Requiem

di Queen of Snape and Joker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Requiem per un dannato ***
Capitolo 2: *** Requiem per un vecchio ***



Capitolo 1
*** Requiem per un dannato ***


Requiem per un dannato


 

Era una notte buia e tempestosa e Harry non sapeva proprio che fare: si girava nel letto, preso da una smania inconsueta, nonostante questa volta non fosse stato svegliato (per fortuna!) da uno dei suoi soliti incubi. La verità era che la sua mente era troppo occupata a pensare a faccende più importanti del sonno (ad esempio al piano misterioso di Draco o all'identità del Principe Mezzosangue). Mentre era impegnato a contare il numero dei tuoni che sentiva, nel disperato tentativo di addormentarsi, un'idea estremamente allettante balenò nella mente del Prescelto: avrebbe dato un'occhiata alla Mappa del Malandrino, tanto per essere sicuri che nessuno curiosasse in giro a quell'ora tarda, architettando piani dietro alle sue spalle nella convinzione che lui giacesse tra le braccia di Morfeo. A quel pensiero un impeto di rabbia s'impossessò di Harry, che si alzò di scatto e, cercando di fare meno rumore che potesse, frugò nel suo baule alla ricerca della Mappa; appena l'ebbe trovata, afferrò la bacchetta e, ficcatosi sotto le coperte per non farsi vedere, sussurrò un: "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.", seguito a ruota da un: "Lumos!" silenzioso. La pergamena vuota prese vita all'immediato contatto della luce contro la sua carta e Harry non poté fare a meno di sorprendersi, sebbene sapesse esattamente cosa spettarsi, quando la piantina del castello apparve dettagliatissima sul foglio giallo e miriadi di nomi presero a popolare i calli di Hogwarts. I suoi occhi saettarono confusi di qua e di là, intercettando casualmente alcuni degli abitanti della scuola: a quanto pareva Silente se ne stava nel suo ufficio (per niente sorprendente: a Harry non era mai venuto nemmeno in mente che il Preside potesse esistere in forma di addormentato), mentre Ginny riposava tranquilla negli alloggi femminili di Grifondoro... Ma di cosa si preoccupava? 

Il Prescelto si ammonì tra se e se, prima di prendere a cercare Draco con minuziosa attenzione... Eccolo! Stava... dormendo. Harry sbuffò, deluso, aspettandosi di scoprire il minore dei Malfoy intento a fare chissà cosa. Stava quasi per chiudere la Mappa e aveva già iniziato con: "Fatto il misf..." quando si interruppe bruscamente. Piton! Come aveva fatto a non pensare a Piton? Il ragazzo riaprì la Mappa, leggendo smaniosamente mille nomi, e gli ci vollero qualche minuto e numerosi sbuffi seccati prima che lo sguardo gli si posasse, chissà perché, ai confini della Foresta Proibita. Harry fissò il foglio per qualche secondo, incredulo, prima di giungere alla conclusione di aver effettivamente trovato qualcosa. Il pensiero di rimanere a letto, a quel punto, non lo sfiorò neppure e, da tipico Grifondoro, il Prescelto piombò fuori dal suo dormitorio sotto al Mantello dell'Invisibilità, percorrendo i corridoi di Hogwarts il più velocemente possibile. In pochi minuti fu fuori dalle porte della Sala d'Ingresso, con la pioggia che gli sferzava la pelle, trapassando il velo che lo separava dal resto del mondo. Harry restò qualche secondo sulla soglia, fissando inquieto i lampi che spaccavano in due il cielo di quella notte elettrica, finendo poi per fiondarsi nel parco del castello: scoprire cosa stava escogitando Piton era più importante di qualsiasi sciocco timore. Correndo a perdifiato con la Mappa in mano, il Grifone riuscì per miracolo ad attraversare la Foresta incolume: con gli occhi fissi sul nome di Piton e le orecchie piene di pioggia non sentì quasi i raccapriccianti rumori provenienti dagli abitanti di quel tetro fazzoletto di terra e alberi. Appena fu abbastanza vicino al nome sulla pergamena, Harry alzò lo sguardo, cercando davanti a se la nera figura del suo insegnante, aspettandosi di trovarlo a svolgere chissà quale malefico rito per conto di Voldemort. Era ancora impegnato in questa sua curiosa esplorazione quando un gemito, abbastanza forte da superare in intensità i tuoni, gli arrivò alle orecchie. Il ragazzo girò di scatto la testa, tenendo la bacchetta ritta davanti a se, finché una macchia scura china sulla terra non catturò la sua attenzione: Harry si avvicinò, cauto, e, non appena la sua mente realizzò cosa c'era davvero davanti a lui, il Prescelto si fiondò sull'erba, del tutto incurante del Mantello che gli cadeva dalle spalle, rivelando la sua figura.

Piton era davanti all'ingresso del parco del castello, in preda agli spasmi e riverso in una pozza di sangue: si stringeva convulsamente il braccio sinistro, dove campeggiava il Marchio Nero. Il tatuaggio sembrava così vivo che si sarebbe potuto temere che il  serpente sgusciasse fuori dal teschio e si tramutasse in un vero rettile, con tanto di squame e lingua sibilante. Harry affondò le braccia nel mantello di Piton, in un goffo tentativo di tamponare ferite che non era nemmeno in grado di vedere, e tutto ciò che ottenne furono due mani inzuppate di sgargiante rosso. Il Prescelto allora prese la bacchetta, scagliando incantesimi guaritivi che sperava potessero migliorare la situazione, senza però alcun risultato tangibile. Il Serpeverde digrignava i denti, contorcendosi nel disperato tentativo di non urlare, finché i suoi occhi non si ancorarono a quelli di Harry, perforandoli: "P-Potter... chiama... S-Silente." Ciò che uscì dalle sue labbra non fu che un sibilo, quasi impercettibile; il Prescelto, però, sembrò capire all'istante cosa intendesse il suo professore. Il suo volto si illuminò e, dandosi dello stupido per non averci pensato subito, prese a concentrarsi, dominando la sua paura al meglio che poteva; vide all'istante palesarsi davanti a se il suo cervo argentato e, senza perdere ulteriore tempo, gli ordinò: "Dici a Silente di venire subito qui perché Piton è in pericolo!" Il cervo saettò via e Harry si inginocchiò di nuovo vicino a quello che fino a poco prima considerava il suo acerrimo nemico, tamponandogli al meglio che poteva una nuova ferita che percorreva tutto il collo del pipistrello dei sotterranei. Fece pressione con le mani sulla pelle gelida, gocciolando di pioggia e tentando di seguire i movimenti del professore, incapace di fermare gli spasmi che lo assediavano, sempre più forti ed incontrollabili. Harry cominciò a sentirsi inutile: l'uomo stava morendo, lo sapeva. Era più pallido che mai, in preda ad una violenta emorragia. 

Il ragazzo si stupì nel constatare che Piton possedeva un'enorme forza di volontà: soffriva immensamente, eppure non un grido era uscito dalle sue labbra. Harry si ritrovò d'un tratto a parlare: "Professore, andrà tutto bene. Silente sta arrivando e la salverà, glielo prometto. Per favore, resista un altro po'! Per favore...", le parole morirono in bocca al Grifondoro quando un sonoro crack spaccò l'aria e, in men che non si dica, due mani lo spinsero di lato: "Severus!", la voce del Preside si incrinò rovinosamente, mentre l'uomo si fiondava sul corpo sanguinante del suo giovane collega. Harry, che non aveva mai visto Silente così spaventato, fu preso da un moto di terrore. Intanto quest'ultimo, con una prodigiosa forza per un mago della sua età, prese in braccio Piton e ordinò, impetuoso: "Harry, aggrappati subito alla mia veste!"

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e obbedì subito al suo mentore. 

Chiuse di scatto gli occhi, sentì un familiare formicolio all'ombelico e, quando li ebbe riaperti, si ritrovò nello studio del Preside. L'uomo era ricurvo sul pavimento e con l'ausilio della sua bacchetta stava squarciando a metà la veste del professore: immediatamente il petto diafano di Piton uscì allo scoperto, in uno spettacolo raccapricciante. Era pieno di cicatrici, che coprivano ogni centimetro della pelle del mago, ma ora ciò che rendeva orrida quella visione a Harry e Silente erano le copiose ferite che stavano straziando l'uomo. Erano decisamente troppe e troppo profonde, e adesso anche il meraviglioso tappeto steso sul pavimento della presidenza si stava inzuppando di sangue, impossibile da domare. Una cruda consapevolezza si fece spazio nel cuore di Harry: Silente non contava niente, la magia non poteva fare niente, perché qualunque essere mortale nello stato di Piton quella sera sarebbe spirato di lì a pochi minuti, forse secondi. Fissò terrorizzato il Preside, che, dopo un attimo di riflessione, parlò all'uomo a terra: "Severus, ragazzo mio, perdonami, ma c'è un solo modo." A quelle parole Piton ebbe un prodigioso scatto e, staccatosi la mano dal Marchio Nero, la avvinghiò al braccio di Silente, che quasi cadde a quel contatto improvviso e violento: "N-No...U-Uccidimi", implorò l'anziano con le sue ultime forze, mentre due lacrime presero a scendergli dagli occhi di ossidiana per il dolore eccessivo che si era impossessato di lui da un tempo che gli pareva infinito. 

Harry aveva dimenticato da altrettanto tempo tutto l'odio che aveva nutrito per l'uomo, e i suoi brutti pensieri per lui, e le teorie su Voldemort; gli sembrava di galleggiare in un mare pieno di falsi ricordi, dove l'unica certezza, l'unica riva a cui avrebbe potuto appigliarsi era l'utopia di una salvezza per quella vita a cui si sentiva, per qualche strano motivo, inesorabilmente legato. Eppure il Preside stava dicendo qualcosa: "Perdonami, Severus." Piton stava per controbattere, ma, appena aprì la bocca, un violento colpo di tosse gli sconquassò le membra; cominciò a vomitare sangue. "Harry, ascoltami bene adesso, perché non c'è più tempo. Ciò che vedrai è legato alla magia oscura - sono immensamente dispiaciuto per questo, ma le circostanze mi costringono ad usarla. Quando avrò compiuto il rito sarò debilitato: ti chiedo, tuttavia, di non chiamare nessuno e di non uscire per alcun motivo da questa stanza. Per nessuna ragione, Harry, promettimelo." Il Grifondoro non afferrò molto di quel discorso, perché era scosso e spaventato, ma la sua conclusione gli fu chiara: "Glielo prometto, signore.", ribatté deciso, mentre Silente chiudeva gli occhi, estraniandosi dal mondo, e Piton moriva sul tappeto persiano. Il Preside strinse la bacchetta tra le mani grinzose ed iniziò a cantilenare una miriade di parole insensate alle orecchie del Bambino Sopravvissuto: alcuni suoni ricordavano il latino, ma per la maggior parte erano idiomi del tutto sconosciuti alla popolazione del Mondo Magico, se non per qualche rara eccezione. Del resto Harry questo non poteva saperlo e, comunque, il significato della formula oscura non gli sembrò molto importante in quel momento. Era decisamente più concentrato su Piton, che pareva essere diventato di pietra: il flusso sanguigno, fino ad allora onnipresente, aveva bloccato a mezz'aria il suo corso, così come il corpo dell'insegnante era rimasto accartocciato nell'ennesimo spasmo, bensì adesso fosse immobile. All'improvviso Harry fu colto da un emicrania micidiale: la carica magica dell'aria era aumentata di botto, per via della potenza di Silente, e ora la pressione nella stanza era quasi insostenibile. Fanny prese ad urlare sul suo trespolo, disperata, prima di esplodere in mille piume rosse e trasformarsi in cenere. Erano passate ore (o forse anni?) dall'inizio del rito quando il Preside rinvenne dalla sua catarsi, spalancando di sorpresa le palpebre e interrompendo il flusso di parole che aveva lungamente recitato: "A-Acqua." balbettò a Harry, che prontamente ne appellò un bicchiere da una delle tante vetrine che riempivano lo studio. Silente bevve, poi si alzò, zoppicando verso una poltrona e, sedutosi, non disse più nulla. Il Prescelto aveva molte domande da porre all'anziano, ma si astenne dal farle, perché sapeva che non avrebbe ottenuto alcuna risposta. Aspettò e aspettò, finché (prodigiosamente), stanco e debilitato da una tumultuosa notte insonne, non si addormentò con la schiena appoggiata alla grande scrivania del Preside. 

 

Angolo fangirl:

Salve a tutti i Potterheads! In primis vi ringrazio per aver dato una possibilità alla mia storia dedicandole un po' del vostro tempo, tuttavia è lecito avvisarvi che è un'opera in progressione: decido dove arriverà la trama nel momento in cui iniziò a scrivere e ho delle idee. Pur avendo già qualche linea guida, per ora non ci sono coppie nella fanfic, anche se potrebbero nascerne in qualsiasi momento. In caso vogliate esprimere il vostro parere nei commenti, sono aperta a suggerimenti e/o opinioni. Alla prossima, 

Queen

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Capitolo 2
*** Requiem per un vecchio ***


Requiem per un vecchio 

Harry si trovava in una Foresta e correva, correva come se da ciò dovesse dipendere la sopravvivenza dell'intero Mondo Magico. Le fronde degli alberi gli strappavano le vesti e gli laceravano la pelle, ma il Prescelto non riusciva a fermarsi: era in cerca di qualcosa. Non sapeva bene cosa lo avrebbe atteso oltre il confine della Foresta, ma era certo che si trovasse lì la fonte e la risoluzione di tutti i suoi problemi. Le gambe cominciavano a cedergli, ma con uno sprint finale Harry fu in grado di uscire dalla coltre oscura della vegetazione, per poi fermarsi di botto: per terra c'era qualcosa.

Il ragazzo si avvicinò, tremante, ad un cumulo di vesti nere che racchiudevano la sagoma di un uomo di spalle ed allungò una mano per girarlo, in modo da capire quale fosse l'identità di quella strana figura. Non appena lo straniero fu a pancia in su sull'erba, Harry si rese conto che quello che aveva davanti era il volto di Piton, senza vita, con gli occhi che sembravano fari spenti aperti contro il cielo. Il giovane Grifondoro alzò spontaneamente la testa alla volta notturna, terrorizzato: un gigantesco teschio verde campeggiava sopra di loro, ed un enorme serpente gli deformava la bocca, ormai ridotta ad un incavo morto. Harry non poté trattenersi dall'urlare a squarciagola, in parte per l'orrore suscitatogli da quella visione, ma soprattutto perché la cicatrice aveva ripreso a bruciargli. Il ragazzo urlò e urlò, finché non sentì qualcosa toccargli la spalla. Allora spalancò le palpebre e si trovò davanti sempre gli stessi occhi neri, simili a due tunnel senza fine, ma stavolta con un piccolo bagliore che splendeva al loro nucleo: Piton gli stava scuotendo la spalla.

«Potter, per Merlino, svegliati e smettila di strillare! Ti sembrerà straordinario, ma non sei sempre tu ad essere al centro dell'attenzione.»

Piton fissò Harry di traverso, e una smorfia di disgusto comparve sulle sue labbra, a testimoniare che non aveva apprezzato per niente gli strilli mattutini di un insolente Grifondoro.

«Professore... lei è vivo!»

«Brillante come al solito, Potter.»

Il sole, allegro, entrava a fiotti nella stanza e la voce di Harry era piena di gioia; non si incrinò di un tono alla risposta assolutamente pitonesca che gli venne data: aveva temuto il peggio, ma ora tutto era passato e Piton era tornato in circolazione, più sano che mai. A guardarlo, in effetti, non portava alcuna traccia sul corpo di quello che aveva passato e, d'un tratto, il Prescelto si ricordò del rituale avvenuto la sera precedente.

«Che è successo ieri sera? Dov'è Silente?», chiese, la voce allarmata nel constatare che il Preside non era lì con loro, nel suo stesso studio.

«Potter, fai sempre le domande più inopportune nei tempi più inopportuni. Non ho intenzione di darti spiegazioni in questo momento.»

«Lei non ne ha intenzione? Si rende conto che sono stato io ad averla salvata? Che se non fosse stato per me lei sarebbe già morto? Ho il diritto di sapere contro cosa abbiamo combattuto ieri sera!», Harry si era alzato di scatto e ora fronteggiava Piton alla sua altezza, gli occhi ridotti a fessure e le narici allargate. Si sentiva usato, maltrattato, e il suo odio per il pipistrello dei sotterranei sembrava essersi, tutto d'un tratto, rinverdito. Nonostante sapesse che il Serpeverde non avrebbe reagito bene a quelle parole, Harry non si sarebbe mai aspettato ciò che di fatto avvenne: Piton chiuse la distanza che li separava a falcate, afferrò il ragazzo per il collo della camicia e lo sbatté contro uno dei tanti armadi che contenevano i gingilli del Preside, facendoli tremare tutti e facendone cadere alcuni, che si schiantarono al suolo fracassandosi rumorosamente.

«Potter, non so se il tuo piccolo cervello abbia la facoltà di comprendere che ieri abbiamo quasi perso tutto, ma, credimi, ci siamo andati molto vicini. Purtroppo ti ostini a non capire, ti ostini a dare per scontato tutto quello che ti viene dato, ti ostini a non rispettare le decisioni di chi ne sa più di te. Non ha mai attraversato la tua bacata mente l'idea che le cose ti vengano nascoste per farti un favore? Ma quei tempi sono finiti, te lo garantisco. Vuoi sapere dov'è Silente? È morto, Potter, dopo il rituale di ieri sera. Quindi, grazie tante per avermi salvato la vita.»

«LEI STA MENTENDO! LEI MENTE!», Harry, al sentire quelle parole, si mise a gridare a pieni polmoni, a scalciare con una forza inaudita, dono della disperazione, a cercare di raggiungere la sua bacchetta con le mani. Ma Piton, forte il doppio di lui, continuò a sovrastarlo, sbattendolo nuovamente contro le ante di legno: il Grifondoro si lasciò andare, senza riuscire a fermarlo, ad un gemito di dolore.

«Pensi che possa scherzare su una cosa del genere, Potter? Pensi di avermi fatto un favore salvandomi la vita, vero, tu, Silente e il vostro sciocco cuore Grifondoro? Avrei preferito uccidermi! UCCIDERMI! Mi hai rovinato la vita per l'ennesima volta, Potter!»

Piton sibilò queste parole, ma arrivarono ad Harry come una pugnalata: il ragazzo odiava quell'uomo, con tutta la sua anima, ma non riuscì a fare a meno di scoppiare a piangere lì, con le sue mani attorno al collo, senza riuscire neanche a respirare.

Silente era morto.

Silente era morto perché si era sacrificato per Piton.

Silente era morto perché si era sacrificato per Piton per colpa sua, perché lui lo aveva trovato in quella Foresta e aveva chiamato aiuto.

«Anche io vorrei essere morto.» fu l'unica cosa che il Prescelto riuscì a dire, tra i singhiozzi.

«Indovina un po', Potter? Missione fallita, siamo tutti e due qui.»

Piton lo lasciò andare, mentre Harry ancora gemeva per il dolore. Le mani dell'uomo lo liberarono e il Grifondoro riuscì a cadere in piedi per miracolo, incapace di proferire altre parole.

«Puoi andartene da Granger e Weasley, oggi le attività sono sospese. Voglio che ti presenti al mio ufficio stasera alle otto. Dirai che ti ho messo in punizione.»

Harry, congelato, annuì distrattamente e fece per andarsene, quando il pozionista lo fermò: «Ah, Potter, non una parola su quello che è successo. Tu hai passato la notte in infermeria perché ti sei sentito male e non sei al corrente di niente, eccetto che di quello che ti è stato riferito da Poppy. Silente è morto stanotte per un improvviso malore, dovuto unicamente alla sua vecchiaia. Chiaro?»

Il ragazzo non si voltò per guardare di nuovo negli occhi Piton, e non pensò nemmeno di chiedergli perché avrebbe dovuto fare quello che gli diceva uno sporco Mangiamorte come lui, ma si limitò ad uscire, finalmente, da quello studio. 

 

 

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