Un'Icona per Due

di Kodoma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cassiopea di Delfi: Il Risveglio ***
Capitolo 2: *** San Cristoforo Cinocefalo ***
Capitolo 3: *** Il Succubus ***
Capitolo 4: *** L'Arpia ***
Capitolo 5: *** Il Viaggio ***
Capitolo 6: *** Segreti ***
Capitolo 7: *** Il Principe e la Talpa ***
Capitolo 8: *** L'Inseguimento ***
Capitolo 9: *** Irwin Maxwell: Le Due Rose ***
Capitolo 10: *** Paracelso: L'Asta ***
Capitolo 11: *** Punto, Vedo, Rilancio ***
Capitolo 12: *** La Battaglia ***
Capitolo 13: *** Ritorno all'Equilibrio ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cassiopea di Delfi: Il Risveglio ***


Cassiopea di Delfi

  Cassiopea di Delfi: Il Risveglio

Un profumo allettante mi svegliò dal mio torpore. Il buio, rassicurante e avvolgente si dileguò con una luce accesa e abbagliante.


Poi, il rosso.

***

Non ricordo esattamente come riuscii ad alzarmi, e neanche di come mi ritrovai in una strada in pieno inverno, sporca e grigia, decorata ai lati da strane lampade appoggiate a 

dei pali di metallo. Solo qualche vaga ombra, dove scendevo delle scale di mogano appoggiandomi ad un muro coperto di figure. Non erano affreschi, fatto piuttosto singolare.

 Doveva fare freddo, visto il vapore esalato ad ogni mio respiro, ma non lo sentivo. La mia veste, candida e stracciata, era macchiata di sangue. Non ricordavo di cosa, ma di 

certo non pensavo fosse di qualcuno. Strane voci si affollavano nella mia testa. Non era strano per me sentire delle voci, era questo il modo in cui il mio dio comunicava con 

me, ma queste erano diverse. Affollate. Inconcludenti. Ossessive.

<< Qualcuno mi aiuti...>>

<< Il serpente entra nella tana del ratto e lo sbrana hahahah >>

<< Non sono pazzo. Non sono pazzo. Non sono pazzo... >>

<< Secondo voi cosa si prova a bruciare vivi? >>

<< Le streghe sono tornate, sono dappertutto intorno a noi >>

<< Dio salvami da questo incubo >>

<< Pentitevi o morirete! L'apocalisse è vicina, solo Dio può salvarvi dai quattro cavalieri, quando l'anticristo arriverà per conquistare il mondo... >>

<< La chiamano deviazione... >>

Scossi la testa e cercai di ricacciarle indietro. Vidi un bambino, logoro e vestito di stracci che mi guardava con gli occhi stralunati. - πρὸς ἡδονήν, δύναμαι... - Non feci in 

tempo a finire la frase che il bambino urlò e si nascose nei vicoli di quella sporca città. La delusione durò qualche attimo, prima che cercassi di coprirmi il più possibile e mi 

affrettassi a trovare una locanda. Dopo qualche minuto sentii i passi di una persona che mi seguiva. Non ci badai. Poi i passi divennero di due, tre, quattro, cinque persone. 

Mi voltai. Cinque persone incappucciate di nero mi circondavano. Un urlo lasciò la mia gola, prima che il buio mi inghiottisse di nuovo.

***

In un palazzo poco distante da lì, un uomo dai capelli lunghi e raccolti scriveva ad una scrivania con un pennino, la stanza illuminata dalla calda luce del caminetto. I capelli 

erano scuri e l'aria assorta.

<< Dovremmo essere più attenti, potrebbero scoprirci...>>

<< Non ha importanza, la tua argomentazione è futile... >>

Anche egli sentiva le voci. In quel momento un urlo, agghiacciante e terrorizzato gli invase la testa. Si prese la testa tra le mani, e il calamaio si rovesciò su ciò che stava 

scrivendo. - Arthur - Chiamò dopo a voce piuttosto alta. Qualche secondo dopo di palesò una figura alta e slanciata, vestita da maggiordomo e assolutamente impeccabile. 

- Si, mio signore?-

- Sta succedendo qualcosa. Scopri di cosa si tratta-

Il maggiordomo annuì e scomparve tra le ombre del corridoio poco illuminato.

***

<< O giudici, voi che vedete sempre il vero e giudicate con la massima onestà, ascoltate la preghiera di un innocente. Perchè io sono e fui innocente di tutto ciò che mi 

capitò in vita. Adorai e servii il mio Dio, il febo Apollo,  con zelo e dedizione, finchè un uomo, un uomo violento e perverso mi strappò dal mio tempio, mentre stavo 

andando a raccogliere le offerte dei fedeli. Egli mi rinchiuse in una cella, mi ferì e mi costrinse a fornirgli oracoli, senza alcun rispetto per la volontà divina. In una cruenta e 

sanguinosa battaglia riuscii a fuggire dalla mia gabbia, ma purtroppo non riuscii a trovare la strada di casa, tanto ero scossa. Vagai per le città, confusa e sperduta, e presa 

dalla stanchezza mi addormentai in un vicolo.  Vi prego o giudici, ditemi dove sono? Come posso tornare a casa? Voi che siete i più onesti e giusti tra gli uomini, ascoltate le

 mie suppliche.  Tutto ciò che desidero, è di tornare a servire il mio dio, che tanto ho trascurato nella mia prigionia. L'uomo che mi rapii si chiamava Gourias di Tebe, e se 

non è già fuggito con inganni e menzogne, nascondendosi nell'ombra, perchè solo l'ombra può accogliere tale bruttezza e malvagità d'animo, scoprirete che dico il vero. Mi 

rimetto al vostro giudizio e alla vostra saggezza, implorando la vostra pietà >>

***

Il mio nome è Cassiopea di Delfi, e questa è la mia storia. Ciò che vedete allegato sopra è la mia orazione, la quale avrei dovuto recitare davanti alla corte della Camarilla, 

in un latino piuttosto stentato, per aver quasi fatto scoprire l'intero mondo dei vampiri. Purtroppo all'epoca non esistevano più i logografi, ma il mio avvocato, ovvero una 

persona che difende le altre persone in tribunale, lo lesse con estrema dedizione, tanto che mi scagionarono dalle accuse. Prima del tribunale fui rinchiusa in una cella e un 

uomo era incaricato di portarmi del sangue ogni giorno. Le mie doti oracolari mi permisero di vedere la sua morte poco prima del processo, e da lì mi affibbiarono il 

soprannome di Banshee. Dopo il processo, il principe dei Malkavian, così si chiama adesso la mia nuova famiglia, mi prese sotto la sua ala di protezione, e mi mandò in 

una terra molto lontana, al di là del mare, chiamata America. Egli pur di assicurarsi del mio benessere e la mia sicurezza decise di seguirmi nel mio viaggio e di trasferirsi 

con me a Miami, ed è così che fu esiliato. Mai mi sarei aspettata da lui una simile nobiltà d'animo verso una sconosciuta, per quanto antica. Dopo che il nostro 

trasferimento in America io e lui vivemmo insieme per molti anni, ed arrivai a chiamarlo ἀδελφός, fratello, poichè era ciò che avevo di più simile ad una famiglia ed inoltre 

la sua esperienza e le sue continue attenzioni nei miei riguardi lo rendevano per me come un fratello maggiore. Ebbi paura durante il viaggio in nave, perchè erano dopo le 

colonne d'Ercole e temevo la punizione divina, ma nulla capitò. Il mio dio non mi ha dimenticata, nonostante la luce del sole, la sua manifestazione più grande, attenti 

costantemente alla mia vita. Evidentemente sono l'unica sopravvissuta che ricorda i suoi culti e le sue preghiere, e per questo mi concede ancora il dono della Vista. 

Arrivata in America decisi di aprire una locanda per chi, come me, era straniero non solo in una nuova terra, ma anche in una nuova epoca. La chiamai infatti Xenia. La 

mia vita da lì proseguì felicemente, senza più droghe, senza più bianco, senza più obblighi, se non di stare tranquilla e lontano dai guai. Nonostante ciò cercai di far sentire 

la mia presenza come meglio potevo, dando ospitalità e aiutando i bisognosi, come mi avevano insegnato tempo addietro. La mia locanda con il passare degli anni si 

trasformò in un hotel di lusso, e mi feci tre servitori personali: un autista, di nome Hector, un barista, di nome Andrew, e un manager di nome Philip, per aiutarmi a gestire 

il mio hotel. Il principe di Miami mi donò un altro servitore per divertirmi e tenermi occupata, una sorta di attendente ai miei bisogni, di nome Carlos. 

E così la mia non vita continua.

 

 


Nota dell'autrice 

Salve a tutti. E' da molto tempo che non scrivo su questo sito, e forse è meglio così. Rileggendo le fan fiction che avevo scirtto ancora anni e anni orsono ormai mi vengono i 

brividi xD inutile dire che non le finirò mai. Il capitolo sopra è il breve background del mio personaggio nella campagna di Vampiri che abbiamo appena finito. Vorrei 

comunque precisare che questo breve racconto non sarà scritto solo da me ma molto probabilmente sarà un lavoro a 10 mani, in quanto trovo giusto che anche il resto dei 

miei compagni di gruppo possano dire la loro, incluso il GM. In caso anche gli altri scirvano qualcosa io fungerò da correttore di bozze. Spero vi sia piaciuto e buona serata! 

Kodoma 

 

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Capitolo 2
*** San Cristoforo Cinocefalo ***


San Cristoforo Cinocefalo


San Cristoforo Cinocefalo

Cassiopea

Le luci delle lampade illuminano il locale di luce soffusa mentre sono al bancone a servire i pochi clienti presenti al momento. La notte è ancora giovane, troppo per

avere i primi veri clienti. Passo lo straccio sul bancone di marmo nero per pulirlo e mi volto verso Andrew per fare un po' di conversazione e tenermi occupata, il 

quale si volta abbozzando un sorriso. Andrew è un ragazzo sulla trentina, molto alto, con i capelli neri, gli occhi azzurri e la pelle diafana. Un sorriso malizioso gli 

orna costantemente il volto, quasi a volersi far beffe di tutto e di tutti. Una faccia da schiaffi, insomma. Oltre ad essere uno dei miei ghoul è anche personal trainer, 

e il suo ruolo è quello di aiutarmi dietro il bancone tre sere a settimana. Mi è molto utile avere qualcuno ad aiutarmi nelle sere in cui lavoro, che non si stupisca di 

ciò che avviene sotto gli occhi di tutti, ma che nessun umano comune riesce a notare. Avvenimenti inquietanti, che turberebbero la mente di qualsiasi persona la 

quale non abbia familiarità con il regno delle creature notturne. Io ed Andrew abbiamo un rapporto di complicità più che di ghoul-creatore, che si basa 

principalmente su strane confidenze fatte alle prime luci dell'alba, rispetto reciproco, e divertimento, in tutti i sensi. Sentii suonare  il τηλέφωνοv di Carlos (quella 

strana cosa di fossile cristallizzato che fa rumore e trasmette messaggi) alle mie spalle con una musichetta ripetitiva e neutra.  Carlos in genere nelle notti in cui 

servo al bancone sta seduto su una sedia dietro di me a fare come più gli aggrada, ma stando attento a non darmi fastidio. Sa cosa succederebbe nel malaugurato 

caso in cui lo facesse. Egli risponde al τηλέφωνοv, e dopo qualche parola pronunciata con voce affettata e qualche cenno di assenso chiude la "chiamata".

<< La Contessa ti ha convocata da lei a mezzanotte >>

<< Grazie Carlos >> rispondo cortesemente prima di rivolgermi ad Andrew << Andrew, caro, riesci a cavartela da solo stasera? Mi hanno appena convocata >>

<< Tranquilla, oggi non è un giorno di piena >> risponde lui con noncuranza prima di accogliere con un saluto un cliente che aveva appena varcato la porta di vetro

del locale.  Mi avvio quindi verso l'ascensore con Carlos alle mie spalle, il quale mi ha sempre seguito come la mia ombra dacché ci siamo conosciuti. Trovo la sua 

costante presenza fastidiosa ma allo stesso tempo rassicurante. Non so come farei a cavarmela senza di lui. E' sicuramente il più bel dono che  ἐμός  ἀδελφός mi 

abbia mai fatto, anche se trovo le sue espressioni praticamente indecifrabili. Un po' come quelle di tutti gli umani, del resto. Sono troppo emotivi. I vampiri riesco a

decifrarli più facilmente, i loro volti sono più statici, meno espressivi. Fra non morti ci si intende. Almeno spero. Entrata nell'ascensore salgo al terzo piano dove 

tengo le mie scorte di cibo per le emergenze e alcuni vestiti.  Va bene, diciamo molti vestiti. Mentre entro nella mia enorme cabina armadio e chiudo la porta, 

Carlos si posiziona affianco alla porta, aspettandomi. Fra la moltitudine di vesti e ornamenti scelgo un tubino nero, sobrio, senza scollature e lungo fino alle 

ginocchia.  Mai mostrare troppa pelle davanti alla Contessa, oppure vestirsi in maniera troppo vistosa o appariscente. Bisogna essere eleganti ma allo stesso tempo 

sobri, così mi ha detto mio fratello. E' una fervente cristiana cattolica e detesta i fronzoli addosso a chi le è inferiore di rango. Anche se è una delle mie più care 

amiche, è pur sempre il principe della città, la stella più brillante. Ma io non ho bisogno di mettermi in competizione con qualcuno per poter brillare. L'unico 

dettaglio che potrebbe attirare l'attenzione sono le spalline cadenti, che lasciano scoperte le spalle. Come scarpe scelgo un decolté nero a tacco basso. Infine mi 

pettino i capelli argentei ed esco dalla cabina. Non metto trucco, potrebbe essere considerato disdicevole. Inoltre dubito che questa sia una visita di piacere: la 

Contessa da sempre un certo margine di preavviso prima di invitarmi al suo maniero. Subito dopo scendo al piano interrato, dove trovo Hector ad aspettarmi. 

Evidentemente Carlos lo aveva già avvertito dell'invito. Saluto Hector e salgo in macchina con Carlos, dopodiché ci dirigiamo verso il castello della Contessa. La 

macchina è di un grigio- nero, di lusso. Più sportiva di una limousine, ma meno appariscente di una macchina da corsa. La notte è limpida, piena delle luci 

sfolgoranti della città, che la rendono un posto allegro ma leggermente decadente nell'insieme. Mi piace questa città. L'ho vista nascere, crescere e diventare ciò che

è adesso: una metropoli, intrigante e caotica allo stesso tempo. Ci avviamo verso la periferia e mentre stiamo per risalire con la macchina il viottolo di ghiaia che 

porta all'entrata del castello, noto un uomo alto e vestito di nero, visibilmente assorto nei suoi pensieri. È alto e veste con un cappotto grigio scuro di taglio 

impeccabile, i vestiti eleganti in netto contrasto con la sacca sportiva che porta appesa a una spalla. Suppongo che anche egli sia stato convocato dalla Contessa e 

che sia egli stesso un cainita. Sull'attaccatura della cravatta vedo scintillare alla luce delle poche lampade della periferia una croce d'argento. I capelli sono neri come

le ali dei corvi in un cimitero, e gli occhi esprimono la stessa tristezza che trapela da quei macabri luoghi. Conosco bene quell'espressione. L'ho vista tante volte 

negli occhi di Hector, soprattutto nei primi anni in cui ha incominciato a lavorare per me. Nonostante ciò, abbasso il finestrino della macchina e cerco di distrarre 

quello sconosciuto dai suoi brutti pensieri.

<< Salve, serve un passaggio?>> chiedo cordialmente, abbozzando un sorriso. Appena finita la frase lo vedo scattare con un balzo felino su per il vialetto di ghiaia 

senza neanche salutare. Che modi. Che maleducazione. Insomma, poteva almeno rispondere no? Rialzo il finestrino e sbuffo vistosamente, innervosita. Cerco di 

calmarmi, pensando che forse non avrà sentito le mie parole. Nel frattempo Carlos mi osserva, con uno dei suoi soliti sguardi indecifrabili.          

***

Irwin

Appoggio la lettera sul comodino.  Questa nottata non fa che peggiorare.

«Mi serve un passaggio» dico a Jesse, e lo vedo irrigidirsi sulla porta, le chiavi già pronte nella mano.

Il ragazzo sospira, un abitudine che è riuscito a conservare, poi si passa una mano tra i corti capelli castani. «Fino al teatro?» chiede.

«Fuori città. La Contessa».

«Mh. Farò tardi al lavoro. Dai, sbrigati» dice.

Jesse è probabilmente l'unico vampiro di Miami ancora meno interessato di me a frequentare i nostri fratelli. La differenza è che, per sua fortuna, gli altri immortali 

sembrano ben lieti di accontentarlo.

Annuisco, andando in camera sua ad aprire l'armadio. La mia roba occupa poco spazio, due cambi da “lavoro”, uno di quelli che ho indosso al momento, e due completi 

eleganti che la mia sire ha provveduto a comprarmi. Tutti scuri, non si sa mai quando può servire nascondersi tra le ombre.

Mi tolgo la maglietta nera e gli anfibi da combattimento, afferrando un completo grigio scuro senza neanche guardarlo. Mi vesto in bagno, sciacquandomi via una goccia 

rossa dall'angolo della bocca e cercando di pettinare all'indietro i capelli neri. Una piccola piuma grigia era rimasta tra due ciocche. Devo stare più attento, Jesse ha lavorato 

molto per integrarsi con i suoi vicini, e l'ultima cosa che gli serve è che questi si facciano altre domande sulle abitudini del suo strano coinquilino. Oggi, purtroppo, avevo la 

testa altrove.

Mi serve che tu riferisca un messaggio...

Il tonfo della lama sulla mano mi risuona nelle orecchie e qualcosa dentro di me freme, ripensando allo schizzo di sangue. Vorrei vomitare, ma la nausea è un'altra cosa che 

appartiene al passato.

Mi sforzo di allontanare il ricordo della notte prima. Aggiusto la croce sulla cravatta e prendo la borsa con la spada, poi io e Jesse usciamo nel caos che sono diventate le 

notti moderne.

La terra è nascosta da questa strana pietra nera che copre ogni cosa. Torri e case si innalzano ovunque strangolandosi a vicenda, mentre lampade senza fiamma e scritte 

tanto luminose da ferirmi gli occhi cercano di scacciare le tenebre lontano dal regno degli uomini.

Non avrei mai pensato che il buio e le stelle potessero mancarmi fino a tal punto.

La Contessa sembra condividere la mia opinione su quello che gli uomini hanno fatto al loro mondo, e quando scendo dal taxi di Jesse non posso fare a meno di sentirmi 

sollevato.

Mura in pietra, un cancello metallico, e oltre il parco sconfinato delle mura che, sebbene ad occhio e croce costruite secoli dopo la mia morte, somigliano di più al mondo che

conosco.

Saluto Jesse con un cenno mentre il ragazzo riparte. Subito, però, noto le luci di un altro veicolo avvicinarsi, una di quelle auto più lunghe che i ricchi e potenti usano per 

distinguersi.

La Contessa ha convocato qualcuno alla stessa ora. È improbabile che abbia richiesto la mia presenza solo per compagnia, ma mi aggrappo lo stesso a quella speranza 

mentre premo il pulsante accanto al cancello. Aprono, e poco prima che l’auto mi raggiunga realizzo che arriverò in ritardo. Il parco è troppo grande per attraversarlo 

rapidamente a piedi.

Stringo i denti, dovrò nutrirmi di nuovo ma la cortesia, tra i mostri, è tutto. Le mie gambe cominciano a correre sul viale, poi prendo velocità. Le fronde degli alberi mosse 

dal vento rallentano e in pochi istanti non sento più il rumore dell'auto, ormai molto dietro di me.

Poco dopo raggiungo l'ingresso. Un servitore sembra sorpreso di vedermi così presto. Mi fa entrare nell'atrio, andando ad annunciarmi. Do ad un altro la borsa con la spada 

e aspetto.

Gli occupanti dell'auto mi raggiungono, una donna con indosso una di quelle cose oscene che oggi chiamano vestiti, e un uomo che la segue ovunque. Lei è attraente, occhi 

neri e un volto che non sembra esattamente europeo. I capelli sono grigi nonostante l’aspetto giovane. Potrebbe averli tinti, per qualche motivo è una cosa che va di moda 

negli ultimi mesi. L'espressione di lui è strana, sembra aspettarsi che il mondo stia per crollargli addosso da un momento all'altro.

Una cainita e il suo ghoul, decido.

***

Cassiopea

Arrivati all'ingresso della magione della Contessa, Hector scende e mi apre la portiera. Scendo dall'auto con passo elegante e felpato, mentre un servo mi apre la 

porta e si affretta ad annunciarmi al cospetto del principe. Devono avermi vista arrivare, ma con l'auto con cui sono arrivata sarebbe difficile non notarmi. Entro 

dentro il castello, sorridendo lievemente come si confà ad una del mio rango, seguita dall'immancabile Carlos. Arrivata nell'atrio, scorgo la figura che avevo visto ai 

piedi del vialetto. Ora che mi è più vicino, riesco a riconoscerlo: Irwin Maxwell, il bravo della primogenita dei Bruja, da poco trasferitasi a Miami da Londra. Il 

Sanguinario. Anche se nell'atteggiamento e nel modo di aspettare pazientemente che la segretaria della ci apra la porta e ci porti al cospetto della Contessa, schiena 

dritta, espressione incurante di ciò che gli sta attorno, senza esalare fiato, non lo sembra più di tanto. Lo avevo già visto ad alcuni eventi organizzati dalla Contessa, 

ma mai da vicino. Per quanto io sia convinta che debba essere lui a presentarsi per primo, cerco di fare uno sforzo, se non altro per una civile convivenza. Mi 

avvicino a lui con aria incuriosita << Ci siamo già visti da qualche parte...? >>

<< Immagino di si >> mi risponde, inarcando lievemente un sopracciglio. Ho la vaga impressione che non mi stia guardando particolarmente bene. Per la precisione, che mi 

stia squadrando dall'alto in basso, giudicandomi.  Reprimo un'espressione stizzita << Ma non abbiamo avuto l'occasione di presentarci formalmente. Cassiopea di Delfi, 

molto lieta >> gli dico, porgendogli la mano e cercando di essere gioviale.

<< Irwin Maxwell >> mi risponde, stringendomi la mano con un freddo inchino di cortesia.

<< Di che cosa si occupa? >>

<< Varie cose. >>

Non faccio in tempo a continuare la conversazione che miss Van De Rohe , la segretaria della Contessa, apre la porta del salotto e ci fa accomodare all'interno. Carlos 

attende fuori mentre Io ed Irwin entriamo, e dopo un breve inchino, quando la Contessa ci invita ad accomodarci, ci sediamo in maniera composta sul divanetto in stile 

ottocentesco. Dopo i primi convenevoli su come era andato il viaggio, averci chiesto se ci siamo presentati e altri inutili dettagli, ella esordisce  << Miei cari ospiti, per quanto

io apprezzi la vostra compagnia, non è solo questo il motivo per cui vi ho mandati a chiamare oggi. Ho sentito recentemente di un'asta di beneficenza a Tampa, dove 

saranno venduti gli oggetti del museo di storia, il quale, ahimè, non ha più i fondi necessari per continuare ad esistere. Per quanto mi duole che un tale luogo di cultura cessi 

la sua esistenza, verranno venduti molti oggetti rilevanti, tra i quali un' icona di San Cristoforo Cinocefalo, in stile bizantino, che mi servirebbe per la mia collezione 

privata>> .Lancio un'occhiata fugace ad Irwin. Non ho la più pallida idea di che cosa stia parlando la Contessa. So cos'è un'icona, so cos'è (all'incirca?) un Santo, ma perché

esso debba essere Cinocefalo sfugge da ogni mia comprensione. Insomma, un Santo non dovrebbe essere una persona tenuta in ottima considerazione dal Dio cristiano, tipo 

un semi-dio? Ma se è così, perché dovrebbe avere una testa da cane? L'hanno forse punito per la sua ὕβρις ? Era forse il figlio di una divinità che aveva la testa da cane, 

come una di quelle egizie? Non sono un'esperta per quanto riguarda il Pantheon cristiano. Mentre la mia testa  percorre tutte queste strane macchinazioni, Irwin invece 

sembra aver capito all'incirca di che cosa ella stia parlando. Dissimulo quindi la mia espressione perplessa e cerco di non essere da meno. Inoltre, visto che ci ha convocati 

insieme, suppongo che la mia strada e quella di Irwin si incroceranno di nuovo. Magari quando lo faranno mi potrò far spiegare il perché esiste un santo cinocefalo. Cristiani,

gente strana. Ma finché stanno tranquilli e rispettano le regole di una società civile, possono credere in ciò che vogliono. Anche nel dio Spaghetti Monster, una divinità che 

sembra andare molto in voga in questo periodo storico e che per la precisione sarebbe un enorme piatto di pasta volante con pomodoro e polpette che avrebbe creato il 

mondo. Uomini moderni. Gente strana anche loro, eh. Febo Apollo aiutami tu.

<< Cassiopea, cara >> Mi volto verso la Contessa cercando di non farlo di scatto, considerando che ormai mi ero persa nelle mie elucubrazioni. << Potresti andare 

gentilmente a recuperarla per me a Tampa? Irwin sarà incaricato di proteggerti, in caso dovessero succedere degli incidenti >>

<< Sarà un onore per me, mia Signora >> rispondo cortesemente. Irwin annuisce in risposta.

<< Per quanto riguarda il pagamento, potrete usare la mia... Com'è che si chiamava, miss Van De Rohe? >>

<< Carta di credito, mia Signora >> risponde pacatamente la segretaria nonché curatrice della sua collezione privata. La Contessa ha sempre avuto un debole per le arti, in 

particolare per l'arte sacra. E' piuttosto consueto che lei compri questo genere di quadri.

<< Grazie miss Van De Rohe, ecco come si chiamava >> dice la Contessa << La mia carta di credito >>. Io ed Irwin ci guardiamo con un'aria mista tra il preoccupato ed il 

perplesso. E' più che evidente che nessuno dei tre in quella stanza ha la minima idea di che cosa sia una carta di credito. Solo che la Contessa lascia trasparire il fatto che 

non vede come questa conoscenza debba essere di sua competenza. Roba da servi starà pensando, probabilmente. Problema di cui dovremo occuparci io ed Irwin, sempre 

che questo poco di buono abbia abbastanza intelligenza per capirlo. Mai fidarsi di uno che usa la violenza, soprattutto se per mestiere. Miss Van De Rohe mi allunga una 

busta di carta, nella quale si può sentire un piccolo rettangolo rigido che suppongo essere questa misteriosa carta di credito. Mi chiedo se sia fatta di quel materiale chiamato 

"plastica". Carlos una volta mi aveva spiegato che questo materiale era formato da fossili cristallizzati e plasmati in varie forme e colori con sostanze alchemiche. Deve 

essere sicuramente una qualche forma di magia donata da Efesto, penso io. Infine la Contessa ci invita ad uscire, in quanto ormai sono già passate le due della notte e si è 

fatto tardi. Appena fuori dalla porta, allungo la busta contenente la carta di credito a Carlos, il quale saprà sicuramente cos'è e come funziona. Meno ho a che fare con quella

cosa meglio è. Gli dico anche che è la carta di credito della Contessa. Egli impallidisce e si affretta a infilare la busta di carta in una tasca della sua borsa, al sicuro. E' bello 

sapere che almeno lui sa come gira il mondo.

<< Direi di partire il prima possibile. Stanotte? >> Mi chiede Irwin

<< Stanotte è troppo tardi, rischieremmo di essere travolti dalla luce del Carro Solare. Partiremo domani, presentati allo Xenia alle otto in punto. Volendo possiamo passarci 

ora, posso offrirle la cena se vuole. Non  sembra essere particolarmente in forma. >> Gli rispondo. Dopo uno sguardo di disgusto, egli risponde freddamente << La ringrazio

per l'invito, ma penso passerò per stasera >>. Faccio spallucce.

<< Come preferisce. A domani. >> Lo saluto salendo in macchina. Per quanto sia troppo tardi per partire per Tampa, ho ancora il tempo di fare un salto al locale e di dare 

una mano ad Andrew con le ordinazioni.

 ***

Irwin 

La dama di compagnia della Contessa mi salva dai tentativi della vampira di fare conversazione.

Veniamo portati in presenza della nobile. Cortesie di rito, poi lascio che siano le due donne a portare avanti la conversazione, per quanto sia possibile senza rompere 

l’etichetta.

Arrivano al punto, e l’incarico non mi piace. Un icona sacra, sebbene di fede ortodossa, venduta come oggetto da collezione. Quest’epoca è irrimediabilmente marcia, 

almeno i mercanti nel tempio non avevano provato a venderne le stesse pietre.

L’idea di doverla consegnare ad un mostro mi piace ancora di meno, ma un occhiata alla croce che ho sul petto mi ricorda la mia ipocrisia. Ancora non riesco a capacitarmi 

di come sia per noi possibile toccarle. Molti vampiri sostengono che sia perché Dio non esiste. A volte cerco di convincermi che sia perché non siamo ancora del tutto 

dannati.

Usciamo.

Il ghoul della vampira Cassiopea sembra sapere come funziona la carta della Contessa, una specie di nota da banco se ricordo bene, quindi decido di non curarmi della cosa. 

Organizzo la partenza con Cassiopea, poi mi offre di andare a nutrirci. Più di tutto, è il modo tranquillo e gioviale con cui ne parla a disturbarmi. Ne ho incontrati molti come

lei, mostri determinati a fingere che la propria non-vita sia solo un’eterna festa elegante. Rifiuto, e finalmente ci separiamo.

Torno a casa a piedi, il tragitto è lungo ma non voglio disturbare Jesse mentre sta lavorando.

Raggiungo la periferia, e noto una nicchia formata da dei mattoni rotti sul muro di una fabbrica da cui sporgono alcune piume, mosse dal vento della sera. È a circa quattro 

metri da terra. Mi guardo attorno e non vedo nessuno. Faccio un primo balzo, poggio il piede in una sporgenza e spicco il secondo, aggrappandomi al bordo del tetto con una

mano. Avrei potuto raggiungerlo con un singolo salto, ma ho preferito non rischiare. Le città moderne hanno occhi meccanici ovunque. Sono sicuro che il Principe abbia 

modi per controllare la cosa, ma dar l’idea di non prendere la mascherata sul serio non porterebbe a nulla di buono.

Il piccione mi ha sentito, svegliandosi dal sonno, ma prima che riesca a prendere il volo lo afferro con una mano, chiudendogli le ali.

Mi lascio cadere a terra, ed entro in un vicolo.

La bestia tuba spaventata. Sto attento a non stringere troppo la presa, per non causargli dolori inutili. Poi lo porto alla bocca e le mie zanne bucano la pelle.

Serve meno di un secondo, è poco più di un sorso. Il piccione non si muove più.

Mi pulisco le labbra dal sangue e dallo sporco con la mano, poi esamino il corpo, per vedere se qualcuno potrebbe trovare il segno del morso strano. La mia lingua può 

chiudere i buchi delle zanne, ma preferirei evitare di portarlo di nuovo alla bocca se non è indispensabile. Alla fine lo gettò a terra e me ne vado.

Jesse trova la cosa disgustosa. Tra il suo lavoro e le sue abilità ipnotiche è uno dei vampiri di Miami che può procurarsi il cibo più facilmente, e le sue vittime sono libere di 

proseguire per la loro strada, senza un ricordo di quanto sia accaduto. Mi ha già offerto di provvedere anche per me, dicendo che così non avrei neanche dovuto uccidere 

animali.

Ma, a differenza degli altri dannati, il mio bacio non porta ai mortali nessun piacere. Le urla, il terrore della vittima che si dibatte nella mia stretta. Già quello sarebbe 

sufficiente a farmi preferire portare alle labbra un topo di fogna.

E Jesse non era su quella nave.

Jesse non ha mai perso il controllo per la fame.

Credo sia un errore che facciano in molti. Terrorizzati dalla loro natura, cercano di nutrirsi il meno possibile, finché una notte è la fame a prendere il controllo. E quando la 

loro mente torna, non c’è più modo di rimediare, di rimettere insieme i pezzi.

Quindi mi nutro spesso, al minimo accenno di fame, non importa quanto sia disgustosa la preda, quanti piccioni e topi devo uccidere, qualunque cosa pur di star lontano 

dagli umani.

Qualunque cosa pur di non ritrovarmi ancora su quella nave.

Arrivo a casa e il telefono sta squillando. Non capita spesso.

Dò una rapida occhiata al foglietto con le istruzioni che ha lasciato Jesse, giusto per essere sicuro. Prendi la cornetta, non premere nessun pulsante. Se hanno un messaggio 

per lui scrivere tutto parola per parola. Quando la telefonata è finita rimettere la cornetta al suo posto. Facile.

Rispondo.

«Ciao». Dice Jesse. «Devo venire a Tampa con te, pare».




Nota di uno degli autori

 Salve a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo della storia, la parte di Irwin è stata scritta dal personaggio che lo ruola. Cercherò di aggiornare ogni domenica per quanto possibile. 

Ringrazio Fenrir per la recensione che, a mio parere, ho trovato incoraggiante. Sperando vi sia piaciuto, buona domenica!

Kodoma


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Capitolo 3
*** Il Succubus ***


Il Succubus

Il Succubus 

Paracelso 

La maggior parte dei miei “fratelli” troverebbe il mio laboratorio un luogo peculiare se non sgradevole, ma io lo amo, tutto è fatto per ricreare l'ambiente di uno dei luoghi che più mi emozionarono durante la mia vera vita. Visitai questo luogo in uno dei giorni più belli, con la donna che dava un senso a quella vita e uno scopo a quella attuale. Un sancta sanctorum a forma di Crystal Palace non è certo qualcosa di comune, specialmente per un vampiro. Popolato da una miriade di oggetti e invenzioni significative per la storia del progresso tecnico e per me, la cosa forse più particolare però è l'illuminazione. In superficie il sole è ormai tramontato da molto, ma io posso lavorare immerso in una replica di una soleggiata giornata primaverile inglese, con vista su Hyde Park. E' in quest'idillio che inizia a squillare il mio telefono (invenzione per cui nutro rispetto e ammirazione ma che a volte risulta decisamente ingombrante e fastidiosa). Rispondo e la mia giornata d'improvviso peggiora. La figlia della Contessa e siniscalco (di dubbio gusto) della città, Tanja Valshenka, richiede la mia presenza in un locale in centro tra un ora, nessun altro dettaglio. So già che non mi piacerà... Lasciare il lavoro è una seccatura, ma una convocazione così improvvisa e vaga non può essere che un cattivo segno. Attivo l'interfono accanto al mio banco da lavoro <<  Seth  >>

<< Si signore? >>
<< Temo di essere richiesto altrove, per favore prepara la nuova Lamborghini, almeno darà un senso a quest'uscita >>
<< Certo signore >>.

Recupero i miei effetti dalla scrivania, giacca e bastone dall'appendiabiti Sciangai e mi avvio verso il garage. In breve siamo in macchina e la città scivola oltre i finestrini oscurati. Apprezzo il tono elegante dato dal filtro solare a una città talvolta esteticamente troppo chiassosa, la cosa si nota sopratutto a Miami Beach, dove locali notturni illuminano ogni strada, senza nessun riguardo per il risultato complessivo. Mentre sono assorto la voce di Seth rompe il silenzio << Va tutto bene signore? Mi sembra preoccpato. >> chiede.

<< Tutto bene Seth, grazie. Stavo solo cercando di capire se, quello che mi circonda è il risultato del gusto di oggi, di massa e superficiale, o se sono io ad esser rimasto indietro >> rispondo io assorto.

<< Non saprei signore, personalmente ritengo che questa automobile sia stupenda e moderna allo stesso tempo >>

Ben poco si può fare per la mia destinazione, il Succubus un di parallelepipedo in cemento forato, il quale potrebbe anche essere bello, non fosse illuminato da neon rosa... ma il vero danno al buon gusto giace al suo interno. L'ingresso è sorvegliato da un bestione e la fila è fin troppo lunga. Guardo il mio orologio da taschino, questa coda potrebbe farmi tardare. Inaccettabile. Faccio per muovermi verso l'ingresso e noto due individui andare a parlare con il buttafuori. Un uomo di colore persino più grande, vestito con un completo verde (poco al mondo stona di più con il rosa dei neon) e un giovane con il volto illuminato dal tablet che tiene in mano, i vestiti lasciano pochi dubbi, Hipster... la banalità del distinguersi come mille altri. E' Lucas, un altro Tremere. In generale non si sa molto sul suo conto, è spuntato dal nulla durante la "guerra invisibile", aiutando con le sue competenze informatiche e guadagnandosi un posto tra di noi. Incurante delle occhiatacce e mormorii dei mortali in fila, superati da un terzo individuo,  raggiungo il buttafuori allungando un centone << Sono atteso >> il buttafuori sembra ritenere più cortese il mio approccio e mi lascia passare con fare ben più amichevole di quanto non avesse fatto prima.
Entro.

“OH SMOKING SCUNNER”(disgustoso, ripugnante cumulo di merda)

Cos'ho fatto di male per meritarmi questo? Di fronte a me si erge un tempio di pacchianità in preda al delirio. L'edificio è solo un guscio protettivo per uno più piccolo, anch'esso a pianta rettangolare, un cortile di appena tre metri e la parodia di un fossato li separa. Il vero Sucubus è in pietra, alto due piani, con finestre e porte a sesto acuto, luci al neon colorate ne tingono le pareti esterne con tinte sgargianti. L'interno è anch'esso soffuso di luce rosastra, proveniente da intricati lampadari finto-medievali appesi al soffitto, il pavimento è in pietra nera e l'ambiente è suddiviso in navate da delle colonne gotiche, lungo le pareti si alternano tavolini e divanetti posti in finte nicchie. La navata centrale conduce al bancone, sovrastato da gabbie in ferro appese al soffitto, in cui ballerine e cubiste si dimenano a ritmo di una musica martellante e di dubbio gusto, millenni di evoluzione musicale portano a questo, pare. Il risultato complessivo sembra l'unione tra una discoteca e una fiera medievale (non ho mai capito il fascino esercitato sulle persone da un periodo in cui si moriva per mancanza di igiene, ne il perché ritengano necessario replicarli in modo ridicolmente fasullo). Mi scuoto dai miei giudizi estetici e mi accorgo che uno degli altri individui che avevano saltato la fila, il giagntone, si sta comportando in modo simile al mio, non precisamente coinvolto dal “mood” del locale e sembra cercare di capire cosa deve trovare. Non mi dice molto, potrebbe essere un fratello del clan o un ghoul. Se fosse il secondo sarei un poco invidioso, una guardia così mi sarebbe utile. Quando mostriamo gli inviti ci guidano verso una delle scale a chiocciola poste agli angoli della sala, l'unica con un cordone di velluto bianco a impedirne l'accesso le altre portano a dei salottini, questa al salottino privato della Valshenka. Poco prima di salire ci raggiunge un ragazzo, giovane, piuttosto anonimo tranne per l'abbinamento di una giacca di un completo economico con jeans e t-shirt. Il salottino è protetto alla vista da dei paraventi neri foderati di bianco e contiene un tavolino di vetro nero (il quale sarebbe anche passabile) che fa a cazzotti con delle sedie Ovalia (le quali ci ricordano che gli anni '70 non sono morti per tutti). Ho l'impulso di infrangere anni di segretezza sulla mie capacità e il mio clan creando una sedia per me stesso, il design di questi affari mi contagia con idee stupide. Mi siedo, aggiusto la posa parecchie volte infastidito, è una seduta inadatta, specialmente alla conversazione, se ci si appoggia allo schienale non si vede ne sente gran parte della stanza. Quindi per far conversazione bisogna stare sul bordo, spigoloso e che da l'impressione di poter ribaltare questi disastri ovoidali. Comunque per i primi minuti non sono neanche troppo infastidito, ho degli interlocutori con cui parlare e su cui scoprire informazioni. L'ultimo arrivato, Jesse, è un Ventrue. Ne ho sentito parlare, è considerato un paria perché ama vivere tra e come gli umani, mentre il bestione si chiama Cornèl, e a quanto pare ha un locale anche lui. Da l'idea di essere un tipo losco. Lucas non si degna di posare il suo tablet per tutta la durata della conversazione. Dopo mezz'ora il mio fastidio inizia a crescere, dopo un' ora inizio a essere arrabbiato. Dobbiamo aspettare un'altra mezz'ora prima che quella sottospecie di bawbag (scroto, una persona stupida o fastidiosa) si presenti all'appuntamento da lei fissato. Ora... io sono decisamente troppo diplomatico e saggio per esprimere a parole il mio dissenso per questo al siniscalco della città. Indossa un risicato tubino bianco, che la fa sembrare una prostituta di alto borgo... ma temevo di peggio, visto quello che ci circonda. Riassumendo quello per cui siamo stati chiamati: vuole che ci affianchiamo a due anziani nelle grazie della Contessa, a quanto pare non in grado di usare il benché minimo oggetto tecnologico (è così difficile usare un telefono o una cartadi credito?) a cui è stato affidato il compito di comprare all'asta, per la chiusura del museo di Tampa, un icona sacra di San Cristoforo Cinocefalo... non sanno più cosa inventarsi. Comunque questa irritante stronza ha anche un suo proposito (criminale) che vuole portiamo a termine, una compravendita di informazioni finanziarie potenzialmente molto redditizie (già più interessante), quindi dovremo fare questo mentre aiutiamo le cariatidi a comprare l'icona. Perché cazzo lo ha chiesto a questo gruppo di sconosciuti?... Probabilmente non ci dice molto della faccenda, siamo troppi per un banale viaggetto ma probabilmente non abbastanza per dei licantropi. Immagino che come gruppo siamo abbastanza capaci in vari campi, ma sicuramente avrebbe gruppi più fedeli e affiatati, quindi o vuole forzare una Coterie per il futuro o non vuole gruppi conosciuti che possano insospettire qualcuno. In più c'è Cassiopea nel gruppo... La protetta del primo Malkavian, se le succedesse qualcosa sarebbe un casino per tutti... Le considerazioni sono anche molte di più, prenderò tutte le  precauzioni possibili. Usciti da questo inferno propongo di contattare gli altri due e incontrarci domani notte per un meeting, a quanto pare Jesse vive con uno dei due, Irwin, un cavaliere inglese del medioevo... mentre io conosco bene Cassiopea, l'oracolo di Delfi. Decidiamo di vederci nel locale di Cornel la notte seguente. Lucas e Cornèl decidono di fare un salto all'Elisyum questa stessa notte per riuscire a scoprire maggiori informazioni sul viaggio da intraprendere. Salgo in macchina e mi avvio verso lo Xenia, il locale di Cassiopea per invitarla a questa serata in compagnia. Le farà piacere.

***

Lucas


Vedo un messaggio arrivare sul mio terminale, apparentemente incomprensibile a causa delle misure di sicurezza che avevo impostato, ma perfettamente capibile da me. La 
Valshenka vuole vedermi.
Inizialmente preso dalle mie ricerche e senza la minima intenzione di fermarmi, ignoro il messaggio e giro la testa verso Cerbero, il pastore tedesco che 
avevo tramutato in ghoul.  Cerbero, incrociando il suo sguardo con il mio, inclina la testa ed emette un mugolio.

<< ... Devi uscire bello? >> gli chiedo.

Cerbero mi risponde abbaiando.

Sospiro mentre prendo la pettorina e il guinzaglio, bisbigliando << Vabbè dai, cerchiamo di prendere due piccioni con una fava. >>

Se non fosse per Cerbero, non farei mai pause dal mio lavoro. A volte reputo Cerbero una seccatura in quanto mi interrompe spesso in un punto cruciale delle mie ricerche, ma so 
anche che se non facessi mai pause ciò non gioverebbe alla mia salute mentale. Anche se il mio concetto di "pausa" è sicuramente diverso da quello degli altri. Mi preparo a uscire e metto la pettorina a Cerbero prima di dirigermi verso il luogo dell'incontro, prendendo i mezzi pubblici.

"Meno rintracciabili, tanto non ho fretta" è il mio pensiero.

Durante il viaggio, tiro fuori dalla mia tracolla il tablet per continuare il lavoro che stavo ultimando prima di uscire. Il fatto di aver solamente staccato gli occhi dal terminale, per me,
è già una pausa. Arrivato al luogo dell'incontro, prima di entrare nel locale dove la Valshenka mi sta aspettando, vedo un'altro uomo, nero ed estremamente massiccio, avvicinarsi al buttafuori ed entrare nel locale dopo avergli fatto vedere il telefono, saltando in questo modo la lunghissima coda sotto le lamentele dei presenti. Noto dietro di me un uomo sulla cinquantina dai capelli rossicci. Riconosco quell'uomo: è Paracelso, un altro Tremere. Non conosco Paracelso direttamente, ma lo avevo già visto alcune volte ai raduni bimensili del mio clan. Mi ero guadagnato una certa fama tra i Tremere: sono l'unico di Miami attivo nella Tecnomanzia, l'arte di combinare la Taumaturgia con la tecnologia. Essendo però molto prudente e preso dalle mie ricerche, partecipo solamente quando costretto ai loro raduni bimestrali, delegando quando possibile a Hector Sinister, l'anziano del clan, il compito di leggere i miei lunghissimi resoconti.

<< Un'altro furbetto che vuole saltare la fila? >> mi chiede il buttafuori allungando la mano per impedire il passaggio.

<< No, un'altro con il messaggio sul telefono >> rispondo mostrandogli il messaggio che avevo messo in un formato comprensibile.

<< Passa pure >> mi risponde il buttafuori con un grugnito.

Dalla folla questa volta partono gli insulti e io mi limito a scattare una foto alla folla e ad abbozzare un sorriso. Sono molto impegnato ma comunque immortale, e se avrò tempo in 
futuro, la vita di molte di quelle persone sarà rovinata. Sempre che queste siano ancora in vita, ovviamente. Tendo a perdere molto facilmente la cognizione del tempo.

<< Ehi ehi ehi! Il cane non può entrare! >> esclama il buttafuori alla vista di Cerbero.

Infastidito, istruisco Cerbero di aspettarmi fuori dal locale. E' un cane molto ubbidiente e ciò mi rende certo del fatto che non sarà un problema. Fatto ciò, entro nel locale. Sapevo
già cosa aspettarmi, avevo già indagato sul conto della Valshenka e sul suo locale, e per quanto esso sia alquanto... pittoresco, la cosa non mi tange minimamente. Passando la maggior parte del tempo a raccogliere informazioni, avevo visto di peggio. Mentre Paracelso e la montagna nera vanno a prendersi un drink, mi avvicino alle guardie del privè della Valshenka, mostro il messaggio e salgo. La Valshenka deve ancora arrivare, quindi mi siedo su una sedia e incomincio a fare delle indagini su Paracelso e la montagna, i quali ben presto mi raggiungono. Inoltre si unisce a noi un altro vampiro che non ho mai visto, ma di cui avevo sentito parlare. Ha i capelli castani, gli occhi azzurri e l'aria di una persona che si è messa le prime cose che ha trovato nell'armadio. E' mediamente giovane e una persona con un buon olfatto noterebbe che ha lo stesso odore della tappezzeria di un'auto.  Egli è uno dei pochi vampiri che professa di non volerlo essere, una mosca bianca, per questo alcune persone sanno della sua esistenza nonostante tenga un profilo basso. Gli altri del gruppo provano a fare conversazione con me, ma non sono interessato a farla. La Valshenka si fa attendere almeno un'ora e fa il suo ingresso con un'entrata degna di lei. Ben presto, il nostro incarico viene svelato: dobbiamo recarci nella vicina Tampa con la scusa di aiutare alcuni inviati della principe, vecchie cariatidi non molto ferrate con la tecnologia (di cui ho già intuito l'identità) e nel frattempo recuperare un plico di informazioni da un certo contatto della Valshenka. La figlia della Contessa ci allunga una delle sue carte di credito per pagare il contatto e il suo biglietto da visita. Fotografo sia il biglietto da visita che la carta di credito, preziose informazioni su cui dovrò indagare. So benissimo che le persone non dicono tutto, e i vampiri ancora meno. Un numero così elevato di persone per recuperare un semplice plico può significare solamente una cosa: si prevedono guai all'orizzonte. E' da molto che non effettuo un'indagine sul campo ed è giunto per me il momento di uscire dalla sua comfort zone. Esco dal locale contento del nuovo incarico, sarà un'opportunità per allargare la mia rete di informazioni. Lavorare però con delle persone che non sanno minimamente coprire le proprie tracce è abbastanza una seccatura, contando che parte del mio lavoro prevede coprirle per i vampiri più "appariscenti". Raccolgo informazioni di professione, ma non mi va a genio l'idea di doverle coprire se troppo evidenti. L'unica cosa che manca è indagare e raccogliere informazioni sullo stato di Tampa...






Nota della Correttrice di Bozze

Salve a tutti! Scusate il ritardo nella pubblicazione, tra Pasqua e parziali sono state delle settimane impegnative. Alcune informazioni di servizio: quest'ultima parte scritta dal 

giocatore che interpreta Lucas sarà la prima e l'ultima, in quanto purtroppo il giocatore non ha il tempo per continuare questo piccolo progetto. Inoltre il prossimo capitolo del 

racconto sarà scritta dal master in terza persona, in quanto riguarda l'interazione di alcuni pg che non partecipano al racconto con dei png di rilievo per questa piccola avventura. 

Buona domenica

                           Kodama  

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Capitolo 4
*** L'Arpia ***


l'Arpia

L'Arpia 

L’atmosfera del Diplomat Lounge è, a dispetto di molti altri locali aperti tutta la notte, serena. La musica che esce dagli altoparlanti disseminati per i tre piani del locale è ad un volume sufficientemente basso da permettere ai clienti di discutere senza doversi gridare nelle orecchie a vicenda. Il pavimento in lucida pietra nera artificiale riflette le luci deifaretti pendenti dal soffitto, sospesi da un reticolo di tubi in rossiccio ferro cortèn, creando un piacevole effetto di stordimento a cui presto ci si abitua. Dietro ad uno dei separè traforati in legno siede Vinicio Ribeiro, la sua figura corpulenta è mollemente adagiata su uno dei comodi divanetti di tessuto imbottiti. Assieme a lui altre persone che chiacchierano concitate mentre sorseggiano liquori o cocktail dai colori appariscenti. Come una sorta di sovrano del locale Vinicio occupa il posto centrale di questo convivio, mentre il resto del gruppo è seduto ai suoi fianchi o è in piedi accanto al suo divanetto. Sbracato, con i piedi appoggiati sul tavolino in legno scuro, l’uomo si tiene un po’ in disparte dal discorso dei suoi amici.

In fondo sono solo chiacchiere da Vacche, niente che valga la pena di ascoltare con attenzione.

Mescolando il suo cocktail girando pigramente lo stuzzicadenti in cui è infilzata una cipollina, drizza le orecchie per cogliere qualche fugace parola importante delle ciarledei suoi compagni di tavolo. Le chiacchiere acute delle ragazze e le voci basse ma forti degli uomini vengono a sprazzi interrotte dalle risate di Ribeiro, che sovrastano il resto della conversazione.Ogni tanto l’uomo interviene spostando il discorso in un’altra direzione, come un pastore fa con il suo gregge, usando una voce suadente e sorridendo sornione. Fra le risate ed il tintinnio dei bicchieri che vengono appoggiati sul tavolo, due uomini avanzano nel corridoio, muovendosi circospetti fra i privè ed i tavoli da bar. Uno di loro è un uomo di colore alto, dalle spalle larghe e con l’aria minacciosa, il rigonfiamento sotto la sua giacca fa desistere i più dal fargli notare i modi un po’ bruschi quando urta accidentalmente qualcuno nel suo incedere deciso, accompagnato dal frusciare dei suoi pantaloni di velluto verde. Il suo compagno dall’aria anonima crea un curioso contrasto fra i due: con degli occhiali da vista dalla montatura pesante ed è decisamente più basso del suo accompagnatore. La sua pelle è chiara, tanto da sembrare quasi pallido e ha una folta barba scura ad incorniciargli il volto, mentre i capelli sono pettinanti su un lato, fissati con il gel in un’onda frastagliata. Le sue braccia pallide e sottili sono macchiate da tatuaggi, forme scure illuminate a momenti dalle lampade del locale. Guardando a destra e a sinistra i due si soffermano sui volti dei clienti del Diplomat. Ad un certo punto l’uomo alto domanda all’altro 

<< Lucas, riesci a vedere Ribeiro? >>

Continuando ad osservare i volti delle persone attorno a loro l’uomo dai capelli scuri si toglie un auricolare e rivolge al suo compagno un’occhiata annoiata. << No Cornell >> 

risponde con voce atona << Non sono ancora riuscito a trovarlo >> poi si sistema nuovamente la cuffietta nell’orecchio e riprende a cercare con lo sguardo il loro uomo. Sbuffando, Cornell allunga il collo continuando a cercare. Con voce dubbiosa si rivolge a Lucas chiedendogli << Sei sicuro che ci abbiano detto di cercarlo al secondo piano? >> 

Senza nemmeno voltarsi a guardarlo, il suo compagno replica seccato << Per la terza volta: sì. Dobbiamo cercare un uomo grasso, con camicia bianca di lino, un dente d’oro e occhiali a specchio>>. Guardando dritto avanti a se mentre cammina Lucas continua a parlare << Trovo improbabile che ci sia qualcun altro con un simile cattivo gusto >>. 

Sogghignando Cornell replica << Sì, hai ragione. Aspetta, eccolo là! >> esclama d’improvviso indicando un gruppo di persone per metà nascoste dietro un separè. Facendosi strada la coppia raggiunge il privè, trovando l’uomo che cercavano impegnato in una conversazione con i suoi compagni di tavolo. L’attenzione di Vinicio viene distratta dalla comparsa dei due uomini che sbucano da dietro il separè in legno e si accostano al gruppo attorno al tavolo. Facendo finta di non averli notati l’uomo li osserva con la coda dell’occhio Quello lo riconosco, è Cornell il gangster pensa

Pantaloni orribili. L’altro non so chi sia, ma non penso sia un suo Ghoul, non è nel suo stile. A quel pensiero Ribeiro non può fare a meno di sorridere divertito.

Non è nessuno di importante direi, facciamoli aspettare un pochino dice fra se. A quel punto decide di immergersi nelle vuote chiacchiere dei suoi compagni di tavolo. 

Appoggiato a braccia conserte ad una colonna in metallo Cornell sussurra << Direi che ci sta ignorando di proposito >>.

Laconicocome sempre, Lucas replica secco << Ma non mi dire >> 

Sporgendosi di più verso il suo amico, il nero lo incalza con le domande << Cosa dici? Ci facciamo largo fra il gruppo di Vacche ed andiamo a parlargli a forza? >> 

Girandosi lentamente, l’uomo coi capelli scuri guarda sconsolato il suo compagno << Certo che sai proprio come muoverti. Quello >> dice sottovoce indicando Ribeiro con un cenno della testa << È una delle Arpie di Miami, sai cosa vuol dire? >> 

Senza aspettare che l’uomo risponda, Lucas prosegue con tono seccato <> Sbuffando, Cornell rimane appoggiato con la schiena alla colonna, mentre il gruppetto di persone davanti a lui scoppia in risa e risolini. 

Crogiolandosi nell’adorazione dei suoi compagni di tavolo, Ribeiro decide di averli fatti aspettare abbastanza. Mettendosi seduto l’Arpia si rivolge al suo gruppo << Amici, mi dispiace doverci salutare ma come potete vedere ho qualcuno che mi sta aspettando >> dice, indicando con la stanghetta degli occhiali da sole i due uomini dietro di loro << Quindi sono desolato, ma dovrete lasciarmi da solo con quei due signori >>. 

Un coro di voci lamentose accompagnano il suono di sedie trascinate sul pavimento quando il gruppo è costretto ad allontanarsi dall’uomo. Pochi e sbrigativi convenevoli vengono scambiati fra un paio di giovani donne e Vinicio prima che si allontanino, mentre il resto delle persone superano Cornell e Lucas lanciandogli occhiate infastidite. Quando finalmente anche l’ultima donna lascia l’abbraccio impacciato dell’Arpia, l’uomo si alza in piedi per salutare i due nuovi arrivati. 

<< Beh, buonasera signori >> chioccia divertito << Volete accomodarvi qui con me? >> aggiunge, indicando con un gesto della mano le sedie ed il divanetto. 

L’Arpia guarda il tavolo e poi i due uomini. << Spero non vi formalizziate se il tavolo è un po’ in disordine, i miei amici non sono degli amanti dell’ordine >> aggiunge poi a voce bassa.

<< Non siamo qui per scambiare convenevoli >> replica secco Lucas << Ci servono delle informazioni >>

Inarcando un sopracciglio, Ribeiro guarda con aria seccata i due << Dritti al punto quindi. Non posso nemmeno avere il piacere di sapere con chi sto parlando? >>

<< Cornell Barlow, piacere >> si presenta Cornell, allungando la mano per stringere quella di Ribeiro.

<< Vinicio Ribeiro, molto lieto >> risponde lui, mentre gli stringe la mano di rimando << Mentre lei è? >> dice poi, rivolgendosi al Lucas. 

Senza porgere la mano, Lucas rimane fermo << Se non lo conosce vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro >>

<< Mh, capisco >> replica indispettito l’Arpia << Non volete accomodarvi? >>

<< Volentieri >> risponde Cornell, prendendo posto sul divanetto. 

Ribeiro invece si siede sulla stessa sedia in cui aveva preso posto prima, ma vedendo Lucas ancora in piedi domanda << Non si siede? >>

<< Preferisco stare in piedi >>

Sentita la secca risposta, Ribeiro volge a Cornell un’espressione imbarazzata << Va bene, come preferisce. Allora, mi dicevate che avete bisogni di informazioni, ma riguardo a che cosa? >>

Accavallando le gambe ed appoggiando la schiena al divanetto Cornell risponde << Avremmo bisogno di sapere com’è la situazione a Tampa, almeno per quanto riguarda noi Fratelli >>

Mettendosi comodo anche lui, l’Arpia socchiude gli occhi scrutando meglio l’uomo accanto a lui << Avete intenzione di fare un viaggio a Tampa? >>

Lo sguardo di Cornell incrocia quello inespressivo di Lucas << Forse >> risponde vago il nero << Diciamo che i nostri affari ci appartengono. Ma torniamo al succo del discorso: possiamo sapere com’è la situazione a Tampa? >>

Comodo sulla sua sedia, Ribeiro sorride << Non è così che funziona. Questa per me questa è una transazione, non posso dare qualcosa senza avere nulla in cambio >>.

L’Arpia stende le gambe ed appoggia i piedi sul tavolino, facendo tintinnare i bicchieri lasciati là dalla sua precedente compagnia << Ma la reticenza nel fornire dettagli sul motivo del vostro interesse per Tampa ha stuzzicato la mia curiosità. Potremmo arrivare ad un accordo: ditemi cosa vi muove e io vi dirò quello che so >>

Un silenzio cala fra i tre mentre la musica riempie l’ambiente. Ribeiro rimane sorridente mettendo in bella vista il suo dente d’oro e Cornell continua a guardare prima Lucas poi l’Arpia. 

Stufo di tergiversare, Lucas rompe il silenzio << Chi ci garantisce che tu non ci pianti in asso, oppure che ci rifili delle informazioni sbagliate? >>

<< Mi ritengo offeso >> risponde fintamente indignato l’Arpia << Non mi sono guadagnato questa posizione pugnalando alle spalle le persone che venivano da me in cerca di chiacchiere e pettegolezzi, o informazioni. Potete assicurarvi che non scapperò di qua e che non vi tirerò un bidone >>

Cornell, sempre perplesso dallo stallo, continua a far rimbalzare il suo sguardo da Ribeiro al suo compagno cercando di capire cosa fare. Lucas intanto rimane silenzioso, il suo volto è una maschera di pietra inespressiva che nasconde i suoi pensieri.

<< Andiamo, non mi direte che davvero non vi fidate di me? >> domanda incuriosito Vinicio << Mi sembra strano che siate arrivati fino a qui per poi essere così titubanti >>. 

Un sorriso si allarga sulla faccia paffuta dell’uomo << Non mi direte che questa è la prima volta che portate avanti uno scambio di informazioni >> continua sornione l’Arpia.

A quel punto Cornell prende in mano la situazione << Se invece del motivo per il nostro interesse verso Tampa decidessimo di condividere un altro tipo di informazione? >>

Ribeiro osserva interessato l’uomo << Non vedo perché no. Ma le regole sono sempre quelle: prima mostrare moneta poi vedere cammello >>

Ancora titubante, Cornell cerca un segno di approvazione da parte del compagno che però si limita a rimanere ermetico come al solito. 

Stufo, l’uomo si volta verso l’Arpia << Sappiamo che la Principe è interessata ad un certo oggetto >>

<< Questo direi che vale ben poco >> risponde sbuffando Ribeiro << Posso almeno sapere che tipo di oggetti si tratta? >>

<< No. Non può saperlo >> si intromette secco Lucas.

Cornell punta sull’amico uno sguardo di fastidio prima di riprendere a parlare con l’Arpia << No. Non possiamo dirlo, però posso dire che si tratta di un oggetto d’arte >>

Questa volta è Lucas a scoccare un’occhiataccia all’amico, ma nonostante questo rimane silenzioso.

Ribeiro prende a massaggiarsi il mento con una mano << Un oggetto d’arte >> mugugna << Che probabilmente è in vendita a Tampa. O che comunque dovete recuperare là >>.L’Arpia osserva i suoi due interlocutori, sperando di vedere una qualche reazione da parte di uno di loro ma non nota nessun segno di stupore. 

Sospirando, prosegue << E sia. Diciamo che per quello che volete sapere questo e sufficiente >> 

Tanto basta fare due più due per capire cosa vuole la Vecchia 

<< Quindi vi dirò quello che so >>. 

Stiracchiando le braccia, Ribeiro si mette seduto per guardare meglio i due uomini davanti a lui. << Allora, Tampa sta passando un momento burrascoso. Il vecchio Principe, Roderick Pendergast, è stato destituito circa sei mesi fa con l’accusa di aver messo a rischio la Masquerade. C’è chi dice che i Federali siano coinvolti in una qualche maniera, che siano stati pagati per essere in un certo luogo ad una certa ora. Sono in molti a sospettare che l’attuale Principe, Samuel Mansour, sia coinvolto nella cosa mentre invece altri pensano che lui abbia solo approfittato del colpo di stato e che abbia eliminato il vero responsabile. Sia come sia, adesso a Tampa c’è un po’ di tensione fra chi sosteneva il vecchio Principe e quelli che invece sono dalla parte del nuovo >> L’Arpia sorride mettendo in mostra il suo dente d’oro, che luccica con il riflesso delle luci del locale << Non sorprende che i sostenitori del nuovo Principe sono i Fratelli della strada. Per loro Samuel rappresenta la possibilità di avanzamento nella società, cosa resa molto difficile visto che gli Anziani non mollano i loro troni tanto facilmente >>

<< E non c’è nessuno che sostiene ancora il vecchio Principe? >> domanda Cornell dubbioso e un po’ confuso dallo scenario politico.

Continuando a sorridere, Ribeiro risponde alla domanda << Oh, certo. Buona parte del Consiglio di Tampa è in aperto contrasto con la linea politica del nuovo Principe, cosa che non gli impedisce di gestire con il pugno di ferro la questione dei suoi oppositori. Molte delle “rimostranze” nei suoi confronti sono state represse nel sangue e qualcuno sospetta che alcuni dei Fratelli dissidenti che ormai hanno lasciato Tampa non siano proprio partiti. Ma ovviamente nessuno ha delle prove e men che meno il coraggio per sbandierarle di fronte al Consiglio >>

Vinicio si interrompe quando una cameriera dai capelli a caschetto si avvicina ai tre uomini per chiedere loro se desiderano qualcosa. Cornell e Lucas fanno cenno di non prendere nulla, ma l’Arpia ordina gioviale un cuba libre. Quando la ragazza si allontana i due uomini guardano Vinicio con aria perplessa, per tutta risposta l’uomo risponde << Cosa c’è? Anche se non posso berlo mi piace il suo odore >>. 

Appena gli viene portato il suo drink, Ribeiro riprende la spiegazione << È inutile dire che, con il fatto che Samuel è da poco Principe, sono in molti ad profittare di questo nuovo parvenu. Parecchi Fratelli influenti hanno iniziato a lisciare il pelo al Reggente, forti del fatto che non conosca ancora abbastanza bene le difficoltà ed i giochi di potere >>. Il volto dell’Arpia si fa d’improvviso serio << C’è una cosa che però dovete sapere: il vuoto di potere che si è venuto a creare ha portato alcune Vacche coinvolte negli affari dell’ex Principe a sganciarsi dagli affari in una qualche maniera. Gira voce che addirittura anche alcuni ghoul di una certa importanza abbiano cambiato domitor o si siano dati alla macchia, e di sicuro questa non è una buona cosa >>

Cornell si volta preoccupato verso Lucas ma non trova alcuna rassicurazione dallo sguardo vacuo del suo amico che è fisso verso l’Arpia.

<< C’è un’altra cosa di cui dovreste preoccuparvi >> aggiunge Ribeiro << Prima di assumere la carica di Reggente, Samuel Mansour gestiva un giro di corse clandestine ed aveva le mani in pasta in alcuni giri di traffico di stupefacenti. Nonostante la sua parlantina sciolta ha comunque contratto dei debiti, sia con Fratelli che con Mortali, ed ora che è diventato Principe quella gente sta venendo a batter cassa per ricevere indietro i loro soldi con gli interessi. Ovviamente se prima non aveva i soldi per ripagarli non li ha nemmeno ora, quindi si trova costretto ad elargire favori di qua e di là. Quel che è peggio è che le voci parlano di un coinvolgimento dei federali in tutta questa storia. Sempre secondo queste voci non confermate pare che Samuel abbia dovuto far entrare nel giro degli interessi coi federali alcuni Fratelli provenienti da fuori città. E ciò non è minimamente una bella notizia: giocare con i federali mette a rischio la Masquerade. Samuel rischia di fare la stessa fine del suo predecessore se continua a scherzare col fuoco in questa maniera >> Il silenzio piomba nel privè quando Ribeiro termina di parlare. Alle orecchie di Lucas e Cornell arriva il chiacchiericcio degli avventori ai tavolini poco distanti, accompagnato dal tintinnio dei bicchieri e dallo scalpiccio dei camerieri che fino a poco prima avevano escluso dal loro udito. L’Arpia si sporge nella direzione dei due uomini taciturni, congiunge le mani ed inarca le sopracciglia in attesa che qualcuno dica qualcosa. Cornell guarda pensieroso il piano del tavolino, ingombro dei bicchieri vuoti e del cuba libre di Ribeiro che sta quasi traboccando a causa del ghiaccio ormai sciolto. Lucas invece sta picchiettando sul tablet, assorto nella sua ricerca in internet riguardo al Principe di Tampa.

<< Tutto qui? >> rompe il silenzio Vinicio << Niente chiacchierio? Niente stupore? >>

L’Arpia incontra gli occhi di Cornell, che ha alzato la testa per guardarlo meglio, ma vede solo confusione in essi, come se non avesse capito nulla di quanto gli ha detto.

<< Siete un pubblico o un dipinto? A parlare con i sassi si ottiene più soddisfazione >> mugugna egli infastidito.

Finalmente Lucas alza gli occhi dal suo tablet << Grazie delle informazioni >> dice con un tono privo di emozione, infila il tablet nella tracolla e fa per andarsene.

Cornell biascica a mezza voce un  << Grazie molte >> e segue l’amico.

Mentre i due uomini si allontanano nel corridoio del Diplomat, Ribeiro rimane seduto da solo nel privè, un po’ seccato e confuso per la fretta con cui i due uomini si sono allontanati. Aspettando che il rumore dei loro passi si spenga, soffocato dai suoni del lounge bar, l’uomo sorride al vuoto quando la sua mente trova un modo creativo per sfruttare quanto ha saputo. In cambio di qualche vecchia e poco interessante notizia ha guadagnato una piccola gemma, ora gli basta solo sgrezzarla, renderla luminosa e venderla a qualcuno.

E di certo la gente non manca pensa fra se mentre rapidamente comincia a pigiare tasti sul suo cellulare.







Nota della Correttrice di Bozze

Salve a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio Fenris per le recensioni. 

Buona domenica

                            Kodoma 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Il Viaggio ***


Il Viaggio

Il Viaggio 


Cassiopea

Dopo il colloquio con la Contessa rientro nel locale, saranno almeno le tre del mattino. Prima di rimettermi al bancone decido di cambiarmi con degli abiti più comodi: una giacca di pelle nera corta decorata con dei ricami di piume, una camicia nera ornata da dei brillantini color oro sulla scollatura e sul colletto che richiamano la cintura con la stessa decorazione e dei pantaloni neri, comodi ma eleganti. Come scarpe opto per degli stivaletti neri con poco tacco. Bellissima invenzione i tacchi: a parte aumentare l'altezza di una persona, riescono ad aggiungere eleganza e raffinatezza alla sua forma. Peccato siano così scomodi, non so come facciano certe umane a camminarci per più di qualche ora. Allenamento suppongo, o resistenza alla tortura. Mentre sto pulendo il bancone con uno straccio, vedo Paracelso, un amico di vecchia data, entrare nel locale. Mi guardo attorno, cercando il suo "drink" preferito: Silas, un bevitore di whiskey incallito  che beve solamente quelli più ricercati. Mi è costato una fortuna fare in modo che Silas venisse spesso nel mio locale, tra sconti e promozioni, ma questo e altro per Paracelso. Inoltre da quando consigliato questo beone anche ad altri vampiri, adesso viene qui per l'Haven, la droga che porta estasi senza alcun effetto collaterale, se presa in piccoli dosi. Nessuno sa che in realtà si contrabbanda il Bacio delle creature notturne. Agli inizi, quando da piccola osteria lo Xenia stava diventando un locale di lusso, la DEA aveva cercato di trovare prove incriminanti su questo suddetto spaccio, ma gli era sempre andata molto male. Dopo qualche raid senza alcun tipo di prova, denunce da parte della sottoscritta e altri problemi avevano dovuto rinunciare all'impresa. Da quando poi ho tra i miei amanti anche il capo della polizia, i problemi si sono praticamente azzerati. Sogghigno a questo pensiero. C'è sempre un modo per corrompere gli uomini e le donne moderne: se non sono i soldi, beh è sicuramente qualcos'altro che da piacere immediato. Comunque sia, il drink di Paracelso è su uno dei divanetti, pronto per essere servito.

 << Buonasera amico mio, cosa ti porta da queste parti? >> chiedo cordialmente a Paracelso una volta arrivato al bancone. Egli non fa in tempo a rispondermi che il sasso magico di Carlos incomincia a suonare.

Carlos risponde, sgrana gli occhi e mi passa lo strano congegno << E' per te >>

<< ... Buonasera? >> saluto io con aria poco convinta. Parlare con un sasso è davvero troppo strano per i miei gusti. Mi da una sensazione... Sbagliata.

<< Buonasera. >> Riconosco la voce proveniente dal τηλέφωνοv: è quella di Tanja Valshenka, il siniscalco della città nonchè figlia della Contessa. Una principessina viziata, priva di cervello e con dei gusti

davvero discutibili.

<< Ho saputo del fatto che mia madre vi ha incaricati di andare a Tampa per partecipare ad un'asta >> dice lei con il suo tono di voce spocchioso << Volevo avvisarvi che vi sono stati affiancati altri quattro fratelli per accompagnarvi in questa "missione". >>

<< La ringrazio >> rispondo io << Ma non credo ce ne sia bisogno, ho visto poco fa vostra madre e non mi ha detto nulla di tutto ciò. E' sicura di essersi consultata con lei? In fondo, è lei il vero principe della città>>

Cala un silenzio di tomba all'interno della conversazione. La rabbia della Siniscalco è quasi palpabile.

<< La principe spesso si dimentica che siete degli anziani e avete bisogno di accompagnatori per girare in sicurezza. E chi più di altri.>> ribatte lei con scherno. 

Non faccio in tempo a rispondere prima di sentire dei rumori elettronici ripetuti, i quali mi fanno capire che la conversazione è terminata. Aἰσχρα εμπελατειρα*. Per Zeus quanto la detesto. Non fosse la figlia della Contessa sarebbe già cenere. Mi vengono in mente le parole di  Talia, la quale mi avrebbe detto di lasciar correre, che tanto è solo una stupida riccona. Che non ne sarebbe valsa la pena. Ma Talia è sempre stata più incline al perdono di me. Trattengo un'espressione furiosa e cerco di dimostrarmi per nulla infastidita dalla cosa.

<< Giovani, eh? Ormai hanno scordato cosa sia l'educazione>> Dico. 

Carlos e Paracelso continuano a guardarmi, non riesco a capire esattamente cosa stiano pensando e la cosa mi mette davvero a disagio. Andrew, a pochi metri di distanza da me, mi osserva con la coda dell'occhio, incuriosito forse dal fatto che io sia riuscita a gestire una "chiamata", cosa assai insolita.

<< Cassiopea, sono sicuro di essere più giovane della Valshenka, il tuo problema con lei, o meglio i problemi che hanno tutti con lei, non dipende dall'età. Moecha est * >> Mi dice Paracelso facendomi l'occhiolino.

 << Comunque sai che puoi chiedermi consiglio per queste faccende, a tal proposito sono qui per la telefonata che hai ricevuto. Sono uno degli incaricati per accompagnarvi, e sono passato per invitarti a un incontro che ho organizzato stanotte al Paradise of Eclipse  per incontrarci tutti prima di partire assieme per Tampa >>.  

Smetto per un attimo di pulire il bancone, gesto che stava riuscendo a contenere i miei intenti omicidi nei confronti di chiunque mi stia attorno al momento. Le parole di Paracelso sono riuscite a calmarmi un po', ma nonostante ciò voglio andare a casa, queste interazioni sociali a tu per tu mi hanno resa esausta. E in più non ho ancora avuto modo di cenare. Ma non ho scelta, ordini dei Reali. 

Sorrido nella maniera più tranquilla e serena possibile visto il mio stato d'animo << Sarà per me un piacere >>.


* Brutta puttana

* E' una stronza

***



Paracelso

Lo stesso giorno del colloquio con la Siniscalco sono ancora una volta in auto con Seth, un bravo ragazzo. Una volta era un pilota militare, poi un incidente fece in modo che la società lo abbandonasse a se stesso, e nostre strade non potevano che intrecciarsi. Sembro attrarre le cose rotte che necessitano di essere riparate. Lo selezionai io stesso per uno dei miei programmi biomedici personali e fu un mio punto di orgoglio, nel tempo legammo e decisi di offrirgli un occasione. Venero il talento: la guida, il volo e il combattimento sono alcuni, ed egli li possiede. Sprecarli sarebbe stato un crimine.

Il dolce rallentare mi scuote e in un attimo l'auto è ferma. Sono molto soddisfatto del nuovo acquisto, una Lamborghini terzo millennio, ed è davvero degna di questo nome per qualcuno nato tra i fumi delle industrie scozzesi. Elettrica, silenziosa e bella.

Mentre scendo e congedo Seth mando un messaggio a Ailsa, la CEO ufficiale delle mie industrie e mia assistente. Nome splendido, uno dei motivi per cui mi interessai a lei, significa “vittoria soprannaturale”, e a uno come me sembrò un segno. Ormai sono più di 80 anni che do ragione al mio intuito. Fisso una revisione delle tecnologie che produciamo, ho alcune idee che potrebbero risultare dei balzi in avanti, un bene per il mio portafogli e un bene per l'ambiente.

Appena arrivato trovo Lucas nel suo completo da hipster, mentre Cassiopea è venuta in macchina con me e appena raggiunto il mio collega, entriamo. Il locale di Cornell è in stile anni '20, con un tocco moderno che lo distanzia da esempi storici come il Cotton club di NY o dalla Music hall of Williamsburg da cui chiaramente prende l'ingresso, costituito da una parete in blocchi di vetro coperta da una pensilina semicircolare su cui spicca il nome del locale, Paradise of Eclipse. L'interno ha colori più cupi di quanto mi sarei aspettato dalle luci dorate dei ruggenti anni 20... mi mancano quei tempi.

Il bancone dell'Eclypse si trova lungo la parete che divide la zona bar dalla sala principale. Tre alte aperture rettangolari permettono di vedere nella sala accanto, due si aprono ai lati del bancone, mentre quella centrale permette il passaggio dei camerieri da una sala all'altra.

Nell'aria risuona una versione jazz/soul di Good Man intonata da una cantante su un palco, sormontato da un arcata tipica dello stile del tempo, pavimento in legno e faretti semisferici a coronarne il bordo. Il sipario è in un velluto rosso scuro che cade come una coltrina alle spalle della cantante, sola creatura illuminata chiaramente in sala. Bella.

Non mi aspettavo tanto buon gusto da uno che gira in completi verde menta.

In sala noto che una finestra circolare al piano superiore si apre verso quello che immagino essere l'ufficio di Cornell. Fa molto cattivo dei film ma ha un suo stile.

Veniamo accolti dal padrone di casa, che ci offre le ragazze del suo gregge e un salottino privato per appartarci e presentarci ai nostri nuovi compagni di viaggio.

Rifiuto, evito di bere sangue di chi non lo voglia per qualche ragione o non se lo sia, a mio parere, meritato. Il mio gregge è composto sopratutto da affaristi senza scrupoli e veri e propri criminali, l'idea di comprare sangue dei carcerati allo stato, come programma biomedico, ha sicuramente facilitato la mia vita.

Il privè è piuttosto scuro e si rivela essere appunto quello esclusivo di Cornell, con la finestra tonda che si affaccia sulla sala, dei divanetti in un blu cenere scuro attorno a un tavolo in legno lamellare lucidato. Su una parete vi è la principale fonte luminosa, un incavo con ripiani per gli alcolici e delle lastre di alabastro come rivestimento retrostante, da cui traspare la luce delle lampade poste dietro. Sull'altra parete una il ritratto di un uomo di colore, dallo sguardo intenso e con una corona di traverso sulla testa ci fissa... non ho la più pallida idea di chi possa essere, ipotizzo un rapper o qualcosa di analogo, boh.

Ci sediamo, mi tolgo la giacca del completo in tre pezzi color mas blue e rivelo un gilet sottostante, con bottoni posti lungo un elegante orlo diagonale coordinati con la cravatta regimental blu e argento. Appoggio la giacca sul bracciolo del divani e accanto ci metto il mio immancabile bastone da passeggio. Sicuramente l'oggetto che non lascio mai, poiché cela il mio talismano.

Poco dopo arrivano Jesse e Irwin, l'uno vestito con una giacca parecchio informale sopra dei pantaloni quasi dello stesso colore e l'altro con indosso  un trenchcoat di cuoio nero, che si toglie dopo aver messo una sacca da ginnastica sotto il tavolo, rivelando una maglietta e pantaloni neri, anfibi, sacca da ginnastica e croce d'oro al collo dall'aspetto antico, sulla quale potrei fare una ricerca per ipotizzare quanto antico lui sia.

Ci presentiamo, Irwin Maxwell praticamente fa solo quello, poi coglie l'offerta di una delle vene di Cornell. Cassiopea si comporta cordialmente e in modo gioviale con tutti. Non è il tipo da far distinzioni di rango, mi piace che in questo non sia cambiata da quando la conobbi a Lontra dopo il suo risveglio, e ormai è passato un secolo. Dopo le presentazioni decide di recarsi nella sala da ballo, dalla finestra la noto rimorchiare un tizio. Sorrido, non credo che riceverà il salasso in cui spera lui.

Jesse conferma di essere il paria di cui ho sentito parlare, capisco perché per lui sia un problema particolare, è un Ventrue, di solito sono molto elitari. Dopo un po' egli segue l'esempio di Irwin, scegliendo la ragazza meglio vestita del gregge.

Lucas si presenta ma pare che nel suo mondo ci sia prima il suo tablet, poi il suo cane Cerbero ed eventualmente tutti gli altri.

Il gregge di Cornell è composto esclusivamente da ragazze asiatiche, quindi, o ha una fissazione notevole o è anche lui un Ventrue il che, a dirla tutta, è lo stesso.

Quando finalmente gli altri hanno soddisfatto i loro bisogni possiamo finalmente venire al dunque e decidere cosa fare riguardo al viaggio a Tampa. Decidiamo subito di mettere a parte Irwin e Cassiopea della missione parallela alla loro, la Valshenka non sembrava esattamente convinta fosse una buona idea, ma che si fotta. Ci spiegano che la Contessa li ha incaricati di ottenere l'icona bizantina di un santo cristiano all'asta per la chiusura del museo di Tampa, “San Cristoforo Cinocefalo”, mi chiedo se abbia davvero la testa da cane. Offro il mio aiuto per l'asta, non sarebbe un esperienza nuova per me e a differenza di loro due comprendo la tecnologia. Spero comunque di trovare un po' di manufatti per la mia collezione.

Noi gli riferiamo del contatto fornitoci dalla Valshenka e del fatto che dovremmo acquistare un plico di documenti. Faccio notare che è probabile che ne la madre che la figlia siano state oneste con noi e che forse sono d'accordo, almeno in parte.

Decidiamo di partire per Tampa appena tramontato il sole domani. Il problema più grande, per assurdo, è decidere come andare. Abbiamo speso un'ora intera a decidere una cavolata del genere. Offro una delle mie auto, ma lo stesso fanno Cornell e Jesse e si discute su quante macchine dovrebbero andare a Tampa. A quanto pare due auto attirano l'attenzione, non siamo nell'800 dannazione. Alla fine prendiamo solo una macchina, una hammer di Cornell. Almeno non rischierò una delle mie se dovesse succedere qualcosa, ma dovrò caricare la mia attrezzatura... meglio non parlare dell'esplosivo.

Quando è tutto deciso Lucas, a quanto pare, è convinto che un'auto privata di un gangster vampiro sia troppo rintracciabile. Quindi dopo aver valutato. Ogni. Singola. Fottuta. Opzione. Propende per prendere il bus (che avrà delle telecamere, biglietti, scambi di soldi, etc) con il suo cane ghoul, facendoci perdere tempo per nulla.

Se questo è il livello dei miei compagni non credo avremo gran successo... Farò si che Seth ci segua con l'elicottero, voglio una via di fuga se causeranno un casino, ammettendo che non offendano il Principe di Tampa mentre ci presenteremo.

Dopo queste ore piuttosto snervanti ci salutiamo per tornare nei nostri rifugi. Ringrazio di poter tornare al comfort del mio eden e mi accomiato con tutta la cortesia possibile.

 

 

***



Irwin


« Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Amen ».

« La grazia dello Spirito Santo illumini il tuo cuore, perché tu possa confessare con fiducia i tuoi peccati e riconoscere la misericordia di Dio ».

« Amen »

Rispondo alle parole di rito del sacerdote. La partenza per Tampa è tra meno di un ora, ma non conto di avere occasione di confessarmi lì. Sarei già andato ieri notte, se la contessa non mi avesse convocato appena tornato dalla caccia, e poi ho dovuto incontrare il resto del gruppo, quindi o ora o tra chissà quanto.

Già, l’incontro... un altro peccato che dovrei confessare, penso, mentre i miei ricordi vanno alla donna del gregge di Cornell. Cerco di ripetermi che mi sono nutrito solo perché necessario. Se Tampa è in una situazione così instabile potrebbe effettivamente servirmi ogni goccia di sangue che il mio corpo possa contenere, ed il piccione non era riuscito a saziarmi, ma forse sono solo scuse. La verità è semplicemente che non ho resistito alla tentazione del sangue umano, quando mi è stato messo davanti su un piatto. Ricordo il sorriso eccitato della ragazza, quando mi si è avvicinata. Assuefatta al piacere del Bacio, sono molti gli umani che vi rimangono intrappolati. Questa volta deve essere rimasta delusa allora. I suoi lamenti di dolore e sorpresa mi risuonano nella testa, trafiggendomi il cuore come una pugnalata.  Ricordo come ha cercato di liberarsi, negli occhi il panico di chi si ritrova una bestia che la sta azzannando alla gola. Ma il ricordo che più mi tormenta è quella sensazione di puro piacere, il sangue caldo che mi scorre nella gola, mille, diecimila volte meglio di quello di qualunque animale. Che sia lo stesso stato così dolce, nonostante le urla strozzate e il suo dibattersi, è una cosa a cui non voglio pensare.

Ho preso poco, e ho richiuso le ferite prima di lasciarla andare.

Ma non posso raccontare niente di tutto ciò al prete.

La cabina del confessionale è in legno scuro, una grata traforata ci impedisce di vedere le nostre facce. Dalla voce, il sacerdote sembra giovane, e mentre recita i Romani 5, 8-9, non riesco a non stringere i denti pensando all’ironia delle sue parole. «... giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui ».

« Perdonatemi padre, perché ho peccato. Due notti fa ho ucciso due persone » dico, la voce bassa.

Sento il respiro dell’uomo interrompersi di scatto. Forse è la prima volta che si ritrova ad affrontare una cosa del genere.

Passano alcuni secondo prima che riesca a decidere cosa dire. « ... chi... chi è che hai ucciso? »

« Erano dei criminali. Non conosco i loro nomi, ma ne ho anche... ferito un terzo, Raidel Maria ».

Uno strano rumore gli esce dalla gola, e capisco che ha letto la notizia durante il giorno. Non mi chiede i dettagli, non mi chiede se sono un poliziotto. Sa cosa ho fatto agli altri, e che a Raidel ho mozzato un braccio mentre strisciava sul pavimento del suo locale.

« Padre? » chiedo, dopo che il silenzio si protrae per qualche secondo.

« ... Scusami. Perché lo hai fatto? ». La voce gli trema leggermente.

« Mi era... » mi era stato ordinato, sto per dire, ma ciò non sarebbe la verità. « Mi era stato ordinato di andare a spaventarlo. Era ad una festa, mi avevano detto che gli altri sarebbero stati disarmati, e credevo che avrei potuto farlo senza violenza ».

Ma i Brujah di Miami avevano fatto un lavoro sciatto nel raccogliere  informazioni. Raidel era, giustamente, paranoico e nella stanza privata del suo club nessuno poteva entrare armato. Quello che gli idioti non avevano scoperto è che all’interno aveva nascosto una mitragliatrice, un fucile a pompa e non so quante pistole.

« Non è andata così. Quando sono entrato hanno tirato fuori le armi, ho dovuto ucciderli per difendermi. C’erano anche delle donne, delle prostitute, una di loro è stata ferita dai loro colpi ».

Le urla, le esplosioni, il sangue, il ricordo mi invade i sensi, dilatando le mie pupille e facendo fremere il mio sangue.

Mi sto gettando tra le donne e l’uomo con la mitraglietta, buttandole a terra. La raffica mi colpisce di striscio a una gamba, mancando così la faccia di una ragazza.

« Non sarebbe successo se non fossi stato lì ».

Prima che l’uomo possa sparare ancora lo infilzo con la lama al petto, un affondo che squarcia costole e carne come burro. Il rombo del fucile a pompa sulla sinistra mi assorda, ancora più della musica martellante. Spara due volte, ma i proiettili colpiscono solo il soffitto sopra la mia testa. Meglio così. Se mi avesse preso in pieno non avrei potuto fingere di essere solo ferito. Sarei dovuto andare giù, facendo il morto per chissà quanto. O quello, o avrei dovuto uccidere ogni persona nella stanza tranne Raidel.

Mi volto verso il secondo uomo, il rinculo e il panico lo hanno fatto cadere a terra. Gli apro in due il cranio con un fendente dall’alto al basso.

Un terzo ha una pistola in mano. Mi volto a guardarlo, e la lascia cadere indietreggiando.

Raidel sta correndo verso il corridoio. Afferro una sedia e la scagliò contro la sua schiena, mandandolo a terra, ma poi il mio sguardo incontra quello di una delle prostitute. È quasi nuda, è terrorizzata, ed è...

« Una delle prostitute, era... molto giovane. Mi avevano ordinato di spaventare Raidel, i suoi affari stavano dando fastidio a troppe persone, non voleva più fare quello che gli dicevano ».

« Andatevene » dico alle ragazze. Quella colpita nella sparatoria si sta tenendo il braccio, singhiozzando, quindi ordino alle altre di portarla fuori, e di chiamare un ambulanza.

Avanzo verso Raidel nel fuggi fuggi generale, ricordandomi all’ultimo di far finta di zoppicare. È quasi riuscito a rialzarsi, ma la schiena gli cede e ricade a terra.

« Aspetta! Aspetta! » urla girandosi.

« A chi mi ha mandato non importava come lo spaventassi, finché fosse stato ancora vivo. E io... »

« Raidel Maria. Mi hanno detto di darti un messaggio » dico. 

La Bestia urla dentro di me, non volendo altro che farlo a pezzi a mani nude, strappargli la testa del collo e bere a pieni sorsi ciò che ne esce.

Raidel alza un braccio verso di me, la mano aperta in un gesto di difesa. Glielo taglio di netto.

« ... Ero arrabbiato ».

« Non farmi tornare a ripeterlo » dico, ma non credo riesca a sentirmi, sopra le urla. 

Uno dei suoi uomini è ancora lì, tremante come una foglia. Gli dico di legare il moncone con una cintura e di chiamare un’altra ambulanza, poi me ne vado. Nessuno prova a fermarmi. Riesco finalmente a tornare con la mente al presente. Un silenzio desolante proviene al di là della grata, facendomi desiderare di sprofondare nelle viscere della terra.

« Devi andare alla polizia » dice il prete.

« Non posso »

« Perché? »

« ... Devo obbedire. Non posso, e se andassi quelli per cui lavoro ucciderebbero delle persone ». Quello che non dico è che tali persone sarebbero ogni poliziotto con cui avrei parlato, spariti nel nulla, ingoiati dalle tenebre.

« Lavori... per dei criminali? Sei in una gang? »

« Per dei criminali, sì ». Stavo per dire dei mostri, ma è meglio non rischiare. Una parola di troppo e anche questo prete sparirebbe nel buio.

« Devi smettere di lavorare per loro. Non posso assolverti se non sei pentito. Queste persone di cui hai parlato, la polizia può proteggerli... »

« No, non possono. E io non posso smettere. Ma... ma sono pentito ».

Sei solo un mostro. Smettila di mentire nella casa di Dio, non puoi pentirti, il perdono è per i vivi.

« Non voglio fare quello che faccio. Se avessi potuto non avrei obbedito. Non... non voglio uccidere nessuno, e Raidel... » la mia voce si spegne, e mi rendo conto di star stringendo le mani, tanto forte da farmi scricchiolare le ossa. Il ricordo della nave, di quella cosa oltre la soglia mi piomba addosso.

« ... A volte non mi controllo. È come se ci fosse qualcosa che... » la frase cade nel vuoto.

Non un’altra parola, meglio non dire altro.

Il prete è di nuovo in silenzio, ma qualcosa è cambiato, sembra più calmo, più padrone di se, e quando parla sento nelle sue parole uno sforzo sincero di raggiungermi. « Possiamo tutti scegliere ciò che 
facciamo. Puoi scegliere il bene, puoi scegliere di non fare più queste cose, puoi cercare in Dio la forza per farlo ».

Resto in silenzio, pensando. Non ha idea di quello di cui sta parlando. Ma se non avesse ragione, se realmente non avessi scelta e fossi solo un burattino mosso dal mio Sire, da lei e dalla cosa che mi ha messo dentro... Solo un mostro controllato da altri mostri, non avrei motivo di non camminare nel sole domani. Il suicidio è un peccato per gli uomini.

« ... Ci proverò ». È quanto gli posso promettere, non di più.

« Se... se veramente sei pentito, io ti assolvo dai tuoi peccati ».

Il sollievo che sento non riesce a liberarmi dall’eterno dubbio che tutto ciò sia inutile. Il pentimento è per i vivi, ed io sono morto, il mio ultimo atto è stato quello che mi ha dannato.

Diciamo le ultime formule, mi ordina di recitare abbastanza rosari da occuparmi le prossime notti, ed esco. Non mi volto mai, preferisco che non mi veda in faccia. Ora devo recuperare la spada, e poi recarmi al luogo dell’appuntamento per la partenza.


***


Cassiopea

La notte seguente è quella della partenza. Mi preparo una valigia leggera, con due cambi per sicurezza, un pigiama e un vestito argentato e lungo fino ai piedi per l'asta, che lascia scoperte le spalle. Inoltre chiedo a Carlos di prendere degli "snack" per il viaggio: non mi fido a cacciare a Tampa. Chissà chi potrei incontrare lì, preferisco una cena di qualità garantita. A breve la macchina estremamente spaziosa del Gangster (la macchina si chiama Hammer a quanto mi hanno detto al Paradise of Eclipse)  dovrebbe passare a prendere me e gli altri davanti allo Xenia. Spero solo che non incontreremo dei licantropi lungo la via.  Fuori dal locale vedo Paracelso affianco alla bestia di ferro, puntuale come al solito e con il suo orologio da taschino in mano. Mentre mi allontano per dirigermi verso la Hammer saluto Conrad, il grosso buttafuori vestito di nero con l'ordine di perquisire chiunque entri nel locale: non voglio ne armi ne droga qui dentro. Voglio che il mio territorio sia il più pulito e ospitale possibile.  Quando salgo all' interno del ventre della bestia di ferro, seguita da Paracelso, noto che manca il compagno suo compagno di clan, e al suo posto è presente una ragazza coreana del gregge di Cornell. Forse avrei dovuto prestare più attenzione alla riunione di ieri sera.

<< Che fine ha fatto... Lucas? >> chiedo incerta sul suo nome

 << Ha preferito venire per conto proprio >> Mi risponde Paracelso << Ha detto che siamo troppo... Vistosi, per i suoi gusti. Preferisce non farsi notare >>

Sbuffo, retaggio di quando ero ancora viva. Non capisco il perchè di tutto ciò: tanta paranoia non farà altro che complicare ulteriormente la missione. Mi siedo nella postazione dietro il conducente, affianco al finestrino. 

<< Che idiota >> Mormoro piano in greco. 

Carlos sembra fare un piccolo sorrisetto di scherno. Il viaggio è lungo e per lo più noioso. Per un po' chiacchero con Paracelso del più e del meno e cerchiamo di attirare dentro la conversazione gli altri del gruppo, ma nessuno sembra interessato a unirsi, per cui il discorso cade presto nel vuoto. Penso che come gruppo siamo forse troppo diversi per poter passare del tempo insieme: Jessie è un vile e ci disprezza apertamente visto il suo modo di vivere, Irwin è un musone e Lucas è decisamente troppo riservato.  L'unico che sembra possa essere interessante come compagnia, a parte Paracelso, è Cornell. Sembra un tipo a cui piace divertirsi nonostante tutto. Mi riprometto di invitarlo in qualche locale per passare la serata, se ne avremo il tempo.  Il viaggio prosegue lentamente e mi annoio sempre di più. Ad un certo punto incomincio a utilizzare Carlos come cuscino, appoggiando la testa sulla sua spalla, ma lui non sembra prenderla a male. E' già da qualche anno che ci conosciamo, ormai contatti fisici di questo genere sono frequenti. Anche se non riesco a capire se la cosa gli piaccia o meno. Distolgo la mente da questo pensiero e dirigo lo sguardo verso il mio attendente. E' presente ma la sua ψυχη non sembra esserlo. Ha nelle orecchie due strane cose bianche attaccate a dei fili, che a sua volta sono attaccati al "telefono". Producono uno strana musica di sottofondo, quasi inudibile a meno che qualcuno non si concentri su di essa. Provo a scuoterlo un po'. 

Il ghoul mi guarda socchiudendo gli occhi << Si? >> mi dice, togliendosi una delle palline bianche.

<< Cosa sono? >> Gli chiedo, indicando ciò che aveva nell'orecchio

<< Auricolari >>

<< Oh... >> Dico io, fingendo di sapere esattamente di che cosa si tratta, ma Carlos non ci casca neanche per un secondo.

<< Producono musica >>

<< Come fanno delle cose così piccole a produrre musica? Ero rimasta ai grammofoni >>

<< E' un po' complicato da spiegare... >>

<< Provaci. >>

<< Davvero non saprei come... >> Ribatte lui velocemente, con aria scocciata. Capisco allora di starlo disturbando, per cui mi volto la testa dalla parte del finestrino.

<< Vuoi provare? >> Mi chiede lui, probabilmente cercando un modo per tenermi impegnata. Posso essere davvero esasperante quando mi annoio, mi hanno detto.

<< Volentieri >>. Carlos mi mette uno degli "auricolari" nell'orecchio e ascolto della musica allegra ma complessa che proviene da esso. 

<< Che... Tipo di musica è? >> I tipi musicali sono un'altra cosa che mi è completamente nuova 

<< Jazz >> Mi risponde Carlos

<< Carino. >>

Il viaggio prosegue tranquillo fino alle porte di Tampa. La città è caotica e brulicante quanto Miami, per cui decido di fare un piccolo saluto ai miei Fratelli di Tampa: chissà che non possano darmi qualche informazione utile su questo labirinto. 

<<  Οι  Ανδρες, adesso andrò a salutare qualche Fratello di Tampa, penso che in questo momento possa essere utile avere qualche informazione in più su questa città. A tra poco. >>. 

Detto questo reclino la testa all'indietro, chiudo gli occhi e cerco di diventare un tutt'uno con la Rete. Voci si affollano in maniera confusa nella mia mente, e io cerco di distinguerle una ad una, cercando quella che possa interessarmi. All'improvviso una spicca più delle altre per il modo rabbioso e ossessivo con cui cerca di sovrastare le altre.

<< MARIA! >>

Mentalmente cerco di avvicinarmi di più a questa voce << Buonasera Fratello >>

<< Non sono tuo fratello. Esci dalla mia testa. Esci dalla mia testa... Maria!!! >>

<< Me ne andrò a breve. Volevo chiederle qualche informazione riguardo alla città... >>

<< Non mi interessa. E' tutto un complotto... E' tutto un complotto... >> ripete burbera e ossessiva la voce << Esci dalla mia testa. Ora. Maria!! >>

Decido di dirigermi verso un'altra voce. Non sempre i miei compagni di clan sanno come essere cortesi, ma in genere la cosa non mi tange. Siamo tutti folli, no?  Ritornando nella confusa marea di pensieri dei miei fratelli ne noto un'altra, tutta risolini e cinguettii. Beh, questo qui sembra di buon umore, se non altro. Spero che questo sia lo stato d'animo migliore in cui una persona può condividere informazioni. 

Mi avvicino mentalmente alla voce di quest'ultimo.

<< Buonasera >> dico cordialmente

<< Ciao! >> mi risponde la voce allegra. Caspita quanta confidenza.

<< Come mai così allegro? >> chiedo, per iniziare a conversare

<< Beh, la vita è bella no? >>

<< Senza alcun dubbio >> gli rispondo << Ascolta, volevo chiederti per caso se sapevi dirmi qualcosa in più sulla città...>>

<< No. Non te lo dico >> Mi replica la voce, indispettita come una bambina.

<< E perchè no? Sono sicura che la tua è una bellissima città, perchè non ti va di parlarmene un po'? >>

<< Mmh... E va bene dai, solo perchè sei tu >> Mi risponde essa con un altro risolino.

Questo tizio è un fottuto ritardato, a giudicare dalla lentezza e il tono di voce che utilizza. Uff, sono stata davvero sfortunata questa notte.

<< Grazie! Dimmi un po', quali sono i posti di ritrovo più importanti qui a Tampa? >>

<< C'è il locale dei Nosferatu che è molto importante, ma sono tutti così brutti... >> fa lui schifato << Viscidi...>>

<< Capisco il tuo disgusto >> rispondo io << Sapresti dirmi l'indirizzo? Sai, così so dove non andare in caso volessi passare una serata più piacevole >> gli chiedo poi, facendo un occhiolino spirituale

<< 127 di Sunset Boulevard... Poi c'è quello dei Toreador, sono così belli i Toreador! >> Mi dice con aria sognate. Sento la sua coscienza farsi più vicina alla mia, quasi volesse cercare un contatto fisico.

<< Sono perfettamente d'accordo! Quello invece dove si trova? >> Assecondo seppur schifata a quell'inaspettato contatto. Devo riuscire ad avere più informazioni possibili.

<< All'angolo tra la Nox e Cicero >>

<< Grazie mille! Buona serata! >>

<< Aspetta, rimani ancora un po'! >>

Il Malkavian non fa in tempo a trattenermi che il mio contatto con la Rete è terminato.

***


Irwin 

Siamo a Tampa da pochi minuti, quando Cassiopea dice di “voler andare a salutare qualche fratello di Tampa” e poi si affloscia contro il sedile senza un suono. Ho la mano sulla spada da quando abbiamo lasciato Miami, e la tiro fuori dalla borsa mentre i miei occhi corrono rapidi ai vetri dell’auto, cercando fori di proiettili, tracce di nemici, qualunque cosa. Anche gli altri paiono allarmati, tranne Carlos, il ghoul della donna, che sembra sapere cosa stia succedendo. Le labbra della vampira si stanno muovendo piano, bisbigliando cose senza senso. Carlos deve avere notato il mio sguardo, e si affretta a spiegarmi che è “solo” uno dei poteri della sua padrona. Non si tratta di magia o stregoneria, lei è “un oracolo”, ci tiene a precisarmi, in grado di percepirecose che noi non vediamo. Non mi prendo la briga di informarlo che per me non è una gran differenza. La bibbia condanna entrambi ugualmente, ma le notti moderne sembrano condannare il lavoro che l’inquisizione ha svolto nella mia epoca. Devo ammettere che io stesso ho avuto i miei dubbi sull'operato dell'inquisizione, vedendo alcune delle accusate, povere sventurate del tutto incapaci di difendersi. Ad ogni modo, chiunque sappia la mia età sembra aspettarsi che io vada a prendere le torce al mero sentire della parola “strega”. Faccio del mio meglio per non ascoltare i bisbigli della donna. Quanto può essere peggio una strega, rispetto ad un mostro? Ignorerò la cosa finché non proverà ad evocare il diavolo o simili. Dopo un po’ gli altri sembrano perfino trovarla divertente. Finalmente Cassiopea torna in se.

« Ho... ho sentito delle voci. Qualcuno che complottava, gli ho chiesto chi era ma ha avuto paura... » dice. 

Spiega di aver ottenuto gli indirizzi di due punti di ritrovo di Tampa, uno frequentato da Nosferatu e l’altro da Toreador.

La fisso, dubbioso. Sono informazioni stranamente precise, e poco mistiche, per un oracolo. Ad ogni modo, non mi sembrano rilevanti con nessuno dei nostri compiti qui. Sarebbe un errore coinvolgere i locali nei nostri affari in una situazione politica così tumultuosa, non avremmo modo di sapere chi potrebbe voler interferire.Finalmente arriviamo al domicilio scelto dal principe di Tampa, una «sala da bowling». Il posto non potrebbe sembrare più diverso dal domicilio della contessa e il ragazzo al bancone si mostra sorpreso dalla nostra comitiva. Lo ignoriamo, procedendo per una porta sul retro. Entriamo in una saletta, con tre uomini particolarmente grossi che cercano di darsi un aria intimidatoria ma professionale.

« Desiderano? » chiede uno di loro, seduto dietro un tavolo metallico. 

Nessuno parla, quindi decido di seguire io il protocollo.

« Veniamo da Miami. Siamo qui per presentarci a Samuel Mansour ».

Cornell sembra intento a fissare le guardie, cercando di sembrare il più grosso e minaccioso nella stanza. Sia io che l'uomo al tavolo scegliamo di ignorare la cosa.

« Avete armi? »

Senza dire una parola, prendo la daga da sotto la giacca, appoggiandola sul tavolo senza impugnarla. Quella ottiene qualche sguardo perplesso, ma non è niente rispetto a quello che succede quando deposito la borsa della spada. Un metro e quaranta dalla punta al pomello, la lama un metro e dieci di acciaio affilato, guardia a croce, senza ornamenti. Di fattura moderna, ma devo ammettere che è anche più robusta e leggera di quelle che forgiavano allora. Di sicuro non un tipo di arma che si veda spesso. L'uomo passa il dito sulla lama, facendo un fischio impressionato. 

Poi mette entrambe dietro il bancone. « Dovete consegnare tutte le armi, vi saranno ridate all'uscita ».

Jesse deposita la sua pistola, Paracelso il bastone da passeggio, che contiene una spada sottile. Cornell sembra avere un vero e proprio arsenale, due tirapugni con quelle che sembrano gemme sulle nocche, una pistola di piccolo calibro e, cosa che strappa un sorriso all'uomo seduto, una mitragliatrice placcata d'oro. Non il migliore degli inizi. Con così tante armi sembriamo un gruppo in cerca di problemi, se non una vera e propria invasione. Avrei dovuto pensarci prima.

« Bene. Se è tutto, troverete Mansour in fondo alla sala ». Ci fanno passare attraverso una porta sul retro, ed entriamo in quello che sembra essere un casinò clandestino.

 







Nota di uno degli autori

Salve a tutti! Scusate il ritardo nella pubblicazione ma sto continuando ad avere dei problemi con il codice html come avete potuto vedere negli ultimi due capitoli, spero riuscirò a risolverli in fretta. Nel frattempo ringrazio per le recensioni e a presto!


Kodoma

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Capitolo 6
*** Segreti ***


Segreti

Segreti


<< Mi stai dicendo che un gruppo così numeroso ha abbandonato Miami e tu non sai il motivo? >>

<< Non ho detto questo> risponde pacato Ribeiro mentre finge di bere il suo drink << Intendo dire che non ho intenzione di dirtelo >>

Wilhelm tenta di non mostrare alcuna emozione ma se gli fosse possibile salterebbe alla gola del ciccione imbrillantinato. Davanti a lui l’Arpia, Vinicio Ribeiro, lo guarda sornione da sopra un paio di finti rayban dalle lenti a specchio. Nel locale affollato di persone, Wilhelm si sente a disagio: normalmente preferisce frequentare locali molto meno caotici, quelle rare volte in cui vuole rilassarsi, ma purtroppo l’Arpia ha la vana necessità di sentirsi ancora al centro dell’attenzione. Il suo bicchiere tintinna mentre il ghiaccio nel whisky si scioglie ed i cubetti cozzano fra loro, distogliendolo dai pensieri e portandolo a concentrarsi nuovamente sul Toreador di fronte a lui.Il luccichio del molare d’oro del vampiro costringe Wilhelm a reprimere un moto di disgusto

È incredibile che il passo successivo all’uomo moderno venga incarnato da un individuo volgare come lui, pensa tristemente. 

Incrociando le mani dalle lunghe dita, il Nosferatu rompe il silenzio << Posso fare qualcosa dunque, per motivarti a condividere con me le informazioni? >>

Ribeiro inarca un sopracciglio e si toglie gli occhiali mentre si sporge sul tavolino << Sei così disperato? Allora è vero quello che si dice in giro, che sei smanioso di trovare approvazione dalla Contessa >>

Indispettito, il Nosferatu si ritrae impercettibilmente all’avvicinarsi del suo interlocutore. << Quello che mi spinge a sapere dove è andato il gruppo della Veggente non è affar tuo, io mi sono solo cortesemente offerto di ricompensarti >> risponde << Ho solo ragione di credere che non abbiano lasciato la città per una gita di piacere >>

Appoggiandosi sui gomiti l’uomo fa ondeggiare gli occhiali tenendo un’asta fra pollice e indice << Va bene, ma ancora non mi hai detto cosa sei disposto ad offrire per sciogliermi la lingua >>

Appoggiato allo schienale della sedia, Wilhelm si schiarisce la voce e ribatte << Allora mettiamo le carte in tavola, io so che la Veggente ed il Gorilla di Rowena Thorne sono partiranno a breve assieme ad altri Fratelli >> dice mentre si sistema i polsini della giacca di lino << Se tu fosse così gentile da dirmi la loro destinazione io potrei lasciarmi sfuggire che un certo Fratello importante sta organizzando un evento a cui, con tutta probabilità, sarà invitata la crème della società >>.

Il Toreador rimane per un momento in silenzio mentre osserva il Nosferatu con occhio critico, lasciando che il suo peso inclini un poco il tavolino. Poi si mette a sedere lasciandosi andare sullo schienale imbottito della sedia.

<< Quindi mi stai dicendo che Marcel Dumont ha in mente qualcosa? >> sussurra lentamente Ribeiro. 

Wilhelm non crede alle sue orecchie quando sente l’Arpia pronunciare il nome di Dumont e la sua maschera di impassibile freddezza si incrina per qualche secondo. Un tempo sufficiente per permettere al Toreador di cogliere lo stupore nell’espressione del suo interlocutore.

<< Allora ho fatto centro! >> esclama felice l'Arpia << Sai, non ti nasconderò che ho tirato ad indovinare. Ma d’altro canto tutti si ricordano della vostra… come vogliamo definirla, “amicizia sotto le armi”? >>

<< Tu non sai di cosa stai parlando, trippone da palcoscenico >> sibila inviperito il Nosferatu << Stai ficcando il naso in una faccenda privata >>

<< Beh, non così tanto a quanto pare >> ribatte pronto Ribeiro << Sarà anche dall’altra parte dell’oceano, ma da Londra le voci corrono rapide >>. 

Vedendo che Wilhelm mostra sempre più agitazioni, l’Arpia rincara la dose sfoderando il suo tono di voce più tagliente << Sono certo che qualcuno potrebbe far giungere all’orecchio della Siniscalco, o meglio della Principe stessa, che hai combinato un bel casino prima di arrivare a Miami con la coda fra le gambe >>

Il suono di vetro che si frantuma rompe la tensione come un colpo di fucile, mentre il whisky del Nosferatu cola fra le crepe del bicchiere macchiando le dita del vampiro. Il rumore della musica impedisce agli altri avventori del locale di accorgersi dell' accaduto, e infatti continuano a dimenarsi in pista o a chiacchierare sui tavoli accanto al loro.

Degnando il bicchiere crepato di una rapida ma plateale occhiata di rimprovero, il Toreador torna ad attaccare Wilhelm. << Non credere che solo perché voi Topi di Fogna raccogliete informazioni su tutti dalle vostre tane puzzolenti, noi poveri Fratelli di quassù non abbiamo i nostri mezzi per tenerci informati >> continua piccato << Questo solo per dimostrarti che una telefonata al momento giusto può regalarti un incontro ravvicinato col il Flagello. E lo conosci, sai quanto poca pazienza abbia >>

Wilhem deglutisce, anche se la sua gola non ne ha più bisogno da almeno un centinaio di anni.

<< Già >> rincara Ribeiro << Mi fa piacere che ora dimostri un po’ di rispetto >>. Il vampiro appoggia le mani su tavolo e si solleva per mettersi faccia a faccia con l’altro vampiro, poi sibila caustico << Vieni nel mio territorio a fare il gradasso e pretendi di fare il vago sul prezzo? Forse rimanere nelle fogne con gli altri tuoi degni compari ti ha otturato quelle cazzo di orecchie mangiucchiate dai topi >> i suoi occhi hanno un bagliore verdastro per un momento << Quello che ti ho detto è solo una piccola parte di ciò che so sul tuo conto, perciò impara a rispettare il fatto che qualcun altro ne sappia più di te e parla chiaramente. Hai la mia parola che se l’informazione vale lo scambio io ti dirò quello che so >>. 

Detto questo l’uomo si ritrae facendo cadere le sue grosso posteriore sulla sedia mentre attorno a loro la folla esulta a ritmo di musica.

Wilhelm impiega più tempo del necessario per ricomporsi. Era stato un grosso errore sottovalutare il ciccione, sapeva benissimo di non essere al di sopra degli altri Fratelli solo perché conosceva la Sceriffo o aveva amici altolocati, ma sperava di riuscire ad intimidirlo un poco. Pur ribollendo di rabbia il Nosferatu sapeva riconoscere quando la battaglia era persa e, nascosto l’odio dietro i suoi occhi, decide di mostrarsi accondiscendente

Avrò modo per rifarmi, scheißdreck, vedremo chi riderà più avanti.

<< Le mie scuse, Ribeiro >> dice in tono pacato << Abbiamo iniziato la conversazione con il piede sbagliato, permettimi allora di riprendere da dove abbiamo iniziato a divagare in modo così incivile >>  prosegue, sfoderando un sorriso che difficilmente sarebbe potuto sembrare rassicurante.

Il Toreador però non sembra turbato in alcun modo, riprendendo in mano il suo drink e facendo ancora finta di bere risponde << Allora vai avanti >>

<< Bene. Ti farà piacere sapere che Marcel Dumont, come hai così gentilmente fatto notare, sta per organizzare una mostra di beneficenza al Perèz Art Museum >>

<< Velatamente interessante >> ribatte sarcastico l’Arpia << L’ennesimo incontro per la crema della società dei Cainiti a cui pochi eletti potranno partecipare. Già visto, già sentito >>

<< Già >> replica secco Wilhelm << Ma la parte più interessante è che c’è in programma un’esposizione privata. Una kermesse di pochi selezionati artisti… vampiri >>

Il Toreador questa volta sgrana gli occhi. Il Nosferatu si lecca le labbra, gongolando per la sorpresa del ciccione << Già, hai capito bene. Il tema dell’esposizione è, se non sbaglio, La Condizione del Cainita nel XXI° Secolo o un nome altrettanto pomposo >> conclude sbrigativamente per godersi al meglio lo sguardo stranito del suo interlocutore.

Quando finalmente il Toreador riprende a guardare nella sua direzione Wilhelm lo squadra con un’espressione di impazienza. << Sei ancora fra noi Ribeiro? O devo venirti a cercare? >>

<< Sì. Sono qui >> replica ancora un po’ stupito Ribeiro << Se è vero quello che…. >>

<< È vero, te lo posso garantire >>

<< Sì, d’accordo, ma è comunque una notizia davvero… entusiasmante, e la… >>

<< Ne sono convinto >> ribatte secco il Nosferatu << Ora, se tu fossi così gentile >> prosegue facendo un gesto della mano per invitare l’uomo ad andare avanti con il discorso.

<< Certamente >> replica l’Arpia << Dunque tu volevi sapere… >>

<< Dove sono andati la Veggente e la sua cricca di amici >> esclama spazientito, mentre solleva gli occhi al soffitto.

<< Giusto. Cassiopea e Irwin sono andati a Tampa >> risponde pacato Ribeiro mentre si serve un altro finto sorso dal bicchiere sempre pieno.

<< Tampa? >> domanda nuovamente il Nosferatu.

<< Sì, Tampa. Ne sono sicuro. Ma più di questo non so altro >>

Massaggiandosi il mento affilato Wilhelm inizia a pensare cosa sei Fratelli possano cercare in una città più piccola di Miami e meno popolata da altri Cainiti. Viene strappato dai suoi pensieri quando il Toreador fa schioccare le labbra per attirare la sua attenzione << Wilhelm, ti sono grato per lo scambio ma ora ti devo lasciare, la notte è breve ed ho molte persone da incontrare… >>

Alzando rapidamente gli occhi verso l’Arpia, già in piedi e con una mano al portafoglio, Kramer agita pigramente una mano per indicare che non c’è alcun problema. L’uomo lascia una banconota da dieci dollari sul tavolino e si allontana a passo svelto perdendosi fra la folla.

Rimasto da solo il Nosferatu impiega pochi minuti per prendere una decisione. Alzandosi e lasciando una manciata di banconote sotto il suo bicchiere, si avvia verso l’uscita sgomitando fra la folla fino a raggiungere la sua macchina parcheggiata vicino al locale. Salito in auto, accende il motore che rombando si perde nella notte.

Ho quattro ore per raggiungere Tampa, pensa mentre l’auto sfreccia nelle strade illuminate dai lampioni, forse meno se premo sull’acceleratore.

Distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada, Wilhelm getta un’occhiata fugace al suo orologio da polso

Ho tempo sufficiente per arrivare in città e per cercare gli altri. Prima però occorre che faccia una telefonata.

Incurante del rischio, il Nosferatu infila una mano nel taschino interno e ne estrae un vecchio cellulare a conchiglia con antenna. Senza guardare compone un numero a memoria ed attende di prendere la linea, sistemandosi il telefono fra la spalla e l’orecchio. Finalmente dopo parecchi squilli, dall’altra parte del ricevitore qualcuno risponde. 

Il suono di un respiro raspante arriva all’orecchio di Wilhelm << Guter Abend, doktor Vogel. Sono Wilhelm, ho qualcosa da chiederle >>.

 

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Capitolo 7
*** Il Principe e la Talpa ***


(7) Il Principe e la Talpa

Il Principe e la Talpa

Cassiopea


Entriamo in quello che sembra essere un piccolo casinò clandestino poco illuminato e troviamo quello che intuiamo essere Samuel Mansour, intento a giocare a carte con delle persone. Il nuovo Principe della città di Tampa sembra essere un tipo dall'aria davvero poco affidabile e immerso fino al collo in affari loschi, sia dal posto in cui risiede, sia dal suo aspetto davvero singolare. E' alto, dalla carnagione più scura degli altri con le braccia ricoperte di tatuaggi e lasciate scoperte apposta dalle maniche della camicia bianca, arrotolate fino ai gomiti. La faccia è butterata e i capelli sono neri e tagliati a spazzola, mentre le mani sono ricoperte di anelli i quali tintinnano ogni volta che tamburella le dita sul tavolo, pianificando la sua prossima mossa. Al collo porta una catenina d'oro con un effige di quello che intuisco essere un santo e sopra la camicia porta un gilè blu scuro con dei ricami azzurri più chiari. Per un po' egli non si accorge della nostra presenza e continua a giocare, ma accortosi di avere ospiti chiede affabile alle persone con cui stava giocando d'azzardo di farsi da parte in modo da poter parlare con noi.

<<  Prego, accomodatevi >> Ci dice poi, accompagnando le sue parole con un gesto della mano.

Io e gli altri ci accomodiamo al tavolo sopra il quale vi è una lampada che illumina il tavolo di una luce chiara e bianca, lasciando nella penombra il resto della stanza.  

<< Gradite una partita a Black Jack? >> Chiede egli una volta che ci siamo seduti. Senza aspettare una nostra risposta, incomincia a distribuire le carte da gioco. Non so come si giochi a carte in quest'epoca, ma cercherò di fare del mio meglio. Vorrei che ci fosse Carlos con me, lui sicuramente saprebbe come fare, ma ho dovuto lasciarlo al bar. I ghoul non sono ammessi in questi casi.

<< Molto piacere comunque, sono Samuel Mansour >> Si presenta, una volta finito di distribuire le carte

<< Piacere, Cassiopea >> Rispondo gentilmente e anche gli altri si presentano con aria forse un po' timida. Immagino che non siano abituati a trattare con gente più altolocata di loro a parte Irwin, ma lui è una persona di poche parole.

<< Come mai siete venuti qui a Tampa? E da dove venite? >> Chiede poi il Principe, facendo la prima mossa.

<< Veniamo da Miami e abbiamo sentito dell'asta del Museo di Tampa che purtroppo sta per chiudere , quindi siamo venuti qui per vedere di che cosa si tratta >> Rispondo io, prendendo la parola a nome del gruppo. Gli altri nel frattempo continuano a giocare e io memorizzo ogni loro mossa per riuscire a giocare decentemente

<< Un vero peccato, la chiusura di un luogo di storia e di cultura non è qualcosa che apprezzo in genere >> Aggiungo poi. A questa rivelazione il signor Mansour sembra quasi sollevato.

<< Capisco, e siete interessati a qualche oggetto in particolare? >> Chiede poi

<< No, in realtà no >> Rispondo io << Io e il signor Maxwell siamo venuti a dare un'occhiata, mentre gli altri hanno deciso di accompagnarci in questo viaggio >>

Gli altri del gruppo mi guardano sconvolti. Sanno perfettamente che mentire al Principe è rischioso e che la scusa che ho appena fornito non è delle migliori (siamo davvero in troppi e troppo armati per non avere una missione da parte della nostra Principe), ma ricordo anche della nostra riunione al Paradise of Eclipse prima di partire. Tampa è in una situazione instabile, e non vorrei che il Principe sfruttasse questa nostra missione per avere dei favori in cambio o che si intromettesse negli affari della Contessa. Se il volere della Contessa fosse non rispettato per qualche ragione saremmo tutti nei guai una volta tornati a casa, ancora più che qui a Tampa. Meglio rimanere sul vago.

Il principe si volta verso di me << Dai, davvero non siete venuti qui per qualcosa di più specifico? >> dice, poggiando la sua mano sulla mia. Improvvisamente sento come se io e il signor Monsour ci conoscessimo da anni, e potessi raccontargli qualsiasi cosa.

<< Effettivamente c'è una ragione, io personalmente sono venuta qui per riuscire a trovare delle opere della mia epoca... Ho molta nostalgia di casa >> Gli confesso. E' una mezza verità, ma non è un'informazione che può nuocere a qualcuno.

<< Capisco >> Dice poi << So che non è una domanda che in genere si pone ad una signora ma... A quando risale il suo Abbraccio? >>

<< Fui abbracciata a Delfi, nel 580 a. C >> Rispondo con semplicità.

Il Principe mi guarda leggermente sbalordito. Nel frattempo il gioco di carte continua, e nonostante non sappia nulla di questo gioco e stia imitando tutti gli altri per quanto riguarda le loro mosse li sto stracciando tutti, compreso Samuel Mansour. Fortuna del principiante suppongo. Cerco nel frattempo di assumere un'espressione di chi sa esattamente cosa sta facendo. Vorrei cercare di continuare la conversazione con il Principe ma prima che io abbia il tempo di aprire bocca, Lucas decide di riscuotersi dal suo mondo dei sogni e di prendere la parola.

<< Abbiamo sentito comunque che la situazione qui non è delle più... Tranquille >>

Io e il Principe ci guardiamo con aria estremamente perplessa. Per Zeus, cosa sta cercando di fare Lucas?!

<< Prego? >> Risponde il Principe, inarcando lievemente un sopracciglio

<< Beh si, le notizie della vostra situazione tumultuosa sono arrivate fino a Miami >> Risponde Lucas, non capendo che sarebbe il momento di tacere. Per Zeus, non stento a credere che rimanga tutto il tempo nella suo rifugio senza uscire mai, appena apre bocca ti viene voglia di bruciarlo con la prima cosa che ti capita per le mani.

<< Ma ognuno ha i suoi problemi, no? >> Dico, cercando di salvare la situazione all'ultimo, con uno sguardo verso Lucas che fatica a non sembrare omicida. Ω τησ αμαθιασ! Non ci posso credere! Ma è per caso αβδηριτεσ?! Mi sarei aspettata un comportamento differente da un Tremere

<< Voi invece siete nel territorio della ... Contessa, giusto? >> Chiede Samuel Mansour con aria guardinga

<< Si è esatto, una donna meravigliosa >> Dico io << Vorrei poter dire altrettanto di sua figlia, la Siniscalco >> Aggiungo poi, cercando disperatamente di sviare il discorso. Non è qualcosa che dovrei dire, ma ormai la situazione è completamente precipitata.

<< Tanja Valschenka? >>

<< Esatto, assolutamente adorabile ma estremamente impulsiva. Ha del talento, ma ha ancora tanto da imparare. Come vede, ognuno ha i suoi problemi >> Dico, cercando di essere il più cordiale possibile in modo da far apparire ciò che ha detto Lucas come la sciocchezza del momento.

Samuel Monsour si alza in piedi guardando verso il basso, dopodichè sposta il suo sguardo verso ognuno di noi.

<< Vi do come tempo di permanenza questa notte e la seguente. Entro tre ore dalla fine dell'asta dovrete essere di ritorno verso la vostra Città. Come vostra residenza per il pernottamento ci saranno delle stanze prenotate a mio nome all'hotel Quarter at Ybor, mentre la zona di caccia sarà l'East Ybor. Adesso perdonatemi signori, ma altri ospiti mi attendono. >> Dice egli con fredda cortesia

<< Certamente, la ringrazio infinitamente per l'ospitalità >> Rispondo mentre mi alzo in piedi << E le auguro un buon proseguimento di serata. >>


***



Irwin 

Cornell aspetta paziente che qualcuno risponda al telefono. La Valshenka a quanto pare ha un contatto a Tampa che dovrebbe spiegarci i dettagli necessari su come recuperare il plico. Ci stiamo dirigendo verso il rifugio che il Principe ci ha generosamente assegnato, e l’ideale sarebbe riuscire a incontrare il nostro nuovo amico lungo il percorso  per non destare sospetti.

Come previsto, Mansour non ha osato negare ospitalità a degli inviati della Contessa, ma difficilmente l’incontro sarebbe potuto andare peggio.

Guardo Lucas, il quale continua ad ignorare tutto e tutti.

Grazie al suo intervento Mansour ci ha preso in antipatia, e, o si è fatto l’idea che siamo interessati al suo programma politico e che abbiamo qualcosa in contrario su come lui gestisce i suoi affari, o potrebbe aver perfino scambiato il commento per un’intimidazione da parte della Contessa.

I regnanti di ogni ora vedono minacce e complotti ovunque, ed ogni parola pronunciata nelle corti dei mostri ha conseguenze.

Senza contare l’infelice confidenza di Cassiopea. Sangue vecchio di millenni in città... una preoccupazione per chiunque. Sono rimasto stupefatto anche io. I cainiti diventano estremamente nervosi quando notano che non sono familiare con la tecnologia, assieme alla mia spada è un indizio della mia età, ma un vampiro millenario dovrebbe essere in grado di strapparmi in due come carta. Perché la Contessa ha voluto mandarmi qui a proteggerla? Che sia anche lei più debole di come dovrebbe essere, come me?

Ad ogni modo ormai il danno è fatto. Mansour sembrava prudente, e non mi resta che sperare lo sia abbastanza da non provare a nuocerci.

La notte, tuttavia, non fa che peggiorare. Il contatto, un ghoul o cainita di nome Javier, risponde, ma la conversazione è.. strana.

«Sniff... pronto, chi parla?»

«Javier? Ci manda la Valshenka, dobbiamo...»

«Ah, sì, sì. È un po’ un brutto momento, incontriamoci tra un quarto d’ora sulla centoventisettesima».

«Cosa? No, ci serve che tu ci raggiunga verso...»

«Ora devo andare, fate in fretta».

Riattacca, e Cornell impreca tra i denti. Non resta altro da fare che svoltare, iniziando la nostra deviazione.

Se il principe ci sta  facendo seguire, questa storia potrebbe prendere una brutta piega, ma, per quanto tenga d’occhio la strada dietro di noi, non riesco ad individuare nessun veicolo sospetto.

Jesse parcheggia l’auto di Cornell vicino al posto dell’incontro.

Javier non c’è.

Cornell lo richiama, le enormi dita che tamburellano sul cruscotto spazientite.

«Ehi. Vi ho visti passare, la mia auto è nel vicolo» riattacca prima ancora che Cornell riesca ad aprire bocca.

Jessie porta l’auto nel vicolo. Sono il primo a scendere, la borsa della spada a tracolla. Cornell e Jessie mi seguono, gli altri restano un po’ indietro.

Javier è alto, e lancio un’occhiata dubbiosa ai suoi improbabili capelli biondo platino mezzi rasati, ai suoi jeans strappati ed alla maglia sportiva che porta sotto il giubbotto di pelle. La cosa che più mi fa dubitare della sua affidabilità, comunque, è l’aria sovreccitata che ha mentre tira su con il naso. Ho visto troppi cocainomani nel mio “lavoro” per non riconoscere il vizio. Si pulisce una mano, coperta da un guanto, sulla maglietta e me la stringe, per poi fare lo stesso con gli altri.

«Ehilà, come state? Uh, sei proprio un grosso figlio di puttana, eh?» dice a Cornell, il quale digrigna i denti. «Tu con il trenchcoat, vieni qui, mi serve una mano» mi dice.

Lo seguo in silenzio. Ho sentito un odore familiare sul suo guanto, ed è ancora più forte nel fondo del vicolo.

Due cadaveri a terra. Uno grasso, uno magro. Quello grasso indossa una maglietta ed una camicia a fiori, aperta a rivelare una fondina sotto il braccio. Entrambi uccisi con un coltello, prima ancora che riuscissero ad estrarre. Javier è più pericoloso di quanto sembra.

«Aiutami a metterli nel bagagliaio, prima che arrivi qualcuno».

Li sollevo, uno per mano, e li lascio cadere nel baule della sua auto. Decido di non fare domande, ma Lucas non sembra dello stesso avviso. «Chi erano?»

«Non lo so. Stavano ronzando attorno a Clarence, il tizio che ha il plico che vi serve, e si erano accorti di me. Ho dovuto farli sparire».

Cornell si china a frugargli in tasca. Estrae due distintivi e mi sento digrignare i denti, abbastanza forte perché il rumore faccia voltare qualche testa.

Avevo sperato che fossero criminali o simili. Cooperare con chi è disposto a uccidere senza fare domande non mi piace per nulla, e mi piace ancora di meno l’alzata di spalle con cui Javier liquida la cosa.

Vedo Jesse lanciarmi un occhiata preoccupata, incerto su come io possa reagire. Mi accorgo di aver stretto troppo la mano sul bagagliaio, mentre mi preparavo a chiudere, e le mie dita hanno lasciato un ammaccatura.

Chiudo il bagagliaio e mi allontano da Javier, prima di cedere all’impulso di farlo passare attraverso un muro di mattoni o due.

«Bene, ora che quel problema è sistemato, veniamo ai nostri affari. Clarence Beeks è un contabile dell’FBI. Sembra che si sia sentito insoddisfatto della sua attuale retribuzione, e che abbia intascato alcuni documenti per farci sopra qualche soldo in privato. Il problema è che i suoi superiori hanno fiutato la cosa. Gli stanno addosso, e sembra che alla cazzo di festa si siano uniti anche i nostri amici della polizia. Clarence ha bisogno di soldi in fretta, e vuole vendere tutto. Vi darò il suo numero di telefono ma non provate a usare nessuna delle vostre stronzate soprannaturali davanti a lui. Quell’uomo è un federale, ed ha un sacco di occhi addosso. Male per gli affari, cercate di non lanciare macchine in sua presenza, comprende?»

Ho l’impressione che lo sguardo di Javier sia fisso su di me mentre dice queste ultime frasi. Gli altri annuiscono.

«Bene. Ora spostate quel carro armato, così posso uscire» dice, indicando l’auto di Cornell e salendo sulla sua.

Jesse fa manovra, e l’auto di Javier sparisce nella notte. Prima ancora che possiamo risalire per andarcene, però, una volante della polizia svolta l’angolo, fermandosi davanti a noi. «Ehi, voi. Mostrateci i documenti. Tu, nell’auto, mani sul cofano» dice un poliziotto, scendendo dalla macchina. L’altro ci illumina con una torcia, controllando i nostri volti con fare via via più perplesso.

«C’è qualche problema, agenti?» chiede Cassiopea, muovendosi per parlare con loro. Seguo lo sguardo confuso di quello più giovane, pensando che il disastro è completo.

Cornell, il nero di due metri vestito di verde, Lucas, un ragazzo pieno di tatuaggi, e io, con giacca di pelle e sacca da ginnastica a tracolla. Noi tre  assieme dobbiamo sembrare decisamente sospetti.

Ma in compagnia di Paracelso, con il suo completo elegante e bastone da passeggio, e di Cassiopea, con quello che suppongo sia per quest’epoca un vestito di lusso, la cosa comincia a diventare surreale. Jessie sarebbe l’unico che riuscirebbe a non attirare l’attenzione, se fosse da solo.

Non riesco a capire cosa i poliziotti sospettino stia succedendo, perché non riesco a trovare un singolo motivo legittimo per cui un gruppo come il nostro si trovi assieme, nel cuore della notte, in un vicolo deserto.

Vicolo tra l’altro ancora sporco di sangue, alle nostre spalle.

La cosa finirà male, ma ci provo comunque.

«... sì, l’auto non è mia, il mio amico si è offerta di farmela provare...» Mentre Jesse mostra la patente ad uno dei due, io consegno i miei documenti, falsi, all’altro.

«Cosa c’è nella borsa?» mi chiede, puntandomi la luce negli occhi.

«Vestiti da ginnastica. Sono stato in palestra».

«Non sei di Tampa».

«Stavamo andando al nostro albergo» mi interrompe Cassiopea, sorridendogli giuliva, mostrandogli i suoi documenti. «Tutto a posto? Possiamo andare ora? La prego agente, è stata una giornata lunga...» dice, sbattendo le ciglia con fare teatrale.

Riesco a reprimere una smorfia.

«No signora. Tu, vieni avanti» dice, indicando Cornell. «Dobbiamo scortarti in centrale per un controllo. Sali sulla nostra macchina».

L’altro poliziotto ha fatto scendere Jesse, e i nostri occhi si incrociano. Lo vedo sospirare, e sembra decidere di provare a gestire la cosa prima che qualcuno guardi nella mia borsa e la situazione degeneri. «Agente? Mi scusi?» dice, e quando il poliziotto più anziano si volta a guardarlo gli occhi del ragazzo si fanno magnetici, catturando il suo sguardo. «È proprio necessario? Non abbiamo fatto niente di male. Potete lasciarci andare, è tutto a posto, promettiamo di non metterci nei guai» dice, il tono amichevole e preoccupato di un onesto cittadino. Lo sguardo del poliziotto si fa confuso, sentendo l’impulso di assecondarlo, poi sembra rilassarsi mentre Jesse mantiene il contatto visivo e continua a suggestionarlo. Tengo d’occhio l’altro, e noto che il suo sguardo è similmente assorbito dagli occhi di Paracelso. «Il mio amico ha ragione, agente. Sembrate stanchi, andate pure a farvi una bevuta. Lasciateci andare».

«Sì... dopotutto, è stata una giornata lunga. Risalite in macchina, andatevene, non potete sostare nel vicolo» dice il primo, facendoci cenno di muoverci mentre mi ridà i documenti. Ci sbrighiamo ad obbedire, e mentre ci allontaniamo in macchina rifletto sullo strano incontro.

Stavano anche loro tenendo d’occhio Clarence il contabile? Ma indossavano le uniformi... Una coincidenza allora?

Siamo sulla via del ritorno, quando sento Cassiopea dire «Qualcuno ci sta seguendo»

 

 

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Capitolo 8
*** L'Inseguimento ***


(8) L'Inseguimento

L'Inseguimento

Irwin

Guardo Cassiopea con una punta di scetticismo, poi torno a scrutare fuori, senza notare niente di sospetto.

«Sei sicura?» chiedo. Il suo sguardo è completamente perso nel vuoto mentre parla. Sembra esserci e non esserci allo stesso tempo.

«Sì, ho appena avuto una visione. Ne sono sicura » dice solenne.

Paracelso dice a Jesse di fare un giro attorno all’isolato, e il ragazzo esegue. Non notiamo nulla, quindi decidiamo di fermare la macchina in una strada laterale. Lucas per qualche motivo insiste a controllare che sotto l’auto non ci siano insetti, e gli altri sembrano approvare. Jesse mi lancia lo sguardo che usa per “ti spiego dopo” quindi lascio fare senza chiederne lo scopo.

Sembra essere tutto a posto. Lucas ritira fuori il suo monitor o come li chiamano adesso, e comincia a toccarlo con le dita a tutta velocità. «Ok, siamo nel circuito delle telecamere del traffico. Vediamo un po’, ecco le registrazioni... questi sono i tre incroci che abbiamo passato negli ultimi dieci minuti, ora metto avanti veloce...» per tre volte vediamo la nostra auto attraversare lo schermo e, ogni volta, tra i vari veicoli ne spicca uno che fa la nostra strada. È strano, uno di quelli che chiamano auto d’epoca, la carrozzeria ben pulita e scintillante.

«Non ci ha passato. Si è accorto che siamo fermi» dico.

Lucas fa cambiare l’immagine un po’ di volte, finché non mostra l’automobile ferma. «Sulla strada principale, una trentina di metri più indietro» dice, un sorriso soddisfatto gli attraversa in fretta il volto.

«Scopriamo chi è?» chiede Paracelso.

«Vado io. Voi aspettate qui» rispondo, uscendo dall’auto.

Il mio compito è di proteggere gli altri, e so come muovermi senza essere visto.

Per strada non ci sono passanti. Una fila di macchine è parcheggiata lungo il lato, nascondendo l’auto d’epoca alla mia vista. Mi abbasso, restando vicino alla fiancata delle automobile, e comincio ad avanzare silenzioso. C’è molta luce, gli ultimi metri saranno un problema, ma posso scattare abbastanza in fretta da salire nell’auto prima che il conducente abbia il tempo di mettere in moto e allontanarsi, anche restando nei limiti dell’umano. Ancora pochi passi e...

Le trombe dell’inferno squarciano il silenzio della notte, facendomi sobbalzare mentre il mondo esplode in una cacofonia alle mie spalle. Mi volto in una frazione di secondo, la mano stretta attorno all’impugnatura della spada e vedo Cassiopea, caduta a terra, che fissa incredula la macchina accanto a se, i fari che lampeggiano mentre le trombe furiose dell’allarme suonano a tutto spiano.

La fisso, sbalordito, e lei mi lancia uno sguardo molto stordito  che sembra dire “volevo solo aiutare!”

Sento un motore mettersi in moto rombando alle mie spalle, e rivolgo alla vampira un ringhio inumano mentre mi volto e comincio a correre.

Salto sul cofano di una macchina, l’auto d’epoca sgomma uscendo in strada a tutta velocità, mentre la testa e la coda si scambiano di posto in una curva stretta. Mentre riparte e prende velocità spicco un balzo, e le mie dita si serrano intorno al metallo sporgente del paraurti.

I miei anfibi slittano contro l’asfalto mentre vengo trascinato, ma la mia presa è d’acciaio. Cerco di issarmi e risalire, la carrozzeria è liscia, molto dietro di me i motori dell’auto di Cornell cominciano a ruggire.

Il conducente deve avermi notato, perché inizia a sbandare cercando di sbalzarmi via.

Stringo i denti, mi serve un po’ più di forza per questo. Il sangue corre nei miei muscoli, aumentando la loro potenza. Le mie mani si stringono sul metallo, deformandolo come cartone, aprendo solchi e scavando due maniglie. Mi tengo senza sforzo, aspettando che l’auto finisca una curva, poi uso lo slancio per alzare le gambe e sfondare il finestrino posteriore con un calcio, proiettandomi all’interno. Davanti a me c’è...

Non capisco.

Continua a cambiare e contorcersi, a tratti una nuca di capelli neri pettinati, a tratti qualcosa di bianco e deforme.

«Che cazzo fai?! Scendi, vattene!!» mi urla.

Non è un umano. Posso fare a meno di trattenermi. Gli tiro un pugno in faccia, colpendo di striscio il poggiatesta che si piega all’indietro, deformato, e la cosa sbatte la faccia contro il vetro, crepandolo. Giusto un colpo di avvertimento. «Ferma l’auto, e...» comincio a dire.

Continuo a scordarmi di quanto siano sensibili i comandi di questi affari infernali.

Il mio colpo ha sbalzato il conducente di lato mentre stringeva il volante, e l’auto sterza di lato a tutta velocità. Sbattiamo contro qualcosa, sento le ruote stridere contro la strada e il mondo fuori del finestrino sta girando vorticosamente.

La cosa cerca disperatamente di riprendere il controllo mentre io mi reggo. Sbattiamo ancora, poi ancora, e finalmente l’auto si ferma, schiantando il fianco contro un altro veicolo.

« La mia povera macchina...» si lamenta la cosa al volante.

Scatto in avanti e lo afferro, bloccandolo, l’illusione di un aspetto umano che mi danza attraverso le dita. «Perché ci stai seguendo?» ringhio, tirando fuori la daga.

«Calma, calma. Non c’è motivo di essere violenti» dice nervoso, restando perfettamente immobile.

Gli altri ci raggiungono, e trascino il vampiro fuori dalla macchina. Ora vedo bene il suo vero volto, pallido e deforme come quello di un diavolo. Un nosferatu.




***


Cassiopea

La macchina si ferma bruscamente mentre vediamo Irwin alle prese con il pedinatore. Avendo sempre attivato il potere di Auspex, che mi consente di vedere meglio e sentire meglio dei mortali, nonchè le aure delle persone, riesco a capire che esso è un cainita. Scendo dalla macchina e mi appresto ad avvicinarmi a quello che sembra essere l'ostacolo primario alla nostra missione. All'interno della bestia di ferro nemica, al posto del guidatore, vi è un uomo di media statura con i capelli imbrillantinati tirati all'indietro, dall'aria piuttosto anonima. Porta una giacca dal taglio non troppo elegante, dei pantaloni della stessa foggia e una camicia bianca. Sembra la classica persona abituata a confondersi nella folla, l'unica cosa che attira vagamente l'attenzione è lo stile della sua macchina che ricorda un'epoca passata. Il finestrino da cui lo sto osservando ormai non esiste più, è completamente rotto e tutti i vetri sono caduti all'interno. L'uomo urla e strepita mentre Irwin continua a tenerlo per il bavero.

<< LASCIAMI DANNAZIONE! Ho capito, ho capito, sono stato colto in flagrante, ma di certo non sono questi i modi di trattare una persona civile! >>

<< Sono d'accordo con lei. Perdonate l'irruenza del mio amico, ma la sua indiscrezione lo ha a dir poco impensierito >> Dico, appoggiando gli avambracci sul bordo del finestrino << Fossi in lei direi chi è e come mai ci sta seguendo. Immagino non voglia che il mio amico si impensierisca ulteriormente >> Aggiungo sogghignando lievemente, mentre Irwin continua a tenerlo fermo per il bavero.

<< D'accordo, d'accordo! Possiamo parlarne in un luogo più confortevole? C'è un club a pochi metri di distanza da qui! >>

Mi giro per vedere intanto cosa stanno facendo gli altri nell'Hummer. Paracelso è sceso e sta alle mie spalle, gli altri nel frattempo hanno sentito l'intera discussione, grazie ai toni alti e isterici dell'uomo, e discutono sul da farsi. Prima che io abbia il tempo di aprire bocca per rifiutare la gentile offerta, considerando che non mi fido minimamente di questo tizio, Paracelso prende la parola.

<< Va bene, meglio togliersi dalla strada >> Dice, aprendo la portiera della macchina malandata  << Ma non fare scherzi, l'inglese sembra nervoso >> aggiunge poi, sistemandosi nei posti dietro della macchina e mettendo ben in vista il suo bastone da passeggio. Cornel lo segue, e a questo punto decido di fare lo stesso. Irwin nel frattempo è seduto affianco a quello che era il nostro inseguitore. La macchina sta per ripartire, quando Carlos si affretta a cercare di aprire la portiera, ma essa è stata bloccata in qualche modo dall'interno.

<< FERMO! >>

<< Cosa succede? >> gli chiedo con semplicità

<< Non posso lasciarti andare da sola, è pericoloso. >>

<< Come puoi vedere non c'è più posto in macchina. Apprezzo il fatto che tu sia preoccupato, ma non c'è alcun bisogno di esserlo. Sono con Paracelso, penserà lui a me in caso >>

<< Mi dispiace ma non è proprio possibile >> ribatte. Sembra sull'orlo di una crisi isterica.

<< Carlos, apprezzo la tua lealtà ma alle volte sei davvero appiccicoso >> rispondo stizzita.

<< Davvero, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi >> ribadisce Paracelso guardandolo dritto negli occhi << La tua padrona è capace di badare a se stessa. In caso ci penseremo noi >>

<< Ma... >>

Carlos non fa in tempo a completare la frase che la macchina incomincia a partire, e lo saluto con la mano divertita. Sono una vampira millenaria, di certo so badare a me stessa. Rassegnato, il ghoul si dirige verso l'Hummer guidata da Jessie.

Il viaggio è silenzioso e dopo pochi minuti,  su indicazione di Paracelso e Irwin, l'uomo parcheggia in un vicolo affianco ad un club. Scendiamo tutti dall'auto, Irwin in qualche modo continua a tenerlo stretto per un braccio. Mi sto avviando verso il club così come aveva suggerito Paracelso, quando proprio lui mi ferma mettendomi una mano sulla spalla. Ha ragione: se dovessimo avere problemi non potremmo lasciare testimoni. A quanto pare stavamo solo cercando un luogo più appartato per interrogarlo. Mi giro e mi rivolgo al vampiro.

Avrei preferito non farlo, davvero.

Se prima era un uomo di media bellezza, adesso non lo è più. La sua pelle, grigia e squamata, tesa su un corpo scheletrico e saltano subito agli occhi i bubboni che la ricoprono, con un colorito tra il grigio cadavere e il giallo itterizia. Gli occhi sono infossati, il naso è incartapecorito e le guance sono scavate. I capelli lunghi sono bianchi e unti, portati indietro e con il riporto a mascherare la calvizie. Le sue dita sono lunghe e dalle unghie pronunciate.

Un nosferatu.

Per Zeus, detesto quegli orribili topi di fogna, e non in senso metaforico. La maggior parte di loro vive nelle fogne e sono considerati le "spie" del mondo cainita, sono degli ottimi recettori di informazioni, ma hanno solo quello di positivo. Viscidi, orribili, ma astuti. Per loro è buona educazione quando parlano con gli altri cainiti smettere di nascondersi sotto il loro travestimento e mostrare il loro vero volto. Io preferirei facessero il contrario. Gli altri nel frattempo ci hanno raggiunto e si apprestano ad ascoltare la conversazione.

<< Allora, siamo venuti nel posto che voleva. Può dirci adesso chi è e come mai ci sta seguendo? >>

<< Il mio nome è Wilhelm Kramer >>  Dice, porgendomi la mano per presentarsi << Per quanto vi stia seguendo però, vi conosco solo di nome e non tutti voi >>

<< Cassiopea Person >> Mi presento, stringendogli la mano a denti stretti ma cercando di non essere scortese. Caspita che schifo!

Anche tutti gli altri si presentano, tranne Lucas, il quale si rifiuta. Wilhelm lo guarda, inarcando le sopracciglia. Brutto βαρυεγκεφαλος.  Sul serio fai così, dannato Tremere del cazzo? Dopo tutti i guai che ci stai causando? Incredibile, davvero. E pensare che il tuo clan dovrebbe essere formato da gente con un minimo di φρόνησις.

<< Deve perdonare il mio compagno di gruppo, è estremamente riservato, talmente tanto da risultare sgarbato a volte >> dico al Nosferatu facendo un sorriso imbarazzato e scoccando un'occhiataccia a Lucas. Giuro che quando torneremo a Miami farò finta di non conoscere e non aver mai incontrato Lucas nella mia non vita.

<< Tornando al dunque, come mai ci segue? >>

<< Si è sparsa in giro la voce della vostra missione, ovvero che siete qui a Tampa per recuperare un oggetto per la Contessa, un oggetto d'arte. L'unico motivo per cui vi seguivo era per scoprire cosa dovevate prendere per poter recuperare qualcosa di simile io stesso >>

Potrei dire che è imbarazzato? Non riesco a capire.

<< Come mai? >>

<< Per entrare nelle grazie della Contessa >>

Ah, che carini gli arrampicatori sociali  penso sarcastica. Anche se è meglio questa motivazione di molte altre.

<< Siccome mi avete distrutto la macchina e trascinato in malo modo qui, in questo vicolo puzzolente, sareste disposti a dirmi quello che siete venuti a prendere? >>

Gli altri nel frattempo si sono messi in disparte a parlottare e discutere sul da farsi. Di mio non sarei d'accordo. Se fosse una trappola? Non ci si può fidare di un individuo simile. Mentre gli altri prendono la loro decisione, Wilhelm incomincia a pormi una serie di domande riguardo le mie frequentazioni, in particolare la mia conoscenza di Jessie, lo Zimbello di Miami.

<< Strano vedere una persona così altolocata con un... una persona simile >> dice, bloccandosi a metà della frase, probabilmente per non insultare il mio compagno di gruppo.

<< Si è vero, in genere non sarebbe comune vederci nello stesso gruppo >>

<< Siete amici? >>

<< In queste circostanze lavoriamo insieme >>

<< Quindi è solo per lavoro? Non prova quindi simpatia per lui? >>

<< Non ho detto questo >> Rispondo, sorridendo a denti stretti

Non avevo calcolato i pettegolezzi che si sarebbero andati a formare da questa missione. Sono una persona di alto rango mentre Jessie è un Vile, un senza clan,  particolarmente disprezzato per il fatto che si ostina a voler vivere come un umano. Se il resto della Polis mi vedesse con Jessie ci sarebbe uno scandalo. Piccolo, ma pur sempre uno scandalo. Per quanto mi riguarda, Jessie è adorabile, per quanto poco saggio. La comunità dei cainiti è piccola ed è difficile sopravvivere da soli. Se tenesse per se la sua filosofia di vita, per lui tutto sarebbe molto più semplice. E devo dire anche per me, in questo momento. Dannato nosferatu. Nel frattempo gli altri sono giunti ad una decisione.

<< Ti diremo ciò che siamo venuti a prendere, a patto che tu ci informi se qualcuno ci sta seguendo o ci seguirà in futuro nella nostra permanenza a Tampa. Non vogliamo che episodi simili succedano di nuovo e tu sembri intenderti di queste cose >> dice Paracelso.

<< Si può fare >> risponde Wilhelm con serietà.

<< Se però qualcosa dovesse succedere, ti verremo a cercare >> dice Irwin.

Classico gorilla.

Mi chiedo comunque se queste persone ci stiano con la testa. Non ci si può fidare, è un dannatissimo nosferatu! Se proprio si è disperati si richiedono informazioni ai nosferatu in cambio di altre, e dopo si verifica che siano vere soprattutto. Questi sono peggio delle Arpie. Decido quindi di farmi da parte mentre gli altri continuano a discutere i termini del patto, in quanto ciò che penso non è ciò che pensa la maggioranza. Mentre mi allontano un po', assorta come sono nei miei pensieri, sento la voce di Paracelso.

<< ... Mi dispiace comunque per la tua macchina, è davvero bella ed è un peccato che sia stata ridotta in tal modo. Posso offrirle le riparazioni se vuole >>

<< La ringrazio della sua cortesia >> risponde Wilhelm.

Sei troppo buono Paracelso, davvero. Anche se suppongo che la tua gentilezza sia dovuta più al tuo amore per le macchine antiche che per pura bontà d'animo.

Salutiamo il nostro nuovo "amico" e saliamo di nuovo sull'Hummer per tornare finalmente al nostro rifugio temporaneo. E' stata una giornata davvero stancante. Il viaggio prosegue ancora una volta nel più totale silenzio, nessuno ha voglia di parlare dopo tutto quello che è successo oggi, e io nemmeno. Arrivati in hotel, alla reception diciamo il nome del Principe, e subito ci vengono fornite quattro camere prenotate a suo nome. Jessie e Irwin si prendono una camera, io e Carlos un altra. Lucas, che come al solito ha una vera e propria passione per complicare la vita a lui e agli altri che lo circondano. Incurante del fatto che con questa sua mossa potrebbe offendere ulteriormente il Principe, decide invece di andare in un altro rifugio, dove non può essere trovato. Ci diamo quindi appuntamento alle nove di sera davanti all'hotel per svolgere la missione il giorno successivo. Cornel e Paracelso invece si prendono quindi le due camere restanti.

Sbuffando per la stupidità di Lucas, salgo le scale che portano al secondo piano, dove ci sono state date le camere, seguita dal resto del gruppo e dal ragazzo della reception. Queste camere, ci spiega il ghoul della reception, sono state fatte in modo da avere una botola che può essere aperta solo dall'interno, in modo che il cainita ospite possa mettersi all'interno e dormire indisturbato, anche se durante il giorno dovessero passare le signore delle pulizie. Entrata in camera mi dirigo verso il bagno per andare a rinfrescarmi, ma voltandomi per chiudere la porta vedo Carlos, che mi lancia un'occhiata in tralice.

<< Mi hai fatto preoccupare >>

<< Sei fin troppo apprensivo >>

<< Siamo in una città in cui non sei mai stata, non sai usare la tecnologia, non sai sparare e sei entrata in macchina con un tizio che ha passato il suo tempo a pedinarci! Hai visto poi che faccia aveva? Ti pare il caso?! >>

<< Non ero da sola, Carlos. >> rispondo << Per quanto le tue argomenti siano valide, sono passibili del quarto criterio di forza delle osservazioni induttive >>

<< Cassiopea non ricominciare, non puoi sempre cavartela utilizzando argomentazioni filosofiche, non siamo in un'aula universitaria... >>

<< Fin ora me la sono sempre cavata >> gli dico, facendogli l'occhiolino e chiudendo la porta prima che lui abbia il tempo di dire altro.

Sospiro. Si spera che la notte successiva vada meglio. Se esiste speranza per una creatura delle tenebre.





Nota di uno degli autori

Salve a tutti! Volevo avvisarvi che probabilmente la prossima settimana potrebbe esserci un ritardo nella pubblicazione poichè tutte le persone che scrivono sono sotto esame. Inoltre ne approfitto per ringraziare Fenris, gentile come sempre nelle sue recensioni. Buon proseguimento di serata
Kodoma.
 
















 

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Capitolo 9
*** Irwin Maxwell: Le Due Rose ***


(9) Irwin Maxwell: Le Due Rose

Irwin Maxwell: Le Due Rose 

Sono di nuovo a Bosworth. Gli York non sono riusciti a spezzare la nostra fanteria, ed ora il tiranno è venuto di persona con tutti i suoi cavalieri a prendere la testa del re.

L’aria è piena di urla, nel suolo il sangue e il fango si mescolano, coprendo i vivi e i morti. Il mio cavallo nitrisce a terra disperato, una picca spezzata conficcata nel petto.  La pressione del suo fianco sulla mia gamba è intollerabile, anche con l’armatura d’acciaio a proteggerla. Artiglio il terreno con tutte le mie forze mentre striscio per liberarmi. Urla e zoccoli, devo rialzarmi o sono morto. Sguaino la spada. Un cavaliere mi carica, riesco a deviare la punta della lancia e meno un fendente ad una gamba del suo cavallo mentre mi oltrepassa, tranciando pelle e muscoli.

«Sporco traditore!»

Un altro cavaliere appiedato sta correndo verso di me, la spada alzata. Le nostre lame cozzano con un impatto che mi riverbera nelle mani, poi meno un secondo colpo e un terzo, incalzandolo e facendolo indietreggiare. Un cavallo imbizzarrito passa tra di noi, e ci separiamo. Colgo l’attimo per cambiare presa, afferrando la spada per la lama, e appena lo rivedo scatto in avanti, menando un colpo usando la guardia come mazza, dritto contro il suo elmo. L’acciaio si piega e si deforma, finisce a terra, colpisco di nuovo sullo stesso punto, e dai lamenti contorti capisco che sta chiedendo pietà. Mi fermo, ma prima che possa fare altro qualcosa mi colpisce alla schiena con un dolore lancinante.

Mi volto, arretrando, e la mia lama blocca il secondo colpo. Riconosco il cavaliere a cui prima ho azzoppato il cavallo, enorme e sporco di fango. Fa roteare un martello da guerra, la punta rossa del mio sangue, attaccandomi e cercando di buttarmi indietro.

Capisco subito di essere in svantaggio. È più grosso di me, un colosso di due metri con braccia lunghe, ed è bravo. La sua arma può facilmente perforare la mia corazza, mentre una spada non può tagliare attraverso un’armatura d’acciaio.

Blocco un altro colpo che mi fa vibrare le ossa delle braccia e stringere i denti, e subito lui cerca di spingere per ribaltarmi, usando il suo peso a suo vantaggio. Rapido, afferro la mia lama, facendo leva e spingendo la sua arma di lato, guidando la punta alla giuntura della spalla in un affondo. La cotta di maglia sotto l’armatura si squarcia, e il sangue comincia a sgorgare mentre lo York urla. Cerco di spingere l’acciaio più in profondità, sentendo la lama grattare contro l’osso, ma lui lascia cadere il martello e afferra la mia spada con entrambe le mani, lottando per disarmarmi.

I due eserciti cozzano intorno a noi mentre ci dimeniamo, e due cavalli ci schiacciano l’uno contro l’altro. Perdo la spada, lo vedo portare una mano alla cintura e alzarla rapido. La daga entra nella feritoia del mio elmo, ma riesco ad afferrargli il polso e a bloccarla prima che mi trapassi l’orbita.

Fa forza, grugnendo, siamo entrambi feriti e vedo la punta avanzare verso il mio occhio. Il mio gomito è sul suo fianco, lo uso per colpire verso l’alto, mirando alla spalla che gli ho trafitto. Emette un lamento strozzato, le braccia perdono forza. Riesco a spingere la daga fuori dalla celata, ma i due eserciti ci premono l’uno contro l’altro sempre di più, mozzandoci il respiro. Mi tira un pugno, e il suo guanto d’arme si schianta contro il mio elmo. La testa mi vibra, poi mi colpisce ancora, e sento la celata deformarsi. Quanta forza ha questo tizio?

La mia mano si muove verso la sua faccia, afferrando alla cieca. Mi colpisce una terza volta, poi riesco finalmente ad alzargli la celata, e le mie dita, coperte d’armatura, artigliano il suo volto, scavandogli nelle orbite. Sento il sangue, ed altre cose molli cedere, e filtrare attraverso gli anelli della cotta di maglia fino alla mia pelle, mentre l’uomo lancia un urlo che mi riecheggerà nella testa per molti notti. Lo prendo a pugni, spaccando denti e lacerando la pelle, finché qualcosa cede col rumore e di un ramo che si spezza, e lui smette di urlare per sempre.

Resto bloccato con il suo cadavere per qualche secondo, poi gli eserciti si separano, e il suo corpo finisce a terra con gli altri. Raccolgo la spada, barcollando, e lancio un urlo assieme ai soldati accanto a me, serrando i ranghi mentre gli York si preparano per un’altra carica.

 

***

Mi sveglio di scatto, sono prigioniero in un posto buio, legno sopra la mia testa.

La bara, di nuovo.

Una frazione di secondo dopo sono in piedi e vedo Jessie indietreggiare esterrefatto.

Cerco di calmarmi, lasciando andare la spada, e mi guardo attorno.

Non sono a Bosworth, e nemmeno nella bara.

Sono a Tampa, nel rifugio che il principe ci ha assegnato, sia gli York che i Tudor sono polvere ormai da secoli, e quella che ho scambiato per la mia tomba d’acqua era solo la botola nascosta in cui ho dormito durante il giorno. L’ho aperta con tanta forza da colpire il letto sopra di essa e sbalzarlo di lato, ed ora giace ribaltato sul pavimento.

«Tutto... tutto ok?» mi chiede il ragazzo, ancora scosso e con gli occhi sgranati.

Bofonchio una risposta mentre sollevo il letto e provo a rimetterlo a posto.

Anche il chiavistello di acciaio della botola si è piegato. Lo afferro con le dita e faccio pressione, raddrizzandolo.

«Sei pregato di non lanciare i miei mobili in giro, se ti viene un incubo nel mio soggiorno» aggiunge, cercando di sdrammatizzare.

«Lo so».

«Almeno con le serrature sei migliorato... cioè, è stato difficile spiegare al fabbro cosa è successo alla porta blindata. “Il mio coinquilino pensava si fosse incastrata” avrebbe causato un bel po’ di domande».

Ci metto qualche secondo a capire che mi sta prendendo in giro.

«E perfino quello era stato meglio del disastro dello stereo» continua, sogghignando. «Un passo alla volta, giusto?»

«Certo. Quando torniamo mi insegni a guidare?»

Strabuzza gli occhi, e, vedendo l’espressione di panico che gli passa per il volto, è il mio turno di sorridere.

«Hai... aspetta, hai appena fatto una battuta?» chiede incredulo.

Bussano alla porta prima che gli possa rispondere. Siamo attesi. Comincio a cambiarmi nei vestiti eleganti per la serata mentre Jessie sospira, le spalle che gli si abbassano leggermente.

«Andrà bene. Controlla se sembrano esserci persone sospette nel locale. Gente con una buona visuale sul vostro tavolo e che non sembra starsi divertendo. Se noti qualunque cosa strana ti basta chiamare Paracelso e sarò lì in un lampo» dico, cercando di sembrare più calmo di quanto sia realmente.

Non mi piace l’idea di separarci, ma l’asta e l’incontro con il contabile sono alla stessa ora. Jessie deve andare lì perché è con lui che l’uomo ha parlato, e il mio incarico è di recuperare l’icona per la Contessa.

Bussano di nuovo.

«Guarda che so cavarmela» dice, dando una pacca alla tasca dove tiene la pistola. «Smettila di preoccuparti, ci vediamo presto», dice e io annuisco, facendo finta di essere rassicurato. 

Poi indosso la giacca, e usciamo nella notte.





Nota della Correttrice di Bozze

Infine si, contro ogni aspettativa, siamo riusciti a pubblicare un altro capitolo! Si spera che anche la prossima settimana non ci siano ritardi, ma non possiamo esserne sicuri.
Buon proseguimento
Kodoma



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Capitolo 10
*** Paracelso: L'Asta ***


(10) Paracelso: L'Asta

Paracelso: L'Asta


Sono disteso, disteso su una coperta di lana posta su un prato, l'odore di terra mi rilassa, devo essermi appisolato. La musica allegra del carosello di Hyde Park e il vociare divertito mi ridestano, decido di crogiolarmi al sole ancora un poco. Sento Morag chiamarmi, apro gli occhi.

Buio.

Sono solo.

Sono in una bara.

Sono Paracelso ora.

E ora sono sveglio e triste. Mi trovo in una delle bare rifugio messe a disposizione dal Principe Mansur di Tampa.

Apro il chiavistello del nascondiglio blindato ed esco. Buona idea per dei rifugi temporanei ma potendo scegliere sarei decisamente più cauto di cosi, ci sono vari modi di aggirare questa contromisura. Non mi piace molto l'idea di essere alla possibile mercè del principe.

Il sole è appena tramontato, approfitto del tempo per fare alcuni schizzi della spada di Irwin e crearne una versione d'argento da regalargli, potrebbe servire. Inserisco nell'elsa una pietra simile a un ciottolo arrotondato in vetro, una bloodstone, un tracciante Tremere che sono in grado di individuare in ogni momento. Nel caso dovessimo separarci potrebbe essere necessario individuarlo anche senza poterlo chiamare al telefono, se le cose si facessero pericolose voglio avere al mio fianco un combattente formidabile. Approfitto del tempo rimasto prima che gli altri si sveglino per disegnare delle protezioni migliori per il combattimento per Irwin e scrivere un appunto sul fornire degli auricolari a tutti se dovessimo trovarci di nuovo a collaborare.

Sento bussare alla porta, metto la matita come segnalibro e apro la porta, trovando Cassiopea che in modo piuttosto gioviale mi chiede << Buonasera Paracelso, ti andrebbe di fare colazione assieme? Ho portato abbastanza sacche di nutrimento per entrambi >>. .

Sento la fame per il sangue utilizzato per creare la spada.

 << Volentieri >>  rispondo, facendola accomodare.

Sa il sangue che preferisco bere, posso stare tranquillo.

Ci sediamo al tavolino, e notando il quaderno mi chiede << A cosa stavi lavorando? Non vorrei averti interrotto >>.

 Lo apro e le mostro la pagina attuale  << No no, ci mancherebbe. Aspettando che vi svegliaste ho pensato di progettare dell'equipaggiamento in caso dovessimo lavorare di nuovo in gruppo, questa è un armatura per Irwin >>.

Continuiamo a parlare per un poco, poi congedo e mi reco a mettere la spada in macchina e prendere del sangue per ripristinare quello usato nel farla.

Rientrando trovo Irwin e Jessie mentre escono dalla loro camera, Cassiopea e Carlos invece sono seduti nella stanza comune del piano.

<< Buona sera a tutti >>  Saluto cortese, poi rivolgendomi all'inglese << Irwin, avrei una cosa da mostrarti, ti va di accompagnarmi di sotto? >>.

Con appena un sopracciglio alzato, mi risponde con fredda cortesia << Purché sia una cosa breve, devo procurarmi da mangiare prima dell'asta >>

Io rispondo con fare allegro  << Non preoccuparti, offro io >> e scendendo le scale aggiungo << Credo ti piacerà molto >> e sorrido.

Scendo nel parcheggio dell'hotel, apro il bagagliaio e la custodia per armi in cui l'avevo messa, rivelando una spada con l'elsa a forma di croce e una gemma trasparente incastonata nel pomello.

<< Argento, unito a del titanio per una maggior resistenza, se avessimo davvero le debolezze descritte nelle storie sarebbe l'arma di un cacciatore sovrannaturale >>  Commento, mentre lui incuriosito e lievemente sorpreso allunga la mano e solleva la spada per sentirne il bilanciamento.

<< Come sei riuscito a forgiarla? >> Mi chiede serio Irwin, mentre vibra un paio di colpi all'aria.

<< Sono un armaiolo capace e con molte risorse, non è stato affatto difficile >> Rispondo, osservando il frutto del mio lavoro che viene testato.<< E' solo una replica, ma mi auguro tu non senta differenze dalla tua spada, tranne il fatto che è più leggera ma allo stesso tempo resistente >> Notando poi che non ho davvero risposto alla sua domanda aggiungo << Quando ti ho chiesto di analizzarla ieri ho raccolto le misure che mi servivano per la copia, per fortuna sono riuscito ad averla in tempo >>.

Il suo sguardo mi dice che non è del tutto convinto ma non insiste.

Indico la pietra << Mi sono permesso di firmarla >>.

Irwin mi guarda << Ho capito, ti ringrazio, spero non serva >>.

<<  Anch'io >>  Replico.

 Gli porgo un tubo di vetro e metallo in cui conservo porzioni di sangue tenuto in circolo meccanicamente, indico una parte in materiale plastico in cui è possibile affondare una siringa o le zanne.

<< Basta mordere qui >> Gli dico.

Infine chiudo la valigetta con le altre porzioni di sangue e la porto con me, spero non ci faccia caso, ho usato abbastanza sangue.

Poco dopo partiamo in due gruppi: io, d'appoggio a Irwin e Cassiopea all'asta per le parti che non comprendono... circa tutte. Cornell e Jesse invece diretti a un club, dove avrebbero trovato Lucas per incontrare il contatto della Valsenka.

La casa d'aste è un edificio alto circa otto metri, dal fronte quadrato, composto da una cornice in pietra beige attorno a un apertura divisa in cinque vetrate verticali, divise a loro volta da paraste colossali di pietra bianca venata di grigio scuro. L'interno nella stessa pietra bianca è illuminato per la serata da una luce calda, quasi dorata.

Scendiamo dall'auto, vestiti da sera. Io con il completo blu e argento in tre pezzi che ho portato a Tampa, Cassiopea un abito da sera senza spalline, grigio con venature argentate stretto sulla vita sottile da una cintura argentata mentre Irwin indossa il suo completo nero con la sacca sportiva contenente la spada sulla spalla. Dico a Irwin che ho i miei dubbi la faranno passare.

Entrando infatti una delle guardie chiede di poter controllare il contenuto della borsa e rimane sorpreso nel vedere il contenuto, Irwin spiega di averla comprata da una collezione venendo all'asta. Viene portato nella guardiola della sicurezza per registrarla e darla in affido alle guardie. Intanto mi avvicino alla receptionist per registrarci all'asta e scoprire notizie interessanti flirtando con lei, una brunetta carina che sembra far molto uso del sole di Tampa per abbronzarsi. Non ho interesse in altre donne dopo Liz ma almeno rende la cosa piacevole.

Sembra che ci siano due icone di San Cristoforo Cinocefalo all'asta, bizzarro, non lo ricordo dal catalogo. Al momento devono ancora arrivare quasi tutti gli invitati, mancano quasi due ore dopo tutto. Ne approfitto per ridare un occhiata al catalogo, probabilmente ci sarà qualcosa che mi interesserà comprare.

Vedo Irwin tornare e andare a sedersi su un divanetto vicino a dove sono seduti Cassiopea e Carlos, per cui decido raggiungerli per metterli al corrente della mia scoperta.

<< A quanto pare non c'è solo un'icona del buon San Cristoforo Cinocefalo, ma bensì due. Questa faccenda non mi piace. >>

<< Beh posso riconoscere quale delle due è bizantina >> Mi risponde Irwin

 << Altrimenti potremmo comprare tutte e due e portarle alla Contessa, per stare sicuri >> Commenta Cassiopea con un sorriso.

Giungendo gli indici davanti alla bocca commento << Pensavo anche io di comprare entrambe le icone per sicurezza, ma non regalerei una seconda icona alla Contessa solo perché dello stesso santo. Nella peggiore ipotesi sarebbe infastidita dalla nostra ignoranza e nella migliore non le interessa nulla di quell' icona e tutta questa storia è una scusa per portarci a Tampa a portare avanti chissà quale piano >>

I soldi non ci mancano dopotutto, alla peggio avrò un icona di un santo da rivendere in futuro.

Non resta che aspettare.

Dopo alcuni minuti mi adagio più profondamente sul divanetto, trovandomi rivolto verso un lampadario vittoriano dorato appeso al soffitto. Ha il corpo costituito da una sfera ricca di fronzoli su cui si attaccano otto bracci decorati in modo leggero, che terminano con delle sfere di vetro bianco opaco a protezioni delle lampadine.

Mi sembra molto familiare e mi rendo conto essere identico a uno che vidi molto tempo fa, a più di un secolo da ora, quando ero agli inizi della mia non vita. Sarebbe incredibile scoprire essere lo stesso... In quel caso chissà se potrei comprarlo.

Mi immergo nei ricordi dell'asta che cambiò la mia vita e di giorni più avventurosi di quanto avrei mai pensato possibile fino ad allora. Giorni di azione, orrori, misteri, inattesi nemici e insospettabili alleati.

 

***

 

Tutto ebbe inizio entrando in una casa d'aste, alcuni direbbero “la casa d'aste”, Christie's. Un istituzione inglese e mondiale per ogni collezionista, commercianti di storia ma con una storia loro alle spalle, non come quella in cui mi trovo ora. Era il 1882, all'asta c'era la collezione di Alexander Hamilton, appassionato di arte e letteratura legate a civiltà e persone di potere: romani, imperatori russi, papi, Maria Antonietta, Napoleone e altri, nonché un grande appassionato di egittologia, tanto da convincere il suo amico medico e collega egittologo Pettigrew a mummificarne il corpo dopo la morte.

Non so se fosse a conoscenza del valore di alcuni dei suoi tesori, ma in quanto capo massone, forse si. Un occhio che sa dove cercare avrebbe potuto trovare, nella natura di molti dei reperti da lui accumulati e dai testi che possedeva, un filo conduttore, qualcosa di più del potere sugli uomini: il potere sulla morte e il potere oltre essa. Anche la volontà di esser conservato tramite mummificazione nel santuario di famiglia faceva porre delle domande.

Non sapevo se all'asta avrei trovato qualcosa, ma in quanto cainita neonato io avevo tutto da dimostrare, al mio maestro, ai miei Fratelli, ma sopratutto a me stesso.

Sin dalla mia rinascita ho avuto uno scopo da raggiungere e per raggiungerlo mi servirà tutto il potere che la magia, la non morte e una mente arguta possono concedere.

Chiusi il mio orologio dopo un ultimo sguardo alle foto che nasconde tutt'oggi, lo riposi in tasca e salii i gradini per l'ingresso.

L'asta in se fu incredibile, durò 17 giorni durante i quali i nuovi ricchi si spolparono una fetta di nobiltà. Fu venduto tutto ciò che non era saldamente inchiodato al suolo della residenza ancestrale degli Hamilton: mobili, oggetti d'arte e non, libri e reperti. Ovviamente ero li per gli ultimi due, anche se mi ritrovai a possedere un pouf appartenuto a Maria Antonietta, bianco e oro damascato. Lo uso ancora oggi. Fu un frutto inaspettato del tentativo di far spendere di più ad alcuni dei rivali che non ero riuscito a mettere abbastanza in difficoltà prima dell'inizio.

Ci furono anche avversari agguerriti, con un agenda simile alla mia. Quelli che più attirarono la mia attenzione furono dei tedeschi, interessati anche loro alla cultura più che allo sfarzo. Parvero pensare che fossi uno spendaccione grazie alle mie offerte a raffica. Tuttavia loro insospettirono me, non sembravano badare ai lotti più mondani ed erano almeno in cinque, anche se fingevano di non conoscersi.

Tattiche normali ma non riuscivo a togliermi dalla testa la sensazione che fossero sospetti.

Forse è solo la paranoia, pensai.

 Da quando sono una creatura della notte questo mio tratto si è incentivato, come del resto si può dire di molti miei Fratelli.

Per i primi giorni non dovetti comprare quasi nulla. Giocai, a far spendere gli altri cifre esagerate. Ad eccezion fatta per due idoli in legno appartenenti al folclore slavo, che rappresentavano la strega Baba Jaga e la sua oca non mi interessai al resto.

Con il passare dei giorni iniziai a comprare lotti che avrei potuto rivendere, misti ai primi pezzi interessanti, libri e oggetti esoterici antichi, come se mi stessi facendo prendere la mano.

Dal decimo giorno in poi fu il delirio, le contese per i libri si fecero molto accese, testi di medicina, illustrazioni archeologiche, trattati di filosofia, scienza e molto altro. La maggior parte dei pezzi fu vinta da me o dai tedeschi ma emersero anche dei giocatori minori fermamente intenzionati a comprare alcuni lotti.

L'ultimo fu il giorno dei lotti più ingombranti, dai semplici bauli da viaggio ai lamassu in pietra alti due metri. Comprai numerosi bauli e simili, le mie proprietà erano appena diventate decisamente più numerose e se fossi dovuto partire da Londra avrei avuto bisogno di qualcosa per trasportarle. Del contenuto attuale avrei potuto disporne in seguito. Per uno dei bauli più piccoli dovetti lottare di più, era grazioso, più simile a un forziere ma nulla più. Feci un offerta pensando sarebbe stato sostanzialmente ignorato, ma invece ci furono subito varie offerte. Non so se fu istinto da vampiro, da studioso o la semplice testardaggine che mi contraddistingue ma mi impuntai. Avevo fatto un offerta per quello stupido forziere e sarebbe stato mio, e se fosse stato una fregatura me l'avrebbero pagata. Raggiunse una cifra davvero eccessiva, specialmente nel cambio odierno, circa duecento sterline ed era partito da un paio.

La sera ci sarebbe stata una soirèe per festeggiare l'asta appena conclusa (e i suoi incassi record immagino). Mi misi sotto braccio la mia vincita più sofferta della giornata, diedi indicazioni ai miei assistenti per l'asta di gestire la consegna del resto dei lotti e mi avviai verso casa per prepararmi alla serata sociale che sarebbe seguita.

 Sarebbe inutile dire che le cose sarebbero andate molto diversamente se non avessi agito così.

Tanto quanto dire che persi quella soirèe.

Non abitavo lontano quindi lasciai la carrozza ai miei assistenti e mi avviai nella notte londinese. Se qualcuno avesse avuto da ridire avrebbe scoperto che la notte ha denti affilati.

Il qualcuno di quella notte però lo sapeva bene.

Svoltato un angolo sentii un suono crepitante, provai a saltare di lato per evitare l'imboscata ma non fui abbastanza rapido. Un arco di luce abbagliante mi colpì. Quella luce e un dolore incredibile mi avvolsero, appena mi resi conto di esser stato scaraventato al suolo. Il suono crepitante e l'odore di bruciato di un corpo sottoposto a elettrocuzione furono il mio ricordo successivo, prima di finire con il volto a terra.

 

***

 

Una voce mi chiama, mi sento scuotere.

<< Paracelso, tutto bene? Alzati, hanno aperto le porte della sala >> 

Apro gli occhi, il volto che metto a fuoco appartiene a Cassiopea. Intravedo un velo di preoccupazione, le faccio un sorriso un po' scosso. Mi schiarisco la gola per riprendermi

<< Scusa, mi ero assorto in visioni del passato, niente di speciale rispetto a ciò che puoi fare tu >> La ragazza mi lancia ancora uno sguardo perplesso ma mi alzo, e con fare galante le porgo il braccio come se nulla fosse. Lei lo prende ed entriamo, seguiti da Irwin e Carlos a poca distanza. Ci sediamo separati, Cassiopea a qualche posto di distanza da me, mentre Irwin più indietro nella sala, in modo da tenerci d'occhio. Notiamo Willhelm seduto tra la folla, probabilmente vuole comprare qualcosa per il secondo negozio o la seconda icona, in quel caso mi dispiace per lui.

Le luci si abbassano di poco e l'asta ha inizio, degli schermi ai lati del banditore mostrano foto dei lotti in esame, che vengono portati in sala uno dopo l'altro. Cassiopea fa un offerta per un antico astrolabio, rilancio. Lei mi lancia uno sguardo di finta indignazione, faccio una smorfia colpevole. Nonostante il mio rilancio lei riesce comunque ad aggiudicarselo senza problemi. Circa una mezz'ora dopo si aggiudica anche l'icona non bizantina di San Cristoforo contendendosela con un altro ospite dell'asta.

Non trovo molto che mi interessi, tranne un orologio da petto Jacques Bulcke, orologiaio londinese del 600, a forma di foglia in ottone dorato, il coperchio intarsiato in piccoli fiori di campo che spiccano da uno smalto verde scuro, che riesco a comprare senza troppi intoppi. Quando arriva finalmente l'oggetto del nostro interesse tocca a me aggiudicarmelo in quanto portatore della carta di credito della Contessa.

Finita l'asta mi metto in coda per reperire i nostri lotti. Un paio di posti più avanti c'è l'uomo che ha gareggiato con Cassiopea per l'icona non bizantina del santo. Lo trovo piuttosto sospetto. Con la scusa di essere di fretta convinco le persone tra noi a lasciarmi passare e mentre sta pagando mi chino a terra e fingo di raccogliere un biglietto che avevo scritto per lui.

 << Credo le sia caduto questo >> Gli dico, porgendoglielo.

Lui si gira e legge il biglietto.

  << Mi spiace, ma credo che si sbagli >> Risponde con fare seccato, prendendo i suoi acquisti e andandosene.

Recupero i lotti, ripongo l'involucro di sicurezza nella valigetta di sicurezza portata apposta e uscito la affido a Irwin, di nuovo in possesso della sua arma. Mi accorgo di aver qualcosa in tasca, lo estraggo trovando il biglietto da visita di un negozio di antiquariato a Miami, con un numero telefonico. Sorrido e lo rimetto al sicuro in tasca mentre scendo i gradini per raggiungere gli altri e salire in macchina.

Tutto secondo i piani, speriamo che sia andato altrettanto bene con l'incarico per la Valshenka.



 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Punto, Vedo, Rilancio ***


Punto, Vedo, Rilancio

Punto, Vedo, Rilancio

L’aria notturna di Tampa riempie i polmoni di Clarence. I suoni della città ancora sveglia bombardano le sue orecchie di note di musica dal dubbio gusto, clacson di automobili, grida di tassisti e delle risate dei turisti che affollano i bar ed i pub di Downtown.

 Stringendo forte la sua borsa a tracolla, cercando allo stesso tempo di apparire tranquillo, l’uomo fa di tutto per sembrare un semplice abitante della città come tanti. Non ha intenzione di attirare l’attenzione ma allo stesso tempo non vuole apparire un turista, come tale una facile preda per qualche malintenzionato. Si ferma un attimo per togliersi gli occhiali e per asciugarli dalle gocce di sudore che gli hanno sporcato le lenti. Non è abituato a questo genere di cose. È la prima volta che ruba dall’ufficio un intero plico di documenti e non lo consola il fatto che sia solo una copia dell’intero fascicolo. Questo è un reato federale e Dio solo sa cosa lo aspetta se il suo supervisore dovesse scoprirlo.

 Lo strombazzare di un clacson strappa bruscamente Clarence dai suoi pensieri. Il suo cuore  fa un balzo in avanti ed istintivamente stringe a se la borsa a tracolla. Qualche coppia che passeggia sul suo stesso marciapiede lo guarda con fare a metà fra lo stupito ed il divertito. L’imprecazione di un automobilista, evidentemente lo stesso che ha suonato col clacson, sovrasta per un momento tutto il traffico e scuote abbastanza Clarence per permettergli di ricomporsi. Si asciuga la fronte con la manica della camicia e riprende a camminare

 Il Pimento Groove è ad appena un isolato di distanza. Il tempo necessario perché la mente di Clarence inizi a galoppare verso brutte immagini su come lo scambio può andare male. Federali che arrivano a sirene spianate su auto nere, che scendono dai veicoli puntando le loro pistole su di lui. Poi una rapida immagine mentale di un processo seguita da una serie di tristi cose che possono capitargli in prigione. È quasi tentato di mollare tutto, di tornare a casa e mangiarsi una pizza surgelata scaldata nel forno a microonde, quando la sua mente gli propone una carrellata di possibili e radiosi futuri: soldi a sufficienza per lasciare il miniappartamento in cui vive, trasferirsi in periferia magari di un’altra città e chissà, forse trovare una ragazza.

 Clarence viene distratto dai suoi sogni ad occhi aperti dal gradino del marciapiede. Abbandonato nelle sue fantasticherie ha ormai raggiunto il locale. Il Pimento Groove occupa l’angolo del piano terra di un palazzone di Downtown, con tavolini esterni coperti da una tenda retraibile a righe rosse e bianche. Da dentro il locale si sente una ritmata musica pop parzialmente soffocata dal rumore del traffico. Appoggiando la schiena al semaforo, Clarence tira fuori il cellulare ed inizia a far finta di messaggiare a qualcuno mentre invece osserva i pochi clienti che occupano i tavolini esterni.

 Una bella ragazza seduta da sola che si sta sistemando il trucco usando la fotocamera del telefonino. Vestito lungo attillato, occhiali da sole e scarpe col tacco attirano l’attenzione di Clarence che indugia un po’ più del dovuto sulle curve del corpo della donna.

 Tre uomini seduti allo stesso tavolo compongono il grosso degli avventori in quella parte del bar. Uno è più assorto nel guardare il suo tablet rispetto agli altri. È un giovane uomo dall’aria dell’hipster di primo pelo, ma non è facile da capire visto che ha il volto affondato sul suo tablet. Accanto a lui un nero imponente si sta sistemando il colletto e le maniche della sua giacca verde smeraldo di dubbio gusto. Anelli d’oro alle dita, testa rasata, rigonfiamento sotto la giacca pensa Clarence Questo di sicuro promette guai. L’ultimo uomo è un tipo anonimo, dall’aria tranquilla, magro e vestito con dei classici abiti comodi da lavoro. Butta ogni tanto l’occhio da una parte e dall’altra della strada, prima di tornare ad osservare dubbioso i suoi due compagni di tavolo.

 Un rapido sguardo all’ultimo dei clienti del bar rassicura Clarence. Seduto da solo, sguardo perso nel vuoto sopra un bicchiere di birra ghiacciata, c’è un uomo grasso, vestito in modo trasandato e con una barba incolta. Sorridendo, Clarence fissa lo schermo del cellulare pensando al fatto che Jacob è incredibilmente bravo ad interpretare il ruolo del disadattato con problemi mentali. Uno potrebbe quasi pensare che gli venga naturale! pensa fra se, con un pizzico di malignità.

Indugiando ancora un po’ sulla bella ragazza seduta da sola, Clarence prendo un respiro profondo e si dirige con passo sicuro verso il tavolo occupato dai tre uomini. << Vi dispiace se mi siedo qui con voi? >> esordisce, stupendo l’uomo magro quando Clarence si siede al tavolo.

 Il silenzio cala sui quattro uomini, coperto dai suoni della città che non accenna a volersi riposare nonostante la notte che cala su di essa. Clarence inizia a sudare, cominciando a dubitare di essersi seduto al tavolo giusto. Forse erano dentro. Forse ho fatto un passo falso. Cazzo. E ora come ne esco? Stringe forte la borsa a tracolla che ha appoggiato sulle sue gambe. Gli occhi dei tre uomini passano dall’uno all’altro senza fiatare. I loro volti delle maschere di pietra da cui non sembra affiorare alcun tipo di emozione. Grosse gocce di sudore iniziano ad imperlare la fronte di Clarence che vorrebbe passarsi una mano per toglierle, ma non osa muovere lo sguardo dalle tre persone che ha davanti. Una mossa falsa e mi strappano la borsa dalle mani. Sempre che siano le persone giuste. Ho merda, perché ho accettato di dare a quel drogato il mio numero privato?!

 L’hipster rompe il silenzio imbarazzato domandando con voce atona << Immagino che lei sia Clarence Beeks >>. Deglutendo, Clarence risponde << Sì. Posso immaginare che voi siate qui per il mio stesso motivo >>

Un altro momento di silenzio cala sul quartetto, solo che questa volta Clarence inizia a spazientirsi. Ma ci sono o ci fanno? si domanda. Gli sguardi imbarazzati che gli uomini si rivolgono fra loro confermano il fatto che Clarence probabilmente non è al tavolo giusto. Fa quasi per alzarsi e scappare a rotta di collo quando l’uomo magro prende la parola << Siamo qua per il plico che lei dovrebbe venderci. Abbiamo parlato con Javier Gomez che ci ha dato il suo nome >>. L’hipster rivolge uno sguardo furioso verso il suo compagno che ha appena parlato, ma non dice nulla.

 Lievemente rassicurato, Clarence si rilassa per un breve momento, poi riprende a parlare << Bene. Mi fa piacere sentirmelo dire. Ora, io ho qui con me il plico, ma vorrei sapere cosa avete voi da darmi in cambio >>

<< Quanto vuole? >> dice il nero, con voce poco ferma.

Sorridendo, Clarence risponde << Quanto siete disposti ad offrire? >>

<< Abbiamo a disposizione una discreta somma. Lei aveva già in mente una cifra? >>

<< Non è una questione di soldi. Non lo è mai stata >> Gli sguardi dei tre uomini tradiscono un certo disagio quando Beeks pronuncia la frase << Sono interessato ad altro e, spero, che voi mi comprendiate se vi dico che i soldi sono solo una questione secondaria >>

<< Oh, io capisco benissimo >> sussurra una voce femminile accanto a loro.

 In piedi, vicino al tavolo, c’è la bella donna che prima era seduta da sola. Sorride, mettendo in mostra dei denti bianchissimi da reginetta di bellezza. Sbatte un po’ le ciglia ammiccando complice, poi afferra una sedia e si accomoda accanto a Clarence.

<< Lavoro per una persona che avrebbe grande interesse nell’ottenere le informazioni che stai vendendo Clarence. Posso chiamarti Clarence, vero? >> sussurra civettuola.

L’uomo sposta rapidamente lo sguardo dalla donna verso i tre uomini seduti con lui. Poi di nuovo alla donna. Poi, dopo un po’, di nuovo verso gli uomini.

Schiarendosi un po’ la voce, Beeks domanda incerto << Ehm, e lei cosa offrirebbe in cambio? >>

Mettendo in bella mostra i suoi occhi scuri << A parte una discreta somma di denaro, penso che potremmo raggiungere un accomodamento privato >> risponde la donna con tono seducente.

<< Penso che dovreste ascoltare la nostra controproposta signor Beeks >> dice l’hipster, interrompendo le civetterie e facendo un cenno d’intesa ai suoi due amici << Anche noi lavoriamo per una certa persona. Una persona che, oltre ad avere grande interesse per le informazioni che sta vendendo, è un individuo piuttosto importante >>

Strappato allo sguardo carico di promesse di piacere della donna, Clarence rivolge un’occhiata all’hipster, al nero ed al loro magro compagno che, in questo momento, sembra piuttosto nervoso. I suoi occhi passano dalla donna a Clarence e poi alla strada, in un ciclo continuo.

Sorridendo, divertito da questo scambio che da unilaterale è diventato a due parti, Beeks domanda << E chi sarebbe questa persona così importante? >>

Pacatamente l’hipster risponde << Questo non possiamo dirlo. Ma siamo disposti ad offrire 100.000 dollari per il plico >>

Clarence inarca le sopracciglia, stupito dalla frase. La donna invece coglie l’occasione per alzare la posta e, spostando una mano sulla coscia di Beeks replica sicura << Bene, direi che allora potremmo andare a parlare da soli io e te Clarence. Se questi signori non vogliono, o non possono, offrire altro credo proprio che il mio cliente possa pagare 125.000 dollari >> Poi aggiunge con voce suadente << Poi io e te potremmo proseguire il nostro negoziato in un ambiente più… appartato >>

Rosso in volto, Beeks non può fare a meno di sorridere stupidamente mentre balbetta <>

<< Tanja Valşenka >> dice d’improvviso l’uomo magro e nervoso << Tanja Valşenka ci ha mandato per acquistare il plico di documenti >>

Clarence si ferma a metà mentre si alza dalla sedia, poi si risiede con un tonfo << Ho capito bene? >>

L’hipster, visibilmente seccato per quello che l’amico ha appena detto, replica piccato << Sì. Ha capito bene. Ed il nostro capo può arrivare anche ad offrire 150.000 dollari >>

 Clarence allontana distrattamente la mano della donna dalla sua coscia, continuando a guardare i suoi tre interlocutori. Lavorando per i federali il nome di Tanja Valşenka gli è noto. Diverse indagini si sono scontrate con il suo nome, quello di una giovane donna apparentemente ricchissima ed a capo di un impero economico che ha come base l’Europa ma con innumerevoli proprietà anche nel nuovo mondo. Se è davvero Valşenka che ha intenzione di comprare il plico avrebbe senso pensa Clarence Scommetto che ha intenzione di mettere in atto una forte speculazione sfruttando le proiezioni finanziarie contenute nel plico. L’uomo sorride al pensiero di quanto sta per guadagnare.

<< Bene >> sentenzia nonostante la sua bocca sia diventata improvvisamente secca ed asciutta << Posso quindi pensare che oltre al denaro la signorina Valşenka potrebbe garantirmi… altri vantaggi >>. L’hipster, che evidentemente deve essere il capo del trio, mantiene una faccia indescrivibile.

Approfittando della pausa, la donna passa nuovamente all’attacco << Clarence, sei davvero sicuro di non preferire la mia offerta? Il mio principale può offrirti quello che vuoi. E se tu mi aiutassi a concludere l’affare >> aggiunge iniziando a giocare con i bottoni della camicia << te ne sarei davvero molto grata >>

Ancora un po’ imbarazzato, Beeks guarda il volto attraente e leggermente ovale della donna, incorniciato da una cascata di capelli neri e mossi. Nonostante il gonfiore nei suoi pantaloni gridi disperato di accettare l’offerta della bellezza bruna accanto a lui, il suo cervello lo mette a tacere quando i suoi occhi incontrano gli sguardi eloquenti dei tre uomini. Sicuramente anche se accettasse le offerte della donna, il trio non gli permetterebbe di allontanarsi per più di un isolato primo di prenderli alle spalle e foderare le loro schiene di piombo.

Con un triste sorriso, a malincuore Clarence prende la mano della donna e la sposta dal suo petto al tavolino in metallo del bar. << Le sue argomentazioni sono… irresistibili, ma l’offerta dei signori mi sembra più vantaggiosa. Sono davvero dispiaciuto ma mi trovo costretto a rinunciare alla sua proposta >>. Non posso credere di averlo detto pensa dentro di se, mentre il suo secondo cervello dentro i pantaloni prende atto della sconfitta ed abbassa la testa.

 Il bellissimo volto di lei si distorce in una smorfia di disapprovazione. Gli occhi si riducono a due fessure mentre la bocca rossa si assottiglia e si incurva verso il basso. Lampi di rabbia dardeggiano verso Beeks ed i suoi tre compratori mentre lei afferra la borsetta e si alza stizzita.

<< Come preferisci Clarence. Fai come vuoi, ma non aspettarti di avere una seconda opportunità >>

Correrò il rischio dice dentro di sé, nonostante le grida del suo io inferiore mentre la vede allontanarsi tutta curve ancheggianti e scalpiccio di tacchi.

Girandosi verso i tre uomini e sospirando, dice << Abbiamo un accordo? >>

Nonostante il tentennamento dell’uomo dalla giacca verde e dal mingherlino, l’hipster annuisce con la testa.

<< Ottimo. Quando pensate di potermi dare i miei 150.000 dollari? Spero subito perché non ho intenzione di andarmene più leggero di un plico e senza i miei soldi >>

La normale espressione impassibile dell’hipster tremola un momento mentre pensa Abbiamo solo 100.000 dollari. Come diavolo li recuperiamo gli altri 50.000? A quest’ora le banche sono chiuse ed il bancomat ha una disponibilità limitata.

<< Certamente >> risponde lui tranquillo << Ovviamente non ci siamo portati dietro i soldi per ragioni di sicurezza. Posso però andare a prelevarli lasciandola in compagnia dei miei due soci >>

<< Un momento >> lo interrompe Clarence << Non sono uno stupido. Non ho intenzione di rimanere qui mentre magari lei va a chiamare gli sbirri o chissà chi. Se lei se ne va l’affare salta ed ognuno per la sua strada >>

L’uomo magro ed il nero guardano il loro amico con aria interdetta, ma senza fare una piega l’hipster ribatte tranquillo << Certo. Non c’è problema. Abbiamo una parte dei soldi in macchina ma per l’altra parte, i 50.000 dollari, posso provare a fare un deposito sul suo conto >>

<< È una buona idea. Ma non voglio che il governo inizi a farsi delle domande sulle mie entrate. Penso che le darò il numero di un mio conto estero che ho aperto per l’occorrenza, mentre per quanto riguarda i soldi nella macchina potete dare le chiavi al mio amico >> dice Beeks indicando l’uomo dalla barba incolta che ora ha alzato lo sguardo verso il quartetto e li saluta con un cenno della mano << Dite a Jacob dove avete messo l’auto e dove sono i soldi, poi lui li conterà per sicurezza e li porterà qui. Intanto voi potete trasferire i soldi, poi chiudiamo l’affare e dite a Tanja Valşenka che ho fatto la mia parte e che mi aspetto una sua chiamata entro i prossimi giorni >>

Il trio si scambia delle occhiate sospettose e Clarence aggiunge << Non lo sto dicendo per minacciarvi, ma se non ricevo la telefonata potrei sempre decidere di aggiungere le vostre facce all’elenco dei ricercati dei servizi Federali >> . Sentendo queste parole l’hipster accenna ad un sorriso mostrando una faccia beffarda. Per niente intimorito Beeks aggiunge << Può non sembrare, ma sono venuto preparato >>

 Pochi minuti dopo una piccola valigetta in pelle marrone viene deposta sotto al tavolo mentre Clarence e Jacob si lanciano un’occhiata di intesa. Beeks si concede di sorridere mentre guarda lo schermo del cellulare, illuminato dal messaggio ricevuto poco fa dalla banca che gestisce il suo conto off-shore e che gli comunica l’avvenuto pagamento.

<< Bene, sono felice che tutto sia andato per il meglio >> dice Clarence mentre passa la borsa a tracolla verso l’hipster << Là dentro c’è una copia in bianco e nero del plico. Come pattuito >>

L’uomo dalla barba lunga afferra la borsa con una mano, dà una rapida occhiata all’interno senza estrarre il voluminoso faldone e la passa al nero accanto a lui.

Siccome nessuno dei tre uomini davanti a lui profferisce alcuna parola, Clarence si schiarisce la voce e sussurra << Direi che abbiamo finito. Ora possiamo anche lasciarci. Ricordatevi che aspetto quella telefonata >> aggiunge mentre si alza e si allontana con la valigetta sottomano.

I tre uomini rimangono silenziosi a guardarlo mentre si allontana, scomparendo nel via vai di persone che popolano i marciapiedi affollati di Tampa. Poi ad un certo punto, l’uomo nero dalla giacca verde smeraldo si rivolge ai suoi due soci e dice:

<< Non male come primo lavoro fuori città. Ma la prossima volta cerchiamo di essere un po’ più professionali, eh? >>

L’hipster gli rivolge un’eloquente occhiata glaciale.

 Euforico, Clarence prosegue la sua camminata fino all’auto parcheggiata a tre isolati di distanza dal Pimento Groove. Il peso della valigetta piena di denaro e la lunga strada fino alla macchina non gli pesa questa sera. Nei successivi dieci minuti la sua mente galoppa in un panorama di rosei futuri ricchi di agi, successo e comodità: donne, una promozione, una bella casa. Probabilmente anche un abbonamento in palestra. Abiti firmati, un’auto nuova, forse anche una moto.

I piedi lo conducono automaticamente fino alla sua auto. Guardandola ora, Clarence non vede l’ora di poter cambiare quel catorcio comprato a metà prezzo in un autosalone che stava per chiudere. Ancora sorridente, cerca le chiavi dell’auto in tasca, le infila nella toppa e le gira.

<< Buonasera Clarence >>

Il clack della serratura della portiera copre il suono di Clarence che deglutisce. Lentamente si gira per vedere di fronte a se un uomo alto, dalle pelle scura, occhi leggermente a mandorla, senza capelli ma con un rado pizzetto che gli incornicia la bocca. Il suo volto è allungato, probabilmente la fronte alta inganna l’occhio ma anche il collo un po’ più lungo della media rende la figura decisamente slanciata.

<< … buonasera Mister Dreyfus >> risponde tentennando Clarence.

La valigetta gli cade dalla mano quando Dreyfus gli lancia un’occhiata penetrante che lo porta ad immobilizzarsi, come un topo di fronte al serpente.

<< Ora io e te ci andremo a fare una chiacchierata >> dice pacato l’uomo. Le parole gli escono dalla bocca lentamente, aggrappandosi alle labbra prima di volare fino alle orecchie di Clarence.

Poi il buio.

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Capitolo 12
*** La Battaglia ***


(12) La Battaglia

La Battaglia


Cassiopea 

Stiamo tornando dall'asta, il resto del gruppo è venuto a prenderci dopo aver concluso i loro affari per la Siniscalco, quella meretrice. Sono davvero contenta, tutto è andato per il meglio e sono riuscita ad acquistare un oggetto che dovrebbe aiutarmi nello studio dei cieli, quel tipo di studio che i Moderni chiamano Astronomia. Non si direbbe, ma tendo ad interessarmi molto alle materie scientifiche oltre che a quelle classiche. Siamo da poco fuori città quando un'auto della polizia si sistema davanti alla nostra, mentre un'altra si è messa direttamente dietro di noi. Gradualmente  riducono le distanze fra loro in modo da farci capire che dobbiamo seguirle, poi imboccano una stradina che svolta a destra e termina subito con una rete metallica e con un cancello.

Per l'amor degli Dei, cosa sarà successo adesso?

Sono a dir poco preoccupata. Se fossimo a Miami non lo sarei visto i miei contatti con la polizia, ma siamo in una città sconosciuta e il suo principe non ci tiene in simpatia. Incomincio a pensare a tutto quello che sarebbe potuto andare storto in queste notti e a tutto quello che può andare storto adesso mentre ci infiliamo in uno spiazzo abbastanza ampio da permettere all'auto davanti a noi di fare manovra e sistemarsi dietro la nostra. Davanti a noi si apre quello che poteva essere un vecchio capannone industriale dal tetto in lamiera, con cumuli di rottami sparsi lungo i bordi della recinzione esterna. Le auto della polizia ci costringono a fermarci. Mentre parcheggiamo, utilizzo il mio potere che mi consente di vedere le aure per riuscire a capire se essi sono cainiti che si fingono parte della polizia oppure semplicemente umani. Appena riesco a mettere gli occhi su di loro tiro un sospiro di sollievo: sono tutti umani.

<< Signori non dovrebbero esserci problemi, sono umani. Basterà fare ciò che facciamo di solito >>

<< Umani? La situazione non è comunque delle migliori. E se fossero ghoul? Poi, hai mai visto così tante auto per fermare una sola macchina? >> Ribatte Jessie

Αρρενοτης. Mi ero scordata che il mio potere non mi consente di vedere se gli umani sono in realtà dei ghoul.

<< La situazione non mi piace. Provo ad entrare nel Sistema e a capire cosa sta succedendo >> dice Lucas, chiudendo gli occhi. Anche i Tremere hanno la loro rete della follia? Paracelso non mi ha mai parlato di tutto ciò.

<< Aspetta! Aspetta! >> Gli dice Paracelso

<< Cosa c'è?! >>

<< Cosa diciamo alla polizia se sei svenuto dentro la macchina? >>

<< Gli diciamo che ha preso un sonnifero perchè soffre il maldauto >> rispondo << Sembra essere una cosa comune tra i mortali >>

<< Non state considerando una cosa però... >> Dice Paracelso titubante

<< Ovvero? >>

<< ... Cosa ne facciamo dell'esplosivo impiantato nella macchina? Se ci perquisiscono è un casino >>

<< COSA?! >> E' la risposta generale di tutti.

<< HAI PIANTATO UN CAZZO DI ESPLOSIVO NELLA MIA MACCHINA?! >> Sbraita Cornel, arrabbiato come pochi, mostrando i denti verso Paracelso con la furia negli occhi.

<< Perchè hai impiantato un esplosivo nella macchina? Ci vuoi uccidere tutti? >> Non posso fare a meno di chiedere, preoccupata. Lancio uno sguardo a Carlos: neanche lui è particolarmente tranquillo.

<< No, ma in caso le cose si mettessero male... >>

<< E dimmi, come faremmo a tornare a Miami?! >> Esclama Jessie

<< Abbiamo il mio elicottero che ci segue >> Risponde Paracelso con un'alzata di spalle.

<< Un elicoso? Da quando abbiamo un elicoso?! >> Chiedo, ancora più nel panico. La mia voce è salita di un'ottava. Non so cosa sia, immagino un mezzo di trasporto, ma se il piano è stato studiato così come l'esplosivo, mi aspetto ben poco.

<< SCENDETE DALL'AUTO, ORA >> Sentiamo dire dagli altoparlanti della polizia.

Scendiamo immediatamente. Nessuno prende le armi, o almeno non quelle che saltano più facilmente all'occhio, come quella di Cornel o la borsa con la spada di Irwin. Nessuno pensa che ne avremo bisogno, sembra. Due poliziotti ci puntano le torce addosso.

<< Allontanatevi dal veicolo >>

 Non è passato neanche un secondo da quando abbiamo finito di obbedire, che dei soli pallidi esplodono davanti a noi, abbagliandoci e squarciando le tenebre. Riflettori, come quelli di un palcoscenico. Fortuna che ho disattivato il mio potere, o i miei sensi sarebbero travolti dalla quantità di stimoli luminosi.

<< Venite avanti >> ci intima un’altra voce, nascosta dalla luce abbagliante.

Ci avviciniamo, e riusciamo a intravedere un plotone di otto soldati con le armi cariche e puntate su di noi. Paracelso intanto mi prende sottobraccio, come a volermi sostenere. Le due auto della polizia sono parcheggiate a formare una muraglia, che offre copertura agli agenti e blocca il cancello, l’unica via d’uscita per la nostra macchina. Altre tre nere sono davanti a noi, con la stessa formazione, le enormi luci alle loro spalle illuminano la scena ma disturbano costantemente la nostra visuale. I soldati non si riescono a vedere bene in volto, ma portano tutti degli occhiali da sole con le lenti specchiate, fatto poco comune considerando che è notte. In piedi tra di loro spiccano due individui: uno dei due è tipo biondino coi capelli ossigenati, barbetta bionda e piercing sul sopracciglio destro. E' alto e porta un trench di pelle nera aperto sul davanti, con scarpe eleganti, camicia amaranto e pantaloni grigio scuro. Ha le mani in tasca ma c'è un vistoso rigonfiamento vicino all'ascella, probabilmente ha un'arma nascosta. Dietro di lui c'è un nero pelato dal volto allungato. Ha dei baffetti corti è un pizzetto altrettanto corto. Porta una giacca marrone scuro da cui spunta il colletto di una camicia a righe. Rispetto al biondino questo sembra avere un'aria più rilassata.

Non sembrano proprio essere poliziotti, era una trappola.

<< Sono contento abbiate accettato il mio invito >> dice il biondo con un sorriso beffardo.

<< Avevamo forse scelta? >> Ribatto

<< Beh, dovevo essere sicuro accettaste >>.

<< Posso sapere qual è il motivo di questo invito? >>

<< Avanti, lo sapete benissimo  >>.

Un tizio che non mi dice assolutamente niente viene scaraventato davanti a noi in malo modo. E' un uomo bianco un po' in sovrappeso, il volto pesto e tumefatto, con una calvizie incipiente ma nonostante ciò ha ancora i capelli sulle tempie, tagliati corti. La barba è quella tipica da cinque di pomeriggio. Porta un paio di occhiali e indossa un paio di jeans, una maglietta ed una giacchetta sportiva di poco conto. Mi guardo attorno. Jessie, avendo visto quell'uomo, sembra preoccupato. Molto preoccupato, talmente tanto da nascondersi dietro Irwin. Lucas intanto sembra impassibile, assorto nei suoi pensieri. Poi si risveglia improvvisamente, e notando ciò che sta succedendo, sembra quasi chiedersi "E adesso?". Loro probabilmente sanno chi è.

 Cerbero, il cane di Lucas, abbaia, cosciente della situazione di estremo pericolo.

<< Ascolti, non so chi sia quell'individuo, ma se ci dice cosa vuole possiamo trovare un accordo... >> comincio a dire.

<< Non fatemi perdere tempo >> replica il biondo.

<< Suvvia, davvero non abbiamo idea di chi sia >> ribadisce Paracelso << Diteci cosa volete e possiamo accordarci... >>

<< Avanti, non siamo qui per ridere. Sono disposto a ridarvi i soldi che avete speso, ma rivoglio ciò che mio >>.

Adesso mi sono stufata. Quel tizio ha bloccato il nostro viaggio in malo modo e non ha neanche la decenza di dirci cosa vuole da noi. Adesso basta.

<< Avete ragione. Se fossimo qui per ridere, basterebbe guardare i suoi improbabili capelli >> dico.

Sento davanti a me alcune risate tra i soldati. A quanto pare anche loro sono d'accordo. Anche il biondo ride, forzatamente, e prima che io possa dire altro, spara al malcapitato sconosciuto.

Uccidendolo.

Guardo orripilata la scena, i miei occhi non possono fare a meno di strabuzzare mentre stringo il più possibile il braccio di Paracelso. Non devo perdere il controllo. Non devo perdere il controllo...

<< Bene, adesso che abbiamo riportato l'ordine... >>

Resto in silenzio. Dopo quello che è appena successo, non riesco neanche a parlare. Paracelso e l'uomo cercano di contrattare. Il mio amico ha il mio stesso sguardo, ma riesce più di me a reggere la tensione.

<< I plichi dannati imbecilli, mi servono i plichi! >>

L'attenzione ormai è diretta unicamente verso i due uomini. La voce di Paracelso si fa più esitante nella contrattazione ed egli stringe più nervosamente il suo bastone da passeggio. Irwin fa un passo avanti, spostandosi accanto a lui e prendendo la parola, la voce innaturalmente calma e gelida.

<< Non ho capito il suo nome, ma, da come sono equipaggiati i suoi uomini, lei sembra una persona bene informata riguardo con chi e cosa si sta immischiando. Mi creda, non le conviene. Dica ai suoi uomini di abbassare le armi, ci lasci andare e questa storia finirà qui >>.

Un paio di soldati sembrano scambiarsi sguardi perplessi e scrutare l’inglese come se fosse pazzo, spostando le armi su di lui.

Carlos nel frattempo resta in disparte, ignorato da tutti. Questa cosa potrebbe andare a nostro vantaggio.

<< Chiama le guardie >> gli sussurro, quasi inudibile. Carlos mi guarda senza capire.

<< Chiama le guardie >> gli faccio di nuovo, muovendo solo le labbra. Carlos adesso sembra capire, e con il cellulare in mano cerca di premere i pulsanti. Solo che gli tremano troppo le mani.

<< TU! COSA STAI FACENDO! HO DETTO NIENTE MOVIMENTI STRANI! >>

Prima che qualcuno abbia il tempo di dire altro, un colpo parte dalla canna di uno dei fucili.

Il mondo sembra congelarsi per un istante.

Carlos urla, poi mi guarda, terrorizzato, toccandosi la gamba con una mano. E' sporca di sangue.

Il ghoul si accascia a terra con un lamento, e il mondo sembra esplodere.

Irwin afferra il bastone di Paracelso, estraendo in un lampo la spada nascosta, e con un balzo si avventa ruggendo contro i soldati, mentre il Tremere innalza un muro di metallo comparso dal nulla a proteggere me e Carlos dai proiettili. Gli altri si apprestano anche loro a combattere.

Riparata dal muro di metallo, provo a muovermi tra le ombre per cercare di passare inosservata e per riuscire ad individuare i capi nemici. Solo che prima devo riuscire ad entrare tra le ombre e la mia concentrazione non è il massimo. L'urlo di dolore del ghoul mi risuona ancora nelle orecchie.

Il mio tentativo fallisce per due volte di seguito.

Andiamo razza di rammollita ...

Dopo molti sforzi finalmente riesco nel mio intento. Riesco a fare un paio di passi, ma noto che i capi si sono già dati alla macchia. Paracelso intanto tenta in una mossa disperata di corrompere i soldati con del denaro, e stranamente ci riesce.

Sono totalmente inutile.

Nascosta dietro il muro di metallo, mi siedo affianco a Carlos.

E' tutta colpa mia.

E' solo colpa mia.

Non merito tutto questo. Non merito la fiducia dei miei compagni, le attenzioni di mio fratello, le cure che mi vengono giornalmente riposte. Sono un mostro, un mostro con uno scopo labile ed una vita effimera. Vi è speranza per la mia anima immortale? Il mio Dio non sa darmi risposta. Nella mia condizione, è probabile che io finisca nei Campi Elisi come che io finisca nel Tartaro.

Forse meriterei la morte.

Se non altro, sarei meno un impiccio a chi mi circonda. Se la mia non vita è altro che brutto scherzo del Fato, che governa la sorte di tutti gli uomini, la mia morte sarebbe come un tiro di dadi. Imprevedibile.

Con questi tristi pensieri che brulicano nella mia mente come insetti, tormentandomi , volgo il mio sguardo verso Carlos, che si è sacrificato per la mia mancanza di prudenza. Il suo sangue continua a sgorgare a fiotti davanti a me.

La mia Bestia ringhia. Non ho ancora cenato.

Le mie labbra si fanno sempre più secche. Ho sete, e Carlos al momento sembra la sorgente più fresca e limpida da cui posso trarre sostentamento. Vorrei prosciugarlo, così da evitare che la sua linfa vitale scorra inutilmente su terreno, ma scorra invece nelle mie vene.

Devo resistere.

Stordita dalle mie pulsioni, in un atto quasi incosciente, tiro fuori dalla mia poscette argentata un coltellino svizzero.

Il dolore che avverto tagliandomi l'interno del polso mi riporta temporaneamente alla realtà. Adesso è il mio sangue, nero come la pece, a sgorgare.

 Lo porgo a Carlos.

<< Bevi. >>

Il ghoul mi guarda senza capire.

<< Velocizzerà la guarigione. Bevi. >>

Il mortale accetta la mia offerta e appoggia le sue labbra fredde sulla mia ferita.

Invoco la grazia del Febo perché ponga fine al mio tormento.

***

Irwin

Lo sparo, lo schizzo di sangue alla mia sinistra, il ghoul che si accascia al suolo.

La mia mano scatta più rapida di un serpente, afferrando la lama nascosta ed estraendola dal bastone di Paracelso, i miei anfibi colpiscono l’asfalto e sto volando in avanti con un ruggito.

Dieci uomini, otto dei quali con quelle che ho imparato a riconoscere come armi automatiche.

Nessuna possibilità di trattenersi o di fingere di essere umani.

Dal momento stesso in cui si sono accesi i riflettori ho iniziato a pompare sangue, usandolo per potenziare i miei muscoli, il controllo che ho sui miei movimenti, persino la capacità del mio corpo di rigenerarsi ignorando le ferite, portando le mie capacità al limite massimo che posso sperare di sostenere.

Nessuno di loro potrà uscire vivo dal parcheggio.

I mitragliatori cominciano a sparare, assordandomi, non posso neanche provare a schivarli o colpiranno il resto del gruppo dietro di me. Proiettili mi trapassano una gamba, un’altra raffica mi colpisce allo stomaco, perforando organi inutili e atrofizzati, altri ancora spaccano le costole e si conficcano nei polmoni.

Le pallottole non fanno molto ad un vampiro, ma questa è la prima volta che uno squadrone mi svuota tutti i caricatori addosso, è come essere fatti a pezzi un brandello alla volta.

Un colpo mi porta via una guancia, scoprendo le zanne, perdo la vista dall’occhio sinistro e non capisco se è più nella sua orbita, poi piombo in mezzo a loro, trapassando lo stomaco al più vicino con la lama. Vomita sangue, afferrando la lama terrorizzato. La estraggo, e cade a terra.

Sento passi alla mia sinistra, finalmente la mia velocità sta aumentando, ho usato il sangue per accelerare oltre ogni limite mortale all’inizio del balzo, ma servono un paio di secondi perché il mio corpo si adegui.

Non è come se il mondo rallentasse, tutto diventa più frenetico mentre i miei nervi e movimenti sembrano esplodere di attività.

Roteo verso destra e abbasso la lama sul primo che vedo. Voglio colpirlo al collo, ma il mio taglio è un po’ in ritardo. Arrivo sulla spalla, la spada sottile taglia muscoli e costole, squarciandogli il torace come carta, e solo la seconda fila di costole mi impedisce di tagliarlo in due, il sangue esplode in una fontana mentre gli uomini si allontanano terrorizzati.

«Cazzo!!»

«Oh merda!!!»

«Che cos’è?! Che cazzo è?!»

Mi sono messo in mezzo a loro per impedirgli di spararmi senza colpirsi a vicenda, ma i più vicini a me sembrano aver smesso di badare alla cosa. Il criminale alla mia destra va nel panico, cadendo a terra e sparando una raffica che mi passa sopra la testa, ma il suo compagno no.

Mentre mi volto verso di lui incontro il suo sguardo, ha perso gli occhiali a specchio, gli occhi sono sbarrati ed è mortalmente pallido, ma riesce comunque a colpirmi con tutto quello che gli è rimasto, sfruttando il rinculo dell’arma per una lunga raffica dal basso verso l’alto.

Le fiamme dell’arma mi accecano, e a questa distanza i proiettili sembrano una sega che cerca di squarciarmi a metà dalla coscia al collo. Dove colpiscono i muscoli vengono lacerati, le ossa ridotte in schegge e io barcollo, capendo che una gamba non mi regge più, non posso neanche urlare, la mia gola è stata aperta in due.

Buona parte delle ferite è scomparsa all’istante, la pelle che si richiude immacolata come acqua dietro a un sasso, ma neanche la maledizione dell’immortalità può far fronte a questo.

Quindi la aiuto.

«... cosa... no!! No!!!» il criminale urla nel panico, vedendomi restare in piedi. Armeggia alla cieca con il caricatore, ma tutto accade in meno di un secondo. Altro sangue corre alle ferite, la carne trema, i muscoli si riabbracciano e si fondono. Sento l’occhio che mi penzolava contro una guancia strisciare sulla pelle, mentre viene risucchiato nell’orbita e la mia vista ritorna.

Un ringhio mi esce dalle fauci mentre i miei denti si allungano contro la mia volontà.

Ne ho dovuto usare troppo. Ora ho fame.

E questo tipo è riuscito a farmi arrabbiare.

Il criminale ha solo il tempo di gridare, poi lo impalo con la mia lama, trapassando il cuore, e scatto verso quello che si sta rialzando da terra, sollevando l’arma con due mani. Non mi sono preso il disturbo di liberarla dal corpo del suo compagno. L’abbasso, tagliando in due entrambi in un’esplosione rossa.

Mi volto, altro sangue viene consumato per tenere la stessa velocità sovrumana. Uno schizzo rosso ha coperto un riflettore, dando al parcheggio un’aria infernale. L’asfalto è coperto di cadaveri e viscere, e il fianco sinistro dei nemici è nel panico, due di loro già in fuga.

«È un mostro!!!»

Scatto di nuovo. Prima che le gocce di sangue abbiano finito di colpire il terreno ho raggiunto il primo dei nemici, un ragazzo che sta strillando lanciandomi contro la sua arma. Lo sorpasso ruotando su me stesso, la lama manda un bagliore cremisi e il ragazzo ha finito di urlare. Le pallottole dell’ultimo criminale rimasto a combattere colpiscono vicino ai miei piedi e una mi trapassa un ginocchio.

«Non è umano! Non...»

Lo raggiungo mentre la testa del ragazzo cade al suolo. Un solo fendente, voglio tagliare la gola ma sto perdendo il controllo della mia forza, la punta dell’arma tocca una vertebra e tutta la testa gli si gira ad un’angolazione innaturale. È morto prima di toccare il suolo, e i miei occhi si sono già orientati verso la schiena di uno dei due in fuga.

Sento la Bestia fremere, come un leone che abbia visto una preda dargli le spalle.

No.

Ricordo Bosworth, come abbiamo inseguito le masse degli York in fuga, falciandoli da cavallo, e salto in avanti, l’odore del sangue e l’aria fresca della notte che inebriano i miei sensi. Gli atterro sopra, buttandolo a terra, mentre geme nel panico sollevo la spada per infilzarlo e...

Non era da cavaliere allora. Non lo è adesso.

...stringo i denti, riguadagnando abbastanza controllo da girare la lama nella mano per dargli una botta alla schiena con l’impugnatura, facendolo svenire.

Sangue.

L’ultimo è arrivato alla macchina. Fa per aprire la portiera, ma in un attimo lo ho raggiunto e afferrato.

Urla nel panico, dibattendosi mentre lo scrollo come una bambola di pezza e lo sbatto contro la fiancata, bloccandolo. Un finestrino esplode e l’intero veicolo oscilla. Il braccio dell’uomo sembra un ramo spezzato, non mi sono neanche accorto di averlo rotto.

«... ti prego, ti prego...» ansima, lo sguardo folle di terrore.

Ho troppa fame. Il mio sguardo si sposta sui miei compagni, che sembrano essere riusciti ad avere la meglio dei poliziotti. No, non ce la posso fare. O lui, o uno di loro...

Jesse...

«... avevo detto... di lasciarci andare...» è tutto quello che riesco a dire, poi lo azzanno alla gola.

Sussulta, cercandosi di divincolarsi mentre bevo. È dolce, troppo dolce, ogni mio pensiero viene annientato mentre sento il nettare caldo colarmi giù per la gola.

Continua a dibattersi. Gli stringo il braccio rotto per fargli capire di stare fermo, ma il suo lamento è fioco, disperato, come di chi ha capito di non avere più nessuna speranza.

Lo sto uccidendo.

Urlo, mi sembra di lottare contro un fiume in piena, i miei stessi muscoli mi vogliono impedire di staccarmi da lui, poi, con uno sforzo che mi costa tutto quello che ho, lo lascio andare, indietreggiando.

 L’uomo si affloscia come un sacco vuoto, svenuto ma ancora vivo.

Un rivolo di sangue sta ancora uscendo dai buchi sul collo, ma dovrà occuparsi qualcun altro di richiudergli le ferite, non mi faccio illusioni su cosa accadrebbe se mi riavvicinassi. La mia fame è diminuita, ma non ho ancora bevuto a sufficienza da fidarmi di me stesso.

Il mio sguardo vaga sulla scena da incubo che ho creato, il sangue ha coperto il pavimento del parcheggio, cadaveri mutilati e pezzi di quelli che una volta erano esseri umani giacciono ovunque tra i bozzoli di proiettili.

Jesse è riuscito a catturare il capo dei criminali, l’uomo dai capelli biondi, spostando l’auto di Cornel per bloccare la sua. Aveva cercato di darsi alla fuga nel momento stesso in cui ero piombato sui suoi, ma avevo dovuto ignorarlo per concentrarmi sulle minacce.

Nessuna traccia del suo amico, l’uomo di colore con la giacca marrone che era rimasto in disparte durante il negoziato, senza dire una parola. Non mi ero neanche accorto della sua scomparsa, e capisco chi era davvero a capo dell’operazione.

Due dei poliziotti si sono arresi, ed uno stringe delle banconote insanguinate come se fossero uno scudo contro di me, tremando dietro a Paracelso.

Paracelso... è chino sull’altro uomo che ho risparmiato, ma quando mi avvicino il suo sguardo teso mi congela.

«Cosa c’è?» chiedo.

Ho colpito troppo forte. L’uomo a terra ha tre costole spezzate, e non solo si sono piegate verso l’interno, forando il polmone, ma, dato che ho colpito vicino alla spina dorsale, una vertebra si è girata, danneggiando i nervi e il midollo.

Anche se dovesse sopravvivere, probabilmente non potrà più camminare.

Resto lì stordito a fissarlo per una paio di momenti, poi una sirena in lontananza ci ricorda che i nostri problemi non sono ancora finiti.

Questo posto sembra un mattatoio, i poliziotti stanno arrivando e una mezza dozzina di criminali con armi automatiche uccisi da tagli inflitti con forza sovrumana sono una violazione della Masquerade in piena regola.

«Prendo l’esplosivo» dice Paracelso. Gli restituisco la spada, notando solo ora come l’ho ridotta: l’impugnatura di legno è crepata e deformata, devo averla stretta troppo, la punta e il filo si sono rovinati quando li ho usati per tagliare attraverso le ossa e la lama è piegata in due punti.

La mia spada è stata forgiata per sopportare la mia forza, questa no.

Gli mormoro una scusa mentre la fissa attonito, poi vado a raccogliere i superstiti e li carico in macchina.

Mentre usciamo sgommando dal parcheggio un’esplosione squarcia la notte, devastando i corpi e camuffando quanto è accaduto, rendendolo più accettabile agli occhi dei mortali.

Il principe di Tampa dovrebbe essere in grado di gestire le cose da qui, un regolamento di conti tra bande, un negoziato finito male o qualche storia simile, ma dubito sarà contento della cosa. Non saremo più i benvenuti a Tampa.

Guardo Paracelso fare il possibile per tenere in vita l’uomo a cui ho rotto la schiena. Solo quando mi sento proporre di trasformarlo in Ghoul per aiutarlo a sopravvivere capisco quanto mi sento disperato.

Verso le gocce del mio sangue giù per la sua gola.

È tutto inutile. Ci muore tra le mani prima di uscire dalla città.



***


Carlos


Respira.

Respira.

Respira.

Respira.

I rumori della battaglia che incorre alle mie spalle sembrano affievolirsi, anche se il mondo sembra vorticare sempre con la stessa velocità. Appoggiato al muro alle mie spalle creato da un mago-industriale del diciassettesimo secolo sono coperto da sudori freddi, mentre il cuore continua a battere ad un ritmo spropositato e non riesco a capire se sia la situazione o l’ingente perdita di sangue.

Respira.

La mia protetta, che stranamente sembra essersi  preoccupata delle mie condizioni, mi ha dato un po’ del suo sangue e ha cercato di legarmi un pezzo del vestito a mo di laccio emostatico e ciò sembra aver un po’ impedito lo sgorgare del sangue, che continua a uscire a fiumi.

Cosa bisogna fare quando hai una pallottola nella gamba?

Sono stato uno dei pochi fortunati della mia zona a non doverlo mai scoprire in passato. Di certo non avrei mai pensato di scoprirlo in questo modo.

Cabron!  Mi direbbe mia madre,  colpendomi la testa con un minimo di veemenza.

Cosa te pasa per la cabeza?! Quieres morir?

Ah, la sempre dolce signora Pereira. Che non saprà mai nulla di tutto ciò, che io viva o che io muoia.

Per fortuna è tutto finito.

In quel momento vedo comparire davanti a me ciò che sembra un demone, sia dall’aspetto che dall’espressione rabbiosa e di odio sul suo volto. Alto circa un metro e novanta, vestito di nero e coperto di sangue non proprio, un cavaliere medievale munito di spada e croce al collo come un talismano incombe su di me come una montagna dall’aspetto minaccioso. Passata la sua arma ad un altro vampiro mi solleva come se fossi una piuma, neanche fossi la fantomatica principessa delle fiabe da portare in salvo. Se non stessi morendo dissanguato troverei la cosa vagamente imbarazzante. Nel frattempo la piccola pazza gli trotterella dietro cercando di stare al suo passo, estremamente preoccupata e le si può leggere in faccia che non ha la minima idea di cosa fare adesso, e ciò non mi rassicura per niente. Se non altro però, a quanto pare non sono l’unico a non aver mai affrontato una sparatoria, anche se mi aspettavo che almeno lei, con millenni di esperienza, sapesse qualcosa di combattimento, considerando che nonostante il suo fisico sa strappare la trachea di un uomo a mani nude per poi prosciugarlo completamente.

Si, ho visto mentre lo faceva.

No, non è stato piacevole.

Se non altro era qualcuno che sembrava meritarselo, considerando che aveva una pistola in mano e stava cercando di rapinarla. Che brutta sorpresa che si è ritrovato.

E’ una donna, Carlos. Non ha mai dovuto combattere contro altri vampiri. Al massimo ha dovuto …

Ok, meglio che mi fermi qui. Cassiopea riscuote sempre un enorme successo nel mondo maschile ma non è un buon motivo per darle della puta, nonostante ammetto che sia una ragazza molto facile per certi versi.

Irwin mi appoggia malamente sul sedile posteriore dell’Hammer e gli altri non morti si affrettano a salire in auto prima che arrivi la polizia, le cui sirene incominciano a sentirsi in lontananza. Avrei sperato fosse arrivata prima, considerando che il chiamarla è stato il motivo per cui mi hanno sparato.

Hijo de puta. La delicatezza non è il tuo forte eh?!

Il sangue continua a sgorgare copiosamente e incomincio a vedere del nero pece attorno al mio campo visivo. I sudori freddi sono aumentati. Sto per svenire.

Respira.

<< Hey, HEY! Svegliati! Rimani con me! >> Dice la greca scuotendomi dall’inizio del mio torpore << Andrà tutto bene…  Andrà tutto bene >>  Incomincia a ripetere poi in maniera compulsiva e terrorizzata.

Rassicurante.

Assieme a me viene messo sulla macchina un altro ferito, uno dei nostri aggressori. L'unica cosa che mi impedisce di incominciare a sbraitare e chiedere perchè ce lo stiamo portando dietro è la pietà, caratteristica che non sembra esserere comune tra questi mostri. 

L'uomo, disteso affianco a me e liberato dalla giubba antiproiettile, continua a gemere. Mentre il suo petto si alza e si abbassa con il respiro, incerto, le costole si muovono in maniera innaturale. L'odore di polvere da sparo, sangue e sudore mi invadono le narici, dandomi la nausea. Anche la posizione dell'uomo è innaturale, quasi scomposta. Per un momento sono quasi felice di quello che mi è capitato, rispetto a questo disgraziato.

Realizzo in quel momento, in maniera quasi automatica, che questi mostri sono non morti. Che si nutrono di sangue. E io sto morendo dissanguato sul sedile posteriore dell’auto di uno di questi, neanche fossi della coca sventolata sotto il naso di un dopado. Se anche solo ad uno di questi partono i cinque minuti finirò per non arrivare a vedere l’alba di domani.

Che magnifica serata! Penso sarcastico, cercando di trattenere l'isteria.

Qualcosa di grosso viene messo in malo modo nel bagagliaio dell'auto. Il fatto che quel qualcosa continui a gemere e a divincolarsi, facendo vibrare la grossa macchina su cui sono stato posto mi fa venire un'ondata di panico. 

Il bagagliaio dell'auto viene chiuso violentemente.

Meglio non pensarci, ho altri problemi a cui badare. 

Sono circondato da una combriccola di non morti completamente diversi tra di loro, per la precisione un oracolo dell’Antica Grecia, un cavaliere medievale inglese, un industriale scozzese del  ‘700 (e già questo dovrebbe denotare qualche problema), un gangster afroamericano, un informatico paranoico di non-si-sa-dove-perché-non-ce-lo-vuole-dire-porque- tienes -una- escopa- en-el-culo, e un vampiro che non vuole essere un vampiro e per questo viene bullizzato dagli altri vampiri. 

Viste queste premesse, sono davvero fortunato ad essere nelle condizioni in cui sono. Ammesso che io sopravviva.

L'auto parte con un leggero rombo, mentre l'altro uomo ha incominicato a tossire violentemente.

Mi volto verso di lui, e noto che ciò che sa tossendo è altro sangue. Altre goccie di sudore incominciano ad imperlare la mia fronte.

Non voglio morire.

<< Non c'è niente da fare, Irwin. Sei sicuro di non volerlo rendere un tuo ghoul? Forse potrebbe allungargli la vita, ma è un tentativo davvero disperato... >> Dice Paracelso, seduto davanti a me, mesto.

Il Bruto rimane in silenzio, ma avrei potuto giurare che sulla sua faccia si fosse dipinta un'espressione cupa.

Trattengo una risata, folle, mentre la rabbia mi invade. 

Paradossalmente mi sembra uno di quei bambini troppo cresciuti per la loro età, che una volta che gli è stato rotto il giocattolo, incomincia a dispiacersi.

Beh, la prossima volta potevi pensarci prima. Gli umani non sono giocattoli. Non sono burattini. 

Io non lo sono.

La mia vita vale molto più di un'attimo, nonostane quello che sembra pensare il mio domitor.

In quel momento sento squillare il mio telefono.

TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN TA-TAN.

La “Marcia di Darth Vader” incomincia a risuonare come una promessa.

Altri guai in arrivo, come se non fossero abbastanza.

TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN-TA-TAN

<< Qualsiasi cosa succeda non rispondete! >> Esclamo con voce rotta dal dolore.

E’ il Primo Malkavian, e non sto rispondendo al telefono da più di un’ora. Il mio datore di lavoro si starà già facendo prendere dal panico non sapendo come sta la sua preziosa sorellina. Sono in guai seri, ma se rispondo adesso lo sarò ancora di più.

La macchina è già partita da un po', quando il rumore di un'esplosione rimbomba alle nostre spalle.

L'uomo affianco a me spira, emettendo l'ultimo rantolo gorgogliando sangue.

Risponderò più tardi.

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Capitolo 13
*** Ritorno all'Equilibrio ***


(13) Ritorno all'Equilibrio

Ritorno all'Equilibrio

Cassiopea

Apro la porta dell’auto e salutando tutti frettolosamente mi affretto con Carols in braccio verso l’ascensore.

Dannazione.

Non so come si usa un ascensore, in genere è Carlos a far funzionare questi cosi di metallo o un altro dei miei ghoul. Osservo l’umano tra le mie braccia: bocca socchiusa, respiro affannato e sudori freddi.

Di certo non è nelle condizioni di potermi aiutare.

 Merda.

 Decido di premere un pulsante a caso, le porte dell’ascensore si chiudono e la gabbia di metallo incomincia a salire.

Sbrigati.

Sbrigati.

Sbrigati .

Sbrigati.

Sbrigati, maledizione!

<< PRIMO PIANO >> Dice una voce femminile. Grazie a Zeus.

Le porte dell’ascensore si aprono, rivelando il primo piano dello Xenia con il bar e tutto il resto.

<< ANDREW! >> urlo

Vedo Andrew correre trafelato verso di me ed entrare nell’ascensore. Fortuna che sono le quattro del mattino e il bar ha già chiuso da tempo, altrimenti il tutto sarebbe stato orribile per gli affari. Una nota positiva in tutta questa sfortuna.

<< Che è successo? >> Mi chiede visibilmente preoccupato mentre preme uno dei pulsanti, speranzosamente quello del secondo piano con l’infermeria.

<< Siamo stati coinvolti in un imboscata >>

Le ante della gabbia si chiudono ed essa incomincia a salire.

<< Chiama il Maestro della Carne, lui saprà cosa fare >>

<< SECONDO PIANO >>

Le porte si aprono e sempre tenendo Carlos tra le mie braccia mi avvio verso la stanza con il lettino da ospedale.

<< Andrew! >> Chiamo di nuovo, appoggiando con non molta delicatezza il ghoul sul letto e strappandogli un gemito.

<< Si? >>

<< Procurati anche del cibo, non si è ancora nutrito >>

<< Ehm ok … Cosa? >> Mi chiede Andrew spaesato. Sono le quattro del mattino e davvero poco è aperto a quest’ora. Le vacche dormono già da un pezzo a questo punto del giorno.

<< QUALSIASI COSA MANGIATE VOI MORTALI! >>

<< Ok … Ok … >>

Vedo Andrew scappare verso l’ascensore. Faccio stendere Carlos sul lettino, slego la cintura che era stata legata alla gamba come laccio emostatico da Paracelso al posto del lembo del mio vestito, ed incomincio a slacciargli i pantaloni frettolosamente per poi toglierli. In altri momenti, più tranquilli, avrei pensato che era la prima volta che slacciavo i pantaloni ad un uomo per un motivo tanto drammatico. A questo gesto il ghoul corruga le sopracciglia, e stringendo le labbra si irrigidisce, quasi a volersi ritrarre, facendo uscire un altro fiotto di linfa vitale dalla ferita come risposta. Non so cosa significhi e sinceramente non mi interessa: c'è una situazione più urgente a cui pensare. Infine incomincio a detergergli la ferita alla gamba con un panno imbevuto d'acqua, cercando di liberarla dalla sporcizia e dalla polvere nera delle armi automatiche e incomincio a parlare. Di qualsiasi cosa. Mi hanno detto che è importante che un umano arrivato a questo punto non si addormenti, o potrebbe non svegliarsi più. Ogni tanto, mentre passo da un discorso all’altro, osservo il volto di Carlos. Se prima aveva solo un’espressione dolorante, adesso ne ha anche una molto stranita. Mi accorgo solo in quel momento,  passandogli la spugna sulla ferita, che mentre parlo sto passando da una lingua all’altra, seguendo il flusso dei miei pensieri. In questo esatto istante sono riuscita a passare dall’inglese, al greco, al latino nell’arco della stessa frase. Inoltre, per quanto ormai il corpo non mi tremi più dall’agitazione come quando ero in vita, la voce per quanto ferma ha un certo tono isterico che mi accorgo essere davvero poco rassicurante. 

Mi dispiace. 

Mi dispiace per questa situazione così folle, in cui ha rischiato la vita a causa del mio scarso autocontrollo. I sensi di colpa e il panico mi stanno attanagliando. 

Sarà passata poco più di una mezz’ora quando sento la porta dietro di me aprirsi, e voltandomi vedo entrare Mathew Rosebringer, uno dei ghoul del Maestro della Carne, quello che mi conosce di più. Egli è alto, biondo con gli occhi azzurri e gli occhiali dalla montatura sottili, munito di camice aperto da cui si vede una camicia bianca a righine blu.  Ha un po’ di occhiaie, tipiche di chi non è abituato a svegliarsi a quest’ora della notte.

<< Buonasera… >> Lo saluto

<< Buonasera. >> Risponde egli avvicinandosi, prima di posare la sua borsa per poi osservare le condizioni della ferita di Carlos, con aria quasi disinteressata. Probabilmente questo per lui deve essere il suo pane quotidiano considerando la fama del suo domitor.

Dopo qualche momento, avendo osservato con più attenzione e toccato con mano la gravità della lesione afferma << Siete stati fortunati, la pallottola ha mancato di poco l’aorta. Qualche centimetro più a destra e sarebbe stato spacciato. >>

<< Vivrà? >>

<< Certo, non si preoccupi. Vada pure a rinfrescarsi signorina Person, da qui in poi me ne occupo io. Ha passato davvero una lunga nottata. >>

Solo in quel momento mi accorgo delle mie condizioni. Il vestito argentato e una volta molto elegante  è strappato in più punti ed è coperto dal sangue di Carlos. I capelli sono arruffati dalla battaglia e il mio viso è impolverato e un po’ sporco di terra.  Sono davvero impresentabile.

<< D’accordo, la ringrazio. >>

Esco e mi dirigo verso la cabina armadio, dotata anche di bagno. Mi faccio una doccia veloce, anche se in quel momento la vasca idromassaggio sembra davvero molto più appetibile, mi asciugo, mi pettino e mi metto in pigiama. Non vedo l’ora di andare a dormire. Per rendermi un minimo più presentabile mi metto sopra il pigiama una vestaglia di seta color acquamarina. Infine mi metto le pantofole e mi dirigo verso la stanza frigo, piena di sacche di sangue, dove bevo fino a saziarmi. E’ stata dura combattere contro l’istinto di bere Carlos fino a prosciugarlo, ma per fortuna ce l’ho fatta. Non so se sarei riuscita a perdonarmi un’azione simile, soprattutto dopo tutto quello che ha fatto per me, e che continua a fare ogni giorno. Mi pulisco la bocca e passo di nuovo per la cabina armadio per prendere la pochette con dentro il portafoglio e dei vestiti puliti per il ghoul, per poi rientrare nell’infermeria. Una volta giunta nella stanza mi avvicino verso Carlos. Il respiro si è fatto più regolare e mi accorgo che la sua espressione è meno dolorante e che la sua gamba è stata ricucita. Sul carrellino vicino al letto, in una vaschetta di metallo, noto una piccola pallina di metallo coperta di sangue.

<< Gli ho fatto un’anestesia parziale in modo che non sentisse il dolore durante l’operazione, è in grado per il momento di muovere la parte alta del busto ma non le gambe. Non si preoccupi comunque, dovrebbe riacquisire questa capacità entro uno o due giorni. Entro una settimana, grazie al sangue di Cainita e un po’ di esercizio fisico dovrebbe tornare come nuovo, anche se la cicatrice rimarrà. >>

<< La ringrazio davvero per tutto quello che ha fatto. Quanto le devo? >>

<< Il Maestro le farà sapere quando avrà bisogno di qualcosa. >>

<< D’accordo, buonanotte allora >> rispondo io

<< Buonanotte >>

Prima di uscire il medico abbassa lo sguardo e cerca di trattenere un sorriso divertito senza molto successo. Abbasso  lo sguardo anche io. Ai piedi ho delle adorabili ciabatte molto morbide e a forma di mucca. Rialzo lo sguardo inarcando un sopracciglio con aria davvero poco rassicurante. Per quanto mi riguarda le mie ciabatte potrebbero anche essere a forma di membro maschile ma il ghoul di un Vile non dovrebbe mai azzardarsi a ridere di un Anziano di cui è noto il Clan. Matthew rialza lo sguardo e rendendosi conto della gaffe, imbarazzato, esce dalla stanza. E’ fortunato che io sia troppo stanca per litigare, altrimenti penso che in occasioni migliori gli insulti non sarebbero bastati.  Il medico fa in tempo ad uscire che arriva Andrew, sventolando un sacchetto con il logo di un ristorante asiatico.

 << Non è esattamente quello che si suole dire salutare, ma è quello che sono riuscito a trovare >>

<< Andrà bene comunque >> mormora Carlos sorridendo lievemente

<< Perché? Cosa sarebbe salutare per un umano? >> Chiedo incuriosita. Saranno secoli che non provo a mangiare qualcosa.

Mentre Andrew mi spiega in che cosa consiste esattamente la dieta di un essere umano, prendo altre due sedie, una per lui ed una per appoggiare il cibo. Infine mentre gli umani si nutrono incominciamo a ridere, a scherzare e a raccontare come è andata la nostra avventura a Tampa. Quando hanno tutti finito di mangiare da un po’, Andrew dice che è ora per lui di andare a casa.

<< Grazie mille per tutto quello che hai fatto stasera Andrew, dovrò darti un aumento prima o poi >> gli dico mentre lo abbraccio per salutarlo

<< Ammetto che sarebbe apprezzato >> risponde lui con il suo solito sorriso di sbieco, rispondendo all’abbraccio. << Buonanotte >>

<< Buonanotte >> lo saluta Carlos, mentre il mio barista chiude esce dalla stanza e chiude.  

Rimaniamo infine io e il mio attendente. Lo aiuto a mettersi dei vestiti comodi e puliti e dopodiché mi sdraio affianco a lui sul lettino da ospedale, stando attenta a non fargli male. Mi accoccolo con la testa sul suo petto, che si alza e si abbassa grazie al suo respiro ed incomincio ad accarezzargli i riccioli bruni. E’ caldo, ha il calore di un essere vivente, calore che trovo rassicurante e che ricordo un po’ con nostalgia. In quel momento noto anche i lineamenti del suo viso, rasato da poco in vista dell’asta, regolari e un po’ decisi e la pelle liscia e abbronzata, tipica delle persone che provengono dalle terre dove il Carro Solare è più visibile. E’ un bell’uomo, non me ne ero mai resa conto fino ad adesso. Mi rendo anche conto che dopo questa sera Carlos potrebbe decidere di lasciarmi dopo tutto ciò che è successo, visto tutti i pericoli che ha corso.

 A causa mia.

 E’ solo colpa mia se è stato ferito in tal modo, non avrei dovuto coinvolgerlo.

Non avrei dovuto portarlo a Tampa con me.

Il pensiero che possa lasciarmi mi è insopportabile.

<< Ascolta >> gli dico, accarezzandogli il viso << Non posso prometterti che questi incidenti non capiteranno più. Non sempre la vita di un ghoul è facile. Ma posso prometterti che farò tutto ciò che è in mio potere perché ciò non accada di nuovo. >>

<< D’accordo >>  Mi dice lui con gli occhi socchiusi. Non riesco a decifrare la sua espressione. Sembra …  Rilassato? Incurante? Non ne ho la più pallida idea.

<< Davvero? >> Chiedo  << Ci tengo che tu viva. >> Aggiungo poi a voce più bassa, nascondendo il viso contro il suo petto. Penso che questa sia una delle manifestazioni di affetto più dirette e sincere che io sia riuscita a fare nel corso degli ultimi due secoli, se non si conta Jayden, Primo Malkavian e mio salvatore.

<< Certo. >> Mi risponde, stringendomi un po’ a se prima di baciarmi la fronte. << E’ mio dovere assicurarmi che tutto vada per il meglio, nonostante i possibili pericoli. >>

Mi volto dall’altra parte dandogli la schiena e chiudo gli occhi << Va bene. Allora buonanotte >>

<< Buonanotte. >>

<< Ah, Carlos? >>

<< Si? >>

<< Evita di respirare troppo rumorosamente. La cosa mi infastidisce. >>

<< D’accordo. >>

Lo sento ridere sommessamente mentre chiudo gli occhi, pronta finalmente ad addormentarmi. Domani sarà una lunga nottata, la Contessa mi aspetta.   

   



 *** 


Irwin 


Scendo le scale che portano all’appartamento con passi lenti e pesanti.

La mia confessione è andata esattamente bene quanto mi potevo aspettare.

Nonostante abbia scelto una chiesa nel distretto più povero e violento di Miami, al prete non deve essere capitato spesso di sentirsi confessare sette omicidi in una volta sola, e nascondere i dettagli più... innaturali senza mentire è stata un’impresa.

Ho di nuovo la mia assoluzione. La mia anima è “salva”, almeno fino alla prossima volta in cui dovrò uccidere ancora. E ancora, e ancora, fino al giorno del giudizio...

Per quanto ancora sarò in grado di provare rimorso? Senza pentimento non può esserci assoluzione, e ho visto come l’eternità succhia dai Cainiti la loro umanità, goccia dopo goccia...

Raggiungo la porta, e gli strani rumori provenienti da dietro di essa mi riscuotono.

Una battaglia?

Apro la porta con calma e, come mi aspettavo, trovo Jesse seduto sul divano davanti al televisore.

«Ciao» mi dice assorto. «Ci hai messo parecchio a tornare»

«La chiesa era lontana. Non sei andato al lavoro?»

«Non avevo voglia, posso permettermi un “giorno di malattia” ogni tanto».

Lo scruto per un attimo, leggendolo come un libro aperto. Apprezzo il tentativo, ma non sono dell’umore per avere compagnia, né mi va di deprimerlo con i miei pensieri. 

«Capisco. Andrò ad allenarmi di là, allora».

«No, aspetta, volevo chiederti una cosa, ci sono leggende sul bastone di Merlino? Perché qui dice che gli è stato dato dai cavalieri di Iacon...»

«Da chi?» guardo lo schermo, dove degli enormi uomini di metallo parlano tra loro. «Cosa centra Merlino con dei... robot?»

«Si chiamano Transformer, davvero non ci sono leggende sui cavalieri di Iacon? Hanno aiutato re Artù contro i sassoni...»

Guardo di nuovo il film, poi fisso Jesse, perplesso.

Che diavolo di problemi ha quest’epoca?

Lui si limita a sorridere e a dare un paio di colpetti sul posto accanto a lui sul divano. «Guarda, lo rimetto dall’inizio. Ti faccio vedere solo i primi cinque minuti, così mi spieghi, ok?»

Metto giù la borsa della spada e mi siedo, arrendendomi.

Jesse si mette a blaterare di guerre tra robot da altri mondi, non capisco una parola e né ho idea di cosa sto vedendo sullo schermo.

Dopo un quarto d’ora ho già smesso a provare di dare un senso a quello che succede e mi limito ad annuire, ma va bene così.

«Ehi, dopo possiamo vederci tutta la serie se ti piace! Dovrei avere i dvd da qualche parte... se ti va ovviamente?»

«... Se insisti».

Vedo il suo volto illuminarsi, e solo ora mi accorgo di avergli sorriso, mentre rispondevo.

Sì.

Va bene così, in fondo.

***


Paracelso


Tornato da Tampa e dato le “dovute” spiegazoni a chi di dovere sul nostro operato è ormai da qualche giorno mi sono rimesso al lavoro. Le mie ricerche sono fin troppo voraci e ho dovuto rimettermi in pari.

Sfogliando la mia agenda guardo il simulacro che gioca poco distante da me... no in effetti non gioca, fa solo la serie di movimenti per cui è stato programmato. Una vena di disgusto mi assale, che sia verso me stesso o quella creatura cambia poco. Le somiglia ma è solo un imitazione. Devo smetterla di crearla nei momenti cupi, senza contare che lo spirito che mi affligge si comporta in modo strano quando lo faccio, nonostante i miei tentativi non capisco cosa voglia dire. Noto dei giocattoli muoversi da soli... sembra volerci giocare. Stupido fantasma, non capisce neanche cos'è.

Dopo un po' mi alzo di scatto dalla scrivania << Mi avete scocciato tutti e due! >>  grido.

Ricevo solo lo sguardo vuoto di quel volto infantile. Sospiro e abbasso lo sguardo su ciò che stavo facendo. Dall' agenda spunta l'angolo di un biglietto da visita, che esso sia uscito quando mi sono alzato?

Oppure...

Mi guardo attorno. Più in fondo alla sala due campanelle sferiche da cavallo dondolano svogliatamente sul posto, risalgono alla Londra vittoriana. Non dovrei stupirmi, egli mi segue da allora.

Prendo il biglietto uscito dall'agenda, è quello che mi ha dato Wilhelm Kramer all'asta.

<< Ma si >> dico sovrappensiero, mettendolo nel taschino interno della giacca.

Premo il tasto del l'interfono

 << Seth, avrei bisogno di fare una commissione, vediamoci in garage appena possibile >> Dico, alzando lo sguardo mentre rilascio il pulsante << Voi state qui a giocare e tu... >> Dico, rivolgendomi alla stanza << Non provare a seguirmi o troverò un modo di liberarmi di te >> cercando di imprimere tutta l'autorità possibile nelle mie parole.

<< Si signore >>

Mi giro di soprassalto, prima di rendermi contro che era solo la risposta di Seth alla mia richiesta. Mi aggiusto la cravatta ed esco prendendo cappotto, bastone e orologio.

Mentre attendo l'arrivo della mia guardia del corpo nel ampio garage compongo il numero sul biglietto da visita.

 << Kramers Antiques, come posso servirla?>> Dice una voce sulla quarantina, non è Wilhelm, direi .

<< Salve, mi chiedevo se fosse possibile vedere il titolare >> Dico.

<> Mi chiede il mio interlocutore.

<< Veramente no, se non è disponibile sta sera potrei prenderne uno immagino, provi a dirgli che Paracelso avrebbe piacere di vederlo >>.

Dopo qualche istante di silenzio la voce risponde << Mi dia un attimo >> Prima che incominci a suonare Greensleeves dal dispositivo. Perché questo brano sia così frequente come musica d'attesa non lo capirò mai.

Dopo qualche minuto il commesso riprende la linea.

 << E' fortunato, il signor Kramer potrebbe riceverla tra tre quarti d'ora circa >>

<< Perfetto, grazie. Allora a tra poco >> Dico prima di riattaccare.

Sento la saracinesca del locale aprirsi e vedo Seth avvicinarsi all'auto.

<< Buona sera >> Dico rivolgendogli un sorriso.

<< Buona sera a lei signore, dove desidera che la porti? >>.

Con precisione gli lancio il biglietto da visita. Seth è uno dei pochi con cui farei qualcosa del genere. Lo afferra al volo ma non riesce a trattenere un grugnito di dolore.

Lo guardo torvo << Davvero? Ancora? Non ti ho fatto recuperare l'uso delle gambe perché tu ti facessi massacrare in un combattimento clandestino >> Dico, serio.

Egli distoglie lo sguardo e risponde << ... Mi scusi signore, ultimamente è tutto troppo tranquillo, quando siamo andati a Tampa non ho visto altro che l'hangar di un eliporto... speravo in un po' di movimento >>.

 Guardo il ragazzo imbarazzato

<< Quando è l'ultima volta che ti ho detto che sei una testa di rapa, Seth? >> Chiedo, tranquillo.

Il ghoul alza lo sguardo stupito.

 << Non lo ricordo signore, sono una testa di rapa >> risponde nascondendo un sorriso.

<< Testa di rapa e lingua lunga... farai strada nella vita >> Commento seccato, entrando in auto << ...Se non ti farai ammazzare, figliolo >>

 << Non succederà signore >> Mi risponde veloce arrossendo. << ... Ed evita le arene del giro della volta scorsa, sai che potrebbe andare molto peggio >>

 << Si signore...>> Risponde più lentamente.

Partiamo, il viaggio fino al negozio è tranquillo, si trova in un quartiere non sfarzoso quanto mi sarei aspettato ma certamente non malfamato, la via è disseminata di negozi risalenti agli anni 50'. Ci fermiamo davanti a uno di questi. Ha le vetrine sporgenti come si usava al tempo, con gli infissi dipinti di blu scuro e l'insegna scritta sulle vetrine in un "Riemann Theatre" ramato. L'interno è illuminato, il tipico negozio anni 50', anche se con vetrinette, bancone e pavimento in legno, un poco logoro in effetti. Allungo dei soldi a Seth e gli dico di trovarsi qualcosa da fare che non comprenda la violenza fisica, poi entro.

Il rumore di una campanella sancisce la mia entrata e il commesso con cui avevo evidentemente parlato poco prima mi accoglie.

 << Benvenuto da Kramers Antiques, mi dica se posso fare qualcosa per lei >>

E' sui quarant'anni, di bella presenza anche se abbastanza pasciuto. Porta capelli lunghi legati in una coda e un bel bracciale al polso.

<< Buona sera, ho chiamato poco fa, visto che sono un po' in anticipo pensavo di dare un occhiata in giro intanto >>  Rispondo.

Il negozio contiene una grande quantità di qualsiasi vecchio pezzo che dica " Europa secondo gli americani", anche se qua e la si trova qualche pezzo di effettivo antiquariato. Spero abbia qualcosa di meglio.

Parlando con il cassiere scopro che hanno anche armi d'epoca, tra cui una Colt originale e una coppia di Smith and Wesson intarsiate da duello.

<< Davvero? Una Colt originale? Sarebbe possibile vederla?>> Chiedo con trasporto.

<< Purtroppo non teniamo questo genere di articoli in negozio per motivi di sicurezza, ma abbiamo un catalogo dal quale visionare i pezzi>> Mi risponde con mia delusione il commesso.

<< Ah si, le due Smith and Wesson sono vendute solo in coppia, appartengono a un vecchio ordine mai ritirato >> aggiunge voltando la pagina per mostrarmele.

<< Beh sarebbe a prescindere un peccato dividerle >> rispondo sfogliando il catalogo delle foto.

Torno a scorrere le foto della pistola precedente.

 << Ho sempre voluto una Colt >> Aggiungo possando lo sguardo sull'elegante C a firma del revolver.

Una delle immagini mostra la pistola contenuta in una custodia di legno rossiccio tappezzata di stoffa beige e contenente tutto il necessario per la cura e ricarica dell'arma. Decisamente uno dei primi modelli del celebre inventore, un revolver “Colt Walker”, nome derivante dalla collaborazione con il capitano Samuel Walker per realizzare l'idea avuta anni prima da Colt. Un arma certo ancora allo stato embrionale in quanto caratteristiche tecniche, ma con un' eleganza propria della mano di un grande artista. L'impugnatura è in legno coordinato a quello della scatola, ricurva in avanti per congiungersi a un corpo in acciaio con placcatura in ottone che va via via a ridursi al rastremarsi del profilo dell'arma, lasciando del tutto il posto al colore scuro dell'acciaio sulla canna. Il tamburo istoriato può contenere 6 proiettili calibro .44.

Anche se potente era forse un po' troppo ingombrante e pesante, tuttavia oggi rappresenta per me il primo geniale passo verso un innovazione rivoluzionaria, forse violenta ma non di meno rilevante nella storia umana.

Mentre faccio queste riflessioni noto una persona entrare dal retro del negozio, alzo lo sguardo e vedo l'aspetto umano di Wilhelm.

<< Benvenuto nel mio negozio Paracelso, a cosa devo questa visita? >> mi chiede avvicinandosi.

<< Beh, hai un negzio di antiquariato e io sono un collezionista, non potevo non fare un salto >> rispondo.

<< La maggior parte è robaccia, viene dall' Europa ma non ha davvero un gran valore, sai, per quelli che non ne capiscono granché >> Dice, osservando cosa sto consultando dal catalogo << Questa però è originale, hai buon occhio.Vengono quarantamila la Colt e cinquantamila le due Smith & Wesson. Piuttosto le andrebbe di vedere dei pezzi che non sono aperti al normale pubblico?>>.

<< Beh se me lo chiede così non posso rifiutare >> Rispondo sorridendo, dopodichè faccio un cenno di ringraziamento al commesso mentre seguo Wilhelm nella porta da cui è entrato.

Il proprietario mi conduce in un magazzino con molti scaffali carichi di pezzi. In effetti ne vedo di decisamente più interessanti: da quelle che sembrano essere varie prime edizioni, a una cassetta di sicurezza borchiata italiana dei primi del '800, un set da cucito francese settecentesco, fino a icone religiose.

 Una volta soli mi chiede << Le disturba se assumo il mio aspetto? >>

<< Se non disturba lei non ho nessun problema in merito >> Rispondo tranquillo.

<< Grazie, trovo molto scortese mantenere questa maschera se non necessario, è fatta per ingannare >>.

 Mentre dice ciò lo vedo riassumere il suo vero aspetto da nosferatu. Lo avevo già visto a Tampa, ma qui la luce lo rivela decisamente con più chiarezza: il suo corpo è scheletrico, mentre dei bubboni dal aspetto malato compensano questa magrezza eccessiva, apparendo su tutte le sue membra bianche che tendono al giallo  e dall'aspetto vagamente itterico. I suoi occhi sono infossati in modo inquietante, e porta i capelli bianchi e unticci legati in un riporto.Benché il suo aspetto mi colpisca non è il primo Nosferatu che incontro o con cui sono in rapporti abbastanza stretti da vederlo con il suo vero aspetto.

Ah, Mr Welch,  Haste Ye Back Bowfing Scunner!* A guardarti non ti avrebbe voluto bene neanche tua madre, ma io si.

Ci fermiamo davanti a uno scaffale in fondo alla stanza.

 << Crede nelle leggende signor Paracelso? >> Mi chiede, prendendo un paio di cassette e posandole sul tavolo al centro della stanza.

<< Beh, non apparterrei più al mio clan se rispondessi di no >> Rispondo incuriosito dall' introduzione.

Il Nosferatu apre le cassette, rivelando una Colt calibro .45 dal design pulito ed elegante con l'impugnatura in noce e il corpo in semplice acciaio abbellito dal tempo, e una pistola piccola a colpo singolo, una Derringer tozza con un impugnatura ricurva, di fattura molto elegante e il castello scavato nel legno chiuso con una placca istoriata color cremisi. Entrambe erano accompagnate con alcuni dei loro colpi accuratamente riposti nella custodia.

Guardo incuriosito il sorriso malizioso di Wilhelm << Cosa sa dei miti del vecchio West? >> Mi chiede, avvicinando il revolver.

<< Beh più della maggior parte delle persone, ma a dirla tutta non sono un esperto, non è esattamente il mio campo. Di chi era quest'arma? >> rispondo.

<< Ha davanti una delle due armi del famoso sceriffo Wyatt Earp, un pezzo davvero unico >> Mi dice con soddisfazione.

La guardo con attenzione << Un pezzo davvero degno di nota >> Commento affascinato << Non era lo sceriffo che non fu mai colpito in una sparatoria e che pare fosse infallibile con la pistola? >>

<< Proprio lui, o almeno questo è il mito che è arrivato a noi >>  Mentre lo dice mi avvicina la pistola a colpo singolo << Questa invece è la pistola usata per uccidere il presidente Lincoln >>.

Lo guardo stupito << Questa dovrebbe stare in un museo, come l'ha avuta? >> Gli chiedo, ottenendo solo un sorrisetto misterioso che risulterebbe piuttosto terrificante ad un altro.

<< Visto ciò che è legato a quest'arma si può dire che abbia un certo potere, una carica metafisica se vogliamo definirla tale >> Commenta, sollevandola con dei guanti di cotone sulle mani simili ad artigli.

<< Beh, sicuramente è possibile, anche se non ritengo che sia certamente una carica positiva, è l'emanazione di un regicidio, un atto d'odio e distruzione. Benché rappresenti un pezzo di storia estremamente significativo non credo faccia per me >> Rispondo con un pelo di rammarico.

Avvicino la scatola contenente la pistola dello sceriffo Earp << Questa d'altro canto se ha qualcosa del suo proprietario sarebbe un talismano portafortuna perfetto >> Commento, rigirandola in mano come se potesse rompersi da un momento all'altro.

<< Per questi oggetti forse potremo accordarci diversamente dai comuni pagamenti in denaro e piuttosto effettuare uno scambio come consuetudine tra noi Cainiti. Ah, preferisce usare il lei o passare al tu? >> mi chiede.

<< Come più le aggrada, mi sono abbastanza abituato ai modi informali di questo secolo >> rispondo cortesemente.

<< Allora proseguiamo con il lei per il momento >> Propone Wilhelm.

<< Per quanto riguarda il pagamento invece penso che possa andare bene >> Ribatto <> chiedo.

<< Nulla di preciso attualmente, ma posso chiederle una cosa? Lei è venuto da me questa sera anche per qualche altro motivo? Oltre allo shopping intendo >> Mi chiede.

<< Stavo appunto cercando un momento per parlarne. Innanzi tutto vorrei porgerle le mie scuse per gli attriti avvenuti tra lei e i miei compagni di gruppo, la faccenda si è svolta in modo decisamente infelice e lei, o la sua macchina, ne avete pagato il prezzo più salato. Di questo me ne dispiaccio. La reazione di Irwin ritengo fosse commisurata alla minaccia che avrebbe potuto rappresentare per noi ma non a quella che ha poi rappresentato nei fatti. Non posso ignorare il fatto che se le cose fossero andate diversamente sarebbe potuta essere un esperienza proficua per entrambe le parti. Ecco perché sono qui, non voglio ripetere l'errore di sprecare le potenzialità di un rapporto di mutuo beneficio. Spero di non esser stato troppo sfacciato>> Rispondo, tentando di valutare l'impatto che le mie parole hanno avuto sul Nosferatu.

Egli sembra prendersi qualche momento per soppesare le mie parole << Beh sicuramente mi dovrò rivalere delle azioni di quel gorilla... >> inizia a dire.

Lo interrompo dicendo << Beh ritengo possa comprendere che a pedinarci potevano essere persone decisamente più pericolose per i nostri intenti e per questo ha agito in modo violento. Non lo giustifico ma ritengo sia un altro con cui un rapporto pacifico può risultare benefico, trovo molto tranquillizzante averlo dalla mia parte della barricata in eventi pericolosi >>.

Ancora una volta soppesa le parole << ... Come dicevo ritengo dovrei rivalermi con lo sceriffo delle azioni di quel bruto >> Continua, non posso sapere se volesse dire questo anche all'inizio.

<< Beh, in questo caso sarebbe sciocco a non farlo >> Dico sorridendo, ma dopo un momento mi sovviene un altro pensiero << Ma se ben ricordo lei era in città all'insaputa del principe di Tampa, se non lo avesse detto neanche a Miami forse sarebbe pericoloso parlarne ad Aidan >>.

<< Non si preoccupi ma la ringrazio per l'interesse >> Risponde enigmatico <> mi chiede.

<< In realtà nulla di specifico, ho ovviamente capacità e risorse da offrire per una collaborazione. Ritengo di essere una persona in grado di apprezzare il talento e, oltre a quello di antiquario, direi che lei ne ha altri di preziosi >> Rispondo.

<< Quindi mi pare che quella che mi propone sia più un' amicizia nell'accezione che usiamo tra fratelli >> Commenta.

<< Se vuole chiamarla così. Trovo sia un termine un po' intimo per ora, collaborazione o alleanza trovo siano più calzanti, con la speranza che conducano a un'amicizia futura. Spero ancora che non sia stato sfacciato da parte mia proporre la cosa >> dico guardandolo interrogativo.

<< Affatto, anzi, apprezzo la richiesta, molti dei nostri fratelli non sono così cortesi. A una futura amicizia >> Replica porgendomi la mano artigliata e ricoperta di bozzi.

La stringo senza fare una piega nonostante sia piuttosto disturbante quel contatto, dalla sensazione fredda e viscida.

La fama di Wilhelm è piuttosto controversa e sembra che sia visto come un ladro da alcuni. Sicuramente starò attento ma credo che sia un ladro con un onore, e benché appaia vendicativo verso chi gli ha fatto un torto, credo sarà un alleato valido, anche se fosse solo per non averlo come nemico.

<< Ah, quasi mi dimenticavo: a che punto sono i lavori della sua bella auto? Mi piangeva il cuore nel vederne le condizioni dopo il nostro scontro e ovviamente è ancora valida la mia offerta di pagare per le riparazioni. Non posso sopportare che rimanga in quello stato >> Domando.

Fa una smorfia infastidita anche se non pare diretta alla domanda in se.

 << Ancora in riparazione purtroppo, era ridotta... male >>

<< Capisco, deduco abbia già trovato un meccanico adatto, ne avrei proposti in caso contrario. In effetti ho sentito di una sorella davvero dotata con le macchine, forse persino più di me, non è il mio campo di specializzazione dopotutto. Mi piacerebbe conoscerla, ma non ho mai avuto l'occasione>>.

<< La ringrazio per la premura, uno dei suoi talenti è la meccanica quindi? >> Domanda incuriosito.

<< Precisamente, le armi nello specifico. Ritengo di essere uno dei migliori, se non il migliore in città >> commento con quella che ritengo essere modestia.

Sembra pensare a qualcosa << Vista la sua passione per le auto mi segua nel mio ufficio, lì ho dei cataloghi della merce troppo ingombrante da tenere in negozio >>. Con un gesto educato lo invito a farmi strada.

L'ufficio è piccolo ma molto ordinato, rifinito in legno.

Mi mostra dei cataloghi decisamente ben fatti, ottenuti da album fotografici in condizioni davvero eccellenti, di colore nero e carta a ph neutro per preservare le fotografie da agenti esterni. Ha un catalogo davvero vasto, automobili e mezzi ma anche mobili e oggetti ingombranti di varia natura. Mentre scorre si ferma su una pagina << Ah questi potrebbero piacerle, mi pare di capire gradisca un estetica essenziale. Alcuni pezzi non propriamente antichi ma interessanti, come alcuni dei mobili prodotti nello stile Bauhaus >>.

<< Effettivamente li trovo molto interessanti, potrei farci un pensierino >> Replico.

<< Ah giusto >> Dice, girando un paio di pagine << Anche questo è legato al Bauhaus, una postazione da lavoro originale. Viene solo mille dollari, purtroppo è un pezzo piuttosto specialistico e non ho mai trovato qualcuno interessato ad averlo>>.

La foto mostra un bancone molto ben organizzato, con tutti gli strumenti in ordine, come se qualcuno lo avesse preso in blocco dalla celebre accademia e portato in America. Sarebbe una fantastica aggiunta al mio laboratorio, che per quanto fornito può sempre far uso di buoni strumenti. Probabilmente ne farò delle repliche per non rovinarli. << Fino ad oggi. Direi che lo ha appena venduto>> Gli dico entusiasta.

<< Beh ogni pezzo ha il suo compratore, felice che la soddisfi >> Replica, forse un pelo sorpreso.

<< Posso fissare una data per formalizzare la vendita e farmi arrivare in pezzo dal magazzino >> Mi spiega poi con efficienza.

<< Molto bene allora, così potremmo parlare di cosa potrei darle in cambio della Colt di Earp. Sono davvero interessato >>

<< Ah, posso chiederle una cortesia in nome della nostra nuova collaborazione? Lei sicuramente conosce il Primo Tremere, mi saprebbe indicare quali sono i suoi gusti? Ho incontrato un po' di difficoltà per scoprirli>> Mi domanda.

Soppeso un po' la domanda, non trovandoci nulla che possa nuocermi rispondo << Beh, come me viene dal vecchio mondo, alcune volte ci siamo incrociati nel acquisto di oggetti del nostro continente d'origine. Lui è olandese, oggetti di pregio dalla sua terra natia potrebbero essere adatti, forse anche qualcosa legato al commercio vista la lunga storia mercantile e navale del paese ma la inviterei ad indagare di più in merito, può essere un inizio. Devo dire che ho un'idea che potrebbe essere quella giusta ma ritengo più saggio verificare prima di proporgliela, non vorrei le si ritorcesse contro >>.

<> Dice.

<< Certamente >> Dico, estraendo un biglietto da visita da un taschino insieme a una penna, e dopo averlo girato vi scrivo un indirizzo un email che uso per comunicazioni un po' più private. Persino in queste cose la discrezione Svizzera dimostra il suo valore.

<< Oh perfetto, è sempre meglio chiedere nella nostra società >> replica << Allora a presto signor Paracelso. Posso dire che è stato un piacere fare affari con lei >>

<< A presto signor Kramer. Spero sia l'inizio di un rapporto proficuo per entrambi >> Gli porgo la mano e lui la stringe di rimando. Poi mi accompagna nell'area pubblica del negozio e mi avvio nella Notte dopo aver salutato il commesso.

 

* Letteralmente: torna presto orribile mucchio di letame fumante

 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo 

<< Eccellenza, la signorina Person e Sir Irwin >>

Meravigliosa nel suo vestito lungo da casa la Contessa suona il clavicordo al centro del salotto dei ricevimenti, inondando la stanza ricca di tappeti e quadri con una musica nostalgica. Una melodia che rievoca immagini di una terra ricoperta da foreste al di là delle montagne. 

Il maggiordomo non attende nemmeno che la giovane donna gli rivolga un cenno od un’occhiata che si ritira nella penombra della stanza, facendo passare la ragazza dai capelli bianchi e l’uomo alto dalla chioma scura che tiene fra le braccia una scatola di legno. Poco distante dalla Contessa, seduta su un comodo poggiapiedi in chintz, la signorina Vande Rohe ascolta la musica tessuta dalle abili mani della Principe. Con un inchino, il servitore chiude la porta del salotto lasciando nella stanza i due ospiti assieme alla Contessa ed alla curatrice. Per qualche momento Cassiopea ed Irwin rimangono interdetti, in piedi mentre la Principe continua a suonare, persa nella sua sonata. Vande Rohe rivolge ai due arrivati un caloroso ma contenuto sorriso prima di riprendere ad ascoltare rapita la melodia prodotta dal clavicordo. Gli ospiti rimangono in attesa di un cenno della Principe, troppo educati per potersi permettere di sedersi sul divano prima di ricevere un invito esplicito. Nonostante la sua forza sovrumana Irwin inizia a sentire una fastidiosa rigidità alle braccia.

Così come iniziata la musica s’interrompe bruscamente con una singola nota acuta al termine della melodia. Mentre il suono si perde nella stanza la Contessa rimane immobile ad occhi chiusi per ascoltare il perdersi dell’acuto fra le pareti ovattate dai tendaggi. Poi il silenzio viene interrotto dal sommesso applaudire della curatrice a cui si aggiunge l’entusiasta battito di mani di Cassiopea. Irwin rimane interdetto per un momento, per poi decidere di appoggiare la cassa ed applaudire timidamente anche lui. La Contessa scosta la sua veste e si alza in piedi, esibendo un mezzo sorriso a ringraziamento per il suo pubblico, per poi avviarsi verso i due ospiti sollevando i lembi del lungo abito. La sua visione ispira istintivamente deferenza in chi la guarda.

 << Miei cari, sono molto felice di vedervi >> dice flautata, rivolgendosi ai Cainiti ancora in piedi << Prego, sedetevi pure. Spero che siate tornati da me con buone notizie >>

<< Estremamente buone vostra Altezza >> Risponde composta Cassiopea, sorridendo cordiale. << Abbiamo qui l’oggetto che ci avete chiesto di procurarvi >>

<< Eccellente >> sussurra la Principe  << Eva, vuoi farci l’onore di valutare l’autenticità dell’opera? Irwin >> aggiunge poi rivolgendosi al Vampiro dai capelli scuri << Mio caro, puoi aiutarci con la cassa? >>.

Nonostante sia più un ordine che una richiesta, il Brujah solleva la cassa e la appoggia sul tavolino in legno laccato. La sua mano si muove da sola scostando la giacca per raggiungere il coltello per aiutarsi a svellere il coperto inchiodato, quando si ricorda di essere alla presenza della Principe.

 Estrarre un’arma di fronte a sua Eccellenza sarebbe una maleducazione ed un errore imperdonabile.

Forse l’ultimo errore pensa, avvertendo una presenza accanto a lui.

Voltando lo sguardo Irwin riesce e vedere una figura nascosta nella penombra di un tendaggio. Un uomo basso, con il volto pallido e scavato e che indossa un impermeabile in pelle scura.

Ivan gli dice una voce dentro di sé Il Flagello

Irwin guarda Cassiopea, seduta sul divano vicino a lui che gli rivolge un ampio sorriso.

La strega non si è accorta di niente. Meno male, chissà cosa avrebbe potuto fare se si fosse resa conto che la guardia del corpo della Principe è nascosta dietro di lei.

Ripresosi, Irwin torna a guardare la cassa fra le sue mani. Facendo forza ed afferrando il bordo del coperchio riesce a schiodarla dal legno a cui era fissata. Con delicatezza lo appoggia vicino alla cassa ed estrae l’imballo che contiene la cornice e l’icona, sistemandola sul tavolino. La curatrice si alza e si avvicina per osservare con occhio critico l’opera d’arte. Estraendola con delicatezza dall’imballo di plastica, la donna lascia indugiare il suo sguardo sulla pittura, in alcuni punti scrostata dal tempo. Le decorazioni in foglia d’oro e le lettere in latino vergate col pennello riflettono la luce tremolante delle candele. La tensione serpeggia fra gli ospiti, timorosi che l’icona possa rivelarsi un falso. Il silenzio viene rotto solo dal crepitare solitario di qualche candela mentre miss Vande Rohe prosegue nella sua meticolosa analisi.

<< Mi dispiace doverle comunicare Eccellenza che questa icona non è quella che Lei stava cercando >>

Una terribile tensione silenziosa piomba nel salotto appena la curatrice pronuncia queste parole. Cassiopea si irrigidisce contro lo schienale del divano, Irwin invece riesce a controllarsi e decide di fissare il proprio sguardo sull’icona.

Sembra passare un’eternità prima che la Contessa riprenda a parlare << Eva, mia cara, puoi ripetere? >>

Nonostante il tono distaccato anche Eva avverte l’inflessione di disappunto nella voce della Principe. 

Umettandosi le labbra prima di parlare la Curatrice risponde con tono incerto << Sono mortificata Vostra Altezza, ma l’icona non è quella che Lei aveva chiesto >>.

Eva in quel momento decide di abbassare lo sguardo come Irwin, preferendo fissare intensamente l’opera d’arte piuttosto che incontrare lo sguardo della Contessa.

<< Ebbene, devo ammettere che sono delusa >> al pronunciare questa parola Irwin e Cassiopea si sentono come schiacciare contro la morbida imbottitura del divano, rimanendo pietrificati dall’ondata di disappunto emanata dall’esile figura della Principe. Gli occhi della Malkavian si muovono rapidamente nel vano tentativo di incrociare quelli di Vande Rohe, in un muto grido di aiuto ma senza successo.

Conscio del pericolo i sensi di Irwin istintivamente si affinano, avvertendo un movimento alle loro spalle. Troppo concentrato a non muoversi per non irritare la Contessa, il Brujah cerca di ignorare il senso di pericolo dato dalla presenza dietro di lui, mentre il cervello galoppa per trovare un modo per tirarsi fuori di impaccio. D’improvviso la soluzione gli balena davanti agli occhi: quella non è l’icona che la Contessa sta cercando perché quella è solo una delle due che hanno comprato!

<< Vostra Grazia >> dice Irwin rompendo il silenzio << Credo che ci sia stato un fraintendimento. Quella che Miss Vande Rohe ha esaminato è solo una delle due icone che abbiamo acquistato all’asta. Nella nostra ignoranza abbiamo comprato due opere che a nostra opinione potevano essere quella giusta >>. Nonostante sia morto da parecchi secoli il cavaliere si trova a trattenere il respiro in attesa della risposta della Principe.

<< Davvero? >> risponde placida la Contessa << Un fraintendimento? Eva >> continua rivolgendosi alla Curatrice << Come mai hai messo i nostri ospiti in questa situazione? Coraggio, mostraci la seconda icona >>

Eva rialza lo sguardo con espressione confusa prima di cogliere al volo la situazione e sbrigarsi ad estrarre l’altra icona dall’imballo, aiutata da Irwin mentre Cassiopea scocca un’occhiata di livore verso la curatrice. Dopo un momento la seconda icona viene sistemata sul tavolo del salotto sotto lo sguardo indifferente della Contessa e le attenzioni di Eva che, inforcati gli occhiali, prende ad esaminare l’opera d’arte.

Dopo alcuni minuti carichi di tensione nervosa la donna si toglie gli occhiali e si rivolge alla Contessa << L’icona è autentica. Corrisponde a quella che ho studiato nei libri. L’imperfezione del testo in latino e il danno sulla figura del Santo riparata nel XVIII secolo sono le stesse. Ottimo lavoro signori >> dice rivolgendosi ai due Cainiti  << Potete dirvi soddisfatti del vostro operato >>.

Mentre la curatrice si complimenta con i due Anziani, la Contessa rimane composta, le mani unite in grembo. Quando poi si rivolge a loro lo fa con tono gentile ma distaccato << Sono molto compiaciuta e vi ringrazio per il vostro impegno. Sappiate che mi ricorderò di quello che avete fatto. La vostra Principe è soddisfatta >>

Il sorriso della Contessa riempie i cuori di Irwin e di Cassiopea di completa e totale soddisfazione, lasciandoli leggermente storditi tanto da non realizzare subito di essere stati appena congedati. Tiratisi in piedi i due Cainiti porgono un inchino alla Contessa, compiono tre passi indietro e si avviano verso la porta seguiti dallo sguardo felice ma composto della Principe.

***


Appena fuori dal salotto, dopo aver aspettato che le doppie porte della stanza fossero chiuse, la Malkavian da voce ai suoi pensieri.

<< Forse avremmo dovuto accennarle di … >> sussurra silenziosa Cassiopea prima di essere zittita da Irwin. 

<< Che non abbiamo avuto problemi? No, era un’informazione inutile >>  le ribatte il Cavaliere

<< Ma io intendevo … >> replica lei con aria seccata, ma il Brujah la rimbecca nuovamente.

<< So bene cosa intendevi >> risponde Irwin << Ma, come ti ho detto, non è un’informazione necessaria >>.

Solo a quel punto Cassiopea intende quello che il cavaliere le vuole far capire.

 << Oh >> Esclama mestamente la ragazzza.

***

Nonostante le pareti in vetro a rinforzato a due strati, il privé di Tanja Valşenka viene comunque penetrato dal brusio prodotto dalla musica elettronica proveniente dal locale al piano di sotto. I riflessi delle luci rosate ed i flash intermittenti inondano il soffitto e baluginano sui volti dei cinque vampiri seduti attorno al tavolo. Appoggiato sulla superficie vetrata del tavolino c’è un voluminoso faldone spiegazzato ed in parte sporco di polvere e quello che potrebbe essere sangue.

<< Quindi infine l’avete preso >> dice finalmente Tanja guardando distrattamente il plico.

<< Sì eccellenza >> risponde infastidito Paracelso, seduto sulla sedia a uovo al capo opposto del tavolino << Ma vorrei ricordarle di come ci sia stato un intoppo proprio quando abbiamo lasciato Tampa >>

<< Sì >> risponde svogliata la Cainita mentre si accende una sigaretta ed inizia a fumare << Mi avete accennato a questo incidente >>. 

Grosse nuvole di fumo azzurrognolo escono dalle labbra perfetta della Siniscalco, accentuando il suo fascino da femme fatale.

<< Dire incidente è abbastanza riduttivo, signorina Valşenka >> commenta pacato Lucas, seduto a gambe aperte con i gomiti puntellati sulle ginocchia e le mani giunte davanti  a se. << Qualcuno sapeva che avevamo acquistato il faldone con le proiezioni finanziarie e questo qualcuno era molto interessato a volerlo indietro. Quindi è plausibile che le nostre azioni abbiano leso gli affari di qualcun’altro >>.

Ai compagni dello Stregone non sfugge la lieve punta di fastidio nella voce di Lucas, che anche la Siniscalco non manca di notare.

Un giorno o l’altro il tuo carattere di merda ti metterà in un mucchio di guai, stupido Tremere con il pessimo gusto nel vestire pensa Cornell, che a fatica è riuscito a sistemare il suo fisico imponente sulla sedia.

 Tanja dal canto suo sembra non dare peso al tono della risposta, continuando a fumare ed a soffiare fuori il fumo con aria annoiata. 

Probabilmente lo fa solo per dare fastidio si dice il gangster vuole volutamente ignorare gli avvertimenti di Lucas è il pensiero successivo del Gangster.

<< Proprio come ha accennato il mio collega >> si intromette svelto Paracelso, non senza fulminare con lo sguardo l’hipster << Siamo caduti vittime di una trappola ed il conflitto che ne è seguito è stato violento. È possibile quindi che i mandanti dell’imboscata vogliano recuperare a tutti i costi il plico. Potrebbero anche arrivare qui a Miami per riaverlo indietro. >>

<< È molto gentile a preoccuparsi per la mia incolumità, Paracelso >> replica secca Tanja, non senza rimarcare il suo divertimento riguardo al nome del suo interlocutore << Ma, può non sembrare, so badare benissimo a me stessa >>

Stupida oca giuliva, non è di te che mi sto preoccupando ma dei tuoi affari pensa Paracelso, mordendosi la lingua per evitare di dare voce ai suoi pensieri.

<< Eccellenza, non intendevo mancarle di rispetto, so bene che è capace di difendere la sua persona. Quello che intendevo dire è che forse potrebbero esserci delle ripercussioni in città. Forse dovremmo aspettarci un attacco o più probabilmente un incursione >> Risponde Paracelso pacatamente

Il silenzio segue le parole del Tremere, interrotto solo dal rumore degli sbuffi di fumo emessi della Siniscalco. I Cainiti si lanciano delle fugaci occhiate, chi preoccupato come Jesse e chi impassibile come Lucas. 

Poi Tanja spegne la sigaretta sul posacenere e risponde << Le sue preoccupazioni sono encomiabili ma sono certa che lo Sceriffo sarà ben felice si provvedere non appena lo informerete. Potete andare ora, siete congedati >>  

 

***

<< Non è possibile che sia così incompetente! >> esplode Paracelso pestando un piede sull’asfalto del parcheggio. 

Attorno a lui gli altri tre Cainiti lo guardano, infastiditi anche loro dal modo di fare della Siniscalco.

<< Ti aspettavi forse qualcos’altro da parte sua? >> domanda retorico Cornell, appoggiato con la schiena alla fiancata del suo Hummer << Le abbiamo procurato il plico, le abbiamo ridato la carta di credito ed ora è contenta. Sarà più ricca di prima ma in fondo non penso che le faccia tanta differenza >>

<< Quello che non comprendo è il suo menefreghismo nei nostri confronti! Abbiamo rischiato la vita e c’è di mezzo un incidente diplomatico con il Principe di Tampa! Possibile che voi non lo capiate?! >> Sibila inviperito il Tremere

Ancora silenzioso, Jesse guarda perplesso Paracelso, per poi dire << Pensavi davvero che le importasse qualcosa di noi? Sapevamo benissimo che il nostro successo o il nostro fallimento non avrebbe cambiato niente per lei >>

Sono circondato da idioti pensa con rabbia lo Scozzese

<< Davvero non vi rendete conto che quei tipi dell’imboscata verranno a cercare noi?! E la cosa non vi tange minimamente? >> Esclama poi il Tremere con rabbia.

<< Non verranno a cercare me >> replica sommesso Lucas, mentre estrae dal suo borsello il suo mini computer portatile << Non hanno la mia faccia nelle loro telecamere >>. 

***

<< Ecco a voi, Vostra Grazia, i volti delle sei persone che tre mesi fa sono venuti a Tampa e mi hanno derubato >>

L’uomo dalla pelle scura mette sul tavolo una voluminosa busta di carta gialla. Samuel Manseur, il Principe di Tampa, allunga la mano ed estrae dall’involucro un plico di fotografie che ritraggono delle persone, a volte in gruppo altre volte da sole. Alcune foto sono in bianco e nero, altre sono a colori, molte sono fuori fuoco ma mostrano dei dettagli dell’ambiente circostante, altre ancora sono prese dall’alto. Lentamente e con attenzione il Principe le sfoglia con pazienza mentre il suo interlocutore siede all’altro capo del tavolo, tamburellando le dita sul panno verde che copre la superficie. Il suo volto allungato e scuro è tranquillo, nessuna emozione sembra trasparire dai suoi occhi marroni. Una maschera di compostezza di chi è abituato ormai da tempo a trattare con i potenti.

<< Quindi cosa vorrebbe fare, mister Dreyfus? >> domanda il Principe, ancora sfogliando le fotografie.

<< Beh Eccellenza, sebbene mi piacerebbe molto presentarmi dalla Principe di Miami con una scorta armata e pretendere di farmi restituire il maltolto assieme ad un modesto risarcimento, cosa pienamente nel mio diritto, credo che non sarebbe il corso di azioni migliore >>

<< Mh mh >> mugugna assente Manseur continuando ad osservare le foto.

<< Quindi >> continua imperterrito Dreyfus << Propongo di inviare un mio agente ad indagare sotto copertura, che si infiltri e che possa raccogliere informazioni su questi … ospiti maleducati. Un uomo fidato che possa avvalersi della Sua fiducia, Vostra Grazia >>

Non appena l’uomo termina la sua frase il Principe si ferma ed abbassa le fotografie per fissare negli occhi il suo ospite. I due Cainiti si guardano reciprocamente per dei lunghi secondi, entrambi intenti a carpire i pensieri dell’altro.

<< Queste foto >> domanda ad un certo punto Samuel << Come sono state prese? >>

Un lieve sorriso increspa la maschera dell’uomo di colore << Da telecamere di sorveglianza di locali, negozi, alcune provengono da telecamere stradali di enti private. Certe sono state recuperate dai video di sorveglianza di una banca di Downtonw. Ottenute con una certa difficoltà >> risponde compiaciuto Dreyfus << Tracciare gli spostamenti di questi ospiti è stato piuttosto semplice ma recuperare le immagini ha richiesto parecchi mesi di duro lavoro e … convincimento >>

Posso immaginare, serpe infida pensa fra se e se il Principe guardando i volti dei sei Fratelli nelle varie fotografie.

Qualcuno di questi deve essere un genio del computer se è riuscito a cancellare le registrazioni fatte nel mio locale. Non sono riuscito ad ottenere nulla nemmeno dalle telecamere esterne. Ma ora sì pensa mentre si abbandona ad un sorriso.

Notando l’espressione compiaciuta del Principe, Dreyfus sorride a sua volta << Posso quindi contare sul vostro appoggio Eccellenza? Acconsentirete alla mia richiesta? >>

Senza smettere di sorridere Samuel alza lo sguardo sul Fratello di fronte a lui << Certo Dreyfus >>

 Ma a modo mio, viscido Setita è il pensiero successivo del Principe

<< Tuttavia sarò io a scegliere la persona da inviare a Tampa. Penso che non ci sia alcun problema in questo, vero? >>

La maschera del Seguace di Set non si incrina minimente nonostante il colpo subito << Certo che non Eccellenza anzi, sono sicuro che saprà scegliere meglio di me la persona più adatta >>

Vorrà dire che dovrò solo trovare una scusa più convincente per giustificare il suo arrivo a Miami si dice Dreyfus fra se e se.

<< Eccellente. Credo di avere proprio la persona giusta per questo genere di lavoro. È  un Topo di Fogna più che esperto in infiltrazioni e ricerca di informazioni, si occuperà lui di trovare i nostri ospiti e di recuperare il maltolto >>

<< Vi sono grato, Vostra Grazia >> replica flautato mister Dreyfus alzandosi in piedi ed avvicinandosi al  Principe proseguendo nei suoi ringraziamenti << Permettetemi di esprimere … >> ma viene interrotto da un gesto della mano di Samuel. Fermandosi ed indietreggiando di qualche passo il Setita si zittisce in attesa delle parole del Principe.

<< Bando alle ciance Dreyfus. Hai ottenuto quello che volevi, ora puoi andartene. Mi occuperò io di tutto, ti farò sapere a tempo debito il nome dell’infiltrato in modo che tu possa preparare il suo arrivo >>

dice secco il Principe << Conto che la tua rete di contatti si estenda fino a Miami. Puoi andare >>

Inghiottendo la rabbia Dreyfus stringe i pugni, porge un educato inchino ed esce dallo studio. Solo dopo aver imboccato le scale per scendere dal privè del Principe riesce a calmarsi ed a riprende la sua solita compostezza concedendosi un sorriso pensando alle sue prossime mosse.

Chiunque tu scelga avrà una bella sorpresa, Principe dei miei stivali. Farò in modo che i miei Fratelli di Clan si occupino del tuo uomo. Non ne ricaverai nulla se non un mare di guai.

 


***

Rimasto solo nel suo ufficio, Samuel Manseur riprende in mano le fotografie concentrandosi sui volti di due dei sei Fratelli ritratti nelle foto. Uno è un tipo con la barba, occhiali da vista e cappuccio accompagnato da un cane, mentre l’altro è una ragazza sui vent’anni con capelli grigi o bianchi a seconda delle immagini. L’unica donna del gruppo.

Sorridendo come uno squalo davanti alla sua preda il Principe allunga la mano verso il telefono sulla scrivania.

<< Pronto, Craven? Sì, ho bisogno che mi chiami Jason Locke e che gli dica di farsi trovare qui fra un paio di notti. Mh mh, proprio lui >> lo sguardo di Samuel vaga per la stanza mentre parla col suo sottoposto, per poi tornare alle foto che ha  separato dalla altre ed osservarle serio.

<< Ah Craven, sii gentile e chiamami quel tipo strano. Quello appassionato di poker. Sì, esatto. Digli che ho bisogno dei sui servigi da segugio >>.



Fine 





Nota della Correttrice 

Salve a tutti e grazie per essere rimasti con noi fino a questo punto! Questa è solamente la fine della prima avventura e io e i miei collaboratori abbiamo intenzione di  continuare questo progetto anche per quanto riguarda le prossime avventure. A breve verrà creato anche un blog che raccoglierà questa prima storia come pilota e i racconti delle nostre prossime avventure, in modo da avere una piattaforma che sia disponibile in maniera più efficente anche a chi non fa parte della comunità di EFP. Ciò non ci impedirà di pubblicare anche su questa piattaforma, sperando di aumentare il numero dei nostri lettori.
Ringrazio di cuore Fenris, che ha recensito ogni nostro capitolo, dandoci consigli utili e spunti su come migliorare lo stile di scrittura.
Sperando vi sia piaciuto,
Alla prossima avventura!

                                                                                       Kodoma

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