Shall I compare thee to a summer's day? di NeverThink (/viewuser.php?uid=61554)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: fidanzata. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: forse sono uno stupido. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: posso paragonarti ad un giorno d'estate? ***
Capitolo 5: *** Epilogo: un amore senza compromessi, senza limiti. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Prologo.
Mi
sentivo uno stupido.
Mi sentivo un tredicenne
alla sua prima cotta.
Per la prima volta stavo
amando, amando davvero.
Erano strane le emozioni
che pervasero il mio corpo. Una scarica di
elettricità, adrenalina pura che mi scorreva nelle vene,
confondendosi con il
sangue caldo.
Il mio cuore galoppava
come mai aveva fatto, batteva come ali di una farfalla,
pronta a librarsi nell’aria primaverile. Ricolmo
d’amore cantava già che avrei
recitato, ciò che sarebbe uscito dalle mie labbra, con la
speranza di toccare
il suo di cuore, per farlo mio.
Oramai, io ero
suo… e presto lo avrebbe saputo.
Mi arrampicai alla
staccionata della casa, spinto dal desiderio di lei, dal
battito frenetico del mio cuore e dal mio respiro irregolare.
Avanti, Robert, avanti, mi ripetei, veloce.
Mi aggrappai al muretto
della veranda di casa sua, ma il piede scivolò a
contatto con l’edera sulla staccionata.
Imprecai fra me, cercando
di non cadere, usando la sola forza delle braccia per
tenermi su.
Poi sentii una finestra
aprirsi ed il tempo sembrò fermarsi, indugiando su un attimo
che parve eterno... quando i suoi occhi nocciola incontrarono i miei.
·
*
Eccomi
qui gente, con una nuova fan fiction che durerà davvero
pochi capitoli. Ovviamente non conosco Robert Pattinson e tutto
ciò è frutto della mia fantasia.
La storia sarà conscentrata sul Sonetto 18 di Shakespeare, dal
quale la fiction prende il nome.
Voglio
dedicarla a tre persone speciali:
Greta;
Kia;
Juls.
Grazie,
ragazze, grazie davvero di cuore.
.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo uno: fidanzata. ***
Capitolo
uno.
Fidanzata.
L’odore del caffè si diffuse nella
cucina, forte e intenso.
Annusai
l’aria, seduto comodamente sul mio divano. Dalla tv una voce
femminile
diffondeva le ultime news, che ascoltavo distrattamente, inebriato dal
dolce
profumo proveniente dalla busta di biscotti al cioccolato che avevo
sulle
gambe.
Sgranocchiavo
senza curarmi delle briciole che cadevano sul pavimento, dopo
avrei pulito. Quel momento della colazione, fatto di biscotti e
briciole era il
migliore della giornata.
Sentii la
macchinetta del caffè fare il suo solito rumore, segno che
il liquido
nero era già del tutto nella piccola brocca. Sorridendo fra
me mi alzai,
poggiando il pacco di biscotti sul tavolino davanti al divano e mi
diressi in
cucina. Mi versai del caffè nella tazza, pronto a godermi la
colazione davanti
alla tv, ma qualcosa rovinò i miei piani.
Il citofono
squillo, con il suo odioso trillo squillante.
Ringhiando e
sbuffando, risposi: -Si?- , sibilai.
-Ehi Rob, sono
Leila!- , rispose una voce raggiante. La rabbia e
l’irritazione
che si erano impossessate del mio corpo all’istante di
dissolsero, si sciolsero
come ghiaccio al sole. Gli angoli della mia bocca si sollevarono
involontariamente verso l’alto. Non potei fermale, mi era del
tutto
impossibile. Anche il solo udire il suo nome mi faceva
quell’effetto.
Perché?
Perché
l’amavo e l’avevo capito solo pochi mesi prima. A
quel pensiero il
sorriso si spense, facendosi amaro.
Leila era la mia
migliore amica, dai tempi delle elementari. Leila, aveva un
ragazzo, da circa tre anni, Alan. Il solito bell’imbusto.
Alto, capelli color
dell’oro, voce calda e profonda, occhi neri come la notte.
Totalmente inadatto
a lei ed io meglio di tutti lo sapevo.
Ogni volta era
una tortura vederli mano nella mano. Ogni volta che le loro
labbra si sforavano una pugnalata in pieno petto, girata e rigirata
fino a
formare una grande voragine.
Lei non era
adatto a lei. Lui non la merita. Lui non coglieva ogni particolare,
non coglieva i suoi diversi sorrisi, non notava le pagliuzze verdi dei
suoi
occhi divenire dorate ogni volta che la luce li colpiva. Non capiva
quando era
il momento di lasciarla sola a pensare, o quando era il momento di
prenderla
per mano e stringerla a sé.
Lui non capiva.
Lui non era adatto a lei. Lui non la meritava.
Lui,
semplicemente, amava lei.
Immediatamente
sentii l’urgenza di raccontarle ciò che solo avevo
scoperto per
caso, quella sera di due giorni prima.
Il campanello
suonò. Scossi il capo, cercando di liberare la mente da
quegli
stupidi e futili, relativamente, pensieri ed aprii la porta.
Fu come se il
sole sorgesse, come se mi si rivelasse agli occhi per la prima
volta, come se non avessero mai goduto della luce in tutta la loro
vita.
Osservai i suoi
occhi a mandorla sotto le sottili sopracciglia e le folte
ciglia scure. La pelle ambrata del viso, dovuta alle origini spagnole
di sua
madre. La labbra piene, il fisico asciutto e snello. La canotta rossa
che le
aderiva al ventre ed ai fianchi, seguendone il profilo perfetto. I
lunghi jeans
chiari che le mettevano in risalto le lunghe e atletiche gambe. I
lunghi
capelli castani le incorniciavano il viso, scendendo morbidi e delicati
sulle
spalle.
Trattenni
involontariamente il respiro.
-Hai intenzione
di tenermi sulla soglia o invitarmi ad entrare?-, chiese
mostrandomi un sorriso.
Scossi il capo,
-Si, si. Entra. -, dissi. Mi feci da parte facendola entrare.
Chiusi la porta facendo un profondo respiro.
-Caffè?-,
chiese dirigendosi in cucina. La seguii cercando di regolarizzare il
battito del mio cuore.
Sei un uomo, mi
ammonii.
-Waw,
c’è una tazza già pronta. Per me, Rob?
Ma come siamo gentili questa
mattina. -, disse sedendosi sul piano delle cucina, facendo dondolare
le gambe
e sorseggiando il caffè. Il mio
caffè.
-Oh fai come
fossi a casa tua. -, dissi roteando gli occhi, sorridendo e
prendendo un’altra tazza.
-Certo. -, fece
spallucce. Istintivamente risi. –Potresti anche evitare di
andare in giro in boxer, Robert. -
La guardai
alzando un sopracciglia, mentre mi versavo dell’altro
caffè nella
tazza, -Sono in casa mia, di primo mattino e vado in giro come voglio.
-, dissi
prima di berne un sorso.
-Certo, certo. E
poi non è primo mattino. Sono le dieci. Forse dovresti fare
qualcosa di utile durante il tuo tempo libero. -
-Mi godo le
vacanze prima che inizino le riprese, Leila. -, le risposi
sedendomi su una sedia. Mi fece la linguaccia e prese a bere il suo
caffè,
guardando un punto impreciso del pavimento. Con una mano prese a
torturare un
lembo della borsa poggiata sulle sue gambe.
Quello
bastò a mettermi in guardia: era nervosa.
Brutto segno,
pensai, brutto segno.
Poggiò
la tazza sul piano della cucina, mordendosi il labbro
superiore. Una riga le si formò
sulla fronte, tipica che quando si faceva seria e concentrata. Il mio
stomaco
prese a contorcersi nel mio addome, causandomi quasi dolore. Mi pentii
all’istante di aver mangiato quei biscotti.
Deglutii
rumorosamente quando cominciai a sudare freddo.
-Cosa devi dirmi,
Leila?-, chiesi con voce tremante, sperando che lei non se ne
accorgesse, sperando di poter sfruttare le mie doti da attore, anche se
minime.
Lei
alzò lo sguardo, puntando quel bellissimo nocciola nei miei.
-Io?
Ehm… niente. Forse è meglio che vada. -, disse
scattando in piedi e
dirigendosi in fretta verso l’ingresso. Mi alzai con lei e
l’afferrai per un
polso, costringendola a voltarsi, sulla soglia della cucina.
-Non mentirmi,
Leila. -, mormorai. I suoi occhi indugiarono sui miei, prima di
fissare la punta delle sua scarpe da tennis. Poi, con lentezza
pronunciò quelle
parole che mai avrei voluto sentire, gettando il mio cuore su un rogo:
-Sono
fidanzata, Rob. Alan mi ha chiesto di sposarlo. -
Fidanzata.
Sbattei la
palpebre alcune volte non volendo credere a ciò che le mie
orecchie
avevano udito. Non era possibile, non era reale.
Fidanzata.
Una secchiata di
aghi ghiacciati sul viso, sulla pelle del corpo. Crudeli.
Fidanzata.
Il pavimento mi
venne a mancare, mentre sentivo le gambe molli. Era solo uno
stupido scherzo di suoni, non poteva essere vero. Non era reale. Lui
non la
meritava. Lui non l’amava come… come
l’amavo io. E tutti i propositi di
raccontarle ciò che sapevo su di lui si sgretolarono come
pasta frolla.
-Cosa?-, la mia
voce risulto un suono strozzato ed acuto, tremante.
-Alan mi ha
chiesto di sposarlo. -, la sua voce non trapelava emozioni. Neutra.
Crudele.
-Oh. Oh. -, riuscii solo
a dire, mentre la mia mano scivolava da suo braccio,
accarezzando la pelle nuda, vellutata come pesca. Il suo sguardo
puntato nel
mio. –Quando?-, chiesi ostentando disinvoltura.
-Fra tre mesi.
Rob… -, nel pronunciare il mio nome la sua voce
vacillò. Poggiò
la mano sul mio viso, la sentii calda e morbida, un dolce e leggero
tocco.
-Sono felice per
te. -, dissi lottando contro le lacrime che premevano per uscire.
La mia voce era dura, fredda. Feci fatica a riconoscerla.
All’istante ritrasse
la mano.
Annuì
debolmente col capo, -Grazie. Ci… ci vediamo, Robert. Ciao.
-, e così con
voce tremante uscì dalla porta lasciandomi solo,
lì, sulla soglia della cucina.
Lasciandomi col mio stupido dolore, con la mia stupida
incredulità. Solo, e
così sarei restato. Solo.
Fidanzata.
Mi passai una
mano fra i capelli e chiusi gli occhi. Sulla palpebra chiusa del
mio occhio viso il suo viso, i suoi occhi, le sua labbra….
che sfioravano le
sue. Tutto si fece rosso intorno a me quando aprii gli occhi.
No, lui non era
adatto a lei. Lui non la meritava.
La consapevolezza
di quelle parole si fece sempre più forte, fino a
raggiungere
l’unica cosa che di certo ci sarebbe stata nella mia vita, in
quel memento:
doveva sapere.
Avrebbe saputo
una volta per tutta cosa il mio cuore aveva celato a lungo.
Lei…
lei doveva sapere quanto… l’amavo.
*
Eccomi gente,
qui con il primo capitolo di questa mini
fiction. Inizialmente era nata come one-shot, ma mi sono accorta che
era troppo
lunga e non volevo annoiare il lettore… così ho
deciso di dividerla in prologo,
capitoli ed epilogo, sperando ovviamente sia di vostro gradimento.
Sicuramente le mie stupide ciarle
non
vi interessano, è l’una di notte e sono qui a fare
i ringraziamenti, perciò per
evitare gaffe passo direttamente a ringraziare colo che hanno recensito
il
prologo:
Lyla:
ciao! Sono contenta ti sia piaciuto il prologo. Ho intenzione di fare
una mini
fiction piuttosto leggera, senza impegni e cose varie,
perciò spero non ti
abbia deluso questo capitolo e, soprattutto, spero ti abbia incuriosita
come il
precedente. Grazie per la recensione, davvero *.*
Sognatrice85: ciao *.* tu con
me sei troppo buona! Ti ha
emozionata davvero? … io… okay, non so che dire,
mi hai lasciata senza parole,
sul serio. E’ sempre così! La mia reazione
è: saltellare battendo
contemporaneamente la mani e poi così à
*.* Sono
contentissima che il prologo ti
sia piaciuto, non immagini quanto! Spero di non averti delusa con
questo!
Grazie mille, cara!
fede_sganch: ciao, Fè!
Che piacere
ricevere una tua recensione! *.*
Meravigliosa? Tu mi sopravvaluti, cara… senza
ombra di dubbio. Ma sapere
che ti piace ciò che scrivo è…
è… Waaa! Non sai quanto ci tengo a sapere cosa ne
pensi! (forse lo sai perché te l’ho detto!). Spero
ti sia piaciuto anche questo
capitolo! A presto, bella!
KeLsey: ciao, Eri! Sono io ad amare
il tuo modo di scrivere, sono io a ripeterti che sei tu il geniaccio! E
poi…
bhe, grazie! Cavolo le tue recensioni sono sempre
così… carine! Mi fa anche
venir voglia di scrivere! Mi spiace solo di non sentirti tanto
spesso... quindi
spero di poterti sentire presto e ti ringraziarti ancora mille volte
per le
recensioni che lasci. Ti voglio bene, mostriciattolo (L)
KikyCullen: ciao! Che piacere
leggere una tua recensione! *.* Sono contenta che il prologo ti sia
piaciuto!
Spero di non averti delusa con questo capitolo! Fammi sapere che ne
pensi,
cara. Mille bacioni e grazie ancora!
Nessie93: mia dolce
pazza ragazza delle fic! Anche tu sei troppo buona con me,
non è normale! La tua recensione era…
chilometrica! Oddio, non so che dire! Mi
lasci sempre con un grande sorriso sulle labbra! Allora, io non ti
anticipo
nulla anche se il tutto può sembrare abbastanza
ovvio… ma non parlo, sappilo!
U.U Robert scattante e pimpante… aspetta di leggere il resto
per dirlo! Mmm…
magari potresti sostituirla tu, che ne dici? ;P
Grazie infinite, cara, davvero grazie di cuore! A presto!
A voi
è tutto,
con
grande affetto, Panda.
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Capitolo 3 *** Capitolo due: forse sono uno stupido. ***
Capitolo due.
Forse
sono uno stupido.
La sentivo. La sentivo chiara e forte,
l’urgenza della mia missione.
Camminavo per la
strade di Richmond, lontano dalla caotico centro di Londra.
Camminavo, non curandomi della gente che dedicava ogni sua attenzione
ai verdi
e curati giardini. Non badavo nemmeno alle macchine che lente, di tanto
in
tanto, passavano. Col viso coperto dalle spesse lenti nere degli
occhiali da
sole e un berretto a ripararmi dal sole e non solo, mi dirigevo verso
casa di
Leila.
Ne sentivo
l’urgenza.
Mi avrebbe
odiato? Probabilmente si. Rovinare un’amicizia? Probabilmente
si. Ma
a che scopo tenere tutto dentro? Lasciarle sposare un ragazzo che,
senza ombra
di dubbio, non la meritava?
Allungai il passo
sperando che fosse sola in casa.
Lo stomaco
cominciò a torcersi mentre pensai a dove avrebbe potuto
essere. Una
sola parola mi balenò in testa, istantanea come un fulmine: preparativi. Un brivido mi
attraversò la
schiena, scuotendomi.
Se fosse stato
troppo tardi? Se lei…
Zitto!, mi ammonii, passandomi
una
mano sul viso, consapevole della pazzia che, piano, si impossessava di
me.
La vidi,
all’angolo della strada. La piccola villetta bianca, il
rampicante che
ne ricopriva una facciata. L’albero in giardino, a cui
eravamo solitici
arrampicarci all’età di sei anni. Presi a correre
ma, prima di imboccare il
vialetto, una voce attirò la mia attenzione.
-Non
c’è nessuno. -, disse. La riconobbi.
D’altronde è impossibile non
riconoscere la voce che fa da sottofondo ai tuoi peggiori incubi. Mi
voltai,
fulminandolo con lo sguardo.
-L’ho
appena chiamata. Ha detto che è fuori città. -,
continuò con espressione
compiaciuta. Poggiato alla sua auto nera, mi fissava negli occhi,
beffardo.
-Ho sentito che
le hai chiesto di sposarla. -, sibilai.
Lui rise,
mettendosi eretto. –Perspicace, Pattinson. Hai perso. -
Sgranai gli
occhi, -Cosa?-, chiesi con voce che risultò un suono
strozzato e
acuto.
-Hai perso. La
tua bella amata sta per sposarmi. -, continuò compiaciuto.
-Non so di cosa
tu stia parlando, Alan. Io non ho perso nulla. -. Sentivo la
durezza delle mie parole, aspre, taglienti come giacchio affilato e
sperai non
si accorgesse del mio patetico tentativo di nascondere la
verità… io non ho perso nulla. Quanto vere erano
quelle parole? Fino a che non avrei pronunciato quelle parole d’amore non
sarei potuto essere sicuro di nulla.
-E’
mia. -, sibilò con aria di sfida, avvicinandosi a me.
Lo guardai, duro,
glaciale, come mai avevo guardato nessuno.
-Leila o Sally?-,
ringhiai col viso rosso di furia. Lui indietreggiò di un
passo, spalancando gli occhi.
-So tutto, Alan.
-, questa volta quello compiaciuto, fra i due, ero io.
-Brutto…
vuoi dirglielo, eh?-, urlò allungando le braccia e dandomi
uno
spintone. Indietreggiai, per colpa del colpo, perdendo quasi
l’equilibrio.
-Altrimenti che
mi fai?-, ringhiai avvicinandomi, guardandolo negli occhi.
Avrebbe dovuto farmi paura, una persona normale sarebbe scappata
sovrastata dal
suo metro e novanta, dalle sua spalle larghe e la muscolatura
sviluppata, ma io
tutto ero tranne che normale. Una persona accecata dall’amore
non può esserlo.
Un lampo di furia
attraversò il suo viso, quasi deformandolo.
Ad un tratto mi
piagai in preda ad un dolore lancinante. Cercai di respirare,
in preda al dolore. Il suo pugno di era scontrato con mio stomaco.
-Non provarci,
Pattinson. -, sibilò. Si voltò per andare via.
Sentii le mani
prudermi e l’adrenalina scorrermi nelle vene. Mi misi eretto,
avvicinandomi piano a lui, con la furia che si faceva a vanti a
gomitate.
-Alan?-, lo
chiamai. Lui si voltò e questa volta fu il mio pugno a
scontrarsi
con il suo naso. Si portò una mano sul viso, cominciando ad
imprecare, dal
mento colò una piccola gocciolina di liquido rosso e denso.
Mi
guardò mentre i suoi occhi ardevano, come fiamme nere.
Poi tutto avvenne
troppo velocemente. La sua testa si scontrò con il mio
petto,
mi spinse facendomi scontrare con lo steccato, entrambi cademmo
dall’altro
lato, finendo sul verde prato curato. Cercai di scrollarmelo di dosso,
tirandogli un calcio. Ci riuscii, si allontanò portandosi
una mano sul basso
ventre.
-Da quando fai a
botte, Pattinson? Non eri anti-violenza? Incapace di uccidere
una semplice mosca?-. Le sue parole furono combustibile gettato
direttamente su
fuoco. Accecato dall’ira e dall’amor che provavo
per la ragazza che crudelmente
tradiva, mi alzai tirandogli un pugno nello stomaco.
Si
accasciò sul prato, ansimando. –Tanto
l’hai persa. Sta per sposare me e non
crederà mai all’amico che ha picchiato il futuro
marito. -
-Lei non
è tua!-, urlai preso da un impeto di furia. Il respiro
accelerato. –Tu
non sai nemmeno chi è Leila!-, dissi in uno sputo. Le mani
mi tremavano dalla
rabbia ed il mio corpo era scosso da forti fremiti, avevo il respiro
accelerato
e tutto intorno a me aveva assunto un coloro simile al viola.
Non ero un
attacca brighe, per questo rimasi scosso nel pensare a ciò
che stavo
facendo. Interdetto rilassai gli arti, contratti per la furia.
Cosa stavo
facendo?
Accecato
dall’amore. Si, l’amore ti cambia. Per amore
saresti disposto a fare
qualsiasi cosa, anche a ricevere un pugno in pieno stomaco. Per lei
avrei
sopportato mille pugni, un naso rotto, un branco di lupi affamati.
L’amore
rende cechi ed irrazionali.
-Non ti permetto
di parlarmi di lei, non così. -, sprezzai. Arrivai alla
conclusione più ovvia, in pochi secondi, ciò che
il mio inconscio mi gridava:
quando si trattava di Leila la difendevo come mai avevo fatto con
nessuno e,
soprattutto, difendevo ciò che provavo per lei,
quell’amore puro e genuino, che
nessuno avevo il diritto di infangare con stupide e superflue parole.
Immediatamente
scattò in piedi, in preda alla furia. Con una fluido
oscillare
di bacino riuscii ad evitare la sua testa contro il mio petto. Alan
finì dentro
un cespuglio. Risi, fra me, beandomi della visione di lui con le gambe
all’aria,
con le varie imprecazioni. Cominciai ad indietreggiare
sull’erbetta verde,
preso dalle risate, soddisfatto di ciò che
non
avevo fatto.
-Ci vediamo,
Alan. -, dissi mentre cercava di riemergere dal cespuglio.
Percosso dalle risate mi voltai, trionfante, diretto a casa…
ma ovviamente non
potevo tornare a casa illeso.
-Ah!-, urlai
portandomi la mano sulla fronte ed indietreggiando, barcollando,
fino a perdere l’equilibrio. Caddi, con un tonfo non molto
sordo, sull’erba. La
parte lombare della mia schiena ne risentì. Gemetti di
dolore. La testa
sembrava dovesse scoppiarmi da un momento all’altro. Pulsava,
doleva.
Stupido.
Sentii la risata
di Alan sopra di me. Aprii le palpebre e lo vidi, ridere,
soddisfatto.
-Messo ko da un
albero, Pattinson. -, e ridendo, si allontanò, zoppicando.
Quella visione, seppure stramba, mi lasciò leggermente
soddisfatto.
Nonostante fossi
tutto un dolore e la testa mi pulsava, sorrisi, rincuorato.
Alan, avrebbe
perso. Col viso sporco di sangue e terriccio, anche senza il mio
interveto. Si allontanò in auto.
Abbandonai
indietro la testa poggiandola sul prato, lasciandomi andare ad un
momento di ilarità.
Leila, Leila, Leila. Nelle mie palpebre
chiuse vidi il suo volto e il mondo mi sembrò comunque un
luogo perfetto dove
vivere.
Risi ancora,
prima di alzarmi e dirigermi a casa per una pulita.
Ignaro di
ciò che mi aspettava il girono dopo, non sapendo che quel
giorno
avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Dopotutto Leila
non aveva ancora l’anello al dito.
Salve
gente. Chiedo perdono per il tremendo ritardo, ma ho avuto davvero
molto da
fare.
Ho dovuto passare intere giornate al mare e non avevano il mio computer.
Non ho molto tempo. Vorrei ringraziare a modo ma non ho davvero tempo
ç_ç
Perciò un immenso grazie a : Lyla_
,
Sognatrice85, Piccola Ketty, LittleCullen, Nessie93, KikyCullen, Luxi,
Xx_sognatrice88_xX,
doddola93, A l y s s a.
Grazie, grazie davvero!
A presto, vostra, Panda.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo tre: posso paragonarti ad un giorno d'estate? ***
Capitolo
tre.
Posso paragonarti ad
un giorno d’estate?
Non
era esattamente ciò che avrei voluto fare… o
forse no.
Aprirsi non è mai facile, ma si può sempre fare
uno sforzo, si può sempre
cercare di far ascoltare agli altri ciò che il tuo cuore
canta, ciò che
sussurra al tuo respiro ogni volta che lei si avvicina. Ed, io, ero uno
sciocco.
L’amavo, ma lei non lo aveva mai saputo. L’amavo
forse più della mia stessa
vita. L’amavo quanto non avevo mai amato nessuno.
Nessuno la conosceva, nessuno sapeva della sua esistenza, nessuno
sapeva che
l’amavo da… sempre.
La mia dolce Leila.
L’amica di sempre. La tua migliore amica. La ragazza che solo
una volta
superati i ventitré anni hai capito di amare.
Come si può rendersi conto solo a ventitré anni
di amare da sempre una persona?
Come si può rendersi conto di essere vissuti per tanto tempo
senza conoscere…
l’amore?
Cieco, disperso, confuso, illuso.
Avevo bisogno di lei, egoisticamente e lo sapevo.
Lei lo amava? Certo che lo amava, aveva deciso di sposarlo!
La testa mi diceva di tacere di lasciarla vivere, di non rovinare
tutto. Ma una
parte del mio cuore diceva di lottare. Lottare per lei. Di farle sapere
ciò che
mi dava la forza di alzarmi al mattino, di affrontare al giornata col
sorriso
sulle labbra. Lei doveva sapere quanto era importante per me.
Egoisticamente
ascoltai quella parte del mio cuore.
Non potevo accettare che andasse così. Non potevo accettare
il presente,
rimpiangendo un futuro migliore. Lui non l’amava.
E le immagini delle labbra di lui catturare con foga quelle di
un’altra si
fecero vivide nella mia mente. Avevo visto le loro labbra cercarsi
freneticamente in quel vicolo buio, avevo visto le loro mani cercare il
viso
dell’altra. Non una sera, ma due… tre…
quattro…
Avrei detto a Leila ciò a cui avevo assistito, ma gli
avvenimento mi avevo
portato a tacere.
Fidanzata.
Doveva sapere. Non avrebbe dovuto avere rimpianti.
Guardai la fiancata della villetta in cui abitava. Sentii lo stomaco
contorcersi ancora una volta, mentre fissavo la luce provenire dalla
finestra
della sua camera da letto.
Quante volte quella camera mi aveva ospitato? Oramai avevo perso il
conto e per
un momento scivolai nei ricordi.
-Così mi fai male, Patty!-, disse Leila massaggiandosi un
gomito.
-Smettila di chiamarmi Patty o io… io…
io… ti picchio. -, la minacciai con
grande insuccesso.
-Ma se non sei capace di uccidere una mosca! Non mi picchieresti mai. E poi noi ragazze sappiamo
difenderci, sai?-
-Stai zitta e tira fuori la cioccolata che ho fame. -, dissi accendendo
la
piccola torcia sotto le coperte color del latte. Leila
sbuffò e tirò fuori
dalla tasca del pigiama una tavoletta di cioccolata.
-Per fortuna mamma non mi ha vista. -, sospirò.
-Tu si che sei il male. -, annuii. Cominciammo a mangiare avidamente la
tavoletta di cioccolata al latte. Ogni venerdì dormivamo
l’una a casa
dell’altro. Una settimana io, una lei. Ogni volta ci
rimpinzavamo di cioccolata
e caramelle, innocenti nei nostri sette anni.
-Secondo me saremo amici per sempre. -, disse lei puntandomi la torcia
negli
occhi. Mi coprii il viso con la mano, togliendole dalla mano
l’oggetto.
-Così divento cieco. -, mugugnai. Poi la guardai negli
occhi, quei piccoli
occhi da cerbiatto. – Anche secondo me. -, continuai.
-Promesso?-, chiese porgendomi la mano.
-Promesso. -, risposi stringendola. Presi un pezzo di cioccolata che
aveva in
mano, poi, quando l’addentai, mi baciò una guancia
e sorrisi nella mia
innocenza… senza sapere che sedici anni dopo tutto sarebbe
cambiato.
Sospirai e sorrisi al quel ricordo. Scossi il capo in un risolino e mi
avvicinai alla grande casa bianca.
Sapevo ciò che dovevo fare e nemmeno una mandria di bufali
arrabbiati avrebbe
ostacolato i miei piani. Nemmeno un uragano o un branco di lupi, o un
elefante
ribellatosi alla cattività. Nemmeno il sogno Jackson, il
nonno di Leila, mi
avrebbe ostacolato.
Feci un respiro profondo e cominciai a salire lungo la facciata della
casa,
arrampicandomi sulla veranda. Mi graffiai una mano, ma ignorai il
bruciore.
Ignorai anche il dolore al ginocchio, quando battei ad un lampadario da
giardino appeso su muro.
Stupido, mi ammonii quando mi si
dipinse una smorfia di dolore quando sbattei la testa alla ringhiera
del
muretto della veranda.
Sentivo la musica, bassa, provenire dalla camera di Leila ed il mio
cuore
accelerò i suoi battiti, prendendo a galoppare. Il mio
stomaco prese a
contorcersi quando mille farfalle presero il volo al suo interno.
Oltre la tenda chiara intravidi il suo corpo muoversi sinuoso verso il
suo
armadio. Oramai conoscevo ogni angolo di quella stanza, sapevo
perfettamente
come fossero disposti i mobili.
Si stava vestendo? Stava mettendo in ordine?
Dovevo parlarle, sentivo l’urgenza delle mie parole farsi
avanti e l’impazienza
invadermi in corpo. Poggiai le braccia sulla ringhiera e con la forza
delle
braccia cercai di tirarmi su quando un mio piede scivolò
sull’edera verde.
-Stupido!-, gridai a me stesso, dando voce ai miei pensieri. Cercai di
non
cadere, ma non riuscivo a trovare un appoggio per i piedi che, oramai
entrambi
oscillanti dalla ringhiera. La musica dall’interno della
camera cessò e sentii
lo scatto della serratura della porta finestra.
Il respiro mi si spezzò. I suoi occhi nocciola indugiarono
sui miei. Prima
spaventati, poi confusi, poi pieni di panico. In tutti i casi erano
sempre
bellissimi.
-Rob!-, gridò facendosi avanti. –Cosa stai
facendo?-, disse afferrandomi per le
braccia e aiutandomi a salire.
-Volevo provare le brezza dell’arrampicarmi sulla facciata di
casa tua. - .Quando
i miei piedi toccarono il pavimento, mi sentii salvo, scapato da una
frittata
di uomo Pattinson.
Sopirai di sollievo per poi sorridere, -Grazie. -, le dissi guardandola
negli
occhi. Lei con la solita ruga tra le sopracciglia, dovuta alla
confusione, mi
guardava, senza battere ciglio.
-Cosa c’è?-, chiesi guardandomi appena intorno.
-Mi spieghi il tentato suicidio? Credevo ci fosse una porta
all’ingresso. E di
certo non volevi provare le brezza dell’arrampicarti. -,
rispose seria. Sbattei
le palpebre un paio di volte poi ricordai la mia missione.
-Oh, si. -, mormorai. Feci un respiro profondo, -Sarebbe stato meno
poetico. -,
continuai mostrandole un largo sorriso. Senza distogliere il mio
sguardo dal
suo (cosa del tutto impossibile già di suo), mi
inginocchiai. Istintivamente
lei fece un passo indietro, colta di sorpresa e confusa.
Deglutii rumorosamente, prendendole la mano fra la mie, accarezzandole
il dorso
delicatamente.
-Cosa… -, esordì ma le parole le morirono in
bocca. Perfetto, non sarei
riuscito a bloccarla teso com’ero.
Il cuore batteva, troppo forte per essere controllato, quasi volesse
squarciarmi il petto. Lo stomaco continuava a contorcersi.
Mi schiarii la voce, recitando quelle parole che oramai sapevo a
memoria,
quelle parole che da sempre erano le sue preferite: - Dovrei
paragonarti ad un giorno
d'estate? Tu sei ben più raggiante e mite.
-, ebbe un sussulto e lo percepii attraverso la sue mani
che stringevo
con dolcezza nelle mie.
-I forti venti scuotono i cari boccioli di Maggio e il tempo
dell’estate dura
un breve periodo. -
Fissavo i suoi occhi scintillare come stelle, la loro pagliuzze dorate,
le
ciglia, lunghe e folte, umide.
-Talvolta
troppo cocente splende l’occhio
del cielo e spesso il suo
volto si rabbuia
e
ogni bellezza dalla bellezza presto o tardi declina spoglio dal
caso o dal mutevol corso di natura. -
Accarezzai la sua mano, tenendola fra le mie come fosse di leggero e
sottile
cristallo.
-Ma la tua eterna estate non dovrà finire –, la
mia voce vacillò, incrinata.
Sentivo le lacrime premere crudeli per uscire, - né perdere
possesso del bello
che tu hai, né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra.
-
Con gli occhi fissi sul suo viso guardai una lacrima rotolarle calda
lungo una
guancia. Gli occhi gonfi ed umidi di acqua salata. Mi alzai lentamente,
avvicinando
il mio viso al suo. Con un bacio asciugai quella lacrime solitari, poi
premendo
il palmo della mia mano sul suo viso, continuai: - Quando
in versi eterni nel tempo tu crescerai. –, e
carezzai piano la pelle
liscia delle suo viso. Seguendo il contorno della sua guancia. Aprii le
labbra
già dischiuse per recitare quegli ultimi versi, ma lei mi
batté sul tempo.
-Finché gli uomini potranno respirare e gli occhi vedere,
tanto vivrà questa
poesie e questa darà vita a te. -, soffiò con
voce incrinata e il respiro
corto. Vederla così… vulnerabile e fragile, con
gli occhi inumiditi e bagnati
dalle lacrime fu una lenta pugnalata, un lama incandescente che piano
mi
perforava la carne, lì, dritto al cuore. Perle trasparenti
bagnavano il suo
viso, inumidivano la mia mano. Con l’altra mano le accarezzai
il braccio.
-Non dovresti accarezzarmi così -, soffiò con
voce rotta, scossa da un
singhiozzo. Chiuse gli occhi, -siamo amici… gli amici non
fanno questo. -, e i
suoi polpastrelli piano sfiorarono la pelle del mio viso, il mento, il
profilo
della mandibola, solleticata dalla leggera barba incolta.
-Gli amici non si arrampicano sulla facciata di casa tua per recitarti
Shakespeare, Leila. -, mormorai prendendole il viso fra le mani.
Aprì gli occhi
e potei perdermi ancora in quel mare dorato di cui per istanti infiniti
mi
aveva privato. –E gli amici non fanno nemmeno questo, Leila.
- . Fu strano
quello che accadde dopo. Un gesto semplice ma complesso allo stesso
tempo.
Avvinai il suo viso al mio, tenendolo delicatamente fra le mie mani e
feci ciò
che probabilmente avrei dovuto fare mesi prima… anni prima:
posai le mia labbra
sulle sue. Le sentii calde plasmarsi su di esse, sentii il sapore
salato delle
lacrime. Un tocco leggero, un delicato sfiorarsi. Niente di
più, un dolce tocco
simile al galleggiare di un petalo di rosa sull’acqua.
Allontanai piano il mio viso dal suo, osservando le sua palpebre
chiuse, le
ciglia bagnate umide. Sorrisi flebilmente fra me, poi riavvicinai il
mio viso
al suo, per baciare ancora quelle labbra rosee e piene. Ma, quando
percepì le
mie intenzioni, mi bloccò poggiandomi una mano sul petto.
-Gli amici non fanno questo, Rob. Gli amici non baciano gli amici che
stanno
per sposarsi. Gli amici… -
-Gli amici non dicono di amarti. -, mormorai sulla sua labbra.
Aprì gli occhi
di scatto, fissando i miei.
-Cosa?-, chiese in un soffio.
-Ti amo, Leila. Ti amo da sempre, ma sono stato cieco. Non volevo
vedere la
realtà. Ti amo, e ti sto amando come non ho mai amato
nessuno. -, sussurrai
accarezzandole le gote con i pollici. Sul suo viso confuso di dipinse
un’espressione indecifrabile, poi comparve l’ombra
di un sorriso.
-Ti amo da sempre, Rob. Solo che io l’ho capito troppo
presto, forse. Ti amo,
Robert… come non amo Alan. Ti amo perché
è l’unica cosa che mi permette di
respirare. -, e sorridendo col cuore ricolmo di gioia, tanto da
sembrare che volesse
scoppiare, premetti le mie labbra sulle sue, facendole mie e fondendole
con le
mie. Sentii le sue mani carezzarmi i capelli ed istintivamente,
poggiando le
mie sui suoi fianchi, l’attirai a me, facendo combaciare
perfettamente i nostri
corpi. Sorridendo e cercando con avidità le mie labbra mi
spinse verso la porta
finestra diretta al letto.
Col sole che illuminava debole le pagliuzze dorate dei suoi occhi, l’amai.
*
Ed eccomi qui, gente con il terzo capitolo, non che ultimo prima
dell’epilogo.
Spero non vi sia dispiaciuto, davvero!
E
così, ecco spiegato il titolo della fiction.
Vado un po’ di fretta, per cui passo a ringraziare chi ha
recensito, anche s
non bene come vorrei ç_ç
Sognatrice85,
Piccola Ketty,
Nessie93,
Xx_scrittrice88_xX,
LittleCullen,
A l y s s a,
Martiis.
A
voi, con affetto, Panda
|
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Capitolo 5 *** Epilogo: un amore senza compromessi, senza limiti. ***
Epilogo.
Un
amore senza compromessi, senza limiti.
Il
giorno successivo al mio disperato tentativo di tenerla
stretta a me, la
mia vita cambiò.
Il matrimonio fu annullato e ad Alan si becco un pugno in pieno viso,
nel
momento in cui dissi a Leila ciò che i miei occhi avevano
visto in quel vicolo.
Inutile dire che un pugno in pieno stomaco, invece, me lo sono beccato
io.
-Ma,
Leila, -, dissi, -avevo intenzione di dirtelo, quando sei venuta a
dirmi che ti
sposavi!-, continuai in un rantolo piegandomi dal dolore.
-Proprio per questo avresti dovuto dirmelo!-, urlò mentre mi
accasciavo per
terra… messo ko da una
ragazza, la mia ragazza. Non avrei
mai potuto alzare
un dito su di lei, non con l’amore che provavo per lei.
Indelebile e indistruttibile,
mi legava a lei… e poi non ero attaccabrighe per indole,
perciò ricevetti il
colpo senza reagire.
-Cavolo, Leila. Avevi detto che ti sposavi! Ero al centro
dell’inferno in quel
momento! E poi m sembra di aver recuperato. -, dissi mentre mi mettevo
in
posizione eretta, poggiandomi una mano sullo stomaco dolorante.
-Stupido, Patty!-, sbuffò allargando le braccia e
avvicinandosi.
-Non mi chiami così… da anni forse. -, sussurrai
mentre alzava una mano sul mio
ventre, spostando la mia e prendendo il suo posto.
-Non volevo farti male. -, mormorò carezzandomi la parte
colpita, mentre
l’altra mano cercava la mia, intrecciando le sue dita ad esse.
-Me lo sono meritato. -, sospirai abbassando lo sguardo.
-Si, te lo sei meritato. Ma mi dispiace comunque di averti fatto male.
-,
ribadì. Sorrisi, accarezzandole con i polpastrelli la pelle
del viso.
-Perdonami. -
-Ma non hai… -
-Per essere arrivato così tardi. -, mormorai a poche spanne
dal suo viso senza
farle finire la frase. Sorrise e l’ angolo delle sua bocca si
sollevò verso
l’alto.
-Ma sei arrivato. -
-Tardi e non avr-
-Sssh. -, poggiò un suo dito sulle mie labbra, -Avrei dovuto
dirti ciò che
provavo anche io. -, mormorò con una nota di tristezza nello
sguardo ardente.
-Ma io… -, esordii ma le sue labbra misero fine a qualsiasi
tipo di discorso,
posandosi con dolcezza sulle mie.
Sorrisi
ripensando a quel giorno, con il viso avvampato di rossore, come un
tredicenne.
Scossi il capo ripensando a quanto la mia vita fosse cambiata in quei
due anni.
Io ero suo. Lei era mia. E nessuno me
l’avrebbe portata via.
La mia vita era
cambiata, come se, finalmente, il sole avesse illuminato per
davvero il mondo, come se ogni cosa avesse preso il suo reale posto, il
suo
giusto odore, colore, calore. Tutto intorno a me era vita, tutti
gridava la
parole amore.
Un
amore simile ad un
filo invisibile, tanto forte da non poter essere spezzato,
che mi legava a lei senza compromessi, senza
limiti. Quell’amore che ti penetra nella carne, giungendo
alle ossa,
attanagliandosi ad esse, senza permetterti di sfuggirgli. Un amore
irrazionale,
perché tale è. L’amore è
irrazionale, ti colpisce in pieno petto quando meno te
lo aspetti, ti fa bruciare su un rogo, ti fa provare emozioni che mai
avevi
immaginato di poter provare. Genuino e puro, quello vero. Non ti
permette di
ragionare con lucidità e razionalità, ti oscura
la mente, ma ti fa capire cosa
conta davvero nella vita, cosa rende lei così
unica. Ti permette di cogliere l’essenza delle cose e piccoli
particolari che
ti sembravano ignoti prima, come se fossi stato miope. Sorprendente e
straordinario Amore ti travolge e non ti permette di tornare indietro.
Ed Amore mi aveva
legato a lei.
Perso nelle mia
fitta ragnatela di pensieri non mi accorsi del movimento
intorno, mi accorsi che era il momento
quando la musica partì dal pianoforte, diffondendo dolci
note.
Alzai lo sguardo
e il respiro mi si mozzò. Non esisteva altro. Non presati
attenzione alle ghirlande, ai fiori, al mio migliore amico che
poggiò la mano
sulla spalla, incantato anche lui da quell’immagine
celestiale. Non prestai
attenzione agli invitati, ai miei amici, ai miei parenti che con gioia
si erano
voltati per vederla avanzare con grazia. Alta, snella, ambrata, avvolta
da
sottile raso bianco. I capelli raccolti a scoprirle le spalle nude, la
pelle
perfettamente liscia e morbida che mille volte avevo sentito sotto le
mie mani.
Mi guardava sotto le lunghe ciglia scure, riservandomi lo sguardo
più bello che
i miei occhi potevo ammirare. Le pagliuzze dorate illuminate dai
flebili raggi
del sole, che, caldi e luminosi, le accarezzavano il viso, accompagnati
dal
vento.
Non esisteva
altro, il mio raggio visivo si era ridotto su quel corpo, su
quegli occhi luminosi.
Si
avvicinò a me e sul mio viso si allargò un
sorriso di gioia. Presi la sua
mano, accarezzandola piano come fosse fragile cristallo, anche se tutto
era lei
tranne che fragile. Forte ed atletica era già stato un
pericolo per me.
-Ti amo. -,
mormorò senza che nessuno potesse sentire. Sorrisi, mentre
ci
voltavamo verso il cerimoniere. Mi avvini nel contempo al suo orecchio,
un
movimento veloce e lento allo stesso tempo e sussurrai quelle semplici
paroline
che un giorno mi permisero di amarla davvero: -Shall I compare thee to
a
summer’s day?-
Sorrise,
avvampando appena di rossore.
-Ti amo,
anch’io. -, soffiai mentre mi allontanavo da lei.
La vita non
poteva essere più dolce.
*
Ed
eccoci qui al termine di questa magnifica fiction.
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto e seguito la fiction.
Un grazie speciale a chi ha recensito lo scorso capitolo.
Un grazie speciale alla mia Patt e
a Elisa…. voi sapete
perché.
LittleCullen:
ciao! Si, è già finita. A dire il vero doveva
essere solo una one ^^” Spero ti
sia piaciuto l’epilogo, e spero di non averti delusa. Grazie
per aver seguito
la fic! =*
Sognatrice85:ciao! Pure io voglio un
Robert che si arrampica dalla finestra! Eheh, spero l’epilogo
non ti sia
dispiaciuto. Un immenso grazie, cara. Sul serio. Grazie di tutto. =*
Piccola Ketty: ciao! Se non
concludessi, ora, sarebbe un casino perché ho altre fiction
da seguire,
dispiace anche a me, un po’. Sono contenta che il capitolo
scorso è stato di
tuo gradimento. Non poteva mica sposare Alan, eh scusa! Grazie per aver
seguito
la fiction. A presto! =*
Luxi: ciao! Nah, non è
poi tanto
fantastica, ma sono contenta che lo pensi. Spero ti sia piaciuto anche
l’epilogo. Grazie mille, davvero. =*
Nessie93: ciao! Bhe, sinceramente i
versi sono conosciuti, è uno dei sonetti più
famosi di Shakespeare XD E poi
sono una spugna citazioni… me le segno ovunque. Sono
contenta che la storia ti
sia piaciuta e chi non vorrebbe un Robert che si arrampica dalla
finestra per
dirti che ti ama? Grazie, Chià, grazia di cuore =*
Xx_scrittrice88_xX: ciao! Che
piacere leggere una tua recensione! Si, niente carciofo Alan! Sono
contenta tu
l’abbia letta. Sul serio. E ancor di più che ti
sia piaciuta! Mi piace come
scrivi, lo sai. Grazie mille, per tutto. =*
A l y s s a: mia Patt, ciao! Che
farei senza te? Questa è la Storia sull’amore. Io
la vedo così. Tranquilla,
ricorda che se non troviamo un sosia, prendiamo l’originale
XD Grazie di tutto,
tesoro. Parlare con te è immensa fonte di ispirazione. Spero
ti sia piaciuto
l’epilogo. Ti voglio bene, Patt. Ancora mille grazie, dal
cuore.
E grazia a
coloro che anno inserito la fiction fra i
preferiti e chi fra le seguite.
Grazie davvero.
A presto, con immenso
affetto,
Panda.
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