Team Rogue

di Ash Visconti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segmentum XIII ***
Capitolo 2: *** Sabotaggio ***
Capitolo 3: *** Resistenza ***
Capitolo 4: *** Sulla Fellowship ***
Capitolo 5: *** Il nuovo mondo ***
Capitolo 6: *** L'imperatore ***
Capitolo 7: *** Nuovo Ordine ***
Capitolo 8: *** Decisione ***
Capitolo 9: *** Storie della Galassia ***
Capitolo 10: *** Rombi di tuono ***
Capitolo 11: *** Team Rogue ***
Capitolo 12: *** La guerra continua ***



Capitolo 1
*** Segmentum XIII ***


Benvenuti lettori e lettrici, spero che questo mio sforzo sarà di vostro gradimento!
Non preoccupatevi se appariranno fandom od opere che non conoscete: li presenterò in modo che capiate bene le cose!
Ringrazio le Registe, autrici qui su EFP, perché mi sono ispirato al loro crossover per scrivere questo.
Altre fonte di ispirazione è stato Star Wars, in particolare il film Rogue One e la serie animata Star Wars Rebels. Buona lettura!



Capitolo 1 - Segmentum XIII




Il pianeta Scintilla visto dallo spazio.


"I am the King, I am the leader of battle and war
I am the Legion, I am the bringer of light
I am the torch, I am the love, I am your sin
Come to me, kneel down for me, one more time

I am the Emperor of the Sun, I am the first and the last
I am the New World Order to come, I am the first and the last
My Kingdom's rising, your world is dying
Within a blink of an eye
I am the Emperor of the Sun, I am the only one

I am the King, I am the leader of Heaven and Earth
I am the warfare, I am the bringer of hate
I am the knife, I am the sword, I am your sin
Come to me, kneel down for me, one more time"

"Emperor of the Sun"; Triarii

Il cielo tra i grattacieli di Scintilla si era tinto della tonalità arancio che annunciava la notte, e gli abitanti della gigantesca metropoli si ritiravano nelle proprie case finita la giornata lavorativa; mancavano ancora due giorni al fine settimana, ed allora avrebbero avuto serata libera.
C’era però chi lavorava ancora nel suo ufficio, anche a quell’orario.
Tra questi vi era Lord Solar Macharius, governatore del Segmentum XIII della Galassia, di cui il pianeta Scintilla era stato nominato capitale.
Macharius era un uomo di mezza età, vicino alla sessantina, meno bravo a combattere di come fosse stato in gioventù (sebbene non aveva mai brillato molto sia con la spada che con la pistola), ma aveva accumulato ormai tutta quell’esperienza necessaria che gli serviva per il ruolo di governatore di un settore della Galassia, lavoro che, come quello di guidare eserciti, non era esente da rogne.
Ma in fin dei conti era un bene che il Consiglio avesse scelto lui per governare il Segmentum XIII, vista la situazione difficile.
Già… situazione difficile.
Sapeva, od almeno ne aveva una forte sensazione, che molti degli altri governatori avevano riso alle sue spalle, affermando che se il governo del settore gli dava noie era perché si era beccato un Segmentum che portava il numero della scalogna più nera.
Macharius era certo che fosse un semplice modo per prenderlo in giro: lui non era superstizioso e non credeva che lo fossero gli altri governatori. Semplicemente il suo Segmentum gli dava più noie perché i ribelli al Nuovo Ordine era molto scaltri e tenaci.
Ma, e di questo ne era certo, la loro scaltrezza e tenacia non sarebbero state infinite per sempre ed anche il Segmentum XIII della Galassia alla fine avrebbe giurato eterna fedeltà alle direttive del Nuovo Ordine.
Al suo computer, esaminò gli ultimi rapporti dei suoi subordinati stillati dalla linea del fronte ed una smorfia di disappunto gli deformò il viso quando ne giunse alla fine. Niente da fare, la linea di fronte organizzata dai generali del settore Koprulu era diventata troppo forte ed organizzata, specie con l’aggiunta delle potenti navi di quegli alieni di Aiur, i Protoss.
Sbuffò contrariato: un escalation del conflitto ormai era inevitabile, ed ormai avrebbe dovuto richiedere altre navi da guerra per sfondare il perimetro e poi puntare sui pianeti ribelli.
E la lista dei pianeti controllati dai ribelli era parecchio alta: almeno metà del Segmentum XIII, il suo Segmentum, era fuori dal controllo dal governo del Nuovo Ordine.
Il gruppo di pianeti riuniti nella Confederazione guidata dal Presidente Valerian Mengsk, uomo giovane ma capace, si  era alleato diplomaticamente e militarmente con tutti quei pianeti che si opponevano all’offerta del Nuovo Ordine di far parte di una Galassia unita e sicura.
E tutto perché un mucchio di bastardi anarchici e complottisti erano fuggiti in quella zona ed avevano avvelenato la mente dei leader locali coi loro discorsi! Ma quando gli avrebbero presi, gliela avrebbero fatta pagare cento volte tanto!
Ripensò ai vari mondi sotto il suo controllo o a quelli che non lo erano: oltre ad Aiur ed a quelli del Settore Koprulu, fuori dal suo controllo c’era il disastrato pianeta Calderis, c’era un pianeta insignificante di cui non ricordava il nome, c’era un mondo pre-industriale chiamato “Azeroth”, uno dei pochi pianeti dove quella cosa chiamata “magia” era ancora presente. Un altro posto in cui la magia era presente era il pianeta rinominato “Terra II” che di maghi ne aveva a iosa ed anch’esso era sotto il controllo della Resistenza, così si chiamava il gruppo che si opponeva al Nuovo Ordine nel suo Segmentum.
Tuttavia Terra II aveva una debolezza: un gruppo di individui che detestavano il governo in carica ed il suo cosiddetto Difensore. Segretamente favorevoli all’offerta del Nuovo Ordine avevano promesso di consegnare il pianeta al Nuovo Ordine, una volta tolto di mezzo l’individuo noto come “Difensore”, che odiavano a morte. Una buona offerta.
La Resistenza aveva cercato di presidiare il pianeta Typhon, ma l’offensiva dell’Armata Galattica aveva stroncato sul nascere quell’evento, ed ora quel sistema era stabile e sicuro dietro le loro linee.
Anche su Sanctuarium, la situazione era altrettanto stabile, col pianeta tra i possedimenti del Nuovo Ordine, perfettamente al sicuro nella loro linea del fronte.
Pure su quel mondo feudale era presente la magia, ma in ogni caso non avrebbe potuto opporsi alle loro armate, maghi o no, e comunque si erano presentati per com’erano: benefattori, a dispetto di quanto dicevano quei ribelli anarchici, sempre pronti ad opporvisi, ed un bel po’ di seguito l’avevano conquistato in quel mondo primitivo.
Sul pianeta operava un reggimento dei Ranger Asgardiani ed uno dei Cacciatori di Teschi di Kanak, impegnati a spazzar via tutte quelle creature non umane che tormentavano gli abitanti, cosa che aumentava i consensi tra la popolazione.
Anche i pianeti di Misthaven e Meridian, benché vicini alla linea di fronte, erano ben custoditi all’interno del suo dominio sebbene tormentati da problemi interni, più evidenti su Meridian.
Il Governatore tamburellò le dita sulla scrivania, chiedendosi se dovesse fare una videochiamata agli uomini che aveva nominato Governatori Planetari, guardò l’orologio digitale del suo ufficio e decise che mezz’ora poteva dedicarla.
Organizzò la videochiamata sul suo computer ed attese la risposta del primo ricevente.
Dopo venti secondi lo schermo si accese ed apparve la faccia di un uomo anziano con capelli e barba bianchi, vestito elegantemente. Da una tasca della giacca faceva capolino una rosa dai petali bianchi.
“Salve Presidente Snow”.
“Salve Lord Solar Macharius” disse cortesemente il Governatore Planetario del pianeta Meridian, o almeno di quella civiltà umana che ne restava dopo decenni di crisi economiche e politiche.
Civiltà umana riunitasi in una nazione chiamata Panem, in cui era a capo l’uomo che aveva appena chiamato.
Macharius riteneva che fosse l’uomo giusto al governo: in certe situazioni occorreva un uomo dal pugno di ferro per controllare le masse. Il contro altare era che spesso le masse non erano tanto docili da accettare i fatti come stavano.
“A cosa devo questa inaspettata chiamata?”
“Solo una piccola chiacchierata per sapere direttamente dal Governatore Planetario, da lei la situazione militare di Kol” rispose tranquillamente il suo superiore.
“Se i rapporti che ha ricevuto parlavano di nessuna novità rilevante, coi ribelli sempre arroccati alla Fortezza Settentrionale, allora le posso confermare che è tutto vero. Ma le truppe hanno circondato completamente la base degli insorti”.
“Bene. Vedrà che presto, sarà il Nuovo Ordine a dominare su Kol”.
“Ottima prospettiva, considerando che non siamo ancora riusciti a stanare la Resistenza dalla fortezza settentrionale”.
“E’ solo questione di tempo. Le truppe che ho inviato, unite ai suoi Pacificatori, riusciranno a piegare i ribelli. A tal proposito, vorrei sentire  da lei pareri sull’assedio alle basi della Resistenza. Ho letto rapporti secondo cui, al momento, è ad un punto di stasi.”
“In effetti è così, ma il comandante dei reggimenti di Krieg mi ha assicurato che è solo questione di tempo prima che le ultime roccaforti della Resistenza cadino.”
“Si fidi dei reggimenti di Krieg, signor Snow; nessuno è bravo come loro nelle guerre d’assedio.”
“Vero, sono più affidabili di quelli precedenti.”
Macharius si accigliò.
“Di che parla?”
“Lo sa. Di quel reggimento di Savlar.”
“Ah, quello.” Macharius fece un gesto di noncuranza. “Era solo una Legione Penale, niente di importante.”
“Legione Penale che mostrava una inadeguata preparazione bellica, come mi ha riferito il Comandante dei miei Pacificatori. Avrà saputo che in uno scontro coi ribelli il reggimento di Savlar è stato completamente decimato”.
“Sì, del quindicesimo di Savlar ne sono sopravvissuti soltanto un centesimo dell’intera forza. Non un gran perdita, e la vittoria dei ribelli dal punto di vista tattico  si può considerare irrilevante.”
Snow rimase un attimo in silenzio.
“Signor Macharius, capisco la volontà del suo partito di sfoltire le prigioni dell’Ordine e dare ai detenuti una chance di, ehm… redenzione,  ma non crede che sia meglio schierare truppe più adeguate per queste operazioni… delicate?”
“L’ho fatto”,  replicò il governatore seccato. “Oltre al reggimento di Savlar ho inviato anche un reggimento di Praetoria ed uno di Krieg; hanno ricevuto un addestramento adeguato a differenza di quello approssimativo delle Legioni Penali. Ed a tal proposito, un altro reggimento di Krieg è arrivato il prima possibile per sostituire quello di Savlar. Si ricordi le mie parole: tra poco quella fortezza cadrà”.
“Allora attenderò che i  soldati di Krieg diano il massimo nella guerra d’assedio”.
“Nell’Armata Galattica, non c’è nessuno più bravo di loro in quel tipo di guerra! Vedrà che presto il pianeta sarà sotto il nostro completo controllo”.
“Ne è sicuro, governatore?”
Quell’ultima battuta lo irritò.
“Signor Snow, ho passato sette anni interi della mia vita, sette anni interi!, a riunificare i sistemi occidentali della Galassia prima di finire qui. So combattere e so gestire le mie battaglie. Perciò le assicuro che il suo sistema e tutti gli atri del mio Segmentum, saranno solidi e sicuri sotto le direttive del Nuovo Ordine!”
Snow annuì. “Molto bene, governatore. La contatterò personalmente per comunicarle la sconfitta dei ribelli.”
Detto questo la chiamata si concluse.
Macharius pensò che non c’era rischio che la Resistenza vincesse su Meridian, i Corpi della Morte di Krieg avrebbero piegato in tempo ogni difesa prima di eventuali azioni della flotta ribelle.
Sicuro di questo fece la seconda chiamata, stavolta al Governatore Planetario di Misthaven.
Alla risposta della chiamata, sullo schermo apparve un uomo che si intuiva essere alto e magro, con corti capelli castani e gli occhi verdi.
“Saluti, Sire Hansen”.
“Saluti, Governatore. Preferirei il titolo di “Vostra Maestà”, anche se mi rendo conto che la mia sovranità si estende su un singolo pianeta, non su un intero settore della Galassia”.
Quando il Nuovo Ordine era giunto sul pianeta Misthaven aveva trovato un mondo dominato da un’oligarchia nobiliare, all’apparenza tranquillo, ma da mesi tormentato da una lotta politica per la successione al trono. Il nobile Hansen contestava l’elezione di una nobildonna di nome Lachryma come sovrana, e la civiltà umana era diventata turbolenta nel conflitto tra chi sosteneva uno e chi sosteneva l’altro.
Il fatto che la sovrana non volesse avere niente a che fare col Nuovo Ordine aveva fatto il resto. Anche se poi era fuggita dal pianeta con quanti più sostenitori possibili, nascondendosi nel settore Koprulu.
“La chiamo per sapere da lei com’è la situazione sul pianeta”.
“Stabile”.
“Tracce della ex sovrana?” chiese poi Macharius.
“Nessuna”.
“Allora sarà in qualche pianeta controllato dalla Resistenza, assieme a tutti quelli che in passato la approvavano l. Tracce di basi ribelli?”
“Nessuna. Ma può darsi che siano ben nascoste”.
“Non credo. Sono sicuro che le avremmo già trovate a quest’ora”.
“Mi auguro che sia come dice lei”.
“Bene, i rapporti che ho ricevuto parlavano di disordini locali, spero non celino qualcosa di grosso sotto”.
“Stia tranquillo governatore, sono solo proteste e sommosse circoscritte, non celano nulla del genere”.
“Molto bene, allora, volevo accertarmi di questo. Arrivederci e buona fortuna, sire”.
“Altrettanto a lei”.
Terminata anche l’ultima videochiamata, Macharius poté concedersi una pausa di un’ora, di cui ne approfittò per cenare col frugale pasto preparato dalla servitù, e poté concedersi alcuni minuti di pausa, benché, una volta finito, dovesse sistemare ancora alcune cose del lavoro e perciò tornò nel suo studio.
Due minuti dopo, il suo attendente gli annunciò la visita di del Colonnello Eli Hamsha, e Macharius chiese di farlo entrare, dato che lo stava aspettando.
Il Colonnello Hamsha, vestito con la sua vistosa divisa bianca e blu, entrò con la tipica aria marziale dei militari d’alto rango originari di Scintilla. Nella mano sinistra teneva un tablet.
“Governatore” salutò quello facendo il saluto militare.
“Colonnello” ribatté Macharius. “E’ pronto per la missione?
“Sissignore! Prima dovrei riferirle una faccenda importante”.
“Ovvero?”
“Una brutta faccenda nel Mondo Forgia vicino a Scintilla; la notizia è giunta da poco ed ho preferito comunicarvela io di persona”.
“Parli. Di che si tratta ora?” fece bruscò il governatore.
“Incursione alle fabbriche dell’Adeptus Mechanicus da parte di un commando ribelle”.
La cena che il governatore aveva appena mangiato gli ribollì nello stomaco.
“Che danni?”
“Due Titani di classe Warlord distrutti”.
Macharius si trattenne dal bestemmiare. I Titani erano il meglio che l’Adeptus Mechanicus potesse offrire per l’Armata Galattica, ma ci voleva un sacco per fabbricarli.
“Gli Skitarii dormivano? Credevo che i Mondi Forgia di questo settore fossero più efficienti in fatto di sicurezza!”
“I ribelli sono stati scaltri. Hanno pure lasciato la loro firma”.
Mostrò sul tablet la foto di un muro su cui era dipinto a mo’ di graffito con la vernice blu una “R” dentro un cerchio.
“Il simbolo parla chiaro, signore: è il Team Rogue!”
Macharius sbuffò. Il Team Rogue.
Di tutte le squadre di ricognizione o di infiltrazione e sabotaggio che la Resistenza metteva in campo, il Team Rogue era quello di più recente formazione, ma era diventato ben presto molto noto, sia per il numero di imprese compiute che per la bravura nel portarle a termine. Nonostante si fosse spesso trovato in situazioni difficili il Team Rogue era sempre riuscito a cavarsela senza un graffio.
Era incredibile il successo di quella piccola squadra, che non si sapeva con certezza da quanti elementi fosse composta…
“Di quanti membri era composto il commando ribelle secondo i testimoni?”
“Una decina, ma non sappiamo ancora dire il numero esatto” rispose  il colonnello.
Il governatore del Segmentum si limitò ad annuire. Ricordò le voci secondo cui i membri che componevano quel Team venissero ognuno da un pianeta diverso, cosa tutto sommato normale secondo Macharius; d’altronde la Resistenza era collocata su più mondi.
“Grazie per avermi riferito l’informazione colonnello Hamsha, anche se c’è poco da ringraziare, a dir la verità. Veniamo ora al motivo del colloquio”.
Il governatore si alzò dalla scrivania e raggiunse un angolo della stanza dove era situato un proiettore, facendo cenno al militare di avvicinarsi.
Dopo che Macharius ebbe digitato un codice ed alcuni pulsanti, il proiettore trasmise una mappa del Segmetum XIII, contraddistinta da una linea rossa ad indicare il fronte che divideva le forze del Nuovo Ordine da quelle della Resistenza.
“Di recente i nostri esploratori hanno scoperto una cosa molto interessante: un pianeta ai confini del mio territorio, estremamente isolato, indi per cui ne ignoravamo l’esistenza. Fino ad ora”.
Il poi il proiettore zommò sulla parte del settore interessata: i confini con le Stelle Halo, una zona desolata ai confini della Galassia, compresa nel Segmentum governato da Lord Solar Macharius.
Il mondo interessato era evidenziato da una luce rossa.
“Per puro caso l’abbiamo trovato. Isolato da ogni cosa. E’ incredibile che vi siano ancora esseri umani laggiù!”
Lasciò per qualche attimo in sospeso le parole per sottolinearne l’importanza all’altro uomo, poi il proiettore cambiò di nuovo immagine, mostrando l’ologramma sferico dell’isolato pianeta agli occhi del militare.
“Stando alle informazioni che abbiamo raccolto, questo pianeta è chiamato dalle popolazioni locali umane Mallus” spiegò Macharius. “E’ un mondo feudale, diviso in vari regni, abitato sia da umani che da non-umani, e molti di quest’ultimi sono pericolosi ed ostili all’uomo”.
“Il suo compito” proseguì dopo un attimo di pausa, “è scortare un mio ambasciatore sul pianeta, lì prenderete contatti con i rappresentanti della nazione più sviluppata del mondo e le farete la mia offerta di far parte del Nuovo Ordine, con tutti i vantaggi che porterà tale atto. Avete carta bianca, purché Mallus sia integrato nel mio Segmentum”.
“Molto bene, signore. Una domanda: i ribelli conoscono l’esistenza di questo pianeta?”
“Bella domanda. Al momento pare di no. Ma se si presenteranno membri della Resistenza su Mallus, sa come agire”.
“Sissignore. Il mio reggimento è quasi pronto, se non ci saranno intoppi partiremo tra poco”.
“Va benissimo”.
Alzatosi dalla scrivania si diresse verso la finestra del suo ufficio dove rimase ad ammirare il panorama ormai notturno della città ed i grattacieli illuminati.
Scintilla era un pianeta avanzato e forte, eppure una cosa minuscola se paragonata all’immensità della Galassia.
Il colonnello rimase al suo posto in quanto non aveva ancora ricevuto il permesso di congedarsi.
Dopo qualche momento di silenzio il Governatore del Segmentum prese la parola.
“La missione iniziata anni fa dal Nuovo Ordine di riunificare questa Galassia e gli umani sparsi lì non è ancora conclusa, forse ci vorranno anni per completarla completamente, ma noi faremo il possibile, sconfiggeremo e piegheremo chi si oppone alla nostra sacrosanta missione. Noi piegheremo i ribelli di questo segmentum e riunificheremo i loro pianeti al governo del Nuovo Ordine, con ogni mezzo necessario. E se i Ribelli sono troppo pazzi o stupidi per accettare la mano che gli offriamo allora gli daremo il pugno, dico bene?” aggiunse voltandosi verso
“Sissignore”.
“Ed è meritato quel pugno?”
“Sì, signore”.
“E perché?”
“Perché se la sono cercata”.
“Esatto! Esatto!” esclamò Macharius. “Lo dica a tutti, anche ai suoi uomini! Quegli anarchici alienofili hanno morso la mano dell'aiuto che gli abbiamo teso! Se la sono cercata! E per tale motivo li puniremo!”
Si risedette alla scrivania.
“Al lavoro ora! Niente dovrà fermarci questa volta!”

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Capitolo 2
*** Sabotaggio ***


Capitolo 2 - Sabotaggio


Skitariiranger1
Uno Skitarii
 
"Allied time was running short
"They would race against the bomb
And hours turned to days, time passed on
As the nature Test their strength
They would fight through night and day
To live amongst the wild, stay alive

Called in to serve
And they knew what to do
They were the heroes of the cold

Warrior soul, they signed a book of history
They played a leading role to win the 2nd war"

"Saboteurs"; Sabaton.

“Dobbiamo davvero tirare giù quel bestione?”
“No, Garrett, dobbiamo tirarne giù il più possibile”.
Nascosto dietro delle casse di materiale di scarto, Garrett alzò gli occhi verso la gigantesca macchina, fissando la mastodontica gamba di un corpo di metallo che si alzava fin verso il soffitto, circondato da passerelle d’acciaio per cosentire a tecnici ed operai di operare nel punto desiderato.
Così erano quelli i Titani, le gigantesche macchine da guerra prodotte dall’Adeptus Mechanicus sui Mondi Forgia.
Gli organizzatori della missione, che li avevano mandati lì a fare un bel po’ di danni col sabotaggio, li avevano spiegato che avrebbe fatto un gran bene alla causa della Resistenza, togliendo di mezzo quei bestioni. Garrett non dubitava del vantaggio tattico, quelli della Federazione Koprulu non avevano simili mecha, od almeno non così grandi.
Quelle gigantesche macchine, dotate di potenti cannoni sulle braccia e sulle spalle, sarebbero stati una bella gatta da pelare in campo aperto.
L’unico vantaggio per la Resistenza erano i lunghi tempi di preparazione per fabbricarli.
“Spero che i nostri amici ci abbiano visto giusto su quali sono i punti deboli dove piazzare gli esplosivi” borbottò Garrett ai compagni di squadra parlandogli al comlink.
“Tranquillo, piazziamo le cariche sulle giunture giuste, usciamo dalla fabbrica, facciamo scoppiare i botti, e poi filiamo dal pianeta” gli rispose di nuovo Kyle al comlink.
“Più facile a dirsi che a farsi”.
“Non preoccuparti” gli disse un’altra voce, quella di Anduin al comlink. “Resta concentrato e vedrai che ce la facciamo. Spero solo che nell’esplosione non siano coinvolte troppe persone…”
“Beh, tecnici in meno per il Nuovo Ordine, no?”
“Dai Garrett, quei tecnici fanno solo il loro lavoro”.
“Non dovremmo sbrigarci?” domandò un’altra voce al comlink, stavolta appartenete ad un ragazzo.
“Certo Hugh, piazziamo le cariche. Passo e chiudo” disse Anduin.
Garrett spense il piccolo ricetrasmettitore e girò la testa verso il suo compagno.
“Dai, coso, seguimi”.
Il “coso” emise  trillo sommesso di risposta e gli venne dietro. Non che Garrett avesse detto “coso” con cattiveria, ma Probius, il suo partner, non era un essere biologico, ma un oggetto, anzi una macchina.
Probius era una droide costruito dagli alieni di Aiur, i Protoss, e tecnicamente era uno dei tanti droidi di tipo “sonda”: serviva a raccogliere risorse ed aiutare ad edificare gli edifici.
Quel droide sferico e dorato, dotato di un grande occhio azzurro sul davanti, non era una macchina da guerra come quelle prodotte lì e non aveva men che meno un aspetto minaccioso.
Eppure sin da quando si aggregato al loro team si era dimostrato utile e fedele.
Venendo sul pianeta si era chiesto se Probius avesse una coscienza, ma si era detto di no: era una macchina non un essere umano, doveva seguire precise indicazioni, forse qualcosa di simile ad un uomo lo aveva, era fedele ai suoi superiori, ma era pur sempre una macchina costruita da esseri biologici.
Inoltre la sonda non aveva nome, “Probius” era un nome che Hugh, membro della squadra, gli aveva dato.
Alcuni suoi compagni si erano chiesti se quelli dell’Adeptus Mechanicus non avrebbero optato per smontare e studiare Probius qualora lo avessero preso, ma il pilota del loro mezzo aveva spiegato che tale probabilità era nulla: il commercio dei prodotti e della tecnologia degli “alieni” era severamente vietato. Il Nuovo Ordine non voleva che gli uomini fossero “contaminati” da influenze non-umane.
Avvolto nella sua tenuta, un comodo abito di panno scuro dotato di cappuccio e benda per coprire la parte inferiore del viso che non ostacolava i movimenti, Garrett si avventurò sulla piattaforma che circondava il Titano, dritto verso il luogo ideale per piazzare la carica.
Avevano spiegato a lui ed al team che il luogo migliore per piazzare la carica era dietro il carapace principale, proprio nel punto della “schiena” oltre la cui parete d’acciaio si trovava il grande reattore al plasma che alimentava e permetteva di muovere il Titano.
L’esplosione avrebbe danneggiato seriamente il reattore innescando una devastante reazione a catena.
Arrivati sul pianeta il team si era diviso in tre gruppi da due persone, infiltrandosi nelle grandi fabbriche con l’intenzione di piazzare la carica apposita e demolire tre di quei bestioni.
Sempre seguito dalla sonda, l’uomo scalò velocemente le piattaforme. In giro non c’era attività, ma d’altronde era notte e l’orario lavorativo era terminato, tuttavia si aspettava qualche controllore.
Infatti poco vicino al punto dove poteva piazzare l’esplosivo, camminava un individuo che indossava una lunga casacca rossa con il cappuccio alzato.
Dalla schiena spuntavano due bracci robotici dotati di strumenti per le riparazioni meccaniche.
Nascosto dietro l’angolo, Garrett lo riconobbe dall’aspetto come uno dei tecno-preti dell’Adeptus Mechanicus di cui avevano parlato al team. Realizzò che il suo manganello non sarebbe bastato per tramortirlo, sicché fece un cenno a Probius.
“Stendilo!” sussurrò.
La sonda emise un borbottio d’assenso e filò verso il tecno prete, in quel momento girato di spalle, e arrivatogli di soppiatto vicino fece partire una scarica elettrica che lo prese in pieno.
Il tecno prete cadde a terra in avanti fuori combattimento, stordito.
“Ben fatto” commentò l’uomo uscendo da dietro l’angolo e ricevendo un trillo di apprezzamento. Avvicinatosi al tecno-prete stordito lo osservò più attentamente e la vista gli fece provocare una smorfia.
A parte gli occhi, ed una maschera metallica che copriva la parte inferiore del viso, non pareva esserci niente di biologico in quello che un tempo era un uomo: protesi robotiche rivestivano tutto il suo corpo, sostituendo i normali arti.
A Garrett quella vista non piacque: un motivo in più per considerare gli altri mondi della Galassia assurdi e pericolosi.
Mondi Forgia, così li chiamavano i pianeti votati all’industria e sotto il controllo dell’organizzazione nota come Adeptus Mechanicus, formata dai migliori ingegneri e tecnici umani della Galassia.
Un organizzazione il cui unico Dio era la Macchina. Folle, semplicemente folle.
Sul suo pianeta d’origine vi era l’Ordine del Martello, fanatici religiosi tecnocratici che credevano nel progresso tecnologico e veneravano un dio-architetto, il Grande Costruttore.
Ma quello che vedeva in quel Mondo Forgia era… peggio. Sì, quello ai suoi occhi era decisamente disgustoso.
Scuotendo la testa andò a piazzare l’esplosivo.
“Qui Garrett, carica piazzata”.
“Bene!” giunse la voce di Anduin al comlink. “Inconvenienti?”
“Solo uno di quei tecno-preti. Sono brutti come dicevano”.
“Beh, buono a sapersi?” fece Hugh al comlink.
“Questo pianeta fa schifo!”
Un piccolo sfogo al comlink che non era riuscito a trattenere. Ed era sicuro che i suoi compagni di squadra la pensavano allo stesso modo.
“Non dirlo a me” grugnì una voce profonda ed ugualmente schifata all’intercom, e Garrett riconobbe il partner di Hugh. “Un mondo soffocato da quelle loro strutture di metallo e fumo… E cosa trovano costoro di bello nel sostituire la carne e le ossa col metallo?”
“Perché sono pazzi, Thorvald, te lo dico io”.
Hugh si fece di nuovo udire al ricetrasmettitore.
“La loro convinzione nella scienza è… Non saprei con che termine definirla…”
“Conturbante?” suggerì Anduin.
“Mh, sì, direi che sia il termine giusto. Ho qui davanti un loro manifesto, volete sapere cosa c’è scritto per avere un’idea?”
“Grazie, ma l’ho già letto” rispose Garrett.
Aveva trovato un manifesto poco dopo essersi separato dal gruppo: una lastra di metallo lucido su cui spiccava in lettere rosse il “credo” dei Tecno-Preti. Ricordava che il testo recitava pressappoco così:
“Non c’è verità nella carne, solo tradimento.”
“Non c’è forza nella carne, solo debolezza.”
“Non c’è durevolezza nella carne, solo decadimento.”
“Non c’è certezza nella carne, ma morte.”
Era per questo che quei pazzi dell’Adeptus Mechanicus trovavano bello diventare dei grotteschi ibridi in parte uomo ed in parte macchina? Era per questo che trovavano naturale, se non addirittura giusto sostituire la loro carne e le loro ossa con il metallo?
Poco importava: avevano un compito da portare a termine, ed alla svelta.
“Io me ne vado, voi piazzate le cariche e poi filate”.
“Certo. Anduin, passo e chiudo”.
 
 
“A posto, carica piazzata. Possiamo andarcene Anduin” disse Kyle scostandosi una ciocca di capelli neri dalla fronte.
“Bene, Kyle” rispose il suo partner fissando il tecno-prete steso a terra sulla pedana d’acciaio che passava dietro al Titano.
“M-maledetti…” borbottò quello con voce metallizzata, cercando di rialzarsi. “Pagherete p-per questa… offesa… al Dio Macchina”.
Senza replicare, Anduin lo stordì con un altro incantesimo luminoso per poi rivolgersi al suo compare dai capelli neri.
“Portiamolo via, prima che sia coinvolto nell’esplosione”.
“Possiamo anche lasciarla qui la zavorra”.
“Kyle, è un civile che non c’entra niente con questo”.
“A parte costruire armi per i nostri nemici”.
“Non ha invaso i nostri mondi, e comunque per principio non possiamo abbandonarlo”.
Kyle sospirò.
“Anduin dobbiamo filare, non abbiamo tempo per trasportarlo via, e con quei bracci meccanici dietro la schiena peserà parecchio e non sarà facile caricarlo in spalla”.
Anduin passò lo sguardo prima dal suo partner, poi al tecno-prete e sospirò. Tuttavia creò attorno all’uomo un barriera luminosa.
“Si dissolverà dopo l’esplosione e lo proteggerà. Andiamo!”
Mentre scendevano dalle passerelle, chiamò i suoi compagni al ricetrasmettitore.
“Qui Anduin. Carica piazzata. Hugh com’è la situazione?”
Si irrigidì quando udì quelli che sembravano spari.
“Hugh?”
“Merda! Anduin, ragazzi, le guardie ci hanno beccato! Dobbiamo fuggire!”
 
 
Garrett imprecò quando udì al comlink la notizia di Hugh. Poco dopo gli allarmi della fabbrica suonarono all’impazzata e ovunque lampeggiò la luce arancione d’allarme.
“Uscite dalla fabbrica e raggiungete la navetta SUBITO!” urlò Anduin al comlink.
Garrett lo spense, e cominciò a correre per raggiungere l’esterno.
“Corri coso!” gridò a Probius.
 I due corsero per i corridoi della fabbrica (Proboius levitando a mezz’aria), diretti verso il punto da cui erano entrati, cercando di non perdere l’orientamento.
L’uomo si bloccò quando davanti a lui passarono, correndo verso la sua destra, degli uomini dai corpi metallici, dotati di casacche rosse con cappuccio ed armati di lunghi fucili.
Ricordandosi le descrizioni fornite, Garrett intuì che dovevano essere Skitarii, i soldati dell’Adeptus Mechaincus.
Fortunatamente non lo videro, dato che correvano in tutta fretta in una direzione diversa, e tirò un sospiro di sollievo.
Ma subito dopo, il trillo di allarme di Probius lo fece voltare e vide due skitarii coi fucili spianati verso il suo petto.
Il loro volto era coperto da una maschera di ferro con lentia azzurre sugli occhi.
“Mani sulla testa!” ordinarono con voce metallica.
Con un urlo belluino qualcosa cadde sul cyborg incappucciato rosso più vicino sbattendolo a terra e poi con un colpo fece retrocedere l’altro soldato, facendogli sprizzare scintille dalla gola.
Garrett sussultò lievemente quando quello girò il volto verso di lui e vide un volto stravolto dalla furia della battaglia.
“Thorvald!”
“Garett!” gridò una voce sopra di lui.
Alzato il capo, vide che dalla piattaforma soprastante saltò giù anche Hugh, i capelli castani arruffati e gli occhiali storti per la corsa.
“Ci hanno beccato prima che potessimo piazzare la carica” balbettò il ragazzo.
“Dopo, ora pensiamo a scappare” affermò Garrett. “Seguitemi!”
Corsero per i corridoi, evitando per un pelo altri sodati cibernetici, fino a giungere davanti ad una parete che presentava un’apertura in basso.
“Passiamo per questo condotto d’areazione. Faccio strada io” dichiarò Garrett ranicchiandosi e  infilandosi per primo. Lo seguì Hugh, poi Thorvald, che rinfoderò l’ascia, ed infine Probius.
“E’ stretto, cazzo!” imprecò Thorvald.
“Trattieni il fiato!”
Strisciando per quell’angusto tubo, giunsero infine all’esterno dove strisciarono fuori.
“E gli altri?” domandò Hugh.
“Prima corriamo alla navetta” replicò Garrett.
Anche all’esterno vi era il caos, correndo e cercando riparo dietro i container, i quattro giunsero in vista della al pista di atterraggio.
Di Anduin e Kyle nessuna traccia.
“Là!” gridò Thorvald indicando due giovani, uno biondo e l’altro moro, che correvano verso la pista, inseguiti dai soldati rossi.
“Ehi, di qua!” gridò Hugh agitando le braccia.
“Via, via!”
Nella fuga, attraverso il frastuono delle sirene, udirono alcune grida umane e il rumore degli spari.
Un raggio laser passò poco sopra la testa di Thorvald, che imprecò nel dialetto del suo pianeta.
“Si sono accorti che siamo usciti comunque!” gridò Kyle, che reggeva nella mano destra un lungo bastone in legno.
“Non fermatevi!”
Spronati da Anduin accelerarono la corsa attraverso la piattaforma d’atterraggio per navi giunte dallo spazio.
Trovarono la loro navetta: aveva i motori accesi, il portello abbassato ed era pronta al decollo. All’apparenza sembrava una qualunque navetta di scalo commerciale che spesso approdava sui Mondi Forgia, quella ed i codici d’accesso giusti recuperati dalle spie della Resistenza, erano bastati per ingannare i posti di blocco.
Il gruppo sentì scoppi vicino ai loro piedi e i raggi laser passare sopra le loro teste, cosa che li spinse ad accelerare al corsa.
Anduin si voltò per lanciare un incantesimo luminoso che gli altri non videro bene ma dagli scoppi capirono che doveva aver colpito gli assalitori.
Di sicuro in modo non letale, conoscendo al sua indole.
Ormai ansanti per la corsa, i sei si fiondarono dentro il portellone aperto della navetta. Kyle si fermò un attimo e premette il pulsante rosso d’un telecomando.
Dalla fabbrica si udì un enorme boato che stordì l’udito di tutti rischiando di farli diventare sordi, poi fumo e fiamme si levarono dall’edificio.
Soddisfatto, Kyle si lanciò dentro lo sportello che si chiuse subito, ed un attimo dopo il mezzo diede energia ai motori e decollò a tutti velocità verso il cosmo oltre l’atmosfera del pianeta.
Prima ancora che navette da guerra nemiche si lanciassero all’inseguimento, la loro navetta aveva già eseguito il salto a velocità luce ed era sparita a tutta velocità verso lo spazio ribelle.
“Salto riuscito! Riposatevi finché non saremo alla Base B!” annunciò uno dei due piloti.
Con un sospiro, tutti i membri del Team Rogue si sedettero sui sedili del mezzo onde riprendere fiato, (tranne Probius che si sistemò in un angolo) e riflettendo sull’impresa compiuta.
“Ferite? Qualcuno ha bisogno di cure?” chiese Hugh.
Quando gli altri negarono, il ragazzo sospirò e si sfilò gli occhiali, controllando che non avessero subito danni.
“Il Team Rogue ha vinto ancora!” commentò felice.
“Due colpi su tre previsti. Non una vittoria completa” grugnì Thorvald.
“Beh, l’importante è che ne siamo usciti vivi e vegeti tutti quanti, senza perdite” sottolineò il giovane occhialuto. “Dal mio punto di vista è la cosa più positiva”.
Anduin osservò in silenzio il suo compagno di Team: ricordò come il suo compagno fosse già di per sé un sopravissuto che si era fatto le ossa sul suo pianeta natale, Calderis, in eventi in cui aveva già messo in gioco la sua vita, a dispetto della sua giovane età. Una volta aveva detto, o meglio mormorato a bassa voce che non avrebbe mai dimenticato di essere sempre e comunque un Raduraio. Un Raduraio sopravissuto fino alla fine.
“Sono d’accordo con Hugh” disse Garrett. “Quando qualcosa fallisce ti accontenti di essertela cavata senza ripercussioni, anche se l’insuccesso brucia”.
“Ne sai molto su questo vedo, ma d’altronde non sempre i ladri hanno successo”.
Garrett ignorò quella frecciatina all’unica attività che praticava sul suo pianeta d’origine.
“Dai Kyle, Garrett è uno del gruppo e poi non mi sembra che tu sia quello più indicato per fare la predica” disse Hugh.
“Non nego i miei… problemi” ribatté il moro alzando le mani. “Purché Garrett non mi svuoti le tasche di nascosto, non farò storie per un ladro nella nostra squadra”.
“Sono nel Team Rogue perché voi volevate qualcuno bravo ad infiltrarsi senza farsi notare. Pagatemi bene e farò tutto il possibile”
“Soldi!” grugnì di nuovo Thorvald. “Io sono in questo Team per l’onore, cosa molto più importante di misere ricompense materiali”.
“Calma Thorvald, ognuno ha i suoi motivi per essere entrato nella Resistenza” intervenne con tono pacificatore Anduin. “In particolare per la libertà dal Nuovo Ordine! Ricordate che il vero scopo ultimo del Team Rogue, e della Resistenza in generale, è far trionfare la pace e la giustizia in questo angolo della Galassia liberandola dal Nuovo Ordine.”
“Bella prospettiva, ma non li faremo rinunciare per sempre, temo” disse Kyle. “L’hai sentito Jan, no? Il Nuovo Ordine brama il controllo totale e completo di ogni cosa e persona nella Galassia. Forse possiamo respingerli una volta ma continueranno a tornare, questo io credo”.
“Però se mostrassimo che possiamo organizzare una società tranquilla senza le loro pesanti ingerenza avremmo fatto un grosso passo verso al fine della guerra” replicò Anduin.
“E dopo chi minaccerà di nuovo la pace?” replicò Kyle. “Sul mio pianeta si è combattuta una guerra che ha visto il Difensore arrivare alla ribalta e non era la prima. E poi? E’ arrivato il Nuovo Ordine e la guerra è ricominciata.”.
“Anche sul mio pianeta Azeroth si sono combattute guerre e ben prima di questa tra Resistenza e Nuovo Ordine, ma nessuno brama sempre e solo al conflitto. Un giorno anche questa guerra finirà”.
“E tu credi che tutto questo avrà fine?” domandò Kyle con una leggera punta di scetticismo.
“Ti dico questo Kyle: non credo nella prospettiva di una guerra eterna” gli rispose Anduin. “Ci sarà pace un giorno. Ne sono convinto”.
“Se lo dici tu…”

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Capitolo 3
*** Resistenza ***


Capitolo 3 - Resistenza


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Roccavento



"To arms!
Under one banner
As a unit we stand and united we fall
As one! Fighting together
Bringing the end to the slaughter
Winds are changing
head on north"

"Union"; Sabaton.

La navetta che aveva trasportato il Team Rogue nella missione di sabotaggio era tornata alla Base B, dove aveva cominciato ad eseguire le manovre di atterraggio.
La “Base B”, come la chiamavano quelli della Resistenza, era situata su Azeroth, il pianeta natale di Anduin Wrynn, un pianeta classificato come “Mondo Feudale” nei registri del Nuovo Ordine, dato il livello tecnologico e sociale dei suoi abitanti.
Un mondo composto da più continenti ed isole, con ambienti che andavano dalle ghiacciate terre di Nordania alle lande selvagge di Kalimdor, fino alle verdi  terre degli Uomini e di Pandaria, un mondo popolato da umani e da svariati non-umani, tutti dotati di una propria cultura, tutti però desiderosi di poter condurre una vita libera da preoccupazioni, specie dopo gli ultimi conflitti locali.
Eppure la pace si rivelò essere ancora lontana dal realizzarsi nei giorni in cui la Resistenza ed il Nuovo Ordine giunsero su Azeroth, dopo averlo scoperto.
La Resistenza li mise per tempo in guardia da cosa sarebbe successo sotto il governo del Nuovo Ordine: non sarebbero stati felici, e tutti i non-umani che popolavano Azeroth, Elfi e Nani, Orchi e Troll, e tante razze minori avrebbero sofferto grandemente per colpa degli uomini giunti dalle stelle.
Così ogni accordo col Nuovo Ordine era stato rifiutato, ed i leader principali di Azeroth, riuniti in due fazioni contrapposte, l’Alleanza e l’Orda, si erano alleate con la Federazione Koprulu che costituiva il principale centro della Resistenza. E per quanto Azeroth fosse al sicuro dietro le linee alleate, il mondo era di nuovo coinvolto in un conflitto.
“Ci sarà la pace, un giorno” ripeteva Anduin, con semplice sicurezza. Per ora si doveva combattere per averla.
 
 
La navetta atterrò su un’apposita piattaforma di atterraggio situata a non molta distanza dalla città di Roccavento, lì la Resistenza aveva costruito un avamposto militare completo di piattaforma di atterraggio per le navette e un centro di comunicazioni per comunicare con gli altri leader onde stabilire azioni congiunte.
Nell’insieme, lo stile “avanzato” di quegli edifici faceva uno strano contrasto con le torri ed il castello di Roccavento che si scorgeva in lontananza.
Alla base circolavano perlopiù uomini della Resistenza, ma anche alcuni umani di Azeroth, distinguibili per le diverse fogge degli abiti, in quanto quelli di Azeroth erano più esotici.
Sceso dalla navetta, il Team Rogue andò ognuno per i fatti propri, Anduin si diresse dall’ufficiale capo della Base B, un ammiraglio di astronavi al servizio di Valerian Mengsk, il Presidente della Federazione Koprulu, per comunicare i risultati della missione.
Sbrigato rapidamente il rapporto, Anduin decise di tornare in città, ma l’ammiraglio gli comunicò che suo padre era alla base, se desiderava incontrarlo.
“Come mai è qui? Ah, aspetta: sta discutendo con Mengsk e gli altri leader della Resistenza?”
“Proprio così” annuì il vecchio ammiraglio. “E’ da un po’ che discutono, ma non credo che ci vorrà molto”.
Salutato l’uomo, Anduin si diresse verso il centro di comunicazioni, dove vide uscirne la persona che pensava di aspettare.
Un uomo alto e muscoloso, coi lunghi capelli neri raccolti dietro la nuca ed una cicatrice che gli attraversava in orizzontale la faccia all’altezza del naso. Vestiva con una decorata armatura ed un mantello.
La figura di Varian Wrynn era sempre inconfondibile.
 “Padre!”
Al richiamo del figlio l’uomo si voltò.
“Anduin! Sei tornato! E tutto intero!”
Varian andò incontro al figlio e gli poggiò le mani sulle spalle.
“Com’è andata?”
“Bene”.
I due si avviarono fuori dalla Base B, dirigendosi verso la città, parlando della missione a cui il giovane aveva partecipato.
“Come ti trovi coi tuoi compagni di squadra?” chiese Varian mentre camminavano. “Ammetto che non tutti mi ispirano fiducia, tra quel Thorvald, che mi sembra un vero selvaggio ed anche parecchio testardo, e Garret e Kyle; il primo era un ladro sul suo pianeta e neanche il secondo ha la fedina penale pulita”.
“Non c’è di che preoccuparsi padre: ognuno fa il suo lavoro per la squadra e non ci sono stati attriti problematici. Thorvald pur coi suoi difetti fa sempre il possibile per il Team. Kyle non nega i guai in cui si è cacciato in passato, ma sono sicuro che voglia dimostrare davvero di poter essere una persona diversa. E Garrett… Beh, sta con noi per il profitto, lo ammette lui stesso, ma non hai mai dato problemi sul campo”.
Suo padre si limitò annuire, forse non del tutto persuaso, sicché Anduin cambiò argomento.
“Mi hanno detto che eri al Centro Comunicazioni, di che hai discusso?”
“Io e Vol’jin abbiamo appena terminato una discussione con Valerian Mengsk, a riguardo di cosa fare con la situazione su Meridian”.
“Sì, ho sentito che alcuni Orchi sono stati inviati come supporto, assieme ad altre truppe, ma la situazione rimane critica” commentò Anduin.
“Esatto, ma ormai le truppe del Nuovo Ordine, unite ai Pacificatori di quel Snow stanno mettendo a dura prova le nostre linee di difesa. Anzi, a dir la verità sono i reggimenti inviati dal Nuovo Ordine a fare il grosso del lavoro; gli uomini di Snow fanno poco o niente”.
I due Wrynn proseguivano da soli sul sentiero che conduceva alla città di Roccavento.
“Le astronavi nemiche rischiano di tagliarci per sempre fuori dal pianeta e dai nostri alleati, e le forze di Mengsk e di Artanis sono troppo impegnate altrove per sferrare un attacco massiccio come si deve. Abbiamo perciò deciso di cominciare l’evacuazione da Meridian: la base della Resistenza lì è ormai compromessa e non la difenderemo a lungo dalle truppe di terra del Nuovo Ordine”.
Anduin si limitò ad annuire.
“Non è ancora il momento di riconquistare Meridian, un domani forse, ma di sicuro non in tempi brevi” riprese il padre, per poi fare una smorfia.
“Gli incrociatori stellari di Koprulu a quest’ora saranno già a Meridian. Di sicuro staranno già combattendo mentre parliamo, e sarà una battaglia dura: devono sfondare il perimetro, raccogliere i nostri alleati e poi scappare come fulmini oltre le nostre linee... più facile a dirsi che a farsi!”
“Hanno un posto dove andare i civili ed i militari che scapperanno da Meridian?”
“Mar Sara, uno dei pianeti governati dalla Federazione” fu la risposta di Varian alla domanda del figlio. “Non è molto popolato, quindi non ci saranno troppi problemi nell’allestire lì il campo dove ospitare la Coin, i suoi soldati e tutti i civili in fuga che sarà riuscita a radunare”.
I due proseguirono in silenzio, giungendo davanti al cancello posto tra due torrioni di pietra che dava accesso alla città. Le guardie ai cancelli salutarono i due Wyrnn mettendosi sull’attenti, e lungo la strada, i nobili e il popolo, gli rivolgevano sempre cenni di saluto.
Questo perché i due Wrynn non erano uomini qualunque: Varian era l’attuale sovrano del regno umano di Roccavento, nonché il leader dell’Alleanza, una delle due fazioni politicamente più influenti sul pianeta.
Fissando la sua città, le sue case e le sue ville, le sue statue ed i suoi giardini ed il castello che svettava all’orizzonte, Anduin pregò che l’ombra della guerra non indugiasse ancora a lungo su di loro.
 
 
Dal ritorno passarono tre di giorni di tranquillità, su Azeroth pareva regnare la pace e la vita proseguiva normalmente, anche se così non era oltre il cielo ed il vuoto siderale che separava il pianeta dalle altre stelle e pianeti.
Spesso dalla Base B partivano od arrivavano navette di vario genere che portavano armi e rifornimenti su Azeroth oppure che conducevano squadre di guerrieri dell’Alleanza o dell’Orda verso nuove missioni di supporto militare sui pianeti alla linea del fronte.
Gli Orchi inviati su Meridian erano tornati il giorno dopo il ritorno del Team Rogue, un terzo di loro era caduto in battaglia, ma avevano dato prove di valore.
Tre giorni dopo il ritorno del Team Rogue, Varian Wrynn, leader dell’Alleanza, e Vol’jin, leader dell’Orda, erano tornati al Centro Comunicazioni per discutere di altre faccende strategiche.
Anduin era venuto con il padre; in quanto erede di un regno umano e forse anche della guida dell’Alleanza, preferiva prendere parte a quelle riunioni diplomatiche e strategiche, ed il padre non faceva obiezioni.
All’ingresso della struttura trovarono in attesa l’alta figura di Vol’jin, il Troll che guidava su Azeroth la fazione dell’Orda.
Come tutti i Troll, era un essere umanoide molto più alto di un umano ma magro di corporatura, dalla pelle azzurrina e dalle orecchie a punta molto lunghe, capelli rossi, tre dita per mano e due per piede ed due zanne imponenti che sporgevano dalla bocca.
“I Loa siano con voi” disse Vol’jin, al che Anduin rispose salutandolo cortesemente e Varian con un cenno del capo.
I tre entrarono nel Centro Comunicazioni, dove i due leader si posizionarono alle due estremità del tavolo, mettendosi in contatto con gli altri, dopo aver premuto specifici pulsanti. Anche se sul loro pianeta quella tecnologia avanzata era fantasia pura e contava di più la magia, alcune macchine avevano un funzionamento semplice anche per loro.
Con un breve ronzio, all’altra estremità apparvero gli ologrammi di due individui noti ai presenti: Valerian Mengsk, presidente della Federazione dei Sistemi Koprulu, e l’imponete e fiera figura di Artanis, uno degli esponenti principali della razza aliena dei Protoss.
Un terzo ologramma rivelò la figura di Alma Coin, la matura donna a capo dei ribelli di Meridian.
Scambiati i saluti, i cinque presero a parlare delle questioni relative alle strategie da adottare, vagliando i pro ed i contro.
Anduin, appoggiato alla parete ed isolato dalla riunione stava ad ascoltare con attenzione in silenzio. Non essendo connesso alla comunicazione non poteva neanche essere visto dagli interlocutori di suo padre e di Vol’jin.
Alla fine delle discussioni, Mengsk disse:
“Prima di chiudere c’è un’ultima cosa di cui vorrei discutere: i nostri informatori hanno segnalato la partenza di un’astronave dal pianeta Scintilla. Nulla di strano se non fosse che si sta dirigendo verso una zona del settore del completamente deserta, a meno che non lo faccia per una buona ragione”.
L’attenzione di tutti fu catturata, compresa quella di Anduin.
“Per la precisione, dov’è che sta andando?” chiese Varian a Mengsk.
“Verso una zona dello spazio nota come le Stelle Halo, una regione situata ai confini di questo settore galattico. Si tratta d’una zona desolata e per la maggior parte inesplorata dello spazio, non sappiamo cosa ci sia lì”.
“E voi, Artanis, cosa ci dite?” domandò Vol’jin.
“Non ho altro da aggiungere a ciò che ha detto Valerian Mengsk” rispose il protoss. “Posso dire che in passato abbiamo mandato un paio di sonde ad esplorare quella zona, ma senza buoni risultati, e quindi non ci siamo interessati più di tanto a quella zona desolata dello spazio, però…”
“Cosa?”
“In una zona di quella regione, le sonde hanno rivelato una zona di spazio a cui era impossibile accedere anche per le nostre astronavi, a causa di forti tempeste magnetiche. Tuttavia, da quel poco che abbiamo raccolto quella zona interdetta pare contenere un sistema solare”.
“E cosa centra questo con quella nave?” domandò la Coin.
“E’ presto detto!” spiegò il protoss. “Tali tempeste magnetiche durano a lungo ma non sono eterne, può darsi che ora siano cessate. E che i nostri nemici abbiano trovato qualcosa che ha suscitato il loro interesse in quel sistema solare”.
Gli altri rimasero un attimo in silenzio a riflettere, prima che esso fosse rotto da Varian.
“Pensate che laggiù ci sia una colonia perduta di umani?”
“E’ una possibilità” concesse Valerian. “O forse c’è una civiltà aliena oppure è disabitato”.
“Quel pianeta è isolato da tutto se ho inteso bene” obiettò Vol’jin. “Esattamente che vantaggi può dare ai nostri nemici?”
“Una nuova base. O risorse utili se ce ne sono” intervenne la Coin.
Artanis annuì.
“E se è abitato da alieni, temo per la loro sorte se finiranno tra le grinfie del Nuovo Ordine”.
Il gruppo si scambiò un’occhiata.
“Dobbiamo inviare sulle tracce di quella nave una squadra di esplorazione. Capire cos’hanno trovato, e se c’è davvero un pianeta, sapere con cosa abbiamo a che fare”.
Queste furono le parole di Artanis e quelle di Vol’jin furono:
“Chi mandiamo?”
“Possiamo mandare delle nostre sonde” disse il protoss.
“Ma se ci sono umani sul pianeta, ci vorrebbe qualcuno che entri un contato con loro, e non credo che le vostre sonde siano le più indicate” replicò la Coin.
“Allora manderemo una squadra umana” decise Valerian. “Però, al momento l’unica libera è… Il Team Rogue”.
Anduin drizzò il capo, mentre suo padre, che era posizionato davanti a lui, in modo da guardarlo senza girare il capo gli lanciò una rapida occhiata.
“Calmatevi sire” aggiunse Valerian, ricordandosi che il figlio dell’uomo faceva parte della squadra. “Non devono mica salvare il mondo intero, saranno solo degli esploratori”.
“Certo, presidente” rispose serio il re. “Vorrei sentire subito il parere di mio figlio, prima di darvi risposte”.
“Nessun problema”.
Salutati gli interlocutori e chiusa la chiamata, Varian guardò il figlio, mentre quest’ultimo gli si avvicinò.
“Sei sicuro di volerti lanciare anche in quest’impresa, Anduin?”
“Ho scelto da tempo di fare la mia parte in tutto questo, lo sai. E nel mio piccolo voglio contribuire come posso alla causa”.
Varian rimase un attimo in silenzio, lo sguardo corrucciato, prima di parlare di nuovo.
“Allora, raduna il Team Rogue”.
“Non preoccuparti, torneremo tutti interi e con buoni risultati”.
“Molto bene. E… Anduin?”
“Sì?”
Varian fissò per un attimo il figlio negli occhi in silenzio.
“Fa’ attenzione”.
Il giovane sorrise.
“Tranquillo, padre”.
“Gli spiriti Loa siano favorevoli a te ed ai tuoi compagni ragazzo!” concluse il leader dei Troll.
 
 
“Come mai dobbiamo portarci dietro nuovi membri nel Team?” fu quello che domandò Kyle appoggiato alla fiancata della Fellowship, la navetta personale del Team.
Tutto il Team era radunato attorno alla loro navetta personale, in attesa di partire.
“E’ un’idea di Mengsk” spiegò Anduin. “Ritiene che qualche braccia e testa in più nel gruppo non ci farà male”.
“Quanti sono i nuovi? Nel caso non ci fosse troppo posto sulla Fellowship” intervenne Hugh.
“Quattro” rispose Anduin.
“Oh, nessun problema, allora: c’è posto per quindici sulla navetta”.
“Allora, chi sono i simpaticoni che ci accompagniamo in questa rocambolesca impresa?” domandò Garrett ad Anduin.
“Innanzitutto nessuno di loro è nativo del mio mondo o dei vostri. Per quanto riguarda l’esperienza, secondo quanto ha detto Mengsk, tre di loro hanno già partecipato a missioni sul campo, il quarto, anzi la quarta, si è offerta volontaria, ma sa cavarsela”.
“Sicuro?” chiese Kyle.
Anduin rimase impassibile.
“Ha un arco, deduco che lo sappia usare”.
In quel momento Probius emise un pigolio d’avviso.
“Credo che i nuovi siano appena arrivati” disse Hugh.
Sulla piattaforma d’atterraggio dove era situata la Fellowship, infatti, si erano avvicinati quattro persone, un giovane uomo e tre giovani donne, che fissavano il gruppo.
“Il Team Rogue, suppongo!” disse l’uomo. Un tipo sui venticinque anni con i capelli neri raccolti dietro la testa ed il pizzetto, con un semplice abito da viaggio ed un capello decorato d’una lunga piuma bianca.
“Esatto. E voi siete nuovi arrivati” disse Anduin avvicinandosi al quartetto.
“Io sono Anduin Wrynn, e potete considerarmi il leader del Team”.
“Sei il figlio di quel Varian Wrynn?” domandò una ragazza dai corti capelli neri, l’aria da dura, un’ascia appesa alla schiena ed una coppia di pistole alla cintura.
“Esatto. Non c’è bisogno che mi chiamate “sire”, “principe” o altro. In questo contesto sono semplicemente Anduin.
Un attimo dopo, il principe fu affiancato dall’alta figura di Thorvald.
“Lui è Thorvald, vostro compagno di team, da ora in poi” lo presentò.
L’omone però si limitò a squadrare in silenzio il quartetto, con un’aria seria che mise a disagio le ragazze.
“Che hai da fissarci così?” chiese brusca un’altra ragazza di carnagione scura e dai capelli neri, armata con un fucile d’ordinanza.
“Valuto come potete valere come guerrieri. Noi andiamo in guerra, donna”.
“Mi chiamo Christine, e non vado impreparata: mi hanno addestrata a combattere e a difendermi, come tutti gli Intrepidi!"
"E la sottoscritta ha vinto gli Hunger Games, ma suppongo che tu non li conosca" aggiunse la donna con l'ascia.
Thorvald infatti, non sapeva cosa fossero gli Hunger Games o gli Intrepidi, ma ritenne che quelle due donne sapessero il fatto loro.
Fissò l’ultima donna del gruppo: una ragazza dai capelli castani a caschetto e gli occhi dello stesso colore.
“Mi chiamo Leah” si presentò.
“Tu sai combattere, Leah? Lo sai usare quell’arco?”
La ragazza fissò accigliata quell’uomo alto una spanna in più di lei, ma rispose di sì, con sicurezza.
“L’ho imparato ad usare su Sanctuarium”.
“Sanctuarium? Vieni da lì?” fece Kyle. “Ma non è in mano al Nuovo Ordine?”
“Io e mio zio ce ne siamo andati quando la Resistenza si è ritirata da lì. E ci siamo trasferiti su Azeroth. Non mi andava di starmene con le mani in mano, così mio zio mi ha spronato a fare qualcosa di più attivo. Ed eccomi qui”.
La donna con l'ascia fece un sorrisetto.
“Sempre che non ci lasci la pelle al primo scontro”.
“Non demoralizzarla, Johanna!” ribatté Christine.
“Non sarebbe il mio primo scontro, quello l’ho già fatto dalle mie parti” ribatté la ragazza.
“E chi erano gli avversari?” chiese Thorvald.
“Banditi”.
L’omone annuì.
“E’ abbastanza. E tu che mi dici?” disse rivolto all’unico uomo presente tra i nuovi.
Il giovane alzò il capello piumato in segno di saluto.
“Giusto che scortese, non mi sono presentato! Richard, nobile di Misthaven, al tuo servizio!”
“Non voglio i tuoi servizi, voglio solo sapere se posso contare su di te in battaglia”.
“Oh, certamente. Pensi che porti questa spada solo per fare scena?” rispose quello mostrando l’arma appesa al fianco. “Ah, sai che se avessi detto questa frase su Misthaven, mio padre ti avrebbe cacciato dal mio palazzo per maleducazione?” commentò poi senza particolare rimprovero.
Thorvald grugnì di risposta.
“Sul pianeta dove sono nato e cresciuto non ci sono re o principi, e non ci inchiniamo davanti a nessuno. I nostri capi sono semplicemente riconosciuti ed acclamati dagli altri per le loro qualità”.
“Chiaro e diretto”.
Anduin si schiarì la voce.
“Bene, credo che vorreste conoscere gli altri compagni di squadra: loro sono Kyle, Garrett, Hugh e Probius”.
Gli interpellati fecero un cenno di saluto col capo, tranne Probius che emise un semplice “bip”.
“Ora che ci siamo conosciuti, possiamo passare a cose più serie” disse il figlio di Varian. “Conoscete lo scopo della nostra missione, vero?”
Quelli annuirono.
“Bene compagni, ci stiamo per lanciare in quella che si spera essere una missione non troppo complicata, dato che ci stiamo avventureremo letteralmente verso l’ignoto tallonando un gruppo di soldati nemici. Faremo della furtività la nostra arma principale. Confondo in due cose: tornare a casa tutti interi e che collaboriamo tutti insieme per il buon esito della missione. Detto questo… vi do il benvenuto nel Team Rogue!”
 

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Capitolo 4
*** Sulla Fellowship ***


Capitolo 4 - Sulla Fellowship


Savlar Chem-Dog Trooper 2
Cane-Chem di Savlar
 

"Killing ground
Even though you surrender
Turn around
You will never survive
Killing ground
As the battle of Fraustadt turns"

Sabaton; "Killing Ground"

“Procedura di decollo avviata!”
Questo annunciò il pilota della Fellowship, mentre i motori ronzavano ed il mezzo si staccava dalla piattaforma d’atterraggio.
Spinto dai razzi propulsori il mezzo si alzò in verticale dalla piattaforma sempre più velocemente e la visione della base B e della vicina città di Roccavento si rimpiccioliva sempre di più mentre andava aumentando l’altezza dal terreno.
Poi accese i motori principali, dirigendosi verso il cielo e fuori dall’atmosfera, a velocità sempre maggiore, lasciando alle spalle il pianeta Azeroth.
“Coordinate del sistema solare ignoto inserite. Salto alla velocità della luce in tre… due… uno… ora!”
Con guizzo la nave sparì nel cosmo, diretta alla meta designata.
Ci sarebbero volute un po’ di ore prima giungere a destinazione, così il team decise di rilassar in giro per la nave, d’altronde in mezzo era abbastanza grande per contenere una quindicina di persone, sebbene l’ambiente fosse assai spartano.
Hugh e Kyle, assieme ai quattro nuovi arrivati erano andati nella piccola sala mensa della nave, a bere una bibita rinfrescante tirata fuori dal piccolo frigorifero.
“Vi siete conosciuti su Meridian? Venivate tutti e tre da lì” chiese Leah a Richard ed altre due donne.
“Io li ho solo incrociati qualche volta” commentò Johanna.
“Già” rispose Richard. “Io ho incrociato brevemente Christine, durante una battaglia contro le forze del Nuovo Ordine inviate a supportare Snow, e non sapevo neanche il suo nome. Stesso discorso per Johanna che l’ho solo incrociata alla base E”.
“In che battaglia avete partecipato, quella dell’evacuazione dal pianeta?” domandò Kyle.
Christine scosse la testa in un gesto di diniego.
“No, in una precedente: quel giorno io facevo parte di una spedizione militare volta ad infliggere una grave sconfitta alle forze nemiche. Dal punto di vista meramente strategico non è stata niente di che quella vittoria, dato che abbiamo solo eliminato gli elementi deboli delle forze avversarie sul pianeta, però possiamo considerarla una vittoria, solo per avere sconfitto le forze del Governatore Macharius…”
 
***
 
“Ci siamo!” disse qualcuno più avanti di Christine. “Quella è la nostra meta!”
La giovane sollevò lo sguardo, scorgendo in lontananza una serie di colline erbose punteggiate da grandi massi di pietra.
Quel luogo sarebbe stato, come da programmato, la loro base in vista dello scontro contro le forze del Nuovo Ordine.
L’obiettivo era il bersaglio più facile dei reggimenti giunti su Meridian a supportare Snow: quello dei Cani Chem di Savlar, delle Legioni Penali.
Le Legioni Penali erano composte dalla feccia umana della Galassia, tirata fuori dai carceri o dai campi di lavoro, ed obbligati ad andare al fronte senza alcuna certezza di tornare.
Assassini, tagliagole, ladri ed insubordinati venivano sbattuti su qualche lontano pianeta dal clima e dalle condizioni ambientali ostili e poi obbligati a combattere per il Nuovo Ordine nei teatri di guerra più pericolosi e nelle missioni più disperate. E se qualcuno di loro riusciva a sopravvivere otteneva ufficialmente la grazia per i suoi crimini.
Benché facenti parti delle Legioni Penali, i reggimenti reclutati tra i detenuti del mondo prigione di Savlar, spiccavano tra quelli più anonimi.
Christine non ne capiva bene il motivo: da quello che aveva sentito l’unica motivazione dei Cani-Chem di Savlar erano i bottini che potevano ottenere dalle vittorie, roba per nulla eclatante a pensarci bene.
La loro squadra era composta da un miscuglio di presone di varia provenienza: Intrepidi come Christine, soldati locali agli ordini della Coin, ed una squadra di Marine, la fanteria base della Federazione Koprulu, vestiti di grosse armature complete di casco ed armati dei loro fucili gaussiani d’ordinanza.
Presero posizioni in cima alla collina, pronti ad accogliere i soldati di Savlar: loro credevano di annientare le forze ribelli, ignari che quelle forze ribelli erano l’esca ed altre forze ribelli erano pronte ad intervenire.
“Bene!” disse l’ufficiale dei Marine nominato capo di quella operazione, alzando lo sguardo dal radar. “Arrivano, credendoci una preda facile, accontentiamoli!”
Con un esclamazione di entusiasmo, Intrepidi, Marine, ed altri volontari presero posizione dietro le rocce, i fucili in pugno.
Poco dopo, videro l’avanguardia del reggimento: squadre di Cani-Chem a cavallo avanzavano al trotto verso di loro.
“Aspettate a sparare!” ordinò l’ufficiale.
Quelli fermarono i cavalli a distanza e rimasero fermi in attesa, mentre un paio di loro tornarono indietro. Un quarto d’ora dopo, tutto il resto del reggimento apparve in vista dei difensori delle colline.
Alcuni avanzarono avanti alzando quelli che sembravano lanciarazzi e spararono.
I proiettili impattarono ai piedi della linea dei difensori, ma non esplsoero e generarono solo un fitto fumo bianco che rese difficle la visuale dei difensori.
"Fumogeni! Fuoco a volontà nel mezzo!"
I difensori aprirono il fuoco, e subito giunsero spari in risposta. Quando il fumo si diradò i soldati di Savlar sbucarono urlando fuori dalla nebbia, gettandosi sui difensori ma venendo falciati dal fuoco delle prime file.
Vedendoli più da vicino, Christine poté notare che non avevano una vera e propria divisa, se non gli stivali neri e un lungo capotto marrone, alcune avevano vecchi placche di armature. Tutti portavano sul volto delle maschere respiratorie che coprivano la bocca e il naso, lasciando scoperti gli occhi e la fronte.
Seguì un caoticos contro di urla e sapri, dove i difensori respinsero ogni assalto dei nemici, seppure riportando perdite tra le fila.
La  trappola ormai era scatata: mentre i Cani Chem si raraggrupapvano per un nuovo assalto, su un dosso in lontananza apparvero decine e decine di cavalieri in divisa blu, dotati di elmo e corazza pettorale, aramti di sciabole e fucili.
Quei corazzieri facevano parte di tutte quelle forze di Misthaven che avevano rifiutato il governo del Nuovo Ordine e se n’erano andate dal pianeta, il loro mondo antale none ra avanzato tecnologicamente come gli altri, ma gugualmente i pochi reggimenti venuti da quel mondo facevano la loro parte.
I corazzieri caricarono alle saplle i Savalr, accortosi tropp otardi della forza nemica e venenro travolti e calpestati dalla carica dei cavalli, colpiti dalle scaibole o dai colpi di fucile.
Ricaricato il suo fucile, Christine riprese a sparare stando attenta a non colpire i rinforzi. Vide un Marine sollevare lo sguardo verso l’alto. Incuriosita levò lo sguardo anche lei, e poté vedere figure volanti che calavano in picchiata sugli avversari.
Erano grandi rettili dotati di ali da pipistrello e dai  lunghi colli e lunghe code, a prima vista parevano draghi, ma non avevano le zampe anteriori, solo quelle posteriori: erano viverne. Inoltre non sputavano fuoco, ma getti di acido ustionante sui Cani Chem, oppure scendevano in picchiata per ghemirli con gli artigli.
Erano cavalcate da giganteschi umanoidi dalla pelle verde e vestiti di abiti tribali: gli Orchi che dimoravano su Azeroth, inviati dal Capoguerra Vol'jin come rinforzo.
Una viverna scese in picchiata per ghermire i nemici con gli artigli. Ne seguì una movimentata lotta, dove poi i soldati abbatterono l’animale sparandogli addosso a più riprese. L’orco che la cavalcava scese da essa con un balzo prima che morisse e cominciò a menare fendenti a destra e a manca con la sua ascia.
L’ufficiale dei Marine si alzò in piedi, puntando in avanti il fucile gaussiano ora armato di baionetta.
“E’ il momento! Avanti, schiacciamoli!”
Con un grido tutti scesero di corsa dalla collina, sparando e caricando la Legione Penale, ormai completamente circondata.
D’istinto Christine sparò ad un nemico che stava per lanciare una granata colpendolo alla spalla; l’ordigno cadde a terra ed esplose colpendo i soldati di Savlar.
Lo scontro infuriò ancora per un po’ di tempo; nonostante la situazione critica, i Cani-Chem di Svlar non parvero nemmeno pensare di arrendersi o di ritirarsi, rimanendo al loro posto e cercando di fare il possibile per resistere.
Molti dei nemici, come preventivato, erano solo carne da macello, ma si continuò a combattere finché il reggimento di Savlar non venne completamente annientato, solo pochi avevano avuto il buonsenso di ritirarsi ed erano riusciti a scappare per tempo, dal blocco. Probabilmente stavano galoppando verso la base sicura più vicina, a costo di far scoppiare i cavalli.
Di contro la Resistenza era padrone del campo e tutti esultarono per la vittoria.
Christine si guardò attorno. Ovunque non vedeva altro che soldati morti. Erano centinaia, forse migliaia., una visione impressionante che inevitabilmente bloccava i pensieri, mostrando solo l’effettiva imponenza di quell’evento cruento che si era consumato lì.
L’ufficiale dei Marine notò il suo sguardo spaesato.
“Tutto bene?” chiese.
Christine si riscosse alla domanda.
“Sì. Sì, signore”.
“La prima battaglia? Ti ci abituerai”.
Non era la prima volta che Christine combatteva, ma non aveva mai visto una simile distesa di morti e devastazione. Quella era la guerra, e finita esauritasi l’adrenalina della battaglia, ora sapeva che non gli piaceva.
Jake si avvicinò a lei, con una smorfia di dolore sul volto, e tampona dosi la spalla con un fazzoletto.
“Tranquilla” rispose al suo sguardo. “Il proiettile non è entrato, mi ha solo preso di striscio”.
Jake fissò poi con un po’ di interesse alcuni soldati nemici morti sul terreno, quelli più vicini.
“Questi brutti ceffi saranno anche dei criminali, ma non posso fare a meno di notare che il loro coraggio è stato notevole in questa battaglia. Nonostante la situazione svantaggiata hanno resistito fino alla fine!” esclamò.
Christine, sentiva di condividere quell’affermazione ma l’ufficiale dei Marine scosse la testa.
“No, non è notevole il loro coraggio, è folle. Anzi artificiale”.
“Artificiale?” chiese Christine.
L’uomo indicò le maschere respiratorie che portavano i caduti.
“Vedete queste maschere? Sono Chemioinalatori; respiratori che gli fanno inalare gas alterati che gli rendono completamente indifferenti davanti al pericolo”.
“Una… droga, insomma” fece Christine colpita dalla rivelazione.
“Già. La usano solo loro a quanto pare, e ciò li distingue dai soliti soldati penali”.
Si avviò a raggiungere gli altri Intrepidi, sentì che dieci membri del suo gruppo erano morti, il doppio era rimasto ferito. Anche le altre fazioni alleate contavano morti e feriti dalla battaglia. I medici sul posto si affrettavano a prestare le dovute cure ai soldati alleati feriti onde stabilizzarli, mentre un ufficiale chiedeva alla radio di far arrivare una navetta medica sul posto per portarli alla Base E, dove avrebbero ricevute cure più idonee.
Presto anche i soldati ancora vivi avrebbero ripiegato il più velocemente possibile alla Base E; lì erano allo scoperto.
 
***
 
“E poi?” chiese Hugh una volta che la giovane donna ebbe finito il racconto. “Che è altro successo, sul pianeta?”
“La ritirata da Meridian naturalmente” rispose Richard.
“Sì, sappiamo della ritirata, intendo qualcos’altro di rilevante prima della ritirata!”
“Beh, non c’è molto da raccontare” commentò Johanna allungandosi sulla sedia. “I soldati hanno stretto un cerchio di ferro attorno alla Base E, le sortite sono diventate praticamente impossibili da fare, ci siamo ritrovati assediati da centinaia di tizi desiderosi fare la pelle alla feccia ribelle, quindi la Coin ci ha comunicato che la Base non era più difendibile e che se volevamo preservare ancora i nostri ideali di libertà da Capitol City dovevamo fare le valigie ed andarcene con tutti i nostri alleati”.
“Quindi eccoci qui a fare nuove missioni per la ribellione” concluse l’Intrepida.
“Uh, salto di gioia” fu il commento di Johanna.
Leah volle approfondire una cosa che gli era passata per la mente sentendo il racconto della sua commilitona.
“Ma voi… Come avete detto di chiamarvi? Ah sì, Intrepidi! Voi Intrepidi mi sembrate una banda di guerrieri che dà grande valore al coraggio”.
“Tutti i guerrieri danno valore al coraggio, no?” obiettò Kyle.
“Vero, ma Leah ha centrato il nocciolo della questione. Volevi sapere se il coraggio, l’assenza di paura, sia il valore cardine del nostro gruppo, vero?”
Leah annui.
“In tal caso, è così”.
“D’accordo, questa mi è nuova” fece Kyle.
“Il coraggio” spiegò Christine, “E’ il valore eretto a simbolo del nostro gruppo. Esso è la nostra filosofia di vita e tutti gli Intrepidi sono coraggiosi. Anche se ha origini particolari” aggiunse alla fine, pensierosa.
“Davvero? E da cosa è dovuto?” chiese Richard.
L’Intrepida tamburellò un attimo le dita sul tavolo, Kyle colse nei suoi occhi un’ombra di fastidio, sembrava voler non aver aggiunto l’ultima frase.
“Manipolazioni genetiche” rispose infine.
Leah inarcò un sopraciglio.
“Manipolazioni genetiche? E cosa sono? Scusa, ma il mio pianeta natale non è avanzato come molti altri…”
Christine fissò per un attimo il soffitto della stanza dell’astronave prima di rispondere.
“Diciamo che da dove vengo io, gli uomini hanno imparato a far nascere le persone con tratti particolari bene in vista, nel nostro caso individui con il coraggio come tratto caratteriale dominante”.
“E perché lo hanno fatto?”
Christine scrollò le spalle.
“Era solo un esperimento. Un esperimento che non li ha soddisfatti” dichiarò, come per liquidare il discorso.
Kyle vide passare fuori dalla stanza Anduin, e si alzò per andare a parlargli, dopo essersi congedato dia suoi compagni.
“Beh, che ne pensi dei nostri nuovi colleghi?” gli chiese.
“Mi sembrano affidabili Kyle, sono sicuro che ci torneranno molto utili quando arriveremo a destinazione”.
“Idee su come procedere?”
“Se il pianeta è disabitato torneremo subito indietro. Se è abitato, umani o alieni che siano, prenderemo contatti diplomatici con i principali leader, senza farci beccare dai nostri nemici”.
“Sempre che i nostri nemici, non abbiano già persuaso eventuali umani a schierarsi con loro”.
Anduin si limitò ad annuire, era un peccato che gli umani del luogo (sempre che ce ne fossero) decidessero di stare col Nuovo Ordine, ma per ora potevano solo aspettare di giungere sul pianeta prima di decidere l’azione più idonea. Magari quel mondo sarebbe risultato anche inabitabile, chissà.
Intanto la Fellowship continuava viaggiare a tutta velocità nell’iperspazio diretta verso l’enigmatico pianeta.
 
 
Tempo dopo…
 
“Colonnello Hamsha, ci siamo: quello è il pianeta sfuggente!”
Sul ponte di commando della nave partita da Scintilla,
“Le coordinate sono esatte?” domandò il colonnello ai navigatori seduti alle loro postazioni.
“Sì, signore!”
Hamsha posò gli occhi sulla meta designata, e lo stesso fecero gli uomini sul ponte.
Al loro sguardo si presentava proprio il pianeta ignoto di quel settore rilevato in precedenza. Visto dallo spazio siderale, appariva come una gigantesca palla azzurra per gli oceani che circondavano le verdi o brune o bianche terre emerse, attraversata dai grandi banchi di nubi. La luna del pianeta, al confronto, era sterile e vuota.
Il colonnello dei Fucilieri di Scintilla sorrise soddisfatto. Quella missione, se fosse andata a buon fine, gli avrebbe garantito una buona ricompensa dalle alte gerarchie; da poco e aveva raggiunto il grado di colonnello, e non vedeva l’ora di dimostrare che era ben meritata quella promozione.
“Bene signori, il pianeta è abitabile, ora vediamo chi ci vive…”
 

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Capitolo 5
*** Il nuovo mondo ***


Capitolo 5 - Il nuovo mondo


WarhammerAltdorf
Altdorf


Molti individui che fossero nati e cresciuti sul pianeta Mallus ed avessero visto lassù, nel suo cielo stellato, una fiammeggiante cometa a due code che lo attraversava, avrebbero intuito che si stavano avvicinando avvenimenti particolari che avrebbero scosso l’equilibrio del mondo.
Dopotutto quell’insolita cometa rappresentava il destino, il fato e la mano del divino Sigmar sul mondo.
Già quattro volte quel singolare astro aveva segnato eventi particolari nella storia del mondo.
La prima volta che apparve la cometa fu circa duemilacinquecento anni fa, e presagì l’avvento di Sigmar tra gli uomini del continente noto come “Vecchio Mondo”.
La seconda volta che apparve, nulla di particolare accadde nel Vecchio Mondo, ed i sapienti teorizzarono che fosse accaduto qualcosa in terre ignote del mondo. E così è stato, ma questa è un’altra storia.
Alla sua terza apparizione, la cometa apparve sopra la città di Mordheim e poco dopo un meteorite cadde proprio sopra quella città, distruggendola. I sacerdoti affermarono che quella era sicuramente una manifestazione della collera di Sigmar.
Nella sua quarta e più recente apparizione, gli uomini di Mallus si chiesero quali gradi eventi avrebbero visto nel futuro.
E quando una gigantesca nave di metallo scese dal cielo gli abitanti di quel pianeta videro nella sua apparizione un avverarsi delle premonizioni.
 
 
“Ecco la nave del Nuovo Ordine. Certo che non si sono preoccupati di non farsi notare dagli abitanti del pianeta, eh?” chiese Christine scrutando l’orizzonte presso un gruppo di alberi assieme al suo gruppo.
“Sì, amano presentarsi in pompa magna sui nuovi pianeti scoperti, per dire che i vecchi tempi sono finiti e nuova epoca di splendore è  arrivata” commentò Anduin.
In lontananza sull’orizzonte di una verde campagna, si vedeva la sagoma di una vasta città, sopra la quale si stagliava nettamente la grande astronave dei nemici.
Una volta giunta in vista del sistema, la Fellowship aveva attivato un sistema stealth che la rendeva invisibile ad occhio nudo e schermava i radar delle navi nemiche; quell’avanzato sistema era stato costruito ed istallato tempo addietro dai Protoss sulla nave umana per volontà di Mengsk, e si era sempre rivelato utile ogni volta che era stato usato.
Una volta giunti sul pianeta avevano individuato e seguito in modalità stealth l’astronave nemica non mancando di effe turare scansioni sulla superficie. In tal modo non avevano tardato a scoprire con loro grande sorpresa che quel pianeta era abitato da esseri umani.
Non erano sicuri al cento per canto che avrebbero trovato insediamenti umani nel sistema, data la sua lontananza dalle zone di spazio più abitate e più facilmente accessibili.
Era palese che doveva trattarsi dei discendenti di un’antica colonia perduta di umani: probabilmente, nel corso dei secoli, i discendenti degli antichi coloni avevano dimenticato le loro stesse origini, una probabilità per niente affatto inverosimile, essendo già accaduta in altri sistemi umani della Galassia.
Avevano ben presto individuato la nave del Nuovo Ordine presso un grande insediamento umano e, mentre il loro mezzo spaziale, sempre in modalità stealth, rimaneva in orbita intorno al pianeta, il Team al gran completo era sceso giù al sulla superficie ignoto ai nemici, dato che anche su quella navetta era istallato il processore stealth.
Erano atterrati a non molta distanza dalla città umana dove era ferma l’astronave nemica, tra molti alberi della campagna. Poi si erano organizzati per poter svolgere nel modo più idoneo la loro missione.
Difatti, in quel momento in cui c’era stato lo scambio di battute, i membri del Team Rogue stavano sistemando vestiti ed equipaggiamento. Si erano messi abiti poco appariscenti ed avevano optato per tenere le armi bianche, non quelle da fuoco.
“Bene, con un po’ di fortuna ci faremo passare per un banda di mercenari venuti in cerca di guadagni da un’altra nazione di questo mondo” dichiarò il biondo, prima di rivolgersi a Probius.
“Tu resterai di guardia alla nave, tra gli uomini di questo pianeta attireresti troppo l’attenzione, dato che loro non paiono avere androidi e di sicuro non sanno nemmeno cosa siano”.
La sonda protoss emise un pigolio come risposta affermativa facendo anche uno strano movimento su e giù, in un specie di tentativo di emulare l’annuimento di una testa umana, per dire che aveva capito.
Anduin sorrise e poi cercò con lo sguardo Kyle: costui era poco distante, appoggiato al suo bastone di legno. Notò che teneva gli occhi chiusi, nell’atteggiamento di uno che cercava di percepire qualcosa.
Una volta aperti gli occhi, il moro cercò con lo sguardo Anduin, per poi guardarlo con una strana espressione.
“Kyle?”
“Lo avverti anche tu nell’aria? La magia.”
Il biondo annuì. Nessuno nella Galassia aveva ben capito da cosa si originava quella particolare energia soprannaturale che permetteva di piegare gli elementi naturali e persino la vita e la morte al volere di un individuo che sapeva sfruttare le potenzialità di quell’energia.
I pianeti dove la magia era radicata erano tuttavia rarissimi, per questo si poteva definire un’abilità più unica che rara rispetto alle abilità psioniche, che dipendevano dai geni dell’individuo al momento della sua nascita. Tra i pochi pianeti “magici” vi era Azeroth, pianeta natale di Anduin e Terra II, mondo natale di Kyle. Anche Sanctuarium, il mondo d’origine di Leah, era un mondo su cui l’energia magica si presentava in varie forme dai suoi utilizzatori.
Anche sul pianeta ai confini della Galassia maghi come Anduin e Kyle percepivano la presenza dell’energia magica, ma più che altrove, quell’energia sembrava palpabile e “viva”, e questo ad entrambi era apparso evidente appena messo piede su mondo.
“Sembra che qui la magia sia trasportata dai venti stessi… ma qui è a terra assai lieve, per sentirla veramente dovremmo essere molto in alto…”
Nel dirlo levò uno sguardo al cielo: al momento dell’atterraggio aveva avvertito distintamente la magia che scorreva nelle sue vene sobbalzare per la prima volta in una maniera insolita come se stesse rispondendo a qualcosa.
Poi si era placata, ma la percezione della magia rimaneva forte.
“È strano, su Azeroth non provavo nulla di simile…”
“Nemmeno io a casa mia… Questo pianeta sa sorprenderti, senza alcun dubbio. Mi chiedo cos’altro ci aspetterà”.
Finito di commuffarsi, il team lasciò il gruppo di alberi e si diresse a passo svelto e deciso verso la grande città in lontananza,.
Per tutto il tragitto non parlavano, limitandosi a fissare la metà, mentre più si avvicinavano al centro urbano più notavano le alte mura merlate di pietra che circondavano la città.
Avevano compreso che, per il livello tecnologico degli abitanti, quel pianeta poteva essere classificato come un Mondo Feudale: la civiltà umana era sì avanzata e ben organizzata, ma il livello tecnologico era fermo all’età pre-industriale, quindi ogni livello avanzato di tecnologia, come quella grande astronave ferma sopra il centro urbano, era una cosa mai vista prima.
Alle grandi porte della città, sormontate da alti torrioni squadrati, c’era un drappello di guardie armate di alabarde a sorvegliare l’entrata e che sbarrò loro la strada.
“Altolà, viaggiatori! Chi siete e quali intenti vi portano ad Altdorf?”
“Ci parlo io” sussurrò Richard, prima di rivolgersi al gruppetto.
“Salve signori!” dichiarò alzando il capello con la piuma. “Siamo giunti in questa bella città in cerca di guadagno, ma abbiamo trovato una inaspettata sorpresa… cosa è mai quell’affare di acciaio sospeso nel cielo?”
 Anduin e gli altri notarono che il loro compagno aveva recitato bene: si comportava come se fosse stato veramente un nativo di quel mondo, e come tale esprimeva stupore per cose nuove e fuori dal comune come quel veicolo giunto dallo spazio.
Alcune guardie alzarono il capo al cielo.
“Vallo a sapere… Pensavamo fosse qualche diavoleria inventata dai nostri ingegneri, dai nostri alleati o dal nemico… invece viene da un altro mondo quella cosa?”
“Un altro mondo? Che intendete dire?”
“Sono le voci che circolano” borbottò una anziana guardia. “Non l’ho capito bene nemmeno io, ma da quella cosa sono scesi esseri umani come me  e voi, almeno all’apparenza, ed ora sono a colloquio con il nostro Imperatore!”
Quelle informazioni fecero dedurre molte cose. Se in quella città c’era un imperatore, allora essa doveva essere per forza la capitale di un regno umano.
E se gli uomini del Nuovo Ordine stavano parlando col sovrano…
“Da quanto tempo è qui quella cosa?” chiese Anduin alla guardie cercando di mettere su un’aria curiosa.
“Da un’ora mezza se non erro, non molto comunque. Ma già da giorni vagava per i cieli del nostro Impero ed oltre, suscitando stupore e spavento ovunque”.
Così, non erano da molto a colloquio con il sovrano, per Anduin era una buona informazione, anche se mille dubbi si formarono nella sua testa.
“Tornando al discorso di prima…” disse Richard, “Vorremmo entrare in città”.
“Ma voi chi siete?” domandò la guardia scrutandoli con sospetto.
“Siamo mercenari” rispose Richard.
“Sì, mercenari” gli fece eco Thorvald incrociando le braccia ed ostentando sicurezza e spavalderia.
“Di mercenari non ve né mai abbastanza, coi tempi che corrono” commentò una giovane guardia senza usare un tono particolarmente offensivo.
Una seconda guardia un po’ bassina li scrutò con aria diffidente.
“Mh… il vostro accento non mi sembra della zona. Venite da Tilea, forse?”
“Esattamente!” annuì Richard con sicurezza, sebbene non avesse la più pallida idea di in quale parte di quel mondo fosse Tilea.
“Un po’ piccolo il vostro gruppo” fece una terza guardia. “Di sicuro non fate parte delle Grandi Compagnie”.
“Eh no, ci siamo costituiti da poco, per tal motivo non credo sappiate il nostro nome… I Cavalieri del Drago!”
Le guardie rimasero un attimo in silenzio per poi scoppiare a ridere.
“Per Sigmar, che nome altisonante!”
“Di sicuro non gli manca la modestia!”
“Ehi, sbaglio o ci sono donne aramte lì con voi?” domandò una guardia indicando per l’appunto le tre donne del gruppo, che stavano un po’ dietro rispetto ad altri.
“A Tilea reclutano anche le donne?” chiese un’altra.
“No, decidono le donne se impugnare un’arma. Problemi?” disse Christine lanciandoli un’occhiataccia ed incrociando le braccia.
“Uh no, nessun problema!”
“Mah, dopotutto non è una grossa novità, se ricordiamo alcuni casi…” commentò la guardia anziana grattandosi la barba.
“Giusto: un mucchio di maghe ci danno sempre supporto in battaglia!”
“Non parlavo di maghe, io!”
Richard si schiarì la voce per richiamare la loro attenzione.
“Dunque signori, possiamo passare o stiamo ancora qui a discutere?”
“Va bene passate, valorosi guerrieri, e comportatevi bene nella nostra città!”
Le guardie si scostarono e fecero entrare il gruppo nella loro città: Anduin notò che non avevano fatto poi molto caso ai membri femminili del gruppo; forse non era poi una grande novità, d’altronde anche su Azeroth e Sanctuarium le donne si armavano e combattevano.
“Cavalieri del Drago?” gli sussurrò Johanna una volta superato il cancello.
“Era la prima cosa che mi era venuta in mente!”
 
 
Le vie della città erano animate da un grande viavai di gente, persone di ogni età, sesso o ceto camminavano intenti a svolgere nei loro affari, passando davanti a botteghe aperte, taverne o semplici case di mattone che si innalzavano per due o tre piani sulle vie.
Vicino alle mura stavano caserme adibite agli alloggi dei soldati, mentre nel centro cittadino svettavano le più grandi ville dei nobili.
Agli occhi del Team Rogue, Altdorf appariva come una città vivace, sostenuta da un’economia fiorente.
Il centro urbano era situato a cavallo della confluenza di due fiumi e numerosi ponti attraversano questi corsi d'acqua. Il Team Rogue osservò con interesse come molti di questi ponti erano dotati di pistoni sibilanti a vapore che li alzavano e li abbassavano in tutti i modi insoliti, consentendo alle numerose navi mercantili di viaggiare più in alto lungo i corsi d’acqua.
Eppure su tutto sovrastava la grande astronave di classe Incrociatore del Nuovo Ordine, che rovinava l’atmosfera apparentemente tranquilla della cittadina.
Giunti ad una piazza, si guardarono intorno scrutando le cime di grandi edifici che scorgevano in lontananza, quando furono richiamati da una voce.
“Vi servono indicazioni?”
Il gruppo si voltò, vedendo vicino a loro un uomo di mezza età con un largo capello in testa.
“Scusi?” disse Anduin.
“Siete forestieri. Lo capsico per come vi guardate in giro, dico bene?”
“Ha ragione signore” disse Anduin. “Siamo mercenari giunti da Tilea e stiamo cercando lavoro”.
“Mh, lavoro… con quella cosa lassù in aria, chissà cosa ci riserverà il futuro…” borbottò quello alzando lo sguardo.
“Sa dove possiamo rivolgerci?”
“Mh, provate al palazzo imperiale, forse qualche funzionario riesce a trovarvi una sistemazione”.
Il buon uomo diede indicazioni per raggiungere il Palazzo Imperiale, e per la curiosità, Anduin si informò su altri centri di interesse del luogo. L’uomo non si fece problemi, ed illustrò dove potevano trovare gli altri edifici importanti della città, tra cui l’Università di Altdorf, rinomato centro di apprendimento,  i Collegi della Magia, dove i maghi e le maghe di tutto l’Impero affinavano i loro poteri,  o la Scuola di Ingegneria Imperiale, specializzata nella fabbricazione di armi da fuoco ed altre meraviglie tecniche (nulla paragonato alla nave volante, comunque).
Nominò anche il famoso Zoo Imperiale, che ospitava ogni sorta di mostri grandi e temibili, alcuni dei quali addestrati e imbrigliati come bestie da guerra. Queste creature erano state catturate da ogni angolo dell’Impero, alcuni persino da terre ostili oltre confine.
Anduin ringraziò per le informazioni su come raggiungere il Palazzo Imperiale e salutò cordialmente il buon uomo.
Il team Rogue riuscì a non perdersi tra le vie, e raggiunse in vista dell’enorme palazzo in pietra bianca, completo di molti torrioni e torrette.
Rimasero per un po’ ad ammirare quella meraviglia architettonica, ma non poterono fare a meno di notare la nave proprio sopra il palazzo.
“Chissà che starà parlando il loro sovrano e gli uomini del Governatore Macharius” commentò Richard grattandosi il mento.
Hugh si rivolse ad Anduin.
“Ebbene? Che facciamo ora?”
“Torniamo indietro? Tanto avranno già accettato la proposta di quei simpaticoni” propose Johanna.
“Mi sembra un peccato: vorrei prima poter tentare qualcosa” ribatté Anduin.
“E quindi che vuoi fare?” gli chiese Hugh grattandosi la nuca.
Anduin rimase per un po’ di tempo in silenzio a fissare il palazzo imperiale prima di rispondere.
“Entrare là dentro e presentare la mia offerta di collaborazione con la Resistenza all’Imperatore”.
Tutti i compagni lo guardarono allibiti, pensando che avesse perso la ragione.
“Scherzi?” esclamò Kyle.
Anduin non si scompose più di tanto.
“Nient’affatto, ho soltanto espresso un’idea su come procedere”.
“Ma la dentro ci sono anche gli uomini del Nuovo Ordine!” obiettò Throvald.
“E questo Imperatore, Franz o come cavolo si chiama, avrà già accettato l’offerta del Nuovo Ordine” affermò Kyle.
“Non lo sappiamo per certo”.
“Ma…”
“Il punto è questo:  probabilmente gli umani di questo pianeta avranno i loro problemi, e forse pensano che il Nuovo Ordine possa risolverli. Ma questo è un pianeta grande, non possiamo sapere quante nazioni umane si sono formate qui, e magari c’è la probabilità che i sovrani non siano tutti d’accordo alle proposte di Macharius, forse nemmeno quell’Imperatore che siede in quel palazzo, e per tal motivo voglio parlargli: per capire più chiaramente la sua posizione”.
“A me sembra un grosso rischio” disse Leah scuotendo la testa poco convinta.
“In ogni caso io andrò. Sì, potremmo andarcene adesso, e loro potrebbero preferire accettare la proposta del Nuovo Ordine, ma io voglio offrigli anche la nostra per equilibrio di parti, se vogliamo chiamarlo così. Se non tenteremo qualcosa non potremo ritenere l’esito di questa missione accettabile”.
Poiché i suoi compagni non parevano persuasi insistette:
“E se preferiscono il Nuovo Ordine… beh, non abbiamo l’ordine di forzarli a collaborare con la Resistenza; ce ne andremo e faremo rapporto”.
“E come pensi di parlare col loro sovrano?” domandò Garrett incrociando le braccia. “Dubito che le guardie del palazzo ti lasceranno entrare così facilmente, qualunque sia la motivazione che gli presenterai; non ti prenderanno sul serio. E se quelli del Nuovo Ordine ti vedono e ti riconoscono come ribelle sei nei guai. Non solo batteranno questo pianeta finché non troveranno tutti noi!”.
“Per quanto riguarda il Nuovo Ordine il rischio c’è, ma loro non sanno dove si trova la nostra navetta da sbarco o la nostra nave, che, vi ricordo, è una delle più veloci della zona. Sull’entrare là dentro… Beh, potresti aiutarmi tu Garrett”.

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Capitolo 6
*** L'imperatore ***


Capitolo 6 - L'imperatore


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Karl Franz, attuale sovrano dell'Impero



Era pomeriggio inoltrato quando Anduin riuscì ad infiltrarsi all’interno dell’immenso palazzo imperiale.
Avere nel Team un ex ladro come Garrett, che aveva dedicato la sua vita rubare merce ai ricchi su commissione per poi rivenderla, era sempre molto utile.
Nella sua esperienza sapeva trovare un’apertura in ville o palazzi apparentemente impenetrabili da dove potersi intrufolare per rubare i preziosi accuratamente custoditi in una solida cassaforte.
Così era stato col la residenza imperiale di Altdorf, con una buona ricerca era riuscito a trovare un’apertura nella sorveglianza da cui entrare senza essere visto.
Lui ed Anduin si erano lanciati senza esitare ulteriormente in quel “varco” ed ora erano all’interno del palazzo, al sicuro.
“Bene, siamo qui. Spero che tu sappia quello che fai” mormorò Garrett.
“Certamente. Da qui, in poi proseguo da solo. Attirerò di meno l’attenzione. Tu torna pure dal team.”
“Ti stai infilando tra le fauci del nemico” borbottò il ladro.
“Sono in zona ancora neutrale, e sono un ambasciatore quindi ho po’ di immunità”.
“Loro potrebbero non essere dello stesso parere”.
“Può darsi, in tal caso me la darò a gambe”.
“Ricordi la strada che abbiano fatto usato per entrare?”
“Certo; ho buona memoria”.
“Hai parecchio sangue freddo in certe situazioni” ammise Garrett. “Apprezzo questa cosa, ciononostante cerca di evitare problemi”.
“Lo farò” annuì il biondo con un leggero sorriso.
“Buona fortuna, allora”.
Garrett gli voltò le spalle e sparì nelle ombre.
Al sicuro da occhi indiscreti, Anduin si attaccò al petto una preziosa spilla d’oro che raffigurava una testa di leone stilizzata, un simbolo del suo regno.
In seguito si inoltrò per i corridoi del grande palazzo, sperando di trovare la sala del trono, o qualunque fosse il luogo dove il sovrano teneva le riunioni.
Passò tra vari corridoi, cercando di evitare eventuali coppie di guardie: qualora le vedesse si nascondeva per evitare che lo trovassero o girava al largo.
Dopo alcuni minuti di giri infruttuosi, giunse a un corridoio era all’apparenza deserto, ma vicino ad una delle finestre vide una giovane donna sui ventitre anni, dai lunghi capelli neri raccolti sulla testa e gli occhi castano scuro. Indossava una lunga veste blu notte con interni rossi. Alla mano destra impugnava un lungo bastone di legno decorato sulla cima da una mezzaluna d’ottone in posizione verticale al cui centro vi era una sfera dello stesso materiale.
Quella lo notò e lo osservò con curiosità: ai suoi occhi appariva come un giovane qualunque dall’aria spaesata ed anche un po’ tesa.
“Ti sei perso?” chiese.
“A quanto pare sì” fu la risposta.
La donna lo osservò con curiosità maggiore: percepiva qualcosa di insolito in lui, ma allo stesso tempo familiare… Quando capì rimase un poco colpita.
“Avverto la magia in te…”
“E avverti giusto. Immagino che anche tu sia una maga, altrimenti non avresti percepito il mio potenziale magico” rispose lui con tranquillità.
“Esatto, sono dell’Ordine Celestiale. Tu a quale Collegio Magico appartieni?” gli domandò scrutando la sua spilla dorata sul petto.
Il biondo rimase un momento in silenzio prima di rispondere.
“A nessuno. In realtà sono giunto da un paese esterno all’Impero, ben oltre i vostri confini. Ho fatto un lungo viaggio per poter giungere qui”.
“Oh, capisco” commentò la maga, sorpresa. “Benvenuto ad Altdorf, allora. Posso sapere chi sei, se non sono troppo scortese?”
“Anduin. Mi chiamo Anduin”.
La giovane rifletté sul nome.
“Nome insolito… Si vede che non sei di queste parti. Cosa ti porta al palazzo imperiale?”
“Desidero parlare con  il sovrano di queste terre”.
La giovane inarcò un sopracciglio.
“Mi spiace, ma in questo momento l’imperatore Karl Franz è a riunione con il suo consiglio, per discutere con gli individui scesi da quella diavoleria volante sopra la città. Dubito che avrà tempo di ascoltare le tue richieste, riprova domani”.
“In realtà preferirei che mi riceva il prima possibile”.
“Perché?”
“È una faccenda importante”.
La donna lo fissò per quasi un minuto senza fiatare, poi scosse la testa.
“Non ti posso aiutare, non faccio parte del consiglio”.
“Allora perché sei qui?”
“Ho accompagnato il Supremo Patriarca dei Collegi della Magia a palazzo: lui fa parte del consiglio”.
“Allora… potresti presentare la mia richiesta a lui, e lui poi la presenterà all’imperatore”.
“Cos’è quest’ansia di vedere il nostro sovrano?” esclamò lei.
Anduin rimase zitto per un momento, poi fissando la donna negli occhi cercò di insistere su questa possibilità.
“Riguarda gli uomini scesi dalla nave d’acciaio. Non posso dirti altro, ma ti assicuro che devo comunicare all’imperatore delle informazioni su di loro.
La maga strinse con forza il bastone, corrugando la fronte, in preda a diversi dubbi.
“Non ti offendere, straniero, ma non posso rischiare di portare un individuo pericoloso da sua maestà!”
“Capisco i tuoi dubbi, ma ti assicuro che non intendo nuocere a nessuno, se non sarò costretto altrimenti. Ma solo per difesa personale” affermò Anduin cercando di essere il più conciliante possibile.
La maga restò un attimo in silenzio, riflettendo sulle sue parole.
“D’accordo, vedrò cosa posso fare. Presenterò al Supremo Patriarca la tua richiesta, magari intercederà presso sua maestà per farti ricevere al più presto”.
Anduin sorrise.
"Come ti chiami?" le domandò, per curiosità.
"Isabela" rispose lei dopo un attimo. "Sì, lo so non suona di queste parti il mio nome".
“Bene, Isabela. Ti ringrazio di cuore, per il tuo piccolo ma importante aiuto”.
 
 
Karl Franz, il sovrano del più solido e florido regno umano del continente noto come "Vecchio Mondo" tra i locali, aveva governato l’Impero per venti decadi. Si sarebbe aspettato ogni tipo di vicenda nella sua vita da sovrano, dalle grandi invasioni esterne ai problemi interni dell’Impero, ma nemmeno nei suoi sogni più reconditi avrebbe immaginato una gigantesca fortezza d'acciaio scendere dal cielo del mondo quasi come se fosse una bizzarra divinità venuta ad osservare i semplici mortali che camminavano su Mallus.
Tantomeno avrebbe immaginato che da quella gigantesca massa d’acciaio scendessero degli esseri umani identici a lui.
Seduto sul suo trono fece passare rapidamente lo sguardo sugli uomini presenti al consiglio: tutte le personalità più importanti dell’Impero presenti ad Altdorf erano lì riunite.
Tra essi spiccavano, seduto alla sua sinistra, Balthasar Gelt, dalle vistose vesti color rosso ed oro e con una maschera dorata che gli copriva completamente il volto. Egli era il Supremo Patriarca dei Collegi della Magia, dove i giovani maghi dell’Impero apprendevano e miglioravano le loro abilità magiche.
Vicino a Balthasar c’era l’attempata e severa figura di Volkmar, il capo religioso della Chiesa di Sigmar.
Alla destra dell’imperatore era seduta la famigliare figura di Kurt Hellborg, generale veterano di molte battaglie, suo personale consigliere militare.
Ricordò come, diversi mesi fa, era stata avvistata nei cieli la Cometa a Due Code. Sigmar stesso sembrava annunciare grandi cambiamenti, e quegli ambasciatori venuti dalle stelle in piedi davanti a lui ne erano la prova.
Avevano parlato di numerosi mondi situati oltre le stelle, mondi di ogni genere che stavano venendo riuniti sotto la benevola mano di un “partito” chiamato Nuovo Ordine, intenzionato a riunire tutti gli umani sparsi per i mondi della Galassia.
In quel settore della Galassia dove si trovava anche Mallus, gli avevano spiegato, era il governatore Lord Solar Macharius a riunire i mondi, per conto del partito.
Se gli umani di Mallus si fossero uniti a loro avrebbero vissuto in una vera epoca di pace e prosperità.
Sistemandosi meglio sul trono esibì i suoi pensieri agli ambasciatori giunti dal mondo chiamato Scintilla.
“Sono molto attratto da questa offerta, lo ammetto. Prima di darvi un responso finale, desidero discuterne col mio concilio. Ma non credo che ciò mi occuperà molto tempo”.
“Nessun problema maestà, aspetteremo trepidanti la vostra risposta” disse l’ambasciatore di Macharius con aria allegra, scambiandosi un’occhiata col colonnello Hamsha.
Questi  incurvò le labbra in un lieve sorriso soddisfatto, il compito procedeva nella maniera più ottima possibile, e presto un altro pianeta si sarebbe unito al Nuovo Ordine.
Da una piccola porta laterale della corte, uscì Isabella, che si avvicinò da dietro a Balthasar, sussurrandogli alcune cose all’orecchio.
L’uomo a capo dei Collegi della Magia annuì e congedò con cenno della giovane, per poi rivolgersi al suo sovrano.
“Perdonatemi sire, ma secondo la maga dell’Ordine Celestiale qui presente, fuori dalla porta c’è un giovane uomo che desidera parlare con urgenza con voi di questioni importanti”.
“Chi è questo uomo?” domandò l’imperatore.
“Un giovane ambasciatore straniero che richiede udienza da voi, maestà. Dice di avere con importanti comunicazioni per voi”.
“Ossia?”
“Non le ha specificate, ma pare che sia molto importante”.
Franz rifletté brevemente, scambiando uno sguardo con il gruppo giunto da Scintilla.
“Uhm… in effetti abbiamo appena concluso questo colloquio. Molte bene, se è così urgente che entri pure: cercheremo di sbrigarcela in breve” e con un cenno della mano diede ordine alle guardie vicino alle porta principale di aprirla.
Isabela chinò il capo.
“Grazie, maestà, lo chiamo subito”, ed uscì a passo svelto dalla porta principale, mentre Franz si rivolse ai scintillani.
 “Signori, i miei saluti; ci rivedremo domani dove vi comunicherò la mia decisione” concluse l’imperatore congedando l’ambasciatore di Macharius e il colonnello dei Fucilieri di Scintilla.
Questi salutarono anche loro e si voltarono per uscire dalla porta principale.
Da tale porta entrò quasi contemporaneamente un maschio biondo e con gli occhi azzurri, che suscitò curiosità in tutti gli uomini radunati nella corte per la sua giovane età.
“I miei saluti, imperatore!” disse con cortesia il giovane inchinandosi davanti al sovrano. “Sono Anduin Wrynn, principe di Roccavento!”
“Wrynn?” fece l’ambasciatore di Macharius, che stava uscendo dalla sala, corrugando le sopracciglia: quel cognome li suonava familiare, così come il nome di Roccavento…
“Roccavento? Mai sentito, dove si trova questa città?” chiese l’imperatore.
“Inoltre non ci sembri tanto un ambasciatore…” commentò Kurt.
Infatti il giovane presentava abiti abbastanza normali, tranne per il fatto che spiccava sul suo petto una spilla d’oro a forma di testa di leone.
“Comprendo, signori. Purtroppo le circostanze mi hanno obbligato a viaggiare in incognito, ma questa spilla che porto…” e si indicò l’accessorio della sua veste “rappresenta il permesso di mio padre, il sovrano di Roccavento, di essere il suo portavoce in terre straniere…”
Mentre parlava, l’ambasciatore del Nuovo Ordine fissava il giovane accigliato, tanto che Hamsha gli chiese cosa avesse.
“Mi sembra…”
D’un tratto l’uomo sgranò gli occhi, afferrando Hamsha per la manica per sussurrargli una frase concitata all’orecchio.
“Quello è il figlio di Varian Wrynn, uno dei leader della Resistenza!”
“Cosa?” sibilò l’ufficiale, gettando un’occhiata al giovane.
L’ambasciatore, ancor sorpreso da quell’inaspettata svolta, si chiese come era meglio agire, ma Hamsha aveva già deciso come fare.
“Soldati, quel ragazzo è un ribelle della Resistenza! Prendetelo!” urlò ai due scintillani di scorta indicando il giovane.
Quell’urlo giunse così inatteso che tutti si bloccarono, gli stessi soldati rimasero un attimo interdetti prima di scattare verso Anduin, impugnando le carabine.
Il biondo però si riprese per primo dallo stupore, e girandosi di scatto con le mani che brillavano di luce, produsse un’onda di energia che scagliò indietro i due soldati, facendoli finire con la schiena a terra.
“Indietro!” gridò. “Sono un ambasciatore e per le leggi universali della diplomazia non potete toccarmi!”
Hamsha di tutta risposta gli puntò alla testa la pistola in sua dotazione.
“Come sei giunto fin qui? Dove si nascondono i tuoi compagni? Parla!”
Di colpo la pistola li si deformò nella mano: la canna e il calcio dell’arma si contorsero e parvero anche sciogliersi. Perplesso, l’uomo la lasciò cadere sul pavimento, mentre Anduin, avvertendo l’energia magica sprigionata dietro quel fenomeno, si voltò nella direzione del responsabile: Balthasar.
Il mago si era alzato in piedi e puntava  il palmo della mano destra, ricoperto di energia dorata, verso i due.
“Fermi! Siamo qui per parlare! Questa è una riunione diplomatica, non un campo di battaglia!”
Karl Franz si alzò dal trono, fissando irato Hamsha.
“Il vostro comportamento è stato indecoroso, ma cosa vi è preso? E perché avete accusato questo ambasciatore di essere un ribelle?”
“Perché lo è!” abbaiò Hamsha.
“Eppure mi avete trattato come un bandito, cosa che non sono” ribatté Anduin con sangue freddo.
“Non vedo una grande differenza!”
“Colonnello, basta così. Non è questo il momento” lo riprese l’ambasciatore.
Hamsha parve calmarsi e fece un passo indietro da Anduin, mentre i due soldati di Scintilla si rialzarono da terra. Fissò per terra quell’ammasso metallico che non poteva più considerare come un’arma da fuoco.
“Come ha fatto a deformare la mia arma? Credevo che i maghi potessero lanciare palle di fuoco e cose simili!” esclamò rivolgendosi al Supremo Patriarca.
“Non so quanti e quali maghi tu abbia visto, ma dubito che tu abbia visto dei Maghi d’Oro come me!”
Dato che l’uomo non aveva capito, Balthasar precisò:
“In quanto membro dell’Ordine d’Oro, io manipolo Chamon, il Vento Giallo della Magia, che mi conferisce maestria nell’alchimia e potere sui metalli!”
Anduin trovo quella spiegazione molto interessante, d’altronde niente del genere era presente su Azeroth o sui mondi che conosceva in cui la magia era presente.
“Ora spiegatevi!” disse Franz. “Tu chi sei, giovane forestiero? E perché saresti un ribelle?”
“Perché lo è!” ripete il colonnello Hamsha.
“Non ritengo corretta tale definizione: molti governi che si sono uniti nella Resistenza hanno semplicemente rifiutato la proposta di unirsi al Nuovo Ordine. Siete voi che non avete accettato le nostre obiezioni. E se la guerra infiamma il Segmentum XIII… siete stati soprattutto voi a causarla, con le vostre azioni!"
“Tu e tutti gli altri siete soltanto degli anarchici alienofili, non…”
“Basta!” li interruppe l’imperatore. “Di che guerra state parlando, in nome di Sigmar?”
Fu l’ambasciatore a spiegare la situazione.
“Alcuni mondi abitati sia da umani che da non-umani hanno rifiutato la proposta del governatore Macharius di entrare nel Nuovo Ordine. Purtroppo il loro comportamento scorretto ha provocato incidenti anche armati ed alla fine ha reso inevitabile un conflitto armato”.
“Immagino che sia questa la versione che raccontiate al resto della Galassia, peccato che in molti punti non sia corretta” obbiettò Anduin. “Tanto per cominciare avete omesso le vostre responsabilità”.
“Calunnie!” ribatté rigido l’altro.
“Basta così!” ripeté di nuovo Karl Franz, per poi fissare il biondo.
“Anduin Wrynn” domandò. “Perché hai voluto giungere  davanti a me pur sapendo i rischi che correvi col Nuovo Ordine?”
“Non si può dire che gli manca il coraggio” commentò Kurt.
“Desidero presentarvi la proposta di alleanza con la Resistenza” rispose tranquillamente il giovane principe.
Il colonnello Hamsha lo fissò perplesso. L’ambasciatore emise uno sbuffo simile ad una risata.
“Sul serio?” chiese.
“Questo è il compito che mi è stato affidato, signori” fu la tranquilla risposta. “Imperatore Karl Franz, non vi posso parlare di grandi vantaggi, ma posso informarvi maggiormente sul quadro della situazione”.
“Cosa speri di ottenere, ribelle?” interloquì Hamsha. “L’imperatore accetterà la nostra offerta di alleanza, non la tua! Sei arrivato tardi!”
“Purtroppo sì, ma credo che la decisione finale di sua maestà qui presente debba essere ponderata con attenzione”.
“Non sta a te decidere con quale fazione dovrà schierarsi questo pianeta!” obbiettò il militare.
“No infatti: la scelta è di Karl Franz, sovrano dell’Impero. Mai sostenuto o pensato il contrario. È sua e solo sua la scelta finale nel decidere con chi schierarsi!”
La corte non fiatò e non espresse pareri, in attesa della decisione finale del suo sovrano.
Karl Franz rimase a lungo in silenzio, il mento appoggiato alla mano destra e sul volto impassibile e gli occhi semichiusi che saettavano dal giovane Wrynn agli emissari di Macharius. Infine prese una decisione.
“Hai ragione giovane: l’ultima parola, in questa circostanza, spetta a me. Per questo, prima di prendere una decisione definitiva sentirò cos’ha da dire il rappresentante della Resistenza”.
“Cosa?” esclamò Hamsha. “Con tutto il rispetto, imperatore, ma costui è un ribelle alla nostra autorità, le chiedo di consegnarlo a noi”.
Fu Volkmar, a ribattere.
“È un ambasciatore che si è presentato pacificamente a parlamentare. Il suo attacco di prima è stato eseguito soltanto per difendersi, e non ha ferito o ucciso i vostri uomini. Va contro tutti i principi anche solo toccarlo”.
Hamsha sembrava sul punto di ribattere ancora, ma il ministro inviato da Macharius si fece avanti.
“È sicuro di quello che vuole fare, imperatore? Dopotutto ha già sentito ampiamente la nostra vantaggiosa offerta, perché vuole sentire anche quella della Resistenza?”
“Perché preferisco avere uno sguardo d’insieme sulla situazione. D’altronde voi non mi avete parlato di una ribellione nei confronti del governatore Macharius e del Nuovo Ordine che rappresenta”.
“Non ne abbiamo parlato con voi perché il vostro pianeta è assai lontano dallo spazio civilizzato del settore governato da Lord Macharius e quindi anche dalla guerra che lo riguarda. Ammettiamo di avere commesso una leggerezza, ma solo perché non ci immaginavamo una immediata presenza della Resistenza qui”.
“Allora è un motivo in più per conoscere maggiormente nel dettaglio la situazione sugli altri mondi. Mi sarà d’aiuto per evitare di prendere decisioni affrettate!”
L’ambasciatore capì che era inutile insistere, a quel punto.
“Molto bene, sire. Ci comunicherete sempre domani mattina la vostra decisione definitiva?”
“Sì”.
“Allora confidiamo che lei faccia la scelta giusta”.
Con queste parole il scintillano si inchinò e si congedò dalla corte, seguito da Hamsha che non mancò di scoccare un’occhiataccia ad Anduin.
I due se ne andarono, lasciando il giovane da solo con la corte imperiale.
Karl Franz si risedette sul trono e lo fissò negli occhi.
L’imperatore era un uomo alto e in forma, sui quarant'anni, vestito con un abito cerimoniale da corte. Aveva i capelli neri e gli occhi grigi, occhi piantati in quelli di Anduin.
“Bene, principe di Roccavento, parliamo”.
 
 
“Mi auguro che il nostro compagno abbia successo”.
Questo commentò Thorvald quando Garrett tornò dal resto del Team Rogue, comunicandogli la buona riuscita dell’azione, osservando il palazzo imperiale a braccia incrociate.
Tutti gli altri lanciarono occhiate piene di dubbi all’edificio e all’astronave che incombeva minacciosa sulle loro teste.
La cosa piaceva loro sempre di meno, e finché Anduin non avesse comunicato loro qualcosa, non potevano fare niente.
Leah gettò un occhiata ai civili di Altdorf che si muovevano per le vie. Ironico come conducevano ancora un’esistenza normale a differenza loro. Anche se continuavano a  gettare occhiate alla nave d’acciaio sopra la loro città
“E se qualcosa andasse storto?” chiese poi ai suoi compagni.
Christine alzò lo sguardo sull’imponente edificio.
“Se qualcosa va storto, beh… non voglio dare brutte notizie a suo padre”.
“Neanch’io” mormorò Kyle.
E non ebbero altra scelta che rimanere in città, presso il palazzo imperiale, in attesa del loro compagno.



Angolo dell'autore:
Ad alcuni lettori ormai sarà evidente, ma lo confermerò qui. Sì, ho messo anche il mondo e i personaggi di Warhammer Fantasy Battle nel mio crossover!
In esso infatti ci sono entrambe le ambientazioni e i loro personaggi creati dalla Games Workshop, ovvero il mondo più strettamente fantasy di Warhammer e quello di stampo più fantascientifco di Warhammer 40.000.
Spero che questo crossover continui a piacervi; anche se un po' rallentato lo porterò a termine.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Nuovo Ordine ***


Capitolo 7 - Nuovo Ordine


ApocalypseClassBattleship2
Una astronave da battaglia del Nuovo Ordine
 
“Panzers on a line
Form the Werhmacht’s spine
Lethal grand design.
What abuot men executing orders?
Panzers on a line
Form the Werhmacht’s spine
Lethal grand design.
What about the men?”

Sabaton; “Werhmacht”
 
Era il momento della verità: Anduin era giunto davanti al sovrano della nazione più importante del pianeta Mallus, l’imperatore Karl Franz, per vedere quale sarebbe stata la sua posizione nel conflitto che imperversava in quell’angolo della galassia.
“Vorrei prima precisare una cosa” cominciò il sovrano, sempre seduto sul trono, con Anduin in piedi davanti a lui. E dopo che quest’ultimo ebbe annuito continuò: “La mia autorità non si estende su tutto il mondo, semplicemente l’Impero è solo una delle tante nazioni umane esistenti. Ma è il regno umano più importante del continente che noi chiamiamo Vecchio Mondo, e gli altri sovrani umani del Vecchio Mondo rispettano l’autorità della mia carica”.
Il giovane Wrynn annuì.
“Capsico. Ha senso che gli ambasciatori di Macharius si siano rivolti a lei: la sua carica è la più importante della zona”.
Karl Franz preferì specificare una cosa.
“So che in un lontano regno ad Oriente del Vecchio Mondo c’è un altro impero umano con un imperatore adorato come una divinità vivente, ma non abbiamo molti contati con gli umani di quelle zone, se non per scopi commerciali, e a conti fatti la mia carica qui a Occidente e altrettanto importante”.
Detto questo, si rivolse al membro della Resistenza appoggiando la schiena allo schienale del trono e congiungendo le dita delle mani davanti al petto.
“Ora, principe di Roccavento, parlaci di questa guerra”.
Il giovane Wrynn non se lo fece ripetere e spiegò nel dettaglio la faccenda: la Resistenza era formata da tutti quei pianeti che avevano scelto di non sottostare al governo del Nuovo Ordine, preferendo adottare una politica separata. Il governatore di quel settore della Galassia però non aveva voluto accettare politiche separatiste contrarie ai progetti dei suoi superiori,. La situazione si era fatta sempre più tesa, la diplomazia diventava sempre meno utile. Infine si era data parola alle armi e tutti quegli umani ed alieni che non volevano sottostare al pugno di ferro di Macharius erano entrati nella Resistenza.
“Voi della Resistenza, siete certi di non avere cominciato per primi le ostilità?”chiese l’imperatore.
“Vi assicuro che abbiamo tentato una soluzione diplomatica, ma Macharius non ha voluto sentire ragioni, e quando i suoi soldati hanno attaccato senza motivo i Protoss o anche noi umani non c’è stata altra scelta che ricorrere alle armi per difendere la libertà”.
Karl Franz tamburellò le dita sui braccioli del trono, la fronte aggrottata.
“Mettiamo in chiaro in una cosa, giovanotto: non desidero coinvolgere il mio regno di una guerra che non ci porterà a nessun vantaggio”.
“Capisco i vostri dubbi, sire, e se considerate migliore l’alleanza col Nuovo Ordine, non discuterò la vostra scelta”.
“Eppure giungi lo stesso qui per proporci un’alleanza con la Resistenza”.
“È una questione di principio: ho dato la mia parola che avrei tentato il possibile prima di essere costretto a tornare” replicò il giovane colpendo in positivo i presenti per la sua volontà.
“Dunque tenti benché tu sia conscio che tornerai a mani vuote… Forse l’esito della tua missione sarebbe stato diverso se tu fossi arrivato prima degli emissari di Macharius e dei loro vantaggi che ci hanno offerto nel caso accettassi di allearmi con loro”.
“Tra le cose che vi hanno offerto c’è anche la nomina al rango di Governatore Planetario per voi, imperatore?” domandò per curiosità Anduin.
L’uomo annuì.
“Corretto. Ritengono che al momento sono il migliore a ricoprire tale carica, ma siccome il mio regno non è l’unico esistente e gli altri sovrani non si piegherebbero facilmente ad uno solo, penso di optare per una sorta di pacifica alleanza tra i regni, con me come rappresentante”.
“È un buona soluzione” commentò Anduin. “Vi hanno promesso altro?”
“Sì, la liberazione definitiva dalla minaccia di tutti i nostri nemici” confermò il sovrano con una tonalità molto soddisfatta nella sua voce.
“Capisco. E a voi sta bene che loro sconfiggano i vostri nemici per voi?”
“Non sconfitta: epurazione. E non nego che tale prospettiva attira molto sia me che i miei consiglieri”.
Il principe di Roccavento fece passare lo sguardo sui presenti.
“Epurazione? Perdonatemi, sire, ma non vi seguo”.
“Ditemi giovane Anduin, anche su altri pianeti ci sono esseri senzienti non umani?”
“Sì, imperatore. Esistono mondi dove gli unici esseri senzienti che li abitano sono non-umani, come i saggi Protoss, nostri fidati alleati nella Resistenza. Anche sul mio pianeta natale vi sono molti non-umani con cui siamo in buoni rapporti”.
“Buoni rapporti… vi invidio”.
“Sire?”
Karl Franz fissò un attimo il soffitto della sala prima di riprendere il discorso, parlando con grande serietà nella voce.
“Vedete, questo mondo vi sarà parso pacifico ad una prima occhiata, ma non è così. Gli uomini dell’Impero e di altri regni devono spesso impugnare le armi per difendersi.
La prima minaccia è rappresentata da veri e propri popoli di creature non umane le cui mente sono votate unicamente ad uccidere o schiavizzare noi umani. Sono una minaccia costante per tutti gli uomini giusti e liberi e più volte l’Impero ha rischiato molto combattendo contro di loro, e non solo contro di loro!
A nord del mio regno, oltre il Mare delle Zanne, c’è la fredda ed ostile regione di Norsca. E il male che alberga negli uomini di quelle lande maledette è spaventoso. Sono uomini come noi, ma malvagi come molti mostri.
Il Nuovo Ordine ci ha promesso che avrebbe usato le sue forze, come quella fortezza d’acciaio sulle nostre teste, per distruggere questi esseri infidi e cancellarli una volta per tutte dalla faccia del pianeta, liberandoci dalla loro presenza malvagia.
E io e i miei consiglieri siamo d’accordo sui vantaggi che una simile decisione ci darà”.
Gli altri individui presenti nella sala annuirono, facendo intendere di essere d’accordo, mentre il principe di Roccavento era rimasto sconcertato a quel discorso.
“Sbaglio, o la prospettiva non vi aggrada?” commentò Franz osservando la faccia del giovane.
“Naturale” ribatté quello con aria seria ma mantenendo un tono pacato. “Stiamo parlando di un genocidio di esseri viventi. Non solo di non-umani ma anche di umani! Come potete parlarne quasi con gioia?”
Un’ombra cupa passò negli occhi del sovrano dell’Impero, mentre gli altri consiglieri si scambiarono occhiate incredule.
“I tuoi scrupoli che hai appena esternato a noi, Anduin Wrynn, suonano ridicoli alle nostre orecchie. Anche il popolo direbbe che tu sei uno sciocco nel farti questi scrupoli, e che dovresti gioire a questa prospettiva”.
“Come potrei gioire alla prospettiva di un massacro su larga scala? E saranno coinvolti anche uomini come voi se dovesse avere luogo!”
L’imperatore lo fissò negli occhi.
“Credimi Anduin… Il mondo intero esulterebbe come non ha mai esultato prima d’ora alla sparizione di queste creature: ti assicuro su Sigmar e su tutti gli Dèi dell’Impero che la loro malvagità è incommensurabile e considerano noi uomini solo come carne da macello. E per quanto riguarda gli uomini di Norsca… Sono seguaci di divinità oscure e maligne, non sono affatto migliori di molti mostri; anche loro meritano di morire, lo meritano eccome”.
Quel discorso ammutolì Anduin. Indubbiamente Mallus era un mondo molto più duro e brutale di Azeroth, per certi versi ricordava le difficoltà di Sanctuarium, già sotto il controllo del Nuovo Ordine. Eppure non poté evitare di rimanere sconcertato da tutte quelle prospettive.
L’imperatore lo guardò alzando un sopraciglio.
“Le mie parole ti hanno inorridito, lo vedo. Si vede che non sei di questa pianeta, altrimenti la penseresti come me, credimi. Per quanto la prospettiva sia drastica, tagliare i rami malati dell’albero dei non-umani sarà estremamente salutare per tutti” concluse l’uomo distendendosi su trono e allungando le gambe.
“Prima che giungessi sul vostro pianeta non immaginavo che la situazione fosse così difficile” disse Anduin.
“Siamo sopravvissuti. E poi non tutti i non-umani ci sono ostili” replicò Kurt. “Più precisamente i Nani che vivvono nei Monti ai Confini del Mondo e gli Alti Elfi di Ulthuan!”
A quelle parole Anduin alzò la testa incuriosito da quanto affermato. Nani ed Elfi in quel mondo? Strano, anche su Azeroth esistevano quelle specie. Ed anche lì erano alleati con gli uomini. O perlomeno specie che si chiamavano così anche sul suo pianeta natale, chissà quanto si assomigliavano o differivano.
Tuttavia c’era un altro fattore da considerare.
“Avete detto che sono vostri alleati?”
“Sì, e non sono ostili agli uomini” rispose Karl Franz.
“Ne avete parlato col Nuovo Ordine?”
“Sì, e sono rimasti colpiti dal sapere che, nonostante tutto, abbiamo buoni rapporti con alcuni non-umani”.
“Hanno detto cosa faranno in confronto di questi non-umani amichevoli?” chiese Anduin.
“Niente. O meglio, a dir la verità non sono stati chiari. Hanno detto solo che si occuperanno anche di loro, una volta che avrò accettato l’alleanza”.
Anduin prese un respiro. Forse aveva qualcosa per persuadere quel pianeta a non schierarsi col Nuovo Ordine.
“In tal caso devo mettervi in guardia imperatore, ed anche voi consiglieri; i vostri alleati Nani ed Elfi corrono una grave minaccia col Nuovo Ordine, qualora Mallus passerà sotto il loro controllo”.
“Quale minaccia?” domandò il sovrano. “Che gli accadrà?”
Anduin prese un respiro profondo.
“Li uccideranno. Tutti”.
Un mormorio incredulo eruppe tra i consiglieri.
“Cosa?” esclamò qualcuno. “Di che sta parlando?”
“Della verità: il Nuovo Ordine epurerà il pianeta da ogni essere senzienti non umano, compresi quelli buoni”.
“Ma perché?” domandò Volkmar. “Non hanno mai fatto niente di male nei nostri confronti! Perché vorrebbero colpire anche loro?”
“Perché non sono umani”.
Quella risposta da parte del giovane membro della Resistenza lasciò senza parole tutti gli uomini presenti, compreso l’imperatore.
“Ma gli Elfi di Ulthuan e i Nani sono nostri alleati!” esclamò Kurt. “Sono popoli buoni, hanno sempre combattuto le razze malvagie al nostro fianco!”
“Mi dispiace” replicò il giovane Wrynn. “Ma ho letto abbastanza rapporti per sapere che è proprio quello che accadrà”.
Il sovrano dell’Impero rimase allibito, non sapendo quanto ci fosse di vero in quello che diceva il giovane investito del ruolo di ambasciatore.
“Parlami di questi rapporti, cosa dicevano?”
“C’era un pianeta oltre il Segmentum XIII, di nome Maia, dove gli umani erano riusciti a costruire una pacifica convivenza con i non umani del posto. Quando arrivò il Nuovo Ordine per reclamare quel mondo, per i non umani del luogo fu la fine: vennero rastrellati ed eliminati tutti, senza alcuna pietà. Gli umani di Maia provarono a protestare, ma vennero puniti per aver avuto “rapporti nocivi” con gli alieni. Alcuni umani fuggirono e finirono in questo Segmentum, ed è grazie a loro se ci siamo mostrati preparati all’arrivo del Nuovo Ordine.”.
Karl Franz restò per qualche secondo in silenzio, con lo sguardo allibito e stringendo i braccioli del trono.
“E se gli chiedessi di risparmiare almeno loro? Di limitarsi soltanto ai rami malati dell’albero e risparmiare quelli buoni?”
“Purtroppo, sire, conosco abbastanza l’odio del Nuovo Ordine per i non umani da sapere che non ascolteranno la vostra richiesta. Oppure vi chiederanno di sacrificare i vostri alleati in cambio dell’adesione alla loro parte. No, imperatore, prenderanno di mira tutto l’albero, non solo i rami malati. Vi diranno che stare in una Galassia umana, sicura e unita ha più valore rispetto all’esistenza di qualche razza senziente non umana”.
“Ma a cosa è dovuta questa loro volontà di opprimere i non umani?”
“Non opprimerli, imperatore. Sterminarli. Farli sparire dalla faccia della Galassia”.
“Perché?”
“Perché la Galassia appartiene all’Uomo e all’Uomo soltanto. Questo afferma il Nuovo Ordine nella sua propaganda”.
Tutti i più importanti esponenti dell’Impero riuniti in quella sala rimasero a lungo ammutoliti di fronte a quella sconvolgente rivelazione. Qualcuno si chiese se non fossero fandonie, ma la voce e l’espressione del giovane ambasciatore erano cariche di tristezza e disapprovazione per quegli atti orribili raccontati.
Karl Franz tenne  lo sguardo chino, per poi farlo passare sugli uomini presenti nella sala.
“Ascoltate… i Nani dei Monti ai Confini del Mondo sono sempre stati nostri amici ed alleati dell’Impero, sin dai tempi della fondazione; non possiamo abbandonarli alle grinfie nel Nuovo Ordine. Né loro né gli Alti Elfi di Ulthuan”.
Tutti gli altri membri del consiglio, dal capo dei Collegi della Magia Balthasar Gelt, al generale Kurt Helborg fino al Gran Teogonista Volkmar diedero il loro assenso a questa idea.
“Tuttavia” ribatté Kurt, “non dobbiamo dimenticare la portentosa forza militare del Nuovo Ordine che noi ci sogniamo di eguagliare!”
“Il nobile Helborg ha ragione” disse Balthasar prima di rivolgersi ad Anduin. “Potete garantirci immediato supporto militare?”
Anduin sospirò, ricordando le discussioni sulla situazione al fronte.
“Sarò sincero con voi. No, la Resistenza non può garantirvi un immediato supporto militare, e la prospettiva di trasformare l’intero pianeta in un campo di battaglia dove due fazioni si combatteranno ferocemente per il suo possesso è alta”.
Karl Franz strinse le mani sulle ginocchia.
“Quindi cosa suggerisci? Se rifiutiamo la proposta di alleanza col Nuovo Ordine, una guerra mai vista prima d’ora devasterà le nostre terre, mentre se accettiamo l’offerta di alleanza con Macharius dovremo sacrificare i nostri antichi alleati… Come vedi entrambe le scelte non sono positive per noi”.
Il giovane Wrynn rimase per un lungo momento in un silenzio riflessivo, tenendo la mano poggiata sul mento, per poi dire:
“Non è esatto: esiste una terza soluzione”.
 
***
 
All’esterno del palazzo imperiale si stava ormai facendo notte, e la maggior parte degli abitanti di Altdorf cominciava ad avviarsi verso le proprie case o si attardava alle taverne. Nel frattempo la grande astronave rimaneva sospesa sopra la città, silente, immobile e minacciosa.
Quel che rimaneva del Team Rogue si attardava per le strade attorno al palazzo lanciando di tanto in tanto occhiate l’astronave nemica.
“Mi chiedo come starà andando per loro…” borbottò Leah strusciando i piedi sulla strada.
“Garrett ci ha contattato tramite comlink un paio d’ore fa che l’infiltrazione nell’edificio era riuscita e che sarebbe rimasto in attesa del nostro leader del team” replicò Kyle. “Se non ha ancora contattato vuol dire che non è accaduto niente di male”.
In quel mentre il comlink vibrò.
Hugh ascoltò attentamente la trasmissione dall’altro capo, per poi annuire e dire: “D’accordo, passo e chiudo”.
“Buone notizie!” comunicò felice al gruppo. “Anduin e Garrett stanno per tornare!”
Il gruppo tirò un sospiro di sollievo. Avevano temuto seriamente che la missione sarebbe andata male, specialmente che il loro compagno fosse morto o catturato per mano dei soldati del Nuovo Ordine.
“Fortunato bastardo, alla fine ce l’ha fatta, eh?” commentò Johanna.
Il resto del Team vide dopo alcuni minuti tre figure dirigersi verso di loro. Davanti riconobbero Anduin e dietro di lui Garrett.
“Anduin! Ce l’hai fatta, alla fine!” lo salutò Richard, mentre il giovane Wrynn ricambiò il saluto con un sorriso.
L’attenzione del gruppo però si volse sulla terza figura: una giovane donna dotata di un elaborato bastone e di una lunga veste blu notte.
“E lei chi è?” chiese Christine.
“Isabella, è una amga del luogo” la presentò Anduin. “L’imperatore Karl Franz e il Patriarca Supremo dei Collegi della Magia desiderano che venga con noi”.
“Allora l’incontro col sovrano di questi luoghi è andato bene?” domandò Kyle, supponendo ciò.
Anduin lanciò uno sguardo all’astronave sospesa in cielo prima di rispondere.
“Prima togliamoci dalla loro traiettoria”.

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Capitolo 8
*** Decisione ***


Capitolo 8 - Decisione

Scintillan Fusilier Master of Ordnance2
Colonnello Eli Hamsha


 
 
Il mattino seguente, il Sole tornò ad illuminare ancora una volta la città di Artdolf. Gli abitanti della capitale dell’Impero si svegliarono e un poco alla volta ripresero le loro solite faccende quotidiane.
Sarebbe stato tutto normale se non fosse stato per quella gigantesca nave che continuava a pendere sulle loro teste.
Un po’ di disagio lo metteva, ma finché restava lì e non accennava a fare qualcos’altro, specialmente qualcosa di ostile, si cercava di ignorarla e di proseguire con la giornata.
All’interno dl palazzo imperiale, lungo uno dei tanti corridoi corredati da vetrate ed arazzi disposti ad intervalli regolari, camminavano l’ambasciatore di Macharius e il colonnello Hamsha, scortati da una guardia in armatura ed armata di spada, diretti verso l’imminente udienza con l’imperatore.
Quella mattina avrebbero saputo la decisione finale del sovrano dell’Impero.
“Sono sicuro che sua maestà farà la scelta giusta” commentò l’ambasciatore. “D’altronde perché schierarsi con la Resistenza? La stiamo già mettendo abbastanza sotto pressione ed è solo questione di tempo prima di una loro sconfitta!”
“Senza alcun dubbio” commentò Hamsha camminando a passo spedito per il corridoio. “Però… la nave che quel Wrynn ha usato per giungere qui… le scansioni non l’hanno rivelata in orbita del pianeta o in qualche luogo di questo”.
“A quest’ora l’avremmo già trovata, giusto? Probabilmente se ne sono già andati”.
Il colonnello scosse la testa.
“I radar avrebbero segnalato immediatamente che in zona una nave avesse compiuto il salto a velocità a luce. No, sono ancora qui sul pianeta. Se non riusciamo ad individuarli è perché utilizzano un sistema di invisibilità e schermatura integrato loro astronave.”
“Hanno inventato una grande tecnologia sui pianeti della Federazione!” commentò l’ambasciatore.
“No, si tratta di tecnologia inventata da quegli alieni chiamati Protoss” replicò il militare.
“Efficace, ma grazie alle informazioni raccolte sul campo so che ha un punto debole: non può durare in eterno” proseguì Hamsha. “Prima o poi la batteria della schermatura si esaurirà, inoltre saranno obbligati per forza a disattivarla prima di fare il salto a velocità luce. Se la schermatura è attiva, infatti, il salto non funziona”.
Il suo accompagnatore annuì, in segno di aver capito.
I due, sempre scortati dalla guardia giunsero al grande portone che dava alla sala del trono. Due guardie, poste a fianco dell’entrata, lo aprirono una volta che li videro arrivare, e la loro guida si fece da parte, così che i due entrarono nella sala.
Tutti i membri più importanti della capitale o dell’Impero erano riuniti seduti in semicerchio attorno al trono, trono su cui era sempre seduto l’imperatore.
Quando gli occhi di tutti si puntarono su di loro, l’ambasciatore per un attimo pensò che l’azione commessa da Hamsha ieri li avesse resi più gelidi e maldisposti nei loro confronti. Infatti son si erano portati dietro i due soldati di scorta per dare un’idea più pacifica ai loro interlocutori.
Ma Karl Franz li accolse con una cortesia che parve genuina.
“Spero che abbiate goduto di un buon riposo” esordì.
“Sì, maestà, la vostra ospitalità è stata piacevole” rispose l’ambasciatore.
Preso un respiro profondo, Karl Franz parlò con decisione ai due stranieri.
“Non vi tratterrò al lungo e verrò subito al nocciolo della questione: ho riflettuto tutta la notte sulla questione dopo aver sentito anche l’ambasciatore della Resistenza, oltre a voi, ed alla fine ho preso una decisione”.
Detto questo stette per tre secondi in silenzio, mentre nell’aria della sala si avvertiva un forte tensione.
Fu l’ambasciatore il primo a rompere quel silenzio.
“Ebbene? Qual è la vostra scelta?”
Karl Franz non si fece attendere molto per la risposta, che giunse immediata.
“Neutralità”.
Quella parola fece spalancare gli occhi per la sorpresa ai due inviati di Macharius. Il colonnello Hamsha lanciò un’occhiata confusa all’ambasciatore, il quale, ripreso il controllo di sé, domandò:
“Come sarebbe a dire?”
“Sarebbe a dire che non intendo schierarmi con nessuna delle due fazioni in guerra. Almeno per ora”.
Dato che i due interlocutori avrebbero gradito delle spiegazioni, l’imperatore non le fece attendere.
“Questa guerra ch sta imperversando per il settore affidato al governatore Macharius non entusiasma nessuno di  noi. So che il nostro pianeta è piuttosto isolato rispetto agli altri, e voglio sperare che voi del Nuovo Ordine no abbiate intenzione di coinvolgerci nella guerra, ma nessuno di noi è sicuro di schierarci con qualcuno in una situazione simile. E nemmeno io, in effetti.
Abbiamo concordato che abbiamo fin troppe cose di cui occuparci attualmente ed essere coinvolti in un conflitto che manderebbe tutto ciò che consociamo ed amiamo in rovina non ci piace per niente.
Perciò, ecco la mia decisione: sconfiggete la Resistenza, concludete questa guerra, e io e gli altri sovrani umani di Mallus saremo ben felici di unirci in una Galassia più salda e sicura”.
La decisione era stata presa dall’imperatore ed era irrevocabile, anche se il Nuovo Ordine non l’avrebbe presa molto bene questa adesione alle sue fila messa in “forse”.
Però non avevano opposto un rifiuto, sarebbe stato da folli farlo, specie considerando che la Resistenza non potevo mandare immediatamente truppe e navi a difendere un lontano pianeta primitivo da una sicura invasione militare.
Così si erano “salvati” optando per una posizione d’attesa che aveva anche parecchi motivi logici dietro. Una scelta buona, ma nella delegazione di Macharius c’era chi sia spettava tutt’altro risultato.
Hamsha imprecò mentalmente contro Anduin Wrynn: era certo che dietro la decisione di Karl Franz ci fossero le sue parole dette ieri. Certo, il pianeta non si era schierato ufficialmente con la Resistenza, ma quel ribelle che era riuscito a scombussolare i progetti di Macharius.
Però, la neutralità di Mallus (che sarebbe stata rispettata fino a nuove offerte e richieste) era dovuta alla sopravvivenza della Resistenza. Per trasformarla in alleanza, dovevano solo vincere una guerra, no?
Hamsha ritenne, con parecchia fiducia, che potevano vincerla in poco tempo, massimo due anni. Non sarebbe durata ancora per molto.
Una domanda gli balenò improvvisa nella mente: il ribelle dov’era?
“Non era la risposta che ci aspettavamo” commentò l’ambasciatore. “Ma immagino che abbiate ponderato con grande attenzione la questione. E sia! Da politico, posso garantirvi che la neutralità sarà rispettata fin quando lo desideriate. Riferirò immediatamente al governatore Macharius la vostra decisione”.
Il colonnello a questo punto fece un passo avanti, superando l’ambasciatore.
“In tal contesto avrei una domanda importante da porre a sua maestà!”
Dopo che il sovrano gli ebbe fatto di cenno di parlare, chiese: “Quel ribelle che ha parlato con voi ieri… Dov’è adesso?”
“Lo ignoro” fu la tranquilla risposta.
Il viso di Hamsha diventò più duro e cominciò a sospettare qualcosa.
“Attento, imperatore, se lo state nascondendo a noi…”
“Non sto nascondendo un bel niente” l’uomo bloccò l’ammonimento del militare. “Ripeto: ignoro dove egli sia: se n’è andato per la sua strada non appena l’ho congedato dalla sala del trono. E nel caso ve lo chiediate, no, non mi sono curato di dove sia andato”.
“Per il bene del regno spero che quanto appena raccontato corrisponda a verità!”
Tra i consiglieri si levò un brusio ostile, mentre lo stesso sovrano corrugò la fronte, assumendo un’aria dura. L’ambasciatore provò con lo sguardo a bloccarlo, ma quello ormai si era lanciato nella sua oratoria.
“Ricorda Karl Franz, sarai anche un imperatore qui, ma il tuo regno è piccolo paragonato al resto del pianeta. E piccolo è un singolo pianeta paragonato al Segmentum XIII governato da Lord Solar Macharius. Quindi attento: noi accetteremo la tua neutralità, ma tieni bene a mente che sin dall’inizio di questa guerra il governatore Macharius ha emanato una legge secondo la quale chiunque dia rifugio o aiuto di qualche genere ai ribelli verrà considerato un ribelle egli stesso e come tale verrà trattato!”
“Come osi minacciare l’imperatore?” sbottò Kurt alzandosi dallo scranno, la mano sull’elsa della spada. Anche molti altri presenti erano palesemente indignati, e lo steso imperatore lo fissava con un espressione più dura di prima.
“Non è una minaccia è un avvertimento!”
“Ah sì?” replicò sua maestà. “E dove starebbe la differenza?”
Fu l’ambasciatore a cercare di mettere una pezza.
“Vi chiedo scusa per l’eccessiva enfasi dl Colonnello Hamsha, sire, si è lasciato trascinare dal suo ardore per la causa del Nuovo Ordine, ma vi assicuriamo che non è nostro interesse danneggiare pianeti neutrali. Voi ci avete detto quale sarà la nostra posizione e la vostra posizione e la rispetteremo, prendo quindi congedo da voi”.
L’imperatore alzò la mano destra per bloccarlo.
“Una domanda prima: è vera questa storia sulla legislazione di Macharius?”
Nella corte piombò un silenzio tombale prima che si sentisse la risposta.
“Il governatore si è trovato costretto a prendere provvedimenti drastici, date le circostanze del conflitto in corso che impongono una serie di situazioni complicate e difficili”.
“Ho capito” replicò Karl Franz. “Ambasciatore, ribadisco la mia posizione di neutralità fino alla fine della guerra, potete riferirla al governatore Macharius. Detto questo, direi che la riunione è sciolta. Immagino che voi due tornerete subito al vostro mondo di partenza. In tal caso, mi congedo da voi”.
“E così faremo noi, imperatore” ribatte l’ambasciatore chinando il capo ed uscendo dalla sala, subito imitato e seguito da Hamsha.
I due camminarono per i corridoi del palazzo in silenzio pensando di tornare sulla nave in orbita sopra la città.
Svoltato un angolo del corridoio, l’ambasciatore mormorò al suo compagno:
“Credo che quella filippica potevi risparmiartela”.
“Storie, se non avessimo sin da subito fatto capire a quelli che fanno parte della Resistenza che non bisogna mordere la mano che ti offre da mangiare ci saremo evitati molti problemi!”
Il militare accelerò poi il passo.
“Forza ora, cerchiamo di trovare quei dannati ribelli, prima di tornare a casa!”
 
 
“Molto bene, secondo le coordinate siamo nella zona giusta”.
All’annuncio del pilota, Anduin si affacciò dal finestrino della cabina di pilotaggio.
Così quella era la desolazione che cercava. Circa millecinquecento anni fa un meteorite si schiantò su una delle città più ricche dell’Impero, nonché la capitale della provincia imperiale chiamata “Ostermark”, distruggendola e decimandone i disgraziati abitanti.
A distanza di così tanti secoli, la zona conservava ancora le cicatrici della devastazione: vi erano le rovine di una grande città disabitata attraversata a metà da un fiume, una metà era ancora intera, sebbene diroccata e con diverse brecce nelle mura di pietra, l’altra metà invece era completamente devastata da un grande cratere che aveva scavato e divelto il terreno, e solo pochi rimasugli di muri rimanevano ancora in piedi.
Tutta la zona trasmetteva un’aria cupa e desolata, accentuata dal cielo coperto nubi grigie, e sul terreno circostante spiccavano lunghe cicatrici che irradiavano una strana luce verde marcio.
Vendendolo, Anduin concordava con quelli che dicevano che fosse un brutto posto, ma quel luogo gli serviva per il suo piano. Sperando che funzionasse.
“Atterrate sui confini della zona, cerchiamo di evitare le zone più pericolose del luogo”.
La Fellowship iniziò così la manovra d’atterraggio, descrivendo cerchi sempre più stretti per poi atterrare con tranquillità presso un gruppo di alti alberi vicino ai resti della città.
Una volta che i pedali si furono poggiati sulla terra sottostante e i mori furono spenti, Anduin andò dai compagni di squadra la maggior parte dei quali riuniti in una stanza e seduti lungo un tavolo bianco.
“Bene, siamo giunti a destinazione. Se volete potete scendere per sgranchirvi le gambe, state solo  mimetizzati tra gli alberi, per sicurezza”.
“Sì, buona idea” borbottò la maga imperiale alzandosi.
Isabela non aveva una bella cera: era pallida e la bocca tesa in una smorfia.
“Mal d’aria?” chiese Johanna.
“Mi sto riprendendo”.
“Tranquilla, anch’io ho avuto lo stomaco in subbuglio, la prima volta che ho volato” commentò Richard. “Deve essere una caratteristica di noi abitanti dei “mondi primitivi” ogni volta che saliamo su un affare volante di metallo”.
“Guarda che anche gli abitanti di non primitivi soffrono il mal d’aria” ribatté la Mason.
“Mh… allora il motivo di fondo è…”
“Che la Natura non ci ha fatto per volare” concluse Isabela.
Una volta che il portello principale del mezzo spaziale fu aperto e la scaletta calata, il team al completo, preceduto da Anduin, scese dirigendosi verso un folto gruppo di alberi dall’alto fusto.
L’ultima a scendere fu la maga dell’Impero. Guardò da destra a sinistra la cupa e poco allegra area circostante.
“Mordheim. La Città dei Dannati. O almeno quel che ne rimane. Nemmeno nei miei sogni avrei mai immaginato che avrei messo piede qui o l’avrei vista coi miei occhi. Questo posto porta male.”
“Sì, non ha proprio un’aria allegra” disse Kyle.
“Che cos’è quello? Come mai quella fenditura nel terreno emana una tale luce verdastra?” domandò Leah indicando un lontana fenditura nel terreno posta vicino ai ruderi.
“Quella la luce la emana la Warpietra, deve essersi sviluppata una fonte lì” mormorò diffidente Isabela.
“Cos’è la Warpietra?”
“Magia solidificata, in parole povere. Ma si tratta di magia malvagia. Non toccarla, nessuno di voi la tocchi:, se non volete ritrovarvi spiacevole mutazioni sul copro!”
“Tipo?”
“Tipo un occhio o un braccio in più. Oppure diventi uno schifo che ha poco di umano: fidatevi, la warpietra è pericolosa e noi non abbiamo i mezzi per raccoglierla senza correre rischi, perciò tenevi lontani”.
Thorvald borbottò qualcosa che gli altri non capirono e fece un gesto di scongiuro; la sua mentalità da abitante di un mondo primitivo gli causava una forte diffidenza verso quella roba intrisa di malvagità.
Garrett scrutò da dietro gli alberi quella fenditura incriminata. Condivideva la diffidenza della maga, dopotutto nella sua carriera da ladro sul suo mondo si era imbattuto in un paio di occasioni in oggetti strani. In tali occasioni aveva preferito evitarli, dato che il suo istinto presagiva guai, ma se il furto dell’oggetto strano avveniva su commissione era lacerato dalla diffidenza o dalla possibilità di essere giustamente remunerato per il lavoro.
 “Parlami di più di questa Warpietra” disse alla maga. “È giusto sapere cosa potremmo aspettarci”.
Quella scosse la testa.
“Non c’è altro da aggiungere: la sua magia è di origine maligna e nella sua forma grezza ha terribili poteri mutageni. Solo nella sua forma raffinata si può maneggiare con relativa sicurezza, ma per il resto nessun mago di buon’anima vorrebbe averci niente  a che fare.
In passato si riteneva che la warpietra poteva essere utilizzata dagli alchimisti per trasformare i vili metalli in puro oro. Dopo la distruzione di Mordheim, si formarono diversi giacimenti di Warpietra nella zona, causati dalla cometa, e centinaia di avventurieri partirono per i ruderi della città sperando di far fortuna.
Sotto il regno di Magnus il Pio si scoprì che la Warpietra era di origine maligna: il suo uso fu quindi  vietato in tutto il territorio del’Impero e la formula della pietra filosofale per creare l’oro fu distrutta”.
“Una scelta saggia presumo”, commentò l’uomo. “Certe cose è meglio lasciarle dove sono”.
“Già, peccato che certe scelte non valgono per individui senza scrupoli”.
Anduin si era limitato ad ascoltare quello scambio di battute.
Quel pianeta svelava continuamente nuovi aspetti, molti dl quali innegabilmente brutti, ma dalle storie che aveva sentito, sapeva che la fuori nella Galassia c’erano diversi mondi in situazione complicate. Certo, con ciò non negava che molti mondi fossero pacifici ed ignorassero la guerra, pur non mancando di sicuro di problemi interni.
Mallus però aveva qualcosa di particolare che ancora non sapeva definire, forse la sua magia che un mago come lui sentiva nel vento nei venti stessi.
Alzò lo sguardo al cielo, chiedendosi quando sarebbe apparsa la nave nemica. Considerando l’autonomia che aveva il dispositivo di schermatura probabilmente li avrebbero individuato domani mattina, però, ora come ora, non era neanche mezzogiorno, c’era tempo per organizzare tutto.




Cari lettori e lettrici, mi scuso se i capitoli escono con frequenza lenta, ma ho diversi altri impegni nella vita che mi prendono tempo. In ogni caso questa storia va avanti e continuerà ad andare avanti. Col chap di oggi segnalo l'uscita di Battle for Azeroth, ultima espansione per World of Warcraft, una delle opere presenti in questa fic. Precisione sugli eventi del mondo di Azeroth: siamo poco dopo i fatti di Warlords of Draenor, quelli di Legion non si sono ancora verificati.

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Capitolo 9
*** Storie della Galassia ***


Capitolo 9 - Storie della Galassia


Map galaxy 02
La galassia nota come Via Lattea

 
Seduti in cerchio tra gli alberi, i membri del Team Rogue erano intenti a consumare alcune gallette come pasto. Nessuno aveva molto appetito, ma non era preferibile continuare a stomaco vuoto.
La sonda Probius levitava nei dintorni, tenendo d’occhio l’area.
Isabela, la maga imperiale che si era aggregata almeno temporanemante al gruppo per essere lo sguardo dell’Impero in quella faccenda sedeva su un masso ed esibiva uno sguardo più nervoso degli altri, che all’apparenza apparivano abbastanza tranquilli.
“Tutto a posto? Sei spaventata per la prossima battaglia?” le domandò Kyle.
“No, sono solo un po’ nervosa”.
“Normale” commentò Thorvald. “Lo ero anch’io alle prime battaglie”.
“Non è la prima volta che combatto: l’ho già fatto otto mesi fa al confine con le terre di Sylvania. Mi avevano incaricato di supportare una truppa imperiale nell’eliminazione di un vampiro isolato e del suo piccolo esercito di non-morti”.
Masticata la galletta, girò lo sguardo su Anduin, seduto alla sua destra.
“Abbiamo un po’ di tempo prima di cominciare agire contro quelli del Nuovo Ordine ancora in zona. Mi parleresti degli altri mondi e di quanto c’è dietro al Nuovo ordine e alla Resistenza?”
“Pensi che un po’ di chiacchierare ci saranno utili?” chiese Garrett.
“No, ma mi aiuterà a distrarmi”.
“Mi piacerebbe molto parlartene” disse Anduin. “Ma questa storia è bella lunga, per capire tutta la situazione ed avere un’ottima visione d’insieme è meglio cominciare da lontano…”
“Fai pure, tanto noi la storia la conosciamo già” disse Garrett.
“Il sistema di occultamento della nave è ancora attivo e d’altronde, abbiamo programmato di iniziare oggi pomeriggio” concluse Christine.
Anduin annuì e decise di accontentare la sua interlocutrice.
“Inizierò con una domanda. Dimmi Isabela, qual è l’origine degli uomini su questo mondo?”
La maga gli restituì uno sguardo confuso.
“Cosa vuoi dire?”
“Intendo dire, gli esseri umani che abitano questo mondo da dove sono arrivati? Quando sono apparsi nel mondo? E per quale opera? Presumo che i saggi del tuo Impero si siano posti queste domande”.
Isabela si toccò il mento, pensierosa.
“Oh… A dir la verità, nessun sapiente conosce l’esatta origine della razza umana, ma ancestrali leggende parlano della sua creazione ad opera di antiche e potenti divinità”.
Il principe di Roccavento annuì.
“Lo immaginavo. Anche noi uomini di Azeroth vivevamo in un’ignoranza simile”.
“Idem noi su Sanctuarium” si aggiunse Leah.
Anduin riprese il racconto.
“Ti dirò questo Isabela: tutti gli uomini che abitano i mondi di questo Segmentum ed oltre, hanno tutti una comune origine, e no, le divinità non c’entrano niente. Essi sono come dei… coloni”.
“Coloni?”
Ormai Wrynn aveva catturato l’attenzione della maga imperiale e venne subito al sodo.
“Tutti gli uomini presenti in questa galassia, nota come Via Lattea, sono in realtà originari di uno dei tanti pianeti situati in tale galassia, un pianeta chiamato “Terra”.
Trentamila anni fa, gli uomini esistevano unicamente sulla Terra: esso era il loro mondo d’origine. Per secoli gli umani si erano diffusi su quel mondo moltiplicandosi grandemente e facendo grandi progressi nel livello tecnologico. Le industrie aumentarono diventando sempre più sofisticate, mezzi di trasporto terrestre, marittimo ed aereo vennero fabbricati e permisero viaggi su lunghe distanze per quel pianeta. Pure l’industria bellica compì passi da giganti, speso più nocivi che altro. E fu allora che, lasciatisi alle spalle ogni traccia di società primitive e pre-industriali, gli uomini cominciarono a guardare con desiderio le stelle nel cielo.
Si chiesero se erano davvero solo nell’universo se oltre quel firmamento non c’erano altri pianeti simili al loro. Inoltre stavano diventando molto numerosi e temevano che il loro pianeta non avrebbe retto troppi umani su di esso. Questo avanzamento tecnologico fu la prima parte della cosiddetta “Era del Progresso”: in seguito gli umani iniziarono a costruire navi volanti d’acciaio (simili a quella su Altdorf) con cui attraversare il vuoto tra i mondi e fu così che stabilirono basi e colonie fuori dalla Terra. Prima sulla Luna, poi su Marte un pianeta vicino situato nello stesso sistema salare che resero abitabile con un lungo lavoro, ed infine i satelliti degli altri pianeti più lontani da Marte. Il tutto nel loro sistema solare.
In seguito gli uomini di scienza riuscirono a dotare le loro navi spaziali di motori che consentivano viaggi alla velocità della luce e, grazie a ciò, furono in grado di superare il sistema solare e partire con innumerevoli coloni verso l’ignoto.
Immagina: decine di grandi navi d’acciaio, migliaia di coloni, che viaggiano tra le stelle, in cerca di una nuova casa. Fu così che,  lentamente ma con costanza, ed entrando in contatto con razze non umane, che gli abitanti della Terra si diffusero nella maggior parte della Galassia, fondando colonie autosufficienti sui più svariati pianeti”.
Anduin prese un pausa e Isabela lo fissò affascinata.
“Quindi è questa la nostra origine? Tutti gli uomini di questo mondo e degli altri, vengono da… da questa Terra?”
“Esatto” replicò Wrynn. “Capisco che tutto quello che ti ho narrato suona assolutamente incredibile, ma anche tutti noi, i nostri popoli e i nostri  pianeti hanno ignorato per lungo tempo la verità, alcuni la conservavano sottoforma di leggende e miti. Altri invece ne erano consci, ma non avevano mezzi o risorse per costruire astronavi o comunicare con altri pianeti e se potevano farlo era col sistema solare più vicino al loro”.
“Come dalle mie parti” intervenne Hugh sistemandosi gli occhiali. “Gli uomini del mio pianeta, Calderis, erano consapevoli che fossimo giunti da un lontano pianeta, ma da tempo avevano perso la capacità di viaggiare nello spazio o comunicare con altri pianeti”.
"Stesso discorso vale per il mio pianeta” disse Christine. “Ed anche per il suo” aggiunse, accennando con la testa a Johanna.
La maga imperiale aveva però ancora parecchie perplessità, che espresse subito.
“Eppure su questo pianeta non ci sono resti di navi volanti d’acciaio come la vostra o quella del Nuovo Ordine”.
“Sicuramente sono diventate polvere di ruggine da secoli” disse Richard spolverandosi il capello.
“Ruggine da secoli?”
La maga cominciò a riflettere.
“Cosa è cambiato dalla grande colonizzazione dei mondi?”
“Molte cose, mia cara, ma lascerò che sia il nostro leader a continuare”.
“Richard dice il giusto, la storia non è ancora finita e si estende nell’arco di molti secoli” riprese Anduin. “Circa quindicimila anni fa ebbe inizio quella che viene ufficialmente chiamata Era della Tecnologia o Oscura Era della Tecnologia”.
“Perché “oscura”?”
“Perché molti dei progressi tecnologici sono andati perduti. Come intuirai quest’epoca fu l’apice della tecnologia umana e dell’espansione dei terrestri nella Via Lattea che, grazie ai viaggi alla velocità della luce, si spinsero fino agli angoli più remoti e lontani.
Fu un’epoca d’oro per gli umani: per secoli, il viaggio, le scoperte e i progressi erano all’ordine del giorno. Tutte le fonti narrano di questi splendori che durarono per dieci secoli. Poi, tutto finì.”
“Come?”
“Durante quest’epoca, gli uomini, nella loro arroganza, costruirono gli Uomini di Ferro, sorta di macchine umanoidi dotate di un’avanzata intelligenza artificiale. Un po’ come il nostro amico Probius, ma di aspetto umano e più intelligenti.
Per secoli gli Uomini di Ferro servirono con obbedienza e grande efficienza gli umani. Ma un giorno, per motivi mai chiariti del tutto, si rivoltarono contro i loro creatori. E una guerra mai vista prima mise a ferro e fuoco la Galassia.
Alla fine, questa terribile rivolta venne soppressa e gli Uomini di Ferro vennero tutti distrutti, ma il costo fu altissimo. Un numero incalcolabile di umani era stato ucciso, molti mondi erano devastati e la forza economica e l’unità politica delle colonie umana era irrimediabilmente compromessa. Ma questo fu solo l’inizio: enormi ed estensive tempeste magnetiche si propagarono per tutta la Via Lattea, impedendo comunicazioni tra la Terra e la maggior parte dei pianeti umani, e rendendo difficili se non impossibili i viaggi interstellari”.
Sul piccolo campo era calato il silenzio. Tutti ascoltavano la storia di Anduin, persino quelli che la conoscevano già.
“Fu così che, cinquemila anni fa, iniziò l’Era del Conflitto. Un periodo in cui i mondi umani sprofondarono nell’anarchia totale, non si aveva modo di comunicare con qualcuno al di là delle stelle e perciò si contava solo su sé stessi. L’assenza di un governo centrale non facilitò le cose e diede il via a lotte civili per il potere e a colpi di stato. Inoltre alcuni popolazioni aliene né approfittarono per colpire i pianeti umani con intenzioni ostili.
Molta della tecnologia precedente collassò e diversi mondi umani regredirono, dal punto di vista tecnico e sociale, a stili di vita pre-industriali. È il caso del mio mondo, o di quello di Leah e sicuramente del tuo”.
Nel campo non si sentiva volare una mosca. Tutti avevano rivolto gli occhi sul giovane erede al trono di Roccavento, in particolare modo la maga imperiale.
“Tutto quello che mi hai narrato è indubbiamente straordinario… Ma dimmi, cosa c’entra questo Nuovo Ordine?”
Dopo aver bevuto un sorso d’acqua dalla borraccia, Anduin non si fece pregare dal rispondere alla donna.
“Il Nuovo Ordine è un’organizzazione politica fondata sulla Terra un secolo fa o forse anche di più. Come puoi immaginare anche la Terra piombò nell’anarchia e nella violenza durante l’Era del Conflitto. Ma quando le fazioni in lotta furono completamente fiaccate e frustrate da lotte che non portavano a niente, molte personalità importanti fondarono questo partito col preciso scopo di far cessare i conflitti tra gli uomini e dare unità al pianeta. In due anni il partito riuscì nel suo scopo ed inoltre cementò un’alleanza con l’Adeptus Mechanicus stazionato su Marte, guadagnandosi l’appoggio di esperti tecnici ed ingegneri.
Nello stesso periodo, inoltre, le tempeste magnetiche un poco alla volta sparirono dalla Via Lattea rendendo di nuovo possibili, dopo millenni, i viaggi interstellari e i contatti tra i mondi, se si aveva la giusta tecnologia per eseguire tali azioni.
Il Nuovo Ordine colse la palla al balzo e dichiarò che l’Era del Conflitto era finita: ora cominciava l’Era della Riunificazione. Lanciò così una lunga serie di campagne militari volte a riunificare sotto un unico governo i discendenti delle colonie umane della Via Lattea e a sancire il predominio della razza umana tra le stelle, combattendo contro alieni e umani che rifiutavano di sottomettersi ad un governo centrale.
Alcuni fuggiaschi politici che disapprovavano i metodi spietati del Nuovo Ordine, e che per questo venivano ricercati come sovversivi, giunsero nel Segmentum XIII, che stava venendo organizzato a settore da riunificare al governo, e trovarono riparo nella Federazione dei Sistemi Koprulu.
Essa comprendeva tutti quei pianeti umani che erano riusciti a comunicare e ad unirsi da circa cinquant’anni per via della cessazione delle tempeste magnetiche e avevano stretto buoni rapporti con gli alieni del pianeta Aiur.
Messo in guardia dai fuggiaschi, il presidente della Federazione, Valerian Mengsk, cercò un soluzione diplomatica tentando un’indipendenza dal governo centrale, vista la solidità della Federazione. Ma vista la linea dura adottata dal governatore del Segmentum, non si trovò altro da fare che combattere. La Federazione ed Aiur diventarono i leader e la maggior forza militare di tutti quei pianeti che si opponevano in questo angolo di Galassia al Nuovo Ordine; alcuni pianeti umani si sono uniti alla cosiddetta “Resistenza”, altri sono stati occupati dal Nuovo Ordine ed evacuati dei loro dissidenti e… beh, eccoci qui” concluse Anduin.
“Eccoci qui nella merda, vorrai dire!” replicò Johanna con un ghigno.
“Che finezza, signora” ridacchiò Richard.
“Che c’è? Mica ho detto una bugia!”
“Okay, non hai tutti i torti” commentò Christine. “D’altronde non è che dalle nostre parti ce la passassimo meglio, almeno alcuni di noi. E l’arrivo del Nuovo Ordine non ha portato alcun miglioramento”.
“Perché?” chiese con curiosità la maga e Chrsitine non si fece pregare dal rispondere.
“Su Typhoon la mia gente, insieme ad altri gruppi, viveva abbastanza tranquillamente in una città e credeva per lungo tempo di essere tutto ciò che rimaneva in vita della civiltà umana. Poi scoppiarono dannosi conflitti interni e in seguito scoprimmo che quella città era solo un fottuto esperimento scientifico operato da umani che speravano di trovare una soluzione a problemi genetici che affliggevano da tempo le masse. Il Nuovo Ordine giunse sul pianeta proprio quando gli scienziati considerarono l’esperimento “fallito” e Macharius si offrì di epurare il problema completamente”.
Fece un gesto con la mano per indicare la drastica azione del governatore.
“La Resistenza non riuscì ad impedire al Nuovo Ordine di annettere Typhoon al suo dominio, ma riuscì a salvare buona parte degli abitanti di quella città”.
“Da noi è successa una cosa simile” intervenne Hugh. “Il mio pianeta natale, Calderis, aveva una popolazione numerosa e civilizzata. Non avevamo astronavi, ma si viveva abbastanza tranquillamente, ma un eruzione solare prima, e una devastante epidemia poi, decimarono le persone e portarono al crollo della civiltà. Un gruppo di scienziati, riuniti in una organizzazione chiamata “C.A.T.T.I.V.O.” tentò una soluzione per riparare parte dei danni che coinvolse molti ragazzi e ragazze e ragazzi, tra cui io.
Venimmo privati dei ricordi della nostra vita (ad eccezione del nostro nome di battesimo), divisi in due gruppi separati, uno composto da maschi e uno da femmine e fummo rinchiusi in grandi e pericolosi labirinti. Questo perché volevano verificare la nostra apparente resistenza all’epidemia e studiare la nostra capacità di sopravvivenza in un ambiente ostile. Il Labirinto non fu una bella esperienza per noi Radurai, ed ancora mi sembra incredibile che potemmo finalmente uscirne”.
Hugh mostrò uno sguardo cupo mentre ripensava a quelle vicende in cui aveva rischiato più volte la vita.
“Fu un’avventura lunga e difficile la nostra, ma grazie ad alcuni oppositori locali e a Thomas, leader del nostro gruppo, riuscimmo alla fine a risolvere la minaccia rappresentata dall’organizzazione e a costruirci il futuro. Poi arrivò la Resistenza che offrì assistenza e supporto agli umani di Calderis, e il Nuovo Ordine scoprì tardi il nostro pianeta per arruolarci nelle sue file”.
Isabela li osservò a lungo stupefatta.
“Le vostre storie sono incredibili. E brutte. Dovete averne passate di ogni tipo”.
“Non hai partecipato o visto gli Hunger Games del pianeta Meridian, maga” disse Johanna evitando lo sguardo degli altri. “Credo che i tuoi concetti di brutto cambierebbero parecchio alla vista delle registrazioni delle passate edizioni”.
Isabela piombò di nuovo nel suo silenzio, osservando i suoi nuovi compagni di avventura.
Prese un respiro per cercare di assimilare tutto quello che aveva scoperto e cercare di calmare i battiti del suo cuore. Ancora trovava a dir poco incredibile le storie di altri mondi popolati da discendenti di umani venuti da questa “Terra”. Chissà se il Supremo Patriarca dei Collegi della Magia o l’Imperatore le avrebbero creduto a quando avrebbe raccontato loro quanto appreso. Oppure le avrebbero considerate menzogne o follie quelle storie.
“Quella che conducete… è una lunga lotta per la sopravvivenza… pressappoco la stessa che ha sempre condotto qui l’Impero. Per la sopravvivenza di Sé stesso e del Vecchio Mondo in generale”.
Anduin alzò lo sguardo verso l’alto, cercando quel poco di cielo grigio visibile che si poteva vedere tra le fronde degli alberi.
“La Galassia è grande Isabela, anzi, è immensa, molto più di quel che si crede. Molte zone sono inesplorate. Altre pericolose. Oppure tranquille. Ma questo angolo di Galassia, dove risiedono i nostri mondi d’origine, vogliamo mantenerlo libero”.

 

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Capitolo 10
*** Rombi di tuono ***


Capitolo 10 - Rombi di tuono


Scintillan Fusilier trooper
Un Fuciliere di Scintilla



“Allora ci sono novità?”
All’interno dell’astronave da battaglia, il colonnello Eli Hamsha, dei Fucilieri di Scintilla, era andato a contattore gli uomini ai radar, per sapere se c’erano stati progressi nella ricerca.
“No, signore” rispose uno di loro. “Non sono stati rivelati segni di navi che si allontano dal pianeta o effettuano il salto a velocità della luce, anzi, non riveliamo alcuna nave spaziale su questo sistema!”
“Il loro sistema di occultamento è ancora attivo” borbottò l’ufficiale militare. “Continuate a cercare, non resteranno occultati per sempre, prima o poi perderanno energia”.
“Sì, signore!”
Hamsha levò il disturbo dalla zona delle operazioni e tornò sul ponte di commando, dove trovò il capitano della nave e l’ambasciatore del Governatore Macharius.
“Capitano, mantenete la vostra nave nell’atmosfera planetaria, non penso ci vorrà molto”.
Il capitano annuì e si allontanò, permettendo all’ambasciatore di scambiare due parole.
“Colonnello, è proprio necessaria questa caccia? I protocolli prevedono che torniamo a Scintilla”.
“E lasciarci sfuggire il figlio di uno dei leader della Resistenza? Giammai!”
L’ambasciatore sospirò.
“Ammetto che come ostaggio è una preda molto invitante, ma ritengo che sia meglio ritornare, la nostra è una missione diplomatica e la scorta militare serve solo come protezione da minacce. I nostri ordini…”.
“Erano di occuparsi di eventuali ribelli che si sarebbero intromessi nell’operazione. Tutto in regola”.
“Ma…”
“Basta così, ambasciatore, ricordi che qui comando io. Se non ha buoni suggerimenti tattici o militari da darmi può tornare nei suoi alloggi”.
Per quanto avesse usato un tono tranquillo, l’imperiosità del militare era palpabile. Con un sospiro, l’ambasciatore tornò nei suoi alloggi, non riuscendo però a scrollarsi un brutto presentimento di dosso.
 
***
 
“Allora” ricapitolò Anduin, “una volta attivato questo segnalatore, l’astronave nemica si fionderà qui sperando di trovarci, ma scoprirà solo un vasto spazio vuoto, privo di navi spaziali in vista o atterrate. A quel punto invieranno pattuglie di soldati a perlustrare l’area, per risolvere l’enigma”.
“Sei sicuro che il comandante militare verrà di persona? Io non sarei così stupida!” osservò Johanna.
“Credimi, basta lanciare sguardi attenti tra i gruppi umani per accorgersi che ci sono effettivamente persone molto stupide nonostante non hanno un’aria da sempliciotti” replicò Wrynn.
Si trovavano in un folto gruppo di alberi situato nei pressi delle rovine di Mordheim, dall’altra parte del luogo dove era situata la loro astronave, ancora avvolta nel sistema di occultamento.
Il loro piano per sconfiggere le truppe del Nuovo Ordine, onde andarsene poi con calma da Mallus e tornare in spazi più tranquilli e pieni d’alleati era stato elaborato da Anduin, ed era molto audace: attirare e togliere di mezzo il comandante delle truppe nemiche presenti nella delegazione.
“Una volta che il comandante sarà morto la delegazione di Macharius preferirà ritirarsi e tornare su Scintilla. Dopotutto la loro è una missione diplomatica da cui avranno già avuto una risposta definitiva dall’imperatore Karl Franz, e le truppe che si sono portati dietro servono per mera scorta dell’ambasciatore, non per una invasione planetaria”.
“Insomma, il tuo piano è un grosso azzardo, in sintesi” commentò Richard.
“Senza alcun dubbio. Ma ricordatevi: non dobbiamo sconfiggere un’intera compagnia di soldati, il nostro obiettivo è soltanto il loro comandante”.
“Intesi” ribatte Thorvald quasi grugnendo.
“Molto bene, allora prendiamo posizione”.
Detto fatto il Team si separò tra gli alberi del bosco, ma disponendosi in modo da osservare la vicina radura aperta.
Anduin e Isabela si nascosero dietro degli alberi vicini, la sonda Probius si infilò in un cespuglio poco lontano, Garrett si arrampicò sui rami più grossi e robusti di una quercia, Hugh, Johanna e Richard si imboscarono verso Est.
Leah si piazzò verso Ovest dietro una serie di grossi massi, assieme a Kyle e a Christine. Dalla loro posizione potevano vedere Thorvald, imboscato da solo dietro un gruppo di felci.
L’uomo indossava un’armatura leggera ma resistente che gli copriva torso e spalle, simile a quelle portate da alcuni soldati nemici. Stringeva tra le mani un fucile d’ordinanza preso dal corpo di qualche semplice fante del Nuovo Ordine, mentre appese alla cintura si potevano notare le sue inseparabili asce.
Osservandolo dalla sua posizione, Leah non poté fare a meno di provare ancora più curiosità per quel taciturno e rude individuo.
“Dove avete trovato Thorvald?” chiese al mago vestito di nero.
“Mah, personalmente non ho idea da quale sperduto pianeta provenga” fece Kyle. “Dal mio punto di vista è uscito fuori dal nulla”.
“Dal nulla? Molto improbabile. Ti avrà detto dove viene, no?” chiese Christine.
“In realtà no” rispose il mago. “E non perché è di poche parole, non ci ha proprio detto su quale pianeta è nato e cresciuto. “Un pianeta da tempo controllato dal Nuovo Ordine”, così ha detto. Vuole mantenere l’anonimato sul suo luogo natale per evitare problemi. Dopotutto, il suo pianeta ufficialmente è col Nuovo Ordine, perciò teme che il nemico non la prenda bene sapere che c’è un singolo individuo di un luogo alleato che ci aiuta”.
“Non ha tutti i torti, probabilmente” convenne l’Intrepida.
“Forse l’avrà spiegato all’Alto Comando della Resistenza qual è il suo sistema d’origine, e quelli hanno acconsentito alla sua richiesta di riserbo” concluse il mago in nero.
Il discorso finì lì, presto sarebbe iniziato il pandemonio in quel luogo.
Anduin diede una rapida occhiata in giro: tutti i suoi compagni erano ai loro posti. Prese un grosso respiro e fissò il segnalatore ai suoi piedi.
“Iniziamo!”
E premette il pulsante per attivarlo.
 
***
 
“Colonnello! Tecnologia avanzata rivelata!”
Hamsha sorrise.
“Tecnologia avanzata che in teoria non dovrebbe esistere su un pianeta primitivo come questo. Rotta verso il luogo!”
 
***
 
Dopo alcuni minuti di attesa in cui la tensione si tagliava col coltello, l’astronave del Nuovo Ordine apparve nei cieli di quel luogo, preceduta dal rumore dei motori.
Il mezzo rimase sospeso in aria, a circa mille metri d’altezza, come ad osservare l’area.
Dopo diversi minuti, il Team Rogue vide delle navette più piccole uscire dalle fiancate del gigante d’acciaio e dirigersi verso il terreno.
Una volta atterrate in uno spazio libero, aprirono i portelloni e fecero scendere a terra una ventina di soldati armati fino di carabine di ordinanza con baionette innestate e una corta spada appesa al fianco.
L’Armata Galattica, l’esercito ufficiale del Nuovo Ordine, non aveva una divisa fissa per i soldati. Ogni pianeta era obbligato, per legge, a provvedere al reclutamento e all’organizzazione di milizie locali per la propria difesa. Questa indipendenza organizzativa non aveva mai generato un’uniformità della divisa, ma non importava molto, d’altronde il motto del Nuovo Ordine era: “Tanti umani, tanti governi, un unico stato!” Il governo centrale della Galassia si occupava di fornire armamenti ed equipaggiamenti standard tramite una società organizzativa chiamata “Departimento Munitiorum”.
Inoltre, quei soldati planetari che risultavano un eccesso per la difesa, andavano a formare un esercito mobile che veniva spedito a vigilare le frontiere, a sopprimere rivolte, a conquistare pianeti o a rinforzare le difese di altri pianeti durante gli attacchi.
Oltre che per la grande varietà di uniformi, questo esercito mobile presentava tattiche e caratteristiche diverse, a seconda del pianeta d’origine: alcuni reggimenti erano migliori nel combattere in zone desertiche, oppure in zone gelide e ghiacciate. Altri ancora erano più specializzati nelle tattiche di guerriglia nelle foreste o in scontri in ambienti urbani. C’era chi eccelleva nelle truppe aviotrasportate o negli assalti frontali con fanteria meccanizzata o nelle guerre d’assedio.
I Fucilieri di Scintilla spiccavano per le vistose uniformi bianche e blu, corredate da stivali e copricapi neri. A Richard ricordavano molto le divise dei soldati del suo pianeta natio.
Nonostante l’uniforme che pareva più adatta ad una parata che ad una guerra, non c’era nulla da recepire sul fatto che i reggimenti Scintillani vantassero una buona preparazione nelle armi e nell’addestramento. Composti sia da uomini che da donne, erano tutto tranne che inadatti alla battaglia.
Nascosto tra i cespugli Anduin riconobbe subito tra di loro il comandante militare della delegazione di Macharius. L’idea che si era fatto di lui era corretta: sarebbe stato presente di persona all’eliminazione dei ribelli. O forse per il figlio di Varian Wrynn ci sarebbe stato un destino diverso?
Anduin allontanò quei pensieri dalla testa, una volta che vide che i militari si stavano dirigendo nella loro direzione cominciando a lasciare la radura. Presto si sarebbe combattuto furiosamente e doveva restare lucido.
Giratosi verso Isabela le fece un cenno. La maga, imboscata dietro un albero, chiuse gli occhi e alzò lo sguardo al cielo alzando con entrambe le mani il suo bastone.
Il cielo del luogo, già poco illuminato perché ci si avviava al tramonto, parve diventare più cupo, cosa che spinse alcuni dei soldati ad alzare il capo sorpresi.
Il volto di Isabela era contratto per la concentrazione.
“Come membro dell’Ordine Celestiale, Azyr, il Vento Blu della Magia, è la mia fonte di potere! Fenomeni dell’atmosfera, siete al mio comando, rispondete a me!”
Lampi seguiti dal forte brontolio dei tuoni si fecero sentire nell’aria che cominciava ad odorare di pioggia.
I soldati si erano completamente fermati, confusi da quell’improvviso cambio di tempo.
Hamsha cominciò a sospettare qualcosa.
“Soldati, in mezzo agli alberi, pre…”
Non finì la frase che una serie di fulmini cominciò a precipitare al suolo, facendo saltare su due piedi i militari. Due di essi furono presi in pieno e caddero a terra morti, coi vestiti bruciacchiati.
“Tra gli alberi! Tra gli alberi!” sbraitò il colonnello.
I Scintillani si lanciarono tra gli alberi, ma appena furono lì in mezzo, vennero presi di mezzo dalle armi da fuoco di Thorvald, Christine, Johanna e Hugh.
Altri tre caddero a terra morti o feriti. Un quarto fu preso alla coscia da una freccia scagliata da Leah.
“Imboscata! Al ri...” Ancora una volta, l’urlo di Hamsha fu interrotto. Stavolta da una freccia scagliata da Garrett che lo mancò per un soffio, trapassando il cappello dell’uniforme.
Al riparo dietro il tronco di un albero, sbraitò: “Tenente, chiami i rinforzi!”
Tra gli alberi cominciò una violenta sparatoria, i Scintillani, forse perché si trovavano di mezzo a un conflitto a fuoco, ripresero subito il sangue freddo, e fecero fuoco volontà verso i luoghi in cui erano imboscati i loro nemici, tanto che questi dovettero stare al riparo e rispondere il meno possibile al fuoco nemico.
Garett ne abbatte un altro con il suo arco, ma poi dovette scendere dall’albero in quanto due cominciarono a sparare sulle fronde degli alberi.
Kyle, riparato dietro il masso, emise un ghigno e poggiò la mano al suolo.
“Vediamo se vi piacciono i miei amici!”
Hamsha, ben riparato da tiratori in mezzo ai cespugli e a cecchini appostati sugli alberi, vide una cosa incredibile: prima delle mani scheletrite emersero dal terreno, seguite poi dalle braccia, dalle scapole, dalla gabbia toracica sormontata da un teschio ghignante dalle orbite vuote, ed infine dal resto del corpo.
In poco tempo alle spalle dei soldati erano emersi una decina di scheletri armati di rozze lance e spade.
“Ma cosa…” esclamò Richard vedendoli.
“Opera di Kyle” gli spiegò Hugh.
Leah e Christine si girarono perplesse verso il loro compagno.
“Sei stato tu?” chiese scioccata la prima.
“Certamente” fu la tranquilla risposta. “Vi presento l’Arte della Negromanzia”.
Gli scheletri caricarono i Scintillani. Hamsha urlò l’avvertimento ai suoi uomini, i quali si girarono e, per lo stupore tardarono ad aprire il fuoco.
Due dei militari furono trafitti dalle lance scagliate dai militari prima che gli scheletri ambulanti fossero allontanati o falciati dal furioso fuoco dei fucili.
Anche Isabela era scioccata di fronte alla manifestazione dei poteri del giovane vestito di nero, e lo fissava con uno sguardo quasi spaventato. Spostando lo sguardo anche su Anduin, come a chiedersi perché il Wrynn accettasse un tipo del genere nella squadra.
“Isabela, lassù!”
Alla segnalazione dello stesso Anduin, la maga voltò lo sguardo verso l’alto, vedendo due navette che scendevano a tutta velocità verso il suolo, sicuramente portando truppe di rinforzo.
Alzate le mani, riprese il controllo dei Venti della Magia, così forti sul loro mondo, e nuovi fulmini piovvero dal cielo.
Le navette cominciarono a muoversi a zig-zag per schivarli, ma una fu colpita sul fianco, vicino ai motori.
Dallo squarcio causato dal botto cominciarono a levarsi fiamme e un denso fumo, mentre il mezzo entrava in caduta libera. Finché, con un sonoro schianto, la navetta rovinò in mezzo agli alberi, causando anche una piccola esplosione.
L’altra riuscì ad atterrare alla bell’è e meglio e scaricò dieci soldati di rinforzo, che scesero sparando agli scheletri.
In breve si fecero largo fino ai loro compagni superstiti, formando un gruppo che spazzò via quel che rimaneva dei non-morti, mentre il Team Rogue ripiegava.
I Scintillani rimasero immobili, prendendo un attimo di respiro, fermi nel cerchio che avevano formato tra gli alberi. I fucili erano puntati, gli sguardi erano tesi. Del gruppo originale, metà erano morti o feriti. Hamsha, al centro del cerchio, sbraitava qualcosa che i ribelli non sentivano bene.
Anduin sbirciò la situazione. La faccenda si stava complicando.
Kyle, finito vicino a Wrynn, si preparò ad agire.
“Tranquillo, adesso ne evoco altri”.
Anduin però gli fece cenno di stare fermo e, portandosi le mani a coppa vicino alla bocca, urlò:
“Colonnello! Arrenditi e ritira i tuoi uomini, questo scontro non ha senso!”

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Capitolo 11
*** Team Rogue ***


Capitolo 11 - Team Rogue

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Simbolo personale del Team Rogue



"We are the chosen ones, we sacrifice our blood
We kill for honour
We are the holy ones, our armours stained with blood
We killed the dragon
In glory we return, our destination's end
We slayed the dragon
No more living in fear, it's time to raise our king
We made it happen
We're the chosen ones"


"The Chosen Ones"; Dream Evil

Al grido di Anduin che richiedeva la resa del nemico era seguito un istante di silenzio, rotto poi dalla risata del colonnello Hamsha, proveniente da dietro un grosso albero del bosco, dove era ben riparato da pallottole o frecce.
“Arrendermi? I soldati del Nuovo Ordine muoiono, ma non si arrendono!”
“Ti hanno addestrato bene all’Accademia, vero colonnello?”
“Egregiamente” ribatté l’ufficiale con orgoglio.
Anduin si sporse da dietro il suo albero, cercando di individuare con gli orecchi e gli occhi il punto esatto in cui si trovava il colonnello.
“Qui finirà in una strage, volete davvero questo?”
“Quanti siete, ribelli? Una decina?  In tale caso, io ho almeno soldati che vi superano di venti volte sull’astronave, che attendono solo di scendere tutti in massa!”
“Abbiamo con noi un mago esperto nel far piovere fulmini su di voi, cosa ci impedisce di distruggere tutte le navette di rinforzo che giungeranno a terra?”
Hamsha stavolta parve esitare.
“E che mi dici se ordino al nostro mago di far piovere fulmini direttamente su di voi? O al nostro en cromante di evocare altri non-morti?” riprese Anduin.
Alla parola “necromante”, Isabela parve rabbrividire, mentre Hamsha, a quelle affermazioni, scoppiò a ridere.
“Siamo in mezzo agli alberi, e ne so abbastanza di fisica per sapere che il legno fa da parafulmine e da isolanti contro l’elettricità. In quanto ai vostri scheletri deambulanti abbiamo ancora tanti proiettili e granate per loro!”
Richard, sporgendosi appena da dietro il masso che fungeva da riparo, cominciò a scrutare il luogo dove sentiva parlare il comandante nemico.
“Spiacente ribelle, ma qui quello svantaggio sei tu. Tu e i tuoi compari!”
Richard sgranò gli occhi: aveva capito dov’era, dietro un alto albero dal grosso tronco posto alla destra di dove stava guardando.
Chinatosi dietro il riparo, chiese ai compagni Hugh e Johanna di passargli le granate che avevano, una piccola corda e un corto bastone.
In fretta e furia, legò le quattro granate attorno al corto bastone, mentre Anduin continuava a parlare con l’ufficiale nemico per dissuaderlo dal continuare. Ma quello non parve essere dello stesso parere.
Quando la rudimentale bomba  a grappolo era finita, il colonnello stava urlando:
“Ribelli! Vi faccio questa offerta: se il vostro leader si consegna spontaneamente a noi, io vi lascerò tornare alla vostra nave e potrete tornarvene tutti a casa, benché il vostro leader sarà un nostro ostaggio. Che ne dite?”
“Dico che non siamo così scemi da ignorare il fatto che ci sparerete addosso non appena la nostra astronave si farà vedere!” gridò Kyle di risposta.
“Non sto parlando con te!”
“Comunque, concordo con il mio compagno: datemi una garanzia che non ci attaccherete alle spalle!” replicò Anduin.
“Posso ordinare all’astronave di bombardare la zona!”
“E coinvolgere anche lei stesso? Non credo!”
Richard era pronto: posò lo sguardo sul luogo dove stava riparato Hamsha e innescò lo scoppio a tempo.
 “Soldati! Riprendete il fuoco e chiamate altri rinforzi!”
Al grido del comandate nemico, Richard si alzò e tirò con tutte le sue forze la granata a grappolo nel luogo dove sperava fosse imboscato il suo bersaglio.
Mentre si riparava di nuovo dietro il masso si udì un forte scoppiò assordante, che devastò un ridotta area alberata e a cui fecero seguito urla di dolore.
Alcun i soldati spararono all’impazzata intorno, ma non colpirono nessuno, essendo i ribelli ben riparati.
Poi seguì il silenzio e le voci dei soldati che contavano i colpiti. Dai loro discorsi emerse una cosa certa: il comandante era messo male.
Il giovane figlio di Varian pensò che fosse il momento di approfittare dell’occasione.
“Soldati!”
Il silenzio fu quello che seguì all’imperativo.
“Soldati, ascoltatemi, sono Anduin Wrynn, leader di questo Team, vi offro ancora una volta l’opportunità di andarvene!”
Uno dei soldati, giratosi da dove proveniva la voce, gridò di rimando: “Hai un bel coraggio a farci di nuovo una simile proposta! Quand’è che ci tirerete di nuovo addosso granate? Quando salteremo fuori dai nostri ripari una volta accertata la vostra offerta di resa?”
“Che perdite avete avuto, ora?”
“Che vi importa? In ogni caso due dei nostri sono feriti e il colonnello Hamsha è molto grave…”
Dopo un breve scambio di battute con un altro militare lì a fianco, il soldato aggiunse: “Anzi, Hamsha è morto, se vi interessa saperlo”.
“Allora non abbiamo più ragione di combattere” affermò Anduin. “Il nostro obbiettivo era solo la morte di quell’uomo”.
“Che storia è questa?”
“Che ci crediate o no, è la verità. Voelvamo elimianre quell’uomo solo perché era un ostacolo al nostro ritorno alla base”.
“Anche ammesso che sia come dite, perché non dovreste finirci tutti?”
Il giovane Wrynn prese un respiro prima di avanzare le sue proposte.
“Chi ha il comando adesso?”
“Io” rispose il soldato che parlava. “Sono un tenente”.
“Bene, signor tenete, per quanto mi riguarda questa schermaglia finisce qui. Prendete i vostri feriti e tornate a Scintilla. Per quanto vi sia difficile crederlo, vi giuro che non vi faremo altro male. Queste non sono zone di guerra, rispettiamole come tali. E per darvi la sincerità delle mie parole… io e i miei compagni ci ritireremo dalla zona”.
Non parve averli persuasi, ma qualcosa era stato prodotto, quando il tenente parlò di nuovo.
“Va bene. Ma dovrò riferire questo attacco dei ribelli e tutto quello che è accaduto al governatore Macharius”.
“Naturale. E ditegli che oggi non sono stati semplici ribelli ad agire, ma il Team Rogue!” si intromise Kyle.
“Glielo riferirò” commentò l’ufficiale dando una rapida occhiata al gruppo, per poi ritornare dai suoi uomini. Un’altra navetta stava scendendo dall’astronave, ma stavolta non conteneva truppe di rinforzo; si sarebbe limitata a recuperare i militari.
Wrynn fece un gesto ai suoi compagni, che si ritirarono tra i boschi presso in cui si era consumata quella scaramuccia. “Andiamo, aspetteremo che quell’astronave se ne vada, poi torneremo alla Fellowship”.
“Bel colpo Richard” si complimentò Johanna.
“Mera fortuna” rispose lui grattandosi il mento. “A volte stupisco me stesso per l’improvvisazione. Anche se avrei preferito affrontare e uccidere quel colonnello in un duello leale con la  spada”.
“Dubito ch avrebbe accettato. Se avesse accettato ti avrebbe fatto sparare non appena ti fosti fatto vedere” replicò la vincitrice degli Hunger Games.
Mentre si allontanavano, il giovane Wrynn osservò il medaglione di ferro che portava al collo: rappresentava una testa di leone stilizzata vista di lato. Esso era il simbolo del Team Rogue, ispirato al simbolo dell’Alleanza, la fazione di Azeroth a cui Anduin apparteneva.
Un’altra missione era finita, il team avrebbe reso orgoglioso i vertici della Resistenza.
“Tu che farai adesso, Isabela?” domandò poi Wrynn alla maga.
“Verrò un po’ con voi, dopotutto Gelt e l’imperatore vogliono che io sia i loro occhi in questa situazione. Purché il Nuovo Ordine non scopra da dove vengo io”.
“Non c’è problema, basta tacere sulla tua origine, d’altronde Anduin, parlando di te coi nemici, non ha fatto il tuo nome né da dove vieni” commentò Thorvald.
“A proposito, Kyle… Forse non c’era bisogno di specificare  chi siamo” mormorò Garrett rivolto al mago in nero.
“Mai sentito parlare della potenza della fama? E poi siamo stranoti anche nella Resistenza” replicò quello con tranquillità.
Senza aggiungere altro, il gruppo si fermò in mezzo ad cerchio formato da tre faggi per attendere che i soldati avversari se ne andassero.
Garrett e Probius andarono in avanscoperta per spiarli e controllare che se ne andassero, mentre i loro compagni attendevano lì.
“Che scontro gente…” commentò Leah.
“Prima battaglia?” le chiese Christine.
“No, ma è stata emozionante”.
Isabela, notando Kyle un po’ isolato rispetto agli altri, si avvicinò a lui. Da quando lo aveva visto evocare quegli scheletri per supportare il team, le erano sorte in testa un mucchio di domande, ed anche di dubbi,  a cui voleva trovare subito risposta ed anche una rassicurazione.
“Kyle, giusto? Ho un paio di doamnde da farti”.
“Parla” replicò quello un po’ perplesso dal tono duro che aveva usato.
“La magia che hai usato, quella con cui hai evocato quegli scheletri…”
“Necromanzia” rispose il mago. “Una branca magica vhe la mia famiglia ha sempre coltivato”.
“Non usare qui quella parola!” sibilò la sua interlocutrice.
“Quale parola?”
“Necromanzia!”
Kyle  la guardò con serietà.
“Non ti piace? Neanche Aduin e suo padre Varian hanno reagito bene quando hanno saputo che cosa potevo fare”.
“E ti hanno voluto lo stesso nella squadra?”
“Se non fossi stato degno di fiducia non sarei qui, non ti pare? E comunque anche su Azeroth tali pratiche non sono viste di buon occhio dai più”.
Isabela osservò quel giovane mago con più calma. Quello si passò una mano sui capelli neri.
“Immagino che anche qui non sia vista di buon occhio”.
“Ogni regno umano civile la bandisce e la condanna severamente”.
Kyle annuì.
“Ho capito. Eppure quando, oggi l’ho usato ho sentito un’energia magica che mi è parso che rispondesse al mio comando. Ne sai qualcosa?”
“Quello che hai sentito è sicuramente il Vento della Magia noto come Shyish. Esso è il Vento Viola della Magia che dà potere sulla Morte. Sull’inevitabile passaggio del tempo che porta alla fine”.
“Non è la prima volta che li sento nominare questi Venti della Magia… è un pianeta davvero interessante il vostro”.
“Sono otto in totale e conferiscono potere su precisi aspetti ed elementi, e tutti sono studiati dai maghi dell’Impero”.
Kyle incrociò le braccia ascoltando con attenzione quelle informazioni su Mallus.
“Quindi, se ho capito bene, anche voi imperiali usate la magia della Morte”.
“A scopi difensivi del territorio, non per aggredire altri” precisò Isabela. “I Maghi dell’Ordine d’Ametista, quello che impara e studia Shyish, sono in grado di strappare via l’anima dal nemico e prosciugarne la forza vitale. Vedono gli spiriti e le anime invisibili che vagano per il mondo e si dice che possano comunicare con loro. Ma non evocano e controllano i morti come i Necromanti”.
“Ma i Necromanti non usano anche loro questo Vento della Magia di cui parli?”
“No, anche se per i semplici sembra così. Anch’io ho dovuto apprendere subito la differenza: un necromante usa una Magia Oscura che non c’entra niente col Vento Viola o gli altri venti”.
“La mia magia non è oscura, sul mio pianeta ci insegnano fin da bambini che la magia è puramente neutrale, non è né buona né cattiva”.
Isabela lo fissò con uno sguardo indecifrabile, poi disse con sincerità:
“Scusa se ti ho giudicato male, Kyle”.
“Nessun problema, ci sono abituato”.
“Ti dico questo, straniero: i Necromanti dominano la morte sì, ma perché interiormente la temono. I nostri Maghi d’Ametista invece la accettano”.
“Sul mio pianeta, chi usa la Necromanzia, sta solo usando un’arte magica complicata per combattere e difendersi, non perché teme la morte. Ma vedo che da molte parti il confine è molto labile…” ammise Kyle, che trovava quel pianeta abbastanza bizzarro per gli standard di magia a cui era avvezzo. “Ma se il termine Necromanzia non si può usare, allora voi imperiali cosa usate per i vostri Maghi d’Ametista?”
“Maghi Viola. O Taumaturgia della Fine”
“Tau… cosa?”
“Come ho detto, il termine Necromanzia si preferisce non usarlo, dato che si definisce così è un essere malvagio”.
Kyle fece una risatina. “Tranquilla, non mi sento così malvagio”.
Detto questo, girò i tacchi per andarsene, ma fu fermato ancora una volta dalla maga.
“Aspetta… Per curiosità, dimmi, perché hai deciso di unirti a questa squadra?”
Il necromante la fissò un po’ incerto.
“Beh, perché Terra II, il mio pianeta, sta con la Resistenza”.
“Non era quello il senso della mia domanda”.
Kyle sbuffò.
“Per fare qualcosa di utile, ecco”.
Il giovane mago si grattò nervosamente la nuca, e dopo un po’ di esitazione, cominciò a raccontare.
“Sul mio pianeta, la mia famiglia si è… messa nei casini, in parole povere. No, la necromanzia non c’entra niente, ma… Prima dell’arrivo di astronavi dal cielo, ci furono problemi interni sul nostro mondo, non i primi e nemmeno i peggiori. Sta di fato che mio padre si schierò con la parte che… perse il conflitto e quel mago che si autoproclamò il Difensore, Il Salvatore del mondo o che altro, spinse a dare punizioni severe agli sconfitti. Beh, puoi immaginare che accade alla non più prestigiosa famiglia Draco”.
“Tuo padre fu gettato in prigione? O giustiziato?”
“Giustiziato”.
“Oh, mi spiace…”
Kyle scosse la testa, cupo.
“Fa niente. Ha sbagliato e sapeva che conseguenze c’erano”.
“E tu?”
“Io e mia madre non abbiamo preso parte a simili faccende, ma… a detta del Difensore siamo colpevoli di non aver denunciato o di aver sostenuto la parte giusta. Anche le famiglie dei colpevoli non se la sono passata bene”.
“Non ci sono andati leggeri”.
“No” mormorò quello. “Ora il nome della famiglia Draco non conta più nulla. Soldi non ne abbiamo, nessuno vuole darci una mano e per quanto gli riguarda possiamo morire come due senzatetto”.
Il necromante alzò lo sguardo sui rami e le foglie dei faggi.
“È per questo che ho voluto unirmi alla Resistenza: volevo unirmi a qualcuno per dimostrare che potevo fare la differenza coi buoni”.
Isabela chinò il capo. Cominciava a pentirsi di aver giudicato troppo in fretta quel giovane, dopotutto neanche lei aveva avuto una vita tutta facile, anche se non sullo stesso piano del mago.
“Ho sbagliato a giudicarti subito male”. Kyle annuì come in segno d’apprezzamento, e la maga gli chiese: “Come sta? Tua madre, intendo”.
“Grazie ad Anduin l’ho trasferita su Azeroth. Starà bene, la casa non sarà la vecchia villa ma è meglio della precedente topaia in cui vivevamo prima dell’arrivo delle navi dallo spazio”.
La maga imperiale rifletté su quanto appreso. I suoi compagni, ognuno proveniente da un mondo diverso eppure tutti si sforzavano di andare avanti come meglio potevano nonostante le avversità della vita, e a dispetto di una guerra in atto. Una forza d’animo non indifferente e presente anche tra molti uomini e non di Mallus, già da molto prima ch arrivassero le navi d’acciaio dal cielo.
Si udì un rombo in lontananza e una grande figura guizzare nel cielo. Garrett e Probius raggiunsero i compagni confermando che l’astronave nemica era partita.
Kyle e Isabela si avviarono quindi dai loro compagni. Era tempo di tornare alla base, nel cuore della Resistenza.

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Capitolo 12
*** La guerra continua ***


Capitolo 12 - La guerra continua

Lord Solar Macharius
Lord Solar Macharius, governatore del Segmentum XIII della Via Lattea


"We are the guards of the new world order
We are the soldiers, the legion of light
We are the center, the depth of the Sun
Fire and flame, we are one!"

Triarii; "We Are One"

Nel palazzo imperiale di Altdorf, l’imperatore Karl Franz era affacciato su uno dei balconi dell’imponente edificio in pietra, le mani appoggiate alla balaustra, intento ad osservare la città sottostante. Erano le prime ore del mattino e la capitale dell’Impero aveva un aspetto migliore, ora che quel gigante d’acciaio non era più sospeso nel cielo sopra di loro, quasi rischiasse di cadere rovinosamente al suolo.
Anche se la consapevolezza che là fuori ci fossero ben più che strane creature in terre lontane di Mallus, capaci di usare magie ignote, ma anche individui umani enigmatici che abitavano oltre le stelle del riferimento.
Se fosse una cosa positiva era ancora da decidere.
“Maestà!”
Karl si girò verso l’entrata che dava sul balcone: da essa si era affacciato Kurt Helborg, l’alto ufficiale che svolgeva nella sua corte il ruolo di suo personale consigliere militare.
“Sono appena arrivati dei piccioni viaggiatori dai nostri esploratori inviati nei pressi di Mordheim. C’è stata una scaramuccia presso le rovine, tra il gruppo della Resistenza e uno del Nuovo Ordine. Non sembra finita bene per quest’ultimi, e la loro nave volante è poi salita nel cielo fino a scomparire, seguita poco dopo da un’altra ignota, sicuramente quella con cui sono giunti qui il principe Anduin e degli altri”.
L’imperatore annuì con la testa.
“Grazie per l’informazione, Kurt”.
Quando Anduin aveva ipotizzato che lui e le forze del Nuovo Ordine presenti si sarebbero scontrate, si era chiesto se ci fosse un posto isolato, dove potevano scontrarsi senza coinvolgere nessuno. Karl aveva avuto una mezza idea per Mordheim, anche se quel luogo non gli piaceva, perché nessuno osava metterci piedi da lungo tempo.
Il giovane Wrynn aveva  preso per buono quel suggerimento, anche se l’imperatore non era tanto convinto, ma di sicuro, la maga Isabela, inviata con loro li avrebbe di sicuro avvisatati di stare lontani dalla Warpietra se ne avessero trovata.
“Alla fine si è risolto nel modo più pulito possibile, e per ora il nostro mondo è fuori da tali questioni tra questi due popoli d’uomini” rifletté il sovrano.
Kurt si schiarì la gola per fare una domanda.
“Sire, pensate che il Nuovo Ordine cercherà di fare qualcosa ai danni dell’Impero? Dopotutto le ultime parole di quel militare…”
Karl però lo bloccò con un gesto della mano.
“Non abbiamo dato ospitalità od aiuto di alcun genere ai loro nemici, quindi non hanno alcun pretesto da sfruttare come scusa per non sentirsi obbligati a rispettare la nostra neutralità”.
Appoggiatosi di nuovo alla balaustra del balcone, Karl Franz, fissò di nuovo la città sottostante, sentendo su di sé tutto il peso della sua carica. Nell’Impero il sovrano veniva eletto dai Conti Elettori alla morte del precedente, tra gli stessi conti, e si ritrovava ad amministrare un vasto agglomerato di città e persone accomunate da lingua e costumi. E gli spettava il dovere di guidarli nei tempi di pace e proteggerli con vigore e decisione i quelli della guerra. Periodo di guerra contro mostri feroci e umani spietati parecchio duri.
Rimase per un attimo a guardare il cielo del primo mattino, prima di parlare di nuovo.
“La cometa a due code è un chiaro segno di tempi turbolenti in arrivo. Chissà, forse simboleggerà l’arrivo di una nuova minaccia del Caos, oppure di qualche altro pericolo dalle stelle. Ma in duemila anni e mezzo della nostra storia, noi non abbiamo mai ceduto di fronte alle minacce. Siamo come un scoglio colpito più volte con rabbia e violenza dal mare in tempesta, ma che ha resistito. Respingeremo gli attacchi, oggi come prima. E che Sigmar e gli altri Dèi benigni di questa terra ci aiutino nei giorni futuri”.
 
***
 
“Va bene, ambasciatore, può andare”.
Seduto nel suo ufficio, Macharius congedò l’ambasciatore che aveva inviato a Mallus e che ora era in piedi davanti a lui, dopo aver finito di riferire di persona il rapporto sulla missione diplomatica.
“Mi dispiace che non sia andata come lei desiderava, governatore…” cercò di giustificarsi il diplomatico, lasciandosi nervosamente la sgargiante tunica da cerimonia che sfoggiava sia in quel momento che durante la missione abbastanza fallimentare.
“Non ha nulla di cui scusarsi, ambasciatore” replicò il governatore, rigido. “Per quanto sia dura ammetterlo, i ribelli sono stati più scaltri di noi nelle trattative diplomatiche, ed essere arrivati per primi non ha contato nulla. Mi spiace per la morte del colonnello Hamsha: era un soldato volitivo e deciso, non sarà facile sostituire uno come lui”.
L’uomo alla scrivania congedò il diplomatico con un gesto della mano.
“Se gli abitanti di Mallus aspetteranno la fine della Resistenza prima di unirsi a noi, li accontenteremo. I ribelli non hanno i nostri numeri e sarà solo questione di tempo, prima che trionferemo. Vada pure ambasciatore”.
“Certo. Buona giornata, governatore” rispose quello congedandosi e poi uscendo dall’ufficio.
Una volta che la porta fu chiusa, Macharius sbuffò frustrato e fissò irritato il paesaggio cittadino che si intravedeva dalla finestra. Anche se aveva cercato di fare buon viso a cattivo gioco, quell’ennesima complicazione lo irritava. Beh, se non altro Mallus si era dichiarato neutrale per tutta la durata del conflitto, ed avrebbe evitato di dispiegare ulteriori navi e truppe verso quel lontano e primitivo pianeta per concentrarsi sul fronte principale.
La cosa che non gli piaceva era che la pacificazione del suo Segmentum XIII, sembrava richiedere più tempo ed energie del previsto. Se non altro il partito a capo del Nuovo Ordine aveva pensato bene di nominare governatore di quel settore galattico un ex militare navigato.
Un trillo del computer lo destò dai pensieri: videochiamata in arrivò e proveniva da Meridian.
Di sicuro era una chiamata dal presidente di Panem, nonché Goverantore Planetario dell’intero sistema, nominato personalmente da Macharius come molti altri.
L’ipotesi si rivelò corretta, quando il volto di Cornelius Snow apparve sullo schermo.
“Buon pomeriggio, governatore”.
“Buon pomeriggio, signor Snow. A che devo la chiamata?”
“Solo un piccolo avviso che ormai il pianeta Meridan si può dire pacificato e unito al Nuovo Ordine: sia Panem che le comunità sperdute e senza legge rispondono al sottoscritto. Ci tenevo a farvi sapere che siamo felici di far parte di una Galassia unita e forte” spiegò con un sorriso l’anziano uomo.
“Ah sì?” fece Macharius. “E chi non è d’accordo?”
“O è morto o è fuggito dal pianeta. Fuggito come la signora Coin e i suoi seguaci” fu la risposta.
“Molto bene, Snow. Ora la posizione del suo sistema è salda e sicura e la Resistenza non se lo riprenderà così facilmente. Anzi, non se lo riprenderà mai”.
“Senza dubbio. LE truppe che ha inviato hanno fatto un buon lavoro; la situazione interna ora è stabile”.
“E da questa situazione creeremo per il futuro cittadini molto più leali al partito di quelli attuali” concluse soddisfatto il governatore del Segmentum.
“Inculcando i vostri motti presumo: “obbedire è la somma virtù”, “tanti popoli una sola unione”, e così via. Corretto?”
“Corretto, signor Snow, per non parlare dei motti rivolti ai nemici del genere umano”.
“Intendo i ribelli?”
“Intendo i nemici del genere umano”.
Snow annuì.
“Odia l’alieno, temi l’alieno, uccidi l’alieno”.
“Esatto. Un motto facile da imparare e che esprime efficacemente il concetto”.
L’anziano uomo dall’altra parte del video parve riflettere un attimo.
“Ho una curiosità da chiederle, se me lo permette, governatore”.
“Dica” rispose Macharius senza problemi.
“Lei odia gli alieni?”
Macharius inarcò un sopracciglio.
“Come mai questa domanda?”
“Come ho detto, semplice curiosità. Curiosità dovuta al suo fervore nell’epurare le razze inferiori dalla Galassia. O almeno, dal settore che le è stato affidato”.
Dopo quella spiegazione, il governatore del Segmentum XIII scosse la testa.
“Oh, niente affatto. Io non odio gli alieni. Non ho alcun motivo di odiarli in realtà: non mi hanno fatto niente”.
Allargò le mani in un teatrale gesto di dispiacere.
“Ma, ahimè, il Nuovo Ordine mi impone di odiarli, predica la loro epurazione, e chi sono io per oppormi alle direttive del partito che ci guida verso un futuro migliore per tutti? O a lei la cosa la turba?”
“Gli alieni mi sono totalmente indifferenti” rispose con sincerità Cornelius Snow. “D’altronde dalle mie parti non se ne sono mai visti, prima dell’arrivo del Nuovo Ordine. Siete liberi di farne quel che ne volete”.
“Perfetto, abbiamo già abbastanza alienofili che ci creano problemi in tutta la Galassia. Ora la devo lasciare, signor Snow. Ho un importante discorso pubblico a cui non posso mancare”.
“Più che giusto, dobbiamo sempre rassicurare e incoraggiare la gente che governiamo. Buona giornata, signore”.
Chiusa la comunicazione, Macharius si alzò dalla sua scrivania ed uscì a passo svelto dall’ufficio chiamando il personale per dare le ultime disposizioni.
Venti minuti dopo, si ritrovò su un podio davanti al palazzo governativo del pianeta Scintilla, davanti ad una numerosa folla di individui altolocati e più poveri, di uomini e donne, circondato dalle guardie della sicurezza e da telecamere ch avrebbero registrato il suo discorso per poi trasmetterlo in contemporanea nella maggior parte dei pianeti del Segmentum che gli era stato affidato.
Per l’occasione aveva indossato un’armatura elaborata, dai colori bianchi e dorati. Benché apparisse più come una divisa da parata o da cerimonia, in realtà la resistenza delle parti di cui era composta la rendeva utile anche in situazioni di pericolo dove sarebbero volati i proiettili. Prima di diventare governatore di quel Segmentum, Macharius l’aveva indossata sempre nelle spedizioni militari a cui aveva partecipato come comandante.
 
Preso un respiro e preparato un tono forte e deciso, cominciò a parlare:
“Cittadini e cittadine di questo settore. Con rammarico devo constatare che l’unificazione di questo settore della galassia verso l’unità non è ancora compiuta, ma è con forte speranza che vi dico che il tempo per la totale e definitiva unità avverrà il prima possibile.
Coloro che si fanno chiamare “La Resistenza” continuano con grande ostinazione e con estrema stupidità ad ostacolare il grandioso progetto del Nuovo Ordine. Non serve continuare a sottolineare come essi siano un branco di anarchici, di sovversivi e di alienofili che non capiscono che noi agiamo per il meglio.
In passato siamo stati accusati da un branco di pazzi, che siamo stati noi a scatenare la ribellione degli Uomini di Ferro e le successive tempeste magnetiche che tanti danni hanno fatto alle colonie umane! Queste accuse sono a dir poco oltraggiose oltre che completamente infondate: all’epoca il partito del Nuovo Ordine non era ancora stato fondato, se non secoli dopo la catastrofe, e non è mai esistita una tecnologia umana che permette di scatenare tempeste magnetiche nello spazio siderale. Dobbiamo dedurre che tale assurda tecnologia, semmai esiste, sia di natura aliena? Ebbene, perché no? E chi dice che le nostre disgrazie non siano state causate da quegli schifosi e orrendi alieni che nei tempi bui hanno ucciso schiavizzato e torturato chissà quante decine di umani! O che li hanno usati come cavie in esperimenti scientifici!
Popolo della galassia, ditemi, a che prò continuare ad ostacolarci? Noi aiutiamo la gente, la salviamo, la uniamo. Facciamo forse stupide e retrograde distinzioni sul colore della pelle o sul sesso? Niente affatto, perché ogni umano di questa Galassia sarà uguale di fronte al futuro che costruiremo tutti insieme!”
Con vigore il governatore Lord Solar Macharius concluse così il suo discorso:
“I tempi delle divisioni e dell’anarchia sono finiti! Noi siamo un Nuovo Ordine guidato dalla maggioranza! Un Nuovo Ordine di leggi, non di politici! E devoto alla preservazione di una giusta società! Una salda e sicura società! Noi siamo un Nuovo Ordine che durerà diecimila anni!”
 
***
 
Artanis, Gerarca dei Protoss, gli alieni originari del pianeta Aiur, si diresse alla postazione di comunicazioni, pronto a conferire nuovamente con uno dei leader più in vista della Resistenza, nonché suo principale fondatore: il presidente della Federazione.
In quel momento Artanis si trovava sulla Lancia di Adun, gioiello dell’avanzata flotta spaziale di Aiur. Un’astronave dorata di dimensioni mastodontiche, dalla forma lunga e complessa, alimentata da un nucleo a dir poco innovativo per la stessa tecnologia Protoss, che tra l’altro superava in molti punti quella umana.
La Lancia di Adun era tanto grande da ospitare innumerevoli alloggi per le truppe, postazioni d’atterraggio per i caccia, nonché una sorta di forgia dove venivano assemblati gli androidi da battaglia spesso utilizzati dalle truppe terrestri di quel popolo.
Giunto alla postazione video sul ponte di commando della nave, Artanis accese la comunicazione e rimanesse in attesa finché non apparve sullo schermo il volto del presidente Valerian Mengsk.
Aveva sentito che, per gli standard umani, quel Mengsk era il più giovane leader della Federazione mai esistito. In ciò il Protoss ci trovava un’affinità; dopotutto lui era il Gerarca più giovane mai eletto nella storia di Aiur a guida della sua gente.
Entrambi erano stati eletti per i loro innegabili meriti ed entrambi si erano trovati sul podio della più alta carica, alla guida di una spietata guerra per la libertà di cui, al momento, non se ne vedeva la fine. O almeno, non una fine vicina.
I Protoss non avevano mai avuto grandi contatti con le genti “aliene” quando avevano colonizzato pianeti esterni ad Aiur. Gli unici “alieni” con cui erano entrati in contatto erano gli umani, e non erano mancati dei Protoss che considerassero bizzarri o primitivi i discendenti di antiche colonie terrestri. Vedevano come retrograda la loro tecnologia, non li consideravano abbastanza illuminati a livello intellettuale, e trovavano a dir poco bizzarro che loro usassero quelle “ridicole bocche” per comunicare tra loro, quando i Protoss avevano sempre usato la loro telepatia per comunicare.
Ma Artanis e altri avevano visto grande volontà e capacità di adattamento in quei “bizzarri alieni”, motivo per cui, Aiur aveva cercato di stabilire contatti diplomatici, ben riusciti tra l’altro, con Valerian. Fino ad una salda alleanza per contrastare il Nuovo Ordine.
“En’taro Adun, Valerian” salutò il protoss. “Vi chiedo scusa se non ho partecipato all’ultima riunione tra i leader della Resistenza, ma questioni importanti mi trattenevano”.
“Non c’è problema” rispose l’umano. “Immagino che fossero questioni militari”.
“Esatto. Un attacco della flotta del Nuovo Ordine ad una nostra colonia. Le navi di Aiur hanno respinto quelle nemiche, mentre i Templari Oscuri hanno decimato e respinto le forze sbarcate a terra”.
“I Templari Oscuri? Sbaglio o sono quei Protoss che avete esiliato dal pianeta natale?”
Artanis annuì. I Protoss non erano il popolo unito che i superficiali osservavano dall’esterno. Tempo fa, alcuni della loro specie avevano rifiutato il Khala, la dottrina filosofico-religiosa di Aiur, fondata sul legame psichico tra i componenti. I Templari Oscuri avevano rifiutato la collettività del Khala, recidendo i legami psichici e preferendo l’individualità. E per questo erano stati bollati come eretici e banditi sul lontano pianeta Shakuras. E Per motli decenni le due fazioni non comunciarono più tra loro.
“Non sbaglia, Valerian. Dopo il loro esilio, i Templari Oscuri, o Nerazim nella nostra lingua, non sono mai stati visti di buon occhio dal resto del mio popolo, i Daelaam. Sebbene diano passati decenni e molti protoss siano nati e morti da allora, alcuni di noi continuano a bollarli con disprezzo come eretici. Tuttavia considerati i tempi difficili che incombono su di noi li ho persuasi che le loro capacità di in filtraggio e sabotaggio possono tornarci utili in molte occasioni”.
“Si direbbe che abbiate fatto un grande passo avanti nelle relazioni”.
“C’è ancora molto da fare in realtà, ma forse siamo a buon punto: nonostante le nostre divergenze filosofiche, almeno abbiamo ripreso a comunicare. Anche se è stata proprio un guerra a spingerci a farlo. Comunque, volevo informare gli altri leader di questa iniziativa alla riunione. Di che altro avete discusso?”
“A parte di altre faccende militari, dell’esito della missione del Team Rogue sul nuovo pianeta scoperto”.
Valerian spiegò tutta la faccenda su Mallus, su quanto era stato scoperto e come si era risolto la breve schermaglia con l’ambasceria del Nuovo Ordine.
Alla fine del racconto, Artanis commentò:
“Bene, direi che possiamo considerarlo un successo. Forse è un bene che non siano schierati apertamente con noi: avremmo dovuto togliere navi e uomini dal fronte principale e spedirli in un angolo sperduto del settore”.
“Già, anche gli altri erano d’accordo su questa cosa, ora non ci resta che pensare a vincere la guerra”.
“Sarà difficile: Macharius può contare su reggimenti che può richiamare da altri settori non impegnati nel conflitto”.
Valerian assunse un’espressione preoccupata.
“Sì, loro hanno molti uomini. Ma conto di sfiancarli e impegnarli in una guerra di logoramento. Alla lunga potrebbero chiedere un tregua”.
“Stando a quanto ci hanno raccontato quei rifugiati politici scappati da Maia, i nemici non scenderanno mai a patti con degli alieni”.
“Non tutti condividono questo atteggiamento, nemmeno tra di loro. Ed è per questo che abbiamo l’obbligo morale di contrastare il Nuovo Ordine. O avremo un’altra Maia. O un altro Razjan”.
A sentire nominare Razjan, Artanis si intristì.
Come poteva lui o gli altri protoss dimenticare quel pianeta? O le centinaia di Protoss massacrati? Quella colonia di Aiur fu attaccata in massa quasi sorpresa da forze soverchianti del Nuovo Ordine. Quando alcune navi protoss giunsero in soccorso, la colonia era stata distrutta, così come i suoi abitanti, sebbene si fossero difesi con valore. L’unica cosa sopravvissuta in quella devastazione era una semplice sonda, nominata Probius, che adesso seguiva quel Team Rogue. Quel che poterono fare i rinforzi fu vendicarsi sulle esauste truppe nemiche che ancora si trovavano in zona.
Il Gerarca fu riscosso dalle parole di Valerian.
“Cosa vogliamo noi? Un governo che reprime con la morte ogni tipo di dissenso per paura di perdere l’unità della galassia? Un governo che ritiene che sia cosa buona e giusta sterminare intere popolazioni non-umane colpevoli solo di esistere e di occupare una galassia che, secondo loro, dovrebbe appartenere solo e soltanto all’uomo? Perché non possiamo viverci tranquillamente tutti insieme condividendo conoscenze e dibattiti? No, nobile Artanis, questa non è la Galassia in cui voglio vivere. Noi combattiamo per questo: per la libertà e per impedire che si ripetano episodi come quelli di Razjan o Maia”.
“Avete parlato, saggiamente nobile Valerian” convenne il protoss. “E per questo io ed ungono di noi vi sosterrà. Fino alla fine”.
“Grazie, Gerarca. Uniti ce la faremo. Ora devo andare, avremo occasione di parlare un’altra volta. Arrivederci”.
Salutato l’umano, Artanis chiuse la comunicazione.
Si diresse poi alla vetrata che dava sul silenzioso e buio vuoto cosmico, punteggiato dalle bianche stelle.
Notò come sembrasse così pacifico quel silenzio, nulla che vedere con le urla dei soldati o lo scoppio degli spari e delle bombe su tanti campi di battaglia. Una vera pace in quel vuoto silenzioso. Ma tra quelle stelle la guerra continuava.
Con quale esito si sarebbe conclusa, se con una dolorosa sconfitta  o con una dura vittoria pagata con tante perdite, nemmeno i Protoss lo sapevano.
Artanis prese un lungo respiro.
“Che la luce del Khala ci guidi nei tempi bui che verranno”.




Ebbene, cari lettori e lettrici, qui finisce la prima parte della storia. Sin dall'inizio, infatti, avevo progettato Team Rogue come una saga di sei storie distinte e quella che avete letto è solo la prima, che più che altro serviva a presentare il contesto, ma spero che vi abbia intrattenuto.  E sì, ho le idee chiare anche per le cinque storie successive.
Non so dire quando uscirà la prossima storia, ma di sicuro tra qualche mese: ho altri impegni, altre idee nella testa per altre storie e vorrei fare tutto con calma.
Detto questo, non mi resta che augurarvi di rivederci nella prossima storia!

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