The time is running out

di fleacartasi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sogni indefiniti avevano preso forma nella sua mente…chiazze di colore e figure che si muovevano furtivamente in un cielo ross

Salve a tutti! ^^ Questa è la prima fan fic a capitoli che ho scritto…o meglio, che sto cercando di scrivere…infatti non l'ho ancora finita (a dire la verità ho in mano solo due capitoli! ^^") e non garantisco di riuscire a farlo, sono molto incostante in queste cose!

In ogni caso…i protagonisti principali sono James e Lily, due dei miei personaggi preferiti, e che tra l'altro danno più spazio all'inventiva perché di loro non si sa molto, e la storia è ambientata al settimo anno di Hogwarts…sicuramente altri personaggi importanti saranno Sirius, Bellatrix, Severus Piton…e poi non so bene, visto che la fic deve ancora prendere forma nella mia testolina bacata! :P

Spero che possa piacervi e vi lascio al primo capitolo…^^

Ps. I personaggi di questa fic sono proprietà di Jk Rowling (come ben sapete...ma meglio scriverlo! :P)

« Capitolo 1

Sogni indefiniti avevano preso forma nella sua mente…chiazze di colore e figure che si muovevano furtivamente in un cielo rosseggiante….e altrettanto velocemente si erano dileguate, lasciando il posto ad un raggio di sole, che le colpiva con insistenza il viso. Un mattino di inizio settembre, un sole fin troppo caldo per il clima inglese. Le nuvole di panna bianca si rincorrevano nel cielo turchese, i rami degli alberi frusciavano leggermente, disegnando arabeschi trasparenti sulle pareti della stanza. Un leggero profumo di vaniglia e di autunno. Una macchina passò in strada, ruppe il vetro cristallino del silenzio, frammenti di suoni indefiniti si sparsero sul marciapiede.

Lily Evans aprì gli occhi, lentamente, indugiando ancora per qualche piacevole secondo nella quiete assonnata, allungando i piedi sotto le lenzuola attorcigliate. Si sentivano dei passi, al pianterreno. Passi leggeri, soffocati dal tappeto dell'ingresso, ma passi. La ragazza si alzò, lisciando pieghe inesistenti del pigiama ormai troppo corto, che lasciava scoperta parte delle gambe magre. Era cresciuta, durante l'estate…ma il suo viso rimaneva quello di sempre. O così le sembrava. Afferrò lo specchio che teneva sul comodino. I capelli ramati le cadevano arruffati sulle spalle, gli occhi color smeraldo, ancora assonnati, sembravano brillare di luce propria, e le lentiggini risaltavano più del solito sulla pelle chiara.

Si avvicinò alla finestra e spalancò le persiane. La ben nota stradina comparve davanti ai suoi occhi, la stradina che aveva percorso così tante volte, a piedi o con la bicicletta rubata alla sorella. Le orribili tende a fiori della casa di fronte erano chiuse, non si sentiva il mormorio sommesso della televisione che trasmetteva qualche stupida telenovela a basso costo, né si intravedeva l'odiosa vicina, che spiava e osservava morbosamente tutto e tutti.

Lily si voltò e si appoggiò al davanzale, abbracciando con lo sguardo le pareti bianche con alcuni poster appesi, la scrivania di legno laccato di blu oltremare, il tappeto della stessa tonalità, il letto sfatto, l'armadio dalla tonalità neutra che si trovava in un angolo. Nessuno le aveva mai rivolto domande. Tutti le parlavano cordialmente, la salutavano con larghi sorrisi quando la incontravano in strada, mentre andava a comprare pane e biscotti dal panettiere all'angolo, ma non le chiedevano mai nulla. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di chiederle apertamente perché. Perché per nove mesi, ogni anno, lei non abitasse con i suoi genitori e sua sorella, in quella casetta come tante altre, con le pareti di mattoni a vista, il piccolo giardino con l'altalena appesa all'albero in un angolo, la cassetta della posta laccata di rosso. Lily era convinta che, al di sotto delle maschere di gentilezza e rispetto, pensassero che lei fosse pericolosa. Una mela marcia, costretta ad allontanarsi dalla famiglia, magari per frequentare qualche istituto per problemi mentali. Nonostante Lily si fosse sempre comportata normalmente, poteva quasi sentire i sussurri soffocati che le vecchiette si scambiavano al suo passaggio, poteva quasi riuscire ad immaginarsi le storielle assurde che si inventavano sul suo conto. Trovava quasi divertente quell'attenzione eccessiva. Era curioso come la gente fosse portata a giudicare negativamente chi si discostava anche solo appena da ciò che era ritenuto normale.

Aprì la porta della sua stanza, che cigolò lievemente, e iniziò a scendere le scale, a piedi nudi. Il legno era freddo, e lei rabbrividì leggermente. Quando arrivò nella piccola cucina, non fu sorpresa di trovare Petunia, che sorseggiava una tazza di tè. Aveva capelli scuri, ondulati, che le sfioravano le spalle e che in quel momento erano legati in una coda bassa. Il viso era magro, dai tratti duri. Gli occhi, scuri anch'essi, erano sospettosi per natura, e le mani lunghe e ossute erano sfuggevoli, con unghie sorprendentemente curate. Chi non le conosceva faceva fatica a credere che fossero sorelle.

Lily percorse il pavimento di lucide piastrelle color avorio, e raggiunse i fornelli. Accese il gas, tirò fuori una padella e si voltò verso la sorella, che la guardava di sfuggita, come se temesse di fissarla negli occhi.

"Cosa ti preparo Petunia?" -chiese Lily, con semplicità- "Bacon? Uova? Salsicce?…ah, no, quelle sono finite credo…" -aggiunse, aprendo il frigo.

Petunia alzò di nuovo gli occhi verso Lily, con aria sorpresa, come se pensasse che la sorella non fosse più in grado di cucinare senza utilizzare la magia.

"Niente. Non voglio nulla." -si affrettò a rispondere- "Grazie." Una lievissima sfumatura di paura aleggiava nella sua voce incerta. Lily l'aveva colta, suo malgrado. Petunia la temeva. Erano sei anni ormai. Sei anni, e non si era ancora abituata all'idea di avere una sorella che aveva paura di lei, che temeva che avrebbe potuto scagliarle un incantesimo se avessero avuto una discussione o magari semplicemente per divertimento.

Lily spense il gas e ripose la padella al suo posto. "Vorrà dire che io mangerò un po' di biscotti" -disse, sforzandosi di non sembrare delusa, amareggiata- "Se vuoi saperlo non mi è mai piaciuta l'abitudine che abbiamo noi inglesi di mangiare uova e salsicce a colazione!" Un sorriso si dipinse sul suo volto spruzzato di lentiggini. Lily pensò che non avrebbe potuto sorridere in modo più falso.

Improvvisamente sentì gli occhi bruciare. Non voleva piangere di fronte a Petunia. Non voleva darle quella soddisfazione. Non voleva darle modo di pensare che fosse triste perché il giorno dopo sarebbe tornata a Hogwarts. Afferrò qualche biscotto dal sacchetto che si trovava nella credenza alle sue spalle e lasciò la stanza, quasi correndo.

Petunia abbassò lo sguardo sulla tazza di porcellana, osservando il liquido ambrato al suo interno. Non fece nulla per fermarla.

Sulle scale Lily incontrò la madre che stava scendendo, sbadigliando. Aveva i capelli dello stesso colore di quelli di Lily, anche se molto più corti, che facevano a pugni con la vestaglia di tessuto leggero che indossava, di un'intensa sfumatura rossa.

"Oh Lily!" -esclamò allegramente, guardandola- "Oggi dobbiamo andare a Diagon Alley per acquistare le cose per la scuola…e credo che dovremo anche comprarti una divisa nuova" -le lanciò una breve occhiata, soffermandosi sul pigiama troppo corto- "Sei così cresciuta quest'estate!"

Lily fece un cenno d'assenso, e riuscì ad impedirsi di piangere finchè non si chiuse alle spalle la porta della sua stanza. Allora le lacrime iniziarono a scendere, lente e inesorabili, lungo le guance. Lily si strofinò energicamente gli occhi. Non doveva piangere. Afferrò lo specchietto. Il verde dei suoi occhi sembrava ancora più intenso, circondato dal rossore del pianto.

Era tutta colpa di Petunia…tornare a casa per le vacanze estive si trasformava sempre in un'esperienza al limite della tortura. Non bastava il piacere che provava nel rivedere i genitori dopo tanto tempo. Lily non riusciva a sopportare i silenzi imbarazzanti che si creavano quando lei e la sorella si trovavano da sole in una stanza, quegli sguardi sospettosi, taglienti come cocci di vetro, le frasi di pura circostanza, le parole vuote come cartocci del latte finiti.

Un tempo erano così unite...I ricordi affioravano dolorosi nella sua mente, frammenti in bianco e nero di una vita che sembrava appartenere a un'altra persona.

Petunia, più grande di tre anni, che tornava a casa da scuola e faceva giocare la sorella, che aveva cinque anni, con le bambole…Petunia che le intrecciava i capelli sanguigni…Lily che per farla arrabbiare leggeva il suo diario segreto…Petunia, che per il suo decimo compleanno le aveva comprato una bicicletta nuova spendendo tutti i suoi risparmi…

Le parve quasi di tornare indietro, di rivivere quei momenti, di sentire ancora il profumo delle torte che mangiavano a merenda….e la sensazione della spazzola di Petunia fra i suoi capelli…

Poi, quella giornata afosa e nuvolosa di luglio era arrivata. Lily avrebbe compiuto undici anni in ottobre. Era nel piccolo giardinetto davanti a casa, quella mattina, un libro in mano, i capelli che si riempivano di riflessi ramati alla luce del sole…l'erba era secca a causa del caldo, e scricchiolava piacevolmente sotto i suoi piedi nudi…e poi aveva alzato lo sguardo, e l'aveva visto. Un gufo, le piume leggermente arruffate di un bella sfumatura color castagna, che le si stava avvicinando. Lily non ne aveva mai visto uno da vicino…aveva strillato.

Petunia e sua madre erano corse fuori…il volatile aveva lasciato cadere una busta color seppia sulle loro teste e si era allontanato. Una busta, dove c'era scritto il suo nome, Lily Evans, in grandi ed eleganti lettere color muschio.

Lily l'aveva afferrata, con tutta la curiosità che l'aveva sempre contraddistinta…per un momento aveva immaginato che quella fosse la lettera di una fata, che le diceva che anche lei era una fatina…per un attimo aveva sperato che una volta aperta la lettera le sarebbe spuntato un paio di ali luccicanti e sarebbe stata libera di volare e spargere polverina di diamanti sulle piante, sui fiori, sulle persone…lei aveva sempre adorato le fate.

Invece quel foglio di pergamena sottile e ruvida, scritto con inchiostro nero, le aveva rivelato che lei, Lily Evans, era una strega. Aveva dei poteri magici. E avrebbe ricevuto un'istruzione alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Nella sua mente si affollarono stupore, paura, allegria, miriadi di domande che lì per lì non trovarono risposta. Non ci voleva credere. Non era possibile. Era troppo bello per essere vero…come ricevere in regalo il vestito troppo costoso che si era sempre desiderato, o come poter girare tutto il mondo…Lei non poteva possedere poteri magici…i maghi e le streghe non esistevano, anche se era così bello crederci! E poi…perché Petunia non aveva ricevuto la sua lettera di pergamena spessa da un bel gufo o da una civetta candida come neve su un davanzale? Lei aveva quattordici anni ormai…

Ma poi Lily si era ricordata di quando si era arrabbiata con i suoi genitori, poco più di un anno prima, e la tazza che teneva in mano si era frantumata, senza che lei la stringesse o la buttasse per terra…o di quando un ragazzino voleva rubarle la bicicletta e quella misteriosamente era come sfuggita dalle sue mani tornando verso di lei…Avvenimenti strani, a cui non aveva saputo dare una spiegazione.

In lei aveva iniziato ad insinuarsi un dubbio, insidioso e affascinante come un serpente color smeraldo…il dubbio che la magia in realtà esistesse, e che gli uomini semplicemente rifiutassero di ammetterlo, rinchiusi nella loro roccaforte di certezze impenetrabili, troppo comode per essere messe in discussione...Lily aveva visto lo stesso dubbio aleggiare leggero e impertinente negli occhi del padre e della madre.

Insieme a quell'avviso c'era un elenco di libri e accessori da acquistare, manuali di materie che Lily non aveva mai sentito nominare, come Pozioni e Incantesimi, una bilancia d'ottone, una bacchetta…Il treno per la scuola sarebbe partito alle undici in punto del primo settembre dalla stazione di King's Cross a Londra, binario nove e tre quarti…anche quelle indicazioni bizzarre l'avevano colta del tutto impreparata.

I suoi genitori, pur essendo ancora molto scossi e turbati, avevano accettato la novità di buon grado. Si erano complimentati con la figlia, erano felici per lei. Una strega in famiglia…non capitava tutti i giorni. In pochi giorni l'orgoglio aveva preso il posto della sorpresa, della lieve diffidenza e della convinzione che fosse solo uno scherzo di cattivo gusto. E rivolgevano mille domande curiose alla figlia, che in realtà non poteva rispondere, la totale ignoranza del mondo magico uguale a quella dei genitori. E da quel momento Petunia era cambiata. I suoi occhi si erano offuscati, coperti da una leggera foschia di delusione e invidia, ombre tristi solcavano il suo viso magro, le mani sempre intrecciate che non volevano farsi toccare. Si era rifiutata di andare con i genitori e Lily a Diagon Alley, quella lunga via nascosta dietro un anonimo muro di mattoni aranciati, e aveva ascoltato con espressione sofferente i racconti entusiasti di quel luogo così diverso dal mondo a cui erano abituati…maghi e streghe con lunghe tuniche colorate e mantelli che frusciavano impercettibilmente, negozi di scope volanti, gufi e creature magiche, calderoni, piume di fagiano per scrivere, la Gringott, la banca dei maghi…i pub dove si potevano bere Burrobirra, Whisky Incendiario e Acquaviola, i negozi che esponevano nelle vetrine dolci di tutti i tipi, tavolette di cioccolato enormi, piccole api di zucchero, lecca lecca rosa e azzurri…e Lily le aveva anche mostrato la sua bacchetta nuova, la divisa della scuola, gli ingredienti che le sarebbero serviti per preparare le pozioni, il piccolo calderone e la bilancina d'ottone..aveva gli occhi che scintillavano come smeraldi alla luce del sole, un sorriso che si esprimeva meglio di tante parole.

Petunia sembrava volerne rimanere al di fuori, sembrava volersi limitarsi ad osservare quell'universo sconosciuto attraverso un freddo vetro brinato. Non voleva sfogliare i libri nuovi della sorella, e non poteva soffrire il gatto nero che aveva comprato al Serraglio Stregato e che avrebbe portato con lei a Hogwarts…la sua nuova scuola, la sua nuova casa, una casa in cui Petunia non sarebbe mai entrata. Petunia era invidiosa. Morbosamente, immensamente invidiosa. Aveva passato tutto il mese di agosto a chiedersi perché, perché lei non aveva ricevuto nessuna lettera, nessuna maledetta lettera che le dicesse che anche lei avrebbe potuto attraversare il muro di mattoni e ritrovarsi a Diagon Alley, strega in mezzo ad altre streghe e ad altri maghi? Perché non poteva indossare una veste azzurro polvere e agitare in aria la bacchetta facendo spuntare dal nulla una cascata di scintille colorate? Perché Lily avrebbe avuto quest'opportunità e lei no? La rabbia la divorava come un cancro maligno, la feriva come un coltello affilato che lacerava tutti i sentimenti d'affetto che provava verso sua sorella. Aveva iniziato a ignorarla, a non parlarle più, non voleva più avere a che fare con lei…non voleva. Voleva dimenticare i legami di sangue che le univano, voleva cancellare la sua esistenza, come una vecchia foto ridotta in cenere dalla fiamma calda di una candela. Stava cercando di convincersi che dopotutto lei era stata fortunata. Sperava che il mondo magico si rivelasse pieno di persone inaffidabili, disgustose, anormali, folli, pericolose…in fondo sperava che anche sua sorella si sarebbe rivelata tale. Una spostata. Sperava che non avrebbe trovato amici in quella scuola, così si sarebbe pentita di averla abbandonata, di averla lasciata sola, sola con le sue lacrime salate e che profumavano di metallo. Così William e Louise Evans avrebbero disprezzato Lily, si sarebbero resi conto che non era una figlia che meritava il loro affetto…e avrebbero ringraziato lei, avrebbero ringraziato Petunia, che era stata così brava a tenersi lontana da quel vortice nero e nebbioso salvato da apparenze confortanti, come una torta amara avvolta da lucida carta dorata…

Quando Lily era partita, lei non era andata ad accompagnarla alla stazione di King's Cross. Con la scusa di un mal di testa molto forte, era rimasta nella sua stanza, ad osservare suo padre che caricava sull'auto il grosso baule e la gabbia con il gatto della sorella…era rimasta ad osservare, con una mano che scostava la tenda, finchè la macchina non era stata più visibile. Non avrebbe più visto i capelli fiammanti di Lily per nove mesi, non avrebbe più mangiato le frittelle che le piaceva cucinare la domenica mattina con l'aiuto della madre, non l'avrebbe più sentita cantare a bassa voce le sigle dei vecchi cartoni animati…Si era sentita in colpa per non averla nemmeno salutata, ma la rabbia e l'invidia avevano sopraffatto ogni altro suo sentimento.

Lily aveva dovuto lottare contro le lacrime mentre l'auto si dirigeva a Londra. Non si era mai allontanata da casa per più di due settimane e ora stava per partire per nove mesi. Non conosceva nessuno, sentiva che avrebbe faticato per trovarsi degli amici, a causa della sua nota timidezza che la faceva sempre rimanere nascosta nel suo angolino d'ombra, non aveva mai usato la piccola bacchetta che aveva riposto nella borsa prima d'ora, né conosceva il mondo magico. In più, sua sorella non le aveva più parlato da quando aveva ricevuto la sua lettera di convocazione, e non era nemmeno venuta a King's Cross per salutarla. Si sentiva così sola, mentre fissava il suo riflesso sul finestrino dell'auto e accarezzava distrattamente il suo gatto, che faceva sommessamente le fusa…

Ma sei anni erano passati. Sei lunghi anni. E tante cose erano cambiate. Lily stessa era cambiata. Simile alla bambina che aveva aperto quella lettera sperando di veder spuntare un paio d'ali di fata sulla sua schiena, ma diversa. Aveva scoperto, arrivata a Hogwarts, che tanti altri studenti erano babbani, proprio come lei. Nemmeno loro sapevano usare la bacchetta, o preparare una pozione. Non lo sapevano nemmeno i ragazzi e le ragazze cresciuti in famiglie di maghi.

La Casa a cui era stata assegnata era Grifondoro, e nella torre di Grifondoro aveva passato gran parte del suo tempo, quando non frequentava le lezioni, osservando i suoi compagni che giocavano a scacchi magici, scaldandosi su una delle poltrone rosse vicino al fuoco o semplicemente guardando i prati ghiacciati e la capanna del guardiacaccia, Hagrid, dalle grandi finestre dai vetri smerigliati.

Si era abituata ad inviare lettere a casa utilizzando i gufi che la scuola metteva a disposizione, e che si potevano trovare salendo nella Guferia, aveva passato i pomeriggi più caldi in riva al lago, osservando i movimenti lenti della piovra gigante e bagnandosi i piedi nell'acqua che sembrava quasi nera, e aveva trascorso notti insonni a studiare prima degli esami.

Il suo rapporto con Petunia era peggiorato con il passare del tempo. O meglio, si era stabilizzato. Non si erano mai scritte. Nemmeno una riga. Nemmeno qualche parola tracciata in fretta macchiandosi il palmo della mano di inchiostro nero. Si erano semplicemente ignorate, il loro legame sepolto, chissà dove, in fondo al loro animo.

Quando Lily tornava a casa, durante le vacanze estive, si osservavano a lungo, senza parlare. Quando lo facevano, le frasi che uscivano dalle loro bocche atteggiate in smorfie di sospetto erano fredde, di circostanza. Come se fossero state scolpite nel marmo.

Petunia aveva un fidanzato, da quanto Lily aveva potuto capire ascoltando i discorsi dei genitori. Non ne sembravano entusiasti. Si chiamava Vernon. Un aspetto discutibile, e un carattere ancora più discutibile. Scontroso, morbosamente ossessionato dalle apparenze, ostile a tutto quanto si discostasse anche solo minimamente dalla norma. Lily non l'aveva mai visto. Sospettava che Petunia gli avesse detto di essere figlia unica. Non voleva che Vernon sapesse che aveva una sorella minore che stava studiando per diventare una strega. Petunia si vergognava di lei. Poteva leggere la paura nei suoi occhi stretti, quando Vernon la passava a prendere nelle sere d'estate e la aspettava sotto il portico. Petunia aveva paura che Lily uscisse dalla sua stanza, che lui la vedesse e facesse domande…ma Lily non l'aveva mai fatto. Non voleva affatto essere giudicata da uno sconosciuto.

"Lily! Ti vuoi muovere? Non dirmi che devi ancora vestirti! Lo sai che Diagon Alley è sempre affollatissima il giorno prima dell'inizio della scuola…"

La voce di Louise Evans riportò la ragazza alla realtà. Era il trentuno di agosto, e il giorno dopo sarebbe tornata a Hogwarts per iniziare il settimo e ultimo anno. Sarebbe salita di nuovo sull'espresso rosso e lucente, avrebbe mangiato tramezzini e zenzerotti per pranzo e avrebbe indossato la divisa nuova prima di scendere dal treno, sarebbe salita su una carrozza che non aveva bisogno di cavalli per muoversi e avrebbe di nuovo visto avvicinarsi le immense torri del castello dal finestrino spruzzato di pioggia…e non avrebbe più pensato a sua sorella. A quanto Petunia dovesse odiarla.

Lily aprì l'armadio, si infilò un paio di jeans e una maglietta, afferrò la lista dei libri che era sulla scrivania e una spazzola di legno e scese le scale, mentre si spazzolava i lunghi capelli rossi.

Una cornice sullo scaffale più alto e lontano della stanza, che conteneva una foto di lei e Petunia da piccole, si rovesciò quando la porta si chiuse con un tonfo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Diagon Alley era particolarmente affollata quella mattina di fine estate. Lily e la madre, gli stessi capelli rosso intenso che risplendevano di riflessi ramati alla luce del sole, si mescolarono al flusso rumoroso di persone, mentre la ragazza controllava la lista di oggetti e libri che doveva procurarsi. Aveva già incontrato alcune ragazze del suo anno di Grifondoro, e parecchi altri studenti di Hogwarts, che stavano facendo acquisti con i genitori. Passando davanti al Ghirigoro, la ragazza notò che era più gremito del solito, e l'anziano proprietario stava facendo fatica a controllare la ressa di adulti che volevano comprare i testi scolastici per i figli. Mentre Lily stava osservando un grosso volume dalla copertina blu esposto in vetrina, scoppiò una lite fra una piccola strega dai capelli biondo cenere e dal cipiglio ostile e un mago allampanato, che sembrava a stento rendersi conto di trovarsi nella libreria che profumava di carta e inchiostro ancora fresco. Entrambi avevano afferrato l'ultima copia del Libro Standard di Incantesimi Volume Primo e stavano discutendo animatamente su chi la dovesse tenere.

"Lily! Io vado alla Gringott a cambiare un po' di soldi, ci vediamo qui fra mezz'ora!" Louise Evans si allontanò facendosi spazio fra un crocchio di streghe che indossavano vesti colorate di stoffa leggera, ricamate finemente sui bordi, e che discutevano animatamente sfogliando una copia del Settimanale delle Streghe. La donna indossava abiti babbani, che sicuramente non passavano inosservati. Le streghe si voltarono al suo passaggio, e in seguito i loro occhi si posarono anche su Lily, ancora ferma vicino alla vetrina del Ghirigoro. Le sembrò che le loro espressioni si fossero addolcite, vedendo che stringeva fra le mani la nuova veste nera, che faceva parte della divisa scolastica.

Lily guardò ancora una volta dentro il negozio. Il mago dall'aria assente e la strega bionda dovevano aver smesso di litigare, perché la donna stringeva con aria soddisfatta la copia del Manuale di Incantesimi.

Aveva mezz'ora da occupare, e iniziò a percorrere la lunga via, dove si affacciavano quei negozi che l'avevano tanto colpita quando li aveva visti per la prima volta, esattamente sei anni fa. C'era Accessori di Qualità per il Quidditch, con il solito gruppetto di bambini con sacchetti di caramelle stretti nelle manine ancora grassocce che guardavano con il naso all'insù l'ultimo modello di scopa, c'era Madama McClan, dove era entrata poco prima per acquistare una nuova divisa, c'era il Serraglio Stregato, con una gran quantità di gabbie che ospitavano topi, gufi, corvi e creature insolite…

Improvvisamente un dolore sordo si impadronì di Lily. Era angoscia. Un lieve senso di nausea la colpì. Quella sarebbe stata l'ultima volta. L'ultima volta che avrebbe fatto acquisti a Diagon Alley come studentessa. Il giorno dopo avrebbe iniziato il suo ultimo anno a Hogwarts. L'ultimo. Non ci aveva mai pensato prima d'ora. E la paura iniziò a strisciare nel fondo del suo animo, a insinuarsi negli anfratti più remoti della sua mente. Come un fiume in piena, che allagava ogni cosa. Tutto quanto. Senza via di scampo.

Lily pensò a quel momento, fra nove mesi, quando avrebbe dovuto scegliere. Scegliere cosa fare della sua vita. Decidere del suo futuro. Nessuno avrebbe potuto aiutarla. I suoi genitori non conoscevano il mondo magico. Sua sorella…non aveva più una sorella ormai. Sarebbe stata sola. Una nuova fitta di angoscia le colpì il ventre. Le sembrava di muoversi sott'acqua, i rumori circostanti si erano attutiti, sembravano provenire da molto lontano.

Lily scosse la testa, come per liberarsi da un peso fastidioso. I capelli le ricaddero morbidi sulle spalle. Aveva ancora tempo. Tempo per pensare. Tempo per decidere. Tempo, semplicemente.

Si avvicinò a una piccola pasticceria che aveva notato per caso l'anno prima. In vetrina erano esposte torte decorate con figurine di marzapane che si muovevano, biscotti, soffici quadratini alla zucca. Lily entrò, pensando che un dolce l'avrebbe aiutata a far sparire quella fastidiosa sensazione che ancora le attanagliava lo stomaco.

 

***

L'interno del Paiolo Magico era fresco e immerso nella penombra, e parecchi maghi e streghe dall'aria accaldata erano seduti ai vecchi tavolini, sorseggiando liquidi colorati e ghiacciati da bicchieri di vetro dal bordo decorato o da piccoli boccali dorati. Si poteva incontrare un vasto campionario di persone appartenenti al mondo magico in quel pub dall'aria malconcia: vecchi maghi dall'aria scontrosa che si lamentavano di come erano cambiati i tempi, streghe di mezza età che si riposavano dopo una mattinata passata a fare acquisti per tutta la famiglia, le borse colme sistemate sotto le sedie, una fattucchiera seduta nell'angolo più lontano, che leggeva con aria assorta la Gazzetta del Profeta…e poi, seduto al bancone, c'era lui.

Quando era entrato, una decina di minuti prima, gli occhi di tutti i presenti si erano posati su di lui. Non si vedevano spesso ragazzi di quell'età fermarsi al Paiolo Magico, di solito preferivano attraversarlo velocemente per recarsi nella più invitante Diagon Alley, con le gelaterie, i caffè con gli ombrelloni a spicchi rossi e arancio e i negozi di dolciumi. Spesso erano gli stessi genitori a proibire ai figli di fermarsi in quel locale, che credevano fosse poco sicuro, a causa della gente alquanto bizzarra o potenzialmente pericolosa che vi si poteva incontrare.

James Potter finì di bere la sua Burrobirra, sorseggiandola con calma. Non era esattamente la bevanda indicata contro quel caldo, peraltro piuttosto insolito per il clima inglese, ma era troppo abitudinario per ordinare qualcos'altro. Ogni volta che si fermava al Paiolo Magico si sedeva al bancone, chiedeva una Burrobirra e si metteva ad osservare la clientela sempre diversa che si presentava ai suoi occhi. Gli piaceva quell' ambiente dall'atmosfera un po' cupa, gli piaceva fermarsi lì prima di gettarsi fra la folla di Diagon Alley per comprare l'occorrente per la scuola, gli piaceva l'idea di essere probabilmente l'unico studente di Hogwarts che preferiva quel pub polveroso alla gelateria di Florian Fortebraccio, con i suoi coni giganti decorati da fiocchi di panna montata o da croccante alle arachidi. Si sentiva tranquillo.

James prese alcune monete dalla tasca dei pantaloni, le gettò al proprietario che gli fece un cenno d'assenso e si avviò verso il retro. Pochi istanti dopo la lunga via si presentò davanti ai suoi occhi, colorata, rumorosa e affascinante, esattamente come l'anno prima, esattamente come la ricordava. Sorrise fra sé e sè, e si avviò verso il Ghirigoro per ritirare i manuali scolastici, rilegati in pelle morbida e profumata, con il dorso nero e le scritte in grossi caratteri dorati.

Stava per iniziare il settimo anno a Hogwarts. Il settimo e ultimo anno in quel castello dall'aria vagamente minacciosa, con le alte torri, le finestre simili a piccole lucciole nella notte, il campo da Quiddicth, la Sala Grande e le scale che cambiavano continuamente direzione…il settimo e ultimo anno a casa. Un'ondata improvvisa di tristezza lo colse: gli sembrava che il tempo fosse passato troppo in fretta, che avesse preso qualche scorciatoia nascosta, gli sembrava di essere stato trascinato via da una corrente troppo impetuosa…alla fine di quell'anno non ce ne sarebbe stato un altro da iniziare dopo due mesi di meritate vacanze. Dopo ci sarebbe stata la vita vera, la vita di cui impadronirsi, senza rimanere a guardare, senza farsi guidare da altri.

James si passò una mano fra i capelli, spettinandoli, e scacciò dalla sua mente quelle preoccupazioni. Dopotutto c'erano ancora dieci mesi. Dieci lunghi mesi.

Pensò ai suoi migliori amici. Il giorno dopo li avrebbe rivisti. E tutto sarebbe tornato come prima. Sarebbero saliti sull'espresso alle undici in punto, rischiando di perderlo come tutti gli anni, avrebbero occupato uno scompartimento intero senza lasciar entrare nessuno, avrebbero giocato a Sparaschiocco e avrebbero giocato scherzi agli studenti intimoriti del primo anno, avrebbero speso valanghe di zellini e falci per comprare zenzerotti, cioccorane, api frizzole e dolci di ogni tipo, avrebbero indossato la divisa tenendo le cravatte slacciate e le camicie stropicciate fuori dai pantaloni per far infuriare la McGrannitt appena li avrebbe visti…

James si era piuttosto annoiato quell'estate. Sirius non era rimasto nella sua grande casa come era successo nei due anni precedenti, aveva preferito tornare a casa per cercare di recuperare il rapporto già troppo deteriorato con i suoi genitori, e James ne aveva sentito molto la mancanza. Non aveva potuto vedere nemmeno Remus e Peter, e le lettere non riuscivano a compensare la loro presenza, se non in minima parte. I Malandrini non riuscivano a stare insieme cinque minuti senza combinare qualche danno, e questo era sicuramente divertente, e James si era sentito molto solo, nonostante avesse accuratamente evitato di esternare il suo stato d'animo.

Sapeva benissimo cosa sarebbe successo quando avrebbe rimesso piede a Hogwarts. Tutti si sarebbero precipitati a chiedergli cos'avesse combinato durante i due mesi di pausa estiva. James non era sicuramente un santo, gli piaceva trasgredire ed adorava disubbidire alle regole, era esuberante come un fuoco d'artificio intrappolato per troppo tempo e finalmente lanciato in cielo, ed era diventato in brevissimo tempo uno degli studenti più popolari della scuola. Giocava a Quidditch fin dal secondo anno, e il suo talento come cercatore era indiscutibile: grazie a lui Grifondoro era stata la casa che aveva vinto più coppe negli ultimi cinque anni. I suoi voti inoltre erano abbondantemente sopra la media, sebbene fossero numerosissimi gli studenti pronti a giurare di non averlo mai visto piegato su libri e quaderni in biblioteca o a uno dei tavoli della sala comune. Il fatto che fosse anche un bel ragazzo, con i capelli scuri perennemente spettinati, gli intensi occhi color nocciola nascosti dietro le lenti degli occhiali e la cravatta rosso e oro della divisa sempre slacciata, contribuiva infine a renderlo l'idolo perfetto o la persona più detestabile dell'intera Hogwarts, a seconda degli studenti interpellati.

I suoi compagni e amici si aspettavano sempre racconti di avventure estive sopra le righe da lui, non vedevano l'ora di avere nuovi spunti di conversazione che puntualmente lo riguardavano, contribuendo ad alimentare quella sorta di leggenda che a poco a poco, mattone dopo mattone, si era costruita intorno a lui. Non sarebbero riusciti a concepire che anche lui, che anche James Potter potesse trascorrere delle normali, banali vacanze. Delle vacanze passate a leggere vecchi libri dei genitori all'ombra degli alberi del grande giardino di casa Potter, ad aiutare la madre a sbrigare le faccende domestiche più faticose, ad osservare le stelle durante le calde notti in cui non riusciva ad addormentarsi, persino a fare i compiti, i libri, i fogli di pergamena e le piume abbandonati sul tavolo di legno in veranda.

James non aveva mai deluso nessuno con i suoi resoconti, lui e Sirius insieme, liberi da compiti, professori che non li perdevano di vista e punizioni, erano ancora più incontrollabili che a Hogwarts. Quante risate si erano fatti…

James si ricordava benissimo quando, quella calda mattina di luglio di due anni prima, Sirius si era presentato a casa sua, una valigia in mano e l'aria di chi ha perso tutto, anche quella flebile illusione di avere una famiglia come le altre. Non c'era stato bisogno di parlare, si erano capiti subito. Il suo migliore amico era scappato di casa, aveva bisogno di aiuto. Aveva trascorso il resto delle vacanze con James, e l'estate successiva l'aveva passata interamente a casa Potter.

Sirius non aveva mai avuto un buon rapporto con i genitori e con la famiglia Black in generale. Erano persone fredde, ciniche, calcolatrici, rigide, sostenitrici più o meno dichiarate di Voldemort, anche se non facevano parte della schiera dei Mangiamorte, ossessionate dalla purezza del sangue. James ricordava che l'amico gli aveva parlato con disprezzo del grande arazzo che rappresentava l'albero genealogico della sua famiglia. Alla sommità di quest'ultimo, una frase ricamata ad eleganti lettere dorate diceva "La Nobile e Antichissima Casata dei Black. Toujours pur". Sirius li odiava, odiava la sua casa, odiava il fatto che si ritenessero superiori a tutti gli altri esseri viventi. E loro odiavano lui. Sirius era la mela marcia, il virus che si era insinuato in quella fastosa dimora, la pecora nera da evitare. L'unica persona con cui era riuscito a legare, che non l'aveva fatto sentire un intruso, un fallito, una macchia sgradevole su una parete immacolata, era sua cugina Andromeda. Anche lei, come Sirius, era stata cancellata dall'albero genealogico: aveva sposato un Babbano di nascita.

Sirius aveva anche un fratello minore, Regulus, ma non ne parlava mai, nemmeno per ribadire quanto lo disprezzasse. Aveva abbandonato Hogwarts l'anno prima, ma in ogni caso a scuola si erano sempre ignorati, come due perfetti sconosciuti. Due linee parallele che non potranno mai incontrarsi, il bianco e il nero, la notte e il giorno. Erano troppo diversi. James sapeva solamente che Regulus era sempre stato prediletto dai genitori di Sirius, e sapeva anche che Sirius aveva sofferto molto per questo motivo. Lo sapeva, anche se Sirius non si era mai confidato con lui in proposito. Un amico certe cose le capisce comunque.

 

Sirius aveva deciso di tentare. Quell'estate l'aveva passata a casa, era riuscito a convincere i suoi a farlo ritornare. Stava cercando disperatamente di recuperare il rapporto con loro. Per quanto li odiasse, erano pur sempre i suoi genitori, e lui era pur sempre un Black. E stava solo cercando disperatamente un po' di affetto, un po' di comprensione. Voleva essere un figlio normale con un padre e una madre normali. Un padre e una madre che gli mandassero lettere a scuola per sapere i suoi voti di Pozioni ed Erbologia, un padre e una madre che gli inviassero un libro o un maglione nuovo a Natale o per il compleanno, un padre e una madre che lo facessero sentire amato. James sapeva che il suo migliore amico era forte, sapeva che cercava di non dare peso a tutto questo, ma sapeva anche che non era facile. Non era facile rinnegare il proprio passato, non era facile tagliare completamente i ponti con quella che è sempre stata la propria vita.

 

Così, James era rimasto solo quei due mesi. Cosa avrebbe raccontato ai suoi compagni il giorno dopo? Voleva sentirsi di nuovo al centro dell'attenzione, voleva provare di nuovo la piacevole sensazione di avere così tanti occhi avidi puntati su di lui…sapeva che il suo era il comportamento di una persona egocentrica, ma non riusciva a farne a meno. Aveva bisogno di sentirsi considerato da qualcuno. Era come terrorizzato dall'idea di rimanere solo, di non avere più amici. Era consapevole del fatto che quella fosse una paura irrazionale, ma non riusciva a combatterla…si sentiva disarmato davanti a quel mostro minaccioso.

Non avrebbe deluso gli altri studenti…avrebbero avuto la solita razione di racconti entusiasti su quell'estate che stava finendo. E come sempre l'avrebbero invidiato, e come sempre avrebbero ricominciato a parlare di lui. Dopotutto, come avrebbero fatto a scoprire che aveva inventato tutto?

 

***

Lily aveva comprato una fetta di torta e, dopo averla mangiata, si era sentita molto meglio. Uscita dalla pasticceria, ritornò al Ghirigoro, ancora più affollato. Davanti alla vetrina vide una macchia rossa: i capelli di sua madre, che la stava aspettando. Aveva in mano i soldi dei maghi, a cui non era abituata, e quando la vide arrivare le sorrise.

"Eccoti finalmente! Lo sai che mi sento sempre a disagio quando veniamo qui…tutti mi guardano come se fossi un'aliena!" esclamò Louise Evans.

"Bè, in un certo senso per loro lo sei mamma…" -disse Lily ridendo- "Ma non ti preoccupare, non sei l'unica babbana qui!" si affrettò ad aggiungere quando vide l'espressione leggermente sconvolta della madre.

Si avviarono per Diagon Alley camminando con calma e osservando per l'ennesima volta le vetrine. Louise faceva molte domande alla figlia, che le rispondeva con piacere.

Si fermarono poi davanti alla vetrina di Madama McClan. Louise era rimasta colpita dalla vista di una magnifica veste color porpora, con ricami dorati molto elaborati sulle maniche e sui bordi. Mentre erano intente ad osservarla attentamente, la porta del negozio si aprì.

Lily, istintivamente, alzò lo sguardo, e si trovò davanti un ragazzo dai capelli scuri spettinati e dagli occhi nocciola, che portava un paio di jeans e una maglietta nera. James Potter. Aveva in mano un piccolo sacchetto con il nome del negozio, e le sorrise.

Lily arrossì di colpo, maledicendosi per quel maledetto vizio di diventare sempre e subito incandescente. Non aveva mai notato che James avesse un così bel sorriso…

"Ehi Lily, perché sei così rossa?" La madre aveva distolto gli occhi dalla veste porpora e stava osservando la figlia, che aveva assunto la stessa sfumatura del vestito.

"Niente mamma, è il caldo…" Lily continuò a camminare con la madre, intimandosi di dimenticarsi James Potter e il suo sorriso. Lei odiava James Potter…

 

James Potter si sarebbe aspettato di incontrare chiunque, ma non Lily Evans. Quando era uscito dal negozio di Madama McClan, dove aveva comprato una camicia nuova per la divisa, e l'aveva vista, era rimasto piuttosto sorpreso. Era cresciuta durante l'estate, e il sole che le batteva in viso faceva sembrare i suoi occhi ancora più verdi.

Senza nemmeno rendersene conto le aveva sorriso, facendola diventare dello stesso colore dei suoi capelli. Non sapeva perché l'avesse fatto, chissà cos'aveva pensato lei…e poi, lui non sopportava Lily Evans…

James si diresse verso il Ghirigoro, controllando la lista dei libri che doveva acquistare.

 

***

Ed ecco che è finito anche il secondo capitolo…spero che vi sia piaciuto! ^^

Allora, qualche precisazione…

1) siccome non si sa nulla dei genitori di Lily io il nome della madre l'ho inventato…

2) non penso che Sirius sia mai tornato a casa dopo essere scappato quando aveva quasi sedici anni, ma è una "licenza" che mi sono presa…

3) non si sa nulla di preciso nemmeno su Regulus, ma suppongo che anche lui abbia frequentato Hogwarts, visto che era più piccolo di Sirius…però gli ho fatto abbandonare la scuola lo stesso :P

 

bè, arrivederci al prossimo capitolo!! ^^

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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La pioggia scrosciava senza sosta da ormai due ore, e nell'atrio della stazione londinese di King's Cross si sentiva con chiarezza il suo intenso ticchettio, nonostante il sovrapporsi delle voci dei numerosi viaggiatori che si trovavano al suo interno quella mattina. C'erano bambini che, capricciosi, tiravano i genitori per le maniche delle giacche leggere, urlando e chiedendo lecca lecca o merendine da mangiare, c'erano uomini d'affari in giacca e cravatta che leggevano quotidiani, c'erano turisti che si scattavano foto a ripetizione…e poi c'erano loro. Ragazzi e ragazze adolescenti, più o meno grandi, accompagnati dai genitori o soli, che trascinavano carrelli con sopra grossi bauli e gabbie con dentro gufi o gatti spaventati dalla folla…di certo non passavano inosservati. Tutti si dirigevano fra i binari nove e dieci, con noncuranza si fermavano qualche secondo a chiacchierare e poi, quando erano sicuri di non essere visti, si incamminavano con aria decisa e sparivano nel nulla. Nessun babbano avrebbe mai potuto immaginare il mondo che si nascondeva oltre quella striscia di muro. Un mondo magico, nel vero senso della parola.

 

Un ragazzo piuttosto alto stava attraversando di corsa la stazione, cercando di non rovesciare il carrello con i due grandi bauli che stava trascinando senza grossi sforzi apparenti. Come al solito era in ritardo. Si era bagnato tutto nel tragitto, seppur breve, che aveva dovuto percorrere per arrivare a King's Cross, e brividi di freddo lo colpivano fastidiosamente. Tuttavia continuava a sorridere. Il primo settembre. Hogwarts. Stava tornando a casa. Arrivato fra i binari nove e dieci, iniziò ad aumentare l'andatura e, senza controllare che nessun babbano lo stesse osservando, attraversò il muro. Si ritrovò sul binario nove e tre quarti, il binario da cui partiva l'espresso per Hogwarts, alle undici in punto. Erano le dieci e cinquantasette. Sirius Black tirò un sospiro di sollievo. Ce l'aveva fatta. Era un ragazzo molto attraente, con gli occhi di un blu intenso e i capelli corvini leggermente mossi, che per poco non gli sfioravano le spalle e che gli ricadevano a ciuffi sul viso.

Sirius si guardò intorno, cercando i suoi amici fra quella marea di studenti, genitori, animali esagitati e bagagli. Mentre si incamminava lungo il binario, molti ragazzi e ragazze si voltarono per salutarlo: non era meno popolare del suo migliore amico James. Rispose ai saluti con allegria, ma con lo sguardo continuava a osservare la folla, in cerca degli altri Malandrini. Erano già le dieci e cinquantanove, e Sirius stava per salire sul treno, pensando che avrebbe cercato i suoi amici una volta salito, quando una voce familiare lo chiamò.

"Ehi Felpato! Ti sembra questa l'ora di arrivare? In ritardo come al solito…"

Sirius si voltò di scatto. Da uno dei finestrini del vagone più vicino a lui spuntava la testa di James Potter, un sorriso beffardo dipinto sul volto. Sirius sorrise a sua volta, e si affrettò a salire sull'espresso per raggiungere James, Remus Lupin e Peter Minus.

 

***

Lily era molto nervosa quella mattina. La pioggia le aveva fatto increspare i capelli, che sembravano ostinarsi a rimanere dritti intorno alla sua testa, simili ad un'aureola infuocata, si era bagnata le scarpe e le calze per colpa di un gruppetto di turisti che l'avevano spintonata fuori dalla stazione, il suo gatto continuava a miagolare senza interruzione, non molto felice di dover rimanere nella gabbia, non era sicura di aver preso tutti i libri e in più era in ritardo mostruoso.

Petunia non l'aveva nemmeno salutata. Non che la cosa l'avesse sorpresa particolarmente, ma una piccola speranza l'aveva animata quando l'aveva vista scendere le scale, ancora in pigiama e con i capelli scuri spettinati. Petunia aveva lanciato un'occhiata leggermente sorpresa ai genitori, vestiti e pronti per uscire, ma quando aveva notato sua sorella, vicina ai due bauli sistemati nell'ingresso, si era ricordata. Era il primo settembre. Lily stava per tornare a Hogwarts. Stava per tornare in quel manicomio, in quel covo di chissà quali spostati e criminali. E si era voltata, aveva risalito le scale, era tornata in camera sua, senza una parola, senza un cenno, senza un sorriso. Silenziosa come un'ombra, gli occhi traboccanti di disprezzo e fiamme.

Lily l'aveva osservata di sottecchi, altrettanto silenziosa, e aveva lottato contro le lacrime. Erano sei anni che ci provava. Sei anni in cui aveva cercato con ogni mezzo di non dare peso al comportamento di Petunia, sei anni in cui aveva cercato di convincersi che non aveva più una sorella, sei anni in cui aveva cercato di convincersi che dopotutto non aveva perso una persona così importante. Ma non ci era riuscita. Petunia aveva il suo stesso cognome, il suo stesso sangue, avevano vissuto nella stessa casa, avevano giocato insieme così tante volte, si erano divertite a decorare l'albero di Natale o a preparare biscotti allo zenzero…e tutto era sparito, cancellato da un colpo di spugna. Lily aveva ingoiato qualche lacrima salata, mentre osservava il paesaggio dal finestrino rigato di pioggia dell'auto.

 

***

"Mi raccomando, scrivimi presto!" Il sorriso di sua madre attraverso il vetro del finestrino. I suoi capelli scuri, gli occhi vivaci, la vecchia veste color muschio con ricami dorati, la piccola mano che si agitava in segno di saluto.

"Va bene…" un sussurro. La donna aveva letto le labbra del figlio, e aveva continuato a sorridergli. Un attimo dopo non c'era più. Si era smaterializzata. Era tornata a casa, in quell'inferno fra pareti color crema.

L'orologio battè le undici, e il treno iniziò il suo viaggio verso Hogwarts. Il rosso dei vagoni sembrava ancora più lucente, lavato dalla pioggia, e grossi sbuffi di fumo salivano verso il cielo color piombo. Severus Piton si lasciò cadere contro il sedile imbottito, e appoggiò il viso contro il finestrino.

Stava tornando a scuola. Il suo settimo anno a Hogwarts. Il settimo anno di sofferenza, di serate solitarie passate di fronte al fuoco, nei sotterranei di Serpeverde, di giornate trascorse in biblioteca, invisibile, come impalpabile aria. Ma anche il settimo anno di pace, lontano da quella casa che per lui era il luogo più terribile del mondo, un ricettacolo di paure e di pensieri oscuri, lontano da suo padre. Suo padre, che non l'aveva mai considerato suo figlio. Suo padre, che aveva sposato una donna che non aveva mai veramente amato. Suo padre, diventato così violento, la mente catturata dall'alcool, le mani che troppo spesso schiaffeggiavano e picchiavano le due persone che avrebbero dovuto essere per lui le più importanti.

La madre di Severus tentava di nascondere i lividi che le deturpavano le braccia e il viso, ma suo figlio li vedeva, chiaramente, troppo chiaramente. E riusciva anche a vedere le ferite più profonde, quelle che le avevano lacerato irreparabilmente l'anima. Avrebbe voluto aiutarla, avrebbe voluto disperatamente aiutare quella donna, l'unica che gli avesse mai donato un po' di affetto, l'unica che l'avesse fatto sentire importante, l'unica che gli avesse dato una ragione per tirare avanti, per alzarsi la mattina e per tornare a letto la sera. Avrebbe voluto aiutarla, ma era troppo debole per farlo. Troppo inutile. Severus si odiava per questo, non avrebbe mai smesso di rimproverarsi, ogni giorno della sua vita. Non era stato capace di opporsi a suo padre, si era lasciato picchiare, aveva permesso che toccasse sua madre, e avrebbe continuato a farlo. Severus Piton aveva diciassette anni, ma si sentiva già troppo vecchio.

Scostò dal viso pallido e affilato i lunghi capelli neri, e aprì il suo baule. Fra i libri di scuola aveva gettato anche un volume che aveva trovato a casa. Un manuale che parlava delle Arti Oscure. L'unica materia che lo interessasse veramente. A scuola si studiava solo Difesa contro le Arti Oscure, ma Severus era terribilmente affascinato dalla magia nera in sé. Le promesse di potere che portava con sé…il controllo delle menti, dei corpi, della volontà…il dominio sugli altri uomini…sul genere umano, che non l'aveva mai considerato, che l'aveva umiliato, maltrattato, per ogni singolo giorno della sua vita…

Iniziò a sfogliare le sottili pagine di pergamena, un piccolo sorriso sul volto e gli occhi scuri pieni d'odio e avidi di sapere.

 

***

James ingoiò un paio di gelatine Tutti i gusti più uno, e dalla sua espressione gli altri Malandrini capirono che il loro sapore non doveva essere dei migliori.

"Che schifo! Sono sette anni che quando prendiamo questo treno ingurgitiamo chili di gelatine Tutti i gusti più uno e puntualmente quelle immangiabili capitano a me!"

Era ora di pranzo, e i quattro ragazzi avevano saccheggiato come di consueto il carrello che vendeva panini, succo di zucca, fette di torta e una grande varietà di caramelle e cioccolatini. La pioggia continuava a cadere, e l'espresso procedeva velocemente verso nord. Le nuvole grigie occupavano interamente il cielo, e le luci all'interno dei vagoni si erano già accese.

"Insomma Ramoso…non fai altro che lamentarti!" -esclamò Sirius, scartando una Cioccorana- "E vai!! L'ultima figurina che mi mancava per finire la collezione!" aggiunse entusiasta.

"Non per offenderti Felpato…ma tutti noi abbiamo smesso di collezionare le figurine delle Cioccorane quando avevamo tredici anni!" aggiunse Remus Lupin, con tono sarcastico. Era un ragazzo piuttosto esile, dagli occhi azzurro polvere e dai capelli color sabbia, la pelle pallida che contrastava con le occhiaie piuttosto pronunciate.

"Stai zitto tu…sei sempre stato troppo perfettino per i miei gusti! Prima Prefetto, adesso addirittura Caposcuola…sei la pecora nera dei Malandrini Lunastorta!" ribattè Sirius ridendo.

"Sirius?" James si rivolse verso l'amico, gli occhi nocciola improvvisamente seri.

"Mm?" Sirius abbassò lo sguardo, fingendo di essere molto interessato alle vecchie scarpe di Peter: sapeva già cosa James volesse chiedergli. E aveva paura della risposta che avrebbe dato.

Un silenzio soffocante calò nello scompartimento.

"Non ci hai ancora detto…come è andata quest'estate…con i tuoi." Disse con calma James.

Sirius sentì gli sguardi dei suoi amici puntati su di lui. Non poteva più nascondersi. Non avrebbe avuto senso. Alzò gli occhi e sospirò.

Le immagini che aveva cercato di dimenticare tornarono prepotentemente davanti a lui, istantanee dei due mesi più lunghi della sua vita…

 

Gli sguardi carichi di disprezzo e di odio che gli avevano riservato i suoi genitori quando si era presentato alla grande villa dei Black, l'atmosfera gelida che aleggiava in casa, le parole dure che gli rivolgeva suo padre, i rimproveri continui di sua madre, la sua vecchia stanza che era stata privata del mobilio, le notti solitarie passate in giardino, sperando che il tempo passasse in fretta, senza lasciare ferite troppo profonde…

Non si era aspettato un'accoglienza calorosa, ma non pensava che la crudeltà dei suoi parenti potesse essere tale. La servitù, numerosa in casa Black, veniva trattata con più riguardo. Gli occhi vacui degli elfi domestici, coperti di stracci logori, lasciavano trasparire più felicità di quelli color ghiaccio di Sirius. Non aveva mai consumato un pasto con la sua famiglia: mangiava da solo, nell'ala più lontana della casa. Trascorreva il tempo sui libri, cercando di studiare, oppure passava ore a fissare le pareti spoglie di quella che un tempo era stata la sua stanza da letto, a chiedersi perché, perché avesse deciso di tornare, perché dovesse farsi umiliare in quel modo. Il padre gli parlava solamente per ricordargli quanto si vergognasse di lui, oppure per sottolineare che a casa Black non era nient'altro che un ospite, accolto per pietà e per mantenere il buon nome della famiglia. La madre ogni tanto entrava nella sua camera, rimaneva per qualche secondo a fissarlo, a osservare il suo viso che esprimeva sofferenza e dolore, e poi usciva, gli occhi velati da lacrime di rabbia e la bocca che pronunciava parole pericolosamente simili a *Non sei mio figlio…*

Sirius non poteva far altro che rimanere immobile, a farsi colpire da schegge invisibili che gli laceravano l'anima.

Un giorno aveva trovato un vecchio album di fotografie della sua °famiglia°. Volti noti gli sorridevano, e mani si agitavano allegre verso l'obiettivo. I suoi genitori in giardino, abbracciati sotto un albero in fiore, le lunghe vesti di stoffe preziose che sfioravano l'erba. Non si erano mai amati veramente. Lui, quando aveva circa sette anni, e suo fratello Regulus, in salotto, accanto all' albero di Natale luccicante, che giocavano con i regali nuovi. Non si erano mai considerati veri fratelli. Le sue cugine, Bellatrix, Narcissa e Andromeda, i vestiti uguali di velluto blu notte, sedute sul grande divano davanti al fuoco. Andromeda era stata cacciata, era una rinnegata, proprio come lui. Narcissa e Bellatrix avevano imparato con il tempo ad odiarlo, le avevano istruite bene.

Eppure la comunità dei maghi li rispettava, li considerava una famiglia perfetta, un modello da imitare. Le apparenze erano sempre state importanti per i Black. Non importava quanti problemi ci fossero, non importava che l'unica cosa che venisse insegnata in quella famiglia fosse l'ossessione per la purezza del sangue, non importava che nessuno di loro fosse in grado semplicemente di amare, senza chiedere nulla in cambio. L'importante era fare in modo che la buccia lucente della mela nascondesse perfettamente la polpa marcia.

Quando se n'era andato, poche ore prima, i suoi genitori non l'avevano nemmeno salutato…non l'avevano neanche guardato…si erano limitati a voltare il viso dall'altra parte, a continuare la loro conversazione sulla spregevolezza degli elfi domestici che li servivano, addentando biscotti e fette di pane spalmate di marmellata d'arance. Nulla riusciva a scalfire la buccia scintillante di casa Black, nemmeno la perdita di un figlio. Sirius non poteva più fingere con se stesso: non sarebbe più tornato dai suoi genitori, non lo volevano, forse non l'avevano mai voluto. Doveva accettarlo. Prima l'avrebbe fatto e prima avrebbe potuto cercare di guarire, cercare di far cicatrizzare ferite che in ogni caso non si sarebbero mai rimarginate del tutto…

 

"Sirius?" la voce di Remus sembrò giungere alle sue orecchie da una terra lontana e sconosciuta. Si era perso nei suoi pensieri. Guardò i tre amici che a loro volta lo fissavano. Poteva leggere la preoccupazione sui loro volti. Esitò ancora un istante prima di parlare.

"E' andata. È semplicemente andata." disse piano, con amarezza, fingendo di osservare con interesse il paesaggio che scorreva veloce fuori dal finestrino, i campi bagnati dalla pioggia, gli alberi con le foglie che iniziavano ad ingiallire, il profilo acuminato delle montagne lontane.

Ancora silenzio, frasi non dette che aleggiavano nell'aria, il vociare sommesso che proveniva dagli altri scompartimenti del treno, il lieve profumo di the e di autunno.

 

***

Lily stava cercando di leggere un libro, seduta accanto al finestrino in uno scompartimento che divideva con alcune ragazze di Grifondoro del suo anno, un romanzo sdolcinato che aveva trovato a casa, in soffitta, sepolto in mezzo a un mucchio di vecchie riviste di moda e polvere. Durante l'estate si annoiava molto, e spesso si rifugiava nella grande soffitta disordinata, dove trascorreva il tempo cercando libri o album di fotografie leggermente ingiallite e consumate dal tempo. Era una ragazza molto timida, e si era abituata alla solitudine.

Quando era arrivata a Hogwarts, l'ambiente nuovo, i larghi corridoi, le grandi aule e la moltitudine di studenti l'avevano intimorita, e Lily si era chiusa in se stessa. Il primo anno aveva sofferto molto, e aveva trascorso gran parte del suo tempo della Sala Comune di Grifondoro, seduta su una delle morbide poltrone di tessuto consunto a leggere o studiare, mentre gli altri studenti passavano le ore di libertà riuniti in gruppetti che passeggiavano nel parco, che chiacchieravano seduti sotto i faggi in riva al lago, che giocavano a scacchi magici o a carte davanti al fuoco o che fingevano di studiare in biblioteca. Con il passare del tempo la situazione era migliorata, ma Lily continuava a non avere veri amici. Al secondo anno aveva legato con le sue compagne di stanza, con cui parlava nelle pause fra una lezione e l'altra, si recava nella Sala Grande per i pasti, studiava qualche volta o guardava le vetrine durante le gite a Hogsmeade, ma non si era mai aperta veramente con loro. Quelle ragazze non sapevano quasi nulla di lei, e anche se la consideravano una ragazza simpatica e alla mano non si erano mai interessate particolarmente alla sua vita, alle sue abitudini o alle sue preferenze. Non conoscevano il suo colore preferito, o i cibi che non le piacevano, e non sapevano quando fosse il suo compleanno, né tanto meno cosa le sarebbe piaciuto ricevere. Lily Evans rimaneva un mistero, una ragazza apparentemente insignificante come tante altre, di certo non popolare, una piccola ombra che preferiva restare tale. Non le interessava essere conosciuta da molti studenti, non le interessava attirare l'attenzione dei ragazzi °popolari°, come cercavano di fare le sue compagne, non voleva essere ricordata come la ragazza più carina del suo anno o come la più intelligente. O almeno così credeva.

Il treno stava iniziando a rallentare, e, quando Lily ebbe finito di infilarsi la divisa, si fermò nella piccola stazione di Hogsmeade, immersa nel buio e in una fitta nebbiolina argentea. Solo l'imponente sagoma di Hagrid, che reggeva una grande lanterna, si scorgeva nella notte.

 

Ed ecco un altro capitolo…spero di riuscire a continuare questa fic perché ho un po' di confusione in testa per quanto riguarda lo svolgimento della trama…ma dovrei riuscire a gestire la cosa ^^

Grazie a tutte le persone che hanno recensito i primi due capitoli, sono state molto gentili :) e spero che continuino ad essere clementi visto che questa è la prima fic a capitoli che scrivo (come ho già detto :P) e non ho esperienza…grazie ancora!! ^^ ps. ho modificato il titolo della fic e ho cambiato anche il commentino...nella fretta di iniziare a postare l'avevo scritto un po' troppo di corsa ^^

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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« Capitolo 4

La sagoma del castello di Hogwarts si avvicinava sempre di più, mentre le numerose carrozze senza cavalli trasportavano gli studenti, pronti a iniziare il nuovo anno scolastico. La pioggia scendeva sottile, e un'aria innaturalmente gelida spazzava i prati e le cime degli alberi della Foresta Proibita. Hagrid aveva raccolto intorno a sé i ragazzi e le ragazze del primo anno, piuttosto intimoriti dal guardiacaccia dalla mole smisurata, e li aveva condotti al lago, per la tradizionale traversata a bordo di piccole barche. La cerimonia di Smistamento li aspettava, una volta accolti dalla professoressa McGrannitt e arrivati nella Sala Grande, con i quattro lunghi tavoli di Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde e il tavolo degli insegnanti. Tutti gli altri studenti avrebbero seguito la cerimonia con attenzione, pronti ad applaudire con forza i nuovi arrivati nelle rispettive Case, e avrebbero ascoltato il discorso del preside, Albus Silente, che solitamente preferiva non dilungarsi troppo, per permettere ai ragazzi affamati di gustare il grande banchetto d'inizio anno.

James, Remus, Sirius e Peter scesero dalla loro carrozza e si diressero velocemente verso la scalinata di pietra davanti al massiccio portone d'entrata, accalcandosi insieme agli altri studenti che rabbrividivano avvolgendosi nei loro mantelli, adatti alle temperature di settembre ma non a quel vento freddo. La professoressa McGrannitt comparve pochi secondi dopo, un capello verde di cattivo gusto in testa e il consueto cipiglio austero. Gli occhiali calati sul naso, i capelli spruzzati di grigio raccolti in una crocchia e la veste molto semplice non contribuivano a conferire alla donna un aspetto amichevole, ma gli studenti sapevano che nonostante le apparenze era un'insegnante molto valida e preparata, e che, anche se era piuttosto severa, sapeva essere giusta ed imparziale quando necessario.

"Cazzo che freddo…se non mi fanno entrare entro dieci secondi giuro che faccio un incantesimo alla McGrannitt e la obbligo a darmi il massimo dei voti per tutto l'anno" esclamò James, tentando di scaldarsi con il mantello di stoffa leggera. Continuava a guardarsi intorno, rispondendo ai saluti che gli rivolgevano molti studenti, e con una mano si spettinava i capelli, già abbastanza arruffati.

"Non hai bisogno di un incantesimo per avere il massimo dei voti dalla McGrannitt James…li avresti comunque!" disse Peter, a bassa voce. Aveva una letterale adorazione per James, e non perdeva occasione per osannarlo, anche quando non era necessario. Era un ragazzo basso e un po' tarchiato, con gli occhi grigi e vacui e corti capelli biondo spento. Non era uno studente che si notava facilmente, e quando gli altri Malandrini l'avevano fatto entrare nel loro gruppo la decisione aveva destato una certa curiosità, se non stupore. Peter Minus era diverso, e si limitava a zampettare dietro agli altri Malandrini per la maggior parte del tempo, cosa che gli aveva sempre permesso di non avere particolari problemi a Hogwarts. James, Sirius e Remus infatti godevano di una certa popolarità e non erano molte le persone che avevano voglia di prendersela con loro, considerata anche la loro abilità esemplare nel padroneggiare incantesimi di vario genere.

"Hai ragione Codaliscia…sono troppo intelligente per sprecare le mie forze a incantare la McGrannitt per farmi dare un Oltre Ogni Previsione che prenderei in ogni caso!" rispose James, un sorriso compiaciuto e ironico dipinto sul volto. Sembrava che non fosse infastidito dai continui e anche stancanti complimenti dell'amico, ma che fosse felice di godere di tutta quell'attenzione.

"Vedo che in questi due mesi non hai perso nemmeno un briciolo della tua famosa modestia, Potter…" una voce leggermente strascicata, sottile, simile a miele colato, giunse alle orecchie dei Malandrini, che si voltarono nello stesso momento. Dietro di loro c'era un ragazzo piuttosto alto, le spalle strette in un mantello di fattura pregiata, grigio scuro, il nodo di una cravatta di seta verde e argento che si intravedeva fra le pieghe della stoffa, i pantaloni della divisa che avevano l'aria di essere stati acquistati il giorno prima in un negozio costoso, così come le scarpe. I suoi capelli erano biondi, lisci e lucidi, lunghi fino alle spalle, gli occhi erano azzurri, intensi e severi, la pelle era pallida, leggermente arrossata sulle guance a causa del freddo pungente. Lucius Malfoy, il nemico giurato di James, e di conseguenza anche degli altri Malandrini, da ormai sette anni.

James ricordava molto bene il suo primo giorno a Hogwarts. Ricordava quanto l'avessero intimorito le spesse mura del castello, la scalinata che conduceva all'ingresso, l'immensa Sala Grande, con migliaia di candele sospese a mezz'aria che la illuminavano sommessamente, le scale che cambiavano direzione all'improvviso, i lunghi corridoi rischiarati dalle fiaccole…Ricordava anche quanto l'avessero affascinato il suo dormitorio, una piccola stanza circolare con i letti a baldacchino, le serre che profumavano di muschio e terriccio dove si tenevano le lezioni di Erbologia, lo stadio e il campo da Quidditch, dove avrebbe volato innumerevoli volte a cavalcioni della sua scopa…Ricordava che la prima persona con cui aveva parlato era stata un ragazzino piuttosto alto per la sua età, con i capelli corvini leggermente ondulati e con gli occhi blu spalancati quanto i suoi per la sorpresa…Sirius. Erano diventati subito amici…E poi ricordava lui, Lucius Malfoy. Ostentava una fastidiosa sicurezza, insolita per un undicenne, e il suo sguardo osservava con disprezzo tutti gli altri studenti e studentesse. Continuava a ripetere che sapeva già che il Cappello Parlante l'avrebbe fatto andare a Serpeverde, e che quella era senza dubbio la Casa migliore, quella in cui c'erano solamente maghi e streghe purosangue. I suoi freddi occhi si erano poi posati su James, che nel frattempo aveva preso maggiore confidenza con l'ambiente e stava chiacchierando animatamente con qualche altro ragazzo. Si era avvicinato, con fare altezzoso.

"Ciao, io sono Lucius Malfoy." La sua voce era melliflua, il suo sorriso vagamente minaccioso. Non dimostrava affatto undici anni. Gli tese la mano pallida.

"Io sono James Potter." La mano di Lucius era molto fredda.

"Mi sembri un tipo a posto…sono sicuro che potresti entrare a Serpeverde. Io ci entrerò di sicuro, tutti i membri della mia famiglia erano lì…Scoprirai presto, se non l'hai già fatto, che alcune famiglie di maghi sono molto migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate vero?" -Lucius aveva lanciato una breve occhiata a Sirius, che si trovava accanto a James- "In questo posso aiutarti io…"

James si passò una mano fra i capelli ribelli, e osservò Lucius per qualche istante, l'espressione seria. "Ti ringrazio, ma credo di essere capace di capire da solo le persone sbagliate, grazie." Rispose infine, la voce calma. [Le frasi sottolineate sono state prese dal primo libro, quando Harry incontra per la prima volta Draco, sull'espresso per Hogwarts. Ho pensato che fossero le più adatte anche per il primo dialogo dei loro genitori^^ n.d.r]

Lucius rise brevemente, una risata ironica, che tradiva una punta quasi impercettibile di delusione. "Come preferisci Potter…in questo caso non mi resta che augurarti buon anno scolastico…e attento a non mischiarti troppo con la gentaglia che purtroppo pullula qui a Hogwarts." Lucius si era voltato e aveva raggiunto un gruppo di ragazzi che si trovavano poco lontano.

Circa mezz'ora dopo, il Cappello Parlante l'aveva assegnato alla Casa di Serpeverde, proprio come aveva previsto, mentre James e Sirius erano entrati a Grifondoro. Da quel momento, erano diventati nemici. Quando i loro sguardi si incrociavano si poteva percepire l'odio che scorreva come acqua di un fiume in piena, le loro parole si scontravano a mezz'aria, offensive, dure, ironicamente taglienti…Talvolta si erano anche scontrati in duelli di magia: entrambi erano molto abili con la bacchetta, e spesso questi scontri venivano interrotti solamente dagli insegnanti infuriati. Lucius e James erano molto diversi fra loro. James non si curava affatto della purezza del sangue. Sirius apparteneva a una famiglia nobile, pura da generazioni e generazioni, ma non erano certamente così amici per quel motivo, e Peter e Remus provenivano da famiglie come tante altre. Lucius aveva solo amici che provenivano dalle ultime famiglie di purosangue, e trattava con disprezzo tutti gli altri studenti, e particolarmente quelli di Grifondoro, Casa nemica di Serpeverde per eccellenza. James era molto popolare a Hogwarts, e nonostante spesso si comportasse da arrogante e approfittasse della sua fama tutti lo consideravano fondamentalmente una brava persona. Anche Lucius era popolare, ma per la sua cattiveria che pareva irrimediabilmente intrinseca, e perché si mormorava che fosse un sostenitore più o meno velato delle Arti Oscure. Ma erano anche più simili di quanto pensassero…

James sorrise impercettibilmente a Lucius. "Ma guarda un po'…il mio grande amico Malfoy! Cos'hai fatto di bello quest'estate? Ti sei dedicato alla caccia al babbano nella tua tenuta? Oppure hai aiutato tuo padre a fare da leccaculo a Voldemort?"

Lucius si irrigidì a quelle parole, e istintivamente la mano destra gli salì fino all'apertura del mantello, a stringere la bacchetta. I suoi occhi azzurri brillavano di fiamme incandescenti. "Ti conviene stare attento a come parli Potter…non farmi perdere la pazienza…" La sua voce era innaturalmente ferma, statica.

James si spettinò di nuovo i capelli, consapevole che molti studenti vicini avevano iniziato ad osservare la scena con curiosità. I diverbi fra i due erano uno degli argomenti di cui parlare preferiti a Hogwarts. "Sto morendo di paura Malfoy…scommetto che adesso mi lancerai un bell'Avada Kedavra per farmi stare zitto…"

Sirius, Remus e Peter erano immobili al fianco di James.

"Potter, stai esagerando…non dirmi che non ti avevo avvertito!" Lucius era visibilmente furente. Quello non era proprio l'inizio d'anno che aveva programmato, nonostante amasse gli scontri con James. Tirò fuori la bacchetta e la impugnò con forza.

"Non mi lasci altra scelta allora…" James estrasse la bacchetta dal mantello a sua volta.

Un piccolo varco si era aperto intorno a loro, e una piccola folla di studenti osservava le mosse dei due ragazzi. Nessuno interveniva, nemmeno gli altri Malandrini. L'aria fredda era carica di elettricità e odorava intensamente di vaniglia. Il profumo dei dolci arrivava fino a lì dalle cucine lontane.

James e Lucius sollevarono le bacchette, pronti a scagliare il primo incantesimo, quando una voce irata si alzò chiara. Proveniva dalla cima della scalinata. La professoressa McGrannitt, che stava aspettando gli allievi del primo anno provenienti dal lago, si era accorta dell'agitazione che si era creata fra gli altri studenti, e non aveva tardato molto a capire cosa stesse succedendo. Dopo sette anni, vi aveva fatto l'abitudine. Non sarebbe riuscita a ricordare tutte le punizioni che aveva inflitto ai Malandrini per cercare di farli calmare, e tutte si erano rivelate perfettamente inutili. Sembrava che James Potter e Sirius Black in particolare fossero due casi irrecuperabili. Doveva ammettere però che, nonostante l'indole quantomeno ribelle, fossero anche i due studenti più brillanti nel suo corso di Trasfigurazione, e che James fosse un eccellente giocatore di Quidditch, qualità che aveva permesso alla Casa di Grifondoro, di cui la professoressa era una tifosa esemplare, di vincere molti incontri. Quella sera, tuttavia, Minerva McGrannitt non stava pensando affatto alle doti di Cercatore di James Potter, ma solamente alla sua proverbiale capacità di mettersi nei guai con gli insegnanti.

"Potter, Malfoy! Mettete giù subito quelle bacchette! Possibile che vogliate dare spettacolo già dopo cinque minuti a Hogwarts? State per iniziare il settimo anno, non siete più dei bambini, anche se a volte penso il contrario!" La voce della professoressa era dura come un blocco di pietra, i suoi occhi stretti dietro le piccole lenti quadrate degli occhiali.

"Ma professoressa…" disse James con rabbia. Sembrava che non temesse la McGrannitt, anche se in realtà era l'unica insegnante cui desse retta veramente, senza troppe proteste.

"Non voglio sentire ragioni Potter! Adesso tu e il signor Malfoy la smetterete e inizierete a comportarvi da persone civili, come pretende la scuola da chiunque la frequenti! E siete fortunati che tecnicamente l'anno scolastico non sia ancora iniziato, altrimenti avrei già dovuto sottrarre punti a Grifondoro e Serpeverde…e con questo l'argomento è chiuso." La McGrannitt rivolse un ultimo sguardo severo ai due ragazzi, e poi tornò a concentrarsi sul cancello di entrata alla scuola, che si stava aprendo in quel momento. Gli studenti del primo anno che avevano attraversato il lago, i visi impauriti, le mani infreddolite che stringevano i mantelli scuri, si stavano avvicinando, scortati da Hagrid e dal suo cane Thor.

Lucius Malfoy si voltò verso James. "Abbiamo un anno intero per continuare il nostro duello, Potter…ci vediamo straccioni!" Lucius lanciò una breve occhiata a Sirius, Remus e Peter e poi tornò verso un gruppetto di Serpeverde che si trovava due o tre gradini più in basso.

Sirius strinse i pugni, cercando di non dare peso alle parole di Malfoy. "Ma guarda questo stronzo…viene qui a provocarci e la McGrannitt pretende pure che ci comportiamo da persone civili!"

James scrollò le spalle, ormai abituato agli scontri quasi quotidiani con Malfoy. "Non farci caso Felpato…lo sai che è un coglione!"

Remus si voltò verso i suoi amici, mentre la McGrannitt iniziava a farli entrare nel castello, in modo che si accomodassero ai tavoli delle Case prima dell'inizio della cerimonia dello Smistamento. "Malfoy sarà anche un coglione, però è anche colpa tua James…"

James scrutò gli occhi azzurro polvere dell'amico. "Ma sei impazzito Lunastorta? Adesso dai la colpa a me?"

Remus salì l'ultimo gradino e il piacevole tepore del grande atrio lo avvolse. "Non ho detto che è solo colpa tua Ramoso…però devi ammettere che anche tu provochi Malfoy, e non è unicamente lui che lo fa con te!"

James abbassò lo sguardo. Sapeva che Remus aveva ragione, ma non l'avrebbe mai ammesso. Gli piaceva giocare il ruolo della vittima incompresa. "E smettila di fare il moralista Lunastorta…è ora di cena, sto morendo di fame e dobbiamo ancora aspettare che questi bambinetti si mettano in testa quel cappello ammuffito e che Silente faccia il suo solito discorso! Non ti ci mettere anche tu o sarò costretto a farti un incantesimo…" James rise allegramente e si sedette circa a metà del tavolo di Grifondoro.

"Ramoso ha ragione, Lunastorta…non metterti a fare il Caposcuola ancora prima che inizi l'anno!" Sirius si sedette di fronte a James, e rise a sua volta.

Remus scostò la sedia vicino a quella di Sirius, limitandosi a sorridere con aria rassegnata. I suoi amici non sarebbero mai cambiati.

***

Lily entrò nel dormitorio femminile del settimo anno di Grifondoro, e sorrise leggermente. Si sentiva a casa. La stanza circolare, i letti a baldacchino, con la pesante stoffa rossa che ricadeva sul pavimento di legno, il morbido tappeto centrale, i comodini di mogano, la grande finestra bifora…Tutto era rimasto come due mesi prima, tutto profumava di cedro e di antico, tutto era…bello, semplicemente. Lily amava molto quell'ambiente, le infondeva un senso di tranquillità, di pace.

Si stese sul suo letto, quello più vicino alla porta, e rimase in silenzio a fissare il soffitto. Era sola, le sue compagne di stanza erano ancora in Sala Comune, a giocare a carte, a leggere sulle poltrone davanti al camino, o a bere Burrobirra e mangiare dolci che qualcuno era riuscito a procurarsi nelle cucine, per festeggiare l'inizio del nuovo anno.

Lily ripensò alla cerimonia di Smistamento. Anche quell'anno i nuovi studenti erano stati condotti dalla professoressa McGrannitt nella Sala Grande, si erano incolonnati diligentemente e poi, uno dopo l'altro, si erano seduti sul piccolo sgabello al centro dell'immensa stanza e si erano infilati il logoro Cappello Parlante, che aveva deciso la Casa cui sarebbero appartenuti per sette anni. Grifondoro, Tassorosso, Corvonero o Serpeverde. Lily si ricordava perfettamente il momento in cui si era infilata quel copricapo grigiastro e rattoppato…sette anni prima.

Era una serata molto diversa…Le stelle brillavano numerose nel cielo vellutato color pece, e una piacevole aria fresca le aveva sfiorato le guance spruzzate di lentiggini mentre, rannicchiata in un angolo di una delle barche della scuola, attraversava il lago, osservandone la superficie calma, simile ad uno specchio che rifletteva le tenebre. Ricordava che si era spaventata alla vista di Hagrid, che l'aveva aiutata a salire su quella piccola imbarcazione, ricordava che era rimasta stupita quando aveva visto le carrozze senza cavalli che trasportavano gli studenti più grandi verso il castello, ricordava il profumo lievemente salmastro dell'acqua del lago…

Quando era entrata nella Sala Grande una sgradevole paura l'aveva avvolta con le sue braccia gelide. Si sarebbe dovuta infilare quel grande cappello di fronte a tutti quei ragazzi e ragazze che la osservavano? E se il cappello avesse deciso che lei non era adatta per entrare a Hogwarts? E se avesse scoperto che lei in realtà non era una strega, che la lettera dalla scuola le era stata inviata per sbaglio?

Quando la stoffa strappata del cappello le era scesa sul viso, oscurando la vista di quel mare di occhi che la fissavano, si era sentita più tranquilla. Subito dopo, una voce bassa, chiara e rassicurante raggiunse le sue orecchie.

"Hhhmmm…sei piuttosto difficile da sistemare, Lily Evans…vedo tanta timidezza, tanta paura di ciò che ti circonda…però vedo anche intelligenza, e quando la situazione lo richiede anche coraggio…e poi desiderio di essere notata…penso che la Casa giusta per te sia…GRIFONDORO!" Il cappello aveva gridato l'ultima parola, che riecheggiò per un istante nella sala, prima che un grande applauso si levasse dagli studenti di Grifondoro, e Lily si alzasse, piuttosto rossa in viso, per dirigersi verso il lungo tavolo della sua nuova Casa.

Si era spesso chiesta perché fosse stata assegnata a Grifondoro. Perché il Cappello le aveva detto che poteva essere coraggiosa se necessario? Lei non lo era…era timida, il Cappello le aveva detto anche questo! Perché questa contraddizione? E perché l'aveva definita anche desiderosa di essere notata? Lei non era egocentrica, preferiva rimanere in disparte ed osservare con i suoi occhi di smeraldo il mondo che andava avanti…La Casa giusta per lei doveva essere Tassorosso, dove si trovavano gli studenti °normali°, il Cappello aveva fatto un errore, doveva essere così…

Le compagne di stanza di Lily aprirono la porta del dormitorio, interrompendo il corso dei suoi pensieri. La ragazza si infilò il pigiama, si pettinò i capelli ramati e augurò loro la buonanotte, chiudendo le pesanti tende color cremisi del suo letto a baldacchino.

***

E anche questo capitolo è finito…dal prossimo cercherò di entrare più nel vivo della storia, visto che i protagonisti ormai sono arrivati a Hogwarts! ^^ Ah, un paio di precisazioni...non so se Remus fosse stato Caposcuola, nei libri non se ne parla, ma ho pensato che probabilmente chi era stato Prefetto venisse poi nominato anche Caposcuola! E poi...non si specifica da nessuna parte nei libri se James e Lily avessero la stessa età, o James e Lucius e così via...quindi per semplicità tutti i protagonisti di questa fic frequentano il settimo anno! (ad eccezione di Narcissa, visto che già sua sorella Bellatrix nella mia fic è al settimo anno...anche qui non so bene se fosse più grande Bella o viceversa!)

Grazie mille a chi ha scritto una recensione, spero di riuscire ad aggiornare presto, anche se non ho molto tempo causa interrogazioni varie [salvatemi dal turno di greco! ^^" ndr] e causa bolletta del telefono che sarà astronomica se continuo a collegarmi così tanto…

Bye^^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Un grosso barbagianni dalle piume color castagna passò davanti alla finestra
  •   Capitolo 5

  James si svegliò di soprassalto. Un incubo aveva appena abbandonato la sua mente, lasciandogli una vaga sensazione di inquietudine. Non riusciva a ricordare cos'avesse sognato. *Forse un fetta gigante di torta di mele come quella che ho mangiato ieri a cena che mi inseguiva per divorarmi…* pensò, mentre una smorfia si dipingeva sul suo viso ancora assonnato. Non era affatto divertente. Afferrò gli occhiali che aveva posato sul comodino prima di coricarsi, come faceva ogni sera, e diede un'occhiata all'orologio. Erano le sei. Avrebbe potuto dormire ancora un'ora abbondante, ma ormai non aveva più sonno. Si alzò cercando di non fare troppo rumore, e, dopo aver infilato le vecchie pantofole che aveva fin dal primo anno e che ormai erano troppo piccole, scostò le pesanti tende di velluto. Era una giornata soleggiata, e la luce dell'aurora rischiarava le chiome imponenti degli alberi della Foresta Proibita. Non c'era traccia delle nuvole cariche di pioggia che avevano occupato il cielo plumbeo fino a poche ore prima. Gli ultimi giorni di sole prima dell'inizio dell'autunno e dell'inverno. A James non era mai piaciuto il clima della Gran Bretagna. Troppa pioggia, troppo freddo. Forse non gli era mai piaciuta la Gran Bretagna in generale, nonostante tutto. Nonostante la sua famiglia, nonostante i suoi amici, nonostante Hogwarts. In fondo quella grande isola non aveva nulla di speciale. Avrebbe voluto partire, partire e basta, senza una meta precisa. Avrebbe voluto visitare la Francia, il Belgio, l'Australia, gli atolli dimenticati da tutti e circondati solo da un mare di cristallo. Avrebbe voluto conoscere nuove persone, nuove abitudini, nuovi modi di pensare. Voleva solo fuggire, forse. Aveva paura che la sua vita dopo Hogwarts si sarebbe rivelata un fallimento. Temeva che non sarebbe riuscito a realizzare nemmeno uno dei suoi sogni. Non voleva trasformarsi un adulto frustrato, schiavo dei rimpianti, imprigionato dalla routine, come molti. Come troppi.

Un grosso barbagianni dalle piume color castagna passò davanti alla finestra, diretto verso la Guferia. James si diresse verso il suo baule, che non aveva ancora svuotato, e ne estrasse la divisa, che vi aveva gettato la sera precedente. Indossò la camicia bianca, piuttosto stropicciata, i pantaloni di tessuto grigio scuro e le vecchie scarpe da ginnastica. Sua madre aveva tentato di convincerlo molte volte a cambiarle, ma lui si era sempre opposto. Vi era troppo affezionato. Afferrò la cravatta rossa e oro, e la fece passare sotto il colletto della camicia, facendo un nodo molto allentato. Non gli piaceva la perfezione. Cercò di pettinare i capelli ribelli, ma senza troppa convinzione. Preferiva che rimanessero in disordine. Gettò alcuni libri nella borsa e uscì dal dormitorio, cercando di non far cigolare troppo la vecchia porta. Se la chiuse alle spalle, mentre Sirius, Peter, Remus e gli altri ragazzi dormivano ancora.

 

***

Lily si era sistemata sulla sua poltrona preferita, vicino al camino della Sala Comune di Grifondoro. Era una sedia con l'imbottitura che fuoriusciva in più punti, rivestita di spesso velluto color porpora, macchiato e usurato dagli anni. Nessuno vi si sedeva mai, anche se era molto comoda. Le apparenze ingannano sempre. Il fuoco era spento, ma la ragazza non sentiva freddo, anche se indossava solamente la camicia della divisa. Il sole che si stava alzando in cielo rischiarava con i suoi raggi la stanza, che si era riempita di riflessi ramati. Anche i capelli di Lily rilucevano alla luce che le colpiva di striscio il viso. Il primo giorno di scuola. Le piaceva alzarsi presto, rimanere in silenzio a pensare, prima che la Sala Comune si riempisse di studenti, ansiosi di tornare a seguire anche quell'anno le lezioni, e allo stesso tempo tristi per la fine delle vacanze estive. Prima che tutto ricominciasse. Prima che anche lei venisse inghiottita dalla folla rumorosa e variegata che popolava Hogwarts, prima che tornasse ad essere una delle tante studentesse di cui nessuno si accorgeva mai. Ma anche prima che tornasse ad essere considerata da qualcuno. Dopotutto c'erano le sue compagne di stanza, e altri ragazzi e ragazze con cui scambiava qualche parole durante le lezioni che Grifondoro seguiva con le altre Case. A casa Petunia la ignorava, e Lily ne soffriva molto, nonostante i suoi genitori cercassero in tutti i modi di farle capire che non era colpevole della fredda indifferenza della sorella.

Aprì la borsa di tela nera che aveva posato per terra accanto a sé, e tirò fuori un quaderno rilegato con una spessa copertina di velluto rosso sangue. Il suo diario, un regalo di sua madre. Lily vi annotava i suoi pensieri più segreti. Non aveva mai avuto una migliore amica a cui confidarli. Sfogliò brevemente le pagine lievemente ingiallite, scritte con inchiostro nero con una grafia minuta ma chiara, e si fermò quando incontrò una pagina bianca. Lily prese dalla borsa una penna e una boccetta, che appoggiò sulla poltrona vicino alla sua. Intinse la penna nell'inchiostro e iniziò a scrivere, il capo lievemente piegato verso sinistra, alcuni ciuffi ramati che le scendevano davanti agli occhi.

Era concentrata sulle parole che la sua mano tracciava con movimenti veloci, sui pensieri che si affollavano nella sua mente, e non si accorse che qualcuno stava scendendo le scale che portavano ai dormitori maschili.

 

***

James stava scendendo le scale che portavano alla Sala Comune, ormai completamente sveglio. Stava pensando a cosa avrebbe potuto fare per più di un'ora, quando si accorse di non essere il solo che a quanto pare non aveva più sonno. Seduta su una poltrona vicino al camino c'era lei. Lily Evans.

Un sorriso comparve sul volto di James. Sembrava che non riuscisse a non sorridere quando la vedeva, anche se quando era con i suoi amici si guardava bene dal farlo. Avrebbero sicuramente pensato che gli piaceva…James si chiese se non fosse davvero così. Dopotutto era molto carina, con quei grandi occhi color smeraldo e i lunghi capelli rossi. Era piuttosto taciturna, ma probabilmente anche simpatica…

James ripensò a tutte le volte che le aveva parlato. Era solo capace di prenderla in giro, rivolgendole la parola con il tipico tono di voce di chi si crede la persona migliore del mondo. E lei gli rispondeva insultandolo, o voltandosi senza nemmeno guardarlo in faccia. Sapeva che la feriva con il suo comportamento, ma non riusciva a trattenersi. Voleva essere notato. Iniziava a far svolazzare per i corridoi il boccino d'oro che aveva rubato due anni prima durante un allenamento di Quidditch, per poi riprenderlo dopo che quello si era allontanato sempre di più. Era abile, i suoi riflessi erano pronti, ma tutti sembravano interessati alle sue °prodezze° tranne lei. Oppure continuava a passarsi la mano fra i capelli, spettinandoli sempre di più. Molte ragazze che si trovavano vicino a lui gli lanciavano occhiate di sottecchi, ridendo fra di loro, tranne lei. Si divertiva a lanciare incantesimi sul povero Severus Piton, persona che odiava quasi quanto Lucius Malfoy, e tutti gli studenti di Grifondoro ridevano, tranne lei. Provocava Malfoy e improvvisava contro di lui duelli di magia e tutti gli studenti di Grifondoro facevano il tifo per lui, tranne lei.

James l'aveva notato durante il quinto anno, e il comportamento di quella ragazza sempre in disparte l'aveva sorpreso, e persino infastidito. Tutti lo consideravano un idolo, perché Lily Evans invece sembrava disprezzarlo con tutte le sue forze? Possibile che James Potter non riuscisse ad esercitare il suo magico ascendente anche su di lei? E da allora aveva deciso che in un modo o nell'altro si sarebbe fatto benvolere anche da Lily Evans, che sarebbe riuscito a farle ammettere che non era poi così male come persona, dopo tutto.

Erano passati due anni, e Lily non dava ancora segni di cedimento. James si era domandato spesso se il suo non stesse diventando un capriccio, se in realtà non si sentisse attratto da quella ragazza. Aveva evitato accuratamente di darsi una risposta, ne aveva troppa paura.

 

***

James si avvicinò al camino. Lily stava scrivendo su un quaderno, non si era ancora accorta di lui. Cercando di non fare troppo rumore continuò a camminare, e si sedette sulla poltrona di fianco a quella della ragazza. Una boccetta di inchiostro appoggiata sul bracciolo cadde sul pavimento di legno e si infranse quando James la sfiorò inavvertitamente con il braccio. Lily si voltò di scatto, e i suoi occhi verdi incontrarono quelli nocciola dell'ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare in Sala Comune alle sei e mezza scarse del mattino. James Potter la stava guardando. Lily distolse subito lo sguardo, cercando di capire perché si sentisse così imbarazzata.

"Ciao Evans…" disse James. La sua voce era strana, forse troppo seria.

"Mi chiamo Lily." Rispose la ragazza, cercando di mantenere un tono che risultasse duro e vagamente minaccioso. Non voleva avere niente a che fare con Potter. Lui non faceva altro che insultarla ed umiliarla davanti ai suoi amici. Era arrogante, e si credeva lo studente più intelligente, più simpatico, più popolare e più bravo a Quidditch di tutta Hogwarts. Non faceva altro che girovagare per i corridoi con uno stupido boccino in mano, lanciando incantesimi su chicchessia e passandosi continuamente una mano fra i capelli nel tentativo di sembrare più affascinante. Lei odiava chi si dava troppe arie. Lei odiava lui…

James tirò fuori la bacchetta dalla borsa di tessuto verde scuro. "Evanesco" mormorò. La boccetta di inchiostro e il suo contenuto che era colato sul legno scuro sparirono all'istante. "Ecco fatto" aggiunse. Continuava a guardarla e sorrideva.

Lily non riusciva a capire perché si comportasse in quel modo. In una situazione normale sarebbe stato circondato da Sirius Black, Remus Lupin e da almeno altre tre o quattro persone e l'avrebbe già fatta infuriare come augurio per una buona giornata. Decise di liquidarlo in fretta per tornare a scrivere sul diario. Magari avrebbe potuto scendere nella Sala Grande e iniziare a fare colazione. "Potter, cosa vuoi? Tornatene dai tuoi amici e lasciami in pace" disse, tentando di sembrare convincente.

"Stai calma Evans…anzi, Lily…questa stanza è mia quanto tua, quindi ci posso stare benissimo senza che tu mi ordini di sparire." James iniziò a ruotare la bacchetta a mezz'aria. Piccole scintille viola e argento sprizzavano dalla sua punta.

"E va bene, rimani pure, per quello che mi importa…però ci sono altre mille poltrone, spostati!" Lily si sentiva nervosa. James era stato gentile fino a quel momento, e lei si sentiva quasi in colpa a trattarlo in quel modo.

"Perché dovrei muovermi scusa? Spostati tu,se proprio ti do fastidio…" rispose lui. Le scintille erano diventate azzurre.

Lily sbuffò. "Non ho voglia di alzarmi Potter, sono arrivata prima io." In realtà si sarebbe potuta alzare benissimo, ma era una questione di principio…o così credeva almeno.

"Allora nessuno si muoverà. Non ti disturberò, tranquilla…" James iniziò ad armeggiare nella borsa.

Lily tornò a scrivere sul suo diario, cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri. Si sentiva tremendamente a disagio. Era seduta su una poltrona a scrivere sul suo diario con James Potter accanto che si divertiva a far uscire scintille colorate dalla punta della bacchetta. Se gliel'avessero detto non ci avrebbe creduto.

Oggi è il primo giorno di scuola….mi sono alzata presto come gli altri anni, e sono venuta in Sala Comune. Fuori c'è il sole, tutte le nuvole di ieri sono scomparse…

 

"Evans?"

Lily si voltò verso James, lanciandogli un'occhiata eloquente.

"Scusami…Lily?"

La ragazza alzò gli occhi al cielo. Cosa voleva ancora? Perché sembrava che volesse a tutti i costi fare conversazione con lei?

"Cosa c'è?" cercò di non suonare troppo infastidita. Doveva comportarsi da persona civile.

"Perché non sei ancora a dormire come tutti gli altri?"

Lily non credeva alle sue orecchie. James Potter che le rivolgeva una domanda normale, come se si parlassero tutti i giorni, e senza prenderla in giro. Si chiese se effettivamente non stesse ancora dormendo, era una situazione irreale.

"Mi alzo sempre presto il primo giorno di scuola, mi piace venire qui e stare un po' da sola, prima che inizi…tutto." Voleva chiudere in quel modo la questione, ma altre parole seguirono quelle che aveva appena pronunciato, contro la sua volontà. "E tu?"

James parve sorpreso quanto di lei di quella domanda. Non si aspettava che Lily avrebbe voluto continuare a parlare con lui. "Non avevo sonno, semplicemente…"

Lily lo guardò di sfuggita, brevemente, prima di tornare a concentrarsi sulla pagina del suo diario. L'aveva riempita per metà.

Non so cosa aspettarmi da questo anno. Non ho ancora deciso cosa farò dopo Hogwarts, spero che qualcuno mi aiuterà a capire…

 

"Sai una cosa?" Lily abbassò la piuma. James le aveva rivolto di nuovo la parola. Stavolta non si sentì infastidita. Pensò che fosse strano.

"Cosa?" chiese, non senza una punta di curiosità.

"Anch'io non ho ancora deciso cosa farò dopo Hogwarts."

Lily si sentì arrossire, e chiuse di scatto il quaderno. "Stavi leggendo cosa scrivevo Potter?" disse, piuttosto alterata. Non le piaceva che qualcuno leggesse il suo diario, specialmente se quel qualcuno era James Potter.

James le sorrise un'altra volta. "Prima di tutto mi chiamo James…e poi sì, stavo leggendo il tuo diario. Cosa c'è di male?" Sapeva che si stava spingendo troppo oltre.

"Cosa c'è di male? C'è di male che è una cosa privata Potter! Anzi, James…" Lily mise il diario nella borsa insieme alla piuma, e si alzò. "Ora se vuoi scusarmi…" aggiunse con una punta di sarcasmo, voltandosi e dirigendosi verso il buco del ritratto.

James si alzò a sua volta, e la afferrò per un braccio, per fermarla. La sua pelle era liscia e morbida. "Aspetta Lily!" le disse, con più entusiasmo di quanto volesse nella voce. Lei si voltò. Il sole le batteva sul viso, rendendo i suoi occhi ancora più trasparenti. James pensò a quando l'aveva incontrata a Diagon Alley, due giorni prima. Sembrava un'eternità. Lily abbassò il braccio, guardandolo con aria interrogativa. James capì che stava perdendo la pazienza, e lasciò la presa. "Ti devo comprare un'altra boccetta di inchiostro, visto che la tua l'ho rotta…"

"Non importa, lascia stare…" rispose Lily, senza molta convinzione. Quando James le aveva afferrato il braccio un brivido l'aveva percorsa. Si intimò di non essere così stupida. Voleva voltarsi, ma una forza invisibile la tratteneva.

"No, io l'ho rotta e io te la ricompro…adesso non ce l'ho, devo andare in dormitorio a prenderla, così ne approfitto per svegliare i miei amici…Raggiungimi dopo al tavolo in Sala Grande e te la do ok?"

James non le lasciò il tempo di replicare e si diresse verso le scale che portavano ai dormitori maschili. Lily rimase ferma ancora per qualche istante, poi scosse la testa e si diresse verso il buco del ritratto, per andare nella Sala Grande.

 

***

Bellatrix Black aprì il grosso baule di mogano con il sigillo della sua famiglia, tirò fuori una gonna grigia a pieghe e la sostituì a quella ordinaria della divisa. Erano identiche, eccezion fatta per la lunghezza. Quella che la ragazza indossò le arrivava a metà coscia, mentre quella normale copriva grande parte delle ginocchia. Bellatrix trasgrediva le regole. Non lo faceva apposta, la sua era un'attitudine naturale. Sembrava che gli insegnanti di Hogwarts avessero creato un regolamento apposta perché lei potesse infrangerlo. Le piaceva vivere sopra le righe, quella era la sua condizione ideale.

La ragazza avvicinò il piccolo specchio che teneva sul comodino al viso. Aveva capelli corvini molto lunghi, non li tagliava da più di un anno. La sua pelle era delicatamente pallida, con qualche rara lentiggine sul piccolo naso. Le sue labbra erano carnose, i grandi occhi leggermente a mandorla di un intenso color pervinca. Era molto bella, come tutti i membri della famiglia Black. Sembrava che la bellezza fosse il gioiello più prezioso che veniva donato in eredità ai componenti di quella casata così antica. Bellatrix pensò ai grandi quadri dei suoi antenati, che aveva osservato con attenzione così tante volte quando attraversava i corridoi bui della sua grande villa. Non c'era un solo mago o una sola strega che non recasse sul viso i tratti di una bellezza austera, antica, misteriosa, affascinante.

Iniziò a tracciare una riga di matita nera sulla palpebra superiore. Lei possedeva solo la bellezza. La bellezza era il suo orgoglio, la qualità che le permetteva di sopravvivere in quel mondo che le pareva insignificante, insulso, un'accozzaglia di persone che non dovevano semplicemente esistere. Era bella, e lo sapeva. Era bella, e sfruttava la bellezza per raggiungere i suoi obiettivi. Non ne aveva mai mancato uno.

Bellatrix allacciò i bottoni della sua camicia bianca a maniche lunghe, annodò la cravatta di seta verde e argento di Serpeverde, afferrò la borsa con i libri e uscì dal dormitorio già vuoto.

 

***

Lily era seduta in fondo al tavolo di Grifondoro, vicino alle sue compagne di stanza che si stavano lamentando del nuovo orario delle lezioni. Avrebbero avuto due ore di Trasfigurazione quella mattina. Si versò del succo di zucca e afferrò un biscotto al cioccolato da un grande vassoio che si trovava pronto di fronte a lei. Il suo sguardo continuava a posarsi su di lui. James si trovava circa a metà del tavolo. Stava mangiando delle uova con il bacon, e rideva insieme ai suoi inseparabili amici. Sirius Black, un ciuffo di capelli corvini che gli ricadeva continuamente sulla guancia, stava studiando con apparente interesse l'orario scolastico, alzando ogni tanto la testa per ridere a qualche battuta di James. Remus Lupin stava addentando una brioche, con aria distratta.

Lily si chiese se James l'avesse voluta prendere in giro dicendole di andare a prendere la boccetta di inchiostro al tavolo di Grifondoro nella Sala Grande. Probabilmente era così…eppure le era sembrato serio. In effetti era stato gentile, l'aveva trattata bene. Avrebbe persino potuto ammettere che era stato simpatico. Ma Lily non riusciva a fidarsi. Dopotutto era sempre James Potter…Non sapeva cosa fare. Ad un tratto James si voltò verso il fondo del tavolo, e i loro sguardi si incontrarono. James le sorrise impercettibilmente, per poi girarsi subito verso Sirius.

Lily decise di rischiare. Si alzò, disse alle sue compagne che sarebbe tornata subito, e si diresse verso il centro del tavolo.

Sirius la vide, e fece segno al suo amico. "Ci sono visite per te, Ramoso" aggiunse con un sorriso ironico.

James si voltò e vide Lily. Si era legata i capelli con un bastoncino di legno, e alcune ciocche le circondavano il viso. "Dimmi Evans."

Lily si bloccò. La sua voce era diversa, aveva un tono fortemente sarcastico che non prometteva nulla di buono. Improvvisamente desiderò non essersi mai alzata. James continuava a fissarla negli occhi, mentre Sirius rideva e bisbigliava qualcosa nell'orecchio a Remus, che scosse la testa con espressione rassegnata.

"Niente…sono venuta a prendere la boccetta…la boccetta di inchiostro." Ormai era lì, doveva parlare.

"Da quando in qua distribuisci in giro boccette di inchiostro James? Potevi dirmelo così mi sarei fatto una scorta!" disse Sirius. Rivolse un sorrisetto falso a Lily, che cercò di non arrossire.

"Già, me lo stavo chiedendo anch'io…da quando in qua distribuisco in giro boccette d'inchiostro Evans? Forse hai sbagliato persona, se ti serve dell'inchiostro devi andare a Diagon Alley o a Hogsmeade…" James rise, subito seguito da Sirius.

Lily si sentì avvampare dalla rabbia. Era troppo. "Ma se sei stato tu prima a dirmi di venire qui a prenderla Potter! Non fare il finto tonto, non ho tempo da perdere!" Lily si maledisse mentalmente per aver avuto la brillante idea di alzarsi dalla sua sedia.

"Su Evans smettila con queste scuse…se sei venuta a chiedermi di uscire fallo e basta! Dovrò rifiutare, ma questo è un altro discorso…" James la guardava con aria di sfida.

"Fottiti Potter." Lily non aspettò nemmeno una risposta, si girò e si diresse fuori dalla Sala Grande, mentre le risate di James e Sirius riecheggiavano alle sue spalle. Era fuori di sé dalla rabbia.

Come aveva fatto a essere così ingenua? Come aveva potuto pensare anche solo per un attimo che James potesse averla trattata normalmente? Si complimentò con se stessa per essersi umiliata di fronte ai Malandrini. Adesso l'avrebbero presa in giro per almeno un mese. Guardò l'orologio. Fra dieci minuti sarebbe iniziata la lezione di Trasfigurazione. Lily si diresse verso l'aula della McGrannitt, cercando di lottare contro le lacrime di rabbia che premevano per uscire dai suoi occhi.

 

***

James osservò di sottecchi Lily mentre usciva dalla Sala Grande. Sirius stava ancora ridendo, mentre Remus stava farfugliando qualcosa sul fatto che avessero esagerato. In quel momento avrebbe voluto dargli ragione.

*Ben fatto James* pensò amaramente.

 

***

Ed ecco un altro capitolo…questa volta dedicato quasi interamente a Lily e James, spero vi sia piaciuto e che non sia stato troppo noioso! Nel prossimo parlerò di più degli altri protagonisti, promesso ^^

Grazie a tutti quelli che mi hanno recensito e che spero continueranno a farlo, è importante per me sapere cosa ne pensate di questa fic

Bè, arrivederci al prossimo capitolo allora…cercherò di aggiornare presto!

Bye~ :)

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


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«       Capitolo 6

  Severus Piton si alzò dal tavolo di Serpeverde, senza fretta. Scostò una ciocca di capelli neri dal viso pallido, e i suoi occhi color ossidiana si posarono brevemente sui suoi compagni. Provenivano tutti da famiglie benestanti, di maghi purosangue, i genitori che occupavano posti di una certa rilevanza al Ministero della Magia, erano Guaritori famosi che lavoravano in ospedali privati di tutta la Gran Bretagna oppure si limitavano semplicemente a godersi il loro patrimonio pressoché illimitato in grandi castelli o in maestose ville, serviti e riveriti da nutrite schiere di elfi domestici. Osservò le ragazze, pettinate alla perfezione, truccate di tutto punto, con le camicie bianche immacolate e con braccialetti d'oro bianco ai polsi e piccoli orecchini di perle. I ragazzi indossavano scarpe lucenti nuove di zecca, maglioni di lane pregiate e cachemire indossati sopra la camicia della divisa, le cravatte di seta della loro Casa leggermente allentate, i capelli tagliati appena prima dell'inizio dell'anno scolastico. Severus improvvisamente si chiese cosa ci facesse a Serpeverde. Certo, non poteva negare di avere sviluppato ultimamente un'insana attrazione verso le Arti Oscure, né di non essere ambizioso o di non voler raggiungere il potere…ma era altrettanto vero che sussistevano molte differenze fra lui e gli altri studenti di quella Casa. Innanzitutto lui non era ricco. Un'immagine della sua piccola casa gli balenò davanti agli occhi. I muri bianchi coperti in vari punti d'edera, il piccolo prato che avrebbe necessitato di qualche cura in più, il porticato…e poi le stanze arredate con pochi mobili essenziali, le pareti leggermente scrostate e rovinate dall'umidità, la scala che portava al sottotetto polveroso, invaso da vecchi giocattoli, libri ammuffiti e soprammobili rotti…Tutto sommato era un'abitazione più che dignitosa, ma nemmeno lontanamente paragonabile a quelle sfarzose, traboccanti di velluti, stucchi e arredamenti d'epoca dei suoi compagni.

Il padre di Severus, poi, era un Babbano. Non l'aveva mai rivelato a nessuno. Probabilmente ne avrebbe parlato, se non si fosse vergognato a quel punto di lui. I padri degli altri ragazzi, per quanto già ricchi di famiglia, lavoravano tutti, lasciando che le loro mogli si godessero i figli, la casa, i soldi a palate, quegli stupidi the delle cinque con amiche altrettanto ricche. Suo padre invece era un nullafacente. Non aveva mai cercato un lavoro, si limitava a passare le sue giornate steso sul vecchio divano del salotto, con una bottiglia di liquore sempre accanto, a guardare la madre di Severus che si ammazzava di fatica per racimolare i soldi necessari per riuscire a sopravvivere. Non aveva mai aiutato sua moglie, non le aveva mai detto una parola carina, non l'aveva mai rassicurata promettendole che avrebbe fatto il possibile per trovare un impiego. E quando lei gli aveva rivelato che era una strega, non aveva trovato nulla di meglio da fare che picchiarla, in preda ai fumi dell'alcool.

Quante volte quella scena si era presentata agli occhi di Severus, fin da quando era molto piccolo…si ricordava ancora di una lite particolarmente furiosa. Lui era seduto in cucina, sul seggiolone, aveva circa due o tre anni…e piangeva, aveva pianto finchè era diventato cianotico…e non era servito a nulla. Quante volte aveva visto sua madre applicare un unguento rossastro sui lividi che costellavano il suo viso e le sue braccia…quante volte si era illuso, nei periodi di tregua fra i suoi genitori, che la situazione stesse cambiando…quante volte era rimasto deluso, quante volte aveva pianto lacrime amare.

Severus pensò a sua madre. Anche lei era diversa dalla madre di Lucius Malfoy, o di Rodolphus Lestrange. Non aveva i capelli soffici e ben pettinati, non aveva il viso liscio e perfetto, non passava le sue giornate in una grande casa, senza doversi occupare del pranzo o delle faccende domestiche, non poteva comprarsi un vestito nuovo ogni volta che lo desiderasse. Lei aveva le mani ruvide, rovinate dalla fatica e dal tempo, aveva il viso segnato dalle occhiaie e da qualche ruga che si faceva man mano più profonda, non andava a Diagon Alley o a Hogsmeade a fare spese da almeno un anno, forse di più. Si poteva permettere solo di acquistare i regali di Natale e compleanno per suo figlio, di solito un libro, che Severus terminava in pochi giorni. Aveva sempre amato leggere…

Severus provò ad immaginare sua madre in quel momento. Probabilmente era a casa a pulire e a sopportare le urla perforanti del marito, ubriaco come sempre. Una dolore sordo, mescolato a una rabbia cocente, lo invasero. Si diresse verso le serre per la lezione di Erbologia, senza aspettare i suoi compagni, stringendo la vecchia borsa di tela al fianco.

 

***

Sirius Black era seduto a metà del tavolo di Grifondoro, accanto a James, che stava discutendo animatamente di Quidditch con Remus. Peter, seduto di fronte a lui, stava letteralmente divorando un'enorme bistecca. Sirius era taciturno, gli occhi color pervinca che indugiavano sui tavoli delle altre Case. Al tavolo di Corvonero intravide una ragazza con cui aveva avuto una storia l'anno precedente. Aveva lunghi capelli biondi, e rideva allegramente con un paio di amiche, fra una forchettata di insalata e l'altra. Era durata poco con lei, solo un paio di mesi. Era stato sesso e basta. Lei l'aveva lasciato per un ragazzo della sua casa con cui era ancora fidanzata.

Sirius spostò lo sguardo verso la tavolata di Tassorosso, concentrandosi su una ragazza seduta all'estremità più vicina al tavolo degli insegnanti. Aveva capelli ramati tagliati piuttosto corti, e grandi occhi nocciola. Erano stati insieme al quinto anno, per sei mesi. Poi lei l'aveva lasciato, perché….non l'aveva ancora capito il perché ad essere sinceri.

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli corvini che gli ricadevano ostinati sul viso, sbocconcellando una fetta di pane. Non era mai stato molto fortunato in amore. Certo, se solo avesse schioccato le dita decine di ragazze sarebbero cadute ai suoi piedi. Ma le relazioni che aveva avuto a Hogwarts in quegli anni erano state prevalentemente sessuali. Niente coinvolgimento emotivo, niente problemi. Era quello che aveva sempre pensato, almeno. Ma ultimamente si stava rendendo conto che quella politica non gli aveva portato la felicità. Conquistare ragazzine che lo adoravano non gli portava soddisfazioni di nessun genere. Si stancava in fretta, e finiva per portare avanti le storie per inerzia. Diventava assente, apatico, poco interessato, finchè la ragazza in questione lo lasciava, perché si era innamorata di un altro o perché era stanca di essere trascurata o addirittura ignorata.

Sirius iniziava a sentire il desiderio di iniziare una storia seria, una storia che lo coinvolgesse veramente, una storia che lo facesse sentire appagato, una storia che gli facesse venire voglia di compiere questi gesti stupidi come portare alla sua ragazza un mazzo enorme di rose o regalarle un orso di peluche per San Valentino.

James non sembrava avvertire ancora quest'esigenza, e Remus era troppo timido anche solo per chiedere a una ragazza di uscire. Sirius non aveva mai parlato con loro di quest'argomento apertamente, ma sapeva che prima o poi anche i suoi due migliori amici sarebbero giunti a quella fase più complicata della loro vita amorosa, ma anche più interessante in un certo senso.

 

"Ma Rem, come cazzo fai a dire che quella ragazza del quinto anno di Corvonero non è bella?? Cosa non farei a una così…" Sirius ascoltò di sfuggita quella frase pronunciata con fervore da James, e sorrise fra sé e sé. Forse quella fase per loro non sarebbe arrivata prima, ma poi.

 

I suoi occhi si posarono infine sul tavolo di Serpeverde. Lucius Malfoy, seduto di fianco a Rodolphus Lestrange, stava tagliando una fetta di prosciutto. Doveva riconoscere che nei suoi gesti c'era un'eleganza innata che nessuno di loro avrebbe mai avuto, una sorta di affascinante ritualità. Era una persona alquanto spregevole, ma sapeva esserlo con stile. Sirius amava essere suo nemico, la loro era una rivalità stimolante.

Più in là c'era la sua fidanzata, Narcissa. La più giovane delle sue cugine. I suoi capelli biondi splendevano alla luce delle candele, e gli occhi trasparenti si posavano spesso su Malfoy, di colpo più dolci. Doveva essere davvero innamorata di lui. Sirius si chiese se sapesse che lui l'aveva spesso tradita, e continuava a farlo.

Sirius continuò a muoversi con lo sguardo lungo il tavolo. Seduta in fondo, sull'ultima sedia, c'era Bellatrix. Anche lei era sua cugina. Non somigliava per nulla a sua sorella Narcissa. Sirius aveva notato spesso che si parlavano a stento, sembrava che vivessero due esistenze separate, che ignorassero l'una la presenza dell'altra. Chissà che se erano tutte apparenze. Chissà se in realtà erano molto unite. Un'unione di sangue, indissolubile. Bellatrix stava già mangiando il dolce. Lei era sempre stata due spanne davanti agli altri. Gettò il capo all'indietro, i lunghi capelli neri che le incorniciavano le spalle, e si girò per baciare sul collo un ragazzo con lunghi capelli mossi che sedeva accanto a lei.

 

Sirius sentì una strana fitta al fianco. Ma non era un dolore strettamente fisico. Era tristezza. Sirius si sentì solo. Nonostante i suoi migliori amici che gli erano sempre stati vicini. Nonostante la sua popolarità. Perché la vista di sua cugina che baciava un ragazzo, sua cugina con cui non parlava nemmeno, aveva il potere di farlo sentire così? Sirius non sapeva che Bellatrix avesse il potere di rivelargli involontariamente i suoi stati d'animo più nascosti.

 

James si voltò verso l'amico, che aveva lo sguardo perso nel nulla. "Ehi Felpato, stai bene??" gli domandò. Era stato in silenzio fino a quel momento…solitamente partecipava volentieri alle discussioni su donne e Quidditch.

Sirius sembrò risvegliarsi da una trance. "Scusa Jamie…si sto bene, non preoccuparti. Sono solo un po' stanco…"

"Se lo dici tu…" James scrutò l'amico con attenzione, sospettoso.

"Sentite ragazzi, io vado un attimo su in dormitorio a prendere il libro di Erbologia, ci vediamo alle serre va bene?"

"D'accordo…" rispose Remus.

Sirius si alzò prima che i suoi amici potessero aggiungere qualcosa. Sapeva che non era facile ingannarli, e in quel momento non aveva voglia di mettersi a discutere su cosa lo facesse stare male.

James e Remus si scambiarono un'occhiata perplessa, osservando il ragazzo che si allontanava a grandi passi.

"Strano…" -disse Remus corrugando la fronte- "Sirius non si è mai preoccupato di avere tutti i libri."

James annuì, prima di tornare a concentrarsi sulla sua fetta di torta. Più tardi si sarebbe preoccupato di scoprire cosa turbasse tanto Sirius.

 

***

Bellatrix Black osservò suo cugino di sottecchi. Stava uscendo dalla Sala Grande, e non era scortato dai soliti James Potter, Remus Lupin e da quello scricciolo insignificante di Peter Minus. La ragazza si sistemò la cravatta verde e argento, e iniziò a sgranocchiare un biscotto allo zenzero.

Il ragazzo seduto accanto a lei cercava di attirare la sua attenzione. Parlava velocemente, ma Bellatrix non lo stava ascoltando. Continuò a masticare con calma, mentre la sua mano sinistra afferrava un altro biscotto dal vassoio.

Il ragazzo si accorse che Bellatrix non gli prestava attenzione con le parole, e cercò un altro metodo per interessarla. Girò il viso della ragazza verso di lui con una mano, e la baciò senza mezzi termini.

Bellatrix si staccò velocemente, e gli diede uno schiaffo con forza.

"Ma sei impazzita?" sbottò lui indignato.

Bellatrix lo guardò negli occhi, un'espressione fredda dipinta sul bel volto. "Lasciami in pace." Disse semplicemente.

Possibile che nessuno riuscisse a capire? Lei voleva quello che voleva, e quando lo voleva. Pochi minuti prima desiderava baciare quel ragazzo sul collo, e l'aveva fatto. Ma non aveva intenzione di diventare il burattino nelle mani di nessuno. Non si era mai fatta sottomettere da un ragazzo. Lei amava avere il controllo della situazione, dirigere la partita.

Si alzò, lisciandosi la corta gonna a pieghe sulle gambe, e si diresse verso l'uscita della Sala Grande, stringendo un paio di biscotti in una mano.

 

***

 

Le serre di Erbologia erano situate al limitare della Foresta Proibita, e ci volevano dieci minuti buoni per raggiungerle dal castello. Mancava ancora mezz'ora all'inizio della lezione per i Grifondoro e i Serpeverde del settimo anno, ma Sirius era già davanti alla serra numero cinque. Si era seduto sull'erba, la testa appoggiata alla parete del piccolo edificio, e stava osservando il cielo grigio. La prima settimana di scuola stava per terminare, eppure sembrava che fosse trascorso molto più tempo. Grosse nuvole si rincorrevano sopra di lui, e probabilmente da lì a poco avrebbe iniziato a piovere. Sirius aprì la borsa, tirò fuori un accendino e si accese una sigaretta. Non fumava spesso, ma le sigarette dei babbani gli piacevano. Lui e James se le procuravano da un ragazzo di Tassorosso. Aveva un fratello babbano che gliele inviava ogni mese va gufo. I Malandrini si divertivano a pensare che cosa avrebbe fatto Gazza a quel povero studente, se avesse scoperto che alimentava un fiorente mercato nero di sigarette all'interno di Hogwarts. Probabilmente l'avrebbe scuoiato vivo.

Sirius sentì dei passi che si avvicinavano, ma non abbassò il capo. Probabilmente era James che lo stava cercando. Non poteva sfuggire al suo migliore amico. James aveva capito che c'era qualcosa che non andava.

"Mi hai trovato Jamie…" disse, soffiando il fumo della sigaretta verso l'alto.

"Sbagliato, Black."

Sirius abbassò lo sguardo. Bellatrix si era fermata davanti a lui. La loro somiglianza era impressionante, potevano essere scambiati per fratello e sorella. Gli stessi capelli lisci e corvini, gli stessi occhi di un blu intenso, le stesse labbra, la stessa bellezza sconvolgente.

Sirius non le rispose, e tornò a concentrarsi sulla sua sigaretta. Ne aveva fumata metà. Bellatrix buttò la borsa a terra, e si sedette accanto al cugino, allungando le gambe davanti a sé.

"Cosa vuoi, Bellatrix?" Il tono di voce di Sirius era piatto. Non la stava guardando.

"Dammi una sigaretta, Black." Rispose lei, tranquillamente. La sua voce era tranquilla, ma allo stesso tempo provocante.

Sirius estrasse un pacchetto dalla borsa e ne estrasse una sigaretta. La cugina la prese fra le dita, e Sirius gliela accese.

Bellatrix mandò un anello di fumo verso l'alto. Quando fumava sembrava ancora più bella e pericolosa.

Rimasero in silenzio per qualche minuto.

"Non mi hai ancora detto cosa vuoi, Bella." Disse Sirius. Doveva ammettere che Bellatrix lo innervosiva.

"Non voglio nulla, Black. Sto semplicemente fumando seduta vicino a te."

"Non vuoi sempre qualcosa, Bella." Sirius si voltò per guardarla negli occhi. Lei gli sorrise brevemente. Un sorriso vagamente inquietante.

"Hai ragione. Voglio che ti ricordi solo una cosa, Black…voglio che ti ricordi quello che ti ho detto quest'estate, quando sono venuta con Narcissa e i nostri genitori a casa tua." Bellatrix lo fissò. Il suo sguardo era penetrante.

Sirius spalancò leggermente gli occhi, poi li abbassò. Non riusciva a sostenere lo sguardo di Bellatrix.

Si sentivano delle voci in lontananza. Qualche studente stava iniziando ad arrivare, mancavano cinque minuti all'inizio della lezione.

"Quello che hai detto non era vero. Era solo un grande mucchio di cazzate, e lo sai, Bella." Sirius si alzò. "Ora se vuoi scusarmi…" Gettò a terra il mozzicone di sigaretta, e si allontanò di qualche passo.

Bellatrix rimase seduta. "Prego, Black…" Rise brevemente, una risata amara, caustica.

 

Poco dopo arrivarono James, Remus e Peter. Sirius li raggiunse. Parlò e scherzò con i suoi amici come sempre, cercando di scacciare quella fastidiosa sensazione di angoscia che gli attanagliava lo stomaco.

 

***

 

Lily spalancò la porta della serra numero cinque. Tutti gli studenti di Grifondoro e Serpeverde alzarono la testa dai vasi che si trovavano davanti a loro e la osservarono. Lily cercò di non arrossire, e tentò di riavviare i capelli che si erano scompigliati durante la corsa che aveva fatto per raggiungere la serra.

"Scusate il ritardo…" mormorò timidamente, mentre cercava un posto vuoto con gli occhi.

"Sei fortunata Evans, stavamo per iniziare il rinvaso di queste Mandragole, se fossi arrivata un minuto dopo avresti rischiato di svenire a causa del loro pianto, che come dovresti sapere è molto pericoloso…per questa volta non tolgo punti a Grifondoro, e ora vai a metterti laggiù." Disse l'insegnante di Erbologia.

"Ti è andata bene, Evans…se avessero tolto dei punti a Grifondoro per colpa tua…" Questa volta era stato James Potter a parlare. La stava guardando con un'espressione impertinente. Lily lo ignorò e andò a sistemarsi vicino a Severus Piton. Era l'unico posto libero rimasto. Lily scoccò un'ultima breve occhiata a James.

Aveva cercato di evitarlo il più possibile in quei giorni, ma dato che dovevano seguire insieme tutte le lezioni ed appartenevano alla stessa Casa l'impresa si era rivelata particolarmente difficile. E James, dal canto suo, non aveva reso le cose più facili. Umiliarla per la storia di quella maledetta boccetta di inchiostro era diventata la sua attività preferita da cinque giorni a quella parte.

"Ehi Evans!" -disse chiaramente James, in modo che tutti potessero sentirlo- "Hai mica una boccetta di inchiostro da prestarmi?! Io l'ho finito…"

Una sonora risata accolse le sue parole. Lily cercò di controllare la rabbia che stava iniziando ad assalirla, e non rispose.

"Ora basta Potter!" -sbottò la professoressa- "Bene ragazzi…ora mettetevi i paraorecchie e travasate le vostre Mandragole, non credo che sia il caso di spiegarvi come si fa, ormai siete al settimo anno di Erbologia."

Lily si girò verso Severus. Lui la stava osservando, e arrossì leggermente. Lily gli sorrise. Voleva essere gentile con lui, sapeva che era un ragazzo piuttosto solo, e non doveva avere un'esistenza facile.

"Bello il tuo paraorecchi…" gli disse, indicando il paraorecchi di un azzurro intenso che era sistemato davanti a Severus.

"Già." Rispose lui. Era un po' scontroso, ma Lily non credeva che fosse °cattivo°. Sembrava semplicemente che volesse mantenere le distanze.

 

Severus si sentiva a disagio. Lily Evans gli aveva rivolto la parola, e non per dirgli qualche cattiveria o prenderlo in giro. Aveva solo cercato di essere gentile con lui. Avrebbe voluto rispondere con una battuta che la facesse ridere, ma le parole gli erano mancate. Si maledisse mentalmente. Perché doveva essere così timido? Una ragazza lo trattava bene e lui cosa faceva? A malapena le rispondeva…doveva proprio essere un caso disperato.

Si voltò verso Lily, e la osservò di sottecchi. Doveva ammettere che era molto carina. I capelli rossi le incorniciavano il viso spruzzato di efelidi, le piccole mani li sistemavano meglio dietro le orecchie…e poi quegli occhi color smeraldo…erano così belli. Anche se era una Grifondoro…una nemica per lui…ma cosa importava in fondo?

Severus prese il coraggio a quattro mani. Doveva parlarle.

"Mi chiedo…" -iniziò timidamente- "Perché dobbiamo occuparci delle Mandragole…insomma, è roba da secondo anno!"

Lily lo guardò. Sembrava sorpresa che lui le avesse parlato. Poi gli sorrise. Aveva un sorriso contagioso. "Non lo so in effetti…e poi devo anche indossare questo!"

Si mise un voluminoso paraorecchi rosso fuoco. Faceva a pugni con il colore dei suoi capelli. Severus pensò che era bella anche così. Poi indossò il suo ridicolo paraorecchi azzurro e iniziò a travasare la sua pianta. Non sapeva perché, ma si sentiva felice.

 

***

Ecco qui…spero vi sia piaciuto! Grazie mille a tutti quelli che leggono e recensiscono questa fic, siete veramente gentili…

Bè, arrivederci al prossimo capitolo!^^

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


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«       Capitolo 7

  La lezione di Erbologia era trascorsa piuttosto in fretta, anche se era stata di due ore. Travasare Mandragole non era un'attività particolarmente difficile o faticosa, se paragonata a quelle che avevano svolto l'anno precedente o che avrebbero svolto durante quei mesi.

"Va bene ragazzi, abbiamo finito, potete andare! E siete pregati di non rubare i paraorecchi…so che può sembrare strano, ma è già successo. Non è vero signor Black?" La professoressa lanciò un'occhiata storta a Sirius, che stava intascando con fare indifferente il suo paraorecchi, di un disgustoso color marrone. La donna si chiese a cosa gli potesse servire, ma preferì non indagare oltre.

"Beccato Sirius!" James rise beffardamente, ricevendo dall'amico come risposta uno schiaffo amichevole sulla guancia.

"Guardi che l'avvertimento vale anche per lei, Potter…" aggiunse l'insegnante, mettendosi le mani sui fianchi e bloccandogli l'uscita dalla serra.

"Mi arrendo…" James sospirò ironicamente, mentre tirava fuori dalla tasca dei pantaloni il suo paraorecchi. I suoi compagni di Grifondoro si misero a ridere, e lui si voltò verso di loro, facendo un inchino, con fare plateale.

Solo Lily Evans non rideva. Era ancora ferma vicino a Severus Piton, e lo stava aiutando a raccogliere il terriccio che doveva essersi rovesciato dal sacco che la professoressa aveva sistemato su ogni tavolo all'inizio della lezione. James si sentì indispettito, punto nel suo orgoglio. Perché quella ragazza lo snobbava deliberatamente? Perché riusciva a far ridere tutti ma non lei? Si chiese cosa le passasse nella testa. Lui era popolare, era un bel ragazzo, era intelligente…aveva tutto. Eppure Lily Evans non sembrava interessata a lui. Lasciò che i suoi compagni uscissero dalla serra, e si avvicinò a lei. La pioggia aveva iniziato a cadere e le gocce d'acqua colavano sulle grandi vetrate. Era piuttosto buio, nonostante le candele che la professoressa aveva acceso e che fluttuavano a mezz'aria intorno a loro.

"Ehi Evans!" -la chiamò- "Fraternizzi con il nemico adesso?" La sua voce suonò più sprezzante di quanto avesse voluto.

Lily alzò gli occhi dal tavolo. Aveva le mani sporche di terra, e i capelli si erano leggermente increspati a causa dell'umidità. Alla luce delle candele la sua pelle pallida sembrava di porcellana. "Non vedi che sto mettendo a posto Potter? Se non vuoi aiutarci vattene." Lily cercò di trattarlo male. Non voleva farsi umiliare di continuo da lui, e se l'unico sistema era quello di essere maleducata…bè, lo sarebbe stata.

"E tu Mocciosus, che mi dici?" James si rivolse a Severus, che stava continuando a radunare il terriccio in una piccola montagnola.

Il ragazzo non rispose, e fece finta di non aver sentito. Odiava quel soprannome. Lo odiava. Si chiese perché dovesse essere umiliato in quel modo. Non aveva mai fatto nulla a Potter e ai suoi amici. Non li aveva mai provocati deliberatamente come faceva Lucius Malfoy. Si limitava a cercare di difendersi quando non ne poteva fare a meno. Perché era stato preso di mira da loro? Perché non era bello? Perché non era popolare? Severus avrebbe voluto saperlo, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedere spiegazioni. Non aveva mai avuto molto fegato. Del resto non era mai stato nemmeno capace di difendere sua madre quando suo marito la picchiava…

"Allora Mocciosus, ti ho fatto una domanda, perché non rispondi? Guarda che è maleducazione! Magari se mandassi all'aria quel bel mucchietto di terra che hai raccolto con tanta fatica mi ascolteresti…" James sorrise crudelmente, mentre estraeva la bacchetta dalla borsa.

Severus alzò gli occhi color pece e lo fissò, un'espressione vacua sul volto. Era troppo stanco per ribattere. La settimana scolastica era sempre troppo lunga per lui.

"Allora non mi lasci scelta, Mocciosus…" James alzò la bacchetta e la puntò verso il mucchio di terriccio.

"Smettila Potter, non sei divertente!" Lily si parò davanti a James.

Severus spalancò gli occhi. Lily Evans lo stava difendendo…stava prendendo le sue difese contro un Grifondoro. Dopotutto era pur sempre la sua Casa…e invece lei aveva preferito schierarsi con un Serpeverde.

James parve sorpreso per il gesto della ragazza, e abbassò la bacchetta. Le sorrise, mentre la mano libera salì a scompigliargli i capelli. "Andiamo, Evans…non vorrai prenderti la briga di difendere un Serpeverde!"

Lily lo guardò con aria di sfida. I suoi occhi color smeraldo mandavano scintille. "Io difendo chi mi pare, Potter, non sei mio padre per dirmi cosa devo fare."

James rise. "Oh oh che paura che mi fai, Evans…non sai quanta!"

"Vattene" ribattè lei. Sembrava calma, come se fosse sicura che lui non le avrebbe scagliato contro un incantesimo.

James si chiese da cosa scaturisse quella sicurezza. Dopotutto sarebbe anche stato capace di colpirla…no, quello non era vero. E lei lo sapeva.

"D'accordo, d'accordo, me ne vado…E tu, Mocciosus…" -si rivolse a Severus, ancora immobile dietro a Lily- "Ringrazia Evans che ti ha difeso…anche se io non sarei molto orgoglioso di essermi fatto difendere da una ragazza, per di più di Grifondoro!" James rimise la bacchetta nella borsa e si diresse verso l'uscita della serra.

 

Quando la porta dell'edificio si chiuse, Lily si volse verso Severus. Aveva il viso leggermente arrossato, e si passò una mano fra i capelli ramati.

"Che stronzo" disse con rabbia, mentre con la bacchetta faceva sparire i resti della terra. "Mi chiedo perché non abbiamo usato prima la magia, l'avremmo pulito in un attimo il tavolo!" Gli sorrise, e Severus abbassò istintivamente lo sguardo.

"Già…" rispose. Non sapeva cos'altro aggiungere. A lui era venuto in mente già da subito di utilizzare un incantesimo per riordinare quel disastro. Ma poi Lily aveva iniziato a raccogliere il terriccio con le mani, e lui…l'aveva aiutata. Non sapeva bene perché, ma voleva stare con lei il più a lungo possibile. Quelle due ore erano letteralmente volate. Avrebbe voluto sapere il motivo di quel suo desiderio. Dopotutto, non conosceva affatto Lily Evans. Non sapeva se fosse davvero così gentile o se fosse falsa, se fosse simpatica o se fosse una stupida. Non sapeva nulla di lei…

Ma lei l'aveva difeso, e quello per il momento gli poteva bastare.

Lily stava mettendo il suo manuale di Erbologia e la sua bacchetta nella borsa. Severus sussultò impercettibilmente. Se ne stava andando. Non poteva permettere che si allontanasse senza averla ringraziata, anche se solo l'idea lo mandava nel panico.

La voce della ragazza gli giunse inaspettata. Era già davanti alla porta, pronta per uscire. Solo allora Severus si accorse di trovarsi ancora di fianco al tavolo, come una statua di marmo.

"Bè, io vado…Ciao!" Lily girò la maniglia.

"Lily!" Le parole uscirono dalla bocca di Severus ancora prima che lui se ne rendesse conto.

Lei si voltò, aspettando che continuasse a parlare.

Severus aprì la bocca, pronto a dirle anche solo un semplice grazie. Ma all'improvviso le parole di James Potter iniziarono a vorticare nella sua mente.

D'accordo, d'accordo, me ne vado…E tu, Mocciosus…Ringrazia Evans che ti ha difeso…anche se io non sarei molto orgoglioso di essermi fatto difendere da una ragazza, per di più di Grifondoro!……

Ringrazia Evans che ti ha difeso…anche se io non sarei molto orgoglioso di essermi fatto difendere da una ragazza, per di più di Grifondoro…

Lily lo guardava…Lily aspettava una risposta…

Non sarei molto orgoglioso di essermi fatto difendere da una ragazza, per di più di Grifondoro…

Di Grifondoro…

Di Grifondoro…

 

Severus assunse un'espressione ostile. "Non ti permettere mai più di intrometterti in faccende che non ti riguardano, è chiaro? Io non ho bisogno di farmi difendere da una Mezzosangue." Disse, con voce dura e tagliente come vetro

Lily lo guardò per un lunghissimo istante, sorpresa e inorridita da quella reazione che non si sarebbe aspettata. Poi si voltò verso la porta. "Benissimo, la prossima volta lascerò che Potter ti lanci tutti gli incantesimi che vuole." Mentre pronunciava quelle parole, con una forte delusione che traspariva dal suo tono di voce, uscì dalla serra e si avviò verso il castello, proteggendosi con la borsa dalla pioggia che cadeva serafica.

Severus battè un pugno sul tavolo, infuriato con se stesso.

 

***

Remus stava cercando di studiare un capitolo del manuale di Trasfigurazione, disteso sul suo letto a baldacchino. Nel dormitorio c'erano solo lui e Sirius, che stava lanciando una pallina contro il muro da ormai un quarto d'ora.

La stanza era piuttosto buia, nonostante le numerose candele, e la pioggia scrosciava al di là della grande finestra, bagnando i vetri con grossi rivoli d'acqua. Remus amava la pioggia, lo faceva sentire rilassato. Il ragazzo si girò su un fianco, e continuò a sfogliare distrattamente le pagine del libro, puntellandosi con un gomito. Di solito il venerdì sera scendeva in Sala Comune e assisteva al consueto spettacolino che davano James e Sirius, occupati ad intrattenere un buon numero di ragazzi, ma soprattutto di ragazze, felici per la fine della settimana e più agitati del solito.

Sembrava che i suoi due amici non sapessero minimamente cosa significasse essere in imbarazzo, o rimanere in disparte senza cercare di attirare l'attenzione di ogni essere in grado di respirare presente nei paraggi. Remus sapeva anche perché si comportassero in quel modo. Non era solo esibizionismo, non era solo puro egocentrismo. C'era anche dell'altro. C'erano anche cause e stati d'animo più nascosti, che solo una persona che li conoscesse bene avrebbe potuto individuare. Solo lui avrebbe potuto capire fino in fondo…

Pensò a James. Non aveva tanti amici come si potesse credere in un primo momento. Aveva solo lui, Sirius e Peter. Erano i Malandrini il suo mondo. Tutti gli altri studenti erano semplici conoscenti, pronti a voltargli le spalle in qualunque momento, seguendo la corrente del vento, lasciandosi trascinare dagli eventi, dalle mode, dai pettegolezzi di corridoio che decretavano impietosi il declino o l'ascesa di questo o quello. Non era nemmeno così sicuro di sé come amava sembrare. In realtà era tormentato dai dubbi e dalle paure, come chiunque altro. Non gli piaceva che le persone lo scoprissero, semplicemente. Temeva di essere ferito nel profondo, temeva di non riuscire più ad alzarsi dopo una caduta, dopo uno sgambetto sleale.

Poi pensò a Sirius. Non aveva mai avuto una vera famiglia, non era mai stato amato da nessuno prima di arrivare a Hogwarts, prima di conoscere loro. Era stato abituato a considerarsi un fallito, un tragico errore partorito da sua madre, una macchia sgradevole che deve essere cancellata dalla tappezzeria immacolata prima dell'arrivo degli ospiti per la cena. A scuola si era rifatto una vita, lontano dai Black, lontano dalle loro assurde manie di purezza e dalle loro ossessioni per l'apparenza. A Hogwarts era diventato popolare, aveva scoperto che dopotutto poteva essere apprezzato come, se non di più, degli altri. E quella nuova situazione gli era piaciuta, aveva colto l'occasione. Essere al centro dell'attenzione era fantastico per lui. Spesso esagerava anche, non era possibile negarlo, ma dopotutto come biasimarlo?

 

"Ehi Lunastorta! Ci sei ancora??" La voce di Sirius distolse Remus dai suoi pensieri. Il ragazzo si scostò una ciocca di capelli biondi dal viso pallido e si voltò verso l'amico, che lo stava osservando.

"Scusa Felpato, ero sovrapensiero…dicevi?" rispose, chiudendo il libro di Trasfigurazione. Era perfettamente inutile illudersi di riuscire a studiare quando la settimana era appena finita.

"Ti ho chiesto se avessi l'intenzione di far finta di studiare ancora per molto, ma vedo che ci hai dato già un taglio!" Sirius indicò il volume chiuso appoggiato sul letto di Remus.

"Sì, non riuscivo a capire niente…e poi ho due giorni per studiare!"

"Appunto, non fare troppo il secchione Lunastorta, se no io e Jamie dovremo radiarti dai Malandrini…" aggiunse Sirius. I suoi occhi blu quasi risplendevano nella semi oscurità.

Remus rise brevemente, poi il suo viso tornò serio. Uno strano silenzio cadde nel dormitorio. Voci allegre provenivano dalla Sala Comune.

"Jamie dov'è?" chiese Remus per interrompere il silenzio.

"Allenamento straordinario di Quidditch…ce l'ha detto oggi pomeriggio, non ti ricordi già più?" rispose Sirius, sorpreso.

"Ah già, me n'ero dimenticato…" ribattè Remus, fissando il pavimento.

"Lunastorta che hai? Sei il precisino del gruppo, in una situazione normale non ti saresti dimenticato di una cosa del genere…sei tu che sai sempre dove sono tutti e perchè!" Sirius lo guardava, un'espressione lievemente preoccupata dipinta sul bel volto.

Remus non potè fare a meno di farsi sfuggire un risolino. Colpito e affondato, non sarebbe mai riuscito ad ingannare i suoi migliori amici.

"E' che…è quasi piena." Indicò la finestra, anche se l'oscurità e le nuvole cariche di pioggia non permettevano di vedere molto.

Sirius annuì brevemente. "Come mai la cosa ti preoccupa? Non è certo la prima volta…e poi noi veniamo con te, te lo sei dimenticato?"

 

Remus rimase a lungo in silenzio. Era proprio quello il motivo per cui si sentiva così inquieto. James, Sirius e Peter stavano rischiando grosso per aiutarlo. Si erano impegnati duramente, avevano rubato montagne di libri nel reparto proibito della biblioteca, avevano sputato sangue, avevano infranto la legge, pur di riuscire a diventare Animagi. E tutto per lui. Tutto per farlo soffrire di meno.

Trasformarsi in un lupo mannaro era una sofferenza atroce, metteva a dura prova il corpo e l'anima. Remus aveva imparato a convivere con quelle sensazioni, aveva imparato a sopportare in silenzio, da solo, senza potersi confidare con nessuno, aveva imparato a convivere con quel peso enorme che gli gravava sulla coscienza. Lui sarebbe sempre stato diverso. Se gli altri studenti avessero saputo che era un mannaro l'avrebbero fatto cacciare, e lui non avrebbe potuto studiare, non avrebbe potuto trovare un lavoro, né costruirsi un futuro. Ma la fortuna gli era venuta incontro. Silente l'aveva accettato lo stesso, nonostante tutto, gli aveva permesso di studiare a Hogwarts, di condurre una vita quasi normale, di trovarsi anche degli amici. Ogni mese, quando arrivava la luna piena, si recava nella Stamberga Strillante, attraverso un passaggio segreto situato sotto il Platano Picchiatore, e lì si trasformava in lupo, aspettando che la metamorfosi seguisse il suo corso. Non poteva fare altro che aggirarsi per quella piccola casa polverosa e triste, infliggendosi ferite dolorose in mancanza di prede e ululando verso la luna, quel meraviglioso disco d'argento che era il suo crudele padrone. L'istinto dell'animale scorreva nelle sue vene in quelle terribili ore, e la luna lo teneva in pugno, come una spietata burattinaia che governa il fantoccio di un teatrino per bambini.

Ma da quando James, Sirius e Peter erano riusciti a trasformarsi in animali, tutto era cambiato. Un grosso cervo, un cane color notte e un piccolo topo lo accompagnavano durante quelle notti. I suoi amici fuggivano dal dormitorio, all'insaputa di Silente e di tutta la scuola, per tenergli compagnia. Un lupo mannaro non attacca altri animali. E quegli animali riuscivano a calmare la bestia che viveva in lui, a fare in modo che non infierisse troppo su se stessa. In alcune occasioni Remus era addirittura riuscito ad accucciarsi in un angolo buio e polveroso, e a dormire, quasi più simile a un docile cane che a un pericoloso lupo.

Se non fosse stato per i Malandrini, Remus sarebbe stato condannato a rimanere solo, senza aiuto, senza comprensione…solo.

Ma lui, cosa aveva fatto per James, Sirius e Peter? Come li aveva ripagati per i rischi che stavano correndo? Come poteva farlo?

Loro non gli avevano mai chiesto nulla, non gli avevano mai fatto pesare la sua diversità, non l'avevano emarginato quando aveva confessato loro il suo più grande segreto, avevano deciso spontaneamente di provare a diventare Animagi illegali. Gli avevano dimostrato che tenevano davvero alla sua amicizia. Ma lui non aveva mai fatto nulla concretamente. Li aveva ringraziati, molte e molte volte…ma le parole non erano abbastanza. Lo consideravano un ingrato ma non avevano il coraggio di dirglielo perché faceva loro pena? Pensavano che in fondo fosse pericoloso e lo temevano? Era per quello che era loro amico?  Quei pensieri continuavano a tormentarlo, si tramutavano in incubi che macchiavano i suoi sonni inquieti. E Remus non riusciva a cacciarli. Si era ripetuto spesso che non era così, che i Malandrini erano onesti e non l'avrebbero tradito…eppure dentro di sé non ne era sicuro.

 

"Lunastorta?" Ancora una volta la voce di Sirius lo distolse dai suoi pensieri.

Remus annuì debolmente. "Sirius?"

"Mh?" Sirius sembrava perplesso. Di solito Remus non era così misterioso.

"Credo…" -Remus iniziò a torcersi le mani nervosamente- "Credo che non dovreste più venire con me alla Stamberga quando mi trasformo." Il ragazzo abbassò lo sguardo, e attese gli effetti che avrebbero provocato le sue parole.

La porta del dormitorio si spalancò all'improvviso, e James fece irruzione nella stanza circolare. Indossava la divisa della squadra di Quidditch di Grifondoro, e reggeva la sua scopa nella mano destra.

"Ma allora siete qui!" -esclamò allegramente- "Come mai fate le mummie stasera? Non siete…" James si interruppe. Nel dormitorio si respirava un'atmosfera strana. Remus fissava il pavimento, le mani intrecciate sulle gambe. Sembrava che stesse aspettando qualcosa. Sirius lo guardava con espressione allibita, senza proferire parola. James si passò una mano fra i capelli, senza capire.

"Ma cosa…?" iniziò.

"Remus non vuole più che andiamo con lui alla Stamberga." Lo interruppe Sirius, una nota irata nella voce. I suoi occhi blu si erano oscurati.

James fissò Remus a sua volta. Appoggiò la scopa alla parete e si sedette di fianco a Sirius, improvvisamente serio.

"E' vero Rem?" chiese, suonando più duro del voluto.

Remus alzò il capo, con quello che gli parve un grande sforzo. I suoi amici erano di fronte a lui, in attesa di una risposta. "Sì." Non riuscì ad aggiungere altro.

Sirius scosse la testa.

"Perché Rem?" Sembrava che James non riuscisse a concepire nemmeno lontanamente l'idea.

Remus cercò di elaborare in fretta una risposta convincente. Cosa avrebbe potuto dire ai suoi amici? Non poteva confessare loro che semplicemente non voleva che corressero dei pericoli. Non gli avrebbero dato retta. Avrebbero continuato ad andare con lui, e non poteva permetterlo.

"Allora Lunastorta?" Lo incalzò Sirius.

Remus tirò un sospiro profondo. "Non ho bisogno di voi." Disse infine. Cercò di risultare deciso.

"Ma che cazzo stai dicendo??" sbottò James. Sirius sembrava del tutto d'accordo.

Remus si alzò e si avvicinò alla finestra, scrutando l'oscurità che era sempre più profonda oltre il vetro. Forse sarebbe stato più facile se non li avesse guardati negli occhi.

"Non ho bisogno che facciate…quello che fate solo perché vi faccio pena" continuò. Era sempre più difficile…

Sirius scattò in piedi, stringendo i pugni. "Tu non ci fai pena Remus! Si può sapere che ti prende stasera?" Si stava davvero arrabbiando ora.

"Sirius ha ragione, Remus, non lo facciamo di sicuro perché pensiamo che tu sia un…un poveraccio, e lo sai…lo facciamo solo per aiutarti, perché sei nostro amico!" Aggiunse James. La sua voce suonava sinceramente preoccupata.

Remus si intimò di non cedere e di raccontare la verità ai suoi amici. Non doveva…

"E' così invece, solo che non avete il coraggio di dirmelo…" Non era stato abbastanza convincente, lo capì subito.

Sirius si avvicinò a lui e lo fece voltare strattonandolo per una spalla. I suoi occhi mandavano scintille. Era sempre stato impulsivo. "Guardaci in faccia quando ci parli, Rem!" -stava alzando la voce- "Lo sai che ci diciamo sempre tutto, come puoi pensare che siamo così stronzi?"

Remus lo guardò. Sembrava smarrito. "Io non penso nulla…"

"Porca puttana Remus! Se c'è qualcuno che non ha il coraggio di dire le cose in faccia quello sei tu! Così pensi anche tu che siamo degli stronzi montati come tutti?? Bell'amico che sei, mi complimento…"

"Sirius, calmati…" James era ancora seduto sul letto, e stava mantenendo il controllo.

"Non mi calmo invece! James dì qualcosa anche tu, dammi ragione! Abbiamo studiato per non so nemmeno io quanto tempo per riuscire a capire come diventare Animagi, abbiamo infranto almeno un miliardo di regole della scuola, rischiamo di finire dritti ad Azkaban se ci scoprono e adesso Remus viene a dirci che non vuole più che ci trasformiamo e che andiamo alla Stamberga? E ha anche il coraggio di dirci che abbiamo fatto tutto questo perché ci fa pena!" Sirius battè un pugno contro la parete. Il suo voltò tradì una smorfia di dolore, ma non disse nulla.

"Sirius calmati!" -James si era alzato, e si era avvicinato all'amico. Era l'unico che poteva riuscire a farlo calmare- "Hai ragione, però Remus avrà una spiegazione…"

"James non ci posso credere! Lo stai difendendo? Adesso sono ancora io che passo per stronzo!"

"Sirius lascia che ti spieghi…" Remus stava tormentando nervosamente una ciocca di capelli biondi. La situazione stava degenerando, ed era tutta colpa sua. Perché non aveva detto subito la verità? Perché era stato così stupido? Loro l'avrebbero capito, l'avrebbero rassicurato…

"Non devi spiegare proprio niente, sei stato già abbastanza chiaro Rem!" Sirius ormai stava gridando.

James gli posò una mano sulla spalla.

"Lasciami in pace James!" sbottò Sirius. Un attimo dopo aprì con violenza la porta del dormitorio e sparì nel corridoio.

Remus sospirò, prima di gettarsi sul letto. Si sentiva peggio ogni secondo che passava. James gli si avvicinò. Non sembrava arrabbiato.

"Ho combinato un bel casino eh?" disse, con voce rotta. Doveva farsi i complimenti da solo, quella volta aveva superato se stesso.

James gli sorrise per un istante. "Già…" rispose.

"Io non volevo farvi incazzare così…ho detto un sacco di palle…" Remus appoggiò un braccio sugli occhi chiusi.

James annuì, anche se l'amico non poteva vederlo. "Lo so Rem"

Remus si tirò su di scatto, guardando James con espressione stupita. "Lo sai?"

"Mh mh…ma lo sai com'è fatto Sirius…vedrai che domani gli sarà già passata."

"Faccio così schifo a dire bugie?" chiese Remus.

"Abbastanza, in quello non sei ancora un buon Malandrino!" rispose James, ridendo.

Remus sorrise a sua volta, sentendosi meglio.

 

***

Ed ecco qua…un capitolo un po' più lungo, spero non ci siano grosse imperfezioni! Grazie mille a tutti quelli che leggono e recensiscono questa fic, siete davvero gentili ^^

Alla prossima! ~Flea

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Sirius si strinse nel maglione leggero che indossava
  •   Capitolo 8

  La pioggia aveva smesso di cadere da poco, e una luna slavata e quasi piena si era affacciata fra le nuvole nere, che lentamente si stavano diradando.

Sirius si strinse nel maglione leggero che indossava. Si maledisse fra sé e sé per non aver afferrato il suo mantello prima di uscire dal dormitorio. O meglio, prima di precipitarsi fuori dal dormitorio. La temperatura era scesa notevolmente a causa della pioggia che aveva continuato a cadere per tutto il giorno, e l'umidità gli penetrava sgradevolmente nelle ossa. Sirius non avrebbe saputo dire che ora fosse. Il suo orologio era rotto da ormai molto tempo, da quando James gliel'aveva preso in prestito l'anno prima e gliel'aveva restituito in uno stato a dir poco disastroso.

Dopo la discussione con Remus, era uscito dal dormitorio e si era subito diretto fuori dalla Sala Comune gremita, ignorando le voci di più studenti che lo chiamavano, invitandolo ad unirsi a loro. Aveva anche deliberatamente snobbato la Signora Grassa, che aveva iniziato a fargli una vera e propria predica, ricordandogli amabilmente, con il suo tono di voce più minaccioso, che non era permesso lasciare la propria Sala Comune dopo le ore dieci. Dopo aver attraversato qualche corridoio deserto e aver abilmente evitato di scontrarsi con Gazza, che come suo solito stava pattugliando ogni centimetro quadrato della scuola, Sirius era salito alla torre di Astronomia. Aveva decisamente bisogno di stare solo, e quello era il luogo adatto.

Non si recava spesso alla torre, se non per le lezioni di Astronomia. Di solito i telescopi erano disposti in file ordinate, pronti per essere utilizzati dagli studenti, ma in quel momento erano tutti riuniti in un angolo della grande stanza, insieme a un gran numero di sgabelli. Sirius sorrise leggermente quando li vide. Poteva sembrare scomodo stare seduti su dei piccoli sgabelli mentre si osservava il cielo con i telescopi, ma sapeva bene che non era così. Dopo che, al quinto anno, aveva dovuto trascorrere due ore di lezione in piedi, per punizione, aveva iniziato ad apprezzarli, e la sua schiena ancora di più.

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli ondulati, e alzò lo sguardo verso il soffitto che rifletteva perfettamente il cielo, come quello della Sala Grande. Le nuvole erano sempre meno fitte, e qualche stella cominciava a fare capolino sul firmamento di seta nera. La torre non era riscaldata, e freddi spifferi spazzavano il pavimento di pietra.

Sirius afferrò uno sgabello, e si sedette al centro della stanza, dando le spalle alla porta, che aveva chiuso a chiave in precedenza. Non voleva rischiare che qualche coppietta lo trovasse lì, o peggio ancora qualche insegnante. In quella prima settimana di scuola non era ancora stato punito, e voleva che accadesse per qualche motivazione degna di nota. Avrebbe potuto inaugurare la collezione di °condanne° del settimo anno appendendo Lucius Malfoy a uno degli anelli del campo di Quidditch ad esempio…Ma non era quello il momento adatto per fantasticare sulle sue future malefatte.

Le parole di Remus tornarono ad occupare la sua mente, con un fragore inaspettato.

Non ho bisogno di voi. Non ho bisogno che facciate…quello che fate solo perché vi faccio pena…

Sirius scosse la testa. Era ancora incredulo. Non era possibile che Remus pensasse davvero che lo aiutassero solo perché faceva loro pena. Certo, lui e Peter erano i due membri dei Malandrini in un certo senso più… deboli. Non erano mai loro a progettare imboscate nei corridoi ai danni di Mocciosus, non erano mai loro a proporre di intrufolarsi nelle cucine per farsi riempire di tortine e cioccolatini dagli elfi domestici, non erano mai loro a provocare Malfoy e compari. Ma non per questo lui e James si consideravano superiori, o si permettevano di giudicarli. Non l'avevano mai fatto. Erano amici, questo doveva bastare. Si erano sempre accettati per come erano, pregi e difetti, abitudini e comportamenti.

Remus doveva anche convivere con la sua doppia natura, di uomo e di lupo, ma mai Sirius né tanto meno James si erano sentiti in pericolo o avevano avuto paura di lui. Avevano deciso di diventare Animagi per tentare di farlo sentire meglio, per ricordargli che poteva contare sui suoi amici in ogni momento, anche durante le sue trasformazioni. Non potevano sostenerlo in forma umana? Benissimo, potevano farlo sotto forma di cane e di cervo. Non avevano mai fatto pesare a Remus i sacrifici che avevano fatto, non gli avevano mai fatto capire quanto fosse stato difficile imparare a trasformarsi, non gli avevano mai confessato che avevano avuto una paura immensa. Sirius non aveva nulla da rimproverarsi, avevano agito nel modo migliore, date le circostanze, e nonostante i loro difetti. Dopotutto, nessuno era perfetto. Non si erano mai aspettati nulla in cambio, se l'avessero fatto che amici si sarebbero rivelati? Un amico non chiede ricompense di nessun genere.

Remus, in ogni caso, non aveva mai smesso di ringraziarli. Sirius e James sapevano che era sincero. Sapevano anche che in un certo senso era doloroso per lui avere degli amici che lo aiutavano in quel modo, perché non avrebbe mai potuto ricambiarli totalmente. Sirius provò a pensare a come si sarebbe sentito lui in una situazione del genere. Probabilmente il suo orgoglio gli avrebbe impedito di chiedere aiuto. Probabilmente si sarebbe ostinato a percorrere la strada del suo destino da solo, senza mani amiche o bastoni che lo sostenessero e gli impedissero di cadere. Probabilmente la sua vigliaccheria l'avrebbe indotto a nascondersi, a non affrontare i problemi a testa alta, a limitarsi ad assumere un atteggiamento da vittima.

Ma Remus non era così…lui era più coraggioso. Lui era riuscito a parlare del suo disagio, lui aveva liberato quel fantasma che aleggiava nella sua anima e la dilaniava senza pietà. Non aveva avuto paura. E la sua vita era a poco a poco migliorata.

Perché? Perché improvvisamente non voleva più farsi aiutare? Perché voleva imboccare un altro sentiero, un sentiero inesplorato che avrebbe attraversato da solo? Perché pensava di suscitare solo pietà? Mille interrogativi affollavano la mente di Sirius, e il senso di colpa iniziava ad insinuarsi dentro di lui. Aveva agito d'impulso, come suo solito. Aveva trovato più facile aggredire Remus, invece di tentare di capire, invece di chiedere.

Il ragazzo alzò lo sguardo verso il soffitto. Le stelle punteggiavano interamente il cielo, le nuvole erano scomparse. Sirius era perso nei suoi pensieri, e non si accorse che la serratura della porta era scattata con un rumore secco.

 

***

"Ma come ti è venuta in mente una cazzata simile??" esclamò James. Era disteso sul suo letto, la divisa ancora indosso, i capelli arruffati che continuava a spettinare con una mano. Remus era in piedi, le spalle appoggiate al vetro della finestra, le gambe accavallate e un'aria scoraggiata. Gettò un'occhiata all'orologio. Era l'una passata, ma nessuno dei due sembrava avere intenzione di dormire. Avevano passato la serata a parlare di quello che era successo.

Alla domanda dell'amico scrollò debolmente le spalle. "Non lo so Jamie…io volevo solo che non finiste nei casini per colpa mia!" Esclamò, tentando di dare un senso alle parole che stava pronunciando.

La verità era che la confusione regnava sovrana dentro di lui. Si sentiva in colpa per aver fatto infuriare Sirius e aver fatto credere ai suoi migliori amici che li considerava superflui, accessori che gli davano solo noia. Ma dall'altro lato pensava anche di aver agito con correttezza. Come previsto, James gli aveva in sostanza dato del pazzo per essersi preoccupato per loro, e gli aveva assicurato che avrebbero continuato a trasformarsi per aiutarlo, anche contro la sua volontà. Se solo avesse recitato la sua parte con più convinzione…magari sarebbe riuscito a convincerli a non accompagnarlo più alla Stamberga e a non trasformarsi più. Avrebbe perso le migliori persone che avesse mai conosciuto, certo, ma almeno loro sarebbero state più al sicuro. Se fossero finiti nei guai per colpa sua non se lo sarebbe mai perdonato…Ma ormai era inutile recriminare. La frittata era fatta, e ora il problema principale di Remus era quello di chiedere scusa a Sirius il prima possibile, e spiegargli perché si fosse comportato in quel modo.

Il ragazzo non potè fare a meno di pensare che in fondo si sentiva sollevato. Sapere che Felpato e Ramoso avrebbero continuato a seguirlo nella squallida capanna lo faceva sentire alquanto sollevato. Non sapeva se sarebbe stato in grado di resistere da solo. Probabilmente un mannaro senza controllo, dopo molti mesi di relativo °letargo°, sarebbe stato molto pericoloso.

Remus scostò una ciocca di capelli dal viso, e si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.

"Perché ridi Lunastorta?" chiese James, curioso. Evidentemente lo stava osservando con attenzione.

"Niente…" -rispose l'altro- "E' che sono contento che continuerete a venire con me alla Stamberga…"

James ricambiò il suo sorriso. "Quanto sei scemo Lunastorta…credevi davvero che ci saremmo fatti intimorire da una semplice minaccia come la tua? Che amici saremmo altrimenti?"

"Si, in effetti vi ho sottovalutati…" Remus si lasciò cadere sul suo letto.

"Mai sottovalutare un Malandrino, Remus! Dovresti saperlo ormai…" Sogghignò James.

"Già, hai ragione…" -rispose allegro Remus, mentre si toglieva la camicia della divisa e indossava la maglia del pigiama- "Però…" -aggiunse improvvisamente più amareggiato- "Non sarei così sicuro che Sirius voglia ancora venire con noi alla Stamberga, dopo la scenata che ha fatto…"

"Oh, non preoccuparti…lo sai com'è fatto, è un impulsivo! Vedrai che quando torna chiarirete tutto, e amici come prima…" Disse James, cercando di suonare incoraggiante.

"Lo spero Jamie…a proposito, ma è sparito? È l'una e mezza ormai, chissà dov'è…" Chiese Remus, con una punta di apprensione.

"Starà vagando nel parco per sbollire la rabbia…vedrai che domani mattina lo troveremo su uno dei divani della Sala Comune che dorme!"

"Sarà…" - disse Remus, poco convinto- "Forse dovrei andare a cercarlo, sono io che gli devo chiedere scusa! Ma anche volendo…non saprei dove cercarlo!"

James scrollò le spalle. "Per me è inutile mettersi a vagare per la scuola adesso per trovarlo, rischieresti solo di farti beccare da Gazza! Gli puoi parlare tranquillamente domani…e poi non addossarti tutta la colpa come tuo solito Lunastorta…anche Sirius ha avuto una reazione esagerata! Sicuramente anche lui vorrà scusarsi…"

"Già, forse hai ragione, posso aspettare…" Remus tuttavia non era del tutto persuaso.

James se ne accorse, e sospirò brevemente. "Però…" -proruppe, mentre si alzava a fatica dal letto e si avvicinava alla scrivania di mogano che si trovava in un angolo- "Se proprio vuoi sapere dov'è un modo c'è…"

Il volto di Remus si illuminò. "Ma certo!"

James aveva aperto un cassetto e ne aveva estratto un foglio di pergamena all'apparenza immacolato. "La risposta a tutte le tue domande, caro Lunastorta…"

"….la Mappa del Malandrino!" completò l'altro, entusiasta.

James aveva afferrato la sua bacchetta e aveva sfiorato leggermente il foglio. "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni" Disse.

Sottili righe d'inchiostro nero iniziarono a diramarsi dal punto toccato dalla bacchetta, e iniziarono a formare una mappa dettagliata del castello e del parco di Hogwarts. Minuscole macchie nere si muovevano sulla carta, e ognuna portava un piccolo nome scritto su un cartiglio. Quella pergamena permetteva di localizzare pressoché ogni persona presente nella scuola.

"Lunastorta…" -disse James dopo aver studiato la mappa per un paio di minuti- "credo di poter affermare con certezza che il signor Black si trova nella torre di Astronomia…"

"Bene" annuì Remus. Mentalmente si fece i complimenti per aver contribuito alla nascita di quel gioiellino.

James si scurì in volto all'improvviso. "Rem?"

"Mh?" L'altro lo guardò sorpreso.

"Sirius è nella torre di Astronomia, ma non è solo…c'è Bellatrix Black con lui."

 

***

Bellatrix si chiuse la porta alle spalle, e di proposito fece in modo che sbattesse. Suo cugino si voltò di scatto, i capelli scuri che li ricaddero sul volto, perlaceo alla luce della luna. Sembrava che fosse riuscita a spaventarlo.

"Ma guarda chi si vede…" Disse, ironica. La sua voce era lievemente roca, ma pur sempre vellutata.

Sirius fece una smorfia. "Bellatrix…" La salutò con un cenno della mano, tornando a girarsi e iniziando a fissare il pavimento.

"Che ci fai qui, Black?" Chiese lei, avvicinandosi al ragazzo. Indossava la gonna della divisa, e una camicia color ciliegia. I lunghi capelli corvini erano raccolti con due bastoncini di legno incrociati, laccati anch'essi di rosso. Il blu intenso dei suoi occhi era sottolineato dal kajal nero, e le sue labbra quasi brillavano, lucidate con il gloss.

Sirius si chiese perché sua cugina andasse in giro a quell'ora di notte come se dovesse salire in passerella da un momento all'altro. Quando Bellatrix gli si avvicinò, avvertì un profumo dolce, con una nota aspra. Cannella e fumo di sigaretta probabilmente.

"Potrei chiederti la stessa cosa, Bella. E potrei anche chiederti come hai fatto ad entrare, visto che avevo chiuso la porta a chiava" Le rispose con indifferenza, evitando di guardarla. Si sentiva vulnerabile quando guardava negli occhi la cugina. Quegli occhi erano troppo simili ai suoi, gli avrebbero svelato segreti che voleva tenere nascosti. Non si sentiva ancora pronto ad affrontare se stesso.

Bellatrix rise impercettibilmente, e si diresse verso l'angolo in cui erano radunati i telescopi e gli sgabelli. Ne afferrò uno, e si sistemò accanto al ragazzo. Poteva avvertire il suo profumo. Cedro e noce moscata probabilmente.

"Mi stupisci, Black. Possibile che un abile mago come te non abbia mai sentito parlare di un semplice incantesimo chiamato Alohomora?" Bellatrix accavallò le gambe, lasciando che le sue gambe affusolate si scoprissero ulteriormente.

Sirius rise a sua volta, a bassa voce. Avrebbe dovuto immaginarlo. Bellatrix non si faceva certo intimorire da una porta chiusa, soprattutto con un incantesimo così elementare a disposizione. "Touché. Ma non mi hai ancora detto perché sei venuta qui." Sirius allungò le gambe davanti a sé. Iniziava ad avvertire un certo fastidio alla schiena, dovuto a quella posizione non proprio comoda.

Bellatrix si voltò verso di lui, anche se Sirius continuava a guardare il pavimento, e alzò le spalle. "Non avevo sonno" -rispose, semplicemente- "Volevo solo farmi un giro. E tu, Black?"

"Non avevo sonno" -ribattè lui- "Volevo solo farmi un giro…"

"Molto divertente Black…peccato che tu non sia tanto bravo a raccontare palle. Se fosse davvero così saresti insieme ai tuoi compari, Potter e Lupin, e invece guarda caso sei da solo…"

Sirius spalancò gli occhi. Per fortuna la cugina non avrebbe potuto accorgersene. Come diavolo faceva…a sapere? Probabilmente era solo una coincidenza…doveva essere così. Il pensiero di essere come un libro aperto per Bellatrix lo inquietava, e non poco. Bella era abile e spietata nel governare le persone, quando scopriva i loro punti deboli.

"Da quando in qua sei una psicologa?" Chiese, aspro.

"E da quando in qua hai paura di guardarmi negli occhi, Black?" Così dicendo, Bellatrix gli sollevò il mento con due dita e lo fece voltare verso di lei.

I loro occhi si fissarono. Erano della stessa forma, dello stesso colore, con le stesse ciglia folte. Erano come gemelli.

Sirius voleva interrompere quel contatto. Gli sembrava che Bellatrix riuscisse a scrutare nella sua anima, che riuscisse a carpirgli sensazioni e sentimenti.

Le afferrò la mano e gliela abbassò. "E da quando in qua ti sei dimenticata che ho un nome, Bella? Io sono Sirius, non sono Black"

La ragazza scoppiò a ridere. Una risata piena, argentina ma allo stesso tempo crudele, amara, cinica. "Ah, giusto…tu non sei più un Black, vero? Hai rinnegato le tue origini…"

Sirius strinse istintivamente i pugni. Aveva distolto lo sguardo da quello della cugina, ma il suo profumo lo stordiva. "Esatto" -disse, con fermezza- "Mi fanno schifo i Black, io non sono come loro. Non sono come voi, Bellatrix."

"Che illuso che sei, Black…" Bellatrix continuava a ridere, sommessamente.

"Ti sbagli. Io sono diverso. Io non odio i Mezzosangue, io non sono ossessionato dalla purezza, io non mi diverto ad impagliare le teste degli elfi domestici morti o a impartire ordini credendo di essere superiore agli altri, io non…"

"Zitto, Black" -Bellatrix gli aveva posto una mano sulla bocca. Non era stato un gesto violento. Le sue labbra erano piacevolmente morbide. Sirius la guardava con aria interrogativa, forse anche leggermente irata- "Lascia che ti faccia vedere una cosa."

La ragazza tolse dai capelli i due bastoncini, e li appoggiò allo sgabello. La chioma corvina e folta le ricadde sulle spalle. I capelli le arrivavano oltre metà schiena, ed erano leggermente ondulati. Sembravano quasi risplendere nel buio.

Sirius continuava a rimanere seduto, e la guardava. Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. La loro somiglianza era davvero impressionante, avrebbero potuto essere fratello e sorella.

Bellatrix si diresse verso i telescopi. "Muoviti, Black!"

Il ragazzo si alzò e la raggiunse. Non si sentiva sicuro, stare in compagnia della cugina si rivelava sempre un'esperienza sconvolgente.

Bellatrix si era avvicinata ad un telescopio, e lo stava puntando verso il soffitto della Torre. Sirius si chiese cosa stesse architettando.

La ragazza si voltò verso di lui. Gli indicò lo strumento. "Guarda, Black."

Sirius si abbassò. Davanti ai suoi occhi brillava un gruppo di stelle. Sembravano incredibilmente vicine, grazie alla lente del telescopio.

"Le vedi, Black?" chiese Bellatrix.

Sirius annuì. Cosa voleva dimostrargli?

"Lì ci sono le stelle che portano i nostri nomi. Bellatrix, Sirius, Andromeda, Narcissa. Ci siamo tutti, Black."

Il ragazzo non potè fare a meno di stupirsene. Non aveva mai notato che i loro nomi erano stati presi dalle stelle.

"E con questo?" Chiese, cercando di rimanere indifferente.

"Tutte quelle stelle fanno parte della stessa costellazione, Black. Possibile che questo non ti dica nulla?" Rispose lei, un po' seccata.

Sirius iniziava a capire. "Una semplice coincidenza, Bella."

"Non esistono le coincidenze, Black. Noi siamo legati, facciamo parte della stessa famiglia, facciamo parte della stessa costellazione. Noi siamo uguali."

Sirius si voltò verso di lei. Lo guardava con una strana espressione. L'espressione di chi sa di avere ragione. Bellatrix era sempre stata sicura di sé.

"Non ti facevo così sentimentale…" -proferì, secco- "Peccato che tu abbia dimenticato una cosa. Non bastano i nomi a rendere uguali le persone."

Bellatrix continuava a fissarlo, con uno sguardo perforante. "Quanto ti sbagli, Black…Questo discorso te l'avevo già fatto quest'estate, ma tu ti rifiuti di capire. Non ti facevo così ottuso…Comunque ricordati una cosa: ho ragione. E prima o poi te ne renderai conto anche tu."

La ragazza tornò verso lo sgabello. I suoi bastoncini di legno erano caduti. Lei li raccolse, poi si avviò verso la porta della Torre. Prima di uscire si girò in direzione di Sirius. Gli rivolse un sorriso beffardo. "Buonanotte, Black."

Così dicendo si chiuse la porta alle spalle.

Sirius rimase immobile per diversi minuti, lo sguardo alzato verso il soffitto della Torre, trapuntato di stelle, minuscole virgole argentee. Lì c'era anche lui. E c'era Bellatrix, insieme alle sue sorelle. Forse c'erano anche i suoi genitori, e gli altri Black. Non conosceva abbastanza bene le stelle per dirlo, ma era possibile. Il destino della sua famiglia era scritto davvero nelle stelle o erano tutte stupide superstizioni o credenze affascinanti?

Sirius scosse la testa. Non poteva crederlo. Non era legato ai Black, non più. Nessun nome era così forte da potergli imporre una condotta di vita. I suoi genitori ci avevano provato, ma lui si era ribellato. Era evaso dalla sua prigione. Aveva fatto in modo che la sua stella abbandonasse la sua costellazione natale.

Sirius si passò una mano fra i capelli, e rimise al loro posto lo sgabello e il telescopio. Come aveva previsto, anche quell'incontro con Bellatrix aveva avuto il potere di confonderlo.

Lanciò un'ultima occhiata al soffitto, prima di chiudersi la porta alle spalle e tornare al suo dormitorio. Gli sembrò di intravedere Sirio fra tutte quelle stelle. Non era possibile.

 

"Io sono diverso." Sussurrò, prima di lasciare la Torre.

***

Ecco un altro capitolo...spero vi sia piaciuto! Allora, volevo fare qualche piccola precisazione di tipo "astronomico". Sono sicura che Bellatrix, Sirius e Andromeda siano nomi di stelle, ma non altrettanto per Narcissa, e sinceramente in ogni caso non credo si trovino nella stessa costellazione. Però avevo bisogno che fosse così per esigenze della fic, quindi consideratela una licenza ^^"

Grazie mille a chi legge e recensisce questa fic, soprattutto a Lily90 che commenta sempre! Alla prossima*

   

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
  • Capitolo 9

"Cosa ci fa Sirius nella torre di Astronomia con Bellatrix a quest'ora?" Chiese Remus, che continuava a far ciondolare le gambe nel vuoto oltre il bordo del suo letto.

James scrollò le spalle. "Magari si sta divertendo un po', se capisci cosa voglio dire…" Rispose, con aria maliziosa.

"E dai Ramoso, smettila…"

"Non sarebbe poi così assurdo…" -ribattè James, spettinandosi i capelli con la mano destra- "Bellatrix è pur sempre una ragazza di tutto rispetto…una delle più belle di Serpeverde oserei dire!"

Remus lo fulminò con lo sguardo. "Possibile che tu non riesca a pensare ad altro? Ti ricordo che è anche una persona che sa essere diabolica, quando vuole…ti sei già dimenticato tutto quello che ci ha raccontato Sirius su di lei?"

"Andiamo Lunastorta…Sirius è capace di difendersi da solo, è tra i più bravi del nostro corso in Incantesimi e Difesa Contro le Arti Oscure…non che io pensi che Bellatrix Black sia in grado di utilizzare la magia nera, sia chiaro…E' inutile preoccuparci così per lui!" Disse James, tranquillamente.

"Se lo dici tu…" -Remus, poco convinto, appoggiò la Mappa del Malandrino, cancellata, sul suo comodino- "Allora vorrà dire che gli parlerò domani mattina, non voglio disturbare lui e la sua cara cugina…"

James stava per rispondere all'amico, quando la porta del dormitorio si aprì, e Sirius entrò nella stanza, con la bacchetta alzata davanti a sé, ad illuminare l'ambiente. Il ragazzo si stupì quando si accorse che James e Remus non solo non stavano dormendo, ma anzi erano perfettamente svegli, e lo stavano osservando. Sirius gettò la sua bacchetta sul letto, e rimase in piedi in silenzio, per qualche istante.

"E voi cosa ci fate qui?" Domandò infine, senza preoccuparsi di poter svegliare qualcuno. Dal baldacchino di Peter si sentiva un russare sommesso, oltre le spesse tende di velluto tirate.

James sollevò un sopracciglio con aria sarcastica. "Noi ci dormiamo qui, Felpato, nel caso tu non te ne sia mai accorto!" Esclamò, un sorriso beffardo sulle labbra.

"Oh avanti Jamie, lo sai benissimo cosa volevo dire…come mai siete ancora svegli a quest'ora?" Sirius si gettò di peso sul suo letto, e si tolse le vecchie scarpe da ginnastica.

"Potremmo farti la stessa domanda!" -iniziò James- "Comunque siamo…"

"Comunque siamo ancora svegli perché io volevo parlarti e non sapevo dove trovarti" Intervenne Remus. Teneva gli occhi bassi, e un'espressione mortificata si dipinse sul suo volto.

Sirius alzò il viso, e guardò l'amico, che nel frattempo aveva alzato lo sguardo. "Volevi parlarmi?" Ripetè. La sua voce non era dura, ma piuttosto stupita.

Remus annuì. "Volevo chiederti scusa…per prima. Io non pensavo davvero quelle cose, volevo solo che…"

"Lo so che non lo pensavi sul serio, Rem" Lo interruppe Sirius, quasi con freddezza.

Remus si sentì vagamente sollevato, ma questa sensazione fu solo passeggera. "Grazie Sirius, ma fammi finire per favore. Io desideravo solo che voi non correste più dei pericoli inutili, per questo vi ho detto che non volevo più che veniste con me alla Stamberga. Non ve ne ho parlato chiaramente perché temevo che non mi avreste dato retta, che avreste continuato ad accompagnarmi…ma non ho mai creduto che voi non foste degli amici incredibili o cose simili! E mi dispiace di averti fatto incazzare…" Remus continuava a torcersi le mani mentre parlava, e a toccarsi una ciocca di capelli biondi che gli scendeva sul viso con insistenza.

Sirius rimase per qualche secondo in silenzio, poi si alzò e si avvicinò a Remus. "Lunastorta sei proprio un cretino!" -gli disse, ridendo- "Come hai potuto pensare che ti avremmo lasciato da solo?? E poi…devo chiederti scusa anch'io, la mia reazione è stata davvero esagerata, ero molto nervoso stasera!"

Remus alzò un sopracciglio, e sorrise a stento. Anche James, seduto di fronte a lui, gli lanciò un'occhiata interrogativa. Sirius era sempre stato impulsivo, non era possibile negarlo. Di solito però, quando si infuriava a quel modo, la sua rabbia non accennava a diminuire per almeno un paio di giorni, durante i quali parlava a stento e si isolava appena gli era possibile. Remus ricordava ancora quando James e Sirius avevano litigato durante il quarto anno. Sirius aveva scoperto la ragazza con cui usciva da un paio di mesi che baciava James nella sala dei Tofei, ed era scoppiata una furiosa lite. Era passata una settimana prima che Sirius avesse accettato di parlare con l'amico per tentare di chiarirsi.

Eppure adesso Sirius era allegro come sempre, e sembrava essersi già dimenticato completamente della loro lite, che risaliva solo ad un paio d'ore prima. Remus sentì che c'era qualcosa che non andava. Com'era possibile che Sirius fosse già disposto a fare pace, senza nemmeno rimproverargli nulla? E per di più si era anche addossato parte della colpa senza battere ciglio…

James, dal canto suo, non era meno convinto di Remus che ci fosse qualcosa di sospetto nella reazione di Sirius. Lo scrutò con attenzione, senza farsi vedere. Il ragazzo teneva i capelli corvini sciolti, a coprirgli il viso, e le mani intrecciate, inerti. Dopo aver chiesto scusa a Remus, con un sorriso evidentemente falso sulle labbra, era caduto in un silenzio quasi funereo, e non si era più mosso. James pensò che quello non era affatto il solito Sirius. Doveva essergli successo qualcosa. Ma cosa poteva essere? Non era possibile che fosse solo per colpa della lite con Remus…Sirius era intelligente, e doveva già aver capito da un pezzo che l'amico aveva agito a fin di bene.

*Cosa cazzo ti prende, Sir?*

All'improvviso James si illuminò in volto. Come aveva fatto a non capirlo subito? Eppure era così ovvio…

"Sirius?" James chiamò l'amico, che sollevò lentamente la testa per guardarlo. I suoi occhi pervinca sembravano offuscati da un velo di polvere.

"Mh?"

"Senti…dove sei stato stasera?" Chiese, con noncuranza. Remus stava osservando i due amici, in silenzio.

"Sono andato su, alla torre di Astronomia…perché?"

James scrollò le spalle. "Semplice curiosità…chi c'era di bello?" Aggiunse, sorridendo beffardo.

Sirius gli lanciò un'occhiata obliqua. "Jamie ma cosa ti sei fumato stasera? Chi vuoi che vada alla torre di Astronomia di notte, con questo freddo per di più?"

James e Remus si scambiarono uno sguardo carico di significati, mentre Sirius tornava a fissare il pavimento con aria turbata.

 

***

Lily si sedette al fondo del tavolo di Grifondoro, e alzò gli occhi verso il soffitto. Era una mattina di fine settembre, e il cielo era di un turchese pallido. Alcuni deboli raggi di sole, sempre meno caldo, filtravano nella Sala Grande, rivelando fasci di polvere che vorticavano nell'aria, quasi simili a manciate di piccoli diamanti.

La ragazza versò un po' di succo di zucca nel suo bicchiere, sbadigliando. Da quando era iniziata la scuola si sentiva sempre più stanca. Era diventata Caposcuola, quindi aveva diverse mansioni, e inoltre il carico di studio quell'anno era già piuttosto intenso.

Salutò un paio di sue compagne che erano arrivate in quel momento e si erano sedute di fronte a lei, e poi iniziò a vagare con lo sguardo, percorrendo i lunghi tavoli delle Case.

A metà della tavolata di Serpeverde era seduto Severus Piton. Lily si sentì invadere da un fremito di rabbia quando lo vide. Da quando, un paio di settimane prima, l'aveva insultata nella serra di Erbologia, chiamandola Mezzosangue, non gli aveva più rivolto la parola, anche se si erano ancora trovati vicini durante alcune ore di lezione. Sarebbe stata pronta a giurare che Severus era diverso dagli altri Serpeverde…l'aveva sempre trattata con gentilezza, anche se era piuttosto scontroso con chi non conosceva, e non l'aveva mai chiamata…in quel modo. Eppure quel pomeriggio anche lui l'aveva ferita, umiliata. Evidentemente si era sbagliata…non ci si poteva fidare di nessuno in quella Casa.

Lily sospirò. Non era la prima volta che veniva chiamata Mezzosangue, ma non ci aveva ancora fatto l'abitudine. Com'era possibile che esistessero maghi che si sentivano superiori solo perché provenivano da famiglie purosangue? Che cosa possedevano in più degli altri?

Il corso dei suoi pensieri si interruppe quando James Potter, Sirius Black e Remus Lupin entrarono nella sala. Subito le ragazze che le erano vicine iniziarono a guardarli con aria sognante.

"Guarda com'è figo Remus stamattina!" Esclamò con voce stridula una ragazza dai riccioli biondi.

"E Sirius allora? Quella camicia gli sta benissimo!" Aggiunse un'altra, sporgendosi dalla sedia per osservare meglio il suo idolo, che nel frattempo si era sistemato a metà tavolo e stava afferrando una generosa manciata di biscotti.

Lily fece una smorfia disgustata, prima di tornare a concentrarsi sul suo bacon. Non li sopportava. Erano arroganti, si credevano migliori degli altri. E soprattutto non lo sopportava. James non le aveva più detto nulla da quel pomeriggio, alla serra.

*Meglio così* Pensò Lily.

Eppure…eppure perché si sentiva quasi infastidita? In quindici giorni non aveva cercato una sola volta il suo sguardo, non l'aveva disturbata durante le lezioni, né aveva cercato di parlarle. Potter non si era mai comportato così, di solito non le lasciava un giorno di tregua…forse aveva trovato una fidanzata? Forse si era stufato di aspettare che lei gli mandasse un segnale? Dopotutto le ammiratrici non gli mancavano di certo, e lui non era di sicuro un ragazzo che si faceva sfuggire le occasioni. Quante volte aveva minacciato di punirlo, in qualità di prefetto, perché l'aveva sorpreso in dolce compagnia nello sgabuzzino delle scope al quarto piano o in un corridoio poco frequentato? Non le era mai importato nulla delle avventure di Potter.

Tuttavia Lily scoprì quasi con frustrazione che ora il solo pensiero di Potter che baciava un'altra ragazza le faceva venire i nervi.

La ragazza si sporse leggermente oltre il suo piatto, per osservare James, che stava sorseggiando con aria soddisfatta del caffè. Non poteva negare che fosse un bel ragazzo…quel mattina indossava solo la camicia bianca della divisa, anche se non faceva più caldo ormai, e le cocche rosso-oro della cravatta slacciata gli cadevano scomposte sul petto. Si stava passando, come sempre, la mano destra fra i capelli, scompigliandoli, e con i bei occhi nocciola stava guardando…

Lily sentì il viso andarle in fiamme. Stava osservando proprio lei. L'aveva colta in flagrante…e ora le stava sorridendo con aria beffarda.

La ragazza si alzò di scatto dal tavolo, sopraffatta dall'irritazione, e si allontanò dalla Sala Grande. Si chiese perché Potter avesse lo straordinario potere di farle sempre perdere la pazienza.

 

***

"Ehi Ramoso, cos'hai da ridere?" Chiese Remus perplesso, osservando l'amico, che aveva un sorriso di trionfo dipinto sul bel volto.

James, sempre sorridendo, afferrò un biscotto al cioccolato dal vassoio davanti a lui. "Fammi i complimenti, Lunastorta…" Disse, addentando il frollino.

"E per cosa?" Remus si servì un'abbondante porzione di bacon.

James sogghignò con aria furbesca. "Ho beccato la Evans mentre mi guardava…" Esclamò soddisfatto.

Remus inarcò un sopracciglio, come se quella notizia non l'avesse sconvolto per nulla. "E con questo?"

"E con questo?! Rem, sono due settimane che non la guardo, non le parlo…non la considero insomma!" Spiegò James.

"Continuo a non capire, Ramoso" Rispose l'altro, con semplicità.

"Insomma Lunastorta!" -James alzò gli occhi al cielo- "Possibile che tu non riesca ad arrivarci? Lei non sopporta che io non le dia il tormento!"

"Fammi capire Jamie…secondo la tua brillante teoria Lily Evans non è contenta che tu la lasci in pace, ma vuole che continui?" Domandò Remus, poco convinto.

"Esatto!" Esclamò l'altro, con entusiasmo.

"…E questo perché?"

"Ma ti sei bevuto un po' di caffè stamattina Rem?? Ne avresti bisogno, non assimili molto…" -sbottò James- "Felpato, spiegalo tu a questo coglione…"

"Eh?" -Sirius parve risvegliarsi in quel momento da una trance. Aveva appoggiato la guancia su una mano e il suo sguardo color ghiaccio stava indugiando sul tavolo di Serpeverde- "Scusa Ramoso, non stavo ascoltando…" Disse a malapena, mentre con la forchetta punzecchiava una fetta di pane imburrato posata sul suo piatto.

"Anche Sirius è ancora nel mondo dei sogni, stamattina…" -sospirò James- "Vorrà dire che te lo spiegherò io, Rem…"

"E sentiamo la tua grande delucidazione…" Disse Remus, con aria leggermente sofferente.

"E' molto semplice. Io in realtà piaccio alla Evans, quindi le fa piacere che io le giri sempre attorno, e le da un fastidio terribile che adesso non la tormenti più, anche se non lo ammetterebbe mai…Infatti cinque minuti fa l'ho beccata mentre mi guardava…questo significa che il mio piano funziona!" Concluse James, raggiante.

"Tu lo fai apposta a ignorare Evans per avere la conferma di piacerle?" Chiese Remus, sconvolto.

"Hai indovinato, Lunastorta!"

"Tu sei pazzo" Proferì il ragazzo, terminando di mangiare.

*Vedremo chi è pazzo…vero Lily?*

"Ehi, Sir, tu che ne dici? Anche per te sono solo un pazzo?" Chiese James.

Ma la sua domanda non ricevette risposta. Sirius continuava a fissare il tavolo di Serpeverde con aria distratta, senza prestare attenzione ai suoi amici.

Remus lanciò un'occhiata a James, che ricambiò quello sguardo interrogativo.

"Sirius?" Arrischiò di nuovo James, scrollando leggermente la spalla del ragazzo.

Sirius spostò di malavoglia lo sguardo verso l'amico. "Mh?"

James sospirò. Da due settimane Sirius era strano, sempre assente, distratto, perso in pensieri misteriosi. Lui e Remus si erano chiesti diverse volte se l'incontro del loro amico con la cugina nella torre di Astronomia, incontro su cui Sirius aveva taciuto, senza sapere che i due ragazzi ne erano a conoscenza, fosse causa di quel comportamento. Fino a quel momento però non gli avevano domandato nulla, per non sembrare invadenti. I Malandrini si erano sempre confidati fra di loro, quando avevano un problema, presto o tardi. Ma Sirius continuava a trincerarsi dietro i suoi silenzi sempre più prolungati, e James e Remus avevano iniziato a preoccuparsi sul serio. Era ora di fargli qualche domanda, gradualmente, per scoprire cosa lo tormentasse.

"Stai bene?" Gli chiese.

Sirius spalancò gli occhi, e spinse dietro l'orecchio una ciocca corvina ribelle. "Certo, perché?" Rispose, cercando di risultare convincente. Sapeva che non sarebbe riuscito a fingere ancora per molto. James e Remus dovevano già aver capito che c'era qualcosa che non andava. Indugiò per un breve istante verso la tavolata di Serpeverde. Bellatrix era seduta a metà, e stava addentando una mela color sangue. Una strana sensazione lo avvolse, prima che tornasse a guardare i suoi amici.

Remus scrollò le spalle. "Così…ci sembrava che fossi un po'…strano, ultimamente"

Sirius si sforzò di ridere. "Ma cosa state dicendo?? Io sto benissimo!"

"Se lo dici tu…" Disse James, poco convinto.

"Sul serio ragazzi, non vi preoccupate…Cazzo, ho dimenticato il tema di Pozioni in dormitorio! Faccio una corsa su a prenderlo, ci vediamo a lezione!" Esclamò, prima di dileguarsi, senza lasciare a nessuno il tempo di replicare.

Remus si lasciò sfuggire un lungo sospiro, mentre spezzettava un pezzo di mollica. "Jamie, che cos'ha?"

James abbassò lo sguardo sul suo caffè, ormai freddo. "Non lo so…però so che c'entra Bellatrix Black" Affermò, con sicurezza.

"Ti riferisci a quella storia della torre di Astronomia?" Chiese l'altro.

"Non solo, Lunastorta. Sirius non stava ascoltando i nostri discorsi perché stava fissando la sua cara cugina." Disse James, afferrando l'ultimo biscotto dal vassoio e mordendolo, scuro in volto.

 

***

Lucius Malfoy si stava dirigendo verso l'aula di Trasfigurazione, dove avrebbe avuto due ore di lezione insieme ai Corvonero. La maggior parte degli alunni era ancora nella Sala Grande, per la colazione, e i corridoi erano vuoti e silenziosi. Aveva sempre amato il silenzio, e la calma. Quando arrivò davanti alla classe, spalancò con un gesto fluido la pesante porta di legno di noce laccato di nero, e si stupì quando vide che non era vuota.

Uno studente era seduto ad un banco, al fondo dell'aula. Aveva lisci capelli neri, piuttosto lunghi, e lineamenti affilati. Aveva tirato fuori una piuma e una pergamena, ed era intento a scrivere quella che sembrava una lettera.

Severus Piton alzò lo sguardo, e si trovò di fronte Lucius Malfoy, che lo osservava con espressione neutra. Nonostante fossero compagni di Casa da sette anni, non si erano mai parlati molto. Erano troppo diversi fra loro. Lucius era popolare, ricco, di bell'aspetto. Lui invece…lui non possedeva nessuna di quelle qualità. Lui era invisibile.

"Buongiorno, Severus" Disse Lucius. La sua voce era melliflua, piacevolmente fredda.

"Buongiorno, Lucius" Rispose, senza staccare gli occhi dalla lettera. Non sapeva cos'altro dire. Che conversazione poteva intrattenere con una persona simile?

Lucius osservò il ragazzo ancora per qualche istante con i suoi occhi turchesi, poi fece qualche passo e si sedette su una sedia di fianco a lui. Appoggiò le gambe al banco, e gettò la borsa di tessuto raffinato sul pavimento, con noncuranza.

"Cosa scrivi di interessante?" Gli chiese infine.

A Severus sembrò di rabbrividire leggermente. La voce di quel ragazzo assomigliava a uno spiffero ghiacciato. D'istinto strinse più forte la sua vecchia piuma di fagiano, di un bel color oro spruzzato di verde smeraldo.

Lucius sogghignò piano. "Andiamo, non è gentile avere segreti con i propri compagni di Casa, Severus…"

Severus cercò di afferrare il foglio, ma ormai era troppo tardi. Con un gesto abile della mano pallida, Malfoy gli aveva strappato la pergamena, e aveva iniziato a leggerla ad alta voce.

"Lily…" -Lucius pronunciava le parole con estrema lentezza, come se volesse soppesarle- "Scusa per come ti ho trattata quel pomeriggio alle serre…"

"Ridammi quel foglio Malfoy!" Esclamò Severus, secco. Non poteva leggere quella lettera…non poteva. Era per Lily…

Severus ripensò agli occhi incredibilmente verdi di quella ragazza, alle lentiggini che le spruzzavano il naso e le guance, al suo sorriso gentile. Aveva cercato così tante volte di scusarsi con lei in quelle due settimane. A lezione, quando la incontrava per caso nei corridoi, nella Sala Grande…ma non ci era mai riuscito, non ne aveva il coraggio. Si vergognava per quello che le aveva detto. L'aveva insultata, l'aveva chiamata Mezzosangue…Che diritto ne aveva? Anche lui era un Mezzosangue. Lily Evans era stata l'unica che gli avesse mai rivolto un sorriso, che gli avesse mai parlato senza offenderlo. Era stata l'unica. E lui aveva rovinato tutto.

Aveva pensato di scriverle una lettera, per tentare di rimediare al male che le aveva fatto. Aveva pensato a lungo alle parole da rivolgerle…e ora Malfoy si stava divertendo a ridicolizzarlo.

Lucius guardò quel ragazzino alto ed esile, che gli stava lanciando occhiate d'odio con i suoi occhi di carbone. A quanto pareva, non c'era solo James Potter che provava qualcosa per quella piccola Mezzosangue di Lily Evans…Doveva ammettere che la situazione era parecchio divertente. Ad ogni frase di quella stupida lettera che leggeva le mani di Piton si stringevano sempre di più, fino a far diventare bianche le nocche delle sue dita magre.

Il ragazzo si gettò dietro le spalle i lucidi capelli biondi, e rise di gusto. Una risata amara, di scherno. Lanciò il foglio di pergamena al legittimo proprietario.

"Tieni, ecco il tuo prezioso foglio, Piton…non voglio sporcarmi le mani con una lettera destinata ad una Mezzosangue!"

Severus strinse la pergamena nella mano destra, e la infilò nella sua borsa. La tentazione di scagliare un incantesimo a Malfoy era forte, ma si trattenne. Non voleva essere punito per colpa di quel…bastardo.

Severus osservò Lucius, che si alzò e si sedette ad un banco vicino alla cattedra, senza rivolgergli più la parola. Poi aprì il suo manuale di Trasfigurazione ed iniziò a sfogliarne le pagine, la sua attenzione rivolta altrove e i pugni ancora stretti lungo i fianchi.

 

***

James era seduto accanto alla finestra, ed osservava il cielo, di un azzurro pallido. Le nuvole si rincorrevano rapide, e oscuravano a tratti un debole sole autunnale. La lezione di Storia della Magia era più noiosa del solito, e lo stesso professor Ruf sembrava sul punto di addormentarsi. Alcuni studenti stavano giocando a carte, altri erano inerti, la testa appoggiata sulle braccia incrociate e gli occhi socchiusi, altri ancora chiacchieravano allegramente, e nemmeno a voce troppo bassa. Remus stava leggendo una copia della Gazzetta del Profeta con aria annoiata, e Sirius stava scarabocchiando con dell'inchiostro colorato su una pagina del suo libro.

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, e fermo gli occhi color nocciola su una ragazza seduta due banchi avanti a lui. I deboli raggi del sole le illuminavano i capelli e glieli incendiavano di riflessi dorati. Lily sembrava lottare contro se stessa per prestare attenzione alla spiegazione sulle rivolte dei goblin. Aveva la guancia appoggiata alla mano sinistra, e le dita dell'altra mano picchiettavano leggermente sul legno del banco. Aveva le unghie laccate di bianco, e portava un paio di orecchini pendenti, con piccole perline nere.

James si lasciò sfuggire un sorriso, pensando che Lily Evans era davvero carina.

 

***

Ed ecco qua! Scusate se ci ho messo un po' più del solito ad aggiornare, ma volevo postare una one-shot natalizia (The sad beginning and the happy ending) su Ron ed Hermione…e per di più non ero molto ispirata, infatti non sono tanto soddisfatta di questo capitolo ^^" Comunque…grazie mille a chi legge e recensisce la mia fic! A proposito, mi è venuto un dubbio (dopo 9 capitoli mi sono accorta di questa cosa…sono sveglia eh??!)…quando leggo le recensioni, rispondo a tutte cliccando sulla scritta "Rispondi"…ma voi le ricevete le risposte?? *_*

Perché una ragazza, Shaida Black mi sembra, mi aveva chiesto come mai avessi questo nickname…io gliel'ho detto ma lei poi me l'ha chiesto di nuovo in un'altra recensione! Quindi mi sono chiesta questa cosa…In ogni caso sappiate che leggo tutte le vostre recensioni e mi fanno un piacere immenso, grazie grazie grazie a tutti!

Spero di riuscire a scrivere un prossimo capitolo che sia migliore, e cercherò di aggiornare prima visto che sono in vacanza adesso! Però volevo anche postare un'altra one-shot prettamente natalizia, su Fred e Angelina…vedrò di conciliare le due cose ^.^

A presto, e buone vacanze! ~Flea~

Ps. Per chi lo voleva sapere (spero che legga questa risposta!)…sì, il mio nick ha a che fare con Flea dei Red Hot Chili Peppers, che è un mito…però sarebbe troppo lungo spiegare perché ho scelto di chiamarmi "Fleacartasi", ve lo risparmio! :P

 

 

 

  

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
  • Capitolo 10

Sirius spalancò con noncuranza la porta del dormitorio maschile del settimo anno, e si lasciò cadere sul suo letto, le braccia allungate sopra la testa e un'espressione pensierosa dipinta sul volto. Non aveva affatto dimenticato il tema di Pozioni, che giaceva ben piegato nella sua borsa, ma aveva bisogno di stare solo. I suoi compagni di stanza erano tutti in Sala Grande per terminare di mangiare, o si stavano avviando a lezione, e il silenzio regnava sovrano. Sirius si lasciò sfuggire un sospiro sommesso. Gli piaceva trovarsi al centro dell'attenzione, ma talvolta aveva anche bisogno di momenti di solitudine. Momenti per pensare.

Molte persone erano portate a credere che uno studente come lui, bello, popolare, con ottimi voti, non avesse problemi. Com'era possibile che anche per Sirius Black sopraggiungessero momenti in cui il mondo sembrava solamente un agghiacciante buco nero, un ricettacolo di paure e incertezze, un labirinto di dolore senza via d'uscita? Il ragazzo scosse la testa. Loro non potevano capire…loro non sapevano. Non sapevano cosa si potesse provare ad abitare a Grimmauld Place. La sua °famiglia° lo considerava una palla al piede, un tragico errore, un fardello inutile di cui, purtroppo, non ci si poteva sbarazzare. La sua °famiglia° era votata alle apparenze, alla purezza di sangue, ai legami immacolati, alla seta e all'oro, alle ricchezze guadagnate grazie alle Arti Oscure.

Lui, Sirius, si era sempre considerato diverso. Sentiva che il sangue che gli scorreva nelle vene non era lo stesso che animava gli altri Black. Sapeva che la sua strada si sarebbe separata da quella famiglia che odiava, che aveva sempre disprezzato con tutte le sue forze. Era convinto che, una volta abbandonata quella casa, quella prigione dalle sbarre di diamante, non avrebbe più avuto nulla a che fare con i Black. Era convinto che non avrebbe più visto nessun loro membro, che avrebbe dimenticato i loro volti, che avrebbe scordato i loro nomi. Era convinto che avrebbe potuto ricostruirsi una nuova vita, una vita in cui non sarebbe più stato marchiato come inetto, una vita in cui lo stemma dei Black non avrebbe più aleggiato sul suo capo, come un'insostenibile spada di Damocle. Hogwarts era stata la sua salvezza…

Ma era davvero così? Non si era solamente illuso? In quella scuola c'era Narcissa…non portava anche lei il suo stesso cognome? Non era sua cugina? E sempre a Hogwarts, non c'era anche Bellatrix? Anche lei era una Black… Sirius non poteva scordare i loro visi, visi che scorgeva ogni giorno, in Sala Grande, lungo i corridoi, nelle serre. Sirius non poteva cancellare i loro nomi, nomi che lui stesso pronunciava. Sirius non poteva dimenticare il legame di sangue che, volenti o nolenti, li univa, e avrebbe continuato a farlo.

E il cognome che portava, non era anch'esso segno di appartenenza a quella famiglia? Non poteva trasformarlo. Lui sarebbe stato sempre Sirius Black…

Le parole di Bellatrix continuavano a vorticare nella sua mente da due settimane, ormai. La sua voce fredda ma allo stesso tempo così zuccherina, che gli rivelava la sua più grande paura, che gli spingeva davanti agli occhi quel timore così profondo.

Noi siamo legati, facciamo parte della stessa famiglia, facciamo parte della stessa costellazione. Noi siamo uguali…

Bella aveva ragione? In fondo, cosa lo distingueva da un altro Black? Lui si era ribellato, ma in fondo anche la sua famiglia l'aveva fatto. Avevano scelto la via delle Arti Oscure, non era anch'essa una sorta di disobbedienza alle regole? Aveva sempre pensato di avere ragione, perché i suoi familiari erano esseri spregevoli, degni di essere odiati. Ma anche la sua famiglia lo denigrava, per gli stessi motivi…Chi era che aveva davvero il coltello dalla parte del manico? Aveva sempre considerato le sue cugine delle persone arroganti…Ma in fondo, non si comportava anche lui come loro?

Il rumore della porta che cigolava fece voltare Sirius. James era appena entrato nel dormitorio, e gli sorrideva leggermente. Il ragazzo si avvicinò, mentre si passava una mano fra i capelli.

"Felpato?"

Sirius si mise a sedere sul bordo del letto, e cercò di ricambiare il sorriso dell'amico, anche se con scarsi risultati. "Ehi Ramoso" disse infine. La sua voce suonava stanca.

"Sono venuto a vedere se eri ancora vivo. Sono quasi venti minuti che sei qui, sta per iniziare la lezione…" James si sedette di fianco a Sirius.

"Jamie, sei bravo a raccontare palle a tutti ma non a me…Lo so che sei salito per parlarmi" Sirius lo guardava negli occhi. Sembrava quasi divertito.

James fece spallucce, prima che sul suo volto si dipingesse un ghigno quasi colpevole. "Touché…non riesco proprio a fregarti!"

"Devi ancora lavorarci, in effetti…"

"Scherzi a parte…" -aggiunse James, tornando serio- "Che cos'hai ultimamente, Felpato? Io e Remus stiamo iniziando a preoccuparci…"

Sirius abbassò lo sguardo, senza parlare per alcuni istanti. Che senso avrebbe avuto continuare a trincerarsi dietro silenzi o scuse poco plausibili per mascherare il suo stato d'animo? Non poteva ingannare i suoi migliori amici. Loro avevano già capito, e sfogarsi l'avrebbe fatto sentire meglio. "Ti è mai capitato di odiare la tua famiglia, Jamie?"

James inarcò per un attimo le sopracciglia. "Bè…ci sono stati dei momenti in cui ero molto arrabbiato con mia madre e mio padre e ho detto loro che li odiavo…ma non l'ho mai pensato veramente" Concluse, sincero.

"Ti invidio sai?" -esclamò Sirius, amaramente- "Tu non hai un motivo per odiare veramente i tuoi…non come me"

"Sir, io…"

"Tu non hai una famiglia che ti odia…" -continuò, rivolto più a se stesso che a James- "…e che odi…"

"Sirius, perché continui a farti del male?" -lo interruppe James- "Tu hai altre persone che ti apprezzano e che ti vogliono bene!"

"Ma lo sai qual è la cosa che mi fa stare peggio?" -Sirius non diede segno di aver sentito le parole dell'amico- "E' che ho una stramaledetta paura di essere uguale a loro."

James guardò Sirius con aria sorpresa. "Ma cosa stai dicendo Felpato? Tu non sei come gli altri Black!"

"E' quello che mi ripeto di continuo, ma ogni giorno che passa mi convinco sempre di più del contrario" Sirius si alzò e si avvicinò alla finestra. Riusciva a scorgere il campo da Quidditch da quella posizione.

"Scusami Sirius, ma non ti seguo" Disse James, allungando le gambe davanti a sé.

"Io sono un ribelle, ma anche loro lo sono…sono seguaci delle Arti Oscure no, mi sembra una motivazione valida per definirli tali. Loro mi disprezzano, ma anche io li disprezzo" -Sirius parlava velocemente, con voce atona, come se fosse un automa- "Io penso che le mie cugine siano solo delle piccole arroganti, ma anch'io mi comporto come loro. Devo continuare?" Il ragazzo si voltò verso James, gli occhi impassibili, le braccia conserte.

"E' stata Bellatrix a metterti in testa tutte queste stronzate?" Proferì James, all'improvviso. Il tono della sua voce era più duro di quanto volesse.

Sirius sembrava disorientato da quella domanda. "Cosa c'entra Bella, adesso?" Domandò, cercando di rimanere indifferente.

*James e Remus lo sanno…*

"Non fare finta di niente, Sir…sappiamo che l'hai incontrata alla torre di Astronomia, due settimane fa"

"Adesso mi spiate anche?"

James si sdraiò sul letto. "Lo sai che non lo faremmo" -rispose, calmo- "Remus voleva cercarti per chiederti scusa, ha usato la Mappa per sapere dov'eri…e abbiamo visto"

Sirius alzò le spalle. "Bellatrix non c'entra niente." Sibilò.

"E allora perché non ci hai raccontato la verità?"

Sirius strinse i pugni, le braccia lungo i fianchi. Non sapeva cosa rispondere.

"Perché da due settimane non fai altro che guardarla, quando siamo in Sala Grande?" Incalzò James. Non c'era ombra di accusa nella sua voce.

Sirius sospirò. "Senti Jamie…è vero, Bellatrix mi ha fatto un discorso strano…sul fatto che siamo uguali. Ma pensi che io le dia retta?"

James si alzò, per fissare l'amico. "Dimmelo tu, Sirius" Disse, semplicemente.

"Non ho intenzione di ascoltare quello che mi dice mia cugina, Ramoso. Mi sono fatto delle domande…perché ultimamente mi è capitato di pensare alla mia famiglia, vedendo Narcissa e Bella. Tutto qui" Sirius sorrise.

"Se lo dici tu…sei sicuro di stare bene, comunque?"

"Non ti preoccupare Ramoso, tutto ok!" Concluse Sirius, distogliendo lo sguardo da quello di James. Si sarebbe accorto subito che non era stato del tutto sincero, osservando i suoi occhi.

"D'accordo, Felpato…" -disse James, rassegnato. Non sarebbe riuscito a far parlare ancora Sirius, in quel momento- "Allora direi di andare…siamo già in ritardo mostruoso per Pozioni!"

"Oh…non è che la cosa mi preoccupi più di tanto…era ora di inaugurare anche quest'anno la nostra collezione di punizioni, non ti pare?" Sogghignò Sirius.

James rise a sua volta, prima di chiudere la porta del dormitorio alle sue spalle.

*Perché continui a fingere con noi, Felpato?*

  ***

Bellatrix si sedette su una poltrona rivestita di velluto verde smeraldo, davanti al grande camino di pietra della Sala Comune. Trascorrere buona parte del suo tempo in un sotterraneo le aveva sempre procurato un leggero quanto fastidioso senso di claustrofobia. Il peso di Hogwarts gravava sulle teste dei Serpeverde, e le sembrava di essere sepolta viva, sotto quei pesanti blocchi di pietra. Non c'era nemmeno uno spiraglio di luce che provenisse davvero dall'esterno. Nella Sala Comune e nei dormitori erano presenti finestre aperte nei muri che, come il soffitto della Sala Grande, riflettevano il cielo, ma Bellatrix pensava che fossero inutili specchietti per le allodole.

*Il cielo vero ha un colore particolare, è impossibile imitarlo…*

La ragazza portò le ginocchia al petto, stringendosi nella vestaglia di raso color argento che indossava. Un regalo di sua sorella Narcissa, che portava più per farle piacere che per altro. I capelli corvini leggermente mossi le cadevano sciolti sulle spalle, e la facevano assomigliare ad un angelo caduto. Un angelo innocente, ma allo stesso tempo maledettamente pericoloso.

Dopo qualche minuto, Bellatrix sentì dei passi che si avvicinavano, provenienti dalle scale che portavano ai dormitori maschili. Fece finta di non essersi accorta di nulla, mentre continuava a fissare le fiamme che si spegnevano con lentezza quasi esasperante. Solo quando un ragazzo dalla figura slanciata si sedette su una poltrona accanto alla sua, lei si voltò, guardandolo con i suoi occhi che nella penombra della stanza erano simili a due lucidi zaffiri.

Anche il ragazzo la fissò per qualche istante, prima di rivolgere lo sguardo al camino. "Buonasera, Bella" Disse. La sua voce era bassa e piacevole.

Bellatrix non rispose, e si limitò a portare dietro l'orecchio sinistro una ciocca di capelli che le era scesa sul viso.

"Non riesci a dormire?" Continuò il ragazzo, che indossava ancora la camicia e la cravatta della divisa, insieme ad un paio di vecchi pantaloni da ginnastica, che avevano l'aria di servire da pigiama.

"Non credo che interessi perché sono qui, Rodolphus" Rispose lei, infine.

Rodolhus Lestrange rise sommessamente. Era un ragazzo alto, forse un po' troppo magro, con intensi occhi di un colore che si avvicinava al viola e capelli color caffè, leggermente mossi, che gli sfioravano le spalle larghe. La sua non era una bellezza canonica, ma possedeva un fascino misterioso, emanato in gran parte da quegli occhi che sembravano scolpiti in una scheggia di ametista opaca. "Come sei scontrosa, Bella…ti sembra il modo di trattare un tuo compagno di classe?"

Bellatrix si girò nuovamente verso di lui, fulminandolo con lo sguardo. "Proprio perché ti conosco da sette anni posso permettermi di trattarti così, Rodolphus."

Il ragazzo le sfiorò la guancia nivea con un dito, prima di sorriderle. "Non fare la sostenuta, Bellatrix Black…so benissimo di non esserti indifferente" Rodolphus la avvicinò a sé, esercitando una leggera pressione sulla sua spalla.

La ragazza gli rivolse un breve sorriso obliquo, sarcastico. "Vedo che la modestia è la tua principale qualità…" Disse, secca.

"E io vedo che la tua invece è la bellezza…" Rodolphus la attirò ancora di più a sé, e Bellatrix si alzò, per andare a sedersi a cavalcioni sulle ginocchia del ragazzo e lasciarsi baciare.

Quando però Rodolphus, dopo qualche istante, iniziò a rendere il loro bacio più profondo, lei si staccò e si alzò nuovamente, dirigendosi verso le scale del dormitorio femminile.

"Hai già avuto abbastanza, Lestrange" -disse, rivolgendogli un sorriso obliquo- "Ti conviene lasciarmi perdere, ho altri obiettivi ora come ora"

Rodolphus si morse il labbro inferiore, mentre guardava Bellatrix sparire su per la scalinata. "Buonanotte, Black" Sussurrò, ridendo sommessamente.

 

***

Lily stava percorrendo con calma uno dei lunghi corridoi di Hogwarts, diretta alla lezione di Trasfigurazione. Era un piovoso pomeriggio di ottobre, e fastidiosi spifferi gelati spazzavano i pavimenti di pietra e penetravano dalle grandi finestre bifore. C'era poca luce, nonostante fossero appena le due, e alcune torce erano già state accese. La ragazza si passò le braccia attorno alla vita, e si strinse maggiormente addosso il maglioncino della divisa, nel tentativo di scaldarsi. Era sempre stata freddolosa…Quando era piccola, sua madre preparava sempre a lei e a Petunia, durante i freddi pomeriggi invernali, un'abbondante tazza di cioccolata, che bevevano sedute sul divano, sepolte sotto una coperta, mentre guardavano i cartoni in televisione. Era trascorso così tanto tempo che le sembrava che quei ricordi appartenessero ad un'altra vita. Ora era ad Hgowarts, e non beveva più la cioccolata calda di pomeriggio. Se per quello, probabilmente non aveva nemmeno più una sorella. Aveva saputo da una lettera della madre, ricevuta solo qualche giorno prima, che Petunia stava progettando di sposarsi, fra poco più di un anno. Lily si era subito chiesta, prima di ogni altra cosa, se sarebbe stata invitata alla cerimonia. Di certo non si sarebbe stupita del contrario…dopotutto non aveva più un dialogo vero e proprio con Petunia da sette anni ormai.

Quando arrivò davanti all'aula della professoressa McGrannitt, si stupì di vedere una figura appoggiata allo stipite della porta. Mancava ancora mezz'ora all'inizio della lezione, e di solito non arrivava nessuno così presto. Lily alzò istintivamente un sopracciglio quando si accorse che lo studente in questione era Severus Piton. Si passò una mano fra i capelli ramati, per liberare il viso da alcune ciocche ribelli, e gli passò accanto, ignorandolo. Non voleva più parlare con lui, non dopo l'insulto che le aveva rivolto. Era rimasta delusa, scottata. Pensava di aver trovato un Serpeverde che non fosse un essere disprezzabile, ma come sempre si era illusa. Doveva smetterla di essere così ingenua.

"Lily, aspetta!" La voce di Severus la raggiunse mentre era già entrata nella classe. Lily continuò a camminare, posò la borsa con i libri su un banco situato a metà aula, e si voltò verso di lui. I suoi occhi smeraldo erano duri e impassibili.

Severus si torse le mani, e la guardò. Sembrava molto nervoso, e rimase in silenzio per qualche secondo.

"Bè? Cosa vuoi?" Chiese Lily, con durezza. Non voleva essere maleducata, ma il comportamento di quel ragazzo la inquietava.

"Io…volevo chiederti scusa…per quel pomeriggio, alla serra di Erbologia" Rispose Severus, tenendo lo sguardo inchiodato al pavimento.

"Cosa ti devo dire, Piton? Mi hai insultata, mi hai chiamata Mezzosangue…" La voce di Lily era meno dura, ma comunque esasperata.

Severus aprì la sua borsa, e ne estrasse un foglio di pergamena piegato a metà. Si avvicinò a lei, e glielo porse. "Hai ragione, Lily, mi dispiace!" -Esclamò, con enfasi- "Questa è una lettera…per te" -Il ragazzo arrossì leggermente- "C'è scritto…bè, leggila ok?" Concluse. Sembrava molto confuso e imbarazzato.

Lily si sentì in colpa per averlo trattato con asprezza. Dopotutto, quanti fra coloro che l'avevano chiamata Mezzosangue le avevano chiesto scusa? Nessuno. Nemmeno uno. E Severus le aveva scritto anche una lettera…

Gli rivolse un breve sorriso. "D'accordo, Severus…la leggerò" Disse, afferrando la lettera.

Severus era visibilmente sollevato. "…Grazie" Rispose con semplicità, ricambiando il suo sorriso, timidamente.

Lily continuava a fissarlo, in silenzio. Cosa si aspettava ancora? Quella situazione la faceva sentire a disagio. "Bè…io dovrei…" Iniziò, dopo alcuni istanti.

In quel momento, entrò nella classe James, le mani nelle tasche anteriori di un paio di jeans sdruciti, e un gran sorriso dipinto in volto, che sparì appena si accorse della presenza di Severus. "Che cazzo ci fa lui qui?" Sbottò, rivolto a Lily.

"Buon pomeriggio, Potter" Ribattè lei, acida e ironica.

James si passò una mano fra i capelli, per spettinarli. "Cosa ci fa qui Mocciosus, Evans?" -chiese nuovamente- "Che cosa stai facendo qui, Mocciosus?" Continuò, guardando Severus, che era rimasto in silenzio e lo osservava, impassibile.

"Non sono affari tuoi, Potter" Sibilò infine, aggiustandosi la cravatta verde-argento, che spuntava dal maglione della divisa.

"Stavi dando fastidio a Evans?"

"Potter, ti ripeto che non sono affari tuoi"

"Ti stava dando fastidio, vero Evans?" James si girò nuovamente verso Lily, che lo guardava torva.

"Non mi stava dando affatto fastidio, Potter, smettila di comportarti come se fossi il mio avvocato per favore!" La ragazza si avvicinò d'istinto a Severus.

James alzò un sopracciglio. "Scommetto che non sta dicendo la verità, Mocciosus…cosa le hai fatto? L'hai minacciata per farla stare zitta?"

"Io non ho fatto proprio niente!" Esclamò Severus a voce piuttosto alta, irato.

"Smettila Potter, lascialo in pace!" Intervenne Lily, stringendo nella mano destra il foglio di pergamena.

James estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni. "Andiamo Piton, non obbligarmi a lanciarti un incantesimo per farti confessare…" Proferì, avvicinandosi.

"Provaci…" Ribattè Severus, afferrando la bacchetta a sua volta.

Lily si inserì fra i due. "Piantala, Potter! Severus non mi ha fatto proprio niente, stavamo solo parlando!" Ormai era furiosa.

James la scostò con una leggera spinta. "Vedo che Evans continua a non parlare…vediamo se riesco a far cantare almeno te, Mocciosus…" Disse, puntando la bacchetta verso il ragazzo.

"Basta, finitela!" Lily stava ormai urlando.

James compì un movimento fluido con il braccio, e un attimo dopo Severus si sollevò in aria, e iniziò a vorticare, prima con lentezza, e poi sempre più forte. "Allora, Mocciosus, ti stai divertendo? Dimmi cos'hai fatto a Evans!"

Sul viso di Severus si dipinse un'espressione sofferente.

"Ma sei impazzito?? Fallo subito scendere!" Lily continuava a strillare, con intensità.

"Dimmi cosa ti ha fatto e smetto subito…" Rispose l'altro, con calma. Sembrava divertito.

"Tu sei PAZZO!"

"Cosa sta succedendo qui?" Una voce autoritaria interruppe le urla di Lily, che aveva il viso contratto dalla rabbia e arrossato. La professoressa McGrannitt era entrata in quel momento nella sua aula, con un cipiglio a dir poco minaccioso. "Evans, ti si sente gridare dal fondo del corridoio…Potter, cosa stai facendo??" Esclamò la donna, quando vide Piton, che continuava a vorticare, sempre più pallido.

"Finite incantatem!" La professoressa aveva estratto la sua bacchetta e posto fine all'incantesimo di James. Severus cadde su un banco, e si scostò i capelli dalla fronte, imperlata di sudore. Sembrava sul punto di vomitare.

"Esigo una spiegazione!" Tuonò la McGrannitt, fulminando James e Lily con lo sguardo.

"Mocciosus…Piton stava dando fastidio a Evans, professoressa!" Disse James, passandosi la mano fra i capelli, per nulla intimidito.

"Non è vero…" Sibilò Severus, ancora molto pallido.

"E' vero, Evans?" Le chiese la donna, con voce più morbida.

"No professoressa, non è per niente vero!" Rispose lei, decisa.

"Perché continui a difenderlo, eh?? Sei impazzita per caso Evans?!" Sbottò James, con rabbia.

"Sei tu che sei pazzo!" -Lily ricominciò a urlare- "Entri qui e inizi a lanciare incantesimi su tutti, senza nemmeno sapere cosa sta succedendo…chi ti credi di essere, eh?"

"Io non credo di essere proprio nessuno!" Ribattè lui, arrabbiato.

"Basta così!" Intervenne la McGrannitt, categorica. Lily e James tacquero, scuri in volto. "Piton, puoi andare in infermeria se ne hai bisogno…altrimenti vai a lezione, non mi pare che oggi tu debba essere nella mia classe"

Severus annuì, si alzò dal banco, e si diresse verso la porta. Tremava ancora leggermente, e il pallore non accennava ad abbandonare il suo viso magro.

"Professoressa! Lo lascia andare??" Chiese James, incredulo.

"Basta Potter!" -lo zittì la donna- "Quanto a voi due…" -continuò- "…Punizione, domani. Venite nel mio ufficio alle otto e vi dirò cosa dovete fare"

"Ma professoressa!" Esclamarono insieme James e Lily.

"Cos'ho fatto io??" Domandò la ragazza, esasperata.

"Ti sei messa ad urlare e a litigare con Potter come tuo solito Evans, ora mi sono veramente stufata dei vostri continui battibecchi" Disse, con una tranquillità irritante.

Lily abbassò lo sguardo, ancora rossa in volto, i pugni stretti e le braccia lungo i fianchi.

"Prof, ma…" iniziò James.

"Non provare a fare polemiche, Potter, non ho intenzione di ascoltarti né di cambiare idea!" La McGrannitt si sedette alla cattedra, e aprì il suo manuale di Trasfigurazione. "Bene…" -continuò, come se nulla fosse successo- "Aspettiamo i vostri compagni e poi possiamo iniziare…"

James si sedette a un banco, in fondo all'aula, e rivolse a Lily un sorriso sfrontato. "Tu non ti siedi, Evans?"

Lily lo fulminò con lo sguardo. Perché doveva sempre finire nei guai per colpa sua? In quel momento sentiva di odiarlo con tutte le sue forze…E allora perché i suoi occhi continuavano a cadere sulle sue labbra, sul suo viso, sui suoi capelli arruffati? Non riusciva a non sentirsi attratta da lui…pericolosamente e incredibilmente attratta da lui…

"Vaffanculo, Potter" Proferì a mezza voce, prima di afferrare la sua borsa e uscire dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé.

***

Ed ecco qui...il primo capitolo del 2005 ^.^ avrei voluto aggiornare prima, ma sono stata tre giorni a Torino da un'amica per Capodanno e quindi non ho potuto finire di scrivere...spero che almeno l'attesa non sia stata vana :P Come sempre grazie mille a chi legge e commenta, mi fate davvero davvero piacere!! Non so se riuscirò a postare in fretta perchè questa settimana mia madre è in ferie e mi impedirà di usare tanto il mio adorato pc...ma farò il possibile! Bè, a presto....baci!! *Flea* ps. per chi lo voleva sapere...ho 17 anni! ^^

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
  • Capitolo 11

 

"Bene, per oggi abbiamo finito, potete andare" La voce della professoressa McGrannitt sovrastò quella della campanella che segnalava la fine delle lezioni del pomeriggio. James, Sirius e Remus si alzarono per primi ed uscirono dalla classe, parlottando a mezza voce.

"Ehi Ramoso, si può sapere che cosa ti è preso?" Chiese Remus, scrutando l'amico che camminava di fianco a lui con aria assente.

"Mh?"

"Sei stato due ore con un sorriso da ebete stampato sulla faccia e non hai nemmeno cercato di movimentare la lezione con uno dei tuoi soliti scherzi cretini…" Spiegò Sirius, ridendo beffardamente.

"Ah…" -disse James, come se si fosse accorto in quell'istante della presenza dei due- "Niente niente…ve lo dico dopo!"

Remus e Sirius si guardarono stupiti, prima che quest'ultimo esclamasse "Dev'essere impazzito del tutto…"

Remus annuì con fare rassegnato, e non riuscì a trattenere un gran sorriso.

 

***

James volava rapidamente, sorvolando il campo di Quidditch alla ricerca del boccino d'oro. Da quando era diventato capitano della squadra, al sesto anno, Grifondoro aveva perso pochissimi incontri, e lui voleva a tutti i costi vincere la coppa quell'anno, per terminare al meglio la sua permanenza a Hogwarts. Dopo una decina di minuti appena, intravide un bagliore vicino ad una delle cacciatrici, una ragazzina minuta del terzo anno. Il ragazzo si accostò a lei, raggiungendola in picchiata e piegandosi sul manico della sua scopa per acquistare ancora più velocità, e subito dopo risalì verso gli anelli di una delle porte, sorridente, il boccino ben stretto nella mano sinistra.

"Bravo James!" Gridò la ragazzina, che si chiamava Alafair, girandosi verso di lui.

James le rivolse uno smagliante sorriso, facendola arrossire abbondantemente. Nello stesso istante un altro cacciatore le lanciò la pluffa, e lei quasi cadde dalla scopa, troppo occupata a fissare il suo capitano, che stava scendendo a terra, con ampi volteggi.

"Ma cosa farai mai alle donne tu…" Gli disse Remus con tono irrisorio, non appena James si sedette di fianco a lui sulle gradinate di una delle tribune, ad allenamento terminato.

James gli fece una linguaccia in risposta, mentre con la mano destra cercava di riavviarsi in qualche modo i capelli, senza molta convinzione.

"Non l'hai ancora capito, Lunastorta?" -intervenne Sirius, sdraiato accanto a lui, il viso coperto per una buona metà dalla sciarpa di lana rossa e oro di Grifondoro- "Ramoso ha una distilleria clandestina dove fabbrica filtri d'amore che fa bere a tutte le ragazze della scuola, spacciandoli per succo di zucca…"

Remus rise, e James gli diede un pugno sulla testa. "Molto spiritoso, Felpato, davvero…"

"Non c'è di che, caro Ramoso…" -ribattè Sirius, alzandosi a sedere- "Piuttosto, che si fa stasera? Io personalmente proporrei una bella caccia a Mocciosus per i corridoi…oppure una bella visitina alle cucine…è da qualche giorno che non diamo un po' di lavoro extra a quei cari elfi domestici!"

Remus scrollò le spalle. "Per me è indifferente…"

"Che palle che sei, Lunastorta…tu Ramoso che ne pensi?"

"Spiacente, ma stasera sono occupato"

Remus e Sirius lo guardarono con tanto d'occhi. "Occupato?"

James annuì, e non riuscì a trattenere un sorriso. "La McGrannitt ieri mi ha messo in punizione, prima che iniziasse la lezione…"

"E da quando in qua sei contento di passare il sabato sera in punizione??" Chiese Remus, perplesso.

Il sorriso di James si allargò ancora di più. "C'è anche Evans in punizione con me"

Sirius gli assestò una forte pacca sulle spalle. "E bravo Ramoso…"

James gli fece una linguaccia. "Peccato che lei mi abbia gentilmente mandato a quel paese ieri, quando la McGrannitt ci ha detto che eravamo in punizione…"

"Quella ragazza ti odia James…" Intervenne Remus, stringendosi nella sciarpa per proteggersi dalle fastidiose raffiche di vento freddo e ridacchiando a bassa voce.

"E come darle torto?" Una voce melliflua e strascicata fece voltare i Malandrini. Seduto su una gradinata in cima alle tribune era seduto Lucius Malfoy, avvolto in un lungo mantello blu notte che aveva l'aria di essere molto costoso.

"Che cazzo ci fai qui, Malfoy?" L'apostrofò James, senza mezzi termini.

"Sono arrivato da un bel po', ma i tuoi scagnozzi evidentemente sono troppo stupidi per accorgersene…Devo ammettere che la tua squadra non è male, Potter, con il capitano che si ritrovano potrebbero essere di gran lunga peggiori" Lucius schiuse le labbra in un sorriso sardonico, gli occhi chiari che scintillavano di una luce maligna. Si alzò in piedi e scese con lentezza quasi esasperante le gradinate, portandosi più vicino ai Grifondoro, che lo scrutavano torvi.

"Se sei venuto per criticare, Malfoy, puoi anche sparire" Sibilò Remus, le mani strette a pugno sotto il mantello.

"Non prendo ordini da uno straccione come te, Lupin, quindi risparmia il fiato" Rispose il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli biondi.

Sirius e James scattarono in piedi, furenti, ma Lucius alzò una mano, come se volesse fermarli. "Non è il caso che tiriate fuori le vostre bacchette e cerchiate di uccidermi a suon di schiantesimi, grazie…" Lucius continuava a sorridere.

"Te lo ripeto, cosa vuoi?" Domandò Sirius, che sembrava sforzarsi di rimanere calmo.

"Vedendo il terzetto felice parlare tranquillo non ho saputo resistere all'idea di gettare un po' di scompiglio…" Ribattè Lucius, lisciando il tessuto del mantello con una mano, distrattamente.

"Arriva subito al dunque, Malfoy, e smettila con questi giochini di parole" Proferì James, mentre saliva una gradinata per avvicinarsi di più.

"Proprio te volevo far incazzare, Potter…quando si dice destino…" -Lucius rimase per un istante in silenzio, mentre James lo fulminava con lo sguardo- "Sai cos'ho avuto il dispiacere di scoprire, per caso, qualche tempo fa?"

"Sentiamo" Disse semplicemente James, che continuava a tenere una mano in tasca, a stringere la bacchetta.

"Ho scoperto che un membro della mia Casa, un Serpeverde, ti rendi conto?, ha un debole per quella piccola Mezzosangue…com'è che si chiama? Evans?" Sembrava che Lucius si stesse divertendo notevolmente, le iridi che brillavano nella leggera foschia del pomeriggio.

"Non insultare Evans!" Ruggì James, mentre Sirius e Remus gli posavano le mani sulle spalle, per trattenerlo.

Lucius rise ad alta voce. "Ma guarda come si scalda, il nostro eroe di Grifondoro…ti piace davvero quella ragazzina, eh? Pensavo che solo tu, Purosangue ma anche incredibilmente stupido, potessi provare interesse per lei…e invece devo ammettere che mi sono sbagliato"

"Vaffanculo, Malfoy" Esclamò Sirius, che continuava a trattenere James, anche se l'amico non sembrava voler compiere gesti avventati.

"Invece sono venuto a sapere che anche un altro Purosangue ha delle mire su questa Evans. Se fossi in te farei bene i miei calcoli, Potter, potrebbero soffiartela da sotto il naso…" Proseguì Lucius, incurante delle parole di Sirius.

"Non lo ascoltare, vuole solo farti perdere la pazienza" Disse Remus, duro.

"Ecco, ascolta il tuo caro amico, Potter…" disse Lucius, con voce falsamente premurosa.

"Chi è?" Sibilò James, irato, a bassa voce.

"Come dici, Potter?"

"Dimmi a chi piace Evans"

"Oh…" -rispose Lucius, sempre più divertito- "Mi è capitata fra le mani una lettera, dove si chiedeva scusa alla tua adorata principessa Mezzosangue…chissà cosa le ha fatto, il tuo amico Severus Piton…"

James abbassò lo sguardo nocciola, in silenzio. Sirius e Remus lo lasciarono andare, come per autorizzarlo a usare la magia contro Malfoy, ma lui non fece nulla.

Lucius scrollò le spalle. "Che ti succede Potter, credevi di avere l'esclusiva su Evans?"

"Sparisci, Malfoy" Proferì James, tornando a fissarlo. Sembrava calmo, innaturalmente calmo.

Lucius si concesse un'ultima risata, prima di oltrepassare i tre Grifondoro ed iniziare a camminare in direzione del castello, la stoffa del mantello che ondeggiava nell'aria gelida di ottobre.

 

***

"Lascia perdere quello che ha detto Malfoy, Ramoso, è solo un coglione" Ripeté per l'ennesima volta Remus a James, che stava cercando qualcosa nel suo baule, con gesti rapidi e nervosi.

James si girò a guardare lui e Sirius, distesi sui rispettivi letti, che lo osservavano con espressioni identiche, leggermente preoccupate. Il ragazzo, quando li vide, non poté non lasciarsi sfuggire un piccolo sorriso. Remus e Sirius avevano paura che, dopo la rivelazione di Malfoy, andasse a cercare Piton per spaccargli la faccia, con tutta probabilità. Non che l'idea non lo allettasse, ma non valeva la pena di trascorrere un mese o due in punizione per aver ridotto in fin di vita Mocciosus a suon di incantesimi…e poi aveva già avuto un'idea migliore.

"Non preoccupatevi…" -rispose infine, dopo aver chiuso con uno scatto secco il baule- "Lo so benissimo che Malfoy l'ha fatto solo per il gusto di farmi incazzare…non che abbia fallito, in effetti" James si morse il labbro inferiore, e si lasciò cadere sul suo letto, direttamente sopra il manuale di Storia della Magia, ancora aperto.

"Non pensavi che a Mocciosus potesse piacere Evans, vero?" Chiese Sirius.

James scrollò le spalle. "Più che altro ho avuto la conferma che ieri nell'aula di Trasfigurazione Piton non era capitato per caso…"

"Chissà cosa voleva farle…"

"Andiamo Sirius, non ti sembra di esagerare? Magari voleva solo parlarle…" -intervenne Remus- "Lo so che Piton non è la persona più simpatica della terra, ma non credo che si diverta a seguire le ragazze nelle classi vuote per violentarle!"

James e Sirius lo guardarono stupiti. "Prendi le sue difese?!" Sbottò Sirius indignato.

L'altro alzò gli occhi al cielo. "Ma ti sembra possibile? Stavo solo cercando di essere più obiettivo di voi due…"

James sbuffò. "Questa è una tua prerogativa, Lunastorta…sei sempre quello che deve rovinare tutto!" -disse, non senza ridere- "Più che altro…mi fa incazzare il fatto che Evans preferisca parlare con lui che con me" Aggiunse, apparendo all'improvviso demoralizzato.

"Ma per favore!" Disse gentilmente Sirius.

"E allora perché ieri continuava a difenderlo? Vi giuro che ho dato di matto, è per quello che ho iniziato a far girare Piton per la stanza, non ero convinto nemmeno io stesso che stesse facendo chissà cosa a Evans …" Confessò James, sedendosi a gambe incrociate e gettando il libro per terra.

"In effetti era un'ipotesi un po' tirata per i capelli…Anche perché Evans ha un bel caratterino, non penso che si farebbe mettere i piedi in testa da Piton" Precisò Remus.

"Tu sei il massimo per tirare su di morale gli amici eh?!" Esclamò Sirius, ironico.

"Devo ammettere che ha ragione…" -disse James- "E' che quando c'è Evans non posso fare a meno di comportarmi da coglione"

"Di questo ce ne siamo accorti…" Rispose Sirius, mentre lui e Remus sorridevano.

"E lei tanto per cambiare mi ha detto che mi odia…"

"Dai Ramoso, non lo penserà sul serio…" -azzardò Remus, mentre l'amico alzava un sopracciglio, scettico- "E in ogni caso stasera dovrete stare insieme per forza, puoi approfittarne per chiederle scusa!"

"Lunastorta ha ragione…chiedile scusa senza fare cazzate e vedrai che se non altro la smetterà di odiarti…e inizierà semplicemente a detestarti!"

"Deficiente!" James lanciò un cuscinò in direzione di Sirius, ridendo. "Comunque…non posso permettere che Mocciosus pensi di poterci provare con Evans a suo piacimento…"

"Cosa vuoi fare?" Chiese Sirius.

"Non usare la magia, lo sai che la prima cosa che farebbe sarebbe quella di farti finire in punizione a vita…" Aggiunse Remus, con una nota di rimprovero e di preoccupazione nella voce.

"Niente magia, Lunastorta…voglio solo spaventarlo un po', fargli capire che Evans è mia e basta" Spiegò James, con calma.

"Mh…se fossi in te lascerei perdere" -disse Remus, scarabocchiando distrattamente su un pezzo di pergamena che aveva trovato nel suo libro di Pozioni- "Lily non è una tua proprietà privata, mi sembra un comportamento piuttosto egoista, il tuo…"

"Ma lascialo vivere Rem!" -esclamò Sirius- "Se non se la prende un po' con Mocciosus adesso…è l'ultimo anno a Hogwarts!"

James gli sorrise con gratitudine, sentendosi quasi giustificato dall'approvazione dell'amico. Dopo una decina di minuti, uscì dal dormitorio del settimo anno, diretto, con un certo anticipo, verso l'ufficio di Minerva McGrannitt.

 

***

Severus Piton camminava velocemente nel corridoio deserto. Indossava la divisa, nonostante fosse sabato e gli studenti di solito vestissero gli abiti che preferivano, e stringeva al petto alcuni libri piuttosto voluminosi. Come sempre aveva trascorso il pomeriggio in biblioteca, da solo. Non sopportava la confusione che regnava in Sala Comune nel fine settimana. Ragazze che chiacchieravano ad alta voce, ragazzi che parlavano di Quidditch, persone che entravano ed uscivano di continuo, il fastidioso rumore di scacchi magici che esplodevano o di castelli di carte, sempre magiche, che crollavano miseramente…e lui si sentiva fuori posto, come sempre. Cosa aveva in comune con gli altri Serpeverde? Cos'aveva in comune con gli altri studenti della scuola? Non era simile a Lucius Malfoy, o a Rodolphus Lestrange, o alle sorelle Black. Loro erano i suoi pseudo amici, i suoi amici di facciata, con cui aveva trascorso parte dei suoi sette anni a Hogwarts. Tuttavia preferiva la solitudine.

Il ragazzo aumentò l'andatura. Non gli piaceva la scuola a quell'ora, quando la maggior parte delle persone stava cenando. L'oscurità premeva ormai profonda sulle pareti di pietra del castello, le torce incastonate ai muri illuminavano i corridoi di una luce spettrale e il silenzio era soffocante. Si premette una mano sulla tempia, mentre con l'altra reggeva i volumi. Il capo gli doleva ancora leggermente, nonostante la pozione che gli aveva propinato Madama Chips in infermeria, la sera precedente. Quando Potter l'aveva scaraventato in aria, aveva cercato di pensare a qualcosa che non fosse la nausea terribile che l'aveva assalito. E i suoi occhi corvini si erano fermati su di lei, una macchia fiammeggiante indistinta, che stava urlando contro il suo compagno di casa, nel tentativo di fermarlo. Gli era parsa bella anche così, Lily Evans, anche se non poteva vedere i suoi occhi smeraldo, né le linee gentili del suo viso o le lentiggini che le spruzzavano il naso.

Severus non aveva fatto altro che chiedersi se avesse letto la sua lettera, se l'avesse perdonato. L'aveva evitata, quel giorno. Aveva paura del suo sguardo, della risposta che avrebbe potuto leggervi. Era sempre stato un coniglio, in un certo senso.

Quando giunse alle scale che l'avrebbero portato ai sotterranei, Severus sentì una mano che gli premette la bocca, mentre veniva trascinato verso un angolo buio, all'incrocio di due corridoi. Il ragazzo, nel tentativo di divincolarsi, lasciò cadere i libri, che produssero un considerevole frastuono.

"Zitto" Disse una voce, che Severus conosceva bene.

James Potter lasciò la presa sulla sua bocca, e lasciò che si voltasse. Un sorriso arrogante si dipinse sul suo volto. "Buonasera, Mocciosus"

Severus fece per voltarsi di nuovo ed andarsene senza prestargli attenzione, ma le parole di James lo raggiunsero nuovamente. "Torna indietro, Piton, devo chiederti una cosa"

"E se non volessi ascoltarti?" Chiese lui, secco.

L'altro alzò le spalle. "Non costringermi a farti un incantesimo, lo sai che non mi costerebbe molto"

Severus si lasciò sfuggire una breve risata amara. "Me ne sono accorto, ieri sera…"

James si avvicinò a lui, un'espressione indecifrabile dipinta sul volto. "Veniamo al punto, Piton. Oggi Malfoy mi ha detto che ti piace Evans, è vero?"

Severus indietreggiò di un passo, sorpreso da quella domanda, così diretta. Perché Malfoy aveva riferito proprio a Potter…quello che aveva scoperto? "Perché dovrei dirtelo, Potter?" Chiese infine, bruscamente.

"Perché se non me lo dirai di tua spontanea volontà, dovrò usare questo, ed è troppo prezioso per sprecarlo con te, non credi?" Così dicendo, estrasse dalla tasca anteriore dei pantaloni una piccola boccetta, piena di liquido trasparente.

"Cos'è?" Domandò Severus, diffidente.

"Ma come, sei così bravo in Pozioni e non lo riconosci? E' Veritaserum" Rispose l'altro, con tranquillità.

"Non è vero, non puoi averlo" -ribattè Severus, ma non riuscì ad impedire ai suoi occhi di sgranarsi- "Noi…non l'abbiamo mai fatto"

James rise brevemente, beffardo. "Andiamo Piton….lo sai benissimo che avrei potuto rubarlo dall'ufficio del professore senza problemi particolari. E in ogni caso avrei potuto prepararlo io stesso, non è poi così difficile se si hanno i libri e le capacità giuste…sai, per ogni evenienza. Come in questo caso…"

Severus strinse i pugni, le braccia lungo i fianchi. Al buio sembrava più pallido del solito, la pelle chiara illuminata dalle strisce di luce prodotte dalle torce. "Sei uno stronzo, Potter" Sibilò.

"Allora, vuoi parlare o devo farti bere questo?" Gli intimò James, sollevando la boccetta a mezz'aria.

Severus gli lanciò un'occhiata densa di odio, e poi sospirò. Potter sarebbe stato perfettamente in grado di sottrarre il Veritaserum a qualche professore, e perfino di produrlo, forse. Che senso avrebbe avuto opporre resistenza? Quella pozione era infallibile. "E va bene…te lo dirò"

"Sto aspettando"

"E' vero, mi piace Evans" Disse, d'un fiato. Severus non l'aveva mai odiato tanto come in quel momento.

James rimise la boccetta in tasca, poi fissò il ragazzo negli occhi. "Ascoltami bene, Mocciosus" -proferì, con voce leggermente alterata- "Non toccare Evans, chiaro? Non provare a toccarla"

Severus gli restituì lo sguardo, furente. "E perché non dovrei?"

"Perché lei è mia, ecco perché" Ribattè l'altro. Aveva alzato la voce, che riecheggiò per un paio di istanti.

Un miagolio proveniente dal fondo del corridoio li fece voltare entrambi. Era la gatta di Gazza, senza ombra di dubbio. Se il custode li avesse trovati lì, in atteggiamenti non proprio amichevoli e per di più non in Sala Grande per la cena, come gli altri, non avrebbe perso l'occasione di trascinarli davanti ad un insegnante.

"Maledetta gatta" Esclamò Severus, a bassa voce.

"Me ne vado, Mocciosus, ho già una punizione per stasera, non ne voglio di certo un'altra" -disse James, avviandosi su per le scale- "Ricordati quello che ti ho detto" Gli intimò, prima di iniziare a salire i gradini, di corsa.

Severus raccolse i libri, ancora per terra, e si affrettò a scomparire a sua volta, un'espressione rabbiosa sul volto magro.

 

***

James, una volta fuori dalla portata di Gazza e del suo odioso animale, rallentò l'andatura. Entrò nel bagno dei ragazzi e si guardò allo specchio. Il suo riflesso aveva i capelli piuttosto arruffati, come sempre, ma lui li spettinò ulteriormente, con la mano destra. Indossava un paio di jeans larghi, strappati su un ginocchio, e una semplice maglia nera a maniche lunghe, di almeno una taglia in più, ma aveva tenuto la cravatta dell'uniforme. Ne allentò il nodo, e fece una smorfia al suo doppio di vetro, prima di controllare l'orologio. Erano le otto meno dieci, era in perfetto orario.

Prima di lasciare il bagno, si rigirò fra le mani la boccetta di vetro. Dopo aver sorriso fra sé e sé, ne rovesciò il contenuto in uno dei lavandini. Osservò per un paio di secondi quella che in realtà era semplice acqua scendere lungo le pareti di ceramica del lavabo, per poi dirigersi verso l'ufficio della professoressa McGrannitt.

 

***

Lily lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso sinistro. Erano quasi le otto. Sospirò sonoramente, iniziando a camminare con maggiore velocità. Mancava poco all'ufficio della McGrannitt, ma non voleva arrivare in ritardo. Odiava essere in ritardo, soprattutto quando la donna che l'aspettava doveva assegnarle una punizione. All'improvviso l'idea che avrebbe dovuto trascorrere almeno un paio d'ore in compagnia di James Potter le balenò nella mente.

*Maledizione* Pensò. Era riuscita a non pensarci molto, fino a quel momento. Uno sgradevole senso di nervosismo la assalì.

*Stupida…è solo James Potter!* Ma era proprio quello il problema. James Potter. L'idea di rimanere sola con lui la mandava nel panico. Era troppo confusa per poter sopportare una punizione con lui. E se non avesse più risposto delle sue azioni? Non osava immaginarne le conseguenze.

Assorta nei suoi pensieri, senza nemmeno rendersene conto era arrivata davanti all'ufficio della professoressa. E appoggiato alla parete, lo sguardo fisso sul pavimento, un piede appoggiato al muro e le braccia conserte, c'era lui.

Lily si schiarì leggermente la voce, e James alzò gli occhi, posandoli su di lei. Lily si morse il labbro inferiore, sperando di non essere arrossita. Cosa diavolo le stava succedendo. Scosse vigorosamente la testa, come per scacciare alcune sensazioni assurde.

"Buonasera, Evans" Disse James. La sua voce era diversa dal solito, più profonda e gentile.

Lily gli fece un cenno di saluto.

"Entriamo?" Le chiese ancora.

"Sì" Rispose semplicemente lei, prima di tirare un profondo sospiro e bussare alla porta.

 

***

Ed ecco qua ^.^ Ho fatto prima possibile, ma come previsto mia madre mi ha impedito di usare il pc tanto quanto avrei voluto…e in più dovrei anche fare i compiti, non ho ancora aperto un libro, e mi aspetta una settimana infernale, con prove di greco, latino, chimica, interrogazioni di matematica e fisica e varie…solo l'idea mi atterrisce :P

In ogni caso…in questo capitolo ho fatto fare una particina a Lucius, era tantissimo che non parlavo di lui, poveretto ^^" Nel prossimo invece parlerò della famosa punizione, prima di tutto, e poi se non verrà troppo lungo inserirò anche qualcos'altro.

Grazie mille a chi legge e a chi recensisce la mia fic, siete davvero troppo bravi, non mi merito tutti questi complimenti *_*

Alla prossima…e spero di riuscire ad aggiornare presto! *Kiss*

~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
  • Capitolo 12

 

Quando entrarono, la professoressa McGrannitt era seduta dietro ad una scrivania di mogano ingombra di fogli. Il suo ufficio era piuttosto piccolo, e lo scrittoio era l'unico pezzo d'arredamento presente, oltre a un paio di sedie di legno rigide, dall'aria alquanto scomoda. La grande finestra si affacciava sul parco, e probabilmente doveva offrire una notevole panoramica sul lago, durante il giorno. La donna, che indossava una lunga veste ricamata color ametista, si alzò, e fece segno a James e Lily di rimanere fermi sulla porta.

"Non ci sarà bisogno che entriate" -disse, con voce calma, ma anche piuttosto fredda- "Vi mostrerò subito cosa dovete fare" La professoressa McGrannitt uscì dall'ufficio, e James e Lily la seguirono, esitanti. Camminarono in silenzio per una buona decina di minuti, finché la donna non si fermò davanti ad un'imponente porta di legno scuro intarsiato.

"Professoressa, ma questa…"

"Sì Potter, è la biblioteca" Lo interruppe lei, brusca. Subito dopo aprì i battenti, ed entrò. Si diresse verso un largo tavolo ingombro di volumi, situato al centro della stanza, e lì si fermò, un cipiglio alquanto austero dipinto sul volto. Parve notare le espressioni interrogative dei due studenti che le stavano di fronte, e, prima che potessero porgerle altre domande, continuò a parlare. "Vedete tutti questi libri?" -con un cenno della mano indicò il gran numero di libri accatastati sul piano di noce vicino a lei- "Sono volumi nuovi acquistati gentilmente dal preside, appena arrivati dalla libreria il Ghirigoro. Vi sembrerà strano, ma in questa scuola c'è ancora qualche studente interessato a crearsi una cultura" La donna fulminò con lo sguardo James e Lily, che, impotenti vittime della sua acida frecciatina, non trovarono nulla di meglio da fare che rivolgerle due timidi sorrisi. "In ogni caso…" -proseguì la McGrannitt- "Hanno bisogno di essere catalogati e sistemati nei rispettivi settori della biblioteca, e non potremmo certamente permettere che Madama Pince svolga un compito così noioso e gravoso, vero?"

Il volto di James si deformò in una smorfia di leggero panico.

"Vedo che hai intuito cosa dovrete fare stasera, Potter" -disse la professoressa, una nota divertita nella voce- "Avete tutta la notte, se necessario. E ora se volete scusarmi…credo proprio che andrò a letto" La McGrannitt rivolse un sardonico sorriso a Lily e James, e si avviò verso l'uscita della biblioteca.

"Professoressa?" La chiamò James. Lei si voltò, gli occhi stretti dietro le lenti quadrate degli occhiali. "Non ci può fare un piccolo sconto? Guardi quanti sono!" Gemette, con voce supplichevole.

"Buonanotte, Potter" Sentenziò categorica, prima di sparire oltre la pesante porta di mogano.

Lily si concesse un lungo sospiro, prima di iniziare ad osservare la grande quantità di libri, con espressione rassegnata. "Bene, prima iniziamo prima finiremo" Disse, pratica. Si legò i lunghi capelli in una coda alta, cercando di non pensare che si trovava in una biblioteca deserta, al buio, insieme a James Potter. Una fastidiosa sensazione le attanagliò lo stomaco, e lei fece una leggera smorfia.

James si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo. "Andiamo, Evans, rilassati…abbiamo tutta la notte no? Tanto vale prendercela comoda…"

Lily lo fulminò con lo sguardo. "Non ho nessuna intenzione di passare tutta la notte qui, soprattutto in tua compagnia, Potter"

Il ragazzo rise sommessamente. "Che paura che mi fai, Evans…"

Lily ignorò il tono di voce ironico di James, e prese un volume dall'enorme pila. Afferrò uno dei registri della biblioteca che aveva lasciato loro la McGrannitt, e vi annotò il titolo del libro e l'autore. Poi appoggiò il tomo da parte, con l'intenzione di sistemarlo nel suo scaffale d'appartenenza più tardi. Mentre stava per ripetere quelle operazioni con un altro libro, i suoi occhi caddero su James. Aveva appoggiato le gambe sul tavolo, le mani dietro la testa, e si stava dondolando leggermente avanti e indietro, con un'espressione beffarda.

"Che cosa stai facendo, Potter?" Sbottò Lily, inviperita. Si chiese come facesse a comportarsi sempre in maniera così…odiosa.

"Ti guardo" Rispose lui, tranquillamente.

Lily si sentì arrossire, e ringraziò la parziale oscurità, che copriva il suo viso. Perché non riusciva a non sentirsi in imbarazzo quando c'era lui? Doveva smetterla, e all'istante. "Beh, ti consiglio di smetterla, allora" -proferì, secca- "E vedi di aiutarmi, non sono l'unica in punizione a quanto mi risulta"

James continuò a ridacchiare. "Non volevo disturbarti, eri così concentrata…scommetto che se te ne occupassi solo tu saremmo fuori di qui in meno di un'ora, sei così abile in questo tipo di attività…" Esclamò, da autentico adulatore.

"Non provarci nemmeno, Potter, io non ci casco" -ribattè lei- "Non sono come quelle stupide che ti idolatrano…"

James parve rassegnarsi, e afferrò un libro. "D'accordo Evans, per questa volta ti aiuterò, ma è l'ultima…"

"Ma ti senti quando parli?" -disse Lily, alzando per un attimo gli occhi al cielo- "Hai una faccia tosta come pochi…per non parlare della tua arroganza!"

James si spettinò i capelli con una mano, prima di afferrarle gentilmente il mento con due dita e obbligarla a guardarlo. "Forse è la tua presenza che mi fa comportare in questo modo, Evans…" Le disse, sorridendo, a pochi centimetri dal suo viso.

Lily scostò lo sguardo da quello di James, e si concentrò sul foglio che stava compilando. "Smettila, Potter!" Sibilò, mentre sentiva che le guance le stavano prendendo fuoco. Poteva sentire nell'aria il suo profumo, un lieve sentore di arancia e muschio. Si sentiva nervosa, e la sua mano scriveva a fatica, la penna d'aquila che scricchiolava sulla pergamena.

"Come vuoi…" Rispose James, prima di tornare ad occuparsi di un grosso tomo che parlava delle Arti Oscure.

 

***

Lily sbadigliò sommessamente, prima di guardare l'orologio. Era passata più di un'ora da quando la McGrannitt se n'era andata, e lei e James non si erano più scambiati una parola. Si arrischiò a guardare per un istante il ragazzo. Stava scrivendo velocemente con la mano destra, la sinistra che gli arruffava distrattamente i già disordinati capelli corvini, che gli ricadevano a ciuffi sulla fronte. Sembrava concentrato. Lily notò che quando era così serio e silenzioso era ancora più bello del solito. La cravatta rossa e oro della divisa era quasi completamente slacciata, e creava un piacevole contrasto con la maglia nera che James indossava. Le sue dita affusolate stringevano la penna di fagiano, le sue labbra erano leggermente schiuse…

Lily scosse la testa con forza. *Ma cosa cazzo stai pensando? Tu odi James Potter!* Si ripetè per l'ennesima volta.

Quel silenzio le dava quasi fastidio. Eppure era stata proprio lei ad intimargli di tacere…e lui le aveva obbedito. Forse era quello il vero problema. James non stava facendo nulla per infastidirla, o per provarci con lei. Era seccata da quel comportamento? Non sopportava l'idea che James non la degnasse nemmeno di uno sguardo, anche se erano soli e avrebbe potuto approfittare di quella situazione?

*Non essere stupida!*

Stava ancora osservando James, quando lui alzò gli occhi nocciola, ed incontrò i suoi. Le sue labbra si schiusero in una gran sorriso. "E brava Evans…" -esclamò- "Invece di lavorare batti la fiacca!"

Lei si morse il labbro inferiore. L'aveva scoperta, e adesso si stava divertendo. Sembrava quasi che sapesse di avere il coltello dalla parte del manico. "Quanto sei pedante, Potter…" ribattè, esitante. La verità era che non se la sentiva nemmeno di litigare, quella sera. Odiava ammetterlo, ma si sentiva quasi…bene. Anche se era con Potter. Anzi, forse era per quello…

*No, non può essere!*

James appoggiò un libro da sistemare sulla pila che avevano creato lui e Lily, all'angolo destro del tavolo. Era ancora piuttosto esigua, anche se avevano lavorato per più di un'ora. "Ti va una pausa?" Le chiese, all'improvviso. La sua voce era gentile.

"Che?" Gli fece eco lei, spiazzata.

"Una pausa" Ripeté James, con semplicità. Le stava sorridendo, ma non c'era traccia di scherno in quel sorriso.

Lily era seriamente combattuta. Si morse di nuovo il labbro, mentre vagliava quella proposta. Avrebbe dovuto rifiutare…dopotutto avevano ancora tantissimi volumi da catalogare, e si stava facendo tardi, non voleva trascorrere tutta la notte in biblioteca. Senza contare che la persona che le aveva proposto quel break era James Potter…James Potter, la persona che odiava di più a Hogwarts, la persona più arrogante e vanitosa che avesse mai conosciuto, la persona che le dava il tormento da anni ormai! Avrebbe potuto lanciarle un incantesimo approfittando di una qualunque sua piccola distrazione, e cosa sarebbe successo in quel caso? Non ci si poteva certamente fidare di un ragazzo del genere…Lily era perfettamente informata di tutti i guai che aveva combinato insieme a Black e Lupin, non doveva rischiare.

Eppure…eppure c'era una parte di lei che le suggeriva l'esatto contrario. Innanzitutto si sentiva stanca, un breve intervallo le avrebbe permesso di riposarsi. E poi…doveva ammettere che l'idea di poter parlare per qualche minuto con Potter l'incuriosiva, e non poco. Non ne conosceva bene il motivo, ma aveva il sospetto che quel ragazzo si nascondesse dietro la maschera dello studente popolare e attraente, senza rivelare la sua vera personalità. Quando, la mattina del primo giorno di scuola, si erano incontrati nella Sala Comune deserta, si era dimostrato gentile con lei, dopotutto…

Lily si era sempre chiesta perché il suo atteggiamento si tramutasse così profondamente secondo le circostanze, e quell'occasione si sarebbe rivelata preziosa per indagare un po' più a fondo.

"Evans?" La voce di James la distolse dal fiume frenetico dei suoi pensieri.

"D'accordo, Potter" -disse Lily, sorridendo leggermente- "Ma solo dieci minuti!" Aggiunse, recuperando parte del suo atteggiamento distaccato.

James si alzò in piedi, felice. "Vieni, allora, voglio mostrarti una cosa"

Lily alzò un sopracciglio. "Veramente volevo rimanere qui, in biblioteca…perderemo troppo tempo!"

"Andiamo, Evans…per un attimo smettila di fare la ragazza perbene terrorizzata dalle regole!"

"Io non sono terrorizzata dalle regole!" -esclamò lei, arrabbiata- "Altrimenti non sarei qui in punizione con te! E starei molto meglio sinceramente…"

James si diresse verso la porta della biblioteca. "Vieni, allora?" Le domandò, voltandosi.

Lily sospirò, prima di seguire James nel corridoio buio.

 

***

James stava salendo le scale che portavano ai piani superiori, prestando attenzione ai gradini incantati, e di tanto in tanto lanciava qualche occhiata a Lily, che camminava al suo fianco. Indossava un semplice paio di jeans e un maglione azzurro, che metteva in risalto ancora di più il rosso scuro dei suoi capelli. Il ragazzo sorrise fra sé e sé, abbassando lo sguardo. Ancora non credeva di essere riuscito a convincerla a lasciare la biblioteca…forse il suo potere persuasivo era maggiore di quanto credesse.

"Potter, ma dove stiamo andando?" Gli chiese Lily, impaziente.

"Non ti piacciono le sorprese, Evans?" Ribatté lui, affondando le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni.

Lily sbuffò. "Se incontriamo Gazza o un professore siamo finiti…"

James scrollò le spalle, e si mise a ridere a mezza voce. "Quello non sarà un problema…" Disse, prima di tirare fuori dalla tasca un pezzo di pergamena leggermente spiegazzato.

"Cos'è quello?" Domandò la ragazza, con una punta di curiosità.

James non le diede risposta, e sfiorò con la punta della bacchetta il foglio, pronunciando qualche parola a voce molto bassa, per non farsi sentire da Lily.

"Ma cosa stai facendo?" Riprovò Lily, piuttosto spazientita.

James si voltò e le sorrise. "Con questa non avremo più problemi" -spiegò, allegro- "E'…insomma, fidati" Concluse, senza aggiungere altro.

Lily lo guardò per un istante come se fosse un qualche essere alieno o particolarmente repellente, poi continuò a camminare. "Sei strano, Potter…" Disse, a bassa voce.

James continuava a scrutare la pergamena con attenzione, mentre camminava. Dopo qualche minuto esclamò "Togliamoci di qui, sta arrivando Gazza!"

"Ma cosa…" Iniziò Lily, ma non riuscì a finire la frase che si ritrovò catapultata in un piccolo e polveroso sgabuzzino, che si apriva lungo il corridoio che stavano attraversando. James chiuse la porta in gran fretta, e il buio calò su di loro.

"Potter, ma sei pazzo?!" Strepitò lei, irata.

"Shh" James in tutta risposta le tappò la bocca con una mano.

Lily si liberò dalle dita del ragazzo con un gesto brusco. "Mi vuoi dire cosa…"

James, esasperato, alzò la bacchetta e gliela puntò contro. "Silencio" -disse- "Non mi hai lasciato scelta, Evans…"

Lily continuava a muovere le labbra, ma da esse non usciva più alcun suono. James era schiacciato contro la ragazza, ma quel contatto non gli dispiaceva affatto. Mentalmente ringraziò Gazza, per avergli offerto la possibilità di rinchiudersi per qualche minuto in uno sgabuzzino microscopico e buio insieme a Lily.

Poco dopo, i due sentirono un rumore di passi che si avvicinava. "Che cosa succede qui, tesorino? Hai fiutato qualche odioso studentello che gira per la scuola?" Era la voce perfida e melliflua del custode, seguito dalla sua adorata gatta.

Lily smise di articolare insulti silenziosi contro James, e lo guardò, senza dubbio stupefatta.

"Non vedo nessuno, qui…" -continuò Gazza, mentre i suoi passi continuavano ad avvicinarsi- "Devono essere scappati, quei teppistelli…ma li prenderemo, non preoccuparti!"

James e Lily rimasero chiusi in quella stanzetta fino a che l'uomo non sparì oltre il corridoio, sempre borbottando rivolto al suo felino. James tirò un breve sospiro di sollievo, e poi aprì la porta dello sgabuzzino, staccandosi a malincuore da Lily. "Bene" -disse, consultando sempre la mappa- "Sta andando al pianoterra, non dovremmo più incontrarlo…Andiamo?"

Lily lo fulminò con gli occhi, mentre si indicava la gola con gesti frenetici.

"Oh, scusa…" Disse il ragazzo, senza riuscire a trattenere un sorrisetto sardonico. Alzò la bacchetta, e un istante dopo Lily riacquistò la sua voce.

"Ma sei deficiente, Potter?" -sibilò- "C'era proprio bisogno di togliermi la voce?!"

"Continuavi a fare rumore…te l'avevo detto che stava arrivando Gazza, ma non hai voluto ascoltarmi…se ci avesse scoperti a quest'ora saremmo nel suo ufficio appesi al soffitto per i piedi!"

Lily sorrise a labbra chiuse. "Come facevi a sapere che sarebbe arrivato?" Gli domandò, mentre salivano altre scale. La scuola era silenziosa, e i loro passi riecheggiavano.

"Questo è un segreto, Evans…" Rispose lui, in tono misterioso.

"E' quel foglio che hai in mano, vero?" -riprese lei, come se non avesse ascoltato la sua risposta- "Non sono stupida, sai?"

"Questa in effetti è una novità per me…" Disse James, sardonico.

"Cretino!" Esclamò Lily, inbronciando le labbra.

"Comunque…" -continuò James, più serio- "Non posso dire che tu non abbia ragione, ma…non posso spiegarti altro, è un….segreto, mio e dei miei amici, ok?"

Lily annuì, senza aggiungere altro.

Continuarono ad attraversare diversi anditi, finchè James si fermò davanti ad una porta identica a quelle delle aule dove si tenevano le lezioni. Erano al settimo piano.

"Sei pronta?" Le chiese James.

Lily sembrava quasi intimorita, ma non disse nulla.

James spinta la porta, che cigolò leggermente, ed entrò, seguito dalla ragazza. Davanti a loro c'era una stanza di dimensioni contenute, che aveva tutta l'aria di essere una classe in disuso. C'era una discreta quantità di banchi e sedie, e anche una cattedra, sistemata in un angolo. James si passò una mano fra i capelli, e si voltò verso Lily. "Bè, eccoci qua"

Lily lo fissava con aria interrogativa. "Scusa Potter, ma…questa è solo una classe!" Esclamò. I suoi occhi color smeraldo indugiarono sui banchi, prima di tornare a posarsi sul ragazzo.

"Non è una classe normale, Evans…" -spiegò- "C'è lui" James indicò con la mano un grande specchio, che per poco non sfiorava il soffitto. Aveva una cornice riccamente decorata con intarsi d'oro, e sembrava molto prezioso. Si reggeva su due zampe di leone, e sulla sommità c'era un'iscrizione, incisa nel legno. *Erouc li amotlov li ottelfirnon*

Lily scrutò lo specchio per parecchi istanti. Doveva essere molto sorpresa. "Che cos'è?" Chiese a James.

Lui le sorrise. "Beh…direi che è uno specchio. Però non è uno specchio normale" si affrettò ad aggiungere, quando vide Lily aprire la bocca per parlare.

"E cosa fa?" Lily si avvicinò leggermente.

"Questo…si chiama Specchio delle Brame" -spiegò James, affiancandola- "Il primo giorno di scuola mi avevi detto che non sapevi ancora cosa avresti fatto, dopo aver lasciato Hogwarts…" -Lily si girò verso di lui, stupita- "Sì, Evans, lo so che ti sembra strano che mi ricordi di quella conversazione…ho una memoria anch'io, lo sai?! Comunque ho pensato che ti avrebbe potuta aiutare" Terminò.

"E come?" Lily sembrava confusa.

" Tu guardati semplicemente allo specchio" Le ordinò lui, con gentilezza.

Lily si avvicinò ancora di più, finchè non vide il suo riflesso delinearsi chiaro sul vetro.

 

***

Lily sobbalzò, quando si accorse che la sua figura non era l'unica a riflettersi nello Specchio delle Brame. Si morse il labbro inferiore, e osservò il vetro.

Quella che rispondeva al suo sguardo vacuo era sicuramente lei, ma era diversa. Sorrideva raggiante, e indossava un vestito senza maniche di un bel verde intenso, che le copriva appena le ginocchia. Era abbronzata, e i suoi occhi risaltavano ancora di più, fra le efelidi che le spruzzavano le guance e il naso. Si trovava in quello che aveva tutta l'aria di essere un giardino di una piccola casetta a due piani, come quelle dei sobborghi residenziali di Londra. E vicino a lei c'era una persona, un ragazzo, che le cingeva le spalle con un braccio…

Lily si sentì arrossire violentemente, mentre si rendeva conto di conoscere quella persona. Si portò una mano alla bocca, e iniziò a strofinarsi le labbra, ancora incredula.

Era abbracciata a James Potter, davanti a quella che sembrava essere la loro casa.

Lily notò che James era più alto, aveva un aspetto più adulto…i suoi occhi nocciola scintillavano allegri.

Non poteva essere vero…quello specchio si divertiva a confondere le persone, non c'era alcun dubbio.

"Che cosa vedi?" Le parole di James la fecero voltare di scatto. Era ancora paonazza in volto, ma cercò di mantenere la calma.

"Io…questo specchio mostra il futuro?" Domandò lei, torcendosi le mani con nervosismo.

"Non esattamente, mostra quello che desideriamo di più, anche se magari non ce ne rendiamo conto o non vogliamo ammetterlo. Ho pensato che ti avrebbe aiutata a chiarirti le idee su quello che vuoi davvero, a me è servito molto…" Spiegò James, con calma.

Lily si sentiva svuotata, completamente sconvolta. "Quello che desideriamo?" Ripeté, vacua.

James annuì.

*Così è questo che desidero veramente?*

"Evans ma stai bene? Sei un po' pallida…" Le chiese James, facendo un passo verso di lei.

"Io…sì sì, sto benissimo!" Rispose lei, in fretta, come se si fosse svegliata in quel momento da una trance.

"Allora, cos'hai visto di bello?" Le domandò di nuvo James, allegramente.

Lily alzò lo sguardo verso di lui. "Tu…non hai visto?"

James scosse il capo. "Oguno vede i propri desideri, non può vedere quelli degli altri. Allora?"

"Io…ehm…" -farfugliò Lily- "Io mi sono vista con un camice addosso!" Disse infine.

James le sorrise. "Così vuoi diventare Guaritrice, eh? Non male come lavoro…al San Mungo pagano bene!"

"Già…" Rispose lei, con aria assente.

"Ma sei sicura di stare bene Evans? Io pensavo di farti un favore portandoti qui…" Esclamò James, deluso. Probabilmente si aspettava una reazione più entusiasta.

"Benissimo!" -ribadì lei, con voce piuttosto acuta- "Andiamo adesso però, è tardi!" Senza aspettare risposta, Lily aprì la porta dell'aula e iniziò a percorrere il corridoio, senza aggiungere altro.

"Aspetta Evans!" La chiamò James, mentre si affrettava ad aggiungerla, ancora perplesso.

 

***

Era l'una passata quando Lily e James lasciarono la biblioteca.

"Beh, buonanotte Potter" Disse lei, distrattamente, quando arrivarono alle scale che portavano ai piani superiori.

James alzò un sopracciglio. "Evans, dobbiamo andare nello stesso posto, che senso ha separarci qui? Va bene che non mi sopporti, ma adesso non c'è nessuno che ci vede…" Il ragazzo sorrise ironico, ma Lily non lo fulminò con una battuta al vetriolo, né con un'occhiata storta.

"Ah, ok…" Rispose al contrario, iniziando a salire le scale.

James sospirò sommessamente, prima di salire. Era chiaro che era rimasta scossa a causa dello Specchio delle Brame, ma James non riusciva a capire che cosa avesse visto di tanto sconvolgente. Dopotutto quello specchio mostrava i desideri più profondi di una persona, non avvenimenti spiacevoli che sarebbero potuti accadere nel futuro, o ricordi dolorosi…

Il ragazzo avrebbe voluto chiederle come si sentisse, ma qualcosa lo tratteneva. Che diritto aveva di intromettersi nella sua vita, quando lei lo odiava? Che diritto aveva di porle delle domande così personali? Lily in fondo aveva tutto il diritto di trattarlo con freddezza…in sette anni non aveva fatto altro che prendersi gioco di lei, senza riuscire a farle capire quanto gli piacesse. Sul serio.

*Bravo James…eppure dicono che sei uno degli studenti migliori di Hogwarts…* Pensò, ironico.

Quando arrivarono al ritratto che nascondeva l'entrata della Sala Comune di Grifonodoro, la Signora Grassa gli scrutò torva.

"Cosa ci fate ancora in giro a quest'ora, voi due?" Sbottò, infastidita. Parecchi bicchieri giacevano sulla cornice, rovesciati, e la sua amica, Violet, russava accanto a lei. Con tutta probabilità era venuta a trovare la Signora Grassa per scambiarsi qualche pettegolezzo, e la serata si era conclusa…etilicamente.

"Malizia e malignità" James pronunciò la parola d'ordine, senza ascoltare i deliri del quadro, che si fece da parte per lasciar passare lui e Lily.

 

La Sala Comune era ancora calda, anche se il fuoco si era ormai spento nel camino. Lily osservava la brace che stava morendo, con lo sguardo smeraldino vacuo.

Dopo un paio di minuti si avviò verso le scale dei dormitori femminili. "Buonanotte Potter" Disse, prima di iniziare a salire i gradini.

"Aspetta Evans!" La chiamò James, che si era seduto su una poltrona sgualcita, davanti al camino.

Lily si voltò a guardarlo. "Mh?"

James afferrò un foglio di pergamena appallottolato che era stato gettato per terra. Poi tirò fuori la bacchetta e colpì la carta, che si trasformò all'istante in un meraviglioso fiore. Il ragazzo si alzò e raggiunse Lily, porgendoglielo.

"Cosa…?"

"E' per te" -disse lui, con semplicità- "Mi sei sembrata un po' triste, dopo che ti sei guardata allo Specchio…ho pensato che magari un regalino ti avrebbe fatto piacere…"

Lily lo guardò, stupita, senza sapere cosa rispondere. "….Grazie" Disse infine, abbassando gli occhi.

"E' un giglio…il tuo nome significa giglio, no?" James le sorrise, e si avvicinò di più a lei.

Lily si ritrasse all'improvviso. "Buonanotte" Proferì, prima di sparire su per la scala a chiocciola.

James si lasciò di nuovo cadere su una poltrona. *Buonanotte, Giglio…*

 

***

Ed è finito anche questo capitolo…un pochino più lungo del solito tra l'altro ^.^ come previsto ho dovuto affrontare le crisi isteriche di mia madre che continuava a ripetermi di staccarmi dal computer, ma alla fine ce l'ho fatta…E ora qualche noticina piccola piccola…

1) La scritta che si trova sullo Specchio delle Brame l'ho copiata dal primo libro di Hp, e da lì ho anche ricavato la descrizione del suo aspetto…teoricamente questo specchio si troverebbe in una stanza vicino alla biblioteca, ma io avevo bisogno che James e Lily camminassero un po', quindi mi sono presa una licenza e l'ho spostato al settimo piano ^^

2) La parola d'ordine di Grifondoro è la traduzione del titolo di una canzone dei Placebo che mi piace molto, *Spite and malice* per l'esattezza…

3) Probabilmente i libri li avrebbero potuti catalogare con la magia, ma non avevo idee migliori per la punizione…abbiate pazienza ^.^"

Beh, arrivederci al prossimo capitolo…temo che non riuscirò a postare prima di sabato prossimo, lunedì si torna a scuola e dovrò passare un bel po' di tempo sui libri, in queste due settimane non ho fatto proprio nulla! Grazie mille a chi legge questa fic e grazie per le recensioni, mi hanno fatto veramente piacere……grazie grazie grazie!!!

~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


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«       Capitolo 13

 

Sirius aprì gli occhi e si rigirò senza fretta fra le lenzuola, coprendosi meglio con il piumone scarlatto. Diede una rapida occhiata all'orologio e imprecò a bassa voce. Era domenica, erano le otto del mattino e lui era già sveglio. Avrebbe senza dubbio preferito dormire per almeno altre tre ore, ma ormai era perfettamente vigile. Rimase immobile per qualche minuto, godendosi il piacevole tepore che gli donavano le coperte, poi si alzò, infilandosi un vecchio paio di jeans sdruciti che aveva buttato a terra la sera precedente. Mentre si dirigeva verso il piccolo bagno adiacente alla loro stanza, guardò brevemente i suoi amici, ancora immersi nel sonno. Peter che russava sommessamente, Remus, con una mano che sporgeva dal bordo del letto, e James, con le braccia rigide lungo i fianchi. Sirius sorrise fra sé e sé. Da sette prendeva in giro l'amico per la posizione che assumeva quando dormiva, che gli aveva sempre ricordato quella di un morto adagiato nella sua bara.

Quando il ragazzo raggiunse la stanza da bagno, il suo riflesso gli fece una piccola smorfia. Aveva i capelli mossi spettinati, leggeri segni scuri sotto gli occhi ed era piuttosto pallido, ma la sua bellezza rimaneva in ogni caso intatta. Aprì il rubinetto e si sciacquò più volte il viso con dell'acqua gelida, prima di bagnarsi anche i capelli. Poi, con un asciugamano avvolto intorno al collo e la chioma gocciolante, tornò nella sua stanza. Si tolse la maglietta che utilizzava come pigiama, indossò un maglione grigio fumo, afferrò il mantello e si chiuse la porta alle spalle, senza fare rumore.

 

***

 

Lily scese le scale del dormitorio, diretta in Sala Comune. Era presto, e sperava di poter trascorrere almeno un'ora da sola, senza essere disturbata da nessuno. Ma quando la grande stanza si rivelò ai suoi occhi, capì che avrebbe dovuto abbandonare quel proposito. Un ragazzo dall'aria famigliare si trovava davanti al camino, seduto sul largo tappeto color cremisi, ricamato con minuscoli arabeschi dorati. James Potter sembrava assorto nei suoi pensieri, gli occhiali leggermente calati sul naso, le labbra schiuse, i capelli arruffati che gli cadevano sulla fronte a ciocche.

Lily fece una smorfia silenziosa. Non voleva che James la notasse, non dopo quello che era successo appena poche ore prima. Doveva arrivare al buco del ritratto e sparire prima che lui si accorgesse di non essere più solo…Non voleva parlare con nessuno, e con lui in modo particolare. La ragazza si morse il labbro inferiore, si lasciò sfuggire un impercettibile sospiro e iniziò a percorrere a grandi passi la Sala Comune, sperando che le sue scarpe non facessero cigolare le assi del vecchio pavimento di legno.

*Qualche passo…solo qualche passo…*

Quando la distanza che la separava dal ritratto divenne di pochi centimetri, Lily si concesse un piccolo sorriso soddisfatto. Subito dopo, uno scricchiolio riempì l'aria, insolitamente rumoroso nella Sala Comune deserta.

*Merda…*

Lily cercò di uscire dalla stanza in tutta fretta, ma una voce la raggiunse.

"Evans, aspetta!"

*Ignoralo ed esci…*

Ma la ragazza non si mosse. Si morse leggermente l'unghia del pollice, poi si voltò verso James, che nel frattempo si era alzato e si era avvicinato a lei. Indossava una t-shirt di un gruppo musicale magico che non conosceva e un paio di pantaloni neri, piuttosto larghi. Lily si chiese istintivamente se non sentisse freddo.

*Ma cosa ti viene in mente? Lascialo perdere!*

James si avvicinò ancora, e lei senza nemmeno accorgersene si ritrasse, finché le sue spalle non toccarono la parete.

"Cosa vuoi Potter? Io…devo andare in biblioteca" Proferì infine, sperando di risultare minacciosa.

James la squadrò per un istante, prima di ridacchiare. "In biblioteca di domenica mattina, Evans? Andiamo…" Disse, con un'irritante calma.

Lily si sentì arrossire. "Allora diciamo che non ho voglia di parlare con te, va meglio?" Sibilò, tagliente.

"E' inutile che cerchi di evitarmi…" James la fissò intensamente, mentre riduceva ulteriormente la distanza che li separava.

"Non so di cosa stai parlando, Potter" Ribattè lei, cercando di mantenere il controllo.

"So cosa hai visto ieri sera, nello Specchio delle Brame" Disse James, passandosi una mano fra i capelli, un'espressione all'improvviso seria sul suo volto.

Lily sentì il sangue affluirle alle guance. "Non…non dire cazzate, non puoi averlo visto"

James scrollò le spalle. "Invece so tutto…ti ho mentito, ieri sera"

"Tu…sei solo uno stronzo!" Esclamò Lily, furiosa, cercando di dirigersi verso le scale che portavano ai dormitori.

"Uno stronzo che ti piace molto, a quanto pare…" -disse lui, sorridendole sardonico, mentre appoggiava le mani al muro, bloccandola- "Perché non ti decidi ad arrenderti, Evans? Renderesti le cose più facili a tutti e due…senza contare che sarei capace di renderti felice, capisci cosa intendo?"

Lily lo fulminò con lo sguardo, prima di schiaffeggiarlo con forza sulla guancia sinistra e liberarsi dalla sua presa.

James si portò una mano al volto, arrossato a causa del ceffone, e si girò verso di lei, che stava correndo verso le scale. "Hai un bel caratterino, Evans…"

Lily, che aveva già salito qualche gradino, si voltò. Era furente, e gli occhi le scintillavano. "Ti odio, Potter!" Gridò, con voce rotta.

James alzò un sopracciglio. "Chi odia ama, lo sai vero Evans?"

"Smettila di chiamarmi Evans!" Lily era sull'orlo delle lacrime.

"Vieni qua" Le disse lui, mettendosi le mani sui fianchi.

"Non ti permettere di darmi ordini" Ribattè Lily.

"Vieni qua e baciami" Ribadì James, risoluto.

La ragazza rise per qualche istante, beffarda. "Non ci penso nemmeno, Potter" Sibilò, con disgusto.

"Come vuoi, Evans…io ti avevo avvertita" James estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, e la puntò contro la ragazza.

Lily sgranò gli occhi. "Non avresti il coraggio di lanciarmi un incantesimo" Disse, con fermezza.

Un sorriso maligno si dipinse sul viso di James, e un bagliore lampeggiò nei suoi occhi nocciola. "Imperio" -Lily tentò di ripararsi, ma venne colpita da un raggio di luce rossa- "Ora ci divertiamo, Evans…"

 

***

I prati che circondavano il castello erano coperti da una sottile patina ghiacciata, quella mattina. Nonostante fosse appena la metà di ottobre, il freddo era già pungente, nell'estremo nord dell'Inghilterra. Sirius si strinse nel suo mantello, passandosi una mano fra i capelli per scostarli dal viso. Il cielo era di una pallida tonalità di azzurro, e un debole sole brillava fra le montagne che si intravedevano in lontananza. Gli era sempre piaciuto camminare. Poteva rimanere solo per qualche manciata di minuti, senza che nessuno lo disturbasse. Aveva sempre avuto bisogno dei suoi momenti di solitudine, anche se apprezzava come se fosse il primo giorno la compagnia dei suoi migliori amici. Senza di loro…che fine avrebbe fatto? Dove sarebbe stato in quel momento? Un brivido gelido gli percorse la schiena.

Si avvicinò al lago, una fredda distesa di acqua color ferro, appena increspata dalla brezza autunnale o dai movimenti della piovra gigante, che sembrava nuotare placida. Sirius si fermò a pochi centimetri dalla sponda, e fissò il suo riflesso, che rispondeva al suo sguardo con un'espressione di apparente calma.

*Il mio secondo riflesso, questa mattina…*

Si sedette, senza badare al freddo. Estrasse un pacchetto dalla tasca, e si accese con la punta della bacchetta una sigaretta. Alcuni ghirigori di fumo biancastro salirono a mezz'aria, e Sirius li seguì con gli occhi, prima di concentrarsi sul profilo spruzzato di neve dei monti, e su quello della capanna di Hagrid. Si sdraiò completamente, l'erba ghiacciata che gli pungeva la schiena e lo faceva rabbrividire, le mani dietro la nuca, il cielo che premeva su di lui con una spinta delicata.

Dopo quella che gli era sembrata un'eternità, Sirius avvertì dei passi che si avvicinavano, facendo scricchiolare i fili d'erba, che producevano un piacevole suono. Si alzò a sedere, ma non si girò, rimanendo in attesa. Pochi secondi dopo, i passi cessarono. Il ragazzo osservò di nuovo il suo riflesso nel lago, e vide che non era più il solo. Lì accanto l'immagine tremolante di sua cugina Bellatrix gli rivolgeva un beffardo sorriso fatto d'acqua.

 

***

Lily si svegliò di soprassalto, le mani che stringevano le lenzuola di cotone bianco e la fronte leggermente imperlata di sudore. Si alzò a sedere, il piumone che le nascondeva le ginocchia, la maglia del pigiama che rivelava la pelle d'oca che copriva parte delle braccia. Si portò le mani al viso, e appoggiò la testa sulle gambe, rimanendo immobile.

"Lily, tutto bene?" Le tende del letto a baldacchino si erano spalancate, lasciando filtrare un raggio di debole luce mattutina. Sydney Wharton la stava fissando con i suoi grandi occhi azzurri, i capelli castani lunghi e riccioluti ancora spettinati. Si mordicchiava l'unghia del pollice, e quel gesto tradiva la sua preoccupazione.

Lily rispose al suo sguardo con aria interrogativa. "Sì, perché?"

Sydney si passò una mano fra i capelli, gettandoli all'indietro. "Hai urlato, prima…ci hai spaventate!"

Lily notò che anche Lynn Harris, Maureen Sheldon, Francesca Thomas e Julie Weir, le altre ragazze che dividevano quella stanza del dormitorio del settimo anno con lei, la stavano osservando, sedute sui loro letti e ancora in pigiama. "Oh…scusate, probabilmente stavo sognando…" Un'immagine del sogno che aveva fatto la colpì con violenza, e un brivido scese lungo la sua schiena. Lily si passò una mano fra i capelli, e afferrò lo specchietto che teneva sul comodino. Era pallida, e le lentiggini erano più evidenti del solito sulle sue guance.

"Sei sicura di stare bene?" Chiese ancora Sydney.

Lily annuì, abbassando d'istinto gli occhi. Non era abituata a tutta quell'attenzione. Solitamente le sue compagne non le parlavano spesso, e la mattina si alzavano, la salutavano a malapena, troppo distratte dalle loro chiacchere, e scendevano in Sala Grande senza curarsi di aspettarla. Tuttavia Lily avvertì un improvviso moto di gratitudine nei loro confronti. Quando l'avevano sentita gridare non si erano limitate a girarsi dall'altra parte e a riaddormentarsi, ma avevano voluto controllare che non si sentisse male.

Francesca si distese di nuovo sul suo letto, piegando le ginocchia e portandosele al petto. "Cos'hai sognato di così spaventoso, Lily?" -le chiese, curiosa- "Un momento! Ora che ci penso, io ho fatto un sogno bellissimo stanotte!" -proseguì, senza dare tempo a Lily di rispondere- "Ho sognato di uscire con James Potter!" Terminò, mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione sognante.

Le sue amiche sbuffarono all'unisono. "Oddio Frankie!" -esclamò Maureen, scompigliandosi la chioma corvina- "Non sai proprio pensare ad altro?!"

"E già…" -intervenne Lynn- "Sta diventando una mania!"

Francesca scalciò le gambe in aria, ridacchiando. "Lo so!" -strillò- "Ma è più forte di me…"

Lily trattenne a stento una smorfia di disgusto. Non voleva che quelle ragazze, che stranamente si erano dimostrate premurose nei suoi confronti, iniziassero ad odiarla solo perché aveva insultato il loro idolo. In silenzio, senza badare alla loro conversazione concitata, si sfilò il pigiama, indossò una gonna di velluto nero che le arrivava ai piedi e un maglioncino sempre nero con le maniche scampanate, e si avvicinò alla porta della camera.

"Bè ragazze…io vado in Sala Comune, ci vediamo dopo!" Disse, interrompendo le loro risatine.

"Oh Lily, te ne vai già?" Le domandò Sydney, che sembrava dispiaciuta.

"Aspetta!" -Francesca aveva puntato un dito verso di lei, come se la stesse accusando- "Raccontaci della punizione di ieri sera…Sei tornata tardi! Non sai quanto ti invidio…un'intera serata con James!"

Lily sgranò gli occhi, una mano già sulla maniglia. "Oh, è stata una noia mortale Frankie, abbiamo scritto nomi sul registro della biblioteca per tutto il tempo" Rispose, freddamente. Come faceva Francesca a dire che l'invidiava? Perché Potter doveva avere tutto quell'ascendente su buona parte della popolazione femminile di Hogwarts?

"Anch'io ti invidio Lily, registri o non registri…" Aggiunse Julie.

"Io avrei approfittato della situazione per saltargli addosso!" -ridacchiò Francesca- "E per completare l'opera gli avrei detto che avevo aspettato ad andare a letto con qualcuno in modo che lui fosse il primo…" La ragazza continuò a ridere, nascondendo la faccia nel cuscino.

"Sì, peccato che non sia vero Frankie!" Ribatterono le altre in coro, prima di iniziare a ridere e a strepitare a loro volta.

Lily questa volta non riuscì a trattenere una smorfia. Senza aggiungere altro uscì dalla stanza e si diresse verso le scale. Le altre ragazze non se n'erano neanche accorte, troppo impegnate in una lotta a colpi di cuscino. Lily si concesse un sospiro. Doveva ammettere di invidiarle, almeno un po'. Lei non aveva mai avuto una vera amica, un'amica con cui rimanere sveglia tutta la notte a parlare, un'amica con cui andare a comprare un vestito nuovo o con cui girovagare per Hogsmeade, un'amica che ascoltasse quando ne aveva bisogno. Lei era…sola. Quel pensiero la colpì come un fulmine mentre si lasciava cadere su una morbida poltrona, in un angolo della Sala Comune.

 

***

"Potrei anche pensare che tu mi stia seguendo"

"Ti direi che potresti anche avere ragione, se non mi andasse di alimentare il tuo già smisurato ego, Black" Il sorriso sardonico di Bellatrix Black si posò sul viso di Sirius, che rispose alle sue parole con un'eloquente smorfia.

"Che cosa vuoi, Bella?"

Bellatrix si sedette accanto a lui, il suo mantello verde scuro che si dispose a raggiera intorno alle sue ginocchia piegate, i capelli leggermente crespi, gli occhi bistrati da uno spesso strato di kajal nero. "Sono semplicemente venuta a fare un giro, Black"

Sirius alzò un sopracciglio e la guardò. Il ghiaccio dei suoi occhi incontrò quello gemello degli occhi di Bellatrix. Per un lungo istante rimasero immobili. Sirius poteva quasi vedere l'elettricità che li circondava, simile a una manciata di diamanti polverizzati.

"Tu giri sempre per il parco a quest'ora e con questa temperatura?" Chiese infine, strappando alcuni fili d'erba coperta di brina luccicante.

Bellatrix si passò una mano fra i capelli, fissando l'acqua nera del lago, che si increspava dando vita a piccole onde. "Perché hai la sgradevole abitudine di fare sempre domande, Black?" La ragazza estrasse dalla tasca del mantello una sigaretta e l'accese con la bacchetta. Un intenso profumo di zenzero e cannella si diffuse nell'aria.

"Perché lo fai?" Sirius prese a sua volta un'altra sigaretta.

"Che cosa?" Domandò Bellatrix, guardandolo. Sembrava sinceramente curiosa.

"Perché mi parli? Perché mi fai discorsi sul fatto che siamo uguali? Non ti importa di me dopotutto, io sono solo un ribelle che non è degno di fare parte dei Black…" Le ultime parole di Sirius erano impregnate di sangue, di dolore, di amarezza. Non aveva mai utilizzato un tono di voce simile per parlare della sua famiglia. Non aveva mai lasciato trasparire la tristezza che a volte lo assaliva…la tristezza per non essere amato come un figlio normale dovrebbe esserlo. E ora era lì, in riva al lago, con sua cugina, e stava parlando dei Black. Loro si odiavano, si erano sempre odiati…Perché si stava aprendo proprio con lei? Perché?

*Cosa mi stai facendo, Bella?*

Bellatrix soffiò una nuvoletta di fumo profumato verso l'alto, e poi si voltò verso di lui. "Cosa vuoi che ti dica? Vuoi che ti dica che mi dispiace che tu non faccia più parte della famiglia? Vuoi che ti dica che penso che i tuoi genitori abbiano fatto un errore a rinnegarti?" Gli occhi di Bella brillavano di luce propria, più scintillante di quel sole d'ottobre.

L'espressione di Sirius era indecifrabile. "Basta che tu mi dica che non fai…questo solo perché ti faccio pena, perché in questo caso puoi anche smettere di rivolgermi la parola" Altra amarezza, altro miele acido, altra incertezza. Il ragazzò iniziò a torcersi le mani, leggermente screpolate a causa del freddo.

Bellatrix gli sorrise. Un sorriso sincero, che non era carico d'ironia. Un sorriso che Sirius non aveva mai visto sulle labbra della cugina. E in quel preciso istante pensò che era davvero bella. Un brivido gli percorse la schiena, e Sirius scosse impercettibilmente il capo, come per scacciare una sensazione proibita. "Non mi hai mai fatto pena, Black" La ragazza sorrideva ancora, mentre pronunciava quelle parole, con voce più dolce.

Una folata di vento li raggiunse, scompigliando i loro capelli corvini, facendo arrossare le loro guance color avorio, insinuandosi sotto i loro mantelli e sotto la loro pelle. Rimasero in silenzio, a lungo, il leggero sciacquio del lago in sottofondo, come una musica sommessa.

"Bellatrix?" -la voce incerta di Sirius spezzò la quiete che si era creata. Bellatrix tornò a guardarlo, con un'intensità inaspettata- "Cosa vuoi davvero da me?" Sirius non era riuscito a trattenere quelle parole, che ora sembravano aleggiare fra loro, lettere congelate che danzavano sospinte dalla brezza.

Bellatrix si avvicinò leggermente a lui, e il suo mantello si aprì, rivelando un lungo maglione di lana bianca, che le copriva i jeans fino alle ginocchia. "Voglio corromperti, Black" Gli sussurrò all'orecchio, con sensualità. Un attimo dopo rise brevemente, sarcastica.

Sirius le lanciò un'occhiata storta. "Non cambierai mai, Bella" Disse, prima di concedersi a sua volta una risata.

Bellatrix posò una mano sulle ginocchia piegate di Sirius, facendo in modo che le distendesse. Poi, ignorando lo sguardo interrogativo del ragazzo, si alzò, per andare a sedersi a cavalcioni sulle sue gambe. Sirius sgranò gli occhi, prima che il profumo di sua cugina gli invadesse le narici. Profumo di cannella, di zenzero, di vaniglia, di cioccolato amaro. Profumo di proibito. Quando le mani di Bellatrix gli accarezzarono i capelli ondulati e la nuca, una scarica elettrica lo invase.

"Cosa stai facendo, Bellatrix?" Chiese. Voleva che la sua voce sembrasse dura e determinata, ma sapeva fin troppo bene che non lo era affatto.

"Non stavo scherzando prima" Proferì lei, prima di iniziare a baciargli il collo, con una lentezza quasi esasperante.

Sirius cercò di respingerla, ma il tocco delle sue mani era troppo debole.

"E' inutile, Black, non puoi farci nulla…E' inevitabile" Disse Bellatrix, sorridendo con malignità.

I pensieri di Sirius iniziarono a vorticare nella sua mente, senza un ordine. Le mani di Bellatrix erano fredde, ma allo stesso tempo il loro tocco era così piacevole…I suoi occhi non si staccavano un attimo da lui…

*Non posso farlo…non devo…*

Il suo profumo gli stava facendo venire mal di testa…I suoi fianchi si erano avvicinati di più ai suoi…Le sue labbra erano leggermente schiuse…

*Non posso…*

Bellatrix fece stendere Sirius sull'erba ghiacciata, e gli scostò i capelli dalla fronte, con gesti lenti. Poi gli sorrise di nuovo. "Baciami, Black"

Sirius cercò di sollevarsi. "Tu sei pazza, Bella" Riuscì a dire, anche se la sua voce era roca, simile a un rantolo.

"Baciami Black, o lo farò io" Ripeté lei.

Sirius percepì distintamente la sua volontà che crollava, come un castello di carte malfermo. La sua mente era annebbiata, e le labbra di Bellatrix erano così vicine…

*Non posso…*

Sirius posò una mano sui capelli di Bella, prima di iniziare a baciarla, quasi con violenza.

 

***

La Sala Comune iniziava a popolarsi di qualche studente, e Lily, seduta da ormai un'ormai, continuava a fissare un punto del pavimento, senza vederlo davvero. L'incubo che aveva fatto quella notte non aveva fatto altro che accrescere quell'inquietudine che dimorava in lei da quando si era separata da James, dopo la punizione. Le immagini di quell'orribile sogno, dove Potter le scagliava addirittura la maledizione Imperius, si mescolavano a quella che aveva visto nello Specchio delle Brame, dove lei e James erano abbracciati e felici. Era quello che desiderava veramente? Era davvero James Potter il suo desiderio più profondo? Lily sospirò per l'ennesima volta, sollevando le ginocchia e rannicchiandosi sulla poltrona. Non poteva essere vero…lei aveva sempre odiato James! Se lo ripeteva dal primo anno, credeva che quella fosse una delle poche certezze nella sua vita…Sarebbe potuta succedere qualunque cosa, ma lei avrebbe sempre odiato Potter. Eppure ora…ora tutto era stato messo crudelmente in discussione. Ora non aveva nemmeno più quell'appiglio, quella roccia a cui aggrapparsi.

*A me…piace James?*

Lily scosse il capo. Potter era solo uno studente montato, capace solo di pavoneggiarsi con i suoi amici, interessato solo alla °fama°, una persona superficiale, arrogante. Ma…la sera prima si era anche rivelato…gentile. Le aveva mostrato lo Specchio delle Brame per aiutarla, per farle un favore.

Il primo giorno di scuola mi avevi detto che non sapevi ancora cosa avresti fatto, dopo aver lasciato Hogwarts…ho pensato che ti avrebbe potuta aiutare…

E le aveva anche regalato un giglio, perché credeva che lei fosse triste. Nessuno le aveva mai regalato un fiore…quando si sentiva male, nessuno l'aveva mai capito. Ma lui…lui l'aveva fatto. Anche se non si erano mai conosciuti veramente, anche se si scambiavano sempre e solo frasi cattive, parole taglienti.

*Non riesco più a capire…*

Chi era davvero, quel ragazzo? Qual era la sua vera indole? E lei, Lily Evans, desiderava sul serio stare con lui, condividere la sua vita con James Potter?

Lily appoggiò il capo sulle ginocchia, e chiuse gli occhi, pensando che in quel momento l'unica cosa che voleva davvero era un Pensatoio, per liberare la sua mente da tutti quei pensieri che la affollavano, simili ad un vortice multicolore.

 

***

Ed ecco qua…come promesso è sabato e sono riuscita ad aggiornare…è stata una settimana abbastanza estenuante e sono felice che sia finita ^_^"

Questo capitolo è stato abbastanza difficile da scrivere, un po' perché ho dovuto fare i conti con un blocco dello scrittore che definirei *lessicale* (non riuscivo a scrivere una frase che fosse sensata e non mi venivano in mente le parole…-_-"), un po' perché non sapevo bene come far sviluppare le vicende fra Sirius e Bellatrix…Alla fine ho fatto subito in modo che *concludessero* qualcosa,, è volutamente una cosa un po' improvvisa, perché il loro rapporto lo immagino come molto istintivo ^.^

Come sempre grazie mille a chi legge la mia fic e a chi ha scritto delle recensioni, siete davvero troppo gentili, non merito tutti questi complimenti! Bè, arrivederci a sabato prossimo, e grazie ancora!!

Ps. Il 22 finisce finalmente il quadrimestre scolastico, quindi spero di avere poi più tempo libero e di riuscire ad aggiornare un po' prima! Bye :)

~Flea~

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


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Severus Piton non aveva molta fame, quella domenica. Era seduto a metà del tavolo di Serpeverde, e tormentava distrattamente le sue patate al forno, mentre i suoi occhi scuri indugiavano sugli studenti che consumavano il loro pranzo, chiacchierando spensierati. Si respirava un'aria diversa a Hogwarts, la domenica. Sorrisi più distesi sui volti dei ragazzi e delle ragazze, un allegro brusio che aleggiava sommesso nei corridoi, le divise che lasciavano il posto agli indumenti più diversi, gli elfi domestici che preparavano piatti speciali…Tutto era più vivace, ma in lui si stava diffondendo una stridente malinconia. Severus si soffermò con lo sguardo sul tavolo di Grifondoro. Lei stava bevendo del succo di zucca dal suo calice intarsiato, e parlava con alcune ragazze, un lieve sorriso dipinto sul volto. Il ragazzo si trovò a pensare che Lily Evans sembrava assente. Rispondeva alle domande delle sue amiche, ma i suoi occhi di smeraldo erano lontani, e velati d'ombra, il piatto ancora colmo di cibo. La sua carnagione pareva ancora più pallida, e spiccava contro il nero del suo maglione, i capelli vermigli erano raccolti in una treccia da cui sfuggivano alcune ciocche che le incorniciavano il viso. Severus si chiese se Lily avesse letto la sua lettera. Non aveva avuto il coraggio di chiederle spiegazioni, sperando che fosse lei stessa a farsi avanti. Per dirgli che l'avrebbe perdonato, per dirgli che non doveva più rivolgerle la parola, per dirgli…qualunque cosa. Lui voleva solamente ricevere una risposta. Il peso che gravava sul suo stomaco si faceva sempre più difficile da sostenere, e Severus sentiva che il senso di colpa l'avrebbe accompagnato a lungo. Lui l'aveva chiamata Mezzosangue. Aveva chiamato Mezzosangue l'unica ragazza che gli fosse mai piaciuta…

E tutto per colpa di James Potter…James Potter, che in quell'istante sedeva allo stesso tavolo di Lily, che in quell'istante rideva con Black, Minus e Lupin. James Potter, che l'aveva minacciato con il Veritaserum solo la sera prima.

 

Ascoltami bene, Mocciosus…Non toccare Evans, chiaro? Non provare a toccarla…

 

Severus sentì la collera invadere il suo corpo, e assalire la sua mente. Come si era permesso di minacciarlo? Come si era permesso di dirgli di tenersi alla larga da Lily? Lei non era affatto sua…lei non poteva essere sua…oppure era lui ad illudersi? Dopotutto, Potter riusciva sempre ad ottenere ciò che desiderava.

Il ragazzo spinse da parte il piatto, l'appetito che gli era scomparso del tutto.

 

***

Lily posò la forchetta, lo sguardo che guardava il soffitto, coperto di nubi grigiastre. Un brivido di freddo le attraversò la schiena, e si strinse istintivamente nella maglia di morbida lana intrecciata. Non aveva appetito, e si sentiva molto stanca. I pensieri continuavano a vorticare senza sosta nella sua mente, frammenti di parole e immagini disposte senza un ordine, e il chiacchiericcio delle ragazze sedute vicino a lei le faceva dolere il capo. Posò le mani sulla fronte, e chiuse gli occhi. Piccoli punti di luce bianca iniziarono a danzare sotto le sue palpebre chiuse, formando ricami scintillanti. Il viso di James Potter si materializzò all'improvviso fra quegli arabeschi, nitido e doloroso. I suoi occhi nocciola brillavano, e sorrideva. Un attimo dopo, Severus Piton prese il suo posto. La guardava con un'espressione che chiedeva una risposta. Una risposta che lei non sapeva dare. Solo un'ora prima, si era ricordata della lettera che il ragazzo Serpeverde le aveva consegnato. Sembrava passato molto tempo…Erano due giorni che quel foglio di pergamena giaceva sul fondo della sua borsa. Così, Lily era salita nella sua stanza e, seduta sul suo letto, le tende tirate anche se non c'era nessuno, aveva letto quelle poche righe, scritte con una grafia ordinata e minuta.

 

Lily, scusa per come ti ho trattata quel pomeriggio alle serre…Io non volevo chiamarti Mezzosangue, è la verità. Mi sono lasciato provocare da Potter…lo so che è stato un comportamento infantile, ma non sono riuscito a trattenermi. Scusami ancora. Severus.

 

Lily aveva posato la pergamena accanto a sé, osservando a lungo una piccola macchia di inchiostro blu, sul lato sinistro del foglio. Assomigliava a una piccola stella. La ragazza non sapeva più se si potesse permettere di credere a Piton. Lui l'aveva insultata, le aveva fatto particolarmente male. Perché Lily aveva sempre creduto che Severus fosse diverso Diverso dai Serpeverde. Eppure non aveva esitato a chiamarla Mezzosangue, come uno degli altri. Dei tanti altri. Doveva perdonarlo? Doveva dargli fiducia? Si era davvero fatto provocare da James? Lily era stata tradita troppe volte, non voleva essere ferita ancora. Era stata tradita da Petunia, era stata tradita da persone che credeva affidabili, era stata tradita da una scuola a cui era profondamente legata ma che le aveva sempre donato così poco in termini di calore umano, di amicizia, di amore

La ragazza indugiò per un momento sul tavolo di Serpeverde. Severus era seduto in silenzio, senza mangiare, e si torceva le mani, un'espressione inquieta sul volto pallido.

*Ti devo credere, Severus?*

Lily si alzò dal tavolo, senza aspettare il dolce, e si diresse verso l'uscita della Sala Grande.

 

***

"Che cosa c'è, Jamie?" Remus si portò alla bocca un pezzo di torta al cioccolato, mentre guardava l'amico, che osservava di sottecchi Lily Evans, che in quel momento spariva oltre le porte della Sala Grande.

James si voltò a guardarlo con aria sorpresa. "Eh?" Chiese, scrutando i dolci che erano apparsi sul tavolo pochi secondi prima.

Remus sorrise sardonico, alzando un sopracciglio. "Come non detto…sei su un altro pianeta Ramoso!"

James scrollò le spalle, e afferrò un paio di pasticcini al pistacchio da un vassoio accanto a lui. "Sono un po' stanco oggi…"

"Ma se hai dormito fino alle undici!" -esclamò Remus, ridacchiando- "Perché non dici la verità? Faresti prima e saresti più credibile…"

James gli lanciò un'occhiata storta. "E quale sarebbe questa verità?" Domandò, leggermente irritato.

"Che ormai non pensi ad altro che a Lily Evans" Disse Remus, granitico.

James spalancò gli occhi, e tentò di assumere un'aria indignata. "Ma non dire cazzate! Io…non penso sempre a lei, figurati!"

"Non sei mai stato bravo a mentire…forse è una delle poche cose in cui riesco a batterti" Ribatté l'altro, sbriciolando l'ultimo pezzettino di torta rimasto nel suo piatto.

James sbuffò sonoramente. "Lunastorta ti prego…Non cercare di farmi dire cose che non penso!"

"No James, tu non cercare di fregarmi" -riprese Remus- "Evans ti è sempre piaciuta, anche se per sei anni ti sei limitato a prenderla in giro e a farla arrabbiare per non farti coinvolgere…e ora che inizia a piacerti sul serio neghi l'evidenza!"

"Io non nego l'evidenza!" Strepitò James, incrociando le braccia, simile ad un bambino capriccioso.

"Quand'è che la smetterai con questa finta, Jamie? Ormai non ti crediamo più, sai? Siamo i tuoi migliori amici, l'abbiamo capito già da molto tempo…"

"E allora non chiedetemi più nulla, se pensate di avere già tutte le risposte!" Esclamò James, con stizza.

Remus bevve un po' di succo di zucca, prima di tornare a parlare. "Non è il caso di agitarsi tanto, Ramoso. Non ti romperò più le palle, se preferisci, e quando ti deciderai ad ammettere che Evans ti piace più di ogni altra…beh, a quel punto potrò dirti che avevamo ragione noi fin dall'inizio" -Il ragazzo alzò una mano per zittire James, che aveva aperto bocca per protestare- "E se proprio lo vuoi sapere, ho una prova lampante del fatto che quello che ti ho detto finora è la pura verità"

"E sarebbe?" Chiese James.

"Tutte le volte che hai avuto un appuntamento con una ragazza, o sei stato messo in punizione con una ragazza, ci hai raccontato sempre tutto, ogni dettaglio, dandoti delle arie anche quando non esisteva nulla di particolare per cui vantarsi. Ma stavolta non l'hai fatto" Remus si concesse un sorriso sarcastico, prima di guardare l'amico, che rispondeva al suo sguardo con un'espressione stupita.

James afferrò un altro pasticcino dal vassoio, rendendosi conto di non avere nulla da ribattere.

 

***

Una nuvoletta di fumo grigio si alzò vorticando nell'aria fredda, formando un anello che dopo pochi istanti si dissolse. Sirius si strinse nel suo mantello, i capelli scompigliati, le mani arrossate, il gelo che si era insinuato nelle sue ossa, come una morsa implacabile. Bellatrix era sdraiata accanto a lui, la chioma corvina disposta a raggiera intorno al capo, gli occhi d'acquamarina socchiusi, il maglione candido leggermente sporco di terra. Il ragazzo non avrebbe saputo precisare da quanto tempo si trovassero lì, in riva al lago, in silenzio. Doveva essere l'ora di pranzo, all'incirca. Le sue dita stavano perdendo sensibilità a causa della bassa temperatura, e Sirius fece fatica ad accendersi un'altra sigaretta con la bacchetta. Ne aveva fumato quasi un pacchetto. Aveva bisogno di fumare, in quel momento. Ne aveva bisogno. Doveva distrarsi, non doveva pensare. Non doveva pensare a quello che era successo…

"A cosa pensi, Black?" La voce di Bellatrix lo raggiunse impietosa, come una lama affilata che penetrava nella sua carne.

"A niente" Rispose Sirius, facendo cadere un po' di cenere sul terreno.

Bellatrix si alzò a sedere. "Doveva succedere, Black, lo sai anche tu, è inutile fingere con me" Disse, strappandogli la sigaretta dalle dita e aspirando una boccata di fumo.

"Non doveva succedere proprio nulla, Bella" Sibilò Sirius, con rabbia. Si sentiva macchiato, inesorabilmente.

La ragazza rise sommessamente, sardonica. "Era destino, prima lo accetterai prima ti metterai l'animo in pace" Ribatté, con sicurezza.

Sirius si voltò a guardarla, un'espressione rabbiosa sul viso. "Non esiste il destino" Disse, glaciale.

Bellatrix alzò le spalle. "Come vuoi, Black. Sostieni pure che il destino non esiste, e non avrai scusanti per il tuo comportamento"

"Cosa cazzo stai dicendo?" Sbottò lui, strappando un ciuffo d'erba con violenza.

"Senza il destino, sei tu l'unico responsabile delle tue azioni, caro ribelle di casa Black" -un sorriso maligno si dipinse sul volto di Bellatrix- "Mi hai toccata perché lo volevi, mi hai baciata perché lo volevi, abbiamo…"

"Smettila Bella!" -gridò Sirius, ormai furente- "Io non volevo che succedesse, io non volevo proprio nulla!"

"Davvero?" -domandò lei, senza smettere di sorridere con crudeltà- "Non mi sembrava che fossi sotto l'effetto della maledizione Imperius quando abbiamo fatto sesso…"

"Ti ho detto di smetterla!"

"Non mi sembrava che fossi sotto l'effetto della maledizione Imperius quando ansimavi e mi imploravi…" Continuò lei, senza ascoltarlo.

"Smettila!" Il viso di Bellatrix si piegò quando Sirius la schiaffeggiò con forza sulla guancia destra.

"Cosa vuoi fare, picchiarmi? Vuoi fare del male a me perché tu non sei stato capace di controllarti? Quanto sei stupido…" Bellatrix ormai rideva apertamente, quasi follemente.

"Sparisci Bella, sei solo una puttana" Inveì Sirius, senza guardarla.

Bellatrix si piegò verso di lui. "Come vuoi, Black, ma ti assicuro che tornerai da me, prima di quanto tu creda. È destino…" Gli sussurrò all'orecchio.

"Ti ho detto di sparire, non voglio che ti avvicini più a me, sono stato chiaro?" Rispose Sirius, con voce forzatamente bassa e calma.

Bellatrix si alzò e si strinse nel mantello, una guancia ancora arrossata per lo schiaffo. "Quando non potrai più resistere e verrai a cercarmi, non potrai più far finta che non ti sia piaciuto, Black. A presto…"

Sirius abbassò il capo e si passò le mani fra i capelli, mentre sua cugina si allontanava in direzione del castello, una sagoma scura che spiccava contro il grigio latteo del cielo.

 

***

Le tribune dello stadio di Quidditch erano deserte, ed avevano un'aria spettrale, immerse nella lieve foschia del pomeriggio, che pennellava di bianco le cime degli alberi. Lily si sedette su una delle gradinate, e sbuffò sommessamente. Gli anelli delle porte si stagliavano in tutta la loro altezza, e il campo sembrava diverso da quando vi si disputavano gli incontri di Quidditch. Ogni cosa era intinta in una calma quasi innaturale, mancavano gli striscioni, le macchie delle sciarpe colorate, le grida di incoraggiamento, gli insulti, il riecheggiare del microfono, i volteggi dei giocatori a cavallo delle loro scope. Quel campo viveva solamente per poche giornate ogni anno, per poi giacere in un pigro letargo intorpidito. Lily non amava in modo particolare il volo. Durante le lezioni di Madama Bumb, al primo anno, lei si era sempre sentita inferiore ai suoi compagni e alle sue compagne, ed era riuscita a malapena ad imparare a volare a bassa quota, mentre gli altri si libravano felici nel cielo, ridendo e scherzando fra loro. Eppure il Quidditch le piaceva, e assisteva sempre volentieri alle partite, tifando ovviamente per Grifondoro. Le piaceva, nonostante l'asso della squadra fosse quell'odioso di James. Lily scosse forte il capo, stringendo i pugni.

*Scema, smettila di fartelo venire in mente…*

La ragazza estrasse un piccolo album dalla tasca del mantello, e iniziò a sfogliarne le pagine, con lentezza. Erano delle fotografie, normali fotografie babbane, che aveva scovato nel suo baule quella mattina, cercando un boccetta d'inchiostro. Si era dimenticata di averle, era come se appartenessero ad una vita che non era più la sua…una vita che in un certo senso aveva voluto dimenticare. Lily iniziò ad osservare frammenti della sua esistenza, che le passavano davanti agli occhi, coperti da una sottile patina di cellophane, come tralasciati, chiusi a chiave in una stanza buia. Lei e Petunia alle giostre, una piccola Lily di circa cinque anni, con le treccie sanguigne scompigliate e un enorme lecca lecca in mano, di nuovo lei e Petunia, al parco con i genitori…

Il rumore di passi che riecheggiavano nel silenzio la fece trasalire. Lily alzò lo sguardo, e incrociò gli occhi d'ossidiana di Severus Piton, che stava salendo le gradinate per avvicinarsi a lei.

"Scusami, non volevo spaventarti…" Le disse, raggiungendola e rimanendo in piedi di fianco a lei, lo sguardo basso e la sciarpa verde e argento di Serpeverde avvolta attorno al collo.

"Severus!" -ribattè Lily, incerta- "Io…n-no figurati, non mi hai spaventata…perché non ti siedi?" Gli domandò, sorridendogli.

Severus si sedette, arrossendo leggermente e mordendosi il labbro inferiore. "Grazie…" Disse a bassa voce, stringendo i pugni, le mani appoggiate sulle ginocchia.

"Come facevi a sapere che ero qui?" Lily lo guardò, anche se Severus continuava a tenere gli occhi incatenati al suolo.

"Io….ti ho seguita, quando sei uscita dalla Sala Grande" Rispose lui, con un grande sforzo.

Lily sgranò leggermente gli occhi smeraldini, prima di stringere ancora più forte i pugni, affondando le unghie nei palmi delle mani. "Perché mi hai seguita Severus?" Chiese, rendendosi subito conto della sfumatura fredda e dura presente nella sua voce.

Severus alzò lo sguardo. Sembrava nervoso, e continuava a lisciare pieghe inesistenti sul mantello scuro. "Scusami" -disse infine- "Io volevo solo sapere…sapere se avevi letto la mia lettera"

Lily annuì con un cenno del capo. Si era aspettata quella risposta, ma ora che Severus aveva parlato, si trovava in difficoltà. Non aveva ancora riflettuto bene su quelle poche righe che il ragazzo le aveva scritto, e ora non sapeva cosa rispondere a Severus che la osservava con curiosità mista ad un leggero timore, che traspariva dal suo volto magro. "Severus, io non so cosa risponderti…" -questa volta fu Lily a distogliere lo sguardo- "Ho letto la tua lettera, ma se devo essere sincera non ho ancora deciso se perdonarti o no"

"Ma io non volevo insultarti!" -esclamò lui, un'improvvisa scintilla negli occhi- "E' stata tutta colpa di Potter…lo sai che ci odiamo, e…"

"Lo so, Severus" -lo interruppe Lily, con più dolcezza- "Ma questo non toglie che sei stato tu a chiamarmi Mezzosangue, non lui"

"Io non ti disprezzo perché sei una Mezzosangue" -ribatté Severus con enfasi- "Non penso che tu sia inferiore ai maghi di sangue puro, te lo giuro!"

"Severus, come faccio a crederti?" -chiese Lily, con dispiacere- "Tu…tu sei a Serpeverde dopotutto, si sa come la pensano gli studenti della tua Casa…se fosse per voi io in questa scuola non ci avrei mai messo piede. E poi tu sei un Purosangue…" La ragazza si scostò leggermente da lui, come se temesse la sua reazione.

"Io non sono un Purosangue, Lily" Disse Severus. La sua voce era distaccata e neutra mentre pronunciava quelle parole.

Lily rimase per un istante in silenzio, riflettendo su quanto aveva appena scoperto. Severus Piton non era di sangue puro? Com'era possibile? Serpeverde era da sempre la Casa dei Purosangue, non si ricordava che un babbano di origine ne avesse mai fatto parte. Eppure lui…

"Ma come…" Iniziò la ragazza, guardandolo con occhi sgranati per lo stupore.

"Il Cappello Parlante sapeva benissimo che Serpeverde era per tradizione la Casa dei maghi che non avevano nemmeno una goccia di sangue babbano nelle vene, ma aveva visto un'enorme ambizione in me, una grande voglia di arrivare" -disse Severus, precedendo la domanda che Lily voleva porgli- "E così ha deciso di farmi entrare in quella Casa. Come sai è lui che decide, e la sua decisione non può essere contestata…In ogni caso nessuno ha mai protestato, semplicemente perché tutti hanno dato per scontato che fossi un Purosangue. O hanno preferito far finta di non vedere né sentire…Le famiglie di maghi pure ormai non sono molte, e si conoscono tutte fra loro. I Piton non fanno ovviamente parte di queste, ma nessuno ha sollevato la questione…" Severus aveva parlato in fretta, con voce piatta, come se fosse un automa. Era incredibile come riuscisse a distaccarsi da una questione così delicata, che lo riguardava di persona.

"Io…non lo sapevo" Riuscì a dire Lily, ancora stupefatta.

"Adesso capisci perché non ti disprezzo solo perché sei babbana?" Le domandò lui, abbozzando un lieve sorriso.

"Scusami Severus, io proprio non…"

"Non importa Lily" La interruppe Severus, mentre la sua bocca si distendeva in un sorriso questa volta ampio.

Lily non l'aveva mai visto sorridere. I suoi lineamenti si addolcivano, e in un certo senso acquisiva una bellezza particolare, che si discostava da ogni canone. "Sei perdonato, Severus" Disse, ridendo a sua volta.

*Non sei cattivo come dicono…*

Severus si torse le mani, abbassando gli occhi. "Lily?"

"Sì?" La ragazza lo guardò, incuriosita da quel repentino cambiamento di espressione.

"Io…non l'ho mai detto a nessuno che sono un Mezzosangue…"

Lily gli mise istintivamente una mano sulla spalla. "Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno" Lo rassicurò.

Severus sussultò leggermente per quel contatto, ma subito dopo si rilassò. "Grazie" disse con semplicità, prima di alzarsi.

Lily osservò i suoi movimenti fluidi, il mantello che ondeggiava, i vecchi jeans che indossava.

"Beh…ci vediamo, Lily" Disse ancora, esitante, come se temesse di rovinare quell'armonia precaria che si era creata.

"D'accordo Severus" Rispose lei, con voce allegra.

"Lily…" -il ragazzo si girò verso di lei- "Come hai potuto pensare che potessi disprezzare l'unica ragazza che mi abbia mai trattato come una persona normale?"

Severus scese le gradinate con velocità, come se volesse scappare da quella rivelazione e dalle conseguenze che avrebbe potuto portare. Lily rimase seduta ad osservarlo mentre si allontanava, sentendo le guance tingersi di rosso.

 

***

Sirius si chiuse la porta del dormitorio alle spalle, e si gettò sul letto.

"Felpato! Dove cazzo eri finito?" La voce di Remus lo raggiunse da un luogo che gli sembrava molto lontano. Anche se teneva gli occhi chiusi, Sirius poteva sentire gli sguardi dei suoi amici posarsi di lui, indagatori e curiosi. "Ero in giro" Rispose, a bassa voce. Chiuse ancora di più le palpebre, finchè puntini di luce bianca iniziarono a danzare davanti a lui, immersi nel buio. Vedeva gli occhi blu di Bellatrix, vedeva le sue mani che gli toglievano il mantello, vedeva la sua pelle bianca e liscia…

"Come sarebbe a dire eri in giro?" Il tono di voce di James era leggermente irritato.

"Ero in giro, Jamie, non mi sembra di dover dire chissà che cosa" Ribatté Sirius. Si sentiva stanco, e poteva quasi percepire le macchie di vergogna disegnate sul suo corpo. Le macchie dello sbaglio che aveva fatto…e che avrebbe portato con sé per sempre. Come aveva potuto fare l'amore con Bellatrix? Lei era l'emblema di tutto quello che aveva sempre odiato. Lei era una Black, lei era una Serpeverde, lei inneggiava alla purezza assoluta di sangue, lei disprezzava i babbani e i °diversi°…Eppure lui non era riuscito a controllarsi. Una calamita troppo potente l'aveva portato fra le braccia di quella ragazza, e la sua mente si era annebbiata, la sua volontà era stata cancellata con un colpo di spugna. Quella ragazza che era anche sua cugina

"Non ti sembra di dover dare spiegazioni?!" -continuò James, questa volta piuttosto stizzito- "Ci svegliamo e tu non ci sei, stai via tutta la mattina e non vieni nemmeno a pranzo…Avresti almeno potuto degnarti di avvertire, potevamo anche essere preoccupati!"

Sirius sentiva l'odore di Bellatrix che lo avvolgeva, sentiva le sue labbra che lo baciavano, sentiva gli strascichi di quel piacere sbagliato che aveva provato…

"Almeno potresti risponderci, Sir…" Intervenne Remus, con calma.

Sirius vedeva Bellatrix avvinghiata a lui…

Aprì gli occhi di colpo, e la luce lo colpì come una lama. "Sapete cosa vi dico?" -gridò, con rabbia- "Dovete lasciarmi in pace! Non sono più un bambino cazzo, siete peggio di una madre!"

Remus e James lo guardarono stupiti, e un'ombra addolorata scurì i loro volti.

"Dovete solo lasciarmi in pace…" Continuò Sirius, con fare quasi lamentoso.

Poi si alzò e lasciò la stanza, chiudendosi con violenza la porta del dormitorio alle spalle. James e Remus si guardarono e sospirarono, prima di tornare a sfogliare senza la minima attenzione i loro libri di Trasfigurazione.

 

***

Eccomi qua, con un giorno di anticipo…questo capitolo non mi soddisfa per nulla, scusate se fa un po' schifo *_* Il problema è che sono stata assalita da un atroce blocco dello scrittore…spero che passi presto!

Ho visto che quello che è successo fra Sirius e Bella vi ha forse lasciati un po' perplessi…il fatto è che io sono una grande fan di questa coppia, quindi non potevo non inserirla nella mia fic ^.^" Tecnicamente il loro non sarebbe nemmeno un incesto, perché una volta ci si sposava molto spesso fra cugini, e penso che succeda ancora…

Grazie veramente di cuore a chi legge e a chi mi lascia delle recensioni piene di complimenti, GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!!

Beh, spero di riuscire presto a postare un nuovo capitolo…Bye! ~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


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Sirius diede un'occhiata all'orologio, e si lasciò sfuggire un breve sospiro. Era mezzanotte passata, e la Sala Comune di Grifondoro era ormai deserta, ad eccezione di un paio di ragazzine del secondo anno che lo stavano fissando con aria adorante, appollaiate su due poltrone rivestite di liso velluto color porpora. Non era sceso a cena, e il suo stomaco reclamava con indignazione del cibo. Gli occhi gli bruciavano per il sonno, e la testa gli doleva fastidiosamente. Sentiva i nervi tesi come corde di violino, e aveva bisogno di parlare con qualcuno. Qualcuno come James e Remus…ma solo poche ore prima lui stesso li aveva trattati in malo modo, quando si erano offerti di aiutarlo. Erano preoccupati, e lui non aveva trovato nulla di meglio da fare se non andarsene urlando di lasciarlo in pace.

*Complimenti, Felpato…*

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, che scendevano a ciuffi a coprirgli quasi del tutto gli occhi di ghiaccio, fissi sulle braci che stavano morendo nel grande camino di pietra. Non si accorse di James che si stava avvicinando a lui finchè quest'ultimo non gli rivolse la parola.

"Ehi" Disse semplicemente James, sedendosi su una poltrona accanto a Sirius. Indossava un paio di pantaloni di felpa e una vecchia maglietta troppo grande, ma anche in pigiama riuscì a mandare in estasi le due ragazze, che non accennavano a salire nel loro dormitorio, e che iniziarono a ridacchiare a bassa voce.

"Ehi Ramoso, vedo che riscuoti successo come sempre…" Disse Sirius, laconico.

James fece spallucce. "Si fa quel che si può…" -un sorriso comparve rapido sul suo volto- "Tu piuttosto come stai?"

"Io ti devo chiedere scusa James" -ribatté Sirius, continuando a tormentare una ciocca corvina con un dito- "Sono stato un vero stronzo, prima"

Il sorriso di James si allargò. "Non posso darti torto, Felpato…"

"E' che sto male James, e mi sono saltati i nervi…"

James annuì. "Io e Remus l'avevamo capito…per questo non ci siamo arrabbiati con te, altrimenti a quest'ora non saresti più su questa terra!"

"Non sai che paura mi fate!" Esclamò Sirius ironicamente, dando un pugno sulla spalla dell'amico.

"Sirius…che cosa ti succede?" Chiese James, tornando serio.

Il silenzio calò per qualche istante nella stanza, interrotto solo dai passi delle due studentesse che si erano decise a lasciare la Sala Comune. "Io…non so se ho voglia di parlarne" Rispose Sirius, abbassando gli occhi. Anche le ultime braci si erano spente, e il buio li avvolgeva.

James guardò l'amico, ma non riuscì ad incontrare il suo sguardo. "Lo sai che ti puoi fidare di noi, vero?"

"Sì, James, ma…"

"Come vuoi" -lo interruppe il ragazzo, spettinandosi i capelli con una mano- "Io adesso vado a dormire, o domani rischio di addormentarmi a lezione con la McGrannitt…Comunque se cambi idea sai dove siamo, io e Lunastorta…" James si alzò, e si diresse verso le scale che portavano ai dormitori maschili.

"Jamie aspetta" La voce esitante di Sirius lo raggiunse quando aveva già salito un paio di gradini.

James si voltò verso l'amico. I suoi occhi blu ora scintillavano quasi nell'oscurità, appena squarciata da un paio di candele color crema, che si stavano lentamente sciogliendo.

"Ho fatto sesso con Bella oggi" Sirius pronunciò quella manciata di parole velocemente, e subito iniziò a fissare con ostinazione un punto del tappeto ai suoi piedi, dove alcuni fili tirati rovinavano un bel ricamo rosso e oro. Sentì i passi di James che tornavano verso di lui, e alzò lo sguardo quando la mano dell'amico si posò sulla sua spalla.

"Odio dovertelo dire, Sir, ma la cosa non mi sorprende"

Sirius alzò lo sguardo verso di lui, gli occhi sgranati dalla sorpresa. "Come…"

"Ti si leggeva in viso, Felpato" -continuò James, con calma- "Si vedeva da come la guardavi ogni giorno in Sala Grande, e poi quell'incontro alla torre di Astronomia…avevamo capito che stava nascendo qualcosa fra voi due, anche se speravamo non arrivaste a questo punto, devo ammetterlo"

Sirius aprì la bocca per ribattere, ma James lo fermò con un gesto della mano. "Aspetta, Sirius. Non sei obbligato a raccontarmi perché è successo, se non te la senti. Ma ti prego, lascia perdere Bellatrix Black…quella ragazza ha qualcosa di diabolico"

Sirius rise, una risata amara e fredda. "Non mi dici nulla che io non sappia già Jamie. È mia cugina, la conosco bene, troppo bene…Come credi che stia adesso? Non sono stato in grado di respingerla, ho fatto una cosa di cui mi pentirò in eterno…lei rappresenta tutto quello che ho sempre odiato, quello per cui sono scappato di casa, rinnegando le mie origini. Eppure…" Sirius strinse i pugni, mentre la sua voce si venava di rabbia.

"Felpato, l'unica cosa che puoi fare adesso è dimenticarti dell'esistenza di Bella" -disse James, comprensivamente- "E' stata lei a cercarti, e la vostra è stata solo attrazione fisica…non lasciare che ti rovini"

Sirius annuì, lentamente. Si sentiva ancora più stanco, ma non voleva dormire. Temeva che il suo sonno si sarebbe trasformato in un incubo, un incubo in cui lui cadeva in un vortice senza fine, insieme a Bellatrix.

"Beh, io salgo…vieni anche tu?" Gli domandò l'amico.

"Rimango ancora un po' qui, ti dispiace?"

James scosse il capo. "Buonanotte Sir…e pensa a quello che ti ho detto"

Sirius osservò l'amico mentre si allontanava, poi si alzò e si avvicinò alla finestra. Il cielo si era liberato di tutte le nubi, e alcune stelle brillavano, bianche e irraggiungibili. Sirio sembrava ridere di lui, beffardo, incurante dell'angoscia che lo attanagliava. E Bellatrix era lì accanto, luminosa come un diamante.

*E' stata solo attrazione fisica, non si ripeterà più…spero davvero che tu abbia ragione, Jamie…*

 

***

Bellatrix entrò nell'aula di Pozioni, e gettò a terra la borsa di tela nera, con noncuranza. Solo dopo essersi seduta, le gambe accavallate con grazia, si accorse di non essere sola nel sotterraneo, nonostante mancassero almeno venti minuti all'inizio della lezione.

"Buongiorno Bella" La voce melliflua di Lucius Malfoy la raggiunse. La ragazza si voltò e vide che era seduto in fondo alla classe, le gambe sul banco davanti a lui, la testa appoggiata al muro e la solita espressione spavalda dipinta sul bel volto. Aveva i capelli biondi e lisci sciolti, a sfiorargli appena le spalle, e i suoi occhi trasparenti la osservavano penetranti.

"Malfoy…" Disse lei, per poi tornare a girarsi e tirare fuori dalla borsa una bella piuma dalle sfumature blu e un pezzo di pergamena.

"Come mai sei arrivata così presto stamattina?" Le domandò lui, con noncuranza.

"Sei stai cercando di fare conversazione prova a trovare qualcosa di meglio, Lucius" Ribatté Bellatrix, senza girarsi.

Lucius si alzò, e con pochi passi le fu di fronte. Si piegò in avanti, per vederla in viso, e poi le sorrise, sardonico. "Sei sempre di così cattivo umore oppure il problema sono io?"

Bellatrix continuò a scarabocchiare sul foglio, intingendo la piuma in una boccetta di inchiostro verde smeraldo. "Diciamo che non ho voglia di parlare con te, Malfoy, soprattutto a quest'ora del mattino"

Il ragazzo le sollevò il mento con due dita, obbligandola a fissarlo. "E' un peccato, Bellatrix" -disse, continuando a sorridere- "Quando sposerò tua sorella Narcissa diventeremo parenti, e dovremo andare d'accordo…"

Bella scostò le dita di Lucius dal suo viso, con un gesto brusco della mano. "Non vedo perché dovrei andare d'accordo con la persona che sposerà mia sorella dopo averla tradita a suo piacimento per anni, Lucius" Esclamò, sorridendo a sua volta, una luce maligna negli occhi.

"Potrei anche offendermi…" Ribatté lui, fingendosi indignato.

"Andiamo Malfoy…lo so benissimo che ti sei portato a letto mezzo dormitorio femminile di Serpeverde" Bellatrix aveva ricominciato a imbrattare la pergamena con macchie di inchiostro che faceva colare dalla punta della piuma e con piccoli ghirigori confusi.

Lucius si concesse un'espressione falsamente preoccupata. "Oddio…non dirai nulla a Narcissa, vero Bellatrix?" -disse, con voce lamentosa, intrisa di sarcasmo- "Anche perché in questo caso sarei costretto a rivelare a tutta la scuola quello che ho visto…" Terminò, in tono malizioso.

Bellatrix smise di scrivere, e alzò gli occhi, che tradivano una leggera preoccupazione. "E che cosa avresti visto di così sconvolgente?" Domandò, mantenendo il controllo.

"Sai…l'altra mattina non sapevo proprio cosa fare, e sono uscito da scuola, per andare a fare una passeggiata…Ho costeggiato il lago, convinto di non trovare nessuno in giro con quel freddo…"

Gli occhi di Bellatrix si dilatarono. "E allora? Non mi pare che sia una notizia così sconvolgente" Incalzò, fingendo di non capire.

"Lasciami finire, Bella. Ad un certo punto ho capito che non ero il solo ad apprezzare il parco di domenica mattina…c'erano due persone, lungo l'altra sponda, e penso che non sentissero per nulla il freddo, nonostante fosse davvero intenso…" Gli occhi di Malfoy brillavano di perfidia.

"Continuo a non capire" Disse la ragazza, anche se ormai sapeva che continuare a recitare la parte dell'ingenua non avrebbe avuto molto senso.

Lucius appoggiò i palmi delle mani sul banco, ai lati di Bellatrix. "Lo sai benissimo di cosa sto parlando. Sto parlando di te e del tuo caro cuginetto Sirius che scopavate sul prato. Piuttosto imprudente concedersi simili svaghi in un luogo dove potrebbe passare chiunque, non credi?"

Bellatrix rise brevemente. "D'accordo Lucius, cosa devo fare per farti stare zitto?"

Il ragazzo rise a sua volta. "Vedo che inizi a ragionare, l'ho sempre sostenuto che sei una ragazza intelligente…Tu non dire nulla a Narcissa dei miei…passatempi, e io farò altrettanto con i tuoi"

La ragazza lo squadrò per qualche istante. "Accetto" Disse infine, tornando ad impugnare la sua piuma e passandosela distrattamente sulla guancia.

Lucius annuì soddisfatto, e tornò verso il fondo dell'aula, sedendosi al suo posto. "Posso sapere una cosa?" Chiese.

Bellatrix annuì, senza girare il capo.

"Perché proprio Sirius Black? Non hai già abbastanza ragazzi ai tuoi piedi?"

Bella si voltò, lanciandogli un'occhiata penetrante. "E' questo il problema, Malfoy. Ho tutti i ragazzi che voglio, ma non lui"

Lucius osservò la ragazza girarsi nuovamente, la chioma corvina che seguiva i suoi movimenti ondeggiando, e incrociò le braccia dietro la testa, sorridendo.

 

***

Lily era entrata nella serra di Erbologia da qualche minuto quando la porta del piccolo edificio si aprì, rivelando la maggior parte della classe. Gli studenti e le studentesse iniziarono a prendere posto dietro gli alti tavoli, ingombri di sacchi di terriccio, attrezzi vari e piante. Lily si legò i capelli, in modo che non la infastidissero mentre lavorava, e iniziò a guardare oltre lo spesso vetro rigato della serra. Si intravedeva appena una porzione di prato, con l'erba che aveva perso del tutto quel colore brillante che aveva d'estate, e in lontananza l'ingombrante figura di Hagrid, che si dirigeva verso il castello. La ragazza si riscosse solo quando la professoressa Sprite richiamò la loro attenzione, spiegando cosa avrebbero dovuto fare quella mattina. Quando si girò per iniziare a potare un grosso cespuglio pieno di sfavillanti fiori rossi, la cui polvere era un ingrediente utile per la preparazione di varie pozioni, Lily si accorse di chi fosse il suo compagno di lavoro, e trasalì.

"Potter!" Esclamò, senza riuscire a trattenersi.

James era avvolto nella sciarpa rossa e oro di Grifondoro, e le sorrise. "Buongiorno Evans" -disse allegramente, afferrando un paio di grandi forbici- "Come va?"

Lily sbuffò a mezza voce. Aveva cercato in tutti i modi di evitare James, dopo la sera della punizione, e adesso se lo trovava di fianco a lezione…perché non era vicino ai suoi maledetti amici? Perché non si decideva a lasciarla in pace? Perché aveva visto nello Specchio delle Brame un'immagine dove loro due erano abbracciati? Era quello che desiderava davvero…

"Potresti anche rispondere Evans…non ti mangio mica!" Continuò James, leggermente piccato.

Lily iniziò a togliere alcune foglie secche dal suo cespuglio, con gesti bruschi. "Andrebbe benissimo se non ci fossi tu vicino a me, Potter" -disse, glaciale, anche se sentiva che le sue guance stavano diventando sgradevolmente calde- "Come mai non sei insieme ai tuoi amici?" Domandò poi, indicando con un dito Remus, Sirius e Peter, che lavoravano alle loro piante a un tavolo poco più avanti, ridacchiando e parlando con un paio di ragazzi.

James scrollò le spalle. "Volevo stare vicino a te stamattina" Rispose, con semplicità.

Lily si sentì avvampare, e si chiese come diavolo facesse quel ragazzo a mantenere sempre la stessa espressione imperturbabile. Il suo viso non arrossiva mai, né quando rispondeva per le rime ai professori, né quando veniva punito, né tanto meno quando chiedeva ad una ragazza di uscire con lui. Lily sentì di invidiarlo. Lei era troppo emotiva, troppo timida, troppo insicura.

"Evans?" -proseguì James, posando per un attimo i suoi forbicioni da potatura sul tavolo di legno rosso e guardandola negli occhi- "Posso chiederti una cosa?"

Lily distolse subito lo sguardo da quello del ragazzo, e annuì con il capo.

"Ecco…volevo chiederti se ti sei arrabbiata per qualcosa che ho fatto" Disse lui, fingendo di affaccendarsi intorno al cespuglio per far cessare le occhiate fulminanti che la professoressa Sprite gli stava rivolgendo.

"E perché dovrei scusa?" Domandò Lily, aspra.

"Non so…mi sei sembrata strana la sera della punizione" Spiegò James.

Lily rimase un attimo in silenzio. Che Potter sapesse qualcosa? Come aveva fatto ad accorgersi che era °strana°? Forse era un osservatore più abile di quanto lei non credesse, forse non era poi superficiale come sembrava…o forse lei era fin troppo trasparente nel manifestare le sue emozioni. "No, non sono arrabbiata con te Potter" -disse infine- "Non più del solito almeno" Aggiunse, con una vena sarcastica nella voce.

James la guardò di nuovo per un istante. "Sei sicura?"

"Ti ho detto di sì Potter, sei sordo per caso?" Sbottò Lily. Perché insisteva? Se avesse continuato a farle domande avrebbe rischiato di rivelargli qualcosa. Di rivelargli che non riusciva a smettere di pensare a cosa le aveva rivelato quel dannato specchio…

James sorrise sornione. "Quel tono non mi convince per nulla, Evans…avanti, dimmi cosa ti turba…" Il ragazzo si stava chiaramente divertendo a prendersi un po' gioco di lei, ma Lily smise di tagliare rametti e fiori appassiti e lo fissò, un'espressione seria e preoccupata dipinta sul viso.

"Ti ho detto che non c'è niente Potter" Ribatté, irritata.

"Avanti, a me puoi dirlo…" -continuò imperterrito James, sempre ridendo sotto i baffi- "Abbiamo condiviso quella punizione e tutto quello che è successo, non spiffererò nulla…"

"Ti ho detto che non sono arrabbiata con te, lo vuoi capire?!" Lily alzò il tono di voce, anche se gli altri studenti, che stavano chiacchierando fra di loro, non se ne accorsero. La ragazza urtò per sbaglio un fiore con il gomito, e la polverina iridescente che ricopriva i suoi petali scarlatti si rovesciò sul tavolo.

"Attenta Evans!" James afferrò con rapidità la mano di Lily, e la spostò appena prima che la polvere le cadesse sulla pelle.

"Ma che cazzo fai?" Sibilò lei, liberandosi dalla sua presa.

"Quella polvere può provocare gravi dermatiti se viene a contatto con la pelle, non lo sapevi? Non avevi i guanti, volevo solo aiutarti…" Esclamò lui, leggermente risentito.

"Oh…" -Lily si sentì arrossire per la rabbia e l'imbarazzo- "Allora grazie…"

"Non c'è di che…" -disse James, allegro- "Comunque…io so perché sei così strana in questi giorni…" Il ragazzo riprese il discorso da dove era stato interrotto pochi istanti prima, senza arrendersi.

Lily alzò gli occhi al cielo. "Non farmi pentire di averti ringraziato Potter…"

"Tu mi stai evitando Evans" -James non diede segno di averla sentita parlare- "E mi eviti perché nello Specchio delle Brame hai visto noi due e sei rimasta sconvolta…" Il ragazzo le sorrise apertamente, gli occhi nocciola che scintillavano di una luce ironica.

Lily lasciò cadere con un tonfo le grosse forbici che reggeva.

"Attenta Evans! Volevi castrarmi?" Esclamò James, ridacchiando.

Lily lo guardò, gli occhi sgranati, la pelle chiara più pallida del solito, le efelidi che spiccavano sulle guance. "Cos'hai detto?" Disse, atona.

"Ti ho chiesto se avevi intenzione di castrarmi Evans!" Rispose James, sempre ridendo.

Lily scosse la testa. "Prima" Aggiunse. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere, e stringeva convulsamente le mani a pugno.

"Ti ho detto che mi eviti perché nello Specchio delle Brame hai visto noi due!" Disse lui, come se fosse la cosa più ovvia.

Lily lo squadrò, assumendo un'espressione furibonda. "Sei uno stronzo Potter!" Sibilò, avvicinandosi a lui.

James rispose al suo sguardo con smorfia perplessa. "Ma cosa stai dicendo?"

"Sto dicendo che mi hai mentito! Mi avevi detto che non potevi vedere quello che lo Specchio mi aveva mostrato! Sei solo un montato Potter! Credi di avere tutti ai tuoi piedi vero?!" Lily teneva le mani puntate sui fianchi, gli occhi che lanciavano dardi fiammeggianti, la voce carica di disprezzo e ira.

"Evans non so di cosa stai parlando, ti giuro!" Esclamò James, sincero.

"E invece lo sai benissimo!" -Lily iniziò a gridare, dimentica degli altri Grifondoro, che ora li stavano osservando, incuriositi- "Hai visto quello che quello Specchio maledetto mi ha mostrato! Ora sarai contento, potrai pavoneggiarti con i tuoi amici e umiliarmi…Scommetto che mi hai portata là apposta! Sospettavi che avrei visto…quello, volevi una conferma…Sarai soddisfatto immagino, hai ragione Potter, hai ragione va bene?!" Lily era paonazza, aveva parlato senza fermarsi e ora ansimava leggermente.

"Cosa sta succedendo qui? Smettetela subito o dovrò darvi una punizione!" La voce della professoressa Sprite sovrastò il chiacchiericcio eccitato degli studenti, che davano l'impressione di divertirsi molto.

"Oh non si preoccupi prof…ordinaria amministrazione, James e Evans si stanno dichiarando amore eterno…" Sirius rise sardonico, prima di tornare a girarsi, zittito da un eloquente gesto dell'insegnante.

Nel frattempo James era ancora intento ad osservare Lily, sconvolto. "Evans, io in quello Specchio potevo vedere solo il mio desiderio, non il tuo! Stai delirando, non capisco cosa cazzo stai dicendo!" Esclamò, nel tentativo di difendersi.

"Non ti credo Potter!" -ribatté lei, sempre più infuriata- "Non mi fiderò mai più di te, e maledetto il giorno in cui ho creduto che tu non fossi poi così arrogante e insopportabile in ogni cosa che fai!"

"Evans, spiegami perché mi stai urlando addosso, perché proprio non l'ho capito!" Disse James, esasperato.

"Potter, Evans, adesso basta! Non costringetemi a prendere provvedimenti e tornate a lavorare!" Intervenne la Sprite, raggiungendoli.

"Ti odio Potter" Ringhiò Lily, mentre afferrava la sua borsa.

"Evans dove vai?! Voglio una spiegazione!" Esclamò lui, cercando di bloccarla.

Lily lo fulminò con gli occhi smeraldini. "Se non riesci a capirlo vuol dire che non sei nemmeno così intelligente come sembra, Potter"

La ragazza attraversò la serra e, senza aggiungere altro, uscì facendo sbattere la porta con violenza. James piegò la testa, fissando i grossi fiori rossi del suo cespuglio, e battè un pugno sul tavolo, con forza. Subito dopo emise un gemito soffocato. La sua mano sinistra era arrossata e si stava coprendo con rapidità di grosse bolle. James osservò la polverina cangiante che era sparsa sul legno, e imprecò a bassa voce.

*Mi rovinerai, Evans…* Pensò, sconsolato, prima di chiamare la professoressa Sprite e chiederle il permesso di andare in infermeria.

 

***

Lily entrò di corsa nel bagno delle ragazze al secondo piano. Era più grande di quelli degli altri piani, ma era sempre deserto, perché infestato dal fantasma di una ragazza, morta proprio a Hogwarts anni prima. Lily si guardò in uno degli specchi che sovrastavano i lavandini. Aveva gli occhi leggermente arrossati, e le guance macchiate di kajal nero, che si era sciolto a causa delle lacrime. Aveva tentato di non piangere, ma non era stata capace di trattenersi. Potter sapeva tutto…Potter sapeva di quello che aveva visto…Potter era solo uno stronzo arrogante…

*Perché desidero proprio lui?*

Lily aprì il rubinetto, e si sciacquò il viso con dell'acqua fredda.

"Ohhh…piangi perché il fidanzato ti ha lasciata?" Una vocina sottile la raggiunse. Lily si voltò e si trovò di fronte il fantasma di una ragazza magra, con due corti codini e un paio di grandi occhiali, che le sorrideva, falsa.

"Lasciami stare Mirtilla" Disse Lily, stancamente.

Mirtilla Malcontenta la guardò con attenzione. "Ooooh…scusa, mi sono sbagliata…" -esclamò, ironica- "Non puoi avere un fidanzato, tu….sei troppo brutta, nessuno ti vorrebbe…"

Lily scrollò le spalle. "Lasciami stare per favore…" Ripeté, sempre più esasperata.

"E poi sei antipatica, e stupida, e…" Continuò Mirtilla, imperterrita.

"Lasciala stare Mirtilla, nessuno ti ha interpellata" Una voce maschile interruppe il fantasma, che si voltò di scatto. La porta dell'ultimo cubicolo si aprì, e ne uscì Severus Piton, una sigaretta stretta fra le dita.

Mirtilla lo guardò con aria maliziosa. "Mi ero dimenticata di lui…è un ragazzo, ma viene qui spesso…Dovrei dirlo a qualcuno, ma di solito è gentile con me…e poi è anche cariiiino…" Il fantasma sembrava parlare più fra sé e sé che con Lily, che osservava Severus, a dir poco stupita.

Severus alzò le spalle, per poi rivolgersi a Mirtilla. "Mirtilla, vai via, per favore…"

Mirtilla iniziò a piagnucolare. "Ooooh, sei cattivo! Quando verrai di nuovo ti manderò via, oh sì…" Il fantasma continuò a singhiozzare con fare drammatico, prima di infilarsi nello scarico di un lavandino e sparire gorgogliando nei tubi.

"Severus, ma…" Iniziò Lily.

"Lo so che questo è il bagno delle ragazze" -la interruppe lui- "Ma non ci viene mai nessuno, soprattutto in orario di lezione, ed è il posto migliore per fumarsi una sigaretta in santa pace…" -Severus alzò la mano, dove ancora stringeva la sigaretta, che profumava vagamente di cioccolato e menta- "Sai, sono diventato un fumatore accanito ultimamente, è difficile resistere per tutta la mattina…" Aggiunse, mentre un piccolo, esitante sorriso si dipingeva sul suo volto.

Lily sorrise a sua volta. "Ma non ti fanno male? Tutto quel tabacco…"

Severus diede una boccata di fumo, prima di risponderle. "Non sono sigarette babbane, queste non contengono tabacco, anche se ce ne sono anche di quel tipo…" Spiegò.

"…Posso?" Domandò Lily, incerta.

Severus le allungò un pacchetto blu cobalto, e la ragazza afferrò una lunga sigaretta avvolta in una carta dello stesso blu dell'involucro. Se la accese con la bacchetta, e aspirò. Subito dopo iniziò a tossicchiare, provocando la risata di Severus.

"Scusa, non volevo ridere…" -disse lui, vedendo che Lily lo stava guardando un po' indispettita- "Non preoccuparti, succede se non hai mai fumato prima"

Lily alzò le spalle. "Non è male comunque…"

Lui le sorrise di nuovo.

"Severus?"

Il ragazzo alzò gli occhi scuri. "Sì?"

"Grazie per prima"

"Di niente…Comunque scusami, non volevo spiarti, ma ero là dentro e non ho potuto fare a meno di stare a sentire…" Le rispose Severus, imbarazzato.

"Non preoccuparti Severus, non importa…e poi hai mandato via Mirtilla!" -disse Lily, allegra- "Andiamo? Tu dovresti essere a lezione, o sbaglio?"

Severus annuì, riluttante. "Due ore di Storia della Magia…non puoi capire che noia"

Lily rise brevemente, mentre uscivano dal bagno. Quando arrivarono davanti alla classe di Storia della Magia, i due si fermarono.

"Beh, ci vediamo Severus…" Esclamò Lily, senza sapere bene cosa dire.

Severus annuì. "D'accordo, ci vediamo"

La ragazza si voltò e si diresse verso le scale che l'avrebbero portata ai piani superiori.

"Lily, aspetta!"

Lily, già in fondo al corridoio, si voltò.

"Qualunque cosa ti abbia fatto Potter, non merita le tue lacrime" Disse Severus, serio.

Lily lo guardò, stupita. "Ma come…"

"Come ho fatto a capirlo?" -la interruppe lui- "Ormai lo conosco…e conosco un po' anche te" Aggiunse, senza riuscire a non arrossire leggermente.

"Cercherò di seguire il tuo consiglio…" Disse lei.

"Ah….questo puoi tenerlo!" Severus estrasse dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette e glielo lanciò.

Lily lo afferrò al volo e lo infilò nella borsa. "Grazie Severus!" Esclamò felice, prima di girarsi nuovamente e sparire dopo pochi istanti, inghiottita dalle scale.

Severus si concesse un breve sorriso, prima di aprire la porta dell'aula e tornare a far finta di seguire la lezione del professor Ruf.

 

***

Questa settimana come previsto non ho quasi nulla da fare, quindi sono riuscita ad aggiornare prima…anche se scrivere 5 o 6 pagine decenti con Word in ogni caso non è un'operazione breve ^^"

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, sicuramente sono più soddisfatta di questo che di quello precedente!

Ho inserito Mirtilla perché se c'era già al tempo in cui Tom Riddle frequentava Hogwarts a maggior ragione doveva esserci nel periodo del Malandrini…anche la professoressa Sprite se non sbaglio c'era già, e Ruf anche!

Grazie mille a chi legge la mia fic e a chi la recensisce, siete fantastici, davvero ^_^

Baci e a presto!!

~Flea~

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Nuova pagina 1

 

«       Capitolo 16

 

James era sdraiato sul suo letto, le mani incrociate sopra la testa, il libro di Pozioni abbandonato sul pavimento, gli occhiali appoggiati sul comodino. Con la bacchetta stretta nella mano destra, faceva volteggiare a mezz'aria la sua sciarpa rossa e oro, e la striscia di lana si avvolgeva e si dispiegava velocemente, simile ad un serpente colorato. Quando la porta del dormitorio si aprì, il ragazzo intravide il viso di Remus attraverso le pieghe della stoffa, e le sue labbra si incresparono in un lieve sorriso.

"Ciao Lunastorta…" Disse, la voce venata di un'inusuale stanchezza.

"Dov'eri finito? Ti aspettavamo di sotto per andare a cena…" Remus scostò un ciuffo di capelli biondi dalla fronte, e si lasciò cadere sul tappeto che copriva il pavimento di legno, il capo appoggiato al letto di Peter, che in quel preciso momento si stava con tutta probabilità abbuffando nella Sala Grande.

James continuò a muovere la bacchetta con piccoli gesti del polso, e sbuffò sommessamente. "Non ho tanta fame stasera…" Rispose, stropicciandosi gli occhi.

Sul viso di Remus si dipinse un'espressione comprensiva e ironica allo stesso tempo. "Scommetto che c'entra la °piccola° discussione con Evans di stamattina…"

James sollevò un sopracciglio. "Dirti che non è così non servirebbe a nulla, vero?"

L'amico annuì con enfasi. "Precisamente"

James sbuffò di nuovo, più forte. "Che vuoi che ti dica…non capisco proprio che cazzo le ho fatto stavolta!"

Il ragazzo chiuse gli occhi, e subito un'immagine di Lily che gli urlava contro tutto il suo disprezzo gli invase la mente. Aveva cercato di essere gentile con lei, aveva cercato di comportarsi normalmente, senza esibirsi né pavoneggiarsi, aveva cercato di farla ridere e di essere in qualche modo simpatico…e l'unico risultato che aveva ottenuto era stata la solita razione di insulti più o meno offensivi. James stava incominciando a perdere fiducia. Non aveva mai dovuto faticare per ottenere qualcosa, che fosse la vittoria in una partita di Quidditch o un appuntamento con la ragazza più carina della scuola. E ora invece…ora riceveva di continuo dei categorici due di picche, per di più dall'unica studentessa che trovava davvero interessante. Quando erano stati puniti insieme, si era instaurata fra loro una tregua, tanto corta quanto piacevole. Avevano parlato come due persone °normali°, avevano percorso i corridoi fino al settimo piano cercando di non farsi cogliere in flagrante da Gazza, avevano compilato i registri della biblioteca. Poi, nella Sala Comune, Lily aveva anche accettato il giglio che lui le aveva regalato…per un attimo gli era sembrato che il loro rapporto fosse migliorato. E invece tutto si era di nuovo incrinato, forse addirittura rotto definitivamente. La frustrazione era decisamente uno stato d'animo quasi sconosciuto per James Potter.

"Possibile che tu non riesca a capire?" La voce di Remus lo riportò alla realtà.

"Capire cosa?" Chiese, un'espressione interrogativa dipinta sul volto.

Remus gli lanciò un'occhiata assassina. "Jamie, non mi dire che non hai davvero capito perché Evans si è arrabbiata così tanto con te!"

"E' grave?" Domandò James, con tono leggermente allarmato.

L'amico alzò gli occhi al soffitto. "E io che pensavo che fossi intelligente! Allora…prova a pensare a cosa le hai detto…"

"Ma ve l'avrò ripetuto almeno una decina di volte oggi!" Protestò James.

"Tu pensaci lo stesso"

"Le ho detto che mi stava evitando perché nello Specchio delle Brame aveva visto noi due…"

"E lei come ha reagito?" Chiese Remus, che si comportava come un maestro molto paziente che doveva insegnare l'abc ad un bambino.

"Beh…" -James aggrottò leggermente le sopracciglia- "Subito ha lasciato cadere le forbici che aveva in mano e mi ha quasi castrato…poi…non so, mi è sembrata più pallida…e alla fine si è infuriata e ha iniziato ad insultarmi!"

"Appunto…"

"Appunto cosa?"

"Oddio Ramoso…proprio non ci arrivi eh?" -esclamò Remus, esasperato- "Non ti sei chiesto perché abbia reagito così?"

"Si che me lo sono chiesto…è stata una reazione esagerata, stavo scherzando!" Ribatté il ragazzo.

"James…" -continuò Remus- "Evans ha reagito in questo modo perché probabilmente non aveva capito che stavi scherzando…probabilmente pensava che stessi parlando sul serio!"

"Ma in ogni caso mi sembra…" -iniziò James- "…Un momento…se Evans non aveva capito che stavo scherzando e si è incazzata, è perché…" Un'espressione a dir poco stupita si dipinse sul volto di James, che smise di agitare la bacchetta. La sciarpa rossa e oro di Grifondoro gli cadde sul viso, e lui la scostò con un gesto impaziente.

Remus gli rivolse un sorrisetto. "Finalmente ci sei arrivato…Lily si è arrabbiata perché deve essersi davvero vista insieme a te nello Specchio delle Brame, e l'idea che tu lo sapessi l'ha gettata nel panico…Ha pensato che tu le avessi mentito, ha pensato che tu l'avessi fatta specchiare solo per poi prenderti gioco di lei"

James si passò una mano fra i capelli, come per calmarsi. "Oh cazzo…"

Remus annuì. "Mi sembra una frase appropriata…" Disse, leggermente sardonico.

 

***

Seduta al tavolo di Serpeverde, una ragazza scrutava torva i suoi compagni di Casa. Il suo piatto era quasi vuoto, e lei mangiava con movimenti lenti, controvoglia. Aveva lunghi capelli biondi, lisci, che le sfioravano quasi la vita, e grandi occhi di un azzurro intenso. La sua pelle era molto chiara, quasi bianca, e solo le guance erano leggermente rosate. La sua divisa era impeccabile, la cravatta verde e argento annodata alla perfezione, la gonna grigia a pieghe che le scopriva le ginocchia, il maglioncino dello stesso colore che lasciava intravedere il colletto della camicia bianca. Narcissa Black possedeva un'innegabile bellezza, ma era una bellezza fredda come il ghiaccio, quasi asettica, impersonale. Molti, anche a Serpeverde, la consideravano troppo sofisticata, troppo sdegnosa, troppo algida. Narcissa aveva alcune amiche di facciata, pronte a criticarla appena voltava l'angolo, che la frequentavano esclusivamente per approfittare della sua popolarità presso il genere maschile e per rimediare un ragazzo con cui passare il tempo. Non aveva mai avuto un'amica vera, e nemmeno un rapporto che si potesse definire tale con le sue sorelle. Andromeda era sempre stata molto diversa da lei, e l'unico elemento che le univa era il sangue dei Black che scorreva nelle vene di entrambe. Narcissa non riceveva sue notizie da quando Andromeda era fuggita di casa, per sposare Ted Tonks, babbano di nascita, con il quale, per quanto sapeva, abitava a Londra. Per quanto riguardava Bellatrix, il loro rapporto era sempre stato un altalenarsi di tregue e battaglie, riappacificazioni e nuove guerre. Quando erano piccole, litigavano per i giocattoli, per sedersi a capotavola durante i pranzi e le cene, per i vestiti. Ogni pretesto era quello giusto. Ora invece, quasi non si frequentavano né si parlavano, anche se erano nella stessa scuola e nella stessa Casa. Bellatrix quasi non sembrava una sua parente, con i capelli corvini e gli occhi color zaffiro, con la sua bellezza inquietante, che tanto si discostava da quella eterea di Narcissa, con i suoi capricci da regina e con tutti i ragazzi che si erano avvicendati fra le sue braccia e nel suo letto.

Narcissa era diversa da tutti i Black, Narcissa era diversa da tutti, Narcissa era sola.

E ora stava cercando con gli occhi Lucius Malfoy, il suo fidanzato ormai ufficiale, l'unico che lei avesse in qualche modo amato profondamente. L'unico che, per quanto ne potesse sapere, l'avesse a sua volta amata.

 

***

La coperta di spesso velluto che ricopriva il letto era a terra, le tende color smeraldo del baldacchino erano appena scostate, le lenzuola bianche erano attorcigliate al fondo del materasso. Sul pavimento gli indumenti di due divise scolastiche erano mescolati, una gonna, un paio di pantaloni, due cravatte uguali, due camicie con lo stemma di Serpeverde. Un ragazzo era sdraiato sul letto, i capelli biondi sparsi sul cuscino, gli occhi azzurri screziati d'argento chiusi, come se stesse dormendo, le mani appoggiate lungo i fianchi. Dopo qualche istante, Lucius Malfoy sentì un peso sullo stomaco, e aprì gli occhi. Una ragazza si era seduta a cavalcioni su di lui, e gli stava sorridendo con fare malizioso.

"Lucius…"

Il ragazzo le posò le mani sulle spalle, guardandola. "Lo sai che devo andare a cena, Alex"

Alexandra Wallace rise sommessamente. Era la ragazza più bella di Serpeverde, con i suoi lunghi boccoli castani, i grandi occhi leggermente a mandorla, scuri e screziati di verde, e un fisico che non passava inosservato. E da più di un mese era la nuova °amante° di Lucius Malfoy. "Già, dimenticavo…" -disse- "La tua fidanzata ti starà aspettando…"

Lucius rispose al suo sorriso. "Appunto…e sarà già infuriata, sono in ritardo" Il ragazzo tentò di alzarsi, ma Alex lo spinse contro lo schienale del letto.

"Non puoi rimanere? Tanto arrabbiata più arrabbiata meno…" Alex iniziò a baciare languidamente il ragazzo, accarezzandogli i capelli.

Lucius rispose al bacio per qualche istante, poi si ritrasse, rivolgendole un sorriso storto. "Il dovere mi chiama…"

Alex sbuffò, e si alzò dal letto, seguita da Lucius. I due iniziarono a rivestirsi, raccogliendo gli indumenti da terra.

"Allora…" -chiese Alex- "A quando il matrimonio con la bambola di porcellana Narcissa Black?"

Lucius alzò le spalle. "Quando lei avrà vent'anni e io ventuno credo…Non ho tutta questa fretta io, al contrario della sua famiglia"

"Hanno paura che uno dei partiti migliori fra le famiglie dei purosangue le sia soffiato da un'altra…un'altra come me per esempio" Alex si annodò la cravatta, lasciandola un po' allentata.

Lucius rise. "Sì, forse hai ragione…in ogni caso non ho intenzione di non rispettare questo accordo, dovrò sposare Narcissa e lo farò"

"Ma guarda, che senso del dovere che hai…e anche del sacrificio, devo dire"

Il ragazzo le rivolse un'occhiata ostile. "Non lo considero per nulla un sacrificio, invece"

Alex gli circondò il collo con le braccia. "Andiamo Lucius, non hai bisogno di mentire con me, non me ne importa nulla dei tuoi discorsi di facciata"

Lucius si liberò dalla sua stretta, e si infilò il maglione grigio della divisa. "Ti sto dicendo la verità, Alex, io amo Narcissa"

Alexandra scoppiò a ridere, passandosi una mano fra i lunghi capelli. "Tu? Tu ami Miss-Narcissa-di-ghiaccio-Black? Te la porterai a letto ogni tanto giusto per farle piacere, nulla di più…"

Lucius si avvicinò a lei e le diede uno schiaffo.

"Ma che cazzo ti prende?" Gridò lei, massaggiandosi la guancia.

"Non insultare Narcissa, hai capito? Non ti permettere" Sibilò, una fredda luce che gli illuminava gli occhi chiari.

Alex lo guardò, un'espressione perfida sul viso. "Se la ami così tanto, perché ti sei fatto più di metà delle ragazze degli ultimi tre anni di Serpeverde, eh?" -domandò, in tono fortemente sarcastico- "Volevi fare esperienza per arrivare preparato alla prima notte di nozze e non deludere la tua cara neo moglie?"

"Vattene Alex" -le intimò Lucius, furioso- "Vattene, e non provare più a farti vedere qui"

"Io me ne vado, Malfoy" -ribatté lei- "Ma tu ricordati una cosa: sei solo uno stronzo, e quando la povera Black se ne accorgerà sarà troppo tardi"

Alexandra Wallace lasciò la stanza del dormitorio maschile del settimo anno, e la porta sbatté con forza alle sue spalle. Lucius diede un calcio alla coperta ancora abbandonata sul pavimento, e si gettò sul letto, i pugni stretti lungo i fianchi, mordendosi violentemente il labbro inferiore.

 

***

Sirius Black, James Potter, Remus Lupin e Peter Minus, i celeberrimi Malandrini, erano seduti su quattro morbide poltrone rivestite di velluto, nella Sala Comune di Grifondoro. Non stavano chiacchierando a gran voce con gli altri ragazzi, e non si stavano divertendo a far sospirare le numerose ragazze che li guardavano da lontano con aria sognante, ma erano insolitamente tranquilli, e piuttosto taciturni.

Sirius si passò una mano fra i capelli corvini, e sbuffò. "Jamie, adesso basta per favore…riprenditi!"

Il diretto interessato gli rivolse un gesto distratto della mano, annuendo con poca convinzione. "Sì, Felpato…"

Persino Remus, che pur amava la tranquillità, così rara da trovare quando si avevano dei migliori amici come i suoi, intervenne per sostenere Sirius. "Guarda che ha ragione lui, Ramoso…non sembri nemmeno tu stasera! Non fai casino, non ti pavoneggi con le ragazze più piccole, non proponi un'incursione nelle cucine…sto iniziando a preoccuparmi!"

Questa volta fu James a sbuffare. "Lo so, scusate…è che proprio non è giornata, oggi"

Sirius guardò per un istante nella direzione dove lo sguardo di James stava indugiando da ormai mezz'ora. Lily Evans era seduta su una poltrona vicino al fuoco, e leggeva un libro, interrompendosi ogni tanto, per rivolgere qualche parola a quelle che riconobbe come due sue compagne di stanza, Frankie Thomas e Maureen Sheldon. "Ramoso, ti giuro che se mi avessero detto che ti saresti ridotto in questo stato comatoso per colpa di Evans non ci avrei creduto nemmeno sotto tortura" Esclamò infine, un mezzo sorriso sarcastico sul bel volto.

James parve risvegliarsi da una trance. "Non sono in stato comatoso!" Disse, piccato.

Peter rise a bassa voce, e Remus si unì a lui. "Invece lo sei eccome…" Ribatté quest'ultimo, scartando una Cioccorana che aveva estratto dalla sua borsa.

James rivolse ai suoi amici un'occhiata fulminante, poi sembrò arrendersi. "E va bene, lo confesso…Sto così per colpa di Evans, contenti?!"

Sirius alzò le spalle. "Lo sai che stavamo scherzando…se ti piace davvero quella ragazza a noi va bene, davvero…"

James gli rivolse un sorriso riconoscente. "Lo so…è che nemmeno io volevo ammettere che Evans mi piace davvero, ma arrivati a questo punto…che senso avrebbe?"

"Infatti" -puntualizzò Remus- "Però non capisco perché sei così °depresso°…vedrai che tra una settimana non si ricorderà nemmeno più di quello che è successo stamattina ad Erbologia!"

James lo guardò, sconsolato. "Fossi in te non ci giurerei…e poi c'è un altro problema"

"E sarebbe?" Chiese Sirius, facendo una grossa bolla azzurrina con una gomma da masticare.

"Sarebbe che non so più cosa inventarmi per farle capire che voglio davvero uscire con lei e non voglio prenderla in giro" Spiegò James, insolitamente serio.

"Ahi, qui la faccenda si sta facendo grave…" Disse Sirius, ridendo.

"Sir!" Remus lo fulminò con lo sguardo.

Sirius alzò una mano, in segno di scusa. "Stavo scherzando, stai calmo Lunastorta…"

"Secondo me…" -disse Remus- "Devi fare qualcosa per farle capire che ci tieni a lei…qualcosa che non sia chiederle di uscire davanti a tutta la classe come se stessi dicendo a Mocciosus quanto fa schifo, per intenderci"

"Intendi dire che il modo di chiedere a Evans di uscire fa schifo?" Ringhiò James, irato.

"Esattamente" Rispose Sirius.

"Non te la prendere Jamie" -continuò Remus- "Il fatto è che sei…beh, un po' indelicato, già Evans non ti sopporta molto perché per sei anni non hai fatto altro che darle il tormento, se poi ti metti ancora a chiederle di uscire come se fossi un venditore di arance al mercato…non è proprio il massimo, anche perché lei non è estroversa come te" Spiegò il ragazzo, nel modo più gentile possibile.

James si accasciò sullo schienale della poltrona. "Bel disastro che sono" Esclamò, irritato.

"Ma no dai…" -disse Sirius- "Devi solo…migliorare"

"Non so…potresti farle un regalo, per esempio, o semplicemente invitarla da qualche parte in una maniera…diversa" Propose Remus.

"Devi sorprenderla!" Squittì Peter.

Sirius lo guardò come se fosse un alieno. "Bella questa, Codaliscia! Le ragazze adorano le sorprese e cazzate varie…da quando in qua sei un esperto di donne?"

Peter arrossì, e non rispose.

"Però…non è male l'idea di sorprenderla, Ramoso, potresti pensarci" Disse Remus, mangiando un'altra Cioccorana.

James annuì, e di nuovo i suoi occhi si posarono su Lily, immersa nella lettura. E così aveva sempre sbagliato tutto con lei…Avrebbe dovuto veramente compiere qualcosa di eclatante per sorprenderla e farle capire che ci teneva sul serio. Qualcosa come…

"Ho trovato!" Sbottò all'improvviso James, facendo sobbalzare Peter e facendo voltare di scatto Sirius e Remus.

"Mh?"

"Ho trovato cosa fare per conquistare Evans!" Esclamò, contento come un bambino che ha appena ricevuto un grosso sacchetto di caramelle.

"Sentiamo la tua grande idea…" Disse Sirius, poco convinto.

James scosse la testa. "No, non ve lo voglio dire…così sarà una sorpresa pure per voi!"

Sirius sbuffò, e Remus alzò un sopracciglio. "Spero per te che non farai cazzate…non faresti meglio a dircelo, così potremmo fermarti in tempo se la tua grande idea fosse uno schifo immane?"

James gli lanciò un'occhiata torva. "Non mi ritenete abbastanza intelligente?" Chiese, risentito.

"No no…" Si affrettò ad aggiungere Sirius, leggermente sardonico.

"Però poi non venire a lamentarti se ti andrà male per l'ennesima volta" Lo avvertì Remus.

"Non preoccupatevi…sarà un vero successo" Disse James, mentre sul suo viso si dipingeva un sorriso vagamente inquietante.

 

***

L'aria era fredda quel pomeriggio, e la Torre di Astronomia era, come al solito, deserta. La porta di legno scuro si aprì, e nella grande stanza entrò una ragazza. Aveva i capelli corvini legati in una lunga treccia scomposta, gli occhi bistrati di nero, ed indossava la divisa scolastica, insieme ad un cappotto dal taglio babbano, di una tonalità scura di blu, che esaltava ancora di più il colore dei suoi occhi.

Bellatrix Black si sedette su uno degli sgabelli, e rimase immobile. Uno spiffero gelato spazzò il pavimento, e la ragazza non potè fare a meno di rabbrividire. Dopo parecchi minuti, un rumore di passi che si avvicinavano riempì l'aula, piena di telescopi accatastati.

Una voce maschile sussurrò "Alohomora", e pochi secondi dopo Rodolphus Lestrange fece il suo ingresso nella Torre. I capelli color caffè erano raccolti in un codino basso, che gli scopriva il viso magro, e gli occhi quel giorno sembravano davvero di un affascinante color ametista. Quando si accorse che non era solo, sorrise alla ragazza, e le si avvicinò, il mantello con lo stemma di Serpeverde che ondeggiava al ritmo dei suoi passi.

"Buongiorno Bellatrix" Disse, con voce gentile.

La ragazza sbuffò, senza nascondere la sua irritazione. "Mi segui, Lestrange?" Domandò, brusca.

Rodolphus alzò un sopracciglio. "Non sei molto gentile…"

"Non voglio esserlo, infatti. Lasciami in pace" Sentenziò lei, giocherellando con la bacchetta.

Il ragazzo prese uno sgabello e si sedette di fronte a lei. "Bellatrix, perché mi eviti sempre?" Le chiese, con una nota lamentosa nella voce.

Bellatrix scrollò le spalle, e gli sorrise, maligna. "Devo anche spiegartelo? Non sopporto le persone che mi seguono e fanno di tutto per farsi notare da me, e tu sei una di quelle" Disse, con una sincerità caustica.

Rodoplhus fece un mezzo sorriso, anche se sembrava ferito da quelle parole. "Cerco di farmi notare da te da sei anni, Bellatrix…e lo faccio perché mi piaci"

"E a me tu non piaci, invece" Ribatté lei.

Rodolphus le prese il mento fra due dita. "Perché ti sei lasciata baciare da me quella sera allora?" Le domandò. I suoi occhi scintillavano di una luce quasi febbrile.

Bellatrix lo fissò per un istante. "Volevo solo farti piacere, Lestrange, sperando che dopo mi avresti lasciata in pace, ma vedo che non è così…"

Rodolphus si ritrasse, come scottato. Poi, iniziò a ridere. "Sei solo una stronza, Bellatrix…sono sei anni che ti muoio dietro, sei anni che spero che tu mi consideri…e mi sono illuso quando mi hai baciato, devo ammetterlo. Ma tu sei superiore a tutti, vero? Tu sei troppo bella per stare con uno come me…"

Bella continuava a guardarlo, impassibile.

"Ma cambierai idea, vedrai" -continuò il ragazzo- "Quando nessuno vorrà più stare con te, non potrai fare altro che venire da me, Bellatrix Black…"

Bellatrix alzò un sopracciglio. "E quando dovrebbe succedere?" Chiese, sprezzante.

Rodolphus si avvicinò alla porta e l'aprì. "Prima di quanto pensi…Ci vediamo presto, Bella" Disse, scomparendo subito dopo.

Bellatrix gettò una mano nella tasca del cappotto, furiosa, e ne estrasse un pacchetto che conteneva delle sigarette color argento. Ne prese una con la mano che le tremava leggermente, la accese con la bacchetta, e rimase a guardare le piccole volute di fumo profumato alla vaniglia che saliva verso il soffitto.

 

***

E anche il capitolo 16 è finito…spero sia stato di vostro gradimento ^^" Penso di essermi ripresa abbastanza dal blocco dello scrittore di due episodi fa, e dovrei avere idee per almeno un altro paio di capitoli, prima di arrovellarmi di nuovo su come far evolvere la storia…

Ho pensato di parlare almeno per un paragrafino della povera Narcissa, che ho bellamente ignorato per tutta la fic…adesso ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità anche lei, se così si può dire :P

Come sempre GRAZIE mille a chi legge e a chi mi lascia delle recensioni che mi fanno sempre molto piacere, e senza le quali sarebbe più difficile andare avanti…ancora grazie!!

Beh, adesso vi lascio…e a sabato prossimo!

~Flea~

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


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Novembre aveva portato con sé un freddo che diventava ogni giorno più intenso, e che recava non pochi problemi agli studenti, che ormai indossavano il mantello anche per camminare nei corridoi, gelidi come non mai, e spesso anche in classe. I rimedi più o meno leciti per scaldarsi si stavano diffondendo rapidamente, e non pochi alunni erano stati puniti, perchè scoperti dagli insegnanti più inflessibili mentre bevevano strani decotti a base di Whisky Incendiario extra-vecchio o altri liquori ad alta gradazione alcolica. Altri avevano rischiato di prendere fuoco nel tentativo di far comparire con la magia fuochi portatili, e un paio di ragazzi del secondo anno di Corvonero vennero ricoverati in infermeria con varie bruciature sul viso e sulle mani.

Quel sabato mattina, due figure solitarie, che avevano avuto il coraggio di sfidare la temperatura molto bassa, erano sedute su una panchina di pietra situata nel parco, da cui si intravedeva la superficie calma del lago. Una ragazza dai lunghi capelli rossi, raccolti con un bastoncino, rovistò per un attimo nella tasca del mantello, estraendone una lunga sigaretta, che accese con la bacchetta. Un attimo dopo, un lieve aroma di arancia e cannella si diffuse nell'aria.

"Vedo che ti ho attaccato il vizio…" Severus Piton rise brevemente, prima di voltarsi verso la sua sinistra.

Accanto a lui, Lily Evans ricambiò il sorriso, sbuffando una piccola quantità di fumo verso l'alto e scrollando le spalle. "Che vuoi che ti dica…se non fa male, perché no?!"

Severus scrollò le spalle a sua volta, prima di stringersi ancora di più nella sciarpa verde e argento di Serpeverde.

"Hai freddo?" Gli domandò Lily, che al collo portava la sciarpa rossa e oro di Grifondoro, e aveva le mani avvolte da un paio di guanti scarlatti.

"Sì, ma non ho voglia di tornare a scuola…" -rispose Severus- "Qui si sta così bene…non c'è nessuno…" La sua voce conteneva una nota malinconica, che non sfuggì alla ragazza.

"Severus, tu preferisci stare solo, vero?"

Il ragazzo affondò le mani nelle tasche anteriori dei jeans, e rimase in silenzio per qualche istante, prima di parlare. "Io devo stare solo, Lily. Tutte le persone che ci sono a Hogwarts mi disprezzano, per un motivo o per l'altro…al massimo, quando sono fortunato, mi ignorano. Cosa dovrei fare?"

Lily lo guardò, gli occhi all'improvviso tristi. "Mi dispiace, Severus" -disse, piano- "Io…io ti capisco"

Severus ricambiò il suo sguardo, prima di scuotere il capo. "No, tu non puoi capire, Lily" -ribatté. Non c'era durezza nel suo tono di voce- "Tu hai delle amiche, ti vedo parlare con loro al tavolo di Grifondoro…"

"Ti sbagli" -intervenne lei- "Loro dividono la stanza con me, ma non abbiamo un vero e proprio rapporto" Lily strinse le mani a pugno, e abbassò gli occhi.

"Ma di sicuro hai una famiglia che ti vuole bene…" Continuò il ragazzo.

Lily strinse le mani ancora più forte, affondando le unghie nei palmi. "Mia sorella non mi parla da sette anni, non esisto più per lei" -proferì, senza rabbia, solo con rassegnazione- "E' vero, i miei genitori mi vogliono bene, ma li vedo così poco ormai…"

"Non sai quanto sei fortunata" -proseguì Severus, con una punta di invidia- "Mio padre è un alcolizzato, non ha mai combinato nulla di buono nella sua vita e picchia mia madre, che è troppo stanca e debole per reagire" -il ragazzo, preso dalle parole che stava pronunciando, non si accorse degli occhi smeraldini di Lily che si posarono su di lui- "A questo punto, meno male che non ho fratelli e sorelle…avrebbero ricevuto una vita d'inferno"

Lily rimase a bocca aperta per lo stupore. "Io non sapevo che…"

"Quando sono venuto a Hogwarts, speravo di poter condurre un'esistenza normale, più felice" -continuò lui, senza dare segno di averla sentita- "Ma mi sono solo illuso. Nella mia Casa nessuno mi ha mai trattato male apertamente, sono troppo signori per farlo, ma ho sempre sentito il peso dell'esclusione. Non ero abbastanza ricco, la mia famiglia non era nel cerchio di quelle che contavano qualcosa fra i Purosangue. Come ti ho già detto, io non ho nemmeno il sangue puro, ma a Serpeverde non si è mai saputo. Altrimenti, non so cosa sarebbe successo…" -le parole di Severus si stavano riempiendo di frustrazione e di ira- "Per i ragazzi delle altre Case, io non ero che un poveraccio con i capelli unticci, che trascorreva tutto il suo tempo su libri ammuffiti. Non hanno mai parlato davvero con me, ma si sono sentiti in dovere di giudicarmi. In sette anni, penso di aver subito più prese in giro e scherzi di qualunque altro, qui a scuola. Come ben sai, i grandi Malandrini mi hanno eletto loro vittima preferita, ma non sono di certo gli unici…" Severus si interruppe, e si accese una sigaretta che profumava di menta e cioccolato amaro.

Lily continuava a guardarlo, un'espressione addolorata sul viso. "Mi dispiace" Disse solamente.

Severus la guardò a sua volta. "Io sono solo, Lily, lo sono sempre stato, e ormai ci ho fatto l'abitudine" Ora non c'era più rabbia nella sua voce, solo una serena accettazione della sua condizione.

"Severus, anche io sono sola" -esclamò la ragazza, prendendogli d'istinto la mano- "Noi due siamo più simili di quanto non pensi"

Il ragazzo, al contatto con la mano di Lily, sobbalzò impercettibilmente, ma non si mosse. Il suo viso si rilassò, e Severus sorrise, un sorriso sincero, sereno. "Grazie, Lily" Disse infine, dopo qualche istante.

"Grazie anche a te, Severus" -gli rispose lei- "Adesso almeno ho un amico!" Aggiunse, allegramente.

"Già, e io ho un'amica" Ribatté lui, in tono altrettanto allegro.

*Sei più di un'amica per me, Lily Evans, ma non te lo posso dire…*

Severus Piton abbassò gli occhi d'ossidiana, all'improvviso attraversati da un'ombra.

 

***

Sirius Black era seduto a uno dei grandi tavoli di noce della biblioteca, e stava cercando di studiare, senza curarsi degli sguardi che gli rivolgevano molte delle ragazze presenti nella sala. Aveva sempre pensato che il suo aspetto fisico costituisse una seccatura, una carta da regalo luccicante e bella ma inutile, un impedimento. Solitamente, le ragazze erano portate ad adorarlo, senza preoccuparsi di conoscerlo. Amavano i suoi capelli più lunghi della media, corvini e scompigliati, amavano i suoi profondi occhi di un blu quasi inquietante, dal taglio un po' sfuggente, amavano la sua pelle piuttosto chiara, i suoi vestiti volutamente trasandati, il suo aspetto da vagabondo ribelle, la sigaretta che a volte pendeva dalle sue labbra. Ma al di la di quello, pochissime avevano mai parlato con lui. E ancora meno avevano oltrepassato il muro delle frasi di circostanza, dei saluti urlati nei corridoi, di qualche frammento di pergamena scambiato durante le lezioni. Sirius pensava che le uniche persone che l'avessero mai conosciuto davvero fossero gli altri Malandrini. Solo James, Peter e Remus sapevano benissimo che nemmeno lui possedeva la perfezione, anzi, era lungi dall'essere una sorta di eroe in terra. Anche Sirius Black aveva dei difetti, e non pochi, a sua detta. Sapeva essere arrogante, uno stronzo esemplare, ma era anche insicuro, a dispetto delle apparenze. La sua famiglia gli aveva sempre inculcato il germe dell'inferiorità, e alla lunga lui stesso si era convinto di essere solo un peso morto, una sorta di essere che abitava un corpo ma non aveva nessuna utilità o pregio particolare. Lui era una persona vuota, in fondo, superficiale, di mediocre intelligenza.

Ma era mai importato a qualcuno? C'era mai stata una ragazza nella sua vita che avesse cercato di scoprire la sua vera natura?

*Si sono solo accontentate di qualche bacio o del sesso*

Sirius si disse che era quello il motivo per cui preferiva rimanere da solo. Solo, al riparo da delusioni cocenti.

Quando alzò gli occhi dal volume sulle rivolte dei goblin, intravide una ragazza, seduta sul largo davanzale della finestra che si affacciava sul parco. Di sicuro Madama Pince l'avrebbe cacciata in malo modo se l'avesse vista lì, ma lei aveva l'aria di non curarsene per nulla. Stringeva fra le mani un libro sottile, e sembrava molto concentrata nella lettura. Un debole raggio di sole che filtrava dal vetro illuminava la sua pelle, rendendola simile a porcellana, e tingeva di riflessi violacei i suoi occhi truccati di nero. Indossava un maglione color vino dall'aria consunta e un paio di pantaloni neri, a zampa d'elefante, leggermente strappati sul ginocchio sinistro. Sirius pensò che solo Bellatrix riusciva ad essere così attraente con quei vecchi indumenti. Assomigliava ad un gatto, all'apparenza assonnato e poco vigile, ma in realtà pronto ad attaccare appena fosse giunto il momento propizio. Improvvisamente, un frammento, un'immagine fulminea gli attraversò la mente. Lui e Bellatrix, distesi sul quel prato, che si baciavano con trasporto.

E ora lei si trovava lì, a pochi metri da lui, ed era così maledettamente bella…Il desiderio di avvicinarsi e di ricominciare a baciarla, come se non si fossero mai separati, lo avvolse nelle sue spire di serpente.

*Devi dimenticarla…è sbagliato…*

Sirius distolse a fatica gli occhi da sua cugina, e li inchiodò al libro di Storia della Magia. I goblin ribelli si sono riuniti per la prima volta in Inghilterra nel…

Il ragazzo esalò un lungo respiro. La presenza di Bellatrix nella biblioteca lo metteva a disagio, lo distraeva, lo inquietava. Lei era troppo affascinante, troppo pericolosa…come una rosa circondata da lunghe spine velenose. Sirius mise la sua piuma e la sua pergamena nella borsa, con l'intenzione di andarsene subito. Non poteva rimanere, non doveva. Sentiva la sua volontà vacillare pericolosamente, e doveva impedire al suo castello di carte di cadere di nuovo. Mentre stava per alzarsi, però, sentì un sussurro. Una voce vellutata stava leggendo piano, una voce che apparteneva a Bellatrix. Sirius rimase seduto, incapace di muoversi. Quella voce era come il flauto di un pifferaio magico…

 

"Tremilaseicento volte all'ora il secondo mormora: Ricordati! Rapido, con la sua voce d'insetto, l'Adesso dice: Io sono l'Allora, ho pompato la tua vita con la mia tromba immonda…

Ricordati che il Tempo è un giocatore avido che vince senza barare, a un ogni colpo. È la legge. Decresce il giorno, la notte avanza. Ricordati! L'abisso ha sempre sete, la clessidra si svuota…"

 

Bellatrix leggeva con calma, scandendo ogni parola, senza dar segno di aver visto Sirius, gli occhi rivolti al paesaggio oltre la finestra, la voce appena udibile, nel silenzio della sala. Ma il ragazzo sapeva che quelle parole erano rivolte a lui, lo sapeva, in nome di quel sangue che li rendeva inesorabilmente così uguale. Gli stava dicendo che non sarebbe riuscito a fuggire ancora per molto, gli stava dicendo che era destinato ad arrendersi, a tornare indietro, ad ammettere che non riusciva a resistere. Lei lo stava tentando, lo stava perseguitando, anche se non l'avrebbe mai fatto uscendo allo scoperto. Bellatrix giocava nascosta nell'ombra, manovrava i fili come una burattinaia celata dietro il palco.

*Lasciami in pace, Bella…è già così difficile…*

Sirius lanciò un ultimo sguardo verso di lei, che continuava a sussurare frammenti di poesie, all'apparenza seria e distaccata. Poi, si alzò e lasciò la biblioteca, quasi correndo.

 

***

Rodolphus Lestrange e Lucius Malfoy si trovavano nella Sala Comune di Serpeverde, che quel pomeriggio era molto affollata. Seduti su due morbide poltrone di pelle verde, stavano parlando a bassa voce, incuranti del chiacchiericcio e del rumore che li circondavano.

"Dov'è Bellatrix?" Chiese Rodolphus, scartando un cioccolatino al caffè di Mielandia e cercando di sembrare indifferente.

Lucius scrollò le spalle. "L'ho vista uscire, un'ora fa più o meno…"

Rodolphus incendiò la carta del cioccolatino con la bacchetta, e osservò per un istante la fiamma splendere davanti a lui. "Chissà dove cazzo è andata…" -esclamò, stizzito- "Sarà con uno dei tanti che si scopa…"

Un lampo ironico e perfido attraversò gli occhi di Malfoy. "E' brutta la gelosia, vero Rodolphus?"

L'altro gli rivolse un'occhiataccia. "Io non sono geloso" Proferì.

"No, figurati…"

Rodolphus sospirò, gli occhi violacei improvvisamente oscurati. "E' più forte di me, Lucius. Non riesco a dimenticarla, è diventata un'ossessione"

"Forse se provassi a trovarti un'altra ragazza…" Azzardò Lucius, prendendo dal sacchetto che aveva sulle ginocchia un cioccolatino al caramello.

"Nessuna mi interessa" -rispose l'altro- "Sono tutte insignificanti, in confronto a Bella"

"Rod, ti prego, lasciala perdere!" -ribatté Lucius- "Non ne vale la pena, te lo garantisco…"

"Perché dici così?" -chiese Rodolphus- "E' la ragazza più bella di Serpeverde…beh, a parte Alexandra Wallace, ma lei è già occupata con qualcun altro…" -Rodolphus si fermò un momento, per godersi l'espressione infastidita dell'amico- "E poi è anche intelligente e…"

"E' una puttana" -lo interruppe il ragazzo biondo- "Fidati Rod…"

Sul viso di Rodolphus si dipinse un'espressione interrogativa. "Lucius, c'è qualcosa che sai e che io non so? Ci ha provato con te per caso?" Nel pronunciare quest'ultima frase, il tono del ragazzo si indurì.

Lucius scosse la testa. "No, non ci ha provato con me"

"E allora?"

Lucius Malfoy sospirò. Come avrebbe fatto a dirgli che aveva visto la ragazza che gli piaceva dal primo anno fare sesso con Sirius Black, persona che di certo non era molto apprezzata da nessun Serpeverde? Rodolphus stava già abbastanza male per il fatto che Bella non lo degnava di uno sguardo, non voleva infliggergli un ulteriore colpo. Non poteva, doveva tacere e sperare che lui non lo venisse mai a sapere. E poi, aveva stretto un patto che doveva rispettare, o Narcissa sarebbe venuta a sapere che lui non le era mai stato molto fedele…

*Scusa, Rod*

"Niente, è solo un mio giudizio personale" Disse infine Lucius, evitando di guardare l'amico negli occhi.

 

***

Quella domenica mattina, nella Sala Grande il brusio era più intenso del solito. Era una giornata di metà novembre, e un bel sole brillava in cielo, nonostante la temperatura non fosse delle più miti. Da lì a un'ora si sarebbe disputata la prima partita di Quidditch della stagione, e gli studenti erano piuttosto sovraeccitati. Grifondoro avrebbe affrontato Corvonero, e molti non vedevano l'ora di assistere alla partita, che si annunciava molto combattuta.

James Potter si sedette al tavolo della sua Casa, accolto da qualche applauso e da molte frasi di incoraggiamento. Da quando era capitano, aveva perso appena un paio di incontri, e non voleva certo farsi sfuggire quella vittoria.

"Ti acclamano, Ramoso…" Disse Sirius, ridacchiando.

James scrollò le spalle. "Non vedo nessuna differenza rispetto al solito" Ribatté, ridendo a sua volta.

"Il solito modesto!" Intervenne Remus, che si stava servendo una generosa porzione di bacon e uova.

"Piuttosto…" -continuò Sirius, prendendo la caraffa del caffè- "Come mai hai quel sorriso ebete dipinto sulla faccia? Non mi dire che sei già convinto di vincere…i Corvonero sono forti quest'anno!"

James, che si era sporto oltre Peter per guardare verso il fondo del lungo tavolo di Grifondoro, si voltò verso l'amico, seduto di fronte a lui. "Rido perché finalmente oggi metterò in pratica il piano per conquistare del tutto Evans!" Proclamò, in tono soddisfatto.

Sirius seguì con gli occhi la direzione verso cui poco prima James era girato, e intravide Lily Evans, intenta a mordicchiare una brioche con aria assonnata. "Ah già, il famoso piano segreto…" Disse, sardonico.

"Sei sicuro che non vuoi spiegarci di cosa si tratta?" Domandò Remus.

James scosse la testa. "No, sarà una sorpresa! Già pregusto la mia ricompensa…" Disse, sfregandosi le mani con aria ironica.

"Che sarebbe?" Squittì Peter.

"Ma un bacio da Evans ovviamente!"

"Beh, ti accontenti…" Disse Sirius, ridendo.

"Un bacio per iniziare…" -precisò James- "Poi si vedrà!"

"Fossi in te non canterei vittoria prima del tempo, Ramoso" Ribadì Sirius, sostenuto dal cenno di assenso di Remus.

James sbuffò. "Siete sempre molto positivi, devo dire…"

"No, siamo solo realisti" Disse Remus, sottovoce, provocando un attacco di risa da parte di Sirius.

 

***

Lily Evans stava camminando a fianco delle sue compagne di stanza, in silenzio, quando una figura avvolta nella sciarpa verde e argento di Serpeverde si affiancò a lei.

"Severus!" esclamò la ragazza, allegramente.

Severus Piton le rivolse un timido sorriso. "Ciao Lily…"

"Vieni a tifare per Grifondoro anche tu?" Chiese lei, ignorando le occhiatine curiose e anche ironiche che Maureen Sheldon e Julie Weir stavano rivolgendo loro.

"Veramente…"

"Stavo scherzando Severus!" -rise Lily, notando la sua espressione imbarazzata- "Lo so benissimo che un Serpeverde non potrebbe mai tifare per Grifondoro…è impossibile"

"Tu invece farai il tifo per Potter e company, vero?"

Lily scrollò le spalle. "Che vuoi che ti dica, Potter è odioso, ma come Cercatore è quasi imbattibile…e poi fa sempre parte della mia Casa"

Severus annuì, fermandosi. Erano arrivati dove lo stadio di Quidditch. "Beh…io vado nella tribuna di Serpeverde…" Disse esitante.

Lily gli sorrise, serena. "Ci vediamo, Severus…e mi dispiace per te, ma spero proprio che Grifondoro vinca!"

Severus scrollò le spalle, facendo una smorfia contrariata ma ironica, e poi la guardò allontanarsi, diretta dall'altra parte dello stadio.

 

***

James Potter stava sorvolando velocemente lo stadio, alla ricerca del boccino. Il boato della folla e il vento freddo che gli sfiorava il viso e gli arrossava le guance lo elettrizzavano, e il vantaggio della sua squadra gli dava una certa tranquillità. Per l'ennesima volta, scrutò il mare rosso e oro di Grifondoro, portandosi vicino alle tribune. Era quasi sicuro di aver visto Lily Evans dirigersi verso lo stadio, ma doveva esserne del tutto sicuro, prima di farlo. Poi, intravide la figura di Sirius, che si stava sbracciando nella sua direzione. James si avvicinò ancora, abbassandosi, senza però perdere di vista il cercatore di Corvonero. Sirius stava sorridendo, e annuiva vigorosamente. Quei gesti potevano significare una sola cosa. Lei c'era. James si voltò e volo in direzione di Andrew Brody, Cacciatore di Grifondoro.

"Ehi Andy!" -girdò quando lo ebbe raggiunto- "Quando volete!"

Thomas annuì, prima di scartare a sinistra, per raggiungere il Cacciatore avversario che in quel momento aveva la pluffa.

James sorrise, e si congratulò mentalmente con se stesso. Aveva avuto proprio una splendida idea, e quando ne aveva parlato con i membri della squadra, nessuno aveva protestato.

*E per forza, io sono il capitano, dopo tutto…*

"Ehi Jamie!" Il ragazzo si voltò a destra. Alafair Hyden, che stringeva la pluffa fra le mani, gliela lanciò con forza.

 

"Incredibile!" -urlò il ragazzo di Tassorosso addetto alla cronaca dell'incontro- "Potter ha preso la pluffa! Il Cercatore di Grifondoro ha la pluffa e si dirige verso la porta di Corvonero!"

 

Fra le tribune si diffusero grida di stupore, mentre la McGrannitt, attonita, chiedeva convusamente a Vitious se quel gesto fosse regolare.

"Ma che cazzo sta combinando?!" Chiese Sirius, urlando per farsi sentire da Remus e Peter, seduti vicino a lui sulle tribune.

"Non saprei proprio Felpato…" Rispose Remus, senza perdere di vista James, che stava volando a tutta velocità verso gli anelli della porta avversaria, evitando tutti i giocatori che gli si paravano di fronte.

Nel frattempo, i battitori di Grifondoro erano impegnati a volare attorno al Cercatore di Corvonero e a tirargli addosso tutti i bolidi che capitavano loro a tiro, per distrarlo ed impedirgli di acchiappare il boccino. Le grida di protesta che si levavano dalla tribuna di Corvonero erano così intense che quasi sovrastavano la cronaca del ragazzo di Tassorosso, sempre più esaltato da quella novità.

James continuava a volare, incurante di tutto il trambusto che aveva causato, affiancato da Alafair e da Andrew, pronti ad aiutarlo nel caso in cui avesse perso la pluffa. Doveva arrivare in porta. Doveva arrivarci assolutamente.

*Dai Jamie…ci sei quasi…*

 

"Guarda che figo!!" Strepitò Frankie Thomas, quasi in lacrime, rivolta a Lily, che era accanto a lei, più stupita che mai.

*Cosa sta facendo Potter?*

"Oddio è troppo bello! Forza James!!" Urlò a sua volta Sydney Wharton, seduta dall'altro lato di Lily.

 

James arrivò davanti alla porta di Corvonero. Il portiere, ancora meravigliato, si preparò a bloccare il suo tirò, stringendo con forza il manico della scopa con le mani.

*Ce la puoi fare Jamie…non è difficile…*

James tirò un lungo sospiro, senza curarsi del boato che si levò dalla tifoseria di Grifondoro. Poi mirò all'anello di destra, che il portiere aveva lasciato più scoperto, e lanciò la pluffa con violenza. Dopo un paio di secondi, la palla rossa entrò nell'anello, senza che il ragazzo di Corvonero riuscisse a pararla.

 

"Sì!! Porca puttana sì!!!" Ruggì Sirius, saltando e quasi stritolando Peter in un abbraccio.

"Ha segnato!! Ha segnato Lily!!" Gridarono insieme Frankie e Sydney.

"Bravo Potter!" Urlò un'irriconoscibile Minerva McGrannitt, avvolta in una sciarpa rossa e oro.

"Grande Jamie!" Esclamò Alafair.

 

James sorvolò il campo, urlando di felicità. Ce l'aveva fatta, aveva segnato. La folla era in delirio, i Grifondoro lo invocavano, i Serpeverde lo fischiavano, i Corvonero lo insultavano…

*E ora…*

Il ragazzo estrasse la bacchetta, che aveva infilato sotto la divisa, e se la puntò alla gola. Sempre volando velocemente ad una grande altezza, disse: "Sonorus"

*Ci siamo…*

 

"Lily Evans…questo goal era per te!"

 

La voce di James risuonò magicamente amplificata nello stadio di Quidditch, che si ammutolì per la sorpresa, ancora più grande di quella causata da un Cercatore che si impossessa della pluffa per segnare.

 

***

E anche il capitolo 17 è finito…numero sfortunato, ma spero vi sia piaciuto :P Allora, volevo solo dirvi che le parole che legge Bellatrix sono tratte da "L'orologio" di Baudelaire, un poeta che mi piace molto…e le sue poesie mi sembrano davvero adatte ad un personaggio come quello di Bella ^.^

Poi…beh, nel prossimo capitolo vedrete le conseguenze del gesto di James!

Come sempre, un grazie immenso ai miei lettori e a chi recensisce, siete davvero tanto tanto gentili e mi fate sempre un gran piacere!!!!!

A sabato prossimo, un bacio*

~Flea~

ps. Ringrazio *idealmente* i F.A.T.A (From Autumn to Ashes), i Maroon 5, i Blink, gli Him e i R.A.T.M. (Rage Against the Machine), che mi hanno fatto da colonna sonora mentre scrivevo ^^"

Bye!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Nuova pagina 1

 

«       Capitolo 18

 

"Lily!" Frankie Thomas continuava ad urlare, scrollando le spalle della sua compagna di stanza con forza.

"Perché non ci hai detto che stavi con James Potter?!" Aggiunse Sydney Wharton, una sfumatura leggermente invidiosa nella voce e gli occhi che scintillavano di una curiosità malcelata.

"Che fortunata che sei! Quanto di invidio!!" Strepitò Maureen Sheldon, aggiungendosi alle grida delle sue amiche e saltellando sulla gradinata, la sciarpa rossa e oro avvolta intorno al collo.

Lily Evans era immobile, gli occhi sbarrati, vitrei, insensibile al boato che riecheggiava nello stadio, insensibile al freddo pungente che le arrossava le mani, insensibile alle occhiate curiose che le lanciavano gli studenti di Grifondoro che la circondavano. Lily Evans era a dir poco sconvolta, le parole di James che continuavano a vorticare nella sua mente, sempre più forti ed insistenti.

 

*Lily Evans…questo goal era per te!*

 

"Lily insomma! Perché non dici nulla?!" Anche la voce di Julie Weir la raggiunse, ovattata, lontana, come se provenisse da chilometri di distanza.

 

*Lily Evans…questo goal era per te!*

 

La ragazza parve risvegliarsi, e all'improvviso le grida, i rumori, l'intensità dei colori delle sciarpe e degli striscioni la aggredirono con violenza, come coltellate pungenti. James Potter stava ancora volando, un mezzo sorriso sul volto e l'espressione soddisfatta, come se fosse più leggero, finalmente libero da un peso. Continuava a sorvolare il campo, alla ricerca del boccino, mentre i suoi compagni Cacciatori continuavano ad attaccare la porta di Corvonero con energia, forse galvanizzati dall' °impresa° del loro capitano. Ormai Grifondoro era in vantaggio di cinquanta punti, e l'incontro avrebbe potuto terminare da un momento all'altro.

A Lily parve di avere gli occhi di tutti puntati addosso, persino quelli di Minerva McGrannitt e di Albus Silente, e all'improvviso si sentì avvampare.

*Non è possibile…non può essere successo proprio a me…*

 

"Lily parla! Dì qualcosa!" Insistette Sydney.

"Sydney, per favore, lascia perdere" Sbottò Lily, con più rabbia di quanta avesse voluto. Subito dopo, senza attendere risposte, iniziò a scendere le gradinate di corsa, ignorando le domande che molti studenti curiosi le rivolgevano e le battutine ironiche, e sparì oltre le tribune.

 

***

Rodolphus Lestrange sorrise fra sé e sé, osservando James Potter che proprio in quel momento afferrava il boccino ponendo fine all'incontro. "E così il grande James Potter si è dichiarato pubblicamente alla sua Mezzosangue…" Commentò, rivolto al ragazzo che stava alla sua sinistra.

Lucius scrollò le spalle. "E' stata una trovata di pessimo gusto, ma si sa che Potter deve sempre trovare il modo di stare al centro dell'attenzione"

"Beh…bisogna ammettere però che è stato molto romantico!" Disse una voce, in tono sognante. Lucius Malfoy si voltò, e fulminò con gli occhi gelidi la ragazza che si stringeva al suo braccio e che lo guardava con aria adorante. Narcissa Black si mostrava così accondiscendente, gentile e orrendamente mielosa solo con lui.

"Per favore, Narcissa" -le rispose, freddo- "Non mi dire che vorresti anche tu una dichiarazione del genere"

"Oh Lucius…" -ribatté lei- "So bene che tu non sei il tipo! Però devo confessare che a volte un po' più di romanticismo da parte tua non mi dispiacerebbe!"

Lucius le rivolse un sorriso obliquo, prima di piegarsi verso di lei. "Non mi sembra che quando andiamo a letto tu abbia qualcosa da ridire sul mio comportamento…" Le sussurrò all'orecchio.

"Lucius!" Esclamò lei, irritata, arrossendo leggermente.

"Smettetela per favore" -intervenne Rodolphus- "Siete rivoltanti"

"Sono d'accordo con te, Rod" -convenne il ragazzo, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della fidanzata- "In ogni caso…sono pronto a scommettere che in questo momento Potter starà ricevendo la sua ricompensa da Lily Evans, negli spogliatoi…"

Rodolphus alzò un sopracciglio. "Non credo che quella ragazzina si concederà così facilmente sai? E comunque è troppo innocente…"

"Oh, credo che sotto quell'aspetto da innocentina si nasconda un lato più interessante della nostra Mezzosangue…"

"Già, forse hai ragione" -disse Rodolphus, ridendo- "E non mi dispiacerebbe affatto conoscere questo suo lato…dopotutto, Lily Evans non è affatto male, nonostante sia una sporca babbana!"

Lucius rise a sua volta, prima di girarsi verso Narcissa e darle un bacio per farla smettere di parlare.

Dietro di loro, Severus Piton, che aveva ascoltato tutta la conversazione, si alzò con un'espressione disgustata in volto, e abbandonò la tribuna occupata dai Serpeverde.

 

***

Sirius Black si sedette sulla gradinata situata a metà della tribuna di Grifondoro, un sorriso soddisfatto sulle labbra. La partita si era conclusa pochi minuti prima con la vittoria della sua Casa, e con una bella azione di James, che aveva afferrato il boccino in picchiata, rischiando anche di schiantarsi a terra. "E la prima partita l'abbiamo vinta…" Disse, rivolto a Remus, ancora in piedi accanto a lui.

"Già…sperando che non l'annullino!"

Sirius inarcò un sopracciglio. "E perché dovrebbero?"

Remus si sedette a sua volta, i capelli chiari leggermente crespi a causa dell'umidità. "Beh…non si sa bene se quello che ha fatto Jamie sia regolare" Spiegò.

"Cosa esattamente?" -chiese l'altro, sempre ridendo- "Prendere la pluffa per segnare o provarci per l'ennesima volta con Evans davanti a tutta la scuola?"

"Spiritoso…" -ribatté Remus- "Scommetto che Lily non sarà molto felice…l'avevo detto a Jamie di chiedere a noi prima di fare qualunque cosa! Il solito testardo…"

Sirius si strinse meglio la sciarpa attorno al collo, per difendersi dal freddo pungente. "In effetti l'ho intravista poco fa mentre se ne andava, non aveva una bella cera…ma magari si deciderà ad arrendersi questa volta! Lo spero proprio…sono stufo di tutte queste scenate fra lei e Ramoso!"

"Devo ammettere che lo sono anch'io Felpato…" Convenì l'altro, senza riuscire a non sorridere.

 

***

"Potter!" La voce della professoressa McGrannitt raggiunse James quando stava per lasciare il campo, diretto verso gli spogliatoi con il resto della squadra.

Il ragazzo si volse in direzione della donna, che stava camminando velocemente verso di lui. Aveva ancora la sciarpa rossa e oro avvolta come uno scialle attorno alle spalle, e l'orlo della sua veste nera svolazzava sfiorando il terreno.

Quando fu abbastanza vicina, James alzò la mano in segnò di vittoria, raggiante. "Professoressa…" Disse, per salutarla, convinto che lei l'avesse fermato per complimentarsi con lui. Dopotutto, come avrebbe potuto fare altrimenti? Non solo aveva afferrato il boccino con un'azione spettacolare, ma aveva addirittura segnato un goal, proprio come un Cacciatore!

Ma il cipiglio di Minerva McGrannitt non prometteva nulla di buono. "Potter!" -ripeté, controllando male la sua rabbia- "Cosa diavolo ti è saltato in mente?"

Il sorriso si cancellò all'istante dal viso di James. "Scusi, non capisco…"

"Potter, rischiamo di perdere la partita a tavolino!" Esclamò la professoressa, più irata che mai.

James spalancò la bocca, sorpreso. "Come…come…" Balbettò, sconvolto.

"Hai capito bene Potter! E tutto grazie a te…cosa ti è preso oggi, si può sapere?! Prendere la pluffa e andare a segnare…lei è un Cercatore, glielo devo ricordare io?"

Il ragazzo abbassò lo sguardo, mortificato. "E ora?"

La McGrannitt sospirò. "Madama Bumb sta verificando il regolamento, non le si era mai presentato un caso simile" Spiegò.

"E se fosse…irregolare?" Si arrischiò a chiedere James.

"Prega che non lo sia, Potter, o ti metterò in punizione fino a giugno" Rispose la donna, minacciosa, fulminandolo da dietro le lenti rettangolari degli occhiali.

"D'accordo, professoressa…" Ribatté lui, avviandosi verso gli spogliatoi.

"Ah, Potter!" Lo richiamò lei.

James si girò di nuovo, preparandosi ad una nuova minaccia o ad un'altra lavata di capo.

Inaspettatamente la McGrannitt gli rivolse un sorriso, seppur tirato. "Spero che la signorina Evans valga tutto questo, Potter" Disse, prima di raggiungere Albus Silente e la professoressa Sprite.

*Lo spero anch'io professoressa…* Pensò James, ricominciando a camminare.

 

***

Lily sbuffò, infilando le mani infreddolite nelle tasche anteriori dei jeans chiari che indossava. I membri della squadra di Grifondoro erano entrati nello spogliatoio da almeno cinque minuti, ma di James Potter non c'era traccia.

*Dove cazzo sei Potter?*

Doveva assolutamente parlargli, dopo la grande idea che aveva avuto. Doveva essere impazzito del tutto…non solo si era improvvisato Cacciatore, ma aveva avuto la faccia tosta di dedicarle il goal, davanti a tutta la scuola…e ora avrebbe dovuto sopportare prese in giro e battutine sardoniche fino agli esami! Era davvero troppo, la sua pazienza aveva un limite. L'avrebbe affrontato, subito, e gli avrebbe detto tutto quello che pensava di lui. Che era un arrogante, un presuntuoso, un pavone, uno stronzo, un ragazzo così bello

*Smettila, Lily Evans!*

L'avrebbe obbligato a ritrattare tutto, a dire che si era ubriacato di Whisky Incendiario prima della partita o qualunque altra cosa…ma avrebbe dovuto smentire.

Quando però Lily vide una figura che indossava la divisa rossa e oro avvicinarsi, il suo cuore iniziò a battere più forte, e lei sentì un fastidioso rossore salirle alle guance spruzzate di efelidi.

 

***

James era ansioso di gettarsi sotto l'acqua bollente e di rimanerci per almeno mezz'ora, quando la sua attenzione fu attirata da una ragazza, in piedi accanto agli spogliatoi, i capelli sanguigni leggermente mossi, le guance arrossate, il mantello che le sfiorava le gambe. Lily Evans era lì, a pochi metri, e aveva tutta l'aria di stare aspettando proprio lui.

James tirò un sospiro, e la raggiunse. "Ciao, Evans" Disse, in tono neutro. Dopo la sua °dichiarazione° non aveva idea di come lei l'avrebbe trattato, e preferiva procedere con calma.

Lei, che aveva gli occhi fissi sul terreno e sembrava non essersi accorta della sua presenza, alzò il viso di scatto. "Ciao Potter" Rispose, le labbra imbronciate e le sopracciglia inarcate.

James le si avvicinò ancora. "Come va?"

Lily lo fissò, e per un istante lui si illuse che l'avrebbe baciato. Ma lei aveva tutt'altre intenzioni. "Come vuoi che vada?" -esclamò, dura- "Dopo quello che tu hai fatto…ma che cazzo ti è preso?!"

"Lily, io…"

"Mi hai fatto fare una figuraccia davanti a tutta la scuola, Potter, professori compresi! Sarai contento adesso…dovrò subire battutine idiote finché starò in questa scuola!" La ragazza aveva alzato la voce, e stringeva i pugni, quasi convulsamente.

"Evans, per favore…non ti arrabbiare…" Tentò James.

"Come faccio a non arrabbiarmi, me lo dici?!" -continuò lei, imperterrita- "Perché devi sempre metterti in mostra eh? Anzi, perché devi sempre metterti in mostra e coinvolgere me? Cosa ti ho fatto di male, si può sapere?!"

James le sorrise brevemente. "Tu mi piaci Evans, ecco cosa mi hai fatto" Le rispose, con una semplicità disarmante.

Evans rimase per qualche secondo in silenzio, il viso della stessa tonalità della sua chioma.

"Mi piaci" -proseguì lui- "E volevo solo…sorprenderti, ecco"

"Potter, non sai quanto ti odio!" -gridò lei- "Cosa cazzo vuol dire che volevi sorprendermi?"

"Hai capito benissimo Evans, non farmelo ripetere" -ribatté lui, alzando a sua volta la voce- "Volevo fare in modo che tu accettassi per una dannatissima volta di uscire con me!"

"Ah certo! E per farlo hai pensato bene di mettermi in ridicolo, bravo…" Disse lei, acida.

"Evans, non sapevo più cosa inventarmi! Le ho provate tutte con te, tutte…ma tu niente, sempre pronta ad insultarmi e basta! E lo sai perché, eh? Perché tu sei una maledetta orgogliosa, ecco perché! Non vuoi ammettere che ti piaccio, semplicemente, e ti nascondi dietro questo presunto odio che provi per me!"

Lily sgranò gli occhi. "Io non sono orgogliosa! E tu non mi piaci, Potter!"

"Ah no?" -esclamò lui, un lampo perfido nello sguardo- "E allora perché nello Specchio delle Brame hai visto noi due?"

Lily si ritrasse, come se fosse stata colpita fisicamente da quelle parole. "Tu…allora lo sapevi davvero! Mi hai mentito!"

"Non ti ho mentito, Evans, te lo giuro. Ma dalla tua reazione quella mattina ad Erbologia…ho capito cosa avevi visto nello Specchio"

Lily lo squadrò, sospettosa.

"E' la verità, Evans" Disse lui.

Lily sospirò. "Come faccio a crederti, me lo dici? Mi perseguiti da quando ho messo piede a Hogwarts, e non c'è stata una volta in cui tu sia stato sincero"

James la guardò a lungo negli occhi. "Per una volta credimi, per favore"

"Tu…tu non puoi capire come mi sono sentita quando ho visto me e te in quel vetro" -spiegò Lily, gli occhi bassi- "Scoprire che la cosa che desideravo di più eri…tu…io ti avevo sempre odiato Potter!"

"Lo so Evans"

Lily alzò di nuovo il viso. "Hai ragione tu, io sono orgogliosa, troppo orgogliosa. Ma ho solo paura. Paura che…che tu mi faccia stare male ancora. Sono sette anni che succede…" Lily arrossì, rendendosi conto delle parole che aveva appena pronunciato.

James le sorrise. "Finalmente ti sei decisa ad ammettere che anche io ti piaccio…"

Lily lo fulminò con lo sguardo, ma lui le fece segno di non parlare. "Scusa, non volevo prenderti in giro…Ti chiedo solo un appuntamento, Evans, solo un appuntamento. Per parlare un po', per conoscerci meglio…ti prometto che ti tratterò bene" Il ragazzo si spettinò i capelli con una mano, guardandola con un'espressione speranzosa.

Lily ricambiò il suo sguardo, combattuta. Cosa avrebbe dovuto fare? Ormai fingere che non le piacesse non aveva nessun senso. E James era stato gentile con lei…Però era pur sempre Potter di cui si stava parlando, lo stesso Potter che si era sempre divertito a ridicolizzarla…

"Solo un paio d'ore" -le disse di nuovo lui- "Così potrai decidere se odiarmi o meno dopo avermi frequentato davvero…."

*Cosa devo fare?*

"D'accordo Potter" Rispose Lily infine, annuendo.

James si illuminò, all'improvviso. "Davvero Evans?! Abbiamo un appuntamento?" Esclamò, felice come un bambino.

Lily sbuffò. "Non farmene pentire ti prego…se nel giro di dieci minuti lo viene a sapere mezza Hogwarts scordati di vedermi anche da lontano Potter, ti avverto!" Lo minacciò.

"Non ti preoccupare…almeno ai Malandrini lo posso dire, vero?" Le chiese, sempre sorridendo allegro.

"Tanto lo faresti comunque…" Rispose lei, rassegnata.

"Grazie Evans!" Esclamò lui, cercando di abbracciarla.

"Vacci piano!" Disse lei, ritraendosi.

James si passò ancora una mano fra i capelli. "Scusa…"

"Beh…" -Lily si sentì all'improvviso in imbarazzo- "Io adesso dovrei andare…"

"Oh….anch'io, meglio che vada a cambiarmi!" -convenì James, che indossava ancora la divisa- "Allora ci mettiamo poi d'accordo per uscire?" Chiese, ancora incredulo.

"Va bene…" Ribatté lei, rivolgendogli un timido sorriso.

"Ciao Evans!"

"Ciao…"

James si volse e si diresse verso lo spogliatoio. Quando posò la mano sulla maniglia della porta, la voce di Lily lo raggiunse. "Ehi Potter!"

Lui si girò, un'espressione interrogativa sul viso. "Sì?"

"Io sono Lily" Gli disse semplicemente, sempre sorridendo.

"Oh, giusto…e io sono James"

"Ciao James!" Esclamò lei, prima di avviarsi verso il castello, il mantello che ondeggiava nell'aria.

"Ciao Lily…" Sussurrò lui, prima di entrare nello spogliatoio.

 

***

Nello spogliatoio occupato dai giocatori di Grifondoro c'era un allegro chiacchiericcio. Quando James entrò, venne accolto da un caloroso abbraccio da parte di Andy Brody. "Ehi Jamie finalmente! Ti stavamo aspettando, dobbiamo festeggiare la vittoria!" Esclamò entusiasta, frizionandosi i corti capelli bagnati con un asciugamano.

"Ragazzi, vi devo dire una cosa…" Esordì James, mesto.

"Cosa c'è James?" Gli domandò Alafair Hyden, perplessa.

Il ragazzo tirò un breve sospiro prima di parlare. "Beh…la McGrannitt mi ha detto che rischiamo di perdere la partita a tavolino per colpa del goal che ho segnato…mi dispiace, non pensavo che rischiassimo la sconfitta!"

James osservò i visi dei suoi compagni di squadra, e vide le loro espressioni serie tramutarsi in larghi sorrisi non appena ebbe terminato di parlare.

"Jamie ma non lo sai ancora?!" Esclamò Amy Taylor, Cacciatrice.

"Sapere cosa?" Ribatté James, sorpreso.

"Cinque minuti fa è arrivato di corsa Adam Leery per dirci che Madama Bumb aveva finito di controllare il regolamento…non è riuscita a trovare una norma che impedisca ad un Cercatore di prendere la pluffa e segnare!"

James si passò una mano fra i capelli. "Quindi…" -disse, esitante- "Abbiamo vinto?"

"Esatto!" Concluse Andy, saltellando felice.

James si concesse un sorriso a trentadue denti, e corse ad abbracciare l'amico. "E vai!"

"Abbiamo vinto, abbiamo vinto, abbiamo vinto…" Iniziarono a cantilenare Amy ed Alafair.

"Qui bisogna festeggiare!" -intervenì David Rakel, Battitore- "Andiamo in Sala Comune a farci acclamare un po'…"

"Sono d'accordo" -disse James, ormai euforico- "E penso che non avrò problemi ad andare giù nelle cucine con Sirius per sgraffignare qualche Burrobirra e dei dolci…"

"Che giornata leggendaria!" Esclamò Alafair, concedendosi di esagerare.

*Puoi dirlo, 'Fair…*

James Potter, dal canto suo, non aveva proprio nulla da obiettare su quell'affermazione.

 

***

La lezione di Storia della Magia era noiosa come sempre, quella mattina. La voce monotona del professor Ruf accompagnava il brusio degli studenti che chiacchieravano sotto voce del più e del meno, ignorando totalmente lo spettro che continuava, imperterrito, il suo discorso sulle leggi magiche più importanti del diciannovesimo secolo.

James, seduto in fondo alla classe, era intento a scarabocchiare su un pezzo di pergamena, disegnando piccoli boccini. I suoi occhi, però, continuavano ad indugiare su una ragazza seduta un paio di file più avanti. Lily Evans guardava fuori dalla finestra i prati gelati, gli occhi leggermente velati dal sonno, i capelli raccolti con alcune forcine e la mano sinistra che reggeva la piuma, muovendola avanti e indietro con gesti distratti. Il ragazzo sorrise, prima di piegare di nuovo lo sguardo sul foglio di carta, fingendosi interessato alle date che Ruf stava sciorinando in quel momento.

"Ti puoi togliere quell'espressione beota dalla faccia per favore?" Gli sussurrò Sirius, seduto accanto a lui, un sorriso perfido sul volto.

James fece una smorfia. "Non ho un'espressione beota!" Rispose, piccato.

"Ti posso assicurare che ce l'hai invece" -rincarò l'altro- "Ti avverto che se la guardi troppo, Lily potrebbe consumarsi…"

James gli assestò una gomitata nelle costole. "Spiritoso…"

"Vi siete già messi d'accordo per uscire?" Domandò Sirius.

"Veramente non ci siamo più parlati dalla partita…"

Sirius inarcò un sopracciglio. "Fammi capire bene…dovete uscire insieme e non vi parlate nemmeno, qui a scuola? La partita è stata più di una settimana fa!"

"Beh, lo sai com'è Evans no? Non riesce ancora a perdonarmi per averla trattata…come l'ho trattata per sette anni" Spiegò il ragazzo, cancellando un boccino particolarmente brutto.

"Come darle torto in effetti…" Intervenne Sirius, sfogliando a caso il suo libro di Storia della Magia.

"Comunque le chiederò di uscire con me il prossimo sabato " Continuò James, ignorando un'occhiata glaciale che il professor Ruf aveva appena lanciato nella loro direzione.

Sirius annuì. "Mi sembra la cosa più sensata, c'è l'uscita a Hogsmeade giusto? Penso che riuscirete a trovare una camera da letto libera al Paiolo Magico senza problemi…"

"Felpato!" James lo fulminò con lo sguardo.

L'amico gli rivolse una smorfia sardonica. "Come sei cambiato, Ramoso! Qualche tempo fa una battuta del genere ti avrebbe solo fatto ridere…ti piace proprio questa Evans eh? Se riesce a farti rigare dritto è proprio grave…"

James ridacchiò. "Che vuoi che ti dica…temo di esserci cascato anch'io stavolta!"

Sirius aprì la bocca per rispondere, quando fu interrotto da una forte pacca sulla spalla. "Che cazzo…?" Esclamò, con un tono di voce perfettamente udibile.

"Felpato, Ruf ti sta chiamando!" Gli sussurrò Remus, seduto dietro di lui.

Il ragazzo sgranò gli occhi, anche se non sembrava affatto preoccupato. "Oh…mi dica professore!" Disse, sfoderando un sorriso ipocrita.

Ruf si schiarì la voce, visibilmente seccato. "Signor Black, possibile che lei sia così occupato a chiacchierare con Potter da non sentire nemmeno quando la chiamo, e per ben tre volte?" -l'insegnante si fermò per un istante, come se l'accaduto fosse troppo persino per le sue ore di lezione- "In ogni caso, come stavo cercando di dirle…c'è una visita per lei, l'aspettano nella Sala Professori!"

"Una visita per me?" Ripeté Sirius, perplesso.

"Si muova Black, avanti! Non vorrà fare aspettare chi è venuto a trovarla!" Squittì il professore con la sua vocina.

"Non so proprio chi possa essere…" -disse Sirius piano, alzandosi, in modo che solo James e Remus lo sentissero- "Ci vediamo dopo, ok?"

James e Remus annuirono, e guardarono il loro amico dirigersi verso la porta e chiudersela alle spalle.

 

***

Sirius entrò in Sala professori, un'ampia stanza circolare con le pareti dipinte di verde e con spesse tende di velluto, con un lungo tavolo ingombro di pergamene e libri, e si chiuse la porta alle spalle, facendola cigolare. Quando vide una figura che guardava fuori dalla finestra, il profilo sottile illuminato dai deboli raggi del sole di novembre, non riuscì a trattenere il suo stupore.

"…Tu?" Esclamò, perplesso ma anche felice.

"Sirius!" La giovane donna gli si avvicinò, e lo strinse in un abbraccio sincero. Il viso di Andromeda Black raccoglieva in sé i tratti delle sorelle minori, con i grandi occhi di un blu intenso, come quelli di Bellatrix, e la bocca delicata di Narcissa. Aveva lunghi capelli castano chiaro, ondulati e raccolti sulla nuca con un fermaglio d'argento, e una corporatura esile, evidenziata da vestiti babbani che indossava, un maglione nero a collo alto e un paio di jeans chiari. Aveva terminato Hogwarts cinque anni prima, ed era già sposata con un babbano di nascita, Ted Tonks.

"So che potrà sembrare una frase di circostanza, ma sei cambiato così tanto..." Disse lei, separandosi dal cugino per osservarlo con attenzione.

Sirius le sorrise. "Non stento a crederlo...sono cinque anni che non ci vediamo, e allora io facevo solo il secondo anno!"

"Sono già passati cinque anni..." Andromeda si passò una mano fra i capelli. Ogni suo gesto aveva una grazia particolare, diversa dalle movenze feline di Bellatrix o da quelle da delicata bambola di porcellana di Narcissa.

Sirius alzò un sopracciglio. "Scusa se te lo chiedo, ma come mai sei qui? Di solito a Hogwarts gli studenti non ricevono visite, è successo qualcosa di grave?"

Lei scosse il capo, un gran sorriso dipinto sul volto. Sembrava che fosse l'unica fonte di luce della stanza, con il viso radioso e gli occhi che brillavano. "No, non ti preoccupare. Mi è successa una cosa bellissima e volevo che qualcuno che avesse il mio stesso sangue lo sapesse..e io ho solo te"

La semplicità di quelle parole sconcertò il ragazzo, che le fece segno di continuare.

"Aspetto una bambina Sirius" 

Sirius rimase in silenzio per qualche istante, prima di parlare. "E'...è bellissimo!" -esclamò infine, con voce leggermente rotta- "Una bambina?"

Andromeda annuì. "E' troppo presto per poterlo sapere anche con la magia, ma io so che è una bambina...non so spiegarti perchè, lo so e basta..."

"Come la chiamerai?"

"Ninfadora" Rispose lei, senza esitazione.

Sirius tentò di rimanere serio, ma senza riuscirvi. "Ninfadora?!" Ripeté, ridacchiando.

Andromeda incrociò le braccia e imbronciò le labbra. "Anche Ted continua a prendermi in giro e vuole che scelga qualcos'altro...ma è un bel nome!"

"Se lo dici tu..." -rispose lui, ironico- "Piuttosto...i tuoi genitori lo sanno?"

La smorfia della giovane fu molto eloquente. "Te l'ho detto prima, Sirius. Della famiglia Black mi sei rimasto solo tu, noi siamo uguali. Siamo scappati di casa, abbiamo avuto il coraggio di ribellarci, anche se ci è costato caro. Non ho più visto né sentito mamma e papà da quando me ne sono andata, come potrei scrivere loro o presentarmi a casa dicendo di essere incinta?"

"Ma è pur sempre loro nipote, potrebbero essere felici..." Azzardò lui.

"Non lo considererebbero loro nipote, come ormai non considerano me loro figlia" -le parole di Andromeda erano cariche di rassegnazione- "Per loro il sangue di questa bambina sarebbe solo impuro, macchiato, perchè ho osato sposare un Babbano..."

Sirius abbassò gli occhi, furente. "Quei bastardi..."

"Lascia stare, Sir, non è il caso di arrabbiarsi per loro, non meritano nemmeno la nostra ira"

"Io...non ce la faccio, mi hanno fatto troppo male" Disse lui, lo sguardo velato, come se stesse osservando paesaggi lontani e sconosciuti.

"Mi dispiace, non meritavi tutto questo" Andromeda gli si avvicinò, e fece per abbracciarlo di nuovo, quando la porta si aprì.

"Oh scusate, non volevo interrompere il vostro incontro!" -squittì il piccolo professor Vitious, fermo sulla soglia- "Ma ho pensato che la signorina Andromeda avrebbe incontrato volentieri anche le sue sorelle...purtroppo la signorina Narcissa è a lezione di Erbologia alla serra numero cinque e quindi non potrà raggiungerla, ma ho trovato la signorina Bellatrix, che è qui con me!"

Bellatrix entrò nella stanza, un'espressione di sfida mista a disgusto sul volto. "Andromeda..." Disse con voce strascicata.

"Bellatrix..." Rispose lei, che sembrava solo triste.

"Bene, io vi lascio soli!" Disse Vitious, che non si era accorto dell'atmosfera all'improvviso tesa ed elettrica.

Bellatrix rimase in silenzio per qualche minuto, gli occhi che si riflettevano in quelli pressoché identici di Sirius ed Andromeda, in piedi di fronte a lei. "Cosa sei venuta a fare?" Chiese infine, con voce dura.

Anche i tratti del viso di sua sorella si indurirono. "Sono venuta per parlare con Sirius, Bella"

La ragazza tirò indietro i capelli corvini, ridendo. Una risata glaciale, di scherno. "Dovevo immaginarlo...i due reietti, i ribelli, la gloria di casa Black...state progettando un attentato contro tutti noi per caso? Noi che vi abbiamo fatti soffrire così tanto, che siamo stati crudeli..."

"Stai zitta Bella!" Gridò Sirius, gli occhi che lampeggiavano.

"Non prendo ordini da te, Black" Ribatté lei.

Andromeda posò la mano sul braccio del cugino. "Va tutto bene, non ti preoccupare..."

"Giusto..." -sibilò Bella- "Mi ero dimenticata che tu sei sempre stata superiore, sempre impassibile...la ragazza perfetta...almeno finchè non hai sposato quel Babbano ovviamente"

"Bella, per favore, smettila. Non voglio litigare con te, non ti vedo da anni..."

"Non fare finta che ti importi di me, Andromeda, lo benissimo che non è vero"

"Bella sei una stronza!" Intervenne Sirius.

"Bellatrix...perchè mi odi così? Cosa ti ho fatto?" Le domandò Andromeda, sull'orlo delle lacrime. 

"Cosa mi hai fatto? Hai disonorato la nostra famiglia, hai fatto vergognare i nostri genitori di averti messa al mondo, ecco cos'hai fatto!" Disse lei, alzando la voce.

Andromeda strinse i pugni, le braccia abbandonate lungo i fianchi, e due lacrime che iniziarono a scendere dai suoi occhi di zaffiro. "Presto avrai una nipote, Bella, lo sai?" Esclamò, la voce incrinata dal pianto.

Bellatrix rimase un po' in silenzio, prima di rispondere. "Io non avrò nipoti Mezzosangue, Andromeda" La sua voce era impersonale, dura come roccia.

"Sparisci, brutta puttana!" Sirius la afferrò per le spalle e la spintonò fino alla porta.

Bellatrix afferrò la maniglia, ma prima di uscire sussurrò qualche parola all'orecchio del cugino, afferrandogli il braccio per impedirgli di voltarsi e di tornare da Andromeda senza ascoltarla. "Sono la stessa puttana che ti sei portato a letto, Sirius, non dimenticarlo"

Sirius sbattè la porta con violenza, dopo che Bellatrix l'ebbe oltrepassata.

***

Un sospiro ruppe il silenzio dell'aula di Pozioni, illuminata solo da una manciata di candele sospese a mezz'aria ed immersa nella semi oscurità.

"Lucius…" Disse una voce, piano.

Il ragazzo si scostò una ciocca di capelli dal viso, prima di posare i suoi occhi trasparenti sulla ragazza che giaceva sotto di lui, distesa sulla cattedra. Le baciò il collo, quasi con violenza, prima di tornare a guardarla. "Sei contenta? Cosa c'è di più romantico di una fuga notturna dal dormitorio?" Le chiese, non senza ironia.

Narcissa Black ricambiò il suo sguardo, perplessa. "Lucius, io…Non so se è il caso…"

Lucius Malfoy iniziò a slacciarle la camicia della divisa, e la gettò a terra. "Ma come?" -le domandò- "Volevi che fossi più romantico…e io ti ho portata qui, nell'aula di Pozioni, dove ho persino messo le candele, e tu non mi permetti nemmeno di fare l'amore con te? Non avrai paura che arrivi qualcuno a quest'ora, vero?" Si stava prendendo gioco di lei, era evidente, ma Narcissa non aveva capito. O non voleva capire.

"Forse…forse dovevamo rimanere in Sala Comune…" Disse lei, mentre le mani del ragazzo si insinuavano sotto la sua gonna.

"Zitta Narcissa…" Ribatté lui, strappandole un altro sospiro.

"Lucius, per favore…" Insistette lei, senza troppa convinzione.

Lucius le sfilò la gonna e la biancheria. "Zitta…" Le sussurrò.

La ragazza cedette, ed iniziò a slacciargli a sua volta la camicia, mentre lui la baciava e le accarezzava i capelli.

*Narcissa…sei così bella…*

Il respiro del ragazzo si fece più veloce, mentre anche lui rimaneva senza vestiti. Le divise scolastiche giacevano sul pavimento, un fagotto informe.

*Narcissa…io ti amo…*

Lucius iniziò a muoversi sopra di lei, senza fretta.

*Narcissa…io devo amarti…perché sei così stupida? Perché non ti rendi conto che sono solo uno stronzo? Perché ti sei innamorata di me?*

Le fiammelle delle candele tremolavano, vestendo i loro corpi di una luce cremosa.

***

Ed eccomi qui...ho saltato una settimana e quindi ho cercato di fare un capitolo carino per farmi perdonare, spero di esserci riuscita ^_^" Ho fatto fare una breve comparsa ad Andromeda, personaggio di cui non si sa praticamente nulla e che mi affascina, qui ne ho dato una mia piccola versione...e poi dopo 17 capitoli Lily si è finalmente decisa a dare una possibilità a James, non poteva andare avanti così in eterno! :P 

Come sempre grazie mille per tutte le vostre recensioni e grazie a tutti i miei lettori in generale, a sabato prossimo!!

*Flea*

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

  •      Capitolo 19

 

"Severus, aspettami!"

Una voce cristallina, la voce che avrebbe voluto sentire sempre, in ogni momento, vicino a sé, gli giunse da un punto imprecisato alle sue spalle. Severus Piton, che stava camminando in un corridoio dell'ala ovest del castello, si voltò, e vide Lily Evans che gli stava sorridendo.

"Ciao Lily" Disse lui, piuttosto freddo. Quella mattina, lei gli sembrò particolarmente bella. Bella e irraggiungibile.

La ragazza lo raggiunse con pochi passi, ed iniziarono a camminare insieme, lentamente.

"Non puoi capire che sonno che ho…spero di non addormentarmi a lezione!" Esclamò Lily, sbadigliando.

Severus le rivolse un sorriso tirato. "Si, anch'io…ma nel mio caso non sarà un problema dormire, ho due ore con Ruf!"

I due continuarono a procedere in silenzio per qualche minuto. Nell'aria aleggiava una strana atmosfera, quasi tesa, e i loro sguardi correvano dall'uno all'altra, rapidi come scosse elettriche. Dopo che ebbero superato alcune ragazzine del primo anno di Corvonero, che ripetevano ad alta voce alcune formule magiche con evidente confusione, Severus ruppe quel silenzio così opprimente. "Posso chiederti una cosa, Lily?" Domandò, incerto, senza guardarla in viso. Temeva che quel giorno gli occhi di Lily Evans potessero perforare la sua anima, se li avesse fissati per troppo tempo.

Lei annuì, senza parlare.

"Come hai reagito quando Potter ti ha dedicato quel goal, due settimane fa? Voglio dire, cosa pensi di fare adesso con lui?" L'aveva fatto. Aveva lanciato quella bomba, le aveva rivolto quella domanda che gli gravava sulla coscienza dal giorno della partita. Ora doveva solo aspettare. Aspettare e sperare in una risposta che, lo sapeva, non sarebbe mai stata quella giusta. Quella giusta per lui, almeno.

Lily si fermò, all'improvviso, e sospirò, chiudendo per un istante gli occhi. "E' inutile girarci intorno Severus" -disse, gravemente- "Io…io ho accettato di uscire con lui, domani"

Severus abbassò il viso, e le lastre di pietra del pavimento incontrarono il suo sguardo. Erano fredde, prive di vita, proprio come si sentiva lui in quel momento. Si era preparato a quelle parole, fin da quando lui e Lily erano diventati amici, ma adesso il loro suono gli sembrava ancora più crudele di come l'aveva immaginato. Si era preparato, da quando aveva assistito innumerevoli volte ai loro litigi, ai loro battibecchi senza fine nei corridoi. Si era preparato, fin da quando si era accorto delle occhiate furtive che lei gli lanciava a lezione, convinta di non essere vista da nessuno. Sapeva che Lily Evans e James Potter erano destinati a diventare una coppia, per una sorta di perverso gioco di attrazioni che non avrebbe mai capito. Sapeva che lui, Severus Piton, non avrebbe mai avuto nemmeno una possibilità con quella ragazza. Lei meritava di meglio di un Serpeverde taciturno, solitario, sicuramente non attraente dal punto di vista fisico, che amava le Arti Oscure. Lei si meritava un ragazzo brillante, bello, popolare. Tutte qualità che, gli dispiaceva ammetterlo, Potter possedeva. Aveva perso già in partenza, ma ora che anche la sua ultima speranza era volata via, leggera, la sconfitta gli parve ancora più bruciante.

"Severus?" -lo chiamò lei, con gentilezza- "Mi dispiace. Lo so che lui non ti piace, non piaceva nemmeno a me, e a dire la verità non so ancora adesso se fidarmi di lui. Ma quando mi ha chiesto di uscire…non so, ho sentito di dover accettare. Voglio conoscerlo di persona, parlare con lui senza litigare, per capire davvero che tipo sia. Ma non c'è niente di definitivo…"

Lei era anche gentile. Lei cercava di consolarlo, di minimizzare. Lei sapeva dei suoi sentimenti, ne era certo. L'aveva capito, ma voleva essere onesta. Non gli aveva nascosto la verità solo perché aveva pietà di lui. Com'era possibile che fosse stato così fortunato, com'era possibile che proprio lui avesse avuto la possibilità di conoscerla, di essere suo amico? Lui non doveva averla, non era giusto…

Severus scosse il capo. "Non ti preoccupare Lily, non devi farti condizionare da me. È tutto a posto…"

Lily gli prese la mano, costringendolo a guardarla. "Ti prometto che non farò sciocchezze, Severus"

I suoi occhi di smeraldo brillavano di luce propria. I suoi occhi facevano nascere nel suo corpo un dolore dolce, quasi di zucchero.

*Non guardarmi così*

"Io…devo andare, la lezione comincia tra poco" Severus Piton interruppe il contatto con la sua mano, e si allontanò velocemente, la borsa di tela che batteva sul suo fianco, la pelle più pallida del solito e gli occhi opachi, offuscati da un'ombra che non si sarebbe cancellata con facilità.

 

***

Una relativa quiete, viziosa e indefinita, regnava nella Sala Grande, dove gran parte degli studenti di Hogwarts stava consumando la cena. Gli elfi domestici quel venerdì avevano preparato più portate del solito, e Sirius si servì un'abbondante porzione di salmone.

"Non so ancora bene dove la porterò, pensavo alla Testa di Porco, voi che ne dite?" Disse James, i cui occhi continuavano ad esaminare il tavolo di Grifondoro a brevi intervalli.

"Alla Testa di Porco?! Ma sei deficiente Ramoso?" -commentò Remus, alquanto scettico- "Ti ricordo che Evans non è uno dei tuoi amici con cui sei scappato da scuola per andare ad ubriacarti…lei è una ragazza, loro aborriscono posti come quello!"

"E secondo te dove dovremmo andare allora?"

"Madama Piediburro sarebbe più adatto…"

James fece una smorfia, disgustato. "Ma è una merceria quell'affare, non un pub! Ci sono solo pizzi e merletti…"

"Lo so, Jamie, lo so" -spiegò Remus, paziente, sbocconcellando una pagnotta- "Anche a me quel posto non piace, ma le ragazze di solito lo adorano!"

Il ragazzo sbuffò, guardando per l'ennesima volta verso il fondo della tavolata. "E allora che faccio? Io da Madama Piediburro non ci voglio andare" Precisò, categorico.

Sirius distolse un attimo l'attenzione dal suo pesce, e si rivolse all'amico in tono leggermente seccato e molto ironico. "Lasciati dare qualche consiglio, Ramoso. Numero uno: smettila di guardare se c'è Lily, perché Lily non c'è. Numero due: portala a mangiare qualcosa nella pasticceria di Hogsmeade e hai risolto il problema, lì ci sono solo due o tre tavolini e non c'è mai gente della scuola… Numero tre: piantala di farti queste seghe mentali per favore, sei quasi patetico!" Sbottò infine, tornando alla sua pietanza come se niente fosse.

James si illuminò in viso come una lampadina. "Ehi Felpato, grazie! Devo dire che per una volta sei stato di grande aiuto…"

"Per una volta?"

"Ok, ok…sei indispensabile, sei un dio, senza di te i Malandrini sarebbero persi…contento?"

Sirius fece un gran sorriso, e ricominciò a mangiare.

"Oh, guarda chi c'è…Miss Simpatia in persona" Commentò Remus, caustico, in direzione dell'entrata.

"Secondo me arriva in ritardo apposta per farsi ammirare da tutti…non che non ne sia degna, però le esibizioniste non mi piacciono" Rincarò la dose James, supportato da cenni d'assenso da parte di Peter, troppo occupato a magiare la sua carne per parlare.

Sirius spostò lo sguardo verso l'ingresso della Sala Grande, e i suoi occhi incontrarono quelli di zaffiro di Bellatrix Black, che si stava dirigendo verso il tavolo di Serpeverde. Indossava una maglia di sottile lana nera, con uno scollo a v su cui era gettata la cravatta verde e argento della sua Casa, il nodo allentato ad arte. Le gambe longilinee erano coperte fino a metà polpaccio da un paio di stivali di pelle nera, e una gonna a pieghe grigio perla incredibilmente corta ne avvolgeva pochi altri centimetri. Gli occhi erano truccati di nero, il blu delle iridi che sembrava ancora più intenso del solito, e le labbra erano lucide come specchi. I lunghi capelli neri, lisci e lucenti, erano raccolti in una pettinatura elaborata da cui sfuggivano varie ciocche che le sfioravano le spalle. Mentre camminava, la maggior parte degli sguardi maschili si soffermò su di lei, ma Bellatrix non diede segno di essersene accorta. Pareva che fosse sola nella grande stanza, e il rumore dei tacchi risuonò in un silenzio innaturale finché non si sedette a metà del tavolo, vicino a sua sorella Narcissa che le rivolse un'occhiata severa.

"Perché ti devi sempre mettere in mostra, Bella?" -le sibilò stizzita- "Guarda come ti sei combinata, sembri una prostituta da quattro soldi" Le disse, senza mezzi termini.

La sorella, in tutta risposta, scrollò le spalle e si servì della pasta da un grande vassoio.

Sirius aveva continuato ad osservarla. La sua bellezza cresceva ogni giorno, in maniera esponenziale, almeno ai suoi occhi. E il dolore sordo dentro di lui si faceva sempre più intenso. Era lei a fargli male, i suoi atteggiamenti da gatto pronto ad attaccare e a sfoderare gli artigli, le sue occhiate veloci, la sua assenza. Perché ormai Sirius poteva avvertirla, come se fosse tangibile. Era la sua assenza che lo stava portando sull'orlo della pazzia. Il non poter toccare i suoi capelli, la sua pelle, il non poter fare l'amore con lei. Bellatrix Black era come una droga, una droga pericolosa e letale, un veleno che lo stava uccidendo.

Quando Sirius spostò di nuovo lo sguardo nella sua direzione, una fitta lo assalì, breve ed intensa. Bellatrix stava parlando con Cameron Raylee, capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, un ragazzo molto attraente che riscuoteva un certo successo fra la popolazione femminile della scuola, nonostante il suo carattere non proprio amabile. Bella rideva alle sue parole, e continuava a sfiorargli la mano, con gesti volutamente lenti e studiati. Quando lei, pochi istanti dopo, si accorse che suo cugino la stava osservando, gli rivolse un breve sorriso che doveva essere angelico, ma che Sirius sapeva benissimo essere maligno. Subito dopo, Bellatrix si sporse verso il suo interlocutore e lo baciò sul collo, suscitando risatine da parte delle persone sedute ai loro lati e il broncio di Narcissa.

Sirius strinse convulsamente la forchetta con la mano destra. Bellatrix stava davvero esagerando. Lo stava provocando, e sembrava riuscirci con ogni suo gesto, con ogni sua parola, con ogni suo sguardo. E lui aveva abboccato, vittima imprigionata nella tela di un ragno. Ormai era caduto in una spirale senza fine, e non sarebbe più stato in grado di uscirne. Aveva ceduto, e ora lei non doveva passare il limite. Lei era sua, e nessuno poteva toccarla. Nessuno.

"Ehi, Felpato, stai bene? Hai una faccia…" Gli chiese Remus, che l'aveva osservato con attenzione.

"Rem ha ragione, c'è qualcosa che non va?" Aggiunse James, preoccupato.

Lui scosse la testa, con troppa convinzione per risultare credibile. "No, io…io devo andare, ci vediamo dopo in Sala Comune" Disse in fretta, prima di alzarsi e dirigersi verso l'uscita, sparendo subito dopo.

 

***

Narcissa Black lanciò l'ennesima occhiata torva alla sorella, seduta di fronte a lei, che continuava a provocare volutamente Cameron Raylee. Non poteva comportarsi così, non doveva. Bellatrix aveva la grande capacità di attirare sempre l'attenzione di tutti, quando lei entrava in una stanza il tempo sembrava fermarsi. Gli atteggiamenti di sua sorella somigliavano in maniera incredibile a quelli della madre Leanne. Possedevano lo stesso carisma, lo stesso carattere spigoloso e tagliente, senza mezze misure, la stessa bellezza maledetta e conturbante. Loro erano uguali. E lei, Narcissa? Lei, a chi assomigliava? A chi poteva appoggiarsi? A quel debole di suo padre Simon? A quella rinnegata di Andromeda? A volte pensava persino che il sangue dei Black non scorresse nelle sue vene, a volte si sentiva così diversa dagli altri membri della sua famiglia da aver voglia di fuggire lontano…

"La finisci di guardarmi così, Narcissa?" -sbottò Bellatrix- "Se hai intenzione di farmi la predica risparmia la voce per favore"

Narcissa si scostò i capelli biondi dal viso, e alzò una mano, rassegnata. Con sua sorella non si poteva ragionare.

"Signorina Black?" -una voce seccata e dura distolse le due ragazze dalla loro silenziosa battaglia- "Bellatrix Black" Precisò Minerva McGrannitt, le braccia incrociate all'altezza dei fianchi, appoggiate sulla veste verde smeraldo.

Bellatrix si voltò verso la donna, sorridendo sfacciata. "Mi dica, professoressa"

La donna non si lasciò impressionare dall'atteggiamento a dir poco indisponente della sua alunna. "Volevo parlarle del suo…abbigliamento. Le ricordo che durante la settimana, venerdì sera compreso, è obbligatorio indossare la divisa negli spazi comuni, e la Sala Grande mi sembra uno di questi, fino a prova contraria. La invito inoltre ad indossare abiti più consoni all'ambiente in cui siamo, che è una scuola, almeno quando ci sono dei professori che la possono vedere"

Bellatrix si tormentò una ciocca di capelli con il dito, e fece un segno affermativo con il capo, accavallando con lentezza le gambe. "D'accordo, professoressa, ho capito" Disse, senza mascherare l'ironia contenuta nella sua voce.

Minerva McGrannitt la fulminò con lo sguardo. "Mi auguro di non doverla riprendere altre volte, signorina Black, o sarò costretta a togliere punti a Serpeverde" Così dicendo, la donna si allontanò a passo spedito, e tornò a sedersi al tavolo degli insegnanti, il solito cipiglio autoritario dipinto in volto.

"Sarai contenta adesso, sei anche riuscita a farti rimproverare dalla McGrannitt" Esclamò Narcissa, alquanto contrariata.

Bellatrix sorrise. "Molto contenta, in effetti" -disse, prendendosi gioco della sorella- "Ora se non ti dispiace me ne vado in Sala Comune, Narcissa"

Bellatrix, senza degnare Cameron Raylee di un ulteriore sguardo e senza salutare nessuno, si alzò, e lasciò la Sala Grande. Di nuovo, al suo passaggio molte teste si voltarono, e molti ragazzi si scambiarono occhiate di ammirazione per quella ragazza che tutti loro potevano solo guardare da lontano.

 

***

Il corridoio era illuminato solo da qualche torcia, le cui fiamme tingevano di riflessi rossastri le lastre di pietra del pavimento. Faceva freddo, nei sotterranei, e il ragazzo affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, tentando di scaldarle. L'entrata della Sala Comune di Serpeverde doveva aprirsi da qualche parte, in quella lunga parete, nascosta agli occhi degli studenti delle altre Case. I Serpeverde amavano i segreti, li custodivano come tesori. Tutti sapevano dov'era situata la torre di Grifondoro, o quella di Corvonero, o i dormitori dei Tassorosso. Ma nessuno, a parte i Serpeverde stessi, frequentava quella parte del castello, sepolta sotto metri di pietre e cemento.

Sirius si addossò alla parete, nascosto da una rientranza del muro. I capelli ribelli gli coprivano le guance, ma lui non li scostò. Gli occhi di ghiaccio sembravano due piccoli lumi nella tenebra che gli gravava sulle spalle.

Lei avrebbe dovuto passare da lì, lo sapeva. L'avrebbe aspettata, anche tutta la sera se necessario. Ma la fortuna sembrava averlo baciato, quel giorno. Dopo pochi minuti, uno scalpiccio di tacchi conosciuti si fece sempre più vicino, accompagnato da un intenso aroma di cannella e zenzero. Sirius emerse dall'ombra quando la ragazza si trovava a pochi centimetri da lui.

Bellatrix rise, appoggiando le mani sui fianchi. "Sapevo che ti avrei trovato qui, Black" Aspirò una lunga boccata di fumo, e buttò il mozzicone di sigaretta a terra, schiacciandolo con il tacco.

Sirius la afferrò bruscamente per le braccia, e il viso di lei si avvicinò al suo, sfiorandone quasi le labbra. "Cosa stavi facendo con Raylee, Bella?" Le chiese a bruciapelo, le mani che la stringevano sempre più forte.

Per una frazione di secondo, un'ombra di paura attraversò gli occhi di Bellatrix. "Mi fai male, Black" -disse, liberandosi dalla sua presa- "E poi…non mi dire che sei geloso" Un sorriso sardonico tornò ad aleggiare sul suo viso.

Sirius la spinse con violenza contro la parete, in modo che non potesse muoversi. "Non ci provare mai più, hai capito?" -sibilò- "Non provare mai più a fare la puttana con un altro, sono stato chiaro?" I suoi occhi brillavano d'ira, di cieca rabbia.

Bellatrix rise di nuovo. "Non ti facevo così possessivo, Black"

"Tu sei mia, Bella" Ripeté lui, prima di iniziare a baciarla con veemenza.

"Finalmente ti sei arreso al destino, Black" Disse lei, prima di iniziare a rispondere al suo bacio, il corpo schiacciato contro le pietre fredde del muro e le braccia serrate attorno al collo del cugino.

 

***

Quel sabato mattina, un cielo ingannevolmente luminoso e di un turchese intenso accolse gli studenti che si erano radunati nel cortile d'ingresso per recarsi a Hogsmeade. In realtà, una brezza gelata spazzava la ghiaia, bruciava l'erba del parco ed obbligava i ragazzi a stringersi nei loro mantelli e ad avvolgersi bene nelle sciarpe colorate.

Lily Evans, il mantello nero della divisa e la sciarpa di Grifondoro al collo, aspettava vicino all'entrata del castello, i capelli tinti di riflessi dorati dai raggi del sole e gli occhi semichiusi per il freddo.

"Ehi, Lily!" La voce di James Potter, che proveniva da dietro la sua schiena, la fece sobbalzare leggermente.

"Ciao James" Rispose lei, in imbarazzo. Molte occhiatine sorprese e curiose si posarono su di loro, mentre si avviavano verso il cancello insieme agli altri alunni, euforici per la giornata di libertà.

"Dove ti piacerebbe andare?" Domandò James, che, strano ma vero, non sembrava avere molte cose da dire come sempre. Aveva cercato di domare i suoi capelli arruffati con una buona dose di gel, che faceva assomigliare la sua testa ad una torta coperta di gelatina, e continuava a gesticolare con le mani guantate di nero.

"Per me è indifferente, scegli tu" -gli disse lei, con un piccolo sorriso- "Dovrei solo comprare una piuma nuova…se non ti dispiace"

"Non c'è problema" Ribatté il ragazzo, cercando di mostrarsi disinvolto.

"Ehi, ciao Lily!" Sydney Wharton e Maureen Sheldon li superarono, guardandoli stupefatte.

"Ciao James!" Sirius Black e Remus Lupin passarono poco dopo, rivolgendo identici sorrisini ironici al loro amico.

"Sembra che faremo notizia oggi…" Commentò James.

"Già…non ti danno fastidio? Tutti pronti a parlare di noi, e chissà in quali termini…" Chiese Lily, mentre varcavano il cancello della scuola.

Lui scrollò le spalle. "E perché dovrei? Sono solo invidiosi"

"Invidiosi di cosa?" Gli domandò Lily, perplessa.

James le sorrise, gli occhi nocciola che scintillavano. "Invidiosi perché esco con una ragazza così carina"

"Grazie" -disse Lily, sentendosi arrossire- "Però…le ragazze di cosa saranno invidiose, allora?"

"Sono invidiose perché esci con il ragazzo più figo della scuola, ovviamente" Rispose lui, convinto.

"Chissà perché già sapevo cosa mi avresti risposto" -ridacchiò la ragazza- "Sei il solito montato, Potter…"

I due, sempre ridendo fra loro, salirono sulle carrozze senza cavalli che dovevano portarli al villaggio di Hogsmeade, l'imbarazzo che gradualmente si scioglieva fra loro come neve al sole.

 

***

La stanza era piccola e fredda, spoglia, arredata solo da un letto e da una scrivania di legno scuro. L'uomo sedeva compostamente, il viso immerso nella penombra creata dalle imposte chiuse, il sorriso che sembrava quasi scintillare.

"Mi è stato riferito che sei un estimatore delle Arti Oscure e un esperto, nonostante la tua giovane età…ho voluto incontrarti di persona per questo motivo" La sua voce era tagliente e melodiosa, ghiacciata e incandescente, monotona e vivace, una musica che riusciva ad incantare senza bisogno di una bacchetta.

Il ragazzo annuì, timidamente, le mani dietro la schiena coperta dal mantello di spessa lana nera.

"Avvicinati" -continuò l'uomo- "Lascia che ti veda bene"

Lui mosse qualche passo, la pelle pallida, i capelli scuri che gli cadevano a ciocche sulle guance scarne. Poteva quasi percepire l'aura di potere che il mago emanava, come un'emulsione profumata di pericolo in cui si stava immergendo.

Quando il suo viso uscì dall'ombra, il ragazzo riuscì a stento a nascondere il suo stupore. Era la persona più bella che avesse mai incontrato, ma allo stesso tempo anche la più raccapricciante ed inquietante. I capelli, mossi e disordinati, gli sfioravano le spalle e gli incorniciavano il viso, di un pallore quasi irreale. Aveva una bocca carnosa, lineamenti quasi effeminati, un naso importante, e occhi scuri come una notte senza stelle. Occhi che incutevano un terrore folle, una soggezione innaturale, occhi che sembravano in grado di scrutare ogni anfratto delle anime umane. Occhi meravigliosi e letali.

Gli prese il viso fra le mani, e lui sentì un brivido irradiarsi rapido lungo la sua schiena. Puntò gli occhi nei suoi, e il ragazzo si sentì indifeso come mai prima, i muri che aveva costruito a sua protezione che crollavano miseramente, uno dopo l'altro.

"Sei sicuro di volerlo fare? Dopo non potrai più tornare indietro, lo sai? E io non sono disposto a perdonare…"

Lui annuì.

"Sei coraggioso, per avere solo diciassette anni…Ma voglio darti ancora un po' di tempo per pensarci"

"Perché?…Posso chiederlo?" Disse lui, sentendo di aver intrapreso una strada spinosa.

Il mago rise brevemente, senza sentimento. "Questa domanda dimostra ancora una volta la tua audacia, ragazzo. Ma anche la tua ingenuità…io so perché non hai chiesto di unirti a me e ai miei seguaci prima"

Il ragazzo sgranò gli occhi, sempre più inquieto.

"Ti stupisci per così poco? Quanto ignori del mio potere immenso…" -l'uomo tornò a sedersi alla scrivania, con calma- "Ti darò tempo fino alla fine di giugno, dopo che avrai terminato i tuoi esami" Disse poi, con un tono che non accettava repliche.

Il ragazzo si passò una mano sulla nuca, che nonostante il freddo era imperlata di sudore.

"Ora vai, si sta facendo tardi. E mi raccomando, giovane Severus Piton. Non diventare mio servitore solo perché una persona che amavi ti ha deluso…Lord Voldemort non è lo strumento per la vendetta altrui, il potere di Lord Voldemort non verrà utilizzato per questi scopi, ricordalo o potresti pentirtene"

Severus Piton annuì di nuovo, troppo sconvolto per parlare, e abbandonò la stanza subito dopo, il cuore che batteva all'impazzata e una miriade di pensieri che aleggiavano nella sua mente.

 

***

La piccola pasticceria di Hogsmeade era vuota, in quel momento, ad accezione della proprietaria, una strega anziana dall'aria ancora energica ed allegra, che indossava una lunga veste azzurra, ricamata finemente.

"Allora, com'è uscire con James Potter?" Chiese un ragazzo dai capelli scuri arruffati, seduto ad uno dei pochi tavolini.

Una ragazza dagli intensi occhi verdi scrollò, mangiando un boccone di un dolce al cioccolato. "Non è poi così male, devo ammetterlo…" Gli disse, sorridendo.

James rispose al suo sorriso, con aria trionfante. "Visto? Cosa ti avevo detto? Lo sapevo che non saresti stata capace di resistermi…"

"Calma, James, calma…tu ti stai montando la testa!" Rispose lei, frugando nella borsa che teneva sulle ginocchia. Dopo, estrasse da un pacchetto una lunga sigaretta, e l'accese con la bacchetta. Un profumo di arancia e cannella si mescolò a quello di cioccolato, zucchero e caffè di cui era impregnata la stanza.

Lui la guardò stupefatto. "Tu fumi?"

Lily rise di fronte alla sua espressione. "Sei sconvolto?"

"No, è che…beh, forse un po' " -ammise James, scompigliandosi i capelli con una mano- "Non mi aspettavo che una ragazza…"

"Un po' sfigata?" Suggerì Lily, senza rabbia.

"Ecco, a dire il vero sì" -confessò lui, leggermente in imbarazzo- "Comunque…non credevo proprio che una ragazza come te potesse fumare, a dire la verità"

"Quante cose non sai di me, Potter…" Ribatté lei, soffiando il fumo profumato verso l'alto.

*E spero di scoprirle presto, Lily…*

James continuò a guardarla, mentre mangiava distratto la sua fetta di crostata.

 

***

E anche il capitolo 19 è terminato…come vedete non ho fatto andare male l'appuntamento di James e Lily, e parlerò brevemente di questa giornata anche nel prossimo capitolo! Per quanto riguarda il paragrafo su Severus e Voldemort, beh…anche qui non si sa molto dai libri della Rowling, quindi questa è la mia versione dei fatti, dei motivi per cui Severus abbia deciso di unirsi ai Mangiamorte…e anche di questo fatto parlerò poi ancora, per spiegare meglio. E poi…anche il rapporto fra Sirius e Bella si è evoluto, confesso che se fosse per me parlerei solo di loro due perché mi sto appassionando davvero a questa coppia, ma potete stare tranquilli, almeno in questa fic continuerò ad occuparmi molto di James e Lily, che comunque rimangono i miei preferiti ^_^

Come sempre grazie a mille a chi legge questa fic senza commentare e a chi è così gentile da lasciarmi una recensione, cosa che fa sempre tanto piacere devo dire! :)

Ah, vorrei sapere se potreste consigliarmi qualche fic che meriti sulla coppia Draco/Hermione (dopo la lettura della splendida "The ground beneath her feet" di Savannah questo pairing sta iniziando a piacermi…vi consiglio di dare un'occhiata a questo lavoro, ne vale davvero la pena!) e sui Malandrini ovviamente…grazie mille!

*Un abbraccio*

~Flea~

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

  • Capitolo 20

 

"E poi? L'hai baciata?" La voce divertita di Remus Lupin riecheggiò per un istante nella stanza del dormitorio del settimo anno, nella torre di Grifondoro. Il ragazzo, i capelli chiari sparsi sul cuscino, gli occhi azzurri annebbiati dal sonno, un vecchio pigiama indossato sotto un maglione grigio troppo grande per lui, si sistemò meglio sotto la spessa coperta cremisi che ricopriva il suo letto.

In quel preciso istante, la grande pendola che si trovava nella Sala Comune battè l'una, con i suoi ticchettii stanchi, che portavano su di sé il peso di numerosi anni trascorsi a segnare il tempo che trascorreva placido, ma inesorabile, senza interruzioni.

James Potter, coricato a sua volta sul letto, le braccia appoggiate dietro al capo, gli occhiali gettati sul comodino accanto a lui, sbuffò spazientito. "Come te lo devo dire, Lunastorta?! Non è successo nulla, siamo solo andati in giro e abbiamo parlato!"

"Ormai Ramoso è diventato un santo, non tocca più una ragazza nemmeno con un dito…" L'intervento di Sirius Black gli costò un' energica cuscinata in pieno viso.

"Molto spiritoso, Felpato, davvero…" -sibilò James, che però non riuscì a trattenere un sorriso- "Comunque…sono stato bene oggi, davvero" Proseguì poi, l'espressione del volto all'improvviso seria.

I suoi amici gli rivolsero due identici sorrisi colmi di comprensione. "Sembra proprio che tu l'abbia trovata, Jamie" Gli disse Remus, abbracciando il suo cuscino.

"Trovata cosa?" Gli chiese lui di rimando, perplesso.

"La ragazza giusta, no?" -rispose Sirius- "Quella che ti fa smettere di fare cazzate, tanto per intenderci"

Il ragazzo scrollò le spalle. "Sì, può darsi…" Si limitò a controbattere, anche se i suoi occhi nocciola, che brillavano felici, smentirono subito le sue sfuggenti parole.

 

***

Quando Lily Evans entrò nella stanza del dormitorio femminile che divideva con le sue compagne, il silenzio vi regnava sovrano, interrotto solamente dai respiri regolari delle ragazze. Era rimasta fino a tardi in Sala Comune, seduta in un angolo appartato a leggere, proprio per evitare le domande curiose e impertinenti che Frankie Thomas e le altre le avrebbero di sicuro rivolto, ansiose di conoscere il maggior numero di particolari sul suo °appuntamento° con James. Quella sera a cena, nonostante fosse scesa nella Sala Grande molto presto, aveva già dovuto sopportare gli sguardi ostili di almeno una decina di ragazze di Corvonero e Tassorosso, grandi ammiratrici di James, e non voleva parlare ulteriormente di quella giornata a Hogsmeade.

Lily si infilò sotto le coperte, senza fare rumore, e rimase ad osservare la luna, quello spicchio d'argento che illuminava il dormitorio con i suoi raggi di luce lattescente. La ragazza sospirò lievemente, mentre il pensiero di James Potter, per l'ennesima volta da quando si erano separati poche ore prima, tornava ad occupare la sua mente. Si era divertita quel pomeriggio, non poteva negarlo, e aveva anche scoperto dei lati di quel ragazzo che fino ad allora erano stati per lei sconosciuti. Aveva scoperto che James non era poi così arrogante come poteva sembrare a prima vista, aveva scoperto che era intelligente, un'intelligenza che andava al di là di quella puramente scolastica, aveva scoperto che sapeva essere simpatico. Insomma, nonostante tutti i suoi difetti, doveva ammettere che James tutto sommato non era così popolare a Hogwarts per un puro caso.

E all'improvviso, quell'immagine che aveva visto nello Specchio delle Brame non le sembrava più così assurda e priva di senso. Forse, era riuscita a capire perché si sentisse attratta da quel ragazzo che aveva odiato per più di sei anni. Lo Specchio, semplicemente, era già a conoscenza di quello che lei, Lily Evans, non era ancora in grado di sapere.

 

***

Nel sotterraneo dove si svolgevano le lezioni di Pozioni, la voce del professor Harrison scandiva la lista di ingredienti necessari per preparare una soluzione particolarmente complessa, fra il silenzio dei suoi alunni.

Severus Piton, in fondo all'aula, estrasse alcune erbe da una serie di boccette che aveva sistemato sul banco, e iniziò a sminuzzarle con cura quasi maniacale e con gesti meccanici, mentre la sua mente vagava altrove, distratta da pensieri ben più gravosi di una pozione, per quanto difficile da ottenere.

Il viso niveo di Lord Voldemort aveva popolato i suoi incubi per tutta la notte, e le sue parole continuavano a risuonare dentro di lui, come il suono sinistro di una campana incrinata.

 

Non diventare mio servitore solo perché una persona che amavi ti ha deluso…Lord Voldemort non è lo strumento per la vendetta altrui, il potere di Lord Voldemort non verrà utilizzato per questi scopi…

 

Severus era rimasto impietrito quando il mago aveva smesso di parlare. Come aveva fatto a sapere? Come aveva fatto a capire che si era recato da lui perché uno smanioso desiderio di vendetta e un oppressivo malessere l'avevano colto all'improvviso?

E tutto per lei…Erano passati due giorni dall'ultima volta in cui aveva visto Lily Evans, da quando gli aveva rivelato che sarebbe uscita con James Potter. E lui, Severus, era stato dimenticato. Ancora una volta. Anche Lily lo stava lasciando, come aveva fatto suo padre, come avevano fatto tutti i suoi compagni di Serpeverde, che l'avevano sempre ignorato. Severus si stava affezionando alla loro amicizia, a quel palliativo che gli permetteva di vederla, di starle vicino, anche solo per ridere, anche solo per fumare una sigaretta insieme. E tutto stava già per finire, lui lo sapeva. Come una bolla di sapone, bella ma terribilmente effimera.

E la tristezza l'aveva assalito, la rabbia contro quella ragazza che si era permessa di fargli provare quei sentimenti così intensi e allo stesso tempo così strani. Lei non ne aveva nessuna colpa, ma Severus si era sentito mancare il terreno sotto i piedi. E il bisogno di altre certezze aveva avuto la meglio. Da lì a quel colloquio con Lord Voldemort, il passo era stato breve, forse troppo breve. Quell'uomo così affascinante e potente gli aveva dato altro tempo, fino a giugno, fino alla fine degli esami. Dopo, non ci sarebbero state altre occasioni per rimandare. Dopo, Severus avrebbe dovuto decidere se unirsi ai Mangiamorte, i seguaci di Voldemort.

Il loro potere si stava rafforzando in fretta, e presto il Ministero della Magia avrebbe iniziato a tremare sotto i colpi di un gruppo che in fin dei conti era formato da estremisti, da ribelli che difendevano a spada tratta la purezza del sangue e tutte quelle caratteristiche della parte di società magica che diventava ogni giorno più esigua e debole, imbastardita dal germe dei Mezzosangue.

Severus si era subito sentito attratto da loro, fin da quel primo incontro, nel giugno dell'anno precedente. Era stato Lucius Malfoy a parlargliene, forse in un eccesso di buonismo, o forse più semplicemente perché Voldemort gli aveva ordinato di spargere la voce il più possibile fra i membri di Serpeverde, per tradizione tutti provenienti da famiglie Purosangue. E lui aveva accettato, si era recato con una decina di altri studenti in quella piccola casa in rovina, ai margini del villaggio di Hogsmeade. Le parole di Voldemort li avevano stregati, con le loro promesse di supremazia e ricchezza, e anche lui aveva sentito una forza crescere in lui. La sua passione per le Arti Oscure aveva fatto il resto, e senza nemmeno accorgersene, Severus si era trovato invischiato in quella rete, la rete dei Mangiamorte. Era ancora troppo giovane, un sedicenne pieno di paure e frustrazioni, e nessuno si era più fatto vivo per reclutarlo.

Ma ora era quasi arrivato il momento. Sette mesi, e Severus avrebbe deciso. La paura attanagliava già ogni parte del suo corpo, e il ragazzo dentro di sé pregava perché qualcosa, o qualcuno, lo convincesse a cambiare idea, lo salvasse da quel cammino che, ne era consapevole, l'avrebbe portato alla rovina. Quel cammino che avrebbe intrapreso solo per dimostrare al mondo che non era poi così debole e malaticcio, così insignificante e indegno di amore e attenzione. Ma Severus sapeva altrettanto bene che l'unica persona che sarebbe stato disposto ad ascoltare presto avrebbe voltato i suoi occhi di smeraldo verso un altro, gettandolo nell'ombra.

*Lily*

Un fumo sottile, che profumava di muschio, si levò dal calderone di Severus, che continuava a mescolare la sua pozione con gesti rabbiosi.

 

***

Con i primi giorni di dicembre, una spessa coltre di neve aveva iniziato ad imbiancare il parco e le torri del castello, rendendolo simile ad una grossa torta coperta di panna. Molti studenti avevano deciso di abbandonare allora i libri, e avevano sfidato il freddo, lanciandosi in agguerrite battaglie a colpi di palle di neve, oppure dedicandosi a più tranquille passeggiate ai bordi del lago.

Narcissa Black, avvolta in un lungo mantello blu scuro, stava camminando con aria annoiata, gli occhi chiari che scrutavano torvi un gruppetto di ragazzi del sesto anno di Corvonero, che poco lontano stavano ridendo e gridando divertiti. La neve non le era mai piaciuta. Tutto quel bianco che sembrava doverla accecare da un momento all'altro, tutti quei ragazzi e quelle ragazze che all'improvviso si trasformavano in bambini di sei anni, l'acqua che le penetrava nelle scarpe e le inzuppava l'orlo della veste. Tutto le risultava molesto, sgradito.

La ragazza si scostò i capelli biondi, che si ostinavano a sfiorarle il viso, e si avvicinò alla capanna del guardiacaccia, dal cui camino usciva un sottile rivolo di fumo grigiastro. Lì, accanto al grande orto delle zucche, c'era sua sorella Bellatrix. Anche lei indossava un mantello identico al suo, regalo che avevano ricevuto entrambe il Natale precedente. Narcissa si trovò a pensare che forse quell'indumento era una delle poche cose che le accomunasse.

"Bella…" Disse lei, quasi rassegnata.

Bellatrix le rivolse un piccolo sorriso, che non era privo della sua solita sfumatura impertinente. "Ciao" Rispose, con voce neutra.

Narcissa si affiancò a lei, ed iniziarono a camminare di nuovo. "Perché hai voluto che ci vedessimo qui? Potevamo parlare in Sala Comune, senza prendere tutto questo freddo…" Chiese, bruscamente.

Bellatrix scrollò le spalle. "Andiamo Narcissa, rilassati…è così bello qui, adoro la neve"

*Lo so*

 

Un ricordo affiorò nella mente di Narcissa. Era gennaio, un gennaio gelido, troppo gelido per il clima inglese. La neve era caduta abbondante, durante la notte, e non sembrava avere intenzione di fermarsi. Grossi fiocchi candidi scendevano volteggiando dal cielo di un grigio lattescente, e si fermavano placidi sui davanzali della loro casa di Londra, un elegante stabile nel centro della città magica, dove si erano recate come ogni anno per trascorrervi l'inverno con la loro famiglia. Bellatrix, che aveva compiuto da poco sette anni, si era alzata molto presto, quella mattina, e si era precipitata nella sua stanza per svegliarla.

"Narcissa! Svegliati, c'è la neve!" Aveva esclamato, eccitata, i capelli corvini, all'epoca molto più corti, tutti arruffati.

Lei aveva aperto gli occhi azzurri lentamente, e le aveva lanciato uno sguardo seccato, sbuffando. "Bella! Lo sai che io odio la neve! Perché mi hai svegliata?" Aveva strepitato a sua volta, tirandosi a sedere e lisciandosi una ciocca di capelli con le sue manine da bambina di sei anni.

Bellatrix imbronciato le labbra, fulminandola con i suoi occhi pervinca, che già allora esercitavano un magnetismo del tutto particolare. "Questo vuol dire che non vuoi venire a giocare con me?" Le aveva domandato, delusa ed arrabbiata.

"Proprio così" Aveva ribattuto lei, ostinata.

"Ti odio Narcissa!" Aveva gridato l'altra, lasciando la stanza subito dopo.

Quando, circa un'ora dopo, Narcissa era uscita, all'insaputa dei genitori che ancora dormivano, aveva visto sua sorella, seduta sul marciapiede del palazzo di fronte. Aveva ancora lo stesso broncio dipinto sul viso pallido, e tracciava piccoli solchi nella neve con la punta della scarpa. Accanto a lei, un cumulo di neve ricordava la forma di un pupazzo, riuscito piuttosto male.

"Non giochi Bella?" Le aveva chiesto, non senza una punta di soddisfazione, sedendosi accanto a lei, le mani avvolte in un paio di piccoli guanti di lana azzurra e un berretto dello stesso colore calcato sul capo.

Bellatrix le aveva fatto una linguaccia prima di parlare, con un tono di voce quasi mortificato. "A me piace tanto la neve, ma non mi divertivo a farlo da sola, il pupazzo"

Lei le aveva sorriso. "Vuoi farlo con me?"

Bellatrix le aveva sorriso a sua volta. "Davvero?" Aveva detto, all'improvviso entusiasta.

"Davvero"

"Grazie Narcissa, ti voglio tanto bene!" Bellatrix l'aveva abbracciata, con la sincerità che solo i bambini possiedono, e lei si era sentita felice.

Mezz'ora dopo, la madre Leanne si era alzata, e aveva trovato i letti delle figlie vuoti. Mezz'ora dopo, un'elfa domestica, rabbrividendo per il freddo, era stata inviata bruscamente a recuperarle. Mezz'ora dopo, in un angolo del marciapiede, un bellissimo pupazzo di nome Joe sorrideva con la sua bocca di neve.

 

"Narcissa? Mi stai ascoltando?" La voce insolitamente calma e persino venata di preoccupazione di Bellatrix la riportò alla realtà.

La ragazza scosse il capo. "Scusami, ero soprappensiero…dicevi?"

Bellatrix sospirò. "Ti devo parlare" Disse, seria.

Narcissa inarcò un sopracciglio, sospettosa. "E' successo qualcosa?"

"Sono stata chiamata" I capelli di Bellatrix si stagliavano contro il bianco candido che le circondava.

Narcissa sgranò gli occhi. "Da lui?"

L'altra annuì, le mani guantate di nero che si alzarono a sfiorarle per un istante le guance arrossate dal freddo.

"E cosa vuoi fare?" Ora era la voce di Narcissa ad essere colma di inquietudine.

Bellatrix abbassò il viso. "Mi ha dato tempo fino a giugno per decidere, ma penso di accettare" Rispose, risoluta.

Narcissa si strinse nella sciarpa di lana bianca che le avvolgeva il collo. Quelle due bambine così unite, che giocavano insieme sul marciapiedi davanti a casa, non esistevano più. Ormai erano morte, sepolte chissà dove nei loro animi. Ormai, stavano diventando due estranee, due persone totalmente diverse. "L'ho incontrato anch'io, Bella"

Bellatrix parve sorpresa da quelle parole. "Tu?" -ripeté- "Ma…io pensavo che non fossi interessata al suo progetto…"

"Infatti non lo sono, Bella, e ho paura…tanta paura, ma credo che accetterò anch'io" Gli occhi di Narcissa si offuscarono.

Bellatrix costrinse sua sorella a guardarla. "Perché? Perché lo fai?"

"Lo faccio per Lucius…" -rispose l'altra, con un filo di voce- "Lui ha già deciso, e io…io voglio fare altrettanto"

All'improvviso, gli occhi di Bellatrix si incendiarono d'ira, e lei afferrò con forza i polsi di sua sorella. "Non farlo, Narcissa, non lo fare" -disse, quasi urlando- "Non unirti a lui solo perché lo fa Lucius, è assurdo!"

La ragazza si liberò della stretta della sorella. "Non posso fare altrimenti…" Ribatté, con voce calma, ma anche stanca.

"Non è la tua causa, Narcissa! Potrà essere quella del tuo fidanzato, ma non è la tua! Cosa cazzo ti è venuto in mente? Non si tratta di andare a vendere caramelle, è pericoloso!"

Le guance di Narcissa si rigarono di lacrime. "Io devo seguire Lucius. Non posso lasciarlo andare, si allontanerebbe da me…"

"Non dire stronzate, voi continuerete a stare insieme, a vedervi, non cambierà nulla"

Narcissa si passò una mano sul viso. "Lo sai anche tu che non è vero, Bella" -insistette con dolcezza- "Lo sai che cambierà tutto invece…e io voglio stare con Lucius. Io devo stare con Lucius"

Bellatrix rimase in silenzio per qualche minuto, una manciata di neve stretta in una mano e una miriade di domande scritte sul viso. "Perché dici così?" -domandò infine- "Perché dici che lo devi seguire?"

Narcissa scoppiò a piangere, all'improvviso, e abbracciò Bellatrix. "Perché ho solo lui, Bella…Non voglio che anche lui mi abbandoni, o sarò completamente sola…"

Bellatrix, per la prima volta in vita sua impacciata e a disagio, appoggiò una mano sulla testa della sorella, e rispose al suo abbraccio, mentre alcuni fiocchi di neve ricominciavano a cadere serafici.

*Lui se n'è già andato da te, Narcissa, perché non riesci a vederlo?*

 

***

"La vuoi smettere? Guarda che me ne torno su in dormitorio!"

James Potter rise brevemente, un mucchietto di neve nella mano destra e un'espressione da perfetto Malandrino sul volto. "Che paura che mi fai, Evans…" Così dicendo, le lanciò addosso l'ennesima palla di neve, colpendole le gambe fasciate dai jeans scuri.

"Ti ho detto di smetterla!" -esclamò lei, irata ma anche divertita- "E poi mi chiamo Lily, se non ti dispiace…quando riuscirai a capirlo?"

Il ragazzo scansò la manciata di neve che lei gli aveva tirato contro. "Vedi a cosa servono i riflessi allenati dal Quidditch? Comunque, Lily, scusami…è che sono quasi sette anni che ti chiamo Evans, è difficile abituarsi!"

Lei gli si avvicinò, e ricominciarono a camminare lentamente, lungo un sentiero che si snodava ai limiti della Foresta Proibita, fra gli alberi diventati candidi e i prati immersi nella neve.

"D'accordo, ti posso perdonare per questa volta…ma ti avverto, non provare più a tirarmi della neve addosso…Non farmi pentire di aver accettato di uscire con te quando avrei potuto stare in Sala Comune al caldo!"

James le fece una smorfia, fingendosi profondamente offeso. "Ah, è così? Sei uscita per farmi solo un favore? Perché ti facevo pena? Grazie, davvero…"

Lily rise a quelle parole, gli occhi da gatta che incontrarono quelli nocciola di lui per un breve istante. "Per favore, non fai pena a nessuno!" Disse, sempre ridacchiando. Le sembrava ancora strano parlare con James Potter del più e del meno, ridere con lui, passeggiare per il parco. Le sembrava strano, ma la sorpresa stava lasciando il posto a un altro sentimento che non riusciva bene a definire. Forse, era solo felicità. Pura e semplice felicità, quella felicità per le piccole cose, per i piccoli momenti all'apparenza insignificanti che rendevano la vita degna di essere vissuta. Quella stessa felicità che aveva provato poco più di un'ora prima, quando James l'aveva vista in Sala Comune, mentre leggeva accanto ad una finestra, e l'aveva letteralmente trascinata via, fra le occhiate incredule delle sue compagne di dormitorio e i sorrisi rassegnati di Sirius Black e Remus Lupin.

"La neve è stupenda!" Gridò il ragazzo, prima di gettarsi a peso morto su una gran quantità di neve che Hagrid aveva ammucchiato su un lato del sentiero.

"Ma sei pazzo?!" -esclamò lei, osservandolo mentre si ripuliva gli occhiali- "Ti sarai bagnato tutto, rischi di ammalarti…"

"E' bellissimo qui! Un po' freddo forse, ma buttarsi nella neve è meraviglioso, quando ero bambino lo facevo sempre!" Ribatté lui, senza accennare a muoversi.

Lily si mise le mani guantate di rosso sui fianchi, rassegnata. "Appunto, quando eri un bambino…ora hai diciassette anni!"

"E dai, non fare la rompiscatole come al solito…" -disse James, scompigliandosi i capelli bagnati- "Vieni anche tu!"

La ragazza lo guardò inorridita. "Io non sono una rompiscatole! E poi non ci penso nemmeno a venire …"

James alzò un sopracciglio, con aria perfida. "Scommettiamo?"

Lily indietreggiò, conscia di quello che le stava per succedere. "Non oserai…"

"Sì invece"

"No, ti prego! James Potter non ci provare nemmeno!" Strillò lei, cercando di scappare. Ma James l'aveva già afferrata per le braccia, e la stava trascinando verso il cumulo di neve.

"Potter lasciami all'istante!"

"Spiacente …" Rispose lui ridacchiando, prima di gettarsi inesorabilmente nella neve insieme a lei.

"Ti odio!" Strepitò Lily, scuotendo la lunga chioma sanguigna diventata candida e alzandosi, alquanto seccata.

"E dai, quanto la fai lunga…Ehi, ma dove vai?"

Lily aveva iniziato a camminare a buon passo, dirigendosi verso il castello, senza dargli nemmeno una risposta.

"Lily aspetta!" -la chiamò James, alzandosi a sua volta e correndole dietro- "Non ti sarai mica arrabbiata vero? Stavo solo scherzando…"

Lei non si volse nemmeno, e proseguì la sua marcia.

"Cazzo ti vuoi fermare?" Insistette il ragazzo, una nota dispiaciuta nella voce. Un secondo dopo, un'enorme palla di neve lo colpì in pieno viso, e la risata argentina di Lily gli arrivò alle orecchie.

"Qualcuno si è fatto fregare, vero James?" Gli disse lei, godendosi la sua piccola rivincita.

James si asciugò le lenti degli occhiali sul mantello. "Adesso sono io che odio te…" Borbottò, mentre un piccolo sorriso si dipingeva sulle sue labbra.

 

***

L'aria era fredda, quel pomeriggio. Gli sfiorava le guance, simile ad una lama affilata. Le mani gli facevano male, ma la parte del corpo che gli doleva di più era un'altra. Era il cuore. I fiocchi di neve cadevano attorno a lui, si posavano sulle sue spalle, gli inumidivano i capelli. L'aria era fredda, quel pomeriggio. Il profumo sottile del terreno bagnato saliva fino alle sue narici, un sentore di muschio e foglie secche.

Poco più in là, due figure camminavano una di fianco all'altra, le loro parole interrotte di tanto in tanto da una piccola risata allegra. Anche lui avrebbe voluto ridere, ma le sue labbra erano sigillate, indurite dalla solitudine e da quel senso di strisciante malinconia.

Severus Piton si allontanò, silenzioso e stanco, l'immagine di Lily e James ancora davanti agli occhi.

 

***

"Mi sono divertita oggi"

Lui corrugò le sopracciglia.

"Cosa c'è?" Gli chiese lei, perplessa.

"E' strano…sentirlo dire da te, intendo. Fino a poco tempo fa l'unica cosa che dicevi sul mio conto era che mi odiavi…"

Lily abbassò gli occhi. La Sala Comune era semideserta, la maggior parte degli studenti era già scesa per la cena, e la legna che ardeva nel camino di pietra disegnava ombre sfuggenti sul pavimento. "Beh…le persone cambiano, no? Voglio dire, anche tu sei cambiato…non so come spiegartelo, prima eri più…"

James le sollevò il mento con due dita, e le sorrise, disteso. "Non mi devi spiegare nulla, mi stavo solo prendendo un po' gioco di te…lo so che mi sono sempre comportato da stronzo arrogante nei tuoi confronti"

La ragazza si sentì arrossire. Il viso di James era davvero vicino al suo. "In effetti è vero…" -disse, per togliersi dall'imbarazzo- "Ma ormai ti ho perdonato" Aggiunse poi, sorridendogli a sua volta.

"Grazie…forse non lo meritavo nemmeno"

"Dai, adesso non esagerare…e poi quell'aria seria e pentita non ti si addice proprio!" Lily si passò una ciocca di capelli fra le dita, arrotolandola attorno al mignolo.

James fece una smorfia ironica, e annuì.

"Forse è meglio che vada a cambiarmi…è ora di cena ormai, e sto morendo di fame" Disse lei, alzandosi.

"D'accordo…" Le rispose lui, evidentemente dispiaciuto.

"Ci vediamo, allora" Continuò lei, esitante, come se non sapesse bene come comportarsi. Poi, si avviò verso le scale che portavano ai dormitori femminili.

"Ehi Lily!" Esclamò James.

Lei, che stava per salire il primo gradino si voltò.

"Ci vai già con qualcuno al ballo di Natale?" Le chiese lui, senza la minima traccia di titubanza.

Lily sgranò gli occhi smeraldini. "Io….no, veramente no"

James si passò una mano fra i capelli, e le rivolse uno di quei sorrisi che avevano fatto perdere la testa a molte ragazze di Hogwarts. "Ti andrebbe di venirci con me?"

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, guardandolo, la mano appoggiata alla parete e la sciarpa di Grifondoro che pendeva ancora dal collo. "D'accordo" Disse infine, mentre le sue guance si tingevano di rosso. Subito dopo, senza aspettare ulteriori risposte, sparì su per le scale di pietra.

James si avviò verso il buco nel ritratto. "Buonasera!" Esclamò entusiasta alla Signora Grassa, mentre quest'ultima si scostava per farlo passare.

"Sembri felice questa sera, ragazzo…" Replicò il quadro.

"Ho tutti i motivi per esserlo, in effetti" Rispose lui, un'espressione trasognata dipinta sul bel volto.

 

***

Lo so, lo so…a Hogwarts non si fanno balli, né a Natale né a fine anno né per altre occasioni (Ballo del Ceppo a parte!)…ma non ho resistito! E poi chi ci dice che non ci fosse questa usanza al tempo dei Malandrini?! ^.^"

Per il resto spero che questo capitolo vi sia piaciuto, sono scaduta un po' nel melenso con la scena di Narcissa e Bellatrix, ma volevo che ci fosse un episodio che in un certo senso dimostrasse che le due sorelle, per quanto diverse e distanti l'una dall'altra, non esitano ad aiutarsi in momenti particolarmente difficili…

E poi ero in *atmosfera da neve*, fino che qui ieri (3/3/05) è nevicato un bel po'…e io ADORO la neve se non si era capito ^_^

Grazie come sempre per le vostre recensioni bellissime che mi aiutano tanto, e grazie anche a chi legge senza commentare, spero di non deludervi troppo…e se lo facessi per favore ditemelo, le critiche danno una mano a migliorare e sono bene accette, tanto quanto i complimenti ovviamente!

Non mi resta che darvi appuntamento con il capitolo 21…à bientot!

~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


La Stanza delle Necessità era immersa nella penombra
  •   Capitolo 21

 

La Stanza delle Necessità era immersa nella penombra, le pareti rischiarate appena dalla luce di una manciata di candele che galleggiavano a mezz'aria, come lucciole in una sera estiva. La neve continuava a cadere fuori dalla finestra bifora, insensibile, incurante delle vicende di centinaia di studenti che si riparavano fra le mura possenti di quel castello dall'aria vagamente minacciosa.

Lui tirò il lembo della coperta color smeraldo, per coprirsi il petto. Una ciocca di capelli gli ricadde irriverente sull'occhio destro, ma il ragazzo non la scostò. "A cosa stai pensando?" Chiese. La sua voce gli sembrò innaturale nel silenzio della stanza.

"Hai le mani fredde" Gli rispose lei, stringendogliene una. La sua pelle illuminata dai riflessi delle candele assumeva una sfumatura dorata, simile ad oro liquido.

"Rispondimi, Bella" Disse Sirius, senza muoversi. Il pavimento era scomodo, gelido, nonostante il legno scuro che lo rivestiva. Era strano. Si erano recati nella Stanza delle Necessità solamente per poter fare l'amore e non vi avevano trovato nemmeno un letto. Forse, per consumare quella storia malata non ne sentivano il bisogno. Forse, un'urgenza prettamente sessuale come la loro non era degna di qualcosa di più di una coperta verde.

Bellatrix si alzò a sedere, coprendosi a sua volta con la trapunta. Poi, portò le ginocchia al petto, e vi si appoggiò con il mento. La chioma corvina le copriva le spalle nude, e le nascondeva in parte il volto. "Se vuoi chiedermi se mi è piaciuto fallo e basta, Black" Ribatté. La sua voce era irritata, la solita sfumatura sarcastica e impertinente ben udibile. Uno dei marchi di casa Black, senza dubbio.

Sirius si alzò a sua volta, e rise sommessamente. I suoi occhi sembravano acqua nera nell'oscurità. "Possibile che non si riesca a parlare con te?" Sibilò quasi furioso, amareggiato.

Lei scrollò le spalle, e sorrise. Il suo solito sorriso sardonico. Un altro segno distintivo dei Black. "Credi davvero che io e te potremmo parlare? Dio, sei davvero un illuso…"

"Io non sono un illuso, Bella. Pensavo solo che fossi più intelligente, tutto qua. Pensavo che con te avrei potuto andare al di là di qualche insulto. Noi veniamo dalla stessa famiglia, dovremmo capirci. Nessun altro può capire cosa significhi essere un Black, nessuno"

Bellatrix rise più forte. "Io non potrò mai capirti, Black, come puoi averlo pensato anche solo per un momento? Io non ho rinnegato la mia famiglia. In questo siamo molto diversi, noi due. Io non giro con un gruppo di stupidi babbanofili, io non sono una Grifondoro…per fortuna"

Sirius strinse la stoffa della coperta con le dita, e le nocche sbiancarono. "Non provare ad insultare i miei amici, ti avverto"

"Già, dimenticavo…i tuoi amici…gli intoccabili Malandrini. Fammi indovinare, sono loro la tua nuova famiglia? Quel pezzente di Remus Lupin, quell'insignificante bambino grassoccio di Peter Minus e quell'arrogante di James Potter?"

"Smettila, Bella" -sibilò lui- "Smettila subito"

"Mettitelo bene in testa, Sirius. Ormai non veniamo più dalla stessa famiglia, ormai non siamo più parenti. Nessuno lo pensa, non interessa più a nessuno dei Black sapere cosa fai, sapere se sei vivo o morto. Tu sei solo un rinnegato, non sei degno del cognome che porti…"

Le labbra di Sirius si incresparono. "Sei davvero sicura che non interessa a nessuno sapere cosa faccio?"

Bellatrix inarcò un sopracciglio. "Cosa vuoi dire?"

Lui scandì le parole con esasperante lentezza, come gocce sottili che scavavano la roccia. "Sai, se la mia adorata madre e la tua venissero a sapere della nostra relazione…come credi che reagirebbero? Io, il ragazzo che loro tanto disprezzano, e tu, la figlia perfetta, l'incarnazione dello spirito della famiglia…sarebbero felici, non lo pensi anche tu?"

"Non lo faresti, Black" Esclamò lei, e una sfumatura di preoccupazione le incrinò la voce.

Le labbra di lui si incresparono ancora di più. "Non dirmi che hai paura di essere sgridata dalla tua mammina, Bellatrix…"

"Non ci guadagneresti nulla, Black. Loro ti odierebbero ancora di più, non glielo puoi dire" Bellatrix si tormentava una ciocca di capelli, tirandoli con forza. Sirius pensò che presto li avrebbe strappati.

"Credi che mi importi del loro odio? È qui che ti sbagli…a me non importa più"

Lei avvicinò il viso a quello del cugino. Solo pochi centimetri li separavano. "Ascoltami bene, Black. Tu non dirai nulla, non ne farai parola con nessuno. E' chiaro?"

"E cosa ci guadagnerei, se tenessi la bocca chiusa, cara cugina?" Le domandò lui.

Bellatrix salì a cavalcioni su di lui, e gli appoggiò i palmi delle mani sul petto, facendolo stendere sul pavimento. "Pensavo che l'avessi già capito, cugino. Guadagni me"

Sirius l'attirò a se, e la baciò. Un bacio violento, come tutti quelli che si erano scambiati. Un bacio prepotente. "D'accordo, Bella" Le sussurrò poi all'orecchio. Era successo di nuovo. Era successo ancora, ed era stato troppo debole per resistere.

Lei lo guardò per un istante, separandosi da lui. "E ricordati una cosa, Black. La nostra °relazione°, come la chiami tu, è solo sesso. Io ti voglio, tu mi vuoi…non c'è nient'altro"

Sirius fissò il blu zaffiro degli occhi di Bellatrix, prima di girarsi e sovrastarla con il suo corpo. Mentre facevano di nuovo l'amore, un pensiero balenò nella sua mente.

La tela del ragno si era di nuovo avvolta attorno a lui.

 

***

La Sala Comune era immersa nel silenzio. Il camino si era ormai spento, e la temperatura era bassa. La ragazza rabbrividì, la camicia da notte troppo leggera per l'inverno che aderiva alle forme del corpo esile, forse troppo esile. Narcissa sospirò sommessamente, e attraversò la stanza. I suoi piedi scalzi facevano scricchiolare le assi del pavimento di legno scuro, e la bacchetta che teneva in mano per farsi luce tremava appena fra le sue dita. Con lentezza, iniziò a salire le scale di pietra, un gradino dopo l'altro. Non ne conosceva il motivo, ma quelle scale le sembravano sempre infinite, un nastro che si snodava verso l'ignoto. Avrebbe dovuto avere paura di essere scoperta da un insegnante, ma ormai sapeva fin troppo bene che i professori di notte preferivano dormire, invece di dedicarsi alle ronde notturne nel castello. E quanto mai di rado entravano nelle Sale Comuni delle Case.

Narcissa continuò a salire. Finalmente, intravide l'inizio di un lungo corridoio. Il corridoio sul quale si affacciavano le stanze dei dormitori maschili. Le pareti erano rivestite di pannelli di legno laccati di verde scuro, e la pavimentazione era rivestita di una morbida moquette dello stesso colore. La ragazza continuò a camminare. Nonostante fossero le due passate, si poteva ancora udire qualche sussurro. Qualche ragazzo che non riusciva a dormire, qualche confessione notturna che in altre occasioni, alla luce del giorno, non sarebbe mai stata pronunciata, qualche chiacchiera senza né capo né coda. Lei proseguì. Voleva vederlo, voleva stare con lui. Sentiva il bisogno del suo tocco, sentiva il bisogno di toccargli i capelli chiari, sentiva il bisogno di guardare dentro quegli occhi così trasparenti e freddi. Ed era un bisogno che le procurava quasi dolore. Voleva infilarsi nel suo letto, sotto le coperte, e rimanere lì, accanto a lui, in silenzio, per non svegliare i suoi compagni di stanza. Dormire in quello spazio stretto, appoggiata alla parete, e poi scivolare via, come un'ombra, prima che il sole sorgesse. Come se non fosse mai stata in quella stanza. Dopo pochi istanti, Narcissa si fermò davanti a una porta. Quella porta che aveva oltrepassato tante volte. La ragazza si scostò i capelli lisci dal viso, e appoggiò l'orecchio contro il legno freddo. E i suoi occhi di ghiaccio si spalancarono, colmi di dolore.

"Lucius…" Un sospiro, che riuscì appena sentire. Eppure, le sembrava così forte che avrebbe potuto svegliare tutta Hogwarts.

"Shh…non voglio che gli altri si sveglino" La voce di lui era ferma, ma sfumata di passione. Quella voce che Narcissa non sentiva più da tempo…quella voce che per lei era diventata quasi meccanica, dettata dall'abitudine.

Un gemito strozzato. "Lucius…"

Narcissa si portò le mani al viso, mentre si allontanava, furtiva come quando era arrivata. Con gli occhi annebbiati da qualche lacrima, scese di nuovo i freddi gradini che la riportarono in Sala Comune. Nemmeno quella notte sarebbe stata vicino a Lucius. Anche quella notte, lei gliel'aveva rubato.

 

***

Il corridoio era deserto, e lei uscì dalla Stanza delle Necessità velocemente, gli occhi color zaffiro socchiusi e il maglione grigio che le copriva del tutto le mani nivee. Suo cugino si era addormentato pochi minuti prima, e lei, rapida come un felino, era scivolata oltre quell'uscio di legno lucido. Hogwarts, immersa nella quiete e nell'oscurità, acquistava ai suoi occhi un fascino del tutto particolare, che mai avrebbe avuto durante il giorno, con tutti quei gruppetti di studenti vocianti in ogni dove. Nelle ore notturne, il castello rivelava la sua anima più intima, con gli scricchiolii sinistri, il rumore delle scale che cambiavano direzione, i passi furtivi di qualche ragazzo o ragazza che aveva lasciato i dormitori di nascosto. Era la notte ad esserle davvero affine. Era la notte che era riflessa nel suo aspetto, nei suoi capelli neri come un cielo senza stelle, nella sua pelle d'argento. Era la notte che si leggeva nel suo nome, il nome di un astro.

Bellatrix arrivò al fondo dell'andito, e svoltò a sinistra, diretta alle scale che l'avrebbero portata ai piani inferiori. All'improvviso, si sentì afferrare con forza per un braccio. La ragazza cercò di gridare, ma una mano fredda si posò sulle sue labbra, costringendola al silenzio.

"Zitta" Sussurrò una voce. Una voce che lei conosceva bene. Bellatrix girò a fatica la testa, e intravide i bagliori violacei degli occhi di Rodolphus Lestrange. Cercò di liberarsi, mugugnando furiosa, ma lui aumentò la stretta, e le puntò la bacchetta sulla schiena.

"Silencio" Disse Rodolphus a mezza voce, e subito i borbottii della ragazza cessarono. Subito dopo, lui la fece voltare, tenendole ferme le braccia, per poterla guardare in viso. Poi le sorrise.

"Non staresti ferma se ti lasciassi andare, vero?" Le chiese con voce melliflua. Aveva i capelli spettinati, e indossava un paio di pantaloni di felpa e solo una maglietta a maniche corte. Doveva aver dormito fino a poco prima, e aveva gli occhi stanchi e cerchiati di scuro. Lei continuava a dimenarsi, ma i suoi sforzi non furono ripagati. Rodolphus agitò di nuovo la bacchetta, e da questa partirono alcuni fili sottili, simili ad oro fuso, che si avvolsero attorno ai polsi e alle caviglie della ragazza. Bellatrix cercò di scansarsi e di muovere qualche passo, ma cadde sul pavimento di pietra, in ginocchio.

"Scusami, Bellatrix, lo sai che non vorrei farti questo" -le disse lui, abbassandosi in modo da vederla in viso e sfiorandole lo zigomo con le nocche delle dita- "Ma non ho altro modo per farti restare qui…"

Lei si ritrasse, furiosa.

Il ragazzo le sorrise. "Ti restituirò la voce a patto che tu non ti metta ad urlare, Bella. E se lo farai, ti lascerò qui a vedertela da sola con Gazza e con il preside. Di sicuro verrà interpellato per fare luce su questa strana storia…come farai a spiegare perché ti trovavi qui, nel cuore della notte, fuori dal tuo dormitorio, legata con un incantesimo e per di più senza testimoni che dicano di avermi visto?" La sua voce era falsamente gentile, melliflua, le sue labbra erano a poca distanza da quelle dei lei, che annuì, seppur con evidente riluttanza.

"Sei uno stronzo, Rodolphus" Esclamò lei pochi secondi dopo. Il suono delle sue parole, pronunciate a labbra semichiuse, era simile al sibilo di un serpente. Un serpente molto pericoloso.

Lui le afferrò la nuca con una mano, e le spinse il viso ancora più vicino al suo. Il suo sguardo era febbrile, quasi folle. "Con chi sei stata?" Le chiese, rabbioso.

"Mi stai seguendo per caso?" Ribatté Bellatrix, che aveva riacquistato la sua spavalderia.

"Rispondi! Con chi cazzo sei stata nella Stanza delle Necessità? Dimmelo Bella!" Rodolphus, quasi senza rendersene conto, aveva iniziato a scuoterla avanti e indietro.

"Lasciami in pace, Rod, non sono affari tuoi" -sentenziò la ragazza, che non sembrava affatto impaurita- "Non hai il diritto di seguirmi, non sono di tua proprietà!"

Gli occhi di lui erano iniettati di sangue. "Con chi vai a letto, eh? Con chi? Brutta puttana!" La sua stretta sui polsi di Bellatrix si fece ancora più intensa.

"Ti ho già detto che non hai il diritto di seguirmi o di dirmi con chi andare a letto, non sono la tua ragazza, e non lo sarò mai!" -sibilò Bellatrix- "La scuola è piena di ragazze, trovane un'altra e lasciami perdere!"

"Io non voglio un'altra, io voglio te!" -disse lui, la voce incrinata. Sembrava disperato- "Perché non lo vuoi capire?"

Lei lo fulminò con lo sguardo. "E' una battaglia persa, Lestrange"

Per tutta risposta, il ragazzo le prese il volto fra le mani, e la baciò con irruenza. Bellatrix cercava di separarsi da lui, ma i polsi legati non le permettevano di utilizzare le braccia. La lingua di Rodolphus si insinuò a forza nella sua bocca, mentre le sue mani si insinuarono sotto il suo maglione, e lei provò un moto di disgusto. Nemmeno un paio di mesi prima era stata lei stessa a baciarlo, ma allora voleva soddisfare un suo capriccio, semplicemente. Ora, era tutto diverso. Troppo diverso. Quando incominciava a credere, esagerando ogni sensazione nella sua prospettiva distorta, che avrebbe dato di stomaco, una voce forte e chiara pronunciò alcune parole, e un attimo dopo il corpo di Rodolphus giaceva a terra, privo di sensi. Bellatrix si voltò, ruotando sulle ginocchia, e incontrò lo sguardo così simile al suo di Sirius Black, un sorrisetto sul volto che stonava con la sua espressione terribilmente seria.

"Sono sempre stato molto abile con gli schiantesimi, devo dire" Disse lui, cercando di smorzare quella tensione quasi palpabile. Bellatrix lo fissava con uno sguardo perforante, in silenzio. Il ragazzo si avvicinò a lei, e con un altro semplice incantesimo le liberò i polsi e le caviglie.

"Stai bene?" -le chiese, la voce che tradiva una nota preoccupata, nemmeno troppo nascosta- "Quando mi sono svegliato non c'eri più…mi sono alzato e stavo per tornare nella mia Sala Comune, quando ho sentito dei rumori. Lestrange non dovrebbe avermi visto, ma non credo comunque che andrà da Gazza a lamentarsi, per una volta" Una smorfia ironica si dipinse sul suo volto.

Bellatrix si alzò con lentezza, toccandosi i polsi leggermente arrossati. "Non credere che ti difenderò, se Rodolphus dovesse dire qualcosa. Dovevi solo farti gli affari tuoi, Black. Anche perché sarei stata in grado di difendermi da sola" Così dicendo, la ragazza girò attorno al corpo del suo compagno di Casa, ancora svenuto, e si diresse verso le grandi scalinate. Passando accanto a Sirius, gli sfiorò la mano, con un gesto all'apparenza casuale.

Ma Sirius sapeva benissimo che quello era un modo per esprimergli gratitudine. Perché Bellatrix Black non pronunciava mai la parola grazie.

 

***

Narcissa guardò il suo orologio da polso, appoggiato sul comodino accanto al suo letto. Erano quasi le quattro, e lei non era ancora riuscita a prendere sonno. La quiete della stanza era interrotta solo dai respiri regolari delle sue compagne di dormitorio. Forse stavano sognando. Forse dietro le loro palpebre stavano salendo sul palcoscenico incubi e visioni angoscianti. Forse, Morfeo le stava semplicemente avvolgendo in un abbraccio senza forma.

La ragazza si rigirò fra le coperte stropicciate, cercando di cancellare quei suoni che continuavano a ronzarle nella mente. Quei sospiri frammentati, quelle poche parole pronunciate piano.

Lucius e Alexandra Wallace. Ancora.

Narcissa si lasciò sfuggire un paio di lacrime, che le rigarono le guance. Tutti erano a conoscenza della loro relazione. Ogni ragazzo e ragazza di Serpeverde, dal primo al settimo anno. Sapevano che Lucius se la portava a letto con una certa regolarità, a dispetto del suo tanto decantato fidanzamento ufficiale con Narcissa Black. Il suo tanto decantato fidanzamento con lei. E tutti pensavano che lei, quella ragazza algida e altera ma in fondo davvero innamorata di Malfoy, fosse ignara di questa °storia d'amore°.

*Non sono una stupida…*

Narcissa aveva capito tutto. Aveva capito tutto, guardando le occhiate fugaci che si scambiavano a lezione, convinti che nessuno prestasse loro attenzione, guardando la mano di lei che °accidentalmente° sfiorava quella di lui quando si incrociavano in un corridoio, guardando gli occhi di Lucius seguirla mentre si allontanava, con la cravatta slacciata e un sorriso stampato sulle labbra lucide. E poi, quella maledetta notte, aveva sentito. Il corridoio dei dormitori maschili, il buio che l'avvolgeva. Voleva andare da Lucius. Voleva andare da Lucius, ma qualcuno ci aveva già pensato. E le parole sussurrate di Alexandra Wallace erano penetrate nella sua carne come pugnalate.

Narcissa ormai riusciva anche a capire quando avevano litigato, quando per qualche futile motivo le loro strade, e in un certo senso i loro letti, si separavano per brevi periodi. I suoi occhi turchini erano diventati abili osservatori, e passavano inosservati nella confusione della Sala Comune e delle aule piene di studenti. E Alexandra, all'improvviso, sembrava baciare ogni ragazzo che le capitava a tiro, lanciando sguardi fulminanti a Lucius, che la scrutava torvo, da lontano, quasi annoiato. E nel letto di Lucius c'era di nuovo posto per lei, per Narcissa, quando andava nella sua stanza. E a lezione il suo °fidanzato° tornava a prestare attenzione agli insegnanti, scrivendo righe e righe di appunti con la sua grafia ordinata, ma sfuggente.

Perché continuasse a stare con Lucius, perché continuasse a baciarlo, perché continuasse a fare l'amore con lui, perché non provasse il desiderio di schiaffeggiarlo fino a farlo sanguinare, non lo sapeva. Forse, sopportava tutte queste umiliazioni, in silenzio quasi religioso, solo perché lo amava. Semplicemente. Narcissa non riusciva a trovare un'altra spiegazione, non riusciva a trovare un appiglio razionale che le permettesse di vivere con serenità almeno qualche scampolo della sua vita. E quando Lucius la guardava negli occhi, quando la ipnotizzava con il suo sguardo enigmatico e le diceva che l'amava, sembrava sincero. Dannatamente sincero. In quei momenti, Narcissa capiva che non avrebbe potuto abbandonarlo. Era destino che lei dovesse dividere la sua esistenza con Lucius. L'avevano voluto con forza i suoi genitori, ma c'era anche qualcosa di più. La paura di rimanere sola, il desiderio di un appiglio a cui aggrapparsi quando brancolava nelle tenebre, e quel sentimento così misterioso che la stava trascinando via con sé.

 

***

Lily aprì lentamente gli occhi, stropicciandoli con le mani. Attorno a lei il silenzio era assoluto, e nel camino della Sala Comune le braci emanavano gli ultimi, stanchi bagliori dorati. Doveva essersi addormentata, le gambe allungate sul divanetto rivestito di velluto e la testa appoggiata al morbido bracciolo, dalla stoffa ormai rovinata. La ragazza raccolse il libro di Pozioni, che doveva esserle caduto a terra mentre dormiva, e sul quale aveva studiato quella sera. O almeno, aveva cercato di studiare. I suoi occhi, infatti, non erano riusciti a resistere, e assai spesso si erano alzati dalle pagine del volume, per cercare lui.

James era stato tutta la sera accanto al camino, insieme a Remus Lupin e a Peter Minus, a declamare a chiunque volesse ascoltarlo le sue ultime gesta sul campo di Quidditch, dove diceva di essersi allenato quel pomeriggio, nonostante la neve. E così, quello che all'inizio era un semplice volo di pochi minuti, interrotto dalla visibilità quasi nulla, si era infine trasformato in un'eroica seduta di allenamento, dove lui era riuscito a recuperare ben dieci boccini in un quarto d'ora. Lily aveva pensato che James sarebbe stato un oratore perfetto, se solo l'avesse desiderato. La sua capacità di intrattenere il suo pubblico era incredibile, e, unita alla sua esemplare faccia di bronzo, lo rendevano un elemento che sarebbe stato perfetto per un programma televisivo di intrattenimento babbano.

La ragazza aveva anche notato che, da quando erano usciti insieme un paio di volte, James non la cercava più con insistenza come prima. Per sei, lunghi anni, quel ragazzo dai capelli arruffati non perdeva occasione per parlarle, o meglio, per farla infuriare, e sembrava quasi seguirla ovunque lei andasse, portandola quasi al tracollo nervoso. Ora, invece, non la chiamava più urlando per i corridoi, non si sedeva apposta accanto a lei a lezione, non si divertiva più a schernirla o a giocarle qualche scherzo di dubbio gusto. Il suo sguardo si limitava ad incrociare i suoi occhi smeraldini quando passavano l'uno accanto all'altra, oppure un piccolo sorriso si dipingeva sulle sue labbra quando lei gli rivolgeva un esitante cenno di saluto con la mano. Solo quando la Sala Comune si svuotava, e vi rimanevano solo pochi studenti, lui si avvicinava alla poltrona dove lei si sistemava sempre per leggere, e le parlava, per sapere che libro aveva in mano, per chiederle come era stata la sua giornata, o per raccontarle l'ennesima crisi isterica che avevano fatto venire al povero Gazza. James pareva quasi imbarazzato, quasi timoroso di irritarla, di rovinare quel fragile rapporto che si stava creando fra loro…

*Che rapporto è? Ho quasi paura di scoprirlo…*

Le riflessioni di Lily furono interrotte dal suono secco che produceva il quadro della Signora Grassa quando scattava in avanti per rivelare la Sala Comune di Grifondoro. La ragazza, d'istinto, si voltò, e vide entrare Sirius Black, i capelli lunghi scompigliati e il maglione largo che indossava tutto sgualcito. In quell'istante, si rese conto del motivo per cui tante ragazze avevano un debole per lui. I suoi tratti rivelavano una bellezza quasi d'altri tempi, delicata ma allo stesso tempo ribelle e affascinante. Una bellezza quanto mai rara.

Lui si accorse della sua presenza, e inarcò un sopracciglio corvino. Non si erano mai parlati, se non per rivolgersi poco gradevoli epiteti, e di certo quell'occasione non sembrava molto consona per iniziare un discorso. In quell'istante, la pendola battè le quattro. Lei gli sorrise, senza sapere bene come comportarsi.

"Nemmeno tu riesci a dormire, a quanto pare…" Le disse, attraversando la stanza e gettandosi su una poltrona, vicino a lei. Sembrava quasi indifferente, forse nemmeno così sorpreso di trovarla lì a quell'ora di notte.

Lily scrollò le spalle. "Già…devo essermi addormentata, mentre cercavo di studiare. E ora sono qui, a pensare…e non ho voglia di salire nella mia stanza, ad essere sincera"

Le labbra di Sirius si contrassero in un piccolo sorriso tirato. In quel momento, la stanchezza diventò evidente sul suo viso. "Pensavi a Jamie vero?"

La ragazza si sentì arrossire, e abbassò d'istinto lo sguardo. Come faceva Sirius Black a saperlo?

"Sai…" -continuò lui- "Jamie non fa altro che parlare di te, ultimamente"

Lily si sentì a disagio. Perché Black stava intavolando un discorso con lei, e per di più su James? "Io…"

Sirius scosse il capo. "Senti, Evans, non ci siamo mai parlati molto..anzi, a dire la verità non ci siamo mai parlati. Io non ho nulla contro di te, davvero. Sei una ragazza a posto, a quanto ne so" -Lily si passò una mano fra i capelli, imbarazzata- "Però ti devo avvertire"

Lei lo guardò, perplessa.

Sirius la fissò con i suoi occhi di zaffiro, seri e imperturbabili. "Non farlo soffrire, Evans. Lui ci tiene davvero a te, ed è la prima volta che prova un sentimento serio per una ragazza. Non lo ammetterà mai apertamente con noi, ma sappiamo tutti che è così. Se lo farai star male, c'è il rischio che non si apra mai più con un'altra persona, che si rifiuti di rivelare ancora ciò che prova davvero…e io non voglio che succeda"

Lily annuì, altrettanto seria. Dopotutto, Sirius Black non era poi così egoista e freddo come le era sempre apparso. Era anche capace di preoccuparsi per i suoi amici, e non voleva che stessero male. "Va bene, Sirius. Posso chiamarti così?" Gli domandò, esitante.

Lui le sorrise di nuovo. Un sorriso molto più sereno. "Certo, Lily. Posso chiamarti così?"

Lily rise a bassa voce. "Sei andato a fare un giro per il castello?"

A quel quesito, gli occhi di Sirius si oscurarono. "Io…sì, diciamo di sì" -rispose, sfuggente, prima di alzarsi- "Se non ti dispiace io vado in dormitorio, sono davvero stanco…"

"Non c'è problema, e buonanotte…anche se ormai dovrei dire buongiorno!"

Sirius le rivolse un gesto di saluto, e si avviò verso le scale dei dormitori maschili. "Ah, Lily…"

La ragazza si voltò verso di lui, mordendosi il labbro inferiore.

"Non tenere troppo sulle spine Jamie…pagherebbe oro per poterti baciare senza il timore di finire schiantato" Le disse prima di iniziare a salire i gradini di pietra, un lampo sardonico nello sguardo.

Lily si sentì arrossire di nuovo, e sbuffò. Sirius Black rimaneva comunque un Malandrino, avrebbe dovuto ricordarselo.

 

***

Salve a tutti! Innanzitutto…vi prego, non linciatemi…lo so che ho parlato quasi esclusivamente dei Serpeverde e che le Serpi non vi stanno molto simpatiche, ma dovevo sviluppare alcuni punti che li riguardavano…abbiate pazienza! ^_^"  Vi prometto già da ora che nel prossimo capitolo farò in modo che i Grifondoro abbiano la meglio :)

Forse dall'episodio che lo riguarda penserete che Rodolphus sia una specie di malato di mente/psicopatico o qualcosa del genere…in effetti era un po' il mio obiettivo, nel senso che volevo far capire che questo misero ragazzo è talmente innamorato di Bellatrix da rasentare quasi la follia…con annessi e connessi ^_- Non so a voi, ma a me fa una pena terribile, povero Rod :P E mi fa tanta pena anche Narcissa…poverina anche lei!

In questa fic sto cercando di dimostrare che anche i Serpeverde hanno dei sentimenti e non sono tutti dei mostri senza cuore, spero di esserci riuscita almeno un po'! Analogamente, ho voluto mettere in evidenza che i Grifondoro non sono tutti eroi perfetti, ma hanno debolezze e difetti…vedasi la scarsa forza di volontà di Sirius che si fa soggiogare da sua cugina, o l'inguaribile arroganza di James ^_^"

Penso che questo lavoro non avrà più molti capitoli, perché penso (o almeno spero ^_-) di aver approfondito abbastanza i caratteri dei vari personaggi, e tra l'altro vorrei lasciare un pochino di *mistero* sulla fine delle varie vicende…ma non c'è ancora nulla di sicuro su questo punto, visto che scrivo seguendo l'ispirazione del momento! E poi diciamocelo con sincerità…ormai ho quasi esaurito le idee! :P

Purtroppo devo informarvi che il prossimo sabato non potrò aggiornare, perché sarò ancora in viaggio…infatti il 13 parto per la gita in Grecia, e tornerò a casa proprio il 19. Non riuscirò a postare fino al sabato successivo, perché per scrivere un capitolo di 5 o 6 pagine di Word ho bisogno di un po' di tempo, e dovrò anche riuscire a studiare >.< Quindi scusatemi, e cercate di avere pazienza!

Bene, ora la smetto di annoiarvi, altrimenti le note diventeranno più lunghe del capitolo…grazie come sempre a chi legge e a chi recensisce la mia fic, siete fantastici!

A presto*

~Flea~

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


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"Sbrigati, o faremo tardi!"

Dei passi affrettati risuonavano lungo uno dei corridoi dell'ala ovest del castello, stranamente deserto quella mattina di dicembre. Il cielo era lattiginoso, e minacciava altra neve.

"Aspettami! Non pensavo che fossi così veloce…"

"Ti vuoi muovere?!" Lily Evans si fermò di colpo, voltandosi e sbuffando infastidita, le mani puntate sui fianchi. Odiava arrivare in ritardo a lezione, e alla prima ora avrebbero avuto la McGrannitt.

James Potter, che si trovava qualche passo indietro, si fermò a sua volta, scompigliandosi i capelli con la mano sinistra. "Ma abbiamo un sacco di tempo…"

"Un sacco di tempo? Mancano…due minuti per l'esattezza. Davvero tanto tempo…" Sbottò Lily, sarcastica, dopo aver controllato l'orologio che portava al polso.

"Però ne è valsa la pena, non è vero?"

Lily a quelle parole si irritò ancora di più. "Maledetto il momento in cui ti ho dato retta…davvero grande idea quella di andare alla torre di Astronomia a guardar sorgere il sole! Non solo è nuvolo e non abbiamo visto un cazzo, ma la McGrannitt ci toglierà come minimo venti punti a testa…"

"Ma come siamo fini stamattina…mi sorprendi, Evans"

"Non chiamarmi Evans!"

James le sorrise, con il consueto cipiglio arrogante. "D'accordo, d'accordo, non parlo più…"

"E' la prima cosa furba che sei riuscito a dire, stamattina. E ora andiamo!" Ribattè Lily, con un tono che non ammetteva repliche, prima di ricominciare a correre.

Pochi secondi dopo, però, si fermò di nuovo. Quando si girò verso il ragazzo, i suoi occhi di smeraldo dardeggiavano minacciosi. "Si può sapere cosa c'è?! Corri!"

James, appoggiato alla parete di pietra, non sembrava intenzionato a muoversi, e continuava a guardarla con una strana espressione. "Senti Lily…"

"Per favore Jamie, sbrigati!" Lo interruppe subito la ragazza, che quasi stava saltellando da un piede all'altro per la fretta.

Lui lanciò uno sguardo furtivo all'ora, prima di continuare, esitante. "Stavo pensando…ormai è tardi, e se arrivassimo in classe adesso la McGrannitt si incazzerebbe a morte, giusto?"

Lei annuì, perplessa.

"E noi non vogliamo che si incazzi a morte e tolga dei punti a Grifondoro per colpa nostra, giusto?"

"Credo di sì" -rispose Lily, sempre poco convinta- "Ma non ci sono altre soluzioni!"

James inarcò un sopracciglio, e la tipica espressione da Malandrino comparve sul suo viso. "Ed è qui che ti sbagli. Se noi non ci andassimo proprio in classe, e fingessimo di essere malati…"

La ragazza a quel punto sgranò gli occhi. "Non ci pensare nemmeno Potter!" Esclamò, indignata.

"Avanti Lily! Non vuoi avere una mattinata di libertà? Niente lezione, niente McGrannitt, niente compiti da consegnare…"

"Ti ho detto di no! E poi anche se lo facessimo, non sapremmo come uscire dalla scuola senza essere visti da Gazza, o da qualcun altro!"

Lui le sorrise, gli occhi che scintillavano. "Quello non sarebbe affatto un problema…non ti dimenticare che hai davanti un Malandrino"

Lily si portò dietro l'orecchio una ciocca di capelli ramati, mordendosi il labbro inferiore. L'idea iniziava ad allettarla, doveva riconoscerlo. Non aveva mai saltato una lezione, a meno di non essere ammalata…e quella prospettiva ora le sembrava non poco affascinante. Per di più, insieme a lui. Anche se faticava ancora ad ammettere che James le piacesse, Lily si era resa conto che da qualche settimana l'attrazione che nutriva nei suoi confronti era cresciuta. Era una sensazione tangibile, che quasi la spaventava.

"Allora?" Le chiese lui, in attesa.

"Io…sarebbe troppo evidente se mancassimo in due, penserebbero subito che abbiamo saltato la lezione insieme!" Disse, titubante.

"Secondo tutta Hogwarts, io e te ci odiamo ancora a morte…è impossibile che sospettino qualcosa!"

Lily rimase in silenzio per qualche istante, come per cercare un pretesto per non accettare. E infatti quel pretesto arrivò. "E se andassero a chiedere a Madama Chips? Lei direbbe subito che in infermeria non ci siamo mai stati…e poi due persone malate al mattino non possono ripresentarsi a lezione al pomeriggio!"

James, evidentemente preparato a quell'obiezione, si concesse una piccola risata. "Sei una specialista come rompipalle, devo ammetterlo…comunque mi dispiace per te, ma nemmeno questa scusa regge. Devi sapere che in fondo la cara Poppy è un'amica degli studenti…non sai quante volte ha coperto me e Sirius! Sul serio, quella donna è un genio. E poi se proprio dovesse andarci male possiamo sempre scagliare un incantesimo Oblivion alla McGrannitt…"

"Ma sei impazzito?!" -sbottò lei- "E' della McGrannitt che stai parlando! Non riusciremmo mai a lanciarle un incantesimo della memoria prima che lei ci blocchi…e allora sì che dovremmo scappare da Hogwarts per non farci uccidere" Constatò infine, non senza una sfumatura ironica nella voce.

"Io l'ho già fatto, invece" Rispose James, indifferente.

"Cosa?"

"Hai capito bene…il segreto è coglierla di sorpresa. Nessuno ha i riflessi pronti quando parla con un innocente alunno…anche se in alcuni casi dovrebbe" -James sorrise sardonico- "Un oblivion lanciato in fretta e senza concentrarsi ovviamente non è molto efficace, ma basta per far dimenticare un'assenza un po' misteriosa"

Lily continuava a mordersi il labbro, mentre sentiva tutti i suoi scrupoli e i suoi timori crollare ed abbandonarla sempre più in fretta. All'improvviso, si immaginò fuori dalle mura del castello. E a camminare per le vie di Hogsmeade insieme a James. E seduta davanti ad un'enorme cioccolata calda con la panna, mentre i suoi compagni si esercitavano per imparare la difficilissima arte della trasfigurazione umana… Fu come se tutto un nuovo universo le si fosse spalancato davanti, e la sua volontà si dissolse all'istante come nebbia trasportata dal vento.

"Avanti Lily…per favore" La supplicò ancora lui.

La ragazza si rimboccò le maniche del maglione azzurro, che le erano scivolate a coprirle le mani. "D'accordo" -disse infine, allegra- "…Tanto ormai è troppo tardi per Trasfigurazione"

"Lo sapevo che avresti accettato!" Esclamò James raggiante, prima di cingerla in vita e sollevarla, facendola volteggiare in aria. Subito dopo però, la posò a terra, mentre il viso di lei si tingeva leggermente di rosso carminio.

"Scusami" Disse lui imbarazzato, prima di incamminarsi in direzione opposta rispetto all'aula della McGrannitt.

James osservò di sottecchi Lily, che camminava di fianco a lui, con gli occhi fissi sul pavimento e un lievissimo sorriso sulle labbra. Era ancora troppo presto, non voleva forzare i tempi.

*Quanto ancora dovrò aspettare, Lily?*

 

***

"Come vi stavo dicendo poco fa, per essere in grado di padroneggiare alla perfezione la trasfigurazione umana è necessaria una grandissima concentrazione…"

Le parole della professoressa McGrannitt gli scivolavano addosso, come gocce d'acqua, senza lasciare segni del loro passaggio. La sua mente stava vagando altrove, in luoghi che non riusciva a riconoscere. Severus Piton fissò per un momento la pagina del suo quaderno, vuota. Solo una piccola macchia d'inchiostro nero spezzava la monotonia di quel foglio di pergamena del colore dello zucchero di canna. Il ragazzo rimboccò le maniche del suo maglione nero, scoprendo i gomiti pallidi, quasi esangui. Dietro di lui, quegli odiosi Grifondoro stavano confabulando a bassa voce. Avrebbe voluto voltarsi e intimare loro di chiudere quelle °nobili° bocche, quando uno stralcio del dialogo attirò la sua attenzione.

"Non ha detto niente nemmeno a te vero? Io non ne so nulla, e Codaliscia neanche…" L'inconfondibile voce sfumata inevitabilmente dell'orgoglio dei Purosangue. Sirius Black.

"No, non l'ho visto nemmeno stamattina in camera…eppure mi sono svegliato molto presto" La pacatezza che nasconde una rabbia dal pelo d'argento. Remus Lupin.

Severus muoveva la penna di fagiano sulla pergamena, tracciando brevi linee nervose.

"Di sicuro ha tagliato la lezione…in effetti non possiamo dire che sia uno stupido, il nostro Ramoso"

"A me sembra il contrario invece…siamo all'ultimo anno, manca poco agli esami e Jamie pensa bene di saltare Trasfigurazione!"

Sirius Black rise a bassa voce. "Il solito moralista, Moony! Ma hai visto chi manca, oltre a lui? Secondo me l'ha portata a divertirsi…li invidio quasi, oggi la McGrannitt è più noiosa del solito!"

Gli occhi di Severus si mossero agili, scrutando la classe. Tutti quei volti, quelle mani che si muovevano veloci per scrivere, quegli sbadigli soffocati e quelle labbra increspate in sorrisi nascosti. Eppure, lei non c'era. Non c'era la macchia rosso tiziano dei suoi capelli, non c'erano i suoi occhi verdi.

"Hai ragione, Felpato, non me n'ero accorto. Certo che a Jamie deve proprio piacere questa ragazza, non aveva mai saltato un'ora senza chiedere anche a noi di andare con lui…"

Ancora la risata di Sirius Black. "E già…a questo punto, mi chiedo solo più quando si sposeranno. Lily è nella stessa condizione di Ramoso, anche se è così restia ad ammetterlo…ma sono convinto che prima di gennaio si fidanzeranno"

Severus sentì una morsa di ferro serrarsi attorno alla bocca dello stomaco. Avrebbe solo voluto alzarsi, uscire da quell'aula all'improvviso così soffocante, e correre via.

Ormai la stava perdendo. Velocemente, come velocemente aveva costruito quell'amicizia con lei, così bella ma anche così dolorosa.

 

***

"James, sei sicuro che stiamo andando dalla parte giusta?" La voce esitante di Lily riecheggiò in quello stretto cunicolo, buio e piuttosto basso, di cui la ragazza non riusciva a vedere la fine.

Lui, pochi passi più avanti, le sorrise, puntando la punta illuminata della bacchetta sul suo viso. "Non preoccuparti, ho usato questo passaggio almeno mille volte!"

Lei non riuscì a fare a meno di inarcare un sopracciglio. "Fammi capire bene…tu hai usato un sacco di volte questo passaggio per saltare le lezioni?" Gli chiese, con una punta di disapprovazione.

"Beh, non solo per saltare le lezioni…anche per andare ad ubriacarmi con i miei amici, oppure per farmi un giro a Hogsmeade quando non abbiamo il permesso per andarci con la scuola…cose così insomma!"

"Cose così?"

"Ci sarà un motivo per cui io, Sir, Rem e Peter siamo conosciuti come i Malandrini, no?" Disse James raggiante, prima di riprendere a camminare.

Lily sospirò rassegnata. "Ah, giusto…a volte tendo a dimenticarlo, per chissà quale imperdonabile errore" Commentò ironica, seguendolo.

Più tardi, il passaggio iniziò a salire, e i due ragazzi si trovarono infine ai piedi di una scala dai bassi gradini di pietra levigata.

"E'…alta" Disse Lily, con voce scoraggiata.

"Sì, ma ne vale la pena" -la incoraggiò James- "Andiamo?"

La ragazza si limitò ad annuire, più serena.

"Attenta adesso" Disse, dopo quella che le era parsa un'eternità. Lily alzò gli occhi, e vide sopra la sua testa una botola. James la spinse con forza, attento a non fare rumore, e la aprì, uscendone fuori. Poi, tese una mano a Lily, e la aiutò ad uscire a sua volta.

"Ma dove siamo?" Domandò lei, guardandosi attorno. Si trovavano in quella che sembrava un'ampia cantina, ingombra di grosse casse di legno e scatole di varie dimensioni, avvolte in pesante carta da pacchi.

"Shh…potrebbero sentirci, ti spiegherò dopo" Le intimò James, mentre richiudeva la botola, che combaciava perfettamente con il pavimento impolverato. Solo una persona che fosse a conoscenza di quel passaggio avrebbe potuto notarla.

"Ora possiamo andare" Le disse dopo, indicandole una corta scala che saliva fino ad una porta di legno rossiccio. In lontananza, si sentiva il rumore di uno stipite che si chiudeva e si apriva di continuo, accompagnato dal tintinnio di un campanello. "Dobbiamo solo fare attenzione a non farci vedere…ma non sarà un problema, c'è sempre confusione qui, anche quando non ci sono gli studenti di Hogwarts in libertà"

"Ma dove siamo?!" Domandò ancora Lily, con curiosità.

James si limitò a scrollare le spalle con fare indifferente, e poi aprì la porta. La superò, con la ragazza alle calcagna, e si trovò dietro un lungo bancone laccato di blu cobalto. A pochi centimetri da loro, una donna, avvolta in una tunica della stessa tonalità di blu, stava parlando con un'anziana strega, che si trovava dall'altra parte del bancone. Lily la vide, e si voltò verso James, allarmata. E se li avesse visti? Ma lui non sembrava molto impaurito, e, afferrandola per la mano, strisciò di lato, per poi alzarsi ed allontanarsi con aria indifferente verso alcuni scaffali.

"Ecco fatto" James lasciò la mano di Lily e le sorrise felice, scompigliandosi i capelli con una mano.

"Giuro che non ti seguirò mai più, James Potter!" -ribatté lei, inviperita- "Mi hai quasi fatto venire un infarto…e se quella donna ci avesse visti? Come avremmo fatto a spiegarle perché eravamo nascosti lì?"

"Era troppo impegnata a servire la sua cliente per accorgersene…e poi ho una certa esperienza in materia!"

Lily si mise le mani sui fianchi, esasperata. "La verità è che hai solo una fortuna sfacciata, Jamie"

"Modestamente…"

"Si può sapere almeno dove siamo? Sei mi hai trascinata in qualche bettola come la Testa di Porco puoi anche prepararti a morire!"

"Ragazza di poca fede…" -James fece una smorfia, fingendosi addolorato per quelle parole- "Possibile che tu non abbia ancora capito dove siamo?"

Lily si guardò attorno. Si trovavano in un'ampia stanza dalle pareti azzurre, decorate con motivi sul bianco, che riprendevano il colore dei numerosi scaffali ed espositori. Streghe attempate, maghi di ogni età e bambini sorridenti si aggiravano attorno a loro osservando attentamente ogni cosa, e l'aria profumava di biscotto e di vaniglia.

"Beh…ha l'aria di essere un negozio, un negozio di dolci"

James rise apertamente. "Ma da quanto tempo è che non vieni qui? Pensavo che l'avresti riconosciuto subito!" così dicendo, le indicò una grossa insegna che troneggiava dietro il bancone.

Immediatamente, un'espressione di pura sorpresa si dipinse sui lineamenti di Lily, mentre gli occhi smeraldo iniziarono a brillare di allegria. "Siamo a Mielandia!"  Esclamò con felicità.

"Pensavo che non ci saresti mai arrivata…alla buon'ora!"

"Deficiente!" Lo rimbeccò lei, dandogli uno schiaffo amichevole sulla nuca.

"Bene, cosa vogliamo comprare?" Le domandò James, scrutando incuriosito un vassoio che conteneva assaggi di vari tipi di cioccolatini.

"Ma io non ho soldi!" Obiettò la ragazza, mordendosi il labbro inferiore.

"E dov'è il problema? Oggi ti offro tutto io" Replicò lui facendo tintinnare la tasca dei pantaloni, colma di monete.

Lily gli rivolse un'occhiata storta. "Da quando in qua giri con le tasche piene di soldi se teoricamente dovresti essere a lezione? Non mi pare che la McGrannitt faccia pagare il biglietto…"

James si passò di nuovo una mano nella chioma ribelle, abbassando gli occhi. "Diciamo che sono pronto ad ogni evenienza…"

"Avevi programmato tutto!" -esplose lei- "Volevi già chiedermi di saltare Trasfigurazione dall'inizio, altro che ispirazione del momento…"

"Scusami, ma la tentazione è stata troppo forte!"

"Sei proprio furbo, James Potter, complimenti…E io che continuo ancora a vederti, che stupida!"

"Io…"

"Dovevo andare a lezione, lo sapevo…meglio perdere venti punti per il ritardo che stare con te! Riesco sempre a farmi fregare…"

"Lily io…"

"Quello che mi fa più arrabbiare però è che non capisco come tu abbia fatto!" Continuò Lily, mentre la sua espressione furiosa si ammorbidiva.

"A fare cosa?" Le chiese lui, confuso.

"A sapere che io avrei accettato" Concluse Lily, sorridendogli.

"Istinto da Malandrino, Evans" Ribatté James sollevato, mettendosi in bocca una grossa caramella rosa.

 

***

La porta della classe si aprì cigolando, e rivelò la figura di Bellatrix Black. La professoressa McGrannitt si voltò verso di lei, accigliata. "Buongiorno, signorina Black. Si è degnata di raggiungerci alla seconda ora di lezione?"

Bella, per nulla intimorita dalle parole dure della donna, le rivolse un sorriso educato e colpevole. "Mi scusi, mi sono addormentata. Questa notte sono stata poco bene, e non ho dormito"

La McGrannitt si limitò a farle un cenno di assenso con il capo, poco convinta. "Bene, si sieda laggiù allora, vicino a Black. E non voglio proteste in proposito"

La ragazza si portò dietro alle orecchie una lunga ciocca di capelli corvini, e attraversò l'aula. Quando passò di fianco al banco dov'era seduto Rodolphus Lestrange, un'ombra di disgusto le oscurò il viso. Lui le afferrò la borsa di tela, per farla fermare.

"Dobbiamo parlare Bella. Mi dispiace per ieri sera, non so cosa mi sia preso. Ti prego" Le sussurrò, quasi disperato.

Lei gli strappò la borsa dalle mani, con un gesto secco. "Non abbiamo nulla da dirci, Rodolphus" Gli rispose, fredda ed indifferente.

Lui tornò a guardare la lavagna, piena di formule magiche, con occhi vacui, cerchiati da profondi segni bluastri, mentre Bellatrix si sistemò accanto a Sirius.

"Buongiorno, Black" Gli sussurrò, fissandolo con gli occhi zaffiro, meno brillanti del solito.

Lui si specchiò in quello sguardo gemello per un istante. "Sei stata poco bene, eh? Potevi trovare una scusa migliore, Bella"

Lei scrollò le spalle. "E' la verità"

"Lo sai benissimo che non è così" -sibilò Sirius, irato- "Quel pazzo bastardo ti ha legata in mezzo ad un corridoio, e nessuno sa cosa avrebbe cercato di farti se non l'avessi schiantato! Devi denunciarlo ad un professore Bellatrix"

"Stai esagerando, Black. Non è stata una cosa poi così grave" Ribatté Bellatrix, lasciando cadere alcune gocce di inchiostro rosso su una pagina del suo libro.

"Non è stata una cosa poi così grave? Sei impazzita per caso? Si può sapere perché lo difendi ancora?!"

La ragazza gli rivolse un sorriso amaro. "E' un Serpeverde anche lui. Abbiamo dei legami che ci uniscono, legami creati dalla nostra Casa. Tu non puoi capire"

"Stronzate, solo stronzate. Non venire a parlarmi di legami per favore! La verità è che lui contribuisce a far crescere il tuo stupido ego…ti idolatra, e la cosa ti piace!"

Bellatrix scrollò le spalle. "E se fosse? Non c'è nulla di male in questo. Senza contare che Rodolphus non è molto sano mentalmente, come hai detto tu stesso. Se raccontassi ad un insegnante cos'ha fatto, lo caccerebbero subito, e sarebbe un colpo troppo duro per lui…non voglio avere questo peso sulla coscienza"

"Da quando in qua hai una coscienza, Bella?" Le chiese Sirius, sputando le parole fra i denti.

Lei lo fulminò con lo sguardo. "Credi di conoscermi, vero? Credi di sapere tutto di me…beh, ti assicuro che ti sbagli. Sono diversa da come tutti mi vedono, Black"

Sirius sospirò impercettibilmente. "Scusami, non volevo. Ma proprio non riesco a capire perché lo stai facendo…Lestrange è pericoloso!"

"Dimmi una cosa, Black. Non sopporti il fatto che lui sia pericoloso o non sopporti il fatto che abbia baciato la ragazza che ti porti a letto?"

Sirius Black abbassò gli occhi sul volume di Trasfigurazione aperto davanti a lui, senza sapere che cosa ribattere.

 

***

"Guarda George, non stanno bene James e la sua nuova fidanzata insieme? Com'è che ti chiami, cara?" Madama Rosmerta sorrise ai due ragazzi, mentre George, che doveva essere un cliente abituale dei Tre Manici di Scopa, annuiva cordiale.

"Mi chiamo Lily, signora. Comunque io e James non siamo fidanzati, a dire la verità. Siamo amici…" Precisò, arrossendo.

"Sì, sì, dicono tutti così!" Disse George, ridendo e facendo l'occhiolino a James.

"Dovreste essere a scuola, lo sapete vero?" -domandò la donna, all'improvviso più seria- "Ma sì, godetevi la vita finché siete in tempo!" Aggiunse poi, facendo sospirare Lily di sollievo.

"Bene, io vado a sedermi…aspetti tu le cioccolate Jamie?"

Il ragazzo fece un cenno d'assenso, per poi osservare Lily allontanarsi e prendere posto ad un tavolino al fondo del locale.

"Complimenti ragazzo,è davvero carina!" -commentò George, con atteggiamento complice- "Ma sei sicuro che non sia proprio la tua fidanzata?"

James scrollò le spalle. "Sono sei anni che mi manda a quel paese, faccia un po' lei…è già tanto che sia riuscito a convincerla ad uscire come amici"

Il mago scoppiò a ridere. "Certo che sei sfortunato eh?"

"Ma io sono sicura che il nostro James la conquisterà, non è vero?" -intervenne Madama Rosmerta, posando davanti al ragazzo due grosse tazze di cioccolata calda con panna- "E' così bello…tutte le ragazze di Hogwarts lo adorano!"

"Via Madama, non esageri…" -disse lui, sorridendo compiaciuto- "Bene, sarà meglio che raggiunga Lily ora, prima che se ne vada!"

"Ehi ragazzo!" -lo chiamò ancora George, prima di lasciarlo andare- "Con le donne ci va solo pazienza, ricordatelo! E magari un buon filtro d'amore…lo so che sono illegali, ma se vuoi…"

"George!"

"Lo terrò a mente, grazie!" Disse James divertito, prima di dirigersi al suo tavolino.

"Finalmente!" -esclamò Lily, sardonica, quando lui le si sedette di fronte- "Pensavo che avresti invitato anche quel tuo nuovo grande amico ad unirsi a noi…come si chiama? George?"

James le sorrise. "Proprio così, George"

"E di cosa avete parlato di così interessante?"

"Oh, di tante cose…" -rispose James, mantenendosi vago- "Di donne per esempio, e di filtri d'amore…"

Lily corrugò la fronte.

"Sì, di come conquistare una ragazza insomma…lui mi ha ricordato che serve solo tanta pazienza, e magari un buon filtro"

"Direi che la pazienza può bastare" -ribatté la ragazza, ridacchiando- "Per arrivare ad usare una pozione illegale bisogna davvero essere disperati!"

"Già…spero di non dover ricorrere a tanto con te" Disse James, facendo finta di nulla e sorseggiando con calma la sua cioccolata.

"Scemo" Rispose Lily, arrossendo violentemente.

James sorrise, osservandola mentre si portava alla bocca un cucchiaino colmo di panna.

*Forse hai ragione tu…sono scemo, e ho paura di rovinare tutto*

 

***

Salve a tutti! Sono tornata dalla gita sabato sera, sono ancora viva, e nemmeno tanto stanca…insomma, per vostra sfortuna sono ancora qui ad esasperarvi! ^_^"

Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso, come avevo promesso l'ho incentrato più su James e Lily, anche se forse è un po' monotono…comunque non ho resistito, e un accenno a Sirius e Bella l'ho dovuto inserire, chiedo venia :P

Grazie come sempre a tutti i lettori e recensitori della mia fic, prometto che alla fine vi ringrazierò uno ad uno! ^_-

Bene, non mi rimane che salutarvi e darvi appuntamento al capitolo 23…Bye!

*Un abbraccio*

~Sara~

Ps. Permettetemi di consigliarvi qualche fic che ho letto/sto leggendo e che credo meriti…

Prima di tutto "Reptilia" di Eve, sui Malandrini e in particolare sui Deatheaters. L'autrice penso si possa definire una fan di Slytherin, quindi la fic è improntata su di loro, ma anche Lily e Sirius hanno parti abbastanza importanti.

Sempre sui questi personaggi, ci sono anche "Lei non è una di noi", di Twin Star, raccontata dal punto di vista di Sirius e incentrata sui cambiamenti portati nei Malandrini dall'arrivo di Lily, e "The dreamers" di Arielle, fic che per ora ha un solo capitolo [almeno, io ne ho letto uno solo per il momento!] e che mi sembra interessante…

Per finire, cambiando genere, due fic, "Il mio grosso grasso matrimonio Weasley" e "Il mio grosso grasso matrimonio Weasley - The Wedding", di Egle ed Elivi…sono davvero esilaranti, e la seconda è ancora in corso ^_^

 

Ok, ora sparisco e vi lascio in pace! :)

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


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  •  Capitolo 23

Un gesto rapido del polso, un impercettibile fascio di luce argentea che scaturì dalla punta della bacchetta, un piacevole profumo di arancia e cannella. Quel profumo che aveva imparato a riconoscere, che accompagnava sempre la presenza di lei, che ormai si era legato a quello della sua pelle. Quel profumo che lo colpiva, e gli faceva sempre più male.

"C'è qualcosa che non va? Sei così silenzioso, oggi…"

Lui sollevò la testa di scatto, smettendo di osservare senza davvero vederle le scarpe che portava, che si tingevano di bianco ad ogni suo passo. La neve era ancora alta, nel parco, anche se il debole sole di quegli ultimi giorni la stava sciogliendo, inesorabile. "Niente, davvero…" Disse, sapendo mentre le pronunciava che quelle parole non avrebbero convinto nessuno. Tanto meno lei.

Lily si sistemò meglio attorno al collo la pesante sciarpa bianca, e gli rivolse un'occhiata penetrante. Quegli occhi felini si legarono ai suoi.

*Smettila…non rubarmi i pensieri*

"Ormai ti conosco, Severus. So che stai mentendo…dimmi cosa c'è, avanti"

Severus fece spallucce, calciando distrattamente un piccolo cumulo di neve che gli entrò nelle calzature, bagnandogli le calze. "Non c'è nulla, Lily…credimi"

Lei si fermò, soffiando una nuvoletta di fumo verso l'alto. "Tu sai che ieri mattina non sono venuta a lezione perché ero con James, vero?"

Il ragazzo si bloccò a sua volta, le mani strette a pugno nelle tasche del cappotto grigio che indossava, lo sguardo basso. Sapeva. Gli sembrava di essere fatto di vetro. Era trasparente, agli occhi di lei. Lily Evans riusciva a leggergli dentro come nessun altro aveva mai saputo fare, con una semplicità disarmante. Era davvero abile…o forse era l'unica che avesse mai tentato di capirlo. Agli altri non era mai interessato sapere perché si comportasse in un certo modo, o cosa provasse.

"Sì" Rispose solo, accendendosi una sigaretta. Doveva fumare. Doveva placare in qualche modo quei desideri che non avrebbe mai potuto soddisfare. Come baciare quella studentessa minuta che gli stava di fronte, per esempio.

Lily alzò un sopracciglio, infastidita. "Lo sanno tutti, ormai"

"Le notizie volano…" Ribatté Severus. La sua voce era calma, innaturale. Falsa.

La ragazza posò le mani sul suo viso, obbligandolo a fissarla. Il suo tocco era gentile, raggelato dall'aria dell'inverno. "Guardami, Severus"

Lui obbedì, incontrando di nuovo quell'abisso di smeraldo liquido.

*Sto affogando*

"Lo so che tu e James non siete in buoni rapporti, ma…a me lui piace, e vorrei che tu non ce l'avessi con me per questa mia scelta" Gli disse lei, con un sorriso tirato sulle labbra e le guance accese.

Severus si liberò dalla sua stretta appena accennata, con più asprezza di quanto avrebbe desiderato. "Non devi chiedere il mio permesso per uscire con qualcuno, Lily" -rispose, sostenendo il suo sguardo, con voce dura- "Io sono solo…un tuo amico"

"Non ti arrabbiare…ti prego" Lily si morse il labbro inferiore, evidentemente dispiaciuta.

"Io non sono arrabbiato porca puttana!" Gridò lui.

Il silenzio cadde attorno a loro, assordante.

"Scusami…scusami, non volevo" Disse Severus, quasi inorridito da quello scoppio d'ira. Cosa stava facendo? L'avrebbe solo fatta allontanare ancora di più…

"Severus…" -sul viso della ragazza era dipinta un'espressione sorpresa, carica di interrogativi- "Perché lo odi tanto? Perché odi così tanto i Malandrini?"

Severus sgranò gli occhi. L'unica domanda a cui non avrebbe voluto rispondere. Perché Lily lo stava mettendo alle strette? "Non è il caso che tu lo sappia, Lily" Sarebbe stata la sua occasione. Rivelare che razza di persona fosse in realtà l'idolo delle folle, il grande James Potter, e con lui i suoi amici. Severus avrebbe potuto screditarlo davanti agli occhi di Lily, e lei lo avrebbe disprezzato a sua volta. E forse si sarebbe accorta di lui…di lui, che ormai quasi viveva in funzione dei loro incontri, delle loro passeggiate nel parco, di quelle brevi chiacchierate nei corridoi, quando si incontravano per caso fra una lezione e l'altra. Ma non voleva farlo. Una voce debole, nel suo animo, gli ricordava che in fondo non sarebbe cambiato nulla. Lily avrebbe potuto disprezzare anche lui, quel Serpeverde che dopotutto aveva reso onore alla sua fama, rivelandole una storia che sarebbe dovuta rimanere segreta. Non gli avrebbe più rivolto la parola, e lui l'avrebbe persa del tutto…e sarebbe stata tutta colpa sua. Sua, e di nessun altro. Non di James Potter, non di un destino crudele. Solo sua.

"Non ti fidi di me?" La voce di Lily era sfumata di delusione.

Lui scrollò le spalle. "Non è questo"

"E allora cosa cazzo è, Severus?" -sbottò lei, all'improvviso furente- "Non mi hai mai raccontato nulla di te, io non so nulla della tua vita! E sai cosa ti dico? Sono stufa di questa amicizia a senso unico! Io ti ho confidato molte cose, e tu nemmeno mi hai detto come si chiama tua madre!" Gli occhi di Lily diventarono lucidi di rabbia, mentre si mordeva a sangue il labbro inferiore e stringeva con forza un lembo del mantello nero.

Severus sospirò. "Non vorresti saperlo. Credimi" Rispose.

*Non mi tentare, ti prego. Io non devo raccontartelo…*

"Mettimi alla prova" Lei lo stava quasi supplicando. Il mozzicone di sigaretta si consumava lentamente, fra le sue dita.

Un altro sospiro. Un'altra sigaretta accesa con mani tremanti. "D'accordo, ti dirò la verità"

La mela proibita era stata colta da mano umana. La tentazione aveva vinto, ancora.

***

"Che cosa farai quando avremo finito gli esami?"

L'aria gelida entrava a folate in quella grande stanza, spazzando il pavimento e sollevando i sottili fili di paglia che lo ricoprivano.

Sirius Black voltò il capo, e si sporse leggermente con la schiena oltre il largo davanzale della finestra senza vetri della Guferia. Parecchi metri sotto di lui, Hagrid stava camminando nel parco, insieme al suo cane Thor. "Non lo so ancora. Dovrò trovarmi una casa, suppongo"

"Pensare che avresti potuto avere tutto, Black. Una casa lussuosa, un lavoro prestigioso, soldi…e invece hai preferito fuggire, e vivere come un pezzente" La risata cinica di Bellatrix Black si unì per un istante al continuo frullare d'ali dei numerosi volatili, che osservavano i due intrusi con i loro grandi occhi d'ambra.

"Ti sbagli, Bella. Non avrei avuto tutto"

"E cosa ti sarebbe mancato? Sentiamo…"

Sirius le rivolse un sorriso obliquo, amaro. Consapevole. "Una famiglia"

Lei rise di nuovo, più forte. I capelli corvini, sciolti, ondeggiavano appena, mossi dalla brezza invernale. "Una famiglia…sei più sentimentale di quanto credessi, devo ammetterlo"

"Tu non sei in grado di amare, Bella, e non ti importa che gli altri ti amino. Non puoi capire…"

"Cosa ti dice che io non sia in grado di amare?" Gli occhi di Bella si oscurarono all'improvviso.

Sirius le sollevò il mento con due dita. "Solo quel pazzo di Lestrange continua a starti dietro come una pezza da piedi, ma gli altri no. Ti usano solo per portarti a letto, perché ti conoscono. Non vogliono avere una relazione seria con te. Sei fredda, cinica. Ecco cosa me lo dice"

La ragazza si divincolò, lanciandogli uno sguardo carico d'odio. "Vaffanculo, Black"

"Quando uscirò da Hogwarts sarò in mezzo ad una strada, ma almeno sarò felice. Troverò un lavoro che mi piaccia, avrò ancora degli amici. E tu, invece? Per te non esiste nulla per cui valga la pena impegnarsi…"

Bellatrix si avvicinò ancora di più al cugino. "Io entrerò al servizio di Lord Voldemort, ecco per cosa mi impegnerò" Gli sussurrò all'orecchio.

Sirius si scostò da lei, e la osservò per alcuni istanti, in silenzio. "Avrai il coraggio di farlo?" Le chiese poi, in tono calmo, ma insinuante.

"Lo sai benissimo che non sono una codarda, Black, non lo sono mai stata" La ragazza estrasse un pacchetto dalla tasca del cappotto, e si accese una sigaretta alla cannella.

Lui rise, sommessamente. "Io ho i miei dubbi a riguardo, Bellatrix. Ci sono tante cose che non avresti il coraggio di fare…ti atteggi da ribelle, da anticonformista, ma in fondo hai paura dell'opinione degli altri"

"Io non ho paura!" Gridò Bella, irata.

"Dimostramelo, allora" Disse semplicemente Sirius, con un sorriso maligno.

Bellatrix sgranò gli occhi, spiazzata. "E come?" Domandò poi, riprendendo il controllo. Bellatrix Black era nata per le sfide.

Questa volta fu Sirius ad avvicinarsi a lei. "Vieni al ballo con me. Dimostrami che non ti importa quello che pensa la gente"

Lei si ritrasse, per poterlo guardare in viso. "Un giorno ti ucciderò, Black" Ribatté, prima di spingerlo con la schiena contro il muro di pietra e baciarlo.

***

"Lily! Cosa ci fai qui?" -James Potter, in piedi sulla soglia della sua stanza, le sorrise raggiante, sorpreso di vederla nei dormitori maschili. Ma la sua espressione felice svanì di colpo, quando si accorse che lei aveva gli occhi arrossati, e doveva aver pianto molto- "Ehi ma cosa ti è successo?"

Lei, in silenzio, lo oltrepassò, sedendosi su uno dei letti a baldacchino, identici a quelli dei dormitori femminili.

James si sistemò accanto a lei, preoccupato. "Lily, cosa c'è? Per favore, parla…"

"Perché non me l'hai mai detto?" La voce della ragazza era dura, greve, carica di delusione.

"Lily, non capisco!"

Lily alzò il volto di scatto. "Sei uno stronzo, James! Tu e il tuo caro amico Black!" -urlò, furente- "Perché non mi hai mai detto quello che avete fatto a Severus? Siete dei bastardi!"

Il ragazzo rimase a lungo in silenzio, colpito da quelle parole. Lei non lo guardava, le unghie che affondavano nei palmi delle mani, le nocche delle dita sbiancate.

"Allora? Sto aspettando, James. Non tenti nemmeno di difenderti?" Gli chiese ancora, glaciale.

James sospirò. "Chi te l'ha detto?"

Lily rise, una risata breve, cinica. "L'unica cosa che ti interessa è questa, vero? Così potrai andare a vendicarti, a recitare la parte del bello e dannato…complimenti, davvero"

"Non ne vado fiero, se è questo che intendi" Ribatté lui, mortificato.

La ragazza si voltò, e lo fulminò con lo sguardo. "E' comodo, vero? Dici che ti dispiace, pronunci qualche parolina di circostanza e credi di aver sistemato tutto…"

"Porca puttana Lily! Non è stata colpa mia!" -gridò James, interrompendola- "Io…io ho salvato Piton" -continuò poi, abbassando la voce- "Non te l'ha detto, vero?"

Lily sgranò gli occhi. "Lui…lui mi ha detto che sei andato ad avvertirlo di tornare indietro, ma che l'hai fatto solo perché all'ultimo momento hai avuto paura, solo perché…"

"E tu gli hai creduto, vero?"

"Come?"

"Non ti è mai nemmeno passato per la mente che non potesse essere così, vero?" -disse James, in tono carico di disappunto- "Non hai mai nemmeno pensato che mi fossi pentito sul serio?"

Lily ammutolì. "Io…"

Il ragazzo le rivolse un'occhiata traboccante di amarezza. "Bene, ora ho capito cosa pensi davvero di me. Se mi vuoi scusare…non abbiamo più niente da dirci" Proferì, indicandole la porta con un gesto del braccio.

Lei gli prese le mani con le sue. "Jamie, aspetta…"

"Cosa cazzo devo aspettare, me lo dici? Tu mi hai sempre considerato un arrogante, uno stronzo, un egoista che se ne frega del resto del mondo…pensavo che avessi cambiato idea, pensavo che avessi capito che ho tanti difetti, ma forse anche qualche pregio! Ma non è così, e basta il racconto della persona che più mi odia al mondo per convincerti!" James si alzò, e calciò con rabbia un libro di Pozioni che era a terra, facendolo sbattere contro la parete.

"James, tu e Sirius avete fatto una cosa gravissima! Severus poteva morire…"

"Ma non l'ha fatto! Abbiamo fatto una stronzata, ma tutti sbagliano…e sono stato poi io a rischiare di morire per salvarlo, ma a te non importa!"

"Tutti sbagliano, hai ragione, ma tu hai sbagliato davvero troppo. Dovevi parlarmene, James, perché non l'hai fatto? Se pensavi di ottenere la mia fiducia in questo modo eri fuori strada"

"Remus" Rispose semplicemente lui.

Sul viso di Lily comparve un'espressione sorpresa. "Remus?"

James sorrise, sardonico. "Già. Un mio amico. Come pensi si debba sentire, ad essere un lupo mannaro? Pensi sia divertente?"

"Non vedo cosa c'entri adesso!" Sbottò lei, seccata.

"C'entra invece! Il suo era un segreto, ne eravamo a conoscenza solamente io, Sir e Peter! Poi l'ha scoperto anche Piton, e gli ho fatto promettere di non parlarne a nessuno…io ho mantenuto la parola, e non l'ho confessato neanche a te, ma evidentemente lui non l'ha fatto"

"L'ho obbligato io a parlare, lui non voleva dirmi nulla!" Lo difese Lily, sconcertata.

"Che grande eroe…" Disse James, ironico.

"E a lui non ci pensi? Non pensi alla paura che deve aver provato? Avrebbe potuto essere assalito da un lupo mannaro!"

"Dimmi una cosa, Lily. Perché prendi sempre le difese di Piton, eh?" Gli occhi nocciola di James brillavano d'ira.

"Io difendo solo chi ha ragione, James!"

"No, Lily, tu difendi solo chi sembra più debole. Tu giudichi solo secondo stupidi pregiudizi…Io sto cercando di cambiare, sto cercando di smettere di essere un ragazzino arrogante e prepotente, ma per te lo rimarrò sempre!"

"Ti sbagli!" -si difese lei- "Io cerco solo di essere obiettiva, di essere corretta. Di sicuro questo mio atteggiamento non piacerà a tutti, ma almeno sono in pace con me stessa, sono felice"

James alzò un sopracciglio. "Sei sicura di essere felice, Lily Evans? Tu non hai amici, tutti ti considerano solo una piccola odiosa ragazzina saccente!"

Appena il ragazzo ebbe finito di pronunciare quella frase, il silenzio li avvolse, pesante, carico di tensione, di elettricità.

"Bene, ora posso davvero andarmene" Lily si alzò, asciugandosi le guance bagnate di lacrime con la manica del maglione.

James cercò di fermarla, afferrandole le spalle. "Aspetta…scusami, io non volevo!"

"Lasciami stare!" Strillò lei, liberandosi dalla sua stretta. Un attimo dopo, la porta della stanza sbattè rumorosamente.

James si lasciò cadere sul letto, e chiuse gli occhi. La testa gli pulsava, ma il dolore più forte era un altro. Era certo che l'avrebbe persa, dopo quella discussione così violenta. L'avrebbe persa, e non ci sarebbero più state possibilità per tornare indietro. Era inutile. James Potter aveva commesso tanti errori. Errori stupidi, errori di gioventù, che si potevano perdonare. Ma Lily Evans non sarebbe mai scesa a compromessi. E quegli sbagli, lui avrebbe continuato a pagarli per molto tempo.

*Scusami*

***

La Sala Comune di Serpeverde era vuota, immersa nella penombra. Lucius Malfoy sorrise, scostando una ciocca di capelli chiari dal viso di Narcissa Black.

"Sei più bella del solito, stasera" Le disse, prima di baciarla.

Lei ricambiò il bacio, fino a quando il ragazzo non la spinse leggermente all'indietro, facendola distendere sul divano di pelle. "Lucius…potrebbe arrivare qualcuno, lo sai" Protestò, parlando contro le labbra di lui.

Lucius sorrise ancora, prima di sollevarle appena il maglioncino grigio della divisa, toccandole la pelle liscia con una mano. "Sono tutti a cena a quest'ora, chi vuoi che arrivi?"

Narcissa emise un sospiro stentato, sentendo l'altra mano di lui insinuarsi sotto la gonna a pieghe. "Smettila…ti prego"

Il ragazzo, indifferente a quelle parole, la baciò di nuovo, con più impeto. "Non vedo l'ora di andare al ballo con te" -le sussurrò, mentre spingeva maggiormente il suo corpo contro quello di lei- "Tutti mi vedranno con te, e mi invidieranno…"

Lei lo respinse con un gesto brusco, tornando a sedere e sistemandosi la cravatta verde e argento.

"Cosa ti prende Narcissa?" Le domandò Lucius, che non riuscì a nascondere una certa irritazione per quel comportamento.

"Sono solo questo per te? Qualcosa da esibire?" Gli chiese la ragazza, in tono adirato.

Un lampo attraversò gli occhi trasparenti di Lucius, che si passò una mano fra i capelli biondi. "Ma cosa stai dicendo? Lo sai benissimo che io ti amo…"

Narcissa lo guardò per un lungo attimo, con un'espressione seria. "Non è vero, tu non mi ami" Sentenziò, con voce rotta.

Lui rise. "Cos'hai stasera, eh? Stai delirando…"

"Io non sto delirando, Lucius!" -esclamò Narcissa, alzandosi in piedi- "Tu non mi ami, stai con me solo per far piacere ai tuoi genitori, e per mettermi in mostra a qualche stupida festa!"

"Io ti amo, come te lo devo dire?" Anche il ragazzo si alzò, svettando sopra di lei di parecchi centimetri.

"Non stai con me nemmeno per portarmi a letto, per quello c'è Alexandra Wallace" Disse Narcissa, lanciando le parole come coltelli affilati.

Lui abbassò lo sguardo. Le lame l'avevano colpito. Le lame l'avevano ferito.

E lei rise. "Pensavi che non lo sapessi, vero? Pensavi che fossi l'unica in tutta la scuola a non sapere che ti scopi quella puttana, vero?! Beh, ti sei sbagliato!" Urlò, afferrandolo senza nemmeno rendersene conto per i polsi.

"Perché stai ancora con me, Narcissa?" Le chiese solamente Lucius, con voce atona.

Narcissa indietreggiò, impallidendo. "Non riesci nemmeno a capirne il motivo, Lucius Malfoy?"

Lui vide una lacrima brillare sulla guancia di quella ragazza che sembrava fatta di porcellana. Allungò il braccio per fermarla, per stringerla a sé e farla smettere di piangere. Ma la distanza che li separava era maledettamente grande. Una voragine di marmo si stava aprendo fra loro.

"Io ti amo davvero, al contrario di te" Disse ancora Narcissa Black, prima di lasciare di corsa la Sala Comune.

Lucius si portò le mani al viso.

*Cos'ho fatto?*

***

Ricordava alla perfezione la prima volta che l'aveva vista. Era ancora una bambina, così minuta e con quella chioma rossa che non passava di certo inosservata. Lui era fermo sul binario nove e tre quarti, insieme ai suoi genitori, e si guardava intorno, spaventato ma anche incuriosito. L'espresso lucente gli era davanti, e già si stava riempiendo di studenti più grandi, che si salutavano allegri e cercavano uno scompartimento libero. James l'aveva notata, mentre accarezzava distrattamente il suo gatto, facendo passare le sue piccole dita attraverso le sbarre della gabbia. Aveva la pelle appena ambrata dal sole estivo, e spruzzata di quelle efelidi che lui aveva trovato da subito molto graziose. E poi c'erano i suoi occhi. Quegli occhi leggermente allungati, dal taglio felino, di quel verde così intenso da sembrare falso.

Lily era cresciuta da allora, e James pensava che la sua bellezza crescesse di giorno in giorno. Ma il suo sguardo era sempre identico, trasparente ed indagatore. I suoi occhi erano sempre identici, specchio della sua strana anima e lucidi smeraldi.

E lui li aveva fatti piangere.

***

Ricordava alla perfezione la prima volta che l'aveva visto. Era ancora un bambino, con vivaci occhi nocciola e quei capelli corvini spettinati e ribelli. Lei era ferma al binario nove e tre quarti, e si guardava intorno, osservava quel mondo totalmente nuovo. L'espresso lucente le era davanti, e si stava riempiendo di studenti più grandi, che si salutavano allegri e cercavano uno scompartimento libero. Lily l'aveva notato, mentre scambiava qualche parole con tre ragazzini come lui. Uno era minuto e rubicondo, un altro aveva capelli biondi ed occhi chiari, e il terzo aveva i capelli corvini ed intensi occhi color zaffiro. Peter Minus, Remus Lupin e Sirius Black, che sarebbero diventati i suoi migliori amici. Lui continuava a sorridere eccitato, le mani nelle tasche anteriori dei jeans troppo larghi, e un cappellino portato al contrario. James era cresciuto da allora, e anche il loro rapporto si era evoluto. Per sei, lunghi anni, Lily non gli aveva mai davvero parlato, non l'aveva mai davvero conosciuto. Si erano limitati ad odiarsi cordialmente, ognuno inconsapevole di esercitare un'attrazione quasi magnetica sull'altro. Poi, poco tempo prima, qualcosa era cambiato. Lei aveva capito che James, nonostante i suoi difetti, era un ragazzo diverso da come credeva. Aveva imparato a volergli bene, e aveva smesso di respingere i sentimenti che in fondo aveva sempre provato per lui.

Ma non era servito a nulla. L'aveva perso, ed era tutta colpa sua.

***

E anche questa è fatta! ^_^ E' stato davvero difficile scrivere questo episodio, un po' perché è di nuovo un periodo molto stressante [maledetto studio…-_-"] e un po' perché avevo in mente dei dialoghi piuttosto complessi da sviluppare…spero di aver fatto un buon lavoro!

Se i miei capitoli avessero avuto dei titoli, questo sicuramente si sarebbe chiamato "Down to hell", perché i miei poveri personaggi si sono fatti tanto male a vicenda, e sono davvero a pezzi… Eh lo so, li faccio sempre soffrire…povere creature! :P Sempre con questo capitolo si apre la fase finale della fic…ormai siamo quasi agli sgoccioli!

Adesso volevo fare un paio di piccole precisazioni…prima di tutto la frase che ha detto Bellatrix a Sirius. In questo contesto va considerata come qualcosa di completamente ironico, che non ha nulla a che vedere con i fatti narrati da JK Rowling nel quinto libro…dopotutto Bella qui ha solo 17 anni ^-^" Non è ironico invece il suo proposito di unirsi ai Mangiamorte, come già avevo accennato qualche capitolo indietro.

Poi…beh, lo scherzo che ha scatenato tutto questo putiferio fra Jamie e Lily è quello che è stato fatto a Severus quando ha seguito Remus fino al Platano Picchiatore [Hp 3], ma penso che lo sappiate tutti! :)

Bene, ora posso anche salutarvi…come al solito grazie per le recensioni (me felice! *_*) e alla prossima settimana!

~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


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« Capitolo 24

L'avevano svegliata i mormorii eccitati delle sue compagne di stanza, pochi minuti prima. Risate che a fatica si erano mantenute sommesse, commenti concitati sull'avvenimento ormai prossimo di quella sera. E poi passi, passi che avevano fatto scricchiolare le assi di legno del pavimento. Il cigolio dei vecchi cardini della porta, il sommesso suono di piedi che scendevano le scale. E dopo il silenzio.

Lily aveva aperto gli occhi, e il rosso carminio dei tendaggi l'aveva colpita come mai prima. Si alzò, e si diresse verso il bagno. Un dolore insistente le martellava il capo, e l'acqua che si riversò sul viso era ghiacciata, quasi bruciava.

Era la mattina della vigilia di Natale, e ogni studente di Hogwarts era felice. Ogni studente, tranne Lily Evans.

***

L'aveva svegliato il rumore dell'acqua scrosciante, che proveniva dal bagno. Gocce che cadevano incessanti, martellanti, e un sottile rivolo di vapore argento che usciva dalla fessura della porta di mogano. Passi sul pavimento bagnato, un accappatoio blu scuro raccolto da terra. Poi la porta si era aperta. Sirius si era avvicinato al suo letto, in silenzio, i capelli corvini bagnati, e si era vestito. Altri passi, altri suoni conosciuti che si susseguivano con un ordine che pareva immutabile nel tempo. E dopo il silenzio.

James aveva aperto gli occhi, e il cielo carico di neve l'aveva colpito come mai prima. Si alzò, e si diresse verso la finestra. Il vetro era ghiacciato, quasi bruciava.

Era la mattina della vigilia di Natale, e ogni studente di Hogwarts era felice. Ogni studente, tranne James Potter.

***

L'aveva svegliato Rodolphus Lestrange. Lui aveva alzato il braccio, e aveva guardato l'ora. Era mezzogiorno. Aveva dormito fino a mezzogiorno, e non gli era mai successo. Un torpore che aleggiava sui suoi occhi come nebbia si era presto unito ad un insistente senso di stanchezza. Non avrebbe voluto alzarsi più, rimanere per sempre avvolto in quelle coperte color smeraldo. Rodolphus aveva attraversato la stanza, con passo deciso, aveva aperto la porta e se l'era richiusa alle spalle, facendola sbattere. E dopo il silenzio.

Severus si era passato una mano sulla fronte, e con l'altra aveva afferrato una sigaretta, dal pacchetto posato sul comodino. Gli occhi gli bruciavano, e il soffitto decorato del dormitorio l'aveva colpito come mai prima. Il pavimento era ghiacciato, quasi bruciava.

Era la mattina della vigilia di Natale, e ogni studente di Hogwarts era felice. Ogni studente, tranne Severus Piton.

***

"Ti prego Lily, aspetta…"

"Lasciami in pace, non abbiamo nulla da dirci!"

"Mi dispiace…non volevo farti stare male, lo sai"

"Smettila Potter, non voglio sentirti!"

§

"Vieni al ballo con me, per favore…"

"Come puoi anche solo pensare che verrò al ballo con te dopo quello che mi hai detto? Sei solo un povero arrogante James"

"Lily…parliamone almeno! Io non pensavo che sei solo una ragazzina odiosa e saccente, lo sai!"

"Come devo fartelo capire, James Potter? Non voglio vederti, e non voglio parlare con te!"

§

"Lily…non ti lascerò in pace finché non mi avrai dato la possibilità di scusarmi!"

"Non voglio accettare le tue scuse, il discorso è chiuso"

"Lily almeno ascoltami! Poi non ti cercherò più, te lo giuro…"

"Vai via, James, per favore"

In quella settimana, lui era dappertutto, o così le era sembrato. All'uscita dell'aula di Rune Antiche, in Sala Grande, lungo i corridoi, nel parco, lungo le rive del lago. E ogni volta la chiamava, le afferrava il polso, cercava di fermarla. Cercava di parlarle. Con voce pentita, le diceva di essere dispiaciuto. Quasi implorava di perdonarlo. I suoi occhi nocciola non brillavano più di bagliori dorati, ma erano risentiti, tristi. La proverbiale arroganza e la goliardia di James Potter erano scomparse. Non si sentivano più le sue risa sguaiate, i suoi commenti pungenti. Non lo si vedeva più con la bacchetta in mano, pronto a lanciare un incantesimo su qualche malcapitata vittima. Quello che si incontrava a Hogwarts pareva più un ectoplasma, un ricordo sbiadito di quel ragazzo così popolare e così contento di esserlo, così affascinante nei suoi comportamenti sopra le righe e ancora così infantile, sotto molti punti di vista. In un certo senso James Potter era maturato, in quei pochi giorni. Per la prima volta nella sua vita, aveva perso qualcuno a cui teneva davvero, e aveva sperimentato quel dolore che non l'aveva mai sfiorato, se non in lievi dosi, quasi impercettibili, come polvere depositata sulla pelle. E quello stesso dolore l'aveva reso più posato, più rispettoso di quelle regole che aveva sempre ignorato, più giudizioso…ma anche, ed inevitabilmente, più spento.

Lily sapeva molto bene che la causa di quel repentino cambiamento era stata lei stessa, e le sembrava di riuscire a comprendere altrettanto bene gli stati d'animo che scuotevano il ragazzo. Quando vedeva James passarle accanto, a testa bassa, una morsa le stringeva lo stomaco, e il desiderio di fermarlo e di abbracciarlo, senza aggiungere altro, si impadroniva di lei con una violenza che la intimoriva. Ma il suo orgoglio così spiccato la bloccava. Le impediva non solo di perdonarlo, ma anche solamente di ascoltarlo, di permettergli di spiegarsi. L'unico ragazzo che le fosse mai piaciuto veramente, la persona con la quale era riuscita ad aprirsi e a mostrarsi come davvero era, l'aveva ferita, e quella ferita bruciava ancora, e l'avrebbe fatto a lungo. Non appena aveva accettato i sentimenti che provava verso quel giovane, lui l'aveva oltraggiata.

Eppure il vecchio James Potter le mancava. Le mancava quella sua aria spregiudicata, le mancavano i suoi modi irruenti, le mancava la sua risata contagiosa, e quei loro incontri, dove trascorrevano il tempo parlando di tutto e niente.

Doveva inoltre convivere con il senso di colpa, quel senso di colpa strisciante che l'avvolgeva nelle sue spire sempre più fitte. Nemmeno lei si era comportata nel migliore dei modi, e l'ammissione delle sue colpe le era costata molto cara. Si era presentata nella sua stanza, pronta ad accusarlo e a rinfacciargli che, in fondo, sapeva che non sarebbe mai cambiato. Che sarebbe sempre rimasto un ragazzino troppo pieno di sé, e che provava piacere nel far soffrire gli altri. L'errore che James aveva commesso rimaneva certamente grave, ma lui stesso aveva ammesso di non esserne affatto orgoglioso, e dopotutto si era pentito in tempo per salvare Severus, che rimaneva sempre il suo peggior nemico in tutta Hogwarts.

E ora lei si trovava imprigionata fra due fuochi. L'orgoglio, e il sentimento. La ragione e l'istinto.

Lily aprì l'armadio di legno lucido. Davanti a lei, appeso ad un attaccapanni nero, si trovava il vestito che avrebbe dovuto indossare quella sera. Quella sera, per andare al ballo insieme a lui. Ma James non l'avrebbe accompagnata, e non avrebbero riso, prendendosi in giro, scendendo lo scalone che conduceva in Sala Grande. Era stata lei stessa a ripetergli più volte di lasciarla stare, di non provare più a convincerla ad andare al ballo insieme…e adesso se ne stava pentendo amaramente. La vigilia di Natale non le era mai sembrata così triste e vuota, e nemmeno le ghirlande colorate con cui le sue compagne avevano decorato la stanza riuscivano a farla sentire meglio.

La ragazza afferrò l'abito, accarezzandone la stoffa, piacevolmente liscia sotto le sue dita. Lily si asciugò la lacrima impertinente che stava bagnando la sua guancia. Da lì a poche ore, in Sala Grande ci sarebbe stata anche lei. Non poteva rimanere chiusa in quella piccola stanza, la sua personale torre d'avorio. Non poteva nascondersi dal mondo. La vita doveva continuare, anche per lei. E avrebbe sceso la scalinata, gradino dopo gradino.

Sola, ma a testa alta.

***

Lui lo stava osservando. I suoi occhi chiari guizzavano di continuo in sua direzione, apparentemente posati su una pagina di un libro. Poesie. Aveva sempre amato leggere.

"Remus, sto male"

Remus Lupin alzò lo sguardo, posando il piccolo volume sulle coperte spiegazzate del letto. I capelli biondi gli coprivano in parte il volto, che sembrava quasi scolpito nell'avorio. Era più pallido del solito, quella mattina. "Lo so, Jamie"

James rise sommessamente, continuando a rigirarsi una vecchia piuma nera fra le dita. Con quella piuma aveva scritto pagine e pagine. Lettere d'inchiostro carminio, o scarabocchi di liquido color cobalto. "Remus…perché tu sai sempre tutto?"

Questa volta fu Remus a sorridere. "Io non so sempre tutto, Ramoso. Io osservo, semplicemente"

James si alzò. I prati erano imbiancati, e numerosi studenti stavano passeggiando o giocando, come bambini spensierati. Le ragazze percorrevano i sentieri in piccoli gruppetti, parlando del vestito che avrebbero indossato quella sera, e dell'acconciatura che avrebbero sfoggiato. I ragazzi che le avrebbero accompagnate e avrebbero danzato con loro le osservavano da lontano, e non potevano fare a meno di sorridere. "Cosa devo fare, Lunastorta?"

"E' per Lily, vero?" -l'altro lo raggiunse, posando la mano sul vetro freddo- "Avete litigato?"

Lui annuì. "Sono stato davvero stronzo. Le ho detto delle cose che non pensavo nemmeno…"

*Le ho fatto del male*

Remus si voltò leggermente, per guardarlo. "Si litiga sempre in due, James"

"Cosa intendi dire?" Lui si passò una mano fra i capelli. La forza che aveva impresso alle sue dita sarebbe quasi riuscita a strappargliene una ciocca.

"Ho visto Lily piangere, un paio di giorni fa. Era da sola, seduta sulle scale"

James scrollò le spalle. "Piangeva per colpa mia!" Disse, con stizza.

Remus scosse il capo. "No, Ramoso. Piangeva perché si sentiva in colpa, tanto quanto te"

"Ma come fai ad esserne sicuro?!" -sbottò lui, togliendosi gli occhiali e gettandoli sul letto- "Le ho detto che è una solo una piccola odiosa ragazzina saccente! Avrà anche il diritto di piangere, no?!"

"Le ho parlato, Jamie"

Gli occhi nocciola del ragazzo si spalancarono. "Tu…le hai parlato?"

L'altro annuì, posando gli occhi su due ragazzine che si stavano lanciando palle di neve, parecchi metri sotto di loro. "Al contrario di te non mi sono mai divertito più di tanto a stuzzicarla, in questi sei anni. Siamo nella stessa classe di Rune Antiche, come ben sai, e…beh, ogni tanto abbiamo fatto due chiacchiere, anche se per ovvi motivi non siamo mai entrati in confidenza. Quando l'ho vista lì, che piangeva…sembrava davvero depressa, Jamie"

"E così le hai chiesto come mai fosse così triste…" Continuò James al suo posto.

"Esatto. E mi ha raccontato del vostro litigio. Doveva sentirsi veramente male, per confidarsi con un quasi sconosciuto come me…" -l'espressione di Remus divenne all'improvviso severa- "Avresti dovuto parlarcene, lo sai"

Lui abbassò il viso. "Lo so, Rem. E ci ho provato…ma mi sentivo davvero una merda, avevo paura che mi avreste giudicato una specie di mostro" Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra, anche se l'amico non riuscì a scorgerlo.

"Siamo tuoi amici, non l'avremmo mai fatto. Non ti avremmo accusato…" Sentenziò l'altro, anche se non c'era ombra di rimprovero nella sua voce.

"Raccontami di Lily Remus, per favore" Il tono di James era impaziente, ma anche spaventato. La verità faceva sempre paura.

Remus si arrotolò una ciocca di capelli attorno al dito. Sulla scrivania a pochi passi da loro, alcune sfere dorate fluttuavano in una polvere lucente, all'interno di un globo di vetro. Quel suppellettile apparteneva alla famiglia Lupin da generazioni. "Si sente in colpa, come ti ho già spiegato. Pensa di aver esagerato, di essersi comportata come una stupida. Non era venuta per accusarti, ma solo per avere una spiegazione…Forse non te ne sei reso conto, ma tu le piaci molto più di quanto non dia a vedere, Jamie"

Il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante. "Io ho provato a parlarle, a chiederle scusa…se mi stai dicendo la verità, perché non mi ha mai voluto ascoltare?"

"Credi che sia semplice tornare sopra i propri passi? Credi che sia una situazione facile per lei? Lily non ha un carattere forte come il tuo, Ramoso…e ha anche paura"

"Paura?"

Una scintilla divertita balenò negli occhi di Remus. "Paura dei sentimenti che prova per te, no? Non riuscirebbe a non saltarti addosso, se vi parlaste…ed è terrorizzata"

James si spettinò i capelli, mentre una curiosa espressione prendeva il posto di un broncio malcelato. "Tu dici?"

L'amico annuì, quasi palesemente divertito. "Se fossi in te stasera l'inviterei a ballare, Ramoso…"

"Ma non vuole più venire con me al ballo! Me l'ha ripetuto più volte…" Ribatté James, scoraggiato.

Remus sollevò un sopracciglio. "Lei sarà in Sala Grande stasera, te lo posso garantire. In fondo non desidera altro che andare al ballo di Natale con quello stronzo arrogante di Potter…parole sue" Si affrettò ad aggiungere, notando lo sguardo sdegnato del ragazzo.

"Quindi…secondo te dovrei aspettarla in Sala Grande?"

"Sì, Jamie, sì…incredibile, io che do lezioni sulle ragazze al più grande donnaiolo della storia di Hogwarts!"

Il primo sorriso sincero della giornata increspò le labbra di James. "E smettila…ti stai approfittando di questo momento di debolezza!"

Remus sorrise a sua volta. Era la vigilia di Natale, e aveva appena fatto ridere uno dei suoi migliori amici. Le sfere dorate continuavano placide a muoversi, nella loro piccola dimora di cristallo. Le risate degli altri studenti giungevano fino a lui, come campanelli mossi dal vento. Nulla avrebbe potuto essere migliore, in quella giornata di fine dicembre.

***

Un'altra sigaretta. Ancora. I suoi polmoni sembravano esigere quel fumo dolce. E anche la sua mente lo desiderava, per stordirsi, e non pensare più a nulla. Non pensare più a lei.

L'aveva vista correre via, sconvolta come mai prima, gli occhi che trattenevano a fatica le lacrime. Le rivelazioni di quel pomeriggio l'avevano lasciata senza parole, svuotata. James Potter, il ragazzo che le piaceva, non era davvero l'idolo perfetto che credeva di conoscere. Era un fantoccio, che nascondeva un segreto doloroso. Un segreto che macchiava la sua reputazione, e che non aveva rivelato a quella ragazza dai capelli sanguigni che aveva conquistato con così tanta fatica. E lei era rimasta delusa. Indignata e delusa.

Severus avrebbe dovuto sentirsi felice. Era stato lui stesso a distruggere il mito di Potter, a demolirlo agli occhi di Lily. Eppure, quella vittoria non aveva il sapore zuccherino che si era aspettato. Era amara come fiele, aspra. E quella vigilia di Natale non si tingeva di oro e di argento ai suoi occhi, non era decorata da palline di vetro soffiato e cristalli, non possedeva l'aroma del cioccolato e dei biscotti. Era grigia, senza ornamenti, quasi velenosa.

Lei non l'aveva più cercato, non si era gettata fra le sue braccia scongiurandolo di perdonarla. Perdonarla per non aver compreso subito che era lui, Severus, ad essere adatto a lei. Per non aver compreso subito che era lui l'unico in grado di volerle bene davvero. Per non aver compreso subito che lui era migliore di James Potter…

*Mi faccio schifo*

In realtà era solo un traditore. Un traditore di quel segreto che avrebbe dovuto trascinare con sé nella tomba. Di quel segreto che coinvolgeva anche altri. Che coinvolgeva Remus Lupin. Per quanto lo potesse odiare, non era di certo orgoglioso di quel gesto. Ora anche Lily Evans sapeva che quel ragazzo esile era un licantropo, e forse avrebbe iniziato ad evitarlo, ad avere paura di lui. Forse l'avrebbe raccontato ad altri, forse l'avrebbe fatto cacciare dalla scuola…

I sensi di colpa continuavano a minare le forze di Severus Piton, e un abisso sembrava spalancarsi davanti a lui.

*E' colpa mia…solo mia*

Confessare la verità non l'aveva aiutato. La solitudine strideva sempre di più alle sue orecchie, e gli occhi smeraldo di Lily non si erano più volti verso di lui.

***

Una mano salì a scostargli dal viso i capelli dorati. I suoi occhi chiari saettarono verso di lei. Narcissa era seduta ad un tavolo, intenta a scrivere una lettera. La lunga penna blu si tingeva di riflessi violacei, mentre si muoveva veloce, avanti e indietro. La legna nel camino bruciava senza sosta, crepitando. Lei stava scrivendo ai genitori, probabilmente. Lo faceva sempre, il giorno della vigilia di Natale. E dopo Narcissa avrebbe scritto anche ad Andromeda, a quella sorella ribelle che le avevano proibito di amare, e che volevano solo fosse dimenticata. Ma lei si era rifiutata di obbedire. Dietro quel freddo velo di alterigia, si nascondeva una persona che in fondo era ancora in grado di provare dei sentimenti.

Che in fondo era ancora in grado di amarlo.

Lucius sorrise impercettibilmente, quando la ragazza si mordicchiò il labbro inferiore, assumendo un'aria perplessa. La stessa espressione che si dipingeva sul suo volto quando non sapeva rispondere alla domanda di un insegnante. Quell'espressione che si era conservata identica a se stessa per sei anni.

Quando l'aveva vista per la prima volta, nella Sala Comune, era rimasto incantato dalla sua bellezza di bambina. Solo dopo aveva scoperto che era la sorella di Bellatrix. Solo dopo aveva scoperto che quella ragazzina era la sua promessa sposa, come gli avevano spiegato i suoi genitori quando aveva appena nove anni. E subito Lucius Malfoy aveva pensato di essere fortunato.

Ma ora la fortuna sembrava averlo abbandonato. Quegli occhi turchesi lo guardavano con astio, e quelle mani nivee non si posavano più sulle sue. Aveva commesso molti errori, e aveva pensato di non amarla più. Forse, di non averla mai davvero amata, infatuato unicamente del suo aspetto da regina. Illuso di poter trovare la felicità nel letto di Alexandra, che era stata capace di attirarlo a sé, con i fili della sua terribile tela. Solo ora, dopo aver perso Narcissa, aveva capito quanto tenesse a lei. Quanto desiderasse rispettarla, e non tradirla più. Quanto volesse sposarla, in un futuro più o meno lontano.

Lucius Malfoy non era di certo abituato a perdere. Qualche anno prima voleva conquistarla e l'aveva fatto. Ora voleva conquistare il suo perdono, e l'avrebbe fatto.

Con la coda dell'occhio, il ragazzo vide un elfo domestico comparire nel nulla nella Sala Comune, reggendo una grossa scatola rossa, che lo copriva quasi del tutto. La piccola creatura, dopo essersi guardata intorno con aria furtiva, iniziò a salire le scale che portavano ai dormitori femminili.

Lui sorrise, questa volta apertamente.

***

Un lieve vapore aleggiava sulla superficie dell'acqua, nascosta da una densa schiuma azzurrina, che profumava di vaniglia e di cannella. L'enorme vasca incassata nel pavimento assomigliava ad una distesa di nebbia, dai colori della carta da zucchero. Un asciugamano bianco cadde a terra, e la ragazza si immerse in essa, mentre i capelli corvini si spargevano a raggiera attorno alle sue spalle. Subito dopo, una risata sommessa risuonò nella sala.

"Cos'hai da ridere, Black?" La sua voce, ancora impastata di sonno nonostante fosse mezzogiorno inoltrato, era leggermente roca.

Sirius Black entrò a sua volta nella vasca, raggiungendola e cingendole la vita. "Niente, Bella. È solo che mi chiedo perché hai voluto venire qui"

Bellatrix si voltò, sorridendogli. "Mi sembra ovvio" -rispose, alzando un sopracciglio con aria irriverente- "Io di solito non ho il permesso di usare il bagno dei Capiscuola, ma tu conosci la parola d'ordine"

Il ragazzo rise di nuovo. "Sei la solita calcolatrice, Bellatrix. Sfrutti le mie amicizie per raggiungere i tuoi scopi…"

Lei si strinse di più a lui, toccandogli i capelli bagnati con le dita. "Non è colpa mia se Remus Lupin è un tuo amico, Black, te lo ricordo. E guarda caso è anche il Caposcuola di Grifondoro…"

"Già, guarda caso…"

Bellatrix si separò dal cugino, abbandonandosi all'indietro e nuotando nell'acqua vanigliata. "Basta parlare dei tuoi discutibili amici ora…godiamoci questo bagno"

Sirius si spinse in sua direzione, arrivando a lei con poche bracciate. "Va bene, allora parliamo di stasera" -disse, mentre un'espressione ironica si dipingeva sul suo volto appena arrossato dal calore- "Verrai al ballo con me?"

Lei si limitò a baciarlo. "Tu fai troppe domande, Black"

"E tu eviti troppe risposte"

Bellatrix immerse il capo nell'acqua, per poi gettare la testa all'indietro, mentre la lunga chioma spruzzava tutto il pavimento adiacente alla vasca. "Chi ti dice che non ci vada già con un altro?"

"E chi? Lestrange per caso?"

Lei imbronciò le labbra. "Ti ricordo che sono una ragazza molto ambita, io"

"Anche io sono un ragazzo molto ambito, ma non mi accontento facilmente…" Ribatté Sirius, sicuro.

"Nemmeno io, Black, devo riconoscerlo" Bellatrix prese fra le mani una manciata di schiuma, soffiandola via subito dopo.

Lui si sporse leggermente per aprire un rubinetto dorato, e un'acqua colorata di viola iniziò a scorrere, facendo diventare le bolle circostanti di un'intensa tonalità di rosa. "Appunto per questo vuoi me. Noi siamo uguali, come mi hai ricordato tu stessa innumerevoli volte…"

Bellatrix aprì un altro rubinetto, che fece fuoriuscire grosse bolle verdi. "Dammi un buon motivo per venire con te, e lo farò"

Sirius la spinse contro il bordo. "Troppo facile, Bella" -rispose, quasi trionfante- "Tu hai già deciso che verrai al ballo con me"

La ragazza si cinse il collo con le braccia. "Il Cappello Parlante deve aver fatto male i suoi conti con te" -disse- "Sei troppo scaltro per essere un Grifondoro"

Sirius le afferrò le spalle e la baciò, trascinandola con sé nell'acqua multicolore.

***

Che fatica! Anche questo capitolo è terminato…Dopo queste considerazioni del tutto inutili posso passare a salutarvi…buon pomeriggio a tutti! Come va? Io sono ancora viva, nonostante una settimana passata senza soste sui libri…e nonostante la grande sfacchinata per scrivere l'episodio 24 di questa "The time…"! Spero che almeno vi sia piaciuto…se non molto, un pochino ^_^" Idealmente avrei voluto aggiungere ancora un pezzetto, ma a dire la verità non ce la facevo più…e poi volevo postarlo subito, ero particolarmente impaziente :P :P :P

Non è successo molto, ma dovevo parlare un po' degli stati d'animo dei protagonisti dopo quella che mi piace chiamare "la tragedia" del capitolo precedente…penso proprio che nel prossimo ci sarà il ballo, quindi sarà più movimentato! =)

Credo di non aver nient'altro da dirvi, a parte GRAZIE come sempre per le vostre recensioni e perché avete la pazienza di sorbirvi questa fic…*Grazie grazie grazie! Me felice!! ^_^*

Ok, allora alla prossima……Bye!

~Flea~

Ps. Siccome non riesco a resistere, vorrei anche darvi l'indirizzo del mio insignificante spazietto su Deviant Art, dove occasionalmente posto schifezzuole che mi piace fare…ecco qua!

[Flea si va a nascondere dalla vergogna per questa pubblicità occulta del tutto fuori luogo -_-"]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


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« Capitolo 25

La Sala Grande era già gremita di studenti quando si fermarono davanti all'entrata.

Il soffitto rifletteva come sempre il cielo, ed era colmo di fiocchi di neve, che sembravano scendere serafici sugli studenti. I quattro lunghi tavoli delle Case erano stati sistemati lungo le pareti, e riempiti di bevande e cibi di ogni sorta. Al centro della Sala diverse coppie di ragazzi e ragazze stavano già ballando timidamente. I muri erano stati coperti di ghiaccio scintillante, ed il consueto, imponente albero di Natale troneggiava al fondo dell'ambiente, splendente di palline colorate e piccole fatine. Dalla volta innevata pendevano piccoli globi lucenti, che avvolgevano la Sala in una pallida luce lunare.

Lei pensò che tutto era perfettamente e disgustosamente natalizio, quella sera. La neve, gli addobbi, l'atmosfera. Come se si trovassero in un libro di favole, e non in una scuola. Non nella vita vera.

Dopotutto però Hogwarts le piaceva, in quel momento. Si sentiva strana, ed aveva voglia di sorridere. E lei non sorrideva spesso, se non per schernire qualcuno, per ferirlo con la sua ironia a dir poco mordace. Ma quello che aleggiava sulle labbra lucide di Bellatrix Black era un sorriso vero. La ragazza si girò leggermente verso sinistra, fino ad incontrare gli occhi gemelli di suo cugino Sirius. Non sembrava affatto teso, anche se sapeva che doveva esserlo. Tutti li avrebbero fissati con insistenza, e avrebbero bisbigliato alle loro spalle ridacchiando fra loro, se ne rendevano conto molto bene. Ed era proprio quella consapevolezza che la faceva sentire impaziente. Bellatrix pareva vivere per essere guardata, e provava un sottile piacere quando succedeva.

"Andiamo?" Gli chiese, anche se le sue parole erano un tacito ordine. Che senso avrebbe avuto aspettare ancora? Hogwarts li stava attendendo per giocare.

Sirius annuì con un gesto del capo, per poi stringerle di più il braccio. Bellatrix dovette ammettere che era particolarmente bello. I capelli corvini gli ricadevano liberi sulle spalle, incorniciando quel viso così simile al suo, e gli occhi color zaffiro erano più intensi del solito, assorti in un'espressione quasi assente. Indossava un paio di pantaloni neri, piuttosto larghi, una semplice camicia bianca e una cravatta nera, dal nodo allentato ad arte. L'abbigliamento scomposto dei Grifondoro. La superbia quasi inconsapevole dei Serpeverde. Il fascino innato dei Black. In lui, queste realtà convivevano e si mescolavano in modo perfetto.

La ragazza si avvolse attorno al mignolo una ciocca di capelli, per poi iniziare a camminare. Non appena entrarono nella Sala Grande, diverse paia di occhi si voltarono verso di loro.

***

La grossa scatola cremisi era aperta, appoggiata sul letto. La stoffa accarezzava morbida la sua pelle, e profumava di mughetto.

Quell'abito era il più bello che avesse mai visto. Di preziosa seta azzurra, vestiva perfettamente il suo corpo esile, lasciando scoperta buona parte delle sue gambe slanciate. Le spalline sottili erano tempestate di piccoli cristalli che catturavano la fioca luce delle candele, creando un suggestivo gioco di riflessi. La scollatura abbastanza profonda metteva in risalto la semplice collana di argento lavorato che aveva trovato in una scatolina nascosta dentro quella più grande, e i capelli raccolti lasciavano intravedere gli orecchini pendenti dello stesso materiale. Ai piedi portava un paio di sandali color argento dalla linea essenziale, dotati però di tacchi molto alti e sottili.

Narcissa Black sembrava una principessa, vestita in quel modo. L'azzurro della seta rifletteva quello dei suoi occhi, e l'acconciatura lasciava libere alcune lunghe ciocche di capelli chiari, che le cadevano sul viso appena truccato. La ragazza si guardò allo specchio, e non potè fare a meno di sorridere. Subito dopo, però, un pensiero le attraversò la mente, e lo sguardo si adombrò.

*Lucius*

Narcissa sapeva benissimo che era stato lui a regalarle quell'abito stupendo e costoso, quelle scarpe e quei gioielli. Era un suo regalo, anche se non c'era nessun biglietto a provarlo. Ma non appena aveva avvicinato al viso quella morbida seta, le era parso di sentire il suo profumo. Lucius stava cercando di farsi perdonare, ne era certa. In quegli ultimi giorni, l'aveva colto spesso, intento a guardarla, durante le ore di lezione, o in Sala Comune. La fissava con i suoi occhi impenetrabili, in silenzio, quasi sperando di trasmetterle i suoi pensieri. Ma non aveva mai cercato di parlarle, o di spiegarsi. Lucius Malfoy non era abituato a chiedere perdono, e il suo orgoglio, allenato fin da quando era solo un bambino, era un nemico troppo potente per essere sconfitto. E lui era ancora debole. Con quel gesto, aveva voluto dimostrarle di tenere a lei, di tenere a loro, di tenere a quel rapporto che ormai stava diventando solo una finzione…oppure era stato solo un modo per farla rimanere zitta e buona, per non rompere quel fidanzamento che era stato appoggiato con così tanta intensità e su cui le loro famiglie facevano affidamento per mantenere la purezza del loro nobile sangue?

Narcissa lanciò un'ultima occhiata allo specchio, prima di lasciare la stanza, e il suo riflesso rispose incerto a quello sguardo.

*Ti devo credere, Lucius?*

***

Lei era seduta ad un tavolino rotondo, uno dei tanti che erano stati sistemati attorno alla pista da ballo. Aveva parlato con un paio di ragazze fino a qualche minuto prima, e ora stava osservando le coppie sorridenti che ballavano, sulle note di una canzone allegra ed orecchiabile. Sembrava annoiata, e gli occhi color smeraldo indugiavano ora su questa ora su quella parte della sala, quasi smarriti.

James pensò che non l'aveva mai vista così bella. I lunghi capelli carmini le scendevano inanellati sulle spalle, e il suo sguardo verdeggiante era reso ancora più intenso dalle sottili linee di kajal tracciate sulle palpebre superiori ed inferiori. Lily indossava un abito molto semplice, di raso nero, con sottili spalline e profilato di bianco, e un paio di décolletées dal tacco non molto alto. Il ragazzo rimase fermo ad osservarla, da lontano, finché non sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

"Perché non vai da lei?" Remus gli sorrise, per poi sorseggiare dello champagne, che ogni anno veniva servito, senza badare a spese, in occasione del ballo.

L'altro rispose al suo sorriso, scompigliandosi i capelli. "Sembra così annoiata, e triste…ma ho paura di rovinare tutto. Ancora"

Remus finì di bere il vino, piacevolmente frizzante. "Con questa paura di rovinare tutto stai davvero rovinando tutto, Ramoso"

James aggrottò le sopracciglia. "Non mi sono mai piaciute queste tue frasi da filosofo, Lunastorta…"

"Non fare finta di non aver capito, Jamie. Vai da lei, e metti da parte l'orgoglio per una volta" Disse il ragazzo, risoluto.

"Rem…"

Remus fece un gesto deciso con la mano. "Non voglio sentire altro! Vai e basta, altrimenti rovinerai il Natale a te stesso e a Lily…oltre che a me, che dovrei subire ancora le tue crisi d'umore, naturalmente"

James gli sorrise ancora, incerto. "Io…grazie" Rispose solo, prima di dirigersi non senza esitazioni verso Lily.

Remus si versò dell'altro champagne, osservando il vorticare di abiti colorati e lo sfavillio delle pareti ghiacciate.

*Non c'è di che, Jamie*

***

"Ehi Sirius! Ehm…" La voce di Andrew Brody fece una pausa incerta, mentre i suoi occhi si arrestavano per un istante di troppo sulla ragazza a fianco del compagno di Casa.

"Bellatrix Black, nel caso l'avessi dimenticato" Suggerì Bellatrix, mentre un sorriso tanto angelico quanto raggelante si dipingeva sulle sue labbra.

"Io…certo" -ribatté Andy, imbarazzato- "Allora ciao, Sirius…" Il ragazzo si allontanò, dopo aver guardato di nuovo Bellatrix con tanto d'occhi.

"La vuoi smettere di terrorizzare tutti i miei amici?" Le domandò il cugino in tono sarcastico, anche se la sua voce tradiva un certa dose di durezza.

Lei rise. "Non sono io che li terrorizzo, sono loro che sembrano aver dimenticato le buone maniere. Se ne stanno lì, a fissarmi come se fossi un mostro, e non mi salutano nemmeno…evviva la tanto decantata perfezione dei Grifondoro" Commentò seccamente, prima di sorseggiare il liquido azzurrino contenuto nel suo bicchiere.

"Ti sbagli, Bella" -la corresse Sirius, bevendo a sua volta- "Non ti guardano come se fossi un mostro, ma ti spogliano con gli occhi" Disse, inarcando un sopracciglio.

"Può darsi, Black, può darsi" Rispose lei, soddisfatta.

Lui la guardò, in silenzio. Era lei la ragazza più bella, quella sera. Nonostante altre portassero un abito più elegante o più costoso, o fossero truccate e pettinate meglio, lei splendeva più di tutte loro. Bellatrix non indossava un vestito straordinariamente corto, come si sarebbe aspettato, ma un paio di pantaloni di pelle nera e una normale camicia bianca, dal taglio maschile e con i primi bottoni slacciati, che lasciavano intravedere una lunga collana di perle finte, avvolta a più giri attorno al suo collo. I capelli corvini, ancora più lucidi del solito, erano raccolti in una crocchia scomposta fermata da un lungo bastoncino d'argento, e gli occhi color zaffiro erano bistrati di nero. Quando l'aveva vista venirgli incontro, alla sommità della scalinata che portava alla Sala Grande, Sirius era stato invaso dal desiderio di prenderla per mano e trascinarla nella Stanza delle Necessità, senza pensare per un secondo di più a quell'inutile ballo scolastico. Era quella la sensazione che Bellatrix suscitava in lui, quella voglia incontrollabile di isolarsi. Di rimanere lontani da tutti, di scomparire nella tenebra. Lui sapeva che si stava distruggendo, ogni giorno, ogni momento, ma ormai non gli importava più. Voleva solo continuare ad affondare, insieme a lei.

"Andiamo a ballare" Le disse, afferrandole il polso.

Bellatrix gli scoccò un'occhiata perplessa. "Ma come? Non vorrai che tutta la Sala Grande ci veda…" -gli sussurrò, avvicinando le labbra al suo orecchio, un'espressione maliziosa sul volto- "Non vorrai che tutti sappiano che il grande, innocente Sirius Black è venuto al ballo con la perfida cugina cattiva…"

"Non mi importa" Ribatté lui, fermo, quasi brusco in quell'affermazione inaspettata. Sirius passò un braccio attorno alla vita della ragazza, e la condusse verso il centro della sala.

***

Lucius Malfoy era appoggiato allo stipite dell'imponente porta che conduceva alla Sala Grande, spalancata per accogliere gli studenti, e osservava da spettatore lo svolgersi del ballo, bevendo della crema al whisky e rigirando il calice di vetro verde chiaro fra le mani affusolate. Il salone era quasi del tutto gremito, e un allegro chiacchiericcio aleggiava nell'aria, insieme ai globi luminosi che si riflettevano nei suoi occhi impassibili. Lei non c'era ancora.

*Dove sei?*

Il ragazzo rientrò per un momento nella Sala, e si versò dell'acquaviola. Una spiacevole tensione gli irrigidiva i muscoli delle spalle e del collo, e a tratti gli illuminava lo sguardo. Lucius scansò una ragazza poco sobria che gli era quasi rovinata addosso, simile ad una caramella di Mielandia nella sua gonna rosa, e uscì di nuovo, nell'ampio ingresso poco illuminato. L'attesa lo stava logorando, e si sedette a terra, la schiena appoggiata contro la parete fredda e il vetro del bicchiere appoggiato alla fronte.

Una decina di minuti dopo, uno scalpiccio proveniente dalla scalinata di marmo gli fece sollevare il capo. Lei stava scendendo i gradini, e ai suoi occhi sembrava una fata.

Narcissa indossava l'abito che lui le aveva acquistato, e camminava leggermente insicura sulle scarpe alte, il volto abbassato e coperto dai capelli color miele. Lucius si alzò, ma rimase poi immobile, senza avere il coraggio di guardarla ancora. Sentiva quegli occhi turchesi incendiargli la pelle, e percepiva quasi il rimprovero di lei avvolgerlo in una nube di nebbia. Dopo qualche istante, i passi cessarono.

"Lucius" La voce serafica di Narcissa, quasi eterea, e senza ombra di biasimo, non lo fece per poco trasalire.

Il ragazzo non alzò gli occhi, incapace di articolare una risposta. Sentiva il senso di colpa divorarlo, come un verme che intacca la polpa bianca di una mela.

"Lucius guardami" Lui sentì le dita appena fredde di Narcissa sollevargli il mento.

"Narcissa…io…" Le parole si accalcavano nella sua mente, senza trovare un ordine preciso, ansiose di liberarsi di quella sensazione che soffocava il suo animo. Troppe cose avrebbe voluto dire a quella ragazza che aveva avuto la fortuna di incontrare, e nessuna riusciva a prendere una forma propria. Lucius si sentiva disarmato.

Lei gli sorrise. "Lascia che parli io, per favore" Disse semplicemente, sorprendendolo per la sua pacatezza. Sembrava quasi non odiarlo, sembrava quasi essere invulnerabile, intoccabile da parte del dolore. Eppure, lui l'aveva fatta soffrire, forse più di chiunque altro. Narcissa si fidava di lui…e lui l'aveva delusa, scartata dal mazzo dei suoi affetti.

Lucius annuì, intrecciando le mani in gesti nervosi.

"Mi hai fatto del male, Lucius" -iniziò la ragazza, fissando lo sguardo oltre la spalla del ragazzo- "Non so se riuscirò mai a perdonarti del tutto, per quello che mi hai fatto. Sapevo già da tempo di te e Alexandra Wallace, ma ho sempre cercato di sopportare. Ho sperato che tu capissi, che tornassi sui tuoi passi. Ma tu sembravi cieco, non vedevi quanto soffrissi…Mi hai portata al limite, Lucius, e non sono più riuscita a resistere. Mi hai fatta sentire un oggetto, da esibire quando ti faceva più comodo…una sorta di trofeo. Non potevo permettere che la mia dignità venisse offesa ulteriormente. Anche io ho un orgoglio, Lucius, dannazione…" La voce di Narcissa si incrinò, mentre la sua maschera di pacata morbidezza rivelava per un momento i suoi reali stati d'animo.

"Mi dispiace, io…" Lucius le afferrò d'istinto i polsi, in un tacito gesto di supplica.

Lei scosse il capo, e con un gesto gentile si liberò dalla sua stretta leggera. "Devo ancora parlarti della cosa più importante, Lucius. C'è un motivo per cui sono venuta al ballo, stasera. Quando ho visto il tuo regalo, ho capito…E' stato un gesto per farmi convincermi che ti dispiaceva, che ti eri pentito. Sei ancora legato alle apparenze, legato al tuo orgoglio che ti impedisce di rivelarti…altrimenti non mi avresti comprato un vestito, ma mi avresti parlato di persona. Mi avresti supplicato, se necessario…" -lui voltò appena il capo, mortificato- "Hai ancora molta strada da percorrere, Lucius, ma ho apprezzato lo stesso il tuo sforzo. In futuro dovrai dimostrarmi che tieni sul serio a me, che vuoi sul serio ricominciare da capo…"

"Lo sai che mi dispiace! Farò qualunque cosa, te lo prometto!" Esclamò lui, risoluto, interrompendola.

"Ho cercato di mentire a me stessa, ma ho fallito. Ho cercato di ignorarti, di fingere che tu non sia mai esistito…ma ho fallito. Ed è per questo che ho indossato questo vestito, ed è per questo che sono venuta a cercarti. Perché nonostante tutto ti amo ancora, Lucius Malfoy" Le labbra lucide della ragazza tremarono appena, mentre i suoi occhi si allargavano e venivano invasi da una languida tristezza, appena accennata.

Lui non le rispose, a stento consapevole delle parole che aveva appena udito. Narcissa, quella persona meravigliosa al pari di nessun'altra ai suoi occhi, gli stava donando una seconda possibilità. La Fortuna aveva deciso di sorridergli, quella sera della vigilia di Natale. Lucius si avvicinò a lei, stringendola fra le braccia e portando il suo viso verso quello di lei.

Narcissa si allontanò da lui, con un sorriso obliquo. "No, Lucius" -disse, quasi con dolore- "Non è ancora il momento. Non riesco ancora a fidarmi di te…non ce la faccio. Dovrai aspettare, se ne hai la forza, e la tua attesa sarà già una prova per me"

Lucius le sorrise a sua volta, annuendo. "Aspetterò fino a quando sarai pronta, Narcissa. Sai che posso farlo"

"Ricominceremo, Lucius, lentamente. Abbiamo tutta la vita davanti, dopotutto…" La ragazza rise sommessamente, mentre lo spettro di un'allegra bambina giocosa pareva affiancarsi e sovrapporsi a lei.

"Già, tutta la vita" Lui la prese sottobraccio, senza riuscire a smettere di guardarla, avvolta in quella nuvola azzurra.

"Vogliamo andare? Ho bisogno di un amico, per andare al ballo" Gli domandò Narcissa, non senza una sottile punta d'ironia.

"Non aspettavo altro" Ribatté Lucius, mentre varcavano la soglia della Sala Grande. All'improvviso, in quell'ambiente erano ricomparsi per lui tutti i colori.

***

La ragazza passava distrattamente il dito sul bordo del suo calice vuoto, persa fra i suoi pensieri. Davanti a lei c'era una ciotolina, colma per metà di quello che doveva essere gelato al lampone. Una richiesta piuttosto bizzarra, per il freddo clima di dicembre, ma i due timidi elfi domestici che si aggiravano nella Sala per soddisfare le richieste degli studenti non dovevano essersi stupiti, abituati ad eseguire gli ordini senza indugio. Quando Lily sentì la sua voce, e girò verso di lui, aveva la bocca leggermente sporca di gelato. All'improvviso James decise che l'avrebbe ricordata così, con le labbra macchiate di quel rosa intenso e quell'aria stupita negli occhi verdi.

"James!" Esclamò Lily, appoggiando il cucchiaino lucido sul tavolino.

Lui le sorrise, passandosi come sempre una mano fra i capelli, domati da una grande quantità di gel ma comunque scomposti. "Posso?" Le domandò, esitante.

Lei lo guardò, per poi fargli un cenno con la mano, invitandolo a sedersi.

James si accomodò, per poi abbassare gli occhi. "Ecco io…volevo parlarti"

Lily distolse lo sguardo a sua volta. "Dimmi…" Ribatté, a disagio.

"Lily voglio chiederti scusa, sono stato…" Iniziò lui, in tono convinto.

"James"

"No, questa volta mi devi stare a sentire, Lily!" -James stava quasi urlando, mentre i bagliori dorati nei suoi occhi diventavano simili a lingue di fuoco- "Non puoi sempre evitarmi, non puoi sempre scappare senza ascoltarmi…io ho il diritto di spiegarmi!"

"James…"

"Lo so che ho sbagliato, quante volte vuoi che te lo ripeta? Sono stato uno stronzo, ma non pensavo davvero quelle cose, non puoi non averlo capito! Lily, cosa devo fare ancora per farti cambiare idea?!" Il ragazzo sbuffò, esasperato. Pareva stanco, senza forze.

"James io…"

"Perché mi devi far stare così male, posso saperlo?" -continuò James, senza badare alla ragazza- "Questi giorni sono stati orribili, e…" Le parole gli morirono in gola, quando Lily avvicinò una mano al suo viso e gli posò un dito sulle labbra. Lui emise un debole suono, stupito da quel gesto.

"James" -ripeté di nuovo lei, paziente- "Non devi darmi spiegazioni"

James sgranò gli occhi. "Come?"

Lily gli sorrise. "Non sei stato l'unico, a comportarsi male" -gli spiegò, mentre le sue guance si tingevano di una vaga tonalità di rosso- "Io mi sono presentata da te, in dormitorio, e ho iniziato subito ad accusarti…in un certo senso non aspettavo che un'occasione simile"

Sul viso di lui si dipinse un'espressione interrogativa.

"Inconsciamente volevo pensare che in fondo non eri cambiato, che eri sempre lo stesso ragazzo immaturo ed arrogante…e alla fine ho trovato un motivo che mi è sembrato valido" Lily si rigirava fra le mani un anello d'argento, un cerchietto tempestato di frammenti di madreperla, nervosamente.

"Ma…perché?" Le chiese James, quasi scosso.

"Perché avevo paura, Jamie. Paura, perché stavo iniziando a dipendere da te, dalla tua amicizia…il terrore dell'ennesima delusione era davvero forte" Il viso della ragazza divenne scarlatto, mentre pronunciava quelle difficili parole.

"Lily…"

"Sia chiaro, James. Quello che Severus mi ha raccontato è grave, e avresti dovuto parlarmene di persona. Non mi piacciono i segreti. Ma so che ti dispiace veramente, e sono disposta a perdonarti…però devi promettermi che non mi nasconderai più nulla. Promettimelo, Jamie" Gli occhi smeraldo di Lily indugiarono su di lui, in attesa.

Lui la guardò a sua volta. "Te lo giuro, Lily Evans" Le disse, con aria risoluta.

"Mi dispiace per come ti ho trattato, non volevo essere così dura…Ammetterlo mi costa molto, ma in questi giorni mi sei mancato"

"Anche tu mi sei mancata" -James le toccò la mano, facendola sussultare- "Possiamo tornare…amici?"

Lily annuì, felice. "Mi dispiace, per il tuo amico Remus" Aggiunse poi, timidamente.

L'altro annuì. "Lo so…non è facile, per lui"

"Non lo dirò a nessuno, davvero"

"Non c'è bisogno che tu lo dica, Lily" -la rassicurò James- "Mi fido di te"

"Io vorrei conoscerlo, diventare sua amica…magari si sentirà meno solo. Lo so che ha già te, e Sirius Black e Peter Minus, ma…"

"Te lo farò conoscere, te lo prometto" -le disse lui, allegro- "Gli farà molto piacere…"

"Grazie Jamie" Esclamò lei, ravviandosi i capelli sanguigni.

"Adesso posso avere l'onore di ballare con te?" Le domandò James, assumendo di nuovo il tipico atteggiamento da Malandrino.

"Si può fare, Potter, si può fare…" Ribatté Lily ironicamente, alzandosi ed affiancandolo, mentre una nuova canzone spandeva le sue note nella Sala Grande.

***

La stanza era immersa nell'oscurità, rischiarata solo dalla debole luce proveniente dalla punta della sua bacchetta. Il silenzio era totale, e la musica, i passi e i discorsi futili di centinaia di ragazzi non potevano graffiarlo o scalfirlo. Il sotterraneo di Serpeverde era isolato, diviso dalla pietra grigia e fredda. Un mondo a se stante, in quel piccolo universo che era Hogwarts.

Severus agitò ancora l'asticella di legno, e il suo libro di Storia della Magia venne scaraventato sul letto di Lucius Malfoy, con un tonfo attutito dalle coltri di morbida lana. Nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza al ballo di Natale. Nessuno sarebbe venuto a cercarlo, o a chiedergli se non si sentisse bene. Una mosca, misteriosamente sopravvissuta al gelo dell'inverno, volava quieta sopra di lui, quasi beffandosi della sua solitudine. Un altro gesto, e quel piccolo insetto fu avvolto per un istante da una luce chiara, per poi cadere a terra. Senza vita.

Severus chiuse gli occhi, desiderando che ogni persona facesse quella fine. Indolore, ma definitiva. La giusta punizione per averlo condannato a vivere in quella prigione, dove nessuno gli aveva mai donato un po' d'affetto.

***

La bottiglia di Whisky, piena per metà, stava diventando pesante come piombo fra le sue mani. La testa gli doleva, e rimbombava delle voci di persone sconosciute, o che intravedeva saltuariamente nei corridoi, fra una lezione e l'altra. Visi senza nomi, sguardi che non gli trasmettevano nulla. La Sala Grande iniziava ad oscillare pericolosamente, ma lei era un punto fermo. Lei, che stava ancora ballando, mentre quel bastardo le toccava i lunghi capelli, e le sorrideva…

Rodolphus Lestrange bevve un lungo sorso di liquore, lasciando che il liquido ambrato gli incendiasse la bocca, lasciandogli un sentore di polvere. Quando l'aveva vista entrare, spavalda come una guerriera, aveva pensato di sognare. Non l'aveva mai vista così bella, così sicura di sé. Ma il sogno si era subito infranto, lasciando il posto ad un incubo oscuro. Non era sola, ma accompagnata da quel ragazzo, bello come lei, con quegli occhi uguali ai suoi, e con lo stesso sangue che scorreva impetuoso nelle vene. Molti li avevano osservati, stupiti ed increduli, ma nessuno si era sentito soffocare. Nessuno si era sentito crollare il mondo addosso, come lui. E quei liquori erano diventati la sua unica consolazione. Il solo modo per sopravvivere a quella serata. Aquaviola, rum di ribes, whisky incendiario. Tutto, per non pensare.

E ora Bellatrix Black stava sorridendo a Sirius Black, sfrontata come sempre, eppure diversa. Il suo sguardo color zaffiro sembrava in qualche modo più docile, più gentile verso il cugino, e non si volgeva verso nessun'altro…

Rodolphus mosse qualche passo, ma si arrestò subito, appoggiandosi ad una colonna. Bellatrix faceva ondeggiare la chioma corvina, e rideva…Bellatrix giocherellava con la collana di perle…Bellatrix non si curava delle occhiate indagatrici delle coppie che ballavano vicino a lei…

Bellatrix, Bellatrix, Bellatrix…

Rodolphus svuotò la bottiglia, attendendo che quel nuovo alcool lo stordisse sempre di più, per smettere di soffrire.

***

Narcissa sollevò un sopracciglio, fulminando la sorella con lo sguardo.

"Risparmiami la predica almeno la vigilia di Natale, ti prego" La prevenne Bellatrix, bevendo un cocktail rosso fragola.

"Invece dovrai starmi a sentire, Bella" -ribatté l'altra, lanciando un'occhiata a Sirius, che poco più in là stava discorrendo, o stava cercando di discorrere, con Lucius- "Cosa ti è preso, si può sapere? Venire al ballo con Sirius…chissà che cosa penserà la gente! Tutti vi stanno guardando da quando siete arrivati, non ve ne siete accorti?"

"Abbiamo gli occhi anche noi, grazie" -Bellatrix le sorrise, sarcastica- "E in ogni caso non siamo sensibili come te, riguardo a ciò che pensa la gente…"

"Possibile che tu non capisca? Crederanno di sicuro che andiate a letto insieme, o qualcosa di simile!"

"E chi ti dice che non sia vero, Narcissa?"

Narcissa lasciò cadere il calice che teneva in mano, facendo voltare un gruppetto di ragazzi di Corvonero. Subito un elfo domestico si precipitò verso di loro, per far sparire i cocci di vetro. Lo champagne si stava spargendo sul pavimento, e nell'aria si percepiva un lievissimo sentore di fiori. "Non è vero" -esclamò la ragazza, sconvolta- "Non può essere vero…"

Bellatrix rise. "Non mi dire che la cosa ti turba a tal punto, sorellina…"

"Perché l'hai fatto, Bella? Pretendo una spiegazione!" Sibilò Narcissa, furente.

"Andiamo, non ci arrivi? Potrebbe essere il mio gemello, siamo così dannatamente uguali, siamo due Black…non puoi immaginare quanto sia gratificante fare l'amore con la copia di se stessi" Rispose l'altra, impassibile.

Narcissa si avvicinò di più alla sorella, e la schiaffeggiò. "Perché ti devi comportare così, si può sapere? Te ne freghi delle regole, sei solo capace a comportarti da ribelle, a fare la persona cinica e a scoparti ogni ragazzo passabile che incontri…e ora anche con Sirius…Ha disonorato la famiglia, Bella!"

"Ti importa solo di questo, non è vero? L'onore, la famiglia…Dio quanto sei prevedibile, Narcissa. Tu e Lucius siete davvero fatti l'uno per l'altra…"

"Non mettere in mezzo Lucius adesso! Devi interrompere subito questa…relazione con nostro cugino, Bellatrix, o sarò costretta a dirlo ai nostri genitori"

"Non ho mai preso ordini da te, e non inizierò a farlo ora, sappilo. Continuerò a fare sesso con Sirius quanto e fino a quando ne avrò voglia, e non sarai certo tu ad impedirmelo, né tanto meno i nostri genitori" Le parole di Bellatrix erano taglienti e dure come marmo.

"Finirai come loro, Bella…come Andromeda e Sirius. Due rinnegati, che non hanno più nulla"

"Sempre meglio che essere obbligata a sposarmi con un Malfoy, Narcissa"

La ragazza si passò una mano fra i capelli color grano, lottando contro le lacrime. "Buona serata, Bellatrix" Disse con voce rotta, prima di correre verso il fidanzato.

"Buona serata anche a te, Narcissa" Rispose Bellatrix, senza ombra di dispiacere, anche se i suoi occhi color zaffiro tradivano emozioni ben diverse.

***

"Allora…buonanotte Jamie"

La pendola della Sala Comune battè le quattro, mentre diversi ragazzi e ragazze di Grifondoro si salutavano e si scambiavano gli auguri di Natale.

Lui le sorrise, vagamente imbarazzato. "Buonanotte…buonanotte, Lily" Disse, mentre si spostava da un piede all'altro.

Lily lo osservò, ferma sul primo gradino della scala dei dormitori femminili. "Ci vediamo domani…"

"Sì, ci vediamo domani…"

"Buonanotte ancora…"

"Sì, sì, buonanotte…" La voce del ragazzo era sempre più incerta, e James non accennava a muoversi.

"Allora io vado…" Lily stessa iniziava a sentirsi in imbarazzo, e iniziò a toccarsi i lunghi capelli, mentre con gli occhi guardava la Sala Comune che si stava svuotando.

Mentre la ragazza si stava voltando, James la trattenne per il polso. "Aspetta!" Esclamò.

"Sì?" Gli domandò lei, mentre i suoi occhi si illuminavano.

"Io…" -James avvicinò il viso a quello della ragazza- "Io…niente, buonanotte"

Lily gli sorrise, quasi mesta, prima di iniziare a salire la scalinata.

Lui sbuffò, lasciandosi cadere sulla poltrona più vicina.

*Dannazione…*

"Ah, Ramoso, stai proprio perdendo colpi…" Una voce conosciuta lo fece quasi sobbalzare.

"Remus, mi hai fatto paura! Da dove salti fuori? Non ti ho più visto, in Sala Grande…"

Remus rise, seduto su un divanetto proprio di fronte all'amico. Aveva sempre avuto la grande capacità, se così si poteva definire, di non essere notato, e doveva aver assistito al frammentato dialogo fra James e Lily. "Sai, i balli non fanno per me…sono salito qui già verso l'una, e mi sono messo a leggere…a dirti la verità volevo aspettarti sveglio, per farmi raccontare com'era andata"

L'altro alzò gli occhi al cielo. "Avevi ragione tu, alla fine abbiamo fatto pace, e siamo stati tutta la sera insieme. È stato bello…poi come hai visto l'ho accompagnata fino a qui…"

"Ed è stato un disastro" Terminò Remus per lui, senza trattenere un sorrisetto.

"Non so cosa mi è preso!" -esclamò James, esasperato- "Non ho mai avuto problemi per baciare una ragazza…ma con Lily non ne ho il coraggio! Sono proprio un coglione…"

"Mi dispiace dirtelo, ma questa volta hai ragione…lei non aspettava altro, si capiva benissimo!"

"Ho sprecato un'occasione d'oro, vero?" Gli chiese lui, pur conoscendo la risposta.

"Quasi irripetibile direi…"

"Grazie Lunastorta, sei molto incoraggiante!" Protestò James.

Remus rise di nuovo. "Avanti, Ramoso, non disperarti…una soluzione ci sarebbe"

"E cioè?"

Il ragazzo si scostò dal viso i capelli biondi. "Ecco…basterebbe che tu salissi nei dormitori femminili e le dessi il famoso bacio della buonanotte"

"Ti devo ricordare che se osassi salire anche solo uno di quei gradini infernali mi ritroverei per terra e dolorante?" Disse James, imbronciato.

"Lo so benissimo che i ragazzi non possono salire quelle scale…ma solo i ragazzi"

"Cosa vuoi dire?"

Remus alzò un sopracciglio, e all'improvviso James si portò le mani alla bocca, mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione di trionfo.

"Lunastorta sei un genio! Come ho fatto a non pensarci prima?!"

"Se fossi in te mi sbrigherei…La Sala Comune è vuota" Gli consigliò l'amico, alzandosi in piedi.

"Ti amo Rem!" Gridò James, abbracciandolo.

"Certe frasi risparmiale per Evans, Ramoso, per favore…" Lo supplicò Remus, sorridendo.

***

"Hai litigato con Narcissa per colpa mia, vero?"

Le luci blu di un piccolo albero di Natale risplendevano nel buio della Stanza delle Necessità.

Bellatrix si rigirò fra le lenzuola dello stesso colore, guardando il cugino. "Era inevitabile. Lei non può sopportare che lo scandalo colpisca ancora la famiglia dei Black…ci avete già pensato tu e Andromeda, e non vuole che succeda ancora"

Sirius rise. "Ha paura che ti porti sulla cattiva strada?"

"Più o meno"

"Allora non ti conosce bene come credevo…dovrebbe sapere che nessuno sarà mai in grado di condizionarti"

Bellatrix avvicinò il viso a quello di lui. "Devo considerarlo un complimento, Black?"

"Direi di sì…"

La ragazza lo baciò.

"Abbiamo dato a tutta Hogwarts materiale su cui sparlare per settimane, stasera…" Disse Sirius, coprendosi meglio.

"Ti dispiace?"

Lui scosse il capo. "A te?"

"Che domande, ovviamente no" Rispose Bellatrix, sorridendo.

"Non hai paura che i tuoi amici possano…respingerti, perché frequenti un Grifondoro degenere come me?"

Lei scrollò le spalle. "Ai miei amici, come li chiami tu, non importa nulla di chi mi porto a letto. Sarai piuttosto tu, ad avere dei problemi…frequenti una serpe, e i grifoni tanto bravi e gentili non sono disposti a tollerarci"

"I miei migliori amici non mi approvano, ma non mi hanno mai condannato. Mi importa solo di loro…gli altri possono dire quello che vogliono"

Bellatrix lo baciò ancora, attirandolo a sé e toccandogli i capelli. "Buon Natale, Black" Disse, respirando sulle sue labbra.

"Buon Natale, Bella"

Le lucine color cobalto si riflettevano sulla loro pelle color avorio, e sulle loro chiome notturne.

***

Un cervo dal lucido mantello saliva le scale, mentre lo scalpiccio dei suoi zoccoli risuonava sulla pietra. Dopo aver salito l'ultimo gradino, James si guardò attorno, prima di riprendere le sue sembianze umane. Il corridoio del dormitorio femminile era uguale a quello del dormitorio maschile, ed immerso nel silenzio. Il ragazzo iniziò a camminare, leggendo le targhette dorate sistemate sopra ogni porta. Dopo qualche minuto, finalmente trovò la camera che stava cercando. Sopra la placchetta erano incise, con eleganti lettere gotiche, le parole "Settimo anno. Sydney Wharton, Francesca Thomas, Maureen Sheldon, Lynn Harris, Julie Weir, Lily Evans"

James bussò, e si ritrasse leggermente, in attesa. Dopo qualche istante, la porta si aprì, rivelando la figura di una ragazza dagli occhi azzurri, con i capelli ricci spettinati, in camicia da notte.

Quando Sydney Wharton lo vide, emise un gridolino di sorpresa, ravviandosi d'istinto i capelli e arrossendo violentemente. "James…James Potter!" Esclamò.

"Scusami, ti ho svegliata? Stavo cercando Lily" Le disse lui, in tono gentile.

"Oh…si, te la chiamo subito" Rispose Sydney, delusa.

La porta si richiuse, e un paio di minuti e parecchie risatine dopo si aprì ancora una volta. Lily indossava un paio di pantaloni di felpa grigia, e una maglia bianca di cotone a maniche lunghe, troppo grande per lei di almeno una taglia. Si era struccata, e aveva legato i capelli in due codini, che le scendevano ai lati del viso e sulle spalle. "Jamie!" -esclamò, arrossendo come la sua compagna di stanza- "Come hai fatto a venire qui?!"

Lui le sorrise. Era davvero carina, anche in pigiama. "E' un segreto…ma te lo dirò un giorno, stai tranquilla" Si affrettò ad aggiungere, notando lo sguardo contrariato di lei.

"C'è qualcosa che devi dirmi? È successo qualcosa?" Gli domandò lei, curiosa.

James fece un cenno di diniego con il capo. "Non è successo nulla…volevo solo darti la buonanotte"

"La buonanotte?" -ripeté, incredula- "Ma…"

Il ragazzo però non le diede il tempo di terminare la frase. Si avvicinò a lei, le cinse la vita con le mani e la baciò.

Quando si separarono, il viso di Lily sembrava davvero in fiamme. Era stata una sensazione mai provata prima. Il bacio che le aveva dato James era diverso da quelli che aveva dato ai pochi, pochissimi in verità, ragazzi che aveva frequentato prima di lui per un periodo davvero esiguo. Era stato più bello, semplicemente. "Io…"

"Buonanotte, Lily" Le disse, sempre sorridendo, prima di sparire nel buio del corridoio.

Lei si appoggiò alla parete, e la consapevolezza dell'accaduto la invase, avvolgendola in una sensazione di euforico benessere. Aveva baciato James. Aveva baciato James Potter.

Mentre si sistemava sotto le coperte, ignorando le domande insistenti delle altre ragazze, Lily non riusciva a smettere di sorridere. Quella era stata decisamente la vigilia di Natale più movimentata della sua vita.

***

Quando giunse nel corridoio che portava ai sotterranei di Serpeverde, intravide una figura seduta sul freddo pavimento, appoggiata alla parete. Doveva essere un ragazzo, e un lamento incomprensibile usciva dalle sue labbra, appena udibile anche nel silenzio. Bellatrix diede un'occhiata all'orologio, domandandosi chi ancora potesse essere in giro alle cinque passate. La ragazza si avvicinò di più, e si portò le mani al viso.

Rodolphus Lestrange era disteso per terra, le braccia abbandonate lungo i fianchi e una bottiglia di sherry a pochi passi da lui, rovesciata. Una pozza di liquore si stava spargendo rapidamente, bagnando la pietra. Il ragazzo aveva i capelli color caffè spettinati, e gli occhi vitrei, spenti. La pelle del viso era più pallida del solito, e le sue labbra si muovevano appena, in un mormorio indistinto.

"Rodolphus!" -gridò la ragazza, inginocchiandosi accanto a lui- "Rodolphus rispondimi! Stai male?"

Lui inizialmente non diede segno di averla vista, ma dopo qualche istante si raddrizzò sulla schiena con un gesto brusco, e l'afferrò per il bavero della camicia. "Bellatrix…" Esclamò con voce roca.

"Rod, quanto hai bevuto? Devi andare in infermeria, subito!" Disse la ragazza, in tono preoccupato.

Rodolphus le sorrise. Un sorriso stanco, dolorante. "Sei così bella…"

"Non è questo il momento, Rod, tu stai male!"

"Perché non mi ami? Perché ami quel bastardo di Black e non me? Perché Bella, perché?! Io ti amo…"

Bellatrix spalancò gli occhi, sconvolta. Quel ragazzo stava così male per lei, perché l'amava… "Perché hai bevuto così tanto, si può sapere?" Gli domandò, con voce più dolce.

Lui le prese le mani, anche se non sembrava del tutto cosciente delle sue azioni. "Per dimenticarti…ma non ci sono riuscito…ti prego, Bella, rimani con me…"

Lei rimase impietrita. Mai nessuno era mai arrivato a tanto, per cercare di conquistarla. Mai nessuno era arrivato a distruggersi così per lei… "Non ti preoccupare, Rodolphus, non ti lascio da solo" Gli disse, sorridendogli.

Da quella sera, le loro vite si incrociarono.

***

Aaah che fatica scrivere questo episodio! Non solo la lunghezza è quasi doppia rispetto ad uno dei miei capitoli "normali", ma dovevo anche inserire parti importanti…spero di aver fatto un buon lavoro! ^_^

Innanzitutto volevo dirvi che la scena del bacio [finalmente! ^^"] fra Lily e James è volutamente breve, perché l'ho sempre immaginata molto semplice, e senza romanticherie…però non ho potuto evitare di farli baciare per la prima volta a Natale, chiedo perdono :P

Allo stesso modo è corta la scena fra Bella e Rodolphus, anche se rilevante perché segna l'inizio di quella che sarà la loro storia [anche se in questa fic non ne parlerò, perché il pairing principale riservato a lei era quello con Sirius…]

Per il resto…beh, Severus non l'ho fatto partecipare al ballo perché non mi sembra proprio il tipo…e poi stava troppo male per Lily, povero! Lucius e Narcissa pian piano ricominceranno la loro storia, anche se il discorso fatto per Bella e Rod vale anche per loro due…mentre Remus appare qui nelle vesti di consigliere, che caruccio che è! ^_^"

Bene, mi pare di avervi detto tutto…Non mi rimane che ringraziarvi tantissimo per i vostri commenti e per leggere la mia fic, grazie di cuore!

Vi do appuntamento al prossimo capitolo, che forse sarà il penultimo…alla prossima!

*Baci*

~Flea~

Ps. Siccome sono stupida, vi avevo detto che vi avrei lasciato il mio indirizzo su Deviant Art ma poi mi sono dimenticata di mettere il link...quindi eccolo qua , e spero che riusciate a visualizzarlo stavolta! :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


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« Capitolo 26

Il sole di giugno illuminava il castello ed il parco di Hogwarts, tingendo i capelli della ragazza d'oro. Numerosi studenti si stavano rinfrescando sulle rive del lago, le scarpe e le calze abbandonate sui prati e le divise in disordine. Lily si voltò verso il suo interlocutore, abbozzando un sorriso mesto. "Era da tanto che non ci parlavamo…" Disse, in tono dispiaciuto.

Severus posò lo sguardo d'ossidiana sul cielo turchese, e sulle nuvole di un bianco accecante. "Già" Rispose semplicemente, allungando le gambe davanti a sé.

Molte cose erano cambiate, in quegli ultimi sei mesi. Il loro rapporto era cambiato, e forse erano cambiati loro stessi. I loro incontri erano diventati sempre più rari, e più brevi. I loro discorsi erano diventati sempre più affaticati, futili, grigi. Agli occhi di Severus, Lily si era trasformata, lentamente ed inesorabilmente. Come una farfalla che abbandona il suo bozzolo. Da quando si era fidanzata con James Potter, all'inizio di gennaio, quella ragazza dalla chioma di fuoco era diventata una presenza sempre meno costante e tangibile nella sua vita. Le sue iridi verdeggianti si volgevano solo verso quel ragazzo che era riuscito a conquistarla dopo più di sei anni, e le sue labbra si schiudevano in un sorriso sincero solo per lui. Vederla mentre camminava al suo fianco, parlandogli e stringendogli la mano, aveva gettato Severus fra coltri di tristezza sempre più intensa ed opprimente. Lily Evans stava diventando una figura sbiadita, evanescente, e stava lasciando nel suo animo un vuoto che gli pareva incolmabile. Lentamente quel ragazzo spesso vestito di nero era tornato alla sua vecchia vita da studente solo ed incompreso, ai suoi libri di magia nera, passione mai accantonata, alle sue lunghe giornate trascorse in biblioteca in compagnia della sua ombra e di un volume consumato dal tempo. E aveva iniziato ad evitarla, per non soffrire di più. Per non soffrire ancora.

Severus aprì la borsa di tela nera che aveva abbandonato al suo fianco, e iniziò a frugare fra le pergamene e i quaderni, senza in realtà cercare nulla. Sotto le sue dita, sentì la morbidezza di quella pregiata piuma d'aquila dalle sfumature color argento, e le sue labbra si curvarono in un'espressione malinconica. Quando Lily gli si era fatta incontro con quel pacchetto affusolato fra le mani, la mattina di Natale, lui si era sentito felice, senza un motivo particolare. Ma quando aveva notato quella luce particolare, diversa, nei suoi occhi, il germe terribile del sospetto si era insinuato in lui. E quando Potter era passato accanto a loro, nel corridoio addobbato con ghirlande colorate, il sorriso che Lily gli aveva timidamente rivolto aveva gettato luce su quei dubbi che lo stavano tormentando.

Per lui non ci sarebbe stata nemmeno più una debole e confortante speranza.

E si era allontanato, in silenzio, come un fantasma che abbandona il palcoscenico. Si era convinto che Lily non avrebbe avuto bisogno nemmeno della sua amicizia, della sua presenza discreta, che aveva quasi vegliato su di lei come un custode…

"Mi dispiace, Severus" La voce della ragazza era bassa, smarrita.

Severus la guardò. "Di cosa?"

Lei abbassò il volto, e i capelli le coprirono le guance appena scurite dal sole. "Ho sbagliato. Ho iniziato a trascurarti, non ti ho più cercato…"

Lui scosse il capo, interrompendola. "Non ti devi scusare, ti capisco. Sei fidanzata ora, non hai più tempo per me"

Lily giocherellava nervosamente con la cravatta slacciata. "Non è un buon motivo…io mi sento una stronza. Non avrei dovuto…"

Severus le sorrise. "Lily, tu non sei una stronza…la tua unica colpa è quella di avermi fatto innamorare"

Il ragazzo sgranò gli occhi, consapevole delle parole che aveva appena pronunciato. Una confessione inopportuna, che gli avrebbe inflitto un'altra, profonda coltellata. Che avrebbe decretato la sua fine, inesorabile.

Lei lo fissò, incredula. "Io…"

"Non devi dire nulla, so cosa pensi" -la fermò lui, risoluto- "Non avrei dovuto parlare, scusami"

"Severus…" Lily gli afferrò la mano, che era fredda fra le sue.

Severus afferrò la piuma d'aquila, e gliela porse. "Prendila, voglio che la tenga tu"

"Ma è tua! Te l'ho regalata per Natale…"

Lui gliela posò sulle ginocchia. "Mi ricorderebbe troppe cose, e mi farebbe stare troppo male…lo capisci?"

La ragazza la prese, rigirandola fra le dita. "E' solo colpa mia…Non volevo farti soffrire"

"Mi mancherai, Lily Evans. Spero che sarai felice insieme a Potter"

Lei si alzò in piedi, e si voltò verso di lui. "Vuoi che me ne vada? Vuoi che non ci incontriamo mai più?"

Il ragazzo si alzò a sua volta. "Sì, Lily, è meglio così"

Lily calciò una pietra con forza, e quella sprofondò nell'acqua trasparente del lago. "Non è giusto…la nostra amicizia non può finire in questo modo!"

Severus posò le mani sulle sue spalle. "Non è facile, ma è inevitabile…le nostre strade si stanno dividendo, non te ne rendi conto? Domani usciremo da qui, e tutto sarà diverso.."

"Beh, allora non voglio andarmene da Hogwarts!" Urlò Lily, gli occhi lucidi di lacrime trattenute con orgoglio.

Lui l'abbracciò, istintivamente, mentre la sentiva singhiozzare piano.

"Ho paura" Esclamò la ragazza, con voce rotta.

"Tutti ne abbiamo…Anche io ne ho" Rispose Severus. E mentre udiva le sue stesse parole, si rese conto di quanto fossero spaventosamente vere. Il futuro lo atterriva. Il futuro, quei sogni che non si sarebbero mai avverati, quelle aspettative infrante contro un muro di roccia…gli avvenimenti immaginati che diventavano presente, un presente ben diverso e più doloroso.

Dopo qualche istante, Lily si separò da lui, e si asciugò le guance bagnate. "Mancherai anche a me, Severus Piton" Gli disse, tornando a sorridere.

Lui la guardò, desiderando imprimere la sua immagine nella mente. "Vai adesso, James ti starà aspettando…"

Lily annuì, raccogliendo la borsa e infilandovi la piuma. "Allora addio…"

"Addio" Rispose Severus, osservando i capelli di lei ondeggiare appena, mossi dalla brezza estiva.

Lily si avvicinò ancora a lui, si sollevò sulle punte dei piedi e gli sfiorò le labbra con le sue. "Grazie, Severus" Sussurrò, prima di dirigersi verso il castello.

Il ragazzo rimase fermo, guardandola allontanarsi, e combattendo la volontà di fermarla e di non lasciare più andare via. Mentre Lily scompariva all'orizzonte, quel lieve sapore di pesca che gli aveva lasciato sulle labbra svanì, e lui percepì un profumo, amaro come il termine di quell'amicizia, avvolgerlo in una spirale senza fine.

Severus accese una delle sue sigarette alla menta, pensando che il cielo della sua ultima notte a Hogwarts non sarebbe stato rischiarato dalle stelle.

***

Nella radura della Foresta Probita, da cui si intravedeva ancora l'imponente sagoma del castello stagliarsi in tutta la sua altezza, la luce era ovattata, filtrata dall'intreccio fitto dei rami. Durante il giorno, il grande bosco non aveva quell'aria minacciosa che possedeva nelle ore notturne, e la piacevole ombra rinfrescava quel caldo pomeriggio.

Sirius si sedette ai piedi di un abete, chiudendo gli occhi e rilassando le spalle. Gli esami, e ancora prima le lunghe giornate trascorse a studiare, erano stati a dir poco stressanti, e la stanchezza iniziava ad annebbiargli la mente e a gravare sul suo stato fisico. Aveva decisamente bisogno di dormire, ma l'avrebbe fatto a partire dal giorno seguente. Quelle erano le sue ultime ore a Hogwarts, e non voleva perderne nemmeno un istante. Pochi minuti dopo, dei passi attutiti annunciarono l'arrivo di una persona.

"Batti la fiacca, Black?"

Il ragazzo aprì gli occhi, mentre una pungente fragranza di cannella si spargeva nell'aria e delle lunghe ciocche di capelli corvini gli sfioravano il collo. Bellatrix era piegata su di lui, il viso a pochi centimetri dal suo, gli occhi bistrati di nero che lo guardavano ridenti e ironici e le mani appoggiate sulle ginocchia scoperte. Lui sorrise pigramente, mentre la ragazza si sistemava accanto a lui, lisciandosi le pieghe inesistenti della gonna della divisa, come sempre più corta del dovuto.

"Sei tu che non ti godi abbastanza quest'ultima giornata di scuola…"

Bellatrix lo fulminò con lo sguardo. "Non è colpa mia se il mio esame orale è terminato solo un'ora fa…non tutti sono fortunati come te che hai finito ieri, Black"

Sirius ridacchiò. "E non è colpa mia se gli alunni di Grifondoro sono passati prima di quelli di Serpeverde…"

Una smorfia sprezzante e alquanto sarcastica si dipinse sul viso di Bellatrix. "Le solite preferenze…mi sto quasi stufando"

Lui scrollò le spalle, rivolgendole un'occhiata di sottecchi. "Non dovrai più preoccuparti di queste cose, Bella. Ormai la scuola è finita, tecnicamente…"

"Non sai quanto mi rallegri questa notizia!" Esclamò con insolita allegria lei, incrociando le braccia dietro la testa.

Sirius estrasse dalla tasca dei jeans una sigaretta. "Sei davvero così contenta di non dover più venire a Hogwarts?" Le domandò, soffiando verso l'alto una boccata di fumo che profumava di caffè.

"Tu no?"

Lui sospirò sommessamente. "Non ho delle prospettive molto rosee, al momento. Dovrò trovarmi una casa, dato che ormai da due anni non ne ho più una" -una leggera collera accompagnò quell'affermazione, mentre i tratti del suo viso diventarono più duri- "E un lavoro…Sono molto affezionato a questo posto, sarà strano andarsene per sempre"

Bellatrix rise. "Hai davvero poco dei Black, è certo…Questi sentimentalismi sono estranei alla nostra famiglia"

"I sentimenti sono estranei ai Black, è diverso" Puntualizzò Sirius, in tono polemico.

"Molto spiritoso, davvero" -lei si accese a sua volta una sigaretta alla cannella- "Possibile che tu non sia ansioso di vivere la vita vera?" La voce della ragazza era carica di un entusiasmo che sfiorava il fanatismo.

"La vita vera? L'unica emozione che suscita in me questa prospettiva è l'ansia"

Bellatrix si distese completamente sull'erba. "Ansia? Andiamo, Black…Non mi dire che non hai un desiderio che vuoi realizzare a tutti i costi, un sogno…Qualcosa per cui arriveresti ad annullare te stesso…"

Sirius rimase in silenzio. No, non aveva sogni. Non aveva desideri. Non aveva mai davvero pensato alla sua vita al di fuori delle mura di Hogwarts. Il suo diploma, con relative conseguenze, gli era sempre apparso lontano, quasi irraggiungibile. E ora era appoggiato a quel tronco, nella Foresta Proibita, e tutto era diventato così maledettamente vicino. Il tempo lo stava incalzando, gli voleva imporre una scelta quanto mai necessaria.

Il tempo stava scivolando via.

"Non sono l'unico a non sapere cosa fare della mia vita, a diciassette anni" Ribatté poi, eludendo la domanda della cugina.

"Io lo so" Disse lei, in un tono quasi inquietante nella sua granitica convinzione.

"Sentiamo…"

Bellatrix sollevò il capo e fissò il ragazzo. "Lo sai benissimo anche tu, questo discorso l'abbiamo già affrontato mesi fa...Io diventerò una serva di Lord Voldemort, combatterò per lui"

Sirius sollevò una mano, come se volesse scacciare un insetto. "Stai parlando come un'esaltata, Bella, te ne rendi conto?"

Lei scosse la testa. "Tu non puoi capire…Quella sarà la mia vita, ho deciso"

"Vuoi davvero buttarti via per una causa che non è nemmeno la tua? Marcirai in una cella ad Azkaban, questo sarà il tuo unico risultato!" Esclamò Sirius, con rabbia.

Bellatrix inarcò un sopracciglio. "Sei sicuro che le forze del bene vinceranno? Non sai che il mondo non è quello delle fiabe?"

"So che Voldemort non ha abbastanza forze per prendere il potere, non ha abbastanza sostenitori…è solo un pazzo ossessionato da una purezza di sangue che ormai non esiste più e non può più esistere, e questo mi basta"

"Non sai quanto ti sbagli, Black…Lord Voldemort è il mago più potente e temibile, e presto regnerà su questo Paese di insulsi filobabbani! Se fossi in te direi alla tua amica Lily Evans ti iniziare a fuggire, i Mezzosangue saranno i primi ad essere eliminati…"

"Non la insultare più, hai capito?" Le parole di Sirius le lambirono il viso come frustate. Il ragazzo l'aveva sovrastata con il suo corpo e spinta contro il tronco dell'albero alle sue spalle, trattenendola con forza.

"Mi stai facendo male…" Disse la ragazza con voce roca, mentre le braccia le dolevano e il ginocchio di lui le premeva con insistenza sull'addome.

Sirius quasi sfiorava le labbra della cugina con le sue. "Morirai, Bella, e non riesco nemmeno a pensare che sarò felice per questo"

Bellatrix rise. "Non pensavo che sarei riuscita a soggiogarti a tal punto…"

Lui le posò una mano sulle labbra, impedendole di parlare. Poi iniziò a baciarla con violenza sul collo e sulle spalle, sbottonandole la camicia.

Le mani pallide di lei si insinuarono fra i capelli corvini del ragazzo, e glieli spettinarono per l'ultima volta.

***

"Ehi Lily!"

Lei si voltò, e vide il viso sorridente di James. Il ragazzo la raggiunse con pochi passi, e i due iniziarono a camminare in direzione del castello.

"Dov'eri?"

"Oh, sono andato con Peter a fare un giro nel parco. Sai, un giro speciale, l'ultimo qui a Hogwarts…" Il sorriso del ragazzo si trasformò in un ghigno da perfetto Malandrino.

"Mi sembra ancora strano che tu possa…è davvero incredibile!" Quando aveva saputo che il suo fidanzato era in grado di trasformarsi in cervo, la sua prima reazione era stata di sdegno. Era pur sempre un Animagus clandestino, e se qualcuno avesse scoperto che non era iscritto all'apposito registro avrebbe avuto svariati problemi. Ma alla fine si era rassegnata, considerato anche il motivo principale per cui lui e i suoi amici avevano deciso di imparare a trasformarsi. Remus era diventato in un certo senso il suo protetto, e l'aveva conosciuto meglio in quegli ultimi mesi. Parlare con quel ragazzo così tranquillo e intelligente le piaceva, e l'aveva aiutato ad affrontare le paure legate alla sua vita futura. Non tutti si sarebbero dimostrati generosi nei suoi confronti come Silente, e in quanto licantropo avrebbe faticato a trovare un impiego fisso e ben retribuito. Tuttavia Lily era riuscita a far tornare il sorriso sul suo volto, e ad infondergli la fiducia necessaria per affrontare quelle vicissitudini, promettendogli che gli sarebbe stata vicina ogni volta che ne avrebbe avuto bisogno.

"Oggi ogni studente del settimo anno sta facendo qualcosa per l'ultima volta…tu cosa farai?" Le chiese James, sedendosi su una delle panchine del cortile.

Lily si sedette sullo schienale di legno. "Io ho già fatto una cosa…ho dato l'addio ad un amico" I suoi occhi si oscurarono, e abbassò lo sguardo.

"Posso domandarti chi è?"

Lei scosse il capo. "Non ha importanza…ma so che mi mancherà"

James si sistemò sullo schienale a sua volta. "A me mancheranno molte cose di Hogwarts. L'ho sempre considerata come una casa, e adesso…"

"Adesso non te ne vorresti andare" Terminò la ragazza al suo posto.

Lui annuì. "Qui nel bene e nel male ero qualcuno…ma ora?"

Lily gli posò le mani sulle spalle. "Jamie, non sei uno stupido…anche se ti piace farlo" -James fece una smorfia contrariata, ma non la interruppe- "Sono sicura che diventerai qualcuno, come dici tu, anche là fuori" Il dito di lei si sollevò, ad indicare i cancelli di ferro battuto oltre ai quali si dipanava la strada per Hogsmeade.

Il ragazzo si avvicinò a lei, e la baciò lievemente. "Un giorno ti sposerò, Lily Evans" Le disse, serio.

Lei sgranò gli occhi, prima di scoppiare a ridere. "Penso che di te mi stuferò prima…come farei a sopportarti per tutta la vita?!"

James si passò una mano fra i capelli, piccato. "Grazie, davvero…"

"E dai, stavo scherzando…" -si scusò Lily, posando un braccio attorno alle sue spalle- "Chissà cosa ci ha riservato il destino. Magari ci sposeremo veramente, un giorno, oppure lasceremo Hogwarts e non ci vedremo mai più…"

"Già…chissà cosa ci aspetta" Si chiese James, mentre il sole iniziava a tingersi di arancione e ad abbassarsi, percorrendo il cielo estivo.

***

La biblioteca era silenziosa e immersa nella placida oscurità. Lui camminava lentamente, fra quegli alti scaffali che erano stati il suo rifugio per settimane, per mesi, per anni. Sette anni. Un periodo che gli pareva quasi infinito, eppure volato via. Malgrado le sofferenze e i problemi, malgrado tutte le volte che aveva desiderato fuggire, o scomparire fra quelle mura di pietra.

Severus afferrò un libro consunto, e lo sfogliò con calma, annusando quel profumo di antico e di carta ingiallita dal tempo. Avrebbe sentito la mancanza di quel luogo, in fondo. Avrebbe sentito la mancanza di quel piccolo mondo che gli permetteva di nascondersi dietro un alibi. Che gli permetteva di giustificare con l'insensibilità dei suoi abitanti la sua tendenza ad isolarsi, di legittimare le colpe che, nonostante tutto, aveva.

Non era stato capace di aprire il suo cuore, Severus Piton, aveva avuto paura.

Quella stessa paura che gli aveva fatto tremare le mani, qualche ora prima, mentre chiudeva il suo pesante baule.

*Cosa ne sarà di me?*

***

"Posso chiederti a cosa stai pensando?"

Remus Lupin si voltò di scatto, e sorrise quando vide Lily Evans, appoggiata alla parete, che lo osservava con un sorriso. "Vieni, avanti!"

La ragazza entrò nella stanza del dormitorio maschile del settimo anno, e si sedette accanto all'amico. "Ti ho disturbato?"

"Affatto…stavo solo pensando, come hai detto giustamente tu"

Lily gli prese una mano fra le sue. "Non sono pensieri molto positivi, o sbaglio?"

"Mi conosci troppo bene ormai, è inutile che cerchi di mentire. Non è nemmeno difficile indovinare che cosa mi preoccupi…"

Lei sospirò, stringendogli più forte la mano. "Ne abbiamo già parlato tante volte, Remus. Io ci sarò, lo sai"

Remus annuì, sorridendo. "Lo so…e ci saranno anche Jamie, Sirius e Peter. Ma non posso fare a meno di credere…insomma, sono pur sempre un lupo mannaro…chi mi assumerebbe?"

"Sono solo stupidi pregiudizi!" -esclamò Lily, alzando la voce- "Tu sei molto più intelligente e innocuo di tante altre persone normali, perché non dovrebbero darti fiducia?"

Il ragazzo ridacchiò. "Non cambiare mai, per favore. Sei positiva, e ti fidi degli altri…ma non tutti sono come te, purtroppo"

Lily sbuffò. "Perché questo mondo dev'essere così ingiusto?"

Lui scrollò le spalle. "Dobbiamo accettarlo per quello che è, purtroppo. E comunque ci sono tante cose belle anche su questo mondo…io ho trovato voi, per esempio"

Lily lo abbracciò. "Sei un amico, Remus"

"Anche tu lo sei…ma ora vai da Jamie, ti starà aspettando. È l'ultima sera qui a Hogwarts, è giusto che la passi insieme a lui"

Lei si alzò in piedi, esitante. "Perché non vieni in Sala Comune anche tu? Gli altri sono andati a rubare del cibo dalle cucine, ci sarà una festa…"

"E' meglio di no…vai, non ti preoccupare"

"Allora a domani mattina, Remus"

"A domani, Lily"

Remus rimase fermo, guardandola andare via, i capelli che ondeggiavano contro la sua schiena.

***

L'ampia terrazza circolare che si apriva all'esterno della Torre di Astronomia era deserta, ad eccezione di due persone distese sulle lastre di pietra chiara, disposte in modo da formare elaborate figure che ricordavano astri e costellazioni. Il cielo era attraversato da qualche nuvola scura, tinta dai riflessi d'argento della luna, spicchio di metallo lucente.

"Dimmi che mi posso esimere dal discorso che sto per iniziare, Black"

Sirius si voltò appena, e la sua guancia quasi sfiorò quella della cugina. I lunghi capelli di lei, disposti a raggiera intono al suo capo, le incorniciavano il viso pallido e la rendevano simile alla luna che splendeva sopra di loro. "Cosa vuoi dire?" Le domandò, corrugando la fronte.

Lei rise. "Ti prego, non fare finta di non sapere…renderesti tutto più patetico di quanto già non sia"

Il ragazzo si sollevò, appoggiando la testa sulla mano e puntellandosi con il gomito. "Parla chiaramente, Bella" La sua voce era calma, eppure suonava come un ordine.

Bellatrix incatenò lo sguardo alle poche stelle che abbellivano l'etere d'ebano. "La nostra storia, se così si può chiamare, finisce qui, Black, mi sembra ovvio" Disse, senza che nessuna emozione attraversasse le sue parole.

Sirius strinse la mano in un pugno rabbioso, e respirò a fondo. "Ti sembra ovvio?" Ripeté, sforzandosi di rimanere calmo.

Stava precipitando. Più a fondo di quanto avrebbe voluto. Troppo a fondo, dove il nero l'avrebbe inghiottito.

La ragazza si alzò, dirigendosi verso il parapetto di ferro lavorato e appoggiando la schiena ad esso. Il leggero vestito bianco che indossava era mosso dal debole vento, e la stoffa si increspava all'altezza delle sue ginocchia. "Ci siamo divertiti, devo ammetterlo. Fare l'amore con te era sempre un diversivo piacevole, molto piacevole in effetti. Ma ora…fine di Hogwarts, fine di noi due" Il suo sorriso era crudele, i suoi occhi brillavano di soddisfazione.

Lui si alzò a sua volta, senza scostare i capelli che gli coprivano in parte il volto. "E' stato solo questo per te? Tutti questi mesi…"

"Pensavi davvero che mi sarei potuta innamorare di te? Sono sempre stata chiara, era solo sesso"

Sirius si avvicinò ancora, e la schiaffeggiò.

Bellatrix abbassò il viso, massaggiandosi la guancia sinistra. "Mi hai fatto male…" Sibilò, con ira.

"Sei solo una puttana Bella!" -gridò lui- "Te l'ho già detto, e non mi stancherò di farlo! E io che pensavo che in fondo fossi diversa…che fossi onesta…"

"Onesta? L'onestà non porta da nessuna parte, dovresti saperlo" Ribatté l'altra, riprendendo il controllo di sé.

Gli occhi di Sirius l'avrebbero incenerita. "Pensavo…pensavo di essere diventato almeno vagamente importante per te…pensavo che…"

"Cosa? Pensavi che una volta fuori da questa scuola ci saremmo visti ancora? Che saremmo diventati una coppia?" -la voce di Bellatrix era fluida come veleno- "E' impossibile, Black. Tu stesso l'hai detto…cosa ne penserebbe la nostra, anzi, la mia famiglia?"

"Hai litigato con tua sorella per colpa mia! Sei venuta al ballo di Natale con me anche se sapevi che tutti avrebbero sparlato di noi per settimane! Ti isolavi con me! Possibile che fosse tutta una finzione?" Sirius sembrava parlare solo con se stesso, esternando quel senso di annientamento che lo stava soffocando.

Bellatrix gli cinse il collo con le braccia, costringendolo a guardarla. "Ecco cosa rende un Grifondoro infinitamente inferiore ad un Serpeverde…vi fate trascinare dagli eventi, la passione vi porta ad annullare voi stessi, per ogni cosa, anche la più futile…come questa"

Il ragazzo si divincolò da lei, spingendola contro la ringhiera. "Ti sei divertita, eh? Avevi il tuo giocattolo, e potevi usarlo quando più ti andava…"

"Non dovevi innamorarti di me, Black. Era la sola regola che avresti dovuto seguire"

"Io non mi sono innamorato di te!"

Lei posò le sue mani sui fianchi. "Allora non vedo perché te la prendi tanto"

Era finita. L'abisso si era chiuso sopra di lui.

Sirius indietreggiò, con passi malfermi, come se la vicinanza della cugina avesse potuto ferirlo ancora, più a fondo. "Chi c'è, adesso? Chi userai al posto mio, per soddisfare i tuoi stupidi capricci?"

"Rodolphus Lestrange" Rispose Bellatrix, con noncuranza.

Sirius rise, follemente. "Rodolphus Lestrange? Avrei dovuto immaginarlo…lui è la persona adatta per te. Ti idolatra, si getterebbe nel fuoco per te…potrai comandarlo, è questo che vuoi vero?"

Lei non ribatté.

"Rispondimi!" Gridò lui.

"Vattene Black" Disse solamente, in tono perentorio.

"Devi rispondermi…" Ripeté Sirius, sentendo le ginocchia cedere.

"Ti ho detto di andartene, non voglio più vederti!" I capelli di Bellatrix erano intrecciati dalla brezza di giugno.

Sirius indietreggiò ancora, fino a voltarsi e sparire, inghiottito dall'ombra.

***

"Presto arriverà il momento…"

"Lo so"

"Per favore, pensaci ancora…è una strada pericolosa"

"Ho già deciso, lo sai. Ti seguirò"

Lucius Malfoy sospirò, osservando la ragazza seduta di fronte a lui sul divano della Sala Comune, ormai deserta. Narcissa sembrava tranquilla, e risoluta. I suoi occhi celesti ospitavano il timore, ma da essi traspariva anche quell'ombra di ferrea volontà che l'aveva sempre contraddistinta. Da quando avevano deciso di ricostruire la loro storia, sei mesi prima, aveva scoperto quanto tenesse davvero a lei, e quanto desiderasse sposarla, proprio come volevano da tempo le loro famiglie. "Ti amo, Narcissa"

Lei abbassò lo sguardo. "Lucius, lo sai che…"

"Non voglio metterti fretta, non preoccuparti" La interruppe. Il desiderio di tornare a baciarla, ad abbracciarla, a fare l'amore con lei diveniva ogni giorno più intenso, e difficile da controllare. Ma era stato lui stesso a ferirla, e a causare quella situazione, ed era quanto mai deciso a rispettare le sue decisioni.

Narcissa gli sorrise. "Grazie, Lucius"

Lui sorrise a sua volta.

"Mi mancherà, questo posto...Questo posto senza di te, voglio dire"

Lucius annuì. "Anche a me…ho passato sette anni a disprezzarlo, e ora…Cerca di resistere, un anno passerà in fretta, come tutti gli altri"

"Le persone capiscono sempre di amare qualcosa o qualcuno quando stanno per perderlo" Narcissa scostò i capelli biondi dal volto, la voce venata di un'inevitabile traccia di risentimento.

"Ma a volte riescono ad accorgersene in tempo…" Rispose il ragazzo cogliendo l'allusione, e sedendosi accanto a lei.

Lei lo guardò, più serena. "Già"

"Come fai a non avere paura? Sembri così tranquilla…non ti spaventa il futuro?"

"Mi spaventa tantissimo, Lucius. Ma so che non sarò da sola…" Le sue iridi turchine erano fisse su di lui.

Lucius l'abbracciò istintivamente, posando una mano sul suo capo. "Sposiamoci al più presto, Narcissa…io voglio sposarti"

Narcissa si ritrasse appena. "Non bisogna avere fretta…quando sarà il momento ce ne accorgeremo" Disse, in tono serafico.

Lui le sorrise ancora una volta, pensando che all'improvviso il mondo reale non gli sembrava più così minaccioso.

*Ci sarai tu, con me*

***

Lo specchio profilato d'argento rifletteva il suo viso quasi perfetto, e i suoi occhi arrossati. La ragazza toccò il vetro con le dita: era freddo, e liscio. Amava osservare la sua immagine, vedere quel sorriso che le rispondeva beffardo, quello sguardo spavaldo, che nascondeva ogni altra emozione. Amava pensare che non sarebbe mai invecchiata, che avrebbe mantenuto quello splendore che le aveva permesso di arrivare ovunque, di spalancare qualunque porta. Il suo unico dono.

Bellatrix sistemò il colletto della camicia bianca a maniche corte che indossava, lisciando ossessivamente ogni piega del cotone. Si era già cambiata tre volte, quella sera, e non ne sapeva nemmeno il perché. La tensione correva sotto la sua pelle, come un filo elettrico. E quelle parole la seguivano, come un'ombra. Quel volto dall'espressione ferita eppure ancora fiera, quell'orgoglio indebolito eppure ancora tangibile nella sua forza.

*Sirius*

Era sicura di poter controllare la situazione, era sicura che nulla le sarebbe sfuggito di mano. Non aveva mai fallito…Eppure qualcosa si era incrinato, dentro di lei. Quando l'aveva cacciato, appena un'ora prima, si era sentita forte, invincibile. Ma lui se n'era andato, e lei aveva all'improvviso realizzato che quello era stato un addio. Non l'avrebbe più rivisto, per chissà quanto tempo. Forse per sempre. E senza che riuscisse a fermarle, quelle maledette lacrime avevano iniziato a scendere lungo le sue guance. Erano anni che non piangeva, Bellatrix Black, ed era stato proprio quel ragazzo, suo cugino, la metà che le era stata negata, a scatenare quell'urgano inarrestabile.

Le mancava. Quella verità era insopportabilmente dolorosa nella sua spaventosa semplicità.

Non si era resa conto che in quei mesi aveva iniziato a dipendere da Sirius, tanto quanto lui aveva iniziato a dipendere da lei. La tela del ragno aveva catturato anche lei, senza pietà.

*Cos'ho fatto?*

Bellatrix uscì dal bagno, e fissò il baule ancora vuoto, aperto sul suo letto. Vuoto, come la sua vita in quel momento. Un semplice contenitore, che sarebbe stato riempito da esperienze, ricordi, attimi. La ragazza aprì l'armadio che conteneva i suoi abiti, e con la bacchetta li piegò ordinatamente.

Il maglione bianco che indossava quando aveva fatto l'amore con suo cugino per la prima volta volteggiò nell'aria, per poi finire nel baule con gli altri indumenti. Lei sorrise, con espressione triste.

Quella storia era destinata a finire, non avrebbe avuto possibilità di continuare al di fuori del castello di Hogwarts. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. L'avrebbe dimenticata, chiusa in un cassetto come quella maglia di lana. Avrebbe dimenticato le sensazioni che provava quando gli toccava i capelli, oppure quando si divertiva a provocarlo. Avrebbe dimenticato Sirius Black, era obbligata a farlo.

Rodolphus, era Rodolphus che avrebbe sposato. Un matrimonio durevole, con un membro di una rispettabile famiglia di Purosangue, una famiglia che i suoi genitori avrebbero sicuramente approvato. Non un ribelle, un rinnegato. Un ragazzo °perbene°, che l'adorava e che l'avrebbe resa felice. Un ragazzo per il quale non provava nulla.

Bellatrix uscì dalla stanza, pensando che per la prima volta aveva agito contro il suo stesso interesse.

***

Il treno si era fermato da ormai cinque minuti lungo il binario nove e tre quarti, sferragliando. Molte mani di genitori sorridenti e di fratelli e sorelle minori si agitavano frenetiche per salutare, e molte voci si sovrapponevano l'una all'altra.

James si spettinò i capelli, sistemandosi meglio gli occhiali. "Siamo arrivati…" Disse, a bassa voce.

Remus si alzò, e prese il suo pesante baule. "Forza…non ha senso aspettare"

Sirius si alzò a sua volta, gli occhi che scrutavano la folla di studenti. Bellatrix era perfettamente visibile, dal finestrino graffiato. Ferma accanto a sua sorella, i capelli raccolti, stava salutando i genitori, impassibile come sempre. La madre e il padre la abbracciarono a turno, senza entusiasmo, e caricarono il suo baule sul carrello.

"E' finita, non è vero?"

Il sussurro appena udibile di James lo fece quasi sobbalzare. Il ragazzo si voltò verso l'amico, e lo fissò con espressione smarrita. "Ramoso…io…"

L'altro scosse il capo. "Non mi devi nessuna spiegazione, Sir. So che stai male, l'ho capito appena ti ho visto tornare in camera, ieri sera. Ma ti prego, cerca di reagire. Non ne vale la pena, lo sai…"

Sirius annuì. "Grazie, Jamie, davvero"

James gli diede una pacca amichevole sulla spalla, prima di tornare ad occuparsi del suo bagaglio.

"E' tutto così triste…" -Lily si tolse la cravatta rossa e oro della divisa, gettandola nella borsa- "Questa non serve più, ormai"

Remus sorrise ai suoi amici e a lei. "Avanti, cerchiamo di guardare il lato positivo! Niente più compiti, esami, punizioni…e tutta un'estate di vacanza!" Il tono con cui pronunciò quelle parole era allegro, ma i suoi occhi chiari lo smentivano.

"Rem ha ragione, non possiamo deprimerci così…la vita continua" James si tolse la cravatta a sua volta, prima di aprire la porta dello scompartimento.

Sirius, Remus, Peter e Lily osservarono quel gesto in silenzio.

"Vorrei rimanere qui…ma non è possibile. Tutto finisce…" La voce di Sirius era amara, malinconica. Troppe emozioni si stavano facendo strada nel suo animo. Bellatrix, la fine di Hogwarts, l'inizio dell'incertezza…

"Siete pronti?" -domandò James, cercando di risultare fiducioso- "Quando scenderemo da questo treno inizierà la vita vera"

Gli altri annuirono, gli occhi pieni di timore, ma anche di trepidazione.

"Allora andiamo"

Il ragazzo iniziò a percorrere il breve corridoio, velocemente.

***

"Allora ci vediamo presto, signor Lestrange. Signora Lestrange…"

Bellatrix scrutava le false espressioni di studiate cordialità di suo padre e sua madre, mentre parlavano con i genitori di Rodolphus. Fra le famiglie di purosangue nulla poteva rimanere nascosto. Probabilmente quei quattro adulti calcolatori sapevano già da almeno un paio di mesi che i loro figli avevano iniziato a frequentarsi, anche se solo come amici. Ma per loro quello era un dettaglio irrilevante. Il resto sarebbe venuto da sé, doveva venire da sé. Il matrimonio, i figli. Anche l'arruolamento nelle file dei combattenti di Voldemort, perché no.

"A presto, Bellatrix"

La ragazza si voltò, incontrando gli occhi venati di viola di Rodolphus, che le sorrideva soddisfatto. Lui aveva finalmente ottenuto ciò che voleva. Lei annuì, abbassando gli occhi.

Lui le sfiorò la mano con la sua. "Mi pareva di avertelo detto, Bella. Prima o poi avresti cambiato idea su di me…" La sua voce era gentile, ma allo stesso tempo intrisa di trionfo.

Bellatrix annuì ancora, pensando che Rodolphus aveva ragione. Aveva cambiato idea, e in fondo non importava se non l'aveva fatto di sua volontà.

***

Per uno strano gioco del destino, si ritrovarono tutti vicini, fuori dalla stazione di King's Cross. La pioggia, frutto di un temporale improvviso, scrosciava rumorosamente, inzuppando turisti e semplici viaggiatori che si riparavano sotto gli ombrelli colorati o gli impermeabili cerati.

Bellatrix Black, Narcissa Black, Lucius Malfoy, Rodolphus Lestrange, Remus Lupin, Sirius Black, Peter Minus, James Potter, Lily Evans, Severus Piton. Insieme ai rispettivi genitori, ad attendere che la pioggia si interrompesse. Insieme, stretti sotto quella tettoia arrugginita, con gli ingombranti bagagli. Grifondoro e Serpeverde, due universi distinti, che tuttavia si erano incrociati in quei mesi, e che si stavano di nuovo per separare. Caratteri differenti, differenti desideri, esistenze differenti. I loro sguardi che si incontravano, si abbassavano, si sfidavano in silenzio. I loro pensieri che fluivano, che in fondo erano uguali.

Forse si sarebbero ritrovati ancora, o forse mai più.

E quell'incertezza avvolse ognuno di loro, mentre un timido sole appariva fra le nuvole scure.

***

E anche questa volta ho finito!

Il capitolo 26 può essere considerato l'ultimo, dato che il prossimo sabato posterò l'epilogo…è strano essere ormai arrivata alla fine di questa fic! ^_^"

Ho fatto un salto nel tempo di sei mesi perché ormai gli avvenimenti importanti erano accaduti tutti e volevo parlare delle loro conseguenze "a lungo termine", se così si possono definire…e poi volevo descrivere con dei piccoli episodi i sentimenti dei personaggi che si trovano a lasciare definitivamente Hogwarts, che per quanto possano aver odiato li ha comunque ospitati per ben sette anni e ha fatto loro da casa… Penso che siano le stesse sensazioni che si provano quando si finisce la scuola media [anche se io ero ben contenta di andarmene a dire la verità! ^^"] o il liceo [in questo caso dovrò aspettare fino alla fine dell'anno prossimo se non ci saranno imprevisti, cosa che spero vivamente…perché io a 17 anni ho ancora un anno di scuola mentre i Malandrini hanno già finito??! Non è giusto! >.<…però so già che nonostante tutte le lamentele questo maledetto classico un po' mi mancherà!]

Bene, spero che questo capitolo vi sia piaciuto…nel prossimo vi ringrazierò tutti per il vostro sostegno e per le vostre recensioni, ve lo devo! Mi piacerebbe molto che tutti quelli che hanno letto questa fic mi lascino poi un commento finale, che mi dicano cosa è loro piaciuto e cosa no, e come potrei migliorare…ci terrei davvero tantissimo!

Ora vi saluto…al prossimo sabato!

*Kiss*

~Flea~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Epilogo ***


?1 agosto 1975
  •         Capitolo 27 / Epilogo

 

˙1 agosto 1975.

 

Il cielo era terso, limpido, e l'aria calda arrossava i loro visi di adolescenti. Adolescenti cresciuti in fretta, durante quei pochi giorni. Era passato poco più di un mese, dalla fine della scuola, ed ancor meno da quando avevano ricevuto i risultati dei loro M.A.G.O. Eppure i loro occhi parevano occhi d'adulto. Occhi che nascondevano il timore, ed ostentavano una maschera di sicurezza ed intrepido interesse nei confronti di quella via che stavano per intraprendere. Una via senza ritorno, come Lui stesso l'aveva definita.

Lucius lasciò che il suo sguardo si soffermasse su ognuno dei ragazzi e delle ragazze che erano insieme a lui. Erano una ventina in tutto, giovani promesse del lato oscuro del mondo magico. Un mondo in pericolo, sospeso su un filo di seta. Un mondo dove la purezza di sangue era sempre meno importante, meno frequente.

E poi c'erano loro. Erano stati suoi compagni di Casa, a Hogwarts, e lo sarebbero stati ancora, per un'altra avventura.

Rodolphus era fermo accanto alla sua promessa sposa, e la osservava di sottecchi. Sembrava adorarla, venerarla come la statua di una divinità greca. Lucius sapeva che quel ragazzo dall'aria smarrita si trovava lì solo per volere di lei, solo per poterle stare accanto, per respirare il suo profumo e cogliere i bagliori della sua chioma corvina. Il magnetismo sarebbe stata un'arma pericolosa, nelle mani di Bellatrix Black.

Lei era a sua volta ferma, gli occhi di zaffiro fissi insistentemente sulle mani bianche del loro futuro Padrone, che sfioravano con apparente distrazione le pieghe della veste di tessuto leggero. La devozione l'avrebbe portata alla rovina, riusciva a leggerlo nei lampi febbrili di quello sguardo.

Severus era appoggiato al tronco di un vecchio melo, il viso basso, le ciocche di capelli scuri che gli coprivano le guance scavate. Forse era dimagrito ancora, in quelle poche settimane, e la sua figura si ergeva esile, quasi trasparente, vestita come sempre da semplici abiti babbani neri. Lucius riusciva a percepire con chiarezza il suo stato d'animo, in quel momento. Il dubbio lo stava lacerando. Quel ragazzo era immobile, ma la sua anima stava fuggendo via. Verso chi l'aveva portato a compiere quella scelta estrema.

E poi c'era lei. Narcissa era accanto a lui, e gli stringeva la mano. Il giorno prima aveva compiuto diciassette anni, e non gli era mai sembrata così piccola. La guardò, e lei gli sorrise appena. La tensione che attraversava il suo corpo minuto si propagava in lui attraverso quel debole contatto, e gli faceva tremare impercettibilmente le dita. Lucius si morse il labbro inferiore, mentre quel pensiero tornava a torturarlo. Non avrebbe dovuto permetterle di seguirlo. Narcissa non aveva ancora finito la scuola. Lei era così…pura

"Non devi preoccuparti per me, Lucius" La voce di lei, ferma e cristallina, lo colse di sorpresa. Aveva sempre avuto la capacità di interpretare ogni suo gesto, ogni ombra nei suoi occhi di ghiaccio. Come se riuscisse a leggergli nella mente.

Il ragazzo avrebbe voluto risponderle, ma quella voce bassa e roca gli gelò il sangue nelle vene. Il chiacchiericcio nervoso dei ragazzi e delle ragazze si interruppe all'istante, e il piccolo cortile antistante quella villa abbandonata fu avvolto dal silenzio.

Lord Voldemort si alzò in piedi, spingendo all'indietro la poltrona di pelle che aveva trasportato all'esterno, e dove era rimasto seduto fino a quel momento. Il serpente che aveva tenuto in grembo strisciò ai suoi piedi, per poi dirigersi verso la casa, le squame che brillavano di riflessi dorati alla luce del sole. Il mago si riavviò i capelli, con un gesto meccanico. Fino a pochi istanti prima i suoi occhi erano annebbiati, persi in pensieri sconosciuti, ma ora quello sguardo rivelava tutta la sua forza d'animo, e la sua pericolosità.

Voldemort sorrise, e spalancò le braccia in un gesto di benvenuto.

 

***

˙2 agosto 1975

 

"Ti prego, sei ancora in tempo per tornare indietro"

La stanza era fresca, le spesse tende bianche che mitigavano la forte luce del primo pomeriggio e che trattenevano in parte il caldo. Lucius si voltò, dando le spalle alla finestra. Narcissa era seduta sul divano color crema del salone principale del Malfoy Manor, un leggero vestito azzurro che si intonava al colore dei suoi occhi e i capelli, raccolti in una coda, che le scivolavano su una spalla scoperta.

La ragazza si alzò, e si avvicinò a lui, alzando il braccio e mostrandogli il polso. "Lo vedi il mio polso?"

Lui annuì.

"Tre giorni fa su questo polso è comparso il Marchio Nero, l'hai visto anche tu"

Lucius annuì ancora. "Lo so, ma tu non hai ancora finito la scuola…hai solo diciassette anni!"

"Cambierebbe qualcosa se ne avessi quasi diciotto come te? Io ho scelto la tua stessa strada, non riuscirai a farmi cambiare idea" Le parole di Narcissa erano calme, ma risolute.

"E…se ti accorgessi ti aver commesso un errore?" Gli occhi celesti di lui non riuscivano a nascondere la preoccupazione che stava provando.

"Non si può tornare indietro, Lucius. Ho pensato a lungo, prima di accettare. Fidati di me, ti prego…"

Il ragazzo le sorrise a fatica, prima di baciarla sulla guancia.

*Ho paura per te, Narcissa, perché non lo capisci?*

 

***

˙10 febbraio 1977.

 

Quando aprì la porta, un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto. Quella stanza circolare era rimasta identica a come la ricordava, con gli scaffali colmi di strumenti bizzarri e di volumi rilegati in pelle colorata. In un angolo, un magnifico uccello dalle piume scarlatte e dorate era appoggiato ad un grande trespolo, il becco leggermente schiuso simile ad un sorriso pacifico. James era stato tante volte in presidenza, durante la sua permanenza ad Hogwarts. Poter tornare in quella scuola era stato così piacevole per lui che per una decina di minuti la curiosità per quella convocazione era sparita, lasciando il posto ad una nostalgica sensazione di entusiasmo. Dietro di lui, anche Sirius e Remus stavano parlando a mezza voce, rievocando alcune fra le imprese più memorabili dei Malandrini, in preda ad un forte attacco di malinconia.

"Mi chiedo perché Silente ci abbia voluto vedere…" Lily Evans si sedette su una delle poltroncine imbottite di velluto oltremare, accavallando le gambe. James scrollò le spalle in sua direzione, curioso quanto lei. Erano fidanzati da più di due anni, ed ormai l'idea del matrimonio non pareva più così azzardata a nessuno dei due.

"…E io mi chiedo anche perché ci abbia voluto vedere in presidenza, dove lui non c'è!" Sirius si lasciò cadere a peso morto sulla sedia accanto a quella della ragazza, sorridendo ironicamente e affondando le mani nelle tasche dei jeans larghi che portava.

"Un'ottima domanda, signor Black. Vedo che ha mantenuto intatto tutto il suo acume…"

Tutti loro si voltarono di scatto. Albus Silente era in piedi accanto alla porta, la pesante veste color prugna decorata d'argento che sfiorava il pavimento di legno chiaro. I suoi occhi azzurri scintillavano divertiti, dietro le lenti a mezzaluna degli occhiali, e le dita affusolate giocherellavano con una ciocca della lunga barba bianca. L'uomo fece qualche passo, e si accomodò dietro la scrivania, appoggiando le mani sul piano di mogano lucido. "Scusate se vi ho fatto attendere, ma la professoressa McGrannitt mi desiderava con urgenza al terzo piano. C'è stata una piccola…come dire, discussione fra un gruppetto di Grifondoro ed un Serpeverde…chissà perché questa situazione mi ricorda qualcosa, o meglio ancora qualcuno"

Remus, Sirius e James risero all'unisono, sotto lo sguardo bonario del preside.

"Bene, suppongo che vogliate sapere il motivo per cui vi ho convocati qui con una certa urgenza" Disse Silente.

"In effetti sì. Di cosa si tratta, esattamente?" Domandò Remus, afferrando un cioccolatino dal vassoio che il preside aveva fatto apparire in quel momento.

"Perché ha voluto vederci in gran segreto?" Chiese Sirius, servendosi del caffè.

L'uomo rimase per qualche istante in silenzio, come per radunare le idee. "Come saprete, in questi due anni Voldemort e i suoi sostenitori sono diventati sempre più forti e pericolosi. Presto inizierà una vera e propria guerra, e solo le più alte cariche del Ministero della Magia si ostinano ancora a fingere che tutto sia come prima. Ma noi non possiamo rimanere a guardare. Dobbiamo prepararci a contrastarli, o verremo inesorabilmente sconfitti…"

"Ma cosa possiamo fare? L'ha detto lei stesso, il Ministero finge che l'armata di Voldemort non esista…non radunerà mai un esercito in grado di opporsi ai Mangiamorte!" Intervenne James.

"E' proprio questo il punto. Abbiamo bisogno degli elementi migliori, e vogliamo reclutarne il più possibile. Vi avrei convocati già due anni fa, alla fine degli esami, ma eravate ancora troppo giovani. Ora però non posso più attendere. A scuola eravate i migliori in Incantesimi e in Difesa Contro le Arti Oscure, e vi siete distinti per la vostra intelligenza. Ho pensato subito a voi, sapendo che, nonostante alcune impressioni sbagliate che avreste potuto suscitare, eravate ragazzi con la testa sulle spalle. Senza contare che due di voi, James e Sirius, stanno frequentando il corso d'addestramento per diventare Auror" -Silente si interruppe per una manciata di secondi, fissando gli occhi cerulei su quei ragazzi appena diciannovenni- "Vi voglio proporre di unirvi a noi, per combattere Voldemort"

Un silenzio carico di sorpresa accolse quelle parole.

"Mi scusi, professor Silente…unirci a…voi?" Disse Sirius, perplesso.

Il preside increspò le labbra in un sorriso appena visibile. "Ha mai sentito parlare dell'Ordine della Fenice, signor Black?"

 

***

˙11 febbraio 1977.

 

"Non so se dovresti accettare"

Lily si voltò, e i capelli sciolti seguirono i suoi movimenti. La ragazza si accigliò, e si diresse verso il ragazzo, seduto su una poltrona blu. "James, ne abbiamo già parlato. Io voglio combattere, come te, Sirius e Remus…"

"Lily è pericoloso! Rischieresti di morire tutti i giorni…"

Lei si sedette sul bracciolo della poltrona. "Io voglio sentirmi utile! Non riesco a rimanere qui…sapendo che gli altri stanno agendo per combattere quel bastardo!"

James si tolse gli occhiali con un gesto meccanico. "Ma anche diventando Medimago potresti essere utile…E' per questo che stai studiando da quando hai finito Hogwarts! Volevi lavorare al San Mungo, l'hai già dimenticato?"

Lily scosse il capo. "Non l'ho dimenticato, Jamie. Continuerò il mio tirocinio in ospedale, e diventerò una Guaritrice. Ma non mi puoi impedire di unirmi all'Ordine…io voglio oppormi ai Mangiamorte, lo devo fare per garantirmi un futuro…per garantirci un futuro"

Il ragazzo si sporse in avanti, per baciarla. "D'accordo. Ma promettimi che starai attenta…giuramelo"

Lei annuì. "Te lo giuro"

James la guardò alzarsi, e uscire dal salotto della piccola villa che avevano affittato, e in cui vivevano insieme da un paio di settimane.

*Ho paura per te, Lily, perché non lo capisci?*

 

***

˙7 novembre 1979.

 

La piccola stanza della Testa di Porco era umida, un letto sfatto e una scrivania tarlata come unici elementi d'arredo. Le tende grigie e logore erano tirate, e un forte odore di incenso impregnava l'aria, rendendola pressoché irrespirabile.

"Signorina Cooman, le devo confessare che la sua…persona non mi sembra sia adatta per ricoprire il ruolo di insegnante di Divinazione…sono sicuro che troverà un'occupazione più consona alle sue…capacità. Ora se mi vuole scusare…il proprietario di questo delizioso pub mi aspetta per il mio solito bicchierino di Sherry! Buonasera…"

Albus Silente aveva già aperto la porta cigolante, quando una voce aspra, rauca, lo fece voltare. Sibilla Cooman, avvolta in numerosi scialli colorati, si era alzata in piedi, facendo tintinnare i numerosi bracciali d'argento che portava ai polsi. I suoi occhi sembravano enormi dietro le spesse lenti degli occhiali, ed erano vitrei, opachi.

"Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore…nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese…l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto…e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive…il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese…"

Il preside di Hogwarts ascoltò quelle parole in silenzio, e quando la donna tornò in sé si smaterializzò all'istante, un'espressione terribilmente preoccupata dipinta in volto.

 

***

˙20 gennaio 1980.

 

Rodolphus Lestrange scostò leggermente il cappuccio dal volto, e guardò gli altri Mangiamorte, radunati in cerchio in attesa del loro Signore. Presto avrebbero potuto conoscere il nuovo servo. La pedina che li avrebbe portati al trionfo, come Lui stesso l'aveva definito. Erano trascorsi più di due mesi da quando erano venuti a conoscenza della profezia, e Lord Voldemort aveva indagato senza sosta, per sapere. Rodolphus a volte aveva creduto di vedere la paura nei Suoi occhi magnetici, ma era consapevole di essersi sbagliato. L'Oscuro Signore non conosceva la paura…

Il ragazzo voltò appena il viso verso destra, fino ad incontrare gli occhi color zaffiro di sua moglie. Si erano sposati solo due giorni prima, e lei gli era sembrata bella come mai prima, avvolta nel suo semplice vestito di raso bianco e i con i capelli intrecciati con boccioli di rosa, mentre si avvicinava a lui accompagnata dal padre.

Rodolphus osservò due note figure, un ragazzo ed una ragazza, che di fronte a lui stavano l'uno a fianco dell'altra, stringendosi la mano. Forse Bellatrix avrebbe imparato ad amarlo come sua sorella Narcissa amava Lucius…

Pochi minuti dopo, il mormorio sommesso si interruppe, all'apparire al centro della stanza di Voldemort, avvolto in un mantello purpureo. Tutti i Mangiamorte si inchinarono al suo cospetto, in un frusciare di stoffe di lana pesante.

"Alzatevi, miei servi!" -disse l'uomo, in tono di trionfo- "Il momento è giunto…Oggi si unisce a noi colui che ci permetterà di arrivare a loro! Un traditore, che dev'essere ben accolto nella nostra Cerchia!" Il mago sorrideva. Un sorriso febbrile, folle.

I suoi seguaci obbedirono, e si sollevarono. Voldemort rise a bassa voce, prima di fare un cenno con il braccio, la manica della veste nera che rivelò la sua mano quasi esangue. Una figura coperta da un mantello scuro si mosse, tremando visibilmente, da un angolo buio in cui era rimasta immobile fino a quel momento, e si avvicinò al suo nuovo padrone.

"Ecco il vostro nuovo compagno, un nuovo Mangiamorte!" -dopo aver pronunciato quelle parole, Voldemort abbassò il cappuccio dell'uomo, e rise più forte- "Saluta la tua nuova famiglia, Codaliscia"

Rodolphus sgranò gli occhi, e intravide la stessa espressione di sorpresa dipingersi sui visi di Bellatrix, Severus, Lucius e Narcissa. L'uomo in realtà era poco più di un ragazzino, piuttosto basso e dalla corporatura tozza, con occhietti acquosi terrorizzati e corti capelli color sabbia.

Peter Minus stava per diventare un Mangiamorte come loro. Peter Minus, che aveva sempre adorato James Potter, lo stava per condurre alla rovina.

 

***

˙31 luglio 1980.

 

Sirius sbuffò sonoramente, seduto su una scomoda poltroncina di plastica arancione.

"Vuoi smetterla di sbuffare Felpato? Tanto non risolverai nulla…" Remus, in piedi accanto a lui, gli lanciò uno sguardo quasi compassionevole. Erano le dieci di sera passate, ma, nonostante l'ora, il caldo in quel corridoio del San Mungo era soffocante.

"Come faccio a non sbuffare?!" -esclamò l'altro, esasperato- "Siamo qui da oggi pomeriggio, voglio sapere quanto ci andrà ancora!"

Remus alzò gli occhi al cielo. "E' un parto, nel caso te ne fossi dimenticato. Nessuno sa quanto durerà con precisione…"

Sirius aprì la bocca per ribattere, ma si interruppe alla vista di James, che si stava velocemente dirigendo verso di loro. Stava sorridendo, e nonostante l'aria stanca sembrava raggiante.

"Ramoso! Come sta Lily?" Gli domandò Remus, andandogli incontro.

"Sta bene" -disse, trattenendo a stento l'entusiasmo- "E anche il bambino sta bene…mio figlio…"

"Allora è un maschio! Lo sapevo io!" Gridò Sirius, entusiasta, abbracciando l'amico.

"Sì, Felpato, è un maschio…proprio come volevi tu" -rispose James, ridendo- "Ora sarai libero di trasformarlo nel Malandrino del futuro…Lily permettendo, ovvio"

"E…come si chiama?" Chiese Remus, che come i suoi amici continuava a sorridere.

"Harry" -James si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli- "Harry James Potter"

*Benvenuto, Harry*

 

***

˙23 ottobre 1981.

 

"Fra pochi giorni il mio nemico morirà, e il mio potere non subirà più alcuna minaccia…Finalmente potrò dominare l'Inghilterra, e liberarla da tutti i sudici Mezzosangue che la infestano" Voldemort sorrise al fuoco che brillava nel grande camino di fronte a lui, mentre Nagini, il suo serpente, strisciava ai suoi piedi e si acciambellava accanto ad essi.

Severus e Lucius si inchinarono, anche se il mago, seduto su una poltrona di pelle, dava loro le spalle e non li poteva vedere.

"Allora…sa chi è, mio Padrone?" Si arrischiò a domandare Lucius, un piccolo sorriso di trionfo sulle labbra.

"Non dovresti chiedere al tuo Padrone dettagli così importanti, Malfoy…ma oggi è una giornata speciale, e ti accontenterò. Dopotutto, tu e Piton vi siete dimostrati servi fedeli, in questi sei anni…" -Voldemort fece ruotare la poltrona con la bacchetta, e li osservò con i suoi occhi penetranti- "Ucciderò il piccolo Harry Potter e i suoi genitori, prima che quel marmocchio possa diventare un pericolo troppo grande per me"

I due giovani annuirono, inchinandosi ancora.

"Ma…è sicuro che il bambino dei Paciock non possa essere…"

"Lui è un Purosangue, Malfoy. La profezia è stata chiara, anche se purtroppo la nostra spia non è riuscita ad ascoltarla interamente…L'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale. E' Harry Potter ad essere mio eguale, lui che è un Mezzosangue…un Mezzosangue come lo sono io" -Lucius rabbrividì, notando l'espressione di disgusto e rabbia che si era dipinta sul suo volto- "Ho concesso a lui e ai suoi stupidi genitori un anno di vita, un regalo piuttosto generoso da parte mia…ma adesso è il momento di agire. Non posso aspettare oltre. E ora andate, voglio rimanere solo"

I due Mangiamorte obbedirono, lasciando all'istante la stanza. Severus si morse il labbro inferiore, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.

 

***

˙23 ottobre 1981.

 

"Professore, le devo parlare"

Albus Silente sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo, e posò gli occhi sulle lingue di fuoco che crepitavano nel camino della Sala Professori. La pendola nell'angolo batté la mezzanotte. Il viso pallido di Severus Piton sembrava molto teso. "Severus…è successo qualcosa?"

Lui fece un cenno di assenso con il capo, prima di proseguire. Il suo tono di voce era agitato, urgente. "James Potter e Lily Evans si devono nascondere al più presto, signore"

 

***

˙24 ottobre 1981.

 

La villetta era circondata da un piccolo giardino, dove l'erba bruciata dal freddo era coperta da un sottile velo di ghiaccio. Era presto, e l'aria gelida del mattino gli arrossava le guance. Quando posò il dito sul pulsante bianco, il suono allegro di un campanello si diffuse con chiarezza. Dopo cinque minuti, la porta di casa Potter si aprì.

"Severus!" La voce della giovane donna era sorpresa, ed ancora impastata di sonno.

Lui le sorrise timidamente. Non la vedeva da anni, e se possibile Lily era diventata ai suoi occhi ancora più bella. Indossava un pigiama bianco, e i capelli rossi le scendevano spettinati sulle spalle. Il suo sguardo di smeraldo era sempre più intenso, e nemmeno i leggeri segni scuri delle palpebre riuscivano a rovinarlo. "Lily ti prego, stai attenta"

Lei corrugò la fronte, perplessa. "Severus, non capisco…non ti vedo da sei anni, ti presenti qui alle sette del mattino e mi dici di stare attenta…cos'è successo?"

Severus le posò le mani sulle spalle. "Non posso rimanere, ma ti prego, stai attenta" Non era riuscito a non venire ad avvertirla. Sapeva che sarebbe stato inutile, sapeva che l'ira di Lord Voldemort si sarebbe abbattuta su di lei e sulla sua famiglia come un'onda inarrestabile. Ma doveva vederla ancora. Probabilmente per l'ultima volta. Vedere la persona di cui, suo malgrado, stava provocando la morte…

"Aspetta, dimmi…"

Ma Lily non riuscì a finire la frase. Severus Piton era già scomparso, smaterializzandosi.

 

***

˙24 ottobre 1981.

 

"Eseguirò l'Incanto Fidelius, con questo incantesimo sarete al sicuro"

James e Lily erano seduti nel loro salotto, con aria estremamente greve. In braccio a James, Harry emetteva gridolini felici. Sirius, Remus e Peter erano in piedi dietro al divano, tutti a braccia conserte.

"Sirius, James, Lily…siete pronti?" L'anziano preside si rimboccò le maniche della preziosa veste blu, e afferrò la bacchetta che aveva posato su un basso tavolino di cristallo.

I tre si alzarono in piedi, e si avvicinarono al mago.

"Vi ricordo che finché il vostro custode segreto si rifiuterà di parlare, Voldemort non potrà trovarvi, per nessun motivo" -il rumore della pioggia che scrosciava oltre le finestre si intensificò- "Sirius, avvicinati ancora e dammi le tue mani"

Sirius fece qualche passo in avanti, e appoggiò i palmi delle sue mani su quelli di Silente. Quest'ultimo sollevò la bacchetta, e iniziò a ruotare il braccio.

"Un momento"

La voce del ragazzo sembrò amplificarsi, nel silenzio assoluto. Remus sollevò un sopracciglio, e Peter si lasciò cadere sul divano. Era molto pallido, e tremava lievemente.

"E' meglio che sia Peter a prendere il mio posto" Sirius si passò una mano fra i capelli corvini, gli occhi chiari colmi di preoccupazione.

"Sir, cosa stai dicendo?" Gli domandò James, avvicinandosi a lui. Harry, nel suo box, continuava a pronunciare parole senza senso, intervallate da un paio di "Mamma".

Silente, nel frattempo, si era diretto verso la porta che separava il salotto dalla cucina, ed era uscito con discrezione, per permettere ai suoi ex alunni di discorrere fra loro in tutta calma.

"Non lo sto facendo per paura, Jamie. Lo sai che preferirei morire, piuttosto che dire a Voldemort dove vi trovate. Ma Codaliscia è meno esposto. I Mangiamorte penseranno subito a me, quando dovranno torturare qualcuno per farsi dire dove siete nascosti…non voglio rischiare. Basta qualche goccia di Veritaserum e…non voglio nemmeno pensarci" -lo sguardo di Sirius si oscurò all'improvviso- Nominare lui come custode è più sicuro, credimi. A Peter ne avevo già parlato, sapevo che Silente avrebbe tentato questa via…solo un grande mago come lui è in grado di eseguire l'Incanto Fidelius in modo perfetto. E Peter ha accettato"

"Sirius, ma…avevamo già deciso che saresti stato tu" Obiettò Lily, mordendosi il labbro.

"Ti prego, Lily, fidati. Lo sto facendo per il vostro bene…lo stiamo facendo per il vostro bene"

La ragazza e suo marito si guardarono negli occhi per qualche istante.

"D'accordo" Disse infine James, con un sorriso tirato.

"Grazie Peter…" Aggiunse Lily, scoccandogli un'occhiata riconoscente.

Lui si limitò a scrollare le spalle. Remus aprì la porta, per permettere al preside di ritornare fra loro.

"Possiamo iniziare?" Domandò il mago, che era stato informato del cambio di custode. 

I coniugi Potter annuirono, e Peter si avvicinò a loro. Nessuno si era accorto del sospiro di sollievo tirato dal ragazzo dagli occhi acquosi.

Silente iniziò a pronunciare una complessa formula magica in latino, chiudendo gli occhi e concentrandosi. Tuttavia, non riuscì a scacciare quella sensazione di inquietudine che gli attanagliava lo stomaco.

 

***

˙25 ottobre 1981.

 

"Allora Codaliscia? Parla, sono stanco dei tuoi farfugliamenti!" La voce impetuosa di Lord Voldemort risuonò nell'ampia stanza colma di Mangiamorte in silenzio quasi religioso.

Peter Minus sollevò appena lo sguardo, e si ritrasse di qualche passo, smettendo di baciare letteralmente la veste del suo Signore. "Oscuro …"

"Mi sto innervosendo Codaliscia! Sei riuscito a farti nominare custode segreto dei Potter? Dimmelo!" Gridò il mago, battendo il pugno sul bracciolo di legno intarsiato del suo vero e proprio trono.

L'altro gli sorrise con timore. "Sì…sì mio Padrone…"

"Ci sei riuscito davvero?" Domandò Voldemort, alzandosi in piedi.

"Davvero, sì…" Squittì Peter.

"Bravo, Minus, bravo!" -esclamò Voldemort, in tono febbrile- "Devo confessarti che non avevo molta fiducia in te…convincere del tutto Black a rinunciare alla sua nomina è stata una mossa non facile, lo ammetto!"

"Grazie…grazie Signore!"

Voldemort rise follemente. "Ancora una settimana…sette giorni, e poi la mia bacchetta ucciderà quel piccolo, sporco Mezzosangue. Sarà una sera di Halloween indimenticabile, per il povero Harry Potter"

Un mormorio di felicità si sollevò fra i Mangiamorte, mentre il mago tornava a sedersi, con un'espressione a dir poco soddisfatta in viso.

Solo Severus Piton non riusciva a gioire per quella notizia.

 

***

˙30 ottobre 1981.

 

Lucius Malfoy e Rodolphus Lestrange risero sommessamente, le bocche nascoste dal cristallo decorato dei loro bicchieri colmi di vino.

"Si può sapere perché continuate a ridere?" Domandò Bellatrix, seccata, lisciando le pieghe del suo vestito nero.

Il pianoforte del salone del Malfoy Manor, incantato, suonava una melodia raffinata, mentre gli elfi domestici servivano il dessert.

"Bella ha ragione, Lucius. Non è molto educato ridere per cose che noi non conosciamo…" Osservò Narcissa, appoggiando allo schienale della sedia il suo scialle grigio fumo di lana leggera.

Suo marito guardò l'amico, seduto accanto a lui. Avevano organizzato quella cena per festeggiare, anche se le loro consorti non lo sapevano. "Cosa ne pensi, Rod? Potremmo anche dirlo…in fondo non sarà più un segreto, fra poco più di un giorno"

Le due sorelle Black sollevarono entrambe un sopracciglio.

Rodolphus corrugò la fronte, posando la forchetta d'argento. "Non so se è una buona idea, Lucius. L'Oscuro l'ha confidato solo a noi due…siamo i suoi servi più fedeli, non dovremmo"

L'altro scrollò le spalle. "Andiamo, non essere così fiscale…dopotutto noi ci fidiamo ciecamente delle nostre adorate mogli, giusto?"

"Ha ragione, Rod. Tu ti fidi ciecamente di me, non è forse vero?" Chiese Bellatrix, fissandolo con gli occhi bistrati di nero.

Lucius sorrise impercettibilmente. Proprio quello che aveva sperato…Rodolphus non avrebbe osato fare un torto a quella ragazza. Lei era la sua droga, e non poteva fare a meno di viziarla in ogni modo.

"Va bene…ma deve rimanere fra queste mura" Capitolò infine Rodolphus, abbassando lo sguardo screziato di viola.

"Parlate…siamo molto curiose" Li pregò Narcissa, portando alla bocca un pezzo di torta.

"Oh…non c'è molto da dire, in effetti" -spiegò Lucius, divertendosi a fare il misterioso- "Ma quello che c'è è, come dire…divertente"

"Divertente?" Ripeté Bellatrix, muovendo la sua forchetta sul piatto e creando scarabocchi irregolari con la salsa al cioccolato bianco.

"Dovete sapere che Lord Voldemort ha preparato una sorpresa molto speciale…per coronare la sua vittoria"

"Una sorpresa? Continuo a non capire" Disse Narcissa.

"Vedete…l'Oscuro ha progettato tutto in ogni dettaglio. E c'era un problema…un problema di nome Sirius Black"

Le due sorelle sgranarono gli occhi.

"Già, proprio il vostro amato cugino…" Proseguì Lucius, con un sorriso maligno.

"Lui si accorgerà subito del tradimento di Minus…nonostante le apparenze non è mai stato uno stupido" -Rodolphus iniziò a sorseggiare il caffè che un elfo gli aveva portato- "E l'esigenza di sbarazzarsi di lui sarà fondamentale, prima che uccida Codaliscia"

"Lo…lo farà uccidere?" Domandò Bellatrix. La sua mano tremava appena, reggendo il cucchiaino.

Lucius rise. "Bella, Bella…pensavo che lo conoscessi ormai! Lui non si può accontentare della sua morte…vuole che la sua vittoria sia il più possibile dolce, piacevole. Ed è per questo che farà in modo che il caro Sirius sia incastrato, e che trascorra il resto della sua vita a marcire in una cella di Azkaban"

La tazzina cadde dalle mani della ragazza, infrangendosi a terra. Subito un elfo si avvicinò per riparare al danno.

"Ti prego di fare più attenzione, cara…le porcellane della mia famiglia sono molto care a mia madre" Commentò Lucius, sardonico.

Narcissa osservò di sottecchi sua sorella. Era pallida, nonostante la sua pelle fosse abitualmente candida, e gli occhi color zaffiro sembravano smarriti, vitrei. Non l'aveva mai dimenticato, nonostante tutto. Ne era sicura. Aveva sempre dichiarato di odiarlo, e poteva anche essere vero, ma Narcissa sapeva che sua sorella non desiderava quella sorte per il cugino.

"Raccontami tutto, Lucius" Esclamò Bellatrix, e quella richiesta assomigliava pericolosamente ad un ordine.

 

***

˙30 ottobre 1981.

 

La camera era immersa nell'oscurità, quando lei vi si materializzò. Subito, un piccolo sorriso le increspò le labbra. Erano trascorsi ormai sei anni, da quando l'aveva visto. Da quando lei gli aveva sbattuto in faccia la fine della loro °storia°, sulla Torre di Astronomia. Sei anni, da quando, suo malgrado, aveva pianto per lui.

Bellatrix si avvicinò al letto. Sirius stava dormendo, prono, la pelle chiara della schiena che quasi riluceva, e i capelli corvini, come sempre più lunghi della norma, che gli sfioravano le spalle. Quando gli toccò la guancia, lui sobbalzò.

"Bella!" Gridò poi, alzandosi a sedere.

Lei si inginocchiò sul letto, mettendogli una mano sulle labbra. "Non urlare, Sirius"

"Cosa vuoi?" Le domandò lui. La sua voce era dura, ma il giovane avrebbe voluto sorridere. Sua cugina era sempre bellissima, forse ancora di più. Ogni traccia della ragazzina che era stata a scuola era scomparsa, lasciando il posto ad una donna. Una giovane, stupenda donna. Aveva pensato molto a lei, in quegli anni, anche se con il tempo aveva imparato a dimenticarla. Le vecchie ferite si erano rimarginate, anche se avrebbero potuto riaprirsi. Da un momento all'altro. Sapeva che si era sposata con Rodolphus Lestrange, e che era un'abile Mangiamorte, ma…per il resto, Bellatrix Black era rimasta un mistero ai suoi occhi. Gli sembrava sempre di non conoscerla, a Hogwarts, e in quel momento la stessa sensazione stava prendendo possesso di lui.

Lei non parlò, e lo spinse all'indietro, sul letto. Poi iniziò a baciarlo, con violenza. Come aveva sempre fatto.

"Sei impazzita, Bella?" Le domandò lui, con voce roca.

"Ti prego Sirius…" -sussurrò Bellatrix, affondando le mani fra i suoi capelli- "Fai l'amore con me, per l'ultima volta"

E di nuovo quella sorta di demone incontrollabile si impadronì di lui. Fu un attimo, e già l'aveva spogliata, e la stava sovrastando con il suo corpo. Contro la sua volontà e la sua ragione. Come quando si rifugiavano nella Stanza delle Necessità, e si isolavano da tutto e da tutti. La tela del ragno. Ancora una volta. Sei anni, e nulla era cambiato. Forse, nulla poteva cambiare.

Bellatrix emise un gemito strozzato, pensando che quella sarebbe stata l'ultima volta. L'ultima volta che avrebbe visto Sirius.

Non poteva ancora sapere che presto si sarebbero ritrovati. Ad Azkaban.

 

***

˙31 ottobre 1981.

 

"Si è addormentato solo ora…sono esausta"

James Potter sorrise a sua moglie, che si era lasciata cadere a peso morto sul divano, accanto a lui. Lily prese la sua bacchetta, e fece volteggiare a mezz'aria una piccola zucca intagliata che avevano sistemato sul davanzale. "Buon Halloween, Jamie"

"Buon Halloween anche a te, Lily"

James la abbracciò e la baciò, accarezzandole i capelli ramati.

Era l'una passata, quando la porta della villetta si aprì, con un cigolio sinistro.

 

***

˙31 ottobre 1981.

 

La nebbia avvolgeva la via in un mare bianco, rendendo i lampioni simili a globi luminosi che fluttuavano nel latte. Albus Silente si materializzò vicino ad una delle villette a schiera, stringendo a sé il fagotto che reggeva fra le braccia. Faceva freddo, e l'uomo sistemò meglio la copertina che avvolgeva il bambino. La cicatrice a forma di saetta era ancora violacea, e ben visibile sulla sua piccola fronte.

Silente si avvicinò al gradino di pietra chiara antistante alla porta, e osservò per un istante la targhetta sistemata sopra al campanello.

°Dursley°

Il mago sospirò, togliendosi gli occhiali a mezzaluna. Il neonato si mosse, aprendo gli occhi, e Silente non poté fare a meno di sorridere.

*Hai lo sguardo di tua madre, sai?*

Con gli occhi che si riempivano di lacrime, Silente appoggiò con delicatezza il bambino per terra, e suonò il campanello. Prima di smaterializzarsi, riuscì ancora a sentire un debole vagito del figlio di James e Lily.

*Tieni duro, Harry. Ci rivedremo fra dieci anni*

 

***

I think I'm drowning,
Asphyxiating
I wanna break the spell
You've created

You're something beautiful,
A contradiction
I wanna play the game,
I want the friction

You will be
The death of me
Yeah, you will be
the death of me

Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Our time is running out
Our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out

I wanted freedom,
But I'm restricted
I tried to give you up
But I'm addicted

Now that you know I'm trapped,
Sense of elation
You'll never dream of breaking this fixation
You will squeeze the life out of me

Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Our time is running out
Our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out
How did it come to this?

You will suck the life out of me

Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

Our time is running out
Our time is running out
You can't push it underground
We can't stop it screaming out

How did it come to this?

(*The time is running out* - Muse)

 

***

The end

***

«       Qualche precisazione sull'epilogo…

In questo ultimo capitolo ho cercato di fare una piccola panoramica su eventi che tutti conoscete, dall'arruolamento nei Mangiamorte e nell'Ordine della Fenice, alla profezia di Sibilla Cooman, alla trappola per far imprigionare Sirius…non ho volutamente inserito tutte le cose che sono successe perché sarebbe stato troppo lungo, ma ho messo solo quelle a mio avviso più significative..e alcune parti che si legavano alla trama della mia fic! [leggasi: gli incontri fra Severus e Lily e fra Bellatrix e Sirius…]

Ho riletto le parti del terzo e del quinto libro che parlavano di questi fatti, per cercare di fare un lavoro preciso, ma non garantisco nulla…non sono mai stata molto brava a ricordare parti di storia particolarmente complicate o comunque molto importanti ^_^" Ah, sono partita dal presupposto che Lily e James abbiano avuto il loro bambino a 22 anni, e quindi ho impostato tutte le date a partire da questo…tenendo anche conto che Harry è nato nel 1981, secondo quanto detto dalla Rowling, e che non si sa bene che età avessero i suoi genitori a quell'epoca! Se ci sono degli errori nella sequenza di eventi…chiedo umilmente perdono! :P

***

...........Ehm......un momento che mi devo riprendere.....E' così strano aver finito questa fan fic, quasi quasi mi sto commovendo! ^_^" Quando ho postato il primo capitolo era novembre, e a dire la verità non credevo che sarei riuscita a portare "The time is running out" al termine...e invece eccomi qui! Non è stato facile sviluppare la trama e cercare di approfondire la personalità dei vari personaggi, e se ci sono riuscita (almeno in parte spero!) è anche grazie a tutti voi che avete letto questi 27 capitoli, GRAZIE! Un ringraziamento speciale va a chi è stato così gentile da lasciarmi una recensione, mi hanno fatto davvero tanto piacere e mi hanno aiutata a superare quei momenti di "disperazione" e di vuoto totale, in cui ci mettevo un'ora per scrivere mezza pagina scarsa...

Quindi grazie mille a: Morgan_Snape (che mi ha lasciato il primo commento in assoluto), Lily 90 (che ha recensito OGNI capitolo...sei stata fantastica, thank you ^_^ Tra l'altro mi ha giustamente segnalato un'imprecisione nel capitolo 26, dove avevo scritto che a Narcissa sarebbe mancata Hogwarts, anche se aveva ancora un anno di scuola...ho corretto leggermente il dialogo, quindi grazie! I miei personaggi li conosci di sicuro meglio tu...:P), Rowan_MayFair e Klaretta (che mi hanno segnato che la mia fic, che originariamente si chiamava "Nine months" aveva già il titolo di un'altra), Gius, Naila, Kitty, Lorenza, Miri_91, Ikki-della-Fenice, Kikka, Sara Potter (grazie per l'entusiasmo, sei troppo simpatica! ^___^ Comunque io abito ad Asti...vicino ad Asti, in un paese microscopico ed orrendo! >.< tu invece??), Marta, Vale, Liluccia, Bibi, Valentina, Koki, Moon, Leila, Sylvia, Lene, Molly, $@m@nt@h, Angel, Marika, Ruka 88, Lily 2000, Paula, Kino, Nana, Shand, Bannu, Keiko, Joke, Chiaretta (spero che il tuo viaggio in Germania sia andato bene...e grazie per i tuoi commenti e per le tue critiche, sono state molto costruttive ^_^), Ana, Yelle, Momo, Enika, Devichild, Lanya, Hikari_chan, Kalindra, Loony, Twin Star, Arielle, Lizie, Febe, @@@, Nana, Cily...se ho dimenticato qualcuno non l'ho fatto volontariamente, ma in ogni caso siete autorizzati a linciarmi! ^_^" 

Come ho già detto alla fine dello scorso capitolo, ci terrei a leggere una recensione finale di ogni lettore/trice sulla fic nel suo insieme, mi servirebbe molto per capire quali sono i miei "punti deboli" nella scrittura, nella descrizione delle situazioni, nella psicologia dei protagonisti eccetera...ovviamente non è obbligatorio, ma mi fareste un grande favore!

Parlando dei miei prossimi progetti...credo che per qualche tempo mi dedicherò soprattutto a one-shots, che sono molto più semplici da gestire...poi avevo in mente un inizio di trama per due long-fics, piuttosto diverse tra loro. O una NC17 sempre sui Malandrini, ma che prevede un pairing piuttosto raro(personalmente credo di non aver mai trovato fics con più di due capitoli su questa coppia) e situazioni molto "ciniche" e violente, oppure una che si occupi di personaggi su cui non si trovano molti lavori, cioè i gemelli Weasley e i loro compagni (Angelina, Alicia, Katie, ma anche Baston ecc), sempre piuttosto "seria", anche se in una fic con Fred e George non si riesce a essere seri! ^_^" (io ADORO i gemelli...tesori miei! *__*) In ogni caso prima di iniziare a postare una di queste due voglio avere pronta almeno metà dei capitoli, perchè scrivendo "The time is running out" ho avuto dei problemi di mancanza di tempo che sono stati un po' fastidiosi...anche perchè ci tenevo a rispettare la scadenza settimanale del sabato e ho cercato di farlo nei limiti del possibile!

A proposito di fics sui gemelli, e sui fratelli Weasley in generale (escluso Ron perchè su di lui fics ce ne sono un bel po'! ^_^"), se ne conosceste qualcuna potreste segnalarmela? Anche in inglese, non ho particolari problemi...Grazie*

Bene, ora posso andarmene e lasciarvi in pace...GRAZIE ANCORA A TUTTI, spero che continuerete a leggere i miei prossimi ed eventuali lavori!

*Kisses*

-Fleacartasi- (Sara)

ps. Lo sapete tutti, ma è meglio ribadirlo ancora una volta...I personaggi di questa fic non sono miei, ma sono creaturine di proprietà JK Rowling...io mi sono solamente divertita a giocare con loro ^_^"

-Grazie-

 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

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