Shall I compare thee to a summer's day?

di NeverThink
(/viewuser.php?uid=61554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: fidanzata. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: forse sono uno stupido. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: posso paragonarti ad un giorno d'estate? ***
Capitolo 5: *** Epilogo: un amore senza compromessi, senza limiti. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



 

 

Prologo.

 

          Mi sentivo uno stupido.
Mi sentivo un tredicenne alla sua prima cotta.
Per la prima volta stavo amando, amando davvero.
Erano strane le emozioni che pervasero il mio corpo. Una scarica di elettricità, adrenalina pura che mi scorreva nelle vene, confondendosi con il sangue caldo.
Il mio cuore galoppava come mai aveva fatto, batteva come ali di una farfalla, pronta a librarsi nell’aria primaverile. Ricolmo d’amore cantava già che avrei recitato, ciò che sarebbe uscito dalle mie labbra, con la speranza di toccare il suo di cuore, per farlo mio.
Oramai, io ero suo… e presto lo avrebbe saputo.
Mi arrampicai alla staccionata della casa, spinto dal desiderio di lei, dal battito frenetico del mio cuore e dal mio respiro irregolare.
Avanti, Robert, avanti, mi ripetei, veloce.
Mi aggrappai al muretto della veranda di casa sua, ma il piede scivolò a contatto con l’edera sulla staccionata.
Imprecai fra me, cercando di non cadere, usando la sola forza delle braccia per tenermi su.
Poi sentii una finestra aprirsi ed il tempo sembrò fermarsi, indugiando su un attimo che parve eterno... quando i suoi occhi nocciola incontrarono i miei.
 

·         


Eccomi qui gente, con una nuova fan fiction che durerà davvero pochi capitoli. Ovviamente non conosco Robert Pattinson e tutto ciò è frutto della mia fantasia.
La storia sarà conscentrata sul Sonetto 18 di Shakespeare, dal quale la fiction prende il nome.

Voglio dedicarla a tre persone speciali:
Greta;
Kia;
Juls.
Grazie, ragazze, grazie davvero di cuore.

.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo uno: fidanzata. ***



Capitolo uno.
                
Fidanzata.

 

      

         L’odore del caffè si diffuse nella cucina, forte e intenso.
Annusai l’aria, seduto comodamente sul mio divano. Dalla tv una voce femminile diffondeva le ultime news, che ascoltavo distrattamente, inebriato dal dolce profumo proveniente dalla busta di biscotti al cioccolato che avevo sulle gambe.
Sgranocchiavo senza curarmi delle briciole che cadevano sul pavimento, dopo avrei pulito. Quel momento della colazione, fatto di biscotti e briciole era il migliore della giornata.
Sentii la macchinetta del caffè fare il suo solito rumore, segno che il liquido nero era già del tutto nella piccola brocca. Sorridendo fra me mi alzai, poggiando il pacco di biscotti sul tavolino davanti al divano e mi diressi in cucina. Mi versai del caffè nella tazza, pronto a godermi la colazione davanti alla tv, ma qualcosa rovinò i miei piani.
Il citofono squillo, con il suo odioso trillo squillante.
Ringhiando e sbuffando, risposi: -Si?- , sibilai.
-Ehi Rob, sono Leila!- , rispose una voce raggiante. La rabbia e l’irritazione che si erano impossessate del mio corpo all’istante di dissolsero, si sciolsero come ghiaccio al sole. Gli angoli della mia bocca si sollevarono involontariamente verso l’alto. Non potei fermale, mi era del tutto impossibile. Anche il solo udire il suo nome mi faceva quell’effetto.
Perché?
Perché l’amavo e l’avevo capito solo pochi mesi prima. A quel pensiero il sorriso si spense, facendosi amaro.
Leila era la mia migliore amica, dai tempi delle elementari. Leila, aveva un ragazzo, da circa tre anni, Alan. Il solito bell’imbusto. Alto, capelli color dell’oro, voce calda e profonda, occhi neri come la notte. Totalmente inadatto a lei ed io meglio di tutti lo sapevo.
Ogni volta era una tortura vederli mano nella mano. Ogni volta che le loro labbra si sforavano una pugnalata in pieno petto, girata e rigirata fino a formare una grande voragine.
Lei non era adatto a lei. Lui non la merita. Lui non coglieva ogni particolare, non coglieva i suoi diversi sorrisi, non notava le pagliuzze verdi dei suoi occhi divenire dorate ogni volta che la luce li colpiva. Non capiva quando era il momento di lasciarla sola a pensare, o quando era il momento di prenderla per mano e stringerla a sé.
Lui non capiva. Lui non era adatto a lei. Lui non la meritava.
Lui, semplicemente, amava lei.
Immediatamente sentii l’urgenza di raccontarle ciò che solo avevo scoperto per caso, quella sera di due giorni prima.
Il campanello suonò. Scossi il capo, cercando di liberare la mente da quegli stupidi e futili, relativamente, pensieri ed aprii la porta.
Fu come se il sole sorgesse, come se mi si rivelasse agli occhi per la prima volta, come se non avessero mai goduto della luce in tutta la loro vita.
Osservai i suoi occhi a mandorla sotto le sottili sopracciglia e le folte ciglia scure. La pelle ambrata del viso, dovuta alle origini spagnole di sua madre. La labbra piene, il fisico asciutto e snello. La canotta rossa che le aderiva al ventre ed ai fianchi, seguendone il profilo perfetto. I lunghi jeans chiari che le mettevano in risalto le lunghe e atletiche gambe. I lunghi capelli castani le incorniciavano il viso, scendendo morbidi e delicati sulle spalle.
Trattenni involontariamente il respiro.
-Hai intenzione di tenermi sulla soglia o invitarmi ad entrare?-, chiese mostrandomi un sorriso.
Scossi il capo, -Si, si. Entra. -, dissi. Mi feci da parte facendola entrare. Chiusi la porta facendo un profondo respiro.
-Caffè?-, chiese dirigendosi in cucina. La seguii cercando di regolarizzare il battito del mio cuore.
Sei un uomo, mi ammonii.
-Waw, c’è una tazza già pronta. Per me, Rob? Ma come siamo gentili questa mattina. -, disse sedendosi sul piano delle cucina, facendo dondolare le gambe e sorseggiando il caffè. Il mio caffè.
-Oh fai come fossi a casa tua. -, dissi roteando gli occhi, sorridendo e prendendo un’altra tazza.
-Certo. -, fece spallucce. Istintivamente risi. –Potresti anche evitare di andare in giro in boxer, Robert. -
La guardai alzando un sopracciglia, mentre mi versavo dell’altro caffè nella tazza, -Sono in casa mia, di primo mattino e vado in giro come voglio. -, dissi prima di berne un sorso.
-Certo, certo. E poi non è primo mattino. Sono le dieci. Forse dovresti fare qualcosa di utile durante il tuo tempo libero. -
-Mi godo le vacanze prima che inizino le riprese, Leila. -, le risposi sedendomi su una sedia. Mi fece la linguaccia e prese a bere il suo caffè, guardando un punto impreciso del pavimento. Con una mano prese a torturare un lembo della borsa poggiata sulle sue gambe.
Quello bastò a mettermi in guardia: era nervosa.
Brutto segno, pensai, brutto segno.
Poggiò la tazza sul piano della cucina, mordendosi  il labbro superiore. Una riga le si formò sulla fronte, tipica che quando si faceva seria e concentrata. Il mio stomaco prese a contorcersi nel mio addome, causandomi quasi dolore. Mi pentii all’istante di aver mangiato quei biscotti.
Deglutii rumorosamente quando cominciai a sudare freddo.
-Cosa devi dirmi, Leila?-, chiesi con voce tremante, sperando che lei non se ne accorgesse, sperando di poter sfruttare le mie doti da attore, anche se minime.
Lei alzò lo sguardo, puntando quel bellissimo nocciola nei miei.
-Io? Ehm… niente. Forse è meglio che vada. -, disse scattando in piedi e dirigendosi in fretta verso l’ingresso. Mi alzai con lei e l’afferrai per un polso, costringendola a voltarsi, sulla soglia della cucina.
-Non mentirmi, Leila. -, mormorai. I suoi occhi indugiarono sui miei, prima di fissare la punta delle sua scarpe da tennis. Poi, con lentezza pronunciò quelle parole che mai avrei voluto sentire, gettando il mio cuore su un rogo: -Sono fidanzata, Rob. Alan mi ha chiesto di sposarlo. -
Fidanzata.
Sbattei la palpebre alcune volte non volendo credere a ciò che le mie orecchie avevano udito. Non era possibile, non era reale.
Fidanzata.
Una secchiata di aghi ghiacciati sul viso, sulla pelle del corpo. Crudeli.
Fidanzata.
Il pavimento mi venne a mancare, mentre sentivo le gambe molli. Era solo uno stupido scherzo di suoni, non poteva essere vero. Non era reale. Lui non la meritava. Lui non l’amava come… come l’amavo io. E tutti i propositi di raccontarle ciò che sapevo su di lui si sgretolarono come pasta frolla.
-Cosa?-, la mia voce risulto un suono strozzato ed acuto, tremante.
-Alan mi ha chiesto di sposarlo. -, la sua voce non trapelava emozioni. Neutra. Crudele.
-Oh. Oh. -, riuscii solo a dire, mentre la mia mano scivolava da suo braccio, accarezzando la pelle nuda, vellutata come pesca. Il suo sguardo puntato nel mio. –Quando?-, chiesi ostentando disinvoltura.
-Fra tre mesi. Rob… -, nel pronunciare il mio nome la sua voce vacillò. Poggiò la mano sul mio viso, la sentii calda e morbida, un dolce e leggero tocco.
-Sono felice per te. -, dissi lottando contro le lacrime che premevano per uscire. La mia voce era dura, fredda. Feci fatica a riconoscerla. All’istante ritrasse la mano.
Annuì debolmente col capo, -Grazie. Ci… ci vediamo, Robert. Ciao. -, e così con voce tremante uscì dalla porta lasciandomi solo, lì, sulla soglia della cucina. Lasciandomi col mio stupido dolore, con la mia stupida incredulità. Solo, e così sarei restato. Solo.
Fidanzata.
Mi passai una mano fra i capelli e chiusi gli occhi. Sulla palpebra chiusa del mio occhio viso il suo viso, i suoi occhi, le sua labbra…. che sfioravano le sue. Tutto si fece rosso intorno a me quando aprii gli occhi.
No, lui non era adatto a lei. Lui non la meritava.
La consapevolezza di quelle parole si fece sempre più forte, fino a raggiungere l’unica cosa che di certo ci sarebbe stata nella mia vita, in quel memento: doveva sapere.
Avrebbe saputo una volta per tutta cosa il mio cuore aveva celato a lungo.
Lei… lei doveva sapere quanto… l’amavo.

*

Eccomi gente, qui con il primo capitolo di questa mini fiction. Inizialmente era nata come one-shot, ma mi sono accorta che era troppo lunga e non volevo annoiare il lettore… così ho deciso di dividerla in prologo, capitoli ed epilogo, sperando ovviamente sia di vostro gradimento.
Sicuramente le mie stupide ciarle non vi interessano, è l’una di notte e sono qui a fare i ringraziamenti, perciò per evitare gaffe passo direttamente a ringraziare colo che hanno recensito il prologo:

Lyla: ciao! Sono contenta ti sia piaciuto il prologo. Ho intenzione di fare una mini fiction piuttosto leggera, senza impegni e cose varie, perciò spero non ti abbia deluso questo capitolo e, soprattutto, spero ti abbia incuriosita come il precedente. Grazie per la recensione, davvero *.*
Sognatrice85: ciao *.*    tu con me sei troppo buona! Ti ha emozionata davvero? … io… okay, non so che dire, mi hai lasciata senza parole, sul serio. E’ sempre così! La mia reazione è: saltellare battendo contemporaneamente la mani e poi così
à *.*  Sono contentissima che il prologo ti sia piaciuto, non immagini quanto! Spero di non averti delusa con questo! Grazie mille, cara!
fede_sganch: ciao, Fè! Che piacere ricevere una tua recensione! *.*    Meravigliosa? Tu mi sopravvaluti, cara… senza ombra di dubbio. Ma sapere che ti piace ciò che scrivo è… è… Waaa! Non sai quanto ci tengo a sapere cosa ne pensi! (forse lo sai perché te l’ho detto!). Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! A presto, bella!
KeLsey: ciao, Eri! Sono io ad amare il tuo modo di scrivere, sono io a ripeterti che sei tu il geniaccio! E poi… bhe, grazie! Cavolo le tue recensioni sono sempre così… carine! Mi fa anche venir voglia di scrivere! Mi spiace solo di non sentirti tanto spesso... quindi spero di poterti sentire presto e ti ringraziarti ancora mille volte per le recensioni che lasci. Ti voglio bene, mostriciattolo (L)
KikyCullen: ciao! Che piacere leggere una tua recensione! *.* Sono contenta che il prologo ti sia piaciuto! Spero di non averti delusa con questo capitolo! Fammi sapere che ne pensi, cara. Mille bacioni e grazie ancora!
Nessie93: mia dolce pazza ragazza delle fic! Anche tu sei troppo buona con me, non è normale! La tua recensione era… chilometrica! Oddio, non so che dire! Mi lasci sempre con un grande sorriso sulle labbra! Allora, io non ti anticipo nulla anche se il tutto può sembrare abbastanza ovvio… ma non parlo, sappilo! U.U Robert scattante e pimpante… aspetta di leggere il resto per dirlo! Mmm… magari potresti sostituirla tu, che ne dici? ;P  Grazie infinite, cara, davvero grazie di cuore! A presto!

 

A voi è tutto,
    con grande affetto, Panda.


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo due: forse sono uno stupido. ***


 


 

Capitolo due.

               Forse sono uno stupido.

 

 

 

         La sentivo. La sentivo chiara e forte, l’urgenza della mia missione.
Camminavo per la strade di Richmond, lontano dalla caotico centro di Londra. Camminavo, non curandomi della gente che dedicava ogni sua attenzione ai verdi e curati giardini. Non badavo nemmeno alle macchine che lente, di tanto in tanto, passavano. Col viso coperto dalle spesse lenti nere degli occhiali da sole e un berretto a ripararmi dal sole e non solo, mi dirigevo verso casa di Leila.
Ne sentivo l’urgenza.
Mi avrebbe odiato? Probabilmente si. Rovinare un’amicizia? Probabilmente si. Ma a che scopo tenere tutto dentro? Lasciarle sposare un ragazzo che, senza ombra di dubbio, non la meritava?
Allungai il passo sperando che fosse sola in casa.
Lo stomaco cominciò a torcersi mentre pensai a dove avrebbe potuto essere. Una sola parola mi balenò in testa, istantanea come un fulmine: preparativi. Un brivido mi attraversò la schiena, scuotendomi.
Se fosse stato troppo tardi? Se lei…
Zitto!, mi ammonii, passandomi una mano sul viso, consapevole della pazzia che, piano, si impossessava di me.
La vidi, all’angolo della strada. La piccola villetta bianca, il rampicante che ne ricopriva una facciata. L’albero in giardino, a cui eravamo solitici arrampicarci all’età di sei anni. Presi a correre ma, prima di imboccare il vialetto, una voce attirò la mia attenzione.
-Non c’è nessuno. -, disse. La riconobbi. D’altronde è impossibile non riconoscere la voce che fa da sottofondo ai tuoi peggiori incubi. Mi voltai, fulminandolo con lo sguardo.
-L’ho appena chiamata. Ha detto che è fuori città. -, continuò con espressione compiaciuta. Poggiato alla sua auto nera, mi fissava negli occhi, beffardo.
-Ho sentito che le hai chiesto di sposarla. -, sibilai.
Lui rise, mettendosi eretto. –Perspicace, Pattinson. Hai perso. -
Sgranai gli occhi, -Cosa?-, chiesi con voce che risultò un suono strozzato e acuto.
-Hai perso. La tua bella amata sta per sposarmi. -, continuò compiaciuto.
-Non so di cosa tu stia parlando, Alan. Io non ho perso nulla. -. Sentivo la durezza delle mie parole, aspre, taglienti come giacchio affilato e sperai non si accorgesse del mio patetico tentativo di nascondere la verità… io non ho perso nulla. Quanto vere erano quelle parole? Fino a che non avrei pronunciato quelle parole d’amore non sarei potuto essere sicuro di nulla.
-E’ mia. -, sibilò con aria di sfida, avvicinandosi a me.
Lo guardai, duro, glaciale, come mai avevo guardato nessuno.
-Leila o Sally?-, ringhiai col viso rosso di furia. Lui indietreggiò di un passo, spalancando gli occhi.
-So tutto, Alan. -, questa volta quello compiaciuto, fra i due, ero io.
-Brutto… vuoi dirglielo, eh?-, urlò allungando le braccia e dandomi uno spintone. Indietreggiai, per colpa del colpo, perdendo quasi l’equilibrio.
-Altrimenti che mi fai?-, ringhiai avvicinandomi, guardandolo negli occhi. Avrebbe dovuto farmi paura, una persona normale sarebbe scappata sovrastata dal suo metro e novanta, dalle sua spalle larghe e la muscolatura sviluppata, ma io tutto ero tranne che normale. Una persona accecata dall’amore non può esserlo.
Un lampo di furia attraversò il suo viso, quasi deformandolo.
Ad un tratto mi piagai in preda ad un dolore lancinante. Cercai di respirare, in preda al dolore. Il suo pugno di era scontrato con mio stomaco.
-Non provarci, Pattinson. -, sibilò. Si voltò per andare via.
Sentii le mani prudermi e l’adrenalina scorrermi nelle vene. Mi misi eretto, avvicinandomi piano a lui, con la furia che si faceva a vanti a gomitate.
-Alan?-, lo chiamai. Lui si voltò e questa volta fu il mio pugno a scontrarsi con il suo naso. Si portò una mano sul viso, cominciando ad imprecare, dal mento colò una piccola gocciolina di liquido rosso e denso.
Mi guardò mentre i suoi occhi ardevano, come fiamme nere.
Poi tutto avvenne troppo velocemente. La sua testa si scontrò con il mio petto, mi spinse facendomi scontrare con lo steccato, entrambi cademmo dall’altro lato, finendo sul verde prato curato. Cercai di scrollarmelo di dosso, tirandogli un calcio. Ci riuscii, si allontanò portandosi una mano sul basso ventre.
-Da quando fai a botte, Pattinson? Non eri anti-violenza? Incapace di uccidere una semplice mosca?-. Le sue parole furono combustibile gettato direttamente su fuoco. Accecato dall’ira e dall’amor che provavo per la ragazza che crudelmente tradiva, mi alzai tirandogli un pugno nello stomaco.
Si accasciò sul prato, ansimando. –Tanto l’hai persa. Sta per sposare me e non crederà mai all’amico che ha picchiato il futuro marito. -
-Lei non è tua!-, urlai preso da un impeto di furia. Il respiro accelerato. –Tu non sai nemmeno chi è Leila!-, dissi in uno sputo. Le mani mi tremavano dalla rabbia ed il mio corpo era scosso da forti fremiti, avevo il respiro accelerato e tutto intorno a me aveva assunto un coloro simile al viola.
Non ero un attacca brighe, per questo rimasi scosso nel pensare a ciò che stavo facendo. Interdetto rilassai gli arti, contratti per la furia.
Cosa stavo facendo?
Accecato dall’amore. Si, l’amore ti cambia. Per amore saresti disposto a fare qualsiasi cosa, anche a ricevere un pugno in pieno stomaco. Per lei avrei sopportato mille pugni, un naso rotto, un branco di lupi affamati.
L’amore rende cechi ed irrazionali.
-Non ti permetto di parlarmi di lei, non così. -, sprezzai. Arrivai alla conclusione più ovvia, in pochi secondi, ciò che il mio inconscio mi gridava: quando si trattava di Leila la difendevo come mai avevo fatto con nessuno e, soprattutto, difendevo ciò che provavo per lei, quell’amore puro e genuino, che nessuno avevo il diritto di infangare con stupide e superflue parole.
Immediatamente scattò in piedi, in preda alla furia. Con una fluido oscillare di bacino riuscii ad evitare la sua testa contro il mio petto. Alan finì dentro un cespuglio. Risi, fra me, beandomi della visione di lui con le gambe all’aria, con le varie imprecazioni. Cominciai ad indietreggiare sull’erbetta verde, preso dalle risate, soddisfatto di ciò che non avevo fatto.
-Ci vediamo, Alan. -, dissi mentre cercava di riemergere dal cespuglio. Percosso dalle risate mi voltai, trionfante, diretto a casa… ma ovviamente non potevo tornare a casa illeso.
-Ah!-, urlai portandomi la mano sulla fronte ed indietreggiando, barcollando, fino a perdere l’equilibrio. Caddi, con un tonfo non molto sordo, sull’erba. La parte lombare della mia schiena ne risentì. Gemetti di dolore. La testa sembrava dovesse scoppiarmi da un momento all’altro. Pulsava, doleva.
Stupido.
Sentii la risata di Alan sopra di me. Aprii le palpebre e lo vidi, ridere, soddisfatto.
-Messo ko da un albero, Pattinson. -, e ridendo, si allontanò, zoppicando. Quella visione, seppure stramba, mi lasciò leggermente soddisfatto.
Nonostante fossi tutto un dolore e la testa mi pulsava, sorrisi, rincuorato.
Alan, avrebbe perso. Col viso sporco di sangue e terriccio, anche senza il mio interveto. Si allontanò in auto.
Abbandonai indietro la testa poggiandola sul prato, lasciandomi andare ad un momento di ilarità.
Leila, Leila, Leila. Nelle mie palpebre chiuse vidi il suo volto e il mondo mi sembrò comunque un luogo perfetto dove vivere.
Risi ancora, prima di alzarmi e dirigermi a casa per una pulita.
Ignaro di ciò che mi aspettava il girono dopo, non sapendo che quel giorno avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Dopotutto Leila non aveva ancora l’anello al dito.

 


Salve gente. Chiedo perdono per il tremendo ritardo, ma ho avuto davvero molto da fare.
Ho dovuto passare intere giornate al mare e non avevano il mio computer.
Non ho molto tempo. Vorrei ringraziare a modo ma non ho davvero tempo ç_ç
Perciò un immenso grazie a : Lyla_ , Sognatrice85, Piccola Ketty, LittleCullen, Nessie93, KikyCullen, Luxi, Xx_sognatrice88_xX, doddola93, A l y s s a.

Grazie, grazie davvero!

 

A presto, vostra, Panda.




Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo tre: posso paragonarti ad un giorno d'estate? ***


Capitolo tre.
                   Posso paragonarti ad un giorno d’estate?

 

 

Non era esattamente ciò che avrei voluto fare… o forse no.
Aprirsi non è mai facile, ma si può sempre fare uno sforzo, si può sempre cercare di far ascoltare agli altri ciò che il tuo cuore canta, ciò che sussurra al tuo respiro ogni volta che lei si avvicina. Ed, io, ero uno sciocco.
L’amavo, ma lei non lo aveva mai saputo. L’amavo forse più della mia stessa vita. L’amavo quanto non avevo mai amato nessuno.
Nessuno la conosceva, nessuno sapeva della sua esistenza, nessuno sapeva che l’amavo da… sempre.
La mia dolce Leila.
L’amica di sempre. La tua migliore amica. La ragazza che solo una volta superati i ventitré anni hai capito di amare.
Come si può rendersi conto solo a ventitré anni di amare da sempre una persona? Come si può rendersi conto di essere vissuti per tanto tempo senza conoscere… l’amore?
Cieco, disperso, confuso, illuso.
Avevo bisogno di lei, egoisticamente e lo sapevo.
Lei lo amava? Certo che lo amava, aveva deciso di sposarlo!
La testa mi diceva di tacere di lasciarla vivere, di non rovinare tutto. Ma una parte del mio cuore diceva di lottare. Lottare per lei. Di farle sapere ciò che mi dava la forza di alzarmi al mattino, di affrontare al giornata col sorriso sulle labbra. Lei doveva sapere quanto era importante per me. Egoisticamente ascoltai quella parte del mio cuore.
Non potevo accettare che andasse così. Non potevo accettare il presente, rimpiangendo un futuro migliore. Lui non l’amava.
E le immagini delle labbra di lui catturare con foga quelle di un’altra si fecero vivide nella mia mente. Avevo visto le loro labbra cercarsi freneticamente in quel vicolo buio, avevo visto le loro mani cercare il viso dell’altra. Non una sera, ma due… tre… quattro…
Avrei detto a Leila ciò a cui avevo assistito, ma gli avvenimento mi avevo portato a tacere.
Fidanzata.
Doveva sapere. Non avrebbe dovuto avere rimpianti.
Guardai la fiancata della villetta in cui abitava. Sentii lo stomaco contorcersi ancora una volta, mentre fissavo la luce provenire dalla finestra della sua camera da letto.
Quante volte quella camera mi aveva ospitato? Oramai avevo perso il conto e per un momento scivolai nei ricordi.

-Così mi fai male, Patty!-, disse Leila massaggiandosi un gomito.
-Smettila di chiamarmi Patty o io… io… io… ti picchio. -, la minacciai con grande insuccesso.
-Ma se non sei capace di uccidere una mosca! Non mi picchieresti mai.  E poi noi ragazze sappiamo difenderci, sai?-
-Stai zitta e tira fuori la cioccolata che ho fame. -, dissi accendendo la piccola torcia sotto le coperte color del latte. Leila sbuffò e tirò fuori dalla tasca del pigiama una tavoletta di cioccolata.
-Per fortuna mamma non mi ha vista. -, sospirò.
-Tu si che sei il male. -, annuii. Cominciammo a mangiare avidamente la tavoletta di cioccolata al latte. Ogni venerdì dormivamo l’una a casa dell’altro. Una settimana io, una lei. Ogni volta ci rimpinzavamo di cioccolata e caramelle, innocenti nei nostri sette anni.
-Secondo me saremo amici per sempre. -, disse lei puntandomi la torcia negli occhi. Mi coprii il viso con la mano, togliendole dalla mano l’oggetto.
-Così divento cieco. -, mugugnai. Poi la guardai negli occhi, quei piccoli occhi da cerbiatto. – Anche secondo me. -, continuai.
-Promesso?-, chiese porgendomi la mano.
-Promesso. -, risposi stringendola. Presi un pezzo di cioccolata che aveva in mano, poi, quando l’addentai, mi baciò una guancia e sorrisi nella mia innocenza… senza sapere che sedici anni dopo tutto sarebbe cambiato.

Sospirai e sorrisi al quel ricordo. Scossi il capo in un risolino e mi avvicinai alla grande casa bianca.
Sapevo ciò che dovevo fare e nemmeno una mandria di bufali arrabbiati avrebbe ostacolato i miei piani. Nemmeno un uragano o un branco di lupi, o un elefante ribellatosi alla cattività. Nemmeno il sogno Jackson, il nonno di Leila, mi avrebbe ostacolato.
Feci un respiro profondo e cominciai a salire lungo la facciata della casa, arrampicandomi sulla veranda. Mi graffiai una mano, ma ignorai il bruciore. Ignorai anche il dolore al ginocchio, quando battei ad un lampadario da giardino appeso su muro.
Stupido, mi ammonii quando mi si dipinse una smorfia di dolore quando sbattei la testa alla ringhiera del muretto della veranda.
Sentivo la musica, bassa, provenire dalla camera di Leila ed il mio cuore accelerò i suoi battiti, prendendo a galoppare. Il mio stomaco prese a contorcersi quando mille farfalle presero il volo al suo interno.
Oltre la tenda chiara intravidi il suo corpo muoversi sinuoso verso il suo armadio. Oramai conoscevo ogni angolo di quella stanza, sapevo perfettamente come fossero disposti i mobili.
Si stava vestendo? Stava mettendo in ordine?
Dovevo parlarle, sentivo l’urgenza delle mie parole farsi avanti e l’impazienza invadermi in corpo. Poggiai le braccia sulla ringhiera e con la forza delle braccia cercai di tirarmi su quando un mio piede scivolò sull’edera verde.
-Stupido!-, gridai a me stesso, dando voce ai miei pensieri. Cercai di non cadere, ma non riuscivo a trovare un appoggio per i piedi che, oramai entrambi oscillanti dalla ringhiera. La musica dall’interno della camera cessò e sentii lo scatto della serratura della porta finestra.
Il respiro mi si spezzò. I suoi occhi nocciola indugiarono sui miei. Prima spaventati, poi confusi, poi pieni di panico. In tutti i casi erano sempre bellissimi.
-Rob!-, gridò facendosi avanti. –Cosa stai facendo?-, disse afferrandomi per le braccia e aiutandomi a salire.
-Volevo provare le brezza dell’arrampicarmi sulla facciata di casa tua. - .Quando i miei piedi toccarono il pavimento, mi sentii salvo, scapato da una frittata di uomo Pattinson.
Sopirai di sollievo per poi sorridere, -Grazie. -, le dissi guardandola negli occhi. Lei con la solita ruga tra le sopracciglia, dovuta alla confusione, mi guardava, senza battere ciglio.
-Cosa c’è?-, chiesi guardandomi appena intorno.
-Mi spieghi il tentato suicidio? Credevo ci fosse una porta all’ingresso. E di certo non volevi provare le brezza dell’arrampicarti. -, rispose seria. Sbattei le palpebre un paio di volte poi ricordai la mia missione.
-Oh, si. -, mormorai. Feci un respiro profondo, -Sarebbe stato meno poetico. -, continuai mostrandole un largo sorriso. Senza distogliere il mio sguardo dal suo (cosa del tutto impossibile già di suo), mi inginocchiai. Istintivamente lei fece un passo indietro, colta di sorpresa e confusa.
Deglutii rumorosamente, prendendole la mano fra la mie, accarezzandole il dorso delicatamente.
-Cosa… -, esordì ma le parole le morirono in bocca. Perfetto, non sarei riuscito a bloccarla teso com’ero.
Il cuore batteva, troppo forte per essere controllato, quasi volesse squarciarmi il petto. Lo stomaco continuava a contorcersi.
Mi schiarii la voce, recitando quelle parole che oramai sapevo a memoria, quelle parole che da sempre erano le sue preferite: -
Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate? Tu sei ben più raggiante e mite.  -, ebbe un sussulto e lo percepii attraverso la sue mani che stringevo con dolcezza nelle mie.
-I forti venti scuotono i cari boccioli di Maggio e il tempo dell’estate dura un breve periodo. - 
Fissavo i suoi occhi scintillare come stelle, la loro pagliuzze dorate, le ciglia, lunghe e folte, umide.
-T
alvolta troppo cocente splende l’occhio del cielo e spesso il suo volto si rabbuia e ogni bellezza dalla bellezza presto o tardi declina spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura. -
Accarezzai la sua mano, tenendola fra le mie come fosse di leggero e sottile cristallo.
-Ma la tua eterna estate non dovrà finire –, la mia voce vacillò, incrinata. Sentivo le lacrime premere crudeli per uscire, - né perdere possesso del bello che tu hai, né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra
. -
Con gli occhi fissi sul suo viso guardai una lacrima rotolarle calda lungo una guancia. Gli occhi gonfi ed umidi di acqua salata. Mi alzai lentamente, avvicinando il mio viso al suo. Con un bacio asciugai quella lacrime solitari, poi premendo il palmo della mia mano sul suo viso, continuai: - Quando in versi eterni nel tempo tu crescerai. –, e carezzai piano la pelle liscia delle suo viso. Seguendo il contorno della sua guancia. Aprii le labbra già dischiuse per recitare quegli ultimi versi, ma lei mi batté sul tempo.
-Finché gli uomini potranno respirare e gli occhi vedere, tanto vivrà questa poesie e questa darà vita a te. -, soffiò con voce incrinata e il respiro corto. Vederla così… vulnerabile e fragile, con gli occhi inumiditi e bagnati dalle lacrime fu una lenta pugnalata, un lama incandescente che piano mi perforava la carne, lì, dritto al cuore. Perle trasparenti bagnavano il suo viso, inumidivano la mia mano. Con l’altra mano le accarezzai il braccio.
-Non dovresti accarezzarmi così -, soffiò con voce rotta, scossa da un singhiozzo. Chiuse gli occhi, -siamo amici… gli amici non fanno questo. -, e i suoi polpastrelli piano sfiorarono la pelle del mio viso, il mento, il profilo della mandibola, solleticata dalla leggera barba incolta.
-Gli amici non si arrampicano sulla facciata di casa tua per recitarti Shakespeare, Leila. -, mormorai prendendole il viso fra le mani. Aprì gli occhi e potei perdermi ancora in quel mare dorato di cui per istanti infiniti mi aveva privato. –E gli amici non fanno nemmeno questo, Leila. - . Fu strano quello che accadde dopo. Un gesto semplice ma complesso allo stesso tempo. Avvinai il suo viso al mio, tenendolo delicatamente fra le mie mani e feci ciò che probabilmente avrei dovuto fare mesi prima… anni prima: posai le mia labbra sulle sue. Le sentii calde plasmarsi su di esse, sentii il sapore salato delle lacrime. Un tocco leggero, un delicato sfiorarsi. Niente di più, un dolce tocco simile al galleggiare di un petalo di rosa sull’acqua.
Allontanai piano il mio viso dal suo, osservando le sua palpebre chiuse, le ciglia bagnate umide. Sorrisi flebilmente fra me, poi riavvicinai il mio viso al suo, per baciare ancora quelle labbra rosee e piene. Ma, quando percepì le mie intenzioni, mi bloccò poggiandomi una mano sul petto.
-Gli amici non fanno questo, Rob. Gli amici non baciano gli amici che stanno per sposarsi. Gli amici… -
-Gli amici non dicono di amarti. -, mormorai sulla sua labbra. Aprì gli occhi di scatto, fissando i miei.
-Cosa?-, chiese in un soffio.
-Ti amo, Leila. Ti amo da sempre, ma sono stato cieco. Non volevo vedere la realtà. Ti amo, e ti sto amando come non ho mai amato nessuno. -, sussurrai accarezzandole le gote con i pollici. Sul suo viso confuso di dipinse un’espressione indecifrabile, poi comparve l’ombra di un sorriso.
-Ti amo da sempre, Rob. Solo che io l’ho capito troppo presto, forse. Ti amo, Robert… come non amo Alan. Ti amo perché è l’unica cosa che mi permette di respirare. -, e sorridendo col cuore ricolmo di gioia, tanto da sembrare che volesse scoppiare, premetti le mie labbra sulle sue, facendole mie e fondendole con le mie. Sentii le sue mani carezzarmi i capelli ed istintivamente, poggiando le mie sui suoi fianchi, l’attirai a me, facendo combaciare perfettamente i nostri corpi. Sorridendo e cercando con avidità le mie labbra mi spinse verso la porta finestra diretta al letto.
Col sole che illuminava debole le pagliuzze dorate dei suoi occhi, l’amai.

 

 

 

*
Ed eccomi qui, gente con il terzo capitolo, non che ultimo prima dell’epilogo.
Spero non vi sia dispiaciuto, davvero!  E così, ecco spiegato il titolo della fiction.
Vado un po’ di fretta, per cui passo a ringraziare chi ha recensito, anche s non bene come vorrei ç_ç
Sognatrice85,
Piccola Ketty,
Nessie93,
Xx_scrittrice88_xX,
LittleCullen,
A l y s s a,
Martiis.

A voi, con affetto, Panda

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Epilogo: un amore senza compromessi, senza limiti. ***



 


     


Epilogo.

           Un amore senza compromessi, senza limiti.

 

 

        Il  giorno successivo al mio disperato tentativo di tenerla stretta  a me, la mia vita cambiò.
Il matrimonio fu annullato e ad Alan si becco un pugno in pieno viso, nel momento in cui dissi a Leila ciò che i miei occhi avevano visto in quel vicolo. Inutile dire che un pugno in pieno stomaco, invece, me lo sono beccato io.

-Ma, Leila, -, dissi, -avevo intenzione di dirtelo, quando sei venuta a dirmi che ti sposavi!-, continuai in un rantolo piegandomi dal dolore.
-Proprio per questo avresti dovuto dirmelo!-, urlò mentre mi accasciavo per terra… messo ko da una ragazza, la mia ragazza. Non avrei mai potuto alzare un dito su di lei, non con l’amore che provavo per lei. Indelebile e indistruttibile, mi legava a lei… e poi non ero attaccabrighe per indole, perciò ricevetti il colpo senza reagire.
-Cavolo, Leila. Avevi detto che ti sposavi! Ero al centro dell’inferno in quel momento! E poi m sembra di aver recuperato. -, dissi mentre mi mettevo in posizione eretta, poggiandomi una mano sullo stomaco dolorante.
-Stupido, Patty!-, sbuffò allargando le braccia e avvicinandosi.
-Non mi chiami così… da anni forse. -, sussurrai mentre alzava una mano sul mio ventre, spostando la mia e prendendo il suo posto.
-Non volevo farti male. -, mormorò carezzandomi la parte colpita, mentre l’altra mano cercava la mia, intrecciando le sue dita ad esse.
-Me lo sono meritato. -, sospirai abbassando lo sguardo.
-Si, te lo sei meritato. Ma mi dispiace comunque di averti fatto male. -, ribadì. Sorrisi, accarezzandole con i polpastrelli la pelle del viso.
-Perdonami. -
-Ma non hai… -
-Per essere arrivato così tardi. -, mormorai a poche spanne dal suo viso senza farle finire la frase. Sorrise e l’ angolo delle sua bocca si sollevò verso l’alto.
-Ma sei arrivato. -
-Tardi e non avr-
-Sssh. -, poggiò un suo dito sulle mie labbra, -Avrei dovuto dirti ciò che provavo anche io. -, mormorò con una nota di tristezza nello sguardo ardente.
-Ma io… -, esordii ma le sue labbra misero fine a qualsiasi tipo di discorso, posandosi con dolcezza sulle mie.

Sorrisi ripensando a quel giorno, con il viso avvampato di rossore, come un tredicenne. Scossi il capo ripensando a quanto la mia vita fosse cambiata in quei due anni.
Io ero suo. Lei era mia. E nessuno me l’avrebbe portata via.
La mia vita era cambiata, come se, finalmente, il sole avesse illuminato per davvero il mondo, come se ogni cosa avesse preso il suo reale posto, il suo giusto odore, colore, calore. Tutto intorno a me era vita, tutti gridava la parole amore. Un amore simile ad un filo invisibile, tanto forte da non poter essere spezzato,  che mi legava a lei senza compromessi, senza limiti. Quell’amore che ti penetra nella carne, giungendo alle ossa, attanagliandosi ad esse, senza permetterti di sfuggirgli. Un amore irrazionale, perché tale è. L’amore è irrazionale, ti colpisce in pieno petto quando meno te lo aspetti, ti fa bruciare su un rogo, ti fa provare emozioni che mai avevi immaginato di poter provare. Genuino e puro, quello vero. Non ti permette di ragionare con lucidità e razionalità, ti oscura la mente, ma ti fa capire cosa conta davvero nella vita, cosa rende lei così unica. Ti permette di cogliere l’essenza delle cose e piccoli particolari che ti sembravano ignoti prima, come se fossi stato miope. Sorprendente e straordinario Amore ti travolge e non ti permette di tornare indietro.
Ed Amore mi aveva legato a lei.
Perso nelle mia fitta ragnatela di pensieri non mi accorsi del movimento intorno, mi accorsi che era il momento quando la musica partì dal pianoforte, diffondendo dolci note.
Alzai lo sguardo e il respiro mi si mozzò. Non esisteva altro. Non presati attenzione alle ghirlande, ai fiori, al mio migliore amico che poggiò la mano sulla spalla, incantato anche lui da quell’immagine celestiale. Non prestai attenzione agli invitati, ai miei amici, ai miei parenti che con gioia si erano voltati per vederla avanzare con grazia. Alta, snella, ambrata, avvolta da sottile raso bianco. I capelli raccolti a scoprirle le spalle nude, la pelle perfettamente liscia e morbida che mille volte avevo sentito sotto le mie mani. Mi guardava sotto le lunghe ciglia scure, riservandomi lo sguardo più bello che i miei occhi potevo ammirare. Le pagliuzze dorate illuminate dai flebili raggi del sole, che, caldi e luminosi, le accarezzavano il viso, accompagnati dal vento.
Non esisteva altro, il mio raggio visivo si era ridotto su quel corpo, su quegli occhi luminosi.
Si avvicinò a me e sul mio viso si allargò un sorriso di gioia. Presi la sua mano, accarezzandola piano come fosse fragile cristallo, anche se tutto era lei tranne che fragile. Forte ed atletica era già stato un pericolo per me.
-Ti amo. -, mormorò senza che nessuno potesse sentire. Sorrisi, mentre ci voltavamo verso il cerimoniere. Mi avvini nel contempo al suo orecchio, un movimento veloce e lento allo stesso tempo e sussurrai quelle semplici paroline che un giorno mi permisero di amarla davvero: -Shall I compare thee to a summer’s day?-
Sorrise, avvampando appena di rossore.
-Ti amo, anch’io. -, soffiai mentre mi allontanavo da lei.
La vita non poteva essere più dolce.

 

*
Ed eccoci qui al termine di questa magnifica fiction.
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto e seguito la fiction.
Un grazie speciale a chi ha recensito lo scorso capitolo.
Un grazie speciale alla mia Patt e a Elisa…. voi sapete perché.

LittleCullen: ciao! Si, è già finita. A dire il vero doveva essere solo una one ^^” Spero ti sia piaciuto l’epilogo, e spero di non averti delusa. Grazie per aver seguito la fic! =*
Sognatrice85:ciao! Pure io voglio un Robert che si arrampica dalla finestra! Eheh, spero l’epilogo non ti sia dispiaciuto. Un immenso grazie, cara. Sul serio. Grazie di tutto. =*
Piccola Ketty: ciao! Se non concludessi, ora, sarebbe un casino perché ho altre fiction da seguire, dispiace anche a me, un po’. Sono contenta che il capitolo scorso è stato di tuo gradimento. Non poteva mica sposare Alan, eh scusa! Grazie per aver seguito la fiction. A presto! =*
Luxi: ciao! Nah, non è poi tanto fantastica, ma sono contenta che lo pensi. Spero ti sia piaciuto anche l’epilogo. Grazie mille, davvero. =*
Nessie93: ciao! Bhe, sinceramente i versi sono conosciuti, è uno dei sonetti più famosi di Shakespeare XD E poi sono una spugna citazioni… me le segno ovunque. Sono contenta che la storia ti sia piaciuta e chi non vorrebbe un Robert che si arrampica dalla finestra per dirti che ti ama? Grazie, Chià, grazia di cuore =*
Xx_scrittrice88_xX: ciao! Che piacere leggere una tua recensione! Si, niente carciofo Alan! Sono contenta tu l’abbia letta. Sul serio. E ancor di più che ti sia piaciuta! Mi piace come scrivi, lo sai. Grazie mille, per tutto. =*
A l y s s a: mia Patt, ciao! Che farei senza te? Questa è la Storia sull’amore. Io la vedo così. Tranquilla, ricorda che se non troviamo un sosia, prendiamo l’originale XD Grazie di tutto, tesoro. Parlare con te è immensa fonte di ispirazione. Spero ti sia piaciuto l’epilogo. Ti voglio bene, Patt. Ancora mille grazie, dal cuore.

E grazia a coloro che anno inserito la fiction fra i preferiti e chi fra le seguite.

Grazie davvero.


A presto, con immenso affetto,
                                      Panda.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=380096