L'inizio di una nuova vita

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** 2. Un cliente difficile ***
Capitolo 3: *** 3. Il regalo di Ryo ***
Capitolo 4: *** 4. Il gatto e il topo ***
Capitolo 5: *** 5. L'amico dimenticato ***
Capitolo 6: *** 6. Incontri ***
Capitolo 7: *** 7. La musica di due cuori ***
Capitolo 8: *** 8. Apparenze fuorvianti, parte 1 ***
Capitolo 9: *** 9. Apparenze fuorvianti, parte 2 ***
Capitolo 10: *** 10. Un'ossessione ***
Capitolo 11: *** 11. Una decisione senza appello ***
Capitolo 12: *** 12. Scomparsa ***
Capitolo 13: *** 13. Un'anima alla deriva ***
Capitolo 14: *** 14. Anime tormentate ***
Capitolo 15: *** 15. Una rivelazione che fa male ***
Capitolo 16: *** 16. Il vero volto di Gin ***
Capitolo 17: *** 17. Una perdita di troppo ***
Capitolo 18: *** 18. La caccia è aperta ***
Capitolo 19: *** 19. L'accordo cambia ***
Capitolo 20: *** 20. Shock colossale, parte 1 ***
Capitolo 21: *** 21. Shock colossale, parte 2 ***
Capitolo 22: *** 22. La fine ***
Capitolo 23: *** 23. Siamo legati e lo saremo per sempre ***



Capitolo 1
*** 1. Un nuovo inizio ***


Questa fanfiction è la traduzione di una storia dal francese che potete trovare e leggere nel link che metto di seguito.
 
Titolo originale: Una nouvelle vie qui commence
 
Una giovane e snella donna uscì dalla stazione di Shinjuku, camminando di buon passo. Non se ne accorse, ma attirava gli sguardi dei passanti: indossava pantaloncini corti e un top adatto a quella bella giornata soleggiata di luglio, i capelli ramati dall'aria erroneamente selvaggia, gli occhi scintillanti e un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Sembrava essere da un'altra parte, sorridendo alle persone e alla vita. Kaori Makimura era felice e respirava la gioia di vivere. Poteva dare un nome alla sua felicità: Ryo Saeba. L'uomo che popolava i suoi sogni e i suoi pensieri da anni. Ormai era da poco più di sei anni che lavoravano insieme come ufficiosi 'investigatori privati'. La loro vita non era facile a causa della notorietà del suo partner di cui molti criminali invidiavano il posto di numero uno in quell'ambiente. Era un uomo ombroso, freddo e implacabile con i suoi nemici. Ma era anche buono e generoso con le persone in difficoltà e i suoi amici. Non era perfetto, anzi era lontano dall'esserlo e il suo più grande peccato era la lussuria: era pronto a tutto per un bel paio di gambe, per una bella donna, una signorina Mokkori come gli piaceva dire! Ma lei sapeva che era solo una facciata per dimenticare la serietà e il peso della sua vita.
Ryo non aveva un passato glorioso e non pensava al futuro, e ciò lo portava a non provare niente, era un uomo senza legami. Eppure le aveva dimostrato che era pronto a tutto per lei! Tutto era accaduto durante il matrimonio dei loro migliori amici Miki e Falcon, quasi due settimane prima. Un rapimento, una battaglia, grida e parole e tutto era stato detto. Certo, Ryo non si era indirizzato direttamente a lei, ma sapeva che con quella dichiarazione forzata si era riferito a lei. E da quel giorno lei aveva sentito come nascere su di sé delle ali, e ciò si rifletteva nel suo comportamento e nei suoi atteggiamenti. Lo amava dal profondo della sua anima, non le importava ciò che era stato, ciò che aveva fatto, perché quando Kaori si era ritrovata sola dopo la morte del fratello, Ryo le aveva dato una casa e una famiglia fuori dalla norma, straordinarie, quindi aveva deciso che se doveva aspettare prima di sentire una dichiarazione aperta, avrebbe aspettato. Non si sarebbe mai allontanata da lui, avrebbe perso se stessa perché se lo sentiva dentro: erano legati per sempre.
Fu con questa speranza che Kaori entrò al Cat's Eye, il locale degli sposi novelli che avevano ripreso il corso della loro vita malgrado l'animazione che aveva avuto luogo durante il loro matrimonio:
"Buongiorno, buongiorno!"
Miki sorrise. Non aveva mai visto Kaori così sorridente e allegra. Conosceva il motivo, solo un uomo poteva avere quell'effetto sulla giovane donna e Miki era felice per la sua amica, anche se non era successo nulla di concreto che potesse giustificare quel comportamento.
"Buongiorno Kaori! Il buon umore ti dona! Avete un incarico?"
"Grazie, Miki. Nessun cliente, ma Eriko mi tiene occupata, volevo salutarti prima di andare ad aiutarla"
"Che gentile, è vero che non ci siamo viste molto ultimamente. Dobbiamo trovare un giorno per incontrarci!"
"Ahahahah, sì, cercherò di liberarmi!"
Kaori salutò la sua amica, promettendo a se stessa che non avrebbe fatto passare troppo tempo prima di tornare a trovarla, e andò al negozio di Eriko. In attesa di un cliente bisognoso dei servizi di City Hunter, Kaori stava utilizzando il suo tempo libero per aiutare l'amica con i suoi affari. Si annunciava un'altra bella giornata.
 
 
A pochi isolati di distanza, in un appartamento, un uomo stava emergendo dai suoi sogni. La medesima persona era tormentato sempre dagli stessi sogni: una giovane donna dal temperamento focoso e dal sorriso angelico. Un sorriso soddisfatto apparve sulle sue labbra, ne era pazzo! Eppure in apparenza nulla era cambiato tra loro. Ma dall'incontro con il generale De la Croiz, tutto era diverso a partire dalla sua partner, Kaori. Era più paziente con lui e i suoi martelloni erano sempre potenti ma meno frequenti; era rilassata e sempre col sorriso sul volto. E che sorriso: radioso e accattivante. La rendeva ancora più attraente perché emanava una morbidezza che gli faceva desiderare di prenderla tra le braccia e non lasciarla più andare. Lo stava facendo cedere, ne era sicuro! Tuttavia non poteva consentirsi di avanzare verso di lei, per vari motivi noti solo a lui, come il suo passato, le loro differenze, la sua vita che era sempre in sospeso a causa di tutti quelli che desideravano la sua morte, non poteva costringere lei a vivere quella vita senza un domani. Sapeva che non sarebbero potuti rimanere a tempo indeterminato in quella situazione di non detti, perché Kaori alla fine si sarebbe stancata; nel frattempo approfittava di lei, della sua presenza, del suo calore e della sua purezza. Era egoista ma non era pronto a rinunciare alla sua vita con lei, non ancora.
Il bel bruno decise di alzarsi, era ancora un po' presto per lui ma il sole che penetrava nella sua camera gli prometteva una piacevole giornata piena di belle donne!
Dopo una bella doccia, si sentì fresco ed entrò in cucina dove una ricca colazione, preparata con cura dalla sua partner, lo stava aspettando.
Un piccolo biglietto era allegato a quel banchetto:
'Ryo, passo dalla stazione prima di andare da Eriko. Se ci sarà un messaggio, lo lascerò a Miki. Il pranzo è in forno. Non so a che ora finisco quindi non mi aspettare per mangiare. Anche se la giornata è bella, non sei tenuto a comportarti male! Stai attento, lo saprò se farai l'imbecille!
Buona giornata,
Kaori'.
Un martellino era disegnato sul foglio e un corvetto si posò sulla spalla di Ryo. Decisamente, la sua partner lo conosceva bene.
Divorò la colazione, pulì il tavolo e si preparò a uscire gettandosi con disinvoltura la giacca sulla spalla. Sarebbe andato a vedere se il suo discepolo in materia di seduzione era altrettanto pronto ad affrontare quella giornata prima di passare al Cat's Eye.
Se la giornata non fosse stata fedele alle sue promesse, sarebbe andato a trovare la sua partner per tirarsi su il morale.
Ryo rimase a bocca asciutta da parte di Mick. A ogni colpo, quel fannullone aveva preferito rimanere a letto piuttosto che aprire la porta, rimanendo sordo al suo bussare.
"Tanto peggio per lui, ci saranno più signorine Mokkori per me!" rifletté a voce alta, dirigendosi al Cat's Eye.
Entrò nel locale dei suoi amici come un missile e si scontrò contro la massa che proteggeva la proprietaria del bar. Fu sorpreso dalla rapidità di Falcon a fare da scudo. Guardò Miki, poi il bancone: un caffé lo stava già aspettando.
"Hai il dono della chiaroveggenza adesso, testa di polpo?"
"Mpf! Se pensi che con tutto il casino che fai fuori non ti sentiamo arrivare, ti sbagli!"
Falcon tornò alle sue faccende senza preoccuparsi di quell'eccentrico.
"Allora mia adorata Miki, pronta a vivere il nostro amore?" Ryo si incollò alla barista.
"Neanche per sogno! Inoltre, il posto è già occupato, no?"
Ryo non sapeva se stesse parlando per sé o per lui, nel dubbio chiese:
"Kaori è passata questa mattina? Abbiamo una bella cliente?" la sua faccia si era già trasformata in un ghigno con bava e con gli occhi che si allargavano al pensiero di una bella e sexy donna da proteggere.
"No, niente lavoro per te oggi! E smettila di sbavare, ho appena pulito! Dovrò ricominciare!"
"Beh, visto che io ho tempo libero e tu sei impegnata, non mi resta che trovare un'altra che accetterà di passare una bella giornata in mia compagnia. Non dovrebbe essere difficile considerato il mio fascino!"
Con quelle belle parole, Ryo andò a godersi il sole e la piacevole giornata che si annunciava.

 

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Capitolo 2
*** 2. Un cliente difficile ***


In compagnia di Eriko, a Kaori non mancavano le occupazioni e non si accorse del tempo che passò. La sua amica stava preparando la nuova collezione per l'autunno. E, dicendo nuova collezione, si implicava: scelta degli abiti, aggiustamenti con i modelli, preparazione della serata di presentazione con la lista degli invitati, ecc...
Kaori cercò di sostenere la sua amica nel migliore dei modi con quel programma pieno, non avevano un minuto libero e nel frattempo dovevano badare al negozio della stilista. La mattina era ben avanzata quando un cliente entrò. Kaori non vi prestò attenzione, assorbita in una conversazione telefonica con un addetto al catering per la festa. Era Eriko a occuparsi della vendita con i clienti:
"Mick! Buongiorno, che ci fai qui? Hai bisogno di nuovi completi? Ho proprio quello che ti serve!"
"Buongiorno Eriko! No, non sono qui per me. In effetti, volevo vedere Kaori...ho un favore da chiederle"
"Oh, al momento è occupata, ma magari posso aiutarti io?"
"Grazie, ma aspetterò che finisca"
"Molto bene, puoi fare un giro intanto, vado ad avvertirla"
Mick la ringraziò con un sorriso e cominciò ad ispezionare gli abiti. Aveva un'idea abbastanza precisa di quello che cercava e non dubitava che, con l'aiuto di Kaori, avrebbe avuto fortuna con tutte quelle meraviglie create dalla stilista. Stava cercando qualcosa di elegante raffinato, morbido al tatto e piacevole alla vista, un abito da sera eccezionale! Sentì una presenza che bloccò le sue riflessioni: una luce apparve nei suoi occhi azzurri e, senza preavviso, Mick si gettò sulla persona che stava avanzando verso di lui:
"Kaoriiiii, amore mioooo!!" gridò cominciando a svestirsi.
"STOP!" urlò la giovane donna mentre Mick era sospeso per aria. "Non voglio utilizzare i miei martelli qui e rischiare di rovinare i modelli di Eriko! Quindi vestiti e rimani tranquillo, altrimenti ti butto fuori e non riceverai un solo martello, ma due! Sono stata chiara?"
"Sì, sì" disse lui timidamente, aggiustandosi la cravatta. "Buongiorno anche a te, affascinante e divina creatura" le sussurrò con sguardo penetrante.
"Ciao, Mick. A cosa devo l'onore della sua visita?" articolò una Kaori che arrossiva al suo complimento.
Mick si schiarì la gola, prese le mani di Kaori, la guardò intensamente negli occhi con l'aria più seria di sempre, come se si trattasse di qualcosa di grave:
"Ho bisogno del tuo corpo!"
Kaori credette di svenire! Si aspettava tutto ma non quello, non così, non lì! Sentì una profonda collera montarle addosso! Come osava chiederle una cosa simile? Per chi la prendeva? Aveva pensato a Kazue? Era capace di molte cose, ma ora aveva oltrepassato i limiti! Lo avrebbe fatto pentire di quell'affronto!
Mick fissava Kaori, qualcosa non andava. Era tesa, lo guardava con una furia negli occhi che non presagiva nulla di buono per lui. Rifletté su quello che aveva appena detto e comprese che lei aveva frainteso le sue intenzioni, ovviamente la sua proposta portava alla confusione. Si mise a immaginare una Kaori pronta ad acconsentire alla sua richiesta, nel senso più ovvio del termine...sarebbe stata nuda e sensuale, incitandolo a scoprire i suoi tesori nascosti...stava sbavando al pensiero!
BOOM!!
Mick venne proiettato contro il muro esterno di fronte al negozio, rimanendo completamente avvizzito sotto un gigantesco martello:
"Afefi detto niente maftelli..."
"Dentro il negozio! E ne avevo promesso due, eccoti l'altro!"
Un secondo martello altrettanto impressionante incastrò ancora più profondamente il bel biondo nel muro. Vedendo Mick assumere la sua aria lussuriosa, non c'erano stati dubbi sui suoi pensieri tutt'altro che cattolici e Kaori non aveva potuto fare a meno di ritorcergli contro i suoi desideri perversi.
Sospirò, poi tornò alle sue occupazioni per calmarsi.
Eriko non prestò attenzione all'accaduto, era stato talmente prevedibile. Continuò a lavorare a sua volta e non si sorprese quando vide Mick tornare da Kaori:
"Penso che ci siamo capiti male...ho bisogno di te ma non per quello che credi, a meno che tu non lo voglia davvero?"
"Mick! Vieni al punto!"
"Molto bene. Sai che alla fine del mese è l'anniversario mio e di Kazue?"
"Sì, certo. Cos'ha a che fare con me?"
"Ho alcune idee su un regalo ma ho bisogno del tuo parere di donna"
"Del mio parere? Se posso aiutarti, con piacere"
"Fantastico! Allora ecco, conto di organizzare una sorpresa al Cat's Eye e per l'occasione mi piacerebbe regalarle un bell'abito con tutti gli accessori"
Kaori fu molto entusiasta all'idea.
"Ottimo. Hai un'idea di cosa vuoi? Hai visto i modelli?"
"Non ancora, mi fai fare un giretto per propormi le tue preferenze?"
"Sì, nessun problema. Vai ai camerini, arrivo"
Qualche minuto più tardi, Kaori tornò con le braccia piene di vestiti e accessori. Li mise in fila lungo le porte dei camerini.
"Ecco i modelli più belli, devi solo scegliere"
Mick contemplò tutte le meraviglie, ogni abito era di colore e di forma diversi, era difficile fare una scelta e non voleva sbagliarsi:
"Sono tutti uno più magnifico dell'altro. Difficile farsi un'idea così...dovrei vedere che effetto fanno ad essere indossati"
"Mi dispiace, non ci sono modelle disponibili"
"Ma ci sei tu, no?" disse lui con una punta di malizia.
"No, no, non sono un'indossatrice e...oh, era a questo che volevi arrivare?" fece Kaori improvvisamente. "C'era un'idea malsana dietro a tutto questo!"
"Ma no, che vai a pensare?" rise Mick stupidamente, come un bambino colto in fallo. "È solo che ho bisogno dell'opinione di una donna per essere sicuro di fare la scelta giusta, inoltre voi due avete gli stessi gusti e le stesse misure!"
"Uhm, non saprei? Come sarebbe a dire, gli stessi gusti e le stesse misure?" Kaori rimase perplessa.
"Beh, sì, entrambe non resistete al mio corpo di Apollo e il mio occhio esperto non potrebbe mentire sulle vostre forme sensuali!"
Un martellino si abbatté sulla testa del 'gentiluomo'.
"Andiamo, mia cara, è per una buona causa. Te ne sarò riconoscente...per favore..." Mick si mise letteralmente a supplicare Kaori, inginocchiandosi davanti a lei con le mani giunte in una muta preghiera.
"Va bene, ma non farmi pentire di averti aiutato, altrimenti..."
"Il martello, lo so. Ok, cominciamo dal vestito nero"
Kaori afferrò il vestito e si precipitò in camerino. Quando uscì, sembrava davvero imbarazzata per la situazione.
Mick le fece cenno di avvicinarsi e la incitò a voltarsi. Kaori obbedì senza molta convinzione.
"No, non va bene. Puoi provarne un altro?"
Kaori accettò con gioia, se tutte le prove fossero state così rapide, l'avrebbe fatta finita presto con quella storia. Ed effettivamente Mick sembrava difficile da soddisfare, troppo lungo o troppo corto, banale, non abbastanza scollato. Stranamente Mick si comportava da uomo di mondo, sorridente e gentile, non provò una sola volta un approccio fuori luogo e sembrava davvero concentrato sulla sua 'missione' per trovare l'abito perfetto per Kazue. Kaori, tuttavia, cominciò a stancarsi, era da più di un'ora che andava e tornava con diversi abiti. Per fortuna rimase un solo vestito e lei sperava che fosse quello giusto.
Mick era ben conscio di ciò che stava facendo sopportare a Kaori, che non era abituata a stare al centro dell'attenzione, ma si stava godendo quel momento speciale. Poteva guardarla senza sentirsi in colpa e allo stesso tempo trovare l'abito perfetto per la sua fidanzata: stava unendo l'utile al dilettevole. Tuttavia non trovò quello che cercava e sfortunatamente il momento magico terminò perché Kaori stava rientrando nel camerino con l'ultimo abito da provare. Attese pazientemente che lei si palesasse.
Kaori esitò ad uscire. Quell'abito non nascondeva granché, a suo parere. Ma, non sarebbe rimasta in eterno in quel camerino, quindi fece un gran respiro e uscì.
Mick trattenne il fiato: non riuscì a trovare parole per esprimersi. Quel vestito metteva in evidenza le forme generose della giovane donna, sollevando il seno ma senza volgarità, cingendo la vita, continuando fino alle ginocchia e lasciando le gambe sottili libere di muoversi; quanto al colore, la luce veniva catturata riflettendo varie tonalità di rosa e bianco perlato. Il vestito era perfetto e Kaori era perfetta.
Quest'ultima sentì lo sguardo di Mick scivolare su di lei e non sapeva più dove spostarsi:
"Mick? Stai bene?"
"..."
"Mick? Hai fatto la tua scelta? Posso andare a cambiarmi?"
"Sì" rispose lui distrattamente. I suoi occhi tornarono dolcemente su quelli di Kaori, voleva registrare quella visione incantevole. Se solamente avesse potuto toccarla, soltanto un minuto. Si rimproverò mentalmente, non doveva dimenticare che quel vestito era per Kazue, la donna che amava:
"Eh, sì, non preoccuparti. È lui, è quello giusto!" anche lui si sentiva a disagio.
"Molto bene, puoi avviarti, ti raggiungo alla cassa"
Kaori si affrettò a cambiarsi per ritrovare la comodità dei suoi vestiti. Quando rivide Mick, lo trovò intrappolato da Eriko che tentava di fargli acquistare altri abiti, per Kazue e per sé. Fu sollevato di vedere arrivare Kaori:
"Avrò bisogno di scarpe abbinate per questa meraviglia"
"Nessun problema, ho tutto quello che serve" disse Eriko.
"Ok"
"Facciamo dei bei pacchetti?" si infiammò la stilista, a cui non era sfuggito il motivo per cui Mick era lì.
"Sì, per favore, e Kaori, potresti tenerli a casa tua? Non voglio che Kazue li trovi in anticipo"
"Sì, certo, lasciali qui, li prenderò stasera"
"Grazie del vostro aiuto, ragazze. Vi invito a pranzo per ripagare il disturbo"
"Per me non è possibile, ho un sacco di appuntamenti per il resto della giornata. Ma Kaori, tu puoi andare, chiuderò comunque visto che oggi le persone non si stanno muovendo"
"Ma non abbiamo finito tutto quello che c'era in programma. Sono qui per aiutarti"
"Non ti preoccupare, Kaori, ci saranno cose da fare anche domani. Andate, approfittate del sole, io chiudo"
"Bene, allora dove ti va di mangiare, Kaori?"
"Vorrei andare al Cat's Eye, per vedere Miki. Ma prima passiamo a casa, così lascio i regali"
Mick era un po' deluso, avrebbe voluto approfittare per stare con lei di più, ma lei aveva deciso altrimenti.
Mentre camminavano, parlarono del più e del meno, ridendo di gusto. Dopo la deviazione all'appartamento, giunsero al Cat's Eye di ottimo umore:
"Ciao di nuovo, Miki!" esclamò Kaori mentre Mick si era già lanciato sulla giovane donna dietro il bancone. Un martellone ben piazzato calmò i suoi ardori. Mentre Mick rimaneva incastrato, un altro oggetto volante perfettamente identificato si precipitò nel locale e gli venne riservato lo stesso destino: una bella martellata!
"Eriko mi ha dato il pomeriggio libero, ma di questo passo mi stancherò un sacco" disse Kaori senza fiato dopo i lanci dei martelli.
"Ottimo, possiamo chiacchierare" disse Miki trascinando Kaori verso un tavolo.
Si sistemarono senza preoccuparsi degli uomini che si alzavano dolorosamente.
Ryo aveva trascorso una mattina infruttuosa e si era deciso ad andare a trovare la sua partner. Aveva incrociato Eriko, la quale gli aveva detto che aveva lasciato a Kaori del tempo libero, e che lei era con Mick che gentilmente l'aveva invitata a pranzare. L'ultima frase aveva avuto il sentore di essere un rimprovero per lo sweeper, ma non si era attardato. Con tutta disinvoltura si era diretto al Cat's Eye, convinto di trovare la persona che stava nei suoi pensieri.
Ryo e Mick si unirono alle giovani donne e Falcon, che era rimasto lontano dal loro spettacolo, giunse con diversi piatti per far pranzare il piccolo gruppo.
Senza rendersene conto, trascorsero il resto del pomeriggio gioiosamente e di buon umore, con qualche martello a fare da intramezzo.
Erano amici, e anche di più, erano una famiglia unita che godeva del vero valore di ogni momento.

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Capitolo 3
*** 3. Il regalo di Ryo ***


Gli amici riuniti semplicemente intorno al tavolo di un café riflettevano l'immagine di un gruppo di amici qualunque che discutevano di queste e quelle altre cose come la maggior parte delle persone, volendo approfittare di quel momento favorevole agli scambi e all'allegria.
In quel piacevole pomeriggio nessun cliente venne a interrompere le discussioni animate da scoppi di risate, la gente probabilmente preferiva godersi il caldo dell'estate nei parchi o in terrazza.
Dopo un buon pasto, il gruppetto formato dai padroni di casa, da City Hunter e da Mick, si mise a sorseggiare bevande rinfrescanti, assaporando il momento di relax.
 
 
FLASHBACK
 
 
Miki e Kaori erano assorte nella loro conversazione, Ryo e Mick si contendevano il titolo di miglior amatore sotto la sorveglianza irritata di Falcon:
"Smettila di sognare, Mick! Non sei minimamente alla mia altezza in questo campo!"
"Cosa? Pensi forse di essere l'unico a reclamare questo titolo? No, è perché io sono un concorrente di alto livello e tu hai paura, e allora cerchi di convincerti che io valgo meno di te!" lanciò Mick con orgoglio.
"Paura? Non farmi ridere! Come potrei avere paura di te? Impallidisci di fianco a me! Dovresti essere riconoscente che io accetti la tua presenza e che tenti di insegnarti due o tre cosette, tant'è che non sei ancora morto, ignorante!" acclamò Ryo, alzando un braccio vittorioso verso il cielo.
"Oh, Sua Signoria è troppo buono! Vedi quello che sto per insegnarti io: l'arte di gettare il mio piede contro il tuo posteriore!" si arrabbiò Mick, lanciandosi su Ryo e cercando di strangolarlo.
E voilà, la storia si era ripetuta, i due più grandi sweeper, temuti da innumerevoli criminali di ogni tipo, che potevano decimare un esercito con un solo sguardo assassino, erano là, a litigare violentemente per un 'titolo' che non aveva niente di onorevole! Il tutto sotto lo sguardo stanco e di disapprovazione di Falcon.
Fu Kaori a mettere fine alla discordia in maniera franca e diretta con un martello abbastanza grosso, visto lo stato di frittelle dei due uomini che ne vennero appiattiti:
"Non avete ancora finito con questa storia?" li riprese Kaori. "Vi faccio presente che non c'è niente di gratificante nel vantarsi di una cosa del genere! Da te, Ryo, non mi sorprende...ma tu, Mick! Mi deludi! Hai forse dimenticato Kazue? Sei pieno di belle intenzioni, ma sono solo parole?!"
Mick si sentì improvvisamente in colpa.
"Ma no, è solo un gioco, vero Ryo? E hai fatto bene a ricordarmi della mia dolce Kazue"
Si alzò per riprendere una forma umana e andò a sedersi al tavolo, seguito velocemente da Ryo che interiormente cercava di interpretare le parole della partner: non gli aveva detto chissà che, ma il modo con cui aveva parlato lo disturbava. Era dunque tutto ciò che lei si aspettava da lui, il suo lato perverso inappropriato, e non sembrava nemmeno agitata dal suo comportamento. Aveva certo sentito il suo martellone ma non era niente rispetto al fatto che lui non l'avesse più di tanto delusa, doveva avere una pessima opinione di lui per non soffermarcisi. Era stanca del suo comportamento? A quel punto gli sembrava una cosa normale, che si servisse dei martelli tanto per fare? Per riflesso? Fissò la partner per cercare di decifrare il suo atteggiamento ma Kaori era apparentemente affascinata dalle parole di Mick. Cosa stava raccontando quel Don Giovanni per incantare la sua partner e la coppia di mercenari? Qualche parola gli giunse all'orecchio: cena...sorpresa...compleanno...Kazue.
Ryo comprese meglio l'attenzione dei suoi amici, di sicuro non sarebbe stato lui ad avere quel tipo di premura verso la sua partner, era qualcosa di troppo...intimo, lui non era a quel punto e sapeva che dispiacere questo causava alla sua partner. Con quello stato mentale, prese parte alla conversazione:
"Allora, fai il misterioso con Kazue? Mmh, interessante"
"Impara la lezione, Ryo! È così che si fa per le persone che ci stanno a cuore, abbelliamo le loro vite, mostriamo che teniamo a loro. Per concludere, Miki e Falcon non hanno problemi a organizzare la serata qui?"
"Ma certo! Non c'è alcun problema, Mick" si affrettò ad accettare Miki. "Questo tipo di avvenimenti è sempre un'occasione per stare insieme e divertirsi. Ed è molto premuroso da parte tua pensare a questa serata per Kazue"
Ryo non poteva crederci: Mick passava per il fidanzato perfetto, pieno di attenzione e di buona volontà! Avevano tutti dimenticato chi era Mick? Un uomo subdolo e pervertito tanto quanto lui se non di più ma bisognava dire che, a differenza di lui, Mick nascondeva meglio le sue carte. Quindi Ryo voleva ricordare loro che Mick non era meglio di lui e che le sue intenzioni erano ben altre!
"Ma sì, dai! Lasciatevi incantare dalle sue belle parole! Ma dimenticate che Mick è un uomo come tutti gli altri e che punta soltanto a una cosa, le sue azioni sono motivate solo per quello che Kazue gli concederà dopo la serata! Pensa soprattutto a come lei lo ringrazierà!" fece Ryo sicuro di svelare la verità.
"Ryo! Non tutto gira intorno a 'quello'!" intervenne Kaori con l'aiuto di un bel martello. "Io trovo la sua idea di festa a sorpresa molto romantica, soprattutto con il regalo che le ha preparato. Mi domando cosa potremmo regalarle noi? Tu hai qualche idea, Miki?"
"Tsk, le donne" Ryo sciolse il suo abbraccio con il martello, assunse un'aria seria e concentrata, poi attese la piena attenzione di tutti e proseguì:
"Se davvero volete stare al gioco, ok. Voglio starci anch'io. Sarà semplice: voi vi occupate delle decorazioni, dello shopping e del cibo, siete brave in questo" disse designando Miki e Kaori. "Falcon, tu...tu ti occuperai dell'animazione e ti scatenerai, so che ne sei capace! Per quanto riguarda il regalo, ci penso io! Se è per Kazue, va bene. Sono pronto a sacrificarmi! Le offrirò la più insonne notte che abbia mai vissuto! Io...mi offrirò a lei!"
Durante il suo soliloquio, Ryo era salito sul tavolo, fiero, deciso e volenteroso, mentre uno sciame di corvi gli giravano attorno come per incoraggiare quel gesto di bontà.
Tuttavia, le persone presenti non erano dello stesso avviso! Ognuno aveva desiderio di commettere un omicidio, per ragioni diverse ma riguardo la stessa persona: Ryo Saeba! Come si permetteva di mettersi a dirigere l'organizzazione del compleanno? Aveva una visione poco lusinghiera nei confronti dei suoi amici, per non parlare del regalo! Che gli passava per la testa? Se Ryo pensava di potersela cavare così, si sbagliava terribilmente!
Quest'ultimo sentì che l'atmosfera si faceva più pesante, c'era una tensione nell'aria ma non comprendeva perché. Guardò le persone intorno a lui e deglutì notando che ognuno aveva la sua arma preferita: un martello orribilmente grosso da parte di Kaori, una mitraglietta per Miki, Falcon con il suo bazooka e Mick...beh, Mick non aveva tirato fuori armi:
"E io non conto niente?! Ti ucciderò con le mie mani!" sbottò.
"Eheh, aspettate un secondo, amici! Vediamo, non vi arrabbiate...per una serata eccezionale, serve un regalo eccezionale! Non potete trovare di meglio, ve lo garantisco! Volevo solo aiutarvi!"
"Prendetelo!" gridò Kaori.
Seguì una caccia all'uomo nel locale che durò un po' poiché Ryo era abbastanza agile per schivare i tentativi di cattura, ma l'unione fa la forza e tutti si precipitarono su Ryo che non ebbe scampo visto che Kaori, Miki, Falcon e Mick giungevano da tutte le parti su un solo uomo. Ryo si sentì improvvisamente come squartato perché ognuno dei suoi aggressori lo teneva per una parte del corpo e cercava di tirarlo verso di sé! Urlò per la disperazione e per il trattamento che le persone che considerava amici gli stavano riservando e non badò molto alla punizione che avrebbe ricevuto. Per fortuna per lui, Miki non ci teneva a distruggere tutto soltanto per farlo fuori, così decisero di legarlo, imbavagliarlo e dimenticarlo in un angolo.
Il gruppetto riprese i preparativi e, al minimo segno di protesta, Ryo si ritrovò sotto il martello senza tante cerimonie.
 
 
FINE DEL FLASHBACK
 
 
Tutti erano soddisfatti per ciò che era stato previsto per il compleanno di Kazue, la scelta del cibo, le decorazioni e i regali e soprattutto l'effetto sorpresa. Kaori decise che era tempo di rientrare vista l'ora tarda. Chiese aiuto a Mick per riportare Ryo all'appartamento perché non voleva liberarlo, ritenendo che non aveva sofferto abbastanza per le sue proposte. Kaori salutò gli amici mentre Mick afferrava Ryo per il collo e lo trascinò in quel modo per tutto il tragitto, senza alcun imbarazzo e sotto gli sguardi sconvolti dei passanti.
Giunti ai piedi dei loro rispettivi immobili, Mick passò il testimone a Kaori:
"Se ti infastidisce troppo, lascialo in cantina! Buona serata, mia cara, e anche a te Ryo!"
"Grazie, Mick. Penso che possa bastare, vero Ryo che farai il bravo?"
Ryo non poteva fare diversamente vista la sua situazione, così acconsentì in silenzio.
City Hunter tornò a casa con la speranza che il giorno dopo sarebbe stato meglio di quel giorno, e anche meglio.


NdTraduttrice: Ci terrei a chiedere scusa nel caso in cui ci fosse qualche errore o imprecisione...è la prima volta che mi cimento nella traduzione di una long fiction dal francese, finora mi sono dedicata solo alle storie in inglese, lingua che mi risulta più scorrevole e facile...accolgo volentieri correzioni e suggerimenti per migliorare, anche se per esperienza so che i progressi arriveranno a furia di esercitarsi (all'inizio anche le traduzioni dall'inglese mi risultavano abbastanza difficili)...grazie per l'attenzione!
 

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Capitolo 4
*** 4. Il gatto e il topo ***


Il tempo passò a gran velocità e in poco meno di una settimana ci sarebbe stato il compleanno di Kazue. La bella infermiera non sospettava di nulla e tutti mantennero il segreto.
Kaori aveva trovato un regalo più appropriato per Kazue rispetto a quello del suo partner: una bella stola coordinata ai colori dell'abito scelto da Mick. Ryo continuava a lamentarsi di non essere preso sul serio per via della sua offerta e che avrebbe detto alla bella Kazue che il regalo di Kaori poteva essere scambiato col suo, ma Kaori non sembrava preoccuparsene perché conosceva già la reazione dell'amica: un martellone.
Ryo e Kaori si vedevano e parlavano essenzialmente la sera, troppo occupati nelle loro rispettive occupazioni, il lavoro al negozio per Kaori e l'ozio per Ryo. Nessun cliente aveva chiesto di loro ma Kaori non si preoccupava perché sapeva che Eriko l'avrebbe ricompensata come si conveniva per il suo aiuto, anche se la motivazione primaria di Kaori per quel lavoro non era il denaro.
Niente era cambiato tra lei e il suo partner, almeno in pubblico o davanti ai loro amici, ma una volta a casa, lontani da occhiate indiscrete, un altro aspetto della loro relazione prendeva vita.
Si svolgeva tutto in silenzio e senza fretta, come se le parole avessero potuto rompere quell'incanto.
Si cercavano, si giravano intorno senza che né l'uno né l'altra osasse di più. Quell'avvicinamento sottinteso tra di loro si costituiva di sguardi teneri, di sfioramenti inattesi quando si incrociavano in un stanza, al loro ritmo, perché non volevano ammetterlo né correre.
I momenti con Ryo non terminavano più obbligatoriamente con un colpo di martello. Kaori voleva cambiare il loro modo di comunicare, era tempo che si comportassero da adulti e giorno dopo giorno lei ci lavorava più o meno insieme a Ryo che faceva sempre il buffone per evitare di parlare troppo.
Kaori provava continuamente una sensazione di benessere che non la lasciava più, aveva deciso di prendere le cose come venivano con Ryo.
Era in camera suo ad ammirare il pan di cuculo proveniente dal bouquet di Miki. Kaori lo stava facendo seccare per conservarlo; quel fiore rappresentava la famosa dichiarazione di Ryo, nella quale lui aveva detto di rimanere in vita per la persona che amava e per proteggerla: le sue parole erano care al suo cuore. Teneramente, Kaori sfiorò con le punte delle dita il fiore e sorrise.
Quella sera era rimasto ancora insieme a lei e dopo la cena si erano accomodati sul divano per guardare il programma della serata. Ma rapidamente Kaori si era assopita, sfinita per il suo lavoro con Eriko. Ryo non l'aveva svegliata, al contrario lei lo aveva sentito avvicinarsi per tenerla fra le sue braccia. Solamente quando lui aveva deciso di andare a letto, l'aveva presa in braccio per portarla in camera sua. Delicatamente, l'aveva lasciata sul letto, coprendola e deponendo un tenero bacio sulla sua fronte prima di uscire.
Ryo usciva raramente di sera, preferendo rimanere vicino alla sua partner e approfittando della sua presenza. Non le aveva promesso niente ma accettava le nuove regole del gioco. Poteva vedere che la sua partner era su una bella nuvoletta e non aveva il coraggio di rovinare quella felicità con parole aspre, o con la sua assenza che avrebbe finito per rimpiangere. Amava vederla così, sorridente e calorosa soprattutto con lui. Non la dissuadeva in nulla, l'incoraggiava silenziosamente a continuare ad avanzare verso di lui, sorprendendosi nello stare al gioco con lei.
Il cambiamento era notevole visto che le punizioni si facevano meno pesanti, ma Kaori sembrava attendere qualcos'altro da lui, e questo lo faceva sentire a disagio perché anche se si prestava a giocare a nascondino con i loro sentimenti e cercava di ottenere più attenzioni da parte sua, non si decideva a lasciarsi andare completamente.
Sfortunatamente, la sua partner era tenace e tornava alla carica, non direttamente ma le sue azioni e gesti tradivano le sue intenzioni, Kaori si faceva sempre più dolce con il suo sorriso, e si sforzava anche dal punto di vista dell'abbigliamento, cosa che non lasciava lo sweeper di marmo: se si fosse ascoltato, le sarebbe saltato addosso senza riflettere, ma voleva di meglio per lei.
Kaori non perdeva la speranza perché aveva deciso di servirsi di tutta la sua pazienza e determinazione per arrivarci, soprattutto perché Ryo non la respingeva e partecipava a modo suo a quel gioco del gatto e del topo.
Un cambiamento si era avviato. E la coppia di sweeper ne seguiva i movimenti.
La loro relazione si rinforzava così come la loro complicità, eppure non si erano realmente confessati nulla. Ryo poteva facilmente immaginare la svolta della loro relazione se avesse osato, solo un istante, aprirsi a lei con franchezza, ma c'era sempre un 'ma'.
Doveva decidersi ad agire in un senso o nell'altro, allontanarla da lui e soffrire della sua assenza o avvicinarsi a lei e rischiare di perdere più della propria vita: non voleva che quella felicità di cui Kaori gli aveva dato un assaggio cessasse, e allora nell'attesa di decidere, Ryo continuava come se nulla fosse. Approfittava di quegli istanti rubati e sperava che giungesse il momento in cui avrebbe saputo cosa fare e cosa dire.
 
 
Ryo e Mick stavano svolazzando per le strade in cerca di belle donne. Avevano l'imbarazzo della scelta con quel bel sole estivo, divine creature si svelavano in top di mille colori, con spalline o che lasciavano la schiena nuda, accompagnate da pantaloncini aderenti o minigonne al limite della decenza. Da quel punto di vista non potevano lamentarsi, i loro occhi approfittavano di quella sfilata, come se si trattasse di uno spettacolo esclusivo soltanto per loro.
Dovevano ringraziare tutte quelle donne che, senza saperlo, infondevano calore nei loro corpi e fantasticherie in testa.
Era lì che tutto si complicava: quelle donne, padrone e guardiane dell'amore, restavano insensibili ai complimenti e ai sorrisi degli sweeper, la maggior parte di loro sembrava sospettosa per via dei loro sguardi e per un valido motivo, anche se i due avevano un'aria gentile e rispettabile, i loro corpi li tradivano: i loro occhi non riuscivano mai a fissare direttamente quelli delle ragazze, troppo attratti da forme più rotonde, le loro mani erano scosse da scatti all'idea di toccare corpi dalla consistenza delicata e in generale erano tesi all'estremo senza imbarazzo né pudore. La conclusione era la stessa ogni volta, grida, insulti e botte. Le donne rimanevano inaccessibili per i due uomini che restavano senza affetto né amore. Ryo e Mick persistevano, non perdevano la speranza perché erano uniti contro l'avversità e l'uno incoraggiava l'altro, dopotutto l'estate era appena cominciata.
 
 
Mentre gli sweeper ideavano strategie per poi metterle in pratica, Kaori continuava ad aiutare Eriko.
Il programma di quest'ultima doveva essere ultimato il più velocemente possibile perché la stilista aveva deciso di prendersi un mese di vacanza prima che iniziasse il periodo degli eventi. Ciò significava che avevano fino a fine luglio per concludere tutto, il giorno del compleanno di Kazue corrispondeva alla fine dei lavori, ma Eriko non avrebbe potuto partecipare alla festa perché la data corrispondeva alla sua partenza.
Insieme, Eriko e Kaori avevano fatto buoni progressi e avrebbero approfittato dell'ultima settimana disponibile per verificare tutto un'ultima volta con calma.
I clienti erano tornati per grande gioia di Eriko che non smetteva di dare consigli, di fornire abiti e di rimodellarli a modo suo come se giocasse con bambole a grandezza naturale.
Kaori si divertiva a vedere la sua amica comportarsi così. Avrebbe amato essere così a suo agio con le persone, avere quella fiducia in sé e nelle sue capacità che faceva apparire tutto possibile ma la sua timidezza le impediva di incitare degli sconosciuti a scegliere questo o quell'abito. Non era dotata, secondo lei, per sviluppare quel talento, nonostante tutta la sua buona volontà, dare consigli ad altre persone era per lei un compito difficile ed Eriko l'aveva capito bene.
Per questo aveva chiesto aiuto a Kaori, sapeva che nel lavoro era seria e piena di volontà ma più di tutto perché sperava che, grazie al suo tocco, Kaori prendesse consapevolezza della sua femminilità e delle possibilità che le si offrivano, in ogni caso era già riuscita ad influire le sue scelte nel vestiario ed era già un gran passo per la sua amica.
Eriko pensava che fosse bello amare un uomo, condividere la vita con lui e lavorare con lui ma la giovane donna non sarebbe stata felice se i suoi sentimenti fossero rimasti a senso unico e se niente avesse scosso la quotidianità.
Quindi una trasformazione sottile nell'abbigliamento, oltre che nel comportamento, forse sarebbe riuscita a far reagire a Ryo e se lui non ci fosse arrivato, tanto peggio per lui, non era l'unico a poterne beneficiare.
Eriko aveva ben notato l'atteggiamento di alcuni clienti che non restavano insensibili al fascino della sua amica, anche se questa rimaneva ai margini durante le vendite, e questo motivava la donna nelle sue intenzioni di rivelare la vera natura di Kaori: quella di una donna dolce e gentile, dalla sensualità celata. E Ryo doveva soltanto andare al diavolo se non la voleva.
In quel momento, in un parco dove due uomini si stavano riprendendo dai loro fallimenti, uno dei due starnutì:
"Etciù!"
"Allora, hai preso freddo? Sono gli schiaffi che ti fanno questo effetto?" lo canzonò Mick.
"Ma no, che dici? Vuol dire che una bella signorina mokkori pensa a me e credo di sapere chi"
Senza altre spiegazioni, Mick vide il suo compare partire alla carica di una bella rossina seduta sull'erba e che sembrava attendere qualcuno. Dunque anche lui si riprese e ripartì a caccia.
 
 
In negozio, Kaori finì di etichettare i modelli di ciascun manichino, Eriko continuava a rispondere alle richieste dei clienti.
Un nuovo cliente entrò nella boutique ed Eriko gli chiese di pazientare, per poter cercare una commessa. Si diresse sul retro:
"Kaori, puoi venire un istante? Sono presa con una coppia e vorrei che tu ti occupassi del nuovo cliente che è appena entrato"
"Eri, sai che non sono a mio agio..."
"Non ti preoccupare, visto il suo stile, deve sapere cosa vuole, non ci girerà intorno. Devi solo fargli vedere i vari completi"
Rassegnata, Kaori seguì l'amica nella boutique.
"È lì" indicò Eriko, tornando ai suoi clienti.
Kaori l'osservò: era girato di spalle e sembrava scrutare i completi presenti. In effetti il suo stile di abbigliamento non lasciava spazio a dubbi, doveva essere un uomo di buona famiglia e con una buona professione che aveva bisogno di una tenuta curata e rispettabile.
Indossava un elegante completo beige, fatto su misura a prima vista, che gli conferiva prestanza e una certa raffinatezza.
Era piuttosto alto, tanto quanto Ryo, con un corpo ben piazzato e spalle larghe. Si poteva dire che avesse la corporatura di Ryo e l'eleganza di Mick. Il mix perfetto.
Kaori arrossì, per fortuna nessuno la vide ed Eriko era assorta nella sua vendita.
Si avvicinò timidamente al nuovo arrivato e notò che i suoi capelli erano scuri ed emanava un profumo discreto ma pepato.
In quel momento ricevette come una scarica all'altezza del cuore e fu percossa da brividi. Aveva la sensazione di conoscerlo o di riconoscerlo ma senza riuscire a identificare da dove giungeva quell'impressione, soprattutto dal momento che non lo stava vedendo in viso.
Esitò, fece un gran respiro, poi si lanciò:
"Buongiorno, signore, la posso aiutare?"
L'uomo si voltò per sapere a chi appartenesse quella voce dolce e calorosa e allora il tempo si fermò, bloccato negli occhi nocciola della giovane donna e nello sguardo verde smeraldo dell'uomo.

 

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Capitolo 5
*** 5. L'amico dimenticato ***


Il tempo si era bloccato a dodici anni prima. Tutto le tornò alla memoria, come un'ondata di sensazioni che lei aveva ritenuto seppellite. Si ritrovò sommersa dalle emozioni che aveva represso e che pensava di non dover mai più affrontare. Eppure lui era lì, davanti a lei, e lei si ricordò di tutto come fosse accaduto il giorno prima.
 
 
FLASHBACK – 12 ANNI PRIMA
 
 
Kaori aveva 14 anni e la sua vita di ragazzina era simile a quella di tutti gli altri adolescenti: le lezioni, gli amici, i litigi, le risate e la sua famiglia.
La sua famiglia era composta di tre persone. I suoi genitori erano morti e suo fratello vi si era sostituito per crescerla e amarla. Hide era una persona tutta d'un pezzo, con valori morali che tentava di insegnare alla sorellina, con pazienza e amore. Il suo lavoro di poliziotto non gli lasciava molto tempo per avere una vita sociale fuori dal suo contesto lavorativo e oltre a Kaori ma non era solo a colmare la mancanza di affetto e di attenzione di sua sorella. C'era una persona alla quale l'avrebbe affidata senza esitare se mai gli fosse successo qualcosa: Gin.
Da quanto riusciva a ricordare, Gin c'era sempre stato. Abitavano nello stesso quartiere, lui e Hide erano sempre insieme. Inseparabili. Le due facce della stessa moneta. Erano migliori amici, fratelli.
Ginko Nagao aveva dieci anni quando aveva perduto i genitori in un incidente stradale. Uno zio che non conosceva si era preso carico della sua educazione e del suo patrimonio. Praticamente non lo vedeva mai perché era troppo impegnato a far fruttare l'eredità già notevole del giovane. I loro scambi avevano luogo solo dopo che l'uomo lo aveva introdotto nell'alta società, alle responsabilità e agli obblighi dovuti al suo rango: figlio di persone ricche e illustri.
Gin era un ragazzo solitario, ribelle e attaccabrighe che aveva atteggiamenti da teppista benestante e che attirava le ire dei suoi coetanei.
Un giorno, all'angolo di un vicolo, Gin era stato intrappolato da una banda di tizi che lo vedevano come un ricco che giocava a fare il duro e avevano deciso di ritenersi offesi e di fargli passare quell'arroganza, in sostanza avevano deciso di dargli una bella lezione. Hide era intervenuto, essendo contro l'ingiustizia, e cinque contro uno non era uno scherzo. Gin aveva una sua fierezza e reclamava di non aver bisogno di nessuno per difendersi, ma in seguito aveva riconosciuto di essere stato contento di aver condiviso le botte con 'il ragazzo con gli occhiali', Hide. Quest'ultimo aveva tentato di discutere con la banda ma i tizi erano tornati alla carica col desiderio di battersi: il confronto era dunque stato inevitabile.
Gin e Hide erano stato sconfitti dagli aggressori, più grossi e più numerosi, ma avevano tenuto loro testa e avevano resistito, infliggendo loro perlomeno qualche colpo basso, così il loro orgoglio era rimasto intatto.
Hide aveva portato Gin con sé per fasciargli le ferite e i tagli causati dalla rissa. Iniziò così un'amicizia e una complicità senza limiti, o quasi.
In seguito, Gin passava la maggior parte del suo tempo con la famiglia Makimura e i legami si erano rinforzati. Per Kaori e Hide, Gin era come un fratello e viceversa. Gin era stato presente ed era stato un grande sostegno alla morte del padre di Hide e Kaori. E con tutta naturalezza aveva preso posto insieme a Hide nel cuore di Kaori.
Hide sapeva da tempo che avrebbe seguito le orme del padre nella polizia, Gin non si doveva preoccupare per il suo futuro visto che il denaro non era un problema. Tuttavia, non si vedeva a vivere di rendita, Gin voleva di più dalla vita e aveva ambizione; aveva dunque deciso di seguire l'amico su quella strada perché si annoiava nel suo ruolo di ragazzo viziato, aveva bisogno di azione per sfogarsi.
Crebbero insieme, quando Kaori rientrava da scuola c'era sempre qualcuno, che fosse Hide o Gin, a casa loro o a casa sua, non faceva quasi differenza per lei. Anche se Gin era più flessibile di Hide su alcuni punti, ma entrambi si guardavano bene dal rivelarlo al più grande della famiglia.
Gin era protettivo verso Kaori tanto quanto Hide e allontanava velocemente le ragazzine che sbandavano per lei. Vegliava teneramente su di lei. Ad ogni modo Kaori non si interessava ai ragazzi, preferiva la vita semplice che conduceva con i suoi 'fratelli'.
Con Hide, condivideva la vita di tutti i giorni ma con Gin condivideva i suoi segreti, i dubbi e le speranze per il futuro. Lui era il custode dei suoi dolori e dei suoi colpi di fulmine quando Hide non c'era. Erano così complici che a volte non avevano bisogno di parlare per comprendersi, uno sguardo era sufficiente per capire ciò che l'altro pensava. Lui sapeva confortarla e lei si sentiva al sicuro con lui. Non era raro che lei si precipitasse a casa sua soltanto per non essere sola in attesa del ritorno di Hide, i due lavoravano in orari diversi affinché Kaori fosse sempre in compagnia di qualcuno, per non lasciarla crescere sola.
Ma tutto si era interrotto all'improvviso senza una vera spiegazione.
Un giorno, Kaori era tornata da un fine settimana 'turistico' organizzato dalla scuola e non aveva che un desiderio, rivedere Hide e Gin.
Era entrata e aveva trovato Hide in salone, perduto nei suoi pensieri:
"Sono tornata, fratellone!"
"..."
"Hide? Stai bene?"
"Kaori, sei tornata? Hai trascorso un bel weekend?"
Hide si comportava stranamente, fuggiva lo sguardo di sua sorella. Qualcosa non andava.
"Hide, dov'è Gin? Credevo ci sareste stati entrambi al mio ritorno. Lavora? Passerà più tardi?"
"Kaori..."
"Rispondimi! Gli è successo qualcosa? Oh mio dio..." singhiozzò.
"No, Kaori, sta bene...Gin sta bene..."
"Allora perché non mi dici sinceramente cosa succede?!"
"Se n'è andato..."
"Cosa vuoi dire? Quando torna?" Kaori cominciava a perdere la pazienza.
"Se n'è andato e non tornerà...mi dispiace..."
Kaori sentì il pavimento aprirsi sotto i piedi e la stanza girare intorno a lei. No, non era possibile, mai Gin se ne sarebbe andato senza dire perché, senza abbracciarla e senza salutarla. Doveva chiarire la cosa.
Senza uno sguardo per suo fratello, uscì da casa per precipitarsi in strada, corse lungo le case con il cuore in subbuglio e le lacrime che devastavano il suo viso.
Velocemente, giunse a casa sua.
L'abitazione non era mai risultata così imponente. Si ergeva come un bastione freddo e vuoto. Le imposte erano tutte chiuse. Nessuna luce né movimento lasciarono trasparire il minimo segno di vita. Kaori voleva riprendere il controllo della respirazione e del ritmo del suo cuore ma non ce la faceva. Una sola parola le risuonava in testa: 'andato'.
Avanzò verso la porta d'ingresso, bussò debolmente con una mano, poi sempre più forte con mani. Avrebbe voluto urlare ma non le usciva niente dalla gola, annodata per l'emozione.
Si lasciò scivolare lungo la porta, senza smettere di scontrarsi con la rabbia per quell'abbandono che non aveva ancora provato.
Non seppe quanto tempo passò, quando Hide la venne a cercare.
La ritrovò raggomitolata su se stessa, ancora in lacrime. Si avvicinò delicatamente, la sollevò fra le braccia per tornare a casa.
"Perché?" emise Kaori tra un singhiozzo e l'altro.
"Non so cosa dirti, Kaori"
"La verità, Hide, voglio sapere perché ci ha lasciato..."
"Lui...non ha avuto scelta, tesoro. Ha avuto una promozione ed è stato trasferito, non poteva rifiutare una proposta del genere, però doveva decidere in fretta. Ci darà sue notizie quando potrà, ne sono sicuro"
Nient'altro fu aggiunto.
Kaori fece molta fatica a riprendersi da quella partenza precipitosa, rideva di meno, non parlava più con tanta facilità, escluso Hide non si fidava più degli uomini e Gin non diede mai sue notizie. Eppure aveva fatto attenzione al postino e al telefono, ma il giorno in cui un'altra famiglia andò ad abitare nella casa rimasta inabitata, seppe che era finita, lui non sarebbe tornato.
Hide e Kaori avevano ripreso ad orientarsi, suo fratello era diventato tutta la sua vita, poi Hide aveva cambiato lavoro e un altro uomo era entrato nelle loro vite.
Kaori non voleva più soffrire, ma Ryo non era Ginko.
 
 
FINE DEL FLASHBACK
 
 
Kaori tornò alla realtà e ciò che vide in quello sguardo la sconvolse; sorpresa, rimpianti, tristezza e amore.
Sentiva che quegli occhi la stavano abbattendo e le mancò il respiro, mentre il suo cuore non seguiva alcun ritmo preciso.
Come reagire a quel flusso di emozioni, cosa dire dopo tanti anni? Tutto vorticava nella sua testa: dov'era andato? Cos'aveva fatto della sua vita? Perché non aveva mai ripreso i contatti con Hide e con lei? L'aveva dimenticata?
Kaori si sentì pronunciare le parole seguenti senza poterle controllare:
"Perché?"

 

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Capitolo 6
*** 6. Incontri ***


"Perché?"
Cosa rispondere a quella domanda?
Più volte lui aveva immaginato il loro incontro, più volte aveva immaginato diversi scenari.
Ma lì, era stato colto alla sprovvista.
L'aveva tanto cercata, per così tanto tempo, che aveva perso completamente la speranza di rivederla, un giorno. Eppure ci aveva messo tutto il suo cuore, approfittando del suo status e delle sue conoscenze, ma niente, era come se lei fosse scomparsa dalla faccia della terra.
Ed ecco, lei era lì davanti a lui. Il caso era bravo a mescolare le cose, ma lui non credeva al caso, niente succedeva per caso. Come il fatto di ritrovarsi in quella boutique. Se non avesse avuto il lieve desiderio di prendere un po' d'aria, mai si sarebbe avventurato in quel quartiere, non sarebbe entrato in quella boutique e non l'avrebbe ritrovata.
Sorrise.
Aveva previsto un programma chiaro in quella città, giusto il tempo di regolare un affare per poi ripartire, senza sapere, senza immaginare che lei fosse lì, a portata di mano.
Ma rendendosi pienamente consapevole della sua presenza, gli importò poco della domanda della giovane donna, le richieste, le risposte e le spiegazioni potevano attendere; contava solo quel calore che si stava finalmente risvegliando nel suo cuore.
Senza lasciare lo sguardo appannato della sua interlocutrice, colmò la distanza che li separava per prenderla fra le braccia, attirarla a sé, sentire il suo corpo e respirare i suoi capelli, il suo odore e realizzare che lei era reale, che non stava di nuovo sognando.
"Kaori, mi sei mancata, se tu sapessi..."
Lei non sapeva come reagire, rimase inerte nella sua stretta, si dimenticò di dove si trovava. Non se l'aspettava, non si aspettava lui.
"Gin? Gin, per favore, mi...mi stai stringendo un po' troppo"
Lui allentò la stretta ma senza interrompere il contatto fisico, fece scivolare la mano lungo il braccio di Kaori per attardarsi sulla mano della giovane donna, afferrandogliela.
"Scusami"
Un silenzio pesante si piazzò tra loro. Non si toglievano gli occhi di dosso, posandosi mentalmente numerose domande. Il disagio di Kaori si intensificò e si sentì arrossire sotto lo sguardo persistente del cliente.
"Come stai?" pronunciarono nello stesso istante.
Ciò li fece sorridere e ruppe un po' il ghiaccio. Kaori ne approfittò per riprendere controllo della propria testa e del proprio corpo, lasciandogli la mano.
"Come vedi, sto bene"
Kaori parlò più freddamente di quanto avesse voluto ma non voleva essere la prima a entrare nei dettagli della propria vita. Era stato lui ad andarsene, doveva essere lui a rimettersi in contatto.
"In effetti sì, e sei cresciuta" disse lui scrutandola un po' di più.
Non era cambiata molto: aveva sempre i capelli corti, gli occhi brillanti ed espressivi, un'aura dolce, pura e sensuale che contrastava sempre col suo carattere impulsivo. Non era più una bambina, era una donna, una bella donna.
"Lavori qui?"
"Sì. Comunque se sei qui significa che hai bisogno di vestiti, qui troverai quello che ti serve" disse lei freddamente, indicando il reparto uomo.
Kaori lo lasciò lì e riprese a dirigersi verso il retro.
-Stai calma, respira- si ripeté per darsi il coraggio di allontanarsi da lui senza grida e senza lacrime. Che coraggio che aveva! Dopo 12 anni di assenza se ne usciva con banalità tipo 'Come va?', 'Sei cresciuta', 'Lavori qui?'. Non se ne capacitava, stava esplodendo.
"Kaori, aspetta!"
Gin l'aveva raggiunta e la costrinse a voltarsi facendole pressione su un braccio.
"..."
"Ti prego, possiamo parlare? Abbiamo del tempo da recuperare"
"E di chi è la colpa?" si lasciò trasportare lei un po' più di quanto volesse, attirando l'attenzione di Eriko.
Kaori era rabbiosa ma si rifiutò di fare una scenata nella boutique della sua amica.
"Non qui, non sono qui per discutere e per recuperare del tempo come dici tu"
"Molto bene. Allora prendo tre completi e ho bisogno di una commessa che mi aiuti a scegliere. Puoi farlo?"
Voleva dei completi, avrebbe avuto i suoi completi.
"Bene, seguimi; faremo in fretta come hai fatto in fretta tu ad andartene"
Lui sussultò ma non rispose. In un lampo lei scelse tre completi perfetti e diversi, uno nero, uno grigio e uno bianco, con le camicie e le cravatte assortire. Non si sarebbe strappata i capelli per lui, qualunque cosa le avrebbe detto.
"La taglia dovrebbe essere giusta, ma puoi andare a provarli nel salottino sul retro" gli disse lasciandogli i completi fra le braccia.
"Sì, mi piacerebbe provarli e vorrei il tuo parere"
Sentiva che Kaori era davvero arrabbiata con lui e c'era qualcosa di più, ma non poteva rivelare tutto in quel modo. Voleva fare le cose correttamente per cambiare e lei meritava delle vere spiegazioni se lui voleva di nuovo fare parte della sua vita. Non voleva perderla di nuovo. Gli sarebbero serviti più di cinque minuti per ritrovare la Kaori che aveva lasciato.
La vide esitare ma doveva convincerla.
"Sai che non mi arrendo e che so essere molto persuasivo"
Lei lo studiò. A cosa stava giocando? Doveva accettare così facilmente di ascoltarlo? Meritava una seconda opportunità?
"Vieni a provare i completi" disse lei dirigendosi verso i camerini.
Lanciò uno sguardo verso Eriko che aveva finito con i suoi clienti e che si domandava cosa stesse succedendo con quel cliente. Kaori la rassicurò con un'occhiata e le fece comprendere che le avrebbe spiegato più tardi.
Una volta nei camerini, Gin andò a provarsi il primo completo. Kaori aveva occhio, la taglia era perfetta. Uscì e si posizionò davanti a lei. Kaori era seduta su un divanetto e sembrava persa nei suoi pensieri.
"Cosa ti ha detto su di me?"
Kaori alzò la testa e sospirò:
"Sempre diretto"
"Non amo perdere il mio tempo, dovresti saperlo. Allora, ti ascolto"
"Eri stato trasferito"
"Tutto qui? E questo ti è bastato"
"Sì..."
All'inizio, quella spiegazione le era stata sufficiente e sapeva che Hide non voleva prolungarsi sull'argomento. Ma nel corso degli anni, aveva cercato di parlarne con il fratello, tuttavia lui le diceva sempre la stessa cosa, 'Lascia il passato dov'è', facendole così comprendere che per lui la discussione era chiusa e lei non osava insistere, per la paura di riaprire una ferita nel fratello, perché Gin era stato anche il suo migliore amico. Kaori aveva capito che Gin era diventato un argomento delicato e lei si era detta che un giorno Hide le avrebbe raccontato tutto, ma non aveva avuto occasione.
La voce calda e tagliente la distolse dalle sue riflessioni:
"Sì, ho accettato un trasferimento, ma contro la mia volontà"
"...Come?"
"Tuo fratello non ti ha detto che era stato lui a spingermi? Non accettava la concorrenza, quindi fece in modo che non lo disturbassi più"
"Non ti credo!"
"Eppure è la verità"
Kaori si alzò e lo affrontò, cercando nel suo sguardo la parte più profonda di quella storia.
"Non ha senso! Hide non l'avrebbe mai fatto, eravamo una famiglia"
"Eri solo una bambina e non sapevi niente di quello che stava succedendo, Hide voleva salvaguardarti. Sicuramente tu pensi che tuo fratello fosse un santo, ma..."
Uno schiaffo magistrale risuonò.
"Ti proibisco di parlare così di lui! Soprattutto visto che lui non c'è più per difendersi!"
Gin afferrò con forza Kaori e la scosse per farle capire il suo punto di vista:
"Volevi sapere, no? Ti ha reso moralistica come lui! Eravamo in disaccordo su alcune cose e lui rifiutava di ammetterlo! Allora ha ritenuto che fosse meglio allontanarmi e io non potevo dirti niente, me lo impediva! Hide ti ha tenuto nascosto più di quanto tu possa immaginare e a quanto pare ha dato a me il ruolo del cattivo!"
"Basta, lasciami!"
Kaori si massaggiò le braccia prima di riprendersi, con i singhiozzi nella voce:
"Non voglio ascoltarti, qualsiasi cosa Hide abbia fatto o detto, doveva avere le sue ragioni. E sappi che mai" disse indicandolo con il dito, "mai lui ti ha denigrato...mai ha detto una parola che non fosse positiva nei tuoi confronti"
Kaori era senza fiato, era delusa e arrabbiata con suo fratello per non aver detto niente dei suoi tormenti, con se stessa che non aveva visto niente in anni di convivenza e con Gin che, fedele a se stesso, lanciava le sue bombe senza preoccuparsi dei danni che causava.
Gin era tornato a cambiarsi, non serviva a niente insistere su quella rotta. Hide aveva giocato bene la sua mano, non le aveva detto niente. Toccava dunque a lui rettificare le cose ma gli stava scappando di tutto con Kaori, doveva riprendersi.
"Kaori?" disse uscendo dalla cabina, i completi in mano.
"Basta, Gin, non voglio più continuare questa discussione che non serve a niente"
"Non volevo ferirti, le mie parole hanno superato i miei pensieri. Non volevo che andasse così"
"Nemmeno io" lei respirò a fondo, poi fece: "Prendi i completi?"
Voleva mettere distanza tra loro, il suo cuore non avrebbe sopportato un altro affronto. In pochi minuti, l'uomo che aveva amato tanto quanto suo fratello le era apparso come uno sconosciuto e aveva cercato di distruggere la memoria di suo fratello, senza delle reali spiegazioni. All'improvviso, si sentì stanca.
Senza attendere la sua risposta, lei tornò nella boutique.
Gin la seguì, cercando un modo per rompere il silenzio.
"Prendo i tre completi" disse come se nulla fosse accaduto.
"Bene"
Kaori passò gli articoli in cassa e li sistemò in sacchetti con il logo della boutique. Le sue mani tremavano e fuggiva deliberatamente lo sguardo di Gin. Quando si trattava di suo fratello, non controllava più le sue emozioni né le sue reazioni, ed era stato oltrepassato un limite che Kaori non sospettava nemmeno esistesse.
"Tieni" disse, tendendogli i pacchetti.
"Kao..." tentò lui.
"No, Gin, vattene per favore..."
Lui non insistette e prese i suoi sacchetti. Un ultimo sguardo sulla giovane donna diede fiducia alla sua decisione. Se ne andò con rimpianti ma anche con una nuova speranza che le cose potessero ancora cambiare.
 
 
Kaori aveva bisogno di sedersi. La tensione stava scendendo sul suo corpo e la lasciò libera, insieme alle lacrime. In pochi istanti la sua vita era stata strapazzata. Faceva fatica a realizzare quanto era appena successo, non si riconosceva in quel comportamento così distante e aggressivo, lei che generalmente era riservata, aveva lasciato che la collera, il dolore e la mortificazione reagissero di fronte all'atteggiamento disinvolto e altezzoso di quell'uomo.
E non era un uomo qualsiasi: Ginko Nakao, uno dei pochi uomini capaci di farle sentire tante emozioni diverse in poco tempo. Pensò a Ryo, a Mick e a Hide, che avevano il dono particolare di farla arrabbiare in uno schiocco di dita. E Hide, se ci fosse ancora stato, come avrebbe reagito?
Apparentemente Gin non era cambiato su un punto: non amava perdere la faccia e non cedeva davanti a niente.
Sospirò. Dov'era il giovane uomo che aveva conosciuto? Com'era potuto diventare quell'uomo? Era sempre stato così?
In tutti quegli anni aveva sperato di rivederlo, vedendo rompersi le sue illusioni. Come erano giunti fin là? Non avevano più niente in comune. I suoi ricordi si confrontavano con quella realtà e non sembravano compatibili. Se solamente Hide ci fosse ancora stato, lui le avrebbe spiegato il perché, lei avrebbe potuto comprendere cosa li separava. Hide aveva unito tutti e tre e ora che non c'era, erano lontani.
Doveva farsene una ragione, il Ginko che aveva conosciuto non avrebbe più fatto parte della sua vita. Era il suo passato e ora, poteva armonizzarsi con il suo futuro, cioè con i suoi amici e Ryo?
Pensare a loro le rese il sorriso.

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Capitolo 7
*** 7. La musica di due cuori ***


Per tutta la giornata non aveva avuto che una voglia, un solo desiderio: raggiungerla. Dal suo risveglio, i suoi pensieri si erano focalizzati soltanto su una persona, come se trascorrere le notti a sognarla non fosse più sufficiente.
La sua ragione e il suo cuore si affrontavano apertamente e lui rimaneva impotente, non sapendo quale campo scegliere.
La sola certezza che aveva quell'uomo perso nei meandri dei suoi sentimenti, era che la doveva vedere.
Quell'ossessione non lo lasciò per tutta la giornata. Eppure aveva dato libero sfogo alle sue attività quotidiane, cercando di concentrarsi soltanto su quello che faceva. Ma in ogni donna che guardava, era il suo viso che vedeva. Ogni risata che sentiva, era la sua.
Mick aveva ben evidenziato che il suo amico non era al massimo della forma. L'aveva conosciuto più intraprendente con il genere femminile. Ma, ad ogni tentativo, era come frenato in volo da una forza invisibile.
A più riprese, Mick aveva tentato di sapere ciò che fermava il suo compare giapponese che non aveva la testa in ciò che faceva, ma senza ricavarne molto.
Ryo sembrava altrove, sulla luna o su un altro mondo, in tutti i casi il suo sguardo non lasciava dubbi sull'oggetto dei suoi pensieri.
"Dovresti andare a trovarla. Se vuoi ti accompagno, è da un po' che non la vedo nemmeno io, devo mancarle" annunciò il bel biondo con gli occhi brillanti.
"Ma stai male o cosa? Credi che mi faccia sfuggire l'occasione di fare quello che voglio senza rischiare una qualsiasi punizione non giustificata?"
"È te stesso che cerchi di convincere, Ryo"
Mick guardò il suo amico riflettere un istante e assumere un'aria lasciva prima di saltare di nuovo sul primo paio di gambe che vide, per poi fermarsi proprio davanti al suo bersaglio. Era senza speranza.
Continuarono con le loro buffonate finché Mick decise di tornare a casa, perché vedere il suo amico in quello stato gli impediva di agire a suo piacimento.
Ryo fu sollevato di lasciare Mick, non ci teneva a che l'americano andasse con lui dalla sua partner. La giornata era trascorsa, non senza fatica perché aveva trovato il tempo lungo, aveva deciso di andarla a cercare alla chiusura della boutique che non sarebbe avvenuta prima di un'ora abbondante. Optò allora di andarci subito, perché non poteva più attendere. Mentre si avvicinava alla boutique, perso nei suoi pensieri, Ryo fu urtato contro la spalla da un individuo. Quest'ultimo non si voltò per lo scontro e continuò sul suo cammino come se niente fosse successo. Ryo l'osservò allontanarsi e imprecò contro quelle persone che non avevano alcun rispetto per gli altri. Constatò che quell'uomo dal completo elegante aveva dei sacchetti con su il nome della boutique di Eriko.
-Un altro ricco che crede che tutto gli sia permesso- pensò guardando l'uomo entrare su un'automobile, facendo segno all'autista di partire. Ryo riprese a sua volta il suo cammino ed entrò nella boutique.
Kaori aveva fatto un breve riassunto all'amica, tanto per soddisfare la sua curiosità ma senza entrare nei dettagli. Le aveva semplicemente detto che quell'uomo era un amico perso di vista e che non si era aspettata di incontrarlo lì, poi si scusò per il disturbo procurato.
"Non ti preoccupare, non c'è alcun problema. Capisco e se posso aiutarti, non esitare a chiedere!" si entusiasmò Eriko. Non aveva seguito il discorso ma aveva ben visto che l'amica era rimasta spaesata da quell'uomo, tuttavia non voleva essere indiscreta e avrebbe atteso che Kaori volesse parlargliene.
Erano lì a parlare quando la campanella della boutique suonò di nuovo.
"Ryo?" dissero allo stesso tempo, sorprese.
"Sì, il solo e unico!" disse lui fieramente. Kaori si avvicinò a lui e gettò un'occhiata inquieta da sopra la sua spalla, verso la strada. Ciò non sfuggì al suo partner che constatò anche gli occhi arrossati della giovane donna.
"Qualcosa non va?"
"No, no, va tutto bene. Cosa ci fai qui? Sei solo?" domandò Kaori per dirottare l'attenzione altrove.
Ryo sentì un corvo posarsi sulla spalla: chi avrebbe pensato che la sua partner non fosse contenta di vederlo e che attendesse qualcun altro, era successo qualcosa e gli occhi sfuggenti e inquieti di Kaori non potevano mentire a riguardo.
"Dillo se ti disturbo!" fece lui offeso.
"Ma no, niente affatto, sono solo stupita che tu sia venuto di tua spontanea volontà in una boutique"
"Devo ammetterlo...Eriko mi mancava così tanto che non ho resistito alla voglia di vederla!" spiegò lui lanciandosi verso la stilista. Quest'ultima lo accolse con un grosso paio di forbici ben appuntito che frenò immediatamente le intenzioni dello sweeper.
"Mi dispiace per i tuoi clienti che vengono ricevuti così"
"Queste sono per gli aggiustamenti, quando qualcosa è troppo lungo e ingombrante, lo taglio. Hai bisogno di una sistemata, Ryo?" chiese Eriko tutta sorrisi.
"No, grazie, sto bene così, tutto a posto" rispose lui nascondendosi dietro la sua partner.
"Basta, Ryo, cosa vuoi?" riprese Kaori girandosi verso di lui.
"Oh, mi stavo dicendo che se avessi voluto mangiare stasera, sarei dovuto venire a cercarti perché sono sicuro che tu possa preparare qualcosa che sia quasi buono"
Un mini martello apparve e Kaori gli trovò un'utilità: abbattersi sulla testa di Ryo.
"Dovrai ancora aspettare perché non abbiamo finito"
Kaori non attese la sua risposta e tornò ad aiutare Eriko.
Ryo le osservò, attivandosi a sistemare gli articoli sparsi e a rimettere in ordine la boutique. Giunse così l'ora di chiusura e i tre si separarono davanti al negozio, facendo per rientrare ognuno a casa sua.
Ryo e Kaori camminarono in silenzio, quando Kaori domandò:
"Hai svolto le faccende che ti avevo chiesto?"
"Faccende? Quali faccende?"
"Ryo, ti ho lasciato un biglietto stamattina dicendoti di andare a fare un po' di spesa per la cena"
"Un biglietto? Non ho visto niente. In ogni caso, non ne avrei avuto il tempo, perché dovevo aiutare Mick"
"Mick? Ha qualche problema?"
Kaori si fermò e guardò il partner con inquietudine.
"Beh, sì. Nel caso tu non l'avessi notato, vista la tua assenza, Mick non sta molto bene in questo momento..."
"Che cos'ha?"
Kaori immaginava già il peggio, un problema medico per via delle sue mani delle quali non aveva recuperato tutte le facoltà, o un problema sentimentale con Kazue.
Ryo prese un'aria seria e le posò le mani sulle spalle per attirare la sua attenzione:
"Il nostro Mick ha un complesso di inferiorità! Allora mi sono sforzato di sollevargli il morale e non è stato facile, credimi!"
Kaori guardò Ryo negli occhi e lui seppe che le sue spiegazioni non erano state accettate.
Un enorme martello con la dicitura 'Piantala con le tue stupidaggini' incastrò l'uomo nel marciapiede, sotto lo sguardo incredulo dei passanti.
"Ferfé non mi frede mai?"
Ryo si risollevò e raggiunse la partner.
"Ti avviso, Ryo, non farò le faccende a quest'ora, quindi arrangiati da solo per mangiare stasera!"
"Ok. Che ne diresti di prendere qualcosa da una rosticceria e di mangiare nel parco?"
Parlò con tanta naturalezza e ovvietà che fu il primo a sorprendersi, e apparentemente fu uno shock uguale per la sua partner.
"Non ti immaginare chissà che, è solo che non abbiamo niente da mangiare, si fa prima a passare in rosticceria, inoltre so che c'è un concerto all'aperto nel parco e ci saranno certamente delle belle signorine mokkori che saltelleranno..."
Bloccò la sua spiegazione e osservò la giovane donna. I suoi occhi brillavano e aveva un tenero sorriso. Com'era bella. Ma non dimenticò il suo sguardo di poco prima e le domandò:
"È successo qualcosa oggi? Avevi l'aria preoccupata in negozio"
"Ma no, vedi, è solo che a volte i clienti sono difficili"
E come per scacciare quel momento, agitò le mani dicendo:
"D'accordo per il parco, ci farà bene prendere un po' d'aria e approfittare di una serata estiva per ascoltare musica. È da tanto tempo che non lo faccio. Muoviamoci a comprare ciò che ci serve e andiamo al parco"
"Eh, sì...ma c'è tempo, comincia solo verso le 21"
"Non sei mai stato a un concerto all'aria aperta? Se vogliamo trovare dei buoni posti non possiamo fare tardi"
A Kaori non importava il perché di quell'invito. Per lei si trattava di un picnic sotto le stelle e con la musica, le avrebbe risollevato il morale. Era elettrizzata.
Senza fare attenzione al suo gesto, Kaori afferrò la mano di Ryo e lo trascinò dietro di sé. Ryo sentì il calore della giovane donna infiltrarsi in lui a quel contatto, come una scarica elettrica. Guardò la sua mano esile e minuta nella sua e accentuò la pressione sulla presa. In quell'istante, sembravano una coppia come le altre.
Velocemente giunsero al parco. Era affollato: un grande palco era stato installato per l'evento e dei tecnici si stavano attivando per sistemare le linee telefoniche in modo che le persone non vi rimanessero ingarbugliate.
Kaori aveva trovato una bancarella dove comprare qualcosa da mangiare. Lasciò Ryo per fare l'ordinazione.
Ryo sentì già la mancanza del calore scomparso insieme alla mano della partner, ma la seguì perché con quella folla nemmeno una gatta avrebbe ritrovato i suoi piccoli.
Una volta acquistate le vivande, non restava che trovare un posto per poter assistere al concerto.
Kaori si guardò intorno, non sarebbe stato semplice. Cominciarono a farsi strada tra la folla. Senza comprendere cosa stava succedendo, Kaori fu agguantata da una mano possente che la trascinò al riparo dalla calca e dagli sguardi.
Lei ispezionò il luogo che Ryo aveva scelto: un angolo di prato vicino a un albero, nascosto da folti arbusti. Quel luogo era propizio all'intimità, cosa che fece arrossire la giovane donna.
"Non vedremo granché da qui" disse.
"Sì ma la musica non si guarda, si ascolta"
La coppia si sistemò e Kaori scartò la loro cena.
Le prime note della musica si sollevarono e loro mangiarono in silenzio.
Kaori si rese conto che non conosceva i gusti musicali del suo partner e quando volle porre la domanda, l'osservò: Ryo, appoggiato all'albero, si era tolto la giacca per lasciarla sull'erba, era in t-shirt e offriva una gradevole immagine dei suoi muscoli prominenti. Kaori arrossì all'idea di accarezzarli ma quando posò gli occhi sul suo viso, rimase divertita.
Ryo stava mangiando a massima velocità. Nella fretta di riempirsi lo stomaco, aveva un po' di salsa all'angolo della bocca. Sorrise all'immagine dell'uomo dal carisma indubbio, che contrastava con quel lato infantile. Si avvicinò a lui e con un gesto leggero avvicinò la mano al suo volto.
Ryo aveva sentito lo sguardo della sua bella scivolare su di lui e ne era fiero. Poi la vide avvicinarsi e tendere la mano verso di lui: in un gesto pieno di sensualità e dolcezza, gli pulì l'angolo della bocca con il pollice, poi lo portò alle labbra golose. Lei sorrise dicendogli che aveva un po' di salsa. Non si rendeva conto che quel semplice gesto aveva scatenato una tempesta di emozioni nel suo partner.
Senza riflettere Ryo afferrò la mano audace e attirò la giovane donna a sé. Un bacio leggero e salato scandì quell'avvicinamento.
Ryo aveva sempre lasciato la testa e il cuore a battersi per i suoi sentimenti verso Kaori, ora era stato il suo corpo a scegliere: il cuore lo aveva seguito e la ragione si era piegata all'evidenza.
"Grazie" le disse coccolandola con lo sguardo.
"..."
Kaori sentì le guance in fiamme e non seppe cosa rispondere a quel gesto così inatteso ma tanto sperato.
Avendo lui stesso capacità di riflettere su ciò che era appena successo, Ryo tenne Kaori vicino a sé e rimasero allacciati per il resto della serata ad ascoltare una musica che non riuscivano a sentire, per quanto i battiti dei loro cuori suonavano un'aria più animata.

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Capitolo 8
*** 8. Apparenze fuorvianti, parte 1 ***


Kaori si svegliò lentamente nella sua stanza. Aveva fatto un sogno meraviglioso. No, non era un sogno, era la realtà: Ryo l'aveva baciata, due volte. Arrossì e si nascose sotto la coperta alla constatazione.
Avevano trascorso una bella serata al parco anche se lei non aveva prestato attenzione ai diversi gruppi che avevano suonato. Poco le era importato, perché in quel parco Ryo l'aveva baciata. Era poi giunta l'ora di rientrare, con dispiacere di Kaori. Ma Ryo l'aveva piacevolmente sorpresa tenendole la mano per tutto il tragitto fino a casa.
Entrando nell'appartamento, Kaori aveva dubitato di Ryo: e se tutto fosse tornato come prima, se lui avesse ripudiato il bacio di quella sera.
Si era diretta verso la sua camera, persa in tristi pensieri.
Quando stava girando la maniglia per aprire la porta, aveva sentito un soffio caldo contro il collo:
"Non mi auguri la buonanotte?"
"...Sì, buonanotte Ryo..." aveva mormorato lei voltandosi verso di lui.
Le labbra di lui si erano posate sulle sue, domandando di più rispetto alla prima volta, e lei si concesse senza esitare.
Aveva sentito le sue mani calde e possenti attirarla verso il suo corpo virile, sempre più vicino. Quel bacio aveva avuto il sapore del sale e del miele, era stato tenero e fervente, era stata una promessa che i giorni a seguire sarebbero stati migliori, che niente sarebbe stato più lo stesso, che Ryo non avrebbe cambiato idea.
"Buonanotte Kaori"
Ryo aveva ripreso fiato, carezzandole teneramente la guancia e le labbra socchiuse.
"Buonanotte..."
Lui aveva sorriso ed era entrato in camera sua dopo un ultimo sguardo.
Kaori era rimasta contro la porta e dopo essersi ricomposta, era andata a dormire.
E quel mattino, aveva già voglia che giungesse la sera per vederlo. Perché doveva lavorare con Eriko? Ma non poteva mollarla, le aveva detto che l'avrebbe aiutata per la sua collezione, per il negozio e i clienti...clienti...Gin.
Quel nome e quell'uomo macchiarono i suoi pensieri, lo aveva completamente dimenticato. Non aveva detto niente di lui a Ryo. Non doveva sapere della sua esistenza.
Ma non era stata troppo dura con lui? Si era imposta senza lasciargli occasione di spiegare le proprie ragioni. Non avrebbe dovuto essere così accesa nelle sue reazioni, non era stata la loro prima discussione, ne avevano avute altre.
A quanto pareva Hide e lui si erano trovati in disaccordo, ma su cosa? Era combattuta tra la voglia di proteggere la memoria di suo fratello, di mantenere intatti i suoi ricordi e la curiosità di sapere cosa li aveva separati e di rivedere il suo amico d'infanzia.
La vita li aveva divisi e sicuramente lui era cambiato ma lo stesso era per lei, e in ogni caso, conoscendolo sarebbe tornato ora che sapeva dove trovarla.
Si alzò e si diresse in bagno per farsi una bella doccia che facesse sgombrare tutte quelle emozioni.
Davanti allo specchio, si studiò. Gin aveva dovuto essere sorpreso nel vederla.
Mentre si toglieva la maglietta del pigiama, avvertì un dolore all'altezza del braccio. Levò l'indumento e si ispezionò: aveva un bell'ematoma sul braccio sinistro, si era dovuto verificare durante la discussione di Gin, si ricordò che lui l'aveva stretta con fermezza ed ecco il risultato dei loro temperamenti esplosivi.
Non c'era bisogno che Ryo lo vedesse, né nessun altro, quindi avrebbe indossato maglie a maniche lunghe finché il livido non fosse scomparso.
Fece una doccia veloce, si asciugò e si mise un po' di pomata sul livido, poi si rimise la vestaglia addosso per tornare in camera e vestirsi.
Fece tranquillamente colazione e preparò qualcosa per il suo partner, poi prese la borsa per raggiungere Eriko, lo sfioramento a livello dell'ematoma risvegliò il dolore. Doveva fare attenzione a come si muoveva se non voleva intensificarlo.
Ryo aveva sentito il suo angelo svegliarsi e attivarsi in casa prima di uscire.
Era deluso, aveva pensato che avrebbe fatto una deviazione verso la sua stanza per dargli il buongiorno ma aveva dovuto ritenere che fosse ancora troppo presto per lui, e sicuramente la sua timidezza aveva fatto il resto.
Sorrise e si passò la mano sulle labbra ripensando alla serata del giorno prima. Se avesse saputo prima fino a che punto era bello lasciarsi andare, non avrebbe tardato tanto.
Idiota, imbecille, cretino, non c'erano abbastanza insulti per definire ciò che era. Ma finalmente aveva agito e non si pentiva di niente.
Aveva perfino avuto la forza di non intimidirla e di fermarsi prima che andasse troppo in fretta. Aveva sentito Kaori rispondere al suo bacio con passione ma aveva anche compreso che non era pronta a bruciare le tappe, e poi lui avrebbe avuto l'occasione di corteggiarla, cosa che mai aveva fatto.
Si ricordò della serata precedente e all'improvviso vide rosso: aveva detto che i clienti erano difficili, e se uno di loro aveva avuto un comportamento inappropriato con lei? Voleva saperlo.
A quel pensiero, si irrigidì. Era protettivo e geloso, non concepiva di non sapere cosa succedeva alla sua partner. Non voleva più segreti tra loro.
Decisamente quella piccola donna aveva l'arte e il modo di trasformarlo senza rendersi conto del potere che aveva su di lui.
Si riaddormentò con la testa piena dell'immagine della sua partner.
 
 
Eriko osservava Kaori. Era da tutta la mattina che canticchiava un motivo che solo lei conosceva. La stilista era felice per la sua amica ma fraintese sulla persona responsabile della gaiezza di Kaori.
Nel primo pomeriggio, arrivò un fattorino con un immenso mazzo di rose rosse.
"Consegna per la signorina Makimura"
"Sì, sono io"
"Firmi qui, per favore"
Kaori era sorpresa, chi poteva inviarle dei fiori?
Firmò e ringraziò il fattorino.
"Che mazzo magnifico, guarda, c'è un biglietto"
Eriko le tese il biglietto mentre lei prendeva i fiori per metterli in un vaso. Insistette affinché l'amica lo leggesse.
'Ricominciamo da zero. Gin'.
"Ricominciamo da zero? Tutto qui?"
"Sì"
Kaori le porse il biglietto perché Eriko leggesse da sé.
"Almeno sappiamo che è il bel cliente di ieri"
"È un amico, Eriko, nulla di più"
"Sì, un amico che non vedevi da tanto tempo e che ti manda dei fiori costosissimi a giudicare da dove vengono"
"Eri, per favore...non ho voglia di parlarne"
"Molto bene, come vuoi, ma ciò non toglie che il tuo amico sia molto seducente e galante"
"..."
Kaori fece finta di non capire e riprese con le sue faccende.
Eriko voleva sapere, quindi ebbe un'idea:
"Che ne dici di uscire questa sera? È sabato e abbiamo un momento di relax dopo un mese, possiamo approfittarne per festeggiare il nostro lavoro insieme!"
"Sei sicura che è solo per questa ragione?"
"Sì, abbiamo lavorato duramente e non ce l'avrei mai fatta senza di te...e offro io, te lo devo" terminò con un gran sorriso.
Kaori non ebbe il tempo di rispondere che il telefono squillò.
"Pronto" rispose la stilista. Si voltò verso Kaori mettendo una mano sulla cornetta, dicendole: "È il tuo 'amico', vuole sapere se hai ricevuto i fiori e se ti sono piaciuti"
Kaori prese la cornetta e ringraziò il suo interlocutore:
"È stato un gesto gentile ma non serviva"
"No, Kaori, era il minimo, ieri mi sono lasciato trasportare senza ragione. Tu non potevi sapere, ma mi piacerebbe che riprendessimo la nostra conversazione davanti a un drink stasera, che ne dici?"
"Oh questa sera no, mi dispiace ma sono impegnata. Domani pomeriggio se vuoi, possiamo incontrarci da qualche parte?"
Dopo aver concordato sull'ora e sul luogo dell'appuntamento, Kaori riattaccò sotto lo sguardo curioso e impaziente di Eriko. Quest'ultima si promise di farla parlare, in un modo o nell'altro.
Più lontano, per strada, un uomo rifletteva battendo con le dita contro il vetro della cabina telefonica. Sembrava contrariato.
Da dov'era, poteva osservare due sagome attraverso la vetrina del negozio.
"Allora, Kaori, siamo d'accordo per stasera?" insistette Eriko.
"Ok, va bene, ma devo chiamare Ryo per avvertirlo"
"Ah, perché lui ti avverte quando esce?"
"Eri..."
Kaori chiamò Ryo ma le rispose la segreteria telefonica, quindi spiegò brevemente che quella sera avrebbe festeggiato con Eriko la fine della loro collaborazione e che non sapeva a che ora sarebbe rientrata.
Era delusa, le sarebbe piaciuto sentire la sua voce, quindi si tuffò nel lavoro sperando che il tempo passasse il più velocemente possibile.
Ryo aveva sentito il telefono mentre era sotto la doccia e si era messo una salvietta intorno alla vita mentre ascoltava il messaggio della sua bella.
-La faccenda è soltanto rimandata- pensò, per una volta sarebbe stato lui a rimanere sveglio fino al suo ritorno.
 
 
Finalmente la giornata giunse a conclusione. Le ragazze decisero di recarsi in un bar/ristorante poco lontano da lì. Chiusero la boutique e si avviarono senza notare che un uomo usciva dalla cabina telefonica, divenuto il suo luogo di osservazione per il pomeriggio.
Il bar era pieno ma c'erano ancora dei posti, rapidamente le due trovarono un tavolo dove sistemarsi. Il locale era piacevole e l'ambiente era festoso, con una musica ritmata come colonna sonora.
Le donne ordinarono e cominciarono a discutere di tutto e niente.
Tuttavia Kaori non era a suo agio, si sentiva spiata ma non sapeva da dove. Lanciò uno sguardo in sala al fine di provare a distinguere la sensazione, ma fu inutile. C'erano senza dubbio degli uomini che guardavano lei ed Eriko ma non era questo a disturbarla, anche se ne era un po' imbarazzata.
Riportò la sua attenzione al tavolo quando un uomo vi si accostò:
"Buonasera affascinanti signorine, posso offrirvi qualcosa da bere?"
Eriko e Kaori sorrisero alla proposta ma rifiutarono gentilmente.
"Ci ho provato" disse l'uomo sorridendo e tornando al bar.
Kaori seguì il bar con lo sguardo e non vide l'uomo nell'ombra che non si era perso quello scambio. Osservava le ragazze da qualche momento quando quell'uomo aveva tentato la sorte per ritornare a mani vuote. Aveva notato che gli uomini adocchiavano senza imbarazzo le giovani donne non accompagnate, e l'iniziativa dello sconosciuto lo infastidì.
Quando quello si allontanò per recarsi in bagno, lo seguì. Erano soli.
"Che bella ragazza che hai puntato"
"Sì ma non era interessata, peccato"
Si posizionò dietro l'uomo, che era sereno, e con un movimento brusco gli spezzò il collo.
"Non lascerò che nessuno le si avvicini. Lei è mia e io non condivido"
Sollevò il corpo dell'uomo quando un altro entrò:
"Qualche problema?"
"No, niente di grave, ha bevuto troppo, ha solo bisogno di prendere aria"
"Oh, capisco. C'è l'uscita di sicurezza se vuole, a sinistra, è più discreta"
"Ok, grazie"
Aiutò il suo 'compare' a uscire e una volta nel viottolo, lo lasciò a 'smaltire' la sbornia dietro i bidoni della spazzatura.
Rientrò nel bar e fu sollevato nello scoprire che le donne erano sempre lì.
Con l'esperienza, aveva appreso che era necessario non far interferire alcunché nei suoi piani e un'osservazione minuziosa dell'obiettivo era essenziale per essere in grado di interpretare i gesti, che dicevano molto della persona da raggiungere e permetteva un approccio migliore.
L'osservò pazientemente, notando ogni sua mossa, gesto e comportamento, poi guardò l'orologio.
Era ora che andasse a salutarle.

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Capitolo 9
*** 9. Apparenze fuorvianti, parte 2 ***


 
La giornata era risultata estremamente lunga per Ryo, nonostante si fosse alzato tardi per approfittare pienamente della serenità che lo avvolgeva quando pensava a lei.
Dopo la chiamata persa, aveva ancora esitato per andare a trovarla ma non aveva ceduto alla voglia per non metterla a disagio, nemmeno lui sapeva come reagire nel vederla. Voleva proteggere l'inizio di quel qualcosa perché non sapeva dove stessero andando, ma voleva farlo con lei, insieme, al riparo da tutti per evitare situazioni imbarazzanti per lei e per lui, sarebbe stato un peccato rovinare tutto con le sue buffonate consuete quando era con lei.
Dunque aveva occupato il suo tempo come aveva potuto: aveva pulito le armi, si era esercitato a sparare, aveva fatto un po' di ginnastica. Ma il tempo non avanzava abbastanza rapidamente a suo parere. Cercò anche di concentrarsi sulle presentatrici in televisione o sulle signorine mokkori delle sue riviste preferite, ma non c'era gusto.
La pazienza non era il suo forte ma doveva farsi violenza, in ogni caso non aveva niente da fare, Mick era occupato con la sua 'festa a sorpresa' e le ragazze si erano incaricate di preparare tutto. Ryo non era motivato ad andare dalla bella Miki visto che ci sarebbe stato anche Falcon e non aveva nemmeno voglia di uscire, quindi si rassegnò a sprofondare nel divano e a cambiare i canali della tv attendendo, dopo quella giornata, che giungesse la serata e che il suo angelo si degnasse finalmente di tornare.
 
 
Al ristorante la serata era in pieno svolgimento, Eriko e Kaori erano di buon umore e assaporavano quel momento di complicità.
Eriko aveva tentato a più riprese di saperne di più su 'Gin, l'amico misterioso' di Kaori, ma quest'ultima non le diceva ancora tutto, se lo sentiva.
Al bar, un uomo si avvicinò lentamente al loro tavolo, rimanendo lontano dalla loro visuale. Prima voleva osservarle, scrutarle, ascoltarle, sentire la sua voce e la sua risata.
Così prese conoscenza della loro conversazione:
"Non dimenticarti che lunedì mi devi accompagnare alla stazione alle 18.30, un mese lontano da tutte le fatiche per tornare in forza mi farà bene. E tu cosa farai nel mese di agosto?"
"Hahahahaha, Eri, non rischio di dimenticarlo visto che me lo ricordi senza tregua. Hai voglia di partire ma non preoccuparti, sei sulla mia lista delle cose da fare. E..."
Kaori lasciò la frase in sospeso perché, durante le chiacchiere, vagava con lo sguardo sulle persone che parlavano e ridevano, finché lo vide.
Sorpresa della sua presenza, non reagì subito. Lo vide avvicinarsi a lei con passo fiero e sicuro, una mano in tasca e l'altra con un bicchiere, gli occhi sorridenti.
"Buonasera signorine" salutò cortesemente le giovani donne e attese l'invito a unirsi a loro.
"Eriko Kitahara, ti presento Ginko Nakao"
"Lieta di fare la sua conoscenza" salutò Eriko, evidentemente rapita dal suo fascino.
Kaori sorrise, Gin aveva sempre saputo attirarsi la simpatia delle donne in un baleno.
Senza esitare, Gin si posizionò direttamente sulla panca vicino a Kaori e portò con disinvoltura un braccio dietro di lei, sul ripiano.
"Non mi aspettavo di trovarti qui"
"Nemmeno io, mia bella, ma ero qui all'angolo e avevo voglia di qualcosa di fresco, e ascoltando la mia sete sono entrato qui, e sono piacevolmente sorpreso della coincidenza"
Eriko osservò quello scambio e si sentì di troppo ma aveva l'occasione di saperne di più su quello che la sua amica le nascondeva:
"Allora, com'è che lei è amico di Kaori?"
"In effetti, un vecchio amico..."
"Che misteriosa la nostra Kao, dove l'avevi nascosto per tutto questo tempo?" domandò Eriko senza giri di parole.
"Eri!" Kaori guardò male l'amica per la sua mancanza di tatto.
"Haha, lascia stare, Kao, rispondo io. Si può dire che fossi 'nascosto' ma più per dovere che per desiderio"
Un'occhiata alle giovani donne gli fece comprendere di aver acceso la loro curiosità:
"Come sai, Kao, ho abbracciato la carriera da poliziotto come tuo fratello, sono uno sbirro, e anche molto bravo. In più, per forza di cose, si può dire, mi fu offerta un'opportunità e andai oltre, dove le mie capacità potevano essere riconosciute e apprezzate"
Kaori aveva ben compreso il sottinteso, 'per forza di cose', non poteva che riferirsi a Hide.
"Sono quindi entrato nelle forze speciali, un mestiere d'azione, dare la caccia ai peggiori criminali ricercati agendo dall'interno. È un lavoro appassionante, che richiede azione e riflessione. Occupo un ruolo importante ma è vero che posso permettermi delle vacanze più spesso dei miei colleghi, non posso lamentarmi. Parallelamente, le mie relazioni sono varie in vari campi. La mia vita non mi permette di avere molti legami esterni e senza che io lo volessi, ci siamo persi di vista" finì posando un'occhiata delicata su Kaori. Quest'ultima aveva ascoltato cercando di assimilare le informazioni ricevute e sembrava smarrita da quelle rivelazioni.
Quindi Gin era salito di livello, non era un semplice sbirro. Ripensandoci, era da lui, non gli piaceva rimanere inattivo, con il suo carattere metodico ma impulsivo aveva bisogno dell'adrenalina che un mestiere simile gli procurava.
Più volte Hide l'aveva messo in guardia per non farsi divorare da quell'energia che avvertiva durante le missioni, forse era quella la causa della loro divergenza? Non avevano avuto la stessa visione delle cose. Ma apparentemente Gin gestiva tutto bene e conduceva la sua vita come voleva.
"Quindi hai una buona posizione nella polizia, presumo?" domandò Kaori.
"Sì, mia cara, ma non sono qui per parlare di lavoro. Ciò che mi interessa sei tu"
"Oh, anche Kaori lavora..." cominciò Eriko.
"Duramente, lavoro duramente con la mia amica che è stilista e che possiede la sua boutique"
Kaori non aveva trovato di meglio per concludere la frase di Eriko. Non era il momento di annunciare che lavorava e viveva con un uomo ricercato.
Uno sguardo insistente fece comprendere alla stilista la gaffe che stava per commettere. Con completa naturalezza, Eriko cambiò argomento:
"Lei conosce Kaori da tanto tempo, quindi me lo può dire: com'era da piccola? Voglio sapere tutto"
"Scusala, Gin, la mia amica soffre di una curiosità patologica"
"No, non c'è niente di male, ma da dove comincio? Kaori era una bambina generosa, timida e intrepida. È cambiata?"
"Generosa e timida lo è di sicuro!" Eriko riconobbe bene la sua amica. "In cosa era intrepida?"
"Che esempio scegliere? Ne ho un sacco!"
"Gin! Ti proibisco di parlare! Tutti abbiamo fatto delle sciocchezze da bambini..."
Kaori non amava troppo la svolta che stava prendendo la conversazione, a quel ritmo Eriko avrebbe soddisfatto velocemente la sua curiosità e di conseguenza non avrebbe smesso di tormentarla.
Fece comprendere a Gin che era nel suo interesse tacere su certe storie. Lui apprezzò lo sguardo imbarazzato e di rimprovero ma alcuni aneddoti avrebbero sicuramente ravvivato i suoi ricordi e i suoi sentimenti a suo favore:
"Da cosa comincio? Ah lo so, quella volta in cui sei tornata a casa ricoperta di fango dalla testa ai piedi! Eheheh, eri troppo divertente..."
"Oh, voglio sapere, come aveva fatto?"
"Allora, ecco, si era conciata così a causa di un micino disgraziato che non aveva trovato di meglio da fare che arrampicarsi su un albero sotto la pioggia"
A quel punto, Kaori non poté più fermarli, si misero a ridere e a parlare come se lei fosse sparita. Non poté che accettare i racconti dell'uno e sorridere timidamente alle occhiate divertite dell'amica. Kaori era un po' imbarazzata e ricordava bene tutti quei momenti ma non avrebbe fatto raccontare a Gin ogni cosa, anche lei aveva delle storie in serbo.
In quel modo, non notarono il tempo che passava tra le risate e la tenerezza che quei ricordi suscitavano.
Da perfetto gentiluomo, Gin andò a occuparsi del conto con totale discrezione. Eriko apprezzò ma si sentì in debito:
"È molto gentile da parte sua, ma non ce n'era bisogno"
"Diamoci del tu, dopo stasera ci conosciamo meglio, penso"
"In effetti sì. Si sta facendo tardi, torno a casa"
A quell'annunciò Kaori ci vide chiaro:
"Aspetta, torno con te, non ho le chiavi" tentò Kaori, sperando che Eriko comprendesse dove volesse arrivare.
"Oh...sì, certo, rientriamo insieme allora"
Gin non comprendeva, erano amiche, era sicuro, ma gli sembrava che non si comportassero in modo completamente naturale, soprattutto Kaori. C'era qualcosa che gli stava nascondendo? Aveva ben compreso che, se voleva saperne di più, non era a lei che doveva chiedere ma all'affascinante stilista che l'accompagnava.
"Vi accompagno, sarà più sicuro"
La frase e il tono non ammettevano rifiuti.
"Seguitemi signorine, la mia macchina è parcheggiata lì"
Kaori ed Eriko obbedirono. Farsi passare per coinquiline non era poi così male, Kaori non aveva chiesto l'approvazione ad Eriko ma sapeva che la sua amica, sapendo della sua situazione con Ryo, non se la sarebbe presa. Kaori si sentiva anche a disagio con Gin, lui aveva raccontato della sua vita, della sua assenza e lei aveva risposto con mezze parole, rimanendo volontariamente vaga sulla sua vita, sul suo mestiere e sui suoi amici. Evocare il passato non la infastidiva, ma ora di cosa avrebbero parlato?
Galantemente, lui aprì le portiere e aiutò le giovani donne a entrare in auto. Il tragitto fino all'appartamento di Eriko fu rapido con le indicazioni di Kaori che si era messa davanti.
"Allora, delle signorine così affascinanti come voi devono avere una marea di spasimanti, no?"
"Oh...non in questo momento" rispose Eriko.
"..." Kaori arrossì.
"Kaori, tu frequenti qualcuno?" si inquietò Gin.
"No, nessuno" mormorò lei con le guance rosse. Quella domanda intimà gettò come del gelo tra i due. Gin concluse che era un argomento personale di cui non voleva parlare, la sua timidezza compariva sempre in quei momenti.
"Ecco, siamo arrivati, grazie Gin" indicò Kaori.
Eriko ringraziò calorosamente Gin e uscì dalla vettura. Al momento di ripartire Gin trattenne Kaori per un braccio, invitandola a rimanere. Kaori fece segno a Eriko che l'avrebbe raggiunta, l'amica rientrò a casa e li lasciò da soli.
"Kao, è stato bello rivedersi così e ancora di più perché per domani devo annullare, ho un affare che mi obbliga a cambiare i miei piani"
"Peccato, sarà per un'altra volta, ma è vero che stasera abbiamo riso un sacco. Io...io volevo scusarmi per la mia reazione di ieri, solo che...quando si tratta di Hide..."
"Manca anche a me..." Gin guardava nel vuoto, il capo sul poggiatesta in pelle. "Come fai senza di lui?"
Come dirgli che era rimasta devastata dalla morte di suo fratello, che aveva creduto di morire senza di lui, che si era di nuovo sentita sola, che si sarebbe sicuramente lasciata andare fino in fondo se qualcuno non fosse stato lì per lei?
"A volte ho l'impressione che ci sia ancora, allora vivo anche per lui"
"Hai sempre dato prova di forza e coraggio quando la situazione lo richiedeva. Avrei dovuto esserci per te, mi sono perso tante cose, potrai perdonarmi un giorno?"
Kaori non sapeva come interpretare lo sguardo fisso e carico di rimpianto del suo amico.
"Sono stata arrabbiata con te ma capisco meglio la ragione della tua assenza e non ti terrò rancore. Mi importa poco delle vostro divergenze di allora, l'importante è che tu stia bene. E per quanto riguarda me, sto bene, ho un lavoro, degli amici e una vita che amo, quindi non colpevolizzarti per ciò che non puoi cambiare"
"Grazie mia bella, è bello sentirtelo dire. Non voglio che ci allontaniamo di nuovo"
"Ah, non spetta che a te dare tue notizie di tanto in tanto" lo provocò lei. "Da quello che ho capito, tu non vivi qui?"
"È vero che mi sposto parecchio ma ho una casa a Osaka. Potresti venire lì?"
"A passare il weekend o in vacanza? Dovrei rilfetterci-"
"No, Kao, potresti venirci a vivere, con me?"
Gin non aveva pensato alla portata delle sue parole ma non immaginava più di proseguire senza di lei. Doveva stare attento alle aspettative della giovane donna e aveva la sensazione che l'avrebbe di nuovo persa di vista, mai più avrebbe avuto un'altra occasione di avere la vita che sognava per loro.
Kaori rimase senza parole a quella domanda, Gin era serio e non si sarebbe permesso di scherzare su una cosa simile. Voleva tornare nella sua vita e, anche se le faceva piacere rivederlo, non poteva consentirgli un vero posto nella sua esistenza.
"Gin..."
"Rifletti, Kao, mi occuperei di te, non ti mancherebbe niente, posso offrirti tutto quello che desideri e anche di più"
"Gin, tu non capisci. Questa sera ti ho ritrovato, ma non voglio mollare tutto per te. Ognuno di noi ha proseguito con la sua vita e la mia è qui, ci sto bene, e mio fratello riposa in questa città"
Cercò nei suoi occhi il baluginio che vi era rimasto per tutta la serata ma vi trovò solo uno sguardo grigio. Stranamente i suoi occhi prendevano quella tonalità quando era contrariato, quindi lei lo rassicurò prendendogli la mano nelle proprie:
"Gin, questo non cambia quello che provo per te ma le nostre vite sono diverse, io sono diversa e non ho più bisogno che si vegli su di me, sono una donna adulta adesso"
Lui la guardò, trovando in quello sguardo nocciola la determinazione e la forza di cui lui aveva bisogno e la dolcezza delle sue mani lo riscaldò; con mano ferma attirò improvvisamente Kaori a sé e con un gesto di infinita tenerezza, le posò un leggero bacio sulla fronte.
Così intrecciati, Kaori ebbe l'impressione di trovarsi fra le braccia di suo fratello, protetta e al sicuro.
"Molto bene, signorina, la libererò e cercherò di darle mie notizie prima della mia prossima partenza, e ci vedremo più in là"
"Hahaha, sì, facciamo così"
Kaori lo ringraziò un'ultima volta, uscendo dall'auto e guardandolo sparire nella notte.
Si voltò e, come aveva pensato, Eriko era alla finestra. Le sorrise e la salutò con la mano prima di dirigersi al suo appartamento. Camminare le avrebbe fatto bene per assimilare quella serata: Gin era sempre così affascinante e premuroso con lei, voleva solo il suo bene, non ne dubitava, ma sapeva chi era l'uomo che avrebbe fatto davvero la sua felicità, quindi velocizzò il passo per andare a raggiungerlo.

 

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Capitolo 10
*** 10. Un'ossessione ***


Decisamente niente stava andando come lui voleva. Premendo sull'acceleratore, tentò di spazzare via la frustrazione di essere stato respinto. Non gliene voleva, quasi se l'aspettava. Lei aveva proseguito con la sua vita senza di lui, non doveva precipitare le cose ma lei avrebbe dovuto contare su di lui da quel momento.
Gin era sempre dove non ci si aspettava e ciò gli dava vantaggio sugli avversari, chiunque fossero. Anticipare, calcolare, immaginare tutte le possibilità, niente doveva essere lasciato al caso, il bersaglio doveva essere identificato al meglio al fine di ottenerlo con qualunque mezzo. Kaori non faceva eccezione, al contrario, avrebbe impiegato più aggressività e fervore per averla ma avrebbe dovuto ancora pazientare perché il primo obiettivo era appena emerso.
Il suo ritorno a Tokyo era stato dovuto a un agente troppo zelante e lui non aveva potuto lasciarlo fare, c'era troppo in gioco. Secondo le sue infiltrazioni, Gin aveva capito come funzionavano tutte quelle organizzazioni e clan. Doveva fare parte di loro per avere un accesso privilegiato nei loro affari e aveva dimostrato ripetutamente la sua lealtà e devozione ai diversi clan con cui si era integrato. Non si pentiva affatto delle sue estorsioni e se poteva trarne benefici e vantaggi, avrebbe fatto male a privarsene.
Ufficialmente, era un membro attivo e riconosciuto nelle alte sfere, ricompensato in continuazione per la sua efficacia nello sradicare le peggiori organizzazioni criminali e nel corso degli anni si era costruito una reputazione solida, e aveva creato potenti legami con persone molto influenti e altolocate in tutti i settori.
Ma nell'ombra, anche lui lavorava all'interno delle organizzazioni, più per piacere e per gioco. Gli piaceva mescolarsi a uomini e donne senza morale né principi e vederli unirsi per il potere, dilettandosi con loro.
Le sue due vite si combinavano senza difficoltà per lui che sapeva manipolare le persone, il suo denaro faceva il resto. Non si sentiva di appoggiare nessuna morale perché ciò che contava era il solo il potere che sentiva quando sapeva di avere il diritto di vita o di morte su un altro uomo più debole di lui. La sua vita aveva un perfetto equilibrio e tutto, sempre, era sotto il suo controllo.
Una sola cosa gli era tuttavia sempre mancata: Kaori Makimura.
L'aveva vista crescere e negli anni la sua tenerezza fraterna si era mutata in un amore incondizionato e appassionato. Non aveva avuto il tempo di confessarle i propri sentimenti che Hide lo aveva contrastato. Si conoscevano bene, troppo bene. Gin aveva preferito battere in ritirata, aveva di meglio da fare all'epoca. Ma anche lontano, aveva tenuto d'occhio i fratelli Makimura, fino al giorno in cui Hide aveva lasciato la polizia. Ciò l'aveva sconcertato, ma era stato impossibile per Gin sapere che cosa tramava. Anche Hide aveva i suoi segreti e sapeva dissimularli agli occhi della legge, trascinando sua sorella con sé.
Quando era venuto a conoscenza della morte del suo migliore amico e fratello, aveva sentito un grande vuoto perché da qualche parte aveva nutrito la speranza che un giorno avrebbero potuto riconciliarsi, che Hide si sarebbe reso conto che lui era degno di lei, aveva lavorato duramente a quel proposito. Ma non aveva potuto cambiare la realtà e allora l'aveva cercata, dappertutto, mettendo in gioco tutte le sue relazioni, ufficiali e non per avere una pista anche debole, ma niente.
Aveva creduto di diventare pazzo all'epoca, Kaori non poteva essere sparita dalla faccia della Terra, doveva per forza trovarsi da qualche parte ma era come se si fosse nascosta agli occhi di tutti. Rimanendo inaccessibile.
E quando aveva finito per farsene una ragione, ecco che lei gli appariva davanti, bella e impulsiva.
Sì, era lei che mancava nella sua vita, la sua vivacità, la sua gentilezza, la sua purezza, aveva bisogno di lei perché anche se numerose donne avevano alleviato la sua solitudine, solo lei poteva guarire i suoi mali, le sue ferite e la solitudine che la sua vita aveva generato. Avrebbe saputo come convincerla alla sua causa.
Gin mise fine alle sue riflessioni quando giunse a destinazione. Parcheggiò abbastanza lontano per non essere reperito e si cambiò per fondersi nella notte. Aveva sentito parlare di un incontro in un cantiere di un edificio in costruzione tra un cartello della droga e un agente speciale per uno scambio di informazioni. Non era un bene che gli sbirri e i criminali si alleassero per interessi comuni, ma per lui poteva essere gratificante. Individuò i suoi bersagli e si posizionò in modo da avere visuale libra. Senza far rumore, si mise in posizione e caricò il suo fucile. Tramite il mirino, ispezionò l'ambiente circostante, c'erano solo due uomini. Avrebbe risolto in fretta, non aveva voglia di giocare quella sera.
Vide i due uomini, ignari della sua presenza, avvicinarsi l'un l'altro e, quando si trovarono sullo stesso asse, sparò senza esitazione. Bastò una sola pallottola per perforare la prima testa e terminare la sua corsa nella seconda. A Gin non piaceva sprecare le munizioni.
Si mise un istante all'ascolto. Gli uomini, troppo fiduciosi, erano venuti da soli, stupido errore. Si rialzò con il fucile sulla spalla, andando a finire il lavoro: poté constatare con soddisfazione che, un'altra volta, aveva fatto centro. Perquisì minuziosamente i corpi e trovò un cd su ciascun uomo. Li tenne in mano e senza ulteriori indugi si voltò per raggiungere il suo veicolo.
Il giorno dopo sarebbe stata una giornata impegnativa in cui avrebbe tentato di assimilare le informazioni incise sui cd per sfruttarle al meglio e poi riprendere il corso della sua vita.
 
 
Il campanello della porta lo svegliò e guardò velocemente l'orologio, che indicava le 2 del mattino. Chi poteva disturbarlo a quella ora, facendo un tale rumore?
Kaori? A quanto pareva non era ancora rientrata, perché non avvertiva la sua presenza nell'appartamento ma lei aveva le chiavi, allora chi poteva essere?
Ryo si inquietò per la partner, non era sua abitudine tornare così tardi, doveva essersi ben divertita per non aver prestato attenzione all'ora. Si risentì con una punta di gelosia, anche lui voleva sentire la sua risata e vederla.
Ancora quel maledetto campanello.
"Va bene, arrivo!"
Ryo aprì la porta ed ebbe il piacere di accogliere Saeko, che non sembrava di buon umore.
"Ce ne hai messo di tempo, è da mezz'ora che ti suono" disse lei entrando nell'appartamento.
"Ti prego, entra e accomodati" disse Ryo constatando che l'ispettrice stava prendendo posto al tavolo del salotto.
"Kaori ha il sonno più pesante del tuo?" chiese lei fissando verso il piano di sopra.
"Se sei venuta per parlare del sonno della mia partner, avresti potuto scegliere un'ora più decente, a meno che tu non avessi una voglia impellente del mio corpo?"
Ryo mise su un'espressione disgustosa, e con la bava alla bocca si avvicinò pericolosamente alla bella bruna.
"In effetti se sono qui è perché ho bisogno di te" disse lei avvicinandoglisi con un'andatura ondeggiante.
Lui non riuscì a distogliere lo sguardo da quell'ancheggiare sensuale che lo ipnotizzava, le sue mani si mossero all'idea di toccare, anche con la punta delle dita, le sue forme seducenti.
"Bene, visto che ho la tua attenzione, seguimi"
Docilmente, Ryo si infilò la giacca e seguì la bella ispettrice.
Lei gli fece segnò di salire sulla sua macchina e quando mise in moto, iniziò a spiegargli:
"Un cartello che stiamo sorvegliando è in piena ebollizione, il capo è stato ucciso"
"E allora, cosa ti preoccupa? Rallenterà un po' i loro affari e il fatto che si uccidano a vicenda aiuta noi, no?"
"Tranne che non si è trattata di un'organizzazione rivale, niente porta in questa direzione. E...anche un agente è stato ucciso. Lavorava come sommozzatore e la sua missione era quella di infiltrarsi nell'organizzazione e ottenere la fiducia del grande capo. Aveva dovuto far credere di essere passato dalla loro parte e stanotte era previsto uno scambio di informazioni per entrambi. Ma apparentemente, c'è stato un invitato a sorpresa"
"Qual è il tuo ruolo e il mio in tutto questo?"
"Per limitare le fughe di notizie, poche persone erano a conoscenza di questa transazione e per maggiore credibilità, l'agente doveva recarsi sul posto solo, lo avremmo incontrato dopo lo scambio. Non avendo sue notizie, ho pensato al peggio e il tuo aiuto sarebbe prezioso per questa indagine"
Giunsero al luogo dell'appuntamento, il silenzio che vi regnava non presagiva nulla di buono. Stando attenti, avanzarono progressivamente sul sito e trovarono i due corpi.
"È il lavoro di un professionista" annunciò Ryo dopo una rapida osservazione.
"Siamo arrivati troppo tardi. Che interesse aveva a fare ciò? A uccidere questi due?" si interrogò Saeko.
"In tutti i casi, è avvenuto di recente, i corpi sono ancora caldi. Chiama la tua squadra e noi torniamo in città alla ricerca di informazioni. Sarà una lunga notte."
 
 
Kaori ci aveva messo un po' a rientrare, non era stata la sola a essere uscita e c'era stata un po' di folla per le strade, niente di strano per un weekend estivo. Si era gentilmente fatta apostrofare da un gruppo di allegri festaioli sulla strada di casa e aveva avuto qualche problema a sbarazzarsene, ma alla fine ci era riuscita.
L'appartamento era immerso nel buio. Non si attendeva che lui l'avrebbe aspettata tranquillamente, sicuramente era uscito con Mick. Ne fu rattristata ma non sorpresa. Si diresse comunque verso la camera del partner e dopo aver atteso un eventuale rumore a testimone della sua presenza, aprì la porta. La stanza era vuota. Vi entrò e si sedette sul letto.
Non si erano visti né avevano parlato da...quei baci. Cos'erano? Come avrebbe dovuto reagire quando lo avesse visto, cosa le avrebbe detto lui? Erano una coppia? In quell'istante fu sommersa da dubbi e l'assenza di Ryo non fece che intensificare i suoi timori. Tutto sembrava così fragile tra loro e dopo il loro riavvicinamento così effimero.
Kaori preferì non aspettare nella stanza, altrimenti l'aria avrebbe cominciato a mancarle. Perché doveva sempre dubitare di tutto? E soprattutto di Ryo?
Andò in camera sua e tentò di trovarvi un po' di conforto per avere la forza di affrontare un eventuale fallimento con il partner, perché aveva paura che lui si sarebbe di nuovo comportato come se non fosse successo nulla.
Che fortuna che aveva, tra Gin sempre così intraprendente e attento, e Ryo, assente o distante.
Perché quello che aspettava giungeva sempre da qualcun altro?
Con queste idee e sentimenti confusi, si ritrovò in un sonno senza sogni.
 
 
Kaori, per una volta, non si risvegliò di buon'ora al fine di recuperare dalla sua serata. Quando gettò un'occhiata alla sveglia, era quasi mezzogiorno. Si alzò e senza fare troppo rumore, per non svegliare il partner che doveva essere rientrato tardi, diede inizio a quella domenica soleggiata. Preparò un banchetto che avrebbe fatto sia da colazione che pranzo e una volta sistemato tutto, andò a svegliare Ryo.
Quale non fu la sua sorpresa nel constatare nuovamente che la camera era vuota. O si era già alzato ed era uscito, oppure non era affatto rientrato. Kaori era propensa alla seconda possibilità, doveva aver dormito in qualche sordido vicolo.
Quella constatazione la fece soffrire, cercava di evitarla? Come aveva potuto pensare che qualcosa sarebbe potuto cambiare tra loro?
Arrabbiata e ferita, prese la sua borsa e uscì per alleggerirsi i pensieri, aveva bisogno di alleviare le sue pene e sapeva con chi parlarne. Era da un po' che non andava a trovarlo e aveva delle cose da raccontargli, restava il suo confidente più prezioso e più attento.
Gli raccontò tutto quello che era successo di importante nella sua vita, il matrimonio dei suoi amici, il suo lavoro con Eriko, la sua vita con Ryo e il ritorno di Gin.
Restò lì di fronte a lui che l'ascoltava in silenzio, non c'era nessuno, quindi Kaori lasciò libero sfogo ai suoi sentimenti, prima gioiosi e poi più tristi; lui non poteva rispondere ma durante quello scambio Kaori non cercava la sua approvazione o i suoi consigli, voleva soltanto che sapesse dov'era e le permetteva di esprimere tutto, per un momento. Quando il pomeriggio virò verso la sua conclusione, Kaori si congedò dal suo interlocutore, il cuore più leggero. I suoi passi risuonarono lungo il viottolo mentre un vento leggero si alzava per spazzare dalla lapide tutte quelle parole lasciate da un'anima in pena.

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Capitolo 11
*** 11. Una decisione senza appello ***


Ryo e Saeko avevano trascorso il resto della notte a correre dietro gli indizi ma niente di probante chiariva il loro affare. Ad ogni modo l'omicidio del capo dell'organizzazione aveva creato scalpore e la notizia si era già diffusa. Ma nessuno rivendicò l'atto. Apparentemente non c'erano conflitti così importanti tra i clan che avrebbero giustificato una soluzione così radicale. E sicuramente il gran capo non si sarebbe vantato di scambiare informazioni con i diversi membri delle varie organizzazioni del paese. Significava che la fuga di notizie e il risultato di quel macabro scambio erano dovuti all'opera di un poliziotto. Ma chi? E perché?
Saeko rimaneva perplessa a riguardo, certamente c'erano mele marce ovunque, ma qual era stato l'interesse di quella in particolare?
La cosa la disturbava perché in genere quel tipo di uomini servivano i propri interessi ma all'interno di una fazione ben definita perché le conseguenze in caso di tradimento erano alte e, in quell'ambiente, era la morte ad attenderli se venivano scoperti. Ma in quel caso, quell'uomo che aveva dovuto agire da solo, sembrava non tener conto di queste regole implicite ma note a tutti coloro che facevano parte di quell'ambiente, da vicino o da lontano. Nessuno poteva ignorare quelle conseguenze. A metà pomeriggio, erano ancora a mani vuote, avevano sondato la città in tutte le direzioni, ma ancora non avevano alcuna traccia tangibile. Saeko era irritata dal fatto che non stessero arrivando a nulla e anche Ryo cominciava ad arrabbiarsi. Sembrava di inseguire un fantasma. Dovevano riprendere le forze e, senza nemmeno chiedere il parere di Ryo, Saeko andò direttamente a casa sua.
"Non è che non sia d'accordo, ma avrei preferito che andassimo a casa mia, sai"
Ryo pensava soprattutto a Kaori che doveva essersi fatta un sacco di domande sulla sua assenza e non voleva che immaginasse che la stava evitando volontariamente. Non voleva soprattutto quest'ultima cosa.
"Eravamo più vicini a casa mia e ho dei fascicoli che vorrei consultare"
"Avevi già previsto il colpo?" domandò Ryo sistemandosi sul divano dell'ispettrice.
"Diciamo di sì, ma ho pensato che avresti preferito vederli qui che in commissariato. Sono fascicoli sugli agenti del mio dipartimento già infiltrati nell'ambiente e nelle diverse organizzazioni. Magari mi è sfuggito qualcosa. Ti lascio dare un'occhiata, il tempo di cambiarmi"
Ryo guardò l'ispettrice sparire dietro una porta e si alzò.
Ascoltò i rumori da dietro la porta e quando sentì lo scroscio dell'acqua, si diresse al telefono della padrona di casa.
Riagganciò, frustrato. Nessuno aveva risposto. Era rientrata? Come aveva preso la sua assenza? Stava bene? Non gli piaceva avere quei pensieri e rimanere nell'incertezza. Decise di chiamare Mick perché andasse a verificare che Kaori stesse bene. Ma anche sul quel fronte, non ottenne risposta. Kazue era al lavoro, Ryo era quasi certo che l'americano fosse uscito a divertirsi. Nemmeno quello gli andava bene.
Tornò a sedersi e guardò la montagna di fascicoli, impressionato che ci fossero tanti agenti a rischiare la vita.
"Allora? Che ne pensi?" lo interruppe la giovane donna ora rinfrescata.
"Stavo per cominciare ma non pensavo che ce ne fossero tanti!"
"Cosa credi, non stiamo a non far niente, è un lavoro a lungo termine. Gli agenti sono tutti suddivisi e selezionati, non mandiamo chiunque e allo sbando. Se è uno dei nostri, dobbiamo trovarlo"
Saeko ne faceva quasi un affare personale.
Mentre Ryo partiva col primo fascicolo, Saeko si recò in cucina per fare del caffè e per tentare di trovare qualcosa da sgranocchiare perché non aveva l'abitudine di ricevere gente a casa.
In un silenzio pesante ma concentrato, si misero a scrutare ogni fascicolo, erano lontani dall'avere finito.
Pensando che un paio di mani un più avrebbe fatto comodo, Saeko chiamò sua sorella come rinforzo e le chiese di portare loro qualcosa per ristorarsi.
Reika giunse con le braccia cariche di piatti perché conosceva l'appetito leggendario di Ryo.
"Kaori non c'è?" lanciò con una punta di malizia al bel bruno.
"Non siamo sempre incollati, sai" rispose lui impossessandosi di un piatto.
Reika depositò il resto e si mise accanto a Ryo. Quest'ultimo notò il suo movimento ma non aveva tempo per fare commenti:
"Concentrati sui fascicoli, Saeko ti avrà spiegato, quindi più faremo in fretta, più rapidamente saremo in grado di decidere la procedura da seguire"
Reika obbedì e decise di comportarsi da vera professionista, guardò sua sorella che era letteralmente sommersa dalla pila di fascicoli e iniziò anche lei la sua lettura.
Quando giunsero la fine, l'ora era lontana dall'essere decente. Decisero di fermarsi, era ovvio che quello che cercavano non si trovava in quei fascicoli. Non c'era niente che potesse indicare una traccia.
Reika e Ryo se ne andarono insieme. Ryo non aveva la macchina, la detective gli propose di accompagnarlo.
"Questa storia richiederà tempo, dobbiamo aspettare che ci siano delle ripercussioni. In questo momento Saeko è nervosa, sta lavorando troppo"
"Conosci mia sorella, quando ha un'idea in testa, non demorde. E tu, se cerchi lavoro, sappi che la mia offerta di partnership è sempre valida"
"Ti faccio presente che ho già una partner e mi sorprenderebbe che fosse d'accordo"
"Sì, Kaori. Ha brillato con la sua presenza, stasera" disse lei ironica.
Ryo non aveva voglia di discutere sulla sua partner, voleva rientrare.
Quando arrivarono a destinazione, ognuno rientrò a casa sua senza aggiungere altro.
Ryo entrò senza far rumore nell'appartamento, non prendendosi il disturbo di accendere la luce. Si recò direttamente verso la stanza della sua partner. Con molta minuzia, aprì la porta e si avvicinò all'addormentata.
Non l'aveva atteso in salone come al solito, prova che era arrabbiata con lui. Non aveva il coraggio di svegliarla e di spiegarle le ragioni della sua assenza. Lo avrebbe fatto il giorno dopo.
Spostò dal suo viso una ciocca di capelli e la fissò per un momento. Si calmò. Si era sentito così vuoto da quando aveva ricevuto il suo messaggio sulla segreteria telefonica, due giorni senza vederla era una tortura. Lei aveva dovuto pensare al peggio, pensando certamente che lui si era pentito di quello che era successo tra loro. Ma il giorno seguente avrebbero ripreso da dove si erano interrotti. Ryo aveva preso la sua decisione e aveva intenzione di perseguirla. Dal giorno dopo, tutto sarebbe stato diverso. La baciò furtivamente sulla fronte e lasciò la stanza prima di cedere al crescente desiderio di tenerla di nuovo fra le braccia. Fece una bella doccia e affondò direttamente in un sonno ristoratore.
 
 
Kaori aveva messo la sveglia di buon ora perché quel giorno c'era un programma che l'attendeva. Quella sera ci sarebbe stata la festa con gli amici per il compleanno di Kazue. Avrebbero iniziato bene la settimana, avevano convenuto con quella sera perché, con gli impegni di ognuno, avevano scelto la prima data disponibile.
Si alzò con entusiasmo. Lasciando la sua stanza, guardò la porta della camera del partner. Era rientrato? Poco importava, non voleva sapere cos'aveva fatto. Non voleva iniziare la giornata arrabbiandosi con lui, aveva bisogno di tutte le sue forze e del suo buon umore. Preparò tutto quello che le serviva per quella sera, un abito più adeguato all'evento e i regali per Kazue.
Svolse alcune faccende di casa e lasciò un biglietto a Ryo ricordandogli l'ora della festa, magari poteva sperare di vederlo lì.
Scendendo per le scale per raggiungere l'auto, Kaori incrociò Reika:
"Qual buon vento ti porta qui?"
"Sono venuta a trovare Ryo per la nostra indagine, forse abbiamo una pista. Non ti disturba?"
"Ti prego, fai come fossi a casa tua"
Kaori continuò a camminare senza voltarsi e trattenne le lacrime fino alla macchina. Una volta dentro, quelle caddero in silenzio. Allora Ryo aveva trascorso il suo tempo con Reika. Lavorava con lei e non aveva trovato necessario avvisarla.
Era stanca di sperare, non poteva continuare così, non era quello che voleva. Essere la sua partner o la sua fidanzata, non voleva dover scegliere. Credeva che avrebbero cominciato una storia seria, che li avrebbe avvicinati di più nel lavoro, ma non era quello il caso. E poi, avevano realmente una storia o non era altro che il frutto della sua immaginazione e delle sue speranze? Si sentiva perduta. Si maledisse per essere stata così ingenua. Fu invasa dalla delusione e dalla collera.
Mise in moto e si allontanò dall'edificio, il cuore pesante.
Kaori giunse al Cat's Eye indossando il suo più bel sorriso. Aveva cercato di calmarsi durante il tragitto. Non voleva mostrare il suo dolore davanti agli amici, così ripose Ryo nella parte più profonda del suo cuore e si comportò come se tutto andasse bene.
Le due giovani donne iniziarono a sistemare le decorazioni, sempre chiacchierando. Miki era felice di vedere che la sua amica sembrava altrettanto gioiosa. Avevano fatto tutti gli acquisti insieme e preparato tutti i piatti, c'era da mangiare per un reggimento.
Poco dopo, Kaori andò a prendere la torta ordinata per l'occasione. Quando tornò, Miki le offrì un caffè per rilassarsi prima dell'inizio della serata, orgogliosa del lavoro realizzato.
"Adesso non posso. Devo accompagnare Eriko alla stazione, ma tornerò subito" annunciò Kaori guardando l'ora. E la giovane donna ripartì, prendendo la direzione dell'edificio dove abitava la sua amica. Parcheggiò appena sotto e andò a suonare il campanello. La sua azione fu evitata da una pressione che sentì sul braccio.
"Kaori, ti aspettavo"
Lei si voltò e non nascose la sorpresa:
"Gin? Che ci fai qui? Ti va male, sono di corsa e la mia amica ha un treno da prendere"
"Ti rubo cinque minuti, promesso"
Senza lasciarle il tempo di rispondere, l'uomo portò la giovane donna dall'altro lato della strada, in un vicolo meno frequentato.
"Posso sapere che succede, Gin? Sembri preoccupato"
Kaori lo scrutò, cercando un indizio negli occhi verdi che la osservavano. Gin la divorava con lo sguardo e lei si sentì nuda di fronte a quell'occhiata indecente.
"Kaori...ho preso una decisione e ci tenevo a informarti"
"Sì, di cosa si tratta?"
"Sto ripartendo e voglio che tu venga con me"
Kaori rimase molto attenta, aveva capito bene? Posò le mani sul suo torso e lo guardò dritto negli occhi:
"Gin..." cercò le parole. "Non puoi decidere una cosa simile al mio posto. Ti ho già detto che la mia vita è qui"
"Lo so, Kao. So tutto quello che ti trattiene e che ti impedisce di seguirmi volontariamente. Credimi, ho risolto tutto"
In quel momento, l'orologio dell'uomo risuonò come una campana funebre per Kaori. Aumentò la pressione sulla giovane donna e mentre la teneva saldamente tra le braccia, ci fu un'esplosione nell'edificio di fronte.
A rallentatore, Kaori voltò la testa verso il piano dell'immobile dove viveva Eriko: stava andando a fuoco.
"NOOOOOOOOOOO! ERIKOOOOOOOOOOO!!!"
Le lacrime le devastarono il viso e le dita si serrarono sugli abiti dell'uomo mentre urlava a pieni polmoni, cercando di scrollarsi dalla presa di Gin.
"L'ho fatto per te, Kao" annunciò Gin piano. "Niente si deve mettere tra noi"
Le asciugò le lacrime e tentò di cullarla e aiutarla nel suo dolore.
"...Per me...noi? Gin...cosa...cos'hai fatto?" pronunciò quelle parole tra i singhiozzi.
"Non preoccuparti, ora sono qui e mi prenderò cura di te"
Gin aveva parlato con un piacere mal contenuto. Lei era ancora intrappolata fra le sue braccia e guardava le fiamme danzare lungo l'edificio. Alcune persone accorrevano per assistere al dramma ma loro, nel vicolo, rimasero invisibili.
In lontananza Kaori vide la sirena dei soccorsi arrivare ma lei era impotente, paralizzata da ciò che stava succedendo in quell'istante.
Kaori sentì un formicolio al collo. La testa cominciò a girarle. Sentì le forze abbandonarla. Con un ultimo gesto, voltò la testa verso Gin prima di crollare fra le sue braccia.
Gin rimise la siringa nella sua custodia e strinse Kaori a sé.
"Andrà tutto bene. È l'inizio di una nuova vita per entrambi. Saremo felici insieme"
Con uno sguardo tenero e pieno di speranza con cui accarezzò il viso della sua bella, Gin scomparve nel vicolo con il suo tesoro più prezioso contro di sé. Una seconda esplosione risuonò, il fuoco si intensificò e niente sembrava poterlo fermare.

 

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Capitolo 12
*** 12. Scomparsa ***


Durante una giornata di foschia e pioggia, in un angolo di Shinjuku, un edificio si ergeva, solo e miserabile. All'interno, la solitudine e l'amarezza vi regnavano. L'appartamento in cui tali sentimenti si erano rifugiati non aveva nulla a che fare con quello che era stato in un'altra epoca: le parole chiavi di quel posto erano devastazione, disperazione e abbandono. L'appartamento era sotto sopra. Pezzi di vetro erano sparpagliati sul pavimento insieme a numerose bottiglie svuotate dell'alcool che avevano contenuto. La polvere aveva invaso tutto lo spazio e la luce esterna non era gradita, viste le tende tirate. L'aria era secca e pungente. Quella caverna buia e fredda proteggeva un'anima perduta, un essere caduto nell'oblio, un uomo distrutto: Ryo Saeba non usciva da tre mesi.
Tre mesi in cui aveva vissuto da recluso, con la sofferenza e i rimpianti come unici amici.
Da quel fatidico giorno, il tempo non esisteva più. Altri giorni, altre notti. Riviveva costantemente quegli ultimi momenti condivisi con lei. Era tutto ciò che gli era rimasto. Le esalazioni dell'alcool lo aiutavano a non far sbiadire la sua immagine, a credere che lei fosse ancora lì con lui. Quasi a credere che potesse ancora toccarla. Accarezzare la sua pelle. Assaggiare le sue labbra. Tenerla contro di sé. Era tutto ciò che cercava, anche se rimaneva soltanto un miraggio.
Per conferire più veridicità alle sue illusioni, ascoltava senza tregua l'ultima traccia appartenente a un'altra vita. Metteva in funzione uno dei pochi oggetti ancora funzionanti e ascoltava quasi religiosamente quel macchinario che ritrasmetteva ancora una volta la voce dolce e melodiosa della sua partner scomparsa. Era tutto ciò che lo legava al mondo esterno. Una voce, la sua voce. Aveva bandito ogni altro essere umano dalla sua esistenza, non sopportando più i loro sguardi pieni di compassione e tenerezza, come se loro potessero capire come si sentiva, quando non erano consapevoli dei suoi veri sentimenti per lei. Si dicevano suoi amici ma lui non li vedeva più come tali. Non voleva più amici. Niente più legami. Niente.
Si era reso conto troppo tardi che l'unica persona di cui aveva bisogno era lei. Lei era tutto ciò che lui non era, la generosità, l'amore per gli altri, la speranza e la vita. Lei che aveva tanto sopportato al suo fianco senza mai lamentarsi, aspettando pazientemente di essere finalmente felice con lui.
Il destino si era preso gioco di loro, non facendoli durare che una sera.
Odiava quella decisione della sorte, quella cinica farsa che lo rendeva solo a sopportare l'atmosfera pesante e soffocante che riempiva quel luogo di morte. La vita era tornata ad essere una sconosciuta e non gli importava del domani. Tutto quello che aveva sperato, anche inconsapevolmente, era andato in fumo. Nulla aveva più importanza. Usciva solo per fare scorta di bevande forti, unico rimedio ai suoi mali, e il suo crescente decadimento allontanava tutti gli eventuali nemici che non vedevano alcun merito a prendere il posto del numero uno che lui non era più.
Ryo preferiva rimanere zitto ad aspettare. Aspettare che passasse. Aspettare fino a dimenticare. Aspettare ciò che sarebbe giunto troppo tardi: la propria morte.
Scivolando lungo le scale che portavano al piano superiore, Ryo svuotò l'ennesima bottiglia prima di mandarla a unirsi agli altri testimoni della sua perdizione, provocando un rumore tremendo. Sospirò stancamente di fronte al campo rovinoso che gli stava intorno e che lo lasciò indifferente. Si alzò come meglio poteva e si aggrappò alla ringhiera per cercare di raggiungere il piano. Barcollando, raggiunse il bagno dove posò una mano sul lavandino per mantenere una parvenza di equilibrio, si mise alla ricerca di qualche medicina in grado di calmare la tempesta che imperversava nella sua testa. Quella stanza non era sfuggita alla sofferenza devastante dell'uomo che non sembrava più tale: i suoi vestiti erano macchiati e anneriti, il volto quasi inaccessibile perché coperto in parte da una barba scura, folta e ispida che si univa ai capelli unti e arruffati, gli occhi neri erano svuotati di ogni sentimenti, rifiutandosi di riconoscere tutto ciò che non era lei, negando quella realtà priva di sapore. Niente, non c'era più niente per alleviare il suo dolore, e con un gesto furioso diede una manata alle poche cose ancora intatte, lo specchio già rotto rifletteva in diverse parti i vari momenti di una vita perduta.
Si allontanò barcollando e si addossò al muro del corridoio con tutto il corpo, fermandosi davanti a una porta. Dietro quella porta c'era l'unica stanza a non aver subito la minima disfatta nel tempo: la stanza di Kaori.
Era stato lì solo una volta. Non voleva modificare nulla lì dentro, voleva lasciare tutto al suo posto. Non voleva nemmeno danneggiarla con la sua semplice presenza. Voleva conservare il suo odore e la sua vita. Si era concesso solo una cosa: rubare l'unico oggetto che la rappresentava. Aveva rubato quel gioiello che portava costantemente contro il cuore. Ryo aveva legato l'anello della sua partner a una cordicella. Il contatto dell'anello contro la pelle lo bruciava ma era poco rispetto alla sua assenza che lo rodeva. Tutti i dolori non erano niente per lui, senza di lei lì a dargli la voglia di combatterli.
Si lasciò scivolare lungo il muro e prese la sua postura passiva di osservatore per rimanere lì, di fronte alla porta chiusa, cercando di percepire il movimento della maniglia.
Rivisse il giorno in cui aveva perso il suo angelo su quel pianeta.
 
 
FLASHBACK, TRE MESI PRIMA
 
Era tornato a tarda notte e l'aveva contemplata, se solamente avesse saputo che quella sarebbe stata l'ultima volta...
Al mattino, aveva sentito la sua sofferenza invadere l'atmosfera ma prendendo tempo per cercare parole e gesti per parlarle, lei se n'era andata. Allora aveva posticipato quel momento...ancora e sempre 'dopo'.
Poi aveva sentito la porta chiudersi e riaprirsi subito dopo: stava tornando.
Passi sulle scale, passi sul corridoio, una mano sulla maniglia della porta e lei era lì: Reika.
"Cosa ci fai qui?"
"Vedo che il buon umore è contagioso qui"
Reika non prestò attenzione all'atteggiamento dello sweeper e andò a sedersi accanto a lui per spiegare lo scopo della sua presenza: dopo quel breve scambio, lei andò ad aspettarlo in salotto perché era evidente che lui non fosse dell'umore, quella mattina.
E in maniera impaziente lui aveva trascorso la giornata con la detective, seguendo una pista che li aveva portati a un vicolo cielo.
Tanto tempo perso per niente.
Era rientrato velocemente per cambiarsi e risultare più presentabile, era già in ritardo e immaginava la rabbia di Kaori e l'indignazione degli altri per aver ritardato tanto. Si sarebbe dovuto far perdonare, specialmente visto che Kaori aveva visto Reika. Ma le avrebbe spiegato tutto. L'avrebbe rassicurata sulle sue intenzioni. Lei avrebbe capito.
Giunto al Cat's Eye, le tende erano state abbassate per rendere più intimo l'evento. Entrò e il tempo si fermò: niente musica, niente risate, niente lacrime di gioia né martelli; tutti gli occhi fissi su di lui dissero più delle parole. Miki e Kazue stavano piangendo. Falcon era in piedi vicino a sua moglie, cercando di calmarla. Fu allora che Mick si allontanò dal gruppo e si diresse verso Ryo, e prima ancora che pronunciasse una parola, Ryo lo precedette:
"Lei dov'è?"
"Ryo...io..."
"No! Ti sto chiedendo dov'è Kaori?!"
"Lei..."
Mick non ce la faceva, non poteva sopportare quegli occhi che si stavano adombrando e lo sfidavano a dirgli l'orribile verità. Mick non voleva essere colui che l'avrebbe distrutto per sempre. Sapeva che lo avrebbe perso e nessuno poteva salvarlo da quella sofferenza.
"Un incendio, Kaori ed Eriko sono..." intervenne Falcon con voce spenta.
"Zitto! Ditemi dov'è!"
Ryo stava perdendo la pazienza, non voleva la loro compassione né la loro pietà. Non poteva a credere a quello che aveva in mente, non prima di averlo visto.
"Ti accompagno. Mick, rimani con loro"
Lasciando Mick con le donne, Falcon prese le chiavi. I due uomini presero la direzione dell'appartamento e Falcon condusse la conversazione:
"Non potrai vederla. Miki si stava preoccupando perché Kaori era in ritardo dopo aver accompagnato Eriko alla stazione. Allora l'ha chiamata e visto che non ha ricevuto risposta, è andata a vedere se c'era qualche problema. Quando è arrivata, l'appartamento era in fiamme così come una parte dell'edificio e i vigili del fuoco stavano facendo di tutto per estinguere l'incendio. Ci sono riusciti in un'ora ma era troppo tardi"
"Chi dice che loro erano lì?" domandò Ryo.
"La macchina di Kaori è ancora lì" annunciò Falcon, parcheggiando.
Ryo guardò in fondo alla strada, alcuni pompieri erano rimasti per mettere in sicurezza il luogo del disastro e alcuni spettatori seguivano la scena con interesse. Ryo alzò gli occhi per scoprire un edificio devastato e, visti i danni, l'incendio era stato violento e spietato. Non c'era alcuna possibilità che avessero potuto sopravvivere. Il suo cuore batteva, le mani divennero umide, senza una parola Ryo uscì dalla jeep e si avvicinò all'edificio, da esso si emanava un odore acre e da alcuni punti anche un po' di fumo.
Non poté fare a meno di immaginare quello che lei aveva potuto sentire, l'inferno era destinato a lui, ma era quello che lei aveva letteralmente vissuto. Con rabbia scagliò il pugno contro un muro che non vacillò per l'impatto, lasciando una scia di sangue lungo il mattone.
 
FINE DEL FLASHBACK
 
 
All'inizio i suoi amici avevano cercato di aiutarlo, ma lui li aveva respinti con maggior forza a ogni tentativo.
Il rapporto degli esperti aveva diagnosticato una fuga di gas all'origine dell'incidente e due corpi di donne erano stati trovati nell'appartamento di Eriko, senza contare le altre vittime. La violenza del fuoco aveva reso impossibile qualsiasi identificazione.
Fu organizzato un funerale ma Ryo si era rifiutato di partecipare, sostenendo di non averne bisogno per onorare la memoria della sua partner.
Non voleva ammettere i fatti e lei gli mancava sempre di più, di giorno in giorno.
Si era fermato tutto, non c'era più niente.
Lui non era più niente senza di lei.
Si sentiva male, nel corpo e nella testa. Tutto era confuso: la paura di andare avanti senza di lei, i rimpianti per non averla amata, il senso di colpa per non essere stato lì per lei.
Solo davanti a quella porta, capì che lui non era più niente, che non gli era rimasto nulla. Il vuoto, il nulla, il troppo spazio lo facevano sentire infelice e insignificante.
Non controllava più la propria vita, non poteva fingere di essere felice senza di lei, aveva perso il suo posto in quel mondo o in qualsiasi altro.
Era solo e gli andava bene così. Solo lui. Nient'altro che lui.
Fuori, la pioggia raddoppiò, come se il cielo stesse piangendo per quell'uomo che non sapeva come farlo. Mentre un fulmine squarciava il cielo, un grido, una protesta emanata da un essere negli abissi risuonò nella follia:
"KAAAAOOOOORIIIII..."
 
 
Si risvegliò nel sudore, sentendo di nuovo quelle ombre e quelle grida. Attese che il suo cuore riprendesse un ritmo più calmo prima di aprire gli occhi, aveva la bocca pastosa e la testa in fiamme. Dove si trovava?
Si raddrizzò leggermente nel letto a baldacchino e studiò attentamente la stanza: era spaziosa e arredata con cura. A sinistra del letto c'era un bagno che poteva vedere dallo spiraglio della porta, lungo il muro si trovava un imponente armadio, di fronte a sé c'era la porta della camera e una toletta e alla sua destra, una finestra con le tende aperte le mostrava la pioggia e delle sbarre. Perché c'erano le sbarre? Infine, vicino al letto c'era un comodino con sopra un mazzo di rose rosse.
Spinse indietro le lenzuola con difficoltà, il suo corpo sembrava prosciugato di ogni energia. Lentamente posò un piede per terra, quel semplice movimento le fece venire le vertigini. Attese un momento e si alzò. Indossava una camicia da notte di seta lunga e grigia, si coprì con la vestaglia coordinata che si trovava in fondo al letto. Passò davanti alla toletta dove poté vedere il proprio riflesso: gli occhi stanchi e cerchiati davano l'impressione che non avesse dormito per giorni, i capelli disordinati dovevano aver disputato la stessa lotta contro il sonno, la sua pelle era pallida. Kaori non era nella sua forma migliore e non riusciva a guardare i propri occhi nello specchio, non vedeva nulla, non ricordava nulla.
Avanzò fino alla porta, una mano sulla maniglia e l'altra sul cuore, esitando ad aprire. La socchiuse e gettò un'occhiata in corridoio: non sentì un solo rumore.
Sempre a piedi nudi, si avventurò fuori dalla camera, lungo il corridoio con una mano appoggiata al muro perché il suo equilibrio non era perfetto.
C'erano numerose porte nel corridoio, sembrava il piano di un albergo di lusso. Continuò dritto fino a giungere in un salone: un'immensa scalinata permetteva di raggiungere il piano terra.
Kaori si appoggiò alla balaustra per riprendere fiato e cercare di controllare la corsa frenetica del suo cuore, mentre la testa le girava.
Alcuni passi echeggiarono dall'entrata, schioccando come colpi di frusta.
Le mani di Kaori si serrarono sulla ringhiera e trattenne il respiro, cercando con gli occhi l'autore di quel rumore.
Lui si fermò in fondo alle scale, i suoi occhi verdi sondarono quelli di Kaori e la sua voce squillò.
"Buongiorno, tesoro"
"Ginko...?"
Sotto l'effetto della sorpresa, Kaori lasciò la ringhiera e le vertigini ricominciarono.
Si sentì cadere in avanti, con la testa che precedeva il resto del corpo, e perse conoscenza.

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Capitolo 13
*** 13. Un'anima alla deriva ***


Erano tutti lì. Avevano tutti deciso di essere presenti alla sua richiesta.
Mick aveva a lungo soppesato i pro e i contro. L'unica cosa certa era che non poteva fare niente da solo.
Mick osservava giorno dopo giorno il suo amico, il suo fratello d'armi consumarsi a poco a poco. Diventando l'ombra di se stesso. Non poteva più rimanersene lì, impotente malgrado il desiderio di tirarlo fuori da quella discesa infernale.
Ognuno, separatamente, aveva tentato la sorte. Senza alcun risultato se non una Magnum puntata addosso. Ryo rifiutava categoricamente il loro aiuto. Rimaneva sordo alle loro lamentele. Non si degnava nemmeno di rispondere. Rimaneva nascosto nel suo appartamento, impassibile, come rassegnato. Eppure era sempre lì. Mick si era aspettato che Ryo fuggisse da quell'appartamento, da quella città in cui lei aveva vissuto. Si era aspettato che scomparisse. Non che rimanesse ad aspettare. Aspettare cosa? L'americano avrebbe preferito la sua collera, la sua rabbia. Ma non quel silenzio. Quell'indifferenza. Ryo aveva perso tutto lo spirito combattivo, il suo alito di vita. Da solo, Mick non poteva fare niente ma insieme avrebbero avuto il vantaggio del numero per farlo piegare. Avrebbero avuto bisogno di tutta la loro pazienza e di tutta la forza della loro amicizia per rimetterlo in piedi. Tutti avevano una ragione per aiutarlo. E anche se non fosse stato per lui, lo avrebbero fatto alla memoria di Kaori. Per lei, dovevano tentare l'impossibile. Riportare Ryo alla vita, nelle loro vite.
Mick aveva dato a tutta la banda appuntamento al Cat's Eye per determinare come sarebbe stato meglio intervenire. Nessuno sapeva da dove cominciare. Stavano cercando di capire come erano arrivati a quel punto. Ognuno aveva ripreso il corso della propria vita, ma tutti sentivano un enorme vuoto che si intensificò non appena si videro. Erano settimane che non si incontravano tutti insieme. Da quando c'era stato il funerale di Kaori. Ciascuno si sentiva in colpa. Eppure nessuno avrebbe potuto prevedere quella tragedia.
Non c'era nessun colpevole su cui gravare. Nemmeno Ryo.
Il silenzio era pesante e tutti rimasero zitti.
Le sorelle Nogami rimanevano distanti perché pensavano di essere responsabili dell'assenza di Ryo da Kaori di quel giorno. Soprattutto Saeko che attualmente stava archiviando l'ultimo caso che non aveva avuto risultati per mancanza di prove.
Miki e Kazue erano sedute l'una accanto all'altra. Si erano avvicinate ulteriormente a causa del dolore per la perdita di un'amica cara.
Falcon rimase sull'attenti, sembrava un pastore alla veglia delle pecore che avevano perso la strada.
E Mick, rifiutava di accettare quello che era successo nelle loro vite. Tutti si stavano allontanando gli uni dagli altri, volontariamente o meno. Non si poteva più andare avanti in quel modo.
Dopo un lungo respiro, Mick cominciò:
"Conoscete tutti la situazione. Non possiamo più aspettare che lui decida da solo di superare questo momento. Lui...ha bisogno di noi e...noi di lui. Guardate a che punto ci troviamo! A malapena ci rivolgiamo la parola...lei manca anche a noi! Ma non c'è più..."
La sua voce era insicura e le sue mani si strinsero attorno al tavolo, Kaori mancava a tutti. Non erano più gli stessi dalla sua scomparsa. Tutti avevano trovato la forza di andare avanti perché avevano ancora qualcuno da amare. Ma Ryo...per Ryo, era diverso. Si era sempre rifiutato di farsi coinvolgere, tutto ciò che gli rimaneva erano i non detti e i rimpianti.
Negli occhi azzurri arse un nuovo desiderio. Lo avrebbe salvato da se stesso come Kaori aveva fatto con lui. Mick non poteva rassegnarsi a perdere anche Ryo.
"E come? Pensi che sia sufficiente bussare alla sua porta e dire 'Ora smettila di sentirti così e comportati da uomo'? Ci lapiderà" intervenne Reika.
"Dobbiamo forzare la mano! Non possiamo lasciarlo mentre si distrugge senza reagire!"
Mick era irritato con la detective. Sapeva che Ryo era con lei quel giorno, invece che insieme alla sua partner. Kazue posò una mano sul braccio del suo amante per cercare di calmarlo.
Tutti sapevano che non sarebbe stata una gita di piacere. La posta in gioco era alta. Ryo, malgrado il suo stato di debolezza, era un uomo capace di tutto e del peggio. Non aveva più niente da perdere.
Tutti temevano soprattutto che l'Angelo della Morte sarebbe tornato per un'ultima battaglia. Temevano il peggio perché nessuno avrebbe potuto fermarlo.
"A mali estremi, estremi rimedi!"
Falcon aveva deciso. C'era solo una possibilità. Era necessario tentare il tutto per tutto. Stavano andando a combattere la più grande battaglia. Per Ryo. Contro Ryo.
Agirono quella sera stessa. Aspettare avrebbe soltanto rinviato l'inevitabile. Si alzarono, determinati.
Ciascuno, più o meno fiducioso, raggiunse il suo veicolo per andare verso la loro preda. Perché senza dubbio ciò che avrebbero trovato non avrebbe avuto più niente a che fare con l'uomo che conoscevano. Avevano lasciato trascorrere troppo tempo. Dovevano aspettarsi il peggio.
Giunti a destinazione, la pioggia era cessata. Un leggero diradamento era visibile sopra l'edificio di mattoni rossi, li incoraggiò a perseverare nella loro ricerca.
"Sarebbe meglio che voi rimaneste qui, il tempo di farlo calmare" annunciò Falcon alle quattro donne.
Senza aspettare una risposta, il mercenario andò all'ingresso dell'edificio con Mick al suo fianco.
Entrarono e salirono verso i piani che li separavano dal loro amico. Tutti erano preoccupati per ciò che avrebbero trovato. Il silenzio del luogo li faceva dubitare ma non si tirarono indietro.
La porta dell'appartamento era socchiusa. Lentamente, Mick la spinse appena. Una visione apocalittica si palesò di fronte a lui. Una sorda rabbia gli montò dentro. Ce l'aveva terribilmente con se stesso per aver vigliaccamente abbandonato il suo amico. Per non essere intervenuto prima. Il dolore che provava per lei gli aveva fatto dimenticare che anche Ryo stava soffrendo, sicuramente più di lui.
Facendo pressione sulla sua spalla, Falcon riportò Mick alla realtà. Dovevano rimanere concentrati. Non erano lì per dispiacersi della situazione che avevano previsto essere critica.
Con un cenno del capo, gli indicò il piano superiore. Si avvertiva un'aura debole. Malinconica e turbata.
Falcon prese il comando e iniziò a salire. Pezzi di vetro crepitavano sotto i suoi piedi.
"FUORI! Chiunque siate, andatevene!!!" ruggì una voce arrochita dall'alcool e dal troppo silenzio.
Lungi dall'essere sorpresi, i due uomini continuarono a progredire. -Almeno è ancora vivo- pensò Mick.
Al piano superiore, Falcon e Mick rimasero di guardia nel corridoio buio. Lui era lì. Era difficile vederlo distintamente ma era lì. Sul pavimento. Mick accese la luce che sembrò esitare prima di illuminare quella massa quasi informe. Ryo reagì alla luce portandosi una mano agli occhi. Rimase ostinatamente a fissare la porta di fronte a lui, ignorando i nuovi arrivati.
Lo studiarono per un momento, storditi. Non c'era più nulla di carismatico in quell'uomo. Sembrava svuotato di ogni forza. Il suo stato fisico lo faceva sembrare pazzo. Sembrava un animale smarrito, tornato allo stato selvaggio. Era affondato.
"Siamo preoccupati per te. Ryo, devi riprenderti"
Mick parlò con calma mentre si avvicinava senza distogliere gli occhi da Ryo.
"Ryo, parlaci. Siamo qui per aiutarti" riprese.
"..."
"Non puoi continuare così. Non te lo lasceremo fare"
Mick si accovacciò accanto a Ryo e gli mise una mano sulla spalla. Voleva creare un contatto fisico per farlo reagire alla loro presenza. Ma niente. Nessun movimento. Poteva a malapena percepire il suo respiro.
Senza lasciare Ryo, Mick si girò verso Falcon per trovare un supporto. Un'idea per sbloccare la situazione.
"Pensa a lei. Si starà girando nella tomba a saperti in questo stato. Non sei paragonabile a niente. Sei uno straccio" fece il mercenario.
"Che modo elegante per rompere il ghiaccio!" obiettò il biondo.
Mick impallidì. Se c'era un argomento che non voleva toccare in quell'inizio, era Kaori. Sebbene sapesse che era l'unico modo per far reagire il suo compare giapponese, temeva la sua reazione. Al rallentatore, Mick si rivolse a Ryo per trovare una Magnum di fronte al naso. Ryo aveva mantenuto alcuni riflessi e i suoi occhi neri lampeggianti non promettevano nulla di buono.
Lo sweeper americano dubitava che il suo compare avrebbe realizzato la sua minaccia ma per prudenza, indietreggiò.
Poteva notare che la mano di Ryo tremava. L'alcool aveva un effetto negativo sulle sue capacità e sull'autocontrollo. Un passo falso o una parola sbagliata in più, e lo sparo sarebbe potuto partire.
Mick si alzò lentamente. Ryo continuò a tenerlo sotto tiro con il dito sul grilletto. Aveva ancora la forza di sfidarlo.
Falcon incrociò le braccia e si appoggiò contro il muro.
Mick sospirò. Se era necessario fare anche quello...con un rapido gesto del piede, disarmò Ryo.
Il colpo esplose e l'arma atterrò ai piedi di Falcon. Il proiettile aveva per poco mancato la testa del mercenario, conficcandosi nel soffitto.
"Uscite! Non ho bisogno di voi...né di nessuno!" fece Ryo.
"Prima possiamo parlare. Ti sei visto di recente?" chiese Mick, tendendo una mano a Ryo per aiutarlo ad alzarsi. Ryo ignorò la mano. Con grande difficoltà a causa del suo corpo appesantito dalla mancanza di attività, tento di sollevarsi una prima volta. Crollò pesantemente a terra.
Mick si avvicinò per afferrarlo e sostenerlo.
Con un ultimo slancio, Ryo lo spinse via. L'uomo, ubriaco, ripeté il gesto prima di riuscire ad alzarsi aiutandosi con il muro. Incurvato ma in piedi, Ryo si teneva appena sulle gambe.
"Riesci a camminare? Ce la fai?" si preoccupò Mick.
"Posso anche stenderti, se vuoi" sogghignò Ryo.
E per dimostrarglielo, Ryo scagliò un pugno verso il bel biondo. Questi evitò facilmente il gesto, che fece perdere l'equilibrio del suo aggressore, che raggiunse il muro di fronte.
Ryo continuò a sfogare la sua rabbia e la sua frustrazione cercando di colpire Mick, ma ogni volta colpiva solo l'aria. E la sua rabbia non faceva che aumentare. Si stava stancando ma continuò a lottare, solo che lo faceva con se stesso.
Mick parò i suoi colpi. Falcon osservava quello spettacolo pietoso: non poteva più durare.
Mentre Ryo si avvicinava a lui, ansimando e sudato, Falcon gli amministrò un montante nello stomaco. Ryo si piegò all'attacco e cadde a terra.
"Perché l'hai fatto? Sarebbe caduto da solo!" gridò Mick.
"Non passeremo la serata qui. Andiamo"
Falcon afferrò Ryo e se lo mise in spalla. Mick recuperò la Magnum. Lasciarono l'appartamento e ritrovarono le donne preoccupate e silenziose nell'atrio dell'edificio.
Vedendoli scendere, Miki corse loro incontro:
"Abbiamo sentito lo sparo. Lui è..."
"Non preoccuparti, il tuo caro e tenero marito gliele ha suonate"
"Non è ferito?" chiese Kazue.
"No, comunque non fisicamente"
Lasciarono l'edificio e senza troppe cerimonie Falcon posò Ryo sulla parte posteriore della sua jeep. Le ragazze mantennero un'espressione stoica di fronte al corpo inanimato dello sweeper, l'immagine che rimandava non era la più lusinghiera. La morte di Kaori aveva devastato tutti ma era Ryo a portarne i segni.
"Portiamolo al rifugio. Stare all'aria aperta gli farà bene. Vi daremo notizie appena possibile" annunciò Mick sistemandosi in macchina mentre Falcon metteva in moto.
"E noi? Dovremmo aspettare pazientemente il vostro ritorno?" ironizzò Miki.
"Credo che abbiate di che stare impegnate con l'appartamento, volete fare a cambio?" chiese Mick.
"No, no, va bene così, ma...abbiate cura di voi e...di lui" disse lei con gli occhi umidi, guardando Ryo.
Con un ultimo 'buona fortuna' da parte delle donne, gli uomini si avviarono per strada, le ragazze si diressero di nuovo all'edificio, ognuna calcolando la fatica del lavoro che le attendeva.
 
 
Per maggiore tranquillità e discrezione, Gin si era stabilito in una delle sue case secondarie. Un posto dove amava allontanarsi dal trambusto della sua vita. Una grande casa tranquilla e accogliente sull'isola di Okinawa. L'aria del mare e l'oceano a perdita d'occhio lo stimolavano. Qui, aveva una sensazione di potenza, si sentiva in osmosi con gli elementi. Sperava che il benessere che sentiva lì sarebbe stato apprezzato anche da Kaori.
Gin aveva dovuto agire d'urgenza: non sarebbe più potuto rimanere a Tokyo senza attirare l'attenzione, e aveva capito nel momento in cui aveva lasciato Kaori, che avrebbe dovuto fare tutto in previsione del loro futuro. Nella sua mente aveva organizzato tutto nel modo più naturale: Kaori conduceva una vita semplice ma, nonostante le sue ricerche, Gin non era stato in grado di saperne di più. Aveva certamente qualcosa di poco raccomandabile da rimproverarsi se era così misteriosa con lui. Alcuni danni collaterali erano stati inevitabili perché il suo piano riuscisse. Sapeva che Kaori si sarebbe opposta ai suoi progetti per il futuro, quindi aveva preso qualche decisione nei suoi confronti. Col tempo, lei avrebbe accettato quella nuova vita che lui le offriva. La possibilità di ricominciare tutto da capo.
Non era molto orgoglioso dei mezzi utilizzati contro la sua bella, ma non aveva avuto scelta. La pazienza non era il suo forte, aveva dovuto precipitare le cose. Anche nella fretta, Gin era stato attento al minimo dettaglio: quel giorno era andato a casa di Eriko con una giovane donna simile fisicamente a Kaori. Una volta nell'appartamento, aveva neutralizzato senza difficoltà le donne con l'aiuto di un'iniezione e una volta dato il via al suo piano, il fuoco si era occupato di cancellare ogni traccia. Non aveva dovuto fare altro che attendere l'arrivo della sua amica.
Tutto era stato regolato al minuto. Era rimasto calmo e determinato con la giovane donna. E a sua volta aveva annientato qualsiasi tentativo di resistenza con una piccola iniezione di un potente sonnifero. Il piano intendeva cancellare ogni traccia della vita della donna.
Anche per il loro ritorno, Gin aveva pianificato tutto. Un medico che teneva sotto il suo controllo gli aveva dato la possibilità di cambiare le cose. Gin non aveva avuto problemi a convincerlo, con tutte le informazioni che aveva su di lui.
Da quando aveva ripreso Kaori, non le aveva tolto gli occhi di dosso. Vegliando sui suoi sogni inquieti, sostenendola nel miglior modo possibile, sperando che lei avvertisse la sua presenza. Lei era riemersa ripetutamente da quel sonno voluto ma per brevi momenti.
Tre intensi mesi erano trascorsi, tra crisi e lacrime quando si svegliava, ma Gin vedeva che il risultato atteso era arrivato. Presto Kaori sarebbe stata pronta ad ascoltare la verità.
Gin era seduto su una sedia in attesa che la sua amica si svegliasse. Le teneva la mano, carezzandola teneramente. Come se quel semplice gesto fosse stato in grado di farla tornare da lui.
Per la convalescenza di Kaori, Gin aveva chiamato uno specialista. Non aveva lesinato sui mezzi. Il dottore che la seguiva lo aveva avvertito che la riabilitazione di Kaori sarebbe stata lunga ed estenuante per la giovane donna. Lo aveva anche informato che non poteva garantire un risultato, ma Gin ci credeva.
Gin sapeva cosa aspettarsi ed era pronto. La stava attendendo. Lei aveva bisogno di lui. Aveva relegato i suoi affari e i suoi obblighi professionali in secondo piano, prendendosi un congedo indeterminato. Non c'era nulla di straordinario perché gestiva da sé il suo tempo e il suo lavoro. Voleva dedicarsi interamente a Kaori. Ma mentre era nel suo ufficio a sistemare alcuni piccoli dettagli, aveva sentito una debole presenza. C'erano solo lui e lei in casa. Aveva congedato il personale per maggiore privacy. Uscì dall'ufficio e lo chiuse a chiave. I suoi passi echeggiarono verso l'ingresso, coprendo il battito del suo cuore che correva al solo pensiero di vederla. Il suo istinto non l'aveva ingannato. Lei era lì, in cima alle scale.
In quel momento aveva potuto leggere nei suoi occhi nocciola tutta la sorpresa e l'ansia della giovane donna. Apparentemente, non comprendeva cosa ci faceva lì. Si era molto spaventato per lei. Quando l'aveva vista in cima alle scale. Non appena lei pronunciò il suo nome in un sussurro, svenne. Senza i riflessi rapidi e fiduciosi dell'uomo addestrato che era, si sarebbe potuta rompere il collo sulle scale. Riuscì a prenderla e a portarla nella sua stanza. Era ancora molto fragile. Almeno non l'aveva dimenticato. Ne era sollevato. Rimaneva da sapere cosa ricordava. Non vedeva l'ora di parlarle. Anche se sapeva che le spiegazioni sarebbero state difficili e tumultuose per lei. Sarebbe stato paziente e comprensivo, per lei.
Riportò la sua attenzione sul volto pacifico di Kaori. Sembrava non volersi risvegliare.
Con infinita dolcezza, passò la mano fra i capelli ribelli dell'addormentata. Le sfiorò la fronte, ridisegnando il contorno del suo viso. Con un gesto lento si avvicinò a lei, osservando una possibile reazione. Dando retta solo al proprio desiderio, posò un leggero bacio all'angolo delle sue labbra rosa. Quel breve contatto lo inebriò. Strinse la mano di Kaori nella sua. La giovane donna non rispose al suo appello.
Gin riprese posizione sulla sedia. Mantenendo il contatto con la sua mano, spostò la parte superiore del suo corpo accanto a lei per riposare, attendendo il suo risveglio. Si lasciò cullare dal respiro calmo e regolare della sua bella.
Fuori, la pioggia stava raddoppiando e le onde si arenavano sulla riva al ritmo del vento intenso.
Qualche ora più tardi, un brivido riportò Kaori alla realtà. Aprendo gli occhi, scoprì che la stanza era immersa nell'oscurità. Era giunta la notte. Dove si trovava?
Gin. Aveva visto Gin. Com'era possibile? La poca riflessione che ebbe la fece stancare. La sua testa non sembrava voler pensare senza farla soffrire.
Kaori voleva rimettersi dritta sul letto ma i suoi movimenti erano ostacolati da un peso sopra di lei. Una delle sue mani era sostenuta da una forza calda. Gentilmente, si sfilò da quella stretta. I suoi occhi si abituarono all'oscurità e sul comodino, Kaori capì che c'era una lampada. Allungò la mano per accenderla.
Una luce intensa irruppe nella stanza. Kaori rivolse l'attenzione a ciò che la teneva a letto. Un uomo che non ebbe alcun problema a identificare: Ginko. A giudicare dalla sua postura e dai suoi tratti tesi, aveva vegliato su di lei. Perché? Come? Il mal di testa si amplificava. Come se ciò non fosse stato abbastanza, anche il suo cuore la tormentava. Veloce e disordinato, la bruciava come se volesse fuggirle dal petto. Kaori stava lottando per riprendere il controllo di sé. Il respiro divenne difficoltoso. Le mancava l'aria. Era in panico. Cosa le stava succedendo?
Gin reagì all'agitazione del corpo accanto al quale si era addormentato.
"Calmati. Passerà" disse con voce calma.
Guardando Kaori, estrasse una scatola dal cassetto del comodino. Con una mano stappò il tubetto dal quale lasciò cadere una pillola. Con l'altra mano, aiutò Kaori ad alzarsi in piedi. Prendendo un bicchiere d'acqua vicino alla lampada, Gin incoraggiò la giovane donna a ingoiare la compressa bianca con un sorso d'acqua:
"Andrò tutto bene. Calmati. Sono qui" le disse prendendola tra le braccia.
Kaori si sentiva persa. Il suo corpo era attraversato da tremori. Il suo cuore e la sua testa non le obbedivano più, minacciando di esplodere. Si sentì invadere dal calore di Gin. Una mano le carezzava la schiena per calmarla. Parole dolci e rassicuranti giungevano alle sue orecchie. Un soffio caldo sulla sua pelle. Aveva nascosto il viso nel suo collo. A poco a poco, i suoi tormenti svanirono. La calma tornò nel suo corpo. Quella breve frenesia la lasciò impotente. Gin la sentì rilassarsi, il suo respiro tornò stabile. Allentò la presa per farla stendere sul letto. Le rimboccò le coperte e lui vi si sdraiò sopra, contro di lei.
Kaori chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere da quel calore familiare e rassicurante.
 
 
A chilometri di distanza, in un rifugio sperduto nella foresta, due uomini avevano fatto a turno per sorvegliare il tormentato sonno del loro amico. Appena arrivati, Falcon aveva sistemato Ryo sull'unico letto presente mentre Mick scaricava le provviste preparate per un periodo indefinito.
La notte fu lunga e agitata a causa dei movimenti disordinati e delle lamentele incoerenti di Ryo. L'unica cosa di cui Falcon e Mick non potevano dubitare era il nome della persona che lo sweeper chiamava nei suoi sogni ansiosi e febbrili: Kaori.
Potevano avvertire tutta la rabbia, la collera e la frustrazione emanate da quel corpo agonizzante. Ryo scandiva instancabilmente il nome della sua partner. Non era consapevole della presenza dei suoi amici né delle proprie condizioni. La sua angoscia permeava l'aria del rifugio nel bosco senza che nessuno potesse reagire.
Il giorno cominciava a levarsi. Falcon si alzò dalla sedia su cui aveva passato la notte per andare a preparare un caffé bello forte. Ne avrebbero avuto bisogno.
Mick, che non aveva dormito meglio del compagno, si alzò per aprire la porta e lasciare che l'aria fresca della natura penetrasse e rinnovasse quella interna.
Un gemito di insoddisfazione lo fece voltare. Ryo si alzò.

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Capitolo 14
*** 14. Anime tormentate ***


Ryo si alzò. Aveva sentito un'aria fresca andare a frustargli il viso. Meccanicamente tentò di proteggersi dalla gelida intrusione. Il suo corpo era intorpidito e la gola era asciutta. Si svegliò anche la sua sete, finché non avesse avuto la sua dose non sarebbe stato conciliante:
"Buongiorno 'Bella addormentata'! Dormito bene?" chiese Mick.
Portandosi la mano alla testa, Ryo cercò di calmare la tempesta che vi imperversava:
"Esci, Angel! Non c'è niente per te a casa mia! E chiudi quella finestra, si gela!"
Persuaso di essere ancora a casa sua, Ryo cercò qualcosa da riscaldare. Aveva bisogno di una buona sorsata che lo avrebbe aiutato ad affrontare quella nuova giornata. C'era sempre una bottiglia accanto a lui ma non aveva il modo di metterci su le mani.
Forzandosi di cercare con gli occhi chiusi e lottando contro la coperta, Ryo cadde sgraziatamente dal letto. Il suo corpo era pesante e gli mancavano le forze.
Nonostante tutto trovò il modo di appoggiarsi al bordo del letto per cercare di alzarsi. Stava provando a raccogliere le idee e i ricordi. Con dolore aprì gli occhi e la luce brillante di novembre lo bruciò.
"Chi vi ha dato il permesso? Che ci faccio qui?" disse tentando di alzarsi ma senza successo.
Ryo era annebbiato ma il poco che riuscì a vedere gli fece capire che non era a casa sua. Pian piano la sua memoria tentava di ricordargli gli ultimi eventi. La testa gli tamburellava. Era sudato e aveva la bocca pastosa. Doveva bere qualcosa, preferibilmente forte. Ricordava vagamente cos'era successo e non gli piaceva affatto.
"Non ti tratteniamo. Sei libero di andare" disse Falcon lasciando il caffè e le tazze sul tavolo.
Mick lasciò la porta spalancata e si sistemò al tavolo insieme a Falcon. Aspettarono che Ryo si decidesse a unirsi a loro.
Lentamente Ryo si alzò e si formò per trovare l'equilibrio. Con passo incerto, che non sfuggì agli altri due, Ryo avanzò verso il tavolo dove si appoggiò per sostenersi. Non si sentiva completo. Gli mancava qualcosa.
"Ridatemi la mia pistola e le chiavi, me ne vado!" lanciò senza mezzi termini.
"Viste le tue condizioni, non sapresti cosa fare con la tua Magnum. E se vuoi andartene, usa le tue gambe" rispose Falcon con calma.
"Hahahaha!!!"
"Cosa ti fa ridere, americano?" sibilò Ryo.
"L'immagine di te che fai l'autostop con la tua pistola. Faresti scappare chiunque per diversi chilometri"
"Sì...ma voi siete qui..."
"Solo per te, sei fortunato" disse Mick, fissandolo per dimostrargli la sua serietà.
Vedendo che non avrebbe avuto successo e che non era in grado di opporre resistenza, Ryo si sistemò con loro, non senza far loro capire che non era granché allegro.
"E quindi, rimarremo qui per quanto tempo insieme...a guardarci negli occhi?"
"Il tempo necessario. Perché, hai di meglio da fare?" chiese Falcon, servendogli una tazza di caffè nero.
Ryo bevve un sorso e lo sputò immediatamente.
"Cos'è questa schifezza?! Non hai di meglio da offrire?"
Arrabbiato, Ryo gettò la tazza sul pavimento da cui si riversò del liquido ancora fumante. Con un gesto improvviso, Ryo si alzò, lanciando via la sedia con un tonfo. Li fissò e riversò la sua rabbia perché si trovava dove non voleva:
"Non ho bisogno di nessuno! E soprattutto non ho bisogno di voi...della vostra pietà! Cercatevi un'altra anima da salvare! Per me è tutto fottuto! Fatevene una ragione!!"
Ryo gesticolava in ogni modo. Stava lottando per mantenere l'equilibrio. Senza ulteriore indugi, smise di guardarli per concentrarsi sull'uscita. Con un'andatura barcollante e impaziente, Ryo si diresse fuori. Tutto gli girava intorno, ma se doveva andare a casa da solo, lo avrebbe fatto. L'aria fresca della natura lo aggredì e lo destabilizzò. Il minimo suono in quel luogo gli martellava il cranio. Aveva caldo e sete. Era in astinenza.
Mick sospirò. Sospettava che Ryo non sarebbe stato felice di trovarsi lì con loro, contro la sua volontà. Non erano tipi loquaci. Non si aspettavano lunghi discorsi, ma era necessario che in un modo o nell'altro Ryo si lasciasse andare e si liberasse dalla prigionia della solitudine del rancore in cui si era rinchiuso da solo.
Mick guardò Falcon, che beveva il suo caffè con disinvoltura.
"Non andrà lontano" disse il mercenario.
Come a confermare le sue parole, un rumore secco giunse dall'esterno.
Rassegnati, i due uomini si alzarono per constatare il danno.
Ryo era accasciato, a faccia in giù. Ovviamente non riusciva a rialzarsi. Aveva sopravvalutato le proprie capacità e aveva dimenticato tutto l'alcool che aveva immagazzinato negli ultimi mesi. Era ancora ubriaco fradicio e avrebbe avuto bisogno di più di una notte per riprendersi completamente.
"Tocca a te portarlo" disse Falcon, tornando nel rifugio.
"Bah, vediamo! Ti farei presente che tu sei i muscoli e io il cervello!" protestò il bel biondo.
"E i miei muscoli ti schiacceranno se non farai quello che ti dico" ringhiò Falcon.
"Eccolo, subito con la violenza..." s'indignò Mick.
Attraversò la breve distanza che lo separava da Ryo. Effettivamente non aveva avuto il tempo di andare molto lontano, non aveva nemmeno raggiunto la macchina.
"Dai, fai uno sforzo! Non sei leggero!" lo incoraggiò mentre passava il braccio sotto il corpo appesantito del suo amico.
Con un ultimo sforzo, Mick riuscì a sollevarlo. Ora era necessario che trovasse l'equilibrio con quel peso aggiuntivo e che Ryo non si lasciasse andare totalmente.
Mick si chiese allora come riuscivano a rientrare a casa semi incoscienti durante le loro uscite notturne. Quel tempo in qualche modo spensierato sembrava lontano.
Avrebbero trovato una parvenza di pace? Se fossero riusciti a farlo tornare in sé, quale sarebbe stata la loro vita in seguito? Malgrado tutto, non avrebbero potuto fingere. Ryo sarebbe tornato a essere Ryo?
Mick non si era mai preoccupato del futuro di Ryo, dato che c'era Kaori a vegliare su di lui. Tutti conoscevano i rischi del loro lavoro e tutti avevano una ragione per tornare a casa. Ma ora l'equilibrio si era rotto. Toccava a loro colmare quella mancanza, quell'assenza.
In quel momento, mentre sosteneva il suo migliore amico come meglio poteva, Mick prendeva in esame tutta la pazienza e l'amore che la giovane donna aveva dimostrato. Nessuno avrebbe potuto sostituirla. Mai. Kaori sarebbe rimasta l'angelo di tutti.
Mick sperava sinceramente che, ovunque lei si trovasse in Paradiso, Kaori avrebbe continuato a vegliare su di loro e su Ryo. Dandogli la forza di riprendersi la vita in mano.
I giorni seguenti si succedettero con un carico di rimproveri e insulti di ogni tipo. Con la massima pazienza, Falcon e Mick sopportarono la rabbia e la collera che Ryo riversò su di loro durante i suoi brevi momenti di consapevolezza. L'alcool era tenace e Ryo era febbricitante, il che giustificava in parte il suo deplorevole comportamento.
Ma il quarto giorno, Ryo non aprì bocca. Non disse una parola.
Aveva ripreso una parvenza di forma umana con quell'astinenza intensa. Era distante e diffidente nei confronti dei suoi amici. Spiava le loro azioni e gesti, aspettando il momento in cui avrebbero abbassato la guardia. Ryo non era più un bambino bisognoso di sorveglianza. Da molto tempo aveva imparato a badare a se stesso, e il fatto che coloro che si ritenevano suoi amici non erano d'accordo con il suo modo di fare, non dava loro il permesso di scegliere ciò che andava bene per lui.
Ryo non sopportava più quella situazione: essere nel bel mezzo del nulla con due uomini, senza alcun mezzo di distrazione, senza alcool, ad aspettare cosa? Niente. Non aveva chiesto niente, come potevano loro aspettarsi qualcosa in cambio? Non doveva niente a nessuno.
La vita non gli aveva mai risparmiato nulla, e anche se aveva voluto credere in qualcosa con Hide e poi con Kaori, non era stata che un'illusione. Ryo non era fatto per la felicità, o era la felicità che non era fatta per lui. Non gli importava, il risultato era lo stesso: era solo. Anche tra estranei o tra 'amici', era solo. Era il suo destino, la sua vita, la sua scelta.
Mick e Falcon avevano rinunciato al loro passato per andare avanti, per passare a una vita 'normale'. Per Ryo era impensabile, impossibile separare ciò che era stato da ciò che era attualmente.
Ryo era un'arma, era la morte. Lo sapeva da tanto tempo che l'unica cosa che poteva offrire era la liberazione attraverso la morte, a volte in maniera mite e a volte crudelmente. Con Kaori, aveva sfidato ciò che era. Aveva approfittato il più possibile di ciò che lei aveva portato nella sua vita. Aveva perfino creduto di essere cambiato per lei. Di essere diverso e che forse avrebbe potuto vivere con lei qualcosa di diverso dalla distruzione e dalla sofferenza. E il suo lato oscuro lo aveva richiamato all'ordine, portandosi via l'unica persona alla quale avesse davvero tenuto. Era stato dirottato rispetto al suo vero destino. In quella fatidica giornata, la morte era tornata da lui a ricordargli che nulla, mai, era garantito. Ryo lo aveva dimenticato, Kaori aveva saputo nascondergli tutti gli 'inconvenienti' della sua vita.
Ryo era diviso tra due sentimenti: avrebbe dovuto pentirsi di aver voluto vivere alla luce del suo angelo? Avrebbe dovuto imparare la lezione? Mai farsi ammorbidire da un sorriso, specialmente dal suo sorriso...
Ryo scacciò rapidamente le immagini della sua partner che lo stavano invadendo. Non poteva vivere dei suoi sentimenti, della sua gioia, del suo amore. Era arrabbiato perché provava emozioni che precedentemente era riuscito a ignorare. Si sentiva debole.
La presenza di Mick e Falcon non lo aiutò a sentirsi meglio. Ryo non voleva la loro preoccupazione. Non ne valeva la pena.
L'astinenza, malgrado tutto, gli permise almeno di tornare alla triste realtà, capendo e accettando quello che era. Doveva tornare alle sue vecchie abitudini e indossare gli abiti dell'Angelo della Morte: solitudine e desolazione. Ne andava della sua sopravvivenza.
"Smettila di ciondolare e vieni con noi. Un po' di esercizio non ti farà male"
Il suo compare americano tagliò le sue riflessioni. Lo fissò per un momento.
"Credevo che non mi avreste obbligato a fare niente, che sarei stato libero di fare ciò che mi pare?" ironizzò Ryo.
"Sì, ma te lo sto dicendo perché non ti annoi. Ma decidi tu"
Mick si allontanò da Ryo. Sapeva che l'effetto dell'alcool si era dissipato e che ora solo Ryo poteva decidere di cambiare le cose. Ma non era necessario lasciarlo a distruggersi. E testardo com'era, non sarebbe stato un compito all'acqua di rose. Mick si unì a Falcon che stava diventando impaziente:
"Sei pronto?"
"Perché io sono costretto a obbedirti e lui no?" si lamentò Mick indicando Ryo, seduto sui gradini del rifugio.
"Mpf..."
"Sì, e non è divertente, non fai alcuna conversazione! Sono stufo!"
Sotto lo sguardo sorpreso di Falcon, Mick si mise a gambe incrociate sul suolo e incrociò le braccia sul petto. Aveva il broncio.
Anche Falcon cominciava ad averne le tasche piene, era giunto il momento che Ryo si riprendesse, altrimenti il mercenario sarebbe stato l'unico a tornare da quella gita.
"Basta! Tu, biondino, sembri un bambino! Se hai bisogno di una lezione, nessun problema, me ne occupo io!" borbottò il mercenario avvicinandosi a Mick, che come un coniglio fuggì trovandosi dietro Ryo.
"Vattene e arrangiati da solo!" Ryo lo spinse via.
"Grazie per il sostegno, fa sempre piacere!" piagnucolò Mick.
Falcon si avvicinò ai due sweeper:
"Quanto a te, Ryo, è ora che ritorni in superficie. La mia pazienza ha dei limiti e se pensi che sosterrò il tuo morboso silenzio e i piagnistei di quella femminuccia al tuo fianco senza batter ciglio, ti sbagli!"
"Ehi! A chi hai dato della femminuccia? Non ho niente di una ragazza, sono un uomo, un vero uomo!" obiettò Mick, alzandosi e gonfiando orgogliosamente il petto.
Falcon non prestò attenzione a Mick. Era riuscito a catturare lo sguardo di Ryo e aspettava che lui intervenisse.
Mick soppesò la situazione, c'era elettricità nell'aria. Con cautela si allontanò da Ryo. Quest'ultimo si era irrigidito e i suoi occhi assunsero una tonalità funebre. Al rallentatore, Ryo si alzò senza esitare e senza lasciare andare il suo potenziale avversario con gli occhi:
"Vuoi sfidarmi? Sappi che questa volta non mi avrai tanto facilmente. Sono in pieno possesso delle mie forze"
"Se vuoi venire alle mani per vuotare il sacco, va bene!" Falcon si tirò su le maniche.
"Ragazzi, non avrete intenzione di combattere? Non siamo qui per questo! Falcon, pensavo fossi più intelligente di così!"
Mick voleva essere la voce della saggezza intervenendo tra loro, ma non serviva a niente, i due uomini lo ignoravano totalmente ed erano pronti a combattere.
"Ok! Come volete e se non vi dispiace, terrò conto dei punti" annunciò Mick facendosi da parte per lasciare spazio alle loro faccende.
I due uomini si guardavano senza muoversi, ciascuno studiando l'altro. Il loro respiro era calmo e costante. I muscoli tesi e gli occhi fieri. Il gioco dei nervi era cominciato. Un vento fresco si era alzato ma non li disturbò. Appoggiato a un albero, Mick cominciava a ritenere che la cosa stesse andando per le lunghe.
"Lo sapete che per il momento è un pareggio?" si azzardò.
Un silenzio pieno di significato fu l'unica risposta. Mick sospirò e decise di sopportare con rassegnazione.
"Sai che ti ho già messo k.o. una volta e oggi non c'è nessuno che mi impedisca di finire il lavoro!" sibilò Ryo.
"Vai avanti! Vorrei sapere cosa sai fare senza di lei" rispose il mercenario.
"Non parlare di lei! Proibisco a chiunque di parlare di lei! Kaori non ti salverà più!" si infuriò Ryo afferrando Falcon per il colletto.
"Non stavo parlando della ragazza ma della tua arma"
Il silenzio regnò per un momento, il tempo perché ciascuno si rendesse conto di una cosa: Kaori era nella mente e nei pensieri dello sweeper. Ryo doveva imparare a vivere di nuovo senza di lei. A ignorare il suo dolore perché, qualsiasi cosa avesse fatto, Kaori sarebbe sempre stata con lui. L'avrebbe vista nell'appartamento, in ogni donna che avesse incrociato. Ora era necessario che Ryo se ne facesse una ragione, come tutti loro avevano fatto.
Non l'avevano dimenticata, ma ognuno a modo suo viveva senza di lei, risollevandosi per andare avanti. Ryo non era solo. Non gli avrebbero permesso di isolarsi da loro. Falcon era convinto che chi li aveva uniti così tanto negli ultimi anni era Kaori. Lei aveva insegnato loro il vero significato di famiglia, amici e amore. Era orgoglioso di averla conosciuta e non avrebbe permesso a Ryo di rinnegare tutto né di rinnegare lei.
Ryo si irrigidì a quella rivelazione, perdendo tutto il suo sangue freddo. Si maledisse per aver reagito in quel modo. Lasciò la presa con disprezzo.
"Non vale la pena che mi sporchi le mani per te. Le tue sono più parole che fatti. Ti sei rammollito da quando hai perso la vista"
Ryo voleva ferirlo fisicamente ma il suo avversario non era il tipo da contrattaccare senza pensare. Ryo doveva sfidare il suo onore, in modo da riaprire le vecchie ferite. Ricordandogli le circostanze in cui Falcon era stato privato di uno dei sensi, e a causa di chi il suo orgoglio era stato alterato.
 
 
Kaori era in piedi sulla terrazza, approfittando del tempo che si era addolcito, con una tazza di caffè tra le mani. Da qualche giorno aveva riacquisito la forza di alzarsi. Nell'armadio della sua stanza aveva trovato tutto il necessario per vestirsi. C'erano abiti per tutti i giorni e altri più 'vistosi'.
Aveva optato per pantaloni neri e una camicetta color crema, con un gilet lungo per coprirsi. Si strinse addosso il gilet quando il vento si alzò dal mare. Il suo sguardo si perse sul terreno che si estendeva ai suoi piedi, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri, ignorando l'emicrania che cominciava ad apparire. Da quanto tempo era lì?
Non aveva ancora fatto il giro della casa, ma tutto quello spazio la terrorizzava. Kaori aveva voluto lasciare la sicurezza della sua stanza per scoprire il nuovo ambiente, ma non si aspettava una cosa del genere. Una casa grande quanto un albergo, con terrazze e giardini e quel silenzio. Tutto era a sua disposizione, poteva andare dove voleva, così aveva detto Gin. Ma perché era lì? Con lui?
Lui la incoraggiava e la sosteneva durante la sua convalescenza. Non avevano ancora parlato della ragione della sua presenza, ma era rassicurata dal fatto che Ginko fosse lì. Si era dimenticata di aver sentito la sua mancanza. Non avendo idee chiare, non si sentiva totalmente persa visto che lui era lì. L'accompagna in ogni suo gesto. L'avvertiva dei suoi spostamenti così da non dover preoccuparsi, perché lei faceva fatica a stare sola. Le sue crisi potevano verificarsi in ogni momento ed era ansiosa all'idea di averne una, da sola.
Ma Gin non era mai lontano. Appariva sempre quando lei stava male, fisicamente o psicologicamente. Era attento e premuroso. Da quanto riusciva a ricordare, Gin era sempre stato al suo fianco. Era un amico e un formidabile sostituto di suo fratello. Sapeva che poteva contare su di lui. Come si erano ritrovati?
Tra i ricordi della sua infanzia e i pochi bagliori che comparivano nei suoi tormenti, Kaori si riallacciava alla presenza dell'uomo al suo fianco, al suo sorriso, al suo calore e al suo conforto. Come Hide, lui vegliava su di lei.
Un vento più forte le fece capire che era ora di entrare. La terrazza dava accesso alla sala da pranzo. Un grande tavolo troneggiava al centro della stanza lussuosamente arredata, proprio come ogni stanza della casa. Kaori chiuse la porta-finestra. Attraversò frettolosamente la stanza e i suoi passi precipitosi echeggiarono contro il pavimento. Giunta all'atrio di ingresso, soppesò il silenzio. Distinse la voce di Gin provenire da una stanza a sinistra. Come le aveva detto, era nel suo ufficio.
Bussò alla porta e aprì la spessa parete divisoria di legno. Gli sorrise timidamente.
Gin era al telefono, le fece cenno di avvicinarsi e di aspettare un momento. Kaori chiuse la porta dietro di sé e, per non disturbarlo, andò a sedersi sul divano che stava di fronte alla scrivania. Appoggiò la tazza sul tavolino ed esaminò la stanza: come nella sala da pranzo, un caminetto riscaldava l'ambiente con un fuoco scoppiettante.
Un'impressionante biblioteca e un angolo bar finivano di abbigliare la stanza. Kaori rivolse la sua attenzione a Gin che aveva appena riagganciato. Vestito in modo elegante e semplice, trasudava sicurezza e relax. Kaori notò che gli occhi dell'uomo avevano assunto una tonalità più opaca.
"Qualche problema?" gli chiese.
"No, non preoccuparti, niente che non si possa sistemare" disse lui, andando accanto a lei. "Allora, come ti senti oggi?"
"Un po' meglio...credo"
Kaori si tormentava le dita e non osava guardare Gin negli occhi. Aveva molte domande ma temeva le risposte. Si sentiva ancora debole. Gin avvertì il suo disagio e affettuosamente le prese le mani, invitandola a guardarlo. Poté constatare che aveva ripreso colore e le sue condizioni generali erano significativamente migliorate. La sentì esitare. Gin aveva cercato di ritardare quel momento per preservarla ma non poteva lasciarla all'oscuro.
"Hai preso la tua medicina?" le chiese.
"Sì, con attenzione, come mi hai detto tu"
"Bene, non dimenticarla, sai che è importante"
"Sì, ma..." Kaori esitò.
"Vuoi sapere perché e come?"
La giovane donna annuì timidamente, facendo un respiro profondo. Gin la fissò intensamente per sondare la sua volontà.
"Va bene, ti spiego"
Gin si alzò e si diresse alla sua scrivania. Aprì il cassetto in basso e tirò fuori un fascicolo.
Guardando di nuovo Kaori, riprese posto accanto a lei con il fascicolo.
Lei non staccò gli occhi da quella busta. Sentì un brivido attraversarla senza capire la ragione. Temeva quello che avrebbe letto.
"Troverai tutte le risposte alle tue domande in questo fascicolo. Non voglio nasconderti nulla. Ma sappi che io sono qui"
Le mise la busta tra le mani e la incoraggiò silenziosamente ad allontanarsi. Kaori sfiorò la copertina ruvida, che quasi le bruciò le dita. Represse le lacrime che minacciavano di scappare. Sentiva che quello era un momento grave. Attraverso gli occhi di Gin, prese il coraggio di affrontare la situazione. Calmò il proprio respiro e guardò la cartella prima di aprirla.

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Capitolo 15
*** 15. Una rivelazione che fa male ***


 
Gin osservò la reazione della giovane donna. Da più di mezzora, stava leggendo minuziosamente ogni parola e ogni frase del fascicolo. Come se stesse cercando l'errore in quanto stava scoprendo. Gin sembrava calmo e sereno di fronte alla lettura silenziosa e attenta.
Conoscendo il contenuto della cartella per averlo creato da sé, analizzò ogni movimento ed espressione di Kaori mentre leggeva. Ciò gli indicò come avrebbe dovuto reagire. Sapeva che avrebbe avuto bisogno di tempo per accusare il colpo. La sua memoria era una pagina bianca che lui avrebbe riscritto con lei. Ciò era dovuto al trattamento duro e incisivo che aveva approvato per arrivare ai suoi fini con Kaori. Sapeva che quel metodo non era ancora stato sperimentato e durante tutto il processo aveva creduto di aver preso una decisione sbagliata. Ma vederla lì, viva e cosciente della realtà lo confortò nella sua scelta. Non aveva potuto scoprire nulla della sua vita negli ultimi anni e non poteva far subire a Kaori un interrogatorio, l'avrebbe allontanata da sé. Aveva optato per un'alternativa più rischiosa ma con un risultato più affidabile e diretto. Cancellare tutto per ricominciare. Per Gin era semplice.
Ecco perché Kaori non si ricordava di niente, nemmeno delle condizioni del suo trattamento. Ci erano voluti tre mesi durante i quali Kaori era rimasta sotto sedativi tra una sessione e l'altra.
Apparentemente i suoi ricordi rimontavano più o meno alle dimissioni di Hide.
Gin non aveva voluto andare così in fondo ma il dottore aveva precisato che lui poteva nascondere un periodo specifico, tuttavia a volte, inconsciamente, i pazienti potevano reagire espandendo i campi d'azione del trattamento per dimenticare gli eventi dolorosi della loro vita. Il cervello e il suo funzionamento rimanevano ancora un mistero per la scienza. Ma tutto ciò che Gin vedeva era che aveva funzionato.
Naturalmente aveva trovato una ragione logica per spiegare la presenza della donna, la sua perdita di memoria e il suo attuale trattamento. Aveva impiegato del tempo per raccogliere tutte le prove necessarie. Ma era un male a fin di bene. Con lei, avrebbe ricostruito il suo passato e insieme avrebbero guardato al futuro. Quei tre lunghi mesi di attesa, di sofferenza e speranza presto sarebbero diventati un brutto ricordo.
Gin scoprì che le mani di Kaori tremavano e il respiro era più frammentato mentre leggeva. Si stava avvicinando alla fine del fascicolo, che non era voluminoso, ma ogni suo elemento gravava pesantemente sul recupero di Kaori. Gin voleva conoscere il suo stato d'animo.
"Kao? Parlami, il tuo silenzio mi preoccupa" le disse, posando la mano su quello della donna per fermare il suo tremore.
"..."
"So che hai di che avere paura, ma tutto andrà bene, te lo prometto"
Gin era rassicurante. Lei non doveva cedere al panico.
Kaori stava cercando di assimilare ciò che aveva appena letto. Il fascicolo conteneva ritagli di giornali che raccontavano la carriera di Hide fino alle dimissioni, di cui lei si ricordava in parte. Un rapporto della polizia sulle circostanze della morte dell'ex poliziotto risaliva a poco più di sei anni prima. Lei sapeva che lui non c'era più, ma quando cercava di ricordare quel periodo, una tristezza infinita si impossessava di lei. C'era un altro rapporto su un incendio in un edificio dove diverse persone erano morte, tra cui una giovane donna: Eriko. Kaori la conosceva dal liceo, erano state amiche.
Kaori aveva prestato particolare attenzione ai dati sulle pagine seguenti: una serie di test, esami del sangue e una diagnosi che riportava serie conseguenze.
Capì perché Gin non aveva avuto fretta di parlarle. Non era una cosa facile da confessare. Avrebbe potuto lasciare che fosse il medico a spiegarle. Ma aveva preferito che lo scoprisse da sola, con i suoi ritmi e con lui al suo fianco.
Lasciò il fascicolo per un momento, spostando l'attenzione sul suo amico. Si sentiva svuotata e perduta in quel flusso di informazioni e termini medici. Tutto ciò si confondeva nella sua testa e lei si rifiutata di credere a ciò che aveva in mente e a ciò che il suo corpo, con i suoi problemi, confermava. Ci doveva essere un errore. Quello che quel rapporto medico testimoniava non poteva essere vero. Aveva perso tutto del suo passato e apparentemente il suo futuro era incerto.
Sentì le lacrime scorrerle sulle guance ma non voleva fermarle. Aveva bisogno di sfogarsi. Si trovava in un incubo e in quel momento aveva bisogno di sentirsi dire che era uno scherzo di cattivo gusto. Una parte della sua vita era scritta lì e ciò che ne risultava non era felice. Non poteva aver vissuto in quel modo, era impensabile, ma spiegava un sacco di cose: i segni sul suo corpo che stavano iniziando a svanire, i suoi mal di testa, la sua stanchezza e mancanza di energia. E il suo cuore che lei sentiva esausto, senza fiato.
"Sto per...morire?"
Tre parole caddero tra i singhiozzi interminabili. Una fatalità che ruppe il silenzio della stanza. Una rivelazione che non lasciava spazio a dubbi. In quel momento era tutto ciò che voleva sapere, non il perché o il come, ma solo la conclusione di quella valutazione.
"Kao, guardami. Non lascerò che succeda il peggio. Ho preso e ho messo tutti i mezzi possibili per contrastare le tue condizioni. E ho trovato il miglior trattamento per la tua situazione. Te lo ripeto, andrà tutto bene"
"Gin! Io...no...no, no, NO!!!"
Kaori si alzò e si mosse per la stanza, agitando il fascicolo in tutte le direzioni. Le lacrime non si fermarono e un crescente senso di ingiustizia la invase.
"Non è possibile! Questa non sono io! Non può succedere a me! Io...io non capisco..."
Gin si alzò per tentare di calmarla. Prese il fascicolo dalle sue mani e l'obbligò a fermare i suoi movimenti disordinati, prendendola tra le braccia.
"Kao, niente è irrimediabile. Ho parlato a lungo con il dottore: nonostante i danni del tuo stile di vita passato, puoi vivere molto bene e a lungo con un trattamento adeguato e uno stile di vita sano. E nel peggiore dei casi si può prendere in considerazione un'operazione"
"Com'è possibile? Non ricordo nulla! Come...? Come, Gin?!" urlò Kaori, staccandosi dalla presa dell'uomo.
Gin sapeva che era giunto il momento di giocarsi il tutto per tutto. Doveva essere molto convincente.
"La tua perdita di memoria è dovuta al trattamento usato per farti uscire dalle tue condizioni!"
"Le mie condizioni?"
"Quando ti ho trovato poco più di tre mesi fa, eri distante e arrabbiata. I tuoi discorsi erano titubanti e ti rifiutavi deliberatamente di parlarmi di te. Mi hai detto di vivere con un'amica e che lavoravi con lei, non c'era traccia di te sui giornali. Ho condotto un'indagine che ha solo supportato i miei sospetti: non c'era alcuna prova di te da nessuna parte e cercando bene, ho avuto accesso a un conto corrente a tuo nome, che mostrava una situazione precaria e inquietante. Poi c'è stato l'incendio da cui ho fatto appena in tempo a salvarti...sei l'unica sopravvissuta..."
"..."
Kaori non sapeva cosa doveva comprendere. Se seguiva le deduzioni di Gin, l'inevitabile conclusione la terrorizzava.
"Non è possibile, Gin, sono figlia e sorella di poliziotti! Io...io non avrei mai seguito quella strada..."
"Non credi che mi sia rifiutato di credere a quella possibilità? Ma tutto torna, le dimissioni di Hide, la sua morte legata a un cartello della droga, la tua misteriosa scomparsa dalla circolazione, il tuo silenzio su tutto quello che hai fatto dopo e...e i segni sul tuo corpo"
Kaori doveva arrendersi all'evidenza. Ricordava le dimissioni di Hide, ma non ne capiva le ragioni, non era chiaro. Lei ne era stata la responsabile? La morte di fratello era ancora molto presente nel suo spirito e ancora la sconvolgeva. Era sicuramente passata attraverso momenti di dubbio e solitudine a causa di certi avvenimenti, annientata e senza famiglia. Tutto ciò avrebbe potuto portarla al peggio? Aveva provato a sfuggire alla realtà della sua vita? Sentì che stava per crollare, l'emicrania stava tornando. Andò a sedersi.
Vedendo la stanchezza della giovane donna, Gin le servì un bicchiere d'acqua che le mise direttamente in mano e la spinse a prendere la sua pastiglia.
Kaori rimase senza parole di fronte a quanto detto dall'uomo. Guardò la cartella. Voleva ricostruire il macabro puzzle della sua vita passata.
Durante le ore seguenti, Gin le spiegò, entrando nei dettagli su ogni 'prova', creando il collegamento tra ogni evento, riempendo i buchi della sua memoria. Scelse le parole, parlando con calma.
Kaori fu travolta da un'ondata di sentimenti: il senso di colpa, la rabbia e la vergogna. Aveva vissuto una vita dissoluta, trascinando il fratello e gli altri nel suo crollo. Con le mani appoggiate sulle gambe, sentiva attraverso i vestiti le vecchie tracce delle iniezioni che la bruciavano. Il suo corpo era stato lo strumento della sua perdizione.
"Sono...sono...una tossicodipendente..."
"Non ti giudico, Kao. Ma devi riconoscere i fatti se vuoi uscirne"
Gin la prese tra le braccia e pazientemente asciugò le lacrime della giovane donna, cullandola. Tutto si incastrava alla perfezione.
 
 
Al rifugio, l'atmosfera ruotava intorno alla tempesta tra Falcon e Ryo. Quest'ultimo aveva cercato il confronto con tutti i mezzi, con provocazioni di ogni tipo. Anche se il mercenario non lasciava trasparire nulla, le parole di colui che considerava suo amico lo toccavano. Ryo era determinato a tornare su vecchie ferite, tutto ciò per farsi odiare da lui e da Mick. Voleva che soffrissero tanto quanto lui.
Ryo provò un maligno piacere nel tornare sulla cecità di Falcon e sull'inabilità di Mick. Le vecchie ferite non si chiudevano mai completamente. Falcon si confortò all'idea di averlo allontanato dalla città e soprattutto dalle donne. Ryo non avrebbe esitato a essere aggressivo e offensivo con loro così come stava facendo ora.
Ryo sapeva come insistere lì dove faceva male. Falcon aveva capito bene e faceva tutto il possibile per evitare di salire sulla sua giostra. D'altra parte, sentiva che Mick stava perdendo la pazienza.
Erano tre uomini con un passato pieno di violenza, rimorsi e amarezze. In ogni momento i loro riflessi di assassini potevano risvegliarsi. Falcon non poteva permettere che superassero il limite del non ritorno.
"Voi confondete amore e pietà! Se siete qui oggi è perché sono stato tanto debole da lasciarvi in vita!" li derise Ryo.
"E allora? Colpisci, Ryo! Fallo se pensi che cambierà qualcosa!!"
Prima che potesse replicare, Falcon poté solo vedere che Mick si era già lanciato su Ryo. I due uomini si picchiarono, cercando di destabilizzarsi, sia fisicamente che psicologicamente.
"Hai il coraggio di dire che Kazue prova pietà per me!" gridò Mick, facendo di nuovo scontrare il pugno contro la mascella di Ryo.
Ryo incassò e sorrise, sfregandosi il mento.
"È il ruolo di un'infermiera, assistere il suo paziente!"
"Come osi?!"
Mick era furioso con il suo compagno. I colpi piovevano sui due uomini che nulla sembrava poter fermare. Il sangue cominciò a scorrere da un labbro per l'uno e da uno zigomo per l'altro. Mick stava per inferire con un altro colpo quando una presa potente fermò il suo gesto:
"Lasciami, Falcon! Lascia che gli faccia ingoiare le sue parole!"
"Non te lo lascerò fare. Guardalo, sta cercando di distogliere la sua sofferenza per la perdita della sua donna..."
Ryo sentì tutta la volontà, la rabbia e il dolore crollare a quelle parole: 'la sua donna'. L'immagine del loro bacio si introdusse nella sua testa.
Si era sempre proibito di soffermarsi su quella testimonianza. Si era sempre assicurato di ignorare quella realtà. Eppure non avrebbe mai potuto dimenticare quello che era successo tra lui e Kaori prima...prima della sua morte.
Era da anni che la considerava molto più che una semplice partner, rifiutandosi di ammetterlo. In una serata tutti i suoi sogni avevano preso forma in un bacio. E in pochi mesi aveva cercato di cancellare il suo amore per lei, volendo però preservare la sua immagine. Rifugiandosi nell'alcool, continuando a contraddirsi nei suoi sentimenti e nelle sue azioni. Eppure non doveva più nascondersi da lei, da se stesso né da loro.
"Ridicolo! La mia donna? Siete voi che avete bevuto troppo per dire queste sciocchezze!"
"Non fare l'ingenuo, Ryo, non ti si addice! Sappiamo tutti cosa provi per Kaori! Smettila di mentire!" martellò Falcon, avvicinandosi a Ryo.
"..."
"Non hai niente da confessare a noi, ma a te stesso, sì! Qualunque sia la vita che vuoi riprendere, devi accettare che l'hai amata, che la ami e che lei non lo saprà mai! Qualunque cosa tu dica o faccia, è così! Quindi non cercare di distruggere te stesso e noi solo perché provi questi sentimenti. Lei non se lo merita!"
Mick rimase stordito dalla filippica del mercenario. Non l'aveva mai visto pronunciare così tante parole in una volta. Non parlava tanto per farlo. In ogni caso il suo piccolo discorso sembrò avere un lieve impatto su Ryo. Quest'ultimo rimase stoico, sicuramente alla ricerca di una replica a quelle argomentazioni.
Mentre Mick pensava che non sarebbero mai stato in grado di perforare il guscio di Ryo e che tutto era perduto, quest'ultimo si allontanò da loro. Il suo tentativo di sfogare i nervi su di loro aveva fallito. La sua rabbia crebbe, mescolata a furore e disperazione. Tutti i suoi muscoli erano tesi. Alzando la testa, Ryo fissò l'albero che aveva davanti. Un primo pugno si abbatté sulla corteccia che si sgretolò sotto l'attacco improvviso. Poi un altro colpo, seguito da una valanga di pugni. Ryo riversò tutto il suo dolore e la sua furia, il sangue sulle sue mani si mescolava con i trucioli di legno. Non sentiva il dolore fisico, solo la tristezza e il vuoto nel suo cuore. Per la prima volta nella sua vita da uomo adulto, le lacrime apparvero nei suoi occhi scuri. Allo stremo delle forze, Ryo cadde in ginocchio ai piedi dell'albero, per confessare l'ovvio, infine:
"...Mi manca..."
Ryo non aveva riflettuto. Le parole erano uscite da sole. Era stanco di ciò che era, stanco di ciò che stava vivendo. Non voleva più lottare. Non voleva dimenticarla o negare tutto ciò che lei aveva portato nella sua vita. Doveva conservare il meglio. Kaori era stata la sua parte migliore.
Nessuno aggiunse nulla. Non c'era nulla da aggiungere. Erano uomini d'azione e soffermarsi su certi argomenti non faceva parte del loro modo di fare. Ma a volte, in rare circostanze, le parole valevano tanto quanto i colpi.
I tre uomini non sapevano cos'aveva in serbo il futuro per loro, non sapevano nemmeno se il giorno dopo sarebbero ancora stati al mondo. Ma continuavano, consapevolmente e inconsciamente, a desiderare giorni più gloriosi. Nonostante ciò che era stato, Ryo aveva a sua volte cercato la pace interiore e per alcuni anni l'aveva trovata.
Avrebbe conservato dentro di sé una parte di lei, glielo doveva. Kaori sarebbe rimasta la luce nella sua oscura esistenza. Era lì da qualche parte ad attenderlo e un giorno si sarebbero ritrovati.

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Capitolo 16
*** 16. Il vero volto di Gin ***


Gin guardava l'evoluzione di Kaori scorrere davanti ai suoi occhi. Era sicuro che presto avrebbe ritrovato la ragazza dal naturale fascino e dalla sensibilità che aveva lasciato anni prima. Stava assistendo alla sua trasformazione. Gin ne ricavava una grande soddisfazione. Anche se lei era ancora esitante nel suo atteggiamento, lui sapeva che presto avrebbero potuto vivere ciò che più sperava. Era desideroso di presentarla a tutti. Di farle scoprire il mondo. Aveva così tanti progetti per loro. La sua pazienza e devozione furono premiate: Kaori si stava avvicinando a lui.
Lei lo considerava ancora più come un fratello che come un potenziale spasimante, ma dall'amicizia all'amore c'era un solo passo. Avrebbe saputo guidarla a sé.
Dopo le terribili rivelazioni, lui aveva ben capito che lei dubitava ancora e che doveva schiacciare i dubbi senza attendere. L'aveva sopraffatta raccontandole terribili misfatti: accusandola di essere l'unica responsabile di quanto accaduto nella sua vita, come la morte di suo fratello o di quelle persone nell'edificio. Fragile com'era, Kaori non aveva avuto difficoltà ad addossarsi quei crimini, credendosi allo stesso tempo vittima e colpevole della sua dipendenza da varie droghe. Gin sapeva come giocare con le emozioni delle persone. Bastavano poche parole ben scelto in un definito contesto, e il gioco era fatto. Dopo il condizionamento che lei aveva subito e con l'aiuto del farmaco che Kaori riteneva fosse una cura per il cuore, Gin controllava lo stato fisico e psicologico della giovane donna. A sua insaputa, Gin la rendeva dipendente dal trattamento e da lui. Non poteva permettere alla donna di scegliere consapevolmente, era troppo rischioso che lei non accettasse i suoi desideri, che non capisse le sue scelte. Ma lei ci sarebbe arrivata, col tempo. Lui si sarebbe reso indispensabile per lei. Vedeva il suo comportamento, Kaori cercava la sua approvazione e i suoi incoraggiamenti per domare le sue nuove condizioni. Lei aveva bisogno di lui.
Nel frattempo, Gin riviveva i momenti di complicità che tanto gli erano mancati. Con Kaori, trascorreva ore a parlare della sua vita, rimanendo sul vago per non spaventarla. Gli incontri che aveva fatto, i paesi in cui era andato. La giovane donna si mostrava attenta e curiosa per le cose più piccole, come in passato. A volte la sua risata cristallina permeava i momenti che condividevano insieme. Era bello sentire di nuovo le sue risate e la sua voce. Non si stancava mai di guardarla e condivideva ogni momento con lei. Ai suoi occhi, era bella e desiderabile. Come non voler conquistare il suo corpo e la sua anima? Lei era ciò di cui lui aveva bisogno, lo aveva sempre saputo. La sua vita finalmente assumeva una nuova dimensione solo grazie alla sua presenza vicino a lui. Kaori rendeva tutto differente.
Poteva immaginare facilmente che Kaori divenisse la padrona di quel posto, perché era già la regina del suo cuore. Le avrebbe insegnato a vivere nel suo mondo, gli usi e i costumi di una donna del suo rango. Lei avrebbe finito per sentirsi a suo agio, col tempo.
Inoltre, presto avrebbe potuto portarla con sé nei suoi viaggi. Era ora che riprendesse con gli affari e Gin non voleva più lasciare Kaori troppo lontana da lui, nemmeno per un momento. Doveva sapere in ogni istante dov'era e cosa stava facendo. Mantenere il controllo era essenziale per lui.
 
 
Kaori stava passeggiando nel giardino, approfittando della dolcezza di quella giornata di novembre. Era ancora turbata dalle crudeli rivelazioni. La sua vita non era stata che una cortina di fumo. Anche se non ricordava nulla in particolare, ringraziava Gin di averla fatta uscire dall'inferno della droga. Conosceva le conseguenze di quella vita dissoluta. Doveva affrontare se stessa ma non voleva soffermarsi sui propri errori, che erano costati tanto. Si vergognava di ciò che suo fratello avrebbe potuto pensare di lei. Ma avrebbe cercato con ogni mezzo di riscattarsi.
Tuttavia, sentiva dentro di sé che le mancava qualcosa. Però quella mancanza rimaneva indefinibile. Non c'era alcuna sostanza di cui avesse bisogno, era qualcosa di più forte. Una presenza. Le mancava una presenza, come se le fosse stata amputata una parte di sé.
Kaori sentiva che quell'impressione non era dovuta alla sua immaginazione perché Gin cercava con ogni mezzo di colmare il vuoto che provava. Era Hide che le mancava e che Gin stava cercando di rimpiazzare? Ovunque lei fosse, Gin c'era, non era mai lontano. In quel momento Kaori si voltò sul sentiero per guardare verso la casa: Gin era lì sulla terrazza a guardarla. Sembrava concentrato sui suoi pensieri. Stava cercando di scoprire cosa la disturbava? Era preoccupato per lei? Eppure, lei era in grado di anticipare le proprie crisi e il suo cuore sembrava essere tornato ragionevole. Il trattamento era efficace. Il dottore che aveva visto durante l'ultima visita era rimasto piacevolmente sorpreso nel vedere che Kaori si stava riprendendo tanto in fretta. Certo, lei era ben protetta e la sua convalescenza si stava svolgendo nelle migliori condizioni. Gin era pieno di attenzioni verso di lei. Nonostante la tristezza, Kaori non voleva in alcun modo deludere l'uomo che l'aveva recuperata.
Quando parlavano, Kaori cercava di non manifestare il suo disagio. Si sforzava di sorridere e di essere allegra. Gin le aveva detto che non avrebbe mai potuto ricordare le azioni passate e Kaori dubitava di voler conoscere l'oscurità del suo passato. Per rispetto all'amico che aveva fatto tanto per lei, non voleva risvegliare i vecchi demoni. Glielo doveva perché Gin le offriva una seconda possibilità di vivere una vita come suo fratello avrebbe desiderato.
Ma Kaori non riusciva a capire da dove giungesse la sua insoddisfazione. Non era un semplice dubbio, era una cosa certa. C'era qualcosa di sbagliato in quella nuova vita. Si sentiva fuori luogo, lì. Ma qual era il suo posto? Aveva bisogno di rifletterci e di concentrarsi, ma non era mai realmente sola. Kaori non aveva veri momenti di intimità se non quando era nella sua stanza. Ma anche lì si sentiva osservata. Nonostante le buone intenzioni di Gin, lei si sentiva imbarazzata in sua presenza. Poteva notare il suo sguardo quando l'osservava, le sembrava quasi incestuoso. Aveva sempre quella sensazione, ovunque lei fosse e qualunque cosa facesse, lui era come un'ombra dietro di lei.
Si sentiva ridicola per avere reazioni del genere. Forse la sua immaginazione le stava giocando brutti scherzi. Che cos'aveva da temere? Gin era troppo protettivo. Lei voleva riprendere il controllo della propria vita e lui la incoraggiava a farlo. Non si sentiva ancora pronta ad affrontare gli sguardi degli altri, ma si era fissata un obiettivo: recuperare il tempo perduto e ricominciare a vivere. Doveva trovare il coraggio per affrontare l'argomento del suo futuro con Gin. Non poteva rimanere a tempo indeterminato a suo carico, anche se questo non sembrava dispiacere al suo amico. Naturalmente era stata felice di ritrovarlo nonostante le circostanze, ma Kaori voleva sapere di cos'era capace da sola. Sarebbe sempre stata in debito con lui, ma doveva pensare a se stessa e a cosa voleva fare di quella nuova vita.
L'ora del pasto si stava avvicinando. Kaori si era cambiata e indossava un abito semplice ed elegante. Voleva mostrare a Gin che aveva ripreso fiducia grazie a lui e che voleva andare avanti. Quando raggiunse la cima delle scale, Kaori sentì delle grida provenire dall'ufficio. La porta era socchiusa. Gin aveva messo il vivavoce al telefono e sembrava perdere la pazienza col suo interlocutore. Kaori scese le scale il più discretamente possibile. Gin continuava a incolpare l'altro di essere un incompetente. Kaori si avvicinò lentamente alla porta dell'ufficio e sbirciò dentro. Immediatamente Gin si voltò verso di lei.
"Assicurati di aver risolto tutto prima del mio ritorno!" ordinò lui prima di riagganciare con un botto la cornetta. "Non è molto carino origliare, signorina" disse a Kaori con un tono tra il rimprovero e il divertito.
"Non volevo, ma...che succede?" chiese Kaori entrando nella stanza.
"Questo è quello che succede quando uno non esegue il lavoro da solo"
Gin si diresse all'angolo bar per servirsi un drink. Le notizie non erano buone né troppo preoccupanti al momento, ma era necessario che risolvesse il problema il prima possibile. Guardò Kaori. Averla con lui gli dava l'audacia di fare di tutto per preservare il legame che si era intrecciato tra loro. Non avrebbe permesso a nessuno di intromettersi, nemmeno un poliziotto che voleva essere troppo coscienzioso. Quella donna aveva vari elementi nelle sue mani e avrebbe finito per capire il legame che c'era tra Hide e lui, poi tra lui e Kaori. Non poteva rischiare di vedere tutto crollare. Gin non distolse lo sguardo color smeraldo da Kaori. Quest'ultima sentì tensione da parte dell'amico. Qualcosa lo infastidiva. In quel momento ricordò le ultime parole della conversazione telefonica: 'prima del mio ritorno'.
"Stai andando via?" chiese quasi in un sussurro.
Quella domanda fu balsamo per il cuore dell'uomo. Con quelle poche parole, lei intendeva che non voleva essere separata da lui.
"Stiamo andando via"
Gin raggiunse Kaori e con la mano libera le carezzò la guancia. La giovane donna posò il viso nel palmo della mano calda e rassicurante.
"Prepara i bagagli, andiamo a Osaka. Ho diversi affari da risolvere. Durante i miei impegni professionali, assumerò un servizio di sicurezza affinché vegli su di te"
Occhi negli occhi, Kaori stava cercando di capire perché aveva bisogno di essere protetta, ma Gin la precedette:
"Con il mio lavoro e le mie responsabilità, chiunque sia vicino a me rischia la vita, quindi tanto vale essere previdenti. Non preoccuparti, sarà una soluzione temporanea. Tornerò presto da te"
"Capisco e non farei nulla che possa nuocerti, lo sai?"
"Siamo fatti per capirci" sussurrò lui, appoggiando la fronte contro quella di Kaori.
Lei era di una freschezza e di una tenerezza che gli davano un benessere senza limiti. Quasi a confermare i suoi pensieri, Kaori lo circondò con le braccia. Voleva liberarlo dai suoi mali. Rendergli una piccola parte di ciò che lui le aveva donato, accogliendola con sé.
Kaori sentì la mano di Gin posarsi sulla sua vita, mentre quella sulla guancia scese fino al mento per farle sollevare il viso. La guardò attentamente. Kaori rabbrividì. Voleva indietreggiare e spezzare il contatto visivo, ma lui fece ciò che lei non avrebbe mai immaginato. Rimase lì, inerte, mentre nella sua testa tutto sembrava venire strapazzato. Non voleva credere che stesse succedendo. Lui era come un fratello.
Gin era stato attratto dalle sue labbra rosa e dagli occhi scintillanti. Non poteva resistere all'impulso del suo cuore. Aveva bisogno di sentire il suo calore e di assaggiare la sua carne. Ovviamente la sconcertò, perché lei non reagì al tocco delle loro labbra. Non gli importava, era tutto ciò che aveva sognato: dolce, caldo e fruttato. Voleva intensificare il momento cercando di approfondire il bacio, Kaori tornò con i piedi alla realtà.
"Gin, fermati!" s'indignò lei, trovando la forza per allontanarlo.
Gin non si mosse. Continuava a guardarla e il desiderio per lei aumentava. Amava la sensazione che gli rimase sulle labbra e vedendola ribellarsi contro di lui alimentò il bisogno di averla solo per sé. Le sorrise.
"Non mi dire che è stato spiacevole" disse prima di bere un sorso del suo drink.
"Gin, non volevo che pensassi che fosse reciproco. Non ricambio i tuoi sentimenti in questo senso..."
Kaori si torceva le mani, non sapeva come evitare di offenderlo. Lo amava, ma non di quell'amore. Forse non era il momento giusto per dirgli ciò che voleva, ma doveva cambiare argomento.
"In effetti vorrei parlarti di qualcosa che mi sta a cuore"
Gin tornò al bar e si servì un altro bicchiere. Osservò la giovane donna. Era turbata dal suo sguardo insistente.
"Sono consapevole di tutto ciò che hai fatto per me e..."
"E?"
"Mi piacerebbe...trovare un lavoro...ricominciare la mia vita..."
Ecco, l'aveva detto. Attese la sua reazione. Lui sembrò calmo e rilassato. Lei sapeva che aveva bisogno di lui perché, al di fuori della sicurezza che le offriva, non avrebbe avuto successo se lui avesse dubitato delle sue capacità.
Gin capiva bene dove lei voleva arrivare e non gli piaceva. Non era qualcosa che aveva previsto nel suo programma. Aveva bisogno di un momento per pensare alle sue parole. Si diresse verso la vetrata per ammirare la notte che stava prendendo luogo. Il vento si alzò da fuori.
"È passato appena un mese da quando sei venuta a conoscenza della tua situazione e già pensi di poter badare a te stessa da sola?"
Kaori aveva l'impressione di essere di fronte a una figura paterna. Certo, Gin aveva pensato a lei prima di tutto. Voleva proteggerla come avrebbe fatto Hide. Lei voleva parlargli sinceramente. Ascoltarlo e ottenere la sua approvazione. Kaori lo raggiunse alla finestra. Cosa c'era di così interessante fuori che gli impedisse di risponderle guardandola in faccia? Posando la mano sull'avambraccio di Gin, lo costrinse a rivolgersi a lei.
"Gin, tu sei mio amico e molto di più. Hai saputo prendere le cose in mano quando io non potevo, ma...ho bisogno di sapere dove mi trovo. Non rinnego la tua amicizia e il tuo affetto, voglio solo che tu sappia che..."
"Cosa ti spinge a scappare da me?" la interruppe lui un po' duramente.
"Non sto cercando di scappare da te..."
"No? Eppure mi stai parlando di volertene andare!"
Gin stava perdendo la calma. Com'era possibile? Come poteva lei pensare di lasciarlo? Era riuscito a creare un contesto fragile e precaria con la malattia immaginaria e il disordine del passato di Kaori, eppure lei voleva continuare senza di lui. E c'era stato quel bacio di pochi minuti prima. Lei aveva deliberatamente scelto di ignorarlo. Per un momento, l'ammirò. Quella che aveva di fronte non era una giovane donna qualsiasi. Era Kaori. Una donna forte e fragile al tempo stesso. Dotata di un temperamento volenteroso e combattivo. Col desiderio di recuperarla com'era nei suoi ricordi, non aveva pensato che lei si sarebbe distaccata da se stessa. Le droghe potevano alterare le sue percezioni ma non ciò che era. L'aveva sottovalutata. Dove altri sarebbero stati felici di essere sostenuti, Kaori voleva essere autonoma e forte. Era ciò che ammirava in lei, la volontà di vedere solo il meglio delle cose, di conservare solo il meglio. Ma Gin sapeva dove sarebbero arrivati se lei lo avesse lasciato: qualcosa era rimasto lo stesso, lei lo vedeva solo come sostituto del defunto fratello e lui voleva essere di più. Ora che aveva assaggiato le sue labbra anche se per un breve istante, anche se lei non aveva condiviso quel desiderio, lui non le avrebbe permesso di respingerlo di nuovo.
Se il metodo gentile non funzionava, non aveva altra scelta. Sarebbe passato alle maniere forti.
La giovane donna non gli aveva risposto, stava cercando un modo per rassicurarlo delle proprie intenzioni. Lui fraintendeva, lei non voleva cacciarlo dalla sua vita, in qualche modo erano una famiglia, il bacio era stato solo un equivoco. Avrebbe sempre avuto bisogno di lui e ora più che mai.
"Gin, sii ragionevole..."
"Tu mi parli di ragione? Cosa vale la parola di una drogata?!"
"..."
Kaori rimase interdetta di fronte al suo linguaggio, 'una drogata'. Era così che la vedeva? La stava rimproverando per i suoi errori? Istintivamente fece un passo indietro, portandosi la mano al cuore, che iniziava a correre. Una profonda tristezza la invase.
"Vuoi andartene? Non ti rendi conto di quello che ho fatto per te! Mi sono incaricato professionalmente e personalmente per tirarti fuori dalla tua miserabile, piccola vita! E tu, tu dici 'grazie e arrivederci'? Sei malata, Kaori, non puoi permetterti di giocare con la tua salute"
Con rabbia, Gin ruppe il bicchiere che aveva in mano.
"Ti sei tagliato?" domandò Kaori cercando qualcosa per ripulire il caos.
Gin la spinse via un po' violentemente e parlò di nuovo:
"Se pensi di essere pronta, sei libera di pensarlo. Ma io non sono Hide! Non ti lascerò di nuovo a distruggere te stessa senza fare nulla"
"Non hai il diritto di giudicarmi per le mie scelte! E non puoi decidere al mio posto!"
Anche Kaori si arrabbiò. Le sue mani tremavano, l'emozione era troppo forte. Come ci erano arrivati? Vide Gin avanzare verso di lei, con la mano lesa dai vetri rotti le accarezzò il viso:
"È troppo presto, Kaori. Concediti più tempo, non c'è fretta"
Voleva essere rassicurante e comprensivo.
"Gin, non hai alcun obbligo nei miei confronti, semmai è il contrario...vorrei poterti dimostrare che tutti i tuoi sforzi non sono vani"
Kaori capì l'esitazione del suo amico. Sospettava che lui temesse che lei si sarebbe tuffata in qualche dipendenza.
Ebbe il coraggio di incrociare il suo sguardo e ciò che vide la spaventò. Lo guardò come se lo vedesse per la prima volta: i suoi occhi d'abitudine così intensamente verdi, assumevano una tinta molto più scura. Ciò non la rassicurò. I suoi occhi la fissavano stranamente, come se lei avesse fatto un passo falso. Kaori non comprese quel cambio di atteggiamento. Sentì la sua mano maschile scivolare lungo la guancia per raggiungere il collo. Gin l'afferrò per la gola.
Kaori sentì il cuore farsi prendere dal panico e l'aria mancarle. Alcune schegge di vetro nel palmo dell'uomo le graffiarono la pelle. Tentò di fargli mollare la presa ma lui era più forte. Mentre stringeva, lui avvicinò il viso al suo:
"In effetti, mi devi tutto e per il momento non ti chiedo nulla. Decido io cosa è meglio per noi. Mi ringrazierai più tardi" finì col baciare la fronte della giovane donna.
"No, Gin...non puoi..."
La voce dolce e calma dell'uomo era in contrasto con la freddezza dei suoi occhi e la collera che guidava il suo gesto. Le lacrime corsero sulle guance di Kaori, impaurita da ciò che stava comprendendo. Pensava che il suo cuore si sarebbe fermato da un momento all'altro. Gin la lasciò senza troppe cerimonie, poi l'afferrò più violentemente per il polso e aprì la finestra. Un vento forte e potente si precipitò nella stanza.
Senza una parola, Gin attirò Kaori fuori. Precisamente, attraversarono la terrazza per ritrovarsi su uno dei sentieri del giardino. Kaori non riusciva a mantenere l'equilibrio, tra il vento e l'andatura veloce di Gin.
"Smettila! Mi fai male! GIIIIIN!!!"
Nonostante le sue grida e lamentele, l'uomo continuò a trascinarla stringendo la presa attorno al suo polso. Kaori aveva l'impressione che il braccio si sarebbe strappato. Riuscì a malapena a vedere il sentiero che stavano percorrendo. Era troppo buio, la luna era nascosta dalle nuvole. Una fine pioggia cominciò a cadere, offuscando ancora di più la sua vista. I piedi slittarono sulla ghiaia, diventa scivolosa.
Mentre stava per cadere, Gin si fermò e lei urtò contro di lui all'improvviso. Voleva studiare il posto ma lui catturò la sua attenzione:
"Che tu voglia lasciare me è una cosa, ma so che non lascerai lui!!"
Con un gesto brusco, Gin spinse violentemente Kaori a terra.
Inzuppava e gelata, Kaori sbatté contro una superficie fredda e liscia. Tentò di alzarsi ma il braccio le faceva male.
"Rifletti bene su quello che vuoi! Senza di me non sei nulla!" sparò Gin con voce implacabile prima di allontanarsi, senza preoccuparsi di Kaori.
Kaori respirava a fatica. Trovò il coraggio di alzarsi e ciò che vide la sconvolse. Gin l'aveva condotta alla tomba di suo fratello. Fino a quel momento non aveva saputo che si trovava lì. Come? Perché?
Lì, in piena notte e sotto la pioggia, era sola, abbandonata di fronte a un'evidenza che la terrorizzava.
Crollò sulla stele, senza forze, afferrando il tubetto di compresse che aveva in tasca per ingoiarne una. Il suo corpo bruciava. Si raggomitolò contro la lastra di marmo, bagnandosi con le sue lacrime e cercando conforto nel suo triste confidente. La pioggia raddoppiò ma Kaori non si mosse. Gin non era più quello che ammirava e a cui era affezionata. Qualcosa si era rotto, quella sera. Si rese conto di tutto quello che significava. Negli occhi dell'uomo, non c'era stata briciola di compassione o rimorso per lei.
In quel momento, Kaori seppe chi doveva temere.

 

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Capitolo 17
*** 17. Una perdita di troppo ***


Il mese di novembre si stava avvicinando alla fine, gli alberi avevano perso le foglie e il freddo diventava sempre più intenso, annunciando l'arrivo delle prime nevi. Seduto sul davanzale della finestra, Ryo, con un bicchiere di whisky in mano e l'altra in tasca, osservava distrattamente la città. Erano passati 15 giorni da quando era tornato dalla spedizione con i suoi due compari. Aveva recuperato le forze e riacquistato le capacità del numero uno, almeno in apparenza, e cercava giorno dopo giorno di affrontare quella nuova solitudine, per riprendere il gusto per la vita. Aveva riacquisito alcune abitudini, come andare al Cat's Eye per trovare gli altri. Fisicamente era con loro ma il suo spirito vagava là dove il suo cuore trovava la pace: con il suo angelo. Così fingeva di ridere della vita in loro presenza, di fare il pagliaccio e il seduttore come prima. Faceva buon viso a cattivo gioco, ma per quanto tempo ancora?
Un lungo sospiro uscì dalle sue labbra, facendo apparire il vapore sul vetro. La mano andò meccanicamente verso la macchia bianca. L'indice cominciò a muoversi e senza nemmeno accorgersi, diede nome alla sua sofferenza: Kaori.
Bevve un sorso, dicendosi che una buona sbronza gli avrebbe fatto bene, ma non poteva permettersi il lusso di dimenticare tutto quello per cui aveva sofferto.
Improvvisamente, pulì il marchio effimero e tornò a sedersi al tavolo. Non prestava nemmeno attenzione alla televisione che trasmetteva i suoi programmi senza fine.
Per affogare la malinconia in un altro modo a parte l'alcool, Ryo si mise a pulire meccanicamente la sua arma. Un'intensa emozione riemerse dal passato, e lui ricordò i momenti in cui si era trovato ai piedi di un muro che non avrebbe mai pensato di poter abbattere se i suoi amici non l'avessero supportato nel dolore.
 
 
FLASHBACK, AL RIFUGIO
 
 
Di fronte ai suoi amici, che ovviamente lo conoscevano più di quanto Ryo non credesse, aveva lasciato uscire il suo dolore e la sua rabbia per aver tanto perduto in una sola e unica persona.
Gli ci era voluta una settimana per smaltire la sbronza e lo shock insieme alla realtà erano stati come una pugnalata al cuore. Non avrebbe mai pensato di potersi lasciare andare in quel modo. Soprattutto davanti ad altre persone, ma non erano persone qualunque quelle che lo mettevano di fronte all'evidenza. Mick e Falcon erano come lui, due uomini che camminavano su un filo e che dall'oggi al domani avrebbero potuto perdere anche loro ciò che proteggevano con tanto ardore. Con il senno di poi, Ryo ammetteva che erano sicuramente nella posizione migliore per capire quello che lui stava passando, e l'essere stentato che era divenuto.
Un'altra settimana l'aveva aiutato a rimettersi in piedi. All'aperto, aveva ritrovato la sua forma e la sua lucidità con un supporto illimitato di esercizi intensivi per eliminare tutto il veleno proveniente dall'alcool e per eliminare parte della sua rabbia.
Di comune accordo, venne deciso che era il momento di rientrare. Era necessario tornare alla vita reale. La via del ritorno fu lunga e silenziosa. Implicitamente era stato deciso che nessuno avrebbe parlato di quanto successo lì. Falcon si fermò nella via dove abitavano i due sweeper. Mick e Ryo scesero dall'auto e mentre Ryo guardava il suo edificio con una punta di nostalgia negli occhi, Mick lo raggiunse:
"Non hai dimenticato niente?"
Ryo non rispose e gli tese la mano. Mick sorrise a quel gesto e con orgoglio gli restituì la sua Magnum.
Dopo la promessa di incontrarsi più tardi al Cat's Eye e con una sincera stretta di mano, ognuno tornò a casa sua, col cuore più o meno pesante. Ryo vide i suoi amici scomparire. Non li aveva ringraziati per il tempo che gli avevano dedicato e per quello che non avevano fatto, ovvero pestarlo a sangue, per quanto l'avrebbe meritato. Avrebbe restituito il favore, in un modo o nell'altro.
Voltandosi verso il luogo dove viveva, svuotò la mente ed entrò nell'edificio. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Rientrare a casa.
Salì tranquillamente le scale, bloccando a uno a uno i pensieri relativi alla sua partner che non avrebbero mancato di assalirlo. Arrivato alla porta dell'appartamento, ci mise qualche minuto per prepararsi. Girò la maniglia ed entrò senza esitazione. In piedi sulla soglia, Ryo riscoprì il suo appartamento: era di nuovo pulito e quasi caloroso. Ricordava abbastanza bene che scempio avesse provocato. Le ragazze si erano date da fare per renderlo di nuovo abitabile. Chiuse la porta e scrutò la stanza. Ogni mobile aveva ritrovato il suo posto originario. Gli oggetti rotti erano stati sostituiti. La luce della giornata di metà novembre allagò la stanza.
Si concentrò un attimo per immergersi nell'atmosfera calma e leggera. Troppo calma. Accese la tv, non gli importava il programma, aveva bisogno di un po' di rumore. Soltanto un po'.
Ryo andò in cucina. Quasi si aspettava di trovare Kaori indaffarata ai fornelli perché era mattina avanzata. Le abitudini stavano tornando. Ma sapeva che non sarebbe successo. Lei non ci sarebbe stata, né oggi né mai.
Per curiosità, aprì il frigorifero ed ebbe la piacevole sorpresa di trovarlo pieno di vari piatti, sicuramente preparati da Miki e Kazue. Ce n'era abbastanza da durare per una settimana. Anche le credenze erano piene. Non avevano voluto farlo morire di fame. Sorrise a quella premura.
Mentre avanzava, Ryo rifletteva con che modo particolare poter mostrare tutta la sua gratitudine verso quelle donne eccezionali. Un sorriso libidinoso apparve sul suo volto. Si diresse in bagno, che era scintillante. Riempì la vasca d'acqua. Guardandosi allo specchio, che era stato cambiato, si disse che lavarsi e rilassarsi sarebbe stata una buona idea. Osservò la sua barba, che era cresciuta di volume. Esitava a radersi, con un po' di cura gli avrebbe dato un'aria più audace e misteriosa e forse anche un po' più matura. Avrebbe potuto far cedere più di una donna.
Si spogliò e senza attenzione lasciò le sue cose per terra. Senza trasalire, scivolò nell'acqua calda e si lasciò immergere da quella liquida benefattrice. Le braccia lungo il bordo della vasca e la testa gettata all'indietro, Ryo si rilassò il più possibile. Poteva sentire la tv rimasta accesa al piano di sotto, in salotto. Ispezionò ogni elemento mentre scandagliava la propria mente. Suddivise in compartimenti i ricordi e le emozioni. Doveva assumere il pieno controllo del suo corpo e della sua mente. Anche se ultimamente aveva recuperato molte delle sue abilità, la sua mente non era ancora operativa. Gli occhi chiusi e il respiro tranquillo, Ryo rifletté su quanto lo circondava. Visualizzò ogni stanza dell'appartamento: non c'era nessuno a parte lui. Eppure, come in cucina, aveva l'impressione che Kaori sarebbe apparsa da una porta. Con pazienza studiò la propria mente e si mise a chiudere a chiave alcune porte per non essere più intrappolato dal bisogno più che vitale di crederci ancora. Dopo una buona ora trascorsa in quell'atmosfera soffice e vaporosa, Ryo decise di uscire dall'acqua. Con il corpo ancora gocciolante, afferrò un asciugamano e se lo legò intorno alla vita. Andò dritto nella sua stanza per vestirsi. Una volta indossato l'ultimo indumento, uscì in corridoio. Se voleva andare avanti, doveva mettere a tacere i suoi rimpianti. Ryo aprì delicatamente la porta che si trovò di fronte. Nella stanza tutto era sistemato in scatole di cartone, come se la persona lì dentro non fosse riuscita a decidere se rimanere o andarsene. Effettivamente le ragazze avevano dovuto dubitare di come procedere per non essere frettolose verso i suoi sentimenti. Di sicuro si sarebbe arrabbiato se si fossero sbarazzate di tutto quello che c'era in quella stanza. Il letto era disfatto, con le coperte piegate e lasciate sopra. Nell'armadio non c'erano più vestiti, erano tutti ben piegati e conservati in una scatola. I vari indumenti intimi erano nascosti alla vista. Sul comodino c'era solo la custodia di velluto che sapeva vuota. Meccanicamente, estrasse il ciondolo da sotto la camicia per accarezzarlo con la punta delle dita mentre ricordava tutte le notti in cui aveva vegliato sul sonno della sua partner.
Non avrebbe rimesso il gioiello nella sua scatola. Non voleva separarsene, così riappoggiò il suo amuleto contro la pelle e provò una certa freddezza. Quell'anello aveva il suo posto, vicino al suo cuore. Avrebbe tenuto Kaori da qualche parte, in lui e per lui. Ryo non aveva bisogno di attardarsi in quella stanza vuota. Chiuse la porta, rimandando il momento in cui l'avrebbe svuotata davvero di tutte le sue cose. Non c'era fretta. La rabbia era quasi sparita.
 
 
FINE DEL FLASHBACK
 
 
E ora era lì, solo in quell'appartamento. Il freddo aveva preso luogo sul quartiere esterno, ma per lui era lo stesso ovunque si trovasse. Niente era sufficiente per dargli il calore che tanto gli mancava. Niente e nessuno faceva battere il suo cuore, se non per riflesso. Nonostante tutto ciò che i suoi amici avevano fatto per lui, ricordando lei, Ryo aveva l'impressione di annegare. E il periodo festivo che si annunciava lo spinse ulteriormente nei meandri del suo inconscio tormentato.
Voleva solo una cosa: raggiungerla. Avrebbe sconfitto i demoni dell'inferno per ritrovarla.
Ryo rivolse l'attenzione alla sua arma. Guardò le mani accarezzare il metallo freddo, inserire una pallottola nella canna e ruotarla. Non aveva paura.
Con un gesto lento e sicuro portò l'arma alla tempia. La freddezza del cannone contro la pelle lo elettrizzò. Tenne gli occhi aperti e armò il cane. In un attimo la sua vita gli passò davanti agli occhi più scuri di una notte in tempesta: i cattivi come i bei ricordi, volti, parole, sorrisi e lacrime. Il silenzio regnava nella sua testa e nel suo cuore. La vita lo sopraffece.
Col dito sul grilletto, pronto ad affrontare la morte, Ryo si sentì percorso da un brivido. Aprì gli occhi e vide l'immagine incerta di Kaori. Se avesse dato retta a quell'istante, avrebbe cercato di toccarla, di trattenerla. Ma sarebbe svanita, perché era solo un'illusione. Perché la sua immaginazione gli giocava quello scherzo, adesso? Per fargli avere la forza di andare fino in fondo? Era venuta per accompagnarlo nel suo gesto? Stava per schernirlo? Sfidarlo ad avere il coraggio di compiere quel gesto?
Era pallida e nei suoi occhi accaniti e rassegnati, c'era un dolore profondo.
Cosa stava facendo, lui? Non riusciva a staccare lo sguardo dai suoi occhi nocciola, che quasi lo imploravano. Poi vide le sue labbra muoversi, ma nessun suono lo raggiunse. Decifrò ciò che lei scandì instancabilmente: "Non abbandonarmi".
Com'era possibile? Abbandonarla, lei che non c'era più?
"Come osi chiedermelo?! Con quale diritto torni a dirmi cosa fare o no?"
Ryo era consapevole di essere solo nella stanza, ma l'improvvisa apparizione suscitò la sua rabbia per essere stato abbandonato in quel modo. Con l'arma ancora in mano, continuò con la sua ondata.
"Ti informo che sei tu che te ne sei andata!" ironizzò. "Cosa ti aspettavi? Che andassi avanti come se nulla fosse successo? Che andassi avanti senza di te? Ti sei sbagliata! Senza di te non sono più niente...ora lo so...allora, guardami!" urlò gettando il bicchiere attraverso l'apparizione. L'immagine si offuscò un istante mentre i frammenti si sparpagliavano al suolo.
Ryo si era alzato e tutto il suo corpo era teso dalla rabbia che lo animava di fronte all'immagine della sua partner. Si presentò a lei così com'era: debole e indifeso.
"Sei venuta per far festa alla morte della bestia? Divertiti, lo spettacolo sarà breve!!"
"Non mi abbandonare"
"Smettila! Smettila di ripetere che ti sto abbandonando! Sei tu che te ne sei andata! Quando avrei dovuto andarmene prima io..."
Senza fiato dall'emozione per la rivelazione davanti a quel giudice, Ryo era sfinito.
Lo sguardo freddo di solido destinato ai suoi nemici poggiava sul riflesso ondeggiante di Kaori. Portò l'arma verso di lei e armò di nuovo il cane.
"Non venire a farmi sentire in colpa! Ce la faccio bene da solo, sparisci! Vattene! Vai via una volta per tutte!!"
Il colpo partì senza che Ryo si muovesse. L'unico proiettile in canna sibilò nell'aria prima di far esplodere il televisore. Tornò il silenzio e Kaori ancora lo implorò.
Stupefatto di aver sbriciolato l'apparecchio, con l'arma ancora fumante e Kaori che sembrava sempre più angosciata, Ryo si rese conto in quel momento che avrebbe dovuto morire. Ancora una volta, anche se lontano da lui, la sua partner gli aveva salvato la vita. Perché stava ancora cercando di salvarlo? Cosa voleva?
"Guarda dove sono senza di te...cosa ti aspetti da me? Non sopporto più questa vita...sono stanco di questo peso sulle spalle...senza di te non ce la faccio più..."
I pugni si abbatterono sul tavolo. Con la schiena piegata e la testa incurvata nelle spalle, Ryo si rifiutò di lasciare che la tristezza sfuggisse dal suo corpo.
Stava diventando pazzo? Era la sua immaginazione, il suo inconscio o il suo istinto che lo portava a credere ancora? Ma credere in cosa? Non aveva alcun senso.
Ryo mise via l'arma dopo averla ricaricata completamente, prese la giacca e uscì. Aveva bisogno d'aria. Doveva riflettere. Non vide Kaori che veniva urtata da lui e che svaniva nell'aria.
Da quando era tornato c'era una cosa che ancora non aveva fatto, forse era giunto il momento di risolverla. Riconciliarsi con la sua famiglia. Ryo temeva quel momento, ma doveva dire addio prima del grande salto in avanti. Era quello che lei voleva. Era quello che lui aveva deciso. Decise di camminare. Le strade erano calme in quella fredda giornata. Ad ogni modo, non riusciva più a fare il farfallone.
Giunto al cancello, guardò i fiori che aveva comprato per l'occasione. Il passo sicuro, Ryo andò alle tombe che proteggevano delle persone speciali. Kaori era stata sistemata vicino a suo fratello. Ryo non sapeva nemmeno chi avesse dato disposizione, ma era stata un'idea delicata quella di unirli. Gli piaceva l'idea che Kaori non fosse sola in quel posto.
Silenziosamente, disse quello che doveva dire loro. Chiese perdono per la sua assenza e per il suo comportamento indegno degli ultimi mesi. Ryo non era tipo da fare lunghi discorsi, nemmeno mentalmente, e andò subito al punto. Osò studiare la stele che proteggeva l'unica donna che avesse amato. Nella testa gli tornavano i ricordi: i loro litigi, la sua gelosia, i suoi martelli, le sue lacrime, e la sua apparizione. Mentre sorrideva parlando della loro collaborazione, i suoi occhi si adombrarono per tutte le lacrime che lei aveva versato a causa sua. Mise un mazzo di fiori su ciascuna tomba e promise di raggiungerla il prima possibile. Aveva finalmente preso la sua decisione!
Fermandosi davanti alle lapidi, Ryo avvertì una presenza non lontana:
"Ciao Saeko" disse senza nemmeno voltarsi. A pochi metri da lui, la bella ispettrice si sentì sollevata di vederlo sveglio in tutti i sensi. Era passata dal suo appartamento e, notando la sua assenza, aveva capito per intuito dove poter trovare Ryo. Si avvicinò per salutarlo e rivolse mentalmente le sue preghiere ai defunti. Insieme lasciarono quel luogo di riposo. Entrambi avevano perso la persona amata in modo brutale. Ognuno sapeva come si sentiva l'altro, anche se la loro reazione al dramma era stata molto diversa.
Ritrovandosi in strada, Saeko disse senza mezzi termini:
"Ho bisogno di te"
"Ti ascolto"
"Non qui" disse lei, guardandosi intorno.
Lo trascinò velocemente verso la sua macchina. Mise in moto e partì. Durante il tragitto, gli spiegò la situazione:
"Ti ricordi l'ultima indagine su cui stavamo lavorando? Ufficialmente il caso è chiuso ma io ho continuato comunque a indagare"
Lei gettò uno sguardo nervoso allo specchietto. Ryo ricordava perfettamente il caso, in qualche modo gli era costato caro. Lui guardò la donna, sembrava davvero nervosa e non era da lei farsi impressionare così. Di riflesso, guardò la circolazione fluida del traffico. Non c'era nulla di sospetto in giro. Non aveva che un desiderio, restare da solo.
"Hai trovato qualcosa di interessante?"
"Niente di valido ma facendo appello ad alcuni legami, potrei avere un nome e a quanto pare le mie domande sono fastidiose. Mi è stato fatto capire di non continuare perché questa persona è ben circondata...è un poliziotto e con un'alta posizione per di più: ha un campo di azione totale e un'autorizzazione prioritaria in qualunque affare"
"Un uomo di esperienza con pieni poteri, miscela esplosiva" si lasciò sfuggire un fischio di ammirazione.
"Esatto! E di recente ho notato di essere stata seguita. Inoltre, tutte le mie ricerche in corso vengono riesaminate con la scusa di controllare la procedura"
"Qualcuno sta cercando di farti rinunciare al gioco. Rischi molto, pensi che ne valga la pena?"
L'auto rallentò e si fermò di fronte all'edificio di mattoni rossi. Saeko sembrò riprendere la calma, sentendosi finalmente al sicuro.
"È una cosa seria, Ryo, m'importa poco quello che mi costerà, devo andare fino in fondo. È una questione di principio"
Lei lo guardò intensamente. Qualcosa era cambiato, Ryo non sembrava turbato dalla situazione. Sembrava essere altrove.
"Uh...hai intenzione di tenere quella barba?"
"È carina" disse Ryo accarezzando il suo vello.
"Se lo dici tu, ti fa sembrare più vecchio" rispose l'ispettrice con malizia.
Ryo non credeva alle sue orecchie: 'vecchio'. Ma il suo aspetto non aveva più importanza.
Ryo scese dal veicolo, infierendo falsamente sulla mancanza di gusto della giovane donna e si diresse verso i gradini del suo edificio mentre Saeko spegneva il motore.
Quando raggiunse le scale, si sentì uno stridio di pneumatici. Una macchina stava giungendo in strada. Davanti, al lato del passeggero, c'era un uomo col visto nascosto da ampi occhiali neri e un berretto. L'unica cosa visibile era la mitraglietta che aveva armato.
"SAEKOOOOO!!!"
Ryo rotolò a terra e sfoderò la Magnum, puntando all'avversario. La macchina era blindata, così sparò alle ruote. Nello stesso istante una raffica di proiettili si abbatté su una parte dell'edificio e sulla macchina dell'ispettrice, facendo scoppiare i finestrini.
Con la stessa velocità con cui erano arrivati, gli aggressori fuggirono con una gomma a terra che non frenò la loro corsa.
Alzandosi, Ryo corse verso la donna sperando che i danni fossero minimi. Aprì la portiera del conducente ed ebbe appena il tempo di afferrare Saeko, che cadde fra le sue braccia. Aveva diverse ferite, la più importante delle quali sembrava essere alla gola, da cui il sangue scorreva abbondantemente.
"Stai calma, i soccorsi stanno arrivando"
"Sappiamo...che è...troppo tardi. Ryo...tutte le informazioni sono...in un armadietto...alla stazione..."
Debolmente, Saeko tirò fuori una piccola chiave dalla tasca e la porse a Ryo.
"Ryo..."
"Risparmia le forze..."
Prese l'oggetto e lo strinse nel pugno. Si sentì di nuovo impotente. Teneva tra le braccia una donna che ammirava per il suo coraggio, per la sua determinazione e forza nel perseguire ciò in cui credeva nonostante le difficoltà. Saeko era il suo ultimo legame con la famiglia Makimura. E stava per morire anche lei. Con tenerezza le accarezzò i capelli mentre lei stringeva le mani su di lui.
La respirazione dell'ispettrice si faceva più difficoltosa e ogni tentativo di parlare le causava un dolore spaventoso.
"L'uomo che...affronterai...conosceva..."
"Saeko? Saekoooooo!!!"
Inginocchiato sul pavimento, Ryo strinse la donna che aveva appena perso conoscenza. Teneva le mani serrate e gli occhi erano pieni di rabbia all'idea di perdere un'altra persona cara. Era fuori discussione che perdesse anche lei.
Allarmato dal rumore dei proiettili per strada, Mick ruzzolò sulla scena con la pistola in mano. Con sgomento notò i danni. Riconobbe l'ispettrice per terra, pallida come un cencio e visibilmente priva di vita. Ryo era come una furia nel tentativo di farle ripartire il cuore con potenti massaggi cardiaci.
"Ryo, smettila...è finita..."
"NO! Te lo proibisco, mi senti, SAEKO! Ti proibisco di farmi questo! Non sei tu che te ne devi andare!"
Ryo non prestò attenzione alle parole del suo amico. Si rifiutò di rivivere l'esperienza, un'altra volta.
Le mani e gli abiti erano coperti dal sangue dell'ispettrice, cercò di fermare l'emorragia del collo ma non riusciva.
"Prendi la macchina!" ordinò Ryo facendo oscillare le chiavi della Mini.
Mick obbedì immediatamente, se rimaneva una piccola possibilità, bisognava tentare anche se lui non ci credeva più. Ryo afferrò la donna tra le braccia e si sistemò accanto a Mick, che partì a tutta velocità verso la clinica del Doc. Con una mano sulla gola per comprimere il flusso del sangue e con quella libera che continuava a colpire il suo petto, Ryo sentì alcune lacrime scorrergli lungo le guance.
"RESPIRA!" urlò.
Mick frenò e scese dalla macchina per aiutare Ryo. Nella clinica, non ci fu bisogno di spiegazioni, Kazue e Doc si presero immediatamente cura dell'ispettrice. Ryo rimase lì con le braccia stese, mentre Mick avvertiva gli altri e soprattutto Reika.
La coppia di mercenari fu la prima ad arrivare ma negli occhi di Mick capirono che non era ora di fare domande. Erano tutti nella sala d'attesa in un silenzio opprimente quando Reika irruppe, gettandosi direttamente su Ryo.
"È tutta colpa tua! Tu attiri solo il male! Perché non l'hai protetta?!"
Ryo non cercò di contrastare i colpi della giovane donna che gli martellava il petto più forte che poteva. Comprendeva il suo dolore perché per lui era lo stesso. Sapeva che sarebbe stato fatto qualsiasi tentativo per salvare Saeko ma non si faceva illusioni sulla sorte della sua amica. Mick fermò i gesti di Reika e la trascinò via per calmarla.
"Lui non c'entra. Diglielo, Ryo"
Ryo non osò affrontare il pianto della giovane donna. Guardò le mani dove il sangue si era seccato.
Era colpevole per non aver preso sul serio le paure di Saeko. Era colpevole per non aver agito più velocemente. Era il solo e unico responsabile di quella situazione.
"Tenetemi informato" disse, dirigendosi verso l'uscita sotto lo sguardo confuso degli amici.
"Bravo, scappa! È ciò che sai fare meglio!" s'infuriò Reika.
Ryo interruppe il suo gesto ma, non trovando niente da dire, attraversò la soglia della clinica e scomparve.
Nessuno vide i suoi occhi scuri ritrovare l'antico bagliore, una nuova sete di vendetta era appena nata in lui. Da lupo che era, si mise a caccia della sua preda. Non avrebbe lasciato questo mondo fino a quando non avesse saziato la sua vendetta.

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Capitolo 18
*** 18. La caccia è aperta ***


Una Mini rombava per le strade di Tokyo, destinazione: stazione di Shinjuku. Il cielo si oscurò mentre la macchina sfrecciava.
Ryo fissò la strada dritta davanti a lui senza prestare attenzione alla gente e al semaforo. Non aveva tempo da perdere. Una mano aggrappata alla leva del cambio e l'altra che giocava freneticamente con la chiave di Saeko, lo sweeper pensava solo a una cosa: chi? Chi poteva arrivare così lontano e per quale scopo? Chiunque fosse e dove si trovasse, Ryo lo avrebbe trovato. Avrebbe vendicato la sua amica rimasta tra la vita e la morte. La giustizia poteva essere impotente e cieca davanti a ciò che lei stessa aveva creato ma non lui. Avrebbe fatto da giudice, da giuria e da boia col proprio nome, decise stringendo la chiave per assorbirne la forma nella carne.
Suonò il clacson con rabbia ed evitò per un soffio un pedone spericolato che aveva appena avuto il tempo di raggiungere il marciapiede, mentre la Mini bruciava un altro semaforo.
Ryo si fermò appena fuori dalla stazione e uscì dal veicolo per precipitarsi dentro.
"Non può parcheggiare lì!" lo apostrofò un facchino.
Uno semplice sguardo privo di anima colpì l'imprudente uomo, che tornò subito alle proprie faccende. Ryo corse per la stazione alla ricerca del famoso armadietto, senza prestare attenzione al disturbo che il suo aspetto suscitava nelle persone. Le sue mani, nere di sangue secco e il suo sguardo furioso, il tutto rinforzato da un'aura tempestosa, lo facevano sembrare un criminale in fuga.
Trovò l'armadietto di metallo e vi inserì immediatamente la chiave. Dentro c'era solo una grande busta di carta kraft. La prese e la soppesò. Sopra c'era scritto il suo nome. La voglia di aprirla gli provocava un prurito, ma in quel momento notò crescenti mormorii alle sue spalle. Girandosi, capì che era stato preso di mira dall'agente di sicurezza della stazione e oggetto di preoccupazione dei passanti. Vedendo l'uomo dirigersi verso di lui, decise che era meglio non soffermarsi più in quel luogo pubblico. Con la stessa fretta tornò alla sua auto che fece partire con un ruggito.
Giunto a casa, Ryo gettò la giacca sul divano. Mettendo la busta sul tavolo, andò a servirsi da bere. Col drink in mano, guardò l'oggetto inerte che sembrava schernirlo e sfidarlo a osare scoprire cosa conteneva. Sedendosi sul divano e inghiottendo un sorso, Ryo rielaborò l'evento chiave di quel giorno: la sparatoria. Malgrado tutto, era accaduto di nuovo il peggio e questa volta sotto i suoi occhi. C'era da credere che il destino lo perseguitasse.
Decisamente quella giornata non si era svolta affatto come aveva immaginato, prima l'apparizione, ora questo. Qualcuno lassù non voleva permettergli di piegarsi prima di aver completato quest'ultima missione. Sarebbe andata così allora, e alzando il bicchiere verso il cielo come segno di assenso, Ryo promise di portare a termine quella missione speciale e di trionfare su qualsiasi cosa contro la quale si fosse imbattuto. Ne fece una questione d'onore. A partire da quel momento, quella storia divenne un suo problema, suo e di nessun altro. Lo avrebbe sistemato a modo suo. Per quanto Saeko persistesse nella linea di principio che un poliziotto doveva servire il prossimo, per lui il motto era 'Rendi cento volte il danno che ti viene fatto'. Una forza superiore voleva che l'Angelo della Morte si svegliasse e, beh, sarebbe stato riesumato un'ultima volta. Avrebbe vendicato la sua amica. Ryo avrebbe scovato il mostro responsabile di quel disastro e gliel'avrebbe fatta pagare per aver osato toccare la sua famiglia.
Appoggiando il bicchiere e riportando l'attenzione sulla busta, la aprì. Sul tavolo si riversarono una videocassetta e un fascicolo piuttosto spesso. Non c'era alcuna indicazione sul nastro ma sembrava un video di sorveglianza a giudicare dal modello. Ryo aprì il fascicolo e ne uscì una pagina manoscritta. Riconobbe la scrittura della sua affascinante ispettrice.
Il foglio era stato scarabocchiato con varie annotazioni: la data degli omicidi dei due uomini al cantiere, quella dell'incendio nell'edificio di Eriko, a meno di una settimana di distanza. I nomi di Hide e Kaori erano cerchiati e collegati a un terzo nome: Ginko Nakao. Lo schema era enfatizzato da un punto interrogativo. Quindi era quello il sospetto? Qual era il suo legame con la famiglia Makimura? Si conoscevano? Erano vicini? Una nota al lato della pagina lo incuriosì: come potevano essere amici? Ovviamente anche Saeko si era posta la stessa domanda, come un enigma da risolvere. Era quello che aveva voluto dirgli prima di perdere i sensi?
Alcune righe aggiuntive dicevano che in tre mesi di ricerca, l'ispettrice era riuscita a raccogliere poche informazioni su quell'uomo. Vista la sua alta posizione nella polizia, la sua identità e la sua vita erano protette, ma lei era riuscita a scoprire qualcosa, sacrificando alcuni favori.
-E anche di più- pensò tristemente Ryo.
Aveva aggiunto anche la cassetta, aveva seguito un'intuizione in seguito alla scoperta di un possibile collegamento tra Hide e Ginko. Non sapeva dove l'avrebbe portata, ma non aveva voluto lasciare tracce. Saeko aveva visionato tutti i nastri di sorveglianza a parte quello.
-Deformazione professionale o intuito femminile? Saeko vedeva il crimine ovunque- pensò Ryo sorridendo. Ma si sentì immediatamente in colpa per quel pensiero, perché nemmeno lui aveva fatto ricerche oltre al rapporto degli esperti per la tragedia. Durante la sua discesa all'inferno, non una sola volta Ryo aveva pensato di non essere l'unico a soffrire e che, nonostante tutto, il mondo intorno a lui aveva continuato a girare. Saeko aveva lavorato da sola all'indagine, senza nemmeno condividere con lui le sue supposizioni. Aveva agito da sola questa volta, e aveva pagato un alto prezzo per la lealtà e la perseveranza che riservava al suo mestiere. E lui cos'aveva fatto? Non c'era stato per i suoi amici. Si era arreso. Ryo mise da parte la cassetta e cominciò a leggere alcuni documenti. Alla fine, c'era un nome: Ginko Nakao. Non c'era però alcuna foto, niente nel fascicolo per dare un viso a quell'identità. C'erano segnalazioni di omicidi irrisolti che si estendevano da un decennio, apparentemente non correlati. Se questo tizio ne era l'autore, non c'era da stupirsi che avesse organizzato un attacco contro Saeko. Lei aveva fatto una ricerca approfondita e necessariamente fastidiosa. Le poche informazioni su di lui riguardavano le lezioni per diventare poliziotto che aveva seguito. Ryo notò che ciò si era verificato nello stesso periodo in cui Hide le aveva frequentate. Il suo indirizzo in quel periodo corrispondeva al quartiere dove aveva abitato il suo ex socio. In qualche modo Hide doveva conoscerlo. Lo conosceva anche Kaori? Ryo arrivò alle stesse ipotesi dell'ispettrice. C'era un legame, ma quale?
In ogni caso, quell'uomo aveva un notevole passato militare. C'era una doppia candidatura per entrare nelle forze speciali. Il suo c.v. era interessante. Spiegava molte cose sul soggetto. Era un avversario alla sua altezza, organizzato e formidabile. Ryo si sentì stuzzicato, la sua ricerca avrebbe avuto un sapore migliore. Fino a che punto Hide lo conosceva? E Kaori? Soltanto immaginare Kaori in compagnia di quel tipo di uomini metteva Ryo in quella condizione di impazienza.
Sospirò, in fondo quella busta gli faceva venire in mente più domande piuttosto che fornire risposte. Se i funzionari non avevano potuto dire altro a Saeko, Ryo avrebbe rimesso tutti i suoi informatori al lavoro. E avrebbe avuto le risposte.
Prendendo la cassetta, Ryo si alzò per metterla nel videoregistratore.
Fermandosi improvvisamente, si bloccò di fronte alla tv, o almeno a ciò che ne rimaneva. Si era completamento di averla fatto esplodere nel suo momento di follia di quella mattina. Si infuriò contro se stesso per essere stato così precipitoso. Aveva bisogno di una tv. Pensò il più rapidamente possibile e ricordò che Kaori ne aveva una nella sua stanza. L'aveva avuta per il suo sedicesimo compleanno, un regalo di suo fratello in modo da non dover più litigare su cosa guardare, gli aveva raccontato. Purché Miki e Kazue non l'avessero spostato quando avevano riordinato. Ryo si voltò verso le scale e mentre saliva il primo gradino, il telefono squillò. Al secondo squillo, Ryo esitò a rispondere, poi cambiò idea. La segreteria telefonica avrebbe preso il messaggio se fosse stato importante. Continuò a salire le scale quando la voce di Mick lo chiamò:
"Ryo? Ryo, rispondi! Ma dove cazzo sei?! Volevo dirti che Saeko è ancora in sala operatoria...Doc fa del suo meglio ma potrebbe volerci molto...se hai bisogno, siamo tutti in clinica, quindi chiamaci e...non fare stronzate, vecchio mio..."
Fine del messaggio.
Dentro di sé, Ryo stava ribollendo. La mano si serrò contro la ringhiera, si trattenne ferocemente per non lasciarsi cadere. Doveva contenere lo shock. Si sentiva così in colpa per quello che era successo davanti ai suoi occhi. Avrebbe dovuto avvertire il pericolo, ma aveva fallito ancora una volta. Sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe commesso un simile errore.
Riprendendosi, entrò nella stanza della sua partner senza troppo cerimonie e staccò il piccolo televisore rimasto sul comodino per portarlo in salone. Una volta al piano di sotto, tolse gli spinotti e li cambiò. Inserì la cassetta e afferrò il telecomando. L'immagine non era nitida perché lo schermo del televisore era incredibilmente piccolo, ma ben presto riconobbe il luogo: la boutique di Eriko, la data e l'ora erano visibili nella parte inferiore dello schermo.
Si avvicinò alla tv, ipnotizzato da ciò che vide. Kaori, la sua partner, era lì a lavorare nel negozio con la sua amica. Ryo mandò avanti, notando l'andirivieni di ragazze e clienti. Poi rimise a velocità normale, un uomo con un completo aveva fatto il suo ingresso. Eriko era occupata e se n'era incaricata Kaori. Non c'era alcun suono, ma Ryo non fece fatica a indovinare il disagio e la rabbia della partner nei confronti dell'uomo. Si conoscevano. Si conoscevano bene, a giudicare dalle loro reazioni. Kaori l'aveva trascinato nei camerini e le cose erano peggiorate. Quel pezzo di merda aveva osato metterle le mani addosso. Stavano discutendo. Su quale argomento? Perché lei non gliene aveva parlato? Ryo lasciò sfilare il nastro fino a che l'intruso non se ne andò, poi vide se stesso entrare nel negozio. Si ricordò di aver trovato Kaori sconvolta quel giorno. Perché non aveva insistito per conoscere la ragione delle sue condizioni? Perché!! PERCHÉ!!! Come al solito aveva cambiato argomento facendo il pagliaccio. Aveva deliberatamente evitato qualsiasi soggetto che avrebbe potuto portare a una conversazione più intima ed emotivamente coinvolgente con la sua partner. La cosa peggiore era che ricordava di aver incontrato l'uomo, quel giorno. Se solo avesse saputo.
Ryo mise in pausa sull'immagine di Kaori: il suo sguardo era timoroso nonostante il suo sorriso volesse essere rassicurante. Perché si era comportata così con lui? Chi era quell'uomo che gli aveva deliberatamente nascosto? Sicuramente non l'avrebbe mai saputo. Istintivamente Ryo posò la mano sullo schermo per carezzare con le dita l'immagine sfocata della sua partner. Deluso dal fatto che lei non si fosse fidata di lui in quel momento.
Ryo stava affrontando un rompicapo con quell'indagine. Da un lato il super poliziotto senza limiti, dall'altro l'incontro destabilizzante per Kaori. Era lo stesso uomo? L'intuizione di Saeko era giusta? Era responsabile della morte di Kaori? La testa contro lo schermo, Ryo aveva una brutta sensazione. Tutto il suo essere gli gridò l'ovvio: Kaori era stata assassinata. Eppure nulla portava in quella direzione, quindi perché quell'impressione non lo lasciava da quando aveva letto il fascicolo?
Si alzò con rabbia e prese la giacca, era ora di aprire le porte del passato. Si diresse verso il quartiere dove Hide e Kaori avevano vissuto, all'ultimo indirizzo conosciuto di questo Ginko. Precipitandosi fuori, Ryo si rese conto che si era fatta notte. Non poteva recarsi da degli sconosciuti a un'ora così tarda e soprattutto non vestito così: a brandelli e con le mani ancora coperte di sangue. Era una visione spaventosa.
Con rammarico, e arrabbiato per dover rimandare al giorno successivo, Ryo tornò a casa.
Andò direttamente in bagno. Dopo una lunga doccia per tentare di rilassarsi, si piantò davanti al lavandino e afferrò un rasoio. In pochi gesti, eliminò la barba per rinnovare il suo aspetto.
Aveva addosso un semplice asciugamano, andò in salotto per guardare ancora e ancora l'immagine della sua partner.
Il sonno non giunse per tutta la notte. In compagnia di una bottiglia di whisky, riprese in mano tutti gli elementi che non lo portarono a nulla. Leggendo e rileggendo i rapporti. Cercando il legame, il dettaglio che avrebbe fatto la differenza, gli occhi sempre sul televisore. Senza capire il perché, Ryo sentì una pressione invaderlo come se qualcosa di cruciale dipendesse solo da lui. Eppure non aveva più niente da perdere, e non c'era nessuno tra lui e Ginko. Perfino la pausa che si prese per sparare contro bersagli di cartone non servì a placare quella noiosa angoscia.
La notte si allungò con grande dispiacere di Ryo che girava per l'appartamento come un leone in gabbia.
Ai primi raggi del sole, Ryo si vestì e lasciò la sua tana.
Vista l'ora, il quartiere era tranquillo. Ryo doveva trovare qualcuno che fosse in grado di informarlo sui Makimura. Se ne voleva perché stava entrando nelle loro vite private, ma aveva bisogno di sapere. Camminando lungo la strada, vide una vecchia casa dove un anziano sui gradini sembrava aspettare che il tempo passasse. Ryo parcheggiò davanti alla casa.
"Buongiorno, signore. Potrebbe darmi delle informazioni?"
Un cenno del capo sembrò essere una risposta, e spinse Ryo a farsi avanti.
"Ecco, sto cercando un vecchio amico: Hideyuki Makimura"
L'ottuagenario scrutò il nuovo arrivato dalla testa ai piedi senza alcuna vergogna.
"Chi è lei? Uno sbirro, qualcosa di simile?"
Ryo sorrise all'osservazione:
"Qualcosa di simile, sì"
Il vecchio lo sondò un momento prima di riprendere:
"Oh mio povero giovanotto, mi dispiace, ma è morto"
Ryo finse sorpresa alla notizia e chiese:
"Mi dispiace venirlo a sapere...ma che ne è stato di sua sorella?"
"La ragazza è andata via dall'oggi al domani. Troppi ricordi per lei. L'ho vista crescere, sa. Un bel caratterino, ma era di una gentilezza. Quella bambina era un angelo, suo fratello l'allevò ma con lei il lavoro era facile. Non erano veramente fratello e sorella, sa, ma non c'era alcuna differenza da quel punto di vista"
Ryo annuì consapevolmente. Il vecchio sapeva e aveva una bella parlantina, una volta che si fidava.
"Avevano degli amici qui?"
"Oh, erano piuttosto discreti e non ebbero grandi eventi. So che erano sempre con un altro giovanotto. Com'era il suo nome? Viveva in fondo alla strada...la piccola lo considerava quasi come un altro fratello...oh, aspetti, mi sta tornando in mente...Gi...Ginko! Erba cattiva quello lì, nonostante la sua aria da piccolo principe! Niente a che vedere con Hideyuki, erano come il giorno e la notte, ma andavano tutti d'accordo e i due entrarono in polizia. Hide lo rimise sulla strada giusta perché era uno strano: un rissoso e un perdente. Ma anche lui se ne andò. Ad essere onesto, non fu sorprendente perché ci cose inequivocabili. Le sue premure non erano solo fraterne, se capisce cosa intendo, e Hideyuki alla fine se ne rese conto, e questo li spezzò. Fece la cosa giusta per proteggere la piccola. Lei era molto infelice, sa, non penso che lei sapesse. In ogni caso dopo la morte del fratello ha fatto bene ad andarsene, non si sa se l'altro fosse mai tornato"
Durante il suo soliloquio, il vecchio scuoteva il capo con sguardo dispiaciuto per come le cose erano cambiato. Ryo aveva appena scoperto più di quanto avesse pensato. Hide conosceva intimamente quell'uomo. Erano stati amici. Hide si era comportato con Ginko come aveva fatto con lui: facendolo entrare nella sua famiglia, fidandosi di lui, ma le cose gli erano sfuggite. Eppure l'ex poliziotto aveva continuato a credere nel genere umano, allungando la mano anche a lui. Quando gli aveva affidato a Kaori, aveva pensato a quell'uomo? Era da lui che doveva essere protetta? Decisamente Ryo non aveva capito nulla di quella promessa che non era riuscito a rispettare. Aveva l'impressione di averlo tradito.
"Ha una foto di quest'uomo?" osò chiedere.
"Oh, devo averla da qualche parte. Aspetti"
L'uomo scomparve in casa sua per tornare quasi subito con un album di cui stava già girando le pagine.
"Guardi, questa è di una festa del quartiere di circa dieci anni fa. Non mi fa sembrare più giovane" disse ironicamente il vecchio.
Ryo prese la foto che stava ispezionando: riconobbe Hide e Kaori, che ballavano e sorridevano in mezzo alla folla, e non lontano da loro c'era un altro giovane che li guardava con invidia. L'immagine non era molto chiara ma Ryo riuscì a distinguere sufficientemente i tratti per farsi un'idea.
Era lui. L'uomo della cassetta. Ryo sentì il sangue battergli nelle tempie e il cuore accelerare, un lungo brivido gli corse lungo la schiena. Non c'era alcun dubbio. Tutto si ricomponeva. Ryo capì che ancora una volta Kaori lo aveva protetto da quell'individuo perché conosceva il pericolo che rappresentava per City Hunter, per lui. Aveva preferito tacere sul loro incontro per non preoccuparlo. Rivide la scena nella boutique, Kaori e quell'uomo. Come una pecora tra gli artigli di un lupo.
Saeko aveva ragione sull'incendio, quel Nagao c'entrava sicuramente qualcosa. Kaori aveva scoperto la sua vera natura? Era diventata una seccatura per lui? Ryo era furioso per quelle domande alle quali non poteva rispondere con precisione. Si pentì amaramente che fosse successo qualcosa senza che lui ne sapesse nulla.
Il vecchio aveva continuato la sua storia sul quartiere che era cambiato e sulle persone che avevano troppa fretta. Ryo chiese di poter tenere la foto e lo ringraziò prima di tornare in macchina.
Aveva un volto, aveva un profilo. Quell'uomo si sbarazzava di tutto ciò che poteva nuocerlo, anche da lontano. Non aveva scrupoli né problemi a uccidere, purché raggiungesse il suo obiettivo. Ryo conosceva quel tipo di uomini dato che ne era stato uno, in un'altra vita, prima del suo incontro con Hide, con Kaori. Ryo sapeva ora dove mandare i suoi informatori. Passò il resto della giornata a fare il giro per incontrarli. Docilmente, tutti accettarono di raccogliere la sfida per trovare quell'uomo. Perché City Hunter non lasciò scelta, insistendo che avrebbe reso la loro vita infernale se nessuno gli avesse portato un'informazione degna di essere definita tale.
I giorni seguenti furono interminabili per Ryo che oscillò tra impegni e attesa. Conteneva con difficoltà la rabbia, che aumentava a ogni ora. Secondo i messaggi lasciati sulla segreteria telefonica, le notizie su Saeko non erano felici, l'intervento era stato lungo e difficoltoso ma il Doc rifiutava di esprimere una prognosi. L'ispettrice rimaneva attaccata alla respirazione artificiale.
Quando calò la notte, Ryo andò, come un ladro, al suo capezzale. Non voleva vedere nessun altro. Ogni notte entrava nella stanza in silenzio e osservava la macchina che teneva in vita la sua amica. Saeko divenne l'involontaria confidente dei muti lamenti dello sweeper.
Non passò un giorno della settimana senza che Ryo molestasse e minacciasse gli informatori del peggio se non l'avessero soddisfatto il prima possibile nella ricerca. La voce corse, dicendo che l'Angelo della Morte era tornato e aveva sete di vendetta. Tutti tremavano all'idea che lo sweeper infuriasse su uno di loro.
Infine, il telefono squillò. Finalmente un indirizzo: Osaka. Ginko doveva andarci presto.
Prima di partire, Ryo non evitò il suo rituale per far visita all'ispettrice, e per la prima volta le parlò:
"L'ho trovato. Mi senti, Saeko, presto sarà solo una vecchia storia. Faremo un patto, noi due: io lo prendo e mi sbarazzerò di lui, e tu resisti...non lo lascerò vincere se tu farai lo stesso..."
Con un'ultima occhiata sull'addormentata, Ryo uscì discretamente dalla stanza come vi era entrato. Si avviò nel bel mezzo della notte con la rabbia come unica compagna, all'idea di poter finalmente gustare il sangue del suo nemico. In silenzio, salutò la sua città e i suoi amici perché la strada che percorreva era un viaggio di sola andata verso l'inferno. Dopo aver placato la sua ossessione, si sarebbe ricongiunto a Kaori e avrebbe finalmente trovato la pace.
 
 
Nella grande casa di Okinawa, il silenzio regnava sovrano. Dopo il loro confronto, per Kaori i giorni passavano senza differenziarli gli uni dagli altri.
Rimaneva isolata nella sua stanza senza nemmeno rispondere quando Gin veniva a portarle qualcosa da mangiare. Ricordava in continuazione quanto successo poche notti prima. Gin le aveva mostrato un lato di lui che lei non conosceva: freddo e violento. Aveva anche scoperto con orrore che Hide era qui. Eppure era morto da tanto tempo. Gin avrebbe fatto spostare il suo corpo per lei? Era contro il volere di suo fratello, perché Tokyo era la sua città. Hide non si sarebbe dovuto trovare lì, e nemmeno lei. Questa evidenza la schiaffeggiò con forza. Non riusciva nemmeno a trovare riposo. Non appena chiudeva gli occhi, le apparivano immagini sfocate e indescrivibili. Faceva incubi sempre più violenti in cui tutto si agitava. Gin, Hide, lei e un altro uomo che non conosceva, il cui volto era impercettibile. Era legato al suo passato? La sua mente sembrava volerla guidare su quell'idea ma Kaori era spaventata. Aveva paura di credere e sperare in qualcosa che ci sarebbe stato solo nella sua testa.
Kaori guardò il suo polso ancora dolorante, vi era stata accuratamente posizionata una benda. Gin aveva descritto quello che era successo quella notte come un 'alterco'. Era tornato a trovarla con una calma sconcertante, come se nulla fosse accaduto. Lei lo aveva lasciato fare, non volendo più subire una rabbia ingiustificata. Aveva la terribile sensazione di dover affrontare uno sconosciuto denudato di tutto il suo senso morale e umanità. Era spaventata da ciò che aveva scoperto del suo 'amico'. Gli anni potevano cambiare così tanto una persona, o era così già da prima? Stava cercando di ricordare il loro passato per scorgere un segno che non aveva visto, ma mai lui era stato così vendicativo e crudele con lei. Ciò che la terrorizzava di più che era poteva cambiare volto in un istante, senza preavviso. Non sapeva come reagire. A dargli retta, Gin vedeva lui e lei come una coppia: avevano avuto un litigio, niente di strano. A far credere perfino che fosse stata lei a provocarlo, dopo che le aveva detto che era pronto a perdonale le sue parole. Il suo cuore si mise a correre e prese una pillola. Col flacone ancora in mano, lo guardò senza vederlo. La sua attenzione fu attirata dall'etichetta: composizione del farmaco. Non capiva quel vocabolario tecnico e medico, ma riconobbe che uno dei componenti era la morfina. Non era controindicata per un'ex drogata come lei? Non stava sostituendo una dipendenza con un'altra? Lei era soltanto ciò che lui aveva detto? Una moltitudine di domande l'assalì. E se tutto fosse stato falso? Aveva ancora la sensazione che qualcosa non andasse, doveva scoprire cosa. In ogni caso non poteva scappare, ci aveva già provato ma Gin sembrava anticipare ogni suo minimo movimento. Che la osservasse a sua insaputa? Kaori studiò la stanza, cercando qualcosa che aveva fino a quel momento ignorato. La mise sottosopra e alla fine la trovò: una piccola lente era stata collocata nella lampada sul comodino, conferendo un'angolazione su tutta la stanza, ovunque lei si trovasse. Con rabbia Kaori distrusse l'apparecchio e si diresse verso la porta. Si ritrovò faccia a faccia con Gin.
"Su cos'altro mi hai mentito?! Che cos'hai fatto?!"
Lo guardò dritto negli occhi in segno di sfida, determinata a conoscere la verità. Gin sentì tutta la collera e la delusione della giovane donna. Dove aveva sbagliato con lei? Non era lo scambio battute che si aspettava con lei.
"Sei stanca. Ti darò un'altra stanza" disse dopo aver gettato un'occhiata sulla stanza saccheggiata.
"Credi che un'altra camera sia ciò di cui ho bisogno? Voglio delle risposte, Gin, e le voglio ora!" urlò lei martellandogli il petto.
Gin le afferrò i polsi, suscitando il dolore sull'arto già indolenzito di Kaori. Lei si liberò dalla sua presa e fece un passo indietro nel corridoio, per mettere distanza tra loro.
"Sono malata, stanca, e cos'altro so? Ma tu non riuscirai a farmi credere che tutto è a posto! Mi fidavo di te!" gridò, lasciandogli il flacone di compresse sul viso.
"Ho pensato solo a te! L'ho fatto per noi! Ti amo, Kaori!" s'innervosì Gin.
Quell'ammissione ferì il cuore della giovane donna. Kaori capì che Gin si aspettava da lei l'amore che lei destinava a un altro. Davanti a lei si ergeva un uomo orgoglioso e conquistatore, che non indietreggiava davanti a nulla per ottenere quello che voleva, anche con lei. Adattava la realtà ai suoi desideri. Gin non era più il suo tenero e compassionevole fratello. Si era perso per strada. In quel momento lo vide davvero: era un uomo solo, perso e sofferente. Quale uomo poteva vivere normalmente senza amici, famiglia e amore?
Kaori avvertiva ciò che gli mancava, ma poteva aiutarlo?
"Non è me che ami ma l'idea che ti fai di noi. Ma non c'è alcun NOI!" cercò di fargli capire, mentre le lacrime le scorrevano lungo le guance. "È per questo che te ne sei andato? Che spreco! Eravamo una famiglia, cos'avevi creduto?!" gli urlò.
"Mi sembra di sentire tuo fratello! Sempre con questa morale! Nessun legame di sangue ci univa, nessuno ci impedisce di amarci! Hide era geloso di..."
Uno schiaffo magistrale fece tacere la voce profonda dell'uomo.
All'evocazione di suo fratello, Kaori non aveva riflettuto e il colpo era partito:
"Qualunque cosa Hide abbia fatto, ti proibisco di parlare di lui a quel modo! Tu non sei alla sua altezza! Non rispetti né i vivi né i morti...lui ha saputo vedere che eri solo un mostro!"
Nonostante tutto, le lacrime scorrevano ancora sulle sue guance arrossate per l'emozione. Se solamente lei e Hide ne avessero parlato. Non aveva mai pensato di essere la causa della loro separazione. Avrebbe potuto far capire a Gin che si stava sbagliando. Avrebbe cercato di mantenere l'equilibrio. Era arrabbiata con suo fratello, con se stessa e con Gin.
Gin sentì in sé una rabbia senza precedenti. Fece un passo verso Kaori e lei istintivamente indietreggiò.
"Kao, non ti voglio fare male" provò lui, anche se tutto il suo corpo esprimeva il contrario.
"È troppo tardi...ti sei spinto troppo oltre. Non ti riconosco più..."
Kaori lo guardò un'ultima volta prima di mettersi a correre lungo il corridoio. Corse il più velocemente possibile, il sangue che le batteva nelle tempie. Corse giù per le scale e attraversò gli ultimi metri che la separavano dalla porta principale. Era bloccata. Kaori si infuriò contro l'ostruzione. Si sentiva intrappolata. Guardandosi intorno, vide che l'ufficio era aperto. Poteva uscire dalla porta-finestra della stanza, così vi entrò.
"Non lo farei se fossi in te!"
Kaori aveva appena messo la mano sulla maniglia, che Gin le arrivò dietro. C'era solo la scrivania tra loro.
"Lasciami andare!" gli ordinò.
"Per andare dove? Ci siamo solo tu e io, Kaori"
Gin parlava con calma terrificante. Sicuro di sé.
"Dimmi che ho avuto una vita prima di te! Qualcuno dovrà pur cercarmi?"
"No, fattene una ragione. Adesso non c'è più nessuno che possa mettersi fra noi" disse lui, aggirando il pezzo d'arredamento.
Gin poté godere dell'effetto di quelle informazioni, e vedere il volto della sua prigioniera scomporsi per lo shock della notizia. Aveva avuto conferma qualche ora prima. Era finalmente libero di muoversi senza che nulla o nessuno potesse preoccuparlo. L'ispettrice che stava aleggiando sui suoi piani era stata messa a tacere dagli scagnozzi che Gin aveva sotto il suo controllo. Poteva finalmente riprendere con la sua attività preferita: burlarsi di coloro che pensavano di avere il mondo tra le mani. Esultava all'idea, aveva un bisogno urgente di dedicarsi a nuove cose. I suoi occhi verdi si indurirono mentre scrutavano la giovane donna alla sua mercé. Sapeva cosa gli rimaneva da fare.
Kaori si era paralizzata alle sue parole. Gin aveva fatto piazza pulita intorno a lei e nel suo passato. Tutto tornava: l'incendio, la presunta malattia. Lei aveva perso tutto. Era un pazzo. Chi era?
Prima di rendersi conto che era vicino a lei, Kaori sentì una mano ferma afferrarla. Era distrutta. Gin la costrinse a seguirlo.
"Non mi lasci scelta. Finché non ritroverai la ragione, dovrò rinchiuderti per il tuo bene"
Azionò un piccolo pulsante nascosto sotto il ripiano e una botola si aprì dietro il tavolo.
"Scendi!"
"Gin, non farlo! Ci dev'essere un'altra soluzione" osò lei, cercando un modo per sbarazzarsi della sua stretta.
"Se sei pronta ad accettare ciò che voglio offrirti..."
"MAI! Non ti apparterrò MAI! Ti detesto!!!" gli sputò in faccia, mentre prendeva una bottiglia come arma di difesa. Senza difficoltà, Gin la disarmò della sua arma di fortuna. Dominandola con tutta la sua prestanza, l'attirò a sé fino a sentire il respiro convulso della sua prigioniera.
"Non posso tenerti finché ti comporterai in questo modo. Scendi!"
Kaori obbedì. Gin era al limite della pazienza e lei non era in grado di affrontarlo direttamente.
Il passaggio conduceva sotto la casa. Un labirinto di tunnel vi era tracciato. Gin ne decantò le lodi con la sua prigioniera, felice di aver avuto la buona idea di rinnovare quel luogo nascosto. C'era una porta di uscita per ogni evenienza. Doveva pianificare tutto, disse. Quel piano di sicurezza risaliva alla guerra e aveva permesso agli ex occupanti di fuggire durante un attacco. Aveva scoperto del passaggio studiando i piani della casa. C'era di che perdersi, alcuni sentieri erano una trappola e l'illuminazione era minima. Dopo un po' di tempo che a Kaori parve un'eternità, raggiunsero un prolungamento che conduceva direttamente al mare. Kaori vide una barca ormeggiata all'uscita.
"Dove mi stai portando?"
"Non ti preoccupare, non uscirai di casa. Entra!"
Si trovavano a una decina di metri dall'uscita quando Gin segnalò un ingresso nel muro. Una cella, ecco di cosa si trattava. Un letto e alcune casse vi erano sistemati. Una piccola finestra con le sbarre lasciava entrare la luce del giorno con vista sull'oceano. Lei guardò la barca ma Gin non la lasciò.
"Non vorrai lasciarmi qui?" disse lei entrando irrequieta nella stanza. L'aria era fredda e umida. Kaori sentì il vento gelido correre nella sua camicia da notte, troppo leggera per quelle nuove condizioni.
"Tutto dipenderà da te, ma devi pensare con calma a tutto ciò che io posso darti. Sta a te essere ragionevole"
Indietreggiando nel minuscolo spazio, Kaori sentì qualcosa sfiorarle la gamba.
"AAAAAAH! UN RATTO!!!"
"Ti farà compagnia" scherzò il suo carceriere. Gin sbatté la porta e chiuse l'unica via d'uscita possibile, ridendo nel vederla così impotente contro una bestia non più grossa di un gatto.
Kaori crollò in lacrime, disillusa e persa, sul letto sporco e appiccicoso.
Si raggomitolò il più lontano possibile dall'inquilino, che non sembrava per nulla disturbato dalla sua presenza. Gin aveva distrutto tutto. Lei non aveva più niente né nessuno. Tutto ciò che le rimanevano erano le lacrime e l'ignoto, buono o cattivo, che perseguitava i suoi sogni.

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Capitolo 19
*** 19. L'accordo cambia ***


Gin si sentiva orgoglioso e forte. Per ogni problema, aveva la soluzione. Non arrendersi mai, non indietreggiare mai. Qualsiasi cosa accadesse, non doveva perdere di vista il suo obiettivo. Kaori non era più totalmente sotto il suo controllo, ma finché fosse stata con lui, non contava altro. Sospettava che la loro futura relazione non sarebbe stata semplice, ma gli piaceva l'equilibrio di potere che quello comportava. Avrebbe assaporato ancora di più la vittoria su di lei. Con quella sensazione di potere, lui solo aveva il diritto sulla vita di Kaori. Di propria volontà e con la forza, avrebbe finito per piegarsi. Meritava di meglio che una cella sporca e umida, ma l'esilio le avrebbe permesso di tornare meglio disposta da lui.
Era tornato nel suo ufficio e stava studiando le informazioni sulla sua nuova missione a Osaka. Niente di complicato. Avrebbe dovuto rappresentare un grosso acquirente interessato a merce di qualità. Stava aspettando quell'incontro da mesi. Il suo lavoro richiedeva tempo perché i cartelli erano sospettosi. Era necessario farsi conoscere e mantenere un rapporto di fiducia prima di ottenere qualsiasi risultato. Si trattava di un traffico di droga piuttosto importante. Era stato in grado di passare solo per alcuni subordinati dell'ambiente, ma alla fine la transazione si sarebbe svolta direttamente con il capo. Quando Gin fosse riuscito a stabilire un contatto e ad essere accettato, i benefici sarebbero stati sostanziali. Aveva bisogno di prove e di nomi prima di chiudere con quel piccolo mondo e nel frattempo poteva servirsene per divertirsi.
Sentì l'adrenalina aumentargli dentro. Gli piaceva prendersi il suo tempo, prepararsi con cura per ogni nuova infiltrazione, assumere una nuova identità. Come un camaleonte, si intrufolava tra quegli individui e diventava uno di loro, prendendosi ciò che doveva essere preso. Gin si sentiva anche più leggero, sapendo che finalmente l'ispettrice un po' troppo curiosa non era più un fastidio. Aveva imparato a sue spese che non doveva ostacolarlo. Non sopportava il pensiero che qualcuno si mettesse a curiosare. Se avesse avuto più tempo, se ne sarebbe occupato personalmente perché non gli piaceva delegare ma le sue priorità limitavano i suoi movimenti. Finalmente, avrebbe ripreso le sue attività. Finalmente, si sarebbe ritrovato nel fuoco dell'azione. Gin si servì un bicchiere di cognac e si sistemò sulla poltrona, con un piccolo sorriso sulle labbra. Era orgoglioso. Orgoglioso dei risultati che stava ottenendo. Fiero di quello che stava facendo. Fiero di quello che era. C'era una sola ombra nel suo quadro: Kaori. Era impaziente di sentire di nuovo la sua risata, di vedere i suoi occhi brillare in sua presenza, di assaggiare di nuovo le sue labbra. Aveva così tanto desiderio e speranza per loro, ma lei aveva rovinato tutto. Aveva dovuto ostinarsi nel dover capire, ribellandosi contro di lui. Aveva amato quel periodo troppo breve in cui era stata docile e malleabile.
-Ma un leopardo non può cambiare le sue macchie- pensò. Lei era così, forte, determinata e indipendente. Era anche per quello che l'amava. Quel risveglio frettoloso avrebbe reso le cose più interessanti. Lei era il suo segreto, il suo tesoro. Non l'avrebbe lasciata andare via, anche se avesse dovuto tenerla rinchiusa. Era la ricompensa che aveva faticosamente conquistato. Tuttavia, non poté fare a meno di sentire la solitudine che tornò a conquistarlo. Eppure Kaori non era lontana, lo sapeva, ma in quel momento si sentiva da solo in quella grande casa vuota. Si sentiva impotente e debole di fronte alla nuova situazione. Perché lei gli faceva sopportare tutto ciò? Con rabbia, Gin lanciò il bicchiere, che si arenò contro il caminetto. Osservò il liquido brunastro scorrere lungo il muro. Per la prima volta da molto tempo, stava perdendo il controllo delle sue emozioni: rabbia, collera e frustrazione si mescolavano al suo dolore. Aveva puntato tutto su Kaori e su di loro ma ora era tutto da rifare. Doveva rimettersi in sesto. Nel frattempo, doveva prepararsi. Concentrarsi su un altro progetto avrebbe potuto aiutarlo a schiarirsi le idee. Rituffandosi nei suoi fascicoli, memorizzò tutte le informazioni essenziali per il buon funzionamento dei suoi progetti.
 
 
Accoccolata il più possibile in un drappo dall'aspetto dubbioso, Kaori non sentì nemmeno il freddo insinuarsi sotto la camicia da notte. Erano trascorsi già cinque giorni dalla sua incarcerazione e le pareva già un'eternità. A poco a poco riacquistò la lucidità. La sua mente e i suoi ricordi stavano diventando più chiari, anche se c'erano ancora delle macchie scure nella sua memoria. Ben presto la febbre l'aveva vinta. Facendola oscillare tra momenti di rabbia e una valanga di lacrime. Le sue grida di disperazione risuonarono contro le pareti della galleria sotterranea. Tornandole indietro con un'eco beffarda e terrificante.
Per un momento, sbatté le palpebre e urlò con tutte le sue forze contro la porta che rimaneva ostinatamente chiusa, dopo essersi ritrovata a cullare le proprie lacrime in un angolo della stanza. L'astinenza dal trattamento avveniva nel dolore: fisico perché il suo corpo era fuori dal suo controllo, e psicologico per tutti i lampi intermittenti che non riusciva a definire. Giorno dopo giorno, l'astinenza riduceva le sue forze ma, armata di una volontà sconosciuta, Kaori stava combattendo contro se stessa. Cercando di aggrapparsi alla folle speranza che qualcuno da qualche parte stesse arrivando. Lui appariva nei suoi sogni, nei suoi pensieri. Concentrandosi, poteva distinguerne gli occhi neri, alternativamente fiduciosi, determinati e protettivi. Doveva resistere per lui, lo sconosciuto che il suo cuore chiamava. Lui sarebbe arrivato. Doveva resistere ancora.
 
 
FLASHBACK, CINQUE GIORNI PRIMA
 
 
Kaori era impotente e non osava muoversi con quel ratto che andava e veniva a suo piacimento. La prima notte in quelle condizioni era stata lunga e terrificante. Il freddo che si insinuava nella stanza, le onde che si incagliavano contro la parete rocciosa, e il mostro che la teneva d'occhio. Aveva freddo. Aveva paura. Kaori stava cercando di trovare rifugio nei propri pensieri, ma quello sconosciuto tornava sempre. C'era così tanto mistero intorno a lui. Kaori provò una forte attrazione per lui ma anche una paura irrazionale che lui l'abbandonasse. Non sapeva chi fosse, ma più il tempo passava, più ne era ossessionata. Erano vicini? La stava cercando? Gin gli aveva fatto del male? La testa turbinava troppo alla ricerca di risposte.
Durante i primi due giorni, fu lasciata sola. Gin non diede segni di vita. Poteva urlare, gridare, sfogare i suoi nervi sulla maledetta porta che rimaneva chiusa, nessuno rispondeva alle sue lamentele. La forzata solitudine e l'astinenza la spinsero ai limiti della pazzia. Fino a quando si rese conto che si stava esaurendo per niente. Doveva controllarsi, essere più forte del dolore che la rosicchiava all'interno. Gin voleva certamente punirla e in quel modo farla crollare, ma ciò non faceva che rafforzare il suo disgusto per ciò che lui era diventato. Non avrebbe rinunciato alla piccola speranza di fuggire lontano da lui.
Aveva tutto il tempo per studiare lo spazio in cui si trovava: oltre al letto, c'erano un lavandino e un wc, molto essenziali. Dei pezzi di cartone vinti dall'umidità erano ammucchiati in un angolo della stanza. Kaori aveva avuto il coraggio di aprirne alcuni. Contenevano documenti appartenenti ai precedenti proprietari della casa, a giudicare dalla data inscritta. La maggior parte di essi erano parzialmente illeggibili, rovinati dal tempo e dall'ambiente umido, sporco e viscido. Quella stanza era stata dimenticata per molto tempo.
Finalmente, sentì l'eco dei passi nel sottosuolo. Era arrivato a prenderla. Kaori si precipitò alla porta per osservare il suo arrivo.
"Ginko? Sei tu?" osò, desiderava tanto che fosse qualcun altro.
"Allontanati dalla porta" risuonò la voce profonda e asciutta dell'uomo.
Kaori indietreggiò fino alla finestra e Gin entrò nella stanza.
"Vedo che stai proprio bene" ironizzò lui, dettagliandola. "Avevo pensato che darti del tempo per riflettere ti avrebbe fatto bene, e che d'altra parte dovessi avere fame"
Con queste riflessioni, Gin posò un vassoio sul letto. Una rosa rossa impreziosiva il servizio.
"Spero che ti piaccia"
"Fammi uscire di qui..."
"Dipende da te, ma non sono ancora sicuro di potermi fidare. Vedremo quando tornerò"
"Stai andando via? Non mi lascerai qui da sola?!" fece lei in preda al panico.
"Te l'ho detto, ho da fare a Osaka ma non preoccuparti, non starò via a lungo e ti lascerò di che vivere, dopotutto non sono un mostro"
Gin parlò con la massima serietà. Tutto in lui mostrava il suo predominio, la sua arroganza. Kaori lo detestava dal profondo del suo essere. I tremori a causa della febbre e del freddo si accentuarono.
"Credi che accetterò di giocare con te?! Non sono quella che pensi! Preferirei morire piuttosto che stare qui ad aspettare la tua benevolenza!!"
La tensione nella stanza angusta era palpabile ma Gin non reagì, al contrario sorrise:
"Sei arrabbiata e posso capirlo. Aspetterò finché non aprirai gli occhi. Per te, lo farò. Sono capace di tutto, per te"
"Sei pazzo!" gridò lei. "Ti rendi conto che non assecondo più il tuo delirio? Tu confondi le tue fantasticherie con la realtà!"
Con un impeto di forza, Kaori si gettò su di lui, facendogli perdere l'equilibrio. Si ritrovarono per terra, Kaori che lottava con tutta la rabbia che aveva. Solo che la lotta era impari. Gin la dominò senza problemi. Sul pavimento, l'abbracciò sussurrandole parole che lei non voleva sentire. Kaori liberò la sua collera e scivolò fuori dalle braccia del suo torturatore.
"Perché mi stai facendo questo?" singhiozzò. "Sto così male..."
"Non mi lasci scelta. Se solamente tu smettessi di lottare contro di me. Non hai ancora capito che non ti porterà a nulla?"
Delicatamente, Gin si alzò con Kaori tra le braccia e la posò sul letto.
"Mangia un po', ti farà bene"
Senza aggiungere altro, Gin chiuse la porta e girò la chiave, lasciandola di nuovo sola. Se si fosse ascoltato, l'avrebbe portata con sé, ma non era ancora il momento.
Seduta sul letto, Kaori osservò il suo pasto. Con rabbia fece oscillare il vassoio, che si schiantò contro la porta. I contenuti si sparsero per terra e spesso trovarono un acquirente.
"Almeno a qualcuno farà piacere" disse indirizzandosi al suo compagno di cella che si stava già muovendo verso il cibo. In quel momento si udì un sussultò da una delle scatole. Kaori si avvicinò alla fonte per rumore e mentre stava per toccare la confezione, apparve una dozzina di ratti.
Stavano sorvegliando, muovendo il naso e la coda. Kaori, spaventata, scivolò a terra e si sentì invasa dai roditori. Erano su di lei, stringevano la camicia da notte e la graffiavano. Il loro odore terroso e nauseabondo la impregnò. Lottò e urlò, ma le creature non sembravano essere spaventate dalle sue grida e dai suoi gesti disordinati. Riuscì ad allontanarsi e ad arrampicarsi sul letto mentre i ratti stavano già lottando per accedere alla fonte di cibo. Erano affamati e finché avessero avuto abbastanza da mangiare, non si sarebbero preoccupati di lei. Il che non la rassicurava. Li guardò con orrore mentre si muovevano e mangiavano. Se non fosse morta di fame, sarebbe impazzita. Con un ratto poteva farcela, ma con una dozzina, avrebbe venduto cara la pelle. Poteva ancora sentire le loro zampe e i loro peli sulla pelle. Non aveva nulla per pulire i graffi e non osava avventurarsi oltre il letto per raggiungere il lavandino. Preferiva aspettare che se ne andassero.
Ben presto i ratti non lasciarono nulla di commestibile sul pavimento. Apparentemente erano soddisfatti. Kaori notò che sembravano disorientati. Si comportavano stranamente. Sembravano amorfi. Si muovevano con difficoltà. Strisciarono prima di fermarsi completamente.
Si rese conto che Gin aveva drogato il cibo a sua insaputa. Se non avesse gettato via il pasto, si sarebbe trovata nel medesimo stato.
Kaori non poteva più rimanere prostrata sul letto in attesa che i ratti si svegliassero.
Raccogliendo tutto il suo coraggio, afferrò la coperta e con un piede mosse uno dei ratti. Nessuna reazione. Si chinò per afferrarne uno. Anche attraverso il tessuto, la sensazione di quel corpo inerte nelle mani le faceva venire voglia di vomitare. Senza perdere tempo, lo gettò fuori dalla piccola finestra della cella. Ripeté il gesto finché non rimase alcun ratto.
Stava ancora tremando. Con disgusto, gettò la coperta in un angolo e si avvicinò al lavandino. Girò il rubinetto e un'acqua unta e marrone ne uscì. Fece un passo indietro, l'impianto idraulico era assordante. Doveva essere passato un po' da quando era stato azionato. Kaori lasciò che il liquido fluisse finché non si schiarì. L'acqua era molto fredda ma lei doveva pulirsi i graffi come meglio poteva. Con sospetto, assaggiò l'acqua. Era più o meno potabile, si sarebbe accontentata. Stanca per tutte quelle emozioni, Kaori riprese posizione appallottolandosi sul letto. Non aveva nemmeno più la forza di piangere.
 
 
FINE FLASHBACK
 
 
Era passata una settimana dalla sua incarcerazione forzata. Gin non le aveva nemmeno portato abbastanza vestiti per potersi sistemare dignitosamente. Voleva dimostrarle che lui era a capo di quel gioco, ma nemmeno Kaori si arrese. La guerra dei nervi era dichiarata. Tutto ciò avvenne in silenzio, senza che Kaori inghiottisse nulla di quello che Gin si degnava di portarle. Rifiutò tutto il cibo che il suo carceriere le portava a un'ora fissa al mattino, a mezzogiorno e alla sera, da quando aveva scoperto il suo stratagemma per riportarla sotto il suo controllo. Si limitava a bere dal rubinetto di tanto in tanto. Nonostante tutto, Gin insisteva nel portarle da mangiare. Non furono scambiate parole. Non appena se ne andava, Kaori appoggiava il vassoio per terra e tutti i ratti affamati quanto i precedenti si presentavano. Lo stesso gioco ricominciava. Non sapeva per quanto tempo avrebbe potuto sopportare quel trattamento e quelle condizioni ma non gli avrebbe fatto l'onore di implorarlo di nuovo. Anche se la determinazione l'avesse portata alla sconfitta, Kaori avrebbe combattuto da sola fino all'ultimo respiro.
Poi, Gin venne ad annunciare la sua partenza. Kaori era sdraiata sul letto, rivolta verso il muro. Finse di dormire. Non voleva vederlo né sentirlo più. Che se ne andasse, che andasse lontano da lei.
Gin si avvicinò alla sagoma, i suoi occhi scivolarono sul fragile corpo. Posò una cassetta vicino al letto.
"Ti ho portato qualcosa da mangiare durante la mia assenza. Puoi mangiare senza paura, ho capito che non è così che sistemeremo le cose. Non vorrei trovarti peggiorata al mio ritorno. Troverai anche un unguento per i tuoi lividi e un disinfettante. Perché continui a farti così tanto male..." sospirò.
Gin era calmo e disteso. Si sedette accanto a Kaori e rimise teneramente a posto una ciocca dei suoi capelli. Lei non mosse un dito.
"Sei così bella. Perché rifiutare la felicità che ti offro? Saremo felici. All'epoca, sapevo che andarmene era l'unica soluzione. Tu non avresti mai lasciato Hide, neanche per me...malgrado l'amore che provavi per me. Ero geloso, geloso della tua preferenza per quel fratello e io volevo molto di più. Più di vedevo crescere, più il mio amore per te si rafforzava. Pensavo che anche Hide sarebbe stato felici per noi, ma invece...'Non avvicinarti a lei o ti ammazzo'...furono le sue ultime parole per me. Non potevo andare contro la sua volontà., era la mia famiglia e tu non potevi ancora comprendere i sentimenti che nutrivo per te, Kaori. Non sono cambiati, col tempo sono diventati più forti. Sono quello che hai sempre conosciuto, qualsiasi cosa tu pensi. Sono andato via per tornare migliorato, per mostrarti che potevo essere degno di te, che Hide si sbagliava. Ho resistito ogni giorno nella speranza di rivederti, sono diventato migliore per te. Poi ho saputo della morte di Hide e sono tornato, ma era troppo tardi. Te n'eri già andata. Ti ho cercata in ogni donna che ho tenuto contro di me. Finché il destino mi ha ricondotto a te. Nulla è dovuto al caso, era scritto, amore mio, dovevamo ritrovarci. Non potevo permettere a nessuno di mettersi fra noi di nuovo, né un'amica o il ricordo di tuo fratello. Comprendimi...amami come prima, mi accontenterei..."
Durante quella triste confessione, Kaori rimase con gli occhi chiusi. Rivisse ogni momento di cui parlava: la loro infanzia, il loro incontro alla boutique, quello che lui aveva fatto a Eriko. Si ricordava. Lo compatì.
Gentilmente, Gin fece girare Kaori sulla schiena. Con la mano, sentì la sua temperatura e le accarezzò il viso. Osservando la sua reazione, avvicinò il volto al suo. Al contatto delle loro labbra, Kaori sentì un brivido di disgusto attraversarla.
"Non mi hai ingannato. So che non stai dormendo ma non ho resistito alla tentazione di interpretare il tuo principe azzurro. Amavi quel racconto se ricordo bene"
"Va' all'inferno!" sputò lei, spingendolo via.
"Ma tornerò, stanne certa"
Gin si alzò e rimise leggermente in ordine il suo completo. Senza mostrarlo, Gin era arrabbiato di avvertire la giovane donna così lontana da lui. Era frustrato che lei lo guardasse con sdegno, dopo che le aveva aperto il suo cuore.
L'afferrò e la baciò con forza. Kaori rimase indifferente alla nuova intrusione. Non avrebbe sprecato le poche forze rimaste per respingerlo invano.
"Ti ricordo che io sono l'unico a saperti qui. Guardami! Non saremmo a questo punto se non ti ostinassi a respingermi!"
Con orgoglio, Gin esultò fiero. Espose senza imbarazzo né rimorso i crimini che aveva commesso fino a quel momento per lei. Kaori non sapeva che un tale demone si nascondesse dietro la sua aria di falso amico. Aveva un tale ego. Pensava solo a se stesso, non gli importava degli altri. Non sarebbe mai stata in grado di vivere o sopravvivere accanto a un uomo così ignobile e sicuro della propria superiorità.
"Pensi di impressionarmi? Hai perso qualsiasi vantaggio da quando ho visto il tuo vero volto! So che sei solo un assassino! Mi fai schifo ad un livello che non puoi nemmeno immaginare!" gli rispose senza rabbrividire, con disprezzo.
Kaori non aveva più paura. Si teneva dritta e fiera di fronte al suo carnefice. Non le importavano le conseguenze. Poteva dire e fare ciò che voleva, lei gli mostrava che nulla poteva toccarla.
"Hai ucciso degli innocenti. Parli d'amore ma questa parola perde ogni significato detta da te. Non sai cosa vuol dire amare. Non lo hai mai saputo. Pensi di essere superiore ma lì fuori c'è qualcuno che ti farà inghiottire l'orgoglio e io lo ringrazierò. Ti sto guardando, Gin, e vedo cosa sei! Credimi, non avrei bisogno di una volgare pillola per dimenticarti!"
Kaori guardò lo sconosciuto che Gin era diventato irrigidirsi. Lo aveva colpito. Lo aveva ferito.
Gin stava cercando di controllarsi perché si sentiva capace del peggio. Lei non aveva diritto di sminuirlo in quel modo. Molti altri avevano osato sfidarlo in quella maniera e lui ne aveva addomesticati di ben più coriacei. Amava Kaori per tutto ciò che era, la sua generosità e la forza del suo carattere, ma non si sarebbe fatto umiliare così, soprattutto non da una donna.
"Agli occhi della legge sei morta, non esisti più. Fattene una ragione! Ci sono solo io, tu sei mia! Non ho paura di niente né di nessuno!!"
"Io non appartengo a nessuno!!"
Nello spazio angusto, Gin e Kaori si guardavano con ostilità. Nessuno voleva abbassare lo sguardo. I corpi tesi, le parole volavano dure e acute. Malgrado la sua fragile condizione, Kaori non aveva nulla da perdere anche se aveva la sensazione di potersi spezzare in ogni momento.
"Sei fortunata che devo andarmene. Ma non illuderti, non ho finito con te" le disse, come facendole una promessa.
Gin lasciò la cella senza distogliere lo sguardo da Kaori:
"Tutto potrebbe essere diverso se facessi uno sforzo" sussurrò, come una preghiera.
Un'ultima volta, la porta cigolò quando Gin la chiuse. Kaori lo sentì allontanarsi e avviare la barca.
Appoggiandosi alla porta di metallo, Kaori martellò furiosamente il divisorio fino ad arrossarsi le braccia. Si sentì invadere dal freddo e dalla solitudine. Non sapeva per quanto tempo sarebbe stato via. Doveva sbrigarsi. Doveva trovare una via d'uscita. La collera sarebbe stata la sua unica alleata per ottenere la libertà.
 
 
La barca aveva corso a tutta velocità sulle onde. Tra la barca e l'auto, Gin aveva impiegato poco meno di un'ora e mezza per raggiungere il suo 'posto di lavoro'. Gin doveva concentrarsi sulla sua missione, eppure non riusciva a cancellare dalla mente gli occhi nocciola pieni di odio. Fortunatamente, ciò che doveva fare a Osaka non dipendeva da una concentrazione estrema, perché Kaori occupava tutti i suoi pensieri. Non gli piaceva perdere la faccia e ciò lo turbava più di quanto credesse.
-Una cosa alla volta- si disse. Lei sarebbe sempre stata lì al suo ritorno.
L'appuntamento era programmato per la fine della giornata in un bar dalla cattiva reputazione sotto il controllo di quell'organizzazione. Gin aveva già avuto modo di trovare un punto di riferimento. Per l'incontro, poteva essere sicuro di dover trattare con due uomini oltre al capo. Niente di molto minaccioso. Si sentiva sicuro. Preparò con cura la sua arma e controllò un'ultima volta il contenuto nella cartella. Era il suo stesso denaro che stava mettendo in gioco, perché il suo servizio era senza reale riconoscimento da parte del governo, il budget non era corrispondente alle proporzioni delle azioni condotte. Il che rendeva Gin totalmente coinvolto in ogni missione.
L'ora si avvicinava. Gin lasciò la stanza dell'albergo che aveva scelto come luogo di riserva per l'indagine e prese la stessa macchina che gli era stata riservata al porto.
Il bar era in una zona malfamata della città. Territorio ufficiale dei trafficanti locali. Nessuno vi si avventurava senza essere 'invitato'. Nemmeno i poliziotti vi si attardavano. Lasciando che i diversi clan sistemassero i propri affari tra di loro. Le luci notturne davano una parvenza di banalità al quartiere. Di notte era irrequieto, ma se si osservava più da vicino, si potevano vedere teppisti pronti a tutto per una dose, donne che avevano perso l'anima per un momento di pace. Le droghe avevano conseguenze molto strane su quelle deboli vite. Gin si trovava nel suo elemento. Valeva più di loro, e lo spettacolo angosciante lo fece sentire ancora più potente. Nel vicolo, trovò posto davanti al bar, proprio dietro a una Mini rossa. L'uomo che aveva aveva osato avventurarsi lì con una macchina del genere non aveva paura di trovarla smontata in un qualsiasi garage.
-Ci sono incoscienti dappertutto- si disse mentre si dirigeva verso l'entrata dello stabilimento.
"Il tuo nome!" lo sbarrò un uomo dalla corporatura imponente.
"Non ti riguarda. Sappi solo che il tuo capo mi sta aspettando"
Il buttafuori scrutò l'estraneo per un istante prima di invitarlo a seguirlo.
All'interno, l'arredamento non era dei più lusinghieri ma era abbastanza per coloro che cercavano un posto in cui perdersi nei meandri delle loro dipendenze. Non c'era una vera manutenzione dei locali: poltrone e mobili danneggiati dal tempo e dagli scontri ripetuto, un'atmosfera fumosa rendeva l'aria soffocante mentre le ballerine si muovevano al ritmo di una musica che voleva essere lasciva, facendo del loro meglio per intrattenere il cliente già disconnesso dal mondo. Mentre seguiva la sua guida per attraversare quel luogo di perdizione, Gin studiò ogni persona presente. Esseri senza volto depravati dal loro modo dissoluto di vivere. Senza essere in grado di identificare da dove provenisse, sentì un'aura che giungeva da quegli insignificanti insetti. Qualcuno lo stava osservando. Ma molto rapidamente, perse la traccia. In quel momento, il suo istinto di sopravvivenza lo avvertì del pericolo. Doveva restare in guardia.
"Entra lì" gli disse l'uomo della sicurezza, indicando una stanza sul retro. "Il capo arriverà"
La stanza era arredata con più cura. Con tutto il necessario per ricevere le persone che venivano per quel tipo di contratto. C'era una seconda porta che doveva servire come uscita di emergenza in caso di incursioni della polizia, ma era molto raro. Mentre Gin iniziava diventare impaziente, sentì dei passi e la porta si aprì su un uomo alto come lui. A giudicare dalla sua postura, era il responsabile.
"Non si lasciano i clienti ad aspettare senza nemmeno offrire loro qualcosa da bere" disse Gin guardando con aria falsamente turbata l'uomo che era appena entrato nel piccolo salotto.
"La prego di scusarmi. Ma rimedierò all'errore non appena mi dirà cosa piace bere agli sbirri del suo genere"
A quell'osservazione, Gin si insospettì. Con tutte le precauzioni che aveva preso, quell'uomo non poteva conoscere la sua vera identità. Doveva essere un trucco per testarlo. Di certo era lui il capo che doveva incontrare. Non doveva essere messo in dubbio per un solo istante, altrimenti la transazione sarebbe fallita.
"Crede che uno sbirro si avventurerebbe qui, da solo? Penso che lei si sbagli sul mio conto. A meno che non voglia i miei soldi? Non ho tempo da perdere con queste dubbie insinuazioni" replicò Gin.
Schioccando le dita, il capo ordinò a uno dei suoi scagnozzi di controllare il nuovo cliente.
"Mi permette di accertarmene? Gli lasci fare quello che deve e poi discuteremo"
"..."
Gin non si mosse mentre il tizio lo perquisì e controllò che non avesse un microfono. Tuttavia, scoprì la sua arma.
"Interessante per un uomo che non ha nulla da nascondere"
"Ammetterà che è necessario sapersi proteggere" disse Gin, riprendendo la sua arma dalle mani dell'imprudente. "Abbiamo finito con le formule di cortesia?" chiese, mettendo via la pistola. Gin sentiva che qualcosa non andava. L'uomo non si fidava di lui e sembrava che stesse progettando qualcosa. Il suo istinto gli soffiava di andarsene e velocemente. In quel momento, una decina di uomini apparve nella stanza. Era circondato ma la cosa lo divertiva. Un po' di esercizio gli avrebbe fatto bene. Era l'occasione di riscaldarsi e sfogare i suoi nervi.
Sentì di nuovo quell'aura, nettamente più forte di qualche momento prima. Chi era? Non proveniva dagli uomini di fronte a lui che attesero saggiamente il calcio di inizio per saltargli addosso. Era ovvio che Gin fosse finito in trappola. Da chi? E perché? Non gli era stato notificato alcun cambiamento e non si era preso la briga di controllare le sue fonti. Kaori aveva distorto tutti i suoi riflessi e i suoi sensi. La situazione era critica ma non senza speranza. Gin analizzò la sua condizione, una decina di uomini contro di lui, non poteva uscire da dove era arrivato. Dalla sua posizione, poteva vedere il bar. Era da lì che proveniva il vero pericolo. Come se avesse sentito un uomo aggirarsi intorno al bancone, facendogli cenno di bere con lui. Gin si stampò i tratti dell'uomo nella memoria. Sarebbe giunto fino in fondo a quella storia dopo aver regolato i conti con quegli ospiti indesiderati che gli sbarravano la strada.
Nella sala principale, un uomo dai capelli neri era appoggiato al bancone e sorseggiava il suo drink senza nemmeno prestare attenzione alla giovane donna che cercava di sedurlo. Tutta la sua mente era rivolta alla folla in fondo alla sala. I clienti, abituati a quelle situazioni, continuavano nei loro passatempi senza preoccuparsi. Ma Ryo si stava godendo pienamente quel momento. La lepre era stata intrappolata e Ryo fu felice di sentirla in guardia contro le iene. Girandosi per godersi lo spettacolo, colse lo sguardo pieno d'odio della sua preda e bevve alla salute del suo nemico, con un sorriso furbo.
 
 
FLASHBACK, QUALCHE ORA PRIMA
 
 
Ryo aveva percorso la strada tutta la notte per arrivare a Osaka il prima possibile. Grazie ai suoi informatori, aveva ottenuto le informazioni necessarie sul luogo e sul nome della futura missione di quel corrotto. Gin non era altro che un venduto. Non era migliore dei criminali che lo affrontavano di solito. Ryo aveva ben definito il suo nemico: un essere orgoglioso, che si credeva superiore in tutto perché padrone di ogni situazione che creava volontariamente. Tirava le corde di ogni burattino che faceva giocare a suo piacimento.
Ryo era ansioso di incontrarlo faccia a faccia e di vedere come si sarebbe comportato quando il suo granello di sabbia avrebbe rovinato la marcia così ben oliata di quello psicopatico. Ryo andò direttamente alla casa ben sorvegliata del capo dell'organizzazione. Era conosciuto per il suo modo di gestire gli 'affari', con grande vigilanza e senza compassione alcuna verso chi lo ingannava. Si era fatto un nome, facendosi temere dai suoi 'dipendenti' così come dai suoi 'clienti'. Senza alcuna difficoltà, Ryo penetrò nella casa senza essere scoperto. Le guardie erano li più per dissuadere che per intervenire. Molto rapidamente, Ryo trovò quello che cercava:
"Dovresti rivalutare la tua sorveglianza. Si riesce a entrare come nella stazione centrale" annunciò Ryo mentre entrava serenamente nella stanza. L'uomo di fronte a lui non parve affatto sconcertato dell'entrata improvvisa.
"Hai qualcosa da offrire?" disse, facendo cenno allo sweeper di sedersi.
"Non ci conosciamo e la mia presenza qui non ti disturba? E io che mi aspettavo una reazione più movimentata" ironizzò Ryo prendendo posto di fronte al suo interlocutore.
"Posso concedere cinque minuti a un uomo che entra in casa mia senza farlo catturare. Oggi sono di umore generoso ed è questa la quantità di tempo che ti lascio prima di punirti per il tuo affronto"
Ryo sorrise alla sua frase. Non si aspettava nulla di meno.
"Anch'io sono di umore generoso e ti avverto per il tuo appuntamento di stasera, è un'esca. L'uomo con cui hai a che fare non è quello che dice di essere" Ryo osservò per un attimo la reazione apparentemente passiva del capo dell'organizzazione. "Se le tue informazioni sono affidabili come il tuo impianto di sicurezza, la tua reputazione è sopravvalutata" lo provocò.
"A cosa devo tanto altruismo?"
"Non prendertela, non sei tu che mi interessi. Ho solo un conto da regolare con quello che incontrerai stasera. Ho solo pensato che potesse interessarti, puoi fare quello che vuoi con questa informazione gratuita"
"Nulla è gratuito nella vita, cosa ti aspetti da me?" interrogò l'uomo.
"Divertiti con lui quanto vuoi, ma lascia che io abbia il privilegio di abbatterlo"
"Questo significa lasciarti vivo..." rifletté l'uomo, ferito nell'orgoglio. "Ma se non so nemmeno chi sei?"
"Se è solo per questo, sono City Hunter" fece Ryo, alzandosi per concludere la conversazione.
Un silenzio pieno di rispetto e di paura si stabilì nella stanza. Il capo era pienamente consapevole della situazione che aveva di fronte. La reputazione di quel cacciatore non aveva niente da dimostrare e lo precedeva in ogni parte del paese. Se era alla ricerca di un uomo, era meglio non trovarsi nel suo mirino.
"I cinque minuti sono scaduti" Ryo lasciò la stanza ed uscì dalla porta principale, senza nascondersi dalle guardie.
Gli uomini che erano di guardia e alla ricerca del minimo pericolo all'esterno, presero la mira sullo sconosciuto di cui avevano ignorato la presenza fino all'istante precedente.
"Lasciatelo passare" ordinò il capo. "Ci occuperemo più tardi della vostra inefficienza"
Le guardie abbassarono le armi, imbarazzate per essere state colte in fallo, mentre Ryo spariva dal loro campo visivo.
 
 
FINE DEL FLASHBACK

 

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Capitolo 20
*** 20. Shock colossale, parte 1 ***


 
Nel cabaret di seconda categoria, il primo contatto visivo tra Ryo e Gin accese la rabbia di quest'ultimo. Nessuno prima di quella sera aveva osato sfidarlo e prendersi gioco di lui così apertamente. Il comportamento fiero e altezzoso, con quel sorriso soddisfatto, lo faceva andare fuori di sé. Stava cercando di trovare nella sua memoria se avesse notato in qualche modo che quell'uomo potesse far parte dell'organizzazione nella quale lui doveva infiltrarsi. Ma dentro di sé, sentiva che non aveva nulla a che fare con tutto ciò. Era una questione personale. Gin aveva la facoltà, per esperienza e per istinto, di essere in grado di giudicare il valore di un avversario a prima vista. E quello non aveva niente di ordinario. Con quell'affronto, lo sconosciuto gli stava promettendo che non gli avrebbe semplificato le cose. Gin sorrise e fece segno al nuovo nemico che accettava la sfida.
Ryo si lasciò guardare dal suo avversario che, nonostante la grande sorpresa nella sua espressione, si riprese molto velocemente e gli fece capire che il gioco era iniziato. Ryo finì il suo drink e pagò il conto lasciando una banconota sul bancone. Si alzò dallo sgabello, si sistemò la giacca e con le mani in tasca lasciò il club.
"Prendetelo!" sibilò il capo che si innervosiva nel vedere che il suo 'cliente' non sembrava affatto turbato dalla situazione. Due uomini si precipitarono su Gin, che li accolse con potenti colpi che li sconfissero rapidamente. I successivi tizi non furono trattati meglio e Gin, usando un uomo come scudo contro gli altri, riuscì a resistere ai suoi aggressori. Vedendo che non era sufficiente, il capo chiese rinforzi.
Gin decise che era ora di andare via. Approfittando del fatto che la maggior parte degli uomini fosse momentaneamente incosciente, prese la porta dal retro del salotto e camminò lungo il corridoio fiocamente illuminato. Arrivò dritto in un vicolo buio e puzzolente. La direzione che prese lo portò ad un muro troppo alto per poterlo scalare. Reagì con frustrazione e quando cercò di voltarsi, si rese conto di essere di nuovo circondato. Notò uno stretto passaggio di lato, ma non poteva permettersi un movimento senza rischiare di essere catturato come un coniglio da chi lo teneva sotto tiro.
"Forse possiamo metterci d'accordo" disse Gin, cercando di guadagnare tempo.
"Il tempo delle negoziazioni è finito! Uccidilo!" ordinò il capo a un suo scagnozzo. Quello inclinò la pistola e un botto risuonò in seguito ad un grido lamentoso. Lo scagnozzo era stato colpito alla spalla.
"Vi avevo detto che era mio!" gridò una voce dall'altro lato del vicolo.
Tutti gli occhi si fissarono sul nuovo arrivato, che alcuni riconobbero come l'intruso che era riuscito a infiltrarsi poche ore prima nella proprietà.
"Vuoi cambiare le regole del nostro accordo?" domandò Ryo tenendo sotto tiro il capo.
Tutti gli uomini cambiarono il loro obiettivo e presero di mira la persona che rappresentava il pericolo. Gin approfittò del cambio di situazione per infilarsi nel varco che correva lungo l'edificio, permettendogli di raggiungere la strada principale a pochi metri dal suo veicolo.
Nel vicolo, gli uomini esitavano ad agire: dovevano inseguire il fuggiasco o lanciarsi sul nuovo arrivato a rischio di vedere ferito il loro capo?"
"Molto bene, è tuo, ma sarai in debito con me" iniziò il capo.
"Certo che no. Se ti ritrovo sulla mia strada sei morto" disse Ryo, lasciando il vicolo.
Poi vide il suo bersaglio precipitarsi su un'auto parcheggiata proprio dietro la sua. Il veicolo partì e fuggì. Senza perdere tempo, Ryo fece lo stesso e si mise sulle tracce del suo avversario.
-Non mi sfuggirai in alcun modo!- pensò.
Un inseguimento rabbioso ebbe inizio per le strade di Osaka. Le gomme gridavano mentre la velocità accelerava. Gin cercò con ogni mezzo di seminare il suo inseguitore, non esitando a superare i veicoli troppo lenti salendo sui marciapiedi, rischiando più volte di fare vittime. Voltò bruscamente a destra, poi a sinistra e accelerò ulteriormente. Un'occhiata nello specchietto retrovisore gli permise di vedere che era riuscito a mettere una certa distanza tra lui e il suo avversario. La Mini era fuori dalla sua visuale.
Non rallentò e prese la direzione del porto. Raggiungere l'albergo era troppo rischioso. Lo sconosciuto sembrava ben informato e avvantaggiato su di lui. La sua missione era compromessa e Gin aveva bisogno di ritirarsi in un posto sicuro prima di contattare i suoi informatori e superiori per ripristinare gli obiettivi. Le mani si serrarono sul volante. Non aveva previsto niente. Nonostante il suo istinto avesse cercato di avvertirlo, Gin aveva ignorato le basi del mestiere: assicurarsi sempre che tutto fosse sotto controllo. E tutto gli era sfuggito, di nuovo. Prese un respiro più calmo: il porto era in vista.
Ryo aveva deliberatamente rallentato. Non voleva rischiare che quella cavalcata terminasse con un comune incidente d'auto. Voleva tenerlo nel suo campo visivo, metterlo alle strette, vedere la paura nei suoi occhi e dirgli in faccia il motivo del loro incontro prima di ucciderlo freddamente con le sue stesse mani. Sapeva in anticipo dove si stava dirigendo: il porto.
Prima di lasciare Tokyo, Ryo aveva fatto capire che avrebbe avuto bisogno di informatori anche lì e aveva diffuso il volto di colui che stava inseguendo, promettendo una grossa ricompensa a chi lo avrebbe condotto da lui. Il messaggio era stato colto perché un uomo, conoscente di uno dei suoi informatori, lo aveva avvertito di aver visto il poliziotto ricercato atterrare al porto nel tardo pomeriggio. E l'aveva seguito fino in albergo per poter fornire tutte le informazioni necessarie. Ryo lo aveva profumatamente pagato per quel lavoro esemplare.
Sapendo che l'uomo non aveva altra scelta che battere in ritirata e conoscendo dunque la sua destinazione, Ryo deviò su un'altra strada dandosi il vantaggio del tempo grazie alla sua rapidità, garantendosi l'effetto sorpresa. Parcheggiò tra due magazzini, davanti al mare, spense il motore e si accese una sigaretta.
Gin parcheggiò vicino al molo. Afferrò la valigetta che aveva senza attenzione gettato sul sedile del passeggero e scese dal vicolo. L'aria fresca della notte e l'apparente calma lo tranquillizzarono un po'. Fece un passo lontano dal veicolo, ma il suono di un cane che si armava lo fece fermare. Non era solo. Di nuovo quell'aura. Lui era lì.
-Mi stava aspettando, ma com'è possibile?- si chiese Gin. Si voltò senza battere ciglio verso l'uomo che lo teneva sotto tiro, seduto tranquillamente sul cofano della macchina.
"Chi sei?" fece Gin.
"Il tuo peggiore incubo" ribatté Ryo.
Si sorrisero l'un l'altro. Valutandosi e misurandosi, di nuovo.
Ryo si avvicinò a Gin, mettendo via la pistola sotto l'espressione interrogativa di quest'ultimo.
"Sarebbe allettante farti fuori con un'unica pallottola, ma mi piace sporcarmi le mani" disse Ryo con calma. "E posso sapere il motivo di questo duello e l'identità di colui che ucciderò?" chiese Gin con la stessa calma con cui appoggiò la valigetta sul pavimento.
"City Hunter, per tua grande sfortuna"
"Oh, ora ho paura" ironizzò Gin, spostandosi di lato. "Ecco un chiarimento, e l'altro?"
Meno di una decina di metri li separavano e in ciascuno sguardo c'era la stessa fiamma: il bagliore vivo e scintillante che dava origine alla tensione della lotta.
Ognuno sapeva che la conversazione era solo formale e che le cose serie stavano per iniziare.
"Vengo a consegnarti un messaggio: non dovevi prendertela con lei!" sibilò Ryo.
"Una donna...sei uno di quelli che vengono a lamentarsi per aver perso il loro dominio dopo che le loro donne hanno ceduto al mio fascino...sono dispiaciuto, ma eccello in diversi campi e nessuna mi resiste" rise Gin, spostandosi di nuovo.
Ryo non si preoccupò di ribattere su quel punto, non era lì per fare un confronto del loro numero di conquiste. Era una cosa ben più seria e stava per farglielo capire. Aveva notato la manovra dell'avversario che si spostava: cercava un angolo per attaccare.
La pallida luna piena era l'unico arbitro e testimone della scena in cui i due uomini davano l'impressione di essere due leoni in lotta per il territorio.
Dopo qualche minuto, si udì solo il silenzio, interrotto dallo sbattere dei passi sull'asfalto, gli uomini si giravano intorno senza staccare lo sguardo freddo e deciso che si lanciavano a vicenda.
Lo stridente allarme di un battello che navigava lontano annunciò lo scontro: Gin fu il primo a precipitarsi su Ryo. Quest'ultimo evitò per un pelo un potente dritto che sibilò nell'aria. Rispose immediatamente allo stesso modo. A turno i corpi volavano, raggiungendo l'obiettivo ma senza indebolire l'avversario.
Erano ugualmente forti e nessuno riusciva ad avere la meglio sull'altro. Ognuno per diversi motivi conferiva la massima potenza in ogni colpo. Non sentivano il dolore che si stavano infliggendo, perché non sarebbe stato quello a costringerli a interrompere il loro combattimento corpo a corpo. Tutti i colpi erano permessi, nessuna regola doveva essere rispettata.
Ryo colpì il braccio dell'avversario e nello stesso momento lo spinse a terra. Gin rotolò sul suolo e approfittò per estrarre la sua arma e sparare. Veloce come una bestia selvaggia, Ryo sguainò la sua, gettandosi di lato, il proiettile gli sfiorò la spalla.
Gin ebbe il tempo di alzarsi e trovare riparo dietro il suo veicolo, Ryo fece lo stesso. Accovacciati, riuscirono a riprendere fiato e i primi ematomi cominciavano a farsi sentire.
"Questa donna deve davvero valerne la pena se sei disposto a fare tanta fatica?" chiese Gin mentre calcolava la distanza che lo separava dalla barca e le possibilità di arrivarci intero.
"E siamo ancora lontani dal regolare i conti!" rispose Ryo, spostandosi verso la parte anteriore del veicolo per raggirarlo.
"Sarebbe troppo chiedere di darmi un indizio?" suggerì Gin, correndo verso l'entrata del pontone.
Una pallottola gli fischiò vicino mentre raggiunse il primo pilastro che usò come protezione.
"Te la sei presa con lei! Ma hai mancato un colpo! L'hai sottovalutata!" gridò Ryo mentre inseguiva Gin verso il pilastro successivo.
I proiettili volavano per aria mentre entrambi prendevano posizione rispettivamente dietro un parapetto di legno. Ryo riuscì a raggiungere il pontone ma Gin era fuori portata.
Gin rifletté a tutta velocità. Doveva aver frainteso. Non poteva essere la donna a cui stava pensando. Si era preso cura di tutto da sé, nel minimo dettaglio. Nessuno a parte lui sapeva che era ancora viva. Lei era sua.
"Kaori?" malgrado se stesso, pronunciò il suo nome in un respiro che non sfuggì all'udito fine di Ryo.
Alla menzione di quel nome, il suo sangue si congelò. Era lì per vendicare Saeko ma anche e soprattutto Kaori. Ricordò tutto ciò che aveva scoperto e ciò fece aumentare la sua rabbia:
"Non parlare di lei. Dopo quello che le hai fatto, non ne hai il diritto!" s'infuriò Ryo.
Gin non aveva più dubbi, quell'uomo, City Hunter, era lì per lei. Per Kaori. Come poteva lei conoscere un uomo del genere? Che legame aveva con lui? Sentì la gelosia crescergli dentro. Non sapeva tutto di lei. Come aveva potuto perdersi un tassello simile? Come poteva lei respingerlo ed avere un legame con City Hunter, sapendo chi era?
"Non ricevo ordini da te! Né da nessuno! Anni fa, un uomo sventò i miei piani ma non farò lo stesso errore due volte! Non ti darò la possibilità di uscirne vivo, City Hunter o meno!" minacciò Gin furioso. "Non so come un essere come te, dalla reputazione così oscura e nefasta, possa essere legato a lei, ma lo scoprirò dopo averti spedito all'inferno! Niente di meglio che un bell'incendio per cancellare tutto e ricominciare da capo!" si esaltò Gin.
"Sì, è vero, Maki era stato così gentile da risparmiarti ma sappi che io non sarò così conciliante! Per me non sei altro che un ennesimo nemico da abbattere! Potrai glorificarti per aver risvegliato l'Angelo della Morte e ne assumerai le conseguenze!" rispose Ryo.
Ryo sentiva che si stava avvicinando all'obiettivo, ma mancava un elemento essenziale. Le idee si fusero nella sua mente: Gin aveva confessato apertamente di essere l'autore dell'incendio che aveva ucciso Kaori. Lo rendeva folle. Aveva un desiderio crescente di commettere un omicidio. Il richiamo del sangue si fece sentire. Che Saeko fosse stata una seccatura per Gin, Ryo lo capiva, ma in che modo Kaori era stata una minaccia? Soprattutto se, come aveva sottinteso il vecchio che aveva interrogato, Gin nutriva dei sentimenti per la giovane donna, perché riservarle una morte così violenta? Nonostante lo shock della confessione e la rabbia quasi incontrollabile, Ryo voleva capire:
"Perché? Perché te la sei presa con lei?!" chiese lo sweeper cercando di determinare la posizione del suo avversario.
"-Maki-? Se lo chiami così dovevi conoscerlo bene" Gin si mise a ridere, "È ironico, lui che mi faceva la morale su quello che ero, si circondava di gente non certo più raccomandabile! Se la vita mi ha insegnato qualcosa, e dovresti saperlo anche tu, è che non devi aspettare e servirti da solo! Non dirmi che un uomo come te non ha mai usato questi metodi? Ti darò un consiglio, che temo non ti servirà, quando vuoi qualcosa, non aspettare che venga da te! Prenditelo!" decretò Gin. "Lei è mia!" urlò, aggiungendo, "Ce l'ho io, la tengo in pugno!!!" fece Gin con scherno, sparando una raffica di proiettili che costrinse Ryo a ripararsi su una delle barche ormeggiate al molo di legno.
Ryo si prese il tempo di analizzare le affermazioni.
'È mia', cosa intendeva dire? Perché usare il presente mentre lei era morta e sepolta da mesi?
'Ce l'ho io, la tengo in pugno', ovviamente Gin non parlava di Saeko ma di Kaori. L'incendio era stato un diversivo! Lei era viva! E Ryo non aveva capito nulla di quello che era realmente accaduto quel giorno. Lo shock della rivelazione lo inchiodò sul posto. Tutto il suo corpo si irrigidì, la rabbia e la collera per aver perduto tutto quel tempo mentre lei era da qualche parte nelle mani di quel pazzo si insinuarono nelle sue vene. Non l'avrebbe abbandonata di nuovo! Gin avrebbe pagato per i suoi crimini!
Il suono di un motore che partiva lo fece destare dai suoi pensieri. Gin stava scappando. Senza riflettere, Ryo trafficò con i cavi della barca su cui si trovava per permettergli di prendere il largo a sua volta. Se avesse avuto qualche possibilità di trovare la sua partner, non l'avrebbe mollata. Ryo avrebbe dato la caccia a quell'uomo in capo al mondo se fosse stato necessario. Il vento si era alzato e le onde rallentavano la propulsione delle due barche che si stavano avvicinando l'una all'altra.
Giunto alla sua altezza, Ryo urtò violentemente contro la barca di Gin e ne approfittò per saltare a bordo. Lo spazio era piccolo e l'agitazione turbolenta rendeva l'equilibrio precario. Rendendosi conto che il nemico era salito a bordo, Gin mise la guida automatica e si precipitò sul suo clandestino.
Ryo perse l'equilibrio sotto l'attacco di Gin e si ritrovò mezzo disteso sul retro della barca mentre Gin, in posizione di forza, cercò di strangolarlo con una mano, cercando l'arma con l'altra. Con un ultimo sforzo, Ryo respinse il suo avversario, facendolo precipitare pesantemente sulla leva del cambio, che fece accelerare pericolosamente l'andatura della barca.
Ognuno con l'arma in mano sfidò l'altro a sparare.
"Che cosa le hai fatto?" sputò Ryo.
"Mi sono preso ciò che era mio di diritto" rispose Gin.
"Ne parli come di un volgare premio, ma lei vale più di così!"
"Non è vero! Hide ha fatto la predica a tutti prima di lasciare questo mondo o cosa? Eppure lei e io siamo l'evidenza...e ora che l'ho ritrovata, nessuno me la riprenderà!" affermò, sparando.
Sotto l'impatto della pallottola, Ryo cadde all'indietro ma afferrò strettamente la corda che era arrotolata a poppa. Gin si avvicinò per assicurarsi che il problema fosse andato fuori bordo e caduto nell'oceano. Raccogliendo le forze nel braccio ferito, Ryo assestò un colpo folgorante sul mento dell'avversario e con l'altro braccio, si issò a bordo.
Fradicio, con gli occhi iniettati di sangue e ribollenti di rabbia, Ryo diede una spintonata alla spalla di Gin facendolo cadere. Le forze erano di nuovo bilanciate e Ryo in piedi dominava Gin. Non poteva sparargli perché era l'unico a potergli dire dove fosse Kaori.
"Ti farò pentire di aver toccato la mia famiglia!" urlò Ryo, gettandosi su Gin e riempendolo di pugni.
 
 
Kaori aveva solo un'idea in testa: scappare.
Cercando tra le scatole, non aveva trovato nulla che potesse aiutarla. C'erano solo delle cianfrusaglie senza importanza. Le sbarre erano saldamente ancorate al muro, per evitare ogni rischio che potesse scappare. Rimaneva solo la porta. Ma come aprirla? Scivolò lungo il muro, di fronte alla porta.
-Rifletti, Kaori! Rifletti, dannazione!- ripeté a se stessa. I suoi occhi vagavano su ogni oggetto della stanza. Aveva bisogno di un utensile, un cacciavite sarebbe stato l'ideale. Il suo sguardo finì l'ispezione sulla cassetta che Gin le aveva lasciato: c'era un thermos contenente quello che sembrava caffè, una tazza, un cucchiaio, prosciutto avvolto nel cellophane, un contenitore con dell'insalata e, a parte, il condimento e della frutta.
-Vuole mettermi a dieta, per di più?- pensò ironicamente, sospirando. Giocò meccanicamente con il cucchiaio, quando le nacque un'idea.
Guardò la porta, poi il cucchiaio. L'idea non era delle più brillanti, ma non aveva nulla da perdere. Doveva servirsi dei mezzi a disposizione: il manico di un cucchiaio. Era l'unico 'utensile' a sua disposizione. Se avesse potuto far saltare i cardini della porta, sarebbe potuta fuggire. Era un'idea un po' utopica ma non poteva restare lì senza fare niente. Doveva tentare la fortuna. Iniziò dal basso. Inginocchiandosi sul pavimento, fece scivolare la punta del manico nella prima vite. L'umidità aveva arrugginito il metallo, il che rendeva il compito difficile e il suo polso stava ancora soffrendo. Sarebbe stato pericoloso.
Dopo un'ora di sofferenza, Kaori lanciò il cucchiaio attraverso la stanza. Non funzionava. Le viti non si erano mosse di un millimetro. La ruggine impediva qualsiasi manovra. Kaori aveva dolore alle gambe per essere rimasta a lungo in quella posizione e le doleva il polso. Aveva fame. Si avvicinò alla cassetta. Non si fidava ma aveva bisogno di recuperare le forze. Un frutto avrebbe anche placato la sua sete, optò per una mela che studiò e annusò prima di mordere. Il succo dolce si diffuse nella sua bocca, portandole un po' di freschezza e benessere.
Vide che Gin aveva effettivamente messo un unguento nella cassetta ma non osava metterselo sul polso e sulle ferite. Trafficando di nuovo nella cassetta, Kaori afferrò la bottiglia del condimento. Qualcosa la colpì: aceto.
-C'è l'aceto nel condimento, l'aceto viene usato per molte cose, ed è efficace anche contro la ruggine!- si disse Kaori, non sapendo dove l'avesse appreso. Tornò velocemente alla porta e cosparse generosamente ogni cardine. Con la mano, ricoprì ogni pezzo di metallo del liquido grasso. Non era aceto puro, ma facendo trascorrere un po' di tempo, avrebbe potuto servire almeno da lubrificante. C'era soltanto bisogno di tempo.
Non sapeva se ci credeva o no, ma sentì il bisogno di rivolgersi a qualsiasi forza superiore che potesse esserci. Kaori pregò. Inginocchiata ai piedi della porta, le mani giunte e la testa china, Kaori pregò. Implorò silenziosamente che la minima possibilità fosse dalla sua parte. Prendendo una boccata d'aria, Kaori si avvicinò febbrilmente al cardine col manico del cucchiaio che aveva recuperato. Ci vollero diversi tentativi prima che il manico si inserisse nella vite. Insistette, ignorando il dolore al polso e percependo un breve movimento del cardine. Funzionava. Non così facilmente come voleva, ma Kaori aveva una speranza. Con pazienza si impegnò a continuare il suo noioso lavoro.
Esausta e intorpidita, Kaori riuscì a sciogliere due cardini su tre. Non era abbastanza alta per raggiungere il terzo. Quindi tirò il letto verso la porta e, appoggiandosi precariamente al bordo, si issò fino al cardine. Nonostante il liquido unto, non succedeva niente. Non voleva saperne di allentarsi e Kaori sentiva che le forze l'abbandonavano. In un ultimo tentativo, fu il manico del cucchiaio a cedere, rompendosi come un ramoscello sotto pressione. Quel tiro del destino che la insultò le fece perdere le forze: il suo corpo sentì tutto il dolore e la fatica accumulati dalla prigionia. Era esausta, con i nervi e con il fisico. Poteva urlare e dare botte più forte che poteva, ma la situazione rimaneva la stessa. Kaori si infuriò nuovamente ma decise di riprendersi. Aveva solo quella via d'uscita. Doveva attraversarla a tutti i costi. Si concentrò nuovamente sul suo compito con quello che le era rimasto come 'utensile'. Mentre intendeva riprendere il suo tentativo con la piccola estremità del manico il cui metallo era incrostato nel suo palmo per quanto la stringeva, sentì un brivido percorrerla. Si udì uno schianto assordante. Le pareti cominciarono a tremare, pronte a sgretolarsi. Kaori cadde pesantemente a terra, perdendo conoscenza sotto la potente e vicina esplosione che si era appena verificata.

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Capitolo 21
*** 21. Shock colossale, parte 2 ***


La barca filava dritta sull'acqua, ma i due uomini a bordo avevano occhi solo l'uno per l'altro. Uno in piedi, eretto e determinato nella sua ricerca e l'altro, amorfo e indifferente a ciò che si profilava all'orizzonte.
Ryo finalmente lo teneva alla sua mercé: quell'uomo, distorto per le sue ambizioni, era divenuto un mostro attratto dal richiamo del guadagno che si rifugiava dietro il simbolo della giustizia per gonfiarsi d'orgoglio. Che ironia, Gin era un rappresentate della legge che disprezzava tutti gli essere troppi deboli ai suoi occhi mentre Ryo era un assassino che cercava, a tutti i costi, di preservare una parte di umanità. Erano entrambi l'opposto di quello che sembravano essere.
Con gli occhi fissi su di lui e il braccio allungato con l'arma in mano, Ryo aveva riacquistato l'istinto animale che aveva sviluppato nella giungla. Aveva un solo obiettivo: cancellare Gin dalla superficie del globo. Facendola finita con lui una volta per tutte. Era nel suo raggio di azione. Una pallottola, e tutto sarebbe stato sistemato. Un colpo, e Ryo avrebbe vendicato le persone a lui care. Era così allettante. Sarebbe stato così facile. Ma c'era una vocina che gli sussurrava di aspettare ancora un po', che la liberazione sarebbe arrivata. Una persona aveva ancora bisogno che quel sadico rimanesse in vita. Kaori era viva. Ryo non l'aveva dimenticata, era incisa nel suo cuore. Ryo aveva ancora bisogno di Gin per scoprire dove si trovava Kaori.
L'Angelo della Morte studiò il volto tumefatto dell'uomo ancora a terra sulla barca. L'aveva colpito senza freni, cercando di liberare la sua rabbia per aver appreso che quel marciume teneva Kaori nelle sue mani. Eppure l'ondata di colpi non l'aveva fatto sentire sollevato. Ryo voleva di più: sentire il sangue scorrere, sentire le sue ossa rompersi e vedere la morte che si portava via l'astuto e pretenzioso Ginko.
"Non ripeterò la mia domanda! Dov'è lei?!" la voce di Ryo sembrava provenire dall'oltretomba, fredda e distante.
Gin sapeva di essere in una brutta posizione. Disarmato, disteso sul terreno che oscillava sotto le onde, il corpo dolorante per la forza improvvisamente sviluppata dal suo aggressore, Gin mostrava ancora un sorriso orgoglioso e sincero. City Hunter, l'Angelo della Morte o chiunque fosse, quell'uomo poteva abbatterlo in qualsiasi momento ma non poteva portare a termine il suo gesto. Gin aveva ancora il potere. Aveva Kaori.
Dolorosamente, Gin cercò di raddrizzarsi più comodamente sotto l'occhio vigile del suo nemico. Non poté reprimere una grassa risata, chiedendogli:
"Pensi forse che sia pronto a scambiare la mia vita con la sua? La porterò con me nella morte..."
Una pallottola fischiò vicino alla tempia di Gin, facendolo tacere. Ma il suo sorriso si accentuò.
"Non giocare con me! La tua morte, come la mia, non ha alcuna importanza per me! Ho trovato te, cosa mi impedisce di trovare lei?" assicurò Ryo.
Gin si rese conto in quel momento che lui e quell'uomo erano identici: la stessa rabbia per ottenere ciò che volevano. Forse non nello stesso modo, ma la morte non li spaventava. Un uomo che non ha paura del suo ultimo respiro è un combattente straordinario. Confrontarsi con quel tipo di individuo faceva dubitare Gin del proprio destino. Per la prima volta, Gin sentì ciò che le sue vittime avevano percepito in lui: un'aura terribile, terrificante e selvaggia che lo paralizzava per lo spavento. Tuttavia, Gin si alzò completamente, pronto ad affrontare il suo pari.
"Allora vai avanti, uccidimi!! Perché fermarti se pensi di poter raggiungere il tuo obiettivo senza di me?!" rise Gin con un sorriso audace. "Io non la cerco più, so dove si trova...mi sta saggiamente aspettando" lo schernì avvicinandosi a Ryo. "Non puoi uccidermi, lo sai tu e lo so io! Kaori è la mia opportunità, il mio biglietto d'uscita e il grande City Hunter è con le spalle al muro!" si lasciò sfuggire mentre il suo petto urtò con la canna della Magnum contro di lui.
Ryo perdeva la pazienza. Il discorso di sufficienza di quel fallito lo fece infuriare. Gin non cedeva affatto. Al contrario, lo sfidava a ucciderlo. Si prendeva gioco di lui e di quello che poteva accadergli. Eppure doveva farlo parlare. Fargli sfuggire anche un piccolo indizio su dove si trovava Kaori. Ryo non voleva cedere al desiderio di farlo fuori lì e subito, ma il suo autocontrollo si sgretolava a causa dell'arroganza di Gin. Ryo cercava di giungere al mistero che si celava negli occhi dal bagliore stranamente verde dell'uomo che si era alzato al suo livello, scontroso e forte delle sue affermazioni. Ryo lo scrutava come per poter trovare la risposta. Ma tutto ciò che vide fu il male stesso. Se Kaori non fosse stata in gioco, Ryo avrebbe saputo combatterlo ad armi pari nel dolore e nella violenza, ma non poteva abbassarsi a tanto senza rischiare di perderla per sempre. Non aveva via d'uscita.
Faccia a faccia, i due uomini si muovevano solo per l'andatura rapida e brutale della barca. Senza smettere di tenerlo sotto tiro, Ryo cercò nella profondità della notte per portare la situazione a proprio vantaggio. I suoi occhi si strinsero, verso l'orizzonte. Una massa informe risaltava nella notte e si avvicinava a passo spedito. Ryo pensò subito a una nave, un piroscafo viste le dimensioni. Ma gli angoli e le linee irregolari che vedeva alla luce della luna sembravano affilati come lame. Nell'urgenza del momento e nell'imminente ostacolo, Ryo esitò. Il suo sguardo passò da Gin al pericolo che si stava profilando. Se non avesse agito sarebbe tutto finito, violentemente e bestialmente nell'inferno che non avrebbe esitato a nascere all'impatto. Ryo voleva salvare Kaori. Doveva salvare Gin.
"Merda!" si infuriò lo sweeper, rimettendo via la pistola in fretta. Senza perdere tempo, Ryo si precipitò su Gin che fu destabilizzato dall'improvviso attacco. Ryo ebbe appena il tempo di afferrarlo per un braccio e trascinarlo fuori bordo. Un'esplosione assordante echeggiò mentre la barca cozzava contro le pareti rocciose ai margini dell'isola. Le fiamme infuriarono e si propagarono lungo la costa e nel mare.
 
 
 
L'esplosione fu avvertita in ogni pietra che componeva la cella di Kaori. Sorpresa da quello shock di tale intensità, la giovane donna aveva perso conoscenza. Stesa lungo il pavimento, Kaori quasi affogò nell'acqua che stava rapidamente filtrando nella galleria sotterranea. Sputando l'acqua che si insinuava nella sua gola, Kaori cercò di respirare normalmente e di tornare alla sua situazione. L'acqua entrava da diversi punti nella piccola stanza e scorreva verso la porta ancora chiusa dal cardine superiore. Alzandosi in piedi, Kaori scoprì che l'acqua le arrivava alle caviglie. Rabbrividì. Il sottile tessuto della camicia da notte che indossava era zuppo e attaccato alla sua pelle. Si poteva già vedere morire lì, annegata in quelle fredde acque. Afferrò la maniglia della porta e tirò con tutte le sue forze, ma niente da fare, il cardine non cedeva e l'acqua le spingeva contro. Allora Kaori seguì il movimento dell'acqua e colpì la porta. Se non si fosse aperta in una direzione, si sarebbe dovuta aprire nell'altra.
Niente, ancora niente. L'acqua filtrava e si diffondeva, ma Kaori era ancora bloccata.
"NOOOOOO! Non così!! Non voglio morire così!" si scagliò contro la porta.
Una profonda angoscia la travolse e mentre stava per ricominciare a battere contro la porta, un enorme martello apparve tra le sue mani. Non era un accessorio normale. Nonostante le dimensioni imponenti, quel martello era pregno di significato. Apparendo così, aprì le porte del passato di Kaori. Dei lampi le tornarono in mente, ma questa volta più chiari, senza timori o dubbi su ciò che aveva vissuto. Kaori si vide utilizzare quell'oggetto atipico per proteggere, condividere e amare. Era sorpresa di quello che sentiva attraverso quell'oggetto. Era così forte. Le immagini dei suoi amici, che infine si ricordò, sfilarono davanti ai suoi occhi, così come le ore di felicità e gioia.
Kaori distinse gli occhi neri che la fissavano, malgrado tutto. A poco a poco, i tratti di quel volto maschile si fecero più chiaramente definiti. Le sorrideva. La forza e la sicurezza che trasudavano da lui incoraggiarono Kaori a cercare nella memoria.
"Ryo..." respirò, invasa da un'orda di emozioni che la ribaltarono.
La sagoma dell'uomo si avvicinò alla giovane donna per sussurrare:
"Fanne buon uso...ricorda, colpisci con forza...puoi farcela...mi fido di te...Sugar Boy"
Quel nome le scaldò il cuore e la incoraggiò di più. Kaori strinse la presa intorno al manico di legno, lo sollevò e colpì con tutte le sue forze. Come se ne avesse sempre avuto l'abitudine, Kaori lo usava con sconcertante facilità per frantumare la parete di metallo, con un botto violento e acuto.
La porta cedette come un ramoscello e Kaori si ritrovò a sua volta spinta in avanti dalla violenza del gesto, fuori dalla sua prigione.
"SIIIIIIIIIII'! Ci sono riuscita!" urlò di gioia, ancora sdraiata contro la porta sul pavimento.
Malgrado la situazione precaria, Kaori sorrise. Ci era riuscita. Era fuori da quella stanza angusta e si ricordava di tutto, assolutamente di tutto. Aveva mille motivi per lottare per uscirne: per la sua vita, per i suoi amici, e soprattutto per Ryo. Senza perdere un momento, Kaori si raddrizzò e analizzò la sua posizione, l'euforia della sua piccola vittoria scemò: l'uscita verso l'oceano era inaccessibile. Si avvicinò per cercare di liberare uno spazio per passare, ma il poco che toccò lasciò cadere altre raffiche di pietre. L'esplosione aveva causato una frana e cumuli di pietre e rocce ammassate, troppo alte e instabili per poterci salire.
Kaori doveva tornare indietro il più velocemente possibile. Sotto i piedi nudi, sentiva le vibrazioni della detonazione riverberare nelle viscere della galleria sotterranea. L'acqua minacciava di invadere la cavità in qualsiasi momento mentre la roccia cominciava a sgretolarsi. Kaori si chiedeva cos'avesse potuto causare un simile danno. Anche se non era più bloccata nella cella, non era fuori pericolo. La situazione era ancora più critica. Non importava a chi o a cosa dovesse quanto successo, Kaori doveva trovare un'altra via d'uscita. Trovò la strada per giungere all'ufficio di Gin. Tuttavia, una porta di lato la intrigò. Entrando, vide che era una specie di capanno. C'era tutto il necessario per mantenere una barca: bombolette di gas, pezzi di ricambio, una cassetta degli attrezzi, spray antiruggine e una torcia elettrica. Tutto quello che avrebbe potuto usare nell'altra stanza. Kaori afferrò la torcia dopo aver verificato che funzionasse. Non illuminava molto, ma si sarebbe accontentata. Kaori sfrecciò nell'oscurità e nell'umidità del labirinto fatto di rocce. Riusciva a malapena a vedere a un metro di distanza da sé. L'elettricità lì non passava nelle poche lampadine per consentirle di identificare il suo percorso e la sua torcia non faceva molta luce, dando già segni di debolezza. I suoi passi precipitosi si persero nello sciabordare dell'acqua che era decisa a invadere il suo percorso, rendendole difficile la corsa. Diverse volte Kaori cadde e urtò contro le cavità del terreno che l'acqua mascherava. I piedi, le ginocchia e le mani si graffiarono, ma non poteva arrendersi ora. Ogni volta si rialzava e persisteva nell'affondare verso l'ignoto.
Kaori non ricordava di aver trascorso tanto tempo nel tunnel quando Gin l'aveva trascinata lì. Tutti i corridoi rocciosi si assomigliavano alla luce fioca. Doveva aver svoltato nel momento sbagliato. L'oscurità presente e l'illuminazione fioca rendevano impossibile orientarsi correttamente e il suono dell'acqua distorceva gli echi. Se solo il frastuono nella sua testa avesse potuto concederle una pausa per riflettere. Decise di girarsi e di svoltare al successivo incrocio dei tunnel. Stava iniziando a rimanere senza fiato e a perdere il controllo. Un altro stallo, era la terza volta. Mentre Kaori continuava a correre, una violenta scossa le fece perdere l'equilibrio. I muri di pietra non avrebbero tardato a cedere sotto la pressione dell'acqua.
L'acqua divenne fangosa, mescolandosi con il terreno che sembrava aprirsi sotto di lei. Volendo uscire dalla melma, Kaori sentì che qualcosa la tratteneva. Abbassò la torcia per cercare di vedere cosa fosse: un pezzo di stoffa galleggiava sulla superficie dell'acqua. Afferrandolo, Kaori scoprì con orrore che il tessuto avvolgeva un corpo, o almeno quello che ne rimaneva. Una parte di uno scheletro era appena emersa dal terreno in cui era stato sepolto. L'urlo di Kaori riecheggiò a quella visione dell'orrore che non si era aspettata di scoprire, facendole mollare la torcia e lottare con l'acqua e lo scheletro. Riuscì a liberarsi della macabra trappola per allontanarsi il prima possibile da quel posto.
Si voltò, virando in tutte le direzioni, ma nella confusione e senza alcuna luce, non aveva più alcun punto di riferimento. Doveva ammetterlo, si era persa nel labirinto. Stava tremando e i suoi nervi minacciavano di cedere al panico. Col fiato corto, Kaori ebbe l'impressione che l'aria stesse scarseggiando. La testa le girava e le vertigini l'aggredivano. Le pareti si stavano avvicinando e l'acqua le arrivava già al ginocchio. Un'improvvisa claustrofobia ebbe la meglio sulla giovane donna.
Un urlo disperato e acuto echeggiò contro le pareti, diffondendosi all'infinito nel labirinto di gallerie.
"Non arrenderti! Combatti, Kaori! Combatti per noi!" l'incitò una voce grave e sicura.
Senza vederlo, Kaori sapeva a chi apparteneva quella voce: Ryo. Non era lì fisicamente, lo sapeva, ma non l'abbandonava mai. Tuttavia, dubitava che potesse fare ciò che lui si aspettava da lei:
"Come? Non vedo niente! Non so dove sono! Mi sono persa!!"
"Ascolta..." sussurrò lui, allontanandosi.
"Ryo? RYOOOO, TORNA QUI!" urlò.
Contro ogni previsione, Kaori riprese la sua frenetica corsa, continuando a urlare. Scandì il nome del suo partner. Ascoltò la sua voce che risuonava intorno a lei. Seguì i suoi echi. Erano forti ma, ascoltandoli, Kaori notò che a un certo punto si indebolirono. Il che significava che c'era uno spazio più grande dove si smarrivano. Una cavità più profonda o un incrocio dei tunnel, e forse una speranza. Le grida la portarono a un incrocio dove attese il minimo suono o indizio sulla strada da percorrere. Kaori non poteva fidarsi della corrente perché l'acqua si riversava ovunque senza distinzione sulla rotta da seguire. I suoi occhi non le permettevano di vedere nulla dell'ambiente terreno e l'udito le indicava solamente che la sua voce poteva spandersi dappertutto. Con pazienza, tastò le pareti e gli ingressi per verificare le sue possibilità. Oltre al percorso da cui era arrivata, altri tre tunnel formavano l'incrocio. Troppo concentrata nella sua ricerca, Kaori non percepiva direttamente le piccole vibrazioni che interrompevano il flusso dell'acqua. Quando si avvicinò a uno dei tunnel, sentì che le vibrazioni erano più accentuate. Non seguivano il flusso dell'acqua in tutte le direzioni. Andavano verso un senso ben specifico.
Kaori, in piedi contro il muro, esitò cosa fare per paura di trovare un altro corpo. Riunendo il poco coraggio che le era rimasto, abbassò una mano all'altezza dell'acqua per percepire l'onda. Il tocco l'elettrizzò: non era una corrente d'aria che fluiva attraverso l'acqua né un corpo, ma uno sciame di ratti. Kaori trattenne il respiro, era quasi sollevata e li sentì passare sotto la mano per un momento. Acceleravano senza esitazione in quel tunnel.
"Ma sì, certo! I ratti sanno istintivamente dove si trova l'uscita!" rise di se stessa. "Aspettami Ryo, sto arrivando!" fece con determinazione. Senza aspettare, Kaori si unì a loro per percorrere il sentiero che sperava la portasse fuori.
 
 
 
Nelle acque agitate e profonde dell'oceano, tra detriti di metallo e fuoco, due corpi galleggiavano debolmente sulla superficie. Il brutale impatto della barca e della scogliera li aveva pesantemente buttati fuori.
Ryo fu il primo a riprendere conoscenza in mezzo alle macerie che si muovevano al ritmo delle onde. Trattenendo il respiro e ignorando le ferite, Ryo cercò l'altro sopravvissuto. Lo localizzò a una decina di metri di distanza, privo di sensi e con la faccia sommersa. Ryo nuotò rapidamente verso di lui e lo capovolse: non sentì alcun respiro. Afferrandolo con forza, Ryo lo portò sulla spiaggia dove si arenarono. Lo tirò brutalmente fuori dall'acqua, trascinandolo sulla sabbia e infuriandosi contro il destino che gli aveva impedito di salvarlo.
"Merda! Non creperai ora! Vigliacco! Respira, dio santo, respira!" gridò, facendogli il massaggio cardiaco. I minuti che seguirono sembrarono un'eternità. Il suo futuro era legato alla sopravvivenza di quell'uomo. Solo lui poteva rendergli Kaori, anche se Ryo dubitava che lo avrebbe fatto intenzionalmente. Inoltre, l'oceano non aveva il diritto di rubargli quella morte, spettava a Ryo infliggergli quella sentenza. Stava a lui decidere quando e come Gin sarebbe morto. Ryo raddoppiò l'intensità dei suoi gesti, non gli importava di rompergli qualche costola. Doveva fargli sputare l'acqua fuori dai polmoni. Gin espulse furiosamente il liquido salato e si attardò a riprendere fiato. Aveva visto la morte da vicino e non era stato piacevole. Strizzò gli occhi verso il suo 'salvatore', che apparentemente non era in una migliore forma.
"Se ti aspetti qualche ringraziamento da parte mia, puoi scordartelo!" sibilò.
"In piedi!" ordinò Ryo.
Di fronte alla passività di Gin, Ryo ripeté il suo ordine con un calcio che costrinse Gin a raddrizzarsi.
"Ultima possibilità: dov'è lei?"
"Non la troverai mai!" lo schernì Gin con un sorriso soddisfatto.
"Risposta sbagliata!" ribatté lo sweeper, dandogli un pugno nello stomaco e rimandandolo a terra.
In ginocchio sulla sabbia, Gin si teneva le costole ma continuava a ridere.
"E dire che non saprà mai tutto ciò che sto sopportando per lei. Eppure gli ultimi mesi sono stati i più belli della mia vita. Lei era lì, al mio fianco, dolce e spensierata. Sai che la sua pelle è morbida come la seta e che le sue labbra hanno il sapore..."
"Credi che io abbia il tempo di ascoltare le cazzate di un degenerato della tua specie!" s'infuriò Ryo, tornando a colpire l'avversario. Accasciato a terra, i colpi non fecero che accentuare le risate perse di Gin.
"Il tempo è ciò che non abbiamo più!" sbottò. "So che finisce tutto qui per me. Bisogna sapere quando ritirarsi. Ma per te, è solo l'inizio. Mi ucciderai sicuramente ma lei verrà con me e prima di abbandonare l'anima, avrò il piacere di vederti sconfitto e annientato!" affermò Gin.
"Ne ho abbastanza delle tue chiacchiere di merda! Kaori è qui, lo so, lo sento! Dille addio perché non ti avvicinerai mai più a lei!" sferzò Ryo con rabbia.
Lentamente, come se volesse incidere ogni secondo nella sua memoria, Ryo portò la mano alla fondina. Non sopportava più quel mostro, la sua risata e la sua aria trionfante. Ryo avrebbe trovato Kaori senza di lui. Non gli era più utile e Gin lo stava aspettando.
"Soddisferò comunque la tua curiosità" disse Gin, alzandosi come meglio poteva. "Vedi la casa in cima a questa scogliera? È mia, come tutto il resto"
Ryo osò guardare l'imponente edificio che dominava quel lato dell'isola. Che Kaori fosse lì dentro? Perché Gin aveva diretto la sua attenzione lì? A che gioco giocava?
"Vedo che finalmente mi ascolti" disse Gin. "Tutta la mia vita è in questa casa...ma io sono un uomo prudente, non posso permettere a nessuno di accedervi dopo la mia morte..."
"Dove vuoi arrivare, non fai altro che parlare!" lo interruppe Ryo.
"Sì, è tempo di agire, in effetti. Ma sei tu che le dirai 'addio'..."
Gin non aveva più niente da perdere e tutto quello che voleva in quel momento era la vittoria sul suo avversario. Era il suo ultimo duello, l'ultimo combattimento e Gin voleva trionfare un'ultima volta. Ryo guardò Gin che sembrava essere ipnotizzato dal suo orologio. Lo carezzò con le dita come se ne ammirasse il design.
"È tempo che il grande City Hunter affronti la realtà!" fece Gin premendo uno dei pulsanti che adornavano l'orologio.
Ryo comprese in quel momento che Gin aveva pianificato da tempo di portare tutto con sé, se non fosse mai tornato da una delle sue missioni. La casa doveva essere piena di trappole per impedire che tutti i suoi abusi venissero rivelati alla luce del sole. La sua superiorità e la sua arroganza lo spingevano a uccidere a sangue freddo la donna che diceva di amare: Kaori.
"NOOOOOOOOO!!!" urlò Ryo correndo verso Gin mentre diverse potenti detonazioni mandarono in frantumi la villa.
 
 
 
All'interno dei sotterranei, Kaori continuava la sua progressione con i ratti. Avevano rallentato il ritmo e uno dopo l'altro si precipitarono in un piccolo spazio incuneato tra le rocce. Kaori sentiva l'aria esterna passare attraverso le pietre. Cominciò a rimuoverle per liberare uno spazio abbastanza grande da poterne uscire.
La violenta scossa precedente non fu nulla rispetto a quello che accadde in quel momento. Si udì una serie incessante di esplosioni sopra la sua testa. L'acqua si precipitò rapidamente su di lei, sbattendola con forza contro le pietre. Una valanga di rocce bloccò il passaggio da cui era arrivata e l'acqua continuava a salire nella camera stagna improvvisata. L'uscita che aveva cominciato ad emergere fu sommersa dalle fredde acque. Inspirando a lungo, Kaori si tuffò per continuare ad allargare la sua unica via d'uscita. Intorno a lei, le pietre continuavano a cadere e l'acqua rallentava i suoi movimenti. Gesto dopo gesto, Kaori sentiva la liberazione a portata di mano mentre la vita le scappava poco a poco. L'immagine di Ryo la perseguitò, incoraggiandola. Kaori sentì la sua forza insinuarsi in lei.
Il crollo totale della cavità dove si trovava inabissò la parete rocciosa che le bloccava l'uscita verso l'esterno. Spinta dalle acque, Kaori cadde dalla scogliera in un ruscello fangoso che raggiunse l'oceano. Il suo grido di speranza, paura e libertà si perse nel tumulto delle acque e nel ruggito delle pietre.
 
 
 
Sulla spiaggia, Ryo si concentrò sui colpi che assestava a Gin mentre le fiamme divoravano la casa e scuotevano le fondamenta. Sentì il terreno vibrare e udì il ruggito della scogliera. Il ronzio costante delle esplosione e il sedimentarsi delle rocce gli fecero perdere il contatto con la realtà. Gli occhi appannati dalla rabbia e dalla disperazione, Ryo non aveva più il controllo delle sue azioni. Dentro di lui, era svuotato di ogni emozione. Niente aveva più importanza, né la sua sopravvivenza, né la sua sofferenza. Era come morto.
Gin non reagiva più. Era come un burattino che si muoveva solo per l'impatto dei colpi. Gli passò la sua vita davanti. Non si pentiva di nulla. Aveva vinto.
Ryo colpì il corpo quasi senza vita di Gin, facendosi sanguinare le giunture delle mani. Le lacrime si mescolavano al sangue mentre lo colpiva continuamente, accecato dalla rabbia:
"Perché?!" si infuriò. "Perché LEI?! Codardo! Assassino!!"
Alcuni turbinii dell'acqua e dei passi incerti sulla spiaggia non cambiarono quello spettacolo angosciante.
"Ryo...fermati..." sussurrò una voce mentre una mano si posava febbrilmente sulla spalla nell'uomo tornato a essere animale, per riuscire a placarlo.

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Capitolo 22
*** 22. La fine ***


La visione apocalittica che si svolgeva sulla spiaggia era spaventosa, dal sapore di non ritorno. Oltrepassando il relitto della barca naufragata contro la scogliera con l'angoscia di trovarvi un cadavere, la spiaggia era illuminata da un grande incendio che ardeva all'orizzonte. Due sagome si distinsero nello scenario drammatico: uno sul suolo, apparentemente senza vita, e l'altro sopra di lui che cercava di assicurarsi che non rimanesse respiro in quel corpo.
Il rumore del fuoco scoppiettante e le frane che ancora si producevano sulla rupe coprivano in parte le grida e le lamentele dell'uomo che mostrava tutta la sua rabbia contro l'altro, diventato una massa inerte.
"Perché?! Perché LEI?! Codardo! Assassino!!" le parole risuonarono nell'aria soffocante di dolore.
Lo sguardo fisso del nuovo arrivato non sapeva dove rivolgere la sua attenzione. C'era di che rimanere storditi. Come reagire? Come intervenire e fermare quel declino?
Avvicinandosi ai due corpi bloccati nella sabbia, una voce sconosciuta in mezzo al caos cercò di riportare il combattente dominante alla realtà:
"Ryo...fermati..." bisbigliò la voce, mentre una mano si posava febbrilmente sulla spalla dell'uomo tornato a essere animato, per riuscire a placarlo.
Volendo essere forte e rassicurante per aiutare il suo compagno, la nuova persona non si aspettava quello che seguì.
Al contatto con la pressione sulla spalla, Ryo reagì contro quello che per lui era un nuovo attacco. Accecato dalla rabbia e abitato dalla disperazione, Ryo non riuscì più a distinguere ciò che stava facendo o chi stava attaccando. Colpire, colpire ancora, era ciò che lo motivava. Afferrando l'ospite indesiderato per un braccio, Ryo si girò per dargli un pugno in faccia. Abituato a quel tipo di contatto, l'uomo giunto sulla spiaggia pochi istanti prima parò la violenza del gesto con accuratezza:
"Oh, caro vecchio fratello, sono io: Mick!" affermò.
"..."
Senza fiato e madido, Ryo non rispose. Non si degnò nemmeno di guardare il suo amico. Un ghigno d'odio distorceva il suo volto mentre i suoi occhi sembravano ipnotizzati dal fuoco sempre intenso della casa che sembrava schernirlo apertamente. Le fiamme si muovevano in tutte le direzioni, continuando a devastare la casa, cercando di ridurre in cenere ogni frammento della dimora. Doveva andare. Ryo doveva combattere contro quel fuoco e strappare Kaori dall'inferno.
Mick chiamò Ryo instancabilmente, ma non sembrava sentirlo. Era altrove.
Gli occhi azzurri si mossero sul corpo reso inanimato da Ryo. Chi era l'uomo su cui Ryo si era accanito? Perché tanta rabbia? Perché quell'aura pericolosa? Mick non aveva mai sentito un'aura così forte e così spenta da parte del suo amico. Nemmeno quando si era perso annegando nell'alcool. Cosa lo aveva portato a quel risultato? Cos'era successo? Mick non capiva la follia in cui Ryo era precipitato.
"Ryo!" insistette.
Ryo si voltò verso la voce che lo chiamava. I suoi occhi erano vuoti, rifiutandosi di vedere l'amico che aveva davanti. Il suo corpo tremava, scosso da spasmi che risentivano della tensione del momento. Il suo cuore era lacerato, spellato vivo. Ryo sentì ogni fibra del suo corpo urlare la propria angoscia senza che niente potesse fare qualcosa per porvi rimedio.
Lo sguardo che vide era interrogativo e ansioso. L'uomo di fronte a lui era smarrito e preoccupato per quella situazione. Ryo non aveva voglia di parlargli. Voleva sfogare la sua rabbia, piangere il suo dolore, morire. Aveva paura, paura di arrivare un'altra volta troppo tardi. Gli occhi scuri tornarono sull'incendio che infuriava. Senza dire una parola, Ryo si precipitò verso la casa infernale. Doveva salvare Kaori. Non sarebbe sopravvissuto una seconda volta senza di lei!
Per un momento, Mick credette che Ryo gli avrebbe parlato, gli avrebbe spiegato. Invece, vide un'espressione di orrore abbattersi sul volto dell'amico già devastato dal senso di colpa. Fu breve ma intenso, poco prima che si precipitasse verso la casa in fiamme. Riprendendosi di fronte al silenzio e alla fuga, Ryo si precipitò su Ryo per fermare la sua corsa. Insieme, caddero pesantemente a terra.
"Lasciami, Angel! Devo salvarla!" sputò Ryo cercando di liberarsi dalla presa di Mick.
"Ryo! Calmati! Di che stai parlando?! Spiegami, dannazione, non capisco niente!" s'irritò Mick, mantenendolo a terra.
"KAORI! KAORI È IN QUESTA CASA! LASCIAMI ANDARE! DEVO SALVARLA!"
Sconcertato dalla dichiarazione, Mick involontariamente allentò la presa sull'amico. Ryo ne approfittò per spingere Mick, alzandosi e ripartendo. Il tempo giocava contro di lui. Ryo sentiva il calore delle fiamme da dove si trovava, nonostante fossero lontane parecchie centinaia di metri. In poco tempo non sarebbe rimasto nulla da salvare.
Mick pensò che doveva aver capito male. Non era possibile. Kaori era morta. Ryo stava impazzendo. Mescolava gli eventi. Il fuoco che dominava la spiaggia aveva dovuto risvegliare il senso di colpa di Ryo che non aveva potuto salvare la sua partner dal disastro avvenuto qualche mese prima. Ryo riviveva quel giorno, convincendosi di poter salvare la giovane donna dalle fiamme. Ma non era possibile. Mick doveva fermare l'amico prima che entrasse nella casa che stava bruciando.
Ryo era abbastanza distante, ma a differenza di Mick, non era nelle condizioni di percorrere facilmente il sentiero che portava al vecchio edificio. Molto rapidamente, Mick lo afferrò. Stringendolo forte per il braccio, costrinse Ryo a girarsi. La reazione di quest'ultimo non si fece attendere. Contrattaccò rimandando l'avversario a terra. Quel gesto lo sfinì un po' di più, ricordandosi le ferite ancora vive. Un dolore spaventoso gli tolse il respiro. Mick colse l'occasione per richiamarlo:
"Guardati! Chi pensi di poter salvare in questo stato? Ryo, ricordatelo! Kaori è morta!"
"NO! Lei è in questa casa! Se mi impedisci di salvarla, morirà e sarà colpa tua!"
"Smettila di vaneggiare! Hai bisogno di un colpevole per quello che è successo? Molto bene, prenditela con me! Ma non ti farò fare la stessa fine! Se entri lì, non ne uscirai!" lo minacciò Mick, indicando l'inferno che regnava la casa.
Faccia a faccia, i due uomini presero parte a un duello, nel quale ognuno tentava di far rinsavire l'altro. Entrambi erano persuasi di avere la verità. Ryo non aveva né il tempo né la voglia di tornare su quello che era successo. Se Mick si metteva in mezzo, diventava suo nemico. Anche se avesse dovuto commettere l'irreparabile, anche se Mick non si fosse più ripreso dal loro scontro, Ryo sarebbe andato fino in fondo. Tra il suo amico e Kaori, la decisione fu presa. Ryo si irrigidì, raccogliendo tutte le forze che ancora aveva prima di gettarsi ferocemente sull'amico.
 
 
 
Poco lontano sulla spiaggia, Gin riprendeva più o meno coscienza. I colpi che aveva ricevuto avevano provocato seri danni. Il suo corpo era in fiamme. Riusciva a malapena a muoversi senza avere l'effetto che tutto il suo corpo si lacerasse, il respiro era debole e sibilante. Ma era ancora vivo.
La luna cominciava a svanire per lasciare il posto alla luce del giorno. Gin poteva ancora ammirare lo spettacolo di un'alba. Per quanto tempo non si era preso la briga di assaporare quel semplice momento? Aveva passato la vita a correre, lottando per l'ambizione e per l'orgoglio. Ora non gli interessava più. Gin rimase lì, sdraiato sulla schiena a guardare cosa stava succedendo intorno a lui. Udì grida più o meno distinte. Due uomini stavano combattendo. Chi? La memoria di Gin era manchevole. Riconobbe, tuttavia, la voce del suo nemico che sembrava stanco della situazione. Gin sorrise. City Hunter stava cercando di convincersi che fosse ancora tutto possibile. Si sbagliava. Poi il sorriso di Gin svanì. Si ricordò di quello che aveva fatto: si era deliberatamente privato di ogni speranza per una vita migliore con Kaori. Per impedire a chiunque di averla, Gin aveva fatto in modo che la sua prigione fosse la sua tomba. Sapeva che i sotterranei sarebbero crollati sotto l'impatto delle esplosioni. Sapeva che non l'avrebbe più vista. Le lacrime apparvero nei suoi occhi smeraldo. La vittoria aveva l'amaro sapore di una sconfitta. Gin piombò lentamente nel subconscio.
 
 
Mick incassava i colpi senza che riuscisse a rispondere. Si stava proteggendo al meglio dalle continue percosse di Ryo. Pensò velocemente, cercò un modo per ragionare con lui, ma il suo aggressore non era più un uomo. Era furioso, rabbioso e determinato.
Mick non poteva farsi capire con la forza con un uomo già pesantemente indebolito. Ryo aveva gravi ferite d'arma da fuoco, ma non sembrava importargli. Era fradicio fino alle ossa e le sue mani ancora sanguinavano per tutti i colpi assestati. Mick aveva creduto, proprio come Falcon e gli altri, che Ryo si fosse ripreso; che avesse superato il dolore per la morte di Kaori; che sarebbe andato avanti a vivere per lei.
"Credi di essere l'unico a soffrire?! Credi che lei manchi solo a te?!" chiese Mick che non voleva più tacere il proprio dolore, perché se Ryo pensava di essere l'unico a portare quel fardello, si sbagliava.
"Tu non capisci! LEI È VIVA! In che lingua devo dirtelo?!" gridò Ryo, continuando a riversare violentemente la sua rabbia.
"SMETTILA! Non so perché lo stai facendo, ma non ascolterò più i tuoi deliri...so tutto quello che lei ha rappresentato. E credimi, se potessi tornare indietro a salvarla o a prendere il suo posto, non esiterei! Ma è troppo tardi! Ryo, ti stai svegliando troppo tardi! Se non avessi rovinato tutto a causa del tuo orgoglio o della tua paura, lei forse sarebbe ancora viva...se solo avessi saputo che sarebbe finita così per lei, non te l'avrei mai lasciata...questo è il mio più grande rimpianto" disse tristemente Mick, spingendo con forza Ryo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi scuri dello sweeper.
Sudato e senza fiato, Mick sentì i primi effetti del trattamento che Ryo gli aveva riservato. Stavano combattendo come cani. Mick sapeva che avrebbe potuto prendere il sopravvento, ma non voleva arrivare a quel punto. Voleva che Ryo si rendesse conto da solo che era tutto finito.
Ryo aveva sempre saputo che Mick provava dei reali sentimenti per la sua partner. Era stato geloso della sua controparte americana quando Kaori aveva scelto di stare con lui. Mick aveva ragione su Kaori, Ryo aveva avuto paura. Paura di amarla. Paura della felicità che aveva solo sperato invece di viverla. Paura di perderla. Ryo non era arrabbiato con Mick per tutto quello che gli aveva appena confessato. Ma Ryoo aveva ancora la possibilità di cambiare tutto. Doveva fare in modo che Mick si unisse alla sua causa.
"L'uomo che è a terra è quello che ha organizzato l'attacco contro Saeko ma non è tutto..."
"So tutto e se sopravviverà, la pagherà" lo interruppe Mick.
"MICK! Ascoltami, dannazione!" fece Ryo mentre si avvicinava al suo amico. "Quest'uomo è anche il responsabile dell'incendio che ha ucciso Eriko ma ha fatto credere che Kaori fosse morta e da allora l'ha tenuta prigioniera! Lei è lì, da qualche parte in quella casa in fiamme!" sussurrò d'un fiato.
Mick guardò il corpo ferito, poi la casa, infine Ryo. Gli occhi neri erano sincero. Ryo ci credeva. Anche Mick voleva crederci.
"Sei sicuro di quello che stai dicendo?" chiese Mick che non voleva sperare invano.
"Non sono mai stato così sicuro in tutta la mia vita! Lei è viva!" affermò Ryo.
"Allora vengo con te! In due la troveremo più velocemente!"
Uniti nelle avversità come nella speranza, i due amici si precipitarono sul percorso che portava alla proprietà, sicuri del loro successo.
Come se le fiamme avessero compreso le intenzioni degli sweeper, raddoppiarono la loro intensità. La casa cigolò da ogni parte sotto l'incessante assalto delle fiamme. In un frastuono assordante, la casa cedette sotto la volontà dell'incendio di distruggere tutto. Un'esplosione finale soffiò su ciò che restava della casa. Un inferno monumentale si creò facendo giorno in quella notte senza fine. Un'ondata di calore si espanse, respingendo violentemente i due uomini che si erano avventurati troppo vicino. Annientata, la pazza speranza era stata appena annientata. Non restò altro che un mucchio di rovine. Un campo di battaglia in cui il nemico incandescente non aveva lasciato alcuna possibilità alla più piccola particella di vita. Pietre bruciate, macerie fumanti, ceneri ancora calde, nient'altro.
Ryo non sentiva più nulla. Non poteva più. Aveva esaurito tutte le sue forze e il suo dolore in quella battaglia persa in anticipo. Il suo sangue era ghiacciato, il suo corpo paralizzato. Ebbe difficoltà a immaginare Kaori nelle mani di quella schifezza; sperando che qualcuno giungesse a salvarla; morendo nella sofferenza elle fiamme, mentre lui era lì.
Ryo non poté più sopportare la propria incompetenza, la propria impotenza a salvarla. L'aveva appena persa di nuovo. Fu la volta di troppo. Non avrebbe potuto vivere senza di lei. Lo sapeva, ci aveva già provato ma si era ingannato. Era finita.
Mick fu il primo a riconnettersi con la realtà. Il suo corpo sentì la violenza dello shock e con difficoltà si alzò per informarsi sullo stato del suo amico:
"Ryo...come stai?"
Nessun suono. Ryo non aveva più parole. Con l'aiuto di Mick, si alzò. In piedi sulla spiaggia, Ryo stava morendo dall'interno. Stava fissando dritto il disastro della sua vita, avanzando meccanicamente verso ciò che restava della casa. Sotto shock, i suoi passi erano titubanti. Ryo barcollò. Era ubriaco, ubriaco di dolore e disperazione. Crollando di nuovo, cadde in ginocchio sulla sabbia, davanti alle fiamme:
"NOOOOOOOOOOO! KAORIIIIIIIIIIIIII!!"
La sua opprimente protesta si diffuse nell'aria per scomparire insieme al vento.
Mick osservava a sua volta lo spettacolo angosciante, sentendo tutta la desolazione del suo amico che lo trafiggeva in tutto il suo essere:
"...Mi dispiace" mormorò Mick, cercando di aiutare Ryo ad alzarsi. In un'esplosione di energia, accecato dalla tristezza e dalle fitte nel cuore, Ryo si precipitò Mick per sopraffarlo di tutti i suoi mali:
"È colpa tua! Avrei potuto salvarla se tu non fossi intervenuto! TI ODIO, ANGEL! Non ti perdonerò mai!!"
Ancora e ancora una scarica di colpì si abbatté da tutte le parti sull'uomo che aveva soltanto voluto aiutare e sostenere il suo amico. Mick si rese conto che Ryo aveva urgente bisogno di sfogare la sua frustrazione e le ferite della sua anima su qualcuno. Mick era pronto ad assumere quel ruolo. Meritava quella sentenza per aver dubitato, per non aver visto che Ryo e Kaori rimanevano uniti nonostante la distanza...si era messo fra di loro...nemmeno lui si sarebbe mai perdonato.
Mick non parò alcun attacco di Ryo, che continuava a riversare il suo risentimento:
"Perché?! Perché non l'hai presa con te quando eri ancora in tempo...avresti saputo proteggerla...PERCHÉ NON L'HAI FATTO?! PERCHÉ MAKI L'HA LASCIATA A ME?! Poveri pazzi, io l'ho solo guidata alla sua fine..."
Ryo smise con i colpi. Le lacrime gli devastavano il viso.
Mick si sfilò delicatamente dalla presa dell'amico per rivelargli l'ovvio:
"Non sarebbe stata felice con me...lei amava te..."
Ryo si allontanò da Mick. Inginocchiato sulla sabbia, colpì con i pugni il terreno che rimase indifferente al suo dolore:
"È troppo, Mick! È ingiusto quello che è successo a lei, quello che succede a noi...è più di quanto possa sopportare, eppure credevo di aver visto e affrontato tutto, ma qui...mi rifiuto di continuare con questa mascherata! Tutti voi ci avete creduto, Maki, tu e perfino io...ho creduto di poterla proteggere da tutto il male che ci circonda, ma perfino il buon Dio o il destino si sono sforzati per dimostrarmi il contrario! Gioca con noi e si diverte...avevo una seconda possibilità e l'ho lasciata scappare" Ryo ansimava, maledicendo il mondo intero, senza trovare nessun vero colpevole a parte lui. "Felice? Come avrebbe potuto esserlo con me? Guarda dove è finita...era felice nascondendo il suo dolore e la sua delusione di fronte al mio rifiuto di ricambiare i suoi sentimenti? Le sue lacrime non erano la dimostrazione di una perfetta felicità! L'ho ignorata...non ho visto il pericolo che la circondava...non merito il suo amore...non merito di sopravvivere a lei...non ci riuscirò, Mick..."
"Smettila, non avrebbe cambiato nulla. L'unico responsabile è quell'uomo..." Mick indicò la massa informe a qualche metro di distanza.
Ryo fissò il corpo di Gin. Doveva sentirsi sollevato per averlo trovato? Per impedirgli di fare di nuovo del male? A Ryo non importava, più nulla aveva importanza. Avrebbe terminato il lavoro, ma nemmeno quello aveva senso per lui. A Ryo non interessava più nulla.
"Come mi hai trovato?" domandò improvvisamente a Mick.
"I tuoi informatori, ti sono fedeli e ci hanno avvertito dei tuoi piani...Falcon è rimasto con le ragazze e Saeko"
"Come sta?"
"È tenace e più robusta di quanto sembri. Doc è fiducioso"
"Bene"
Mick non comprendeva. Ryo era stranamente calmo, troppo calmo all'improvviso. La sua voce era posata e senza esitazione mentre i suoi occhi rimanevano vuoti di ogni emozione. Doveva allontanarlo da lì il prima possibile. Aveva il calore delle macerie sulla schiena e il nulla della distesa salata di fronte a sé. Ryo fissava Mick senza vederlo. Vedeva solo il caos che aveva seminato nella sua scia. Contrariamente ai tormenti che riacquistavano il controllo della sua anima, l'oceano restava calmo e imperturbabile a ciò che stava accadendo.
Ryo non sentiva più ciò che Mick gli stava dicendo. Tornare dove? Non c'era ritorno possibile. Non gli importava ciò che gli stava succedendo intorno. Non doveva più preoccuparsi per nessuno. Non aveva più un suo posto. Niente lo tratteneva. Il mondo si sarebbe potuto sgretolare e Ryo non avrebbe più cercato di salvarlo. La morte lo richiamava. E lui non voleva più scappare da lei.
Era un segno. Uno dei detriti della barca brillava sotto i primi raggi del sole. Si muoveva con le onde. Lo guardava, attirando la sua attenzione. Ryo non aveva più la forza di combattere, non voleva più lottare contro le sue ferite.
Ryo posò una mano sulla spalla di Mick e con una pressione gli fece capire che non gliene voleva. Lo guardò dritto negli occhi per dirgli, "È finita...", poi lo ringraziò mentalmente di esserci nonostante tutto. Gli sorrise malinconicamente e accentuò la pressione del pollice e dell'indice sulla spalla del compagno: immediatamente Mick perse conoscenza e crollò sulla sabbia. Ryo non si pentì del suo gesto. Mick non doveva portare il peso della sua ultima decisione. Senza voltarsi indietro, Ryo si precipitò verso il mare per legarsi al suo funesto destino.

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Capitolo 23
*** 23. Siamo legati e lo saremo per sempre ***


La caduta le era parsa lunga e rischiosa. Quando l'uscita miracolosa dal suo calvario era apparsa, Kaori aveva urlato le sue emozioni, rapidamente inghiottite dal frastuono circostante dell'acqua mescolata alle rocce. Ebbe solo un breve momento per riempirsi i polmoni d'aria prima di venire letteralmente espulsa dalla sua prigione di pietra. Sentiva sulla schiena e tutto intorno a lei la pressione dell'acqua fangosa che la spingeva verso l'esterno. Seguì il ritmo rabbioso e impaziente della cascata improvvisata senza sapere dove l'avrebbe portata: nella sabbia, tra le rocce, o ancora in acqua? Chi ci sarebbe stato per accoglierla? Kaori non controllava nessuno dei suoi movimenti mentre il suo corpo veniva spintonato da ogni lato. Il contatto con l'elemento freddo e vivo la paralizzò al punto da toglierle il respiro. Kaori urtò contro la distesa salata che la rapì senza troppe cerimonie. Si sentì scivolare e risucchiare fino in fondo senza trovare la forza di reagire. Si sentiva fluttuare e il liquido gelido le intorpidiva le membra, facendo decuplicare il dolore delle sue ferite. La discesa verso le profonde acque nere fu liscia, lenta, non ci fu nulla di brusco. Tutto apparve calmo e rilassante intorno a lei.
Il freddo l'invase da tutti i lati. La stanchezza fisica e psicologica fece aumentare la sua discesa. Kaori si sentiva svuotata di ogni energia, non aveva più la forza di combattere contro quel nuovo nemico che era l'acqua. All'improvviso Kaori sentì che l'aria iniziava a scarseggiare nei suoi polmoni. O si lasciava andare alla calma e alla pace che l'avvolgeva, o si rifiutava di andarsene e attingeva alla poca forza rimasta per cercare di raggiungere la superficie che stava diventando sempre più lontana. Non aveva sopportato tutto quanto per finire lì, sola nelle acque gelide dell'oceano. Non voleva morire, voleva vedere di nuovo i suoi amici e ritrovare la sicurezza accanto a Ryo. Voleva VIVERE!!!
Ora che la sua mente aveva un nuovo obiettivo, Kaori si riconcentrò sul riconquistare il controllo del suo corpo già intorpidito. Doveva tornare in superficie, a qualunque costo, ma il suo corpo non sembrava disposto a fare quello sforzo in più. Ogni movimento era rallentato, trattenuto dall'acqua che rifiutava il declino della giovane donna al suo invito di rimanere in lei per l'eternità. Kaori aveva la pesante sensazione che ogni gesto la portasse alla lacerazione del proprio corpo, tanto era forte il dolore. Sentì anche il panico raggiungere il suo cuore, ma Kaori si rifiutò di cedervi. Fissò con fermezza un punto in superficie, il suo obiettivo da raggiungere, ignorando ciò che le stava intorno e come si sentiva. Kaori allargò le braccia e le gambe, non dando retta al suo corpo che diventava più pesante. Emergendo dapprima con la testa, Kaori prese una lunga boccata d'ossigeno che la scaldò un po'. Ci era arrivata. Era libera. Sola nel mezzo del nulla, gelata, spaventata ma LIBERA.
Intorno a lei, detriti di metallo coprivano la superficie dell'acqua. I pezzi di una barca si spandevano con le onde. Kaori si afferrò a uno di essi usandolo come boa. Il suo corpo si rifiutava di tenerla più a lungo sulla superficie dell'acqua. Di fronte a lei, c'era l'oceano a perdita d'occhio. Voltandosi, Kaori si bloccò di fronte alla spiaggia che a malapena riusciva a vedere a causa del fuoco che ardeva e che l'accecava. La casa nella quale era stata trattenuta a causa di bugie stava crepitando sotto raggianti fiamme. Il disastro sollevò Kaori, non rimaneva più niente di quel maledetto posto che non avrebbe mai voluto nemmeno conoscere. Spostando lo sguardo sul certo che la circondava, pensò di poter distinguere due sagome, una delle quali era crollata a terra. L'altro stava avanzando verso l'oceano. Chi era? Un amico o un nemico? Gin, uno sconosciuto o Ryo? Chiunque fosse, Kaori non aveva più la forza di andargli incontro. Il suo corpo freddo non voleva muoversi. La sua testa appoggiata sulla boa improvvisata guardava dritto davanti a sé. Le palpebre erano pesanti al ritmo lento delle onde. Perfino la sua voce faticava per esprimere un ultimo appello. Con un ultimo respiro Kaori articolò un: "Aiuto, io...sono qui..." che svanì subito dopo essere uscito dalle sue labbra bluastre.

 
 
Nessuna esitazione. Nessun dubbio. Aveva abbandonato ogni speranza. Non aveva più alcuna convinzione. Senza voltarsi indietro, Ryo avanzava nell'acqua senza alcun desiderio di provare qualcosa di diverso dal freddo che lo avvolgeva e si insinuava dentro di lui. Stava flirtando con la morte, chiamandola silenziosamente a portarlo via senza indugi. Ma lei si faceva desiderare. Toccava a lui andarle incontro. Danzò nell'acqua, che si incollava a lui per poi separarsi immediatamente e allontanarsi, prendendosi gioco dei suoi stati d'animo. Il gelido liquido alleviò le sue ferite e guarì i suoi mali. Un senso di pace invase l'uomo disincantato dalla vita. Ryo doveva continuare a muoversi verso la luce che lo attirava e lo ipnotizzava. Passo dopo passo, l'acqua salì e lo circondò da tutti i lati. Ryo non stava lottando. Si lasciò fare come un animale selvatico che aveva accettato il suo destino di essere prigioniero e agli ordini del suo padrone. L'oceano sarebbe diventato la sua tomba e la morte la sua padrona dolce e crudele al tempo stesso.
Ryo non credeva realmente al paradiso e le sue azioni passate non lo avrebbero condotto al riposo eterno. Sentiva e sapeva dentro di sé che, anche se ci fosse stato un altro mondo migliore dopo la morte, lui non vi avrebbe avuto accesso. Ad ogni modo a Ryo non importava di essere dannato per l'eternità, non sarebbe stato diverso dalla sua vita quotidiana. L'inferno sulla Terra o l'inferno altrove restava sempre inferno. Non aveva più paura di affrontare i suoi demoni. La morte, qualunque cosa fosse, era la sua salvezza.
Allora perché la luce a pochi metri da lui era così dolce e rassicurante? Perché non era fredda e devastante?
Fissando il riflesso mentre l'acqua gli arrivava già al mento, Ryo iniziò a nuotare in quella direzione. Non voleva aspettare obbediente che l'acqua lo sommergesse e lo portasse dentro di lei. Era desideroso di farla finita.
I suoi occhi fissavano instancabilmente quel punto, distinguendo poco a poco ciò che rendeva luminoso quel bagliore: era un semplice pezzo di lamiera. Un altro ricordo del caos della sua vita, delle conseguenze delle sue azioni, un'ulteriore prova che Ryo distruggeva tutto ciò che toccava. Rallentò.
-Cosa ti aspettavi?- pensò ironicamente. Tuttavia, i suoi occhi scuri non riuscivano a staccarsi dalla parete di ferro, come se vedessero ciò che Ryo non sembrava poter o voler definire. Lasciando che le informazioni visive giungessero al suo cervello, Ryo pensò che fosse un'allucinazione: c'era qualcuno aggrappato a quel pezzo di ferro. Una mano e una parte del viso erano ancora appoggiate sulla placca di salvataggio. Ryo non poteva credere a quello che i suoi occhi gli dicevano. -Kaori...-
Senza perdere un minuto di più per scoprire se fosse reale o meno, Ryo riprese a nuotare per unirsi al miraggio. Era a pochi centimetri da lei quando la vide scivolare e sparire sotto l'acqua.
"Non può essere vero..." disse, cercandola freneticamente con gli occhi.
E se non fosse stata che un'illusione, un altro modo che la sua mente aveva scovato per tormentarlo di più? No, tutto il suo cuore e il suo essere gli urlavano che lei era reale e che stava per annegare davanti ai suoi occhi. Ispirando tutta l'aria che il suo corpo gli permetteva di contenere, Ryo si tuffò nell'oceano che si fece più scuro per impedirgli di trovare la ragazza. Girandosi su se stesso e osservando il minimo movimento, Ryo chiamò silenziosamente Kaori affinché gli facesse un segno. Se era lì, da qualche parte intorno a lui, doveva farglielo sapere. Si concentrò al massimo nell'acqua funebre e ostile. Un brivido a corrergli lungo la schiena, Ryo si voltò. Lei era lì, a pochi metri di distanza. La vide andare sul fondo e vide morire anche se stesso se non fossero tornato in superficie insieme. Attraversò la distanza che li separava e allungò la mano per afferrare la giovane donna. Ryo fu destabilizzato quando la sua mano si chiuse sul nulla. La giovane donna era scivolata ulteriormente, trascinata via dalla corrente. Constatandolo, tutto il suo sangue cominciò a bollire, Ryo rifiutava che il destino giocasse così con lui. Non avrebbe permesso al peggio di accadere di nuovo, ma doveva riprendere fiato, le sue capacità erano diminuite a causa delle sue ferite. Senza lasciare con gli occhi il punto dove Kaori traballava, Ryo tornò in superficie e, ignorando il formicolio nei polmoni, aspirò di nuovo l'aria fresca. Rituffandosi rapidamente com'era emerso, Ryo fissò la posizione della partner e e vi si diresse. Ogni gesto si faceva più forte e più desideroso di raggiungere Kaori. Ryo stava sfidando l'oceano a portarle via la partner, anche se la corrente persisteva nel tentativo di cacciarlo via. Giunse infine al suo livello e si posò dietro di lei, stringendola forte a sé e cercando di farli risalire il più presto possibile.
Sembrava così tranquilla, come addormentata. Guardò il pallore del suo viso, gli occhi chiusi, le labbra bluastre. Accarezzandole il viso con cautela, Ryo seppe che non stava sognando. Lei era lì in carne ed ossa. Entrambi barcollarono pericolosamente fino in superficie, ma Kaori non reagiva al tocco dell'uomo.
"Kaori...Kaori, combatti!" la incoraggiò soffiando ripetutamente aria fra le sue labbra delicate.
Un respiro. Sentì un respiro, leggero ed effimero. Sentiva che era ancora viva ma il suo respiro era debole e irregolare. Era congelata, era necessario uscire dall'acqua per riscaldarla. Ryo nuotava alla massima velocità che il suo corpo gli consentiva, continuando a parlare con Kaori, pregando che lei ascoltasse la sua voce e che resistesse al richiamo della morte.
"Resisti...siamo quasi arrivati...resisti..."
Sulla riva, né Gin né Mick si erano mossi dalla loro posizione. Entrambi resi incoscienti dallo stesso uomo, non notarono né la sua partenza verso l'oceano né il suo ritorno a riva con un corpo rannicchiato contro di lui. Ryo posò delicatamente Kaori sulla sabbia. Indossava solo un panno sottile che copriva soltanto le parti sensibili del suo fragile corpo. Aveva notevoli lividi, tremava e rischiava l'ipotermia. Guardandosi intorno, vide la barca che Mick aveva piantato vicino alla riva, poi Mick che ancora riposava sulla spiaggia. Ryo gli urlò:
"Svegliati, Angel, non è il momento di dormire! ALZATI! Mi senti!"
L'americano non reagì alle chiamate furibonde del suo compare.
Spostando lo sguardo su Kaori, Ryo constatò con orrore che la giovane donna non respirava più. Niente più respiro né polso.
"MERDA! KAORI! NON FARMI QUESTO! COMBATTI!" gridò, iniziando il massaggio cardiaco con la mano ferma mentre con l'altra prendeva la sua Magnum. Una pallottola. Un colpo secco e acuto riecheggiò a pochi centimetri da dove giaceva Mick, all'altezza del suo cavallo.
"La prossima ti renderà un eunuco!" minacciò Ryo senza interrompere il massaggio sulla donna. Inconsciamente, Mick sentì e comprese il pericolo che si aggirò non su di lui ma sulla sua terza gamba ed ebbe l'effetto di svegliarlo all'istante:
"Non c'è bisogno di sparare in quel modo! Lui non ti ha fatto nulla..."
Riprendendo i sensi, Mick vide Ryo sopra un corpo senza riuscire a distinguere chi fosse. Un'occhiata a Gin lo informò che non era lui che Ryo si sforzava di riportare in vita. Allora chi? Mick si alzò e si avvicinò a Ryo. Quando scoprì che era Kaori stesa senza reagire ai gesti urgenti dell'uomo che stava cercando di salvarla, Mick si sentì svenire: le sue gambe si fecero deboli, il cuore rallentò. Mick rimase impotente, senza riuscire ad aiutare i suoi amici.
Ryo non prestò nemmeno attenzione all'immobilità dell'americano, la sua unica preoccupazione era di far ripartire il cuore di Kaori.
"1...2...3...4...5" Ryo contò i movimenti effettuati sul corpo della donna, "1...2...3...4...5..." poi le amministrò inspirazioni regolari. Si alternò tra movimenti e respiri, respiri e movimenti, instancabilmente, rifiutando di pensare all'inaccettabile.
"Dai, fai uno sforzo! RIPARTI!" ordinò Ryo direttamente al cuore della giovane donna.
Niente, ancora niente. Ryo strappò il tessuto sottile per avere un accesso migliore al petto della donna. La sua pelle era fredda e liscia, a differenza della propria che ardeva di impazienza e rabbia di fronte allo stato impassibile della sua partner. Ryo riposizionò le mani sul cuore della donna e ricominciò il massaggio cardiaco. Tutto il suo essere era fissato solo su quel movimento.
"KAORI! TI PROIBISCO DI ARRENDERTI! CITY HUNTER NON SI ARRENDE MAI! Non mi abbandonare..." la supplicò, mescolando di nuovo il suo respiro caldo e pieno di vita con quello inesistente della giovane donna. Ryo non si rendeva nemmeno conto della forza che amministrava nei suoi movimenti per rianimarla. Ogni impulso divenne più forte e pressante; riecheggiò attraverso la pelle sottile e pallida della donna, insinuandosi in lei, battendo freneticamente alle porte del suo cuore che rimase sordo alle chiamate di soccorso.
Poi un movimento più forte degli altri, più disperato, mescolato a una lacrima sfuggita, ebbe l'effetto di un'ondata elettrica che costrinse il cuore ad ascoltare gli appelli alla vita. Lentamente, come esitando sul ritmo da seguire, il cuore ripartì nel petto della giovane donna.
Ryo lo sentì sotto alle dita: Kaori respirava di nuovo.
Il suo cuore la stava bruciando e il suo sangue scorreva nelle vene, in contrasto col freddo che sentiva intorno a lei. Strappata violentemente dalle mani del nulla, Kaori aprì gli occhi mentre la sua bocca cercava di trattenere l'aria viva e salvatrice. I suoi occhi cercarono in tutte le direzioni per identificare cosa stava accadendo e dove si trovava, ma un velo opaco le riduceva la visibilità.
"Kaori...non farmi mai più una cosa del genere..." disse Ryo con evidente sollievo rannicchiando Kaori a sé, stringendola per riempirla del suo calore e del suo bisogno di lei.
"Delicatamente, Ryo, la schiacci...razza di bruto" ironizzò Mick, a sua volta sollevato e commosso dalla presenza di Kaori sana e salva, allentando la presa di Ryo sulla ragazza ancora fragile.
Mentre Ryo si imbarcava con Kaori che rimaneva in silenzio, Mick andò a prendere Gin.
"Che stai facendo?" gli gridò Ryo, che aveva completamento rimosso la presenza dell'uomo.
"Vuoi che paghi o che se la svigni?" rispose Mick, trascinando il corpo sulla barca.
"Legalo e imbavaglialo! Non voglio sentirlo!" continuò Ryo lanciandogli una corda e una coperta trovata in uno degli stivaggi della barca.
Mick posizionò il prigioniero in fondo alla barca e mentre Ryo si sedeva con Kaori su un lato tentando di scaldarla al massimo, l'americano prese il controllo e accelerò per raggiungere la costa. Con una spessa coperta a coprirla completamente, Kaori non reagiva al contatto delle mani di Ryo che la sfregava per darle un po' di calore. Ryo continuò a parlarle, ancora e ancora. Era necessario farle riprendere conoscenza in modo che non perdesse definitivamente i sensi.
All'estremità della barca, fu un altro 'sopravvissuto' a riprendere conoscenza. Il ritmo costante della barca sulle onde aveva risvegliato le sue ferite. Cercò di muoversi, ma fu ostacolato da forti vincoli. Aveva le mani e i piedi legati. Voleva far sentire il suo malcontento, ma la voce era soffocata da uno spesso tessuto tra i denti. La sua visione era ancora confusa, ma Gin identificò un uomo ai comandi della barca e un altro seminascosto sotto a una coperta. Gin si chiese perché fosse ancora vivo. Dove stavano andando? Perché Saeba non si degnava di guardarlo? Cosa c'era di così interessante sotto la coperta? Cosa nascondeva?
In quel momento, il cuore di Gin perse un battito: Ryo aveva appena scoperto il volto della sua protetta per portare la mano sulla guancia pallida e soffiandole aria dentro, posando le labbra sulle sue.
Gin si infuriò con tutte le sue forze, attirando l'attenzione e uno sguardo assassino su di sé.
"Te l'avevo detto: l'ho ritrovata...se lei muore, tu muori" fece Ryo, soddisfatto della faccia decomposta del suo prigioniero. Lo sweeper preferì ignorare i suoni incomprensibili di Gin per concentrarsi interamente su Kaori. Non si stava scaldando abbastanza in fretta.
Tutto il suo corpo pativa per gli assalti del freddo che regnava in lei. Eppure, in lontananza, un'ondata di calore e una voce si avvicinarono. Kaori stava cercando di concentrarsi su quella voce, ma era così stanca. I suoi occhi si rifiutavano di aprirsi, voleva ancora riposare, solo un momento. Un altro momento dove poteva dimenticare e credere che tutto quanto fosse solo un brutto sogno. Ma quella voce la chiamò, la trattenne. Kaori la conosceva:
"Ryo..." mormorò.
Ryo prestò attenzione al respiro effimero che era giunto da lei: aveva pronunciato il suo nome. Avvicinò il viso al suo e strinse la presa in modo che lei sentisse che era lì, che lei era lì con lui:
"Sono qui, apri gli occhi...rimani con me...Kaori..."
Lei non stava sognando. Sentiva quell'aura di sicurezza e forza intorno a sé. Uno sforzo, doveva fare uno sforzo in più. Solo per vederlo. Febbrilmente, sbatté le palpebre prima di aprire gli occhi.
Gin poteva essere solo uno spettatore passivo di quella scena irreale che si esibiva di fronte a lui. Lei, che gli aveva dato il gusto per la vita per poi rifiutare il suo amore, era sopravvissuta a ciò che lui era arrivato a fare. Come aveva fatto a sbarazzarsi della sua prigione di pietra? Come aveva fatto Saeba a trovarla? Non poteva finire in quel modo, Gin rifiutava che quel Saeba della malora vincesse su tutti i fronti. Impazzì a osservare quell'uomo toccare e parlare con Kaori, come se avesse ogni diritto su di lei. Gin la conosceva da più tempo. L'aveva protetta ben prima di lui. Aveva visto ciò che lei poteva offrire prima che un altro uomo posasse gli occhi su di lei. Apparteneva a lui di diritto. Era sua, SUA!
Gin fissò intensamente e senza scrupoli il viso che gli aveva sorriso diversi giorni prima. Voleva ancora sentire il calore e la dolcezza che solo Kaori facevano nascere in lui. Vide che si stava debolmente svegliando, cercando di aprire gli occhi.
Tra di loro il tempo si bloccò e gli ultimi eventi affluirono.
Il primo contatto che lei riagganciò sollevando i suoi occhi nocciola fu lo sguardo verde, intenso e freddo. Non riuscì a distogliere gli occhi da quelli di lui. Nonostante tutto, il suo corpo si ritrasse. Sentì la voce di Ryo, sentì l'aura del suo partner ma era Gin che vedeva. I suoi occhi erano pieni di rimprovero, amarezza e risentimento. Meritava un tale risentimento? Lei stessa si sentiva divisa tra la rabbia e la compassione per lui.
"Kaori, guardami..." disse Ryo, facendo voltare gentilmente il viso della giovane donna verso di lui.
Aveva sentito la tensione quando la donna aveva messo gli occhi sul suo carceriere. Non voleva che si soffermasse su di lui. Ryo voleva che sapesse che lui era lì con lei e che non aveva nulla da temere. Si perse negli occhi della giovane. Lei lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. Lo ringraziò per aver ascoltato il suo appello, per essere alla fine arrivato a cercarla. Ma gli occhi di Kaori tornarono su Gin, prima di chiudersi dolcemente.
"MICK, ACCELERA!"
L'americano non si preoccupò di rispondere, sapeva che il tempo correva contro di loro e spinse il motore oltre i suoi limiti. Mick sperava che la barca potesse resistere fino al porto perché le lamentele che emetteva mostravano che non era abituata ad andare a quella velocità.
"Arriviamo al porto!" li informò Mick, ormeggiando la barca al pontone.
"Dobbiamo andare all'ospedale!"
"E come spiegherai le ferite dei proiettili?" chiese Mick, afferrando Gin per farlo uscire dalla barca.
"Hai un'idea migliore, forse?" s'innervosì Ryo.
"Da quando agisci senza pararti il sedere?" di fronte al mutismo del suo amico, Mick riprese, "Pensavi di non uscirne? Non è un comportamento molto professionale...per fortuna sono arrivato io, seguimi..."
Anche la macchina di Mick era al porto, vicino a quella di Ryo. Mentre l'americano caricava il suo pacco senza troppe cerimonie sulla parte posteriore, Ryo si diresse velocemente alla Mini. Con molta cura, mise Kaori sul sedile del passeggero e accese il riscaldamento. Era sempre molto pallida, anche se le sue labbra riprendevano lentamente colore.
Le due macchine partirono in fretta. Ryo alternava il suo sguardo fra l'auto di Mick, che non doveva perdere di vista, e Kaori, che rimase prostrata nel suo silenzio. Con il calore che abbondava nel piccolo abitacolo e con quel silenzio pesante e inspiegabile, Ryo aveva l'impressione di soffocare.
A Ryo non era piaciuto lo scambio visivo a cui aveva assistito tra la sua partner e Gin. Perché lei non aveva guardato lui? Perché era invaso da quella sensazione di indifferenza? Perché Kaori si era soffermata su quel malato, quando non meritava che di morire da solo?
Se avesse dato retta a se stesso, Ryo gli avrebbe rifilato senza rimorso una pallottola tra gli occhi, mollandolo sul fondo dell'oceano. Ryo sospettava che lei non avrebbe accettato che quell'uomo morisse così, si sarebbe sentita in colpa perché prima di essere il suo torturatore, quel Gin era stato suo amico, la sua famiglia. Ryo strinse più forte il volante al pensiero, 'la sua famiglia'. Kaori era la sua famiglia...Ryo aveva deciso suo malgrado di lasciare quel verme in vita e che per una volta fosse la giustizia a fare il suo lavoro, perché non voleva perdere l'unica donna che avesse mai amato, e soprattutto non per un parassita simile. Un'orda di domande l'assalì, una delle quali riassumeva la sua ansia: cos'era successo veramente tra loro per tutto quel tempo?
Mentre il giorno finiva di levarsi, Ryo continuò a seguire Mick, che li stava portando fuori città. Una piccola strada sterrata portava a una vecchia casa colonica. Parcheggiarono e mentre Mick bussava alla porta dell'edificio, Ryo si concesse un minuto di tregua. Tutto era stato così frettoloso, non riusciva a credere che Kaori fosse lì. Tutto si spintonava nella sua testa. Ryo voleva conoscere l'entità dei danni che quello psicopatico le aveva potuto causare.
Vedendo Mick che seguiva una donna, supportando Gin, Ryo uscì dalla macchina e portò dentro Kaori. La donna che Ryo aveva notato era il primario di quella 'clinica'. Aveva già dato istruzioni a un assistente per quanto riguardava Gin. Fece cenno a Ryo di seguirla in un'altra stanza. Con un'occhiata, Ryo chiese a Mick di tenere d'occhio il prigioniero.
Posizionando Kaori sul tavolo di auscultazione, Ryo fissò la dottoressa: abbastanza giovane, piuttosto carina e per nulla disturbata dal loro arrivo e dalle loro condizioni.
"Mi occuperò delle sue ferite" disse lei dopo aver controllato Kaori.
"La sua priorità è lei!" fece Ryo, non lasciandole altra scelta. La donna non rispose si attivò intorno a Kaori. La mise sotto un respiratore per facilitare l'ossigenazione, la posò sotto una coperta calda per accelerare il riscaldamento del suo corpo, fasciò ogni ematoma, fece diverse analisi del sangue e un'iniezione per infine collegarla a una flebo, il tutto sotto lo sguardo attento e meticoloso di Ryo.
"È il suo turno ora. Le sue condizioni sono stabili" disse, invitando Ryo a entrare in un'altra sala.
"Lasci la porta aperta"
Da dove si trovava, Ryo poteva mantenere il contatto con Kaori. Non una volta distolse lo sguardo dalla sua figura addormentata, non una volta si ritrasse, nemmeno quando la dottoressa gli rimosse i proiettili e suturò le ferite, senza anestetico. Ryo voleva essere consapevole di tutto ciò che stava succedendo. Senza chiudere gli occhi. Senza allontanarsi da lei. La giovane donna aveva terminato il lavoro sul suo paziente che evidentemente non era di umore loquace. Lasciò lui e la giovane donna in una stanza silenziosa.
"Dormirà a lungo, dovrebbe riposare anche lei" gli disse mentre lasciava la stanza per vedere dov'era il suo assistente.
Andò in una stanza situata in un altro corridoio. L'uomo che le aveva parlato quando era arrivato si trovava a poca distanza da quello che era davvero malridotto. Era pronto a saltargli addosso al minimo movimento sospettoso, ma era improbabile che quel paziente andasse lontano, legato com'era alle sbarre del letto. Anche le sue ferite erano state curate.
"Chi siete?" gli chiese direttamente.
"Doc mi ha consigliato il suo indirizzo" disse Mick, senza nemmeno guardarla. In quel momento, se si fosse girato, avrebbe visto un sorriso dolce e nostalgico sul viso della dottoressa.
"Potete rimanere il tempo necessario. Non rischiate niente qui"
"Grazie."
 
 
 
Erano passati due giorni senza che Kaori si fosse svegliata. Due giorni durante i quali Ryo aveva vegliato senza sosta sul sonno irrequieto della sua partner. In cui aveva incassato i colpi provocati dagli appelli incessanti di Kaori che scandiva il nome di Gin nel dolore e nella pena del suo inconscio. Le analisi avevano mostrato la traccia di un potente sedativo con lo scopo di annientare qualsiasi volontà e ricordi. Ryo sospettava che Gin fosse stato così in grado di manipolare Kaori a suo piacimento. I suoi ematomi erano di un tenue colore che contrastava con la sua pelle di madreperla. Il medico diceva che era in buona forma, quindi perché non si svegliava? Ryo era accanto a lei, tenendole febbrilmente la mano, carezzandogliela teneramente con il pollice. I suoi occhi non lasciavano il volto apparentemente sereno di Kaori. Osservò una reazione che non arrivò nemmeno quando portò la mano alle labbra per posare un dolce bacio sul palmo.
Qualcuno bussò alla porta e varcò la soglia della stanza.
"È tutto sistemato. Reika accetta di occuparsi della parte legale della questione" annunciò Mick un po' disagio nel silenzio della stanza. "Secondo il medico, potrà essere trasferito tra qualche giorno, me ne occuperò io"
Ryo rispose solo con un cenno del capo, senza rompere il contatto visivo e fisico con la giovane donna.
"Ancora nessun cambiamento? Succederà, il medico è fiducioso...se vuoi rimango io il tempo che tu vai a rinfrescarti, sei una visione spaventosa" ironizzò Mick, prendendo una sedia per mettersi vicino al letto.
L'americano aveva fatto una proposta che era anche un dato di fatto, Ryo doveva rinfrescarsi le idee, anche se solo per qualche minuto. Lasciare la stanza e smettere di fissarsi su Kaori, altrimenti al suo sveglio sarebbe stata lei a dover vegliare su di lui, e Mick sospettava che non sarebbe stata abbastanza forte per farlo.
Ryo cercò un pretesto per restare, ma Kaori non rischiava nulla così obbedì, col cuore pesante, allontanandosi da lei per un momento.
"Sai, tesoro, siamo tutti perduti senza di te, ma non è niente rispetto a Ryo che è solo l'ombra di se stesso, quindi non farti desiderare..." mormorò Mick una volta che lo sweeper ebbe lasciato la stanza.
La mattina del quarto giorno, Ryo era al telefono con Reika. La giovane donna aveva insistito per parlargli e scusarsi per ciò che gli aveva rimproverato riguardo Saeko. La conversazione si trascinò sul caso Gin, nulla doveva essere omesso per garantire la sua prigionia. Reika aveva ripreso le indagini della sorella su Gin ed era riuscita a trovare informazioni, ma anche soprattutto prove dei suoi abusi. Una condanna principale per alto tradimento contro il suo paese sarebbe stata la conseguenza più grave a cui si sarebbero aggiunti: omicidio, tentato omicidio di un agente di polizia, sequestro di persona e rapimento...la pena di morte non sarebbe probabilmente stata richiesta visto che Gin era in possesso di informazioni che potevano servire allo Stato, ma avrebbe passato il resto della sua vita dietro le sbarre in un penitenziario di alta sicurezza, senza visite, senza diritti ma soprattutto lontano, molto lontano da Kaori.
Nel frattempo, Mick si era sostituito accanto a Kaori. Mentre osservava dalla finestra il tempo pallido e triste, Mick sentì un movimento alle sue spalle. Voltandosi, ebbe la piacevole sorpresa di incontrare lo sguardo perso ma sveglio della giovane donna.
"Ciao" le disse avvicinandosi a lei. "Felice di saperti tra noi"
Kaori lo ringraziò con un timido sorriso mentre si raddrizzava sul letto. Mick l'aiutò a sistemarsi più comodamente mentre Kaori si gettava tra le sue braccia, in lacrime:
"Sei qui...mi hai trovata..."
Sorpreso dallo slancio, Mick cercò di calmarla prima di dare inizio alle spiegazioni.
"A dire la verità, è Ryo che ti ha trovato...è grazie a lui se sei qui, al sicuro" di fronte al broncio confuso di Kaori, Mick chiese: "Cosa ricordi?"
"Non sono sicura...un incendio..." Kaori cercava di assemblare i lampi e i ricordi ma tutto si mischiava. "GIN!" urlò, "Lui è pericoloso..."
"Calmati, non ti farà più alcun male...va tutto bene..." la rassicurò Mick tornando a cullarla. "D'altra parte, c'è qualcuno che sarà deluso di non essere stato qui al tuo risveglio, vado a cercarlo..."
"NO!" Kaori aveva urlato più di quanto avrebbe voluto, aggrappandosi il più strettamente possibile a Mick. "Non posso...non ancora, io...io non sono pronta..."
Mick non comprendeva il comportamento timoroso dell'amica nei confronti di Ryo, ma non voleva metterle fretta, la cosa principale in fondo era che alla fine aveva ripreso conoscenza.
"Lascia almeno che chiami il medico perché ti visiti."
Con l'approvazione di Kaori, Mick scomparve dietro la porta e in meno tempo di quanto ne avesse avuto bisogno per dare spiegazioni, tornò con la dottoressa. Fece le presentazioni e le lasciò sole, aspettando ansiosamente la diagnosi nel corridoio. Dopo alcuni momenti, la dottoressa permise a Mick di entrare nella stanza e annunciò con un sorriso:
"Recupera molto velocemente, signorina. Presto sarà in grado di tornare a casa"
"Kaori..."
Il suo nome era stato pronunciato con tante emozioni contrastanti che la giovane donna sentì il suo cuore contrarsi a quell'appello. Ryo era in piedi sulla soglia della stanza e non sembrava credere a quello che vedeva. Si diresse verso di lei, ma quando volle abbracciarla, lei emise un piccolo grido lamentoso.
"È ancora fragile per essere stata così immobile, è prima necessario che riprenda le forze, le farò portare qualcosa da mangiare" intervenne il medico mentre lasciava la stanza, ricordando fortemente che la paziente aveva ancora bisogno di calma e riposo.
Dopo che la dottoressa se ne fu andata, Kaori si stese di nuovo e voltò le spalle a Ryo per cercare di dormire un po'. Sorpreso dal gesto, Ryo guardò Mick che sembrava a sua volta smarrito.
Ryo si alzò e fece cenno a Mick di seguirlo in corridoio:
"Perché non mi hai detto del suo risveglio? Ti ha detto qualcosa?"
"È successo molto velocemente e ho pensato che la priorità fosse assicurarsi che tutto andasse bene"
Mick non voleva mentire al suo amico ma si trattava poi di mentire? Dopotutto non sapeva perché Kaori fosse così distante con Ryo.
"Hai sentito il medico, ci vorrà del tempo...lei è qui, cosciente e sul cammino della guarigione...datevi del tempo" lo rassicurò Mick che voleva essere fiducioso per loro.
I giorni seguenti furono molto lunghi per Ryo che vedeva la sua partner riguadagnare le forze, ridendo delle buffonate di Mick, ma rimanendo distante con lui. Con Mick, si confidava, lo ascoltava e soprattutto lo guardava. Rivolgeva all'americano uno sguardo dolce e calmo mentre con Ryo, toccava a lui disegnarsi un sorriso, dire una parola ma lei evitava sempre di guardarlo negli occhi. Come se avesse paura che con una semplice occhiata lui avrebbe scoperto un terribile segreto. A furia di riflettere, Ryo immaginava il peggio: e se Gin avesse abusato di lei mentre la teneva sotto il suo controllo? Ryo non voleva che lei si vergognasse di qualsiasi cosa fosse accaduta durante la sua 'detenzione', non ne era stata responsabile. Insieme, avrebbero potuto superarlo. Se loro avessero potuto parlare, ma Mick rimaneva sempre nelle vicinanze e quando se ne andava, Kaori fingeva di dormire. Lo evitava coscientemente e Ryo rimaneva comunque per poter instaurare un dialogo con lei.

 
 
Giunse finalmente il giorno in cui Ginko lasciò la clinica. Ryo non sopportava più la sua presenza lì, troppo vicino a Kaori. Era ancora un ostacolo per lui e Kaori. E fu con un certo entusiasmo che Ryo sistemò gli ultimi dettagli con Mick prima della partenza.
A ogni visita del medico, Ryo era presente, voleva sapere tutto delle condizioni e del progresso clinico della partner. Ora riusciva a muoversi più facilmente, ma per brevi periodi di tempo. Kaori era anche riuscita a mettere in ordine tutti i pezzi dei suoi ricordi e degli eventi e aveva appreso da Mick che anche Gin era lì per riprendersi delle ferite inflitte da Ryo. Ryo stesso era stato gravemente ferito anche se si stava già riprendendo, lui si conteneva per non preoccupare la donna. Era arrabbiata con se stessa per le conseguenze che aveva creato. Aveva riflettuto molto sulla sua situazione e qualcosa le divenne ovvio.
"Come sta Gin?" chiese senza giri di parole.
La dottoressa fu sorpresa dalla domanda perché aveva capito che dalla situazione che era colpa di quell'uomo se la paziente si trovava lì. Guardò il compagno della giovane donna per scoprire fino a che punto poteva rispondere, ma lui sembrava disconnesso dalla realtà.
La domanda di Kaori si ripeté più e più volte nella sua mente come un enigma di cui non trovava la soluzione. Perché gli faceva tutto ciò? Non una volta si era preoccupata di lui, almeno non in sua presenza. E improvvisamente chiedeva notizie di quell'altro, quel vigliacco che non meritava nemmeno di essere definito uomo.
"Voglio vederlo..." insistette Kaori, supplicando la dottoressa di esaudire la sua richiesta.
"È fuori questione!" s'indignò Ryo, riprendendosi bruscamente di fronte a quella richiesta fuori luogo.
"Tu non decidi per me!" rispose Kaori, sempre fissando la dottoressa.
"Pensi di essere nelle condizioni di poter fare qualunque cosa? Stai talmente bene da volerti buttare nella bocca del lupo! Glielo dica, dottoressa, che non può!" disse Ryo, affidando al medico la responsabilità.
La donna sospirò. Vedeva che si trattava di una cosa di fondamentale importanza per la sua paziente e anche se il suo compagno era contrariato e lei dubitava che fosse la cosa migliore da fare, nessun motivo medico impediva l'incontro:
"Molto bene, ma a una condizione: non si deve forzare, e la sposteremo con una sedia a rotelle, altrimenti rimarremo qui"
Kaori annuì saggiamente e con l'aiuto della dottoressa, si sistemò sulla sedia a rotelle che si trovava in un angolo della stanza sotto lo sguardo spaventato dello sweeper. Venne condotta dall'altro lato della clinica, nella stanza di Gin. Kaori voleva andarci da sola, ma Ryo aveva replicato, "Se tu vai, io vengo!". Le seguì in silenzio, la sua aura si intensificò ad ogni metro che avanzava. Il medico ricordò le istruzioni: non fare sforzi e non rimanere a lungo, poi li lasciò soli nel corridoio di fronte alla porta dietro la quale il paziente era ancora legato.
Kaori osservò il medico allontanarsi. Respirò profondamente mentre cercava di calmare il tremito delle sue mani. La presenza di Ryo e la sua rabbia crescente non l'aiutavano a concentrarsi sulla situazione. Con fatica, Kaori mise giù un piede, poi il secondo. Ancora seduta, si appoggiò alla barra di metallo che correva lungo il muro del corridoio e si raddrizzò. Non doveva fare movimenti bruschi. Ogni gesto fu accuratamente calcolato. Una volta in piedi, Kaori attese un momento affinché il suo corpo si abituasse e trovasse una parvenza di equilibrio. Concentrandosi sul proprio respiro, Kaori fece un passo verso la porta. Quasi cadde, ma si tenne alla barra e al muro. Ryo fece un movimento verso di lei, ma con un gesto lei lo mantenne a distanza. Calmò la folle corsa del proprio cuore e riprese a camminare. Raggiunta la porta, mise la mano sulla maniglia. A sua volta, Ryo posò la mano su quella della donna. Il contatto inaspettato la fece rabbrividire. Guardando le loro mani sulla maniglia, Kaori disse:
"Entro da sola. Qualunque cosa accada, promettimi di non interferire"
Ryo studiò la giovane donna di fronte a sé. Non riconobbe quella voce pallida e senza emozioni.
"Non ti prometto nulla" disse, rompendo il contatto fisico e appoggiandosi contro il muro senza mollarla con lo sguardo.
"Cosa ci fate qui?" chiese Mick uscendo dalla stanza, avendo sospettato una presenza in corridoio.
"Vuole vederlo!" disse Ryo con tono secco.
"Kaori, non è davvero una buona idea, tu..."
"Mick, non insistere, so cosa devo fare" rispose gentilmente la giovane donna, frenando l'argomentazione dell'americano.
Imbarazzato, Mick guardò Ryo che stava per esprimere la sua rabbia per il cambio nell'atteggiamento della sua partner: a lui toccavano l'essere ignorato e la noncuranza, a Mick la gentilezza. Perfino Gin avrebbe beneficiato della sua attenzione.
"Posso sapere a cosa stai giocando?" fece Ryo, i pugni serrati.
"Faccio quello che mi pare! Lo devo vedere, che tu mi capisca o meno!" rispose Kaori, fissando la porta.
Sentendo che la tensione aumentava, Mick si intromise tra gli amici e allontanò Ryo per calmarlo.
"Ti aspettiamo qui...avessi bisogno di qualunque cosa, non esitare..." disse all'attenzione della giovane donna, mentre Ryo gli riversò il suo rancore.
"No, ma non può essere vero! Non avrai anche tu intenzione di lasciarla fare! Sono l'unico a credere che sia una cazzata farglielo vedere?!"
Lasciando Ryo a innervosirsi per conto suo, Kaori svuotò la mente e radunò tutta la sua volontà, aprendo la porta senza esitazione.
La camera era immersa in una luce fredda riflessa dal pallido sole di quel mese invernale. Gin era sdraiato e legato al letto, le corde erano state sostituite da cinghie più adatte al suo stato di paziente. Era sveglio e guardava fuori, non interessandosi nemmeno alla persona appena entrata.
Kaori spinse la porta dietro di sé senza rendersi conto di non averla chiusa del tutto, e studiò la distanza per raggiungerlo e affrontarlo. Con cautela e cercando di nascondere l'esitazione del suo corpo a muoversi, Kaori raggiunse i piedi del letto e si aggrappò alle sbarre per non cadere. Dalla sua posizione, lo dominava. I ruoli ora erano invertiti, tranne per il fatto che Kaori non aveva alcun potere su ciò che avrebbe atteso Gin all'uscita dalla clinica. Non sapeva quale sentimento dovesse subentrare nel suo cuore: rabbia, delusione, compassione?
Gin sapeva bene chi era entrato nella stanza. Aveva sentito il suo calore debole ma persistente. Come osava apparire in un momento simile, mentre lui era indebolito e ostacolato da quei vincoli.
Lentamente girò la testa per posare i suoi profondi occhi verdi sul viso impassibile della giovane donna.
"Che cosa vuoi? Sentirmi dire che mi pento? Che mi dispiace? No, non rimpiango nulla! Ho amato ogni momento accanto a te e nulla me li porterà via..."
Anche in quel momento, legato e sottomesso, Gin rimaneva fiero e orgoglioso. E per la prima volta nella sua vita, Kaori provò odio per un uomo che aveva amato:
"Ora tutto è chiaro nella mia testa. Mi ha portato via più di quattro mesi della mia vita...hai rubato tutto ciò che era caro al mio cuore...la mia vita, i miei amici, la mia famiglia...hai disonorato il ricordo di mio fratello, hai calpestato senza vergogna ciò che ci rendeva una famiglia! E tutto questo perché? Per amore, dici...per te, per soddisfare i tuoi desideri...e guarda dove ti ha portato! Eppure sei ancora fiero di te stesso? Come? Perché?...Non vedi che hai perso? Non è stata che un'illusione! Pensavo che dimenticare tutto sarebbe stato il modo migliore per andare avanti, ma..."
"Non ti puoi dimenticare di me così! Quando ci siamo rincontrati, sapevo che avevi conservato un posto speciale per me nel tuo cuore...tutto era ancora possibile! Non puoi negare ciò che abbiamo vissuto durante questi pochi mesi! Eravamo felici! Non mi sono sognato la tua risata che ancora risuona nel mio cuore, né i tuoi sguardi dolci e teneri nei miei confronti...puoi convincerti di quello che vuoi, ma non mi rimuoverai la dolcezza della tua pelle né il sapore delle tue labbra, ciò che ci lega l'uno all'altra rimarrà. Questi momenti rubati appartengono solo a noi e in ogni uomo che incontrerai, tu mi vedrai. Ci sarò sempre, mi hai capito: SEMPRE! Tu hai mandato tutto a puttane! È questa la vita che vuoi: all'ombra, accanto a un assassino? Non sei fatta per questa vita! Io posso darti tutto, la luce, la vita, il potere...e hai il coraggio di rifiutare?" Gin rise constatando che la sua Kaori, che lui pensava così pura e virtuosa, avesse deciso di perdere se stessa a causa di un assassino.
"Ti dai un'importanza che non hai! Certo che non dimenticherò mai quello che mi hai fatto sopportare per puro egoismo, ma grazie a te, vivrò più forte ogni momento che passerò lontano da te! Sarò felice senza di te! Voglio che tu sappia che sono qui, di fronte a te, e non ho paura di te. Non mi raggiungerai mai più! Nonostante tutto, nonostante te e nonostante me, una volta che avrò lasciato questa stanza tu non ci sarai più, non esisterai più! Hai perso, Gin! Tu, il grande manipolatore, così orgoglioso delle tue esibizioni, hai trovato qualcuno più forte di te! Mi hai reso più forte di te! Grazie a te e contro ogni previsione, ora so che posso difendere la mia famiglia da persone come te!" finendo la sua sfuriata, posò su Gin i suoi occhi nocciola intrisi di una nuova luce che non sfuggì all'uomo, che si agitò sul suo letto con una certa violenza alla replica della donna.
Davanti alla follia che pervadeva l'uomo, Kaori poté solo risolversi a voltargli definitivamente le spalle, senza rimpianti per la loro vita insieme prima di quell'eresia.
"Non posso fare più nulla per te, Gin...non c'è mai stato un 'noi' e non ci sarà mai. Non importa cosa pensi o cosa credi, finisce tutto qui e ora. Sono venuta per dirti addio"
Kaori non poteva più controllare i tremori nella sua voce. Le si era formato in groppo all'altezza dello stomaco. Dovette allontanarsi da lui per mantenere la dignità e la nuova forza contro quello sconosciuto.
Gin rideva ancora e continuava con i suoi deliri:
"Perché, pensi che sia finita? Che sia finita qui? Non finirà mai, Kaori! MAI! Io ci sarò sempre!"
"RYOOOOO!" il grido proveniente dal corridoio avvertì Kaori di un pericolo imminente.
"BASTA, TI UCCIDERÒ!" urlò Ryo, entrando violentemente nella stanza, sbattendo la porta contro il muro.
"NOOO!" disse Kaori, sbarrando la strada tra lui e Gin.
Mick si scusò con uno sguardo con Kaori per non aver potuto impedire a Ryo di intervenire.
Lei stava tremando come una foglia dopo quello scambio acceso, eppure lo difendeva. Sfidò apertamente Ryo ad azzardarsi ad alzare una mano su Gin. Ryo fu colpito al cuore dal bagliore luminoso che abitava gli occhi di Kaori. C'era così tanto odio e disprezzo nei suoi occhi. Rimpianse amaramente che in quel momento lei non sfuggisse più il suo sguardo, perché anche se dentro di sé sapeva che quello era il risultato del suo confronto con Gin di cui lui non si era fatto scappare nulla, Ryo non poté impedirsi di pensare che quello sguardo fosse per sé. Era il primo che gli rivolgeva direttamente da quando si erano ritrovati. Aveva sopportato tanto, ma non per arrivare a quello: odio, rabbia e indifferenza. Tutto ma non quello.
Kaori tratteneva le lacrime per l'uomo che era stato la sua famiglia, il suo amico e il suo peggiore incubo. Di fronte a lei c'era Ryo che le sparava addosso con occhi scuri e stravolti. Lo vide allontanarsi e lasciare la stanza senza una parola, lasciandola di nuovo sola tra le risate da iena che riempivano la camera.
Mick era titubante su cosa fare, i suoi amici si stavano facendo a pezzi ed entrambi avevano bisogno di aiuto per superare tutti i non detti.
"Non lasciarlo solo..." mormorò Kaori, indovinando i pensieri dell'amico. "Io sto bene, vai!"
Kaori guardò Mick andare dietro a Ryo. Attraversò la soglia della porta, camminò lungo il muro fino a una poltrona e si appoggiò alla parete prima di scivolare sul pavimento. Non sapeva se avesse trovato quello che cercava in quello scontro e nonostante quello che pensava Ryo, sapeva che quello che aveva fatto era giusto, anche se si sentiva in colpa per quello che stava succedendo a tutti. Suo malgrado, aveva scelto di intervenire tra Ryo e Gin. Gin che continuava a vociferare le sue speranze e le sue grida, tormentando la giovane donne che rimase prostrata nel corridoio, svuotata ed esausta.
 
 
 
Ryo stava correndo per la clinica, senza fiato. Aveva bisogno d'aria. Aveva bisogno di andarsene. Sentiva la rabbia scatenarsi dentro di lui. Aveva un bisogno urgente di sfogarsi. Si precipitò fuori dall'edificio e sbatté violentemente i pugni contro il primo ostacolo che trovò. Il muro in pietra si sbriciolò in alcuni punti, la polvere si mescolò al sangue versato dalle articolazioni dell'uomo incosciente delle nuove ferite. Niente gli faceva più male che l'indignazione e la frustrazione per il comportamento inequivocabile della sua partner.
Una profonda ingiustizia lo stava invadendo, aveva tanto sperato da quando l'aveva tenuta di nuovo tra le braccia, e tutto quello che stava raccogliendo era peggio di qualsiasi cosa avesse sopportato, era al di là delle sue forze. Si sentiva tradito, come se Kaori gli avesse deliberatamente sparato alle spalle. Era la più grande ferita da cui dubitava di poter guarire, un giorno. Ryo collassò impotente ai piedi del muro.
L'alterco non era passato inosservato agli occhi e alle orecchie degli altri residenti della clinica. Mick aveva assistito con impotenza alla collera che Ryo provava con se stesso. Vedendo tuttavia che Ryo non si sarebbe messo nei guai, decise di lasciarlo per conto suo. Mick tornò nella stanza di Gin per fargli cessare i suoi lamenti e per fargli lasciare immediatamente quel posto. Giunse insieme alla dottoressa e al suo assistente. Vedendo Kaori ancora raggomitolata e singhiozzante, si precipitò su di lei. Non riusciva più a parlare, solo le sue lacrime si riversavano senza fermarsi. Mick la riposizionò sulla poltrona:
"Andrà tutto bene, calmati, mia bella..." le disse baciandola teneramente sulla fronte.
Mick fece segno alla dottoressa di allontanarsi e, con l'aiuto dell'assistente, si occupò di Gin. Per farlo tacere, Mick non ebbe la pazienza di aspettare che il dottore amministrasse un sedativo. Afferrò Gin per il colletto della camiciola e gli spedì un violento dritto che lo costrinse a fermare i suoi lamenti.
Lo trasportarono senza troppe cerimonie fino alla macchina. Vedendoli uscire, Ryo si raddrizzò e si unì a loro, prese la corda dalle mani di Mick e sbatacchiò Gin per farlo alzare. Portandolo sul retro della macchina, Ryo lo legò saldamente, stringendogli i vincoli al polso e sussurrando, con un sorriso sulle labbra:
"Ti ricordi, 'Ce l'ho io, la tengo in pugno'...non è mai stato vero come oggi, tranne che sono io il garante della sua vita! Non poserai mai più i tuoi occhi su di lei! Non farò fatica a fare in modo che ti dimentichi mentre tu dormirai in una cella, saprai cosa vuol dire essere il bersaglio di ogni sorta di pazzie...ti ho preparato un'accoglienza a misura della tua follia!" gli soffiò tra i denti, prima di dargli un pugno che fece sprofondare Gin nel buio, una scia di sangue sul suo viso.
Ryo mise del nastro adesivo sulla bocca di Gin e sbatté la portiera. In silenzio, osservò Mick avviare la macchina e allontanarsi per scomparire alla fine della strada sterrata. Voltandosi verso l'edificio, Ryo respirò pazientemente per riacquistare la calma prima di tornare da Kaori.
Non sapeva come o dove tutto ciò li avrebbe condotti, ma Ryo si rifiutava di lasciarsi andare. Era pronto a combattere la più grande battaglia della sua vita: recuperare Kaori a tutti i costi.
 

 
Era già trascorsa una settimana da quando erano arrivati in clinica. Una settimana in cui era ancora tutto scosso senza che lei fosse in grado di sistemarlo. A Kaori era stato finalmente concesso di tornare a casa. Era impaziente e allo stesso tempo preoccupata di tornare a casa con Ryo. Sentiva che il suo partner era impaziente di rimanere solo con lei. Aveva provato più volte a parlarle ma ogni volta qualcuno li interrompeva, cosa che la sollevava sempre. Sapeva che stava posticipando il momento di quello che prima o poi sarebbe successo, ma non era pronta. Non riusciva a parlare con lui. Non sapeva cosa dirgli. Voleva sapere le condizioni della sua detenzione? Voleva parlare di Gin? Voleva parlare di loro? Kaori si ricordava di quello che era successo tra loro in precedenza...prima dell'incendio. Ripensarci le faceva male. A causa di Gin, aveva perso un'amica...le illusioni di una vita che non era quella che credeva. Aveva perso una parte della sua innocenza. Il giorno stesso in cui si era confrontata con lui, Mick l'aveva portato via da lei per sempre. Era tutto finito per davvero. Eppure sentiva che la cosa più difficile doveva ancora arrivare. Doveva affrontare Ryo e doveva affrontare soprattutto la propria coscienza. Ma il comportamento di Ryo nei suoi confronti la turbava. Era premuroso, attento e paziente mentre lei si era attesa dei rimproveri e della collera. Si sentiva persa e preferiva continuare a evitare di dover stare da sola con lui.
Ryo entrò nella stanza e fu sorpreso dalla forte tristezza che la sua partner emanava. Era appoggiata alla finestra e il suo sguardo vuoto era perso verso l'esterno.
"Sei pronta?" chiese, prendendo le sue cose sul letto. Lei si voltò verso di lui, lanciandogli una breve occhiata prima di abbassare lo sguardo e seguirlo. Poteva muoversi da sola e rifiutò il minimo aiuto.
Lasciarono la clinica in silenzio dopo aver ringraziato la dottoressa del suo aiuto discreto e preciso.
Ryo avviò la macchina e guidò verso casa. Nessuno dei due parlò, come se la minima parola avesse potuto risvegliare torrenti di dolore. Kaori sentiva tutta la frustrazione e l'impotenza di Ryo nel silenzio. Si vedeva nel suo modo di guidare, brusco e veloce, mentre le sue mani bendate si stringevano sul volante. Nonostante tutto, lei non fece un gesto verso di lui, non una parola, e il tragitto fu lungo e stancante per i due occupanti della Mini. Quando Kaori vide l'edificio di mattoni rossi, si sentì sollevata di rientrare finalmente a casa, di ritrovare un posto sicuro e familiare. Era ansiosa di isolarsi nel bozzolo protettivo della sua stanza. Ryo parcheggiò e osservò la sua partner che non si stancava di studiare l'edificio. Sospirò e scese dal veicolo per aprirle la portiera:
"Bentornata a casa" disse cercando di essere il più sorridente possibile. Kaori annuì rapidamente e si diresse verso l'ingresso insieme a Ryo dietro di lei. L'ascesa delle scale fu stancante per la giovane donna e anche quando Ryo le offrì il suo aiuto, lei non glielo permise, rispondendo con un semplice e breve, "Andrà bene..."
Quindi Ryo rimase indietro, il cuore ferito per essere stato respinto ancora una volta. Arrivati al piano, Ryo si affrettò ad aprire la porta perché Kaori ritrovasse il calore della loro casa. Nel loro territorio, finalmente le cose si sarebbero aperte. Ryo non le avrebbe lasciato scelta, aveva aspettato oltre ogni ragionevole pazienza. Pensava che sarebbero finalmente stati da soli e in silenzio per poter parlare, ma fu sorpreso di scoprire che i loro amici avevano deciso diversamente. Aprendo la porta dell'appartamento, Ryo ma soprattutto Kaori furono accolti dalle lacrime e dalle risate di Kazue e Miki , Ryo si fece intrattenere da Mick e Falcon.
"Che significa?" chiese Ryo che non si aspettava tutto ciò.
"Ho provato a spiegare loro che Kaori aveva bisogno di calma e riposo, ma non potevano più aspettare da quando ho annunciato la buona notizia" rispose Mick.
Ryo stava per buttare tutti fuori quando Kaori parlò:
"Non fa niente, al contrario sono felice di vedervi. Mi siete mancati così tanto..." finì con le lacrime tra le braccia delle sue amiche. Quindi anche loro avevano diritto di ricevere i suoi sorrisi, le sue lacrime e la sua gioia di rivederli. Ryo non capiva perché Gin sì e lui no; perché gli amici sì e lui no. Era invisibile ai suoi occhi? Non meritava uno sguardo, un gesto che provasse che rappresentava ancora qualcosa per lei?
Mentre rimaneva lontano dalla felice riunione dalla quale si sentiva escluso, un suono familiare che gli era tanto mancato risuonò come una musica dolce per il suo cuore: Kaori rise. Il suo sorriso era luminoso e sincero. Vederla brillare di nuovo tra loro lo fece sentire davvero bene, ma una cupa gelosia nacque in lui: non era lui a renderla felice in quel momento, non era a lui che lei offriva i suoi sorrisi e la sua gioia di essere finalmente tornata. Apprese da Mick che Saeko era fuori pericolo e che Reika non era presente al loro ritorno, avendo preferito rimanere con sua sorella anche se non aleggiava più alcuna minaccia visto che la sorte di Gin era sigillata.
Dopo due ore in cui tutti evitarono accuratamente l'argomento della tragedia che aveva causato tanta sofferenza, gli ospiti decisero di andarsene e lasciare riposare Kaori. Erano tutti rassicurati sulle sue condizioni e gli abbracci furono lunghi prima del congedo.
Mentre Kaori chiudeva la porta con apprensione mal dissimulata, Ryo si versò un bicchiere di whisky. Non se l'era permesso di fronte ai suoi amici per non dare loro una scusa per prolungare la loro presenza. Quel bicchiere non rappresentava qualcosa di insignificante ma Ryo aveva bisogno di scaldarsi a causa del gelido silenzio che tornava a stanziarsi di diritto tra lui e Kaori. Kaori non si era mossa dalla porta ed era titubante su cosa fare o dire. Poteva avvertire lo sguardo insistente di Ryo su di sé. Era sfinita da tutta l'agitazione che aveva regnato ed era stanza di rimanere nella stanza con lui.
"Sono stanca...vado a stendermi..." annunciò Kaori mentre si dirigeva verso le scale.
"Sarà così d'ora in poi?" parlò lui in modo freddo e diretto. Tutta la tensione era leggibile in quella domanda e nei suoi occhi divenuti più scuri di una notte senza luna.
Kaori si fermò ai piedi delle scale e guardando al piano di sopra, domandò:
"Che intendi?"
Il rumore del vetro esplose contro il muro, facendo sobbalzare Kaori. Il panico e la paura si impadronirono di lei. Mai Ryo l'aveva guardata così, quel tipo di sguardo veniva rivolto piuttosto ai suoi nemici.
"E in più mi prendi in giro!" abbaiò. "È durata fin troppo, Kaori! Non sopporto il tuo silenzio e la distanza che mantieni da me! PARLAMI, MALEDIZIONE!"
"Da quando 'parlare' è diventata la tua attività preferita? Lasciami in pace, non ho niente da dirti!" s'innervosì lei, salendo le scale.
Non voleva affrontarlo, non ora, non così.
"Preferiresti incontrare lui? Se è solo questo, ti ci porto io!" disse Ryo con sarcasmo e dolore, afferrando Kaori per il polso.
Lei si bloccò alle sue parole e al freddo contatto. Resistette volendo liberarsi della presa, ma Ryo la fece inclinare e la portò alla sua altezza, bloccandola tra il muro e lui.
"Dovrei comportarmi come lui, contro di te, perché ti degni di guardarmi..." sussurrò sollevando il viso di Kaori che sfuggiva i suoi occhi.
"Se stai cercando di spaventarmi...ci sei riuscito...ora lasciami andare..." tremò lei, cercando di spostarsi. I pugni di Ryo che urtarono contro il muro la paralizzarono. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbe conosciuto quella paura nei suoi confronti. Voleva fermare tutto e scappare ma il suo corpo si rifiutava di muoversi, nessun suono era in grado di uscire dalle sue labbra. Vedendo l'effetto dannoso che aveva sulla giovane donna, Ryo si ammorbidì leggermente, facendo sempre attenzione a bloccarle l'accesso al piano di sopra. Se non glielo avesse detto ora, si sarebbero persi per sempre. Non importava che lei accettasse ciò che le stava per dire, voleva che reagisse un po' di fronte a lui.
"Ho creduto di morire, Kaori...in realtà sono morto il giorno in cui sei scomparsa. Non ho fatto che soffrire, se avessi avuto una briciola del coraggio che tu hai utilizzato in tutti questi anni...avrei messo fine al mio calvario senza esitazioni...sono stato un vigliacco, ma non stavolta! Kaori, tu sei qui con me e io non permetterò a questa seconda possibilità che ci è stata offerta di scappare, hai capito!!"
Ryo fece una pausa e osservò la giovane donna, qualche lacrima cominciava a riempirle gli occhi, ma lei resisteva ancora.
"GUARDAMI! Guarda cosa sono senza di te! Ho sofferto ogni momento senza di te come se avessi ricevuto pugnalate violente e sempre più forti, che mi uccidevano senza che io potessi oppormi! Sono sopravvissuto solo per vendicarci, per vendicarti! Sei tu che mi fai tornare in vita, Kaori, sei l'unica in grado di vedere il meglio in me, quindi ricorda che cosa ci lega...non permettergli di dominarti ancora! Io non sono come lui...anche se ti amo non ti costringerò ad andare contro i tuoi sentimenti, ma parlami! Ti prego solo di una cosa..." disse, addolcendo la voce, senza nemmeno rendersi conto della portata delle sue parole che erano andate oltre il suo pensiero. Ryo si avvicinò a Kaori. Portò una mano al suo viso inondato di lacrime, con l'altra la strinse intorno alla vita. Posando delicatamente la fronte contro la sua, riuscì infine a catturare i suoi occhi bagnati. Senza staccare gli occhi da lei, afferrò la mano della donna e se la mise sul cuore:
"Senti come batte forte e intensamente. Ti reclama...angelo mio...non dirgli che ti stai arrendendo, che gli rifiuti le speranze che nutre per noi..."
Con uno sguardo, con qualche parola, Ryo si consegnava completamente a Kaori. Lasciò giù le braccia e si mostrò per quello che era: un uomo disperatamente innamorato e pazzo tanto da credere nell'impossibile.
Sulle labbra le posò un bisbiglio: "Sono pazzo di te...torna da me", prima di baciarla. Un bacio che fu come una carezza, un pegno di pace, un appello alla vita.
Lei non gli rispose, rimase immobile, rassegnata e gelata. Non era a lui che rifiutava la possibilità, ma a se stessa.
"Io non merito il tuo amore..."
Di fronte all'incomprensione sul volto dell'uomo, Kaori continuò:
"Lui per me era un fratello, un amico, un confidente in ogni momento...l'ho amato e mi fidavo di lui...e lui è riuscito a prendermi l'unica cosa che pensavo fosse certa, che era solo mia!"
Nei suoi occhi nocciola c'erano tristezza, rabbia e rassegnazione:
"Ti ha portato via da me...ha fatto in modo che mi dimenticassi di te! E io ti ho dimenticato! Durante quei mesi, tu non facevi più parte di me! Quando ho capito che mi mancava una parte di me, non sapevo nemmeno che fossi tu! Credevo di poter perdere tutto ma non quello, non te! Ti ho tradito, Ryo! Per colpa sua, ma soprattutto perché lo volevo! Gli ho creduto quando mi diceva che non avevo nulla a parte lui! Non sai il vuoto che ho sentito, il freddo costante provocato dalla mancanza di qualcuno che ignoravo del tutto! Se Eriko è morta...se tu hai sofferto...tutto questo è colpa mia! Sono responsabile per quello che ci è successo perché non ho voluto credere un solo istante che lui si sarebbe spinto così lontano...puoi perdonarmi per averlo pensato?!" finì, in lacrime e piena di vergogna mentre la mano si stringeva sul petto dell'uomo.
"Se c'è qualcuno da incolpare, non sei tu...anch'io ci ho creduto. Ho creduto di morire cento volte dopo la tua scomparsa. Non avevo più niente senza di e...non hai colpe di quello che ha fatto, io sono altrettanto colpevole per non aver percepito il pericolo e quello che ti era successo. A causa della mia codardia nel negare i miei sentimenti, sono stato complice di quello che ti ha fatto credere, il tuo cuore ci ha creduto perché io ho nutrito per troppo tempo il dubbio su di noi. Quello che deve chiedere perdono qui, sono io...mi sono arreso, ho perso il contatto con la realtà e ti ho voltato le spalle..."
Fece avvicinare i loro corpi in modo che il loro calore si mescolasse e attese che lei si calmasse e lenisse il dolore di entrambi, perché lei sapeva bene come farlo. Aveva così tante ferite, così tanto dolore e rabbia da espellere. Non poteva farlo da sola, proprio come lui non poteva farlo senza di lei. Non voleva che fosse sola nel dolore. Lui stesso aveva bisogno di quel contatto che stava aspettando da quando l'aveva trovata e, questa volta, lei non lo respinse.
Rimasero così a lungo, con le lacrime che scorrevano silenziosamente.
Ryo sentì Kaori perdere l'equilibrio e tenersi a lui. Tutti gli eventi e le emozioni erano troppi in una volta sola per lei che era tornata da lontano.
Delicatamente l'avvolse fra le braccia e andò a sedersi sul divano senza liberarsi di Kaori che rimase rannicchiata contro di lui. A poco a poco, si calmò, sempre stando stretta a Ryo. Lui fissò il suo sguardo negli occhi appannati della sua partner, sorridendole:
"Sugar...quello che ci ha fatto credere o passare non ti deve impedire di credere ancora in ciò che è la tua forza, in noi. Non voglio che tu abbia più alcun dubbio nella testa o nel cuore. Perdendoti ho capito che avevo mentito troppo a lungo e che non ero migliore di lui a continuare a ignorare ciò che provo per te, che anch'io ti avevo fatto soffrire. Non farò più questo errore. Ho bisogno di te. Dammi la possibilità di amarti come meriti..."
Mentre le parlava con il cuore aperto, Ryo non poteva trattenersi dal mantenere il contatto fisico con dolci carezze, dolcemente senza spaventarla, in modo che potesse abituarsi ai suoi gesti e alla sua pelle. La sua voce era calda e piena di speranza. Kaori ascoltava ogni parola come una promessa fatta al suo cuore. 'Angelo mio...Sugar', quegli epiteti le davano un senso di appartenenza. Lui l'amava e glielo mostrava. Lei non lasciò più i suoi occhi, lasciandosi cullare dal calore che lui emanava.
Ryo prese il suo sguardo brillante di emozione come un accordo per quel nuovo inizio.
L'abbracciò ancora di più anche se non avrebbero potuto essere più vicini in quel momento, Ryo sollevò sensualmente la mano lungo la schiena della giovane donna fino a imprigionarle la nuca, mentre con l'altra mano carezzava febbrilmente le sue labbra tentatrici. Mentre Kaori si inumidiva le labbra senza rendersi conto dell'eccitazione che ciò causava nel suo partner, lei posò le labbra sulle sue. Kaori si rannicchiò contro di lui che approfondì il bacio con un ballo sensuale e ritmato delle loro lingue che si tranquillizzavano. Un bacio infiammato dai sapori dolci e zuccherati all'idea di un futuro per loro due. Nel fuoco del momento, Ryo fece stendere entrambi sul divano.
Avvolgendo la giovane donna con tutto il suo corpo, non si stancò mai di guardarla: i suoi occhi luminosi, le guance rosee e le labbra carnose. Le rivolgeva un'espressione intensa che lei sostenne a sua volta.
Ryo tornò sulle sue labbra allettanti mentre le mani si avventurarono oltre i vestiti per trovare finalmente la consistenza di quel corpo tanto agognato. Le sue labbra migrarono verso il collo della giovane, lasciando segni umidi e caldi su ogni parte di pelle che incontravano. Kaori intrecciò teneramente le dita alla folta chioma dell'uomo di cui sussurrò il nome. Quegli appelli erano dolci e pieni di desiderio, spingendo Ryo ad accentuare lo scambio.
Entrambi avevano bisogno di sentirsi vivi, di rinascere nel calore dell'altro. I loro corpi si infiammarono come se nulla avesse più importanza che soddisfare l'urgenza di amarsi, lì e subito.
Mentre Ryo dava mostra della sua piena possenza e del suo completo desiderio di portare la sua partner su un terreno sconosciuto a entrambi quale quello del vero amore, sentì Kaori bloccarsi a fatica trattenendo un ghigno di dolore. Tornando alla realtà, Ryo ricordò che la giovane non era ancora in pieno possesso delle sue capacità e il suo corpo contuso e ferito glielo fece capire. La fragilità di Kaori, dopo tutto quello che aveva sopportato prima di tornare da lui, fece aumentare la loro impazienza e dimenticare le rispettive ferite.
Tutti e due erano col fiato corto e le guance di Kaori avvamparono dall'emozione, la fiamma del desiderio brillava nei suoi occhi. Anche se Ryo sentiva a sua volta il bisogno urgente di essere solo suo, non poteva portarla adeguatamente all'apoteosi del loro amore.
Kaori fu sorpresa nel constatare che Ryo aveva smesso di muoversi. Gli fece capire che il dolore che stava provando non era nulla rispetto al benessere che le stava dando. Voleva incoraggiarlo, non perdere più un solo momento di felicità. Lui sorrise alla sua richiesta muta, ma non era così che dovevano vivere la loro prima volta. Dovevano potersi abbandonare l'uno all'altra, corpo e anima.
"Anche se lo stallone che sono accetta di farsi domare da te e solo da te...devi essere al meglio per assaporare la cavalcata che vivremo..."
Kaori virò al rosso carminio comprendendo l'allusione, mentre Ryo avvicinò il viso al suo, promettendo che quel momento sarebbe arrivato presto, prima di fondersi sulle sue labbra.
"Dobbiamo credere l'uno nell'altra..." disse, lasciando le sue ghiotte labbra più per bisogno d'ossigeno che per voglia di farlo.
La sentì tremare contro di lui. Esausta e sopraffatta da tutte le emozioni, aveva bisogno di riposare anche se si rifiutava di farlo. Staccandosi da lei a malincuore, Ryo tirò una coperta per coprire la donna:
"Una buona cioccolata calda ci farà bene" sorrise mentre andava in cucina.
Kaori lo guardò allontanarsi, senza apprensione né paura. Si sentiva felice di essere lì con l'uomo che amava. Avevano superato così tanto per infine ritrovarsi. Una seconda possibilità era stata loro offerta, per vivere e amarsi. Lei avrebbe goduto di ogni momento con lui. Avevano la vita davanti.
Ryo tornò con due tazze fumanti. Si fermò alla vista del suo angelo di luce: la sua presenza illuminava il suo cuore. Ryo accettava tutto quello che sentiva, non voleva più rimpianti. Aveva diritto alla felicità e la sua felicità era lei.
Posò le tazze sul tavolo e si avvicinò silenziosamente all'addormentata. Il suo viso calmo e pacifico durante il sonno gli era mancato. Proveniva da lei una tale serenità in grado di calmare l'uomo dal passato tumultuoso che aveva alle spalle.
Con una mano, Ryo tirò fuori il ciondolo che nascondeva sotto la maglietta. Facendo attenzione a non svegliarla, le fece scivolare il gioiello sull'anulare, senza staccarlo dalla catenina:
"Siamo legati e lo saremo per sempre..."
Afferrando delicatamente la sua protetta che si accoccolò istintivamente a lui, la portò verso quello che sarebbe diventato il loro rifugio. L'avrebbe amata e protetta, come lei avrebbe vegliato su di lui. Mai più le avrebbe permesso di allontanarsi da lui, non sarebbe passato un giorno né una notte senza che lui le fosse vicino.

 
 
Da qualche parte in fondo a una cella buia e umida, un uomo supino con le braccia incrociate sotto la testa fissava il soffitto, ascoltando i lamenti e le minacce degli altri detenuti che le guardie cercavano invano di mettere a tacere.
Solo i suoi occhi penetravano nell'oscurità della stanza. Due occhi d'un verde smeraldo brillarono mentre un ghigno si dipingeva sulle sue labbra.
Sulla parete decrepita c'era il ritratto di una giovane donna, con capelli ramati e ribelli, la carnagione chiara e gli occhi nocciola. Stava piangendo. Lacrime di sangue scorrevano sulle sue guance e Ginko sorrise.

 
 
 
Grazie come sempre a chi ha letto/seguito questa fanfiction. Il ringraziamento speciale, però, è per chi ha commentato almeno una volta, e ci tengo a citarvi: prue halliwell, Crissie2, Kreta8787, Lulu_nana, __FrA__, Kaory06081987, Saja, briz65, Clah, StellaPiton, Valenicolefede.
Fa sempre immenso piacere leggere recensioni, anche se la storia non è mia ma è 'solo' una traduzione, perché comunque ci metto impegno nell'arricchire il fandom italiano di fanfiction che ritengo valide e che meritano di essere conosciute. Per cui, grazie ancora, e alla prossima (perché non vi libererete di me!).
 
 

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