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di A_Typing_Heart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bandiera bianca ***
Capitolo 2: *** Nuvola rossa ***
Capitolo 3: *** Fiore nero ***
Capitolo 4: *** Stella dorata ***
Capitolo 5: *** Seta viola ***



Capitolo 1
*** Bandiera bianca ***


L'uomo biondo alla guida della Ferrari rossa procedeva molto piano lungo le strade cittadine meno affollate, permettendosi frequenti distrazioni per osservare ogni passante incrociasse. Le studentesse e anche alcuni ragazzi indicavano meravigliati la lussuosa automobile straniera, una grossa rarità in Giappone e ancor di più in quella piccola cittadina dove le personalità più di spicco erano il primario del piccolo ospedale, il preside della scuola media e il proprietario del ristorante francese.
Dino Cavallone svoltò due volte prima di addocchiare qualcuno che poteva essere la persona che cercava. Non appena distinse la fascia rossa sulla manica del giacchetto scolastico accostò bruscamente e si affiancò al giovane.
-Kyoya! Perchè non mi hai risposto? Ti ho telefonato cinque volte!-
-Infatti sei molto fastidioso. Ho lasciato il telefono in ufficio.-
L'uomo biondo si passò la mano fra i capelli leggermente mossi, esasperato. Glissò elegantemente sul fatto che il suo millantato ufficio fosse in realtà una banalissima aula del suo liceo dalla quale il suo comitato disciplinare spadroneggiava sugli studenti, esattamente come era successo per tre anni alle scuole medie, e decise di pensare alle cose più urgenti.
-Non c'è tempo per questo, sali.-
-Prego?-
Finalmente Kyoya smise di camminare e si voltò, lanciando al guidatore un'occhiata di gelido furore. Era inverosimile quanto quel ragazzo si irritasse al solo pensiero che qualcuno potesse impartirgli ordini. L'educazione paterna rigida, anaffettiva e di stampo militare aveva fatto di quel giovane un esemplare unico nel suo genere, e purtroppo per i molti incurabili difetti. Non solo era diventato intollerante a qualsiasi cosa potesse vincolarlo, ma era anche un dispotico maniaco del controllo, una personalità asociale che spesso leggeva la realtà attraverso diverse lenti che ne distorcevano il senso, nonchè un orgoglioso guerriero con la discutibile passione per il sangue e una disdicevole vena sadica. Il meglio che si potesse dire di Hibari Kyoya era che i suoi gravi squilibri non avevano soffocato del tutto qualche sentimento di pietà e di tenerezza, ma questi si dimostravano in modo molto tenue solo in presenza di bambini educati e animali di grazioso aspetto, in particolar modo uccellini, gatti e cagnolini che lui potesse ritenere rispettosi. Ovviamente Dino Cavallone non rientrava nelle categorie di indulgenza, poco importava che fosse ormai da qualche anno il maestro di Hibari al combattimento.
-Se continuo a chiamarti c'è un motivo importante, lo so che non ti piace essere disturbato.- ribattè Dino. -Non ti avrei cercato così insistentemente se non fosse un'emergenza, no? Avanti, sali.-
-Ho da fare.-
-Non essere cocciuto, te lo sto dicendo!-
-Non darmi ordini, Cavallo Pazzo, o stavolta te ne farò pentire davvero.-
Il gomito del ragazzo si scostò sapientemente affinchè il movimento della giacca gli lasciasse intravedere l'acciaio luccicante del suo tonfa, ma Dino non era certo un uomo che potesse spaventarsi per tali infantili minacce. In un'altra occasione l'avrebbe lasciato perdere, non per paura ma per non creare ulteriore malumore, ma non poteva aspettare. La riunione sarebbe cominciata a breve ed era importantissimo che ci fossero tutti. Sperò che Tsunayoshi avesse successo nel reperire l'introvabile guardiano della nebbia.
-Va bene, me ne farai pentire, ma non adesso. La famiglia sta per riunirsi, devi esserci.-
-Non mi importa della famiglia. Non ho intenzione di presentarmi.-
-Non insistere, se devi, devi. Hai accettato anche dei doveri con quell'anello, Reborn è stato chiaro su questo, no?-
La reazione a quel nome sarebbe passata inosservata a chiunque tranne che a Dino: sapeva di aver colpito forse il suo unico punto debole. Anche se molte persone ammiravano il fatto che sapesse imporsi su una personalità tanto ingombrante come quella di Hibari, Dino sapeva bene di non collocarsi ai vertici della piramide: l'unico che potesse chiedere al ragazzo qualsiasi cosa era l'Arcobaleno Reborn, in virtù della sua forza che anche lo sfuggente guardiano rispettava, e in determinate circostanze il suo boss Tsunayoshi Sawada riusciva a ottenere la sua obbedienza. Dino veniva soltanto dopo di loro, e il divario tra un gradino e l'altro era vistoso.
-Reborn ci sarà?-
-Sì, sta aspettando con gli altri nell'ufficio di Tsuna.-
-Ufficio? Una camera d'albergo sarebbe un ufficio?-
-Il tuo ufficio è un'aula.- commentò inacidito Dino. -Sbrigati, siamo in ritardo... sali. Andiamo insieme.-
Kyoya lo guardò di nuovo e fu in evidente conflitto. Non era un mistero che la macchina di lusso di Dino gli piacesse, un po' come per tutti i ragazzi di quell'età salire su un bolide che costava quanto un appartamento a Namimori era un'emozione, ma darla vinta al maestro era qualcosa che lo disturbava moltissimo. L'unica volta che aveva accettato di salire senza un fiato di protesta era stato quando Dino era andato a prenderlo davanti al liceo e tutti quanti avevano potuto scoprire che un biondissimo uomo italiano veniva a prendere il loro capo del comitato in Ferrari. Sicuramente era stata un manna dal cielo per la popolarità del comitato e del suo irascibile comandante.
Visto che Hibari non si decideva, Dino sfilò il cellulare dalla tasca della giacca e glielo porse, suscitandogli una malcelata sorpresa.
-Te lo presto, se vuoi farti un selfie mentre sali.-
-Ma chiudi il becco.-
Hibari fu irritato da quel commento, ma finalmente si decise a prendere posto sul sedile del passeggero. Ovviamente si chiuse in un silenzio ostinato fino al loro arrivo al parcheggio privato dell'unico albergo di lusso della città.
 
Non appena Dino mise piede nella suite all'ultimo piano vide che erano gli ultimi a presentarsi. Tsunayoshi indossava abiti informali, un maglioncino marrone sopra la camicia e pantaloni scuri, e sedeva sulla poltrona al centro del salottino. Il guardiano del sole Ryohei si era presentato in tuta, come fosse stato chiamato mentre faceva jogging, e Yamamoto indossava l'uniforme della squadra di baseball locale, gli Hornets. Lambo sedeva con aria annoiata sul tappeto sbriciolando mentre mangiava biscotti. Gokudera era l'unico a essere ben vestito, con il completo scuro e la camicia bordeaux. Fu abbastanza sorpreso di vedere Chrome seduta con loro, con addosso una graziosa uniforme dal blazer e gonnellino verde a scacchi e il cravattino giallo a righe verdi. La incontrava raramente e non l'aveva mai vista con l'uniforme del suo liceo.
Fu molto più insolito vedere Mukuro a un'adunata della Famiglia Vongola, visto che millantava continuamente di non farne parte: di solito veniva informato trasversalmente di ciò che le succedeva, o dalla stessa Chrome, ma Dino poteva dire di averlo incontrato solo due o tre volte in tanti anni. Sedeva a gambe accavallate sulla scrivania, guardando in nuovi arrivati con un'espressione arrogante che di sicuro voleva servire a provocare una reazione che non si fece attendere. Alle spalle di Dino Hibari emise un verso simile a un ringhio soffocato.
-Kyoya, per favore, non cominciare.- gli disse. -È quello che vuole, che tu ti indispettisca!-
-Gli cancello tutta la faccia a pugni.-
Dino sbarrò la strada a Kyoya per evitare che si lanciasse contro Mukuro e i due iniziassero a demolire la suite, ma per sua fortuna Reborn apparve dal locale adiacente con due tazze di caffè fumante in mano. Non sembrò curarsi dell'aria elettrica tra i due guardiani.
-Ah, Hibari, sei venuto!- disse con quella vocetta acuta. -Molto bene. Siediti, prendi una tazza di caffè. L'ho fatto io, è caffè italiano.-
Hibari placò immediatamente i suoi istinti peggiori e prese dall'Arcobaleno la tazza di caffè con una cortesia sconosciuta a chiunque altro.
-Grazie.-
-Ci tengo a fare da ambasciatore al caffè italiano! Prendine pure ancora se ne vuoi.-
Reborn camminò rapido anche con le gambette corte che aveva e raggiunse la scrivania per porgere l'altra tazza di caffè a Mukuro, che lo guardò come se il fatto che gli venisse offerto qualcosa fosse oltremodo buffo. Alla fine, con un enigmatico sorriso, si chinò e la prese. Reborn sorrise di rimando.
-Non litigare con Hibari mentre siete qui, okay?-
-Sì, sì. Farò il bravo.-
Reborn si ritenne soddisfatto e raggiunse il divano dove prese posto nel piccolo spazio accanto a Yamamoto, che Dino notò aveva in mano un'altra tazza uguale alle due offerte dall'Arcobaleno. Guardò ancora una volta Mukuro, che prese un sorso di caffè caldo spostandosi i capelli dietro l'orecchio. Il suo vistoso orecchino della nebbia tintinnò, ma Dino prestò più attenzione ad altre sue stranezze: i suoi capelli stavano crescendo molto, la sua coda raggiungeva la schiena ormai, portava una serie di anelli sulla mano guantata oltre all'Hell Ring e i suoi occhi erano resi più profondi dal colore nero con cui li aveva ombreggiati. Non era la sola cosa insolita, infatti sul lato destro del viso aveva due piccoli disegni, come due lacrime scure che scendevano dall'occhio a lunghezze diverse sulla guancia. Non che Dino fosse stato mai un ragazzo acqua e sapone, dato che aveva un lato del corpo coperto di tatuaggi, ma lo stile dark di Mukuro stava virando verso abissi profondi. Lui si accorse che lo stava osservando ma si limitò a sorridere.
-Per quale motivo siamo qui, comunque?- domandò Mukuro, spostando lo sguardo su Tsuna. -Non che non mi piaccia giocare alla famiglia con voi, ma ho un buono per la sala bowling che scade oggi.-
Tsunayoshi si dimenò nervoso sulla poltrona e Dino sapeva che l'idea di pronunciare quel nome nella stessa stanza in cui si trovava Hibari gli causava un eccesso di ansia. Il biondo si tenne pronto a intervenire se la reazione del suo pupillo fosse diventata eccessiva.
-Ho... ho organizzato un incontro domani... con... con i Blavetchenko.-
L'aria diventò elettrica all'istante. Mukuro smise di sorridere, Chrome abbassò la sua tazza di tè senza bere e Ryohei e Yamamoto si accigliarono, ma Hibari fissò il suo boss come se gli avesse appena lanciato una torta in faccia. L'unico a non avere reazioni di alcun genere fu Lambo, che era beatamente ignaro dei molti problemi esistenti tra i Vongola e i serbi Blavetchenko.
-Hai deciso, allora?- domandò Yamamoto, che passò dal viso di Tsuna a quello di Gokudera. -Avete deciso di trattare?-
-Sta andando fuori controllo... i Blavetchenko hanno una potenza di fuoco spaventosa, se continuasse questa guerra territoriale trasformeremmo Namimori in un campo di battaglia.- rispose Gokudera, che teneva le braccia incrociate al petto. -A noi non interessa l'egemonia, il Decimo preferisce trattare con loro e dividere equamente piuttosto che trasformarla in un...-
-Trattare?-
Hibari abbandonò la tazza di caffè sul bordo del tavolo, fissando Gokudera come se anche lui lo avesse appena insultato a morte. Dino vedeva la peggiore profezia prendere forma.
-Volete trattare con i Blavetchenko? Cos'è, uno scherzo di pessimo gusto?-
Tsuna capì immediatamente i sentimenti di Hibari e si fece molto serio, anche se il modo in cui intrecciava le dita tradiva il suo nervosismo di fronte all'impresa di controllare il suo indomabile guardiano.
-Non è affatto uno scherzo. Voglio raggiungere una tregua con loro, e tu, Hibari, farai la tua parte. Pensi che se i Blavetchenko ci dichiareranno guerra aperta sarà tutto un gioco per te? Che potrai divertirti a picchiarli e ucciderli, e poi tornartene a scuola?-
-Il liceo sarà la prima cosa che Igor farà saltare in aria.- commentò secco Gokudera.
-So che ce l'hai con lui, ma è per il bene superiore, Hibari!- insistette Tsuna quando lo vide in procinto di replicare. -Vuoi davvero che si scatenino nella tua scuola... nella tua città? Vuoi che distruggano tutto e uccidano le persone che incontri ogni giorno? Quelle che rendono la città quella che tu ami tanto?-
Non poteva essere più ovvio che Hibari era combattuto a un livello più profondo che mai. Non voleva certo che qualcuno sconvolgesse una sola virgola della sua pacifica vita e della sua città affezionata, li avrebbe uccisi piuttosto che lasciarli devastare una sola aiuola, ma non era così ingenuo da non rendersi conto che per quanto forte non avrebbe potuto essere ovunque per intercettare ogni attacco e spazzare via una famiglia potente come la loro tutto da solo. Dino pensò fosse buona cosa che Hibari arrivasse da sé a capire il suo limite.
-Andrà tutto bene, Hibari... devi solo venire con noi all'incontro, ci metteremo d'accordo nel minor tempo possibile e poi non li vedremo più qui... devi soltanto ignorare quelle persone, come fai quando sei in metropolitana, o in autobus.-
Hibari annuì rigido e riprese la tazza del caffè. Reborn era soddisfatto di come il suo allievo aveva gestito la faccenda, ma proprio mentre Dino tirava un silenzioso sospiro di sollievo Mukuro decise di dare voce ai suoi pensieri foschi.
-Dobbiamo proprio farlo?-
-Che vuoi dire?-
-Abbiamo anche noi dell'artiglieria pesante, perchè domani all'incontro non spazziamo via quell'avido del loro boss e tutti i suoi tirapiedi? Dopo questo nessun altro proverà a venire a fare la voce grossa da queste parti.-
-Mukuro... non è questa la nostra politica, mi pareva di avertelo già detto.-
Mukuro alzò le mani in un muto segno di resa e scivolò con eleganza giù dalla scrivania, come fosse privo di peso.
-Sei tu il capo.- commentò. -Nagi, andiamo? Oggi mi sento in ottima forma, farò una partita da record.-
Nagi si affrettò a posare la tazza di tè ancora piena, raccolse la cartella nera adorna di spille a forma di gatto e si alzò raggiungendo Mukuro vicino alla porta. Si stupì che lui la prendesse per mano, non tanto perchè ci fosse qualcosa tra loro quanto per il fatto insolito che Mukuro decidesse di mostrare palesemente parte dei suoi sentimenti a degli estranei.
-Mukuro.-
Mukuro si fermò mentre apriva la porta e guardò Tsuna, con il sorriso ancora stampato sulla faccia.
-Non fare tardi, domani abbiamo il treno alle nove del mattino.- gli disse. -Incontreremo i Blavetchenko al Neptune a Tokyo, alle quattro del pomeriggio.-
Il sorriso di Mukuro si incrinò leggermente, solo un attimo, prima che guardasse Nagi.
-Dici che ci sveglieremo in tempo?-
-Ti sveglierò io in tempo, Mukuro sama.-
-Bene, allora ci saremo. Buona giornata.- tagliò corto Mukuro. -Nagi, saluta.-
-Ciao!-
-Ciao ciao!-
Prima che qualcun altro oltre Reborn riuscisse a salutare i due guardiani della nebbia scomparvero chiudendosi la porta alle spalle. Hibari si guardò intorno, mentre tutti gli altri tacevano assorti nei pensieri e Lambo scartava caramelle, e si accigliò.
-Beh, tutto qui? Mi avete fatto venire fino qui per dirmi questo e basta?-
-Scusa tanto se ti sembra di poco conto!- sbottò Gokudera. -Ti abbiamo portato via troppo tempo per l'organizzazione di un festival che senza questa tregua diventerebbe una carneficina?!-
-Il festival sarebbe perfettamente al sicuro. Ci sarei io.-
-Non sei a prova di proiettile.-
-Questo è tutto da vedere.-
Dino si affrettò ad acchiappare Hibari per le spalle e allontanarlo da Gokudera vedendo gli sguardi velenosi che si stavano lanciando. Lo sospinse con poca delicatezza verso la porta.
-Bene, Tsuna, darò io i dettagli del viaggio a Kyoya, mentre lo riporto a casa... ci vediamo domani...-
-Grazie, Dino... davvero, grazie...-
L'uomo biondo sorrise appena vedendo come Tsuna si rilassava lasciandosi andare contro la poltrona mentre il suo ultimo problema veniva scortato fuori dalla suite. Appena fuori dall'albergo il malumore di Hibari si dissipò, e anche se sarebbe stato esagerato definirlo di buona compagnia, fu quantomeno gradevole scambiare qualche parola normale con lui mentre lo riaccompagnava verso la villa antica in cui viveva. Dino riuscì persino a ottenere un saluto mentre lo lasciava scendere dall'automobile, e anche per questo sorrise ampiamente quando rimise in moto. Quei rari momenti erano la ragione per cui si ostinava a cercare ancora un rapporto più intimo e più umano con Hibari Kyoya.
 




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Capitolo 2
*** Nuvola rossa ***


Il giorno seguente Dino capì subito che non poteva sperare che sarebbe andata liscia e facile, gli bastò guardare con quale ferocia Hibari si stringeva le braccia mentre raggiungevano il lussuoso hotel poco distante dalla stazione alla quale erano scesi. L'imminente incontro con i Blavetchenko lo stava innervosendo anche se provava a restare calmo, ed era così evidente che sarebbe esploso al minimo sballottamento che anche Mukuro evitava di punzecchiarlo, lanciandogli di tanto in tanto occhiate vagamente ansiose. Non era il solo: tutti i guardiani avevano un'aria seria, persino Reborn pareva impensierito. Dino sperò con tutto se stesso che non avesse uno dei suoi azzeccati quanto nefasti brutti presentimenti, ma mentre salivano al piano interamente riservato dai Blavetchenko dovette ammettere di sentire lui stesso una fortissima sensazione negativa. Cominciava ad avere paura e la sola cosa positiva che riuscì a pensare mentre uscivano dall'ascensore e camminavano tra guardie armate fu che per grande saggezza del giovane Decimo Vongola il piccolo Lambo non era con loro.
-Dobrodoshao.- disse una voce leggermente arrochita. -Dodjesh.-
-Igor, visto che sai benissimo che non parliamo serbo e che tu conosci il giapponese potresti parlare in una lingua che gli ospiti del tuo boss possano capire.- lo fulminò subito Gokudera, velenoso. -Comunque, grazie. Ci accomodiamo.-
Igor rimase sorpreso che Gokudera avesse capito che aveva dato loro un benvenuto invitandoli a entrare, probabilmente si aspettava di metterli a disagio parlando loro in serbo, ma il braccio destro del Decimo Vongola non era un uomo che si faceva prendere in giro due volte e si era preparato per tempo. Dino non potè non ritrovare almeno un po' il sorriso e si chiese quanto il ragazzo fosse riuscito a imparare della lingua serba in pochi mesi dal loro primo sgradito incontro.
Hibari sfilò davanti a Igor senza degnarlo di uno sguardo, impresa resa più difficile dalla sua barba elaborata rasata in modo da evidenziare righe e piccole forme geometriche sul mento e la mascella. L'uomo, alto e di stazza imponente evidenziata dalla camicia grigia molto attillata sui muscoli, entrò dopo Mukuro e chiuse la porta.
Erano stati accolti in una suite lussuosa, molto moderna. Era il regno del vetro e del metallo, con un lungo tavolo di metallo cromato, sedie bianche di design, un tavolino da caffè in vetro fumé e divani dalle linee squadrate con telai di legno e acciaio. L'intero ambiente esprimeva la durezza e la freddezza del boss Antioch Blavetchenko, il "Lupo dagli occhi di ghiaccio". In effetti gli occhi erano azzurri, così intensi da notarsi anche da una certa distanza. Il boss era protetto dagli altri cinque guardiani più quattro energumeni armati, in piedi alle sue spalle. Non erano stati aggiunti posti per sedersi, e questo era indicatore della volontà dei Blavetchenko: sbrigare gli affari il più in fretta possibile tra i due uomini che contavano in quella stanza, e poi liberarsi degli ospiti non così graditi.
Tsunayoshi difatti si sedette di fronte all'uomo, con l'aria tesa di chi trattiene a stento un conato di vomito. Antioch, che aveva di fronte sul tavolino un bicchiere di un liquore ambrato difficile da meglio definire, lo indicò a Tsuna.
-Whisky?-
-Ah... no... grazie, non bevo.-
Dino fu felice che Tsuna evitasse di dire a quei mafiosi serbi che non aveva l'età per bere, non tanto perchè non dovessero sapere quanto era giovane, tutti nel mondo della malavita lo sapevano, ma sarebbe apparso un bambino spaurito ligio a leggi che un mafioso non si degnava nemmeno di conoscere, figurarsi di rispettare. Avrebbe indebolito la propria posizione al tavolo delle trattative, era stato bravo a intuirlo e a rispondere in modo diverso.
-Andiamo, Tsunayoshi! Può chiamare te Tsunayoshi, sì? Oggi siamo drugovi! Compagni, dite voi, sì? Igor?-
-Compagni.- confermò lui la parola.
-Quindi! Bevi con me, Tsunayoshi!-
Mentre il boss versava un nuovo bicchiere di whisky con ghiaccio a Tsunayoshi, che protestava debolmente, Dino guardò Igor. Non era il braccio destro di un boss così influente per caso. Era stato molti anni nell'esercito e per molti altri aveva fatto il mercenario combattendo guerre per qualcun altro. Spostandosi in molti paesi aveva imparato molte lingue, parlava il giapponese solo con un lieve accento dell'est Europa, mentre il suo capo parlava un giapponese terribile, e aveva dimostrato anche durante il loro precedente incontro di parlare altrettanto male l'inglese e anche peggio l'italiano. Se Igor poteva essere considerato per questo le orecchie e la lingua del suo boss era anche indubbiamente le sue muscolose braccia e il suo dito pronto al grilletto, perchè non aveva perso la condizione di guerriero: solo qualche mese prima, quando si erano trovati a scontrarsi in una scaramuccia di poco conto, Igor aveva pesantemente abbattuto il guardiano della nuvola grazie alla sua tecnica militare e potenza esplosiva, infliggendo a Hibari Kyoya una ferita d'orgoglio che avrebbe potuto essere guarita solo da un omicidio.
Era all'omicidio che probabilmente Hibari pensava mentre fissava l'uomo dalla barba eccentrica quasi senza battere le palpebre. Dino allungò la mano per toccargli la spalla, ma non ce ne fu bisogno, perchè il bicchiere di vetro che venne sbattuto con malgrazia sul tavolino distrasse sia il boss dei Cavallone che il guardiano della nuvola: Tsunayoshi aveva appena svuotato un bicchiere di whisky in un sorso e aveva malamente riappoggiato il piccolo capolavoro di cristalleria boema. Antioch rise forte.
-Dobro, dobro! Bene, Decimo! Oggi parliamo di cosa preziosa, sì?-
Tsuna si accigliò leggermente.
-Una cosa importante, intendi?-
-Importante, sì, cosa di valore. Cosa preziosa per te e per me, per famiglie, sì?-
-Sono venuto per negoziare... insomma... per fare un patto, tra voi e noi.- disse Tsunayoshi, tentando di scegliere le parole più semplici che gli venissero in mente. -Per non fare la guerra, capisci?-
Antioch annuì, ma in modo un po' troppo vacuo per essere qualcuno che non aveva dubbi, infatti cercò con gli occhi azzurri Igor. Dino si accorse solo allora che non era più vicino alla porta. Seguì lo sguardo del capo e scoprì che Igor era fermo in piedi alle spalle di Hibari. Kyoya si stava quasi strappando la camicia all'altezza dei gomiti tanto la stringeva per dominare l'impulso di reagire a quella prossimità molesta. Igor Blavetchenko sapeva che Hibari Kyoya non poteva sopportare la sua vista e gliela imponeva di proposito... ma per quale motivo? Voleva che il guardiano reagisse violentemente per mandare all'aria il negoziato del fratello?
-Igor san, per favore.- disse Tsuna. -Io non parlo serbo, è importante che io e tuo fratello ci capiamo bene.-
-Ah, sì, certo.- disse lui, riavvicinandosi ai due boss. -Chiedo scusa, qualcuno di voi ha un ottimo odore, mi ricorda qualcosa che mia nonna metteva nelle verdure ripiene...-
Tsuna guardò il volto dell'uomo con aria smarrita, e Dino fu altrettanto confuso da quel commento, ma il volto di Kyoya perse un poco di colore. Qualsiasi cosa significasse, a qualsiasi cosa facesse riferimento quel commento, era un'altra stilettata rivolta al guardiano della nuvola dei Vongola. Voleva forse rievocare qualcosa che era stato detto in occasione di quella sconcertante batosta, per far bruciare di rabbia la ferita di Hibari? Qualsiasi senso avesse sembrava funzionare molto bene. Dino si chiese se non fosse il caso di portarlo via subito con una scusa qualsiasi, ma forse quel gesto sarebbe stato letto da Hibari stesso come una sua debolezza e avrebbe finito di dare di matto. Era un rischio anche proteggerlo dai giochini psicologici di quell'uomo.
Per lunghi, tesi minuti i due boss presero accordi nel silenzio generale. Tsuna stava gestendo molto bene la situazione, oltre le più rosee previsioni, e forse l'alcol che era stato costretto a ingurgitare lo aveva aiutato a tenere sotto controllo l'ansia. Solo dopo venti minuti la situazione iniziò a stemperarsi, tanto che Mukuro potè permettersi di ingannare la noia osservando l'acquario dove alcuni pesci bianchi e neri nuotavano pigramente.
Era fatta. Il concordato era pronto, i termini erano decisi. Una stretta di mano suggellò la fine ufficiale, per quanto una stretta di mano tra mafiosi potesse rappresentare un patto di valenza simil-legale, delle schermaglie da due famiglie. Era il momento del congedo, difatti Tsuna si alzò dal divano e Mukuro fu il primo ad avvicinarsi alla porta, fin troppo impaziente di andarsene.
-Grazie, grazie!- disse Antioch, con una pronuncia quasi raccapricciante. -Grazie mille, Vongola! Se torna in bella Serbia, se torna in Tokyo, apre mia porta sempre!-
Era finita. La crisi tra Vongola e Blavetchenko era superata, brillantemente si potrebbe dire, grazie alla diplomazia del suo giovanissimo boss. I guardiani serbi si allinearono vicino alla porta per salutare gli ospiti, ma quello della pioggia era l'unico che si sforzasse di sorridere ai nuovi alleati. Yamamoto e Ryohei strinsero la mano a tutti, mentre Mukuro si rifiutò a tutta la fila con la stessa aria di superiorità di una diva di Hollywood particolarmente schizzinosa. A Nagi, forse perchè donna, non fu chiesto di stringere la mano a qualcuno, ma il simpatico guardiano della pioggia di nome Adrian le fece un inchino galante mentre passava.
-Au revoir, mademoiselle.-
-Dovremmo risolvere queste controversie linguistiche, in qualche modo...- commentò sottovoce Tsuna.
-Probabilmente non sarà più necessario interagire di persona con loro...- gli fece notare Dino. -Se ti servirà sapere qualcosa o comunicarglielo basterà che contatti Igor... comunque, sembra che Gokudera si stia applicando molto per semplificare le cose.-
-Non so che farei senza di lui!-
Quando Nagi lasciò la stanza tutti i guardiani erano fuori dalla suite, tranne Hibari. Dino e Tsuna si trattennero per stringere la mano anche ad Adrian Simovic, che sembrava convinto di poter essere perfettamente capito se parlava in francese. Dino gli rispose per conto di entrambi, mentre Tsuna viveva in un mondo tutto suo, e la sua espressione lo fece ridere.
-Sta dicendo che il Giappone gli piace, è molto tecnologico e ordinato. Ha detto che tornerà ancora e che ti offrirà da bere se vorrai essere suo ospite.-
-Eh?! Ma nemmeno per sogno, io non bevo...!-
-Quel whisky è andato giù benissimo, però.-
Tsuna balbettò qualcosa di incomprensibile e Dino rise di nuovo. Sorrideva ancora quando si girò a guardare verso Kyoya. Reborn, che aveva appena scambiato un amichevole saluto con il guardiano del sole, lanciò un'occhiata verso Hibari e anticipò Dino che stava per parlargli.
-Hibari, andiamo.-
Hibari sembrava non avere aspettato altro che andarsene dal momento in cui era entrato, non era ancora riuscito a sciogliere quelle braccia intrecciate strette. Ignorò tutti gli altri presenti della famiglia serba, passò davanti a Igor ancora una volta senza guardarlo, ma il fratello del boss aveva ancora un'ultima carta da giocare. La sua mano grande afferrò da dietro il collo di Hibari, che si irrigidì come se fosse stato colpito da un teaser. Igor fece un ghigno di scherno.
-Sei molto rigido, Hibari Kyoya, dovresti rilassarti... sai che cosa succede se sei troppo rigido.-
Ci fu un attimo di teso silenzio, poi la mano lasciò la presa sulla collottola di Hibari. Dino allungò la mano verso di lui per trascinarlo fuori dalla suite, ma poi Igor sussurrò qualcosa. Dino non la sentì, percepì appena un sibilo, così vago che non riuscì a capire nemmeno se fosse una parola in italiano, in serbo o in giapponese, ma non ci furono dubbi che Hibari l'avesse sentita, perchè la sua reazione fu simile a una fusione nucleare.
Fu questione di una frazione di secondo: le fiamme viola della nuvola esplosero riempiendo di lampi porpora la stanza, Hibari si girò di scatto e colpì Igor in piena faccia con il tonfa buttandolo a terra e si avvicinò per infierire, ringhiando come un animale feroce.
Dino cercò di raggiungere Kyoya per calmare la sua sfuriata, ma Reborn lo scaraventò a terra dietro il tavolo con un calcio.
-Re...-
 Esplosero decine di colpi d'arma da fuoco che stroncarono sul nascere la sua protesta. Istintivamente sia lui che Tsuna si coprirono le orecchie abbassando la testa. Urla in serbo riempirono la stanza e vetri infranti invasero il pavimento. Dino era così frastornato che faticò a capire che i vetri venivano dal tavolo e dalla finestra.
Fuori nel corridoio passi frettolosi e pesanti si avvicinarono e la voce di Mukuro gridò qualcosa con un tono bellicoso che non prometteva una risoluzione pacifica. Colpi riecheggiarono nel corridoio, Nagi Dokuro emise un breve strillo acuto. Dino cercò di alzarsi per accorrere in aiuto della famiglia Vongola, ma Reborn glielo impedì tirandolo per la giacca.
-Non morire per niente.- gli disse serio. -Osserva bene.-
Dino aspettò un attimo di pausa dai colpi per alzare la testa e guardare, prima che ricominciassero, e capì che cosa Reborn stava cercando di dirgli. Loro tre si trovavano al riparo del tavolo e delle sedie. I guardiani armati dei Blavetchenko stavano facendo uscire di corsa il loro boss coprendolo con colpi che non miravano ai nascondigli dei Vongola o all'altezza per uccidere. Stavano soltanto cercando di mantenerli nelle posizioni di difesa per far passare Antioch in tutta sicurezza. Uscire allo scoperto lo avrebbe etichettato come una minaccia al boss serbo, attirando su di sè la gran quantità di proiettili vaganti che stavano soltanto rovinando la suite e probabilmente spaventando i passanti vicini e gli altri ospiti dell'hotel.
Il cuore gli batteva lo stesso in gola, non potendo controllare a vista la condizione degli altri Vongola nel corridoio, ma il fatto che i colpi non esplodessero anche fuori gli fece pensare che i ragazzi non stessero opponendo resistenza alla fuga del boss. Era difficile dirlo con certezza, ma gli pareva che i soli a sparare fossero i due sulla porta, che plausibilmente cercavano di contenere la furia di Hibari.
Dino si girò di scatto e cercò uno spiraglio tra le sedie per controllare la stanza. Hibari era seduto dietro una scultura di metallo ornamentale rappresentante proprio un cavallo. Sembrava stare bene e Dino riuscì a respirare di nuovo, come se fosse rimasto sott'acqua per tutto quel tempo. L'importante era che stesse bene, che non fosse ferito, qualsiasi incidente diplomatico si sarebbe potuto affrontare...
Purtroppo non aveva idea di quello che stava per succedere.
Kyoya era riparato dietro la statua ma la sua preda, Igor, si era alzata dal pavimento ed era corsa fuori dalla stanza: era proprio per consentirgli di seguire il fratello che i due uomini avevano smesso di sparare. Forse senza pensare, forse fraintendendo quel silenzio improvviso, Hibari abbandonò la statua, alzò i tonfa e si lanciò all'inseguimento. L'attimo in cui le canne dei fucili si sollevarono per alzare la linea di fuoco sembrò a rallentatore agli occhi atterriti di Dino.
-KYOYA!-
Incurante delle armi spianate proprio su di lui Hibari Kyoya continuò a correre alla porta per inseguire l'uomo che lo aveva umiliato. Schivò i primi colpi che mandarono in frantumi una finestra ancora intatta e uno che fece saltare via uno zoccolo della statua. Con le catene dei suoi tonfa riuscì anche a deviare un proiettile e ciò lo fece sorridere nel modo perverso che denotava la sua smania di combattere. Dino si alzò in piedi, ma Tsuna lo trattenne con forza dal braccio, impedendogli di fare qualsiasi cosa.
Un momento dopo uno schizzo di sangue ad alta velocità imbrattò il divano e Hibari perse il sorriso mentre la gamba smetteva di trasportarlo in avanti. Caracollò goffamente cercando un appiglio sullo schienale, ancora determinato a proseguire mentre la fiamma viola baluginava con forma irregolare dal suo braccialetto.
Dino sapeva che gli scoppi dovevano essere come tuoni, che da quanto gli faceva male la gola lui stesso stava gridando con tutto il fiato che aveva, ma mentre i colpi facevano sussultare il corpo di Hibari Kyoya  non sentiva più niente. Vide uno, due, tre fiori scarlatti aprirsi nel suo torace e tingere di quel terribile colore tutta la camicia. Gli occhi rimasero spalancati dallo stupore mentre il sangue gli fuoriusciva anche dalla bocca, impedendogli di pronunciare qualsiasi parola.
Ci fu un momento di totale immobilità e il tintinnio degli ultimi bossoli sul marmo fu il primo suono che Dino riuscì a sentire di nuovo. Hibari rimase in piedi per qualche attimo in cui il biondo si chiese se avrebbe ricominciato ad avanzare verso la porta, ma poi crollò a terra sul fianco, tra i resti del tavolino in pezzi. Il mondo tornò a velocità normale e questo sbalzo di sensazioni stordiva Dino del tutto. Tsuna stava gridando il nome del suo guardiano della nuvola, fuori altre voci gridavano parole in serbo allontanandosi dalla suite, Yamamoto chiedeva se tutti stessero bene. Dino riprese consapevolezza di avere un corpo mobile, delle gambe che potevano portarlo dove voleva: ignorò tutto quanto e corse sbandando da Kyoya, che giaceva tra i resti di vetro fumè del tavolino.
-Kyoya! KYOYA!-
Dino si gettò in ginocchio e fece appena un accenno di smorfia per le ferite che ricevette dai frammenti di vetro. Chiamò ancora Kyoya e gli sollevò la testa, sentendosi improvvisamente, orrendamente svuotato di respiro, pensieri ed energia. Sotto la frangia di capelli corvini, sul lato destro della fronte, c'era un piccolo foro sanguinante. La voce gli mancò dopo aver pronunciato la prima sillaba del suo nome, perchè per quanto urlasse forte, per quanto potesse chiamarlo, Hibari Kyoya non poteva più sentirlo. Mentre le lacrime gli sgorgavano dagli occhi ancora increduli, ancora spalancati per il terrore di quella mostruosa violenza, strinse convulsamente quel corpo coperto di sangue. Singhiozzò forte cercando di stringerlo per quanto scivolosa fosse diventata la sua pelle tinta di rosso e gli afferrò la mano. Era senza energia, non reagì a quel tocco in nessun modo.
Non riuscì a rispondere al panico di Tsunayoshi, che sembrava una trottola impazzita e gridava di chiamare i soccorsi; nè all'agitazione di chi dal corridoio era rientrato per verificare la situazione. Non badò a quale espressione avessero Yamamoto, Gokudera, Ryohei o Mukuro. Nagi Dokuro lanciò un urlo acuto da molto vicino, ma Dino non le diede la minima importanza. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di Hibari, schizzato dal sangue, con gli occhi grigi, quei suoi bellissimi occhi grigi, rimasti spalancati senza più luce.

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Capitolo 3
*** Fiore nero ***


Quando Romario entrò nella stanza buia dell'appartamento giapponese del suo boss non ottenne alcuna reazione visibile dall'uomo biondo ranicchiato in un angolo. Notò con sconforto ma non con sorpresa che il vassoio di cibo era rimasto intatto e che la sola cosa che Dino Cavallone sembrava aver ingurgitato era un'altra dose abbondante di alcol: al suo passaggio di quella mattina non aveva notato la bottiglia di tequila sul pavimento.
-Boss... non hai mangiato?-
-A cosa serve mangiare?-
-Non credo che... boss, se Kyoya ti vedesse in questo momento si vergognerebbe molto che un uomo che si vanta di essere il suo maestro si chiuda in un angolo a bere per giorni.-
-Se Kyoya mi potesse vedere io non avrei nessun motivo per bere.-
Dino sollevò la bottiglia di vodka appena inaugurata e ne buttò giù due sorsi. L'alcol non avrebbe fatto tornare Kyoya dall'altro mondo, ma nemmeno restare sobrio e continuare con la sua vita avrebbe fatto differenza. Preferiva stordirsi del tutto per attenuare il dolore, per rendere meno presente quel ricordo agghiacciante. Stava male, era inutile e patetico, ma gli sembrava davvero che a ogni sorso il colore rosso del sangue sbiadisse dalla sua memoria, e se buttava giù abbastanza alcol tutti i bordi si confondevano e poteva chiedersi per un po', fino alla fine di quell'effetto, se Kyoya era davvero morto o se stava soltanto facendo un brutto sogno.
-Boss... se fosse accaduto il contrario... se tu fossi morto, avresti voluto che Kyoya...?-
-Oh, Romario, davvero non trovi niente di più sensato da dire?- domandò Dino con un tono sprezzante che non aveva mai usato con un suo sottoposto, tantomeno con l'amico. -Se io fosse morto Kyoya avrebbe aperto una bottiglia di vino giusto per festeggiare. Non c'è sbronza che possa farmi pensare che lui potesse davvero ricambiare i miei sentimenti, nemmeno la decima parte. Non si sarebbe mai lasciato morire per me.-
-È questo che vuoi fare, Dino?-
Dino abbassò bruscamente la bottiglia e alzò la testa verso la porta. Romario non era venuto da solo stavolta, Tsuna era alle sue spalle, a un passo dall'ingresso, in attesa di un buon momento per introdurvisi. Anche se indossava jeans grigi e giacca grigia a fugace motivo a quadri portava ancora appuntato sul risvolto lo stesso fiore nero che aveva messo al funerale. Alla funzione per Hibari Kyoya tutta la famiglia Vongola portava il fiore nero. Haru, Kyoko, Ipin e Nagi Dokuro lo avevano portato come unico ornamento dei capelli, tutti gli altri sulla giacca, tutti tranne Mukuro, che non aveva fatto altro che rigirarselo tra le dita con lo sguardo perso in chissà quali pensieri cupi. Dato che erano già passati dei giorni Dino si stupì che Tsunayoshi continuasse a portarlo.
-Cosa fai qui, Tsuna?-
-Sono venuto a vederti... Romario mi ha detto che non mangi, che non fai praticamente niente...-
-Faccio molte cose, invece. Bevo, penso, piango. Ho la giornata piena.-
Tsuna certo non aveva mai conosciuto il lato più scontroso di Dino, lui stesso poteva dire di entrare in contatto con quell'alter ego per la prima volta, ma in verità di risultare antipatico a Romario o a Tsuna non gli importava niente. Non gli importava di nulla, di nessuno. Il fatto che la famiglia Cavallone avesse bisogno della sua guida, o che i Vongola necessitassero di rimediare al guaio con i Blavetchenko, o qualsiasi altro evento della vita era privo di significato. Era come se quei colpi avessero ucciso anche la sua anima insieme a Kyoya.
-Dino... è difficile... lo so, è difficile per tutti noi... io... non riesco nemmeno a dormire senza prendere delle medicine... continuo a sognarlo, più volte ogni notte, e mi sveglio urlando... so che è difficile...-
Una piccola parte del corpo etereo di Dino si mosse pigramente, come indolenzita. Gli ci volle un po' per capire che si sentiva in colpa. Tsuna avanzò nella stanza storcendo il naso e sapeva benissimo per quale motivo. Stoicamente il giovane boss si avvicinò senza coprirsi il naso.
-È ora di uscire di qui... io... io non posso farcela così... tu devi restare, Dino... ho bisogno che tu ci sia.-
-Io non ho più alcuna utilità per te, Tsuna... tutto è stato gestito da te, puoi cavartela.-
-Non sto parlando di questo... io... Dino, tu sei stato l'unica cosa che mi ha convinto che la mafia non era solo qualcosa di orribile... che c'erano anche brave persone... e che mi ha fatto credere che io potessi essere qualcuno di diverso da un imbranato che tutti prendevano in giro e che falliva tutto quello che provava...- disse lui, con la voce gonfia di emozione. -Se... se sono come sono adesso è perchè ho cercato in ogni modo di seguire il tuo esempio, di diventare come te... io voglio ancora diventare come te...-
Tsuna strinse i pugni e si morse il labbro. Dino non sapeva che cosa dire, la sua mente si stava dibattendo in mezzo alla nebbia dell'alcol per riemergere alla ricerca di aria fresca.
-Non... non darmi questo esempio... o ti seguirei...-
Non riuscì più a reggere il peso e Dino potè vedere una lacrima cadere prima che si coprisse la faccia. Romario si fece avanti dandogli qualche pacca sulla schiena, sussurrandogli qualcosa che il suo boss non sentì. Fu comunque sufficiente: Dino Cavallone guardò la bottiglia come se non sapesse nemmeno cos'era e si accorse di quanta derelitta devastazione restasse in quella camera e nella sua persona. Barcollando un po' con le gambe intorpidite si alzò dal pavimento.
-Romario... prepara del caffè, o del tè, per Tsuna... io...-
Esitò guardandosi la camicia: era la stessa che aveva messo per il funerale e ancora non se l'era tolta, dopo una settimana.
-Io faccio una doccia e lo raggiungo.-
 
Ricordava molto vagamente in quale film asiatico avesse sentito quelle parole, ma mentre faceva quella doccia gli tornarono in mente prepotentemente: "La pulizia è importantissima, perchè porta purezza nella nostra vita". Insieme all'acqua sembrarono scivolare via moltissime altre cose e gran parte del senso di oppressione. Non che una doccia bastasse a lavare via il pensiero di Kyoya e il dolore per la sua scomparsa, questo non era certamente possibile, ma dopo essersi lavato e rasato Dino avvertiva la sofferenza in modo diverso. La vedeva con nuovi occhi, e gran parte dei pensieri improvvisi che emergevano riguardo a Kyoya erano momenti belli. Non erano poi molti, in effetti, ma erano scintillanti e preziosi, era come osservare dei piccoli diamanti sul palmo della mano: minuscoli forse, pochi, ma di valore immenso e incredibilmente luminosi. Ciononostante, quel dolore in fondo al cuore persisteva a ogni bel ricordo...
Quando raggiunse Tsuna lo trovò rinfrancato dal tè che stava bevendo, ma aveva comunque l'aria di una sofferenza trascinatasi per  giorni. Oscurato dal suo stesso dolore Dino non aveva affatto pensato di non essere il solo a soffrire. Probabilmente al liceo di Namimori c'era stata una veglia per lui, come succedeva in simili tristi circostanze, il comitato era probabilmente il più afflitto tra tutti gli studenti, e i genitori di Kyoya piangevano la morte violenta del loro unico figlio, per non parlare proprio della famiglia Vongola... eppure le aveva viste quelle quattro ragazze in lacrime al funerale, Tsuna che stava in disparte per potersi nascondere, mentre la pioggia, il sole e la tempesta dei Vongola assistevano a testa bassa senza dire una sola parola. Persino Lambo aveva avuto addosso una tale mestizia da non dire quasi nulla per tutta la funzione, seduto su una seggiola  accanto a Ipin. Mukuro non aveva mai staccato gli occhi, anche quel giorno ombreggiati di nero, dal feretro chiuso, dove Kyoya era stato messo a riposo con una gran quantità di gigli bianchi. Dino non era stato il solo a subire un colpo tremendo quel giorno, e comportarsi come se il mondo non potesse capirlo era stato molto sciocco.
-Dino... ti senti meglio...?-
-Devo dire di sì.- ammise lui, e prese posto in poltrona. -Grazie per essere venuto... mi stavo davvero lasciando andare.-
Tsuna combattè una vistosa battaglia interiore per decidere se parlare o meno. Alla fine annuì come per farsi coraggio.
-Senti... so... so che è una cosa... privata, però... tu... stavi insieme a...?-
Dino lo guardò con gran stupore, bloccando la mano che aveva teso per prendere una tazza di caffè. Davvero qualcuno al mondo aveva avuto l'impressione che Hibari potesse ricambiare un qualsiasi suo sentimento tenero?
-Cosa te lo ha fatto pensare, scusa?-
-N-no? Insomma... la tua reazione così... ho pensato che forse tra voi...-
-Non c'era nulla di più di un rapporto piuttosto controverso tra maestro e allievo, direi... ma onestamente, avrei voluto rispondere diversamente a questa domanda.-
Tsuna aprì leggermente la bocca, ma non parlò. Si portò la tazza alle labbra per bere, ma non distolse gli occhi castani dai suoi.
-La cosa che mi ha fatto più male è tutto quello che non gli ho mai detto.- ammise Dino, che sentì il dolore bruciare immenso dentro il suo petto. -Io... avrei dovuto dirgli che cosa provavo per lui, anche se credo che lo sapesse già. Credo fosse anche per questo che mi respingeva con tanta ferocia... ma a prescindere da tutto... io dovevo dirglielo... dovevo... dirgli che lo amavo... che lo amo ancora adesso.-
Il sorso di caffè non aveva alcuna traccia del gusto forte che gli dava solitamente Romario. In realtà gli parve che non avesse alcun gusto. Sentì una nuova ondata di lacrime invaderlo da dentro e si coprì gli occhi, pur sapendo di non poterle nascondere nè trattenere. Aver detto ad alta voce quel pensiero che lo stava ossessionando da giorni aveva rotto le fragili difese che la sua mente aveva cercato di piazzare a protezione del poco che restava in lui di vivo. L'idea di aver pensato di avere ancora tempo, di avere un'occasione migliore, aveva causato tutto quel gran pasticcio. La sua confessione dubitava avrebbe cambiato il carattere difficile di Kyoya e forse avrebbe addirittura inasprito il loro rapporto, ma col senno di poi avrebbe preferito farlo infuriare ma confessare piuttosto che trovarsi a maledirsi di non aver mai parlato per il resto della sua vita. Era stato davvero un crudele destino che Kyoya morisse all'istante, ancora prima di cadere a terra. Non aveva nemmeno avuto qualche secondo per lasciare una parola, o per ascoltarne. Nemmeno per rendersi conto che stava per morire...
-Dino... Dino, è davvero questo il tuo più grande dolore?-
Dino non riuscì a guardare Tsuna in faccia, ma gli rispose annuendo. Quando lo sentì parlare ancora si era avvicinato a lui.
-Se tu potessi dirglielo... se potessi dirglielo, in qualche modo ti sarebbe di conforto?-
-Tsuna... che stai dicendo? Lui è andato dove nessuno può più dirgli qualcosa.-
-Sì, ma se ci fosse un modo per...-
-Non ho intenzione di contattare stregoni e fattucchieri per cercare di parlare a una persona morta, Tsuna.-
-Non volevo certo dire questo!- protestò lui. -Ma insomma, se questo modo esistesse, se tu potessi dirglielo, ti sarebbe di conforto o no?-
Dino sospirò, perchè non riusciva a capire dove andasse a parare quell'assurdo discorso, ma si ritrovò a pensare seriamente a una risposta. Lo avrebbe fatto sentire meglio, o almeno meno male, poter dire a Kyoya quanto lo amava? Se avesse potuto dirgli che amava il suo orgoglio così ferreo, che amava la tenerezza con cui trattava i suoi piccoli animali, che quei suoi occhi grigi gli toglievano il fiato... se Kyoya avesse potuto sentirgli confessare tutto questo, la sua perdita sarebbe stata più sopportabile?
-Io... credo... credo che lo sarebbe.- disse infine Dino. -Non lo so dire... ma ora, oltre al pensiero di non vederlo mai più, a farmi davvero male è sapere che non ho più tempo per parlare... non ho più un'occasione per dirgli quello che provo... non ne avrò più, e... non riesco a pensare a nient'altro, ora... se potessi parlargli non so comunque che cosa succederebbe. Forse soffrirei per non avergli potuto mai tenere la mano, o dargli un bacio. Potrei avere altri mille rimpianti oltre a questo, che adesso non riesco a vedere...-
Tsuna parve molto combattuto ma Dino non riuscì proprio a capire per cosa. Prese un altro sorso di caffè insapore.
-Dino, e se... se io potessi darti cinque minuti insieme a lui... di nuovo?-
-Tsuna, ti prego, non dire queste cose.-
-Sto parlando sul serio.-
Dino fissò Tsuna come se avesse improvvisamente notato segnali che gli facessero dubitare della sua identità. Perchè stava dicendo quelle cose assurde? Il macchinario in grado di portare le persone nel punto desiderato del tempo era stato distrutto dopo essere ritornati dalla battaglia del futuro, non esisteva più, e anche ammettendo che quella battaglia non avesse del tutto modificato il corso degli eventi quella tecnologia non sarebbe mai stata replicata prima di altri dieci anni. Nessun'altra tecnologia avrebbe potuto permettergli di rivedere Kyoya: il famoso bazooka dei dieci anni dei Bovino lo avrebbe potuto rispedire per pochi minuti nel passato, ma avrebbe trovato solo una scena vissuta due lustri prima senza il tempo materiale per poter trovare Hibari Kyoya... che oltretutto sarebbe stato un bambino.
Era piuttosto strano che Tsuna si divertisse a pungolare una ferita a quel modo.
-Quello che mi chiedi non può succedere.-
-Se te lo sto dicendo è perchè può succedere.-
Tsuna posò la tazza di tè vuota sul tavolino e si alzò dalla poltrona. Era leggermente impallidito, era molto nervoso, ma era anche risoluto.
-Se vuoi sapere come... se vuoi quei cinque minuti con lui... vieni domani a casa... voglio dire, nella tana. Ti spiegherò come fare, ma non parlarne con nessuno.-
Il giovane boss se ne andò, lasciando un Dino Cavallone da un lato rinfrancato dopo la grave depressione, dall'altro molto impensierito. Continuò a bere caffè e accettò anche di mangiare qualcosa, ma si accorse a malapena di cosa ci fosse sulla sua pizza. Il salotto si inondò di ombre, ma ancora non aveva in mente una qualsiasi soluzione che gli permettesse di parlare per qualche minuto con un uomo deceduto. Sperò soltanto che non avesse in mente qualche sciocco trucco psicologico, perchè quel tipo di imbroglio non glielo avrebbe perdonato in quel frangente.

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Capitolo 4
*** Stella dorata ***


Aveva ancora in mente quel pensiero quando la mattina dopo si recò presto alla tana dei Vongola. Da quando Mukuro l'aveva definita così era diventato questo il nome ufficiale dell'appartamento con due camere, bagno e soggiorno che Tsuna aveva accettato di comprare. Era stata la sua prima mossa da boss trovare un posto dove potesse tenere una riunione in privato, ospitare qualcuno dall'estero o lavorare senza che sua madre lo scoprisse. Preferiva usare ancora la suite dell'hotel per certe faccende, anche interne alla famiglia, per motivi che Dino non sapeva e che non aveva mai indagato, quindi era la prima volta che vi entrava. Usò la chiave di emergenza che il boss dei Vongola gli aveva dato e varcò la soglia.
C'era la carta da parati, di un delicato color verde e grigio chiaro. Il legno era color miele e il soggiorno, la prima stanza che trovò, ospitava due divani identici, verde pastello, con dei cuscini a motivi vegetali di foglie, bambù e fiori. Le composizioni di fiori, alcuni vasi rosa e i dettagli curati di tovagliette e tappeti lasciavano pensare che una presenza femminile avesse messo mano all'arredamento.
-Sei venuto, Dino.-
Sobbalzò nel sentire la voce di Tsuna dalla penombra del corridoio. Aveva un'aria estremamente seria che il Cavallone non era abituato a vedersi rivolgere: era lo sguardo da boss, quello che volente o nolente il capo dei Vongola era costretto a usare in presenza di altre persone importanti per farsi considerare un loro pari e non un ragazzino ben vestito. Gli fece segno di seguirlo.
-Ho tutto quello che serve, ma prima dobbiamo parlare... stiamo per infrangere una marea di regole.-
Senza capire a cosa si riferisse Dino non seppe rispondere, ma lo seguì ugualmente. Il cuore aveva aumentato i battiti e si sentiva d'improvviso sveglio. Qualsiasi diavoleria Tsuna avesse in mente sembrava davvero che parlare con Kyoya sarebbe stato ancora possibile.
Seguì Tsuna in un corridoio così buio da intravederne a malapena le porte affacciate, poi il boss dei Vongola aprì la seconda porta a destra, ignorando la prima. Le tende erano ancora tirate, solo la luce delicata di un'applique gli permetteva di capire che quel locale era stato disegnato per essere lo studio di Tsunayoshi: Dino scorse una robusta scrivania sulla quale spiccavano dei fascicoli, un dizionario di lingua italiana e piccolo kit da scrittura a mano, regalatogli dallo stesso boss dei Cavallone. C'era un oggetto nascosto alla vista che Tsuna Sawada raccolse dal sedile della sua poltroncina imbottita, suscitando un brivido lungo la schiena dell'uomo biondo. Posò sulla scrivania una pistola.
-Tu significhi moltissimo per me, Dino... sei come il fratello maggiore che non ho mai avuto... sei sempre lì per me quando ho un problema, e grazie a te io ho un esempio sano che posso seguire... per questo... per questo io voglio fare tutto quello che posso per aiutare te, questa volta... non posso fare niente contro la morte, ma posso fare qualcosa contro il tempo che ti è stato tolto.-
-Tsuna... non capisco davvero...-
-Siediti, ti spiego.- l'invitò lui, indicandogli la sedia di fronte alla scrivania. -Sai cosa è questa?-
Così dicendo prese in mano la pistola, che vista da vicino esibiva una grossa B dorata serigrafata sulla canna.
-Onestamente, sembra una pistola.-
-Lo è, ma è stata progettata dai Bovino... è una versione avanzata del bazooka dei dieci anni.-
Dino spalancò gli occhi, guardando la piccola arma. La prese dalle mani dell'amico rigirandola più volte, ma sembrava davvero soltanto un'arma comune, eccezion fatta per la vistosa decorazione. In che modo era stato migliorato? Non solo nella forma più maneggevole?
-Le munizioni di quest'arma sono come quelle del bazooka... possono riportarti indietro di dieci anni, ma... è molto più pericoloso, per questo ho evitato che Lambo la usasse e l'ho chiusa a chiave in un posto sicuro. Questo colpo ti riporta indietro di dieci anni, ma... può farti parlare con Hibari quando ci arriverai.- disse Tsuna, guardandolo negli occhi. -Il vecchio modello non ti sarebbe servito... Hibari non ha mai lasciato il Giappone prima di conoscerci, e tu sei venuto qui la prima volta solo due anni fa, quando ci siamo conosciuti... non avevi tempo per raggiungerlo, non sareste riusciti a incontrarvi, ma questa... questa ti può portare in un posto di tua scelta, per cinque minuti, dieci anni prima di quando sarai colpito... capisci cosa significa?-
Dino guardò la pistola con un senso di speranza del tutto rinnovato. In un posto scelto da lui... se solo avesse potuto viaggiare a Namimori per quei cinque minuti, avrebbe potuto rivederlo...
-Però Dino, tu sai che questo non dovrebbe succedere. Il bazooka è fatto per poter andare nel futuro, dove l'esistenza di questa tecnologia è già nota a qualcuno... se viaggerai in un passato di dieci anni fa, questa arma non esiste, il viaggio del tempo è solo fantascienza... e la tua intrusione potrebbe anche cancellare le nostre vite così come le conosciamo. È qualcosa di estremamente rischioso, ma... se rivederlo ti può alleggerire la pena... se dirgli qualcosa può renderti meno disperato, io correrò questo rischio.-
Dino era sinceramente commosso. Si rendeva perfettamente conto dei gravissimi rischi di compromettere le loro esistenze, il viaggio nel passato era davvero una sfida all'ordine superiore, agli Dei, si sarebbe potuto dire, ma Tsuna aveva deciso di offrirgli comunque questa possibilità. Annuì.
-Capisco quanto significhi per te... io... ti ringrazio davvero. È un dono inestimabile quello che mi fai.-
-Voglio essere del tutto cristallino... non dovrai dire a Hibari niente che possa influenzare il futuro.- gli disse, afferrandogli il polso con vigore. -Non dovrai dirgli chi sei, non dovrai accennare alla mafia, o includere un dettaglio qualsiasi delle circostanze del futuro o della sua morte violenta... soprattutto della sua morte! Tienilo a mente, Dino, se troverai Kyoya lui sarà soltanto un bambino delle elementari!-
-Certo... io... lo so. Capisco che non posso rischiare, dirgli qualsiasi di queste cose... se dicessi a un bambino che morirà in un modo terribile lo spaventerei, potrei causare letteralmente qualsiasi cosa... io cercherò di non fare nulla di compromettente.-
-Ho la tua parola d'onore?-
-Certamente... io... avrei voluto potergli parlare più apertamente, ma... è la sola occasione che mi è rimasta, non rinuncerò anche a questa.-
-Beh... quando vuoi partire, io penso che... beh... non aspettiamo nessun altro... quindi, se sei pronto...-
Dino avrebbe voluto partire all'istante, ma nonostante l'emozione gli facesse sbattere furiosamente il cuore contro il costato sentì una mente calma, meditativa, lucida.
-Quanto è preciso il luogo di arrivo?-
-Quasi perfetto... funziona con un sistema di coordinate, ed è preciso, pare che lo scarto massimo sia stato quaranta metri... i Bovino me l'hanno spiegato per bene, ma non mi ricordo a cosa è dovuto l'errore, mi sembra che c'entrasse qualcosa il fatto di quel giorno in più di febbraio...-
Dino ponderò che forse il recupero delle sei ore di scarto di gravitazione ogni quattro anni su un impiego di dieci dell'arma pesava sul calcolo di data e coordinate, ma in realtà non gli importava: se poteva arrivare a quaranta metri dall'obiettivo poteva spostarsi comodamente entro il limite dei cinque minuti per trovare Kyoya. Guardò l'orologio da polso ed ebbe l'illuminazione mentre Tsuna si grattava la testa.
-Riuscirai a trovarlo in tre tentativi...? Ho munizioni per soli tre viaggi.-
-Credo che ci riuscirò.- rispose, reso euforico dalla sua idea. -La famiglia di Hibari vive qui da duecento anni, nella loro villa... a Namimori c'è una sola scuola elementare, quindi deve aver frequentato quella. Se aspetto l'orario di inizio lezioni posso intercettarlo davanti alla scuola.-
-È una grande idea, Dino!- commentò Tsuna, colpito. -Dieci anni fa era un giorno di scuola?-
Consultarono rapidamente il calendario del cellulare di Dino, andando a ritroso per sicurezza assoluta, e quello confermò loro che dieci anni prima in quella stessa data era martedì. Era un giorno di scuola. Siccome mancava ancora tempo prima della campanella della scuola elementare Dino si premurò di verificare in qualsiasi modo possibile se fosse successo qualcosa di inaspettato due lustri orsono: controllò le notizie, cercò eventuali incidenti nella scuola, alluvioni, disastri di qualsiasi genere che si fossero verificati in quel giorno. Non trovarli riuscì a farlo sentire un po' più tranquillo.
Il tempo passò lentamente, più lentamente di quanto a Dino fosse mai sembrato nella vita. Tsunayoshi preparò per lui il proiettile con la coordinata corretta, ma per il resto del tempo non parlò, e Dino lo ringraziò, perchè impiegò tutto il tempo rimanente per scegliere le parole. Aveva poco tempo e tante limitazioni, ma era vitale che riuscisse a liberarsi del suo rimpianto più grande.
Sobbalzarono entrambi quando il telefono di Dino suonò, indicando loro che era il momento di andare. Tsuna non esitò e sollevò l'arma, puntandola alla testa di Dino. Lo scoppio generò una nuvola di fumo rosa shocking e un suono ovattato come una palla di gomma. Quando la polvere scomparve, Tsuna era rimasto solo nello studio.
-Buona fortuna, amico mio.-
 
 
Dino tossì e riaprì gli occhi, notando che la polvere era sparita, così come lo studio di Tsuna. Si trovava sul marciapiede rossiccio e un bambino con l'uniforme alla marinara azzurra gli passò accanto guardandolo con curiosità. Era apparso dal nulla come succedeva di solito con il bazooka? In quel caso si spiegava come mai il piccolo lo fissava a occhi spalancati. Lo guardò correre via e infilarsi dentro il cancello della scuola.
Era stato fortunato a riapparire a pochi metri dall'ingresso e lo raggiunse rapidamente, guardando il suo orologio da polso. Aveva soltanto cinque minuti per viaggio, e solo tre tentativi per trovare il bambino che gli interessava. Si guardò intorno con ansia crescente. Era forse già entrato? E se proprio in quel giorno dieci anni prima fosse stato malato? E poi, avrebbe riconosciuto le fattezze del giovane uomo che aveva amato anche nel fiore della sua infanzia? Tutte quelle terribili domande minavano la sua fiducia. Come si sarebbe sentito se avesse fallito tre volte di fila e le sue possibilità fossero scomparse, senza che riuscisse anche soltanto a vederlo?
Occhieggiò l'orologio più volte. Passò un minuto, poi un altro. Altri bambini in uniforme apparivano da un lato all'altro della strada, facendo poco o nessun caso a lui, ma non ne vide nessuno che potesse senza dubbio essere Kyoya. Non poteva sicuramente mettersi a leggere tutte le etichette sulle cartelle... passò il terzo minuto, e dopo il quarto Dino cominciava a ripensare il proprio piano. Forse avrebbe fatto meglio a tornare, attendere il giorno seguente e intercettare il piccolo fuori da casa piuttosto che davanti alla scuola, era stato ingenuo a non pensare che sarebbe stato più difficile notarlo.
Voltò la testa verso la curva della via, ansioso, e quasi non fece caso al bambino che gli passò davanti, almeno fino a che quello non lo guardò apertamente in faccia. Quando se ne accorse gli ricambiò uno sguardo fugace di pochi istanti e il suo cuore si fermò per un battito. Gli occhi di quel bambino erano grigi e limpidi. Aveva corti capelli neri, proprio come quelli che portava da ragazzo, quasi nascosti sotto il cappellino, una spilla dorata a forma di stella appuntata sul nodo del fazzoletto azzurro e una cartella di pelle marrone. Fu sicuro e tutti i dubbi furono spazzati via: era il piccolo Hibari Kyoya.
Aveva meno di un minuto, ma non pensò nemmeno di andarsene e ritentare per avere più tempo. Lo afferrò non appena l'ebbe superato, gettandosi in ginocchio, e lo strinse senza pensare che avrebbe potuto spaventarlo. Infatti il bambino prese ad agitarsi per divincolarsi e Dino gli coprì la bocca per evitare che urlasse.
-Scusami, scusami, non volevo spaventarti, Kyoya!- gli disse all'orecchio. -Perdonami questi modi bruschi, ma non voglio farti del male, voglio solo dirti una cosa... ho solo una cosa importante da dirti, puoi ascoltarla?-
Kyoya smise di agitarsi e cercò di voltare la testa per guardarlo, ma Dino non poteva rischiare che vedesse bene il suo viso e lo ricordasse una volta incontratisi nel futuro. Era fondamentale che non infrangesse le regole, era già molto rischioso in ogni caso. Gli trattenne il viso in avanti cercando di essere delicato.
-Se ti tolgo la mano non griderai, vero? Non ti voglio portare via, e non ti farò male... voglio davvero solo dirti una cosa, e ho pochissimo tempo... mi ascolterai, Kyoya?-
Il bambino annuì con la sua testolina rotonda. Dino tolse la mano dal suo viso dalle guance soffici, ma non lasciò la presa su di lui. Sentire quel corpo reale, tangibile e sano era un'illusione confortante, la prova che lo stava rivedendo davvero, anche se non era come lo ricordava era comunque Kyoya. Raccolse il suo berretto e glielo diede.
-Oniisan, come ti chiami?-
-Non posso dirtelo, Kyoya... ma ti prego, ascoltami attentamente.-
Dino lanciò un'occhiata piena di ansia all'orologio. Aveva solo ventiquattro secondi.
-Le mie parole ti sembreranno difficili... forse non avranno molto senso, ma quando crescerai avranno un significato.- disse Dino. -La tua vita è appena cominciata... ti succederanno molte cose belle, e anche cose brutte, perchè capitano a tutti... ma ricordati sempre che anche se non lo vedi, anche se è lontano da te, persino se non ne conosci il volto e il nome... qualsiasi cosa succeda c'è sempre qualcuno che ti ama profondamente, Kyoya. C'è qualcuno a questo mondo che farebbe qualsiasi cosa per proteggerti e per sostenerti.-
Dino sentì le lacrime bollenti scendergli dagli occhi e strinse a sè il bambino, sentendo la spilla a stella sotto le dita. Avrebbe voluto dire molto di più, chiedere a Kyoya di promettergli di ricordarsi di quelle parole. Avrebbe voluto disperatamente dirgli di restare sempre calmo, di evitare qualsiasi contatto con un uomo di nome Igor. Dovette mordersi le labbra con forza per non gridargli di scappare davanti a qualsiasi nemico, di non farsi mai coinvolgere dalla mafia. Sarebbe anche stato disposto a gridargli di non rivolgere mai la parola a uno straniero biondo che avrebbe cercato di insegnargli qualcosa, e se solo avesse potuto salvare la vita di Kyoya avrebbe offerto volentieri l'oblio. Avrebbe rinunciato persino a conoscerlo pur di salvarlo da quella fine, e fu solo il pensiero di Tsuna a impedirgli di parlare: se Hibari Kyoya non fosse mai diventato un guardiano dei Vongola forse Tsuna e i suoi amici sarebbero morti sterminati dai Varia o da qualcun altro degli innumerevoli nemici che quell'uomo forte dagli occhi grigi aveva aiutato a respingere...
-Oniisan...-
Il suo tempo era scaduto. Il corpicino di Kyoya perse consistenza tra le sue braccia e Dino percepì un forte strappo all'altezza del torace, più brusco di quello che aveva notato all'andata, e in quei momenti infinetesimali prima del ritorno fu sopraffatto dal dolore. Il suo tempo con Hibari era scaduto ancora una volta.

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Capitolo 5
*** Seta viola ***


Quando ritornò al presente, Dino non aprì gli occhi, che restarono tanto serrati da fargli quasi male. Era stato un momento troppo breve, era sicuro che non fossero passati davvero trenta secondi con lui, a malapena quattro o cinque secondo la sua percezione. Avrebbe voluto restare di più, stringerlo ancora per tanto tempo. Si domandò se sarebbe riuscito a imprimersi per sempre nella mente il suo profumo, la sua voce da bambino mentre lo chiamava "oniisan" con una tenerezza sconosciuta, la sensazione di quelle piccole mani sulle sue...  cose che non aveva mai conosciuto del Kyoya adulto.
Poi un forte rumore di stoviglie urtate tra loro gli fece involontariamente aprire gli occhi strappandolo alle sue dolorose fantasie. Si rese conto di essere sdraiato su un letto disfatto, anche se indossava tutti i vestiti con cui aveva viaggiato nel passato, scarpe comprese. Era piuttosto strano, perchè credeva di tornare esattamente nel punto da cui era partito, l'ufficio di Tsunayoshi. Ma quello non lo era: era una stanza da letto ampia, con piccoli mobili di legno scuro, un grande letto molto basso e alcune pitture giapponesi alle pareti. C'erano un paio di lunghe tende color sabbia alla finestra, decorate con un motivo di uccelli posati su rami. Non aveva mai visto prima quella stanza, era sicuro che l'appartamento di Tsunayoshi fosse arredato diversamente, e in ogni caso quello non era il suo studio.
Inorridito si alzò di scatto dal letto e attraversò la stanza. Possibile che la sua intrusione nel passato, anche se non aveva fatto nulla più che rivolgere la parola a un bambino di sette anni, avesse influenzato il futuro? Possibile che avesse fatto qualcosa, e che ciò avesse portato quell'appartamento a divenire proprietà di qualcuno che non era Tsuna? E lui dov'era finito?
Spalancò la porta, percorse un corridoio altrettanto sconosciuto, ma qualcosa in lui cambiò. Non era lo stesso appartamento. La disposizione delle stanze era diversa ed era più grande, con ben cinque porte che davano sul corridoio... ma rendersene conto non attenuò di molto la sua paura. Dove diavolo si trovava? Aprì la porta a destra, da dove veniva un forte odore di caffè e un leggero acciottolio di piatti e posate da cucina.
C'era qualcuno lì, ma non riuscì a muovere un passo nella stanza.
-Ah... ti ho svegliato?-
Nella piccola cucina si stava affaccendando quello che, a meno che non stesse soffrendo di gravi allucinazioni, era innegabilmente Hibari Kyoya. Un Hibari Kyoya adolescente, con lo stesso taglio di capelli con cui lo aveva conosciuto, vestito con una vestaglia a kimono di seta viola scuro a motivo crisantemi. Lo guardò, però, in un modo in cui il Kyoya che aveva conosciuto non lo avrebbe mai guardato: sembrava arrabbiato, ma aveva un'espressione non molto diversa da un bambino che fa i capricci, molto distante dalle occhiate mortifere che conosceva.
-Perchè ti sei vestito? Valentino, non dirmi che te ne vai presto, avevi promesso che non prendevi impegni! Non te la perdono di nuovo, stavolta no!- sbottò lui. -Quindi togliti quella roba o vengo lì e la faccio a coriandoli, così non vai da nessuna parte!-
Dino aprì la bocca, ma era così confuso e indeciso sull'inventare una scusa o chiedere qualche spiegazione che ne uscì solo un verso gorgogliante.
-... Ti senti bene?- domandò Kyoya, passando dalla rabbia alla curiosità.
-Io... sì... credo...-
-Siediti, ti ci vuole un po' di caffè.- sentenziò lui, voltandogli le spalle. Sembrava tornato tranquillo. -Prima mi è caduta la tua tazza preferita... l'ho presa bagnata dal lavandino e mi è scivolata... però non si è rotta, tranquillo.-
Dino continuò a fissare la schiena di Kyoya, tentando di mettere ordine nei suoi pensieri mentre lui versava del caffè in una tazza alta. Kyoya era morto... non c'erano dubbi su questo, era morto davanti a lui, in un modo orribile... e invece era davanti a lui, perfettamente sano... possibile che la sua gita nel tempo, di appena cinque minuti, avesse cambiato il corso della storia? Eppure non aveva detto al piccolo Kyoya chi era, non lo aveva avvertito di cosa sarebbe accaduto nel futuro... proprio perchè non avrebbe potuto, avrebbe rischiato di cambiare tutto e fare ancora più danni... che cosa era successo?
-Ecco... meglio se mangi qualcosa, sembri uno zombi... sicuro di star bene?-
-Dov'è l'anello?- domandò Dino, più bruscamente di quanto avrebbe voluto.
Kyoya lo guardò perplesso e vagamente indispettito, forse dal tono della domanda, e si guardò le mani sulle quali non portava alcun anello né un segno che lo lasciasse supporre. Dov'era finito l'anello dei Vongola? Aveva forse il braccialetto della nuvola? Dino gli afferrò i polsi e li guardò, ma non portava nulla se non un sottile braccialetto di tessuto blu e bianco.
-Io non porto anelli... ma se vuoi regalarmene uno, ci potrei pensare su.-
Dino non capiva assolutamente nulla. Era decisamente in un futuro diverso da quello che aveva lasciato per pochi minuti. Kyoya era ancora vivo quando avrebbe dovuto riposare in una bara piena di fiori bianchi, l'anello dei Vongola non era più in suo possesso... quante altre cose aveva cambiato e non lo sapeva? L'angoscia lo attanagliava allo stomaco come una tagliola per orsi e si appoggiò allo sgabello.
-Valentino... mi stai facendo preoccupare, che cosa c'è? Sei strano...-
Prima che potesse cercare di trovare un modo per chiarire quella situazione, il biondo agì d'istinto, si alzò di scatto dallo sgabello e strinse a sé Kyoya con più forza di quanto fosse necessario. Come aveva fatto con il piccolo solo qualche minuto prima, se era possibile quantificare il tempo in un caso simile, tentò di riempirsi di sensazioni quali il tocco della pelle, il suo calore, il suo profumo. La prima e unica volta che aveva stretto così Kyoya adolescente sentiva solo l'odore del sangue, il suo viscido tocco e un calore che andava svanendo.
Prima di accorgersene stava piangendo.
-Insomma... mi dici che cosa succede?- domandò ancora Kyoya, le cui mani strinsero con delicatezza la sua schiena. -Mi guardi come se non mi avessi mai visto... e adesso piangi... qualsiasi cosa sia, lo sai che puoi fidarti di me...-
Ci volle qualche minuto prima che riuscisse a riprendere il controllo di sé, e alla fine acconsentì a spiegare a Kyoya che cosa era successo, con tutti i rischi che non capisse e lo prendesse per pazzo. Se era tutto cambiato, era possibile che Kyoya non avesse alcuna idea di cosa fosse la mafia, che non sapesse della tecnologia del viaggio nel tempo. Poteva anche essere possibile che Tsunayoshi stesso avesse dimenticato il viaggio di Dino nel passato, che non esistessero più prove che fosse accaduto davvero...
Ma Kyoya non fece altro che ascoltare in silenzio, senza porre una sola domanda. Alla menzione della tecnologia dei Bovino, in grado di far viaggiare nel tempo di dieci anni, si limitò a sollevare leggermente le sopracciglia e a sorseggiare dalla sua tazza. Non appena Dino concluse il suo racconto al momento in cui aveva lasciato il Kyoya bambino, inspiegabilmente sorrise.
-Beh... questo spiega qualche cosa.-
-Spiega... cosa?-
Kyoya posò la tazza mezza vuota sul piattino e sorrise più ampiamente passando le dita sul tovagliolino, distogliendo per la prima volta dall'inizio del racconto lo sguardo dal suo.
-Spiega perchè io sapessi chi eri quando ti ho visto per la prima volta... sapevo di averti già visto... e sapevo che di te mi sarei potuto fidare... me lo avevi detto tu.-
-Ti... ti ricordavi?-
-Mi hai parlato quando avevo sette anni... io non ricordavo molto bene il tuo viso, credo di averti guardato appena un attimo passandoti davanti, ma ricordavo la tua voce, quella voce che mi aveva detto cose così strane. Quando ci siamo incontrati di nuovo, sapevo che eri l'uomo di quel giorno.- disse lui, guardando ovunque tranne che verso Dino. -Quello che mi aveva detto che qualunque cosa fosse successa, c'era da qualche parte qualcuno che mi amava.-
Seppur sommerso da una forte emozione, Dino capì che la sua visita aveva davvero cambiato il futuro, e questo era accaduto nel suo asse temporale. Potenzialmente, avrebbe potuto aver cambiato tutto... forse Kyoya non era nemmeno più un combattente, forse non era mai entrato a far parte della famiglia di Tsunayoshi... forse Tsunayoshi non era nemmeno più il decimo boss... ma il pensiero più terribile, che Tsunayoshi potesse non essere nemmeno più in vita, cercò di soffocarlo sul nascere.
-Tu... Kyoya, tu conosci Tsunayoshi?-
-Ma certo che lo conosco...- fece lui guardandolo sospettoso, e poi la sua espressione si rilassò. -Ah... immagino tu sia preoccupato... se oltre alla mia hai cambiato la storia di qualcun altro...-
-Non fraintendermi... Kyoya... io non potrei essere più felice di vederti qui... di sapere che sei vivo e stai bene... ma... tu eri molto importante anche per altri... non so se...-
-Hai detto prima che sono stato ucciso...... ah, è strano dirlo, eh?... Insomma, sono stato ucciso perchè ero un guardiano della mafia... o qualcosa del genere, ma io non lo sono... non ora, almeno.-
-E Tsunayoshi?-
-Lui è uno di loro... beh, conoscendo quasi tutti i membri della famiglia e te, è ovvio che qualche cosa io l'abbia saputa lo stesso. Noi due ci siamo incontrati per causa sua... sei arrivato un pomeriggio di maggio mentre organizzavamo un evento scolastico, è stato un caso... io non sono uno di voi... almeno, ora non più... com'è strano dire queste cose, io non ricordo di esserlo mai stato.-
-E... probabilmente è vero... nella tua vita... hai ragione, è davvero delirante...-
-È per questo che mi hai chiesto dell'anello?- domandò Kyoya, accennando alla mano. -So che Tsunayoshi ne ha uno e anche altri dei suoi amici ne hanno uno... Mukurin ne ha due... è una cosa che distingue quelli della mafia?-
Dino fu piuttosto colpito dalla confidenza con la quale Kyoya usava un soprannome come Mukurin, ma preferì non preoccuparsene nell'immediato. La situazione era già confusa così.
-Possiamo dire di sì, tanti mafiosi lo portano, di questi tempi... ma il punto è che io non avrei dovuto modificare tutto questo... io non avrei mai pensato che avresti ricordato la mia faccia... o che in qualche modo questo cambiasse il corso degli eventi... come... cos'è successo dopo che ti ho parlato?-
-Beh... nulla di che, credo... solo che... tante volte ho pensato a quello che mi hai detto... sì, che... che c'era qualcuno che mi amava... e forse questo ha influenzato la mia vita... forse ho fatto delle scelte diverse pensando a questo... scelte che prima non avrei fatto.-
Dino affondò le dita nei capelli biondi, senza trovare qualcosa da dire. Non pensava che un bambino avrebbe conservato tanto vividamente quel ricordo... che avrebbe portato Kyoya a vivere una vita diversa... era stato molto ingenuo, avrebbe dovuto prendere più precauzioni per evitare dei cambiamenti... avrebbe fatto meglio a scrivergli i suoi pensieri, così non avrebbe avuto riferimenti come la voce o il viso... ma avrebbe fatto differenza? Onestamente in quel momento dubitava di tutto tranne del fatto che per evitare influenze non avrebbe dovuto viaggiare nel tempo.
-È davvero così brutto quello che hai fatto?-
Dino alzò gli occhi verso Kyoya, che lo guardava di nuovo.
-Hai detto che sono morto in una maniera orribile... che tu c'eri... non sei felice che sia andata così? Che io non sia più rimasto coinvolto in una guerra di mafia e che sia qui con te? Fino a ieri sera tu eri felice della tua vita... eri contento che io e te fossimo insieme... non ti ho mai visto una sola volta senza il sorriso...-
-Io... non ne ho alcun ricordo... io ricordo la vita che ho vissuto in un arco temporale diverso... non so nemmeno... come diavolo siamo finiti insieme, io e te? Non mi potevi nemmeno sopportare, prima... e questa casa di chi è?-
Kyoya rise. Era un suono che non aveva mai sentito prima, e la sensazione che provò al cuore non avrebbe potuto essere così intensa nemmeno se avesse potuto sentire la risata di Dio.
-Questo appartamento è tuo... ci stai quando sei qui in Giappone... e io sto qui con te quando non c'è scuola... a volte, anche se c'è scuola.-
-Ma come...?-
-Tu sei un casanova, ecco come... mi hai tormentato per mesi per convincermi a uscire con te... mi compravi regali, mi portavi i biglietti per il cinema, per i parchi e per le mostre, e alla fine io ho ceduto... questo quasi un anno fa...-
-Allora nella stanza... io...- balbettò Dino, confuso, indicando la porta. -Tu...?-
-Non sei così casanova, sei gentile con me... noi dormiamo insieme, e basta... niente altro... per adesso... ma ti convincerò prima o poi.-
-Mi dispiace... io... come ti ho detto, non ricordo nulla di questo...-
Kyoya gli sfiorò la mano senza smettere di sorridere. Se era bellissimo vedere che era ancora vivo e in salute, era ancora più bello vederlo felice, vederlo sorridere. Pensare che addirittura stavano insieme, però, gli dava un leggero giramento di testa, come se avesse bevuto troppo. Una sensazione tristemente familiare.
-Se non avessi fatto quel viaggio, io non avrei avuto la vita che ricordo... e a quest'ora non sarei nemmeno vivo... va bene così... quello che è stato lo scoprirai di nuovo, e la tua vita di prima sarà solo come un lungo sogno...-
Kyoya intrecciò le dita con le sue e prese un altro sorso di caffè. I suoi occhi grigi scintillavano, sembrava più divertito che confuso, sospettoso o turbato. Lo vide sporgersi verso di lui con l'intento piuttosto evidente di baciarlo, ma quell'idea gli mise addosso il panico. Non era giusto baciarlo in quel modo, non era davvero l'uomo che stava con lui... o sì? Quel paradosso temporale era troppo, non riusciva a capire se dovesse considerare se stesso e Kyoya come le stesse persone nonostante i due flussi diversi. Evitò l'approccio alzandosi dallo sgabello e guardando la cucina. Kyoya si accigliò appena, ma non protestò.
Lo sguardo di Dino cadde su una fotografia in cornice di carta di riso appoggiata sul ripiano del lato soggiorno e quella più di tutto catturò la sua attenzione: la foto ritraeva un Hibari di qualche anno più giovane con un berretto marinaro e la spilla a stella con il nastro bianco rosso e blu che portava appuntata sull'uniforme dieci anni prima. Nello scatto sorrideva e faceva un saluto militare con la mano alla fronte, e accanto a lui vide se stesso, più giovane, nella sua stessa posa. Dino andò a prendere la cornice, osservando meglio l'immagine. Sembrava il luna park del Nagoya Aquarium, e dietro a loro due in primo piano vedeva Tsunayoshi che teneva per mano una ragazzina che sembrava Nagi Dokuro e altri due o tre ragazzi in età di scuola media. Quella foto lo colpì in modo dolce ma violento con il peso della verità. Kyoya era davvero un ragazzo normale, un ragazzo felice... lo aveva conosciuto anche se non era più stato chiamato come suo insegnante, anche se lui non era più l'uomo fortissimo che salvava la famiglia Vongola. Altre fotografie li ritraevano insieme, ma una lo sorprese, perchè in primo piano c'erano Kyoya e Mukuro, entrambi in costume da vampiro, incorniciati da una folla di persone in costume e drappeggi viola. Dino sorrise. Era vivo, allegro e sembrava anche avere degli amici...
-Kyoya...-
-... Dimmi...-
-Hai una vita felice, adesso?-
-Sì, molto felice.- rispose lui senza la minima esitazione. -Perchè me lo chiedi?-
-Hai degli amici?-
-Sì, ne ho tanti...-
-E cosa... la tua scuola... come va?-
-Beh... abbastanza bene, direi... diciamo che qualche materia potrebbe andare meglio, ma sono parecchio occupato... ho te, il lavoro part-time, il club...-
Kyoya si rese conto che Dino lo stava guardando con la commozione trattenuta a malapena e per qualche motivo la vista lo fece sorridere.
-Ah, non lo sai, è vero... ho un lavoro part time in un café gelateria, e frequento un club a scuola, un gruppo di cucina. La settimana scorsa abbiamo iniziato a parlare di cucina italiana e ti ho chiesto di fare da consulente.-
Dino lasciò la cornice della fotografia e abbracciò ancora una volta Hibari nonostante avesse una tazza piena in una mano e una brioche nell'altra. Lo sentì ridacchiare e si crogiolò con una gioia quasi indecente in quel suono, anche se era molto difficile toccare vette di felicità più alte.
-Sai, non mi dispiace questa cosa... anche se in realtà non è successo niente e sei solo impazzito, mi diverte, voglio tenerti matto per tutta la vita...-
Prima che Dino potesse rispondere qualcosa, una canzone che aveva molto il carattere di una canzone da idol giapponesi riempì la stanza. Hibari sorseggiò con calma il caffè.
-Valentino, questo è il tuo cellulare, dovresti rispondere.-
-Cosa... il mio?-
-Sì, sono io che ti cambio la suoneria tutte le mattine con queste canzoni sceme.-
-Ma che... sei sempre stato così dedito agli scherzi e alle risate?-
-Nella vita che conosco io, sì... la cambiavo sempre anche a Mukurin, prima che mettesse la password.-
Dino lo lasciò andare a malincuore e andò a rispondere al suo cellulare con il cuore in gola. Non ricordava niente della sua vita attuale, non era sicuro di poter parlare con qualcuno al momento, ma accettò comunque la chiamata.
-Dino?-
-Oh... Tsuna!-
Hibari lo guardò con interesse mentre si appollaiava su uno sgabello mangiando, e Dino si sentì sollevato di sentire una voce amica. Almeno a lui, forse, la storia del viaggio nel tempo sarebbe sembrata sensata...
-Sembra che il tuo viaggio sia andato a buon fine.-
Quella frase lo lasciò del tutto interdetto. Non si aspettava che Tsunayoshi sapesse, o che ricordasse come se fosse tutto avvenuto pochi istanti prima... anche se nella realtà era proprio accaduto tutto in dieci o quindici minuti al massimo.
-Io... sì, io... l'ho incontrato.-
-Hai cambiato la storia... te ne sarai reso conto, dato che sei tornato in un altro posto, significa che i cambiamenti che hai fatto ti avrebbero portato a essere altrove stamattina... dove sei?-
-Non ne sono sicuro... io... credo... in un appartamento di mia proprietà in Giappone...-
Hibari lo guardava con ancora più interesse, non gli scollava gli occhi di dosso anche se aveva appena acceso il televisore.
-E Kyoya... sai qualcosa di Kyoya?- domandò Tsunayoshi con la voce leggermente tremante. -Non so cosa sia successo, ma... anche da me ci sono stati dei cambiamenti... per esempio, il braccialetto di Hibari non è più nel mio cassetto, dov'era poco fa...-
-Ecco... è... complicato, ma... lui è vivo ora... ed è qui con me...-
-Ciao, Tsunayoshi!- lo salutò lui ad alta voce, con un gesto che ovviamente nessuno da un telefono avrebbe potuto vedere.
-È con te... beh... dopotutto, sembra che il tuo viaggio abbia fatto più che liberarti da un rimpianto, Dino...-
-Tsuna, ti giuro, io non gli ho detto nulla! Non gli ho parlato della mafia, nè di come sarebbe morto, come ti avevo promesso! Non gli ho dato nessun genere di avvertimento!-
-Lo so, lo so... ero lì anch'io, ti ho seguito nel passato per accertarmi che tu evitassi la tentazione di salvarlo raccontandogli qualcosa che non avresti dovuto...-
-... Mi hai seguito?-
-Certo che sì... ti ho detto quanto è pericoloso viaggiare nel tempo... per non parlare della possibilità che tu, dicendogli di non combattere, ci portassi a una morte precoce tutti negli scontri che abbiamo affrontato facendo affidamento sulla forza di Hibari... ma so che cosa gli hai detto, e francamente non mi aspettavo di tornare in un mondo diverso.-
-Lo so... sono sconvolto anch'io...-
-E soprattutto, è comparsa una fotografia sulla mia scrivania in cui ci sono io con una ragazza che nella mia vita precedente non è mai stata la mia ragazza, com'è possibile che l'assenza di Hibari nella mia famiglia abbia causato anche questo?-
Dino guardò di nuovo la fotografia in cui Tsuna camminava sullo sfondo tenendo per mano Nagi Dokuro e si chiese se la ragazza in questione non fosse lei, e domandandosi come lui in che modo l'esclusione di Hibari dalla famiglia Vongola potesse influenzare i rapporti tra di loro. Forse lo scontro evitato con Mukuro Rokudo aveva cambiato le dinamiche tra Nagi e il resto del gruppo, o forse l'atteggiamento più socievole di Hibari aveva aiutato a rinsaldare legami che erano rimasti più vaghi nella vita precedente... dopotutto, Kyoya e Mukuro pareva fossero amici, in quella vita. Prima che potesse però esporgli le sue tesi Dino sentì la voce di Reborn dire qualcosa e bisticciare brevemente con Tsuna.
-Tsuna...?-
-Beh, Dino, Reborn è dell'idea che tu dovresti venire da me domani, perchè secondo lui gli Arcobaleno possono fare qualcosa per questa distorsione... in modo simile a quando il te stesso dell'allora presente ha acquisito la memoria di ciò che era successo nel futuro...- tagliò corto Tsuna, evidentemente contrariato da qualcosa che Reborn aveva detto. -Fino a domani spero che Chrome non si presenti a casa mia perchè non avrei idea di cosa dirle.-
Dino diede in una risata nervosa e dopo brevi saluti chiuse la chiamata. Era fin troppo da assimilare... Kyoya non era mai stato un combattente ed era un ragazzo perfettamente ordinario, soprattutto vivo e in perfetta salute; Tsunayoshi lo aveva seguito nei suoi viaggi nel passato per controllarlo e nonostante tutto era cambiato l'intero loro mondo, Nagi era presumibilmente la fidanzata attuale di Tsunayoshi che fino a quindici minuti prima ancora fantasticava su Kyoko, e... chi era l'attuale guardiano della Nuvola dei Vongola, se non era Kyoya? Quante altre cose erano cambiate? E gli Arcobaleno erano capaci di sistemare i ricordi delle vite parallele di due linee temporali? Sperò che ne fossero in grado, perchè se davvero usciva con Kyoya da un anno, continuare a vederlo senza avere alcun ricordo di questo nuovo lui era una mancanza di rispetto, era come rubare la vita di un altro...
-Oh, conosco quelle rughe sulla fronte.- disse Kyoya, che lo stava ancora guardando. -Qualche cosa ti preoccupa... e di solito ti affliggi per delle sciocchezze...-
-Sciocchezze non direi, non mi sono mai impensierito per delle cose di poco conto...-
-Il Dino che conosco io lo fa eccome, e fa la stessa faccia, sai? Allora, vieni qui... che c'è?-
Kyoya si sedette sul divano rosso che occupava la maggior parte della zona soggiorno e gli fece segno di sedersi vicino a lui. Persuaso con gran facilità, Dino prese posto accanto a Kyoya, e gli venne l'atroce dubbio di stare solo facendo un articolato sogno quando gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla accarezzandogli i capelli biondi. Ma neanche nei suoi sogni Hibari Kyoya era mai arrivato a fare qualcosa di simile.
-Sei un po' scombussolato per questi cambiamenti, vero?-
-Sì, io... ho promesso a Tsuna che non ti avrei avvertito in nessun modo di non combattere, di tenerti lontano da Namimori, di evitare Tsuna o le implicazioni con la mafia... ho promesso che non ti avrei nemmeno accennato che saresti morto precocemente... io... volevo soltanto dirti quanto ti amavo, perchè prima che morissi non sono mai stato in grado di fare la minima confessione... tu... eri una specie di macchina di morte, non ti interessava nulla delle persone, né di me, mi ascoltavi a malapena...-
-Sembra che fossi una brutta persona, perchè mi amavi se ero un tipo del genere?-
-Ho passato con te più tempo di quanto non abbia fatto chiunque altro, solitario come sei... come eri... e ho visto anche del buono in te... gli animali ti piacevano, e in fondo ti piacevano anche i bambini, anche se ti davano fastidio quando erano chiassosi... amavi la tua città e volevi che restasse un posto sicuro e tranquillo... a me è bastato questo.-
-A me hai raccontato cose diverse.- osservò lui, per nulla turbato dallo strano discorso sulle sue attitudini precedenti. -In questo mondo ti sei innamorato di me perchè io sono innamorato della vita... me lo hai detto qualche giorno fa, in realtà.-
Hibari Kyoya innamorato della vita. Fino a poco prima Dino non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare di pronunciare una frase simile. Non riusciva a trovare nulla da dire per rispondere a quella potente affermazione e si limitò a stringerlo tra le braccia. Avrebbe voluto non lasciarlo mai più andare. Sentì di nuovo la commozione sopraffarlo quando Kyoya rise di nuovo. Non c'era nemmeno un paragone possibile tra quel Kyoya che disprezzava la vita propria e degli altri al punto da non provare nemmeno a proteggersi da una pioggia di proiettili e quello che stringeva, un Kyoya che rideva, sorrideva, aveva tanti amici e tanto amore per la vita. Come un ultimo addio all'uomo che aveva amato e perduto e con un dolore che andava scemando in fretta, si chiese quanto fosse solo il piccolo Kyoya se erano bastati ventiquattro secondi di amore per cambiare tutta la sua esistenza.
 
 

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