cosa: non sono arrivata a questo livello di sclero solo a causa di questo genere di organismi sub umani, ma anche per causa mia.
Come ho detto mille volte, ho 23. 000 000 000 di impegni e con la cippa lippa che rinuncio ad uno solo di questi; in più sto cercando di mantenere il mio fisico al meglio per 3 motivi: 1) in vista del mio sgarro mensile, quindi per limitare i danni 2) per una cotta che mi sono presa al corso di ballo liscio e latino (uno dei miei tanti impegni) 3) per i personaggi che mi assegnano a teatro.
Ottimo, per fare ciò la mia mente bacata mi costringe a scendere dal treno e arrivare in università a piedi anche se persino i pinguini stanno congelando, cercare di camminare ad ogni pausa concessa, tornare al treno a piedi, andare in palestra dove il tempo sul tapis roulant aumenta sia in durata che in velocità di giorno in giorno (almeno finchè non mi esploderà un polmone).
Tutto questo svegliandomi alle 5.00, mangiando una miseria (e saltando merenda e cena), con una patologia alle spalle e arrivando a casa (luogo in cui dovrei studiare) senza nemmeno la forza di alzarmi in piedi.
Pensate che quando torno dalla palestra e vedo le scale (abito al primo piano di una bifamigliare), la tentazione di rimanere a dormire sui gradini insieme al gatto è forte, davvero forte.
Ovviamente devo trovare il tempo per (preparatevi): studiare, organizzare il compleanno di una mia amica (devo gestire 40 persone), ascoltare e stare con mia sorella (richiesta da parte sua, più che lecita), esercitarmi nel pianoforte, andare avanti a rivedere il mio libro, fare teatro, andare a ballo (quest’ultimo solo il giovedì), scrivere, disegnare, rispondere ai messaggi, avere una vita sociale, adempiere ai miei impegni di madrina di cresima di mia sorella, pensare ad un video per il canale you tube, leggere e forse vedere qualche video o puntata di serie tv.
Infine Lorenza o i miei genitori o i miei amici, quando hanno bisogno di qualcosa, indovinate chi interpellano?
Tutto questo senza morire, senza cedere al desiderio di svuotare le dispense del mondo (cosa che riesco a fare solo grazie 1) alla mia cotta e 2) al desiderio di restare in pace col mio corpo fino ai 2 sgarri mensili) e senza commettere un genocidio.
Capirete bene che ormai la morte mi sussurra all’orecchio più volte al giorno ed io finirò per darle retta.
Perché faccio tutto questo? Sempre detto: io NON SONO normale.
Se lo fossi da dove trarrei ispirazione per questi racconti/sfogo?
Ad ogni modo ora, stranamente, devo studiare…domani si ricomincia la trafila…alla prossima!!!

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