Un'Icona per Due di Kodoma (/viewuser.php?uid=96285)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cassiopea di Delfi: Il Risveglio ***
Capitolo 2: *** San Cristoforo Cinocefalo ***
Capitolo 3: *** Il Succubus ***
Capitolo 4: *** L'Arpia ***
Capitolo 5: *** Il Viaggio ***
Capitolo 6: *** Segreti ***
Capitolo 7: *** Il Principe e la Talpa ***
Capitolo 8: *** L'Inseguimento ***
Capitolo 9: *** Irwin Maxwell: Le Due Rose ***
Capitolo 10: *** Paracelso: L'Asta ***
Capitolo 11: *** Punto, Vedo, Rilancio ***
Capitolo 12: *** La Battaglia ***
Capitolo 13: *** Ritorno all'Equilibrio ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Cassiopea di Delfi: Il Risveglio ***
Cassiopea di Delfi
Cassiopea di Delfi: Il Risveglio
Un profumo allettante mi svegliò dal mio torpore. Il buio,
rassicurante e avvolgente si dileguò con una luce accesa e abbagliante.
Poi, il
rosso.
***
Non ricordo esattamente come riuscii ad alzarmi, e neanche
di come mi ritrovai in una strada in pieno inverno, sporca e grigia, decorata
ai lati da strane lampade appoggiate a
dei pali di metallo. Solo qualche vaga
ombra, dove scendevo delle scale di mogano appoggiandomi ad un muro coperto di
figure. Non erano affreschi, fatto piuttosto singolare.
Doveva fare freddo,
visto il vapore esalato ad ogni mio respiro, ma non lo sentivo. La mia veste,
candida e stracciata, era macchiata di sangue. Non ricordavo di cosa, ma di
certo non pensavo fosse di qualcuno. Strane
voci si affollavano nella mia testa. Non era strano per me sentire delle voci,
era questo il modo in cui il mio dio comunicava con
me, ma queste erano
diverse. Affollate. Inconcludenti. Ossessive.
<< Qualcuno mi aiuti...>>
<< Il serpente entra nella tana del ratto e lo sbrana
hahahah >>
<< Non sono pazzo. Non sono pazzo. Non sono pazzo...
>>
<< Secondo voi cosa si prova a bruciare vivi? >>
<< Le streghe sono tornate, sono dappertutto intorno a
noi >>
<< Dio salvami da questo incubo >>
<< Pentitevi o morirete! L'apocalisse è vicina, solo Dio
può salvarvi dai quattro cavalieri, quando l'anticristo arriverà per
conquistare il mondo... >>
<< La chiamano deviazione... >>
Scossi la testa e cercai di ricacciarle indietro.
Vidi un
bambino, logoro e vestito di stracci che mi guardava con gli occhi
stralunati. -
πρὸς ἡδονήν,
δύναμαι... - Non feci in
tempo a finire la
frase che il bambino
urlò e si nascose nei vicoli di quella sporca città. La
delusione durò qualche
attimo, prima che cercassi di coprirmi il più possibile e mi
affrettassi a
trovare una locanda. Dopo qualche minuto sentii i passi di una persona
che mi
seguiva. Non ci badai. Poi i passi divennero di due, tre, quattro,
cinque
persone.
Mi voltai. Cinque persone incappucciate di nero mi
circondavano. Un
urlo lasciò la mia gola, prima che il buio mi inghiottisse di
nuovo.
***
In un palazzo poco distante da lì, un uomo dai capelli
lunghi e raccolti scriveva ad una scrivania con un pennino, la stanza
illuminata dalla calda luce del caminetto. I capelli
erano scuri e l'aria
assorta.
<< Dovremmo essere più attenti, potrebbero
scoprirci...>>
<< Non ha importanza, la tua argomentazione è
futile... >>
Anche egli sentiva le voci. In quel momento un urlo,
agghiacciante e terrorizzato gli invase la testa. Si prese la testa tra le
mani, e il calamaio si rovesciò su ciò che stava
scrivendo. - Arthur - Chiamò
dopo a voce piuttosto alta. Qualche secondo dopo di palesò una figura alta e
slanciata, vestita da maggiordomo e assolutamente impeccabile.
- Si, mio
signore?-
- Sta succedendo qualcosa. Scopri di cosa si tratta-
Il maggiordomo annuì e scomparve tra le ombre del corridoio
poco illuminato.
***
<< O giudici, voi che vedete sempre il vero e giudicate
con la massima onestà, ascoltate la preghiera di un innocente. Perchè io sono e
fui innocente di tutto ciò che mi
capitò in vita. Adorai e servii il mio Dio,
il febo Apollo, con zelo e dedizione,
finchè un uomo, un uomo violento e perverso mi strappò dal mio tempio, mentre
stavo
andando a raccogliere le offerte dei fedeli. Egli mi rinchiuse in una
cella, mi ferì e mi costrinse a fornirgli oracoli, senza alcun rispetto per la
volontà divina. In una cruenta e
sanguinosa battaglia riuscii a fuggire dalla
mia gabbia, ma purtroppo non riuscii a trovare la strada di casa, tanto ero
scossa. Vagai per le città, confusa e sperduta, e presa
dalla stanchezza mi
addormentai in un vicolo. Vi prego o
giudici, ditemi dove sono? Come posso tornare a casa? Voi che siete i più
onesti e giusti tra gli uomini, ascoltate le
mie suppliche. Tutto ciò che desidero, è di tornare a
servire il mio dio, che tanto ho trascurato nella mia prigionia. L'uomo che mi
rapii si chiamava Gourias di Tebe, e se
non è già fuggito con inganni e
menzogne, nascondendosi nell'ombra, perchè solo l'ombra può accogliere tale
bruttezza e malvagità d'animo, scoprirete che dico il vero. Mi
rimetto al vostro
giudizio e alla vostra saggezza, implorando la vostra pietà >>
***
Il mio nome è Cassiopea di Delfi, e questa è la mia storia.
Ciò che vedete allegato sopra è la mia orazione, la quale avrei dovuto recitare
davanti alla corte della Camarilla,
in un latino piuttosto stentato, per aver
quasi fatto scoprire l'intero mondo dei vampiri. Purtroppo all'epoca non
esistevano più i logografi, ma il mio avvocato, ovvero una
persona che difende
le altre persone in tribunale, lo lesse con estrema dedizione, tanto che mi
scagionarono dalle accuse. Prima del tribunale fui rinchiusa in una cella e un
uomo era incaricato di portarmi del sangue ogni giorno. Le mie doti oracolari
mi permisero di vedere la sua morte poco prima del processo, e da lì mi
affibbiarono il
soprannome di Banshee. Dopo il processo, il principe dei Malkavian,
così si chiama adesso la mia nuova famiglia, mi prese sotto la sua ala di
protezione, e mi mandò in
una terra molto lontana, al di là del mare, chiamata
America. Egli pur di assicurarsi del mio benessere e la mia sicurezza decise di
seguirmi nel mio viaggio e di trasferirsi
con me a Miami, ed è così che fu
esiliato. Mai mi sarei aspettata da lui una simile nobiltà d'animo verso una
sconosciuta, per quanto antica. Dopo che il nostro
trasferimento in America io
e lui vivemmo insieme per molti anni, ed arrivai a chiamarlo ἀδελφός, fratello,
poichè era ciò che avevo di più simile ad una famiglia ed inoltre
la sua
esperienza e le sue continue attenzioni nei miei riguardi lo rendevano per me
come un fratello maggiore. Ebbi paura durante il viaggio in nave, perchè erano
dopo le
colonne d'Ercole e temevo la punizione divina, ma nulla capitò. Il mio
dio non mi ha dimenticata, nonostante la luce del sole, la sua manifestazione
più grande, attenti
costantemente alla mia vita. Evidentemente sono l'unica
sopravvissuta che ricorda i suoi culti e le sue preghiere, e per questo mi
concede ancora il dono della Vista.
Arrivata in America decisi di aprire una
locanda per chi, come me, era straniero non solo in una nuova terra, ma anche
in una nuova epoca. La chiamai infatti Xenia. La
mia vita da lì proseguì
felicemente, senza più droghe, senza più bianco, senza più obblighi, se non di
stare tranquilla e lontano dai guai. Nonostante ciò cercai di far sentire
la
mia presenza come meglio potevo, dando ospitalità e aiutando i bisognosi, come
mi avevano insegnato tempo addietro. La mia locanda con il passare degli anni
si
trasformò in un hotel di lusso, e mi feci tre servitori personali: un
autista, di nome Hector, un barista, di nome Andrew, e un manager di nome
Philip, per aiutarmi a gestire
il mio hotel. Il principe di Miami mi donò un
altro servitore per divertirmi e tenermi occupata, una sorta di attendente ai
miei bisogni, di nome Carlos.
E così la mia non vita continua.
Nota dell'autrice
Salve a tutti. E' da molto
tempo che non scrivo su questo sito, e forse è meglio così. Rileggendo le fan
fiction che avevo scirtto ancora anni e anni orsono ormai mi vengono i
brividi
xD inutile dire che non le finirò mai. Il capitolo sopra è il breve background
del mio personaggio nella campagna di Vampiri che abbiamo appena finito. Vorrei
comunque precisare che questo breve racconto non sarà scritto solo da me ma
molto probabilmente sarà un lavoro a 10 mani, in quanto trovo giusto che anche
il resto dei
miei compagni di gruppo possano dire la loro, incluso il GM. In
caso anche gli altri scirvano qualcosa io fungerò da correttore di bozze. Spero
vi sia piaciuto e buona serata!
Kodoma
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Capitolo 2 *** San Cristoforo Cinocefalo ***
San Cristoforo Cinocefalo
San Cristoforo Cinocefalo
Cassiopea
Le luci delle lampade illuminano il locale di luce soffusa
mentre sono al bancone a servire i pochi clienti presenti al momento. La notte
è ancora giovane, troppo per
avere i primi veri
clienti. Passo lo straccio sul bancone di marmo nero per pulirlo e mi volto
verso Andrew per fare un po' di conversazione e tenermi occupata, il
quale si
volta abbozzando un sorriso. Andrew è un ragazzo sulla trentina, molto alto,
con i capelli neri, gli occhi azzurri e la pelle diafana. Un sorriso malizioso
gli
orna costantemente il volto, quasi a volersi far beffe di tutto e di tutti.
Una faccia da schiaffi, insomma. Oltre ad essere uno dei miei ghoul è anche
personal trainer,
e il suo ruolo è quello di aiutarmi dietro il bancone tre
sere a settimana. Mi è molto utile avere qualcuno ad aiutarmi nelle sere in cui
lavoro, che non si stupisca di
ciò che avviene sotto gli occhi di tutti, ma che
nessun umano comune riesce a notare. Avvenimenti inquietanti, che turberebbero
la mente di qualsiasi persona la
quale non abbia familiarità con il regno delle
creature notturne. Io ed Andrew abbiamo un rapporto di complicità più che di ghoul-creatore,
che si basa
principalmente su strane confidenze fatte alle prime luci dell'alba,
rispetto reciproco, e divertimento, in tutti i sensi. Sentii suonare il τηλέφωνοv di Carlos (quella
strana cosa di
fossile cristallizzato che fa rumore e trasmette messaggi) alle mie spalle con
una musichetta ripetitiva e neutra.
Carlos in genere nelle notti in cui
servo al bancone sta seduto su una
sedia dietro di me a fare come più gli aggrada, ma stando attento a non darmi
fastidio. Sa cosa succederebbe nel malaugurato
caso in cui lo facesse. Egli
risponde al τηλέφωνοv, e dopo qualche parola pronunciata con voce affettata e
qualche cenno di assenso chiude la "chiamata".
<< La Contessa ti ha convocata da lei a mezzanotte
>>
<< Grazie Carlos >> rispondo cortesemente prima
di rivolgermi ad Andrew << Andrew, caro, riesci a cavartela da solo stasera?
Mi hanno appena convocata >>
<< Tranquilla, oggi non è un giorno di piena >>
risponde lui con noncuranza prima di accogliere con un saluto un cliente che
aveva appena varcato la porta di vetro
del locale. Mi avvio quindi verso l'ascensore con Carlos
alle mie spalle, il quale mi ha sempre seguito come la mia ombra dacché ci
siamo conosciuti. Trovo la sua
costante presenza fastidiosa ma allo stesso tempo
rassicurante. Non so come farei a cavarmela senza di lui. E' sicuramente il più
bel dono che ἐμός ἀδελφός mi
abbia mai fatto, anche se trovo le
sue espressioni praticamente indecifrabili. Un po' come quelle di tutti gli
umani, del resto. Sono troppo emotivi. I vampiri riesco a
decifrarli più
facilmente, i loro volti sono più statici, meno espressivi. Fra non morti ci si
intende. Almeno spero. Entrata nell'ascensore salgo al terzo piano dove
tengo
le mie scorte di cibo per le emergenze e alcuni vestiti. Va bene, diciamo molti vestiti. Mentre entro
nella mia enorme cabina armadio e chiudo la porta,
Carlos si posiziona affianco
alla porta, aspettandomi. Fra la moltitudine di vesti e ornamenti scelgo un
tubino nero, sobrio, senza scollature e lungo fino alle
ginocchia. Mai mostrare troppa pelle davanti alla
Contessa, oppure vestirsi in maniera troppo vistosa o appariscente. Bisogna
essere eleganti ma allo stesso tempo
sobri, così mi ha detto mio fratello. E'
una fervente cristiana cattolica e detesta i fronzoli addosso a chi le è
inferiore di rango. Anche se è una delle mie più care
amiche, è pur sempre il
principe della città, la stella più brillante. Ma io non ho bisogno di mettermi
in competizione con qualcuno per poter brillare. L'unico
dettaglio che potrebbe
attirare l'attenzione sono le spalline cadenti, che lasciano scoperte le
spalle. Come scarpe scelgo un decolté nero a tacco basso. Infine mi
pettino i
capelli argentei ed esco dalla cabina. Non metto trucco, potrebbe essere
considerato disdicevole. Inoltre dubito che questa sia una visita di piacere:
la
Contessa da sempre un certo margine di preavviso prima di invitarmi al suo
maniero. Subito dopo scendo al piano interrato, dove trovo Hector ad
aspettarmi.
Evidentemente Carlos lo aveva già avvertito dell'invito. Saluto
Hector e salgo in macchina con Carlos, dopodiché ci dirigiamo verso il castello
della Contessa. La
macchina è di un grigio- nero, di lusso. Più sportiva di una
limousine, ma meno appariscente di una macchina da corsa. La notte è limpida,
piena delle luci
sfolgoranti della città, che la rendono un posto allegro ma
leggermente decadente nell'insieme. Mi piace questa città. L'ho vista nascere,
crescere e diventare ciò che
è adesso: una metropoli, intrigante e caotica allo
stesso tempo. Ci avviamo verso la periferia e mentre stiamo per risalire con la
macchina il viottolo di ghiaia che
porta all'entrata del castello, noto un uomo
alto e vestito di nero, visibilmente assorto nei suoi pensieri. È alto e veste
con un cappotto grigio scuro di taglio
impeccabile, i vestiti eleganti in netto
contrasto con la sacca sportiva che porta appesa a una spalla. Suppongo che
anche egli sia stato convocato dalla Contessa e
che sia egli stesso un cainita.
Sull'attaccatura della cravatta vedo scintillare alla luce delle poche lampade
della periferia una croce d'argento. I capelli sono neri come
le ali dei corvi
in un cimitero, e gli occhi esprimono la stessa tristezza che trapela da quei
macabri luoghi. Conosco bene quell'espressione. L'ho vista tante volte
negli
occhi di Hector, soprattutto nei primi anni in cui ha incominciato a lavorare
per me. Nonostante ciò, abbasso il finestrino della macchina e cerco di
distrarre
quello sconosciuto dai suoi brutti pensieri.
<< Salve, serve
un passaggio?>> chiedo cordialmente, abbozzando un sorriso. Appena finita
la frase lo vedo scattare con un balzo felino su per il vialetto di ghiaia
senza neanche salutare. Che modi. Che maleducazione. Insomma, poteva almeno
rispondere no? Rialzo il finestrino e sbuffo vistosamente, innervosita. Cerco di
calmarmi, pensando che forse non avrà sentito le mie parole. Nel frattempo
Carlos mi osserva, con uno dei suoi soliti sguardi indecifrabili.
***
Irwin
Appoggio la lettera sul comodino. Questa nottata non fa che peggiorare.
«Mi serve un passaggio» dico a Jesse, e lo vedo irrigidirsi
sulla porta, le chiavi già pronte nella mano.
Il ragazzo sospira, un abitudine che è riuscito a conservare,
poi si passa una mano tra i corti capelli castani. «Fino al teatro?» chiede.
«Fuori città. La Contessa».
«Mh. Farò tardi al lavoro. Dai, sbrigati» dice.
Jesse è probabilmente l'unico vampiro di Miami ancora meno
interessato di me a frequentare i nostri fratelli. La differenza è che, per sua
fortuna, gli altri immortali
sembrano ben lieti di accontentarlo.
Annuisco, andando in camera sua ad aprire l'armadio. La mia
roba occupa poco spazio, due cambi da “lavoro”, uno di quelli che ho indosso al
momento, e due completi
eleganti che la mia sire ha provveduto a comprarmi.
Tutti scuri, non si sa mai quando può servire nascondersi tra le ombre.
Mi tolgo la maglietta nera e gli anfibi da combattimento,
afferrando un completo grigio scuro senza neanche guardarlo. Mi vesto in bagno,
sciacquandomi via una goccia
rossa dall'angolo della bocca e cercando di
pettinare all'indietro i capelli neri. Una piccola piuma grigia era rimasta tra
due ciocche. Devo stare più attento, Jesse ha lavorato
molto per integrarsi con
i suoi vicini, e l'ultima cosa che gli serve è che questi si facciano altre
domande sulle abitudini del suo strano coinquilino. Oggi, purtroppo, avevo la
testa altrove.
Mi serve che tu
riferisca un messaggio...
Il tonfo della lama sulla mano mi risuona nelle orecchie e
qualcosa dentro di me freme, ripensando allo schizzo di sangue. Vorrei vomitare, ma la nausea è un'altra cosa che
appartiene al passato.
Mi sforzo di allontanare il ricordo della notte prima.
Aggiusto la croce sulla cravatta e prendo la borsa con la spada, poi io e Jesse
usciamo nel caos che sono diventate le
notti moderne.
La terra è nascosta da questa strana pietra nera che copre
ogni cosa. Torri e case si innalzano ovunque strangolandosi a vicenda, mentre
lampade senza fiamma e scritte
tanto luminose da ferirmi gli occhi cercano di
scacciare le tenebre lontano dal regno degli uomini.
Non avrei mai pensato che il buio e le stelle potessero
mancarmi fino a tal punto.
La Contessa sembra condividere la mia opinione su quello che
gli uomini hanno fatto al loro mondo, e quando scendo dal taxi di Jesse non
posso fare a meno di sentirmi
sollevato.
Mura in pietra, un cancello metallico, e oltre il parco
sconfinato delle mura che, sebbene ad occhio e croce costruite secoli dopo la
mia morte, somigliano di più al mondo che
conosco.
Saluto Jesse con un cenno mentre il ragazzo riparte. Subito,
però, noto le luci di un altro veicolo avvicinarsi, una di quelle auto più
lunghe che i ricchi e potenti usano per
distinguersi.
La Contessa ha convocato qualcuno alla stessa ora. È
improbabile che abbia richiesto la mia presenza solo per compagnia, ma mi
aggrappo lo stesso a quella speranza
mentre premo il pulsante accanto al
cancello. Aprono, e poco prima che l’auto mi raggiunga realizzo che arriverò in
ritardo. Il parco è troppo grande per attraversarlo
rapidamente a piedi.
Stringo i denti, dovrò nutrirmi di nuovo ma la cortesia, tra
i mostri, è tutto. Le mie gambe cominciano a correre sul viale, poi prendo
velocità. Le fronde degli alberi mosse
dal vento rallentano e in pochi istanti
non sento più il rumore dell'auto, ormai molto dietro di me.
Poco dopo raggiungo l'ingresso. Un servitore sembra sorpreso
di vedermi così presto. Mi fa entrare nell'atrio, andando ad annunciarmi. Do ad
un altro la borsa con la spada
e aspetto.
Gli occupanti dell'auto mi raggiungono, una donna con indosso
una di quelle cose oscene che oggi chiamano vestiti, e un uomo che la segue
ovunque. Lei è attraente, occhi
neri e un volto che non sembra esattamente
europeo. I capelli sono grigi nonostante l’aspetto giovane. Potrebbe averli
tinti, per qualche motivo è una cosa che va di moda
negli ultimi mesi.
L'espressione di lui è strana, sembra aspettarsi che il mondo stia per
crollargli addosso da un momento all'altro.
Una cainita e il suo ghoul, decido.
***
Cassiopea
Arrivati all'ingresso della magione della Contessa, Hector
scende e mi apre la portiera. Scendo dall'auto con passo elegante e felpato,
mentre un servo mi apre la
porta e si affretta ad annunciarmi al cospetto del
principe. Devono avermi vista arrivare, ma con l'auto con cui sono arrivata
sarebbe difficile non notarmi. Entro
dentro il castello, sorridendo lievemente
come si confà ad una del mio rango, seguita dall'immancabile Carlos. Arrivata
nell'atrio, scorgo la figura che avevo visto ai
piedi del vialetto. Ora che mi
è più vicino, riesco a riconoscerlo: Irwin Maxwell, il bravo della primogenita
dei Bruja, da poco trasferitasi a Miami da Londra. Il
Sanguinario. Anche se
nell'atteggiamento e nel modo di aspettare pazientemente che la segretaria
della ci apra la porta e ci porti al cospetto della Contessa, schiena
dritta,
espressione incurante di ciò che gli sta attorno, senza esalare fiato, non lo
sembra più di tanto. Lo avevo già visto ad alcuni eventi organizzati dalla
Contessa,
ma mai da vicino. Per quanto io sia convinta che debba essere lui a
presentarsi per primo, cerco di fare uno sforzo, se non altro per una civile
convivenza. Mi
avvicino a lui con aria incuriosita << Ci siamo già visti
da qualche parte...? >>
<< Immagino di si >> mi risponde, inarcando
lievemente un sopracciglio. Ho la vaga impressione che non mi stia guardando
particolarmente bene. Per la precisione, che mi
stia squadrando dall'alto in
basso, giudicandomi. Reprimo
un'espressione stizzita << Ma non abbiamo avuto l'occasione di presentarci
formalmente. Cassiopea di Delfi,
molto lieta >> gli dico, porgendogli la
mano e cercando di essere gioviale.
<< Irwin Maxwell >> mi risponde, stringendomi la
mano con un freddo inchino di cortesia.
<< Di che cosa si occupa? >>
<< Varie cose. >>
Non faccio in tempo a continuare la conversazione che miss
Van De Rohe , la segretaria della Contessa, apre la porta del salotto e ci fa
accomodare all'interno. Carlos
attende fuori mentre Io ed Irwin entriamo, e
dopo un breve inchino, quando la Contessa ci invita ad accomodarci, ci sediamo
in maniera composta sul divanetto in stile
ottocentesco. Dopo i primi
convenevoli su come era andato il viaggio, averci chiesto se ci siamo
presentati e altri inutili dettagli, ella esordisce << Miei cari ospiti, per quanto
io
apprezzi la vostra compagnia, non è solo questo il motivo per cui vi ho mandati
a chiamare oggi. Ho sentito recentemente di un'asta di beneficenza a Tampa,
dove
saranno venduti gli oggetti del museo di storia, il quale, ahimè, non ha
più i fondi necessari per continuare ad esistere. Per quanto mi duole che un
tale luogo di cultura cessi
la sua esistenza, verranno venduti molti oggetti
rilevanti, tra i quali un' icona di San Cristoforo Cinocefalo, in stile
bizantino, che mi servirebbe per la mia collezione
privata>> .Lancio
un'occhiata fugace ad Irwin. Non ho la più pallida idea di che cosa stia
parlando la Contessa. So cos'è un'icona, so cos'è (all'incirca?) un Santo, ma
perché
esso debba essere Cinocefalo sfugge da ogni mia comprensione. Insomma,
un Santo non dovrebbe essere una persona tenuta in ottima considerazione dal
Dio cristiano, tipo
un semi-dio? Ma se è così, perché dovrebbe avere una testa
da cane? L'hanno forse punito per la sua ὕβρις ? Era forse il figlio di una
divinità che aveva la testa da cane,
come una di quelle egizie? Non sono
un'esperta per quanto riguarda il Pantheon cristiano. Mentre la mia testa percorre tutte queste strane macchinazioni,
Irwin invece
sembra aver capito all'incirca di che cosa ella stia parlando.
Dissimulo quindi la mia espressione perplessa e cerco di non essere da meno.
Inoltre, visto che ci ha convocati
insieme, suppongo che la mia strada e quella
di Irwin si incroceranno di nuovo. Magari quando lo faranno mi potrò far
spiegare il perché esiste un santo cinocefalo. Cristiani,
gente strana. Ma
finché stanno tranquilli e rispettano le regole di una società civile, possono
credere in ciò che vogliono. Anche nel dio Spaghetti Monster, una divinità che
sembra andare molto in voga in questo periodo storico e che per la precisione
sarebbe un enorme piatto di pasta volante con pomodoro e polpette che avrebbe
creato il
mondo. Uomini moderni. Gente strana anche loro, eh. Febo Apollo
aiutami tu.
<< Cassiopea, cara >> Mi volto verso la Contessa
cercando di non farlo di scatto, considerando che ormai mi ero persa nelle mie
elucubrazioni. << Potresti andare
gentilmente a recuperarla per me a
Tampa? Irwin sarà incaricato di proteggerti, in caso dovessero succedere degli
incidenti >>
<< Sarà un onore per me, mia Signora >> rispondo
cortesemente. Irwin annuisce in risposta.
<< Per quanto riguarda il pagamento, potrete usare la
mia... Com'è che si chiamava, miss Van De Rohe? >>
<< Carta di credito, mia Signora >> risponde pacatamente
la segretaria nonché curatrice della sua collezione privata. La Contessa ha
sempre avuto un debole per le arti, in
particolare per l'arte sacra. E'
piuttosto consueto che lei compri questo genere di quadri.
<< Grazie miss Van De Rohe, ecco come si chiamava
>> dice la Contessa << La mia carta di credito >>. Io ed
Irwin ci guardiamo con un'aria mista tra il preoccupato ed il
perplesso. E' più
che evidente che nessuno dei tre in quella stanza ha la minima idea di che cosa
sia una carta di credito. Solo che la Contessa lascia trasparire il fatto che
non vede come questa conoscenza debba essere di sua competenza. Roba da servi
starà pensando, probabilmente. Problema di cui dovremo occuparci io ed Irwin,
sempre
che questo poco di buono abbia abbastanza intelligenza per capirlo. Mai
fidarsi di uno che usa la violenza, soprattutto se per mestiere. Miss Van De
Rohe mi allunga una
busta di carta, nella quale si può sentire un piccolo
rettangolo rigido che suppongo essere questa misteriosa carta di credito. Mi
chiedo se sia fatta di quel materiale chiamato
"plastica". Carlos una
volta mi aveva spiegato che questo materiale era formato da fossili
cristallizzati e plasmati in varie forme e colori con sostanze alchemiche. Deve
essere sicuramente una qualche forma di magia donata da Efesto, penso io.
Infine la Contessa ci invita ad uscire, in quanto ormai sono già passate le due
della notte e si è
fatto tardi. Appena fuori dalla porta, allungo la busta
contenente la carta di credito a Carlos, il quale saprà sicuramente cos'è e
come funziona. Meno ho a che fare con quella
cosa meglio è. Gli dico anche che
è la carta di credito della Contessa. Egli impallidisce e si affretta a
infilare la busta di carta in una tasca della sua borsa, al sicuro. E' bello
sapere che almeno lui sa come gira il mondo.
<< Direi di partire il prima possibile. Stanotte?
>> Mi chiede Irwin
<< Stanotte è troppo tardi, rischieremmo di essere
travolti dalla luce del Carro Solare. Partiremo domani, presentati allo Xenia
alle otto in punto. Volendo possiamo passarci
ora, posso offrirle la cena se
vuole. Non sembra essere particolarmente
in forma. >> Gli rispondo. Dopo uno sguardo di disgusto, egli risponde
freddamente << La ringrazio
per l'invito, ma penso passerò per stasera
>>. Faccio spallucce.
<< Come preferisce. A domani. >> Lo saluto
salendo in macchina. Per quanto sia troppo tardi per partire per Tampa, ho
ancora il tempo di fare un salto al locale e di dare
una mano ad Andrew con le
ordinazioni.
***
Irwin
La dama di compagnia della Contessa mi salva dai tentativi
della vampira di fare conversazione.
Veniamo portati in presenza della nobile. Cortesie di rito,
poi lascio che siano le due donne a portare avanti la conversazione, per quanto
sia possibile senza rompere
l’etichetta.
Arrivano al punto, e l’incarico non mi piace. Un icona sacra,
sebbene di fede ortodossa, venduta come oggetto da collezione. Quest’epoca è
irrimediabilmente marcia,
almeno i mercanti nel tempio non avevano provato a
venderne le stesse pietre.
L’idea di doverla consegnare ad un mostro mi piace ancora di
meno, ma un occhiata alla croce che ho sul petto mi ricorda la mia ipocrisia. Ancora
non riesco a capacitarmi
di come sia per noi possibile toccarle. Molti vampiri sostengono
che sia perché Dio non esiste. A volte cerco di convincermi che sia perché non siamo
ancora del tutto
dannati.
Usciamo.
Il ghoul della vampira Cassiopea sembra sapere come funziona
la carta della Contessa, una specie di nota da banco se ricordo bene, quindi
decido di non curarmi della cosa.
Organizzo la partenza con Cassiopea, poi mi
offre di andare a nutrirci. Più di tutto, è il modo tranquillo e gioviale con
cui ne parla a disturbarmi. Ne ho incontrati molti come
lei, mostri determinati
a fingere che la propria non-vita sia solo un’eterna festa elegante. Rifiuto, e
finalmente ci separiamo.
Torno a casa a piedi, il tragitto è lungo ma non voglio
disturbare Jesse mentre sta lavorando.
Raggiungo la periferia, e noto una nicchia formata da dei
mattoni rotti sul muro di una fabbrica da cui sporgono alcune piume, mosse dal
vento della sera. È a circa quattro
metri da terra. Mi guardo attorno e non
vedo nessuno. Faccio un primo balzo, poggio il piede in una sporgenza e spicco
il secondo, aggrappandomi al bordo del tetto con una
mano. Avrei potuto
raggiungerlo con un singolo salto, ma ho preferito non rischiare. Le città
moderne hanno occhi meccanici ovunque. Sono sicuro che il Principe abbia
modi
per controllare la cosa, ma dar l’idea di non prendere la mascherata sul serio
non porterebbe a nulla di buono.
Il piccione mi ha sentito, svegliandosi dal sonno, ma prima
che riesca a prendere il volo lo afferro con una mano, chiudendogli le ali.
Mi lascio cadere a terra, ed entro in un vicolo.
La bestia tuba spaventata. Sto attento a non stringere
troppo la presa, per non causargli dolori inutili. Poi lo porto alla bocca e le
mie zanne bucano la pelle.
Serve meno di un secondo, è poco più di un sorso. Il
piccione non si muove più.
Mi pulisco le labbra dal sangue e dallo sporco con la mano,
poi esamino il corpo, per vedere se qualcuno potrebbe trovare il segno del
morso strano. La mia lingua può
chiudere i buchi delle zanne, ma preferirei
evitare di portarlo di nuovo alla bocca se non è indispensabile. Alla fine lo gettò
a terra e me ne vado.
Jesse trova la cosa disgustosa. Tra il suo lavoro e le sue
abilità ipnotiche è uno dei vampiri di Miami che può procurarsi il cibo più
facilmente, e le sue vittime sono libere di
proseguire per la loro strada,
senza un ricordo di quanto sia accaduto. Mi ha già offerto di provvedere anche
per me, dicendo che così non avrei neanche dovuto uccidere
animali.
Ma, a differenza degli altri dannati, il mio bacio non porta
ai mortali nessun piacere. Le urla, il terrore della vittima che si dibatte
nella mia stretta. Già quello sarebbe
sufficiente a farmi preferire portare
alle labbra un topo di fogna.
E Jesse non era su quella nave.
Jesse non ha mai perso il controllo per la fame.
Credo sia un errore che facciano in molti. Terrorizzati dalla
loro natura, cercano di nutrirsi il meno possibile, finché una notte è la fame
a prendere il controllo. E quando la
loro mente torna, non c’è più modo di
rimediare, di rimettere insieme i pezzi.
Quindi mi nutro spesso, al minimo accenno di fame, non importa
quanto sia disgustosa la preda, quanti piccioni e topi devo uccidere, qualunque
cosa pur di star lontano
dagli umani.
Qualunque cosa pur di non ritrovarmi ancora su quella nave.
Arrivo a casa e il telefono sta squillando. Non capita
spesso.
Dò una rapida occhiata al foglietto con le istruzioni che ha
lasciato Jesse, giusto per essere sicuro. Prendi la cornetta,
non premere nessun pulsante. Se hanno un messaggio
per lui scrivere tutto
parola per parola. Quando la telefonata è finita rimettere la cornetta al suo
posto. Facile.
Rispondo.
«Ciao». Dice Jesse. «Devo venire a Tampa con te, pare».
Nota di uno degli autori
Salve
a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo della storia, la parte di Irwin
è stata scritta dal personaggio che lo ruola. Cercherò di
aggiornare ogni domenica per quanto possibile.
Ringrazio Fenrir per la
recensione che, a mio parere, ho trovato incoraggiante. Sperando vi sia
piaciuto, buona domenica!
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Capitolo 3 *** Il Succubus ***
Il Succubus
Il Succubus
Paracelso
La
maggior parte dei miei “fratelli” troverebbe il mio
laboratorio un luogo peculiare se non sgradevole, ma io lo amo, tutto
è fatto
per ricreare l'ambiente di
uno dei luoghi che più mi emozionarono durante la mia
vera vita. Visitai questo luogo in uno dei giorni più belli, con
la donna
che dava un senso a quella vita e uno scopo a quella attuale.
Un sancta sanctorum a forma di Crystal Palace non è certo qualcosa di comune, specialmente
per un vampiro. Popolato da una miriade di oggetti e invenzioni significative
per la storia del progresso tecnico e per me, la cosa forse più particolare
però è l'illuminazione. In superficie il sole è ormai tramontato da molto, ma
io posso lavorare immerso in una replica di una soleggiata giornata primaverile
inglese, con vista su Hyde Park. E' in quest'idillio che inizia a
squillare il mio telefono (invenzione per cui nutro rispetto e ammirazione ma
che a volte risulta decisamente ingombrante e fastidiosa). Rispondo e la mia
giornata d'improvviso peggiora. La figlia della Contessa e siniscalco (di
dubbio gusto) della città, Tanja Valshenka,
richiede la mia presenza in
un locale in centro tra un ora, nessun altro dettaglio. So già
che non mi piacerà... Lasciare il lavoro è una
seccatura, ma una convocazione così improvvisa e vaga non
può essere che un
cattivo segno. Attivo l'interfono accanto al mio banco da lavoro
<< Seth >>
<< Si signore? >>
<< Temo di
essere richiesto altrove, per favore prepara la nuova Lamborghini,
almeno darà un senso a quest'uscita >>
<< Certo signore >>.
Recupero i miei effetti dalla scrivania, giacca e bastone
dall'appendiabiti Sciangai e mi avvio verso il garage. In breve siamo in
macchina e la città scivola oltre i finestrini oscurati. Apprezzo il tono
elegante dato dal filtro solare a una città talvolta esteticamente troppo
chiassosa, la cosa si nota sopratutto a Miami Beach, dove locali
notturni illuminano ogni strada, senza nessun riguardo per il risultato
complessivo. Mentre sono assorto la voce di Seth rompe il
silenzio << Va tutto bene signore? Mi sembra preoccpato. >> chiede.
<< Tutto bene Seth,
grazie. Stavo solo cercando di capire se, quello che mi circonda è il risultato
del gusto di oggi, di massa e superficiale, o se sono io ad esser rimasto
indietro >> rispondo io assorto.
<< Non saprei
signore, personalmente ritengo che questa automobile sia stupenda e moderna
allo stesso tempo >>
Ben poco si può fare per la mia destinazione, il Succubus
un di parallelepipedo in cemento forato, il quale potrebbe anche essere bello,
non fosse illuminato da neon rosa... ma il vero danno al buon gusto giace al
suo interno. L'ingresso è sorvegliato da un bestione e la fila è fin troppo
lunga. Guardo il mio orologio da taschino, questa coda potrebbe farmi tardare.
Inaccettabile. Faccio per muovermi verso l'ingresso e noto due individui andare
a parlare con il buttafuori. Un uomo di colore persino più grande, vestito con
un completo verde (poco al mondo stona di più con il rosa dei neon) e un
giovane con il volto illuminato dal tablet che tiene in mano, i vestiti
lasciano pochi dubbi, Hipster... la banalità del distinguersi come mille altri.
E' Lucas, un altro Tremere. In generale non si sa molto
sul suo conto, è spuntato dal nulla durante la "guerra invisibile",
aiutando con le sue competenze informatiche e guadagnandosi un posto tra di
noi. Incurante delle occhiatacce e mormorii dei mortali in fila,
superati da un terzo individuo, raggiungo il buttafuori allungando un centone
<< Sono atteso >> il buttafuori sembra ritenere più cortese il mio
approccio e mi lascia passare con fare ben più amichevole di quanto non avesse fatto prima.
Entro.
“OH SMOKING SCUNNER”(disgustoso, ripugnante cumulo di
merda)
Cos'ho fatto di male per meritarmi questo? Di fronte a me si
erge un tempio di pacchianità in preda al delirio. L'edificio è solo un guscio
protettivo per uno più piccolo, anch'esso a pianta rettangolare, un cortile di
appena tre metri e la parodia di un fossato li separa. Il vero Sucubus è
in pietra, alto due piani, con finestre e porte a sesto acuto, luci al neon colorate ne tingono le pareti esterne con tinte sgargianti. L'interno è
anch'esso soffuso di luce rosastra, proveniente da intricati lampadari
finto-medievali appesi al soffitto, il pavimento è in pietra nera e l'ambiente
è suddiviso in navate da delle colonne gotiche, lungo le pareti si alternano
tavolini e divanetti posti in finte nicchie. La navata centrale conduce al
bancone, sovrastato da gabbie in ferro appese al soffitto, in cui ballerine e
cubiste si dimenano a ritmo di una musica martellante e di dubbio gusto,
millenni di evoluzione musicale portano a questo, pare. Il risultato
complessivo sembra l'unione tra una discoteca e una fiera medievale (non ho mai
capito il fascino esercitato sulle persone da un periodo in cui si moriva per
mancanza di igiene, ne il perché ritengano necessario replicarli in modo
ridicolmente fasullo). Mi scuoto dai miei giudizi estetici e mi accorgo che uno degli altri individui che avevano saltato la fila, il giagntone, si sta
comportando in modo simile al mio, non precisamente coinvolto dal “mood” del
locale e sembra cercare di capire cosa deve trovare. Non mi dice molto, potrebbe essere un fratello del clan o un ghoul. Se fosse il secondo
sarei un poco invidioso, una guardia così mi sarebbe utile. Quando mostriamo
gli inviti ci guidano verso una delle scale a chiocciola poste agli angoli
della sala, l'unica con un cordone di velluto bianco a impedirne l'accesso le
altre portano a dei salottini, questa al salottino privato della Valshenka.
Poco prima di salire ci raggiunge un ragazzo, giovane, piuttosto anonimo tranne
per l'abbinamento di una giacca di un completo economico con jeans e t-shirt.
Il salottino è protetto alla vista da dei paraventi neri foderati di bianco e
contiene un tavolino di vetro nero (il quale sarebbe anche passabile) che fa a cazzotti con delle sedie Ovalia (le quali ci ricordano che gli anni '70
non sono morti per tutti). Ho l'impulso di infrangere anni di segretezza sulla mie
capacità e il mio clan creando una sedia per me stesso, il design di questi
affari mi contagia con idee stupide. Mi siedo, aggiusto la posa parecchie volte
infastidito, è una seduta inadatta, specialmente alla conversazione, se ci si
appoggia allo schienale non si vede ne sente gran parte della stanza. Quindi
per far conversazione bisogna stare sul bordo, spigoloso e che da l'impressione
di poter ribaltare questi disastri ovoidali. Comunque per i primi minuti non
sono neanche troppo infastidito, ho degli interlocutori con cui parlare e su
cui scoprire informazioni. L'ultimo arrivato, Jesse, è un Ventrue.
Ne ho sentito parlare, è considerato un paria perché ama vivere tra e come gli
umani, mentre il bestione si chiama Cornèl, e a quanto pare ha un locale
anche lui. Da l'idea di essere un tipo losco. Lucas non si degna di posare il
suo tablet per tutta la durata della conversazione. Dopo mezz'ora il mio
fastidio inizia a crescere, dopo un' ora inizio a essere arrabbiato. Dobbiamo
aspettare un'altra mezz'ora prima che quella sottospecie di bawbag (scroto,
una persona stupida o fastidiosa) si presenti all'appuntamento da lei
fissato. Ora... io sono decisamente troppo diplomatico e saggio per esprimere a
parole il mio dissenso per questo al siniscalco della città. Indossa un risicato tubino bianco, che la fa sembrare una prostituta di alto borgo... ma
temevo di peggio, visto quello che ci circonda. Riassumendo quello per cui
siamo stati chiamati: vuole che ci affianchiamo a due anziani nelle grazie
della Contessa, a quanto pare non in grado di usare il benché minimo oggetto
tecnologico (è così difficile usare un telefono o una cartadi credito?) a cui
è stato affidato il compito di comprare all'asta, per la chiusura del museo di Tampa,
un icona sacra di San Cristoforo Cinocefalo... non sanno più cosa
inventarsi. Comunque questa irritante stronza ha anche un suo proposito
(criminale) che vuole portiamo a termine, una compravendita di informazioni
finanziarie potenzialmente molto redditizie (già più interessante), quindi
dovremo fare questo mentre aiutiamo le cariatidi a comprare l'icona. Perché
cazzo lo ha chiesto a questo gruppo di sconosciuti?... Probabilmente non ci
dice molto della faccenda, siamo troppi per un banale viaggetto ma
probabilmente non abbastanza per dei licantropi. Immagino che come gruppo siamo abbastanza capaci in vari campi, ma sicuramente avrebbe gruppi più fedeli e
affiatati, quindi o vuole forzare una Coterie per il futuro o non vuole
gruppi conosciuti che possano insospettire qualcuno. In più c'è Cassiopea
nel gruppo... La protetta del primo Malkavian, se le succedesse qualcosa
sarebbe un casino per tutti... Le considerazioni sono anche molte di più,
prenderò tutte le precauzioni possibili.
Usciti da questo inferno propongo di contattare gli altri due e incontrarci
domani notte per un meeting, a quanto pare Jesse vive con uno dei due, Irwin,
un cavaliere inglese del medioevo... mentre io conosco bene Cassiopea,
l'oracolo di Delfi. Decidiamo di vederci nel locale di Cornel la
notte seguente. Lucas e Cornèl decidono di fare un salto all'Elisyum questa
stessa notte per riuscire a scoprire maggiori informazioni sul viaggio da
intraprendere. Salgo in macchina e mi avvio verso lo Xenia, il locale di
Cassiopea per invitarla a questa serata in compagnia. Le farà piacere.
***
Lucas
Vedo un messaggio arrivare sul mio terminale, apparentemente
incomprensibile a causa delle misure di sicurezza che avevo impostato, ma
perfettamente capibile da me. La Valshenka vuole vedermi.
Inizialmente preso
dalle mie ricerche e senza la minima intenzione di fermarmi, ignoro il
messaggio e giro la testa verso Cerbero, il pastore tedesco che avevo tramutato
in ghoul. Cerbero, incrociando il suo
sguardo con il mio, inclina la testa ed emette un mugolio.
<< ... Devi uscire bello? >> gli chiedo.
Cerbero mi risponde abbaiando.
Sospiro mentre prendo la pettorina e il guinzaglio,
bisbigliando << Vabbè dai, cerchiamo di prendere due piccioni con una
fava. >>
Se non fosse per Cerbero, non farei mai pause dal mio
lavoro. A volte reputo Cerbero una seccatura in quanto mi interrompe spesso in
un punto cruciale delle mie ricerche, ma so anche che se non facessi mai pause
ciò non gioverebbe alla mia salute mentale. Anche se il mio
concetto di
"pausa" è sicuramente diverso da quello degli altri. Mi preparo
a uscire e metto la pettorina a Cerbero prima di dirigermi verso il luogo dell'incontro,
prendendo i mezzi pubblici.
"Meno rintracciabili, tanto non ho fretta" è il
mio pensiero.
Durante il viaggio, tiro fuori dalla mia tracolla il tablet
per continuare il lavoro che stavo ultimando prima di uscire. Il fatto di aver
solamente staccato gli occhi dal terminale, per me, è già una pausa. Arrivato
al luogo dell'incontro, prima di entrare nel locale dove la Valshenka mi sta
aspettando, vedo un'altro uomo, nero ed estremamente massiccio, avvicinarsi al buttafuori ed entrare nel locale dopo avergli fatto vedere il telefono, saltando
in questo modo la lunghissima coda sotto le lamentele dei presenti. Noto dietro
di me un uomo sulla cinquantina dai capelli rossicci. Riconosco quell'uomo: è Paracelso,
un altro Tremere. Non conosco Paracelso direttamente, ma lo avevo già visto alcune
volte ai raduni bimensili del mio clan. Mi ero guadagnato una certa fama tra i
Tremere: sono l'unico di Miami attivo nella Tecnomanzia, l'arte di combinare la
Taumaturgia con la tecnologia. Essendo però molto prudente e preso dalle mie
ricerche, partecipo solamente quando costretto ai loro raduni bimestrali,
delegando quando possibile a Hector Sinister, l'anziano del clan, il compito di
leggere i miei lunghissimi resoconti.
<< Un'altro furbetto che vuole saltare la fila?
>> mi chiede il buttafuori allungando la mano per impedire il passaggio.
<< No, un'altro con il messaggio sul telefono >>
rispondo mostrandogli il messaggio che avevo messo in un formato comprensibile.
<< Passa pure >> mi risponde il buttafuori con
un grugnito.
Dalla folla questa volta partono gli insulti e io mi limito
a scattare una foto alla folla e ad abbozzare un sorriso. Sono molto impegnato
ma comunque immortale, e se avrò tempo in futuro, la vita di molte di quelle
persone sarà rovinata. Sempre che queste siano ancora in vita, ovviamente. Tendo
a perdere molto facilmente la cognizione del tempo.
<< Ehi ehi ehi! Il cane non può entrare! >> esclama
il buttafuori alla vista di Cerbero.
Infastidito,
istruisco Cerbero di aspettarmi fuori dal locale. E' un cane molto ubbidiente e
ciò mi rende certo del fatto che non sarà un problema. Fatto ciò, entro nel
locale. Sapevo già cosa aspettarmi, avevo già indagato sul conto della
Valshenka e sul suo locale, e per quanto esso sia alquanto... pittoresco, la
cosa non mi tange minimamente. Passando la maggior parte del tempo a
raccogliere informazioni, avevo visto di peggio. Mentre Paracelso e la montagna
nera vanno a prendersi un drink, mi avvicino alle guardie del privè della Valshenka, mostro il messaggio e salgo. La Valshenka deve ancora arrivare,
quindi mi siedo su una sedia e incomincio a fare delle indagini su Paracelso e
la montagna, i quali ben presto mi raggiungono. Inoltre si unisce a noi un
altro vampiro che non ho mai visto, ma di cui avevo sentito parlare. Ha i
capelli castani, gli occhi azzurri e l'aria di una persona che si è messa le
prime cose che ha trovato nell'armadio. E' mediamente giovane e una persona con
un buon olfatto noterebbe che ha lo stesso odore della tappezzeria di un'auto. Egli è uno dei pochi vampiri che professa di
non volerlo essere, una mosca bianca, per questo alcune persone sanno della sua
esistenza nonostante tenga un profilo basso. Gli altri del gruppo provano a
fare conversazione con me, ma non sono interessato a farla. La Valshenka si fa attendere
almeno un'ora e fa il suo ingresso con un'entrata degna di lei. Ben presto, il
nostro incarico viene svelato: dobbiamo recarci nella vicina Tampa con la scusa
di aiutare alcuni inviati della principe, vecchie cariatidi non molto ferrate con
la tecnologia (di cui ho già intuito l'identità) e nel frattempo recuperare un
plico di informazioni da un certo contatto della Valshenka. La figlia della
Contessa ci allunga una delle sue carte di credito per pagare il contatto e il
suo biglietto da visita. Fotografo sia il biglietto da visita che la carta di
credito, preziose informazioni su cui dovrò indagare. So benissimo che le persone
non dicono tutto, e i vampiri ancora meno. Un numero così elevato di persone
per recuperare un semplice plico può significare solamente una cosa: si
prevedono guai all'orizzonte. E' da molto che non effettuo un'indagine sul
campo ed è giunto per me il momento di uscire dalla sua comfort zone. Esco dal
locale contento del nuovo incarico, sarà un'opportunità per allargare la mia
rete di informazioni. Lavorare però con delle persone che non sanno minimamente
coprire le proprie tracce è abbastanza una seccatura, contando che parte del
mio lavoro prevede coprirle per i vampiri più "appariscenti". Raccolgo
informazioni di professione, ma non mi va a genio l'idea di doverle coprire se
troppo evidenti. L'unica cosa che manca è indagare e raccogliere informazioni
sullo stato di Tampa...
Nota della Correttrice di Bozze
Salve
a tutti! Scusate il ritardo nella pubblicazione, tra Pasqua e parziali
sono state delle settimane impegnative. Alcune informazioni di
servizio: quest'ultima parte scritta dal
giocatore che interpreta Lucas
sarà la prima e l'ultima, in quanto purtroppo il giocatore non
ha il tempo per continuare questo piccolo progetto. Inoltre il prossimo
capitolo del
racconto sarà scritta dal master in terza persona,
in quanto riguarda l'interazione di alcuni pg che non partecipano al
racconto con dei png di rilievo per questa piccola avventura.
Buona
domenica
Kodama
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Capitolo 4 *** L'Arpia ***
l'Arpia
L'Arpia
L’atmosfera
del Diplomat Lounge è, a dispetto di molti altri locali aperti
tutta la notte,
serena. La musica che esce dagli altoparlanti disseminati per i tre
piani del
locale è ad un volume sufficientemente basso da permettere
ai clienti di
discutere senza doversi gridare nelle orecchie a vicenda. Il pavimento
in
lucida pietra nera artificiale riflette le luci deifaretti pendenti dal
soffitto, sospesi da un reticolo di tubi in rossiccio ferro
cortèn, creando un piacevole
effetto di stordimento a cui presto ci si abitua. Dietro ad uno dei
separè traforati in legno siede Vinicio Ribeiro, la
sua figura corpulenta è mollemente
adagiata su uno dei comodi divanetti di tessuto imbottiti. Assieme a
lui altre
persone che chiacchierano concitate mentre sorseggiano liquori o
cocktail dai
colori appariscenti. Come una sorta di sovrano del locale Vinicio
occupa il
posto centrale di questo convivio, mentre il resto del gruppo
è seduto ai suoi
fianchi o è in piedi accanto al suo divanetto. Sbracato,
con i piedi appoggiati
sul tavolino in legno scuro, l’uomo si tiene un po’
in disparte dal discorso
dei suoi amici.
In fondo sono solo
chiacchiere da Vacche, niente che valga la pena di ascoltare con attenzione.
Mescolando il
suo cocktail girando pigramente lo stuzzicadenti in cui è
infilzata una cipollina, drizza le orecchie per cogliere qualche fugace
parola
importante delle ciarledei suoi compagni di tavolo. Le
chiacchiere acute delle
ragazze e le voci basse ma forti degli uomini vengono a sprazzi
interrotte
dalle risate di Ribeiro, che sovrastano il resto della
conversazione.Ogni
tanto l’uomo interviene spostando il discorso in
un’altra direzione, come un pastore
fa con il suo gregge, usando una voce suadente e sorridendo sornione.
Fra le
risate ed il tintinnio dei bicchieri che vengono appoggiati sul
tavolo, due
uomini avanzano nel corridoio, muovendosi circospetti fra i
privè ed i tavoli
da bar. Uno di loro è un uomo di colore alto, dalle spalle
larghe e con l’aria
minacciosa, il rigonfiamento sotto la sua giacca fa desistere i
più dal fargli
notare i modi un po’ bruschi quando urta accidentalmente qualcuno
nel suo incedere deciso, accompagnato dal frusciare dei suoi
pantaloni di velluto verde.
Il suo compagno dall’aria anonima crea un curioso contrasto fra i
due: con
degli occhiali da vista dalla montatura pesante ed è
decisamente più basso del
suo accompagnatore. La sua pelle è chiara, tanto da sembrare
quasi pallido e ha
una folta barba scura ad incorniciargli il volto, mentre i capelli
sono
pettinanti su un lato, fissati con il gel in un’onda
frastagliata. Le sue
braccia pallide e sottili sono macchiate da tatuaggi, forme scure
illuminate a momenti dalle lampade del locale. Guardando a destra
e a sinistra i due si
soffermano sui volti dei clienti del Diplomat. Ad un certo punto
l’uomo alto
domanda all’altro
<< Lucas, riesci a vedere Ribeiro? >>
Continuando
ad osservare i volti delle persone attorno a loro l’uomo dai capelli scuri si
toglie un auricolare e rivolge al suo compagno un’occhiata annoiata. <<
No Cornell >>
risponde con
voce atona << Non sono ancora riuscito a
trovarlo >> poi si sistema nuovamente la cuffietta
nell’orecchio e
riprende a cercare con lo sguardo il loro uomo. Sbuffando, Cornell
allunga il collo continuando a cercare. Con voce dubbiosa si
rivolge a Lucas chiedendogli
<< Sei sicuro che ci abbiano detto di cercarlo al secondo piano?
>>
Senza nemmeno
voltarsi a guardarlo, il suo compagno replica seccato << Per la terza
volta: sì. Dobbiamo cercare un uomo grasso, con camicia bianca di lino, un
dente d’oro e occhiali a specchio>>. Guardando dritto avanti a se mentre
cammina Lucas continua a parlare << Trovo improbabile che ci sia qualcun
altro con un simile cattivo gusto >>.
Sogghignando
Cornell replica << Sì, hai ragione. Aspetta, eccolo là! >> esclama
d’improvviso indicando un gruppo di persone per metà nascoste dietro un separè.
Facendosi strada la coppia raggiunge il privè, trovando l’uomo che cercavano
impegnato in una conversazione con i suoi compagni di tavolo. L’attenzione di
Vinicio viene distratta dalla comparsa dei due uomini che sbucano da dietro il
separè in legno e si accostano al gruppo attorno al tavolo. Facendo finta di
non averli notati l’uomo li osserva con la coda dell’occhio Quello lo riconosco, è Cornell il gangster
pensa
Pantaloni orribili. L’altro non so
chi sia, ma non penso sia un suo Ghoul, non è nel suo stile. A quel
pensiero Ribeiro non può fare a meno di sorridere divertito.
Non è nessuno di importante direi,
facciamoli aspettare un pochino dice fra se. A quel punto decide di
immergersi nelle vuote chiacchiere dei suoi compagni di tavolo.
Appoggiato a
braccia conserte ad una colonna in metallo Cornell sussurra << Direi che
ci sta ignorando di proposito >>.
Laconicocome
sempre, Lucas replica secco << Ma non mi dire >>
Sporgendosi
di più verso il suo amico, il nero lo incalza con le domande << Cosa dici?
Ci facciamo largo fra il gruppo di Vacche ed andiamo a parlargli a forza? >>
Girandosi
lentamente, l’uomo coi capelli scuri guarda sconsolato il suo compagno <<
Certo che sai proprio come muoverti. Quello >> dice sottovoce indicando
Ribeiro con un cenno della testa << È una delle Arpie di Miami, sai cosa
vuol dire? >>
Senza aspettare che l’uomo risponda, Lucas prosegue con
tono seccato <> Sbuffando,
Cornell rimane appoggiato con la schiena alla colonna, mentre il gruppetto di
persone davanti a lui scoppia in risa e risolini.
Crogiolandosi nell’adorazione
dei suoi compagni di tavolo, Ribeiro decide di averli fatti aspettare
abbastanza. Mettendosi seduto l’Arpia si rivolge al suo gruppo << Amici,
mi dispiace doverci salutare ma
come potete vedere ho qualcuno che mi sta aspettando >>
dice, indicando con la stanghetta degli occhiali da sole i
due uomini dietro di loro << Quindi sono desolato, ma dovrete lasciarmi
da solo con quei due signori >>.
Un coro di
voci lamentose accompagnano
il suono di sedie trascinate sul pavimento quando il gruppo è
costretto ad allontanarsi dall’uomo. Pochi e sbrigativi
convenevoli
vengono scambiati fra un paio di giovani donne e Vinicio prima che si
allontanino, mentre il resto delle persone superano Cornell e
Lucas lanciandogli
occhiate infastidite. Quando finalmente anche l’ultima donna
lascia l’abbraccio impacciato dell’Arpia, l’uomo
si alza in piedi per salutare i due nuovi arrivati.
<< Beh,
buonasera signori >> chioccia divertito << Volete accomodarvi qui
con me? >> aggiunge, indicando con un gesto della mano le sedie ed il
divanetto.
L’Arpia guarda il tavolo e poi i due uomini. << Spero
non vi formalizziate se il tavolo è un po’ in disordine, i miei amici non sono
degli amanti dell’ordine >> aggiunge poi a voce bassa.
<< Non
siamo qui per scambiare convenevoli >> replica secco Lucas << Ci
servono delle informazioni >>
Inarcando un
sopracciglio, Ribeiro guarda con aria seccata i due << Dritti al punto
quindi. Non posso nemmeno avere il piacere di sapere con chi sto parlando? >>
<< Cornell
Barlow, piacere >> si presenta Cornell, allungando la mano per stringere
quella di Ribeiro.
<< Vinicio
Ribeiro, molto lieto >> risponde lui, mentre gli stringe la mano di
rimando << Mentre lei è? >> dice poi, rivolgendosi al Lucas.
Senza
porgere la mano, Lucas rimane fermo << Se non lo conosce vuol dire che ho
fatto bene il mio lavoro >>
<< Mh,
capisco >> replica indispettito l’Arpia << Non volete accomodarvi?
>>
<< Volentieri
>> risponde Cornell, prendendo posto sul divanetto.
Ribeiro invece si
siede sulla stessa sedia in cui aveva preso posto prima, ma vedendo Lucas
ancora in piedi domanda << Non si siede? >>
<< Preferisco
stare in piedi >>
Sentita la
secca risposta, Ribeiro volge a Cornell un’espressione imbarazzata << Va
bene, come preferisce. Allora, mi dicevate che avete bisogni di informazioni,
ma riguardo a che cosa? >>
Accavallando
le gambe ed appoggiando la schiena al divanetto Cornell risponde << Avremmo
bisogno di sapere com’è la situazione a Tampa, almeno per quanto riguarda noi Fratelli >>
Mettendosi
comodo anche lui, l’Arpia socchiude gli occhi scrutando meglio l’uomo accanto a
lui << Avete intenzione di fare un viaggio a Tampa? >>
Lo sguardo di
Cornell incrocia quello inespressivo di Lucas << Forse >> risponde
vago il nero << Diciamo che i nostri affari ci appartengono. Ma torniamo
al succo del discorso: possiamo sapere com’è la situazione a Tampa? >>
Comodo sulla
sua sedia, Ribeiro sorride << Non è così che funziona. Questa per me questa
è una transazione, non posso dare qualcosa senza avere nulla in cambio >>.
L’Arpia stende le gambe ed appoggia i piedi sul tavolino, facendo tintinnare i
bicchieri lasciati là dalla sua precedente compagnia << Ma la reticenza
nel fornire dettagli sul motivo del vostro interesse per Tampa ha stuzzicato la
mia curiosità. Potremmo arrivare ad un accordo: ditemi cosa vi muove e io vi
dirò quello che so >>
Un silenzio
cala fra i tre mentre la musica riempie l’ambiente. Ribeiro rimane sorridente
mettendo in bella vista il suo dente d’oro e Cornell continua a guardare prima
Lucas poi l’Arpia.
Stufo di tergiversare, Lucas rompe il silenzio << Chi
ci garantisce che tu non ci pianti in asso, oppure che ci rifili delle
informazioni sbagliate? >>
<< Mi
ritengo offeso >> risponde fintamente indignato l’Arpia << Non mi
sono guadagnato questa posizione pugnalando alle spalle le persone che venivano
da me in cerca di chiacchiere e pettegolezzi, o informazioni. Potete
assicurarvi che non scapperò di qua e che non vi tirerò un bidone >>
Cornell,
sempre perplesso dallo stallo, continua a far rimbalzare il suo sguardo da
Ribeiro al suo compagno cercando di capire cosa fare. Lucas intanto rimane
silenzioso, il suo volto è una maschera di pietra inespressiva che nasconde i
suoi pensieri.
<< Andiamo,
non mi direte che davvero non vi fidate di me? >> domanda incuriosito
Vinicio << Mi sembra strano che siate arrivati fino a qui per poi essere
così titubanti >>.
Un sorriso si allarga sulla faccia paffuta dell’uomo
<< Non mi direte che questa è la prima volta che portate avanti uno
scambio di informazioni >> continua sornione l’Arpia.
A quel punto
Cornell prende in mano la situazione << Se invece del motivo per il
nostro interesse verso Tampa decidessimo di condividere un altro tipo di
informazione? >>
Ribeiro
osserva interessato l’uomo << Non vedo perché no. Ma le regole sono
sempre quelle: prima mostrare moneta poi vedere cammello >>
Ancora
titubante, Cornell cerca un segno di approvazione da parte del compagno che
però si limita a rimanere ermetico come al solito.
Stufo, l’uomo si volta verso
l’Arpia << Sappiamo che la Principe è interessata ad un certo oggetto
>>
<< Questo
direi che vale ben poco >> risponde sbuffando Ribeiro << Posso
almeno sapere che tipo di oggetti si tratta? >>
<< No.
Non può saperlo >> si intromette secco Lucas.
Cornell punta
sull’amico uno sguardo di fastidio prima di riprendere a parlare con l’Arpia
<< No. Non possiamo dirlo, però posso dire che si tratta di un oggetto
d’arte >>
Questa volta
è Lucas a scoccare un’occhiataccia all’amico, ma nonostante questo rimane
silenzioso.
Ribeiro
prende a massaggiarsi il mento con una mano << Un oggetto d’arte >>
mugugna << Che probabilmente è in vendita a Tampa. O che comunque dovete
recuperare là >>.L’Arpia
osserva i suoi due interlocutori, sperando di vedere una qualche reazione da
parte di uno di loro ma non nota nessun segno di stupore.
Sospirando, prosegue
<< E sia. Diciamo che per quello che volete sapere questo e sufficiente
>>
Tanto basta fare due più due per
capire cosa vuole la Vecchia
<< Quindi vi dirò quello che so >>.
Stiracchiando le braccia, Ribeiro si mette seduto per guardare meglio i due
uomini davanti a lui. << Allora,
Tampa sta passando un momento burrascoso. Il vecchio Principe, Roderick
Pendergast, è stato destituito circa sei mesi fa con l’accusa di aver messo a
rischio la Masquerade. C’è chi dice che i Federali siano coinvolti in una
qualche maniera, che siano stati pagati per essere in un certo luogo ad una
certa ora. Sono in molti a sospettare che l’attuale Principe, Samuel Mansour, sia
coinvolto nella cosa mentre invece altri pensano che lui abbia solo
approfittato del colpo di stato e che abbia eliminato il vero responsabile. Sia
come sia, adesso a Tampa c’è un po’ di tensione fra chi sosteneva il vecchio
Principe e quelli che invece sono dalla parte del nuovo >> L’Arpia
sorride mettendo in mostra il suo dente d’oro, che luccica con il riflesso
delle luci del locale << Non sorprende che i sostenitori del nuovo
Principe sono i Fratelli della strada. Per loro Samuel rappresenta la
possibilità di avanzamento nella società, cosa resa molto difficile visto che
gli Anziani non mollano i loro troni tanto facilmente >>
<< E
non c’è nessuno che sostiene ancora il vecchio Principe? >> domanda
Cornell dubbioso e un po’ confuso dallo scenario politico.
Continuando a
sorridere, Ribeiro risponde alla domanda << Oh, certo. Buona
parte del
Consiglio di Tampa è in aperto contrasto con la linea politica
del nuovo
Principe, cosa che non gli impedisce di gestire con il pugno
di ferro la
questione dei suoi oppositori. Molte delle “rimostranze”
nei suoi confronti
sono state represse nel sangue e qualcuno sospetta che alcuni dei
Fratelli dissidenti che ormai hanno lasciato Tampa non siano proprio partiti. Ma ovviamente nessuno ha delle prove e men che
meno il coraggio per sbandierarle di fronte al Consiglio >>
Vinicio si interrompe
quando una cameriera dai capelli a caschetto si avvicina ai tre uomini per
chiedere loro se desiderano qualcosa. Cornell e Lucas fanno cenno di non
prendere nulla, ma l’Arpia ordina gioviale un cuba libre. Quando la ragazza si allontana i due uomini guardano
Vinicio con aria perplessa, per tutta risposta l’uomo risponde << Cosa
c’è? Anche se non posso berlo mi piace il suo odore >>.
Appena gli
viene portato il suo drink, Ribeiro riprende la spiegazione << È inutile
dire che, con il fatto che Samuel è da poco Principe, sono in molti ad
profittare di questo nuovo parvenu. Parecchi Fratelli influenti hanno iniziato a lisciare il pelo al Reggente,
forti del fatto che non conosca ancora abbastanza bene le difficoltà ed i
giochi di potere >>. Il volto dell’Arpia
si fa d’improvviso serio << C’è una cosa che però dovete sapere: il vuoto
di potere che si è venuto a creare ha portato alcune Vacche coinvolte negli
affari dell’ex Principe a sganciarsi dagli affari in una qualche maniera. Gira
voce che addirittura anche alcuni ghoul
di una certa importanza abbiano cambiato domitor
o si siano dati alla macchia, e di sicuro questa non è una buona cosa >>
Cornell si
volta preoccupato verso Lucas ma non trova alcuna rassicurazione dallo sguardo
vacuo del suo amico che è fisso verso l’Arpia.
<<
C’è
un’altra cosa di cui dovreste preoccuparvi >> aggiunge
Ribeiro << Prima
di assumere la carica di Reggente, Samuel Mansour gestiva un giro di
corse
clandestine ed aveva le mani in pasta in alcuni giri di traffico
di stupefacenti.
Nonostante la sua parlantina sciolta ha comunque contratto dei debiti,
sia con
Fratelli che con Mortali, ed ora che è diventato Principe
quella gente sta venendo a batter cassa per ricevere indietro i
loro soldi con gli interessi.
Ovviamente se prima non aveva i soldi per ripagarli non li ha nemmeno
ora,
quindi si trova costretto ad elargire favori di qua e di
là. Quel che è peggio
è che le voci parlano di un coinvolgimento dei federali in tutta
questa storia.
Sempre secondo queste voci non confermate pare che Samuel abbia
dovuto far
entrare nel giro degli interessi coi federali alcuni Fratelli
provenienti da
fuori città. E ciò non è minimamente
una bella notizia: giocare con i federali
mette a rischio la Masquerade. Samuel rischia di fare la stessa
fine del suo
predecessore se continua a scherzare col fuoco in questa maniera
>> Il silenzio
piomba nel privè quando Ribeiro termina di parlare. Alle
orecchie di Lucas e
Cornell arriva il chiacchiericcio degli avventori ai tavolini poco
distanti,
accompagnato dal tintinnio dei bicchieri e dallo scalpiccio
dei camerieri che
fino a poco prima avevano escluso dal loro udito. L’Arpia si
sporge nella
direzione dei due uomini taciturni, congiunge le mani ed inarca
le sopracciglia
in attesa che qualcuno dica qualcosa. Cornell guarda pensieroso il
piano del
tavolino, ingombro dei bicchieri vuoti e del cuba libre
di Ribeiro che sta quasi traboccando a causa del ghiaccio ormai
sciolto. Lucas invece sta picchiettando sul tablet, assorto
nella sua ricerca in internet riguardo al Principe di Tampa.
<< Tutto
qui? >> rompe il silenzio Vinicio << Niente chiacchierio? Niente
stupore? >>
L’Arpia
incontra gli occhi di Cornell, che ha alzato la testa per guardarlo meglio, ma
vede solo confusione in essi, come se non avesse capito nulla di quanto gli ha
detto.
<< Siete un pubblico o un dipinto? A parlare con i sassi si
ottiene più soddisfazione >> mugugna egli infastidito.
Finalmente
Lucas alza gli occhi dal suo tablet << Grazie delle informazioni >>
dice con un tono privo di emozione, infila il tablet nella tracolla e fa per
andarsene.
Cornell
biascica a mezza voce un << Grazie
molte >> e segue l’amico.
Mentre i due
uomini si allontanano nel corridoio del Diplomat, Ribeiro rimane seduto
da solo
nel privè, un po’ seccato e confuso per la fretta con cui
i due uomini si sono allontanati. Aspettando che il rumore
dei loro passi si spenga, soffocato dai
suoni del lounge bar, l’uomo sorride al vuoto quando la sua mente
trova un modo
creativo per sfruttare quanto ha saputo. In cambio di qualche
vecchia e poco
interessante notizia ha guadagnato una piccola gemma, ora gli basta
solo
sgrezzarla, renderla luminosa e venderla a qualcuno.
E di certo la gente non manca pensa fra se mentre rapidamente
comincia a pigiare tasti sul suo cellulare.
Nota della Correttrice di Bozze
Salve a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio Fenris per le recensioni.
Buona domenica
Kodoma
|
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Capitolo 5 *** Il Viaggio ***
Il Viaggio
Il
Viaggio
Cassiopea
Dopo
il colloquio con la
Contessa rientro nel locale,
saranno almeno le tre del mattino. Prima di rimettermi al bancone
decido di
cambiarmi con degli abiti più comodi: una giacca di pelle
nera corta decorata con dei ricami di piume, una camicia nera
ornata da dei brillantini color oro
sulla scollatura e sul colletto che richiamano la cintura con la stessa
decorazione e dei pantaloni neri, comodi ma eleganti.
Come scarpe opto per
degli stivaletti neri con poco tacco. Bellissima invenzione i tacchi: a
parte
aumentare l'altezza di una persona, riescono ad aggiungere eleganza e
raffinatezza alla sua forma. Peccato siano
così scomodi, non so come facciano
certe umane a camminarci per più di qualche ora. Allenamento
suppongo, o
resistenza alla tortura. Mentre sto pulendo il bancone con uno
straccio, vedo
Paracelso, un amico di vecchia data, entrare nel locale. Mi guardo
attorno,
cercando il suo "drink" preferito: Silas, un bevitore di whiskey
incallito che beve
solamente quelli più
ricercati. Mi è costato una fortuna fare in modo
che Silas venisse spesso nel
mio locale, tra sconti e promozioni, ma questo e altro per Paracelso.
Inoltre da
quando consigliato questo beone anche ad altri vampiri, adesso viene
qui per
l'Haven, la droga che porta estasi senza alcun effetto
collaterale, se presa in
piccoli dosi. Nessuno sa che in realtà si contrabbanda il
Bacio delle creature
notturne. Agli inizi, quando da piccola osteria lo Xenia stava
diventando un
locale di lusso, la DEA aveva cercato di trovare
prove incriminanti su questo
suddetto spaccio, ma gli era sempre andata molto male. Dopo qualche
raid senza
alcun tipo di prova, denunce da parte della sottoscritta e altri
problemi
avevano dovuto rinunciare all'impresa. Da quando poi ho tra i miei
amanti anche
il capo della polizia, i problemi si sono praticamente azzerati.
Sogghigno a
questo pensiero. C'è sempre un modo per corrompere
gli uomini e le donne
moderne: se non sono i soldi, beh è sicuramente
qualcos'altro che da piacere
immediato. Comunque sia, il drink di Paracelso è su uno dei
divanetti, pronto
per essere servito.
<<
Buonasera
amico mio, cosa ti porta da queste parti? >> chiedo
cordialmente a
Paracelso una volta arrivato al bancone. Egli non fa in tempo a
rispondermi che
il sasso magico di Carlos incomincia a suonare.
Carlos risponde, sgrana gli
occhi e mi passa lo strano congegno << E' per te
>>
<<
... Buonasera?
>> saluto io con aria poco
convinta. Parlare con un sasso è davvero troppo strano per i
miei gusti. Mi da
una sensazione... Sbagliata.
<<
Buonasera. >> Riconosco la voce proveniente
dal
τηλέφωνοv:
è quella di
Tanja Valshenka, il siniscalco della città nonchè
figlia della Contessa. Una principessina viziata, priva di cervello e
con dei
gusti
davvero
discutibili.
<<
Ho saputo del fatto che mia madre vi ha incaricati di andare a Tampa
per
partecipare ad un'asta >> dice lei con il suo tono di
voce spocchioso
<< Volevo avvisarvi che vi sono stati affiancati
altri quattro fratelli
per accompagnarvi in questa "missione". >>
<<
La ringrazio
>> rispondo io << Ma non
credo ce ne sia bisogno, ho visto poco fa vostra madre e non mi ha
detto nulla
di tutto ciò. E' sicura di essersi consultata con lei? In
fondo, è lei il vero
principe della città>>
Cala un silenzio di tomba
all'interno della
conversazione. La rabbia della Siniscalco è quasi palpabile.
<<
La principe
spesso si dimentica che siete degli
anziani e avete bisogno di accompagnatori per girare in sicurezza. E
chi più di
altri.>> ribatte lei con scherno.
Non
faccio in tempo a
rispondere prima
di sentire
dei rumori elettronici ripetuti, i quali mi fanno capire che la
conversazione è terminata.
Aἰσχρα
εμπελατειρα*.
Per Zeus quanto la detesto. Non
fosse la figlia della Contessa sarebbe già cenere.
Mi vengono in mente le
parole di Talia, la
quale mi avrebbe detto
di lasciar correre, che tanto è solo una stupida riccona.
Che non ne sarebbe
valsa la pena. Ma Talia è sempre stata più
incline al perdono di me. Trattengo
un'espressione furiosa e cerco di dimostrarmi per nulla infastidita
dalla cosa.
<<
Giovani, eh?
Ormai hanno scordato cosa sia
l'educazione>> Dico.
Carlos
e Paracelso continuano a
guardarmi, non
riesco a capire esattamente cosa stiano pensando e la cosa mi mette
davvero a
disagio. Andrew, a pochi metri di distanza da me, mi osserva
con la coda
dell'occhio, incuriosito forse dal fatto che io sia riuscita a gestire
una
"chiamata", cosa assai insolita.
<<
Cassiopea,
sono sicuro di essere più giovane della
Valshenka, il tuo problema con lei, o meglio i problemi che hanno tutti
con
lei, non dipende dall'età. Moecha est *
>> Mi dice Paracelso facendomi l'occhiolino.
<<
Comunque sai
che puoi chiedermi consiglio per queste faccende, a tal proposito sono
qui per
la telefonata che hai ricevuto. Sono uno degli incaricati per
accompagnarvi, e
sono passato per invitarti a un incontro che ho organizzato
stanotte al
Paradise of Eclipse per
incontrarci
tutti prima di partire assieme per Tampa >>.
Smetto
per un attimo di pulire
il bancone, gesto che stava
riuscendo a contenere i miei intenti omicidi nei confronti di chiunque
mi stia
attorno al momento. Le parole di Paracelso sono riuscite a calmarmi
un po', ma
nonostante ciò voglio andare a casa, queste interazioni
sociali a tu per tu mi
hanno resa esausta. E in più non ho ancora avuto modo di
cenare. Ma non ho
scelta, ordini dei Reali.
Sorrido
nella
maniera più tranquilla e serena
possibile visto il mio stato d'animo << Sarà
per me un piacere >>.
* Brutta
puttana
*
E' una stronza
***
Paracelso
Lo
stesso giorno del colloquio con la Siniscalco sono ancora una volta in
auto con
Seth, un bravo ragazzo. Una volta era un pilota
militare, poi un
incidente fece in modo che la società lo abbandonasse a se
stesso, e nostre
strade non potevano che intrecciarsi. Sembro attrarre le cose rotte che
necessitano di essere riparate. Lo selezionai io stesso per uno dei
miei
programmi biomedici personali e fu un mio punto di orgoglio, nel tempo
legammo
e decisi di offrirgli un occasione. Venero il talento: la guida, il
volo e il
combattimento sono alcuni, ed egli li possiede. Sprecarli sarebbe stato
un
crimine.
Il
dolce rallentare mi scuote e in un attimo l'auto è ferma.
Sono molto soddisfatto
del nuovo acquisto, una Lamborghini terzo millennio,
ed è davvero degna
di questo nome per qualcuno nato tra i fumi delle industrie scozzesi.
Elettrica, silenziosa e bella.
Mentre
scendo e congedo Seth mando un messaggio a Ailsa,
la CEO
ufficiale delle mie industrie e mia assistente. Nome splendido, uno dei
motivi
per cui mi interessai a lei, significa “vittoria
soprannaturale”, e a uno come
me sembrò un segno. Ormai sono più di 80 anni che
do ragione al mio intuito.
Fisso una revisione delle tecnologie che produciamo, ho alcune idee che
potrebbero risultare dei balzi in avanti, un bene per il mio portafogli
e un
bene per l'ambiente.
Appena
arrivato trovo Lucas nel suo completo da hipster, mentre Cassiopea
è venuta in
macchina con me e appena raggiunto il mio collega, entriamo. Il locale
di
Cornell è in stile anni '20, con un tocco moderno che lo
distanzia da esempi
storici come il Cotton club di NY
o dalla Music hall
of Williamsburg da cui
chiaramente prende l'ingresso, costituito
da una parete in blocchi di vetro coperta da una pensilina
semicircolare su cui
spicca il nome del locale, Paradise of Eclipse.
L'interno ha colori più
cupi di quanto mi sarei aspettato dalle luci dorate dei ruggenti anni
20... mi
mancano quei tempi.
Il
bancone dell'Eclypse si trova lungo la parete che
divide la zona bar
dalla sala principale. Tre alte aperture rettangolari permettono di
vedere
nella sala accanto, due si aprono ai lati del bancone, mentre quella
centrale
permette il passaggio dei camerieri da una sala all'altra.
Nell'aria
risuona una versione jazz/soul di Good Man intonata
da una cantante su
un palco, sormontato da un arcata tipica dello stile del tempo,
pavimento in
legno e faretti semisferici a coronarne il bordo. Il sipario
è in un velluto
rosso scuro che cade come una coltrina alle spalle della cantante, sola
creatura illuminata chiaramente in sala. Bella.
Non
mi aspettavo tanto buon gusto da uno che gira in completi verde menta.
In
sala noto che una finestra circolare al piano superiore si apre verso
quello
che immagino essere l'ufficio di Cornell. Fa molto cattivo dei film ma
ha un
suo stile.
Veniamo
accolti dal padrone di casa, che ci offre le ragazze del suo gregge e
un
salottino privato per appartarci e presentarci ai nostri nuovi compagni
di
viaggio.
Rifiuto,
evito di bere sangue di chi non lo voglia per qualche ragione o non se
lo sia,
a mio parere, meritato. Il mio gregge è composto sopratutto
da affaristi senza
scrupoli e veri e propri criminali, l'idea di comprare sangue dei
carcerati
allo stato, come programma biomedico, ha sicuramente facilitato la mia
vita.
Il
privè è piuttosto scuro e si rivela essere
appunto quello esclusivo di Cornell,
con la finestra tonda che si affaccia sulla sala, dei divanetti in un
blu
cenere scuro attorno a un tavolo in legno lamellare lucidato. Su una
parete vi
è la principale fonte luminosa, un incavo con ripiani per
gli alcolici e delle
lastre di alabastro come rivestimento retrostante, da cui traspare la
luce
delle lampade poste dietro. Sull'altra parete una il ritratto di un
uomo di
colore, dallo sguardo intenso e con una corona di traverso sulla testa
ci
fissa... non ho la più pallida idea di chi possa essere,
ipotizzo un rapper o
qualcosa di analogo, boh.
Ci
sediamo, mi tolgo la giacca del completo in tre pezzi color mas
blue e
rivelo un gilet sottostante, con bottoni posti lungo un elegante orlo
diagonale
coordinati con la cravatta regimental blu e argento. Appoggio la giacca
sul
bracciolo del divani e accanto ci metto il mio immancabile bastone da
passeggio. Sicuramente l'oggetto che non lascio mai, poiché
cela il mio
talismano.
Poco
dopo arrivano Jesse e Irwin, l'uno vestito con una giacca parecchio
informale
sopra dei pantaloni quasi dello stesso colore e l'altro con indosso un trenchcoat di cuoio
nero, che si toglie
dopo aver messo una sacca da ginnastica sotto il tavolo, rivelando una
maglietta e pantaloni neri, anfibi, sacca da ginnastica e croce d'oro
al collo
dall'aspetto antico, sulla quale potrei fare una ricerca per ipotizzare
quanto
antico lui sia.
Ci
presentiamo, Irwin Maxwell praticamente fa solo quello, poi coglie
l'offerta di
una delle vene di Cornell. Cassiopea si comporta cordialmente e in modo
gioviale con tutti. Non è il tipo da far distinzioni di
rango, mi piace che in
questo non sia cambiata da quando la conobbi a Lontra dopo il suo
risveglio, e
ormai è passato un secolo. Dopo le presentazioni decide di
recarsi nella sala
da ballo, dalla finestra la noto rimorchiare un tizio. Sorrido, non
credo che
riceverà il salasso in cui spera lui.
Jesse
conferma di essere il paria di cui ho sentito
parlare, capisco perché
per lui sia un problema particolare, è un Ventrue,
di solito sono molto
elitari. Dopo un po' egli segue l'esempio di Irwin, scegliendo la
ragazza
meglio vestita del gregge.
Lucas
si presenta ma pare che nel suo mondo ci sia prima il suo tablet, poi
il suo
cane Cerbero ed eventualmente tutti gli altri.
Il
gregge di Cornell è composto esclusivamente da ragazze
asiatiche, quindi, o ha
una fissazione notevole o è anche lui un Ventrue il
che, a dirla tutta,
è lo stesso.
Quando
finalmente gli altri hanno soddisfatto i loro bisogni possiamo
finalmente
venire al dunque e decidere cosa fare riguardo al viaggio a Tampa.
Decidiamo
subito di mettere a parte Irwin e Cassiopea della missione parallela
alla loro,
la Valshenka non sembrava esattamente convinta fosse una buona idea, ma
che si
fotta. Ci spiegano che la Contessa li ha incaricati di ottenere l'icona
bizantina di un santo cristiano all'asta per la chiusura del museo di
Tampa,
“San Cristoforo Cinocefalo”, mi chiedo se abbia
davvero la testa da cane. Offro
il mio aiuto per l'asta, non sarebbe un esperienza nuova per me e a
differenza
di loro due comprendo la tecnologia. Spero comunque di trovare un po'
di
manufatti per la mia collezione.
Noi
gli riferiamo del contatto fornitoci dalla Valshenka e del fatto che
dovremmo
acquistare un plico di documenti. Faccio notare che è
probabile che ne la madre
che la figlia siano state oneste con noi e che forse sono d'accordo,
almeno in
parte.
Decidiamo
di partire per Tampa appena tramontato il sole domani. Il problema
più grande,
per assurdo, è decidere come andare. Abbiamo speso un'ora
intera a decidere una
cavolata del genere. Offro una delle mie auto, ma lo stesso fanno
Cornell e
Jesse e si discute su quante macchine dovrebbero andare a Tampa. A
quanto pare
due auto attirano l'attenzione, non siamo nell'800 dannazione. Alla
fine
prendiamo solo una macchina, una hammer di Cornell. Almeno non
rischierò una
delle mie se dovesse succedere qualcosa, ma dovrò caricare
la mia
attrezzatura... meglio non parlare dell'esplosivo.
Quando
è tutto deciso Lucas, a quanto pare, è convinto
che un'auto privata di un
gangster vampiro sia troppo rintracciabile. Quindi dopo aver valutato.
Ogni.
Singola. Fottuta. Opzione. Propende per prendere il bus (che
avrà delle
telecamere, biglietti, scambi di soldi, etc) con il suo cane ghoul,
facendoci
perdere tempo per nulla.
Se
questo è il livello dei miei compagni non credo avremo gran
successo... Farò si
che Seth ci segua con l'elicottero, voglio una via di fuga se
causeranno un
casino, ammettendo che non offendano il Principe di Tampa mentre ci
presenteremo.
Dopo
queste ore piuttosto snervanti ci salutiamo per tornare nei nostri
rifugi.
Ringrazio di poter tornare al comfort del mio eden e mi accomiato con
tutta la
cortesia possibile.
***
Irwin
«
Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.
Amen ».
«
La grazia dello Spirito Santo illumini il tuo cuore, perché
tu possa confessare con fiducia i tuoi peccati e riconoscere la
misericordia di
Dio ».
«
Amen »
Rispondo alle parole di rito del sacerdote. La
partenza per Tampa è tra meno di un ora, ma non conto di
avere occasione di
confessarmi lì. Sarei già andato ieri notte, se
la contessa non mi avesse convocato
appena tornato dalla caccia, e poi ho dovuto incontrare il resto del
gruppo, quindi o ora o tra chissà quanto.
Già, l’incontro... un altro peccato che dovrei confessare,
penso, mentre i miei ricordi vanno alla donna del gregge di Cornell. Cerco di
ripetermi che mi sono nutrito solo perché necessario. Se Tampa è in una
situazione così instabile potrebbe effettivamente servirmi ogni goccia di
sangue che il mio corpo possa contenere, ed il piccione non era riuscito a saziarmi,
ma forse sono solo scuse. La verità è semplicemente che non ho resistito alla
tentazione del sangue umano, quando mi è stato messo davanti su un piatto. Ricordo
il sorriso eccitato della ragazza, quando mi si è avvicinata. Assuefatta al
piacere del Bacio, sono molti gli umani che vi rimangono intrappolati. Questa
volta deve essere rimasta delusa allora. I suoi lamenti di dolore e sorpresa mi
risuonano nella testa, trafiggendomi il cuore come una pugnalata. Ricordo
come ha cercato di liberarsi, negli
occhi il panico di chi si ritrova una bestia che la sta azzannando alla
gola. Ma il ricordo che più mi tormenta è quella
sensazione di
puro piacere, il sangue caldo che mi scorre nella gola, mille,
diecimila volte
meglio di quello di qualunque animale. Che sia lo stesso stato
così dolce,
nonostante le urla strozzate e il suo dibattersi, è una cosa a
cui non voglio
pensare.
Ho preso poco, e ho richiuso le ferite prima di lasciarla
andare.
Ma non posso raccontare niente di tutto ciò al prete.
La
cabina del confessionale è in legno scuro, una grata
traforata ci impedisce di vedere le nostre facce. Dalla voce, il
sacerdote
sembra giovane, e mentre recita i Romani 5, 8-9, non riesco a non
stringere i denti
pensando all’ironia delle sue parole. «...
giustificati per il suo
sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui ».
«
Perdonatemi padre, perché ho peccato. Due notti fa ho
ucciso due persone » dico, la voce bassa.
Sento
il respiro dell’uomo interrompersi di scatto. Forse
è
la prima volta che si ritrova ad affrontare una cosa del genere.
Passano
alcuni secondo prima che riesca a decidere cosa
dire. « ... chi... chi è che hai ucciso?
»
«
Erano dei criminali. Non conosco i loro nomi, ma ne ho
anche... ferito un terzo, Raidel Maria ».
Uno
strano rumore gli esce dalla gola, e capisco che ha
letto la notizia durante il giorno. Non mi chiede i dettagli, non mi
chiede se
sono un poliziotto. Sa cosa ho fatto agli altri, e che a Raidel ho
mozzato un braccio
mentre strisciava sul pavimento del suo locale.
«
Padre? » chiedo, dopo che il silenzio si protrae per qualche
secondo.
«
... Scusami. Perché lo hai fatto? ». La voce gli
trema
leggermente.
«
Mi era... » mi era stato ordinato, sto per dire, ma
ciò non
sarebbe la verità. « Mi era stato ordinato di
andare a spaventarlo. Era ad una
festa, mi avevano detto che gli altri sarebbero stati disarmati, e
credevo che
avrei potuto farlo senza violenza ».
Ma
i Brujah di Miami avevano fatto un lavoro sciatto nel
raccogliere informazioni.
Raidel era,
giustamente, paranoico e nella stanza privata del suo club nessuno
poteva
entrare armato. Quello che gli idioti non
avevano scoperto è che all’interno
aveva nascosto una mitragliatrice, un fucile a pompa e non so quante
pistole.
«
Non è andata così. Quando sono entrato hanno
tirato fuori
le armi, ho dovuto ucciderli per difendermi. C’erano anche
delle donne, delle
prostitute, una di loro è stata ferita dai loro colpi
».
Le
urla, le esplosioni, il sangue, il ricordo mi invade i
sensi, dilatando le mie pupille e facendo fremere il mio sangue.
Mi
sto gettando tra le donne e l’uomo con la mitraglietta,
buttandole a terra. La raffica mi colpisce di striscio a una gamba,
mancando
così la faccia di una ragazza.
«
Non sarebbe successo se non fossi stato lì ».
Prima
che l’uomo possa sparare ancora lo infilzo con la lama
al petto, un affondo che squarcia costole e carne come burro. Il rombo
del
fucile a pompa sulla sinistra mi assorda, ancora più della
musica martellante.
Spara due volte, ma i proiettili colpiscono solo il soffitto sopra la
mia
testa. Meglio così. Se mi avesse preso in pieno non avrei
potuto fingere di
essere solo ferito. Sarei dovuto andare giù,
facendo il
morto per chissà
quanto. O
quello, o avrei dovuto uccidere ogni persona nella stanza
tranne Raidel.
Mi
volto verso il secondo uomo, il rinculo e il panico lo
hanno fatto cadere a terra. Gli apro in due il cranio con un fendente
dall’alto
al basso.
Un
terzo ha una pistola in mano. Mi volto a guardarlo, e la
lascia cadere indietreggiando.
Raidel
sta correndo verso il corridoio. Afferro una sedia e
la scagliò contro la sua schiena, mandandolo a terra, ma poi
il mio sguardo
incontra quello di una delle prostitute. È quasi nuda,
è terrorizzata, ed è...
«
Una delle prostitute, era... molto giovane. Mi avevano
ordinato di spaventare Raidel, i suoi affari stavano dando fastidio a
troppe
persone, non voleva più fare quello che gli dicevano
».
«
Andatevene » dico alle ragazze. Quella colpita nella
sparatoria si sta tenendo il braccio, singhiozzando, quindi ordino alle
altre
di portarla fuori, e di chiamare un ambulanza.
Avanzo
verso Raidel nel fuggi fuggi generale, ricordandomi
all’ultimo di far finta di zoppicare. È quasi
riuscito a rialzarsi, ma la
schiena gli cede e ricade a terra.
« Aspetta! Aspetta!
» urla girandosi.
«
A chi mi ha mandato non importava come lo spaventassi,
finché fosse stato ancora vivo. E io... »
«
Raidel Maria. Mi hanno detto di darti un messaggio »
dico.
La
Bestia urla dentro di me, non volendo altro che farlo a pezzi a mani
nude,
strappargli la testa del collo e bere a pieni sorsi ciò che
ne esce.
Raidel
alza un braccio verso di me, la mano aperta in un
gesto di difesa. Glielo taglio di netto.
«
... Ero arrabbiato ».
«
Non farmi tornare a ripeterlo » dico, ma non credo riesca a
sentirmi, sopra le urla.
Uno
dei suoi uomini è ancora
lì, tremante come una
foglia. Gli dico di legare il moncone con una cintura e di
chiamare un’altra
ambulanza, poi me ne vado. Nessuno prova a fermarmi.
Riesco
finalmente a tornare con la mente al presente. Un
silenzio desolante proviene al di là della grata, facendomi
desiderare di
sprofondare nelle viscere della terra.
«
Devi andare alla polizia » dice il prete.
«
Non posso »
«
Perché? »
«
... Devo obbedire. Non posso, e se andassi quelli per cui
lavoro ucciderebbero delle persone ». Quello che non dico
è che tali persone
sarebbero ogni poliziotto con cui avrei parlato, spariti nel nulla,
ingoiati dalle
tenebre.
«
Lavori... per dei criminali? Sei in una gang? »
«
Per dei criminali, sì ». Stavo per dire dei
mostri, ma è
meglio non rischiare. Una parola di troppo e anche questo prete
sparirebbe nel
buio.
«
Devi smettere di lavorare per loro. Non posso assolverti se
non sei pentito. Queste persone di cui hai parlato, la polizia
può
proteggerli... »
«
No, non possono. E io non posso smettere. Ma... ma sono
pentito ».
Sei
solo un mostro.
Smettila di mentire nella casa di Dio, non puoi pentirti, il perdono
è per i
vivi.
«
Non voglio fare quello che faccio. Se avessi potuto non
avrei obbedito. Non... non voglio uccidere nessuno, e Raidel...
» la mia voce si
spegne, e mi rendo conto di star stringendo le mani, tanto forte da
farmi
scricchiolare le ossa. Il ricordo della nave, di quella cosa oltre la
soglia mi
piomba addosso.
«
... A volte non mi
controllo. È come se ci fosse qualcosa
che... » la frase cade nel vuoto.
Non
un’altra parola,
meglio non dire altro.
Il
prete è di nuovo in
silenzio, ma qualcosa è cambiato,
sembra più calmo, più padrone di se, e quando
parla sento nelle sue parole uno
sforzo sincero di raggiungermi. « Possiamo tutti scegliere
ciò che
facciamo.
Puoi scegliere il bene, puoi scegliere di non fare più
queste cose, puoi
cercare in Dio la forza per farlo ».
Resto
in silenzio, pensando. Non
ha
idea di quello di cui
sta parlando. Ma se non avesse ragione, se realmente non avessi scelta
e fossi
solo un burattino mosso dal mio Sire, da lei e dalla cosa che mi ha
messo dentro... Solo un mostro controllato da
altri mostri, non avrei motivo
di non
camminare nel sole domani. Il suicidio è un peccato per gli
uomini.
«
... Ci
proverò ». È quanto gli posso
promettere, non di più.
«
Se... se veramente
sei
pentito, io ti assolvo dai tuoi
peccati ».
Il
sollievo che sento non riesce
a
liberarmi dall’eterno
dubbio che tutto ciò sia inutile. Il pentimento è
per i vivi, ed io sono morto,
il mio ultimo atto è stato quello che mi ha dannato.
Diciamo
le ultime formule, mi
ordina di recitare abbastanza
rosari da occuparmi le prossime notti, ed esco. Non mi volto mai,
preferisco
che non mi veda in faccia. Ora devo recuperare la spada, e poi
recarmi al
luogo
dell’appuntamento per la partenza.
***
Cassiopea
La
notte seguente è quella della partenza. Mi preparo una
valigia leggera, con due cambi per sicurezza, un pigiama e un vestito
argentato
e lungo fino ai piedi per l'asta, che lascia scoperte le spalle.
Inoltre chiedo
a Carlos di prendere degli "snack" per il viaggio: non mi fido a
cacciare a Tampa. Chissà chi potrei incontrare
lì, preferisco una cena di
qualità garantita. A breve la macchina estremamente spaziosa
del Gangster
(la
macchina si chiama Hammer a quanto mi hanno detto al Paradise of
Eclipse) dovrebbe
passare a prendere me e gli altri
davanti allo Xenia. Spero solo che non incontreremo dei licantropi
lungo la via. Fuori
dal
locale vedo Paracelso
affianco alla bestia di ferro, puntuale come al solito e con il suo
orologio da
taschino in mano. Mentre mi allontano per dirigermi verso la Hammer
saluto Conrad,
il grosso buttafuori
vestito di nero con l'ordine di perquisire chiunque entri
nel locale: non voglio ne armi ne droga qui dentro. Voglio che il mio
territorio sia il più pulito e ospitale possibile. Quando salgo all' interno
del ventre
della
bestia di ferro, seguita da Paracelso, noto che manca il compagno suo
compagno
di clan, e al suo posto è presente una ragazza coreana del
gregge di Cornell. Forse avrei dovuto prestare più
attenzione alla riunione di ieri sera.
<<
Che fine ha fatto... Lucas? >> chiedo incerta
sul suo nome
<<
Ha
preferito
venire per conto proprio >> Mi risponde Paracelso
<< Ha detto che
siamo troppo... Vistosi, per i suoi gusti. Preferisce non farsi notare
>>
Sbuffo,
retaggio di quando ero ancora viva. Non capisco il
perchè di tutto ciò: tanta paranoia non
farà altro che complicare ulteriormente
la missione. Mi siedo nella postazione dietro il conducente,
affianco al finestrino.
<<
Che
idiota >>
Mormoro piano in greco.
Carlos
sembra fare un piccolo sorrisetto di
scherno. Il
viaggio è lungo e per lo più noioso. Per un po'
chiacchero con Paracelso del
più e del meno e cerchiamo
di attirare dentro la conversazione gli altri del
gruppo, ma nessuno sembra interessato a unirsi, per cui il discorso
cade presto
nel vuoto. Penso che come gruppo siamo forse troppo diversi per
poter passare
del tempo insieme: Jessie è un vile e ci disprezza
apertamente visto il suo
modo di vivere, Irwin è un musone e Lucas è
decisamente troppo riservato. L'unico
che sembra possa essere interessante come
compagnia, a parte Paracelso, è Cornell. Sembra un tipo a
cui piace
divertirsi nonostante tutto. Mi riprometto di invitarlo in qualche
locale per
passare la serata, se ne avremo il tempo.
Il viaggio prosegue
lentamente e mi annoio sempre di più. Ad un certo
punto incomincio a utilizzare Carlos come cuscino, appoggiando la testa
sulla sua
spalla, ma lui non sembra prenderla a male. E' già da
qualche anno
che ci
conosciamo, ormai contatti fisici di questo genere sono frequenti.
Anche se non
riesco a capire se la cosa gli piaccia o meno. Distolgo la mente da
questo
pensiero e dirigo lo sguardo verso il mio attendente.
E' presente ma la sua ψυχη
non sembra esserlo. Ha nelle orecchie due strane cose bianche attaccate
a dei
fili, che a sua volta sono attaccati al "telefono". Producono uno
strana musica di sottofondo,
quasi inudibile a meno che qualcuno non si
concentri su di essa. Provo a scuoterlo un po'.
Il
ghoul mi guarda
socchiudendo
gli occhi << Si? >> mi dice, togliendosi
una delle palline bianche.
<<
Cosa sono? >> Gli chiedo, indicando ciò che
aveva nell'orecchio
<<
Auricolari >>
<<
Oh... >> Dico io, fingendo di sapere
esattamente di che cosa si tratta, ma Carlos non ci casca neanche per
un
secondo.
<<
Producono musica >>
<<
Come fanno delle cose così piccole a produrre
musica? Ero rimasta ai grammofoni >>
<<
E' un po' complicato da spiegare... >>
<<
Provaci. >>
<<
Davvero non saprei come... >> Ribatte lui
velocemente, con aria scocciata. Capisco allora di starlo disturbando,
per cui
mi volto la testa dalla parte del finestrino.
<<
Vuoi provare? >> Mi chiede lui, probabilmente
cercando un modo per tenermi impegnata. Posso essere davvero
esasperante quando
mi annoio, mi hanno detto.
<<
Volentieri >>. Carlos mi mette uno degli
"auricolari" nell'orecchio e ascolto della musica allegra ma
complessa che proviene da esso.
<<
Che... Tipo di musica
è? >> I
tipi musicali sono un'altra cosa che mi è
completamente nuova
<<
Jazz >> Mi risponde Carlos
<<
Carino. >>
Il
viaggio prosegue tranquillo fino alle porte di Tampa. La
città è caotica e brulicante quanto Miami, per
cui decido di fare un piccolo
saluto ai miei Fratelli di Tampa: chissà che non possano
darmi qualche informazione
utile su questo labirinto.
<<
Οι Ανδρες,
adesso andrò a salutare qualche Fratello di Tampa, penso che
in questo momento
possa essere utile avere qualche informazione in più su
questa città. A tra
poco. >>.
Detto
questo reclino la
testa all'indietro, chiudo gli occhi e cerco di diventare un tutt'uno
con la
Rete. Voci si affollano in maniera confusa nella mia mente, e io cerco
di
distinguerle una ad una, cercando
quella che possa interessarmi. All'improvviso
una spicca più delle altre per il modo rabbioso e ossessivo
con cui cerca di
sovrastare le altre.
<<
MARIA! >>
Mentalmente
cerco di avvicinarmi di più a questa voce
<< Buonasera Fratello >>
<<
Non sono tuo fratello. Esci dalla mia testa. Esci
dalla mia testa... Maria!!! >>
<<
Me ne andrò a breve. Volevo chiederle qualche
informazione riguardo alla città... >>
<<
Non mi interessa. E' tutto un complotto... E' tutto
un complotto... >> ripete burbera e ossessiva la voce
<< Esci dalla
mia testa. Ora. Maria!! >>
Decido
di dirigermi verso un'altra voce. Non sempre i miei
compagni di clan sanno come essere cortesi, ma in genere la cosa non mi
tange.
Siamo tutti folli, no? Ritornando
nella
confusa marea di pensieri dei miei
fratelli ne noto un'altra, tutta risolini e
cinguettii. Beh, questo qui sembra di buon umore, se non altro. Spero
che
questo sia lo stato d'animo migliore in cui una persona può
condividere
informazioni.
Mi avvicino
mentalmente alla voce di quest'ultimo.
<<
Buonasera >> dico cordialmente
<<
Ciao! >> mi risponde la voce allegra. Caspita
quanta confidenza.
<<
Come mai così allegro? >> chiedo, per
iniziare a conversare
<<
Beh, la vita è bella no? >>
<<
Senza alcun dubbio >> gli rispondo <<
Ascolta, volevo chiederti per caso se sapevi dirmi qualcosa in
più sulla
città...>>
<<
No. Non te lo dico >> Mi replica la voce,
indispettita come una bambina.
<<
E perchè no? Sono sicura che la tua è una
bellissima città, perchè non ti va di parlarmene
un po'? >>
<<
Mmh... E va bene dai, solo perchè sei tu >>
Mi risponde essa con un altro risolino.
Questo
tizio è un
fottuto ritardato, a
giudicare dalla lentezza e il tono di voce che utilizza. Uff, sono
stata
davvero sfortunata
questa notte.
<<
Grazie! Dimmi un po', quali sono i posti di ritrovo
più importanti qui a Tampa? >>
<<
C'è il locale dei Nosferatu che è molto
importante,
ma sono tutti così brutti... >> fa lui
schifato <<
Viscidi...>>
<<
Capisco il tuo disgusto >> rispondo io
<< Sapresti dirmi l'indirizzo? Sai, così so
dove non andare in caso
volessi passare una serata più piacevole >>
gli chiedo poi, facendo un
occhiolino spirituale
<<
127 di Sunset Boulevard... Poi c'è quello dei
Toreador, sono così belli i Toreador! >> Mi
dice con aria sognate. Sento la
sua coscienza farsi più vicina alla mia, quasi volesse
cercare un contatto
fisico.
<<
Sono perfettamente d'accordo! Quello invece dove si
trova? >> Assecondo seppur schifata a quell'inaspettato
contatto. Devo
riuscire ad avere più informazioni possibili.
<<
All'angolo tra la Nox e Cicero >>
<<
Grazie mille! Buona serata! >>
<<
Aspetta, rimani ancora un po'! >>
Il
Malkavian non fa in tempo a trattenermi che il mio contatto con la Rete
è terminato.
***
Irwin
Siamo
a Tampa da pochi minuti, quando Cassiopea dice di
“voler andare a salutare qualche fratello di Tampa”
e poi si
affloscia contro il sedile senza un suono. Ho la mano sulla spada da
quando
abbiamo lasciato
Miami, e la tiro fuori dalla borsa mentre i miei occhi corrono
rapidi ai vetri dell’auto, cercando fori di proiettili,
tracce di nemici,
qualunque cosa. Anche gli altri paiono allarmati, tranne Carlos, il
ghoul della
donna, che sembra sapere cosa stia succedendo. Le labbra della vampira
si
stanno muovendo piano, bisbigliando cose senza senso.
Carlos
deve avere notato il mio sguardo, e si affretta a
spiegarmi che è “solo” uno dei poteri
della sua padrona. Non si tratta di magia
o stregoneria, lei è “un oracolo”, ci
tiene a precisarmi, in grado di percepirecose
che noi non vediamo. Non
mi prendo la briga di informarlo che per me non è una
gran differenza. La bibbia condanna entrambi ugualmente, ma le notti
moderne
sembrano condannare il lavoro che l’inquisizione ha svolto
nella mia epoca. Devo
ammettere che io stesso ho avuto i miei dubbi sull'operato
dell'inquisizione,
vedendo alcune delle accusate, povere sventurate del tutto incapaci di
difendersi. Ad
ogni modo, chiunque sappia la mia età sembra aspettarsi
che io vada a prendere le torce al mero sentire della parola
“strega”. Faccio
del mio meglio per non ascoltare i bisbigli della
donna. Quanto può essere peggio una strega, rispetto ad un
mostro? Ignorerò la
cosa finché non proverà ad evocare il diavolo o
simili. Dopo un po’ gli
altri
sembrano perfino trovarla divertente. Finalmente Cassiopea torna in se.
«
Ho... ho sentito delle voci. Qualcuno che complottava, gli
ho chiesto chi era ma ha avuto paura... » dice.
Spiega
di
aver ottenuto gli
indirizzi di due punti di ritrovo di Tampa, uno frequentato da
Nosferatu e l’altro
da Toreador.
La
fisso, dubbioso. Sono informazioni stranamente precise, e
poco mistiche, per un oracolo. Ad ogni modo, non mi sembrano rilevanti
con
nessuno dei nostri compiti qui. Sarebbe un errore coinvolgere
i locali
nei
nostri affari in una situazione politica così tumultuosa,
non avremmo modo di
sapere chi potrebbe voler interferire.Finalmente
arriviamo al domicilio scelto dal principe di
Tampa, una «sala da bowling». Il
posto non potrebbe sembrare più diverso dal
domicilio della contessa e il ragazzo al bancone si mostra sorpreso
dalla nostra
comitiva. Lo ignoriamo, procedendo per una porta sul retro. Entriamo in
una
saletta, con tre uomini particolarmente grossi che cercano di darsi un
aria
intimidatoria ma professionale.
«
Desiderano? » chiede uno di loro, seduto dietro
un tavolo metallico.
Nessuno
parla, quindi decido di seguire io il
protocollo.
«
Veniamo da Miami. Siamo qui per presentarci a Samuel
Mansour ».
Cornell
sembra intento a fissare le guardie,
cercando di sembrare il più grosso e minaccioso nella
stanza. Sia io che l'uomo
al tavolo scegliamo di ignorare la cosa.
«
Avete armi? »
Senza
dire una parola, prendo la daga da sotto
la giacca, appoggiandola sul tavolo senza impugnarla. Quella ottiene
qualche
sguardo perplesso, ma non è niente rispetto a quello che
succede quando
deposito la borsa
della spada. Un metro e quaranta dalla punta al pomello, la
lama un metro e dieci di acciaio affilato, guardia a croce, senza
ornamenti. Di
fattura moderna, ma devo ammettere che è
anche più robusta e leggera di quelle che forgiavano allora.
Di sicuro non un
tipo di arma che si veda spesso.
L'uomo
passa il dito sulla lama, facendo un
fischio impressionato.
Poi
mette entrambe dietro il bancone.
« Dovete consegnare
tutte le armi, vi saranno ridate all'uscita ».
Jesse
deposita la sua pistola, Paracelso il
bastone da passeggio, che contiene una spada sottile. Cornell sembra
avere un
vero e proprio arsenale, due tirapugni con quelle che sembrano gemme
sulle
nocche, una
pistola di piccolo calibro e, cosa che strappa un sorriso all'uomo
seduto, una mitragliatrice placcata d'oro. Non
il migliore degli inizi. Con così tante armi
sembriamo un gruppo in cerca di problemi, se non una vera e propria
invasione.
Avrei dovuto pensarci prima.
«
Bene. Se è tutto, troverete Mansour in
fondo alla sala ». Ci fanno passare attraverso una porta sul
retro, ed entriamo
in quello che sembra essere un casinò clandestino.
Nota
di uno degli
autori
Salve
a
tutti! Scusate il ritardo nella pubblicazione ma sto continuando ad
avere dei problemi con il codice html come avete potuto vedere negli
ultimi due capitoli, spero riuscirò a risolverli in fretta.
Nel
frattempo ringrazio per le recensioni e a presto!
Kodoma
|
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Capitolo 6 *** Segreti ***
Segreti
Segreti
<< Mi
stai dicendo che un gruppo così numeroso ha abbandonato Miami e tu non sai il
motivo? >>
<< Non ho
detto questo> risponde pacato Ribeiro mentre finge di bere il suo drink <<
Intendo dire che non ho intenzione di dirtelo >>
Wilhelm
tenta
di non mostrare alcuna emozione ma se gli fosse possibile salterebbe
alla gola
del ciccione imbrillantinato. Davanti a lui l’Arpia, Vinicio
Ribeiro, lo guarda
sornione da sopra un paio di finti rayban dalle lenti a specchio. Nel
locale
affollato di persone, Wilhelm si sente a disagio: normalmente
preferisce
frequentare locali molto meno caotici, quelle rare volte in cui vuole
rilassarsi, ma purtroppo l’Arpia ha la vana necessità di
sentirsi ancora al
centro dell’attenzione. Il suo bicchiere tintinna mentre il
ghiaccio nel whisky
si scioglie ed i cubetti cozzano fra loro, distogliendolo dai pensieri
e portandolo a concentrarsi nuovamente sul Toreador di fronte
a lui.Il luccichio
del molare d’oro del vampiro costringe Wilhelm a reprimere un
moto di disgusto
È incredibile che il passo successivo
all’uomo moderno venga incarnato da un individuo volgare come lui, pensa
tristemente.
Incrociando le mani dalle lunghe dita, il Nosferatu rompe il
silenzio << Posso fare qualcosa dunque, per motivarti a condividere con
me le informazioni? >>
Ribeiro
inarca un sopracciglio e si toglie gli occhiali mentre si sporge sul tavolino
<< Sei così disperato? Allora è vero quello che si dice in giro, che sei smanioso
di trovare approvazione dalla Contessa >>
Indispettito,
il Nosferatu si ritrae impercettibilmente all’avvicinarsi del suo
interlocutore. << Quello che mi spinge a sapere dove è andato il gruppo
della Veggente non è affar tuo, io mi sono solo cortesemente offerto di
ricompensarti >> risponde << Ho solo ragione di credere che non
abbiano lasciato la città per una gita di piacere >>
Appoggiandosi
sui gomiti l’uomo fa ondeggiare gli occhiali tenendo un’asta fra pollice e
indice << Va bene, ma ancora non mi hai detto cosa sei disposto ad offrire
per sciogliermi la lingua >>
Appoggiato
allo schienale della sedia, Wilhelm si schiarisce la voce e ribatte << Allora
mettiamo le carte in tavola, io so che la Veggente ed il Gorilla di Rowena
Thorne sono partiranno a breve assieme ad altri Fratelli >> dice mentre
si sistema i polsini della giacca di lino << Se tu fosse così gentile da
dirmi la loro destinazione io potrei lasciarmi sfuggire che un certo Fratello
importante sta organizzando un evento a cui, con tutta probabilità, sarà
invitata la crème della società >>.
Il Toreador rimane per un momento in silenzio mentre osserva il Nosferatu con
occhio critico, lasciando che il suo peso inclini un poco il tavolino. Poi si
mette a sedere lasciandosi andare sullo schienale imbottito della sedia.
<< Quindi
mi stai dicendo che Marcel Dumont ha in mente qualcosa? >> sussurra
lentamente Ribeiro.
Wilhelm non crede alle sue orecchie quando sente l’Arpia
pronunciare il nome di Dumont e la sua maschera di impassibile freddezza si
incrina per qualche secondo. Un tempo sufficiente per permettere al Toreador di
cogliere lo stupore nell’espressione del suo interlocutore.
<< Allora
ho fatto centro! >> esclama felice l'Arpia << Sai, non ti
nasconderò che ho tirato ad indovinare. Ma d’altro canto tutti si ricordano
della vostra… come vogliamo definirla, “amicizia sotto le armi”? >>
<< Tu
non sai di cosa stai parlando, trippone da palcoscenico >> sibila
inviperito il Nosferatu << Stai ficcando il naso in una faccenda privata
>>
<< Beh,
non così tanto a quanto pare >> ribatte pronto Ribeiro << Sarà
anche dall’altra parte dell’oceano, ma da Londra le voci corrono rapide >>.
Vedendo che Wilhelm mostra sempre più agitazioni, l’Arpia rincara la dose
sfoderando il suo tono di voce più tagliente << Sono certo che qualcuno
potrebbe far giungere all’orecchio della Siniscalco, o meglio della Principe
stessa, che hai combinato un bel casino prima di arrivare a Miami con la coda
fra le gambe >>
Il suono di
vetro che si frantuma rompe la tensione come un colpo di fucile, mentre il
whisky del Nosferatu cola fra le crepe del bicchiere macchiando le dita del
vampiro. Il rumore della musica impedisce agli altri avventori del locale di
accorgersi dell' accaduto, e infatti continuano a dimenarsi in pista o a
chiacchierare sui tavoli accanto al loro.
Degnando il
bicchiere crepato di una rapida ma plateale occhiata di rimprovero, il Toreador
torna ad attaccare Wilhelm. << Non credere che solo perché voi Topi di
Fogna raccogliete informazioni su tutti dalle vostre tane puzzolenti, noi
poveri Fratelli di quassù non abbiamo i nostri mezzi per tenerci informati >>
continua piccato << Questo solo per dimostrarti che una telefonata al
momento giusto può regalarti un incontro ravvicinato col il Flagello. E lo
conosci, sai quanto poca pazienza abbia >>
Wilhem
deglutisce, anche se la sua gola non ne ha più bisogno da almeno un centinaio
di anni.
<< Già >>
rincara Ribeiro << Mi fa piacere che ora dimostri un po’ di rispetto >>.
Il vampiro appoggia le mani su tavolo e si solleva per mettersi faccia a faccia
con l’altro vampiro, poi sibila caustico << Vieni nel mio territorio a
fare il gradasso e pretendi di fare il vago sul prezzo? Forse rimanere nelle
fogne con gli altri tuoi degni compari ti ha otturato quelle cazzo di orecchie
mangiucchiate dai topi >> i suoi occhi hanno un bagliore verdastro per un
momento << Quello che ti ho detto è solo una piccola parte di ciò che so
sul tuo conto, perciò impara a rispettare il fatto che qualcun altro ne sappia
più di te e parla chiaramente. Hai la mia parola che se l’informazione vale lo
scambio io ti dirò quello che so >>.
Detto questo l’uomo si ritrae
facendo cadere le sue grosso posteriore sulla sedia mentre attorno a loro la
folla esulta a ritmo di musica.
Wilhelm
impiega più tempo del necessario per ricomporsi. Era stato un grosso errore
sottovalutare il ciccione, sapeva benissimo di non essere al di sopra degli
altri Fratelli solo perché conosceva la Sceriffo o aveva amici altolocati, ma
sperava di riuscire ad intimidirlo un poco. Pur ribollendo di rabbia il
Nosferatu sapeva riconoscere quando la battaglia era persa e, nascosto l’odio
dietro i suoi occhi, decide di mostrarsi accondiscendente
Avrò modo per rifarmi, scheißdreck, vedremo chi riderà più avanti.
<< Le
mie scuse, Ribeiro >> dice in tono pacato << Abbiamo iniziato la
conversazione con il piede sbagliato, permettimi allora di riprendere da dove
abbiamo iniziato a divagare in modo così incivile >> prosegue, sfoderando
un sorriso che difficilmente sarebbe potuto sembrare rassicurante.
Il Toreador
però non sembra turbato in alcun modo, riprendendo in mano il suo drink e
facendo ancora finta di bere risponde << Allora vai avanti >>
<< Bene.
Ti farà piacere sapere che Marcel Dumont, come hai così gentilmente fatto
notare, sta per organizzare una mostra di beneficenza al Perèz Art Museum >>
<< Velatamente
interessante >> ribatte sarcastico l’Arpia << L’ennesimo incontro
per la crema della società dei Cainiti a cui pochi eletti potranno partecipare.
Già visto, già sentito >>
<< Già >>
replica secco Wilhelm << Ma la parte più interessante è che c’è in
programma un’esposizione privata. Una kermesse
di pochi selezionati artisti… vampiri >>
Il Toreador
questa volta sgrana gli occhi. Il Nosferatu si lecca le labbra, gongolando per
la sorpresa del ciccione << Già, hai capito bene. Il tema
dell’esposizione è, se non sbaglio, La
Condizione del Cainita nel XXI° Secolo o un nome altrettanto pomposo >>
conclude sbrigativamente per godersi al meglio lo sguardo stranito del suo
interlocutore.
Quando
finalmente il Toreador riprende a guardare nella sua direzione Wilhelm lo
squadra con un’espressione di impazienza. << Sei ancora fra noi Ribeiro?
O devo venirti a cercare? >>
<< Sì.
Sono qui >> replica ancora un po’ stupito Ribeiro << Se è vero
quello che…. >>
<< È
vero, te lo posso garantire >>
<< Sì,
d’accordo, ma è comunque una notizia davvero… entusiasmante, e la… >>
<< Ne
sono convinto >> ribatte secco il Nosferatu << Ora, se tu fossi
così gentile >> prosegue facendo un gesto della mano per invitare l’uomo
ad andare avanti con il discorso.
<< Certamente
>> replica l’Arpia << Dunque tu volevi sapere… >>
<< Dove
sono andati la Veggente e la sua cricca di amici >> esclama spazientito,
mentre solleva gli occhi al soffitto.
<< Giusto.
Cassiopea e Irwin sono andati a Tampa >> risponde pacato Ribeiro mentre
si serve un altro finto sorso dal bicchiere sempre pieno.
<< Tampa?
>> domanda nuovamente il Nosferatu.
<< Sì,
Tampa. Ne sono sicuro. Ma più di questo non so altro >>
Massaggiandosi
il mento affilato Wilhelm inizia a pensare cosa sei Fratelli possano cercare in
una città più piccola di Miami e meno popolata da altri Cainiti. Viene
strappato dai suoi pensieri quando il Toreador fa schioccare le labbra per
attirare la sua attenzione << Wilhelm, ti sono grato per lo scambio ma
ora ti devo lasciare, la notte è breve ed ho molte persone da incontrare… >>
Alzando
rapidamente gli occhi verso l’Arpia, già in piedi e con una mano al
portafoglio, Kramer agita pigramente una mano per indicare che non c’è alcun
problema. L’uomo lascia una banconota da dieci dollari sul tavolino e si
allontana a passo svelto perdendosi fra la folla.
Rimasto da
solo il Nosferatu impiega pochi minuti per prendere una decisione. Alzandosi e
lasciando una manciata di banconote sotto il suo bicchiere, si avvia verso
l’uscita sgomitando fra la folla fino a raggiungere la sua macchina
parcheggiata vicino al locale. Salito in auto, accende il motore che rombando
si perde nella notte.
Ho quattro ore per raggiungere Tampa,
pensa mentre l’auto sfreccia nelle strade illuminate dai lampioni, forse meno se premo sull’acceleratore.
Distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada, Wilhelm getta un’occhiata
fugace al suo orologio da polso
Ho tempo
sufficiente per arrivare in città e per cercare gli altri. Prima però occorre
che faccia una telefonata.
Incurante del
rischio, il Nosferatu infila una mano nel taschino interno e ne estrae un
vecchio cellulare a conchiglia con antenna. Senza guardare compone un numero a
memoria ed attende di prendere la linea, sistemandosi il telefono fra la spalla
e l’orecchio. Finalmente
dopo parecchi squilli, dall’altra parte del ricevitore qualcuno risponde.
Il
suono di un respiro raspante arriva all’orecchio di Wilhelm << Guter Abend, doktor Vogel. Sono Wilhelm,
ho qualcosa da chiederle >>.
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Capitolo 7 *** Il Principe e la Talpa ***
(7) Il Principe e la Talpa
Il Principe e la Talpa
Cassiopea
Entriamo in quello che sembra essere un piccolo casinò
clandestino poco illuminato e troviamo quello che intuiamo essere Samuel Mansour,
intento a giocare a carte con delle persone. Il nuovo Principe della città di
Tampa sembra essere un tipo dall'aria davvero poco affidabile e immerso fino al
collo in affari loschi, sia dal posto in cui risiede, sia dal suo aspetto
davvero singolare. E' alto, dalla carnagione più scura degli altri con le
braccia ricoperte di tatuaggi e lasciate scoperte apposta dalle maniche della
camicia bianca, arrotolate fino ai gomiti. La faccia è butterata e i capelli
sono neri e tagliati a spazzola, mentre le mani sono ricoperte di anelli i
quali tintinnano ogni volta che tamburella le dita sul tavolo, pianificando la
sua prossima mossa. Al collo porta una catenina d'oro con un effige di quello
che intuisco essere un santo e sopra la camicia porta un gilè blu scuro con dei
ricami azzurri più chiari. Per un po' egli non si accorge della nostra presenza
e continua a giocare, ma accortosi di avere ospiti chiede affabile alle persone
con cui stava giocando d'azzardo di farsi da parte in modo da poter parlare con
noi.
<< Prego, accomodatevi >> Ci dice poi,
accompagnando le sue parole con un gesto della mano.
Io e gli altri ci accomodiamo al tavolo sopra il quale vi è
una lampada che illumina il tavolo di una luce chiara e bianca, lasciando nella
penombra il resto della stanza.
<< Gradite una partita a Black Jack? >> Chiede
egli una volta che ci siamo seduti. Senza aspettare una nostra risposta,
incomincia a distribuire le carte da gioco. Non so come si giochi a carte in
quest'epoca, ma cercherò di fare del mio meglio. Vorrei che ci fosse Carlos con
me, lui sicuramente saprebbe come fare, ma ho dovuto lasciarlo al bar. I ghoul
non sono ammessi in questi casi.
<< Molto piacere comunque, sono Samuel Mansour
>> Si presenta, una volta finito di distribuire le carte
<< Piacere, Cassiopea >> Rispondo gentilmente e
anche gli altri si presentano con aria forse un po' timida. Immagino che non
siano abituati a trattare con gente più altolocata di loro a parte Irwin, ma
lui è una persona di poche parole.
<< Come mai siete venuti qui a Tampa? E da dove
venite? >> Chiede poi il Principe, facendo la prima mossa.
<< Veniamo da Miami e abbiamo sentito dell'asta del
Museo di Tampa che purtroppo sta per chiudere , quindi siamo venuti qui per
vedere di che cosa si tratta >> Rispondo io, prendendo la parola a nome
del gruppo. Gli altri nel frattempo continuano a giocare e io memorizzo ogni
loro mossa per riuscire a giocare decentemente
<< Un vero peccato, la chiusura di un luogo di storia
e di cultura non è qualcosa che apprezzo in genere >> Aggiungo poi. A
questa rivelazione il signor Mansour sembra quasi sollevato.
<< Capisco, e siete interessati a qualche oggetto in
particolare? >> Chiede poi
<< No, in realtà no >> Rispondo io << Io e
il signor Maxwell siamo venuti a dare un'occhiata, mentre gli altri hanno
deciso di accompagnarci in questo viaggio >>
Gli altri del gruppo mi guardano sconvolti. Sanno
perfettamente che mentire al Principe è rischioso e che la scusa che ho appena
fornito non è delle migliori (siamo davvero in troppi e troppo armati per non
avere una missione da parte della nostra Principe), ma ricordo anche della
nostra riunione al Paradise of Eclipse prima di partire. Tampa è in una
situazione instabile, e non vorrei che il Principe sfruttasse questa nostra
missione per avere dei favori in cambio o che si intromettesse negli affari
della Contessa. Se il volere della Contessa fosse non rispettato per qualche
ragione saremmo tutti nei guai una volta tornati a casa, ancora più che qui a
Tampa. Meglio rimanere sul vago.
Il principe si volta verso di me << Dai, davvero non siete
venuti qui per qualcosa di più specifico? >> dice, poggiando la sua mano
sulla mia. Improvvisamente sento come se io e il signor Monsour ci conoscessimo
da anni, e potessi raccontargli qualsiasi cosa.
<< Effettivamente c'è una ragione, io personalmente
sono venuta qui per riuscire a trovare delle opere della mia epoca... Ho molta
nostalgia di casa >> Gli confesso. E' una mezza verità, ma non è
un'informazione che può nuocere a qualcuno.
<< Capisco >> Dice poi << So che non è una
domanda che in genere si pone ad una signora ma... A quando risale il suo
Abbraccio? >>
<< Fui abbracciata a Delfi, nel 580 a. C >>
Rispondo con semplicità.
Il Principe mi guarda leggermente sbalordito. Nel frattempo
il gioco di carte continua, e nonostante non sappia nulla di questo gioco e
stia imitando tutti gli altri per quanto riguarda le loro mosse li sto stracciando
tutti, compreso Samuel Mansour. Fortuna del principiante suppongo. Cerco nel
frattempo di assumere un'espressione di chi sa esattamente cosa sta facendo.
Vorrei cercare di continuare la conversazione con il Principe ma prima che io
abbia il tempo di aprire bocca, Lucas decide di riscuotersi dal suo mondo dei
sogni e di prendere la parola.
<< Abbiamo sentito comunque che la situazione qui non
è delle più... Tranquille >>
Io e il Principe ci guardiamo con aria estremamente
perplessa. Per Zeus, cosa sta cercando di fare Lucas?!
<< Prego? >> Risponde il Principe, inarcando
lievemente un sopracciglio
<< Beh si, le notizie della vostra situazione
tumultuosa sono arrivate fino a Miami >> Risponde Lucas, non capendo che
sarebbe il momento di tacere. Per Zeus, non stento a credere che rimanga tutto
il tempo nella suo rifugio senza uscire mai, appena apre bocca ti viene voglia
di bruciarlo con la prima cosa che ti capita per le mani.
<<
Ma ognuno ha i suoi problemi, no? >> Dico,
cercando di salvare la situazione all'ultimo, con uno sguardo verso
Lucas che
fatica a non sembrare omicida. Ω τησ
αμαθιασ! Non ci posso credere! Ma
è per
caso αβδηριτεσ?! Mi
sarei aspettata un comportamento differente da un Tremere
<< Voi invece siete nel territorio della ... Contessa,
giusto? >> Chiede Samuel Mansour con aria guardinga
<< Si è esatto, una donna meravigliosa >> Dico
io << Vorrei poter dire altrettanto di sua figlia, la Siniscalco >>
Aggiungo poi, cercando disperatamente di sviare il discorso. Non è qualcosa che
dovrei dire, ma ormai la situazione è completamente precipitata.
<< Tanja Valschenka? >>
<< Esatto, assolutamente adorabile ma estremamente
impulsiva. Ha del talento, ma ha ancora tanto da imparare. Come vede, ognuno ha
i suoi problemi >> Dico, cercando di essere il più cordiale possibile in modo da far apparire ciò che ha detto Lucas come
la sciocchezza del momento.
Samuel Monsour si alza in piedi guardando verso il basso,
dopodichè sposta il suo sguardo verso ognuno di noi.
<< Vi do come tempo di permanenza questa notte e la
seguente. Entro tre ore dalla fine dell'asta dovrete essere di ritorno verso la
vostra Città. Come vostra residenza per il pernottamento ci saranno delle
stanze prenotate a mio nome all'hotel Quarter at Ybor, mentre la zona di caccia
sarà l'East Ybor. Adesso perdonatemi signori, ma altri ospiti mi attendono.
>> Dice egli con fredda cortesia
<< Certamente, la ringrazio infinitamente per
l'ospitalità >> Rispondo mentre mi alzo in piedi << E le auguro un
buon proseguimento di serata. >>
***
Irwin
Cornell aspetta paziente che qualcuno risponda al telefono.
La Valshenka a quanto pare ha un contatto a Tampa che dovrebbe spiegarci i
dettagli necessari su come recuperare il plico. Ci stiamo dirigendo verso il
rifugio che il Principe ci ha generosamente assegnato, e l’ideale sarebbe
riuscire a incontrare il nostro nuovo amico lungo il percorso per non destare sospetti.
Come previsto, Mansour non ha osato negare ospitalità a
degli inviati della Contessa, ma difficilmente l’incontro sarebbe potuto andare
peggio.
Guardo Lucas, il quale continua ad ignorare tutto e tutti.
Grazie al suo intervento Mansour ci ha preso in antipatia, e,
o si è fatto l’idea che siamo interessati al suo programma politico e che
abbiamo qualcosa in contrario su come lui gestisce i suoi affari, o potrebbe
aver perfino scambiato il commento per un’intimidazione da parte della Contessa.
I regnanti di ogni ora vedono minacce e complotti ovunque,
ed ogni parola pronunciata nelle corti dei mostri ha conseguenze.
Senza contare l’infelice confidenza di Cassiopea. Sangue
vecchio di millenni in città... una preoccupazione per chiunque. Sono rimasto
stupefatto anche io. I cainiti diventano estremamente nervosi quando notano che
non sono familiare con la tecnologia, assieme alla mia spada è un indizio della
mia età, ma un vampiro millenario dovrebbe essere in grado di strapparmi in due
come carta. Perché la Contessa ha voluto mandarmi qui a proteggerla? Che sia
anche lei più debole di come dovrebbe essere, come me?
Ad ogni modo ormai il danno è fatto. Mansour sembrava prudente, e non mi resta che sperare lo sia
abbastanza da non provare a nuocerci.
La notte, tuttavia, non fa che peggiorare. Il contatto, un
ghoul o cainita di nome Javier, risponde, ma la conversazione è.. strana.
«Sniff... pronto, chi parla?»
«Javier? Ci manda la Valshenka, dobbiamo...»
«Ah, sì, sì. È un po’ un brutto momento, incontriamoci tra
un quarto d’ora sulla centoventisettesima».
«Cosa? No, ci serve che tu ci raggiunga verso...»
«Ora devo andare, fate in fretta».
Riattacca,
e Cornell impreca tra i denti. Non resta altro da fare che svoltare, iniziando
la nostra deviazione.
Se
il principe ci sta facendo seguire,
questa storia potrebbe prendere una brutta piega, ma, per quanto tenga d’occhio
la strada dietro di noi, non riesco ad individuare nessun veicolo sospetto.
Jesse
parcheggia l’auto di Cornell vicino al posto dell’incontro.
Javier non c’è.
Cornell lo richiama, le enormi dita che tamburellano sul
cruscotto spazientite.
«Ehi. Vi ho visti passare, la mia auto è nel vicolo»
riattacca prima ancora che Cornell riesca ad aprire bocca.
Jessie porta l’auto nel vicolo. Sono il primo a scendere, la
borsa della spada a tracolla. Cornell e Jessie mi seguono, gli altri restano un
po’ indietro.
Javier è alto, e lancio un’occhiata dubbiosa ai suoi
improbabili capelli biondo platino mezzi rasati, ai suoi jeans strappati ed
alla maglia sportiva che porta sotto il giubbotto di pelle. La cosa che più mi
fa dubitare della sua affidabilità, comunque, è l’aria sovreccitata che ha
mentre tira su con il naso. Ho visto troppi cocainomani nel mio “lavoro” per
non riconoscere il vizio. Si pulisce una mano, coperta da un guanto, sulla
maglietta e me la stringe, per poi fare lo stesso con gli altri.
«Ehilà, come state? Uh, sei proprio un grosso figlio di
puttana, eh?» dice a Cornell, il quale digrigna i denti. «Tu con il trenchcoat,
vieni qui, mi serve una mano» mi dice.
Lo seguo in silenzio. Ho sentito un odore familiare sul suo
guanto, ed è ancora più forte nel fondo del vicolo.
Due cadaveri a terra. Uno grasso, uno magro. Quello grasso
indossa una maglietta ed una camicia a fiori, aperta a rivelare una fondina
sotto il braccio. Entrambi uccisi con un coltello, prima ancora che riuscissero
ad estrarre. Javier è più pericoloso di quanto sembra.
«Aiutami a metterli nel bagagliaio, prima che arrivi
qualcuno».
Li sollevo, uno per mano, e li lascio cadere nel baule della
sua auto. Decido di non fare domande, ma Lucas non sembra dello stesso avviso.
«Chi erano?»
«Non lo so. Stavano ronzando attorno a Clarence, il tizio
che ha il plico che vi serve, e si erano accorti di me. Ho dovuto farli
sparire».
Cornell si china a frugargli in tasca. Estrae due distintivi
e mi sento digrignare i denti, abbastanza forte perché il rumore faccia voltare
qualche testa.
Avevo sperato che fossero criminali o simili. Cooperare con
chi è disposto a uccidere senza fare domande non mi piace per nulla, e mi piace
ancora di meno l’alzata di spalle con cui Javier liquida la cosa.
Vedo Jesse lanciarmi un occhiata preoccupata, incerto su
come io possa reagire. Mi accorgo di aver stretto troppo la mano sul
bagagliaio, mentre mi preparavo a chiudere, e le mie dita hanno lasciato un
ammaccatura.
Chiudo il bagagliaio e mi allontano da Javier, prima di
cedere all’impulso di farlo passare attraverso un muro di mattoni o due.
«Bene, ora che quel problema è sistemato, veniamo ai nostri
affari. Clarence Beeks è un contabile dell’FBI. Sembra che si sia sentito
insoddisfatto della sua attuale retribuzione, e che abbia intascato alcuni
documenti per farci sopra qualche soldo in privato. Il problema è che i suoi
superiori hanno fiutato la cosa. Gli stanno addosso, e sembra che alla cazzo di
festa si siano uniti anche i nostri amici della polizia. Clarence ha bisogno di
soldi in fretta, e vuole vendere tutto. Vi darò il suo numero di telefono ma
non provate a usare nessuna delle vostre stronzate soprannaturali davanti a
lui. Quell’uomo è un federale, ed ha un sacco di occhi addosso. Male per gli
affari, cercate di non lanciare macchine in sua presenza, comprende?»
Ho l’impressione che lo sguardo di Javier sia fisso su di me
mentre dice queste ultime frasi. Gli altri annuiscono.
«Bene. Ora spostate quel carro armato, così posso uscire»
dice, indicando l’auto di Cornell e salendo sulla sua.
Jesse fa manovra, e l’auto di Javier sparisce nella notte.
Prima ancora che possiamo risalire per andarcene, però, una volante della
polizia svolta l’angolo, fermandosi davanti a noi. «Ehi, voi. Mostrateci i
documenti. Tu, nell’auto, mani sul cofano» dice un poliziotto, scendendo dalla
macchina. L’altro ci illumina con una torcia, controllando i nostri volti con
fare via via più perplesso.
«C’è qualche problema, agenti?» chiede Cassiopea, muovendosi
per parlare con loro. Seguo lo sguardo confuso di quello più giovane, pensando
che il disastro è completo.
Cornell, il nero di due metri vestito di verde, Lucas, un
ragazzo pieno di tatuaggi, e io, con giacca di pelle e sacca da ginnastica a
tracolla. Noi tre assieme dobbiamo
sembrare decisamente sospetti.
Ma in compagnia di Paracelso, con il suo completo elegante e
bastone da passeggio, e di Cassiopea, con quello che suppongo sia per
quest’epoca un vestito di lusso, la cosa comincia a diventare surreale. Jessie
sarebbe l’unico che riuscirebbe a non attirare l’attenzione, se fosse da solo.
Non riesco a capire cosa i poliziotti sospettino stia
succedendo, perché non riesco a trovare un singolo motivo legittimo per cui un
gruppo come il nostro si trovi assieme, nel cuore della notte, in un vicolo
deserto.
Vicolo tra l’altro ancora sporco di sangue, alle nostre
spalle.
La cosa finirà male, ma ci provo comunque.
«... sì, l’auto non è mia, il mio amico si è offerta di
farmela provare...» Mentre Jesse mostra la patente ad uno dei due, io consegno
i miei documenti, falsi, all’altro.
«Cosa c’è nella borsa?» mi chiede, puntandomi la luce negli
occhi.
«Vestiti da ginnastica. Sono stato in palestra».
«Non sei di Tampa».
«Stavamo andando al nostro albergo» mi interrompe Cassiopea,
sorridendogli giuliva, mostrandogli i suoi documenti. «Tutto a posto? Possiamo
andare ora? La prego agente, è stata una giornata lunga...» dice, sbattendo le
ciglia con fare teatrale.
Riesco a reprimere una smorfia.
«No signora. Tu, vieni avanti» dice, indicando Cornell.
«Dobbiamo scortarti in centrale per un controllo. Sali sulla nostra macchina».
L’altro poliziotto ha fatto scendere Jesse, e i nostri occhi
si incrociano. Lo vedo sospirare, e sembra decidere di provare a gestire la
cosa prima che qualcuno guardi nella mia borsa e la situazione degeneri.
«Agente? Mi scusi?» dice, e quando il poliziotto più anziano si volta a
guardarlo gli occhi del ragazzo si fanno magnetici, catturando il suo sguardo.
«È proprio necessario? Non abbiamo fatto niente di male. Potete lasciarci andare, è tutto a posto, promettiamo di non metterci
nei guai» dice, il tono amichevole e preoccupato di un onesto cittadino. Lo
sguardo del poliziotto si fa confuso, sentendo l’impulso di assecondarlo, poi
sembra rilassarsi mentre Jesse mantiene il contatto visivo e continua a
suggestionarlo. Tengo d’occhio l’altro, e noto che il suo sguardo è similmente
assorbito dagli occhi di Paracelso. «Il mio amico ha ragione, agente. Sembrate stanchi, andate pure a farvi una
bevuta. Lasciateci andare».
«Sì... dopotutto, è stata una giornata lunga. Risalite in
macchina, andatevene, non potete sostare nel vicolo» dice il primo, facendoci
cenno di muoverci mentre mi ridà i documenti. Ci sbrighiamo ad obbedire, e
mentre ci allontaniamo in macchina rifletto sullo strano incontro.
Stavano anche loro
tenendo d’occhio Clarence il contabile? Ma indossavano le uniformi... Una
coincidenza allora?
Siamo sulla via del ritorno, quando sento Cassiopea dire
«Qualcuno ci sta seguendo»
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Capitolo 8 *** L'Inseguimento ***
(8) L'Inseguimento
L'Inseguimento
Irwin
Guardo Cassiopea con una punta di scetticismo, poi torno a
scrutare fuori, senza notare niente di sospetto.
«Sei sicura?» chiedo. Il suo sguardo è completamente perso
nel vuoto mentre parla. Sembra esserci e non esserci allo stesso tempo.
«Sì, ho appena avuto una visione. Ne sono sicura » dice
solenne.
Paracelso dice a Jesse di fare un giro attorno all’isolato,
e il ragazzo esegue. Non notiamo nulla, quindi decidiamo di fermare la macchina
in una strada laterale. Lucas per qualche motivo insiste a controllare che
sotto l’auto non ci siano insetti, e gli altri sembrano approvare. Jesse mi
lancia lo sguardo che usa per “ti spiego dopo” quindi lascio fare senza
chiederne lo scopo.
Sembra essere tutto a posto. Lucas ritira fuori il suo
monitor o come li chiamano adesso, e comincia a toccarlo con le dita a tutta
velocità. «Ok, siamo nel circuito delle telecamere del traffico. Vediamo un po’,
ecco le registrazioni... questi sono i tre incroci che abbiamo passato negli
ultimi dieci minuti, ora metto avanti veloce...» per tre volte vediamo la
nostra auto attraversare lo schermo e, ogni volta, tra i vari veicoli ne spicca
uno che fa la nostra strada. È strano, uno di quelli che chiamano auto d’epoca,
la carrozzeria ben pulita e scintillante.
«Non ci ha passato. Si è accorto che siamo fermi» dico.
Lucas fa cambiare l’immagine un po’ di volte, finché non
mostra l’automobile ferma. «Sulla strada principale, una trentina di metri più
indietro» dice, un sorriso soddisfatto gli attraversa in fretta il volto.
«Scopriamo chi è?» chiede Paracelso.
«Vado io. Voi aspettate qui» rispondo, uscendo dall’auto.
Il mio compito è di proteggere gli altri, e so come muovermi
senza essere visto.
Per strada non ci sono passanti. Una fila di macchine è
parcheggiata lungo il lato, nascondendo l’auto d’epoca alla mia vista. Mi
abbasso, restando vicino alla fiancata delle automobile, e comincio ad avanzare
silenzioso. C’è molta luce, gli ultimi metri saranno un problema, ma posso
scattare abbastanza in fretta da salire nell’auto prima che il conducente abbia
il tempo di mettere in moto e allontanarsi, anche restando nei limiti
dell’umano. Ancora pochi passi e...
Le trombe dell’inferno squarciano il silenzio della notte,
facendomi sobbalzare mentre il mondo esplode in una cacofonia alle mie spalle.
Mi volto in una frazione di secondo, la mano stretta attorno all’impugnatura
della spada e vedo Cassiopea, caduta a terra, che fissa incredula la macchina
accanto a se, i fari che lampeggiano mentre le trombe furiose dell’allarme
suonano a tutto spiano.
La fisso, sbalordito, e lei mi lancia uno sguardo molto
stordito che sembra dire “volevo solo
aiutare!”
Sento un motore mettersi in moto rombando alle mie spalle, e
rivolgo alla vampira un ringhio inumano mentre mi volto e comincio a correre.
Salto sul cofano di una macchina, l’auto d’epoca sgomma
uscendo in strada a tutta velocità, mentre la testa e la coda si scambiano di
posto in una curva stretta. Mentre riparte e prende velocità spicco un balzo, e
le mie dita si serrano intorno al metallo sporgente del paraurti.
I miei anfibi slittano contro l’asfalto mentre vengo
trascinato, ma la mia presa è d’acciaio. Cerco di issarmi e risalire, la
carrozzeria è liscia, molto dietro di me i motori dell’auto di Cornell
cominciano a ruggire.
Il conducente deve avermi notato, perché inizia a sbandare
cercando di sbalzarmi via.
Stringo i denti, mi serve un po’ più di forza per questo. Il
sangue corre nei miei muscoli, aumentando la loro potenza. Le mie mani si
stringono sul metallo, deformandolo come cartone, aprendo solchi e scavando due
maniglie. Mi tengo senza sforzo, aspettando che l’auto finisca una curva, poi
uso lo slancio per alzare le gambe e sfondare il finestrino posteriore con un
calcio, proiettandomi all’interno. Davanti a me c’è...
Non capisco.
Continua a cambiare e contorcersi, a tratti una nuca di
capelli neri pettinati, a tratti qualcosa di bianco e deforme.
«Che cazzo fai?! Scendi, vattene!!» mi urla.
Non è un umano. Posso fare a meno di trattenermi. Gli tiro
un pugno in faccia, colpendo di striscio il poggiatesta che si piega
all’indietro, deformato, e la cosa sbatte la faccia contro il vetro,
crepandolo. Giusto un colpo di avvertimento. «Ferma l’auto, e...» comincio a
dire.
Continuo a scordarmi di quanto siano sensibili i comandi di
questi affari infernali.
Il mio colpo ha sbalzato il conducente di lato mentre
stringeva il volante, e l’auto sterza di lato a tutta velocità. Sbattiamo
contro qualcosa, sento le ruote stridere contro la strada e il mondo fuori del
finestrino sta girando vorticosamente.
La cosa cerca disperatamente di riprendere il controllo
mentre io mi reggo. Sbattiamo ancora, poi ancora, e finalmente l’auto si ferma,
schiantando il fianco contro un altro veicolo.
« La mia povera macchina...» si lamenta la cosa al volante.
Scatto in avanti e lo afferro, bloccandolo, l’illusione di
un aspetto umano che mi danza attraverso le dita. «Perché ci stai seguendo?» ringhio,
tirando fuori la daga.
«Calma, calma. Non c’è motivo di essere violenti» dice
nervoso, restando perfettamente immobile.
Gli altri ci raggiungono, e trascino il vampiro fuori dalla
macchina. Ora vedo bene il suo vero volto, pallido e deforme come quello di un
diavolo. Un nosferatu.
***
Cassiopea
La macchina si ferma bruscamente mentre vediamo Irwin alle
prese con il pedinatore. Avendo sempre attivato il potere di Auspex, che mi
consente di vedere meglio e sentire meglio dei mortali, nonchè le aure delle
persone, riesco a capire che esso è un cainita. Scendo dalla macchina e mi
appresto ad avvicinarmi a quello che sembra essere l'ostacolo primario alla
nostra missione. All'interno della bestia di ferro nemica, al posto del
guidatore, vi è un uomo di media statura con i capelli imbrillantinati tirati
all'indietro, dall'aria piuttosto anonima. Porta una giacca dal taglio non
troppo elegante, dei pantaloni della stessa foggia e una camicia bianca. Sembra
la classica persona abituata a confondersi nella folla, l'unica cosa che attira
vagamente l'attenzione è lo stile della sua macchina che ricorda un'epoca passata.
Il finestrino da cui lo sto osservando ormai non esiste più, è completamente
rotto e tutti i vetri sono caduti all'interno. L'uomo urla e strepita mentre
Irwin continua a tenerlo per il bavero.
<< LASCIAMI DANNAZIONE! Ho capito, ho capito, sono
stato colto in flagrante, ma di certo non sono questi i modi di trattare una
persona civile! >>
<< Sono d'accordo con lei. Perdonate l'irruenza del mio
amico, ma la sua indiscrezione lo ha a dir poco impensierito >> Dico,
appoggiando gli avambracci sul bordo del finestrino << Fossi in lei direi
chi è e come mai ci sta seguendo. Immagino non voglia che il mio amico si
impensierisca ulteriormente >> Aggiungo sogghignando lievemente, mentre
Irwin continua a tenerlo fermo per il bavero.
<< D'accordo, d'accordo! Possiamo parlarne in un luogo
più confortevole? C'è un club a pochi metri di distanza da qui! >>
Mi giro per vedere intanto cosa stanno facendo gli altri
nell'Hummer. Paracelso è sceso e sta alle mie spalle, gli altri nel frattempo
hanno sentito l'intera discussione, grazie ai toni alti e isterici dell'uomo, e
discutono sul da farsi. Prima che io abbia il tempo di aprire bocca per
rifiutare la gentile offerta, considerando che non mi fido minimamente di
questo tizio, Paracelso prende la parola.
<< Va bene, meglio togliersi dalla strada >>
Dice, aprendo la portiera della macchina malandata << Ma non fare scherzi, l'inglese sembra
nervoso >> aggiunge poi, sistemandosi nei posti dietro della macchina e
mettendo ben in vista il suo bastone da passeggio. Cornel lo segue, e a questo
punto decido di fare lo stesso. Irwin nel frattempo è seduto affianco a quello
che era il nostro inseguitore. La macchina sta per ripartire, quando Carlos si
affretta a cercare di aprire la portiera, ma essa è stata bloccata in qualche
modo dall'interno.
<< FERMO! >>
<< Cosa succede? >> gli chiedo con semplicità
<< Non posso lasciarti andare da sola, è pericoloso.
>>
<< Come puoi vedere non c'è più posto in macchina.
Apprezzo il fatto che tu sia preoccupato, ma non c'è alcun bisogno di esserlo.
Sono con Paracelso, penserà lui a me in caso >>
<< Mi dispiace ma non è proprio possibile >>
ribatte. Sembra sull'orlo di una crisi isterica.
<< Carlos, apprezzo la tua lealtà ma alle volte sei
davvero appiccicoso >> rispondo stizzita.
<< Davvero, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi
>> ribadisce Paracelso guardandolo dritto negli occhi << La tua padrona
è capace di badare a se stessa. In caso ci penseremo noi >>
<< Ma... >>
Carlos non fa in tempo a completare la frase che la macchina
incomincia a partire, e lo saluto con la mano divertita. Sono una vampira
millenaria, di certo so badare a me stessa. Rassegnato, il ghoul si dirige
verso l'Hummer guidata da Jessie.
Il viaggio è silenzioso e dopo pochi
minuti, su indicazione di Paracelso e
Irwin, l'uomo parcheggia in un vicolo affianco ad un club. Scendiamo tutti
dall'auto, Irwin in qualche modo continua a tenerlo stretto per un braccio. Mi
sto avviando verso il club così come aveva suggerito Paracelso, quando proprio
lui mi ferma mettendomi una mano sulla spalla. Ha ragione: se
dovessimo avere problemi non potremmo lasciare testimoni. A quanto pare stavamo
solo cercando un luogo più appartato per interrogarlo. Mi giro e mi rivolgo al
vampiro.
Avrei preferito non farlo, davvero.
Se prima era un uomo di media bellezza, adesso non lo è più.
La sua pelle, grigia e squamata, tesa su un corpo scheletrico e saltano subito
agli occhi i bubboni che la ricoprono, con un colorito tra il grigio cadavere e
il giallo itterizia. Gli occhi sono infossati, il naso è incartapecorito e le
guance sono scavate. I capelli lunghi sono bianchi e unti, portati indietro e
con il riporto a mascherare la calvizie. Le sue dita sono lunghe e dalle unghie
pronunciate.
Un nosferatu.
Per Zeus, detesto quegli orribili topi di fogna, e non in
senso metaforico. La maggior parte di loro vive nelle fogne e sono considerati
le "spie" del mondo cainita, sono degli ottimi recettori di
informazioni, ma hanno solo quello di positivo. Viscidi, orribili, ma astuti.
Per loro è buona educazione quando parlano con gli altri cainiti smettere di
nascondersi sotto il loro travestimento e mostrare il loro vero volto. Io
preferirei facessero il contrario. Gli altri nel frattempo ci hanno raggiunto e
si apprestano ad ascoltare la conversazione.
<< Allora, siamo venuti nel posto che voleva. Può dirci
adesso chi è e come mai ci sta seguendo? >>
<< Il mio nome è Wilhelm Kramer >> Dice, porgendomi la mano per presentarsi
<< Per quanto vi stia seguendo però, vi conosco solo di nome e non tutti
voi >>
<< Cassiopea Person >> Mi presento, stringendogli
la mano a denti stretti ma cercando di non essere scortese. Caspita che schifo!
Anche tutti
gli altri si presentano, tranne Lucas, il quale
si rifiuta. Wilhelm lo guarda, inarcando le sopracciglia. Brutto
βαρυεγκεφαλος.
Sul serio fai così, dannato Tremere del
cazzo? Dopo tutti i guai che ci stai causando? Incredibile, davvero. E pensare
che il tuo clan dovrebbe essere formato da gente con un minimo di φρόνησις.
<< Deve perdonare il mio compagno di gruppo, è
estremamente riservato, talmente tanto da risultare sgarbato a volte >>
dico al Nosferatu facendo un sorriso imbarazzato e scoccando un'occhiataccia a
Lucas. Giuro che quando torneremo a Miami farò finta di non conoscere e non
aver mai incontrato Lucas nella mia non vita.
<< Tornando al dunque, come mai ci segue? >>
<< Si è sparsa in giro la voce della vostra missione,
ovvero che siete qui a Tampa per recuperare un oggetto per la Contessa, un
oggetto d'arte. L'unico motivo per cui vi seguivo era per scoprire cosa
dovevate prendere per poter recuperare qualcosa di simile io stesso >>
Potrei dire che è imbarazzato? Non riesco a capire.
<< Come mai? >>
<< Per entrare nelle grazie della Contessa >>
Ah, che carini gli
arrampicatori sociali penso
sarcastica. Anche se è meglio questa motivazione di molte altre.
<< Siccome mi avete distrutto la macchina e trascinato
in malo modo qui, in questo vicolo puzzolente, sareste disposti a dirmi quello
che siete venuti a prendere? >>
Gli altri nel frattempo si sono messi in disparte a
parlottare e discutere sul da farsi. Di mio non sarei d'accordo. Se fosse una
trappola? Non ci si può fidare di un individuo simile. Mentre gli altri
prendono la loro decisione, Wilhelm incomincia a pormi una serie di domande riguardo
le mie frequentazioni, in particolare la mia conoscenza di Jessie, lo Zimbello
di Miami.
<< Strano vedere una persona così altolocata con un...
una persona
simile >> dice, bloccandosi a metà della frase, probabilmente per non
insultare il mio compagno di gruppo.
<< Si è vero, in genere non sarebbe comune vederci
nello stesso gruppo >>
<< Siete amici? >>
<< In queste circostanze lavoriamo insieme >>
<< Quindi è solo per lavoro? Non prova quindi simpatia
per lui? >>
<< Non ho detto questo >> Rispondo, sorridendo a
denti stretti
Non avevo calcolato i pettegolezzi che si sarebbero andati a
formare da questa missione. Sono una persona di alto rango mentre Jessie è un
Vile, un senza clan, particolarmente disprezzato
per il fatto che si ostina a voler vivere come un umano. Se il resto della
Polis mi vedesse con Jessie ci sarebbe uno scandalo. Piccolo, ma pur sempre uno
scandalo. Per quanto mi riguarda, Jessie è adorabile, per quanto poco saggio.
La comunità dei cainiti è piccola ed è difficile sopravvivere da soli. Se
tenesse per se la sua filosofia di vita, per lui tutto sarebbe molto più
semplice. E devo dire anche per me, in questo momento. Dannato nosferatu. Nel
frattempo gli altri sono giunti ad una decisione.
<< Ti diremo ciò che siamo venuti a prendere, a patto
che tu ci informi se qualcuno ci sta seguendo o ci seguirà in futuro nella
nostra permanenza a Tampa. Non vogliamo che episodi simili succedano di nuovo e
tu sembri intenderti di queste cose >> dice Paracelso.
<< Si può fare >> risponde Wilhelm con serietà.
<< Se però qualcosa dovesse succedere, ti verremo a
cercare >> dice Irwin.
Classico gorilla.
Mi chiedo comunque se queste persone ci stiano con la testa.
Non ci si può fidare, è un dannatissimo nosferatu! Se proprio si è disperati si
richiedono informazioni ai nosferatu in cambio di altre, e dopo si verifica che
siano vere soprattutto. Questi sono peggio delle Arpie. Decido quindi di farmi
da parte mentre gli altri continuano a discutere i termini del patto, in quanto
ciò che penso non è ciò che pensa la maggioranza. Mentre mi allontano un po', assorta
come sono nei miei pensieri, sento la voce di Paracelso.
<< ... Mi dispiace comunque per la tua macchina, è
davvero bella ed è un peccato che sia stata ridotta in tal modo. Posso offrirle
le riparazioni se vuole >>
<< La ringrazio della sua cortesia >> risponde
Wilhelm.
Sei troppo buono Paracelso, davvero. Anche se suppongo che la
tua gentilezza sia dovuta più al tuo amore per le macchine antiche che per pura
bontà d'animo.
Salutiamo il nostro nuovo "amico" e saliamo di
nuovo sull'Hummer per tornare finalmente al nostro rifugio temporaneo. E' stata
una giornata davvero stancante. Il viaggio prosegue ancora una volta nel più
totale silenzio, nessuno ha voglia di parlare dopo tutto quello che è successo
oggi, e io nemmeno. Arrivati in hotel, alla reception diciamo il nome del
Principe, e subito ci vengono fornite quattro camere prenotate a suo nome. Jessie
e Irwin si prendono una camera, io e Carlos un altra. Lucas, che come al solito
ha una vera e propria passione per complicare la vita a lui e agli altri che lo
circondano. Incurante del fatto che con questa sua mossa potrebbe offendere
ulteriormente il Principe, decide invece di andare in un altro rifugio, dove
non può essere trovato. Ci diamo quindi appuntamento alle nove di sera davanti
all'hotel per svolgere la missione il giorno successivo. Cornel e Paracelso
invece si prendono quindi le due camere restanti.
Sbuffando per la stupidità di Lucas, salgo le scale che
portano al secondo piano, dove ci sono state date le camere, seguita dal resto
del gruppo e dal ragazzo della reception. Queste camere, ci spiega il ghoul
della reception, sono state fatte in modo da avere una botola che può essere aperta
solo dall'interno, in modo che il cainita ospite possa mettersi all'interno e
dormire indisturbato, anche se durante il giorno dovessero passare le signore delle
pulizie. Entrata in camera mi dirigo verso il bagno per andare a rinfrescarmi,
ma voltandomi per chiudere la porta vedo Carlos, che mi lancia un'occhiata in
tralice.
<< Mi hai fatto preoccupare >>
<< Sei fin troppo apprensivo >>
<< Siamo in una città in cui non sei mai stata, non sai
usare la tecnologia, non sai sparare e sei entrata in macchina con un tizio che
ha passato il suo tempo a pedinarci! Hai visto poi che faccia aveva? Ti pare il
caso?! >>
<< Non ero da sola, Carlos. >> rispondo <<
Per quanto le tue argomenti siano valide, sono passibili del quarto criterio di
forza delle osservazioni induttive >>
<< Cassiopea non ricominciare, non puoi sempre
cavartela utilizzando argomentazioni filosofiche, non siamo in un'aula
universitaria... >>
<< Fin ora me la sono sempre cavata >> gli dico,
facendogli l'occhiolino e chiudendo la porta prima che lui abbia il tempo di
dire altro.
Sospiro. Si spera che la notte successiva vada meglio. Se
esiste speranza per una creatura delle tenebre.
Nota di uno degli autori
Salve
a tutti! Volevo avvisarvi che probabilmente la prossima settimana
potrebbe esserci un ritardo nella pubblicazione poichè tutte le
persone che scrivono sono sotto esame. Inoltre ne approfitto per
ringraziare Fenris, gentile come sempre nelle sue recensioni. Buon
proseguimento di serata
Kodoma.
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Capitolo 9 *** Irwin Maxwell: Le Due Rose ***
(9) Irwin Maxwell: Le Due Rose
Irwin Maxwell: Le Due Rose
Sono di nuovo a Bosworth. Gli York non sono riusciti a
spezzare la nostra fanteria, ed ora il tiranno è venuto di persona con tutti i
suoi cavalieri a prendere la testa del re.
L’aria è piena di urla, nel suolo il sangue e il fango si
mescolano, coprendo i vivi e i morti. Il mio cavallo nitrisce a terra
disperato, una picca spezzata conficcata nel petto. La pressione del suo fianco sulla mia gamba è
intollerabile, anche con l’armatura d’acciaio a proteggerla. Artiglio il terreno
con tutte le mie forze mentre striscio per liberarmi. Urla e zoccoli, devo
rialzarmi o sono morto. Sguaino la spada. Un cavaliere mi carica, riesco a
deviare la punta della lancia e meno un fendente ad una gamba del suo cavallo
mentre mi oltrepassa, tranciando pelle e muscoli.
«Sporco traditore!»
Un altro cavaliere appiedato sta correndo verso di me, la
spada alzata. Le nostre lame cozzano con un impatto che mi riverbera nelle
mani, poi meno un secondo colpo e un terzo, incalzandolo e facendolo indietreggiare.
Un cavallo imbizzarrito passa tra di noi, e ci separiamo. Colgo l’attimo per
cambiare presa, afferrando la spada per la lama, e appena lo rivedo scatto in
avanti, menando un colpo usando la guardia come mazza, dritto contro il suo
elmo. L’acciaio si piega e si deforma, finisce a terra, colpisco di nuovo sullo
stesso punto, e dai lamenti contorti capisco che sta chiedendo pietà. Mi fermo,
ma prima che possa fare altro qualcosa mi colpisce alla schiena con un dolore
lancinante.
Mi volto, arretrando, e la mia lama blocca il secondo colpo.
Riconosco il cavaliere a cui prima ho azzoppato il cavallo, enorme e sporco di
fango. Fa roteare un martello da guerra, la punta rossa del mio sangue,
attaccandomi e cercando di buttarmi indietro.
Capisco subito di essere in svantaggio. È più grosso di me,
un colosso di due metri con braccia lunghe, ed è bravo. La sua arma può
facilmente perforare la mia corazza, mentre una spada non può tagliare
attraverso un’armatura d’acciaio.
Blocco un altro colpo che mi fa vibrare le ossa delle
braccia e stringere i denti, e subito lui cerca di spingere per ribaltarmi,
usando il suo peso a suo vantaggio. Rapido, afferro la mia lama, facendo leva e
spingendo la sua arma di lato, guidando la punta alla giuntura della spalla in
un affondo. La cotta di maglia sotto l’armatura si squarcia, e il sangue
comincia a sgorgare mentre lo York urla. Cerco di spingere l’acciaio più in
profondità, sentendo la lama grattare contro l’osso, ma lui lascia cadere il
martello e afferra la mia spada con entrambe le mani, lottando per disarmarmi.
I due eserciti cozzano intorno a noi mentre ci dimeniamo, e
due cavalli ci schiacciano l’uno contro l’altro. Perdo la spada, lo vedo
portare una mano alla cintura e alzarla rapido. La daga entra nella feritoia
del mio elmo, ma riesco ad afferrargli il polso e a bloccarla prima che mi
trapassi l’orbita.
Fa forza, grugnendo, siamo entrambi feriti e vedo la punta
avanzare verso il mio occhio. Il mio gomito è sul suo fianco, lo uso per
colpire verso l’alto, mirando alla spalla che gli ho trafitto. Emette un
lamento strozzato, le braccia perdono forza. Riesco a spingere la daga fuori
dalla celata, ma i due eserciti ci premono l’uno contro l’altro sempre di più,
mozzandoci il respiro. Mi tira un pugno, e il suo guanto d’arme si schianta
contro il mio elmo. La testa mi vibra, poi mi colpisce ancora, e sento la
celata deformarsi. Quanta forza ha questo tizio?
La mia mano si muove verso la sua faccia, afferrando alla
cieca. Mi colpisce una terza volta, poi riesco finalmente ad alzargli la
celata, e le mie dita, coperte d’armatura, artigliano il suo volto, scavandogli
nelle orbite. Sento il sangue, ed altre cose molli cedere, e filtrare
attraverso gli anelli della cotta di maglia fino alla mia pelle, mentre l’uomo
lancia un urlo che mi riecheggerà nella testa per molti notti. Lo prendo a
pugni, spaccando denti e lacerando la pelle, finché qualcosa cede col rumore e
di un ramo che si spezza, e lui smette di urlare per sempre.
Resto bloccato con il suo cadavere per qualche secondo, poi
gli eserciti si separano, e il suo corpo finisce a terra con gli altri.
Raccolgo la spada, barcollando, e lancio un urlo assieme ai soldati accanto a
me, serrando i ranghi mentre gli York si preparano per un’altra carica.
***
Mi sveglio di scatto, sono prigioniero in un posto buio,
legno sopra la mia testa.
La bara, di nuovo.
Una frazione di secondo dopo sono in piedi e vedo Jessie
indietreggiare esterrefatto.
Cerco di calmarmi, lasciando andare la spada, e mi guardo
attorno.
Non sono a Bosworth, e nemmeno nella bara.
Sono a Tampa, nel rifugio che il principe ci ha assegnato,
sia gli York che i Tudor sono polvere ormai da secoli, e quella che ho scambiato
per la mia tomba d’acqua era solo la botola nascosta in cui ho dormito durante
il giorno. L’ho aperta con tanta forza da colpire il letto sopra di essa e
sbalzarlo di lato, ed ora giace ribaltato sul pavimento.
«Tutto... tutto ok?» mi chiede il ragazzo, ancora scosso e
con gli occhi sgranati.
Bofonchio una risposta mentre sollevo il letto e provo a
rimetterlo a posto.
Anche il chiavistello di acciaio della botola si è piegato.
Lo afferro con le dita e faccio pressione, raddrizzandolo.
«Sei pregato di non lanciare i miei mobili in giro, se ti
viene un incubo nel mio soggiorno» aggiunge, cercando di sdrammatizzare.
«Lo so».
«Almeno con le serrature sei migliorato... cioè, è stato
difficile spiegare al fabbro cosa è successo alla porta blindata. “Il mio
coinquilino pensava si fosse incastrata” avrebbe causato un bel po’ di
domande».
Ci metto qualche secondo a capire che mi sta prendendo in
giro.
«E perfino quello era stato meglio del disastro dello
stereo» continua, sogghignando. «Un passo alla volta, giusto?»
«Certo. Quando torniamo mi insegni a guidare?»
Strabuzza gli occhi, e, vedendo l’espressione di panico che
gli passa per il volto, è il mio turno di sorridere.
«Hai... aspetta, hai appena fatto una battuta?» chiede
incredulo.
Bussano alla porta prima che gli possa rispondere. Siamo
attesi. Comincio a cambiarmi nei vestiti eleganti per la serata mentre Jessie
sospira, le spalle che gli si abbassano leggermente.
«Andrà bene. Controlla se sembrano esserci persone sospette
nel locale. Gente con una buona visuale sul vostro tavolo e che non sembra
starsi divertendo. Se noti qualunque cosa strana ti basta chiamare Paracelso e
sarò lì in un lampo» dico, cercando di sembrare più calmo di quanto sia
realmente.
Non mi piace l’idea di separarci, ma l’asta e l’incontro con
il contabile sono alla stessa ora. Jessie deve andare lì perché è con lui che
l’uomo ha parlato, e il mio incarico è di recuperare l’icona per la Contessa.
Bussano di nuovo.
«Guarda che so cavarmela» dice, dando una pacca alla tasca
dove tiene la pistola. «Smettila di preoccuparti, ci vediamo
presto», dice e io annuisco, facendo finta di essere rassicurato.
Poi indosso
la giacca, e usciamo nella notte.
Nota della Correttrice di Bozze
Infine si,
contro ogni aspettativa, siamo riusciti a pubblicare un altro capitolo!
Si spera che anche la prossima settimana non ci siano ritardi, ma non
possiamo esserne sicuri.
Buon proseguimento
Kodoma
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Capitolo 10 *** Paracelso: L'Asta ***
(10) Paracelso: L'Asta
Paracelso: L'Asta
Sono disteso, disteso su una coperta di lana posta su un
prato, l'odore di terra mi rilassa, devo essermi appisolato. La musica allegra
del carosello di Hyde Park e il vociare divertito mi ridestano, decido di
crogiolarmi al sole ancora un poco. Sento Morag chiamarmi, apro gli occhi.
Buio.
Sono solo.
Sono in una bara.
Sono Paracelso ora.
E ora sono sveglio e triste. Mi trovo in una delle bare
rifugio messe a disposizione dal Principe Mansur di Tampa.
Apro il chiavistello del nascondiglio blindato ed esco. Buona
idea per dei rifugi temporanei ma potendo scegliere sarei decisamente più cauto
di cosi, ci sono vari modi di aggirare questa contromisura. Non mi piace molto
l'idea di essere alla possibile mercè del principe.
Il sole è appena tramontato, approfitto del tempo per fare
alcuni schizzi della spada di Irwin e crearne una versione d'argento da
regalargli, potrebbe servire. Inserisco nell'elsa una pietra simile a un
ciottolo arrotondato in vetro, una bloodstone, un tracciante Tremere che sono
in grado di individuare in ogni momento. Nel caso dovessimo separarci potrebbe
essere necessario individuarlo anche senza poterlo chiamare al telefono, se le
cose si facessero pericolose voglio avere al mio fianco un combattente
formidabile. Approfitto del tempo rimasto prima che gli altri si sveglino per
disegnare delle protezioni migliori per il combattimento per Irwin e scrivere
un appunto sul fornire degli auricolari a tutti se dovessimo trovarci di nuovo
a collaborare.
Sento bussare alla porta, metto la matita come segnalibro e
apro la porta, trovando Cassiopea che in modo piuttosto gioviale mi chiede
<< Buonasera Paracelso, ti andrebbe di fare colazione assieme? Ho portato
abbastanza sacche di nutrimento per entrambi >>. .
Sento la fame per il sangue utilizzato per creare la spada.
<< Volentieri
>> rispondo, facendola accomodare.
Sa il sangue che preferisco bere, posso stare tranquillo.
Ci sediamo al tavolino, e notando il quaderno mi chiede
<< A cosa stavi lavorando? Non vorrei averti interrotto >>.
Lo apro e le mostro la
pagina attuale << No no, ci
mancherebbe. Aspettando che vi svegliaste ho pensato di progettare
dell'equipaggiamento in caso dovessimo lavorare di nuovo in gruppo, questa è un
armatura per Irwin >>.
Continuiamo a parlare per un poco, poi congedo e mi reco a
mettere la spada in macchina e prendere del sangue per ripristinare quello
usato nel farla.
Rientrando trovo Irwin e Jessie mentre escono dalla loro
camera, Cassiopea e Carlos invece sono seduti nella stanza comune del piano.
<< Buona sera a tutti >> Saluto cortese, poi rivolgendomi all'inglese
<< Irwin, avrei una cosa da mostrarti, ti va di accompagnarmi di sotto?
>>.
Con appena un sopracciglio alzato, mi risponde con fredda
cortesia << Purché sia una cosa breve, devo procurarmi da mangiare prima
dell'asta >>
Io rispondo con fare allegro
<< Non preoccuparti, offro io >> e scendendo le scale
aggiungo << Credo ti piacerà molto >> e sorrido.
Scendo nel parcheggio dell'hotel, apro il bagagliaio e la
custodia per armi in cui l'avevo messa, rivelando una spada con l'elsa a forma
di croce e una gemma trasparente incastonata nel pomello.
<< Argento, unito a del titanio per una maggior
resistenza, se avessimo davvero le debolezze descritte nelle storie sarebbe
l'arma di un cacciatore sovrannaturale >> Commento, mentre lui incuriosito e lievemente
sorpreso allunga la mano e solleva la spada per sentirne il bilanciamento.
<< Come sei riuscito a forgiarla? >> Mi chiede
serio Irwin, mentre vibra un paio di colpi all'aria.
<< Sono un armaiolo capace e con molte risorse, non è
stato affatto difficile >> Rispondo, osservando il frutto del mio lavoro
che viene testato.<< E' solo una replica, ma mi auguro tu non senta
differenze dalla tua spada, tranne il
fatto che è più leggera ma allo stesso tempo resistente >> Notando poi che
non ho davvero risposto alla sua domanda aggiungo << Quando ti ho chiesto
di analizzarla ieri ho raccolto le misure che mi servivano per la copia, per
fortuna sono riuscito ad averla in tempo >>.
Il suo sguardo mi dice che non è del tutto convinto ma non
insiste.
Indico la pietra << Mi sono permesso di firmarla
>>.
Irwin mi guarda << Ho capito, ti ringrazio, spero non
serva >>.
<< Anch'io
>> Replico.
Gli porgo un tubo di
vetro e metallo in cui conservo porzioni di sangue tenuto in circolo
meccanicamente, indico una parte in materiale plastico in cui è possibile affondare
una siringa o le zanne.
<< Basta mordere qui >> Gli dico.
Infine chiudo la valigetta con le altre porzioni di sangue e
la porto con me, spero non ci faccia caso, ho usato abbastanza sangue.
Poco dopo partiamo in due gruppi: io, d'appoggio a Irwin e
Cassiopea all'asta per le parti che non comprendono... circa tutte. Cornell e
Jesse invece diretti a un club, dove avrebbero trovato Lucas per incontrare il
contatto della Valsenka.
La casa d'aste è un edificio alto circa otto metri, dal
fronte quadrato, composto da una cornice in pietra beige attorno a un apertura
divisa in cinque vetrate verticali, divise a loro volta da paraste colossali di
pietra bianca venata di grigio scuro. L'interno nella stessa pietra bianca è
illuminato per la serata da una luce calda, quasi dorata.
Scendiamo dall'auto, vestiti da sera. Io con il completo blu
e argento in tre pezzi che ho portato a Tampa, Cassiopea un abito da sera senza
spalline, grigio con venature argentate stretto sulla vita sottile da una
cintura argentata mentre Irwin indossa il suo completo nero con la sacca
sportiva contenente la spada sulla spalla. Dico a Irwin che ho i miei dubbi la
faranno passare.
Entrando infatti una delle guardie chiede di poter
controllare il contenuto della borsa e rimane sorpreso nel vedere il contenuto,
Irwin spiega di averla comprata da una collezione venendo all'asta. Viene
portato nella guardiola della sicurezza per registrarla e darla in affido alle
guardie. Intanto mi avvicino alla receptionist per registrarci all'asta e
scoprire notizie interessanti flirtando con lei, una brunetta carina che sembra
far molto uso del sole di Tampa per abbronzarsi. Non ho interesse in altre
donne dopo Liz ma almeno rende la cosa piacevole.
Sembra che ci siano due icone di San Cristoforo Cinocefalo
all'asta, bizzarro, non lo ricordo dal catalogo. Al momento devono ancora
arrivare quasi tutti gli invitati, mancano quasi due ore dopo tutto. Ne
approfitto per ridare un occhiata al catalogo, probabilmente ci sarà qualcosa
che mi interesserà comprare.
Vedo Irwin tornare e andare a sedersi su un divanetto vicino
a dove sono seduti Cassiopea e Carlos, per cui decido raggiungerli per metterli
al corrente della mia scoperta.
<< A quanto pare non c'è solo un'icona del buon San
Cristoforo Cinocefalo, ma bensì due. Questa faccenda non mi piace. >>
<< Beh posso riconoscere quale delle due è bizantina
>> Mi risponde Irwin
<< Altrimenti
potremmo comprare tutte e due e portarle alla Contessa, per stare sicuri
>> Commenta Cassiopea con un sorriso.
Giungendo gli indici davanti alla bocca commento << Pensavo
anche io di comprare entrambe le icone per sicurezza, ma non regalerei una
seconda icona alla Contessa solo perché dello stesso santo. Nella peggiore
ipotesi sarebbe infastidita dalla nostra ignoranza e nella migliore non le
interessa nulla di quell' icona e tutta questa storia è una scusa per portarci
a Tampa a portare avanti chissà quale piano >>
I soldi non ci mancano dopotutto, alla peggio avrò un icona
di un santo da rivendere in futuro.
Non resta che aspettare.
Dopo alcuni minuti mi adagio più profondamente sul divanetto,
trovandomi rivolto verso un lampadario vittoriano dorato appeso al soffitto. Ha
il corpo costituito da una sfera ricca di fronzoli su cui si attaccano otto
bracci decorati in modo leggero, che terminano con delle sfere di vetro bianco
opaco a protezioni delle lampadine.
Mi sembra molto familiare e mi rendo conto essere identico a
uno che vidi molto tempo fa, a più di un secolo da ora, quando ero agli inizi
della mia non vita. Sarebbe incredibile scoprire essere lo stesso... In quel
caso chissà se potrei comprarlo.
Mi immergo nei ricordi dell'asta che cambiò la mia vita e di
giorni più avventurosi di quanto avrei mai pensato possibile fino ad allora.
Giorni di azione, orrori, misteri, inattesi nemici e insospettabili alleati.
***
Tutto ebbe inizio entrando in una casa d'aste, alcuni
direbbero “la casa d'aste”, Christie's. Un istituzione inglese e mondiale per
ogni collezionista, commercianti di storia ma con una storia loro alle spalle,
non come quella in cui mi trovo ora. Era il 1882, all'asta c'era la collezione
di Alexander Hamilton, appassionato di arte e letteratura legate a civiltà e
persone di potere: romani, imperatori russi, papi, Maria Antonietta, Napoleone
e altri, nonché un grande appassionato di egittologia, tanto da convincere il
suo amico medico e collega egittologo Pettigrew a mummificarne il corpo dopo la
morte.
Non so se fosse a conoscenza del valore di alcuni dei suoi
tesori, ma in quanto capo massone, forse si. Un occhio che sa dove cercare
avrebbe potuto trovare, nella natura di molti dei reperti da lui accumulati e
dai testi che possedeva, un filo conduttore, qualcosa di più del potere sugli
uomini: il potere sulla morte e il potere oltre essa. Anche la volontà di esser
conservato tramite mummificazione nel santuario di famiglia faceva porre delle
domande.
Non sapevo se all'asta avrei trovato qualcosa, ma in quanto cainita
neonato io avevo tutto da dimostrare, al mio maestro, ai miei Fratelli, ma
sopratutto a me stesso.
Sin dalla mia rinascita ho avuto uno scopo da raggiungere e
per raggiungerlo mi servirà tutto il potere che la magia, la non morte e una
mente arguta possono concedere.
Chiusi il mio orologio dopo un ultimo sguardo alle foto che
nasconde tutt'oggi, lo riposi in tasca e salii i gradini per l'ingresso.
L'asta in se fu incredibile, durò 17 giorni durante i quali i
nuovi ricchi si spolparono una fetta di nobiltà. Fu venduto tutto ciò che non
era saldamente inchiodato al suolo della residenza ancestrale degli Hamilton:
mobili, oggetti d'arte e non, libri e reperti. Ovviamente ero li per gli ultimi
due, anche se mi ritrovai a possedere un pouf appartenuto a Maria Antonietta,
bianco e oro damascato. Lo uso ancora oggi. Fu un frutto inaspettato del
tentativo di far spendere di più ad alcuni dei rivali che non ero riuscito a
mettere abbastanza in difficoltà prima dell'inizio.
Ci furono anche avversari agguerriti, con un agenda simile
alla mia. Quelli che più attirarono la mia attenzione furono dei tedeschi,
interessati anche loro alla cultura più che allo sfarzo. Parvero pensare che
fossi uno spendaccione grazie alle mie offerte a raffica. Tuttavia loro
insospettirono me, non sembravano badare ai lotti più mondani ed erano almeno
in cinque, anche se fingevano di non conoscersi.
Tattiche normali ma non riuscivo a togliermi dalla testa la
sensazione che fossero sospetti.
Forse è solo la
paranoia, pensai.
Da quando sono una
creatura della notte questo mio tratto si è incentivato, come del resto si può
dire di molti miei Fratelli.
Per i primi giorni non dovetti comprare quasi nulla. Giocai,
a far spendere gli altri cifre esagerate. Ad eccezion fatta per due idoli in
legno appartenenti al folclore slavo, che rappresentavano la strega Baba Jaga e
la sua oca non mi interessai al resto.
Con il passare dei giorni iniziai a comprare lotti che avrei
potuto rivendere, misti ai primi pezzi interessanti, libri e oggetti esoterici
antichi, come se mi stessi facendo prendere la mano.
Dal decimo giorno in poi fu il delirio, le contese per i
libri si fecero molto accese, testi di medicina, illustrazioni archeologiche,
trattati di filosofia, scienza e molto altro. La maggior parte dei pezzi fu
vinta da me o dai tedeschi ma emersero anche dei giocatori minori fermamente
intenzionati a comprare alcuni lotti.
L'ultimo fu il giorno dei lotti più ingombranti, dai semplici
bauli da viaggio ai lamassu in pietra alti due metri. Comprai numerosi bauli e
simili, le mie proprietà erano appena diventate decisamente più numerose e se
fossi dovuto partire da Londra avrei avuto bisogno di qualcosa per
trasportarle. Del contenuto attuale avrei potuto disporne in seguito. Per uno
dei bauli più piccoli dovetti lottare di più, era grazioso, più simile a un
forziere ma nulla più. Feci un offerta pensando sarebbe stato sostanzialmente
ignorato, ma invece ci furono subito varie offerte. Non so se fu istinto da
vampiro, da studioso o la semplice testardaggine che mi contraddistingue ma mi
impuntai. Avevo fatto un offerta per quello stupido forziere e sarebbe stato
mio, e se fosse stato una fregatura me l'avrebbero pagata. Raggiunse una cifra
davvero eccessiva, specialmente nel cambio odierno, circa duecento sterline ed
era partito da un paio.
La sera ci sarebbe stata una soirèe per festeggiare
l'asta appena conclusa (e i suoi incassi record immagino). Mi misi sotto
braccio la mia vincita più sofferta della giornata, diedi indicazioni ai miei
assistenti per l'asta di gestire la consegna del resto dei lotti e mi avviai
verso casa per prepararmi alla serata sociale che sarebbe seguita.
Sarebbe inutile dire
che le cose sarebbero andate molto diversamente se non avessi agito così.
Tanto quanto dire che persi quella soirèe.
Non abitavo lontano quindi lasciai la carrozza ai miei assistenti
e mi avviai nella notte londinese. Se qualcuno avesse avuto da ridire avrebbe
scoperto che la notte ha denti affilati.
Il qualcuno di quella notte però lo sapeva bene.
Svoltato un angolo sentii un suono crepitante, provai a
saltare di lato per evitare l'imboscata ma non fui abbastanza rapido. Un arco
di luce abbagliante mi colpì. Quella luce e un dolore incredibile mi avvolsero,
appena mi resi conto di esser stato scaraventato al suolo. Il suono crepitante
e l'odore di bruciato di un corpo sottoposto a elettrocuzione furono il mio
ricordo successivo, prima di finire con il volto a terra.
***
Una voce mi chiama, mi sento scuotere.
<< Paracelso, tutto bene? Alzati, hanno aperto le porte
della sala >>
Apro gli occhi, il volto che metto a fuoco appartiene a
Cassiopea. Intravedo un velo di preoccupazione, le faccio un sorriso un po'
scosso. Mi schiarisco la gola per riprendermi
<< Scusa, mi ero assorto in visioni del passato, niente
di speciale rispetto a ciò che puoi fare tu >> La ragazza mi lancia
ancora uno sguardo perplesso ma mi alzo, e con fare galante le porgo il braccio
come se nulla fosse. Lei lo prende ed entriamo, seguiti da Irwin e Carlos a
poca distanza. Ci sediamo separati, Cassiopea a qualche posto di distanza da me,
mentre Irwin più indietro nella sala, in modo da tenerci d'occhio. Notiamo
Willhelm seduto tra la folla, probabilmente vuole comprare qualcosa per il
secondo negozio o la seconda icona, in quel caso mi dispiace per lui.
Le luci si abbassano di poco e l'asta ha inizio, degli
schermi ai lati del banditore mostrano foto dei lotti in esame, che vengono portati
in sala uno dopo l'altro. Cassiopea fa un offerta per un antico astrolabio,
rilancio. Lei mi lancia uno sguardo di finta indignazione, faccio una smorfia
colpevole. Nonostante il mio rilancio lei riesce comunque ad aggiudicarselo
senza problemi. Circa una mezz'ora dopo si aggiudica anche l'icona non bizantina
di San Cristoforo contendendosela con un altro ospite dell'asta.
Non trovo molto che mi interessi, tranne un orologio da petto Jacques Bulcke, orologiaio londinese del 600, a
forma di foglia in ottone dorato, il coperchio intarsiato in piccoli fiori di
campo che spiccano da uno smalto verde scuro, che riesco a comprare senza
troppi intoppi. Quando arriva finalmente l'oggetto del nostro interesse
tocca a me aggiudicarmelo in quanto portatore della carta di credito della
Contessa.
Finita l'asta mi metto in coda per reperire i nostri lotti. Un
paio di posti più avanti c'è l'uomo che ha gareggiato con Cassiopea per l'icona
non bizantina del santo. Lo trovo piuttosto sospetto. Con la scusa di essere di
fretta convinco le persone tra noi a lasciarmi passare e mentre sta pagando mi
chino a terra e fingo di raccogliere un biglietto che avevo scritto per lui.
<< Credo le sia
caduto questo >> Gli dico, porgendoglielo.
Lui si gira e legge il biglietto.
<< Mi spiace, ma credo che si sbagli
>> Risponde con fare seccato, prendendo i suoi acquisti e andandosene.
Recupero i lotti, ripongo l'involucro di sicurezza nella
valigetta di sicurezza portata apposta e uscito la affido a Irwin, di nuovo in
possesso della sua arma. Mi accorgo di aver qualcosa in tasca, lo estraggo
trovando il biglietto da visita di un negozio di antiquariato a Miami, con un
numero telefonico. Sorrido e lo rimetto al sicuro in tasca mentre scendo i
gradini per raggiungere gli altri e salire in macchina.
Tutto secondo i piani, speriamo che sia andato altrettanto
bene con l'incarico per la Valshenka.
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Capitolo 11 *** Punto, Vedo, Rilancio ***
Punto, Vedo, Rilancio
Punto, Vedo, Rilancio
L’aria notturna di Tampa
riempie i polmoni di Clarence. I suoni della città ancora sveglia bombardano le
sue orecchie di note di musica dal dubbio gusto, clacson di automobili, grida
di tassisti e delle risate dei turisti che affollano i bar ed i pub di Downtown.
Stringendo forte la sua borsa
a tracolla, cercando allo stesso tempo di apparire tranquillo, l’uomo fa di
tutto per sembrare un semplice abitante della città come tanti. Non ha
intenzione di attirare l’attenzione ma allo stesso tempo non vuole apparire un
turista, come tale una facile preda per qualche malintenzionato. Si ferma un
attimo per togliersi gli occhiali e per asciugarli dalle gocce di sudore che gli
hanno sporcato le lenti. Non è abituato a questo genere di cose. È la prima
volta che ruba dall’ufficio un intero plico di documenti e non lo consola il
fatto che sia solo una copia dell’intero fascicolo. Questo è un reato federale
e Dio solo sa cosa lo aspetta se il suo supervisore dovesse scoprirlo.
Lo strombazzare di un clacson strappa
bruscamente Clarence dai suoi pensieri. Il suo cuore fa un balzo in avanti ed istintivamente
stringe a se la borsa a tracolla. Qualche coppia che passeggia sul suo stesso
marciapiede lo guarda con fare a metà fra lo stupito ed il divertito.
L’imprecazione di un automobilista, evidentemente lo stesso che ha suonato col
clacson, sovrasta per un momento tutto il traffico e scuote abbastanza Clarence
per permettergli di ricomporsi. Si asciuga la fronte con la manica della
camicia e riprende a camminare
Il Pimento Groove è ad appena
un isolato di distanza. Il tempo necessario perché la mente di Clarence inizi a
galoppare verso brutte immagini su come lo scambio può andare male. Federali
che arrivano a sirene spianate su auto nere, che scendono dai veicoli puntando
le loro pistole su di lui. Poi una rapida immagine mentale di un processo
seguita da una serie di tristi cose che possono capitargli in prigione. È quasi
tentato di mollare tutto, di tornare a casa e mangiarsi una pizza surgelata
scaldata nel forno a microonde, quando la sua mente gli propone una carrellata
di possibili e radiosi futuri: soldi a sufficienza per lasciare il
miniappartamento in cui vive, trasferirsi in periferia magari di un’altra città
e chissà, forse trovare una ragazza.
Clarence viene distratto dai
suoi sogni ad occhi aperti dal gradino del marciapiede. Abbandonato nelle sue
fantasticherie ha ormai raggiunto il locale. Il Pimento Groove occupa l’angolo
del piano terra di un palazzone di Downtown, con tavolini esterni coperti da
una tenda retraibile a righe rosse e bianche. Da dentro il locale si sente una
ritmata musica pop parzialmente soffocata dal rumore del traffico. Appoggiando
la schiena al semaforo, Clarence tira fuori il cellulare ed inizia a far finta
di messaggiare a qualcuno mentre invece osserva i pochi clienti che occupano i
tavolini esterni.
Una bella ragazza seduta da
sola che si sta sistemando il trucco usando la fotocamera del telefonino.
Vestito lungo attillato, occhiali da sole e scarpe col tacco attirano l’attenzione
di Clarence che indugia un po’ più del dovuto sulle curve del corpo della
donna.
Tre uomini seduti allo stesso
tavolo compongono il grosso degli avventori in quella parte del bar. Uno è più
assorto nel guardare il suo tablet rispetto agli altri. È un giovane uomo
dall’aria dell’hipster di primo pelo, ma non è facile da capire visto che ha il
volto affondato sul suo tablet. Accanto a lui un nero imponente si sta
sistemando il colletto e le maniche della sua giacca verde smeraldo di dubbio
gusto. Anelli d’oro alle dita, testa
rasata, rigonfiamento sotto la giacca pensa Clarence Questo di sicuro promette guai. L’ultimo uomo è un tipo anonimo,
dall’aria tranquilla, magro e vestito con dei classici abiti comodi da lavoro.
Butta ogni tanto l’occhio da una parte e dall’altra della strada, prima di
tornare ad osservare dubbioso i suoi due compagni di tavolo.
Un rapido sguardo all’ultimo
dei clienti del bar rassicura Clarence. Seduto da solo, sguardo perso nel vuoto
sopra un bicchiere di birra ghiacciata, c’è un uomo grasso, vestito in modo
trasandato e con una barba incolta. Sorridendo, Clarence fissa lo schermo del
cellulare pensando al fatto che Jacob è incredibilmente bravo ad interpretare
il ruolo del disadattato con problemi mentali. Uno potrebbe quasi pensare che gli venga naturale! pensa fra se,
con un pizzico di malignità.
Indugiando ancora un po’ sulla
bella ragazza seduta da sola, Clarence prendo un respiro profondo e si dirige
con passo sicuro verso il tavolo occupato dai tre uomini. << Vi dispiace
se mi siedo qui con voi? >> esordisce, stupendo l’uomo magro quando
Clarence si siede al tavolo.
Il silenzio cala sui quattro
uomini, coperto dai suoni della città che non accenna a volersi riposare
nonostante la notte che cala su di essa. Clarence inizia a sudare, cominciando
a dubitare di essersi seduto al tavolo giusto. Forse erano dentro. Forse ho fatto un passo falso. Cazzo. E ora come ne
esco? Stringe forte la borsa a tracolla che ha appoggiato sulle sue gambe.
Gli occhi dei tre uomini passano dall’uno all’altro senza fiatare. I loro volti
delle maschere di pietra da cui non sembra affiorare alcun tipo di emozione.
Grosse gocce di sudore iniziano ad imperlare la fronte di Clarence che vorrebbe
passarsi una mano per toglierle, ma non osa muovere lo sguardo dalle tre
persone che ha davanti. Una mossa falsa e mi strappano la borsa dalle mani. Sempre che siano le persone giuste. Ho
merda, perché ho accettato di dare a quel drogato il mio numero privato?!
L’hipster rompe il silenzio
imbarazzato domandando con voce atona << Immagino che lei sia Clarence
Beeks >>. Deglutendo, Clarence risponde << Sì. Posso immaginare che
voi siate qui per il mio stesso motivo >>
Un altro momento di silenzio
cala sul quartetto, solo che questa volta Clarence inizia a spazientirsi. Ma ci sono o ci fanno? si domanda. Gli
sguardi imbarazzati che gli uomini si rivolgono fra loro confermano il fatto
che Clarence probabilmente non è al tavolo giusto. Fa quasi per alzarsi e
scappare a rotta di collo quando l’uomo magro prende la parola << Siamo
qua per il plico che lei dovrebbe venderci. Abbiamo parlato con Javier Gomez
che ci ha dato il suo nome >>. L’hipster rivolge uno sguardo furioso
verso il suo compagno che ha appena parlato, ma non dice nulla.
Lievemente rassicurato,
Clarence si rilassa per un breve momento, poi riprende a parlare << Bene.
Mi fa piacere sentirmelo dire. Ora, io ho qui con me il plico, ma vorrei sapere
cosa avete voi da darmi in cambio >>
<< Quanto vuole?
>> dice il nero, con voce poco ferma.
Sorridendo, Clarence risponde
<< Quanto siete disposti ad offrire? >>
<< Abbiamo a
disposizione una discreta somma. Lei aveva già in mente una cifra? >>
<< Non è una questione
di soldi. Non lo è mai stata >> Gli sguardi dei tre uomini tradiscono un
certo disagio quando Beeks pronuncia la frase << Sono interessato ad
altro e, spero, che voi mi comprendiate se vi dico che i soldi sono solo una
questione secondaria >>
<< Oh, io capisco
benissimo >> sussurra una voce femminile accanto a loro.
In piedi, vicino al tavolo,
c’è la bella donna che prima era seduta da sola. Sorride, mettendo in mostra
dei denti bianchissimi da reginetta di bellezza. Sbatte un po’ le ciglia
ammiccando complice, poi afferra una sedia e si accomoda accanto a Clarence.
<< Lavoro per una
persona che avrebbe grande interesse nell’ottenere le informazioni che stai
vendendo Clarence. Posso chiamarti Clarence, vero? >> sussurra
civettuola.
L’uomo sposta rapidamente lo
sguardo dalla donna verso i tre uomini seduti con lui. Poi di nuovo alla donna.
Poi, dopo un po’, di nuovo verso gli uomini.
Schiarendosi un po’ la voce,
Beeks domanda incerto << Ehm, e lei cosa offrirebbe in cambio? >>
Mettendo in bella mostra i
suoi occhi scuri << A parte una discreta somma di denaro, penso che potremmo
raggiungere un accomodamento privato >> risponde la donna con tono
seducente.
<< Penso che dovreste
ascoltare la nostra controproposta signor Beeks >> dice l’hipster,
interrompendo le civetterie e facendo un cenno d’intesa ai suoi due amici
<< Anche noi lavoriamo per una certa persona. Una persona che, oltre ad
avere grande interesse per le informazioni che sta vendendo, è un individuo
piuttosto importante >>
Strappato allo sguardo carico
di promesse di piacere della donna, Clarence rivolge un’occhiata all’hipster,
al nero ed al loro magro compagno che, in questo momento, sembra piuttosto
nervoso. I suoi occhi passano dalla donna a Clarence e poi alla strada, in un
ciclo continuo.
Sorridendo, divertito da
questo scambio che da unilaterale è diventato a due parti, Beeks domanda
<< E chi sarebbe questa persona così importante? >>
Pacatamente l’hipster risponde
<< Questo non possiamo dirlo. Ma siamo disposti ad offrire 100.000
dollari per il plico >>
Clarence inarca le
sopracciglia, stupito dalla frase. La donna invece coglie l’occasione per
alzare la posta e, spostando una mano sulla coscia di Beeks replica sicura
<< Bene, direi che allora potremmo andare a parlare da soli io e te
Clarence. Se questi signori non vogliono, o non possono, offrire altro credo
proprio che il mio cliente possa pagare 125.000 dollari >> Poi aggiunge
con voce suadente << Poi io e te potremmo proseguire il nostro negoziato
in un ambiente più… appartato >>
Rosso in volto, Beeks non può
fare a meno di sorridere stupidamente mentre balbetta <>
<< Tanja Valşenka
>> dice d’improvviso l’uomo magro e nervoso << Tanja Valşenka
ci ha mandato per acquistare il plico di documenti >>
Clarence si ferma a metà
mentre si alza dalla sedia, poi si risiede con un tonfo << Ho capito
bene? >>
L’hipster, visibilmente
seccato per quello che l’amico ha appena detto, replica piccato << Sì. Ha
capito bene. Ed il nostro capo può arrivare anche ad offrire 150.000 dollari
>>
Clarence allontana
distrattamente la mano della donna dalla sua coscia, continuando a guardare i
suoi tre interlocutori. Lavorando per i federali il nome di Tanja Valşenka
gli è noto. Diverse indagini si sono scontrate con il suo nome, quello di una
giovane donna apparentemente ricchissima ed a capo di un impero economico che
ha come base l’Europa ma con innumerevoli proprietà anche nel nuovo mondo. Se è davvero Valşenka
che ha intenzione di comprare il plico avrebbe senso pensa Clarence Scommetto che ha intenzione di mettere in
atto una forte speculazione sfruttando le proiezioni finanziarie contenute nel
plico. L’uomo sorride al pensiero di quanto sta per guadagnare.
<< Bene >>
sentenzia nonostante la sua bocca sia diventata improvvisamente secca ed
asciutta << Posso quindi pensare che oltre al denaro la signorina Valşenka
potrebbe garantirmi… altri vantaggi >>. L’hipster, che evidentemente deve
essere il capo del trio, mantiene una faccia indescrivibile.
Approfittando della pausa, la
donna passa nuovamente all’attacco << Clarence, sei davvero sicuro di non
preferire la mia offerta? Il mio principale può offrirti quello che vuoi. E se
tu mi aiutassi a concludere l’affare >> aggiunge iniziando a giocare con
i bottoni della camicia << te ne sarei davvero molto grata >>
Ancora un po’ imbarazzato,
Beeks guarda il volto attraente e leggermente ovale della donna, incorniciato
da una cascata di capelli neri e mossi. Nonostante il gonfiore nei suoi
pantaloni gridi disperato di accettare l’offerta della bellezza bruna accanto a
lui, il suo cervello lo mette a tacere quando i suoi occhi incontrano gli
sguardi eloquenti dei tre uomini. Sicuramente anche se accettasse le offerte
della donna, il trio non gli permetterebbe di allontanarsi per più di un
isolato primo di prenderli alle spalle e foderare le loro schiene di piombo.
Con un triste sorriso, a
malincuore Clarence prende la mano della donna e la sposta dal suo petto al
tavolino in metallo del bar. << Le sue argomentazioni sono…
irresistibili, ma l’offerta dei signori mi sembra più vantaggiosa. Sono davvero
dispiaciuto ma mi trovo costretto a rinunciare alla sua proposta >>. Non posso credere di averlo detto pensa
dentro di se, mentre il suo secondo cervello dentro i pantaloni prende atto
della sconfitta ed abbassa la testa.
Il bellissimo volto di lei si
distorce in una smorfia di disapprovazione. Gli occhi si riducono a due fessure
mentre la bocca rossa si assottiglia e si incurva verso il basso. Lampi di
rabbia dardeggiano verso Beeks ed i suoi tre compratori mentre lei afferra la
borsetta e si alza stizzita.
<< Come preferisci
Clarence. Fai come vuoi, ma non aspettarti di avere una seconda opportunità
>>
Correrò il rischio dice dentro di sé, nonostante le grida del suo
io inferiore mentre la vede allontanarsi tutta curve ancheggianti e scalpiccio
di tacchi.
Girandosi verso i tre uomini e
sospirando, dice << Abbiamo un accordo? >>
Nonostante il tentennamento
dell’uomo dalla giacca verde e dal mingherlino, l’hipster annuisce con la
testa.
<< Ottimo. Quando
pensate di potermi dare i miei 150.000 dollari? Spero subito perché non ho
intenzione di andarmene più leggero di un plico e senza i miei soldi >>
La normale espressione
impassibile dell’hipster tremola un momento mentre pensa Abbiamo solo 100.000 dollari. Come diavolo li recuperiamo gli altri
50.000? A quest’ora le banche sono chiuse ed il bancomat ha una disponibilità
limitata.
<< Certamente >>
risponde lui tranquillo << Ovviamente non ci siamo portati dietro i soldi
per ragioni di sicurezza. Posso però andare a prelevarli lasciandola in
compagnia dei miei due soci >>
<< Un momento >>
lo interrompe Clarence << Non sono uno stupido. Non ho intenzione di
rimanere qui mentre magari lei va a chiamare gli sbirri o chissà chi. Se lei se
ne va l’affare salta ed ognuno per la sua strada >>
L’uomo magro ed il nero
guardano il loro amico con aria interdetta, ma senza fare una piega l’hipster
ribatte tranquillo << Certo. Non c’è problema. Abbiamo una parte dei
soldi in macchina ma per l’altra parte, i 50.000 dollari, posso provare a fare
un deposito sul suo conto >>
<< È una buona idea. Ma
non voglio che il governo inizi a farsi delle domande sulle mie entrate. Penso
che le darò il numero di un mio conto estero che ho aperto per l’occorrenza,
mentre per quanto riguarda i soldi nella macchina potete dare le chiavi al mio
amico >> dice Beeks indicando l’uomo dalla barba incolta che ora ha
alzato lo sguardo verso il quartetto e li saluta con un cenno della mano
<< Dite a Jacob dove avete messo l’auto e dove sono i soldi, poi lui li
conterà per sicurezza e li porterà qui. Intanto voi potete trasferire i soldi,
poi chiudiamo l’affare e dite a Tanja Valşenka che ho fatto la mia parte
e che mi aspetto una sua chiamata entro i prossimi giorni >>
Il trio si scambia delle
occhiate sospettose e Clarence aggiunge << Non lo sto dicendo per
minacciarvi, ma se non ricevo la telefonata potrei sempre decidere di
aggiungere le vostre facce all’elenco dei ricercati dei servizi Federali
>> . Sentendo queste parole l’hipster accenna ad un sorriso mostrando una
faccia beffarda. Per niente intimorito Beeks aggiunge << Può non
sembrare, ma sono venuto preparato >>
Pochi minuti dopo una piccola
valigetta in pelle marrone viene deposta sotto al tavolo mentre Clarence e
Jacob si lanciano un’occhiata di intesa. Beeks si concede di sorridere mentre
guarda lo schermo del cellulare, illuminato dal messaggio ricevuto poco fa
dalla banca che gestisce il suo conto off-shore e che gli comunica l’avvenuto
pagamento.
<< Bene, sono felice che
tutto sia andato per il meglio >> dice Clarence mentre passa la borsa a
tracolla verso l’hipster << Là dentro c’è una copia in bianco e nero del
plico. Come pattuito >>
L’uomo dalla barba lunga
afferra la borsa con una mano, dà una rapida occhiata all’interno senza
estrarre il voluminoso faldone e la passa al nero accanto a lui.
Siccome nessuno dei tre uomini
davanti a lui profferisce alcuna parola, Clarence si schiarisce la voce e
sussurra << Direi che abbiamo finito. Ora possiamo anche lasciarci.
Ricordatevi che aspetto quella telefonata >> aggiunge mentre si alza e si
allontana con la valigetta sottomano.
I tre uomini rimangono
silenziosi a guardarlo mentre si allontana, scomparendo nel via vai di persone
che popolano i marciapiedi affollati di Tampa. Poi ad un certo punto, l’uomo
nero dalla giacca verde smeraldo si rivolge ai suoi due soci e dice:
<< Non male come primo
lavoro fuori città. Ma la prossima volta cerchiamo di essere un po’ più
professionali, eh? >>
L’hipster gli rivolge
un’eloquente occhiata glaciale.
Euforico, Clarence prosegue la
sua camminata fino all’auto parcheggiata a tre isolati di distanza dal Pimento
Groove. Il peso della valigetta piena di denaro e la lunga strada fino alla
macchina non gli pesa questa sera. Nei successivi dieci minuti la sua mente
galoppa in un panorama di rosei futuri ricchi di agi, successo e comodità:
donne, una promozione, una bella casa. Probabilmente anche un abbonamento in
palestra. Abiti firmati, un’auto nuova, forse anche una moto.
I piedi lo conducono
automaticamente fino alla sua auto. Guardandola ora, Clarence non vede l’ora di
poter cambiare quel catorcio comprato a metà prezzo in un autosalone che stava
per chiudere. Ancora sorridente, cerca le chiavi dell’auto in tasca, le infila
nella toppa e le gira.
<< Buonasera Clarence
>>
Il clack della serratura della portiera copre il suono di Clarence che
deglutisce. Lentamente si gira per vedere di fronte a se un uomo alto, dalle
pelle scura, occhi leggermente a mandorla, senza capelli ma con un rado
pizzetto che gli incornicia la bocca. Il suo volto è allungato, probabilmente
la fronte alta inganna l’occhio ma anche il collo un po’ più lungo della media
rende la figura decisamente slanciata.
<< … buonasera Mister
Dreyfus >> risponde tentennando Clarence.
La valigetta gli cade dalla
mano quando Dreyfus gli lancia un’occhiata penetrante che lo porta ad
immobilizzarsi, come un topo di fronte al serpente.
<< Ora io e te ci
andremo a fare una chiacchierata >> dice pacato l’uomo. Le parole gli
escono dalla bocca lentamente, aggrappandosi alle labbra prima di volare fino
alle orecchie di Clarence.
Poi il buio.
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Capitolo 12 *** La Battaglia ***
(12) La Battaglia
La Battaglia
Cassiopea
Stiamo
tornando dall'asta, il resto del gruppo è venuto a prenderci
dopo aver concluso i loro affari per la Siniscalco, quella meretrice.
Sono davvero contenta, tutto è
andato per il meglio e sono riuscita ad acquistare un oggetto che
dovrebbe
aiutarmi nello studio dei cieli, quel tipo di studio che i Moderni
chiamano
Astronomia. Non si direbbe, ma tendo ad interessarmi molto alle materie
scientifiche oltre che a quelle classiche. Siamo da poco fuori
città quando un'auto
della polizia si sistema davanti alla nostra, mentre un'altra si
è messa
direttamente dietro di noi. Gradualmente
riducono le distanze fra loro in modo da farci capire che dobbiamo
seguirle, poi imboccano una stradina che svolta a destra e termina subito con
una rete metallica e con un cancello.
Per l'amor degli Dei, cosa sarà successo adesso?
Sono a dir poco preoccupata. Se fossimo a Miami non lo sarei
visto i miei contatti con la polizia, ma siamo in una città sconosciuta e il
suo principe non ci tiene in simpatia. Incomincio a pensare a tutto quello che
sarebbe potuto andare storto in queste notti e a tutto quello che può andare
storto adesso mentre ci infiliamo in uno spiazzo abbastanza ampio da permettere
all'auto davanti a noi di fare manovra e sistemarsi dietro la nostra. Davanti a
noi si apre quello che poteva essere un vecchio capannone industriale dal tetto
in lamiera, con cumuli di rottami sparsi lungo i bordi della recinzione
esterna. Le auto della polizia ci costringono a fermarci. Mentre parcheggiamo,
utilizzo il mio potere che mi consente di vedere le aure per riuscire a capire
se essi sono cainiti che si fingono parte della polizia oppure semplicemente
umani. Appena riesco a mettere gli occhi su di loro tiro un sospiro di
sollievo: sono tutti umani.
<< Signori non dovrebbero esserci problemi, sono
umani. Basterà fare ciò che facciamo di solito >>
<< Umani? La situazione non è comunque delle migliori.
E se fossero ghoul? Poi, hai mai visto così tante auto per fermare una sola
macchina? >> Ribatte Jessie
Αρρενοτης. Mi ero scordata che il mio potere non mi consente
di vedere se gli umani sono in realtà dei ghoul.
<< La situazione non mi piace. Provo ad entrare nel
Sistema e a capire cosa sta succedendo >> dice Lucas, chiudendo gli
occhi. Anche i Tremere hanno la loro rete della follia? Paracelso non mi ha mai
parlato di tutto ciò.
<< Aspetta! Aspetta! >> Gli dice Paracelso
<< Cosa c'è?! >>
<< Cosa diciamo alla polizia se sei svenuto dentro la
macchina? >>
<< Gli diciamo che ha preso un sonnifero perchè soffre
il maldauto >> rispondo << Sembra essere una cosa comune tra i
mortali >>
<< Non state considerando una cosa però... >>
Dice Paracelso titubante
<< Ovvero? >>
<< ... Cosa ne facciamo dell'esplosivo impiantato
nella macchina? Se ci perquisiscono è un casino >>
<< COSA?! >> E' la risposta generale di tutti.
<< HAI PIANTATO UN CAZZO DI ESPLOSIVO NELLA MIA
MACCHINA?! >> Sbraita Cornel, arrabbiato come pochi, mostrando i denti
verso Paracelso con la furia negli occhi.
<< Perchè hai impiantato un esplosivo nella macchina?
Ci vuoi uccidere tutti? >> Non posso fare a meno di chiedere,
preoccupata. Lancio uno sguardo a Carlos: neanche lui è particolarmente
tranquillo.
<< No, ma in caso le cose si mettessero male...
>>
<< E dimmi, come faremmo a tornare a Miami?! >>
Esclama Jessie
<< Abbiamo il mio elicottero che ci segue >> Risponde Paracelso con un'alzata di spalle.
<< Un elicoso? Da quando abbiamo un elicoso?! >>
Chiedo, ancora più nel panico. La mia voce è salita di un'ottava. Non so cosa sia, immagino un mezzo di trasporto,
ma se il piano è stato studiato così come l'esplosivo, mi aspetto ben poco.
<< SCENDETE DALL'AUTO, ORA >> Sentiamo dire
dagli altoparlanti della polizia.
Scendiamo immediatamente. Nessuno prende le armi, o almeno
non quelle che saltano più facilmente all'occhio, come quella di Cornel o la
borsa con la spada di Irwin. Nessuno pensa che ne avremo bisogno, sembra. Due
poliziotti ci puntano le torce addosso.
<< Allontanatevi dal veicolo >>
Non è passato neanche
un secondo da quando abbiamo finito di obbedire, che dei soli pallidi esplodono
davanti a noi, abbagliandoci e squarciando le tenebre. Riflettori, come quelli
di un palcoscenico. Fortuna che ho disattivato il mio potere, o i miei sensi
sarebbero travolti dalla quantità di stimoli luminosi.
<< Venite avanti >> ci intima un’altra voce,
nascosta dalla luce abbagliante.
Ci avviciniamo, e riusciamo a intravedere un plotone di otto
soldati con le armi cariche e puntate su di noi. Paracelso intanto mi prende
sottobraccio, come a volermi sostenere. Le due auto della polizia sono
parcheggiate a formare una muraglia, che offre copertura agli agenti e blocca
il cancello, l’unica via d’uscita per la nostra macchina. Altre tre nere sono davanti
a noi, con la stessa formazione, le enormi luci alle loro spalle illuminano la
scena ma disturbano costantemente la nostra visuale. I soldati non si riescono
a vedere bene in volto, ma portano tutti degli occhiali da sole con le lenti
specchiate, fatto poco comune considerando che è notte. In piedi tra di loro spiccano due individui: uno dei due è tipo
biondino coi capelli ossigenati, barbetta bionda e piercing sul sopracciglio
destro. E' alto e porta un trench di pelle nera aperto sul davanti, con scarpe
eleganti, camicia amaranto e pantaloni grigio scuro. Ha le mani in tasca ma c'è
un vistoso rigonfiamento vicino all'ascella, probabilmente ha un'arma nascosta.
Dietro di lui c'è un nero pelato dal volto allungato. Ha dei baffetti corti è un
pizzetto altrettanto corto. Porta una giacca marrone scuro da cui spunta il
colletto di una camicia a righe. Rispetto al biondino questo sembra avere
un'aria più rilassata.
Non sembrano proprio essere poliziotti, era una trappola.
<< Sono contento abbiate accettato il mio invito
>> dice il biondo con un sorriso beffardo.
<< Avevamo forse scelta? >> Ribatto
<< Beh, dovevo essere sicuro accettaste >>.
<< Posso sapere qual è il motivo di questo invito?
>>
<< Avanti, lo sapete benissimo >>.
Un tizio che non mi dice assolutamente niente viene
scaraventato davanti a noi in malo modo. E' un uomo bianco un po' in sovrappeso,
il volto pesto e tumefatto, con una calvizie incipiente ma nonostante ciò ha
ancora i capelli sulle tempie, tagliati corti. La barba è quella tipica da
cinque di pomeriggio. Porta un paio di occhiali e indossa un paio di jeans, una
maglietta ed una giacchetta sportiva di poco conto. Mi guardo attorno. Jessie,
avendo visto quell'uomo, sembra preoccupato. Molto preoccupato, talmente tanto
da nascondersi dietro Irwin. Lucas intanto sembra impassibile, assorto nei suoi
pensieri. Poi si risveglia improvvisamente, e notando ciò che sta succedendo,
sembra quasi chiedersi "E adesso?". Loro probabilmente sanno chi è.
Cerbero, il cane di
Lucas, abbaia, cosciente della situazione di estremo pericolo.
<< Ascolti, non so chi sia quell'individuo, ma se ci
dice cosa vuole possiamo trovare un accordo... >> comincio a dire.
<< Non fatemi perdere tempo >> replica il
biondo.
<< Suvvia, davvero non abbiamo idea di chi sia
>> ribadisce Paracelso << Diteci cosa volete e possiamo
accordarci... >>
<< Avanti, non siamo qui per ridere. Sono disposto a
ridarvi i soldi che avete speso, ma rivoglio ciò che mio >>.
Adesso mi sono stufata. Quel tizio ha bloccato il nostro
viaggio in malo modo e non ha neanche la decenza di dirci cosa vuole da noi.
Adesso basta.
<< Avete ragione. Se fossimo qui per ridere,
basterebbe guardare i suoi improbabili capelli >> dico.
Sento davanti a me alcune risate tra i soldati. A quanto
pare anche loro sono d'accordo. Anche il biondo ride, forzatamente, e prima che
io possa dire altro, spara al malcapitato sconosciuto.
Uccidendolo.
Guardo orripilata la scena, i miei occhi non possono fare a
meno di strabuzzare mentre stringo il più possibile il braccio di Paracelso.
Non devo perdere il controllo. Non devo perdere il controllo...
<< Bene, adesso che abbiamo riportato l'ordine...
>>
Resto in silenzio. Dopo quello che è appena successo, non
riesco neanche a parlare. Paracelso e l'uomo cercano di contrattare. Il mio
amico ha il mio stesso sguardo, ma riesce più di me a reggere la tensione.
<< I plichi dannati imbecilli, mi servono i plichi!
>>
L'attenzione ormai è diretta unicamente verso i due uomini. La
voce di Paracelso si fa più esitante nella contrattazione ed egli stringe più
nervosamente il suo bastone da passeggio. Irwin fa un passo avanti, spostandosi
accanto a lui e prendendo la parola, la voce innaturalmente calma e gelida.
<< Non ho capito il suo nome, ma, da come sono
equipaggiati i suoi uomini, lei sembra una persona bene informata riguardo con
chi e cosa si sta immischiando. Mi creda, non le conviene. Dica ai suoi uomini
di abbassare le armi, ci lasci andare e questa storia finirà qui >>.
Un paio di soldati sembrano scambiarsi sguardi perplessi e
scrutare l’inglese come se fosse pazzo, spostando le armi su di lui.
Carlos nel frattempo resta in disparte, ignorato da tutti.
Questa cosa potrebbe andare a nostro vantaggio.
<< Chiama le guardie >> gli sussurro, quasi
inudibile. Carlos mi guarda senza capire.
<< Chiama le guardie >> gli faccio di nuovo,
muovendo solo le labbra. Carlos adesso sembra capire, e con il cellulare in
mano cerca di premere i pulsanti. Solo che gli tremano troppo le mani.
<< TU! COSA STAI FACENDO! HO DETTO NIENTE MOVIMENTI
STRANI! >>
Prima che qualcuno abbia il tempo di dire altro, un colpo
parte dalla canna di uno dei fucili.
Il mondo sembra congelarsi per un istante.
Carlos urla, poi mi guarda, terrorizzato, toccandosi la
gamba con una mano. E' sporca di sangue.
Il ghoul si accascia a terra con un lamento, e il mondo
sembra esplodere.
Irwin afferra il bastone di Paracelso, estraendo in un lampo
la spada nascosta, e con un balzo si avventa ruggendo contro i soldati, mentre il
Tremere innalza un muro di metallo comparso dal nulla a proteggere me e Carlos
dai proiettili. Gli altri si apprestano anche loro a combattere.
Riparata dal muro di metallo, provo a muovermi tra le ombre
per cercare di passare inosservata e per riuscire ad individuare i capi nemici.
Solo che prima devo riuscire ad entrare tra le ombre e la mia concentrazione
non è il massimo. L'urlo di dolore del ghoul mi risuona ancora nelle orecchie.
Il mio tentativo fallisce per due volte di seguito.
Andiamo razza di
rammollita ...
Dopo molti sforzi finalmente riesco nel mio intento. Riesco
a fare un paio di passi, ma noto che i capi si sono già dati alla macchia. Paracelso
intanto tenta in una mossa disperata di corrompere i soldati con del denaro, e
stranamente ci riesce.
Sono totalmente inutile.
Nascosta dietro il muro di metallo, mi siedo affianco a
Carlos.
E' tutta colpa mia.
E' solo colpa mia.
Non merito tutto questo. Non merito la fiducia dei miei
compagni, le attenzioni di mio fratello, le cure che mi vengono giornalmente
riposte. Sono un mostro, un mostro con uno scopo labile ed una vita effimera.
Vi è speranza per la mia anima immortale? Il mio Dio non sa darmi risposta.
Nella mia condizione, è probabile che io finisca nei Campi Elisi come che io
finisca nel Tartaro.
Forse meriterei la morte.
Se non altro, sarei meno un impiccio a chi mi circonda. Se
la mia non vita è altro che brutto scherzo del Fato, che governa la sorte di
tutti gli uomini, la mia morte sarebbe come un tiro di dadi. Imprevedibile.
Con questi tristi pensieri che brulicano nella mia mente
come insetti, tormentandomi , volgo il mio sguardo verso Carlos, che si è
sacrificato per la mia mancanza di prudenza. Il suo sangue continua a sgorgare
a fiotti davanti a me.
La mia Bestia ringhia. Non ho ancora cenato.
Le mie labbra si fanno sempre più secche. Ho sete, e Carlos
al momento sembra la sorgente più fresca e limpida da cui posso trarre
sostentamento. Vorrei prosciugarlo, così da evitare che la sua linfa vitale
scorra inutilmente su terreno, ma scorra invece nelle mie vene.
Devo resistere.
Stordita dalle mie pulsioni, in un atto quasi incosciente, tiro
fuori dalla mia poscette argentata un coltellino svizzero.
Il dolore che avverto tagliandomi l'interno del polso mi
riporta temporaneamente alla realtà. Adesso è il mio sangue, nero come la pece,
a sgorgare.
Lo porgo a Carlos.
<< Bevi. >>
Il ghoul mi guarda senza capire.
<< Velocizzerà la guarigione. Bevi. >>
Il mortale accetta la mia offerta e appoggia le sue labbra
fredde sulla mia ferita.
Invoco la grazia del Febo perché ponga fine al mio tormento.
***
Irwin
Lo sparo, lo schizzo di sangue alla mia sinistra, il ghoul
che si accascia al suolo.
La mia mano scatta più rapida di un serpente, afferrando la
lama nascosta ed estraendola dal bastone di Paracelso, i miei anfibi colpiscono
l’asfalto e sto volando in avanti con un ruggito.
Dieci uomini, otto dei quali con quelle che ho imparato a
riconoscere come armi automatiche.
Nessuna possibilità di trattenersi o di fingere di essere
umani.
Dal momento stesso in cui si sono accesi i riflettori ho iniziato
a pompare sangue, usandolo per potenziare i miei muscoli, il controllo che ho
sui miei movimenti, persino la capacità del mio corpo di rigenerarsi ignorando
le ferite, portando le mie capacità al limite massimo che posso sperare di
sostenere.
Nessuno di loro potrà uscire vivo dal parcheggio.
I mitragliatori cominciano a sparare, assordandomi, non
posso neanche provare a schivarli o colpiranno il resto del gruppo dietro di
me. Proiettili mi trapassano una gamba, un’altra raffica mi colpisce allo
stomaco, perforando organi inutili e atrofizzati, altri ancora spaccano le
costole e si conficcano nei polmoni.
Le pallottole non fanno molto ad un vampiro, ma questa è la
prima volta che uno squadrone mi svuota tutti i caricatori addosso, è come
essere fatti a pezzi un brandello alla volta.
Un colpo mi porta via una guancia, scoprendo le zanne, perdo
la vista dall’occhio sinistro e non capisco se è più nella sua orbita, poi
piombo in mezzo a loro, trapassando lo stomaco al più vicino con la lama.
Vomita sangue, afferrando la lama terrorizzato. La estraggo, e cade a terra.
Sento passi alla mia sinistra, finalmente la mia velocità
sta aumentando, ho usato il sangue per accelerare oltre ogni limite mortale
all’inizio del balzo, ma servono un paio di secondi perché il mio corpo si
adegui.
Non è come se il mondo rallentasse, tutto diventa più
frenetico mentre i miei nervi e movimenti sembrano esplodere di attività.
Roteo verso destra e abbasso la lama sul primo che vedo.
Voglio colpirlo al collo, ma il mio taglio è un po’ in ritardo. Arrivo sulla
spalla, la spada sottile taglia muscoli e costole, squarciandogli il torace
come carta, e solo la seconda fila di costole mi impedisce di tagliarlo in due,
il sangue esplode in una fontana mentre gli uomini si allontanano terrorizzati.
«Cazzo!!»
«Oh merda!!!»
«Che cos’è?! Che cazzo è?!»
Mi sono messo in mezzo a loro per impedirgli di spararmi
senza colpirsi a vicenda, ma i più vicini a me sembrano aver smesso di badare
alla cosa. Il criminale alla mia destra va nel panico, cadendo a terra e
sparando una raffica che mi passa sopra la testa, ma il suo compagno no.
Mentre mi volto verso di lui incontro il suo sguardo, ha
perso gli occhiali a specchio, gli occhi sono sbarrati ed è mortalmente
pallido, ma riesce comunque a colpirmi con tutto quello che gli è rimasto,
sfruttando il rinculo dell’arma per una lunga raffica dal basso verso l’alto.
Le fiamme dell’arma mi accecano, e a questa distanza i
proiettili sembrano una sega che cerca di squarciarmi a metà dalla coscia al
collo. Dove colpiscono i muscoli vengono lacerati, le ossa ridotte in schegge e
io barcollo, capendo che una gamba non mi regge più, non posso neanche urlare,
la mia gola è stata aperta in due.
Buona parte delle ferite è scomparsa all’istante, la pelle
che si richiude immacolata come acqua dietro a un sasso, ma neanche la
maledizione dell’immortalità può far fronte a questo.
Quindi la aiuto.
«... cosa... no!! No!!!» il criminale urla nel panico,
vedendomi restare in piedi. Armeggia alla cieca con il caricatore, ma tutto
accade in meno di un secondo. Altro sangue corre alle ferite, la carne trema, i
muscoli si riabbracciano e si fondono. Sento l’occhio che mi penzolava contro
una guancia strisciare sulla pelle, mentre viene risucchiato nell’orbita e la
mia vista ritorna.
Un ringhio mi esce dalle fauci mentre i miei denti si
allungano contro la mia volontà.
Ne ho dovuto usare troppo. Ora ho fame.
E questo tipo è riuscito a farmi arrabbiare.
Il criminale ha solo il tempo di gridare, poi lo impalo con
la mia lama, trapassando il cuore, e scatto verso quello che si sta rialzando
da terra, sollevando l’arma con due mani. Non mi sono preso il disturbo di
liberarla dal corpo del suo compagno. L’abbasso, tagliando in due entrambi in
un’esplosione rossa.
Mi
volto, altro sangue viene consumato per tenere la stessa
velocità sovrumana. Uno schizzo rosso ha coperto un riflettore,
dando al
parcheggio un’aria infernale. L’asfalto è coperto di
cadaveri e viscere, e il fianco sinistro dei nemici è nel
panico, due di loro già
in fuga.
«È un mostro!!!»
Scatto di nuovo. Prima che le gocce di sangue abbiano finito
di colpire il terreno ho raggiunto il primo dei nemici, un ragazzo che sta
strillando lanciandomi contro la sua arma. Lo sorpasso ruotando su me stesso,
la lama manda un bagliore cremisi e il ragazzo ha finito di urlare. Le
pallottole dell’ultimo criminale rimasto a combattere colpiscono vicino ai miei
piedi e una mi trapassa un ginocchio.
«Non è umano! Non...»
Lo raggiungo mentre la testa del ragazzo cade al suolo. Un
solo fendente, voglio tagliare la gola ma sto perdendo il controllo della mia
forza, la punta dell’arma tocca una vertebra e tutta la testa gli si gira ad
un’angolazione innaturale. È morto prima di toccare il suolo, e i miei occhi si
sono già orientati verso la schiena di uno dei due in fuga.
Sento la Bestia fremere, come un leone che abbia visto una
preda dargli le spalle.
No.
Ricordo Bosworth, come abbiamo inseguito le masse degli York
in fuga, falciandoli da cavallo, e salto in avanti, l’odore del sangue e l’aria
fresca della notte che inebriano i miei sensi. Gli atterro sopra, buttandolo a
terra, mentre geme nel panico sollevo la spada per infilzarlo e...
Non era da cavaliere
allora. Non lo è adesso.
...stringo i denti, riguadagnando abbastanza controllo da
girare la lama nella mano per dargli una botta alla schiena con l’impugnatura,
facendolo svenire.
Sangue.
L’ultimo è arrivato alla macchina. Fa per aprire la
portiera, ma in un attimo lo ho raggiunto e afferrato.
Urla nel panico, dibattendosi mentre lo scrollo come una
bambola di pezza e lo sbatto contro la fiancata, bloccandolo. Un finestrino
esplode e l’intero veicolo oscilla. Il braccio dell’uomo sembra un ramo
spezzato, non mi sono neanche accorto di averlo rotto.
«... ti prego, ti prego...» ansima, lo sguardo folle di
terrore.
Ho troppa fame. Il mio sguardo si sposta sui miei compagni,
che sembrano essere riusciti ad avere la meglio dei poliziotti. No, non ce la
posso fare. O lui, o uno di loro...
Jesse...
«... avevo detto... di lasciarci andare...» è tutto quello
che riesco a dire, poi lo azzanno alla gola.
Sussulta, cercandosi di divincolarsi mentre bevo. È dolce,
troppo dolce, ogni mio pensiero viene annientato mentre sento il nettare caldo
colarmi giù per la gola.
Continua a dibattersi. Gli stringo il braccio rotto per
fargli capire di stare fermo, ma il suo lamento è fioco, disperato, come di chi
ha capito di non avere più nessuna speranza.
Lo sto uccidendo.
Urlo, mi sembra di lottare contro un fiume in piena, i miei
stessi muscoli mi vogliono impedire di staccarmi da lui, poi, con uno sforzo
che mi costa tutto quello che ho, lo lascio andare, indietreggiando.
L’uomo si affloscia come un sacco vuoto, svenuto ma ancora
vivo.
Un rivolo di sangue sta ancora uscendo dai buchi sul collo,
ma dovrà occuparsi qualcun altro di richiudergli le ferite, non mi faccio
illusioni su cosa accadrebbe se mi riavvicinassi. La mia fame è diminuita, ma
non ho ancora bevuto a sufficienza da fidarmi di me stesso.
Il mio sguardo vaga sulla scena da incubo che ho creato, il
sangue ha coperto il pavimento del parcheggio, cadaveri mutilati e pezzi di
quelli che una volta erano esseri umani giacciono ovunque tra i bozzoli di
proiettili.
Jesse è riuscito a catturare il capo dei criminali, l’uomo
dai capelli biondi, spostando l’auto di Cornel per bloccare la sua. Aveva
cercato di darsi alla fuga nel momento stesso in cui ero piombato sui suoi, ma
avevo dovuto ignorarlo per concentrarmi sulle minacce.
Nessuna traccia del suo amico, l’uomo di colore con la
giacca marrone che era rimasto in disparte durante il negoziato, senza dire una
parola. Non mi ero neanche accorto della sua scomparsa, e capisco chi era
davvero a capo dell’operazione.
Due dei poliziotti si sono arresi, ed uno stringe delle
banconote insanguinate come se fossero uno scudo contro di me, tremando dietro
a Paracelso.
Paracelso... è chino sull’altro uomo che ho risparmiato, ma
quando mi avvicino il suo sguardo teso mi congela.
«Cosa c’è?» chiedo.
Ho colpito troppo forte. L’uomo a terra ha tre costole
spezzate, e non solo si sono piegate verso l’interno, forando il polmone, ma,
dato che ho colpito vicino alla spina dorsale, una vertebra si è girata,
danneggiando i nervi e il midollo.
Anche se dovesse sopravvivere, probabilmente non potrà più
camminare.
Resto lì stordito a fissarlo per una paio di momenti, poi
una sirena in lontananza ci ricorda che i nostri problemi non sono ancora
finiti.
Questo posto sembra un mattatoio, i poliziotti stanno
arrivando e una mezza dozzina di criminali con armi automatiche uccisi da tagli
inflitti con forza sovrumana sono una violazione della Masquerade in piena
regola.
«Prendo l’esplosivo» dice Paracelso. Gli restituisco la
spada, notando solo ora come l’ho ridotta: l’impugnatura di legno è crepata e
deformata, devo averla stretta troppo, la punta e il filo si sono rovinati
quando li ho usati per tagliare attraverso le ossa e la lama è piegata in due
punti.
La mia spada è stata forgiata per sopportare la mia forza,
questa no.
Gli mormoro una scusa mentre la fissa attonito, poi vado a
raccogliere i superstiti e li carico in macchina.
Mentre usciamo sgommando dal parcheggio un’esplosione
squarcia la notte, devastando i corpi e camuffando quanto è accaduto,
rendendolo più accettabile agli occhi dei mortali.
Il principe di Tampa dovrebbe essere in grado di gestire le
cose da qui, un regolamento di conti tra bande, un negoziato finito male o
qualche storia simile, ma dubito sarà contento della cosa. Non saremo più i
benvenuti a Tampa.
Guardo Paracelso fare il possibile per tenere in vita l’uomo
a cui ho rotto la schiena. Solo quando mi sento proporre di trasformarlo in
Ghoul per aiutarlo a sopravvivere capisco quanto mi sento disperato.
Verso le gocce del mio sangue giù per la sua gola.
È tutto inutile. Ci muore tra le mani prima di uscire dalla
città.
***
Carlos
Respira.
Respira.
Respira.
Respira.
I rumori della battaglia che incorre alle mie spalle
sembrano affievolirsi, anche se il mondo sembra vorticare sempre con la stessa
velocità. Appoggiato al muro alle mie spalle creato da un mago-industriale del
diciassettesimo secolo sono coperto da sudori freddi, mentre il cuore continua
a battere ad un ritmo spropositato e non riesco a capire se sia la situazione o
l’ingente perdita di sangue.
Respira.
La mia protetta, che stranamente sembra essersi preoccupata delle mie condizioni, mi ha dato
un po’ del suo sangue e ha cercato di legarmi un pezzo del vestito a mo di
laccio emostatico e ciò sembra aver un po’ impedito lo sgorgare del sangue, che
continua a uscire a fiumi.
Cosa bisogna fare quando hai una pallottola nella gamba?
Sono stato uno dei pochi fortunati della mia zona a non
doverlo mai scoprire in passato. Di certo non avrei mai pensato di scoprirlo in
questo modo.
Cabron! Mi direbbe mia madre, colpendomi la testa con un minimo di
veemenza.
Cosa te pasa per la
cabeza?! Quieres morir?
Ah, la sempre dolce signora Pereira. Che non saprà mai nulla
di tutto ciò, che io viva o che io muoia.
Per fortuna è tutto finito.
In quel momento vedo comparire davanti a me ciò che sembra
un demone, sia dall’aspetto che dall’espressione rabbiosa e di odio sul suo
volto. Alto circa un metro e novanta, vestito di nero e coperto di sangue non
proprio, un cavaliere medievale munito di spada e croce al collo come un
talismano incombe su di me come una montagna dall’aspetto minaccioso. Passata
la sua arma ad un altro vampiro mi solleva come se fossi una piuma, neanche
fossi la fantomatica principessa delle fiabe da portare in salvo. Se non stessi
morendo dissanguato troverei la cosa vagamente imbarazzante. Nel frattempo la
piccola pazza gli trotterella dietro cercando di stare al suo passo,
estremamente preoccupata e le si può leggere in faccia che non ha la minima
idea di cosa fare adesso, e ciò non mi rassicura per niente. Se non altro però,
a quanto pare non sono l’unico a non aver mai affrontato una sparatoria, anche
se mi aspettavo che almeno lei, con millenni di esperienza, sapesse qualcosa di
combattimento, considerando che nonostante il suo fisico sa strappare la
trachea di un uomo a mani nude per poi prosciugarlo completamente.
Si, ho visto mentre lo faceva.
No, non è stato piacevole.
Se non altro era qualcuno che sembrava meritarselo, considerando
che aveva una pistola in mano e stava cercando di rapinarla. Che brutta
sorpresa che si è ritrovato.
E’ una donna, Carlos.
Non ha mai dovuto combattere contro altri vampiri. Al massimo ha dovuto …
Ok, meglio che mi fermi qui. Cassiopea riscuote sempre un
enorme successo nel mondo maschile ma non è un buon motivo per darle della puta, nonostante ammetto che sia una
ragazza molto facile per certi versi.
Irwin mi appoggia malamente sul sedile posteriore
dell’Hammer e gli altri non morti si affrettano a salire in auto prima che
arrivi la polizia, le cui sirene incominciano a sentirsi in lontananza. Avrei sperato fosse arrivata prima, considerando che il
chiamarla è stato il motivo per cui mi hanno sparato.
Hijo de puta. La
delicatezza non è il tuo forte eh?!
Il sangue continua a sgorgare copiosamente e incomincio a
vedere del nero pece attorno al mio campo visivo. I sudori freddi sono
aumentati. Sto per svenire.
Respira.
<< Hey, HEY! Svegliati! Rimani con me! >> Dice
la greca scuotendomi dall’inizio del mio torpore << Andrà tutto
bene… Andrà tutto bene >> Incomincia a ripetere poi in maniera
compulsiva e terrorizzata.
Rassicurante.
Assieme a me viene messo sulla macchina un
altro ferito, uno dei nostri aggressori. L'unica cosa che mi impedisce
di incominciare a sbraitare e chiedere perchè ce lo stiamo
portando dietro è la pietà, caratteristica che non sembra
esserere comune tra questi mostri.
L'uomo, disteso affianco a me e liberato
dalla giubba antiproiettile, continua a gemere. Mentre il suo petto si
alza e si abbassa con il respiro, incerto, le costole si muovono in
maniera innaturale. L'odore di polvere da sparo, sangue e sudore mi
invadono le narici, dandomi la nausea. Anche la posizione dell'uomo
è innaturale, quasi scomposta. Per un momento sono quasi felice
di quello che mi è capitato, rispetto a questo disgraziato.
Realizzo in quel momento, in maniera quasi
automatica, che questi mostri sono non morti. Che si nutrono di sangue.
E io sto morendo dissanguato
sul sedile posteriore dell’auto di uno di questi, neanche fossi
della coca
sventolata sotto il naso di un dopado.
Se anche solo ad uno di questi partono i cinque minuti finirò per non arrivare
a vedere l’alba di domani.
Che magnifica serata! Penso
sarcastico, cercando di trattenere l'isteria.
Qualcosa di grosso viene messo in malo modo
nel bagagliaio dell'auto. Il fatto che quel qualcosa continui a gemere
e a divincolarsi, facendo vibrare la grossa macchina su cui sono stato
posto mi fa venire un'ondata di panico.
Il bagagliaio dell'auto viene chiuso violentemente.
Meglio non pensarci, ho altri problemi a cui badare.
Sono circondato da una combriccola di non morti
completamente diversi tra di loro, per la precisione un oracolo dell’Antica
Grecia, un cavaliere medievale inglese, un industriale scozzese del ‘700 (e già questo dovrebbe denotare qualche problema),
un gangster afroamericano, un informatico paranoico di
non-si-sa-dove-perché-non-ce-lo-vuole-dire-porque- tienes -una- escopa-
en-el-culo, e un vampiro che non vuole essere un vampiro e per questo viene
bullizzato dagli altri vampiri.
Viste queste premesse, sono davvero fortunato ad
essere nelle condizioni in cui sono. Ammesso che io sopravviva.
L'auto parte con un leggero rombo, mentre l'altro uomo ha incominicato a tossire violentemente.
Mi volto verso di lui, e noto che ciò
che sa tossendo è altro sangue. Altre goccie di sudore
incominciano ad imperlare la mia fronte.
Non voglio morire.
<< Non c'è niente da fare,
Irwin. Sei sicuro di non volerlo rendere un tuo ghoul? Forse potrebbe
allungargli la vita, ma è un tentativo davvero disperato...
>> Dice Paracelso, seduto davanti a me, mesto.
Il Bruto rimane in silenzio, ma avrei potuto giurare che sulla sua faccia si fosse dipinta un'espressione cupa.
Trattengo una risata, folle, mentre la rabbia mi invade.
Paradossalmente mi sembra uno di quei bambini
troppo cresciuti per la loro età, che una volta che gli è
stato rotto il giocattolo, incomincia a dispiacersi.
Beh, la prossima volta potevi pensarci prima. Gli umani non sono giocattoli. Non sono burattini.
Io non lo sono.
La mia vita vale molto più di un'attimo, nonostane quello che sembra pensare il mio domitor.
In quel momento sento squillare il mio telefono.
TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN TA-TAN.
La “Marcia di Darth Vader” incomincia a risuonare come una
promessa.
Altri guai in arrivo, come se non fossero abbastanza.
TAN TAN TAN TAN TA-TAN TAN-TA-TAN
<< Qualsiasi cosa succeda non rispondete! >>
Esclamo con voce rotta dal dolore.
E’ il Primo Malkavian, e non sto rispondendo al telefono da
più di un’ora. Il mio datore di lavoro si starà già facendo prendere dal panico
non sapendo come sta la sua preziosa sorellina.
Sono in guai seri, ma se rispondo adesso lo sarò ancora di più.
La macchina è già partita da un po', quando il rumore di un'esplosione rimbomba alle nostre spalle.
L'uomo affianco a me spira, emettendo l'ultimo rantolo gorgogliando sangue.
Risponderò più tardi.
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Capitolo 13 *** Ritorno all'Equilibrio ***
(13) Ritorno all'Equilibrio
Ritorno all'Equilibrio
Cassiopea
Apro la porta dell’auto e salutando tutti frettolosamente mi
affretto con Carols in braccio verso l’ascensore.
Dannazione.
Non so come si usa un ascensore, in genere è Carlos a far
funzionare questi cosi di metallo o un altro dei miei ghoul. Osservo l’umano
tra le mie braccia: bocca socchiusa, respiro affannato e sudori freddi.
Di certo non è nelle condizioni di potermi aiutare.
Merda.
Decido di premere un
pulsante a caso, le porte dell’ascensore si chiudono e la gabbia di metallo
incomincia a salire.
Sbrigati.
Sbrigati.
Sbrigati .
Sbrigati.
Sbrigati, maledizione!
<< PRIMO PIANO >> Dice una voce femminile.
Grazie a Zeus.
Le porte dell’ascensore si aprono, rivelando il primo piano
dello Xenia con il bar e tutto il resto.
<< ANDREW! >> urlo
Vedo Andrew correre trafelato verso di me ed entrare nell’ascensore.
Fortuna che sono le quattro del mattino e il bar ha già chiuso da tempo,
altrimenti il tutto sarebbe stato orribile per gli affari. Una nota positiva in
tutta questa sfortuna.
<< Che è successo? >> Mi chiede visibilmente
preoccupato mentre preme uno dei pulsanti, speranzosamente quello del secondo
piano con l’infermeria.
<< Siamo stati coinvolti in un imboscata >>
Le ante della gabbia si chiudono ed essa incomincia a
salire.
<< Chiama il Maestro della Carne, lui saprà cosa fare
>>
<< SECONDO PIANO >>
Le porte si aprono e sempre tenendo Carlos tra le mie
braccia mi avvio verso la stanza con il lettino da ospedale.
<< Andrew! >> Chiamo di nuovo, appoggiando con
non molta delicatezza il ghoul sul letto e strappandogli un gemito.
<< Si? >>
<< Procurati anche del cibo, non si è ancora nutrito
>>
<< Ehm ok … Cosa? >> Mi chiede Andrew spaesato.
Sono le quattro del mattino e davvero poco è aperto a quest’ora. Le vacche
dormono già da un pezzo a questo punto del giorno.
<< QUALSIASI COSA MANGIATE VOI MORTALI! >>
<< Ok … Ok … >>
Vedo Andrew scappare verso l’ascensore. Faccio stendere
Carlos sul lettino, slego la cintura che era stata legata alla gamba come
laccio emostatico da Paracelso al posto del lembo del mio vestito, ed
incomincio a slacciargli i pantaloni frettolosamente per poi toglierli. In
altri momenti, più tranquilli, avrei pensato che era la prima volta che
slacciavo i pantaloni ad un uomo per un motivo tanto drammatico. A questo gesto
il ghoul corruga le sopracciglia, e stringendo le labbra si irrigidisce, quasi
a volersi ritrarre, facendo uscire un altro fiotto di linfa vitale dalla ferita
come risposta. Non so cosa significhi e sinceramente non mi interessa: c'è una
situazione più urgente a cui pensare. Infine incomincio a detergergli la ferita
alla gamba con un panno imbevuto d'acqua, cercando di liberarla dalla sporcizia
e dalla polvere nera delle armi automatiche e incomincio a parlare. Di
qualsiasi cosa. Mi hanno detto che è importante che un umano arrivato a questo
punto non si addormenti, o potrebbe non svegliarsi più. Ogni tanto, mentre
passo da un discorso all’altro, osservo il volto di Carlos. Se prima aveva solo
un’espressione dolorante, adesso ne ha anche una molto stranita. Mi accorgo
solo in quel momento, passandogli la
spugna sulla ferita, che mentre parlo sto passando da una lingua all’altra,
seguendo il flusso dei miei pensieri. In questo esatto istante sono riuscita a
passare dall’inglese, al greco, al latino nell’arco della stessa frase. Inoltre,
per quanto ormai il corpo non mi tremi più dall’agitazione come quando ero in
vita, la voce per quanto ferma ha un certo tono isterico che mi accorgo essere
davvero poco rassicurante.
Mi dispiace.
Mi dispiace per questa situazione così
folle, in cui ha rischiato la vita a causa del mio scarso autocontrollo. I
sensi di colpa e il panico mi stanno attanagliando.
Sarà passata poco più di
una mezz’ora quando sento la porta dietro di me aprirsi, e voltandomi vedo entrare
Mathew Rosebringer, uno dei ghoul del Maestro della Carne, quello che mi
conosce di più. Egli è alto, biondo con gli occhi azzurri e gli occhiali dalla
montatura sottili, munito di camice aperto da cui si vede una camicia bianca a
righine blu. Ha un po’ di occhiaie,
tipiche di chi non è abituato a svegliarsi a quest’ora della notte.
<< Buonasera… >> Lo saluto
<<
Buonasera. >> Risponde egli avvicinandosi,
prima di posare la sua borsa per poi osservare le condizioni della
ferita di
Carlos, con aria quasi disinteressata. Probabilmente questo per lui
deve essere il suo pane quotidiano considerando la fama del suo domitor.
Dopo
qualche momento, avendo osservato con più attenzione e toccato
con mano la gravità della lesione afferma << Siete stati
fortunati, la pallottola ha mancato di poco
l’aorta. Qualche centimetro più a destra e sarebbe stato
spacciato. >>
<< Vivrà? >>
<< Certo, non si preoccupi. Vada pure a rinfrescarsi
signorina Person, da qui in poi me ne occupo io. Ha passato davvero una lunga
nottata. >>
Solo in quel momento mi accorgo delle mie condizioni. Il
vestito argentato e una volta molto elegante
è strappato in più punti ed è coperto dal sangue di Carlos. I capelli
sono arruffati dalla battaglia e il mio viso è impolverato e un po’ sporco di
terra. Sono davvero impresentabile.
<< D’accordo, la ringrazio. >>
Esco e mi dirigo verso la cabina armadio, dotata anche di
bagno. Mi faccio una doccia veloce, anche se in quel momento la vasca
idromassaggio sembra davvero molto più appetibile, mi asciugo, mi pettino e mi
metto in pigiama. Non vedo l’ora di andare a dormire. Per rendermi un minimo
più presentabile mi metto sopra il pigiama una vestaglia di seta color
acquamarina. Infine mi metto le pantofole e mi dirigo verso la stanza frigo, piena
di sacche di sangue, dove bevo fino a saziarmi. E’ stata dura combattere contro
l’istinto di bere Carlos fino a prosciugarlo, ma per fortuna ce l’ho fatta. Non
so se sarei riuscita a perdonarmi un’azione simile, soprattutto dopo tutto
quello che ha fatto per me, e che continua a fare ogni giorno. Mi pulisco la
bocca e passo di nuovo per la cabina armadio per prendere la pochette con
dentro il portafoglio e dei vestiti puliti per il ghoul, per poi rientrare
nell’infermeria. Una volta giunta nella stanza mi avvicino verso Carlos. Il
respiro si è fatto più regolare e mi accorgo che la sua espressione è meno dolorante
e che la sua gamba è stata ricucita. Sul carrellino vicino al letto, in una
vaschetta di metallo, noto una piccola pallina di metallo coperta di sangue.
<< Gli ho fatto un’anestesia parziale in modo che non
sentisse il dolore durante l’operazione, è in grado per il momento di muovere
la parte alta del busto ma non le gambe. Non si preoccupi comunque, dovrebbe
riacquisire questa capacità entro uno o due giorni. Entro una settimana, grazie
al sangue di Cainita e un po’ di esercizio fisico dovrebbe tornare come nuovo,
anche se la cicatrice rimarrà. >>
<< La ringrazio davvero per tutto quello che ha fatto.
Quanto le devo? >>
<< Il Maestro le farà sapere quando avrà bisogno di
qualcosa. >>
<< D’accordo, buonanotte allora >> rispondo io
<< Buonanotte >>
Prima di uscire il medico abbassa lo sguardo e cerca di
trattenere un sorriso divertito senza molto successo. Abbasso lo sguardo anche io. Ai piedi ho delle
adorabili ciabatte molto morbide e a forma di mucca. Rialzo lo sguardo
inarcando un sopracciglio con aria davvero poco rassicurante. Per quanto mi
riguarda le mie ciabatte potrebbero anche essere a forma di membro maschile ma
il ghoul di un Vile non dovrebbe mai azzardarsi a ridere di un Anziano di cui è
noto il Clan. Matthew rialza lo sguardo e rendendosi conto della gaffe, imbarazzato,
esce dalla stanza. E’ fortunato che io sia troppo stanca per litigare,
altrimenti penso che in occasioni migliori gli insulti non sarebbero bastati. Il medico fa in tempo ad uscire che arriva
Andrew, sventolando un sacchetto con il logo di un ristorante asiatico.
<< Non è
esattamente quello che si suole dire salutare, ma è quello che sono riuscito a
trovare >>
<< Andrà bene comunque >> mormora Carlos
sorridendo lievemente
<< Perché? Cosa sarebbe salutare per un umano?
>> Chiedo incuriosita. Saranno secoli che non provo a mangiare qualcosa.
Mentre Andrew mi spiega in che cosa consiste esattamente la
dieta di un essere umano, prendo altre due sedie, una per lui ed una per
appoggiare il cibo. Infine mentre gli umani si nutrono incominciamo a ridere, a
scherzare e a raccontare come è andata la nostra avventura a Tampa. Quando
hanno tutti finito di mangiare da un po’, Andrew dice che è ora per lui di
andare a casa.
<< Grazie mille per tutto quello che hai fatto stasera
Andrew, dovrò darti un aumento prima o poi >> gli dico mentre lo
abbraccio per salutarlo
<< Ammetto che sarebbe apprezzato >> risponde
lui con il suo solito sorriso di sbieco, rispondendo all’abbraccio. <<
Buonanotte >>
<< Buonanotte >> lo saluta Carlos, mentre il mio
barista chiude esce dalla stanza e chiude.
Rimaniamo infine io e il mio attendente. Lo
aiuto a mettersi dei vestiti comodi e puliti e dopodiché mi sdraio affianco a
lui sul lettino da ospedale, stando attenta a non fargli male. Mi accoccolo con
la testa sul suo petto, che si alza e si abbassa grazie al suo respiro ed
incomincio ad accarezzargli i riccioli bruni. E’ caldo, ha il calore di un
essere vivente, calore che trovo rassicurante e che ricordo un po’ con
nostalgia. In quel momento noto anche i lineamenti del suo viso, rasato da poco
in vista dell’asta, regolari e un po’ decisi e la pelle liscia e abbronzata,
tipica delle persone che provengono dalle terre dove il Carro Solare è più
visibile. E’ un bell’uomo, non me ne ero mai resa conto fino ad adesso. Mi
rendo anche conto che dopo questa sera Carlos potrebbe decidere di lasciarmi
dopo tutto ciò che è successo, visto tutti i pericoli che ha corso.
A causa mia.
E’ solo colpa mia se
è stato ferito in tal modo, non avrei dovuto coinvolgerlo.
Non avrei dovuto portarlo a Tampa con me.
Il pensiero che possa lasciarmi mi è insopportabile.
<< Ascolta >> gli dico, accarezzandogli il viso
<< Non posso prometterti che questi incidenti non capiteranno più. Non
sempre la vita di un ghoul è facile. Ma posso prometterti che farò tutto ciò
che è in mio potere perché ciò non accada di nuovo. >>
<< D’accordo >>
Mi dice lui con gli occhi socchiusi. Non riesco a decifrare la sua
espressione. Sembra … Rilassato?
Incurante? Non ne ho la più pallida idea.
<< Davvero? >> Chiedo << Ci tengo che tu viva. >> Aggiungo
poi a voce più bassa, nascondendo il viso contro il suo petto. Penso che
questa sia una delle manifestazioni di affetto più dirette e sincere che io sia
riuscita a fare nel corso degli ultimi due secoli, se non si conta Jayden, Primo
Malkavian e mio salvatore.
<< Certo. >> Mi risponde, stringendomi un po’ a
se prima di baciarmi la fronte. << E’ mio dovere assicurarmi che tutto
vada per il meglio, nonostante i possibili pericoli. >>
Mi volto dall’altra parte dandogli la schiena e chiudo gli
occhi << Va bene. Allora buonanotte >>
<< Buonanotte. >>
<< Ah, Carlos? >>
<< Si? >>
<< Evita di respirare troppo rumorosamente. La cosa mi
infastidisce. >>
<< D’accordo. >>
Lo sento ridere sommessamente mentre chiudo gli occhi,
pronta finalmente ad addormentarmi. Domani sarà una lunga nottata, la Contessa
mi aspetta.
***
Irwin
Scendo le scale che portano all’appartamento con passi lenti
e pesanti.
La mia confessione è andata esattamente bene quanto mi
potevo aspettare.
Nonostante abbia scelto una chiesa nel distretto più povero
e violento di Miami, al prete non deve essere capitato spesso di sentirsi
confessare sette omicidi in una volta sola, e nascondere i dettagli più...
innaturali senza mentire è stata un’impresa.
Ho di nuovo la mia assoluzione. La mia anima è “salva”,
almeno fino alla prossima volta in cui dovrò uccidere ancora. E ancora, e
ancora, fino al giorno del giudizio...
Per quanto ancora sarò in grado di provare rimorso? Senza
pentimento non può esserci assoluzione, e ho visto come l’eternità succhia dai
Cainiti la loro umanità, goccia dopo goccia...
Raggiungo la porta, e gli strani rumori provenienti da
dietro di essa mi riscuotono.
Una battaglia?
Apro la porta con calma e, come mi aspettavo, trovo Jesse
seduto sul divano davanti al televisore.
«Ciao» mi dice assorto. «Ci hai messo parecchio a tornare»
«La chiesa era lontana. Non sei andato al lavoro?»
«Non avevo voglia, posso permettermi un “giorno di malattia”
ogni tanto».
Lo scruto per un attimo, leggendolo come un libro aperto.
Apprezzo il tentativo, ma non sono dell’umore per avere compagnia, né mi va di
deprimerlo con i miei pensieri.
«Capisco. Andrò ad allenarmi di là, allora».
«No, aspetta, volevo chiederti una cosa, ci sono leggende
sul bastone di Merlino? Perché qui dice che gli è stato dato dai cavalieri di
Iacon...»
«Da chi?» guardo lo
schermo, dove degli enormi uomini di metallo parlano tra loro. «Cosa centra
Merlino con dei... robot?»
«Si chiamano Transformer, davvero non ci sono leggende sui
cavalieri di Iacon? Hanno aiutato re Artù contro i sassoni...»
Guardo di nuovo il film, poi fisso Jesse, perplesso.
Che diavolo di problemi ha quest’epoca?
Lui si limita a sorridere e a dare un paio di colpetti sul
posto accanto a lui sul divano. «Guarda, lo rimetto dall’inizio. Ti faccio
vedere solo i primi cinque minuti, così mi spieghi, ok?»
Metto giù la borsa della spada e mi siedo, arrendendomi.
Jesse si mette a blaterare di guerre tra robot da altri
mondi, non capisco una parola e né ho idea di cosa sto vedendo sullo schermo.
Dopo un quarto d’ora ho già smesso a provare di dare un
senso a quello che succede e mi limito ad annuire, ma va bene così.
«Ehi, dopo possiamo vederci tutta la serie se ti piace!
Dovrei avere i dvd da qualche parte... se ti va ovviamente?»
«... Se insisti».
Vedo il suo volto illuminarsi, e solo ora mi accorgo di avergli
sorriso, mentre rispondevo.
Sì.
Va bene così, in fondo.
***
Paracelso
Tornato da Tampa e dato le
“dovute” spiegazoni a chi di dovere sul nostro operato è ormai da qualche
giorno mi sono rimesso al lavoro. Le mie ricerche sono fin troppo voraci e ho
dovuto rimettermi in pari.
Sfogliando la mia agenda
guardo il simulacro che gioca poco distante da me... no in effetti non gioca,
fa solo la serie di movimenti per cui è stato programmato. Una vena di disgusto
mi assale, che sia verso me stesso o quella creatura cambia poco. Le somiglia
ma è solo un imitazione. Devo smetterla di crearla nei momenti cupi, senza
contare che lo spirito che mi affligge si comporta in modo strano quando lo
faccio, nonostante i miei tentativi non capisco cosa voglia dire. Noto dei giocattoli
muoversi da soli... sembra volerci giocare. Stupido fantasma, non capisce
neanche cos'è.
Dopo un po' mi alzo di
scatto dalla scrivania << Mi avete scocciato tutti e due! >> grido.
Ricevo solo lo sguardo
vuoto di quel volto infantile. Sospiro e abbasso lo sguardo su ciò che stavo
facendo. Dall' agenda spunta l'angolo di un biglietto da visita, che esso sia
uscito quando mi sono alzato?
Oppure...
Mi guardo attorno. Più in
fondo alla sala due campanelle sferiche da cavallo dondolano svogliatamente sul
posto, risalgono alla Londra vittoriana. Non dovrei stupirmi, egli mi segue da
allora.
Prendo il biglietto uscito
dall'agenda, è quello che mi ha dato Wilhelm Kramer all'asta.
<< Ma si >>
dico sovrappensiero, mettendolo nel taschino interno della giacca.
Premo il tasto del
l'interfono
<< Seth, avrei bisogno di fare una
commissione, vediamoci in garage appena possibile >> Dico, alzando lo
sguardo mentre rilascio il pulsante << Voi state qui a giocare e tu...
>> Dico, rivolgendomi alla stanza << Non provare a seguirmi o
troverò un modo di liberarmi di te >> cercando di imprimere tutta
l'autorità possibile nelle mie parole.
<< Si signore
>>
Mi giro di soprassalto,
prima di rendermi contro che era solo la risposta di Seth alla mia richiesta.
Mi aggiusto la cravatta ed esco prendendo cappotto, bastone e orologio.
Mentre attendo l'arrivo
della mia guardia del corpo nel ampio garage compongo il numero sul biglietto
da visita.
<< Kramers Antiques, come posso
servirla?>> Dice una voce sulla quarantina, non è Wilhelm, direi .
<< Salve, mi
chiedevo se fosse possibile vedere il titolare >> Dico.
<> Mi chiede il mio interlocutore.
<< Veramente no, se
non è disponibile sta sera potrei prenderne uno immagino, provi a dirgli che
Paracelso avrebbe piacere di vederlo >>.
Dopo qualche istante di
silenzio la voce risponde << Mi dia un attimo >> Prima che
incominci a suonare Greensleeves dal dispositivo. Perché questo brano sia così
frequente come musica d'attesa non lo capirò mai.
Dopo qualche minuto il
commesso riprende la linea.
<< E' fortunato, il signor Kramer
potrebbe riceverla tra tre quarti d'ora circa >>
<< Perfetto, grazie.
Allora a tra poco >> Dico prima di riattaccare.
Sento la saracinesca del
locale aprirsi e vedo Seth avvicinarsi all'auto.
<< Buona sera
>> Dico rivolgendogli un sorriso.
<< Buona sera a lei
signore, dove desidera che la porti? >>.
Con precisione gli lancio
il biglietto da visita. Seth è uno dei pochi con cui farei qualcosa del genere.
Lo afferra al volo ma non riesce a trattenere un grugnito di dolore.
Lo guardo torvo <<
Davvero? Ancora? Non ti ho fatto recuperare l'uso delle gambe perché tu ti
facessi massacrare in un combattimento clandestino >> Dico, serio.
Egli distoglie lo sguardo
e risponde << ... Mi scusi signore, ultimamente è tutto troppo
tranquillo, quando siamo andati a Tampa non ho visto altro che l'hangar di un
eliporto... speravo in un po' di movimento >>.
Guardo il ragazzo imbarazzato
<< Quando è l'ultima
volta che ti ho detto che sei una testa di rapa, Seth? >> Chiedo,
tranquillo.
Il ghoul alza lo sguardo
stupito.
<< Non lo ricordo signore, sono una
testa di rapa >> risponde nascondendo un sorriso.
<< Testa di rapa e
lingua lunga... farai strada nella vita >> Commento seccato, entrando in
auto << ...Se non ti farai ammazzare, figliolo >>
<< Non succederà signore >> Mi
risponde veloce arrossendo. << ... Ed evita le arene del giro della volta
scorsa, sai che potrebbe andare molto peggio >>
<< Si signore...>> Risponde più
lentamente.
Partiamo, il viaggio fino
al negozio è tranquillo, si trova in un quartiere non sfarzoso quanto mi sarei
aspettato ma certamente non malfamato, la via è disseminata di negozi risalenti
agli anni 50'. Ci fermiamo davanti a uno di questi. Ha le vetrine sporgenti
come si usava al tempo, con gli infissi dipinti di blu scuro e l'insegna
scritta sulle vetrine in un "Riemann Theatre" ramato. L'interno è
illuminato, il tipico negozio anni 50', anche se con vetrinette, bancone e
pavimento in legno, un poco logoro in effetti. Allungo dei soldi a Seth e gli
dico di trovarsi qualcosa da fare che non comprenda la violenza fisica, poi
entro.
Il rumore di una
campanella sancisce la mia entrata e il commesso con cui avevo evidentemente
parlato poco prima mi accoglie.
<< Benvenuto da Kramers Antiques, mi
dica se posso fare qualcosa per lei >>
E' sui quarant'anni, di
bella presenza anche se abbastanza pasciuto. Porta capelli lunghi legati in una
coda e un bel bracciale al polso.
<< Buona sera, ho
chiamato poco fa, visto che sono un po' in anticipo pensavo di dare un occhiata
in giro intanto >> Rispondo.
Il negozio contiene una
grande quantità di qualsiasi vecchio pezzo che dica " Europa secondo gli
americani", anche se qua e la si trova qualche pezzo di effettivo
antiquariato. Spero abbia qualcosa di meglio.
Parlando con il cassiere
scopro che hanno anche armi d'epoca, tra cui una Colt originale e una coppia di
Smith and Wesson intarsiate da duello.
<< Davvero? Una Colt
originale? Sarebbe possibile vederla?>> Chiedo con trasporto.
<< Purtroppo non
teniamo questo genere di articoli in negozio per motivi di sicurezza, ma
abbiamo un catalogo dal quale visionare i pezzi>> Mi risponde con mia
delusione il commesso.
<< Ah si, le due
Smith and Wesson sono vendute solo in coppia, appartengono a un vecchio ordine
mai ritirato >> aggiunge voltando la pagina per mostrarmele.
<< Beh sarebbe a
prescindere un peccato dividerle >> rispondo sfogliando il catalogo delle
foto.
Torno a scorrere le foto
della pistola precedente.
<< Ho sempre voluto una Colt >> Aggiungo
possando lo sguardo sull'elegante C a firma del revolver.
Una delle immagini mostra
la pistola contenuta in una custodia di legno rossiccio tappezzata di stoffa beige
e contenente tutto il necessario per la cura e ricarica dell'arma. Decisamente
uno dei primi modelli del celebre inventore, un revolver “Colt Walker”, nome
derivante dalla collaborazione con il capitano Samuel Walker per realizzare
l'idea avuta anni prima da Colt. Un arma certo ancora allo stato embrionale in
quanto caratteristiche tecniche, ma con un' eleganza propria della mano di un
grande artista. L'impugnatura è in legno coordinato a quello della scatola,
ricurva in avanti per congiungersi a un corpo in acciaio con placcatura in
ottone che va via via a ridursi al rastremarsi del profilo dell'arma, lasciando
del tutto il posto al colore scuro dell'acciaio sulla canna. Il tamburo
istoriato può contenere 6 proiettili calibro .44.
Anche se potente era forse
un po' troppo ingombrante e pesante, tuttavia oggi rappresenta per me il primo
geniale passo verso un innovazione rivoluzionaria, forse violenta ma non di
meno rilevante nella storia umana.
Mentre faccio queste
riflessioni noto una persona entrare dal retro del negozio, alzo lo sguardo e
vedo l'aspetto umano di Wilhelm.
<< Benvenuto nel mio
negozio Paracelso, a cosa devo questa visita? >> mi chiede avvicinandosi.
<< Beh, hai un
negzio di antiquariato e io sono un collezionista, non potevo non fare un salto
>> rispondo.
<< La maggior parte
è robaccia, viene dall' Europa ma non ha davvero un gran valore, sai, per
quelli che non ne capiscono granché >> Dice, osservando cosa sto
consultando dal catalogo << Questa però è originale, hai buon occhio.Vengono
quarantamila la Colt e cinquantamila le due Smith & Wesson. Piuttosto le
andrebbe di vedere dei pezzi che non sono aperti al normale pubblico?>>.
<< Beh se me lo
chiede così non posso rifiutare >> Rispondo sorridendo, dopodichè faccio
un cenno di ringraziamento al commesso mentre seguo Wilhelm nella porta da cui
è entrato.
Il proprietario mi conduce
in un magazzino con molti scaffali carichi di pezzi. In effetti ne vedo di
decisamente più interessanti: da quelle che sembrano essere varie prime
edizioni, a una cassetta di sicurezza borchiata italiana dei primi del '800, un
set da cucito francese settecentesco, fino a icone religiose.
Una volta soli mi chiede << Le disturba
se assumo il mio aspetto? >>
<< Se non disturba
lei non ho nessun problema in merito >> Rispondo tranquillo.
<< Grazie, trovo
molto scortese mantenere questa maschera se non necessario, è fatta per
ingannare >>.
Mentre dice ciò lo vedo riassumere il suo vero
aspetto da nosferatu. Lo avevo già visto a Tampa, ma qui la luce lo rivela
decisamente con più chiarezza: il suo corpo è scheletrico, mentre dei bubboni
dal aspetto malato compensano questa magrezza eccessiva, apparendo su tutte le
sue membra bianche che tendono al giallo e dall'aspetto vagamente itterico. I suoi occhi
sono infossati in modo inquietante, e porta i capelli bianchi e unticci legati
in un riporto.Benché il suo aspetto mi colpisca non è il primo Nosferatu che
incontro o con cui sono in rapporti abbastanza stretti da vederlo con il suo vero
aspetto.
Ah, Mr
Welch, Haste Ye Back Bowfing Scunner!*
A guardarti non ti avrebbe voluto
bene neanche tua madre, ma io si.
Ci fermiamo davanti a uno
scaffale in fondo alla stanza.
<< Crede nelle leggende signor
Paracelso? >> Mi chiede, prendendo un paio di cassette e posandole sul tavolo
al centro della stanza.
<< Beh, non
apparterrei più al mio clan se rispondessi di no >> Rispondo incuriosito
dall' introduzione.
Il Nosferatu apre le
cassette, rivelando una Colt calibro .45 dal design pulito ed elegante con
l'impugnatura in noce e il corpo in semplice acciaio abbellito dal tempo, e una
pistola piccola a colpo singolo, una Derringer tozza con un impugnatura
ricurva, di fattura molto elegante e il castello scavato nel legno chiuso con
una placca istoriata color cremisi. Entrambe erano accompagnate con alcuni dei
loro colpi accuratamente riposti nella custodia.
Guardo incuriosito il
sorriso malizioso di Wilhelm << Cosa sa dei miti del vecchio West?
>> Mi chiede, avvicinando il revolver.
<< Beh più della
maggior parte delle persone, ma a dirla tutta non sono un esperto, non è
esattamente il mio campo. Di chi era quest'arma? >> rispondo.
<< Ha davanti una
delle due armi del famoso sceriffo Wyatt Earp, un pezzo davvero unico >>
Mi dice con soddisfazione.
La guardo con attenzione
<< Un pezzo davvero degno di nota >> Commento affascinato << Non
era lo sceriffo che non fu mai colpito in una sparatoria e che pare fosse
infallibile con la pistola? >>
<< Proprio lui, o
almeno questo è il mito che è arrivato a noi >> Mentre lo dice mi avvicina la pistola a colpo
singolo << Questa invece è la pistola usata per uccidere il presidente
Lincoln >>.
Lo guardo stupito <<
Questa dovrebbe stare in un museo, come l'ha avuta? >> Gli chiedo,
ottenendo solo un sorrisetto misterioso che risulterebbe piuttosto terrificante
ad un altro.
<< Visto ciò che è
legato a quest'arma si può dire che abbia un certo potere, una carica
metafisica se vogliamo definirla tale >> Commenta, sollevandola con dei
guanti di cotone sulle mani simili ad artigli.
<< Beh, sicuramente
è possibile, anche se non ritengo che sia certamente una carica positiva, è
l'emanazione di un regicidio, un atto d'odio e distruzione. Benché rappresenti
un pezzo di storia estremamente significativo non credo faccia per me >>
Rispondo con un pelo di rammarico.
Avvicino la scatola
contenente la pistola dello sceriffo Earp << Questa d'altro canto se ha
qualcosa del suo proprietario sarebbe un talismano portafortuna perfetto
>> Commento, rigirandola in mano come se potesse rompersi da un momento
all'altro.
<< Per questi
oggetti forse potremo accordarci diversamente dai comuni pagamenti in denaro e
piuttosto effettuare uno scambio come consuetudine tra noi Cainiti. Ah,
preferisce usare il lei o passare al tu? >> mi chiede.
<< Come più le
aggrada, mi sono abbastanza abituato ai modi informali di questo secolo >>
rispondo cortesemente.
<< Allora
proseguiamo con il lei per il momento >> Propone Wilhelm.
<< Per quanto
riguarda il pagamento invece penso che possa andare bene >> Ribatto
<> chiedo.
<< Nulla di preciso
attualmente, ma posso chiederle una cosa? Lei è venuto da me questa sera anche
per qualche altro motivo? Oltre allo shopping intendo >> Mi chiede.
<< Stavo appunto
cercando un momento per parlarne. Innanzi tutto vorrei porgerle le mie scuse
per gli attriti avvenuti tra lei e i miei compagni di gruppo, la faccenda si è
svolta in modo decisamente infelice e lei, o la sua macchina, ne avete pagato
il prezzo più salato. Di questo me ne dispiaccio. La reazione di Irwin ritengo
fosse commisurata alla minaccia che avrebbe potuto rappresentare per noi ma non
a quella che ha poi rappresentato nei fatti. Non posso ignorare il fatto che se
le cose fossero andate diversamente sarebbe potuta essere un esperienza proficua
per entrambe le parti. Ecco perché sono qui, non voglio ripetere l'errore di
sprecare le potenzialità di un rapporto di mutuo beneficio. Spero di non esser
stato troppo sfacciato>> Rispondo, tentando di valutare l'impatto che le
mie parole hanno avuto sul Nosferatu.
Egli sembra prendersi
qualche momento per soppesare le mie parole << Beh sicuramente mi dovrò
rivalere delle azioni di quel gorilla... >> inizia a dire.
Lo interrompo dicendo
<< Beh ritengo possa comprendere che a pedinarci potevano essere persone
decisamente più pericolose per i nostri intenti e per questo ha agito in modo
violento. Non lo giustifico ma ritengo sia un altro con cui un rapporto
pacifico può risultare benefico, trovo molto tranquillizzante averlo dalla mia
parte della barricata in eventi pericolosi >>.
Ancora una volta soppesa
le parole << ... Come dicevo ritengo dovrei rivalermi con lo sceriffo
delle azioni di quel bruto >> Continua, non posso sapere se volesse dire
questo anche all'inizio.
<< Beh, in questo
caso sarebbe sciocco a non farlo >> Dico sorridendo, ma dopo un momento
mi sovviene un altro pensiero << Ma se ben ricordo lei era in città
all'insaputa del principe di Tampa, se non lo avesse detto neanche a Miami
forse sarebbe pericoloso parlarne ad Aidan >>.
<< Non si preoccupi
ma la ringrazio per l'interesse >> Risponde enigmatico <> mi chiede.
<< In realtà nulla
di specifico, ho ovviamente capacità e risorse da offrire per una collaborazione.
Ritengo di essere una persona in grado di apprezzare il talento e, oltre a
quello di antiquario, direi che lei ne ha altri di preziosi >> Rispondo.
<< Quindi mi pare
che quella che mi propone sia più un' amicizia nell'accezione che usiamo tra
fratelli >> Commenta.
<< Se vuole
chiamarla così. Trovo sia un termine un po' intimo per ora, collaborazione o
alleanza trovo siano più calzanti, con la speranza che conducano a un'amicizia
futura. Spero ancora che non sia stato sfacciato da parte mia proporre la cosa >>
dico guardandolo interrogativo.
<< Affatto, anzi,
apprezzo la richiesta, molti dei nostri fratelli non sono così cortesi. A una
futura amicizia >> Replica porgendomi la mano artigliata e ricoperta di
bozzi.
La stringo senza fare una
piega nonostante sia piuttosto disturbante quel contatto, dalla sensazione
fredda e viscida.
La fama di Wilhelm è
piuttosto controversa e sembra che sia visto come un ladro da alcuni.
Sicuramente starò attento ma credo che sia un ladro con un onore, e benché
appaia vendicativo verso chi gli ha fatto un torto, credo sarà un alleato
valido, anche se fosse solo per non averlo come nemico.
<< Ah, quasi mi
dimenticavo: a che punto sono i lavori della sua bella auto? Mi piangeva il
cuore nel vederne le condizioni dopo il nostro scontro e ovviamente è ancora
valida la mia offerta di pagare per le riparazioni. Non posso sopportare che
rimanga in quello stato >> Domando.
Fa una smorfia infastidita
anche se non pare diretta alla domanda in se.
<< Ancora in riparazione purtroppo, era
ridotta... male >>
<< Capisco, deduco
abbia già trovato un meccanico adatto, ne avrei proposti in caso contrario. In
effetti ho sentito di una sorella davvero dotata con le macchine, forse persino
più di me, non è il mio campo di specializzazione dopotutto. Mi piacerebbe
conoscerla, ma non ho mai avuto l'occasione>>.
<< La ringrazio per
la premura, uno dei suoi talenti è la meccanica quindi? >> Domanda incuriosito.
<< Precisamente, le
armi nello specifico. Ritengo di essere uno dei migliori, se non il migliore in
città >> commento con quella che ritengo essere modestia.
Sembra pensare a qualcosa
<< Vista la sua passione per le auto mi segua nel mio ufficio, lì ho dei
cataloghi della merce troppo ingombrante da tenere in negozio >>. Con un
gesto educato lo invito a farmi strada.
L'ufficio è piccolo ma
molto ordinato, rifinito in legno.
Mi mostra dei cataloghi
decisamente ben fatti, ottenuti da album fotografici in condizioni davvero
eccellenti, di colore nero e carta a ph neutro per preservare le fotografie da
agenti esterni. Ha un catalogo davvero vasto, automobili e mezzi ma anche
mobili e oggetti ingombranti di varia natura. Mentre scorre si ferma su una
pagina << Ah questi potrebbero piacerle, mi pare di capire gradisca un
estetica essenziale. Alcuni pezzi non propriamente antichi ma interessanti, come
alcuni dei mobili prodotti nello stile Bauhaus >>.
<< Effettivamente li
trovo molto interessanti, potrei farci un pensierino >> Replico.
<< Ah giusto >>
Dice, girando un paio di pagine << Anche questo è legato al Bauhaus, una
postazione da lavoro originale. Viene solo mille dollari, purtroppo è un pezzo
piuttosto specialistico e non ho mai trovato qualcuno interessato ad
averlo>>.
La foto mostra un bancone
molto ben organizzato, con tutti gli strumenti in ordine, come se qualcuno lo
avesse preso in blocco dalla celebre accademia e portato in America. Sarebbe
una fantastica aggiunta al mio laboratorio, che per quanto fornito può sempre
far uso di buoni strumenti. Probabilmente ne farò delle repliche per non
rovinarli. << Fino ad oggi. Direi che lo ha appena venduto>> Gli
dico entusiasta.
<< Beh ogni pezzo ha
il suo compratore, felice che la soddisfi >> Replica, forse un pelo
sorpreso.
<< Posso fissare una
data per formalizzare la vendita e farmi arrivare in pezzo dal magazzino
>> Mi spiega poi con efficienza.
<< Molto bene
allora, così potremmo parlare di cosa potrei darle in cambio della Colt di
Earp. Sono davvero interessato >>
<< Ah, posso
chiederle una cortesia in nome della nostra nuova collaborazione? Lei
sicuramente conosce il Primo Tremere, mi saprebbe indicare quali sono i suoi
gusti? Ho incontrato un po' di difficoltà per scoprirli>> Mi domanda.
Soppeso un po' la domanda,
non trovandoci nulla che possa nuocermi rispondo << Beh, come me viene
dal vecchio mondo, alcune volte ci siamo incrociati nel acquisto di oggetti del
nostro continente d'origine. Lui è olandese, oggetti di pregio dalla sua terra
natia potrebbero essere adatti, forse anche qualcosa legato al commercio vista
la lunga storia mercantile e navale del paese ma la inviterei ad indagare di
più in merito, può essere un inizio. Devo dire che ho un'idea che potrebbe
essere quella giusta ma ritengo più saggio verificare prima di proporgliela,
non vorrei le si ritorcesse contro >>.
<> Dice.
<< Certamente >>
Dico, estraendo un biglietto da visita da un taschino insieme a una penna, e
dopo averlo girato vi scrivo un indirizzo un email che uso per comunicazioni un
po' più private. Persino in queste cose la discrezione Svizzera dimostra il suo
valore.
<< Oh perfetto, è
sempre meglio chiedere nella nostra società >> replica << Allora a
presto signor Paracelso. Posso dire che è stato un piacere fare affari con lei >>
<< A presto signor
Kramer. Spero sia l'inizio di un rapporto proficuo per entrambi >> Gli
porgo la mano e lui la stringe di rimando. Poi mi accompagna nell'area pubblica
del negozio e mi avvio nella Notte dopo aver salutato il commesso.
* Letteralmente: torna
presto orribile mucchio di letame fumante
|
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Capitolo 14 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
<< Eccellenza,
la signorina Person e Sir Irwin >>
Meravigliosa
nel suo vestito lungo da casa la Contessa suona il clavicordo al centro del
salotto dei ricevimenti, inondando la stanza ricca di tappeti e quadri con una
musica nostalgica. Una melodia che rievoca immagini di una terra ricoperta da
foreste al di là delle montagne.
Il maggiordomo non attende nemmeno che la
giovane donna gli rivolga un cenno od un’occhiata che si ritira nella penombra
della stanza, facendo passare la ragazza dai capelli bianchi e l’uomo alto
dalla chioma scura che tiene fra le braccia una scatola di legno. Poco distante
dalla Contessa, seduta su un comodo poggiapiedi in chintz, la signorina Vande
Rohe ascolta la musica tessuta dalle abili mani della Principe. Con un
inchino, il servitore chiude la porta del salotto lasciando nella stanza i due
ospiti assieme alla Contessa ed alla curatrice. Per qualche momento Cassiopea
ed Irwin rimangono interdetti, in piedi mentre la Principe continua a suonare, persa
nella sua sonata. Vande Rohe rivolge ai due arrivati un caloroso ma contenuto
sorriso prima di riprendere ad ascoltare rapita la melodia prodotta dal
clavicordo. Gli ospiti rimangono in attesa di un cenno della Principe, troppo
educati per potersi permettere di sedersi sul divano prima di ricevere un
invito esplicito. Nonostante la sua forza sovrumana Irwin inizia a sentire una
fastidiosa rigidità alle braccia.
Così come
iniziata la musica s’interrompe bruscamente con una singola nota acuta al
termine della melodia. Mentre il suono si perde nella stanza la Contessa rimane
immobile ad occhi chiusi per ascoltare il perdersi dell’acuto fra le pareti
ovattate dai tendaggi. Poi il silenzio viene interrotto dal sommesso applaudire
della curatrice a cui si aggiunge l’entusiasta battito di mani di Cassiopea.
Irwin rimane interdetto per un momento, per poi decidere di appoggiare la cassa
ed applaudire timidamente anche lui. La Contessa scosta la sua veste e si alza
in piedi, esibendo un mezzo sorriso a ringraziamento per il suo pubblico, per
poi avviarsi verso i due ospiti sollevando i lembi del lungo abito. La sua
visione ispira istintivamente deferenza in chi la guarda.
<< Miei
cari, sono molto felice di vedervi >> dice flautata, rivolgendosi ai Cainiti
ancora in piedi << Prego, sedetevi pure. Spero che siate tornati da me
con buone notizie >>
<< Estremamente
buone vostra Altezza >> Risponde composta Cassiopea, sorridendo cordiale.
<< Abbiamo qui l’oggetto che ci avete chiesto di procurarvi >>
<< Eccellente
>> sussurra la Principe << Eva,
vuoi farci l’onore di valutare l’autenticità dell’opera? Irwin >>
aggiunge poi rivolgendosi al Vampiro dai capelli scuri << Mio caro, puoi
aiutarci con la cassa? >>.
Nonostante
sia più un ordine che una richiesta, il Brujah solleva la cassa e la appoggia
sul tavolino in legno laccato. La sua mano si muove da sola scostando la giacca
per raggiungere il coltello per aiutarsi a svellere il coperto inchiodato,
quando si ricorda di essere alla presenza della Principe.
Estrarre un’arma di fronte a sua Eccellenza
sarebbe una maleducazione ed un errore imperdonabile.
Forse l’ultimo errore pensa, avvertendo
una presenza accanto a lui.
Voltando lo
sguardo Irwin riesce e vedere una figura nascosta nella penombra di un
tendaggio. Un uomo basso, con il volto pallido e scavato e che indossa un
impermeabile in pelle scura.
Ivan gli dice una voce dentro di sé Il Flagello
Irwin guarda
Cassiopea, seduta sul divano vicino a lui che gli rivolge un ampio sorriso.
La strega non si è accorta di niente. Meno
male, chissà cosa avrebbe potuto fare se si fosse resa conto che la guardia del
corpo della Principe è nascosta dietro di lei.
Ripresosi,
Irwin torna a guardare la cassa fra le sue mani. Facendo forza ed afferrando il
bordo del coperchio riesce a schiodarla dal legno a cui era fissata. Con
delicatezza lo appoggia vicino alla cassa ed estrae l’imballo che contiene la
cornice e l’icona, sistemandola sul tavolino. La curatrice si alza e si
avvicina per osservare con occhio critico l’opera d’arte. Estraendola
con delicatezza dall’imballo di plastica, la donna lascia indugiare il suo
sguardo sulla pittura, in alcuni punti scrostata dal tempo. Le decorazioni in
foglia d’oro e le lettere in latino vergate col pennello riflettono la luce
tremolante delle candele. La tensione serpeggia fra gli ospiti, timorosi che
l’icona possa rivelarsi un falso. Il silenzio viene rotto solo dal crepitare
solitario di qualche candela mentre miss Vande Rohe prosegue nella sua
meticolosa analisi.
<< Mi
dispiace doverle comunicare Eccellenza che questa icona non è quella che Lei
stava cercando >>
Una terribile
tensione silenziosa piomba nel salotto appena la curatrice pronuncia queste
parole. Cassiopea si irrigidisce contro lo schienale del divano, Irwin invece riesce
a controllarsi e decide di fissare il proprio sguardo sull’icona.
Sembra
passare un’eternità prima che la Contessa riprenda a parlare << Eva, mia
cara, puoi ripetere? >>
Nonostante il
tono distaccato anche Eva avverte l’inflessione di disappunto nella voce della
Principe.
Umettandosi le labbra prima di parlare la Curatrice risponde con tono
incerto << Sono mortificata Vostra Altezza, ma l’icona non è quella che
Lei aveva chiesto >>.
Eva in quel
momento decide di abbassare lo sguardo come Irwin, preferendo fissare
intensamente l’opera d’arte piuttosto che incontrare lo sguardo della Contessa.
<<
Ebbene, devo ammettere che sono delusa
>> al pronunciare questa parola Irwin e Cassiopea si sentono come schiacciare
contro la morbida imbottitura del divano, rimanendo pietrificati dall’ondata di
disappunto emanata dall’esile figura della Principe. Gli occhi della Malkavian
si muovono rapidamente nel vano tentativo di incrociare quelli di Vande Rohe,
in un muto grido di aiuto ma senza successo.
Conscio del
pericolo i sensi di Irwin istintivamente si affinano, avvertendo un movimento
alle loro spalle. Troppo concentrato a non muoversi per non irritare la
Contessa, il Brujah cerca di ignorare il senso di pericolo dato dalla presenza
dietro di lui, mentre il cervello galoppa per trovare un modo per tirarsi fuori
di impaccio. D’improvviso la soluzione gli balena davanti agli occhi: quella
non è l’icona che la Contessa sta cercando perché quella è solo una delle due che hanno comprato!
<<
Vostra Grazia >> dice Irwin rompendo il silenzio << Credo che ci
sia stato un fraintendimento. Quella che Miss Vande Rohe ha esaminato è solo
una delle due icone che abbiamo acquistato all’asta. Nella nostra ignoranza
abbiamo comprato due opere che a nostra opinione potevano essere quella giusta
>>. Nonostante sia morto da parecchi secoli il cavaliere si trova a
trattenere il respiro in attesa della risposta della Principe.
<<
Davvero? >> risponde placida la Contessa << Un fraintendimento? Eva
>> continua rivolgendosi alla Curatrice << Come mai hai messo i
nostri ospiti in questa situazione? Coraggio, mostraci la seconda icona
>>
Eva rialza lo
sguardo con espressione confusa prima di cogliere al volo la situazione e
sbrigarsi ad estrarre l’altra icona dall’imballo, aiutata da Irwin mentre
Cassiopea scocca un’occhiata di livore verso la curatrice. Dopo un momento la
seconda icona viene sistemata sul tavolo del salotto sotto lo sguardo
indifferente della Contessa e le attenzioni di Eva che, inforcati gli occhiali,
prende ad esaminare l’opera d’arte.
Dopo alcuni minuti carichi di tensione
nervosa la donna si toglie gli occhiali e si rivolge alla Contessa << L’icona
è autentica. Corrisponde a quella che ho studiato nei libri. L’imperfezione del
testo in latino e il danno sulla figura del Santo riparata nel XVIII secolo
sono le stesse. Ottimo lavoro signori >> dice rivolgendosi ai due Cainiti
<< Potete dirvi soddisfatti del vostro operato >>.
Mentre la
curatrice si complimenta con i due Anziani, la Contessa rimane composta, le
mani unite in grembo. Quando poi si rivolge a loro lo fa con tono gentile ma
distaccato << Sono molto compiaciuta e vi ringrazio per il vostro
impegno. Sappiate che mi ricorderò di quello che avete fatto. La vostra Principe
è soddisfatta >>
Il sorriso
della Contessa riempie i cuori di Irwin e di Cassiopea di completa e totale
soddisfazione, lasciandoli leggermente storditi tanto da non realizzare subito
di essere stati appena congedati. Tiratisi in piedi i due Cainiti porgono un
inchino alla Contessa, compiono tre passi indietro e si avviano verso la porta
seguiti dallo sguardo felice ma composto della Principe.
Appena fuori
dal salotto, dopo aver aspettato che le doppie porte della stanza fossero
chiuse, la Malkavian da voce ai suoi pensieri.
<<
Forse avremmo dovuto accennarle di … >> sussurra silenziosa Cassiopea
prima di essere zittita da Irwin.
<< Che non abbiamo avuto
problemi? No, era un’informazione inutile >> le ribatte il Cavaliere
<< Ma
io intendevo … >> replica lei con aria seccata, ma il Brujah la rimbecca
nuovamente.
<< So bene cosa intendevi >> risponde Irwin << Ma,
come ti ho detto, non è un’informazione necessaria >>.
Solo a quel
punto Cassiopea intende quello che il cavaliere le vuole far capire.
<< Oh >> Esclama mestamente la ragazzza.
Nonostante le
pareti in vetro a rinforzato a due strati, il privé di Tanja Valşenka
viene comunque penetrato dal brusio prodotto dalla musica elettronica
proveniente dal locale al piano di sotto. I riflessi delle luci rosate ed i
flash intermittenti inondano il soffitto e baluginano sui volti dei cinque
vampiri seduti attorno al tavolo. Appoggiato sulla superficie vetrata del
tavolino c’è un voluminoso faldone spiegazzato ed in parte sporco di polvere e
quello che potrebbe essere sangue.
<<
Quindi infine l’avete preso >> dice finalmente Tanja guardando
distrattamente il plico.
<< Sì
eccellenza >> risponde infastidito Paracelso, seduto sulla sedia a uovo
al capo opposto del tavolino << Ma vorrei ricordarle di come ci sia stato un intoppo proprio quando
abbiamo lasciato Tampa >>
<< Sì
>> risponde svogliata la Cainita mentre si accende una sigaretta ed
inizia a fumare << Mi avete accennato a questo incidente >>.
Grosse
nuvole di fumo azzurrognolo escono dalle labbra perfetta della Siniscalco,
accentuando il suo fascino da femme
fatale.
<< Dire
incidente è abbastanza riduttivo, signorina Valşenka >> commenta pacato
Lucas, seduto a gambe aperte con i gomiti puntellati sulle ginocchia e le mani
giunte davanti a se. << Qualcuno
sapeva che avevamo acquistato il faldone con le proiezioni finanziarie e questo
qualcuno era molto interessato a volerlo indietro. Quindi è plausibile che le
nostre azioni abbiano leso gli affari di qualcun’altro >>.
Ai compagni dello Stregone non sfugge la lieve punta di fastidio nella voce di
Lucas, che anche la Siniscalco non manca di notare.
Un giorno o l’altro il tuo carattere di
merda ti metterà in un mucchio di guai, stupido Tremere con il pessimo gusto
nel vestire pensa Cornell, che a fatica è riuscito a sistemare il suo
fisico imponente sulla sedia.
Tanja dal canto suo sembra non dare peso al tono
della risposta, continuando a fumare ed a soffiare fuori il fumo con aria
annoiata.
Probabilmente lo fa solo per
dare fastidio si dice il gangster vuole
volutamente ignorare gli avvertimenti di Lucas è il pensiero successivo del Gangster.
<<
Proprio come ha accennato il mio collega >> si intromette svelto
Paracelso, non senza fulminare con lo sguardo l’hipster << Siamo caduti
vittime di una trappola ed il conflitto che ne è seguito è stato violento. È
possibile quindi che i mandanti dell’imboscata vogliano recuperare a tutti i
costi il plico. Potrebbero anche arrivare qui a Miami per riaverlo indietro.
>>
<< È
molto gentile a preoccuparsi per la mia incolumità, Paracelso >> replica secca Tanja, non senza rimarcare il suo
divertimento riguardo al nome del suo interlocutore << Ma, può non
sembrare, so badare benissimo a me stessa >>
Stupida oca giuliva, non è di te che mi sto
preoccupando ma dei tuoi affari pensa Paracelso, mordendosi la
lingua per evitare di dare voce ai suoi pensieri.
<<
Eccellenza, non intendevo mancarle di rispetto, so bene che è capace di
difendere la sua persona. Quello che intendevo dire è che forse potrebbero
esserci delle ripercussioni in città. Forse dovremmo aspettarci un attacco o
più probabilmente un incursione >> Risponde Paracelso pacatamente
Il silenzio
segue le parole del Tremere, interrotto solo dal rumore degli sbuffi di fumo emessi
della Siniscalco. I Cainiti si lanciano delle fugaci occhiate, chi preoccupato
come Jesse e chi impassibile come Lucas.
Poi Tanja spegne la sigaretta sul
posacenere e risponde << Le sue preoccupazioni sono encomiabili ma sono
certa che lo Sceriffo sarà ben felice si provvedere non appena lo informerete.
Potete andare ora, siete congedati >>
***
<< Non
è possibile che sia così incompetente! >> esplode Paracelso pestando un
piede sull’asfalto del parcheggio.
Attorno a lui gli altri tre Cainiti lo
guardano, infastiditi anche loro dal modo di fare della Siniscalco.
<< Ti
aspettavi forse qualcos’altro da parte sua? >> domanda retorico Cornell,
appoggiato con la schiena alla fiancata del suo Hummer << Le abbiamo
procurato il plico, le abbiamo ridato la carta di credito ed ora è contenta.
Sarà più ricca di prima ma in fondo non penso che le faccia tanta differenza
>>
<<
Quello che non comprendo è il suo menefreghismo nei nostri confronti! Abbiamo rischiato
la vita e c’è di mezzo un incidente diplomatico con il Principe di Tampa!
Possibile che voi non lo capiate?! >> Sibila inviperito il Tremere
Ancora
silenzioso, Jesse guarda perplesso Paracelso, per poi dire << Pensavi
davvero che le importasse qualcosa di noi? Sapevamo benissimo che il nostro
successo o il nostro fallimento non avrebbe cambiato niente per lei >>
Sono circondato da idioti pensa con
rabbia lo Scozzese
<<
Davvero non vi rendete conto che quei tipi dell’imboscata verranno a cercare
noi?! E la cosa non vi tange minimamente? >> Esclama poi il Tremere con rabbia.
<< Non
verranno a cercare me >> replica sommesso Lucas, mentre estrae dal suo
borsello il suo mini computer portatile << Non hanno la mia faccia nelle
loro telecamere >>.
***
<< Ecco
a voi, Vostra Grazia, i volti delle sei persone che tre mesi fa sono venuti a
Tampa e mi hanno derubato >>
L’uomo dalla
pelle scura mette sul tavolo una voluminosa busta di carta gialla. Samuel
Manseur, il Principe di Tampa, allunga la mano ed estrae dall’involucro un
plico di fotografie che ritraggono delle persone, a volte in gruppo altre volte
da sole. Alcune foto sono in bianco e nero, altre sono a colori, molte sono
fuori fuoco ma mostrano dei dettagli dell’ambiente circostante, altre ancora
sono prese dall’alto. Lentamente e con attenzione il Principe le sfoglia con
pazienza mentre il suo interlocutore siede all’altro capo del tavolo,
tamburellando le dita sul panno verde che copre la superficie. Il suo volto
allungato e scuro è tranquillo, nessuna emozione sembra trasparire dai suoi
occhi marroni. Una maschera di compostezza di chi è abituato ormai da tempo a
trattare con i potenti.
<<
Quindi cosa vorrebbe fare, mister Dreyfus? >> domanda il Principe, ancora
sfogliando le fotografie.
<< Beh
Eccellenza, sebbene mi piacerebbe molto presentarmi dalla Principe di Miami con
una scorta armata e pretendere di farmi restituire il maltolto assieme ad un
modesto risarcimento, cosa pienamente nel mio diritto, credo che non sarebbe il
corso di azioni migliore >>
<< Mh
mh >> mugugna assente Manseur continuando ad osservare le foto.
<<
Quindi >> continua imperterrito Dreyfus << Propongo di inviare un
mio agente ad indagare sotto copertura, che si infiltri e che possa raccogliere
informazioni su questi … ospiti maleducati. Un uomo fidato che possa avvalersi
della Sua fiducia, Vostra Grazia >>
Non appena
l’uomo termina la sua frase il Principe si ferma ed abbassa le fotografie per
fissare negli occhi il suo ospite. I due Cainiti si guardano reciprocamente per
dei lunghi secondi, entrambi intenti a carpire i pensieri dell’altro.
<<
Queste foto >> domanda ad un certo punto Samuel << Come sono state
prese? >>
Un lieve
sorriso increspa la maschera dell’uomo di colore << Da telecamere di
sorveglianza di locali, negozi, alcune provengono da telecamere stradali di
enti private. Certe sono state recuperate dai video di sorveglianza di una
banca di Downtonw. Ottenute con una certa difficoltà >> risponde
compiaciuto Dreyfus << Tracciare gli spostamenti di questi ospiti è stato
piuttosto semplice ma recuperare le immagini ha richiesto parecchi mesi di duro
lavoro e … convincimento >>
Posso immaginare, serpe infida pensa fra
se e se il Principe guardando i volti dei sei Fratelli nelle varie fotografie.
Qualcuno di questi deve essere un genio del
computer se è riuscito a cancellare le registrazioni fatte nel mio locale. Non
sono riuscito ad ottenere nulla nemmeno dalle telecamere esterne. Ma ora sì
pensa mentre si abbandona ad un sorriso.
Notando
l’espressione compiaciuta del Principe, Dreyfus sorride a sua volta <<
Posso quindi contare sul vostro appoggio Eccellenza? Acconsentirete alla mia
richiesta? >>
Senza
smettere di sorridere Samuel alza lo sguardo sul Fratello di fronte a lui
<< Certo Dreyfus >>
Ma a
modo mio, viscido Setita è il pensiero successivo del Principe
<<
Tuttavia sarò io a scegliere la persona da inviare a Tampa. Penso che non ci
sia alcun problema in questo, vero? >>
La maschera
del Seguace di Set non si incrina minimente nonostante il colpo subito <<
Certo che non Eccellenza anzi, sono sicuro che saprà scegliere meglio di me la
persona più adatta >>
Vorrà dire che dovrò solo trovare una scusa
più convincente per giustificare il suo arrivo a Miami si dice Dreyfus fra
se e se.
<<
Eccellente. Credo di avere proprio la persona giusta per questo genere di
lavoro. È un Topo di Fogna più che esperto
in infiltrazioni e ricerca di informazioni, si occuperà lui di trovare i nostri
ospiti e di recuperare il maltolto >>
<< Vi
sono grato, Vostra Grazia >> replica flautato mister Dreyfus alzandosi in
piedi ed avvicinandosi al Principe
proseguendo nei suoi ringraziamenti << Permettetemi di esprimere …
>> ma viene interrotto da un gesto della mano di Samuel. Fermandosi ed
indietreggiando di qualche passo il Setita si zittisce in attesa delle parole
del Principe.
<<
Bando alle ciance Dreyfus. Hai ottenuto quello che volevi, ora puoi andartene.
Mi occuperò io di tutto, ti farò sapere a tempo debito il nome dell’infiltrato
in modo che tu possa preparare il suo arrivo >>
dice secco il Principe << Conto che la tua rete di contatti si estenda
fino a Miami. Puoi andare >>
Inghiottendo
la rabbia Dreyfus stringe i pugni, porge un educato inchino ed esce dallo
studio. Solo dopo aver imboccato le scale per scendere dal privè del Principe
riesce a calmarsi ed a riprende la sua solita compostezza concedendosi un
sorriso pensando alle sue prossime mosse.
Chiunque tu scelga avrà una bella sorpresa,
Principe dei miei stivali. Farò in modo che i miei Fratelli di Clan si occupino
del tuo uomo. Non ne ricaverai nulla se non un mare di guai.
***
Rimasto solo
nel suo ufficio, Samuel Manseur riprende in mano le fotografie concentrandosi
sui volti di due dei sei Fratelli ritratti nelle foto. Uno è un tipo con la
barba, occhiali da vista e cappuccio accompagnato da un cane, mentre l’altro è
una ragazza sui vent’anni con capelli grigi o bianchi a seconda delle immagini.
L’unica donna del gruppo.
Sorridendo
come uno squalo davanti alla sua preda il Principe allunga la mano verso il
telefono sulla scrivania.
<< Pronto, Craven? Sì, ho bisogno che mi chiami
Jason Locke e che gli dica di farsi trovare qui fra un paio di notti. Mh mh,
proprio lui >> lo sguardo di Samuel vaga per la stanza mentre parla col
suo sottoposto, per poi tornare alle foto che ha separato dalla altre ed osservarle serio.
<< Ah
Craven, sii gentile e chiamami quel tipo strano. Quello appassionato di poker.
Sì, esatto. Digli che ho bisogno dei sui servigi da segugio >>.
Fine
Nota della Correttrice
Salve a
tutti e grazie per essere rimasti con noi fino a questo punto! Questa
è solamente la fine della prima avventura e io e i miei
collaboratori abbiamo intenzione di continuare questo progetto
anche per quanto riguarda le prossime avventure. A breve verrà
creato anche un blog che raccoglierà questa prima storia come
pilota e i racconti delle nostre prossime avventure, in modo da avere
una piattaforma che sia disponibile in maniera più efficente
anche a chi non fa parte della comunità di EFP. Ciò non
ci impedirà di pubblicare anche su questa piattaforma, sperando
di aumentare il numero dei nostri lettori.
Ringrazio di cuore Fenris, che ha recensito ogni nostro capitolo, dandoci consigli utili e spunti su come migliorare lo stile di scrittura.
Sperando vi sia piaciuto,
Alla prossima avventura!
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